La Regina del Crepuscolo

di bluemary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Colei che silente attende ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: La ragazza e il mercenario ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: La Pergamena ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: La voce delle Guardiane ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Lo scontro ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Le rovine di Ghizmor ***
Capitolo 7: *** Epilogo: L'ultimo sogno ***



Capitolo 1
*** Prologo: Colei che silente attende ***



Prologo: Colei che silente attende

La Regina del Crepuscolo sedeva in mezzo al nulla.
Ammantata di tenebre, giaceva nel silenzio simile ad un’ombra più scura della notte, il suo passo era l’Oblio, il suo sorriso la fine di ogni respiro, il suo sguardo uno sconfinato dolore. Di una bellezza struggente, incarnazione stessa della perfezione e del concetto di donna, avrebbe potuto ammaliare qualunque uomo con il semplice suono della sua voce; i capelli corvini scintillavano di riflessi argentei ed il volto dai lineamenti delicati, di un bianco perlaceo che ne esaltava la nobiltà, pareva cesellato nel più prezioso dei marmi.
I suoi occhi lampeggiarono d’ira quando spalancò le palpebre in quel mondo privo di suoni e colori.
Sollevò la testa, forse alla ricerca di un cielo invisibile, rivelando una coppia d’iridi dalla sfumatura indefinibile in cui si leggeva la storia del mondo e la sua tragica conclusione, due iridi simili al nero della notte, che riflettevano l’infinito.
Ormai lo sentiva in ogni anfratto della sua mente: il risveglio era vicino, presto i suoi passi avrebbero calcato di nuovo le terre, ma questa volta la traccia del suo cammino sarebbe rimasta come un’indelebile cicatrice a dimostrazione della sua esistenza.
Gli stolti che l’avevano contrastata, esponenti di quella razza futile ed egoista, dedita unicamente alla violenza, erano incapaci di riconoscere la bellezza suprema di un mondo privo dell’uomo. E lei l’avrebbe creato, quel mondo: solo sterminate pianure deserte, senza alcuna voce a turbare i mille suoni della natura, terre selvagge e maestose, dominio di piante ed animali, che non ne avrebbero mai cambiato la conformazione.
L’immobilità, la pace, l’eternità.
La perfezione di un mondo sempre uguale a se stesso, privo della vita e della morte.
Ormai nessuno possedeva il potere di fermarla. Le Cinque si erano spente poco dopo la sua sconfitta e, se anche fossero riuscite a trovare un modo per rinascere, avrebbe semplicemente colto l’occasione per vendicarsi di loro.
Perfino la sua mente rifiutava di ricordarle: ragazzine insolenti, che utilizzavano un potere di cui non erano degne, un potere di cui lei era la depositaria e che presto le avrebbe distrutte…
Le sue labbra vermiglie si tesero in un sorriso.
L’annientamento della razza umana, che oltre un secolo prima le Guardiane erano riuscite ad impedire, si sarebbe presto compiuto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: La ragazza e il mercenario ***


Ringrazio di cuore per i commenti Shirahime88, Yami e Rakyr il Solitario (bello scoprire un commento nuovo quando si sta per aggiornare!), sono felice che il prologo vi abbia incuriosito, mi auguro che questo capitolo mantenga le vostre aspettative. Siccome la storia è già conclusa, procederò ad aggiornare ad intervalli regolari e non vi farò attendere troppo. Buona lettura^^




Capitolo 1: La ragazza e il mercenario

Aryen vagava in un luogo sconosciuto.
Non c’era né cielo su cui alzare lo sguardo, né terra sotto i suoi passi, tuttavia continuava ad avanzare in quella combinazione di cupi colori che componeva la realtà in cui si trovava; una luce rosso sangue si irradiava da un punto imprecisato sopra di lei ed un fiume dorato scorreva a pochi metri dai suoi piedi, delimitato da rive invisibili, fino a terminare in una cascata senza fine.
La ragazza provò a seguirne il corso, ma divenne subito preda delle vertigini quando si rese conto del baratro privo di fondo e confini in cui si gettava il corso d’acqua.
-Finalmente sei giunta.
Aryen si girò di scatto, riconoscendo le quattro ombre che in quegli ultimi mesi avevano accompagnato i suoi sogni. Come al solito non la guardavano, ma si tenevano voltate verso destra, quasi i loro occhi potessero vedere ciò che a lei era precluso.
-Amica, figlia, sorella… sono anni che ti aspettiamo, vagando in quest’oblio di incubi e tenebre privo di risveglio.- mormorò sempre la stessa figura, prima che un’altra ne continuasse il discorso.
-Le Streghe dell’antichità devono tornare su questa terra, in modo da sconfiggere il nemico o morire per sempre nel tentativo.
-Se esse falliranno – se noi falliremo – l’umanità intera sarà condannata.
Aryen scosse la testa, stordita da quei sussurri che raggiungevano in pari misura le sue orecchie e la sua mente, come se cercassero di insinuarsi nella sua coscienza.
-Chi siete?- riuscì a mormorare, infine.
-Lei si sta risvegliando e noi abbiamo bisogno di te.
Il richiamo risuonò nelle orecchie della ragazza come un’inesorabile condanna a morte.
-Perché io?- chiese, in un urlo di disperazione, ma già le figure incappucciate stavano svanendo nelle tenebre, incuranti della sua domanda.
-Devi risvegliarti e ricordare, Lylen, prescelta dalla Magia.- mormorò l’ombra più alta, prima di sparire del tutto.
La sua immagine venne sostituita da una sequenza di visioni raccapriccianti: morti e lamenti, sangue che impregnava la terra ed infine un silenzio tanto profondo e soffocante nell’oscurità da risultare insopportabile.
-E fermare tutto questo.

Aryen si svegliò urlando.
Subito un’ombra scura fu al suo fianco.
-Tutto bene, piccola?- chiese la voce familiare di Ravhen.
La ragazza sbatté le palpebre un paio di volte, prima di mettere a fuoco i lineamenti del suo accompagnatore; a giudicare dalla prontezza con cui le era arrivato vicino, doveva essere rimasto sveglio fino a quel momento, eppure il suo volto non recava alcuna traccia di stanchezza.
Annuì, ancora tremante per gli strascichi di quella visione che esitavano ad abbandonarle la mente. Ormai erano quasi due mesi che sognava sempre le stesse ombre, tuttavia, da quando si era messa in viaggio, la frequenza di quelle visioni era divenuta quasi insostenibile. Non aveva mai pensato che fossero solo fantasiosi parti della sua mente, fin dall’inizio le erano sembrate troppo vivide e reali per poter anche solo accarezzare quell’illusione.
-Cos’hai visto?
La ragazza si voltò verso il mercenario senza nemmeno vederlo.
-Le solite ombre.- deglutì a fatica, nel tentativo di scacciare l’oppressione che si era insinuata nel suo petto, come sempre succedeva al termine di uno di quei sogni -Mi hanno… parlato.
-Cosa ti hanno detto?
Aryen scosse la testa in silenzio.
Invece di insistere, Ravhen attese che il suo respiro tornasse calmo e regolare, quindi le poggiò una mano sulla spalla.
-Cosa ne dici se ci mettiamo in cammino?
Pochi minuti dopo, quando ancora i primi bagliori dell’alba stentavano a far capolino nel cielo, la giovane ed il mercenario avevano ripreso il loro viaggio. Avanzavano senza parlare, ad un ritmo abbastanza sostenuto, nonostante il sentiero sconnesso ed irregolare presentasse diverse asperità che avrebbero infastidito la marcia di chi non fosse allenato. Ravhen non trovava alcuna difficoltà nel proseguire ma, conscio che la sua compagna non possedeva la sua stessa resistenza o la sua agilità, il suo braccio era pronto a sostenerla lungo il cammino. E la ragazza accettava il suo aiuto con un sorriso, appoggiandosi a lui un istante più a lungo del necessario, come se quel fuggevole contatto potesse in qualche modo ripagarla degli affetti che non aveva mai conosciuto.
Aryen non ricordava nulla della sua infanzia.
Alcuni abitanti di un villaggio delle Terre dell’Ovest l’avevano trovata svenuta ai limitari di una foresta, quasi cinque mesi prima, e quando aveva ripreso conoscenza non era riuscita a dire altro che il suo nome. Aveva provato invano a ricostruire la propria vita fino a quel momento, così si era limitata a trascorrere alcuni giorni in balia degli eventi, in attesa di una memoria che non era tornata. Una coppia di artigiani tra le persone che si erano prese cura di lei aveva deciso di adottarla e per breve tempo Aryen aveva creduto di poter sopravvivere senza un passato; ma poi erano arrivati i sogni: immagini di ombre, posti in cui non era mai stata ed una voce quasi impercettibile, proveniente dalle lontane Rovine di Ghizmor, che la chiamava, invitandola a raggiungerla in quel luogo sperduto. Le visioni arrivavano quasi ogni settimana ed ogni volta il turbamento con cui si risvegliava rimaneva persistente nel suo petto per quasi l’intera giornata, simile ad una morsa soffocante al cuore ed ai suoi pensieri.
Non aveva raccontato a nessuno di quei sogni, spaventata per il loro significato: ormai la magia era esclusivo appannaggio dei racconti popolari riguardanti il passato più remoto, l’ultima traccia di questo potere si riscontrava nelle Streghe delle antiche leggende, le cinque fanciulle che un centinaio d’anni prima avevano liberato il Continente del Sole dalla demoniaca Regina del Crepuscolo; coloro che si professavano stregoni in realtà non possedevano nulla di quel potere primordiale, ma si limitavano ad ostentare qualche trucchetto, frutto più di abilità o intelligenza piuttosto che di reale magia.
Costretta a nascondere la propria angoscia per quelle strane visioni, era vissuta in quel villaggio per quattro mesi, aiutando come poteva la famiglia che l’aveva trovata e sembrava averla accettata subito come figlia adottiva. Piano piano aveva scoperto una spiccata attitudine per lo studio della natura e delle arti mediche: le bastava un unico sguardo per comprendere se una pianta fosse commestibile o avrebbe potuto essere utilizzata per creare degli unguenti, riconosceva senza incertezze ogni tipo di erba o radice ed a volte le era parso perfino di comprendere lo stato d’animo degli animali a lei vicini.
Nel villaggio aveva cominciato a ritagliarsi uno spazio come guaritrice, sentendosi in tal modo parte di quella piccola comunità, e nonostante questo l’inquietudine era rimasta, così come i sogni.
Le ombre non le avevano mai parlato, tuttavia la voce che la chiamava tornava puntuale a ricordarle una missione incisa profondamente dentro di lei, un richiamo tanto urgente e penetrante da renderle difficile ignorarlo. Infine, dopo l’ennesima visione, aveva deciso di lasciare il villaggio, alla ricerca di quelle Rovine che era certa di non aver mai visto prima e tuttavia le apparivano stranamente familiari.
Non aveva chiesto a nessuno di accompagnarla: ancora non si sentiva abbastanza in confidenza con la sua famiglia adottiva per parlarle di quegli strani sogni ed una parte del suo animo preferiva la solitudine al contatto con le altre persone. O almeno questo succedeva prima di aver conosciuto il suo protettore, ricordò, mentre lanciava uno sguardo carico d’affetto al mercenario.
Il suo primo incontro con Ravhen era avvenuto oltre due settimane prima, quando il suo viaggio durava già da dieci giorni.
Con le sue capacità di guaritrice era riuscita a guadagnare abbastanza da pagarsi vitto e alloggio nelle locande per tutta la durata della missione, così non aveva riscontrato alcuna difficoltà in quel primo tratto di cammino. Tuttavia, una volta lasciate le Terre dell’Ovest ed entrata in una zona ben più selvaggia e abitata per la maggior parte da ricercati o mercenari, aveva scoperto quanto pericolosi potessero risultare certi incontri. All’inizio gli uomini con cui incrociava il cammino si erano limitati a guardarla con una curiosità che le aveva dato i brividi e tuttavia avevano proseguito per la loro strada senza fermarsi, ma poi aveva avuto la sventura di incappare in un gruppo di briganti meno misericordiosi dei precedenti.
I tratti delicati del suo volto, i lunghi capelli biondi striati di calde sfumature color miele ed il corpo esile ed aggraziato, coperto da una casta tunica bianca dai bordi azzurrini, erano stati un richiamo troppo forte per quei guerrieri senza alcuna morale. L’avevano aggredita in quattro, certi di poterla sopraffare senza alcun problema, e, incuranti delle sue suppliche, non si erano fatti alcuno scrupolo nel dimostrarle le loro ripugnanti intenzioni.
Un altro mercenario era sopraggiunto all’improvviso, proprio mentre Aryen si era lasciata invadere dal terrore e, stretta tra le crudeli braccia dei suoi aguzzini, aveva cominciato a singhiozzare sommessamente.
Per un istante l’uomo era sembrato deciso a proseguire, ignorando con un annoiato disinteresse l’ennesimo atto di violenza a cui stava assistendo, ma poi l’aveva guardata in volto e tutto era cambiato. Gli occhi castani della ragazza l’avevano incatenato, costretto ad una scelta che prima di allora la sua mente non aveva mai nemmeno contemplato.
In un impulso totalmente irrazionale la sua mano destra si era mossa da sola, trafiggendo l’uomo più vicino, per poi rivolgersi contro i due che la tenevano ferma e strappar loro la vita in due rapidi affondi; l’ultimo aggressore aveva provato a sguainare la spada ed attaccarlo, ma infine era caduto dopo un preciso fendente diretto alla gola.
Appena concluso lo scontro, Ravhen era rimasto immobile, a fissare stupido le sagome morenti accasciate a terra e la propria spada imbrattata di sangue; per la prima volta nella sua vita aveva combattuto per qualcun altro, non per soldi, né per il bottino, ma solo per un paio d’occhi disperati.
Finalmente libera, la ragazza era scoppiata in lacrime di sollievo, abbracciandolo e premendo il volto umido di pianto contro il suo petto, ed il mercenario si era ritrovato a cullarla contro di sé, ad accarezzarle i morbidi capelli profumati di rugiada, a stringere la sua vita sottile come fosse stata una bambina.
Una volta cessati i singhiozzi, Aryen gli aveva parlato dei sogni e delle proprie intenzioni e lui si era offerto di accompagnarla fino alle Rovine di Ghizmor.
Da allora Ravhen era stato il suo protettore, l’uomo che vegliava il suo sonno, la sua unica certezza in quel mondo sconosciuto.
La ragazza sollevò la testa verso di lui, guardando con un sorriso il volto segnato da una cicatrice sulla guancia sinistra, gli occhi grigi privi di qualunque emozione ed i capelli neri lunghi fino alle spalle, raccolti in una coda disordinata, che lasciavano intravedere il pendente a forma di teschio attaccato al lobo dell’orecchio destro.
Il suo fisico asciutto ma muscoloso, che veniva evidenziato da una canottiera sdrucita e stinta dal sole, unito all’aria di guerriero tenebroso ma nobile, doveva renderlo il sogno proibito di molte fanciulle, ma a lei bastava averlo accanto, come una muta presenza portatrice di conforto. E, come sempre le accadeva quando si soffermava a studiare il suo protettore, si sentì quasi rassicurata.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: La Pergamena ***


Mille grazie a Shirahime88 (sono curiosa, che genere di sospetto ti è venuto?) e Rakyr il Solitario (sarò felice di leggerli una volta che avrò un po’ di pausa dagli esami), mi auguro che anche questo capitolo vi soddisfi^^




Capitolo 2: La Pergamena

-Dov’è?
Aryen si voltò di scatto, ricercando il luogo da cui era provenuta quella voce tanto simile al fruscio del vento tra le foglie, il gelido respiro di un fantasma ormai dimenticato.
-Dove l’hai nascosta?- chiese ancora l’ombra, come sempre troppo scura ed indefinita per poterne scoprire il volto.
La ragazza rabbrividì. Per la prima volta durante le visioni dei suoi sogni si rendeva conto di poter respirare e le sembrava che l’aria la stesse accarezzando con dita di ghiaccio.
-Cosa?
Una seconda ombra si distaccò dalle tenebre di quell’ambiente senza contorni e si accostò alla compagna.
-Devi trovarla, Lylen.
-Se riesci a prenderla forse c’è ancora speranza.- disse la terza figura, materializzandosi accanto alle prime due, subito seguita dall’ultima di loro.
-Se Lei non l’ha presa in passato, forse non è troppo tardi.
Aryen barcollò sopraffatta dalla debolezza: ogni sillaba pronunciata dalle loro labbra invisibili la feriva, era assieme un inesorabile comando ed una stilettata in pieno petto, s’incideva sulla superficie del suo cuore simile ad una sferzata, fino a penetrare nella sua mente, a corroderla, a cancellarne la volontà…
-Cosa? Cosa devo trovare?- urlò, la voce pervasa dalla disperazione che le parole di quelle figure di tenebra le incutevano.
-Quello che stai cercando.- all’improvviso le ombre scomparvero dietro un pezzo carta ingiallito dal tempo, completamente coperto da rune pregne di potere -La Pergamena.

Aryen aveva pensato all’ultimo sogno per tutto il giorno.
L’irrequietezza che l’aveva colta alle parole delle sue tenebrose interlocutrici non era svanita nemmeno col risveglio, spingendola ad accelerare il passo più di quanto il suo corpo fosse in grado di sopportare, tuttavia, troppo presa dal pensiero di quelle ombre, non si accorgeva nemmeno delle gambe dolenti e del proprio respiro affannoso.
-Guarda che se continui con questo ritmo domani sarò costretto a portarti in braccio.- commentò Ravhen, lanciandole uno sguardo ammonitore.
Aryen arrossì, mentre rallentava l’andatura.
-Non mi ero accorta di andare tanto veloce.- replicò, rendendosi conto solo in quel momento delle fitte al fianco.
-È per il sogno di questa notte?- chiese l’uomo, non senza un impercettibile accenno di apprensione nella voce leggermente rauca.
La ragazza fece un cenno d’assenso senza guardarlo. Raramente gli raccontava delle sue visioni ed il mercenario non aveva mai cercato di estorcerle informazioni al riguardo, tuttavia la sua crescente inquietudine rendeva scontroso e preoccupato anche lui.
Finalmente, dopo qualche altra ora di marcia, il sole in declino li spinse a trovare il posto più confortevole per passare la notte. Si accamparono sotto una roccia ricurva, che avrebbe fornito loro un discreto riparo dal vento e dal freddo, e pochi minuti più tardi cominciarono i preparativi per cucinare la selvaggina catturata durante il giorno.
-Ravhen, cosa successe all’epoca della Regina del Crepuscolo?- chiese Aryen, una volta che ebbero finito di cenare.
Il mercenario si voltò a fissarla con un sopracciglio inarcato in un’espressione che non nascondeva in minima parte la sua sorpresa e la sferzante ironia con cui avrebbe parlato.
-Fammi capire, tu sei la ragazzina che sogna le protagoniste di quel passato e vuoi che io ti spieghi cosa successe all’epoca?
Un timido sorriso prese forma sulle labbra della giovane.
-Conosco in parte la leggenda delle Streghe, ma mi piacerebbe sentirla raccontare da te.
-Lo sapevo che saresti stata una seccatura.- sbuffò Ravhen, in un tono meno brusco di quello che avrebbe potuto sembrare, viste le sue parole.
-Questo significa no?
L’uomo sospirò, sconfitto.
-Una leggenda narra che, più di cento anni fa, una donna dal potere spaventoso sia apparsa nel nostro Continente del Sole. Quest’entità malvagia, conosciuta come Regina del Crepuscolo, sterminò chiunque le si parasse di fronte, fino a quando le Streghe, cinque fanciulle che utilizzavano la magia, la fronteggiarono e con il loro sacrificio riuscirono a sconfiggerla. Fine della storia.
Aryen lo fissò in silenzio, aspettando invano che lui riprendesse a parlare.
-Tutto qui?
Ravhen trattenne a stento un sorriso di fronte all’espressione delusa della compagna.
-Perché, cos’altro vorresti sapere?
-Chi erano le Streghe, in realtà?
-Sacerdotesse della Natura, almeno secondo le leggende.- rispose il mercenario, per poi spiegarsi meglio quando vide l’occhiata interrogativa della compagna -Giovani donne che fin da bambine vengono allevate dalle sacerdotesse precedenti ed imparano a rispettare le piante e gli animali. Fino a qualche decennio fa esisteva ancora questo strano culto, anche se nessuna tra le su adepte ha mai manifestato strani poteri. Come fai a non sapere una cosa simile?
La ragazza abbassò lo sguardo, ferita.
-Non è l’unica cosa che non so.- disse in un sussurro, al pensiero di quell’infanzia di cui non aveva alcun ricordo e che la tormentava con la sua assenza, facendola sentire una persona incompleta, priva di passato e radici.
La mano del mercenario si posò sulla sua spalla in un brusco tentativo di scusarsi per le proprie parole.
-A volte è meglio non ricordare tutto della propria vita.- commentò lui, con una nota amara –Avanti, ti concedo un’ultima domanda.
Aryen rimase in silenzio per diversi secondi, persa nei suoi pensieri.
-Chi era la Regina del Crepuscolo?- chiese all’improvviso.
-Questo non lo sa nessuno, le uniche cose che si ricordano di lei sono la sua crudeltà ed il suo desiderio di annientare l’intero genere umano. Le leggende narrano che fosse in grado di sterminare un battaglione di cavalieri semplicemente con un gesto della mano. Probabilmente era un demone.
La ragazza assunse un’aria meditabonda, cercando di ignorare il gelido brivido della paura con cui il suo corpo aveva accolto quelle parole.
-Com’è possibile che delle semplici ragazze abbiano sconfitto un simile nemico?
-Avevo detto una domanda sola.- borbottò Ravhen, senza riuscire a reprimere un sorriso per il modo infantile con cui la ragazza aveva accantonato la tristezza per dedicare la propria attenzione a ciò che la interessava.
-Prometto che è l’ultima.
Con l’ennesimo sospiro, il mercenario radunò i suoi ricordi per rispondere alla compagna.
-Si dice che avessero imparato ad utilizzare il potere della Natura, mettendolo sottoforma di rune per amplificarlo. Sembra che fossero riuscite a racchiudere tutta la loro sapienza in cinque fogli, le Pergamene, con cui poi sconfissero la Regina del Crepuscolo. Per questo vennero ricordate come Streghe: nonostante la loro indole buona, la magia in loro possesso doveva essere terribile se furono in grado di uccidere un demone.
Aryen rimase in silenzio per diversi secondi, restia ad ammettere ciò che ancora non riusciva ad accettare.
-Questa notte ho sognato la Pergamena.- disse infine, sollevando lo sguardo sugli occhi impassibili del mercenario -Hanno detto che devo trovarla.
-Intendi le ombre?
La ragazza annuì silenziosamente.
-È per questo che ci stiamo dirigendo verso le Rovine?
-Credo di sì.
Per un attimo i suoi occhi riflessero la paura che Ravhen, stizzito per una missione dalle coordinate tanto approssimative, si alzasse in piedi e la abbandonasse a quella ricerca priva di senso, ma il mercenario le rivolse un rassicurante sorriso.
-Allora la troveremo.
Sollevata da quelle parole, Aryen si permise di porgli un’altra domanda, ben sapendo che in un’occasione differente il suo compagno le avrebbe con tutta probabilità intimato di lasciarlo in pace: fin da subito si era accorta della sua scarsa loquacità.
-Secondo te è vero che le Pergamene custodiscono un simile potere?
Ravhen le lanciò uno sguardo più pensieroso che irritato, prima di risponderle.
-Ne ho sentite tante: alcuni dicono che le Pergamene siano frutto di una magia ancora più antica delle Streghe e che loro le abbiano trovate per caso e siano riuscite a scoprire il modo di utilizzarle contro la Regina del Crepuscolo; altri che in realtà siano le armi create da loro cinque, o addirittura che simboleggino le loro anime.- fece una pausa per bere un po’ d’acqua -Per me sono solo storielle per mocciosi.
-E allora perché mi stai accompagnando?- gli chiese la ragazza.
Stranamente il mercenario evitò i suoi occhi, mettendosi a giocherellare con il proprio coltello da caccia.
-Forse perché non mi dispiacerebbe tornare bambino.- commentò infine in tono sommesso.
Come sempre succedeva quando lasciava trapelare una qualche emozione, Ravhen le diede le spalle, e la ragazza appoggiò il mento sulle proprie ginocchia, riflettendo. Nonostante gli avesse già rivelato ogni cosa di sé, perfino dopo tutti quei giorni di vicinanza non era riuscita a scoprire quasi nulla di lui. Più di una volta il taciturno mercenario aveva accolto con un ringhio i suoi timidi tentativi di conoscerlo meglio, non le aveva mai raccontato nulla della propria vita, né aveva accennato ad una famiglia, sempre se ne avesse mai avuta una; eppure, ad ogni giorno passato al suo fianco, le sembrava di comprenderlo un po’ di più.
Lo fissò attraverso le ultime deboli fiamme del fuoco morente, riconoscendo in un lui un uomo meno maturo ed impassibile di quanto potesse apparire a prima vista, nonostante le cicatrici sul volto e sul corpo e la spada che stringeva perfino durante il sonno.
Un ragazzo non ancora adulto che forse, come lei, non aveva mai vissuto l’infanzia.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: La voce delle Guardiane ***


Ecco il terzo capitolo, in teoria il prossimo lo dovrei postare domenica; ancora una volta ringrazio di cuore Shirahime88 (sulla tua supposizione non mi pronuncio, ma ti assicuro che è tutto fuorché assurda. Comunque sei fin troppo buona con i complimenti!) e Rakyr il Solitario (esame già fatto, comunque grazie e crepi in ritardo^^). Buona lettura!




Capitolo 3: La voce delle Guardiane

-Lylen!
Aryen si voltò verso la propria sinistra, là dove il fiume senza fine scivolava placido verso l’infinito. Questa volta c’erano già tutte e quattro le ombre, in piedi sulle poche rocce che affioravano dall’acqua; i loro mantelli ondeggiavano sull’alito di un vento inesistente e nemmeno la luce rossastra da cui quello strano luogo era pervaso riusciva a penetrare l’oscurità dei loro cappucci per rivelarne i volti. Dall’angolazione delle loro teste sembrava che guardassero al di là della sua schiena, tuttavia Aryen era certa di non avere nessuno alle spalle.
-Chi siete?- chiese, senza riuscire a reprimere un brivido di paura.
La più alta di esse sollevò la testa, lasciando intravedere un paio di ciocche ramate nell’ombra del cappuccio, ma nessun volto.
-In passato siamo state chiamate in mille modi: Streghe, Maghe, Salvatrici…Ma noi siamo solo le Guardiane.- mentre la sua voce carezzevole mormorava di un tempo ormai caduto nell’oblio, Aryen la vide compiere qualche passo verso di lei, camminando senza problemi sull’acqua del fiume dorato. Subito una seconda ombra la raggiunse, appena meno aggraziata e sottile e di poco più bassa, ma altrettanto elegante nei movimenti e con i capelli color delle fiamme.
-Centinaia d’anni fa, prima ancora dell’avvento della Regina, alcune sacerdotesse entrarono in comunione con la Natura e riuscirono a piegare il suo potere alla loro volontà. Ebbre di magia, troppo stolte per poter controllare la loro ambizione, si servirono di questa forza primordiale per guadagnare la sovranità su quasi tutto il Continente. Queste cinque donne furono le prime Streghe. Le loro discendenti scelsero di utilizzare la loro magia per degli scopi nobili e non per puro egoismo, ma ormai era troppo tardi: la Natura da cui avevano preso il potere aveva deciso di punire l’ambizione degli esseri umani, generando la più cupa e spietata delle sue figlie, la Regina del Crepuscolo. Allora queste nuove Streghe promisero di porre rimedio all’errore commesso dalle loro antenate; presero come allieve le più giovani e promettenti sacerdotesse del loro villaggio, le istruirono sul rispetto della Natura, sulle leggi di cui essa è l’artefice, sulla forza primordiale della Terra, per prepararle al loro compito più importante.
Aryen chiuse gli occhi, stordita per quelle parole che risvegliavano in lei dei ricordi sopiti ed un passato di cui poteva intravedere solo le più tenui sfumature.
-Quale compito?
La terza ombra si fece avanti, i suoi capelli erano castani e la voce un po’ acuta, tipica di chi non si è ancora distaccato completamente dall’infanzia, dimostrava la giovane età.
-I poteri delle nuove Streghe non sarebbero bastati a sopraffare la Regina, allora, per salvare la razza umana, queste cinque fanciulle sacrificarono il loro corpo fisico, divenendo semplici rune imbevute di magia, le Pergamene della leggenda. Le sacerdotesse che avevano istruito avrebbero dovuto tramandare il loro sapere ad altre sacerdotesse, scelte tra le più pure giovani del villaggio, in modo che, quando la Regina del Crepuscolo avesse cominciato il suo sterminio, cinque Guardiane sarebbero state pronte a fermarla con il potere delle Pergamene.
L’ultima ombra, una figura snella come le precedenti ma con i capelli biondissimi, affiancò le sue compagne con un passo rapido e delicato, quasi stesse camminando sul soffio del vento.
-Le Streghe delle leggende non siamo noi, ma le Pergamene. Solo una Guardiana, una fanciulla istruita dalle Guardiane precedenti, poteva accedere alla magia in esse contenuta.
Nuovamente la figura più alta prese la parola.
-Noi Guardiane siamo solo le depositarie di un passato tanto lontano, coloro che dovranno mantenere la promessa delle Streghe. Dalle Pergamene traiamo il potere, grazie ad esse il nostro spirito è legato alla Terra e noi ne conosciamo la magia e la possiamo utilizzare.
-Tra tutte le generazioni di Guardiane, a noi toccò affrontare la Regina del Crepuscolo.- mormorò l’ombra dai capelli di fiamma. -Con il nostro sacrificio riuscimmo a sconfiggerla, ma non ad annientarla, ed ora Ella esiste ancora, pronta a rinascere, mentre noi siamo prigioniere in questo limbo, senza essere riuscite a tramandare la nostra conoscenza ad altre fanciulle.
-Le Streghe sapevano che il Crepuscolo avrebbe potuto sconfiggerci tutte. Per questo donarono il potere di rinascere a chi avrebbe usato la Pergamena.
-Così noi ci siamo radunate, pronte finalmente a tornare sulla Terra ed assolvere al nostro compito una volta per tutte.
-E tu devi unirti a noi, Lylen.
Aryen guardò smarrita le quattro figure che le avevano parlano, cercando invano di penetrare l’ombra dei loro cappucci.
-Perché io?- sussurrò, ma esse la ignorarono.
-Il nostro tempo però è agli sgoccioli.
-Adesso noi La sentiamo, si sta già risvegliando.
-Noi Guardiane rinasceremo in corpi di fanciulle e grazie alle Pergamene sconfiggeremo il Crepuscolo, questa volta per sempre.
-Ma dobbiamo essere in cinque per avere una speranza di vittoria.
Le ombre fecero un passo in avanti, apparentemente indifferenti alla ragazzina tremante a pochi metri da loro.
Anche se le loro teste non stavano guardando verso di lei, Aryen era certa di essere il bersaglio delle loro parole. Si guardò attorno, terrorizzata come mai le era successo prima, nonostante le quattro Guardiane non avessero mostrato alcuna intenzione ostile nei suoi confronti. Le sembrava di non poter respirare, l’oppressione derivante dalla loro presenza e dal continuo sovrapporsi delle loro voci la stava soffocando, scavava nella sua coscienza simile ad uno stiletto appuntito, più tagliente di una lama di ghiaccio.
-Cinque Guardiane con cinque Pergamene.
-Per questo abbiamo bisogno di te.
-Per questo devi ricordare.
- Svegliati, Lylen!

-Cosa farai una volta che avremo raggiunto le Rovine?
Erano passati due giorni dall’ultimo sogno ed il pensiero che entro breve il viaggio si sarebbe concluso rendeva Aryen inquieta e stranamente malinconica, al punto da farle esternare la propria angoscia in quella domanda improvvisa.
Il mercenario scosse le spalle.
Dopo le settimane passate assieme la ragazza aveva imparato a riconoscere i segnali impercettibili con cui il compagno rivelava inconsciamente il proprio stato d’animo: quel brusco movimento indicava chiaramente che si era irritato, anche se lei non riusciva a comprenderne il motivo.
-Non vuoi rispondermi?- domandò ancora.
Ravhen le lanciò una delle sue solite occhiate impassibili.
-Perché dovrebbe interessarti?
Aryen si fermò all’improvviso.
-Perché non dovrebbe?! Io… credo che tu sia il mio unico amico.
L’uomo sbuffò.
-Probabilmente mi farò assumere come guardia del corpo da qualche ricco signore.- rispose con una smorfia –Non crederai mica che vorrò accompagnarti per qualche altra assurda ricerca, spero!.
Una mano si posò sulla sua, mentre gli occhi castani della ragazza lo cercavano.
-Se pensassi davvero che è assurda non mi avresti seguito.- mormorò, con un sorriso appena accennato agli angoli della bocca.
Ravhen contrasse le mascelle, intimamente irritato dal fatto che lei riuscisse a leggere tanto in profondità nel suo animo. Era da qualche giorno, non appena si era reso conto di quanto la meta del loro viaggio fosse vicina, che un sordo turbamento aveva cominciato a strisciargli nel petto, subdolo e velenosamente pungente come le zanne di una serpe. Solo il pensiero di dover abbandonare la compagna gli causava una spiacevole sensazione, difficile da definire, e, per un mercenario della sua risma, da sempre abituato a vivere unicamente per se stesso e senza alcun legame con le altre persone, quel disagio quasi doloroso era semplicemente inaccettabile.
-Non pensare di capirmi, stupida ragazzina. Tu non sai niente di me!- sbottò, ritirando la mano in modo da cancellare il caldo tocco delle sue dita sottili sulla propria pelle.
Ferita dalle sue parole, Aryen gli diede le spalle per non mostrargli le sue lacrime.
Un sibilo improvviso mise sull’attenti il mercenario, che la trascinò a terra con sé, coprendola con il proprio corpo mentre una freccia passava a pochi centimetri dalla sua schiena, per poi infrangersi contro un albero. Un secondo più tardi l’uomo era in piedi, con la spada sguainata e lo sguardo fisso su un trio di guerrieri appena apparso dal folto del bosco.
-Ravhen, guarda chi si vede!- esclamò quello che sembrava il capo.
Il mercenario lo squadrò un paio di secondi, riconoscendo in lui un vecchio compagno d’armi in una delle tante guerriglie a cui aveva preso parte, prima di rivolgere la propria attenzione al gruppo di alberi da cui era provenuta la freccia.
-Zod.- salutò con un cenno del capo, privo di alcuna cordialità.
-Non immaginavo di trovarti in simili luoghi, ma questo semplifica le cose.- commentò lui con un sorriso minaccioso -Se ti fai da parte mentre noi ce la spassiamo con la ragazza, poi potremmo anche pensare di restituirtela viva. O magari potresti unirti a noi, che ne dici?
Ravhen strinse la mani sull’impugnatura della sua spada.
-Forse non hai calcolato che quando mi prendo un impegno come guardia del corpo io lo mantengo fino alla fine.
Dietro di lui sentì Aryen accostarsi alla sua schiena, spaventata.
-Scappa.- le sibilò, senza nemmeno muovere le labbra.
Non appena la ragazza fece il primo passo per allontanarsi dai tre briganti, Ravhen si gettò verso di loro.
Con un movimento tanto rapido da risultare quasi impercettibile, trasse un pugnale dal piccolo fodero che portava sulla coscia sinistra e lo indirizzò verso il quarto uomo del gruppo, un arciere seminascosto dalla vegetazione, colpendolo al petto; poi ebbe appena il tempo di brandire la spada con entrambe le mani, e cominciò lo scontro.
Per un attimo parve che lui, da solo, riuscisse a tener testa a tutti i nemici, tuttavia suoi tre antagonisti erano mercenari del suo stesso stampo, non semplici briganti a stento capaci di utilizzare un’arma, così in breve tempo si ritrovò sopraffatto. Un violento pugno alla mascella lo stordì quel tanto che bastava per rallentargli i riflessi, e subito un fendente lo raggiunse al braccio, lacerando la carne in un crudele istante di freddo baluginio metallico e sangue.
Con un urlo di dolore, Ravhen si ritrasse, lasciando un varco nella propria guardia, e, con un paio di potenti stoccate, i suoi antagonisti riuscirono a disarmarlo. Il giovane guerriero fece appena in tempo a colpire con un calcio l’inguine dell’uomo più vicino, prima che il suo secondo avversario gli arrivasse addosso, deciso a non lasciargli nemmeno il tempo di riprendere la propria arma. Travolto dall’impeto del guerriero, cadde a terra, trascinandolo con sé, le proprie mani strette alle sue per fermare la spada che stava per calare sulla sua testa.
Certo ormai di aver vinto, Zod si allontanò dallo scontro, lasciando il vecchio compagno in balia dei suoi alleati per raggiungere la ragazza, ferma a diversi metri da lui con gli occhi sgranati per il terrore.
Un’ondata di collera e paura invase Ravhen non appena comprese le intenzioni dell’uomo, uno spasmodico desiderio di fermarlo ad ogni costo, che gli donò nuove energie per continuare a lottare. Con uno sforzo sovrumano, riuscì a liberarsi del suo avversario ed a rimettersi in piedi, per poi colpirlo al volto con un pugno abbastanza violento da lasciarlo tramortito per qualche secondo. Ignorando il brigante che aveva colpito all’inguine ed ora si stava preparando nuovamente ad attaccarlo, si diresse verso la propria compagna, per la prima volta nella sua vita da mercenario seriamente preoccupato per l’incolumità di un’altra persona.
Aryen urlò quando si sentì afferrare da dietro da uno degli aggressori, ma Ravhen, più rapido del vento, lo trafisse alla nuca, per poi porsi davanti a lei, la spada sguainata, rossa del sangue di Zod, nuovamente pronta a colpire ed a portare impietosamente la morte tra chi osava sfidarne il taglio.
-Non lascerò che uno di voi bastardi la tocchi neanche con un dito.- ringhiò, allargando le gambe in una posizione più stabile.
La ferita al braccio gli pulsava come se una scarica di fuoco liquido stesse percorrendo i suoi nervi dal gomito fino alla spalla, tuttavia, dopo anni di combattimenti all’ultimo sangue, si era abituato a controllare il dolore ed isolarlo in una parte remota della sua mente, per non perdere la propria concentrazione.
Mentre uno degli uomini rimanenti si rialzava barcollando, ancora stordito per pugno ricevuto, ed il suo compare gli si affiancava, deciso ad avvantaggiarsi della superiorità numerica, Ravhen li attese senza battere ciglio.
Il mercenario più vicino lo attaccò con una finta, a cui lui rispose con una parata tanto energica da sbilanciarlo; approfittando della sua momentanea perdita d’equilibrio, riuscì poi a ferirlo profondamente ad un braccio, tuttavia la presenza del suo secondo antagonista non gli consentì di sferrargli il colpo di grazia.
Ben presto, incalzato da due avversari, si ritrovò costretto ad indietreggiare, alla ricerca di una roccia a cui appoggiare la schiena per non essere circondato; tuttavia, sentendo che la ferita gli stava pian piano intorpidendo il braccio sinistro, indebolendolo nel contempo a causa della perdita di sangue, comprese di dover concludere il combattimento il prima possibile.
Finse di incespicare su una pietra e, non appena il mercenario più vicino lo attaccò con un fendente, certo di aver trovato un varco nella sua guardia, si limitò a compiere un passo a lato per poi affondargli la lama nel ventre. Incurante delle sue grida di dolore, estrasse la spada per parare la stoccata del suo secondo avversario.
Senza nemmeno dargli la possibilità di attaccare una seconda volta, si esibì in una rapida finta, che lo trasse in inganno e gli permise così di colpirlo al cuore.
L’uomo crollò al suolo senza un gemito, tingendo di rosso l’erba sulla quale era caduto.
Ancora ansante per l’adrenalina dello scontro appena concluso ed il dolore alla ferita, Ravhen trovò finalmente il tempo per guardarsi attorno: dei suoi quattro avversari, tre erano immobili a terra in una pozza di sangue, mentre il quarto, ferito all’addome ma non ancora morto, si muoveva debolmente nel vano tentativo di sfuggire all’atroce sofferenza che gli attanagliava le viscere. Senza la minima esitazione gli piantò la spada nella gola.
Non appena ebbe estratto l’arma dal corpo inerte del suo nemico, si volse verso la sua protetta, preoccupato.
Aryen era immobile, con i pugni contratti ed il volto segnato dalla paura. Perfino quando lui le si avvicinò, appoggiandole la mano sana sulla spalla, non smise di tremare, come se ancora non si rendesse conto di trovarsi al sicuro.
Solo quando alcune gocce del sangue del suo protettore le macchiarono la tunica immacolata, parve risvegliarsi all’improvviso. Subito estrasse dalla propria sacca alcune erbe che aveva raccolto e seccato durante il viaggio e, sminuzzandole in una ciotola assieme ad un po’ d’acqua, ottenne un impasto denso e leggermente profumato di menta. Senza prodigarsi in spiegazioni, stese sulla ferita l’unguento appena ottenuto e dopo qualche secondo il mercenario sentì con sollievo che le fitte al braccio cominciavano a spegnersi in un dolce torpore, mentre l’arto diventava quasi insensibile.
-Cos’è quest’intruglio?
-Una pomata curativa che ho imparato a creare nel mio villaggio, dovrebbe farti guarire entro pochi giorni.- rispose lei senza guardarlo, poi prese dalla sacca la propria tunica di ricambio e ne strappò un brandello, in modo da potergli fasciare la ferita, ma le sue mani tremavano tanto che riusciva a malapena a stringere il lembo di stoffa.
-Posso fare da solo.- mormorò Ravhen con dolcezza.
Si allontanò di un passo, ultimando con dita esperte quel rozzo bendaggio sul suo braccio.
Mentre lui le dava le spalle, la ragazza scoppiò in singhiozzi all’improvviso, con una violenza ed una disperazione tali che il guerriero smise di controllare la fasciatura per andarle vicino. La abbracciò con fare impacciato, timoroso di spaventarla con i propri modi bruschi, tipici di un mercenario.
-Piccola, guarda che è finito. Sono morti, non possono più farti del male.- le mormorò, accarezzandole la schiena.
Aryen passò delicatamente le dita sulle bende che gli circondavano il braccio, mentre un’altra lacrima le solcava la guancia
-Ma a te sì, te l’hanno già fatto.
Ravhen la scostò dolcemente dal proprio petto, fissandola stupito non appena comprese il significato delle sue parole. Con una strana sensazione all’imboccatura dello stomaco si mise a studiare la prima persona in assoluto che piangeva e si preoccupava per lui.
-Questa sarà solo un’altra cicatrice, c’è di peggio nella vita.- disse in tono leggero, ma la ragazza parve non ascoltarlo nemmeno.
-Io non voglio che tu muoia per me.- singhiozzò, aggrappandosi alla sua maglietta come se temesse di perderlo all’improvviso.
Rimase con il volto appoggiato al suo cuore per un tempo che al mercenario parve infinito, senza parlare né muoversi, pervasa da un pianto silenzioso. Quando infine sollevò la testa per incontrare i suoi occhi, Ravhen ebbe un sussulto: l’espressione nel suo volto era tanto bella ed indifesa da risultare quasi dolorosa, i suoi lineamenti da bambina rispecchiavano una tristezza sconfinata e per un attimo gli parve di cogliere un bagliore di affetto allo stato puro in quegli occhi di un castano quasi dorato.
Le accarezzò una guancia, spezzando in minuscoli frammenti l’ultima delle tante lacrime che gli avevano inumidito il petto, ancora incredulo di essere la causa di un simile dolore.
-Non credevo avessi così poca fiducia in me.
Sentì il suo respiro contro il proprio collo, mentre Aryen lo abbracciava di nuovo, affondando il volto umido nella sua spalla, quasi per lei rappresentasse l’ultimo appiglio di salvezza.
-Non devi… morire per causa mia.- ripeté ancora, in un mormorio appena udibile.
Ravhen la strinse a sé.
-Cosa ti fa pensare che io abbia intenzione di farmi uccidere?- le sue labbra si allargarono in un cinico sorriso privo di alcuna allegria -Sono un mercenario, ragazzina. Non muoio gratis.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Lo scontro ***


Capitolo 4: Lo scontro

Aryen respirò la fresca aria mattutina con una sorta di muta sorpresa.
L’ambientazione era diversa da quelle precedenti: niente colori strani o fiumi senza fine, solo una distesa sconfinata d’erba sotto un cielo azzurro, i raggi di un sole non ancora caldo ed il dolce stridio degli uccelli che la sorvolavano. Si voltò, sapendo già cos’avrebbe trovato; dietro di lei, ancora intatto e maestoso nonostante le dimensioni contenute, si stagliava il Tempio di Ghizmor, quando ancora non era stato ridotto ad un cumulo di rovine.
All’improvviso un vento gelido e tagliente spazzò la quiete di quel luogo sacro, portando con sé le tenebre di una notte anticipata a cui non sarebbe seguita alcuna alba.
Nuovamente lo sguardo di Aryen corse verso la pianura, scorgendo in lontananza una figura dalle sembianze stranamente familiari, nonostante lei fosse certa di non averla mai vista prima.
La Regina del Crepuscolo avanzava a passi lenti, gelida e bellissima, avvolta in un abito di seta nera che lasciava intravedere ampi scorci di pelle bianca come il marmo e, come unici colori nella sua figura, le labbra e le unghie rosse come il sangue. Sollevò lo sguardo all’improvviso, puntandolo alla sua destra.
-Mi aspettavate, mocciose?
Aryen si girò a fissare le destinatarie di quella domanda sprezzante.
Delle ragazze avvolte in tuniche bianche, strette in vita da un sottile cordino di diverso colore, erano comparse di fianco all’entrata del Tempio. La più vecchia, una fanciulla di forse venticinque anni dai lunghi capelli ramati, fece un passo avanti.
-Qui fermeremo la tua avanzata.
La figura di tenebra socchiuse gli occhi come un felino.
-La vostra stupida razza ha osato appropriarsi di un potere che non le apparteneva. Ed ora pagherete un simile affronto per mano mia.
-Non ti permetteremo di condannare l’umanità intera per l’errore di poche donne. Siamo pronte a dare la vita per annientarti.- affermò con voce sicura la fanciulla bionda, di poco dietro alla compagna più anziana.
Le labbra vermiglie della Regina si tesero in un sorriso minaccioso.
-Non si può uccidere il Crepuscolo, io risorgerò, portando con me l’ultimo tramonto della luce, e dopo il declino di voi Guardiane più nessuno potrà opporsi alla mia venuta.
-Dopo il nostro declino tu sarai polvere.- affermò la giovane con i capelli ramati, mostrandole la propria Pergamena, mentre le compagne l’affiancavano, pronte a combattere.
-Che il nostro sacrificio preservi gli esseri umani dallo sterminio.
-Che il nostro sacrificio sia fonte di speranza.
-Che il nostro sacrificio squarci le tenebre del Crepuscolo.
Come una sola persona, le Guardiane strinsero la Pergamena al petto e chiusero gli occhi. Subito il potere contenuto nelle rune, lo spirito della seconda generazione di Streghe, entrò a contatto con la loro pelle, la loro carne, fluì nel sangue in un’ondata di calore ed euforia. Percepirono la vita come mai erano riuscite a fare prima, per un attimo furono consapevoli di ogni cuore che batteva, del respiro di ogni persona dei villaggi vicini, dei loro pensieri più profondi e nascosti. Si nutrirono del loro desiderio di vivere, della purezza dei bambini, dell’affetto degli adulti, dell’egoismo di coloro che seguivano la strada del male, perché il compito di salvezza a cui si erano votate non avrebbe fatto distinzioni tra uomini onesti o corrotti.
Pervase da questa disperata volontà di continuare ad esistere, insita in ogni animo, guidate dall’amore che le Streghe avevano nutrito per l’intero genere umano, tanto intenso da spingerle a sacrificarsi per salvarlo, le fanciulle liberarono il loro potere.
Forse una lacrima apparve nei loro volti quando dissero silenziosamente addio alla loro vita da mortali; poi il bagliore che si intravedeva appena nelle loro mani destre s’intensificò all’improvviso ed esplose in contemporanea a quattro urli argentini, dirigendosi verso la figura di tenebra ormai a pochi passi dal Tempio.
La Regina del Crepuscolo urlò orribilmente quando la stessa magia che l’aveva generata cominciò a lacerarle la carne, corrodendola con una forza a cui lei stessa non poteva resistere. Un attimo prima che la luce la annientasse, cancellando l’oscurità di cui era pervasa, si lasciò andare ad una risata carica di minaccia.
-Tornerò quando voi non ci sarete, nutrita dalla debolezza della vostra razza.
Sopraffatte dallo sforzo, le Guardiane non sopravvissero di molto alla loro nemica. Scivolarono a terra, stringendo ancora al petto la Pergamena ormai priva di potere, mentre la scintilla delle loro vite si spegneva a poco a poco.
Aryen cadde a sedere, con gli occhi fissi sulla devastazione che la circondava.
Non esisteva più un filo d’erba per parecchi metri, la pianura verde era stata spazzata via dal violento scontro tra le due magie ed il Tempio era in frantumi, distrutto dal potere liberato dalle Pergamene.
Cominciò a singhiozzare come una bambina, abbracciandosi le ginocchia, squarciando l’innaturale silenzio di quel luogo desolato con il suo pianto.
Solo quando infine trovò la forza di rialzare la testa, si rese conto di uno strano particolare, che durante tutta la scena si era limitato a stuzzicare la sua mente senza mai rivelarsi.
A terra c’erano solo quattro Guardiane.

Quando Aryen aprì gli occhi su un cielo appena tinto dai rosati colori dell’alba, Ravhen era già al suo fianco.
-Piccola, tutto bene?- le chiese, guardando preoccupato le lacrime sulle sue guance ed i singulti che le scuotevano il corpo.
Era la prima volta che si svegliava piangendo.
La ragazza sollevò lo sguardo su di lui, senza accennare a calmarsi.
-Le ho viste, le ho viste!- singhiozzò, raggomitolandosi su se stessa per meglio sopportare quel lancinante dolore al petto che l’aveva colta alla fine del sogno ed ora la tormentava anche dopo aver aperto gli occhi.
-Chi?
-Coloro che diedero la vita per fermarla.
Ravhen la prese per le spalle, scrollandola leggermente, incapace di sopportare oltre quel pianto che pareva lacerargli qualcosa di ben più profondo dei soli timpani.
-Aryen, calmati!
Più colpita dal gesto che dalle sue parole, la giovane si ammutolì all’improvviso.
-Adesso raccontami tutto.- le disse il mercenario, non appena si accorse che aveva smesso di singhiozzare.
Aryen trasse un lungo sospiro e finalmente, con i propri occhi fissi nei suoi, parve trovare la forza per tranquillizzarsi.
-Ho visto le Guardiane combattere contro la Regina del Crepuscolo e morire nello scontro.
-E ti sembra una ragione sufficiente per piangere?
-È stato terribile. Era come se io fossi morta con loro.- mormorò con voce soffocata.
Sollevò gli occhi, articolando a fatica quelle poche parole che segnavano inesorabilmente il suo destino.
-Io… sono la quinta Guardiana.
Ravhen inarcò un sopracciglio, senza voler esprimere a parole il proprio scetticismo.
-E com’è possibile che tu sia ancora viva?
La fanciulla nascose il volto tra le mani.
-Non lo so! So solo che ho paura.- una lacrima tornò a solcare le sue guance già umide -Le cinque Guardiane diedero la vita per fermare la Regina del Crepuscolo. E se questo fosse anche il mio destino?
Ravhen le sfiorò il volto, soffermandosi sui capelli biondi un po’ arruffati per la notte appena trascorsa, fino ad abbassarle dolcemente le mani, in modo da poter raggiungere i suoi occhi ancora luccicanti di lacrime. Con quello sguardo spaventato sembrava tanto simile ad una bambina indifesa da regalargli una strana sensazione di disagio ed assieme desiderio di proteggerla, come se qualcosa avesse sfiorato le più profonde corde del suo animo, ricordandogli i sentimenti a cui aveva volontariamente rinunciato quando ancora era un ragazzino.
-Non c’è nessuna Regina contro cui combattere.
Le accarezzò una guancia, ricercando i suoi occhi.
-E, se si risvegliasse, io sarò al tuo fianco.- le promise, prima di poggiare le proprie labbra sulle sue.
Il respiro della fanciulla s’interruppe all’improvviso per quel contatto inaspettato, ma poi Ravhen la sentì rilassarsi contro il suo petto, un attimo prima che schiudesse la bocca per rispondere al bacio.
Quel breve momento d’intimità finì subito e, mentre Aryen si toccava le labbra con un’espressione sognante, l’uomo rimase ad osservarla incantato. Prima ancora di potersene rendere conto, si perse negli occhi innocenti di chi non aveva mai conosciuto il lato oscuro della vita, desiderando per un istante di potersi fregiare del medesimo sguardo, al posto del grigio impassibile ed indifferente con cui si mostrava al mondo; poi la mano sottile della ragazza si strinse convulsamente alla sua veste, e si baciarono ancora. Con una gentilezza che non aveva mai riservato nemmeno alle sue amanti abituali, Ravhen le accarezzò i lunghi capelli biondi, mentre le sue labbra ricercavano la morbidezza di quelle di lei, il suo sapore, il suo respiro. Il contatto tra loro fu un timido sfiorarsi, privo del passionale desiderio con cui solitamente si comportava in simili frangenti, perché la fanciulla accanto a lui gli sembrava troppo pura ed eterea per trattarla alla stregua delle prostitute o delle donne smaliziate con cui aveva conosciuto il lato fisico dell’amore. Anche quando si staccarono, Ravhen non fece nulla, si limitò a tenerla tra le sue braccia, cullandola come se fosse una bambina, fino a quando non la sentì rilassarsi completamente contro il suo petto.
Aryen rimase per interi minuti con gli occhi chiusi, ascoltando il battito del cuore del mercenario, che piano piano tranquillizzava anche il suo.
-Grazie.
Quel sussurro appena percettibile riscosse Ravhen dalla sua immobilità.
-Dobbiamo andare.- disse, quasi bruscamente.
La ragazza si allontanò di malavoglia da lui, ma annuì e nel giro di pochi minuti si rimisero in marcia.
Durante i giorni precedenti non avevano mai parlato molto mentre camminavano, tuttavia era la prima volta che proseguivano il viaggio in perfetto silenzio.
Ogni tanto Aryen si girava e gli sorrideva, con un rossore ed una timidezza del tutto nuovi nel suo volto infantile, ed allora Ravhen s’incupiva, nel tentativo di ignorare quella rumorosa spirale d’emozioni dentro di lui, che il suo cuore abituato al silenzio faticava ad accettare e riconoscere.
Finalmente, quando ormai il sole aveva cominciato il lento declino con cui avrebbe lasciato spazio alla notte, i due giovani raggiunsero la loro meta. Vista la scarsa luce disponibile e la stanchezza accumulata in quei giorni di cammino, scelsero di cenare e poi riposarsi, posticipando ogni azione al giorno successivo.
Non appena si furono accampati a qualche metro dalle Rovine, Aryen fece qualche tentativo di intavolare una conversazione, ma Ravhen si manteneva stranamente distante e nemmeno il sorriso che lei gli rivolse mentre gli porgeva la sua porzione della cena riuscì a penetrare l’espressione scontrosa sul suo volto. Infine fu costretta a desistere; senza comprendere il motivo per cui il suo compagno sembrasse in collera con lei, si arrese tristemente alla stanchezza e si rannicchiò nel suo piccolo giaciglio di coperte, mormorando un augurio di buonanotte che non ebbe alcuna risposta.
Ravhen la guardò dormire a lungo, come faceva ogni sera, per la prima volta in preda ad un tormento quasi doloroso. Quei giorni trascorsi in sua compagnia lo avevano cambiato, mostrandogli l’immagine tentatrice e spietata al tempo stesso di una nuova vita; poter fingere per qualche tempo di non essere un assassino a pagamento, ma un uomo onesto, che poteva permettersi di provare dei sentimenti e di essere amato, era stata un’esperienza del tutto nuova, per lui, e più piacevole di quanto si aspettasse; tuttavia non poteva fare a meno di chiedersi quanto questo sogno sarebbe durato e quanto crudele sarebbe stato il risveglio.
Come consapevole delle sue ciniche riflessioni, Aryen si mosse, cambiando posizione pur continuando a dormire.
Il mercenario la accarezzò con lo sguardo, senza osare avvicinarsi, sorpreso ed al tempo stesso addolorato di aver instaurato un simile legame con una ragazza emblema della purezza e dell’innocenza, di cui lui era sempre stato privo.
Una ragazza che non era mai stata sporcata di sangue.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Le rovine di Ghizmor ***


Ed infine sono arrivata al penultimo capitolo. Mi auguro che finora la storia sia stata di vostro gradimento; inoltre volevo avvertirvi che siccome domenica parto per una settimana (finalmente le vacanze XD), posterò l’epilogo al mio ritorno, il prima possibile. Ecco i ringraziamenti per chi mi ha recensito:
Rakyr il Solitario: Ti ringrazio del commento, sono felice che tu abbia apprezzato la scena del bacio^^ In quanto alla tua storia, la leggerò non appena avrò un po’ di tempo libero.
Silencio: Ti ringrazio molto, sono quasi commossa per questa valanga di complimenti! La protagonista volevo caratterizzarla come l’hai descritta tu (ovvero pura ed innocente), quindi sono contenta di ricevere una simile analisi da parte tua; in quanto alla Regina, ad essere sincera un po’ mi sono rifatta al personaggio di un’altra mia storia fantasy, in particolar modo per la bellezza, anche se in questo caso l’ho resa ben più spietata e disumana. Grazie di cuore, mi auguro continuerai a seguirmi^^
Shirahime88: Addirittura due recensioni?! Così mi vizi! Sono felicissima che tu abbia apprezzato entrambi i capitoli e ti ringrazio in particolar modo per il tuo giudizio positivo sui personaggi e sull’ambientazione che ho creato, è davvero uno dei complimenti più belli che potessi farmi! Senza contare che il fantasy è il mio genere preferito, la categoria in cui sto scrivendo una storia ben più lunga e impegnativa di questa, ed il fatto che questo racconto ti sia piaciuto mi infonde una buona dose di fiducia^^ Sulla fine non mi pronuncio, tanto tra breve la scoprirai da sola, spero solo che non ti deluda. A presto!




Capitolo 5: Le Rovine di Ghizmor

-Cosa c’è, piccola?- chiese il mercenario.
A quanto pareva, l’udito sviluppato ed il sonno leggero tipico di chi professava il suo lavoro gli avevano reso possibile svegliarsi al minimo accenno di movimento, scoprendo così che la sua protetta si era alzata in piena notte ed ora camminava come una sonnambula attraverso le Rovine.
Senza dare alcun cenno di essersi accorta della sua presenza, Aryen si diresse verso una piccola conca d’erba, attorniata dai frammenti del Tempio di Ghizmor, il luogo sacro in cui le Sacerdotesse della Natura venivano addestrate e preparate ad assurgere al rango di Guardiane. Giunta vicino ad un gruppetto di margherite, si chinò e cominciò a scavare, incurante di sporcarsi e ferirsi le mani, affondando le dita nella terra fresca e friabile da cui sentiva provenire un richiamo sempre più impellente, antico quanto la sua stessa vita. Dopo quella che parve un’eternità, dal suolo cominciò ad affiorare una roccia di uno strano colore azzurrino, che si dissolse in cenere non appena entrò in contatto con la pelle della ragazza; sotto di essa si trovava una piccola scatola rettangolare in legno di quercia, totalmente priva di decorazioni o sigilli. Come se sapesse già cosa conteneva, Aryen indugiò qualche secondo ad accarezzarne il coperchio sottile e levigato, ripulendolo dalle incrostazioni di terra.
Un bagliore gelido attraversò rapido gli occhi del mercenario, mentre la pallida luce della luna e delle stelle lo illuminava. Fino a quel momento aveva seguito le azioni della sua compagna di viaggio senza proferir parola, troppo concentrato sulla lotta che divampava nel suo animo per prestare attenzione alla sua ricerca; tuttavia, non appena comprese quale tesoro era stato rivelato, l’espressione impassibile con cui affrontava tutti i combattimenti scese sul suo volto per nasconderne le emozioni e la decisione appena presa.
-È la Pergamena?- chiese, pur conoscendo già la risposta.
Aryen gli fece un silenzioso cenno d’assenso, stranamente riluttante all’idea di mostrargli ciò che aveva trovato. Lo fissò negli occhi per un paio di secondi, prima di decidersi a soddisfarne la curiosità. Lentamente aprì la scatola, mentre il cuore sembrava esploderle nel petto semplicemente per la tensione e per una gioia selvaggia e sconosciuta, mai provata prima.
A bocca aperta si mise a fissare il contenuto di quel piccolo scrigno, incantata per lo spettacolo che le si era rivelato davanti agli occhi: rune quasi splendenti nel buio prima dell’alba, il potere della Natura che affluiva libero dalla carta alle sue mani, lo spirito di una Strega vissuta più di cento anni prima. La Pergamena.
Ravhen la rimirò con un sorriso privo di ogni calore.
-Dammela.- le ordinò, con un tono di voce gelido che non le aveva mai rivolto nei giorni passati.
Bruscamente distolta dalla sua muta ammirazione, Aryen parve risvegliarsi da un sogno.
-Che… cosa? Ravhen…- sussurrò, vedendo lo sguardo spietato del compagno.
L’uomo fece una smorfia.
-Avresti dovuto immaginare che sarebbe finita così.- la accusò -In fondo sono un mercenario. Non possiedo alcun ideale, tranne il mio personale guadagno.
Le parole parvero bruciargli le labbra nel momento in cui le pronunciava, conscio di quanto labile fosse la convinzione che le sosteneva. Per la prima volta qualcosa aveva messo in dubbio il suo stile di vita, l’indifferenza con cui trattava ogni altra persona, l’egoismo di cui era stato costretto ad ammantarsi per una semplice questione di sopravvivenza. E non gli piaceva il modo in cui questa consapevolezza stesse scavando nel suo petto, alla ricerca di un varco per raggiungere il cuore, nonostante ormai fosse troppo tardi per qualunque ripensamento.
La notte precedente si era ritrovato a dover scegliere tra il familiare cammino che lo aveva reso un mercenario privo di debolezze e sentimenti ed una strada ignota, cosparsa di nuove quanto irritanti emozioni, a fianco di una ragazzina conosciuta per sbaglio e fin troppo rumorosa.
Pur non volendolo ammettere nemmeno con se stesso, non era stata una decisione facile.
Aryen lo fissava senza riuscire a muoversi ed ancora Ravhen si ritrovò a fronteggiare quegli occhi carichi di innocenza, puri come quelli di una bambina, occhi che probabilmente lo avrebbero perseguitato per il resto della sua vita.
-E allora perché mi hai salvato quella volta? E perché hai continuato a proteggermi, fino ad arrivare in questo luogo?
Le labbra dell’uomo si piegarono in un sorriso amaro.
-Diciamo che è stato un momento di debolezza. Non fraintendermi, tu mi piaci davvero, credo che avremmo potuto essere una bella coppia. Ma io sono un mercenario, un assassino a pagamento.
S’interruppe un solo istante, per rimirare i tratti delicati del suo volto, quasi desiderasse imprimerseli a fuoco nella memoria.
Lei, così indifesa ed incontaminata dalla cattiveria degli esseri umani…
Lei, che nonostante tutto lo amava…
Ma ormai il sogno di una vita al suo fianco si era dissolto con i primi bagliori del mattino.
-E tu sei troppo pura per il mio mondo.- concluse con voce dura.
La ragazza si morse un labbro per impedire alle mille emozioni che la tormentavano di esplodere in un pianto carico di dolore.
-Se non desideravi più accompagnarmi potevi anche lasciarmi sola. Perché vuoi la Pergamena?
Ravhen si scostò pigramente un ciuffo di capelli dalla fronte.
-Ci ho riflettuto molto. Vedi, piccola, credo che in molti pagherebbero cifre incredibili pur di mettere le mani su questo pezzo di carta.- i suoi occhi per un attimo sembrarono appartenere ad un uomo ben più anziano della sua reale età, come se fossero invecchiati precocemente rispetto al resto del suo corpo -Ed io sono stanco di rischiare ogni giorno la morte per guadagnarmi da vivere.
Le mani della fanciulla si strinsero alla Pergamena, portandola al petto come se sperasse di riuscire in qualche modo a proteggerla dalle mire dell’uomo.
-La Pergamena non è tua, è delle Guardiane, da essa dipende la salvezza del mondo.
Il mercenario scosse la testa con un sospiro. Con un movimento apparentemente casuale appoggiò la mano destra sull’elsa della spada.
-Dammela, Aryen, non ti farò del male se non opporrai resistenza.
All’improvviso la ragazza si voltò, cercando di scappare, ma il mercenario fu rapido ad afferrarle il polso e trarla a sé, in modo da impedirle ogni altro tentativo di fuga.
-Ultima occasione.- le sussurrò all’orecchio –Dammi la Pergamena, o te la prenderò con la forza.
Trattenendo a stento le lacrime, la ragazza strinse i pugni e gli tese ciò che le aveva chiesto.
Ravhen se ne appropriò con un gesto brusco, gli occhi fissi nei suoi. Ancora una volta vederla così indifesa e disperata gli provocò una curiosa sensazione di disagio all’altezza del petto. Le sfiorò i capelli in una rapida carezza, prima di ritornare l’impassibile mercenario che era sempre stato.
-Sai, un po’ mi dispiace, piccola.
Sorrise, ma presto la sua espressione trionfante si dissolse in una smorfia sorpresa quando una luce si sprigionò dalla sua mano sinistra. La aprì con riluttanza, spaventato da quello che avrebbe potuto scoprire, ma ormai lo spirito della Strega si era già proteso verso la fanciulla, simile ad un filo dorato che si faceva più nitido e spesso di secondo in secondo. Le rune scritte nella Pergamena cominciarono a svanire mentre si imprimevano per un istante sulla pelle della ragazza, infondendole il loro potere, risvegliando completamente l’anima nascosta dentro di lei. Per un attimo Aryen ripensò alle visioni di poche ore prima, quell’ultimo sogno che non avrebbe mai dimenticato e le aveva svelato il proprio destino. Un destino a cui, specchiata negli occhi gelidi del mercenario, non trovava più la forza di opporsi.
-Dispiace anche a me.

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Capitolo 7
*** Epilogo: L'ultimo sogno ***


Fresca fresca di vacanza, eccomi con l’aggiornamento promesso (in realtà sono tornata ieri sul tardo pomeriggio, ma i miei neuroni erano in coma profondo, così ho preferito posticipare l’aggiornamento ad oggi). Mi auguro che questo epilogo vi piaccia e ringrazio tutti quelli che hanno seguito la storia fino a questo momento, sia silenziosamente, sia con graditissimi commenti. Ad eventuali domande, dubbi o altro risponderò via mail se sarete loggiati, o direttamente in questo capitolo.
Rakyr il Solitario: Ho un debole per la descrizione dei mercenari, sono felice che Ravhen ti sia piaciuto! Grazie mille del commento.
Shirahime88: Sei fin troppo buona, sono proprio contenta che tu abbia apprezzato tanto questa storia! Mi dispiace di averti intristito, ma questo è un racconto breve, anche perché sono già impegnata con un’altra storia che sta diventando eterna XD Mille grazie per il commento e l’augurio di buone vacanze^^
Silencio: Felice di averti spiazzato, in effetti mi piace inserire nei miei racconti dei colpi di scena (o, almeno, sperare che siano tali^^). Spero di non averti fatto attendere toppo per quest’ultimo capitolo, comunque ti ringrazio davvero molto per il commento!




Epilogo: L’ultimo sogno

Quella notte il sogno era diverso dal solito. Le ombre, non più quattro ma cinque, parevano ancor più minacciose, nascoste nell’ombra del loro cappuccio, e per la prima volta puntavano i loro occhi invisibili verso di lei.
Aryen deglutì più volte prima di riuscire a pronunciare quelle poche parole, lottando contro la morsa di panico che minacciava di chiuderle la gola e toglierle il respiro.
-Sono pronta… sono pronta a prendere il mio posto tra voi.
Le cinque figure incappucciate scoppiarono in una risata crudele.
-E perché mai dovremmo volerti?
-Io… sono una di voi. Una Guardiana!- esclamò la ragazza, disorientata da quella risposta che non si aspettava.
La figura più alta, la fanciulla con i capelli ramati che per prima aveva affrontato la Regina del Crepuscolo, le si avvicinò all’improvviso.
-Non pretendere di essere una Guardiana, non lo sei mai stata.
Le sue parole colpirono Aryen al petto come una pugnalata, andando a riaprire un’antica ferita di cui solo adesso aveva preso coscienza.
-Mai… stata?
Un’altra risata, questa volta dai toni infantili eppure ancor più crudele della precedente, scaturì dalla più giovane tra le ombre.
-Ancora neghi la realtà.- cantilenò con la voce pervasa dal disprezzo -L’età dell’Innocenza è finita, Aryen. È ora che tu ricordi!
-Che cosa?
La figura con i capelli di fiamma strinse i pugni.
-Come puoi pretendere di essere una di noi, tu, che hai tradito la tua stessa stirpe!
-Io non ho tradito nessuno! E la Pergamena che vi manca… io la sento, so dove si trova! È la mia Pergamena!
Le ultime due ombre, la fanciulla bionda e la Guardiana sconosciuta, si fecero avanti.
-Non è tua, l’hai rubata.
-Uccidendo chi la possedeva.
Un’improvvisa sensazione di calore colse Aryen, proprio nel momento in cui stava radunando tutta la sua voce per negare le accuse che le erano state rivolte. Abbassò lo sguardo sulle proprie dita, senza poter reprimere un gemito d’orrore per ciò che stava guardando: le sue mani erano intrise di sangue, lo sentiva scorrere, denso ed appiccicoso, fino a ricoprirle i polsi e le braccia come l’infamante marchio delle sue colpe. Il suo odore aspro e pungente le invadeva le narici, la soffocava, trascinandola verso un passato di cui aveva volontariamente rinnegato ogni ricordo.
-Non è vero. Non è vero!- urlò, mentre con movimenti frenetici cercava di pulirsi le mani sulla propria tunica.
Incurante delle sue parole, l’ombra sconosciuta si diresse verso di lei
-Tu hai ucciso la Quinta Guardiana. Tu sei la traditrice dei tuoi simili. Nel tuo grembo hai accolto il seme del male, hai legato la tua anima alla Sua ed ora in te Lei vive e si rafforza, pronta al risveglio.
L’ombra con la voce da bambina si esibì in una breve risata di scherno.
-Cerca la verità dentro di te, Aryen, traditrice della tua stirpe.
La ragazza scosse la testa, mentre due lacrime gemelle cominciavano a solcarle le guance.
-E allora perché mi chiamavate? Perché continuate ad infestare i miei sogni?
L’ombra davanti a lei si fece ancora più vicina.
-Non era te che chiamavano.
Lentamente abbassò il suo cappuccio, lasciando che i lunghi capelli biondi scendessero simili ad un manto dorato sulle sue spalle, e rivelando il volto nobile ed aggraziato, in cui, con un grido, Aryen riconobbe le sue stesse fattezze.
In un lampo anni interi di ricordi le tornarono alla mente: l’aspra gelosia per quella ragazza della sua età, sacerdotessa come lei, che le Guardiane precedenti avevano scelto come fanciulla a cui trasmettere il loro compito e la loro conoscenza.
L’invidia che era diventata odio, l’odio che era divenuto follia, fino al punto da spingerla a disobbedire ai suoi obblighi di sacerdotessa della Natura. Si rivide rubarle la Pergamena, poco prima dello scontro con la Regina del Crepuscolo, e rivolgere il potere delle rune contro di lei, nutrendosi del rancore che le aveva invaso il petto, sovvertendo tutti gli insegnamenti ricevuti dalle vecchie Guardiane.
Si coprì il volto, inorridita per quei ricordi che non desiderava riportare alla luce.
Aveva ucciso…
-Tua sorella.- sibilò l’ombra con le sue stesse fattezze -Poco prima dello scontro mi hai rubato la Pergamena, utilizzandola per distruggermi, e quando ti sei resa conto che il potere in essa contenuto ti stava consumando, hai chiesto aiuto alla Regina, alla nemica della nostra stirpe, promettendole il tuo corpo in cambio della vita. Le mie compagne l’hanno poi sconfitta a prezzo del loro sacrificio, tuttavia senza il mio supporto non sono riuscite a distruggerla definitivamente. Tu invece sei sopravvissuta, grazie al potere corrotto a cui ti sei votata, sei rimasta chiusa in una dimensione non accessibile ai mortali per tutti questi cent’anni, nutrita dalla Sua magia, e, ora che ti sei risvegliata, Lei è pronta ad utilizzare il tuo corpo per tornare a devastare le Terre.
La fanciulla più vecchia, quella con i capelli ramati, le lanciò un’occhiata carica di rimprovero e disgusto.
-Per le tue colpe l’umanità è condannata. Dopo la nostra morte ed il tuo tradimento le sacerdotesse della Natura sono gradualmente scomparse, così non esiste nessuno in grado di liberare gli spiriti delle Streghe. Grazie al potere delle Pergamene noi potremo nascere una seconda volta, nel tentativo di sconfiggere il Male che alberga dentro di te, ma ci vorrà del tempo prima di ricostruire i nostri corpi fisici e prive della quinta Pergamena, che ormai è nelle Sue mani, ci ritroviamo prive anche della speranza. L’umanità sarà destinata a soccombere, e solo tua sarà la colpa.
Aryen scosse freneticamente la testa.
-Non è vero! Queste sono solo bugie, io non ho mai ucciso nessuno! Io non ho nessuna colpa!- singhiozzò disperata, ma già i suoi lineamenti mutavano nel volto gelido e bellissimo di una donna spietata, i capelli neri le scivolavano davanti agli occhi ed una volontà ancora più oscura cominciava a crescere dentro di lei.
-Tutti moriranno per causa tua.- sibilò la quinta ombra, rimettendosi il cappuccio -Assassina!
La ragazza si tappò le orecchie, cercando invano di sopprimere l’ultima parola della sua gemella, perché altre quattro voci risuonavano nella sua mente, aggredendola senza tregua.
-Assassina, assassina, assassina...

Quella mattina, quando si era svegliata, Aryen aveva sentito un immenso potere farsi strada da un punto imprecisato della sua mente, fino a dominarla, per poi raggiungerle il petto e le mani, in un’estasi di delirio ed onnipotenza. Il contatto con la Pergamena aveva semplicemente acuito questa consapevolezza, in particolar modo quando lo Spirito della Strega aveva tentato di sopraffare la sua coscienza, ritrovandosi invece imprigionato dentro di lei, soggiogato, annichilito, pronto a servirla.
Adesso ne aveva liberato il potere, con un’esplosione di bianco abbacinante e letale che era riuscito per un attimo a sovrastare l’oscurità della notte.
Le sue labbra si tesero in un sorriso crudele quando il primo raggio dell’alba le illuminò il volto.
I suoi capelli biondi stavano già cominciando a tingersi di tenebra ed ormai non c’era più alcun bagliore d’innocenza o ingenuità negli occhi castani luccicanti di magia.
Si guardò attorno, con la spietata curiosità di un’assassina che deve scegliere la sua prossima vittima.
Sapeva che le Guardiane avrebbero mantenuto la loro parola e presto sarebbe stata costretta a fronteggiare lo stesso potere che già una volta l’aveva sconfitta, tuttavia sarebbe passato del tempo prima di doverle incontrare ancora; giorni, mesi, forse perfino anni in cui avrebbe potuto compiere la sua missione. E lei non avrebbe sprecato quel vantaggio.
Ai suoi piedi, immerso in un lago di sangue, giaceva immobile il mercenario.
-E pensare che quella patetica mortale aveva cercato di combattermi per amor tuo.- lo derise, soffermandosi a studiarne i lineamenti, mentre con un guizzo d’irritazione ripensava a quel breve momento in cui Aryen aveva cercato di rinnegare il patto stipulato con lei tanti anni prima.
Gli sfiorò le labbra con un dito affusolato, contemplando l’estrema bellezza della morte, l’unica che lei comprendesse; una bellezza di cui era la sola a trovare il significato.
-Ed il Crepuscolo scenda su questa terra.

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