Una favola non è di postergirl84 (/viewuser.php?uid=153085)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Peter Pan ***
Capitolo 3: *** Biancaneve e i sette nani ***
Capitolo 4: *** Il brutto anatroccolo ***
Capitolo 5: *** Oliver & Company ***
Capitolo 6: *** Hercules ***
Capitolo 7: *** Hansel&Grettel ***
Capitolo 8: *** Cenerentola ***
Capitolo 9: *** Pinocchio ***
Capitolo 10: *** La spada nella roccia ***
Capitolo 11: *** La bella addormentata nel bosco ***
Capitolo 12: *** Red & Toby ***
Capitolo 13: *** Balto ***
Capitolo 14: *** Il soldatino di piombo ***
Capitolo 15: *** La Bella e la Bestia ***
Capitolo 16: *** Il Gobbo di Notre Dame ***
Capitolo 17: *** Pocahontas ***
Capitolo 18: *** Aladin ***
Capitolo 19: *** Cappuccetto Rosso ***
Capitolo 20: *** Il Re Leone ***
Capitolo 21: *** Il bacio degli innamorati Fenicella e Cristallo ***
Capitolo 22: *** La Principessa e il Ranocchio ***
Capitolo 23: *** I Musicanti di Brema ***
Capitolo 24: *** Il libro della giungla ***
Capitolo 25: *** Il vento e il sole ***
Capitolo 26: *** La Principessa Senza Sorriso ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
A:
Ellie,
Vi, Ania,
Sandra,
J, Steffy,
Ire,
Tere e Lilla.
Questa
storia è vostra.
Perché
grazie a voi Jacob Black diventa reale.
“Spesso
ci sentiamo delle
Cenerentole, eppure la scarpetta che ci offrono è troppo
larga o lunga o
stretta.
Siamo alla
ricerca della taglia
perfetta e di un principe, perfetto naturalmente.
Magari anche
azzurro...
…svegliati
Cenerentola la realtà non
è una favola.”
Una
favola non è
C’era
una
volta…
Se questa
fosse una fiaba, così inizierebbe questo racconto. Nelle
fiabe tutto è lineare
e già deciso dall’inizio: lui e lei si incontrano,
si innamorano, senza dirsi
neanche una parola, il cattivo di turno viene sconfitto e vissero tutti
felici
e contenti per sempre.
Ma qui,
nella cittadina di Forks - agglomerato urbano di pochi abitanti della
Penisola
Olimpica, nello stato di Washington - che vanta la maggior percentuale
di
pioggia di tutti gli Stati Uniti, i tacchi delle scarpette delle
principesse
affonderebbero nel fango e la spada scintillante del principe, senza
sole, non
sarebbe poi così scintillante.
Questo
allora non sarà il racconto di una favola: la nostra eroina
della principessa
avrà solo la candida pelle. Non indosserà tacchi
di cristallo ma scarpe di
tela, odierà i balli e il suo guardaroba da sogno
consisterà in jeans e
magliette di cotone pesante.
Il moderno
principe azzurro non vivrà in un castello ma in una riserva
indiana e, a dirla
tutta, non saprà neanche di esserlo un principe.
Cavalcherà una moto nera che
lui stesso ha riparato, invece di un cavallo bianco, saprà,
però, che per la
sua principessa dovrà versare sangue e lacrime, soffrire e
crescere per poterla
un giorno prendere per mano e condurla al loro finale imperfetto ma
vero.
E qui, nella
Penisola Olimpica, i cattivi non ti gettano addosso incantesimi, non ti
donano
mele avvelenate o ti pungono con un arcolaio: vogliono semplicemente
cibarsi di
te.
Nella
cittadina di Forks non esistono le favole ma una realtà che
perde
pericolosamente i contorni sfumando nel mito. È qui che le
leggende si fondono
nel quotidiano e, ad uno sguardo meno attento, potrebbe apparire
proprio come
fiabe, perché sì, noi lo sappiamo bene, le
principesse moderne o meno cercano
sempre la fiaba e quel lieto fine dal profumo
d’eternità.
Però,
l’ho
già detto, questa non sarà una favola ma chi
avrà il coraggio di dirlo alla
principessa?
Note autrice
Ve
l’avevo
annunciata da un pezzo ed eccomi qui con la mia nuova long.
Lo so questo
prologo non dice molto di quello che vi aspetterà se
continuerete a seguirmi.
Vi posso
solo dire che sarà una Bella e Jacob (ma va?) , che il punto
di vista sarà
quello di Jake e che l’inizio sarà ambientato
durante “Twilight”.
Vi lascio il
trailer di questa prima parte di storia:
http://www.youtube.com/watch?v=6SJltvz1ip0
Per i primi
capitoli
aggiornerò un venerdì sì e uno no.
Quando finirà l’altra mia long L'inizio
di sempre
inizierò ad aggiornare settimanalmente.
Prima di
lasciarvi alcuni ringraziamenti
aniasolary
se questa storia è nata è anche e soprattutto
merito tuo .
cenerella
Una beta incredibile senza di te sarei veramente perduta. Grazie dei
preziosi
consigli.
xxx_Strange_xxx
perché sei sempre la prima ad incoraggiarmi.
A presto
Noemi
|
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Capitolo 2 *** Peter Pan ***
“La
notte in cui iniziarono le straordinarie avventure di questi bambini fu
la
notte in cui Nana abbaiò alla finestra... non cerca nulla
lì fuori, né un
uccello né una foglia, così i bambini se ne
dimenticarono perché ciò che
preoccupa un grande non preoccuperà mai un
bambino.”
Capitolo
1
Peter Pan
Era
il solito pomeriggio piovoso a La Push, la piccola riserva indiana a
pochi
chilometri di distanza da Forks. Jacob Black entrò correndo
in casa, sporcando
di fango tutto il pavimento. Si avvicinò al lavandino della
cucina pulendosi le
mani dal grasso della sega a motore che aveva appena finito di
riparare,
legandosi poi i lunghi capelli con l’elastico che teneva
sempre al polso destro
e, incurante dello sguardo sdegnato del
padre, che lo osservava dal salotto, aprì il frigo
tracannando una
grossa sorsata di latte direttamente dal cartone.
“Sai,
figliolo a volte penso proprio che sto allevando un
selvaggio.”
Una
risata riempì l’aria, una risata roca che stava a
poco a poco abbandonando i
toni della fanciullezza per divenire quella di un giovane uomo.
“Se
non lo sai tu pà… dopo pulisco non
preoccuparti.”
“Certo
Jake e io ci credo pure. Ho
appeno
parlato con Charlie: ti ricordi di sua figlia Isabella?”
Isabella.
Bella Swan, la figlia del migliore amico di suo padre. Il suo stomaco
ebbe una
leggera contorsione al suono di quel nome. Contorsione che lui
cercò d’ignorare
appoggiandosi a gambe incrociate e mani in tasca al frigo chiuso e
mettendo su
un aria indifferente.
“Mmm,
vagamente.”
“Si trasferisce qui e Charlie ha pensato che gli sarebbe
stata utile una
macchina. Non credo che a te dispiacerà sapere che gli ho
venduto il vecchio
pick- up. Potresti dargli una sistemata per la settimana prossima?
Bella
arriverà giovedì.”
A
quella affermazione un pensiero
si fece
largo nel suo cervello e il suo volto si aprì in un sorriso
largo e solare.
“Questo
vuol dire che posso costruire una nuova auto? Ho giusto trovato la
carrozzeria
di una vecchia Golf del ’86. Penso che potrei riuscire a
rimetterla in sesto.”
esclamò il ragazzino gongolante.
La più grande
passione di Jacob erano
infatti i motori e fin da piccolo si
era prefissato che, prima di compiere sedici anni, sarebbe riuscito a
costruirsi un auto completamente da solo. Il progetto era ambizioso,
certo, ma non
lo spaventava. Da sempre testardo e determinato era impossibile
dissuaderlo una
volta che si prefiggeva un obbiettivo.
“Ogni
promessa è un debito...puoi iniziare a lavorarci.”
“Grande-
un altro sorriso compiaciuto sul suo volto-
adesso devo andare, mi aspettano al campetto.”
“Ok
Jake ma non tornare tardi. C’è scuola
domani.”
“Certo…
certo.” affermò già praticamente oltre
la soglia di casa, iniziando a correre
verso l’appuntamento con gli amici.
Lì
trovò ad aspettarlo
Quil ed Embry, i suoi due migliori amici, intenti a passarsi un pallone
da
basket.
Si conoscevano da sempre e non
c’era stato
niente che, fino ad allora, non avessero condiviso: dagli scherzi alla
maestra
della quinta, che a causa loro sfiorò quasi un esaurimento,
alla prima volta
che avevano fatto sega a scuola, rifugiandosi nel suo garage per fumare
una
sigaretta che Quil aveva rubato dal giubbotto del nonno. Insieme erano
una
squadra e si capivano come nessun altro.
“Ehi
Jake- lo salutò Quil lanciandogli la palla- uno contro
uno?”
“E
io? - Embry
si frappose fra i due – non
ho voglia di tenere il punteggio e poi sono più alto di voi
due.”
Jake
rise osservandoli e lanciando la sfida “Il primo che sbaglia
il canestro tiene il
punteggio” annuirono entrambi concentrati, iniziando a
lanciare la palla nel
canestro appesa sopra di loro.
“Hai
visto il nuovo motorino di Paul?” chiese dopo pochi tiri
Embry.
“Sì,
si vantava talmente tanto a scuola oggi che era impossibile non
notarlo.” rispose Quil
con una nota di velato disprezzo nella
voce.
“Non
mi ci preoccuperei troppo…scommetto che tempo un mese lo
avrà distrutto
-affermò sicuro Jake- a proposito di motori , posso
finalmente iniziare a costruire
la mia Golf.”
Embry
fermò la palla fra le mani, guardando l’amico con
un misto di stupore e
curiosità.
“Il vecchio Pick up è morto?”
“Nah
ancora meglio. Mio padre l’ha venduto al suo amico Charlie.
Per la figlia, che
a quanto pare si trasferisce a Forks.”
“La
figlia del capo Swan? E quanti anni ha? La conosci? È
carina?”. Jake alzò un
sopracciglio osservando dubbioso Quil.
“Non
lo so, l’ultima volta che l’ho vista aveva undici
anni e io nove. È una tipa a posto.”
“A
posto? Che cosa intenti con
a posto?”
“Che
a nove anni non stavo a fare la radiografia ad ogni ragazza con cui
giocavo,
lei era… simpatica. tutto qui.” e anche piuttosto
carina, ammise a se stesso ma,
questo ad alta voce, non l’avrebbe mai detto.
La realtà era che,
il ricordo che aveva
di Bella, era
quello di una ragazzina
timida, con la treccia lunga, le guancia arrossate, le ginocchia
perennemente
sbucciate e che inciampava in ogni passo. Ed era strano come,
nonostante fosse
lei quella più grande, ogni volta che la vedeva, anche da
lontano, mentre
cercava di giocare con le sue sorelle, facesse nascere in lui un
inspiegabile
senso di protezione.
Cercò
di scacciare quei pensieri, decisamente poco virili ed imbarazzanti,
tornando a
concentrarsi sulla partita, rubò la palla dalle mani di
Embry e andò a
canestro.
“Devo andare... non ho ancora finito trigonometria e se non
recupero quella C il
coach White* non mi farà giocare sabato.”
esclamò Jacob leggermente teso,
quando ormai il sole era calato da un pezzo.
“Se
fossi in te non mi preoccuperei Jake, puoi sempre chiedere ad Olivia di
aiutarti, lo sanno anche i muri che ha una cotta per te.”
“Certo
… certo- rispose incurante il ragazzo, alzando le spalle
– peccato che non è il
mio tipo.”
“Beh
a me piace… ha un bel sedere.”
“A te piacciono tutte Quil, non è ancora nata la
ragazza che non attiri la tua
attenzione.” esclamò Embry ridendo e dandosi un
tono da uomo esperto.
“Guarda
che l’aver giocato al compleanno di Kim a sette minuti in
paradiso con Erika
non fanno di te un uomo navigato.” lo rimbrottò
Quil punto sul vivo mentre Jake,
scoppiando a ridere, consolava l’amico con sonore pacche
sulla schiena, sparendo
poco dopo in direzione di casa.
Giunto
a casa, cenò in silenzio, uno strano turbinio di pensieri si
affollava nella
sua mente da dopo la conversazione con i suoi amici e con una scusa, si
ritirò
velocemente in camera sua.
L’ultimo
pensiero prima di chiudere gli occhi quella notte andò a
Bella. Si chiese, con
una certa apprensione, come fosse diventata in quegli anni, se si
ricordasse
ancora di lui, se avesse ancora le guance rosse e soprattutto se
l’avrebbe
rivista presto. Beh non essere idiota
Jake è la figlia di Charlie che passa più tempo
qui che a casa sua, certo che
la rivedrai ma che poi, potrò chiamarla Bella o dovrei
limitarmi ad un più formare
Isabella? Cavolo questo sì che è un
bel
problema.
Si
rigirò nel letto aggiustando più
volte il cuscino sotto di lui e poi, con un sorriso in volto finalmente
si
addormentò.
*Qualcuno
ha riconosciuto il nome? Non ho resistito, pensando ad un allenatore
non potevo
che rendere omaggio al Coach White di “One Tree
Hill”.
NOTE
AUTRICE
Questo,
dopo il prologo, è il vero inizio della storia. Penso che si
spieghi da sola,
amo Jacob Black e non ho mai pensato che il suo personaggio esistesse
solo in
funzione di Bella. Chi era lui prima che lei gli devastasse la vita?
Come si è
innamorata di lei? Come
si vive nella
riserva di La Push?
Se
mi seguirete lo scoprirete in questi capitoli. Ricordatevi solo una
cosa per
tutta la durata della storia: io ero, sono e sarò sempre per
la coppia Jake e
Bells.
Grazie
a chi mi è vicino mentre scrivo questi capitoli, grazie a
chi ha letto il
prologo e mi ha lasciato due righe grazie a chi semplicemente
c’è. E grazie a
te Sandra.
Ps:
I titoli e le citazioni che troverete ad ogni inizio capitolo non
sarebbero lì
senza l’aiuto prezioso di She
is Strange
|
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Capitolo 3 *** Biancaneve e i sette nani ***
“Era
una fredda giornata d'inverno; bianchi fiocchi cadevano volteggiando
dal cielo
come piume leggere e una regina sedeva ricamando accanto alla finestra
aperta. Mentre
così se ne stava, ricamando e guardando la
neve, si punse un dito con l'ago e tre gocce di sangue rosse come
rubini
caddero sul bianco manto nevoso. Tanta era la bellezza di quelle tre
stille
rosso fiamma sul bianco immacolato che la regina pensò:
“Oh, se potessi avere
una bambina dai capelli neri come l'ebano, dalle labbra rosse come il
sangue e
dalla pelle bianca come la neve!..."
Capitolo
2
Biancaneve
e i sette nani
Jacob,
quel pomeriggio se ne stava appoggiato con la schiena al corrimano
delle scale
della scuola, lo zaino in spalla e ai piedi la sacca da basket.
Distrattamente
osservava la gente uscire, chi da solo chi a piccoli gruppi. Una
ragazza dai
lunghi capelli neri e la pelle ramata gli si avvicinò
regalandogli un sorriso
sicuro e scuotendo la folta chioma con un gesto deliberatamente
provocante.
“Bell’allenamento
oggi, Jake”. Lui stupito, rimase qualche secondo in silenzio
prima di
rispondere:
“Oh…cioè
sì, grazie Daya”. Una risate argentina
uscì dalla gola della ragazza prima di sorridergli
di nuovo e salutarlo raggiungendo un amica a pochi passi da lei. Jake
rispose
con un cenno della mano, scuotendo la testa incredulo per quello che
era appena
successo.
“fiuuuuuu….”
Un forte fischio lo richiamò alla realtà e prima
di alzare gli occhi Embry gli
era già addosso, colpendolo con una sberla dietro la nuca.
“Sbaglio
o era Daya quella con qui parlavi? Cavolo Jake… non parla
con nessuno che non
sia all’ultimo anno e ci vuole molto impegno visto che in
questa scuola saremmo
a malapena in cento.”
“Mi
ha fatto i complimenti per l’allenamento.” rispose
stringendosi nelle spalle.
“Non
diciamolo a Quil potrebbe andare in iperventilazione.” Risero
entrambi
iniziando ad allontanarsi dalla scuola.
“Stasera
che facciamo? Mia madre ha detto che può accompagnarci a
Forks.”
“Stasera
sono a cena dai Clearwater. Ci vediamo direttamente in spiaggia
domani.”
Embry
assenti allungando un pugno in segno di saluto all’amico.
“A
domani allora. Ricordati
la tavola,
sembra che per una volta non pioverà.”
I
due ragazzi si allontanarono e, rientrando in casa, Jake
pensò che tutto
sommato, pur
vivendo in quel buco
dimenticato da Dio era felice: aveva i suoi amici, la sua macchina a
cui
lavorare e la ragazza più popolare della scuola gli aveva
appena rivolto la
parola. Sì, decisamente era felice. Inoltre, in un futuro
molto prossimo,
probabilmente, sarebbe riuscito a rivedere Bella. In fondo era arrivata
in città
da quasi un mese. Stava per chiedere al padre se avesse in programma di
passare
a salutare Charlie a breve, quando si fermò di colpo,
domandandosi da dove
diavolo gli uscisse un pensiero del genere e perché, il
fatto di rivederla,
dovesse, in qualche modo influire con la sua felicità.
La
risposta alla sua domanda arrivò il pomeriggio successivo
quando, arrivato alla
spiaggia di La Push, trovò i suoi amici fermi a parlare con
un gruppo di
ragazzi provenienti di sicuro da Forks. Si avvicinò a loro e
non poté non
notare in mezzo al gruppetto una ragazza esile, avvolta in una giacca a
vento
troppo grande per lei. Le guance arrossate dal freddo e due labbra
rosse e
carnose che contrastavano magnificamente con la sua carnagione pallida.
A Jacob
non occorse neanche fermarsi ad ascoltare le presentazioni, il suo
cuore iniziò
ad accelerare leggermente, mentre il sudore gli bagnava le mani.
Era
Bella. La bambina che ricordava si era trasformata in una ragazza ma,
lui non
avrebbe potuto non riconoscerla. Bella, diversa ma sempre
lei… Bella e
decisamente nessuna delle ragazze conosciute fin ora reggeva il
confronto con
lei.
Aspettò
per quasi tutto il pomeriggio il momento opportuno per avvicinarla a e
per
porre fine a quella domanda che gli frullava insistentemente in testa:
si
sarebbe ricordata di lui?
Quando
finalmente la vide, seduta da sola, su un tronco d’albero
vicino alla battigia.
Si avvicinò, cercando di sfoderare il suo migliore sorriso,
ignorando quel
fastidioso sfarfallio nello stomaco che lo faceva sentire tanto una
donnicciola
e si sedette vicino a lei.
“Tu
sei Isabella
Swan vero?”
Un espressione strana si dipinse sul volto di lei e Jacob si
domandò cosa mai
poteva esserci di strano in una domanda del genere per farla rabbuiare
a quella
maniera.
“Bella.”
Sospirò. Ah cavolo idiota, lo
sapevi che sarebbe stato meglio usare il
diminutivo. Si maledisse mentalmente
mentre cercavo di ricominciare
a parlare.
“Io
mi chiamo
Jacob Black, è stato mio padre a venderti il
pick-up.”
“Oh…
sei il
figlio di Billy.” In
pochi istanti Jake osservò il suo viso rilassarsi mentre, dopo
l’imbarazzo, la conversazione iniziava
a fluire tra loro in maniera naturale. Lei si ricordava di lui
pensò felice,
beh più o meno, lo aveva confuso con
le
sorelle ma poco importava , parlare con lei era facile. Era come se
un’ amicizia,
iniziata anni prima, fosse ripresa nella maniera più
semplice. Con lei veniva
naturale anche discutere di cilindri a freni, anche se a lui venne il
ragionevole dubbio che Bella manco sapesse cosa fosse, nonostante si
fosse
offerta di cercarne uno. Infine, il suo stomaco fece
una capriola quando lei gli chiese di
fare una passeggiata in
riva al mare.
Continuarono
a chiacchierare, come due vecchi amici, inizialmente di Forks e poi di
tutte quelle
leggende Quileutes a cui suo padre sembrava credere ciecamente e che,
invece,
per lui, non erano altro che stupide storie dell’orrore.
Bella gli sembrò però stranamente
interessata e quando lo salutò dicendo:
“La
prossima
volta che Charlie viene a trovare Billy lo accompagno.”
lui si sentì
improvvisamente leggero.
Aveva
ancora quella sensazione addosso mentre tornava dagli amici che lo
aspettavano
alla fine della spiaggia. Cercò di eludere le domande di un
Quil più che mai
insistente e, beandosi di quella nuova sensazione di calore che gli
riscaldava
la pelle, si diresse a casa.
“Ehi
figliolo sembri felice.” Lo accolse Billy sulla soglia. Jake
lo guardò per
alcuni secondi, prima di rispondere semplicemente:
“Ho
rivisto Bella oggi, è davvero simpatica.” disse
aprendo il frigo in cerca di
qualcosa da mangiare finché, la risata di suo padre
risuonò profonda nella piccola
casa.
“Sì...
simpatica.”
“Che
c’è da ridere?”
Chiese
Jake riemergendo dal frigo, con in mano gli avanzi di un pollo e un
espressione
curiosa in viso.
“Oh no niente
figliolo” e, lanciandogli un
occhiata come di qualcuno che avesse capito chissà quale
segreto, si allontanò,
spingendo la carrozzina verso camera sua, con la risata che ancora
riecheggiava
e l’eco della sua voce che si disperdeva:
“Simpatica,
come no.”
Jake,
tornò così ad occuparsi della sua cena, pensando
che ormai il suo
vecchio decisamente doveva aver perso
qualche venerdì, perché lui nel fatto che Bella,
fosse simpatica, carina,
praticamente perfetta, non ci trovava niente da ridere. Perfetta…
cavolo, davvero lo aveva appena pensato?.
Note
autrice.
Prima
di tutto grazie a aniasolary
per lo
splendido Banner che trovate a inizio pagina.
Ti
adoro tesoro. <3
Ed
eccolo qua l’incontro. Come sapete questa storia
all’inizio sarà la
rivisitazione della saga da un altro punto di vista. Quindi quando
Bella e Jake
si incontrano inserirò, come in questo capitolo, alcuni
parti prese
direttamente dai romanzi. Le trovate segnate in grassetto. Spero che
non vi annoieranno,
ma credo siano fondamentali per rivedere la storia con gli occhi di
Jake.
Grazie
a chi già segue questa storia e mi sta dando fiducia.
Un
ultima cosa prima di salutarvi ho indetto un contest , se volete dargli
un
occhio eccolo qua:
Only
Jacob and
Bella – AU ""Si sarebbero amati in qualunque storia fossero
andati a
finire" .
Appuntamento
fra due settimane.
Un
abbraccio.
Noemi
|
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Capitolo 4 *** Il brutto anatroccolo ***
“Partì
dunque per cercare nuovi luoghi e si posò in un prato
fiorito. Un salice
maestoso bagnava i suoi rami nell'acqua di uno stagno dove tre cigni
facevano
evoluzioni graziose. Conosceva bene quei meravigliosi uccelli!
L'anatroccolo si
lanciò disperato verso di loro gridando:
Ammazzatemi, non sono degno di voi!”
Capitolo
3
Il
brutto anatroccolo.
Era
passato un mese da quando aveva incontrato Bella alla spiaggia di La
Push. Una
parte di lui che, di giorno in giorno,
diventava sempre più
rilevante non smetteva di chiedersi quando suo padre avrebbe posto fine
a
quello stupido litigio con Charlie, riprendendo a frequentarlo, e
permettendo a
così a lui di rivederla.
Charlie
e Billy erano migliori amici da tutta la vita finché, in un
giorno decisamente nefasto
per Jacob, Charlie si era presentato furioso e sconcertato alla porta
di casa dell’
amico.
Il
vecchio Quil si era rifiutato di farsi trasportare a l’
ospedale di Forks
dopo un piccolo malore non volendo
essere curato dal dottor Cullen, per via di una vecchia credenza.
Charlie che
era sempre stato un tipo estremamente razionale, non riusciva a
capacitarsi di
come una stupida leggenda potesse rischiare di compromettere seriamente
la
salute di qualcuno. Chiese a Billy spiegazioni e quando questi, si
disse
d’accordo con il vecchio Quil, ne scaturì
un’ accesa lite che portò Charlie
ad andare via incredulo e deluso
sbattendo la porta. Non era più venuto a trovare Billy da
quel giorno né li
aveva invitati. Sfortunatamente
proprio
quando Jake era alla ricerca di una qualsiasi scusa per andare dal
vecchio
amico del padre.
Finalmente,
in un pomeriggio di Ottobre il
fato
decise di venirgli in aiuto.
Jacob
se ne stava seduto sul divano, la tele sintonizzata su un canale
musicale, leggendo
con scarsa convinzione il libro di storia aperto sulle gambe. Uno
scoppio
improvviso, e qualche scintilla dalla presa di corrente,
catturò la
sua attenzione. Si
avvicinò al vecchio televisore con aria
contrariata per valutare i danni e decretando poco dopo la morte
definitiva del
fedele compagno. Sbuffò risentito, meditando sulla sua
sfortuna fino a che un
pensiero prese forma nella sua mente.
Il
martedì successivo
avrebbero giocato i
Redskins. Una partita decisiva per la squadra per cui tifavano lui e il
padre. Billy, ne era certo, non avrebbe voluto perderla,
il che voleva
dire che Jacob aveva a disposizione quattro
giorno di tempo per convincere il
padre ad andare a vedere la partita a casa di Charlie. Ancora pochi
giorni e poi, ne
era certo, avrebbe rivisto Bella.
Tutto
si svolse come previsto e, il martedì successivo, Jacob
guidava l'auto di Harry
Clearwater in direzione di Casa Swan.
Avevano
appena svoltato l’angolo, quando i fari di una Volvo
colpirono il suo viso.
Jake si fermò un istante ad osservare ammirato la macchina
senza riuscire a
capire chi vi fosse alla guida mentre il padre si rabbuiava. Ma lui non gli
prestò attenzione, aveva appena
scorto Bella ferma sulla veranda e immediatamente il sorriso si
allargò sul suo
viso. Scese dall’ auto e vide, la coda dell’
occhio, Charlie avvicinarsi a loro.
Trattenne il fiato, sperando fosse passato abbastanza tempo e che i due
amici
avessero deciso di accantonare la lite, quando Charlie li accolse con
“Che
sorpresa” e qualche rimprovero per averlo visto al volante,
iniziò a rilassarsi
convinto, ormai, che il litigio fosse superato.
Aiutò
il padre ad uscire dall’ auto e tutti e tre entrarono in casa.
Bella
era ferma sulla soglia della cucina.
Jacob si perse per qualche istante ad osservare la sua
maglietta umida
di pioggia che aderiva maggiormente al suo corpo minuto.
“Jacob
era
impaziente di rivedere Bella.”
Si riscosse nel udire la voce del padre
e sentì chiaramente il rossore salirgli alle guance scure.
Abbassò la testa imbarazzato,
sperando di non essere stato visto. Avrebbe fatto i conti con suo padre
più
tardi per quell’ affermazione seccante e assolutamente fuori
luogo.
Perché
gli stava facendo fare la figura del ragazzino? Come gli era venuta
alla bocca
quell’esclamazione infelice? Insomma, lui era un uomo, non
certo un adolescente
alle prese con una cotta enorme.
Si
spostarono vero il divano del salotto mentre lui valutava velocemente
se
seguire o meno Bella in cucina. Considerò attentamente i
danni che la frase di suo
padre poteva aver prodotto e decise di rischiare facendo finta di
niente.
Raggiunse
Bella e, sfoderando nuovamente il suo miglior sorriso si
avvicinò a lei.
“Allora
come va?”
“Piuttosto
bene.” Disse
sorridendo a sua volta. Jacob
si
rallegrò, notando che il momento
d’imbarazzo
era passato piuttosto velocemente.
“Hai
finito la
macchina?”
“Mi
manca ancora
qualche pezzo… il pick- up ha qualche problema?”
Chiese cercando
la risposta ad una domanda fastidiosa che gli solleticava la mente.
“No.”
“Ah.
Ho notato
che non lo stavi guidando.”
Insistete Jacob, notando l’imbarazzo di Bella e
facendo affiorare ancora di più i suoi sospetti.
“Un
amico mi ha
dato un passaggio.”
Continuò lei, senza staccare gli occhi dai piatti che stava
preparando. Decisamente
un brutto segno. Le sue mani iniziarono a sudare e cercò di
mettere su una
faccia il più tranquilla possibile mentre lei lo informava
che, quello che
aveva scorto alla guida, altri non era che il figlio del dottor Cullen.
Il che
per lo meno spiegava perché il padre gli fosse sembrato
rabbuiarsi alla vista
del giovane. Billy sembrava davvero convinto
che quella leggenda
fosse vera mentre a lui continuavano a sembrare una cosa assurda.
Cercò di
apparire convincente nella sua risata mentre con Bella prendeva in giro
il suo
vecchio, quando in realtà un piccolo mostro, e al quale lui
si rifiutava di dare
il nome gelosia,
prendeva possesso del
suo stomaco.
Nonostante
questo continuò a conversare tranquillamente con Bella per
tutta la durata
della partita, un tempo che gli sembrò comunque troppo
breve, anche se lei
continuava a sembrargli distratta e preoccupata.
Si
congedò sulla porta, chiedendole se si sarebbe fatta
rivedere presto alla
spiaggia, cercando di trattenere la delusione alla sua risposta
incerta. Quasi
non si accorse dell’ avvertimento che il padre
lanciò a Bella e si rincuorò
solamente all’ invito di Charlie rivedersi per la partita
successiva.
Tornando
a casa, non fu particolarmente loquace con il padre. Vari pensieri
continuavano
a vagare nella sua mente. Primo: non aveva visto neanche un’
azione della
partita, talmente era intento a parlare con lei Quindi oramai erano
inutile
negarlo, si era preso una cotta per la figlia del migliore amico di su
padre.
Secondo:
Bella con tutta probabilità aveva un ragazzo con il quale
lui non avrebbe mai
potuto competere. Un Cullen. Bello e sfacciatamente ricco, con una
macchina che
lui non avrebbe potuto permettersi neanche in mille anni.
Terzo:
era irrimediabilmente senza speranze.
Note
autrice.
Eccoci
qua . Non ho molte cose da dirvi , anche questo capitolo è una
rivisitazione di quello tratto dal
romanzo originale. È qua che secondo me Jacob
si accorge di avere un enorme cotta, come
reagirà? Cosa
farà? Che racconterà a
Quil e Embry? Che succederà nella sua vita
quando comunque Bella non sarà presente? Se vi
ho
incuriosito ci vediamo fra due venerdì.
Un
bacio
noemi
|
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Capitolo 5 *** Oliver & Company ***
Questo
capitolo Ania e Ellie e tutto per voi,
perché
dove c’è Embry ci sono le Embry’s Girls.
“Io
ti ho dato una lezione di vita, e gratis, per giunta
Hai
avuto una lezione dal quattro zampe più fico di New york!
Ti
vedo quando ti vedo!”
Capitolo
4
Oliver e Company
Pioveva.
Non che fosse una novità, era la situazione meteorologica
tipo dello stato di
Washington in cui vivevano. Ma, in quella giornata, il cielo sembrava
voler scaricare
tutta la sua quantità d’ acqua annuale. Era
praticamente impossibile uscire e
Jacob si ritrovò bloccato a casa di Quil dopo aver terminato
una ricerca di
sociologia, assegnata loro per il Lunedì successivo.
Sbuffò risentito,
lanciando il cuscino in testa ad Embry che, arrivato da poco, si era
impossessato della playstation.
“Ahi.
Che cavolo ti prende, amico?”
“Mi
prende che stavo giocando io. Almeno fino al tuo arrivo.”
“Ma
se non avevi neanche superato il livello quattro. Lasciatelo dire, sei
una
schiappa. Ti sto evitando una figuraccia, in realtà dovresti
ringraziarmi.”
Borbottò
qualche impropero prima di scagliarsi sull’ amico iniziando
una lotta per il possesso
del controller. Quil entrò in salotto qualche istante dopo,
accomodandosi sul
divano, con una ciotola di patatine in mano.
“Punto
su di te Jake. Puoi farlo nero. E poi se lo merita, non ci ha ancora
raccontato
niente della sua mattinata di studio con Erika.”
“Già,
com’è andata?” gli chiese Jacob,
assestandogli un ultimo colpo allo stomaco e
rimettendosi in piedi.
Embry
si rassettò la camicia riprendendo la sua partita alla play
e ignorando
volutamente la domanda dell’amico, con un ghigno soddisfatto
in volto.
“
E dai… non farti pregare. Che poi, ancora non capisco,
perché io sono rimasto
bloccato qui con lui -esclamò indicando Quil che continuava
a sgranocchiare le
patatine- e tu ti sei beccato la più carina del nostro corso.
“Perché,
caro il mio Jake,
è tutta questione di
genetica. Ateara- Black- Call. Io mi becco la ragazza e tu
l’idiota.”
“Ehi…”
Quil gli lanciò una patatina. Embry fece finta di niente e
riprese a parlare.
“
Comunque non è successo nulla di davvero importante. Abbiamo
fatto delle
ricerche al computer… sdraiati sul letto-
sottolineò con tono grave queste
ultime parole -e poi ha cucinato il pranzo.”
“Ha
cucinato? Per te? Allora è fatta amico.
Complimenti.” Affermò Quil dandogli una
pacca sulla schiena.
“Credo
che sia presto per cantare vittoria. Era solo un pranzo.”
Intervenne Jake
acido.
“Solo
perché a te è andata male con la figlia dello
sceriffo non vuol dire che devi
essere così stronzo, amico.”
“Non
mi è andata male. Lei solo… non ci ho neanche
provato.”
“Infatti,
e si può sapere perché mai?”
Jacob
si strinse nelle spalle fingendo indifferenza.
“Non
c’era l’ultima volta che sono andato a casa sua.
Forse era fuori con quel
ragazzo. Ve l’ho detto che si vede con il figlio del
dottore.”
“Non
l’ha mica sposato sai, Jake.”
“Beh
sì, ma credo che non mi interessi davvero.” Disse
agli amici cercando
di sorridere per non essere
mascherato. Mentre dentro di lui, tutto urlava bugiardo.
Ti
piace e lo
sai, perché mentire? Per mantenere la mia
dignità. Ecco perché.
“L’ho
visto sai?”
“Chi?”
si riscosse dalla sua battaglia interiore.
“Il
ragazzo Cullen.”
“Quando?
Perché? Era con lei?”
Quil
ed Embry si guardarono scoppiando a ridere.
“Questo
è perché non ti interessava, vero?”
“Alla
pompa di benzina l’alto giorno. Appena fuori Forks, ero
andato a fare un giro
con la moto. Fra l’altro dobbiamo lavorare alle
sospensioni…”
“Sì
… dopo… c’era Bella?”
“
No era da solo. Hai ragione però, la macchina è
fantastica e hai davvero un
problema. Però magari è un idiota no?
Sai come sono le ragazze…”
“Sì
a loro piace chi le fa ridere. Non importa se non ha una macchina.
L’ho letto
su Cosmopolitan.”
Embry
spalancò la bocca incredulo.
“Quil
da quand’è che leggi Cosmopolitan?”
Scosse la testa sempre più esterrefatto.
“Non
lo leggo. L’ha dimenticato qui mia cugina l’altro
giorno. Non immaginate quante
cose si possano imparare. E comunque stavamo parlando di Jake. Uomo hai
mai
sentito della cara vecchia strategia fattela
amica e colpisci al tempo debito?”
“C’era scritto anche questo sul giornale?”
“No.
Questo è un consiglio del caro, vecchio me stesso.”
“Si
beh ci penserò – disse Jake guardando fuori dalla
finestra- ha smesso di
piovere. Andiamo al mio garage, Embry. Lavoriamo su quelle sospensioni.
Se non
sei impegnato in altre letture estremamente interessanti e fondamentali
puoi
unirti a noi, Cosmo.”
“Ehi
Black, com’è andato il compito di
Trigonometria?”
Jared
lo raggiunse al suo banco alla fine della lezione. Erano
compagni di squadra e si trovavano molto
bene insieme, passavano il tempo a prendersi per il culo e a sfidarsi
durante
gli allenamenti. Erano in competizione su tutto, ma potevano considerarsi tutto sommato
buoni amici. Jake lo
guardò soddisfatto prima di rispondere.
“Bene…
ho recuperato quella C.”
“Perfetto.
Allora venerdì giocherai? Abbiamo bisogno di te per battere
quei visi pallidi
della Forks High.”
"Li
faremo neri, Cameron. Non preoccuparti.”
“Ci
vediamo più tardi agli allenamenti. Ricordati che devi
battere i miei venti
canestri di ieri.”
Rise
scuotendo la testa ed iniziando a recuperare i suoi libri. Era in
ritardo per
l’ultima lezione della giornata.
Si
mise a correre per i corridoi, ma quando arrivò davanti
all’aula la trovò già
chiusa e se c’era una cosa che sapeva del prof Ross era che
odiava i
ritardatari. Sconsolato stava per aprire la porta, pronto a ricevere
una bella
strigliata, quando una voce femminile lo raggiunse.
“Anche
tu in ritardo eh, Jake?”
“Ho
perso tempo a l’ultima lezione. E tu, Makayla come mai in
ritardo?”
“Ero
in palestra. Quell’arpia di Daya ha bloccato tutte le
Cheerleader per un
allenamento supplementare in vista della partita di venerdì.
Credimi, quella è
pazza, non farla mai arrabbiare. Non hai idea di che cosa sia
capace.” rispose con
un sospiro teatrale prima di scoppiare a ridere. Jake si unì
alla risata.
“Cercherò
di tenerlo a mente, grazie. Senti che ne dici se saltiamo
quest’ora? Non ho
nessuna voglia di sentire le urla del prof per il ritardo.”
“Non
potrei essere più d’accordo, ho fatto il pieno di
strilli per oggi.”
Risero
di nuovo mentre lei si prodigava in un’imitazione
praticamente perfetta del
prof Ross.
Passarono
il resto dell’ora, seduti su una panchina, aspettando che le
lezioni finissero.
Parlarono della partita imminente e confrontarono le risposte del test
di
storia.
Jake
non l’aveva mai notato prima, ma Makayla era molto carina.
Certo non come Bella
ma era comunque piacevole passare del tempo con lei.
“Mi
domandavo dove foste finiti… ciao Kay.”
“Ciao
Quil… devo andare adesso. Ci vediamo domani alla partita,
Jake. Se vinciamo
festeggiamo a casa mia, sarai dei nostri?”
Gli
sorrise e, senza aspettare risposta, si
allontanò velocemente.
“Makayla?
Non sapevo ti piacesse. E’ diventata carina, in effetti. Da
quando è entrata
nella squadra quest’anno, poi… quella
divisa…”
“Frena
Quil. Non mi piace infatti. Eravamo tutti e due in ritardo e abbiamo
preferito
non entrare. Tutto qui.”
“A
me non sembrava tutto qui. Ti ha
appena invitati a uscire.”
“E’
una festa per tutta la squadra. Non ha invitato solo me. Potrei anche
decidere
di portarti, sempre che io ci vada.”
“Cos’è
ti vuoi preservare per una certa viso pallido molto carina?
Perché odio fartelo
notare, ma non c’è stato nessuno sviluppo sul quel
fronte negli ultimi mesi.”
“Te
l’ho già spiegato: Bella è
solo…- sospirò senza finire la frase - ho gli
allenamenti. A più tardi. Vedi se su Cosmopolitan trovi un
articolo su come
essere meno rompipalle.”
Era
davvero stato piacevole passare il tempo con Kay, pensò
dirigendosi in
palestra. Nonostante la conoscesse dalle elementari non si erano mai
scambiati
più di due parole. Odiava ammetterlo, ma Quil aveva ragione:
era diventata un’
altra nell’ultimo anno. Magari sarebbe andato davvero a
quella festa o forse,
invece della festa, avrebbe potuto rivedere Bella e passare del tempo
con lei.
La partita era contro la sua scuola e anche se sospettava che lei non
fosse
un tipo
particolarmente interessato a
certi eventi mondani poteva, per una volta, aver fortuna.
Angolo autrice.
Da
questa settimana gli appuntamenti diventano settimanali… e
la storia entra
sempre più nel vivo.
avete conosciuto un personaggio nuovo,
avete
visto ancora un po’ di quel trio lì, e a
proposito del Dott cosmo volete leggere le altre sue avventure?
'I
consigli del
Dott. Quil'.
A
venerdì prossimo.
Con
affetto.
Noemi
|
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Capitolo 6 *** Hercules ***
“Un
vero eroe non si misura dalla forza che possiede,
ma dalla forza del
suo cuore.”
CAPITOLO
5
hercules
“Termina
in volata con il risultato di 85-90 il quasi derby fra gli Spartans di
Forks e
i Wolves di La Push, a favore di quest’ultimi. Onore agli
Spartans che hanno
giocato una bellissima partita, ma non c’è stato
nulla da fare. Coach White
spinge sull’acceleratore per le incursioni del libero Jared
Cameron e chiude in
vantaggio già dal secondo periodo. Nell’ultimo
quarto gli Spartans provano a
recuperare trascinati da Newton, ma dopo qualche aggiustamento
difensivo i Wolves
tornano in partita e vincono grazie ai canestri di Sabat e Black. Che
porta a
35 la sua media stagionale e la squadra a solo 2 punti dalla vetta. I
Wolves
nella prossima partita in casa, proprio contro i Ravens di Port Angeles
primi
in classifica, potrebbero compiere uno storico e decisivo
sorpasso.”
La
partita era finita. Tutti i giocatori si strinsero intorno a Jacob che
ancora
teneva fra le mani il pallone con cui aveva segnato il canestro
decisivo. Il
Coach White li guardava. Avrebbe voluto essere anche lui al centro dal
palazzetto,
a saltare come un pazzo con i suoi
ragazzi, ma cercò di mantenere un aria rispettabile e rimase
in disparte
godendo da solo di quel successo. Jared diede un pugno leggero alla
spalla di
Jacob.
“Bella
partita Black. Certo, ti ho praticamente servito i canestri su un
piatto d’argento,
ma hai avuto il buon senso di non rovinare i miei assist.”
Jacob
rise rispondendo alla provocazione del compagno con un altro pugno ed
un
cinque. Si ricordò poi del padre a bordo campo e si
voltò verso di lui che,
insieme a Charlie, stringeva la mano del Coach. Sospirò.
Charlie era sempre
stato presente alle sue partite, fin da
quando lui era bambino, ma mai come questa volta, Jacob aveva sperato
di non
vederlo arrivare da solo.
Si
guardò intorno ancora una volta, la palestra era strapiena. Può essere venuta
senza che io me rendessi conto. Era un
pensiero irrazionale, lo sapeva bene, ma una parte di lui non riusciva
a
smettere di sperare
Si
avvicinò al padre
che lo strinse in un
abbraccio felice mentre Charlie gli dava una sonora pacca sulla schiena.
“Bella
partita, figliolo. Ci hai fatto neri.”
Jacob
ridacchiò nervoso, quella stupida domanda: “Dove
è Bella?” gli raschiava la gola,
anche se cercava in tutti i modi di trattenerla. Non sapeva neanche lui
che
cosa aspettarsi.
Di
vederla lì, forse? Di guardarla sorridere e complimentarsi
per la partita? Non
si erano frequentati spesso; negli ultimi tempi era stata alla riserva
solo una
manciata di volte insieme al padre, eppure quel poco, era bastato a
farle
prendere la residenza fissa nei suoi pensieri. Viveva in continuazione
delle
stupide fantasie che certo non gli avrebbero fatto onore se qualcuno ne
fosse
venuto a conoscenza.
“Tutto
bene, Jake? “
Riemerse
da quei pensieri scuotendo la testa e guardando i due uomini.
“Sì,
sono solo un po’ stanco.”
“Beh
vai a fare la
doccia. Io porto a casa
tua padre e torno alla centrale.”
“Ok.
Grazie, Charlie.”
“Non
fare troppo tardi stasera, Jake.” Ascoltò suo
padre fargli le solite raccomandazioni
prima di vederlo allontanarsi spinto dall’amico, immersi
nuovamente nell’
attenta analisi di tutta la partita azione per azione.
Le cose non erano andate
secondo i suoi piani
ma aveva avuto la soddisfazione di rendere suo padre orgoglioso.
Il
pullman giallo era nel posteggio, pronto per riportarli alla riserva.
Jacob
sistemò la sacca nel portabagagli e sentì
qualcuno avvicinarsi.
“Non
ho avuto il tempo di complimentarmi per la partita prima. Sei sparito
nelle
docce”.
Makayla era di fronte a lui
sorridente. Sulla
guancia destra era ancora disegnata una W con i colori della squadra.
“Sì,
sai puzzavo troppo- abbozzò una risata incerta-
dov’è la tua roba, non torni
con noi?”
“No.
Mia sorella è venuta con la macchina. Dobbiamo passare a
prendere le bibite per
la festa. Ci vediamo lì fra poco.” Gli disse prima
di iniziare ad incamminarsi.
“Ehi
non ho detto che verrò.”
“Sì
che lo farai. Mi devi riportare questi. Non vuoi che l’arpia
mi sgridi per
averli persi, no?”
I
pom- pom di Makayla
gli caddero ai piedi
un attimo prima che la ragazza sparisse a bordo di un'auto nera.
Jacob
li raccolse da terra mentre Embry, vicino a lui, lo guardava
compiaciuto.
"Allora,
a che ora inizia questa festa, amico.”
Erano
seduti sulle scale del portico di casa di Quil. Aspettavano
l’amico prima di
recarsi alla festa da Kay. Jacob guardò sogghignando i
pom-pom che Embry teneva
fra le mani.
“Sai
ti donano. Forse potresti entrare in squadra.”
“Ah
ah ah, Jake come sei divertente. Non capisco davvero perché
hai ancora
quel muso lungo. Ok
Bella non c’era. Ma
questi - gli sbattè i pom- pom contro il petto- sono un buon
diversivo.”
“
Magari io non sono il tipo da diversivo. Insomma Kay è
carina ma…”
“Ma
niente, Jake. A volte mi sembra di parlare con mio nonno. Lei
è carina e basta.
Divertiti per una volta.”
La
sua risposta venne bloccata da Quil che proprio in quel momento
uscì dalla
porta di casa con un gran sorriso stampato in volto.
“Ok
sono pronto per la festa.”
Avevano
fatto solo qualche passo, quando notarono una figura uscire dal buio
della
foresta ed incamminarsi verso la casa che loro avevano appena lasciato.
Quando
fu abbastanza vicino, i tre ragazzi riuscirono a metterlo a fuoco.
“È
Sam Uley quello? Non doveva essere partito per il college?”
chiese Embry
perplesso.
“Non
può essere lui, almeno che non l’abbiano imbottito
di steroidi. L’ultima volta
che l’ho visto non era così enorme ed era almeno
cinque centimetri più basso.”
“Qualche
tempo fa Seth mi aveva detto che sua sorella Leah, sapete stanno
insieme, era
uscita di testa perché lui era sparito per settimane senza
lasciare traccia.”
Continuarono
a discutere, mentre il presunto Sam bussò alla parta della
casa di Quil. Si
voltò verso i ragazzi, fermi a pochi metri
di distanza e lanciò loro un’ intensa occhiata,
per poi essere
accolto da Quil Ateara Senior con
una stretta di mano, per poi entrare in
casa e sparire alla
loro vista.
“Perché
è entrato a casa mia? Ho sentito mio nonno convocare una
riunione del
consiglio, ma lui non ne fa parte, che io sappia.”
Jake
si strinse nelle spalle pensieroso.
“Forse
vogliono solo capire perché non è partito per il
college. Con mia sorella Rebecca
l’hanno fatto. Gli anziani sono andati completamente fuori di
testa quando
hanno saputo che avrebbe rinunciato alla borsa di
studio per sposarsi. Una riunione del consiglio
ogni giorno nel mio salotto, per un mese.”
“Avete visto come ci
ha fissato? Non mi vorrei
trovare solo con lui in un vicolo buio.”
Concluse
Embry prima di tornare a parlare della festa imminente.
Angolo
autrice.
Buon giorno a tutte voi. Eccoci qua di
nuovo Jake e Bells. O meglio ancora un po’ di Jake. Per
rivedere Bella ci
sarà ancora
da aspettare un po’ di
capitoli ma non preoccupatevi non è dimenticata.
Per il resto, ho
cercato in tutta internet il nome dalla
squadra della scuola della riserva ma non l’ho trovata,
quindi ho optato per un
banale LUPI.
Un
enorme grazie a tutti quello che leggono
e a chi mi è vicino e mi da tutto il suo sostegno.
Buon
weekend e a venerdì prossimo.
|
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Capitolo 7 *** Hansel&Grettel ***
“E
quando la luna sorse, prese Gretel per mano; i ciottoli brillavano come
monete
nuove di zecca e indicavano loro il cammino. Camminarono tutta la notte
e
quando fu mattina giunsero alla casa patema. Il padre si
rallegrò di cuore
quando vide i suoi bambini, poiché‚ gli era
dispiaciuto doverli lasciare soli”;
Capitolo
6
Hansel&Grettel
Le sue labbra rosse sulle
mie, sapore di
brandy e ciliegie sulla lingua, la mia mano sul suo fianco, proprio
lì, dove la
maglietta lascia scoperto un lembo di pelle chiarissima. E poi la mia
mano che
sale scoprendola sempre di più, fino ad intravedere il viola
del reggiseno...
“Jake.”
Il suo nome, quasi una supplica su quelle labbra perfette.
“Jake…
sei sveglio?” Una sfumatura di voce meno sexy e decisamente
maschile.
“Jake…”
La
sua mano si mosse da sotto le coperte e spostò il cuscino
sulla testa mentre i
contorni del sogno sfumarono via.
“Jake
alzati.”
Un
brontolio sommesso come unica risposta.
“Amico…
sveglia.”
Un
sibilo frustrato.
“Jake…
c’è Bella.”
Un
rumore di molle, uno scatto di reni e Jacob si ritrovò
seduto sul letto.
“Dov’è?
Quando? Come?”
Una
risata e Jake, ormai sveglio, mise a fuoco la figura di Embry sulla
soglia
della camera.
“Dovresti
vedere la tua faccia. Troppo divertente.”
Jacob si
lasciò sprofondare con la testa sotto
il cuscino.
“Embry
sei un idiota. Ringrazia il mio mal di testa o saresti già
morto.”
“A
proposito, tuo padre ti ha lasciato un'aspirina sul tavolo in cucina.
L’ho
incrociato venendo qua. Ha detto che andava da Harry e di farti trovare
in casa
al suo ritorno. Non aveva un'espressione
felice.”
“Fantastico
oltre al mal di testa ed un amico idiota, ci mancava il padre
incazzato. Gran
bel sabato.”
“Ma
quanto hai bevuto ieri sera? Capisco che la chiusura della stagione di
Basket
vada festeggiata ma…”
“Embry ho preso solo qualche bicchiere di quel
punch.”
Dalla
festa di qualche mese prima erano successe svariate cose che lo
portarono lì,
quel sabato mattina, a combattere con i sintomi di un dopo sbornia
terribile.
Prima di tutto avevano giocato l’ultima partita del
campionato. Partita che
puntualmente avevano vinto, anche se non erano riusciti a portarsi a
casa il
titolo, per un solo maledettissimo punto. Il Coach White era
però fiducioso, la
loro squadra era uno delle più giovani, ed era sicuro che
molto presto, forse
già anno prossimo, avrebbe riportato la coppa alla riserva
di La Push, da dove
mancava ormai da troppi anni. Le
feste dopo partita
a casa di Kay erano
poi divenute una piacevole tradizione e neanche quel venerdì
aveva fatto eccezione.
La differenza maggiore stava
però nel fatto
che, invece di passare la serata appartato con la padrona di casa, come
era
stato solito fare a tutte le feste passate, questa l’aveva
trascorso a giocare
a Beer pong, o meglio punch pong, con i compagni di
squadra. E che diamine quella roba era
davvero troppo forte per lui.
“Ho
visto Paul armeggiarci intorno, chissà che ci ha fatto
finire dentro. Tutto
questo prima di finire lui dentro…”
Jacob
tornò a sedersi sul letto, bloccando con un gesto della mano
le parole del
giovane che si era portato vicino a lui.
“Non
serve che continui, ho visto anche io lui e Kay.”
“Credevo
che lei ti piacesse. Avresti potuto
fare
qualcosa.”
“Mi
piace, è in gamba. Troppo in gamba per uno come Paul in
effetti, ma non era niente
di serio fra noi. Sai come si dice, no? Meglio come amici.”
Lui
e Kay avevano avuto una storia, una storia alquanto divertente, a suo
parere.
Makayla si era rivelata una ragazza sorprendente sotto vari punti di
vista, si
ritrovò a pensare con un ghigno malizioso sul volto, mentre
numerose
immagini venivano
rievocate nella sua
mente. Quel bacio sdraiati sul
lettino dell’infermeria, dove lui si era rifugiato per
saltare l’ora di
biologia, fingendo un attacco di mal di testa. Il reggiseno che si era
fatta
sfilare in un pomeriggio a casa sua che avrebbero dovuto passare a
studiare. La
volta che si era infilata di nascosto sotto la sua doccia dopo un
allenamento.
Sì, era davvero fantastica e divertente, ma non era
realmente quella quello che
cercava. E per quel motivo non aveva posto una reale resistenza quando
lei
l’aveva informato, il giorno prima, che non vedeva nessun
futuro nella loro
storia, che era stato divertente, ma era meglio restare amici.
“Quindi
possiamo saltare la fase del lutto? - gli chiese l’amico
speranzoso - perché la
cugina di Erika viene a trovarla il prossimo weekend,
e pensava ad un'uscita
a quattro, ti prego non costringermi a
presentarmi con Quil.”
Jacob
sospirò tornando a sdraiarsi sul letto e chiudendo gli occhi
nel tentativo di
recuperare stralci del sogno che
l’arrivo di Embry aveva
inopportunamente interrotto.
“Sì,
sì va bene, ma ora lasciami dormire. Ci sentiamo nel
pomeriggio.”
Ma quel pomeriggio era stato, per la
maggior
parte del tempo, occupato dalla più collassale lavata di
capo che il padre gli
avesse mai fatto.
Erano
ancora lì, a discutere su quanto quel comportamento lo
avesse deluso e che da
lui non se lo sarebbe mai aspettato, quando un Charlie piuttosto
trafelato
spalancò la porta di casa, sprofondando su una sedia in
cucina di fianco a lui
e posando sul tavolo una confezione di birre da sei.
“Questo
era quello che mi ci voleva.” disse infine bevendone una
grossa sorsata. Billy
e Jacob lo osservarono sbigottiti
portarsi le mani alla testa ed iniziare a parlare mestamente.
“È
andata via. Bella se ne è andata come sua madre.”
Varie
cose attraversarono allora la mente di Jacob. La prima era che la
paternale di
Billy sulla sua ubriacatura della sera prima e sul suo atteggiamento
totalmente
da irresponsabile, era appena stata cancellata dalla vista del suo
migliore
amico che piombava in casa loro con una abbondante scorta di alcool. La seconda invece era che
doveva di sicuro
aver capito male,
perché Bella non
poteva davvero essere andata via senza salutarlo.
Jake
iniziò a dondolarsi nervosamente sulla sedia mentre il padre
passavo un braccio
intorno alla spalla dell’amico.
“Cos’è
successo, Charlie?” chiese infine.
“Non
lo so. È tornata
a casa e si è messa a
urlare che odiava Forks,
la pioggia,
tutto. Ha fatto la valigia ed un minuto dopo era già fuori
dalla porta. Ha
detto che andava all’aeroporto, non mi ha detto
nient’altro e non ha voluto
farsi accompagnare, ho provato a chiamarla, ma ha spento il cellulare.
La mia
bambina.” Aprì un’altra birra.
“È
stata dura anche per me quando Rachel
e
Rebecca sono andate via.”
“No,
Billy non è la stessa cosa, era sconvolta, non sembrava
neanche lei. Bella è
cosi razionale, matura, non sono da lei certi colpi di testa. Deve
essere
successo qualcosa con quel Cullen, non mi è
mai piaciuto , lo sapevo che avrei dovuto… non
so prendere il fucile
quando me l’ha presentato.”
Billy
trasalì impercettibilmente nell’udire quel nome.
“Cullen,
pensi che lui centri c'entri qualcosa?”
“Sono
sicuro che tutto dipenda da lui.”
I
giorni che seguirono a quel sabato furono al quanto confusi. Da parte sua
Jacob, non riuscì a smettere di pensare che non
avrebbe più rivisto
Bella e Billy sembrava ancora più sconvolto di lui per
l’accaduto , finché
Charlie mercoledì mattina
non li informò
che Bella era stata ricoverata in ospedale. Sembrava stare abbastanza
bene, ma
sarebbe partito subito per Phoenix e
avrebbe spiegato tutto al suo ritorno. Fu allora che suo
padre, proprio
quando tutto sarebbe dovuto tornare alla normalità , divenne
ancora più nervoso,
taciturno e preoccupato.
Angolo
autrice.
Questo
capitolo è dedicato a Ellie. Amica fantastica e autrice di
vero talento.
Avrete
capito che c’è stato un salto temporale , ci
avviamo veloci verso la fine di Twilight,
il prossimo capitolo sarà infatti quello del ballo.
Grazie
a chi legge queste righe e a venerdì prossimo.
Con
affetto
Noemi
|
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Capitolo 8 *** Cenerentola ***
“ E per ordine del
Re, ogni fanciulla in età da marito dovrà
intervenire al ballo!”
“ Allora è per noi!”
“ Io sono così da marito!”
“ Ma allora potrò venirci anch'io!”
“ Ah! Ce la vedi lei a ballare col Principe?”
"Vostra altezza mi
onora... vi
dispiace reggermi la scopa? Ah, ah, ah!"
Capitolo 7
cenerentola
Il
cigolio familiare della
sedia a rotelle si avvicinò alla cucina. Jacob nascose
velocemente il giornale che stava leggendo
fra le pagine del libro di biologia che invece avrebbe dovuto studiare,
e prese
a scribacchiare parole senza senso sul quaderno degli appunti.
Suo padre lo osservò
alcuni istanti.
“È inutile che fai finta
di studiare, Jake. Per tua sfortuna ho avuto anche io quindici
anni.”
Jake alzò lo sguardo
sull’uomo sorridendo sarcastico.
“Davvero? E avevano già
inventato la carta stampata all’epoca o prendevate
appunti sulla pietra?”
“Non fare troppo lo
spiritoso, ti ricordo che domani c’è
l’incontro con gli insegnanti.”
Il sorriso si cancellò
immediatamente dal volto di Jacob.
“Qualsiasi cosa ti dicano,
tu non credergli.”
“Certo, certo
– rispose
Billy scimmiottando
l’intercalare preferito del figlio - in ogni caso volevo
parlarti di Bella, non del tuo
andamento scolastico.”
“È tornata a casa? Come
sta? ” chiese senza riuscire a nascondere un tremito di
aspettativa nella voce.
“Sembrerebbe bene, ma ho
bisogno che tu faccia una cosa per me. Devi andare al ballo di fine
anno.”
“Non so cosa c’entri con
Bella, ma lo farò. Ci sarei andato in ogni caso.”
“Non al tuo ballo, Jake.
Devi andare al ballo della scuola di Bella e riferirgli un messaggio da
parte
mia.”
“Che cosa dovrei fare io?”
La penna gli cadde dalle mani, si chinò per raccoglierla,
sbattendo la testa
contro lo spigolo.
“Figliolo non parliamo più
la stessa lingua?”
Jacob riemerse dal sotto il
tavolo, massaggiandosi la fronte.
“Dubito che l’abbiamo mai
fatto, perché, se così fosse, mi avresti appena
chiesto di imbucarmi al ballo
di un'altra scuola per riferire non so cosa alla figlia dello sceriffo.
Puoi
benissimo farlo tu la prossima volta che la vedi.”
“Tu sei suo amico, Jake.
Forse ti ascolterebbe.”
“Ma se ci siamo visti una
manciata di volte. Non è come se fosse la mia migliore amica
– aggiunse
mentalmente un purtroppo - non credo che mi ascolterebbe, e poi cosa
dovrei
dirle?”
“Dille che deve, per
favore, lasciare quel Cullen, e che noi la terremo
d’occhio.”
Jacob strabuzzò gli occhi,
scuotendo la testa.
“Devi essere impazzito,
papà o forse… hai rivisto "Il
padrino"ultimamente?”
“Non sto scherzando, Jake.”
“Neanche io, non esiste.
Per nessun motivo e in nessun universo conosciuto andrò mai
da Bella, a chiederle di lasciare il suo
ragazzo.”
Anche se, aggiunse di
nuovo mentalmente, era esattamente quello che avrebbe voluto.
Sospirò prima di
uscire dalla cucina e sistemarsi sul divano.
“Ti dò venti dollari.”
“Non se ne parla.” rispose
Jacob intrecciando saldamente fra loro gambe e braccia.
Billy, aprì
il frigo, stappando una lattina
di birra prima di lanciare l’ennesima occhiata al figlio e
aggiungere in tono
causale:
“Come va la macchina,
Jake. Sono settimane che non ti vedo lavorarci.”
Il ragazzo gli lanciò uno
sguardo truce.
“Lo sai benissimo che sono
bloccato senza quel cilindro a freni.”
“Te lo compro io.”
“Ma se solo ieri hai detto
che quest’estate…”
“Ho cambiato idea.
–tagliò corto - sono disposto a
comprati il pezzo che ti serve, se tu parlerai con Bella.”
Basta, suo padre era
decisamente andato fuori di testa, pensò. Non
c’era verso che lui andasse dalla
ragazza che gli piaceva per riferirle un messaggio in
perfetto stile “Soprano”. No, non
l’avrebbe fatto mai e
poi mai, però… quel cilindro a freni gli sarebbe tornato davvero
utile.
Oh al diavolo, il
vecchio lo aveva appena
fregato.
Fregato
su tutta la linea
, pensò osservando la
camicia bianca e la cravatta nera posate sul letto.
La sera del tanto temuto ballo era arrivata
troppo in fretta, prima che lui potesse escogitare una soluzione
alternativa,
progettare una via di fuga. Si preparò rivolgendo pensieri
poco onorevoli al
padre e uscì di casa
velocemente, prima di cedere alla
tentazione di cambiare idea e rifugiarsi dove Billy non lo avrebbe
potuto
trovare.
Era quasi montato in sella
alla moto, che poche ore prima aveva
preso in prestito da un Embry piuttosto recalcitrante, quando scorse
due sagome
nere nascoste malamente dietro un albero. Appoggiò il casco
al manubrio
sospirando.
“Siete pessimi come spie.
Vi ho visti.”
Quil e Embry uscirono
dall'ombra, ridacchiando e spintonandosi.
“Non potevi davvero
pensare che ti avrei prestato la mia moto, senza cercare di capire a
cosa ti
servisse.”
“Mi serve per andare in un
posto. Ve l’ho già spiegato.”
“Ma no… davvero? Pensavo
volessi offrirle una cena. Guarda che è una moto molto
raffinata, solo caviale
per lei.”
Jacob accennò un sorriso,
accarezzando la carena.
“Lo terrò a mente,
grazie.”
“Dai, Jake sputa. Si
tratta di una ragazza?”
“Sì una ragazza.” Ammise
controvoglia.
“E allora perché hai
quella faccia da funerale? Non staremo per caso ancora
parlando di Be…”
Jake avviò la moto,
coprendo l’ultima parola di Embry con il rombo del motore.
Indossò nuovamente il casco, fingendo un sorriso malizioso
prima di partire,
sparendo alla vista degli amici alla prima curva.
Avrebbe portato nella
tomba con sè quell’umiliante segreto.
Arrivato in
prossimità della scuola rallentò,
posteggiando di fianco ad una cabriolet rossa che osservò
ammirato per alcuni
minuti, cercando di raccogliere tutto il
coraggio necessario per quel compito assurdo.
Legò i capelli in una coda
e si avviò a passo di marcia verso la porta
della palestra.
E lì, la vide.
Bella, ballava stretta al suo ragazzo. E di nuovo il piccolo
mostriciattolo
verde della gelosia prese
a saltellargli
sullo stomaco. Pensò che
ormai avrebbe dovuto dargli un
nome, per quanto spesso gli teneva compagnia. Qualcosa
di simpatico ed
amichevole, qualcosa tipo "Grinch".
Era ancora lì, fermo sulla
soglia, a pensare a come in effetti quel nome si adattasse
perfettamente alla
gelosia e sì, anche a quando fosse incredibile
Bella con quel
vestito blu che gli
faceva venire voglia
di.. quando
notò di essere stato visto
dal ragazzo. Iniziò ad avanzare verso loro, sorridendo quasi
mortificato a
Bella che lo aveva visto a sua
volta.
“Ehi,
Bella, speravo proprio di trovarti.” Come attore faceva decisamente
schifo. Fece scorrere
lo sguardo da Bella al suo accompagnatore, prendendo
rapidamente una decisione.
“Mi
concedi un ballo?” Allungò una mano verso
di lei , cercando di
mostrarsi cortese con il ragazzo.
La strinse a sè impacciato e, notando con orrore,
il martellio rimbombante del suo
cuore quando Bella gli poggiò le mani sulle spalle.
“Accidenti,
Jake quando sei alto adesso?”
Iniziò a
rilassarsi
riacquistando un po’ di sicurezza e rispondendo
orgoglioso.
“Più
di un metro e ottanta.” I pantaloni che erano divenuti
tutti troppo corti ne
erano una chiara conferma.
“Hai
notato qualche ragazza che ti piace?”
La domanda di Bella lo
lasciò interdetto alcuni istanti, si osservò
intorno finché non si decise ad
incontrare i suoi occhi, rispondendo sinceramente.
“Una,
ma è occupata, e a proposito sei proprio carina
stasera.”
Carina?
Ho appena
detto
a Bella che era carina? Congratulazioni , amico un ottimo complimento,
se la
ragazza in
questione avesse tre
anni.
Bella
si affrettò a distogliere lo sguardo da
lui e cambiò argomento imbarazzata. Jacob fu così
costretto a tirare fuori il
vero motivo di quella improvvisata.
Per la prima volta nella
sua vita
desiderò essere in un posto e
non esserci nello stesso tempo. Desiderava essere lì, con
Bella stretta a lui e
non avrebbe mai voluto esserci per dirle quello che doveva.
Si fece comunque coraggio
e, dopo essersi assicurato che avesse ben compreso che era
tutta una stupida idea del padre, il quale lo aveva praticamente
corrotto con i
pezzi della macchina di cui aveva estremamente bisogno,
parlò.
“Be’…
scusa, Bella mi sembra talmente
stupido… vuole che lascio il tuo
ragazzo. Mi ha pregato di chiedertelo “per
favore”. Scosse la testa disgustato.
Rimase teso per tutta la
durata di quell’ assurda discussione e poi, al suono della
risata di Bella che
gli assicurava di non avercela con lui ,finalmente
si rilassò.
“Mi
dispiace che ti sia toccato farlo, Jake.”
“A me non dispiace granché” ammise. Ora che la parte difficile
era stata superata
poteva godere dei vantaggi della situazione. Ma poi
la musica
finì e lui trasalì, cercando di camuffare la
delusione, udendo la voce di Edward alle sue spalle.
Tolse le mani dai fianchi di Bella, facendo
un passo indietro.
“Allora
ci vediamo Bella. E scusami” disse allontanandosi
verso la porta, con la certezza di avere lo sguardo di
Edward
ancora puntato
addosso.
Tornato
al posteggio si
rese conto che, per tutto il tragitto, la sua mano destra, stretta a
pugno
lunga la gamba, era stata scossa da un tremito che non era riuscito in
nessun
modo a controllare. Pensò allora che Il Grinch avesse preso
il sopravento, e
che decisamente non era stata una sensazione piacevole.
Angolo autrice
Questo
è uno dei capitoli che mi fino ad ora mi sono divertita di
più a scrivere,
vediamo se voi la pensate come me.
Come sempre
le parti in grassetto sono prese dal romanzo.
A venerdì
prossimo.
Noemi
|
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Capitolo 9 *** Pinocchio ***
“Insegui
ciò che ami, o finirai per amare ciò che trovi."
Capitolo
8
Pinocchio.
Déjà-vu.
Ecco la sensazione che Jacob provò prendendo
dall’armadio la sua cravatta nera.
Erano passati meno di quattro
giorni
dall’ultima volta che l’aveva indossata,
preparandosi per un ballo. Il ballo di
Bella, a voler essere precisi. Se solo si soffermava a pensarci,
ricordando la
scollatura del suo vestito blu e le sensazioni che aveva provato nel
ballare
stretto a lei, sentiva il sangue defluire in un'unica precisa parte del
suo
corpo. Poi la rabbia prendeva il sopravvento su tutto il resto. Le sue mani venivano
ancora attraversate da
un leggero tremito quando l’immagine di Edward e Bella
stretti insieme si
faceva largo nella sua mente. Era stanco, però, di far
convertire su Bella
tutti i suoi pensieri. Questo era il suo ballo, questa avrebbe dovuto
essere
una serata divertente. E lo sarebbe stata, si ripromise levando la
camicia
dalla stampella ed iniziando a farla scorrere lungo le spalle.
“Porca
puttana.” imprecò ad alta voce. Non riusciva
più a chiuderla.
Non
poteva essere cresciuto in soli quattro, dannati giorni.
La
scaraventò sul letto, cercando nell’armadio
qualcos’altro da indossare e
scoprendo, sempre più di malumore, che tutte le camice che
possedeva, all’improvviso,
sembravano essersi ristrette.
Oh al diavolo, chi
se ne frega, metterò una maglietta. Pensò prima di
indossare la prima t-shirt che si ritrovò fra le mani.
Il
suono del campanello di casa interruppe i suoi pensieri.
Uscì dalla stanza e,
sulla porta d’ingresso, vide suo padre stretto in un
abbraccio ad una figura
femminile.
La
giovane donna alzò gli occhi, sentendo il suono dei suoi
passi e gli sorrise,
con lo sguardo luminoso identico a quello che ricordava avere sempre
sua madre.
“Ciao
fratellino.”
“Rachel?
Che ci fai a casa?” chiese prima di stringerla, a sua volta,
in un abbraccio da
orso.
“Non
respiro, Jake.” Lui la liberò dalla presa,
passandosi una mano dietro la nuca e
ridendo.
“Scusa.
Mi sei mancata.”
Rachel
si soffermò a guardarlo per un lungo istante.
“Cavolo,
sei cresciuto!” Esclamò quasi sorpresa.
“Sai,
è una cosa che capita a noi ragazzi. Specialmente se non ci
vedi da molto.”
Si pentì subito del
tono tagliante che aveva
usato. Lui e Rachel erano sempre stati uniti, molto più che
con Rebecca. Era
lei che, alla morte della madre, si era presa cura di un Jake poco
più che
bambino. Era nel suo letto che lui cercava rifugio quando la notte gli
incubi
sul funerale di Sarah non lo facevano dormire. E poi, era partita per
il
college. Non la biasimava. Sapeva che lei doveva vivere la sua vita e
che aveva
fatto fin troppo per lui. Anche Rachel soffriva per la morte della
mamma, anche
lei era dovuta crescere in fretta ed era giusto iniziasse a pensare a
se
stessa. Lo sapeva e lo comprendeva, ma si era aspettato più
di qualche
sporadica visita e una telefonata una volta
a settimana.
Rachel
non si scompose, si limitò a sorridergli, dandogli un bacio
sulla guancia.
“Ho
visto il cortile della scuola tirato a lucido. Il ballo è
oggi? Perché non sei
ancora vestito?”
“Certo
che sono vestito, non vedi?”
“Jake
stai indossando una t-shirt nera. Non è certo
l’abbigliamento adatto per il
ballo. La tua accompagnatrice ti ucciderà.”
“Non
ci porto nessuna ragazza, quindi non importa.”
“Ancora
peggio. Come farai a trovarne una?”
“Da
quando c’entra l’abbigliamento col trovare una
ragazza?”
Rachel
sospirò esasperata, alzando gli occhi al cielo mentre Billy
rideva e,
osservando il battibecco tra i figli, si lasciò cullare
dalla serenità che lo
avvolse rivolgendo un pensiero a Sarah.
“Tuo
fratello si è preso una cotta per la figlia di Charlie. Non
gli interessano le
ragazze della riserva.”
Jake
scoccò un occhiata furente al padre.
“Non
ho nessuna cotta.”
Rachel lo
ignorò, rivolgendosi a Billy.
“La
figlia di Charlie? Penso di ricordarmela. È diventata
carina? Forse è un po’
grande per te, fratellino. Ti piacciono mature.”
Jacob
sentì le guance imporporarsi e incrociò le
braccia sul petto.
“Rachel,
ritratto quel che ho detto non mi sei mancata per niente .”
Lei rise,
abbracciandolo di nuovo e scompigliandogli i capelli.
“Davvero,
fratellino mettiti una camicia.”
“Anche
volendo non posso. Non mi entrano più le mie.”
Sbuffò risentito.
“Fai
contenta tua sorella e prendine una delle mie. Su da bravo.”
Perfetto. Ora
anche il padre gli parlava come se avesse cinque anni. E lui, da uomo
maturo
quale invece si sentiva di essere, strisciò i piedi,
dirigendosi in camera del
padre alla ricerca della “maledetta” camicia.
Tornando
a vestirsi sentì la risata roca di
Billy
risuonare per la piccola
casa, mentre
Rachel probabilmente gli raccontava qualche aneddoto
sulla vita del college. Sorrise di rimando e
non poté non pensare che era bello averla a casa e che, con
lei lì, erano di
nuovo una famiglia.
Passò
la cravatta intorno
al collo e si
accorse che Rachel ora lo osservava
dalla porta. Si avvicinò, aiutandolo a fare il nodo.
“Ecco,
così è molto meglio. Non riesco a credere che il
mio fratellino sia diventato
un uomo. ” Jacob
scosse la testa, senza
però riuscire a nascondere un sorriso.
“Abbiamo
finito il teatrino, Rachel?”
“Sento
che il mio amore fraterno non è apprezzato.”
“Le
tue moine assurde non lo sono.” La corresse, prima che lei
tornasse di colpo
seria.
“Ci
vai davvero da solo al ballo o stai nascondendo qualcosa al nostro
vecchio?”
“Non
sto nascondendo niente a nessuno, ci vado da solo e non ho una cotta
per
Bella.”
“Quindi
non c’è nessuna ragazza?”
“Una
c’era, ma ci siamo lasciati. Si vede con Paul
adesso.”
“Paul?
Quel Paul Lahote con cui ti pestavi sempre da piccolo?”
“Già,
lui.”
“Oh,
Jake è un idiota. Non ci credo che
ti
sei fatto soffiare la ragazza da lui.”
“Non
me la sono fatta soffiare, ci siamo lasciati di comune
accordo.” rispose
risentito.
“Ok,
ok, ti credo. Però stasera,
qualcun’altra…” e, con il sorriso
più malefico che
Jake le avesse mai visto addosso, infilò una mano nella tasca dei jeans, ne estrasse un
involucro argentato
e lo porse al fratello.
Jake
la guardò, arrossendo subito dopo.
“Rachel…”
“Andiamo,
non fare il timido. Ho avuto anche io quindici anni e so come
funzionano i
balli della scuola. I balli alla riserva. So che sono tremendamente
noiosi e
che si cerca sempre un diversivo. E andarci soli non significa finire
la serata
nella stesso modo.”
Ormai,
la sua pelle bruna,
era diventata simile
ad un peperone , distolse lo sguardo da lei, iniziando a giocare con il
polsino
della camicia.
“Non
voglio parlare con te di questo.”
“Meglio
con me che con nostro padre. Mi ha fatto il discorso Jake. A me e a
Rebecca e
fidati, non è stato piacevole. Non so chi dei tre fosse
più in imbarazzo. Ti
sto salvando in realtà. E poi, se non ne parli con me chi ti
resta? Quil ed
Embry? Non voglio
diventare zia, grazie.
Quindi prendi e stai zitto.”
Lui
afferrò il preservativo infilandolo nel portafoglio.
“E
va bene, ma non voglio il resoconto dei tuoi balli. Non mi costringere
a
spaccare la faccia a qualcuno la prossima volta che vado al
supermercato.”
“Tommy
del supermarket stava con Becca io…”
Jake
portò velocemente le mani alle orecchie.
“Ti
ho detto che non voglio sapere!”
“Oddio.
Come sei noioso e
comunque ormai tutti
quelli della mia età sono al college, tranne Sam. Quindi non
ti resta nessuno
con cui difendere l’onore di famiglia.”
“Sam?
Vuoi dire che tu e Sam… lo uccido.”
“Ma
sei diventato scemo? Leah mi avrebbe fatto fuori è persa di
lui da… sempre
probabilmente.” Sospirò e si sedette sul letto.
“È anche per questo che sono
tornata. Credo che Leah abbia bisogno di un’ amica. Oh beh,
cose da donna. Non
è il caso che ti annoi.”
Tornò
in piedi e osservò di
nuovo il fratello.
“Ehi, uno ti basta o
ne vuoi altri?”
Jake
allora l’afferrò per il gomito, accompagnandola
poco delicatamente alla porta e
chiudendosela alla spalle. Le sorelle questa disgrazia.
Quando
entrò nella palestra della scuola stavano
suonando un lento. Maledisse la sua sfiga, era proprio la canzone che
aveva
ballato con Bella. Sbuffò, non voleva iniziare
così la serata. Buttò un occhio
sulle coppie in pista e vide Embry con Erika. Osservò le mani
dell’amico scivolare sul sedere della
ragazza prima che lei gliele riportasse sulla schiena, rise e si
avvicinò a
Quil al bancone delle bibite.
“Dieci
dollari che Embry va in bianco.” Disse l’amico,
salutandolo con una gomitata.
“La
penso come te, non è neanche il caso di
scommettere.” Rispose Jake aprendo una
coca-cola.
“Allora,
siamo tutte e due soli, a chi ci dedichiamo? Hai visto Daya?”
Jake
voltò lo sguardo e scorse la ragazza che Quil gli indicava.
Indossava un
vestito corto che lasciva ben poco all’immaginazione, era
mozzafiato, come
sempre. E stava ballando con Brian, un ragazzo dell’ultimo
anno.
“Certo
Daya. Continua a sognare, Quil.”
“Allora
Kim…”
“Se
riesci a farle togliere gli occhi da Jared direi che è
perfetta.”
“Uff,
ci sono poche donne in questa riserva. L’ho
sempre detto che bisogna allargare i nostri orizzonti. Ora
capisco
perché ti piace Bella.”
Jacob
lo fulminò con lo sguardo e Quil continuò
sogghignando. “Scusa, mi correggo.
Ora capisco perché non
ti piace
Bella. Perché a te non piace più, non ti
è mai piaciuta. Come ho fatto a
scordarlo?”
“Ehi
pivelli.” La voce di Paul bloccò la rispostaccia
di Jacob. “E’ ora di animare
questo mortorio.” Si guardò intorno prima di
estrarre una fiaschetta dalla
tasca della giacca e farne scivolare il contenuto dentro il punch. Ne
riempì un
bicchiere e lo porse a Makayla che gli era affianco.
Lei guardò imbarazzata Jacob prima che Paul,
facendo l’occhiolino al ragazzo, la portasse fuori per mano.
Quil
passò una mano sulla spalla dell’amico.
“E’
un idiota, non farci caso. È arrivata mia cugina. Andiamo a
salutarla.”
La
cugina di Quil era allegra, un fiume in piena di parole che li
travolse.
Parlarono, risero, scherzarono, si divertirono. E poi Daya era a fianco
a loro
e Jacob quasi si strozzò con la coca-cola che stava bevendo
quando lei gli
chiese a bruciapelo:
“Mi
porti a ballare?”
Annuì,
passando una mano dietro la schiena di lei e conducendola sulla pista. Con la coda
dell’ occhio vide Quil alzare in
aria i pollici, sorridendogli orgoglioso. Lui pensò che
prima o poi l’avrebbe
fatto fuori e appoggiò le mani su i fianchi di Daya. Odiava
ballare, non ne era
capace e sperò che lei non se ne accorgesse. Daya mise le
mani sulle sue spalle
e si strinse di più a lui.
“Che
fine ha fatto il tuo ragazzo?”
“Si
è scolato da solo metà di quel punch. Non si
ricorda neanche più come mi
chiamo.”
“Se
ti può consolare, io non scorderei mai il tuo
nome.”
Oddio, chi era
stato a parlare?
Non poteva davvero aver detto una frase che
neanche nel peggior film romantico. Si dette mentalmente del
coglione, ma
lei gli sorrise e allora forse un coglione totale non lo era.
“Non
ti ha stancato tutta questa gente?”
Adesso,
lo sapeva, lei lo avrebbe schiaffeggiato, invece lo sorprese di nuovo.
“Sarebbe
bello restare soli.”
Non
se lo fece ripetere due volte. Non era proprio il caso di sfidare la
fortuna
che, per una volta, sembrava girare nel verso giusto. La prese per
mano,
uscirono dalla palestra ed iniziarono a correre per i corridoi fino ad
arrivare
ad uno sgabuzzino dove i bidelli ammassavano i banchi rotti.
Jacob
aprì la porta e lei lo segui senza parlare. Nella penombra
dello sgabuzzino le
loro labbra si incontrarono. Jacob
si
staccò, osservandola. Daya
spostò i
lunghi capelli da un lato del collo e gli sorrise. Non c’era
traccia di
timidezza o incertezza sul suo volto e lui riprese a baciarla.
Il
vestito di Daya era blu. Blu come
quello
che indossava Bella. E lei era bella, talmente bella che a Jacob non
sembrava
vero di essere lì a baciarla in quello stanzino. Era
talmente bella e non
capiva perché il cuore gli battesse e le mani gli sudassero.
Ok ,forse lo
capiva, ma quello che non capiva davvero era perché, mentre
le baciava il
collo, vedesse il viso di Bella. Bella era… ma Daya era
lì, ed era vera ed era
talmente bella… e soprattutto lo voleva.
Era talmente bella che lui mise a tacere il cervello.
Cancellò tutto il
resto e posò le mani sulle cosce di lei, alzandole il
vestito. Su fino alla pancia
e poi lungo le braccia. Lo lasciò ricadere a terra. Era talmente bella che
iniziò a ringraziare
mentalmente Rachel per il preservativo nel suo portafogli. Era talmente bella e lui non sapeva che fare, perché
lei chissà quante esperienze
aveva avuto e lui era solo un ragazzino inesperto. Era
talmente bella che quando gli sbottò i jeans,
facendoli scivolare via insieme ai boxer… Cazzo i
boxer bianchi, perché non
ho messo quelli neri?
Era talmente bella
e la sua mano lo afferrò.
E allora
chi se frega dei boxer,
tanto non li ha neanche guardati. E giocò con lui
e lo stuzzicò. Era
talmente bella che, porca puttana se continua così
non arrivo neanche a
toccarla. Perché se la stava facendo sotto,
perché era la sua prima
volta.
Era
talmente bella che fece un passo indietro chinandosi e recuperando il
portafogli dalla tasca dei jeans. Afferrò il preservativo e
ruppe
l’incarto. Lei
lo aiutò a srotolarlo,
spostò i suoi slip mentre lui, mordendosi le labbra,
iniziò a toccarla.
Era
talmente bella e lui sapeva che era pronta. Chiuse gli occhi e si
spinse dentro
di lei. Le baciò il seno e pregò tutti i
protettori della riserva di farlo
durare almeno tre spinte.
Era talmente bella
che l’orgasmo lo travolse e si
lasciò andare contro di lei.
Era
talmente bella mentre si rinfilò il vestito, cercando di
lisciare le pieghe e
lui rialzò i pantaloni. Era
talmente
bella mentre lo baciò prima di uscire dallo stanzino e
tornare alla festa.
E lui
restò lì, la testa nascosta sotto
il braccio teso appoggiato al muro. Cazzo,
era successo davvero.
Angolo
autrice
Spero di avere ancora qualche
lettrice dopo questo
capitolo.
Lo so, forse alcune di voi ci sono rimaste male ma
a volte capita che i personaggi prendano decisioni tutte loro.
Vi posso garantire che questo capitolo nella mia
mente era completamente diverso ma poi Jake si è messo a
urlare e strepitare
che insomma ha 15 anni e ok amare Bella ma dammi una vita. E
così questo ne è
il risultato. Però vi garantisco che questa è e
rimane una Jacob/ Bella.
Quindi se qualcuno vorrà ancora sentirmi vi do
appuntamento a venerdì prossimo.
Noemi
|
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Capitolo 10 *** La spada nella roccia ***
“Si narra che un dì
l’Inghilterra fiorì
di audaci cavalier;
il buon re morì senza eredi e
così agognarono
tutti al potere.
Soltanto un prodigio
poté salvar il regno da
guerre e distruzione.
Capitolo
9
La spada nella roccia
Una
settimana dopo il ballo Rachel ripartì.
Doveva frequentare dei corsi estivi per dei crediti extra,
diceva
lei; la riserva
ormai le era divenuta
troppo stretta, pensava Jacob.
La
guardarono salire in macchina dopo un abbraccio e un “ci
vediamo presto” che
entrambi sapevano, non sarebbe stato
tale.
E
la vita in casa Black tornò alla normalità.
Provò
a fare il gentiluomo e a mantenere
per sé
quanto era successo la sera del ballo, ma riuscireste voi a tenere un
segreto a
Embry e Quil? Un segreto di quel genere?
Insomma,
l’uscita dall'infamante club della verginità per
un uomo era, senza ombra di
dubbio, un evento da festeggiare.
Quando
Jacob iniziò il racconto erano tutti e tre nel suo garage a
lavorare ancora
sulla moto di Embry. Quil si dette la chiave inglese sul piede ed Embry
spalancò la bocca un paio di volte, troppo incredulo per
dire qualcosa, infine,
mise il muso per il resto del pomeriggio. Era lui l’unico ad
avere la ragazza
fissa e a, quanto pareva, era anche l’unico ad non essere
andato oltre la
seconda base. Quil non faceva testo.
La
sera, poi, rubarono una bottiglia di whisky dalla dispensa del vecchio
Ateara e
andarono a berla sulla scogliera di La Push. Faceva
davvero schifo. Ma
in
quel modo proclamarono Jacob come loro nuovo eroe.
La
scuola era finita e l’estate era agli inizi, Jake
trovò un lavoretto nel
piccolo negozio di souvenir della spiaggia; non che La Push fosse una
località
balneare rinomata
ma, con l’arrivo
dell’estate, qualche turista non mancava mai.
Daya
lo invitò a casa sua un paio di volte, i genitori erano
andati a trovare il
fratello che viveva fuori La Push, e lui
fu ben lieto di trascorrere del tempo con lei.
Era
un estate tutto sommato normale. Piena di risate, scherzi, motori,
baci, falò
sulla spiaggia. Era l’estate dei suoi quindici anni.
Ma
alla sera, nel suo letto,
si ritrovava a
pensare ad altre estati, quelle trascorse da bambino. Quando sua madre
era
ancora viva e Charlie arrivava alla
loro
porta con una bimba dai capelli castani per mano, troppo timida per
giocare con
le sue sorelle. Pensava
a lei e, qualche
volta, era riuscito a vederla. Ad esempio alla cena del quattro luglio
nel loro
giardino, con tutti gli amici del padre.
Non avevano parlato molto, la pioggia era arrivata troppo
presto, ma
Jacob l’aveva osservata
abbastanza per
rievocare nella sua mente tutti i dettagli di lei prima di
addormentarsi. Stava
ancora con il figlio del medico, era sempre bellissima e lui avrebbe
davvero
dovuto iniziare a levarsela dalla mente. Com’era possibile
che neanche Daya
riuscisse a far niente contro quella ragazza dalla pelle bianca che
sembrava
aver preso la residenza fissa nei suoi pensieri?
E
poi com’era arrivata l’estate finì.
Il
primo giorno di scuola ascoltavano, in aula magna come ogni anno, il
discorso
del preside. Prima di rientrare in classe il Coach White
chiamò lui e Jared nel
suo studio. Che diamine, la scuola era
appena iniziata non potevano giù essersi messo nei casini,
giusto? Pensò
varcando la soglia. I due ragazzi si guardarono in faccia, la stessa
muta
domanda dipinta sui loro volti. Appena
li vide il Coach non riuscì a trattenere una risata.
“Rilassati, Black.
Mi risulta che nessun compito di trigonometria
è stato ancora
assegnato.” Si sedette alla scrivania e tirò fuori
un quaderno.
“Qua
dentro sono segnate le medie di tutti i miei giocatori, anno per anno.
Come
sapete Sabat si
è diplomato quest’estate
ed il posto da capitano è
vacante. Voi
due siete i miei migliori giocatori e uno di voi prenderà il
suo posto.”
Jacob
sorrise e Jared gli diete una gomitata.
“Mercoledì,
prima dell’inizio dell’allenamento, farete una gara
di tiri liberi. Il primo
che sbaglia lascia il posto in automatico all’altro. Sono
stato chiaro? E
ricordatevi che voglio la coppa quest’anno.”
Uscirono
dall’ufficio ancora con il sorriso stampato in volta. Jared parlò per
primo.
“Preparati
a perdere, Black. Ma non preoccuparti sarai il mio vice.”
“Sarai
tu a essere il mio, Cameron.”
Risero
entrambi e Jared gli tese la mano. Jake la strinse e
spalancò gli occhi.
Scottava.
“Stai
bene?”
“Mai
stato meglio. Non mi ammalerò per la nostra
sfida. Ci vediamo a lezione di storia.”
Aprì la porta della classe e spari dentro.
Jacob rimase ad osservare la
porta chiusa per alcuni istanti, non del tutto certo che la temperatura
dell’amico fosse normale. Mentre
entrò in classe Jake si ritrovò a sperare che la
precisione nei tiri liberi di
Jared non fosse migliorata come l’altezza. Era sempre stato
alto quasi quanto
lui ma ora lo superava di quasi dieci centimetri.
Il
mercoledì successivo, quando Jacob
entrò
con la sacca da basket nella palestra, la ritrovò stipata
all’inverosimile.
Oltre alle cheerleader e ai suoi compagni sembrava essersi riunita
sugli spalti
l’intera scuola. E anche qualcuno che la scuola
l’aveva finita da un pezzo,
constatò, scorgendo Sam Uley.
Vide
Quil e Embry seduti sulle gradinate e li
raggiunse.
“Nervoso,
Jake?” chiese Quil.
“No.
Ma tutta questa gente che ci fa?”
“Oh…credo
sia colpa mia.” Affermò
Embry passandosi
una mano dietro la nuca. “L’ho detto a Erika e lei
ha detto qualcosa sul fatto
che Kim doveva saperlo e poi… Daya…non so. La
scuola è piccola. Le voci
girano.”
“E
abitiamo a La Push, Jake. È una distrazione da un pomeriggio
noioso.” Finì
per lui Quil. Jacob li guardò scettico
ed inizio a levarsi la felpa.
“Ehi…”
Si voltò e vide Daya avvicinarsi.
“Agiterò
i pom - pom solo per te.”
Gli disse
all’ orecchio prima di posargli un
bacio sulla guancia.
Embry
e Quil sghignazzarono e Jacob gli mise a tacere con un occhiataccia.
Quando
il coach arrivò lui e Jared si strinsero la mano. Se
possibile il compagno
scottava ancora di più di qualche giorno prima.
Il
coach fischiò e Jacob lanciò per primo.
Non
era una gara facile. Erano i migliori lanciatori della squadra ed era
già
mezz’ora che alternavano i tiri senza che nessuno dei due
sbagliasse un colpo.
Toccò
a Jared, lui lanciò la palla, distratto per una frazione di
secondo, forse dal
suo nome urlato da una ragazza, forse da qualcosa che cadeva e il
pallone andò
fuori.
Osservò
incredulo il tiro deviare dalla solita traiettoria, rimbalzare contro
il ferro
del canestro e rotolare ai suoi piedi.
I
rumori della palestra si annullarono e poi esplosero in una fiumana
umana che
si strinse intorno a Jake.
Jared
raccolse il pallone e si fece largo fra la folla. Aveva perso. Jacob lo
vide,
si districo dall'abbraccio di Embry e si avvicinò
all’amico, tendendogli la
mano. Ma invece di afferrarla Jared
l'allontanò, brusco. Stava tremando e sembrava
non riuscire a
controllarsi. Non era da lui. Era
sempre stato sportivo.
Jake
era sicuro che nessuno dei due se la sarebbe presa per la vittoria
dell’altro.
E invece Jared esplose. Lo afferrò per la maglietta
urlandogli in faccia.
“Mi
avete distratto apposta.”
“Che
diavolo dici, Jared. Nessuno
ti ha
distratto.” Cercò di ribattere Jacob.
Il
coach li affiancò.
“Cameron,
non tollero questi atteggiamenti. Mollalo subito o sei fuori dalla
squadra.”
“Non
me ne fotte niente della sua squadra del cazzo.” disse infine
lasciando andare
la maglia di Jake e avviandosi a grandi falcate verso l'uscita della
palestra.
Jacob
rimase stordito ad osservare la figura dell’ amico
allontanarsi. Il
coach gli passò una mano
sulla spalla.
“Tutto
bene, figliolo? Questa è tua, te la sei meritata.”
Gli allungo la fascia gialla
da capitano e scuotendo la testa si allontanò.
Prima
di essere travolto di nuovo dagli abbracci, Jake notò con la
coda dell’ occhio
Sam e Paul inseguire rapidamente Jared fuori dalla porta.
Qualcosa
di stranò stava succedendo, pensò prima di
trovare sulle sue le labbra di Daya.
Angolo
autrice…
…
e un altro membro si è unito al branco di Sam. Se fate due
rapiti calcoli siamo
a settembre e quindi sì il ritorno di Bella è
proprio nel prossimo capitolo.
Nel
darvi appuntamento alla settimana prossima auguro una splendida
settimana di ferragosto
chi parte e a chi resta a casa.
Con
affetto
Noemi
|
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Capitolo 11 *** La bella addormentata nel bosco ***
"
Principessina se la triste profezia si avverasse bimba mia , non per
questo
morirai ma nel sonno tu cadrai . E il tuo sonno cesserà se
l'amor ti bacerà ;
sia questo il più fulgido
dei tuoi doni
che la speranza mai ti abbandoni "
Capitolo
10
La bella addormentata nel bosco
“Dai
Jake, sono il tuo migliore amico e tu il capitano, il coach ti
avrà già detto
chi ha scelto. Non ci credo che vuoi farmi aspettare i risultati in
bacheca.”
Jacob
era sdraiato sul letto con una rivista di automobili sotto gli occhi e
una
ciotola di patatine sul pavimento in cui tuffava la mano a intervalli
regolari.
Sorrise beffardo a Embry che, seduto alla scrivania, correggeva il suo
compito
di chimica.
“Non posso dirtelo,
Embry. Non sarebbe
corretto nei confronti degli altri.”
“Neanche
che io faccia i compito al posto tuo lo è.
Perciò arrangiati da solo.”
Gli
lanciò il quaderno e si alzò per impadronirsi
della ciotola, ma Quil fu più
veloce, arrivò alle patatine e si sedette sul davanzale
della finestra ad
osservare i due che iniziavano ad azzuffarsi.
“Ahi.
Fermo, Embry non si tratta così il tuo capitano.”
“Quindi
sono in squadra?”
“Se
ti impegnassi cosi tanto con Erika, come stai facendo con me nel
cercare di
estorcermi segreti, le avresti già levato il
reggiseno.”
Quil
rise ma l’arrivo di Billy li interruppe. Li osservava dalla
porta con un
espressione gelida.
“Che
succede?” chiese Jacob preoccupato. Il padre non gli rispose
rivolgendosi
invece all’amico.
“Devi
andare a chiamare tuo nonno, Quil. Digli di venire subito qui
e di
portare anche Harry Clearwater e Sam Uley.”
“Ma…”
“Veloce,
Quil. Per favore.”
Il ragazzo uscì
senza ulteriori domande mentre
Jacob e Embry, divenuti improvvisamente seri, non smisero di
fissarlo.
Billy sospirò prendendosi la testa fra le mani.
“Bella
Swan è sparita nel bosco.”
Quell’
unica frase bastò a far gelare Jacob. Guardò il
padre assicurandosi di aver
capito bene.
“Sparita?”
“Ne
so quanto te, figliolo. Charlie sta radunando i suoi colleghi e gli
servirà una
mano. E no, non andrai con loro a
cercarla.”
“Ma
papà…”
“Hai
quindici anni, Jake e posso ancora dirti cosa fare. Non ti
voglio nel
bosco da solo. Ma puoi venire e aspettare lì.”
Concesse infine.
Le
ore che seguirono furono fra le più caotiche della sua vita.
Billy
radunò più persone possibili nel suo
giardino e, tutti insieme, si
diressero a casa di Charlie per iniziare le ricerche.
Non
era sicuro di quanto tempo fosse passato, sapeva solo che avevano
percorso
talmente tante volte il portico di casa Swan che era certo vi avesse
lasciato
dei solchi.
Che
problema aveva quella ragazza? Sembrava non riuscire a stare lontana
dai guai.
Prima scappava di casa, due giorni dopo la ricoveravano con le ossa
rotte
e un trauma cranico e ora spariva nel bosco. Passarono ancora minuti o
forse
ore che a lui parvero lunghe come secoli e poi,
finalmente, Sam uscì dal bosco con Bella fra le
braccia.
Sembrava
ancora più piccola e indifesa, semisvenuta fra le braccia di
quel gigante. Jake
la vide tremare ed iniziò a tremare anche lui. Non riusciva
a calmarsi, eppure
il peggio era passato. Lei era lì e sembrava stare bene.
Sì, aveva un aspetto
orribile , ma l’avevano trovata ed era viva.
Aspettarono
l’arrivo del medico e Bella si riprese.
Aprì gli occhi, ma Jacob capì
subito che qualcosa dentro di lei si era rotto.
Se
non fosse stato per suo padre che tentava di farlo ragionare avrebbe
passato i
giorni seguenti attaccato al telefono per avere sue notizie.
Avrebbe
anche voluto andare di persona a sincerarsi sulle sue
condizioni ma
Charlie gli disse che era ancora molto scossa, che era chiusa in camera
sua e
che non voleva vedere nessuno.
E
i giorni divennero settimane e le settimane mesi. La vita di Jake
prosegui come
sempre fra scuola, partite, Quil e Embry. E Bella restava
immobile.
Le
poche volte che era riuscito ad incrociarla gli si era stretto lo
stomaco a
vederla così: il fantasma di se stessa, niente luce negli
occhi, niente risata
cristallina. Bella era andata via. Ed era tutta colpa di quel Cullen.
Non
riusciva a trattenere un brivido di rabbia che gli attraversava la
schiena ogni
volta che si trovava a pensare a come Bella si era ridotta per lui.
Infine
in un pomeriggio di Gennaio qualcosa cambiò.
Stava
guardando i risultati delle partite quando il rombo di un motore familiare lo distrasse.
Si
affacciò alla finestra e non riuscì a trattenere
un sorriso. Non si era
sbagliato. Prima ancora di rendersene conto stava correndo in cortile,
verso il
furgone rosso che era stato di suo padre.
“Bella.”
“Ciao, Jacob.”
Si
fermò a pochi passi di distanza da lei, avrebbe voluto
abbracciarla ma qualcosa
lo trattenne. La osservò e lei sorrise. Un piccolo sorriso.
Un sorriso solo per
lui.
Il cuore di Jacob accelerò di colpo e in quel preciso
istante lui percepì
qualcosa dentro di se che si smuoveva per poi risistemarsi nel posto
giusto.
“Sei cresciuto ancora.”
“Più
di un metro
e novanta.”
“Ti fermerai
mai. Sei enorme?”
“Ma magro come
un chiodo.”
Uno
scambio di battute quasi banale che però fece ridere
entrambi. Solo in quel
momento Jacob si accorse della pioggia battente e la condusse nel
piccolo
salotto dove Billy l’accolse calorosamente.
Quando
Bella informò Billy che aveva tutte le intenzioni di farsi
vedere in casa loro
molto spesso, Jake pensò di essere finito in un universo
parallelo. Cercò di
trattenersi, ma un sorriso ancora più largo si
piantò sul suo viso. Era
consapevole di sembrare un idiota totale ma non poteva farne a meno.
Bella era
piombata lì all’ improvviso e sembrava entusiasta,
anzi desiderosa della sua
compagnia. Era come se tutti i suoi sogni, almeno quelli in cui lei era
vestita, si stessero avverando.
L’accompagnò
nel suo garage e le mostrò la Golf, ormai quasi terminata.
Fu allora che lei
riuscì a lasciarlo ancora più incredulo,
facendogli vedere le moto che aveva
portato con sé e chiedendogli se fosse
in grado di ripararle.
Davvero,
era uno scherzo? La donna dei suoi sogni arrivava a casa sua,
desiderosa di
passare del tempo con lui e, ciliegina sulla torta, gli regalava un
Harley? Ma
cose così accadono davvero?
Era
di sicuro il giorno più fortunato di tutto la sua
vita… cazzo Quil e Embry!
Sentì
le loro voci e, pochi attimi dopo, li vide entrare in garage. Si
fermarono
sulla soglia stupiti e poi si scambiarono un’ occhiata
complice. Jacob sospirò
rassegnato e fece le presentazioni.
“Quil,
Embry questa
è la mia amica Bella.”
Non
si erano sbagliati, da complice l’occhiata divenne piena di
sottointesi. Jake
cercò di ignorarla e gli spiegò delle moto e di
quello che voleva fare. Si
immersero nella conversazione finché non vide Bella alzarsi.
Si bloccò di
colpo, era stato un vero idiota. Un pomeriggio con Bella e lui
l’aveva sprecato
a parlare di motori con Quil e Embry. Ma si può essere
più scemi di così?
Bella,
però, non sembrò esserne infastidita, anzi, gli
regalò un altro sorriso che gli
fece momentaneamente dimenticare il resto.
“Se
torno domani
è un problema?”
Si riscosse alle risatine malcelate degli amici.
“Va
benissimo”
“Ma non sono
ancor sicuro di voler lasciare pagare tutto a te… non mi
sembra giusto.”
“Jake, se le
portassi dal meccanico quanto pensi che mi chiederebbe?”
“In effetti stai
facendo un affarone.”
“Per non parlare
delle lezioni.”
A
quel punto Quil, che aveva assistito a tutto lo scambio di battute con
un
sorrisetto in volto, non riuscì più a trattenersi
e si chinò verso Embry.
“Non
credo sappia davvero che lezioni vuole darle, Jake.”
Embry
non ebbe il tempo di cercare di trattenere la risata che Jake
lo colpì
alla nuca. Bella però non si scompose e saluto i tre ragazzi.
Era
appena uscita dalla porta quando Quil si buttò addosso a
Jake strofinandogli la
testa.
“Evvai.”
Jake
se lo scrollò da dosso, ma solo per essere colpito alle
spalle da Embry.
“Amico
è davvero carina… gambe e sedere che
parlano.” Jake gli diede un pugno allo
stomaco.
“Ahi.”
Embry
rise tornando a colpirlo.
“Basta.”
Si allontanò di
qualche passo, guardandoli truce.
“Se
solo uno di
voi due osa mettere piedi qua domani…”
“Ok,
noi non verremo, ma tu poi ci racconterai tutto.”
“E
io ruberò il whisky del nonno.” concluse Quil
facendogli l’occhiolino.
“Idiota.”
“Non
si può mai sapere, Jake.” Lui scosse la testa e
tornò a smontare i pezzi
della moto senza però riuscire a smettere di
sorridere.
Angolo
autrice.
Ed
ecco il capitolo che credo tante di voi stavano aspettando. E
sì, Bella è
tornata e da questo momento in poi forse le cose cambieranno.
Volevo
fare un ringraziamento speciale alle nuove lettrici, grazie mille per
le vostre
recensioni e mi scuso a chi non ho ancora risposto ma da
martedì sono in ferie
e recupero tutto.
Prima
di darvi appuntamento ala settimana prossimo vi lascio il link di una
piccola
shot Jake/Bella che ho appena pubblicato …
Anni
per
amarti
Con
affetto
Noemi
|
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Capitolo 12 *** Red & Toby ***
"Noi saremo amici per sempre, non
è
vero?"
"Sì, per sempre"
Capitolo
11
Red e
Toby
Le
sue fantasie presero il
largo nella notte e immaginò tutti i possibili scenari per
quella giornata con
Bella. Così, quando al mattino si svegliò con una
pioggia scrosciante, non poté
fare a meno di sorridere.
Ok, non pensava davvero
che avrebbe baciato Bella sotto l’acqua, sdraiato sul cofano
del pick up. Il
pick up non aveva nemmeno un cofano, a dirla tutta ma,
ehi, sognare non costava niente.
Fece colazione, scambiò qualche
battuta con il padre, che non smise di ridere vedendo il sorriso che
dal
pomeriggio prima aleggiava sul volto del figlio e quando Bella
arrivò, non ebbe
neanche il tempo di spegnere il motore che lui le era
già corso incontro
con in mano un grosso ombrello nero. La vide sorridere di nuovo e si
sentì
orgoglioso. Aveva saputo da Charlie che erano mesi che Bella non usciva
di casa
se non per la scuola, che non parlava con nessuno, mentre ora era
lì, davanti a
lui e sorrideva.
Aspettarono che il padre uscisse
di casa insieme ad Harry e poi si avviarono alla discarica. Dovevano
iniziare a
lavorare sulle moto e se avessero avuto fortuna avrebbero
potuto
risparmiare parecchi soldi con quel viaggio.
Dopo un breve tragitto
scesero dal pick-up e si avviarono al cancello.
“Jake ma è chiuso.”
esclamò Bella osservando il grosso
lucchetto nero.
“E’ domenica, Bells. Che
ti aspettavi?”
“Non lo so, ma ora come
facciamo a entrare?”
Jake la osservò
sorridendo.
“Scavalchiamo no?”
“Cosa? Sei impazzito…no,
no.” Puntò i piedi, incrociando le braccia al
petto.
“Non è difficile.”
“Forse per te non lo sarà.
Io inciampo solo camminando e ora pretendi che scavalchi una rete
di… quanto
cavolo sarà alta, Jake?”
Adesso il suo sorriso
divenne una vera e propria risata.
“Non ti lascio cadere ok
? Fidati di me?”
“Questa battuta mi ricorda
un film che, per la cronaca, finiva con l’affondamento della
nave.”
“Ma Rose non è morta…
quindi smetti di lamentarti e inizia ad arrampicarti.”
Bella guardò la recinzioni
un paio di volte poco convinta, osservò Jake scavalcarla
senza particolare
difficoltà e, sospirando rassegnata, cercò di
fare altrettanto.
“Visto? Non era difficile.
Ora alza una gamba alla volta e buttati.”
“Non lo so, Jake io…”
“Bella. È più facile
scendere di qua che tornare giù.”
“Ma è davvero alto.”
“Bella…”
“Ok, ok mi sto buttando.”
Chiuse gli occhi e si
lasciò andare, pochi istanti dopo Jake se la
ritrovò fra le braccia, perse
l’equilibrio ed entrambi finirono sdraiati nel
fango.
La strinse a se,
probabilmente molto più di quando avrebbe dovuto, ma sentire
il corpo di Bella
contro il suo… non riuscì a farne a
meno.
“Stai bene?” Le chiese
infine mettendosi seduto.
Lei annui levandosi lo
sporco dal viso e scoppiando a ridere.
“E’ stato divertente.”
esclamò. Lui si unì alla sua risata e
l’aiutò a rimettersi in piedi.
Passarono così la
mattinata, a cercare vecchi pezzi arrugginiti e ridendo per
ogni piccola
cosa. Jacob pensò allora di non essersi mai sentito
così felice, esattamente
lì, in mezzo al fango accanto a Bella. Nessun
pomeriggio con Daya o Kay
gli aveva scatenato dentro le stesse sensazioni. Nessuno dei
loro baci
gli aveva fatto provare lo stesso calore che sentiva sulla pelle quando
la sua
Bella sorrideva. Sua?
Per cancellare quel
pensiero assurdo, si rimise a controllare tutti i pezzi trovati.
“Direi che siamo a posto è
andata meglio del previsto.” esclamò soddisfatto.
“Ma come facciamo a
scavalcare con questi?” chiese Bella preoccupata.
“C’è un buco nella
recinzione, vedi proprio dietro quel capanno.”
“Cosa? E tu l’hai sempre
saputo?”
“Beh sì…”
“E mi hai fatto
scavalcare?”
“Ma hai detto che è stato
divertente.” Si difese lui con un ghigno compiaciuto sul
volto.
“Jacob Black comincia a
correre perché se ti prendo ti do io un
bell’esempio di divertimento.”
Ripresero a ridere e
continuarono a farlo per tutta la giornata, mentre cercavano di
ripulirsi da
tutto quel fango e mentre si dirigevano ad Hoquiam
per acquistare
altri pezzi di ricambio. Risero di ritorno a La Push. Risero
iniziando un
gioco assurdo sull’ età per stabilire chi fosse il
più vecchio.
Bella era intenzionata a
dimostrare che lei era la più matura fra i due, forte della
differenza d’età ma
Jacob era restio a dargliela vinta.
Ma tra tutte
le risate non gli erano
sfuggiti quei momenti in cui lei sembrava sparire, persa dietro un
ricordo
forse troppo doloroso. Erano piccoli gesti ma, che per lui, erano
più chiari di
un insegna al neon. Una domanda scomoda, una frase sbagliata e i suoi
occhi si
abbassavano mentre le braccia andavano in automatico a stringersi
contro il
proprio corpo, come a cercare di tenere insieme i propri pezzi, come a
volersi
proteggere da un gelo improvviso. Ed era proprio in quei momenti che
Jacob si
sentiva tirare verso di lei; che sentiva più forte
l’impulso di proteggerla,
di stringerla a se, cancellando tutto il dolore della sua vita.
Il
mattino dopo la
giornata trascorsa con Bella, aveva ancora un sorriso idiota stampato
in volto
che neanche il test di storia riuscì a cancellare.
Seduto nella
caffetteria per il pranzo, Embry e Quil non smisero un solo istante di
prenderlo in giro, ma lui quasi non li sentì e quando Daya
lo invitò a studiare
a casa sua, rifiutò.
Dopo l’allenamento
Embry lo bloccò nello spogliatoio.
“Quindi non esci con Daya
oggi…”
Jake alzò le spalle, sistemando
la tuta nell’armadietto.
“Bella viene da me fra
poco.”
“Quindi voi…” sentenziò
con un gesto eloquente indicando l’amico.
“Quindi noi niente. Siamo
amici.”
“Ti stai ficcando in un
bel guaio, Jake.”
“Si può sapere di che
parli, Embry?”
“Parlo del fatto che ti
stai innamorando.” disse ridendo e colpendolo alle costole.
“Deve averti colpito forte
quella pallonata.”
“Analizzo solo i fatti.
Non esci con i tuoi amici, non esci con Daya…”
“Sei un idiota, Embry.
Davvero, non sono innamorato di Bella.”
Era già sceso a patti con
se stesso ammettendo di avere una cotta per lei, ma di certo non si
stava
innamorando. Era una cosa impensabile, aveva solo sedici anni.
All’
improvviso ripensò alla sensazione che aveva provato
vedendola arrivare a casa
sua qualche giorno prima, quando per la prima volta, gli aveva sorriso.
Scosse
la testa, finì di vestirsi e uscì dalla
palestra. Lui non era innamorata.
Anche se Bella… lei era qualcosa di diverso, inaspettato e
c’era una differenza
che gli sfuggiva sempre quando si trattava di lei.
"Anima gemella"
gli sussurrava qualcosa dentro.
Ma se era assurdo il
concetto di essersi innamorato ancora più assurdo era
pensare di aver trovato
la propria anima gemella.
Folle, ecco cosa sono!
Credere di aver trovato l'anima gemella a sedici anni?
Ma chi voglio prendere per il culo?
Concepire un'idea come quella era come dare in mano una
Ferrari a chi non
ha mai guidato un'auto. Idiota, spaventoso
e
allo stesso tempo adrenalinico e completamente fuori controllo.
Qualche
giorno dopo era
sdraiato con Bella nel suo salotto. Avevano stabilito un paio di
pomeriggi di
compiti alla settimana per non rimanere troppo indietro con lo
studio.
Lei aveva la matita in bocca e la mordicchiava mentre, con la
mano
libera, si spostava una ciocca di capelli dietro le orecchie. Jake
alzò la
testa dal compito di trigonometria, dimenticandosi
improvvisamente della
domanda che stava per farle.
Lei rimase lì, assorta nei
suoi pensieri mentre lui non riusciva a staccarle gli occhi
di dosso.
Si accorse subito dell’ombra che le
attraversò gli occhi, si chiese
se era per lui, se in quel momento lo stesse
pensando e lo odiò. Lo odiò
ancora più di quando lo vide con lei al ballo, lo
odiò perché aveva levato dal
suo volto il sorriso, l’odiò per farla
sentire male. Si ritrovò a
stringere più forte la penna fra le mani, il dolore di Bella
lo sentiva così
forte che era come se anche una parte di lui soffrisse con
lei.
“Bells…”
“Mhmm?”
Si girò verso di lui
sorrise e l’ombra nei suoi occhi sembrò scomparire
mentre lo guardava.
Jake restò un attimo spaesato ma si riprese subito.
“Non… mi daresti una mano
con questo passaggio?”
Lei si spostò, mettendosi
più vicino a lui. I capelli ricadevano leggermente sulla
spalla di Jake mentre
si chinava a guardare il problema. E lui si ritrovò
avvolto dal profumo
del suo shampoo all’arancia. Percepì le guance
colorarsi di rosso e le mani
iniziare a sudare. Allora, si sentì prima incredibilmente
ridicolo e poi
completamente fregato. Non sapeva se era per quello sguardo che
sembrava
rivolgere solo a lui, se era per come lo facesse sentire importante il
fatto
che lei sembrava aver bisogno di lui o il fatto che sorridesse solo in
sua
presenza, ma quello che sapeva era che Embry aveva ragione. Porca
miseria si era innamorato e la sua Ferrari non era solo un auto veloce,
era un
auto da corsa.
Angolo
autrice.
E sì eccomi qua con
un giorno d’anticipo, ma
domani non so se potrò collegarmi così ho
preferito postare ora.
Questo capitolo direi che
parla da solo. Mi sono sempre chiesta quando la cotta di Jake fosse
diventata
qualcosa di più e questa è la mia risposta. Mi
farebbe davvero piacere che cosa
ne pensate.
Ho scritto un missing moment
di questa storia … lo trovate qua:
Love
Boat non
era un telefilm?
E ora una comunicazione di
servizio. Questa storia va in pausa per un mesetto. No , niente paura,
ho già
altri capitoli pronti e non ho nessuna intenzione di lasciarla a
metà,
continuerà e avrà una fine solo che per un mese
vi farò scoprire un'altra storia.
Una storia a cui tengo particolarmente, quindi se vorrete seguirmi
venerdì
scoprirete di che cosa parlo.
L’appuntamento
con Jake e
Bells è quindi alla prima settimana di ottobre.
Grazie a tutti quelli che mi
hanno seguiti fin ora e spero di ritrovarvi presto.
Con affetto
Noemi
|
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Capitolo 13 *** Balto ***
“Non
è cane. Non è
lupo.
Sa soltanto quello
che non è.
Se solo capisse
quello che è.”
Capitolo 12
Balto
Nella
riserva indiana di La Push vivevano 371 persone.
Con una popolazione così ridotta non ci si poteva aspettare
che la scuola
superiore locale contasse più di
un centinaio di studenti.
Troppo pochi per avere
più squadre sportive , abbastanza da averne almeno una: la
squadra di basket
dei Wolves capitanata da Jacob Black. Un altro svantaggio del numero
ridotto di
studenti e di popolazione in generale era che tutti conoscevano e
sapevano
tutto di tutti. I pettegolezzi alla Quileute
Tribal School correvano veloci neanche ci si trovasse
all’interno di una
puntata di “Gossip Girl”.
Nel
giro di pochissimo tutti erano venuti a sapere che
Jared aveva perso la fascia di capitano, aveva avuto una sorta di
crollo
nervoso, non si era presentato a scuola per un paio di settimane e al
suo
ritorno aveva mollato Olivia per fare coppia fissa con Kimberly. La
stessa Kim
che aveva una cotta per lui dalla prima elementare e alla quale lui
aveva
rivolto la parola ben poche volte, e tutte per chiederle di fargli
copiare il
compito di inglese.
Jacob, da parte sua, non prestava mai molto attenzione ai
pettegolezzi, quella era roba da ragazze, ma nella riserva con ben
pochi altri
divertimenti, anche quelli diventano un diversivo. Così
anche lui si era
trovato a speculare, fra una lezione e l’altra, su che cosa
avesse colpito
Jared in testa per farlo cambiare in modo così radicale .
Aveva provato a parlare con lui più volte, chiedendogli
di tornare in squadra. Non voleva apparire disperato ma la
verità era proprio
quella: senza Jared erano alla deriva. La maggior parte degli schemi di
gioco
ruotavano intorno a loro due, Embry era un buon giocatore, ma in
assenza del
loro libero titolare, erano irrimediabilmente più deboli.
Il Coach aveva iniziato ad inserire allenamenti
supplementari e fra quelli e i pomeriggi con Bella non gli restava
molto tempo
per studiare, l’ennesima D in trigonometria ne era una prova
inconfutabile.
Come se non bastasse il resto, con quella insufficienza non avrebbe
potuto
giocare, il Coach si sarebbe infuriato e ne sarebbero risultati
ulteriori
allenamenti per tutta la squadra. Sembrava una spirale senza fine.
Forse era la giornata, forse era il carico extra di
lavoro, ma anche Embry, che di solito era l’emblema stesso
della calma,
appariva nervoso e irascibile.
Da che si conoscevano non avevano mai litigato, mentre da
un paio di settimane discutevano su tutto.
Embry era sempre stato il più bravo a scuola, in
realtà
era anche l’unico che avesse mai aperto un libro, ma non era
mai stato un
problema per lui aiutare i due amici. Fino a quella mattina, quando
Jacob gli
chiese il compito di spagnolo e lui reagì infuriandosi e
urlandogli contro.
Era abbastanza normale quindi che Jake fosse di pessimo
umore, mentre entrava in caffetteria per il pranzo, intenzionato a
parlare con
Jared per l’ennesima volta.
Lo trovò seduto ad un tavolo con Paul. Paul e Jared non
si erano mai frequentati molto mentre ora sembravano essere diventati
inseparabili.
“Ehi
Black.” Lo salutò Jared appena lo vide.
“Cameron.”
“Il
grande capitano si unisce a noi, a cosa dobbiamo
questo onore?” chiese sarcastico Paul.
“Di
certo non alla tua faccia da idiota.” Lo schernì
Embry posando il suo vassoio con il pranzo. Paul reagì alla
provocazione
alzandosi in piedi ed emettendo quello che a Jacob parve tanto come un
ringhio,
e non poté non notare come le mani che stringeva contro il
tavolo tremavano in
maniera convulsa. Jared gli posò una mano sul braccio e Paul
tornò a sedersi
senza
però smettere di tremare.
Jake
cercò di ignorarlo e riprese a rivolgersi all’ex
compagno di squadra.
“Com’è andato il compito di
spagnolo?”
“Non
lo so. Kim mi ha dato qualche ripetizione, ma non
credo di averne ricavato gran che.”
“Qualcosa
ne hai ricavato in realtà.” Sghignazzo Paul
ancora con lo sguardo su Embry. Jared lo ignorò continuando
a mangiare il suo
panino.
“Oggi
alle quattro abbiamo un allenamento magari…”
“Non
torno in squadra, Jake.”
“Ma
la settimana prossima c’è la partita contro la
Forks
…”
Il
ragazzo emise un sibilo frustato ma la sua risposta fu
interrotta dall’ arrivo di Kim ed Erika.
Jared si voltò a guardarla e Jacob sperò con
tutto se
stesso di non assumere la stessa faccia da pesce bollito ogni volta che
guardava Bella.
La ragazza si sedette vicino a lui salutandoli mentre
Embry si spostava per fare posto ad Erika.
Sempre a proposito di pettegolezzi tutta la scuola sapeva
che lui ed Erika facevano coppia fissa, che lei era cotta di lui e che
Paul era
un idiota che ci provava con tutti gli essere dotati di tette. Di
conseguenza
quello che accadde negli istanti successivi non avrebbe dovuto
provocare tali e
simili reazioni.
Embry si sporse a baciarla, lei gli sorrise chiedendogli
del compito mentre Paul alzandosi dal suo posto si mise dall’
altro lato della
ragazza passandole la mano sulla spalla. Lei si voltò a
guardarlo.
“Che c’è?”
“Stavo
pensando.” Iniziò a parlare guardando Embry oltre
la spalla di Erika. “Oggi potresti venire a casa mia per
quella ricerca che ci
è stata assegnata”.
“Non
avevamo deciso di farla qui in biblioteca?”
“
Sì, ma casa mia è più comoda,
c’è un letto.” Prese una
sua ciocca di capelli avvolgendola fra le dita, Embry allora si
alzò di scatto
rovesciando la sedia mentre un ghigno soddisfatto comparve sul volto di
Paul
che subito venne cancellato da Embry con un pugno sul naso. Il sangue
iniziò a
colare dal viso del giovane e Jake si accorse che le mani
dell’amico tremavano
come quello di Paul. Scattò in piedi per dividerli ma Quil
fu più veloce,
afferrò Embry per la vita ma ne rimediò una gomitata che gli spaccò il labbro.
A
quel punto Jared strattonò Paul,
allontanandolo da Embry che, liberatosi dalla presa di Quil, si era
piegato
sulle ginocchia scosso da convulsioni. Erika gli si avvicinò
prendendogli il
viso fra le mani e guardandolo spaventata.
“Stai
scottando.”
“Lo
accompagno in infermeria” intervenne subito Jared
passando una mano sotto l’ascella di Embry e quasi
sollevandolo da terra.
Scosse la testa guardando Paul che si toccava il naso che aveva
già smesso
incredibilmente di sanguinare.
“Sei
un coglione lo sai ,vero?”
“Sarebbe
successo lo stesso, erano giorni…”
“Di
che diamine parlate?’” chiese Quil senza
però
ottenere risposta e osservandoli trascinare Embry in infermeria.
Embry non si presentò a scuola per le due settimane
successive. Jacob e Quil erano sempre più preoccupati,
Tiffany gli aveva detto
che il figlio stava talmente male da non riuscire ad alzarsi dal letto,
ma
Jacob era sicuro di averlo intravisto insieme a Sam Uley tornando a
casa da un
pomeriggio a casa Swan.
Era nel suo garage intento a sistemare gli ultimi pezzi
della moto rossa che sarebbe stata di Bella. Diete un’ ultima regolata al freno,
ripensando al discorso che aveva fatto con Quil al
mattino.
Era
stato un coglione, aveva finito le moto in meno di un
mese e adesso non avrebbe avuto più occasione per passare
tutto quel tempo con
lei. Certo, gli allenamenti ed i compiti ne avrebbero tratto
giovamento, ma lui
non credeva che sarebbe stato in grado di rinunciare a quei pomeriggi
in cui
piano piano dentro il suo garage, fra una chiave inglese ed una soda
calda,
aveva visto tonare in lei una parvenza di serenità.
Sentì dei passi, poi il cigolio della porta e qualcuno
che entrava sedendosi per terra.
“Ehi.”
Jake
si pulì le mani salutando l’amico.
“Ehi.”
“Niente
Bella oggi?”
“È
a lavoro.”
Quil
annuì accarezzando il manubrio dalla moto.
“Novità?”
“Ci
siamo visti tre ore fa che novità vuoi che abbia?”
“No,
era così per parlare.”
“Quil
che diamine succede? Sputa.”
“Ho
visto Embry alla scogliera. Non credi che per uno
malato come lui un tuffo non sia proprio l’ideale?”
Jake
sospirò.
“Ok, andiamo a parlargli.”
Angolo
autrice.
Quanto
tempo è passato? Ma ora, dopo una pausa in cui vi
ho narrato la vita futura di Embry Il
mio perchè
eccoci di nuovo qua.
Avevamo lasciato Jake alle prese con i suoi sentimenti
per Bella, una Bella ancora devastata per l’abbandono di
Edward e, ora, lo
ritroviamo in questo capitolo a cercare di capire che diamine stia
succedendo
al suo migliore amico. E sì, ormai ci siamo il prossimo a
trasformarsi
sarà proprio
lui.
Se sei arrivato a leggere fin qua, e non ti sei scordato
di loro il mio grazie è per te.
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Capitolo 14 *** Il soldatino di piombo ***
“Il
soldatino vide una gran luce e sentì un gran calore, era
insopportabile, ma lui
non sapeva se era proprio la fiamma del fuoco o quella dell'amore. I
suoi
colori erano ormai sbiaditi, ma chi poteva dire se fosse per il viaggio
o per
la pena d'amore? Il soldatino guardò la fanciulla e lei
guardò lui, e lui si
sentì sciogliere.”
Capitolo
13
Il soldatino di piombo
Jacob
aprì con foga il rubinetto e il getto gelido della doccia lo
investì, ma non ci
badò.
Aveva bisogno di quel freddo. Serviva a snebbiargli la testa e a farlo
ragionare con lucidità.
Le ultime settimane erano state così assurde, che se gli
avessero detto che le
prossime sarebbe state ancora peggio, non ci avrebbe mai creduto.
C'erano
troppe cose che non andavano, troppi pezzi da mettere insieme e
riordinare in
quel complicato puzzle e lui ci capiva sempre meno.
La
squadra stava andando a pezzi ora che anche Embry aveva lasciato. Il
suo
rimpiazzo era già tanto riuscisse a fare quattro passaggi
senza inciampare nei
propri piedi.
E, sempre a proposito
di Embry, continuava ad
evitare sia lui che Quil. Era assurdo! Non c’era stato un
giorno, dai tempi
dell’asilo, che non avessero passato insieme. Quel Sam
Uley… era certo fosse
tutta colpa sua.
Colpì
con forza la parete, frustrato. Lo odiava. Sentiva i suoi occhi addosso
dovunque andasse. Sembrava quasi lo seguisse e le occhiate che gli
gettava…come
se aspettasse qualcosa, come se aspettasse lui. Per cosa poi? Per
unirsi a
quella sua ridicola gang di capoclasse sotto steroidi? Per quanto lo
riguardava
poteva continuare ad aspettare in eterno.
Parlare
con suo padre non era servito anzi lo aveva fatto infuriare. E quella,
per lui,
era una sensazione praticamente sconosciuta. La rabbia non aveva mai
fatto
parte della sua vita. Lui cercava di affrontare tutto con il buon
umore. Lo
aveva imparato, poco più che bambino, alla morte della
madre. La rabbia non
l’avrebbe fatta tornare, non avrebbe guarito la malattia del
padre o impedito
l’allontanamento delle sue sorelle. La rabbia non lo avrebbe
fatto stare
meglio, anzi lo avrebbe fatto sprofondare di più. Eppure non
era riuscito a
rispondere con la solita indifferenza al sorrisetto del padre mentre
gli
raccontava di Sam.
L’unica
con cui era riuscito a parlare, ed ad alleggerire così quel
peso che si portava
addosso, era stata Bella. Ma a lei faceva capo tutto il resto dei suoi
problemi.
“Che c’è?”
“Niente. Non me ne sono mai accorta.
Sai che
sei, come dire… bello.”
“Hai preso una bella botta in testa,
Eh?”
“Dico sul serio.”
“Be’,
allora…come dire, grazie.”
“Come dire, prego.”
Erano
all’interno del sui pick–up. Jake guidava, si era
accorto che lei lo stava
fissando in silenzio e si era sentito subito in imbarazzo. Quella
ragazza
minuta e fragile aveva il potere di renderlo un idiota totale. In sua
presenza
si sentiva sempre troppo goffo, troppo timido, troppo tutto.
E,
come se non bastasse, lei lo avevo spiazzato con quell' affermazione.
Forse
spiazzato proprio no, si era accorto di come il fisico di lei reagiva
in sua
presenza. Il modo di stringersi, il modo in cui le loro mani si
sfioravano.
Si
era detto più volte che era solo la sua immaginazione, i
suoi sentimenti che
gli facevano vedere quello che in realtà non
c’era. Ma quella piccola frase
metteva tutto sotto una nuova luce. Bella era attratta da lui. Ok,
attrazione
era eccessivo, ma di certo lui non le era indifferente.
Erano
amici, era la sua migliore amica. E in quelle settimane era nato fra
loro un
rapporto così naturale, che non trovava altro termine per
descriverlo che
speciale.
Nonostante
questo c’era sempre quell’ombra. Bastava un niente,
a volte, e lei spariva. La
Bella che amava veniva sostituita, in un battito di ciglia, da un
involucro
vuoto e spezzato. Stava male e lui era come se percepisse quel suo
dolore. Come
se lei fosse un suo prolungamento, un arto indispensabile per vivere e,
se
soffriva, Jake soffriva di rimando.
Le
sarebbe servito tempo, lo sapeva, ma lui sarebbe rimasto lì
per lei, ma poi
aveva finito per dare retta ai consigli di Quil.
Dovevano
aver corretto la sua Gatorade con dell’alcol e anche di
pessima qualità, non
c’era altra spiegazione. Perché lui, mai e poi mai
avrebbe accettato consigli
amorosi da Quil. Cazzo, quel ragazzo
legge Cosmopolitan!
Come
aveva potuto credere che fare un regalo di San Valentino a Bella
potesse essere
una buona idea?
“Io
dico, Jake
che è tempo di definire il vostro rapporto. Sai a quante
occasioni stai
rinunciando per lei? E siete ancora solo amici? Che male vuoi che
faccia un
piccolo incoraggiamento?”
C’era
di male la faccia di Bella, quanto come un idiota le aveva allungato
quegli
stupidi cioccolatini.
“Beh, mi sento una cretina
è San Valentino
oggi?”
Non
ti
preoccupare Bella il cretino sono io, solo e solamente io.
Lei
apparteneva ancora a quel bastardo e lui doveva non seguire mai
più i consigli
di Quil.
Cazzo
se gli mancava Embry!
Strinse
più forte la manopola della doccia finché non la
sentì incrinarsi sotto le sue
mani. Aprì gli occhi spaventato. Che cosa diavolo gli stava
succedendo?
Uscì
dalla doccia e afferrò i vestiti appesi alla maniglia della
porta. Frizionò i
capelli con l’asciugamano, accorgendosi che le mani gli
tremavano così tanto da
non riuscire quasi ad infilare la t-shirt. Cercò di
calmarsi, regolarizzando il
respiro e il tremore cessò.
Con
il braccio ripulì lo specchio dal vapore e si
fermò ad osservare il suo
riflesso. C’erano giorni in cui si sentiva così
strano che non si sarebbe
stupito di vedersi cambiato, ma oggi gli restituiva la stessa immagine
di
sempre, tranne che per la maglietta nera che gli stringeva sulle
spalle, troppo
stretta e l’aveva comprata solo la settimana prima.
Appoggiò la fronte al marmo
freddo del lavandino, era stanco di non capirci niente.
“Jake,
questa casa ha solo un bagno, sai?”
Sibilò
frustato, uscendo e incrociato il padre che aspettava sulla porta.
Arrivò
in camera sua, buttandosi sul letto supino, un braccio a coprirgli gli
occhi
dalla luce della lampada che non aveva voglia di spegnere.
Bella
avrebbe finito a momenti il turno di lavoro dai Newton, avrebbe potuto
chiamarla. Era assurdo, ma sentire la sua voce riusciva a calmarlo
sempre,
l’avrebbe fatto anche stavolta che non sapeva neanche per
quale motivo fosse
così nervoso.
Si
sedette al tavolo di cucina tamburellando con le dita della mano destra
mentre
con l’altra componeva il numero di casa Swan.
Bella
rispose al sesto squillo.
Ora
mi sono
ridotto a contarli, si può essere più patetici di
così?
Aveva
il fiatone e Jake si ritrovò a sorridere, immaginandola
correre al telefono
rischiando di inciampare. Non poteva trovare sexy pure quel particolare
di lei.
E’ normale o rischio seriamente il
manicomio?
“Ehi,
Bella.”
“Ciao,
Jake.”
“Com’è
andato il pomeriggio?” Chiese.
“Lungo
e noioso, non è entrata molta gente. Il tuo?”
“Il
solito.”
“Va
tutto bene, Jake? Sembri. .. non lo so, preoccupato.”
Se
ne era accorta, allontanò la cornetta sospirando.
“No io…”
“Perché
tu e tuo padre non venite a cena qua? Stavo giusto per preparare le
lasagne.”
“Sarebbe
fantastico. Ci vediamo tra poco allora.”
“A
tra poco.”
Riappese
il telefono sentendosi improvvisamente felice. Pochi minuti e sarebbe
stato con
Bella.
La
cena trascorse tranquillamente, si ritrovarono a ridere come sempre per
niente
o per battute che capivano solo loro. E ogni volta notavano gli sguardi
che
Billy e Charlie si scambiavano, a volte davano l’impressione
di essere peggio
di due vecchie zitelle pettegole.
E
poi arrivò il momento della consueta partita. Bella gli
tolse i piatti, che lui
stava aiutando a sistemare, dalle mani.
“Finisco
io tranquillo. Vai a vedere la partita.”
“Non
mi dispiace aiutarti.”
Ok
Houston
abbiamo un problema.
Gli urlava un angolino del suo cervello. Stai
scegliendo di fare le faccende domestiche piuttosto che vedere la
partita.
Questa ragazza ti manderà in rovina. Dio! Ma chi ha
brevettato la mia
coscienza? Quil? È così inutilmente fastidiosa.
Aprì
l’acqua e riempì il lavandino, mentre Bella,
finito di sparecchiare, iniziava
ad insaponare i piatti.
“Com’è
andato il test di storia? Era oggi vero?” Gli
domandò lei.
“Credo
bene.”
“Allora
il ripasso di sabato è servito.”
“Nah,
sono io che sono un genio, non certo tu una brava
insegnante”, esclamò
sorridendo Jake.
“Ehi”,
replicò lei offesa strofinandogli in viso la spugna con cui
stava insaponando
un bicchiere.
“Bells,
non ti conviene iniziare questo gioco con me… lo sai
com’è finito l’ultima
volta.”
Lei
rise e Jacob si ritrovò a pensare, mandando a quel paese la
sua coscienza, che
non ci fosse al mondo suono migliore di quello. La fissò
imbambolato forse per
troppi istanti e, per uscire da quel momento di imbarazzo,
tornò a concentrarsi
sui piatti. Finì di insaponare l’ultimo e
girò la manopola dell’acqua per
chiuderla e che diavolo non è
possibile!
La manopola gli restò fra le mani e l’acqua
iniziò a scorrere forte schizzando
da tutte le parti. Bella si portò le mani davanti al viso
per ripararsi.
“Jake,
fa qualcosa fermalo.”
“
E come faccio, si
è rotto.”
“Non sei tu quello che aggiusta tutto?”
“I motori Bella, non i tubi.”
“Sto
annegando.”
“Spostati
da lì, allora”, disse prima di chinarsi sotto il
lavandino e chiudere l’acqua.
“Ti
levo cinque anni per questo, Jake. Anzi dieci.”
Si
rialzò e osservò Bella: era completamente
bagnata, il viso imbronciato e
intorno a loro metà della
cucina era
allagata. Non riuscì a trattenere oltre la risata.
Si
piegò sulle ginocchia, mentre Bella si teneva lo stomaco.
“Jake
sei completamente fradicio.”
“Sì,
Beh tu sembri… non lo so .” Altre risate.
“Bells,
che diamine è successo qua?”
Charlie
comparve in cucina osservandoli e aprendo il frigo.
“Cos’è questo disastro?
Vedete di mettere a posto”, disse, ma il sorriso sul suo
volto contrastava con
il tono burbero di quel rimprovero. Afferrò la birra e
uscì dalla cucina
scuotendo la testa.
Appena
il padre si allontanò i due ragazzi ripresero a ridere,
Bella prese uno
straccio, iniziando ad asciugare il pavimento ma, questo, bagnato la
fece
scivolare. Jake l’afferrò per un braccio
impedendole di finire a terra. Si
trovarono così vicini, troppo vicini. L’acqua
aveva fatto aderire la maglietta
al corpo di Bella, Jake la guardò, e porca
miseria era bellissima. Il respiro iniziò ad
accelerare mentre, oltre al
cervello anche altre parti del suo corpo iniziarono, ad accorgersi e a
reagire
a quella vicinanza.
Si
assicuro che lei non rischiasse di cadere e si voltò
rapidamente afferrando lo
strofinaccio dei piatti, usandolo per asciugarsi le mani e
posizionandolo in
posizione strategica, prima di rigirarsi verso di lei, sperando con
tutto se
stesso che Bella non si fosse accorta di nulla.
Angolino
autrice.
Come sempre il mio più
grande grazie ad Ellie, per la
consulenza titolo e frase inziale(lo so , sto rendendo sceme te e Ania,
grazie
anche a te tesoro). E poi Angel. Ora ti faccio pure leggere
Twilight… l’amicizia
non ha limiti , eh? E a Sandra che se già betata tutta la
storia.( Giuro che
rallento la scrittura, ahahaha)
A venerdì prossimo.
Noemi
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Capitolo 15 *** La Bella e la Bestia ***
“Ma
è pericoloso?”
“Oh, no, non farebbe del male a nessuno! Vi prego, so che
sembra cattivo, ma in
realtà è buono e gentile... è mio
amico...”
“
Se non ti conoscessi meglio, direi che provi qualcosa per
quell'orribile mostro!”
“Non è un mostro, Gaston, tu lo sei!”
Capitolo
La Bella e la Bestia.
Mike
Newton era un coglione. Ma un coglione di quelli fatti e finiti. Jacob
ne aveva
sempre avuto il sospetto, le poche volte che avevano avuto occasione di
incrociarsi alle partite di basket e ora, di ritorno da una serata al
cinema,
con lui che rigettava l’anima dentro una ciotola di pop corn,
ne ebbe la
conferma definitiva. Coglione con la C maiuscola. E della peggior
specie, per
giunta, coglione e figlio di papà.
Scrutò
ansioso sullo specchietto retrovisore, i sedili della Golf.
L’aveva ultimata da
neanche ventiquattr’ore… era così
orgoglioso di sé stesso e il suo primo
pensiero era andato a Bella, voleva condividere quella piccola vittoria
con lei
e non poteva negare il piacere provato nel sentirla vantarsi di lui
davanti a
Mike.
Sapeva
del tempo di cui lei aveva ancora bisogno, ma vederla con un altro
ragazzo, gli
aveva fatto sentire allo stomaco la stretta della gelosia. Era un
atteggiamento
stupido, ma voleva marcare il territorio. Non avrebbe permesso a nessun
altro
di portargliela via e così si era fatto avanti. Era
consapevole delle linee di
confine che lei cercava di tracciare con sempre crescente
difficoltà nel loro
rapporto, non si illudeva che quello che lei provava fosse lo stesso
che
sentiva lui, ma se anche la matematica non era mai stata il suo forte,
era
certo del risultato di due più due: Bella non era pronta ad
un nuovo rapporto,
ma non era neanche disposta a rinunciare a lui.
“Non
riesco a
immaginare come potrebbe non farmi
piacere stare accanto a te.”
Finalmente
lasciarono Mike a casa e si diressero in silenzio verso
l’abitazione di Bella,
entrambi persi nei propri pensieri. Jake sentiva che il discorso del
cinema non
si era ancora concluso, sapeva che un'altra occasione non si sarebbe
presentata presto,
e sapeva di dover
essere completamente onesto con lei.
Ormai,
non capiva neanche lui bene come fosse stato possibile, ma era diventa
la parte
più importante della sua vita.
Sentiva
con assoluta certezza che niente aveva
un senso se non vedere il sorriso di Bella e sapere di esserne stato
lui
l’artefice. Era una sensazione grandiosa, ma allo stesso
tempo terrificante. Si
sentiva talmente legato a quella ragazza da averne quasi paura. Si trovò a
chiedersi chi era davvero il
coglione fra lui e Mike
Newton, se ogni
volta che la vedeva il
cuore pompava in
maniera violenta.
Odiava
i film d’amore e non capiva com’era possibile che
ci fosse caduto dentro con
tutto le scarpe.
Ma
ormai era inutile cercare di tirarsi indietro… non era il
tipo da dichiarazioni
epiche, non gli piaceva girare intorno alla parole, non era esattamente
l’eroe
romantico che una ragazza si aspettava, ma era Jacob Black e sapeva di
non
essere un codardo.
Fece
un respiro profondo e fece uscire tutto quello che davvero sentiva:
“So
che sei
parecchio infelice. Magari non servirà a niente, ma volevo
dirti che io ci sarò
sempre. Non ti deluderò: ti prometto che potrai sempre
contare su di me.
Caspita, questo sì è sdolcinato. Ma tu lo sai,
vero? Che mai e poi mai ti farei
del male?”
Cercò
i suoi occhi, voleva che lei capisse davvero il significato di quelle
parole.
“Sì,
Jake, lo
so. E conto su di te, forse più di quanto tu
sappia.”
Ora,
se ci trovassimo durante una partita, terreno molto più
famigliare per Jacob
che le dichiarazioni d’amore, le parole di lei avrebbero
segnato un tiro da tre
punti.
Sul
volto di Jake comparve un sorriso che a Bella dette la chiara
sensazione di un sole che incendia le nuvole.
Felice
non era il termine esatto per esprime tutto quello che in pochi attimi
affollò
la sua mente, e poi, fra tutte quelle sensazioni, sentì
un’ondata di calore
prendere il sopravvento.
Era
qualcosa di insolito, come se tutte le sue terminazioni nervose
stessero
prendendo lentamente fuoco e uscissero dal suo controllo.
Osservò le sue mani,
le dita iniziavano a tremare e il calore diventava sempre più forte.
Guardò
Bella preoccupato, la fece scendere dall’auto e si
avviò verso casa. Strinse
convulsamente il volante per
tutto il
tragitto, concentrandosi il più
possibile sulle parole di Bella, rivivendo la serata appena trascorsa,
cercando
di mantenere la
mente lucida. Non c’era
una singola parte del suo corpo che non provasse dolore. Cazzo,
che sfiga! L’influenza non poteva aspettare e
fargli godere
ancora un po’ quella sua piccola vittoria?
Non
ebbe neanche la forza di posteggiare la macchina in garage, la
lasciò davanti
al portico e con tre rapide falcate entrò in casa.
Il
padre lo aspettava in salotto, un libro sulle gambe e un sorriso
sardonico sul
volto. Appena lo
sentì entrare ed
incrociò il suo sguardo il sorriso gli
morì sulle labbra.
“Figliolo
cosa succede? Non è stata una bella serata?”
Fu
allora che successe, il calore divenne sempre più
insopportabile, un calore
così forte che, se non
avesse trovato il
modo di farlo uscire, lo avrebbe divorato dall’interno.
Guardò il padre. Osservò
i suoi occhi preoccupati ed
esplose.
“Che
cazzo di domanda è? Come vuoi che sia andata la
serata?”
“Jake,
hai bisogno di calmarti adesso. Chiamo Sam. Lui ti
spiegherà...”
“Sam?
Non voglio che chiami Sam. Lui non sa niente di me.”
I
tremori del suo corpo erano talmente forti che le gambe gli cedettero,
si trovò
inginocchiato a terra, strinse la testa fra le mani. Faceva sempre
più caldo,
provava sempre più frustrazione, bruciava, bruciava e
tremava.
Gli
occhi smisero di vedere. Sentì
come se
la pelle del suo corpo gli venisse strappata via. Tutto veniva
lacerato:
muscoli, tendini, alla fine di lui rimasero solo ossa doloranti.
Infine
l’aria vibrò, il calore si arrestò
senza diminuire e i suoi occhi tornarono a
vedere.
E
quello che vide lo spaventò a morte.
Cercò
di parlare, ma tutto quello che uscì dalla sua gola fu un
suono simile ad un latrato,
vide degli artigli vicino al viso del padre, troppo vicini. Si guardò
intorno disperato. Che cazzo stava
succedendo? Chi aveva sbriciolato metà del suo salotto? Poi più forte
di tutto percepì l’impulso
di correre. E lo
seguì.
Correva
e voleva urlare, ma tutto quella che la sua voce gli rimandava erano
ululati
folli. Correva e
poi udì quella
voce famigliare.
“Jake.”
“Embry?”
“Sì,
amico, sono io.”
“Che
mi succede? Sono impazzito?”
“Non
sei pazzo, Jake, ma continua a correre. Ti aspetto nel bosco.”
“Embry
io…”
“Devi
fidarti di me, amico.”
“La
fiducia non è una cosa che puoi chiedermi, non tu e non
adesso.”
“Hai
ragione ma fra poco capirai.”
“Embry…”
Ma la voce era sparita.
Fece
come gli era stato chiesto, continuò a correre, la
vegetazione del bosco era
sempre più fitta e poi iniziò a diradarsi. E
lì vide quattro enormi lupi,
sembravano aspettare lui.
Che
cazzo… doveva essere un incubo... si era addormentato senza
accorgersene, non
poteva essere vero.
Di
nuovo la paura lo colse.
“Oh
capitano, mio capitano.” Una voce nuova, sembrava provenire
dal lupo grigio
sulla sinistra.
“Smettila,
Paul non è il momento di fare il cazzone.” Era
stato il lupo marrone a parlare?
Ma poi come faceva a parlare?
“Jared?” Jake
scosse il testone incredulo.
“Esatto.
Come avrai capito questo è Paul è lui
Embry.” Il lupo grigio con delle chiazze
nere era Embry? Quel mostro era il suo migliore amico?
Guardò i tre grossi
animali, e poi il suo sguardo si posò sul lupo nero al
centro. Era il
più grosso di tutti.
“Sam
Uley. Sei… un licantropo.”
“Tutti
noi lo siamo.”
Era
proprio Sam ora a parlare e Jacob notò come il suo tono
risultasse diverso da
tutti gli altri, inconsciamente realizzò quello che aveva
sempre saputo.
“L’Alpha.
Io sono l’Alpha. Il capo branco.” Finì
per lui il suo pensiero.
“Non
capisco…”
“Ti
spiegherò tutto, stai tranquillo.”
Era
finito in un cazzo di film horror, non era possibile, non poteva
davvero essere
vero. Tutto quello che gli stava succedendo era assurdo. Un attimo prima era con
Bella, era felice,
lei aveva… e adesso.
“La
figlia dello sceriffo? Allora non sei un coglione totale come
credevo.”
Di
nuovo la voce do Paul. Jake sentì ancora la rabbia prendere
il sopravvento su
tutto il resto, affondò le zampe nel terreno pronto a
saltare, ma Sam gli si
parò davanti.
“Paul,
ora basta. Trasformati e voi due, lasciateci soli.”
“Ma
Sam…”
“Ho
detto trasformarti, Embry.”
Per la prima volta la voce di Sam risuonò diversa,
come se il timbro fosse raddoppiato. Embry piegò le zampe e
l’attimo dopo tutti
e tre erano spariti nella foresta. Jacob sentì
l’aria vibrare di nuovo e poi silenzio nella sua
testa.
“Hai
capito bene, il branco si legge nella mente. E’
così che comunichiamo.”
Nelle
ore seguenti Sam raccontò
a Jacob tutto quello
che c’era da sapere sui
licantropi. Sì, a quanto
pare le leggende Quileutes non erano inventate, sì lui era
fra i fortunati ad
avere il “dono”, il gene si attivava solo con la
vicinanza di vampiri e quel
Cullen, oltre ad essere un gran bastardo
era un vampiro.
Porca
puttana! Bella era più
fuori di testa di quanto
credesse. Lei sapeva. Era sicuro che lei sapesse. La passeggiata in
spiaggia,
lui le aveva raccontato.
Il
volto della ragazza gli balenò nella mente.
“Non
puoi vedere Bella.”
“Cosa?”
Sam
non rispose e le parole vennero sostituite dalle immagini. Una bella
ragazza
dai capelli corvini e la carnagione bronzea guardava lui, terrorizzata,
sul suo
volto luccicavano ancora lacrime.
Jake
la riconobbe era la cugina di Leah. Quella che era stata attaccata
dall’orso e
poi vide quello stesso volto tra i suoi artigli, vide la sua carne
dilaniata e
allora capì. Non era stato un orso.
“Non
puoi vedere Bella, Jake. Non per ora.”
E
la sua voce risuonò diversa.
“Non
puoi vedere Bella.” Un ordine Alpha.
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Capitolo 16 *** Il Gobbo di Notre Dame ***
“Chi
può decidere un mostro cos'è?
Perché un uomo odia, perché un mostro ama?
Che cosa decide il perché?"
Capitolo
15
Il Gobbo di Notre Dame.
Il
soffittò
della sua camera era bianco. Bianco, luce, vuoto. Vuoto come si sentiva
lui.
Niente più basket, niente più risate nello
spogliatoio. Bella. Niente più
compiti di biologia copiati all’ultimo, niente più
feste della vittoria. Niente
più Bella. E questa, fra tutte le cose che il lupo gli aveva
portato via, era la
più dolorosa.
Bianco. Cazzo!
La luce faceva male agli occhi. Tutto era raddoppiato da quando era
lupo.
Troppa luce. Troppo rumore. I piatti sporchi nel lavandino.
L’odore. Dio che
schifo!
Rabbia. Troppa rabbia da gestire. Si alzò dal letto ed
appoggio la fronte al
muro. Respirò a fondo, doveva calmarsi. Cazzo, non
ci riesco.
Chiuse a pugno la mano destra e la scaraventò contro la
parete. Percepì
nitidamente il rumore delle nocche che si spaccavano e poi, per un
istante,
l’unica cosa che sentì fu il dolore. E andava
bene. Ma il lupo bastardo guariva
in fretta, il dolore cessò e la rabbia tornò.
Voleva vedere Bella.
“Non puoi vedere Bella. Non ora.”
Fottuto, fottuto lupo. Fottuto Sam.
“Ehi.” Un rumore alle sue spalle.
“Vattene, Embry.”
“Apri la mano o le ossa si salderanno male.”
Tornò sul letto, le molle cigolarono sotto il suo peso;
anche quello, come i
vestiti, era divenuto troppo piccolo. Fece come Embry gli aveva detto. Fanculo
che male. L’amico sorrise leggermente.
“L’ho fatto anche io, sai?”
“Cosa?”
“Spaccare tutto quello che mi capitava a tiro.”
Sospirò affranto.
“Non voglio questa vita.”
“Ma non hai scelta.”
“Potrei smettere di trasformarmi.”
“Non ci riusciresti.”
“Sam ha detto che sono bravo.”
Chiuse gli occhi. Sam aveva detto che era davvero in gamba. Dalla prima
trasformazione era riuscito a tornare umano prima della luce
dell’alba. A Paul
c’erano volute due settimane per ritrovarsi.
Lui aveva talento. Credeva di essere bravo a basket, un dio con i
motori e
invece era fottutamente bravo ad essere un lupo. Qualcosa che aveva a
che fare
con la sua discendenza, con l’essere il vero capo, con
prendere il comando al
momento giusto. Per quanto gli riguardava Sam poteva restare in carica
in
eterno.
“Vuoi sapere quel è stata la cosa peggiore per
me?” chiese Embry.
“Mmm.”
“Non potervi dire niente. A te e Quil, intendo. Non hai idea
di quanto sia
stato orribile. Siete i miei fratelli.”
Restarono entrambi in silenzio. Non auguravano la stessa sorte
all’amico ma
sapevano che, se non si fosse trasformato, non avrebbe più
potuto far parte
della loro vita.
“Credevo fosse stato rinunciare ad Erika.”
“Nah. Ho sedici anni, Jake. Non era la donna della mia
vita.”
“L’amavi?”
“Non è il mio imprinting.”
“Chi se ne frega dell’imprinting, Embry”
Sam, Emily, Leah. Imprinting. Pure quello doveva scegliere per lui il
lupo. Non
l’avrebbe permesso.
“Dirai così anche quando scoprirai che Bella non
sarà il tuo?”
“Può esserlo invece.”
“E’ Bianca.”
Il telefonò iniziò a squillare. Sapeva
già chi fosse. Non ci riusciva. Non
riusciva più ad ignorarla, guardò Embry disperato
e alzò la cornetta.
“Pronto.”
“Oh, Jake, mi dispiace. Stai ancora malissimo,
eh?”
“Da schifo.” Quella voce, quanto
gli era mancata.
“Come posso aiutarti, Jake? Vuoi che ti porti
qualcosa?”
Sì, ti prego, Bella vieni. Vieni e salvami da tutto
questo schifo. Voglio
stare con te. Voglio bere bibite calde in garage e aggiustare motori.
Voglio
ridere di te che inciampi ovunque, voglio che mi tiri gomitate, alzando
gli
occhi al cielo quando ti prendo per mano. Ma poi la lasci
lì, perché so che ti
piace, ti piace il mio abbraccio, ti piace il mio calore.
“Non puoi vederla. Non ora.”
“Niente. Non puoi venire qui.” Ti
prego ascoltami. Ti prego non
ascoltarmi.
“Ma ora ho gli anticorpi.”
“Ti richiamo appena posso. Ti farò sapere
quando puoi tornare.”
“Jacob…” Dolore,
dolore nella sua voce, dolore provocato da lui. Fanculo,
lupo.
“Ci vediamo presto.”
“Aspetta che sia io a chiamarti.”
“Va bene… ciao, Jacob.”
“Bella.” Mi manchi
cazzo, sono bravo. Non ti farò del male. Devo
vederti. Sei Bella, la mia Bells.
“Non puoi vedere Bella. Non ora.”
“Andiamo a correre, Jake. Correre ci fa sentire
meglio.”
Nove giorni,
nove giorni da quando si era trasformato. Aveva avuto il permesso di
tornare a
scuola, ma non di vedere Bella. Lei continuava a telefonare e lui
continuava a
deluderla. Bells.
“Se pronunci ancora una volta quel nome, giuro che ti azzanno
il collo. Non ne
posso più.”
“Esci dalla mia testa allora, Paul.”
“Credi che non lo farei se potessi? Stare nella tua testa
è qualcosa di… non
riesco a descriverlo. Neanche sei riuscito a fartela dare…
almeno Daya si
faceva scopare.”
Un ringhio. Rumore di rami che si spezzano, denti che affondano.
“E ci risiamo.”
“Cinque dollari su Jacob.” Esclamò
Embry, mentre si appoggiava a terra con le
grandi zampe.
“Andata.” concordò Jared.
Restarono svariati minuti ad osservare la scena, Jacob
sembrò avere la meglio,
ma prima che riuscisse ad affondare il morso, una voce li
bloccò.
“Fermatevi subito.” Il doppio timbro
dell’Alpha.
“Credevo di essere un capo branco, non un maestro
d’asilo. E voi due perché non
li avete fermati?”
Embry si alzò in piedi, scuotendo il testone.
“Mi spiace Capo. Vestiti nuovi.” Fece comparire
nella mente l’immagine del
cordino legato alla zampa. “Mia madre mi ammazza se li
distruggo.”
“Sei un lupo mannaro, non potrebbe ucciderti.”
Latrò una risata Jared.
“Tu non conosci mia madre.”
“Sì, ne sarebbe capace,”
concordò Jacob, spingendo la testa contro la zampa di
Paul. La lite era finita. Paul era un coglione, ma una volta fatta
l’abitudine non
era così male.
“Oh, Jake. Potrei commuovermi.” No, non era vero.
Era un mega coglione.
Risero tutti e poi la puzza colpì le loro narici. Vampiro. I
peli si rizzarono
e il formicolio si impossessò di tutti i loro arti.
Il nemico era vicino.
“State fermi. Mettetevi in formazione. Dobbiamo capire da
dove arriva la
puzza.”
Era il momento di agire.
“Ti prego.”
No! No! NO! Era la voce di Bella. Porca
puttana, che ci faceva nel
bosco da sola?
“ Vedila così Bella: sei fortunata che
ti abbia trovato io per primo.”
“Davvero?”
Jacob si preparò per la corsa, le zampe smuovevano la
terrà sotto di lui,
doveva agire. Subito. Veloce.
“Stai fermo, Jacob.”
“Quel bastardo sta per cenare con Bella. Come puoi chiedermi
di stare fermo?”
“Dobbiamo capire da dove attaccare, non possiamo correre
rischi.”
“Non possiamo correre il rischio che Bella finisca
ammazzata.”
Non aveva mai provato così tanta paura in vita sua. Neanche
quando era caduta
dalla moto e aveva perso tutto quel sangue. Sentiva la puzza di morte,
mischiata col profumo di Bella. Perché Sam non lo faceva
intervenire? Sentiva
funi tirarlo e spezzarlo. Da un lato l’ordine di Sam
dall’ altro la voglia,
anzi la necessità, di correre in soccorso di Bella.
“Giuro che mi saresti grata di tutto
questo.”
Finalmente Sam si decise a muoversi, lo seguirono nella raduna uno dopo
l’altro. Man mano che si avvicinavano la puzza diventava
insopportabile. Cercò
di concentrarsi sul profumo di Bella, per mantenere la mente lucida.
Ne aveva bisogno. E poi eccolo lì il mostro. E Bella vicino
a lui, troppo
vicina.
La sentì trasalire alla loro comparsa. Bella aveva paura.
Paura di loro, paura
di lui. Si voltò a guardarla. Imprinting. Non
l’aveva ancora vista dalla
trasformazione, ma era lì ed era la ragazza che amava. La
guardò e… non successe
niente. Era lei, cazzo... doveva essere lei e nessun’altra,
ne era certo.
“Jacob.” La voce di Sam. A forza distolse gli occhi
da lei e riprese a correre,
ad inseguire il mostro. Lo avrebbe fatto a pezzi. Doveva pagare per
quello che
stava per fare. Bells.
Era lei quella che lui voleva. Fanculo all’imprinting, il
lupo non avrebbe
avuto ragione di quello.
Angolo autrice.
E
così Jacob
si è trasformato ed è forzatamente lontano da
Bella.
Spero di aver descritto in questi capitoli tutto quello che avreste
voluto
sapere leggendo New Moon, personalmente sono i capitoli che mi sono
piaciuti di
più scrivere.
Un enorme grazie a Sandra e a tutte voi che leggete queste righe.
per quanto riguarda il discorso di inizio capitoli di Embry e Jake,
avevo
pubblicato tempo fa una piccola shot proprio su Embry ed Erika, eccola
qua:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1218506&i=1
A venerdi prossimo.
Noemi.
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Capitolo 17 *** Pocahontas ***
“Non
posso lasciarti.”
“Non
mi lascerai mai. Qualunque cosa
accada,
sarò sempre al tuo fianco, per sempre.”
Capitolo
16
Pocahontas
La sua vita
era una maledetta barzelletta. Neanche dieci giorni prima aveva fatto
una
promessa a Bella, lui non l’avrebbe mai delusa, lui ci
sarebbe sempre stato per
lei e ora aveva spezzato quella promessa. Non poteva sopportarlo, lui
non era
quel tipo di persona. O forse più semplicemente
c’era un Jake prima della
trasformazione, e un Jake del dopo. Un mostro.
E quel Jake
non meritava Bella. Quel Jake non poteva starle vicino, con il rischio
di
metterla in pericolo, ma se era la cosa migliore da fare,
perché lasciarla
andare faceva così male? Come se non bastasse lei era venuta
a cercarlo, lui
l’aveva mandata via e ora Bella si dava la colpa di tutto. Ma
che altro poteva
fare? Entrò in casa, alle sue spalle Sam ed il resto del
branco. Appoggiò la
fronte contro la porta, cercando di calmarsi, il piccolo salotto non
sarebbe
sopravvissuto ad un’altra sua trasformazione. Non serviva che
la vedesse,
sapeva che era ancora lì. Dannate orecchie da lupo.
Poteva percepire
chiaramente i battiti del suo cuore e il rumore delle lacrime. Che
cazzo gli
aveva fatto? Non si era sempre sentito superiore a quel succhiasangue
bastardo?
Quale era ora la reale differenza fra loro? Ora chi era la causa delle
sue
lacrime? Non doveva soffrire, non doveva soffrire per lui.
“Jake, hai
fatto la cosa migliore, per tutti e due.”
“Non dirmi
stronzate, Sam.”
“Lei non è
il tuo imprinting.”
“Sembra che
l’imprinting sia la soluzione a tutti i tuoi
problemi”, rispose amaro Jacob
voltandosi e guardando il suo Alpha negli occhi.
“In un certo
senso lo sarà, quando lo troverai dimenticherai Bella. E
allora meglio che sia
prima, così non soffrirà.”
“Come Leah?
Certo. Ti dimentichi solo un piccolo particolare, io non sono te. Non
la farei
mai soffrire.”
“Non è una
cosa che puoi controllare.”
“Lo farei invece…
lo farei per lei.”
Di nuovo
l’ondata di colore che ormai gli era divenuta familiare.
“Forse è
meglio continuare a discuterne fuori.” Suggerì
Embry, certo che la
trasformazione fosse imminente. Ma Sam alzò una mano e
bloccò le sue parole.
“Bene, Jacob,
se ti ritieni così superiore a tutti noi, puoi tornare a
vedere Bella, ma tu
sai qual è la regola più importante del
branco.”
“Non
rivelare il nostro segreto.” disse in un sussurro.
Spostò la tendina della
finestra che dava sul portico. Era andata via, e lui aveva bisogno di
lasciare
uscire il lupo. Poteva rivedere Bella, ma avrebbe dovuto mentirle su
tutto.
Corse per
quasi tutto il resto della giornata, pensando a lei e maledicendosi.
C’era quel
modo che Bella aveva di cingersi il corpo, per non cadere a pezzi. Il
segno
tangibile che Edward era passato e l’aveva devastata. E lui
in quei mesi era
sicuro di essere riuscito a diventare la sua personale colla. Lui che
stava
ricostruendo i pezzi, giorno dopo giorno. Lui che, non importava quanto
lei
dicesse di essere irrimediabilmente rotta, era sicuro di poterla
rimettere
insieme. E adesso la immaginava, pezzi rotti su pezzi rotti e stavolta
era
stato lui ad usare il martello. Non poteva lasciare le cose
così. Non riusciva
a darsi pace e quando, senza neanche accorgersene, si
ritrovò quasi sotto casa
di Bella, seppe istintivamente che cosa doveva fare. Si
trasformò, srotolò i
pantaloncini che portava sempre legati alla gamba, li
indossò rapidamente e si
incamminò sotto la finestra di Bella. Osservò
alcuni istanti il grosso abete
che svettava proprio di fronte a questa e prese la sua decisione. Si
arrampicò,
almeno qualche cosa buona dal lupo aveva ricavato, ed iniziò
a picchiettare
contro il vetro. Bella venne ad aprire un paio di minuti dopo,
un’espressione
terrorizzata in viso che si acquietò in parte alla sua
vista. Con un balzo
entrò in camera sua. Era la prima volta che ci metteva
piede, ma non era certo
questo il momento per imbarazzarsi o ancor peggio lasciarsi andare a
stupide
fantasie; lei era ancora arrabbiata con lui. Poteva leggere chiaramente
la sua
espressione, era sempre un libro aperto.
“Vattene.”
“Ma, no
ti porto le mie scuse.”
“Non le
accetto.” Rispose risoluta cercando di spingerlo
verso la finestra. Sarebbe
stato più difficile del previsto.
“Perché
sei venuto? Non voglio scuse da te, Jake.”
“Lo so,
ma non potevo lasciare tutto com’era oggi pomeriggio.
È stato orribile. Mi
dispiace.” Non era stato solo orribile, era stato
doloroso.
“Non ci
capisco niente.”
“Lo so.
Voglio spiegarti… ma non posso.”
Si sentiva
così dannatamente impotente. L’ordine Alpha. Era
come se la gola si stringesse,
soffocandolo ogni volta che cercava di spiegarle qualcosa. Strinse le
mani a
pugno, stava perdendo la calma e non poteva permetterlo, non con Bella
così
vicino. Respirò a fondo, guardò Bella negli occhi
e riuscì a calmarsi. Lei non
era il suo imprinting e allora com’era possibile tutto questo?
“A volte
la lealtà è una pesante zavorra. Ci sono segreti
che non si possono svelare per
nessun motivo.”
“Non
capisco perché sei venuto, Jacob, dato che mi offri enigmi
senza risposte.”
Era così
dannatamente frustante, e poi le immagini di loro due che passeggiavano
sulla
spiaggia gli vennero in soccorso. Non poteva rivelargli il suo segreto
ma lei
poteva arrivarci da sola. Sapeva già tutto, doveva solo
mettere insieme i
pezzi. E la sua Bells era intelligente, ci sarebbe riuscita. Doveva
solo
aspettare. Calmo , Jake, stai calmo. Lei ci
arriverà e allora tutto tornerà
a posto.
“Forse ho
capito come fare, perché tu sai già tutto, Bella!
Non posso dirtelo, ma se tu indovinassi…
risolverei il dilemma!”
“Vuoi che
indovini cosa?”
“Qual è
il mio segreto! Puoi farcela… conosci già la
risposta.” Ti prego Bella,
devi ricordare tutto, tutto aiutarmi a non lasciarti sola. Non posso
perderti. “Io
ho le mani legate.. e non puoi
immaginare quanto…”
“Non
esiste un modo per liberarti?”
“No sono
condannato a l’ergastolo. Resterò dentro a vita.
Forse anche oltre.” Tutti
i suoi sogni, tutti i suoi progetti, tutto era andato a farsi fottere,
il lupo
era diventata la sua personale prigione. Ergastolo era davvero un
termine
appropriato, per definire la sua perdita di libertà.
“No, Jake,
che ne dici se fuggiamo? Solo io e te. Se ce ne andassimo per sfuggire
a Sam.”
“Da tutto
questo non mi è concesso fuggire, Bella. Se ci fosse
scapperei con te anche
adesso.”
“E allora
facciamolo, Jake. Adesso. Io e te.”
“Bells…”
“Stai zitto
ok… stai zitto.” Iniziò a camminare in
tondo per tutta la stanza. Ogni tanto si
fermava e lo osservava.
“Io e te,
Jake. Non mi interessa del resto. Ma ti prego non mi lasciare di nuovo
sola. Io
e te possiamo farlo.”
“Credi
davvero che potremmo andare via? Che sia la soluzione?”
“Sì, no. Non
lo so, Jake ma voglio farlo. Io e te.”
Jacob
sospirò , fece un passo mettendosi davanti a lei e
impedendole di continuare a
camminare.
“Io e te?”
La ragazza annui, prendendogli il volto fra le mani. Era assurdo. Era
semplicemente folle. Lui era un mostro.
Appena lei si sarebbe ricordata di
quelle storie, lo avrebbe disprezzato. O forse no. Era Bella, la sua
Bells. E
all’improvviso quella folle idea non gli sembrò
così folle.
“Scapperesti
davvero via con me, adesso?”
“Adesso.”
confermò decisa lei.
“E Charlie?”
“Potrei
telefonargli domani, dopo, non so. Sono sicura non si arrabbierebbe
neanche
così tanto se sapesse che sono con te.”
Quell’affermazione, riuscì a
strappargli un lieve sorriso. I tremori erano cessati del tutto.
Scappare con
Bella.
“Allora
facciamolo… Bells, scappiamo.”
No, non
poteva. Aveva degli obblighi, il branco, la riserva, il suo compito. Fanculo,
fanculo al lupo. Si era già portato via tutto,
l’unica cosa importante che
gli restava era lei. Doveva farlo.
“Credo che
ci servirà la mia moto allora… e dei
soldi.”
“Ci penso io
a quelli. Il mio meccanico preferito mi ha fatto risparmiare su un paio
di
ferri vecchi.”
La guardò
ancora, dopo averle detto di aspettarlo all’inizio della
strada, prima di
prendere lo slancio e saltare giù dalla finestra.
Scappare con
Bella, era una fottuta idea folle, ma era l’unica cosa che
voleva.
Angolo autrice.
Mi sa
che
per questo capitolo sono doverose due parole. E già...
è successo qualcosa di inaspettato
da questo momento la storia si distacca da quella Myerana.
Lo sapete ,
sono una Team Jacob e mi sono chiesta dove in New Moon potevo cambiare
le cose
per dare a Bella e Jake un finale diverso.
Ho provato a
cercare un altro punto, qualcosa di un po’ insolito. Ed
allora eccolo e qua.
Jake e Bells da soli, lontano da mostri e magia. Solo loro due.
Sarà abbastanza
per far cambiare le cose?
Appuntamento
a venerdì prossimo.
Noemi
|
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Capitolo 18 *** Aladin ***
“Ora vieni con me
verso un mondo d'incanto. principessa è tanto che il tuo
cuore aspetta un sì.
Quello che scoprirai è davvero importante, il tappeto
volante ci accompagna
proprio lì.”
Capitolo 17.
Aladin
La moto nera giaceva, inutilizzata da
settimane, nel suo
garage. Era posteggiata di fianco a quella rossa. Le moto che
l’avevano fatto
innamorare di Bella. Sorrise mentre sollevava il lenzuolo bianco che le
copriva
entrambe. Billy e Charlie non avevano ancora scoperto della loro
esistenza. Suo
padre non avrebbe fatto storie , ne era certo, ma non era altrettanto
sicuro
della reazione di Charlie nel sapere che la figlia andava in giro su un
mortale
veicolo a due ruote. Con terrore ricordò dell’
armadio posizionato proprio
all’ingresso di casa Swan in cui Charlie teneva il fucile da
caccia. Era certo
di non voler testare quanto velocemente riuscisse a guarire dal foro di
un
proiettile.
Prese il casco e lo appoggiò al manubrio, mentre iniziava a
spingere la moto fuori dalla rimessa. Avrebbe dovuto prendere un paio
di
vestiti di ricambio, ma sapeva che non c’era tempo. Era
già stato fortunato a
non trovarsi l’intero branco alla porta di casa e non voleva
sfidare oltre la
buona sorte. Scappare non era la soluzione, lo sapeva. Il lupo era una
parte di
lui, una parte da cui non si poteva sfuggire. Ma la frustrazione e la
paura sul
viso di Bella lo avevano convinto a provarci.
Doveva allontanarsi con lei. Almeno finché avesse voluto
averlo vicino. Era sicuro che avrebbe indovinato presto il suo segreto
e allora
tutto sarebbe cambiato. Avrebbe perso anche lei come tutto il resto
delle cose?
Non lo sapeva. Volevo solo vivere fine in fondo quell’ultima
opportunità di
normalità.
Spense i fari della moto prima di arrivare in vista di casa
di Bella, si fermò dietro un albero e
l’aspettò.
“Jake?”
“Da questa parte, Bells.” La vide arrivare, lo
zaino rosso
della scuola sulle spalle e una giacca pesante addosso.
“Jake, hai solo la maglietta morirai di freddo.”
Sorrise, incrociando le braccia al petto. Tipico di Bella,
si preoccupava sempre. “Ti sembro uno che soffre il freddo
?”
“Non lo so, Jake. Mi sembra che provi molto divertimento ad
ostentare i tuoi nuovi muscoli.”
Non riuscì a nascondere un ghigno compiaciuto. Ecco
decisamente questa era una cosa che del lupo amava e se Bella
apprezzava,
l’avrebbe amata ancora di più.
“Piantala di fare quella faccia, Jacob Black. Vogliamo
andare o aspetti che mio padre ci veda?”
“Bella, sei davvero sicura?”
“Sicurissima.” Prese il casco dal manubrio e lo
infilò,
litigando come sempre con il cinturino della chiusura. Jake
l’aiutò e le loro
mani si sfiorarono. “Sei sempre così caldo,
ultimamente. Riuscirai mai a
spiegarmene il motivo?”
“Te lo già detto, devi arrivarci da
sola.” La senti
sospirare, Jake salì in sella dando un calcetto alla
frizione per farla partire
e aspettò che lei salisse dietro di lui.
Non sarebbe stato giusto dire che
Jacob odiava tutto del
lupo, mentre sfrecciava per la strada, a bordo della moto con Bella
stretta a
lui, ricordò come la sensazione di correre sotto forma
animale fosse molto
simile a quella che stava provando adesso. Il vento sulla pelle, la
testa che
si svuotava di tutti i pensieri. Seguire solo l’istinto,
diventare puro
istinto.
Non era sicuro di quanti chilometri avessero percorso, ma
sentiva Bella tremare e stringersi di più contro il suo
corpo. Non che si
lamentasse di questo, trovava il tutto estremamente piacevole, anzi la
difficoltà maggiore stava nel concentrarsi sulla guida
quando ogni fibra del
suo corpo cercava di rispondere al tocco di lei. Ma avrebbero dovuto
trovare
presto un posto per fermarsi. Aveva appena finito di formulare quel
pensiero
quando la moto iniziò a sobbalzare, percorse qualche metro a
tratti e poi si
fermò del tutto. Jake imprecò, appoggiando i
piedi a terra ed aiutando Bella a
scendere.
“Che cosa succede?” Chiese lei, levandosi il casco.
“Non lo so, sì è fermata.”
“Ah. Per fortuna sono in fuga con un meccanico.”
Sorrise,
appoggiandosi al guard rail mentre Jake si chinava di fianco per
controllare il
motore. Diete un’occhiata a Bella lanciandole un sorriso che
secondo lui doveva
essere rassicurante. La verità era che non c’era
niente che non andasse in
quello stupido motore, la moto era perfetta. Si alzò,
strofinò le mani contro i
jeans, macchiandoli di grasso e si avvicino al manubrio, svitando il
tappo del
serbatoio.
“Merda.”
“Che cosa ha, Jake?”
“No, niente è tutto a posto.”
“E allora perché è ferma?”
“E’ finita la benzina.” Che
figura da idiota. Bella
spalancò la bocca, muta per qualche istante.
“Come ha fatto a finire la benzina?”
“Il galleggiante si è bloccato e non ha segnato
quando siamo
entrati in riserva.”
“E quindi che facciamo ora?”
“C’era un distributore più indietro. Ma
credo fossero almeno
dieci chilometri.”
“Perfetto.”
“Senti, Bella tanto ci saremo dovuti fermare lo stesso da
qualche parte, prima o poi.”
“Sì, ma siamo in mezzo al nulla.”
“Veramente …” Lo aveva visto appena
sceso dalla moto: un
piccolo motel. Di certo non potevano dormire sulla spiaggia
lì vicino. Lui non
avrebbe avuto problemi, ma Bella il freddo lo sentiva ancora. La
ragazza seguì
con gli occhi la testa dell’amico. E sospirò.
“Almeno ha un tetto”, disse incamminandosi mentre
Jake la
seguiva spingendo la moto.
Prendere una
stanza in un motel, con la tua migliore amica
della quale per puro caso sei innamorato follemente, è
sicuramente nella lista
delle cose più imbarazzanti da fare. Il signore alla
reception, doveva avere
una sessantina d’anni, li osservò attentamente, di
certo non erano la tipica
clientele di quell’affascinante posto e poi, dopo avergli
fatto firmare il
registro in cui Bella scrisse il primo nome a caso che le passava per
la testa,
consegnò loro la chiave della stanza.
Passarono davanti ad un piccolo distributore automatico.
Jake accennò un sorriso osservando Bella. “Almeno
non moriremo di fame, no?”
Lei non gli rispose, ed aprì la porta.
Rimasero entrambi fermi sull’uscio, incapaci di fare un
passo ed entrare. Un solo letto, c’era un solo, unico letto
matrimoniale.
“Dormo sul pavimento non ti preoccupare.”
“Non essere ridicolo, Jake”, esclamò
Bella con una sfumatura
nervosa della voce mentre finalmente entrava nella stanza.
“Su quel letto c’è
abbastanza spazio per tutti e due.”
Posò lo zaino sul pavimento e si sedette sul bordo del
letto. Jake le si avvicinò. “Mi spiace per la
moto.”
“Non pensavo stessimo andando in vacanza, Jake. Sto bene,
davvero
e sei qua con me. Ma domani dovremo chiamare Charlie e inventarci una
scusa
plausibile.”
“Già, domani.”
“Hai cambiato idea? Vuoi tornare?” Gli chiese lei
improvvisamente spaventata. Sarai tu a voler tornare, domani,
Bella. Lo
scoprirai, lo stai già per fare. Un mostro. Quello ormai
sono.
“No, Bells, va tutto bene credo che, almeno che tu non
voglia rischiare usando quella doccia, sia il caso di
dormire.”
“Non ci tengo, grazie. Allora buona notte, Jake.”
Si sdraiò
sul letto. E rimasero entrambi in silenzio persi nei propri pensieri.
“Jake?”
“Dimmi.”
“C’è uno specchio sul soffitto. A che
serve uno specchio sul
soffitto?”
Jake alzò gli occhi, all' improvviso quel letto lo
sentì
troppo piccolo e poco c’entrava con la sua ingombrante mole.
“Credimi, Bells, non lo vuoi sapere davvero.”
“Ma.. cioè lo specchio… ah.”
Si voltò a guardarla, le guance completamente rosse per
l’imbarazzo.
“Credo ci abbiano dato la suite luna di miele.”
“È uno scherzo vero?” Chiese Bella,
ancora con le guance in
fiamme.
“Magari volevano solo essere gentili.”
“Ma chi mai verrebbe qui a trascorrere la sua prima notte di
nozze?”
“Non ne ho idea, forse a Quil piacerebbe un posto del
genere.”
Scoppiarono entrambi a ridere. Ma poi lei continuò.
“Potresti
chiederglielo, Ma questo vorrebbe dire che dovresti tornare a
parlargli”
Jake sospirò . “Dormiamo, ok?”
“’Notte, Jake”
“Notte, Bells.” La osservò voltarsi di
fianco e tirarsi le
coperte fin sopra la testa. Lui era sicuro invece che non avrebbe
chiuso
occhio.
Angolo
autrice.
Mi scuso per il ritardo ma sono stati due giorni pieni e non
sono riuscita a postare prima.
Per farmi perdonare però ho postato una nuova shot Jake e
Bells. Diciamo una sorta di finale alternativo alla saga. Se Bella
avesse
scelto Jake che sarebbe successo
quattro
anni
dopo? Nuovo
Sole
.
E così la fuga è iniziata che
succederà adesso?
A venerdì prossimo. (Stavolta puntale.)
Con affetto
Noemi
|
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Capitolo 19 *** Cappuccetto Rosso ***
“Quando
Cappuccetto Rosso giunse nel bosco, incontrò il lupo, ma
non” sapeva che fosse
una bestia tanto cattiva e non ebbe paura.
Quando
Cappuccetto Rosso giunse nel bosco, incontrò il lupo, ma non
sapeva che fosse
una bestia tanto cattiva e non ebbe paura.
“Buon
giorno, Cappuccetto Rosso,” disse questo.
“Grazie,
lupo.”
“Dove
vai così presto, Cappuccetto Rosso?”
Capitolo
18
Cappuccetto Rosso
I
sogni di Bella
anche quella notte furono agitati, come tutte le notti da quando Edward
se ne
era andato. Immagini sfocate ed indefinite. Immagini di corse nel
bosco,
immagini di pelle fredda contro la propria, bianco tutto intorno.
L’orlo di un
precipizio sul quale lei
camminava, un passo
avanti per cadere, un passo indietro per essere salva. Strinse forte le
lenzuola e si rigirò nel letto iniziando a scalciare.
E poi, all’improvviso
il sogno cambiò.
La luce bianca che filtrava dalla foresta mutò in un pallido
sole. Jacob era a
pochi passi da lei, si avvicinò, cercò di
raggiungerlo ma un lupo prese il suo
posto. E a poco a poco la sua mente
mise
a posto, pezzo dopo pezzo, il puzzle complicato che il suo amico le
aveva
messo davanti.
Erano
le primi luci dell’alba quando Bella si svegliò,
apri gli occhi e vide il volto
di Jacob. Le mani vicino alle sue sul cuscino, doveva averle tenuto la
mano, ecco
cosa l’aveva calmata. Si
mise a sedere e
premette la fronte contro le ginocchia.
“Licantropo.”
I
turisti dispersi nel bosco, le uccisioni, Laurent. Tutto acquistava
senso.
Jacob, il suo Jacob era… assurdo, totalmente assurdo.
Scese
dal letto e usci dalla stanza senza far rumore. Sapeva che lui
l’avrebbe
raggiunta presto.
Jacob
ci mise alcuni minuti a realizzare dove si trovasse. Da quando si era
trasformato erano poche le notti di sonno di cui aveva potuto usufruire
e,
malgrado la vicinanza di Bella, era riuscito a dormire per quasi sei
ore
filate. Bella, al suono di quel nome la mente si risvegliò
del tutto.
Ricordò la
moto ferma al bordo della
strada, l’imbarazzo di trovarsi
in
quella ridicola stanza,
lei che si
calmava sotto le sue carezze.
Si
mise seduto e rovistò la stanza con gli occhi.
Non c’era più.
E così il momento
della verità era arrivato. Si mise velocemente le scarpe ed
uscì a cercarla,
sicuro che non potesse essere andata troppo
lontano.
Si
accorse che a
pochi metri dal motel la strada finiva in una piccola spiaggia. Doveva
essere
una di quelle spiagge private probabilmente riservate
a qualche albergo lussuoso nei paraggi. Jake
si avvicinò, c’era uno squarcio nella rete che
serviva da recinzione, ci passò
attraverso senza troppa difficoltà e poi la vide, seduta in
riva al mare.
Fece
alcuni passi verso di lei e le si fermò di fianco.
“La nostra piccola gita alla
discarica ti ha insegnato a non rispettare più la
proprietà privata?” Accennò
un lieve sorriso che non nascondeva il nervosismo della sua voce.
“No,
era già aperto. Stavolta non ho infranto la legge.”
Si
sedette vicino a lei, afferrò una manciata di sassolini ed
inizio a farli
rimbalzare contro l’acqua.
“Mi
sono
ricordata la storia giusta.”
Si
voltò a guardarla e i sassolini rimasti gli caddero dalle
mani. L’espressione
sul suo volto. Non stava più parlando con il suo migliore
amico ma con un
mostro. Sentì il lupo ruggire dentro di lui. Rabbia, dolore,
delusione, tutto
si mescolò provocandogli i familiari tremiti.
Si alzò di scatto stringendo i pugni contro la
gamba e cercando di
mantenere la calma.
Si
mise a percorrere la spiaggia a grandi passi, scansando abilmente pezzi
di
pietre e ramoscelli spezzati. Bella incespicava dietro di lui, ma non
se ne
curò.
I
pomeriggi chiusi nel suo garage gli sembrarono appartenere ad una vita
che gli
era stata strappata via senza che avesse iniziato ad assaporarla
davvero. Si
ricordò del suo quaderno d’inglese. A
margine dell’ultima pagina che aveva scritto spiccava la
calligrafia piccola ed
ordinata di Bella. Non sapeva perché di tutti i ricordi la
sua mente si soffermò
proprio su quello ma fu come ricevere un pugno nello stomaco. Bella
sdraiata
sul pavimento che lo aiutava a studiare, Bella che si faceva
abbracciare da
lui, Bella che lo guardava come si fosse la cosa più
importante, Bella che lo
guardava con paura, Bella che era innamorata di un vampiro. Le mani
ormai non
riuscivano più a nascondere il tremore.
“Sei
davvero un
ipocrita, Bella. Sei terrorizzata da me! Ti pare giusto?”
“Ipocrita?
Sarei
un’ipocrita perché ho paura di un
mostro?”
“Mi
spiace proprio
di non essere il mostro che fa bene per te, Bella. Immagino di non
essere al
livello dei succhiasangue, vero?”
Una
parte di lui era sempre stata convinta che Bella lo avrebbe accettato
che
proprio lei lo avrebbe capito.
“No,
Jake, no,
non è perché sei un lupo. Non è un
problema te lo giuro. Se solo trovaste un
modo per non fare del male a nessuno…”
Male
a qualcuno?
Lui non faceva male a nessuno anzi. Lui era nato per proteggere la
gente. Insomma, nei
giorni seguenti la trasformazione quando la
rabbia riusciva a diminuire si era pure trovato a scherzare con Embry
su come
alla fine si fossero trasformati in super eroi solo molti meno fighi di
quelli
del film x men.
“Hai
soltanto paura
che io ammazzi qualcuno? Non ci sono altri ragioni?”
“No.”
“Non sono un
assassino, Bella.”
“Davvero?”
“Davvero, te lo
giuro solennemente”.
Si
chinò verso di lei sentendosi improvvisamente rilassato. Il
viso di Bella si
aprì in un sorriso dolce e le gettò le braccia al
collo. Jake sussultò a quel
contatto con il suo corpo mentre il lupo finalmente si tranquillizzava.
Jake la
trattenne fra le sue braccia e poi a malincuore la lasciò
andare.
Lei tornò a
sedersi sulla sabbia e riprese a parlare. “È
per questo che non potevi
più vedermi?
Avevi paura che non lo
accettassi?”
“No.
Cioè speravo capissi. Non è una cosa che ho
scelto io. Credo di essere ancora
me stesso, da qualche
parte.” Sospirò
riprendendo a lanciare sassi in mare.
“Certo
che sei ancora tu, Jake. Non so come hai potuto pensare che per me
cambiasse
qualcosa.”
“Non
è stata una mia idea. Lo so che sei in gamba. Sam mi ha
vietato di vederti.
Aveva paura ti facessi male.” Si voltò a
guardarla, l’espressione estremamente
seria “Ma,
Bella, non è così, se
pensassi di essere un pericolo per te non sarei qua. Lo sai, vero? Non
ti
metterei mai in pericolo.”
“Lo
so, Jake. Quindi è stato Sam a impedirti di vedermi.
E… può farlo?”
“Lui
è il capo. L’Alpha, quando da un ordine non
possiamo fare altro che rispettarlo.”
“Finirai
nei guai per questa fuga, eh?”
“Probabile,
ma ne valeva la pena.” Gli sorrise, portandoli una ciocca di
capelli dietro le
orecchie. “E tu finirai nei guai con Charlie quindi siamo
pari.”
“Già..
.dovremmo tornare a casa, Jake.”
“Lo
so. E solo che mi sembrava di aver trovato un po’ di
normalità. Non hai idea di
che casino siano state queste ultime settimane. Tutto è
cambiato, tutti quei
nuovi obblighi e responsabilità.”
“È
come se fossi libero qua?”
Si
strinse nelle spalle.
“Perché
non ci prendiamo ancora qualche ora?
Tanto ormai non credo cambi qualcosa”,
disse Bella ed un sorriso si allargò sul viso di Jacob,
qualche ora era tutto
quello che chiedeva. Avrebbe potuto passare del tempo con lei, lontano
da
tutto. Sentirsi ancora normale.
“Hai
ragione, Bells. E poi non manca molto a Tacoma. Ti va una gita fuori
porta?”
“Che
c’è da vedere a Tacoma?”
“Non
ho idea, ma qualcosa troveremo.”
“E
come facciamo con la benzina e la moto?”
“Non
sottovalutare mai le risorse di un lupo mannaro.” Le fece
l’occhiolino prima di
prenderla per mano, tornando verso il motel.
Le
risorse da
lupo mannaro che Jake sfoderò per risolvere il problema
della moto non era
altro che uno dei suoi sorrisi abbaglianti, rivolti verso la ragazza
che aveva
sostituito il signore attempato alla reception, che la convinse a
lasciare un
cartello con la scritta torno subito e
accompagnarli in macchina alla
pompa di benzina più vicina, riempire una tanica e fare
così ripartire la moto.
Tornarono
sulla strada e dopo mezz’ora entrarono nella città
di Tacoma. Il brontolio
dello stomaco di Jake
copriva quasi il
rumore del motore. Lui accostò vicino al primo ristorante
che trovarono ed
entrarono a fare colazione. Bella lo osservò mangiare una
doppia razione di
bacon e sorrise sorseggiando la sua spremuta.
“E’
una cosa da lupo?”
“Cosa?”
chiese lui alzando gli occhi dal piatto.
“Mangiare
come dieci uomini.”
Jake
rise massaggiandosi lo stomaco. “Metabolismo super veloce. Da
lupo, sì.”
“E
c’è ne sono tante?”
“Abbastanza.
Domani te le racconterò tutte, ok? Giorno di
normalità ricordi?”
“Hai
ragione, scusa. Cosa facciamo allora?”
“Non
lo so. Posso provare a chiedere alla cameriera. Credo di essergli
simpatico.”
“Non
mi piace.”
“La
cameriera?”
“No,
tu che fai lo sbruffone.”
“Non
è che sei solo gelosa?” Le chiese lui con un mezzo
sorrisino.
“Non
dire assurdità, Jake. E andiamo. Credo che riusciremo a
capire da soli che cosa
fare.”
Jake
la osservò alzarsi e pagare il conto piuttosto stizzita. Non
riuscì a
trattenere un sorriso compiaciuto. Era sempre più sicuro che
Bella provasse
qualcosa per lui. Doveva solo riuscire a farglielo ammettere.
Tacoma
era una città grossa, una delle più grandi dello
stato, ma mortalmente noiosa;
si trovò a
pensare Jake,
mentre camminavano per il centro della
città. Bella si era procurata una cartina e la scrutava da
diversi minuti
cercando un luogo di interesse. Gli aveva proposto diversi musei ma lui
si era
rifiutato categoricamente. Lei sbuffò, sedendosi su una panchina ed allungandogli
la cartina. Jake sorrise studiando
il profilo di Bella imbronciato e
poi lo sguardo gli
cadde u un cartello
pubblicitario poco
lontano. Era un genio. Aveva trovato il
posto ideale.
“Bells?”
“Dimmi.”
“Ho
trovato dove andare. Hai ragione, visitiamo un museo.”
“Ma
se cinque minuti fa mi hai quasi ringhiato contro.”
“Il
museo del vetro non mi
ispirava. Ne ho
trovato uno migliore.”
“Quale?”
“Lo
vedrai. Non dovrebbe essere lontano.” La alzò in
piedi e se la trascinò dietro
tenendola per un gomito. Dopo pochi metri si trovarono davanti ad una
grande villa.
Bella lesse il cartello e spalancò la bocca, scuotendo la
testa. “No… non se ne
parla.”
“Uff,
perché sei sempre così titubante
alle
mie idee?”
“Perché,
Jake, è un museo dell’automobile.”
“Appunto,
non dici sempre di ammirare le mie doti da meccanico? Ti
prego.” Lui la guardò,
con quello sguardo dolce e gentile che nelle ultime settimane le era
mancato
così tanto. E sapeva che l’aveva fregata.
Sbuffò incamminandosi verso
l’entrata.
Il
problema con le idee di Jake era che contro ogni aspettativa
risultavano sempre
divertenti. Pensò Bella osservando una Chevrolet del 1963 e
Jake inginocchiato
ai lati di questa intento a fare la radiografia ai cerchioni. Era
riuscita ad
imparare tutte le
caratteristiche
principali delle auto esposte e non era stato noioso e poi,
c’era Jake che
aveva quell’espressione
di una bambino
la mattina di Natale. Il ghigno che aveva sostituito il sorriso solare
che
tanto amava sembrava essere sparito in quelle ore di
libertà. Il suo sorriso.
Era vero, amava il
suo sorriso. Quel
sorriso era stato capace di farle ritrovare la serenità dopo l’abbandono di
Edward. Pronunciare quel
nome nella sua mente la fece sussultare,
aspettò che la voragine si aprisse, ma non accade. Come
sempre la presenza di
Jake riusciva a
tenerla in qualche modo
chiusa. Se si
fermava a pensare, capiva
che quello che aveva appena fatto per
lui era assurdo. Non
ci aveva
pensato due volte ed era scappata, la paura di perderlo era stata
troppo grande
e aveva annullato
qualsiasi pensiero razionale.
Ripensò a lui che aveva fatto di tutto per restarle vicino,
lui che era stato
in quel frangente così diverso da Edward.
Edward
le aveva giurato che finché lei avesse voluto sarebbe
restato al suo fianco,
Jacob le aveva fatto la medesima promessa ma solo uno l’aveva
mantenuta.
Non
era giusto però paragonarli. Edward era l’amore
della sua vita mentre per Jake
provava solo uno smodato affetto fraterno. Sospirò e Jacob
si voltò a
guardarla.
“Bells,
tutto bene?”
Dannazione
perché doveva sempre accorgersi di tutto?
“Benissimo.
Forza andiamo a vedere quella… macchina.”
“È
una Lotus,
Bells. Non è quella
macchina.”
Rispose lui indignato mentre lei allontanando quelli strani pensieri
rise
immergendosi di nuovo nelle voce calda e rassicurante di Jake.
Angolino
autrice.
Prima
di tutto un grazie particolare ad Ania per
questo capitolo e a Sandra.
Come
avrete capito le parti in neretto sono sempre tratte dai libri, in
questo caso
ho ripreso New Moon ma l’ho inserito in un contesto diverso.
L’intento
è sempre quello di una revisione dei fatti ma ora i
particolari differenti si
notano di più…
Se
siete sempre
curiosi di sapere cosa altro
riserverà questo giorno di libertà a Bells e Jake
ci rileggiamo venerdì
prossimo.
Con
affetto Noemi.
|
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Capitolo 20 *** Il Re Leone ***
Pericolo? Ah! Il
pericolo è il mio mestiere!
Io
rido in faccia al pericolo
Capitolo 19
Il re Leone
“Sai, Jake io e te non
andremo mai in vacanza insieme.”
Jacob guardò Bella, pulendosi la bocca con la carta della
pizza che aveva appena finito di mangiare , gettandola poi nel cestino
lì
vicino.
“E perché mai? Credevo ci stessimo
divertendo.”
“Certo che ci stiamo divertendo, ma per quanto mangi
spenderemmo tutti i soldi in cibo e ci toccherebbe dormire per
strada.”
Jake rise dandole un buffetto sulla guancia. “Non devi
preoccuparti di quello, Bella. Ricordi? Licantropo”, disse
indicandosi con la
mano. “ Ti terrei abbracciata sotto un ponte
così non sentiresti il freddo.”
Bella alzò gli occhi al cielo, cercando di colpirlo con una
gomitata che lui
bloccò prontamente.
“Attenta. Ti fai male e non voglio finire la giornata al
pronto soccorso.”
In realtà non voleva finirla proprio quella giornata, La
Push sembrava così lontana, tutto quel casino sovrannaturale
appariva come uno
stupido scherzo, persino l’ombra di Edward sembrava sparita
dagli occhi di
Bella in quelle ore spensierate.
“Jake, ti posso chiedere una cosa?” Avevano
raggiunto la
moto e Bella giocherellava con il laccetto del casco appeso al manubrio.
“Sì certo.”
“Perché vi trasformate in Licantropi?”
“Per proteggere la gente.”
“Da cosa?”
“Bella, Piccola mia.
Noi proteggiamo gli uomini da una cosa sola. Il nostro unico nemico.
Che è la
sola ragione della nostra esistenza.” E addio
bolla di normalità.
“Laurent.” La
sentì sussurrare, lui la guardò appoggiandosi
alla moto vicino a lei.
“Chi è Laurent?”
“Lo sai, l’avete
visto nella radura. Avete impedito che mi uccidesse.”
A quel ricordo le
mani di Jake iniziarono a tremare, respirò a fondo e
fissò il viso di Bella.
Così come erano venuti i tremori cessarono.
“E’ stato
facile.”
Cosa?”
“Uccidere il
succhiasangue che stava per uccidere
te.”
“Ma se Laurent è
morto… una settimana fa… allora gli ultimi
delitti sono opera
di qualcun altro.”
Jacob le raccontò tutto dell’ultima settimana. Di
come ci
fosse un altro
vampiro che continuava ad
entrare e uscire dai confini della riserva, di come ogni volta che
erano ad un
passo dal catturarla, lei riuscisse a scappare, di come non capissero
quale
fosse il suo vero obbiettivo. Infine vide Bella piegarsi sulle
ginocchia e
tenersi la testa fra le mani. Si diede mentalmente del coglione.
L’aveva
spaventata a morte. Si chinò vicino a lei carezzandole i
cappelli. Lei iniziò a
tremare e quando infine riuscì a parlare, Jacob
sentì il suo mondo crollargli
addosso per la seconda volta in quel mese. La sanguisuga rossa si
chiamava
Victoria. E voleva
lei. Voleva uccidere
Bella. La abbracciò, cercando di calmarla e provando a
calmare se stesso allo
stesso tempo. Lui l’avrebbe protetta, nessuno sarebbe
riuscita a farle del
male. Per la prima volta fu davvero felice di essere diventato un
licantropo,
aveva giurato a Bella che ci sarebbe sempre stato e che si sarebbe
preso
cura di lei, ora
poteva davvero
mantenere fino in fondo quella promessa.
Proteggere Bella. Chiaro, limpido come il cielo d’estate. Lui
era nato per
proteggere lei.
“Bella? Dobbiamo tornare. Dobbiamo dire agli altri tutto
quello che sai di Victoria.”
Lei annuì e Jake l’aiutò ad alzarsi
abbracciandola ancora
una volta.
“Non devi aver paura. Non ti succederà niente te
lo
prometto. Lo sai che tendo a mantenerle le promesse.”
La moto nera correva per la strada, si piegava ad ogni curva
e seguiva docile i comandi del pilota.
Ad ogni semaforo che incontrava si fermava e Jake spostava
la mano sulla
gamba di Bella, come ad accertarsi che lei fosse lì o
più probabilmente per
trasmettere a lei la sicurezza di cui aveva bisogno. Aveva paura, la
sentiva
ancora tremare stretta a lui ed era certo che non fosse per il freddo.
Quando
entrarono nel territorio della riserva iniziò a decelerare
lentamente, prese
una strada sterrata e si fermò davanti ad una casetta di
legno con le tendine
gialle e vasi di fiori alla finestra.
La
moto non era ancora stata spenta che quattro figure massicce e
dall’aria
piuttosto minacciosa apparvero sulla porta. Jake non si scompose, diede
la mano
a Bella per farla scendere dalla moto e l’aiutò a
levare il casco. Si mise
vicino a lei e fece
scivolare la mano
nella sua mentre Sam si avvicinava a
loro.
“Jacob. Ci devi delle spiegazioni.” Il suo tono di
voce
calmo non riusciva a nascondere il profondo risentimento.
“Le spiegazioni dovranno aspettare. Bella ha delle cose da
dirci.”
Quando Jacob pronunciò quel nome Paul fece un passo avanti
uscendo dalla linea compatta che i quattro Quileutes formavano ed
iniziò a
tremare.
“Ah, certo che sì!
Scommetto che l’amichetta delle sanguisughe muore dalla
voglia di aiutarci!”
“Sta attento a come
parli” Jacob si
spostò,
nascondendo Bella con il suo corpo. I tremori di Paul divennero sempre
più
forti e con un forte rumore di strappi e di stoffa lacerata esplose in
un
enorme lupo argentato.
Jake spinse Bella più lontano ed iniziò a correre
verso il
lupo che era stato Paul fino ad un attimo prima. Sentì
l’ormai familiare calore
dilagare in tutto il suo corpo, ci mise un istante. Chiuse gli occhi,
tutto
dentro di lui fremette e divenne lupo.
Si scontrò contro il corpo di Paul con un tonfo sordo. Jacob era enorme, molto
più del suo
avversario e non ci mise molto, con un paio di spallate, a spingerlo
fino ai
margini del bosco.
Per svariati minuti la sua mente si spense da tutti i
pensieri, troppo forte l’istinto del lupo nella lotta, riuscì ad
affondare i denti nella zampa di
Paul e poi la voce di Sam si frappose chiara e nitida fra i ringhi.
“Adesso Basta.” Era un ordine Alpha. I due lupi si
fermarono. Jacob scosse il testone e un forte ringhio uscì
dal lupo argento.
“Sam, non può passarla liscia. Ha raccontato il
nostro
segreto ad un’estranea. Ti credi sempre superiore a noi,
Jake?”
“Non ho raccontato niente, Bella c’è
arrivata da sola. E se
non l’avesse fatto prima il tuo spettacolino di sicuro
l’ha aiutata a capire.”
Paul ringhiò ancora e scattò verso Jake, ma Sam
si mise in
mezzo.
“Manchi da casa da ieri notte. Hai saltato due turni di
ronda, non è un gioco questo, hai delle
responsabilità precise.”
“Credi che non lo sappia, Sam? Delle mie fottute
responsabilità? Credi
che non sappia fin
troppo bene tutto? Ma era l’unico modo.”
“Sam, non mi fermare. Stavolta lo azzanno al
collo.” Pensò
Paul sempre ringhiando.
“Basta ho detto. Jake che volevi dire con Bella ha
della
informazioni.” Jacob osservò Paul e
senza smettere di scalciare il terreno
con le zampe, ripensò a tutto il discorso di Victoria fatto
con lei, poche ore
prima.
“Bene, questo cambia tutto.” Disse Sam,
“Trasformatevi, per
quanto riguarda la tua fuga, Jake, credo che ci penserà tuo padre a dirti tutto quello
che penso io e
anche oltre.”
Cazzo papà. In
quel momento, non importava che fosse un lupo mannaro enorme e quasi
indistruttibile, ebbe paura. Suo padre sarebbe stato…
incazzato non era un
termine sufficientemente calzante per descriverlo e in più
si era trasformato
facendo esplodere tutti i vestiti e le scarpe da ginnastica nuove, era
certo
che non ne avrebbe avute presto un altro paio. Era davvero nei guai. Si
trasformò, aspettando dietro un albero nei pressi di casa
sua che Sam e Paul
tornassero con dei vestiti. Quando li vide l’espressione
cupa di Paul aveva lasciato
posto ad un largo sorriso. Gli lanciò addosso un vecchio
paio di jeans e
scoppiò a ridere.
“Quando vorrei assistere al tuo incontro con Billy. Ci
sarà
da divertirsi.” Jacob lo guardò torvo mentre si
infilava velocemente i
pantaloni e poi si avviarono verso casa di Sam.
Quando entrarono in casa di Emily
notò Bella sospirare
sollevata, le si avvicinò e non importava quanti casini
dovesse affrontare: si
sentì assurdamente felice. Bella era lì, nella
cucina di Emily, in mezzo al suo
branco e gli sembrava la cosa più naturale del mondo. Era
tornata a far parte
della sua vita, non importa quanto assurda fosse, lei ne faceva parte e
questo
bastava a rendere tutto migliore. Si sedette vicino a lei,
afferrò un muffin,
gli sembrava di assaporarne il gusto per la prima volta davvero e poi iniziarono a raccontare a
tutti quello che
sapevano.
Quando Sam mise fine alla riunione Jake la prese per mano
conducendola di nuovo alla moto.
“Stai bene?”
“Sì… credo che sia stato…
non lo so, solo strano.” Jacob
ride e poi le diede un bacio sulla fronte.
“Strano. Quindi dopo questo i nostri padri non dovrebbero
essere un grosso problema.” Bella deglutì
calciando un piccolo sassolino vicino
al suo piede.
“Lupi e vampiri mi sembrano niente in confronto a
Charlie.”
“Già. Insieme o separati.” Gli chiese
lui guardandola.
“Oh ormai, Jake. Tanto vale fare pure questo
insieme.”
Jacob le sorrise, era assurdo essere felice in quel momento
e per una cosa del genere.
“Prima Billy e poi Charlie?”
“Si credo sia meglio. Ma almeno nascondiamo la moto a mio
padre.”
“Mi sparerebbe una pallottola eh?”
“Credo di sì, speriamo non sia
d’argento.” Risero
entrambi e poi risalirono in moto
verso casa Black.
Nascondere la moto risultò però una soluzione
impraticabile,
la prima cosa che videro, infatti, arrivati nei pressi della casa di
Jacob fu
Charlie che scendeva dall’auto della Polizia. Come a
rallentatore Jacob lo vide
voltarsi verso di loro mentre si riprendeva velocemente dallo shock e
la sua
faccia da bianca divenne rosso accesso. Jake deglutì,
decidendo che invertire
rotta e scappare di nuovo non era la soluzione migliore. Charlie con un
rapida
falcata li raggiunse e, afferrando Bella per i fianchi, la face
scendere dalla
moto.
“Ciao papà.” disse lei a bassa voce.
Billy era sulla porta di casa ed il suo sguardo era la copia
identica di quello dell’amico, Jake mise le mani in tasca
dondolando sui
talloni.
“Ehi pà.” Cerco di assumere un tono di
voce innocente.
Charlie e Bella gli passarono davanti
e senza guardarlo sentì la voce di Charlie.
“Entra in casa Jacob Black. Subito.”
Il suo divano non gli era mai sembrato così scomodo. Erano
lì, lui e Bella seduti a testa bassa mentre ascoltavano
Charlie urlargli contro
tutta una serie di epiteti non di certo ripetibili. Suo padre annuiva
convinto,
aggiungendo qua e la qualche osservazione che lo fece sentire
incredibilmente
idiota ed in colpa. Poi all’improvviso Charlie si mise a
sedere sulla poltrona
di fronte a loro. Portò le mani alla testa e
respirò a fondo un paio di volte
come per calmarsi. Billy allora prese la parola.
“Bene.. avete qualcosa da dire voi due?”
Bella alzò gli occhi e guardo prima Billy e poi il padre.
“Ci spiace, davvero non volevamo farvi
preoccupare..”
“Non volevate farci preoccupare?” Charlie
tornò a guardare
la figlia “ E come pensavi di farlo? Mi sono svegliato
stanotte, non c’eri, non
un biglietto, non una telefonata… e non volevate farci
preoccupare.”
“Dove siete stati?” chiese Billy. Jacob
alzò gli occhi per
la prima volta, osservando il padre.
“A Tacoma. Ma abbiamo visto dei musei, quindi si
può
classificare come gita culturale.” Tentò di
abbozzare un sorriso ma lo sguardo
torvo del padre lo fece desistere e torno ad abbassare gli occhi.
“A Tacoma?” ripeté Charlie sempre
più rosso. “E dove diamine
avete dormito.” Silenzio. ne lui e Bella risposero, puntando
gli occhi
insistentemente sulla punta delle scarpe. E Charlie
continuò. “Jacob Black…
dove diavolo hai fatto dormire la mia bambina?”
Jacob sospirò, cercando di fare uscire la voce.
“In… un.. motel sulla strada.”
Charlie si alzò di scatto afferrando la giacca posata sulla
spalliera della poltrona e iniziando a rovistare al suo interno. Bella
lo
guardò esclamando preoccupata.
“Che stai facendo, papà.”
“Cerco la pistola, perché adesso gli
sparo.” Un pensiero
assurdo attraversò allora Jake in quelli che pensava fossero
gli ultimi istanti
della sua vita. Ne
era certo non importa
quando in fretta guarisse Charlie Swan avrebbe trovato un modo per
farlo fuori.
“Ehi… è mio figlio quello.”
“Hai ragione, Billy, vuoi tu l’onore?”
“No basta… nessuno spara a nessuno.
Papà, sei ridicolo.
Metti via quella cosa.” Bella si alzò raggiungendo
il padre. “Mi spiace
davvero. Hai ragione ad essere arrabbiato, abbiamo sbagliato. Ma
è il figlio
del tuo migliore amico e lui ti piace.”
“Mi piaceva certo, finché non ti ha portata in un
motel.”
“Papà ma che cosa credi che sia successo in quel
motel?”
Esclamò arrossendo, e Jacob pensò, totalmente
fuori luogo a quando fosse bella.
Charlie assunse la medesima colorazione della figlia.
“Andiamo a casa Bells. E tu…” si volto
verso Jacob
guardandolo torvo . “Sappi, qualora
ti venisse in mente di venire
a fare un giretto dalle parti di casa mia, che tengo il fucile carico."
E
così dicendo trascinò Bella fuori.
Jacob rimase solo in casa con il padre che scosse la testa.
“Mi hai deluso, figliolo.” Parole peggiore di mille
urli.
Angolo
autrice.
E così Bella e Jake sono
tornati a casa ma quel giorno di
libertà avrà cambiato qualcosa?
Purtroppo nel mese di dicembre avrò davvero tanto da
lavorare e quindi molto meno tempo per scrivere. Per evitare di
rimanere troppo
indietro e farvi aspettare troppo torno a postare a settimane alternate
in modo
da riuscirmi a portare un po’ avanti con la stesura del
raccanto.
Grazie davvero per essere ancora qua e seguirmi lungo questo
viaggio.
E ora un po di pubblicità ho scritto una storia con aniasolary
Se siete curiosi la trovate qua: L'ultima
notte al mondo
A presto
Noemi
|
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Capitolo 21 *** Il bacio degli innamorati Fenicella e Cristallo ***
“Un giorno,
però, i
due non riuscirono a resistere alla grandissima voglia di potersi
finalmente
toccare e guardandosi fissi negli occhi improvvisamente si ritrovarono
abbracciati in un lunghissimo bacio, la sensazione che avvertirono in
quell’istante fu immensa, in un misto tra gioia e
sofferenza.”
Capitolo 20
Il bacio degli innamorati Fenicella e Cristallo
Essere un licantropo non ti evita le
ire paterne. Ecco che
cosa aveva imparato Jacob Black in quell’ultima settimana.
Billy era talmente
furioso per la fuga del figlio che lo aveva minacciato di metterlo in
castigo;
cosa che probabilmente non succedeva dalle elementari. Ma poi in fondo
non è
che potesse davvero punirlo in qualche maniera visto che, fra una ronda
e
l’altro, non gli restava altro tempo se non per dormire e
alla fine si era
dovuto limitare a lanciargli occhiate torve ogni qualvolta si
incrociavano per
casa. In ogni caso sapeva senza ombra di dubbio di essere stato
più fortunato
di Bella. Non la vedeva da sei giorni. Charlie l’aveva messa
agli arresti
domiciliari, il che con una sanguisuga che le dava la caccia, poteva
rivelarsi
anche un bene. Il branco si alternava sotto casa sua e tenerla sotto
controllo
risultava molto più semplice.
Gli alberi lo nascondevano alla vista. E lì, al limitare del
bosco all’ombra di
casa Swan, fissava la luce accesa della finestra di Bella e la
immaginava
sdraiata sul letto a leggere un libro o forse al computer a scrivere
una mail
alla madre, e le mancava. Le mancava da far schifo, le mancava
così tanto da
sentirsi un completo idiota.
“Almeno immaginala nuda, Jake. Non ne posso più di
questi pensieri da… sei
sicuro di non essere gay?”
I pensieri di Jared invasero la sua mente. Sbuffò e si
raddrizzò sulle zampe.
“Pensi che la tua mente sia un posto migliore, amico? Kim
qua…Kim là.”
Il lupo si avvicinò ancora e oramai era di fianco a Jacob.
Lo colpì con il
testone.
“Solo che i miei sono ricordi, ricordi molto vividi, non
fantasie.”
Jacob sbuffò e guardò l’amico prima che
sul suo volto da lupo si allargasse un
ghigno. Il suo turno di ronda era finito. Corse dietro un albero e si
aggrappò
ad una sensazione. La voce di Jared che gli chiedeva che diamine stesse
facendo
fu l’ultima cosa che sentì prima di tornare umano.
Si infilò svelto i jeans, e
uscì dalle ombre, guardando l’amico.
“Mi creo dei ricordi”, disse prima di correre verso
casa di Bella.
L’agilità del
lupo era una gran figata. Senza alcun problema
si arrampicò all’albero vicino a casa di Bella e
picchiettò con le nocche sul
vetro della finestra.
Bella venne ad aprire dopo pochi attimi.“Jake. Che stai
facendo?”
“Dobbiamo rifare questa scenetta ogni volta? Spostati che
entro.”
“No, sei pazzo?”
Roteò gli occhi al cielo e sorrise. “Salto anche
se non ti sposti, ma non
lamentarti se ti finisco addosso.” Io di certo non
lo farei.
Si spostò di lato e con un balzo Jacob entrò in
stanza.
“Sono bravo, eh?” Chiese sorridendo.
Bella sbuffò e si spostò una ciocca di capelli
dietro le orecchie. “Vediamo se
sei altrettanto bravo a schivare la pallottola di Charlie. Lo sai che
succede
se ti vede qua?”
“Sono un licantropo il rischio è il mio
mestiere”, disse avvicinandosi di un
passo a lei.
“Sei diventato incredibilmente sbruffone.”
“Non è per quello che ti piaccio?”
“Tu non mi piaci, Jacob Black. Sei solo il mio migliore
amico, un migliore
amico piuttosto invadente”, rispose lei con un sorriso.
“E che mi mancavi, Bells. Quanto durerà ancora la
punizione?”
Bella sospiro appoggiandosi alla scrivania. “Non lo so, ma
voi… cioè
l’avete…Victoria?”
Jacob la guardò. Cercava di nasconderlo ma era agitata. Si
mordicchiò un’unghia
ed il suo respirò accelerò. Bastava quel nome per
spaventarla a morte e lui non
poteva permetterlo.
Si avvicinò di nuovo a lei prendendole il viso fra le
mani.“La troveremo,
Bella. Non permetterò che ti succeda niente.”
Fissò i suoi occhi, sperando che
ci leggesse dentro anche le parole che non poteva permettersi di
pronunciare,
sperando che lei credesse in lui. Lui che l’avrebbe protetta
sempre.
E lei finalmente sorrise. “Dovresti essere a dormire invece
che qua da me,
Jake. Guarda che occhiaie.”
Jacob si strinse nelle spalle. “Non ci vediamo da giorni e tu
mi dici che devo
andare a dormire? La punizione ti ha reso noiosa, Bells.”
“Non sono noiosa sono solo…responsabile.”
Jacob rise scuotendo la testa. “Ah già, avevo
dimenticato che hai raggiunto la
mezza età.”
“E tu invece l’hai appena persa.”
Jacob la guardò, le braccia incrociate al seno ed un
espressione estremamente
seria in volto. La guardò e si sentì felice.
Nonostante trasformazioni e
sanguisughe psicopatiche, in quella stanza e in quel momento era
felice. Bella
osservò la sua espressione mutare e inarcò un
sopracciglio e allora Jacob
scoppiò a ridere. Aveva trattenuto quella risata dentro di
sé per troppo tempo.
Scoppio a ridere sentendosi di nuovo normale, rise sentendosi ancora
una volta
come quando nel suo garage aggiustavano le moto.
Bella spalancò la bocca incredula ma questo
provocò al ragazzo solo un altro
attacco di risata.
“Jake, shhh. Ma che ti prende? Shhh.”
“Scusa, Bells, e che sei… buffa.” Si
piegò sulle ginocchia e continuò a ridere
tenendosi lo stomaco.
“Mio padre ci ammazza. Stai zitto, Jake.” Prese un
cuscino premendolo sopra la
bocca di Jacob che annuì con la testa. Bella
sospirò allentando la presa per
poi pentirsene subito dopo al suono della risata di Jacob che
riecheggiava per
la stanza. Esasperata gli lanciò il cuscino in testa andando
a sedersi sul
letto.
Lui lo raccolse da terra e glielo scagliò contro. Bella si
massaggiò la fronte
ridendo piano, altri cuscini volarono per la stanza ed infine Jacob si
mise a
sedere vicino a lei.
“Sai che non avevo mai fatto a cuscinate?”
“Non ti offendere, Bells, ma mi sembra che ci siano un sacco
di cose che non
hai mai fatto.”
“Già”, esclamò lei diventando
improvvisamente seria.
“Smettila di pensarlo.”
“Cosa?” Chiese la ragazza.
“Che Victoria ti ucciderà. Te l’ho
già spiegato, non riuscirà neanche ad
avvicinarsi a te e Charlie.”
“Sembri così sicuro di te, Jake.”
“E tu hai troppa poco fiducia. Lo sai che
c’è sempre qualcuno di ronda sotto
casa tua.”
“Ma non potete, cioè è
troppo.”
“Sei la nostra priorità, Bella. E se anche non lo
fossi per il branco lo
saresti sempre per me.”
“E per quello che hai le occhiaie, Jake?”
“Cosa?”
“Le occhiaie. Da quanto tempo non dormi. In un letto
intendo.”
Jacob sospirò, dondolandosi sui talloni in
imbarazzo.“No io e che… non riesco a
dormire tranquillo se sei lontana.”
Oddio. Perfetto, ora sembro un maniaco. Mi presento, Jacob
Black il
licantropo stalker.
Bella sospirò e andò a chiudere la porta della
camera a chiave. Jacob la guardò
senza capire, finché non tornò di nuovo vicino a
lui e diventando
improvvisamente rossa parlò senza guardarlo.
“Andiamo a dormire, Jake.”
“Ma…”
“Non voglio che tu passi un'altra notte fra gli alberi, non
è giusto.”
Stai calmo, Jake. Stai fottutamente calmo. Dormire
con Bella, due volte
in una settimana. Lassù qualcuno doveva amarlo davvero.
I sogni di Bella erano sempre stati
strani da quando aveva
messo piede nella Penisola Olimpica. Vampiri, licantropi, forse tutto
quello
era troppo per un semplice essere umano e il suo subconscio aveva
trovato un
modo per fuggire.
Poi Edward era andato via e non c’era stato posto che per
urla ed incubi.
Agognava il suo abbraccio di marmo, desiderava le sue labbra gelide.
Ogni notte
la sua mente la riportava da lui, lasciandola stordita e lacerata
sempre più ad
ogni risveglio.
Quella notte però, era stata diversa. Nessun sogno, nessun
incubo.
C’era stato solo un susseguirsi di immagine sfocate. Vedeva
Edward, sapeva che
c’era ma non riusciva a mettere a fuoco il suo volto. Sentiva
la pelle calda,
vedeva il suo cuore battere e, appena riusciva a raggiungere le
immagini,
queste correvano via trasformandosi in altre.
Apri gli occhi e afferrò il cellulare sul comodino. Le tre
del mattino. Non
erano stati i suoi incubi a svegliarla.
Si voltò e incontro il viso di Jacob. Dormiva profondamente,
nella parte più
lontana del letto, aveva dovuto rannicchiare le gambe per entrarci
completamente, il volto rilassat e la bocca leggermente aperta. E lei
si
ritrovò a sorridere osservandolo.
Era cambiato così tanto nelle ultime settimane ma sapeva
che, nascosto in quel
corpo possente, c’era sempre il suo migliore amico.
Il cambiamento fisico di Jacob era qualcosa che l’aveva
lasciata completamente
stordita. Si ricordò di come l’aveva visto la
prima volta sulla spiaggia di La
Push: un ragazzino con i capelli lunghi, gli occhi ridenti, alto e
troppo
magro.
Ed ora nel suo letto c’era un uomo. Sentì le
guance colorarsi non appena
formulò quel pensiero ma era innegabile, Jacob Black, almeno
nel fisico, era
divenuto un uomo. Ed era bello. Una bellezza così terrena
che in qualche
maniera riusciva a spaventarla più di quella di Edward.
Seguì con gli occhi il profilo del suo braccio, ripiegato
sotto la testa e i
muscoli del petto che si alzava e abbassava ritmicamente.
Deglutì e provò una
voglia improvvisa di toccarlo, di sentire la sua pelle calda sotto le
dita. Era
assurdo. Era solo Jacob, il suo migliore amico. Lei non provava certe
cose per
lui, lui che non era Edward.
Aveva voluto Edward così tanto da sentirsi male. Tutte
quelle notti passate fra
le sue braccia, desiderando quel contatto che lui le negava
ostinatamente.
Sapeva che Jacob non l'avrebbe mai rifiutata, sapeva che Jacob era...
umano. Ma
non sapeva se lei volesse altrettanto. Non lo aveva mai voluto ma ora
lì, con
il suo respiro sul suo viso, allungò la mano e gli
sfiorò il braccio.
Sospirò appagata al contatto con la sua pelle e fece
risalire la mano. Toccò il
suo addome scolpito, chiedendosi che diamine stesse facendo ma non
riuscendo a
smettere. Accarezzò il suo collo, fino ad arrivare al viso.
Occhi, naso, zigomi
e poi le sue dita si posarono sulle labbra e lui aprì gli
occhi.
Trasalì spaventata e fece per scostare la mano, ma Jacob
l’afferrò per il
polso, impedendole di spostarla. Le baciò i polpastrelli e
poi si mise seduto.
La guardo e passò l’altra mano dietro la schiena
di lei avvicinandola di più.
Bella sentì il respiro bloccarsi, vedeva il suo viso vicino,
la mano sulla
schiena e l’altra ancora sul suo polso. Chiuse gli occhi e,
senza un vero
perché, si ritrovò a sfiorare le sue labbra.
Stava sognando oppure era morto e quello era il suo personale paradiso.
La
prima alternativa gli sembrava migliore. Perchè Bella Swan
lo stava baciando e
non poteva davvero essere vero, ma non poteva neanche essere un sogno,
perchè
la sensazione delle sue labbra, il suo sapore in bocca era troppo
tangibile per
poter essere frutto della sua fantasia, che per quanto fosse vivida,
non lo era
mai stata così tanto.
Quindi sì, decisamente Bella Swan lo stava baciando e lui
doveva fare qualcosa
per non fare la figura dell’idiota.
Le mordicchiò appena il labbro inferiore e lei dischiuse la
bocca, permettendo
al bacio di diventare più profondo.
Come cavolo era potuto succedere? Era andato da lei perchè
le mancava, voleva
solo qualche minuto insieme e ora si stavano baciando.
Non che si lamentasse, sia ben chiaro anzi, era fottutamente felice.
Quando si staccò per prendere aria, Jacob sfiorò
il suo naso con le labbra e
lei gli sorrise con le guance completamente in fiamme.
Bella sospirò e poi si appoggiò sulla sua spalla
mentre lui tornava a
sdraiarsi.
Nessuno dei due parlò, le cose da dirsi erano troppe o forse
volevano solamente
dimenticare tutto ancora per un po’.
Bella lasciò la mano nella sua e così, con le
mani intrecciate e la sua guancia
sulla sua spalla, si addormentò. Lontana, almeno
momentaneamente, dal suo cuore
ferito.
Angolo autrice.
Ed eccomi di ritorno e come prima
cosa: Buon Anno. Allora
l’avete iniziato con il botto o un po’ in sordina?
Lo so, è quasi un mese che non posto ma spero che con questo
capitolo
riuscirete a perdonarmi. Finalmente si sono baciati,
finalmente…saranno
diventati un noi?
Ho adorato scrivere questo capitolo, ho adorato vedere Jacob felice e
spero che
voi lo amiate tanto quanto me.
Grazie a chi segue questa storia, grazie a chi aspettava con ansia
l’aggiornamento, grazie a chi mi fa sempre sentire il suo
sostegno.
La fiaba di inizio capitolo
è stata scritta da Alessio
Sgrò e potete
trovarla a questo
Link: http://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/varie/994-bacio-innamorati-fenicella-cristallo.html
Mentre aspettate il prossimo capitolo (spero arrivi davvero presto,
stavolta)
vi lascio il link a una mia nuova storia se vorrete farci un salto.
Cristallo
Spezzato.
Ancora Buon Anno
A presto Noemi.
|
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Capitolo 22 *** La Principessa e il Ranocchio ***
"Papà non
ha mai avuto quello che voleva, ma quello di cui aveva
bisogno si!
Lui ha avuto l'amore! Non ha mai dimenticato cosa è
importante
e nemmeno io lo
farò!”
Capitolo 21
La principessa e il ranocchio
Luce.
Mattino. Una finestra
che sbatte. Jacob si strofinò le mani sulla faccia senza
aprire gli occhi. Ancora cinque minuti,
pa’. Sapeva che
a breve avrebbe sentito il familiare stridore della sedia a rotelle sul
pavimento di legno. Sbuffò, prima di ricordarsi che tanto a
scuola non ci
sarebbe dovuto andare: emergenza vampiro. E a quella parola anche altro
riaffiorò nella sua mente ancora intorpidita dal sonno:
Bella.
Aprì gli occhi.
Quello decisamente non era il
suo letto. Lui che si arrampicava alla finestra,
la lotta di cuscini, lei che gli
diceva di restare. Lei che lo baciava.
Porca puttana, ci siamo baciati.
Bella che dormiva ancora,
proprio lì accanto a lui. Sorrise e le baciò la
fronte.
Lui e Bella si erano baciati,
finalmente era successo.
…e se non correva subito a
casa di Sam si sarebbe ritrovato con un doppio turno di ronda.
Si alzò chiedendosi se Charlie
fosse già sveglio: vedersi minacciare con il fucile una
volta era stato più che
sufficiente. Dopo essersi assicurato che la casa fosse ancora avvolta
nel
silenzio, si avvicinò alla finestra.
Che cosa avrebbe dovuto fare?
Svegliarla? Lasciarle un bigliettino? Un messaggio sul cellulare?
Richiamarla
dopo?
Un ululato. Non aveva più
tempo per pensarci: la guardò ancora una volta e poi si
gettò di sotto. Si
tuffò veloce nel bosco al limitare di casa Swan e, dopo
qualche minuto di corsa
a perdifiato, un grosso lupo grigio comparve davanti a lui.
Jacob si fermò e gli sorrise;
il lupo grigio brontolò, un ringhio basso e bonario.
“Scordatelo, Embry. Non mi
trasformo.”
Il lupo scosse la testa e poi
l’aria fremette.
“E che palle, Jake. Sparisci
per tutta la notte e non mi fai dare neanche una sbirciata ai tuoi
pensieri?”
Jake alzò gli occhi al cielo e
iniziò a camminare.
“Dobbiamo farcela a piedi fino
a La Push?” chiese Embry sbuffando.
“Esercito il mio diritto alla
privacy.”
“Sono il tuo migliore amico.”
“Al momento mi sembri solo una
vecchia zitella.”
“Quello è Quil, mica io…”
Il sorriso sparì dal volto di
entrambi, li mancava l’amico ma non potevano farci nulla, il
segreto andava
protetto da tutti, anche da lui.
“Ieri è venuto di nuovo a casa
mia”, continuò Embry infilando le mani in tasca.
Jake si strinse nelle spalle e
guardò l’amico. “È
fortunato.” E lo pensava davvero, lui a differenza loro
poteva ancora avere una vita normale. Niente rabbia, niente bugie,
niente
trasformazioni.
“Già.”
Camminarono per qualche metro
in silenzio e poi fu di nuovo Embry a parlare. “Allora, fino
a dove sei
arrivato?”
“Ci siamo baciati.”
“Grande! E poi?”
“E poi basta, abbiamo
dormito.”
“Ma allora sei proprio un
coglione, Jake.”
“Grazie, eh?”
“Scusa, non ho trovato termini
migliori. È la secondo volta che ci dormi insieme
e… niente?”
“Ti ho detto che ci siamo
baciati.”
“…capirai.”
“Da quando sei diventato così
esperto di donne, amico?”
“Da quando ho rivisto Valery.”
“Valery la sorella di Michael
che è andata al college quest’autunno?”
“È tornata a casa per il
weekend e io avevo
finito la ronda.”
Jake strabuzzò gli occhi e poi
diete una gomitata all’amico che ricambiò con
un’ espressione estremamente
compiaciuta. “Hai ragione, trasformiamoci. Così ci
mettiamo troppo a tornare a
casa”, disse infine.
Jake si fermò a guardare la Golf
rossa. Gli sembrava passato un secolo da quando cercare di farla
camminare era
stato il suo più grande problema.
Stava per ricominciare il suo
turno di ronda e non aveva ancora sentito Bella. Probabilmente Embry
aveva
ragione: era un coglione. Com’era il detto? Battere il ferro
finché è caldo? Di
sicuro lui non lo stava facendo.
Appoggiò la fronte contro il
vetro e rivisse per l’ennesima volta il bacio della sera
precedente. Ma da
quando era diventato così patetico? Probabilmente da
quando…
Il rumore di una macchina che
si avvicinava.
L’auto di Bella e l’aria che
mancava nei polmoni.
Altro che patetico: era
proprio un caso senza speranza.
Si sistemò la maglietta e si
mise in ascolto. Sapeva persino quanti passi la dividevano dal garage:
non ricordava
da quando aveva iniziato a contarli ma erano sempre quarantadue passi.
Se non
inciampava.
Patetico, patetico, Jacob.
“Jake?”
Si voltò con l’aria più
indifferente che gli veniva. Si erano baciati, è vero, ma
non era sicuro che
significasse davvero qualcosa.
“Ehi,” sorrise, e Bella si
mordicchiò le labbra. L’avrebbe baciata di nuovo.
“Ciao.”
“La punizione è finita?”
“Sì, ma non ti aspettare un
invito a casa troppo presto: è ancora arrabbiato.”
Jacob fece spallucce e afferrò
uno straccio per pulirsi le mani. “Però puoi di
nuovo venire qua.”
“Mi mancava, questo posto.”
“Ti mancava questo posto o ti
mancavo io?”
Sbruffone, insolente,
arrogante. Tutte cose che sapeva la facevano andare fuori di testa.
Bella alzò
gli occhi al cielo. “Sbruffone.”
E lui scoppiò a ridere,
sentendo allentarsi la tenaglia che gli stringeva lo stomaco. La
conosceva così
bene… eppure non aveva idea dei suoi pensieri su quel bacio.
E non sapeva se
doveva cominciare lui a parlarne.
Bella aprì la portiera della
macchina e si sedette lì, con le gambe di fuori, a giocare
con i capelli.
“Devi… sei di ronda, Jake?”
“Fra mezz’ora. Ma puoi restare
qua.”
“Ok.”
“Ok cosa?”
“Ok non vado via… ti aspetto
qui.”
“Ok.”
Da quando parlare con Bella
era diventato così complicato? Era la sua migliore amica.
Era… ma le migliori
amiche non si baciano. E invece loro due…
Aveva voglia di baciarla di
nuovo.
Inutile, non riusciva a
pensare ad altro. In realtà però sì,
pensava anche ad altro, tipo stendersi sui
sedili della Golf, levarle la giacca e poi la maglietta. I
jeans….
Smettila, non puoi avere un’erezione
con lei così vicino. Penserebbe
che sei un maniaco.
Si avvicinò rapido al banco da
lavoro e si mise a trafficare con pinze e chiavi inglesi, giusto per
tenere le
mani occupate. Bella restava in silenzio. Troppo silenzio, come le
prime volte
che era stata nel suo garage. Le volte in cui pensava a lui.
Non poteva succedere ancora,
non dopo la sera prima. Almeno sperava.
“Ti vedo pensierosa” disse,
per poi pentirsene subito dopo.
“Già.”
“Pensi a quello che è successo
l'altra notte?”
Niente, non ce la faceva
proprio a fare l’indifferente.
Bella scoppiò a ridere. Non era
esattamente quello che gli serviva per migliorare
l’autostima, eh.
“Intendi quando mi hai
svegliata perché russavi troppo?"
E quella risposta?
Posò l’ultimo attrezzo e
respirò a fondo un paio di volte prima di parlare.
“No, cioè…”
“Non è successo nient'altro di
memorabile”, replicò Bella, perplessa. Perfetto, i
suoi baci non eri
memorabili. “Solo qualche sogno decisamente assurdo. Ma poi
è arrivata mattina
in fretta, tu eri già andato via e non ho potuto
raccontarteli… Non che avrei voluto,
ma…”
“Cosa non avresti voluto,
Bella?” La sua voce risuonò più dura di
quanto volesse.
“Raccontarti il sogno. Noi…”
“Toglimi una curiosità, Bella.
Ci siamo baciati, nel tuo sogno?”
Bella si guardò la punta delle
scarpe, imbarazzata. “Come… cioè, come
fai a saperlo?”
Jake strinse forte le mani,
fino a conficcare le unghie nei palmi. Non poteva perdere il controllo,
non per
una cosa così. “Tu pensi fosse un sogno.”
“Jake, sei il mio migliore
amico.”
“Quindi non raccontarmi
cazzate, Bells.”
“Perché stiamo litigando?”
“Non stiamo litigando. Anzi
continua a pensare quello che preferisci. Io devo andare.”
“Jake…”
“Devo dare il cambio a Jared.”
Un sogno. Un sogno. Bella credeva
che fosse stato un sogno. Il bacio che lui aspettava, tipo, da
sempre… per lei
non era mai esistito.
O forse stava mentendo?
Non sapeva in quale delle due
ipotesi sperare.
Si levò la maglietta e le
scarpe da ginnastica e Bella si alzò in piedi.
“Jake, aspetta.”
“Ci vediamo, Bella.”
Iniziò a tremare ancora prima
di raggiungere il bosco e poi la voce di Bella scomparve, sostituita
dai
pensieri dei compagni.
Angolo dell’autrice che a volte ritorna
Questo capitolo
è stato
decisamente duro da scrivere, non perché vi siano narrate
chissà quali grandi
cose, era proprio la storia di per sé che non voleva uscire
dalla mia mente, ma
finalmente…
probabilmente non avrei mai
visto la luce senza l’aiuto di alcune persone per cui grazie
mille a Ellie e
Ania che si sono subite le mie infinite elucubrazioni mentali sulla
trama e i
mille mila ma
se…
Grazie a Alessandra che mi ha
letteralmente dato i tormenti , diventando così lo sprono
migliore per
continuare la stesura.
Grazie a J per la revisione
e il grande sostegno (non che lei a livello di tormenti sia da meno
ehehehe )
E grazie a te che leggi ancora
ogni mio assurdo volo di fantasia e che mi lasci sempre il tuo parere.
100 recensioni... grazie, grazie davvero.
Al prossimo capitolo
Noemi
|
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Capitolo 23 *** I Musicanti di Brema ***
“Un uomo
aveva un asino che lo aveva servito assiduamente per molti
anni; ma ora le forze lo abbandonavano e di giorno in giorno diveniva
sempre
più incapace di lavorare. Allora il padrone pensò
di toglierlo di mezzo, ma
l'asino si accorse che non tirava buon vento, scappò e prese
la via di Brema.”
Capitolo 22
I musicanti di Brema
La
scia, o meglio la puzza, diventava sempre più forte.
Era vicina, era vicina davvero.
Questa volta non mi
scappi, pensò Jake accelerando la corsa. Le zampe
che quasi non toccavano
il terreno, doveva raggiungerla. Era da troppo che durava quella
storia, che si
divertiva a giocare con loro, che Bella era in pericolo.
Bella.
Si concentrò sull’odore della succhiasangue per
non
pensare a Bella. Era stato un idiota, non sarebbe mai cambiata e
soprattutto
non sarebbe mai cambiato niente fra loro.
“Jake, ti sto raggiugendo.
Possiamo circondarla.”
“Taglia a destra, Embry. È da lì che
viene l’odore.”
“Non agite d’impulso. Aspettate.”
La voce di Sam.
“Non abbiamo tempo di aspettare, è qui.”
“Non discutere, Jake. È troppo pericoloso, non
puoi
affrontarla da solo.”
“Non è solo.”
Jacob accelerò ancora e poi si fermò ringhiando.
Non la
sentiva più. Imprecò mentalmente e
ringhiò ancora. L’avevano persa, di nuovo. Dannazione.
Sì guardò intorno furioso e, dopo poco, venne
circondato
dal resto del branco.
“L’abbiamo persa.”
“Grazie, Embry, non ci eravamo arrivati.”
“Paul, sta’ calmo.” Di nuovo la voce di
Sam.
“Non sto calmo. È colpa di questi bambocci, era il
loro
turno e se ci avessero avvertiti prima…”
“Che avresti fatto? L’avresti trovata da solo? Sono
stanco delle tue cazzate,” disse Jake ringhiando verso Paul.
“E io sono stanco dei tuoi pensieri, Jake.”
Jake ringhiò e Paul alzò il muso.
“Basta.”
Il doppio timbro dell’Alpha fece piegare le zampe a
entrambi. “Jake, Embry, andate a casa. Paul, Jared,
continuate la ronda. Il
cambio è alle dieci.”
Jake ringhiò ancora in direzione di Paul e poi
indietreggiò. Dannati ordini Alpha, non ci si sarebbe mai
abituato.
Tornarono umani quasi nei pressi della spiaggia e Embry
gli diede una spallata.
“La prenderemo.”
“È furba, è come se avesse una
strategia.”
“Probabilmente è così, ma noi siamo di
più.”
“Pensi che si trasformerà ancora
qualcuno?” chiese Jake,
il pensiero rivolto a Quil.
“Non credo. I Cullen sono and… scusa, amico. Nome
sbagliato.”
Jake si strinse nelle spalle e sbuffò.
“Bella.” Embry pronunciò il suo nome e
Jake lo guardò
torvo.
“Ti ci metti pure tu a prendermi per il culo?”
“No, cioè, non ora. C’è
Bella, lì in spiaggia.” Indicò
una figura seduta su un tronco bianco e Jake sbuffò ancora.
In realtà il cuore stava accelerando pericolosamente e
almeno ora - che non era trasformato - gli sarebbe piaciuto mantenere
una
parvenza di dignità.
“Che fai, non la raggiungi?” Chiese Embry
ridacchiando.
“No. Cioè, che palle, sì. Ci vediamo
dopo.”
Fece qualche passo quando la voce di Embry lo richiamò.
“Jake? Se magari la baci meglio, questa volta
penserà che sia reale.”
“Fottiti, Embry.”
“A dopo, amico.”
Jake si fermò a pochi
metri di distanza dal tronco bianco
e incrociò le braccia al petto
“Sai, se la smettessi di andare in giro per la riserva
sarebbe più facile tenerti d’occhio.”
Vide Bella trasalire appena al suono della sua voce ma
non voltarsi. “E cosa dovrei fare? Aspettare in casa che
venga a uccidermi?”
“Ti ho detto che non si avvicinerà mai a
te.”
Addolcì il tono della voce; niente da fare, non riusciva
ad essere arrabbiato con lei, non quando sentiva che aveva
così bisogno di lui.
Fece ancora qualche passo e si sedette di fianco a lei.
Bella si voltò a
guardarlo e si mordicchiò il labbro.
“Non era un sogno, eh?”
Sbuffò. “Io non faccio sogni così
reali, di solito.”
“Io sì.”
La sua voce era appena un sussurro ma lui riusciva sempre
a sentirla.
“Che vuol dire?”
“C’è una cosa che non ti ho raccontato,
Jake.”
La guardò, nervoso. Riusciva sempre a capirla e non era
certo che fosse un bene.
“Cosa?”
“È una cosa che riguarda…
lui.”
La vide trattenere il respiro e poi cercare di
regolarizzarlo.
Com’era possibile
che pensare a quel bastardo la sconvolgesse ogni volta a tal punto?
“Bella, ascolta…”
“No, Jake, sei tu che devi ascoltarmi. Devo dirtelo e
basta, ok?”
Annuì con la testa e Bella si guardò la punta
della
scarpe. Poi cominciò a parlare.
“È una cosa… non ho capito come
è iniziata, ma un giorno
l’ho sentito e… le moto, credevo, io…
credevo che andare in moto mi avrebbe
aiutato a sentirlo di nuovo ed è
stato
così, come le gite nel bosco, sentivo la sua voce, Jake, e
ne avevo bisogno.”
Parlò senza prendere fiato, la voce incrinata e Jake
corrugò
la fronte. “Bella, ma di che accidenti stai
blaterando?”
“Di Edward, Jake. Io sentivo la sua voce. È per
quello
che volevo che aggiustassi le moto…”
Non le fece finire la frase, saltò in piedi e nascose le
mani che tremavano in tasca. “Era tutta una cazzata,
allora.”
“No, Jake, no. Non è così,
all’inizio credevo che mi
avrebbe fatto stare meglio, ma poi ho capito che eri tu. Eri tu che mi
facevi
stare meglio e…”
“Ero una scusa, ti servivo. Mi hai preso per il
culo.”
La vide mordersi le labbra e alzarsi in piedi. Fece un
passo indietro. Non riusciva a calmarsi e lei ne fece uno avanti.
“Sei il mio migliore amico, Jake. Sei importante, non
è
come pensi.”
“Vai a casa, Bella.”
“Mi stai mandando via di nuovo, Jake?”
“Mi hai usato per
sentire la voce di quel succhiasangue. Che vuoi che ti
dica, Bella?
Brava.”
“Non ti ho usato, ero solo...
lo sai che posso cambiare.”
“No. Tu non cambierai mai
e… vai a casa, Bells. Stasera
c’è Paul di ronda sotto casa tua, stai
tranquilla.”
“Jake. Mi perdonerai, vero?”
Jake sospirò e diete un calcio ad un pietra. “Ci
vediamo,
Bella.”
La guardò allontanarsi, faceva male, faceva sempre male
stare vicino a lei. Era così testarda e lui era stanco di
venire deluso. Succhiasangue bastardo, sempre
e solo lui.
Non
riusciva a smettere di tremare ma non voleva
trasformarsi. Non voleva che gli altri leggessero i suoi pensieri,
voleva
restare da solo, almeno per una volta.
Essere un branco, condividere tutto li rendeva sì
più
forti, ma anche più vulnerabili.
C’era un succhiasangue sulle loro terre, c’era la
morte e
lui pensava a lei.
Patetico. Sono
diventato patetico.
Lasciò la spiaggia e camminò, continuando a
respirare
lentamente. Poteva tenerlo sotto controllo, il lupo non doveva dominare
la sua
vita, con Bella vicino era facile ma con lei... era troppo complicato.
Sarebbe tornato a casa, si sarebbe buttato sul letto, non
avrebbe pensato a niente e poi sarebbe arrivata l’ora della
ronda. Un piano
elementare, facile da seguire. Se fosse stato fortunato avrebbe avuto
il tempo
per una partita alla play con Embry, come ai vecchi tempi, solo che non
ci
sarebbe stato Quil.
I vecchi tempi non sarebbero più tornati.
Passò davanti al piccolo negozio di alimentari, dove
Embry lavorava ogni estate. Chissà se quell’estate
sarebbe stata diversa?
Chissà se avrebbero presa quella stronza
prima
dell’arrivo dei turisti, chissà se ci sarebbero
stati ancora i falò, chissà se
Bella sarebbe restata.
Ancora lei?
Piantala, Jake.
Insomma, che accidenti gliene fregava ? Poteva tornarsene
a Phoenix o in Florida o andare al college dall’altra parte
del paese e lui…
Seh. Come avrebbe fatto senza di lei?
“Jake?”
Al suono del suo nome si fermò e mise a fuoco una figura
che camminava verso di lui con una busta di carta in mano.
Sorrise. “Ehi, Kay.”
“Stai
bene?”
“Mai stato meglio.”
Jacob Black, sei
diventato bravissimo a sparare stronzate.
“Non ti ho più visto a scuola… Se ti
dico che ero
preoccupata ci credi?”
“Per me? Non ce n’è bisogno.”
Le prese la busta dalla
mani. “Dove hai la macchina?”
“A casa o in città forse. Serviva a mia
sorella.” Sbuffò
e Jake sorrise ancora.
“Ti accompagno, dai.”
Almeno per altri
cinque minuti poteva fingere di essere normale.
Angolo autrice
Sono
riuscita a aggiornare abbastanza in fretta?
Giuro, c’è l’ho messa tutta…
Questo capitolo è dedicato ad Alessandra, perché
adora
darmi i tormenti.
Un grazie speciale a Ellie e Ania che subiscono le mie
paranoie mentali su questa storia, e a J per la revisione.
Vi lascio il link delle mie due altre long se vorrete
ingannare l’attesa:
Benzina
sul
Fuoco
Cristallo
Spezzato
Ci leggiamo presto… davvero, prometto.
Noemi.
Ps: ma secondo voi, Jake e la ex giocheranno a scacchi?
|
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Capitolo 24 *** Il libro della giungla ***
“Più
capisco cos'è un uomo... più voglio essere
un animale.”
Capitolo
24
Il libro della giungla
A
Bella non era mai
piaciuto particolarmente cucinare ma, con una
madre come Renèe, era
stato puro semplice istinto di sopravvivenza.
Sua madre sarebbe
stata in grado di bruciare un uovo sodo e così lei
si era dovuta
adeguare.
Poi, però, c’erano giorni che anche cucinare
risultava divertente.
Erano qui giorni in cui le ore sembravano
dilatarsi
all’infinito, quei giorni vuoti, quei giorni che
però erano tornati a scorrere
grazie a Jake ma che
ora erano di nuovo fermi.
Bella impostò il timer
del forno e si sedette al tavolo. Non aveva mai
odiato così tanto le
vacanze di primavera.
“Bells?”
Era stato solo uno
stupido litigio, anzi no, solo un’incomprensione.
“Bells.”
Lei era stata onesta,
doveva dirgli delle visioni, lui doveva sapere quanto lei…
“Bells, insomma che
sta succedendo?”
Il rumore di una sedia
la fece sussultare, Bella mise a fuoco la figura
di suo padre
con le mani posate sul tavolo.
“Charlie. Com’è andata
la pesca?”
“Che succede, Bells?”
Si alzò in piedi
afferrando una straccio. “Che la cena è pronta fra
venti minuti?”
“Non parlo della… oh
insomma, Bells, che fine ha fatto Jake?”
Sospirò iniziando a
pulire il piano di marmo, già pulito. “Mi hai
messo in punizione,
ricordi? Non potevamo vederci e…”
“E non sei più in
punizione.”
“Al diploma mancano
solo pochi mesi, ho tanto da studiare.”
Charlie raggiunse la
figlia e la guardò allungo prima di parlare. “Lo
sai che i discorsi
padre e figlia non sono il mio forte, Bells. E che,
a volte, capita che i
ragazzi sai noi, Jake è un ragazzo
è…”
“Papà, di che diavolo
stai parlando?”
“Oh insomma Bells,
Jake l’ho visto crescere ma se ti fa soffrire posso
davvero usare il
fucile. Vuoi che gli spari, Bells?”
“Papà, ancora? Perché
dovresti sparargli?”
“Per quella nuova
ragaz … che mangiamo?”
Ragazza nuova? Charlie
era stato a pesca, era passato da La Push e…
che aveva visto? Lo
aveva incontrato? Ma Jake non poteva avere il
tempo per una ragazza,
c’era la ronda, la scuola, c’era… lei.
Bella, non essere
ridicola. Tu sei innamorata di Edward, tu amerai sempre Edward. È
andato via e Jake sì, ti è stato vicino ma
è solo il
tuo migliore amico,
anzi lo era.
Posò lo straccio e
controllò la lasagna nel forno. Fino
a due settimane
prima avrebbe chiamato Jake, avrebbero pranzato
insieme e lui si
sarebbe addormentato sul divano, troppo stanco dal
suo turno di ronda. E
poi… chi
diavolo era la ragazza di cui
parlava
Charlie? E lei non dovrebbe
essere felice per lui? Non è quello che ci si
aspetta da un’amica?
“Bells.”
“Non ho fame, Charlie
io… esco. Ci vediamo dopo.”
Non aspettò la
risposta del padre, infilò la giacca e prese le chiavi
del Pick-up. Doveva andare a La
Push, sapeva di cosa aveva bisogno, ne aveva fatto
a meno per troppo
tempo.
L’ultimo
muffin sparì
nella bocca di Jared e Jacob si alzò dal tavolo
buttandosi sul piccolo
divano che produsse un sinistro scricchiolio.
Jared lo guardò
incredulo, ingoiò il boccone e scosse la testa.
“Ti senti bene?” chiese.
Uno sospiro in
risposta.
“Era l’ultimo muffin,
Emily ha detto che non ne fa altri fino a stasera.”
Un altro sospiro.
“Ho una foto di Megan
Fox nuda. Vuoi vedere?”
Nessuna risposta.
La porta di casa di
Sam si aprì e Jared guardò Embry entrare.
“ Per fortuna che sei
arrivato, Jake credo sia grave. Ho menzionato Megan
Fox nuda ed è rimasto…
così”, disse indicandolo.
“Lascia perdere Jar, è
di nuovo in depressione da Bella. Charlie l’ha
visto con Kay e…” si
picchiettò l’indice sulle tempie, indicando
così
la scarsa sanità
dell’amico e si sedette vicino a lui.
“È depresso perché fa
sesso invece di aspettare l’amichetta dei
succhiasangue?”
“Sì, a grandi linee.
Ti sei mangiato tutti i Muffin?”
“Io e Kay non abbiamo
fatto sesso, più o meno”
“Che ha detto?” chiese
Jared alzandosi dal tavolo.
Embry si strinse nelle
spalle. “Credimi è meglio non indagare oltre,
mi vergogno per lui.”
“Dite che dovrei
parlarle?”
“Beh sì, sono ben due
settimane che non le fai da tappetino dovresti proprio.”
“Tu non le parleresti,
Embry?”
“Io non sono così
coglione da innamorarmi.”
“E…”
“Ah no, non guardare
me, io ho l’imprinting.”
“Cazzo, mi siete
proprio d’aiuto.”
“Figurati, amico,
sempre disponibili.”
Embry sorrise e Jacob
gli lanciò un’occhiataccia.
La verità era che, di
essere coglione lo sapeva da un pezzo. Si era
innamorato della sua
migliore amica, la sua migliore amica innamorata
di un vampiro, se
c’era dell’ironia in tutto questo lui non riusciva a
coglierla. Non si
parlavano da due settimane, credeva fosse la cosa
più sensata ma
quando mai ci aveva capito qualcosa? e poi
era arrivata Kay, una
scorciatoia facile ma Bella restava Bella e le
mancava.
Parlarle, forse doveva
davvero farlo. Si alzò dal divano nello stesso
istante in cui sentì
diversi ululati provenire dal bosco. I tre
ragazzi si guardarono
in faccia prima di correre fuori e assumere, in
pochi
istanti, la loro forma animale.
La mente di Jacob si
collegò a quella degli altri e venne investito da
una grossa quantità
d’immagini, la maggior parte senza un senso
apparente.
Corse per parecchi
chilometri, seguito da Embry e Jared, cercando di
capirci qualcosa in
quelle sensazioni non sue e confuse;
poi finalmente sentì la
voce di Sam
“Lee-Lee, sono io
fermati.”
Cosa? Leah? Leah, si
è trasformata? Impossibile, era una donna.
“Che accidenti
succede? Ti sento nella mia testa. Fottiti, Sam.”
Decisamente è
Leah.
“Fatti raggiungere,
posso aiutarti.”
“Leah? Sorellina? Sei
tu?”
Jacob, scosse la testa
e si fermò. Che accidenti stava succedendo?
Seth Clearwater? Aveva
appena quattordici anni, dannazione, doveva
trovarlo e spiegargli
tutto.
“Leah, io… non
capisco, tremavo e non avevo mai provato una rabbia
così e Leah dove sei?
Dove sono io? Papà sta male.”
Jacob riuscì a vedere
altre immagini, Leah che litigava con il padre,
Leah che esplodeva in
un enorme lupo, Sue che urlava, Harry che cadeva
a terra.
Harry. Lui e Charlie
erano i migliori amici di suo padre, si augurò
non fosse niente di
grave, aveva già avuto un infarto.
“Jacob, Embry, cercate
Seth, io ho quasi raggiunto Leah. Jared,
trasformati e torna a
casa di Harry, ho bisogno di sapere come sta.”
Come sempre la voce di
Sam risuonò più forte delle altre. Lui e Embry
accelerarono la corsa,
dovevano trovare Seth.
Jacob
non era certo di
quanta strada avessero percorso quando
finalmente riuscirono
a trovare Seth, accucciato vicino alla radice di
un grosso albero. Aveva
la testa appoggiata alle zampe e
produceva un basso ululato, quasi
un guaito.
Si avvicinarono
lentamente. “Seth. Sono Jacob.”
Il lupo si rimise in
piedi e fece un passo indietro.
“Non devi avere paura.
Sono io, davvero.”
“Jacob?”
“Sì, e lui è Embry. Ti
ricordi delle nostre leggende?”
“Quelle che ci
raccontavano prima di dormire?”
“Non sono solo
leggende.”
“E io sarei un
licantropo?”
“Proprio così, ma…”
“Come sta mio padre?”
Jacob e Embry si
avvicinarono ancora un po’.
“Non lo so, ma ti
possiamo aiutare a tornare umano e poi possiamo scoprirlo.”
“Come devo fare?”
chiese con la voce ancora spaventata.
“Concentrati solo
sulle nostre menti, ti aiutiamo noi.”
Concentrarsi sulle
sensazioni umane, allontanare il lupo, l’istinto,
pensare da uomo, era
l’unico modo per riprendere la forma. Cercò di
visualizzare immagini
concrete per aiutare Seth quando un odore dolce,
troppo dolce, lo
raggiunse.
Puzza di vampiro. Victoria
era lì.
Dannazione, non poteva
esserci momento peggiore.
Lui e Embry si
guardarono intorno, i sensi allertati.
“Che cosa succede?
Cos’è questa puzza?” chiese Seth.
“Seth devi
concentrarti. Embry, pensaci tu.”
Li guardò un’ultima
volta prima di riprendere a correre, seguendo la scia.
Victoria era vicina.
Angolo autrice.
Che
sarà mai andata a fare Bella? Di cosa ha bisogno? Sto
cercando di seguire a grandi linee gli eventi del romanzi
quindi… vediamo se
avete capito.
Lo so che la narrazione è un po’ lenta ma manca
poco alla
fine di NM e dal prossimo capitolo ci sarà una brusca
accelerata.
Grazie davvero a chi segue, ricorda e preferisce.
Grazie alle vostro recensioni, grazie a chi mi aiuta
passo passo.
Ne approfitto per dirvi che ho pubblicato una shot su
Quil, la trovate qua:
Suo
Al prossimo aggiornamento e buona Domenica.
Con affetto
Noemi
|
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Capitolo 25 *** Il vento e il sole ***
L'uomo rosso per il
gran caldo, guardò le acque del fiume e senza esitare si
tuffò .
Il sole alto nel
cielo rideva e rideva!
Il vento deluso e
vinto si nascose in un luogo lontano.
Capitolo 25
Il vento e il sole
Correva,
correva, sempre più veloce. L’odore era vicino.
Correva, correva e questa volta
l’avrebbe raggiunta. Si isolò dalle voci del resto
del branco, Sam che cercava
di calmare Leah, Embry che aiutava Seth, Paul che seguiva la stessa sua
traccia.
Ci
siamo.
La puzza
era insopportabile, correva, era sicuro di farcela. Non sapeva dove
fosse,
lontano dai confini di La Push, quello era sicuro.
La
vedo.
Una
macchia rossa indistinta nel fitto della vegetazione, correva, correva
e lui
era più veloce, correva e…
Dannazione!
Jacob si
fermò di colpo ringhiando, il mare in tempesta vicino a lui,
non se n’era
neanche accorto, era al limitare del bosco. Potevano vederlo e la
succhiasangue
si era gettata in mare.
L’aveva
persa, non poteva seguirla, aveva vinto di nuovo.
Ringhiò
ancora una volta in direzione delle onde e poi iniziò a
indietreggiare.
Non
sapeva quando tempo fosse passato, aveva perso il contatto con la
realtà, si
concentrò sulle voci nella sua testa e cercò di
capire cosa stesse succedendo.
Seth era
riuscito a ritrasformarsi, lui e Embry stavano tornando a casa.
La voce
di Jared.
Harry.
Suo
padre stava andando in ospedale accompagnato da Charlie, Sam stava
tornando per
prendere delle cose e poi nella mente del compagno vide anche altro e
riprese a
ringhiare.
Bella
era a La Push, la succhiasangue poteva raggiungerla e in mare era molto
più
veloce di lui.
Riprese
a correre con la paura addosso. Non aveva mai corso così
veloce.
“Jake.”
“Sam, è
scappata per il mare. Dobbiamo trovare Bella.”
“Jake,
concentrati, tu la conosci, dove potrebbe essere?”
Provò a
calmarsi, provò a non pensare a cosa sarebbe successo se
Victoria l’avesse
trovata.
“In
spiaggia, Sam, potrebbe essere lì.”
Finalmente
rientrò nel territorio della riserva, ancora pochi metri e
sarebbe arrivato in
spiaggia, riuscì finalmente a vedere il pick- up.
Porca
puttana, la scogliera.
Era
posteggiato alla fine della strada e all’improvviso
ricordò la promessa fatta a
Bella: dovevano lanciarsi, l’avrebbero fatto insieme, il lupo
alzò la testa e
Jacob tremò; era nel punto più alto, troppo alto
per lei e Victoria poteva
arrivare da un momento all’altro. Tornò umano e
riprese a correre, non
l’avrebbe mai raggiunta in tempo,
Cazzo,
Bella, non lo fare.
“Bella.”
Non
riusciva a sentirlo.
Si tuffò
in mare ma non riuscì ad attutire la caduta di Bella, il
cuore che gli
martellava nel petto e non soltanto per la corsa.
Vide una
macchia rossa prima di riuscire ad afferrare Bella per un braccio e
farla
riemergere. La testa fuori, l’acqua che usciva dalla sua
bocca, troppa acqua.
“Respira.”
La sua
voce piena di angoscia.
La
trascinò a riva e le diede un colpo sulla schiena cercando
di liberarle i
polmoni prima di sdraiarla sulla sabbia, poi Sam lo raggiunse.
“Respira, Bella! Avanti!”
La implorò.
Non poteva perderla, non così.
La colpì
un'altra volta.
“Bells, tesoro, mi senti?”
“Da quanto tempo ha perso
conoscenza?”
Era la
voce di Sam quella? Non riusciva a capire, non riusciva a pensare, non
riusciva
a fare niente se non sperare, pregare, che Bella rispondesse. Non
poteva essere
troppo tardi. Non poteva perderla.
“Da qualche minuto credo.”
Doveva,
correre più veloce, doveva raggiungerla prima, doveva capire
subito che sarebbe
andata alla scogliera.
“Jake?”
Jake
strabuzzò gli occhi e si passò una mano sul viso.
Stava piangendo?
“Ah, Bella, tutto bene? Mi senti? Ti
fa male
qualcosa?”
“S- soltanto la gola.”
Era
viva, sarebbe stata bene, non l’avrebbe lasciato come sua
madre, la paura
lasciò finalmente il suo corpo e
l’aiutò ad
alzarsi.
“Allora andiamo via da
qui.”
Guardò
Sam e lui annui appena. “L’hai
trovata?”
Victoria,
era lì, l’aveva raggiunta.
“Sì,
ricomincerò da qui. Torna
all’ospedale. Ti raggiungo più tardi. Grazie,
Sam.”
Lo
guardò allontanarsi e, con Bella in braccio, uscì
dalla spiaggia incamminandosi
verso casa.
Il
sollievo per averla ritrovata durò poco e la sua mente
tornò ad Harry e
all’ospedale dove anche suo padre si trovava, lo
raccontò a Bella e poi
entrarono in casa.
Mise giù
Bella e la guardò sospirando. “Puoi
restare qui, proprio in questo punto intendo. Vado a recuperarti
qualche
vestito asciutto.”
Lanciarsi
dalla scogliera, forse l’aveva fatto per sentire la voce del
bastardo. Era
morto di paura per lei, era…
Tornò in
sala e le allungò i vestiti puliti ,fece per andarsene ma
lei gli chiese di
restare. Si sedette sul pavimento, la schiena appoggiata al letto.
“Jake?”
La vide
sedersi vicino a lui e posare il mento sulle ginocchia.
“Jake,
l’avermi salvato implica che tu mi abbia perdonato?”
“Avrei
dovuto lasciarti annegare perché sono arrabbiato con
te?”
“Sei
ancora arrabbiato?”
Era
ancora arrabbiato? Le mancava. “Sì.” Bugiardo.
All’improvviso
Bella si alzò in piedi e si passò le mani sul
viso, prima di guardarlo.
“O forse
non ti interessa più chiarire con me.”
“Che vuoi
dire?”
Anche
lui si mise in piedi e si avvicinò
a lei.
“Che
tanto hai la tua ragazza a cui pensare.”
“Io non…
io.” Charlie glielo aveva detto, porca puttana.
“Allora
è vero.”
“Non
sono affari tuoi.”
“Sono la
tua migliore amica, certo che sono affari miei.”
“Tu non
sei mia amica, Bella.”
Bella
spalancò la bocca e fece un passo indietro.
“Sei un
ipocrita, Jake.”
“Anche
tu. Il limite dell'amicizia lo abbiamo passato da un po' e tu continui
a
parlarne.”
“E
quindi hai preferito fare altro con, con…”
Jake fece
un altro passo avanti, oramai era vicinissimo.
“Sei
gelosa.”
“Sì.”
Sgranò
gli occhi. Di certo non si aspettava di sentirglielo ammettere
così, era sempre
una continua lotta con lei e adesso… la guardò
mordersi le labbra e fare
un passo indietro sospirando. “È meglio che vada a
casa o forse dovrei
raggiungere Charlie in ospedale.”
“Bells.”
“No,
Jake, non voglio più parlarne. È troppo,
difficile e io non capisco neanche
che… perché non possiamo essere amici e basta. Io
ho bisogno di te.”
Perché
gli amici non provano
quello che io provo per te. Era la risposta migliore, era
l’unica cosa che poteva
dirle ed era anche la frase che gli rimase incastrata in gola quando la
porta
di casa si aprì ed
entrò suo padre
accompagnato da Sam.
Non
serviva neanche che parlasse, li guardò e capì
tutto, Harry non c’è l’aveva
fatta.
Scacciò
velocemente una lacrima e raggiuse il padre stringendogli la mano,
mentre Sam
andava via.
Sarebbe
stata dura per tutti e non c’era niente che avrebbe potuto
dirgli per farlo
stare meglio, Harry era il suo migliore amico, da sempre. Gli strinse
la mano
più forte.
Billy
guardò il figliò e poi andò in camera
sua e lui tornò ad osservare Bella.
“Ti
accompagno a casa, meglio che Charlie ti trovi lì
al suo ritorno.”
Un
irreale silenzio avvolgeva l’abitacolo del pick- up di Bella.
Troppi pensieri
frullavano nella mente di entrambi e dargli voce faceva paura. Jake lo
sapeva,
ma sapeva anche che non poteva continuare così.
Fermò la macchina, arrivato di
fronte a casa, e sospirò mentre le loro ginocchia si
toccavano. Si voltò a
guardarla e lei si mordicchiò le labbra.
E fu
allora che lui decise di mandare al diavolo tutto. Tutti i
ragionamenti, tutti
i motivi per cui poco prima avevano litigato. La abbracciò
trascinandola più
vicino a sé.
“Mi
spiace, Bells,” sussurrò al suo orecchio.
“Fa
schifo litigare con te, Jake.”
Non
facevo solo schifo era orribile, pensò Jake. “Eri
davvero gelosa?” chiese con
la voce tesa.
“Sì, ma
non capisco perché.”
“Potremmo…”
deglutì a vuoto e le sfiorò i capelli.
Sperò davvero di non risultare ridicolo
o sdolcinato. “… scoprilo insieme.”
Avvicinò di più il viso e la vide annuire.
Anche al buio poteva scorgere le sue guance colorarsi. E i loro nasi si
toccarono prima delle labbra.
Si
stavano baciando, di nuovo. Jake mosse le mani sulla schiena di Bella e
lei le
spostò sui suoi capelli mentre il bacio diventava
più forte. Erano respiri
spezzati ed incertezza che si perdeva. Era quello, lui lo sapeva, che
loro
sarebbero sempre dovuti essere.
Si
staccarono per prendere fiato e lui sorrise.
“Sicura
di ricordarlo stavolta?”
“Sì,
credo di sì.”
Sorrise
ancora e le accarezzò le labbra con l’indice.
“Solo per esserne sicuro,” disse
prima di riprendere a baciarla.
Quanto
tempo restava prima che Charlie tornasse a casa e lo prendesse a
fucilate?
Non gli
interessava, uno o due pallottole le avrebbe sopportate volentieri se
poteva
continuare a baciarla e ad accarezzarle i fianchi e no…
meglio che le mani restino al loro posto.
E poi,
così come era arrivato, quel momento perfetto
passò. Jake si staccò da lei
storcendo il naso.
“Merda.”
“Che cosa succede?” chiese
Bella
guardandolo.
“Vampiro.”
“Come fai a saperlo?”
“Perché ne sento
l’odore, maledizione!”
Tempismo
perfetto. Imprecò
mentalmente e cercò di
respirare a fondo per calmarsi. Doveva essere lucido e portare Bella
via da lì.
Doveva proteggerla.
Mise in
moto la macchina mentre i fari illuminavo il marciapiede,
pigiò il piede sul
acceleratore finché non sentì la voce di Bella.
“Fermati.
Non è Victoria, sono i Cullen.”
Note autore.
Prima di
tutto grazie
mille ad Ale (<3) per l’aiuto con le favole. Potete
ben capire che dopo 25
capitoli iniziano un po’ a scarseggiare, perciò se
ne avete qualcuna da
suggerirmi avrete la mia eterna riconoscenza.
Ormai siamo quasi alla
fine di NM. C’è stato un altro sostanziale
cambiamento rispetto alla saga
originale, un altro momento in cui Bella ha capito quanto Jake per lei
sia
diventato importante, ma ora il ritorno di Edward è davvero
alle porte.
Grazie mille per
continuare a seguirmi nonostante non posti spesso.
Grazie mille per il vostro
sostegno.
Al prossimo capitolo
Con affetto
Noemi.
Ps: Il grassetto l’avete
riconosciuti? Sono le parti tratte dal libro.
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Capitolo 26 *** La Principessa Senza Sorriso ***
La principessa
Senza Sorriso guarda i loro servizietti, e scoppia a ridere. - Chi, chi
ha
messo di buon umore mia figlia ? - domanda lo zar. Questo dice: - Io! -
l’altro
dice: - Io! -No, - disse la principessa senza sorriso, - è
stato quell’uomo! -
e indicò il lavorante. Subito lo portarono alla reggia e
sotto gli occhi Del
sovrano il lavorante si tramutò in un bellissimo giovane! Lo
zar tenne la sua
parola di zar; quel che aveva promesso mantenne. Dico io: non
sarà tutto un
sogno del lavorante? M’assicurano di no, che è la
pura verità; allora bisogna
crederci.
Capitolo 26
La Principessa
Senza Sorriso
Chiuso
nella sua stanza Jacob ascoltò i rumori provenienti dalla
cucina.
La sedia
a rotelle del padre che si muoveva e poi la voce di Sam e quella di
Charlie. Li
avrebbe raggiunti al funerale anche se odiava doverci andare.
Aprì
l’anta dell’armadio mentre la porta della stanza si
spalancava.
“Sam ha
sospeso le ronde per un paio d’ore.”
“Lo
so.” Infilò la camicia e diede una
rapida occhiata al suo migliore amico
in piedi sulla soglia. “Ti sei messo la cravatta?”
“Mia
madre ha insistito.”
“Harry
non le sopportava. L’ho sentito dire a mio padre, forse era
il giorno della mia
cresima.”
Embry
annuì e si sedette sul letto. “Come sta
Seth?” chiese.
Jacob si
strinse nelle spalle. Sapeva bene come doveva sentirsi Seth, sapeva
bene cosa
si provava a dover rispondere alle stesse domande per tutta la
giornata, e il
giorno dopo ancora e ancora quello dopo. Se lo ricordava bene anche se
sua
madre era morta quando lui era solo un bambino.
Un altro
funerale.
“Jake…”
“Sto
bene.”
“Ok.”
Non era
vero ma fecero entrambi finta di crederci.
Pensò a
Bella, forse l’avrebbe aiutato. Certo, la serata era finita
in uno schifo
totale ma quando mai le cose con lei andavano completamente bene? I
Cullen
erano tornati e lui era scappato. Codardo.
Ma se non fosse riuscito a trattenersi? Quello era il loro
territorio e lui
non poteva infrangere il patto. Non poteva attaccarli, anche se, a quello, avrebbe volentieri staccato la
testa a morsi, e che il trattato andasse pure a farsi fottere.
Abbottonò
la camicia e Embry si alzò dal letto.
“Quindi
ora state insieme?”
“Chi?”
“Tu e
Bella.”
“No.”
“Gliel’hai
chiesto?”
“Abbiamo
quattro anni?” sbuffò e uscì dalla
stanza, seguito dall’amico.
“Ma
perché non cerchi qualcuna di meno complicata? Le
alternative le hai.”
“Embry,
perché tu invece non chiudi la bocca?”
“Volevo
solo essere d’aiuto.”
“Ricordami
di ricambiare il favore.”
Embry
sorrise e colpì con un pugno la spalla di Jake e poi si
avviarono verso casa
Clearwater.
Un altro
funerale.
Il
silenzio non era qualcosa che si poteva trovare quando nei paraggi
c’era un
grosso branco di licantropi che poi altro non erano che dei ragazzini
cresciuti
troppo in fretta. Ma, quella mattina, tutto era diverso. Jake aveva
osservato
la bara di legno scuro cercando per tutto il tempo di non pensare a un
altro
giorno, a altri momenti molto più dolorosi, Embry era
restato al suo fianco in
silenzio, persino Quil si era avvicinato a loro. Avevano notato le sue
mani
tremare mentre si scambiarono veloci e imbarazzate parole. Presto ci
sarebbe
stata un’altra trasformazione, almeno sarebbero potuti essere
ancora loro tre.
Harry
era stato seppellito e la casa dei Clearwater si era riempita di gente.
Jacob
raggiunse Seth sulle scale e si sedette accanto a lui; il ragazzino lo
guardò
alcuni istanti prima di nascondere di nuovo la testa fra le gambe.
“Hai
voglia di andare a correre?”
“Non
posso lasciare mamma da sola.”
“Hai
ragione, scusa,” disse Jacob appoggiando la mano sulla spalla
di Seth.
“La
rabbia è… è solo perché
sono …”
“Non
solo. Non tutto quello che provi dipende dal lupo.”
“E come
fai a riconoscere quando…”
“Ti sai
già controllare molto bene Seth, non mi preoccuperei troppo.
Paul non ha più
scarpe da ginnastica.”
Accennò
un sorriso e poi il resto del branco li raggiunse.
Fu Sam a
parlare per primo. “Jake, se è vero quello che hai
detto ieri e i Cullen sono
tornati il trattati è di nuovo valido.”
“Non
possiamo proteggerla nei loro territori,” continuò
Paul rimediandosi un’occhiataccia
da parte di Jacob.
“Jared,
Embry, andate con Jake a casa di Bella, dobbiamo sapere quanti sono e
ristabilire le linee.”
“Posso
andarci da solo,” rispose Jacob scattando in piedi.
“No, non
puoi.” Ancora una volta fu costretto ad obbedire.
Alice
era andata via da pochi minuti e Bella sospirò appoggiandosi
alla porta di
camera sua. C’erano volte in cui rimpiangeva la sua normale e
anonima vita a
Phoenix. Quando era solo un’adolescente come tante altre, con
un paio di amiche
e problemi del tutto trascurabili. Quando non era mai stata innamorata.
La
cotta per Brody McAllan non aveva mai contato davvero. In un anno,
tutto il suo
mondo era stato ribaltato e non una volta sola ma due.
Edward e
Jacob.
Amava
ancora Edward, nonostante tutto e forse, se fosse riuscita ad essere
completamente onesta con te stessa, avrebbe dovuto ammettere che amava
anche
Jacob. Ma come era possibile amare due persone contemporaneamente?
Com’era
possibile che quel vuoto che sentiva dentro venisse riempito dal
sorriso di
Jacob e tornava a bruciare quando lui non c’era?
Com’era
possibile che, nel piccolo abitacolo del suo pick-up, si era persa in
quel
bacio con Jacob e scappando via non appena aveva visto quella stupida
macchina?
Sembrava
una continua lotta fra passato e presente e lei era solo stanca di
lottare,
pensare ed analizzare ogni cosa.
Il
campanello di casa suonò. Scese di corsa le scale e
spalancò la porta. Sapeva
già chi fosse, anche quando era
cieca
Alice ci prendeva.
Si fermò
ad osservare Jacob a un paio di metri dalla porta di casa, le mani in
tasca nel
tentativo di nascondere il tremore più che evidente. Era
arrabbiato e Bella non
sapeva se lo fosse per l’odore di vampiro che doveva
impregnare la casa o se
semplicemente fosse arrabbiato con lei. Sperò nella prima
ipotesi. Codarda.
“Ciao.”
“Sei
sola?”
“Sì”
“Possiamo
parlare per un secondo?”
“Certo
che sì, Jacob. Entra pure.”
La seguì
in casa e Bella cercò di
calmare il
respiro. Jacob riusciva a renderla nervosa. Era qualcosa che con Edward
non
aveva mai provato, anche dopo aver scoperto che era un vampiro. Era
qualcosa di
diverso rispetto ai primi tempi della loro amicizia. Ora riusciva a
sentire la
tensione ogni volta che lui era nella stessa stanza, si sentiva pronta
ad
esplodere ogni qualvolta i suoi occhi si posavano su di lei.
“Qui con te c’è
un Cullen,” disse
“Sì.
Alice Cullen.”
“Forse
ricordi che in presenza di un Cullen
noi siamo costretti a vigilare soltanto sulle nostre terre. Solo a La
Push
sarai al sicuro. Qui non posso più proteggerti.”
Freddo e
distaccato. Sapeva che quello che aveva di fronte non era il
suo Jacob,
era il Jacob di Sam e lei lo odiava
“D’accordo.”
O forse era
così che sarebbe diventato il loro rapporto se lei avesse
continuato a scappare
da lui. Codarda. “Tutto qui?”
“Una
cosa ancora.”
“Cosa?”
“Adesso
torneranno anche gli altri?”
Sospiro.
“No, non torneranno.”
“Va
bene. Non ho altro da dire.”
“Be’,
ora puoi scappare. Vai a dire a
Sam che i brutti mostri non verranno a cercarvi.”
Serrò la
mascella e si voltò incamminandosi verso la porta, la
schiena contratta. Bella
si perse a guardarlo. Non voleva vederlo andare via. Non voleva
sentirsi male
come quella volta sotto la pioggia. Quando lui aveva… era
stato costretto a scegliere Sam. Ma
quella
volta era tornato sui suoi passi, era tornato da lei ed erano scappati.
Ma non
potevano continuare a scappare. Non potevano farlo per sempre. Edward
non
c’era, era andato via e Jake era lì, per ora.
Continuava a essere lì per lei,
nonostante tutto. Anche ora, ora che era arrabbiato lui era
lì… e stava andando
via.
“Jake.”
Fece un passo avanti e gli toccò il braccio.
Lui si
voltò e poi all’improvviso le sue spalle
si incurvarono con un sospiro.
“È successo di nuovo,
vero?”
“Cosa?”
“Ho
infranto la promessa, scusami.”
“Fa
niente, ho iniziato io stavolta.”
Le mani
di Jacob si spostarono sul suo viso, accarezzarono le sue guance con i
pollici
e Bella si morse le labbra.
“Bells.”
La voce di lui era diventata appena un sussurro.
Lei si
alzò sulle punte nell’esatto istante in cui lui si
abbassò. Tutto quello che
Bella riuscì a pensare in quegli attimi era che aveva avuto
un disperato
bisogno di quel bacio. Aveva bisogno di sapere che lui era ancora
lì che le
sarebbe restato vicino.
Le mani
di Jake si spostarono sulla sua schiena e le ginocchia di Bella
iniziarono a
tremare si aggrappò a lui più forte. E poi troppo
presto lui si allontanò.
Bella lo
guardò confusa, non era mai stato lui ha interrompere per
primo i loro baci,
non era...
“Scusa,
Bells, ma puzzi.”
Bella
sgranò gli occhi. “Io non
puzzo.”
“Invece
sì… puzzi come loro.
Bleah. Troppo
dolce. Nauseante. E… ghiacciato. Mi brucia il
naso.”
“Ho
capito, Jake.” Alzò gli occhi al cielo e fece un
paio di passi indietro. “Va
bene, così? Distanza minima di sicurezza?”
Jake
scoppio a ridere e la trascinò di nuovo vicino a
sé. “Se mi impegno riesco a
sopportare un altro bacio.”
Angolo autrice.
Un grazie
speciale a
Virginia S per avermi dato un bel numero di favole nuove da cui
attingere per i
capitoli.
Alla fine siamo arrivate
al momento in cui Bella non nega più i suoi sentimenti per
Jake, leggendo le
vostre recensioni mi
sono resa conto non
si poteva proprio più rimandare ma il prossimo capitolo
segnerà anche il
ritorno di Edward.
Se mi volete aggiungere
su Facebook e chiacchierare un po su questo universo questa
è il mio profilo:
https://www.facebook.com/#!/postergirl.efp
Al prossimo capitolo con
affetto
Noemi
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