I supereroi non esistono.

di Gyal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ingannare la morte ***
Capitolo 2: *** Parte della Gang ***
Capitolo 3: *** Ho seguito il tuo odore ***
Capitolo 4: *** Evasione ***
Capitolo 5: *** Non è questo il momento ***
Capitolo 6: *** Oggi c'è il tuo funerale ***
Capitolo 7: *** Al cimitero ***
Capitolo 8: *** Conta su di me ***



Capitolo 1
*** Ingannare la morte ***


Immagina che strano svegliarsi in un corpo che non è il tuo. Impossibile? Ma non hai mai visto "Quel Pazzo Venerdì"? Solo un film? Beh, vedila un po' come ti pare, ma loro si sono risvegliati così. 

Andrea non se n'era nemmeno accorto. Come tutti i giorni, si è alzato e il suo primo pensiero è stato: 
Il cesso. Devo pisciare.
Solo quando alzò lo sguardo e si guardò allo specchio si rese conto di non essere lui. Di non essere nella sua stanza, o per meglio dire, nel suo bagno. 
Perchè tutto d'un tratto i suoi capelli erano diventati neri? E gli occhi scuri? 
Abbassò lo sguardo. Tette. Che cosa allettante. Guardò più giù.
"Eh beh, me pare ovvio. Che schifo!"
Cercando di non pensare al fetido odore di urina che proveniva dai suoi leggings, beh quelli di Viola, andò alla ricerca del cellulare nascosto fra i cuscini del divano. 
Qualcuno stava chiamando Viola. Rispose.
"Pronto?"
"Viola, dove sei?"
"In una topaia."
"Ah. Ma... Non dovevamo vederci?"
"Ah, sì?"
"No, perchè mi avevi scritto quel messaggio... Vabbè, ma forse ho capito male io, eh, non lo so."
"No, no, aspetta, aspetta. Posso richiamarti fra un secondo?"
"...Sì."
"Grazie."
Una volta attaccato, l'esclamazione fu spontanea.
"E' un incubo!"
Quando finalmente si convinse che era tutto vero, richiamò Simone, e gli spiegò che avrebbe fatto tardi.
E cosa potrebbe succedere se un ragazzo si trovasse nel corpo di una ragazza? Andrea cedette alla tentazione, e si cimentò nella scoperta dell'universo intimo femminile. 

Silvio, invece, si risvegliò in una stanza, anzi, venne svegliato da una ragazza: Ilaria. Quando lei lo chiamò "Marco", fece un balzo giù dal letto e si precipitò davanti ad uno specchio, incredulo di ciò che stava vedendo. Non faceva altro che ripetersi
"No, Marco no. Perchè non Andrea... Viola?" 
Mentre Ilaria cercava di preparare una colazione che Silvio potesse gradire, lui andò in bagno a prepararsi. Dopo aver disperato per lo spazietto in mezzo ai denti di cui Marco era sprovvisto, si accorse delle pillole di Viagra. 
A quanto pare tutti centimetri deboli, Marco, eh? 
Si guardò attorno, come se temesse che qualcuno potesse guardarlo, e buttò giù una di quelle pilloline blu.

Quando Viola si svegliò, si accarezzò le gambe, e proprio grazie a quell'atto, nel sentire i lunghi peli fra le dita, sbarrò gli occhi, e si rese conto di avere delle sporgenze di troppo. Si guardò un po' in giro e riconobbe il luogo dove si trovava. Era già stata sdraiata su quel letto. Era una ragazza. Era cieca. Stava morendo. Sì, impossibile non riconoscerla: era la camera di Silvio.

Infine, Marco si risvegliò nel corpo di Andrea e, ironia della sorte, anche a lui squillò il telefono. Rispose una voce maschile che lo rimproverava chiedendogli che cazzo avesse fatto, perchè avesse staccato l'alimentazione a sua madre e continuava a ripetergli che stava per uccidere sua madre.
Che cazzo hai fatto, Andrè?
Cercò di ignorare l'accaduto e aprì l'armadio in cerca di qualcosa da mettere quando si imbattè negli stravaganti vestiti di Andrea. 

Andrea, vestito come una sgualdrina, incurante degli sguardi delle persone che lo fissavano, si presentò all'appuntamento con Simone . Pranzarono insieme e cominciarono a parlare. Andrea, con frasi tipo "E' un periodo che la do come se non fosse mia" fece intendere a Simone che possibilità di tornare insieme erano scarse. Molto scarse. Rasentavano lo zero. 

Silvio non perdeva tempo, non voleva farsi scappare un gran bel pezzo di figa, così sfoggiò le sue tattiche d'approccio e, proprio quando queste cominciavano a dare i loro frutti, durante un lungo bacio che presto si sarebbe tramutato in una scopata, assaggiò il potere di Marco. Ebbene sì, la telecinesi di Silvio, nel corpo di Marco, non funzionava, invece il potere di Marco funzionava eccome. Ebbe una visione. Vide tre persone, dei morti, anzi, dei non morti. Questa visione lo terrorizzò e, spaventato, prese la macchina per incontrarsi con gli altri. 

Decisero di trovarsi nel locale dove lavora Ginevra, la sorella di Marco. Viola, nel corpo di Silvio, sapendo quanto a lui piacesse Ginevra, si avvicinò a lei e quella, arrabbiata, disse:
"E tu hai ancora la faccia tosta di presentarti qua?"
"Mi devo vedere con gli altri."
"Beh, vedetevi da qualche altra parte, non mi interessa."
"Aspetta... Senti, qualsiasi cosa abbia detto o fatto... Sono un coglione."
"Meno male che te lo dici da solo. Senti, io ho da fare. Attacco tra cinque minuti."
"Aspetta... Aspetta, fammi spiegare. Ascoltami."
"Dimmi."
"...Io cerco di piacere. In questi giorni... Ho cercato di piacerti."
"E questo è il modo di piacermi? Trattarmi di merda?"
"Che coglione!"
"Senti, io sono fatto così. E' molto meglio non piacere per quello che non si è. Con una maschera siamo tutti più protetti. E poi iniziamo a fare delle cose che diventano abitudini e l'abitudine è difficile da cambiare, ed è difficile smettere di fare quelle cose e io... Insomma, Ginevra, io voglio cambiare."
Al sentire quelle parole, lei baciò il corpo di Silvio, ovviamente non sapendo che quelle cose non le aveva dette lui, bensì Viola. 
Ma quel momento romantico venne presto interrotto da Andrea, nel corpo di Viola.
"Silvio! Oh! Silvio! Bella! 'Ndò sta il cesso delle donne? Devo piscià."
Ginevra intimidita rispose:
"In fondo al corridoio, dietro al bancone."
"Grazie."

Si ritrovarono tutti attorno al tavolo. Andrea nel corpo di Viola, Viola nel corpo di Silvio, Silvio nel corpo di Marco e Marco nel corpo di Andrea. Ginevra portò al tavolo birra e noccioline. Finalmente i quattro cominciarono a parlare, cercando di non dar troppo conto ad Andrea sia per come fosse vestito, sia perchè si stava palpando le tette. Silvio rivelò a tutti la sua visione: dei tipi volevano ucciderli. Non ci fu tempo di pensare, che dalla porta del locale apparvero Giulia e Gabriele i quali cercavano i loro sguardi fra le tante persone presenti. Quando li videro, sorrisero. L'arrivo di quei due era una manna dal Cielo. 

La macchina era parcheggiata in un campo. Gabriele era seduto davanti, al posto del passeggero, e dormiva. Almeno ci provava, dato che ogni volta che chiudeva occhio, sempre lo stesso incubo lo perseguitava. 
Giulia era seduta sulla macchina, con in mano un quaderno rubato al laboratorio. Era immersa nelle parole. C'erano scritti alcuni pezzi del passato di Gabriele. Quindi sapevano del suo passato. Allora sapevano la storia di tutti. 
Durante la pisciatina di gruppo, cominciarono a pensare cosa fare, cercare di capire. Poi Giulia disse:
"Stanno facendo dei test."
E Andrea:
"In che senso?"
"In pratica selezionano cavie umane alle quali soministrano un virus."
"Perchè?"
"Cercano una cura." spiegò Giulia.
"Ah, quindi io c'ho la fica perchè quelli stanno cercando una cura! Grazie, avevo bisogno di sentirmelo dire." esclamò Andrea.
Allora Marco chiese:
"Cercano una cura e ammazzano le persone per farla?"
E Giulia rispose:
"Ragazzi, no! Per loro voi siete pericolosi. Chi ha scritto il diario dice che il virus cambia le persone, che le distrugge. E dato che non riescono a fermare questa mutazione, devono eliminare queste cavie."
"Posso chiedere, di grazia, cosa devono farci con questa cura?" chiese Andrea.
"Io non lo so, però... Boh. Secondo me la risposta stava qua." disse Giulia.
 
Viola propose di andarsene da lì, perchè non si sentiva affatto sicura. Così, salirono in macchina e se ne andarono. Vennero fermati da Shiva, uno dei morti non morti. Uscirono dall'auto increduli ponendosi milioni di domande, alle quali Gabriele rispose:
"E' il sangue dei puri. Hanno contaminato dei cadaveri con il virus che hanno usato su di voi."
Il tempo di concludere questa frase, che ne spuntò un altro dietro di loro. Giulia si avvicinò a Shiva e disse:
"Andrea, vattene!"
E lui, senza fiatare, cominciò a correre sui tacchi, scappando chissà dove.
"Lasciali andare. Ti stanno solo usando." disse Giulia a Shiva, il quale rispose:
"E' quello che voglio io contro quello che volete voi,"
Giulia sorrise. Questa frase le ricordò quella sera. La sera dove tutto ricominciò una seconda volta. Quando lei era in procinto di mordere Gabriele e gli altri, dapprima la fissavano inermi, poi cominciarono a scagliarsi su di lei, per fermarla. Poi tutto tornò indietro.
"Se mi uccidi, loro resteranno così per sempre" aggiunse Shiva. 
Il sorrisetto di Giulia si spense. 

Nel frattempo, i quattro stavano scappando cercando di rifugiarsi in un edificio abbandonato. 
"Viola, se ti fai ammazzare, giuro che mi incazzo!" gridò Silvio a Viola, la momentanea inquilina del suo corpo.
Silvio prese un'altra pillola di Viagra, e riuscì a vedere dove il Nonmorto lo stesse cercando.
Si separarono, e il Nonmorto non si fece cogliere impreparato: si sdoppiò e cominciò ad inseguirli uno ad uno.
Andrea, riuscì a sentire ciò che Shiva stava comunicando all'altro tramite il pensiero:
Devo riportargli solo il Puro e la ragazza. Sbrigati con quei tre! Se questa scopre come funziona è finita!
Andrea cominciò a correre disperato da Giulia.
In un modo o nell'altro, anche gli altri tre riuscirono a scappre. 
Shiva cercava di usare il suo potere su Giulia, ma stranamente non funzionava.
"Perchè cazzo con te non funziona?"
Arrivò Andrea con il fiatone che gridò:
"Giulia! E' 'na cazzata! Ammazza 'sto bocchinaro!"
Lei non se lo fece ripetere due volte che si scagliò contro Shiva.
Arrivarono tutti alla macchina, dove Gabriele stava avendo un attacco. Era a terra e sembrava non riuscisse a respirare. Andrea gli si avvicinò correndo, e chiamava Giulia. Si aggiunse anche Silvio attorno a Gabriele. Cercavano di soccorrerlo meglio che poterono.
All'improvviso, il Nonmorto apparve silente e conficcò un palo nella gola di Andrea. Sangue ovunque. La sua espressione dolorante dominò la scena. E quando quello gli tolse il palo, Andrea cadde come cade una bambola di pezza quando non la sorreggi più. 
Giulia si fiondò sul Nonmorto e lo uccise. Dalla bocca di Gabriele fuoriusciva molto sangue, sangue molto scuro, mentre continuava a contorcersi.
Per un attimo, nulla si mosse. Le anime uscirono dai corpi, per tornare in quelli originali. Giulia rimase lì, immobile, a guardare quello che stava succedendo. 
Tornarono nei loro corpi, ma per il corpo di Viola, non c'è stato nulla da fare. 

Presto arrivò la notte. Accesero un fuoco. Marco tentò in tutti i modi di tornare indietro, ma invano. Andrea era seduto di fianco a lui. Lo osservava e si rimproverava. Se solo fosse stato più attento! Marco prese le pillole di Viagra, quelle che aveva usato Silvio per utilizzare il suo potere. 
"No, ma che fai? Se poi la prendi c'avrai il cazzo duro per almeno tre giorni..." Andrea non fece in tempo a terminare la frase, che Marco l'aveva già inghiottita.
"Senz'acqua... Come i professionisti." commentò Andrea.
Si aggiunse anche Viola, che prima era in macchina. Ma non era nel suo corpo. Viola era rimasta nel corpo di Silvio. 
Marco si allontanò e andò verso Giulia.
"Posso vedere?" le chiese.
Gli allungò una medaglietta.
"Luciano Martinelli, via Barba 7" lesse Marco e aggiunse:
"Che vuol dire?" 
"Me l'ha lasciato mia mamma. Dentro c'era anche questo" rispose Giulia, passandogli un bigliettino.
"Questa è la risposta che cercavi." lesse nuovamente Marco.
"Figo, no?"
"E' che non so neanche qual è la domanda."
Nel frattempo, Andrea chiese a Viola se Gabriele fosse morto e lei gli rispose di no, perchè respirava ancora.
"Che hai?" le chiese.
"Mal di testa..."
"Vuoi che chiami qualcuno? Non so... Prendo delle erbe mediche... Chiamo aiuto... Boh, non lo so..."
"Sta' zitto, Andrè, dai."
Viola si allontanò, quando vide Domenico, l'amico immaginario di Silvio.
"Chi sei?" gli chiese.
"No. Chi sei tu." le rispose. 
Marco e Andrea la raggiunsero e Domenico sparì. 

Giulia era davanti al fuoco. Guardava Gabriele a terra, che respirava ancora, e ripensò a quel giorno in cucina. Quando stavano per baciarsi e poi il cellulare squillò. Andò nell'altra stanza e ritrovò sua madre morta con un fagottino, nel quale c'erano il biglietto e la medaglietta. 

La polizia, quella sera, trovò il corpo di Viola. Ma Giulia si era già allontanata. I poliziotti trovarono anche i ragazzi, ma Marco sparì indietro nel tempo: il Viagra aveva fatto effetto.
Viola era terrorizzata. Lei e Andrea entrarono nella volante. Lei vedeva ancora Domenico. Giulia fu fermata da un uomo, L, un puro che la stava cercando. Le disse di seguirlo, che era pura anche lei e che le avrebbe dato aiuto.
Gabriele, ormai svegliato dai suoi incubi, ricominciò ad avere i suoi attacchi, ed infine morì. Da solo, in un campo, steso a terra. Solo.
Rinchiusero Andrea e Viola in una cella provvisoria, giusto per passare la notte, per poi, il giorno dopo, spostarli definitivamente.
"Vabbè, penso che sia il caso di dormirci su." disse con un filo di voce Andrea.
"Ma come fai?" chiese Viola.
"Non lo so. Ci provo."
Andrea si addormentò, ma Viola rimase sveglia. Un po' per lo shock di tutto ciò che era successo, un po' per il mal di testa, un po' per Domenico.
"Chi sei?" gli chiese nuovamente.
"Silvio. Almeno credo. Cioè, fino a qualche ora fa ero Silvio, però nel corpo di Marco. E ora boh. Tu che sei nel mio corpo, piuttosto... Chi sei?"
"So' Viola, Sì."
"Ah. Bene così."
"Ma si può sapere che cazzo è successo? Perchè non sono morta io o Andrea? Non ha senso!"
"Invece sì, ce l'ha..."
"Me devi dì qualcosa, Sì?"
"Sai, i mal di testa che c'hai?"
"Eh..."
"Ecco io... Ho un tumore al cervello. Lo sapevo. L'ho sempre saputo. Così, quando la mia anima è uscita dal corpo di Marco, ho usato il mio potere."
"Ma come hai fatto? Non potevi usarlo, ce l'aveva il tuo corpo... Cioè io!"
"No. Ce l'aveva la mia anima, solo che il corpo di Marco non aveva la predisposizione adatta per usarlo."
"E così hai scambiato le nostre anime..."
"Esatto."
"E perchè?"
"Te l'ho detto... Io ero destinato. C'era una possibilità di salvare te o Andrea o come te pare. Alla fine... Vi voglio bene."
"...Grazie."
"Figurati. Solo che adesso sono nel corpo immaginario di Domenico, il mio amico immaginario."
"E ora? Che se fa?"
"Boh."

Passò la notte, e il giorno dopo li portarono nella cella 316. E lì, ci conoscemmo.






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Capitolo 2
*** Parte della Gang ***


Era mattina presto quando la guardia battè il manganello contro le sbarre.
"Sveglia, Raggio di Sole, hai dei nuovi amici!" gridò.
"Fottiti." risposi.
Entrarono Andrea e Viola, ancora intrappolata nel corpo di Silvio. Avevano un'aria spaesata, confusa e impaurita. Di certo non è il modo migliore per presentarsi in una nuova cella. Non sai mai chi ti puoi ritrovare come coinquilino.
"Benvenuti nella cella 316. Preghiamo i signori passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza. Per qualsiasi evenienza le uscite di sicurezza non ci sono. Non serviremo noccioline e non saranno riprodotti film durante il viaggio. Grazie ebuona permanenza." cercai di tranquillizzarli.
Sorrisero.
"Regà, nun ve mangio, eh! Piacere, sono Laura."
"Andrea"
"V... Silvio."
"Vsilvio? Mhh, nome bizzarro."
'Bizzarro 'sti cazzi. Sono una ragazza bloccata nel corpo di un ragazzo. Questo è bizzarro' pensò.
"Oh, questo sì che è bizzarro."
"Questo cosa?" chiese Andrea.
"Il fatto che lei sia bloccata nel corpo di questo bel ragazzo."
"Ma come fai a..." Viola non fece in tempo a terminare la frase quando aggiunsi
"Leggo nel pensiero. E' il mio potere. Tu gestisci i sentimenti della gente come se fossero marionette e tu riesci a vedere con gli occhi altrui. Fico."
"Ok, il tuo potere è 'na figata assurda. Ce facevi i sordi, eh?" disse Andrea.
"Sì, lo usavo per vincere a Poker." risposi.
"Senti ma... Te ce hai capito qualcosa de 'sti poteri?" mi chiese Viola.
"Ho capito che il potere che abbiamo è strettamente legato alla nostra personalità, a chi eravamo prima di averli."
"In che senso?" chiese Andrea.
"Ad esempio io, ho sempre avuto problemi con la gente, perchè mi parlava alle spalle. Con questo potere so esattamente cosa pensano di me, come qualsiasi cosa pensino in generale. Tu, che controlli le emozioni, probabilmente sei stato vittima di qualcuno che ti manipolava, che era sempre in grado di farti incazzare o di farti star male. E ora me ne stai dando la conferma. Pensi a tuo padre. E tu, Viola, la tua vita è stata sempre piena di casini. Tante volte hai desiderato di essere qualcun altro, talvolta per il modo in cui la gente ti ha trattata, e talvolta per il modo in cui ti sei trattata da sola. Sì, Simone. Per questo puoi metterti nei panni di qualcun altro."
"Wow. E come ci sei arrivata?" chiese stupito Andrea.
"Sai, quando sei in prigione hai molto tempo libero. E Silvio..."
"Silvio?" mi chiese Viola.
"Silvio... E' morto." disse amareggiato Andrea.
"Stronzate, non è morto. E' qui. Sento i suoi pensieri. Dice di essere nel corpo del suo amico immaginario."
"E' vero." confermò Viola.
"Come 'è vero' ?" chiese Andrea.
"Io lo vedo. Cioè, vedo il suo amico immaginario. Ieri sera, mentre dormivi, ho parlato con lui. Mi ha detto che..." 
"Le ha detto che per salvà 'r culo a te o a lei, ha fatto uno scambio di anime, ma stranamente si è ritrovato in un corpo immaginario." aggiunsi.
"Ma io non l'ho pensato." disse Viola.
"Tu no, ma Silvio sì. Se chiama Silvio, ve'?"
"Sì." disse Andrea.
'E perchè io sono telecinetico?' pensò Silvio.
"Silvio mi ha chiesto perchè è telecinetico. Beh, perchè, a quanto pare le cose nella tua vita non vanno come vorresti, e spostando gli oggetti hai l'opportunità di cambiare le cose a tuo piacimento..." dissi.
'Non dire ad Andrea del tumore...' pensò Silvio.
"E... Come mai sei qui?" chiese Andrea.
"Potrei farvi la stessa domanda." risposi.
"Sarebbe inutile, già sai la risposta." controbattè Viola.
"Giusto. Vabbè, ve la faccio breve: Ho ucciso una persona. Per legittima difesa. Solo che è questo secondo pezzo che manca A QUESTI COGLIONI!" gridai per far in modo che le guardie sentissero.
"Fammi indovinare, avevano una pistola, walkie-talkie, vestiti di nero..." disse Andrea.
"Ao', so' io quella che legge nel pensiero!" risposi sdrammatizzando.
Sorrisero di nuovo. Anche Silvio rideva, lo sentivo. 
'E Jimmi? Lo conosci?'
"Sì, Silvio, Jimmi è una mia vecchia conoscenza." risposi.
"Bene, se po' dì che fai ufficialmente parte della Gang." aggiunse Andrea. 
"Ma Giulia? Giulia dov'è?" chiesi seriamente.
"Giulia? Come conosci Giulia?" 

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Capitolo 3
*** Ho seguito il tuo odore ***


"Dov'è Giulia?" insistetti.
Viola mosse le labbra, come se stringesse le parole fra i denti, ma non riuscì ad emettere suono che all'improvviso apparve un ragazzo.
"Marco?" esclamò Viola.
"Ma da dove sei uscito? 'Ndò stavi? Che fine hai fatto?" lo interrogò Andrea.
Ancora pippe, Mà? pensò Silvio.
"Ah, sei qui per una sega!" esclamai.
"E lei chi è?" chiese Marco un po' confuso.
"Sono quella nuova. Piacere, Laura. Ah, leggo nel pensiero" risposi.
"Marco. Viaggio nel tempo..." rispose
"A ritmo di pippe, a quanto ho capito. No, non sono stati loro, me l'ha detto Silvio." aggiunsi.
"Silvio?" mi chiese stupito.
"Sì, è vivo. Solo che è nel corpo del suo amico immaginario. Io lo vedo." rispose Viola.
"Che significa 'lo vedo' ?" 
"Lo vedo e ci parlo. Ha scambiato le anime, non lo so, non ci ha capito 'n cazzo manco lui!".
"E tu senti i suoi pensieri, giusto?" mi domandò.
"Perspicace il ragazzo!"
Ridemmo. 
"Ma... Senti 'n po', dove hai detto che sei stato?" insistette Andrea.
"Boh." rispose Marco.
"Ma come boh?!" esclamò Viola.
"Te l'avevo detto di non prende niente, ma c'hai la testa dura come 'r cazzo!" rispose Andrea.
"Immagine interessante." dissi.
"Sentite, non ho idea di dove mi trovassi. Era un campo. Distese di erba ovunque, non c'era nulla tranne un lavatoio e qualche pecora qui e là. 
E, seduta al lavatoio, una ragazza giovane e bellissima..."
Lo sguardo di Viola, improvvisamente divenne vuoto e quel sorrisetto che le si dipingeva sul volto quando guardava Marco, si spense.
"E come hai fatto a ritornare qua?" chiese Andrea.
"Ci siamo baciati e poi puff." rispose.
"Ti sei dimenticato di dirci come era vestita..." rispose scocciata Viola.
"Boh, cioè non come ci si veste oggi. Credo di essere andato parecchio indietro. Ma come hai fatto a...?" Marco non fece in tempo a concludere la domanda.
"Il mio potere." rispose infastidita. 
"Beh, tu che hai il cellulare, chiama Giulia e facci uscire di qua!" gli ordinai.
"Il numero di Giulia non ce l'ho..." mi rispose amareggiato.
"Chiama Gabriele... Magari si è ripreso." suggerì Andrea.
 
"Pronto?"
"Bella Gabriè!"
"Oh, Marco!"
"Come stai?"
"Risorto."
"Ah."
"Tu?"
"Confuso. Senti, non è che puoi farci un favore?"
"Farci? Ma co' chi stai?"
"Con Viola, Andrea e una nuova."
"Una nuova? Vabbè, dimmi, 'ndò state?"
"In prigione."
"Ah.E... Perchè?"
"Lunga storia, poi te spiego. Senti, devi tirarci fuori. Siamo nella cella 316."
"E come faccio?"
"E che ne so io!"
"Vabbè vedo che riesco a fare."
"Ok, ciao."
"Ciao."
 
"Allora?" chiese Andrea.
"Arriva la cavalleria." rispose Marco.
Bene così. pensò Silvio.
"Ti ha detto quando?" chiesi.
"No. Però arriverà." mi rispose.
Ci guardammo tutti perplessi. Quella cella sembrava sempre più piccola, secondo dopo secondo. Non so, forse era solo una mia impressione. Eppure ero certa che quelle
pareti verdi volessero schiacciarci. 
Mi stesi sulla branda, Viola si stese accanto a me. Di fronte a noi c'era Marco seduto a terra che guardava il cellulare e alla sua destra c'era Andrea in piedi che 
fissava il lavandino. 
Sentimmo un rumore che proveniva dal fondo del corridoio. Qualche istante dopo riconoscemmo Gabriele. 
"Beh, qual è il piano?" gli chiese Andrea frettoloso.
"Niente piano." rispose Gabriele.
"COME NIENTE PIANO? STIAMO QUI A GUARDARCI?" esclamai.
"Presentarsi è un inizio... Gabriele."
"Piacere, Laura."
"Che dite, prendiamo pure un caffè?! Che famo adesso?!" disse Marco.
"Non lo so. Sono venuto nella speranza che guardando la situazione, mi sarebbe venuta qualche idea, ma..." Gabriele fu interrotto da un altro rumore proveniente
anch'esso dalla fine del corridoio.
"Giulia! Come hai fatto a trovarmi?" chiese Gabriele.
"Sapevo che non eri morto. Ho seguito il tuo odore, di nuovo." rispose lei.
"Giulia!"
"Laura!"

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Capitolo 4
*** Evasione ***


Che gioia poterla rivedere. Mi sentivo a casa. Rimasi immobile davanti a lei e anche Giulia mi guardava pietrificata.
Nei suoi occhi lucidi di gioia, riuscivo a vederci anche i miei occhi azzurri. Un brivido che mi partì dalla schiena si 
propagò in tutto il mio corpo. Prima alle spalle, al collo, alle braccia, poi alle dita delle mani che mi tremavano. Poi
alle gambe che mi reggevano a fatica. 
Era brava a mascherare tutto ciò, ma io sapevo che ha reagito nel mio stesso modo. L'ho sentito. 
Forse è stato Andrea ad influenzarla? No, un momento. Lui era confuso, non emozionato. Non era stato lui. Aveva realmente
reagito come me. 
Poi il silenzio si interruppe.
"Ma voi vi conoscete?" chiese Gabriele.
Giulia strizzò gli occhi, come se volesse essere certa che tutto ciò stesse accadendo davvero.
"Sì, diciamo di sì." rispose lei.
"Diciamo?" chiese Viola.
"Non è che possiamo parlarne dopo? Non è per essere maleducato, ma me so' rotto i coglioni a sta' qua." esclamò Andrea.
"Sì, ma la domanda è sempre la stessa: Come?" aggiunse Marco.
Guardammo tutti fuori dalla cella, verso Giulia e Gabriele.
Sembrava che lei si fosse estraniata. Chiuse gli occhi. Strinse i pugni. Notai del fumo uscire da suoi pugni.
Gabriele si avvicinò a lei preoccupato.
"Non la toccare!" gli ordinai.
Lui si immobilizzò senza fare domande. 
Giulia inspirò profondamente e tese le braccia verso le sbarre che avvolse con le sue dita infuocate. 
Si udì un suono simile a quello di una teira impazzita. Infine allargò le sbarre come se fossero fatte di pongo. 
Delicatamente allentò la presa che aveva sulle sbarre fino a lasciarle e, con la delicatezza di una farfalla che si posa su
un fiore, ripose le sue braccia lungo la vita. Infine aprì gli occhi e ci ritrovò tutti stupefatti e senza parole.
"Non avevate fretta di uscire?" ci chiese sarcasticamente.
Marco e Viola uscirono subito, anche se ancora sconvolti dallo spettacolo alla quale avevano assistito.
"Ma ma ma..." biascicò Andrea incredulo.
Gli presi il polso e me lo tirai dietro.
"Andiamo, Andrè!" dissi.
"Ma hai visto pure tu?" chiese stupefatto.
"Sì, però muoviti ad uscire, che se ci beccano so' cazzi." risposi.
Nell'udire quelle parole, si lasciò trascinare fuori. Gli lasciai il polso e raggiunse gli altri due.
Io mi fermai a guardare Giulia. Ma quel momento durò poco perchè subito mi ritrovai fra le sue braccia. Chiusi gli occhi
ricolmi di lacrime di gioia e in quell'abbraccio cercai di assorbire il più possibile di lei, come per osmosi. Durante
quell'abbraccio aprii gli occhi e vidi Gabriele che si trovava subito dietro Giulia, quasi fosse il suo cagnolino. 
Lui mi guardò un po' confuso. Non riusciva a spiegarsi il perchè del mio sorrisetto nel vederlo, del resto, non ci eravamo
mai visti prima d'ora. 
In quel momento sentii una sensazione di quiete, di pace, che fu subito interrotta dalle mille domande che volevano farmi
alle quali, però, io non potevo rispondere loro, almeno fino a quel momento.
"Oh! Ci diamo una mossa?!" si lamentò Viola.
E, come se fossimo tornati alla realtà, ci staccammo e raggiungemmo gli altri. 
Quei corridoi parevano tutti uguali. Per quanto corressimo, sembrava che stessimo percorrendo sempre la medesima ala
dell'edificio. Iniziammo a chiederci se ci trovassimo in un carcere o in un labirinto. 
 
Riuscimmo ad evadere. Erano le 23:30. 
"Dai, andiamo da me." disse Viola.
"Ti ricordo che sei nel corpo di Silvio..." le feci notare.
"Non preoccuparti, vivo da sola, non c'è problema." mi rispose.
"No, è che non hai le chiavi. Sai, non essendo nel tuo corpo..."
"Cazzo, è vero!" mi interruppe. 
"Vabbè, dai, venite da me. Tanto abito qui vicino." disse Giulia.
 
Ci sedemmo in cucina, attorno al tavolo. Giulia era appoggiata al piano di lavoro della cucina e guardava Gabriele. Anche
lui la guardava. Pensavano a quel bacio mai dato. 
"Com'è che vi conoscete?" chiese Marco.
"Un giorno me la sono ritrovata in camera mia." dissi.
Ah, tu ti ritrovi le ragazze in camera? Perchè queste cose non succedono anche me? disse Silvio.
Io e Viola iniziammo a ridere sotto lo sguardo confuso degli altri.
Gabriele lanciò un'occhiata confusa a Giulia.
"Sai quando mi proiettavo da te? E quando tu ti proiettavi da me?" chiese retorica Giulia.
Gabriele annuì.
"Ecco, io mi stavo esercitando e mi sono ritrovata da lei." aggiunse.
"E tutto 'sto amore quand'è nato?" chiese Andrea.
"Che amore?" chiese Giulia imbarazzata.
"Daje, quell'abbraccio di tre ore e mezza. Solo perchè vi siete viste per caso?" chiese Andrea.
"Ah!" esclamò Giulia.
"No, è che non conoscevo nessuno che, come me, avesse dei poteri. Così ne abbiamo parlato. Mi sono sfogata e siamo
diventate amiche." dissi un po' incerta.
"Non ci eravamo mai viste di persona prima di stasera." aggiunse Giulia.
"Ah..." esclamò Andrea un po' confuso. 
 
Viola e Marco si scambiavano degli sguardi accompagnati da svariati pensieri che mi affollavano la testa e che non riuscii
a percepire bene. 
 
"Vabbè, io vado a casa. Cioè, a casa di Silvio." disse Viola scocciata.
Salutami mia madre. E dille che mi manca. disse Silvio.
"Non posso, Sì, sono nel tuo corpo, sarebbe strano." rispose Viola.
Per favore, fallo comunque. la pregò Silvio.
Viola sospirò.
"Dai, ti accompagno." si offrì Marco. 
"Non ne ho bisogno, grazie." rispose infastidita Viola.
"Vengo io, tanto facciamo la stessa strada." aggiunse Andrea.
I due si allontanarono.
"MA CHE TI HO FATTO, VIO'?!" gridò Marco.
Viola non rispose e quell'indifferenza scosse Marco che se ne andò.
"S'è fatta 'na certa... Andrei anch'io." dissi timidamente.
"Ma ci rivedremo vero?" mi chiese Giulia.
"Certo!" risposi con entusiasmo.
"A quanto ho capito, fa parte della Gang ora." rispose Gabriele sorridendo.
Ricambiai il sorriso. 
Li salutai e uscii dalla porta.
 
Mi incamminai verso casa. Dopo aver attraversato uno o due incroci sentii un:
Aspèè!
"Silvio?"
Eh, chi vuoi che sia?
"E che ne so io!"
Tu non me la racconti giusta.
"Ma che...? Guarda che sei tu che appari così all'improvviso."
Se vabbè...
"Che fai, mi accompagni a casa?"
Che ti dispiace?
"No no, anzi. Mi fa piacere stare in compagnia."
Beh, dov'è che abiti?
"Via Barba 7"

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Capitolo 5
*** Non è questo il momento ***


"Beh, eccoci qua." dissi davanti al portone di casa. 
Mi sistemai i ricci castani. Devo ammettere che specchiarsi nel portone e non vedere il riflesso della persona con la quale si parla, è strano. Prima non era così.
Carina questa zona. Ci passavo spesso con la macchina, ma non mi sono mai soffermato a guardarla bene.
"Ti va di salire? Sempre se non hai altro da fare..."
E che dovrei fare? Teoricamente non esisto.
"Non so... Pensavo che tu seguissi il tuo corpo..."
Ma chi, Viola? Hai visto come stava? Non avevo voglia di sentirla lamentarsi. Preferisco seguire il mio cuore.

"Eh?"
Nel senso, preferisco allontanarmi dal mio corpo e dalla mia vecchia vita, anche perchè non credo di riuscire a tornarci tanto presto...
Entrammo nel palazzo e salimmo le scale. Il tutto in un imbarazzante silenzio.
"Fa' come se fossi a casa tua!"
L'avrei fatto comunque, tanto non mi vedi. Scherzò.
"Ricorda che ti sento!" gli urlai dall'altra stanza.
E come mai mi hai invitato a salire? Non è che te sei innamorata di me? Rise.
"Sai, io sono educata. E poi mi fa piacere la tua compagnia. Rispetto a star sola..." 
Vivi da sola?
"Già..."
Neanche una coinquilina? ... Amici? ... Niente?
"Eh no..." sospirai.
E... i tuoi? 
Abbassai la testa.
Toccato tasto dolente?
"E' complicato..." mi limitai a rispondere.
Mi sedetti sul divano blu e sprofondai fra i cuscini. Misi le mani in faccia e successivamente mi massaggiai la fronte con le dita.
"Dove sei?"
Seduto alla tua destra. C'è qualcosa che non va? 
"No, è tutto ok. E' che sto pensando... Che cazzo di situazione!"
Già, che rate.
"Beh, e questa Ginevra alla quale pensavi in cella?"
Stendiamo un velo pietoso. Non le piacevo davvero. Penso che fosse soltanto il potere di Andrea. 
"E come fai a dirlo?"
Ormai sono 'sparito' da un po' e non mi ha nemmeno cercato. Ma non fa niente.
"Provi indifferenza nei suoi confronti. Lo sento. Ma perchè di me non pensi niente?"
E chi ti ha detto che non penso niente? Sorrise.
"Eh, non sento niente..." aggiunsi perplessa.
Eh, mi sto esercitando. Aggiunse con tono compiaciuto.
"E cioè?" chiesi curiosa.
Sto imparando a controllare i miei poteri anche da qui dentro.
"Ma non puoi farlo! Cioè, non sei nel tuo corpo!"
Ma essendo un corpo che IO ho immaginato, lo immagino adatto al mio potere.
"Ah, quindi respingi i miei tentativi di sentirti?" chiesi scherzosa.
Esattamente.
"Ma sei stronzo! Ahahah! E perchè?"
Tu non mi lasci entrare nella tua testa, e io non ti lascio entrare nella mia. Me pare ovvio, no? Occhio per occhio... disse con tono beffardo.
"E pensiero per pensiero, no? Ahahah!"

Volevo dirglielo. Sentivo quello stramaledetto bisogno. Sentire i suoi pensieri, mi riportava indietro nel tempo. Una marea di immagini e di ricordi pervase la mente. Non potevo in quel momento. L'avrebbe saputo al momento opportuno. Lui e gli altri. Non in quel momento. Non in quel luogo. Non in quella situazione. Era troppo presto. Anche se sapevo che avrebbe capito. Ma quanto era dura sopportare quel fardello, vivere giorno dopo giorno con quel macigno sullo stomaco. Mi mancava. Mi mancava tremendamente. Avrei voluto vomitargli tutto il mio malessere lì, su quel divano. Per un attimo ho creduto perfino di farlo.

Mi voltai alla mia destra. Ovviamente il divano era vuoto. Non avrebbe avuto senso rivelargli tutto senza poterlo nemmeno guardare negli occhi. 

Maledetta VEX. Maledetti esperimenti. Perchè ci trattano così? Dannazione. Nella mia testa queste frasi si ripetevano all'infinito.

Dovevo trovare una soluzione. Dovevo fare in modo che la mia vita e quella di tutti gli altri tornasse quella di prima. 

Devo dirglielo. No, non devo. Sì, invece. Ma quando? Ora no. Non è questo il momento. Sarebbe tutto più facile se sapesse, ma devo pensare anche a lui. Devo aspettare. Gli avvenimenti devono seguire il loro corso naturale. 

E con questi pensieri, che sovrastavano quelli di Silvio, e i ricordi nel cuore, mi addormentai con una lacrima che mi segnava il viso.

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Capitolo 6
*** Oggi c'è il tuo funerale ***


C'eravamo tutti. Proprio così come li avevo lasciati. Tutti insieme nel parco, non ricordo nemmeno quale anno fosse. Di certo era il periodo più bello di tutta la mia vita. Mamma, papà, lui e i nostri amici. Ricordo le risate, la gioia, la spensieratezza e un eterno futuro. Ma, come al solito, sono arrivati gli umani e hanno rovinato tutto. Sono gelosi. Ma gelosi di cosa? Non capiscono la fortuna che hanno. Non sanno quello che abbiamo passato, per questo ci invidiano. L'essere umano è geloso e soprattutto presuntuoso, per definizione. Gli umani sono i maestri del 'rigirare la frittata'. Oh, ricordo ancora quelle che spacciavano per 'Guerre Sante'. Per non parlare della 'Missione Civilizzatrice' del 1492, un massacro. E tralasciamo il periodo tra il 1939 e il 1945! Già, loro devono STUDIARE. Ma che si fottano tutti.

Quando il mio sogno si trasformò in un incubo, mi svegliai di soprassalto. Erano le 9.00 ed ero ancora su quel divano. Mi sentivo a pezzi. Dio, quanto era scomodo quel maledetto divano!
"Silvio? Sei ancora qui?" chiesi.
Nessuna risposta. Poverino, avrà parlato, anzi, pensato, inutilmente. Se ne sarà andato. Un momento. Andato? Ma come? No, non ci credo. Non può oltrepassare i muri... Oppure può?
Mi alzai ancora un po' stordita per quel sogno. Andai in bagno per farmi una doccia.
Sebbene lo scrosciare dell'acqua fosse forte, non riusciva ad azzittire i miei pensieri, nemmeno per un secondo.

Perchè togliere loro la memoria? Perchè? I ricordi sono tutto ciò che abbiamo. Viviamo di ricordi. Ci temono. Hanno paura. Tempo fa questo non mi sembrava affatto possibile, eppure adesso so che l'idea dello scontro non è poi così lontana dalla realtà. Stanno facendo tutto da soli. Perchè consentire che tutto ciò avvenga? L'ennesimo massacro, ecco cosa sarà. Si stanno distruggendo con le loro stesse mani.

Afferrai un accappatoio e lo indossai. Cercai di farmi spazio fra le nubi causate dall'acqua troppo calda. Mi avvicinai allo specchio inevitabilmente appannato. Con la manica dell'accappatoio pulii lo specchio. 

Buongiorno, principessa!
"Silvio? Sei tu, ve'?"
Certo che so' io. 
"Ma ieri te ne sei andato?"
Che dovevo restare a guardare come dormivi?
"No, figurati! Intendevo: Come te ne sei andato?"
Dalla porta.
"Riesci ad aprirla?"
Non ancora, ma ci sto lavorando.
"E allora come hai fatto? Che ci sei passato attraverso?"
Perspicace. 
"E come hai fatto? Mica sei un fantasma!"
Ho spostato gli atomi del mio 'corpo' per consentirgli di oltrepassare la porta.
"Ma che te le studi di notte 'ste cose?"
Quasi ahahah!
"E... Come mai sei venuto?"
Non sapevo dove andare, allora ti ho pensato.
"Sono proprio l'ultima spiaggia, eh? Ahahah!"
Non l'ultima. L'ultima sarebbe stata Viola. Famo 'a penultima ahahah!
"Senti, sai 'ndò stanno gli altri?"
No...
"Bene."
Noto una certa punta di sarcasmo.
"Tu dici?"
Eh, dico.
"Proviamo 'na cosa..."
Cosa?
"Riesci a portare qua i pensieri degli altri? Così capisco dove sono e li raggiungiamo."
Eh, chiedi troppo. Vabbè, ce provo. Ma non ti assicuro niente!

Dopo diversi tentativi, Silvio riuscì a 'passarmi' i pensieri.

Beh?
"Si stanno preparando per andare a fare colazione al bar."
Bene così.
"Vado a vestirmi e andiamo."

"Chi nun more se rivede!" esclamò Andrea.
Simpatico. pensò Silvio.
"Bella!" salutai.
"Sto andando a fare le ordinazioni, te che prendi?" mi chiese Gabriele.
"Cappuccino e cornetto alla Nutella." risposi.
Prendilo alle visciole. Non sai che te perdi. pensò Silvio.
"Ma devi commentare ogni cosa che faccio?" chiesi.
Gabriele mi guardò strano.
"No, parlava con Silvio." gli riferì Viola.
Marco non fiatò, rimase tutto il tempo a testa bassa. Invece Giulia mi guardava. Forse stava capendo qualcosa o forse lo speravo soltanto. 
"Dovete darmi i vostri numeri. Non potete immagina' che casino per trovarvi!" dissi.

Dopo aver mangiato e dopo esserci scambiati i numeri di cellulare, le facce serene diventarono serie.

"Regà, dobbiamo fa' qualcosa. Non posso più risvegliarmi co' 'na mazza fra le gambe!" esclamò Viola.
Esatto. L'Uomo Immaginario vorrebbe tornare nel proprio corpo. pensò Silvio.
Viola ripetè per Silvio.
"E ricordo che girano degli zombie che vogliono ucciderci." aggiunse Andrea.
"Per non parlare degli uomini della VEX. E non tirar fuori di nuovo quella stronzata del Mezcal!" disse Marco.
"Del Mez...che?" chiesi.
"Lascia stare..." mi rispose Viola.
"E vi ricordo che la polizia vi cerca." aggiunse Giulia.
"Ah già, l'evasione." sospirò Andrea.
"Io direi di cominciare con i corpi." disse Marco.
"Sì, ma come facciamo?" chiese Viola.
"N-non lo so! Però saremmo già a buon punto se avessimo il tuo corpo." biascicò Marco.
"Oggi c'è il tuo funerale. Ho visto il necrologio." disse Giulia.
"Stanotte ci ritroviamo e la disseppelliamo." suggerii.
"A mezzanotte davanti al cimitero?" chiese Andrea.
"Portate le vanghe!" aggiunse Gabriele.
"Ma perchè mi immischio sempre in 'ste cose macabre?" sospirò Andrea.

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Capitolo 7
*** Al cimitero ***


Non è che riportarla nel suo corpo la farà allontanare da me? No, non ora che siamo così vicini! Con me sta bene, ride. Dai, con me è felice, si vede da chilometri di distanza. Eppure c'è sempre qualcosa che la spinge da lui. Che cos'ha lui di tanto speciale? Boh. Non voglio che lei creda che io sia soltanto un cazzone, perchè non è così. Io so come amarla. Come lei merita di essere amata. E poi, con il suo potere... Tra loro non può funzionare. Spero davvero che non mi veda come un amico, perchè sarei fottuto. Bloccato nella friendzone, che rate. E ci pensi? Magari verrà pure a raccontarti tutti i cazzi loro, dalle litigate alle sorprese. No, Andrè, non ci pensare.

"Beh, che famo? Guardiamo il cancello ancora per un po' o ci decidiamo a entra'?" disse Andrea.
Ma come fa? Come fa a mascherare tutto quel ciclone che ha dentro? 
"Laura, tutto ok?" si preoccupò Gabriele. Per un attimo mi chiesi se fosse lui a leggermi nel pensiero.
"Beh, diciamo che non è cosa da tutti i giorni entrare in un cimitero, nel cuore della notte, per disseppellire un cadavere. Ah, senza contare il fatto che siamo ricercati e non sappiamo nemmeno dove mettere 'sto cadavere nè, tantomeno, come far rientrare Viola e Silvio nei loro corpi. Direi che questa rientra nella TOP 5 delle mie serate... ehm... particolari?" risposi. 
Scavalcammo il cancello e accendemmo le torce.
"Che a nessuno venga la brillante idea di dire 'dividiamoci' !" esclamò Viola.
"E di che hai paura? Sono tutti morti!" la rassicurò Giulia.
"Ah, quindi hai totalmente rimosso il tipo che mi ha trafitta?" rispose Viola.
"No, ma quello era un esperimento della VEX, tutt'altra cosa." contestò Giulia.
"Ah, beh, questo mi tranquillizza molto, devo dire." rispose sarcastica.
"Oh, al massimo ci ritroviamo a balla' Thriller co' gli zombie, fidate." commentò Andrea.
"FIDARSI? DI TE? SE E' BLOCCATA NEL CORPO DI SILVIO, E' SOLTANTO COLPA TUA!" gridò Marco.
"Marco!" lo rimproverai.
"Che t'impicci te? Manco c'eri!" mi azzittì.
"Lo sai che non è colpa sua!" rispose Gabriele.
"Abbassiamo il tono di un paio di tacche! Non è colpa di nessuno, non li abbiamo voluti noi 'sti poteri di merda!" ribattè Viola.
In silenzio ci addentrammo nel cimitero, alla ricerca della tomba di Viola. Leggendo ogni lapide nella speranza di trovare al più presto 'Viola Cesa De Castaldo'. Quel luogo faceva venire i brividi.
Ero in fondo al gruppo da sola. Nessuno fiatava.
Ehi, non te la prendere per quello che ha detto Marco... E' solo geloso. pensò Silvio.
"Sì, lo so. Si comporta come un bambino, mi fa incazzare." sussurrai.
Non prenderlo sul serio. Lo sai, non ce l'ha con te, ma con Andrea. 
"Sì, so tutto... Senti, devo di..." non feci in tempo a concludere la frase: gli altri avevano trovato la tomba.
"E adesso?" chiese Giulia.
"E adesso si scava." rispose Gabriele porgendoci le vanghe.
Cominciammo a scavare. Ogni zolla di terra che rimuovevo, mi faceva sentire più vicina a quel passato che non vedevo l'ora di riabbracciare. Nonostante la strada da percorrere fosse ancora lunga, mi sentivo sempre più forte. Forse stavo crescendo. 
Con la vanga toccai una superficie dura.
"Me sa che ci siamo." dissi.
Liberammo la bara dalla terra e la tirammo su. 
Giulia chiuse gli occhi. Tutti ci voltammo per guardarla. Le sue unghie erano diventate lame affilatissime. E, con la sua grazia e delicatezza, si avvicinò alla bara e riuscì a romperla e a tirar fuori il corpo di Viola. 
Marco la prese in braccio e la adagiò delicatamente a terra, con la cura che solo un ragazzo innamorato poteva avere. 
Ci guardammo tutti negli occhi con uno sguardo confuso. 
Beh, me pare ovvio che ora sia il mio turno, no? disse Silvio.
All'improvviso si fermò tutto. Come se qualcuno avesse cliccato il tasto 'pausa'. Dal corpo di Silvio apparve un bagliore di luce gialla, che somigliava a fumo colorato, e di fianco a me, comparì un bagliore simile, ma color arancione.  Dapprima i bagliori si intrecciarono, come se stessero ballando, infine il bagliore arancione entrò nel corpo di Silvio e quello giallo nel corpo giacente a terra di Viola.
Silvio inspirò profondamente, come se, in tutto quello che pareva un lunghissimo arco di tempo, avesse trattenuto il respiro. 
"Io ci sono." disse Silvio che si girò verso Viola. 
E dopo alcuni interminabili secondi, Viola aprì gli occhi. La aiutai a rialzarsi.
"Tutto bene?" le chiesi.
"Sì, mi sento un po' strana, ma sto bene." mi rassicurò.
Ricoprimmo la fossa come meglio potemmo e ci avviammo verso il cancello. Lo scavalcammo nuovamente.
"Domani alle 10.00 al bar?" propose Gabriele con nonchalance.
"Perfetto." approvò Silvio.
"Vabbè, io andrei. Devo farmi una doccia." affermò Viola.
"Ti accompagno io..." suggerì Andrea.
"No! Ti accompagno io." si impose Marco.
"Basta! La accompagniamo noi, vero Gabrie'?" si propose Giulia.
Il silenzio di Viola approvò la proposta di Giulia che, trascinatosi Gabriele, la accompagnò a casa.
Marco e Andrea si scambiarono sguardi intimidatori, senza però proferire parola. Si voltarono le spalle e se ne andarono ognuno per la sua strada.
"Vabbè, io vado... E dovresti tornare anche tu a casa, sai, tua madre..." balbettai rivolta verso Silvio.
"Sì, in effetti..." mi rispose.
"Beh, buonanotte." tagliai corto. 
Mi voltai per andarmene, quando mi sentii prendere per il polso. Mi tirò verso di lui, senza lasciarmi.
"Aspetta! Cosa volevi dirmi prima?"

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Capitolo 8
*** Conta su di me ***


Il cuore mi batteva forte, tanto da temere che lo sentisse anche lui. Non riuscivo a respirare. Mi sentivo annegare nel buio di quella notte. Alzai gli occhi al cielo e nel vedere quelle rade stelle presenti, mi rasserenai.
Feci un bel respiro profondo. Sentivo quel peso che mi massacrava l'addome, diventare sempre più leggero, fino quasi a sparire del tutto. 
Lo guardai fisso per un po', incerta riguardo cosa dire. Mi persi nei suoi occhi. Quel verde riflettè nei miei occhi le gioie e i bei momenti passati. Una sensazione di pace rimbombò silenziosa nella mia anima. Un'insolita
quiete invase il mio corpo, ma tentai di mascherarlo al meglio, come si fa con quelle felicità celate all'interno del cuore che sono piccoli segreti, piccoli tesori, che se rivelati, rischiano di rovinarsi.
"Aspetta! Cosa volevi dirmi prima?" mi riecheggiava nella mente.
"Prima?" gli chiesi con aria confusa.
"Sì, prima che trovassero la lapide di Viola. Stavi per dirmi qualcosa..." mi rispose fermamente senza lasciarmi il polso.
"No, è che in quel momento c'era un'aria tetra... Avevo un po' paura. Tutto qui." contestai.
Mi guardò con aria scettica. Non so come, ma riuscì a leggermi dentro.
"Dal primo momento in cui ti ho vista, ho capito che mi nascondi qualcosa..."
"Non prenderla a male, non nascondo qualcosa solo a te."
"Ma io pensavo di essere diverso dagli altri..."
"E lo sei! E' che..."
"E' che?"
Sospirai.
"...Non posso dirtelo. Non adesso. Non qui. Non così." 
Abbassai lo sguardo ricolmo di lacrime che però non potevo permettere di farmi cadere. Silvio allentò dolcemente la presa, quasi accarezzandomi la mano, come se volesse chiedermi scusa per la tale insistenza.
Mi alzò il viso per permettermi di guardarlo negli occhi. Ci fu un attimo di silenzio. 
"Se c'è qualcosa che posso fare... Qualsiasi cosa... Conta su di me." mi disse con un sorriso, asciugando una lacrima che non riuscii a trattenere.
"Grazie. Sapevo che avresti capito." gli risposi con un sorriso.
"Solo non..." 
"Non dirlo agli altri, ve'?" mi precedette.
"Esatto..."
"Tranquilla." aggiunse rassicurandomi con un sorriso. 
Ci sedemmo sul marciapiede.
"Hai visto come brillano le stelle?" gli domandai cambiando discorso.
"Già, all'una di notte si vedono proprio bene." mi rispose.
Mi spostò i ricci castani dietro le orecchie. Ci guardammo negli occhi per interminabili minuti, avvicinandoci sempre più. 
Eravamo ad un sospiro l'uno dall'altra. Mi riaffiorarono in mente tanti ricordi che allontanai per cercare di assaporare il più possibile quel dolce momento. 

Chissà se il sapore è rimasto lo stesso. Chissà se anche lui ha qualche ricordo, anche sfocato. Chissà se magari tornerà a ricordare tutto. 

E mentre le farfalle del mio stomaco si agitavano come una mandria elefanti spaventati e le nostre labbra erano vicinissime, prossime a sfiorarsi, Silvio scattò all'indietro, portandosi le mani alla testa. 
Riuscii a percepire il dolore che stava provando. Sembrava un trapano che dall'interno lo perforava insistentemente. Fu un attimo. Riuscì a mettere a tacere un grido di dolore. 

"Silvio!" gridai preoccupata.
"Non preoccuparti, è stato un attimo. Niente di che." mi tranquillizzò.
"Niente di che? Guarda che l'ho sentito! Stai bene?" gli chiesi.
"Sì sì. Diciamo che un po' mi mancava. Mi ricorda che sono vivo." mi rispose.
"...And you bleed just..." bisbigliai.
"...To know you're alive." continuò.
"Iris dei..." 
"Goo Goo Dolls. La conosci anche tu?" mi chiese.
"Già. E la conosco proprio grazie a te."
"Eh?" rispose perplesso.
"Tranquillo, poi capirai." gli risposi. 

Che occasione te sei perso!
"Domenico? E te che ce fai?" chiese Silvio stupito.
S'era liberato 'n posto come amico immaginario... Ed eccomi qua. 

"Immagino che questo terzo sia l'amico immaginario del quale mi parlavi..." aggiunsi.
Piacere, Domenico.
"Laura."
"Ora che te sei presentato, potresti pure levarte da 'r cazzo." rispose Silvio infastidito. 
Sì, però stai calmo. Non è così che s'accoglie un vecchio amico. 
"Ora non mettetevi a litiga' pure voi. Marco e Andrea bastano e avanzano. Dai, vi accompagno a casa."

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