Chained to the Past di Keyla99 (/viewuser.php?uid=203281)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Il numero 4 ***
Capitolo 3: *** 2. Dimmi cosa pensi ***
Capitolo 4: *** 3. Freddo come il ghiaccio ***
Capitolo 5: *** 4. Di te mi fido ***
Capitolo 6: *** 5. Il mio tipo ***
Capitolo 7: *** 6. Quello che non dovevo dirti ***
Capitolo 8: *** 7. Non voglio vederti soffrire ***
Capitolo 9: *** 8. La cosa più importante ***
Capitolo 10: *** 9. Così ti ho conosciuta ***
Capitolo 11: *** 10. Non sarai mai sola ***
Capitolo 12: *** 11. Litigi e regali ***
Capitolo 13: *** 12. Rabbia e combattimenti ***
Capitolo 14: *** 13. Ti amo... ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo.
“La
solitudine più devastante non si avverte quando siamo da
soli...
Ma
quando ci troviamo con altre persone.
Persone che ci guardano, ma senza
vederci.
Che ci sentono, ma senza ascoltarci.
O peggio, che ci giudicano, ma
senza conoscerci.”
-Machi? Ma che succede a
Feitan in questi giorni?-
La ragazza si
voltò, vedendo l’uomo dai corti capelli
castano chiaro che si avvicinava.
Sospirò tristemente.
–Siamo a settembre.-
rispose.
L’altro sollevò un sopracciglio,
perplesso.
–E quindi?- insistette.
–Non so se ho il diritto di dirtelo, Phinks, sono fatti suoi
personali...-
Ma
vide dallo sguardo del ragazzo che non avrebbe desistito.
-È mio amico, voglio
sapere che cosa gli prende.- replicò con decisione.
Lei lo guardò a lungo in
silenzio, come se lo stesse valutando, poi, con un profondo sospiro di
rassegnazione, parlò.
–Già, forse ha proprio bisogno di un amico, in
questo
periodo... Allora, Feitan odia
settembre...- iniziò.
–Non me ne ero accorto!- sbuffò lui ironico,
ricevendo
un’occhiataccia.
–Se vuoi sapere la storia non mi devi interrompere, chiaro?-
lo zittì.
Lui storse la bocca, ma poi si sedette a terra a gambe incrociate,
pronto ad ascoltare.
–Ecco, lo odia perché a settembre ha perso una
cosa molto,
molto importante per lui. Scusa, mi correggo: una persona...-
Nel sentire
quelle parole Phinks scattò in piedi, incredulo, ma non
disse nulla.
–Già, hai
capito bene. Feitan non è sempre stato così
freddo e distaccato. Quanto tu
ancora non ci conoscevi, quando la Genei era formata da otto
membri...-
A quel
punto l’uomo non riuscì a trattenersi
–Otto? Ma in origine, non eravate in
sette?- chiese dubbioso.
Lei stette per un altro po’ in silenzio, ma ormai
aveva deciso di raccontargli tutta la verità.
–No. Eravamo in otto. Io,
Pakunoda, Kuroro, Nobunaga, Uborghin, Franklin, Feitan e... E poi
c’era un
altro membro, la cui identità è rimasta ignota a
tutti fuorché a noi. Phinks,
riesci a comprendere quanto sono importanti le informazioni che ti sto
dando?-
Lui annuì concentrato.
–Si chiamava... Kaede. E scelse il numero 4.-
Ok... Ho deciso di
gettarmi in quest'avventura...
Spero solo di non
pentirmene.
Tutto è nato da una domanda: "Perché Fei
è sempre così... triste, sadico, cupo, freddo,
distaccato"?
Ed ho provato a rispondere.
Il titolo, "Chained to the Past", vuol dire "Incatenato al Passato", ed
è più che appropriato.
Voi non avete idea di quanto ci abbia messo per trovare un titolo che
mi piacesse davvero...
Ecco, quasta
storia affonda le sue radici nel tardo Novembre del 2012.
A Dicembre l'avevo
già conclusa, ma solo nei miei pensieri e non sulla
carta.
Poi, ho aggiunto
altri pezzi e l'ho completata.
Questo
è il risultato.
Vorrei dare alcuni
avvertimenti, prima di proseguire...
1. Non so assolutamente nulla
del assato della Genei: queste cose vengono dalla mia fantasia.
Totalmente;
2. Ci saranno 13
Capitoli, un Prologo ed un Epilogo;
3. Ogni Capitolo
(tranne il primo e gli ultimi due) sarà composto da tre
parti: la prima è il dialogo tra Phinks e Machi, la seconda
è uno stralcio di Presente e la terza è il
racconto del Passato.
Spero
gradirete questa cosa, e vi invito a lasciare una recensione, anche
perché, questa storia, è la migliore che io abbia
mai scritto (a mio parere).
Keyla
|
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Capitolo 2 *** 1. Il numero 4 ***
Capitolo 1.
Il numero 4
“Che
cos’è un
ricordo?
NIENTE!
Non puoi toccarlo, non puoi udirlo...
Eppure è così grande che
non lo puoi DISTRUGGERE!”
Quattro
figure
avanzavano nella piana desertica, per metà coperte dalla
polvere che aveva
sollevato il passaggio delle vetture sulla strada sterrata.
–Sono passati tre
anni e due mesi, dall’ultima nostra riunione al completo...-
disse una voce
gelida, che pareva uscita dall’oltretomba.
–E nel frattempo due elementi sono
cambiati.- continuò la stessa voce.
La polvere si posò, rendendo possibile
vedere chiaramente chi fosse a parlare.
C’erano due ragazzi, un maschio e una
femmina, un gigante con la pelle verdognola, che ricordava uno zombie,
ed un
uomo sui trent’anni vestito come un samurai della vecchia
epoca, con due katane
al fianco.
–Già,- disse la ragazza -è cambiato
l’otto...- ma si interruppe
improvvisamente, abbassando gli occhi.
–E il quattro.- completò per lei il
samurai.
–L’otto, Shizuko, è simpatica. E la sua
abilità è estremamente utile.-
fece il gigante.
Era chiaro che la ragazza, molto giovane a dir la verità,
gli
piaceva molto.
–Invece “quel numero” è andato
a quel bastardo di Hisoka...-
Sembrava
quasi un tabù, per loro, pronunciare il numero 4.
–Non lo merita.- disse duro
il ragazzo, guardando fisso davanti a se, gli occhi dorati nascosti dai
ciuffi
di capelli scuri che gli cadevano sul volto.
I compagni si voltarono verso di
lui, sorpresi.
Raramente capitava che alludesse, in qualunque modo, al
passato.
Al suo passato.
Tutti, quel giorno,
avevano promesso che non avrebbero parlato mai più di quegli
avvenimenti, e lo
facevano per rispetto ad entrambi. Quindi pareva strano, quasi
impossibile, che
fosse stato proprio lui a fare quel riferimento.
–Feitan...- mormorò il
samurai.
–Secondo te che cosa dovremo rubare all’asta? Il
capo è appassionato
di tomi antichi, forse dei libri?- la ragazza fu abile nel cambiare
discorso e
distrarre così il compagno.
–No. Sarà un videogioco.-
Operazione portata a
termine eccellentemente.
–Un gioco?- fece allibito lo zombie.
–Sì, il
videogioco più pericoloso del mondo- continuò il
ragazzo.
–Non saprei...- il
samurai non era molto d’accordo.
–Tanto che importa? Siamo ladri, qualcosa
ruberemo.- concluse Feitan.
Gli altri gli lanciarono uno sguardo indecifrabile,
riconoscendo quelle parole.
A quanto pareva, si riferiva spesso a
“quell’argomento”, nonostante avesse
detto lui stesso che non voleva più
ricordare.
Ma forse il suo ricordo, che da anni tormentava il ragazzo, non
poteva sparire, o forse i sentimenti impedivano che ciò
accadesse.
Qualunque
fosse la risposta, non c’era nulla di positivo in questo.
Una ragazza con lunghi
capelli scuri era seduta su un
muretto di mattoni, osservando svogliatamente la gente che camminava
per la
strada.
Indossava una maglietta monospalla verde acceso e un paio di jeans al
ginocchio. Legata alla vita aveva una cintura di cuoio marrone da cui
pendeva una
spada affusolata, che sul pomo aveva incastonata una pietra gialla: un
topazio.
Era un’arma bellissima: di metallo pregiato e resistente,
argentata,
affilatissima, elegante e leggera. Gli occhi della giovane erano blu
zaffiro,
come pozze d’oceano, e i lineamenti erano delicati. Una
spruzzata di lentiggini
le conferiva un’aria allegra, da ragazzina.
Vedendo passare un ragazzone con
un’enorme chioma afro si lasciò scivolare a
terra.
–Ubo!- lo chiamo.
Lui si
fermò e la guardò raggiungerlo.
–Sai mica a che ora è la riunione di oggi?-
chiese la ragazza sorridendo.
Era molto più bassa rispetto all’altro, ma non era
messa in soggezione dalla sua immensa mole.
Il ragazzo la scrutò aggrottando le
sopracciglia.
–Certo. È fra dieci minuti, ci sto proprio
andando.- disse –Ma
per una volta non potresti stare attenta? Vedi di non arrivare in
ritardo!- le
raccomandò prima di sparire per la strada.
Questa volta aveva ragione, se non
l’avesse incrociato non avrebbe mai fatto in tempo... Come al
solito, oramai
gli altri ci erano abituati.
Stette qualche minuto a pensare: Kuroro aveva
detto che la riunione di quel giorno era importante, quindi non poteva
fare
troppo tardi.
Con agilità corse per la strada, raggiungendo a breve la
periferia.
Lì vi era un edificio mezzo distrutto da un lato, ma
dall’altro era
in buone condizioni, era solo pieno di macerie
all’interno.
La ragazza si
fiondò dentro a velocità ultrasonica, travolgendo
un ragazzo coi capelli neri,
dai riflessi blu scuro tutti spettinati e sparati verso il basso,
aprendosi
davanti al volto per far scorgere le lucenti iridi dorate.
–Ehi!-
protestò
lui, trapassandola coi suoi
occhi gialli –Ho capito che sei in ritardo, ma tanto ci siamo
abituati, non c’è
bisogno di ammazzarmi!-
La ragazza lo guardò con aria di sfida.
Feitan
indossava una maglia nera coperta da una casacca senza maniche, sempre
nera,
bordata di grigio e dei pantaloni del suo colore preferito,
cioè nero, assieme
al solito paio di morbide calzature a punta. Nere.
–Perché no? Libererei il
mondo da un tappetto arrogante e con manie omicide.- fece lei, fingendo
un’aria
ingenua.
Il ragazzo iniziò a fumare per la rabbia, e avrebbero
iniziato a
litigare come al solito se solo non fosse intervenuto Ubo.
–Adesso finitela- li
rimproverò dividendoli –Il Capo è
arrivato.- E con un cenno del mento indicò un
punto al centro della sala.
Un ragazzo con occhi nerissimi e spettinati capelli
scuri camminava lentamente verso di loro.
Era un gran bel ragazzo, dimostrava
una ventina d’anni.
–Devo dirvi una cosa importante, oggi vi esporrò
le regole
della “Genei Ryodan”- disse.
Tutti si guardarono perplessi: di che parlava
Kuroro?
–Nella Brigata...- iniziò con voce ferma
–Io sarò la testa, e voi le
zampe, proprio come in un ragno.-
Ora i futuri ragni ascoltavano con attenzione
ogni singola parola, mentre le tre ragazze presenti si chiedevano che
fine
avesse fatto il Quoll che conoscevano.
–Le regole non saranno molte, ma vi
prego di impararle e di memorizzarle.- continuò imperterrito
–Uno: non sono
permesse le liti serie tra i membri, le dispute si risolveranno
lanciando una
moneta. Due: i miei ordini hanno la precedenza su tutto, ma se dovessi
morire
uno di voi mi sostituirà. Tre...-
Il ragazzo continuò a parlare per diversi
minuti, spiegando accuratamente che cosa avessero dovuto fare come
membri del
ragno.
–Benissimo, ora potete scegliere un numero, da 1 a 13, che vi
identificherà.- disse infine.
Nobunaga
scelse l’1, Uborghin l’11, Machi il 7, Pakunoda il
9, Franklin il 12.
Mancavano
solo Feitan e la ragazza.
–Uhm... Allora io voglio il numero 2.- disse lui.
Tutti si voltarono verso l’unica rimanente.
–E tu, Kaede, che numero vuoi?-
chiese gentile Kuroro, conoscendo quanto ogni singola scelta, anche la
più
banale, fosse importante per la compagna.
–Ci ho pensato molto... Ed alla fine
ho scelto il mio numero fortunato. Sarò il 4.- disse
sorridendo e guardando il
capo negli occhi.
Ancora nessuno di loro sapeva quanto quel numero fosse
entrato nelle loro vite, non potevano nemmeno immaginarlo lontanamente,
quanto
avrebbe inciso nei loro destini.
Soprattutto per uno di loro, sarebbe stato
decisivo.
Ed
ecco il primo capitolo.
Che ve ne pare? Vi piace la protagonista?
Credetemi, questa ragazza riserva tante, tante sorprese...
Keyla
|
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Capitolo 3 *** 2. Dimmi cosa pensi ***
Capitolo 2.
Dimmi cosa pensi
“Ci sono
tanti modi per morire, ma il più atroce è
sentirti morire dentro e continuare a
vivere.”
-Kaede? Non ho mai sentito questo nome...-
mormorò Phinks.
Machi
annuì, presa dai ricordi.
–Era una ragazza speciale, sempre distratta, e spesso
arrivava in ritardo alle riunioni. Nonostante questo, riusciva a farsi
voler
bene da tutti noi...- si rese conto di quello che aveva appena detto,
ed
arrossì.
Un legame affettivo non sempre però è un segno di
debolezza.
–Lei e
Feitan si conoscevano da parecchio tempo, non abbiamo mai compreso a
fondo che tipo di
legame ci fosse tra quei due... Ma erano molto affiatati, assieme,
molto di più
di quanto lo fossero Ubo e Nobu, credimi. Si punzecchiavano sempre, e
litigavano. I loro duelli erano uno spettacolo bellissimo, sembravano
una
danza.-
Si interruppe, perdendosi in qualche remoto episodio, probabilmente
seguente
alla creazione del Ragno.
Fece un sospiro tremolante, rattristandosi nel
ripercorrere il passato.
Ma era necessario. Necessario affinché Phinks capisse,
affinché qualcuno potesse consolare il loro
compagno.
Disse la frase che suonò
impossibile alle orecchie dell’altro, perché
raccontava una storia
completamente diversa da quella che conosceva lui, che conoscevano
tutti loro.
Sei parole, che parevano parte di una favola:
-Quando era con lei, Feitan
sorrideva...-
Nella grande sala,
all’interno dell’immenso palazzo in rovina, dodici
persone erano riunite.
La
tredicesima era rimasta vittima del rancore di un sopravvissuto. Ubo,
uno dei
membri originari del Genei Ryodan, era stato ucciso dagli
“occhi cremisi”.
Poco
a poco alcuni uscirono, in silenzio, fino a che nella stanza non
rimasero che
sei ragni.
-Abbiamo perso un membro originario...- mormorò Paku
avvilita.
Gli
altri annuirono, mentre Nobunaga cercava di nascondere il suo dolore
per la
perdita dell’amico.
–Sembra che la storia sia destinata a ripetersi...- disse
Machi.
Sentendo quelle parole, Feitan scattò in piedi, guardandola
con un paio
d’occhi dorati, carichi di rabbia e risentimento.
Non disse nulla nessuno,
mentre il ragazzo si voltava e andava via, senza una parola.
Sapevano tutti il
motivo di quella reazione esagerata, e nessuno poteva rimproverarlo,
proprio
per questo.
Perché una cicatrice che brucia nell’anima non
può essere
rimarginata nemmeno dal passare degli anni, soprattutto se è
stata causata
dalla perdita di una cosa importante.
In questo caso, una persona...
-Wow! Oggi Kuroro era davvero strano!-
esclamò Machi appena
fuori.
–Già, ma è un buon leader, e sono certa
che è sicuro di quello che fa-
disse convinta Paku, sistemandosi una ciocca bionda dietro
all’orecchio.
–E tu
che ne pensi, Kaede?- chiesero quasi in coro le due.
Ma l’altra ragazza era già
corsa via.
-È sempre a correre- commentò Machi.
–Vero. Non sta ferma un
attimo.- le diede ragione l’amica.
Un paio di occhi gialli seguirono la sagoma
della compagna allontanarsi fino a sparire all’orizzonte,
confondendosi tra i
cumuli di spazzatura.
–Però che agilità! Chi è il
più veloce tra voi due,
Feitan?- fece Franklin curioso.
L’altro lo ignorò completamente.
–Non lo so.-
rispose secco, allontanandosi da lì.
I ragazzi lo guardarono sconsolati.
Feitan
era un tipo solitario, lo era sempre stato, e poche persone riuscivano
a fargli
dimostrare di provare emozioni.
Una di queste era Kaede: la ragazza si
divertiva particolarmente a stuzzicarlo, e spesso lui si arrabbiava
anche, cosa
rarissima.
Ma ogni loro litigio non era mai serio, al massimo duellavano un
po’
con la spada, anche se perlopiù si insultavano a
parole.
Lei gli aveva
affibbiato diversi soprannomi ridicoli, alcuni dei quali lo facevano
andare
davvero in
bestia.
Alcune volte entrambi
sparivano contemporaneamente per brevi e medi periodi, e la cosa non
poteva non
suscitare i commenti maliziosi delle due ragazze.
Solo con lei Feitan si
comportava a quel modo, e agli altri questo non era sfuggito affatto,
anzi,
evitavano accuratamente gli argomenti “soprannomi
assurdi”, “sparizioni
sincronizzate” e “Kaede”, per evitare uno
scoppio d’ira del ragazzo.
Non ci
tenevano mica a finire carbonizzati!
-Sparisci, tappetto omicida.- disse la ragazza non
appena si
accorse della sua presenza.
–“Tappetto omicida”? Non hai trovato di
meglio?-
chiese Feitan sorridendo malizioso.
Lei era seduta a gambe incrociate sul tetto
di una casa del centro, ed osservava l’orizzonte
lontano.
Lui la raggiunse e si
posizionò seduto alle sue spalle.
–A cosa pensi?-
La sua domanda pareva senza
importanza, ma il ragazzo sapeva che difficilmente avrebbe trovato
risposta.
–Affari miei.- lo rimbeccò infatti Kaede.
–Perché quattro?-
Altra domanda
apparentemente senza importanza, ma entrambi sapevano che la risposta
richiedeva
una spiegazione profonda, spiegazione che la ragazza non era disposta a
fornire.
–Non ne ho idea. È sempre stato il mio numero
fortunato, ed ho pensato
di affidarmi a lui anche questa volta.-
Decise di mantenersi sul vago, come al
solito.
–Ti dispiace? Lasciare questo posto, intendo...-
riprese.
–Cosa? Questo
postaccio? Per niente, anzi sono felice di andarmene.- rispose
atona.
–E
allora...- iniziò, ma venne interrotto da uno sbuffo della
ragazza: -Allora è
ora che ti faccia gli affari tuoi. Chi sei, il mio
confessore?-
Feitan si
lasciò sfuggire una risatina, divertito da quella
provocazione, mentre Kaede
sorrise sotto i baffi.
Poi lui si alzò e fece per scendere dal tetto.
–Ci si
vede.- disse.
Lei si voltò appena.
–Parli come se non ci vedessimo mai! Certo
che ci si vede, domani mattina alla riunione con gli altri! Si parte,
ricordi?-
lo prese in giro.
–Wow! Questa volta sei stata attenta! Miracolo!-
ribatté il
ragazzo con lo stesso tono provocatorio.
–Già, miracolo. È meglio se te ne vai,
se no neanche l’intervento divino potrà
trattenermi dal farti a fette,
bassetto!- lo minacciò scherzosamente.
–Certo- replicò ironico –Non riusciresti
neanche a toccarmi, “numero 4”.-
Kaede si voltò completamente. –Questo per te
era un insulto? Ghiaccioletto dei miei stivali!-
Ascoltò meglio quel soprannome
assurdo, e rise di gusto.
Invece Feitan non la prese a ridere, anzi, si
arrabbiò.
–Guarda che quando vuoi sei molto più sadica e
fredda di me!- sibilò,
tutto rosso in volto per la rabbia.
–L’hai detto! Quando voglio, non sempre!-
Un altro punto per lei.
–Basta, hai vinto...- sospirò il ragazzo.
–Ti arrendi?-
fece sorpresa, abbassando la guardia.
–No!- esclamò balzandole addosso,
approfittando del suo attimo di distrazione, afferrandole i polsi e
costringendola a sdraiarsi schiena a terra.
–Accidenti! Mi hai fregato,
dannazione!- ammise contrariata, guardandolo negli occhi.
Dopo pochi istanti di
silenzio lui mollò la presa, distanziandosi di qualche
metro.
–A domani.- disse
saltando giù dal tetto e sparendo poco dopo.
La ragazza sospirò, e ripensando a
come lui l’aveva colta di sorpresa poco prima
arrossì.
Ciao, come
state? Che ve ne pare?
Se lasciaste una recensione, giusto per sapere se vale la pena di
continuare, certo non mi offenderei!
Keyla
|
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Capitolo 4 *** 3. Freddo come il ghiaccio ***
Capitolo 3.
Freddo come il ghiaccio
“Chiunque
abbia mai amato porta una cicatrice...”
-Eh? Sorrideva? Ma ne sei sicura?- fece Phinks
incredulo.
Gli pareva troppo strano che il compagno fosse così...
diverso, nel racconto di
Machi.
–Già. Sorrideva e scherzava, ma solo con lei. Se
noi lo provocavamo ce
la vedevamo brutta, non ce la faceva mica passare liscia! Invece con
Kaede era
strano, forse anche perché era la più simile a
lui.-
L’altro aggrottò le
sopracciglia, pensoso.
–Che vuoi dire con “la più simile a
lui”?- chiese
perplesso.
–Voglio dire che, come lui, era abbastanza solitaria,
enigmatica,
lunatica a volte. Non prendeva nulla alla leggera, nemmeno le scelte
più
semplici. Si faceva sempre un sacco di problemi, ecco. Aveva un animo
estremamente complesso.- spiegò sorridendo tra sé
e sé.
–E poi? Che successe
poi?- la incitò il ragazzo, impaziente.
–Poi... Be’, sarà più chiaro
se ti
racconto tutta la storia sin dall’inizio... Allora, il giorno
seguente a quello
in cui creammo la Genei partimmo alla volta di Nivéa, una
città perennemente
ricoperta dalla neve, dove si trovava un prezioso tesoro. E noi,
ovviamente,
volevamo appropriarcene...-
-Feitan l’ha
presa
davvero male...- sospirò Pakunoda pochi secondi dopo
l’uscita del ragazzo.
–Sì,
ma non è solo quello.- le rispose l’altra
ragazza.
–Uno dei tuoi presentimenti,
Machi?- chiese Kuroro guardandola aprrensivo.
Lei annuì.
–Lo prenderemo. E poi
lo ucciderò!- esclamò Nobunaga scattando in
piedi.
–Hai ragione: deve pagare.
Ma non ci metteremo inutilmente in pericolo.- incominciò il
Capo.
–Che
intendi?- fece allibito il samurai, guardandolo interrogativo.
–Intendo che,
per ora, usciremo dal covo a piccoli gruppi, - facciamo a coppie
– e cercheremo
di catturare chi si “interessa” a noi. Forse
riusciremo a prendere qualcuno che
conosce il Bastardo con la catena.- spiegò pacato.
–A coppie? Mi pare una buona
idea...-
Tutti si voltarono verso Feitan che, sbollita la rabbia, era ritornato
dentro.
–Bene. Allora siamo d’accordo. Su, facciamolo
sapere anche agli altri.-
disse Paku alzandosi ed uscendo con la sua andatura elegante.
Una volta
spiegato il piano, tutti annuirono.
–Le coppie saranno le solite?- chiese
Shalnark, squadrando Kortopi.
–Sì.- gli rispose Machi, gettando
un’occhiata
veloce a tutti i compagni.
Scorse, negli occhi di uno, una grande, grandissima
tristezza.
-Ci siamo tutti?- chiese Kuroro la mattina
seguente, appena
arrivato.
–No. Indovina un po’ chi manca...- gli rispose
ironico Nobunaga.
–Kaede, vero?-
Gli altri annuirono e sospirarono rassegnati.
–Eccola- fece
Franklin vedendola correre in lontananza.
Nel giro di un paio di minuti li aveva
raggiunti.
–Ci sono.- disse sorridendo.
Indossava i soliti abiti e al fianco
aveva assicurata la sua spada, ma su una spalla portava un piccolo
zainetto
azzurro chiaro.
Evitarono di rimproverarla per il ritardo. –Ora siamo
pronti?-
riprovò il Capo. –Sì! Si parte!-
esclamò la ragazza tutta allegra.
Feitan la
guardò storto, ma poi finalmente si misero in
viaggio.
–Dove si va?- chiese la
mora, curiosa.
–Ma questo non l’hai sentito? Dov’eri
ieri?- la riprese Ubo.
–No... Credo di essermi distratta, verso la fine...- ammise
con gli occhi
bassi.
–Andiamo a Nivéa. Lì ci sono dei volumi
antichi che mi
interesserebbero...- rispose Kuroro.
–E un tesoro.- aggiunse poi.
Subito il
morale della ragazza si risollevò, e tornò
giuliva e vivace come al solito.
Si
mise a chiacchierare con le altre due ragazze del più e del
meno. Erano molto
amiche, e si vedeva.
I ragazzi, invece, camminavano in silenzio, o al massimo
ogni tanto si sentiva rimbombare la risata tonante di Ubo,
perché Nobu aveva
fatto una battuta.
–Ehi, laconico come sempre?- Feitan si voltò,
trovandosi
davanti Kaede che sorrideva.
Aveva la tipica espressione di chi sta per
attaccar briga dipinta sul volto.
–Ehi, che vuoi?- ribatté riportando lo
sguardo sulla strada sterrata.
–Ma che scorbutico! Io volevo solo parlare un
po’, sei sempre da solo...- esclamò fingendosi
offesa.
–“Solo parlare”? e come
la spieghi quella faccia da schiaffi?- la prese in giro.
Lei alzò il mento
scocciata.
–Parla quello che la faccia dovrebbe tenerla nascosta per la
vergogna!- replicò.
Ok, di nuovo 1 a 0 per la ragazza.
–Cerchi grane?- la
minacciò.
–Sì- fu la pacata risposta.
Un istante dopo stavano combattendo.
Gli
altri ragni si fermarono: i combattimenti tra quei due erano il loro
spettacolo
preferito.
Erano entrambi ottimi spadaccini, ma alla fine non si facevano mai
male. Al massimo qualche graffietto o cose così.
Si muovevano ad una velocità
pazzesca, facendo movimenti fluidi che pareva danzassero.
Una finta e un
fendente, una parata e un affondo. Tutto in un paio di
secondi.
Si scontravano
e si separavano, e mentre combattevano si lasciavano scappare qualche
piccolo
sorriso felice.
Si divertivano moltissimo.
L’arma di Kaede era leggera ed
elegante, tagliava l’aria senza far rumore e la lama era
affilatissima. Invece
quella di Feitan era lunga e sottile, anche questa estremamente
affilata, ma
era fatta di Nen e nascondeva numerose trappole mortali, anche se il
ragazzo
non le avrebbe mai utilizzate contro di lei.
Non avrebbero mai potuto farsi
male a vicenda, anche senza le regole del ragno.
Il loro legame era simile a
quello che univa Nobunaga e Ubo, ma un po’ diverso: una
fiducia incondizionata
nascosta sotto uno spesso strato di rivalità. Era...
complicato, anche per
loro.
D’un tratto parve essere in vantaggio la ragazza, ma subito
dopo
tornarono alla pari.
Poi toccò al ragazzo mettersi in testa, anche se qualche
istante dopo tornarono in parità.
Il duello andò avanti per qualche altro
minuto, ma poi, in seguito ad stoccata particolarmente potente,
entrambe le
lame vennero sbalzate via, cadendo poco più indietro i
rispettivi proprietari,
impiantandosi profondamente nel terreno.
I due ragazzi si guardarono negli
occhi e lei sorrise.
Si strinsero la mano e raccolsero le loro armi.
Poi
ripresero a camminare come se non fosse successo nulla.
Dopo una decina di
giorni (durante i quali non mancarono
certo i litigi tra i due ragazzi) i ragni arrivarono finalmente a
Nivéa.
Questa
era una metropoli immensa, dove le stagioni parevano essersi fermate:
come
diceva anche il nome, a Nivéa era perennemente inverno.
Quindi faceva freddo,
cadeva la neve ed il paesaggio era sempre bianco, di un bianco
impeccabile e
purissimo, da far male agli occhi.
–Wow! È questa la neve?- chiese Kaede
sgranando gli occhi e godendosi lo spettacolo di quella distesa
candida, che
come una coperta copriva le colline accanto alla
città.
–Sì... Non l’hai mai
vista?- le rispose allibito Kuroro.
–No! Non sono mai uscita dalla Città, e
laggiù non nevica mai! Che beeello!!!- esclamò
gettandosi a terra e facendo un
angelo di neve, inzuppandosi tutta.
Sarà stata pure un’assassina e una ladra di
prima categoria, ma rimaneva comunque una bambina che non aveva avuto
il tempo
di vivere la sua infanzia.
Machi e Paku ridacchiavano divertite, mentre Feitan
sbuffò scocciato, guardandola male.
–Tirati su, che dobbiamo arrivare in
città!- le disse freddo come il ghiaccio.
Per tutta risposta gli arrivò una
palla di neve in faccia.
Gli altri ragazzi non riuscirono a trattenersi, e
risero di gusto.
–Ma come... ti permetti...-
Fremeva dalla rabbia, l’avrebbe
fatta volentieri a pezzi, in quel momento.
Kaede sorrise beffarda e raccolse
un’altra manciata di neve, appallottolandola e
tirandogliela.
Lo prese in pieno
petto.
Il ragazzo divenne rossissimo, sarebbe potuto scoppiare da un momento
all’altro.
–Ti ammazzo!- gridò gettandosi su di lei, che non
fece in tempo a
schivarlo che se lo ritrovò addosso.
–Lasciami!- urlò scrollandosi e
allontanandolo.
–Stai sempre a brontolare! Rilassati, cavolo! Mi fai venire
la
nausea!-
Lui la guardò ancora più truce.
–Allora guarda da un’altra parte,
mocciosa.-
Il loro battibecco fu interrotto da Ubo: il gigante li
afferrò
entrambi per la collottola e li sollevò di almeno mezzo
metro dal terreno.
–Adesso smettetela. Ci rimettiamo in marcia.- disse
riappoggiandoli a terra.
Feitan sbuffò e si voltò dall’altra
parte, provocando la risata squillante e
vivace della ragazza.
Le mandò un’occhiataccia scocciata e riprese a
camminare
a passo sostenuto.
E
così, i due piccioncini litigano...
Che teneri!
Che ne pensate di questo capitolo?
Vi piacciono le frasi all'inizio o le devo togliere?
Keyla
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Capitolo 5 *** 4. Di te mi fido ***
Capitolo 4.
Di te mi fido
“Essere
stati amati tanto profondamente ci protegge per
sempre, anche quando la persona che ci ha amato non
c’è più. È una cosa che ci
resta dentro, nella pelle.”
-Quindi l’inizio è questo...-
mormorò Phinks.
Machi annuì
concentrata.
–Ma... Qual era la sua abilità?- chiese poi,
incuriosito.
La
ragazza lo guardò ancora più intensamente coi
suoi occhi gialli.
–Hai mai
sentito parlare di “Illusioni”?-
Il ragazzo scosse la testa.
–Perfetto...-
sospirò lei. –Allora te lo spiego io. Esistono
persone con un Nen particolare, in
grado di fare cose “particolari”.
C’è chi può rubare o copiare i poteri
altrui,
come ad esempio Kuroro, ci sono gli esorcisti, eccetera. E poi ci sono
delle
persone che riescono a creare Illusioni. Questi sono in grado di creare
creature di Nen, ma non solo. Possono formare copie di sé
stessi e di altre
persone, possono creare elementi naturali e modificare il paesaggio,
possono
fare ogni cosa che la loro fantasia gli suggerisca. Non pensare che sia
come
usare la Materializzazione: mentre per quest’ultima serve
molta, molta
concentrazione e uno strenuo allenamento, chi crea le Illusioni ha solo
bisogno
dell’idea.-
Fece una pausa per riprendere fiato, poi riprese il discorso.
–Anche se le cose da loro create solo chiamate
“Illusioni”, sono estremamente
reali. E pericolose. Se non controllato è un potere
devastante.-
Phinks seguiva
con un po’ di difficoltà, ma riusciva a cogliere
il succo del discorso.
–E
quindi questa Kaede possedeva questo potere?- chiese dondolandosi
avanti e
indietro.
–Sì, era in grado di usarlo. Ma lo utilizzava
veramente di rado,
proprio perché temeva di causarci danni. Era una ragazza
molto premurosa nei
confronti dei suoi compagni. Eravamo la sua famiglia.-
Sospirò tristemente.
–E
Feitan era suo amico...- provò il ragazzo.
Machi sorrise, scuotendo leggermente
la testa.
–Non proprio amico. Qualcosa di più, forse...-
disse poi, con gli
occhi tristi fissi nel vuoto.
Feitan camminava
accanto a Paku, che lo guardava apprensiva.
–Dai, tirati su. Così demoralizzi
metà squadra...- cercò di dirgli, ma un suo
sguardo più che eloquente la fece tacere.
Proseguirono in silenzio ancora per qualche centinaio di metri, poi si
sedettero su una panchina nel parco.
Rimasero comunque immersi in un silenzio
pressante, obbligato.
Lui voleva parlare ma farlo gli provocava troppo dolore,
e lei non voleva forzarlo.
Alla fine però la donna prese
l’iniziativa.
–Qual è
la cosa che ti fa più male?- chiese.
Il ragazzo sospirò.
–Non poter più sentire
la sua voce.- rispose pacato –A volte mi prendeva in giro e
mi provocava, ma
altre volte riusciva a strapparmi un sorriso. È la cosa che
più mi manca di
lei.-
L’altra annuì comprensiva e gli sorrise.
–Stai pensando che non è da me
comportarmi così, vero?- fece Feitan, ma era una domanda
retorica.
–Invece sono
proprio io. Sta
tornando alla luce il
mio lato fragile, quello che non voglio assolutamente che si scopra...-
mormorò, la testa bassa e gli occhi fissi a terra.
–Probabilmente penserai che
non mi fido di voi, ma non è così. Anzi, vi
ringrazio perché cercate in
continuazione di farmi stare meglio, ma è impossibile. Ha
lasciato un vuoto che
non si potrà mai colmare...-
Pakunoda non disse nulla, si limitò a poggiargli
una mano sulla spalla e pensare che in un minuto il ragazzo aveva
pronunciato
più parole di quante ne dicesse in medio in una
settimana.
Doveva essere
proprio distrutto, per fare una cosa del genere.
-Feeeeitaaaan???- chiamò Kaede, facendo
assumere alla voce
un tono forzatamente lagnoso.
–Che vuoi?!- ringhiò lui, voltandosi di scatto
nella sua direzione e fulminandola con lo sguardo.
–Quanto manca?- chiese.
–Per
la millesima volta: Non. Lo. So!-
Era prossimo ad una crisi di nervi, non ce la
faceva più.
–Ma io mi annoio!- si lamentò, incrociando le
braccia al petto.
Ricevette un’occhiata dal ragazzo che avrebbe fatto tremare
di terrore
chiunque.
Ma non lei. No, lei no.
–Kaede!!! Smettila di fare la bambina
lagnosa! Mi pare di fare il baby-sitter ad una mocciosa di tre anni!
Trovati
qualcosa da fare, maledizione!- gridò isterico.
La ragazza si era tappata le
orecchie e aveva chiuso un occhio, guardandolo male.
–Non urlare! Sei
cattivoooo!!!-
E finse di mettersi a piangere. Esattamente come una mocciosa di
tre anni.
Il povero Feitan la fissò stralunato.
Erano da soli, se no non si
sarebbe mai comportata a quel modo, da poppante viziata.
Poi lui si accorse del
furgone che passava in strada.
–Ora basta, Kaede. Penso sia questo.- disse
sporgendosi leggermente dal vicolo dove si erano nascosti.
In un istante la
ragazza riacquistò tutta la sua serietà, si
alzò in piedi e diede un’occhiata
anche lei.
–Già, hai proprio ragione. Sei pronto?- chiese
flettendo le
ginocchia.
–Sì, tu?-
Fece un impercettibile cenno affermativo col capo, ed
entrambi scattarono nello stesso momento.
Si posizionarono ai lati opposti
della vettura e colpirono assieme.
Il veicolo finì a schiantarsi contro la
parete di un palazzo, causando una piccola esplosione.
Il ragazzo aprì i
portelloni di dietro, e lei entrò per cercare quello che
volevano.
Dopo pochi
secondi lo trovò. Passò al compagno una cassa di
ferro argenteo, e lui se la
caricò in spalla.
–Ce la fai da solo?- gli domandò mentre si
allontanavano.
–Certo- rispose –Non sono così
debole!-
Kaede sorrise ed accelerò il passo,
superandolo.
Lui sollevò un sopracciglio, divertito, e la raggiunse in
breve.
–Che fai, mi lasci indietro?- le chiese fingendosi
irritato.
–Già-
Si
guardarono in cagnesco fino a che non arrivarono dagli altri.
Lì la merce “recuperata”
fu controllata e si levarono alcune esclamazioni di stupore:
c’era parecchio
oro e pietre preziose, oltre ai volumi di Kuroro. Per essere il loro
primo
lavoro come “banda criminale” era andato piuttosto
bene!
–Stasera si festeggia,
potrete andare ognuno dove preferite.- comunicò il Capo
sorridendo soddisfatto,
già immerso nella lettura.
Il giovane ladro era seduto con le gambe penzoloni
su un
grosso ramo, fissando l’orizzonte imbiancato che si
scuriva.
Era appena passato
il tramonto, e le tenebre stavano calando sulla città, che
si preparava alla
notte.
D’un tratto sentì un fruscio appena percettibile
alle sue spalle, ma non
si mosse.
Un paio di mani fresche si posarono delicate sui suoi occhi.
–Chi è?-
fece una voce candida dietro di lui.
Sbuffò.
–Kaede, togli immediatamente
quelle mani dalla mia faccia.- ringhiò afferrandole e
voltandosi.
–Mamma mia
quanto sei irritabile! Scusami tanto se cercavo di scherzare un
po’ con una
statua di granito come te!- esclamò scocciata lasciandosi
cadere accanto a lui.
–Sei come un vecchietto irritabile, proprio uguali!-
continuò.
–Sei tu ad
essere irritante.- replicò Feitan guardando da
un’altra parte.
–No. Io sono
“viva”, e non un corpo senza emozioni come te.- lo
rimbeccò ghignando.
Chissà
come, tutti questi confronti verbali li vinceva sempre ed
irrimediabilmente
lei, ogni singola volta.
–Ah, credi che non abbia emozioni, eh?- disse con voce
bassa e minacciosa, afferrandola improvvisamente per la vita.
–Mi diverto nel vedere
le persone terrorizzate. Non è un’emozione,
questa?-
La ragazza cercò di
divincolarsi, ma lui la mise in bilico sul vuoto. Erano a una decina di
metri
di altezza, almeno.
Di certo un bel volo.
Kaede scrutò la distanza tra il suo
corpo sospeso ed il suolo, poi guardò il compagno di
squadra.
–No. Quello è
solo sadismo puro, caro mio.- replicò sarcastica.
–Pensi di poter sopravvivere
cadendo da qui?- le chiese lui esponendo un ghigno pericoloso.
–Non ne ho
idea.- ammise –Ma mi fido di te e so che non mi lascerai
cadere.-
Il ragazzo
sgranò gli occhi sorpreso, e la rimise in una posizione meno
pericolosa.
–Visto?- lo sfotté sorridendo.
Appoggiò la testa su una spalla di lui, che non
si scansò.
–Davvero ti fidi?- domandò Feitan dopo una decina
di minuti
trascorsi nel silenzio più totale.
–Certo- rispose sicura –Sono anni che ci
conosciamo, ed ormai ho imparato che di te mi posso fidare. So che non
mi farai
del male, quindi ti prendo in giro, ti sfotto e tu mi ringhi contro e
basta.
Ogni volta che litighiamo e duelliamo, nessuno di noi utilizza i suoi
poteri
Nen, ci limitiamo a divertirci combattendo e allenandoci con la spada.
Se
l’unica persone con cui parlo veramente.-
Ci fu una lunga pausa di silenzio,
poi lei si sollevò mettendosi dritta e si preparò
a scendere.
–Io vado. Domani
avrò voglia di un bel combattimento, capito?- lo
avvertì.
Ce l’avrebbe messa
tutta per farlo arrabbiare.
Il ragazzo la osservò mentre si lasciava scivolare di
ramo in ramo fino a terra, e continuò a seguire con li occhi
la figura scura
sul bianco dello sfondo fino a quando non scomparve
all’orizzonte.
Sospirò e si
stese appoggiando la schiena al tronco, osservando le stelle brillare
nel cielo
terzo.
Quella ragazza... Che strana che era!
Ed eccomi
qui! Come state? Io bene!
E quindi Kaede si fida di Feitan... Farà bene? Voi che ne
dite?
Lasciatemi un commentino, per favore!
Vi lascio un'immagine di Fei. Sono solo io a trovarlo triste? Vi piace?
Keyla
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Capitolo 6 *** 5. Il mio tipo ***
Capitolo 5.
Il mio tipo
“Lo vedi? Vedi a che
punto mi hai fatto arrivare?
Sono sui piedi di un abisso, ho le ali bruciate.
Ma lo vedi che bruciano anche da dentro? Sono i miei
pensieri e le
miei colpe che mi ardono dentro e non c’è acqua
che plachi questo fuoco, non ci
sono parole per placare quello che sento, la paura, la rabbia,
l’orgoglio, la
gioia e la tristezza che mi porto ancora dentro.
Non ho trovato qualcosa capace
di cancellare tutto questo perché forse è
indelebile e fa male ogni volta di
più, ad ogni minimo sussulto del cuore, in
ogni istante.
E intanto continuo a
bruciare senza sapere cosa fai, dove sei...
perché…”
-Ma allora...-
iniziò Phinks, ma venne prontamente
interrotto dalla ragazza:
-Non saltare a conclusioni affrettate, non correre.
Per essere capita questa storia va affrontata con calma.- disse, Machi
sospirò
per l’ennesima volta e riprese a parlare.
-Pochi giorni dopo partimmo per
un’altra città, Ninies, dove c’era un
museo che conservava reperti molto
antichi. Il nostro bersaglio fu un tomo risalente al Medioevo
occidentale.
Kuroro lo voleva a tutti i costi. Per quella volta ci dividemmo:
saremmo andati
tutti in missione tranne Kuroro e Kaede, che sarebbero rimasti soli ad
aspettarci. Ci mettemmo più del previsto per tornare e lei,
che era sempre ed
irrimediabilmente in ritardo, non mancò di farcelo notare.
Quello che le rispose
Feitan fu memorabile. Per una volta la mise a tacere.-
Phinks ridacchiò.
–E di
solito no?- chiese divertito.
Anche la ragazza si lasciò scappare un sorriso.
–Mai- rispose –Per quanto potesse replicare, era
sempre lei ad averla vinta.
Riusciva a tirare fuori un insulto o un nomignolo che lo faceva
arrabbiare, e
quando si arrabbiava aveva perso, di regola. Ogni volta finiva con un
Feitan
che le voltava le spalle fremente di rabbia e una Kaede sorridente per
la
vittoria. Non poteva andare diversamente. Quello di quella volta fu uno
strappo
alla regola.-
L’altro sogghignò.
–Che bella coppietta...- disse malizioso.
Poi
entrambi tornarono seri.
–Continua, dai- la incitò impaziente.
–Ok...-
Appena Kuroro
terminò
di scrivere passò il foglio a Machi.
La ragazza prese la tua predizione e la
lesse, ma appena finì la seconda strofa si
paralizzò.
–Feitan- chiamò con voce
alterata. Il ragazzo sobbalzò, poi si alzò in
piedi e scese agilmente i
gradoni.
–Che succede? Fa vedere!- esclamò Phinks,
curioso.
Invece lei si arrabbiò:
-Ho detto “Feitan”, non “impiccioni
vari”!- sbottò.
Gli altri rimasero
perplessi, ma si risedettero ai loro posti e stettero zitti.
–Che c’è?- chiese
l’orientale non appena la raggiunse.
Afferrò il foglio che la ragazza gli
porgeva, e lesse allibito i caratteri.
Sgranò gli occhi, ad un certo punto.
Diede la predizione a Kuroro ed uscì quasi di corsa, seguito
dagli sguardi
confusi dei restanti ragni.
Sentiva il bisogno di sfogarsi.
Non riusciva, non voleva
crederci.
Il Capo del Ragno lesse
a sua volta quella fatidica strofa:
Settembre
è il mese
dei Crisantemi
i Crisantemi sono i
fiori dei Morti.
Quando i ricordi
tornano a bruciare
non resta che seguire
l’ombra di chi più non c’è.
-Detesto Settembre!
È freddo, e cadono le foglie.- si
lamentò la ragazza, guardando un albero mezzo spoglio in
mezzo alla radura.
–Non
lo trovo così brutto...- sospirò Kuroro,
sorridendo tranquillamente.
–Come no?
Segna il passaggio dalla bella alla brutta stagione, non mi
piace.-
L’altro in
questo dovette darle ragione.
–Eppure Settembre mi sembra un mese così
tranquillo...- sospirò il ragazzo, osservando una foglia che
volteggiava
nell’aria.
Lei sbuffò.
–Ma poi che importa? Tanto tra poco passerà, e
sarà
ottobre.- disse.
–Qual è il tuo mese preferito?- le chiese a quel
punto,
incuriosito.
Kaede si voltò a guardarlo, gli occhi di zaffiro accesi da
una
strana luce.
–Non importa dove e quando, mi basta esserci.- rispose
tornando a
guardare davanti a sé.
–Ti basterebbe anche essere sola?- replicò con
l’ombra
di un sorriso dipinto sul volto.
–No. Mai sola.-
Non aveva distolto lo sguardo
dalla corteccia dell’albero.
Kuroro sorrise apertamente, poi guardò un punto
all’orizzonte.
–Sono tornati!- esclamò la giovane non appena
anche lei notò le
figure in lontananza.
Si mise a correre verso i compagni, mentre l’altro la
seguiva tranquillo.
–Siete in ritardo!- li rimproverò quando li ebbe
raggiunti.
–Sai, il Fato non ha orologio.- le rispose un ragazzo a torso
nudo, i
penetranti occhi gialli che la fissavano.
Lei chiuse la bocca, non trovando
cosa dire in risposta. Per una volta, si trovava costretta a
tacere.
Lo osservò
un po’ meglio e corrugò le sopracciglia.
–Uh! Feitan, che fine ha fatto la
maglia?- chiese allibita e sorpresa, guardandolo male.
–Be’, diciamo...
complicazioni...- rispose per lui Nobunaga, ridacchiando sotto ai
baffi,
guadagnandosi un’occhiata assassina dal diretto
interessato.
Le altre due
ragazze la raggiunsero, iniziando a raccontarle come la missione fosse
andata.
–Quindi
cosa avete fatto voi due tutto questo tempo?- chiese Machi quando
ebbero finito
il resoconto.
–Abbiamo parlato un po’...- rispose
imbarazzata.
–Solo
parlato...?- continuò l’altra, mentre Paku le
mandava un’occhiataccia.
–Sì! Che
cos’altro?- esclamò rossa in volto.
Poi, notando lo sguardo malizioso
dell’amica, si affrettò ad aggiungere: -Non farti
strane idee! Kuroro non è
affatto il mio tipo!-
Entrambe fecero un’espressione interrogativa e
terribilmente innocente. Non si presagiva nulla di buono...
–E allora chi
sarebbe, il tuo tipo?- chiese infatti la bionda.
Kaede arrossì ancora di più,
facendo un passo indietro.
Da dietro la spalla di Machi poté vedere chiaramente
Feitan che la fissava incuriosito.
–Nessuno! Ma che cavolo di domande fai?!- esclamò
voltandosi di scatto e avvampando improvvisamente.
Sentì la risata divertita
delle due ragazze, mentre si allontanava, e si immaginò la
faccia di lui:
ancora curioso, gli occhi dorati scintillanti, fissi su di
lei.
Sapeva che le
sue labbra erano piegate in un ghigno malizioso.
Era il suo modo di sorridere.
Ok.
Questo è (penso) il capitolo più corto e stupido
della storia.
Però... Un po' si delinea il carattere di Kaede: odia la
Solitudine, Settembre...
Secondo voi... Che cosa le è successo? Perché ha
lasciato il Ragno?
Attenzione: io non ho mai detto che è morta... Su, dite la
vostra!
Keyla
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Capitolo 7 *** 6. Quello che non dovevo dirti ***
Capitolo 6.
Quello che non dovevo dirti
Morto,
dentro.
Innamorato di un ricordo.
Lottano ragione e
sentimento.
-Ma non riuscirono mai a dichiararsi?- chiese
Phinks
intristito.
Anche se voleva sembrare a tutti i costi un duro, in fondo in fondo
sapeva essere “umano”.
–Be’... Più o meno ci riuscirono, ma
successe quasi per
sbaglio...- rispose lei pensosa.
–Cosa intendi con “quasi per sbaglio”?-
fece
non capendo cosa intendesse la ragazza.
Machi sollevò le spalle.
–Non so dirti
con precisione, ma un giorno ci accorgemmo che il loro rapporto era
cambiato.
Sembravano più... uniti, diciamo. Così capimmo
che tra loro era successo
qualcosa... Ma non comprendemmo bene “cosa” fino a
quando non successe
l’irreparabile...-
Si intristì ricordando quei brutti momenti.
–E che cosa
successe, quindi?- domandò perplesso guardandola
interrogativo.
–Phinks... Da
qui in poi serve un bello sforzo di comprensione, pensi di esserne
capace?-
Il
ragazzo si sentì offeso.
–Certo! Ma per chi mi hai preso?!- esclamò
indignato.
–Scusami,
scusa. Dimentica quello che ho detto e stammi bene a sentire. Io non
conosco
tutta la storia, solo Feitan e Kaede la conoscono, quindi ti
racconterò solo
quello che so (e di cui alcune cose mi ha raccontato Kuroro). Non posso
assicurarti che sia la versione esatta, però ho ragione di
credere che più o
meno sia andata così. Ascolta...-
Feitan era seduto su
un muretto, fuori dall’edificio dove erano i
compagni.
Teneva la testa bassa,
mentre pensava.
Aveva esagerato di nuovo, non avrebbe dovuto reagire a quel
modo. Sapeva che anche agli altri era dispiaciuto, non solo a lui. Ma
ancora
gli bruciava il ricordo, proprio come era scritto nella
predizione.
Si portò la
mano al petto, stringendo il tessuto all’altezza del
cuore.
Gli faceva male,
tanto, quando ci ripensava, non riusciva proprio a sopportarlo, a
farsene una
ragione.
Era così preso dai suoi pensieri che non si accorse della
donna bionda
che si era seduta dietro di lui fino a che non gli posò una
mano sul capo.
–Feitan- lo chiamò Paku.
–Dai, non avvilirti in questo modo, sai benissimo che
non è stata colpa tua.- lo consolò.
Lui rimase a lungo in silenzio, i
profondissimi occhi gialli che turbinavano d’emozioni, e non
erano gelidi ed
inespressivi come al solito.
–Non ce la faccio più.- ammise infine
–Ogni
parola, ogni gesto, ogni cosa, mi
sembra mirata al ricordare...-
Fissò il vuoto a lungo, cercando di calmarsi.
Paku sorrise comprensiva.
–Tieni- disse porgendogli un quaderno rilegato in
pelle –Questo è meglio che l’abbia
tu.-
E dopo un’ultima pacca affettuosa sulle
spalle saltò a terra e scomparve all’interno del
palazzo.
Il ragazzo stette a
rigirarsi il quadernino tra le mani per un bel pezzo, poi si decise ad
aprirlo.
Nell’intestazione era scritto il nome della vecchia
proprietaria, a caratteri
delicati ed eleganti: “Kaede”.
Voltò delicatamente pagina e mostrò una poesia,
una poesia che subito fece riaffiorare un ricordo preciso alla sua
mente.
Lesse
piano e a bassa voce, immaginandosi la ragazza mentre scriveva con un
pensiero
fisso in testa...
Rosso è il
colore del
fiore più bello,
della pietra più
pure e preziosa.
Rosso come il
sangue vivo,
rosso come le
fiamme.
Rabbia e Passione,
l’Amore ha lo
stesso
colore dell’Odio.
La ragazza sobbalzò sentendo la voce di
Feitan leggere
quelle righe.
–Sei brava, anche se c’è un
po’ troppo zucchero per i miei
gusti...- commentò appena ebbe finito.
Come fulminata si voltò, vedendolo
seduto a gambe incrociate con un quadernino in mano.
Il SUO quaderno.
–Ridammelo!-
esclamò balzandogli addosso e cercando di
riprenderselo.
–Aspetta: sto finendo
di leggere questa.- fece lui tranquillo scansandola con una mano e
sbilanciandosi un poco verso sinistra.
–No, dai! Sei un ficcanaso!-
Ma non
ottenne nulla.
Alla fine riuscì ad afferrarlo, anche se ormai il grosso
della
figuraccia l’aveva fatta.
–Dimmi...- iniziò il giovane con tono malizioso
che
prometteva guai –A chi sono dedicate tutte quelle poesie
sdolcinate? A Kuroro,
forse?-
Kaede diventò scarlatta per la vergogna e strinse il
quaderno al petto,
indietreggiando.
–N-no! T-ti sbagli...- farfugliò.
Il sorriso del ragazzo si
allargò.
–Da quando in qua balbetti? Allora mi sa proprio che ho
indovinato...-
sogghignò avvicinandosi.
Lei scosse nuovamente la testa, facendo muovere i
lunghi capelli scuri davanti al volto.
Poi, con uno scatto del collo, sollevò
di colpo il capo e lo fissò intensamente negli
occhi.
–Sei proprio un idiota, Feitan!
Non capisci niente!-
Il sorriso sul volto dell’altro si spense.
–Cos’è che non
capisco?- chiese perplesso.
Lei gli arrivò davanti. Per la prima volta la
vedeva in difficoltà.
Lei che sempre trovava qualcosa da ribattere a tempo record,
lei che riusciva sempre a fregarlo, ora non riusciva a esprimere i
propri
pensieri.
Alla fine prese un respiro profondo ed urlò tutto
d’un fiato: -Sei un
idiota! Sono per te, stupido, per te!-
Indietreggiò ancora, rendendosi conto di
quello che aveva appena detto, poi si voltò e
scomparì di corsa nel bosco.
Invece
Feitan era rimasto paralizzato, sentendo quelle parole, ed ora se ne
stava
fermo con un’espressione stupefatta dipinta sul
volto.
–C-cosa?!- fece
incredulo, chiedendo al silenzio.
Intanto, Kaede era
salita su un albero in mezzo al bosco e
si disperava.
“Idiota sei tu! Ma come diavolo ti venuto in mente
di dirglielo? Sei una
stupida! Era ora con che coraggio lo guarderai in faccia, quando lo
rivedrai? Cretina!
Non hai nemmeno il controllo sulle cose che dici! Dannazione, e ora che
faccio?”
pensava in preda al panico, sbattendo la testa contro il
tronco.
La sua aura, rispecchiando
il suo umore, influenzò il clima e nel giro di qualche
minuto scoppiò un
temporale coi fiocchi, con tanto di lampi e tuoni degni di un film
horror.
Fradicia
per la pioggia, la ragazza strinse i pugni fino a ferirsi i palmi e
serrò gli
occhi con forza.
“Non so cosa fare...” ammise avvilita
“Cosa devo dirgli, ora? Come
potrò sostenere il suo sguardo? Come potrò
prenderlo in giro e scherzare ancora
con lui? Non accetterà più di duellare assieme a
me... Non esiterà a farmi a
fettine, appena mi vedrà... Aiuto! Mi sento così
male...”
Iniziò a piangere, e
la pioggia aumentò d’intensità fino a
divenire pungente come spilli che
cadevano dal cielo.
Ignorò l’acqua che le scorreva lungo il corpo ed
il freddo
che le penetrava nelle ossa, concentrandosi solo sul guaio che aveva
combinato.
“Ed ora?” continuava a ripetersi.
L’acquazzone si tramutò in una tempesta di
neve, e poi iniziarono a cadere chicchi di grandine grossi come
noci.
La ragazza
si accorse solo dopo del ragazzo cogli occhi e i capelli neri che la
fissava da
terra.
Con un balzo la raggiunse.
–Kaede, cos’è successo? Hai scatenato
una
tormenta degna dell’Artico...- fece Kuroro
avvicinandosi.
–Ho combinato un
casino...- rispose abbattuta, senza nemmeno guardarlo in
faccia.
Lui non chiese
nulla di più, aveva già intuito quale fosse il
problema, ma l’abbracciò con
affetto.
–Kaede, è inutile stare qui a deprimersi. Vai a
parlare con lui. – le disse
con voce rassicurante.
La giovane scosse la testa.
–No... Non ne ho il
coraggio... Finirei solo per peggiorare la situazione...-
mormorò stringendosi
contro il suo petto.
–Certo che ce l’hai! Sei un membro della Genei, no?
E comunque
se non ci provi non potrai mai saperlo.-
Lei puntò i suoi limpidi occhi color
zaffiro su di lui.
–E se peggiorassi la situazione?- ripeté
dubbiosa.
Kuroro fece
spallucce.
–Bisogna saper correre il rischio, a volte. Non ho ragione?-
le
rispose semplicemente.
–Già, hai ragione.- ammise Kaede dopo un attimo di
riflessione.
Smise di nevicare, ed il vento si calmò a poco a
poco.
Ma le
nuvole rimasero ad oscurare il cielo.
Ed
eccoci qui.
Kaede ha combinato un bel pasticcio, a quanto pare... Secondo voi come
andrà a finire?
Mi dispiace dirvelo, ma mercoledì parto per la montagna, e
starò via una settimana.
Quindi vi lascerò in sospeso sino al mio ritorno!
Perdonatemi!
Un bacio a chi legge e un bacione a chi recensice per farmi sapere cosa
ne pensa e per farmi conoscere le sue idee.
A presto!
Keyla
|
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Capitolo 8 *** 7. Non voglio vederti soffrire ***
Capitolo 7.
Non voglio vederti soffrire
Mi
manchi...
Posso far finta di star bene, ma mi manchi...
Ora capisco che vuol dire averti
accanto prima di dormire...
[...]
Mi manchi...
E potrei avere un’altra donna ma
mi ingannerei...
Sei il mio rimorso senza fine, il freddo delle mie mattine...
Quando mi guardo intorno e sento che...
Mi manchi...
-Non ci credo...- mormorò Phinks
incredulo.
–Credici. Quella
volta ha scatenato un vero tornado! Spesso il clima veniva influenzato
dal suo
umore. E dato che un po’ era lunatica, ti potevi trovare in
mezzo ad un
cataclisma nel giro di un istante. Per questo motivo cercava sempre di
stare
allegra: per non causarci guai. Ma quella volta la tristezza e la
disperazione
ebbero il sopravvento.- spiegò Machi, prima sorridendo e poi
diventando triste.
–Che potere spaventoso...- mormorò lui.
Stettero un attimo in silenzio, mentre
il sole calava alle loro spalle: da diverse ore il triste racconto
proseguiva,
ed il tempo era volato come sabbia al vento.
–Wow... Quant’è tardi!-
esclamò Phinks,
dando un’occhiata al cielo sempre più
scuro.
Tornò a guardare la ragazza.
–Vuoi
continuare o sei stanca?- le chiese accennando un sorriso.
–Certo che sì!-
rispose facendo una smorfia indignata –Piuttosto, tu ce la
fai ancora a
seguirmi?-
Ora fu il suo turno di offendersi.
La ragazza scoppiò a ridere.
Dopo aver terminato
di leggere Feitan chiuse il quaderno.
Gli erano tornati alla mente tanti,
troppi ricordi del passato che tentava di tenere sepolti.
Ma, la verità, era
che lui non voleva dimenticare.
Perché assieme alle cose brutte avrebbe
scordato anche i momenti belli e felici.
E avrebbe dimenticato lei...
Non voleva
dimenticare il suo sorriso, i suoi insulti, tutte le prese in giro e
gli
scherzi.
Erano stati amici per anni, forse qualcosa di più, ma alla
fine erano
riusciti a chiarirsi e ad ammettere di volersi bene più di
due amici o due
fratelli.
Ma quanto coraggio, quanta decisione, che c’erano voluti per
farlo! E
quanti dubbi, quante esitazioni, prima!
Solo a pensarci gli si stringeva lo
stomaco.
Poggiò sul muretto il quadernino, ma dalle pagine
scivolò un foglio
che prima non aveva notato.
Lo raccolse incuriosito.
No, non era un foglio, ma
una fotografia.
Raffigurava due giovani: lei sorrideva radiosa e felice, gli
occhi socchiusi, ed aveva il braccio attorno alle spalle di lui, che
invece era
appena appena sorridente.
Ma si vedeva quanto stessero bene insieme.
Dietro alla
foto c’era una scritta, con la data, il luogo dove era stata
scattata e quattro
parole: “Grazie di tutto, Feitan”.
Leggendola, il ragazzo si lasciò sfuggire un
sorriso amaro, che raccontava tutta la tristezza che stava provando.
Anche se la tormenta era
terminata, la neve caduta non si
era sciolta.
Feitan era seduto dove, alcune ore prima, lei gli aveva urlato contro.
Non si era mosso, non sapendo proprio cosa fare.
“Non capisci niente! Sono per
te, stupido, per te!”
Gli rimbombavano in testa quelle parole.
Alzò il capo al
cielo, scrollandosi di dosso la neve che era caduta.
Sentì dei passi, ma non si
voltò.
–Feitan...-
Una voce.
La conosceva sin troppo bene per non riconoscerla.
“Kaede!”
A quel punto scattò in piedi e si girò per
guardarla.
Si vedeva che
era distrutta, ma l’espressione decisa che aveva sul volto
non mentiva.
–Che c’è?-
Anche se non voleva, rispose con una certa durezza nella voce.
Lei fece una
smorfia.
Si rese conto dello sforzo che la ragazza stava facendo e
cercò anche lui
di controllarsi.
–Senti... Non potresti dimenticare quello che ho detto? Non
potremmo
tornare amici?- lo supplicò esitante, fissando il
terreno.
Si aspettava che le
ridesse in faccia e che le desse della stupida, ma non successe
nulla.
–Come potrei
dimenticare?- disse invece con voce grave.
Alzò lievemente il capo e lo guardò.
Era serio.
–Vieni qui- fece lui.
Non si mosse.
–Vieni qui, Kaede. Cosa c’è, hai
paura?-
Tornò a fissare a terra, senza muoversi né
parlare.
Allora fu il
ragazzo a fare un passo verso di lei. Le arrivò davanti, ed
ancora teneva il
volto rivolto verso il basso.
Le prese il mento e con delicatezza lo sollevò,
in modo da poterla guardare negli occhi.
Stava per scoppiare in lacrime.
–Kaede,
non voglio mai più vederti in questo stato, soprattutto per
causa mia. Scusa.-
disse pacato.
Aveva deciso di gettare la maschera e di dire solamente quello
che sentiva.
Niente di più, niente di meno.
Lei sgranò gli occhi, stupita e
confusa.
Ma ogni subbio scomparve quando Feitan si chinò in avanti e
poggiò le
labbra sulle sue, azzardando un bacio piuttosto impacciato.
Era il primo per
entrambi, ed entrambi erano imbarazzati e goffi, ma felici oltre ogni
misura.
Quando
si distanziarono erano tutti e due rossi come peperoni, e non si
guardavano.
Poi
Kaede si riscosse e gli saltò addosso, avvinghiandosi con le
braccia al suo
collo ed iniziando a piangere.
Lui, superato l’istante di smarrimento, la
strinse a sé e le accarezzò i capelli,
affettuosamente.
–Stai calma- le disse
con una voce dolce che non gli apparteneva –Ci sono qui
io-
A poco a poco lei
si calmò, e quando questo successe iniziò a
tirare un forte vento che spazzò
via le nuvole.
Si guardarono ancora, arrossendo lievemente.
Ora splendeva un
bel sole caldo, sia nel cielo che nel cuore dei due ragazzi.
Ok...
Com'e venuto? Spero bene...
E quindi, quei due ce l'hanno fatta, finalmente!
Ah, posso darvi un consiglio?
Ascoltatevi la canzone "Mi manchi" di Fausto Leali (da cui vengono le
parole a inizio capitolo).
Ne vale la pena, ed esprime ESATTAMENTE i pensieri e le sensazioni di
Feitan...
Ditemi che ne pensate, d'accordo?
Keyla
|
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Capitolo 9 *** 8. La cosa più importante ***
Capitolo 8.
La cosa più importante
“Non prometto
di amarti per sempre...
Ma prometto che smetterò di amarti un attimo prima che
l’Eterno finisca!”
-A te non sembra, ma da quando abbiamo creato la
Genei a
quando si sono chiariti è passato quasi un anno. A volte ci
dividevamo per
alcune settimane, ognuno se ne stava nei dintorni facendo quello che
gli
pareva, poi ci riunivamo e partivamo per un’altra
destinazione. Il compito di
avvertire tutti era sempre mio, come è ora, solo che Kaede
mi aiutava. Col suo
potere era piuttosto semplice rintracciare gli altri in tempo record e
far
arrivare loro i messaggi.- spiegò Machi accennando un
sorriso.
–Metteva la sua
impronta in ogni cosa che faceva, ogni creatura che creava. Per ognuno
di noi
utilizzava un “metodo” diverso, ma
perlopiù ce li consegnava via aerea: per
Paku faceva comparire un gheppio, per Franklin una piana, per Nobu un
nibbio e
per Ubo un’aquila. Di solito a me mandava uno sparviero e a
Feitan un falco
pellegrino. Le piacevano molto i rapaci.-
Phinks era attonito.
–Era... ehm...
originale.- commentò poi.
–Già. Molto originale. Non potresti trovare una
persona più fantasiosa e creativa di lei. Di solito
tormentava Feitan materializza
dogli animali accanto, oppure
tirandoglieli contro (Ok,
lasciamo perdere questa
parte, va bene? Ho sclerato, lo ammetto!). In quei momenti
sembrava di
avere a che fare con due bambini: erano capaci di regredire
all’età di sette
anni in un istante. Tutti e due.- sorrise la ragazza.
–Animali vicino a Fei? Ma
lui li odia!- esclamò l’altro.
Ricordava come il moro avesse reagito le diverse
volte in cui si erano imbattuti in poveri animali, domestici o
selvatici (Altro
sclero. Chiedo umilmente perdono. Non so cosa avevo
in testa mentre scrivevo!).
Machi rise di gusto.
–Ci credo! È arrivato a
odiarli dopo le torture di Kaede!-
Phinks sgranò gli occhi.
–Feitan... Torturato?!
No, non ci credo!-
Scoppiò a
ridere anche lui.
Tornarono seri, e lei riprese a raccontare.
-Feitan, vieni a
mangiare, dai.- lo chiamò Franklin.
Erano diversi giorni che il ragazzo si era
isolato, soprattutto dopo la morte di Pakunoda. La cosa che
più lo aveva scosso
era il fatto che fosse stato un sopravvissuto dei Kuruta ad ucciderla e
a
sottoporre Kuroro ad un vincolo.
Odiava quegli occhi scarlatti, odiava quel
popolo.
Nemmeno entrare in Greed Island aveva migliorato di molto il suo
umore.
Uccidere non gli causava più il piacere che provava
prima.
–Feitan? Sei vivo?
Mi ascolti?-
La voce del gigante lo riscosse dai suoi pensieri.
Sollevò un poco
la testa e guardò scocciato il compagno.
–Lasciami in pace.- ordinò
deciso.
L’altro lo fissò ancora per un altro istante, poi
si voltò sconsolato e
se ne andò.
–Niente da fare, è proprio depresso.- disse agli
altri, sollevando
le manone come per giustificare l’insuccesso.
–Ma che ha?- chiese Shizuko
allibita.
Di solito il ragazzo era il membro più impenetrabile ed
indifferente
della Genei, che non dava mai mostra delle emozioni che provava.
Eppure,
guardandolo in quel momento...
Machi lanciò uno sguardo all’altra ragazza, con
palese tristezza negli occhi.
–Nostalgia di casa- disse semplicemente –Fei
vuole tornare a casa-
Gli altri la guardarono interrogativi, ma non fecero
domande.
Però quello che aveva detto corrispondeva alla
verità: Feitan voleva
tornare alla Città delle Stelle Cadenti, e presto o tardi ci
sarebbe tornato. Doveva... Andare da lei.
Il ragazzo moro era seduto tra i rami di un
albero,
pensieroso, il vento leggero che gli scompigliava i capelli.
D’un tratto uno
stridio acuto lo distolse dai propri pensieri.
Alzò gli occhi al cielo che si
faceva via via sempre più scuro, sapendo già cosa
avrebbero visto i suoi occhi.
Un falco pellegrino calava verso di lui descrivendo cerchi sempre
più stretti
sopra la sua testa. Quando lo raggiunse si appollaiò sul
braccio che il giovane
gli tendeva.
–Ehi- disse Feitan accennando un sorriso –Che
messaggio mi porti?-
Il rapace indicò col becco il proprio collo, a cui era
legato un nastro rosso
avvolto attorno ad un foglietto arrotolato.
Il ragazzo lo sfilò e lo svolse,
leggendolo assorto: “Segui il falco, per favore.
Kaede”
Corrugò le
sopracciglia, poi fece spallucce e balzò in piedi.
L’uccello si rialzò in volo
e lo guidò fuori dal bosco, in aperta campagna.
Il ragazzo era impaziente di
sapere il motivo di quella chiamata.
Dopo che si erano baciati, sei giorni
prima, tra loro era sceso una sorta di silenzio imbarazzato, e non
erano più
minimamente tornati su quell’argomento.
D’un tratto il rapace aumentò la
velocità e planò verso un punto
indefinito.
Una figura agile e slanciata
comparve sulla linea dell’orizzonte.
Kaede lo raggiunse correndo e accarezzò le
piume del falco, sorridendo.
Quello scomparve in una nuvola di luce dorata.
Lei
gli afferrò la mano e prese a trascinarlo tutta allegra.
Feitan guardò prima
lei e poi le loro mani unite, perplesso.
La ragazza notò quell’occhiata e gli
rivolse un sorriso a trentadue denti.
–Ti porto in un bel posto- disse solo.
Dopo una decina di minuti arrivarono in un prato immenso, sconfinato,
verdissimo e profumato di fiori.
La giovane si sedette e lo tirò a terra,
strattonandolo.
–Volevo farti vedere il tramonto da qui. È bello,
vero?- spiegò
fissando il cielo che si era tinto di rosso e arancio.
Davanti a loro una
catena montuosa svettava imponente, mentre alle sue pendici un lago
turchese ne
rifletteva i colori.
–Sì...- ammise lui.
Ma non guardava l’orizzonte, bensì la
compagna che gli stava affianco.
Gli occhi zaffiro brillavano emozionati. Ci
voleva davvero poco per farla felice: bastava un bel tramonto o
un’alba
suggestiva.
–Fei? Ti sei incantato? Cosa stai guardando?-
La sua voce lo
riscosse all’improvviso, facendogli distogliere bruscamente
lo sguardo,
arrossendo imbarazzato.
–A cosa
pensi?- le chiese dopo un po’.
Kaede gli
sorrise.
–Penso
che è bello qui, con te...- mormorò
diventando rossa.
Feitan le
abbracciò la vita con dolcezza.
–Io penso lo stesso- sussurrò facendola cadere
all’indietro, sull’erba soffice.
–Ehi!- protestò sollevando il capo –Ma
che
fai?-
Il ragazzo sorrise pericolosamente.
–Sai, mi piacerebbe ripetere
l’esperienza di quasi una settimana fa’, se sei
d’accordo...- rispose
malizioso.
Non ricevette alcuna replica, quindi si chinò su di lei e le
baciò
le labbra. Quando si distanziò la ragazza gli
portò le mani dietro alla nuca,
intrecciandole ai suoi capelli corvini, e di nuovo avvicinò
i loro visi. Si
guardarono negli occhi, oro nello zaffiro, poi entrambi li chiusero e
si
scambiarono un altro bacio pieno di affetto. Feitan le
accarezzò i fianchi e le
braccia, mosso dalla passione, senza neppure ragionare. Un istante dopo
si
ritrovò steso schiena a terra, la lama argentea di lei
puntata alla gola.
–Non
prenderti troppe libertà- lo ammonì
dura.
Il ladro la fissò sbalordito per
qualche istante, poi scoppiò a ridere.
Continuò per diversi minuti, e per tutto
il tempo Kaede lo guardò in modo strano.
–Perché mi guardi così?- chiese con le
lacrime agli occhi, il viso contratto in un sorriso.
–Perché l’ultima volta che
hai riso di gusto come ora è stato... Non so, quattro anni
fa’?- rispose
ironica.
Sorrise e ripose l’arma nel suo fodero.
–Mi è mancata tanto questa
risata. Sei
sempre cupo e freddo...- mormorò.
Lui la fece stendere al suo fianco.
–Che vuoi farci? Sono
fatto così.- replicò
ghignando.
–Già. Un
essere freddo, spietato e senza
emozioni.- rise la ragazza.
Feitan
sbuffò.
–Non
ancora. Lo diventerei se perdessi la cosa più importante che
ho.-
A quelle parole lei si zittì.
–E...
quale sarebbe la cosa più importante che hai?-
domandò perplessa dolo un istante.
Il ragazzo si portò sopra di lei, baciandole
il collo e il volto.
–Tu...-
sussurrò pianissimo, sfiorandole l’orecchio
con le labbra.
Kaede sorrise timidamente, felice.
Ed eccomi
tornata! No, non ero morta, per vostra sfortuna... Be', mi
spiace!
Allora... Per iniziare... Questo è il capitolo
più "sclerotico" (?) che mi è mai capitato di
scrivere (o forse no...).
In ogni caso, potreste lasciare un commentino per dirmi che ne pensate,
per favore?
Avrete notato che ci sono delle frasi in grigio... Ecco, quelle sono le
frasi più dolci... E più importanti.
A presto,
Keyla
|
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Capitolo 10 *** 9. Così ti ho conosciuta ***
Capitolo 9.
Così ti ho conosciuta.
“Uccidere è
il coraggio di un momento. Vivere è il coraggio di
sempre.”
“Se non hai
ragione per vivere non trovarne una per morire”
-Fei è molto cambiato...-
constatò Phinks pensieroso.
–Già-
confermò la ragazza –E devo dire in peggio. Ora
è molto pi serio, rigido,
freddo... Prima era più
“umano”.-
Lui fece spallucce, continuando a pensare in
silenzio.
–Sai...- disse infine –Forse se non si fosse
innamorato non avrebbe
sofferto...- mormorò.
Machi fece un cenno affermativo con il capo.
–Certamente
non avrebbe sofferto- gli diede ragione. –Ma sai,
“al cuor non si comanda”-
sospirò.
Nessuno di loro avrebbe potuto prevedere che un tipo come Feitan
avrebbe potuto provare un sentimento come l’amore. Sembrava
troppo distante,
troppo puro, troppo “caldo”, perché il
ragazzo potesse accostarcisi. Eppure era
successo. Solo il Destino conosce il disegno personale di ognuno, e
quello che
aveva riservato ai due ragazzi non era certo pieno di fiorellini
colorati e
note allegre, anzi.
–E poi?- la esortò il castano, impaziente come al
solito.
–Poi... Poi niente. Quei due si vollero sempre più
bene, fino a che non ce ne
accorgemmo anche noi. Fu una vera sorpresa, quasi uno shock...- rise
lei.
Anche
Phinks si lasciò scappare un sorriso.
–Allora...- continuò Machi, assorta nei
ricordi.
Feitan era seduto al
bancone di uno squallido locale dei bassifondi di York Shin
City.
Davanti a lui
c’era un bicchiere di un qualcosa che aveva ordinato a
caso.
Non aveva molta
voglia di bere, ma si costrinse a buttare giù un paio di
sorsi d’alcol.
Ai
tavoli erano seduti perlopiù mafiosi di vari clan e qualche
criminale cittadino.
Nessuno del suo livello, quindi.
“Se ci fossi tu...” pensò intristendosi
“Riusciresti ad attaccar briga con tutti. E dopo toccherebbe
a me tirarti fuori
dai guai o salvarti la pelle. Di nuovo. Perché non cambierai
mai...”
Buttò giù
un altro sorso e sospirò, sfiorando la catenina che portava
al collo,
sentendola in rilievo sotto l’abito.
Abbassò il bavero e tirò fuori il
ciondolo, accarezzandolo con le dita.
Era una croce romana, decorata con
intarsi argentati e avvolta da un rampicante che si stringeva attorno a
tutti e
quattro i bracci (Perdonatemi
ma questa volta non
ho l’immagine... Lascio tutto nelle mani della vostra
fantasia!).
“La
prima volta che ti ho incontrata litigavi con dei ragazzi il doppio
più grossi
di te per riavere indietro questa collana. Eri una sconsiderata, e lo
sei
rimasta.” ricordò.
Le sue labbra sottili si piegarono in un sorriso amaro, e i
suoi occhi dorati si socchiusero.
“Ti verrò a trovare, prima o poi.”
I due ragazzi rimasero in quel prato tutta la
notte, e
l’alba li trovò ancora distesi tra
l’erba.
Feitan ascoltò il respiro della
ragazza addormentata, ed intanto gli tornavano in mente tanti pensieri,
tanti
ricordi.
Kaede si girò e gli afferrò il braccio destro,
tirandolo a sé e
utilizzandolo come cuscino.
Lui trattenne a stento una risata e scostò una
ciocca mora da davanti al suo viso. La giovane aprì
gli occhi, fissandolo
assonnata ma vigile.
–Scusa, non volevo svegliarti- si affrettò a dire
il
ladro, imbarazzato.
Lei si tirò a sedere e si stiracchiò, rendendosi
buffissima
e, semplicemente, tenera.
Gli sorrise.
–Hai l’erba tra i capelli...- rise
togliendogliela.
Il ragazzo scrollò la testa, scompigliandosi la corta
zazzera
nera.
–Ehi, sei buffo!- lo prese in giro allegramente.
Infine tornò seria.
–Chiudi un attimo gli occhi...- mormorò.
Feitan la scrutò interrogativo, ma
subito dopo obbedì.
Kaede si portò le mani dietro al collo e slacciò
la
catenina che portava, per poi metterla a lui.
Il ladro guardò incredulo il
ciondolo.
–Ma... Questa è tua...-
obiettò.
–Te la regalo. Voglio che la tenga
tu.- fece scrollando le spalle –Mi fa tornare in mente la
prima volta che ti ho
incontrato. Avevamo sedici anni, ricordi? Caspita, sono già
quattro anni...-
Lui annuì distrattamente, felice che avesse voluto donargli
un oggetto che la
ragazza riteneva tanto importante. In fondo, una volta aveva
quasi rischiato la
vita per riprendersela!
–Sei sempre stata una tipa fuori di testa...- la
stuzzicò.
–Ha parlato quello che all’epoca possedeva
già la fama di spietato
assassino!- replicò lei sorridendo provocante.
–Ci stavo lavorando- ghignò lui.
Poi le afferrò un braccio.
–E comunque tu
non hai mai avuto paura di me. Né la prima volta
né
mai.- continuò serio.
Kaede si lasciò sfuggire un piccolo sorriso.
Un giovane ragazzo si aggirava tra i mucchi di
spazzatura e
le macerie, guardandosi attentamente intorno.
La gente che incontrava gli
cedeva il passo, scansandosi in tutta fretta: avevano paura di
lui.
Arrivato ad
un edificio mezzo distrutto si sedette su una cassa.
“Sono davvero in anticipo,
oggi” pensò sorridendo soddisfatto. Almeno Ubo non
avrebbe avuto di che
lamentarsi.
Dopo un paio di minuti sentì delle voci provenire da poco
lontano,
alla sua destra.
Incuriosito si alzò e andò a vedere di cosa si
trattasse.
Vide
tre ragazzoni che stavano attorno ad una giovane dai capelli scuri e
gli occhi
color zaffiro.
–E dai, dolcezza, divertiamoci assieme...- proponevano
maliziosi.
Lei cercava di levarseli dai piedi, ma senza risultati.
–Lasciatemi
in pace, brutti maiali!- esclamò ad un certo punto, seccata,
voltandosi e
facendo per andarsene.
Uno dei tre allungò la mano ed incastrò le dita
nella
catenina che la ragazza portava al collo, strappandola.
Subito si voltò, gli
occhi che emettevano lampi infuocati.
–Ridammi. Quel. Ciondolo.- ringhiò
scandendo bene ogni singola parola, cercando di trattenere la
rabbia.
Feitan
osservava la scena senza muoversi, aspettando l’epilogo che
di certo sarebbe
arrivato di lì a breve.
Infatti quello ghignò e le sferrò un pugno al
volto,
facendola finire a terra. La giovane si sollevò sui gomiti e
tornò in piedi
senza fatica. Aveva il labbro inferiore spaccato, ma un sorriso
pericoloso le
deformava il bel volto.
–Spero ti troverai bene all’Inferno-
mormorò con la
voce satura di emozioni negative.
Poi sguainò la spada che portava al fianco e
si gettò avanti, trafiggendo l’antagonista
all’altezza del cuore con un solo,
fluido movimento del polso. Sfilò la lama dal cadavere, che
cadde a terra con
un tonfo sordo. Gli altri due indietreggiarono, spiazzati da tanta
aggressività
in una creatura all’apparenza tanto innocua e debole. Lei
alzò di scatto il
capo, guardandoli truce fino a che quelli non scapparono a gambe
levate.
Si
rilassò, ma parò prontamente il fendente che
Feitan le aveva sferrato di
sorpresa.
Balzò indietro, alzando l’arma e mettendosi in
posizione di difesa.
“Ha buoni riflessi” pensò il
ragazzo.
Ma non attaccò un’altra volta, rimase
perfettamente immobile fino a quando lei parlò: -Che diavolo
vuoi tu?!- sibilò
la mora.
Non ricevette risposta, ma solo un’altra serie di attacchi
violenti e
precisi. Li parò tutti e contrattaccò
abilmente.
–Hai un bel fegato per
parlarmi così- le disse dopo qualche minuto.
–E perché? Anche se sei un
assassino non vuol dire che io debba per forza avere paura di te. So
cavarmela.- replicò freddamente.
Lui la guardò per un attimo, poi scoppiò a
ridere.
–Sei divertente!- disse tra una risata e l’altra
–Per questa risposta
tanto audace ti lascerò vivere ancora un
po’.-
La giovane fece una smorfia
contrariata.
–Non ho bisogno della tua magnanimità per restare
in vita. Ti ho
già detto che me la cavo benissimo da sola, Feitan.- fece
stizzita.
–Ah,
conosci il mio nome- constatò il ragazzo.
–Tutti ti conoscono. E non in
positivo.- ribatté acidamente.
Subito il ladro le arrivò addosso e la disarmò
con un gesto secco, puntandole la lama alla gola.
Ma lei capì che non era sua
intenzione ucciderla, e non si mosse.
–Adesso voglio sapere il tuo- sibilò
l’altro.
Più che una richiesta pareva un ordine.
–Kaede. Vuol dire “acero”, se
non sei forte col Giapponese.- ringhiò sarcastica.
Lui ghignò divertito,
abbassando di poco la punta.
–Ehi Fei, sei in ritardo!- lo chiamò Kuroro da
poco lontano.
–Arrivo!- gridò.
Poi le rivolse l’ennesimo sguardo interessato e
si allontanò.
–Che facevi?- chiese il Capo quando lo raggiunse.
–Nuove
conoscenze- rispose con un sorriso strano.
Ebbene,
questa volta non vi ho fatto aspettare tantissimo, no? Siete
contenti???
Ahahah!!! Come vi pare? Romantico il loro incontro, vero? Ahahah!!!
Per l'immagine devo ringraziare immensamente Amulet, che me l'ha
"passata": grazie sorellona!!! ^_^
A presto, e non vi dimenticate di lasciare un commentino!
Keyla
|
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Capitolo 11 *** 10. Non sarai mai sola ***
Capitolo 10.
Non sarai mai sola
Stringimi a
te, per favore.
Abbracciami più forte, in modo che non possa sentire la
solitudine che mi opprime.
Stringimi, in modo che possa placare il tuo animo
tormentato.
In modo che il nostro amore viva...
La paura
della solitudine è la più terribile delle
paure.
Soprattutto quando è il tuo
incubo ricorrente.
La solitudine è quando ti senti solo anche stando in mezzo a
decine di persone.
E solo una persona può placarla...
Machi
continuava a
raccontare, e Phinks ascoltava sempre più stupito.
Spesso al ragazza
gesticolava, o si riallacciava a episodi precedenti o antecedenti,
tutto per
fargli capire meglio.
-Sai,
noi abbiamo avuto il piacere di conoscerla solo parecchi mesi dopo.
Feitan è
arrivato un giorno trascinandosela dietro, tenendola per un polso. L'ha
portata
davanti a Kuroro ed ha detto "Ti voglio far conoscere una persona
speciale". Si è presentata, un po' in imbarazzo, e ci ha
mostrato la sua
abilità. Il Capo non ha avuto nulla da ridire quando si
è unita al nostro
gruppo, anzi, era entusiasta. Noi anche non potevamo che gioirne, e sin
da
subito Kaede è riuscita ad integrarsi nel gruppo.-
raccontò.
L'uomo annuì assorto.
-Però... Anche io sono vissuto lì, ma mentre un
po' a voi vi conoscevo, di lei
non ho nemmeno mai sentito pronunciare il nome...- ragionò.
La ragazza sorrise.
-Oh, questo è perché lei era estremamente
solitaria, con le persone che non
conosceva. Infatti l'incontro con Feitan è stato puramente
casuale...- spiegò.
-Ma... la collana?- chiese allora.
-Quella... Be', penso che ora l'abbia
Feitan. Era uno dei suoi due tesori...-
L'altro inarcò un sopracciglio.
-Due?-
fece confuso.
-La spada- gli ricordò sorridendo -Anche a quella teneva
immensamente-
Uno
squillo insistente risuonò nel vicolo.
Una
mano pallida afferrò il telefono e premette seccata il
tastino per accettare la
chiamata.
-Ehi
Fei!- esclamò una voce dall'altra parte della cornetta.
-Che
c'è?- rispose spiccio lui, irritato.
-Senti,
pare che laggiù a "casa"
ci siano problemi. Vieni a divertirti?- propose Phinks.
-Non
so. Chi viene?-
chiese incuriosito.
-Be'...-
iniziò l'amico -Io, Shizuko, Bono, Shal e quello
nuovo. Sei dei nostri?-
Prese
un istante per pensarci. Si poteva anche fare,
dai. Sarebbe stato un buon modo per tenersi in forma e passare il
tempo.
-Ok.
Ci vengo. Dove ci vediamo?-
Immaginò
il castano esultare. Memorizzò il luogo
d'incontro e chiuse la telefonata. Sospirò e
tornò ad appoggiarsi al muro.
-Be',
forse è la volta buona per decidermi...- mormorò.
"Tornare
a casa mi
farà sicuramente bene. E poi, a dir la verità, ti
avevo promesso che sarei
passato a farti visita, no?" pensò.
Si
lasciò sfuggire un sorriso amaro e
tornò eretto, poi si incamminò per la via
principale.
"Ehi,
testona, spero
solo che tu mi stia ancora aspettando..." sospirò.
Doveva
essere paziente:
nel giro di qualche giorno sarebbe tornato nella Città delle
Stelle Cadenti, e
subito dopo aver eseguito il lavoro sarebbe stato libero di fare quello
che
voleva da tempo.
Ma
si sa, la pazienza non era il suo forte...
Feitan
osservava la giovane dormire accanto
a lui.
Era l'ultimo giorno prima di partire per una nuova meta. Un nuovo
tesoro
doveva essere rubato, e lui non vedeva l'ora.
D'un tratto si accorse che
qualcosa non andava: l'erba su cui la ragazza era distesa stava
ingiallendo a
vista d'occhio, e i fiorellini si piegavano sui loro esili steli,
raggrinzendosi e appassendo.
"Oh, no..." pensò iniziando a scuoterla.
Kaede si agitava, muovendosi nel sonno, ed il suo viso era contratto.
Finalmente riuscì a svegliarla. Lei sgranò gli
occhi di colpo e scattò a
sedere, avvinghiandosi al collo del ladro.
-Era solo un incubo, tranquilla- la
rassicurò lui accarezzandole i capelli.
Succedeva sempre così, quando faceva
brutti sogni: la natura attorno a lei invecchiava e moriva, tanto
velocemente
quanto era grande l'angoscia che provava.
-Cos'era, questa volta?- le chiese
distanziandosi un poco.
-Sempre lo stesso: sono sola in mezzo all'oscurità...-
rispose tenendo gli occhi fissi a terra.
-Tu non sarai mai sola- la rassicurò
abbracciandola.
Quando si staccarono si stesero nuovamente sul prato.
-Feitan...-
lo chiamò insicura.
Il ragazzo si sollevò sui gomiti.
-Sì?- fece.
-Tu hai mai
paura?-
“Che domanda strana!”
-Perché me lo chiedi?- domandò a sua volta.
-Sei
sempre così freddo, così vuoto...-
mormorò Kaede vaga.
-Lo sono perché sono un
ladro.- replicò lui indifferente.
-Ma allora... Qual è il vero Feitan?- chiese
confusa, guardandolo con quei grandi occhi color zaffiro,
così belli e puri.
-Lo dovrai scoprire da sola...- rispose enigmatico.
Kaede gli fece la
linguaccia.
-Cattivo! Almeno rispondi alla prima domanda!- protestò.
-Tutti hanno
paura- sospirò il ragazzo.
Lei gli rivolse uno sguardo strano.
-Quindi anche
tu?- insistette, testarda.
-Dipende se mi consideri nel "tutti"-
Kaede ci stette un attimo a pensare, poi scosse la testa.
-No. Tu sei un caso a
parte- decise infine.
-Sono diverso?- chiese lui divertito.
Scosse di nuovo la
testa.
-Non sei diverso, sei speciale.- replicò pacata.
Lui rimase in silenzio,
riflettendo su quelle parole.
-Ancora non mi hai risposto...- gli ricordò.
-Sì.-
-Cosa?- fece, colta alla sprovvista.
-A volte ho paura anch'io.- ammise
il ragazzo senza guardarla.
-...Quando?-
Ma lui non rispose.
Era sicura che non
avrebbe più parlato, quindi si ridistese.
-Ho sempre paura, quando rischio di
perderti.-
Balzò seduta, ma lui le dava le spalle.
-Quando? Come?- farfugliò
confusa.
Ci fu un'altra pausa.
-Feitan?- lo chiamò.
Finalmente si decise a
risponderle: -Tu non te ne accorgi, ma io sono geloso.-
dichiarò.
-Ma di chi?-
A quel punto il ragazzo si girò a guardarla.
-Di te! Quando ti vedo con
un'altro, accanto ad un altro... Quando sorridi a qualcuno che non sia
io...-
elencò serio.
Vedendo la sua espressione stupita sorrise divertito.
-Che c'è?
Ti ho spiazzata?- scherzò.
Kaede sbatté le palpebre un paio di volte e gli si
avvicinò, prendendogli la mano.
-Lo sai che sei tu che amo. Nessun altro può
avere il tuo posto nel mio cuore.-
Si chinò in avanti e lo baciò sulle labbra.
Feitan le mise una mano dietro la nuca, intrecciando le dita ai suoi
lunghi
capelli scuri, rispondendo con dolcezza al bacio.
-Ti amo- sussurrò lei,
guardandolo negli occhi.
Non le rispose, anzi distolse lo sguardo.
Negli occhi della ragazza passò un'ombra di tristezza.
Ehilà,
come state? So già che non mi perdonerete mai per questo
ritardo imperdonabile, quindi non vi chiederò di farlo...
Vi chiedo solo di
dirmi cosa ne pensate di questo nuovo capitolo...
Be', a presto
('sta volta per davvero!)
Keyla
|
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Capitolo 12 *** 11. Litigi e regali ***
Capitolo
11.
Litigi e regali
“Datemi
un sogno in cui vivere perché la realtà
mi sta uccidendo”
-Ehi
Machi, prima mi hai detto che questa Kaede
aveva due tesori: il ciondolo e la spada. Ma perché proprio
questi due oggetti?-
chiese Phinks interrogativo.
La ragazza si prese un istante di silenzio per
ragionare sulla risposta.
-Allora... Per quanto riguarda il ciondolo... Una
volta mi ha raccontato che era l'unico ricordo che possedeva dei suoi
veri
genitori. Anche se l'avevano abbandonata non li odiava, anzi teneva
quella
croce in ricordo di loro. Diceva "per non commettere gli stessi
errori".-
Il giovane era rimasto totalmente perplesso sentendo quella
risposta così assurda. Poi sospirò, fece
spallucce e continuò con le domande.
-Ok... Mamma mia quanto era strana questa qui... E la spada?
Perché era così
preziosa?- chiese nuovamente.
Machi sorrise intenerita, ma allo stesso tempo
triste.
-Quella... Per un motivo molto semplice: è un regalo.-
spiegò.
L'altro
inarcò un sopracciglio. -Un regalo?-
ripeté.
Lei annuì. -Sì. Un regalo... da
parte di Feitan. Le ha regalato quella spada dopo che la sua venne
spezzata
durante un combattimento, nella Città delle Stelle Cadenti.
L'aveva trovata lui
non so esattamente dove, ma di sicuro l’aveva presa quando
era andato fuari
dalla Città, e gliela offrì. È stato
un gesto molto gentile da parte sua.-
Il
viaggio era lungo e noioso, dovevano attraversare tutto il deserto fino
alla
Città delle Stelle Cadenti, e non era certo un tragitto
breve.
I ragni un po'
chiacchieravano tra loro, un po' pensavano ognuno per conto
suo.
Feitan
camminava tranquillo, a ritmo regolare ma per lui fin troppo
lento.
Non vedeva
l'ora di arrivare, proprio non riusciva ad aspettare altro tempo. Aveva
rimandato il momento della rimpatriata troppe volte, ed ora era giunto
il
momento di prendere coraggio e decidersi.
"Ehi, sei ancora lì testona?
Spero per te di sì. Tanto, dove potresti andare?"
pensò sorridendo tra sé
e sé.
-Ehi, Fei, il caldo ti ha dato alla testa? Perché sorridi
così, senza
motivo?- scherzò Phinks.
Evitò di rispondergli, anche perché l'avrebbe
insultato pesantemente.
Si limitò a sbuffare e a superarlo.
"Il motivo
c'è, stupido, solo che tu non puoi capirlo."
Alla fine arrivarono alla
Città, e già dall'ingresso la gente li lasciava
passare quasi con ammirazione.
-Bentornati- li salutò un tipo coperto da capo a piedi e con
la maschera
anti-gas.
Erano tutti vestiti così, in quel luogo, solo loro facevano
eccezione. Tutti frugavano tra i rifiuti in cerca di qualcosa di
interessante.
"Non so perché, ma mi è tornato in mente quando
ti regalai quella spada...
Il tuo sorriso... Eri davvero buffa, sai? Quanto sono stupido... Sono
proprio
un idiota."
-Ehi
ragazzi! Quanto che non ci si vede?
Mezz'anno come minimo! Non siete cambiati per niente!-
esclamò Nobunaga appena
vide arrivare i due ragazzi.
-Troppe parole. Non ti ricordavo così rompiscatole.-
lo riprese Feitan.
-Invece tu sei rimasto identico...- sospirò il samurai,
mentre gli altri ridevano di gusto.
-Brava Kaede: i messaggi sono arrivati
puntuali e precisi come al solito.- si complimentò Kuroro
sorridendo.
Ubo
scoppiò in una grande risata. -A proposito... Questa
è mica tua?- chiese
indicando l'aquila che aveva appollaiata sulla spalla.
La ragazza sobbalzò.
-Cavolo! Come mai non si è dissolta?- disse sorpresa,
facendola scomparire
subito.
-Non preoccuparti: mi ha fatto compagnia durante il viaggio.- rise
l'altro.
-Ehi... Ora che ti guardo meglio, ti sei per caso tagliato i capelli?
Ora sono lisci e... argentati!-
L'uomo annuì. -Già. L'afro è passato
di moda,
ormai.- scherzò.
-Ok. Ma adesso passiamo alle cose serie- propose Paku.
-Bene.
Il nostro obiettivo questa volta è molto, molto
particolare...- iniziò il capo.
-Di cosa si tratta?- domandò Franklin incuriosito.
-Occhi scarlatti. Ne avete
mai sentito parlare?-
Tutti scossero la testa negativamente.
-C'è una tribù
chiamata Kuruta, i cui membri solitamente hanno gli occhi o azzurri o
castani.
Ma quando provano emozioni forti le loro iridi si tingono di rosso,
assumendo
una tonalità tra le più belle al mondo. Valgono
tantissimo, sul mercato nero.-
spiegò.
-In pratica dobbiamo farli arrabbiare o cose così, poi
ucciderli e
strappargli i bulbi oculari, ho ragione?- intuì
Feitan.
-Mamma mia! Per come
l'hai detto tu sembra facile!- lo prese allegramente in giro
Kaede.
-Il
rapporto tra quei due si sarà pure evoluto, ma i loro litigi
rimangono
comunque!- sussurrò complice Machi all'orecchio dell'altra
ragazza, che
ridacchiò.
-Ah. Ah. Ah. Quanto sei divertente!- rispose lui, indignato.
-Ghiacciolo-
-Scema-
-Stupido nano killer!-
-Pazza lunatica!-
Continuarono a
bisticciare per un pezzo, ma come al solito vinse lei.
-È sempre così...-
sospirarono gli altri, ormai rassegnati a quei due e ai loro modi di
fare.
-Ah...
Uffa!- si lamentò Kaede gettando a terra
dei frammenti di metallo.
Feitan la guardò sconsolato e sospirò. -Mi
spieghi
come hai fatto a spezzarla? Era una lama robusta!- fece
interrogativo.
-Colpa
tua: per parare un colpo che ti avrebbe fatto parecchio male, sai!
Dovresti
ringraziarmi che ti salvo la pelle tutte le volte!-
Il volto di lui si
contrasse in una smorfia.
-TU salvi la pelle a ME?! Sarà mica il contrario?! E
poli sei stata tu ad attaccar briga con quelli!- si alterò,
accennando ai
cadaveri a terra.
Per tutta risposta lei gli fece la linguaccia.
-Non mi pare
di averti mai chiesto di aiutarmi!- continuò
arrabbiato.
-No. Infatti non l'hai
fatto. Sei troppo stupido e orgoglioso per farlo!- lo
sfotté.
-Sì sì. Tanto
devi aver ragione per forza tu. Muoviti, dai, che dobbiamo raggiungere
gli
altri.- la riprese avviandosi verso il Covo.
-Che palle! Adesso come ti sfido?-
Feitan si voltò scocciato.
-E materializza una spada! Come faccio io, no?-
propose con tono ovvio.
-Ma lo sai! Sono brava a creare cose vive, non
oggetti!- replicò lei raggiungendolo.
-Sei una tale seccatura... Tieni, va.- le
disse lanciandole qualcosa.
Kaede l’afferrò al volo, si fermò e
sguainò l'arma
con un movimento elegante.
-Che bella!- esclamò ammirata, rimirando la lama
lucida e argentea. -Dove l'hai trovata?-
Il ragazzo fece spallucce. -L’ho
rubata l’ultima volta che sono andato fuori dalla
Città. Tienila, a me non
serve.-
Era il suo modo di dire "Te la regalo".
Lei gli saltò al
collo, abbracciandolo contenta.
-Staccati! Ma che diavolo fai?!- gridò l'altro
tentando di liberarsi.
Kaede si distanziò subito, imbarazzata.
Guardò
nuovamente la sua nuova spada, soffermandosi soprattutto sul topazio
giallo incastonato
sul pomo.
Spostò lo sguardo sul volto del compagno.
-Che c'è?- chiese lui,
lievemente irritato.
-È lo stesso colore dei tuoi occhi- rispose semplicemente,
mostrandogli quel sorriso che era solo per lui.
Ok,
finalmente ce l'ho fatta! Come state? Vi godete l'estate?
Io... Domani
mattina partirò per il campo scout, quindi non
aggiurnerò prima di allora. Mi spiace...
Spero che questo
obrobrio di capitolo vi piaccia anche solo un minimo...
Keyla
|
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Capitolo 13 *** 12. Rabbia e combattimenti ***
Capitolo
12.
Rabbia
e combattimenti
“Ciò
che non ti uccide ti rende solamente più forte...”
La
ragazza si sedette al bancone e ordinò un boccale di birra
fresca.
Il barista
la squadrò da capo a piedi, partendo dai lunghi capelli
scuri un po’ arruffati
e terminando con i jeans blu e gli stivali di pelle nera. Poi il suo
sguardo
cadde sulla spada che la giovane portava assicurata alla cintura e si
affrettò
a servirle quello che aveva richiesto.
Kaede bevve una lunga sorsata dal
boccale e sospirò.
“Uffa, ma dov’è finito?” si
chiese seccata “È un’eternità
che lo aspetto”
Per puro caso “captò” una conversazione
tra due ragazze sedute
a un tavolino lì affianco.
-Allora, come va con questo ragazzo?- stava
chiedendo una delle due all’altra.
-Be’... bene, credo- rispose la seconda un
po’ imbarazzata.
-Come “bene, credo”? Che significa?- fece la prima
perplessa.
-Ecco... non sono certa che la cosa funzioni tra noi- ammise
l’altra.
-Ma ti ha baciata?- insistette l’amica.
-Sì!
Un sacco di volte... e pare anche tenerci, a questo rapporto...
ma...-
Kaede
aguzzò le orecchie. In fondo, la situazione di quella
ragazza non pareva troppo
diversa dalla sua.
-...Ma...?- la incoraggiò l’amica, curiosa di
sapere cosa
non andasse in quel rapporto che lei riteneva perfetto.
-Ma... Insomma, non mi ha
mai detto in faccia che gli piaccio, che mi ama... nemmeno che mi vuole
bene-
concluse la giovane abbassando gli occhi.
-Ma dai! Per così poco? Non dar peso
a certe sottigliezze!- esclamò l’altra -Insomma,
ero arrivata a pensare che
fosse qualcosa di veramente
importante!-
La seconda fece per dire qualcosa, per replicare, ma alla fine
tacque. Dopo pochi minuti le due si alzarono e se ne andarono.
Appena uscirono
entrò qualcun altro. E quel qualcuno si sedette al bancone
accanto alla
ragazza, che nel frattempo stava finendo la sua birra.
-Sei in ritardo- disse
Kaede non appena staccò le labbra dal boccale.
-Ma senti un po’ chi parla!-
scherzò Feitan accennando un sorriso.
Ma lei non aveva nessuna voglia di
scherzare.
Si alzò, gettandogli appena un’occhiata e
dirigendosi verso
l’uscita.
-Ti vuoi muovere?- lo riprese irritata, dato che era rimasto seduto
con la bocca spalancata dallo stupore.
Senza aggiungere altro uscì.
Il cielo
era coperto da dense nubi nere e temporalesche.
-Ehi! Kaede! Ma che hai?- gridò
il ragazzo correndole dietro.
Lei non gli rispose e non lo guardò.
-Sei
arrabbiata? Con me? Ma perché? Che ho fatto?-
continuò il poverino, che non ci
capiva nulla.
-Non cosa hai fatto, ma
cosa non hai fatto!-
replicò lei
continuando a camminare decisa senza voltarsi.
-Ehi! Ehi Kaede! Ma ti fermi un
attimo?- fece lui afferrandola per un polso.
Un fulmine squarciò l’aria.
Il
ragazzo gettò un’occhiata preoccupata al
cielo.
La giovane strappò via la mano
dalla sua presa e lo guardò negli occhi, irata.
-Stai zitto- sibilò -Non puoi
far altro che stare zitto-
Feitan spalancò di nuovo la bocca, ma non fece in
tempo ad aggiungere altro che lei fece comparire un falco pellegrino,
lo stesso
rapace che di solito usava per recapitargli i messaggi, e glielo
aizzò contro.
Poi tornò a camminare, ignorando il grido di dolore del
ragazzo.
Lui la seguì,
riparandosi la testa dalle beccate offrendo le braccia.
-Dannato uccello!-
esclamò.
-Aspetta Kaede! Ma che ho fatto?! Ahia! Vuoi far star fermo questo
dannato pennuto? Fa male!- protestò, venendo però
ignorato alla grande.
Camminarono
per qualche minuto, fino a raggiungere il punto concordato con gli
altri. I
ragni osservarono perplessi la scena, non sapendo se ridere o
meno.
Ma capirono
che era meglio evitare le risate.
Alla fine Kuroro decise di prendere in mano
le redini della situazione.
Si chiarì la gola per attirare l’attenzione e
disse: -Bene, ora mettiamo da parte le ostilità. Abbiamo una
missione da
portare a termine. Attaccheremo i Kuruta tra tre ore precise, quindi
state
concentrati.-
Gli altri si guardarono.
-La missione inizia ora.- affermò il
Capo.
Il
ragazzo era così
concentrato nel combattimento che non si accorse
dell’avversario che gli si
avvicinava furtivo, sperando di coglierlo di sorpresa.
Quest’ultimo fu però
raggiunto da una lama sottile e argentea che gli trapassò il
petto.
-Ehi Feitan!
Non distrarti a quel modo!- esclamò Kaede mettendosi schiena
contro schiena con
lui. -Se non ci fossi io a guardarti le spalle...-
Feitan si lasciò scappare un
sorriso: a quanto pareva l’enfasi della battaglia aveva
cancellato la rabbia -
tra l’altro ingiustificata, dato che lui non aveva fatto
nulla - della ragazza.
-Ma io mi distraggo proprio perché ci sei tu che mi guardi
le spalle!- replicò
sorridendo.
-Io non ci sarò per sempre...- disse lei in tono cupo,
parando il
colpo di un nemico.
Combatterono per qualche altro minuto in silenzio, e quando
ebbero concluso si guardarono.
-Uh, sono forti!- fece lei premendo una mano sul
fianco.
Il ragazzo lo notò e corrugò leggermente la
fronte.
-Sei ferita?-
disse. Ma lo disse con un tono che non si capiva se era una domanda o
un’affermazione.
Lei la prese per una domanda. -No, non preoccuparti. È solo
un graffio...-
Lui
la guardò dubbioso, ma non aggiunse nulla. Si avviarono per
raggiungere i
compagni, ovviamente dopo essersi appropriati degli occhi
più rossi tra quelli
che avevano ucciso. Dopo pochi metri, però, davanti a loro
si parò una figura.
Era
un uomo sui trent’anni, vestito con abiti dai colori
sgargianti, che lasciavano
il petto scoperto. Al collo portava una collana composta da pietre
colorate,
zanne d’animali e piume d’uccello, che tintinnava
ad ogni passo.
L’uomo guardò
i compagni a terra senza vita, e i suoi occhi si tinsero immediatamente
di un
intenso rosso scarlatto.
-Maledetti!- urlò, scagliandosi contro Feitan. Il ragazzo
si rese conto che il suo avversario sapeva utilizzare il Nen, quindi lo
attivò
di conseguenza.
Kaede non aveva certo intenzione di starsene a guardare, ma la
ferita al fianco aveva ripreso a sanguinare e non era, come aveva detto
lei, “solo
un graffio”.
I due si scambiarono qualche colpo per sondare la bravura
dell’avversario.
Era forte, ci sarebbe stato da divertirsi... La ragazza lo
capì quando vide Feitan
materializzare la sua arma, e si tenne pronta per aiutarlo nel caso ne
avesse
avuto bisogno. L’uomo invece si sfilò una lunga
frusta di cuoio dalla cintura,
e con quella cercò di prenderlo. Eppure i suoi colpi non
erano troppo precisi e
a Kaede, che osservava con attenzione il duello, questo parve molto
strano. Pareva
quasi che il Kuruta fosse concentrato su qualcos’altro. Poi
notò che l’uomo
rimaneva sempre fermo nello stesso punto, senza muoversi più
di tanto
nonostante gli attacchi del ragno.
Le venne un sospetto.
Imprecando contro la
propria stupidità, utilizzò velocemente il
Gyo.
Ai lati dell’uomo si stavano
addensando due sfere di Nen nero, che vorticava e prendeva rapidamente
forma.
Dopo
pochi istanti divennero due bestie, due chimere, con corpo e la testa
di leone,
le ali e gli artigli d’aquila e per coda un
serpente.
-Feitan!- gridò la ragazza,
per avvertirlo. -Notati!- le rispose lui senza voltarsi e continuando a
combattere.
Gli animali si divisero, ed i ragazzi si trovarono a fronteggiarne
uno a testa.
Kaede evitò un morso di quella “cosa”,
che andò ad abbattere un
albero. Se l’avesse presa avrebbe potuto spezzarla facilmente
in due...
Al
seguente attacco si scansò agilmente e trapassò
la schiena della bestia con la
spada, ma la lama affondò nella nebbia.
“Non si possono uccidere... dannazione.”
pensò mordendosi il labbro. “Ma non è
diverso da quello che faccio io, è lo
stesso principio” si disse poi.
Creò anche lei una chimera dorata di Nen e la
lasciò a combattere contro la sua gemella nera, mentre lei
andò a dare man
forte a Feitan, che era contro il Kuruta e conto una bestia.
Quando lo
raggiunse la frusta gli si era attorcigliata alla caviglia, facendolo
inciampare. La chimera gli si avventò contro, ma lui
appoggiò una mano a terra
e si diede la spinta, tornando in piedi ed evitando di essere
morso.
-Tutto
ok?- chiese la ragazza gettandogli un’occhiata.
Lui grugnì qualcosa che Kaede non
capì. Ma a parte una ferita superficiale ad una spalla, non
era messo tanto
male. Meglio di lei in ogni caso, comunque.
-Tu che sei esperta di Illusioni,
mi dici come ce ne liberiamo? Sono piuttosto seccanti, sai- fece Feitan
evitando
nuovamente le zanne acuminate della bestia.
-Dipende- rispose lei parando un
colpo di frusta -O svolgono il compito a loro assegnato o quello che le
ha
create le richiama-
Diede una spinta al ragazzo, facendogli evitare la frusta.
Mentre
parlavano si proteggevano a vicenda, come avevano sempre
fatto.
-E quale
potrebbe essere il loro compito?- chiese Feitan concentrandosi sulla
battaglia.
-Boh! Ucciderci?- buttò lì.
-Allora troviamo il un’altra soluzione: non ho
voglia di farmi ammazzare!-
Lei sorrise divertita e annuì, scagliandosi poi
contro il Kuruta.
Ok... Non so davvero come scusarmi per questo
super-mega ritardo... Se volete potete anche linciarmi,
sì.
In ogni caso, non sono molto convinta di questo capitolo (soprattutto
della prima parte), e anche per questo motivo ci ho messo
così tanto a pubblicarlo.
Mi spiace tagliare in due la battaglia, ma credetemi: è
necessario. Be'... non ho altro da aggiungere. Spero vi piaccia
questa... ehm... "roba" che ho scritto e che vogliate lasciarmi una
piccola recensione, che avrò tanto, tanto piacere di
leggere. Detto questo, vi auguro una buona giornata e mi dileguo! A
presto!
Keyla
P.S. prometto che non ci metterò
così tanto a pubblicare il prossimo capitolo. Promesso!
|
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Capitolo 14 *** 13. Ti amo... ***
Ok... Questo capitolo
è mooolto più lungo di tutti gli altri, di fatto.
Dato che sono
puramente malvagia, ho deciso di aggiornare e rovinarvi il
week-end.
Quando sarete
arrivati alla fine avrete tutto il diritto di ammazzarmi di una morte
lenta e dolorosa...
Ma se non volete
perdervi l'epilogo, vi consiglio di aspettare!
Una recensione
(anche solo per mandarmi a quel paese) sarebbe graditissima!
Keyla
Capitolo 13.
Ti amo...
“Sogna, perché nel
sonno puoi trovare quello che il giorno non potrà
darti”
Lei
sorrise divertita e annuì, scagliandosi
poi contro il Kuruta.
Evitò
per due volte la sua frusta, ma alla terza venne colpita sul fianco,
proprio
sulla ferita. Una fitta di dolore acutissimo le esplose nel cervello e
vacillò,
ma riuscì a mantenersi in piedi.
-Il campo di battaglia non è per le ragazzine-
la sfotté quello.
-Ma nemmeno per i vecchietti. Vecchietti con un pessimo gusto
nel vestirsi, poi- gli rispose beffarda.
-Sei troppo impertinente- la riprese
il Kuruta attaccandola di nuovo.
-Sì, me lo dicono sempre...- sorrise lei
schivandolo.
Anche Feitan si rimise a combattere contro di lui, pur continuando
a tenere d’occhio la chimera.
I due ragazzi si muovevano perfettamente
sincronizzati, merito di tutti i duelli che avevano fatto tra loro. Il
combattimento in coppia era un’arte che avevano affinato col
tempo. Erano a dir
poco formidabili. Non facevi in tempo a parare la stoccata di uno che
l’altra
ti attaccava alle spalle. Senza contare che anche singolarmente erano
fortissimi.
Kaede non combatteva al massimo, ed il ragazzo se ne accorse
subito. La ferita al fianco doveva indebolirla parecchio (la maglia
nera che
indossava era diventata ancora più nera a causa del sangue),
e inoltre doveva
mantenere il controllo mentale sulla sua Illusione.
-Eccoli! Stanno
combattendo!-
I due non si distrassero sentendo la voce di Nobunaga, mentre
l’uomo si allarmò vedendo arrivare lui e
Ubo.
-Volete una mano?- chiese il
gigante scrocchiandosi le dita.
-Ce la caviamo. Ma forse Kaede vuole il cambio-
rispose Feitan gettando un’occhiata veloce alla
compagna.
-Sto bene- replicò
lei. -Piuttosto, fate attenzione alle chimere nere: anche se sono
Illusioni, se
ti prendono fanno piuttosto male!- li avvertì.
I due annuirono, si sedettero a
terra e si misero a guardare.
Il Kuruta nel frattempo aveva formato un’altra
creatura di Nen, e la fece attaccare la chimera dorata della ragazza,
puntandola nel contempo con la frusta. L’Illusione fu
assalita da due bestie in
contemporanea, che la soppressero in poco tempo. La sua sconfitta
causò a Kaede
una fitta alla testa, e l’animale restante ne
approfittò per caricarla. Volò
per una decina di metri e cadde pesantemente a
terra con un gemito. Udì l’esclamazione
preoccupata di Ubo attraverso una densa nebbia di dolore. Subito si
sollevò sui
gomiti e si mise in ginocchio, tentando di respirare a fondo.
Portò una mano al
fianco, ritirandola rossa di sangue.
-Maledizione...- imprecò sottovoce.
Si
alzò in piedi e raccolse la sua spada, osservando la
situazione con la vista
appannata.
“Oh, perfetto” pensò cercando di mettere
a fuoco il campo di
battaglia.
Gli altri ragni erano chissà dove, impegnati con altri
membri della
tribù.
Feitan combatteva da solo contro il Kuruta e due chimere, mentre altre
due tenevano occupati Ubo e Nobu.
Il ragazzo era in difficoltà.
Doveva
aiutarlo.
Ignorando il bruciante dolore che la ferita le provocava lo
raggiunse, e riprese a combattere assieme a lui.
-Non dovresti startene buona,
dopo la botta che hai preso?- fece il ragazzo in un tono ironico che
celava
malamente la grande preoccupazione che provava.
-Io me ne sto in disparte e tu
muori, ti piace?- replicò la ragazza concentrandosi per
sgombrare la mente da
tutta la nebbia che la invadeva.
Lui non rispose.
Il loro avversario li
attaccò, sia con la frusta sia in un corpo a
corpo. Si vedeva che era al
limite: stava giocando le sue ultime carte.
I due gli tennero testa ancora per
qualche minuto, ma Kaede era in evidente difficoltà. Ormai
la maglia era zuppa
e le si era attaccata alla pelle.
Faceva sempre più mosse sbagliate.
-Adesso
basta! Hai perso troppo sangue! Me la cavo da solo!- gridò
Feitan con una nota
di disperazione nella voce.
Il Kuruta approfittò del suo attimo di
disattenzione per avvolgergli la frusta attorno al polso che reggeva la
spada.
Con un secco strattone venne disarmato. Una chimera si voltò
e si scagliò contro
di lui. Kaede realizzò in un istante che si trovava in
situazione critica.
Come
a rallentatore, vide la bestia balzare spalancando le fauci. Colse lo
scintillio delle sue zanne, affilate come rasoi. Notò lo
scintillio di trionfo
degli occhi scarlatti incastonati sul volto stanco del Kuruta.
Senza pensare,
gli si parò davanti.
Le zanne taglienti le lacerarono la carne in profondità,
causandole un dolore infernale.
Con un movimento fluido scagliò la lama in
direzione dell’avversario, distante solamente qualche metro.
La spada gli si
conficcò nel petto fino all’elsa e gli trafisse il
cuore. Un fiotto di sangue
macchiò i capelli biondi dell’uomo e i suoi
vestiti sgargianti mentre cadeva, e
i suoi occhi persero la luce.
Le Illusioni scomparvero.
Kaede tentò di mantenere
l’equilibrio, ma non riuscì e cadde
all’indietro.
Feitan si gettò in avanti e
l’afferrò prima che toccasse terra.
Per la prima volta da quando si
conoscevano, lei vide il terrore negli occhi di lui.
-Kaede...- mormorò -Perché
ti sei messa in mezzo?-
Lei capì quanto fosse disperato dal suo tono di
voce.
-Saresti morto- rispose semplicemente, forzando un sorriso che
riuscì distorto
dal dolore.
-I membri della Brigata non sono tenuti a sacrificarsi l’uno
con
l’altro, lo sai- insistette il ragazzo, come se fosse una
giustificazione.
Come
se ormai servisse qualcosa.
-Hai
ragione- ansimò la ragazza -Ma... in quel momento non ti ho
visto come “il
numero 2 della Genei Ryodan”, eri solo
“Feitan”... Il ragazzo che amo... Scusa
per la scenata di stamattina, scusami tanto...-
Tacque, con le lacrime agli
occhi.
Feitan perse quel poco di autocontrollo che ancora possedeva, e la
strinse forte a sé. Desiderando di poterla trattenere per
sempre tra le sue
braccia.
-Così mi fai male!- esclamò lei. Cercò
di dirlo in tono scherzoso, ma
ne uscì un rantolo. Subito lui allentò
l’abbraccio.
-Mi dispiace... è solamente
colpa mia...- mormorò distrutto.
Si accorse che una mano lo stava scuotendo con
forza e che una voce lo stava chiamando da un pezzo: -Feitan! Feitan!
Diamine,
cosa fai fermo lì immobile! Rispondimi! Kaede... Bisogna
curarla!- gridava
Nobunaga, anche lui sull’orlo della crisi. Uborghin
era corso a chiamare gli
altri.
Ma ormai...
Con lo sguardo perso nel vuoto, il ragazzo scosse la testa e
scacciò via la mano del samurai, concentrandosi solo sulla
ragazza.
-Kaede...-
la chiamò con voce alterata.
Lei annuì.
-Avrei dovuto... dirtelo prima ma...
non ho mai trovato il coraggio...-
Si interruppe con un sussulto.
Una lacrima
di dolore corse lungo la sua guancia pallida, infrangendosi sul dorso
della
mano sporca di sangue.
Non aveva mai pianto, mai,neppure
quando era bambino, e mai si era sentito così male.
Eppure...
-Ti amo- sussurrò affondando il volto nei suoi lunghi
capelli scuri,
bagnati dal sangue e dalle lacrime -Ti amo...-
Kaede sorrise, poi il suo volto
fu attraversato dal dolore. Si aggrappò alla camicia che il
ragazzo indossava e
gemette forte, cercando di fermare i tremiti del proprio corpo. Si
sollevò a
fatica, fino ad essere alla stessa altezza del viso di lui.
Rimasero a fissarsi
negli occhi per un interminabile istante.
Oro
nello zaffiro.
Poi, assieme, si sporsero in avanti e si baciarono.
Feitan,
senza interrompere il contatto, le accarezzò una
guancia.
Gli prese una fitta
al petto, quando avvertì la pelle di lei farsi sempre
più fredda sotto ai suoi
polpastrelli.
Si concentrò sul suono del cuore della ragazza, ascoltandone
i
battiti.
Tum tum tum
Ma il muscolo
era stanco.
Tum, tum, tum
Si
staccarono. Lei aveva gli occhi chiusi.
Tum.
Tum. Tum.
Stava per fermarsi.
Tum...
Poi tacque.
-Kaede...- mormorò sconvolto, smettendo di trattenere le
lacrime,
che cadevano sulle sue nocche sbiancate dalla forza eccessiva con cui
stringeva
quel corpo inerme.
E poi incominciò a piovere.
Prima fu una pioggerellina
leggera, delicata, poi si rafforzò.
Forse anche il cielo stava piangendo.
L’acqua cadeva incessante, ma nemmeno lei riusciva a lavare
via il sangue che
macchiava ogni cosa, dai vestiti dei due ragazzi all’erba del
prato.
Tantomeno
il dolore e la sofferenza del giovane.
Sprofondato nella più cupa disperazione,
non si rese nemmeno conto che i compagni l’avevano
raggiunto.
-Feitan...
piange?- fece incredula Machi, accorgendosi solo dopo un istante della
morte
dell’amica.
E allora iniziò a piangere anche lei.
Kuroro si avvicinò lentamente
al compagno e con gentilezza, ma anche con una certa decisione, gli
tolse dalle
braccia il cadavere, reggendolo lui.
Franklin cercò di scuoterlo, ma il ragazzo
era diventato una statua di marmo.
Aveva gli occhi sbarrati, il respiro
spezzato. Fissava il terreno con lo sguardo perso nel vuoto.
La parte davanti
della sua camicia era macchiata di sangue - sì, il suo sangue - ma non pareva
curarsene.
La testa gli pulsava, e
quelle immagini fin troppo reali si ripetevano all’infinito
nella sua mente.
-Feitan! Maledizione Feitan, sbatti le palpebre! Muoviti, dannazione!
Reagisci!-
Era di nuovo Nobunaga. Era fastidioso.
Ma almeno quel fastidio scacciò via una parte - piccola, ma
pur sempre una
parte - di dolore, quel tanto che bastava da permettergli di ritrovare
la
cognizione di sé stesso e di ciò che lo
circondava. Si guardò attorno: non
erano più nel luogo in cui avevano combattuto, dovevano
averlo trascinato via
di peso.
Improvvisamente, si sentì debole.
Debole perché se non si fosse
trovato in difficoltà Kaede non si sarebbe messa in mezzo,
debole perché era
crollato psicologicamente, debole perché lei era morta al
posto suo.
Aveva
freddo, era inzuppato da capo a piedi di pioggia e sangue, e inoltre si
sentiva
terribilmente vuoto.
Desiderò di morire, lo desiderò con tutte le sue
forze.
-Feitan, andiamo- la voce decisa di Kuroro lo risollevò
dalla sua depressione.
Sollevò di scatto la testa, mettendo a fuoco le altre sei
figure che lo
circondavano.
Machi gli si accostò e gli sfiorò delicatamente
la spalla.
-Lascia che ti curi
questa...- mormorò, alludendo alla ferita.
Lui si scostò.
-Non è quella che mi
fa male- le rispose brusco.
Furono le uniche parole che pronunciò di lì a
diverse ore.
Camminava con lo sguardo spento, non si sentiva nemmeno il suo
respiro.
Gli altri si preoccuparono moltissimo: non l’avevano mai
visto fare
così. cioè, sapevano che tra i due ragazzi ci
fosse un legame molto forte, ma
non credevano fosse amore.
Amore.
Quel sentimento che pareva tanto lontano dal
ragazzo, eppure...
Si sentirono in colpa per non averlo capito prima, per non
aver evitato la morte della compagna.
Feitan non
parlò
per tre giorni.
Anzi, sparì totalmente dalla circolazione.
Grazie ad uno dei
poter di Kuroro erano tornati immediatamente nel Ryuseigai.
Lì avevano
seppellito Kaede, nel luogo dove si riunivano da ragazzi, piantando la
sua
spada come una specie di lapide.
Il giovane rimase totalmente in silenzio per
tutto il tempo. Prima di andarsene si avvicinò
all’arma e sfiorò la pietra
gialla sul pomo, gli occhi tristi ed affranti.
Agli altri ragni parve che le
sue iridi fossero diventate più scure.
Disse solo due parole mentre si
allontanava: -Non cercatemi-
I suoi compagni non provarono minimamente a
fermarlo, né tantomeno a consolarlo.
Capivano che voleva solo essere lasciato
in pace e sfogare la frustrazione ed il dolore.
Aspettarono, e nel frattempo si
occuparono degli occhi scarlatti. Ma non li tennero a lungo come gli
altri
tesori.
Verso la metà del quarto giorno Feitan tornò al
Covo.
Aveva un faccia
da paura, con delle occhiaie spaventose e gli occhi cerchiati di nero.
Il suo
corpo era ricoperto di graffi, lividi e abrasioni, e si era procurato
anche un
paio di ferite gravi. Ma la cosa peggiore era il suo sguardo: gli occhi
dorati
avevano completamente perso il calore dovuto al colore giallo, ed erano
gelidi,
inespressivi.
Completamente vuoti.
-Stai... bene?- chiese esitante Nobunaga, facendo un mezzo passo in
avanti.
Il
ragazzo lo fulminò con lo sguardo.
-Lasciami stare- ringhiò, dirigendosi all’interno
del palazzo.
Non replicarono, e non pensarono nemmeno di fermarlo.
-Machi, vai
a vedere come sta. E cerca di convincerlo a farsi curare-
ordinò Kuroro,
visibilmente preoccupato.
Lei annuì e si avviò all’interno,
seguendo la traccia
del suo Nen. Si fermò davanti ad una porta chiusa,
l’entrata di una camera.
Bussò, ma dato che non ricevette risposta decise di entrare
comunque.
Feitan
era sul letto, steso su un fianco in modo da dare le spalle alla porta.
La
sentì avvicinarsi ma non si mosse. La ragazza si sedette sul
bordo e lo guardò,
poi si decise e lo scosse per una spalla. Tanto sapeva che non stava
dormendo.
Irritato, lui aprì gli occhi. -Che vuoi? Sto bene, lasciami
in pace- sibilò
richiudendoli.
-A me non sembra- replicò Machi. Poi sfiorò una
profonda
lacerazione che partiva dallo sterno e arrivava al torace, facendolo
sussultare
impercettibilmente.
-Ti fa male, vero? Ma che diavolo hai fatto?!- sbottò con
voce alterata. -Anzi, non dirmelo che lo so: ti sei fatto male da solo.
Lei non
te lo avrebbe mai perdonato.- gli disse in tono di rimprovero.
Il volto del
ragazzo si contrasse in una smorfia
sofferente. -“Lei” non
c’è più- disse con
voce forzatamente ferma, sempre tenendo gli occhi chiusi.
-Ci ho messo del tempo
per accettarlo. Quindi, ti prego,
non
ricordarmela- la supplicò poi.
-Il dolore fisico non scaccerà quello emotivo-
fece pacata, sfilando un ago dal cuscinetto che portava al
polso.
-È il mio
corpo- replicò duro.
Ma non aggiunse nulla, e Machi poté saturargli la maggior
parte delle ferite.
Quando ebbe finito lui non la ringraziò - sapeva che non lo
avrebbe fatto - ma quando lei fece per andarsene parlò:
-Dì a Kuroro che
possiamo partire quando vuole.-
Machi si bloccò sulla soglia, come fulminata.
Stava per rispondergli che non era né sarebbe mai stato un
peso, ma si rese
conto che si era già addormentato.
Le sfuggì un sorriso.
Poi uscì in silenzio,
richiudendosi la porta alle spalle.
-Come sta?- chiese Paku appena la vide
scendere.
-Fisicamente bene, ora, ma la ferita più grave e profonda
non è
visibile e non posso curarla...- rispose Machi abbassando gli
occhi.
-Il suo
sguardo... non era vivo...-
mormorò
Nobunaga.
-Probabilmente non sorriderà mai più-
constatò Pakunoda.
-Di certo.
Non senza di lei.- le diede ragione l’altra ragazza.
-Ora dorme come un sasso,
ma quando si sveglierà vorrà mettersi in viaggio.
Non vuole assolutamente
ritardare le nostre attività...-
Il Capo scosse la testa. -E non succederà:
domani ce ne andiamo.- affermò perentorio. -La
città più vicina dista una
decina di ore da qui, anche se credo che la sua popolazione sia stata
decimata
negli ultimi tre giorni- aggiunse con un sorriso lugubre.
-Non dobbiamo più
parlarne- affermò Uborghin -Né tra noi
né con altri-
I Ragni annuirono.
-Per
rispetto a loro-
Una
spada era piantata nel
terreno.
Il
topazio sull'elsa luccicava, colpito dai
raggi del sole.
Feitan
si avvicinò lentamente, quasi non
trovasse la forza di raggiungere quell'arma.
In
lui si risvegliavano tanti ricordi, tante
sensazioni.
E
facevano male, tanto.
Si
fermò a un passo dalla tomba, gli occhi
bassi.
-Te
l'avevo detto che sarei venuto a
trovarti...- mormorò.
Dopo
anni, era riuscito a trovare il coraggio di
tornare.
Si
sedette a gambe incrociate e sospirò.
-Da
quando te ne sei andata sono accadute tante
cose...- iniziò, come se ce l'avesse davanti e le stesse
raccontando.
-Sai,
gli Occhi Scarlatti sono tornati... Ubo e
Paku sono morti, probabilmente saranno lì con te, ora. Be',
almeno non sei
sola. Non più. Ma io sì. Io mi sento solo, tanto
solo. Mi manchi tantissimo...-
disse a voce bassissima.
Rimase
in silenzio per qualche minuto.
-A
volte... Vorrei lasciarmi andare e non
pensarci più. Vorrei dimenticare. Ma poi ricordo, mi ricordo
di te, dei tuoi
scherzi e del tuo sorriso, e mi dico che sono solo un'idiota. Non
meritavo il
tuo amore. Non meritavo di vivere. Mi sento morire, a volte. E altre
volte
vorrei
morire. Senza di te... Non ce la faccio più a stare senza di te.-
continuò affranto.
Si
alzò in piedi, sfiorando la spada
sull'impugnatura.
-Mi
manchi, testona. Non sai quanto.- sussurrò,
accennando un sorriso amaro e malinconico, tristissimo.
Poi
si voltò, dando le spalle a quella tomba, e
se ne andò.
E mentre andava, udì un verso che conosceva fin troppo bene
provenire dal cielo.
L'estremità di un'ala piumata gli sfiorò la
guancia, scompigliandogli i capelli.
Si lasciò sfuggire un sorriso nel vedere il falco pellegrino
che volava in cerchio sopra la sua testa, lanciando il suo
insistentemente richiamo.
-Grazie-
|
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Capitolo 15 *** Epilogo ***
Epilogo
Non
doveva andare così.
Sembrava
facile, lo sembrava...
E
invece no.
È
solo per colpa mia che sei ferita...
Solo
colpa mia, sono così debole...
Sanguini.
Tanto.
Se
continua così... morirai...
No,
no, non puoi morire!
Non
mi lasciare da solo, ti prego...
Kaede!
Kaede, perché mi hai salvato?
Sarei
dovuto morire io, non tu!
Sono
stato io a distrarmi, era colpa mia!
E
invece ti sei messa in mezzo.
Come
sempre.
Ma
stavolta... Stavolta ti costerà la vita!
Cosa
sono queste? Lacrime?
Sto...
piangendo?
Non
avevo mai pianto...
Queste
lacrime bruciano, sono come fuoco.
Mi
fanno male, e sento un vuoto nel petto.
Ho
un groppo in gola, non riesco a smettere.
Non
lasciarmi... Sarò di nuovo solo!
Ma
soprattutto, TU sarai sola!
Non
è da sempre la tua paura, la solitudine?
Kaede,
ti prego! Non mollare!
Non
morire!
Ti
amo troppo per lasciarti andare!
Sì,
hai capito. Ti amo.
L'ho
detto, contenta?
Ora
però non puoi abbandonarmi!
Sei
la cosa più importante che possiedo, non
puoi!
Ti
stringo forte, ma ormai non respiri più.
Sento
i battiti del tuo cuore che si
affievoliscono e si spengono.
E
con esso anche il mio cuore muore.
Kuroro
si avvicina e ti prende.
Ormai
ho smesso di vivere anch'io.
Non
mi rendo nemmeno conto di quel che accade
attorno a me.
Fisso
il vuoto e cerco di calmare i singhiozzi.
Un
po' ci riesco, ma poco.
Non...
Non sorriderò mai più, lo sai?
Non
senza di te.
Mi
trasformerò in quell'essere cupo e gelido che
descrivevi.
Quello
per cui tu mi prendevi in giro.
Probabilmente,
smetterò di essere
"umano".
Senza
di te, io non vivo più!
Ed
è di nuovo settembre.
Per
la quarta volta.
Sono
passati già quattro anni.
Quattro
anni senza il tuo sorriso.
Senza
i tuoi scherzi e le tue prese in giro.
Senza
i tuoi abbracci e la tua voce.
Quattro
anni senza di te.
Non
puoi capire quanto mi manchi.
Nessuno
può.
Hai
lasciato un vuoto troppo, troppo profondo.
La
tentazione di raggiungerti è stata forte,
credimi.
Ma
non me lo avresti mai perdonato, mai.
Perché
tu hai gettato via la tua vita per
salvare la mia.
Perché
tu sei stata capace di sorridermi anche
morente.
Perché
tu continui a vivere nei miei ricordi,
nella mia memoria.
Perché
tu... sei tu.
Speciale.
Unica.
Detestavi
Settembre, ricordi?
Dicevi
"cadono le foglie, arriva la brutta
stagione..."
Dicevi
però che ti bastava esserci.
Bastava
esserci, ma mai da sola.
La
solitudine ti ha sempre terrorizzato.
Ed
ora, per colpa mia, sei sola.
Ho
fatto proprio un errore idiota.
Mi
sono distratto come uno stupido.
Avrei
davvero meritato la morte.
Ma
tu no! Tu dovevi vivere!
Non
sono più stato capace di sorridere.
Di
ridere.
Di
provare quell'emozione che ti scalda il
cuore.
Ho
sempre avuto freddo, in questi anni.
Di
belle donne ne ho viste tante, ma nessuna
valeva quanto te.
Nessuna
aveva i tuoi occhi.
Quegli
occhi che, solamente guardandoli, mi
facevano viaggiare.
Quegli
occhi che amavo.
Dovevi
vivere, odio quel Kuruta che ti ha
portato via da me.
E,
dopo quattro anni, gli occhi scarlatti sono
tornati.
Per
tormentarmi. Per vendicarsi.
Ubo
e Paku hanno perso la vita.
Ora
sono con te, credo.
Non
sei più sola, contenta?
Ma
io sì, mi manchi troppo.
Ti
amavo. Un amore di ragazzo.
Un
amore che è rimasto vivo nel tempo.
Ti
amo ancora, Kaede.
Sono
sola.
Terribilmente
sola.
Perché
sono sola?
È
orribile.
Non
conosco niente di più orribile della
solitudine.
È
il mio incubo da sempre, il restare sola.
Ma
è solo colpa mia se si è avverato.
Però
sono anche felice.
Sono
felice perché ho salvato una persona
importante.
Importante
per me.
Feitan.
Sarebbe
morto, se non mi fossi messa in mezzo.
Quindi,
sono morta?
È
questo quello che c'è dopo la morte? Il buio?
No...
Il mondo inizia a rischiararsi, prende
forma...
Quello
è il luogo dove abbiamo combattuto,
quelli sono...
I
miei compagni.
Kuroro
regge tra le braccia qualcuno.
Quella
sono io... È il mio corpo...
Ma
io sono qui!
Accanto
a lui, Machi e Paku sono tristi.
Dove
sei tu? Stai bene?
Ti
prego, dimmi che non sei ferito...
Eccoti.
No,
non fare così...
Non
piangere... Ti prego, non piangere...
Non
hai mai pianto!
Ero
io quella emotiva, tu eri quello serio e
freddo!
Non
piangere!
Non
piangere per me, non merito le tue lacrime!
Feitan,
non abbatterti...
Io
ci sono. Ti vedo. Sono con te.
Tu
però non puoi vedermi né sentirmi...
Tu
sei sempre stato quello forte, io quella che
andava consolata.
Non
il contrario!
Ehi,
Kuroro, diglielo!
Digli
che non deve fare così, digli che deve
smetterla!
Digli
che non può! Non può!
Feitan,
non ho dato la mia vita per niente!
L'ho
data affinché tu continuassi a vivere!
Affinché
tu andassi avanti!
Quindi,
non abbandonarti!
Non
lasciarti andare alla disperazione!
Non
cadere, resta in piedi...
Feitan...
Tu non sei debole...
Dopo
la morte sono diventata uno Spirito.
Avrei
potuto vagare per il mondo, ma non l'ho
fatto.
Io
sono sempre stata con te, come quando ero in
vita.
Ho
visto, ho capito, ho sofferto.
Ma
non posso parlarti, abbracciarti, consolarti.
E
sto morendo una seconda volta, nell'Anima.
Non
sono l'unico Spirito, ce ne sono tanti in
giro.
Ma
non parlano mai con me, quindi è come essere
soli.
Il
mio incubo: la solitudine.
Il
primo a raggiungermi è stato Ubo.
Mi
ha abbracciata come faceva un tempo, ridendo.
Poi
ha digrignato i denti e mi ha raccontato del
Bastardo.
Io
gli ho chiesto di te.
Anche
se posso vederti, non posso sentire le tue
parole.
Solo
le tue emozioni.
Mi
ha detto che sei sempre triste, sempre cupo.
Mi
ha detto che non sorridi più.
Mi
ha detto che sei davvero diventato di
ghiaccio.
Poi
è arrivata Paku.
Anche
lei mi ha abbracciata, commossa.
Mi
ha raccontato delle ultime cose.
Mi
dispiace tantissimo, credimi.
Kuroro
non meritava questo, e nemmeno voi.
Mi
ha detto che chi ha preso il mio posto non ne
era degno.
Non
era abbastanza "all'altezza" di
sostituirmi.
Il
numero 4 è un numero travagliato, a quanto
pare.
Paku
ha detto che mi ami ancora, con tutto te
stesso.
Ho
pianto, sentendo quelle parole.
Questo
me l'avresti rimproverato di sicuro.
Ma
del resto, anche tu hai versato delle
lacrime, una volta.
Una
sola volta, e per colpa mia.
Perdonami.
Davvero
ancora mi ami?
Io
non ho mai smesso, credimi.
Come
potrei, del resto?
Se
non avessi creduto in quell'amore non avrei
dato la mia vita.
Feitan,
vivi senza rimpianti, te ne prego.
Quando
ci rivedremo, spero tra moltissimo anni,
vedremo.
Vedremo
se quel legame si è mantenuto vivo e
saldo.
Vedremo
cosa accadrà.
Feitan,
vivi la tua vita, non rovinartela a
causa mia.
Ormai
appartengo al passato, non al futuro.
Ancora
non l'hai accettato, vero?
Feitan...
Anche tu mi manchi, ma spero di non
rivederti presto.
Vivi
a lungo, vivi.
Quanto
ho aspettato per questo momento?
Quanti
anni?
Ed
adesso eccoti qui, davanti a me.
Sei
identico a com'eri allora, del resto qui
siamo come vogliamo.
Ancora
sei confuso, non capisci.
Non
ti lascio il tempo di riprenderti.
Ti
salto addosso e mi aggrappo al tuo collo.
Non
sono capace di trattenermi.
Scoppio
a piangere come una bambina.
Affondo
il viso nel tuo petto, come facevo
quando avevo gli incubi e mi svegliavo di soprassalto, e tu eri
lì a calmarmi.
Mi
stringi forte, come se ancora non ci
credessi.
Neanche
io ci credo ancora, lo ammetto.
Però
non è un sogno, sei reale.
Ti
guardo in volto e vedo che anche tu piangi.
Di
nuovo per colpa mia...
Potrai
mai perdonarmi?
Rispondi
al mio sguardo e capisco che l'hai già
fatto.
Grazie,
Feitan...
Mi
sono mancati i tuoi occhi d'oro.
Mi
è mancato il tuo sorriso incerto e
dolcissimo.
Mi
è mancato il prenderti in giro e il litigare
con te.
Mi
sei mancato tu.
Mi
abbracci e mi baci, dolcemente.
Mi
mancavano anche i tuoi baci, sì.
Mi
mancava tutto di te.
Ora
sono felice, davvero felice.
Giurerei
che per te è lo stesso.
Perdonami,
ti prego...
Non
avrei mai voluto lasciarti...
Dici
che non è importante, non più.
Vorrei
non interrompere mai questo abbraccio...
Ma
prima o poi dobbiamo allontanarci.
Sorridi
anche a Paku e Ubo, che ci osservano da
poco lontano.
Ormai
loro sono qui da tanti anni...
Nel
tempo ci hanno raggiunto altri della Genei.
Sono
tutti qui, ora.
Non
ti sembra un controsenso?
Io
che ero sempre l'ultima, sono stata la prima.
Ti
amo, Feitan, ti amerò per sempre.
Anche
tu? Sì.
Lo
capisco dai tuoi occhi, di nuovo sorridenti.
Quanto
tempo era che non provavi un po' di
felicità?
Da
quel maledetto giorno, vero?
Non
preoccuparti: abbiamo l'eternità per essere
felici.
Insieme.
"La
Morte
si
sconta
vivendo"
Ungaretti
E
siamo arrivati alla fine.
"Finalmente!" direte voi, dopo tutto quello che ho fatto passare a voi
poveri lettori e a loro poveri personaggi.
Scrivere quest'epilogo è stata una vera e propria
sofferenza, sapete?
Be', devo dire che però non mi sono pentita nemmeno per un
attimo di aver pubblicato questa storia. Di aver fatto morire Kaede
sì, mi sono pentita in ogni santissimo momento, ma tutto era
iniziato proprio dalla sua morte e non potevo cambiare il
finale.
Grazie a tutti quelli che sono arrivati fin qui! (Ah, per chi se lo
stesse chiedendo, in questo e nel capitolo precendente non ci sono
immagini perché voglio che siate proprio voi, voi che
leggete, ad immaginare ogni singola cosa. E poi anche perché
non esiste un'immagine che sia "alla'altezza", e non sapendo disegnare
non potevo farne una da me.)
Sono felice di concludere la storia proprio il giorno del mio
compleanno, e se avete voglia di farmi un piccolo regalo vi chiedo di
lasciare una recensione, anche solo per mandarmi a quel paese.
Ah giusto...
Dopo mesi di sensi di colpa, mi è venuta una mezza idea per
un seguito. Ma volevo sapere cosa ne pensavate, dato che ho
chiesto a due mie amiche e una mi ha detto "è un'idea
fantastica", mentre l'altra "no, meglio lasciare tutto
com'è".
Quindi... Fatemi sapere, ok?
Keyla
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