Una favola non è

di postergirl84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Peter Pan ***
Capitolo 3: *** Biancaneve e i sette nani ***
Capitolo 4: *** Il brutto anatroccolo ***
Capitolo 5: *** Oliver & Company ***
Capitolo 6: *** Hercules ***
Capitolo 7: *** Hansel&Grettel ***
Capitolo 8: *** Cenerentola ***
Capitolo 9: *** Pinocchio ***
Capitolo 10: *** La spada nella roccia ***
Capitolo 11: *** La bella addormentata nel bosco ***
Capitolo 12: *** Red & Toby ***
Capitolo 13: *** Balto ***
Capitolo 14: *** Il soldatino di piombo ***
Capitolo 15: *** La Bella e la Bestia ***
Capitolo 16: *** Il Gobbo di Notre Dame ***
Capitolo 17: *** Pocahontas ***
Capitolo 18: *** Aladin ***
Capitolo 19: *** Cappuccetto Rosso ***
Capitolo 20: *** Il Re Leone ***
Capitolo 21: *** Il bacio degli innamorati Fenicella e Cristallo ***
Capitolo 22: *** La Principessa e il Ranocchio ***
Capitolo 23: *** I Musicanti di Brema ***
Capitolo 24: *** Il libro della giungla ***
Capitolo 25: *** Il vento e il sole ***
Capitolo 26: *** La Principessa Senza Sorriso ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


A:

Ellie, Vi, Ania,

Sandra, J, Steffy,

Ire, Tere e Lilla.

Questa storia è vostra.

Perché grazie a voi Jacob Black diventa reale.

 

Spesso ci sentiamo delle Cenerentole, eppure la scarpetta che ci offrono è troppo larga o lunga o stretta.

Siamo alla ricerca della taglia perfetta e di un principe, perfetto naturalmente.

Magari anche azzurro...

…svegliati Cenerentola la realtà non è una favola.”

 

 

Una favola non è

C’era una volta…

Se questa fosse una fiaba, così inizierebbe questo racconto. Nelle fiabe tutto è lineare e già deciso dall’inizio: lui e lei si incontrano, si innamorano, senza dirsi neanche una parola, il cattivo di turno viene sconfitto e vissero tutti felici e contenti per sempre.

Ma qui, nella cittadina di Forks - agglomerato urbano di pochi abitanti della Penisola Olimpica, nello stato di Washington - che vanta la maggior percentuale di pioggia di tutti gli Stati Uniti, i tacchi delle scarpette delle principesse affonderebbero nel fango e la spada scintillante del principe, senza sole, non sarebbe poi così scintillante.

Questo allora non sarà il racconto di una favola: la nostra eroina della principessa avrà solo la candida pelle. Non indosserà tacchi di cristallo ma scarpe di tela, odierà i balli e il suo guardaroba da sogno consisterà in jeans e magliette di cotone pesante.

Il moderno principe azzurro non vivrà in un castello ma in una riserva indiana e, a dirla tutta, non saprà neanche di esserlo un principe. Cavalcherà una moto nera che lui stesso ha riparato, invece di un cavallo bianco, saprà, però, che per la sua principessa dovrà versare sangue e lacrime, soffrire e crescere per poterla un giorno prendere per mano e condurla al loro finale imperfetto ma vero.

E qui, nella Penisola Olimpica, i cattivi non ti gettano addosso incantesimi, non ti donano mele avvelenate o ti pungono con un arcolaio: vogliono semplicemente cibarsi di te.

Nella cittadina di Forks non esistono le favole ma una realtà che perde pericolosamente i contorni sfumando nel mito. È qui che le leggende si fondono nel quotidiano e, ad uno sguardo meno attento, potrebbe apparire proprio come fiabe, perché sì, noi lo sappiamo bene, le principesse moderne o meno cercano sempre la fiaba e quel lieto fine dal profumo d’eternità.

Però, l’ho già detto, questa non sarà una favola ma chi avrà il coraggio di dirlo alla principessa?

 

 

Note autrice

Ve l’avevo annunciata da un pezzo ed eccomi qui con la mia nuova long.

Lo so questo prologo non dice molto di quello che vi aspetterà se continuerete a seguirmi.

Vi posso solo dire che sarà una Bella e Jacob (ma va?) , che il punto di vista sarà quello di Jake e che l’inizio sarà ambientato durante “Twilight”.

Vi lascio il trailer di questa prima parte di storia: http://www.youtube.com/watch?v=6SJltvz1ip0

Per i primi capitoli aggiornerò un venerdì sì e uno no. Quando finirà l’altra mia long L'inizio di sempre inizierò ad aggiornare settimanalmente.

Prima di lasciarvi alcuni ringraziamenti

aniasolary se questa storia è nata è anche e soprattutto merito tuo .

cenerella Una beta incredibile senza di te sarei veramente perduta. Grazie dei preziosi consigli.

xxx_Strange_xxx perché sei sempre la prima ad incoraggiarmi.

A presto

Noemi

 

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Capitolo 2
*** Peter Pan ***


“La notte in cui iniziarono le straordinarie avventure di questi bambini fu la notte in cui Nana abbaiò alla finestra... non cerca nulla lì fuori, né un uccello né una foglia, così i bambini se ne dimenticarono perché ciò che preoccupa un grande non preoccuperà mai un bambino.”

Capitolo 1
Peter Pan

 Era il solito pomeriggio piovoso a La Push, la piccola riserva indiana a pochi chilometri di distanza da Forks. Jacob Black entrò correndo in casa, sporcando di fango tutto il pavimento. Si avvicinò al lavandino della cucina pulendosi le mani dal grasso della sega a motore che aveva appena finito di riparare, legandosi poi i lunghi capelli con l’elastico che teneva sempre al polso destro e, incurante dello sguardo sdegnato del  padre, che lo osservava dal salotto, aprì il frigo tracannando una grossa sorsata di latte direttamente dal cartone.
“Sai, figliolo a volte penso proprio che sto allevando un selvaggio.”
Una risata riempì l’aria, una risata roca che stava a poco a poco abbandonando i toni della fanciullezza per divenire quella di un giovane uomo.
“Se non lo sai tu pà… dopo pulisco non preoccuparti.”
“Certo Jake e io ci credo pure.  Ho appeno parlato con Charlie: ti ricordi di sua figlia Isabella?”
Isabella. Bella Swan, la figlia del migliore amico di suo padre. Il suo stomaco ebbe una leggera contorsione al suono di quel nome. Contorsione che lui cercò d’ignorare appoggiandosi a gambe incrociate e mani in tasca al frigo chiuso e mettendo su un aria indifferente.
“Mmm, vagamente.”
“Si trasferisce qui e Charlie ha pensato che gli sarebbe stata utile una macchina. Non credo che a te dispiacerà sapere che gli ho venduto il vecchio pick- up. Potresti dargli una sistemata per la settimana prossima? Bella arriverà giovedì.”  
A quella affermazione un  pensiero si fece largo nel suo cervello e il suo volto si aprì in un sorriso largo e solare.
“Questo vuol dire che posso costruire una nuova auto? Ho giusto trovato la carrozzeria di una vecchia Golf del ’86. Penso che potrei riuscire a rimetterla in sesto.” esclamò il ragazzino gongolante.
La più grande passione di Jacob  erano infatti i motori e fin da piccolo si era prefissato che, prima di compiere sedici anni, sarebbe riuscito a costruirsi un auto completamente da solo. Il progetto era ambizioso, certo, ma non lo spaventava. Da sempre testardo e determinato era impossibile dissuaderlo una volta che si prefiggeva un obbiettivo.
“Ogni promessa è un debito...puoi iniziare a lavorarci.”
“Grande- un altro sorriso compiaciuto sul suo volto-  adesso devo andare, mi aspettano al campetto.”
“Ok Jake ma non tornare tardi. C’è scuola domani.”
“Certo… certo.” affermò già praticamente oltre la soglia di casa, iniziando a correre verso l’appuntamento con gli amici.

Lì trovò ad aspettarlo Quil ed Embry, i suoi due migliori amici, intenti a passarsi un pallone da basket.
Si conoscevano da sempre e non c’era stato niente che, fino ad allora, non avessero condiviso: dagli scherzi alla maestra della quinta, che a causa loro sfiorò quasi un esaurimento, alla prima volta che avevano fatto sega a scuola, rifugiandosi nel suo garage per fumare una sigaretta che Quil aveva rubato dal giubbotto del nonno. Insieme erano una squadra e si capivano come nessun altro.
“Ehi Jake- lo salutò Quil lanciandogli la palla- uno contro uno?”
“E io? -   Embry si frappose fra i due – non ho voglia di tenere il punteggio e poi sono più alto di voi due.”
Jake rise osservandoli e lanciando la sfida “Il primo che sbaglia il canestro tiene il punteggio” annuirono entrambi concentrati, iniziando a lanciare la palla nel canestro appesa sopra di loro.
“Hai visto il nuovo motorino di Paul?” chiese dopo pochi tiri Embry.
“Sì, si vantava talmente tanto a scuola oggi che era impossibile non notarlo.” rispose  Quil con una nota di velato disprezzo nella voce.
“Non mi ci preoccuperei troppo…scommetto che tempo un mese lo avrà distrutto -affermò sicuro Jake- a proposito di motori , posso finalmente iniziare a costruire la mia Golf.”
Embry fermò la palla fra le mani, guardando l’amico con un misto di stupore e curiosità.
“Il vecchio Pick up è morto?”
“Nah ancora meglio. Mio padre l’ha venduto al suo amico Charlie. Per la figlia, che a quanto pare si trasferisce a Forks.”
“La figlia del capo Swan? E quanti anni ha? La conosci? È carina?”. Jake alzò un sopracciglio osservando dubbioso Quil.
“Non lo so, l’ultima volta che l’ho vista aveva undici anni e io nove. È una tipa a posto.”
“A posto? Che cosa intenti  con a posto?”
“Che a nove anni non stavo a fare la radiografia ad ogni ragazza con cui giocavo, lei era… simpatica. tutto qui.” e anche piuttosto carina, ammise a se stesso ma, questo ad alta voce, non l’avrebbe mai detto.
La realtà era che, il ricordo che aveva di  Bella, era quello di una ragazzina timida, con la treccia lunga, le guancia arrossate, le ginocchia perennemente sbucciate e che inciampava in ogni passo. Ed era strano come, nonostante fosse lei quella più grande, ogni volta che la vedeva, anche da lontano, mentre cercava di giocare con le sue sorelle, facesse nascere in lui un inspiegabile senso di protezione.
Cercò di scacciare quei pensieri, decisamente poco virili ed imbarazzanti, tornando a concentrarsi sulla partita, rubò la palla dalle mani di Embry e andò a canestro.
“Devo andare... non ho ancora finito trigonometria e se non recupero quella C il coach White* non mi farà giocare sabato.” esclamò Jacob leggermente teso, quando ormai il sole era calato da un pezzo.
“Se fossi in te non mi preoccuperei Jake, puoi sempre chiedere ad Olivia di aiutarti, lo sanno anche i muri che ha una cotta per te.”
“Certo … certo- rispose incurante il ragazzo, alzando le spalle – peccato che non è il mio tipo.”
“Beh a me piace… ha un bel sedere.”
“A te piacciono tutte Quil, non è ancora nata la ragazza che non attiri la tua attenzione.” esclamò Embry ridendo e dandosi un tono da uomo esperto.
“Guarda che l’aver giocato al compleanno di Kim a sette minuti in paradiso con Erika non fanno di te un uomo navigato.” lo rimbrottò Quil punto sul vivo mentre Jake, scoppiando a ridere, consolava l’amico con sonore pacche sulla schiena, sparendo poco dopo in direzione di casa.

Giunto a casa, cenò in silenzio, uno strano turbinio di pensieri si affollava nella sua mente da dopo la conversazione con i suoi amici e con una scusa, si ritirò velocemente in camera sua.
L’ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi quella notte andò a Bella. Si chiese, con una certa apprensione, come fosse diventata in quegli anni, se si ricordasse ancora di lui, se avesse ancora le guance rosse e soprattutto se l’avrebbe rivista presto. Beh non essere idiota Jake è la figlia di Charlie che passa più tempo qui che a casa sua, certo che la rivedrai ma che poi, potrò chiamarla Bella o dovrei limitarmi ad un più formare  Isabella? Cavolo questo sì che è un bel problema.

Si rigirò nel letto aggiustando più volte il cuscino sotto di lui e poi, con un sorriso in volto finalmente si addormentò.

 

 

*Qualcuno ha riconosciuto il nome? Non ho resistito, pensando ad un allenatore non potevo che rendere omaggio al Coach White di “One Tree Hill”.

 

 

NOTE AUTRICE

 

Questo, dopo il prologo, è il vero inizio della storia. Penso che si spieghi da sola, amo Jacob Black e non ho mai pensato che il suo personaggio esistesse solo in funzione di Bella. Chi era lui prima che lei gli devastasse la vita? Come si è innamorata di lei?  Come si vive nella riserva di La Push?
Se mi seguirete lo scoprirete in questi capitoli. Ricordatevi solo una cosa per tutta la durata della storia: io ero, sono e sarò sempre per la coppia Jake e Bells.
Grazie a chi mi è vicino mentre scrivo questi capitoli, grazie a chi ha letto il prologo e mi ha lasciato due righe grazie a chi semplicemente c’è. E grazie a te Sandra.
Ps: I titoli e le citazioni che troverete ad ogni inizio capitolo non sarebbero lì senza l’aiuto prezioso di
She is Strange

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Capitolo 3
*** Biancaneve e i sette nani ***


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“Era una fredda giornata d'inverno; bianchi fiocchi cadevano volteggiando dal cielo come piume leggere e una regina sedeva ricamando accanto alla finestra aperta. Mentre così se ne stava, ricamando e guardando la neve, si punse un dito con l'ago e tre gocce di sangue rosse come rubini caddero sul bianco manto nevoso. Tanta era la bellezza di quelle tre stille rosso fiamma sul bianco immacolato che la regina pensò: “Oh, se potessi avere una bambina dai capelli neri come l'ebano, dalle labbra rosse come il sangue e dalla pelle bianca come la neve!..."

 

 

Capitolo 2

Biancaneve e i sette nani

 

Jacob, quel pomeriggio se ne stava appoggiato con la schiena al corrimano delle scale della scuola, lo zaino in spalla e ai piedi la sacca da basket. Distrattamente osservava la gente uscire, chi da solo chi a piccoli gruppi. Una ragazza dai lunghi capelli neri e la pelle ramata gli si avvicinò regalandogli un sorriso sicuro e scuotendo la folta chioma con un gesto deliberatamente provocante.

“Bell’allenamento oggi, Jake”. Lui stupito, rimase qualche secondo in silenzio prima di rispondere:

“Oh…cioè sì, grazie Daya”. Una risate argentina uscì dalla gola della ragazza prima di sorridergli di nuovo e salutarlo raggiungendo un amica a pochi passi da lei. Jake rispose con un cenno della mano, scuotendo la testa incredulo per quello che era appena successo.

“fiuuuuuu….” Un forte fischio lo richiamò alla realtà e prima di alzare gli occhi Embry gli era già addosso, colpendolo con una sberla dietro la nuca.

“Sbaglio o era Daya quella con qui parlavi? Cavolo Jake… non parla con nessuno che non sia all’ultimo anno e ci vuole molto impegno visto che in questa scuola saremmo a malapena in cento.”

“Mi ha fatto i complimenti per l’allenamento.” rispose stringendosi nelle spalle.

“Non diciamolo a Quil potrebbe andare in iperventilazione.” Risero entrambi iniziando ad allontanarsi dalla scuola.

“Stasera che facciamo? Mia madre ha detto che può accompagnarci a Forks.”

“Stasera sono a cena dai Clearwater. Ci vediamo direttamente in spiaggia domani.”

Embry assenti allungando un pugno in segno di saluto all’amico.

“A domani allora.  Ricordati la tavola, sembra che per una volta non pioverà.” 

I due ragazzi si allontanarono e, rientrando in casa, Jake pensò che tutto sommato,  pur vivendo in quel buco dimenticato da Dio era felice: aveva i suoi amici, la sua macchina a cui lavorare e la ragazza più popolare della scuola gli aveva appena rivolto la parola. Sì, decisamente era felice. Inoltre, in un futuro molto prossimo, probabilmente, sarebbe riuscito a rivedere Bella. In fondo era arrivata in città da quasi un mese. Stava per chiedere al padre se avesse in programma di passare a salutare Charlie a breve, quando si fermò di colpo, domandandosi da dove diavolo gli uscisse un pensiero del genere e perché, il fatto di rivederla, dovesse, in qualche modo influire con la sua felicità.

La risposta alla sua domanda arrivò il pomeriggio successivo quando, arrivato alla spiaggia di La Push, trovò i suoi amici fermi a parlare con un gruppo di ragazzi provenienti di sicuro da Forks. Si avvicinò a loro e non poté non notare in mezzo al gruppetto una ragazza esile, avvolta in una giacca a vento troppo grande per lei. Le guance arrossate dal freddo e due labbra rosse e carnose che contrastavano magnificamente con la sua carnagione pallida. A Jacob non occorse neanche fermarsi ad ascoltare le presentazioni, il suo cuore iniziò ad accelerare leggermente, mentre il sudore gli bagnava le mani.

Era Bella. La bambina che ricordava si era trasformata in una ragazza ma, lui non avrebbe potuto non riconoscerla. Bella, diversa ma sempre lei… Bella e decisamente nessuna delle ragazze conosciute fin ora reggeva il confronto con lei.  

Aspettò per quasi tutto il pomeriggio il momento opportuno per avvicinarla a e per porre fine a quella domanda che gli frullava insistentemente in testa: si sarebbe ricordata di lui?

Quando finalmente la vide, seduta da sola, su un tronco d’albero vicino alla battigia. Si avvicinò, cercando di sfoderare il suo migliore sorriso, ignorando quel fastidioso sfarfallio nello stomaco che lo faceva sentire tanto una donnicciola e si sedette vicino a lei.

“Tu sei Isabella Swan vero?” Un espressione strana si dipinse sul volto di lei e Jacob si domandò cosa mai poteva esserci di strano in una domanda del genere per farla rabbuiare a quella maniera.

Bella.” Sospirò. Ah cavolo idiota, lo sapevi che sarebbe stato meglio usare il diminutivo. Si maledisse mentalmente mentre cercavo di ricominciare a parlare.

“Io mi chiamo Jacob Black, è stato mio padre a venderti il pick-up.” 

“Oh… sei il figlio di Billy.” In pochi istanti Jake osservò il suo viso rilassarsi  mentre, dopo l’imbarazzo, la conversazione iniziava a fluire tra loro in maniera naturale. Lei si ricordava di lui pensò felice, beh più o meno, lo aveva confuso con  le sorelle ma poco importava , parlare con lei era facile. Era come se un’ amicizia, iniziata anni prima, fosse ripresa nella maniera più semplice. Con lei veniva naturale anche discutere di cilindri a freni, anche se a lui venne il ragionevole dubbio che Bella manco sapesse cosa fosse, nonostante si fosse offerta di cercarne uno. Infine, il suo stomaco  fece una capriola quando lei gli chiese di fare una passeggiata  in riva al mare.

Continuarono a chiacchierare, come due vecchi amici, inizialmente di Forks e poi di tutte quelle leggende Quileutes a cui suo padre sembrava credere ciecamente e che, invece, per lui, non erano altro che stupide storie dell’orrore. Bella gli sembrò però stranamente interessata e quando lo salutò dicendo:

“La prossima volta che Charlie viene a trovare Billy lo accompagno.” lui si sentì improvvisamente leggero.

Aveva ancora quella sensazione addosso mentre tornava dagli amici che lo aspettavano alla fine della spiaggia. Cercò di eludere le domande di un Quil più che mai insistente e, beandosi di quella nuova sensazione di calore che gli riscaldava la pelle, si diresse a casa.

“Ehi figliolo sembri felice.” Lo accolse Billy sulla soglia. Jake lo guardò per alcuni secondi, prima di rispondere semplicemente:

“Ho rivisto Bella oggi, è davvero simpatica.” disse aprendo il frigo in cerca di qualcosa da mangiare finché, la risata di suo padre risuonò profonda nella piccola casa.

“Sì... simpatica.”

“Che c’è da ridere?”

Chiese Jake riemergendo dal frigo, con in mano gli avanzi di un pollo e un espressione curiosa in viso.

 “Oh no niente figliolo” e, lanciandogli un occhiata come di qualcuno che avesse capito chissà quale segreto, si allontanò, spingendo la carrozzina verso camera sua, con la risata che ancora riecheggiava e l’eco della sua voce che si disperdeva:

“Simpatica, come no.”

Jake, tornò così ad occuparsi della sua cena, pensando che ormai il  suo vecchio decisamente doveva aver perso qualche venerdì, perché lui nel fatto che Bella, fosse simpatica, carina, praticamente perfetta, non ci trovava niente da ridere. Perfetta… cavolo, davvero lo aveva appena pensato?.

 

 

 

Note autrice.

 

Prima di tutto grazie a aniasolary per lo splendido Banner che trovate a inizio pagina.

Ti adoro tesoro. <3

 

Ed eccolo qua l’incontro. Come sapete questa storia all’inizio sarà la rivisitazione della saga da un altro punto di vista. Quindi quando Bella e Jake si incontrano inserirò, come in questo capitolo, alcuni parti prese direttamente dai romanzi. Le trovate segnate in grassetto. Spero che non vi annoieranno, ma credo siano fondamentali per rivedere la storia con gli occhi di Jake.

Grazie a chi già segue questa storia e mi sta dando  fiducia.

 

Un ultima cosa prima di salutarvi ho indetto un contest , se volete dargli un occhio eccolo qua:

Only Jacob and Bella – AU ""Si sarebbero amati in qualunque storia fossero andati a finire"  .

 

Appuntamento fra due settimane.

Un abbraccio.

Noemi

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Capitolo 4
*** Il brutto anatroccolo ***


“Partì dunque per cercare nuovi luoghi e si posò in un prato fiorito. Un salice maestoso bagnava i suoi rami nell'acqua di uno stagno dove tre cigni facevano evoluzioni graziose. Conosceva bene quei meravigliosi uccelli! L'anatroccolo si lanciò disperato verso di loro gridando:
Ammazzatemi, non sono degno di voi!”

Capitolo 3

Il brutto anatroccolo.

 

 

Era passato un mese da quando aveva incontrato Bella alla spiaggia di La Push. Una parte di lui  che,  di giorno in giorno, diventava sempre più rilevante non smetteva di chiedersi quando suo padre avrebbe posto fine a quello stupido litigio con Charlie, riprendendo a frequentarlo, e permettendo a così a lui di rivederla.

Charlie e Billy erano migliori amici da tutta la vita finché, in un giorno decisamente nefasto per Jacob, Charlie si era presentato furioso e sconcertato alla porta di casa dell’ amico.

Il vecchio Quil si era rifiutato di farsi trasportare a l’ ospedale di  Forks dopo un piccolo malore non volendo essere curato dal dottor Cullen, per via di una vecchia credenza. Charlie che era sempre stato un tipo estremamente razionale, non riusciva a capacitarsi di come una stupida leggenda potesse rischiare di compromettere seriamente la salute di qualcuno. Chiese a Billy spiegazioni e quando questi, si disse d’accordo con il vecchio Quil, ne scaturì un’ accesa lite che portò  Charlie ad andare via incredulo e deluso sbattendo la porta. Non era più venuto a trovare Billy da quel giorno né li aveva invitati. Sfortunatamente   proprio quando Jake era alla ricerca di una qualsiasi scusa per andare dal vecchio amico del padre.

Finalmente, in un pomeriggio di Ottobre  il fato decise di venirgli in aiuto.

Jacob se ne stava seduto sul divano, la tele sintonizzata su un canale musicale, leggendo con scarsa convinzione il libro di storia aperto sulle gambe. Uno scoppio improvviso, e qualche scintilla dalla presa di corrente, catturò  la sua attenzione.  Si avvicinò al vecchio televisore con aria contrariata per valutare i danni e decretando poco dopo la morte definitiva del fedele compagno. Sbuffò risentito, meditando sulla sua sfortuna fino a che un pensiero prese forma nella sua mente.

Il martedì  successivo avrebbero giocato i Redskins. Una partita decisiva per la squadra per cui tifavano lui e  il  padre. Billy, ne era certo, non avrebbe voluto perderla, il che voleva dire che Jacob aveva a disposizione  quattro giorno di tempo per convincere il padre ad andare a vedere la partita a casa di Charlie. Ancora pochi giorni e poi,  ne era certo, avrebbe rivisto Bella.

 

Tutto si svolse come previsto e, il martedì successivo, Jacob guidava l'auto di Harry Clearwater in direzione di Casa Swan.

Avevano appena svoltato l’angolo, quando i fari di una Volvo colpirono il suo viso. Jake si fermò un istante ad osservare ammirato la macchina senza riuscire a capire chi vi fosse alla guida mentre il padre si rabbuiava.  Ma lui non gli prestò attenzione, aveva appena scorto Bella ferma sulla veranda e immediatamente il sorriso si allargò sul suo viso. Scese dall’ auto e vide, la coda dell’ occhio, Charlie avvicinarsi a loro. Trattenne il fiato, sperando fosse passato abbastanza tempo e che i due amici avessero deciso di accantonare la lite, quando Charlie li accolse con “Che sorpresa” e qualche rimprovero per averlo visto al volante, iniziò a rilassarsi convinto, ormai, che il litigio fosse superato.

Aiutò il padre ad uscire dall’ auto e tutti e tre entrarono in casa.

Bella era ferma sulla soglia della cucina.  Jacob si perse per qualche istante ad osservare la sua maglietta umida di pioggia che aderiva maggiormente al suo corpo minuto.

“Jacob era impaziente di rivedere Bella.” Si riscosse nel udire la voce del padre e sentì chiaramente il rossore salirgli alle guance scure. Abbassò la testa imbarazzato, sperando di non essere stato visto. Avrebbe fatto i conti con suo padre più tardi per quell’ affermazione seccante e assolutamente fuori luogo.

 Perché gli stava facendo fare la figura del ragazzino? Come gli era venuta alla bocca quell’esclamazione infelice? Insomma, lui era un uomo, non certo un adolescente alle prese con una cotta enorme.

Si spostarono vero il divano del salotto mentre lui valutava velocemente se seguire o meno Bella in cucina. Considerò attentamente i danni che la frase di suo padre poteva aver prodotto e decise di rischiare facendo finta di niente.

Raggiunse Bella e, sfoderando nuovamente il suo miglior sorriso si avvicinò a lei.

“Allora come va?”

“Piuttosto bene.” Disse sorridendo a sua volta.  Jacob si rallegrò, notando che il  momento d’imbarazzo era passato piuttosto velocemente.

“Hai finito  la  macchina?”

“Mi manca ancora qualche pezzo… il pick- up ha qualche problema?” Chiese cercando la risposta ad una domanda fastidiosa che gli solleticava la mente.

“No.”

“Ah. Ho notato che non lo stavi guidando.” Insistete Jacob, notando l’imbarazzo di Bella e facendo affiorare ancora di più i suoi sospetti.

“Un amico mi ha dato un passaggio.” Continuò lei, senza staccare gli occhi dai piatti che stava preparando. Decisamente un brutto segno. Le sue mani iniziarono a sudare e cercò di mettere su una faccia il più tranquilla possibile mentre lei lo informava che, quello che aveva scorto alla guida, altri non era che il figlio del dottor Cullen. Il che per lo meno spiegava perché il padre gli fosse sembrato rabbuiarsi alla vista del giovane.  Billy  sembrava davvero convinto che quella leggenda fosse vera mentre a lui continuavano a sembrare una cosa assurda. Cercò di apparire convincente nella sua risata mentre con Bella prendeva in giro il suo vecchio, quando in realtà un piccolo mostro, e al quale lui si rifiutava di dare il nome  gelosia, prendeva possesso del suo stomaco.

Nonostante questo continuò a conversare tranquillamente con Bella per tutta la durata della partita, un tempo che gli sembrò comunque troppo breve, anche se lei continuava a sembrargli distratta e preoccupata.

Si congedò sulla porta, chiedendole se si sarebbe fatta rivedere presto alla spiaggia, cercando di trattenere la delusione alla sua risposta incerta. Quasi non si accorse dell’ avvertimento che il padre lanciò a Bella e si rincuorò solamente all’ invito di Charlie rivedersi per la partita successiva.

Tornando a casa, non fu particolarmente loquace con il padre. Vari pensieri continuavano a vagare nella sua mente. Primo: non aveva visto neanche un’ azione della partita, talmente era intento a parlare con lei Quindi oramai erano inutile negarlo, si era preso una cotta per la figlia del migliore amico di su padre.

Secondo: Bella con tutta probabilità aveva un ragazzo con il quale lui non avrebbe mai potuto competere. Un Cullen. Bello e sfacciatamente ricco, con una macchina che lui non avrebbe potuto permettersi neanche in mille anni.

Terzo: era irrimediabilmente senza speranze. 

 

 

 

 

Note autrice.

 

Eccoci qua . Non ho molte cose da dirvi , anche questo capitolo  è una rivisitazione di quello tratto dal romanzo originale. È qua che secondo me  Jacob si accorge di avere un enorme cotta,  come reagirà?  Cosa farà? Che racconterà a  Quil e Embry? Che succederà nella sua vita quando comunque Bella non sarà presente? Se  vi  ho incuriosito ci vediamo fra due venerdì.

Un bacio

noemi

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Capitolo 5
*** Oliver & Company ***


Questo capitolo Ania e Ellie e tutto per voi,

perché dove c’è Embry ci sono le Embry’s Girls.

 

 

 “Io ti ho dato una lezione di vita, e gratis, per giunta
Hai avuto una lezione dal quattro zampe più fico di New york!
Ti vedo quando ti vedo!”

Capitolo 4
Oliver e Company

 
Pioveva. Non che fosse una novità, era la situazione meteorologica tipo dello stato di Washington in cui vivevano. Ma, in quella giornata, il cielo sembrava voler scaricare tutta la sua quantità d’ acqua annuale. Era praticamente impossibile uscire e Jacob si ritrovò bloccato a casa di Quil dopo aver terminato una ricerca di sociologia, assegnata loro per il Lunedì successivo. Sbuffò risentito, lanciando il cuscino in testa ad Embry che, arrivato da poco, si era impossessato della playstation.
“Ahi. Che cavolo ti prende, amico?”
“Mi prende che stavo giocando io. Almeno fino al tuo arrivo.”
“Ma se non avevi neanche superato il livello quattro. Lasciatelo dire, sei una schiappa. Ti sto evitando una figuraccia, in realtà dovresti ringraziarmi.”
Borbottò qualche impropero prima di scagliarsi sull’ amico iniziando una lotta per il possesso del controller. Quil entrò in salotto qualche istante dopo, accomodandosi sul divano, con una ciotola di patatine in mano.
“Punto su di te Jake. Puoi farlo nero. E poi se lo merita, non ci ha ancora raccontato niente della sua mattinata di studio con Erika.”
“Già, com’è andata?” gli chiese Jacob, assestandogli un ultimo colpo allo stomaco e rimettendosi in piedi.
Embry si rassettò la camicia riprendendo la sua partita alla play e ignorando volutamente la domanda dell’amico, con un ghigno soddisfatto in volto.
“ E dai… non farti pregare. Che poi, ancora non capisco, perché io sono rimasto bloccato qui con lui -esclamò indicando Quil che continuava a sgranocchiare le patatine- e tu ti sei beccato la più carina del nostro corso.
“Perché, caro il  mio Jake, è tutta questione di genetica. Ateara- Black- Call. Io mi becco la ragazza e tu l’idiota.”
“Ehi…” Quil gli lanciò una patatina. Embry fece finta di niente e riprese a parlare.
“ Comunque non è successo nulla di davvero importante. Abbiamo fatto delle ricerche al computer… sdraiati sul letto- sottolineò con tono grave queste ultime parole -e poi ha cucinato il pranzo.”
“Ha cucinato? Per te? Allora è fatta amico. Complimenti.” Affermò Quil dandogli una pacca sulla schiena.
“Credo che sia presto per cantare vittoria. Era solo un pranzo.” Intervenne Jake acido.
“Solo perché a te è andata male con la figlia dello sceriffo non vuol dire che devi essere così stronzo, amico.”
“Non mi è andata male. Lei solo… non ci ho neanche provato.”
“Infatti, e si può sapere perché mai?”
Jacob si strinse nelle spalle fingendo indifferenza.
“Non c’era l’ultima volta che sono andato a casa sua. Forse era fuori con quel ragazzo. Ve l’ho detto che si vede con il figlio del dottore.”
“Non l’ha mica sposato sai, Jake.”
“Beh sì, ma credo che non mi interessi davvero.” Disse agli amici  cercando di sorridere per non essere mascherato. Mentre dentro di lui, tutto urlava bugiardo.

Ti piace e lo sai, perché mentire? Per mantenere la mia dignità. Ecco perché.
“L’ho visto sai?”
“Chi?” si riscosse dalla sua battaglia interiore.
“Il ragazzo Cullen.”
“Quando? Perché? Era con lei?”
Quil ed Embry si guardarono scoppiando a ridere.
“Questo è perché non ti interessava, vero?”
“Alla pompa di benzina l’alto giorno. Appena fuori Forks, ero andato a fare un giro con la moto. Fra l’altro dobbiamo lavorare alle sospensioni…”
“Sì … dopo… c’era Bella?”
“ No era da solo. Hai ragione però, la macchina è fantastica e hai davvero un problema. Però magari è un idiota no?  Sai come sono le ragazze…”
“Sì a loro piace chi le fa ridere. Non importa se non ha una macchina. L’ho letto su Cosmopolitan.”
Embry spalancò la bocca incredulo.
“Quil da quand’è che leggi Cosmopolitan?” Scosse la testa sempre più esterrefatto.
“Non lo leggo. L’ha dimenticato qui mia cugina l’altro giorno. Non immaginate quante cose si possano imparare. E comunque stavamo parlando di Jake. Uomo hai mai sentito della cara vecchia strategia fattela amica e colpisci al tempo debito?
“C’era scritto anche questo sul giornale?”
“No. Questo è un consiglio del caro, vecchio me stesso.”
“Si beh ci penserò – disse Jake guardando fuori dalla finestra- ha smesso di piovere. Andiamo al mio garage, Embry. Lavoriamo su quelle sospensioni. Se non sei impegnato in altre letture estremamente interessanti e fondamentali puoi unirti a noi, Cosmo.”

 

 

 
“Ehi Black, com’è andato il compito di Trigonometria?”
Jared lo raggiunse al suo banco alla fine della lezione.  Erano compagni di squadra e si trovavano molto bene insieme, passavano il tempo a prendersi per il culo e a sfidarsi durante gli allenamenti. Erano in competizione su tutto, ma potevano  considerarsi tutto sommato buoni amici. Jake lo guardò soddisfatto prima di rispondere.
“Bene… ho recuperato quella C.”
“Perfetto. Allora venerdì giocherai? Abbiamo bisogno di te per battere quei visi pallidi della Forks High.”
"Li faremo neri, Cameron. Non preoccuparti.”
“Ci vediamo più tardi agli allenamenti. Ricordati che devi battere i miei venti canestri di ieri.”
Rise scuotendo la testa ed iniziando a recuperare i suoi libri. Era in ritardo per l’ultima lezione della giornata.
Si mise a correre per i corridoi, ma quando arrivò davanti all’aula la trovò già chiusa e se c’era una cosa che sapeva del prof Ross era che odiava i ritardatari. Sconsolato stava per aprire la porta, pronto a ricevere una bella strigliata, quando una voce femminile lo raggiunse.
“Anche tu in ritardo eh, Jake?”
“Ho perso tempo a l’ultima lezione. E tu, Makayla come mai in ritardo?”
“Ero in palestra. Quell’arpia di Daya ha bloccato tutte le Cheerleader per un allenamento supplementare in vista della partita di venerdì. Credimi, quella è pazza, non farla mai arrabbiare. Non hai idea di che cosa sia capace.” rispose con un sospiro teatrale prima di scoppiare a ridere. Jake si unì alla risata.
“Cercherò di tenerlo a mente, grazie. Senti che ne dici se saltiamo quest’ora? Non ho nessuna voglia di sentire le urla del prof per il ritardo.”
“Non potrei essere più d’accordo, ho fatto il pieno di strilli per oggi.”
Risero di nuovo mentre lei si prodigava in un’imitazione praticamente perfetta del prof Ross.
Passarono il resto dell’ora, seduti su una panchina, aspettando che le lezioni finissero. Parlarono della partita imminente e confrontarono le risposte del test di storia.
Jake non l’aveva mai notato prima, ma Makayla era molto carina. Certo non come Bella ma era comunque piacevole passare del tempo con lei.
“Mi domandavo dove foste finiti… ciao Kay.”
“Ciao Quil… devo andare adesso. Ci vediamo domani alla partita, Jake. Se vinciamo festeggiamo a casa mia, sarai dei nostri?”
Gli sorrise e, senza aspettare risposta,  si allontanò velocemente.
“Makayla? Non sapevo ti piacesse. E’ diventata carina, in effetti. Da quando è entrata nella squadra quest’anno, poi… quella divisa…”
“Frena Quil. Non mi piace infatti. Eravamo tutti e due in ritardo e abbiamo preferito non entrare. Tutto qui.”
“A me non sembrava tutto qui. Ti ha appena invitati a uscire.”
“E’ una festa per tutta la squadra. Non ha invitato solo me. Potrei anche decidere di portarti, sempre che io ci vada.”
“Cos’è ti vuoi preservare per una certa viso pallido molto carina? Perché odio fartelo notare, ma non c’è stato nessuno sviluppo sul quel fronte negli ultimi mesi.”
“Te l’ho già spiegato: Bella è solo…- sospirò senza finire la frase - ho gli allenamenti. A più tardi. Vedi se su Cosmopolitan trovi un articolo su come essere meno rompipalle.”
Era davvero stato piacevole passare il tempo con Kay, pensò dirigendosi in palestra. Nonostante la conoscesse dalle elementari non si erano mai scambiati più di due parole. Odiava ammetterlo, ma Quil aveva ragione: era diventata un’ altra nell’ultimo anno. Magari sarebbe andato davvero a quella festa o forse, invece della festa, avrebbe potuto rivedere Bella e passare del tempo con lei. La partita era contro la sua scuola e anche se sospettava che lei non fosse un  tipo particolarmente interessato a certi eventi mondani poteva, per una volta, aver fortuna.

 

 

 Angolo autrice.

 

Da questa settimana gli appuntamenti diventano settimanali… e la storia entra sempre più nel vivo.

avete conosciuto un personaggio nuovo, avete visto ancora un po’ di quel trio lì,  e a proposito del Dott cosmo volete leggere le altre sue avventure?

'I consigli del Dott. Quil'.

A venerdì prossimo.

Con affetto.

Noemi

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Capitolo 6
*** Hercules ***


“Un vero eroe non si misura dalla forza che possiede,
 ma dalla forza del suo cuore.”

CAPITOLO 5

hercules

 

“Termina in volata con il risultato di 85-90 il quasi derby fra gli Spartans di Forks e i Wolves di La Push, a favore di quest’ultimi. Onore agli Spartans che hanno giocato una bellissima partita, ma non c’è stato nulla da fare. Coach White spinge sull’acceleratore per le incursioni del libero Jared Cameron e chiude in vantaggio già dal secondo periodo. Nell’ultimo quarto gli Spartans provano a recuperare trascinati da Newton, ma dopo qualche aggiustamento difensivo i Wolves tornano in partita e vincono grazie ai canestri di Sabat e Black. Che porta a 35 la sua media stagionale e la squadra a solo 2 punti dalla vetta. I Wolves nella prossima partita in casa, proprio contro i Ravens di Port Angeles primi in classifica, potrebbero compiere uno storico e decisivo sorpasso.”

La partita era finita. Tutti i giocatori si strinsero intorno a Jacob che ancora teneva fra le mani il pallone con cui aveva segnato il canestro decisivo. Il Coach White li guardava. Avrebbe voluto essere anche lui al centro dal palazzetto, a saltare come un pazzo con i  suoi ragazzi, ma cercò di mantenere un aria rispettabile e rimase in disparte godendo da solo di quel successo. Jared diede un pugno leggero alla spalla di Jacob.
“Bella partita Black. Certo, ti ho praticamente servito i canestri su un piatto d’argento, ma hai avuto il buon senso di non rovinare i miei assist.”
Jacob rise rispondendo alla provocazione del compagno con un altro pugno ed un cinque. Si ricordò poi del padre a bordo campo e si voltò verso di lui che, insieme a Charlie, stringeva la mano del Coach. Sospirò. Charlie era  sempre stato presente alle sue partite, fin da quando lui era bambino, ma mai come questa volta, Jacob aveva sperato di non vederlo arrivare da solo.
Si guardò intorno ancora una volta, la palestra era strapiena. Può essere venuta  senza che io me rendessi conto. Era un pensiero irrazionale, lo sapeva bene, ma una parte di lui non riusciva a smettere di sperare
Si avvicinò al  padre che lo strinse in un abbraccio felice mentre Charlie gli dava una sonora pacca sulla schiena.
“Bella partita, figliolo. Ci hai fatto neri.”
Jacob ridacchiò nervoso, quella stupida domanda: “Dove è Bella?” gli raschiava la gola, anche se cercava in tutti i modi di trattenerla. Non sapeva neanche lui che cosa aspettarsi.
Di vederla lì, forse? Di guardarla sorridere e complimentarsi per la partita? Non si erano frequentati spesso; negli ultimi tempi era stata alla riserva solo una manciata di volte insieme al padre, eppure quel poco, era bastato a farle prendere la residenza fissa nei suoi pensieri. Viveva in continuazione delle stupide fantasie che certo non gli avrebbero fatto onore se qualcuno ne fosse venuto a conoscenza.
“Tutto bene, Jake? “
Riemerse da quei pensieri scuotendo la testa e guardando i due uomini.
“Sì, sono solo un po’ stanco.”
“Beh vai  a fare la doccia. Io porto a casa tua padre e torno alla centrale.”
“Ok. Grazie, Charlie.”
“Non fare troppo tardi stasera, Jake.” Ascoltò suo padre fargli le solite raccomandazioni prima di vederlo allontanarsi spinto dall’amico, immersi nuovamente nell’ attenta analisi di tutta la partita azione per azione.
Le cose non erano andate secondo i suoi piani ma aveva avuto la soddisfazione di rendere suo padre orgoglioso.

 

 

Il pullman giallo era nel posteggio, pronto per riportarli alla riserva. Jacob sistemò la sacca nel portabagagli e sentì qualcuno avvicinarsi.
“Non ho avuto il tempo di complimentarmi per la partita prima. Sei sparito nelle docce”.
Makayla era di fronte a lui sorridente. Sulla guancia destra era ancora disegnata una W con i colori della squadra.
“Sì, sai puzzavo troppo- abbozzò una risata incerta- dov’è la tua roba, non torni con noi?”
“No. Mia sorella è venuta con la macchina. Dobbiamo passare a prendere le bibite per la festa. Ci vediamo lì fra poco.” Gli disse prima di iniziare ad incamminarsi.
“Ehi non ho detto che verrò.”
“Sì che lo farai. Mi devi riportare questi. Non vuoi che l’arpia mi sgridi per averli persi, no?”
I pom-  pom di Makayla gli caddero ai piedi un attimo prima che la ragazza sparisse a bordo di un'auto nera.
Jacob li raccolse da terra mentre Embry, vicino a lui, lo guardava compiaciuto.
"Allora, a che ora inizia questa festa, amico.”

 

Erano seduti sulle scale del portico di casa di Quil. Aspettavano l’amico prima di recarsi alla festa da Kay. Jacob guardò sogghignando i pom-pom che Embry teneva fra le mani.
“Sai ti donano. Forse potresti entrare in squadra.”
“Ah ah ah, Jake come sei divertente. Non capisco davvero perché hai ancora quel  muso lungo. Ok Bella non c’era. Ma questi - gli sbattè i pom- pom contro il petto- sono un buon diversivo.”
“ Magari io non sono il tipo da diversivo. Insomma Kay è carina ma…”
“Ma niente, Jake. A volte mi sembra di parlare con mio nonno. Lei è carina e basta. Divertiti per una volta.”
La sua risposta venne bloccata da Quil che proprio in quel momento uscì dalla porta di casa con un gran sorriso stampato in volto.
“Ok sono pronto per la festa.”
Avevano fatto solo qualche passo, quando notarono una figura uscire dal buio della foresta ed incamminarsi verso la casa che loro avevano appena lasciato. Quando fu abbastanza vicino, i tre ragazzi riuscirono a metterlo a fuoco. 
“È Sam Uley quello? Non doveva essere partito per il college?” chiese Embry perplesso.
“Non può essere lui, almeno che non l’abbiano imbottito di steroidi. L’ultima volta che l’ho visto non era così enorme ed era almeno cinque centimetri più basso.”
“Qualche tempo fa Seth mi aveva detto che sua sorella Leah, sapete stanno insieme, era uscita di testa perché lui era sparito per settimane senza lasciare traccia.”
Continuarono a discutere, mentre il presunto Sam bussò alla parta della casa di Quil.  Si voltò verso i ragazzi, fermi a pochi metri di distanza e lanciò loro un’ intensa occhiata, per poi  essere accolto da Quil Ateara Senior  con una stretta di mano, per poi entrare in casa  e sparire alla loro vista.
“Perché è entrato a casa mia? Ho sentito mio nonno convocare una riunione del consiglio, ma lui non ne fa parte, che io sappia.”
Jake si strinse nelle spalle pensieroso.
“Forse vogliono solo capire perché non è partito per il college. Con mia sorella Rebecca l’hanno fatto. Gli anziani sono andati completamente fuori di testa quando hanno saputo che avrebbe rinunciato alla borsa di  studio per sposarsi. Una riunione del consiglio ogni giorno nel mio salotto, per un mese.”
Avete visto come ci ha fissato? Non mi vorrei trovare solo con lui in un vicolo buio.”
Concluse Embry prima di tornare a parlare della festa imminente.

 

 

 

Angolo autrice.       

 
Buon giorno a tutte voi. Eccoci qua di nuovo Jake e Bells. O meglio ancora un po’ di Jake. Per rivedere Bella ci sarà  ancora da aspettare un po’ di capitoli ma non preoccupatevi non è dimenticata.
Per il resto,  ho cercato in tutta internet il nome dalla squadra della scuola della riserva ma non l’ho trovata, quindi ho optato per un banale LUPI.

Un enorme grazie a tutti quello che leggono e a chi mi è vicino e mi da tutto il suo sostegno.

Buon weekend e a venerdì prossimo.

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Capitolo 7
*** Hansel&Grettel ***


“E quando la luna sorse, prese Gretel per mano; i ciottoli brillavano come monete nuove di zecca e indicavano loro il cammino. Camminarono tutta la notte e quando fu mattina giunsero alla casa patema. Il padre si rallegrò di cuore quando vide i suoi bambini, poiché‚ gli era dispiaciuto doverli lasciare soli”;

Capitolo 6
Hansel&Grettel

 

 Le sue labbra rosse sulle mie, sapore di brandy e ciliegie sulla lingua, la mia mano sul suo fianco, proprio lì, dove la maglietta lascia scoperto un lembo di pelle chiarissima. E poi la mia mano che sale scoprendola sempre di più, fino ad intravedere il viola del reggiseno...
“Jake.” Il suo nome, quasi una supplica su quelle labbra perfette.
“Jake… sei sveglio?” Una sfumatura di voce meno sexy e decisamente maschile.
“Jake…”
La sua mano si mosse da sotto le coperte e spostò il cuscino sulla testa mentre i contorni del sogno sfumarono via.
“Jake alzati.”
Un brontolio sommesso come unica risposta.
“Amico… sveglia.”
Un sibilo frustrato.
“Jake… c’è Bella.”
Un rumore di molle, uno scatto di reni e Jacob si ritrovò seduto sul letto.
“Dov’è? Quando? Come?”
Una risata e Jake, ormai sveglio, mise a fuoco la figura di Embry sulla soglia della  camera.
“Dovresti vedere la tua faccia. Troppo divertente.”
 Jacob si lasciò sprofondare con la testa sotto il cuscino.
“Embry sei un idiota. Ringrazia il mio mal di testa o saresti già morto.”
“A proposito, tuo padre ti ha lasciato un'aspirina sul tavolo in cucina. L’ho incrociato venendo qua. Ha detto che andava da Harry e di farti trovare in casa al suo ritorno. Non aveva un'espressione  felice.”
“Fantastico oltre al mal di testa ed un amico idiota, ci mancava il padre incazzato. Gran bel sabato.”
“Ma quanto hai bevuto ieri sera? Capisco che la chiusura della stagione di Basket vada festeggiata ma…”
“Embry ho preso solo qualche bicchiere di quel punch.”
Dalla festa di qualche mese prima erano successe svariate cose che lo portarono lì, quel sabato mattina, a combattere con i sintomi di un dopo sbornia terribile. Prima di tutto avevano giocato l’ultima partita del campionato. Partita che puntualmente avevano vinto, anche se non erano riusciti a portarsi a casa il titolo, per un solo maledettissimo punto. Il Coach White era però fiducioso, la loro squadra era uno delle più giovani, ed era sicuro che molto presto, forse già anno prossimo, avrebbe riportato la coppa alla riserva di La Push,  da dove mancava ormai da troppi anni. Le feste  dopo partita a casa di Kay erano poi divenute una piacevole tradizione e neanche quel venerdì aveva fatto eccezione.
La differenza maggiore stava però nel fatto che, invece di passare la serata appartato con la padrona di casa, come era stato solito fare a tutte le feste passate, questa l’aveva trascorso a giocare a Beer pong, o meglio punch pong, con i compagni di  squadra. E che diamine quella roba era  davvero troppo forte per lui.
“Ho visto Paul armeggiarci intorno, chissà che ci ha fatto finire dentro. Tutto questo prima di finire lui dentro…”
Jacob tornò a sedersi sul letto, bloccando con un gesto della mano le parole del giovane che si era portato vicino a lui.
“Non serve che continui, ho visto anche io lui e Kay.”
“Credevo che lei ti piacesse. Avresti  potuto fare qualcosa.”
“Mi piace, è in gamba. Troppo in gamba per uno come Paul in effetti, ma non era niente di serio fra noi. Sai come si dice, no? Meglio come amici.”
Lui e Kay avevano avuto una storia, una storia alquanto divertente, a suo parere. Makayla si era rivelata una ragazza sorprendente sotto vari punti di vista, si ritrovò a pensare con un ghigno malizioso sul volto, mentre numerose immagini  venivano rievocate  nella sua mente. Quel bacio sdraiati sul lettino dell’infermeria, dove lui si era rifugiato per saltare l’ora di biologia, fingendo un attacco di mal di testa. Il reggiseno che si era fatta sfilare in un pomeriggio a casa sua che avrebbero dovuto passare a studiare. La volta che si era infilata di nascosto sotto la sua doccia dopo un allenamento. Sì, era davvero fantastica e divertente, ma non era realmente quella quello che cercava. E per quel motivo non aveva posto una reale resistenza quando lei l’aveva informato, il giorno prima, che non vedeva nessun futuro nella loro storia, che era stato divertente, ma era meglio restare amici.
“Quindi possiamo saltare la fase del lutto? - gli chiese l’amico speranzoso - perché la cugina di Erika viene a trovarla il prossimo weekend,  e pensava ad un'uscita  a quattro, ti prego non costringermi a presentarmi con Quil.”
Jacob sospirò tornando a sdraiarsi sul letto e chiudendo gli occhi nel tentativo di recuperare  stralci  del sogno che l’arrivo di Embry aveva inopportunamente interrotto.
“Sì, sì va bene, ma ora lasciami dormire. Ci sentiamo nel pomeriggio.”

 

Ma quel pomeriggio era stato, per la maggior parte del tempo, occupato dalla più collassale lavata di capo che il padre gli avesse mai fatto.
Erano ancora lì, a discutere su quanto quel comportamento lo avesse deluso e che da lui non se lo sarebbe mai aspettato, quando un Charlie piuttosto trafelato spalancò la porta di casa, sprofondando su una sedia in cucina di fianco a lui e posando sul tavolo una confezione di birre da sei.
“Questo era quello che mi ci voleva.” disse infine bevendone una grossa sorsata.  Billy e Jacob lo osservarono sbigottiti portarsi le mani alla testa ed iniziare a parlare mestamente.
“È andata via. Bella se ne è andata come sua madre.”
Varie cose attraversarono allora la mente di Jacob. La prima era che la paternale di Billy sulla sua ubriacatura della sera prima e sul suo atteggiamento totalmente da irresponsabile, era appena stata cancellata dalla vista del suo migliore amico che piombava in casa loro con una abbondante scorta di alcool.  La seconda invece era che doveva di sicuro aver capito  male, perché Bella non poteva davvero essere andata via senza salutarlo.
Jake iniziò a dondolarsi nervosamente sulla sedia mentre il padre passavo un braccio intorno alla spalla dell’amico.
“Cos’è successo, Charlie?” chiese infine.
“Non lo so. È  tornata a casa e si è messa a urlare che odiava  Forks, la pioggia, tutto. Ha fatto la valigia ed un minuto dopo era già fuori dalla porta. Ha detto che andava all’aeroporto, non mi ha detto nient’altro e non ha voluto farsi accompagnare, ho provato a chiamarla, ma ha spento il cellulare. La mia bambina.” Aprì un’altra birra.
“È stata dura anche per me quando Rachel  e Rebecca sono andate via.”
“No, Billy non è la stessa cosa, era sconvolta, non sembrava neanche lei. Bella è cosi razionale, matura, non sono da lei certi colpi di testa. Deve essere successo qualcosa con quel Cullen, non mi è  mai piaciuto , lo sapevo che avrei dovuto… non so prendere il fucile quando me l’ha presentato.” 
Billy trasalì impercettibilmente nell’udire quel nome.
“Cullen, pensi che lui centri c'entri qualcosa?”
“Sono sicuro che tutto dipenda da lui.”
I giorni che seguirono a quel sabato furono al quanto confusi.  Da parte sua  Jacob, non riuscì a smettere di pensare che non avrebbe più rivisto Bella e Billy sembrava ancora più sconvolto di lui per l’accaduto , finché Charlie mercoledì  mattina non li informò che Bella era stata ricoverata in ospedale. Sembrava stare abbastanza bene, ma sarebbe partito subito per Phoenix e  avrebbe spiegato tutto al suo ritorno. Fu allora che suo padre, proprio quando tutto sarebbe dovuto tornare alla normalità , divenne ancora più nervoso, taciturno e preoccupato.

Angolo autrice.

 

Questo capitolo è dedicato a Ellie. Amica fantastica e autrice di vero talento.

Avrete capito che c’è stato un salto temporale , ci avviamo veloci verso la fine di Twilight, il prossimo capitolo sarà infatti quello del ballo.

Grazie a chi legge queste righe e a venerdì prossimo.

Con affetto

Noemi

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Capitolo 8
*** Cenerentola ***


“ E per ordine del Re, ogni fanciulla in età da marito dovrà intervenire al ballo!”
“ Allora è per noi!”
“ Io sono così da marito!”
“ Ma allora potrò venirci anch'io!”
“ Ah! Ce la vedi lei a ballare col Principe?”
 "Vostra altezza mi onora... vi dispiace reggermi la scopa? Ah, ah, ah!"

 

 

Capitolo 7
cenerentola

 

 Il cigolio familiare della sedia a rotelle si avvicinò alla cucina. Jacob nascose velocemente il giornale che stava leggendo fra le pagine del libro di biologia che invece avrebbe dovuto studiare, e prese a scribacchiare parole senza senso sul quaderno degli appunti.
Suo padre lo osservò alcuni istanti.
“È inutile che fai finta di studiare, Jake. Per tua sfortuna ho avuto anche io quindici anni.”
Jake alzò lo sguardo sull’uomo sorridendo sarcastico.
“Davvero? E avevano già inventato la carta stampata all’epoca
o prendevate appunti sulla pietra?”
“Non fare troppo lo spiritoso, ti ricordo che domani c’è l’incontro con gli insegnanti.”
Il sorriso si cancellò immediatamente dal volto di Jacob.
“Qualsiasi cosa ti dicano, tu non credergli.”

“Certo, certo – rispose Billy scimmiottando l’intercalare preferito del figlio - in ogni caso volevo parlarti di Bella, non del tuo andamento scolastico.”
“È tornata a casa? Come sta? ” chiese senza riuscire a nascondere un tremito di aspettativa nella voce.
“Sembrerebbe bene, ma ho bisogno che tu faccia una cosa per me. Devi andare al ballo di fine anno.”
“Non so cosa c’entri con Bella, ma lo farò. Ci sarei andato in ogni caso.”
“Non al tuo ballo, Jake. Devi andare al ballo della scuola di Bella e riferirgli un messaggio da parte mia.”
“Che cosa dovrei fare io?” La penna gli cadde dalle mani, si chinò per raccoglierla, sbattendo la testa contro lo spigolo.
“Figliolo non parliamo più la stessa lingua?”

Jacob riemerse dal sotto il tavolo, massaggiandosi la
fronte.
“Dubito che l’abbiamo mai fatto, perché, se così fosse, mi avresti appena chiesto di imbucarmi al ballo di un'altra scuola per riferire non so cosa alla figlia dello sceriffo. Puoi benissimo farlo tu la prossima volta che la vedi.”
“Tu sei suo amico, Jake. Forse ti ascolterebbe.”
“Ma se ci siamo visti una manciata di volte. Non è come se fosse la mia migliore amica – aggiunse mentalmente un purtroppo - non credo che mi ascolterebbe, e poi cosa dovrei dirle?”
“Dille che deve, per favore, lasciare quel Cullen, e che noi la terremo d’occhio.”
Jacob strabuzzò gli occhi, scuotendo la testa.
“Devi essere impazzito, papà o forse… hai rivisto "Il padrino"ultimamente?”
“Non sto scherza
ndo, Jake.”
“Neanche io, non esiste. Per nessun motivo e in nessun universo conosciuto andrò mai da Bella, a chieder
le di lasciare il suo ragazzo.”
Anche se, aggiunse di nuovo mentalmente, era esattamente quello che avrebbe voluto. Sospirò prima di uscire dalla cucina e sistemarsi sul divano.
“Ti d
ò venti dollari.”
“Non se ne parla.” rispose Jacob intrecciando saldamente fra loro gambe e braccia.
Billy, apr
ì  il frigo, stappando una lattina di birra prima di lanciare l’ennesima occhiata al figlio e aggiungere in tono causale:
“Come va la macchina, Jake. Sono settimane che non ti vedo lavorarci.”
Il ragazzo gli lanciò uno sguardo truce.
“Lo sai benissimo che sono bloccato senza quel cilindro a freni.”
“Te lo compro io.”
“Ma se solo ieri hai detto che quest’estate…”
“Ho cambiato  idea. –tagliò corto - sono disposto a comprati il pezzo che ti serve, se tu parlerai con Bella.”
Basta, suo padre era decisamente andato fuori di testa, pensò. Non c’era verso che lui andasse dalla ragazza che gli piaceva per riferir
le un messaggio in perfetto stile  “Soprano”.  No, non l’avrebbe fatto mai  e poi mai, però… quel cilindro a freni gli sarebbe tornato davvero utile.
Oh  al diavolo, il vecchio lo aveva appena fregato.

 

 

 Fregato su tutta la linea , pensò osservando la camicia bianca e la cravatta nera posate sul letto.  La sera del tanto temuto ballo era arrivata troppo in fretta, prima che lui potesse escogitare una soluzione alternativa, progettare una via di fuga. Si preparò rivolgendo pensieri poco onorevoli al padre e uscì di casa velocemente, prima di cedere alla tentazione di cambiare idea e rifugiarsi dove Billy non lo avrebbe potuto trovare.
Era quasi montato in sella alla moto, che poche ore prima  aveva preso in prestito da un Embry piuttosto recalcitrante, quando scorse due sagome nere nascoste malamente dietro un albero. Appoggiò il casco al manubrio sospirando.
“Siete pessimi come spie. Vi ho visti.”
Quil e Embry uscirono dall'ombra, ridacchiando e spintonandosi
.
“Non potevi davvero pensare che ti avrei prestato la mia moto, senza cercare di capire a cosa ti servisse.”
“Mi serve per andare in un posto. Ve l’ho già spiegato.”
“Ma no… davvero? Pensavo volessi offrirle una cena. Guarda che è una moto molto raffinata, solo caviale per lei.”
Jacob accennò un sorriso, accarezzando la carena.
“Lo terrò a mente, grazie.”
“Dai, Jake sputa. Si tratta di una ragazza?”
“Sì una ragazza.” Ammise controvoglia.
“E allora perché hai quella faccia da funerale? Non staremo per caso ancora  parlando di Be…”
Jake avviò la moto, coprendo l’ultima parola di Embry con il rom
bo del motore. Indossò nuovamente il casco, fingendo un sorriso malizioso prima di partire, sparendo alla vista degli amici alla prima curva.
Avrebbe portato nella tomba con s
è quell’umiliante segreto.

 

 Arrivato in prossimità della scuola rallentò, posteggiando di fianco ad una cabriolet rossa che osservò ammirato per alcuni minuti, cercando di raccogliere tutto il  coraggio necessario per quel compito assurdo. Legò i capelli in una coda e si avviò a passo di marcia verso la porta  della  palestra. E lì, la vide. Bella, ballava stretta al suo ragazzo. E di nuovo il piccolo mostriciattolo verde della gelosia  prese a saltellargli sullo stomaco. Pensò che ormai avrebbe dovuto dargli un nome, per quanto spesso gli teneva compagnia. Qualcosa  di simpatico ed amichevole, qualcosa tipo  "Grinch".
Era ancora lì, fermo sulla soglia, a pensare a come in effetti quel nome si adattasse perfettamente alla gelosia e sì, anche a quando fosse incredibile

Bella con quel vestito  blu che gli faceva venire voglia di..  quando notò di essere stato visto dal ragazzo. Iniziò ad avanzare verso loro, sorridendo quasi mortificato a Bella che lo aveva visto a  sua volta.

“Ehi, Bella, speravo proprio di trovarti.” Come attore faceva decisamente schifo. Fece scorrere lo sguardo da Bella al suo accompagnatore, prendendo  rapidamente una decisione.
“Mi concedi un ballo?” Allungò una mano verso di lei , cercando  di mostrarsi cortese con il ragazzo.
La strinse a s
è impacciato e, notando con orrore, il martellio rimbombante del suo cuore quando Bella gli poggiò le mani sulle spalle.
“Accidenti, Jake quando sei alto adesso?”
Iniziò a rilassarsi riacquistando un po’ di sicurezza e rispondendo  orgoglioso.
“Più di un metro e ottanta.” I pantaloni che erano divenuti tutti troppo corti ne erano una chiara conferma.
“Hai notato qualche ragazza che ti piace?”
La domanda di Bella lo lasciò interdetto alcuni istanti, si osservò intorno finché non si decise ad incontrare i suoi occhi, rispondendo sinceramente.
“Una, ma è occupata, e a proposito sei proprio carina stasera.”
Carina? Ho appena detto a Bella che era carina? Congratulazioni , amico un ottimo complimento, se la ragazza  in questione avesse  tre anni.
Bella si affrettò a distogliere lo sguardo da lui e cambiò argomento imbarazzata. Jacob fu così costretto a tirare fuori il vero motivo di quella  improvvisata.
Per la prima volta nella sua  vita desiderò essere in un posto e non esserci nello stesso tempo. Desiderava essere lì, con Bella stretta a lui e non avrebbe mai voluto esserci per dirle quello che doveva.
Si fece comunque coraggio e, dopo essersi assicurato che avesse ben compres
o che era tutta una stupida idea del padre, il quale lo aveva praticamente corrotto con i pezzi della macchina di cui aveva estremamente bisogno,  parlò.
“Be’… scusa, Bella mi sembra  talmente stupido… vuole che lascio il tuo ragazzo. Mi ha pregato di chiedertelo per favore. Scosse la testa disgustato.
Rimase teso per tutta la durata di quell’ assurda discussione e poi, al suono della risata di Bella che gli assicurava di non avercela con lui ,finalmente  si rilassò.

“Mi dispiace che ti sia toccato farlo, Jake.”
“A me non dispiace granché”
ammise. Ora che la parte difficile era stata superata poteva godere dei vantaggi della situazione. Ma poi  la musica  finì e lui trasalì, cercando di camuffare la delusione, udendo la voce di Edward alle sue spalle.  Tolse le mani dai fianchi di Bella, facendo un passo indietro.
“Allora ci vediamo Bella. E scusami” disse allontanandosi  verso la porta, con la certezza di avere lo sguardo di Edward ancora  puntato addosso.

Tornato al posteggio si rese conto che, per tutto il tragitto, la sua mano destra, stretta a pugno lunga la gamba, era stata scossa da un tremito che non era riuscito in nessun modo a controllare. Pensò allora che Il Grinch avesse preso il sopravento, e che decisamente non era stata una sensazione piacevole.

 

Angolo autrice

 

Questo è uno dei capitoli che mi fino ad ora mi sono divertita di più a scrivere, vediamo se voi la pensate come me.
Come sempre le parti in grassetto sono prese dal romanzo.
A venerdì prossimo.
Noemi

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Capitolo 9
*** Pinocchio ***


“Insegui ciò che ami, o finirai per amare ciò che trovi."

 

 

Capitolo 8

Pinocchio.

 
Déjà-vu. Ecco la sensazione che Jacob provò prendendo dall’armadio la sua cravatta nera. Erano passati meno di  quattro giorni dall’ultima volta che l’aveva indossata, preparandosi per un ballo. Il ballo di Bella, a voler essere precisi. Se solo si soffermava a pensarci, ricordando la scollatura del suo vestito blu e le sensazioni che aveva provato nel ballare stretto a lei, sentiva il sangue defluire in un'unica precisa parte del suo corpo. Poi la rabbia prendeva il sopravvento su tutto il resto.  Le sue mani venivano ancora attraversate da un leggero tremito quando l’immagine di Edward e Bella stretti insieme si faceva largo nella sua mente. Era stanco, però, di far convertire su Bella tutti i suoi pensieri. Questo era il suo ballo, questa avrebbe dovuto essere una serata divertente. E lo sarebbe stata, si ripromise levando la camicia dalla stampella ed iniziando a farla scorrere lungo le spalle.
“Porca puttana.” imprecò ad alta voce. Non riusciva più a chiuderla.
Non poteva essere cresciuto in soli quattro, dannati giorni.
La scaraventò sul letto, cercando nell’armadio qualcos’altro da indossare e scoprendo, sempre più di malumore, che tutte le camice che possedeva, all’improvviso, sembravano essersi ristrette.

Oh al diavolo, chi se ne frega, metterò una maglietta. Pensò prima di indossare la prima t-shirt che si ritrovò fra le  mani.
Il suono del campanello di casa interruppe i suoi pensieri. Uscì dalla stanza e, sulla porta d’ingresso, vide suo padre stretto in un abbraccio ad una figura femminile.
La giovane donna alzò gli occhi, sentendo il suono dei suoi passi e gli sorrise, con lo sguardo luminoso identico a quello che ricordava avere sempre sua madre.
“Ciao fratellino.”
“Rachel? Che ci fai a casa?” chiese prima di stringerla, a sua volta, in un abbraccio da orso.
“Non respiro, Jake.” Lui la liberò dalla presa, passandosi una mano dietro la nuca e ridendo.
“Scusa. Mi sei mancata.”
Rachel si soffermò a guardarlo per un lungo istante.
“Cavolo, sei cresciuto!” Esclamò quasi sorpresa.
“Sai, è una cosa che capita a noi ragazzi. Specialmente se non ci vedi da molto.”
Si pentì subito del tono tagliante che aveva usato. Lui e Rachel erano sempre stati uniti, molto più che con Rebecca. Era lei che, alla morte della madre, si era presa cura di un Jake poco più che bambino. Era nel suo letto che lui cercava rifugio quando la notte gli incubi sul funerale di Sarah non lo facevano dormire. E poi, era partita per il college. Non la biasimava. Sapeva che lei doveva vivere la sua vita e che aveva fatto fin troppo per lui. Anche Rachel soffriva per la morte della mamma, anche lei era dovuta crescere in fretta ed era giusto iniziasse a pensare a se stessa. Lo sapeva e lo comprendeva, ma si era aspettato più di qualche sporadica visita e una telefonata una volta  a settimana.
Rachel non si scompose, si limitò a sorridergli, dandogli un bacio sulla guancia.
“Ho visto il cortile della scuola tirato a lucido. Il ballo è oggi? Perché non sei ancora vestito?”
“Certo che sono vestito, non vedi?”
“Jake stai indossando una t-shirt nera. Non è certo l’abbigliamento adatto per il ballo. La tua accompagnatrice ti ucciderà.”
“Non ci porto nessuna ragazza, quindi non importa.”
“Ancora peggio. Come farai a trovarne una?”
“Da quando c’entra l’abbigliamento col trovare una ragazza?”
Rachel sospirò esasperata, alzando gli occhi al cielo mentre Billy rideva e, osservando il battibecco tra i figli, si lasciò cullare dalla serenità che lo avvolse rivolgendo un pensiero a Sarah.
“Tuo fratello si è preso una cotta per la figlia di Charlie. Non gli interessano le ragazze della riserva.”
Jake scoccò un occhiata furente al padre.
“Non ho nessuna cotta.”
 Rachel lo ignorò, rivolgendosi a Billy.
“La figlia di Charlie? Penso di ricordarmela. È diventata carina? Forse è un po’ grande per te, fratellino. Ti piacciono mature.”
Jacob sentì le guance imporporarsi e incrociò le braccia sul petto.
“Rachel, ritratto quel che ho detto non mi sei mancata per niente .” Lei rise, abbracciandolo di nuovo e scompigliandogli i capelli.
“Davvero, fratellino mettiti una camicia.”
“Anche volendo non posso. Non mi entrano più le mie.” Sbuffò risentito.
“Fai contenta tua sorella e prendine una delle mie. Su da bravo.” Perfetto. Ora anche il padre gli parlava come se avesse cinque anni. E lui, da uomo maturo quale invece si sentiva di essere, strisciò i piedi, dirigendosi in camera del padre alla ricerca della “maledetta” camicia.

Tornando a vestirsi sentì la risata roca di  Billy risuonare per la  piccola casa, mentre Rachel probabilmente gli raccontava qualche aneddoto  sulla vita del college. Sorrise di rimando e non poté non pensare che era bello averla a casa e che, con lei lì, erano di nuovo una famiglia.
Passò la cravatta  intorno al collo  e si accorse che Rachel ora lo osservava dalla porta. Si avvicinò, aiutandolo a fare il nodo.
“Ecco, così è molto meglio. Non riesco a credere che il mio fratellino sia diventato un uomo. ”  Jacob scosse la testa, senza però riuscire a nascondere un sorriso.
“Abbiamo finito il teatrino, Rachel?”
“Sento che il mio amore fraterno non è apprezzato.”
“Le tue moine assurde non lo sono.” La corresse, prima che lei tornasse di colpo seria.
“Ci vai davvero da solo al ballo o stai nascondendo qualcosa al nostro vecchio?”
“Non sto nascondendo niente a nessuno, ci vado da solo e non ho una cotta per Bella.”
“Quindi non c’è nessuna ragazza?”
“Una c’era, ma ci siamo lasciati. Si vede con Paul adesso.”
“Paul? Quel Paul Lahote con cui ti pestavi sempre da piccolo?”
“Già, lui.”
“Oh, Jake è un idiota. Non ci credo che  ti sei fatto soffiare la ragazza da lui.”
“Non me la sono fatta soffiare, ci siamo lasciati di comune accordo.” rispose risentito.
“Ok, ok, ti credo. Però stasera, qualcun’altra…” e, con il sorriso più malefico che Jake le avesse mai visto addosso, infilò una mano nella tasca  dei jeans, ne estrasse un involucro argentato e lo porse al fratello.
Jake la guardò, arrossendo subito dopo.
“Rachel…”
“Andiamo, non fare il timido. Ho avuto anche io quindici anni e so come funzionano i balli della scuola. I balli alla riserva. So che sono tremendamente noiosi e che si cerca sempre un diversivo. E andarci soli non significa finire la serata nella stesso modo.”
Ormai, la  sua pelle bruna, era diventata simile ad un peperone , distolse lo sguardo da lei, iniziando a giocare con il polsino della camicia.
“Non voglio parlare con te di questo.”
“Meglio con me che con nostro padre. Mi ha fatto il discorso Jake. A me e a Rebecca e fidati, non è stato piacevole. Non so chi dei tre fosse più in imbarazzo. Ti sto salvando in realtà. E poi, se non ne parli con me chi ti resta? Quil ed Embry?  Non voglio diventare zia, grazie. Quindi prendi e stai zitto.”
Lui afferrò il preservativo infilandolo nel portafoglio.
“E va bene, ma non voglio il resoconto dei tuoi balli. Non mi costringere a spaccare la faccia a qualcuno la prossima volta che vado al supermercato.”
“Tommy del supermarket stava con Becca io…”
Jake portò velocemente le mani alle orecchie.
“Ti ho detto che non voglio sapere!”
“Oddio. Come sei noioso  e comunque ormai tutti quelli della mia età sono al college, tranne Sam. Quindi non ti resta nessuno con cui difendere l’onore di famiglia.”
“Sam? Vuoi dire che tu e Sam… lo uccido.”
“Ma sei diventato scemo? Leah mi avrebbe fatto fuori è persa di lui da… sempre probabilmente.” Sospirò e si sedette sul letto. “È anche per questo che sono tornata. Credo che Leah abbia bisogno di un’ amica. Oh beh, cose da donna. Non è il caso che ti annoi.”
Tornò in piedi e osservò  di nuovo il fratello.
“Ehi, uno ti basta o ne vuoi altri?”
Jake allora l’afferrò per il gomito, accompagnandola poco delicatamente alla porta e chiudendosela alla spalle.  Le sorelle questa disgrazia.

 

 
Quando entrò nella palestra della scuola stavano suonando un lento. Maledisse la sua sfiga, era proprio la canzone che aveva ballato con Bella. Sbuffò, non voleva iniziare così la serata. Buttò un occhio sulle coppie in pista e vide Embry con Erika. Osservò  le mani dell’amico scivolare sul sedere della ragazza prima che lei gliele riportasse sulla schiena, rise e si avvicinò a Quil al bancone delle bibite.
“Dieci dollari che Embry va in bianco.” Disse l’amico, salutandolo con una gomitata.
“La penso come te, non è neanche il caso di scommettere.” Rispose Jake aprendo una coca-cola.
“Allora, siamo tutte e due soli, a chi ci dedichiamo? Hai visto Daya?”
Jake voltò lo sguardo e scorse la ragazza che Quil gli indicava. Indossava un vestito corto che lasciva ben poco all’immaginazione, era mozzafiato, come sempre. E stava ballando con Brian, un ragazzo dell’ultimo anno.
“Certo Daya. Continua a sognare, Quil.”
“Allora Kim…”
“Se riesci a farle togliere gli occhi da Jared direi che è perfetta.”
“Uff, ci sono poche donne in questa riserva. L’ho  sempre detto che bisogna allargare i nostri orizzonti. Ora capisco perché ti piace Bella.”
Jacob lo fulminò con lo sguardo e Quil continuò sogghignando. “Scusa, mi correggo. Ora capisco perché non ti piace Bella. Perché a te non piace più, non ti è mai piaciuta. Come ho fatto a scordarlo?”
“Ehi pivelli.” La voce di Paul bloccò la rispostaccia di Jacob. “E’ ora di animare questo mortorio.” Si guardò intorno prima di estrarre una fiaschetta dalla tasca della giacca e farne scivolare il contenuto dentro il punch. Ne riempì un bicchiere e lo porse a Makayla che gli era affianco.  Lei guardò imbarazzata Jacob prima che Paul, facendo l’occhiolino al ragazzo, la portasse fuori per mano.
Quil passò una mano sulla spalla dell’amico.
“E’ un idiota, non farci caso. È arrivata mia cugina. Andiamo a salutarla.”
La cugina di Quil era allegra, un fiume in piena di parole che li travolse. Parlarono, risero, scherzarono, si divertirono. E poi Daya era a fianco a loro e Jacob quasi si strozzò con la coca-cola che stava bevendo quando lei gli chiese a bruciapelo:
“Mi porti a ballare?”
Annuì, passando una mano dietro la schiena di lei e conducendola sulla pista.  Con la coda dell’ occhio vide Quil alzare in aria i pollici, sorridendogli orgoglioso. Lui pensò che prima o poi l’avrebbe fatto fuori e appoggiò le mani su i fianchi di Daya. Odiava ballare, non ne era capace e sperò che lei non se ne accorgesse. Daya mise le mani sulle sue spalle e si strinse di più a lui.
“Che fine ha fatto il tuo ragazzo?”
“Si è scolato da solo metà di quel punch. Non si ricorda neanche più come mi chiamo.”
“Se ti può consolare, io non scorderei mai il tuo nome.”

Oddio, chi era stato a parlare? Non poteva davvero aver detto una frase che neanche nel peggior film romantico. Si dette mentalmente del coglione, ma lei gli sorrise e allora forse un coglione totale non lo era.
“Non ti ha stancato tutta questa gente?”
Adesso, lo sapeva, lei lo avrebbe schiaffeggiato, invece lo sorprese di nuovo.
“Sarebbe bello restare soli.”
Non se lo fece ripetere due volte. Non era proprio il caso di sfidare la fortuna che, per una volta, sembrava girare nel verso giusto. La prese per mano, uscirono dalla palestra ed iniziarono a correre per i corridoi fino ad arrivare ad uno sgabuzzino dove i bidelli ammassavano i banchi rotti.
Jacob aprì la porta e lei lo segui senza parlare. Nella penombra dello sgabuzzino le loro labbra si incontrarono.  Jacob si staccò, osservandola. Daya  spostò i lunghi capelli da un lato del collo e gli sorrise. Non c’era traccia di timidezza o incertezza sul suo volto e lui riprese a baciarla.

 

Il vestito di Daya era blu. Blu come  quello che indossava Bella. E lei era bella, talmente bella che a Jacob non sembrava vero di essere lì a baciarla in quello stanzino. Era talmente bella e non capiva perché il cuore gli battesse e le mani gli sudassero. Ok ,forse lo capiva, ma quello che non capiva davvero era perché, mentre le baciava il collo, vedesse il viso di Bella. Bella era… ma Daya era lì, ed era vera ed era talmente bella… e soprattutto lo voleva.  Era talmente bella che lui mise a tacere il cervello. Cancellò tutto il resto e posò le mani sulle cosce di lei, alzandole il vestito. Su fino alla pancia e poi lungo le braccia. Lo lasciò ricadere a terra. Era  talmente bella che iniziò a ringraziare mentalmente Rachel per il preservativo nel suo portafogli. Era  talmente bella  e lui non sapeva che  fare, perché lei chissà quante esperienze aveva avuto e lui era solo un ragazzino inesperto. Era  talmente bella che quando gli sbottò i jeans, facendoli scivolare via insieme ai boxer… Cazzo i boxer bianchi, perché non ho messo quelli neri?
Era  talmente bella e la sua mano lo afferrò. E  allora chi se frega dei boxer, tanto non li ha neanche guardati. E giocò con lui e lo stuzzicò. Era talmente bella che, porca puttana se continua così non arrivo neanche a toccarla. Perché se la stava facendo sotto, perché era la sua prima  volta.
Era talmente bella che fece un passo indietro chinandosi e recuperando il portafogli dalla tasca dei jeans. Afferrò il preservativo e ruppe l’incarto.  Lei lo aiutò a srotolarlo, spostò i suoi slip mentre lui, mordendosi le labbra, iniziò a toccarla.
Era talmente bella e lui sapeva che era pronta. Chiuse gli occhi e si spinse dentro di lei. Le baciò il seno e pregò tutti i protettori della riserva di farlo durare almeno tre spinte.
Era  talmente bella che l’orgasmo lo travolse e si lasciò andare contro di lei.
Era talmente bella mentre si rinfilò il vestito, cercando di lisciare le pieghe e lui rialzò i pantaloni. Era  talmente bella mentre lo baciò prima di uscire dallo stanzino e tornare alla festa. E  lui restò lì, la testa nascosta sotto il braccio teso appoggiato al muro. Cazzo, era successo davvero.

 

 Angolo autrice

Spero di avere ancora qualche lettrice dopo questo capitolo.
Lo so, forse alcune di voi ci sono rimaste male ma a volte capita che i personaggi prendano decisioni tutte loro.
Vi posso garantire che questo capitolo nella mia mente era completamente diverso ma poi Jake si è messo a urlare e strepitare che insomma ha 15 anni e ok amare Bella ma dammi una vita. E così questo ne è il risultato. Però vi garantisco che questa è e rimane una Jacob/ Bella.
Quindi se qualcuno vorrà ancora sentirmi vi do appuntamento a venerdì prossimo.
Noemi

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Capitolo 10
*** La spada nella roccia ***


 

Si narra che un dì l’Inghilterra fiorì  di audaci cavalier;
 
il buon re morì senza eredi e così  agognarono tutti al potere.
Soltanto un prodigio poté salvar il regno da guerre e distruzione.

 

 

Capitolo 9
La spada nella roccia

 

Una settimana dopo il ballo Rachel ripartì.  Doveva frequentare dei corsi estivi per dei crediti extra, diceva lei;  la riserva ormai le era divenuta troppo stretta, pensava Jacob.
La guardarono salire in macchina dopo un abbraccio e un “ci vediamo presto”  che entrambi sapevano, non sarebbe stato tale.
E la vita in casa Black tornò alla normalità.
Provò a fare il gentiluomo e a mantenere  per sé quanto era successo la sera del ballo, ma riuscireste voi a tenere un segreto a Embry e Quil? Un segreto di quel genere?
Insomma, l’uscita dall'infamante club della verginità per un uomo era, senza ombra di dubbio, un evento da festeggiare.
Quando Jacob iniziò il racconto erano tutti e tre nel suo garage a lavorare ancora sulla moto di Embry. Quil si dette la chiave inglese sul piede ed Embry spalancò la bocca un paio di volte, troppo incredulo per dire qualcosa, infine, mise il muso per il resto del pomeriggio. Era lui l’unico ad avere la ragazza fissa e a, quanto pareva, era anche l’unico ad non essere andato oltre la seconda base. Quil non faceva testo.
La sera, poi, rubarono una bottiglia di whisky dalla dispensa del vecchio Ateara e andarono a berla sulla scogliera di La Push. Faceva davvero schifo.  Ma in quel modo proclamarono Jacob come loro nuovo eroe.
La scuola era finita e l’estate era agli inizi, Jake trovò un lavoretto nel piccolo negozio di souvenir della spiaggia; non che La Push fosse una località balneare  rinomata ma, con l’arrivo dell’estate, qualche turista non mancava mai.
Daya lo invitò a casa sua un paio di volte, i genitori erano andati a trovare il fratello che viveva fuori La Push, e lui  fu ben lieto di trascorrere del tempo con lei.
Era un estate tutto sommato normale. Piena di risate, scherzi, motori, baci, falò sulla spiaggia. Era l’estate dei suoi quindici anni.
Ma alla sera, nel suo  letto, si ritrovava a pensare ad altre estati, quelle trascorse da bambino. Quando sua madre era ancora viva e Charlie arrivava alla  loro porta con una bimba dai capelli castani per mano, troppo timida per giocare con le sue sorelle.  Pensava a lei e, qualche volta, era riuscito a vederla. Ad esempio alla cena del quattro luglio nel loro giardino, con tutti gli amici del padre.  Non avevano parlato molto, la pioggia era arrivata troppo presto, ma Jacob l’aveva osservata  abbastanza per rievocare nella sua mente tutti i dettagli di lei prima di addormentarsi. Stava ancora con il figlio del medico, era sempre bellissima e lui avrebbe davvero dovuto iniziare a levarsela dalla mente. Com’era possibile che neanche Daya riuscisse a far niente contro quella ragazza dalla pelle bianca che sembrava aver preso la residenza fissa nei suoi pensieri?
E poi com’era arrivata l’estate finì.

 

Il primo giorno di scuola ascoltavano, in aula magna come ogni anno, il discorso del preside. Prima di rientrare in classe il Coach White chiamò lui e Jared nel suo studio. Che diamine, la scuola era appena iniziata non potevano giù essersi messo nei casini, giusto? Pensò varcando la soglia. I due ragazzi si guardarono in faccia, la stessa muta domanda dipinta sui loro volti.  Appena li vide il Coach non riuscì a trattenere una risata.
“Rilassati,  Black.  Mi risulta che nessun compito di trigonometria è stato ancora assegnato.” Si sedette alla scrivania e tirò fuori un quaderno.
“Qua dentro sono segnate le medie di tutti i miei giocatori, anno per anno. Come sapete Sabat  si è diplomato quest’estate ed il posto da capitano  è vacante. Voi due siete i miei migliori giocatori e uno di voi prenderà il suo posto.”
Jacob sorrise e Jared gli diete una gomitata.
“Mercoledì, prima dell’inizio dell’allenamento, farete una gara di tiri liberi. Il primo che sbaglia lascia il posto in automatico all’altro. Sono stato chiaro? E ricordatevi che voglio la coppa quest’anno.”
Uscirono dall’ufficio ancora con il sorriso stampato in volta.  Jared parlò per primo.
“Preparati a perdere, Black. Ma non preoccuparti sarai il mio vice.”
“Sarai tu a essere il mio, Cameron.”
Risero entrambi e Jared gli tese la mano. Jake la strinse e spalancò gli occhi. Scottava.
“Stai bene?”
“Mai stato meglio. Non mi ammalerò per la nostra  sfida. Ci vediamo a lezione di storia.”  Aprì la porta della classe e spari dentro. Jacob rimase ad osservare la porta chiusa per alcuni istanti, non del tutto certo che  la temperatura dell’amico fosse normale. Mentre entrò in classe Jake si ritrovò a sperare che la precisione nei tiri liberi di Jared non fosse migliorata come l’altezza. Era sempre stato alto quasi quanto lui ma ora lo superava di quasi dieci centimetri.

Il mercoledì successivo, quando Jacob  entrò con la sacca da basket nella palestra, la ritrovò stipata all’inverosimile. Oltre alle cheerleader e ai suoi compagni sembrava essersi riunita sugli spalti l’intera scuola. E anche qualcuno che la scuola l’aveva finita da un pezzo, constatò, scorgendo Sam Uley.  Vide Quil  e Embry seduti  sulle gradinate e li raggiunse.
“Nervoso, Jake?” chiese Quil.
“No. Ma tutta questa gente che ci fa?”
“Oh…credo sia colpa mia.” Affermò  Embry passandosi una mano dietro la nuca. “L’ho detto a Erika e lei ha detto qualcosa sul fatto che Kim doveva saperlo e poi… Daya…non so. La scuola è piccola. Le voci girano.”
“E abitiamo a La Push, Jake. È una distrazione da un pomeriggio noioso.”  Finì per lui Quil. Jacob li guardò scettico ed inizio a levarsi la felpa.
“Ehi…” Si voltò e vide Daya avvicinarsi.
“Agiterò i pom - pom solo per te.”  Gli  disse all’ orecchio prima di posargli un bacio sulla guancia.
Embry e Quil sghignazzarono e Jacob gli mise a tacere con un occhiataccia.
Quando il coach arrivò lui e Jared si strinsero la mano. Se possibile il compagno scottava ancora di più di qualche giorno prima.
Il coach fischiò e Jacob lanciò per primo.
Non era una gara facile. Erano i migliori lanciatori della squadra ed era già mezz’ora che alternavano i tiri senza che nessuno dei due sbagliasse un colpo.
Toccò a Jared, lui lanciò la palla, distratto per una frazione di secondo, forse dal suo nome urlato da una ragazza, forse da qualcosa che cadeva e il pallone andò fuori.
Osservò incredulo il tiro deviare dalla solita traiettoria, rimbalzare contro il ferro del canestro e rotolare ai suoi piedi.  I rumori della palestra si annullarono e poi esplosero in una fiumana umana che si strinse intorno a Jake.
Jared raccolse il pallone e si fece largo fra la folla. Aveva perso. Jacob lo vide, si districo dall'abbraccio di Embry e si avvicinò all’amico, tendendogli la mano. Ma invece di afferrarla Jared  l'allontanò, brusco. Stava tremando e sembrava non  riuscire a controllarsi. Non era da lui. Era sempre stato sportivo.
Jake era sicuro che nessuno dei due se la sarebbe presa per la vittoria dell’altro. E invece Jared esplose. Lo afferrò per la maglietta urlandogli in faccia.
“Mi avete distratto apposta.”
“Che diavolo dici, Jared.  Nessuno ti ha distratto.” Cercò di ribattere Jacob.
Il coach li affiancò.
“Cameron, non tollero questi atteggiamenti. Mollalo subito o sei fuori dalla squadra.”
“Non me ne fotte niente della sua squadra del cazzo.” disse infine lasciando andare la maglia di Jake e avviandosi a grandi falcate verso l'uscita della palestra.
Jacob rimase stordito ad osservare la figura dell’ amico allontanarsi.  Il coach gli passò una  mano sulla spalla.
“Tutto bene, figliolo? Questa è tua, te la sei meritata.” Gli allungo la fascia gialla da capitano e scuotendo la testa si allontanò.
Prima di essere travolto di nuovo dagli abbracci, Jake notò con la coda dell’ occhio Sam e Paul inseguire rapidamente Jared fuori dalla porta.
Qualcosa di stranò stava succedendo, pensò prima di trovare sulle sue le labbra di Daya.

 
Angolo autrice…

 

… e un altro membro si è unito al branco di Sam. Se fate due rapiti calcoli siamo a settembre e quindi sì il ritorno di Bella è proprio nel prossimo capitolo.
Nel darvi appuntamento alla settimana prossima auguro una splendida settimana di ferragosto chi parte e a chi resta a casa.
Con affetto
Noemi

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Capitolo 11
*** La bella addormentata nel bosco ***


" Principessina se la triste profezia si avverasse bimba mia , non per questo morirai ma nel sonno tu cadrai . E il tuo sonno cesserà se l'amor ti bacerà ; sia questo il più  fulgido dei tuoi doni che la speranza mai ti abbandoni "

 

Capitolo 10
La bella addormentata nel bosco

 

“Dai Jake, sono il tuo migliore amico e tu il capitano, il coach ti avrà già detto chi ha scelto. Non ci credo che vuoi farmi aspettare i risultati in bacheca.”
Jacob era sdraiato sul letto con una rivista di automobili sotto gli occhi e una ciotola di patatine sul pavimento in cui tuffava la mano a intervalli regolari. Sorrise beffardo a Embry che, seduto alla scrivania, correggeva il suo compito di chimica.
“Non posso dirtelo, Embry. Non sarebbe corretto nei confronti degli altri.”
“Neanche che io faccia i compito al posto  tuo lo è. Perciò arrangiati da solo.”
Gli lanciò il quaderno e si alzò per impadronirsi della ciotola, ma Quil fu più veloce, arrivò alle patatine e si sedette sul davanzale della finestra ad osservare i due che iniziavano ad azzuffarsi.
“Ahi. Fermo, Embry non si tratta così il tuo capitano.”
“Quindi sono in squadra?”
“Se ti impegnassi cosi tanto con Erika, come stai facendo con me nel cercare di estorcermi segreti, le avresti già levato il reggiseno.”
Quil rise ma l’arrivo di Billy li interruppe. Li osservava dalla porta con un espressione gelida.
“Che succede?” chiese Jacob preoccupato. Il padre non gli rispose rivolgendosi invece all’amico.
“Devi andare a chiamare tuo nonno, Quil. Digli di venire  subito qui e di portare anche  Harry Clearwater e Sam Uley.”
“Ma…”
“Veloce, Quil. Per favore.”
Il ragazzo uscì senza ulteriori domande mentre Jacob e  Embry, divenuti improvvisamente seri, non smisero di fissarlo. Billy sospirò prendendosi la testa fra le mani.
“Bella Swan è sparita nel bosco.”
Quell’ unica frase bastò a far gelare Jacob. Guardò il padre assicurandosi di aver capito bene.
“Sparita?”
“Ne so quanto te, figliolo. Charlie sta radunando i suoi colleghi e gli servirà una mano.  E no, non andrai  con loro a cercarla.”
“Ma papà…”
“Hai quindici anni, Jake e posso ancora dirti  cosa fare. Non ti voglio nel bosco da solo. Ma puoi venire e aspettare lì.” Concesse infine.

Le ore che seguirono furono fra le più caotiche della sua vita.
Billy radunò  più persone possibili nel suo giardino e, tutti insieme, si diressero a casa di Charlie per iniziare le ricerche.
Non era sicuro di quanto tempo fosse passato, sapeva solo che avevano percorso talmente tante volte il portico di casa Swan che era certo vi avesse lasciato dei solchi.
Che problema aveva quella ragazza? Sembrava non riuscire a stare lontana dai guai. Prima scappava di casa, due giorni dopo la ricoveravano con le ossa rotte  e un trauma cranico e ora spariva nel bosco. Passarono ancora minuti o forse ore che a lui parvero lunghe come secoli e poi,  finalmente, Sam uscì dal bosco con Bella fra le braccia.
Sembrava ancora più piccola e indifesa, semisvenuta fra le braccia di quel gigante. Jake la vide tremare ed iniziò a tremare anche lui. Non riusciva a calmarsi, eppure il peggio era passato. Lei era lì e sembrava stare bene. Sì, aveva un aspetto orribile , ma l’avevano trovata ed era viva.  
Aspettarono l’arrivo del medico e  Bella si riprese. Aprì gli occhi, ma Jacob capì subito che qualcosa dentro di lei si era rotto.
Se non fosse stato per suo padre che tentava di farlo ragionare avrebbe passato i giorni seguenti attaccato al telefono per avere sue notizie.  Avrebbe anche voluto andare di persona a sincerarsi  sulle sue condizioni ma Charlie gli disse che era ancora molto scossa, che era chiusa in camera sua e  che non voleva vedere nessuno. 

 

 
E i giorni divennero settimane e le settimane mesi. La vita di Jake prosegui come sempre fra scuola, partite, Quil e Embry.  E Bella restava immobile.
Le poche volte che era riuscito ad incrociarla gli si era stretto lo stomaco a vederla così: il fantasma di se stessa, niente luce negli occhi, niente risata cristallina. Bella era andata via. Ed era tutta colpa di quel Cullen. Non riusciva a trattenere un brivido di rabbia che gli attraversava la schiena ogni volta che si trovava a pensare a come Bella si era ridotta per lui.
Infine in un pomeriggio di Gennaio qualcosa cambiò.
Stava guardando i risultati delle partite quando il rombo di un motore  familiare lo distrasse.
Si affacciò alla finestra e non riuscì a trattenere un sorriso. Non si era sbagliato. Prima ancora di rendersene conto stava correndo in cortile, verso il furgone rosso che era stato di suo padre.

“Bella.”
“Ciao, Jacob.”

Si fermò a pochi passi di distanza da lei, avrebbe voluto abbracciarla ma qualcosa lo trattenne. La osservò e lei sorrise. Un piccolo sorriso. Un sorriso solo per lui.
Il cuore di Jacob accelerò di colpo e in quel preciso istante lui percepì qualcosa dentro di se che si smuoveva per poi risistemarsi nel posto giusto.
“Sei cresciuto ancora.”

“Più di un metro e novanta.”
“Ti fermerai mai. Sei enorme?”
“Ma magro come un chiodo.”

Uno scambio di battute quasi banale che però fece ridere entrambi. Solo in quel momento Jacob si accorse della pioggia battente e la condusse nel piccolo salotto dove Billy l’accolse calorosamente.
Quando Bella informò Billy che aveva tutte le intenzioni di farsi vedere in casa loro molto spesso, Jake pensò di essere finito in un universo parallelo. Cercò di trattenersi, ma un sorriso ancora più largo si piantò sul suo viso. Era consapevole di sembrare un idiota totale ma non poteva farne a meno. Bella era piombata lì all’ improvviso e sembrava entusiasta, anzi desiderosa della sua compagnia. Era come se tutti i suoi sogni, almeno quelli in cui lei era vestita, si stessero avverando.
L’accompagnò nel suo garage e le mostrò la Golf, ormai quasi terminata. Fu allora che lei riuscì a lasciarlo ancora più incredulo, facendogli vedere le moto che aveva portato con sé e  chiedendogli se  fosse in grado di ripararle.
Davvero, era uno scherzo? La donna dei suoi sogni arrivava a casa sua, desiderosa di passare del tempo con lui e, ciliegina sulla torta, gli regalava un Harley? Ma cose così accadono davvero?
Era di sicuro il giorno più fortunato di tutto la sua vita… cazzo Quil e Embry!
Sentì le loro voci e, pochi attimi dopo, li vide entrare in garage. Si fermarono sulla soglia stupiti e poi si scambiarono un’ occhiata complice. Jacob sospirò rassegnato e fece le presentazioni.

“Quil, Embry questa è la mia amica Bella.”
Non si erano sbagliati, da complice l’occhiata divenne piena di sottointesi. Jake cercò di ignorarla e gli spiegò delle moto e di quello che voleva fare. Si immersero nella conversazione finché non vide Bella alzarsi. Si bloccò di colpo, era stato un vero idiota. Un pomeriggio con Bella e lui l’aveva sprecato a parlare di motori con Quil e Embry. Ma si può essere più scemi di così?
Bella, però, non sembrò esserne infastidita, anzi, gli regalò un altro sorriso che gli fece momentaneamente dimenticare il resto.

“Se torno domani è un problema?”  Si riscosse  alle risatine malcelate degli amici.
“Va benissimo”
“Ma non sono ancor sicuro di voler lasciare pagare tutto a te… non mi sembra giusto.”
“Jake, se le portassi dal meccanico quanto pensi che mi chiederebbe?”
“In effetti stai facendo un affarone.”
“Per non parlare delle lezioni.”

A quel punto Quil, che aveva assistito a tutto lo scambio di battute con un sorrisetto in volto, non riuscì più a trattenersi e si chinò verso Embry.
“Non credo sappia davvero che lezioni vuole darle, Jake.”
Embry non ebbe  il tempo di cercare di trattenere la risata che Jake lo colpì alla nuca. Bella però non si scompose e saluto i tre ragazzi.
Era appena uscita dalla porta quando Quil si buttò addosso a Jake strofinandogli la testa.

“Evvai.”
Jake se lo scrollò da dosso, ma solo per essere colpito alle spalle da Embry.
“Amico è davvero carina… gambe e sedere che parlano.” Jake gli diede un pugno allo stomaco.

“Ahi.” Embry rise tornando a colpirlo.
“Basta.” Si allontanò di qualche passo, guardandoli truce.
“Se solo uno di voi due osa mettere piedi qua domani…”
“Ok, noi non verremo, ma tu poi ci racconterai tutto.”
“E io ruberò il whisky del nonno.” concluse Quil facendogli l’occhiolino.
“Idiota.”
“Non si può mai sapere, Jake.” Lui scosse la testa e tornò a smontare i  pezzi della moto senza però riuscire a smettere di  sorridere.

 

 

Angolo autrice.

 
Ed ecco il capitolo che credo tante di voi stavano aspettando. E sì, Bella è tornata e da questo momento in poi forse le cose cambieranno.
Volevo fare un ringraziamento speciale alle nuove lettrici, grazie mille per le vostre recensioni e mi scuso a chi non ho ancora risposto ma da martedì sono in ferie e recupero tutto.
Prima di darvi appuntamento ala settimana prossimo vi lascio il link di una piccola shot Jake/Bella che ho appena pubblicato …

Anni per amarti

 
Con affetto
Noemi

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Capitolo 12
*** Red & Toby ***



"Noi saremo amici per sempre, non è vero?"
"Sì, per sempre"

 

Capitolo 11

Red e Toby

 

Le sue fantasie presero il largo nella notte e immaginò tutti i possibili scenari per quella giornata con Bella. Così, quando al mattino si svegliò con una pioggia scrosciante, non poté fare a meno di sorridere.
Ok, non pensava davvero che avrebbe baciato Bella sotto l’acqua, sdraiato sul cofano del pick up. Il pick up non aveva nemmeno un cofano, a dirla tutta ma,  ehi, sognare non costava niente.
Fece colazione, scambiò qualche battuta con il padre, che non smise di ridere vedendo il sorriso che dal pomeriggio prima aleggiava sul volto del figlio e quando Bella arrivò, non ebbe neanche il tempo di spegnere il motore  che lui le era già corso incontro con in mano un grosso ombrello nero. La vide sorridere di nuovo e si sentì orgoglioso. Aveva saputo da Charlie che erano mesi che Bella non usciva di casa se non per la scuola, che non parlava con nessuno, mentre ora era lì, davanti a lui e sorrideva.
Aspettarono che il padre uscisse di casa insieme ad Harry e poi si avviarono alla discarica. Dovevano iniziare a lavorare sulle moto e se avessero avuto fortuna  avrebbero potuto risparmiare parecchi soldi con quel viaggio.
Dopo un breve tragitto scesero dal pick-up e si avviarono al cancello.
“Jake ma è chiuso.”  esclamò Bella  osservando il grosso lucchetto nero.
“E’ domenica, Bells. Che ti aspettavi?”
“Non lo so, ma ora come facciamo a entrare?”
Jake la osservò sorridendo.
“Scavalchiamo no?”
“Cosa? Sei impazzito…no, no.” Puntò i piedi, incrociando le braccia al petto.
“Non è difficile.”
“Forse per te non lo sarà. Io inciampo solo camminando e ora pretendi che scavalchi una rete di… quanto cavolo sarà alta, Jake?”
Adesso il suo sorriso divenne una vera e propria risata.
“Non ti lascio cadere ok ?  Fidati di me?”
“Questa battuta mi ricorda un film che, per la cronaca, finiva con l’affondamento della nave.”
“Ma Rose non è morta… quindi smetti di lamentarti e inizia ad arrampicarti.”
Bella guardò la recinzioni un paio di volte poco convinta, osservò Jake scavalcarla senza particolare difficoltà e, sospirando rassegnata, cercò di fare altrettanto.
“Visto? Non era difficile. Ora alza una gamba alla volta e buttati.”
“Non lo so, Jake io…”
“Bella. È più facile scendere di qua che tornare giù.”
“Ma è davvero alto.”
“Bella…”
“Ok, ok mi sto buttando.”
Chiuse gli occhi e si lasciò andare, pochi istanti dopo Jake se la ritrovò fra le braccia, perse l’equilibrio ed  entrambi finirono sdraiati nel fango.
La strinse a se, probabilmente molto più di quando avrebbe dovuto, ma sentire il corpo di Bella contro il suo… non riuscì a farne  a meno.
“Stai bene?” Le chiese infine mettendosi seduto.
Lei annui levandosi lo sporco dal viso e scoppiando a ridere.
“E’ stato divertente.” esclamò. Lui si unì alla sua risata e l’aiutò a rimettersi in piedi.
Passarono così la mattinata, a cercare  vecchi pezzi arrugginiti e ridendo per ogni piccola cosa. Jacob pensò allora di non essersi mai sentito così felice, esattamente lì, in mezzo al fango accanto a  Bella. Nessun pomeriggio con Daya o Kay gli aveva scatenato dentro  le stesse sensazioni. Nessuno dei loro baci gli aveva fatto provare lo stesso calore che sentiva sulla pelle quando la sua Bella sorrideva. Sua?
Per cancellare quel pensiero assurdo, si rimise a controllare tutti i pezzi trovati.
“Direi che siamo a posto è andata meglio del previsto.” esclamò soddisfatto.
“Ma come facciamo a scavalcare con questi?” chiese Bella preoccupata.
“C’è un buco nella recinzione, vedi proprio dietro quel capanno.”
“Cosa? E tu l’hai sempre saputo?”
“Beh sì…”
“E mi hai fatto scavalcare?”
“Ma hai detto che è stato divertente.” Si difese lui con un ghigno compiaciuto sul volto.
“Jacob Black comincia a correre perché se ti prendo ti do io un bell’esempio di divertimento.”
Ripresero a ridere e continuarono a farlo per tutta la giornata, mentre cercavano di ripulirsi da tutto quel fango e  mentre si dirigevano ad  Hoquiam per acquistare altri pezzi di ricambio. Risero di ritorno a La  Push. Risero iniziando un gioco assurdo sull’ età per stabilire chi fosse il più vecchio.
Bella era intenzionata a dimostrare che lei era la più matura fra i due, forte della differenza d’età ma Jacob era restio a dargliela vinta.
Ma  tra tutte le  risate non gli erano sfuggiti quei momenti in cui lei sembrava sparire, persa dietro un ricordo forse troppo doloroso. Erano piccoli gesti ma, che per lui, erano più chiari di un insegna al neon. Una domanda scomoda, una frase sbagliata e i suoi occhi si abbassavano mentre le braccia andavano in automatico a stringersi contro il proprio corpo, come a cercare di tenere insieme i propri pezzi, come a volersi proteggere da un gelo improvviso. Ed era proprio in quei momenti che Jacob si sentiva tirare verso di lei; che sentiva più forte l’impulso  di proteggerla, di stringerla a se, cancellando tutto il dolore della sua vita.

 

Il mattino dopo la giornata trascorsa con Bella, aveva ancora un sorriso idiota stampato in volto che neanche il test di storia riuscì a cancellare.  Seduto nella caffetteria per il pranzo, Embry e Quil non smisero un solo istante di prenderlo in giro, ma lui quasi non li sentì e quando Daya lo invitò a studiare a casa sua, rifiutò.
Dopo l’allenamento Embry lo bloccò nello spogliatoio.
“Quindi non esci con Daya oggi…”
Jake alzò le spalle, sistemando la tuta nell’armadietto.
“Bella viene da me fra poco.”
“Quindi voi…” sentenziò con un gesto eloquente indicando l’amico.
“Quindi noi niente. Siamo amici.”
“Ti stai ficcando in un bel guaio, Jake.”
“Si può sapere di che parli, Embry?”
“Parlo del fatto che ti stai innamorando.” disse ridendo e colpendolo alle costole.
“Deve averti colpito forte quella pallonata.”
“Analizzo solo i fatti. Non esci con i tuoi amici, non esci con Daya…”
“Sei un idiota, Embry. Davvero, non sono innamorato di Bella.”
Era già sceso a patti con se stesso ammettendo di avere una cotta per lei, ma di certo non si stava innamorando. Era una cosa impensabile, aveva solo sedici anni.  All’ improvviso ripensò alla sensazione che aveva provato vedendola arrivare a casa sua qualche giorno prima, quando per la prima volta, gli aveva sorriso. Scosse la testa, finì di vestirsi e uscì dalla  palestra. Lui non era innamorata. Anche se Bella… lei era qualcosa di diverso, inaspettato e c’era una differenza che gli sfuggiva sempre quando si trattava di lei.
"Anima gemella" gli sussurrava qualcosa dentro.
Ma se era assurdo il concetto di essersi innamorato ancora più assurdo era pensare di aver trovato la propria anima gemella.
Folle, ecco cosa sono!
Credere di aver trovato l'anima gemella a sedici anni?
Ma chi voglio prendere per il culo?
Concepire un'idea come quella era come dare in mano una Ferrari a chi non ha mai guidato un'auto. Idiota, spaventoso e allo stesso tempo adrenalinico e completamente fuori controllo.

 

Qualche giorno dopo era sdraiato con Bella nel suo salotto. Avevano stabilito un paio di pomeriggi di compiti alla settimana per non rimanere troppo indietro con lo studio.  Lei aveva la matita in bocca e la mordicchiava mentre, con  la mano libera, si spostava una ciocca di capelli dietro le orecchie. Jake alzò la testa dal compito di trigonometria,  dimenticandosi improvvisamente della domanda che stava per farle.
Lei rimase lì, assorta nei suoi pensieri  mentre lui non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.  Si accorse subito dell’ombra che le attraversò  gli occhi, si chiese se era per lui, se in quel momento lo stesse pensando e lo odiò. Lo odiò ancora più di quando lo vide con lei al ballo, lo odiò perché aveva levato dal suo volto il sorriso, l’odiò  per farla sentire male.  Si ritrovò a stringere più forte la penna fra le mani, il dolore di Bella lo sentiva così forte che era come se anche una parte di lui soffrisse con lei. 
“Bells…”
“Mhmm?”
Si girò verso di lui sorrise e l’ombra nei suoi occhi sembrò scomparire mentre lo guardava.  Jake restò un attimo spaesato ma si riprese subito.
“Non… mi daresti una mano con questo passaggio?”
Lei si spostò, mettendosi più vicino a lui. I capelli ricadevano leggermente sulla spalla di Jake mentre si chinava a guardare il problema. E lui si ritrovò  avvolto dal profumo del suo shampoo all’arancia. Percepì le guance colorarsi di rosso e le mani iniziare a sudare. Allora, si sentì prima incredibilmente ridicolo e poi completamente fregato. Non sapeva se era per quello sguardo che sembrava rivolgere solo a lui, se era per come lo facesse sentire importante il fatto che lei sembrava aver bisogno di lui o il fatto che sorridesse solo in sua presenza, ma quello che sapeva era che  Embry aveva ragione. Porca miseria si era innamorato e la sua Ferrari non era solo un auto veloce, era un auto da corsa.

 

Angolo autrice.

 
E sì eccomi qua con un giorno d’anticipo, ma domani non so se potrò collegarmi così ho preferito postare ora.
Questo capitolo direi che parla da solo. Mi sono sempre chiesta quando la cotta di Jake fosse diventata qualcosa di più e questa è la mia risposta. Mi farebbe davvero piacere che cosa ne pensate.
Ho scritto un missing moment di questa storia … lo trovate qua:

Love Boat non era un telefilm?

 
E ora una comunicazione di servizio. Questa storia va in pausa per un mesetto. No , niente paura, ho già altri capitoli pronti e non ho nessuna intenzione di lasciarla a metà, continuerà e avrà una fine solo che per un mese vi farò scoprire un'altra storia. Una storia a cui tengo particolarmente, quindi se vorrete seguirmi venerdì scoprirete di che cosa parlo.

L’appuntamento con Jake e Bells è quindi alla prima settimana di ottobre.
Grazie a tutti quelli che mi hanno seguiti fin ora e spero di ritrovarvi presto.
Con affetto
Noemi

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Capitolo 13
*** Balto ***


 

“Non è cane. Non è lupo.
Sa soltanto quello che non è.
Se solo capisse quello che è.”

 

Capitolo 12
Balto

 Nella riserva indiana di La Push vivevano 371 persone. Con una popolazione così ridotta non ci si poteva aspettare che la scuola superiore locale contasse più di un centinaio di studenti. Troppo pochi per avere più squadre sportive , abbastanza da averne almeno una: la squadra di basket dei Wolves capitanata da Jacob Black. Un altro svantaggio del numero ridotto di studenti e di popolazione in generale era che tutti conoscevano e sapevano tutto di tutti. I pettegolezzi alla Quileute  Tribal School correvano veloci neanche ci si trovasse all’interno di una puntata di “Gossip Girl”.
Nel giro di pochissimo tutti erano venuti a sapere che Jared aveva perso la fascia di capitano, aveva avuto una sorta di crollo nervoso, non si era presentato a scuola per un paio di settimane e al suo ritorno aveva mollato Olivia per fare coppia fissa con Kimberly. La stessa Kim che aveva una cotta per lui dalla prima elementare e alla quale lui aveva rivolto la parola ben poche volte, e tutte per chiederle di fargli copiare il compito di inglese.
Jacob, da parte sua, non prestava mai molto attenzione ai pettegolezzi, quella era roba da ragazze, ma nella riserva con ben pochi altri divertimenti, anche quelli diventano un diversivo. Così anche lui si era trovato a speculare, fra una lezione e l’altra, su che cosa avesse colpito Jared in testa per farlo cambiare in modo così radicale .
Aveva provato a parlare con lui più volte, chiedendogli di tornare in squadra. Non voleva apparire disperato ma la verità era proprio quella: senza Jared erano alla deriva. La maggior parte degli schemi di gioco ruotavano intorno a loro due, Embry era un buon giocatore, ma in assenza del loro libero titolare, erano irrimediabilmente più deboli.
Il Coach aveva iniziato ad inserire allenamenti supplementari e fra quelli e i pomeriggi con Bella non gli restava molto tempo per studiare, l’ennesima D in trigonometria ne era una prova inconfutabile. Come se non bastasse il resto, con quella insufficienza non avrebbe potuto giocare, il Coach si sarebbe infuriato e ne sarebbero risultati ulteriori allenamenti per tutta la squadra. Sembrava una spirale senza fine.
Forse era la giornata, forse era il carico extra di lavoro, ma anche Embry, che di solito era l’emblema stesso della calma, appariva nervoso e irascibile.
Da che si conoscevano non avevano mai litigato, mentre da un paio di settimane discutevano su tutto.
Embry era sempre stato il più bravo a scuola, in realtà era anche l’unico che avesse mai aperto un libro, ma non era mai stato un problema per lui aiutare i due amici. Fino a quella mattina, quando Jacob gli chiese il compito di spagnolo e lui reagì infuriandosi e urlandogli contro.
Era abbastanza normale quindi che Jake fosse di pessimo umore, mentre entrava in caffetteria per il pranzo, intenzionato a parlare con Jared per l’ennesima volta.
Lo trovò seduto ad un tavolo con Paul. Paul e Jared non si erano mai frequentati molto mentre ora s
embravano essere diventati inseparabili.
“Ehi Black.” Lo salutò Jared appena lo vide.
“Cameron.”
“Il grande capitano si unisce a noi, a cosa dobbiamo questo onore?” chiese sarcastico Paul.
“Di certo non alla tua faccia da idiota.” Lo schernì Embry posando il suo vassoio con il pranzo. Paul reagì alla provocazione alzandosi in piedi ed emettendo quello che a Jacob parve tanto come un ringhio, e non poté non notare come le mani che stringeva contro il tavolo tremavano in maniera convulsa. Jared gli posò una mano sul braccio e Paul tornò a sedersi senza però smettere di tremare.
Jake cercò di ignorarlo e riprese a rivolgersi all’ex compagno di squadra.
“Com’è andato il compito di spagnolo?”

“Non lo so. Kim mi ha dato qualche ripetizione, ma non credo di averne ricavato gran che.”
“Qualcosa ne hai ricavato in realtà.” Sghignazzo Paul ancora con lo sguardo su Embry. Jared lo ignorò continuando a mangiare il suo panino.
“Oggi alle quattro abbiamo un allenamento magari…”
“Non torno in squadra, Jake.”
“Ma la settimana prossima c’è la partita contro la Forks …”
Il ragazzo emise un sibilo frustato ma la sua risposta fu interrotta dall’ arrivo di Kim ed Erika.
Jared si voltò a guardarla e Jacob sperò con tutto se stesso di non assumere la stessa faccia da pesce bollito ogni volta che guardava Bella.
La ragazza si sedette vicino a lui salutandoli mentre Embry si spostava per fare posto ad Erika.
Sempre a proposito di pettegolezzi tutta la scuola sapeva che lui ed Erika facevano coppia fissa, che lei era cotta di lui e che Paul era un idiota che ci provava con tutti gli essere dotati di tette. Di conseguenza quello che accadde negli istanti successivi non avrebbe dovuto provocare tali e simili reazioni.
Embry si sporse a baciarla, lei gli sorrise chiedendogli del compito mentre Paul alzandosi dal suo posto si mise dall’ altro lato della ragazza passandole la mano sulla spalla. Lei si voltò a guardarlo.
“Che c’è?”

“Stavo pensando.” Iniziò a parlare guardando Embry oltre la spalla di Erika. “Oggi potresti venire a casa mia per quella ricerca che ci è stata assegnata”.
“Non avevamo deciso di farla qui in biblioteca?”
“ Sì, ma casa mia è più comoda, c’è un letto.” Prese una sua ciocca di capelli avvolgendola fra le dita, Embry allora si alzò di scatto rovesciando la sedia mentre un ghigno soddisfatto comparve sul volto di Paul che subito venne cancellato da Embry con un pugno sul naso. Il sangue iniziò a colare dal viso del giovane e Jake si accorse che le mani dell’amico tremavano come quello di Paul. Scattò in piedi per dividerli ma Quil fu più veloce, afferrò Embry per la vita ma ne rimediò una gomitata che gli spaccò il labbro.
A quel punto Jared strattonò Paul, allontanandolo da Embry che, liberatosi dalla presa di Quil, si era piegato sulle ginocchia scosso da convulsioni. Erika gli si avvicinò prendendogli il viso fra le mani e guardandolo spaventata.
“Stai scottando.”
“Lo accompagno in infermeria” intervenne subito Jared passando una mano sotto l’ascella di Embry e quasi sollevandolo da terra. Scosse la testa guardando Paul che si toccava il naso che aveva già smesso incredibilmente di sanguinare.
“Sei un coglione lo sai ,vero?”
“Sarebbe successo lo stesso, erano giorni…”
“Di che diamine parlate?’” chiese Quil senza però ottenere risposta e osservandoli trascinare Embry in infermeria.

 
Embry non si presentò a scuola per le due settimane successive. Jacob e Quil erano sempre più preoccupati, Tiffany gli aveva detto che il figlio stava talmente male da non riuscire ad alzarsi dal letto, ma Jacob era sicuro di averlo intravisto insieme a Sam Uley tornando a casa da un pomeriggio a casa Swan.
Era nel suo garage intento a sistemare gli ultimi pezzi della moto rossa che sarebbe stata di Bella. Diete
un’ ultima regolata al freno, ripensando al discorso che aveva fatto con Quil al mattino.
Era stato un coglione, aveva finito le moto in meno di un mese e adesso non avrebbe avuto più occasione per passare tutto quel tempo con lei. Certo, gli allenamenti ed i compiti ne avrebbero tratto giovamento, ma lui non credeva che sarebbe stato in grado di rinunciare a quei pomeriggi in cui piano piano dentro il suo garage, fra una chiave inglese ed una soda calda, aveva visto tonare in lei una parvenza di serenità.
Sentì dei passi, poi il cigolio della porta e qualcuno che entrava sedendosi per terra.
“Ehi.”

Jake si pulì le mani salutando l’amico.
“Ehi.”

“Niente Bella oggi?”
“È a lavoro.”
Quil annuì accarezzando il manubrio dalla moto.
“Novità?”

“Ci siamo visti tre ore fa che novità vuoi che abbia?”
“No, era così per parlare.”
“Quil che diamine succede? Sputa.”
“Ho visto Embry alla scogliera. Non credi che per uno malato come lui un tuffo non sia proprio l’ideale?”
Jake sospirò.
“Ok, andiamo a parlargli.”





Angolo autrice.
Quanto tempo è passato? Ma ora, dopo una pausa in cui vi ho narrato la vita futura di Embry Il mio perchè eccoci di nuovo qua.
Avevamo lasciato Jake alle prese con i suoi sentimenti per Bella, una Bella ancora devastata per l’abbandono di Edward e, ora, lo ritroviamo in questo capitolo a cercare di capire che diamine stia succedendo al suo migliore amico. E sì, ormai ci siamo il prossimo a trasformarsi sarà  proprio lui.
Se sei arrivato a leggere fin qua, e non ti sei scordato di loro il mio grazie è per te.

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Capitolo 14
*** Il soldatino di piombo ***


“Il soldatino vide una gran luce e sentì un gran calore, era insopportabile, ma lui non sapeva se era proprio la fiamma del fuoco o quella dell'amore. I suoi colori erano ormai sbiaditi, ma chi poteva dire se fosse per il viaggio o per la pena d'amore? Il soldatino guardò la fanciulla e lei guardò lui, e lui si sentì sciogliere.”

 

Capitolo 13
Il soldatino di piombo

Jacob aprì con foga il rubinetto e il getto gelido della doccia lo investì, ma non ci badò.
Aveva bisogno di quel freddo. Serviva a snebbiargli la testa e a farlo ragionare con lucidità.
Le ultime settimane erano state così assurde, che se gli avessero detto che le prossime sarebbe state ancora peggio, non ci avrebbe mai creduto. C'erano troppe cose che non andavano, troppi pezzi da mettere insieme e riordinare in quel complicato puzzle e lui ci capiva sempre meno.
La squadra stava andando a pezzi ora che anche Embry aveva lasciato. Il suo rimpiazzo era già tanto riuscisse a fare quattro passaggi senza inciampare nei propri piedi.
E, sempre a proposito di Embry, continuava ad evitare sia lui che Quil. Era assurdo! Non c’era stato un giorno, dai tempi dell’asilo, che non avessero passato insieme. Quel Sam Uley… era certo fosse tutta colpa sua.
Colpì con forza la parete, frustrato. Lo odiava. Sentiva i suoi occhi addosso dovunque andasse. Sembrava quasi lo seguisse e le occhiate che gli gettava…come se aspettasse qualcosa, come se aspettasse lui. Per cosa poi? Per unirsi a quella sua ridicola gang di capoclasse sotto steroidi? Per quanto lo riguardava poteva continuare ad aspettare in eterno.
Parlare con suo padre non era servito anzi lo aveva fatto infuriare. E quella, per lui, era una sensazione praticamente sconosciuta. La rabbia non aveva mai fatto parte della sua vita. Lui cercava di affrontare tutto con il buon umore. Lo aveva imparato, poco più che bambino, alla morte della madre. La rabbia non l’avrebbe fatta tornare, non avrebbe guarito la malattia del padre o impedito l’allontanamento delle sue sorelle. La rabbia non lo avrebbe fatto stare meglio, anzi lo avrebbe fatto sprofondare di più. Eppure non era riuscito a rispondere con la solita indifferenza al sorrisetto del padre mentre gli raccontava di Sam.
L’unica con cui era riuscito a parlare, ed ad alleggerire così quel peso che si portava addosso, era stata Bella. Ma a lei faceva capo tutto il resto dei suoi problemi.

Che c’è?”
Niente. Non me ne sono mai accorta. Sai che sei, come dire… bello.”
Hai preso una bella botta in testa, Eh?”
Dico sul serio.”
Be’, allora…come dire, grazie.”
Come dire, prego.”
Erano all’interno del sui pick–up. Jake guidava, si era accorto che lei lo stava fissando in silenzio e si era sentito subito in imbarazzo. Quella ragazza minuta e fragile aveva il potere di renderlo un idiota totale. In sua presenza si sentiva sempre troppo goffo, troppo timido, troppo tutto.
E, come se non bastasse, lei lo avevo spiazzato con quell' affermazione. Forse spiazzato proprio no, si era accorto di come il fisico di lei reagiva in sua presenza. Il modo di stringersi, il modo in cui le loro mani si sfioravano.
Si era detto più volte che era solo la sua immaginazione, i suoi sentimenti che gli facevano vedere quello che in realtà non c’era. Ma quella piccola frase metteva tutto sotto una nuova luce. Bella era attratta da lui. Ok, attrazione era eccessivo, ma di certo lui non le era indifferente.
Erano amici, era la sua migliore amica. E in quelle settimane era nato fra loro un rapporto così naturale, che non trovava altro termine per descriverlo che speciale.
Nonostante questo c’era sempre quell’ombra. Bastava un niente, a volte, e lei spariva. La Bella che amava veniva sostituita, in un battito di ciglia, da un involucro vuoto e spezzato. Stava male e lui era come se percepisse quel suo dolore. Come se lei fosse un suo prolungamento, un arto indispensabile per vivere e, se soffriva, Jake soffriva di rimando.
Le sarebbe servito tempo, lo sapeva, ma lui sarebbe rimasto lì per lei, ma poi aveva finito per dare retta ai consigli di Quil.
Dovevano aver corretto la sua Gatorade con dell’alcol e anche di pessima qualità, non c’era altra spiegazione. Perché lui, mai e poi mai avrebbe accettato consigli amorosi da Quil. Cazzo, quel ragazzo legge Cosmopolitan!
Come aveva potuto credere che fare un regalo di San Valentino a Bella potesse essere una buona idea?

“Io dico, Jake che è tempo di definire il vostro rapporto. Sai a quante occasioni stai rinunciando per lei? E siete ancora solo amici? Che male vuoi che faccia un piccolo incoraggiamento?”
C’era di male la faccia di Bella, quanto come un idiota le aveva allungato quegli stupidi cioccolatini.
Beh, mi sento una cretina è San Valentino oggi?”

Non ti preoccupare Bella il cretino sono io, solo e solamente io.
Lei apparteneva ancora a quel bastardo e lui doveva non seguire mai più i consigli di Quil.
Cazzo se gli mancava Embry!
Strinse più forte la manopola della doccia finché non la sentì incrinarsi sotto le sue mani. Aprì gli occhi spaventato. Che cosa diavolo gli stava succedendo?

Uscì dalla doccia e afferrò i vestiti appesi alla maniglia della porta. Frizionò i capelli con l’asciugamano, accorgendosi che le mani gli tremavano così tanto da non riuscire quasi ad infilare la t-shirt. Cercò di calmarsi, regolarizzando il respiro e il tremore cessò.
Con il braccio ripulì lo specchio dal vapore e si fermò ad osservare il suo riflesso. C’erano giorni in cui si sentiva così strano che non si sarebbe stupito di vedersi cambiato, ma oggi gli restituiva la stessa immagine di sempre, tranne che per la maglietta nera che gli stringeva sulle spalle, troppo stretta e l’aveva comprata solo la settimana prima. Appoggiò la fronte al marmo freddo del lavandino, era stanco di non capirci niente.
“Jake, questa casa ha solo un bagno, sai?”
Sibilò frustato, uscendo e incrociato il padre che aspettava sulla porta.
Arrivò in camera sua, buttandosi sul letto supino, un braccio a coprirgli gli occhi dalla luce della lampada che non aveva voglia di spegnere.
Bella avrebbe finito a momenti il turno di lavoro dai Newton, avrebbe potuto chiamarla. Era assurdo, ma sentire la sua voce riusciva a calmarlo sempre, l’avrebbe fatto anche stavolta che non sapeva neanche per quale motivo fosse così nervoso.
Si sedette al tavolo di cucina tamburellando con le dita della mano destra mentre con l’altra componeva il numero di casa Swan.
Bella rispose al sesto squillo.

Ora mi sono ridotto a contarli, si può essere più patetici di così?
Aveva il fiatone e Jake si ritrovò a sorridere, immaginandola correre al telefono rischiando di inciampare. Non poteva trovare sexy pure quel particolare di lei. E’ normale o rischio seriamente il manicomio?
“Ehi, Bella.”
“Ciao, Jake.”
“Com’è andato il pomeriggio?” Chiese.
“Lungo e noioso, non è entrata molta gente. Il tuo?”
“Il solito.”
“Va tutto bene, Jake? Sembri. .. non lo so, preoccupato.”
Se ne era accorta, allontanò la cornetta sospirando. “No io…”
“Perché tu e tuo padre non venite a cena qua? Stavo giusto per preparare le lasagne.”
“Sarebbe fantastico. Ci vediamo tra poco allora.”
“A tra poco.”
Riappese il telefono sentendosi improvvisamente felice. Pochi minuti e sarebbe stato con Bella.

 
La cena trascorse tranquillamente, si ritrovarono a ridere come sempre per niente o per battute che capivano solo loro. E ogni volta notavano gli sguardi che Billy e Charlie si scambiavano, a volte davano l’impressione di essere peggio di due vecchie zitelle pettegole.
E poi arrivò il momento della consueta partita. Bella gli tolse i piatti, che lui stava aiutando a sistemare, dalle mani.
“Finisco io tranquillo. Vai a vedere la partita.”
“Non mi dispiace aiutarti.”

Ok Houston abbiamo un problema. Gli urlava un angolino del suo cervello. Stai scegliendo di fare le faccende domestiche piuttosto che vedere la partita. Questa ragazza ti manderà in rovina. Dio! Ma chi ha brevettato la mia coscienza? Quil? È così inutilmente fastidiosa.
Aprì l’acqua e riempì il lavandino, mentre Bella, finito di sparecchiare, iniziava ad insaponare i piatti.
“Com’è andato il test di storia? Era oggi vero?” Gli domandò lei.
“Credo bene.”
“Allora il ripasso di sabato è servito.”
“Nah, sono io che sono un genio, non certo tu una brava insegnante”, esclamò sorridendo Jake.
“Ehi”, replicò lei offesa strofinandogli in viso la spugna con cui stava insaponando un bicchiere.
“Bells, non ti conviene iniziare questo gioco con me… lo sai com’è finito l’ultima volta.”
Lei rise e Jacob si ritrovò a pensare, mandando a quel paese la sua coscienza, che non ci fosse al mondo suono migliore di quello. La fissò imbambolato forse per troppi istanti e, per uscire da quel momento di imbarazzo, tornò a concentrarsi sui piatti. Finì di insaponare l’ultimo e girò la manopola dell’acqua per chiuderla e che diavolo non è possibile! La manopola gli restò fra le mani e l’acqua iniziò a scorrere forte schizzando da tutte le parti. Bella si portò le mani davanti al viso per ripararsi.
“Jake, fa qualcosa fermalo.”
“ E come faccio, si è rotto.”
“Non sei tu quello che aggiusta tutto?”
“I motori Bella, non i tubi.”
“Sto annegando.”
“Spostati da lì, allora”, disse prima di chinarsi sotto il lavandino e chiudere l’acqua.
“Ti levo cinque anni per questo, Jake. Anzi dieci.”
Si rialzò e osservò Bella: era completamente bagnata, il viso imbronciato e intorno a loro metà della  cucina era allagata. Non riuscì a trattenere oltre la risata.
Si piegò sulle ginocchia, mentre Bella si teneva lo stomaco.
“Jake sei completamente fradicio.”
“Sì, Beh tu sembri… non lo so .” Altre risate.
“Bells, che diamine è successo qua?”
Charlie comparve in cucina osservandoli e aprendo il frigo. “Cos’è questo disastro? Vedete di mettere a posto”, disse, ma il sorriso sul suo volto contrastava con il tono burbero di quel rimprovero. Afferrò la birra e uscì dalla cucina scuotendo la testa.
Appena il padre si allontanò i due ragazzi ripresero a ridere, Bella prese uno straccio, iniziando ad asciugare il pavimento ma, questo, bagnato la fece scivolare. Jake l’afferrò per un braccio impedendole di finire a terra. Si trovarono così vicini, troppo vicini. L’acqua aveva fatto aderire la maglietta al corpo di Bella, Jake la guardò, e porca miseria era bellissima. Il respiro iniziò ad accelerare mentre, oltre al cervello anche altre parti del suo corpo iniziarono, ad accorgersi e a reagire a quella vicinanza.
Si assicuro che lei non rischiasse di cadere e si voltò rapidamente afferrando lo strofinaccio dei piatti, usandolo per asciugarsi le mani e posizionandolo in posizione strategica, prima di rigirarsi verso di lei, sperando con tutto se stesso che Bella non si fosse accorta di nulla.

 

Angolino autrice.

Come sempre il mio più grande grazie ad Ellie, per la consulenza titolo e frase inziale(lo so , sto rendendo sceme te e Ania, grazie anche a te tesoro). E poi Angel. Ora ti faccio pure leggere Twilight… l’amicizia non ha limiti , eh? E a Sandra che se già betata tutta la storia.( Giuro che rallento la scrittura, ahahaha)
A venerdì prossimo.
Noemi

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Capitolo 15
*** La Bella e la Bestia ***


“Ma è pericoloso?”
“Oh, no, non farebbe del male a nessuno! Vi prego, so che sembra cattivo, ma in realtà è buono e gentile... è mio amico...”
“ Se non ti conoscessi meglio, direi che provi qualcosa per quell'orribile mostro!”
“Non è un mostro, Gaston, tu lo sei!”

 

Capitolo
La Bella e la Bestia.

 
Mike Newton era un coglione. Ma un coglione di quelli fatti e finiti. Jacob ne aveva sempre avuto il sospetto, le poche volte che avevano avuto occasione di incrociarsi alle partite di basket e ora, di ritorno da una serata al cinema, con lui che rigettava l’anima dentro una ciotola di pop corn, ne ebbe la conferma definitiva. Coglione con la C maiuscola. E della peggior specie, per giunta, coglione e figlio di papà.
Scrutò ansioso sullo specchietto retrovisore, i sedili della Golf. L’aveva ultimata da neanche ventiquattr’ore… era così orgoglioso di sé stesso e il suo primo pensiero era andato a Bella, voleva condividere quella piccola vittoria con lei e non poteva negare il piacere provato nel sentirla vantarsi di lui davanti a Mike.
Sapeva del tempo di cui lei aveva ancora bisogno, ma vederla con un altro ragazzo, gli aveva fatto sentire allo stomaco la stretta della gelosia. Era un atteggiamento stupido, ma voleva marcare il territorio. Non avrebbe permesso a nessun altro di portargliela via e così si era fatto avanti. Era consapevole delle linee di confine che lei cercava di tracciare con sempre crescente difficoltà nel loro rapporto, non si illudeva che quello che lei provava fosse lo stesso che sentiva lui, ma se anche la matematica non era mai stata il suo forte, era certo del risultato di due più due: Bella non era pronta ad un nuovo rapporto, ma non era neanche disposta a rinunciare a lui.

“Non riesco a immaginare come potrebbe non farmi piacere stare accanto a te.”
Finalmente lasciarono Mike a casa e si diressero in silenzio verso l’abitazione di Bella, entrambi persi nei propri pensieri. Jake sentiva che il discorso del cinema non si era ancora concluso, sapeva che un'altra occasione non si sarebbe presentata  presto, e sapeva di dover essere completamente onesto con lei.
Ormai, non capiva neanche lui bene come fosse stato possibile, ma era diventa la parte più importante della sua vita.  Sentiva con assoluta certezza che niente  aveva un senso se non vedere il sorriso di Bella e sapere di esserne stato lui l’artefice. Era una sensazione grandiosa, ma allo stesso tempo terrificante. Si sentiva talmente legato a quella ragazza da averne quasi paura.  Si trovò a chiedersi chi era davvero il coglione fra lui e  Mike Newton, se ogni volta che la vedeva  il cuore pompava in maniera violenta.
Odiava i film d’amore e non capiva com’era possibile che ci fosse caduto dentro con tutto le scarpe.
Ma ormai era inutile cercare di tirarsi indietro… non era il tipo da dichiarazioni epiche, non gli piaceva girare intorno alla parole, non era esattamente l’eroe romantico che una ragazza si aspettava, ma era Jacob Black e sapeva di non essere un codardo.
Fece un respiro profondo e fece uscire tutto quello che davvero sentiva:

“So che sei parecchio infelice. Magari non servirà a niente, ma volevo dirti che io ci sarò sempre. Non ti deluderò: ti prometto che potrai sempre contare su di me. Caspita, questo sì è sdolcinato. Ma tu lo sai, vero? Che mai e poi mai ti farei del male?”
Cercò i suoi occhi, voleva che lei capisse davvero il significato di quelle parole.
“Sì, Jake, lo so. E conto su di te, forse più di quanto tu sappia.”
Ora, se ci trovassimo durante una partita, terreno molto più famigliare per Jacob che le dichiarazioni d’amore, le parole di lei avrebbero segnato un tiro da tre punti.
Sul volto di Jake comparve un sorriso che a Bella dette la chiara sensazione di un sole che incendia le nuvole.

Felice non era il termine esatto per esprime tutto quello che in pochi attimi affollò la sua mente, e poi, fra tutte quelle sensazioni, sentì un’ondata di calore prendere il sopravvento.
Era qualcosa di insolito, come se tutte le sue terminazioni nervose stessero prendendo lentamente fuoco e uscissero dal suo controllo. Osservò le sue mani, le dita iniziavano a tremare e il calore diventava sempre  più forte.
Guardò Bella preoccupato, la fece scendere dall’auto e si avviò verso casa. Strinse convulsamente il volante  per tutto il tragitto, concentrandosi il  più possibile sulle parole di Bella, rivivendo la serata appena trascorsa, cercando di  mantenere la mente lucida. Non c’era una singola parte del suo corpo che non provasse dolore. Cazzo, che sfiga! L’influenza non poteva aspettare e fargli godere ancora un po’ quella sua piccola vittoria?

Non ebbe neanche la forza di posteggiare la macchina in garage, la lasciò davanti al portico e con tre rapide falcate entrò in casa.
Il padre lo aspettava in salotto, un libro sulle gambe e un sorriso sardonico sul volto. Appena  lo sentì entrare  ed incrociò il suo sguardo il sorriso gli morì sulle labbra.
“Figliolo cosa succede? Non è stata una bella serata?”
Fu allora che successe, il calore divenne sempre più insopportabile, un calore così forte che, se non  avesse trovato il modo di farlo uscire, lo avrebbe divorato dall’interno. Guardò il padre.  Osservò i suoi occhi preoccupati ed esplose. 
“Che cazzo di domanda è? Come vuoi che sia andata la serata?”
“Jake, hai bisogno di calmarti adesso. Chiamo Sam. Lui ti spiegherà...”
“Sam? Non voglio che chiami Sam. Lui non sa niente di me.”
I tremori del suo corpo erano talmente forti che le gambe gli cedettero, si trovò inginocchiato a terra, strinse la testa fra le mani. Faceva sempre più caldo, provava sempre più frustrazione, bruciava, bruciava e tremava.
Gli occhi smisero di vedere. Sentì  come se la pelle del suo corpo gli venisse strappata via. Tutto veniva lacerato: muscoli, tendini, alla fine di lui rimasero solo ossa doloranti.
Infine l’aria vibrò, il calore si arrestò senza diminuire e i suoi occhi tornarono a vedere.
E quello che vide lo spaventò a morte.
Cercò di parlare, ma tutto quello che uscì dalla sua gola fu un suono simile ad un latrato, vide degli artigli vicino al viso del padre, troppo vicini.  Si guardò intorno disperato. Che cazzo stava succedendo? Chi aveva sbriciolato metà del suo salotto?  Poi più forte di tutto percepì l’impulso di  correre. E lo seguì.
Correva e voleva urlare, ma tutto quella che la sua voce gli rimandava erano ululati folli.  Correva e poi udì  quella voce famigliare.
“Jake.”
“Embry?”
“Sì, amico, sono io.”
“Che mi succede? Sono impazzito?”
“Non sei pazzo, Jake, ma continua a correre. Ti aspetto nel bosco.”
“Embry io…”
“Devi fidarti di me, amico.”
“La fiducia non è una cosa che puoi chiedermi, non tu e non adesso.”
“Hai ragione ma fra poco capirai.”
“Embry…” Ma la voce era sparita.
Fece come gli era stato chiesto, continuò a correre, la vegetazione del bosco era sempre più fitta e poi iniziò a diradarsi. E lì vide quattro enormi lupi, sembravano aspettare lui.
Che cazzo… doveva essere un incubo... si era addormentato senza accorgersene, non poteva essere vero.
Di nuovo la paura lo colse.
“Oh capitano, mio capitano.” Una voce nuova, sembrava provenire dal lupo grigio sulla sinistra.
“Smettila, Paul non è il momento di fare il cazzone.” Era stato il lupo marrone a parlare? Ma poi come faceva a parlare?
“Jared?”  Jake scosse il testone incredulo.
“Esatto. Come avrai capito questo è Paul è lui Embry.” Il lupo grigio con delle chiazze nere era Embry? Quel mostro era il suo migliore amico? Guardò i tre grossi animali, e poi il suo sguardo si posò sul lupo nero al centro.  Era il più grosso di tutti.
“Sam Uley. Sei… un licantropo.”
“Tutti noi lo siamo.”
Era proprio Sam ora a parlare e Jacob notò come il suo tono risultasse diverso da tutti gli altri, inconsciamente realizzò quello che aveva sempre saputo.
“L’Alpha. Io sono l’Alpha. Il capo branco.” Finì per lui il suo pensiero.
“Non capisco…”
“Ti spiegherò tutto, stai tranquillo.”
Era finito in un cazzo di film horror, non era possibile, non poteva davvero essere vero. Tutto quello che gli stava succedendo era assurdo.  Un attimo prima era con Bella, era felice, lei aveva… e adesso.
“La figlia dello sceriffo? Allora non sei un coglione totale come credevo.”
Di nuovo la voce do Paul. Jake sentì ancora la rabbia prendere il sopravvento su tutto il resto, affondò le zampe nel terreno pronto a saltare, ma Sam gli si parò davanti.
“Paul, ora basta. Trasformati e voi due, lasciateci soli.”
“Ma Sam…”
“Ho detto trasformarti, Embry.” 
Per la prima volta la voce di Sam risuonò diversa, come se il timbro fosse raddoppiato. Embry piegò le zampe e l’attimo dopo tutti e tre erano spariti nella foresta. Jacob sentì  l’aria vibrare di nuovo e poi silenzio nella sua testa.
“Hai capito bene, il branco si legge nella mente. E’ così che comunichiamo.”
Nelle ore seguenti Sam raccontò a Jacob tutto quello che c’era da sapere sui licantropi. Sì, a quanto pare le leggende Quileutes non erano inventate, sì lui era fra i fortunati ad avere il “dono”, il gene si attivava solo con la vicinanza di vampiri e  quel Cullen, oltre ad essere un gran bastardo era un vampiro.

Porca puttana!  Bella era più fuori di testa di quanto credesse. Lei sapeva. Era sicuro che lei sapesse. La passeggiata in spiaggia, lui le aveva raccontato.
Il volto della ragazza gli balenò nella mente.
“Non puoi vedere Bella.”
“Cosa?”
Sam non rispose e le parole vennero sostituite dalle immagini. Una bella ragazza dai capelli corvini e la carnagione bronzea guardava lui, terrorizzata, sul suo volto luccicavano ancora lacrime.
Jake la riconobbe era la cugina di Leah. Quella che era stata attaccata dall’orso e poi vide quello stesso volto tra i suoi artigli, vide la sua carne dilaniata e allora capì. Non era stato un orso.
“Non puoi vedere Bella, Jake. Non per ora.”
E la sua voce risuonò diversa.
“Non puoi vedere Bella.” Un ordine Alpha.

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Capitolo 16
*** Il Gobbo di Notre Dame ***


Chi può decidere un mostro cos'è?
Perché un uomo odia, perché un mostro ama?
Che cosa decide il perché?"

 

Capitolo 15
Il Gobbo di Notre Dame.

 

Il soffittò della sua camera era bianco. Bianco, luce, vuoto. Vuoto come si sentiva lui. Niente più basket, niente più risate nello spogliatoio. Bella. Niente più compiti di biologia copiati all’ultimo, niente più feste della vittoria. Niente più Bella. E questa, fra tutte le cose che il lupo gli aveva portato via, era la più dolorosa.
Bianco. Cazzo!
La luce faceva male agli occhi. Tutto era raddoppiato da quando era lupo. Troppa luce. Troppo rumore. I piatti sporchi nel lavandino. L’odore. Dio che schifo!
Rabbia. Troppa rabbia da gestire. Si alzò dal letto ed appoggio la fronte al muro. Respirò a fondo, doveva calmarsi. Cazzo, non ci riesco.
Chiuse a pugno la mano destra e la scaraventò contro la parete. Percepì nitidamente il rumore delle nocche che si spaccavano e poi, per un istante, l’unica cosa che sentì fu il dolore. E andava bene. Ma il lupo bastardo guariva in fretta, il dolore cessò e la rabbia tornò.
Voleva vedere Bella.
Non puoi vedere Bella. Non ora.”
Fottuto, fottuto lupo. Fottuto Sam.
“Ehi.” Un rumore alle sue spalle.
“Vattene, Embry.”
“Apri la mano o le ossa si salderanno male.”
Tornò sul letto, le molle cigolarono sotto il suo peso; anche quello, come i vestiti, era divenuto troppo piccolo. Fece come Embry gli aveva detto. Fanculo che male. L’amico sorrise leggermente.
“L’ho fatto anche io, sai?”
“Cosa?”
“Spaccare tutto quello che mi capitava a tiro.”
Sospirò affranto.
“Non voglio questa vita.”
“Ma non hai scelta.”
“Potrei smettere di trasformarmi.”
“Non ci riusciresti.”
“Sam ha detto che sono bravo.”
Chiuse gli occhi. Sam aveva detto che era davvero in gamba. Dalla prima trasformazione era riuscito a tornare umano prima della luce dell’alba. A Paul c’erano volute due settimane per ritrovarsi.
Lui aveva talento. Credeva di essere bravo a basket, un dio con i motori e invece era fottutamente bravo ad essere un lupo. Qualcosa che aveva a che fare con la sua discendenza, con l’essere il vero capo, con prendere il comando al momento giusto. Per quanto gli riguardava Sam poteva restare in carica in eterno.
“Vuoi sapere quel è stata la cosa peggiore per me?” chiese Embry.
“Mmm.”
“Non potervi dire niente. A te e Quil, intendo. Non hai idea di quanto sia stato orribile. Siete i miei fratelli.”
Restarono entrambi in silenzio. Non auguravano la stessa sorte all’amico ma sapevano che, se non si fosse trasformato, non avrebbe più potuto far parte della loro vita.
“Credevo fosse stato rinunciare ad Erika.”
“Nah. Ho sedici anni, Jake. Non era la donna della mia vita.”
“L’amavi?”
“Non è il mio imprinting.”
“Chi se ne frega dell’imprinting, Embry”
Sam, Emily, Leah. Imprinting. Pure quello doveva scegliere per lui il lupo. Non l’avrebbe permesso.
“Dirai così anche quando scoprirai che Bella non sarà il tuo?”
“Può esserlo invece.”
“E’ Bianca.”
Il telefonò iniziò a squillare. Sapeva già chi fosse. Non ci riusciva. Non riusciva più ad ignorarla, guardò Embry disperato e alzò la cornetta.
Pronto.”
Oh, Jake, mi dispiace. Stai ancora malissimo, eh?”
Da schifo.” Quella voce, quanto gli era mancata.
Come posso aiutarti, Jake? Vuoi che ti porti qualcosa?”
Sì, ti prego, Bella vieni. Vieni e salvami da tutto questo schifo. Voglio stare con te. Voglio bere bibite calde in garage e aggiustare motori. Voglio ridere di te che inciampi ovunque, voglio che mi tiri gomitate, alzando gli occhi al cielo quando ti prendo per mano. Ma poi la lasci lì, perché so che ti piace, ti piace il mio abbraccio, ti piace il mio calore.
Non puoi vederla. Non ora.”
Niente. Non puoi venire qui.” Ti prego ascoltami. Ti prego non ascoltarmi.
Ma ora ho gli anticorpi.”
Ti richiamo appena posso. Ti farò sapere quando puoi tornare.”
Jacob…” Dolore, dolore nella sua voce, dolore provocato da lui. Fanculo, lupo.
Ci vediamo presto.”
Aspetta che sia io a chiamarti.”
Va bene… ciao, Jacob.”
Bella.” Mi manchi cazzo, sono bravo. Non ti farò del male. Devo vederti. Sei Bella, la mia Bells.
Non puoi vedere Bella. Non ora.”
“Andiamo a correre, Jake. Correre ci fa sentire meglio.”

 

Nove giorni, nove giorni da quando si era trasformato. Aveva avuto il permesso di tornare a scuola, ma non di vedere Bella. Lei continuava a telefonare e lui continuava a deluderla. Bells.
“Se pronunci ancora una volta quel nome, giuro che ti azzanno il collo. Non ne posso più.”
“Esci dalla mia testa allora, Paul.”
“Credi che non lo farei se potessi? Stare nella tua testa è qualcosa di… non riesco a descriverlo. Neanche sei riuscito a fartela dare… almeno Daya si faceva scopare.”
Un ringhio. Rumore di rami che si spezzano, denti che affondano.
“E ci risiamo.”
“Cinque dollari su Jacob.” Esclamò Embry, mentre si appoggiava a terra con le grandi zampe.
“Andata.” concordò Jared.
Restarono svariati minuti ad osservare la scena, Jacob sembrò avere la meglio, ma prima che riuscisse ad affondare il morso, una voce li bloccò.
“Fermatevi subito.” Il doppio timbro dell’Alpha.
“Credevo di essere un capo branco, non un maestro d’asilo. E voi due perché non li avete fermati?”
Embry si alzò in piedi, scuotendo il testone.
“Mi spiace Capo. Vestiti nuovi.” Fece comparire nella mente l’immagine del cordino legato alla zampa. “Mia madre mi ammazza se li distruggo.”
“Sei un lupo mannaro, non potrebbe ucciderti.” Latrò una risata Jared.
“Tu non conosci mia madre.”
“Sì, ne sarebbe capace,” concordò Jacob, spingendo la testa contro la zampa di Paul. La lite era finita. Paul era un coglione, ma una volta fatta l’abitudine non era così male.
“Oh, Jake. Potrei commuovermi.” No, non era vero. Era un mega coglione.
Risero tutti e poi la puzza colpì le loro narici. Vampiro. I peli si rizzarono e il formicolio si impossessò di tutti i loro arti.
Il nemico era vicino.
“State fermi. Mettetevi in formazione. Dobbiamo capire da dove arriva la puzza.”
Era il momento di agire.
Ti prego.”
No! No! NO! Era la voce di Bella. Porca puttana, che ci faceva nel bosco da sola?
Vedila così Bella: sei fortunata che ti abbia trovato io per primo.”
Davvero?”
Jacob si preparò per la corsa, le zampe smuovevano la terrà sotto di lui, doveva agire. Subito. Veloce.
“Stai fermo, Jacob.”
“Quel bastardo sta per cenare con Bella. Come puoi chiedermi di stare fermo?”
“Dobbiamo capire da dove attaccare, non possiamo correre rischi.”
“Non possiamo correre il rischio che Bella finisca ammazzata.”
Non aveva mai provato così tanta paura in vita sua. Neanche quando era caduta dalla moto e aveva perso tutto quel sangue. Sentiva la puzza di morte, mischiata col profumo di Bella. Perché Sam non lo faceva intervenire? Sentiva funi tirarlo e spezzarlo. Da un lato l’ordine di Sam dall’ altro la voglia, anzi la necessità, di correre in soccorso di Bella.
Giuro che mi saresti grata di tutto questo.”
Finalmente Sam si decise a muoversi, lo seguirono nella raduna uno dopo l’altro. Man mano che si avvicinavano la puzza diventava insopportabile. Cercò di concentrarsi sul profumo di Bella, per mantenere la mente lucida.
Ne aveva bisogno. E poi eccolo lì il mostro. E Bella vicino a lui, troppo vicina.
La sentì trasalire alla loro comparsa. Bella aveva paura. Paura di loro, paura di lui. Si voltò a guardarla. Imprinting. Non l’aveva ancora vista dalla trasformazione, ma era lì ed era la ragazza che amava. La guardò e… non successe niente. Era lei, cazzo... doveva essere lei e nessun’altra, ne era certo.
“Jacob.” La voce di Sam. A forza distolse gli occhi da lei e riprese a correre, ad inseguire il mostro. Lo avrebbe fatto a pezzi. Doveva pagare per quello che stava per fare. Bells.
Era lei quella che lui voleva. Fanculo all’imprinting, il lupo non avrebbe avuto ragione di quello.


 Angolo autrice.

E così Jacob si è trasformato ed è forzatamente lontano da Bella.
Spero di aver descritto in questi capitoli tutto quello che avreste voluto sapere leggendo New Moon, personalmente sono i capitoli che mi sono piaciuti di più scrivere.
Un enorme grazie a Sandra e a tutte voi che leggete queste righe.
per quanto riguarda il discorso di inizio capitoli di Embry e Jake, avevo pubblicato tempo fa una piccola shot proprio su Embry ed Erika, eccola qua:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1218506&i=1
A venerdi prossimo.
Noemi.

 

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Capitolo 17
*** Pocahontas ***


Non posso lasciarti.”
“Non mi lascerai mai. Qualunque cosa accada,
sarò sempre al tuo fianco, per sempre.”

Capitolo 16
Pocahontas

 
La sua vita era una maledetta barzelletta. Neanche dieci giorni prima aveva fatto una promessa a Bella, lui non l’avrebbe mai delusa, lui ci sarebbe sempre stato per lei e ora aveva spezzato quella promessa. Non poteva sopportarlo, lui non era quel tipo di persona. O forse più semplicemente c’era un Jake prima della trasformazione, e un Jake del dopo. Un mostro.
E quel Jake non meritava Bella. Quel Jake non poteva starle vicino, con il rischio di metterla in pericolo, ma se era la cosa migliore da fare, perché lasciarla andare faceva così male? Come se non bastasse lei era venuta a cercarlo, lui l’aveva mandata via e ora Bella si dava la colpa di tutto. Ma che altro poteva fare? Entrò in casa, alle sue spalle Sam ed il resto del branco. Appoggiò la fronte contro la porta, cercando di calmarsi, il piccolo salotto non sarebbe sopravvissuto ad un’altra sua trasformazione. Non serviva che la vedesse, sapeva che era ancora lì. Dannate orecchie da lupo. Poteva percepire chiaramente i battiti del suo cuore e il rumore delle lacrime. Che cazzo gli aveva fatto? Non si era sempre sentito superiore a quel succhiasangue bastardo? Quale era ora la reale differenza fra loro? Ora chi era la causa delle sue lacrime? Non doveva soffrire, non doveva soffrire per lui.
“Jake, hai fatto la cosa migliore, per tutti e due.”
“Non dirmi stronzate, Sam.”
“Lei non è il tuo imprinting.”
“Sembra che l’imprinting sia la soluzione a tutti i tuoi problemi”, rispose amaro Jacob voltandosi e guardando il suo Alpha negli occhi.
“In un certo senso lo sarà, quando lo troverai dimenticherai Bella. E allora meglio che sia prima, così non soffrirà.”
“Come Leah? Certo. Ti dimentichi solo un piccolo particolare, io non sono te. Non la farei mai soffrire.”
“Non è una cosa che puoi controllare.”
“Lo farei invece… lo farei per lei.”
Di nuovo l’ondata di colore che ormai gli era divenuta familiare.
“Forse è meglio continuare a discuterne fuori.” Suggerì Embry, certo che la trasformazione fosse imminente. Ma Sam alzò una mano e bloccò le sue parole.
“Bene, Jacob, se ti ritieni così superiore a tutti noi, puoi tornare a vedere Bella, ma tu sai qual è la regola più importante del branco.”
“Non rivelare il nostro segreto.” disse in un sussurro. Spostò la tendina della finestra che dava sul portico. Era andata via, e lui aveva bisogno di lasciare uscire il lupo. Poteva rivedere Bella, ma avrebbe dovuto mentirle su tutto.

 
Corse per quasi tutto il resto della giornata, pensando a lei e maledicendosi. C’era quel modo che Bella aveva di cingersi il corpo, per non cadere a pezzi. Il segno tangibile che Edward era passato e l’aveva devastata. E lui in quei mesi era sicuro di essere riuscito a diventare la sua personale colla. Lui che stava ricostruendo i pezzi, giorno dopo giorno. Lui che, non importava quanto lei dicesse di essere irrimediabilmente rotta, era sicuro di poterla rimettere insieme. E adesso la immaginava, pezzi rotti su pezzi rotti e stavolta era stato lui ad usare il martello. Non poteva lasciare le cose così. Non riusciva a darsi pace e quando, senza neanche accorgersene, si ritrovò quasi sotto casa di Bella, seppe istintivamente che cosa doveva fare. Si trasformò, srotolò i pantaloncini che portava sempre legati alla gamba, li indossò rapidamente e si incamminò sotto la finestra di Bella. Osservò alcuni istanti il grosso abete che svettava proprio di fronte a questa e prese la sua decisione. Si arrampicò, almeno qualche cosa buona dal lupo aveva ricavato, ed iniziò a picchiettare contro il vetro. Bella venne ad aprire un paio di minuti dopo, un’espressione terrorizzata in viso che si acquietò in parte alla sua vista. Con un balzo entrò in camera sua. Era la prima volta che ci metteva piede, ma non era certo questo il momento per imbarazzarsi o ancor peggio lasciarsi andare a stupide fantasie; lei era ancora arrabbiata con lui. Poteva leggere chiaramente la sua espressione, era sempre un libro aperto.
Vattene.”
Ma, no ti porto le mie scuse.”
Non le accetto.” Rispose risoluta cercando di spingerlo verso la finestra. Sarebbe stato più difficile del previsto.
Perché sei venuto? Non voglio scuse da te, Jake.”
Lo so, ma non potevo lasciare tutto com’era oggi pomeriggio. È stato orribile. Mi dispiace.” Non era stato solo orribile, era stato doloroso.
Non ci capisco niente.”
Lo so. Voglio spiegarti… ma non posso.”
Si sentiva così dannatamente impotente. L’ordine Alpha. Era come se la gola si stringesse, soffocandolo ogni volta che cercava di spiegarle qualcosa. Strinse le mani a pugno, stava perdendo la calma e non poteva permetterlo, non con Bella così vicino. Respirò a fondo, guardò Bella negli occhi e riuscì a calmarsi. Lei non era il suo imprinting e allora com’era possibile tutto questo?
A volte la lealtà è una pesante zavorra. Ci sono segreti che non si possono svelare per nessun motivo.”
Non capisco perché sei venuto, Jacob, dato che mi offri enigmi senza risposte.”
Era così dannatamente frustante, e poi le immagini di loro due che passeggiavano sulla spiaggia gli vennero in soccorso. Non poteva rivelargli il suo segreto ma lei poteva arrivarci da sola. Sapeva già tutto, doveva solo mettere insieme i pezzi. E la sua Bells era intelligente, ci sarebbe riuscita. Doveva solo aspettare. Calmo , Jake, stai calmo. Lei ci arriverà e allora tutto tornerà a posto.
Forse ho capito come fare, perché tu sai già tutto, Bella! Non posso dirtelo, ma se tu indovinassi… risolverei il dilemma!”
Vuoi che indovini cosa?”
Qual è il mio segreto! Puoi farcela… conosci già la risposta.” Ti prego Bella, devi ricordare tutto, tutto aiutarmi a non lasciarti sola. Non posso perderti. “Io ho le mani legate.. e non puoi immaginare quanto…”
Non esiste un modo per liberarti?”
No sono condannato a l’ergastolo. Resterò dentro a vita. Forse anche oltre.” Tutti i suoi sogni, tutti i suoi progetti, tutto era andato a farsi fottere, il lupo era diventata la sua personale prigione. Ergastolo era davvero un termine appropriato, per definire la sua perdita di libertà.
No, Jake, che ne dici se fuggiamo? Solo io e te. Se ce ne andassimo per sfuggire a Sam.”
Da tutto questo non mi è concesso fuggire, Bella. Se ci fosse scapperei con te anche adesso.”
“E allora facciamolo, Jake. Adesso. Io e te.”
“Bells…”
“Stai zitto ok… stai zitto.” Iniziò a camminare in tondo per tutta la stanza. Ogni tanto si fermava e lo osservava.
“Io e te, Jake. Non mi interessa del resto. Ma ti prego non mi lasciare di nuovo sola. Io e te possiamo farlo.”
“Credi davvero che potremmo andare via? Che sia la soluzione?”
“Sì, no. Non lo so, Jake ma voglio farlo. Io e te.”
Jacob sospirò , fece un passo mettendosi davanti a lei e impedendole di continuare a camminare.
“Io e te?” La ragazza annui, prendendogli il volto fra le mani. Era assurdo. Era semplicemente folle. Lui era un mostro.
Appena lei si sarebbe ricordata di quelle storie, lo avrebbe disprezzato. O forse no. Era Bella, la sua Bells. E all’improvviso quella folle idea non gli sembrò così folle.
“Scapperesti davvero via con me, adesso?”
“Adesso.” confermò decisa lei.
“E Charlie?”
“Potrei telefonargli domani, dopo, non so. Sono sicura non si arrabbierebbe neanche così tanto se sapesse che sono con te.” Quell’affermazione, riuscì a strappargli un lieve sorriso. I tremori erano cessati del tutto. Scappare con Bella.
“Allora facciamolo… Bells, scappiamo.”
No, non poteva. Aveva degli obblighi, il branco, la riserva, il suo compito. Fanculo, fanculo al lupo. Si era già portato via tutto, l’unica cosa importante che gli restava era lei. Doveva farlo.
“Credo che ci servirà la mia moto allora… e dei soldi.”
“Ci penso io a quelli. Il mio meccanico preferito mi ha fatto risparmiare su un paio di ferri vecchi.”
La guardò ancora, dopo averle detto di aspettarlo all’inizio della strada, prima di prendere lo slancio e saltare giù dalla finestra.
Scappare con Bella, era una fottuta idea folle, ma era l’unica cosa che voleva.

 
Angolo autrice.
Mi sa che per questo capitolo sono doverose due parole. E già... è successo qualcosa di inaspettato da questo momento la storia si distacca da quella Myerana.
Lo sapete , sono una Team Jacob e mi sono chiesta dove in New Moon potevo cambiare le cose per dare a Bella e Jake un finale diverso.
Ho provato a cercare un altro punto, qualcosa di un po’ insolito. Ed allora eccolo e qua. Jake e Bells da soli, lontano da mostri e magia. Solo loro due. Sarà abbastanza per far cambiare le cose?
Appuntamento a venerdì prossimo.
Noemi

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Capitolo 18
*** Aladin ***


Ora vieni con me verso un mondo d'incanto. principessa è tanto che il tuo cuore aspetta un sì.
Quello che scoprirai è davvero importante, il tappeto volante ci accompagna proprio lì.”

 

Capitolo 17.
Aladin

 

La moto nera giaceva, inutilizzata da settimane, nel suo garage. Era posteggiata di fianco a quella rossa. Le moto che l’avevano fatto innamorare di Bella. Sorrise mentre sollevava il lenzuolo bianco che le copriva entrambe. Billy e Charlie non avevano ancora scoperto della loro esistenza. Suo padre non avrebbe fatto storie , ne era certo, ma non era altrettanto sicuro della reazione di Charlie nel sapere che la figlia andava in giro su un mortale veicolo a due ruote. Con terrore ricordò dell’ armadio posizionato proprio all’ingresso di casa Swan in cui Charlie teneva il fucile da caccia. Era certo di non voler testare quanto velocemente riuscisse a guarire dal foro di un proiettile.
Prese il casco e lo appoggiò al manubrio, mentre iniziava a spingere la moto fuori dalla rimessa. Avrebbe dovuto prendere un paio di vestiti di ricambio, ma sapeva che non c’era tempo. Era già stato fortunato a non trovarsi l’intero branco alla porta di casa e non voleva sfidare oltre la buona sorte. Scappare non era la soluzione, lo sapeva. Il lupo era una parte di lui, una parte da cui non si poteva sfuggire. Ma la frustrazione e la paura sul viso di Bella lo avevano convinto a provarci.
Doveva allontanarsi con lei. Almeno finché avesse voluto averlo vicino. Era sicuro che avrebbe indovinato presto il suo segreto e allora tutto sarebbe cambiato. Avrebbe perso anche lei come tutto il resto delle cose? Non lo sapeva. Volevo solo vivere fine in fondo quell’ultima opportunità di normalità.
Spense i fari della moto prima di arrivare in vista di casa di Bella, si fermò dietro un albero e l’aspettò.
“Jake?”
“Da questa parte, Bells.” La vide arrivare, lo zaino rosso della scuola sulle spalle e una giacca pesante addosso.
“Jake, hai solo la maglietta morirai di freddo.”
Sorrise, incrociando le braccia al petto. Tipico di Bella, si preoccupava sempre. “Ti sembro uno che soffre il freddo ?”
“Non lo so, Jake. Mi sembra che provi molto divertimento ad ostentare i tuoi nuovi muscoli.”
Non riuscì a nascondere un ghigno compiaciuto. Ecco decisamente questa era una cosa che del lupo amava e se Bella apprezzava, l’avrebbe amata ancora di più.
“Piantala di fare quella faccia, Jacob Black. Vogliamo andare o aspetti che mio padre ci veda?”
“Bella, sei davvero sicura?”
“Sicurissima.” Prese il casco dal manubrio e lo infilò, litigando come sempre con il cinturino della chiusura. Jake l’aiutò e le loro mani si sfiorarono. “Sei sempre così caldo, ultimamente. Riuscirai mai a spiegarmene il motivo?”
“Te lo già detto, devi arrivarci da sola.” La senti sospirare, Jake salì in sella dando un calcetto alla frizione per farla partire e aspettò che lei salisse dietro di lui.

 

Non sarebbe stato giusto dire che Jacob odiava tutto del lupo, mentre sfrecciava per la strada, a bordo della moto con Bella stretta a lui, ricordò come la sensazione di correre sotto forma animale fosse molto simile a quella che stava provando adesso. Il vento sulla pelle, la testa che si svuotava di tutti i pensieri. Seguire solo l’istinto, diventare puro istinto.
Non era sicuro di quanti chilometri avessero percorso, ma sentiva Bella tremare e stringersi di più contro il suo corpo. Non che si lamentasse di questo, trovava il tutto estremamente piacevole, anzi la difficoltà maggiore stava nel concentrarsi sulla guida quando ogni fibra del suo corpo cercava di rispondere al tocco di lei. Ma avrebbero dovuto trovare presto un posto per fermarsi. Aveva appena finito di formulare quel pensiero quando la moto iniziò a sobbalzare, percorse qualche metro a tratti e poi si fermò del tutto. Jake imprecò, appoggiando i piedi a terra ed aiutando Bella a scendere.
“Che cosa succede?” Chiese lei, levandosi il casco.
“Non lo so, sì è fermata.”
“Ah. Per fortuna sono in fuga con un meccanico.” Sorrise, appoggiandosi al guard rail mentre Jake si chinava di fianco per controllare il motore. Diete un’occhiata a Bella lanciandole un sorriso che secondo lui doveva essere rassicurante. La verità era che non c’era niente che non andasse in quello stupido motore, la moto era perfetta. Si alzò, strofinò le mani contro i jeans, macchiandoli di grasso e si avvicino al manubrio, svitando il tappo del serbatoio.
“Merda.”
“Che cosa ha, Jake?”
“No, niente è tutto a posto.”
“E allora perché è ferma?”
“E’ finita la benzina.” Che figura da idiota. Bella spalancò la bocca, muta per qualche istante.
“Come ha fatto a finire la benzina?”
“Il galleggiante si è bloccato e non ha segnato quando siamo entrati in riserva.”
“E quindi che facciamo ora?”
“C’era un distributore più indietro. Ma credo fossero almeno dieci chilometri.”
“Perfetto.”
“Senti, Bella tanto ci saremo dovuti fermare lo stesso da qualche parte, prima o poi.”
“Sì, ma siamo in mezzo al nulla.”
“Veramente …” Lo aveva visto appena sceso dalla moto: un piccolo motel. Di certo non potevano dormire sulla spiaggia lì vicino. Lui non avrebbe avuto problemi, ma Bella il freddo lo sentiva ancora. La ragazza seguì con gli occhi la testa dell’amico. E sospirò.
“Almeno ha un tetto”, disse incamminandosi mentre Jake la seguiva spingendo la moto.

 

Prendere una stanza in un motel, con la tua migliore amica della quale per puro caso sei innamorato follemente, è sicuramente nella lista delle cose più imbarazzanti da fare. Il signore alla reception, doveva avere una sessantina d’anni, li osservò attentamente, di certo non erano la tipica clientele di quell’affascinante posto e poi, dopo avergli fatto firmare il registro in cui Bella scrisse il primo nome a caso che le passava per la testa, consegnò loro la chiave della stanza.
Passarono davanti ad un piccolo distributore automatico. Jake accennò un sorriso osservando Bella. “Almeno non moriremo di fame, no?” Lei non gli rispose, ed aprì la porta.
Rimasero entrambi fermi sull’uscio, incapaci di fare un passo ed entrare. Un solo letto, c’era un solo, unico letto matrimoniale.
“Dormo sul pavimento non ti preoccupare.”
“Non essere ridicolo, Jake”, esclamò Bella con una sfumatura nervosa della voce mentre finalmente entrava nella stanza. “Su quel letto c’è abbastanza spazio per tutti e due.”
Posò lo zaino sul pavimento e si sedette sul bordo del letto. Jake le si avvicinò. “Mi spiace per la moto.”
“Non pensavo stessimo andando in vacanza, Jake. Sto bene, davvero e sei qua con me. Ma domani dovremo chiamare Charlie e inventarci una scusa plausibile.”
“Già, domani.”
“Hai cambiato idea? Vuoi tornare?” Gli chiese lei improvvisamente spaventata. Sarai tu a voler tornare, domani, Bella. Lo scoprirai, lo stai già per fare. Un mostro. Quello ormai sono.
“No, Bells, va tutto bene credo che, almeno che tu non voglia rischiare usando quella doccia, sia il caso di dormire.”
“Non ci tengo, grazie. Allora buona notte, Jake.” Si sdraiò sul letto. E rimasero entrambi in silenzio persi nei propri pensieri.
“Jake?”
“Dimmi.”
“C’è uno specchio sul soffitto. A che serve uno specchio sul soffitto?”
Jake alzò gli occhi, all' improvviso quel letto lo sentì troppo piccolo e poco c’entrava con la sua ingombrante mole.
“Credimi, Bells, non lo vuoi sapere davvero.”
“Ma.. cioè lo specchio… ah.”
Si voltò a guardarla, le guance completamente rosse per l’imbarazzo.
“Credo ci abbiano dato la suite luna di miele.”
“È uno scherzo vero?” Chiese Bella, ancora con le guance in fiamme.
“Magari volevano solo essere gentili.”
“Ma chi mai verrebbe qui a trascorrere la sua prima notte di nozze?”
“Non ne ho idea, forse a Quil piacerebbe un posto del genere.”
Scoppiarono entrambi a ridere. Ma poi lei continuò. “Potresti chiederglielo, Ma questo vorrebbe dire che dovresti tornare a parlargli”
Jake sospirò . “Dormiamo, ok?”
“’Notte, Jake”
“Notte, Bells.” La osservò voltarsi di fianco e tirarsi le coperte fin sopra la testa. Lui era sicuro invece che non avrebbe chiuso occhio.

 
Angolo autrice.
Mi scuso per il ritardo ma sono stati due giorni pieni e non sono riuscita a postare prima.
Per farmi perdonare però ho postato una nuova shot Jake e Bells. Diciamo una sorta di finale alternativo alla saga. Se Bella avesse scelto Jake che sarebbe  successo quattro anni dopo?  Nuovo Sole .
E così la fuga è iniziata che succederà adesso?
A venerdì prossimo. (Stavolta puntale.)
Con affetto
Noemi

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Capitolo 19
*** Cappuccetto Rosso ***


“Quando Cappuccetto Rosso giunse nel bosco, incontrò il lupo, ma non” sapeva che fosse una bestia tanto cattiva e non ebbe paura.
Quando Cappuccetto Rosso giunse nel bosco, incontrò il lupo, ma non sapeva che fosse una bestia tanto cattiva e non ebbe paura.
“Buon giorno, Cappuccetto Rosso,” disse questo.
“Grazie, lupo.”
“Dove vai così presto, Cappuccetto Rosso?”

 

Capitolo 18
Cappuccetto Rosso

 

I sogni di Bella anche quella notte furono agitati, come tutte le notti da quando Edward se ne era andato. Immagini sfocate ed indefinite. Immagini di corse nel bosco, immagini di pelle fredda contro la propria, bianco tutto intorno. L’orlo di un precipizio sul quale lei camminava, un passo avanti per cadere, un passo indietro per essere salva. Strinse forte le lenzuola e si rigirò nel letto iniziando a scalciare.
E poi, all’improvviso il sogno cambiò
. La luce bianca che filtrava dalla foresta mutò in un pallido sole. Jacob era a pochi passi da lei, si avvicinò, cercò di raggiungerlo ma un lupo prese il suo posto. E a poco a poco la sua mente  mise a posto, pezzo dopo pezzo, il puzzle complicato che il suo amico le aveva messo  davanti.
Erano le primi luci dell’alba quando Bella si svegliò, apri gli occhi e vide il volto di Jacob. Le mani vicino alle sue sul cuscino, doveva averle tenuto la mano, ecco cosa l’aveva calmata.  Si mise a sedere e premette la fronte contro le ginocchia.
“Licantropo.”
I turisti dispersi nel bosco, le uccisioni, Laurent. Tutto acquistava senso. Jacob, il suo Jacob era… assurdo, totalmente assurdo.
Scese dal letto e usci dalla stanza senza far rumore. Sapeva che lui l’avrebbe raggiunta presto.

 

 
Jacob ci mise alcuni minuti a realizzare dove si trovasse. Da quando si era trasformato erano poche le notti di sonno di cui aveva potuto usufruire e, malgrado la vicinanza di Bella, era riuscito a dormire per quasi sei ore filate. Bella, al suono di quel nome la mente si risvegliò del tutto. Ricordò  la moto ferma al bordo della strada, l’imbarazzo di  trovarsi in quella ridicola  stanza, lei che si calmava sotto le sue carezze.
Si mise seduto e rovistò la stanza con gli occhi.  Non c’era più.  E così il momento della verità era arrivato. Si mise velocemente le scarpe ed uscì a cercarla, sicuro che non potesse essere andata troppo  lontano.

Si accorse che a pochi metri dal motel la strada finiva in una piccola spiaggia. Doveva essere una di quelle spiagge private probabilmente riservate  a qualche albergo lussuoso nei paraggi. Jake si avvicinò, c’era uno squarcio nella rete che serviva da recinzione, ci passò attraverso senza troppa difficoltà e poi la vide, seduta in riva al mare.
Fece alcuni passi verso di lei e le si fermò di fianco. “La nostra piccola gita alla discarica ti ha insegnato a non rispettare più la proprietà privata?” Accennò un lieve sorriso che non nascondeva il nervosismo della sua voce.
“No, era già aperto. Stavolta non ho infranto la legge.”
Si sedette vicino a lei, afferrò una manciata di sassolini ed inizio a farli rimbalzare contro l’acqua.

“Mi sono ricordata la storia giusta.”
Si voltò a guardarla e i sassolini rimasti gli caddero dalle mani. L’espressione sul suo volto. Non stava più parlando con il suo migliore amico ma con un mostro. Sentì il lupo ruggire dentro di lui. Rabbia, dolore, delusione, tutto si mescolò provocandogli i familiari tremiti.  Si alzò di scatto stringendo i pugni contro la gamba e cercando di mantenere la calma.
Si mise a percorrere la spiaggia a grandi passi, scansando abilmente pezzi di pietre e ramoscelli spezzati. Bella incespicava dietro di lui, ma non se ne curò.
I pomeriggi chiusi nel suo garage gli sembrarono appartenere ad una vita che gli era stata strappata via senza che avesse iniziato ad assaporarla davvero.  Si ricordò del suo quaderno d’inglese. A margine dell’ultima pagina che aveva scritto spiccava la calligrafia piccola ed ordinata di Bella. Non sapeva perché di tutti i ricordi la sua mente si soffermò proprio su quello ma fu come ricevere un pugno nello stomaco. Bella sdraiata sul pavimento che lo aiutava a studiare, Bella che si faceva abbracciare da lui, Bella che lo guardava come si fosse la cosa più importante, Bella che lo guardava con paura, Bella che era innamorata di un vampiro. Le mani ormai non riuscivano più a nascondere il tremore.

“Sei davvero un ipocrita, Bella. Sei terrorizzata da me! Ti pare giusto?”
“Ipocrita? Sarei un’ipocrita perché ho paura di un mostro?”
“Mi spiace proprio di non essere il mostro che fa bene per te, Bella. Immagino di non essere al livello dei succhiasangue, vero?”
Una parte di lui era sempre stata convinta che Bella lo avrebbe accettato che proprio lei lo avrebbe capito.
“No, Jake, no, non è perché sei un lupo. Non è un problema te lo giuro. Se solo trovaste un modo per non fare del male a nessuno…”
Male a qualcuno? Lui non faceva male a nessuno anzi. Lui era nato per proteggere la gente. Insomma, nei  giorni seguenti la trasformazione quando la rabbia riusciva a diminuire si era pure trovato a scherzare con Embry su come alla fine si fossero trasformati in super eroi solo molti meno fighi di quelli del film x men.
“Hai soltanto paura che io ammazzi qualcuno? Non ci sono altri ragioni?”
“No.”
“Non sono un assassino, Bella.”
“Davvero?”
“Davvero, te lo giuro solennemente”.

 Si chinò verso di lei sentendosi improvvisamente rilassato. Il viso di Bella si aprì in un sorriso dolce e le gettò le braccia al collo. Jake sussultò a quel contatto con il suo corpo mentre il lupo finalmente si tranquillizzava. Jake la trattenne fra le sue braccia e poi a malincuore la lasciò andare.
Lei tornò a sedersi sulla sabbia e riprese a parlare.
“È per questo che non potevi più  vedermi? Avevi paura che non lo accettassi?”
“No. Cioè speravo capissi. Non è una cosa che ho scelto io. Credo di essere ancora me stesso, da  qualche parte.” Sospirò riprendendo a lanciare sassi in mare.
“Certo che sei ancora tu, Jake. Non so come hai potuto pensare che per me cambiasse qualcosa.”
“Non è stata una mia idea. Lo so che sei in gamba. Sam mi ha vietato di vederti. Aveva paura ti facessi male.” Si voltò a guardarla, l’espressione estremamente seria  “Ma, Bella, non è così, se pensassi di essere un pericolo per te non sarei qua. Lo sai, vero? Non ti metterei mai in pericolo.”
“Lo so, Jake. Quindi è stato Sam a impedirti di vedermi. E… può farlo?”
“Lui è il capo. L’Alpha, quando da un ordine non possiamo fare altro che rispettarlo.”
“Finirai nei guai per questa fuga, eh?”
“Probabile, ma ne valeva la pena.” Gli sorrise, portandoli una ciocca di capelli dietro le orecchie. “E tu finirai nei guai con Charlie quindi siamo pari.”
“Già.. .dovremmo tornare a casa, Jake.”
“Lo so. E solo che mi sembrava di aver trovato un po’ di normalità. Non hai idea di che casino siano state queste ultime settimane. Tutto è cambiato, tutti quei nuovi obblighi e responsabilità.”
“È come se fossi libero qua?”
Si strinse nelle spalle.
 “Perché non ci prendiamo ancora qualche ora? Tanto ormai non credo cambi  qualcosa”, disse Bella ed un sorriso si allargò sul viso di Jacob, qualche ora era tutto quello che chiedeva. Avrebbe potuto passare del tempo con lei, lontano da tutto. Sentirsi ancora normale.
“Hai ragione, Bells. E poi non manca molto a Tacoma. Ti va una gita fuori porta?”
“Che c’è da vedere a Tacoma?”
“Non ho idea, ma qualcosa troveremo.”
“E come facciamo con la benzina e la moto?”
“Non sottovalutare mai le risorse di un lupo mannaro.” Le fece l’occhiolino prima di prenderla per mano, tornando verso il motel.

 

Le risorse da lupo mannaro che Jake sfoderò per risolvere il problema della moto non era altro che uno dei suoi sorrisi abbaglianti, rivolti verso la ragazza che aveva sostituito il signore attempato alla reception, che la convinse a lasciare un cartello con la scritta torno subito e accompagnarli in macchina alla pompa di benzina più vicina, riempire una tanica e fare così ripartire la moto.
Tornarono sulla strada e dopo mezz’ora entrarono nella città di Tacoma. Il brontolio dello stomaco di  Jake copriva quasi il rumore del motore. Lui accostò vicino al primo ristorante che trovarono ed entrarono a fare colazione. Bella lo osservò mangiare una doppia razione di bacon e sorrise sorseggiando la sua spremuta.
“E’ una cosa da lupo?”
“Cosa?” chiese lui alzando gli occhi dal piatto.
“Mangiare come dieci uomini.”
Jake rise massaggiandosi lo stomaco. “Metabolismo super veloce. Da lupo, sì.”
“E c’è ne sono tante?”
“Abbastanza. Domani te le racconterò tutte, ok? Giorno di normalità ricordi?”
“Hai ragione, scusa. Cosa facciamo allora?”
“Non lo so. Posso provare a chiedere alla cameriera. Credo di essergli simpatico.”
“Non mi piace.”
“La cameriera?”
“No, tu che fai lo sbruffone.”
“Non è che sei solo gelosa?” Le chiese lui con un mezzo sorrisino.
“Non dire assurdità, Jake. E andiamo. Credo che riusciremo a capire da soli che cosa fare.”
Jake la osservò alzarsi e pagare il conto piuttosto stizzita. Non riuscì a trattenere un sorriso compiaciuto. Era sempre più sicuro che Bella provasse qualcosa per lui. Doveva solo riuscire a farglielo ammettere.

 

 
Tacoma era una città grossa, una delle più grandi dello stato, ma mortalmente noiosa; si trovò  a pensare  Jake, mentre camminavano per il centro della città. Bella si era procurata una cartina e la scrutava da diversi minuti cercando un luogo di interesse. Gli aveva proposto diversi musei ma lui si era rifiutato categoricamente. Lei sbuffò, sedendosi su una  panchina ed allungandogli la cartina. Jake sorrise  studiando il profilo di Bella imbronciato e poi  lo sguardo gli cadde  u un cartello pubblicitario  poco lontano. Era un genio. Aveva trovato il posto ideale.
“Bells?”
“Dimmi.”
“Ho trovato dove andare. Hai ragione, visitiamo un museo.”
“Ma se cinque minuti fa mi hai quasi ringhiato contro.”
“Il museo del vetro non  mi ispirava. Ne ho trovato uno migliore.”
“Quale?”
“Lo vedrai. Non dovrebbe essere lontano.” La alzò in piedi e se la trascinò dietro tenendola per un gomito. Dopo pochi metri si trovarono davanti ad una grande villa. Bella lesse il cartello e spalancò la bocca, scuotendo la testa. “No… non se ne parla.”
“Uff, perché sei sempre così titubante  alle mie idee?”
“Perché, Jake, è un museo dell’automobile.”
“Appunto, non dici sempre di ammirare le mie doti da meccanico? Ti prego.” Lui la guardò, con quello sguardo dolce e gentile che nelle ultime settimane le era mancato così tanto. E sapeva che l’aveva fregata. Sbuffò incamminandosi verso l’entrata.

 

 
Il problema con le idee di Jake era che contro ogni aspettativa risultavano sempre divertenti. Pensò Bella osservando una Chevrolet del 1963 e Jake inginocchiato ai lati di questa intento a fare la radiografia ai cerchioni. Era riuscita ad imparare tutte  le caratteristiche principali delle auto esposte e non era stato noioso e poi, c’era Jake che aveva quell’espressione  di una bambino la mattina di Natale. Il ghigno che aveva sostituito il sorriso solare che tanto amava sembrava essere sparito in quelle ore di libertà. Il suo sorriso. Era vero, amava  il suo sorriso. Quel sorriso era stato capace di farle ritrovare la serenità dopo  l’abbandono di Edward. Pronunciare  quel nome nella sua mente la fece sussultare, aspettò che la voragine si aprisse, ma non accade. Come sempre la presenza di Jake  riusciva a tenerla in qualche modo chiusa.  Se si fermava a pensare, capiva che quello che aveva appena fatto per  lui era assurdo.  Non ci aveva pensato due volte ed era scappata, la paura di perderlo era stata troppo grande e aveva  annullato qualsiasi pensiero razionale. Ripensò a lui che aveva fatto di tutto per restarle vicino, lui che era stato in quel frangente così diverso da Edward.
Edward le aveva giurato che finché lei avesse voluto sarebbe restato al suo fianco, Jacob le aveva fatto la medesima promessa ma solo uno l’aveva mantenuta.
Non era giusto però paragonarli. Edward era l’amore della sua vita mentre per Jake provava solo uno smodato affetto fraterno. Sospirò e Jacob si voltò a guardarla.
“Bells, tutto bene?”

Dannazione perché doveva sempre accorgersi di tutto?
“Benissimo. Forza andiamo a vedere quella… macchina.”
“È una Lotus, Bells. Non è quella macchina.” Rispose lui indignato mentre lei allontanando quelli strani pensieri rise immergendosi di nuovo nelle voce calda e rassicurante di Jake.

 

Angolino autrice.

 
Prima di tutto un grazie particolare ad Ania per  questo capitolo e a Sandra.
Come avrete capito le parti in neretto sono sempre tratte dai libri, in questo caso ho ripreso New Moon ma l’ho inserito in un contesto diverso.
L’intento è sempre quello di una revisione dei fatti ma ora i particolari differenti si notano di più…
Se siete  sempre curiosi di sapere cosa altro riserverà questo giorno di libertà a Bells e Jake ci rileggiamo venerdì prossimo.
Con affetto Noemi.

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Capitolo 20
*** Il Re Leone ***


Pericolo? Ah! Il pericolo è il mio mestiere!

 Io rido in faccia al pericolo

                                                                                                                                

Capitolo 19
Il re Leone

“Sai, Jake io e te non andremo mai in vacanza insieme.”
Jacob guardò Bella, pulendosi la bocca con la carta della pizza che aveva appena finito di mangiare , gettandola poi nel cestino lì vicino.
“E perché mai? Credevo ci stessimo divertendo.”
“Certo che ci stiamo divertendo, ma per quanto mangi spenderemmo tutti i soldi in cibo e ci toccherebbe dormire per strada.”
Jake rise dandole un buffetto sulla guancia. “Non devi preoccuparti di quello, Bella. Ricordi? Licantropo”, disse indicandosi con la mano. “ Ti terrei abbracciata sotto un ponte  così non sentiresti il freddo.”
Bella alzò gli occhi al cielo, cercando di colpirlo con una gomitata  che lui bloccò prontamente.
“Attenta. Ti fai male e non voglio finire la giornata al pronto soccorso.”
In realtà non voleva finirla proprio quella giornata, La Push sembrava così lontana, tutto quel casino sovrannaturale appariva come uno stupido scherzo, persino l’ombra di Edward sembrava sparita dagli occhi di Bella in quelle ore spensierate. 
“Jake, ti posso chiedere una cosa?” Avevano raggiunto la moto e Bella giocherellava con il laccetto del casco appeso al manubrio.
“Sì certo.”
“Perché vi trasformate in Licantropi?”
“Per proteggere la gente.”
“Da cosa?”
“Bella, Piccola mia. Noi proteggiamo gli uomini da una cosa sola. Il nostro unico nemico. Che è la sola ragione della nostra esistenza.” E addio bolla di normalità.
“Laurent.” La sentì sussurrare, lui la guardò appoggiandosi alla moto vicino a lei.
“Chi è Laurent?”
“Lo sai, l’avete visto nella radura. Avete impedito che mi uccidesse
.” A quel ricordo le mani di Jake iniziarono a tremare, respirò a fondo e fissò il viso di Bella. Così come erano venuti i tremori cessarono.
“E’ stato facile.”
Cosa?”
“Uccidere il succhiasangue che stava per  uccidere te.”
“Ma se Laurent è morto… una settimana fa… allora gli ultimi delitti sono  opera di qualcun altro.”

Jacob le raccontò tutto dell’ultima settimana. Di come ci fosse un  altro vampiro che continuava ad entrare e uscire dai confini della riserva, di come ogni volta che erano ad un passo dal catturarla, lei riuscisse a scappare, di come non capissero quale fosse il suo vero obbiettivo. Infine vide Bella piegarsi sulle ginocchia e tenersi la testa fra le mani. Si diede mentalmente del coglione. L’aveva spaventata a morte. Si chinò vicino a lei carezzandole i cappelli. Lei iniziò a tremare e quando infine riuscì a parlare, Jacob sentì il suo mondo crollargli addosso per la seconda volta in quel mese. La sanguisuga rossa si chiamava Victoria.  E voleva lei. Voleva uccidere Bella. La abbracciò, cercando di calmarla e provando a calmare se stesso allo stesso tempo. Lui l’avrebbe protetta, nessuno sarebbe riuscita a farle del male. Per la prima volta fu davvero felice di essere diventato un licantropo, aveva giurato a Bella che ci sarebbe sempre stato e che si sarebbe preso cura  di lei, ora poteva davvero mantenere fino in fondo quella  promessa. Proteggere Bella. Chiaro, limpido come il cielo d’estate. Lui era nato per proteggere lei.
“Bella? Dobbiamo tornare. Dobbiamo dire agli altri tutto quello che sai di Victoria.”
Lei annuì e Jake l’aiutò ad alzarsi abbracciandola ancora una volta.
“Non devi aver paura. Non ti succederà niente te lo prometto. Lo sai che tendo a mantenerle le promesse.”

 

 
La moto nera correva per la strada, si piegava ad ogni curva e seguiva docile i comandi del pilota.  Ad ogni semaforo che incontrava si fermava e Jake spostava la mano sulla gamba di Bella, come ad accertarsi che lei fosse lì o più probabilmente per trasmettere a lei la sicurezza di cui aveva bisogno. Aveva paura, la sentiva ancora tremare stretta a lui ed era certo che non fosse per il freddo. Quando entrarono nel territorio della riserva iniziò a decelerare lentamente, prese una strada sterrata e si fermò davanti ad una casetta di legno con le tendine gialle e vasi di fiori alla finestra.  La moto non era ancora stata spenta che quattro figure massicce e dall’aria piuttosto minacciosa apparvero sulla porta. Jake non si scompose, diede la mano a Bella per farla scendere dalla moto e l’aiutò a levare il casco. Si mise vicino  a lei e fece scivolare la  mano nella sua mentre Sam si avvicinava a loro.
“Jacob. Ci devi delle spiegazioni.” Il suo tono di voce calmo non riusciva a nascondere il profondo risentimento.
“Le spiegazioni dovranno aspettare. Bella ha delle cose da dirci.”
Quando Jacob pronunciò quel nome Paul fece un passo avanti uscendo dalla linea compatta che i quattro Quileutes formavano ed iniziò a tremare.
“Ah, certo che sì! Scommetto che l’amichetta delle sanguisughe muore dalla voglia di aiutarci!”
“Sta attento a come parli”
Jacob si spostò, nascondendo Bella con il suo corpo. I tremori di Paul divennero sempre più forti e con un forte rumore di strappi e di stoffa lacerata esplose in un enorme lupo argentato.
Jake spinse Bella più lontano ed iniziò a correre verso il lupo che era stato Paul fino ad un attimo prima. Sentì l’ormai familiare calore dilagare in tutto il suo corpo, ci mise un istante. Chiuse gli occhi, tutto dentro di lui fremette e divenne lupo.
Si scontrò contro il corpo di Paul con un tonfo sordo.  Jacob era enorme, molto più del suo avversario e non ci mise molto, con un paio di spallate, a spingerlo fino ai margini del bosco.
Per svariati minuti la sua mente si spense da tutti i pensieri, troppo forte l’istinto del lupo nella lotta,  riuscì ad affondare i denti nella zampa di Paul e poi la voce di Sam si frappose chiara e nitida fra i ringhi.
“Adesso Basta.” Era un ordine Alpha. I due lupi si fermarono. Jacob scosse il testone e un forte ringhio uscì dal lupo argento.
“Sam, non può passarla liscia. Ha raccontato il nostro segreto ad un’estranea. Ti credi sempre superiore a noi, Jake?”
“Non ho raccontato niente, Bella c’è arrivata da sola. E se non l’avesse fatto prima il tuo spettacolino di sicuro l’ha aiutata a capire.”
Paul ringhiò ancora e scattò verso Jake, ma Sam si mise in mezzo.
“Manchi da casa da ieri notte. Hai saltato due turni di ronda, non è un gioco questo, hai delle responsabilità precise.”
“Credi che non lo sappia, Sam? Delle mie fottute responsabilità?  Credi che non sappia fin troppo bene tutto? Ma era l’unico modo.”
“Sam, non mi fermare. Stavolta lo azzanno al collo.” Pensò Paul sempre ringhiando.
“Basta ho detto. Jake che volevi dire con Bella ha della informazioni.” Jacob osservò Paul e senza smettere di scalciare il terreno con le zampe, ripensò a tutto il discorso di Victoria fatto con lei, poche ore prima.
“Bene, questo cambia tutto.” Disse Sam, “Trasformatevi, per quanto riguarda la tua fuga, Jake, credo che ci penserà tuo  padre a dirti tutto quello che penso io e anche oltre.”
Cazzo papà. In quel momento, non importava che fosse un lupo mannaro enorme e quasi indistruttibile, ebbe paura. Suo padre sarebbe stato… incazzato non era un termine sufficientemente calzante per descriverlo e in più si era trasformato facendo esplodere tutti i vestiti e le scarpe da ginnastica nuove, era certo che non ne avrebbe avute presto un altro paio. Era davvero nei guai. Si trasformò, aspettando dietro un albero nei pressi di casa sua che Sam e Paul tornassero con dei vestiti. Quando li vide  l’espressione cupa di Paul aveva lasciato posto ad un largo sorriso. Gli lanciò addosso un vecchio paio di jeans e scoppiò a ridere.
“Quando vorrei assistere al tuo incontro con Billy. Ci sarà da divertirsi.” Jacob lo guardò torvo mentre si infilava velocemente i pantaloni e poi si avviarono verso casa di Sam.

 

Quando entrarono in casa di Emily notò Bella sospirare sollevata, le si avvicinò e non importava quanti casini dovesse affrontare: si sentì assurdamente felice. Bella era lì, nella cucina di Emily, in mezzo al suo branco e gli sembrava la cosa più naturale del mondo. Era tornata a far parte della sua vita, non importa quanto assurda fosse, lei ne faceva parte e questo bastava a rendere tutto migliore. Si sedette vicino a lei, afferrò un muffin, gli sembrava di assaporarne il gusto per la prima volta davvero e poi  iniziarono a raccontare a tutti quello che sapevano.
Quando Sam mise fine alla riunione Jake la prese per mano conducendola di nuovo alla moto.
“Stai bene?”
“Sì… credo che sia stato… non lo so, solo strano.” Jacob ride e poi le diede un bacio sulla fronte.
“Strano. Quindi dopo questo i nostri padri non dovrebbero essere un grosso problema.” Bella deglutì calciando un piccolo sassolino vicino al suo piede.
“Lupi e vampiri mi sembrano niente in confronto a Charlie.”
“Già. Insieme o separati.” Gli chiese lui guardandola.
“Oh ormai, Jake. Tanto vale fare pure questo insieme.”
Jacob le sorrise, era assurdo essere felice in quel momento e per una cosa del genere.
“Prima Billy e poi Charlie?”
“Si credo sia meglio. Ma almeno nascondiamo la moto a mio padre.”
“Mi sparerebbe una pallottola eh?”
“Credo di sì, speriamo non sia d’argento.”  Risero entrambi e poi risalirono in moto verso casa Black.
 

 
Nascondere la moto risultò però una soluzione impraticabile, la prima cosa che videro, infatti, arrivati nei pressi della casa di Jacob fu Charlie che scendeva dall’auto della Polizia. Come a rallentatore Jacob lo vide voltarsi verso di loro mentre si riprendeva velocemente dallo shock e la sua faccia da bianca divenne rosso accesso. Jake deglutì, decidendo che invertire rotta e scappare di nuovo non era la soluzione migliore. Charlie con un rapida falcata li raggiunse e, afferrando Bella per i fianchi, la face scendere dalla moto.
“Ciao papà.” disse lei a bassa voce.
Billy era sulla porta di casa ed il suo sguardo era la copia identica di quello dell’amico, Jake mise le mani in tasca dondolando sui talloni.
“Ehi pà.” Cerco di assumere un tono di voce innocente.
Charlie e Bella gli passarono davanti  e senza guardarlo sentì la voce di Charlie.
“Entra in casa Jacob Black. Subito.”
Il suo divano non gli era mai sembrato così scomodo. Erano lì, lui e Bella seduti a testa bassa mentre ascoltavano Charlie urlargli contro tutta una serie di epiteti non di certo ripetibili. Suo padre annuiva convinto, aggiungendo qua e la qualche osservazione che lo fece sentire incredibilmente idiota ed in colpa. Poi all’improvviso Charlie si mise a sedere sulla poltrona di fronte a loro. Portò le mani alla testa e respirò a fondo un paio di volte come per calmarsi. Billy allora prese la parola.
“Bene.. avete qualcosa da dire voi due?”
Bella alzò gli occhi e guardo prima Billy e poi il padre.
“Ci spiace, davvero non volevamo farvi preoccupare..”
“Non volevate farci preoccupare?” Charlie tornò a guardare la figlia “ E come pensavi di farlo? Mi sono svegliato stanotte, non c’eri, non un biglietto, non una telefonata… e non volevate farci preoccupare.”
“Dove siete stati?” chiese Billy. Jacob alzò gli occhi per la prima volta, osservando il padre.
“A Tacoma. Ma abbiamo visto dei musei, quindi si può classificare come gita culturale.” Tentò di abbozzare un sorriso ma lo sguardo torvo del padre lo fece desistere e torno ad abbassare gli occhi.
“A Tacoma?” ripeté Charlie sempre più rosso. “E dove diamine avete dormito.” Silenzio. ne lui e Bella risposero, puntando gli occhi insistentemente sulla punta delle scarpe. E Charlie continuò. “Jacob Black… dove diavolo hai fatto dormire la mia bambina?”
Jacob sospirò, cercando di fare uscire la voce.
“In… un.. motel sulla strada.”
Charlie si alzò di scatto afferrando la giacca posata sulla spalliera della poltrona e iniziando a rovistare al suo interno. Bella lo guardò esclamando preoccupata.
“Che stai facendo, papà.”
“Cerco la pistola, perché adesso gli sparo.” Un pensiero assurdo attraversò allora Jake in quelli che pensava fossero gli ultimi istanti della sua vita.  Ne era certo non importa quando in fretta guarisse Charlie Swan avrebbe trovato un modo per farlo fuori.
“Ehi… è mio figlio quello.”
“Hai ragione, Billy, vuoi tu l’onore?”
“No basta… nessuno spara a nessuno. Papà, sei ridicolo. Metti via quella cosa.” Bella si alzò raggiungendo il padre. “Mi spiace davvero. Hai ragione ad essere arrabbiato, abbiamo sbagliato. Ma è il figlio del tuo migliore amico e lui ti piace.”
“Mi piaceva certo, finché non ti ha portata in un motel.”
“Papà ma che cosa credi che sia successo in quel motel?” Esclamò arrossendo, e Jacob pensò, totalmente fuori luogo a quando fosse bella. Charlie assunse la medesima colorazione della figlia.
“Andiamo a casa Bells. E tu…” si volto verso Jacob guardandolo  torvo .  “Sappi, qualora ti venisse in mente di venire a fare un giretto dalle parti di casa mia, che tengo il fucile carico." E così dicendo trascinò Bella fuori.
Jacob rimase solo in casa con il padre che scosse la testa.
“Mi hai deluso, figliolo.” Parole peggiore di mille urli.

Angolo autrice.

E così Bella e Jake sono tornati a casa ma quel giorno di libertà avrà cambiato qualcosa?
Purtroppo nel mese di dicembre avrò davvero tanto da lavorare e quindi molto meno tempo per scrivere. Per evitare di rimanere troppo indietro e farvi aspettare troppo torno a postare a settimane alternate in modo da riuscirmi a portare un po’ avanti con la stesura del raccanto.
Grazie davvero per essere ancora qua e seguirmi lungo questo viaggio.
E ora un po di pubblicità ho scritto una storia con  aniasolary
Se siete curiosi la trovate qua: L'ultima notte al mondo
A presto
Noemi

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Capitolo 21
*** Il bacio degli innamorati Fenicella e Cristallo ***


“Un giorno, però, i due non riuscirono a resistere alla grandissima voglia di potersi finalmente toccare e guardandosi fissi negli occhi improvvisamente si ritrovarono abbracciati in un lunghissimo bacio, la sensazione che avvertirono in quell’istante fu immensa, in un misto tra gioia e sofferenza.”

Capitolo 20
Il bacio degli innamorati Fenicella e Cristallo

Essere un licantropo non ti evita le ire paterne. Ecco che cosa aveva imparato Jacob Black in quell’ultima settimana. Billy era talmente furioso per la fuga del figlio che lo aveva minacciato di metterlo in castigo; cosa che probabilmente non succedeva dalle elementari. Ma poi in fondo non è che potesse davvero punirlo in qualche maniera visto che, fra una ronda e l’altro, non gli restava altro tempo se non per dormire e alla fine si era dovuto limitare a lanciargli occhiate torve ogni qualvolta si incrociavano per casa. In ogni caso sapeva senza ombra di dubbio di essere stato più fortunato di Bella. Non la vedeva da sei giorni. Charlie l’aveva messa agli arresti domiciliari, il che con una sanguisuga che le dava la caccia, poteva rivelarsi anche un bene. Il branco si alternava sotto casa sua e tenerla sotto controllo risultava molto più semplice.
Gli alberi lo nascondevano alla vista. E lì, al limitare del bosco all’ombra di casa Swan, fissava la luce accesa della finestra di Bella e la immaginava sdraiata sul letto a leggere un libro o forse al computer a scrivere una mail alla madre, e le mancava. Le mancava da far schifo, le mancava così tanto da sentirsi un completo idiota.
“Almeno immaginala nuda, Jake. Non ne posso più di questi pensieri da… sei sicuro di non essere gay?”
I pensieri di Jared invasero la sua mente. Sbuffò e si raddrizzò sulle zampe.
“Pensi che la tua mente sia un posto migliore, amico? Kim qua…Kim là.”
Il lupo si avvicinò ancora e oramai era di fianco a Jacob. Lo colpì con il testone.
“Solo che i miei sono ricordi, ricordi molto vividi, non fantasie.”
Jacob sbuffò e guardò l’amico prima che sul suo volto da lupo si allargasse un ghigno. Il suo turno di ronda era finito. Corse dietro un albero e si aggrappò ad una sensazione. La voce di Jared che gli chiedeva che diamine stesse facendo fu l’ultima cosa che sentì prima di tornare umano. Si infilò svelto i jeans, e uscì dalle ombre, guardando l’amico.
“Mi creo dei ricordi”, disse prima di correre verso casa di Bella.

L’agilità del lupo era una gran figata. Senza alcun problema si arrampicò all’albero vicino a casa di Bella e picchiettò con le nocche sul vetro della finestra.
Bella venne ad aprire dopo pochi attimi.“Jake. Che stai facendo?”
“Dobbiamo rifare questa scenetta ogni volta? Spostati che entro.”
“No, sei pazzo?”
Roteò gli occhi al cielo e sorrise. “Salto anche se non ti sposti, ma non lamentarti se ti finisco addosso.” Io di certo non lo farei.
Si spostò di lato e con un balzo Jacob entrò in stanza.
“Sono bravo, eh?” Chiese sorridendo.
Bella sbuffò e si spostò una ciocca di capelli dietro le orecchie. “Vediamo se sei altrettanto bravo a schivare la pallottola di Charlie. Lo sai che succede se ti vede qua?”
“Sono un licantropo il rischio è il mio mestiere”, disse avvicinandosi di un passo a lei.
“Sei diventato incredibilmente sbruffone.”
“Non è per quello che ti piaccio?”
“Tu non mi piaci, Jacob Black. Sei solo il mio migliore amico, un migliore amico piuttosto invadente”, rispose lei con un sorriso.
“E che mi mancavi, Bells. Quanto durerà ancora la punizione?”
Bella sospiro appoggiandosi alla scrivania. “Non lo so, ma voi… cioè l’avete…Victoria?”
Jacob la guardò. Cercava di nasconderlo ma era agitata. Si mordicchiò un’unghia ed il suo respirò accelerò. Bastava quel nome per spaventarla a morte e lui non poteva permetterlo.
Si avvicinò di nuovo a lei prendendole il viso fra le mani.“La troveremo, Bella. Non permetterò che ti succeda niente.” Fissò i suoi occhi, sperando che ci leggesse dentro anche le parole che non poteva permettersi di pronunciare, sperando che lei credesse in lui. Lui che l’avrebbe protetta sempre.
E lei finalmente sorrise. “Dovresti essere a dormire invece che qua da me, Jake. Guarda che occhiaie.”
Jacob si strinse nelle spalle. “Non ci vediamo da giorni e tu mi dici che devo andare a dormire? La punizione ti ha reso noiosa, Bells.”
“Non sono noiosa sono solo…responsabile.”
Jacob rise scuotendo la testa. “Ah già, avevo dimenticato che hai raggiunto la mezza età.”
“E tu invece l’hai appena persa.”
Jacob la guardò, le braccia incrociate al seno ed un espressione estremamente seria in volto. La guardò e si sentì felice. Nonostante trasformazioni e sanguisughe psicopatiche, in quella stanza e in quel momento era felice. Bella osservò la sua espressione mutare e inarcò un sopracciglio e allora Jacob scoppiò a ridere. Aveva trattenuto quella risata dentro di sé per troppo tempo. Scoppio a ridere sentendosi di nuovo normale, rise sentendosi ancora una volta come quando nel suo garage aggiustavano le moto.
Bella spalancò la bocca incredula ma questo provocò al ragazzo solo un altro attacco di risata.
“Jake, shhh. Ma che ti prende? Shhh.”
“Scusa, Bells, e che sei… buffa.” Si piegò sulle ginocchia e continuò a ridere tenendosi lo stomaco.
“Mio padre ci ammazza. Stai zitto, Jake.” Prese un cuscino premendolo sopra la bocca di Jacob che annuì con la testa. Bella sospirò allentando la presa per poi pentirsene subito dopo al suono della risata di Jacob che riecheggiava per la stanza. Esasperata gli lanciò il cuscino in testa andando a sedersi sul letto.
Lui lo raccolse da terra e glielo scagliò contro. Bella si massaggiò la fronte ridendo piano, altri cuscini volarono per la stanza ed infine Jacob si mise a sedere vicino a lei.
“Sai che non avevo mai fatto a cuscinate?”
“Non ti offendere, Bells, ma mi sembra che ci siano un sacco di cose che non hai mai fatto.”
“Già”, esclamò lei diventando improvvisamente seria.
“Smettila di pensarlo.”
“Cosa?” Chiese la ragazza.
“Che Victoria ti ucciderà. Te l’ho già spiegato, non riuscirà neanche ad avvicinarsi a te e Charlie.”
“Sembri così sicuro di te, Jake.”
“E tu hai troppa poco fiducia. Lo sai che c’è sempre qualcuno di ronda sotto casa tua.”
“Ma non potete, cioè è troppo.”
“Sei la nostra priorità, Bella. E se anche non lo fossi per il branco lo saresti sempre per me.”
“E per quello che hai le occhiaie, Jake?”
“Cosa?”
“Le occhiaie. Da quanto tempo non dormi. In un letto intendo.”
Jacob sospirò, dondolandosi sui talloni in imbarazzo.“No io e che… non riesco a dormire tranquillo se sei lontana.”
Oddio. Perfetto, ora sembro un maniaco. Mi presento, Jacob Black il licantropo stalker.
Bella sospirò e andò a chiudere la porta della camera a chiave. Jacob la guardò senza capire, finché non tornò di nuovo vicino a lui e diventando improvvisamente rossa parlò senza guardarlo. “Andiamo a dormire, Jake.”
“Ma…”
“Non voglio che tu passi un'altra notte fra gli alberi, non è giusto.”
Stai calmo, Jake. Stai fottutamente calmo. Dormire con Bella, due volte in una settimana. Lassù qualcuno doveva amarlo davvero.

I sogni di Bella erano sempre stati strani da quando aveva messo piede nella Penisola Olimpica. Vampiri, licantropi, forse tutto quello era troppo per un semplice essere umano e il suo subconscio aveva trovato un modo per fuggire.
Poi Edward era andato via e non c’era stato posto che per urla ed incubi. Agognava il suo abbraccio di marmo, desiderava le sue labbra gelide. Ogni notte la sua mente la riportava da lui, lasciandola stordita e lacerata sempre più ad ogni risveglio.
Quella notte però, era stata diversa. Nessun sogno, nessun incubo.
C’era stato solo un susseguirsi di immagine sfocate. Vedeva Edward, sapeva che c’era ma non riusciva a mettere a fuoco il suo volto. Sentiva la pelle calda, vedeva il suo cuore battere e, appena riusciva a raggiungere le immagini, queste correvano via trasformandosi in altre.
Apri gli occhi e afferrò il cellulare sul comodino. Le tre del mattino. Non erano stati i suoi incubi a svegliarla.
Si voltò e incontro il viso di Jacob. Dormiva profondamente, nella parte più lontana del letto, aveva dovuto rannicchiare le gambe per entrarci completamente, il volto rilassat e la bocca leggermente aperta. E lei si ritrovò a sorridere osservandolo.
Era cambiato così tanto nelle ultime settimane ma sapeva che, nascosto in quel corpo possente, c’era sempre il suo migliore amico.
Il cambiamento fisico di Jacob era qualcosa che l’aveva lasciata completamente stordita. Si ricordò di come l’aveva visto la prima volta sulla spiaggia di La Push: un ragazzino con i capelli lunghi, gli occhi ridenti, alto e troppo magro.
Ed ora nel suo letto c’era un uomo. Sentì le guance colorarsi non appena formulò quel pensiero ma era innegabile, Jacob Black, almeno nel fisico, era divenuto un uomo. Ed era bello. Una bellezza così terrena che in qualche maniera riusciva a spaventarla più di quella di Edward.
Seguì con gli occhi il profilo del suo braccio, ripiegato sotto la testa e i muscoli del petto che si alzava e abbassava ritmicamente. Deglutì e provò una voglia improvvisa di toccarlo, di sentire la sua pelle calda sotto le dita. Era assurdo. Era solo Jacob, il suo migliore amico. Lei non provava certe cose per lui, lui che non era Edward.
Aveva voluto Edward così tanto da sentirsi male. Tutte quelle notti passate fra le sue braccia, desiderando quel contatto che lui le negava ostinatamente.
Sapeva che Jacob non l'avrebbe mai rifiutata, sapeva che Jacob era... umano. Ma non sapeva se lei volesse altrettanto. Non lo aveva mai voluto ma ora lì, con il suo respiro sul suo viso, allungò la mano e gli sfiorò il braccio.
Sospirò appagata al contatto con la sua pelle e fece risalire la mano. Toccò il suo addome scolpito, chiedendosi che diamine stesse facendo ma non riuscendo a smettere. Accarezzò il suo collo, fino ad arrivare al viso. Occhi, naso, zigomi e poi le sue dita si posarono sulle labbra e lui aprì gli occhi.
Trasalì spaventata e fece per scostare la mano, ma Jacob l’afferrò per il polso, impedendole di spostarla. Le baciò i polpastrelli e poi si mise seduto.
La guardo e passò l’altra mano dietro la schiena di lei avvicinandola di più.
Bella sentì il respiro bloccarsi, vedeva il suo viso vicino, la mano sulla schiena e l’altra ancora sul suo polso. Chiuse gli occhi e, senza un vero perché, si ritrovò a sfiorare le sue labbra.



Stava sognando oppure era morto e quello era il suo personale paradiso. La prima alternativa gli sembrava migliore. Perchè Bella Swan lo stava baciando e non poteva davvero essere vero, ma non poteva neanche essere un sogno, perchè la sensazione delle sue labbra, il suo sapore in bocca era troppo tangibile per poter essere frutto della sua fantasia, che per quanto fosse vivida, non lo era mai stata così tanto.
Quindi sì, decisamente Bella Swan lo stava baciando e lui doveva fare qualcosa per non fare la figura dell’idiota.
Le mordicchiò appena il labbro inferiore e lei dischiuse la bocca, permettendo al bacio di diventare più profondo.
Come cavolo era potuto succedere? Era andato da lei perchè le mancava, voleva solo qualche minuto insieme e ora si stavano baciando.
Non che si lamentasse, sia ben chiaro anzi, era fottutamente felice.
Quando si staccò per prendere aria, Jacob sfiorò il suo naso con le labbra e lei gli sorrise con le guance completamente in fiamme.
Bella sospirò e poi si appoggiò sulla sua spalla mentre lui tornava a sdraiarsi.
Nessuno dei due parlò, le cose da dirsi erano troppe o forse volevano solamente dimenticare tutto ancora per un po’.
Bella lasciò la mano nella sua e così, con le mani intrecciate e la sua guancia sulla sua spalla, si addormentò. Lontana, almeno momentaneamente, dal suo cuore ferito.


Angolo autrice.

Ed eccomi di ritorno e come prima cosa: Buon Anno. Allora l’avete iniziato con il botto o un po’ in sordina?
Lo so, è quasi un mese che non posto ma spero che con questo capitolo riuscirete a perdonarmi. Finalmente si sono baciati, finalmente…saranno diventati un noi?
Ho adorato scrivere questo capitolo, ho adorato vedere Jacob felice e spero che voi lo amiate tanto quanto me.
Grazie a chi segue questa storia, grazie a chi aspettava con ansia l’aggiornamento, grazie a chi mi fa sempre sentire il suo sostegno.

La fiaba di inizio capitolo è stata scritta da Alessio Sgrò e potete trovarla a questo Link: http://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/varie/994-bacio-innamorati-fenicella-cristallo.html
Mentre aspettate il prossimo capitolo (spero arrivi davvero presto, stavolta) vi lascio il link a una mia nuova storia se vorrete farci un salto.
Cristallo Spezzato.
Ancora Buon Anno
A presto Noemi.

 

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Capitolo 22
*** La Principessa e il Ranocchio ***


"Papà non ha mai avuto quello che voleva, ma quello di cui aveva bisogno si!
Lui ha avuto l'amore! Non ha mai dimenticato cosa è importante
 e nemmeno io lo farò!”

Capitolo 21
La principessa e il ranocchio

Luce. Mattino. Una finestra che sbatte. Jacob si strofinò le mani sulla faccia senza aprire gli occhi. Ancora cinque minuti, pa’. Sapeva che a breve avrebbe sentito il familiare stridore della sedia a rotelle sul pavimento di legno. Sbuffò, prima di ricordarsi che tanto a scuola non ci sarebbe dovuto andare: emergenza vampiro. E a quella parola anche altro riaffiorò nella sua mente ancora intorpidita dal sonno: Bella.
Aprì gli occhi.
Quello decisamente non era il suo letto. Lui che si arrampicava alla  finestra, la lotta di cuscini, lei che gli diceva di restare. Lei che lo baciava.
Porca puttana, ci siamo baciati.
Bella che dormiva ancora, proprio lì accanto a lui. Sorrise e le baciò la fronte.
Lui e Bella si erano baciati, finalmente era successo.
…e se non correva subito a casa di Sam si sarebbe ritrovato con un doppio turno di ronda.
Si alzò chiedendosi se Charlie fosse già sveglio: vedersi minacciare con il fucile una volta era stato più che sufficiente. Dopo essersi assicurato che la casa fosse ancora avvolta nel silenzio, si avvicinò alla finestra.
Che cosa avrebbe dovuto fare? Svegliarla? Lasciarle un bigliettino? Un messaggio sul cellulare? Richiamarla dopo? 
Un ululato. Non aveva più tempo per pensarci: la guardò ancora una volta e poi si gettò di sotto. Si tuffò veloce nel bosco al limitare di casa Swan e, dopo qualche minuto di corsa a perdifiato, un grosso lupo grigio comparve davanti a lui.
Jacob si fermò e gli sorrise; il lupo grigio brontolò, un ringhio basso e bonario.
“Scordatelo, Embry. Non mi trasformo.”
Il lupo scosse la testa e poi l’aria fremette.
“E che palle, Jake. Sparisci per tutta la notte e non mi fai dare neanche una sbirciata ai tuoi pensieri?”
Jake alzò gli occhi al cielo e iniziò a camminare.
“Dobbiamo farcela a piedi fino a La Push?” chiese Embry sbuffando.
“Esercito il mio diritto alla privacy.”
“Sono il tuo migliore amico.”
“Al momento mi sembri solo una vecchia zitella.”
“Quello è Quil, mica io…”
Il sorriso sparì dal volto di entrambi, li mancava l’amico ma non potevano farci nulla, il segreto andava protetto da tutti, anche da lui.
“Ieri è venuto di nuovo a casa mia”, continuò Embry infilando le mani in tasca.
Jake si strinse nelle spalle e guardò l’amico. “È fortunato.” E lo pensava davvero, lui a differenza loro poteva ancora avere una vita normale. Niente rabbia, niente bugie, niente trasformazioni.
“Già.”
Camminarono per qualche metro in silenzio e poi fu di nuovo Embry a parlare. “Allora, fino a dove sei arrivato?”
“Ci siamo baciati.”
“Grande! E poi?”
“E poi basta, abbiamo dormito.”
“Ma allora sei proprio un coglione, Jake.”
“Grazie, eh?”
“Scusa, non ho trovato termini migliori. È la secondo volta che ci dormi insieme e… niente?”
“Ti ho detto che ci siamo baciati.”
“…capirai.”
“Da quando sei diventato così esperto di donne, amico?”
“Da quando ho rivisto Valery.”
“Valery la sorella di Michael che è andata al college quest’autunno?”
“È tornata a casa per il weekend  e io avevo finito la ronda.”
Jake strabuzzò gli occhi e poi diete una gomitata all’amico che ricambiò con un’ espressione estremamente compiaciuta. “Hai ragione, trasformiamoci. Così ci mettiamo troppo a tornare a casa”, disse infine.

 
Jake si fermò a guardare la Golf rossa. Gli sembrava passato un secolo da quando cercare di farla camminare era stato il suo più grande problema.
Stava per ricominciare il suo turno di ronda e non aveva ancora sentito Bella. Probabilmente Embry aveva ragione: era un coglione. Com’era il detto? Battere il ferro finché è caldo? Di sicuro lui non lo stava facendo.
Appoggiò la fronte contro il vetro e rivisse per l’ennesima volta il bacio della sera precedente. Ma da quando era diventato così patetico? Probabilmente da quando…
Il rumore di una macchina che si avvicinava.
L’auto di Bella e l’aria che mancava nei polmoni.
Altro che patetico: era proprio un caso senza speranza.
Si sistemò la maglietta e si mise in ascolto. Sapeva persino quanti passi la dividevano dal garage: non ricordava da quando aveva iniziato a contarli ma erano sempre quarantadue passi. Se non inciampava.
Patetico, patetico, Jacob.
“Jake?”
Si voltò con l’aria più indifferente che gli veniva. Si erano baciati, è vero, ma non era sicuro che significasse davvero qualcosa.
“Ehi,” sorrise, e Bella si mordicchiò le labbra. L’avrebbe baciata di nuovo.
“Ciao.”
“La punizione è finita?”
“Sì, ma non ti aspettare un invito a casa troppo presto: è ancora arrabbiato.”
Jacob fece spallucce e afferrò uno straccio per pulirsi le mani. “Però puoi di nuovo venire qua.”
“Mi mancava, questo posto.”
“Ti mancava questo posto o ti mancavo io?”
Sbruffone, insolente, arrogante. Tutte cose che sapeva la facevano andare fuori di testa. Bella alzò gli occhi al cielo. “Sbruffone.”
E lui scoppiò a ridere, sentendo allentarsi la tenaglia che gli stringeva lo stomaco. La conosceva così bene… eppure non aveva idea dei suoi pensieri su quel bacio. E non sapeva se doveva cominciare lui a parlarne.
Bella aprì la portiera della macchina e si sedette lì, con le gambe di fuori, a giocare con i capelli.
“Devi… sei di ronda, Jake?”
“Fra mezz’ora. Ma puoi restare qua.”
“Ok.”
“Ok cosa?”
“Ok non vado via… ti aspetto qui.”
“Ok.”
Da quando parlare con Bella era diventato così complicato? Era la sua migliore amica. Era… ma le migliori amiche non si baciano. E invece loro due…
Aveva voglia di baciarla di nuovo.
Inutile, non riusciva a pensare ad altro. In realtà però sì, pensava anche ad altro, tipo stendersi sui sedili della Golf, levarle la giacca e poi la maglietta. I jeans….
Smettila, non puoi avere un’erezione con lei così vicino. Penserebbe che sei un maniaco.
Si avvicinò rapido al banco da lavoro e si mise a trafficare con pinze e chiavi inglesi, giusto per tenere le mani occupate. Bella restava in silenzio. Troppo silenzio, come le prime volte che era stata nel suo garage. Le volte in cui pensava a lui.
Non poteva succedere ancora, non dopo la sera prima. Almeno sperava.
“Ti vedo pensierosa” disse, per poi pentirsene subito dopo.
“Già.”
“Pensi a quello che è successo l'altra notte?”
Niente, non ce la faceva proprio a fare l’indifferente.
Bella scoppiò a ridere. Non era esattamente quello che gli serviva per migliorare l’autostima, eh.
“Intendi quando mi hai svegliata perché russavi troppo?"
E quella risposta?
Posò l’ultimo attrezzo e respirò a fondo un paio di volte prima di parlare.
“No, cioè…”
“Non è successo nient'altro di memorabile”, replicò Bella, perplessa. Perfetto, i suoi baci non eri memorabili. “Solo qualche sogno decisamente assurdo. Ma poi è arrivata mattina in fretta, tu eri già andato via e non ho potuto raccontarteli… Non che avrei voluto, ma…”
“Cosa non avresti voluto, Bella?” La sua voce risuonò più dura di quanto volesse.
“Raccontarti il sogno. Noi…”
“Toglimi una curiosità, Bella. Ci siamo baciati, nel tuo sogno?”
Bella si guardò la punta delle scarpe, imbarazzata. “Come… cioè, come fai a saperlo?”
Jake strinse forte le mani, fino a conficcare le unghie nei palmi. Non poteva perdere il controllo, non per una cosa così. “Tu pensi fosse un sogno.”
“Jake, sei il mio migliore amico.”
“Quindi non raccontarmi cazzate, Bells.”
“Perché stiamo litigando?”
“Non stiamo litigando. Anzi continua a pensare quello che preferisci. Io devo andare.”
“Jake…”
“Devo dare il cambio a Jared.”
Un sogno. Un sogno. Bella credeva che fosse stato un sogno. Il bacio che lui aspettava, tipo, da sempre… per lei non era mai esistito.
O forse stava mentendo?
Non sapeva in quale delle due ipotesi sperare.
Si levò la maglietta e le scarpe da ginnastica e Bella si alzò in piedi.
“Jake, aspetta.”
“Ci vediamo, Bella.”
Iniziò a tremare ancora prima di raggiungere il bosco e poi la voce di Bella scomparve, sostituita dai pensieri dei compagni.

 

Angolo dell’autrice che a volte ritorna

Questo capitolo è stato decisamente duro da scrivere, non perché vi siano narrate chissà quali grandi cose, era proprio la storia di per sé che non voleva uscire dalla mia mente, ma finalmente…
probabilmente non avrei mai visto la luce senza l’aiuto di alcune persone per cui grazie mille a Ellie e Ania che si sono subite le mie infinite elucubrazioni mentali sulla trama e i mille mila  ma se…
Grazie a Alessandra che mi ha letteralmente dato i tormenti , diventando così lo sprono migliore per continuare la stesura.
Grazie a J per la revisione e il grande sostegno (non che lei a livello di tormenti sia da meno ehehehe )
E grazie a te che leggi  ancora ogni mio assurdo volo di fantasia e che mi lasci sempre il tuo parere. 100 recensioni... grazie, grazie davvero.
Al prossimo capitolo
Noemi

 

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Capitolo 23
*** I Musicanti di Brema ***


“Un uomo aveva un asino che lo aveva servito assiduamente per molti anni; ma ora le forze lo abbandonavano e di giorno in giorno diveniva sempre più incapace di lavorare. Allora il padrone pensò di toglierlo di mezzo, ma l'asino si accorse che non tirava buon vento, scappò e prese la via di Brema.”

 

Capitolo 22
I musicanti di Brema

 La scia, o meglio la puzza, diventava sempre più forte. Era vicina, era vicina davvero.
Questa volta non mi scappi, pensò Jake accelerando la corsa. Le zampe che quasi non toccavano il terreno, doveva raggiungerla. Era da troppo che durava quella storia, che si divertiva a giocare con loro, che Bella era in pericolo.
Bella.
Si concentrò sull’odore della succhiasangue per non pensare a Bella. Era stato un idiota, non sarebbe mai cambiata e soprattutto non sarebbe mai cambiato niente fra loro.
“Jake, ti sto raggiugendo. Possiamo circondarla.”
“Taglia a destra, Embry. È da lì che viene l’odore.”
“Non agite d’impulso. Aspettate.”
La voce di Sam.
“Non abbiamo tempo di aspettare, è qui.”
“Non discutere, Jake. È troppo pericoloso, non puoi affrontarla da solo.”
“Non è solo.”
Jacob accelerò ancora e poi si fermò ringhiando. Non la sentiva più. Imprecò mentalmente e ringhiò ancora. L’avevano persa, di nuovo. Dannazione.
Sì guardò intorno furioso e, dopo poco, venne circondato dal resto del branco.
“L’abbiamo persa.”  
“Grazie, Embry, non ci eravamo arrivati.”
“Paul, sta’ calmo.” Di nuovo la voce di Sam.
“Non sto calmo. È colpa di questi bambocci, era il loro turno e se ci avessero avvertiti prima…”
“Che avresti fatto? L’avresti trovata da solo? Sono stanco delle tue cazzate,” disse Jake ringhiando verso Paul.
“E io sono stanco dei tuoi pensieri, Jake.”
Jake ringhiò e Paul alzò il muso.
“Basta.”
Il doppio timbro dell’Alpha fece piegare le zampe a entrambi. “Jake, Embry, andate a casa. Paul, Jared, continuate la ronda. Il cambio è alle dieci.”
Jake ringhiò ancora in direzione di Paul e poi indietreggiò. Dannati ordini Alpha, non ci si sarebbe mai abituato.
Tornarono umani quasi nei pressi della spiaggia e Embry gli diede una spallata.
“La prenderemo.”
“È furba, è come se avesse una strategia.”
“Probabilmente è così, ma noi siamo di più.”
“Pensi che si trasformerà ancora qualcuno?” chiese Jake, il pensiero rivolto a Quil.
“Non credo. I Cullen sono and… scusa, amico. Nome sbagliato.”
Jake si strinse nelle spalle e sbuffò.
“Bella.” Embry pronunciò il suo nome e Jake lo guardò torvo.
“Ti ci metti pure tu a prendermi per il culo?”
“No, cioè, non ora. C’è Bella, lì in spiaggia.” Indicò una figura seduta su un tronco bianco e Jake sbuffò ancora.
In realtà il cuore stava accelerando pericolosamente e almeno ora - che non era trasformato - gli sarebbe piaciuto mantenere una parvenza di dignità.
“Che fai, non la raggiungi?” Chiese Embry ridacchiando.
“No. Cioè, che palle, sì. Ci vediamo dopo.”
Fece qualche passo quando la voce di Embry lo richiamò. “Jake? Se magari la baci meglio, questa volta penserà che sia reale.”
“Fottiti, Embry.”
“A dopo, amico.” 

Jake si fermò a pochi metri di distanza dal tronco bianco e incrociò le braccia al petto
“Sai, se la smettessi di andare in giro per la riserva sarebbe più facile tenerti d’occhio.”
Vide Bella trasalire appena al suono della sua voce ma non voltarsi. “E cosa dovrei fare? Aspettare in casa che venga a uccidermi?”
“Ti ho detto che non si avvicinerà mai a te.”
Addolcì il tono della voce; niente da fare, non riusciva ad essere arrabbiato con lei, non quando sentiva che aveva così bisogno di lui.
Fece ancora qualche passo e si sedette di fianco a lei.
Bella si voltò a  guardarlo e si mordicchiò il labbro. “Non era un sogno, eh?”
Sbuffò. “Io non faccio sogni così reali, di solito.”
“Io sì.”
La sua voce era appena un sussurro ma lui riusciva sempre a sentirla.
“Che vuol dire?”
“C’è una cosa che non ti ho raccontato, Jake.”
La guardò, nervoso. Riusciva sempre a capirla e non era certo che fosse un bene.
“Cosa?”
“È una cosa che riguarda… lui.”
La vide trattenere il respiro e poi cercare di regolarizzarlo.
Com’era possibile che pensare a quel bastardo la sconvolgesse ogni volta a tal punto?

“Bella, ascolta…”
“No, Jake, sei tu che devi ascoltarmi. Devo dirtelo e basta, ok?”
Annuì con la testa e Bella si guardò la punta della scarpe. Poi cominciò a parlare.
“È una cosa… non ho capito come è iniziata, ma un giorno l’ho sentito e… le moto, credevo, io… credevo che andare in moto mi avrebbe aiutato a sentirlo di nuovo ed  è stato così, come le gite nel bosco, sentivo la sua voce, Jake, e ne avevo bisogno.”
Parlò senza prendere fiato, la voce incrinata e Jake corrugò la fronte. “Bella, ma di che accidenti stai blaterando?”
“Di Edward, Jake. Io sentivo la sua voce. È per quello che volevo che aggiustassi le moto…”
Non le fece finire la frase, saltò in piedi e nascose le mani che tremavano in tasca. “Era tutta una cazzata, allora.”
“No, Jake, no. Non è così, all’inizio credevo che mi avrebbe fatto stare meglio, ma poi ho capito che eri tu. Eri tu che mi facevi stare meglio e…”
“Ero una scusa, ti servivo. Mi hai preso per il culo.”
La vide mordersi le labbra e alzarsi in piedi. Fece un passo indietro. Non riusciva a calmarsi e lei ne fece uno avanti.
“Sei il mio migliore amico, Jake. Sei importante, non è come pensi.”
“Vai a casa, Bella.”
“Mi stai mandando via di nuovo, Jake?”
“Mi hai usato per  sentire la voce di quel succhiasangue. Che vuoi che ti dica, Bella? Brava.”
“Non ti ho usato, ero solo...  lo sai che posso cambiare.”
“No. Tu non cambierai mai  e… vai a casa, Bells. Stasera c’è Paul di ronda sotto casa tua, stai tranquilla.”
“Jake. Mi perdonerai, vero?”
Jake sospirò e diete un calcio ad un pietra. “Ci vediamo, Bella.”
La guardò allontanarsi, faceva male, faceva sempre male stare vicino a lei. Era così testarda e lui era stanco di venire deluso. Succhiasangue bastardo, sempre e solo lui.
 

Non riusciva a smettere di tremare ma non voleva trasformarsi. Non voleva che gli altri leggessero i suoi pensieri, voleva restare da solo, almeno per una volta.
Essere un branco, condividere tutto li rendeva sì più forti, ma anche più vulnerabili.
C’era un succhiasangue sulle loro terre, c’era la morte e lui pensava a lei.
Patetico. Sono diventato patetico.
Lasciò la spiaggia e camminò, continuando a respirare lentamente. Poteva tenerlo sotto controllo, il lupo non doveva dominare la sua vita, con Bella vicino era facile ma con lei... era troppo complicato.
Sarebbe tornato a casa, si sarebbe buttato sul letto, non avrebbe pensato a niente e poi sarebbe arrivata l’ora della ronda. Un piano elementare, facile da seguire. Se fosse stato fortunato avrebbe avuto il tempo per una partita alla play con Embry, come ai vecchi tempi, solo che non ci sarebbe stato Quil.
I vecchi tempi non sarebbero più tornati.
Passò davanti al piccolo negozio di alimentari, dove Embry lavorava ogni estate. Chissà se quell’estate sarebbe stata diversa? Chissà se avrebbero presa quella stronza prima dell’arrivo dei turisti, chissà se ci sarebbero stati ancora i falò, chissà se Bella sarebbe restata.
Ancora lei? Piantala, Jake.
Insomma, che accidenti gliene fregava ? Poteva tornarsene a Phoenix o in Florida o andare al college dall’altra parte del paese e lui…
Seh. Come avrebbe fatto senza di lei?
“Jake?”
Al suono del suo nome si fermò e mise a fuoco una figura che camminava verso di lui con una busta di carta in mano.
Sorrise. “Ehi, Kay.”
 “Stai bene?”
“Mai stato meglio.”
Jacob Black, sei diventato bravissimo a sparare stronzate.
“Non ti ho più visto a scuola… Se ti dico che ero preoccupata ci credi?”
“Per me? Non ce n’è bisogno.” Le prese la busta dalla mani. “Dove hai la macchina?”
“A casa o in città forse. Serviva a mia sorella.” Sbuffò e Jake sorrise ancora.
“Ti accompagno, dai.”
Almeno per altri  cinque minuti poteva fingere di essere normale.

 
Angolo autrice

Sono riuscita a aggiornare abbastanza in fretta?
Giuro, c’è l’ho messa tutta…
Questo capitolo è dedicato ad Alessandra, perché adora darmi i tormenti.
Un grazie speciale a Ellie e Ania che subiscono le mie paranoie mentali su questa storia, e a J per la revisione.
Vi lascio il link delle mie due altre long se vorrete ingannare l’attesa:
Benzina sul Fuoco
Cristallo Spezzato
Ci leggiamo presto… davvero, prometto.
Noemi.
Ps: ma secondo voi, Jake e la ex giocheranno a scacchi?

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Capitolo 24
*** Il libro della giungla ***


“Più capisco cos'è un uomo... più voglio essere un animale.”

 

Capitolo 24
Il libro della giungla

A Bella non era mai piaciuto particolarmente cucinare ma, con una madre come Renèe, era stato puro semplice istinto di sopravvivenza.
Sua madre sarebbe stata in grado di bruciare un uovo sodo e così lei si era dovuta adeguare. 
Poi, però, c’erano giorni che anche cucinare risultava divertente. Erano qui giorni in cui le ore sembravano dilatarsi all’infinito, quei giorni vuoti, quei giorni che però erano tornati a scorrere grazie a Jake ma che ora erano di nuovo fermi.
Bella impostò il timer del forno e si sedette al tavolo. Non aveva mai odiato così tanto le vacanze di primavera.
“Bells?”
Era stato solo uno stupido litigio, anzi no, solo un’incomprensione.
“Bells.”
Lei era stata onesta, doveva dirgli delle visioni, lui doveva sapere quanto lei…
“Bells, insomma che sta succedendo?”
Il rumore di una sedia la fece sussultare, Bella mise a fuoco la figura di suo padre con le mani posate sul tavolo.
“Charlie. Com’è andata la pesca?”
“Che succede, Bells?”
Si alzò in piedi afferrando una straccio. “Che la cena è pronta fra venti minuti?”
“Non parlo della… oh insomma, Bells, che fine ha fatto Jake?”
Sospirò iniziando a pulire il piano di marmo, già pulito. “Mi hai messo in punizione, ricordi? Non potevamo vederci e…”
“E non sei più in punizione.”
“Al diploma mancano solo pochi mesi, ho tanto da studiare.”
Charlie raggiunse la figlia e la guardò allungo prima di parlare. “Lo sai che i discorsi padre e figlia non sono il mio forte, Bells. E che, a volte, capita che i ragazzi sai noi, Jake è un ragazzo è…”
“Papà, di che diavolo stai parlando?”
“Oh insomma Bells, Jake l’ho visto crescere ma se ti fa soffrire posso davvero usare il fucile. Vuoi che gli spari, Bells?”
“Papà, ancora? Perché dovresti sparargli?”
“Per quella nuova ragaz … che mangiamo?”
Ragazza nuova? Charlie era stato a pesca, era passato da La Push e… che aveva visto? Lo aveva incontrato? Ma Jake non poteva avere il tempo per una ragazza, c’era la ronda, la scuola, c’era… lei.
Bella, non essere ridicola. Tu sei innamorata di Edward, tu amerai sempre Edward. È andato via e Jake sì, ti è stato vicino ma è solo il
tuo migliore amico, anzi lo era.
Posò lo straccio e controllò la lasagna nel forno. Fino a due settimane prima avrebbe chiamato Jake, avrebbero pranzato insieme e lui si sarebbe addormentato sul divano, troppo stanco dal suo turno di ronda. E poi…  chi diavolo era la ragazza di cui parlava
Charlie? E lei non dovrebbe essere felice per lui? Non è quello che ci si aspetta da un’amica?
“Bells.”
“Non ho fame, Charlie io… esco. Ci vediamo dopo.”
Non aspettò la risposta del padre, infilò la giacca e prese le chiavi del Pick-up. Doveva andare a La Push, sapeva di cosa aveva bisogno, ne aveva fatto a meno per troppo tempo.

L’ultimo muffin sparì nella bocca di Jared e Jacob si alzò dal tavolo buttandosi sul piccolo divano che produsse un sinistro scricchiolio.
Jared lo guardò incredulo, ingoiò il boccone e scosse la testa. “Ti senti bene?” chiese.
Uno sospiro in risposta. 
“Era l’ultimo muffin, Emily ha detto che non ne fa altri fino a stasera.”
Un altro sospiro.
“Ho una foto di Megan Fox nuda. Vuoi vedere?”
Nessuna risposta.
La porta di casa di Sam si aprì e Jared guardò Embry entrare. “ Per fortuna che sei arrivato, Jake credo sia grave. Ho menzionato Megan Fox nuda ed è rimasto… così”, disse indicandolo.
“Lascia perdere Jar, è di nuovo in depressione da Bella. Charlie l’ha visto con Kay e…” si picchiettò l’indice sulle tempie, indicando così
la scarsa sanità dell’amico e si sedette vicino a lui.
“È depresso perché fa sesso invece di aspettare l’amichetta dei succhiasangue?”
“Sì, a grandi linee. Ti sei mangiato tutti i Muffin?”
“Io e Kay non abbiamo fatto sesso, più o meno”
“Che ha detto?” chiese Jared alzandosi dal tavolo.
Embry si strinse nelle spalle. “Credimi è meglio non indagare oltre, mi vergogno per lui.”
“Dite che dovrei parlarle?”
“Beh sì, sono ben due settimane che non le fai da tappetino dovresti proprio.”
“Tu non le parleresti, Embry?”
“Io non sono così coglione da innamorarmi.”
“E…”
“Ah no, non guardare me, io ho l’imprinting.”
“Cazzo, mi siete proprio d’aiuto.”
“Figurati, amico, sempre disponibili.”
Embry sorrise e Jacob gli lanciò un’occhiataccia.
La verità era che, di essere coglione lo sapeva da un pezzo. Si era innamorato della sua migliore amica, la sua migliore amica innamorata di un vampiro, se c’era dell’ironia in tutto questo lui non riusciva a coglierla. Non si parlavano da due settimane, credeva fosse la cosa più sensata  ma quando mai ci aveva capito qualcosa? e poi era arrivata Kay, una scorciatoia facile ma Bella restava Bella e le mancava.
Parlarle, forse doveva davvero farlo. Si alzò dal divano nello stesso istante in cui sentì diversi ululati provenire dal bosco. I tre ragazzi si guardarono in faccia prima di correre fuori e assumere, in pochi istanti, la loro forma animale.
La mente di Jacob si collegò a quella degli altri e venne investito da una grossa quantità d’immagini, la maggior parte senza un senso apparente.
Corse per parecchi chilometri, seguito da Embry e Jared, cercando di capirci qualcosa in quelle sensazioni non sue e confuse; poi finalmente sentì la voce di Sam
“Lee-Lee, sono io fermati.”
Cosa? Leah? Leah, si è trasformata? Impossibile, era una donna.
“Che accidenti succede? Ti sento nella mia testa. Fottiti, Sam.”
Decisamente è Leah.
“Fatti raggiungere, posso aiutarti.”
“Leah? Sorellina? Sei tu?”
Jacob, scosse la testa e si fermò. Che accidenti stava succedendo?
Seth Clearwater? Aveva appena quattordici anni, dannazione, doveva trovarlo e spiegargli tutto.
“Leah, io… non capisco, tremavo e non avevo mai provato una rabbia così e Leah dove sei? Dove sono io? Papà sta male.”
Jacob riuscì a vedere altre immagini, Leah che litigava con il padre, Leah che esplodeva in un enorme lupo, Sue che urlava, Harry che cadeva a terra.
Harry. Lui e Charlie erano i migliori amici di suo padre, si augurò non fosse niente di grave, aveva già avuto un infarto.
“Jacob, Embry, cercate Seth, io ho quasi raggiunto Leah. Jared, trasformati e torna a casa di Harry, ho bisogno di sapere come sta.”
Come sempre la voce di Sam risuonò più forte delle altre. Lui e Embry accelerarono la corsa, dovevano trovare Seth.

Jacob non era certo di quanta strada avessero percorso quando finalmente riuscirono a trovare Seth, accucciato vicino alla radice di un grosso albero.  Aveva la testa appoggiata alle zampe e produceva un basso ululato, quasi un guaito.
Si avvicinarono lentamente. “Seth. Sono Jacob.”
Il lupo si rimise in piedi e fece un passo indietro.
“Non devi avere paura. Sono io, davvero.”
“Jacob?”
“Sì, e lui è Embry. Ti ricordi delle nostre leggende?”
“Quelle che ci raccontavano prima di dormire?”
“Non sono solo leggende.”
“E io sarei un licantropo?”
“Proprio così, ma…”
“Come sta mio padre?”
Jacob e Embry si avvicinarono ancora un po’.
“Non lo so, ma ti possiamo aiutare a tornare umano e poi possiamo scoprirlo.”
“Come devo fare?” chiese con la voce ancora spaventata.
“Concentrati solo sulle nostre menti, ti aiutiamo noi.”
Concentrarsi sulle sensazioni umane, allontanare il lupo, l’istinto, pensare da uomo, era l’unico modo per riprendere la forma. Cercò di visualizzare immagini concrete per aiutare Seth quando un odore dolce, troppo dolce, lo raggiunse.
Puzza di vampiro. Victoria era lì. 
Dannazione, non poteva esserci momento peggiore.
Lui e Embry si guardarono intorno, i sensi allertati.
“Che cosa succede? Cos’è questa puzza?” chiese Seth.
“Seth devi concentrarti. Embry, pensaci tu.”
Li guardò un’ultima volta prima di riprendere a correre, seguendo la scia.
Victoria era vicina.

 
Angolo autrice.

Che sarà mai andata a fare Bella? Di cosa ha bisogno? Sto cercando di seguire a grandi linee gli eventi del romanzi quindi… vediamo se avete capito.
Lo so che la narrazione è un po’ lenta ma manca poco alla fine di NM e dal prossimo capitolo ci sarà una brusca accelerata.
Grazie davvero a chi segue, ricorda e preferisce.
Grazie alle vostro recensioni, grazie a chi mi aiuta passo passo.
Ne approfitto per dirvi che ho pubblicato una shot su Quil, la trovate qua:

Suo
Al prossimo aggiornamento e buona Domenica.
Con affetto
Noemi

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Capitolo 25
*** Il vento e il sole ***


L'uomo rosso per il gran caldo, guardò le acque del fiume e senza esitare si tuffò .
Il sole alto nel cielo rideva e rideva!
Il vento deluso e vinto si nascose in un luogo lontano.

 
Capitolo 25
Il vento e il sole

Correva, correva, sempre più veloce. L’odore era vicino. Correva, correva e questa volta l’avrebbe raggiunta. Si isolò dalle voci del resto del branco, Sam che cercava di calmare Leah, Embry che aiutava Seth, Paul che seguiva la stessa sua traccia.
Ci siamo.
La puzza era insopportabile, correva, era sicuro di farcela. Non sapeva dove fosse, lontano dai confini di La Push, quello era sicuro.
La vedo.
Una macchia rossa indistinta nel fitto della vegetazione, correva, correva e lui era più veloce, correva e…
Dannazione!
Jacob si fermò di colpo ringhiando, il mare in tempesta vicino a lui, non se n’era neanche accorto, era al limitare del bosco. Potevano vederlo e la succhiasangue si era gettata in mare.
L’aveva persa, non poteva seguirla, aveva vinto di nuovo.
Ringhiò ancora una volta in direzione delle onde e poi iniziò a indietreggiare.
Non sapeva quando tempo fosse passato, aveva perso il contatto con la realtà, si concentrò sulle voci nella sua testa e cercò di capire cosa stesse succedendo.
Seth era riuscito a ritrasformarsi, lui e Embry stavano tornando a casa.
La voce di Jared.

Harry.
Suo padre stava andando in ospedale accompagnato da Charlie, Sam stava tornando per prendere delle cose e poi nella mente del compagno vide anche altro e riprese a ringhiare.
Bella era a La Push, la succhiasangue poteva raggiungerla e in mare era molto più veloce di lui.
Riprese a correre con la paura addosso. Non aveva mai corso così veloce.
“Jake.”
“Sam, è scappata per il mare. Dobbiamo trovare Bella.”
“Jake, concentrati, tu la conosci, dove potrebbe essere?”
Provò a calmarsi, provò a non pensare a cosa sarebbe successo se Victoria l’avesse trovata.
“In spiaggia, Sam, potrebbe essere lì.”
Finalmente rientrò nel territorio della riserva, ancora pochi metri e sarebbe arrivato in spiaggia, riuscì finalmente a vedere il pick- up.

Porca puttana, la scogliera.
Era posteggiato alla fine della strada e all’improvviso ricordò la promessa fatta a Bella: dovevano lanciarsi, l’avrebbero fatto insieme, il lupo alzò la testa e Jacob tremò; era nel punto più alto, troppo alto per lei e Victoria poteva arrivare da un momento all’altro. Tornò umano e riprese a correre, non l’avrebbe mai raggiunta in tempo,
Cazzo, Bella, non lo fare.
“Bella.”
Non riusciva a sentirlo.
Si tuffò in mare ma non riuscì ad attutire la caduta di Bella, il cuore che gli martellava nel petto e non soltanto per la corsa.
Vide una macchia rossa prima di riuscire ad afferrare Bella per un braccio e farla riemergere. La testa fuori, l’acqua che usciva dalla sua bocca, troppa acqua.
Respira.”
La sua voce piena di angoscia.
La trascinò a riva e le diede un colpo sulla schiena cercando di liberarle i polmoni prima di sdraiarla sulla sabbia, poi Sam lo raggiunse.
Respira, Bella! Avanti!” La implorò. Non poteva perderla, non così.
La colpì un'altra volta.
Bells, tesoro, mi senti?”
Da quanto tempo ha perso conoscenza?”
Era la voce di Sam quella? Non riusciva a capire, non riusciva a pensare, non riusciva a fare niente se non sperare, pregare, che Bella rispondesse. Non poteva essere troppo tardi. Non poteva perderla.
Da qualche minuto credo.”
Doveva, correre più veloce, doveva raggiungerla prima, doveva capire subito che sarebbe andata alla scogliera.
Jake?”
Jake strabuzzò gli occhi e si passò una mano sul viso. Stava piangendo?
Ah, Bella, tutto bene? Mi senti? Ti fa male qualcosa?”
S- soltanto la gola.”
Era viva, sarebbe stata bene, non l’avrebbe lasciato come sua madre, la paura lasciò finalmente il suo corpo e l’aiutò ad alzarsi.
Allora andiamo via da qui.”
Guardò Sam e lui annui appena.  “L’hai trovata?”
Victoria, era lì, l’aveva raggiunta.
Sì, ricomincerò da qui.  Torna all’ospedale. Ti raggiungo più tardi. Grazie, Sam.”
Lo guardò allontanarsi e, con Bella in braccio, uscì dalla spiaggia incamminandosi verso casa.

Il sollievo per averla ritrovata durò poco e la sua mente tornò ad Harry e all’ospedale dove anche suo padre si trovava, lo raccontò a Bella e poi entrarono in casa.
Mise giù Bella e la guardò sospirando. “Puoi restare qui, proprio in questo punto intendo. Vado a recuperarti qualche vestito asciutto.”
Lanciarsi dalla scogliera, forse l’aveva fatto per sentire la voce del bastardo. Era morto di paura per lei, era…
Tornò in sala e le allungò i vestiti puliti ,fece per andarsene ma lei gli chiese di restare. Si sedette sul pavimento, la schiena appoggiata al letto.
“Jake?”
La vide sedersi vicino a lui e posare il mento sulle ginocchia.
“Jake, l’avermi salvato implica che tu mi abbia perdonato?”
“Avrei dovuto lasciarti annegare perché sono arrabbiato con te?”
“Sei ancora arrabbiato?”
Era ancora arrabbiato? Le mancava. “Sì.” Bugiardo.
All’improvviso Bella si alzò in piedi e si passò le mani sul viso, prima di guardarlo.
“O forse non ti interessa più chiarire con me.”
“Che vuoi dire?”
Anche lui si mise in piedi e si avvicinò a lei.
“Che tanto hai la tua ragazza a cui pensare.”
“Io non… io.” Charlie glielo aveva detto, porca puttana.
“Allora è vero.”
“Non sono affari tuoi.”
“Sono la tua migliore amica, certo che sono affari miei.”
“Tu non sei mia amica, Bella.”
Bella spalancò la bocca e fece un passo indietro.
“Sei un ipocrita, Jake.”
“Anche tu. Il limite dell'amicizia lo abbiamo passato da un po' e tu continui a parlarne.”
“E quindi hai preferito fare altro con, con…”
Jake fece un altro passo avanti, oramai era vicinissimo.
“Sei gelosa.”
“Sì.”
Sgranò gli occhi. Di certo non si aspettava di sentirglielo ammettere così, era sempre una continua lotta con lei e adesso… la guardò mordersi le labbra  e fare un passo indietro sospirando. “È meglio che vada a casa o forse dovrei raggiungere Charlie in ospedale.”
“Bells.”
“No, Jake, non voglio più parlarne. È troppo, difficile e io non capisco neanche che… perché non possiamo essere amici e basta. Io ho bisogno di te.”

Perché gli amici non provano quello che io provo per te. Era la risposta migliore, era l’unica cosa che poteva dirle ed era anche la frase che gli rimase incastrata in gola quando la porta di casa si aprì ed entrò suo padre accompagnato da Sam.
Non serviva neanche che parlasse, li guardò e capì tutto, Harry non c’è l’aveva fatta.
Scacciò velocemente una lacrima e raggiuse il padre stringendogli la mano, mentre Sam andava via.
Sarebbe stata dura per tutti e non c’era niente che avrebbe potuto dirgli per farlo stare meglio, Harry era il suo migliore amico, da sempre. Gli strinse la mano più forte.
Billy guardò il figliò e poi andò in camera sua e lui tornò ad osservare Bella.
“Ti accompagno a casa, meglio che Charlie ti trovi lì  al suo ritorno.”
 

Un irreale silenzio avvolgeva l’abitacolo del pick- up di Bella. Troppi pensieri frullavano nella mente di entrambi e dargli voce faceva paura. Jake lo sapeva, ma sapeva anche che non poteva continuare così. Fermò la macchina, arrivato di fronte a casa, e sospirò mentre le loro ginocchia si toccavano. Si voltò a guardarla e lei si mordicchiò le labbra.
E fu allora che lui decise di mandare al diavolo tutto. Tutti i ragionamenti, tutti i motivi per cui poco prima avevano litigato. La abbracciò trascinandola più vicino a sé.
“Mi spiace, Bells,” sussurrò al suo orecchio.
“Fa schifo litigare con te, Jake.”
Non facevo solo schifo era orribile, pensò Jake. “Eri davvero gelosa?” chiese con la voce tesa.
“Sì, ma non capisco perché.”
“Potremmo…” deglutì a vuoto e le sfiorò i capelli. Sperò davvero di non risultare ridicolo o sdolcinato. “… scoprilo insieme.” Avvicinò di più il viso e la vide annuire. Anche al buio poteva scorgere le sue guance colorarsi. E i loro nasi si toccarono prima delle labbra.
Si stavano baciando, di nuovo. Jake mosse le mani sulla schiena di Bella e lei le spostò sui suoi capelli mentre il bacio diventava più forte. Erano respiri spezzati ed incertezza che si perdeva. Era quello, lui lo sapeva, che loro sarebbero sempre dovuti essere.
Si staccarono per prendere fiato e lui sorrise.
“Sicura di ricordarlo stavolta?”
“Sì, credo di sì.”
Sorrise ancora e le accarezzò le labbra con l’indice. “Solo per esserne sicuro,” disse  prima di riprendere a baciarla.
Quanto tempo restava prima che Charlie tornasse a casa e lo prendesse a fucilate?
Non gli interessava, uno o due pallottole le avrebbe sopportate volentieri se poteva continuare a baciarla e ad accarezzarle i fianchi e no… meglio che le mani restino al loro posto.
E poi, così come era arrivato, quel momento perfetto passò. Jake si staccò da lei storcendo il naso.
Merda.”
Che cosa succede?” chiese Bella guardandolo.
Vampiro.”
Come fai a saperlo?”
Perché ne sento l’odore, maledizione!”

Tempismo perfetto. Imprecò mentalmente e cercò di respirare a fondo per calmarsi. Doveva essere lucido e portare Bella via da lì. Doveva proteggerla.
Mise in moto la macchina mentre i fari illuminavo il marciapiede, pigiò il piede sul acceleratore finché non sentì la voce di Bella.
“Fermati. Non è Victoria, sono i Cullen.”

 

Note autore.

Prima di tutto grazie mille ad Ale (<3) per l’aiuto con le favole. Potete ben capire che dopo 25 capitoli iniziano un po’ a scarseggiare, perciò se ne avete qualcuna da suggerirmi avrete la mia eterna riconoscenza.
Ormai siamo quasi alla fine di NM. C’è stato un altro sostanziale cambiamento rispetto alla saga originale, un altro momento in cui Bella ha capito quanto Jake per lei sia diventato importante, ma ora il ritorno di Edward è davvero alle porte.
Grazie mille per continuare a seguirmi nonostante non posti spesso.
Grazie mille per il vostro sostegno.
Al prossimo capitolo
Con affetto
Noemi.
Ps: Il grassetto l’avete riconosciuti? Sono le parti tratte dal libro.

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Capitolo 26
*** La Principessa Senza Sorriso ***


La principessa Senza Sorriso guarda i loro servizietti, e scoppia a ridere. - Chi, chi ha messo di buon umore mia figlia ? - domanda lo zar. Questo dice: - Io! - l’altro dice: - Io! -No, - disse la principessa senza sorriso, - è stato quell’uomo! - e indicò il lavorante. Subito lo portarono alla reggia e sotto gli occhi Del sovrano il lavorante si tramutò in un bellissimo giovane! Lo zar tenne la sua parola di zar; quel che aveva promesso mantenne. Dico io: non sarà tutto un sogno del lavorante? M’assicurano di no, che è la pura verità; allora bisogna crederci.

Capitolo 26
La Principessa Senza Sorriso

 
Chiuso nella sua stanza Jacob ascoltò i rumori provenienti dalla cucina.
La sedia a rotelle del padre che si muoveva e poi la voce di Sam e quella di Charlie. Li avrebbe raggiunti al funerale anche se odiava doverci andare.
Aprì l’anta dell’armadio mentre la porta della stanza si spalancava.
“Sam ha sospeso le ronde per un paio d’ore.”
“Lo so.”  Infilò la camicia e diede una rapida occhiata al suo migliore amico in piedi sulla soglia. “Ti sei messo la cravatta?”
“Mia madre ha insistito.”
“Harry non le sopportava. L’ho sentito dire a mio padre, forse era il giorno della mia cresima.”
Embry annuì e si sedette sul letto. “Come sta Seth?” chiese.
Jacob si strinse nelle spalle. Sapeva bene come doveva sentirsi Seth, sapeva bene cosa si provava a dover rispondere alle stesse domande per tutta la giornata, e il giorno dopo ancora e ancora quello dopo. Se lo ricordava bene anche se sua madre era morta quando lui era solo un bambino.
Un altro funerale.
“Jake…”
“Sto bene.”
“Ok.”
Non era vero ma fecero entrambi finta di crederci.
Pensò a Bella, forse l’avrebbe aiutato. Certo, la serata era finita in uno schifo totale ma quando mai le cose con lei andavano completamente bene? I Cullen erano tornati e lui era scappato. Codardo. Ma se non fosse riuscito a trattenersi? Quello era il loro territorio e lui non poteva infrangere il patto. Non poteva attaccarli, anche se, a quello, avrebbe volentieri staccato la testa a morsi, e che il trattato andasse pure a farsi fottere.

Abbottonò la camicia e Embry si alzò dal letto.
“Quindi ora state insieme?”
“Chi?”
“Tu e Bella.”
“No.”
“Gliel’hai chiesto?”
“Abbiamo quattro anni?” sbuffò e uscì dalla stanza, seguito dall’amico.
“Ma perché non cerchi qualcuna di meno complicata? Le alternative le hai.”
“Embry, perché tu invece non chiudi la bocca?”
“Volevo solo essere d’aiuto.”
“Ricordami di ricambiare il favore.”
Embry sorrise e colpì con un pugno la spalla di Jake e poi si avviarono verso casa Clearwater.
Un altro funerale.
 

Il silenzio non era qualcosa che si poteva trovare quando nei paraggi c’era un grosso branco di licantropi che poi altro non erano che dei ragazzini cresciuti troppo in fretta. Ma, quella mattina, tutto era diverso. Jake aveva osservato la bara di legno scuro cercando per tutto il tempo di non pensare a un altro giorno, a altri momenti molto più dolorosi, Embry era restato al suo fianco in silenzio, persino Quil si era avvicinato a loro. Avevano notato le sue mani tremare mentre si scambiarono veloci e imbarazzate parole. Presto ci sarebbe stata un’altra trasformazione, almeno sarebbero potuti essere ancora loro tre.
Harry era stato seppellito e la casa dei Clearwater si era riempita di gente.
Jacob raggiunse Seth sulle scale e si sedette accanto a lui; il ragazzino lo guardò alcuni istanti prima di nascondere di nuovo la testa fra le gambe.
“Hai voglia di andare a correre?”
“Non posso lasciare mamma da sola.”
“Hai ragione, scusa,” disse Jacob appoggiando la mano sulla spalla di Seth.
“La rabbia è… è solo perché sono …”
“Non solo. Non tutto quello che provi dipende dal lupo.”
“E come fai a riconoscere quando…”
“Ti sai già controllare molto bene Seth, non mi preoccuperei troppo. Paul non ha più scarpe da ginnastica.”
Accennò un sorriso e poi il resto del branco li raggiunse.
Fu Sam a parlare per primo. “Jake, se è vero quello che hai detto ieri e i Cullen sono tornati il trattati è di nuovo valido.”
“Non possiamo proteggerla nei loro territori,” continuò Paul rimediandosi un’occhiataccia da parte di Jacob.

“Jared, Embry, andate con Jake a casa di Bella, dobbiamo sapere quanti sono e ristabilire le linee.”
“Posso andarci da solo,” rispose Jacob scattando in piedi.
“No, non puoi.” Ancora una volta fu costretto ad obbedire.
 

Alice era andata via da pochi minuti e Bella sospirò appoggiandosi alla porta di camera sua. C’erano volte in cui rimpiangeva la sua normale e anonima vita a Phoenix. Quando era solo un’adolescente come tante altre, con un paio di amiche e problemi del tutto trascurabili. Quando non era mai stata innamorata. La cotta per Brody McAllan non aveva mai contato davvero. In un anno, tutto il suo mondo era stato ribaltato e non una volta sola ma due.
Edward e Jacob.
Amava ancora Edward, nonostante tutto e forse, se fosse riuscita ad essere completamente onesta con te stessa, avrebbe dovuto ammettere che amava anche Jacob. Ma come era possibile amare due persone contemporaneamente? Com’era possibile che quel vuoto che sentiva dentro venisse riempito dal sorriso di Jacob e tornava a bruciare quando lui non c’era?
Com’era possibile che, nel piccolo abitacolo del suo pick-up, si era persa in quel bacio con Jacob e scappando via non appena aveva visto quella stupida macchina?
Sembrava una continua lotta fra passato e presente e lei era solo stanca di lottare, pensare ed analizzare ogni cosa.
Il campanello di casa suonò. Scese di corsa le scale e spalancò la porta. Sapeva già chi fosse, anche quando era cieca Alice ci prendeva.

Si fermò ad osservare Jacob a un paio di metri dalla porta di casa, le mani in tasca nel tentativo di nascondere il tremore più che evidente. Era arrabbiato e Bella non sapeva se lo fosse per l’odore di vampiro che doveva impregnare la casa o se semplicemente fosse arrabbiato con lei. Sperò nella prima ipotesi. Codarda.
Ciao.”
Sei sola?”
Sì”
Possiamo parlare per un secondo?”
Certo che sì, Jacob. Entra pure.”
La seguì in casa e Bella cercò di  calmare il respiro. Jacob riusciva a renderla nervosa. Era qualcosa che con Edward non aveva mai provato, anche dopo aver scoperto che era un vampiro. Era qualcosa di diverso rispetto ai primi tempi della loro amicizia. Ora riusciva a sentire la tensione ogni volta che lui era nella stessa stanza, si sentiva pronta ad esplodere ogni qualvolta i suoi occhi si posavano su di lei.
Qui con te c’è un Cullen,” disse

Sì. Alice Cullen.”
Forse ricordi che in presenza di un Cullen noi siamo costretti a vigilare soltanto sulle nostre terre. Solo a La Push sarai al sicuro. Qui non posso più proteggerti.”
Freddo e distaccato. Sapeva che quello che aveva di fronte non era il suo Jacob, era il Jacob di Sam e lei lo odiava
 “D’accordo.”  O forse  era così che sarebbe diventato il loro rapporto se lei avesse continuato a scappare da lui. Codarda.Tutto qui?”
Una cosa ancora.”
Cosa?”
Adesso torneranno anche gli altri?”
 Sospiro. “No, non torneranno.”
Va bene. Non ho altro da dire.”
Be’, ora puoi scappare.  Vai a dire a Sam che i brutti mostri non verranno a cercarvi.”
Serrò la mascella e si voltò incamminandosi verso la porta, la schiena contratta. Bella si perse a guardarlo. Non voleva vederlo andare via. Non voleva sentirsi male come quella volta sotto la pioggia. Quando lui aveva… era stato costretto a scegliere Sam. Ma quella volta era tornato sui suoi passi, era tornato da lei ed erano scappati.
Ma non potevano continuare a scappare. Non potevano farlo per sempre. Edward non c’era, era andato via e Jake era lì, per ora. Continuava a essere lì per lei, nonostante tutto. Anche ora, ora che era arrabbiato lui era lì… e stava andando via.
“Jake.” Fece un passo avanti  e gli toccò il braccio.
Lui si voltò e poi all’improvviso  le sue spalle si incurvarono con un sospiro.
È successo di nuovo, vero?”

Cosa?”
Ho infranto la promessa, scusami.”
Fa niente, ho iniziato io stavolta.”
Le mani di Jacob si spostarono sul suo viso, accarezzarono le sue guance con i pollici e Bella si morse le labbra.
“Bells.” La voce di lui era diventata appena un sussurro.
Lei si alzò sulle punte nell’esatto istante in cui lui si abbassò. Tutto quello che Bella riuscì a pensare in quegli attimi era che aveva avuto un disperato bisogno di quel bacio. Aveva bisogno di sapere che lui era ancora lì che le sarebbe restato vicino.
Le mani di Jake si spostarono sulla sua schiena e le ginocchia di Bella iniziarono a tremare si aggrappò a lui più forte. E poi troppo presto lui si allontanò.
Bella lo guardò confusa, non era mai stato lui ha interrompere per primo i loro baci, non era...
“Scusa, Bells, ma puzzi.”
Bella sgranò gli occhi. “Io non puzzo.”

“Invece sì… puzzi come loro. Bleah. Troppo dolce. Nauseante. E… ghiacciato. Mi brucia il naso.”
“Ho capito, Jake.” Alzò gli occhi al cielo e fece un paio di passi indietro. “Va bene, così? Distanza minima di sicurezza?”
Jake scoppio a ridere e la trascinò di nuovo vicino a sé. “Se mi impegno riesco a sopportare un altro bacio.”

 

Angolo autrice.

Un grazie speciale a Virginia S per avermi dato un bel numero di favole nuove da cui attingere per i capitoli.
Alla fine siamo arrivate al momento in cui Bella non nega più i suoi sentimenti per Jake, leggendo le vostre recensioni  mi sono resa conto non si poteva proprio più rimandare ma il prossimo capitolo segnerà anche il ritorno di Edward.
Se mi volete aggiungere su Facebook e chiacchierare un po su questo universo questa è il mio profilo:
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Al prossimo capitolo con affetto
Noemi

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