La luce azzurra

di OLDLADY
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio ***
Capitolo 2: *** Statuine in un plastico ***
Capitolo 3: *** Origami ***
Capitolo 4: *** Lo spartito ***
Capitolo 5: *** Trevor ***
Capitolo 6: *** Quello che desidero ***
Capitolo 7: *** Dieci giorni ***
Capitolo 8: *** Piccole verità ***
Capitolo 9: *** La Sala dello Specchio ***
Capitolo 10: *** Potere e abilità ***
Capitolo 11: *** Consigli amichevoli di seduzione ***
Capitolo 12: *** Il bullo ***
Capitolo 13: *** Il campo della redenzione ***
Capitolo 14: *** Le pillole rosa ***
Capitolo 15: *** Il campione di lacrosse ***
Capitolo 16: *** Da solo ***
Capitolo 17: *** Sei una bambola ***
Capitolo 18: *** La storia di Blaine ***
Capitolo 19: *** Addio (prima parte) ***
Capitolo 20: *** Addio (seconda parte) ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Risveglio ***


1

 

Il ragazzo trasse un profondo respiro e aprì gli occhi.

C’erano solo due certezze in quel momento: sopra di lui il cielo era limpido e sotto di lui il cemento era freddo.

Ma perché se ne stava sdraiato per terra, con addosso solo una camicia leggera, che sicuramente ormai si era sgualcita irrimediabilmente?Che cos’era successo?
Provando a tirarsi su il ragazzo si accorse che la testa gli girava leggermente e un senso di vertigine lo faceva sentire poco saldo al suolo. La cosa più fastidiosa però  non era tanto quello o il fischio nelle orecchie- stridulo come una locomotiva- e neanche quel sapore di inchiostro amaro in bocca, ma il totale smarrimento che lo invase quando si guardò intorno.

Alla sua sinistra c’era un edificio a due piani, con tante finestre ed una scala esterna, di fronte a lui una gradinata e tutto intorno dei tavoli su cui qualche studente era seduto, intento a consumare il pranzo.

Ma…perché nessuno si muoveva?

La ragazza lì vicino, ad esempio, quella con il cerchietto per capelli dal fiocco vistoso, se ne stava con il suo cartone del latte sospeso a mezz’aria,  congelata nell’atto di portare la cannuccia alla bocca.

E lì accanto quella piccola brunetta col naso pronunciato si sporgeva come per sussurrare alla sua amica un segreto che non si decideva ad uscire dalle sue labbra.

-Ma che diavolo…-biascicò il ragazzo, abbracciando con lo sguardo tutto il cortile di quella che, senza ombra di dubbio, era una scuola superiore dove ogni singolo studente era… come dire… sì, non c’era ombra di dubbio… ogni studente era pietrificato!
Immobile come una statua.

Sembrava uno spaventoso telefilm di fantascienza degli anni quaranta, uno di quelli dove gli alieni fanno strani esperimenti sugli umani. E infatti non c’era umano in quel cortile che non fosse paralizzato, con lo sguardo fisso, come colpito da un raggio congelante marziano.

Raggio congelante marziano?
“Buon Dio, penso come un nerd, mi sembro Art…” il nome scomparve dai suoi pensieri nell’istante successivo in cui lo stava formulando e questo gap fece diventare il sapore che aveva in bocca ancora più amaro, se possibile.

Quella era pura follia, pensò il ragazzo, mentre un moto di panico lo invadeva. Come era possibile che un nome si cancellasse dalla sua testa in quel modo, prima ancora che finisse di pensarlo? E perché il mondo intorno a lui sembrava un film in pausa? Ma soprattutto, come poteva fare lui a far ripartire…tutto quanto?

-Aiuto- sussurrò, quasi senza fiato portandosi le mani tremanti alla bocca. –Devo trovare qualcuno che mi aiuti…

Eppure il ragazzo non riusciva a muoversi, forse si stava pietrificando anche lui?

In quell’istante una folata di vento gelido investì il cortile, spazzando alcuni fogli  appoggiati proprio sul tavolo delle ragazze -quella col cerchietto e quella col nasone- che volando via lo schiaffeggiarono in pieno viso.

La mano del ragazzo scattò automaticamente per acchiappare al volo uno di quei fogli (uno spartito, notò inconsciamente)  e con quel gesto involontario il suo corpo si scrollò dal torpore.

“Sì, sì, adesso io vado a cercare aiuto. Sicuramente c’è una spiegazione razionale a tutto questo” pensò di nuovo, ficcandosi il foglio a fatica nella tasca dei jeans (ma perché erano così stretti?) e barcollando verso l’interno dell’edificio.

Ben presto si ritrovò a correre, sempre più spaventato e smarrito quando si accorse che dentro le cose erano esattamente come all’esterno. Ragazzi fulminati nell’atto di chiacchierare per i corridoi, appoggiati contro gli armadietti, seduti nei banchi delle classi. Tutti con un’espressione intenta in volto, tutti presi in quello che stavano facendo (chi rideva, chi studiava, chi chiacchierava) con l’unico problema che erano tutti statici.
Come se il tempo si fosse fermato.

Il ragazzo, terrorizzato,  si appoggiò ad un armadietto, cercando di non farsi sopraffare dalle lacrime.

*** 

- C’è nessuno ancora vivo, in questo posto del cavolo?- gridò ad un tratto una voce agitata, una specie di lamento proveniente da una zona imprecisata alle sue spalle che riecheggiò inquietante per tutta la scuola.
Al ragazzo, in quel momento di sconforto, quell’urlo quasi disumano sembrò il suono di mille violini celestiali, una sinfonia sublime, un inno di gioia. La marcia trionfale dell’Aida mixata con la Marsigliese.
-Sì! Sì!Ci sono io! Quaggiù! Sono quaggiù! Vicino agli armadietti!

-Sto arrivando! Non ti muovere! Anzi no, muoviti se no non capisco quale sei!

Ed ecco sbucare, da una porta un po’ più avanti, un altro ragazzo, tutto trafelato, che si guardò intorno smarrito.

-Quaggiù! Quaggiù!- si sbracciò lui.

L’altro lo individuò subito e si precipitò nella sua direzione.

E appena si fece più vicino fu come se nulla importasse più davvero.
Il fatto che non riusciva a ricordare niente, neanche un nome? Neanche il proprio? Quisquiglie.
Non avere idea di dove si trovasse e perché? Dettagli.
Tutta quella gente congelata? Cose che capitano.
Ma di fronte a lui ora c’era una cosa che il ragazzo non sapeva definire, non sapeva dire cosa fosse, ma tutto il suo essere, fin nel profondo, gli urlava di guardare bene e stare in campana: quello lì davanti, non era una cosa  che capita.
Quel bellissimo ragazzo moro con gli occhi d’ambra che lo stava fissando a sua volta, quello non poteva essere né una quisquiglia, né un dettaglio.
E non poteva essere un caso che, appena i loro sguardi si erano agganciati, la sua mente si era snebbiata per una frazione di secondo, restituendogli il proprio nome.

- Io mi chiamo Kurt!- esclamò il ragazzo, meravigliato. Come era possibile che fino a quel momento non riuscisse a mettere a fuoco il suo stesso nome?

Il ragazzo di fronte a lui spalancò gli occhi e annaspò per un attimo, prima di portarsi la mano alla fronte, come se cercasse di far saltar fuori dalla sua testa la soluzione di una complicata equazione.

Strizzò gli occhi per lo sforzo e un ricciolo indisciplinato sfuggì alla prigione di gel che era la sua testa.

Kurt, quasi senza pensarci, gli sfiorò il dorso della mano e, a quella vicinanza, per un attimo tra i loro palmi brillò una piccola scintilla azzurra. L’altro spalancò gli occhi di scatto, allontanando la mano.

-Hai visto quella scin…

-Blaine- esclamò il ragazzo.- Io mi chiamo Blaine!

*** 

-Chi l’avrebbe mai detto che nella dispensa della scuola ci fosse tutto questo ben di Dio!- esclamò Blaine meravigliato e quasi euforico, chiudendo l’ennesima credenza. – Guarda qua!  Pane in cassetta, barattoli di pomodori, cibo surgelato, pacchi di biscotti! Si potrebbe sfamare un esercito per mesi con tutta questa roba.

Kurt non sembrava altrettanto entusiasta, anzi si lasciò cadere su uno sgabello, accanto ad una cassetta di zucchine, stanco e di malumore.

- E’ bello sapere che non moriremo di fame, ma eravamo venuti qua dietro per cercare del caffè, e l’unica cosa che finora non abbiamo trovato…è il caffè!

Avevano passato l’ultima ora tentando di uscire dalla scuola, con scarsi risultati. Il liceo McKinley –avevano scoperto facilmente il nome – era impossibile da oltrepassare, come se fosse circondato da una barriera invisibile che non permetteva loro di andare oltre ai suoi confini istituzionali. Uscire dall’ingresso era fuori discussione, si finiva con lo sbattere contro una specie di muro trasparente. Passando dal retro si erano spinti fino al campo da football, ma anche lì, terminato il prato era terminata la gita: nessuno dei due era riuscito a fare un passo oltre l’area di meta.

Avevano così deciso di provare a ragionare sul da farsi di fronte ad una tazza di caffè, nel tentativo di riordinare le idee e riacquistare il sangue freddo. E dal momento che il distributore automatico della mensa si era rivelato rotto ora erano lì, nelle cucine, a cercarne un po’.

Blaine continuava ad aprire e chiudere sportelli a destra e a sinistra, non perché avvertisse davvero il bisogno di caffeina, ma perché voleva tenersi occupato.
Kurt dal canto suo sembrava spaventato a morte ma anche così, scosso e sperduto, con il colorito più pallido del solito, era ugualmente bellissimo e sconvolgente.

-Che ne dici di provare in sala professori?- chiese Blaine con gentilezza, riscuotendolo.

-Sì, giusto- rispose Kurt riavendosi un po’. Qualche piccolo flash gli stava tornando in mente.  –Mi pare che lì ce ne sia una che funziona.

Si avviarono da quella parte, e Blaine rimase indietro per richiudere la porta della cucina alle sue spalle, senza staccare però gli occhi da Kurt che, inconsapevole del suo sguardo, lo precedeva.

Prima aveva fatto finta di non accorgersene ma,quando le loro mani si erano sfiorate, l’aveva vista eccome quella piccola scintilla azzurra. Blaine doveva fare più attenzione. C’era mancato poco, troppo poco, che accadesse un disastro.
Il problema era che da quando si era svegliato, poco prima, disteso sul palco dell’auditorium, la sua testa era confusa, i suoi pensieri poco nitidi e aveva scarso controllo sulle cose che sapeva di dover tenere a bada. Kurt non doveva scoprire niente sulla luce azzurra, e doveva assolutamente credere che anche lui fosse all’oscuro di quello che stava capitando.
Per fortuna i loro palmi non si erano toccati, Blaine non era assolutamente pronto per quello.

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Capitolo 2
*** Statuine in un plastico ***


2

 

-Mi sono svegliato all’improvviso, sdraiato per terra, là fuori sul cortile, e tutto intorno era…beh… così, come lo vedi adesso!- esclamò Kurt, seduto in sala professori di fronte a Blaine. Fece un ampio gesto con la mano, indicando le tre persone paralizzate nell’atto di  mangiare sedute al tavolo di fronte a loro.
-Pazzesco, lo so – confermò Blaine. – A me è successa la stessa cosa quando ho aperto gli occhi di là, in una delle aule, e per un attimo ho pensato che si trattasse di una specie di flash-mob. Quando mi sono reso conto che le cose invece erano serie mi sono fatto prendere dal panico. Meno male che ad un certo punto ho sentito la tua voce –aggiunse, lanciando a Kurt uno sguardo di aperto ringraziamento- altrimenti probabilmente avrei preso a sbattere la testa contro il muro.

-Come ho fatto io quando mi sono accorto che neanche qua dentro c’era del caffè?- ridacchiò Kurt, rigirandosi tra le mani la triste tazza di tè che si era preparato una volta arresosi all’impossibilità di reperire della caffeina.

-Più o meno- concesse l’altro sorridendo.

Rimasero per qualche minuto in silenzio persi nei loro pensieri e Kurt tornò ad osservare le tre sagome lì davanti. Un uomo con i capelli ricci e una donna corpulenta stavano tracannando delle patatine fritte mentre una graziosa signora con i capelli rossi mordicchiava una costa di sedano lanciando loro uno sguardo che sembrava di biasimo. Kurt avvertiva la convinzione di avere qualcosa a che fare con loro e li fissava alla ricerca di un nome, un dettaglio, qualcosa di meglio che un fumoso sospetto. Dei tre, la donna con i capelli rossi forse era quella che più gli suggeriva qualcosa, il fantasma di un ricordo,  ma per quanto si concentrasse l’unica cosa che  gli veniva in mente era il cartone animato di Bambi, e questo non aveva assolutamente senso.

-Tu ricordi qualcosa, a parte il tuo nome?- chiese rivolgendosi a Blaine, che sobbalzò leggermente.

-Uh? Ricordi? No, niente di niente. Tabula rasa.

-Ma queste persone, non ti sembrano familiari?-insistette sperando di trovare una conferma alle sue impressioni, almeno per non indugiare troppo nella sensazione di essere un  pazzo furioso.

Blaine abbracciò con lo sguardo ogni insegnante (erano nella sala insegnanti, quindi quei tizi dovevano per forza essere insegnanti, no?) presente nella stanza, poi scosse le spalle.

- Non mi dicono proprio niente. Nada. Mai visti! Ma poi chi può dirlo con certezza, visto che ho la testa completamente vuota?

Kurt si impuntò con ostinazione. -Eppure io sono sicuro di conoscere questa gente. Ne sono sicurissimo. Hanno tutti un’aria così familiare, così …come dire… così consueta!

-Beh, questa è una scuola, e noi siamo ragazzi – rispose Blaine massaggiandosi il collo nel tentativo di riordinare le idee. -Sicuramente studiamo qui. Probabilmente io e te ci conosciamo, perfino. Magari siamo anche amici.

-Forse sì, forse no- mormorò Kurt, lanciando una sbirciatina a Blaine.
Nonostante la situazione così strana, non poté impedirsi di ammirare la magnificenza del ragazzo seduto lì accanto a lui: corpo saldo e muscoloso, lo si capiva benissimo anche se era vestito con uno stile casual, pelle olivastra e liscia, naso dritto, capelli neri. “Dio mio, se noi due fossimo davvero amici, o anche solo conoscenti, stai certo che mi ricorderei di te!Non mi dimenticherei mai e poi mai di uno così!”
Poco prima, quando Blaine aveva fatto la sua comparsa irrompendo nel corridoio degli armadietti, Kurt non si era sentito affatto di fronte a qualcosa di consueto, o familiare, o usuale.

Le uniche parole che era riuscito a pensare erano state: straordinario, sorprendente, fenomenale. Non solo Kurt si era sentito sopraffare da un senso di meraviglia  per l’innegabile bellezza di Blaine (perfino un cieco l’avrebbe in qualche modo percepita)  ma  anche dallo  stupore  incredulo di chi sta assistendo a qualcosa di irripetibile, tipo una supernova.
-Perché pensi che non potrei essere un tuo compagno di scuola?- domandò Blaine quasi piccato.

Kurt fissò meglio Blaine, squadrandolo da capo a piedi. Già, perché? A parte, ovviamente, quella sensazione indefinibile.

-I tuoi vestiti!-esclamò tutto ad un tratto, trovando la risposta.
Blaine abbassò lo sguardo dubbioso sul suo tranquillissimo abbigliamento.

- Cos’hanno i miei vestiti che non va?- chiese con una punta di disagio nella voce.

-Guarda lo stemma ricamato sulla felpa, e guarda quello sulla tasca dei calzoni. Visto? Sono identici! Questo non è un brand, e se te lo dico io puoi starne certo perché i brand li conosco davvero tutti. Questa è un simbolo di appartenenza ad una scuola. Fidati: questa tuta che hai addosso fa parte di una divisa di qualche scuola privata per ricconi. Non mi stupirei se nelle ore scolastiche foste tutti costretti in giacca e cravatta.

Kurt era raggiante per essere riuscito a grattare un frammento di spiegazione logica in quella situazione all’impasse,  ma il sorriso gli si spense sulle labbra quando incontrò gli occhi dell’altro.
Blaine non stava ridendo anzi sembrava contrariato o, per essere più precisi, triste. Possibile? A Kurt quella malinconia non piacque. Ma in fondo cosa c’era da essere tristi?

-Sai una cosa?- buttò là, cercando di cambiare discorso. –Tu mi fai concentrare!

-Uh? Come concentrare? Che intendi?

-Che la tua presenza mi aiuta a concentrarmi meglio. Prima, ad esempio, ero terrorizzato perché non mi ricordavo il mio stesso nome, ma quando sei arrivato tu mi è tornato subito in mente. E poi guardando i tuoi vestiti mi sono ricordato che mi piace la moda e adesso invece sto guardando quella donna- ed indicò la signora rossa con il sedano- e sono sicuro, me lo sento nelle ossa, ma non prendermi per pazzo però,  insomma sono assolutamente certo che una volta le ho vomitato addosso.

-Cooosa?

Kurt scattò in piedi, avvicinandosi al bel viso della signora. Le passò una mano di fronte agli occhi,  cercando inutilmente una reazione, poi provò a darle qualche piccolo colpetto sulla spalla. Niente.

–Sicuro come l’oro, io ho vomitato sulle scarpe di questa signora .

-Con i piedi dentro?- chiese Blaine, serissimo.

-Con i piedi dentro.
Blaine scoppiò a ridere, una risata bella e aperta. Kurt desiderò riascoltarla di nuovo e di nuovo ancora.

-Sono felice che tu stia ritrovando qualche ricordo- disse Blaine- e sono onorato di essere io quello che ti fa…concentrare –aggiunse ammiccando.

Ammiccando? Aveva ammiccato, vero?

Prima che Kurt potesse lanciarsi in altre congetture sul suo misterioso compagno di (dis)avventure Blaine lo distrasse di nuovo. –Torniamo di là. Andiamo a cercare qualcosa che possa esserci utile.

 

****

Blaine faceva strada a Kurt, aprendo per lui ogni porta e seguendolo in tutte le ipotesi che il ragazzo formulava mentre insieme esploravano il Liceo McKinley.

- Forse c’è stato un disastro nucleare e noi siamo i soli sopravvissuti! No, non può essere, questa gente non è mica carbonizzata. E il fatto che non sono morti toglie di mezzo anche l’eventualità di una gigantesca epidemia scatenata dal governo che ha deciso di testare su di noi qualche nuovissima arma batteriologica. Oddio, vuoi vedere che si tratta sul serio di un’invasione aliena, come avevo pensato all’inizio?

Kurt parlava e parlava ma Blaine faceva solo finta di ascoltarlo tentando anche di contribuire con qualche sciocchezza poco convincente a tutte quelle teorie.

-Sì- rispondeva di tanto in tanto a Kurt- forse siamo stati tutti ipnotizzati da un illusionista cattivo che in questo momento sta derubando le nostre case, non si può mai sapere. La profezia dei Maya che si avvera? No, non saprei…

Ma la verità era che non gliene importava niente. Per lui  quella gente poteva rimanersene lì congelata  per sempre, tante belle statuine disposte in un plastico per tutta l’eternità, fantocci a far da sfondo. Tutte quelle persone, per Blaine, non erano altro che una scenografia un po’ ingombrante e nulla di più.
L’unica cosa che davvero gli importava era Kurt, e Kurt adesso si trovava proprio lì davanti a lui, bello oltre ogni immaginazione, vitale e vibrante, con le guance accese e lo sguardo luminoso. Quando lo aveva visto, prima nel corridoio, Blaine aveva avuto un momento di sopraffazione che, per una frazione di secondo, gli aveva fatto perdere il controllo. Era ancora debole e intontito dal risveglio e l’ esaltazione di aver trovato Kurt lo aveva quasi fregato. Per un piccolo istante era stato vinto dall’emozione e se non si fosse ripreso subito le conseguenze sarebbero state gravi. Non poteva più permettersi altri errori, neanche se dovuti ad una felicità incontenibile.

Errori come quella stupidaggine dei vestiti. Blaine si sarebbe voluto dare un pugno in testa quando Kurt aveva notato il logo sulla felpa. Aveva tanto sperato di farsi passare per uno studente del McKinley, tutto sarebbe stato enormemente più facile così, facendogli credere magari di essere già vicini e in confidenza. In quel modo Blaine avrebbe potuto almeno saltare qualche tappa ma Kurt aveva intuito che lui non era di lì e adesso si doveva rassegnare ad andarci piano, anche se sarebbe stata dura. E poi  Blaine non voleva che Kurt pensasse a lui come ad un estraneo. Ma perché era stato così stupido da non mettere in conto l’attenzione dell’altro per i dettagli, soprattutto quelli dell’abbigliamento?  Kurt era troppo sveglio, dannazione! Bello oltre ogni immaginazione, con uno sguardo ti faceva dimenticare lo spazio e il tempo, e intelligente come una faina che sta per intrufolarsi in un pollaio. Per Blaine sarebbe stata una faticaccia, ma non poteva permettersi di distrarsi proprio nel momento più delicato di tutta quella storia, quando ormai mancava così poco al suo obbiettivo. Sarebbe stato il colmo perdere tutto solo perché Kurt era troppo perspicace!

Certo, ci sarebbe voluto un dominio pazzesco per non mandare tutto all’aria e prendere tra le braccia il ragazzo di cui era innamorato, baciarlo fino a stordirsi,  affondare il viso sul suo collo e arrendersi alle mille cose proibite che gli saltavano in mente tutte le volte che guardava il suo viso, la sua bocca, il suo…. “Basta per la miseria Blaine! Datti una regolata e concentrati. Lo spaventeresti a morte, brutto idiota!”

Blaine voleva Kurt in tutti i modi immaginabili, tranne che spaventato, e inoltre in quel momento nella loro situazione di cose spaventose ce n’erano fin troppe.
Come ad esempio quel tizio di fronte a loro.

Erano arrivati negli spogliatoi della palestra insolitamente vuoti se si faceva eccezione per un ragazzone con la tipica giacca dei giocatori di football che se ne stava in piedi vicino alle panche. Era congelato nell’attimo di lanciare in aria il pallone per poi riprenderlo al volo e i suoi occhi fissavano stolidamente il punto dove l’ovale  rimaneva sospeso in barba alla forza di gravità.

A Blaine non sfuggì lo sguardo inquieto di Kurt di fronte a quel ragazzo e nient’altro riuscì a fare che afferrare il compagno per la manica e tirarlo via.

-Andiamo Kurt, in questa stanza non c’è niente di interessante.

Anche da pietrificato, Blaine non voleva quel particolare giocatore di football vicino al suo Kurt.

 

****

 

Alla fine spesero la giornata a perlustrare tutti gli angoli del McKinley, anche quelli più remoti, compreso il locale caldaie, la soffitta e il capanno degli attrezzi dietro al campo da football.

Avevano provato a chiamare aiuto ma il telefonino di Kurt, così come qualsiasi altro telefono, computer o cellulare presente nella scuola  era inservibile e Blaine era riuscito - con molta fatica - a dissuadere Kurt dal tentare i segnali di fumo sul tetto della scuola.

Frugarono dappertutto, a caccia di non si sa cosa, fino a sera. O meglio, capirono che era sera grazie all’ orologio da polso di Blaine, dal momento che fuori il cielo continuava ad essere limpido come in una bella mattinata d’autunno.

-Ti dice anche che giorno è, quell’aggeggio?- Kurt non si sarebbe mai messo addosso un orologio da polso, faceva così anni ottanta. Ma quello di Blaine era argentato e vecchio stile, e gli dava un’aria ancora più virile, se possibile.

-Sicuro. Qui dice che oggi è il 1 ottobre 2012.

-Allora mancano ancora un paio di mesi per la data della fine del mondo dei Maya.

-Già, quella puoi escluderla dalla lista delle teorie plausibili.

Quando Blaine, quella mattina,  aveva detto di volere cercare qualcosa di utile, Kurt aveva pensato che si riferisse a qualcosa di utile per uscire, ma poi si era dovuto ricredere.

Blaine stava cercando qualcosa di utile per restare. Era lampante dai commenti che faceva, dagli oggetti che attiravano  la sua attenzione, ma soprattutto dall’eccitazione che lo pervadeva ad ogni scoperta.
Dio, sembrava un bambino che sta progettando di campeggiare in un bosco fatato, era assolutamente irresistibile.

-Per mangiare non ci sarà nessun problema- stava dicendo in quel momento – le cucine sono praticamente una dispensa infinita. E anche per i vestiti siamo a cavallo: guarda qua che roba! Non credevo che il magazzino dell’auditorium scolastico contenesse così tanti costumi di scena e cambi d’abito.

-Giusto, adesso mi ricordo!  –esclamò Kurt, illuminato da una reminiscenza improvvisa. – L’anno scorso abbiamo allestito Cabaret e quest’anno il Rocky Horror. Ci deve essere un sacco di roba retrò qua dentro.

-Fantastico- gongolò Blaine. –Io adoro lo stile old-fashion! Per lavarli ho visto delle lavatrici negli spogliatoi delle cheerleader, quindi anche su quel fronte siamo a posto. Ah, però dovremo inventarci qualcosa per  dormire. Non ci sono letti nella scuola, ci ho prestato attenzione. Alla lunga il pavimento ci massacrerebbe la schiena… Nell’infermeria ho visto una branda e forse quel divano nell’ufficio del preside potrebbe essere comodo.

-Blaine, –lo interruppe Kurt debolmente - non siamo in villeggiatura, non dobbiamo metterci troppo comodi, al contrario dobbiamo trovare un modo per superare questa situazione e…

-Certo, certo, superare la situazione, sicuro. Ma dobbiamo anche essere pronti all’eventualità che la cosa si protragga. Non possiamo essere impr…urka!

Blaine si lasciò sfuggire un fischio. Aveva aperto un’altra porta e di fronte a loro c’erano impilati uno sopra l’altro dodici materassi, ancora avvolti col cellophane. Per qualche misterioso motivo a Kurt venne in mente il refrain di Jump dei Van Halen. Strano perché non gli sembrava il suo genere di musica.

-Ecco risolto il problema - esclamò Blaine su di giri.

Dopo qualche incertezza decisero di arrangiare due giacigli, giusto nell’eventualità che fossero davvero costretti a rimanere lì anche a dormire. Kurt insistette di sistemarli sul palco, perché se proprio dovevano fermarsi per la notte, tanto valeva trascorrerla nel posto più bello della scuola. Blaine insistette che fossero vicini. Kurt sollevò un sopracciglio, dubbioso.

-Conviene stare vicini- puntualizzò l’altro. –Nel caso ci sia qualche emergenza.

Il lato fifone di Kurt mise a tacere qualsiasi altro pensiero. “Emergenza significa pericolo, pericolo significa che io non dormo da solo. E se devo dormire vicino a Blaine, meglio ancora. ”

 

****

Nota di Oldlady:

 

Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno letto il primo capitolo di questa storia, e le gentilissime che l’hanno inserita tra le seguite/preferite. E un super grazie a Bay24 che mi ha incoraggiata a imbarcarmi in questa cosa e mi ha lasciato la prima recensione portafortuna.

Mi sembra corretto darvi alcune avvisaglie nel caso vogliate continuare a leggere il mio racconto, a scanso di equivoci (anche visto gli ultimi orridi avvenimenti nel tf):

 

1) Non ho mai amato molto la geometria, quindi nelle mie storie non ne troverete. Gli unici triangoli che mi piacciono sono i tramezzini.

2) Ci saranno altri due o tre  capitoli di ambientamento, poi si entrerà nel vivo dell’azione. Prevedo una quindicina di capitoli, o forse -se la parte centrale mi prenderà la mano - qualcuno in più, altrimenti vada per la  quindicina e amici come prima.

3) Caccia all’indizio:  se in qualche momento (anche nel capitolo precedente) viene nominato un oggetto che fa qualcosa di strano o particolare, ebbene un motivo c’è ! Vediamo se qualcuna indovina quali sono gli oggetti incriminati?

 

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Capitolo 3
*** Origami ***


3

Origami

La notte, per Blaine, era stata un inferno.
Sì certo, il materasso era comodo e - una volta arrangiato con le coperte sgraffignate dall’infermeria- anche confortevole;  inoltre dentro l’auditorium c’era una penombra piacevole.

Ma lui non aveva fatto altro che girarsi e rigirarsi all’infinito, incapace di addormentarsi, incapace perfino di star fermo, perché Kurt era lì, su quel materasso buttato per terra a pochi centimetri dal suo, e sarebbe bastato un niente per stringerlo tra le braccia. Poteva addirittura sentire il suo profumo, un misto di borotalco e vaniglia, più che sufficiente per  fargli mancare la terra sotto i piedi. Dopo un paio d’ore d’agonia si era arreso e si era tirato su, avvicinandosi all’altro materasso senza fare rumore. Si era steso sul fianco e aveva appoggiato la testa sul braccio. Avrebbe potuto trascorrere mesi e mesi così, sdraiato a contemplare il ragazzo che amava e a respirarne il profumo. Kurt nel sonno aveva un'aria serena, fiduciosa e pura, sembrava una bambola di porcellana, eppure Blaine sapeva che in lui c’era anche tanta forza, nascosta dietro quel suo aspetto angelico. Quel ragazzo addormentato era tutto quello che lui aveva sempre sognato ed ora che era lì, accanto a lui, Blaine si perdeva nel piacere di potergli stare vicino. Certo, desiderava molto di più, gli faceva quasi male il petto per lo sforzo di trattenersi dallo stringerlo e  baciarlo in ogni modo possibile, ma andava bene lo stesso.

-Le cose che ti farei-sospirò sorridendo, ributtandosi sul proprio cuscino.

Blaine sapeva che c’era tutto il tempo per quello. Prima però doveva guadagnare la fiducia del dolce ragazzo innocente che riempiva i suoi sogni, doveva corteggiarlo e fargli arrivare il suo amore e il suo desiderio con pazienza. Doveva aspettare che si sentisse pronto, stargli vicino e farlo innamorare. Sarebbe bastato farlo innamorare anche solo la metà di quanto lo era lui per andare alla grande. Ma prima ancora c’era la cosa più importante a cui star dietro. Blaine doveva assolutamente far passare a Kurt la voglia di trovare una via d’uscita dal McKinley.

 

***

 

Kurt si svegliò con un inaspettato senso di benessere. Si sentiva energico, tranquillo ed ottimista e la cosa lo meravigliò, visto i ricordi del giorno precedente. Eppure, c’era qualcosa di giusto nel modo in cui aveva dormito, qualcosa di confortevole che lo aveva fatto sentire protetto. Si voltò verso Blaine per chiedergli se avesse dormito bene anche lui, ma il ragazzo non c’era.

Sopra il cuscino riposava un bigliettino, scritto con una elegante calligrafia: “  Segui la strada di fiori gialli e arriverai alla città di Smeraldo”. Vicino al cuscino era appoggiato un semplice origami giallo. Kurt lo prese tra le mani, dubbioso, poi scoppiò a ridere intenerito: era l’origami più sgangherato che avesse mai visto, e se il bigliettino non avesse specificato che si trattava di un fiore forse l’avrebbe scambiato per una papera. Poco più in là ce n’era un altro, altrettanto brutto, e poi un altro e un altro ancora. Seguendo la strada di (brutti) fiori gialli Kurt arrivò alla cucina della scuola, dove un Blaine molto allegro stava trafficando ai fornelli, incurante delle tre inservienti ibernate lì vicino, tutto preso a canticchiare con una voce che avrebbe potuto sciogliere anche i ghiacciai:

Somewhere over the rainbow
Way up high
There's a land that I heard of once in a lullaby

Somewhere over the rainbow
Skies are blue
And the dreams that you dare to dream really do come true

Someday I'll wish upon a star
And wake up where the clouds are far behind me
Where troubles melt like lemon drops
A way above the chimney tops
That's where you'll find me

Somewhere over the rainbow
Blue birds fly
Birds fly over the rainbow
Why then oh why can't I?


 

Kurt non fiatò, incantato. Quella voce meravigliosa e calda come un carezza avrebbe potuto davvero sciogliere anche le nevi dell’Himalaia e forse, per scongelare tutta quella gente, magari sarebbe bastato far cantare Blaine in giro per la scuola. Al termine della canzone, quando Kurt riuscì a staccarsi dal paese sopra l’arcobaleno in cui era stato  condotto, tornando sul pianeta Terra  decise di avvisare l’altro della sua presenza con un colpetto di tosse.

-Buongiorno Kurt- disse Blaine accogliendolo con un sorriso raggiante, che lo lasciò sopraffatto. Ecco un’altra certezza che riaffiorava alla sua memoria: nessuno gli sorrideva mai in quel modo per salutarlo.

-Ehm buongiorno Blaine- rispose titubante, ma toccato.

-Sto preparando i pancake- annunciò Blaine e gli indicò con la spatola che teneva in mano uno sgabello accanto al piano di lavoro. –Siediti lì e non distrarmi perché, modestia a parte, stanno venendo un capolavoro!

Kurt si sentì coccolato, insolitamente coccolato. –Non ti distraggo se ti faccio una domanda?

-Spara.

-Mi pare di ricordare che nel film si parlasse di una strada di mattoni gialli, non di una strada di fiori gialli. Sbaglio?

Blaine fece roteare per aria una frittella e, con una certa meraviglia da parte di Kurt, riuscì a riacchiapparla al volo. –Hai visto che mossa? Mi faccio paura da solo! E, per rispondere alla tua domanda, no, non sbagli affatto, cara la mia Dorothy! Nel film, e anche nel libro se è per questo, erano mattoni gialli. Ma te la immagini che tristezza costruire un origami a forma di mattone? Così mi sembrava molto più poetico.
-A me sembrava una papera- si lasciò sfuggire Kurt con una mezza risatina.
-Una papera? Potrei offendermi a morte per questo affronto e decidere di mangiare tutte le frittelle da solo- ma, a dispetto delle sue parole, Blaine gli appoggiò di fronte un piatto stracolmo di pancake.

Kurt gli rispose con un sorriso birichino che fece perdere un battito a Blaine il quale si ritrovò, suo malgrado, a vuotare il sacco: -Va bene, va bene, confesso! Stanotte non riuscivo a dormire e alla fine, per disperazione, sono andato a cercarmi un libro da leggere in biblioteca. C’era questo manuale , Origami for dummies, e così, tanto per passare il tempo ho provato a farne qualcuno. Dopo un’oretta mi sono ritrovato con tutti questi bellissimi fiori gialli, modestamente delle autentiche opere d’arte e …ehi non storcere il naso, un giorno potrebbero addirittura valere qualcosa! Comunque ho pensato che sarebbe stato un peccato non farci niente e così, voilà, ecco la strada di fiori gialli! Non per vantarmi, ma ci vuole una perizia da ingegnere edile per assemblare questi cosi!

-Scommetto che questi erano gli esempi di  pagina uno- ridacchiò Kurt intenerito ma Blaine si ficcò in bocca un pezzo di frittella e così ebbe la scusa ideale per non ribattere.

-Ma se io sono Dorothy – riprese Kurt - e questa cucina è la città di Smeraldo, tu allora saresti il Mago di Oz?
Blaine non ebbe bisogno di rifletterci neanche un istante: -Mai! -rispose con la bocca ancora piena.-Quello è un imbroglione codardo, io invece voglio essere un personaggio tostissimo.

-Allora fai lo spaventapasseri- suggerì Kurt con entusiasmo.- Io ho sempre avuto un debole per lo spaventapasseri.

-Davvero? Ti facevo di più un fan dell’uomo di latta…

-Beh, devo concedergli che ha  il look migliore di tutti, però lo spaventapasseri, non so perché, mi è sempre piaciuto di più. Dai, se io sono Dorothy, allora tu sei lo spaventapasseri!

-Nah, lo spaventapasseri non ha cervello e io, non per vantarmi, sono un genio.

-Disse l'uomo il cui libro preferito è Origami for dummies- puntualizzò Kurt, deluso che Blaine non volesse fare il suo personaggio preferito. –Sai che ti dico? Se non vuoi fare lo spaventapasseri, allora farai Toto.

In fondo, pensò Kurt tra un boccone e l’altro, gli occhi da cucciolo Blaine ce li aveva già, sarebbe stato un Toto perfetto. Ma il ragazzo non era della stessa opinione.
-Io farò il leone- dichiarò con aria irremovibile. –Tra tutti, è in assoluto il più fico.
-Ma non ha senso –protestò Kurt. –Hai detto che non volevi fare il mago perché è un codardo, e adesso scegli il leone che è proprio quello senza coraggio?

Blaine lo guardò dritto negli occhi, con uno sguardo che bloccò la forchetta di Kurt a mezz’aria.

-Ma riesce a trovarlo, per salvare Dorothy.

 

***

Durante la giornata la mente di Kurt andò rischiarandosi.

Non riusciva  a ricordare i nomi o i dettagli riguardanti le persone che lo circondavano, ma piano piano tante piccole certezze andavano riempiendo la sua testa. Quella ragazza di colore vicino all’uscita posteriore era la sua migliore amica, ci avrebbe scommesso un braccio. No, il nome proprio non lo ricordava, ed era abbastanza sicuro che in passato, per qualche motivo nebbioso, lei gli avesse sfasciato il parabrezza della macchina, ma adesso le cose tra loro andavano benissimo. Poi c’era quella specie di gigante seduto in una delle aule di sopra, quello aveva qualcosa a che fare con la sua vita e con la sua famiglia. Probabilmente erano parenti visto il tipo di affetto che Kurt avvertiva nel guardarlo  bloccato su quel banco, paralizzato nell’atto di fissare spaesato il suo quaderno.
-Rilassati-gli disse Kurt con un tono malinconico. –La matematica non è mai stata il tuo forte.

Non si ricordava il suo nome, ma ricordava di avergli passato più di una volta le soluzioni dei questionari di algebra.

Poi c’era la bellissima cheerleader bionda che teneva per mano l’altrettanto bellissimo ragazzone biondo e nel guardarli Kurt seppe subito due cose: la ragazza stava con lui per riguadagnare una popolarità che aveva perso e il ragazzo si tingeva i capelli.

E così per tutta la giornata Kurt andò avanti riconquistando tanti piccoli tasselli che non gli restituivano di certo il quadro completo della sua vita, ma per lo meno gliene facevano percepire il sapore. Camminava senza una meta precisa per i corridoi del McKinley, fissando ogni singola persona che capitava per la sua strada, e traendo da ognuna una sensazione, uno straccio di certezza.

Questo mi prende in giro, questo mi tratta con indifferenza, questo non sa neanche che esisto, questo a volte mi tira addosso le granite, per questo qui sono invisibile. Non fu lunga perché il ragazzo si rendesse conto che, dei 327 ragazzi che aveva contato in tutto l’edificio, solo undici sembravano avere qualcosa a che fare con lui al di là di una semplice conoscenza. E tra questi undici solo il ragazzone tardo in matematica e la ragazza di colore condividevano con lui una qualche specie di vero legame. Due, su trecentoventisette. E anche in quel caso, aveva idea che quei due non si fossero interessati molto a lui negli ultimi tempi.

Per l’ora di pranzo Kurt si ritrovò depresso. La sua situazione gli appariva tragica: doveva scegliere se restarsene rinchiuso in un mondo ibernato, o lottare per far ripartire le cose e ritornare così alla sua vita dove a quasi nessuno fregava niente di lui.

Raggiunse Blaine, che dopo colazione aveva spedito a fare qualche ricerca in biblioteca.
-Non è che ti sei rimesso a fare gli origami, invece che cercare la soluzione dei nostri guai?- gli chiese cercando di scherzare, vedendolo seduto ad un tavolo immerso nella montagna di  tomi,libri, libretti e fogliettini di carta che aveva davanti.

-No, non ho fatto gli origami, ma ricomincerò presto per la frustrazione, mi sa. Ho dato un’occhiata a tutti i libri di fisica e a quelli di medicina che sono riuscito a reperire ma non ho trovato niente che si possa ricollegare alla nostra situaz…ehi che hai fatto?

La sua espressione cupa non era passata inosservata, a quanto pareva. Kurt si lasciò cadere sulla sedia accanto a Blaine, più che consapevole che nessuno mai gli aveva chiesto che cosa avesse fatto con quel tono di voce, come se gli importasse davvero. Poteva fidarsi di Blaine e rivelargli il peso che sentiva?

Kurt tentennò e allora Blaine fece una cosa strana. Chiuse gli occhi con l’aria di chi sta soppesando una qualche idea spinosa, trasse un profondo respiro e poi con molta, moltissima cautela, tenendo sempre gli occhi chiusi, poggiò la sua mano su quella di Kurt. Sembrò tenerla sospesa per qualche istante, come per fare una prova, prima di appoggiarla sulla sua e stringerla con sicurezza. Kurt avvampò: il tocco di Blaine era così saldo, fermo e allo stesso tempo caloroso, così giusto che il ragazzo si ritrovò a intrecciare le dita alle sue senza neanche deciderlo.

-Cosa c’è, Kurt?-domandò di nuovo Blaine con dolcezza e interesse.

Quel tono di voce aveva il potere dell’ipnosi: non si poteva opporre resistenza.

-In queste ore, mentre tu facevi finta di studiare, ho ricordato molte cose che non mi piacciono.
-Hai avuto dei flash back?
-Beh non proprio flash-back come quelli dei film, si tratta  più che altro di tante piccole  consapevolezze, non saprei come altro definirle. Per esempio so che la mia mamma è morta da tanto tempo.

Blaine non disse nulla, ma si limitò ad coprire con l’altra mano quelle che erano ancora intrecciate.

-E poi- aggiunse Kurt – so di amare mio padre. Non mi ricordo molto bene il suo viso, ma credo che indossi spesso un cappellino da baseball e sono sicuro di volergli bene sopra ad ogni cosa. E so che mi piace cantare, un sacco. Ma soprattutto so di essere solo.

-Cosa te lo fa credere?- chiese Blaine con voce gentile.

-Lo so- rispose Kurt con fermezza. –So che nessuna di queste persone mi è vicina, so che nessuno di questi ragazzi vuole avere a che fare con me, se non per sfottermi o darmi addosso o peggio. Queste persone mi disprezzano, mi sottovalutano e si prendono gioco di me e…ecco…io…io so anche perché lo fanno.

La mano di Blaine carezzava la sua con una dolcezza infinita, una sensazione che Kurt avvertì come nuova e tanto disarmante da riempirgli gli occhi di lacrime, ma si costrinse a ricacciarle indietro.

-Perché lo fanno?-domandò Blaine, anche se sapeva benissimo la risposta.

Kurt fissò lo sguardo sui due ragazzi asiatici seduti al tavolino di fronte a loro. La ragazza aveva lunghissimi capelli neri che le ricadevano dolcemente sulla schiena mentre il ragazzo era particolarmente alto e slanciato per essere di origini orientali. Quei due erano tra i pochi che Kurt, durante il suo giro, non aveva avvertito come ostili; facevano parte di quegli undici che erano, se non suoi amici, almeno suoi compagni. Ma quello che adesso attirava la sua attenzione era la posizione in cui erano stati congelati: per sempre fermi nel momento in cui interrompevano lo studio per  scambiarsi un tenero bacio sulle labbra.

-Li vedi?- chiese indicandoli e Blaine annuì.
-Io non sono come loro –disse, sperando che il ragazzo comprendesse. Poi, nel tentativo di essere ancora più chiaro, puntò il dito sul ragazzo. -Io non sono come lui.

A Blaine sembrò che la voce di Kurt stesse per spezzarsi in un singhiozzo, ma quando si girò per guardarlo in faccia vide che il suo sguardo era spaventato ma fermo. Kurt non si vergognava di se stesso, ma aveva paura di una sua reazione negativa. A  Blaine venne quasi da ridere per l’assurdità di quell’idea, ma quando rispose nella sua voce traspariva solo la tenerezza infinita che provava.

-Neanche io sono come lui- disse.

Kurt trasalì. Aveva capito bene, o stava fraintendendo tutto? Certo, Blaine era stato molto affettuoso e gentile con lui, ad un certo punto il giorno prima gli era anche sembrato che gli avesse fatto l’occhiolino, ma forse era solo stato un altro dei suoi grandi viaggi mentali. Kurt sapeva di non essere nuovo a quei fraintendimenti.

Ma Blaine pareva leggergli nel pensiero: -Sì, hai capito bene. Io non sono come quel ragazzo lì. Io non mi innamorerò mai di una ragazza, o di una donna. Sono come te.

E poi si sporse, avvicinandosi al suo orecchio, per sussurrargli qualcosa.

–Tu non sei solo.

 

***

Note di Oldlady:

Ecco come me li vedo io, quei due: con le mani intrecciate a sussurrarsi tante dolci paroline, altro che a piangere in un parco di New York!

 

Vorrei ovviamente ringraziare tutte le persone che hanno letto la storia (più di quante immaginassi, wow!), spero che vogliate continuare questo viaggio con me. Tra poco cominceremo a smuovere un po’ le acque, lasciatemi ancora un paio di capitoli di romanticherie, che fanno tanto bene alla salute (la mia)!

  Continua il toto-oggetto: fino a questo punto della storia sono stati presentati due oggetti che si sono comportati in maniera illogica, o quantomeno sospetta, rispetto al contesto. Riuscite ad indovinarli? Molto presto verrà svelato il primo, mentre per il secondo ci sarà da aspettare quasi fino alla fine.

Che dire? Ah, sì, la canzone era Somewhere over the rainbow tratta dal film “Il mago di Oz” con Judy Garland. Sarebbe una canzone dai toni più adatti alla voce di Kurt, ma le parole si adattano benissimo ai sentimenti che sta provando Blaine in quel momento, perciò immaginatevela con una tonalità più bassa ed un ritmo un po’ più sensuale.

 

 

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Capitolo 4
*** Lo spartito ***


Dal capitolo precedente:

Kurt trasalì. Aveva capito bene, o stava fraintendendo tutto? Certo, Blaine era stato molto affettuoso e gentile con lui, ad un certo punto il giorno prima gli era anche sembrato che gli avesse fatto l’occhiolino, ma forse era solo stato un altro dei suoi grandi viaggi mentali. Kurt sapeva di non essere nuovo a quei fraintendimenti.

Ma Blaine pareva leggergli nel pensiero: -Sì, hai capito bene. Io non sono come quel ragazzo lì. Io non mi innamorerò mai di una ragazza, o di una donna. Sono come te.

E poi si sporse, avvicinandosi al suo orecchio, per sussurrargli qualcosa.
–Tu non sei solo.”

 

 

4
Lo spartito

 

La luce chiara del mattino autunnale accarezzava i volti dei ragazzi del cortile ingentilendo le loro espressioni, ferme in un attimo che forse non era infinito ma che comunque stava durando davvero troppo. La gradinata di fronte ai tavoli era deserta fatta eccezione per un paio di skank - gli sbandati della scuola - stravaccati in un angolo a fumare.
Kurt non riusciva a credere che nessun altro fosse seduto a godere il tepore del sole sopra quegli scalini. Eppure si stava così bene lì fuori soprattutto pensando che, con l’autunno alle porte, probabilmente quella sarebbe stata una delle ultime giornate tiepide che avrebbero avuto. Tornò a sedersi nell’esatto punto dove si era risvegliato due giorni prima.  Sapeva di avere l’abitudine di starsene lì al sole come una lucertola, a leggere e disegnare schizzi e, condotto da una consuetudine consolidata, era tornato proprio lì per schiarirsi un po’ le idee.
All’interno del liceo non ci riusciva:si sentiva in un continuo stato di ebbrezza, come ad un party in cui avesse esagerato un po’ troppo con lo champagne. I suoi pensieri erano continuamente sopraffatti da una valanga di esaltazione e inquietudine.

A dirla tutta di cose esaltanti ce n’era una sola, ma valeva per dieci: Blaine.
La vicinanza di Blaine gli faceva davvero l’effetto dello champagne, lo poneva in uno stato di euforia e gli faceva dimenticare che si trovavano in una specie di landa ai confini della realtà. Blaine era bellissimo, simpatico, dolce, sexy, gentile, carismatico e premuroso. E gay. Dichiaratamente gay, senza problemi, senza vergogna e senza incertezze.
In una parola Blaine era tutto quello che Kurt aveva sempre sognato e molto di più ancora, ma la cosa più stupefacente era che anche Blaine sembrava ricambiare l’attrazione che Kurt provava per lui. Perché non se lo stava sognando, vero? Quegli  sguardi ammiccanti e quei sorrisi mozzafiato erano diretti a lui, non fosse per altra ragione che era l’unica altra persona “viva” lì attorno. E poi c’erano quei piccoli gesti gentili, tipo poggiargli con delicatezza la mano sulla spalla quando camminavano vicini, insistere per cucinare, fargli complimenti…se Kurt non si fosse sentito tremendamente insicuro, avrebbe quasi detto che Blaine lo stava corteggiando.

Kurt guardò di nuovo il bigliettino che, anche quella mattina, aveva trovato sul cuscino:

Buongiorno bellissimo, spero che tu abbia dormito bene. Sono in biblioteca a fare qualche altra ricerca ma non temere: la colazione in cucina ti aspetta già!”

Bellissimo. Aveva scritto proprio bellissimo. Quella non poteva essere un’altra delle sue fantasie: Blaine, il ragazzo da sogno che era lì con lui, lo trovava bellissimo. Kurt ripiegò il biglietto con cura mentre una risatina indisciplinata gli usciva suo malgrado. Troppo champagne, decisamente troppo champagne.

Era uscito fuori nel cortile proprio per questo, perché la presenza di Blaine lo stordiva e lui invece aveva bisogno di lucidità.

Quella mattina aveva deciso di fare il bucato e dopo aver riempito una delle lavatrici nello spogliatoio delle cheerleader era sgattaiolato all’aria aperta, sotto quel dolce sole autunnale, con la speranza di  fare un po’ di ordine mentale.
C’erano tantissime cose inquietanti a cui far capo.

Prima di tutto, ancor prima dello strano maleficio che era calato sul McKinley, c’erano i suoi ricordi, che riaffioravano sempre di più e con più chiarezza di ora in ora. Quando due giorni prima aveva aperto gli occhi, sdraiato sul cemento, gli era sembrato di svegliarsi da un sonno durato cento anni ma ogni ora che passava lo stordimento si dissipava e tutto  quello che era avvenuto in precedenza riaffiorava alla memoria. All’inizio erano ritornate le sensazioni e le consapevolezze, come le aveva chiamate lui, ma poi, piano piano, si era ricordato anche le situazioni, gli episodi, e quella mattina, mentre camminava per i corridoi con il cesto del bucato sotto il braccio, si era accorto con meraviglia di conoscere anche molti dei nomi delle persone che aveva di fronte.

Gli erano ritornati in mente i  ragazzi del Glee che altri non erano se non i famosi undici del giorno prima. Ma soprattutto aveva ricordato la vita che faceva ogni giorno lì dentro, tra spintoni, granite in faccia, disprezzo e prese in giro.
La squadra di football gli dava addosso e ogni singolo giorno c’era qualche brutto scherzo ad attenderlo. Una volta gli avevano versato di nascosto un lassativo nel pranzo, un’altra lo avevano chiuso dentro allo sgabuzzino delle scope, un buco così stretto e claustrofobico che a Kurt era venuto un vero e proprio attacco di panico. Per fortuna un bidello lo aveva sentito urlare e lo aveva fatto uscire, altrimenti sarebbe rimasto chiuso lì dentro tutto il week-end visto che era venerdì sera e ormai se ne erano andati quasi tutti. Per non contare le scritte ed i disegni osceni sui muri del cortile. In poche parole, quella scuola era una merda.

Più particolari ricordava, meno Kurt aveva voglia di scoprire un modo per far ripartire il tempo.

Che male c’era, in fondo, a rimanere così per sempre?

“Papà” fu l’unica parola che gli venne in mente.

Sì, c’era un motivo per darsi da fare a  trovare una via d’uscita. Da qualche parte, Kurt aveva una persona che lo stava aspettando.

Un'altra cosa terrorizzante era lo spogliatoio dei ragazzi.
Blaine il giorno prima  l’aveva fatto uscire dicendo che là dentro non c’era niente di interessante, eppure tutte le volte che Kurt si era messo a girare per i corridoi, era inevitabilmente finito per passare di fronte a quella porta chiusa. Rimaneva sempre lì fermo qualche minuto a giocherellare con la punta delle dita sulla maniglia, senza risolversi ad abbassarla ed entrare. Sapeva cosa c’era là dietro, ricordava fin troppo bene quel viso un po’ ottuso e quelle mani gigantesche e non avvertiva il minimo desiderio di stare vicino a quel ragazzo. In realtà ne era terrorizzato. Eppure, gira e rigira, Kurt finiva sempre di fronte a quella porta.

 

***

 

-Perché non smetti di far finta di studiare e non facciamo qualcosa di costruttivo?- chiese Kurt facendo sobbalzare Blaine sulla sedia.

-Mi hai spaventato, non ti ho sentito arrivare!

-Hai trovato qualcosa di interessante che ci possa essere utile?

Blaine si stiracchiò pigramente, prima di rispondere con uno sbadiglio: -Qualche criptica profezia di Nostradamus e poco più. Dubito che questi libri contengano la soluzione ai nostri problemi.

-C’è sempre l’opzione dei segnali di fumo- buttò lì Kurt.

Blaine si diresse verso il distributore di acqua all’angolo della sala di lettura: -Se per domani non mi viene un’idea migliore, ti permetterò di bruciare tutta questa inutile cartaccia sopra il tetto della scuola- sospirò riempiendosi un bicchiere.

Kurt buttò uno sguardo al tavolo dove, uno sopra l’altro, erano disordinatamente impilati testi di medicina, matematica, fisica e chimica. Il giorno prima era stato lui stesso a proporre che Blaine facesse qualche ricerca, ma l'aveva detto così, tanto per dire. Un modo come un altro per tenersi impegnati. L'altro invece aveva preso quel compito molto sul serio, chissà cosa sperava di ricavare da quella roba? A Kurt non sembrava che a memoria umana fosse mai capitato niente di altrettanto strano, sicuramente non era possibile trovare un manuale che contenesse un caso come il loro. Guardò con più attenzione il volume che era aperto di fronte alla sedia vuota. Il titolo recitava: “Come gestire la forza che è in te: guida per padroneggiare l’energia mentale e i poteri extrasensoriali nascosti in ognuno”.

“Ah! Andiamo bene! Se addirittura ci rivolgiamo alla magia nera e alle pacchianate New Age, vuol proprio dire che siamo arrivati alla frutta” pensò, prima di essere distratto dalla calda mano di Blaine posata sulla sua spalla.

-Allora? Qual’era l’attività costruttiva di cui mi parlavi?

-Ah! Sì, giusto! Guarda cosa ho trovato nella tasca dei miei jeans, prima, mentre preparavo il bucato- disse Kurt porgendo un foglietto spiegazzato a Blaine che lo aprì subito incuriosito. Era uno spartito scritto a mano, con una calligrafia piuttosto appuntita. Sotto alle note c’erano segnate anche delle parole. –L’altro giorno, quando mi sono svegliato nel cortile, per un attimo sono rimasto paralizzato dalla paura. Poi per fortuna un colpo di vento ha fatto volare dei fogli per aria e questo in particolare mi ha colpito in faccia e mi ha scosso abbastanza da farmi riprendere il possesso del mio corpo. Solo che…

-Solo che?

-Beh, ecco, tu conosci questa canzone?- chiese Kurt dubbioso.

Blaine guardò di nuovo il foglio e aggrottò le sopracciglia.

-Mah, così, a prima vista, non mi dice niente.

-Neanche a me. Ma non riesco a capire se non la riconosco per colpa dell’amnesia, o se è proprio una melodia sconosciuta.

-Potrei provare a suonare le note sul pianoforte della sala prove- suggerì Blaine grattandosi il mento, intrigato dalla sfida. –Magari ascoltando la melodia potresti riconoscerla.

-Tu suoni?- domandò Kurt meravigliato.

-Uhm...sì, credo di sì- cincischiò Blaine, evidentemente a disagio.

Kurt sollevò gli occhi sul volto dell’altro. –Allora forse potresti riconoscerla tu, questa canzone.

-Chissà…-rispose Blaine vago.

Mentre la mente di Kurt andava schiarendosi di ora in ora, Blaine continuava a non ricordare quasi nulla di sé. O almeno così sosteneva, ma Kurt in certi momenti non era convinto che fosse la verità. Blaine era troppo a suo agio, troppo sereno, e a volte– come per esempio quella mattina quando Kurt gli aveva aggiustato il colletto della camicia - sembrava addirittura felice. Come fa una persona che non ricorda nulla del suo passato ad avere costantemente quello sguardo elettrizzato?
Tutte le volte, nelle passate 48 ore, che a Kurt era tornato in mente qualcosa, era corso da Blaine a riferirgliela, nella speranza che anche all’altro sovvenissero delle informazioni che li avrebbero aiutati a far chiarezza nel quadro.

-Quei tre professori che erano seduti di fronte a noi, in sala insegnanti! Sono il coach della squadra di football, il professore di spagnolo e la consulente scolastica! Ti dicono niente, Blaine?

- Nulla.

-Ehi, ehi! Quella è la coach delle cheerleader. Sono sicuro di averla convinta a girare un video vestita come Madonna una volta. Può darsi che lo hai visto anche tu?

-Chissà, boh, non mi pare.

-Indossavi una tenuta sportiva quando ti sei svegliato, magari ti trovavi qui al McKinley per disputare una partita?

-Mah, potrebbe darsi.

-Il mio cognome è Hummel! Ma come ho fatto a non ricordarmelo prima? Tu riesci a ricordare il tuo?

-Non ancora.

E così via  tutta la giornata per Kurt era stato un susseguirsi di tentativi di ricordare (fruttuosi) e di far ricordare (infruttuosi). Ma Blaine non aveva mai dato il minimo segno di nervosismo o frustrazione, si limitava a fare spallucce e a sorridergli dolcemente. Sempre quel dannato sorriso magico che faceva perdere a Kurt il filo dei pensieri.
Anche in quel momento Kurt pensò che qualcosa non quadrava, ma quando Blaine si voltò e gli prese la mano per andare in sala prove, tutti i dubbi sparirono all’istante. Aveva perso la concentrazione, ancora una volta. In fondo, pensò Kurt,  uno sguardo così bello non poteva nascondere qualcosa…

***

Blaine accarezzò i tasti del pianoforte con mani esperte, il motivo sul foglio era piuttosto elementare, e una volta accennato con la mano destra pensò bene di arricchirlo con una serie di armonie con la sinistra.

Kurt seguiva la musica sullo spartito, e ad un cenno di Blaine attaccò a cantare i semplici versi:

 

Stuck in a shadow

i can't run away

i close my eyes

nobody is there

 

where is my blossom?

where is my smile?

maybe one day

i'll dream again

 

maybe one day

i’ll dream again

 

Era una canzone dall’andamento malinconico, la voce di Kurt si sposava perfettamente con la melodia, come se fosse stata scritta espressamente per lui. Quando anche l’ultima nota si perse nell’aria, Blaine non poté fare a meno di sentirsi profondamente emozionato, come se avesse appena ascoltato il pianto di un angelo. Si accorse di avere le lacrime agli occhi e non si era neanche reso conto di come ci fossero arrivate.

-No- la voce di Kurt era roca, come se anche lui stesse per mettersi a piangere.- Non l’avevo mai sentita prima.

-Dovresti cantarla nel tuo Glee club- disse Blaine all’improvviso, ancora commosso. –Sembra scritta per la tua voce.

-Beh, ehm, grazie- tentennò Kurt, arrossendo. Era grato che la sala prove fosse vuota nel momento in cui il McKinley si era paralizzato, Kurt non sarebbe riuscito a cantare quella canzone di fronte ai suoi compagni, anche se ibernati. Invece così, con la saletta vuota, era stato un momento…intimo, solo tra lui e Blaine. –Magari, quando riusciremo ad uscire di qui, la proporrò. Ma è molto emotiva, mi ci vorrà un po' di preparazione prima. Cosa c’è?- chiese poi rivolto a Blaine, accorgendosi di quanto fosse pallido.

-Niente, tranquillo- minimizzò il ragazzo guardandolo con occhi ancora umidi. –Sto bene.

-Non sembra però- rispose Kurt posandogli delicatamente la mano sulla fronte, per accertarsi che non scottasse. Un tocco fresco e delicato che costrinse Blaine a chiudere gli occhi per non perdere il controllo. –Forse è meglio se torni al tuo bucato- sussurrò Blaine, la voce bassa come un respiro.

-No, tu stai male…

-Vai a controllare il bucato, Kurt. Ho bisogno di stare da solo, davvero.- Il suo tono basso e misurato non lasciava spazio a repliche.

Kurt indietreggiò, titubante. –… Ahem… Ok… Allora torno tra un po’...

-Sì.

-Mi chiamerai se hai bisogno di aiuto?

-Sì.

Kurt uscì, voltandosi almeno un paio di volte per controllare Blaine, che se ne rimaneva seduto al pianoforte con gli occhi chiusi. Quando il rumore dei passi si dissolse in lontananza, il ragazzo portò le mani alle tempie e si accasciò su pavimento, permettendo a tutte le emozioni che aveva trattenuto fino a quel momento di liberarsi.

Il profondo turbamento nell’ascoltare la voce di Kurt, le parole della canzone che sembravano descrivere alla perfezione la vita di Blaine ma soprattutto il senso di colpa per quella frase che gli era uscita suo malgrado. Come aveva potuto proporre a Kurt di cantare di fronte ai suoi amici, quando sapeva benissimo che Kurt non doveva tornare alla sua vita per nessun motivo al mondo? Come aveva pututo anche solo suggerirgli una cosa che poi si sarebbe trasformata in una falsa speranza? Per la prima volta in tutta quella storia Blaine era stato assalito dalla consapevolezza della loro condizione e la mostruosità di quello che li circondava lo stava soffocando. Kurt non avrebbe mai più cantato con il Glee, non avrebbe terminato il liceo, non avrebbe realizzato nessuno dei suoi progetti, non avrebbe mai più rivisto suo padre. Niente di niente, solo quella eterna mattinata autunnale in eterno. Blaine sapeva che era giusto così, perché l’alternativa sarebbe stata ancora più mostruosa. Far ripartire il tempo al McKinley avrebbe portato ad una conseguenza che lui non avrebbe mai potuto accettare e quindi le cose dovevano restare così, congelate per sempre. E poi comunque, anche volendo, non sarebbe stato possibile. La disperazione che accompagnava quella certezza lo fece contorcere sul pavimento freddo, incapace quasi di respirare e a quel punto la luce azzurra ebbe gioco facile su di lui e si sprigionò libera e indisciplinata tutta intorno.

Tratto da “Come gestire la forza che è in te. Guida per padroneggiare l’energia mentale e i poteri extrasensoriali nascosti in ognuno”:

I poteri mentali quali telepatia, telecinesi, ubiquità, lettura del pensiero, controllo mentale- e tutti quelli affini-  necessitano, per essere controllati ed indirizzati propriamente ai fini preposti, di un grande autocontrollo da parte del soggetto. Tanto più grande è il potere da gestire, tanto più dominio è richiesto. Tutte le volte che il soggetto si abbandonerà a passioni, emozioni e pulsioni irrazionali ed incontrollate tanto più lontano sarà dal controllo della propria energia che potrebbe, in casi di estrema debolezza, sopraffarlo.”

Blaine rantolava sdraiato sul pavimento della sala prove, mentre un dolore lancinante divorava il suo corpo e batteva nella sua testa come un tamburo africano. I lampi di luce azzurra gli guizzavano addosso come tanti serpenti famelici e impazienti di divorarlo.

-No, maledizione-quasi urlò, cercando di ritrovare il dominio.
Non avrebbe rovinato tutto così, dopo quello che aveva fatto per arrivare a quel punto.
Kurt! Solo Kurt importava e adesso che lo aveva trovato Blaine non lo avrebbe perso, per qualsiasi cosa al mondo. Con una nuova grinta trasse un profondo respiro, poi espirò cercando di svuotare la mente. Era un esercizio semplice, che faceva tutte le volte che tirava di boxe. Gli serviva per trovare un ritmo. Inspira, espira e conta fino a cinque; inspira, espira e conta fino a cinque. Molto lentamente i lampi di luce divennero sempre più fiochi. Inspira, espira e conta fino a cinque; inspira, espira e conta fino a cinque. Alla fine le scariche si dissiparono insieme a qualsiasi dubbio Blaine potesse aver provato fino a quel punto.

***

Kurt si affrettò a svuotare il cestello della lavatrice, troppo preoccupato per Blaine per curarsi di controllare che il bucato fosse riuscito bene. Quando l’altro ragazzo gli aveva chiesto di lasciarlo solo aveva obbedito senza neanche sapere il perché. Era palese che stava male: era impallidito, aveva un’espressione sofferente, sembrava quasi sul punto di svenire. Kurt si bacchettò mentalmente per non essere rimasto ad aiutarlo, magari farlo sdraiare nell’auditorium e preparargli  qualcosa di caldo. Ma cosa gli era preso ad andarsene così, come se nulla fosse? Non era una cosa da lui. Beh, magari poteva rimediare. Sarebbe andato in cucina a preparare un tè caldo, poi si sarebbe accertato con tutta l’autorità di cui era capace che l’altro lo avesse bevuto e si fosse sdraiato un po’.

Pieno di buoni propositi Kurt corse in cucina ma, appena varcò la soglia, si immobilizzò per lo stupore.

C’era qualcuno lì dentro.
Qualcuno che piangeva.

 

***


Note di Oldlady:

 

Questa storia è stata letta e messa tra i seguiti/preferiti da molte più persone di quante mi aspettassi dal momento che è la prima volta che pubblico su questa piattaforma.  Mille grazie ragazze, sono onorata e spero di continuare a divertirvi.


Da qui in poi comincerò ad aggiungere, piano piano, qualche elemento in più. Perché Kurt è attratto e allo stesso tempo spaventato dal ragazzo negli spogliatoi? Che cosa nasconde Blaine? Che cos'è la luce azzurra? Ma soprattutto, chi è che piange nelle cucine? Posso solo dirvi che quest’ultima domanda è la più importante di tutte.
Grazie ancora e a presto!

 

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Capitolo 5
*** Trevor ***


Dal capitolo precedente:

Ma cosa gli era preso ad andarsene così, come se nulla fosse? Non era una cosa da lui. Beh, magari poteva rimediare. Sarebbe andato in cucina a preparare un tè caldo, poi si sarebbe accertato con tutta l’autorità di cui era capace che l’altro lo avesse bevuto e si fosse sdraiato un po’.

Pieno di buoni propositi Kurt corse in cucina ma, appena varcò la soglia, si immobilizzò per lo stupore.

C’era qualcuno lì dentro.
Qualcuno che piangeva.



5

Trevor



Dopo aver trascorso ben due giorni in mezzo a gente pietrificata (fatta eccezione per Blaine) vedere un altro essere umano in grado di muoversi aveva un che di scioccante.

In piedi, al centro della cucina, c'era un ragazzino che singhiozzava con il viso nascosto tra le mani, ma sollevò la testa, avvertendo la presenza di qualcuno nella stanza non appena Kurt si risolse a fare un passo avanti

Con quell'aspetto mingherlino e gracile e quel viso glabro non poteva avere più di dodici anni. I capelli color biondo grano erano lunghi e leggermente ondulati, sul naso faceva capolino l'ombra di qualche lentiggine ed aveva il più incredibile paio di occhi turchese che si fossero mai visti. Anche se arrossati dalle lacrime e dalla tristezza, gli occhi di quel bimbo erano straordinari, sembravano due laghetti di montagna in inverno.

"Quando crescerà diventerà uno schianto" pensò Kurt con tenerezza intanto che il ragazzino tornava a coprirsi il volto con le mani, il petto scosso da violenti singhiozzi.

-Ehi, ehi, calmati. Non avere paura- sussurò Kurt, avvicinandosi a piccoli passi e poggiando con cautela una mano sulla sua spalla. Probabilmente il piccolo era sconvolto per via delle persone paralizzate. Doveva essersi svegliato nella scuola, da solo, e quando si era accorto dello stato inquietante in cui la gente lì attorno versava, aveva dato di matto. Diamine, lo aveva fatto lui stesso, due giorni prima.

Ma cosa ci faceva quel ragazzino dentro al McKinley?

-Non devi essere spaventato da queste persone- disse Kurt, dandogli delle pacchette sulle spalle. - Ti assicuro che sono assolutamente innocue. Un po' grottesche, sì, ma innocue. E poi sono sicuro che riusciremo a farle tornare in se stesse, non preoccuparti.

-Non mi fanno paura- rispose il bambino seccamente, tirando su col naso e gettando un'occhiata annoiata alla cuoca lì accanto, bloccata nell'atto di scrivere qualcosa su una cartellina.

-Io mi chiamo Kurt. Tu come ti chiami?
Il bambino lo scrutò con aria sospettosa.

-Hai paura di me? Non vuoi dirmi il tuo nome?

-Sono Trevor - rispose il piccolo. - So benissimo chi sei e non ho nessuna paura di te.

Kurt si meravigliò. Trevor aveva quel tipico tono di chi sta dicendo qualcosa di estremamente ovvio e banale. Kurt era abbastanza certo di non averlo mai visto in tutta la sua vita - si sarebbe sicuramente ricordato di un viso così bello - eppure lui sosteneva di conoscerlo.Ma guardando ancora dentro quegli straordinari occhi color turchese Kurt fu certo di non averli mai visti prima.

-Perchè piangevi?- non appena la domanda fluttuò nell'aria seppe di aver commesso un errore. L'espressione di Trevor si accartocciò e tornò affranta, gli occhi si riempirono di lacrime e prima di scoppiare di nuovo a piangere, sussurrò:

-Mi vergogno tanto.

Vergogna? Non era possibile che un bambino così angelico avesse qualcosa a che fare con un sentimento come la vergogna.

-Non dire così. Che cosa avrai mai fatto per vergognarti? Vedrai che a tutto c'è rimedio.

-No, non c'è soluzione per me, non c'è niente da fare. Io... io...mi devo solo vergognare e basta.

A Kurt si spezzò il cuore, un ragazzino così piccolo, delicato e grazioso non meritava tanta disperazione. Doveva trovare qualcosa, anche una stupidaggine, che distraesse un po' la sua attenzione da qualsiasi fosse la causa dei suoi mali.

-Sai, ero venuto in cucina per preparare un tè caldo. Non puoi immaginare quanti problemi sembrano più facili da affrontare con una bella tazza di tè fumante tra le mani. Ne vuoi un po'?

Trevor si asciugò gli occhi col dorso della mano e annuì debolmente, sedendosi sullo sgabello che Kurt gli indicava. Sembrava davvero stravolto, esile e sul punto di spezzarsi.

-A dire il vero io preferirei un bel caffè forte, ma è finito in tutto l'edificio- continuò a ciarlare Kurt, cercando di smorzare l'angoscia che si respirava nell'aria.-. Ci crederesti? In tutto il liceo non è rimasto neanche un grammo di caffeina! Ma comunque tu mi sembri troppo piccolo per un caffè, credo che il tè andrà benissimo.

-A volte i miei mi fanno bere il caffè- rispose il ragazzino con voce spenta- ma a me non piace molto. Papà insiste che io lo beva lo stesso, perchè secondo lui imparare a bere il caffè mi farà diventare più tosto.

-Ah sì? Ma non sei un po' troppo piccolo? Voglio dire, avrai sì e no undici, dodici anni...

-Ehi! Ne compirò quattordici il mese prossimo-nella voce del ragazzo c'era un pizzico di acredine. Kurt spalancò gli occhi per la sorpresa e Trevor sbuffò stizzito: -Lo so, lo so che sembro un poppante. Tutti i miei amici a scuola mi prendono in giro e mi chiamano piscialletto, ma non è giusto perchè non è che io possa decidere quando crescere. Solo perchè a loro è già cambiata la voce, si credono chissà chi!

Kurt fu felice che Trevor si fosse un po' ammorbidito così avrebbe potuto chiedergli di andare insieme a lui a vedere come stava Blaine. Prima di tutto era ancora preoccupato per lui: voleva assicurarsi che stesse bene, dopo il pessimo stato in cui lo aveva lasciato. Ma non se la sentiva di lasciare Trevor da solo proprio ora che si stava calmando un po' quindi chiedergli di venire con lui sarebbe stata la mossa migliore. Poi insieme a Blaine avrebbero ragionato sul da farsi. Trevor però sembrava ancora molto chiuso in se stesso, quindi forse era meglio prendere un altro po' di tempo, cercando di capire qualcosa in più su quello strano bambino.

-Ti capisco- sospirò Kurt sorseggiando il suo tè. - La scuola fa schifo anche a me. Anche io ho un sacco di problemi con i miei compagni.

Trevor lo guardò come se avesse detto una stupidaggine. -Lo so perfettamente- esclamò come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

- E come faresti a saperlo?- Kurt fu bloccato da un pensiero improvviso. -Aspetta, prima hai detto di conoscermi. Dicevi sul serio?

-Mi sembra ovvio. Non è da te fare domande così stupide.

-E hai anche detto che non sei spaventato da tutte queste persone paralizzate...

-E perchè mai dovrei esserlo?

-Oh mio Dio! Tu sai quello che sta succedendo qua attorno- esalò Kurt, e non era una domanda.

Trevor lo guardava interdetto, come se non riuscisse a capire se Kurt lo stesse prendendo in giro. E soprattutto come se, quello che li circondava, fosse la cosa più naturale del mondo. Poi ebbe un piccolo lampo di intuizione e spalancò la bocca.

-Tu davvero non sai chi sono io?- chiese, come se non potesse credere a quell'eventualità.

-D-d-dovrei?

Trevor fece per rispondere ma fu bloccato da qualcosa, qualcosa che Kurt non percepì, ma che fu sufficiente a far sobbalzare e voltare di scatto il ragazzo, come se qualcuno - o qualcosa- avesse urlato alle sue spalle.
Dopo essere impallidito come un cencio, i suoi occhi si riempirono di paura e le labbra iniziarono a tremare.

-Devo andare- sussurrò con gli occhi sbarrati.

-Cosa? Perchè, cosa...?- ma Kurt non ebbe il tempo di terminare la domanda perchè Trevor si era già catapultato dallo sgabello, rovesciando tutto il suo tè sul bancone, per precipitarsi fuori dalla cucina.

-Aspetta...- gridò Kurt, correndogli dietro, ma quando uscì dalla porta, nel corridoio lì fuori di Trevor non c'era più traccia. -Che cavolo? Dove sei finito?

Non poteva essersi infilato in qualche classe, le porte erano tutte troppo lontane da raggiungere in quel paio di secondi che c'erano voluti a Kurt per inseguirlo. Non c'era nessun nascondiglio, neanche un armadietto dove nascondersi, niente. Trevor si era semplicemente volatilizzato, puff!, sparito nel nulla. Dove poteva essersi cacciato?
-Trevor! Trevor!- provò a chiamarlo un paio di volte, ma la sua voce uscì con poca convinzione. Impossibile che tornasse indietro, il suo sguardo era troppo terrorizzato quando era scappato via.

Kurt rientrò mogio in cucina per ripulire il disordine che avevano lasciato e preparare un nuovo tè per Blaine. Cercò di sbrigarsi. Voleva correre dall'amico, vedere se stava bene e raccontargli tutto l'accaduto così che, insieme, si sarebbero messi alla ricerca di Trevor e della soluzione di quel mistero. Un altro mistero. Come se non bastasse l'incubo di trovarsi bloccati in un liceo dove il tempo sembrava essersi fermato.

Mentre asciugava il tè con uno strofinaccio Kurt notò con disappunto che avevano bagnato la cartellina della cuoca. Gli cadde lo sguardo sul foglio che la donna stava compilando.

Ordine di rifornimento alimenti, 29 settembre 2010 : 5 kg farina, 1 kg carote, 1 hg zafferano...

Lo straccio di Kurt si fermò a mezz'aria.

29 settembre 2010.

29 settembre 2010...Ma Blaine, quando il giorno prima aveva controllato la data sull'orologio, aveva detto che era il 1 ottobre 2012.

-Non può essere vero- sussurrò, facendo cadere lo strofinaccio per terra e uscendo a passi veloci nel corridoio. Si precipitò nella prima aula che gli capitò e rovesciò a terra il cassetto della cattedra, chinandosi a terra per rovistare tra le cartacce finchè non trovò il registro di classe. Sfogliò l'ultima pagina compilata.

29 settembre 2010.

Corse nella classe accanto e tirò fuori anche lì il registro.

29 settembre 2010.

Kurt si portò le mani tremanti alla bocca.
Cazzo.

Allora era vero che il tempo si era fermato. Il tempo si era fermato sì, e non da due giorni solamente, ma da ben due anni. E come se non bastasse, c'era anche un ragazzino piangente che si aggirava per le cucine e che era in grado di sparire nel nulla. Un gemito disperato accompagnò la realizzazione dell'unica spiegazione che fino a quel momento non gli era balenata in testa.

Oddio...



***

-Siamo morti ti dico! Non c’è altra spiegazione logica- gridava Kurt ad un Blaine preso in contropiede.

Il ragazzo aveva appena ritrovato le energie, dopo la brutta crisi che lo aveva assalito nella sala prove, e si era diretto nell'auditorium per sdraiarsi un po' sul suo materasso ma non era riuscito a raggiungere il palco perchè era stato bloccato dal rumore dei passi di Kurt che correva nei corridoi chiamandolo disperatamente.

-Blaine! Blaine!Dove sei finito?- dal tono della voce sembrava impazzito. Che diamine era potuto succedere in meno di mezzora?

-Sono nell'auditorium, Kurt!

In pochi secondi Kurt si era precipitato giù per le scale e gli si era buttato tra le braccia, piangendo sconvolto.

-Siamo morti! Cazzo, siamo morti- singhiozzava a tutto spiano e non c'era verso di fargli smettere di ripetere quella frase come un disco rotto.

Alla fine Blaine gli afferrò con forza le mani e lo costrinse a guardarlo negli occhi.

-Si può sapere come ti è venuta in mente quest'idea? - domandò con voce bassa ma risoluta.

- Ho visto un bambino, nelle cucine ...- iniziò a spiegare Kurt, ma Blaine lo interruppe scioccato.

-Hai visto cosa???

-Un bambino! Beh, forse non era più un bambino, magari sarebbe più giusto dire che era un ragazzino perchè ha detto di avere quasi quattordici anni, però sembrava proprio un bambino.Stava piangendo nelle cucine, e io ho cercato di consolarlo. Non era uno di quegli infanti terrorizzanti stile film dell'orrore, niente a che fare con le gemelline di Shining o simili. Era un ragazzino molto bello e dolce e tanto tanto triste. Aveva degli occhi bellissimi, belli quasi quanto i tuoi, e all'improvviso è scomparso. Si è messo a correre e nell'attimo che mi ci è voluto per andargli dietro era sparito nel nulla. E oggi non è il 2012 come avevi detto tu, oggi è il 29 settembre 2010, o meglio lo era quando tutto si è fermato e adesso non so più che giorno sia però mi sembra chiaro, chiarissimo, che siamo morti. Io e te siamo due fantasmi, e anche il ragazzino è un fantasma, non c'è altra soluzione al mistero. Oddio sono troppo giovane per essere morto, non ho ancora fatto niente di niente! Non mi sono mai ubriacato, non sono mai salito su una mongolfiera, non ho mai dato un bacio, non ho mai...

-Shhhh- lo interruppe Blaine, posandogli delicatamente un dito sulle labbra. Per quanto fosse sconvolto dalla notizia che lì dentro ci fosse una terza persona oltre a loro, e per quanto il blaterare di Kurt fosse assolutamente adorabile, non poteva permettergli di andare in iperventilazione. -Adesso fai un profondo respiro- ordinò, continuando a tenergli ferme le mani. -Proprio come faccio io.

Kurt eseguì diligentemente, inspirando ed espirando insieme a Blaine.

-Molto bravo Kurt. Adesso voglio che tu dica una frase insieme a me, come se fosse un mantra.

Kurt annuì vigorosamente, ancora incapace di rispondere razionalmente.

-Ripeti con me. La teoria che siamo morti...

-La teoria che siamo morti...

-...è una grandissima stronzata.

-...è una grandissima...tu dici?

-Ripeti la frase, Kurt!

-La teoria che siamo morti è una grandissima stronzata.- compilò Kurt diligentemente. Rimasero così a fissarsi per qualche minuto, Kurt mordendosi il labbro e Blaine fissandolo con simpatia.

-Ma come fai ad esserne sicuro, Blaine?- sbottò infine Kurt. - Come fai ad essere sicuro che non sia come dentro quel film merdoso, quello con Nicole Kidman, dove loro erano tutti morti e non se ne erano neanche accorti. Stupidi babbei! Siamo fantasmi e stiamo infestando questo liceo, e da chissà quanti millenni, poi! Probabilmente a quest’ora nella vita vera  Marc Jacobs porterà la dentiera e Adam Lambert sarà diventato bisnonno! No, forse è probabile che siano passati solo due anni, cioè che siamo morti dal 29 settembre 2010...

Blaine strinse più forte le mani di Kurt, costringendolo ad interrompersi di nuovo.

-Kurt, tu guardi troppi film, questa è l'unica verità appurata. Non siamo fantasmi, siamo vivi e vegeti, smetti di dire queste cose. E poi la tua teoria non spiegherebbe perché la gente è congelata!

-Ci sarà una qualche spiegazione paranormale karmica del cazzo! Vedrai se non è così!- sbottò Kurt, scoppiando di nuovo in singhiozzi disperati. Quella teoria dei fantasmi aveva imbastardito di parecchio il suo linguaggio.

Blaine lo strinse forte; non sopportava di vederlo così, anche se il motivo della sua disperazione era tenero e sconclusionato.

-Shhh. Ehi, shhh. Non fare così, dai. Non perdere le speranze.

Con una mano, dolcemente, sollevò il mento di Kurt, asciugandogli una lacrima con il pollice e lanciandogli un caldo sorriso.

Tutto d’un tratto l’aria tra loro cambiò e l'angoscia sembrò prosciugarsi da sola. C’era qualcosa tutto intorno, una vibrazione, un’energia... Kurt non avrebbe saputo spiegarlo, ma era dura spiegare qualcosa quando Blaine ti teneva tra le braccia e ti fissava in quel modo.

-Io non ho grandi risposte Kurt – gli sussurrò guardandolo dritto negli occhi. –Non so per quale preciso motivo tutto quello che ci circonda è pietrificato, non ho il potere di far ripartire ciò che è fermo, però una cosa la so di sicuro.

Con l’altra mano gli carezzò la guancia e poi , con lo sguardo perso sulle sue labbra, sussurrò: -Noi siamo vivi- e dopo un attimo di esitazione aggiunse: - e adesso te lo dimostrerò.

Blaine si avvicinò con lentezza esasperante alle sue labbra e gli baciò lievemente l’angolo della bocca.

Kurt spalancò gli occhi, incapace di formulare un pensiero.

-Che cosa senti in questo momento? –gli chiese Blaine, con le labbra sul suo orecchio, il fiato leggero come il battito d'ali di una farfalla.

Kurt si era dimenticato di respirare.

-Io…io…sento il cuore che mi sta per scoppiare.

Blaine lo  afferrò per il polso e gli fece appoggiare la mano sul suo petto. Anche il cuore di Blaine batteva come un tamburo.
Stavolta lo baciò delicatamente sulle labbra.

-Il cuore dei morti non batte Kurt- Blaine chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro, poi li riaprì.

- Io so che siamo vivi. Non posso darti le risposte che cerchi ma so che  voglio stare con te. Ho voluto stare con te da sempre, dal primo momento che ti ho visto. E per sempre. Voglio te, e solo te. Lo so che questo discorso ti sembrerà assurdo, soprattutto se fatto da una persona che conosci solo da due giorni, ma credimi, ti prego credimi, questa è l'unica verità che conta. E tu? Tu mi vuoi?

La leggera incrinatura con cui Blaine aveva pronunciato la domanda scalfì qualcosa dentro Kurt che si riscosse quasi da una sorta di trance. C'erano dei sottintesi che gli sfuggivano, ma poco importava perchè non stava sognando: quel ragazzo straordinario, quella specie di meraviglia che lo teneva tra le braccia davvero stava chiedendo a lui, a lui!, se lo voleva?

-Diavolo, sì!- rispose d’un soffio Kurt, circondando il collo di Blaine con una mano.
Blaine si lasciò sfuggire una mezza risatina di sollievo, prima di lanciarsi sulle sue labbra, stavolta con urgenza e disperazione, quasi come se da questo dipendesse la sua stessa vita. Kurt lo accolse reclinando la testa un po’ di lato e cercò, per quanto possibile, di stringerlo ancor più forte. Se non era già morto lo avrebbe ucciso quel bacio, stroncandolo lì con un infarto, ma, accidenti se ne sarebbe valsa la pena!
Mentre le loro labbra si cercavano in tutti i modi possibili Blaine gemette di piacere e intrecciò il palmo della mano di Kurt - quella che ancora stava premuta tra i loro petti - con la propria e in quell’istante di totale abbandono, in quel momento di resa completa e rapimento tutte le lampadine dell'auditorium esplosero in mille schegge.

Fu una fortuna che Kurt avesse gli occhi chiusi e fosse completamente perso nel bacio, altrimenti si sarebbe accorto della miriade di scintille azzurre che ancora scoppiettavano per la stanza.

 

***



Note di Oldlady:

La prima cosa da mettere in chiaro è che il film di Nicole Kidman a cui fa riferimento Kurt è "The Others".

La seconda cosa da mettere in chiaro è che le opinioni cinematografiche di Kurt non rispecchiano per forza quelle dell'autrice.

Nel prossimo episodio dopo qualche romanticheria (che non fa mai male) cercheremo di scoprire qualcosa in più su Trevor. Tenetelo d'occhio quel bimbo, ci darà molto da fare.

Grazie a tutte le persone che hanno letto e messo la storia tra i seguiti/preferiti, questo è un meraviglioso incoraggiamento ad andare avanti. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate fino a questo punto e ci tengo a chiarire che nessuno dei personaggi della mia fanficiton è stato maltrattato o sottoposto a crudeltà né tantomeno è un fantasma.

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Capitolo 6
*** Quello che desidero ***


Dal capitolo precedente:

Blaine si lasciò sfuggire una mezza risatina di sollievo, prima di lanciarsi sulle sue labbra, stavolta con urgenza e disperazione, quasi come se da questo dipendesse la sua stessa vita. Kurt lo accolse reclinando la testa un po’ di lato e cercò, per quanto possibile, di stringerlo ancor più forte. Se non era già morto lo avrebbe ucciso quel bacio, stroncandolo lì con un infarto, ma, accidenti se ne sarebbe valsa la pena!
Mentre le loro labbra si cercavano in tutti i modi possibili Blaine gemette di piacere e intrecciò il palmo della mano di Kurt - quella che ancora stava premuta tra i loro petti - con la propria e in quell’istante di totale abbandono, in quel momento di resa completa e rapimento tutte le lampadine dell'auditorium esplosero in mille schegge.

Fu una fortuna che Kurt avesse gli occhi chiusi e fosse completamente perso nel bacio, altrimenti si sarebbe accorto della miriade di scintille azzurre che ancora scoppiettavano per la stanza.



6 Quello che desidero

-Davvero non ti sei mai ubriacato?- domandò Blaine con una luce maliziosa nello sguardo, mentre col naso gli solleticava il collo e ad ogni parola gli lasciava un piccolo bacio ora dietro l'orecchio, ora sul pomo d'adamo, ora sutto il mento.
Erano rimasti lì, nell'auditorium, a baciarsi per un tempo indefinibile. Forse per ore. Kurt non era abbastanza lucido da poter misurare il tempo, non dopo che le braccia di Blaine lo avevano accarezzato e stretto, non dopo che le sue mani gli avevano preso il viso con tenerezza e decisione, costringendolo a reclinare la testa per dargli accesso al collo, non dopo che la sua bocca aveva disegnato mille arabeschi sulla sua pelle.
-Sono piuttosto ubriaco adesso- rispose con un filo di voce. Effettivamente non si sentiva granché saldo sulle gambe. -Ma tu come fai a saperlo?

-Lo hai detto tu, poco fa. Hai detto che non ti sei mai ubriacato e che non sei mai salito su una mongolfiera e che non avevi mai dato un bacio. Mi piacerebbe aiutarti a rimetterti in paro con le cose che ti sei perso finora, soprattutto l'ultima -e per sottolineare quel concetto Blaine si riappropriò delle sue labbra, con una passione che non sembrava quella di un ragazzino del liceo. Le sue dita, lentamente, sfilarono i lembi della camicia di Kurt e si insinuarono sotto, accarezzando la pelle nuda e liscissima della sua schiena. Il suo tocco era come un fuoco gelato, dove passava lasciava calore e brividi. Troppo per Kurt, che fino a quel momento aveva sempre dovuto fare i conti con il disprezzo di tutti quelli che gli stavano vicino. Spinte, soprannomi, prese in giro, disgusto. Queste cose lui le conosceva bene. Ma quel desiderio? Quel trasporto, quell'onda calda? Non poteva credere che esistessero anche nella realtà e non solo nei film di cui era tanto appassionato e adesso invece eccolo lì, tra le braccia del ragazzo più bello, gentile e carismatico che avesse mai incontrato, oggetto di carezze e baci mozzafiato a gestire sensazioni completamente nuove e sconosciute

-Oddio, mi fai girare la testa- sospirò con le guance in fiamme, appoggiando il capo sulla spalla di Blaine e cercando di riprendere fiato. L'altro si fermò all'istante, riportando subito le mani sopra la camicia.

-Scusa, vado troppo in fretta, vero?

-No...sì...forse...insomma...non lo so- balettò Kurt, nascondendo il viso paonazzo nell'incavo della sua spalla.
Blaine si mise a ridere abbracciandolo ancora più forte, tanto forte che Kurt potè avvertire quanto davvero Blaine avrebbe voluto andare in fretta. E per quello, no, non era pronto di sicuro. Al cento per cento non pronto. Quasi avvertendo l' imbarazzo dell'altro Blaine allentò un po' l'abbraccio.

-Sì che vado troppo in fretta- si rispose da solo, ritornando a guardare dolcemente Kurt negli occhi. -Non preoccuparti, ve bene così. Va benissimo così, oltre ogni mia immaginazione.

Se fosse dipeso da Blaine, a quell'ora lui e Kurt non sarebbero stati ancora lì in piedi, ma intenti in un'esplorazione molto dettagliata di tutti i possibili usi di quei dodici materassi che avevano trovato. Ma quello non era un problema, e neanche una frustrazione.
Quando, tempo prima, Blaine aveva preso la decisione che lo aveva portato a quel punto, aveva anche deciso che i bisogni di Kurt sarebbero sempre stati al primo posto rispetto ai suoi. Quando Blaine aveva rinunciato a tutto ciò che aveva e a tutto ciò che conosceva per dividere il destino di Kurt, si era anche imposto che avrebbe rispettato i tempi, i desideri e le esigenze dell'altro. Ne aveva fatto una regola di vita e adesso che finalmente lo stava baciando e abbracciando, adesso che l'altro gli aveva detto che voleva che stessero insieme, non avrebbe sicuramente infranto quel punto d'onore solo per la fretta di appagare un po' di desiderio fisico. Va bene, forse non era solo un po', forse era dannatamente tanto, tantissimo, più di quanto avesse mai provato in vita sua (e questo era tutto un dire) ma comunque il principio non cambiava.

-Non ti preoccupare Kurt- ripetè, prendendogli di nuovo le mani. -A me va benissimo così. Mi basta che tu mi dia il permesso di baciarti, di baciarti ogni volta che voglio, e mi basterà. Ma devo avvertirti: ti bacerò tantissimo- e per sottolineare il concetto riprese a torturare con le labbra quel piccolo punto sensibile sotto l'orecchio del ragazzo.- Non riesco a farne a meno, è più forte di me.

-Non devi farne a meno- sospirò Kurt.-Puoi baciarmi tutte le volte che vuoi. E anche il resto... mi piace lo voglio... solo che...

-Shhh. Tranquillo, abbiamo tutto il tempo del mondo- sorrise Blaine, rendendosi conto di quanto fossero vere quelle parole.

-Puoi baciarmi tutte le volte che vuoi- insistette Kurt, quasi con cocciutaggine.

Blaine non se lo fece ripetere due volte e si rituffò sulle sue labbra con un impeto e una voracità che spazzarono via i pochi brandelli di razionalità di Kurt. Ma prima di perdersi in quella nuova ondata di passione Kurt fu in grado di formulare un ultimo ragionamento sensato. Blaine poteva anche essere un ragazzo delle scuole superiori che non ricordava più nulla di se stesso, eppure c'erano una paio di cose su di lui che potevano essere affermate con sicurezza: Blaine proveniva da una scuola privata per ricconi, sapeva suonare il piano ed era esperto, molto esperto. Sapeva come baciare, sapeva come toccare e sapeva come far perdere la testa. Il modo in cui muoveva le mani e la bocca e il modo in cui conduceva il gioco era qualcosa di indescrivibile: si sentiva che era spontaneo, che i suoi movimenti non erano calcolati, eppure non c'era la minima incertezza, la minima esitazione. Blaine sapeva cosa fare per travolgerlo, e lo sapeva fare dannatamente bene. Non c'era verso che l'intimità con il corpo di un altro fosse una novità per lui. Chissà quanti ragazzi aveva avuto prima, e fino a che punto si fosse spinto con loro? Oddio, da come stava muovendo la lingua in quel momento, probabilmente si era spinto fino ai confini dell'universo conosciuto e ritorno! Kurt si chiese se un giorno avrebbe trovato il coraggio di chiedergli dei suoi trascorsi. Poi non fu più in grado di formulare altri pensieri coerenti.

***

-Kurt, quelle parole che ti ho detto, non erano uno scherzo- disse Blaine, mentre camminavano mano nella mano diretti alle cucine. L'orologio di Blaine aveva decretato che l'ora di pranzo era passata da un pezzo e così, dopo aver passato altro tempo infnito a coccolarsi e a parlare di tutto e di niente, avevano deciso di andare a prepararsi un boccone.

-Voglio stare con te, voglio stringerti e voglio dividere la tua sorte, anche se questa cosa...- e così dicendo indicò tutta la gente ibernata lungo il corridoio che stavano percorrendo- ... ecco, se tutto questo non dovesse risolversi.

-Si risolverà- sospirò Kurt, fiducioso.-Insieme io e te la risolveremo.

-Sì, va bene. La risolveremo. Ma se non dovesse risolversi sappi che a me va bene anche così.

-Ma Blaine, che dici? La cose non possono andare bene se rimangono così.

-Potremmo adattarci, no?

Kurt ci aveva pensato un paio di volte. Lasciare tutto così, fermo al 29 settembre 2010 e smettere di preoccuparsi dei bulli, delle angherie, della competizione. Vivere in una bolla fatata e ovattata insieme a Blaine.

-Non so. Potrebbe essere bello per qualche tempo, come se fosse una specie di vacanza, ma alla fine non funzionerebbe. Non si può vivere senza aspettative per il futuro. Isolati dagli altri e dal mondo. O per lo meno, io non potrei vivere così. Ci sono tante cose che voglio fare nella mia vita...

-E le farai. Tutte. Questo posto è grande, ben organizzato, possiamo viverci come dei sovrani. Io sono una persona ingegnosa. Dimmi cosa vuoi fare, dimmi quali sono i sogni che vuoi realizzare e farò in modo che tu possa realizzarli anche se sei bloccato qui.

Kurt sollevò un sopracciglio, scettico.

-Avevi detto che non avevi mai baciato, e adesso lo hai fatto. E credimi, potrei farti fare molto di più se tu avessi voglia di provare Qualsiasi cosa tu desideri da una relazione, dimmela, e io ti accontenterò. Anzi no, dimmi qualsiasi cosa tu desideri in generale e basta. Avevi anche detto che non ti eri mai ubriacato, basta che tu mi dica che vuoi sbronzarti e io andrò a rompere il lucchetto del mobile dei liquori che c'è nell'ufficio della coach delle cheerleader.

Intanto che parlavano erano arrivati dentro le cucine. Stessa scena di sempre, la cuoca a scrivere, alcune donne con il grembiule di lavoro azzurro prese a pulire e rassettare.

-Dimmelo Kurt, che cosa vuoi veramente?

Kurt buttò uno sguardo alla cuoca, china sulla sua cartellina, e alle due inservienti lì vicine, e in quel momento un ricordo ben preciso ritornò in superficie.



Le inservienti stavano pulendo i resti del pranzo e le cartacce dai tavolini, brontolando contro la maleducazione dei giovani d'oggi, mentre gli studenti ancora nel cortile raccoglievano le loro cose nelle borse, pronti per la prossima lezione.

Kurt si affrettò a finire di colorare la sciarpa che aveva appena aggiunto al bozzetto che teneva tra le mani. C'erano ancora cinque minuti per la campanella, e se si sbrigava sarebbe riuscito a finire lo schizzo in tempo. Si trattava di una copia di un cappotto di Burberry che aveva visto al centro commerciale la settimana prima. Kurt era convinto che cambiando il modello dell'allacciatura e gli accessori quel capo sarebbe stato molto più elegante, e da qualche giorno stava provando a fare diverse variazioni sul tema, in cerca di quella più efficace.L'ora di pranzo era il suo momento preferito, a scuola. Mangiava sempre velocemente, oppure non mangiava affatto, pur di poter andare a sedere sulla gradinata per disegnare bozzetti di moda . Quella, insiema al cantare, era la cosa che amava di più al mondo. Con l'arrivo dell'inverno non avrebbe più potuto rifugiarsi là fuori e per starsene un po' in pace avrebbe dovuto accontentarsi di un'aula vuota, ma finchè la stagione fosse rimasta clemente niente e nessuno gli avrebbe impedito di starsene al sole come una lucertola.

-Che cosa stai facendo, damigella?- chiese una voce alle sue spalle, e all'improvviso il blocco degli schizzi non era più tra le sue mani.

Dietro di lui due armadi della squadra di football stavano ridendo, sfogliandolo.
Karofsky ed Azimio, insieme e in modalità scherno&angheria, il peggiore dei suoi incubi.

-Hummel, sei incredibile: ti vesti da checca e disegni come una checca- sghignazzò Karofsky, sventolandogli il blocco sotto il naso.

In quell'album c'erano tutti i migliori bozzetti dell'ultimo mese, Kurt a volte era rimasto sveglio fino a tarda notte pur di realizzarli.

-Ridammelo- sussurrò sperando che il suo tono non fosse troppo spaventato.

-Ehi Azimio- disse Karofsky strappando la prima pagina (il modello per un kilt che Kurt aveva rifatto almeno dieci volte prima di esserne soddisfatto)- non dicevi che al cesso hanno finito la carta igienica?

-Giusto amico, ma non so se questa roba possa andare bene per pulirsi il sedere. Potrebbe essere infetta!

Kurt allungò la mano, cercando di riprendere il blocco prima che i due scimmioni potessero distruggerlo completamente, ma senza neanche accorgersi di come era successo si ritrovò a volare giù per i gradini, atterrando al suolo in malo modo e graffiandosi il palmo delle mani per attutire la caduta.

Sopra di lui, Karofski e Azimio stavano stracciando tutte le pagine buttando i brandelli di carta per aria come fossero coriandoli. I ragazzini intorno a loro continuavano a far finta di chiacchierare senza neanche degnarsi di alzare la testa per controllare che non si fosse fatto male. In fondo si trattava solo di Kurt Hummell, niente per cui valesse la pena di rischiare l'ira dei giocatori di foorball. Kurt si voltò verso l'ingresso del liceo dove le due inservienti lo stavano guardando accigliate, ma come incrociò il loro sguardo quelle si voltarono dall'altra parte. E altrettanto fece la cuoca, che era uscita proprio in quel momento per buttare un sacchetto di spazzatura.
Un giorno se ne sarebbe andato di lì, pensò Kurt ricacciando indietro le lacrime. Ancora non sapeva se lo avrebbe fatto grazie al canto, al disegno o facendo l'autostop, ma un giorno lui se ne sarebbe andato di lì.

Blaine lo stava fissando, aspettando una risposta. -Kurt, ti ho chiesto che cosa vuoi veramente.

-Andarmene di qui- rispose il ragazzo, riavendosi dalla memoria.

Blaine sospirò, appoggiando le mani sul bancone. Quella era l'unica cosa che non poteva dargli, anche se avesse voluto.

-Non dipende da me, Kurt- rispose sconfitto, e l'alone di tristezza che velò i suoi occhi riportò definitivamente Kurt al presente. Accidenti, Blaine stava solo cercando di essere gentile e di renderlo contento, non era giusto che la sua tristezza buttasse giù anche lui.

-E va bene, vorrà dire che mi accontenterò di due uova al tegamino - rispose sorridendo. -Penseremo a qualche soluzione dopo mangiato.

Blaine sembrò risollevarsi e annuì dirigendosi verso una grande credenza in acciaio da cui tirò fuori padella e spatola, il buonumore di nuovo sul suo viso. -Ok, io penso alla cucina. Tu raccontami tutto di quel ragazzino che hai visto prima.

Ah, già! Trevor! I baci di Blaine l'avevano talmente stordito che se ne era completamente dimenticato.
Kurt si lanciò in un resoconto dettagliato di tutto quello che era accaduto con Trevor e tutto quello che il bambino gli aveva detto. Mentre raccontava, Kurt gesticolava. Ad un tratto lo sguardo gli cadde sul palmo delle proprie mani e la sua voce ebbe un attimo di esitazione. A guardarle con attenzione ancora si potevano scorgere i segni dei graffi che si era fatto cadendo dalla gradinata. Ma come era possibile, se in teoria erano passati più di due anni?

***

A Blaine questa storia del ragazzino non piaceva per niente. Non riusciva a spiegarsi come fosse possibile, chi fosse questo Trevor, da dove saltasse fuori e come fosse sfuggito al tempo bloccato. Una parte di lui sperava che Kurt se lo fosse sognato e magari, per colpa della sua immaginazione fervida ed un certo gusto alla drammatizzazione, si fosse convinto di averlo incontrato veramente. Ma sapeva fin troppo bene che quella era una flebile speranza.

Se Kurt diceva di aver incontrato un ragazzino, allora sicuro come l'oro lo aveva incontrato. Non poteva essere solo un parto della sua fantasia e, anche se non riusciva a capire in che modo, Blaine se lo sentiva nelle ossa che Trevor significava guai grossi in arrivo.

Stavano già mangiando mentre Kurt terminava il suo racconto: - ...e quando sono uscito dalla porta, lui non c'era più. Sparito nel nulla.

-Questo non è possibile. La gente non sparisce nel nulla!

Kurt alzò un sopracciglio con scetticismo: -Dici? In teoria la gente non rimane neanche ibernata mentre il tempo tutt'intorno si ferma, eppure eccoci qua!

Blaine sbuffò, irritato. -Si sarà nascosto da qualche parte.

-Ma ha detto di sapere cosa sta succedendo dentro il McKinley! Magari lui può darci delle indicazioni, può aiutarci a trovare una soluzione a questo mistero.

Cosa? Questo era assolutamente fuori discussione! Kurt non doveva capire cosa stava succedendo, per nessun motivo al mondo! Blaine aveva visto giusto: guai grossi come montagne in arrivo. Ma perchè, Dio buono, per una volta che le cose nella sua vita si mettevano in maniera...beh ottimale no di sicuro... ma soddisfacente sì, per la miseria!... per una volta nella vita che era felice, perchè tutto doveva guastarsi alla velocità della luce?

-Kurt, dubito che una situazione così...così...

-...aberrante?...

-...stavo per dire complessa... Insomma, dubito che un ragazzino di tredici anni possa darci delle idee serie per uscirne fuori.

-Mentre invece un libro che si intitola Come gestire la forza che è in te guida a tutte le cazzate parapsicologiche della terra e dintorni, quello sì che ci può dare dei buoni consigli!

Ma perchè la conversazione stava prendendo quella piega? Perchè non potevano fare cena tenendosi semplicemente la mano, amoreggiando come cretini e scambiandosi scherzi innocenti? Blaine in fondo non desiderava cose complicate dalla vita, ma ottenerle sembrava sempre la cosa più complicata dell'universo.

-E tu che ne sai di quel libro?-domandò esasperato. -Hai spiato in mezzo alle mie cose?

Kurt a quella risposta si indispettì sul serio: -Primo, i libri della biblioteca non sono le tue cose, ma sono un bene della comunità; secondo, spiare significa forzare il lucchetto chiuso del diario che nascondi sotto la mattonella rotta della tua cameretta e leggere tutto quello che contiene nonostante nella prima pagina ci sia scritto con l'inchiostro fosforescente "Vietato leggere, pena la morte"! Quello è spiare! Guardare il titolo di un libro aperto sopra un tavolo NON è spiare.

-Si può sapere perchè sei così nervoso?

-Io sarei quello nervoso, secondo te? Se io sono nervoso è semplicemente perchè mi trovo a vivere un'esperienza allucinante, accanto ad un ragazzo che non fa il minimo sforzo per cercare di trovare una via d'uscita e non dà neanche a vedere che la cosa gli importi. Io veramente non riesco a crederci! Da quando siamo qui sembra che tu sia a Disneyland, è come se non volessi che le cose tornassero al loro posto.

Blaine lo fissava a bocca aperta, come se mai e poi mai si sarebbe aspettato tanta acredine da parte sua.

Kurt notò, con la vista periferica, che la luce delle lampadine stava cambiando sfumatura, diventando lievemente più azzurrognola, ma fu distratto da Blaine che chiuse gli occhi e si mise ad inspirare ed espirare profondamente, come se stesse per svolgere un complicato esercizio di yoga, o un'acrobazia. Quando riaprì gli occhi la luce delle plafoniere era tornata della solita tonalità.

Blaine si sforzò di rimettere le idee al posto giusto: se aveva risposto male era perchè si sentiva spaventato per la minaccia che questo Trevor portava con sé. Kurt non aveva fatto niente di sbagliato, e da un certo punto di vista poteva anche capire che il suo comportamento in quei giorni poteva essergli risultato sospetto. Blaine imprecò tra sé e sé. Il troppo entusiasmo poteva costargli la fiducia di Kurt e lui non poteva permettersi che Kurt non avesse fiducia in lui. No, Kurt doveva sapere che Blaine era dalla sua parte, sempre. Va bene, magari non poteva dirgli tutta la verità, ma almeno poteva dirgliene una parte, quella che riguardava i suoi sentimenti.

-Scusami Kurt- la voce di Blaine era di nuovo tenera. -Non devi pensare che io non voglia aiutarti. La verità è che non ho la minima idea di come poter fare per aggiustare le cose, non l'ho mai avuta. Ma fin dall'inizio mi sono detto: ehi, cerca di trarre il buono da questa situazione visto che non puoi cambiarla. Ti trovi qui insieme ad uno dei ragazzi più belli che tu abbia mai visto- e così dicendo si avvicinò a Kurt, sfiorandogli la guancia col dorso della mano - le cose non possono andare poi tanto male. Perdonami Kurt, se non riesco ad affliggermi troppo.

Kurt fece per protestare ma Blaine lo interruppe ancora.

-Ti giuro che farò tutto quello che vorrai. Se vuoi mandare dei messaggi di fumo, salirò sul tetto e brucerò tutto quello che dentro questa stupida scuola è combustibile. Se vuoi provare a fuggire dal sottosuolo scaverò un tunnel, qualsiasi cosa. Ma non biasimarmi ti prego, se stare insieme a te mi basta per essere felice.

E così dicendo Blaine lo baciò di nuovo, annullando qualsiasi resistenza Kurt potesse aver provato.

***

Alla fine decisero che era effettivamente piuttosto improbabile che Trevor si fosse dissolto nell'aria e giunsero alla conclusione che il piccolo doveva conoscere qualche nascondiglio all'interno del liceo e che se ne stava rintanato lì.

Passarono quindi il resto della giornata e quella successiva a cercarlo. O meglio, a cercarlo e a cercare di staccarsi l'uno dalle labbra dell'altro. Le loro ricerche in effetti proseguivano molto lentamente, ostacolate dalle troppe interruzioni perchè Kurt non aveva ancora memorizzato bene il rumore gutturale che faceva Blaine quando lui gli tormentava il lobo dell'orecchio o perchè Blaine doveva risistemarsi i riccioli che fuggivano scomposti dalla sua prigione di gel dopo che Kurt ci aveva passato in mezzo le dita.

L'ora di andare a dormire era poi un continuo rimandare il sonno, tra carezze, baci e sussurri. Alla fine, quando erano stremati, o quando Blaine pensava di non essere più in grado di continuare senza chiedere troppo e spaventare l'altro, lo prendeva tra le braccia e lo cullava, facendogli qualche domanda sui piccoli dettagli della sua vita, se li ricordava.

Cose semplici: quale era la sua canzone preferita e perchè, i suoi giochi preferiti da bambino, il libro che aveva letto più volte. E Kurt rispondeva per quello che poteva ricordare, con la voce bassa, piccoli bisbigli che andavano spegnandosi piano piano mentre il sonno prendeva il sopravvento e trasformava le frasi in mormorii sconnessi. Allora Blaine rimaneva lì, sdraiato, a fissarlo finchè non si addormentava a sua volta, felice.

***

Stando all'orologio di Blaine, oggi era il 4 ottobre 2012. Erano già passati 4 giorni da quando si erano svegliati intrappolati nella scuola, e a Kurt sembravano secoli.

Dopo quella loro piccola discussione Blaine si era dimostrato più che volenteroso ad aiutarlo in tutte le sue idee per uscire di lì. Avevano esplorato di nuovo l'edificio in lungo e in largo, cercando anche il nascondiglio di Trevor ma tutto si era dimostrato inutile.

Blaine si era anche proposto di fare effettivamente quei famigerati segnali di fumo, ma ad un tratto a Kurt era sembrata un'idea estremamente ridicola e alla fine avevano lasciato perdere.

Poi gli era venuta in mente qualcosa di più stimolante.

-L'anno scorso Rachel Barry ha pagato Lauren Zizes, del club radioamatori, per mettere dei microfoni nell'aula di canto- aveva spiegato Kurt.

-Cos'è, psicopatica?

-Lasciamo perdere. Però mi ricordo che la Zizes aveva un'attrezzatura non indifferente. Cacchio, sembrava un'agente della CIA. Forse nell'aula dei radioamatori potremmo trovare una radiotrasmittente e lanciare un segnale SOS. Che ne pensi?

Blaine aveva acconsentito. -Possiamo fare un tentativo. In fondo un po' me ne intendo di transistor e ricetrasmittenti.

-Davvero?

-Sì, da piccolo costruivo modellini di aerei radiocomandati.

-E questo quando te lo saresti ricordato?

-Ahem...me lo sono ricordato adesso. Avanti, andiamo a vedere.

E così lui e Blaine avevano trascorso l'ultima mezz'ora nella stanza dei radioamatori, che più che un'aula sembrava un incrocio tra la plancia di comando di un aeroporto piena di schermi e computer e lo sgabuzziono di un rigattiere, con tutti quei cavi e quei circuiti ammucchiati per terra e in ogni angolo libero. E solo Dio sapeva cosa ci potevano fare Lauren Zizes e la sua truppa con tutte quelle antenne rotte.
Blaine aveva trovato quasi subito il marchingegno che faceva al caso loro, ma diceva che per farlo funzionare bene e collegarlo con un altro coso che serviva al loro scopo avrebbe avuto bisogno di un jack. Adesso, Blaine non aveva esattamente usato le parole "marchingegno" e "coso", ma Kurt non aveva capito niente di tutto quello che gli aveva spiegato armeggiando con quella roba. L'unica cosa che aveva capito era che gli serviva un jack, parola che conosceva perchè aveva a che fare anche con i microfoni. Paradossalmente nella sala radioamatori non ne trovarono così Kurt si offrì di andare a prenderne uno giù in sala musica. Aveva lasciato un Blaine indaffarato a trafficare con cavi e prese, con la stessa faccia che avrebbe avuto un bambino di cinque anni di fronte ad un trenino nuovo, e si avviò verso l'aula canto.

Passando di fronte agli spogliatoi però, si accorse di qualcosa di insolito.

La porta era aperta.

Perchè era aperta?
Quella porta era sempre chiusa, Kurt non aveva mai trovato il coraggio di aprirla.

Molto lentamente Kurt si affacciò nella stanza.

Il ragazzo di cui adesso ricordava il nome - Dave Karofski - era sempre lì, pietrificato nell'atto di lanciare per aria il pallone.

Ma in piedi, di fronte a lui, c'era Trevor.

Non piangeva stavolta, fissava semplicemente Karofski, con sguardo indecifrabile.

-Trevor...dove ti eri nascosto? Ti ho cercato tanto- chiese Kurt.

-Anche nella mia scuola ce n'è uno così- rispose Travor, senza staccare gli occhi da Karofski. -Si chiama Mitch, e lo odio. E' grande come un gorilla e mi tormenta. Mi dice delle cose orribili.

Kurt gli poggiò una mano sulla spalla, obbligandolo a girarsi. Si sentì invadere da un'ondata di compassione. Dio, non era giusto, un bambino così piccolo già alle prese con i bulli!

-Hai provato a parlarne ai tuoi genitori?

-Non potrei mai parlarne con loro- sbuffò Trevor. Kurt notò che quando il ragazzino voleva interrompere il corso di una conversazione i suoi occhi turchese prendevano una sfumatura in più di verde.

-Perchè no?-provò ad insistere. Ricordava bene quale conforto fosse suo padre per lui, anche Trevor avrebbe potuto trovare aiuto nell'appoggio dei suoi. -Magari potrebbero darti qualche buon consiglio. Sono i tuoi genitori, ti vogliono b...

-Non dirlo!- sbottò il bimbo. -Non posso parlare con loro.Te l'ho già detto l'altra volta: mi vergogno troppo. Non posso!

-Trevor, io non credo che tu abbia fatto qualcosa di male. Sei troppo dolce e sensibile per aver commesso davvero delle azioni di cui vergognarsi. Se tu ti aprissi con qualcuno sono certo che le cose ti sembrerebbero meno terribili...

-Non mi vergogno per qualcosa che ho fatto- lo interruppe Trevor. Aveva un tono condiscendente, come se stesse spiegando una cosa estremamente ovvia ad un alunno estremamente tardo. - Mi vergogno per le cose che vorrei fare. Le cose che penso e le cose che desidero sono...sono... orribili! Io sono un mostro.

Kurt sobbalzò a quelle parole, come se fossero state una scarica elettrica.



-Tu sei un mostro, Hummel- gli urlò addosso Karofski, sbattendogli addosso i poveri resti del suo album da disegno. -Uno schifoso scherzo della natura.

Kurt cercò di alzarsi, ma Dave gli diede uno spintone ributtandolo a terra. A quel punto l'unica priorità di Kurt era diventata quella di non mettersi a piangere. Non poteva dare loro anche quella soddisfazione.

-Già- rincarò Azimio - e non ci piace che quelli come te circolino liberi nella nostra scuola.

-Da oggi in poi- annunciò Karofski a voce così alta che tutti lì intorno potessero sentirlo- questa gradinata è territorio della squadra di football. Non vogliamo vedere più nessuno che si siede qui senza il nostro consenso, soprattutto gli sgorbi come te, Hummel.

Poi Karofski con una mano lo afferrò per la collottola sollevandolo come un fuscello e gli ficcò il pugno chiuso sotto il viso.

-Se ti vedo di nuovo qui fuori, se solo ti avvicini di nuovo a questa gradinata, ti cancello quella faccia da damigella a suon di pugni.



Kurt si riscosse e tornò al presente.
Karofski era ancora lì, paralizzato di fronte a lui, ma Trevor era sparito di nuovo.


***

Note di Oldlady:

Il prossimo capitolo sarà l'ultimo ad ambientarsi nel McKinley pietrificato. Accadrà qualcosa di abbastanza grave da costringere i nostri ragazzi a trovare un modo per... vabbè, lo vedrete.

So di avere messo molta carne al fuoco.

Cosa è successo a Kurt quando il McKinley era ancora normale? Perchè e come il tempo si è fermato? Che ruolo ha avuto, se lo ha avuto, Blaine? In che tempo ci troviamo in realtà, 2010 o 2012 o altro? Ma soprattutto, le due domande veramente importanti da porsi qui sono: chi è Trevor? Che cos'è la luce azzurra in realtà?

Ebbene, molto presto, nel giro di un paio di capitoli, avremo la risposta all'ultimo quesito e forse vi risulterà un po' più chiaro dove voglio andare a parare con questa storia.

La trama è già completamente delineata quindi vi assicuro che c'è un perchè e un percome ad ogni cosa, abbiate un po' di pazienza.

Per ora ci basti sapere che i nostri eroi sono destinati ad innamorarsi e a cercarsi e a volersi anche nei contesti più bizzarri e soprannaturali, ma alla fine ogni cosa avrà un senso.

Inoltre, come vi ho già detto, ci sono due oggetti che apparentemente si sono comportati in maniera illogica: in realtà la loro anomalia sarà importantissima per gli sviluppi futuri. Il primo oggetto sarà un elemento decisivo per uno dei colpi di scena finali (ehm, sì, prevederei un paio di colpi di scena finali, a meno che strada facendo non mi sgamate tutti i misteri prima), il secondo oggetto invece sarà l'arma vincente in un momento in cui tutto sembrerà perduto.

Grazie a chi l' ha letta e messa tra i seguiti/ preferiti. Mi farebbe anche piacere conoscerere le vostre opinioni, giusto per capire che idea vi siete fatti di tutto questo macello.

E grazie a Bay24 e a CandyKlaine per il loro speciale incoraggiamento.

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Capitolo 7
*** Dieci giorni ***


Dal capitolo precedente:

Poi Karofski con una mano lo afferrò per la collottola sollevandolo come un fuscello e gli ficcò il pugno chiuso sotto il viso.

-Se ti vedo di nuovo qui fuori, se solo ti avvicini di nuovo a questa gradinata, ti cancello quella faccia da damigella a suon di pugni.



Kurt si riscosse e tornò al presente.
Karofski era ancora lì, paralizzato di fronte a lui, ma Trevor era sparito di nuovo.



7 Dieci giorni



-Questa è una pessima, pessima idea- stava dicendo Kurt nel tentativo di sottrarsi alla presa di Blaine che lo tirava per il braccio lungo il campo da football.

-Andiamo! Ti ho detto che avrei avverato i tuoi desideri, e intendo farlo- rideva l'altro, avvicinandosi pericolosamente al traliccio delle luci che venivano usate solo nel rarissimo caso che i Titans dovessero disputare una partita in notturna.

-Tu hai preso il tuo ruolo di genio della lampada troppo sul serio- la voce di Kurt era velata da una leggera nota di panico, ma Blaine non sembrava demordere.

-Coraggio Kurt, ti giuro che non c'è nessun pericolo. Guarda - e così dicendo gli indicò la lunga fila di montanti del traliccio, una scaletta di ferro che sembrava salire verso l'infinito. - Vedi? I gradini sono ingabbiati, è perfettamente sicuro.- Quello che Blaine riteneva una adeguata misura di sicurezza era in realtà un'esile intelaiatura sbilenca che correva tutta intorno ai pioli di ferro come (misera) protezione. -Inoltre tu andrai su per primo, io ti sarò subito dietro, così se per caso dovessi scivolare ti impedirei di cadere.

-Oppure ci sfracelleremmo entrambi al suolo- concluse Kurt che ancora non riusciva a capire come avesse fatto a mettersi in quella situazione. Era tutta colpa di quella fissa di Blaine di indorargli la pillola della loro permanenza lì: quella mattina a Kurt era scappato detto, per sbaglio, che nel suo cellulare una volta aveva scritto la lista delle "cento cose da fare prima di morire". Blaine era andato fuori di testa all'idea di leggerla. Purtroppo il cellulare non dava segni di vita, come ogni giorno ormai da quando si erano ritrovati lì, e così Kurt aveva dovuto sforzarsi per riportare alla memoria almeno i più pittoreschi degli obbiettivi che c'erano segnati. Come riusciva a ricordarsene qualcuno, Blaine li scriveva sulla lavagna dell'aula di canto. Aveva sorriso dolcemente a quelle più ovvie e romantiche: "sposarmi legalmente prima dei trent'anni" , "andare al ballo di fine anno con il ragazzo che mi piace", "ricevere una serenata per San Valentino" ma quando Kurt aveva enunciato quella che ricordava senza ombra di dubbio essere la numero sette - "ripagare le umiliazioni"- il viso di Blaine si era illuminato di una luce malandrina.

-Lo sai che questa possiamo attuarla fin da subito?- gli aveva detto con tono di cospirazione.

-Che intendi?- aveva chiesto Kurt, piuttosto spiazzato. Ma poi aveva seguito Blaine per i corridoi, fino al campo da football, gardando esterrefatto il suo ragazzo (lo poteva chiamare così adesso, vero?) slacciare i bottoni dei pantaloni di Jimmy Stoner, il nuovo kiker della squadra, uno di quelli che ultimamente erano stati più fastidiosi con Kurt.

-Oddio, ma che fai?- aveva strillato Kurt, quando si era reso conto che Blaine gli aveva letteralmente abbassato le braghe fino alle caviglie, esponendo le nude e secche coscie di Jimmy agli elementi.

-Lo voglio lasciare in mutande, mi sembra ovvio. E' ora che questi scimmioni del football patiscano un po' di umiliazione a loro volta, non credi? E se tu mi aiutassi farei prima - aveva risposto Blaine, come se fosse la cosa più ovvia del mondo prima di andare a gettare i calzoni di Jimmy nel cassonetto là vicino. Uno dopo l'altro Blaine aveva spogliato tutti i ragazzi della squadra di football, rivelando anche particolari piuttosto imbarazzanti. Chi l'avrebbe mai detto, per esempio, che Azimio indossava dei boxer con Woody e Buzz Lightyear stampati sopra? Da quel giorno in poi Kurt non sarebbe più riuscito a sentirsene troppo terrorizzato, ora che era a conoscenza di quel particolare dettaglio. E Lou Zuckerman, che faceva tanto il superuomo, portava una pancera di lana! Alla vista di quell'aggeggio in tutto e per tutto identico a quello che usava la sua prozia Hummel per tenersi caldi i reni, a Kurt era venuta una specie di ridarella. In più Blaine aveva attaccato dei cartelli sulla schiena di quelli che non indossavano biancheria intima imbarazzante. Sui cartelli c'erano scritte frasi del tipo: "Non urlatemi addosso, ho la vescica debole" oppure "Sposami George, porto io il Martini". Dopo un'ora di quel lavoro certosino non c'era giocatore di football su quel campo che non ne uscisse in qualche modo ridicolizzato. Kurt non vedeva l'ora che il tempo ripartisse e sperò che quando questo fosse accaduto lui potesse trovarsi nelle vicinanze perchè non si sarebbe perso per nessun motivo al mondo lo spettacolo di quella truppa di primitivi buzzurri che ritornava al mondo e alla consapevolezza conciata come una masnada di perfetti imbecilli (quali erano).

-Ecco una piccola giustizia per le umiliazioni- aveva detto Blaine, una volta finita l'opera.

-Perché quello non l'hai spogliato?- chiese Kurt, sospettoso, indicando un ragazzo un po' scostato dagli altri - quello con una cresta mowak in testa.

Blaine aveva tentennato, ma solo per un istante. Sapeva di essersi appena tradito ma forse Kurt non se ne sarebbe accorto. -Non ha l'aria da nemico... - aveva provato a giustificarsi.
In realtà non poteva dirgli che sapeva perfettamente che Puck era un suo amico e quindi non si meritava lo sbeffeggiamento.

Kurt lo aveva fissato con aria scettica, chiaramente non se l'era bevuta, ma lui si era affrettato a cambiare discorso.

-Tornando a quella lista, cosa vogliamo provare adesso? Aspetta, aspetta...- si era interrotto Blaine illuminandosi tutto mentre fissava qualcosa alla fine del campo di football, proprio ai confini dell'area che non riuscivano ad oltrepassare. Kurt si era girato seguendo il suo sguardo. Ma cos'era che lo aveva tanto intrigato? Lo spalto per gli spettatori? La macchinetta tosaerba che il custode aveva dimenticato vicino alla panchina? -Non avevi detto che desideravi salire su una mongolfiera?- aveva chiesto Blaine con un tono di voce che a Kurt non era piaciuto per niente.

E adesso eccoli lì, a salire sui montanti del traliccio delle luci, con l'aria che diventava sempre più gelida ad ogni piolo e tutto perchè Kurt si era lasciata sfuggire quella sua sciocca fantasia infantile in un momento in cui non era riuscito a tenere chiusa la sua stupida boccaccia.

-Non guardare giù- gli urlava Blaine subito dietro di lui, facendogli uscire un versetto sarcastico suo malgrado. Nessun pericolo tesoro, non ci penso nemmeno si trovò a rispondere mentalmente il ragazzo, mentre a destra e sinistra, man mano che saliva, il campo di football con le gradinate spariva, così come le tristi palazzine del McKinley. Tutto ad un tratto Kurt si ritrovò sospeso nell'azzurro del cielo. C'era azzurro sopra la sua testa, azzurro a destra e a sinistra. E nient'altro. Gli sembrava quasi di essere sospeso in una dimensione magica, quasi come se stesse volando per davvero. Chissà se è questo che provano gli uccelli? si domandò mentre l'eccitazione lentamente prendeva il posto della paura. Le sue mani erano gelate, così come il suo corpo. L'aria, già dopo pochi metri di altezza, si era fatta pungente e si era infilata facilmente attraverso il sottile tessuto della sua camicia ma a Kurt non diede fastidio. Aveva la piena percezione del suo corpo e così sospeso, freddo, con l'adrenalina che gli scorreva nelle vene si sentiva vivo come non mai. Vivo come forse solo quando Blaine lo baciava. Quando arrivò al piccolo affacciatoio, in cima al pilone, si ritrovò a pensare, paradossalmente, che ci avevano messo troppo poco ad arrivare lassù. Kurt avrebbe voluto salire ancora per chilometri. Si sporse appena sulla povera ringhiera di ferro lì di fronte, guardando il campo di football che sotto di lui, sembrava un fazzolettino da naso verde, e la scuola poco più in là simile a un modellino giocattolo. Quella era la prima volta in cinque giorni che si allontanava così tanto dal McKinley. Chi l'avrebbe mai detto che per riuscirci avrebbe dovuto dirigersi verso l'alto?

In quel momento due mani forti lo abbracciarono da dietro, appoggiandosi calde sul suo addome.

-Attento- sussurrò Blaine alle sue spalle - non fare lo spericolato.

L'altezza era vertiginosa. Da sotto quei pilastri non erano sembrati poi così imponenti, ma adesso che la prospettiva era completamente ribaltata Kurt si sentiva piccolo come un granello di polvere, e altrettanto libero. O quasi.

-Mi afferreresti se cadessi?- chiese a Blaine, appoggiandosi con la testa alla sua spalla. L'altro gli posò un bacio adorante sulla tempia, stringendo ancora di più la presa su di lui. Blaine era saldo, forte, sicuro e caldo e probabilmente Kurt non avrebbe mai più provato una sensazione più simile al paradiso di quella.

-Non ti farei mai cadere. Mai - sussurrò Blaine con fervore. -Adesso goditi il tuo giro in mongolfiera.

E così Kurt tornò a guardare il paesaggio tutto intorno, cercando di non pensare troppo all'istante in cui sarebbero dovuti ridiscendere. A quel punto avrebbe voluto rimanere davvero lì per sempre, a contemplare dall'alto la scuola, le case in lontananza, la Lima in cui non riusciva a tornare e chissà cos'altro dopo i suoi confini. Su in alto, sopra la città, un palloncino sfuggito dalla mano di qualche bambino rimaneva sospeso nel vuoto, bloccato a mezz'aria nel suo istante infinito. Quel particolare in qualche modo colpì Kurt.

-Non c'è un filo di vento- constatò. Anche l'aria lassù, sebbene molto fredda, era perfettamente immobile.

- Se davvero il tempo si è fermato, non è possibile che il vento soffi- rispose Blaine, tracciando pigre carezza sul suo torso. Quelle parole fecero suonare dentro la sua testa un piccolo segnale d'allarme. C'era qualcosa che gli sfuggiva, un particolare dissonante, qualcosa che strideva con tutto il resto, eppure più cercava di afferrarla, più la realizzazione di cosa fosse si allontanava. E quelle dannate mani che vagavano sul suo petto lo distraevano ancora di più, maledizione!

Kurt sbuffò esasperato.

-Cosa c'è?- domandò Blaine preso alla sprovvista.

-Torniamo di sotto, ormai dovrebbe essere ora di pranzo- rispose, sentendosi ad un tratto di cattivo umore.

***

-Si può sapere che ti prende?- chiese Blaine, che non riusciva a capire l'improvviso cambiamento di Kurt.

Il problema era che neppure Kurt sapeva cosa gli fosse preso. Semplicemente la vista di quel palloncino sospeso sopra la città, desideroso di liberarsi nell'infinito e invece bloccato così a mezz'aria, gli aveva rovinato la giornata. E in più c'era quel tarlo che lo divorava, quel qualcosa che era stato detto e che non quadrava per un qualche fumoso motivo, e non riusciva nemmeno a capire cosa fosse, figuriamoci il perchè.
Blaine lo stava guardando con la faccia da cucciolo senza capire perchè fosse diventato tutto ad un tratto così scorbutico, e pensare che lui aveva passato la giornata a cercare di esaudire la sua lista delle "cento cose da fare prima di morire"!

-Forse- sospirò Kurt - ho solo bisogno di fare due passi e di raccogliere un po' le idee.

-Va bene, dove vuoi che andiamo?

-No, intendo dire... due passi ... da solo.
Adesso Blaine sembrava davvero preoccupato: -Sei arrabbiato con me? Ho fatto qualcosa che ti ha infastidito?

-No- si affrettò a rassicurarlo. -Davvero, no. E' solo che ho bisogno di stare un po' per conto mio, tutto qui - e così dicendo face per alzarsi.

Blaine si accigliò per un istante ma poi il suo sguardo si rilassò.

-Certo- rispose, ritornando al suo solito umore gioviale- io intanto preparerò qualcosa di buono.

Kurt annuì distrattamente ed uscì per i corridoi.

Non sapeva veramente dove andare, aveva solo bisogno di camminare un po' a zonzo per scacciare quel disagio, quella sensazione così simile a quella che provava ogni volta che leggeva un libro giallo ed arrivava ad un punto in cui era sicuro di aver letto un passaggio decisivo per scoprire chi era l'assassino, eppure più rileggeva le pagine sospette meno indizi riusciva a tirarne fuori e piano piano il sapore del trionfo si faceva sempre più scialbo e la soluzione sempre più lontana, lasciando solo un vago senso di frustrazione.

Senza neanche rendersene conto, nel suo vagabondare, Kurt si ritrovò a passare di fronte alla saletta radioamatori.
Il fruscìo delle radio che Blaine aveva lasciato accese lo distrasse e, senza un motivo ben preciso, entrò a dare un'occhiata. Le ricetrasmittenti erano tutte accese, nella flebile speranza di captare un qualche segnale dall'esterno, mentre su un tavolino ad angolo giaceva una radiolina un po' più piccola delle altre, ma dall'aria più moderna, che lanciava costantemente nell'etere un messaggio Morse. Tre bip brevi, tre bip lunghi, tre bip brevi. SOS. Blaine aveva fatto bene il suo lavoro, forse più per fare contento Kurt che perchè ci credesse sul serio, in ogni caso la radiolina era infaticabile e da più di ventiquattrore stava lanciando al mondo la sua richiesta d'aiuto. Ma Kurt non potè fare a meno di chiedersi con una punta di disperazione se c'era rimasto qualcuno lì fuori a poterla ascoltare.

-Ti sbagliavi- disse una voce alle sue spalle, spaventandolo a morte.

Era Trevor.

Lo stava guardando con uno sguardo allucinato e per la prima volta da quando lo aveva incontrato a Kurt non sembrò poi così diverso dagli infanti terrorizzanti dei film dell'orrore, al contrario di quello che aveva assicurato a Blaine il primo giorno.

-Trevor, devi smetterla di comparire dal nulla e farmi spaventare in questo modo- sbottò Kurt, con una mezza nota di panico nella voce.

Trevor aveva il viso pallido, sconvolto, ma quello che più lasciò Kurt esterrefatto furono i suoi occhi. Erano sempre stati occhi tristi, ma in quel momento sembravano disperati e terrorizzati.

-L'ho fatto, ho fatto come hai detto tu, ed è stato un disastro- gridò il piccolo puntando un dito arrabbiato contro di lui.

-Ma di che cosa stai parlando? Io non capisco...

-Ieri sera è successa una cosa- la voce del bambino era incrinata - e i miei genitori mi hanno messo alle strette. Io non sapevo cosa rispondergli e allora ho fatto come mi avevi detto tu. Gli ho detto la verità. Tu avevi detto che mi avrebbero capito, che mi avrebbero voluto bene comunque! Ma non era vero, non era vero per niente!

Trevor stava quasi gridando adesso e Kurt si sentì sprofondare. Era evidente che, qualsiasi cosa Trevor e i suoi genitori si fossero detti, dovunque questa conversazione fosse avvenuta, le cose non erano andate bene. Anzi, erano andate tutto fuorchè bene.

-Mi...mi dispiace ... - sussurrò Kurt - ... ma non posso aiutarti se non mi spieghi ...

-Non c'è niente da spiegare- urlò Trevor fuori di sé, afferrando un martello dal tavolo degli attrezzi e scagliandolo contro uno dei monitor. Il vetro dello schermo andò in mille pezzi con un rumore assordante. -Cosa vuoi che ti spieghi? E' finita! E' finita!

Trevor continuava a gridare, scagliando oggetti dappertutto. -Non ce la faccio più! Non cè speranza, non ce la faccio più!

-Trevor, ti prego...- sussurrava Kurt con le lacrime agli occhi, incapace di dire altro che potesse avere senso, mentre il ragazzino continuava a gridare frasi incoerenti. Poi un cacciavite lanciato con particolare rabbia andò a conficcarsi contro una delle antenne rotte sprigionando una scintilla che si trasformò all'istante in una scarica elettrica che si dipanò per tutta l'aula e all'improvviso ogni singola radio della stanza cominciò a gracchiare all'unisono, con voce metallica, la stessa identica frase: - Redemption Lake Camp! Redemption Lake Camp! Redemption Lake Camp!

A quelle parole Trevor, se possibile, sbiancò ancora di più, si portò le mani alle tempie e gridò, con tutto il fiato che aveva in gola: -NOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!

Ogni singola radio, ogni singolo transistor, ogni monitor si spense all'istante, senza ulteriori segni di vita, lasciando un Kurt esterrefatto ed un Trevor ansante nel silenzio più totale.

Kurt si accasciò sulle ginocchia, sconvolto ed incapace di capire il senso di quanto era accaduto. Trevor invece ributtò indietro la testa, fissando per un attimo il soffitto prima di piantargli in faccia uno sguardo agghiacciante. Sì, agghiacciante perchè a quel punto i suoi occhi, prima così vibranti e vitali, erano completamente spenti. Il bellissimo color turchese si era trasformato in qualcosa di simile ad una pozzanghera sporca e non c'era più nessuna luce ad illuminarli. Kurt ne fu terrorizzato.
Trevor si avvicinò lentamente a lui, poi gli posò un dito contro il petto.

-Fra dieci giorni questo mondo morirà- annunciò con voce incolore - ed io e te moriremo insieme a lui. Non preoccuparti, non sentiremo nessun dolore. Sarà semplicemente come se tutto quanto non fosse mai esistito. Sarà come se io e te non fossimo mai esistiti. Non ci sarà più nessuna sofferenza. Mai più, te lo prometto.

Poi Trevor appoggiò con dolcezza le labbra sulla fronte di Kurt, si voltò e tracciò una linea nell'aria con la punta del dito.

La mente di Kurt registrò vagamente il rumore di passi che correvano sempre più vicini ma non riuscì a focalizzare quel pensiero perchè era troppo esterrefatto da quello che stava capitando di fronte a lui: l'aria dove Trevor aveva tracciato quella specie di strappo si era come aperta, rivelando un varco dal quale si sprigionava una potentissima luce azzurra che pervadeva tutta la stanza e lo lasciava abbagliato. Trevor si tuffò dentro l'apertura che si richiuse subito alle sue spalle inghiottendolo ma prima, da quello strano spiraglio, si sprigionò un'esplosione di lampi luminosissimi che si avvilupparono intorno ad ogni oggetto della stanza facendolo volare per aria come se fosse fatto di carta velina.

Trevor e il varco di luce azzurra si erano dissolti, ma la saletta radioamatori fu invasa da fulmini di elettricità bluastra che fecero volare macchinari, antenne e cavi elettrici per aria come se ci si fosse scatenato un tornado dentro. Kurt terrorizzato si accovacciò per terra cercando di ripararsi la testa con le mani. Cavolo, era una chiave inglese quella che gli aveva appena sfiorato la tempia? Quasi non si accorse di qualcuno che lo afferrava per le spalle trascinandolo verso la porta, lo stesso qualcuno che si era appena frapposto tra il suo corpo ed una sedia volante, prendendosi sulla schiena un colpo terribile che altrimenti sarebbe stato destinato a lui.

-Blaine!-riuscì ad urlare, terrorizzato dallo sguardo sofferente chi vide stampato in faccia all'altro.

-Usciamo di qui- gli urlò il ragazzo in risposta, tirandolo giù prima che una matassa di cavi elettrici gli si avvolgesse intorno al collo.

Le saette di luce azzurra colpivano ogni oggetto e ogni superficie della saletta, e un paio di volte colpirono anche la schiena di Kurt, come scudisciate crudeli e dolorose. Ma alla fine, con uno sguardo di determinazione feroce, Blane riuscì a trascinarli fuori.

****

Cosa diavolo stava succedendo?

Blaine era fuori di sé dalla rabbia e dalla paura.

Fino a pochi istanti prima se ne era stato in cucina, felice come una Pasqua, a cucinare uno dei suoi piatti preferiti (lasagne) incensandosi da solo per essere un così bravo innamorato (non si reputava niente di meno) che lasciava al suo ragazzo i propri spazi e le proprie autonomie. Kurt gli aveva detto che voleva stare un po' da solo? Va bene tesoro, vai, io resto qui senza fare l'invadente. Era stato bravissimo, aveva resistito alla tentazione di chiedergli altre trenta volte cosa ci fosse che lo turbava, da persona matura che sa rispettare le esigenze dell'altro.

Poi però aveva sentito delle urla in lontananza e il suo corpo aveva risposto senza che la sua mente se ne rendesse conto. Si era ritrovato a correre alla cieca per i corridoi, senza capire da che parte provenissero le urla. Quando finalmente era riuscito ad arrivare alla saletta radioamatori la vista che lo aveva accolto lo aveva lasciato terrorizzato: Kurt, acciambellato per terra e circondato da una tempesta di luce azzurra! Una cazzo di tempesta di luce azzurra in saletta radioamatori, con oggetti letali che volavano dappertutto e lampi e scariche elettriche che schizzavano da ogni parte. Ancora una volta la sua testa non aveva pensato, semplicemente il suo corpo si era buttato dentro l'occhio del ciclone con un unico obiettivo: tirare fuori Kurt da quell'inferno.

Ed ora eccoli lì, abbracciati contro il muro del corridoio, sani e salvi mentre dentro la stanza la tempesta andava lentamente spegnendosi. Beh, sani e salvi fatta eccezione per la schiena di Blaine, che si era beccata quella sedia al posto di Kurt e adesso stava gridando di indignazione.

Kurt invece piangeva sommessamente, il corpo scosso da piccoli singulti, il pugno premuto contro la bocca.

-Blaine, oddio Blaine, avresti potuto morire.

-Te l'ho detto anche prima, su quel traliccio, ricordi? - rispose Blaine sorridendo e massaggiandosi le spalle doloranti.- Non ti permetterei mai cadere.

Kurt lo abbracciò per tutta risposta, forte, quasi come se volesse fondere i loro corpi, e anche se in quel momento a Blaine faceva male ogni singolo muscolo , si abbandonò a quella stretta con delizia prima di ritornare alla realtà. Dietro di loro si sentivano ancora i crepitii delle scariche elettriche.

-Kurt, cosa diavolo è successo là dentro?

E mentre Kurt gli raccontava tutto, Blaine sentì il terrore impossessarsi di lui.

-Ripetimi con esattezza le parole di Trevor -ordinò, con un sussurro che, anche se flebile, riuscì lo stesso a sembrare autoritario.

-Ha detto che tra dieci giorni questo mondo morirà- rispose Kurt pallidissimo. -E noi con lui.

A Blaine sembrò di soffocare.
Normalmente non avrebbe mai creduto ad una simile minaccia, fino a qualche tempo prima se ne sarebbe perfino fatto beffe. Ma adesso invece, adesso ne era terrorizzato. A pochi metri di distanza da lui c'era una stanza in preda ad una tempesta di luce azzurra che non era stata provocata da lui. A dirla tutta, Blaine non era sicuro che anche se avesse voluto, sarebbe mai stato in grado di sprigionarne così tanta. Diamine, erano passati quasi dieci minuti e le scariche non accennavano a smettere, anche se avevano in qualche modo perso di intensità. Se quel Trevor aveva il potere di fare tanto, le sue parole non potevano essere sottovalutate.

Blaine guardò Kurt, il suo bellissimo, meraviglioso angelo che lo fissava spaurito e spaventato. Se le parole di Trevor fossero state vere Kurt sarebbe morto di lì a dieci giorni.
No.
Mai.
Non lo avrebbe permesso mai.
Costasse quel che costasse, Kurt non avrebbe corso quel rischio.

La sua mente valutò in fretta tutte le alternative che avevano, e si rese conto che in realtà ce n'erano solo due: rimanere lì ad aspettare sperando che si trattasse solo della vuota minaccia di un bambino isterico oppure andarsene e chiedere aiuto all'unica persona che avrebbe potuto dargli un parere autorevole.

Blaine accarezzò la guancia bagnata di lacrime di Kurt. Non avrebbe mai permesso che Kurt fosse in pericolo e visto che il rischio sembrava più che concreto questo poteva solo voler dire che dovevano andarsene, e subito.

Ora l'unico problema era portare via di lì il suo ragazzo senza perderne la fiducia.

-Che facciamo Blaine?- gli chiese Kurt, riportandolo al presente. -Cosa avrà voluto dire Trevor con quelle parole?

-Non lo so- sospirò prendendo tempo. Poi continuò, cercando di sembrare convincente. -Però mentre ci trovavamo dentro quella tempesta io...ecco... io ho avuto un deja-vù.

Kurt inarcò un sopracciglio e Blaine non fu in grado di dire se fosse meravigliato o scettico.

-Un deja-vù?

Scettico. Dal tono della voce era decisamente scettico.

-Sì...sì...io ho avuto un deja-vu- ripetè Blaine, con più decisione. Afferrò le mani di Kurt, stringendole forte e pregando di avere la prontezza di mettere su una storia credibile. -Io mi sono ricordato di aver già visto in passato una luce uguale a quella lì.

-Davvero?

In fondo non stava mentendo, si disse. Stava solo raccontando una parziale verità.

-Sì, l'ho già vista e sono sicuro che se andiamo nel luogo dove l'ho vista, potremmo trovare le risposte che ci servono.

-Quale sarebbe questo posto?

Ora la curiosità aveva preso il sopravvento sullo scetticismo.

Blaine trasse un profondo respiro e si fece forza prima di rispondere.

- La Dalton Academy.



***

Note di Oldlady:

Che dite, vi va di andare alla Dalton? Ma sì, dai, io direi che è ora di lasciare il McKinley e di farci un bel giretto.

Nei prossimi due episodi faremo la conoscenza di un personaggio molto particolare ed importante e grazie a questa persona scopriremo delle cose decisive sulla natura della luce azzurra.

Saranno due capitoli piuttosto decisivi perchè finalmente i lettori capiranno. Beh, non dico che capiranno i misteri che avvolgono le vite dei nostri personaggi, quelli spero di lasciarmeli per più avanti, ma almeno capiranno un po' qual'è il genere di immaginario su cui si muove questa storia. E spero che la cosa vi piaccia abbastanza da rimanere e seguirmi.

Grazie per tutti gli incoraggiamenti, sono un balsamo, veramente! Ci vediamo tra una settimana. Se tutto va bene aggiornerò intorno a martedì o mercoledì prossimo.





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Capitolo 8
*** Piccole verità ***


Dal capitolo precedente:

In fondo non stava mentendo, si disse. Stava solo raccontando una parziale verità.

-Sì, l'ho già vista e sono sicuro che se andiamo nel luogo dove l'ho vista, potremmo trovare le risposte che ci servono.

-Quale sarebbe questo posto?

Ora la curiosità aveva preso il sopravvento sullo scetticismo.

Blaine trasse un profondo respiro e si fece forza prima di rispondere.

- La Dalton Academy.



8 Piccole verità



-Io non capisco cosa hai in mente! Abbiamo già provato ad uscire passando da questa parte almeno un milione di volte- sbuffò Kurt, seguendo Blaine che avanzava a grandi falcate lungo il parcheggio della scuola.

Come sempre, l'ingresso a ridosso della strada principale era bloccato dal muro invisibile che non permetteva loro di uscire dal perimetro della scuola. Blaine si avvicinò al punto dove - ormai l'avevano imparato bene- c'era la barriera e ci appoggiò i pugni sopra, come per tastarlo.

-Non riuscirai a buttarlo giù a mani nude- mugugnò Kurt.-Ci ho già provato io, credimi, non ho ottenuto niente, solo farmi un male cane alle mani.

Blaine non rispose, dibattendosi ancora una volta in quello sguardo come di una volpe presa in trappola. Lo stesso sguardo che non lo aveva abbandonato da quando, poco prima, aveva ammesso tra i denti di essersi ricordato della propria scuola, la Dalton Academy a cui dovevano assolutamente tornare. Kurt si sarebbe giocato tutto il suo guardaroba che Blaine non gliela stava raccontando giusta. Era un pessimo bugiardo, ce l'aveva scritto in faccia che stava nascondendo qualcosa. E poi cos'era tutta quell'urgenza di andarsene di lì, quando fino a quel momento non aveva fatto altro che bearsi tra le aule pietrificate del McKinley come un bambino in vacanza in un parco dei divertimenti?

-Blaine, dobbiamo parlar...

-Non abbiamo provato con abbastanza convinzione, Kurt- lo interruppe l'altro.- Sfonderemo il muro invisibile usando il tuo Navigator.

-Cosaaa? -fece Kurt con voce stridula. Il Navigator? Oddio, Blaine doveva aver battuto la testa prima, dentro l'aula radioamatori. -Tu devi essere impazzito!

-No, semplicemente ho capito che la barriera è troppo forte per essere abbattuta a mani nude, ma sono sicuro che una macchina a tutta velocità può riuscire a sfondarla.

Se in quel momento gli fossero spuntati dei capelli blu in testa, accompagnati da tente margheritine in fiore, lo sguardo di Kurt non sarebbe stato più allucinato di così.

-Ti rendi conto che la macchina potrebbe schiantarsi trasformandoci in due frittelle umane, vero?

Blaine sorrise intenerito, poggiandogli la mano sulla guancia. -La guiderò io, tu mi aspetterai qui e salirai solo se riuscirò nell'impresa - rispose con un tono che intendeva essere confortante ma che finì col terrorizzare Kurt ancora di più.

- E se ti schianti, cosa faccio? Rimarrei qui, da solo, col tuo cadavere? Non ci penso nemmeno!

-Kurt, dammi le chiavi della tua macchina ed aspettami qui- tagliò corto Blaine con un alzatina di spalle annoiata. Evidentemente le sue preoccupazioni non lo scalfivano.

Kurt obbedì, senza sapere bene perchè, e gli lanciò le chiavi rimanendosene poi lì fermo ad aspettarlo in compagnia delle scene catastrofiche che gli ballavano di fronte agli occhi.

Ricordava ancora quel momento grottesco quando aveva preso la patente e quelli della scuola guida gli avevano dato, insieme al suo documento nuovo di zecca, un volantino pieno di immagini truculente sulle vittime degli incidenti stradali. Per una campagna sulla guida sicura, avevano detto. Kurt aveva passato la settimana successiva a vomitare e adesso quelle immagini gli tornavano davanti nitide e chiare, solo che la sua immaginazione malevola stava sostituendo la faccia di Blaine a quella degli sconosciuti che (malvolentieri) ricordava. Era talmente preso in quello sgradito ricordo da non accorgersi che l'oggetto della sua preoccupazione intanto era arrivato al Navigator, nell'angolo opposto del parcheggio studenti, un po' scostato dall blocco principale.

Blaine intanto si era girato per controllare e una volta accertatosi che Kurt non lo stava guardando, si era inginocchiato di fronte al paraurti anteriore dell'auto. Il ragazzo chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro, afferrando la sbarra di ferro con entrambe le mani. Subito dai suoi palmi si sprigionò un ormai familiare calore e un forte riverbero di luce si riversò sul paraurti e poi su tutto il cofano del Navigator. Un paio di minuti potevano bastare, si disse dopo un po' lasciando la presa e salendo sul lato del guidatore.

Kurt era ancora fermo di fronte all'entrata, con lo sguardo perso nel vuoto.

-Scansati- gli urlò Blaine, facendogli segno di spostarsi ma lui, con un balzo felino, salì sul lato passeggero.

-Che fai, Kurt? Scendi, potrebbe essere pericoloso.

-Ah! Allora lo ammetti! E' proprio per questo che salgo anch'io - rispose Kurt, con le guance in fiamme. -Non ho intenzione di farti fare questa cosa pazza da solo. Primo: che faccio se una volta che tu sei dall'altra parte io non riuscissi a seguirti? Saremmo separati dal muro invisibile e sinceramente credo che andrei davvero nel panico. E secondo: se ti schianti e distruggi la macchina mio padre mi ammazza. Tanto vale che dentro ci sia anche io.

Blaine scoppiò a ridere. Era sicuro che l'automobile sarebbe riuscita a sfondare la barriera: aveva riversato su quel paraurti talmente tanta luce azzurra che adesso gli girava la testa. Eppure non gli faceva piacere sapere che, nel remoto caso che qualcosa fosse andato storto, Kurt era chiuso lì dentro con lui. Lo preferiva nel parcheggio, al sicuro.

-Kurt, senti...

-Questa cosa la facciamo insieme - tagliò corto l'altro senza esitazioni, con uno sguardo limpido e tagliente che sembrava entrargli fin nelle ossa facendolo ammutolire.

-Va bene- esalò Blaine prima di afferrargli il viso e baciarlo come se per tutta la vita non avesse desiderato altro che affogare su quelle labbra. Poi lasciò la presa e mentre Kurt aveva ancora gli occhi chiusi e l'espressione rapita , con un gesto veloce e preciso, premette l'acceleratore e spinse il veicolo a tutta velocità contro l'ingresso del parcheggio, ovvero contro quella barrira invisibile che da cinque giorni li teneva prigionieri. Appena l'auto vi urtò contro ci fu un rumore sordo ed una specie di contraccolpo che fece sbattere le loro teste sullo schienale del sedile, ma subito dopo l'auto, con un impossibile rimbalzo in avanti penetrò l'ostacolo come un coltello caldo con un panetto di burro.

Il tutto accompagnato da uno sfrigolio di scintille blu, azzurre e celesti simili a quelle di una fiamma ossidrica sopra un ferro rovente.

-Che diamine...- esclamò Kurt vedendole, massaggiandosi la testa dolorante.

Ma non aveva finito di formulare la frase che ormai erano fuori, con il McKinley che si faceva piccolo alle loro spalle e la strada che si srotolava davanti a loro come un tappeto di benvenuto alla vita. Blaine si lasciò sfuggire un urlo esaltato e premette sull'acceleratore, mandando il Navigator a tutta birra.

-Ci siamo riusciti, Kurt! Siamo fuori!- gridò eccitato. Sapeva che in teoria la cosa non avrebbe dovuto fargli piacere, sapeva che aveva fatto di tutto per rimanere dentro al liceo e oltretutto per degli ottimi motivi. Ma comunque, averla spuntata, aver sconfitto quella prigionia grazie al suo potere era una sensazione troppo bella per non sentirsene un po' inebriati.

Spinse l'acceleratore a manetta, evitando con sterzate decise le automobili ferme in mezzo alla carreggiata perchè, ovviamente, il tempo era fermo anche lì fuori. Con un paio di abili manovre sterzò sulla traversa che gli interessava e in pochi minuti si lasciò Lima alle spalle, diretto verso la vicina autostrada. Fu quando imboccò lo svincolo che indicava "Direzione: Westerville" che si accorse dello strano silenzio accanto a sé.

Oh.
Kurt era arrabbiato.
No, forse arrabbiato non era la parola giusta, Kurt era livido.

-Kurt...

-Fermati- ordinò il ragazzo con un tono che Blaine non potè fare altro che assecondare.

Così adesso anche il Navigator era fermo, in mezzo alla Highway, tra un'autocisterna di benzina e una macchina della polizia.

-Cos'erano quelle scintille azzurre che sono schizzate dalla mia macchina quando abbiamo forzato la barriera?- chiese.

Blaine si morse il labbro. Negare, negare fino alla morte. -Non lo so.

-Stai mentendo. In questo momento hai scritto la parola "bugiardo" in faccia a caratteri giganti e ci sono tante lucine colorate tutte intorno che si accendono e si spengono- sussurrò Kurt con una faccia che non piacque per niente a Blaine. Non era semplicemente arrabbiato, no. Quello Blaine avrebbe potuto gestirlo anzi avrebbe preferito mille volte che Kurt lo guardasse con furia ma purtroppo quella che leggeva nei suoi occhi in quel momento era peggio, molto peggio. Era sospetto. Kurt non si fidava più di lui e questo era lo scenario peggiore che Blaine poteva figurarsi.

- Quella luce era uguale a quella della tempesta che Trevor ha scatenato in sala radioamatori. E sinceramente, non ho mai visto la mia macchina fare niente del genere finché non l'hai guidata tu- Kurt non lo stava accusando, almeno non ancora. Stava solo seguendo il filo di un ragionamento. -Hai detto che avevi già visto quella luce, Blaine. Quando l'hai vista?

-L'ho vista alla Dalton- ripetè Blaine con voce debolissima e occhi fissi sulle proprie mani che stringevano ancora il volante. Questo era uno dei suoi peggiori incubi: Kurt che scopriva tutto.

-Non ti ho chiesto dove, ti ho chiesto quando, in che occasione- bisbigliò Kurt.

-Io... non me lo ricordo- ormai Blaine, sotto quello sguardo freddo come il ghiaccio riusciva solo a ripetere la stessa frase con sempre meno convinzione. Perchè, Signore Santo, ma perchè non riusciva mai a inventare delle balle credibili?

-Io invece credo che tu te lo ricordi molto bene- insistette Kurt. -Sai cosa credo? Credo che non sia vero che tu abbia perso la memoria. Credo che tu abbia preso questa scusa al balzo quando ti sei accorto che i miei ricordi erano confusi e lo hai fatto perchè ci sono delle cose che non mi vuoi dire. E' così?- il tono con cui Kurt lo chiese, il freddo pungente dei suoi occhi ammutolirono definitivamente Blaine. Cosa poteva dire per salvarsi? Cosa doveva rivelare per far tornare la fiducia in quegli occhi senza far precipitare definitivamente la situazione?

Ma non si era reso conto che le cose potevano ancora peggiorare.Kurt, continuando a seguire chissà quali percorsi mentali ad un tratto spalancò gli occhi, come se una nuova rivelazione inaspettata lo stesse travolgendo proprio in quel momento.

-O mio Dio- sussurrò - noi non siamo estranei, vero? Tu mi conosci, ecco perchè mi hai trattato in maniera così ... affettuosa... fin dall'inizio. Tu sai chi sono! Mi conosci già! E probabilmente sai anche cosa sta succedendo tutt'intorno a noi!

Il silenzio di Blaine, il suo sguardo atterrito, il suo pallore erano solo conferme ulteriori delle conclusioni che si facevano strada in Kurt. Lui e Blaine avevano avuto a che fare l'uno con l'altro, in un qualche misterioso modo che Kurt non riusciva a ricordare, ma Blaine sì. Ma perché, perché Blaine non aveva voluto parlargliene? Ed ecco l'ultimo sospetto che seguiva logicamente tutta quella serie di realizzazioni: -Sei coinvolto in questa cosa perversa? L'hai bloccato tu il tempo?

A quella domanda la testa di Blaine si sollevò all'istante e i suoi occhi si spalancarono in un'espressione indignata -No! Questo no!- quasi gridò con voce scioccata e Kurt gli credette all'istante. Era troppo evidente il suo imbarazzo tutte le volte che stava mentendo per non essere sincero in quel momento di ferma negazione.

-Va bene- concesse Kurt. -Non sei stato tu a fermare il tempo. Ma per il resto? Che mi dici di tutto il resto?

Blaine aveva gli occhi pieni di lacrime. Non voleva che Kurt lo guardasse in quello stato, così debole e sconfitto, quindi scese dalla macchina facendo qualche passo verso il prato che costeggiava la carreggiata, tirando grandi respiri.

Maledizione, era andato tutto storto.
A dirla tutta il suo progetto era vacillato fin dall'inizio, fin da quando cioè Kurt si era risvegliato nel cortile della scuola. Già da lì le cose non erano andate come Blaine aveva sperato. All'inizio aveva voluto che Kurt pensasse che anche lui era del McKinley, ma all'altro erano bastate due occhiate veloci al suo abbigliamento per capire che proveniva da un'altra scuola. Si era poi augurato di trascorrere abbastanza tempo insieme per guadagnarsi il suo amore, ma la cieca ostinazione di Kurt per far ripartire il tempo - fosse solo per tornare in una vita miserabile fatta di insulti- l'aveva ostacolato in continuazione. E quando finalmente stava per arrivare a quell'intimità e quella tenerezza a cui anelava da sempre, all'improvviso era comparso dal nulla questo Trevor. Da lì in poi ogni flebile piano di Blaine era precipitato in un burrone. E adesso lui e Kurt stavano andando insieme nell'ultimo posto sulla faccia del pianeta dove Blaine avrebbe voluto trovarsi. La Dalton, maledizione! Che si aprisse una voragine e la inghiottisse nelle viscere della terra, quel luogo maledetto! Ma soprattutto Kurt non si fidava più di lui.

Blaine respirò a fondo, cercando di riordinare i pensieri.

Priorità, doveva mettere in fila le priorità.
La cosa più importante era la minaccia di Trevor: entro dieci giorni Kurt rischiava di morire e se tornare alla Dalton era l'unico modo per evitarlo, ebbene lui sarebbe tornato alla Dalton.

E Kurt...
Kurt lo stava ancora osservando seduto in macchina, con un'espressione indecifrabile. Cosa poteva provare in quel momento? Sicuramente era deluso, però allo stesso tempo doveva ancora sperare che ci fosse una spiegazione. Non era possibile che fosse tutto perduto, non di già. In fondo Blaine era tutto quello che gli rimaneva all'interno quella situazione disperata, non poteva voler almeno ascoltare le sue ragioni. Il solo fatto che stesse seduto lì ad aspettarlo pazientemente, che non se la fosse data a gambe levate urlando indignato, dimostrava che in qualche modo Kurt voleva ancora ascoltare la sua campana, giusto? Ma se c'era una cosa di cui Blaine non dubitava era questa: se adesso avesse mentito di nuovo, allora sì che lo avrebbe perso per sempre.

Fu quella certezza a fargli prendere una decisione: si sarebbe giocato il tutto per tutto e gli avrebbe parlato con onestà.
Non poteva rivelargli la verità, quello no. Ma poteva essere onesto.

Sì, sarebbe stato onesto.Perchè glielo doveva e soprattutto perché lo amava sopra ogni cosa.

-Sì, ti ho mentito- ammise risalendo in macchina.-Non ho mai perso la memoria.

Kurt spalancò gli occhi. Probabilmente si aspettava altre bugie.

-Ma perché...

-Fammi finire Kurt, perché non so se troverò di nuovo il coraggio di dirti queste cose. La verità è che mi ricordo ogni singolo istante della mia vita e l'ho sempre ricordata, fin dall'inizio. Hai ragione: l'amnesia è stata una scusa per evitare di parlartene, perchè... ecco... tu devi capire che ci sono delle cose di cui... ecco... diciamo che... è meglio se le tengo per me. Perchè è un casino grande come una casa che non so neanche io come gestire, perchè non so neanche dove cominciare a spiegartelo ma soprattutto perchè se te lo dicessi ci sarebbero delle conseguenze. Conseguenze che non sarei in grado di affrontare. Perciò tu devi accettare che ... semplicemente devi accettare che ci sono delle cose di me che non posso raccontarti. Non posso maledizione!- qui la voce di Blaine si ruppe in un singhiozzo, ma si riprese quasi subito. - Da adesso in poi prometto, no te lo giuro!, che non ti imbroglierò più, mai più. Devi credermi, ti prego. Però non posso prometterti che risponderò a tutte le tue domande.

-E io dovrei accettare questa tua spiegazione così, con cieca fiducia?- chiese Kurt, sollevando un sopracciglio.

-In questo momento- fece Blaine, con la voce ancora rotta - la cosa più importante è che dobbiamo scoprire quanto la minaccia di Travor sia fondata. E' davvero un grosso pericolo, non possiamo metterlo in secondo piano. C'è davvero la possibilità che tra dieci giorni il mondo dove ci troviamo scompaia. La luce azzurra non va assolutamente sottovalutata, credimi.

Blaine prese le mani di Kurt e le strinse con fervore, cercando di far passare attraverso quel contatto tutta l'intensità che sentiva: -L'unica verità che adesso deve davvero interessarti è che in questa cosa io sono al tuo fianco. Anzi no Kurt, io sono al tuo fianco su tutto, sempre, non solo in questo frangente. Anche se non posso raccontarti tutto, io sono e sarò sempre tuo amico e tuo alleato, credimi. Io... io ti amo!

Kurt rimase per un attimo senza fiato. Blaine lo guardava come si guarda un chirurgo che sta per rivelarci se la persona che amiamo è appena morta sotto i ferri o se è riuscita a superare l'operazione. Cosa doveva rispondergli? Ma soprattutto, poteva credere a quella dichiarazione d'amore, adesso che sapeva che il ragazzo gli aveva mentito per tutto il tempo?

Kurt sospiròchiudendo gli occhi e appoggiò la testa allo schienale.
Che scelta aveva?
Avrebbe potuto mettersi ad urlare contro Blaine, intimandogli di vuotare il sacco e dirgli tutto quello che sapeva. Ma cosa avrebbe ottenuto così? Blaine sembrava distrutto e aveva detto che non poteva dirgli la verità perchè ci sarebbero state delle conseguenze. Stavolta sembrava sincero. Forse c'erano devvero dei motivi seri se non poteva raccontargli tutto quello che sapeva. E in fondo, nel momento in cui era comparso un potenziale pericolo sopra le loro teste, si era adoperato per fuggire in un posto sicuro e parlare con qualcuno che poteva aiutarli, anche se -non ci voleva molto a capirlo- non era per niente entusiasta di lasciare la loro bolla incantata dentro al McKinley.

Kurt si mise distrattamente le mani in tasca e si accorse che c'era qualcosa dentro. Aggrottò le sopracciglia tirandone fuori i miseri resti di un origami fatto con la carta gialla. Un fiore ormai tutto spiegazzato, più simile ad una papera che ad un bocciolo.

-Ma se io sono Dorothy e questa cucina è la città di Smeraldo, tu allora saresti il Mago di Oz?

-Mai!Quello è un imbroglione codardo, io invece voglio essere un personaggio tostissimo.
-Allora fai lo spaventapasseri. Io ho sempre avuto un debole per lo spaventapasseri.

-Davvero? Ti facevo di più un fan dell’uomo di latta…

-Beh, devo concedergli che ha  il look migliore di tutti, però lo spaventapasseri, non so perché, mi è sempre piaciuto di più. Dai, se io sono Dorothy, allora tu sei lo spaventapasseri!

-Nah, lo spaventapasseri non ha cervello e io, non per vantarmi, sono un genio.

-Un genio modestissimo, che legge il famoso trattato enciclopedico Origami for dummies. Sai che ti dico? Se non vuoi fare lo spaventapasseri, allora farai Toto.

-Io farò il leone. Tra tutti, è in assoluto il più fico.

-Ma non ha senso. Hai detto che non volevi fare il mago perché è un codardo, e adesso scegli il leone che è proprio quello senza coraggio?

-Ma riesce a trovarlo, per salvare Dorothy.

A ripensarci adesso quello era stato il momento in cui Kurt aveva cominciato ad innamorarsi di Blaine. Sì, Kurt era innamorato di quel meraviglioso ragazzo che stava seduto lì accanto aspettando un suo responso. Il ragazzo che costruiva per lui patetici origami, che cucinava e cantava per lui, che scriveva frasi ridicole sulla schiena dei giocatori di football e che lo teneva stretto, in cima ad un pilone della luce, sussurrandogli che non lo avrebbe mai fatto cadere. Il ragazzo che gli aveva appena confessato di amarlo a sua volta.

Alla luce di quella rivelazione, che scelta aveva Kurt se non quella di fidarsi? Guardò di nuovo Blaine negli occhi, quei meravigliosi occhi d'ambra che lo facevano sempre arrendere all'irrazionale.

-Mai più bugie?- chiese.

-Mai più.

-Mi dirai tutto quello che potrai?

-Sì.

-Metti in moto.



***

Ripartirono, in un silenzio strano, diretti verso Westerville.

Kurt sembrò pensarci un po' prima di chiedere:

- Chi sei, Blaine?

L'altro lo guardò di nuovo sconfortato.

-Sono il ragazzo che ti ama, Kurt. Non stavo scherzando prima, te lo devi ricordare sempre, qualsiasi cosa accada da qui in avanti.

Kurt arrossì imbarazzato e roteò gli occhi con fare un po' comico. -No, volevo dire: chi sei? Dove sei nato? Cosa fa la tua famiglia? Adesso che non devi più fare finta di essere smemorato puoi almeno raccontarmi qualcosa di te, nei limiti del possibile.

-Oh! Certo- mormorò Blaine, arrossendo a sua volta.
Così si lanciò nella storia della sua vita, prima un po' incerto, poi incoraggiato dall'attenzione di Kurt e dalle sue domande discrete ma attente. Raccontò di come amasse la musica e suonasse il pianoforte. Della sua passione per la boxe e per i musical anni '50. Gli parlò della sua famiglia benestante e di suo fratello maggiore che non vedeva quasi mai e di come in casa, dopo il suo coming out, gli fosse stata fatta terra bruciata tutta intorno. E di come i suoi genitori furono quasi sollevati nel mandarlo a studiare alla Dalton, lontano da casa, con la scusa di evitargli il bullismo alla sua vecchia scuola.

-All'inizio mi sono rifiutato- spiegò Blaine, perso nei ricordi. -Mi sembrava di arrendermi alle loro prepotenze e non volevo dargliela vinta.

La mente di Kurt volò rapida a Karofsky che lo afferrava per il bavero ordinandogli di non sedere mai più sulla gradinata della scuola.

-E poi? Perchè hai cambiato idea?

-Non ho cambiato idea. Semplicemente ero stato picchiato quasi a morte, insieme ad un mio amico, poco dopo la fine del ballo scolastico del mio vecchio liceo. Mio padre non ha voluto sentire ragioni e mi ha spedito lì, con la scusa di mettermi al sicuro. Una bella scusa che gli ha fornito l'alibi per liberarsi di me.

-E non è così? Voglio dire, non sei al sicuro là dentro?

-Sicuro come un usignolo chiuso dentro una gabbietta -rispose Blaine con una voce amara che Kurt non gli aveva mai sentito prima. -Una bellissima gabbietta dorata. Sperando che non arrivino gatti con le unghie troppo lunghe - aggiunse poi con una risatina che voleva dire chissà cosa.
Era evidente che, per qualche motivo, Blaine non era stato felice alla Dalton. E forse questo era in qualche modo connesso col motivo per cui si era ritrovato ad avere a che fare col McKinley. Valeva la pena indagare, si disse Kurt, con la cupidigia di un assetato in cerca di acqua nel deserto. Anelava informazioni con la stessa brama.

-Quindi non eri felice alla Dalton?

Dopo qualche attimo di silenzio denso, Blaine rispose quietamente: -Non direi.

-E questo c'entra col motivo per cui, cinque giorni fa, ti sei risvegliato insieme a me dentro al McKinley?

Blaine scoppiò a ridere, una risata che non raggiungeva lo sguardo. -Assolutamente sì.

- Come ci siamo conosciuti io e te, in realtà?

Silenzio.

-Quella non era la prima volta che ci incontravamo, vero? E quando le nostre mani si sono sfiorate, quel giorno, c'è stata una scintilla di luce azzurra tra i nostri palmi. Che cosa significava?

Ancora silenzio.
Kurt sospirò. Era entrato nel campo minato e, se non voleva ricominciare a discutere, doveva rassegnarsi a cambiare discorso. Sperò che la prossima domanda fosse meno problematica, ma non ci contava troppo.

-E almeno della luce azzurra, puoi dirmi qualcosa?

Paradossalmente, quella domanda sembrò innervosire Blaine molto meno rispetto a quella su come si erano conosciuti. Questa era bella: una domanda così semplice -come ci siamo conosciuti- lo faceva chiudere a riccio, mentre la richiesta di spiegazioni su un fenomeno arcano e misterioso pareva divertirlo.

-L'ho vista la prima volta qualche mese fa, nei sotterranei della Dalton.

-Eh, addirittura i sotterranei? Cos'è, un castello?

Blaine ridacchiò: -E' una specie di Hogwarts gay- sussurrò con fare cospiratorio.

-Dici sul serio? Ci sono tanti gay alla Dalton?

-Davvero Kurt, ti interessa di più sapere quanti studenti gay ci sono in una scuola privata maschile piuttosto che indagare su un fenomeno paranormale che si è appena rivelato davanti ai tuoi occhi?

Kurt si portò due dita sotto il mento, fingendo di riflettere con estrema attenzione: -Non so, è una scelta così difficile...

Blaine scoppiò a ridere. -Ecco, siamo arrivati- annunciò subito dopo indicando sopra una collina lì di fronte quella che non poteva essere definita in nessun altro modo se non una magione.

Che mi venga un colpo se non sembra davvero un castello!!!



***

I due ragazzi proseguivano tenendosi per mano lungo un corridoio che pareva infinito. Blaine camminava con sicurezza, tirandosi dietro un Kurt che guardava trasognato i preziosi stucchi degli alti soffitti e i quadri di buon gusto alle pareti. C'era qualche ragazzo in divisa, qua e là per la scuola, tutti ovviamente congelati nelle loro azioni nello stesso identico modo degli studenti del McKinley.

Kurt cercava di non guardarli perchè, anche se se l'era aspettato, una piccola parte in fondo al suo cuore sperava che almeno lì l'incantesimo non fosse in atto. Forse che tutto il mondo era nelle stesse condizioni? Al pensiero Kurt sentì qualcosa di molto simile alla disperazione farsi largo nel suo petto.

Blaine fece strada verso una grande sala tutta decorata con pannelli di legno pregiati e divani di velluto sontuosi.

-Non scherzavi, quando parlavi di gabbia dorata- sospirò Kurt notando delle statuine di marmo bianchissimo appoggiate sulla mensola del camino.

Blaine si avvicinò alla grande libreria di mogano all'angolo della sala.

-Guarda - disse, premendo con una mano il fiore intagliato a lato dello scaffale centrale. -Se spingi questo fiore e contemporaneamente sfili il terzo libro in alto partendo da destra...- e illustrò le sue azioni con i gesti che furono accolti da un impercettibile clic proveniente da dietro il muro. A quel puno Blaine fece pressione su un lato della libreria che si aprì come se girasse su dei cardini, rivelando un passaggio nascosto. C'erano degli stretti gradini che scendevano quasi all'infinito.
-E' accaduto quaggiù...- spiegò prima di essere interrotto da un grido stridulo.

-TU, ANDERSON! CON QUALE CORAGGIO TI RIPRESENTI QUA DENTRO?- urlò una voce acuta alle loro spalle.

Kurt si voltò giusto in tempo per vedere avanzare verso di loro, a passo di marcia, una donna. Non una semplice donna, ma la donna più bella che avesse mai visto. Altissima, con un corpo slanciato e sinuoso, lunghi capelli castani trattenuti in un morbido chignon, occhiali sofisticati che non riuscivano a nascondere due occhi verdi da gatta, gambe chilometriche. Indossava una gonna rossa, aderente, tacchi a spillo e una camicetta di seta bianca con i primi bottoncini slacciati in maniera strategica. Gli occhiali appuntiti fornivano solo un dettaglio in più, di classe ma non banale, ad un insieme che poteva essere descritto solo con una parola: strabiliante.

Ecco, se Kurt non fosse stato gay dalla punta dei capelli fino alla punta dei piedi, quella sarebbe stata il tipo di donna che avrebbe potuto fargli venire qualche dubbio. E quella donna non solo non era congelata, ma si stava dirigendo di gran carriera verso Blaine. Si fermò a pochi centimetri dal ragazzo, e i due rimasero per un attimo a fronteggiarsi come duellanti.

Oddio, non è che sta per baciarlo?si preoccupò Kurt, mentre una nota di panico si insinuava nei suoi pensieri.

-Ciao Isabelle- sospirò Blaine con il velo di un sorriso nella voce.

La donna sembrò ammiccare dolcemente, poi però senza nessun preavviso gli piantò in faccia il più sonoro schiaffone che si fosse mai visto.

-Tu, brutto stronzo che non sei altro! Come hai potuto abusare della mia fiducia in quel modo? Come hai potuto fare una cosa così stupida, coglione imbecille!

Beh, certo, tutto quell'alone di classe che la circondava risentiva leggermente del suo linguaggio, non proprio in linea con il suo aspetto nobile e sofisticato...

-Isabelle, cerca di capirmi... - provò a giustificarsi Blaine facendo qualche timido passo indietro.

- Blaine Anderson, l'unica cosa che io capisco è che sei un ladro. Un ladro stupido, per di più. Hai idea di cosa sarebbe potuto accadere? Di cosa potrebbe ancora accadere per colpa tua? Ma soprattutto, cosa cazzo ti è venuto in mente di portare qui LUI!- gridò quasi alla fine, puntanto un indice perfettamente smaltato contro il petto di Kurt, senza però degnarlo di uno sguardo.

Sembrava quasi una madre che rimprovera il figlioletto per aver portato a casa un cucciolo abbandonato.

Blaine non sembrava troppo sconvolto dal fiume di insulti della donna. C'era tra di loro una sorta di familiarità che infastidiva Kurt. Ne era geloso.

-Isabelle, dobbiamo parlare- cercò di placarla Blaine. -Sono successe delle cose molto gravi.

-Puoi scommetterci il tuo culo gaio che sono successe cose gravi. Ma non ho intenzione di parlarne di fronte al tuo pupattolo- e così dicendo la donna, Isabelle, si voltò verso Kurt e per la prima volta da quando aveva fatto la sua entrata in scena lo guardò negli occhi. Subito il ragazzo sentì le ginocchia farsi più cedevoli e la testa più leggera. Isabelle gli passò, con un gesto deciso e sguardo annoiato, una mano di fronte al viso e la vista di Kurt si oscurò mentre si accasciava, svenuto, sul divano di velluto.

Anche se in stato di incoscienza, Kurt riusciva ad avvertire, nelle tenebre che lo cullavano, qualche stralcio di conversazione.

-...Anderson, dovrai rinunciare, capito? Devi assolutamente restitui...

-...una tempesta di luce azz... potrebbero davvero essere rimasti solo dieci giorni, Isabelle!

-...ladro, non dovevo fid... dovrai rinunciare a lui... fattene una ragio...

-... non posso lasciarlo morire....

-... ma perchè l'hai fatto?

-... non potevo più vivere in quel modo, senza di lui...

-... errore...impossibile...

- ... ti prego...lo amo...

-... Anderson, se io ti aiuto tu poi dovrai...

-... per favore Isabelle, non dirgli chi sono io in realtà!

- Va bene, va bene! Maledizione a te! Shhh, si sta svegliando!

Kurt si massaggiò la testa, intanto che la sua vista tornava a fuoco. Di fronte a lui Blaine e la misteriosa Isabelle lo stavano fissando, entrambi visibilmente scossi dalla conversazione di cui a lui era arrivato solo qualche stralcio. Blaine sembrava sull'orlo delle lacrime, lei pareva sconfitta. Kurt si sentiva un idiota. Ma perchè nessuno voleva spiegargli niente?

Blaine si schiarì la voce, cercando di tornare ad un'apparenza di comportamento normale. -Kurt, ti presento Isabelle Morel, la mia insegnante di francese.

-Che cosa mi hai fatto?- le chiese brutalmente.
La donna non battè ciglio: -Ti ho fatto riposare per qualche minuto, il tempo sufficiente per avere una conversazione tra adulti insieme al tuo bel cavalier servente!

-Perchè io non posso ascoltare i vostri grandi segreti?

-Perchè non lasci che mammina e papino ti salvino il culetto senza rompere i cosiddetti?- rispose lei prontamente. Ma come faceva una donna dall'aspetto tanto elegante ad avere quella lingua biforcuta?

-Isabelle, per favore...-mormorò Blaine, poggiando una mano sul braccio della donna.

-E perchè tu dai del tu alla tua insegnante di francese?- lo interruppe Kurt, mentre impallidiva per un'improvvisa presa di coscienza.
O mio Dio! L'evidente esperienza in campo sessuale di Blaine. La sua confidenza con quella donna bellissima. Una donna francese!!!

-Voi due siete... amanti?- domandò con un filo di voce.
Blaine e Isabelle sgranarono gli occhi e lo fissarono storditi per qualche istante prima di scoppiare a ridere fragorosamente, con tanto di lacrime.

-Oddio Bimbobello! Devi essere più perverso di quello che sembra per immaginarti una cosa del genere- esclamò Isabelle tra una risata e l'altra. -L'idea di una scopata con Anderson ha lo stesso appeal di una seduta dal dentista. No, a pensarci bene magari preferirei la devitalizzazione di un molare, almeno durante mi farebbero vedere un film!

-Kurt- fece Blaine appoggiandogli una mano sulla spalla - io sono più gay del Carnevale di Rio. Non potrei mai sentire attrazione per Isabelle. Certo, ammetto che, vestiti a parte, questa donna ha la stessa sensibilità di un camionista ubriaco che per distrarsi mette sotto cuccioli di cervo con il suo tir, ma lo stesso, nonostante il suo indubbio animo mascolino, non è per me. Te lo assicuro.

-Anderson, in questo momento farei passare volentieri un tir sopra di te, altro che cuccioli di cervo. Comunque, Occhiettibelli, non preoccuparti, devvero. Non me la farei con il tuo principe riccioluto neanche se da questo dipendesse l'uscita del prossimo album di Marilyn Manson.

-Eh?

-Isabelle ha un debole per il rock satanico e l'heavy metal- spiegò Blaine sottovoce.

Isabelle si tolse gli occhiali e strofinò l'attaccatura del naso, brontolando. -Ma perchè dovevano mandarmi in questo mondo di principesse gaie? Non era qui che dovevo finire. Cazzo, io avevo fatto domanda per gli ZombiSmut!

-Ma di cosa cavolo stai parlando?- domandò Kurt esasperato.

Isabelle gli diede una spintarella costringendolo a sedersi di nuovo sul divano.

-Va bene Nasinodelicato, siediti perchè devo raccontarti una storia.


***

Note di Oldlady:

E così, tra mezze frasi e piccole concessioni, abbiamo scoperto qualcosa in più su Blaine.

Nel prossimo capitolo capiremo finalmente che cos'è la luce azzurra e i nostri eroi dovranno intraprendere una vera e propria missione per salvare il loro mondo da morte certa. E vi assicuro che, per l'impresa che gli si prospetterà, dieci giorni sono davvero pochini.

Molto presto, abbandoneremo anche la Dalton e poi... vabbè, vedrete. Spero di non perdervi per strada quando capirete.

Il personaggio di Isabelle è un po' particolare ed ispirato ad una persona molto speciale che conosco di persona. Volevo accostare un carattere piuttosto truculento e trash ad un aspetto da strafiga, perchè la persona a cui mi sono ispirata è effettivamente così. Un mito di donna, che sembra una fotomodella, veste come Paris Hilton, parla come uno scaricatore di porto, ha l'anima più materialista di zio Paperone ed è sensibile come uno schiacciasassi impazzito dentro ad un'esposizione di sculture di zucchero. La adoro.

Riguardo a come me la immagino fisicamente, dovete fare un attimo mente locale. Vi ricordate quando i Warblers cantano Uptown Girl nella puntata The first time? Ad un certo punto si vede una donna, vestita con una gonna rossa e con dei libri di francese sotto braccio.Ecco, a me quella donna lì m'ha sempre ispirato. Prima di tutto perchè è bellissima, poi perchè per tutto il telefilm è l'unica insegnante della Dalton che ci è concesso vedere. Che fortuna questi ragazzi, vanno in una scuola di gran lusso e c'hanno pure l'insegnante bona. E che fortuna lei: poter insegnare in una scuola piena di giovani belli, ricchi e in uniforme. Come si fa a non avere voglia di schiaffarla in una ff prima o poi? Così ecco che è nata Isabelle Morel.

Ha fatto bene secondo voi Kurt a fidarsi di Blaine pur essendo consapevole che gli sta nascondendo delle cose molto importanti?

E perchè Blaine si apre su tutto tranne che su come lui e Kurt si sono conosciuti?

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questa storia.

Aggiornerò intorno a giovedì prossimo.



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Capitolo 9
*** La Sala dello Specchio ***


Dal capitolo precedente:

Isabelle si tolse gli occhiali e strofinò l'attaccatura del naso, brontolando. -Ma perchè dovevano mandarmi in questo mondo di principesse gaie? Non era qui che dovevo finire. Cazzo, io avevo fatto domanda per gli ZombiSmut!

-Ma di cosa cavolo stai parlando?- domandò Kurt esasperato.

Isabelle gli diede una spintarella costringendolo a sedersi di nuovo sul divano.

-Va bene Nasinodelicato, siediti perchè devo raccontarti una storia.



9 La Sala dello Specchio

Isabelle si diede un'aggiustata agli occhiali.

-Il mio lavoro di insegnante di francese, qui alla Dalton, non è... come dire... non è la mia attività principale!- iniziò.

Kurt aggrottò le sopracciglia, pronto a chiedere qualcosa, ma Blaine gli fece un cenno veloce per fargli capire che era meglio non interromperla.

- Io sono una Custode. Il mio compito consiste nell'aver cura di un luogo estremamente importante - e così dicendo la donna gettò uno sguardo alla ripida rampa di scale che si intravedeva dal passaggio segreto dietro la libreria. - Devo far sì che ciò che è custodito lì dentro possa esistere senza che niente o nessuno interferisca col suo operato. La tua presenza qui, Biscottino, dimostra che io, nella mia mansione di Custode, faccio letteralmente schifo!- e qui Isabelle si lasciò andare ad un sospiro profondo e sconsolato. -Forse dovrei decidere a mandare tutto all'aria ed accontentarmi di fare la professoressa. Avrei un mare di rogne in meno. Comunque... come posso fare a spiegartelo senza farti sclerare come una donnetta... ?

Kurt non resistette più all'impulso di interrompere quella serie di frasi sconclusionate. -Blaine, tu hai una pallida idea di cosa stia cercando di dirmi questa signora?

-Sì, ce l'ho. Come ti dicevo, l'ho scoperto qualche mese fa. Si è trattato di un incidente, a dirla tutta. Mi sono trovato per puro caso nel posto sbagliato al momento sbagliato e ho scoperto il passaggio segreto. Ho sceso le scale e sono finito... sì, ecco... nel posto di cui ti sta parlando Isabelle.

-Un'altra prova della mia inefficienza - grugnì lei, ignorando le occhiate disperate che Blaine le stava lanciando in quel momento. -Avrei dovuto farti sparire dalla circolazione nel momento stesso in cui ti ho beccato a curiosare dove non dovevi.

-Quindi laggiù- si intromise Kurt - alla fine di quel passaggio, c'è un posto speciale che va protetto e tenuto segreto?

Blaine e Isabelle annuirono contemporaneamente.

-E cosa avrebbe a che fare questo posto con me?- chiese Kurt.

-Tutto. E al tempo stesso niente- rispose Isabelle, con un tono estremamente serio lasciando Kurt ancora più confuso. -La verità è che io spero ardentemente che questa conversazione sia inutile- riprese subito la donna - e che la stanza che si trova laggiù non c'entri niente con la tua situazione, ma so già che non è così. Prima di tutto perché il racconto che mi ha fatto Blaine mentre eri addormentato, su quel Trevor e sulla tempesta di luce azzurra mi da la certezza matematica che dovremo fare i conti con la Sala dello Specchio...

-Sala dello Specch...

-Sì, Sala dello Specchio! Lo so che è un nome del cavolo, stile Biancaneve e i Sette Nani e Regina tanto cattiva, ma non l'ho mica scelto io. Si chiamava Sala dello Specchio quando ho iniziato ad esserne il Custode, e Sala dello Specchio è rimasta! Comunque, quello che devi capire, ragazzino, è che tutti noi abbiamo a che fare, comunque e sempre, con la sala dello Specchio, ma a maggior ragione se ci imbattiamo con delle manifestazioni di luce azzurra.

Troppe, decisamente troppe informazioni e troppo criprtiche. Prima di tutto Kurt era sicuro che Isabelle e Blaine, mentre lui era svenuto, non avessero parlato solo di quello che era successo con Trevor. Dagli stralci di conversazione che era riuscito a captare intuiva che si fossero detti molto di più e che questo molto di più avesse a che fare con lui. Ma adesso non poteva approfondire quel dettaglio, perché finalmente stavano venendo alla luce argomenti ancora più grossi.

-Ma cosa sarebbe questa luce azzurra?- domandò prima che Isabelle cambiasse idea e decidesse che non era il caso di svelargli troppo.

-Puoi chiamarla in mille modi, puoi spiegarla in mille maniere. Io la definisco Pura Energia Creativa Primordiale- rispose lei, camminando nervosamente avanti ed indietro, mentre con le mani gesticolava per tentare di spiegarsi meglio. -Ogni singola volta che un essere senziente compie un atto creativo, che sia un bambino dell'asilo che disegna una casa, oppure un musicista che compone una sinfonia, o una vecchietta che inventa una nuova ricetta per la torta di mele, ebbene ogni volta che qualcosa di nuovo viene creato dal Nulla, in quel momento magico di fioritura si sprigiona un'energia, una forza primordiale ed inarrestabile. La luce azzurra è il modo in cui quel potere si manifesta ai nostri poveri occhi umani ma la sua potenza è qualcosa di assolutamente originario, indefinibile ed inarrestabile. Chi riesce a dominare la luce azzurra, può praticamente fare qualsiasi cosa.

Kurt non riusciva bene a sedimentare quelle parole, nè a comprenderne pienamente la portata. La donna sembrò intuire la sua perplessità.

-Non riesci a vedere la meraviglia della cosa?- gli chiese quasi trasfigurata. -Prima non c'era Niente, solo un foglio bianco, e poi c'è una poesia immortale. Da dove viene? Un pezzo di marmo che si trasforma in una ninfa che scappa. Come è possibile? Ogni qualvolta un essere umano riesce ad originare qualcosa dal Nulla, egli genera tanta e tale energia creatrice che quasi si innalza al livello degli dei che sta imitando. La luce azzurra non è altro che il raccogliersi di questa energia, è l'essenza della Creazione.

Kurt era ancora più confuso. Tutte quelle parole, quelle alte metafore, non facevano altro che aumentare le sue perplessità. Blaine sospirò frustrato e Isabelle alle loro espressioni sconsolate, tornò rapidamente alla realtà. I suoi tratti persero quella luce sognante e si chiusero in un broncio burbero.

-Ragazzino, non è difficile -tagliò corto. -Quando crei qualcosa sprigioni energia, l'energia diventa luce azzurra. Chiaro?

-Ehm, sì. Credo di sì.

-Isabelle, perché non portiamo Kurt di sotto?- domandò timidamente Blaine. Probabilmente tutto quel parlare filosofico poteva essere facilmente rimpiazzato da una visione concreta di come stavano le cose.

-Ma sì. Buttiamo definitivamente la mia carriera alle ortiche- mugugnò lei, avviandosi a spalle basse verso la scalinata. -Che fate allora? Mi seguite oppure no?

Kurt e Blaine si precipitarono dietro di lei, seguendola per le scale anguste. Kurt si era aspettato un corridoio tipo quello dei castelli stregati nei film dell'orrore, con anelli alle pareti a cui erano appesi scheletri ammuffiti e pipistrelli pronti ad artigliarti i capelli. Invece stavano scendendo lungo una scalinata piuttosto anonima, con il pavimento di linoleum pulito a specchio e degli asettici neon che illuminavano il cammino. Anche la porticina che trovarono alla fine del percorso sembrava più che altro l'ingresso ad un magazzino delle scope, ma quell'impressione fu subito scacciata dalla chiave che Isabelle tirò fuori per aprirla. Quella chiave tutto poteva aprire tranne che uno sgabuzzino degli attrezzi, con quelle rifiniture d'oro e quei rubini incastonati per tutta l'impugnatura.

Isabelle infilò il gioiello -sì, Kurt si rifiutava di definirla in qualsiasi altro modo - nella toppa e la porticina si aprì rivelando la più incredibile stanza che il ragazzo avesse mai visto.

-Benvenuti nella Sala dello Specchio -annunciò Isabelle, cedendogli il passo.

Kurt avanzò timidamente dentro quella che pareva la sala del trono di un reame medievale. Era enorme, una specie di gigantesca cava, il ventre di una balena che li aveva inghittiti e portati nelle profondità del mare, anzi del sottosuolo. Le pietre nude che formavano le pareti avevano un aspetto secolare. Dritto di fronte a loro, proprio in fondo, c'era lo Specchio che dava il nome al luogo, solo che Kurt si era immaginato uno specchio tipo quello di Biancaneve. Probabilmente era stato l'accenno alla fiaba che Isabelle aveva fatto poco prima, forse solo un'illazione della sua fantasia scontata, però non si era immaginato niente di meglio che uno specchio finemente decorato, magari anche da pietre preziose, appeso ad una parete. Invece lo specchio era la parete. Tutta la parete, quella di fronte all'ingresso, rialzata di un paio di gradini rispetto al pavimento di mosaico, era una gigantesca e lucidissima superficie riflettente. Kurt guardò le loro tre immagini speculari e fece qualche passo avanti. Si accorse che sulla destra e sulla sinistra, scavate nei lastroni di pietra, c'erano dieci nicchie, molto semplici e scarne e dentro ciascuna splendeva, sospeso a mezz'aria, un globo di luce azzurra. O meglio, dentro nove delle nicchie splendeva un globo di luce azzurra, la decima giù in fondo vicino allo Specchio, era tristemente vuota. Questa luce azzurra era diversa da quella che aveva visto nella saletta radioamatori, più quieta, quasi liquida. Kurt fece per avvicinarsi ad una nicchia, tanto per guardare meglio il particolare fenomeno. Il globo fluttuante, grande più o meno come un pallone da basket, aveva un che di ipnotico, quasi non si riusciva a staccare gli occhi. Come il ragazzo fece per avvicinare un dito, la sfera gli rispose con una scarica elettrica traditrice che gli colpì la mano con un rumore simile a quello di una frustata.

-Bravo, tocchiamo il globo di luce di una magia potente e sconosciuta! Potrei quasi darti il premio per la cosa più idiota che uno può fare quando sta qui dentro- sibilò Isabelle, afferrando Kurt e tirandoselo dietro, verso lo Specchio. Blaine trottava loro dietro a testa bassa senza dire una parola.

-Guarda- ordinò, facendo un ampio gesto al quale lo Specchio rispose diventando trasparente e traslucido, tanto da rivelare quello che si celava al di là della sua superficie. Sembrava di affacciarsi nello spazio siderale dove splendevano migliaia di stelle. Solo che invece dell'oscurità tipica delle scene spaziali, una tenue cerulea luminosità pervadeva l'aria all'interno della quale danzavano migliaia, anzi forse di più, forse centinaia di migliaia di sfere abbaglianti che sì, erano simili a stelle, ma non potevano esserlo sul serio. Quando mai si è visto le stelle danzare?

-Che cosa sono?- chiese Kurt indicandole. Isabelle gli mise una mano sulla spalla per impedirgli di avvicinarsi troppo. Effettivamente, mezzo passo più avanti, Kurt poteva avvertire una specie di risucchio verso quello strano spettacolo che stava prendendo vita di fronte a lui.

-Quelli- rispose Isabelle- sono Mondi. Mondi proprio come il nostro, in tutto e per tutto. Tranne che per qualche piccola differenza.

-Potremmo anche chiamarle Dimensioni Parallele- suggerì titubante Blaine.
Isabelle annuì: -O Mondi Alternativi, se questo termine ti piace di più- concesse a Kurt, che se ne stava lì impalato con la bocca completamente spalancata come un merluzzo preso all'amo. Quella non se l'era aspettata.

I globi giravano frenetici ma aggraziati, come tanti ballerini impegnati in un'allegra danza popolare.

-Cosa è quello?- chiese Kurt indicando una stella (ma era un Mondo, non una stella, si corresse subito) che sembrava pulsare, dapprima lentamente poi sempre più freneticamente, finchè non espulse un'altra stella tale e quale. A Kurt quasi ricordò quei filmini sulla meiosi cellulare che gli facevano vedere a scuola durante l'ora di Biologia, solo che nei filmini il fenomeno non era accompagnato da un'esplosione di luce azzurra tutta attorno.

-Ogni Mondo può generare infiniti altri Mondi- spiegò Isabelle, quasi con la tenerezza di chi ha appena assistito alla nascita di un neonato. -Ti ricordi quando eri innamorato di Finn e avevi scritto quel piccolo racconto su te che eri un medico durante la seconda guerra mondiale e lui un soldato ferito?- domandò Isabelle ad un Kurt esterrefatto, che cercava di non far caso alle occhiate altrettanto esterrefatte che Blaine gli stava lanciando proprio in quell'istante.

-Ma tu come fai a sapere del racc...

-In quel momento tu hai compiuto un atto creativo. Un mediocre atto creativo, se me lo concedi. E quella schifezza che hai partorito adesso sta galleggiando anche lei, da qualche parte, qui di fronte a te.

Kurt guardò con più attenzione lo spettacolo mozzafiato di quel formicaio di luci.

-Perciò questi sono tutti i Mondi esistenti?- domandò, provocando la risata sguaiata di Isabelle. Molto poco elegante ma estremamente efficace per capire di aver detto una stupidaggine.

-Ma per favore. L'Universoè Infinito. Questo è solo il settore a cui sono stata assegnata io, mio malgrado. Sonoo solo i Mondi che hanno qualcosa a che fare con un ristretto numero di persone. Tu, Blaine e pochi altri.

-Così tanti?

-Te l'ho detto, basta anche solo una piccola differenza, una piccola variabile, per cambiare completamente la realtà. Da qualche parte qui fuori potreste essere tutti e due studenti della Dalton, ad esempio, oppure magari potrebbe essere Blaine il tuo fratellastro, piuttosto che Finn. E così via, le possibilità sono infinite.

-E questa stanza a che serve?

-Questa stanza è la costante che tiene insieme tutti questi Mondi. Non importa come la realtà si sia dipanata in ognuno di loro. Può essere un Mondo popolato da licantropi oppure ambientato nel passato, non importa: in ognuno c'è una Sala dello Specchio e in ognuno ci sono io. Ed è sempre la stessa, è sempre questa qui. Invariabile ed unica. E' il punto di congiunzione. Io, insieme a questo luogo, non cambio mai e sono il filo che tiene tutto insieme, il punto fermo.

La testa di Kurt, più ascoltava tutte queste spiegazioni, più si riempiva di interrogativi.

Come c'entrava la Sala dello Specchio col fatto che la sua realtà fosse congelata? Cosa aveva a che fare tutto questo con Trevor, ma soprattutto con Blaine. Che parte aveva Blaine in quella storia mostruosa? Anche se Kurt avrebbe dovuto preoccuparsi di più per trovare una risposta al perchè della sua condizione, quella era la domanda che più lo affliggeva.

-Però... -tentò di dire, anche se dalla gola gli uscì solo un suono strozzato. Avvertì un senso di nausea poco gradito, ma molto comprensibile.

-No, niente però. Per ora ti basti sapere questo- tagliò corto Isabelle. -Ora devo fare una cosa più urgente. Non ti ho portato qua sotto per farti fare un giro turistico, ma per controllare quanto ci sia di vero in quella minaccia di morte che ti ha fatto Trevor, quindi per favore, mettiti in piedi al centro della stanza. E tu Blaine, fatti da parte.

Kurt gli lanciò uno sguardo preoccupato. Non si fidava per niente di lei. Blaine, intuendo la sua preoccupazione, gli baciò dolcemente la tempia e , prima di andare ad appiattirsi in un angolo, gli sussurrò : -Fidati Kurt, è l'unico modo per esserne sicuri.

Kurt allora obbedì, testa alta e petto in fuori. Andò a posizionarsi al centro della sala, con lo stesso sguardo di un condannato a morte che rifiuta l'ultima sigaretta.

Fu tutto abbastanza teatrale: Isabelle alzò le braccia in aria e gettò la testa all'indietro e a quel gesto dalle nicchie i nove globi si accesero di luce azzurra come se qualcuno avesse premuto un interrurttore segreto. Solo che la luce era strana, quasi densa, e si avvolse attorno al corpo di Kurt come una coperta. Non faceva male, ma gli sembrava quasi che lo penetrasse riscaldandolo fin dentro il midollo delle ossa. Era le stessa sensazione che aveva quando faceva i raggi x, solo che in quel frangente aveva sempre imputato la sensazione alla suggestione, adesso era sicuro invece che quell'energia lo stesse pervadendo.

Isabelle roteò gli occhi all'indietro e per pochi, inquietanti secondi, la sua iride scomparve lasciandola con due cieche orbite bianche.

Poi, con la stessa velocità con cui si erano accese, le luci si spensero di nuovo e tutto tornò come prima. Isabelle gli si fece vicino e gli poggiò cameratescamente una mano sulla spalla: -Mi dispiace, ma è vero. Al tuo Mondo, ragazzo, sono rimasti solo dieci giorni.

-Noooo!- gridò Blaine facendosi avanti ed afferrando Isabelle per le spalle. -Dobbiamo fare qualcosa! Dobbiamo impedirlo!

-E come, di grazia? Se quel Trevor è stato in grado di scatenare una tempesta elettrica, allora può fare quello che ha promesso senza sforzo, e ti posso garantire che la sua minaccia andrà a segno.Un essere così potente non va sottovalutato. Magari è il Custode di un altro Universo che vuole buttare scompiglio nel nostro tanto per divertirsi un po', potrebbe essere un telepata pazzo o uno stregone. Neanche ve lo immaginate quante forze e quanti esseri soprannaturali potrebbero decidere di giocare con la luce azzurra per i motivi più disparati!

-Noi no! Ma tu sì! Non è questo il tuo lavoro, in fondo? Cazzo, Isabelle, non prendermi in giro e non giocare a fare la dura. Lo so benissimo che non sei solo la Custode della Sala dello Specchio, sei anche la Custode dei Mondi su cui lo Specchio si affaccia. Me lo hai detto tu la prima volta, ti ricordi? E' tuo compito cercare di preservare questa Dimensione, non puoi permettere che si dissolva!

-Oppure...- continuò Isabelle fissando nel vuoto senza curarsi delle parole di Blaine. Sembrava stesse seguendo qualche strano ragionamento.

-Oppure...?- chiese Blaine speranzoso.

Isabelle parve pensarci un attimo. -E' solo una teoria, non sono sicura. Dovrei controllare prima di darvi delle illusioni.

-Senti- tagliò corto Blaine, visibilmente irritato -non sono venuto qui dal McKinley dove, francamente, stavo da Dio, ma soprattutto non ho portato qui con me Kurt solo per sentirmi rispondere che non ci si può fare niente. Se io e te siamo mai stati amici, anche solo un po', devi darci una speranza. Dobbiamo salvare questo Mondo.

-E va bene, un modo ci sarebbe. Ma si tratta di una soluzione da disperati.

-E noi cosa siamo?- chiese Blaine, con falsa allegria.

***

Kurt era rimasto ad ascoltare il piano di quei due con un senso di torpore. Non riusciva in realtà a staccare lo sguardo dallo Specchio, e dallo spettacolo che si celava dietro le sue profondità. La grandezza della scoperta lo annullava e lo faceva sentire un microscopico granello di polvere di fronte all'Infinito dell'Esistenza. Ognuna di quelle stelle che danzavano come lucciole nella notte era un Mondo che portava con sé le sue logiche, le sue regole, le sue leggi. E all'interno di quei mondi c'erano altrettanti Kurt, e altrettanti Blaine e migliaia di Finn e migliaia di Mercedes. All'idea di migliaia di Rachel a Kurt venne quasi un attacco di panico. E cosa stavano dicendo Blaine e Isabelle, in quel momento?

-Andare a cercarlo dici, e come? Dove? Perchè?- stava chiedendo Blaine.

Chi è che dovevano andare a cercare?

- Trevor è colui che ha condannato a morte questa Realtà- stava spiegando Isabelle- e quindi lui è l'unico a poter annullare questa minaccia. Se voi riuscite a trovarlo potreste convincerlo, oppure obbligarlo, a revocare la cosa.

-Ma Travor è scomparso- si intromise Kurt. -L'ho visto io. Ha aperto un varco nell'aria e ci è sparito dentro, prima di scatenare la tempesta elettrica.

-Non ha aperto un varco nell'aria- spiegò Isabelle. -Ha aperto un varco lì- ed indicò con la mano lo Specchio e lo Spazio Azzurro e Infinito che conteneva le luci fluttuanti.

-Dovete andare a cercarlo, non c'è altra soluzione. Il nostro Trevor ha abbastanza potere da poter viaggiare nello Spazio Intradimensionale solo con un gesto della mano. Non è da sottovalutare. Ma allo stesso tempo le sue possibilità non sono infinite. Deve essere rimasto per forza in questo Universo, quello che custodisco io. Se cambiasse Universo, non avrebbe più il potere di operare qui, più si allontana e meno può far danno, e dal momento che vedo che la maledizione non se ne è andata, vuol dire che il ragazzino è in uno di quei mondi che vediamo ballare qua di fronte a noi. Questo restringe un po' il nostro campo di ricerca.

-Certo- esclamò Blaine sarcastico. -Siamo passati da Infiniti Mondi a Centinaia di Migliaia. Che culo.

-E' pur sempre qualcosa. Se io vi do la possibilità di viaggiare tra i Mondi, potreste avere una chance di trovarlo.

-Una chance su un milione.

-Sempre meglio che non averne affatto.

-Quindi- domandò Kurt con un brivido che gli correva lungo la schiena -stai proponendo di metterci a caccia di Trevor saltando da una Dimensione Parallela ad un'altra?

-Sì- rispose Isabelle. -E intanto io da qui farò delle ricerche per vedere se scopro qualcosa di utile per poter restringere il campo di ricerca. Dieci giorni sono pochi, ma sono pur sempre qualcosa.

Che ironia, pensò Kurt. Fino a quella mattina il suo cruccio era che non riusciva in nessun modo ad allontanarsi dal suo liceo. Quando ancora conduceva una vita normale il suo problema ruotava attorno alla frustrazione di essere bloccato in una città ridicola come Lima. E adesso, tutto ad un tratto, gli si stava proponendo la possibilità non di farsi un semplice viaggetto fuori porta, ma di saltare addirittura da un Mondo all'altro.

Nonostante la tragicità della situazione, quasi gli veniva da ridere.

-Forte- si limitò a rispondere, cercando di non sembrare pazzo.

Isabelle sbuffò. -Adolescenti- si limitò a commentare acida.

-E come si fa a fare questa cosa?- domandò Kurt. -Dobbiamo saltare nello specchio come Alice, nel libro di Carroll?

-Ci sono delle regole, e molto serie- lo fermò subito Isabelle, acchiappandolo per un braccio. - Siete in due, questo ci potrebbe favorire perchè una persona normale, da sola, non può gestire tutto il potere che serve per spostarsi propriamente tra le Dimensioni. Occorre il potere della luce azzurra, che vi consentirà di muovervi nello Spazio Intradimensionale. E questa è una cosa di cui si può occupare il nostro usignolo riccioluto- disse Isabelle, lanciando a Blaine un'occhiata affilata come un coltello da cucina. Blaine spostò nervosamente il peso da un piede all'altro, annuendo in fretta. Isabellelo afferrò per il polso e lo avvicinò allo Specchio.

-Guarda Blaine, ti spiego cosa devi fare.Quando ti aprirai un varco nello Spazio Intradimensionale dovrai concentrarti molto intensamente sul Mondo che vorrai raggiungere e quello si materializzerà intorno a te. E' piuttosto semplice.

-Io però non ho idea di quale Mondo voglio raggiungere. Non so dove si nasconde Trevor.

-Lo so. Ma è importante che tu capisca che hai questa possibilità. Finchè non avremo un po' più chiaro in testa dove dirigerci, dovrai limitarti a saltare nello Spazio Intradimensionale a caso, vedendo di volta in volta dove finirete. Ma ricordati: dovrai sempre tenere Kurt per mano mentre fate il salto. Se vi lasciate mentre siete lì in mezzo, potreste finire in due Dimensioni diverse e sarebbe un disastro. Non potete portare a termine questa missione da separati. Chiaro?

-Certo -annuì vigorosamente Blaine. Figurarsi se aveva intenzione di lasciare la mano di Kurt mentre vagavano nello Spazio Intradimensionale! Non voleva lasciargliela neanche quando erano nello Spazio Questadimensionale!

-E tu, Kurt- continuò Isabelle avvicinandolo a loro, -avrai un compito altrettanto importante. Quando sarete in uno di quei Mondi, incontrerete delle repliche di voi stessi. Altri Kurt, altri Blaine che hanno esistenze e destini diversi dal vostro. La vostra presenza nel loro mondo rappresenterà un'alterazione gravissima all'equilibrio di quei destini. Immaginate se mentre svolgete la vostra vita quotidiana incontraste delle copie di voi stessi. Cosa accadrebbe? Come minimo andreste fuori di testa. Oppure fareste delle scelte che altrimenti non vi sarebbero mai passate neanche per l'anticamera del cervello. Quello che è stato scritto per voi e per la vostra vita non avrebbe più corso. Questo non è accettabile, il vostro viaggio non può modificare i percorsi altrui. Capisci?

Kurt annuì. Incontrare gli altri se stesso era una cosa fuori di testa perfino per lui che ora si trovava nella Sala dello Specchio. Per un Kurt inconsapevole poteva essere uno shock insuperabile.

-Quindi- continuò Isabelle - quello che dovrete fare quando arrivate in una nuova Realtà è darvi un'occhiata in giro e domandare di Trevor. Magari nel suo mondo è tuo figlio, oppure il fratellino di Blaine. Chi lo sa? Sono convinta però che abbia a che fare qualcosa con te, Kurt, perchè mentre ti parlava sembrava conoscerti molto bene. Almeno così mi è parso di capire.

-Sì, è vero- confermò Kurt. -Sembrava conoscere tutto di me.

Isabelle rimase a fissarlo in silenzio per qualche altro istante. C'era qualcosa che le frullava in testa, si vedeva benissimo.

-Ma non avevi detto che forse è uno stregone o un Custode come te?- domandò Blaine.

-Non lo so. Sono tutte supposizioni valide. Il potere che ha scatenato mi da molto pensiero, ma in questo momento l'unica cosa di cui sono certa è che quel ragazzino si trova da qualche parte là fuori.

Ci fu un momento di smarrimento. Sembrava davvero una missione da disperati: cercare qualcuno che non sapevano bene chi fosse saltando alla cieca in mezzo a centinaia di migliaia di alternative casuali.

-Molto bene - si riprese infine la donna. -Come dicevo: voi vi date un'occhiata in giro e cercate Trevor. Se non lo trovate, come è molto probabile che sia, dovrete andarvene, ma prima cancellerete dalla memoria delle persone che avrete incontrato il ricordo della vostra visita. Non potete lasciare traccia del vostro passaggio in quei Mondi, chiaro? Questo sarà compito tuo, Kurt.

-E come?

-Ti darò io il potere di farlo. Ti basterà fissare negli occhi la persona che hai di fronte e concentrarti, e quella dimenticherà di aver incontrato te, o Blaine. In questo modo, quando ve ne sarete andati, sarà come se non foste mai passati di lì. Sono stata chiara?

-Ma...ma...- obbiettò Kurt - potremmo incontrare un sacco di gente contemporaneamente. Che succederebbe se non riuscissi a... a...come dire... a ipnotizzarle tutte.

-No, no, tranquillo. Ti basterà farlo con gli altri voi stessi. Tu cancella la memoria degli altri Kurt e degli altri Blaine, e l'effettò si allargherà anche a tutti gli altri. Siete voi i poli di questa situazione, sarà più che sufficiente così. Allora Kurt, te la senti di accollarti questa responsabilità?

Kurt, per l'ennesima volta quel giorno, si chiese che scelta avesse. Finora la vita non gliene aveva date.

-Va bene, lo farò.

-Ottimo. Rilassati- ordinò la donna, posandogli una mano sulla fronte ed un'altra sul petto.

Kurt sobbalzò. Come? Gli dava il potere magico subito, così, senza avvertirlo, senza neanche permettergli di fare un po' di rilassamento e di training autogeno, prima? E se fosse stato doloroso, se...

Ma non ebbe tempo di formulare ulteriori pensieri perchè un calore fortissimò infiammò le mani della donna e gli trapanò il cervello ed il cuore. Per un attimo Kurt pensò di morire, lì e subito, ma non fece neanche in tempo a gemere che il dolore si era già dissolto e lui si sentiva di nuovo normale.

-Ecco- commentò Isabelle - è fatta. Avevo paura che ti mettessi a starnazzare come una gallinella, ma sei stato bravo. Eroico come una scolaretta. Per uno come te dovrebbe essere un grande risultato.

Le parole erano offensive, ma lo sguardo della donna era materno e Kurt non riuscì a formulare nessuna risposta acida né a provare risentimento.

-Adesso siete pronti. Andate subito.Sarà una lotta contro il tempo- lo incalzò Isabelle.

-Ma... -provò ad obiettare Kurt.

-Ma cosa?

-Ma a Blaine, non glielo dai il potere della luce azzurra? -domandò Kurt titubante.

Isabelle si bloccò per una frazione di secondo, con un'espressione indecifrabile in viso.

-Ah, già. Certo- rispose con un tono strano.

Blaine li fissava come se fosse su una graticola e a quella vista la donna quasi ghignò. Si avvicinò al ragazzo con passo felino.

-Allora, Mr Anderson. Permettimi di darti, anzi no, di donarti, di mia completa e spontanea volontà, il Potere Originario. Eccoti la luce azzurra! - e con quelle parole piantò in faccia a Blaine un altro schiaffone, ancor più sonoro e plateale di quello con cui li aveva accolti solo un paio d'ore prima.

Blaine non disse nulla. Anzi, sembrò quasi divertito. Si massaggiò la guancia arrossata su cui stava velocemente comparendo l'impronta della mano che lo aveva colpito, e sospirò rassegnato: -Posso andare, adesso?

-Certo, stronzo.

Ma come? Uno schiaffo? pensò Kurt. Lui, per prendersi un potere che, tutto sommato, non sembrava chissà cosa (andiamo, cancellare la memoria! Qualsiasi personaggio da fumetto sfigato ci riusciva!) si era beccato una mezza pratica vodoo e Blaine, che in teoria avrebbe dovuto gestire, com'è che l'avevano chiamata?, la Pura Energia Creativa Primordiale, o una puttanata del genere... insomma a Blaine per gestire la parte tosta della faccenda, era toccato uno schiaffone?

-Ma che significa? -chiese Kurt disorientato.

-Di che ti impicci tu?- lo apostrofò Isabelle. -La Custode sono io e so io come si trasmettono i superpoteri. Adesso vi muovete, o vogliamo passare i prossimi dieci giorni a far salotto qua dentro?

Blaine lo guardò sorridente.

-Va tutto bene Kurt, veramente. Te la senti di fare questa cosa, insieme a me?

Kurt esitò per un attimo, perso in quegli occhi d'ambra.

-Perché se non te la senti- continuò Blaine -andrò io da solo a cercare Travor. Mi prenderò io la responsabilità di cancellare le memorie e ti assicuro che lo troverò. Fosse l'ultima cosa che faccio, lo troverò e lo fermerò.

Una scelta.
La prima che gli si prospettava da tanto tempo. Ed era Blaine, il ragazzo di cui era innamorato ma che non riusciva a ricordare, che gliela stava offrendo.

-Vengo con te - rispose semplicemente Kurt, avvicinandosi allo Specchio insieme a lui.

Blaine gli sorrise e gli porse la mano. Kurt la prese tra le sue e trasse un profondo respiro. Stringendo forte la presa, saltarono insieme.

***

Note di Oldlady:

Grazie per aver pazientato per ben nove capitoli prima che si capisse l'argomento della storia. Eh sì, Mondi Paralleli, né più né meno. Adesso i nostri eroi dovranno mettersi alla ricerca di Trevor e dovranno farlo, almeno in questo momento, alla cieca, senza punti di riferimento.

I Mondi che si troveranno a visitare di volta in volta saranno - ma c'è bisogno di specificarlo?- chiaramente ispirati alla più belle fanfiction Klaine che mi è capitato di leggere. Sono tutte strafamosissime e troppo facili da riconoscere. Le vere Klainers se le mangeranno in un boccone. In un paio di casi più che vere storie si tratterà magari di qualche clichè che avrò piacere di raccontare in delle Realtà fittizie inventate da me, ma nella maggior parte dei casi invece saranno dei VERI e PROPRI e VOLUTI omaggi ai meravigliosi autori di questo fandom.

Vi propongo un gioco: vediamo chi indovina per primo quale è la fanfiction a cui si ispira il primo Mondo in cui cadono Kurt e Blaine, quello che verrà descritto nel prossimo episodio. La vincitrice verrà in qualche modo citata durante lo svolgimento del capitolo successivo.

Ultima precisazione, che nelle fanfiction americane c'è sempre: non solo io non posseggo Glee (altrimenti ve lo dico io che fine faceva Eli C!) ma non posseggo neanche le fanfiction che da Glee sono ispirate. Ma le ammiro tanto!

Grazie a tutti e soprattutto a Bay24 e a CandyKlaine che mi sostiene sempre con delle attentissime recensioni.



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Capitolo 10
*** Potere e abilità ***


Dal capitolo pecedente

-Vengo con te - rispose semplicemente Kurt, avvicinandosi allo Specchio insieme a lui.

Blaine gli sorrise e gli porse la mano. Kurt la prese tra le sue e trasse un profondo respiro. Stringendo forte la presa, saltarono insieme.



10- Potere e abilità


Kurt e Blaine fluttuavano nello spazio azzurro, circondati dalle luci danzanti che si univano e separavano con grazia e leggiadria. Le loro dita erano intrecciate saldamente, e i loro corpi galleggiavano in sincrono attraverso lo Spazio Intradimensionale.
-Dove andiamo?-chiese Kurt, intrigato dai complicati arabeschi disegnati dalle galassie dei Mondi che gli si offrivano davanti agli occhi.

-Un Mondo vale l'altro- sospirò Blaine con una nota di sconforto nella voce. Dio Buono, quante luci c'erano? Erano sembrate molte meno quando erano nella Sala dello Specchio.
-Andiamo lì- disse indicando quella più vicina. Come la decisione fu presa, la luce prescelta vibrò, pulsò e si ingrandì fino a trasformarsi in una fenditura che si aprì come un piccolo sipario rivelando quello che li aspettava al suo interno.

Kurt ebbe una fugace visione di alberi e neve, ma prima che potesse capire meglio che posto fosse, Blaine gli chiese: -Che ne pensi? Ci fermiamo lì?
Il ragazzo non riuscì a sopprimere un tremito di eccitazione e paura: poteva esserci qualsiasi cosa, al di là di quel passaggio. Orsi, vampiri, assassini. Che avrebbe fatto se si fossero trovati in quell'Universo che favoleggiava Isabelle... Com'è che l'aveva chiamato? Zombie Smut o qualcosa del genere. Che cosa avrebbe fatto se si fosse trovato faccia a faccia con uno Zombie Smut che, tra parentesi, non aveva idea di cosa fosse ma non suonava come niente di buono?
-Certo, andiamo- sentì rispondere dalla sua voce, e a quelle parole una sorta di risucchio trascinò i ragazzi dentro il Varco Dimensionale che si chiuse immediatamente alle loro spalle, trasformandosi di nuovo nel globo ballerino di luce azzurra che era sempre stato.

Kurt e Blaine si ritrovarono a mani intrecciate in mezzo ad un curato vialetto circondati da alberi innevati, prati ben curati e un allegro via vai di persone pimpanti. Niente Zombie, nè licantropi, ma normali pedoni in una mattina invernale. Qualcuno faceva anche jogging, ma per lo più si trattava di gente intenta a passeggiare e chiacchierare. Sullo sfondo svettavano freddi, imponenti, ma a modo loro magnifici, diversi grattacieli.

-Siamo a New York- esclamò Kurt, preso dall'improvvisa realizzazione e grato alla sorte di averli spediti a Central Park piuttosto che in qualche foresta malefica. Per tutta la vita aveva sognato di andarsene da Lima e, anche se non aveva mai trovato il coraggio di dirlo ad alta voce, era proprio quello il luogo dove aveva sempre voluto fuggire.

-Beh, almeno non è il Mondo dove tu sei un medico durante la seconda guerra mondiale e Finn è un soldato ferito...- sorrise Blaine divertito, facendo arrossire Kurt fino alla radice dei capelli. Aveva sperato che il suo bellissimo ragazzo non venisse mai a sapere di quell'imbarazzante trascorso o, visto che ormai era saltato fuori, che elegantemente facesse finta di non aver sentito. Ma evidentemente era stato ottimista.

I suoi pensieri furono interrotti da un'improvvisa consapevolezza: -O mio Dio! Fa un freddo cane!!

Sì, perchè entrambi indossavano ancora i vestiti di sempre, quelli del loro mondo: Blaine la tuta sportiva della Dalton e Kurt il completo con camicia e gilet grigio perla. Due abbigliamenti più che adatti per l'inizio di ottobre, laggiù al McKinley ibernato, ma assolutamente insufficienti nella grande Mela d'inverno. Doveva essere dicembre, a giudicare dalle decorazioni natalizie che imperavano un po' ovunque. Le labbra di Kurt divennero viola quasi all'istante.

-Che facciamo adesso, Blaine?- chiese, battendo i denti.

-Direi che la prima cosa da fare è procurarci un cappotto, e poi cerchiamo i nostri alter ego e gli chiediamo se conoscono un ragazzino di nome Trevor.

Blaine afferrò la mano di Kurt e se lo trascinò dietro, diretto verso l'uscita del parco, intenzionato a fiondarsi dentro il primo negozio che gli fosse capitato a tiro. Non avrebbero di certo potuto salvare il loro Mondo se si fossero beccati una polmonite, e rimanere immobili in mezzo a Central Park non avrebbe risolto il loro problema.

Per fortuna, fuori dai cancelli, c'era una specie di mercatino con una fila di bancarelle colorate ed allegre che correva lungo tutto il marciapiede a perdita d'occhio. Blaine ci si precipitò con entusiasmo, Kurt un po' più titubante. Non tanto perchè le cose esposte sulle bancarelle avevano l'aria di essere piuttosto ordinarie o comunque non rispondevano al suo gusto di modaiolo fissato per le etichette, ma perchè non aveva idea di come avrebbero potuto fare per appropriarsene.
-Come facciamo a procurarci un cappotto?- chiese Kurt, confuso, mentre il suo sguardo si posava intrigato sulle persone che camminavano allegramente per il marciapiede alle sue spalle. Tutta quella vita, tutto quel fervore, dopo giorni e giorni nel loro mondo congelato, era quasi intossicante.
Blaine sorrise: - Sono fiducioso che i dollari in contanti siano un linguaggio universale.

Oh!

Kurt non aveva pensato che poteva essere così facile.
In effetti, non c'era motivo perché i loro soldi non valessero anche lì. O no?
Kurt si era già fatto tutto un film mentale di loro che sgraffignavano cappelli e cappotti, e invece la cosa fu talmente semplice che quasi non ci fu divertimento. Nel portafoglio di Blaine c'erano più di quattrocento dollari (se frequento una scuola per riccastri un motivo ci sarà, no?), una piccola fortuna se paragonati ai trentasette dollari che Kurt non ricordava neanche più di avere con sé. Se saltando di Dimensione in Dimensione avessero continuato a capitare in un'America che commerciava in dollari, avrebbero potuto tirare avanti per alcuni giorni senza eccessive preoccupazioni. Ma avrebbero comunque dovuto cercare di essere oculati e non sperperare. In fondo, chissà cosa li attendeva nei prossimi giorni. Con queste preoccupazioni per la testa si avvicinò ad una bancarella di vestiti usati ma non troppo malridotti e scelse una giacca a vento blu scura, dall'aspetto piuttosto lineare e semplice (anzi, sempliciotta) ma calda ed economica (solo ventitrè dollari!); Blaine ne scelse una quasi identica, ma dal colore un po' più chiaro, e pagò senza permettere a Kurt di attingere alla sua misera scorta. Il ragazzo della bancarella prese la banconota da cinquanta che Blaine gli stava porgendo, la rigirò un attimo avanti ed indietro. Kurt trattenne il fiato, quasi come se fossero due falsari che stavano per essere colti in fallo, ma sospirò di sollievo appena il ragazzo si intascò il cinquantone commentando: -Non ho il resto, fratello. Fa lo stesso se vi ci regalo sopra due sciarpe?

Blaine fece l'occhiolino a Kurt prima di annuire educatamente. E almeno il problema del freddo lo avevano risolto. Adesso però la situazione diventava un po' più complicata.

-Secondo te come possiamo fare per trovare i nostri alter ego?- stava chiedendo Blaine, mentre si avviavano lungo il viale, ma Kurt non gli prestava attenzione. Il ragazzo stava divorando con gli occhi tutto quello che lo circondava: i gratttacieli, il traffico caotico, i ragazzi dall'aria alternativa che gestivano i vari banchetti dei vestiti, perfino quella vecchietta col barboncino spelacchiato lì di fronte.

-Kurt, Kurt per favore- provò a strattonarlo per una manica. -Proviamo a fare un piano, che dici?

-Sì, sì, un piano- mormorava Kurt, con lo sguardo perso sullo skyline. -Non posso crederci: siamo nell' Upper West Side! Questo è il cuore pulsante del mondo, sai?
Blaine sospirò di frustrazione. Adesso cominciava a capire perchè Kurt si innervosiva con lui quando, al McKinley, non collaborava attivamente per trovare una via d'uscita dalla scuola. Adesso era come se i ruoli si fossero invertiti, con Blaine che voleva a tutti i costi focalizzare l'attenzione su un piano d'azione e Kurt che divagava in tutti i modi.

-Che dici Blaine, riusciremo ad andare ad assistere ad uno spettacolo di Broadway? No, perché questo sarebbe tipo, il sogno della mia vita, sai? Pensi che ruberebbe troppo tempo alla nostra missione? Oh! Guarda! Quello non è il negozio esclusivo Yves Saint Laurant? Ma avrà almeno otto vetrine, non credevo fosse così grande! Ma sai che questa sembra la strada dove hanno girato Rent? Hai presente, quella scena in cui cantano "I will cover you"? Oddio...

-Kurt, andiamo, dobbiamo cercare...- ma Blaine non fece in tempo a finire la frase perché si ritrovò scaraventato dietro una pila di maglioni, con Kurt che gli teneva bassa la testa.
-Shhhh! Non facciamoci vedere!- stava sibilando il ragazzo, con gli occhi spalancati dallo stupore. Blaine non capì finchè non seguì lo sguardo allucinato di Kurt lungo il viale e non vide anche lui quello che tanto lo aveva turbato.
Di fronte ad un chiosco di hot dog c'era Blaine. O meglio, un altro Blaine, in tutto e per tutto identico a lui, fatta eccezione per il cappotto indossato, molto più costoso e curato quello del suo alter ego.
-Isabelle non ci ha preparato a quanto può essere sconvolgente- sussurrò Kurt, e Blaine non potè far altro che annuire. Sì, era davvero sconvolgente. Era come guardarsi allo specchio, o proiettare un filmino, con l'unica differenza che quello laggiù, intento a comprare un panino, non era una replica o un'immagine catturata da una pellicola. Era un altro se stesso.
-Sento che la testa mi sta per scoppiare- mormorò Blaine.
-Niente panico- disse Kurt, riscuotendosi.
Blaine Newyorkese intanto si stava dirigendo lentamente nella loro direzione.

-Ecco cosa faremo- bisbigliò Kurt, approfittando che Blaine Newyorkese si era fermato ad una bancarella di peluche a rimirarne uno a forma di scoiattolo. -Tu rimani ben nascosto qua sotto. Non farti vedere, non vorrei che all'altro Blaine pigliasse un infarto. Io mi fingerò il Kurt Newyorkese e gli parlerò.
-E che vuoi dirgli? Non sai nulla di come sono messe le cose tra lui e il Kurt Newyorkese!!! Magari si odiano a morte e quello ti taglia la gola. Sei matto?
-Oh, andiamo! E' da cinque minuti che sta pensando se comprare o meno un peluche a forma di scoiattolo!! Si vede che è un bonaccione. Tranquillo, improvviserò. L'importante è capire se conosce Trevor, giusto? Butterò lì il nome e vedrò che mi risponde.

Blaine Newyorkese riprese a camminare verso la loro direzione. Kurt saltò fuori quando ormai il ragazzo era a pochi passi di distanza, fingendo di essere stato accovacciato a frugare in uno scatolone di vecchi cappelli di lana. Si tirò in piedi stiracchiandosi vistosamente e cercando di fingere la massima naturalezza, e proprio quando Blaine Newyorkese gli fu ad un palmo di naso girò la testa e finse di accorgersi di lui in quel minuto.

-Ciao- lo salutò timidamente, sorridendogli con dolcezza. Blaine Newyorkese lo guardò perplesso, senza smettere di camminare, e proseguì per la sua strada rispondendo al suo saluto con un leggerissimo accenno di movimento del capo accompagnato da una faccia piuttosto confusa. Se gli sguardi avessero potuto parlare, il suo avrebbe detto: e tu chi cavolo sei?

Kurt aggrottò le sopracciglia e si voltò verso Blaine, il suo Blaine, quello che stava ancora accucciato dietro gli scatoloni.

-Non capisco che cosa ... - disse, ma non riuscì a continuare la frase perchè qualcuno lo afferrò per un braccio e lo strattonò all'indietro.

-Kurt Hummel! Ma che ci fai qui a quest'ora? Dimmi che ho visto male e che tu non hai appena provato a fare quello che avevi detto che mai e poi mai avresti fatto? Volevi davvero conoscerlo, alla fine?

Era niente popò di meno che Rachel Barry, colei che Kurt da tempi immemorabili avrebbe tanto voluto zittire mettendole un calzino sporco in bocca.
-E poi non capisco come hai fatto a scoprire il suo aspetto, visto che mi hai proibito categoricamente di descrivertelo- stava continuando a blaterare la Barry lanciando sguardi allarmati verso Blaine Newyorkese che stava continuando placidamente la sua passeggiata. Kurt era sempre più in confusione. - Se avevi cambiato idea avresti potuto dirmelo, ti avrei aiutato io ad organizzare un incontro come si deve. Magari alla caffetteria, o durante una delle tue missioni. Ma come farai con Ethan, eh? Cosa gli dirai?

Kurt non aveva la più pallida idea di cosa volesse dire quell'esaltata, ma Blaine Newyorkese intanto si stava allontanando lungo il viale, dannazione! Chissà quanto tempo gli ci sarebbe voluto adesso per ripescarlo! A meno che...

-Mi è caduto mezzo dollaro dietro quella scatola di maglioni- disse liberandosi dalla presa della Barry. -Li raccolgo e poi andiamo a berci un caffè.
-E mi spiegherai cosa stai combinando?- domandò lei imbronciata.

-Ma ceeeerto- rispose Kurt, abbassandosi e facendo finta di cercare a tentoni la moneta inesistente. Invece, senza farsi accorgere, si sporse dietro lo scatolone, dove il suo Blaine era ancora ben nascosto.

-Io porto via questa piattola- sbuffò a bassa voce. -Tu devi seguire l'altro Blaine. Tienilo d'occhio a distanza e vedi se scopri qualcosa.

-Cosa? Io? Ma se mi vede ci rimane secco! E non posso neanche cancellargli la memoria!

-Non c'è altra scelta, Blaine. Cerca di non farti scoprire. Io devo placcare la Barry. Ci ritroviamo qui tra un'ora esatta, ok? Il primo che torna aspetta l'altro.

Blaine non ebbe neanche tempo di rispondere, perchè Rachel Barry aveva letteralmente afferrato Kurt per il polso e se lo era trascinato via dichiarando al mondo che lei e Kurt dovevano assolutamente parlare.

E ora? pensò Blaine, allungando la testa da dietro lo scatolone. Il proprietario della bancarella gli gridò addosso: -Ehi amico! Sono due ore che stai ravanando tra quei cappelli. Fra poco arriverà la primavera e ti serviranno i teli da mare, se non ti dai una mossa!

Giusto, se non mi do una mossa... si riscosse Blaine, vedendo una nota testa dai capelli mori e ricci allontanarsi tra la folla. Magari quel Blaine conosceva Travor, o magari sapeva qualcosa di lui che poteva tornare loro utile per rintracciarlo. Blaine saltò fuori dal suo nascondiglio e si mise a pedinare il suo alias.



***



Blaine Newyorkese era in fila da più di un quarto d'ora di fronte allì American Museum of Natural History, e ingannava l'attesa picchiettando un messaggino di tanto in tanto sul suo cellulare.

Blaine avrebbe voluto poter fare altrettanto.Avrebbe voluto contattare in qualche modo il suo Kurt e sapere come se la stava cavando con Rachel Barry, se aveva scoperto qualcosa di utile o se stavano sprecando tempo ed era meglio sbrigarsi a saltare nello Spazio Intradimensionale e dirigersi da qualche altra parte. Ma soprattutto l'ansia lo stava divorando. Era la prima volta che lui e Kurt erano separati da quando quella storia era iniziata. Come avrebbe fatto a ritrovarlo se gli fosse successo qualcosa? Erano a New York, anzi peggio, nella New York di una Dimensione Parallela, e non avevano modo di mettersi in contatto l'uno con l'altro. Solo un misero appuntamento di fronte ad una bancarella. L'ansia stava per divorare Blaine che stava quasi per decidersi a fare dietrofront e tornare al luogo dell'appuntamento e al diavolo tutti quanti quando fu finalmente il turno di Blaine NewYorkese di fare il biglietto. La ragazza della biglietteria, prima di farlo passare, lo guardò con un'espressione divertita e gli allungò, oltre al biglietto, due buste, lasciando Blaine Newyorkese piuttosto meravigliato.
Blaine sbirciò incuriosito il suo alter ego aprire la prima busta e leggerne intrigato il contenuto prima di avviarsi verso il corridoio dei Mammiferi Nord Americani, digitando furiosamente un altro messaggio al cellulare con un'espressione sul viso a metà tra il divertito e l'incredulo. Quella scena intrigò Blaine suo malgrado, facendolo desistere dal suo intento di abbandonare il pedinamento e continuando a scorrere nella fila in attesa del suo turno per fare il biglietto. Cosa stava facendo Blaine Newyorkese in quel museo? Era una caccia al tesoro o una specie di missione da spie? Avrebbe potuto dare un'altra sbirciatina, in fondo mancavano più di quaranta minuti all'appuntamento con Kurt, si disse facendo il biglietto senza accorgersi dello sguardo esterrefatto dell'hostess.

-Ma, scusi, lei è già passato dalla biglietteria un attimo fa, giusto? Il suo nome non è Blaine Anderson e non doveva ritirare due buste? -chiese la ragazza.
-Ahem...- cincischiò Blaine, maledicendosi per la sua distrazione. Ovvio che la ragazza fosse esterrefatta, aveva fatto il biglietto a Blaine Newyorkese neanche cinque minuti prima ed ora si ritrovava davanti allo sportello la sua copia identica. E cos'era quella storia delle buste? Doveva trattarsi davvero di una cosa da spie, tipo Mission Impossible, con i messaggi che si autodistruggono dopo cinque minuti. Blaine si augurò solo di non rimanerci secco. Almeno non prima di aver visto un'ultima volta il suo Kurt.
-No...um.... io non sono Blaine Anderson...- borbottò - ... io sono.... suo fratello. Sì, ecco, il suo fratello gemello. Mi chiamo... Blair, Blair Anderson.

-Blaine e Blair?- commentò la ragazza, scoppiando a ridere. Sì, forse non era un granché come scelta, ma non gli era venuto in mente niente di meglio, diamine!
Blaine si raddrizzò sulla schiena, un po' offeso. -Sì, Blaine e Blair. Alla nostra mamma piacevano tanto questi due nomi, perché?

-Niente- rispose la ragazza tornando subito seria e allungandogli il suo biglietto.
Finalmente Blair... cioè Blaine, potè accedere al museo e si precipitò alla sala dei Mammiferi Nordamericani, sperando che Blaine Newyorkese fosse ancora lì e che non lo avesse perso. Per fortuna lo ritrovò facilmente. Stava in piedi di fronte alla bacheca degli scoiattoli (ma era ossessionato? Anche prima, con quel peluche...) con l'immancabile telefonino in mano.
Blaine si nascose dietro una teca, ormai calato nella missione di inseguitore.
Non mi scappi, bello mio.



***

Rachel Barry parlava, parlava, parlava e Kurt, per un breve istante, quasi sentì nostalgia del suo McKinley ibernato. La versione paralizzata e muta della ragazza gli era infinitamente più simpatica.
Stavano seduti al tavolo di un caffè molto grazioso e tutto quello che Kurt era riuscito ad intuire dal fiume di bla bla bla era che Rachel lavorava part time in quello stesso posto, che Kurt Newyorkese (per cui lei lo aveva ovviamente scambiato) aveva un ragazzo di nome Ethan e che Blaine Newyorkese si inseriva in questo quadretto come una specie di rivale misterioso di cui lui però non riusciva a capire il ruolo.

-E poi cosa ci facevi stamattina a Central Park?- gli stava chiedendo lei. -Non dovevi andare all'Università a ritirare quelle scartoffie di cui mi parlavi ieri?

-Università? Vado all' Università? Che cosa studio?- domandò Kurt, drizzando le orecchie.

-Ma cosa ti sei fumato oggi?- chiese Rachel esterrefatta. -Kurt sono preoccupata per te, davvero. Forse ti sei stressato troppo ultimamente e bla, bla, bla, bla...
Ma perché quella rompiscatole non poteva rispondere ad una semplice domanda in maniera chiara e cristallina? Kurt non la sopportava più. Ad un certo punto però gli parve di captare, in mezzo a quel fiume di ciancie, la frase "Design della Moda" e la sua testa scattò su, riaccendendo l'attenzione.
-Design della Moda hai detto? Sto studiando Moda, sul serio?
Rachel lo guardò con aperta preoccupazione, prima di rispondere frastornata: -Beh, sì, certo.

-E sono bravo?

-Kurt, ma che dici? Sei il migliore della tua classe.

Kurt chiuse gli occhi, assaporando il dolce suono di quelle parole. Il migliore. Da qualche parte, in un altro Universo, in un'altra dimensione, Kurt studiava Moda a New York ed era il migliore. Certo, la perfezione non esiste, visto che in qualche misterioso modo era anche amico di Rachel Barry, ma questo non toglieva che, in quella Dimensione, Kurt Newyorkese stava avverando tutti i sogni che erano anche i suoi. Ed era il migliore. Forse, una volta che quella storia fosse finita, anche Kurt avrebbe potuto fare altrettanto. E con Blaine al suo fianco.
Ah! Già, era quasi passata un'ora. Adesso Kurt doveva concludere quello spiacevole siparietto.
-Senti un po' Rachel, conosci qualcuno di nome Trevor?
-Uh? Chi?- la faccia di Rachel era, se possibile, ancora più inespressiva del solito.
-Un ragazzino sui dodici anni, molto bello. Si chiama Trevor. Lo conosci? O, che tu sappia, lo conosco io?
-Kurt, non ho la più pallida idea di cosa tu stia parlando. Ma penso che tu debba seriamente pensare a prenderti un piccolo periodo di riposo e ridimensionare questa storia degli sms con Blaine perché è chiaro che la cosa ti sta turbando troppo e bla bla bla bla...
Bene, questo era il momento perfetto per mettere fine alla pagliacciata.
Il caffè era quasi deserto e nessuno li stava degnando di uno sguardo. Inoltre Kurt si sentiva un po' incerto su come usare il suo potere di cancellare le memorie, perciò se era il caso di fare un po' di sperimentazione sugli animali, quale miglior cavia di Rachel Barry?
Senza darle troppe spiegazioni le afferrò la mano, costringendola a zittirsi, poi si sporse dalla sua sedia e andò a poggiare la sua fronte su quella della ragazza. Fu un movimento spontaneo, naturale, come se il suo corpo sapesse perfettamente per istinto cosa fare per operare la magia. Kurt incatenò il suo sguardo azzurro e penetrante negli occhi agitati di Rachel. Poi sussurrò appena la frase "Dimenticami, dimentica tutto" e a quelle parole la luce nello sguardo della ragazza si fece opaco e spento. Rachel rimase seduta mansueta sulla sedia, fissando il vuoto di fronte a sé, con le mani appoggiate flosciamente sopra il tavolo. Isabelle non gli aveva spiegato le dinamiche della cosa, ma Kurt seppe automaticamente che la ragazza sarebbe rimasta ferma così per qualche minuto prima di riscuotersi e continuare con le sue cose e la sua vita senza ricordare il minimo dettaglio del loro incontro.
Che figata, pensò Kurt, alzandosi per uscire dal caffè. Prima di allontanarsi lo sguardo gli cadde sul borsellino che Rachel aveva appoggiato sulla sedia. Kurt si morse il labbro inferiore e diede un'occhiata in giro. Nessuno prestava loro attenzione. Con un movimento disinvolto prese il borsellino di Rachel e lo aprì, sfilando un paio di banconote da dieci dollari e augurandosi che la ragazza non ci facesse troppo caso.
-Scusa Barry- mormorò mettendosi il maltolto in tasca. -Ma a me e Blaine potrebbero davvero servire, nei prossimi giorni.
Riappoggiò il borsellino accanto alla ragazza che continuava a fissare il nulla con aria stolida, poi a gran passi si avviò fuori dal locale. Con un po' di fortuna sarebbe arrivato alla bancarella in perfetto orario.



***

Blaine ormai era in ritardo da più di un'ora per l'appuntamento alla bancarella, ma ormai era in ballo e doveva ballare. Kurt aveva detto che il primo che arrivava avrebbe dovuto aspettare l'altro e anche se l'idea di far aspettare Kurt lo faceva agitare, e non poco, Blaine voleva a tutti i costi scoprire se Blaine Newyorkese aveva a che fare qualcosa con Trevor.
E poi era troppo strano quello che stava succedendo di fronte ai suoi occhi.

Blaine Newyorkese stava sdraiato sul pavimento della Millstein Hall of Ocean Life a guardare il soffitto. Erano più di quaranta minuti che stava sdraiato lì. Non faceva niente, stava sdraiato, guardava per aria e di tanto in tanto messaggiava con qualcuno. I passanti gli buttavano degli sguardi distratti e qualche bambino lo aveva imitato, ma per non più di un paio di minuti.

Blaine, nascosto dietro una colonna, lo teneva d'occhio in preda a sentimenti contrastanti: ansia, perché stava ritardando mostruosamente all'appuntamento con Kurt, invidia perché aveva idea che Blaine Newyorkese si stesse divertendo un mondo crogiolandosi in uno strano stato di grazia, curiosità perché aveva davvero il dubbio di stare assistendo ad una missione di spie.


Quando Blaine Newyorkese si alzò diretto alla Grand Gallery Blaine si riscosse. Quel teatrino sarebbe potuto andare avanti anche per tutta la giornata e lui non poteva permetterlo. Kurt, il suo Kurt, lo stava aspettando, quindi era il momento di mettere fine a quei giochi e fare l'unica e semplice cosa per cui erano sbucati in quel mondo. Chiedere a Blaine Newyorkese se conoscesse un certo Trevor.
Solo che Blaine non poteva farsi vedere dal suo alter ego, perchè senza la capacità di cancellargli la memoria, avrebbe intaccato gli equilibri di quella Dimensione.
Blaine Newyorkese intanto aveva aperto la seconda busta e, dopo un altro breve scambio di messaggini, si era seduto ad un grande tavolo pieno di fogli di carta colorata dove diversi bambini stavano assemblando degli origami. Lo scopo della cosa era realizzare un animaletto di carta che poi i bambini appendevano al grande albero al centro della sala. Ma perché anche Blaine Newyorkese lo stava facendo?
Il ragazzo oltretutto sembrava piuttosto in difficoltà. Blaine avrebbe voluto aiutarlo, in fondo lui aveva degli ottimi trascorsi con gli origami. Le sue papere gialle... cioè i suoi fiori gialli avevano fatto storia. Ma come fare per interagire con Blaine Newyorkese senza farsi scoprire?
Uno sguardo allo store dei gadget del museo diede a Blaine l'idea vincente.


***

-Se vuoi ti do una mano- chiese, camuffando la sua voce.

Blaine Newyorkese si girò, sorpreso di trovarsi faccia a faccia con... Babbo Natale! Cioè, non il vero Babbo Natale, ovviamente, ma un tizio vestito tale e quale con tanto di barba, parrucca e cappello. Probabilmente era uno che lavorava nel museo e che era pagato per dare una mano ai bambini. E che si era così impietosito da decidere di dare una mano anche a lui. Meglio così, Blaine Newyorkese stava per chiedere aiuto alla ragazzina seduta vicino a lui, ma farsi aiutare da un dipendente del Museo forse sarebbe stato meno umiliante.
-Ahem... effettivamente questo coso mi sta mettendo in difficoltà- ammise con un sorriso disarmante. Diamine, a quel punto avrebbe accettato l'aiuto di chiunque, pur di portare a termine l'impresa.

-Che cosa volevi realizzare, figliolo?- domandò Babbo Natale. -Uno scoiattolo?
-No! Um... un cane?

Blaine, nascosto sotto parrucca e barba finti, imbacuccato nell'economico costume che aveva comprato poco prima, stava cominciando a sudare, ma tirò un sospiro di sollievo. Un cane eh? Su Origami for Dummies era arrivato alla pagina del cane. Doveva fare mente locale e ci sarebbe riuscito.

-Sì, guarda, devi fare così, e così...
Mentre Blaine Newyorkese seguiva le sue confuse spiegazioni, Blaine buttò lì, casualmente: -Ma io ti ho già visto. Sei già venuto qui al museo con Trevor, vero?

Blaine Newyorkese era concentratissimo sul suo origami e neanche tirò su la testa: -Nah! Mi hai scambiato per qualcun altro. E' la prima volta che vengo qua, e non conosco nessuno di nome Trevor. Ehi! Ce l'ho fatta!

Quando si girò per ringraziare Babbo Natale, dietro di lui non c'era più nessuno. Blaine Newyorkese fece spallucce, probabilmente il tizio era andato ad aiutare qualcun altro, o magari aveva staccato il turno. Entusiasta della sua creazione, scattò una foto al suo cane di carta e la spedì al numero che ultimamente stava diventando piuttosto ricorrente tra i messaggi inviati e ricevuti dal suo cellulare.



***

Blaine correva a perdifiato per la strada che costeggiava Central Park.
Era in ritardo di più di due ore, e tutto per fare un gigantesco buco nell'acqua. Come era ovvio che fosse. Era stato un pazzo ad illudersi che avrebbero trovato Trevor al primo tentativo, come gli era venuto in mente di sprecare tutto quel tempo lì, dentro quel museo?
Vide subito Kurt, anche da lontano. Stava in piedi, dritto come un fuso, nel punto preciso che aveva detto, di fronte allo stesso scatolone di cappelli della mattina.
E aveva gli occhi pieni di lacrime.

-Kurt!- urlò Blaine. -Sono qui!

Kurt sobbalzò, sentendo chiamare il suo nome. E un'espressione basita gli si dipinse in faccia.
C'era Babbo Natale che correva verso di lui, sbracciandosi come un ossesso. Oddio, ma che Mondo era quello? Lui e Rachel Barry erano amici, e Babbo Natale voleva fargli la festa?

Stava quasi per scappare via quando Babbo Natale lo raggiunse e lo afferrò per le spalle e allora la sua bocca si spalancò in una o di sorpresa e realizzazione:

-Blaine! Ma sei proprio tu! Cosa ci fai conciato così?

-E' un travestimento- spiegò Blaine, ansando.

Non riuscì ad aggiungere altro perchè Kurt gli si buttò tra le braccia in lacrime, stringendosi a lui disperatamente e singhiozzando: -Mi hai fatto morire di paura, accidenti a te! Ma dov'eri? Non sapevo se ti era successo qualcosa, non sapevo come contattarti. Ho passato le ultime due ore all'inferno, maledizione!

Ci volle un po' per farlo calmare. Blaine lo strinse forte, accarezzandogli la schiena e baciandogli dolcemente le tempie, le guancie e le labbra e sussurandogli piccole rassicurazioni all'orecchio.
La gente passava loro attorno indifferente. A Blaine venne quasi da ridere.
New York era l'unica città al mondo dove Babbo Natale poteva stringere tra le braccia il suo fidanzato passando inosservato!


***



Note di Oldlady:

Ci ho messo un po' a decidere il titolo di questo capitolo. Volevo puntare l'attenzione su Kurt che usa per la prima volta il suo potere di cancellare le memorie, mentre Blaine, non potendo fare altrettanto, si aiuta grazie all'abilità di costruire origami. La mia prima idea per il titolo era qualcosa del tipo "impara l'arte e mettila da parte", ma era troppo demenziale e così alla fine ho virato su qualcosa di un po' più neutro.

Ed eccoci così nel primo Mondo in cui viaggiano i nostri eroi, chiaramente ispirato alla fanfiction Klaine per eccellenza, che è talmente facile da riconoscere che quasi mi vergogno.Comunque, la prima di voi che la indovina verrà nominata nel prossimo capitolo. E magari, visto che Natale si avvicina, potremmo rileggerla tutte insieme sospirando e pensando a quando i Klaine erano ancora tutti pucci pucci.

Bambini grandi e piccini, non prendete Kurt a modello di comportamento: se vi capita di viaggiare per le varie dimensioni ed incontrate una persona che non vi va a genio, evitate di sgraffignare i suoi soldi.

Il prossimo aggiornamento arriverà tra una decina di giorni. Problemi di lavoro, sapete? Dicembre per me è il mese più impegnativo. E poi c'è sempre questo vecchio vestito di rosso che gira attorno a me e ai miei colleghi urlando in continuazione: "Sbrigatevi, deve essere tutto pronto per la Vigilia, oh oh ho!" Che schiavista bastardo!

Comunque, il prossimo capitolo omaggerà una ff che ha fatto storia, mi sento in soggezione anche solo a pensarci. Speriamo di renderle onore come si deve.


Grazie a tutti quelli che hanno commentato. Lo scorso capitolo ha ricevuto più recensioni del solito e devo ammettere che non credevo, ma la cosa non solo mi ha lusingata, ma mi ha anche spronata parecchio. Perciò... grazie a tutte, e se avete voglia di lasciare un altro commento... beh... accomodatevi pure senza complimenti!!!!



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Capitolo 11
*** Consigli amichevoli di seduzione ***


Dal capitolo precedente:

Ci volle un po' per farlo calmare. Blaine lo strinse forte, accarezzandogli la schiena e baciandogli dolcemente le tempie, le guancie e le labbra e sussurandogli piccole rassicurazioni all'orecchio.
La gente passava loro attorno indifferente. A Blaine venne quasi da ridere.
New York era l'unica città al mondo dove Babbo Natale poteva stringere tra le braccia il suo fidanzato passando inosservato!


11 Consigli amichevoli di seduzione



Kurt stava letteralmente iperventilando e, dopo un breve momento di sospensione, sbottò con voce lamentosa: -Dimmi che è un incubo!
Erano appena giunti in quel nuovo mondo, ma nessuno dei due si era risolto a guardarsi intorno, ancora entrambi troppo allucinati con i ricordi del mondo precedente.
Blaine cercò di consolare Kurt con un'affettuosa pacchetta sulla spalla che ottenne però l'unico risultato di farlo trasalire e scostare bruscamente.
-M-m-mi dispiace Blaine, ma non sono sicuro di volere che tu mi t-t-tocchi!
Ah! Andava male, molto male, pensò Blaine. Ma come gli era venuto in mente, tra migliaia e migliaia di globi che galleggiavano nello Spazio Intradimensionale, di scegliere proprio quello là? Kurt, in quella particolare dimensione, era andato letteralmente fuori di testa.

***
E pensare che fino a quel momento non se l'erano cavata poi tanto male. Certo, di Trevor neanche l'ombra, però dopo aver lasciato il mondo di Blaine e Kurt Newyorkesi erano finiti in altre due realtà alternative in cui erano andati alla grande.
Nella prima i loro alter ego erano bambini e amici per la pelle. Lì lui e Kurt erano rimasti pochissimo, giusto il tempo di chiedere quello che dovevano, cancellare le memorie di LittleKurt e LittleBlaine e lasciarli ai loro giochi. Semplice come bere un bicchier d'acqua.
Il mondo successivo era stato appena un po' più complicato. Niente di ingestibile per carità, solo estremamente bizzarro:lui e Kurt erano un cane e un gatto! La cosa sulle prime era risultata piuttosto divertente salvo complicarsi poi quando era saltato fuori il problema sul come fare per chiedere dell'esistenza di Trevor. Per quanto divertente potesse essere trovarsi al cospetto della propria replica felina (o canina) nessuno di loro due sapeva tradurre in un linguaggio articolato i miao e i wufwuf che i loro alter ego si sgolavano a rispondere. Ma anche lì, alla fine, la faccenda si era risolta piuttosto semplicemente: era bastato aspettare che saltasse fuori la padrona dei cuccioli per fare tutte le domande a lei.
Kurt aveva sbuffato sonoramente nello scoprire l'identità della ragazza: -Non posso credere che esista un mondo dove io sono il tuo animaletto di compagnia- aveva brontolato ad una confusa Rachel Barry. -Deve essere una specie di Purgatorio...
-Scusa, ma tu chi sei? E perchè il tuo amico sta interrogando il mio cane?- aveva risposto la ragazza, piuttosto sopettosa.
-Mi chiamo Kurt.
-Oh, che coincidenza, ti chiami come il mio micet...
-Sìsì- aveva tagliato corto il ragazzo, sperando di poter cancellare anche la propria di memoria, per evitare che quell'imbarazzante universo lasciasse un qualche trauma nel suo povero cervello. Comunque, alla fine della fiera, anche lì se l'erano cavata egregiamente. Niente Trevor, ma il loro passaggio era stato indolore e la missione era stata portata avanti in maniera rapida ed efficiente.

Il disastro era capitato dopo, nell'universo successivo. Il quarto di fila che visitavano.

-No no e no!- stava ancora ripetendo Kurt, per l'ennesima volta. -Non è possibile, non è proprio possibile!
-Kurt, calmati. Quello che hai visto...
-Cosa, Blaine? Cosa? Non è reale? No, perché a me sembrava più che reale. E mi viene da vomitare solo a pensarci...
-Volevo dire che riguarda un mondo diverso dal nostro, con regole differenti e logiche differenti. Quello che succede lì, non può riguardare anche te. La tua realtà è soggetta ad equilibri diversi.
Ma Kurt non ascoltava, il suo viso era pallidissimo, ancora più del solito, e le mani gli tremavano leggermente.
-Ma quali regole e regole!- eruppe infine. -Io sono un ragazzo Blaine, un maschio per la miseria!
Blaine sorrise suo magrado: -Sì, lo so.
-E allora mi spieghi come cavolo faccio a rimanere incinto, eh?- stavolta Kurt stava proprio urlando, per fortuna era notte e attorno a loro non c'era nessuno. -Non ho utero, non ho ovaie. Dove, e come!, dovrebbe svilupparsi questo bambino secondo te?
-Ma certo Kurt, tu non puoi rimanere incinto. E' impossibile.
-E allora perché quell'altro Kurt lo era, invece?
-Ma io non saprei che...
-Ma soprattutto, si può sapere secondo loro da dove cavolo dovrebbe uscire fuori il marmocchio?- stavolta Kurt sembrava proprio terrorizzato.
-Secondo loro? Loro chi?- chiese flebilmente Blaine, senza ricevere nessuna risposta.
No, decisamente l'incontro con Kurt Incinto e Blaine Inseminatore Selvaggio non era stato vittorioso. Nel vedere il suo alter ego col pancione Kurt era veramente andato fuori di testa, a metà tra il terrorizzato, il disgustato e l'incredulo. E a Kurt Incinto, nel trovarsi di fronte il suo alias a ventre piatto, erano quasi venute le doglie. Insomma, un casino immenso in cui Blaine aveva dovuto destreggiarsi tra il chiedere ai loro doppioni se conoscessero Trevor e tenere a bada Kurt che si nascondeva dietro la sua schiena piagnucolando: -Andiamo via, andiamo via! Apri il varco, Blaine!
-Kurt, devi cancellare loro la memoria- aveva sibilato a quel punto Blaine, mentre Kurt Incinto e Blaine Inseminatore li guardavano un po' spaventati. Ma Kurt si rifiutava di guardare Kurt Incinto negli occhi e a Blaine Inseminatore neanche voleva avvicinarsi (e se ci riuscisse anche tramite sguardo eh? Che farei allora? No, non voglio rischiare, tienimelo lontano!). Alla fine ce l'avevano fatta ma era stata un'impresa sfiancante e Blaine, dopo un breve salto nello Spazio Intradimensionale, era atterrato nel primo universo che gli era capitato a tiro, desideroso solo di dare una calmata a Kurt, sconvolto come non mai.

-Sono un maschio, cazzo! I maschi non gestano!- continuava a mormorare Kurt, abbracciandosi protettivamente.

Blaine sospirò, frustrato, e si diede un'occhiata attorno.
Si trovavano in un quartiere periferico e piuttosto degradato di una qualche cittadina non meglio identificata. Poteva essere tanto Lima, quanto Westerville, quanto Sidney. C'erano solo case tristi e anonime, tutte intorno. Era notte fonda e il clima sembrava più simile a quello del McKinley pietrificato (autunno quindi) piuttosto che degli altri universi dove erano finiti. Non c'era niente lì attorno che sembrava poter avere a che fare con uno di loro due, anche se ci doveva pur essere un motivo se erano comparsi proprio in quella stradaccia malfamata. Comunque era notte fonda, dovunque si trovassero e qualunque cosa avessero deciso di fare, avrebbero comunque dovuto aspettare che facesse giorno.

-Kurt, piccolo, sei sconvolto, e stremato- disse Blaine, guardando l'orologio. Segnava il giorno 6 ottobre, ore 12.14 del mattino. I cambi di dimensione non avevano sconvolto il suo funzionamento e il piccolo Breil argentato continuava a segnare lo scorrere del suo tempo di origine, incurante di quello dei mondi in cui finivano. Questa sua incuranza dei salti dimensionali era molto utile per poter mantenere il conto dei giorni che ancora avevano a disposizione prima che tutto fosse perduto. Potevano finire in pieno Rinascimento, o nel futuro, in America o in Antartide ma, grazie a quel punto di riferimento attaccato al polso di Blaine, erano comunque in grado di avere sotto controllo la loro personale linea temporale.

-E poi anch'io non ce la faccio più- aggiunse il ragazzo, ritornando a prestare attenzione a Kurt.- In fondo, a pensarci bene, mi stupirebbe il contrario, sai? Siamo in piedi quasi da 28 ore consecutive.
Kurt sospirò e annuì, fissando un punto indefinito del marciapiede.
Era proprio andato, ma non c'era da biasimarlo troppo. Effettivamente, anche se sembravano secoli, era stata solo la mattina precedente quella in cui erano saliti sul traliccio del McKinley, Trevor aveva fatto scoppiare la tempesta di luce azzurra in saletta radioamatori ed erano scappati alla Dalton in cerca di risposte. Da quel punto in poi non si erano fermati un attimo, e adesso era più che comprensibile quel crollo emotivo di Kurt, dovuto probabilmente più alla spossatezza che all'effettivo grottesco dell'incontrare la sua copia incinta... Beh, no, in effetti la copia incinta era stata una bella mazzata a prescindere.
Blaine, esausto a sua volta, si sforzò di mantenere un atteggiamento costruttivo.
- Ti dico io che cosa facciamo: adesso io e te cerchiamo un posto dove fare una bella dormita.
-Ma la missione...
-La missione può aspettare- non era vero, e lo sapevano entrambi. Si scambiarono uno sguardo denso e Blaine si schiarì la voce, determinato a non arrendersi: -Voglio dire che non possiamo di certo salvare il mondo se cadiamo a terra stecchiti perchè non abbiamo recuperato un paio d'ore di sonno, non credi?
Kurt annuì a malincuore. Lo shock e la stanchezza avevano intaccato anche la sua loquacità, gravissimo segno.
Blaine si guardò intorno con più attenzione, alla ricerca di un posto in cui riposare. Un hotel, un bed&breakfast, un ostello, qualsiasi cosa utile per poter riprendere fiato. Quella strada faceva davvero schifo, sporca e anonima, non c'era traccia né di un bar, né di qualche negozio (fosse pure chiuso vista l'ora) o di un qualsiasi punto di aggregazione. Solo case fatiscenti e spoglie e, poco più in là, un brutto complesso residenziale di quelli che sembravano costruiti apposta per farci abitare bagascie e papponi di infimo livello. Ad aguzzare meglio la vista c'era una piccola insegna però, all'imbocco della stradina che conduceva al parcheggio di quella specie di residence. Blaine fece per avvicinarsi e guardare meglio: "Appartamenti Forestwood" dicevano le poche lucine lampeggianti che ancora funzionavano, ma a ben guardare sembrava piuttosto un motel ad ore. Un pessimo motel ad ore, ma era pur sempre meglio che sdraiarsi a dormire su una panchina. L'unica luce accesa era quella che proveniva da una stanzetta al pianterreno, sulla porta c'era una targa in plastica sbeccata che diceva "segreteria"; dall'interno giungeva l'inconfondibile rumore di un videogioco sparatutto acceso a volume un po' troppo alto e un pesante odore di fritto rancido che fece storcere il naso a Kurt.
Blaine stava quasi per cambiare idea, girare i tacchi e andare a cercare altrove, ma guardando in alto si accorse che il cielo sopra di loro cominciava a tingersi di quel tipico verde-rosa che precede l'alba, segno che ormai erano andati anche oltre la classica concezione di "notte fonda". Avevano bisogno di riposare, e presto, perciò bussò alla porta ed entrò.
-Ciao- disse all'adolescente che stava pigiando freneticamente sui comandi della playstation, intento a giocare all'ultima versione di Candyklaine (praticamente tu eri Candy, una figacciona in bikini, e dovevi uscire da una fabbrica abbandonata pullulata di nemici, sparando e squartando tutto quello che capitava sul tuo cammino e ogni volta che riuscivi ad ammazzare qualcosa Candy si toccava le tette e gridava: "klaine!!"). Lo sguardo del brufoloso bambacione era mesmerizzato sulla scena del gioco dove litri di sangue finto schizzavano pixel rossi su tutto lo schermo.
-Quante ore vuoi restare?- chiese il giovinastro senza neanche voltarsi a guardarlo in faccia.
Il meno possibile, pensò Blaine, ma si limitò a ripondere: - Una mezza giornata.
-Sessanta bigliettoni, appartamento 4C. La chiave è lì sopra, niente schiamazzi- spiegò il ragazzo, senza mai voltarsi, troppo preso dall'ebrezza di essere riuscito finalmente a conquistare un Uzi che gli avrebbe permesso di far saltare il cervello a quello zombie nefasto che era appostato alla fine del livello. Con la coda dell'occhio controllò che il tizio lasciasse sul banco i soldi, per poi disinteressarsene subito dopo. I pervertiti che venivano lì a scopare a tutte le ore o a smaltire le sbornie prima di tornare in ginocchio dalle mogli che li avevano sbattuti fuori di casa non meritavano nemmeno che mettesse in pausa il game ma appena la porta si richiuse al ragazzo sorse un dubbio. Non lo aveva già visto, questo qua? Ma proprio mentre stava facendo mente locale un killer armato di machete sbucò fuori da dietro un cassonetto e gli si avventò addosso, intenzionato a squartargli le tette. Tumm, rippp, pang, bang, bang, stomp,klaineeee!!!! Dannazione, aveva salvato la pelle (e le zinne) ma si era giocato l'Uzi! Adesso avrebbe dovuto procurarsene un altro, pensò il ragazzo imprecando, l'immagine dello sconosciuto di poco fa già persa. Erase the loser, start new level!

***

Il loro appartamento si trovava al secondo piano e anche nel buio della notte ormai agli sgoccioli si vedevano perfettamente le pessime condizioni del palazzo, i muri rotti e fatiscenti e la finestra di quello che senza ombra di dubbi era il loro appartamento, quasi alla fine del secondo piano, che stava per sgretolarsi.
Kurt non parlava, e la sua espressione era qualcosa di indefinibile a metà tra lo sfinimento e il disgusto e Blaine, ormai allo stremo anche lui, infilò la chiave in una toppa che sembrava stesse per smontarsi da sola. Di certo, se qualche malintenzionato avesse avuto voglia di entrare, chiudere a chiave sarebbe stato completamente ininfluente per la loro salvezza.
Il piccolo monolocale che trovarono al di là dell'uscio non aveva nulla di accogliente, ma il letto stava lì, al centro della stanza, ed esercitava l'unica attrattiva decente del luogo. Vi crollarono sopra senza troppi complimenti, e prima che riuscissero a scambiarsi anche solo mezza parola stavano entrambi dormendo sfiniti.
Blaine riaprì gli occhi solo molte ore dopo, quando la luce del sole riuscì ad essere abbastanza fastidiosa persino attraverso quei vetri sporchi. Si tirò su senza capire dove si trovasse e solo quando vide Kurt che risposava lì accanto riuscì a riprendere un po' la fila dei pensieri. Blaine non aveva riposato benissimo, l'ansia sempre presente a pungolarlo, e probabilmente era stata l'ansia a svegliarlo, più che il sole, una volta che la spossatezza si era un po' attenuata. Il suo orologio adesso segnava le 18.22, avevano dormito all'incirca sei ore, un tempo più che sufficiente per rimettersi al lavoro. Blaine avrebbe dovuto svegliare Kurt, e poi mettersi alla ricerca dei loro doppioni insieme a lui, e subito.
Eppure... eppure Kurt stava riposando in maniera così pacifica e profonda che non se la sentiva proprio di disturbarlo. Si perse per qualche istante a contemplare le sue labbra morbide leggermente dischiuse e il delicaro rossore delle sue guance, così liscie e soffici che subito gli venne voglia di passarci sopra la punta della lingua per vedere se anche in quel momento, dopo tutto quello che avevano passato, avevano ancora quel delicato sapore di vaniglia e cocco che lo faceva impazzire. Il sapore di Kurt, che riusciva in qualche misteriosa maniera ad essere al tempo stesso mascolino e fruttato, inebriante e fresco. Blaine si abbassò fino a sfiorare il suo viso con la punta del naso, sarebbe bastato allungarsi un po' per baciargli le tempie e poi scendere dolcemente ed implacabilmente alla mandibola, e poi quella zona paradisiaca dietro l'orecchio e infine il collo di Kurt, ovvero il suo personale giardino dell'Eden. Ma Blaine si fermò ancora prima di cominciare, bloccato dall'immagine del Kurt terrorizzato che la sera prima si rifiutava anche solo di ricevere un paio di pacchette sulla schiena.
Maledizione! Blaine era più che certo che si fosse trattata di una semplice reazione isterica dovuta alla stanchezza, non c'erano dubbi. Eppure l'idea di Kurt che lo respingeva gli rendeva la bocca amara e lo feriva. Che cosa avrebbe fatto se si fosse ostinato nella sua repulsione anche quella mattina? Non voleva pensarci. Sospirando si alzò, cercando un'ispirazione che sicuramente la topaia dove si trovavano non contribuì a fornire quindi si sforzò di fare mente locale.
Sicuramente a Kurt avrebbe fatto più che bene dormire un altro paio d'ore. Nel frattempo lui sarebbe uscito a farsi un giretto e avrebbe tastato un po' il terreno. Se fosse venuto fuori che la città dove si trovavano era Lima, avrebbe potuto andare a cercare Trevor per conto suo. Se lo avesse trovato, tanto meglio, altrimenti si sarebbe comunque avvantaggiato colo lavoro permettendo a Kurt di riposare un po' di più. E pazienza se poi sarebbe toccato tornare sui loro passi per cancellare le memorie, intanto avrebbe permesso al suo ragazzo di riposare ancora un po'. Mentre si avviava all'uscita e scendeva le scale gli cadde l'occhio su alcune buste che sporgevano dalla buca della posta della reception. Erano alcuni solleciti per bollette non pagate insieme al giornale locale e l'indirizzo svelava senza ombra di dubbio che effettivamente si trovavano a Lima. Mentre camminava diretto fuori dal residence si chiese come mai la luce azzurra li avesse scaraventati in un quartiere così malfamato piuttosto che al McKinley o alla Dalton. Dalla data sul giornale aveva visto che era domenica, quindi forse non erano finiti a scuola perchè di domenica la scuola è ovviamente chiusa. Con ogni probabilità Kurt viveva anche in quel mondo, al suo solito indirizzo, perciò Blaine pensò che tanto valesse avviarsi lì.



***


Kurt camminava per i corridoi del McKinley con passo lieve. Non era meravigliato di trovarsi di nuovo in mezzo ai suoi compagni pietrificati, ad aggirarsi tra le aule che per tanti giorni erano state la sua prigione dorata.
Passò accanto alla saletta radioamatori e anche senza sporgersi a sbirciare sapeva che al suo interno i tavoli e le apparecchiature erano tutte all'aria, distrutte dalla tempesta di luce azzurra del giorno precedente. Non fu meravigliato però di sentire ancora una delle ricetrasmittenti funzionanti gracchiare al nulla intorno l'unica frase che era stata capace di emettere in tutta quella storia: "Redention Lake Camp! Redention Lake Camp! Redention Lake Camp!"
Senza dedicargli più attenzione del necessario Kurt passò oltre, scese le scale, superò le cucine e gli spogliatoi delle cheerleader per ritrovarsi di nuovo nella sala del glee.
Kurt sapeva, in qualche misterioso modo, cosa stava succedendo.
C'era Trevor seduto sulla sedia che di solito occupava Tina, e stava strimpellando oziosamente una delle chitarre. Arpeggiava piuttosto bene.
-Suoni?- gli chiese Kurt scioccamente.
Trevor alzò lo sguardo su di lui. Era spento e annoiato.
-Suonavo qualche anno fa, ma mio padre mi ha fatto smettere.
-Perchè?
-Lui dice che la musica è roba da femminucce.Ma io ho continuato a studiare per conto mio.
-Sei bravo- disse Kurt, sedendosi vicino a lui. Trevor fece spallucce, senza perdere la sua espressione indifferente. Rimasero entrambi in silenzio per un po', persi ognuno nei propri pensieri.
-Mi piaceva scrivere canzoni- continuò a raccontare Trevor dopo un po'.- Prima scrivevo le parole, poi con la chitarra cercavo una melodia che potesse adattarsi. So che i veri compositori fanno il contrario, prima la musica e poi le parole, ma a me riusciva meglio in quest'altro modo.
-Non devi giustificarti. Ognuno si esprime nella maniera che gli è più congeniale- rispose Kurt con dolcezza. Anche se quel ragazzino aveva messo sia lui che Blaine in un mare di guai, lui non riusciva a provare nei suoi confronti sentimenti di rabbia o risetimento. Quando guardava Trevor sentiva sempre e soltanto un'enorme tenerezza e il desiderio di vedere brillare di gioia quei suoi meravigliosi occhi turchesi. Ma a giudicare dall'abisso che vi scorgeva, quell'obbiettivo non era mai stato così lontano.
-Comunque adesso non lo faccio più- aggiunse il ragazzino, senza guardarlo negli occhi. -Ho smesso di comporre, così come ho smesso tutto il resto.
A Kurt vennero i brividi, ma sapeva che non doveva darlo a vedere. Se voleva venire a capo della situazione, doveva assolutamente far confidare Trevor, dimostrargli che poteva fidarsi di lui.
-Coma mai?
-Un giorno ero seduto sulla gradinata della scuola- iniziò a spiegare. -Stavo aspettando la fine della pausa pranzo e intanto scrivevo una poesia sul mio taccuino. Sai, io avevo questo taccuino speciale dove scrivevo solo ed unicamente le mie poesie, e poi quelle più belle le musicavo e le trasformavo in canzoni. A quella lì in particolare ci avevo lavorato tanto, erano più di sette giorni che la cambiavo e la aggiustavo.
Kurt annuì, impallidendo. Perchè gli era familiare quella storia? Perché gli veniva ostinatamente in mente l'immagine di un cappoto disegnato e ridisegnato centinaia di volte, modificandolo in continuazione?
-E dopo cosa è successo?
Trevor deglutì, con la voce che divenne quasi un bisbiglio:
-Mitch mi ha visto. E' venuto da me e mi ha strappato il blocco dalle mani. Ha letto le mie poesie ad alta voce, davanti a tutti. Si sono messi a ridere prendendomi in giro. Poi Mitch e un paio di suoi amici hanno stracciato il mio quaderno, dicendo che non valeva la pena neanche di pulircisi il sedere, con quella roba.
A Kurt si gelò il sangue nelle vene. Era la stessa cosa che era accaduta a lui con Dave, Azimio e il suo blocco per gli schizzi. Ma che diamine voleva dire?
Per fortuna Trevor non si accorse del suo smarrimento.
-Da quel giorno non ho scritto più canzoni- concluse amaramente, mettendo via la chitarra ed alzandosi.
-Aspetta- lo chiamò Kurt. -Ti prego, ripensaci. Non distruggere il mio mondo.
Trevor gli sorrise, ma sarebbe stato meglio che non lo avesse fatto. Il suo sorriso era così tragico e vuoto, che a Kurt sembrò quasi che si aprisse una voragine nera ai loro piedi.
-Stai tranquillo mio piccolo e dolce Kurt, ho già pensato a tutto. Non sentirai nessun dolore. Ancora pochi giorni e ci sarà solo pace.
Fu in quel momento che Kurt si ricordò di Blaine e del motel squallido dove si erano addormentati la notte precedente. Non poteva trovarsi veramente al McKinley pietrificato, c'era solo una spiegazione logica a quella situazione.
-Questo... questo è un sogno, vero?- chiese e a quella domanda Trevor aggrottò la fronte, un po' stupito.
-Perché me lo chiedi? Le altre volte non lo era, forse?



***



Kurt spalancò gli occhi e si tirò a sedere col fiato in gola. Aveva sognato di trovarsi al McKinley pietrificato e di incontrare Trevor. Ma accidenti, sembrava così vero... e se non fosse stato un sogno? E se in qualche modo lui e Trevor fossero riusciti a mettersi in contatto, per qualche sorta di arcana telepatia? La storia delle poesie somigliava in maniera inquietante a quella dei suoi bozzetti di moda, cosa poteva voler dire? Ma soprattutto... perché Blaine non si trovava nella stanza del motel?
Kurt non ebbe tempo di spaventarsi, perchè notò sopra al cuscinolì accanto il solito origami a forma di fiore che gli strappò un sorriso. Tutto sommato Blaine stavano migliorando con quelle sue creazioni. Adesso almeno si capiva che erano dei fiori, anche se l'aspetto era comunque asimmetrico e sbilenco.
"Aprimi" c'era scritto su uno dei petali.

-Oh, adesso sono diventato Alice?- chiese scherzosamente alla stanza vuota. -Pensavo di essere Dorothy...

"Vado in avanscoperta, tu riposa ancora un po' e aspettami" diceva il bigliettino, una volta dipanato e Kurt lo prese in parola.
Blaine sapeva quello che faceva, lo sapeva sempre, quindi sicuramente era uscito perché voleva guadagnare tempo. Se poi avesse avuto bisogno di lui per cancellare la memoria di qualcuno, gli sarebbe bastato tornare indietro e venire a chiamarlo.
Blaine... Kurt sospirò al pensiero.
Con Blaine lui si sentiva a casa, al sicuro, protetto. Anche in quella situazione disperata, con il timer delle loro vite a fare il conto alla rovescia, gli bastava averlo vicino per sentire che in qualche modo tutto si sarebbe aggiustato.
Ma c'era anche qualcosa che lo bloccava.
Da quando si era reso conto che Blaine sapeva più di quel diceva e che gli teneva nascoste delle cose, delle cose che sicuramente riguardavano il loro rapporto, Kurt avvertiva un nodo serrargli la gola tutte le volte in cui l'altro aveva cercato di avvicinarsi a lui in modo fisico.
Kurt adorava i baci e gli abbracci di Blaine e, anche se ancora non si sentiva pronto per andare troppo oltre quel loro livello di intimità, desiderava in continuazione il suo tocco e la sua vicinanza. Anche mentre saltavano a destra e sinistra per lo Spazio Intradimensionale, c'era sempre una piccola parte del suo cervello che rimaneva focalizzata lì. Blaine, Blaine, le labbra di Blaine, le mani di Blaine, baci, carezze, pelle, profumo, calore, urgenza, Blaine. Una vocina spesso sopita ma mai muta che, a conti fatti, gridava sempre la stessa cosa: desiderio.
Eppure.
Eppure da quando sapeva di essere tenuto all'oscuro di parecchie cose, non riusciva più ad abbandonarsi a quell'istinto.
Eppure da quando era venuta fuori tutta quella storia si sentiva trattato come un bambino a cui si deve raccontare una verità edulcorata.
Eppure da quando aveva visto Kurt Incinto per la prima volta in vita sua pensava al sesso come a qualcosa di grottesco.
E adesso, mentre si faceva una doccia veloce e sommaria nel bagno sporco di quel residence era preoccupato per la prima volta in vita sua di come comportarsi quando avrebbe rivisto Blaine. Non sapeva se, una volta che il ragazzo lo avrebbe stretto tra le sue braccia cercando i suoi baci, avrebbe vinto la vocina insistente che diceva lasciati andare o si sarebbe fatto intrappolare da tutti quegli eppure.
Forse un po' d'aria lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee, si disse, rimettendosi i suoi soliti jeans e una maglietta di cotone pulita.
Per fortuna quando erano finiti nel mondo di Kurt Gatto e Blaine Cane era riuscito a ritagliare una mezz'ora per andare nel centro commerciale a comprare qualche bene di prima necessità utile per il loro viaggio. Poche cose: un borsone poco ingombrante in cui lui e Blaine avevano stipato un paio di cambi, le giacche a vento comprate a New York e l'occorrente per lavarsi. Blaine aveva insistito molto perchè viaggiassero leggeri e prendessero solo lo stretto indispensabile, bocciando quasi tutto quello che Kurt aveva proposto come tale (mi vuoi spiegare a cosa ti serve uno scrub specifico per le caviglie mentre stai cercando di ritrovare Trevor?). Era poi rimasto meravigliato quando aveva pagato i loro acquisti (solo 125 dollari, era stato bravissimo con quei saldi!) con la carta di credito di Rachel, la proprietaria dei due animaletti..
-Ma come...?- aveva provato a chiedere, meravigliato.
-Mi sa che, inavvertitamente, deve essermi finita tra le mani mentre le cancellavo la memoria...- aveva risposto Kurt con nonchalance, porgendola alla cassiera che, per fortuna, neanche si degnò di controllare il nome che c'era scritto sopra. O forse sarebbe meglio dire che Kurt aveva casualmente rilasciato un po' del suo potere per far dimenticare alla ragazza di controllare il nome scritto sopra la visa. Blaine aveva fatto per ribattere qualcosa, ma non era riuscito a trovare nulla di incisivo e così dopo aver boccheggiato un paio di volte come un merluzzo attaccato all'amo, aveva optato per aggiungere al conto un tubetto di gel e buonanotte al secchio.
A ripensarci adesso, appoggiato sulla balaustra esterne di quel posto schifoso, a Kurt venne da ridere. Chissà se anche in quella dimensione avrebbe trovato una Rachel Barry da derubare? La sua risata fu interrotta da una voce alle sue spalle:
-Sei tornato.


***


Blaine stava di fronte alla casa degli Hummel, incerto sul da farsi. La scritta sulla cassetta delle lettere confermava che quella era, anche in quel mondo, la casa di Kurt, proprio come lo era stata nel mondo precedente. Ma adesso che si trovava lì, che cosa era più saggio fare?
Avrebbe potuto suonare alla porta cercando di spacciarsi per il Blaine suo doppione, quello che viveva in quella realtà alternativa. Un'opzione un po' da pazzi: prima di tutto non era neanche troppo sicuro che lui e Kurt in quel mondo si conoscessero e, se sì, non sapeva in quali termini e in quali condizioni versava il loro rapporto. Insomma, suonare alla porta sembrava un'azione assolutamente da incosciente.
Ma, tutto sommato, era anche la cosa più semplice da fare. In fondo l'informazione che gli serviva era molto facile da estirpare, con un po' di fortuna avrebbe potuto cavarsela improvvisando.
Andare, suonare, fingersi il suo alter ego e, distrattamente, domandare di Trevor per poi svignarsela in tutta eleganza. Quello era il piano e non c'era niente di più semplice.

Peccato che quando suonò il campanello e Burt Hummel aprì la porta, gli bastò un'occhiata veloce all'uomo per capire che quella era stata la più miserabile tra tutte le idee miserabili che fossero mai state concepite in tutti gli universi esistenti.
Al solo guardarlo, la faccia di Burt divenne paonazza, tanto che per un attimo Blaine pensò che potessero scoppiargli le coronarie, ma fu un pensiero veloce, scacciato subito dalla paura provocata dalla mano che lo afferrava per il bavero e quasi lo sollevava da terra.
-Come osi presentarti in casa mia dopo quello che hai detto a mio figlio- sputò fuori il signor Hummel, con gli occhi iniettati di rabbia.
Ok, evidentemente il suo alter ego non era in rapporti idilliaci con Burt, si annotò mentalmente Blaine, sperando di non rimetterci le penne.
-Signor Hummel, si calmi per favore- mugulò per quel poco che gli permetteva la poca aria che riusciva a respirare sotto quella morsa.
-Non voglio vederti vicino a casa mia, o a mio figlio. Tu prova ancora a mostrarti in questi paraggi e farai amicizia con il mio fucile, sono stato chiaro?
-Cristallino, signore- rispose Blaine, che cominciava a temere di rimanerci secco, ma per fortuna la presa di Burt si allentò lasciandolo cadere in malomodo sulla veranda. Guardandolo dal basso in alto, pur spaventato dalla reazione violenta dell'uomo, Blaine non potè fare a meno di registrare che il padre di Kurt non aveva affatto una bella cera. Avrebbe voluto dirgli di riguardarsi, di mettersi seduto, ma anche stavolta i suoi pensieri furono deviati dal dito indice puntato davanti alla sua faccia.
-Non mi interessa se ti sei tolto la ferraglia dalla faccia e ti sei messo addosso un vestito decente. Sei e rimani un coglione da quattro soldi. Stai lontano da Kurt o sarai un coglione morto.
Burt fece per rientrare in casa e Blaine si disse che il momento era adesso, o mai più.
-Va bene, ma non lascerò perdere Trevor- disse, gettando l'esca.
Burt, già arrivato all'uscio della porta, si voltò a guardarlo come se fosse pazzo.
-Chi?- chiese, e a Blaine non servì altro per rialzarsi, girare i tacchi e svignarsela a gambe levate.


***


Kurt si voltò frastornato, e la sua confusione aumentò quando vide di fronte a lui Blaine, che lo fissava con uno sguardo luminoso, quasi raggiante. Ma perché era lì? Non doveva andare in avanscoperta?
Fu un attimo e quello sguardo dolce cambiò: la gioia pura e schietta si trasformò in qualcosa di diverso e tutto ad un tratto sembrava quasi che Blaine volesse mangiarlo in un boccone. E, in meno di mezzo secondo, Kurt mise meglio a fuoco, realizzando che quello che aveva di fronte non era davvero Blaine. O meglio, non era il suo Blaine.
Questo qua - che, oh mio Dio, stava avanzando verso di lui con le stesse movenze feline di un puma che sta per saltare alla giugulare di un daino - insomma questo Blaine qua aveva le orecchie e un sopracciglio martoriati dai pearcing, vestiva come se fosse appena sbarcato da una nave di profughi (e il che su di lui donava!! Ma come era possibile?) e, particolare più inquietante di tutti, attaccata al suo stivale c'era una di quelle cavigliere che la polizia metteva ai detenuti in libertà vigilata per monitorare i loro spostamenti. Uno stinco di santo, pensò Kurt tra l'ironico e lo spaventato.
-Vuoi il secondo round, dolcezza?- stava chiedendo Blaine Ragazzaccio, tutto strafottente. Kurt cercò di indietreggiare, ma la balaustra alle sue spalle gli impediva una via di fuga. Blaine Ragazzaccio gli afferrò i fianchi con le mani callose e, anche se Kurt sapeva che tutto, ma proprio tutto, di quella situazione era sbagliato, non potè impedire ad un brivido di piacere di percorrergli la spina dorsale.
-E' da giovedì scorso che fai il prezioso- continuò Blaine Ragazzaccio, sfiorandogli il collo con le labbra, il suo respiro una dolce tortura. -Te l'ho già detto. Non penso sul serio che sei una puttana, smetti di scappare, piccolo. So che lo vuoi anche tu...- e con queste parole lo baciò, con urgenza, impeto, e disperazione, come Kurt non era mai stato baciato prima di allora.
Non tanto perché i baci del suo Blaine non fossero altrettanto celestiali, al contrario!
Ma questo Blaine qui aveva qualcosa di completamente diverso, qualcosa che Kurt non sapeva definire, qualcosa che... oh cacchio... non era possibile... questo Blaine qui aveva un fottuto pearcing sulla lingua! Una pallina metallica dalle mille meraviglie con cui il malefico bastardo stava giocando una impertinente partita a flipper dentro la sua bocca.

All'improvviso Blaine Ragazzaccio si staccò da lui. Stavolta nei suoi occhi non c'erano più né gioia né strafottenza, ma tanta confusione.
-Non capisco, piccolo- mormorò senza mollare la stretta quasi oscena con cui lo teneva avvinghiato. -C'è qualcosa che non va, ma non riesco a capire cosa...
Kurt deglutì vistosamente, prima di riuscire a soffiare fuori, con una vocina timida timida: -Vedi, è che io in realtà non sono il tuo Kurt...
Blaine Ragazzaccio sbuffò, un po' spazientito: -Ah no? E chi saresti allora?
-E' il mio Kurt- rispose una voce alle loro spalle. -E ti pregherei di togliere le zampe dal suo culo.

Blaine, il suo Blaine, stava salendo le scale del residence a grandi falcate e in un battibaleno li raggiunse, afferrò Blaine Ragazzaccio per le spallee lo spintonò lontano. Blaine Ragazzaccio non oppose resistenza, tanto era grande l'espressione di stupore nel troversi di fronte ad un suo alter ego ovviamente identico a lui (altrimenti che alter ego era?), senza pearcing, geloso e incazzato come Otello.

-Adesso ho capito perché Burt Hummel era fuori di sé- disse Blaine, mettendosi in mezzo tra Blaine Ragazzaccio e Kurt (il quale non riusciva però a impedirsi di lanciare delle discrete sbirciatine da sopra la sua spalla).-Tu sei un porco! Non so cosa hai fatto al tuo Kurt, ma qualsiasi cosa sia, non ti azzardare ad avvicinarti al mio!
Blaine Ragazzaccio si riprese dallo stupore quasi subito e il ghignetto strafottente tornò a dipingerglisi sulla faccia.
- Il mio Kurt è galassie avanti al tuo, sottospecie di replicante che non sei altro - rispose sardonico. -Ma se vuoi fargli fare un po' di allenamento con un vero professionista, basta dirlo. Lasciamelo una mezza giornata e te lo addestrerò a dovere, fratellino. Lo avrai in ginocchio con uno schioccar di dita.
A quelle parole Blaine fece per scaraventarglisi addosso e prenderlo a pugni, ma Blaine Ragazzaccio fu veloce a scansarlo evitando il gancio diretto alla sua mascella.
-Blaine, fermati- strillò Kurt, afferrandolo per le spalle.
Blaine Ragazzaccio sembrava divertirsi un mondo.
-Chi siete, dei mutanti?- chiese sempre più oltraggioso. -Qual'è il tuo superpotere, verginello bello? L'orgasmo in la diesis?
Blaine, tra le sue braccia, ruggì e Kurt, senza mollare la presa dal suo ragazzo inferocito, fece solo in tempo a urlare: -Conosci Trevor?
Blaine Ragazzaccio rimase un attimo interdetto da quella domanda estemporanea.
-Siete fumati tutti e due?- chiese, grattandosi la testa. - Chi è questo tizio? Le cose a tre mi interessano fino ad un certo punto.
A Kurt non servì altro. Spinse via il suo Blaine, con abbastanza forza da sbilanciarlo in avanti e fargli perdere qualche attimo prezioso nel tentativo di recuperare l'equilibrio. Quindi afferrò Blaine Ragazzaccio per il polso e poggiò la sua fronte contro quella dell'altro.
-Dimenticami, dimentica tutto- disse, fissandolo negli occhi. Si maledisse perché nel breve attimo di quello scambio di sguardi qualcosa di primitivo e animalesco vibrò nel profondo dei suoi sensi, cosa che Kurt non avrebbe mai voluto, ma quel diavolo scatenato era una forza della natura! Non c'era verso di negarlo. Anzi, a dimostrazione di che razza di fenomeno fosse, Blaine Ragazzaccio si scrollò dalla sua presa e a tentoni arrancò verso il suo doppione che lo fissava furibondo. Sempre più frestornato e ottenebrato dall'incantesimo che lo stava vincendo, poggiò le mani sulle spalle di Blaine e mormorò:
-Lo vuoi voglioso come una sgualdrina, fratello? Dai retta a me, fatti il pearcing sulla lingua anche tu.

E con quest'ultima frase il suo sguardo perse completamente di vitalità e si fissò nel vuoto. Blaine Ragazzaccio aveva ceduto all'oblio, e presto nella sua memoria (e in quella di Burt Hummel, e del ragazzino flippato con i videogiochi) non sarebbe rimasta alcuna traccia del loro passaggio.
-Pearcing sulla lingua, eh? -chiese Blaine, voltandosi verso il suo ragazzo.
Kurt fece spallucce e ammise, con un sorriso candido: -In effetti non era niente male, sai?



***

Note di Oldlady:
Ho alcune scuse da porgere, ragazze mie.
A Candyklaine: scusa se non ti ho trasformata in un cocktail come avevo promesso, ma in un videogioco alla Lara Croft. Ma ci andava così a pennello, che non ho saputo resistere.
A chi segue: so che ci ho messo un tempo indecente ad aggiornare, ma davvero, quello schifoso schiavista vestito di rosso per cui lavoro quest'anno sta dando il peggio di sé. Per fortuna tra qualche giorno partirà per la sua annuale scorribanda notturna e da lì in poi dovrei tornare a fare una vita normale ed anche aggiornamenti normali. Sempre se il bastardone non decida di prestare me e i miei amici a quella megera che sta sempre a trafficare col carbone, in quel caso potrei avere ancora un paio di settimane di grane.
Vabbé, andiamo avanti.
Qual'era la fanfiction di questo episodio?
E' talmente facile che mi vergogno a chiederlo, ma come sempre la prima che indovina verrà citata nel prossimo capitolo, sotto qualche strana forma.
Ci vediamo alla prossima puntata ragazze, con la speranza di continuare a divertirvi.
Ah, e siccome me lo dite tutte quante, lo dichiaro qui una volta per sempre: The Sidhe ci sarà. Uh! Quanto ci sarà! Ma non per ora...
Fatemi sapere cosa vi è sembrato di questo episodio.
Buone feste.



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Capitolo 12
*** Il bullo ***


Dal capitolo precedente

 

-Lo vuoi voglioso come una sgualdrina, fratello? Dai retta a me, fatti il pearcing sulla lingua anche tu.

E con quest'ultima frase il suo sguardo perse completamente di vitalità e si fissò nel vuoto. Blaine Ragazzaccio aveva ceduto all'oblio, e presto nella sua memoria (e in quella di Burt Hummel, e del ragazzino flippato con i videogiochi) non sarebbe rimasta alcuna traccia del loro passaggio.
-Pearcing sulla lingua, eh? -chiese Blaine, voltandosi verso il suo ragazzo.
Kurt fece spallucce e ammise, con un sorriso candido: -In effetti non era niente male, sai?



12 Il bullo



-Basta, così non funziona! Stiamo solo sprecando energie- sbottò Blaine, appoggiando il borsone da viaggio sulla prima panchina che gli capitò a tiro per tirare fuori le loro giacche a vento.
Erano appena capitati di nuovo in un posto dove faceva un freddo cane, era notte e loro erano stanchi. Data ufficiale secondo l'orologio: 7 ottobre 2012, ore 21.17. Rimanevano solo otto giorni prima della fine e loro non avevano fatto il minimo progresso. Inoltre ignoravano quale fosse la data in vigore nella dimensione dove si trovavano in quel momento e non c'era nessun indizio in vista. La notte era troppo buia e densa. Si percepiva soltanto che attorno a loro c'era una fitta vegetazione, ma per quello che si distingueva poteva trattarsi tanto di Central Park quanto delle foreste canadesi.
-Già, sono d'accordo- mugugnò Kurt, mordicchiando svogliatamente una tavoletta di cioccolato sgraffignata dall'armadietto della Rachel Barry che avevano incontrato nel mondo precedente.

Dopo l'incontro con Blaine Ragazzaccio Blaine era stato di cattivo umore per tutta la giornata. Certo, era comprensibile che non gli avesse fatto piacere assistere al bacio con cui quel mezzo maniaco aveva stordito Kurt, il quale oltretutto secondo lui aveva opposto una resistenza un po' troppo flebile ma ormai per fortuna erano riusciti a superare il malumore derivato da quell'incidente grazie ad una serie pressocché infinita di rassicurazioni da parte di Kurt (no ti giuro, non è che baciasse meglio di te, era solo quel cavolo di pearcing, ma no che non è vero che non ti volevo baciare più, ero solo un po' stressato e sconvolto, certo che non ho rimpianti e non faccio paragoni, figurati, sì che voglio solo te, va bene va bene ti giuro che da qui in avanti non bacerò nessun altro Blaine all'infuori di te...) nonché una pausa di mezz'ora che il ragazzo aveva speso in uno sgabuzzino delle scope dimostrando a Blaine nella pratica quanto adorasse i suoi di baci.
Infatti, stanco dell'infinito imprecare contro pearcing e giubbotti di pelle da parte dell'altro, Kurt aveva impedito a Blaine di aprire l'ennesimo varco di luce azzurra e l'aveva spinto dentro il ripostiglio lì accanto, nel corridoio del MkKinley che stavano visitando in quel momento. Aveva chiuso la porta a chiave e si era poi tuffato sulla sua bocca con trasporto.
-Basta...smettila... devi... capire... che... io... voglio...- aveva detto Kurt intervallando ogni parola con un bacio sulle labbra o sul collo dell'altro -... solo... te.
Blaine aveva perduto tutte le lamentele, piacevolmente zittito da quella intraprendenza che si stava rivelando una gradita novità. Kurt fino a quel momento aveva sempre risposto con abbandono alle sue effusioni, ma non aveva mai preso l'iniziativa né tantomeno si era dimostrato audace. Oh Signore Santo, forse che finalmente le cose cominciavano ad andare per il verso giusto? Forse finalmente Blaine poteva sperare di avere l'unica cosa che aveva sempre desiderato? Difficile fare elucubrazioni con le mani di Kurt che carezzavano la sua schiena scendendo sempre più in basso.

Il fatto era che Kurt aveva iniziato non tanto a perdere i dubbi che aveva su Blaine e sui suoi segreti, ma ad infischiarsene. Il fattore determinante per questo cambio di rotta era stato, per ironia della sorte, proprio il bacio con Blaine Ragazzaccio. Kurt non poteva negare che Blaine Ragazzaccio fosse uno spettacolo della natura: sexy, arrogante, corpo da favola, aria pericolosa, esperto, passionale, sfrontato, audace e chi più ne ha più ne metta. Blaine Ragazzaccio era qualcosa di irresistibile e da quel poco che aveva potuto provare, baciava da Dio. Ma quello che il suo Blaine non riusciva a capire era che quel bacio, che sulla carta aveva tutti i numeri per essere un fuoco d'artificio ormonale, in pratica si era risolto come qualcosa di sbagliato. Ma non sbagliato come può esserlo un bacio indesiderato. No, era stato un bacio senza dubbio piacevole e intrigante, ma comunque sbagliato. Era come quando ci si mette a fare un puzzle e si trovano due pezzi che all'apparenza sono compagni ma poi, al momento di incastrarli, ci si accorge che invece non vanno insieme: per incastrarli bisogna forzare troppo, oppure troppo poco. Sembrano fatti l'uno per l'altro, la figura pare combaciare, invece poi non combaciano per niente. Il bacio tra lui e BlaineRagazzaccio era stato proprio così: all'apparenza sembrava perfetto, ma in realtà l'incastro non si era attuato. E BlaineRagazzaccio se ne era accorto eccome, perché si era ritratto e aveva mormorato tutto confuso: -Non capisco, piccolo. C'è qualcosa che non va, ma non riesco a capire cosa...
Certo, BlaineRagazzaccio non poteva capire, non aveva abbastanza informazioni, ma Kurt sì! Il loro bacio non funzionava perché lui e Blaine Ragazzaccio non erano fatti l'uno per l'altro, non erano destinati ad appartenersi. Provenivano da mondi diversi, avevano destini diversi, c'era qualcun altro in serbo per loro. Questo aveva portato Kurt a riflettere sul fatto che ogni singolo bacio che aveva dato al suo Blaine era sembrato giusto, travolgente ed immenso. Il puzzle tra di loro combaciava alla perfezione. Quindi questo, se la logica non era un'opinione, significava che anche se Blaine gli teneva nascoste delle cose, comunque era lui l'altra metà della mela. Era lui l'amore della sua vita. E probabilmente aveva anche dei buoni motivi per i suoi segreti. E se non li aveva... beh! Al diavolo! Probabilmente erano rimasti loro solo otto giorni da vivere, tanto valeva abbandonarsi e trarre il massimo che si poteva prima della fine.
E così, dopo una pomiciata da paura in quel ripostiglio, erano riusciti controvoglia a ritrovare un po' di lucidità per ricominciare il loro viaggio che, incredibile a dirsi e impossibile da comprendere, in quel momento era ancora la loro priorità.
Kurt e Blaine avevano ritrovato l'armonia, ma adesso, dopo altre tre visite a tre McKinley deludenti (ma tutti gli universi alternativi erano dentro al McKinley!!!???) Blaine cominciava ad essere di nuovo nervoso.
- Stiamo girando come delle trottole, senza un piano, senza una direzione. Hai visto quanti mondi ci sono nello Spazio Intradimensionale? Non riusciremo mai a trovare quello giusto, a meno che non ci capiti una botta di culo tipo Charlie Bucket che pesca il biglietto d'oro di Willie Wonka.
Kurt scoppiò a ridere suo malgrado.
-Non ci credo Blaine! Sul serio... La Fabbrica di Cioccolato?
Blaine sbuffò coprendosi il volto con le mani e massaggiandosi la fronte con piccoli movimenti circolari.
-Ehi, non ridere. E' un grande libro...- sospirò un po' offeso e un po' divertito al tempo stesso.
Kurt sorrise, guardando la tavoletta di cioccolato che ancora teneva tra le mani. Quasi per un benevolo scherzo della sorte la stagnola che la avvolgeva era dorata e così, piano piano, cercando di non romperla troppo, Kurt la aprì meglio che poteva. Poi si sedette accanto a Blaine e sventolò il foglietto davanti alla sua faccia, ancora affondata tra le mani.
-L'ho trovato nonno George, l'ho trovato!- squittì imitando la voce di un bambino.
Blaine sollevò la testa confuso e poi si arrese alla risata che suo malgrado gli distese il viso. Dio, quanto amava questo ragazzo!
-Devo iniziare a chiamarti Charlie?- chiese giocoso.
-Sempre meglio che Dorothy- sospirò Kurt, indugiando nello scherzo. Poi la sua voce cambiò tono. -Però devo darti ragione: stiamo sprecando energie girando a vuoto e le probabilità di incontrare Trevor sono quasi inesistenti. Tuttavia...
-Tuttavia?
-Stavo pensando a quello che aveva detto Isabelle quando ci ha spiegato la missione. Riguardo al fatto che tu possa scegliere il mondo verso cui dirigerti.
-Certo, se io sapessi dove dirigermi potrei concentrarmi su quel determinato mondo e... come dire... provare a chiamarlo a me! Il problema è che non ho la più pallida idea di cosa cercare, è per questo che continuiamo a saltare a casaccio di dimensione in dimensione.

Kurt si strofinò il mento.
-Sai, forse ci sbagliamo... - ma non riuscì a terminare la frase perchè fu interrotto da un vivace vociare alle sue spalle.

-Ce li vedi questi due a cantare insieme un pezzo delle Spice Girls dei tempi d'oro? -stava chiedendo qualcuno, tra le risate sganasciate di un numero imprecisato di individui e un paio di grugniti poco entusisti.

-Andiamo a vedere- bisbigliò Blaine prendendogli la mano e seguendo la direzione da cui provenivano le voci. Subito dietro agli arbusti che impedivano loro la vista si ritrovarono in un bel viale illuminato e contornato da palazzi antichi ed eleganti. Alcuni ragazzi con l'inequivocabile tenuta invernale della Dalton li stavano precedendo, sghignazzando euforicamente attorno a Kurt e ad un ragazzo piccolo e grazioso, dai capelli ramati. C'era anche Blaine nel gruppo di studenti, intento a dare delle benevole pacche sulle spalle tanto del suo Kurt quanto del piccoletto. Kurt e Blaine Viaggiatori dei Mondi tornarono a tuffarsi dietro al primo cespuglio quando si accorsero dei loro alter ego nella comitiva chiassosa. Dopo aver scherzato ancora un po' attorno a Kurt e al rosso, che evidentemente erano festeggiati per qualche misterioso motivo, andarono tutti a chiudersi dentro uno degli edifici.

-Ma siamo alla Dalton?- chiese Kurt perplesso, degnando ora il paesaggio attorno di molta più attenzione.

-Io... non lo so- sussurrò Blaine confuso. La sua Dalton, quella dove si era sentito un prigioniero per tutta la vita, richiamava parecchio un castello gotico o una magione inglese per quanto era tetra e ostile (o così almeno la percepiva lui), ma quel posto lì, da quanto poteva capire a causa dell'oscurità, era molto più vicina al college del film "L'attimo fuggente". Avanzando a piccoli passetti si avvicinò al portone della palazzina in cui erano scomparsi tutti quei ragazzi. Sopra l'ingresso torreggiava una elegante targa lucente che recava la scritta "Windsor House".

-E tu dicevi che la mia era una scuola per ricchi- esclamò il ragazzo ritornando dietro il cespuglio da Kurt. -Questi qua dormono in un posto che c'ha il nome dei reali d'Inghilterra!

-Saremo capitati nel mondo di Kurt e Blaine Miliardari?- chiese Kurt titubante, mentre dall'interno di Windsor House arrivavano confusi rumori di baldoria.

-Aspettiamo che finiscano di far bisboccia-propose Blaine. -Non ha senso presentarsi in un posto affollato dove probabilmente ci saranno anche i nostri alter ego. Non appena se ne andranno tutti a dormire cercheremo di trovare le stanze di Kurt e Blaine Miliardari e li interrogheremo.

-Magari Trevor frequenta questa scuola- ipotizzò Kurt.

-Ne dubito- fece Blaine scettico, gettando uno sguardo alla magnificenza di ciò che si poteva vedere alle luci dei lampioni. C'erano giardini pensili, statue, parchi e opulenza ovunque si voltasse. -Uno che frequenta una scuola come questa, non può covare troppi istinti distruttivi.

In quel minuto, sul viale che poco prima avevano percorso tutti gli altri, sopraggiunse di corsa un ragazzo dall'aria un po' malaticcia che, tutto sporco e inzaccherato, si precipitò dentro il portone di Windsor House. Se quella che avevano sentito prima era sembrata una baldoria, adesso impallidiva in confronto al boato che seguì l'ingresso dello strano ragazzino.

Buon compleanno, Dwight aveva gridato qualcuno e le mura dell'edificio avevano letteralmente tremato per l'esplosione di grida ed applausi e fischi e musica.

-Di sicuro questi ricconi si sanno divertire- aveva commentato Kurt, sedendosi su uno scalino di pietra che giaceva lungo il declivo alle loro spalle.

Blaine non commentò. Quanto era diversa questa scuola dalla sua! Le divise erano le stesse, ma ad una prima occhiata le somiglianze parevano finire lì. Non era riuscito neanche a riconoscere i ragazzi della comitiva. Sì, c'era poca luce, era vero, eppure nonostante l'oscurità aveva individuato subito la sagoma di Wesley Montgomery in mezzo a quei ragazzi, ma era l'unico che era riuscito a riconosere. Ma gli altri? Mai visti! Chi diamine erano tutti quei ragazzini festosi?

-Poco fa, quando eravamo alla panchina, stavo pensando una cosa- disse Kurt, interrompendo i suoi pensieri e riprendendo quel discorso di prima.

-Riguardo al viaggiare tra i mondi?

-Esatto. Riguardo alla possibilità di richiamare il mondo che stiamo cercando.

-Hai qualche idea di come possa fare?

-Beh, idee precise proprio no. Però stavo pensando che non è vero che non sappiamo niente di quello che dobbiamo cercare. Tutte le volte che ho parlato con lui Trevor si è sempre in qualche modo aperto con me, mi ha raccontato delle cose che lo riguardavano. Se noi potessimo ragionare su questi elementi, può darsi che riusciremmo a tirare fuori degli indizi su come muoverci, su cosa cercare.

-Certo!- esclamò Blaine. -Come ad esempio il fatto che sia vestito in abiti moderni ci fa escludere a priori che possa trattarsi di qualcuno che proviene da un mondo ambientato nel passato.

-Esatto!- confermò Kurt. - Proviamo a scrivere tutto quello che sappiamo di lui e usiamo questi elementi per trarre delle conclusioni che ci aiutino a navigare nello Spazio Intradimensionale!

Così dicendo Kurt palpò la giacca in cerca di un foglio ed una penna, per cominciare a buttare giù qualche appunto. Sfilò dalla tasca posteriore dei jeans un pezzo di carta un po' sgualcito e vide che si trattava dello spartito di quella canzone malinconica che aveva cantato accompagnato al pianoforte da Blaine uno dei primi giorni che erano stati al McKinley pietrificato. Il retro del foglio era pulito e Kurt iniziò a buttare giù velocemente tutto quello che ricordava:

1) Trevor
2) quattordici anni (quasi)
3) bullizzato perché sembra ancora un bambino
4) nome del suo peggior bullo: Mitch
5) rapporto teso con i genitori
6) prova vergogna (così mi ha detto più di una volta)
7) padroneggia enormi quantità di luce azzurra
8) Redention Lake Camp
9) 15 ottobre 2012

Kurt scrisse quell'ultima informazione con mano tremante. Il 15 ottobre, se avessero fallito, sarebbe stato il suo ultimo giorno di vita. E a guardarle scritte nero su bianco le informazioni finora in loro possesso sembravano ben misera cosa. Blaine, quasi leggendogli nel pensiero, gli posò una mano sulla spalla e si scambiarono un sguardo angosciato.

-Mercedes!- dal viale principale arrivò loro una voce che altri non era se non quella di Kurt Miliardario che correva nella fredda aria notturna, diretto verso quello che all'apparenza sembrava l'edificio principale del complesso.

-Seguiamolo- disse Blaine, afferrando Kurt per il braccio. -E' il momento ideale per chiedergli di Trevor!

-E se spunta fuori Mercedes?- chiese Kurt titubante.

-Vuol dire che farai il lavaggio del cervello pure a lei, coraggio andiamo!

I due ragazzi si precipitarono all'inseguimento di Kurt Miliardario, impresa che si dimostrò più ardua del previsto per colpa dell'oscurità. Le lampade decorate che illuminavano i viali della scuola emettevano una flebile ed insufficiente luce arancione e non era facile destreggiarsi perché nessuno di loro due, nemmeno Blaine, era in grado di raccapezzarsi per quei vicoli sconosciuti. Per fortuna ogni tanto giungeva loro la voce di Kurt Miliardario che cercava Mercedes e dava loro involontarie indicazioni su come proseguire. Purtroppo però si era alzato anche un po' di vento che li confondeva nell'individuare la giusta direzione da prendere.

Poi all'improvviso avvertirono come una specie di cambiamento di vibrazione, un piccolo tafferuglio da dietro il muro lì accanto e poi un sibilo che ebbe l'effetto di fermarli impietriti dove si trovavano.

-Shhh! Stai zitto- disse una voce nuova, sconosciuta e profonda.

Kurt, quasi inconsciamente, afferrò la mano di Blaine in una stretta convulsa mentre si sporgeva oltre l'angolo del muro coperto di edera che li riparava per vedere cosa stesse capitando nel vicolo e quello che vide gli strappò un singulto che fortunatamente fu coperto dal soffio di una folata di vento gelido.

Nel viottolo c'era David Karofsky, piegato in maniera minacciosa sopra Kurt Miliardario, che gli copriva la bocca con una mano e con l'altra lo teneva fermo per un polso, intimandogli di non urlare.

Non era lo stesso David Karofky del suo mondo ovviamente, non era quello stesso ragazzo che lo tormentava e rendeva la sua vita un inferno e gli faceva sognare giorno e notte di scappare per sempre e non tornare mai indietro. Quello se ne stava ancora pietrificato negli spogliatoi del McKinley, a tirare per aria un pallone che ancora non si decideva a tornare giù. Eppure, a giudicare dallo sguardo di puro terrore negli occhi di Kurt Miliardario l'effetto che sortiva questo Karofsky qua era esattamente lo stesso.

In quel momento dall'altra parte del parco, sopra al sibilare del vento, si udì chiara la voce di Blaine Miliardario che chiamava disperatamente: -Kurt, Kurt dove sei?

E poi subito dopo seguirono altre voci allarmate: -Kurt, amico dove sei?

-Da questa parte...

-Penso di aver sentito qualcosa!

A quelle voci Karofsky sembrò andare fuori di testa per la paura, spostò la presa dal polso alla spalla e, continuando a tenergli la bocca chiusa, spintonò Kurt Miliardario in un vicolo cieco e buio tra due edifici, un angolo nascosto dietro il quale erano praticamente invisibili.

-Cazzo dobbiamo aiutarlo!I suoi amici non faranno mai in tempo.- sibilò Blaine, livido dalla rabbia. Odiava David Karofsky con tutto se stesso e vederlo soverchiare Kurt, un qualsiasi Kurt, non per forza il suo, lo mandava in bestia. Fece per lanciarsi all'inseguimento quando una mano lo strattonò per la collottola della giacca a vento, sbilanciandolo e facendolo quasi cadere a gambe all'aria.

-Ma sei impazzito, razza di demente!?- soffiò la ben nota voce di Isabelle, mentre lo raddrizzava con una forza difficile a credersi per una donna dall'aspetto così esile. -Non vi azzardate a dire una parola- aggiunse con un tono che , anche se era solo un bisbiglio, riusciva comunque a suonare autoritario. Poi afferrò entrambi i ragazzi per la manica del giubbotto e se li trascinò dietro, dentro una porticina laterale piuttosto defilata e li scaraventò dentro la prima stanza che gli capitò a tiro. Non accese neanche la luce, ma iniziò ad inveire come un'assatanata.

-Blaine Anderson, in vita tua di cazzate ne hai fatte tante, e tutte finalizzate a farmi perdere il lavoro e mandarmi col culo per terra, ma quella che stavi per fare là fuori le superava davvero tutte quante!

-Isabelle per la miseria! Dobbiamo andare ad aiutare quel povero Kurt là fuori. Karofsky potrebbe fargli qualsiasi cosa.

Quasi come conferma dalla finestra socchiusa giunse loro il suono delle voci dei ragazzi che chiamavano Kurt Miliardario, sempre più lontani e chiaramente fuori pista. Kurt, pallido come un fantasma si avvicinò al vetro. La stanza dove si trovavano era vicina al budello in cui Karofsky teneva prigioniero Kurt Miliardario e da lì riusciva a vedere, senza essere visto, che l'energumeno stava soverchiando il suo alter ego e gli parlava. Le parole non erano udibili, ma il linguaggio del corpo era abbastanza chiaro: non si trattava di una conversazione piacevole.

-Dobbiamo correre ad aiutarlo? Il povero Kurt?- Isabelle stava volutamente scimmiottando la voce di Blaine, con il tono di chi ha appena sentito la più grande stupidaggine che essere umano abbia mai concepito. -Anderson, davvero, ci sei o ci fai? Tu davvero non ti rendi conto di cosa sarebbe potuto accadere se ti fossi buttato al salvataggio del tuo bello, vero?

-Che intendi dire?

-Che questo non è il tuo mondo, imbecille! Io vi ho dato la capacità di viaggiare tra le domensioni, e tra parentesi sto rischiando le chiappe per questo, ma solo a patto che vi muoviate in punta di piedi, in maniera delicata e discreta. Anche un ritardato capirebbe che quello che sta accadendo in quel vicolo è un evento topico, qualcosa di grosso e importante. Qualcosa che l' Autore di questo Mondo ha pianificato e messo in atto. In questo momento quei due devono trovarsi in quel vicolo buio a fare qualsiasi cosa stiano facendo. Non può essere diversamente. Sia che Karofsky lo stia stuprando, o uccidendo, o ci stia giocando a uno due tre stella, tu non puoi permetterti di intrometterti. Altereresti il corso degli eventi, creeresti un paradosso e rischieresti di distruggere il Mondo in cui ti trovi. Senza contare un mare di rogne in più per me, ovviamente.

Blaine grugnì di frustrazione: le parole di Isabelle avevano un senso, anche se non gli piacevano affatto.

Kurt nel frattempo non si era mosso. Rimaneva alla finestra rigido come una statua, guardando Karofsky che incombeva su Kurt Miliardario, lo sguardo fisso che non riusciva a mettere a fuoco la scena, perché in quel momento ce n'era un altra che gli ballava davanti.

Karofsky incombeva su Kurt, con gli occhi cattivi e duri ma dietro quello sguardo c'era come l'ombra di qualcos'altro che il ragazzo non riusciva a definire. Una specie di fiamma, difficile specificare se d'odio o altro. Si trovavano fuori, vicino al parcheggio, ma ormai in giro non c'era più nessuno da un pezzo. Kurt si era attardato nella sala del glee per provare al pianoforte un passaggio de Le Jazz Hot che non lo soddisfaceva, ed era poi uscito nell'aria fresca della sera tranquillo, senza ricordare che quello era il pomeriggio degli allenamenti di football. Ecco che, mentre cercava le chiavi del Navigator aveva sentito una morsa sulla spalla che lo aveva costretto a voltarsi per ritrovarsi con David Karofsky e il suo fiato puzzolente di cipolla a pochi centimetri dalla sua faccia.

-Lasciami- gemette Kurt provando a divincolarsi da quella presa che sembrava acciaio e che probabilmente avrebbe lasciato un livido sulla sua pelle.

-Oggi a pranzo eri sulla scalinata, Hummel. Ti ho visto, ma non ho potuto occuparmi della faccenda perché la coatch Beaste mi aveva assegnato un'ora di alleamenti aggiuntivi in palestra.

-E con ciò?

-E con ciò, ho intenzione di rimediare adesso- specificò Karofsky, stringendo ancora di più la morsa sulla sua spalla, strappandogli un lamento di dolore per cui Kurt si maledisse. Odiava dare soddisfazione ai suoi bulli, odiava che lo vedessero debole e sottomesso, ma quella morsa sembrava stesse per stritolargli le ossa e frantumargli la clavicola.

-Tu pensi di stare male, Hummel? Credimi, non hai visto ancora niente- sibilò Karofsky, sputacchiandogli inavvertitamente in faccia, mentre gli riversava addosso un veleno che non sapeva da dove provenisse. -Io ti ho proibito di sederti su quella gradinata, e non posso certo permettere che il frocetto della scuola sfidi un mio ordine. Se quello che ti è accaduto fino ad ora ti è sembrato cattivo, da domani in poi ti sembrerà zucchero. Tu prova ancora a sederti su quella gradinata e io e i ragazzi ti faremo piangere lacrime davvero amare!

Detto questo Karofsky lo spinse contro lo spigolo della portiera, forte, talmente forte che Kurt con il gomito andò ad urtare lo specchietto retrovisore mandandolo in mille pezzi.

Non voleva piangere, non doveva piangere. Questa era la sola cosa che Kurt riusciva a pensare in quel momento, per terra su quel parcheggio, in mezzo ai vetri rotti, mentre Karofsky si abbassava su di lui.

-Che bel faccino che hai, Kurt. Che cosa accadrebbe se, accidentalmente, il tuo bel visetto finisse a grattugiare questo pavimento tutto pieno di vetri? E se ti piasciassi addosso dopo averti riempito di botte come meriti?

Kurt tirò su la faccia, terrorizzato. Karofski sbuffò divertito e gli diede quello che all'apparenza voleva essere un buffetto ma si risolse ad essere uno scapaccione doloroso.

-Non mi sfidare mai più, checca. Tu non dovresti neanche esistere, sei solo uno scherzo della natura. Non sei niente, meno che una nullità. Se provi di nuovo a disobbedire ad un mio ordine, non ti resteranno lacrime da piangere. Sono stato chiaro?

Kurt non rispose, ma si limitò ad annuire, inghiottendo la sconfitta e la vergogna mentre Karofsky si allontanava fischiettando.

Kurt Miliardario intanto, nel vicolo scuro, era riuscito in qualche modo a farsi ascoltare da Karofsky. Kurt non riusciva a capire cosa si stessero effettivamente dicendo, ma si vedeva che questo bullo qui, pian piano che la conversazione andava avanti, stava diventando sempre più titubante. Niente a che fatr col Karofsky con cui aveva a che fare lui. Evidentemente Kurt Miliardario stava riuscendo a trovare le parole di cui lui invece non era mai stato capace. In qualche modo, gli equilibri là fuori su quel vicolo, stavano cambiando. E poi accadde qualcosa di inaspettato: dalla strada principale sbucò fuori un ragazzo che corse in soccorso di Kurt Miliardario, parandosi tra lui e il suo carnefice. Non era Blaine Miliardario ma quel ragazzo pallido e un po' lugubre di cui tutti i collegiali stavano festeggiando il compleanno poco prima.

Ci fu ancora un po' di tafferuglio, ma con l'entrata in scena di quel tipo, l'aria cambiò definitivamente e Karofsky, dopo un altro paio di scambi di battute, se ne andò a grandi passi. Pochi minuti ancora e tutti i ragazzi, Blaine Miliardario compreso, eruppero nel vicolo circondando Kurt Miliardario, abbracciandolo sollevati e dandogli grandi pacche sulle spalle, felici di poter riabbracciare il loro amico.

Amici.
Se avesse avuto degli amici forse in quel momento ci sarebbe stato qualcuno al suo fianco. Ma la verità era che non c'era nessuno.
Sì, forse avrebbe potuto dirlo a Mercedes, ma lei da sola cosa mai avrebbe potuto contro quegli energumeni violenti? Avrebbe finito solo col farsi male, meglio lasciarla fuori da questa storia. E Finn... sì, anche lui era meglio non coinvolgerlo. E poi se Finn avesse avuto voglia di essere coinvolto, avrebbe trovato il modo di farsi avanti in così tante occasioni in passato che Kurt non riusciva quasi a ricordarsele tutte. Meglio così, lasciarlo fuori per poi dargli l'occasione in futuro di poter dire "ah, se lo avessi saputo!". Almeno avrebbe ancora potuto farci bella figura con le ragazze.
Ecco perché Kurt aveva deciso di combattere quella battaglia da solo. Amici da schierare al suo fianco, che si sarebbero alzati in piedi per lui, o che si sarebbero allineati accanto a lui, non ne avrebbe trovati. Ma questo non voleva dire che era disposto a diventare invisibile, che voleva accettare di essere chiamato "scherzo della natura" o che desse ragione a chi sosteneva che lui non era degno di esistere.

E così eccolo lì, in pausa pranzo, in una delle ultime belle giornate di settembre, il 29 per l'esattezza, di fronte alla gradinata vuota. Vuota perché tutti avevano obbedito alle direttive dei giocatori di football che tra poco, capitanati da Karofsky, avrebbero controllato che il loro volere fosse stato effettivamente eseguito.

Kurt strinse la tracolla, avvertendo un leggero senso di nausea per la paura. Non voleva pensare a cosa gli avrebbero fatto quando lo avrebbero scoperto seduto lassù, da solo ed indifeso.

Ma lui esisteva, cazzo! Non era invisibile, non era una nullità. E in quel momento non era una checca, un frocio o una fatina, ma un semplice ragazzo che voleva stare seduto al sole autunnale e cascasse il mondo, l'avrebbe fatto! Quindi, con passo tremante, fece per salire il primo gradino...



-Kurt, Kurt, a cosa stai pensando?- chiese Blaine scuotendolo dolcemente.

Kurt tornò alla realtà. Nel vicolo non c'era più nessuno, i ragazzi erano rientrati nelle loro palazzine ormai da qualche minuto.

-Io... ecco... - cincischiò Kurt, senza sapere bene cosa rispondere. Blaine ed Isabelle lo fissavano dubbiosi, ma lui non aveva davvero parole per loro. Quello che gli era appena tornato in mente era l'ultimo ricordo in ordine cronologico prima di risvegliarsi al McKinley pietrificato. Era il 29 settembre 2010 e lui aveva deciso di sfidare apertamente Karofsky e la sua cricca andando a sedersi là dove gli era stato vietato. Lo stesso posto dove si era risvegliato in quello che successivamente aveva scoperto essere il 1 ottobre 2012. Cosa era accaduto nel frattempo?

Non trovando niente da dire, riuscì solo a chiedere: -Isabelle, perché sei qui?

Isabelle sbuffò, come suo solito. -Mi rendo conto che i baci focosi di Riccio Selvaggio qui presente possano averti mandato in confusione, ma se ricordi bene il discorsetto educativo che ti ho fatto quando ti ho iniziato ai segreti della Sala dello Specchio, ti avevo anche detto che io e la Sala siamo la costante che tiene uniti tutti i Mondi Paralleli.

Kurt la guardò con sguardo vacuo, un po' perché ancora scosso dai suoi ricordi, un po' perché non c'aveva capito niente.

-Sarò più chiara- puntualizzò lei. -Dovunque andiate, da qualche parte ci sarà sempre una Dalton con dentro la Sala degli Specchi e me.

-Vuoi dire altre te, così come ci sono altri Kurt e Blaine?

-No, io e la Sala siamo uniche, non abbiamo alias. Te l'ho già detto, noi siamo la costante.

Kurt annuì senza essere sicuro che quella notizia fosse effettivamente confortante.

Isabelle aveva ancora un'aria torva e preoccupata.

-Dai -provò a dirle Blaine, posandole una mano sulla spalla in quello che voleva essere un gesto di conforto. -E' andato tutto bene, Karofsky se ne è andato e l'altro Kurt è salvo.

Isabelle si scostò da lui con una faccia nauseata. -Anderson, cosa vuoi che me ne freghi che quel Kurt si sia salvato? Per me poteva anche saltare in aria con una bomba atomica, se questo era il destino che il suo Autore aveva pianificato per lui. Dio Santissimo di tutti gli Universi! Ma possiamo farcela, se queste sono le teste a condurre i giochi?- gemette la donna, massaggiandosi le tempie sconsolata.

-La missione sta andando molto male, vero?- chiese Kurt.

-La missione sta andando di merda- confermò Isabelle, tirando fuori dalla tasca una busta in pergamena con sopra scritto elegantemente a caratteri riccioluti "per l'illustrissima Madmoiselle Isabelle Morel". -Ecco bimbi belli, guardate cosa mi è arrivato oggi!
Blaine prese la busta e l'aprì con gesto incerto mentre Kurt si sporgeva sopra la sua spalla per leggere insieme a lui:
"Graziosissima Madmoiselle Morel,
in seguito ai recenti gravosi episodi avvenuti nell'Universo dei Mondi in sua consegna, siamo spiacenti di informarla che abbiamo ritenuto il suo lavoro non sufficientemente preciso e accurato per i nostri standard. E' nostra ovvia premura far sì che i Custodi delle Sale dello Specchio alle nostre dipendenze siano sempre all'altezza dell'incarico a loro assegnato quindi riteniamo, acciocché il suo rendimento continui ad essere all'altezza delle aspettative, che sia opportuno per lei frequentare il KLAUGE 84 che si terrà il giorno 15 ottobre corrente mese. Al termine di tale appuntamento, se il suo risultato verrà valutato idoneo, potrà tornare al suo posto.
Grazie per il suo tempo e la sua attenzione,
la DGCSS "

-Che significano tutte queste sigle?- chiese Kurt.

-Sono dei fottuti burocrati cresciuti leggendo il Manuale delle Giovani Marmotte- grugnì Isabelle, riprendendosi il foglio. -Adorano gli acronimi e i giri di parole, ma non sono altro che un branco di schifose sanguisughe che campano alle spalle di noi poveracci che ci facciamo il culo sulle barricate. Comunque la DGCSS altro non è se non la Direzione Generale Custodi Sale degli Specchi.

-Uh?- fece Blaine.

-Sarebbero i miei capi. Quelli che hanno scoperto tutto quello che è successo di recente - e su queste parole Isabelle lanciò a Blaine uno sguardo che sarebbe stato capace di trasformarlo in una statua di sale. -Questa lettera è un loro modo molto velato e subdolo per farmi fuori. Praticamente mi stanno licenziando.

-Ma qui non dice così...- provò ad obbiettare Kurt, cercando di riprendere in mano il foglio per rileggere il suo contenuto.

-No, infatti! Dice che devo andare a frequentare un KLAUGE 84! Praticamente è la stessa cosa, anzi peggio. Tu lo sai che cos'è un KLAUGE 84, occhietti da cerbiatto?

Kurt incrociò le braccia e rispose alla domanda con uno sguardo altezzoso: -Non vedo come potrei.
-Ah! Si tratta di un fottuto corso di recupero. Un corso di recupero sui principi morali che dovrebbero guidare le scelte di un Custode! Keepers & Leaders Alternative Universe General Edification, KLAUGE! Hai capito adesso?

-E 84 che significa?- chiese Blaine, non troppo sicuro di voler sentire la risposta.

-E' il numero delle prove che devi superare per essere promosso. Ti sottopongono a 100 prove, che possono variare dalla cultura generale, al canto, alla filosofia etica fino al tiro con l'arco. Per non contare incantesimi e gestione dei poteri psichici. Ti possono chiedere di tutto e per essere promossa devi andare bene in almeno 84 prove. Ma è un risultato impossibile. Nessuno che io conosca è mai riuscito ad andare oltre alle 50-55 risposte esatte. Il KLAUGE 84 è un chiaro espediente che la Direzione Generale usa per far fuori i Custodi con cui non vuole più avere a che fare. E poi lo sanno tutti che pilotano le domande. Pensate! Una volta quegli stronzi volevano far fuori un Custode che era caduto in disgrazia ai loro occhi, ma non sapevano come fare perché quello era uno tosto, uno che davvero le sapeva tutte! Il tizio era mutilato, non aveva più la mano destra, ma a parte questo era un elemento di prima categoria, un tuttologo potente e preparato. Sapete cosa hanno fatto allora quei bastardi per stroncarlo???!!! Lo hanno mandato ad un KLAUGE 84 e più di 60 prove consistevano nel comporre un diverso origami.Un origami del cazzo! E come fai a fare un origami se ti manca una mano? Ovvio che era tutto un imbroglio!A cosa servirà poi un origami se vuoi gestire gli Universi Paralleli, me lo spiegate?

Blaine fece per rispondere ma si beccò una gomitata sul fianco da parte di Kurt che lo zittì prima ancora che il fiato gli uscisse di bocca. Chiaro che Isabelle non aveva bisogno di dissertazioni sugli origami, era già abbastanza isterica così.

-Il giorno in cui Trevor compirà la sua minaccia- sospirò Isabelle -io non potrò neanche guardarvi tirare le cuoia. Sarò a quel cavolo di corso a farmi saltare le cervella pure io. Che cazzo farò da disoccupata? Potrei provare a riciclarmi come ballerina di lap dance... ai rave party non me la cavavo male...

Kurt decise che era ora di smetterla. Avanzò deciso verso la donna e la afferrò per le spalle.

-Senti un po': se noi riusciamo a fermare Trevor, pensi che i tuoi capi potrebbero cambiare idea?

-Beh, diciamo che se voi riuscite nell'intento... e Anderson mantiene una certa promessa che mi ha fatto prima di partire... allora i miai capi non avrebbero più grandi argomenti a cui appellarsi.

-Allora basta autocommiserarsi- sospirò Kurt, parlando a se stesso prima che agli altri. -Cerchiamo di lavorare insieme per lo scopo comune.

E così dicendo tirò fuori il foglietto con gli appunti su Trevor, mostrandolo a Isabelle e spiegandole per sommi capi quello che lui e Blaine volevano fare, usando le informazioni in loro possesso per aggiustare il tiro dei loro viaggi.

-Potrebbe funzionare- commentò Isabelle, guardando i punti elencati sul foglietto. -Ma queste informazioni sono davvero misere per poter fare un'indagine come si deve.

-Ecco- mormorò Kurt, attirando l'attenzione degli altri due - c'è una cosa che non vi ho ancora detto...



***



Note di Oldlady

Salve a tutti, Buon Anno e grazie per aver pazientato durante questo periodo di superlavoro. Spero adesso di riuscire a trovare il tempo per aggiornare con più frequenza.

Che dire?
La ff della volta scorsa era, ovviamente, Go Your Own Way, quella con cui chiunque voglia scrivere una Badboy Blaine deve fare i conti. La vincitrice della scorsa puntata è stata Klauge84, che si è trasformata così in un esame tostissimo per tutti i Custodi in odore di licenziamento. Come andrà il Klauge 84 della nostra Isabelle? Verrà bocciata? Lo scopriremo solo leggendo...

Avete riconosciuto la ff di oggi? Mi pare abbastanza palese, ma come sempre il primo che indovina verrà nominato nel corso del prossimo capitolo sotto qualche forma.

Vorrei chiarire una cosa: una lettrice la volta scorsa mi ha fatto giustamente notare che Go Your Own Way non è interamente tradotta in italiano. E' vero. Io a dirla tutta non mi ero neanche posta il problema, ma sì, potrà succedere e potrà succedere spesso che non ci sia la traduzione in italiano. Potrà anche capitare che si tratti di storie non ancora concluse. Il criterio con cui ho scelto le ff da nominare è piuttosto volubile, lo ammetto: sono state scelte o perché le ho trovate rappresentative nella storia del fandom (Little Numbers e quella di oggi, ad esempio), o perché hanno creato un clichè (GYOW) o magari non sono famosissime ma egoisticamente mi sono piaciute tanto (ad esempio quella della prossima settimana). Ma mai mi sono posta il problema della lingua, vi avviso fin da qui.
Quello che più mi sta a cuore, mentre svolgo i capitoli, è che ci sia comunque un'affinità o un nesso tra quello che accade ai personaggi delle ff omaggiate e i MIEI Kurt e Blaine. Il loro viaggiare nei mondi non deve , nelle mie ambizioni, essere fine a se stesso ma deve comunque avere un perché al servizio della MIA trama.

Oggi abbiamo scoperto un altro tassello del passato di Kurt, e stiamo cominciando a ragionare in maniera sistematica su quello che sappiamo di Trevor.

Ad occhio e croce la storia andrà avanti ancora più o meno nove o dieci capitoli, e ci saranno almeno altre cinque ff misteriose da scoprire.
Nel frattempo sto buttando giù un canovaccio per una Kurtbastian-Klaine un po' sui generis. Che dite, vi potrebbe interessare?
Grazie ancora a tutte per l'attenzione, alla prossima settimana.

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Capitolo 13
*** Il campo della redenzione ***


Dal capitolo precedente:

-Il giorno in cui Trevor compirà la sua minaccia- sospirò Isabelle -io non potrò neanche guardarvi tirare le cuoia. Sarò a quel cavolo di corso a farmi saltare le cervella pure io. Che cazzo farò da disoccupata? Potrei provare a riciclarmi come ballerina di lap dance... ai rave party non me la cavavo male...

Kurt decise che era ora di smetterla. Avanzò deciso verso la donna e la afferrò per le spalle.

-Senti un po': se noi riusciamo a fermare Trevor, pensi che i tuoi capi potrebbero cambiare idea?

-Beh, diciamo che se voi riuscite nell'intento... e Anderson mantiene una certa promessa che mi ha fatto prima di partire... allora i miai capi non avrebbero più grandi argomenti a cui appellarsi.

-Allora basta autocommiserarsi- sospirò Kurt, parlando a se stesso prima che agli altri. -Cerchiamo di lavorare insieme per lo scopo comune.

E così dicendo tirò fuori il foglietto con gli appunti su Trevor, mostrandolo a Isabelle e spiegandole per sommi capi quello che lui e Blaine volevano fare, usando le informazioni in loro possesso per aggiustare il tiro verso il suo mondo.

-Potrebbe funzionare- commentò Isabelle, guardando i punti elencati sul foglietto. -Ma queste informazioni sono davvero misere per poter fare un'indagine come si deve.

-Ecco- mormorò Kurt, attirando l'attenzione di Blaine e di Isabelle - c'è una cosa che non vi ho ancora detto...



13 Il campo della redenzione



Kurt sulle prime si sentì un po' ridicolo a raccontare agli altri due il sogno che aveva fatto un paio di giorni prima, quando si trovava in quella squallida stanza degli Appartamenti Forestwood. Quella situazione, con loro tre lì nella penombra (ma perché non si decidevano ad accendere la luce? In fondo non c'era più nessuno in giro...)a raccontarsi un sogno misterioso gli faceva tornare in mente quelle serate tra boy scout attorno al fuoco a scambiarsi storie dell'orrore per vedere chi è che urlava per primo. Sì, vabbé, lui non era mai stato un boy scout e non era mai neanche stato in campeggio, però era così più o meno che se lo era sempre immaginato. Si aspettava da un momento all'altro che Isabelle gli scoppiasse a ridere in faccia e lo liquidasse con qualche commento caustico, ma con sua grande sorpresa, più lui andava avanti più lei sembrava concentrata ed attenta. Da quel che si poteva vedere dalla tenue luce dei lampioni che proveniva dall'esterno, sul suo volto non c'era la minima traccia di ironia o scherno.

- ...Trevor mi ha raccontato un fatto che gli è accaduto qualche tempo fa, sulla gradinata della sua scuola, e...beh... come dire... era una cosa davvero strana perché a parte qualche piccola differenza a me era capitata più o meno una cosa identica qualche giorno prima che il mio mondo si pietrificasse.

-Che cosa?- chiese Blaine.

-Stavo disegnando uno schizzo di moda sulla scalinata, all'ora di pranzo, e Karofsky ed Azimio mi hanno strappato il blocco da disegno, dicendo che quella carta non era buona neanche per pulircisi il sedere.
-Kurt, mi dispiace...
-No Blaine, non capisci. Non è questo il punto! A Trevor è capitato lo stesso con Mitch e i suoi amici, solo che nel suo caso si trattava di un taccuino dove scriveva le sue poesie invece che di un blocco per gli schizzi.

Kurt avvertì la stretta confortante di Blaine sulla sua spalla.

-Ma la cosa più strana- aggiunse Kurt -è stata alla fine, poco prima di svegliarmi.Trevor mi ha fatto chiaramente capire di essere convinto che quell'incontro con me, così come tutti gli altri, fosse solo un sogno.

-Cosa cosa?- domandò Isabelle sollevando la testa di scatto.

-Lui è convinto di sognare, non si rende conto di stare viaggiando tra i Mondi Paralleli- spiegò Kurt. -Ma è possibile? Sempre se, ovviamente, quello che ho visto nel sonno fosse vero! Andiamo, voglio dire... probabilmente si è trattato di un mio sogno, sognare che Trevor è convinto di sognare intendo...eh.... accidenti... non lo so- mormorò Kurt passandosi le mani tra i capelli e sentendosi, tutto ad un tratto, incredibilmente stupido.

-Tu che ne pensi Isabelle?- chiese Blaine senza lasciare la presa dalle spalle di Kurt. -Credi davvero che sia stato un sogno, o in qualche modo Kurt è davvero tornato indietro nel sonno, nel suo mondo d'origine, e ha incontrato di nuovo Trevor?

Isabelle rimaneva in silenzio, rimirando il foglietto con gli appunti che giaceve sul tavolino di fronte a loro, illuminato dalla luce arancione dei lampioni là fuori e Kurt intanto si agitava sotto il tocco di Blaine, a disagio ancora una volta per colpa di quella sensazione di avere sotto gli occhi un particolare dissonante che non riusciva a mettere a fuoco. Come quando aveva visto il palloncino fermo, sospeso immobile sopra al cielo di Lima. Ma cos'era stavolta che stonava? Forse nella lista poteva esserci qualche indizio...


1) Trevor
2) quattordici anni (quasi)
3) bullizzato perché sembra ancora un bambino
4) nome del suo peggior bullo: Mitch
5) rapporto teso con i genitori
6) prova vergogna (così mi ha detto più di una volta)
7) padroneggia enormi quantità di luce azzurra
8) Redention Lake Camp
9) 15 ottobre 2012



Isabelle scorreva la lista con sguardo pensieroso e teneva i due ragazzi in sospeso come se stessero per ricevere il verdetto di una giuria.

- E' molto frequente- disse dopo un po' - che i bambini si ritrovino a viaggiare tra i mondi durante il sonno. Soprattutto quelli piccoli, ma non è insolito che anche quelli sopra gli otto anni riescano a fare questo genere di esperienza. Il corpo e la mente di un bambino sono delle vere e proprie sorgenti di luce azzurra e di notte, molto spesso, i loro sogni non sono altro che dei viaggi meravigliosi, e non sto parlando in senso figurato.

-Ma Trevor non è più un bambino- protestò Kurt. -Ha quasi quattordici anni.

-No, infatti- mormorò Isabelle. -Ma tu mi hai detto che sembra molto più piccolo della sua età.

-Sì, è il motivo per cui lo prendono in giro a scuola. Credo che non sia niente di grave, probabilmente il suo corpo è un po' in ritardo con la crescita.

-Sì, può succedere. Ma anche se il suo corpo è in ritardo, non vuol dire che lo sia la sua mente -aggiunse Isabelle.

-Che intendi?

-Quando un bambino sogna e viaggia tra i mondi, non si rende conto di farlo e la sua mente è così leggera e innocente da non lasciare traccia del suo passaggio. E' una specie di regola implicita nell'equilibrio della luce azzurra. Se non fosse così, capite bene che ci ritroveremmo un gran casino, mocciosi pestiferi da tutte le parti, a far danno e a scombinare gli equilibri di tutte le Dimensioni. Ogni cosa sconclusionata che pensa un bambino mentre sta sognando si avvererebbe. Magari in questo momento, proprio in questa stanza, potrebbe aprirsi una voragine nel pavimento e crescere.... che ne so... un gigantesco albero di caramelle, proprio perché un marmocchio sta sognando di passeggiare nel viale qui accanto e ha tanta voglia di ciucciarsi una caramella mou.

-Quindi è come... che so... come se i sogni dei bambini avessero una specie di dispensa papale?- chiese Blaine che non riusciva a trovare un esempio migliore.

Isabelle sbuffò, ma annuì suo malgrado. -Più o meno è così. Non può essere altrimenti, visto l'enorme potenziale di luce azzurra che ognuno di loro custodisce dentro di sé. Ora, il nostro Trevor ha ancora il corpo di un bambino, giusto?

-Giusto- annuì Kurt, che cominciava a capire dove Isabelle stesse andando a parare.

-Se il suo corpo non è ancora cresciuto, nulla mi vieta di pensare che dentro di sé custodisca ancora grossi quantitativi di luce azzurra dai tempi dell'infanzia - proseguì la donna, picchiettando con la mano il punto 7 dell'elenco.

-Ma la sua mente non è più quella di un bambino piccolo- aggiunse Kurt, indicando il punto 6. -C'è qualcosa che lo tormenta e che lo affligge, qualcosa che non ha a che fare con niente di infantile. L'ho guardato bene negli occhi, ti posso garantire che non c'è niente di bambinesco nelle sue preoccupazioni.

- Qualcosa che ha a che fare con i suoi genitori?- chiese Blaine, puntando sul 5.

-Solo di riflesso- rispose Kurt. -Non so come spiegartelo, ma tutte le volte mi è sembrato più afflitto da se stesso. Ripete sempre che è un mostro e che deve vergognarsi.

-Ma che cosa può aver mai fatto, da starci così male?

-Qualsiasi cosa sia- intervenne Isabelle -sta creando un bel casino. Abbiamo il potere di un bambino nella mente di un adolescente. La dispensa papale, come la chiama Anderson, non funziona con lui e può mettere in pratica tutto quello che gli passa per la testa, senza neanche rendersene conto. Probabilmente è per questo che te lo sei trovato nel tuo mondo Hummel. Lui è convinto di sognare perché effettivamente in quel momento il suo corpo sta dormendo da qualche parte, solo che mentre lo fa la sua mente viaggia nello Spazio Intradimensionale. Ecco come è finito nel McKinley pietrificato! Ed ecco come ci sta creando tutto questo casino. Praticamente una bomba ad orologeria- e così dicendo indicò il punto 9, con quella maledetta data, la condanna a morte che pendeva sulle loro teste.

-Ma io non ho il corpo di un bambino- mormorò Kurt.
-Puoi ben scommetterci- si lasciò sfuggire Blaine suo malgrado, facendolo arrossire da capo a piedi, mentre davanti agli occhi gli balenarono i ricordi delle loro mani affamate mentre erano chiusi nel rispostiglio di un McKinley come tanti altri.
- Ahem... voglio dire...- cercò di riprendere il filo Kurt -... quando ho sognato Trevor io non mi trovavo nel mio mondo, mi trovavo nel mondo di Blaine Ragazzaccio. Eppure il sogno si ambientava nella mia scuola pietrificata, dentro l'aula del mio glee. Credi che anche io abbia viaggiato nel sonno?
-No- disse Isabelle con fermezza. -Questo è assolutamente impossibile. Una persona adulta non può viaggiare tra i mondi, né col corpo né con la mente, a meno che qualcuno come me non gli abbia dato il potere della luce azzurra. E tu non ce l'hai.
Certo che no. Era Blaine quello a cui Isabelle aveva affidato quel potere(attraverso uno strano e violento ceffone!) non lui. Lui poteva solo cancellare le memorie, nente di più che un numero da ipnotista.
-Ma allora come è possibile che ci siamo incontrati?- sbottò Kurt con la testa che gli scoppiava. -Se io non ho viaggiato e sono rimasto nella dimensione di Blaine Ragazzaccio, come ho fatto a ritrovarmi insieme a Trevor al McKinley pietrificato? Probabilmente ci stiamo spaccando la testa su una cavolata, probabilmente è stato solo tutto un mio sogno e basta...
Isabelle non parlava, ma fissava il muro di fronte a sé.
-Non credo che sia stato un tuo sogno e basta- mormorò infine. -Non posso esserne certa, ma il mio istinto mi dice che tu e Trevor avete davvero comunicato. C'è la possibilità che vi unisca un legame, qualcosa che abbia permesso una connessione telepatica. Non è una cosa molto frequente, però può accadere. Se così fosse, allora forse potrebbe essere...- Isabelle lasciò la frase in sospeso, seguendo in silenzio il filo di chissà quale ragionamento- no... non può essere... non è possibile...
-Cosa non può essere?- chiese Blaine sporgendosi da sopra la spalla di Kurt.
Isabelle sembrò riscuotersi.
-Ho un'ipotesi- dichiarò.-Ma devo esserne sicura. Effettivamente ci avevo già pensato, ma mi sembrava troppo assurda perché fosse vera. Anche adesso non sono del tutto convinta...
-Diccela e basta- sbuffò Kurt.
-No, non voglio che perdiate tempo dietro una falsa pista. Indagherò per conto mio. Manderò una domanda alla direzione, dovrebbero darmi la risposta che ci serve entro quattro o cinque giorni.
-Quattro o cinque? Ma a quel punto sarà già il 12 ottobre!- esclamò Blaine.
-Più che sufficiente per correre ai ripari, se io ho ragione. Se invece mi sbaglio non avrete sprecato tempo inutilmente.
-E noi che facciamo intanto che questi tuoi capi non ti danno la risposta che ti serve per essere sicura?
-Dovete continuare a viaggiare e a cercare. Ma da adesso in poi voglio che assumiamo per vero il fatto che Kurt e Trevor, nel sonno, siano entrati effettivamente in contatto telepatico e che la conversazione che hanno avuto sia reale. Partendo da questo presupposto possiamo prendere come vere le cose che Trevor ha raccontato e aggiungere due nuovi elementi al nostro elenco.
E così dicendo Isabelle scrisse, di seguito agli altri punti:


10) suona la chitarra e compone canzoni
11) analogie tra la vita di Kurt e la vita di Trevor (disegni/ poesie)

-Inoltre- continuò la donna con lo stesso tono di un generale dell'esercito che da direttive alla sua truppa - se questo contatto telepatico è già avvenuto una volta, nulla ci vieta di sperare che possa succedere di nuovo. Kurt, voglio che da adesso in poi, tutte le volte che vai a dormire, provi a concentrarti su Trevor. Cerca di ricordare il suo volto, le sue parole, tutto quello che ti viene in mente, e se per caso riesci a stabilire di nuovo la connessione, fallo parlare. Fagli raccontare più che puoi della sua vita: più dettagli riusciamo ad aggiungere a questo elenco e più possibilità abbiamo di trovare il mondo giusto da cui proviene, raggiungerlo e fermarlo. Se riuscissi a procurarti un gancio poi, saremmo davvero a cavallo.
-Un che?
-Un gancio. Voglio dire: un oggetto che appartiene a Trevor. Vedi se riesci a sfilargli l'orologio, o a prendergli una scarpa, o a tagliargli una ciocca di capelli.Con un gancio il nostro Anderson qui riuscirebbe a richiamare il mondo giusto in un battibaleno.
-Sì Kurt, ti prego, provaci- disse Blaine entusiasta. Era chiaro che si stesse stancando di saltare qua e là alla cieca e l'idea di un gancio lo esaltava.
Kurt al contrario non era molto convinto della cosa: primo perché non glisembrava di ricordare che Trevor avesse addosso orologi, braccialetti o simili. E non ci si vedeva molto a saltargli addosso per rubargli le scarpe (non esattamente la mossa migliore per dissuaderlo dal distruggere il suo mondo). In quanto alla ciocca di capelli... boh, a Kurt sembrava una pagliacciata mettersi a strappare i capelli ad un bambino (anche se tecnicamente non era un bambino) e poi, anche se ci fosse riuscito, chi gli garantiva che al suo risveglio li avrebbe ancora avuti con sé.
Isabelle e Blaine lo guardavano trepidanti e così, suo malgrado, Kurt annuì.
-Ci proverò- disse, fingendo un sorriso. - E poi posso anche provare a dissuaderlo dal suo intento- aggiunse un po' più propenso a questa seconda tattica.
-Dubito che ti darebbe retta, visto che è convinto che tu sia solo un sogno- rispose Isabelle dandogli una pacchetta amichevole sul braccio. -Comunque puoi provarci, l'importante è che se davvero tu hai la possibilità di collegarti telepaticamente con lui, ne faccia buon uso. Sfrutta questa cosa più che puoi, bello. Forse, da che è iniziata questa partita, il banco finalmente ci ha dato una carta buona!



***

Kurt e Blaine comparvero in una dimensione piovosa, ma quello che li stupì non fu tanto lo scroscio d'acqua sui vestiti che li costrinse a ripararsi sotto il primo porticato a disposizione, ma il fatto di trovarsi, finalmente, in un posto nuovo.
Dopo la conversazione con Isabelle avevano viaggiato quasi per due giorni ininterrottamente, a parte qualche piccola pausa per riposare. Kurt non aveva più sognato Trevor, il più delle volte quando erano riusciti a trovare un angolo per dormire era talmente stremato da non essere riuscito a sognare affatto, piombando ogni volta in un sonno denso e nero, più simile al black out di qualcuno che perde i sensi che ad un vero e proprio ristoro. Ed erano ogni volta capitati in posti che replicavano, in continuazione, o il Liceo McKinley o la Dalton, in mille diverse piccole alterazioni, ma sempre alla fine uguali a se stessi. E Blaine e Kurt, di volta in volta, incontravano leggere variazioni di se stessi, a volte Kurt era un cheerios e Blaine un nerd, a volte erano compagni di stanza, a volte erano rivali. Sempre loro, studenti impegnati col glee e col bullismo, ma sempre in qualche modo differenti. Un piccolo dettaglio qui, un atteggiamento di là, Kurt e Blaine erano coniugati in mille modi ma alla fine sempre destinati ad appartenersi.
Nessuno di loro conosceva Trevor, e questo faceva crollare di giorno in giorno, di ora in ora, le speranze di Kurt.
Ma al di là di questo, che già di per sé era un fatto abbastanza seccante, ci si metteva anche Blaine a peggiorare le cose. Kurt infatti aveva presto realizzato qualcosa del suo ragazzo che, fino a quel momento, gli era sfuggita: Blaine non sopportava nessuno dei suoi alter ego e finiva immancabilmente per litigare, o peggio fare a botte, con ciascuno di loro. Quando si era trattato di Blaine Ragazzaccio Kurt aveva pensato che il problema fosse stato la gelosia e che quello sarebbe rimasto un caso isolato, ma ben presto si era dovuto ricredere. O per un motivo, o per un altro, Blaine finora aveva avuto da ridire con quasi tutti i suoi alias.
Adesso ad esempio erano appena reduci dall'ennesimo McKinley, una dimensione che aveva fatto parecchio innervosire Blaine. Forse anche più delle altre. In questo particolare universo parallelo in cui erano appena stati, l'alter ego di Blaine frequentava il McKinley ed era un giocatore di football mentre Kurt era un nuovo arrivato, trasferitosi all'inizio dell'anno da un altro liceo (non la Dalton) perché bullizzato(guarda un po'!). Blaine si era piuttosto agitato quando aveva scoperto che il suo alias-giocatore di football non solo si credeva etero, ma era addirittura fidanzato con Quinn Febray, la regina delle stronze. E quando poi aveva visto che Blaine Etero era addirittura uno di quelli che tirava le granite in faccia a Kurt Nuovo Arrivato, non ci aveva visto più. Lui e il suo doppio erano quasi finiti a rissa, con Blaine che sfotteva il ragazzo dicendo:
-Avanti, colpiscimi idiota! Etero!? Ma fammi il piacere, ci credi solo tu! Blaine Anderson non può essere etero, né ora né mai!

Blaine Etero si era avventato furioso: -Io non sono gay!- aveva gridato buttandosi a testa bassa contro l'altro.
-Non ci credi neanche tu, pagliaccio!
Era finita con i due Kurt che dividevano i due Blaine, e Kurt non poté fare a meno di chiedersi per l'ennesima volta com'era che Blaine, gira e rigira, finisse almeno una volta al giorno a fare a botte con qualcuno dei suoi doppioni.
-Tu devi imparare a controllare la rabbia- commentò da sotto il loggiato dove erano riparati in quel momento, buttando uno sguardo curioso alla bella cittadina elegante e un po' antica dove erano capitati.Certamente non era New York. Non c'era quel tipico ritmo caotico, e poi le targhe delle automobili che scorrevano sulla strada rivelavano che non si erano spostati dall' Ohio. Ma sicuramente non era neanche Lima, e nemmeno Westerville. I palazzi erano troppo alti ed antichi. C'erano anche alcuni grattacieli, doveva essere una città piuttosto importante. Che bello! Finalmente qualcosa di diverso dalla solita solfa di scuola superiore.
-Quel Blaine era un coglione, si meritava di essere preso a schiaffi.

-Ti rendi conto che hai detto così di quasi tutti i tuoi alias finora? Quelli che non hai avuto voglia di picchiare si possono contare sulla punta delle dita- ridacchiò Kurt.
Blaine bofonchiò qualcosa di incomprensibile, le uniche parole udibili furono "bastardi fortunati". Kurt lo trovò in qualche modo adorabile. -Magari ogni tanto potresti prendertela anche con qualche Kurt- buttò là- così, tanto per cambiare. Quel Kurt Skunk di tre mondi fa, ad esempio, era veramente insopportabile!
Blaine sospirò tirandosi su il risvolto del giaccone per ripararsi dalle sferzate d'acqua. Non sembrava molto in vena di scherzare.
-Non riuscirei mai a prendere a pugni una delle tue repliche, Kurt- disse semplicemente, a voce appena udibile, con quella sua solita vena di malinconia che gli prendeva ogni tanto. Blaine aveva di questi momenti, Kurt pensava che fosse dovuto all'ansia dell'avvicinarsi di quella maledetta data, ma altre volte gli veniva il sospetto che invece quegli sbalzi d'umore fossero dovuti a qualcosa legato ai segreti che il ragazzo non poteva confidargli. Ma non era certo quello il momento per cercare di indagare a fondo la cosa. Con quell'orologio che faceva il conto alla rovescia sulle loro vite, molte erano le cose che andavano rimandate.
-Chissà che città è questa?- chiese Kurt perplesso.
-Guarda- disse Blaine indicando un piccolo manifesto appiccicato su un lampione lì vicino, dove si invitava chiunque volesse ad una supermaxyfesta da sballo che si sarebbe tenuta lì vicino. L'indirizzo rivelava chiaramente che si trovavano a Columbus. Era la prima volta che finivano a Columbus.
-Dove saranno i nostri alter ego, secondo te?- chiese guardandosi attorno un po'sperso. Era una bella via del centro, elegante e ben tenuta, ma non c'era nulla che potesse fornir loro qualche indizio.
-Non so, ma di solito la luce azzurra non ci lascia molto lontano da loro. Staranno in uno di questi palazzoni, a fare chissà cosa.
Erano chiaramente dei palazzi ad uso ufficio, sede di imprese e studi di professionisti. Probabilmente lui e Blaine lavoravano da qualche parte lì attorno. Ad un tratto lo sguardo di Kurt fu attratto da un piccolo edificio completamente diverso dagli altri. Sembrava quasi la casa di Stuart Little: una piccola palazzina a due piani, stretta e col tetto di legno, schiacciata tra due giganti di cemento. La casetta emanava una specie di calore, rispetto ai suoi asettici vicini. La pioggia stava cessando così Kurt riuscì a distinguere al pian terreno una vetrina da cui si potevano scorgere dei tavolini. Era un localino, allora.
-Andiamo a mangiare qualcosa laggiù- propose. Finché non sapevano cos'altro fare, tanto valeva mettere qualcosa sotto i denti. Nei giorni passati avevano attinto al loro piccolo gruzzolo sia per mangiare che per trovare qualche posto per dormire e così la loro sommetta si stava assottigliando pericolosamente, come se lui e Blaine non avessero già abbastanza rogne. Con poco più di ottanta dollari non sarebbero riusciti ad andare avanti ancora a lungo, ma qualcosa da mettere sotto i denti potevano ancora raccapezzarlo. E poi Kurt contava di incappare prima o poi, in qualche altra Rachel Barry da ripulire.
L'insegna del piccolo locale diceva "Pasticceria da Ellie" e sembrava proprio quel genere di posto concepito e costruito per portare conforto.
-Ehi, mi andrebbe proprio un cupcake- esclamò Blaine allegramente, passando davanti alla vetrina e fermandosi all'istante.
Nel giro di un secondo afferrò Kurt per la manica costringendolo ad accucciarsi dietro la porta.
-Ci sei tu là dentro- sussurrò cospiratorio.
-Cosa? Sono un cliente?
-No, indossi il grembiule. Deve essere il tuo posto di lavoro.
-Oh- mormorò Kurt riflettendo sul da farsi. - Allora penso che sia sufficiente applicare il piano A.


Sì, perchè nel corso dei loro viaggi Kurt e Blaine avevano messo a punto un piano A e, nell'eventualità che le cose andassero male, un piano B.


Breve fenomenologia del viaggio extradimensionale


Piano A:Blaine si presenta al Kurt-doppione spacciandosi per Blaine-a-sua-volta-doppione e, con nonchalanche, chiede informazioni su Trevor. Dopo aver ricevuto risposta (ovviamente negativa) spunta fuori il vero Kurt che, veloce come una faina, cancella la memoria del suo malcapitato alias.
Facile, rapido ed indolore.

Variante del piano A: Il piano A si può facilmente applicare a ruoli inversi, in questo caso fa tutto Kurt: si presenta al doppione di Blaine, estorce le informazioni e cancella la memoria mentre il vero Blaine se ne sta tranquillo in un cantuccio senza rompere le scatole e soprattutto senza prendere a botte il suo alter ego.
Ancor più facile, ancor più rapido e ancora più indolore.

Piano B : ci si rivela direttamente ai propri doppioni. Si attende pazientemente che questi sclerino alla vista delle proprie repliche e gli si spiega per sommi capi la storia delle dimensioni parallele. Si attende ancora più pazientemente che questi vadano fuori di testa all'idea dell'esistenza di tale roba fantascientifica e per il resto si procede come per il Piano A (domande e lavaggio del cervello).


Regola ultrafondamentale: Il piano B è da applicarsi solo ed esclusivamente se le cose vanno in vacca con il piano A oppure se il mondo in cui ci si trova presenta situazioni troppo complicate per mettere in atto il piano A, in quanto lo sclero dei doppioni fa perdere un casino di tempo utile per la missione.
Abbastanza semplice, poco rapido e non sempre indolore.



Kurt ripensò velocemente a quella volta in cui un Kurt-cheerios aveva preso Blaine a schiaffoni per chissà quale motivo, prima che riuscissero a passare al piano B e spiegargli che quello che lui stava gonfiando di botte non era davvero il suo Blaine (che mai poteva aver combinato?), ma un povero viaggiatore dei mondi, troppo gentiluomo per reagire alla sua furia. Quel genere di inconvenienti erano una perdita di tempo e di energie infinita. Kurt-cheerios ad esempio ci aveva messo un'ora per smettere di scusarsi e sputare il rospo a proposito di Trevor, cioè che non lo conosceva ( sai che sorpresa!). Ecco perchè la regola ultrafondamentale diceva che il piano B era da applicarsi solo ed esclusivamente se le cose andavano in vacca.

Prima che Blaine abbassasse la maniglia della porta ed entrasse a mettere in pratica il piano A, per un breve istante Kurt si chiese se le cose potevano in qualche modo andare in vacca anche in quel mondo lì.

In fondo quella era solo una piccola ed innocua pasticceria, probabilmente Kurt era il Pasticcere e Blaine un cliente goloso. Cosa mai poteva capitare?

-Ok, vai- disse Kurt, dando una spintarella a Blaine, che entrò con tutta la disinvoltura possibile.

L'ambiente dentro era piccolo ed estremamente accogliente, c'erano teche con dolci invitanti, piccoli tavolini con tovaglie colorate, profumo di biscotti e scaffali con foto di famiglia. Blaine si aspettava che un posto gestito da Kurt, da un qualsiasi Kurt, non potesse essere meno che fantastico. Quello che però non si aspettava era l'ondata di meraviglia che lo colse quando Kurt Pasticcere si voltò per salutarlo, convinto che si trattasse di un qualsiasi cliente, e si bloccò a fissarlo con gli occhi spalancati. Sì, meraviglia perché Kurt Pasticcere era... bellissimo. Finora Blaine aveva incontrato delle repliche di Kurt molto simili all'originale. Tutti studenti delle superiori, tutti ragazzini. Ragazzini fantastici, per carità, insomma... Kurt era l'amore della sua vita ed era normale che ai suoi occhi ogni singola replica del suo ragazzo fosse meravigliosa.
Ma Kurt Pasticcere era un uomo.
Avrà avuto più o meno venticinque anni, nei suoi tratti non c'era più traccia delle rotondità dell'infanzia e il suo corpo era scolpito e definito. In una parola... toglieva il fiato e Blaine pregò in cuor suo Dio di poter essere accanto al suo Kurt quando si sarebbe trasformato anche lui in quel dio greco che aveva di fronte.
Un dio greco che si stava tuffando tra le sue braccia!
Cazzo, un dio greco che lo stava baciando con le lacrime agli occhi, come un uomo adulto bacia un altro uomo adulto!
- Sei tornato! Sei tornato- stava dicendo Kurt Dio grec...ahem Kurt Pasticcere mentre gli riempiva il viso e il collo di baci appassionati rendendo un tantino difficile ricordarsi cos'era quello che doveva dire...
La porta alle loro spalle si spalancò con malagrazia e una voce striduala gridò: -Piano B! Piano B!
Kurt , evidentemente trafelato, lo afferrò per il bavero del giaccone strattonandolo indietro e con l'altra mano allontanò Kurt Pasticcere.
-Blaine, le cose sono andate in vacca! Una vacca grande come una mongolfiera! Piano B!


***
Kurt Pasticcere si rivelò una persona fantastica.
Dopo aver sclerato giusto quel poco che era umanamente possibile data la situazione, riprese dominio di se stesso e li invitò a sedersi e a mangiare qualcosa. Li nutrì con i dolci più buoni che avessero mai assaggiato, diede loro un caffè che sembrava ambrosia e poi, quando si rese conto dei pochi soldi che erano loro rimasti, insistette che accettassero duecento dollari come regalo di buon viaggio da parte sua.
L'ora che trascorsero nella Pasticceria di Ellie si rivelò la più piacevole e calorosa da quando era iniziata la loro avventura.
-Ora dobbiamo ripartire- disse Kurt, finendo a malincuore il suo caffé. -Ma prima dobbiamo essere certi che neanche il Blaine di questo mondo conosca Trevor.
A queste parole Kurt Pasticcere divenne immediatamente triste. Fu come se un' ombra offuscasse i suoi meravigliosi occhi cerulei.
-Tu sai dirci- chiese Blaine esitante- se c'è qualcuno nella sua vita che si chiama così? Un conoscente, un parente...
Kurt Pasticcere taceva, ma i suoi occhi erano pieni di lacrime.
-Non vogliamo essere troppo invadenti- disse Kurt, a disagio - ma abbiamo veramente bisogno di saperlo.
-Non lo so- rispose Kurt Pasticcere, fingendosi a posto. -La verità è che Blaine mi ha lasciato, ma siamo stati insieme per poco tempo e non sapevo molto bene tutti i dettagli della sua vita. Io non credo che conoscesse quel bambino, ma non posso esserne certo.
-Ti ha lasciato? Ha lasciato uno schianto fantastico, stratosferico come te!!!??? - esclamò Blaine indignato. - Deve essere sicuramente un coglione!
Kurt gli lanciò uno sguardo assassino e gli mollò un calcione sotto al tavolino. Vabbé che Blaine si incazzava con i suoi alter ego alla velocità della luce, ma stavolta ci stava mettendo un po' troppa foga a difendere Kurt Pasticcere, per i suoi gusti.
-In realtà no- rispose Kurt Pasticcere con una tenerezza infinita. -Il mio Blaine è l'uomo più dolce del mondo. Ma purtroppo la sua situazione familiare è... complicata. Io sono sicuro che mi ama ma... -e qui la voce di Kurt Pasticcere ebbe un'incrinatura - finora questo non è stato sufficiente.
-Sai almeno dove possiamo trovarlo?- gli chiese Kurt. Vedere il suo alter ego così spezzato e fragile lo metteva a disagio e per un breve istante si chiese se anche lui avrebbe reagito così male ad una rottura col suo Blaine. Uno sguardo veloce ai meravigliosi occhi d'ambra che riempivano i suoi sogni gli diede la risposta. Sì, avrebbe reagito nello stesso identico modo.
Kurt Pasticcere si alzò e si diresse verso la vetrina.
-Il mio Blaine fa l'avvocato nello studio di suo padre. Lavora in quell'edificio laggiù- rispose indicando il palazzo davanti al quale si erano materializzati poco fa. Che ironia.
-Bene- sospirò Kurt alzandosi e tirandosi dietro Blaine. -Andremo a dare un'occhiata. Grazie per la tua ospitalità. Sei stato il migliore...ahem... il migliore me stesso che ho incontrato finora.
Kurt Pasticcere arrossì, cosa che agli occhi di Blaine lo rese assolutamente adorabile.
Kurt stava già iniziando a cancellargli la memoria. Aveva già appoggiato la fronte sulla sua e stava iniziando il suo incantesimo quando Blaine lo fermò.
-Aspetta un attimo Kurt!- gli disse, scansandolo con dolcezza.
Lo sguardo di Kurt Pasticcere era a metà tra il vigile e lo spento e prima che la consapevolezza l'abbandonasse del tutto Blaine si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò: -Lui tornerà da te. Per sempre. Non devi dubitarne mai. Mai.
Poi controllò lo sguardo di Kurt Pasticcere, ancora mesmerizzato e triste, ma meno angosciato di prima. Blaine sorrise.
-Ecco Kurt- disse facendosi da parte e lasciando spazio al suo ragazzo. -Adesso puoi continuare.



***

Cose da pazzi!
Questo pensarono all'unisono Kurt e Blaine quando Giada Colfer diede loro la risposta che stavano aspettando.
Quando erano finiti nello studio legale Anderson avevano avuto una fortuna sfacciata ed erano incappati subito in una donna molto gentile di nome Lucy, che si era rivelata niente altri che la segretaria di Blaine Avvocato. Anche qui avevano dovuto ricorrere al piano B: troppo complicato spiegare come mai una replica giovane di Blaine Avvocato gironzolava per il palazzo fianco a fianco di una replica giovane di Kurt Pasticcere. Ovviamente avevano sprecato un casino di tempo a convincerla, ma alla fine, per miracolo divino c'erano riusciti. Probabilmente la somiglianza era stata decisiva. Comunque era venuto fuori che Blaine Avvocato non lavorava più lì. Si era licenziato qualche giorno prima a causa di un enorme lite che aveva avuto con suo padre e adesso nessuno sapeva dove si trovasse.
-Cosa? Ma siamo fottuti allora!- aveva sbottato Blaine.
Lucy ci aveva pensato un attimo e poi aveva risposto: -Forse no. Seguitemi ragazzi.
E con quelle parole li aveva trascinati all'ascensore dove aveva premuto il bottone per il seminterrato.
Qui erano sbucati in un ufficio molto diverso da quello dei piani alti.
L'insegna recitava un asettico e formale: Servizi Hosting e Telefonia Colfer ma all'interno c'erano due stanze piene di macchinari, computer, terminali e strani marchingegni che pareva quasi di stare dentro il laboratorio di uno scienziato pazzo. Ad accoglierli arrivò una giovane donna con una cascata di capelli in testa e degli enormi occhiali da vista, uno strano miscuglio tra Doc di Ritorno al Futuro ed Edna Mode degli Incredibili.
-Questa è la mia amica Giada Colfer- la presentò Lucy. -Programmatrice informatica, esperta in telecomunicazioni e...- qui Lucy abbassò la voce - ...hacker di prima categoria.
-Ehi Lucy, vogliamo mettere un annuncio sul giornale, già che ci siamo?- rispose la donna, ma si capiva del tono che era lusingata.
-Tranquilla Giada. Possiamo fidarci di questi ragazzi. Avrei bisogno di un favore in realtà - e così la donna tirò fuori dalla sua borsetta il proprio cellulare. -Dovresti rintracciare le telefonate che sono arrivate a questo telefono dal numero del signor Blaine Anderson e risalire all'indirizzo dalle quali sono partite.
-Blaine Anderson? Il tuo capo?- chiese Giada dubbiosa.
-Il mio ex capo, sì. Se ne è andato e nessuno sa dove si trovi e lui non vuole dirlo. Dal momento che nel frattempo abbiamo continuato a sentirci telefonicamente ho pensato che magari tu potevi, che so, rintracciare il segnale o qualcosa del genere.
-Non lo farei mai- rispose Giada perentoria, incrociando le braccia al petto.
-Ha dei problemi etici in merito?- chiese Kurt perplesso.
-No- esclamò Giada indignata. -E' che è troppo facile, per la miseria! Io sono un'artista, una pittrice al livello di Michelangelo, e voi mi state chiedendo di fare un lavoro da imbianchino. Che diamine!
C'era voluta mezz'ora buona di lusinghe e occhioni da cucciolo per convincerla, ma alla fine eccola lì a trafficare col cellulare di Lucy.
Quando la stampante vomitò il foglio con l'indirizzo da cui erano provenute le chiamate, l'indirizzo da cui Blaine Avvocato aveva contattato Lucy e quindi con ogni probabilità il posto dove ora risiedeva, a Kurt venne un colpo.
-E' a Lima! Blaine Avvocato si trova a casa mia.



***



Ci avevano messo tre ore di pullman ad arrivare a Lima. Peccato che la luce azzurra non potesse farli viaggiare anche nello spazio, oltre che tra le dimensioni.
All'iniziodel viaggio Kurt era stato agitato e di cattivo umore.
Stando all'orologio di Blaine era il 9 ottobre e loro avevano speso quasi tutta la giornata in quella dimensione. Il tempo che avevano perso dietro a Blaine Avvocato, per rintracciarlo e per raggiungerlo, sarebbe stato sufficiente per visitare almeno altri quattro McKinley e cinque Dalton!
- Tu non puoi essere sicuro che si tratti di tempo perso- sospirò Blaine per l'ennesima volta, seduto accanto a lui, accarezzandogli la nuca dolcemente. A lui non dispiaceva quel viaggio, aveva passato tutto il tempo accarezzando Kurt e baciandogli le tempie, incastrati nei sedili in fondo per non farsi rompere le scatole da qualche stupido omofobo.
-Ma Blaine, tanto sappiamo già che risposta avremo.
-Non puoi esserne sicuro- mormorò Blaine, accarezzandogli il fianco lascivo.
Col passare dei giorni le sue mani erano sempre più audaci e le resistenze di Kurt sempre più deboli. A dirla proprio tutta Kurt neanche ricordava più un granché per quale motivo non voleva andare oltre un certo punto. Ah, sì! Non si sentiva ancora pronto.

Era tutto il pomeriggio che Blaine era su di giri. Da quando avevano incontrato Kurt Pasticcere era come se una bestia sopita si fosse risvegliata dentro di lui. Fino a quel momento era stato così divorato dall'ansia, ansia di tutti i tipi, da non lasciare che altre sensazioni prendessero piede. All'inizio, quando si era risvegliato nell'auditorium del McKinley, c'era stata l'ansia di farsi accettare da Kurt, poi l'ansia della verità sulla sua finta amnesia che era venuta a galla e la paura che Kurt lo respingesse. Ma Kurt non lo aveva respinto. Anche se gli aveva mentito e anche se gli teneva delle cose nascoste il ragazzo tra le sue braccia aveva deciso di fidarsi lo stesso, di affrontare quel viaggio assurdo e pericoloso anche se lui si era offerto di farlo al posto suo. E poi ovviamente c'era stata l'ansia del tempo che scorreva, verso quel maledetto 15 ottobre. Se quella data fosse arrivata senza che loro fossero riusciti a trovare Trevor, sarebbe finita. Kurt non si sarebbe mai potuto trasformare in un uomo bello e affascinante come Kurt Pasticcere, non avrebbe mai avuto un futuro, non avrebbe mai fatto l'amore.
A Blaine quel pensiero aveva fatto l'effetto di una fucilata. E aveva risvegliato il desiderio che, anche se sempre presente, negli ultimi giorni era stato accantonato a causa di tutta quell'ansia. E adesso, in fondo a quel pullman, mentre nessuno li notava, si sentiva ubriaco e audace, bisognoso come non mai. Le sue mani, quasi dotate di volontà propria, scesero lentamente verso la cerniera dei pantaloni di Kurt, intenzionate a far qualcosa che sapevano fare molto, ma molto bene. Se Kurt avesse detto qualcosa, si sarebbe fermato all'istante ma altrimenti no... era da troppo tempo che agognava per quello - e per tanto altro ancora! - niente al mondo lo avrebbe distolto.

Kurt cominciava a sentirsi senza fiato da quando la mano di Blaine aveva smesso di essere una rilassante fonte di calore per trasformarsi in una strisciante tentazione, l'unica cosa che riuscisse a mettere a fuoco in quel momento. Il modo in cui giocherellava leggera sulla lampo dei suoi pantaloni gli toglieva il fiato dalla trepidazione e l'elettricità che pareva sprizzare dai suoi polpastrelli che si infilavano maliziosi nel varco che si erano aperti riusciva davvero a dargli la scossa.
Quando sentì quel tocco là proprio dove non poteva capacitarsi, il ragazzo sollevò la testa e spalancò gli occhi, incredulo a quello che stava per accadere.
E se qualcuno se ne fosse accorto?
Con una punta d'apprensione Kurt gettò uno sguardo ai sedili più avanti, dove i pochi passeggeri della corsa badavano agli affari loro. Fece a malapena in tempo a rendersi conto che l'unica paura che provava era quella di essere visti, e solo quella, che Blaine lo strinse e lo tirò giù di nuovo, mordicchiandogli il lobo e facendogli dimenticare completamente il motivo della sua preoccupazione. Bastarono pochi attimi di quella dolce tortura dietro all'orecchio e l'unica cosa che riuscì a pensare fu al modo ovvio in cui avrebbe voluto che si concludesse l'assedio che Blaine aveva iniziato.
-Per esempio- continuò Blaine con voce calda, mentre l'altra mano si insinuava sotto la camicia di Kurt e andava a pizzicargli un capezzolo - potresti cercare di riposare, dormire anche. Così potresti provare a metterti in contatto telepatico con Trevor.
-Non potrei mai dormire mentre tu fai... così- sussultò Kurt, quando quelle dita indecenti dentro ai suoi pantaloni misero in pratica esattamente la fantasia a cui si stava abbandonando pochi attimi prima.
In quel momento Kurt capì di non avere paura di niente. Che lo vedessero, che gridassero allo scandalo! Avrebbe cancellato la memoria a tutti, avrebbe fatto dimenticare anche all'autista il percorso che doveva fare, purché Blaine non si fermasse.
Quali erano i motivi per cui finora non era voluto andare oltre? Li ricordava a fatica.
Non era ancora pronto? Davvero?
La mano di Blaine lo feceva ricredere e ricredere, carezza dopo carezza, stretta dopo stretta, mentre con tutte le sue forze Kurt cercava di rimanere in silenzio e di non farsi scoprire dagli altri passeggeri del pullman, seduti più in là.


***

Quella sera, una volta arrivati a Lima e alla casa di Kurt, scoprirono in fretta come mai Blaine Avvocato si trovavasse lì.
Per fortuna non c'era nessun altro in quel momento in casa, Burt ancora all'officina e Carole all'ospedale, o il piano B gli avrebbe rubato ancora più tempo (quella dimensione ormai era andata tutta in vacca, a parte il viaggio in autobus) di quanto già non facesse.
A Blaine Avvocato era quasi preso un colpo al vederli (soprattutto quando aveva posato lo sguardo su Kurt) e gli ci era voluto parecchio per riprendersi dallo shock. E Blaine che continuava a mandargli occhiate omicida non era certo d'aiuto.
- Sei proprio uno smidollato- si fece uscire tra i denti. -Al tuo Kurt c'è voluto molto meno per riprendersi.
Blaine Avvocato tirò su la testa che teneva tra le mani. -Siete stati da lui?- chiese, affannato. -Come sta?
-Sta male- sbottò Blaine. -Per colpa tua, idiota!
Blaine Avvocato fece una faccia come se avesse preso una coltellata in mezzo al petto e Kurt mollò a Blaine una gomitata assassina.
-Insomma, vuoi farla finita. Prima di tutto i loro problemi non sono affari nostri. E secondo: non lo vedi che questo Blaine sta già abbastanza male per conto suo? E' evidente che sia ancora innamorato del suo Kurt.
- E allora perché non torna da lui?- mugugnò Blaine.
- Smettila- sibilò Kurt, sperando che Blaine Avvocato non li prendesse in antipatia e decidesse di non collaborare.
-No- disse Blaine Avvocato interrompendo il loro battibecco- il tuo Blaine ha ragione. Lasciare il mio Kurt è stato il peggior errore della mia vita.
-E allora torna da lui- sbottò Blaine esasperato. -Tornaci subito e non farlo soffrire ancora.
-Non posso- mormorò Blaine Avvocato. -Sono troppo incasinato, troppo distrutto per lui. Io... io non lo merito.
Alla fine venne fuori tutta la storia: Blaine aveva lasciato Kurt per colpa di suo padre, Walter Anderson, un tremendo omofobo che gli aveva rovinato la vita fin da quando era bambino. Era poi accaduto che lui e suo padre avessero una lite enorme e che Blaine Avvocato avesse deciso di tagliare tutti i ponti con lui. Era venuto a stare a casa degli Hummel perché Burt era stato quanto di più simile ad un padre gli fosse mai capitato, ma non aveva detto nulla al suo Kurt perché si sentiva un relitto e non voleva gettare addosso all'amore della sua vita tutta la miseria che si portava dentro.

Blaine non rispose nulla a quelle parole. Fosse dipeso da lui lo avrebbe preso a pugni. Sì, per l'ennesima volta avrebbe preso a pugni l'ennesima copia di se stesso che ai suoi occhi commetteva sempre lo stesso errore: voltava le spalle alla fortuna. Un ennesimo fortunato imbecille che sputava sopra al suo tesoro.
Kurt invece sembrava più comprensivo. Mise una mano sulla spalla di Blaine Avvocato e gli disse: -Lui ti accetterà. Qualsiasi siano i tuoi errori.
-Come fai ad esserne sicuro?- gli domandò Blaine Avvocato.
-Perché io lo farei- rispose semplicemente Kurt, e a quelle parole gli occhi di entrambi i Blaine si riempirono di lacrime.
Kurt pensò di spezzare quell'attimo di tristezza e, per spostare l'attenzione su qualcos'altro tirò fuori il foglietto con i dati su Trevor. - Adesso però abbiamo bisogno del tuo aiuto. Stiamo cercando un ragazzino che corrisponde a queste caratteristiche. Tu lo conosci?
Blaine Avvocato guardò il foglietto pensieroso, poi si voltò a guardarli con uno sguardo strano. Blaine e Kurt per un attimo trattennero il fiato speranzosi.
-No, non lo conosco- rispose Blaine Avvocato disintegrando la loro illusione.
Un altro buco nell'acqua.
-Però- riprese l'uomo dopo un attimo- conosco questo posto. Redention Lake Camp.
Così dicendo si diresse al tavolino dove era appoggiato un computer portatile e lo accese.
-Dovete sapere che attualmente sto lavorando al mio ultimo caso da avvocato- spiegò. - Io non voglio fare questo lavoro e ho deciso di smettere. Ma prima voglio aiutare un ragazzo che ho conosciuto. In realtà si tratta di un ragazzino poco più grande di voi due; è stato picchiato da uno stronzo omofobo solo perché stava baciando il suo ragazzo e adesso non può più camminare.
Blaine e Kurt non riuscirono a trattenere le loro esclamazioni di indignazione mentre Blaine Avvocato annuiva al loro oltraggio.
-Sì, lo so. E' una cosa terribile. Comunque, per poter difendere Henry, questo è il suo nome, sto facendo parecchie ricerche sull'omofobia in Ohio e tra le altre cose ho trovato...questo!- disse girando lo schermo verso di loro per permettergli di vedere il sito internet che aveva aperto.
Si trattava del sito informativo di un campo di "rieducazione giovanile" (testuali parole) chiamato appunto Redention Camp Lake che sorgeva sulle sponde del Lake Erie. La descrizione era piuttosto breve e diceva semplicemente: "Il Redention Camp Lake è quanto di più efficace l'Ohio possa proporre per aiutare gli adolescenti in difficoltà a ritrovare un percorso di vita sano e salutare. Per ulteriori informazioni compilate il modulo qua sotto e sarete contattati privatamente dal nostro personale". Seguivano alcune foto piuttosto impersonali della struttura, del lago, di alcune camerette asettiche, e di un paio d'aule.

-Cos'è, un camposcuola estivo?- chiese Blaine piuttosto perplesso.
-Si direbbe di più una comunità di recupero per tossicodipendenti- azzardò Kurt, perplesso sul significato di quel "rieducazione giovanile".
-Sembrerebbe ad una prima occhiata- convenne Blaine Avvocato, sfilando un paio di fogli da un faldone che teneva sulla credenza lì accanto. -In realtà è molto peggio. Si tratta di un centro gestito dal reverendo Shaw Moore ** che si propone di curare l'omosessualità.
-Che cosa?- esclamarono Kurt e Blaine all'unisono.
-Avete sentito bene. Questi pazzi esaltati sono convinti che l'omosessualità sia una specie di malattia, o al limite una deviazione comportamentale, e in quel posto si propongono di raddrizzare, curare, purificare, ditelo come vi pare ragazzi... insomma vogliono estirpare l'omosessualità dai poveretti che sono costretti ad andarci. Ho fatto alcune indagini, si tratta per lo più di ragazzini confusi e molto giovani. Quel reverendo Moore poi, ha un passato tutt'altro che cristallino ma fare un'indagine approfondita su di lui porterebbe via troppo tempo al caso di Henry e quindi non sono riuscito ad andare a fondo della faccenda, ma una cosa è certa. I metodi che segue sono tutt'altro che limpidi.
-Ma è assurdo- esclamò Blaine indignato come non mai. - Cosa fanno a quei ragazzi in quel posto?
Blaine Avvocato emise una risata amara: -Se quei bastardi hanno il consenso dei genitori, possono fare un po' di tutto. Convincerli di essere sporchi...
A quelle parole Kurt sussultò e corse a guardare i punti segnati sul suo foglio.
Punto 6): prova vergogna
-...fargli provare vergogna di se stessi...
Mi vergogno per le cose che vorrei fare.
-... farli sentire sbagliati...
Le cose che penso e lo cose che desidero sono... orribili!
-... e perfino...
Io sono un mostro!
- somministrargli psicofarmaci.



***


Note di Oldlady:
Ciao a tutte.
Allora, che dire?
Spero che non sia venuto fuori un capitolo troppo nerd e che si cominci a capire un po' dove voglio andare a parare.
Ora intuiamo qualcosa in più di Trevor, finalmente, e ci stiamo avvicinando sempre di più alla sua storia. Nel prossimo episodio, che se tutto va bene arriverà la settimana prossima intorno a mercoledì o giovedì, scopriremo molto di più sul suo conto e capiremo meglio le sue intenzioni.
La ff della settimana scorsa era Dalton.
Qual'è quella di questa settimana?
Ad essere sincera ce ne sono due nascoste stavolta. La gara sarebbe su quella che riguarda Blaine Avvocato e Kurt Pasticcere. E' un po' meno famosa delle altre, ma l'ho messa perché ci stava a fagiolo con le cose che volevo svelare in questo capitolo, secondo perché è una delle mie preferite.
Comunque se qualcuno indovina qual'è quella di Blaine Giocatore di Football e Kurt Nuovo Arrivato, allora va bene lo stesso.

**Shaw Moore è il nome del reverendo che, nel film Footloose, vietava ai ragazzi di ballare.

Che altro?
Ah, devo ringraziare Bay24, che mi ha incoraggiata nello scrivere una scena che mi metteva un po' pensiero: grazie ragazza, che dici può andare?
Alla prossima.

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Capitolo 14
*** Le pillole rosa ***


Dal capitolo precedente:

-Ma è assurdo- esclamò Blaine indignato come non mai. - Cosa fanno a quei ragazzi in quel posto?
Blaine Avvocato emise una risata amara: -Se quei bastardi hanno il consenso dei genitori, possono fare un po' di tutto. Convincerli di essere sporchi...
A quelle parole Kurt sussultò e corse a guardare i punti segnati sul suo foglio.
Punto 6): prova vergogna
-...fargli provare vergogna di se stessi...
Mi vergogno per le cose che vorrei fare.
-... farli sentire sbagliati...
Le cose che penso e lo cose che desidero sono... orribili!
-... e perfino...
Io sono un mostro!
- somministrargli psicofarmaci.


Capitolo 14: Le pillole rosa


-Sembrate molto stanchi- disse Blaine Avvocato, guardando i due ragazzi che stavano, da più di mezz'ora, col naso immerso nel faldone dei documenti riguardanti Redemption Camp Lake. Soprattutto Kurt gli sembrava particolarmente pallido, e Blaine Avvocato non poteva evitarsi di provare un' ondata di tenerezza nei confronti di quella replica adolescenziale del grande amore della sua vita. Blaine si accorse dello sguardo sognante del suo alter ego e, inconsciamente, andò a posare una mano sulla schiena del suo Kurt, con fare suo malgrado possessivo.
-Abbiamo avuto una settimana piuttosto pesante- spiegò cercando di dissimulare la profonda antipatia che provava per questo (così come per quasi tutti gli altri) suo doppione.
Kurt non badava a nessuno di loro due, ma se ne stava concentrato su quei fogli in cerca di chissà cosa. Aveva chiesto più di una volta a Blaine Avvocato se avesse qualche altro documento, o informazione, su quel luogo, ma purtroppo l'uomo non aveva potuto essergli ulteriormente d'aiuto. Quel posto non era una sua priorità e le ricerche che aveva fatto erano piuttosto approssimative, eppure Kurt continuava a sfogliare il plico avanti ed indietro leggendo e rileggendo tutti i dati, quasi volesse impararli a memoria.

-Perché non vi fermate a dormire qui?- chiese all'improvviso Blaine Avvocato, facendo sobbalzare i due ragazzi.
-Non è il caso- mugugnò Blaine. -Se il padre di Kurt ci vedesse si creerebbero altri problemi.
-Burt e Carole sono andati a Westerville a trovare una cugina di Carole. Rientreranno domattina. Potete dormire nella camera di Kurt, se volete e poi domattina presto riprendere il vostro viaggio.
Kurt non sembrava propenso ad accettare: -Non saprei, abbiamo perso veramente tantissimo tempo utile in questa dimensione.
Blaine Avvocato insistette: -Ma sembrate a pezzi, tutti e due. Potreste farvi una doccia e riposare in una camera calda e accogliente.
Normalmente Blaine Avvocato non si sarebbe mai permesso di fare una cosa del genere: lui stesso era ospite lì da Burt e già così ogni momento provava un vago senso di colpa ad approfittare della gentilezza degli Hummel. Disporre di quella casa come se fosse sua, poi! Ma la situazione era senza ombra di dubbio fuori dall'ordinario e quei due ragazzini sembravano davvero stremati. L'altro se stesso aveva lo sguardo di chi sta per spezzarsi, e il piccolo Kurt così pallido e fragile... semplicemente gli spezzava il cuore. Il suo Kurt, quello che ora si trovava a Westerville nella pasticceria di Ellie, non avrebbe mai permesso che se ne andassero senza trovare un po' di conforto.
-Rimanete ancora qualche ora- disse l'uomo con calore. -Giusto il tempo di riposare un po'. Così sfiniti non combinerete granché.

E così dicendo posò una mano sulla spalla di Kurt. Blaine dovette sopprimere l'impulso di ringhiare, ma la sua faccia non prometteva niente di buono. Blaine Avvocato si girò a guardarlo: -Ascolta Blaine, capisco di non esserti simpatico. Ma guarda Kurt: ha davvero bisogno di riposo.
E con quella frase Blaine Avvocato toccò il tasto giusto. Blaine si voltò a guardare Kurt e notò quanto davvero avesse un'aria abbattuta e stanca.
-Ma no... non è niente... -mormorò Kurt poco convinto.
-Potete mettere la sveglia fra qualche ora e nel frattempo dormire un po' -insistette Blaine Avvocato. -Quando vi sveglierete verrete a cancellarmi la memoria e poi potrete ripartire. Chissà che magari, nel sonno, Kurt non riesca a sognare Trevor?
A Blaine non servì altro. Sarebbero restati a riposare.

***

Entrare in quella cameretta fece a Kurt davvero una strana impressione. Non era la stessa stanza in cui dormiva nel suo mondo. Ormai aveva scoperto da un pezzo che suo padre si sarebbe sposato con la madre di Finn e, tutti insieme, avrebbero cambiato casa. Ma questo, nella sua vita, non era ancora avvenuto e lui e suo padre non avevano ancora effettuato quel trasloco.
Eppure in quella stanza sconosciuta c'erano tutte le sue cose: i suoi dischi, le sue foto, i suoi libri. Tutto identico. Anche se in realtà quelle cose non erano veramente sue, ma di Kurt Pasticcere.
Il letto era ampio e morbido, ed estremamente invitante.
Blaine ci si lasciò cadere stancamente. Tutti e due i Blaine, fino a quel momento, erano stati tanto a dire di quanto lui sembrasse pallido e sfiancato, ma non è che il suo Blaine fosse messo meglio.
E poi, quello che nessuno dei due aveva colto, era che il suo pallore non era dovuto soltanto alla stanchezza, ma a ben altro. Ad un sospetto, anzi no peggio, ad una realizzazione che si era illuminata dentro di lui.
Una realizzazione che però non aveva portato alcun sollievo.
-Blaine... -mormorò Kurt sedendosi sul bordo del letto. Stringeva forte al petto una cartellina con tutti i dati che Blaine Avvocato aveva raccolto su quel centro di recupero per l'omosessualità.
-Cosa?- chiese Blaine, con voce un po' assonnata.
-Credo che Trevor... ecco sì, credo che Trevor sia un paziente del Redemption Lake Camp.
-Cosaaaa?- esclamò di nuovo Blaine, stavolta con voce molto più acuta, tirandosi su di scatto.
Kurt sospirò e posò sul letto i fogli con le foto di quel posto, e poi l'elenco delle caratteristiche di Trevor che avevano stilato insieme ad Isabelle.
-La prima volta che la trasmittente della saletta radioamatori ha detto "Redemption Lake Camp", Trevor è andato letteralmente fuori di testa. Tu non c'eri Blaine, ma dovevi vederlo: era completamente terrorizzato. Si è messo ad urlare ed è stato lì che si è scatenata la tempesta di luce azzurra.
-Certo, sicuramente conosceva quel posto abbastanza da esserne spaventato- convenne Blaine.
-Esatto. E poi guarda qua, questo documento: sono delle testimonianze di ragazzini che sono usciti da quel campo. Hai notato? Sono tutti sotto i sedici anni, con un profilo familiare molto fragile.
Lo sguardo di Blaine cadde sul punto 5 della loro lista: rapporto teso con i genitori.
-"Il personale del campo opera attraverso lezioni, incontri e terapie ci ripetevano che l'omosessualità è un comportamento vergognoso, biasimabile e da condannare"- riferì Kurt, leggendo ad alta voce uno dei tanti passaggi riportati.*****
-Non mi meraviglia che quei ragazzini stiano così male. Alla faccia dell'autoaccettazione- esclamò Blaine caustico. -Quindi Trevor... è gay?- chiese poi perplesso.
-Probabilmente sì. O forse sta solo attraversando un momento di confusione, non lo so. Però il mio istinto mi dice che Trevor sia uno dei pazienti di questo posto. Probabilmente i bulli a scuola non lo prendono in giro soltanto perché è piccolo, probabilmente quando mi ha raccontato quella storia di Mitch, non mi ha raccontato l'intera verità.
Blaine rimase in silenzio per un po', rimuginando quel fiume di informazioni. Dopo tanto girare a vuoto, finalmente avevano una traccia su cui ragionare.
-Ho solo un dubbio- fece dopo un po'.
-Cioè?
-Chi ci dice che il Redemption Camp Lake sia un campo di rieducazione anche nel mondo di Trevor? Voglio dire... tutte queste informazioni riguardano il mondo di Blaine Avvocato, ma come possiamo essere sicuri che valga lo stesso anche nelle altre dimensioni?
Kurt ci ragionò un po' su. No, effettivamente non potevano esserne sicuri, eppure...
-Ovunque siamo stati finora- ragionò ad alta voce - gli Stati Uniti sono sempre una nazione, l'Ohio è sempre uno stato, Lima una città e il McKinley una scuola superiore. Sì, e vero: a volte l'architettura dei posti era diversa, quella Dalton dei Miliadari non aveva niente a che fare con la tua, però erano entrambe comunque delle scuole maschili private. E' molto raro che i posti cambino, ed è ancor più raro che cambi la loro funzione. Io... ecco io penso che anche nel mondo di Trevor il Redemption Lake Camp sia una specie di lager omofobo. E poi Blaine Avvocato ha detto che, se hanno il consenso dei genitori, questi pazzi possono somministrare anche degli psicofarmaci ai ragazzi.
Blaine scorreva le (poche) testimonianze che avevano a disposizione.
-Qui si parla soprattutto di calmanti ed ansiolitici, perché a volte i pazienti potevano incorrere in crisi di varia natura o attacchi di panico- la voce di Blaine non riusciva a trattenere la rabbia che lo prendeva a leggere certe cose.
-Senti Blaine, noi non sappiamo che effetto possano fare questi farmaci rispetto alla luce azzurra. E se avessero dato a Trevor delle sostanze in grado di potenziare il suo potere?
-Tu dici che le droghe lo renderebbero in grado di distruggere il McKinley pietrificato?
Kurt si strinse nelle spalle: -Non lo so, ma non lo posso escludere.
-Sì ma non capisco la cosa più importante.
-Cosa?
-Perché vorrebbe farlo?
Kurt buttò suo malgrado uno sguardo all'orologio di Blaine, che proprio in quel momento stava scandendo la mezzanotte di un nuovo giorno: era il 10 ottobre.
-Non lo so- rispose, con le lacrime agli occhi. -Ma fra cinque giorni ci riuscirà.

***

Blaine aspettava Kurt sotto le coperte. Dopo la loro conversazione nella stanza era scesa un'atmosfera di tristezza e malumore. Le lancette dell'orologio scorrevano contro di loro, il tempo a disposizione si assottigliava e la soluzione era ancora lontana. L'ansia per la fine imminente aleggiava sulle loro teste e anche se nessuno dei due voleva parlarne, sapevano che la morte era sempre più vicina.
Avevano fatto la doccia a turno, in silenzio, senza scambiarsi altri commenti e adesso Kurt trafficava con il loro borsone, piegando e ripiegando i loro pochi averi da più di dieci minuti.
-Kurt, vieni qui- disse Blaine con voce decisa. Non sopportava quello sguardo perso.
Kurt si sdraiò accanto a lui. Non era la prima volta che dormivano vicini, ma il profumo dei suoi capelli, quel miscuglio di borotalco e vaniglia, lo faceva sempre sobbalzare di piacere.
-Non essere triste- bisbigliò stringendolo tra le braccia e baciandogli la testa.
-Mi sento così inutile- disse Kurt, mentre una lacrima solitaria gli solcava il viso. -Non faccio altro che pensare a quel povero bambino e allo sguardo disperato che aveva. E se le cose stessero veramente come pensiamo... sarebbe troppo orribile.
-Shhh, amore mio, non fare così- mormorò Blaine, che adorava chiamare Kurt "amore", anche se l'altro finora non aveva mai fatto altrettanto. La verità era che Blaine agognava di sentirsele dire, quelle parole, ma non voleva che Kurt le pronunciasse con superficialità. Non avrebbe avuto valore se le avesse dette senza sentirlo nel profondo. Nel frattempo però nessuno gli impediva di bearsi della bellissima sensazione di avere la possibilità di dirgliele lui per primo, stringerlo e baciarlo. Anche così, per Blaine andava bene lo stesso. Kurt era perfetto, assolutamente perfetto. Così dolce e allo stesso tempo forte, intelligente e compassionevole. Anche adesso, per esempio, non si rendeva conto di provare pietà e angoscia per la persona che, a conti fatti, teneva la sua vita appesa ad un filo. E questo era così nobile, così altruista, così tipicamente da lui!
-Sono tre giorni che provo a rimettermi in contatto con Trevor senza riuscirci- stava continuando il ragazzo tra le sue braccia. -Se potessi parlarci un'altra volta Blaine, anche una volta sola, allora forse potrei capire come stanno le cose. Potrei dirgli che non deve sentirsi sbagliato, che non c'è nulla di cui deve vergognarsi. Potrei farlo sentire meno solo.
-Lo so, lo so- rispose lui carezzandogli la schiena. -Ma forse ci stai mettendo troppa ansia. Forse se non ti sforzassi così tanto, magari le cose potrebbero fluire per il verso giusto da sole.
Kurt sospirò, triste, e rimase ancora un po' abbandonato nel caldo conforto delle braccia di Blaine. -Non riesco a non provare ansia - si lamentò.
-Lascia che ti aiuti io- mormorò Blaine quasi senza accorgersene, e Kurt alzò la testa di scatto, per guardare l'altro negli occhi.
-Che... che vuoi dire? Che noi... adesso?
-Shhh- sospirò Blaine, facendo sdariare Kurt sulla schiena. -Non farò niente che tu non vorrai. Permettimi solo di aver cura di te. Solo quello.
E con quelle parole Blaine si chinò a riempire di baci adoranti il collo di Kurt, che preso di sorpresa, arcuò la schiena all'indietro, incapace di contenere la scarica di piacere che quella bocca gli stava regalando. E le mani di Blaine seguirono a ruota la piega che gli eventi stavano prendendo, abbassandosi dal suo addome liscio più in basso, in una carezza più intima che fece uscire dalla sua gola un verso che mai e poi mai Kurt credeva di essere capace di emettere.
Ma sì, era quella la cosa giusta da fare, pensò il ragazzo con una punta di disperazione che si univa al desiderio. Lasciarsi andare, abbandonarsi, cogliere quello che poteva finché poteva. Afferrare l'unica cosa che sembrava giusta, in quel vortice di confusione, paura e incertezza.
Blaine fece per sfilargli la maglietta e Kurt assecondò il suo gesto rimanendo in pochi istanti a torso nudo. Aveva sempre pensato che si sarebbe vergognato a farsi vedere praticamente nudo da un altro, ma in quel momento il leggero disagio che provava fu annientato dallo sguardo completamente estasiato di Blaine, che si stava beando nel contemplarlo.
-Quanto sei bello...- mormorò, accarezzandogli il petto e poi l'addome come se si fosse trattato si una seta preziosa.
-Blaine... facciamo l'amore- chiese Kurt con un filo di voce.
Blaine fu preso in contropiede. Non si aspettava quella richiesta... di già. Ovviamente non desiderava di meglio, ma anche se lui e Kurt nelle ultime ore avevano fatto passi da gigante, non gli sembrava che l'altro fosse ancora pronto per quel passo.
-Sei sicuro?- chiese prendendogli il viso tra le mani.
-Io... ecco... io... sì- Kurt si stava agitando sotto di lui, forse era spaventato, forse solo un po' ansioso, Blaine non riusciva a capirlo. Aveva la testa e il corpo in fiamme, Kurt aveva detto che voleva fare l'amore con lui e a Blaine pareva che il cuore gli stesse per scoppiare. Non era un po' troppo giovane per avere un infarto? Mentre accantonava il pensiero si tuffò sulla bocca di Kurt, con disperazione, tentando di mettere in quel bacio tutto quello che aveva da dare al ragazzo che amava: tenerezza, desiderio, brama e... e anche rimpianto.
Kurt rispose al suo bacio arcuandosi ancora di più e strofinandosi accidentalmente contro di lui lo portò ad un passo dall'andare completamente via di testa e abbandonarsi alla sua voglia, prendendo Kurt lì, subito e senza tregua. Dio sì. Solo a pensarlo Blaine si sentiva bollire il sangue nelle vene.
-Blaine, fa l'amore con me- insistette Kurt, con la voce spezzata. -Io non voglio morire vergine.
E a quella frase Blaine si fermò di colpo, freddato all'istante da cinque semplici parole. Con gli occhi spalancati si staccò da Kurt , non senza strappare un verso di disappunto al ragazzo, e si mise a sedere accanto a lui, leggermente distante. Kurt lo guardò scioccato, non aspettandosi quell'improvviso cambio di equilibri.
-Blaine...? Cosa...
-Tu non morirai- disse Blaine con tono fermo.
-Ma io...
-Tu non morirari Kurt- insistette Blaine fissandolo negli occhi con una luce completamente diversa da quella che c'era prima. Niente più tenerezza o desiderio, ma solo una fredda determinazione.
-Che io sia dannato se ti lascerò morire- continuò il ragazzo, e Kurt si accorse che gli stavano tremando un po' le mani. -Dovessi setacciare ogni piccolo angolo di tutti gli universi ti assicuro che tu vivrai. Io non permetterò che quel ragazzino vada fino in fondo, dovessi... - ma qui Blaine si bloccò, lasciando la frase a metà.
-Dovessi cosa, Blaine?
Blaine sospirò e si passò stancamente una mano tra i capelli. -Niente, niente di che. Forse Kurt è davvero meglio se ci mettiamo a riposare un po', la sveglia suonerà tra meno di quattro ore.
-Riposare?!- esclamò Kurt completamente spiazzato. Dopo quello che stavano facendo in quel letto, tutto gli passava per la testa tranne che fare un sonnellino.
Blaine sospirò, poi gli prese la mano.
-Ascoltami Kurt, il sesso può essere una cosa meravigliosa ma perché lo sia deve essere fatto per i giusti motivi. Dovrebbe essere un modo per connettersi profondamente al proprio partner, per avvicinarsi ed entrare in sintonia. Se lo fai solo per darti via...
A quelle parole Kurt ebbe un moto di ribellione e fece per protestare ma Blaine lo zittì subito posandogli un dito sulle labbra, continuando il suo discorso.
-... o anche se lo fai per disperazione, poi ci saranno delle conseguenze. Sia per la tua felicità, ma soprattutto per la tua autostima.
Kurt si quietò e abbassò lo sguardo. Era vero e adesso si sentiva tremendamente in colpa. Lui desiderava davvero fare l'amore con Blaine, ma in quel momento glielo aveva chiesto più per la paura di morire, e per quel suo senso di inutilità, piuttosto che per i giusti motivi. Non stava pensando a Blaine in quel momento, ma solo a se stesso. Lo stava... usando.
-Oddio Blaine- esclamò sollavando lo sguardo pieno di lacrime a quella realizzazione. -Io... mi dispiace... perdonami!
Blaine sorrise. Kurt non poteva rendersene conto, ma quella semplice frase, quelle scuse sincere per l'altro ragazzo significavano l'universo intero, erano la prova che stava facendo la cosa giusta. Blaine non disse nulla ma lo abbracciò, lo abbracciò forte e lo tenne stretto a sé a lungo, senza dire nulla. Poi, dopo un tempo che parve infinito, prese il viso di Kurt tra le sue mani e lo baciò teneramente.
-Scuse accettate- mormorò, afferrando un lembo della coperta per coprirli entrambi. Fece poggiare la testa di Kurt sul suo petto e mentre gli parlava, col palmo della mano gli carezzava la nuca e le spalle.
-Faremo l'amore Kurt. E tanto. Ma lo faremo perché vorremo farlo sul serio, non perché abbiamo un conto alla rovescia a cui correre dietro.
-Tu sei vergine?- domandò Kurt nel dormiveglia che già si stava impossessando di lui. Aveva da tempo capito la risposta da solo, però in qualche strano modo gli era lo stesso venuto da chiederlo.
Blaine si fermò un attimo prima di rispondere, poi dopo quell'esitazione riprese a carezzare la pelle vellutata del ragazzo.
-No, non lo sono- bisbigliò, e se Kurt non fosse stato quasi del tutto addormentato forse avrebbe colto il tono amaro della voce di Blaine.
-Tu vivrai Kurt- continuò il ragazzo dopo un po', modulando la sua voce carezzevole quasi a mo' di tiritera, per permettere all'altro di cedere definitivamente al sonno. -E io e te faremo un sacco di cose insieme. Vivrai, vivrai, vivrai...- ormai era diventata una specie di ninnananna che lentamente portò con sé anche Blaine, ma prima di addormentarsi il ragazzo terminò, nella sua testa, la frase che prima aveva lasciato in sospeso.

Io non permetterò che quel ragazzino vada fino in fondo, dovessi...dovessi anche ucciderlo per riuscirci!



***



Kurt camminava per i corridoi del McKinley pietrificato e, per la prima volta da quando gli succedeva, non provava né angoscia né confusione. Al contrario era quasi eccitato perché sapeva cosa fare: doveva trovare Trevor. Quello era finalmente il sogno che stava aspettando da più di tre giorni, quello in cui avrebbe potuto reincontrare il ragazzino e parlarci. Stavolta però avrebbe avuto le domande giuste da fare. Qualcosa gli disse che sapeva anche dove cercare quindi accelerò il passo e salì a di sopra, alla saletta radioamatori.
Trevor era lì, infatti. Fissava con sguardo spento la trasmittente rotta, quella che ripeteva in continuazione : -Redemption Lake Camp! Redemption Lake Camp!
Kurt si avvicinò e posò dolcemente la mano sulla spalla del bambino, che non si voltò a guardarlo. Allora allungò un braccio e spense la trasmittente, che strozzò il suo gracidare con un fruscìo sgraziato.
-So che cos'è il Redemption Lake Camp - disse Kurt, sperando di avviare una conversazione. Non dovette insistere, per qualche strano motivo Trevor era sempre abbastanza propenso a parlare con lui.
-Io non ci torno laggiù - mormorò il ragazzino, con tono ostinato. E questo spiazzò Kurt per un secondo, perché lui era convinto che Trevor fosse un paziente in cura al Redemption e invece, anche se c'era andato vicino, evidentemente la storia era un po' più complessa di quel che pensava.
-Quando ci sei stato?- domandò.
-L'anno scorso- rispose Trevor facendo spallucce. - Mio padre mi ci ha mandato per due mesi. Sono tornato a scuola a gennaio ma ho fatto una fatica pazzesca a recuperare le materie.
-Tuo padre pensava che eri gay?- chiese ancora Kurt, in difficoltà. Era spinoso parlare di certe cose senza correre il rischio che l'altro si richiudesse in se stesso.
Ma Trevor sembrava quasi sollevato... era come se volesse parlarne, era come se avesse aspettato a lungo qualcuno che gli permettesse di togliersi un peso dallo stomaco.
-E' stata tutta colpa di Mitch- iniziò a raccontare. -Dopo quella volta che lui e i suoi amici mi avevano strappato il taccuino con le poesie hanno iniziato a prendermi in giro anche per quelle. Avevano letto ad alta voce il contenuto, capisci? E qualcuna di quelle era diretta... beh diciamo che non era diretta ad una ragazza. Mitch e gli altri si sono scatenati. Dicevano che ero un... un...- Trevor sembrava molto in difficoltà a pronunciare quella parola e Kurt si affrettò a rassicurarlo.
-Tranquillo Trevor, ho capito.Vai avanti.
-Mi hanno vietato di tornare a sedermi sulla gradinata della scuola. Dicevano che quello era il loro territorio e io, con la mia presenza, lo contaminavo.
A Kurt si gelò il sangue nelle vene. Era la stessa cosa che era capitata a lui. Di nuovo.
-E poi? Che cosa è successo?
-Mi sono ribellato. Non volevo che un branco di idioti mi dicesse cosa potevo o non potevo fare. Il giorno dopo sono andato a sedermi sulla gradinata. Pensavo che il peggio che avrebbero potuto farmi sarebbe stato picchiarmi e io... beh io non ho paura delle botte. Mio padre qualche volta me le suona sai?
Kurt si mise una mano davanti alla bocca, cercando di trattenere le lacrime. No, non voleva immaginarselo un bambino così bello, così dolce e sensibile che viene picchiato dal padre.
-Il mio eroe, alla televisione, una volta ha detto una frase che mi ha tanto colpito, e io ho pensato che dovevo fare proprio come diceva lui.
-Che eroe?- chiese Kurt.
-E' un personaggio di un telefilm che seguo. Lui dice: "courage". Significa che bisogna farsi forza e avere coraggio.
-E' un buon consiglio- ammise Kurt, che negli ultimi giorni di coraggio se ne era fatto parecchio. - E dopo che è successo?
-Mitch e gli altri mi hanno visto. E non mi hanno picchiato. Avrei preferito un milione di volte che mi picchiassero, così almeno avrei avuto delle prove per poterli denunciare all'ispettore scolastico. Sai, un osso rotto porta sempre molti punti a favore della tua versione dei fatti.
Kurt alzò un sopracciglio: dolce e tenero Trevor, ma niente affatto stupido.
-Loro però non mi hanno toccato, mi hanno solo immobilizzato e poi, con un pennarello indelebile, mi hanno scritto quella parola, quella parola con la F, sulla fronte.
-Oh no!- esclamò Kurt, non riuscendo a trattenere lo sdegno.
-Ho passato il resto della giornata chiuso in bagno, cercando di mandare via la scritta, ma non ci sono riuscito. Ho consumato tutto il sapone del gabinetto, ma quella si vedeva lo stesso. Sono dovuto andare a casa così, conciato in quel modo e quando mio padre mi ha visto è andato su tutte le furie. Ha cominciato a gridare e a sfasciare tutto in casa. Non faceva altro che chiedermi se era vero, se quella parola che avevo scritta in faccia era vera. Anche la mamma sembrava molto contrariata. Di solito quando mio padre se la prende con me lei mi difende sempre ma quella volta se ne è rimasta in silenzio senza dire niente. Io allora ho negato tutto. Ho detto che non era vero e che quelli se la prendevano con me perché sono piccolo e mingherlino e sembro una femmina.
Kurt non osava neanche respirare per paura che Trevor smettesse di confidarsi. Ma ormai che era partito sembrava un fiume in piena. Era evidente che avesse un bisogno profondo di raccontare quella storia.
-Papà ci ha creduto e si è calmato. Ma poi ha aggiunto che non poteva permettere che io corressi il rischio di diventare sul serio... quella cosa. Perciò nei giorni seguenti ha fatto un po' di ricerche e mi ha mandato per due mesi al Redemption Lake Camp. Per prevenzione, ha detto. Quando sono tornato, a gennaio, le cose si sono calmate per un po'. I bulli mi hanno lasciato perdere perché mio padre aveva parlato con la preside minacciando denunce se quelli mi si fossero ancora avvicinati e per un po' la cosa ha funzionato. Ma quest'anno, quando la scuola è ricominciata, si sono scatenati di nuovo, con più cattiveria che mai- e qui Trevor cambiò il tono di voce, cercando di imitare qualcuno che lui non conosceva ma che probabilmente era Mitch. -
Ehi Trevor, non sei ancora cresciuto? Continui a sembrare una bambina? Meglio, per il f...f...frocetto che sei, forse è meglio così!
Kurt gli appoggiò un braccio sulla spalla. -Mi dispiace tantissimo- mormorò.
Trevor adesso piangeva sul serio, ma continuava a raccontare, come se le lacrime stessero accadendo a qualcun altro: -Mi hanno preso di mira e ogni giorno me ne combinano una. Non ne posso più. Poi, l'altra sera è successa una cosa che... è stata un disastro.
-Cosa?
-Stavo guardando il mio telefilm preferito quando tu e...- e qui Trevor si bloccò, guardando Kurt con un'espressione strana.
-Eh? Come?
Trevor rimase un attimo in sospeso poi continuò a parlare, stavolta con più cautela. -Voglio dire... che stavo guardando il mio telefilm preferito quando... ecco... c'è una coppia di ragazzi gay in questo show e io... ecco io li adoro. Loro per me sono dei veri e propri modelli, anche se poi a mio padre gli dico sempre che voglio guardare il telefilm perché ho una cotta per una delle attrici. Ma non è vero, io lo guardo per
loro - e qui Trevor caricò con molta enfasi la parola loro - perché da grande voglio diventare come loro e spero di poter vivere una storia d'amore come quella che hanno loro.
-Io non riesco proprio a vederci niente di male, Trevor.
-Non capisci. Si sono lasciati. Nell'ultima puntata che hanno mandato in onda si sono lasciati e in maniera orribile. Allora io sono crollato. Ero là in salotto, insieme a mio padre e mia madre, e sono scoppiato a piangere. Ho pensato che la vita faceva schifo, che non c'era nessuna bella storia d'amore nel futuro per me, ma solo tutte le cattiverie che Mitch mi riversava addosso e non avrei mai e poi mai smesso di stare così male. Mia madre mi ha chiesto perché stessi piangendo e io... io le ho detto tutto.
-Tutto?
-Che penso di essere gay. Che sono gay. Ho fatto come mi avevi detto tu. Ho ripensato alle tue parole, quando mi avevi detto che loro sono i miei genitori e devono accettarmi per come sono. Beh, sai una cosa? Erano tutte bugie!
Adesso Trevor sembrava davvero arrabbiato. Si staccò da Kurt e prese a fare grandi passi per la stanza come un leone in gabbia. -Sono tutte bugie- continuava a dire, camminando in grandi cerchi. -Cazzate, ecco cosa sono! I genitori che devono accettarti! Il coraggio! Bugie, e io sono stato un deficente a crederci. Adesso mio padre mi rimanderà al Redemption, e stavolta fino alla fine dell'anno scolastico. Mamma mi sta preparando le valigie e tra cinque giorni si parte. Ma te l'ho detto, io in quel posto non ci metterò piede mai più.
Tra cinque giorni!? Kurt sobbalzò. Trevor sarebbe partito per il Redemption il 15 ottobre?
-Non ci torno laggiù- continuava a dire Trevor. E Kurt rabbrividì vedendo di nuovo quello sguardo spento che si impossessava dei suoi meravigliosi occhi turchesi. -Tu non puoi capire, Kurt. Non ci sei mai stato. Guarda!
Così dicendo Trevor tese il palmo della mano da cui si sprigionarono diversi lampi. Dal nulla, tra le mani del bambino, si materializzò un flacone di vetro colmo di pillole rosa. Kurt non si stupì di quella piccola magia, in fondo si trovavano in un sogno ed era logico che al suo interno tutto fosse possibile. Quello che lo inquietava era il pensiero che quel flacone però si trovasse da qualche parte anche dentro la vita vera.
-Sono calmanti- spiegò Trevor. -Ce ne davano uno ogni sera l'altra volta. Io però non li inghiottivo. Li nascondevo sotto la lingua finché l'operatrice non se ne andava, poi prendevo le pasticche e le nascondevo detro gli orli dei vestiti. Era così facile che quasi mi sono stupito che nessuno mi abbia pizzicato. Quando sono tornato a casa le ho recuperate tutte. Sono sessantadue pillole. Una per ognuno dei giorni che sono stato chiuso al Redemption. Che dici, possono bastare sessantadue pillole?- domandò Trevor, con un tono quasi assente.
-Per fare che?- chiese Kurt, con un filo di voce.
Dio, fa che non sia quello che penso! Fa che non sia quello che penso!
Ma purtroppo Kurt non fu fortunato.
-Per ammazzarmi- rispose Trevor, come se fosse la cosa più ovvia della terra.
Kurt gridò d'orrore, ma senza sapere come non c'era più Trevor di fronte a lui o la saletta radioamatori, ma una stanza buia che non riconosceva e Blaine, seduto lì vicino nel letto, che cercava di calmarlo.

***


L'insegna sopra l'ingresso della caffetteria recitava: "
Brew-Ha-Ha, il caffè più buono di Westerville dal 1972", Blaine e Kurt lo guardarono perplessi.
-Che sia un altro mondo in cui io faccio il pasticcere? -chiese Kurt, provando a sbirciare all'interno del locale.
-No- rispose Blaine, guardando scettico lo spilungone pelato che stava al banco. -Direi proprio di no.
-Beh, finché non troviamo in nostri alter ego, tanto vale fare un po' di colazione- sospirò Kurt, più abbattuto che mai. Entrarono mogi e fecero la fila al banco senza scambiare grosse conversazioni. Kurt aveva raccontato Blaine il sogno subito, appena si era ripreso dallo shock, e avevano passato le ultime due ore a parlarne e a ragionarci sopra, senza giungere a nessuna conclusione che potesse confortarli un po'. Con la mano tremante Kurt aveva aggiunto due ulteriori punti alla lista:

12) è gay
13) vuole suicidarsi

Quell'ultima nota l'aveva scritta piangendo. Poi lui e Blaine si erano resi conto che non sarebbero mai e poi mai riusciti a riposare ancora e così avevano lasciato quella dimensione, non senza cancellare prima la memoria di Blaine Avvocato, che stava di sotto in cucina, addormentato sopra le scartoffie del caso legale di quel ragazzo aggredito.
Ed ora eccoli lì, a dover continuare la loro ricerca insensata, con le speranze sotto le scarpe.
-Auch! Mi sa che anche le sedie sono ancora quelle del 1972- commentò Kurt sarcastico quando si accomodarono ad un tavolo con i loro caffè bollenti in mano.
-Mpf, è davvero scomodissima- mugugnò Blaine.
Rimasero a sorseggiare le loro bevande in silenzio.
-Ma se Trevor vuole davvero suicidarsi...-iniziò a chiedere Blaine, strappando suo malgrado un gemito di dolore a Kurt.
-Io non posso neanche pensarci, Blaine. E' una cosa troppo mostruosa e triste.
-Certo, ma perché questo dovrebbe comportare anche delle conseguenze al McKinley pietrificato? Qual'è il nesso?
Kurt ci pensò su. -Probabilmente avrà a che fare col nesso telepatico che c'è tra di noi. Se muore Trevor, muoriamo in qualche modo anche noi. Ma non so perché. O forse vuole vendicarsi di me, per avergli dato quel consiglio disastroso.
Blaine sbuffò esasperato. A volte gli sembrava di essere un gambero: per ogni passo avanti ne faceva due indietro.
-Vorrei che Isabelle fosse qui- sospirò.
-Anch'io- convenne Kurt. Isabelle avrebbe sicuramente saputo dare delle risposte legate a tutte quelle nuove informazioni. Loro due invece, insieme, erano stati capaci solo di farsi un mare di domande in più.
-Non voltarti, ma ci sei tu che stai facendo la fila alla cassa- bisbigliò ad un tratto Kurt, fissando un punto dietro alle spalle di Blaine.
-Ok. Ragioniamo. Sono solo?
-Sì.
-Penso che possiamo provare il Piano A, allora.
-Vuoi dire la variante del Piano A- corresse Kurt. -Quella in cui tu ti nascondi e, qualsiasi cosa accada, non prendi a botte il tuo doppione.
-Seeeee, tranquillo, lo tratterò come un fiore- assicurò Blaine alzandosi e sgattaiolando alla chetichella dietro al muretto del corridoio che conduceva ai bagni lì vicino. Un nascondiglio perfetto per ascoltare tutto senza essere visto. E dove continuare a sorseggiare il caffé che si era portato dietro.
Kurt tenne d'occhio l'altro Blaine mentre pagava, chiedendosi che genere di rapporto ci potesse essere tra loro in quel mondo. Quando il ragazzo si voltò in cerca di un tavolo i loro sguardi si incrociarono per qualche istante. Incerto sul da farsi (davvero, e se qui loro due fossero stati qualcosa tipo due spie nemiche?) gli lanciò un cenno di saluto, il più neutrale possibile. Blaine Avventore si diresse nella sua direzione e si fermò di fronte a lui.
-Ciao- disse con fare educato.
-Ciao- rispose Kurt sorridendo.
-Il mio nome è Blaine- disse Blaine Avventore e subito il sorriso di Kurt si spense. Ah! Allora lui e Blaine, in quel mondo lì non si conoscevano? Strano, era la prima volta che capitava.
-Io sono Kurt.
-Kurt, posso unirmi a te?-chiese Blaine Avventore e quando lui fece cenno di sì con la testa il ragazzo si accomodò posizionando la borsa del computer sotto al tavolo.
-Vieni qui spesso?- chiese Kurt, tanto per avviare una conversazione.

-No, è la prima volta, ma non so se ci tornerò- spiegò Blaine Avventore, sorseggiando il suo caffé medio. -Voglio dire, il caffè è buono, ma queste sedie sono davvero scomode.

-Eh già- convenne Kurt.

-E tu? Vieni qui spesso?

-Uhm no, è la prima volta, ma neanche io ci tornerò.

-Ehi, allora potresti unirti a me nella mia missione. Sto cercando la caffetteria perfetta sai? E' da settembre che la cerco, un posto adatto a studiare perché io sto seguendo l'ultimo anno da casa, un localino comodo, accogliente e con del buon caffé.- Blaine Avventore arrossì un attimo prima di proseguire. -Potremmo cercarlo insieme...

Sembrava che si fosse fatto piuttosto coraggio per buttare fuori quella proposta flirtosa e Kurt provò un'ondata di tenerezza per quel ragazzo solitario.

-Non so, anch'io ho una missione- rispose vago. Poi, notando che l'altro c'era rimasto male, cercò di cambiare discorso.

-Come mai studi a casa?

Blaine Avventore si rituffò sul suo caffé, prima di dire, con voce incerta: -L'anno scorso ho fatto troppe assenze e adesso devo recuperare il mio senior year- poi si portò una mano tra i capelli e Kurt la vide: una brutta e profonda cicatrice.

-Oh mio Dio! Cosa ti è successo alla testa?

-Ah, l'hai vista eh? La cicatrice. Io... ecco... io sono stato aggredito l'anno scorso, da un gruppo di stupidi omofobi. Sai... ecco... io sono gay- soffiò fuori il ragazzo, evidentemente spaventato che questa informazione potesse essere causa di guai.

Kurt sentì uno strano sapore acido gli invadeva la bocca. -Anche io sono gay, Blaine. Mi dispiace tantissimo per quello che ti è successo, davvero.

-Oh beh, per fortuna io non mi ricordo l'attacco. Ho cancellato tutto, sai? Sono stato in coma per un sacco di tempo a causa del trauma cranico. Uno di loro aveva un piede di porco. Solo che il problema è che ho cancellato anche il precedente anno di ricordi. Si chiama amnesia retrograda.

Kurt voleva mettersi a piangere. Era come se lui, Blaine, Trevor fossero degli agnelli sacrificali dell'odio e della violenza. Mitch, Karofsky, quella gente col piede di porco... ma che male gli avevano fatto loro? Qual'era la loro colpa imperdonabile per meritare tutto quell'accanimento?

Blaine Avventore lo stava guardando un po' trasognato.

-Non so perché mi viene così spontaneo parlare con te- sussurrò. -Ti conosco solo da pochi momenti.

-Puoi dirmi tutto quello che vuoi, Blaine- mormorò Kurt, cercando di non ricacciare indietro le lacrime.

-La verità e che io non so perché sto cercando la caffetteria perfetta. Dico a me stesso, in continuazione, che è per studiare, ma in fondo so che non è così. Dentro, nel profondo, è come se stessi cercando qualcosa, qualcuno, là fuori, ma giro in tondo come una trottola e non lo trovo mai.Tu pensi che io sia pazzo?

-No, niente affatto.

-Kurt, io lo so che c'è qualcuno che mi sta aspettando, ne sono sicuro. So che non sono stato sempre da solo e so che qualcuno mi ama, ma non so dov'è. Hai mai avuto una convinzione immotivata ma talmente profonda da portarti a fare anche cose senza senso, cose che nessuno mai si aspetterebbe da te?

Kurt sentiva un groppo in gola e sperò con tutto se stesso di non mettersi a piangere. C'era Blaine dietro al corridoio, e se lui si fosse messo a piangere probabilmnte sarebbero stati guai, con quel carattere sanguigno che si ritrovava.

D'altra parte Kurt sapeva cos'era che Blaine Avventore stava cercando con tanta ostinazione. Stava cercando il suo Kurt che, senza ombra di dubbio, aveva i suoi buoni motivi per non rivelarglisi. Ma, se aveva imparato qualcose da tutti i mondi alternativi in cui era stato, sapeva anche dove questo malinconico ragazzo di fronte a lui poteva trovare il suo amore perduto.

-Blaine- chiese, tanto per non infrangere il piano A -conosci un ragazzino di nome Trevor?

Blaine Avventore fu preso in contropiede: -Eh? Cosa? Uhm... no non mi pare.

A quel punto Kurt si sporse in avanti e fissando Blaine Avventore negli occhi liberò il suo potere. Quando lo sguardo del ragazzo si spense, Kurt ebbe un momento di esitazione: "Dio Mio, la sua memoria è così danneggiata, speriamo di non fare peggio. Isabelle, sarà meglio che la tua magia funzioni bene!", poi si riscosse e pronunciò le solite parolette: -Dimenticami, dimentica tutto!

Blaine Avventore sedeva quieto, con lo sguardo perso nel suo caffè, ma prima di allontanarsi Kurt si chinò sul suo orecchio e gli sussurrò, piano: -Vai al Lima Bean. Troverai quello che cerchi.

Adesso lui e Blaine dovevano solo trovare il Kurt di quel mondo si disse poi entrando nel corridoio dove c'era Blaine.

Tutto si aspetttava tranne di trovarlo in lacrime. Blaine non era semplicemente commosso, ma stava singhiozzando vistosamente, con il pugno premuto contro la bocca, il viso solcato di lacrime e il petto scosso dal pianto.

Kurt andò in panico. La prima cosa che gli venne da fare fu abbracciarlo stretto e fargli appoggiare la testa sulla sua spalla.

-Oh mio Dio, Blaine, che cosa ti è successo?

-Io ... io non ce la faccio- mormorava Blaine, stretto sul suo petto, completamente sconvolto.

-Shhh, andiamo... tutto si aggiusterà- diceva Kurt, accarezzandogli la schiena nel tentativo di placarlo. Ma non riusciva a capire cos'era che lo avesse tanto sconvolto.

-Andiamo via Kurt- piangeva Blaine, -andiamo via di qui, subito.

-Ma non abbiamo ancora chiesto al Kurt di questo mondo...-protestò debolmente Kurt. Ma Blaine lo afferrò saldamente per la mano e aprì un nuovo varco di luce azzurra.

-Tanto è un altro buco nell'acqua. Voglio andare via da qui.

E mentre saltavano nello Spazio Intradimensionale, Kurt si augurò con tutto se stesso che non stessero facendo un errore madornale.



***



Note di Oldlady:

Ciao a tutti, eccoci ad una nuova puntata. Una delle più tristi che io abbia scritto, ma era necessario per lo svolgimento della storia.

****** I posti come Redemption Lake Camp, ahimé esistono davvero, non sono una mia invenzione. Se non lo avete mai visto, guardate questo brano dello spettacolo "8", a cui hanno partecipato moltissime star. Il reading è tratto dagli atti processuali di un caso davvero avvenuto, mi pare in California, e Chris Colfer in questo pezzetto interpreta proprio un ragazzino mandato in un luogo del genere:  https://www.youtube.com/watch?v=31wm4MclAZc
Il fatto che usino psicofarmaci è una mia forzatura per esigenze di trama però. Non so se nella vita vera osino tanto.

Che dire?

Abbiamo scoperto tantissime cose su Trevor (ma non tutte) e abbiamo scoperto che Blaine è determinato a fermarlo a tutti i costi.

Alla fine poi assistiamo al crollo di Blaine. Come mai le parole di Blaine Avventore lo hanno colpito così tanto? C'è da aspettare ancora un po' per scoprirlo. Nel prossimo episodio faremo invece la conoscenza di una new entry, un personaggio che fino ad ora era stato un grande assente ma che non può mancare. E per festeggiare la sua comparsa, vi farò anche una piccola sorpresa.

La ff della scorsa settimana era Syroup and Honey, con una piccola ospitata anche per Sideways che, diciamocelo, non può mancare. Qual'è quella di oggi?

Chiedo scusa se l'ultima parte del capitolo è un po' floscia. L'ho scritto con la febbre e non so cosa è venuto fuori. Lasciatemi un'opinione se potete, mi farebbe davvero molto piacere.

Aggiornerò tra 8/9 giorni (mi metto a scrivere appena guarisco) . Ciao a tutti!

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Capitolo 15
*** Il campione di lacrosse ***


Dal capitolo precedente:

-Andiamo via Kurt- piangeva Blaine, -andiamo via di qui, subito.

-Ma non abbiamo ancora chiesto al Kurt di questo mondo...-protestò debolmente Kurt. Ma Blaine lo afferrò saldamente per la mano e aprì un nuovo varco di luce azzurra.

-Tanto è un altro buco nell'acqua. Voglio andare via da qui.

E mentre saltavano nello Spazio Intradimensionale, Kurt si augurò con tutto se stesso che non stessero facendo un errore madornale.

Capitolo 15

Il campione di lacrosse

Kurt e Blaine stavano viaggiando ininterrottamente da due giorni.
Ad un certo punto si erano anche fermati a riposare un paio d'ore in un ostello per rinunciarci però quasi subito poiché l'ansia per l'orologio che faceva
tic tac li aveva resi insonni.
Non avevano neanche più accennato alla questione del sesso, per lo stesso motivo.
Più si andava avanti più l'urgenza di vincere quella lotta contro il tempo- posta in palio la vita! - sovrastava tutto quanto.
Forse era la paura di morire, forse la privazione di sonno ma ormai Kurt si sentiva sfatto come un tossico.
Probabilmente stava avendo anche le stesse visioni di un tossico perché non era possibile, veramente, che esistessero mondi come quelli che aveva visto nelle ultime ventriquattro ore.
Concedeva di aver trovato estrememente romantico l'universo di Kurt & Blaine Anime Gemelle. Non si vergognava di ammettere di aver gradito immensamente il mondo di Kurt Universitario e Blaine Pompiere, al contrario del suo Blaine (
basta Kurt, il capitano Anderson ti ha già mostrato la sua collezione di estintori, è ora di andare via).
Così come non poteva negare che di fronte a Blaine Studente e Kurt Spogliarellista aveva provato un forte fastidio, non condiviso però (
eddai Kurt, restiamo altri cinque minuti, sta per cominciare il numero della maglietta bagnata!).
Ma Kurt Stregone e Blaine Inquisitore Spagnolo? O Kurt Danzatore del Ventre e Blaine Contadino?? No, quelli probabilmente erano state delle allucinazioni avute nel frattempo, non potevano essere veri.
E sicuramente non erano veri Blaine Domatore di Tigri e Kurt Lottatore di Sumo! Kurt con ogni fibra del suo essere si rifiutava di credere che quelli lì potessero essere reali. Visione da privazione di sonno, tipo l'LSD che ti fa vedere gli alberi che crescono dal terreno in pochi minuti, ecco cos'erano stati. Senza dubbio!
Mentre ripensava agli ultimi Salti Intradimensionali Kurt sorrise di fronte ad una fantasia di se stesso seduto su un deserto a fumare peyote e chiacchierare allegramente con una biscia di nome Re Lucertola.
Sì, decisamente Kurt si sentiva stanco.
Ma era il 12 ottobre, non c'era tempo per prendere fiato.
E poi, al di là delle vertigini della stanchezza, c'era quel tarlo che lo inquietava. Non avevano cercato il Kurt di Blaine Avventore, se ne erano andati prima di chiedergli di Trevor. E se fosse stato quello il mondo giusto? Se avessero commesso uno sbaglio imperdonabile?
Blaine non voleva parlare di quell'episodio e Kurt si limitava ad allontanare il pensiero sperando che si trattasse solo di una falsa paura. Perché dai, non era possibile che fosse stato proprio quello il mondo di Trevor, giusto? Non sarebbe stato umanamente possibile essere tanto sfigati.
Kurt sorrise.
Adesso nella sua fantasia ad occhi aperti Re Lucertola gli stava donando un animale totem e Kurt scopriva che si trattava di un Lama di nome Arturo Sputoalmuro****.
-Blaine, ho bisogno di riprendere fiato- disse, a quel punto seriamente preoccupato per la propria sanità mentale. Sì, era arrivato al limite, nessun dubbio.
Erano appena arrivati in quel mondo nuovo, non avevano ancora riconosciuto il posto, ma per fortuna era estate, l'aria della notte era carezzevole e la strada dove stavano camminando era costeggiata di alberi che profumavano il respiro. Kurt non avrebbe sopportato l'ennesimo mondo invernale, non ne poteva più di freddo, tristezza e paura.
-Sì, anche io sono stanco- convenne Blaine che aveva due profonde borse sotto gli occhi- ma non c'è neanche una abitazione qua attorno, o una panchina. Non so dove potremmo riposare.
-Avremmo dovuto comprare dei sacchi a pelo a suo tempo- sospirò Kurt, rimpiangendo quella volta che al centro commerciale avevano comprato un po' di beni da viaggio usando la carta di credito della Barry. E anche quella crema per le caviglie gli avrebbe fatto comodo adesso!
-Teniamo duro- lo incoraggiò Blaine. -Ti prometto che appena possibile ci riposeremo.
Kurt annuì e ricominciarono a camminare nell'oscurità finché non scorsero un edificio isolato, illuminato da luci al neon gialle e verdi, e un parcheggio piuttosto trafficato sul davanti.
Era ovviamente un locale notturno, uno che non avevano mai visto prima.
Oh Dio, fai che non sia un altro universo con Kurt Spogliarellista gemette Kurt tra sé e sé passando attraverso il parcheggio dove più della metà delle macchine avevano i vetri appannati.
La luce azzurra li lasciava sempre nei pressi dei loro alter ego, quindi dal momento che quel locale era l'unico edificio del circondario, ne conseguiva che dovevano cercare lì dentro.
Non era la prima volta che entravano in club come quello durante il loro viaggio: grandi discoteche piene di gente che ballava ammassata, corpi che si strusciavano, sguardi affamati, luci, suoni, fumo e stordimento. Sale stipate di corpi in cerca di oblio e divertimento, alcol e musica così alta da zittire, per una sera almeno, qualsiasi pensiero.
Il tutto a disposizione per due semplicissime condizioni: pagare un biglietto di solito piuttosto salato ma, ancor prima, passare il vaglio del buttafuori all'ingresso che solitamente lasciava passare chiunque avesse un documento falso vagamente credibile ma di cui loro, sfortunatamente, erano sprovvisti. Però erano provvisti di un Kurt capace di cancellare le memorie, un'abilità che il ragazzo aveva in cuor suo sempre trovato un po' un numero da circo, però si stava dimostrando utilissima in tante piccole situazioni concrete.
Così eccoli, lui e Blaine, a girare dentro il Goblin, un locale gay di quelli seri, niente a che vedere con lo Scandals. Non c'erano Drag Queen che scimmiottavano Tina Turner in giro, solo una grande pista affollata di uomini, e numerosi cubi per i ballerini sparsi un po' ovunque.
-Probabilmente il mio alter ego tra poco uscirà fuori a fare un numero sopra uno di quei cosi- disse Kurt a Blaine, indicando un paio di postazioni vuote lì vicino. Blaine non sembrava annoiato come lui dalla notizia.
Si trovavano ad uno dei lati meno affollati del locale, probabilmente proprio perché i ballerini lì non erano ancora arrivati. Un po' più avanti c'era il bancone del bar che invece era bello affollato.
-Speriamo che lo Spogliarellista si sbrighi- sospirò Kurt, sempre più stanco e intontito dalle luci e dalla musica- così magari mettiamo in pratica il Piano B e ce ne andiamo in fretta da questo posto.
Blaine lo guardò preoccupato: -Vuoi che vada a prenderti qualcosa da bere al bar?
-Sì, magari un po' d'acqua mi farebbe bene- rispose lui massaggiandosi le tempie.
Blaine gli sorrise e gli diede un buffetto affettuoso. -Va bene, vado a prendertelo. Mi raccomando, stai attento a questi gay predatori, eh!
-Sta tranquillo- lo rassicurò Kurt con un alzatina di spalle. -Dimentichi che posso ipnotizzarli tutti con un battito di ciglia?
Anche quella era una cosa che avevano già fatto: quando qualcuno importunava Kurt (cosa che accadeva sempre in posti così) il ragazzo si limitava a far dimenticare la propria esistenza a chi aveva di fronte ed ecco che quello si ritrovava dopo pochi minuti a ballare in mezzo alla pista senza neanche sapere come ci fosse arrivato, la visione del bel ragazzo con gli occhi azzurri e il culo da favola completamente cancellata dal cervello.
Mentre Kurt aspettava Blaine, il ballerino arrivò e andò a posizionarsi sul cubo iniziando la sua performance. Solo che non era Kurt Spogliarellista quello che si stava contorcendo languido là sopra, ma un perfetto sconosciuto. Un ragazzo tutto muscoli che si dibatteva a tempo si musica in maniera provocante ma, sarà stata la stanchezza, sarà stato che non era proprio il suo tipo, a Kurt non sortiva nessun effetto, neanche al culmine della sua esibizione, quando da chissà dove tirò fuori una ciotola colma di glitter che prese a spalmarsi sui pettorali con mosse accattivanti facendo diventare il suo petto, mano a mano che proseguiva, sempre più scintillante.
Attorno al ballerino si era formato un discreto capannello di ammiratori, tutti ragazzi piuttosto giovani, tutti con gli occhi di fuori e la bava alla bocca. Di tanto in tanto il danzatore si chinava civettuolo e sporcava di glitter il naso di uno o la guancia di un altro, mandandoli tutti in estasi. Qualcuno cercava di allungare le mani per infilare delle banconote nel suo tanga, ma il ballerino aveva l'occhio lungo e concedeva il fianco solo a quelli con i tagli più alti.
Kurt nel guardarlo si sentiva invadere dall'irritazione: non tanto per il giudizio morale sul triste spettacolo ( e la pochezza del numero, le esibizioni di Kurt Spogliarellista erano molto più interessanti comunque), ma perché se quello sopra il cubo non era un doppione suo o di Blaine, allora dove dovevano andare a guardare per trovare i loro alias?
-Cosa ci fai qui, Kurt?- chiese una voce sconosciuta alle sue spalle.
Kurt si voltò giusto per ritrovarsi faccia a faccia con un perfetto estraneo che però lo stava guardando con tanto d'occhi.
Ad essere onesti lo sconosciuto era un ragazzo davvero bello, non c'era che dire: altissimo, col fisico scolpito, i capelli biondi, l' aria affascinante e meravigliosi occhi verdi.
Il ragazzo si avvicinò di un passo e gli poggiò una mano sulla spalla, poi si stropicciò gli occhi come se cercasse di ritornare alla realtà da un sogno troppo vivido.
-Ho bevuto troppo vero?- disse, avvicinandosi ancora un po' al suo viso, e Kurt potè sentire nel suo fiato l'odore forte della birra. Sì, l'affascinante sconosciuto era sbronzo, non c'era dubbio. -Sei un'allucinazione, non puoi essere qui. Ti ho lasciato poche ore fa nel mio letto...
Allora le orecchie di Kurt si drizzarono sul serio. Cosa cosa? Il suo alter ego stava dormendo nel letto di questo fusto?! Il bell'ubriaco rialzò il viso e lo guardò con una dolcezza che finora Kurt aveva visto rivolta a lui solo da Blaine (e dai suoi doppioni), mai da un altro: -Però ti ho cercato tanto stasera, sai Kurt? Speravo di trovarti, ed eccoti qui- il pollice del ragazzo indugiò sulle sue labbra, premendole delicatamente per farle schiudere mentre il suo viso si avvicinava sempre di più.
Kurt stava giusto riprendendosi dallo stupore quel tanto da allontanare lo sconosciuto quando quello sparì dalla sua vista. Il tempo che gli ci volle per aggrottare la fronte dalla sorpresa che si rese conto che lo spilungone era due metri più in là, per il contraccolpo dello spintone che un Blaine con gli occhi di fuori gli aveva appena allungato.
-Tu non devi neanche guardarlo- stava gridando il suo ragazzo. -Hai capito?
Oh, guarda un po', pensò Kurt roteando gli occhi. Avevano trovato un altro tizio che faceva incazzare Blaine oltre ai suoi stessi duplicati.
Lo sconosciuto però, nel vedere chi era stato ad impedirgli di baciarlo, reagì con la stessa furia, anzi forse anche maggiore.
-Cosa cazzo ci fai tu qui, Anderson? Non dovevi startene in California?
Blaine fu preso un attimo in contropiede, ma si riprese subito. Evidentemente l'altro si stava riferendo al Blaine di quel mondo.
-Non ce li hai gli occhi Smythe? Sono qui di fronte a te e se ti vedo anche solo avvicinarti a Kurt ti finisco.
Blaine aveva chiamato per nome quella persona... Blaine conosceva quel ragazzo! La realizzazione di questa semplice verità lasciò Kurt completamente attonito.
-Anderson, hai veramente una gran faccia tosta- riprese il giovane di nome Smythe ghignando, ma si capiva che anche attraverso i fumi dell'alcol era sconvolto.-Come ti permetti di dirmi che non devo avvicinarmi a Kurt, quando sono io quello che gli è stato vicino dopo che tu l'hai lasciato?
A quelle parole Blaine impallidì e si bloccò di colpo.
-Come sarebbe a dire che l'ho lasciato?
-Sì, tu l'hai lasciato. Si può essere più idioti? Lo hai lasciato per l'estate, per poter frequentare uno stupido corso di musica a San Francisco e adesso, dopo che io sono stato quello ad essergli amico per tutto questo tempo, pensi di avere il diritto di dirmi che non posso avvicinarmi a lui? Un tempo mi piacevi Blaine, ma adesso penso che tu sia il più grande degli imbecilli.
-Io lo ammazzo- ruggì Blaine, passandosi le mani tra i ricci.
-Chi?- chiese Smythe preso un po' in contropiede.
-Il Blaine di questo mondo, come chi? Non solo ha lasciato il suo Kurt, ma tra tutte le persone del mondo lo ha gettato in pasto proprio a te! Io lo ammazzo con le mie mani!
Smythe lo guardava come se fosse pazzo, e probabilmente in quel momento un po' lo era sul serio quindi, ritenendolo forse un comportamento più sensato, il giovane tornò a parlare con Kurt.
-Andiamocene Kurt, torniamo a casa mia- lo implorò quasi, allungando la mano per afferrare la sua.
-Non lo devi toccare- urlò Blaine fuori di sè, placcandolo come un giocatore di football e mandandolo a planare dritto dritto sulla postazione del ballerino che si lasciò sfuggire la ciotola di glitter dalle mani mandandola a finire in faccia a Smythe.
-Che succede qui?- urlò un buttafuori grande come un rmadio, giungendo sulla scena.
-Questo ragazzo è stato attaccato da quello lì- squittì il muscoloso ballerino, con una vocina più sottile di quella di Kurt, indicando Blaine che fu prontamente afferrato per le spalle dall'addetto della sicurezza.
-Vieni ragazzo, è meglio se esci e vai a rinfrescarti le idee- disse l'uomo sovrastando il malumore dei presenti.
-Sì, è vero, è stato lui.
-Ha interrotto l'esibizione di LeRoy!
-Tutti quei glitter sprecati!
-Cosa? No... io...- Blaine provò a divincolarsi e Kurt stava per correre a difenderlo quando qualcuno lo afferrò per il braccio e se lo trascinò via facendosi largo in mezzo a tutta quella gente ammassata.
Era quel ragazzo ovviamente, quello Smythe, che se lo tirò dietro fino ai bagni, tenendogli il polso con una presa saldissima che non cedette minimamente nonostante lui si divincolasse in tutti i modi.
Lo lasciò solo quando furono entrati, giusto per chiudersi la porta alle spalle e girarsi a guardarlo con un'aria... quasi disperata. Ed era anche un po' buffo, così serio, così solenne, con la faccia completamente ricoperta di glitter.
-Ok Kurt- esordì senza dargli neanche il tempo di parlare. -Lo so che a questo punto tu stai solo pensando al tuo bello e a quanta voglia tu abbia di tornare tra le sue braccia ma ti prego... ascoltami solo per cinque minuti.

Kurt avrebbe voluto interromperlo, ma c'era un'urgenza in quel tono della voce che lo immobilizzò.
-So perfettamente che quando abbiamo stretto quel nostro patto- continuò il ragazzo - non mi piacevi neanche un po' e so che tu fai finta di stare insieme a me di fronte ai miei genitori solo per la faccenda dei soldi ma adesso le cose sono cambiate. Io ti... ecco io ti sono davvero amico ora... non stavo scherzando quando l'ho detto e devi fidarti se ti dico che tornare insieme a Blaine dopo il modo in cui ti ha trattato è un errore madornale. Non potrai mai essere felice con lui, Kurt!
Kurt sospirò e chiuse gli occhi. Poi avanzò lentamente verso il bello sconosciuto e poggiò, con molta delicatezza, la fronte sulla sua, sporcandosi un po' di glitter a sua volta.
-Dimenticami, dimentica tutto- ordinò, fissando il suo sguardo azzurro in quei bellissimi occhi verdi.
Prima che le loro fronti si staccassero (con un viscido pop per colpa dei brillantini) aggiunse: -Torna a casa, dal tuo Kurt, e digli che ti è mancato stasera.

***

Blaine camminava avanti ed indietro lì, accanto all'uscita laterale dove il buttafuori l'aveva depositato, respirando l'aria umida della notte e sbuffando come una pentola a pressione.
Non poteva credere di essere andato così fuori di testa. Solo alla vista di quella persona che si stava avvicinando al suo Kurt aveva provato una rabbia quasi omicida.
Certo, certo, quello non era lo stesso Sebastian Smythe che conosceva lui, ma un alias, eppure c'erano due cose di cui era assolutamente certo.
Primo, in qualsiasi universo si trovasse Smythe poteva essere solo ed unicamente causa di guai per lui, senza possibilità d'appello.
Secondo, di qualsiasi Sebastian al mondo si trattase, le sue mani da pervertito non dovevano toccare il suo Kurt, mai. Ma adesso che lui era bloccato là fuori quel maledetto avrebbe potuto far di tutto dentro quel locale. Cosa stava succedendo a Kurt in quel momento, lui così buono ed innocente insieme ad una persona malvagia e perversa come quella? A Blaine sembrava di aver lasciato una farfalla a volteggiare tra le spire di un aspide e si sarebbe dato volentieri una martellata in testa per essersi fatto sbattere fuori dal locale in maniera così stupida. Cosa doveva fare adesso? Era meglio cercare di rientrare alla chetichella oppure aspettare che Kurt lo raggiungesse lì fuori? Oppure all'entrata principale?
-Ehi, straniero- sospirò la voce di Kurt alle sue spalle, facendolo sospirare di sollievo.
-Oddio Kurt, quanto sono felice di vederti- esclamò Blaine stringendoselo tra le braccia.
-Io invece sono furibondo con te- gli si ritorse contro Kurt. -Cosa diavolo è successo là dentro?
-Ho perso le staffe- mugugnò Blaine, evitando lo sguardo del suo ragazzo.
-Veramente? Eddai, non me n'ero accorto! Guarda un po'!
-Non sei molto simpatico quando fai il sarcastico.
-Neanche tu quando dai in escandescenze, ma non era a questo che mi riferivo.
Blaine si staccò dall'abbraccio e si mise a camminare verso l'uscita del parcheggio.
-Ehi, non ho finito di parlarti- gli gridò sdegnosamente dietro Kurt.
-Io sì - rispose Blaine continuando a camminare. -E' tardi, siamo tutti e due sfiniti ed abbiamo appena incontrato il più grande testa di cazzo nella storia dell'umanità fatta eccezione forse soltanto per Adolf Hitler. Andiamocene da questo universo e subito.
-Wow, non se ne parla neanche- Kurt lo aveva raggiunto ed adesso camminava al suo fianco. -Stai scherzando vero? Sarebbe il secondo mondo in cui non facciamo i compiti!
-Se Trevor si trova in questo mondo qua, io mi spoglio tutto nudo e vado in giro per un mese cosparso di vernice blu.
Kurt cercò di trattenere una risata all'immagine, perché non voleva perdere la sua giusta indignazione che gli dava quel minimo di autorevolezza nel fare domande a Blaine.
-Tu lo conoscevi quel ragazzo. L'hai chiamato per nome!
-Sì?
-Sì, l'hai chiamato Smythe e lui non ti ha contraddetto.
Blaine si diede un'altra martellata mentale in testa. Ma si poteva essere più stupidi di così?
-E va bene- grugnì. -Sì, so come si chiama. Il suo nome è Sebastian Smythe e da adesso in poi se ti capiterà ancora di incontrarlo, in qualsiasi mondo tu ti trovi, sappi che è una spina nel fianco dell'umanità. Non gli parlare mai, non gli dare corda. Scappa e tieniti lontano. E' pericoloso, bugiardo, malvagio e infido. Non credere a quello che ti dice e non permettergli di metterti le mani addosso, in nessun modo.
-A me sembrava un ragazzo a posto. Sei geloso come Otello- sbuffò Kurt ma Blaine lo trattenne, con un espressione scurita dall'odio.
-Non sto scherzando Kurt. Ammetto che sono geloso se qualche altro Blaine prova a baciarti, ma con quella persona lì non si tratta di semplice gelosia. Sebastian Smythe contamina tutto quello che tocca, fammi solo un piacere: stagli lontano.
Kurt agognava per qualche altra informazione: -Non puoi raccontarmi qualcosa in più su come lo conosci, vero?
-Non è così- mormorò Blaine. -Posso, ma non voglio.
E Kurt lo vide negli occhi di Blaine: quello stesso vortice scuro di quando aveva scoperto che non c'era nessuna amnesia nella sua memoria ma lo stesso si era rifiutato di raccontargli la sua storia. Blaine all'epoca gli aveva chiesto un grande gesto di fiducia e rispetto, nel non forzarlo a parlare di quello che non voleva parlare e adesso stava facendo altrettanto.
E Kurt, proprio come alcuni giorni prima, scelse di fidarsi. Blaine era il suo unico amico. E non solo adesso che si trovavano in quella situazione disperata. Anche ripensando a prima che il McKinley si congelasse, nella vita di Kurt non c'era nessuno che lo comprendesse, lo stimasse e gli fosse vicino come faceva Blaine. Che cos'era accaduto tra loro che Kurt non riusciva a ricordare? Che cosa aveva a che fare Blaine con quello che era successo al loro mondo? Anche se Kurt non aveva dubbi che la verità, una volta che fosse venuta a galla, lo avrebbe probabilmente sconvolto, non aveva neanche dubbi che Blaine fosse la persona per lui, la sua anima gemella. Tutti quei viaggi che avevano fatto, con tutti quei Kutrt&Blaine lo dimostravano no? Non esisteva un mondo dove non ci fosse un Blaine per un Kurt, e questo ragazzo qui era il Blaine destinato a lui, anche se gli stava chiedendo una cieca fiducia.
-Va bene, non ti chiederò più nulla. Andiamo via da questo mondo.
E così, ancora una volta, saltarono via senza aver chiesto di Trevor.
Fluttuarono pochissimi istanti nello Spazio Intradimensionale e atterrarono quasi immediatamente nella loro nuova destinazione: un divano, morbido, comodo, soffice. Di notte.
Si addormentarono senza neanche pensarci due volte.

***
La prima cosa che Kurt mise a fuoco, alla limpida luce del mattino che filtrava dalla finestra, furono gli striscioni appesi sopra alle loro teste. Con la vista ancora sfocata dal sonno si tirò su con cautela, stropicciandosi gli occhi nel tentativo di riconnettersi con il mondo.
C'era Blaine, sdraiato vicino a lui, ancora profondamente addormentato. Perfino nel sonno l'espressione del suo viso sembrava spossata e Kurt non ebbe cuore di svegliarlo. Si scostò il più delicatamente possibile e si alzò in piedi, stiracchiandosi in cerca di sollievo per le sue membra intorpidite.
Ah! Conosceva quel posto: era la sala comune della Dalton. Assomigliava moltissimo, nell'arredamento, alla sala comune che c'era nella prima Dalton che aveva visto, quella di Blaine, nel loro mondo di origine. L'unica differenza consisteva in quegli striscioni. Quello sopra la sua testa diceva: "Forza capitano!" e l'altro, vicino alla porta, incitava al "Dalton regina del lacrosse!". Ma affacciandosi sull'uscio Kurt notò che anche lungo il corridoio c'erano appesi altri slogan, colorati ed estremamente festosi: "Schifottola tornerà da noi" accanto a "Smythe campione imbattibile!".
Ah, che coincidenza!
Da che avevano iniziato il loro viaggio non erano mai incappati in quel tizio e adesso erano due mondi consecutivi che se lo trovavano tra i piedi. O forse può darsi che siccome Blaine era molto sconvolto dal primo incontro con questo fantomatico Sebastian Smythe, quando aveva aperto un varco su una nuova dimensione ne aveva inconsciamente richiamata un'altra con lo stesso ragazzo.
Il corridoio era deserto; dal silenzio profondo che regnava tutto intorno e dalla luce ancora verdastra che filtrava dall'esterno era probabile che fosse l'alba, troppo presto perché qualcuno si fosse già svegliato. Non fece in tempo a finire di formulare tale pensiero che un ragazzino gli passò davanti a passi veloci, stringendo un computer portatile al petto. Come il piccoletto si accorse di Kurt si fermò all'istante, bloccandosi a guardarlo da capo a piedi. Era uno sbarbatello in divisa della Dalton, con la faccia piena di brufoli e due orrendi occhiali giganteschi e pieni di ditate a coprirgli mezza faccia. Che forse, vista l'entità dell'acne, forse era meglio che fosse nascosta.
Il tipo squadrò Kurt come se fosse il demonio: -Chi sei?- chiese spaventato.
Kurt non pensava di essere una figura così intimidatoria, in fondo in vita sua non aveva mai fatto paura a nessuno, anche se ne aveva avuta tanta.
-Io...
Ma quello lo interruppe sporgendosi a guardare verso il divano dove Blaine dormiva ancora della grossa.
-Ah, sei un amichetto di Anderson, giusto?
Evidentemente aveva scambiato Blaine per il suo alias di quel mondo e Kurt trovò molto più semplice indugiare in quel malinteso piuttosto che dare strane spiegazioni su mondi paralleli e alter ego.
-Ehm sì, sto con lui, ci siamo addormentati sul divano.
L'altro annuì, poi si lasciò sfuggire, senza guardare Kurt negli occhi: -Se Smythe vi becca saranno dolori.
-Che vuoi dire?
Il ragazzino controllò che non ci fosse nessuno in giro, poi buttò fuori tutto d'un fiato: -Senti devo andare in biblioteca, non è che mi accompagneresti? Quegli idioti della squadra di lacrosse ogni volta che mi beccano in giro cercano sempre di rompremi gli occhiali e non vorrei che ce ne fosse ancora in giro qualcuno sbronzo da ieri sera.
Kurt accettò senza esitazioni, un po' perché il bullismo era un punto dolente per lui e un po' perché era incuriosito da quella strana Dalton.
-Come ti chiami?- chiese mentre si aggiravano per le gigantesche sale dell'Accademia cercando di camuffare il rumoroso tip tap che le loro suole emettevano sui pavimenti di marmo e che riecheggiavano per tutte le stanze.
-Argie, ma tutti mi chiamano il Nerd - rispose quello, svoltando in un corridoio laterale. -E' da molto che stai con Anderson?
-Ahem... no... non molto...
-Certo che avete un bel coraggio a venire a fare le vostre cose proprio sotto al naso del capitano. Non dico che non se lo meriti, non ho mai conosciuto uno stronzo più stronzo di lui, ma se per caso vi avesse scoperti non so cosa avrebbe potuto farvi per ritorsione.
Kurt gettò uno sguardo all'ennesimo striscione, e assunse che Smythe e il capitano fossero la stessa persona, e che Sebastian e il Blaine di questo mondo avessero una sorta di... relazione? L'idea fece strisciare una punta di amaro nel suo petto, qualcosa di sinistramente simile alla gelosia, anche se Kurt sapeva perfettamente che era sciocco sentirsi così per un alias di Blaine. In fondo erano appena reduci da un mondo in cui, a farsela con questo Smythe, era un doppione di Kurt!
-Ma perché dici che ce la farebbe pagare, è un tipo geloso?
Argie il Nerd fece spallucce. -E' il tipo che non divide i suoi giocattoli. Ma gli piace averne tanti contemporaneamente, non so se mi spiego. Ehi, sai che sono contento che Anderson gliela stia facendo sotto il naso? Quasi che è valsa la levataccia.
E così forse Blaine aveva avuto ragione su Sebastian Smythe. Effettivamente da quello che stava raccontando Argie non ne usciva il quadro di una persona piacevole, almeno non in quell'universo.
-Cosa sono tutti questi striscioni, Argie?
-Ieri pomeriggio quei fresconi della squadra di lacrosse hanno vinto la finale con quelli del Columbus, e inoltre la sera prima erano riusciti a riprendersi Schifottola. Non hanno fatto altro che sbronzarsi e mettere su orgie per tutta la notte.
Mamma mia, quanto era difficile estorcere informazioni a chi dava per scontato che tu sapessi tutto del suo universo!
-Cos'è Schifottola, una coppa?- domandò Kurt. Ormai erano arrivati in biblioteca e Argie si sistemò comodamente su un bel tavolino di mogano e aprì lo schermo del suo computer quasi con una gioia estatica dipinta in viso.
-Maledetti nazisti- stava brintolando, mentre accendeva l'apparecchio. -Tangono la connessione in funzione solo in biblioteca e controllano tutto quello che facciamo in internet. Questo posto è una maledetta gattabuia, te lo dico io. Non sai chi è Schifottola? Non parlate molto tu ed Anderson allora, se non ti ha neanche raccontato nulla della mascotte della scuola! Ci dovete dare dentro un bel po', bravi! Qua è da un mese che non si parla d'altro. O meglio, a me non frega niente di questa roba goliardica, ma quelli della squadra di lacrosse fanno solo tre cose, dalla mattina alla sera: si allenano, scopano e si vantano di quanto sono fighi- mentre spiegava le dita di Argie picchiettavano allegre sulla tastiera, aprendo finestre e siti su tremila argomenti diversi. -Quando quelli del Columbus hanno rubato Schifottola, la nostra mascotte, i trogloditi sono andati fuori di testa per la rabbia e lo scorno. Finché, l'altroieri, non sono riusciti a intrufolarsi nei dormitori dei loro avversari e si sono ripresi la bestiola. Io credo anche che mentre stavano lì abbiano tirato qualche brutto tiro ai loro avversari, non mi stupirei se li avessero drogati, perché non li ho mai visti giocare così male, quelli del Columbus. Ecco perché sono quasi dodici ore che qua dentro non ci sono altro che ammucchiate e sbronze, sbronze ed ammucchiate. E Smythe ovviamente, che con la sua bacchetta fa il direttore d'orchestra a tutta questa bella sinfonia. Che strano che il clarinetto di Anderson gli sia sfuggito, probabilmente deve essere davvero troppo sfatto dalla vodka per essersene accorto. E non si è ancora reso conto del controscherzo che quelli del Columbus gli hanno giocato dietro.
-Che scherzo?- a Kurt non piaceva molto il quadro che si stava formando dentro la sua testa di quella dimensione, ma non potè impedirsi di chiederlo.
-Schifottola era rinomata in tutto l'Ohio per essere l'unico pitone vegetariano dello Stato.Ci erano venuti pure gli operatori del National Geographic a fare un documentario su di lei, sai? Ma quelli del Columbus le hanno cambiato abitudini, mi ha detto un mio compagno di Dungeon & Dragon che studia lì che l'hanno ingozzata di carne per tutta la settimana e adesso la bestiola non vuole più più saperne di germogli di soia e tofu ma è diventata vorace come un Visitors. Quando quelli della squadra se ne accorgeranno mi domando chi verrà incaricato di andare a procurargli i topi.
Tutto quello che Kurt riuscì a pensare, in quel discorso, fu: ma dove cavolo sono finito? Non riesco a capire se questa dimensione è più squallida o più demenziale. Forse tutte e due.
Mentre stava lì, un po' perso nei suoi pensieri, lo sguardo gli cadde sullo schermo del computer. Argie stava alacremente lavorando su una pagina web piena di foto di attori, scritte e banner dal gusto piuttosto femminile.Un sito pieno di cuori, fiori, foto di attori fighi e ninfette. Niente che sembrasse comunque in linea con i tipici gusti di un Nerd adolescente giocatore di Dungeon & Dragons (a parte forse le ninfette). E Kurt era un ragazzo curioso.
-Che fai?- chiese.
La schiena di Argie di irrigidì come se avesse preso la scossa.
-Ah, questo? No, non è per me, è che sto caricando un file per la mia fidanzata...- tentò di giustificarsi arrossendo fino alla punta dei capelli, e Kurt non potè resistere dallo sporgersi sopra la sua spalla e vedere di cosa si trattasse.
-Ma... è un sito di fanfiction?
-Non è un semplice sito di fanfiction, è il nuovo Bay24, l'ultima frontiera mondiale nel settore- si infervorò Argie. -Questo contiene quasi 24 milioni di storie, scritte in tutte le lingue del mondo. E' la piattaforma più versatile che c'è, se sei un fanwriter non puoi non conoscerla. I file supportano immagini, banner pubblicitari, puoi incorporare alla tua storia addirittura dei file audio o delle animazioni in flash. Per non parlare della visibilità: praticamente ci si affaccia quasi tutto il mondo occidentale su questo sito qui e gira voce che le case editrici lo usino come banco di prova per i loro scrittori emergenti che ci pubblicano in incognito.
-Ohhh- fece Kurt, fingendosi ammirato più che divertito.- E tu che storie ci pubblichi?
-Io... cioè la mia fidanzata... sta scriveno uno spin off per The Big Bang Theory. Io ho... voglio dire lei ha ben 18 lettori che stanno aspettando che arrivino le dieci di stasera per leggere il nuovo capitolo. Sì, perché nel Bay24 c'è anche questa funzione fighissima se vuoi: puoi programmare l'ora esatta in cui il file di testo sarà caricato on line dal tuo accaunt. Io ad esempio ho fatto in modo che il mio nuovo capitolo sia aggiornato appena va in onda la nuova puntata!
-Vuoi dire il capitolo della tua fidanzata- lo corresse Kurt, con una luce di ilarità nello sguardo.
-Sì, certo, ovvio... il capitolo della mia fidanzata.

***
Kurt stava tornando indietro, amareggiato e divertito in parti uguali.
Argie aveva detto che voleva rimanere in biblioteca ma che non gli serviva più il suo aiuto (tra poco arriverà la bibliotecaria, e i giocatori di lacrosse non entrano mai qui dentro, pensano che potrebbero prendersi qualche strana malattia).
In realtà Kurt nutriva il sospetto che volesse essere lasciato solo per poter trafficare con le sue fanfiction in santa pace, ma comunque lui voleva tornare da Blaine e vedere se si era svegliato. Camminando per i corridoi ancora vuoti non si preoccupava troppo di un eventuale incontro con i terribili e famigerati giocatori di lacrosse, ma ripensava a tutte le cose bislacche di cui gli aveva parlato Argie.
Il pitone vegetariano le superava tutte (chissà, magari avrebbe potuto proporre un'amicizia con Re Lucertola se quest'ultimo non fosse stata solo un frutto della sua fervida immaginazione).
Ma soprattutto Kurt pensava a quanto gli facesse tenerezza il piccolo Nerd, anche lui come Trevor costretto a vivere in un ambiente ostile e volgare, e per trovare la sua forma di evasione stava scrivendo una fanfiction su The Big Bang Theory. Ma d'altronde, di cos'altro poteva parlare un ragazzino come Argie, appassionato di giochi di ruolo, informatica e probabilmente fumetti? Ognuno scrive di quello che conosce, pensò Kurt con un'alzatina di spalle.
Chissà, grazie al piccolo Argie, quale mondo cervellotico e filoscientifico avrebbe preso vita quella sera all'interno del Bay24?
Mentre Kurt procedeva diretto alla Sala Comune i suoi occhi si focalizzavano sempre meglio sul contenuto di quello che aveva appena pensato. Il Bay24, Argie...
Il Bay 24 conteneva 24 milioni di fanfiction, cioè 24 milioni di storie. O meglio 24 milioni di mondi allegramente assortiti creati da qualcuno che, da qualche parte nel mondo, aveva compiuto un atto creativo.
Come aveva fatto Argie.
Di cosa poteva parlare un ragazzino come Argie?
Argie era un Nerd, e ovviamente stava scrivendo una storia sui nerd.
-Oh mio Dio- esalò Kurt, fermandosi in mezzo al corridoio, folgorato da una realizzazione. C'era già arrivato poco prima in realtà, ma solo adesso si rendeva veramente conto della portata di quella semplice constatazione.
Di cosa si scrive di solito? chiese una vocina nella sua testa.
Di ciò che si conosce rispose Kurt, senza fiato persino nel pensiero.
-Oh mio Dio- disse di nuovo, stavolta più forte portandosi una mano tremante alla bocca.
Un ragazzino nerd scrive di nerd.
E un ragazzino gay bullizzato sulla scalinata della sua scuola, di che cosa scriverebbe?
-BLAINE!-urlò Kurt col fiato in gola mettendosi a correre a precipizio e, irrompendo nella stanza ancora vuota. Senza pensarci due volte si tuffò sul ragazzo ancora addormentato sul divano e prese a strattonarlo con poca grazia.
Kurt aveva il cuore in gola, si sentiva scoppiare il petto dalle palpitazioni.
No, non poteva essere. Eppure, eppure ce l'aveva avuto sotto gli occhi tutto il tempo!
Il modo in cui Trevor gli parlava, il bacio sulla fronte quando gli aveva annunciato che avrebbe distrutto il suo mondo, le frasi sibilline che gli aveva detto (...sarà come se io e te non fossimo mai esistiti... , ...stai tranquillo mio piccolo e dolce Kurt... non sentirai nessun dolore... ) o il semplice fatto che Trevor avesse il potere di distruggere il suo mondo!
-BLAINE! Svegliati, svegliati per l'amor del cielo- strillò Kurt con le lacrime agli occhi. L'altro sollevò la testa stordito.
-Che c'è, cosa?
-Dobbiamo andarcene di qui subito. Io... io so chi è Trevor in realtà. Mi hai capito? SO CHI E' TREVOR IN REALTA'!
Mentre lo scuoteva avanti ed indietro Kurt si accorse che Blaine non lo stava ascoltando ma fissava inorridito lo striscione che inneggiava a "Smythe campione imbattibile". Il suo viso sembrava... impaurito? Disgustato?
-Sì, sì Kurt, andiamocene subito- soffìò Blaine tirandosi in piedi ed afferrando la mano di Kurt.
-Mi hai sentito Blaine? Ho detto che finalmente ho capito chi...
-Me lo spiegherai nella prossima dimensione- tagliò corto Blaine e con un gesto deciso della mano aprì il varco azzurro di fronte a loro. Appena il familiare squarcio lucente prese forma Kurt avvertì il solito senso di risucchio che quel prodigio operava ogni volta.
Sì, va bene, te lo spiego appena arriviamo, pensò preparandosi a saltare.
-Anderson, vieni a giocare al dottore con paparino- proruppe una voce impastata alle loro spalle e proprio mentre Kurt stava per saltare voltò la testa in tempo per vedere quel Sebastian Smythe che afferrava Blaine e lo strattonava indietro, abbastanza forte perchè le loro dita sgusciassero dalla presa reciproca.
A Blaine sembrò una scena al rallentatore: Kurt che veniva inghiottito dal vortice azzurro con un'espressione di puro orrore dipinta in volto, lui che spintonava via Sebastian e, in un tempo che gli parve infinito, si tuffava nello Spazio Intradimensionale tendendo le braccia in avanti più che poteva mentre il varco si richiudeva alle sue spalle.
Quando Blaine colpì il suolo non ebbe bisogno di rialzare la testa e di guardarsi attorno per sapere che non avrebbe trovato Kurt vicino a lui.
Kurt era lontano da lì. Era in un'altra dimensione.


***
Note di Oldlady:

Salve ragazze, sono guarita e sono tornata in pista con questo capitolo che un po' è di raccordo, ma è anche uno snodo fondamentale per quella che sarà l'ultima trance della storia.

***Queste allucinazioni da privazione di sonno che ha Kurt sono ispirate alle vere allucinazioni da privazione di sonno che capitano a me quando passo le nottate sveglia a lavorare ascoltando i Doors. Anche io a suo tempo ho ricevuto da Re Lucertola un animale totem dal nome imbarazzante. Il mio era un barbagianni femmina di nome Zoraida Notteimpavida. Qualche volta mi pare di sentirla ancora bubolare per casa. Vabbè, sorvoliamo (in tutti i sensi).

Finalmente abbiamo capito chi è Trevor! Cioè, Kurt dice di averlo capito, secondo voi ci avrà azzeccato?

Nel prossimo capitolo lo sapremo, e vedremo come se la cavano i nostri eroi in due mondi separati. Vi ricordo che Kurt ha solo il potere di cancellare le memorie ma NON quello di viaggiare tra i mondi, mentre Blaine non può lasciare il mondo dove si trova se non cancella in qualche modo la memoria del suo passaggio. E siamo già arrivati al 12 ottobre, la fine è sempre più vicina! Ahia, che brutta gatta da pelare.

Ma al di là della grana in cui mi sono ficcata con questa fine di capitolo, vorrei porre l'attenzione sull'entrata in scena di uno dei miei personaggi preferiti: ladies and gentlemen (se ci sono), mr Sebastian Smythe! A parte una breve ospitata nell'epilogo non lo vedremo più, ma anche se la sua apparizione è stata fugace in questa storia, ebbene il suo ruolo è fondamentale (e non solo perchè ha diviso i nostri eroi durante il Slato Intradimensionale).
Per rendergli onore, la ff nascosta stavolta è un po' diversa dalle altre, vediamo chi la indovina.

Ci sono rimaste solo altre due ff da sfangare e in tutto cinque capitoli, epilogo incluso, prima di terminare questa avventura. Snif!

Ah, dimenticavo!

Per festeggiare degnamente Sebastian vi avevo promesso una sorpresa

Ebbene, oggi ho postato il prologo della mia nuova storia,dal titolo Not Alone. Sarei davvero contenta se gli deste una chance, è una kurtbastian-klaine piuttosto atipica, di genere romantico-malinconico. Ovviamente niente triangoli.
Ho già scritto alcuni capitoli e mi sta prendendo tantissimo. Ho grandi progetti (almeno nella mia testolina bacata) per i personaggi di questa ff, dategli un'occhiata se potete e fatemi sapere che ne pensate.
La trovate qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1571704&i=1
Alla prossima settimana.




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Capitolo 16
*** Da solo ***


Dal capitolo precedente:

A Blaine sembrò una scena al rallentatore: Kurt che veniva inghiottito dal vortice azzurro con un'espressione di puro orrore dipinta in volto, lui che spintonava via Sebastian e, in un tempo che gli parve infinito, si tuffava nello Spazio Intradimensionale tendendo le braccia in avanti più che poteva mentre il varco si richiudeva alle sue spalle.
Quando Blaine colpì il suolo non ebbe bisogno di rialzare la testa e di guardarsi attorno per sapere che non avrebbe trovato Kurt vicino a lui.
Kurt era lontano da lì. Era in un'altra dimensione.


Capitolo 16

Da solo

Kurt precipitava e precipitava, nell'immenso spazio azzurro, senza riuscire più a trovare nessun punto di riferimento. Non distingueva quale era il sopra o il sotto, ma cadeva vorticosamente in mezzo a sfere lucenti che lo avviluppavano mentre tutto quello che capiva era che non vedeve più Blaine da nessuna parte.
Blaine, Blaine, Blaine.
Non c'era altro nella sua testa, solo quel nome che chiamava con tutti i suoi pensieri, o forse lo stava urlando ad alta voce?
Quando la sua schiena toccò terra e un nuovo mondo si materializzò tutto intorno il terrore lo invase al punto che si coprì gli occhi con il braccio proprio come un bambino che si copre la testa con la coperta perché ha paura del buio.
Lui e Blaine si erano lasciati mentre saltavano nello Spazio Intradimensionale.
Era stata la prima cosa di cui Isabelle si era raccomandata, per la miseria! A Kurt sembrava ancora di sentire la voce un po' petulante della Custode che si rivolgeva a Blaine:

Ma ricordati: dovrai sempre tenere Kurt per mano mentre fate il salto. Se vi lasciate mentre siete lì in mezzo, potreste finire in due Dimensioni diverse e sarebbe un disastro. Non potete portare a termine questa missione da separati. Chiaro?

Neanche a farlo apposta era esattamente quello che era successo: erano finiti in due dimensioni diverse.
Kurt non aveva il potere della luce azzurra.
Come poteva fare adesso per uscire da quel disastro?
Starsene sdraiato per sempre con gli occhi coperti non sembrava l'opzione più intelligente.
Traendo un grosso respiro, si tirò in piedi per dare un'occhiata in giro e magari farsi venire qualche idea.
Si trovava in un appartamento, e già questa era una cosa insolita perché di solito, a meno che non si trattasse della Dalton o del McKinley, la luce azzurra li aveva sempre lasciati all'aperto. Il posto comunque era carino e ben tenuto, c'era un bel soggiorno con una parete fatta di mattoni a vista, un po' più in là si intravedeva una cucina moderna e ordinata e l'arredamento nel complesso era di buon gusto.
Alle sue spalle c'era il portoncino di casa e proprio in quel momento Kurt sentì il tipico rumore delle chiavi che vengono armeggiate nella serratura.
Probabilmente era l'appartamento del suo alter ego, o forse dell'alter ego di Blaine, non doveva far altro che spiegargli la situazione e chiedergli aiuto.
La porta si aprì lasciando entrare un Blaine dall'aria piuttosto provata. Ma il pallore del suo viso e le occhiaie sotto i suoi occhi furono niente in confronto all'espressione che fece appena il suo sguardo si posò su di lui.
In un lampo sul volto del ragazzo si rincorsero stupore, gioia selvaggia, rabbia poi di nuovo meraviglia ed eccitazione.
-Kurt- esalò Blaine lasciando cadere sul pavimento la borsa che portava a tracolla.
Kurt fece per rispondere, intenzionato a chiarire subito il malinteso quando accadde qualcosa che lo bloccò.
Gli occhi di Blaine, di solito così belli e luminosi, del colore dell'ambra, si erano all'improvviso scuriti di almeno tre tonalità.
Ma cosa..? pensò Kurt facendo un mezzo passo indietro, spaventato da quello strano fenomeno. Ma arretrare non fu una buona scelta, perché l'espressione di Blaine fu pervasa dall'ira e i suoi occhi divennero neri come la pece.
-Perchè ti allontani da me?- chiese, con voce bassa e ferina.
A Kurt vennero i brividi di paura: Isabelle lo aveva detto a un certo punto, che potevano esserci dei mondi pericolosi. Beh, eccomi servito pensò Kurt smarrito. E lo smarrimento si trasformò in vero e proprio terrore quando una forza sconosciuta e invisibile si liberò da Blaine e lo intrappolò sul posto impedendogli di muoversi.

Kurt era praticamente paralizzato, proprio come gli studenti del McKinley da cui proveniva, lì in mezzo alla stanza, vigile e attento ma assolutamente incapace di muovere un singolo muscolo. E anche se non sapeva come, era sicuro che fosse Blaine a tenerlo così prigioniero, con la forza di quel suo strano sguardo oscuro.
Che razza di magia è questa?

-Sono così felice che sei tornato da me, Splendore.- stava dicendo Blaine avvicinandosi lentamente. E più si avvicinava e più Kurt aveva paura.
-Sapevo che andare a Parigi era una follia ed è un bene che anche tu l'abbia realizzato presto. Questi sei giorni sono stati puro inferno. Puro. Inferno. Ti amo Kurt, con tutto me stesso. Ma credo che tu meriti lo stesso una punizione per essertene andato, non credi?
E con queste parole con una mano gli accarezzò languidamente l'inguine mentre con l'altra gli strizzava il sedere. Kurt sbarrò gli occhi e quando Blaine si avvicinò alla sua bocca, impossessandosene con rabbia potè sentire quanto l'altro uomo era eccitato, quanto la sua pelle era calda e soprattutto riuscì a percepire la portata di quella forza magica cattiva e primordiale che scaturiva al suo corpo. Un potere enorme, che lo annullava e lo intrappolava.
Quando Blaine si staccò dal bacio gli sussurrò sulla bocca: -Chi sono io?
A quella domanda fu come se un nodo si sciogliesse nella gola di Kurt, restituendogli la capacità di parlare. Solo che Kurt non sapeva cosa dire, non aveva idea di che cosa rispondere.
Blaine Oscuro l'aveva posta come se fosse una specie di codice segreto tra lui e il suo Kurt, e probabilmente si aspettava una risposta ben precisa. Ma lui non era il Kurt di quel Blaine, di conseguenza non sapeva quale fosse questa risposta ed aveva paura che non appena l'altro si fosse accorto dell'errore gli avrebbe fatto qualcosa di terribile. Quel Blaine poteva essere capace di uccidere? A Kurt bastò una semplice occhiata alla profondità tormentate di quelle iridi nere per avere la risposta.
Sì.
Sorpreso dal suo silenzio, Blaine Oscurosi fece indietro e lo fissò attonito:
-Chi sono io, Kurt?- domandò di nuovo con voce ancora più bassa e più terrificante.
-Tu sei... B-B-Blaine Anderson?- tentò il ragazzo, sperando di non lasciarci le penne.
Subito la forza che lo teneva bloccato si sciolse facendolo cadere a terra tremante mentre l'altro lo guardava con sguardo chiaramente confuso. I suoi occhi non erano più neri, anche se il loro colore era ancora molto più scuro di quello usuale.
-Tu non sei il mio Kurt- realizzò infine Blaine Oscuro.
Adesso mi ucciderà.
Sollevando la testa Kurt notò che il portoncino alle spalle di Blaine Oscuro era rimasto aperto. Probabilmente si era dimenticato di chiuderlo per la sorpresa e adesso quella dimenticanza poteva essere la sola speranza di salvezza di Kurt che si alzò in piedi fronteggiando l'altro il quale ancora lo guardava completamente spiazzato.
-No io non sono il tuo Kurt- buttò fuori prima di spingere Blaine con tutta la forza di cui era capace, facendolo cadere a terra di schiena. Nessun dubbio, neanche per una frazione di secondo, di esserci riuscito solo grazie all'effetto sorpresa. Blaine Oscuro era troppo stupefatto dalla sua somiglianza con il Kurt del suo mondo e la meraviglia gli aveva fatto abbassare le difese quel tanto perché lui potesse avvantaggiarsene.
I piedi di Kurt volavano lungo il corridoio della palazzina così come i suoi occhi scattavano da tutte le parti in cerca di una via d'uscita.
L'ascensore, dov'è l'ascensore? Maledizione! C'è sempre un ascensore!
Quando finalmente lo individuò Kurt ci si tuffò dentro e premette speranzosamente il pulsante del piano terra ma il cuore gli balzò letteralmente in gola quando avvertì di nuovo la presa di quella forza misteriosa che lo intrappolava e lo tirava indietro.
Per sua immensa fortuna le porte scorrevoli si chiusero proprio in quell'istante mandandolo a sbattere contro la fredda parete d'acciaio ma salvandolo dall'uomo che stava gridando, ormai lontano qualche piano sopra: -Aspetta! Aspetta, maledizione!

Appena le porte si spalancarono di nuovo Kurt si precipitò all'aperto verso l'uscita del palazzo, nell'aria estiva e soffocante di una grande città che non riusciva a riconoscere, né gli importava di farlo. Tutto quello che gli premeva era di schizzare via veloce come il vento, lungo il marciapoede e sulla strada. Quasi non si accorse della macchina che stridette e strombazzò al suo passaggio, troppo preso dal mettere quanta più distanza possibile tra lui e quel Blaine terrificante.
Fu solo dopo qualche minuto che Kurt si rese conto di non sapere dove andare.
Non aveva idea di che posto fosse quello.
Non aveva soldi con sé.
Né documenti.
Né il suo Blaine.
Kurt svoltò dietro un angolo e si accorse di trovarsi in un vicolo cieco ma come fece per girarsi e tornare indietro Blaine Oscuro gli si parò davanti bloccandogli il passaggio.
I suoi occhi erano di nuovo neri e di nuovo quella forza potente e malvagia lo pervase paralizzandolo.
-Torna indietro, camminando normalmente -ordinò Blaine Oscuro e ubbidire fu l'unica opzione. Contro la propria stessa volontà Kurt avvertì i propri piedi procedere verso l'edificio da cui si stava allontanando, e nessuna delle persone che incrociava per le strade affollate sembrava accorgersi dei suoi occhi sbarrati dal terrore. O forse semplicemente Kurt stava solo immaginando di avere un'espressione atterrita dipinta in viso e invece anche i suoi muscoli facciali stavano eseguendo l'ordine che gli era stato dato con quell'indiscutibile tono di comando.
Comunque stessero le cose, mentre l'ascensore risaliva verso l'appartamento il respiro di Kurt si fece rapido e ansioso, entrando in casa avvertì le proprie ginocchia tremare e quando la porta si richiuse alle loro spalle pensò di stare per svenire.
La forza oscura che lo manovrava allentò la sua stretta, lasciandolo accasciare sulle ginocchia.
Blaine Oscuro gli si fece davanti.
Il suo sguardo misterioso e vorace danzava sul suo corpo e solo a sentirsi guardato in quel modo Kurt si sentì morire per la paura e per qualcos'altro che non sapeva spiegare.
Alla fine, dopo un tempo che parve infinito ma che probabilmente si limitò ad un battito di ciglia, Blaine fece una piccola e apparentemente innocua domanda: -Chi diavolo sei tu?
Tanto bastò per spezzare Kurt che si ritrovò suo malgrado a singhiozzare disperato sul pavimento.

Blaine Oscuro si sentiva all'Inferno.
Anzi no, probabilmente all'Inferno non si stava male come stava male lui in quel momento.
Aveva sempre saputo che mandare Kurt a Parigi era un errore colossale, e l'Oscurità in lui lo aveva messo in guardia. Ma Kurt aveva bisogno di fare quel tirocinio per la sua carriera di stilista, era praticamente il sogno della sua vita e Blaine lo amava troppo, decisamente troppo, per potergli negare qualcosa.
Così lo aveva lasciato andare. Kurt sarebbe stato lontano per un cazzo di anno, erano passati solo sei giorni e Blaine già non ne poteva più. Aveva bisogno del suo schiavo, aveva bisogno del suo splendore, di scoparlo ed averlo vicino, per poter calmare l'Inferno che viveva dentro di lui. Kurt era il Paradiso in cui l'Inferno di Blaine trovava sollievo e senza di lui rimanevano solo le fiamme della dannazione. Ogni notte l'Oscurità si liberava e tormentava Blaine, facendolo contorcere dal dolore e gridandogli che era un pessimo padrone per aver permesso a Kurt di andarsene. E il desiderio sessuale lo faceva impazzire, non lo abbandonava mai, giorno e notte. Sei giorni, erano passati solo sei giorni e Blaine stava diventando pazzo. Come poteva resistere per un anno?
E poi, peggio di tutto, era arrivato lui.
Era uguale a Kurt all'epoca in cui si erano conosciuti. E già questo solo bastava per farlo impazzire di desiderio. Ma Blaine Oscuro era così agitato per la mancanza del suo Splendore che non aveva fatto caso alla differenza d'età. Appena aveva visto il ragazzo dalla pelle di porcellana e gli occhi di cielo lì, in mezzo al loro appartamento, aveva pensato solo: sei tornato da me!
Aveva capito che quello non era il suo Kurt solo quando gli aveva chiesto: -Chi sono io?
Il ragazzino non aveva risposto, come era scontato: - Tu sei il mio padrone. - No, il ragazzino lo aveva guardato con confusione e gli aveva parlato senza comprendere il reale senso della sua domanda. Era stato così che la realizzazione lo aveva folgorato. Quello non era il suo Kurt. Non era il suo Splendore.
E poi gli aveva addirittura opposto resistenza ed era scappato, un'altra cosa inconcepibile per il suo amore.
Che ti importa che non sia il tuo Kurt? gridò l'Oscurità dentro di lui. Il tuo Kurt è un pessimo, pessimo schiavo. Se ne è andato e ti ha lasciato qui a soffrire. Questo qui è praticamente identico a lui. Prendilo. Fallo tuo. Fallo diventare il tuo nuovo schiavo e scopalo senza pietà per giorni, finché non tornerai forte e potente.

Blaine chiuse gli occhi cercando di non perdere il dominio di se stesso.
-Chi diavolo sei?- chiese al ragazzino ma quello non rispose e anzi, scoppiò in lacrime ai suoi piedi.
Normalmente a Blaine Oscuro non sarebbe importato nulla delle lacrime di un estraneo ma sarà stato il fatto che quel particolare estraneo assomigliava tanto a Kurt, sarà stato che soffriva immensamente per la separazione, ma quel pianto lo colpì e lo intenerì.
-Su, su fatti forza- disse, chinandosi vicino al ragazzo. Poi aggiunse, con il tono del controllo -Dimmi tutto di te. Tutto.

E Kurt, senza smettere di piangere e singhiozzare neanche per un momento, raccontò tutta la sua storia. Di solito quando raccontava di sé agli alter ego di turno offriva una versione piuttosto rapida della sua vicenda, ma il tono di voce che aveva usato Blaine Oscuro, quegli occhi imbruniti, avevano reso praticamente impossibile saltare anche solo un particolare.
E così Kurt raccontò e raccontò, senza mai smettere di versare lacrime salate, a partire dal momento in cui si era risvegliato al McKinley pietrificato fino ad allora. Non tralasciò nulla, né Trevor né i vari mondi in cui si era ritrovato, né tutte le cose che aveva fatto il suo Blaine. Alla fine, senza sapere come ci fosse finito, si ritrovò disteso sul divano, sfinito e tremante, mentre i suoi occhi continuavano a versare lacrime anche molto dopo aver smesso di parlare.
Blaine Oscuro rimaneva lì a guardarlo, in silenzio, mentre lui cadeva in una specie di sonno disturbato provocato dallo stress e dall'esaurimento e, probabilmente, da un comando di quella forza misteriosa.

Per Blaine Oscuro quella fu una notte terribile.
Non dubitò neanche per un momento delle parole del ragazzo, soprattutto perché aveva raccontato la sua storia sotto il dominio del suo potere, quindi non poteva mentire neanche volendo.
Certo, il suo racconto aveva dell'incredibile, ma se Blaine Oscuro ripensava alla sua stessa vita e in particolare alle cose che gli erano capitate negli ultimi 6 anni, beh c'era solo l'imbarazzo della scelta nel campo dell'incredibile... No, quel piccolo Kurt stava dicendo la verità ed ora, per quanto potesse sembrare impossibile, l'inferno di Blaine era diventato ancora più atroce.
Per tutta la notte l'Oscurità lo tentò.
Guardalo: è bello e perfetto proprio come l'altro. Prendilo. Fallo tuo. Troveresti sollievo alle tue pene e potresti addestrarlo da capo. Meglio di come hai fatto con l'altro. Anche lui è vergine, ma tu adesso sei più maturo. Potresti farne lo schiavo perfetto.
E Blaine Oscuro quasi venne al pensiero.
Fissò a lungo il suo piccolo prigioniero, indugiando in immagini dolci e perverse di tutto quello che avrebbe potuto fargli, e fu tentato davvero di metterle in pratica.
Quel giovane Kurt era così soave, anche con gli occhi cerchiati dalle lacrime e il respiro affannato per gli incubi. La sua pelle era come porcellana, il collo lungo e il corpo sinuoso. Solo a guardarlo Blaine si sentiva consumare di desiderio.
E ad un certo punto stette quasi per cedere, fu quasi sul punto di rilasciare il suo potere, e scopare selvaggiamente quel ragazzino legandolo così a lui per sempre quando dal suo telefono giunse il rumore di un messaggio in arrivo.

K- Ti amo.

Blaine chiuse gli occhi e quando li riaprì non erano più neri.
Kurt, il suo Kurt, da Parigi doveva aver avvertito che qualcosa non andava e gli aveva mandato un semplice messaggio con due parole che riassumevano... tutto. Tutto quello per cui era vissuto e sopravvissuto fino ad oggi.
Amore.
-No, adesso basta- rispose allora Blaine Oscuro al suo potere malvagio.
Sei debole. Hai la tua soluzione davanti agli occhi eppure...
-Smettila! Io amo il mio Kurt! Non potrei mai tradirlo. Aiuterò questo ragazzino a tornare dal suo Blaine.
Ma perché?
-Perché, se fosse possibile, vorrei che qualcuno facesse altrettanto per me.


Kurt si svegliò dopo un po', esausto e prosciugato. Non era stato un sonno ristoratore il suo ma almeno, in qualche strano modo, il panico si era un po' stemperato. Ma non la paura. Non potè impedirsi di chiedersi cosa volesse Blaine Oscuro da lui e cosa gli avrebbe fatto. Fuori dalla finestra il cielo stava rischiarando e Kurt pensò, tra i tanti problemi che aveva, che un altro giorno stava per iniziare avvicinandolo alla data della sua morte.
Blaine Oscuro sedeva lì vicino fissando un punto imprecisato di fronte a lui e Kurt non riusciva a distinguere di che colore fossero i suoi occhi.
-Devo chiederti scusa- sospirò Blaine, senza voltarsi. La sua voce era molto calma ma non per questo tranquillizzante. -Mi rendo conto che il mio comportamento di ieri possa esserti sembrato... - e fece un gesto vago con la mano, come a cercare la parola giusta.
-... terrificante?- suggerì Kurt, tappandosi subito la bocca con la mano.
Blaine accennò un sorrisetto e si girò verso di lui, strappando all'altro un sospiro di sollievo. I suoi occhi erano del solito caldo e luminoso color ambra.
- Io veramente stavo per dire inappropriato- rispose.
Poi, dopo qualche altro momento di incertezza, continuò: -Sono davvero mortificato. E' solo che mi hai preso alla sprovvista. Io e Kurt... voglio dire io e il mio Kurt, abbiamo una relazione molto particolare e in questo momento stiamo attraversando un momento difficile. Noi abbiamo dei ruoli molto precisi e delle dinamiche molto definite. Non voglio entrare nel dettaglio ma ti basti sapere che io ho bisogno di lui, che si prenda cura di me e che obbedisca a quello che gli chiedo. Ho bisogno di averlo fisicamente vicino a me ma lui è partito e questo mi crea...- ed ecco un altro gesto vago con la mano.
Delle crisi da psicopatico? stava per dire Kurt, ma stavolta fu più lesto a trattenersi così rimase in silenzio mentre Blaine Oscuro continuava : - ... diciamo che la lontananza di Kurt mi crea delle tensioni. Non dovevo assalirti in quel modo, ma quando ti ho visto, così uguale a lui... -
-Non preoccuparti- lo interruppe finalmente Kurt, sperando che la voce non gli tremasse. -Tutti i Blaine che ho incontrato finora hanno sempre più o meno sclerato quando mi hanno incontrato. Io ci sono abituato.
Blaine Oscuro sorrise ancora di più. Sempre generoso e compassionevole, Kurt. Anche se proveniva da un'altra dimensione rimaneva pur sempre una creatura del Paradiso.
-Che intendi fare adesso?- gli chiese ma la sua domanda sortì soltanto l'effetto di far sprofondare Kurt nuovamente nella disperazione.
Già. Che fare?
-Io... non lo so. Non ho il potere di viaggiare tra le dimensioni- mormorò atterrito. Poi si riscosse: -Però tu hai un potere molto forte. Magari potresti aiutarmi ad aprire un varco sullo Spazio Intradimensionale.
-No, il mio potere non opera in quel modo. Ma anche se lo facesse, non mi pare lo stesso una buona idea..
-Perché no?
-Se io ti aprissi un varco, cosa che comunque non so fare, tu a quel punto che faresti?
-Ci salter... oh! Gia!- Kurt aveva capito dove Blaine Oscuro volesse andare a parare. Kurt avrebbe saltato nel varco ma poi che cosa avrebbe risolto? Non sapeva in quale mondo sarebbe caduto, quindi si sarebbe trovato a dover salare alla cieca sperando di incappare prima o poi nel suo Blaine e, come l'esperienza di Trevor insegnava, con quel metodo non si concludeva un bel niente. E poi, non avendo il potere della luce azzurra, dovunque fosse caduto sarebbe stato di nuovo bloccato. Proprio come adesso.
Bloccato in un mondo che non era il suo.
Senza il potere di andarsene.
Con un Blaine Stregone del Male.
E tra due giorni sarebbe morto.
-Non so che fare- sospirò mettendosi la testa tra le mani.
Blaine Oscuro sorrise con calore.
-Io ho un'idea- disse e per la prima volta da che era lì a Kurt sembrò davvero il suo Blaine.

L'idea di Blaine Oscuro era di una semplicità disarmante, eppure così ovvia che Kurt non riusciva a capire come avesse fatto a non arrivarci da solo. Inoltre questo gli diceva che il ragazzo aveva ascoltato la sua storia con estrema attenzione la sera prima, nonostante l'avesse raccontata singhiozzando e probabilmente con poca coerenza. Ma tanto era bastato perché notasse qualcosa di lampante che a Kurt, forse per la paura e la tensione, fino a quel momento era sfuggito.
Eppure Isabelle glielo aveva ripetuto tutte le volte che si erano incontrati:

Questa stanza è la costante che tiene insieme tutti questi Mondi. Non importa come la realtà si sia dipanata in ognuno di loro. Può essere un Mondo popolato da licantropi oppure ambientato nel passato, non importa: in ognuno c'è una Sala dello Specchio e in ognuno ci sono io. Ed è sempre la stessa, è sempre questa qui. Invariabile ed unica. E' il punto di congiunzione. Io, insieme a questo luogo, non cambio mai e sono il filo che tiene tutto insieme, il punto fermo.


-Mi rendo conto che i baci focosi di Riccio Selvaggio qui presente possano averti mandato in confusione, ma se ricordi bene il discorsetto educativo che ti ho fatto quando ti ho iniziato ai segreti della Sala dello Specchio, ti avevo anche detto che io e la Sala siamo la costante che tiene uniti tutti i Mondi Paralleli.

-Sarò più chiara- puntualizzò lei. -Dovunque andiate, da qualche parte ci sarà sempre una Dalton con dentro la Sala dello Specchio e me.

La Sala dello Specchio.
Ma certo, sarebbe bastato andare alla Dalton e ritrovarla.
E Isabelle lo avrebbe aiutato in qualche modo. Probabilmente Blaine, dovunque fosse capitato, aveva già pensato alla stessa cosa e anzi sicuramente lo stava già aspettando lì.
La Sala era la Costante Immutabile tra i mondi, Isabelle lo ripeteva allo sfinimento, quindi bastava recarsi lì per ritrovarsi ed avere a disposizione una porta d'accesso a qualunque mondo si volesse raggiungere.

Quando Blaine Oscuro gli aveva fatto notare questa ovvia soluzione Kurt per l'entusiasmo gli era quasi saltato al collo in un abbraccio, salvo tirarsi indietro subito dopo per paura delle conseguenze. Blaine Oscuro infatti quasi ringhiò alzandosi e allontanandosi di diversi passi e Kurt si annotò mentalmente di tenere a bada la fisicità da lì in poi.
-Ti basterà prendere un aereo per Columbus, e poi con l'autobus dovresti stare a Westerville in poco tempo- stava sputando fuori Blaine Oscuro, sempre evitando di guardarlo.
Kurt per sicurezza si alzò a sua volta arretrando in modo da mettere ulteriore distanza tra di loro. Va bene che Blaine Oscuro gli aveva chiesto scusa, ma era sempre preferibile non rischiare.
-Io non posso comprare nessun biglietto- mormorò imbarazzato. -Non ho soldi e non ho documenti.
Blaine Oscuro si girò a guardarlo e si maledisse per questo. Kurt stava con la schiena appoggiata sul muro di mattoni, un muro di mattoni contro il quale lui e il suo Kurt avevano fatto cose che, al solo ricordo, l'Oscurità sembrava volesse esplodere.
-A-a-allontanati da quel muro, ragazzino- ordinò allora, non con il tono del suo potere, ma comunque sforzandosi di essere abbastanza risoluto.
Kurt obbedì all'istante senza approfondire mentre Blaine Oscuro tirando dei grossi respiri cercava di allontanare i ricordi che gli ballavano davanti agli occhi. Quando gli sembrò di esserci riuscito sospirò sconfitto: -Ok, ti aiuterò io. Ti accompagnerò con la mia auto.
-Cosa?
-In sei ore dovremmo esserci- tagliò corto Blaine Oscuro, sperando di farcela ad arrivare fino a Westerville senza dare di matto.

Furono le sei ore più lunghe della sua vita.
Un vero inferno.
Con quel piccolo Kurt seduto accanto, tutto rannicchiato nel suo sedile senza rendersi conto di quanto sembrasse sperduto, impaurito e sottomesso... l'Oscurità nacò su di giri e tormentò Blaine senza pietà per tutto il tragitto, riempiendogli la testa di immagini oscene e irresistibili su tutto ciò che avrebbe potuto fare. Fu un miracolo che non provocò nessun incidente.
Dopo sei ore di tormento Blaine Oscuro riuscì a parcheggiare di fronte alla Dalton Academy, sfinito ma fiero di se stesso. Gettò la testa indietro e si passò stancamente le mani sul viso.
-Grazie- disse Kurt timidamente. Furono le prime parole che gli rivolse durante tutto il viaggio.
-Apri il cassettino del cruscotto- rispose Blaine Oscuro, senza togliere le mani dalla faccia.
Kurt eseguì e si ritrovò a fissare una semplice busta bianca.
-Ci sono duemila dollari dentro- spiegò Blaine Oscuro. -Non voglio che tu perda tempo prezioso a derubare Rachel Barry. Tienili come buon augurio da parte mia e del mio Kurt. Credo che tu gli andresti proprio a genio.
Kurt era senza parole.
Il ragazzo che gli sedeva accanto era uno dei più grossi misteri che gli fosse capitato. E non è che a Kurt i misteri da svelare mancassero. Quello però, sicuramente, non l'avrebbe risolto mai. Non spettava a lui e forse era anche un compito al di sopra delle sue possibilità. L'unica cosa da fare era concentrarsi sulla sua missione, e basta.
Ma prima...
-Senti...-tentò.
-E' davvero meglio se adesso scendi e te ne vai- mormorò Blaine Oscuro, con voce bassissima.
-Non posso- la voce di Kurt, al contrario, era quasi stridula. -Io devo cancellare i tuoi ricordi.
Blaine sollevò la testa di scatto.
Dannazione! Aveva di nuovo gli occhi neri.
-Mi dispiace, ma è necessario! Te l'ho spiegato quali sono le regole per noi viaggiatori dei mondi: non deve rimanere alcun segno del nostro passaggio oppure altereremmo gli equilibri della dimensione in cui ci troviamo.
-Tu non mi scombinerai la testa- bisbigliò Blaine Oscuro e bastò solo il tono con cui l'aveva detto per terrorizzare di nuovo Kurt. Come la sera prima il suo corpo si bloccò, incapace di articolare qualsiasi movimento di sorta mentre l'altro, con un guizzo felino, gli fu sopra.
-Lo sai che stai giocando col fuoco, ragazzino?- domandò, passandogli la mano sopra gli occhi ed impedendogli di vedere cosa stava accadendo, ma soprattutto impedendogli di mettere in pratica la sua magia.
Kurt si ritrovò al buio e intrappolato.
Il corpo di Blaine Oscuro praticamente sopra il suo irradiava ondate di energia bollente come lava lasciandolo senza possibilità di scampo: non poteva muoversi e non poteva difendersi.
Ma cancellare la memoria non era l'unico potere di Kurt, per sua fortuna esisteva altro al di là della magia.
Esisteva l'astuzia.
Kurt aveva trascorso quel viaggio in macchina in silenzio a pensare e ripensare, e aveva capito una cosa fondamentale: Blaine Oscuro era pazzo del suo Kurt. Più di una volta si era riferito a lui chiamandolo
il suo Splendore, con un tono di voce a dir poco adorante e un'espressione in viso di pura delizia. Questa doveva essere l'arma su cui puntare.
-Se non mi fai cancellare la tua memoria, il tuo Splendore ne risentirà - trovò il coraggio di dire Kurt. Le mani di Blaine Oscuro non si spostarono dai suoi occhi, ma il suo corpo si irrigidì.
-Che dici? Che c'entra il mio Kurt?
-Se adesso io me ne vado senza cancellarti la memoria tu saprai per sempre che da qualche parte io esisto. Una copia del tuo amore, fisicamente identico eppure diverso. Comincerai a pensare di avere un'alternativa.
-Io non ho alternative- grugnì Blaine.
Certo. Tutta la notte e tutto il viaggio in macchina non aveva pensato mica di saltargli addosso e farlo suo. No di certo.
-Sarà sempre un pensiero strisciante tra di voi. Soprattutto quando avrete delle crisi, quando non sarete d'accordo su qualcosa. Penserai sempre che volendo potresti cambiare. E questa cosa si metterà in mezzo tra voi. Piano piano lo farà, e tu lo sai.
Kurt sperò con tutto se stesso di essere stato convincente.
-Lasciami cancellare il ricordo di me. Sarà una preoccupazione in meno, una tentazione in meno. Non permettere a niente e a nessuno di insinuarsi tra voi due, perché lui è tuo e tu sei suo. Io sono solo un'anomalia. Fammi sparire dai tuoi ricordi, fallo per il tuo Splendore. Se davvero lo ami, sarà meglio non sapere della mia esistenza.
Kurt rimase immobile (non per sua volontà) e accecato (ancor meno sua volontà) durante numerosi interminabili minuti ma alla fine, molto lentamente, Blaine Oscuro tolse la mano dalla sua faccia.
Kurt non perse tempo, prima che l'altro cambiasse idea: -Dimenticami, dimentica tutto- gli ordinò, liberando la sua magia.
Ma gli occhi di Blaine Oscuro continuavano a fissarlo, ardenti e neri.
Kurt allora, con un filo di panico, cercò di sprigionare tutto il suo, di potere :- Dimenticami, dimentica tutto.
Lo sguardo di Blain Oscuro ebbe un piccolo cedimento, una lievissima patina scese a velarlo, ma sotto la tempesta infuriava.
-Andiamo, torna dal tuo Splendore. Dimentica tutto. Dimentica tutto.
La morsa che paralizzava il corpo di Kurt si ammorbidì leggermente.
Forse ce la stava facendo, stava forzando l'Oscurità.
-Avanti, dimenticami! Dimentica tutto- ripeteva Kurt come un mantra.-Dimentica tutto!
Gli occhi di Blaine Oscuro si perdevano sempre di più, ad ogni incitamento dell'altro. Divennero di due sfumature più chiari, e fuori fuoco.
Alla fine Kurt riuscì a liberare le mani e le braccia e a divincolarsi da sotto il suo corpo, ma non smise neanche per un minuto di ripetere ossessivamente
dimenticami, dimenticami. Non si fidava del potere di Blaine Oscuro, anche accasciato e privo di consapevolezza l'altro poteva essere pericoloso: chi gli garantiva che all'improvviso non si risollevasse con un urlo per acchiapparlo come in uno dei peggiori film dell'orrore di serie B?
Kurt continuò a rilasciare il suo potere per un bel pezzo e smise di ipnotizzare Blaine molto tempo dopo che gli occhi dell'altro erano tornati color ambra e si erano persi a guardare un orizzonte lontano.
-Ok, ascoltami bene- sussurrò al suo orecchio, sperando di non risvegliarlo. -Tu adesso devi tornare a New York. Guida con prudenza e dimenticati di tutto quello che è accaduto nelle ultime quindici ore.
Blaine Oscuro non gli rispose, ma con un'espressione insolitamente mansueta in volto tornò ad accomodarsi sul sedile guidatore e girò la chiave d'accensione.
Kurt scese quasi al volo e rimase per qualche momento a guardare la
BMW Roadster nera che si allontanava, senza riuscire a capire se si sentiva più sollevato o inquieto. Augurò a quel particolare Blaine, mentre la macchina diventava sempre più piccola in fondo alla strada, la migliore fortuna, perché qualcosa gli disse che ne avrebbe avuto bisogno.
Poi varcò i cancelli della Dalton.

Per i corridoi c'era il solito via vai di ragazzi in divisa, più o meno lo stesso in tutte le Dalton in cui era stato fino a quel momento. Stavolta Kurt non si guardò intorno cercando qualcuno, stavolta sapeva perfettamente dove andare.
Una cosa perticolare della Dalton era che, benché l'architettura esterna del palazzo cambiasse tantissimo a seconda dei mondi in cui Kurt si trovava a passare, l'interno tuttavia rimaneva molto simile. C'era sempre la grande scalinata con il lucernaio tanto simile a quello del Titanic, il lungo corridoio con gli arazzi e il pavimento in marmo, ma soprattutto la sala con i pannelli in legno e i divani di velluto. E proprio quest'ultima stanza era l'obiettivo di Kurt, o per l'esattezza la libreria in mogano all'angolo della sala, quella con un fiore intagliato su un lato dello scaffale al centro.
Per fortuna la libreria c'era, e per ancor maggior fortuna la sala era vuota. Kurt quasi si tuffò sul terzo libro in alto a destra, sperando che anche in questa dimensione il trucchetto funzionasse allo stesso modo della sua. Quindi con un filo d'ansia sfilò il libro e contemporaneamente spinse il fiore intagliato e il suo cuore quasi uscì dal petto quando udì il clic del passaggio segreto che si apriva dietro al muro.
Dando un'ulteriore sbirciatina di sicurezza, tanto per assicurarsi che nessuno si accorgesse dell'esistenza del cunicolo, fece girare la libreria sui suoi cardini e si infilò dietro, nel corridoio che scendeva di sotto. Stette bene attento a richiudersi la libreria alle spalle, cercando di non fare il minimo rumore.
La Sala era esattamente come la ricordava,un'enorme antro antico con lo Specchio a ricoprire una intera parete e le dieci nicchie, cinque a destra e cinque a sinistra, che parevano dieci soldati schierati in parata. Anche stavolta solo nove teche contenevano altrettanti globi di luce azzurra, la decima rimaneva desolatamente vuota.
Kurt attraversò la stanza a piccoli passi, intimidito dalla solennità e dal silenzio di quel luogo, e dal ticchettare dei suoi passi sul lucido pavimento di pietra, ma nonostante il timore di compiere una specie di sacrilegio si fermò soltanto quando fu di fronte alla superficile liscia e riflettente che aveva dato il via al suo viaggio.
Sembrava solo un semplice, vecchio, enorme specchio, e nient'altro. Ma in qualche modo, se si sapeva cosa fare, al di là del suo riflesso si celava l'accesso a tutti gli universi paralleli esistenti. Anche quello dove era caduto Blaine.
Ma Kurt non aveva la minima idea di come si faceva a farlo funzionare o di dove si trovasse Isabelle. Girare per la Dalton senza uniforme, chiedendo di incontrare madmoiselle Morel non gli sembrava una grande idea, soprattutto perché avrebbe comportato un mare di domande a cui lui era troppo stanco e preoccuparo per aver voglia di rispondere.
-Come faccio a ritrovare Blaine?- chiese appoggiando la fronte sulla liscia parete riflettente e quella subito, quasi come risposta, si illuminò mostrandogli il magico universo che celava. Migliaia di globi luminosi fluttuavano al di là dello specchio che ancora faceva da divisorio, ma era diventato trasparente.
Ad un tratto uno dei globi si fece più vicino e Kurt, quasi inavvertitamente, sfiorò la superficie in corrispondenza del punto dove la sfera danzava leggiadra.
Quel semplice gesto fece allargare il globo a dismisura finché la sua luce non irrorò tutta la parete che all'istante cominciò a restituire delle immagini come se si fosse trattato di un gigantesco schermo di una sala cinematografica. Dall'altra parte c'era il glee club, completamente riunito, compresi Kurt e Blaine, intenti nell'esecuzione di ABC dei Jackson Five.
Dopo pochi minuti di esibizione, così come erano comparsi, i ragazzi sparirono e lo Specchio tornò ad essere un semplice specchio.
-Che diavolo...- iniziò ad imprecare Kurt, subito interrotto da una voce familiare.
-Che diavolo ci fai tu qui?
Isabelle lo guardava con gli occhi spiritati, come se fosse stato un fantasma. Aveva una pila di libri tra le braccia che ad occhio e croce dovevano pesare una tonnellata, ma lei li reggeva come fossero stati piume. -E dove cazzo è Anderson?

A Kurt servì più di un'ora per aggiornare la ragazza di tutto quello che era successo. Quando gli disse che lui e Blaine si erano persi emise un verso stridulo e sbracato, ma quando passò a parlare di tutto quello che avevano scoperto su Trevor il suo viso si rischiarò e per un attimo a Kurt sembrò quasi esultante. Anche se in effetti non c'era molto da rallegrarsi al pensiero di un ragazzino bullizzato e impaurito che decide di farla finita. Però Kurt sapeva che Isabelle seguiva strane logiche, sicuramente molto diverse da quelle di una persona comune. Quando terminò il suo racconto, con tutto quello che aveva scoperto da Argie il nerd finalmente disse quello che stava per dire a Blaine, prima che fossero separati.
-Io credo di sapere chi è Trevor.
Isabelle sorrise ampiamente, forse per la prima volta da quando si erano conosciuti.
-Anche io- rispose tirando fuori una busta che teneva dentro uno dei suoi libroni, che a quel punto giacevano appoggiati a terra. Kurt non potè impedirsi di sbirciare: erano libri sugli argomenti più disparati, da come preparare un cupcake al reportage sulle guerre del SudAmerica fino all'ormai mitico (per Kurt e Blaine almeno) Origami for Dummies. Kurt ricordò che gli Origami potevano essere uno degli argomenti del terribile Klauge84, l'esame che Isabelle stava per sostenere, e si chiese se la ragazza per caso stesse cercando di prepararsi in qualche modo alla prova. Ma adesso era la busta la cosa che attirava di più la sua attenzione. Una normale e comune busta bianca, in tutto simile a quella che gli aveva dato poco prima Blaine oscuro, eppure Isabelle la reggeva come se fosse una delle tavole della legge di Mosè.
-Cos'è?- chiese Kurt.
-Prima dimmi qual'è la tua teoria- fece Isabelle con gli occhi che le scintillavano di eccitazione.
-Io credo che Trevor sia... ecco, secondo me lui potrebbe essere l'Autore del mio mondo- soffiò fuori Kurt.
Isabelle lo stava fissando senza la minima traccia d'espressione in viso.
-Mi è venuto in mente quando ho visto Argie trafficare con il Bay24: lui è un nerd e stava scrivendo una storia di nerd. Sicuramente in quel momento stava creando un nuovo mondo, in qualche universo simile a quello dove ci muoviamo io e Blaine. Allora ho pensato che ognuno scrive di cose che conosce bene. Spesso e volentieri si scrive per esorcizzare quello che accade nella propria vita, no? Quando io ho scritto quella storia su me e Finn in fondo era perché volevo riversare sulla carta la cotta che avevo per lui, chi se lo immaginava che però così avrei creato un mondo... Poi ho pensato a quella cosa che mi era successa sulla gradinata della scuola, e tutte quelle coincidenze tra la mia vita e le cose che sono accadute a Trevor. Può darsi che non fossero semplici coincidenze. Può darsi che invece Trevor avesse provato a canalizzare in qualche modo le sue emozioni attraverso un racconto, un racconto dove io vivevo le stesse esperienze che erano successe a lui. E così ha dato vita alla mia dimensione. Credi che sia una teoria senza senso?
-No, credo che sia assolutamente sensato- rispose Isabelle, stringendo ancora in mano la busta bianca. -In effetti era un'idea che mi frullava in testa fin dall'inizio. Non riuscivo a capire come un qualunque ragazzino potesse avere tutto quel potere. Certo, la sua capacità di viaggiare nel tuo mondo e di mettersi in contatto telepatico con te erano una cosa spiegabile perchè il suo corpo, non ancora cresciuto a pieno, veicolava molta più luce azzurra di quanto ammissibile normalmente. Ma addirittura riuscire a distruggere un mondo già creato? Poteva essere? Questa cosa mi arrovellava. Poi ho cominciato a sospettare che forse il fatto che aveva il potere di distruggerlo aveva un'origine diversa. Forse Trevor non era uno stragone, o chissà quale essere potente di sorta, ma molto più semplicemente poteva distruggere quel mondo perchè lo aveva creato lui.
Kurt ricordava molto bene che Isabelle aveva confidato a lui e a Blaine di avere una pista.
-Quindi era questa la cosa che volevi appurare?
Isabelle annuì. -Non è facile ottenere il nome del creatore di un mondo. Ci sono procedure molto rigide ai piani alti su questo genere di cose. E io, da quando sono stata chiamata a sottopormi al Klauge84 sono vista di malocchio nelle stanze dei bottoni. Ma per fortuna conosco un paio di persone che mi devono un favore...
Kurt le lanciò uno sguardo perplesso.
-Ok, ok. Il mio ex lavora all'archivio generale. Gli ho promesso di restituirgli alcune cosette imbarazzanti che ha lasciato a casa mia se riusciva a trovarmi il nome del creatore del tuo universo.
Kurt si sentì fremere, come se mille piccole spille stessero provando una coreografia sotto le piante dei suoi piedi. Isabelle gli porse la busta e Kurt la prese con mani tremanti. Quasi senza respirare estrasse il foglio che si aprì tra le sue dita con un leggero fruscio.
C'era un elenco di dati dal significato per lui incomprensibile. Tutte informazioni sul suo mondo che a lui però dicevano ben poco.
Ma in fondo, ben evidenziata in grassetto, risaltava una voce: autore. E accanto, anch'esso in grassetto, un nome.
-Trevor Gale -sussurrò Kurt, senza fiato.
Allora era vero.
Isabelle annuì, poi lo afferrò per le spalle.
-Ascoltami bene Kurt. Trevor è il tuo autore e questo significa che non avrà bisogno di chissà quale magia per distruggere il tuo mondo. Gli sarà sufficiente distruggere la storia che ha scritto e, visto che lui è quello che l'ha creata, tanto basterà.
Kurt si sentì più perso che mai.
Senza Blaine.
Senza tempo.
Senza speranza.
-Ma come posso fare a raggiungerlo? Come posso fare a fermarlo?
-Devi cercare di metterti in contatto telepatico. Di nuovo. E stavolta, costi quel che costi, dovrai prendere un gancio. Strappagli una ciocca di capelli, mozzagli un orecchio, tagliagli le unghie, rubagli una catenina. Non lo so. Devi procurarti qualcosa di suo che vi faccia da ponte e che permetta a Blaine di poter saltare nel mondo giusto. Senza un gancio continuereste a fare questo stupido balletto tra le dimensioni parallele per sempre.
Sempre peggio.
Diceva bene lei: procurati un gancio. Ma quale gancio? Anche se avesse strappato una ciocca di capelli a Trevor quello sarebbe stato solo nel sogno, vero? Al risveglio che cosa si sarebbe trovato tra le mani Kurt? Un bel niente...
E poi, anche ammettendo che ci fosse riuscito, qui ci si stava dimenticando del problema più grande di tutti.
-Ma io e Blaine ci siamo persi- scattò Kurt, con le lacrime agli occhi. Poi, indicando la parete dello Specchio: -Potrebbe essere ovunque là dietro, ovunque!
Isabelle sembrò presa in contropiede.
Come se Kurt avesse detto qualcosa di enormemente sciocco e lei non avesse il coraggio di farglielo notare. Si tolse gli occhiali e prese a massaggiarsi l'attaccatura del naso; il suo viso normalmente battagliero adesso pareva insolitamente stanco.
-No- disse infine,ed era chiaro che stava cercando di misurare le parole. -Sarà piuttosto facile ritrovarlo. Vai a metterti di fronte allo Specchio.
A quel semplice comando Kurt si sentì risollevare dalla speranza e corse a posizionarsi dove gli era stato indicato.
Quasi non osava formulare la domanda: -Vuoi dire che sei in grado di ritrovarlo?
-Non proprio- rispose controvoglia Isabelle. -Io non sono capace di ritrovare Blaine là in mezzo- e con un gesto della mano la parete si dissolse di nuovo, rivelando la vista da vertigine sullo Spazio Intradimensionale e le sue stelle danzanti.
-Ma- aggiunse la donna facendosi al centro della sala e spalancando le braccia - le sfere di luce azzurra della Sala dello Specchio sono sempre in grado di ritrovare la loro compagna.
Come? Cosa voleva dire la loro compagna?
Le nove sfere di luce, dentro le nove teche, presero a splendere e a vorticare, mentre gli occhi di Isabelle ruotavano nelle orbite divenendo completamente bianchi.
Kurt, incantato dalla potenza dello spettacolo a cui stava assistendo, non potè far altro che rimirare a bocca spalancata il fulgore ceruleo di quei globi magici e ancestrali finchè un bagliore alle sue spalle non lo costrinse a voltarsi.
Nello Spazio Intradimensionale, in mezzo a tutti quei mondi danzanti, una piccola biglia di luce uguale a mille altre stava pian piano diventando sempre più fulgida e sempre più vicina. Il suo colore e il suo bagliore erano identici a quelli delle sfere della Sala e quando fu riconoscibile alla vista Kurt si accorse che si trattava di un globo uguale a quelli che stavano vibrando lì dentro, scatenati da Isabelle.
Allora il ragazzo capì cosa stava accadendo: la luce azzurra che si trovava dentro Blaine, quella che Isabelle gli aveva donato per compiere la missione, era in realtà quella contenuta nella decima teca, quella assente all'appello, e stava rispondendo al richiamo delle gemelle della Sala, le sue compagne.
Da quel particolare mondo lontano, quello che conteneva la sfera mancante (e quindi Blaine?) un'onda di energia prese a trascinare Kurt, che altro non potè fare se non lasciarsi precipitare in quella direzione, risucchiato da una corrente poderosa e ineluttabile.
Solo mentre cadeva, trascinato da quel potente potere, un pensiero o meglio un ricordo, gli balenò davanti.
Ma quando io e Blaine siamo entrati nella Sala dello Specchio, la decima teca era già vuota!


Note di Oldlady:
Salve a tutti.
Prima di tutto mi scuso se lo stile di questo capitolo è più frammentato di quelli passati, e se ci sono delle ripetizioni, ma è stato scritto in condizioni di fortuna (praticamente sono stata interrotta dal mio quattrenne preferito ogni due minuti e mezzo di stesura, roba da finire in manicomio!).
Comunque quella di oggi era l'ultima fanfiction in gara.
Per esigenze di trama ho posto il mio Kurt in un momento del sequel, che è bellissimo come il primo episodio, ma ai fini del nostro piccolo quiz accetterò come validi entrambi i titoli, basta che ci intendiamo di quale storia si sta parlando. Va bene lo stesso.
La prossima settimana i nostri ragazzi si ritroveranno nell'ultimo mondo, ovvero nell'ultima fanfiction a cui vorrei rendere omaggio, ma quella non sarà da indovinare perché non c'è da chiedersi quale sia, l'avrete già capito alla grande visto che me la chiedete da quando abbiamo iniziato questo piccolo gioco.
Sì, proprio quella lì, ci siamo intesi.
Nelle fanfiction americane dicono sempre: glee è proprietà intellettuale di Ryan Murphy. Io vorrei aggiungere che le fanfiction che ho citato sono proprietà intellettuale dei loro strepitosi autori a cui questa mia storia vuole rendere tributo.
Ci avviciniamo al finale, spero che non vi deluda. Ormai sappiamo quasi tutto di Trevor, negli ultimi capitoli porremo la nostra attenzione su Blaine.
Se potete fatemi sapere cosa ne pensate e se vi va qui c'è la mia nuova storia: Not Alone
Grazie a tutti, a presto.


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Capitolo 17
*** Sei una bambola ***


Dal capitolo precedente:

Da quel particolare mondo lontano, quello che conteneva la sfera mancante (e quindi Blaine?) un'onda di energia prese a trascinare Kurt, che altro non potè fare se non lasciarsi precipitare in quella direzione, risucchiato da una corrente poderosa e ineluttabile.
Solo mentre cadeva, trascinato da quel potente potere, un pensiero o meglio un ricordo, gli balenò davanti.
Ma quando io e Blaine siamo entrati nella Sala dello Specchio, la decima teca era già vuota!


Cap 17
Sei una bambola

La piccola Joyfulcarrie era via da quasi mezz'ora.


Strano, pensò Blaine finendo di sistemare un'asse del recinto che si era un po' allentata. Era un lavoro che doveva fare già da ieri ma, con tutto quello che era capitato nelle ultime ore, la gestione della fattoria era passata un po' in secondo piano.
Adesso che stava finalmente annodando l'ultimo paletto alla tavola trasversale si era reso conto che il folletto mancava da troppo.
-Kurt- chiamò verso la collinetta alle sue spalle. -E' lì da te Joyful?
Kurt, che stava godendosi il caldo sole pomeridiano suonando distrattamente i suoi vecchi pifferi, si alzò e scese il piccolo declivio con pigrizia.
Quando arrivò vicino a Blaine, lo abbracciò da dietro baciandogli teneramente il collo.
-Sai che quella carognetta non mi dedica molte attenzioni. Ma non temere, starà scorazzando qua attorno.
Blaine intrecciò le mani a quelle di suo marito e si abbandonò per alcuni piacevoli minuti al tepore del suo corpo, così vicino e così profumato. Poi sospirò con un sorriso: -Non vorrei che si fosse cacciata nei guai, sarà meglio andare a cercarla.
Mentre si allontanava verso i cespugli di dragoncello, cibo preferito da Joyfulcarrie, Kurt lo guardava con un briciolo di amorevole esasperazione.

A Blaine erano sempre piaciuti i folletti. * (cit.)
Fin dalla prima volta che ne avevano visto uno, tanti e tanti anni prima, mentre erano intenti nel viaggio doloroso e disperato che li aveva fatti innamorare, l'allora giovane ragazzo era rimasto subito affascinato dalle piccole creature alate, così aggraziate e vibranti, simili a piccoli elfi dal cuore semplice.
Joyfulcarrie l'aveva trovata lui, vicino alla porta della stalla, una mattina dopo un terribile temporale. Sembrava moribonda e aveva un'ala spezzata ma Blaine si era rifiutato di gettarla via, come invece avrebbe fatto qualsiasi altro al suo posto. D'altronde lui non era uno qualsiasi.
Kurt sorrise al ricordo di Blaine che entrava in casa con le mani a coppa, esclamando: -Kurt, Kurt, guarda cosa ho trovato!
Nonostante i capelli grigi e i solchi del sole e dell'età, in quel momento il viso e lo sguardo dell'uomo meraviglioso che Kurt amava, erano gli stessi di un bambino.

Il folletto, un esemplare femmina, si dimostrò molto più coriaceo di quanto sembrasse ad un primo sguardo e piano piano si riprese. O forse erano state le cure affettuose di Blaine. Quando però arrivò il momento di tornare in libertà, molto semplicemente la piccola peste si rifiutò di eseguire quello che in teoria doveva essere un istinto naturale. La creaturina aveva sviluppato una vera e propria adorazione per il suo salvatore: gli volava sempre intorno posandosi a riposare solo ed unicamente sulla sua spalla e quanto talvolta andava a fare un giretto nei dintorni non stava mai via più di dieci minuti.
Alla fine Blaine le aveva dato un nome e se l'era tenuta, affezionandosi tantissimo alla bestiola con somma preoccupazione di Kurt.
-Oh Dei! Blaine, questa cosa ti spezzerà il cuore. I folletti non vivono che pochi mesi, il tempo di una primavera. Io ti conosco, sei troppo sensibile. Soffrirai tantissimo quando Joyful morirà. Molto meglio liberarla.
Blaine sospirava, mentre Joyful rivolgeva a Kurt quelli che a tutta apparenza sembravano dei gestacci.

-Primo- spiegava Blaine afferrando la monella per le ali e mettendosela nel taschino- io non la sto tenendo prigioniera. E' lei che vuole rimanere con me. E secondo, anche se durerà un tempo insufficiente, ne sarà comunque valsa la pena.
Con quest'ultime parole Blaine lanciava uno sguardo a Kurt dal chiaro significato: è la stessa cosa che capiterà a noi.
Kurt inghiottì la bile. Dopo quasi trecentoottanta anni che erano insieme, l'amarezza per la loro condizione non si addolciva, anzi ora che la fine si avvicinava diveniva sempre più attanagliante. Kurt infatti era un elfo della casata Spirale, una delle più potenti e più longeve, mentre Blaine era un semplice umano. Il fisico e l'aspetto di Kurt erano rallentati, in proporzione della lunghissima vita che lo avrebbe atteso e le sue sembianze erano quelle di un uomo bellissimo e nel pieno del vigore. Blaine invece stava appassendo.Per quanto i poteri di Kurt erano riusciti ad allungare la vita del suo amore di molto rispetto ai suoi simili, non c'era alcun dubbio che l'elfo gli sarebbe sopravvissuto molti anni. Molti, moltissimi anni. Anni di solitudine e disperazione, Kurt lo aveva sempre saputo e ora che il momento si avvicinava (quanti decenni rimanvano ancora loro?) poteva quasi percepire il dolore incombere su di lui.
Chissà se Blaine aveva adottato Joyfulcarrie per cercare di comprenderlo meglio, in qualche modo? Per provare nel suo piccolo una minuscola parte di tutte le sensazioni che provava lui?

Kurt fu riscosso dai suoi pensieri da un frullare smeraldino d'ali che schizzarono di fronte alla sua faccia da non so dove.
-Blaine- chiamò verso i cespugli di dragoncello. -Joyful è qui!
Joyfulcarrie era agitatissima.
Afferrò trafelata un orecchio a punta di Kurt e prese a tirarlo a destra e sinistra, con quanta più forza il suo minuscolo corpo le concedesse.
-Blaine, sbrigati santi numi, è impazzita- sbuffò l'elfo, cercando di allontanarla con un gesto della mano. Appena Blaine riemerse dalla fratta, con passo un po' strascicato, il folletto lasciò l'orecchio di Kurt e si fiondò dal suo padrone (Non sono suo padrone, Kurt! Joyful può andarsene quando vuole) ma non è che sembrò tranquillizzarsi per questo.
-Cosa è successo?- le chiese Blaine perplesso.
Per tutta risposta Joyful schizzò verso il vecchio boschetto di larici a valle mulinando grandi gesti con le braccia.
-Kurt, vuole che la seguiamo. Probabilmente ha trovato qualcosa di strano.
E infatti il folletto aveva trovato qualcosa, o meglio qualcuno.

C'era un ragazzo sul prato, a faccia in giù. I suoi indumenti erano molto particolari, di foggia sconosciuta, e le sue mani abbandonate sopra la testa sembravano aver tentato di riparare una caduta, per la posizione in cui giacevano e i graffi che le ricoprivano.
-Che sia lui?- chiese Blaine, poggiandogli una mano sulla schiena in cerca del respiro.
Kurt si affiaccò al suo fianco, lanciandogli uno sguardo interrogativo.
Blaine lo rassicurò con un cenno veloce del capo: -E' vivo, ma respira in maniera irregolare. Deve essersi fatto molto male.
L'elfo annuì poi, con un movimento fluido delle braccia riversò il ragazzo a pancia in su. Nessuno dei due si sorprese nello scoprire che il ferito era identico a Kurt, ma umano. Se lo erano aspettato che il compagno dello straniero potesse giungere da quelle parti nel giro di poco, ma non si immaginavano che lo avrebbe fatto così presto e da moribondo.
-Sì, è proprio lui. Cosa gli sarà successo?- domandò Blaine perdendosi a rimirare i lineamenti perfetti del ragazzo che sembrava molto sofferente. La sua camicia era strappata e lungo la sua tempia c'era un vistoso ematoma. A vedere il viso di Kurt (anche se quello non era il suo Kurt, ma un essere umano con le stesse fattezze) così sofferente e ammaccato a Blaine si strinse il cuore.

Kurt passò la mano leggera sulla fronte del ferito, anche lui colpito dalla somiglianza. Sembrava di toccare un fratello gemello ma l'elfo sapeva bene che non era così, in realtà stava sfiorando il viso di un altro se stesso. -Probabilmente quando è caduto in questo mondo deve aver battuto la testa da qualche parte. E' stato fortunato ad essere trovato da Joyfulcarrie invece che da qualche bestia affamata.
Il folletto, a quelle parole, si gonfiò tutto d'orgoglio ma Blaine si rabbuiò: -Kurt, per favore, sembra davvero ridotto male, guariscilo! Non possiamo lasciare che muoia. Usa il tuo potere su di lui!
-No- rispose Kurt risoluto. Già in passato aveva rifiutato il suo potere benefico ad altri umani a lui più cari. -Tutta l'essenza che sprecherei per lui mancherà a te nel momento del bisogno.
Non c'era altro che stesse a cuore a Kurt: il suo Blaine e la sua sopravvivenza. Blaine accanto a lui, sempre e per sempre, o almeno il più a lungo possibile.
-Kurt- lo chiamò Blaine, con una voce che già da sola fece tremare il cuore all'elfo. -Guardalo. Sei tu. Non è un altro. E l'uomo che piangerà la sua morte sono io. Non possiamo aspettarci la compassione dagli altri, se non siamo noi i primi ad esercitarla verso noi stessi.
Kurt non rispose, ma chiuse gli occhi cercando di annullare le sensazioni che combattevano nel suo petto.
Alla fine, quando si rese conto della sconfitta, pregò tutti gli dei di non rimpiangere in un giorno vicino questa sua decisione. Capiva il senso profondo delle parole di Blaine e quindi prese il giovane straniero tra le braccia, sforzandosi di non pensare al fatto che quello che stava per fare forse avrebbe accorciato la vita del suo amore. -Va bene. Portiamolo a casa- mormorò dopo un tempo infinito.


****

La prima cosa che Kurt avvertì fu il profumo. Un odore che sapeva di pino, foglie, pioggia e resina pervadeva le sue narici e lo ripotava pian piano alla consapevolezza. L'ultima cosa che ricordava era la sensazione di volare attraverso lo Spazio Intradimensionale, risucchiato dal potere della decima sfera di luce azzurra che lo chiamava a sé, poi un fruscio, lo spezzarsi di rami, spine che lo graffiavano e il forte tonfo di qualcosa che batteva violentemente contro il suolo. La sua testa.
Era seguito il buio più nero, privo di sensazioni e immagini. Il nulla.
Kurt gemette nello sforzo sovrumano di sollevare le palpebre. Il suo corpo gli implorava di dormire ancora, di abbandonarsi all'oblio. Ma lui sapeva, sentiva che non doveva cedere perché al di là di quella palude melmosa di indolenza c'era qualcosa di bellissimo ad attenderlo, qualcosa per cui valeva la pena di lottare.
Il profumo di resina lo aiutava a raccogliere le forze e in qualche modo era come se lo stesse chiamando, anzi di più, incitando a svegliarsi.
Ma cos'era quella cosa per cui doveva sforzarsi così tanto?
-Bravissimo Kurt, l'ematoma è scomparso- disse una voce da qualche parte sopra di lui. Una voce così bella, così corposa e giusta, maschile e dolce.

La voce di Blaine!
Ecco qual'era quella cosa! Kurt doveva combattere le tenebre per tornare da Blaine! Tutto quello che gli era accaduto nelle ultime due settimane lo sovrastò. Subito di fronte ai suoi occhi chiusi ballarono i ricordi del McKinley pietrificato, Trevor, la Sala dello Specchio, Isabelle e il suo Klauge84, tutti gli alter ego e i mondi paralleli e soprattutto il fatto che non sapeva quanto tempo fosse rimasto incosciente. Era già arrivato l'ultimo giorno?
Senza rendersi neanche conto di come avesse fatto Kurt si ritrovò seduto su un giaciglio, ad occhi spalancati. Di fronte a lui c'erano due figure che lo guardavano preoccupate.
Erano due alter ego, i più strani che gli fossero capitati fino a quel punto.
Il Kurt di questa dimensione, tanto per cominciare, non era un essere umano ma un elfo. Sembrava giusto uscito dal Signore degli Anelli, con quelle orecchie a punta e un'aura di magia che pervadeva da tutto il suo essere. Non sapeva come fosse possibile, visto che le fattezze erano sempre le stesse, ma questo Kurt era il Kurt più bello che avesse incontrato finora.
Blaine invece era umano e... anziano. I ricci ormai grigi non avevano perso la tendenza a sfuggire indomiti e il suo volto segnato dai solchi dell'età continuava a mantenere un'espressione fanciullesca. Blaine sarebbe stato un uomo bellissimo anche da vecchio, Kurt ne aveva la prova vivente davanti agli occhi.

-Dove sono?- fu tutto ciò che Kurt riuscì a dire.
-
Ti trovi a Khryslee, straniero- rispose Blaine Anziano, come se bastasse quella parola per spiegare tutto. La cosa che colpì Kurt fu che nessuno dei due doppioni sembrava particolarmnte sconvolta di avere nel loro letto un perfetto duplicato di Kurt Elfo. La luce azzurra stavolta lo aveva messo in un contesto davvero bizzarro.
-Io sono...- iniziò a spiegare, ma fu subito interrotto da Kurt Elfo: -Sappiamo già tutto di te, non devi prodigarti in spiegazioni superflue, Kurt.
-Cosa? Come è possibile?
-Beh, vedi, l'esistenza di molte vite e molti mondi non è un concetto sconosciuto nella società degli elfi. Al contrario devi sapere che spesso le nostre preghiere sono rivolte proprio agli dei che tessono i fili di questi delicati equilibri. La luce azzurra che fa da tramite ai tuoi viaggi è la stessa che pervade il corpo di un elfo quando riesce a trovare un'ancora per liberare la propria essenza e fruire del proprio potere magico.
Kurt ascoltava il suo alter ego con la bocca spalancata. Era la prima volta che invece di dare spiegazioni ad uno dei suoi doppioni era il doppione stesso a fornirne a lui. Che avessero appena inaugurato un eventuale piano C nella Fenomenologia del Viaggio Intradimensionale? Quello in cui era lui a sclerare invece degli alias?
Ma forse, per una volta che non doveva profondersi in troppe spiegazioni dispersive, tanto valeva approfittare del vantaggio e non perdere ulteriormente tempo.

- Io sono sollevato che la mia presenza non vi abbia spaventato - iniziò. -Ma ho assoluto bisogno di trovare una persona, adesso.
-Certo, devi ricongiungerti al tuo Blaine- annuì Blaine Anziano, facendolo sobbalzare.
-Voi sapete del mio Blaine? Come è possibile? L'avete visto? Dove? Quando? Come posso ritrovarlo?- sì, decisamente questo era il piano C, quello in cui era Kurt a sclerare.
-E' arrivato qui ieri- spiegò Blaine Anziano. -Era molto preoccupato e affranto perché vi eravate persi. Ci ha raccontato la vostra storia e ci ha chiesto aiuto: era disperato al pensiero della vostra separazione.
-Ha detto che l'unico modo per ritrovarvi era che lui giungesse alla Sala dello Specchio in un luogo dallo strano nome, Dalton- continuò Kurt Elfo.- Però nel nostro mondo non esiste un luogo chiamato così.
Kurt aggrottò la fronte. Non era possibile. Isabelle aveva specificato molte volte che la Sala dello Specchio e lei erano la costante. Quasi a leggergli il pensiero Kurt Elfo gli fece un cenno rassicurante: -Non ho detto che non esiste la Sala dello Specchio. Sicuramente sarà da qualche parte anche nel nostro mondo. Ma non in un luogo di nome Dalton.
-Il tuo Blaine l'ha presa molto male- aggiunse Blaine Anziano.-Sembrava impazzito.

Kurt poteva immaginarlo bene.
Col tempo che passava e senza la possibilità di arrivare in fretta alla Dalton, Blaine doveva essersi sentito più frustrato che mai. Forse, se fosse stato al suo posto, avrebbe semplicemente saltato da una dimensione ad un'altra finché non fosse capitato in una qualsiasi Dalton con la sua bella Sala dello Specchio.
Al solo pensiero Kurt si sentì attanagliare da una sorta di panico. -Blaine se ne è andato da questa dimensione?
-Stava per farlo- rispose Kurt Elfo -ma noi l'abbiamo dissuaso. Sarebbe stato quasi impossibile che gli capitasse di nuovo la stessa fortuna.
-Che fortuna?
-La fortuna di finire in un mondo consapevole dell'esistenza delle innumerevoli realtà. Cosa avrebbe fatto se fosse capitato di fronte ad un vostro doppione, senza la capacità di cancellarne la memoria? Avrebbe alterato per sempre l'equilibrio di tutto l'Universo, mentre qui, nella nostra terra, nulla della sua presenza reca sconvolgimento.
- Non avrai bisogno di cancellare le nostre memorie quando ci saluterai - aggiunse Blaine Anziano nel tentativo di essere più chiaro - perché l'averti incontrato non ha cambiato nessun corso degli eventi per noi. E per questo anche il tuo Blaine aveva vantaggio a rimanere.
Kurt si sentiva inebetito.
Questa sì che era una bella novità.Non avrebbe dovuto cancellare loro la memoria?
-No non ce ne sarà bisogno- rispose Kurt Elfo alla domanda che il ragazzo non si era accorto di aver formulato ad alta voce. Poi aggiunse con un fare quasi birichino: -Inoltre, senza offesa, ma dubito che potresti riuscirci. Il tuo potere è grazioso ma il mio è molto superiore.
Kurt non fece nessuna fatica a crederci, l'aura di magnificenza che si irradiava da quell'elfo faceva impallidire perfino le Tenebre di Blaine Oscuro, e questo era tutto un dire. L'unica cosa di cui fu certo era che non voleva mai e poi mai vedere l'elfo furente, ma per fortuna sia lui che il suo compagno sembravano molto amichevoli nei suoi confronti. Tutti quei discorsi erano anche molto interessanti, ma c'era una sola cosa che in quel momento stava a cuore a Kurt: -Dove si trova adesso Blaine?
-Gli abbiamo consigliato di fare un Cammino dell'Anima -rispose Kurt pensoso, e all'evidente espressione di sbigottimento sul viso del giovane umano si affrettò ad aggiungere: -Si tratta di un percorso fuori dal corpo attraverso cui l'anima riesce a raggiungere delle verità ancestrali.
-Abbiamo pensato che potesse essere un modo efficace per scoprire in quale mondo ti trovavi - sospirò Blaine Anziano. -Chi se lo aspettava che comparivi nel boschetto dietro casa nostra neanche un'ora dopo che lui si era incamminato!
Furono quelle parole a scatenare un campanello d'allarme nella mente di Kurt. Quante ore erano trascorse? I suoi occhi volarono alla finestra. Era buio fuori, ma ricordava bene che prima di perdere i sensi nella caduta i rami che lo graffiavano erano illuminati dalla luce del giorno.
-Quanto tempo sono rimasto svenuto?- chiese con una nota di panico nella voce.
-Parecchie ore- rispose Blaine Anziano. -Avevi la testa rotta ed hai rischiato di morire. Se sei riuscito a salvarti in poco più di un pomeriggio lo devi solo a Kurt.
Il tono di orgoglio nelle parole di Blaine Anziano era inconfondibile, ma perché Kurt Elfo non sembrava altrettanto contento? Kurt non aveva il tempo di preoccuparsene perché facendo un calcolo veloce tra le ore passate nella dimensione di Blaine Oscuro e qui, era molto probabile che la data adesso fosse il 14 ottobre avanzato. Troppo poco tempo. Troppo poco.
Kurt si sentì spacciato.
-Non perdere la speranza- lo esortò Blaine Anziano, cogliendo la sua espressione affranta. -Abbiamo mandato il tuo Blaine al Tempio del DioVehklèah, il dio dell'Equilibrio. Il suo Tempio non è distante, è solo ad un'ora di cammino.
Per come erano le cose Kurt si sentì sprofondare.Un'altra ora sprecata nella corsa verso la morte!
Non poteva rimanere su quel giaciglio a piangersi addosso un minuto di più. Lui era Kurt Hummel, era forte e non si arrendeva di fronte a niente e a nessuno. Con una rinnovata espressione di determinazione scostò le coperte e balzò giù dal letto, annotando perifericamente nella sua mente che la magia di Kurt Elfo era strepitosa: si sentiva bene e rilassato come se fosse appena uscito da un trattamento in una beauty farm. Riemergere dall'incoscienza era stata dura, ma adesso aveva le forze di un leone.
-Indicatemi la direzione- chiese ai suoi due soccorritori, che annuirono e gli sorrisero all'unisono.


Tutti e tre scesero di sotto nel piacevole cortile illuminato dalla luce della luna.
-Non ci sarà bisogno di indicarti nulla- spiegò Blaine. -Joyfulcarrie ti guiderà nel cammino. Joyful, mi farai questo favore? Accompagnerai questo amico al Tempio?
A quelle parole il folletto prese a piroettare attorno alla testa del suo padrone (non sono il suo padrone) e a quella di Kurt e quest'ultimo, che non aveva mai visto una creatura del genere se non in qualche film fantasy, rimase stupito e senza fiato.
Blaine Anziano e Kurt Elfo si scambiarono uno sguardo che Kurt non riuscì a decifrare, come se stessero portando avanti telepaticamente una conversazione avviata in precedenza. Alla fine Kurt Elfo sembrò perdere quella strana disputa silenziosa e sbuffò sconsolato girandosi verso di lui e ponendogli una mano sulla spalla. -Ascoltami Kurt. Voglio farti un regalo, perché guardando la tua aura avverto che presto potresti averne bisogno.
Kurt Elfo tracciò un leggero movimento con la mano e nel suo palmo si materializzò una minuscola sfera di luce azzurra, piccola quanto una bacca ma lo stesso di una luminosità abbagliante.
-Che cos'è?- chiese Kurt in un soffio.
-Il mio dono per te. Si tratta di una minuscola quantità di luce azzurra, purtroppo non posso fare di più. Non ti sarà sufficiente per viaggiare tra le dimensioni, ma grazie a questa potrai aprire un varco, uno solamente, che ti condurrà in uno dei mondi che hai già visto durante il tuo percorso.
E così dicendo Kurt Elfo spinse delicatamente il piccolo globo nel petto di Kurt, che si illuminò tutto prima di assorbire in sé il piccolo globo. Il ragazzo sospirò alla piacevolezza della sensazione. Ma... a che cosa mai poteva servirgli? Trevor non c'era nei mondi che avevano già visitato, questo era abbastanza sicuro, soprattutto alla luce delle ultime scoperte. Quindi perché mai lui e Blaine dovevano tornare in uno dei mondi già visti?
-Quando sarà il momento saprai come usare questa umile capacità- gli spiegò Kurt Elfo. -Ora è meglio se ti incammini, o perderai altro tempo prezioso.
-Io... sì, ecco... grazie. Veramente, grazie a tutti e due- disse Kurt, ancora scosso, avviandosi dietro il folletto che svolazzava tutto tronfio davanti a lui.
Kurt Elfo e Blaine Anziano lo guardarono allontanarsi lungo il sentiero grande, sotto la luce argentata della luna, in un denso silenzio.
-Grazie- disse Blaine Anziano dopo un po', continuando a fissare il punto verso cui si erano diretti Joyful e il ragazzo.
-So già che in futuro piangerò lacrime amare per questo- sospirò Kurt Elfo cupo. -Quando il mio potere non ti basterà più, maledirò questo giorno.
-Hai fatto la cosa giusta, e lo sai. Inoltre non puoi essere certo che le cose vadano davvero come temi. Adesso basta indugiare in pensieri tristi: piuttosto ci sarà bisogno di andare nei pressi del Tempio. Non è possibile che Blaine possa portare avanti la sua menzogna anche all'interno di quel luogo sacro, e quando Kurt scoprirà tutta la storia avrà bisogno di parlare con qualcuno.
-Ci andrò- rispose Kurt Elfo mansueto ma Blaine Anziano lo bloccò.
-Se non ti dispiace, preferirei andarci io.


Un viaggio fuori dal corpo pensava Kurt seguendo a grandi passi il folletto che svolazzava allegramente nella notte. Cosa poteva significare? Kurt non aveva avuto il tempo di indagare ma pian piano che lui e Joyful si lasciavano i boschetti alle spalle e avanzavano verso il dolce declivio di fronte, sentiva un'urgenza crescergli in petto. Non era più solo l'ansia per il conto alla rovescia sulle loro vite ma era Blaine.
Blaine che aveva quasi dato per perso, Blaine che non vedeva da due giorni ma gli sembravano due secoli.
Il suo bellissimo, meraviglioso, adorato amore.
Quello che per primo aveva visto la bellezza dentro di lui, che aveva diviso il suo destino, che l'aveva sempre incoraggiato e sostenuto. Quello che gli aveva fatto scoprire sensazioni che non pensava il suo corpo fosse capace di provare.
Blaine, la sua anima gemella, il suo tutto.
Kurt si sentì sopraffare dall'ondata d'amore che gli stava invadendo il petto. E dall'epifania che gli si palesò dentro: non aveva mai detto che lo amava.
Mentre Blaine glielo aveva ripetuto spesso fin da quel pomeriggio in macchina, quando per la prima volta erano giunti alla Dalton, lui non glielo aveva mai detto di rimando. Non se l'era mai sentita a dirla tutta, non perché non lo provasse ma perché tutti quei segreti che c'erano tra loro, quelli che Blaine non voleva rivelargli, lo bloccavano.
Ma adesso la pura e semplice verità era che non gli interessavano più. Era bastato il terrore di risvegliarsi in un mondo sconosciuto, sapendo che Blaine era irraggiungibile forse per sempre, a fargli capire che non gli importava nulla di quello che poteva nascondere l'altro. Tutto ciò che Kurt desiderava, quasi in maniera dolorosa, era averlo vicino.
E dirgli che lo amava.
Sì, doveva abbracciarlo al più presto e dirglielo non una ma dieci, mille volte; tutte quelle che le ore rimaste gli concedevano. Non averlo fatto prima gli sembrò ad un tratto una mancanza imperdonabile. Era stato cieco e pazzo.
Non poteva affrontare il suo ultimo giorno di vita senza rimediare.
-Manca molto?- chiese alla sua insolita guida. La piccola creatura scosse il capo, si posò su un ramo e gli indicò delle pietre diroccate, vestigia forse di un'antica muraglia.
-Non vieni con me?- domandò Kurt perplesso ma Joyful, mettendosi seduta, gli fece cenno di proseguire dritto.
Kurt saltò oltre le rovine, scorgendo di lontano una grande effige di pietra, probabilmente il dio dell'Equilibrio a cui si erano riferiti i suoi salvatori poco prima.
Quindi Blaine era lassù.

Senza neanche sapere come si ritrovò a volare su per la collina, col fiato in gola e l'urgenza di vederlo, di toccarlo e stringerlo.
-Blaine! Blaine!- gridò agitando le braccia, scorgendo la sua sagoma di lontano.
Ma Blaine non rispondeva.
Era seduto a terra, con lo sguardo fisso di fronte a sé, le iridi vacue. Kurt si fermò interdetto.Il cammino dell'anima...Un viaggio fuori dal corpo...
Ecco cosa voleva dire. Il corpo di Blaine si trovava lì, ma il suo spirito era altrove, perso da qualche parte nel tentativo di ritrovare Kurt.
Quello lì di fronte era solo un guscio vuoto.
Con la massima delicatezza possibile Kurt si sedette vicino a lui, gli occhi pieni di lacrime. Prese con dolcemente il volto del suo amato tra le mani tremanti e si perse a guardarlo, così bello ma allo stesso tempo così distante. Per un inquietante istante gli ricordò gli studenti del McKinley pietrificato. Lentamente, cercando di non scoppiare in singhiozzi, avvicinò il viso all'orecchio di Blaine.
-Blaine, tesoro, sono io. Sono il tuo Kurt. Sono qui, vicino a te. Ritorna da me. Ti prego, ritorna da me- bisbigliò sperando che ovunque si trovasse l'anima di Blaine in qualche modo udisse il suo richiamo.
-Ti ho ritrovato, hai visto?- continuò, senza riuscire ad impedirsi di baciare il lobo dell'orecchio dell'altro, mentre gli sussurava parole amorevoli e disperate. -Io ti ritroverò sempre Blaine. Torna da me. Torna qui. Non devi andare da nessuna parte perché io non ti dirò mai addio.
Il corpo tra le sue braccia ebbe un piccolo sussulto e Kurt lo strinse ancora più forte senza smettere di mormorare ininterrottamente: -Tu sei mio. Mio. Torna qui da me. Non cercare più, sono qui - e ad ogni parola Kurt gli baciava le labbra, la fronte, le tempie nella speranza che il suo tocco lo risvegliasse. E più lo baciava e più cercava quella pelle ambrata come se fosse il suo ossigeno.
-Blaine, vieni da me- implorò di nuovo e poi si abbandonò. Pronunciò le parole che tante volte avrebbe voluto dire senza riuscirci perché offeso dai segreti dell'altro e impaurito dalla minaccia di Trevor.
- Io ti amo, Blaine.
E solo allora gli occhi di Blaine tornarono alla vita illuminandosi di stupore e gioia nel mettere a fuoco il viso di Kurt.
-Kurt. Kurt sei tu- esclamò stringendolo a sé, mentre le lacrime gli appannavano la vista. -Pensavo di averti perso e che non sarei più riuscito a trovarti in tempo! Oddio, credevo di morire!
-No, non mi hai perso- singhiozzava Kurt a sua volta. -Sono qui, sono qui con te.
-Io ti stavo cercando- spiegò Blaine posandogli una mano sulla guancia e tirando via le lacrime col pollice - stavo camminando in un luogo senza tempo e ti cercavo poi... ho sentito la tua voce. Hai detto che...- e qui Blaine si fermò, incerto, mentre i suoi occhi gridavano.
-Sì Blaine. L'ho detto. Ti amo. Ti amo tanto.
E Blaine rise tra le lacrime prima di baciarlo di nuovo, con adorazione e desiderio, un bacio a cui Kurt si abbandonò con tutto se stesso.
-Anch'io ti amo, Kurt.
E poi fu tutto un
sono qui con te e uno stringimi e ti amo da impazzire,bocche e mani che si inseguivano, calore, stordimento, sussurri e frenesia. Non ci furono discorsi o proclami, né linee da oltrepassare o limiti da superare.
Si erano ritrovati, erano ancora insieme, si amavano. Non c'era altro da aggiungere, non c'era nulla da puntualizzare.
I loro corpi si cercarono senza opposizioni o remore da parte della loro mente che per prima, senza tante parole, desiderava perdersi nell'altro. Nei loro baci non c'era paura ma bramosia, nei loro abbracci non c'era urgenza ma abbandono e tutto fu giusto, spontaneo e desiderato.
E gioioso.
Quando i loro corpi si intrecciarono, nel chiaro della luna di un mondo remoto, i loro occhi ridevano di felicità.
Quando furono uno nell'altro le uniche parole che riuscirono a pronunciare furono
per sempre.
E quando dopo l'amore si addormentarono nudi e ancora avvinghiati non pensarono che stavano perdendo tempo ma che quelli erano stati gli istanti più preziosi di tutta la loro vita.

****

Kurt camminava tra i corridoi del McKinley pietrificato col cuore colmo di felicità.
Aveva ritrovato il suo Blaine, erano di nuovo insieme, si erano amati e adesso avevano ancora una possibilità di salvarsi perché quello era senza ombra di dubbio un sogno e lui stava per incontrare Trevor.
Stavolta però Kurt avrebbe saputo cosa fare.
Isabelle glielo aveva detto più di una volta anche se lui non le aveva dato credito ma lei era stata molto sicura. Kurt avrebbe trovato un gancio, qualcosa di Trevor che avesse permesso di creare un legame con il ragazzino e il suo mondo. Qualcosa per cui Blaine non avrebbe dovuto saltare alla cieca. Ma nel frattempo ci avrebbe parlato consapevole di tutte le cose che aveva scoperto.
Lo trovò presto.
Si trovava nell'auditorium stavola, in piedi al centro del palco in penombra, che si guardava attorno malinconico.
-Trevor- lo chiamò Kurt.
Il ragazzo si voltò a guardarlo con espressione interrogativa. -Cosa c'è?
-Ho capito chi sei- annunciò Kurt, salendo i gradini che portavano sul palcoscenico a due a due. Trevor, quasi inconsciamente, arretrò di un paio di passi, quasi non volesse stargli troppo vicino.
-Che intendi dire?- domandò il ragazzo senza guardarlo negli occhi.
-Non fare finta di non capire- disse Kurt cercando di mantenere un tono rilassato.-L'hai saputo fin dalla prima volta che ci siamo visti, ma per qualche motivo non hai voluto rivelarmelo. Fin da allora sapevi perfettamente che questo è il mondo che tu stesso avevi creato scrivendo una storia, e che sei il mio Autore. Perché non me lo hai detto?
Trevor fece spallucce. -Quella volta, quando ti ho incontrato nelle cucine, dopo un po' mi sono reso conto che non avevi la più pallida idea di essere quello che sei e non mi andava di sconvolgerti.
Kurt sbuffò. Tutti con questa storia di non rivelargli le cose per non sconvolgerlo! Anche Blaine aveva fatto lo stesso. E che cosa ottenevano come risultato? Alla fine Kurt scopriva tutto lo stesso ma perdeva un sacco di tempo prezioso nell'impresa.
-Mi avevi anche fatto capire di sapere come mai le persone sono ferme-disse Kurt, con un tono che sapeva di domanda.
Trevor sospirò sconsolato, evidentemente non gli piaceva quella conversazione.
Fu in quel momento che Kurt lo vide.
Spuntava appena dal polsino della camicia: un sottile braccialetto di cuoio intrecciato. Se fosse riuscito a sfilarlo dal braccio del ragazzino avrebbe potuto fungere alla perfezione da gancio per il balzo Intradimensionale!
Kurt fece un timido passo avanti. -Coraggio, raccontami come stanno le cose. Non ne sarò sconvolto, lo giuro.
Trevor, arrendendosi, si schiarì la voce. -Quando l'anno scorso Mitch e i suoi amici hanno iniziato a rendere la mia vita un inferno una mia compagna di scuola mi ha suggerito di provare a scrivere qualcosa. Lei è una di quelle che pensano che la scrittura sia la terapia ad ogni male. Nel periodo in cui scrivevo poesie e canzoni anche io l'ho pensato. Allora mi sono ispirato ad uno show televisivo, lo stesso di cui ti ho parlato l'altra volta. Uno dei protagonisti nella seconda stagione aveva vissuto una vicenda molto simile alla mia. Ho pensato di scrivere questa fanfiction, l'ho ambientata indietro nel tempo rispetto al telefilm, ai tempi della seconda stagione perché così sarebbe stato credibile che al protagonista, cioè a te, sarebbero accadute le stesse cose che stavano accadendo a me.
-Ecco perché tutte quelle analogie.
-Già. Le buttavo giù mano a mano che mi capitavano, cambiandole un po'. Avevo deciso di essere coraggioso e per incoraggiarmi scrivevo di te, che sei il ragazzo più coraggioso del mondo.
Kurt sorrise imbarazzato, ma fece un altro passo avanti, senza perdere di vista il braccialetto.
-Avevo deciso che Karofsky si sarebbe innamorato di te- rivelò Trevor fissandolo negli occhi e a Kurt quasi venne un colpo.
-Che cosa?- esclamò indignato.
La sola idea gli faceva venire voglia di vomitare.

-Sì- continuò invece Trevor con naturalezza. -Quello era il punto: volevo scrivere una storia dove il tuo bullo si sarebbe accorto di quanto eri coraggioso, di quanta dignità e forza erano nascosti dentro di te. Volevo che Karofsky si innamorasse di te, perché le tue qualità morali lo avrebbero messo di fronte a se stesso. Così ogni sera scrivevo e postavo un piccolo capitolo sul Bay24 ***. Ma poi è accaduto quello che è accaduto, sulla rampa delle scale. Quando Mitch e gli altri mi hanno scritto quella parola in faccia e poi il papà mi ha mandato al Redemption...- a questo punto del racconto la voce di Trevor stava tremando, ma il piccolo continuava a parlare, cercado di non scoppiare a piangere. Dopo alcuni istanti di smarrimento, si riprese: - Mentre ero lì, e poi quando sono tornato a casa, mi sono reso conto di una cosa fondamentale.
-Quale?- chiese Kurt, con un filo di voce.
-Che anche se Karofsky si fosse innamorato di te, tu non avresti mai e poi mai potuto innamorarti di lui. Quando si subiscono certe cose, quando qualcuno ti fa sentire così sbagliato da pensare di non essere degno di stare al mondo, forse si può riuscire a perdonare, ma ad amare no, mai.
Kurt a questo punto aveva intuito la risposta alla sua domanda, ma non potè impedirsi di porla: -E poi che cosa è successo?
Trevor si strinse nelle spalle. -Niente, ho semplicemente smesso di scrivere. La storia si è fermata al punto in cui tu stavi per ribellarti al divieto di sedere sulla gradinata. Perché non volevo che ti accadesse quello che era capitato a me e perché, sinceramente, non ci credevo più ad una storia d'amore tra te e il tuo bullo.
Grazie a Dio, pensò Kurt con un sospiro di sollievo.
-E tra qualche ora sarà tutto finito - continuò Trevor come niente fosse. -Non voglio che quando me ne sarò andato la gente metta il naso nelle mie cose in internet e fraintenda tutto. Se leggessero la storia penserebbero che io l'abbia scritta perché avevo una cotta per Mitch, ma non è così. Le mie intenzioni erano completamente diverse. Io volevo una storia d'amore tra te e Karofsky per dimostrare che il valore sconfigge l'ignoranza. Ma non ci sono riuscito e non mi va che gli altri si credano chissà che. Perciò ho impostato il timer del Bay24 per cancellare il file alle 15.30 che dovrebbe essere, più o meno, la stessa ora in cui le pillole faranno effetto. Moriremo insieme, Kurt.
-No- gridò Kurt cercando di avvicinarsi, ma Trevor arretrava ogni volta che lui tentava di farsi avanti. -Tevor, ti prego, non farlo. Sei così giovane, hai tutta la vita davanti, non fare questa sciocchezza.
Ma Trevor gli rispose con una risata sarcastica: -Dici così solo perché vuoi salvare la pelle. A te non importa un fico secco di me. E sai che ti dico, fai bene perché alla fine l'ho capito sai? Io sono un mostro, un essere ripugnante. Avevano ragione quelli del Redemption, io non merito di essere amato, io non merito neanche di esistere.
-Non devi dargli retta. Quelli del Redemption sono solo dei fanatici.

Trevor a quelle parole si infastidì:- E tu cosa ne sai Kurt?- sibilò. -Ma chi ti credi di essere tu per dirmi quello che devo o non devo fare!? Io sono il tuo Autore mentre tu non esisti. Sei solo un sogno, un parto della mia fantasia.
Ah! Certo. Trevor era convinto di sognare. Non si rendeva conto che era tutto vero perché lui non sapeva nulla della luce azzurra e delle dimensioni parallele. Non sapeva che quando aveva iniziato a scrivere aveva creato un mondoalternativo reale, con persone reali e sentimenti reali. Lui era tuttora convinto che si trattasse di un frutto della sua immaginazione.
-Non è così- disse Kurt, avanzando di un passo. - Io esisto eccome. Ti troverò Trevor, e ti impedirò di ucciderti.
Le loro braccia adesso erano abbastanza vicine, un altro passo ancora e forse sarebbe riuscito ad allungare la mano quel tanto da raggiungere il braccialetto.
Doveva continuare a parlare e a farlo parlare, a tutti i costi. -Io esisto sul serio e ti ho quasi trovato. Quando hai inventato quella storia, hai creato un universo vero. Anche se tutto è partito da te, adesso io sono sono vivo ed esisto al di fuori della tua mente. Ti troverò e te lo dimostrerò.
-Sì- assentì con aria di sfida il ragazzino. -Voglio proprio vederti domani, a fare irruzione nel mio appartamento per salvarmi la vita.
-Dammi l'indirizzo e ci sarò- rispose Kurt con decisione.
Trevor sembrava sul punto di scoppiare a ridere, ma senza allegria. Nei suoi occhi c'era quasi una luce cattiva: -Ti aspetto domani allora, al palazzo Lilium. Ma non tardare, potresti non trovarmi più dopo le 15.30. Sono curioso di vedere che ti intrufoli attraverso la sorveglianza del portiere e mi convinci che vale la pena vivere.
-Ti assicuro che è quello che farò. Sei così giovane, ci sono mille cose meravigliose che la vita ha ancora in serbo per te.
-Non voglio vederle. Te l'ho detto, io sono un mostro e non mi interessa quello che potrebbe avvenire.
-Non parlare in questo modo.
-Io dico quello che mi pare e tu non hai nessun diritto di rispondermi! Tu non esisti. Sai che cosa sei tu Kurt per me e per i ragazzi come me? Sei una bambola. Non molto diverso da una Barbie in effetti. Ci sono Barbie Infermiera, Barbie Esploratrice, Barbie Attrice e tu sei soltanto una versione più sofisticata dello stesso giocattolo. Chi scrive, come me, ti prende e ti fa vestire i panni che preferisce: Kurt Bullizzato, Kurt Cantante, Kurt Stilista. Ma alla fine è tutto un gioco, uno stupido gioco. Tu non esisti Kurt, e non mi convincerai del contrario, non mi convincerai che le tue parole meritano di essere ascoltate.Tu sei solo una bambola. Una. Bambola.

La mano di Kurt intanto si stava allungando lentamente verso il braccio di Trevor, dando l'idea di volerlo confortare ma in realtà diretta al piccolo laccetto di cuoio. Stava per arrivarci, mancava davvero poco e quel braccialetto sarebbe stato suo.
-Non mi intimorisci, Trevor. Io e Blaine abbiamo viaggiato attraverso decine e decine di mondi per raggiungerti. Ormai siamo vicini, ti raggiungeremo e ti faremo cambiare idea.
C'era quasi, davvero.
Ma qualcosa lo bloccò, con la mano a mezz'aria.
Era la faccia di Trevor.
Sembrava... esterrefatto.
-Come hai detto scusa?- chiese il ragazzino, confuso.
-Ho detto che io e Blaine ti troveremo- ripetè Kurt, sentendo uno strano brivido spiacevole corrergli lungo la schiena.
All'improvviso il braccialetto non fu più così importante.
Trevor scosse la testa. -Tu e Blaine... Blaine Anderson?- domandò quasi avesse bisogno di un'ulteriore conferma, come se esistessero centinaia di Blaine e non sapesse di quale stavano parlando nello specifico.
-Certo- rispose Kurt, con la gola improvviasamente secca.
Non gli piaceva per niente il tono che stava prendendo questa conversazione. -Ma perché fai quella faccia?
-Quello che mi dici non ha alcun senso.
-Perché?
Trevor lo fissò per un istante che parve infinito, prima di emettere quella che a Kurt suonò come una bestemmia: -Non c'è nessun Blaine Anderson nella storia che ho inventato io.

****

Note di Oldlady:

Eccoci qua, ragazze. Il cerchio si stringe e nel prossimo episodio Blaine dovrà fare i conti con le sue bugie e le sue omissioni. Chi è in realtà questo ragazzo che ha accompagnato il nostro viaggio?

E il dono di Kurt Elfo, a questo punto, a cosa potrà mai servire?

Vi ricordo ancora una volta quello che vi dissi ripetutamente nei primi capitoli della storia: c'erano stati, in quelle pagine, due oggetti che si erano comportati in modo anomalo. Nel prossimo episodio ne scopriremo uno. Nel successivo l'altro. Poi un epilogo.

* (cit.) Non sono riuscita ad impedirmelo. Dovevo citare a tutti i costi questa frase, l'ho fatto e c'ho goduto!

*** Mi sono presa la libertà di immaginare che anche nel nostro mondo esista il Bay24 una piattaforma per le fanfiction affidabile, all'avanguardia, che funziona sempre.

Mi rendo conto che il giochino dell'Indovina la Fanfiction è terminato la settimana scorsa, in ogni caso, se possibile, mi farebbe davvero piacere avere lo stesso una vostra opinione su questo capitolo che è stato, per tanti motivi, il più difficile da scrivere finora.

Quella di questo episodio non conta per la gara ovviamente, mi rifiuto di credere che non l'abbiate letta straletta e non c'abbiate pianto sopra tante lacrime XD. BTW anche la scena di Blaine che torna alla coscienza dopo aver sentito Kurt dire
ti amo l'ho scritta per renderle omaggio visto che è una delle mie scene preferite in quella storia.

Comunque ripeto: non esitate a contattarmi per dubbi, incertezze o rebus che questa storia ingarbugliata possa aver scuscitato.
A questo scopo ho addirittura aperto una pagina autrice su faccialibro:

http://www.facebook.com/oldlady.onbooks

A dire il vero l'ho aperta per porchettare con Disney City Girl e spedirmi da sola i biglietti del metrò, ma la mia alfa e guru Bay24 mi ha spiegato che si può anche usare per parlare delle nostre fanfiction e di Glee, quindi sappiate che c'è. Al limite va bene anche se non volete parlare di Glee ma avete bisogno di porchettare con City Girl pure voi. Non rifiuterò un biglietto del metrò a nessuno!

A presto!


p.s. All'editor html di EFP non piace il Times New Roman! Chiedo scusa per il cambio di font :-(

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Capitolo 18
*** La storia di Blaine ***


-Quello che mi dici non ha alcun senso.
-Perché?
Trevor lo fissò per un istante che parve infinito, prima di emettere quella che a Kurt suonò come una bestemmia: -Non c'è nessun Blaine Anderson nella storia che ho inventato io.


Capitolo 18

La storia di Blaine



Il dolce chiarore dell'aurora carezzò la pelle di Blaine che, leggermente infreddolito, allungò un braccio tastando il prato sotto le dita. Avvertiva, nel dormiveglia, la mancanza di qualcosa ma non riusciva a mettere a fuoco cosa, ancora troppo stordito dal sonno profondo che lo aveva accompagnato nella notte.
Si era addormentato nudo, sulla stuoia che aveva usato per fare il Cammino dell'Anima, ma fino a quel momento non aveva sentito freddo perché accanto a lui c'era stato un dolce tepore, un tepore che ora gli mancava.
Kurt! pensò nel dormiveglia, mentre un sorriso radioso spiegava le ali sul suo viso.
Lui e Kurt si erano ritrovati, contro qualsiasi legge dell'universo.
Erano di nuovo insieme, fianco a fianco.
Kurt gli aveva detto che lo amava, e solo a ripensarci Blaine pensò che il cuore potesse rimbalzargli fuori dal petto.
E poi avevano fatto l'amore!
Senza aprire gli occhi, Blaine ripercorse con la mente le immagini dei loro corpi intrecciati e delle loro bocche che si cercavano assetate. Nelle orecchie gli pareva di sentire ancora i gemiti e le frasi audaci che avevano sospirato l'uno sulla pelle dell'altro. Ancora avvertiva il profumo e il sapore del corpo che poche ore prima aveva venerato in tutti i modi possibili.
In una parola, era stata l'esperienza più bella, profonda e appassionata di tutta la sua vita. Era come se fino ad allora Blaine fosse esistito, avesse respirato e portato in giro per il mondo il suo corpo solo allo scopo di arrivare a quel punto, a quel momento.

Continuando a cercare con la mano pensò, sempre ad occhi chiusi, che si sentiva profondamente identificato dall'atto che aveva appena compiuto: se qualcuno gli avesse chiesto di definire se stesso, se gli avessero chiesto tu chi sei? Blaine avrebbe risposto senza esitazioni: io sono il ragazzo che ama Kurt e che ha fatto l'amore con lui.

Sì, ma dov'era Kurt?
si chiese aprendo definitivamente gli occhi, confuso.
La mancanza che sentiva, quella sensazione strana che lo aveva svegliato, era dovuta proprio all'assenza di Kurt accanto a sé.

Blaine si tirò su, ancora un po' assonnato. -Kurt?- chiamò guardandosi attorno e quasi sobbalzò quando i suoi occhi incrociarono uno sguardo azzurro freddo come un cielo di novembre.

Kurt era in piedi, a pochi passi da lui, completamente vestito, che lo fissava in modo strano.
Blaine non indossava nulla in quel momento e anche se poche ore prima avevano fatto l'amore senza riserve adesso l'espressione sul viso di Kurt lo fece sentire in qualche modo nudo, nudo davvero, nudo come non si era sentito nemmeno mentre le mani e la bocca dell'altro gli avevano fatto di tutto.
-Ehi- mormorò debolmente, tirando le ginocchia al petto.
C'era qualcosa di strano nell'aria, qualcosa di angoscioso.
Kurt fece mezzo passo avanti senza rispondere, continuando a fissare Blaine dall'alto.
-Il tuo orologio- si limitò a dire.



Blaine girò il polso per controllare l'orologio, istintivamente, e quasi sobbalzò nel veder la data che segnava.
15 ottobre 2012!
Era l'alba del loro ultimo giorno, e lui stava sprecando minuti preziosi a fantasticare e poltrire su una stuoia invece che dandosi da fare per bloccare Trevor. Nessuna meraviglia che Kurt sembrasse fuori di sè, pensò Blaine facendo per alzarsi ma si bloccò di nuovo ad un gesto deciso dell'altro, che puntò il suo dito indice deciso verso di lui.
Kurt sembrava una sfinge, irraggiungibile e implacabile.
Non aveva mai avuto quell'espressione in viso prima e Blaine se ne sentì talmente atterrito che tutto ciò che riuscì a fare fu rimettersi seduto.

- Ce l'ho avuto sotto gli occhi per tutto questo tempo- continuò a dire Kurt, con voce atona - e non me ne sono mai accorto. Sono stato un perfetto imbecille.

Il ragazzo prese a camminare girando attorno a Blaine che, ogni minuto che passava, sentiva sempre più freddo nonostante il sole stesse salendo in fretta all'orizzonte.

-Ogni volta che abbiamo cambiato dimensione, siamo finiti in mondi dove il tempo e le date erano le più disparate- continuò a spiegare Kurt. -Era dicembre quando siamo stati nel mondo di Kurt e Blaine Newyorkesi, mentre era quasi primavera nella dimensione di Kurt Pasticcere. Abbiamo incontrato Sebastian Smythe per la prima volta in estate e Dio solo sa in che periodo dell'anno ci troviamo qui, se anche gli elfi chiamano i mesi e le stagioni con i nostri stessi nomi. Eppure...

Kurt si sporse per strappare un rametto da un cespuglio. Dopo un attimo che a Blaine parve infinito Kurt continuò il suo ragionamento: - ... eppure nonostante tutti i salti temporali che abbiamo fatto, il tuo orologio ha continuato a marcare il suo tempo tranquillamente, infischiandosene del dove e del quando andavamo a finire con i nostri salti. Lui ha continuato sempre a scandire l'ottobre 2012.

Kurt si voltò a fissare Blaine negli occhi, lo sguardo più tagliente di una spada. -Il tuo orologio ha continuato a segnare il SUO tempo, dissociandosi dal posto e dall'epoca che noi stavamo visitando.

Blaine sospirò, cercando di trattenere le lacrime che premevano per uscire suo malgrado.
Kurt aveva capito tutto, era lampante, e lui non riusciva a dire o a fare nulla in merito. Era il peggiore di tutti gli incubi che si era materializzato inesorabilmente nel momento in cui lui aveva abbassato la guardia ed ora se ne rimaneva seduto e nudo come un verme, ad ascoltare le parole che demolivano senza pietà tutto quello che aveva costruito con fatica e dedizione e che era durato poche ore meravigliose.

-L' orologio ha segnato, e continua a segnare, il tempo del suo mondo di origine. Un mondo in cui, in questo momento, è il 15 ottobre 2012. Ma sai una cosa Blaine? Nel MIO mondo di origine, non siamo in ottobre, e tanto meno siamo nel 2012. Il MIO mondo di origine è fermo al 29 settembre 2010, perché Trevor ha ambientato la sua storia in quel periodo e poi, un brutto giorno, ha smesso di scrivere cristallizzando per sempre in quel momento tutta la mia esistenza e quella degli altri personaggi
.
Kurt rimase in silenzio, gli occhi colmi di amarezza e Blaine non lo resse più. Non riuscì a reggere ancora quello sguardo duro quindi si nascose il viso tra le mani, sconfitto.

- Il tuo orologio ha continuato a scandire il suo tempo anche quando si trovava nel McKinley pietrificato, fregandosene bellamente del fatto che lì invece fossimo nel settembre 2010; se ne è potuto fregare semplicemente perché NEANCHE QUELLO ERA IL SUO MONDO D'ORIGINE! Proprio come tutti gli altri.

Kurt adesso ansimava. La maschera di freddezza che aveva indossato finora si era leggermente incrinata lasciando intravedere per un istante cosa si nascondesse sotto la sua facciata: sbigottimento, delusione, dolore. -Ho ragione?- domnandò Kurt.

Blaine non rispose, ma si limitò a seppellire ancora di più il viso tra le mani.

-Ho ragione, Blaine?- ripetè Kurt con un tono autoritario nuovo nella sua voce.

Stavolta Blaine annuì.
Non aveva più energie per inventare nuove bugie, stavolta non ce l'avrebbe fatta più a mentire o ad omettere. Se lo sentiva nelle ossa: era arrivato il momento della verità.

-Chi cazzo sei, Blaine?- domandò Kurt, col disprezzo chiaramente incastonato nel tono di voce.

Quando poco prima Blaine aveva fantasticato di rispondere a questa stessa domanda, non si era immaginato che gli sarebbe stata posta così presto. Non da Kurt. E non con quel tono.
Ma anche così, anche nel momento di disperazione assoluta, mentre Blaine sapeva di aver perso tutto, la risposta alla domanda era sempre la stessa.
L'unica che avesse mai avuto.
E che, togliendosi le mani dal viso, scandì guardando l'altro negli occhi e sforzandosi di non far tremare la voce di pianto: -Io sono il ragazzo che ti ama, Kurt, e che ha fatto l'amore con te.

-STRONZATE!!- gridò Kurt, gettando a terra il rametto e puntando di nuovo il dito contro Blaine: -Non osare definire amore quello che c'è stato tra noi stanotte. Fare l'amore significa darsi completamente ad un altro, senza riserve e senza paura! Tu invece non hai fatto altro che mentire ed imbrogliare, fin dal primo istante che mi hai parlato. Mi hai usato!

-No- gridò Blaine indignato. -Mai, mai potrei usarti Kurt. Preferirei morire. Non è così che stanno le cose, te lo giuro. Avrei voluto dirti tutto mille volte la verità ma avevo paura. Ma devi credermi se ti dico che in una circostanza normale ti avrei detto tutto prima di fare l'amore, ma ieri sera... è... è ... è accaduto, e la gioia di averti ritrovato è stata così improvvisa, e inaspettata, che io non mi sono reso conto, non ho realizzato...

-Smetti di blaterare! Che cosa non hai realizzato?
Che vieni da un universo diverso dal mio?

Blaine inspirò profondamente tornando a coprirsi il viso con le mani. Sapeva che si trattava di una reazione infantile, ma non riusciva a far altro.
Kurt inspirò profondamente, gettando la testa indietro e sforzandosi con tutta la volontà che gli era rimasta di non lasciare sfuggire le lacrime che pizzicavano agli angoli degli occhi.

-Sarebbe così facile adesso scappare via con una uscita di scena plateale, da regina del dramma, sai?- mormorò sarcastico. -Ma non posso farlo. Prima di tutto non credo più a queste pagliacciate, dopo tutto quello che abbiamo passato. E poi ci sono rimaste solo nove ore prima che Trevor la faccia finita. Non abbiamo tempo per i grandi gesti.

-Nove ore?- chiese Blaine, tornando a guardare l'orologio inconsciamente.

-Sì, me lo ha detto in sogno- rispose Kurt quietamente. -Ma anche se non voglio abbandonarmi alle esternazioni da drama queen, io non farò niente finché tu non mi dirai la verità, una volta per tutte.

Blaine si massaggiò le tempie, sconfitto. Ormai sapeva cosa doveva fare, lo sapeva dal momento che aveva capito di essere stato smascherato. Continuare a dibattersi e fuggire avrebbe solo fatto perdere altro tempo prezioso, e basta. Doveva solo arrendersi e raccontare tutta la verità, avrebbe dovuto raccontarla già da tempo. Mentre erano a letto insieme nel mondo di Blaine Avvocato, ad esempio. Quello sarebbe stato un momento perfetto. Oppure tra i comodi divani della Dalton Miliardaria. Ovunque e comunque, piuttosto che così all'ultimo minuto e con tutta quella disperazione. Ma non si poteva tornare indietro nel tempo per cancellare i propri errori. Si poteva solo cercare di porvi rimedio con tutta l'onestà possibile.

-Fammi rivestire un minuto- sospirò amareggiato -e poi ti racconterò tutto.



La Storia di Blaine



Sono sempre stato un ragazzino piuttosto timido e taciturno.
Io ero sempre quello sullo sfondo delle foto di famiglia, quello che non trovava il coraggio di chiedere agli altri bambini di giocare insieme a pallone, quello che preferiva leggere un libro piuttosto che stare in mezzo alla confusione. La folla mi spaventava e tutto quello che desideravo era l'intimità della mia casa e l'affetto dei miei genitori.
Mio padre non era contento del mio carattere, diceva sempre: -Blaine, tira fuori la grinta o nella vita tutti ti metteranno i piedi in testa.
Mia madre si limitava ad annuire a tutto ciò che diceva mio padre, quindi mi faceva una carezza e aggiungeva: -Forza Blainey, puoi fare meglio di così.

Negli anni ho fatto di tutto per soddisfarli: mi sono messo a praticare la boxe perché piaceva a mio padre, ho rinunciato al club dei supereroi perché la mamma diceva che era un'idiozia. Ho giocato a football e a baseball, odiandoli entrambi, solo perché i miei genitori venivano a vedere tutte le partite con un sorriso grande come la luna.
Se fosse dipeso da me, avrei passato le giornate a leggere e a studiare musica, ma mi sforzavo di fare tutte quelle altre cose solo perché così un giorno papà mi avrebbe abbracciato e avrebbe detto: -Bravo Blaine. Sono così orgolglioso di te.


Il mio coming out è stato disastroso.
A scuola c'era questo ballo, il Sadie Hawkins. Avevo confidato ai miei genitori che ci sarei andato con una ragazza che mi aveva invitato. Lo avevo detto più che altro per far contento mio padre, che continuava anche allora a rimproverarmi perché ero troppo timido.
Quando inventai che Susan Lukford mi aveva chiesto di andare con lei, papà battè le mani euforico ed esclamò: -Bravo il mio ragazzo! Finalmente cominci a farti notare eh?! Com'è questa pollastrella, carina? Vi serve un passaggio?
Io mi affrettai ad assicurare che io e Susan ci eravamo già messi d'accordo per incontrarci a scuola e che ci avrebbe accompagnato a casa il padre di lei, perché era un Sadie e quindi era consuetudine che fosse la ragazza a riaccompagnare a casa il ragazzo. Papà ci credette e non fece altre storie e io tirai un enorme sospiro di sollievo.
Non esisteva nessuna Susan Lukford.
In compenso esisteva un Samuel Lukford, un mio amico anch'esso gay, con cui ero d'accordo di andare al ballo. Non volevamo dare nell'occhio o fare chissà che. Avevamo solo deciso di passare la serata insieme a chiacchierare, bere punch e spettegolare sui gossip della scuola. Non ci siamo presi la mano, non abbiamo ballato insieme, non abbiamo fatto nulla altro che starcene l'uno accanto all'altro, in fondo alla palestra, a chiacchierare. Ma tanto è bastato per infastidire i bulli della nostra scuola che ci hanno aspettato fuori dal parcheggio e ci hanno picchiato a sangue.

Qualche ora dopo, all'ospedale, mia mamma piangeva e mi teneva la mano.
Singhiozzava e ripeteva in continuazione: -Perché Blainey, perché ti hanno fatto una cosa del genere?
Papà si limitava a guardarmi con un espressione indecifrabile. Sapevo che si stava domandando perché nella brandina accanto alla mia non c'era ricoverata nessuna Susan.
Io non rispondevo, ma dal letto vicino al mio la mamma di Samuel, che era messo anche peggio di me, esclamò arrabbiata: -Denunceremo quei maledetti omofobi!

Allora papà ha capito.
Ha guardato Samuel e poi ha guardato me. Mi ha fissato a lungo, con uno sguardo annientato. Poi è uscito lentamente dalla stanza.
Quella è stata l'ultima volta che mi ha guardato.

Dopo un mese ero alla Dalton, studente interno. Mia mamma qualche volta telefonava per sapere come stavo, e mi riferiva che anche papà mi "mandava un saluto". Nel giro di qualche settimana le telefonate si sono diradate e alla fine non hanno chiamato più.
Loro erano tutto per me.
Avevo passato tutta la vita sforzandomi di compiacerli, di essere degno del loro amore, di fare le cose che li avrebbero resi fieri di me, e avevo fallito miseramente.

I primi mesi alla Dalton sono stati orribili.
Ero solo, spaventato e mi chiusi a riccio. Rifiutai di fare amicizia con i pochi ragazzi che cercavano di essere gentili con me e per il resto devo dire che l'ambiente non mi piaceva affatto. Era una scuola stupida e piena di preconcetti. Sì, è vero: applicavano la politica di tolleranza zero contro i bulli, ma era solo una bella facciata per nascondere il solito ambiente gretto e chiuso.
Anche lì, come in ogni altro posto, trovai le consuete guerre per la popolarità e il potere, tutte stronzate di cui non volevo sapere niente.

Nella mia Dalton il potere era in mano alla squadra di lacrosse. Solo loro contavano e facevano il bello e il cattivo tempo. Anzi, mi correggo: solo il capitano della squadra di lacrosse faceva il bello e il cattivo tempo.

Sebastian Smythe era una specie di dio in terra, e non sono mai riuscito a capire il perché.
Era un ragazzo bellissimo, è vero. Pieno di carisma e potere. Ma era anche un viziato prepotente, abituato a prendere tutto quello che voleva con uno scoccare di dita, senza il minimo rispetto per i sentimenti altrui. Probabilmente sarebbe stato proprio il genere di figlio che sarebbe piaciuto a papà, omosessualità a parte.
Non so per quale motivo ad un certo punto Smythe si mise in testa che voleva me, però la cosa mi sembrò buffa e divertente: il ragazzo più popolare della scuola che voleva il ragazzo che perfino i suoi genitori avevano rifiutato. Non era ironico?
Mi prese facilmente.
Non fece il minimo sforzo, gli consegnai la chiave della mia stanza prima ancora che me la chiedesse. In quel momento la considerai la mia più grande vittoria.
Per i primi tempi mi piacque un casino essere l'amante di Sebastian. Mi lusingava.
Lui, il ragazzo più popolare della scuola, che seguiva con lo sguardo ogni mio spostamento, ogni mia mossa. Che mi bisbigliava frasi sporche e mi iniziava a cose che io, fino a quel giorno, non credevo nemmeno che esistessero.
Cercava me, il ragazzo che era sempre stato sullo sfondo.
Ho accettato tutto e mi sono fatto fare di tutto da lui. Per mesi e mesi sono stato il suo giocattolo. E, ripeto, mi è piaciuto. Mi è piaciuto tanto.

Poi però un giorno mi sono reso conto che stavo vivendo sempre lo stesso teatrino, sempre lo stesso gioco di quando ero bambino e cercavo l'approvazione dei miei genitori ad ogni costo. Era solo cambiato l'interprete.
La mia bolla di sapone è scoppiata quando i Warblers mi hanno chiesto di unirmi a loro. Uno dei ragazzi mi aveva sentito cantare per sbaglio negli spogliatoi della palestra e mi aveva chiesto di entrare nel coro e sulle prime l'idea non mi dispiacque affatto.

Come ho già detto nella mia scuola tutto il potere era nelle mani della squadra di lacrosse e i Warblers erano visti come dei manichini ingessati, perdenti senza speranza.
A me non importava: amavo cantare, amavo la musica e avrei adorato entrare a far parte di quel gruppo.

Quando dissi a Sebastian che stavo pensando di accettare lui andò su tutte le furie e perse la testa. Mi gridò addosso che dovevo essere impazzito e che non poteva permettere che il suo amante si mettesse a cantare a cappella, perché tutti avrebbero pensato che lui se la faceva con uno sfigato. Disse chiaramente che mi aveva fatto un grande onore quando mi aveva scelto come suo trastullo, e che se io avevo intenzione di mettermi in ridicolo lui mi avrebbe mollato.

Quella notte andò a scoparsi il mio vicino di stanza, tanto per rendere chiaro il concetto.
Non so cosa gli fece, ma doveva trattarsi di qualcosa di molto plateale per quanto furono rumorosi: i loro gemiti si sentirono per tutto il corridoio e quel povero ragazzo camminò storto per tutta la settimana. Sebastian l'aveva fatto per punirmi e per farmi capire chiaramente che lui faceva quello che gli pareva, con o senza di me.

Tornai nei ranghi ovviamente.
Rifiutai l'offerta dei Warblers e Sebastian mi riprese nel suo letto ma ormai l'incantesimo era spezzato. Cominciai a non sentirmi più soddisfatto di quella vita. Sebastian faceva quello che voleva con me, scopava in giro con chi più gli aggradava e poi, quando i suoi nuovi giocattoli gli venivano a noia, tornava nel mio letto come se niente fosse. Io non sapevo dirgli di no, primo perché non nego che il sesso con lui mi piacesse. Anzi di più, il sesso con Sebastian era fenomenale. E poi anche se era un ipocrita egoista senza scrupoli, lui era tutto ciò che avevo, era l'unica persona che in qualche modo facesse parte della mia vita.

Questo almeno fino a quando non è arrivata Isabelle.
Lei era l'insegnante di francese della Dalton. Era un tipo molto particolare, sempre distante, sempre inarrivabile. Faceva soggezione a tutti.
Spesso mi sembrava di avere i suoi occhi puntati addosso più del dovuto, anche quando non ero a lezione o non stavo facendo nulla che avesse a che fare con le sue classi. Lei era distante e mi osservava. Non diceva niente ma io sentivo che mi giudicava. E anche se gli insegnanti non si sono mai immischiati nelle beghe private degli studenti io sentivo che lei sapeva delle cose che mi lasciavo fare da Sebastian.
Di come gli permettevo di umiliarmi, di come tacevo pur sapendo benissimo di essere solo uno dei tanti, perfettamente sostituibile. Di come stavo insieme ad una puttana che riusciva a far sentire puttana anche me.
Isabelle sapeva tutte queste cose, mi fissava e mi giudicava in silenzio.
Ad un certo punto non lo sopportai più e decisi di fronteggiarla, forse nel momento di massimo coraggio della mia vita fino ad allora.

-Professoressa Morel, ha qualche problema nei miei confronti? -chiesi un giorno alla fine delle lezioni, mentre lei era rimasta in cattedra a scrivere qualcosa sul registro.

Si sistemò gli occhiali e prima di rispondere, piuttosto altezzosa: -Perché pensi che abbia qualche problema con te, Anderson?

-Io.. ecco... ho notato che lei mi fissa spesso, anche quando non dovrebbe farlo- soffiai fuori quella frase arrossendo fin alla radice dei capelli e mi chiesi dove avessi trovato l'ardire di parlare in quel modo ad un insegnante.

Isabelle mi fissò per un attimo esterrefatta e poi scoppiò a ridere.
-Certo Anderson, per essere lo stesso ragazzo che ieri sera si è lasciato ammanettare alla testata del letto da quel porco di Smythe, sei piuttosto castigato in questo momento. Non riesci a mettermi con le spalle al muro con qualcosa di più incisivo? Sì, ti ho fissato spesso, e allora?

Sgranai gli occhi per la sorpresa.
La professoressa di francese era sempre stata una donna sopra le righe, anche se stavolta più del solito, eppure quello che mi scioccò non furono i suoi modi. Come diavolo faceva a sapere i dettagli della mia serata con Sebastian?
-Ma professoressa, lei come ...

-So molte cose, Puffo Trastullino! Ma non ti mettere strane idee in testa, non ti sto stalkerando perché mi ti voglio fare, sia ben chiaro.

Se da un lato la cosa mi sollevò (l'idea della professoressa Morel interessata a me sessualmente aveva un che di inquietante) dall'altro mi agitò. Cosa diavolo voleva da me quella donna?
Lo sbigottimento doveva essere stampato sulla mia faccia con colori fosforescenti perchè Isabelle sbuffò e si tolse gli occhiali. Mentre si massaggiava i piccoli segni che i perni le avevano lasciato sul naso notai che la sua espressione si era un po' addolcita.

-Ascolta ragazzino- sospirò -io non dovrei rivolgerti la parola e neanche dirti quello che ti sto per dire, perché la prima regola per quelli che fanno il mio lavoro è "non interferire". Però sappi che tu puoi fare meglio di così. Hai molta più forza di quanto pensi.

In quel momento fraintesi completamente il senso del suo discorso.
Pensai che fosse la solita tiritera che avevo già sentito milioni di volte da mio padre e mia madre, sul fatto che potevo impegnarmi di più e realizzare risultati migliori, perciò chiusi il cervello e non seguii neanche una virgola di tutto il rimbrotto che seguì.

In realtà Isabelle non mi stava parlando come un'insegnante che esorta il suo alunno a studiare di più, ma come una Custode che ha visto, in tanti universi che le passano davanti, che il tuo destino potrebbe essere più magnanimo in tanti modi e sa che tu hai ugualmente la forza per ribellarti.

Quel giorno uscii dal suo ufficio sbuffando, senza aver colto neanche una parola di quello che mi aveva detto. Ma lei non ci badò. Le era scattato dentro qualcosa, nei mei confronti. Forse un rigurgito di istinto materno, forse pietà. Io voglio sperare tuttora che fosse un'amichevole simpatia. Comunque stessero le cose, Isabelle mi prese a cuore e iniziò a trascorrere il suo tempo libero insieme a me.

Nessuno alla Dalton pareva accorgersi che la professoressa di francese sedesse così spesso vicino ad un suo alunno a pranzo, o in biblioteca. Adesso sono quasi sicuro che con i suoi poteri lei facesse in modo che passassimo inosservati, ma allora mi preoccupavo un po' che il corpo docenti, o gli altri studenti, potessero fraintendere.

E soprattutto avevo paura che se ne accorgesse Sebastian.
Se avesse anche solo minimamente sospettato che tra me ed Isabelle ci fosse stata una tresca avrebbe fatto l'impossibile per unirsi alla festa. Non avrebbe mai e poi mai creduto che in realtà tra noi non c'era assolutamente nulla di sentimentale.
Passavamo le ore a parlare di musica e di film e, quando non c'era nessuno a portata d'orecchio, io suonavo il pianoforte per lei.
Imparai anche a capire che i suoi modi così sboccati ed aggressivi erano solo una facciata di una personalità molto sensibile. Piano piano mi resi conto che anche lei era sola, e forse aveva avvertito in me la stessa vibrazione.

Per farla breve diventammo amici, davvero molto amici.
Isabelle fu forse la prima vera amica della mia vita e credo che sarei stato quasi felice a quel punto, se avesse smesso di ripetermi che dovevo farmi valere e non potevo permettere che Sebastian continuasse ad usarmi come uno straccio per pulirsi le scarpe.

Un giorno rimasi nella sala comune dei Warblers a fare un pisolino. La scuola era quasi deserta perché c'era una partita di lacrosse e tutti erano andati a fare il tifo. Io avevo litigato con Sebastian quel giorno perché mi aveva chiesto di fare una cosa a tre, insieme ad un ragazzo che aveva incontrato qualche sera prima allo Scandals, e mi ero rifiutato categoricamente.

-Anderson, sei solo un povero idiota inibito e pieno di paure. Lasciati andare ogni tanto, che cazzo!

-Mi lascio andare anche troppo Smythe con te, e finisco quasi sempre col pentirmene.

-Tesoro, non ho intenzione di implorarti. O ti unisci al balletto insieme a me e Robbie, oppure ci troveremo un altro con cui fare la gara di salta la cavallina. Qualcuno di meno frigido e vigliacco.

Io mi innervosii ancora di più e finimmo ai ferri corti e Sebastian mi proibì per ripicca di andare a vedere la partita. Non che avessi alcuna voglia di andarci in ogni caso.

Mentre me ne stavo sdraiato a masticare il mio malumore, sentii un rumore alle mie spalle e mi sollevai per vedere chi fosse l'altro spirito solitario rimasto a scuola. Lo schienale del sofà mi riparava e così potei scorgere, non visto, Isabelle che si avvicinava alla libreria in fondo alla stanza e armeggiava con gli intarsi di legno.
Non riuscii a credere ai miei occhi quando il passaggio si spalancò dietro allo scaffale. Isabelle si girò per accertarsi che nessuno l'avesse vista e io mi aqquattai dietro lo schienale cercando addirittura di trattenere il respiro per non farmi scoprire.
Cosa diavolo stava accadendo?

La libreria si richiuse con un
clic inghiottendo Isabelle dietro di sé. Rimasi nascosto a lungo dietro il divano, chiedendomi se non avessi sognato tutto, ma dopo un quarto d'ora circa avvertii dei rumori provenire da dentro il muro e, dal nulla, Isabelle ricomparve nella stanza, richiuse velocemente l'accesso a qualsiasi cosa fosse nascosta dietro la parete e se ne andò.

Attesi di sentir svanire il ticchettio dei suoi tacchi lungo il corridoio e finalmente sbucai fuori dal mio nascondiglio.

Il buon senso mi diceva di far finta di nulla e dimenticare l'accaduto, perché quelli non erano fatti miei. Ma... non ci riuscivo.
Ero dannatamente curioso di sapere cosa nascondesse Isabelle, ed ero anche terribilmente arrabbiato con Sebastian che non perdeva occasione per insultarmi e scoparmi, spesso anche contemporaneamente.
Gli avrei fatto vedere chi era un vigliacco, pensai, armeggiando alla libreria per capire come si faceva ad aprire quel cavolo di passaggio.
Avevo paura che dietro la libreria avrei trovato qualche strana stanza delle torture e che sarebbe venuto fuori che Isabelle apparteneva ad una setta satanica, ma ero determinato ad andare fino in fondo.

Non fu difficile far scattarre il passaggio e mentre scendevo le scale mi figuravo i peggiori scenari degni di cronaca nera. Cosa poteva esserci lì in fondo? Un magazzino per la droga, un club di scambisti, una cripta piena di cadaveri?

Quando arrivai alla Sala dello Specchio rimasi deluso.
Non capii subito la portata della cosa. Niente di avventuroso, una semplice segreta medievale con dieci lampade azzurre ai lati e un grande specchio in fondo. Roba da archeologi, non da ragazzi in cerca di riscatto.

Mi avvicinai annoiato allo Specchio, notando nel percorso che le lampade nelle teche non sembravano dei normali lampadari, ma parevano di più dei globi di luce liquida. Chissà come riuscivano a realizzare quello strano effetto?

Ah, lo specchio però era molto bello.
Doveva valere un sacco di soldi ed essere molto antico. C'erano qua e là, delle leggerissime intaccature sulla sua superficie, probabilmente dovute allo scorrere dei secoli. Ne sfiorai una con la punta del dito e a quel punto accadde qualcosa di prodigioso: tutta la superficie della parete si illuminò di un lampo abbagliante, svelandomi l'universo che si celava dietro il suo filo.
Un mondo di sfere azzurre sospese che ballavano e fluttuavano in maniera quasi ipnotica si svelò ai miei occhi e ad un tratto una di queste si ingrandì, tanto da occupare tutta la visuale e restituire un'immagine precisa.

La parete ora sembrava un grande poster che mi mostrava una bella mattinata autunnale in un qualsiasi liceo. Tutti gli studenti erano fermi, sui tavoli all'aperto, proprio come se si trattasse di una fotografia, intenti a compiere le loro azioni ordinarie. Tutti tranne uno.
C'era un ragazzo solitario, fermo in piedi di fronte alle gradinate, che fissava gli scalini con un espressione determinata ma triste.

Io rimasi a bocca aperta a guardarlo.
Era il ragazzo più bello che avessi mai visto in tutta la mia vita: la sua pelle, i suoi capelli, il suo corpo, tutto insomma era perfetto.Sembrava uscito fuori da un sogno, solo che io non avevo mai neanche osato fare sogni così belli. E poi i suoi occhi. I suoi occhi erano qualcosa di indescrivibile: freddi come il ghiaccio ma capaci di accendere un incendio nel mio petto anche se non stavano fissando nella mia direzione. Guardavano il vuoto, spenti e pietrificati, ma anche così erano la cosa più viva con cui avessi mai avuto a che fare.

-COSA CAZZO CI FAI TU QUI??-gridò Isabelle alle mie spalle, strattonandomi indietro.

-Io... io... - annaspai -cos'è questo posto? E chi è lui?

Isabelle guardò il ragazzo che gli stavo indicando e spalancò gli occhi per l'orrore: -Tu lui non devi neanche guardarlo! Esci subito di qui. Non ti rendi conto delle conseguenze!

Mi trascinò con lei di sopra e per la settimana successiva non faci altro che litigare.
Con Sebastian, che mi rivoleva nel suo letto pur portando avanti contemporaneamente la sua tresca con quel tale dello Scandals. Alla fine cedetti e gliela diedi vinta.

Con Isabelle, che insisteva che dovevo dimenticare la stanza segreta e soprattutto il ragazzo misterioso. Non mi arresi e dopo infinite discussioni riuscii a convincerla a svelarmi il segreto dello specchio.

-Alla fine sei come tutti gli altri!- le gridai contro quel giorno. -Nessuno che mi dia fiducia. Né mio padre, né mia madre e neanche tu!

-Hai scordato il tuo amante stronzo nella lista dei cattivi- rispose Isabelle sarcastica.

-Lui almeno mi vuole, a modo suo ma mi vuole...

Credo che fu questa frase a persuaderla. Si portò la faccia tra le mani e sbuffò: -Se tu ti rendessi conto di quanto ti stai buttando via!

E poi mi raccontò dei mondi paralleli e della Sala dello Specchio. Mi spiegò l'esistenza degli infiniti universi e mi rivelò che lei aveva il compito di stare a guardia di quella minuscola sezione dello Spazio Intradimensionale dedicato a me e alle persone a me collegate.
Mi spiegò parecchie delle regole che reggevano gli universi e la luce azzurra, inoltre mi rivelò che le conversazioni che io e lei avevamo in merito erano vietatissime perché rischiavamo di spezzare l'ordine precostituito.

-Se i miei capi mi beccano a fare questi discorsi con te, Anderson, mi sbattono a fare da entrenause in un night club di Marsiglia. Le informazioni che ti sto dando sono top secret e nessun personaggio dovrebbe conoscerle. Lo faccio solo perché mi sono stancata di vederti fare da zerbino a quello Smythe. Dio, se potessi parlare faccia a faccia con l'Autore di questa tua dimensione, gli sputerei in un occhio.

Isabelle non sopportava che io continuassi a far entrare Sebastian nella mia stanza di notte e le nostre discussioni andavano avanti per giorni e giorni.

-Mi fai incazzare quando ti vedo in ginocchio a far da toy boy a quell'inetto- sbottava ogni tanto tra una spiegazione sulla luce azzurra ed un'altra. -Perché ho a che fare per lavoro con le innumerevoli versioni di te stesso, e so che non sei in realtà una persona così remissiva e facilmente plagiabile. Tu puoi diventare un uomo di valore Blaine, se solo credessi in te stesso. Non sei un debole.

-Ah! Falla finita Isabelle- gridavo esasperato. -Sento questa storia da quando sono nato e sai che ti dico? E' una cazzata! Va bene, da qualche parte nel cosmo esistono un paio di dimensioni dove io sono un figo, ma sai che c'è? Non sono io quello, non posso farci niente!

Isabelle sollevava le braccia esasperata: -Come non sei tu? Ma certo che sei tu, sei sempre tu ma un te che ha le palle di credere in se stesso!

-Allora rispondi ad una domanda- dicevo sempre io alla fine delle nostre liti. -Se questi mondi hanno tutti a che fare con me, chi è quel ragazzo che ho visto riflesso nello specchio? Quello con gli occhi azzurri intendo. Quello con la pelle di porcellana. E le labbra rosa. E ...

-Ho capito a chi ti riferisci- tagliava corto lei.-Non c'è bisogno che mi fai un disegnino del cazzo!
Non rispondeva mai, però.

Un giorno la squadra di lacrosse perse una partita importante e Sebastian mi fece una scenata da psicopatico in mensa. Diceva che era colpa mia se avevano perso, perché la notte prima io non ero stato all'altezza delle sue aspettative a letto e così era rimasto col nervosismo per tutta la giornata.
Mi disse delle cose orribili, lì, di fronte a tutta la scuola e io, come sempre non reagii.
Rimasi in silenzio a chiedermi cosa avrebbero fatto tutti quegli altri fantomatici me stessi, quelli che favoleggiava tanto Isabelle. E il ragazzo misterioso, che cosa avrebbe fatto?

Quella notte non riuscii a dormire, Sebastian per fortuna non si presentò ed io mi alzai.

Nel silenzio più assoluto scesi le scale e mi intrufolai nella sala comune dei Warblers. La libreria era sempre lì, apparentemente innocente eppure con un mondo di risposte dietro.
Scesi nella Sala dello Specchio e assistei per la seconda volta al suo miracolo. Mentre le sfere dentro le dieci teche riflettevano strani bagliori sulla mia pelle ammirai lo spettacolo delle vite di numerosi altri me stessi che vivevano mille avventure. Come in una magica sala cinematografica vedevo i miei doppioni affrontare a testa alta le prove più disparate, le esperienze più dure. Assistevo a bocca aperta ai Blaine tanto simili a me reagire alle stesse prove in modo tanto diverso.

E finalmente compresi.
Isabelle non mi aveva detto tutto.

In ognuno dei mondi che sbirciavo, in ognuna delle vite che spiavo, al mio fianco c'era sempre lui. Mi guidava, mi ispirava, mi amava.
Era quello che mi dava la forza.
Era ciò che mi faceva sempre, in ogni situazione, essere un uomo diverso.
Il ragazzo misterioso, quello fermo di fronte alla scalinata.
Kurt Hummel.
Kurt era in ogni dimensione, al mio fianco. Era la mia metà e la mia anima gemella. Quello che mi faceva andare avanti.

Quella notte tornando alla mia stanza compresi finalmente come stavano le cose: ero un debole perché mi trovavo in un momento della mia personale storia in cui Kurt non era ancora arrivato. Ecco perché la mia vita faceva così schifo.
Appena l'avessi incontrato, lì alla Dalton o in futuro al college o in qualsiasi altra circostanza il destino avesse in serbo per noi, tutto si sarebbe sistemato.
Dovevo solo avere pazienza e aspettarlo.
E cercare di essere un uomo migliore intanto che attendevo.

-Come sarebbe che non vuoi più avere a che fare con me?- ghignò Sebastian slacciandosi la camicia.

-Vuol dire che abbiamo chiuso. Esci dalla mia camera e non tornare mai più da me.

Sebastian camminò verso il mio letto con la stessa grazia di un serpente che sta per avvilupparsi attorno alla sua preda. -Avanti piccolo, basta fare il prezioso. Sai perfettamente che io sono l'unico in grado di farti gridare dal piacere.

Nella mia mente balenarono un paio di occhi azzurri, seri e tristi e mi alzai verso la porta. -Fuori- mi limitai a rispondere e quando lui si decise ad uscire, scuotendo la testa incredulo, la chiusi alle sue spalle senza nessun rimpianto.

Adesso Sebastian era diventato mio nemico.
A scuola mi rendeva la vita un inferno. Mi umiliava sempre davanti a tutti, in mille modi, approfittando anche del suo potere come capitano della squadra di lacrosse. Quando poi gli altri non guardavano mi saltava addosso, e cercava di convincermi a tornare con lui, baciandomi, toccandomi e sussurrando in continuazione nel mio orecchio: -Lo sento che mi vuoi ancora. Torna nel mio letto e falla finita.
Sì, io lo desideravo ancora, non lo nego. Ma stavolta era semplice respingerlo. Mi bastava pensare a Kurt.
"Un giorno Kurt arriverà e avrà di fronte un ragazzo con un po' di rispetto per se stesso" dicevo sempre così a me stesso, prima di sbattere la porta in faccia a Sebastian.

Isabelle assisteva al mio cambiamento compiaciuta.
Quasi andò in brodo di giuggiole quando le dissi che avevo deciso di cantare con i Warblers, sempre se questi mi avessero voluto ancora.
-Stai scherzando uccellino bello? Tu sei un usignolo per diritto di nascita tesoro!

Quello che ignorava era che tutte le notti mi intrufolavo nella Sala dello Specchio per assistere al mio spettacolo preferito, lo scorrere delle mie vite alternative insieme a Kurt. Guardare noi stessi fianco a fianco in quelle dimensioni mi dava la forza che non ero riuscito mai a trovare fino a quel giorno, da solo.

E spesso tornavo a guardare il primo mondo che era balenato di fronte ai miei occhi, quello congelato con il ragazzo, Kurt, fermo di fronte alla scalinata.
Quel mondo esercitava su di me una forza irresistibile. Lo Specchio mi aveva permesso di assistere ai fatti antecedenti a quella scena e sapevo cosa stava accadendo.
Kurt stava per sfidare i suoi bulli: sarebbe andato a sedersi sulla gradinata nonostante il divieto di Karofsky, perché esigeva la libertà di essere se stesso a qualunque costo. Vedevo la paura nei suoi occhi pietrificati, eppure sapevo che sarebbe salito lo stesso.
Il coraggio non è non avere paura. Il coraggio è avere paura di far qualcosa ma farla lo stesso perché sappiamo che è giusta.

Quel Kurt pietrificato era l'uomo più coraggioso che avessi mai visto, era tutto ciò che io non avevo saputo essere in vita mia. Né con mio padre, né con i miei bulli, né con Sebastian.

E tutte le notti scendevo nel passaggio segreto della libreria ed andavo a guardarlo.
Era come una droga, non riuscivo a farne a meno. Negli ultimi tempi non guardavo più neanche gli altri mondi. Chiedevo allo Specchio di mostrarmi solo lui.

"Quando il mio Kurt arriverà nella mia vita dovrò dirti addio" dicevo ogni giorno prima di andar via. E quel pensiero mi rattristava, ma non potevo farci niente.
Comunque, finché il mio Kurt non fosse giunto, non c'era niente di male a passare le nottate a guardare il Kurt del mondo pietrificato, e non avevo la minima intenzione di impedirmelo.


-Lo sapevo che prima o poi lo avresti scoperto- sospirò Isabelle una mattina, quando mi trovò addormentato mio malgrado di fronte allo Specchio che mi restituiva, come sempre, il volto bellissimo del Kurt di fronte alla gradinata.

Quella mattina parlammo a lungo io e lei. Beh, più che altro parlai io perché ero così impaziente di dividere con qualcuno i miei pensieri su Kurt che quasi Isabelle non ebbe modo di controbattere. Alla fine le chiesi del mondo pietrificato e lei mi spiegò che era così perché il suo Autore non aveva concluso la storia.

-E' triste, ma può succedere- commentò.

Anche io mi incupii: -Sì, è triste. E non ha potuto ancora incontrare neanche il suo Blaine.

Isabelle fece spallucce: -Beh, da questo punto di vista non si perde niente. Non c'è nessun Blaine nel suo mondo. Lui è destinato a mettersi insieme a Dave Karofsky.
Strabuzzai gli occhi incredulo.
-Cosa? Con quel porco vigliacco che non fa altro che insultarlo? Ma è motruoso!- quasi gridai.

-Che vuoi farci, ogni mondo ha le sue logiche. Però ti do ragione, quello scimmione è orribile. Credo proprio sia una bella fortuna per quel Kurt che la sua storia sia stata abbandonata.

Non ci dormii per giorni.
Il ragazzo che aveva cambiato la mia vita, quello che per primo mi aveva fatto rendere conto della forza che avevo, era destinato a fare da agnello sacrificale al suo bullo. La forza del suo animo, che io ero riuscito a percepire perfino ai confini dell'universo, sarebbe stata gettata come una perla ai porci. Mi veniva da piangere al pensiero e non sapevo se augurarmi che rimanesse pietrificato per sempre o che si risvegliasse.

Tutte le notti tornavo alla Sala, sognando di toccarlo, di parlarci, e mentre accarezzavo sulla superficie dello specchio le sue labbra pregavo in cuor mio che il mio Kurt, quello che da qualche parte in quel momento stava calpestando le strade del mio mondo, non lo scoprisse mai.

Il giorno dell'inaugurazione della nuova ala della biblioteca fu chiesto ai Warblers di cantare durante la cerimonia ufficiale.
Io ero molto emozionato perché era la prima esibizione con me come nuovo leader. Cantammo Rise your glass, ci impegnammo con tutta l'anima e alla fine del pezzo mi sembrò di aver fatto un ottimo lavoro. Il corpo insegnanti applaudì calorosamente ma gli studenti della Dalton rimasero in silenzio. Tutti. Capii subito che erano stati minacciati dalla squadra di lacrosse.
Sebastian si alzò in piedi e gridò: "Anderson fai schifo!" e si misero a tirarci addosso pomodori marci ed immondizia di ogni genere.
Credo che quello sia stato il momento più umiliante della mia vita.

Più tardi, in camera mia, dopo essermi fatto una doccia, stavo piangendo come una fontana quando Isabelle bussò alla porta: -Anderson, posso entrare?
Mi tuffai tra le sue braccia come non avevo fatto neanche con mia madre ai tempi del mio pestaggio.

-Non ce la faccio più- singhiozzavo.

Isabelle mi carezzava la schiena. -Stai andando alla grande- mi diceva. -Finalmente stai seguendo la tua strada e stai mostrando a tutti quanto sei coraggioso.

-Io lo faccio solo per lui- annui tra le lacrime. -Perché voglio che sia orgoglioso di me, quando arriverà.

Isabelle mi guardò con incertezza. -Lui chi, tesoro?

-Kurt, chi altri? Quando il mio Kurt arriverà qui alla Dalton... o dovunque siamo destinati ad incontrarci, voglio che sia fiero di me. Ma nel frattempo è dura. Maledizione quanto!

Isabelle aveva smesso di accarezzarmi la schiena, ma io ormai continuavo a parlare come un fiume in pena. -So che non potresti dirmelo, ma ormai io e te abbiamo infranto tutte le regole. Quand'è che lo incontrerò? Dimmi solo se è imminente, o se dovrò aspettare ancora molti anni, perché ho davvero bisogno di saperlo.

Isabelle a questo punto scuoteva il capo freneticamente. -No, tesoro. Tu hai frainteso tutto...
-Cosa?
-Io... io non ti ho rivelato i segreti della luce azzurra perché ti mettessi ad aspettare l'arrivo di Kurt. Io volevo solo che tu comprendessi che sei molto più di quel che credi e che trovassi in te la forza di reagire e di combattere. Se tu avessi creduto di più in te stesso magari saresti riuscito a migliorare il corso della tua vita.

-Ma... Kurt?- a me non interessava altro. -Quando arriverà il mio Kurt?
Isabelle si alzò ed andò a guardare fuori dalla finestra, evitando così il mio sguardo: -Mai.

Rimasi interdetto.
-Cosa? Che vuoi dire?
-Non arriverà mai- sentenziò Isabelle. -In questo mondo non esiste nessun Kurt. Tu sei destinato a stare con Sebastian. Ma io ho sempre creduto che se fossi riuscita a renderti più forte la tua energia avrebbe in qualche modo convinto la tua Autrice a destinarti un futuro migliore. Una vita con più dignità.

Ora chiunque ad una notizia del genere avrebbe dato di matto visto come stavano le cose.
Ma io no.
Al sapere che nel mio mondo non esisteva nessun Kurt che stava aspettando il mio arrivo sentii sorgere nel mio petto un enorme sollievo. Di più: gioia.

Perché ora finalmente potevo pensare ad un ragazzo con gli occhi azzurri fermo di fronte alla gradinata della sua scuola senza sentirmi in colpa. Senza la sensazione di star rubando qualcosa a qualcuno.

Il resto fu piuttosto semplice. Quella notte, quando scesi nella Sala come al mio solito, domandai allo Specchio di mostrarmi il McKinley pietrificato.
Lui era sempre lì. Meraviglioso e fiero.
E mio.

Mio pensai mentre rubavo una delle sfere di luce dalle teche centenarie. Quasi non avvertii il dolore mentre la luce azzurra pervadeva il mio corpo ed entrava in ogni singola cellula del mio essere.

Mio gridavo dentro la mia testa mentre spiccavo il salto verso lo Spazio Intradimensionale che mi inghiottì come un vortice.

Mio esultai quando mi trovai di fronte a lui, su quello spiazzo di cemento, sotto il solo autunnale.

Mi concessi un momento per contemplarlo da vicino. Lo avevo fatto per mesi ormai, attraverso lo Specchio, ma dal vivo era un'altra cosa.
Più bello, più magico, più perfetto.
Solo esistendo, quel ragazzo aveva cambiato la mia vita.

-Dio, quanto ti amo- sussurrai posando la mani sulle sue guance immobili. Poi lo baciai, rilasciando nel bacio la luce azzurra che fremeva dentro di me.

Era un potere caotico e disordinato che si sprigionò dal mio corpo esultante per avvolgerci entrambi, in una scarica dolorosa ed esaltante al tempo stesso. Cademmo a terra scossi dalle sferzate di energia che ci attraversavano.
Io mi riebbi per primo. La luce azzurra stava rientrando nel mio corpo non troppo docilmente e io riprendevo possesso delle mie facoltà mentre mi alzavo e guardavo Kurt, steso a terra, che pareva morto.

Per un attimo mi prese paura.
Ero sicuro che la luce azzurra lo avrebbe risvegliato dal suo sonno, ero stato molto attento quando Isabelle, nelle settimane passate, mi aveva spiegato come funzionava. Lei non si era resa conto che mi stava mettendo in testa un piano, mentre mi raccontava tutte quelle cose sul potere creativo e sulla Sala dello Specchio. Un piano che non avevo mai attuato perché credevo che nel mio mondo ci fosse un Kurt destinato a me, un Kurt a cui non potevo voltare le spalle. Ora che avevo scoperto che non esisteva, non avevo più nessuno scrupolo.

Trattenni il fiato, fissando Kurt sdraiato a terra che pareva morto. Avevo fallito ancora, dunque? Stavo per scoppiare in lacrime, sconfitto, mentre la luce azzurra riprendeva a guizzare indisciplinata da tutte le parti. Non avevo ancora chiaro in testa come controllarla e in quei primi giorni bastava un momento di vulnerabilità per farla impazzire. A quel punto però mi accorsi che la punta delle dita di Kurt era attraversata da un fremito, e anche l'angolo della sua bocca aveva tremolato per un breve istante.
Si stava svegliando.
E io non riuscivo a trattenere i lampi di luce azzurra che spingeva per sprigionarsi ovunque intorno a me.
Dovevo allontanarmi e in fretta, riprendere dominio di me stesso e poi tornare da Kurt, per fare finalmente quello che agognavo da quando lo avevo visto la prima volta.
Amarlo.

Corsi via e mi rifuagia nell'auditorium della scuola. Non avevo grandi piani a quel punto, volevo solo stare con Kurt.
Inspiravo ed espiravo per controllare la luce azzurra.
Corteggiarlo, venerarlo, toccarlo.
Ad un certo punto persi anche brevemente i sensi.
Inspira ed espira.
Dopo un manciata di munuti mi svegliò il rumore dei suoi passi lungo il corridoio.
Inspira ed espira.
Farlo mio.



Note di Oldlady:

Chiedo scusa per il ritardo di questo aggiornamento, ma alla fine, nonostante parecchi contrattempi, eccoci qua.
Ora sappiamo anche da dove viene Blaine.
Come reagirà Kurt alla sua storia? E di Trevor, cosa sarà?
Ci sarebbe rimasto da scrivere l'ultimo capitolo (e poi ovviamente l'epilogo) ma siccome mi è presa un po' la mano dovrò decidere se darvi un capitolo super chilometrico oppure spezzarlo in due capitoli di media lunghezza (che pubblicherei però a un paio di giorni di distanza l'uno dall'altro).
Non so... devo vedere.
Intanto mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate fin qui, e come credete che possano fare i nostri eroi, una volta risolta la loro "scaramuccia" a raggiungere il mondo di Trevor.
Abbiamo anche visto uno dei due fantomatici oggetti misteriosi. Parecchi c'erano già arrivati, era l'orologio di Blaine. Vedremo quale sarà il secondo.

Salvo imprevisti proverò ad aggiornare la prossima settimana.

E se vi va di chiacchierare di glee o di ff o di libri o di ricette, questa è la mia pagina fb: http://www.facebook.com/oldlady.onbooks

Ah! Una lettrice mi ha chiesto l'elenco delle ff proposte durante questa storia. Eccolo qua, se cercate qualcosa di bello da leggere con queste andate sul sicuro secondo me:

Cap 10 -Little numbers di iknowainteasy
Cap 11 -Go your own way di zavocado
Cap 12 -Dalton di CP Coulter
Cap 13 -Syroup and Honey di Laugs (ma anche una capatina di Sideways di Crisscolferlove)
Cap 14 -Roses in December di ckofshadows
Cap 15 -
A change in the weather di cacophonylights
Cap 16 -A Legal Romance (sequel di A Political Romance) di yadiva
Cap 17 - The Sidhe di Chazzam

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Capitolo 19
*** Addio (prima parte) ***


Dal capitolo precedente:

Corsi via e mi rifuagia nell'auditorium della scuola. Non avevo grandi piani a quel punto, volevo solo stare con Kurt.
Inspiravo ed espiravo per controllare la luce azzurra.
Corteggiarlo, venerarlo, toccarlo.
Inspira ed espira.
Dopo un manciata di munuti sentii la sua voce lungo il corridoio.
Inspira ed espira.
Farlo mio.

Capitolo 19 Addio (prima parte)

Ormai il sole splendeva alto in cielo e scaldava l'aria risvegliando fiori e cicale. Sembrava però negligente del gelo che non riusciva a sciogliere: quello sceso tra Blaine e Kurt.
Blaine aveva parlato a lungo e stavolta aveva cercato di essere sincero fino in fondo nella speranza che Kurt cogliesse il suo sentimento.
Tenendosi ogni tanto la testa tra le mani, soprattutto quando il suo racconto si faceva più pesante, non aveva omesso nulla: avrebbe potuto addolcire la storia evitando di scendere troppo nei particolari della sua ralazione con Smythe, o sorvolando sulla sua dipendenza verso il giudizio dei genitori. Ma stavolta voleva essere onesto fino in fondo, a qualsiasi costo.
Se avesse continuato ad omettere Kurt lo avrebbe in qualche modo percepito, e lui lo avrebbe perso per sempre.
E poi glielo doveva.
Gli doveva quell'onestà per tutte le volte in cui il ragazzo si era fidato alla cieca, senza fare troppe domande o senza approfondire.

Adesso però che aveva finito di parlare, Blaine si sentiva morire.
Kurt continuava a fissarlo con sguardo indecifrabile. Avrebbe potuto tanto abbracciarlo quanto schiaffeggiarlo, per quel che si riusciva a trarre dall'espressione del suo viso.
Invece si limitò a farsi di un passo più vicino.

-Stai tremando- bisbigliò Kurt con voce incrinata.
-Non è niente- rispose Blaine desiderando solo stringerlo a sé.
Quasi come se avesse intuito le sue intenzioni, Kurt arretrò di qualche passo, mettendo una certa distanza tra di loro. Continuava a tacere, e a fissare Blaine, che a questo punto rischiava seriamente un attacco di cuore.
-Dimmi qualcosa Kurt, ti prego.
Il ragazzo distolse lo sguardo: -Io... io non so che dire, davvero. Tutto quello che mi hai raccontato... è troppo. Mi fa venire le vertigini- Kurt scuoteva la testa nella speranza che i tremila pensieri frammentati che vi si accalcavano dentro trovassero una sistemazione. Poi aggiunse: -Ma almeno adesso capisco tante cose.
- Suppongo di sì...
-Adesso è chiaro perché non ti davi da fare a cercare una via d'uscita dal McKinley, e perché Isabelle ti ha quasi aggredito quando siamo arrivati alla Dalton per la prima volta. Suppongo anche che si sia divertita un bel po' a mettere su quella messa in scena per conferirti il potere della luce azzurra...

-Allora, Mr Anderson. Permettimi di darti, anzi no, di donarti, di mia completa e spontanea volontà, il Potere Originario. Eccoti la luce azzurra! - e con quelle parole Isabelle piantò in faccia a Blaine un altro schiaffone, ancor più sonoro e plateale di quello con cui li aveva accolti solo un paio d'ore prima.

Blaine al ricordo si massaggiò la guancia: -Non si è lasciata sfuggire l'occasione per mollarmi un manrovescio da competizione. Se ci penso ancora mi tremano le gengive. Ma in fondo me lo meritavo, l'ho cacciata in un sacco di guai.

-...e capisco anche perché sei scoppiato a piangere quando abbiamo incontrato Blaine Avventore...

-La verità e che io non so perché sto cercando la caffetteria perfetta. Dico a me stesso, in continuazione, che è per studiare, ma in fondo so che non è così. Dentro, nel profondo, è come se stessi cercando qualcosa, qualcuno, là fuori, ma giro in tondo come una trottola e non lo trovo mai.Tu pensi che io sia pazzo?

-No, niente affatto.

-Kurt, io lo so che c'è qualcuno che mi sta aspettando, ne sono sicuro. So che non sono stato sempre da solo e so che qualcuno mi ama, ma non so dov'è. Hai mai avuto una convinzione immotivata ma talmente profonda da portarti a fare anche cose senza senso, cose che nessuno mai si aspetterebbe da te?

Blaine annuì, intenerito. -Era come guardarsi in uno specchio. Blaine Avventore in realtà stava raccontando come ero io, nel periodo in cui tiravo avanti aspettando pieno di speranze qualcuno che non sarebbe mai arrivato.

Kurt annuì.
Non lo disse ad alta voce, ma adesso capiva anche perché Blaine si era rifiutato di fare l'amore quando si erano trovati a dividere lo stesso letto, poco dopo aver scoperto l'esistenza del Redemption Lake Camp. Blaine aveva capito che Kurt non si stava dando per amore ma per la paura di morire, e dopo essere stato usato in mille modi da Smythe era come se volesse disperatamente che il sesso con Kurt avesse un valore diverso. Semplicemente Blaine non voleva più essere usato. Neanche da quello che considerava l'amore della sua vita. Soprattutto dall'amore della sua vita.

C'era un'altra cosa che ronzava in testa a Kurt, e che doveva assolutamente chiarire: -Il mondo dove ho incontrato Argie il nerd, era il tuo vero mondo di origine, vero? Per questo quando ti sei svegliato sul divano e hai visto gli striscioni che inneggiavano la squadra di lacrosse sei andato in panico. E il Sebastian che ci ha diviso mentre stavamo saltando nello Spazio Intradimensionale... era quello vero. Intendo, era il tuo Sebastian?
La testa di Blaine scattò all'istante: -Quello non è il mio Sebastian! E io non sono suo!- poi sospirò, riabbassando lo sguardo, e aggiunse: -Però tecnicamente credo che sì... insomma... quello era il mio vero mondo e quel ragazzo era l'effettivo Sebastian Smythe con cui io ho... ho... trascorso molto tempo.

Kurt annuì perso dietro i mille tasselli che si stavano ricomponendo di fronte ai suoi occhi. Ripensava a Blaine che, al McKinley pietrificato era molto interessato ai manuali di parapsicologia su come controllare i poteri psichici: doveva essere stata davvero una gran faticaccia imparare a gestire la luce azzurra da solo e di nascosto. E anche la sua antipatia verso i numerosi doppioni che avevano incontrato nel loro viaggio all'improvviso aveva tutto un altro significato: Blaine andava su tutte le furie ogni volta che, secondo i suoi standard, gli alias non trattavano degnamente il proprio Kurt.

Kurt scosse la testa, abbracciandosi il petto: -Non so cosa dire, davvero. Ma perché non me lo hai voluto raccontare?
Blaine distolse lo sguardo. -Quei primi giorni, al McKinley, non avrei saputo davvero cosa dirti. Tu mi avresti preso per pazzo se ti avessi rivelato la storia dei mondi paralleli e tutto il resto. Appena mi sono accorto che il risveglio ti aveva lasciato intontito e che non ricordavi chiaramente la tua storia ho pensato di approfittarne e di fingere anche io un'amnesia, così da evitare troppe domande e spiegazioni. Era immensamente più semplice, capisci? Poi, col passare delle ore, i tuoi ricordi riaffioravano ma io ho continuato a fingere per praticità. Volevo solo stare insieme a te, Kurt. Non chiedevo altro, mi sarei accontentato di rimanere per sempre nel McKinley pietrificato e sarei stato felice. E poi, anche volendo, non avevo il potere di cambiare le cose, quindi tanto valeva rimanere lì. Poi, un giorno, se fossi riuscito a conquistarti e ad avere la tua fiducia, ti avrei rivelato le cose a piccole dosi, cercando di non sconvolgerti troppo, e insieme avremmo deciso il da farsi.
-Il da farsi?
-Beh sì. Avremmo potuto rimanere lì, oppure nasconderci insieme in qualche altro mondo, non so. Pensavo che avremmo potuto formulare un piano insieme, quando tu..-
... quando tu saresti stato mio pensò Blaine,prima di schiarirsi la gola e finire la frase: -...quando tu ti saresti fidato abbastanza di me.

Kurt si massaggiò le tempie, frustrato: -Questo posso capirlo. Ma dopo, Blaine? Dopo che siamo stati nella Sala dello Specchio, perché hai continuato a tacere?
-Avevo paura Kurt.

Eccola lì la verità pura e semplice. Così banale, così sciocca, ma insormontabile.
La paura che aveva rovinato tutta la vita di Blaine, aveva alla fine esercitato il suo ultimo potere tappandogli la bocca ogni volta che il ragazzo era andato vicino ad aprire il suo cuore.
Paura di non essere compreso, di essere respinto e disprezzato. O giudicato debole.
E Kurt, che era sempre così forte e coraggioso, sarebbe riuscito a piegare un po' della sua fierezza per comprenderlo? Sarebbe riuscito a trovare un po' di comprensione, verso le sue debolezze?
Difficile a dirlo, mentre fissava Blaine con un espressione indecifrabile e gli occhi pieni di lacrime.

-Sono stato un rimpiazzo?- esalò infine.
Blaine lo guardò scioccato, incapace di coprendere il senso di quella domanda finché Kurt non specificò: -Un rimpiazzo del tuo Kurt, intendo.

-No- rispose Blaine con fermezza, senza la minima esitazione nella voce e nello sguardo -Assolutamente no. Io ti ho amato con tutto me stesso dal primo momento che ti ho visto. Tu sei stato quello che mi ha spinto a cambiare. Tutto quello che non sono riusciti a fare i miei genitori in una vita, o Isabelle con tutti i suoi discorsi, tu sei riuscito a farlo solo esistendo. Era da te che venivo tutte le sere di nascosto... Avevo pensato di rubare una di quelle sfere dal primo momento in cui ho capito il meccanismo della Sala dello Specchio, volevo correre da te fin dai primi giorni. Ma il Kurt del mio mondo non si sarebbe meritato di rimanere solo. Io sapevo cosa si provava, e non era giusto condannarlo a quella esistenza. Lui in fondo era innocente, non aveva colpa del fatto che io desideravo ciò che non mi era concesso neanche di immaginare. Ma eri tu quello che volevo. Sarebbe stato lui il rimpiazzo Kurt, non tu.
A quel punto la lacrime cadevano copiose sul bel viso di Kurt e Blaine dovette sopprimere l'istinto di allungare una mano per asciugargliele. Ma prima voleva che capisse.

- Tu, sei sempre stato tu quello che volevo. Quando ho saputo che lui non esisteva, è stato come se qualcuno mi avesse tolto un peso dalle spalle.
-Ma io... -obiettò Kurt debolmente- ... non faccio parte del tuo destino.
Blaine si avvicinò di un passo.
Le sue labbra erano ad un soffio da quelle dell'altro: -Me ne frego del destino.
Blaine si protese in avanti, in cerca delle labbra di Kurt, ma questo arretrò di un paio di passi, scuotendo la testa.
-E' troppo... io non riesco a pensare se tu fai così.

Trasse un paio di respiri profondi, prima di continuare: -Ti ringrazio per avermi raccontato tutto. Non so cosa dirti, non riesco neanche a mettere in fila due pensieri coerenti in questo minuto.
-Dimmi che non mi odi, dimmi che mi perdoni e che mi ami.
-Non ti odio- rispose Kurt senza esitazioni, poi si fermò. -Ma per il resto... ho bisogno di tempo per riflettere, immagino. Ma non posso permettermelo. Dobbiamo pensare a Trevor, non possiamo rimandare oltre. Il sole è alto. Quanto tempo ci resta?
Blaine guardò l'orologio: -Appena due ore, Kurt.
Kurt annuì, sforzandosi di focalizzare i pensieri sul loro problema più impellente. Tentò di ricacciare indietro le lacrime, probabilmente aveva gli occhi gonfi e la testa gli scoppiava.
-Ho visto un ruscello venendo qui, ieri- disse. -Vado a lavarmi la faccia, torno subito. Cercherò di farmi venire un'idea per raggiungere la sua dimensione.
Blaine annuì, mesto.
Era chiaramente una scusa dell'altro per stare un po' da solo, ma non ribattè nulla.
Il tempo era stato nemico della loro storia fin dall'inizio.



***



Blaine Anziano sorrise benevolo mentre Joyfulcarrie piroettava nervosa indicando freneticamente un punto dietro ai cespugli.

-Kurt, vieni fuori. Joyful ti ha scoperto!- esclamò, e da dietro le frasche rigogliose Kurt Elfo comparve di malavoglia, gettando sguardi di rimprovero al folletto spione.
Blaine Anziano sbuffò intenzionato a fingersi arrabbiato, ma quando iniziò a parlare l'affetto faceva capolino dal suo tono di voce: -Ti avevo detto che volevo occuparmene da solo, Kurt. Non potevi fidarti di me?

-Mi fido di te, lo giuro. E' dei crepacci che non mi fido. E delle belve feroci o... dei massi che cadono dal cielo!

-Massi che cadono dal cielo?- scoppiò a ridere Blaine Anziano, incapace di fingersi arrabbiato un minuto di più. Col passare dei secoli Kurt Elfo era diventato piuttosto iperprotettivo nei suoi confronti. Sì, in effetti quell'episodio in cui Blaine era quasi affogato in un lago e la sua magia lo aveva strappato dalla morte all'ultimo minuto aveva lasciato Kurt Elfo piuttosto sconvolto, e unito ad un altro paio di incidenti il risultato era che ora BlaineAnziano, pur essendo un semplice produttore di formaggi, si trovava scortato da una guarda del corpo agguerrita e scrupolosa neanche fosse stato un imperatore.

Le gote perfette e liscie come pesca di Kurt Elfo si tinsero di un rosa pacato. -Non si può mai sapere. E poi, anche io potrei dare una mano ai nostri due amici.
-Sì- convenne Blaine Anziano cingendo le spalle del suo amore e posandogli un delicato bacio sulle tempie -in effetti la tua presenza è infinitamente migliore della tua assenza.
A quelle parole Kurt Elfo lo strinse a sé con foga. -Anche la tua- rispose con voce commossa.

Stettero così, abbracciati per qualche momento, senza parlare, mentre Joyfulcarrie svolazzava loro attorno fingendo male alla pancia per attirare attenzione. Quando i suoi sforzi vennero ingnorati andò a tirare Blaine per le orecchie ma tutto quello che ottenne fu un pacca che la fece rotolare all'indietro, su un ramo lì accanto. Il folletto si tirò in piedi inviperito e sputò una serie di versacci ad un Kurt Elfo che, da dietro la spalla di Blaine, lo guardava con un ghignetto vittorioso e si stringeva più forte al suo amore. -Kurt, fai il bravo- mormorò la voce attutita del suo amore dall'incavo del suo collo.

Furono interrotti da un rumore di rami spostati ed ecco comparire Kurt nella radura.
L'umano guardò lo strano terzetto con sguardo un po' confuso. -Credevo ci fossimo salutati definitivamente- disse aggrottando lo sguardo.
-Ho pensato che avresti avuto bisogno di altro aiuto- spiegò Blaine Anziano.
-Di solito, dopo un Cammino dell'Anima, vengono sempre alla luce delle verità sconvolgenti - spiegò Kurt Elfo. -E il rossore dei tuoi occhi ci fa pensare che anche stavolta sia stato così.
Non occorse altro a Kurt per scoppiare a piangere, disperatamente. Senza che la sua forza di volontà avesse voce in capitolo, si piegò sulle ginocchia scosso dai singhiozzi.
Blaine Anziano fece un cenno d'intesa al suo compagno e, senza ulteriori argomentazioni, Kurt Elfo acchiappò una scalcitante Joyfulcarrie per le ali e si allontanò. Blaine Anziano si avvicinò pacatamente a Kurt, invitandolo a sedersi su una roccia lì vicino.

-Cos'è che ti sconvolge così?- chiese.
-Tutto quanto- singhiozzò Kurt. -E' una lunga storia.
-Io e il mio Kurt la conosciamo già. Blaine ci ha raccontato tutto la prima sera che è arrivato.
-Vi ha raccontato tutto?
-Sì. Era disperato, e convinto di averti perso per sempre. Non aveva idea di dove ritrovarti ed è quasi collassato. Ci ha raccontato tutta la vostra vicenda dall'inizio alla fine, senza tralasciare nulla.
-Vi ha anche raccontato la sua storia?
-Sì. E ancora non capisco il motivo delle tue lacrime. Non sei felice che lui ti ami così tanto da aver sfidato tutte le leggi del cosmo per stare con te?
-Per stare con me, oppure per stare con qualcuno?

Blaine Anziano lo guardò perplesso e Kurt cercò di spiegarsi meglio: -E se in realtà lui avesse solo voluto fuggire da un mondo in cui era destinato alla solitudine? Io dovevo essergli capitato proprio a proposito: non c'era nessun Blaine nel mio mondo e la storia era bloccata. Non era con me che voleva stare, ma con un qualsiasi Kurt. Non era me che amava, capisci? Amava solo l'idea di amarmi- e così dicendo Kurt scoppiò di nuovo in singhiozzi.

-Ha detto che appena ti ha visto si è innamorato di te, e io gli ho creduto. In fondo è quello che è accaduto anche a me quando ho visto il mio Kurt, la prima volta, al mercato degli schiavi.
-Però voi appartenevate allo stesso mondo. Eravate stati creati l'uno per l'altro.
-Dici? Eppure all'epoca ci sembrò l'amore più impossibile dell'universo. Sapessi quante ne abbiamo passate. Quel ragazzo lassù, alle rovine, ti ama con tutto se stesso, credimi.
Kurt annuì, cercando di asciugarsi gli occhi col dorso della mano, ma peggiorando solo la situazione. -Vorrei tanto crederci anch'io. Ma in questo momento dubito di tutto e... e non ho il tempo per questi tentennamenti. Non me ne è più rimasto.
E così dicendo tirò dei grandi respiri.

Non era sicuro neanche lui delle cose che aveva detto, in realtà. Non era sicuro di niente. E presto sarebbe morto, se non fosse riuscito a farsi venire un'idea dell'ultimo minuto per raggiungere Trevor. Con un filo di consolazione, gli venne in mente che, al di là di ogni incertezza, c'era senza ombra di dubbio un lato positivo in tutta quella situazione.
-Almeno- sospirò con un filo di voce -mi consola il fatto che se non riuscirò a ritrovare Trevor, Blaine non morirà con me. Lui non appartiene al mio mondo, quindi sarà salvo.

Blaine Anziano assunse uno sguardo perplesso, prima di decidersi a rispondere. -Non è così.
-Come?
-Non è vero che lui si salverà.
Kurt scosse il capo: -Trevor distruggerà la storia che ha dato vita al mio mondo. Non ha nessun potere sulla dimensione d'origine di Blaine.
- Questo è irrilevante. Blaine ha legato il suo destino al tuo rimanendo al tuo fianco in questo viaggio. Finchè starà insieme a te dividerà la tua sorte.
Il viso di Kurt divenne una maschera di puro orrore. -Vuoi dire che morirà anche lui? Nonostante il fatto che il mondo che Trevor distruggerà non è il suo?
-Esattamente- insistette Blaine Anziano. -Finché sta con te, divide il tuo destino. E' così che funziona la luce azzurra.
-E lui questo lo sa?
Blaine Anziano annuì. -Certo che lo sa.
Poi, dopo alcuni istanti di interminabile silenzio, aggiunse: -E ancora tu credi che non ti ami?
Kurt rimase immobile per qualche istante, pietrificato come ai tempi del McKinley. Poi girò sui tacchi e prese a correre più veloce che poteva.

***

Blaine girava in tondo come un animale in gabbia. Voleva scendere al ruscello da Kurt, scavare una buca a mani nude, sbattere la testa contro un muro, gridare contro il cielo, cercare Kurt, prendere a calci il muro diroccato delle rovine, ritrovare Kurt. Ma invece doveva aspettare minuti che non potevano permettersi, perché si era ridotto all'ultimo giorno per rivelare una verità che avrebbe da sola richiesto mesi e mesi per essere digerita.
Tutto ad un tratto si sentì afferrare per le spalle e girare bruscamente.

-Tu adesso apri un varco di luce e te ne vai! Subito!- gli gridò in faccia Kurt, con l'espressione sconvolta.
-Cosa?
-Mi hai sentito. Esigo che tu te ne vada immediatamente. Non ti permetterò di morire con me, brutto stupido!
Blaine comprese allora cosa gli stava chiedendo Kurt e scosse la testa ostinatamente.
-Mai.

Kurt allora prese a singhiozzare istericamente scuotendo l'altro con quanta più forza poteva:
-Te ne devi andare subito! Sei uno stupido Blaine! Stupido! Stupido!- e ad ogni stupido Kurt colpiva il petto di Blaine con rabbia e disperazione. Blaine lo strinse a sè con tutte le sue forze.
-Mai, mai, mai- mormorava Blaine ogni volta che Kurt lo colpiva, baciandogli il viso e piangendo a sua volta. Furono baci salati e ciechi, mani che si stringevano e colpivano. Isteria e disperazione, con Kurt che ripeteva, sempre più flebilmente, stupido e Blaine che rispondeva, sempre più risoluto, mai.
Rimasero stretti l'uno tra le braccia dell'altro per un tempo indefinito. Si riscossero solo dopo un po', quando un frullio di ali li distrasse dalla loro tristezza. Era il folletto di Blaine Anziano, che stava vorticando intorno alle loro teste indicando con le manine da bambola il suo padrone lì vicino.

Blaine Anziano li aveva raggiunti e, assieme al suo compagno, li guardava intento.
-Nessuno di voi morirà oggi- disse serio. -Sono sicuro che troveremo un rimedio. Riuscirete a convincere Trevor a fermarsi.

-Il problema- rispose mestamente Blaine senza smettere di stringere Kurt al suo petto e carezzandogli i capelli con amore infinito -è che non sappiamo dove trovarlo. Abbiamo girato a vuoto per giorni, saltando alla cieca, senza fortuna. Continuare così è impensabile.

Kurt Elfo li guardò perplesso. -Ma tu, quando ci hai raccontato la vostra storia, avevi detto che con un gancio avresti potuto raggiungere la dimensione giusta immediatamente.

Kurt annuì. -Sì, è vero. Isabelle ci aveva spiegato che se fossi riuscito a procurarmi qualcosa di Trevor, allora avremmo potuto stabilire una specie di collegamento. Purtroppo non ci sono riuscito.
Gli tornò in mente il laccetto di pelle al polso di Trevor e gli occhi gli si riempirono di lacrime. -Ero così vicino a prendere quel maledetto bracciale. Avremmo risolto tutto Blaine. E invece all'ultimo minuto io...
-Shhh, basta- lo interruppe Blaine, carezzandogli la schiena con piccoli movimenti circolari- hai fatto del tuo meglio.
-Ed è praticamente impossibile che io riesca ad addormentarmi di nuovo e rimettermi a sognare Trevor. Non abbiamo nessuna idea e nessun gancio.
-Sì che ce l'avete- disse Kurt Elfo, con gli occhi fissi su Kurt.

Solo allora i ragazzi si accorsero di una leggera luce argentata che pervadeva l'elfo, e del fulgore quasi metallico che brillava nel suo sguardo.
Kurt Elfo guardava nella direzione di Kurt, ma sembrava trapassarlo da parte a parte. Sollevò un dito verso l'umano.
-Tu hai un gancio- mormorò l'elfo come in trance, facendo roteare la mano, come a cercara qualcosa sospeso a mezz'aria. - Ce l'hai addosso in questo istante. Riesco a percepirlo con chiarezza. Si trova ... lì.
L'elfo puntò 'indice verso la tasca dei jeans di Kurt, che si scambiò con Blaine un'occhiata confusa.

-Ma io ricordo bene di non essere riuscito a prendere il braccialetto- disse il ragazzo, mettendosi le mani in tasca. E infatti nella tasca non c'era nessun braccialetto, solo uno dei vecchi origami gialli di Blaine, ormai completamente stropicciato, e il foglietto su cui aveva scritto la lista con le caratteristiche di Trevor. Kurt lesse mentalmente la lista per l'ennesima volta, mestamente:

1) Trevor
2) quattordici anni (quasi)
3) bullizzato perché sembra ancora un bambino
4) nome del suo peggior bullo: Mitch
5) rapporto teso con i genitori
6) prova vergogna (così mi ha detto più di una volta)
7) padroneggia enormi quantità di luce azzurra
8) Redemption Lake Camp
9) 15 ottobre 201210) suona la chitarra e compone canzoni
11) analogie tra la vita di Kurt e la vita di Trevor (disegni/ poesie)
12)vuole suicidarsi

-Eccolo, il gancio!- eslamò Kurt Elfo esultante.
Kurt sollevò lo sguardo dalla lista. -Questa lista? Ma questa l'abbiamo scritta noi insieme ad Isabelle, non appartiene a Trevor- protestò debolmente.
-Eppure la mia essenza magica percepisce chiaramente che si tratta di un gancio con un altro mondo che non è né il nostro né i vostri- insistette l'elfo.

Kurt guardò meglio la sua vecchia lista, poi un lampo di comprensione lo invase.
-Oh mio Dio- esclamò, mentre con mani tremanti apriva il foglio che avevano usato per segnare i loro appunti.
Non era un qualsiasi foglio bianco.
Quel giorno, nel mondo di Kurt e Blaine Miliardari, quando avevano iniziato a stilare quei punti, Kurt aveva cercato un foglio bianco ma non trovandolo aveva ripiegato per l'unico pezzo di carta utile che si era ritrovato in tasca.
Era lo spartito che lui e Blaine avevano provato a riconoscere insieme, Blaine suonando la melodia e Kurt cantando le parole, e che poi avevano abbandonato perché a nessuno dei due sembrava una musica familiare.
Adesso la mente di Kurt andava veloce come un treno.
Dove aveva trovato quel foglio la prima volta?
Era stato appena si era svegliato, nel McKinley pietrificato. In quei primi momenti dopo il risveglio, quando si era accorto dello stato in cui versava la scuola, gli era preso un mezzo attacco di panico e si era bloccato, finché lo spartito non gli era piombato in faccia trasportato dal vento.
Il vento.
A quel pensiero Kurt ebbe un altro ricordo, risalente a pochi giorni successivi.
-Oh mio Dio- disse di nuovo mentre di fronte agli occhi gli balenava l'immagine della Lima pietrificata che lui e Blaine avevano contemplato dall'alto di uno dei piloni del campo di football.

E così Kurt tornò a guardare il paesaggio tutto intorno, cercando di non pensare troppo all'istante in cui sarebbero dovuti ridiscendere. A quel punto avrebbe voluto rimanere davvero lì per sempre, a contemplare dall'alto la scuola, le case in lontananza, la Lima in cui non riusciva a tornare e chissà cos'altro dopo i suoi confini. Su in alto, sopra la città, un palloncino sfuggito dalla mano di qualche bambino rimaneva sospeso nel vuoto, bloccato a mezz'aria nel suo istante infinito. Quel particolare in qualche modo colpì Kurt.

-Non c'è un filo di vento- constatò Kurt. Anche l'aria lassù, sebbene molto fredda, era perfettamente immobile.

- Se davvero il tempo si è fermato, non è possibile che il vento soffi- rispose Blaine, tracciando pigre carezza sul suo dorso. A quelle parole dentro la testa di Kurt suonò un piccol segnale d'allarme. C'era qualcosa che gli sfuggiva, un piccolo particolare dissonante, qualcosa che strideva con tutto il resto, eppure più cercava di afferrarlo, più la realizzazione di cosa fosse quella cosa che non tornava gli sfuggiva.

Il vento.
Ecco quale era il particolare che gli era sfuggito.
-Che c'è Kurt?- chiese Blaine. -Sembra che tu abbia visto un fantasma.
Kurt gli sventolò il foglio sotto al naso. -Non ci può essere il vento in una dimensione dove il tempo si è fermato, Blaine.
-Eh?

-Se il tempo è fermo, l'aria non può spostarsi e non può esserci il vento. Giusto?
-Ehm... suppongo di sì.
-E allora come ti spieghi che questo spartito mi è volato in faccia trasportato dal vento, pochi minuti dopo che tu mi avevi risvegliato?
Blaine lo guardava con espressione completamente vuota.

-Blaine ascolta! Non poteva essere vento. Io l'ho scambiato per vento, ma semplicemente era impossibile che lo fosse. Però tu hai detto che quando mi hai risvegliato l'aria intorno a noi era percorsa dalle scariche di luce azzurra, giusto?
-Sì- annuì Blaine. -Dopo che ti ho baciato la luce azzurra era praticamente impazzita. E' per questo che mi sono dovuto trascinare dentro l'edificio. Dovevo trovare un posto tranquillo dove riprendere possesso di me stesso intanto che tu ti svegliavi.
Kurt annuiva, con sguardo trionfante.
-Esatto! Ecco quello che penso sia successo: il mio corpo era saturo della luce azzurra che tu mi avevi trasmesso, anche dopo che tu ti sei trascinato via. Probabilmente nella disperazione del momento può darsi che tu abbia esagerato e mi abbia infuso addosso anche troppa energia rispetto a quella che materialmente sarebbe stata sufficiente per svegliarmi. E per un qualche motivo a noi sconosciuto quella la luce azzurra in eccesso ha attirato questo foglio. Probabilmente è come per i magneti che si attirano. Questo spartito è a sua volta così pieno di energia creativa, che la luce azzurra che tu avevi immesso nel mio corpo l'ha richiamato, come due poli che si attirano. Non era il vento Blaine! Io ho pensato che si trattasse di una folata di vento perché in quel momento ero confuso e non sapevo nulla della luce azzurra, ma non era vento!
-Ma perché tra tante cose che c'erano nel cortile la luce azzurra doveva attirare quello specifico foglio? E che c'entra con Trevor?
Kurt sorrise trionfante, al ricordo di uno dei sogni in cui aveva incontrato il ragazzo.

-Suoni?- gli chiese Kurt scioccamente.
Trevor alzò lo sguardo su di lui. Era spento e annoiato.
-Suonavo qualche anno fa, ma mio padre mi ha fatto smettere.

-Perché io e questa musica abbiamo lo stesso creatore. Questa canzone l'ha scritta lui, Blaine.

Gli occhi di Blaine si spalancarono come non mai.
Avevano trovato un gancio.
Anzi no, ce l'avevano sempre avuto, fin dal primo istante, ma non avevano saputo riconoscerlo.
-Forse siamo ancora in tempo- sussurrò.
A questo punto Blaine Anziano li afferrò entrambi per le spalle. -Sicuro che siete ancora in tempo!C'è sempre una speranza, fino all'ultimo.

-Infatti- annuì Kurt Elfo. -Tutto quello che dovete fare adesso è saltare nella luce azzurra lasciandovi guidare dal vostro gancio.
-Ma noi il foglio lo abbiamo avuto sempre- protestò Blaine -eppure non siamo mai arrivati al mondo di Trevor.

-Perché il gancio non è il foglio- disse Kurt. -Il gancio è la canzone. E' quella che ci porterà a Trevor.
Blaine annuì e guardò l'orologio.

Avevano ancora un'ora abbondante, ce la potevano fare.
Con un ampio gesto della mano, aprì un varco nell'aria augurandosi che fosse l'ultimo.
Al di là dell'apertura c'era il solito mare di sfere luccicanti che volteggiavano come tanti pesciolini luminosi.
Kurt al suo fianco, con voce tremante, accennò la melodia:

Stuck in a dream

i can't run away

i close my eyes

nobody is there



where is my blossom?

where is my smile?

maybe one day

i'll dream it again



maybe one day

i will dream again

Mano a mano che la sua voce si faceva più salda e le note più sicure il mare di pesciolini luminosi si aprì in due onde cerulee splendenti e nel mezzo, un unico minuscolo globo pulsante si avvicinò soave e inesorabile al tempo stesso.
Kurt e Blaine si presero la mano e saltarono.

****

Note di Oldlady.

Ci siamo ragazzi! Finalmente siamo alla fine.
Blaine e Kurt hanno solo un 'ora di tempo per trovere Trevor e convincerlo a desistere. Riusciranno o moriranno insieme? E sappiate che in effetti qualcuno, la prossima volta, morirà...
Se tutto va bene posterò la seconda parte del capitolo martedì, e dopo un paio di giorni l'epilogo.
Ve lo dico subito: la storia non è finita e le speranze non sono distrutte finché non vedete scritta la parola fine in fondo all'epilogo, eh! Se mi avete seguita fino a questo punto e avete avuto fiducia in me, continuate a darmi ancora fiducia anche dopo il prossimo capitolo, ci saranno ancora molte sorprese... Come dice Blaine Anziano, c'è sempre speranza, fino all'ultimo!
Sono molto nervosa ed emozionata per la fine di questa storia, mi farebbe davvero piacere sapere la vostra opinione, o qui oppure sulla mia pagina di facebook:

http://www.facebook.com/oldlady.onbooks



Grazie ancora, a martedì!

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Capitolo 20
*** Addio (seconda parte) ***


Addio (seconda parte)



-Corri Blaine- sibilò Kurt, tirandosi dietro il compagno per la manica.
Non avevano fatto in tempo a mettere piede nella dimensione che (si sperava) apparteneva a Trevor che già si erano ficcati nei guai.

Dopo aver saltato nel varco di luce azzurra, dal mondo di Kurt Elfo erano infatti approdati in una cittadina apparentemente animata e frenetica. Le persone camminavano rapide per i fatti loro, tutte prese dai propri pensieri, e le auto sulle strade a quattro corsie scorrevano come i rivoli d'acqua in un fiume.

Kurt e Blaine erano entrati nella prima caffetteria che gli era capitata a tiro per chiedere ai proprietari qualche informazione sul Palazzo Lilium ovvero l'unico riferimento concreto in loro possesso. Era stato Trevor a rivelare a Kurt quel dettaglio l'ultima volta che si erano visti.

I ragazzi non fecero in tempo nemmeno ad aprire bocca per porgere la domanda che alle loro spalle si sentì un grido:
-Guardate! Sono Chris e Darren!
Subito una voce ancor più striduala seguì la prima: -Oh mio Dio, sono proprio loro!

Si trattava di un gruppo di ragazzine in tenuta da giovani esploratrici, una ventina circa di età compresa tra i dodici e i sedici, sedute ad una lunga tavolata. Stavano preparando degli striscioni con sopra scritto: "Unitevi alle Girl-Scout! Perché lo scoutismo non è solo boy!!!!" e "Non serve saper fare la pipì in piedi per cavarsela in un bosco!"

Appena le prime due si alzarono in piedi gridando le loro esternazioni di meraviglia, altre diciotto giovani testoline rapaci si girarono all'unisono nella direzione di Kurt e Blaine, anch'essi intenti a guardarsi attorno curiosi di capire chi fosse a destare tanta euforia. Chi cavolo erano questi fantomatici Chris e Darren?

-Non ci posso credere! Allora il Crisscolfer è vero!
-Lo dicevo io che stavano insieme.
-Quanto sono teneri, mi viene da piangere!
-Chris ti prego! Fammi un autografo sulla fronte con il pennarello indelebile!
-Darren, posso scattarti una foto?

Fu con orrore che i nostri eroi si resero conto di essere proprio loro l'oggetto dell'attenzione strabordante del codazzo di ragazzine in divisa e senza capire come e perché si ritrovarono a fuggire per le strade della città sconosciuta, inseguiti da un drappello di esploratrici schiamazzanti.

-Corri Kurt!- gridava Blaine. -Dobbiamo far perdere le nostre tracce!
-Perdere le tracce? Scherzi vero- rispose Kurt dopo un paio di quelle esortazioni. -Sono girl scout, Blaine! Girl scout! Sicuramente in questo momento ci stanno fiutando.

Alla fine si nascosero dentro l'androne di un palazzo e attesero, accucciati in un cantuccio, che l'orda di ormoni impazziti dileguasse. Quando in strada tutto sembrò tornare alla normalità Blaine si azzardò a chiedere, con un filo di voce: -Pensi che se ne siano andate?

Kurt scosse la testa. -Non lo so. Ma per principio non mi fido di una dodicenne in grado di costruirsi da sola una latrina in mezzo alla foresta usando una limetta per lavorare il legno e un cucchiaio da cucina per scavare la terra.

-Ma che cavolo volevano? Dove siamo finiti stavolta! I nostri alter ego non hanno neanche il nostro stesso nome, cosa mai successa prima...
-Non è mai accaduto prima perché qui non ci sono degli alter ego- rispose Kurt, con gli occhi che gli scintillavano di trionfo. -Ricordi che Trevor ha detto di aver preso ispirazione per la sua storia da un telefilm? Probabilmente siamo stati scambiati per gli attori che ci interpretano!

Blaine strabuzzò gli occhi: -Allora ce l'abbiamo fatta Kurt, è il mondo di Trevor sul serio!
Kurt annuì mordendosi il labbro inferiore. Forse poteva sperare? Forse non tutto era perduto.
-Sì, penso che ci siamo, Blaine. Dobbiamo solo riuscire a trovare il Palazzo Lilium.
-Eccolo- sospirò Blaine indicando un punto lontano fuori dalla vetrata.

Era lontano, in cima ad una collina.
Si trattava di un grattacielo di cristallo molto moderno, tutto vetro e acciaio lucente. In cima brillava una scultura futuristica cromata fatta di lame intersecate la cui forma nell'insieme richiamava proprio quella di un giglio.

-Dici che è quello laggiù?- chiese Kurt con un filo di voce, la speranza che subito si affievoliva. Cazzo quanto era lontano!
A piedi ci avrebbero messo un'eternità per raggiungerlo.
Facendo attenzione che non ci fossero altre giovani esploratrici nei paraggi si accertarono con un passante che quello fosse proprio il Palazzo Lilium e quando l'uomo annuì distrattamente sentirono il cuore affondare sotto i piedi.
-Quanto tempo c'è rimasto?- soffiò Kurt col cuore in gola.
Blaine rispose prontamente: -Pochissimo Kurt, dobbiamo sbrigarci- e senza aggiungere altro lo afferrò per la manica ed attaccarono a correre tutti e due come i disperati che in effetti erano.

Scansarono pedoni, attraversarono col rosso, inciamparono e si rialzarono e ad un certo punto Kurt ebbe anche la sensazione di essere inseguito da un barboncino, ma forse era solo l'adrenalina che gli stava dando delle allucinazioni psicomotorie.

Il palazzo si avvicinava lentamente mentre i loro polmoni urlavano agonizzanti per l'affanno e la fame d'aria ma, con le mani strette convulsamente, continuarono ad ordinare ai loro muscoli di spingere avanti anche quando le caviglie sembrarono polverizzarsi e le orecchie presero a fischiare.

Quando finalmente raggiunsero l'enorme androne lussuoso Kurt non riuscì a mettere a fuoco la porta d'ingresso intarsiata a causa dei milioni di puntini che danzavano la mazurka di fronte alla sua vista. Forse non avevano fatto in tempo e stava già morendo, pensò tristemente ma Blaine gli lasciò la mano e per un fugace attimo sentì la circolazione sanguigna riprendere a scorrere sulle sue dita.
No, non era morto.

Inspirando ed espirando selvaggiamente i due ragazzi tentarono di riprendere il contegno e, anche se i rivoletti di sudore scendevano copiosi sulle loro fronti, e sembravano appena usciti da un bombardamento per quanto erano sfatti e stropicciati, entrarono.

L'atrio era di marmo, con rigogliose piante esotiche che facevano da guida verso il bancone dove un inserviente in elegante giacca e cravatta riceveva i visitatori. Trevor evidentemente se la passava bene.
L'uomo li guardò come se fossero scarafaggi ma, non senza un certo dispiego di professionalità, indossò quasi subito la sua migliore espressione finto-cordiale.
-Prego?- chiese pacatamente.

Kurt cercò di darsi un tono: -Abbiamo un appuntamento con il signor Trevor Gale.
Il portiere li guardò come se si fossero messi a camminare sulle mani, poi riprese subito il suo contegno impassibile e rispose: -Non è possibile signori. Questo è un condominio molto selettivo per i suoi coinquilini e per gli ospiti ammessi. Non mi è stata data nessuna disposizione da parte della famiglia Gale in merito.
-Non dobbiamo vedere la famiglia Gale- rispose Blaine piuttosto agitato- solo Trevor.

Il portiere sorrise meschino: -Il signorino Trevor è troppo giovane per poter introdurre estranei nel Lilium Palace. Io sono tenuto ad attenermi solo alle direttive di suo padre e il signor Gale non mi ha comunicato nulla in merito a visite che suo figlio avrebbe dovuto ricevere oggi.

-Senta, è davvero molto molto importante che noi andiamo di sopra a parlare con Trevor. Vede, siamo sicuri che...- stava dicendo Kurt, ma Blaine lo interruppe e lo tirò di lato.

-Kurt, se tu dici a quest'uomo che Trevor sta per fare qualcosa di estremo, quello o non ti crederà e chiamerà qualcuno per allontanarci, oppure ci lascerà quaggiù e andrà di persona a controllare cosa sta accadendo nell'appartamento dei Gale.
-Va bene allora! Basta che salvi Trevor!
-No Kurt, perché così non potremmo comunque impedirgli di cancellare il file. Si salverebbe Trevor, ma non il nostro mondo.

Il nostro mondo.
Kurt sentì una tenerezza infinita quasi soffocarlo. Blaine pensava al McKinley pietrificato come al nostro mondo.

Blaine guardò l'orologio, nervosamente: -Kurt, abbiamo solo un quarto d'ora, dobbiamo trovare un modo per convincere questo imbecille a lasciarci passare in fretta e senza troppe storie.

Per un breve istante Kurt pensò di prendere l'uomo a pugni, oppure sedarlo con del cloroformio come fanno nei film, oppure tentare un depistaggio con uno di loro due che fingeva di sentirsi male mentre l'altro si intrufolava di nascosto nel corridoio subito dietro la reception.

Ma erano tutti piani improponibili: anche ipotizzando di riuscire a superare il portiere con la forza e con l'inganno loro non avevano la più pallida idea di quale fosse poi la direzione da seguire per raggiungere l'appartamento di Trevor.
E ormai era rimasto solo un quarto d'ora!
Non potevano perdere così vicini alla meta.

Kurt si mise le mani in tasca con un gesto di stizza e aggrottò subito lo sguardo sentendo una superficie liscia tra le dita. Estrasse dal giubbotto l'oggetto che teneva in tasca.

Un oggetto che era finito lì neanche quarantotto ore prima e che lui aveva dimenticato pochi istanti dopo avercelo messo, troppo preso da problemi più impellenti.
Un oggetto che ora, con un po' di fortuna, avrebbe salvato loro la vita: la busta con i duemila dollari che gli aveva regalato Blaine Oscuro.

-Blaine, lo sai qual'è quella cosa che funziona sempre, anche quando la forza e l'astuzia falliscono?- chiese trionfante.
-Cosa?
-La corruzione.

*****



L'ascensore saliva placido verso il dodicesimo piano del Lilium Palace, incurante dell'ansia sui volti e nel petto dei ragazzi.
L'abitazione dei Gale occupava l'intero piano, quindi una volta che le porte scorrevoli si aprirono c'era poco da sbagliarsi: il portone di mogano dall'aria costosa e i pomelli dorati era senza ombra di dubbio quello che portava da Trevor.

-Suoniamo il campanello?- chiese Blaine incerto.
-No- rispose Kurt con sicurezza. - Trevor aveva pianificato l'ora con troppa sicurezza. Sicuramente sapeva di essere solo a casa. Blaine, forza la serratura. Usa il potere della luce azzurra.

Blaine non se lo fece ripetere due volte.
Aveva già fatto qualcosa del genere quando aveva forzato il muro invisibile per uscire dal perimetro del McKinley pietrificato e sapeva come agire.
Posò le mani sulla serratura, chiuse gli occhi e liberò il potere. La porta si spalancò con un botto e Kurt mugugnò qualcosa di sospettosamente simile a "troppa grazia, Sant'Antonio!", ma su questo particolare Blaine non poteva giurarci.

L'appartamento era enorme e silenzioso.
Si titrovarono in un enorme ingresso soggiorno decorato con mobili possenti e scuri come elefanti centenari e sul pavimento c'erano dei tappeti così morbidi da desiderare soltanto di sdraiarsi a terra e schiacciare un pisolino.

Ogni posacenere di cristallo, ogni ninnolo, ogni centrotavola gridava "soldi soldi soldi" e per un breve istante Kurt si chiese come mai della gente tanto ben messa come i Gale mandassero il figlio ad una scuola pubblica e omofoba, ma a pensarci meglio Trevor aveva già risposto implicitamente a questa domanda. Il padre voleva che il ragazzino si fortificasse, che divenisse un duro. Probabilmente il genitore era convinto che la scuola pubblica sarebbe stata un'ottima scuola di vita. Non si rendeva conto che suo figlio ne era uscito spezzato.

-Avanti, cerchiamolo- lo riscosse Blaine e insieme si misero a perlustrare le stanze della casa finché non trovarono la camera di Trevor.

Finalmente pensò Kurt piombando in una stanzetta da adolescente che non aveva nulla dello sfarzo del resto della casa.
C'erano poster di cantanti alle pareti. Una chitarra in un angolo, uno stereo con parecchi cd sparpagliati attorno.
E sul letto, abbandonato come un vecchio peluche, c'era Trevor.
Sul pavimento, accanto le sue scarpe, il barattolo delle pillole rosa vuoto.
Vuoto.

-Oddio Trevor- gridò Kurt precipitandosi sul letto e prendendo il ragazzo tra le braccia.

Respirava ancora ma il suo battito cardiaco era piuttosto disordinato. La sua pelle era pallidissima, quasi come quella di un vampiro ed ogni tanto le sue gambe si contraevano in piccoli spasmi.

-Dobbiamo chiamare il 911, Blaine!- urlò quasi Kurt, ma Blaine non lo ascoltava.

Fissava il monitor del computer sopra alla scrivania che restituiva la home del Bay24, il contenitore di racconti usato da Trevor.
Al centro dello schermo faceva bella mostra di sé una barra che, molto lentamente, si stava illuminando accompagnandosi ad una scritta inesorabile: "Erasing File. Time left: 9.42 sec".
Il conto alla rovescia che stava decretando la loro condanna a morte.

-Blaine! Mi hai sentito?- gridò di nuovo Kurt. -Trova un cellulare e chiama il 911!
-No, prima devo fermare questo- rispose Blaine, premendo febbrilmente sull'opzione "stop erasing".

Ma il Bay24 non si lasciava prendere per il naso così facilmente.
"Insert password" richiese l'ostinato programma, senza interrompere il suo lavoro di distruzione.
-Cazzo!- urlò Blaine per la frustrazione e, preso dal panico, digitò a caso tutto quello che gli passò per la testa.

"Insert password": Blaine Anderson.
"Request denied" rispose il Bay24.

"Insert password": Kurt Hummel.
"Request denied".

"Insert password": Trevor Gale
"Request denied".

"Insert password": Fanfiction di merda
"Request denied".

Kurt intanto stava dando degli schiaffetti decisi ma non troppo violenti al ragazzino afflosciato come un germoglio sfiorito, e intanto gli parlava nell'orecchio:
-Dai Trevor, svegliati piccolo. Apri gli occhi. Fammi vedere quel bellissimo colore che hai, dai ti prego.
E quasi come se una divinità remota avesse avuto pietà di lui, i meravigliosi occhi turchese di Trevor si aprirono e incontrarono i suoi.
Kurt si lasciò sfuggire una specie di singulto strozzato di sorpresa e gioia: -Trevor, ti stai svegliando!

Lo sguardo di Trevor rimase insonnolito per alcuni secondi, ma quando mise a fuoco Kurt i suoi occhi si spalancarono così tanto per la meraviglia che sembrarono quasi schizzargli fuori dalle orbite.
-Non è possibile- esalò. -Tu non esisti!

Kurt sorrise, accarezzandogli la guancia: -Certo che esisto. Te l'avevo detto che sarei arrivato in tempo.
Trevor sembrò non capire subito quella risposta, poi annuì: -Ah, sì. Il sogno. Tu sei il sogno.
Kurt scosse la testa in segno di diniego: -No, ascoltami Trevor. Io sono vero. Adesso dimmi dov'è un cellulare e lasciami chiamare il 911.

L'espressione di Trevor divenne dura e, con le poche forze che gli rimanevano, si tirò su staccandosi da Kurt e si accasciò poco elegantemente contro la testata del letto.
-Tu non chiamerai proprio nessuno- rispose il bambino con durezza. -Non esisti, ma anche se esistessi non lo farai.

-Guarda bene come lo faccio, invece- rispose Kurt tirandosi in piedi con tutte le intenzioni di prendere il cellulare di Trevor. -Sono abbastanza sicuro che il tuo cellulare sia nel cassetto del comodino, dove lo tengono tutti i teenagers americani.

-Lo rifarò- minacciò Trevor ottuso. -Se tu mi fermerai io ci riproverò appena ne avrò l'occasione. La prossima volta aprirò la finestra della stanza dell'ospedale e mi butterò giù. Oppure mi taglierò le vene. Se adesso chiami i soccorsi Kurt, non risolverai un bel nulla.

Intanto Blaine non smetteva di scrivere forsennatamente frasi senza senso nella speranza di fermare il Bay.

-No, no! Trevor, devi interrompere questa pazzia subito. Devi fidarti di me. Ti avevo detto che sarei arrivato e l'ho fatto. Adesso credimi se ti dico che stai facendo un errore madornale. La vita ha ancora in serbo per te milioni di sorprese meravigliose.
-Non le voglio vedere- piagnucolò Trevor, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
Adesso stava sudando copiosamente e, con una mano, teneva Kurt a distanza.- Non mi importa niente. Io non voglio vivere. Sono sbagliato. Sono uno scherzo della natura. Un mostro.

- Tu non hai niente che non va. Sei un ragazzo bellissimo e dolce. Sensibile. Pieno di talento. La canzone che hai scritto era meravigliosa. E poi- continuò Kurt con gli occhi pieni di lacrime - mi hai dato una dimensione in cui vivere, mi hai dato la forza di affrontare tante prove. Se sono riuscito ad affrontare il viaggio per raggiungerti è stato perché tu mi hai creato con una forza che anche tu possiedi. Usala per comporre quel numero. Chiama i soccorsi Trevor, ti imploro.

Trevor piangeva copiosamente, in silenzio. Era scosso, tentennante, ma ancora ostinato.
-N... n... non permetto ad un'allucinazione di darmi degli ordini.
-Non sono un'allucinazione. Io sono vero, e tu sei meraviglioso. Ti prego, vivi- adesso anche Kurt piangeva.

Blaine non smetteva di provare combinazioni di parole, a testa bassa ed espressione concentrata nello sforzo vano di salvarli, ma in quel momento ciò che più faceva disperare Kurt era la consapevolezza dell'atrocità di quello che stava avvenendo di fronte a loro.

Perché solo atroce poteva essere la definizione per un ragazzino di neanche quattordici anni che non desiderava più vivere. Perché si sentiva solo, abbandonato, rifiutatato da tutti. A scuola, a casa. Tutto il mondo che gli gridava in faccia che...
-Io sono un mostro- singhiozzò Trevor con il fantasma della sua voce. Non si capiva più se era un delirio o se stava parlando con lucidità. La febbre gli annebbiava lo sguardo e le mani gli tremavano convulsamente. -Mi piacciono i ragazzi, Kurt. E' contronatura. Io sono un mostro. Contro...natura... non degno di.... vita.

Kurt singhiozzava ora senza ritegno.
Non c'era più speranza, il tempo era quasi finito e quello che più lo faceva star male non era il pensiero di stare per morire. Quello che lo annientava era l'ingiustizia che una creatura bellissima come Trevor pensasse delle cose così orribili di se stesso e lui non avesse nessun potere per fargli cambiare idea. Neanche dopo tutto il viaggio che aveva affrontato con Blaine.

Il viaggio.
Blaine.

Le lacrime all'improvviso si fermarono.

Blaine.

Kurt sollevò lo sguardo verso il suo Blaine, l'amore della sua vita che tra poco sarebbe morto con lui.
"Erasing File. Time left: 2.45 sec"

-Maledizione!- gridò Blaine tirando un pugno contro la scrivania.
Poi si avventò su Trevor, che lo guardava con lo stesso stupore con cui si potrebbe guardare un uomo con la faccia di due colori diversi.
-Ti imploro Trevor- gemette Blaine. -Dimmi la password. Ti prego. Poi parleremo e verremo a capo di tutto. Ti giuro che troveremo la soluzione a qualsiasi problema ma per favore, dimmi la password.

-Tu sei Blaine Anderson- cantilenò Trevor ridacchiando. -Che ci fai qui anche tu?
-Per favore, la password.
-Era davvero allucinogena quella robaccia del Redemption- soffiò Trevor, con un piccolo filo di bava che sfuggiva dal labbro inferiore.
Blaine, disperato, prese a scuoterlo nel tentativo di farlo tornare in se stesso. -No, no, no.

Kurt li guardava senza parole, poi la fiammella della consapevolezza definitiva gli illuminò lo sguardo. Si alzò e strattonò Blaine in piedi, spingendolo verso la parete.
-E' finita, Blaine-.gli disse, prendendogli il volto tra le mani.
Blaine scosse la testa, piangendo. -No- mormorò. -C'eravamo quasi.

Kurt gli sorrise dolcemente, reprimendo un singhiozzo, e lo strinse a sè.
-Ti amo Blaine, e ti amerò per sempre- sussurrò prima di baciarlo.

Blaine si abbandonò al loro ultimo bacio con una disperazione devastante, stringendosi a Kurt come per dissolversi in lui. Kurt rispose al suo abbraccio con altrettanto fervore.
Fu dopo pochi secondi che Blaine si accorse che Kurt stava trafficando con le mani sul muro dietro alle sue spalle.
Si staccò dal bacio ancora sconvolto e riaprendo gli occhi aggrottò la fronte notando che nello sguardo di Kurt non c'era più la devastazione e la tenerezza di pochi attimi prima, ma solo una feroce e fredda determinazione.

-Tu non morirai oggi- disse Kurt prima di arretrare di un passo e spintonarlo con tutte le sue forze contro il muro.
Blaine cadde scioccato all'indietro, aspettandosi di sbattere violentemente contro la parete ma solo quando fu troppo tardi si rese conto con orrore che alle sue spalle non c'era più nessuna parete ma un varco di luce azzurra nel quale precipitò scompostamente.

Senza capire come si ritrovò a precipitare nello Spazio Itradimensionale per un tempo brevissimo e insieme infinito, risucchiato e spinto verso un punto preciso che ovunque fosse, era comunque lontano da Kurt.
-No Kurt! Nooooo- gridò Blaine tendendo la mano verso la direzione da cui era precipitato, ma già non si distingueva più nulla e il mondo di Trevor era scomparso nel nulla.

Blaine franò disastrosamente alla Dalton, e già mentre crollava al suolo si rese conto con orrore che la sala comune dei Warblers dove si era schiantato non era una sala qualunque. C'erano da tutte le parti striscioni e striscioni che inneggiavano la squadra di lacrosse.
Blaine si portò le mani tra i capelli, agghiacciato. Poi tutto divenne nero.

***

Kurt aveva richiuso il varco dimensionale immediatamente, appena Blaine ci era caduto dentro. Quando Kurt Elfo il giorno prima gli aveva regalato la capacità di riaprire un unico passaggio per uno dei mondi che avevano già visitato non aveva capito subito la portata di quel dono.

Ma adesso in cuor suo augurò al suo alias tutto il bene del mondo perché comprendeva che in realtà l'Elfo gli aveva donato la possibilità di mettere in salvo Blaine, la possibilità di scegliere di salvare il suo amore e morire da solo.
Per questo gli sarebbe stato eterno debitore.

La barra del Bay24 aveva quasi terminato il suo percorso.
Prima di morire c'era ancora una cosa da fare, e Kurt adesso, negli ultimi istanti, aveva ben chiaro quale fosse.
Forse era la morte imminente, forse era la gioia di essere riuscito almeno a mettere in salvo Blaine, ma adesso tutto era chiaro e cristallino nella sua testa.

Con passo deciso andò verso Trevor che nel frattempo era sceso dal letto e si era accasciato sul pavimento, con la schiena contro al comodino e lo guardava catatonico.
Kurt gli si inginocchiò di fronte e gli prese il volto tra le mani.

Con estrema lentezza, e senza smettere di fissarlo negli occhi, avvicinò le loro fronti. Adesso sapeva cosa fare. Adesso tutto era chiaro e compiuto.
-Tu non sei un mostro Trevor- disse, facendo toccare le loro fronti. -Ho affrontato un lungo viaggio per trovarti e ho incontrato tante persone nel frattempo. Guarda anche tu- e così dicendo rilasciò attraverso il suo sguardo tutti i ricordi che aveva cancellato durante il suo percorso.

Gli occhi di Trevor si spalancarono mentre assisteva nel giro di pochi secondi alle storie di Kurt e Blaine Newyorkesi, Miliardari, Pasticcere, Avvocato, Cheerleader, Avventore, Spogliarellista, Giocatore di Football, Vigile del Fuoco, Oscuroe centinaia di altri ancora. Tutte le loro vicende si susseguivano velocissime, tutto quello che Kurt aveva preso cancellando le tracce del loro passaggio, le loro speranze, i loro dolori, le loro miserie e le loro magnificenze, ora lo stava restituendo a Trevor che le stava guardando a bocca spalancata, pieno di meraviglia.

-Vedi?- diceva Kurt, mentre sentiva che le forze, lentamente, lo abbandonavano. -Ognuno di loro è come te, prova quello che provi tu. Guarda il loro amore Trevor.

Trevor vide un Blaine che si schierava contro alcuni bulli in difesa di Kurt e un Kurt che salvava un Blaine da un padre prepotente, e poi altri Kurt e Blaine che ballavano insieme ed altri ancora che si davano conforto sotto la pioggia autunnale per qualcosa di triste che gli era accaduto. E mille altre piccole scene di vita familiare, tepore, affetto e comprensione.

-Non c'è niente di mostruoso nell'amore, Trevor.- diceva Kurt, continuando a fissarlo negli occhi, senza smettere di proiettere ogni singola memoria che ancora il suo corpo conteneva.
Baci, carezze, conforto, supporto, riappacificazioni, crescita, sostegno.
Kurt e Blaine che piangevano abbracciati, Kurt e Blaine che facevano l'amore, Kurt che rinunciava a Blaine per salvarlo.

Ora Kurt sentiva di non avere quasi più forze, la vita gli stava scivolando via tra le dita come vapore squamoso, come tanti piccoli petali di ciliegio che si staccavano dalla sua pelle ed evaporavano inconsistenti.****

Ma prima, con tutto quello che restava della sua forza di volontà, Kurt fece un'ultima cosa. Richiamò di fronte agli occhi di Trevor tutti quegli alias, glieli schierò davanti come una truppa di soldati e poi, coppia dopo coppia, i doppioni si dissolsero per mostrare altri volti.

-Guardali - esalò Kurt con quel che rimaneva della sua voce. E Trevor guardò tutti quei personaggi col volto dei due attori che tanto gli piacevano trasformarsi nel volto di uomini e donne, ragazze e ragazzi dall'aspetto comune e dai nomignoli più disparati: iknowainteasy, zavocado, CPCoulter, Laugs, Crisscolferlove, ckofshadows, cacophonylights, yadiva,Chazzam, Roberta, CandyKlaine, Schifottola, Joyfulcarrie, Morena e tanti tanti altri ancora.

-Li vedi ? Sono tutte persone che vivono nel tuo mondo.Quelle persone sono reali, non sono personaggi di una storia, non sono allucinazioni. Sono tutte persone vere... e tutte quante pensano... che tu... sei ... perfetto.

Trevor tirò indietro la testa e i suoi occhi, ora di nuovo vigili, cercarono invano quelli di Kurt che si faceva di istante in istante più inconsistente, mentre le squame evanescenti del suo essere volteggiavano nell'aria disperdendosi come un sogno all'auora.

Kurt sparì in un soffio di brezza, portando con sè la sua ultima frase: -Vivi, Trevor.
Poi nella stanza cadde il silenzio più irreale.

Trevor rimase ansimante, con la schiena premuta contro il comodino, mentre sul monitor del computer lampeggiava la scritta: "File deleted".

Il ragazzo sollevò tremante una mano e sfilò, dal cassetto alle sue spalle, il cellulare.
La vista era annebbiata, la mano inaffidabile. Ma forse, per la prima volta da giorni, riusciva a pensare con lucidità.
-Risponde il 911- disse una voce cordiale.
Trevor pensò a Kurt, poi sussurrò: -Vi prego, aiutatemi.

****

Note di Oldlady:

Ahem...
Ok, lo so che voi adesso volete uccidere anche me tra atroci torture e terribili maledizioni ma, per favore, prima di scatenarmi addosso una macumba, aspettiamo l'epilogo, ok?

Dobbiamo ancora scoprire se i soccorsi arrivano in tempo.
E poi Blaine e Isabelle come si adatteranno a questa fine degli eventi? E poi... beh come ho già detto la parola fine si scrive alla fine dell'epilogo.
Se mi avete dato fiducia fino a qui datemi fiducia ancora per qualche giorno e aspettate giovedì, quando posterò il finale e spunterò la casella "completa" e mi rimetterò al vostro giudizio. E ricordatevi che, come diceva Il Corvo, non può piovere per sempre

**** La scena della morte di Kurt è un mio personale omaggio ad una delle opere che mi hanno ispirato nella costruzione di questa storia, ovvero le Tsubasa Reservoir Chronicles. Ho pianto per giorni quando muore il clone di Sakura.

Un bacio a tutte, a giovedì! Ah, e come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate. Questo l'indirizzo facebook:

http://www.facebook.com/oldlady.onbooks

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Capitolo 21
*** Epilogo ***








Epilogo


C'erano facce senza volto che si avvicendavano sopra di lui, toccandolo, sollevandolo, palpandolo, ma Trevor non percepiva granché di quello che veniva fatto al suo corpo.

Voci ovattate e distorte gli chiedevano cose che non riusciva a comprendere e qualcuno ad un certo punto gli infilò in gola un tubo che sembrava non finire più.
Forse uscirà dal sedere e mi cuoceranno allo spiedo, pensò meravigliandosi di non percepire nessuno stimolo al vomito a quella intrusione.

Poi ci furono aghi che lo punsero e macchinari che emisero strani suoni. Gente che urlava. Qualcuno piangeva, ma chi era?
Un uomo vestito di bianco gli diede degli schiaffetti antipatici e un'infermiera brutta gli infilò un catetere. Trevor non avvertì dolore ma percepì chiaramente la propria voce dire: "puttana".

Poi sua madre si avventò su di lui urlando e bagnandogli il collo di lacrime sgradevoli. Ecco chi era che piangeva. Qualcuno la afferrò per le spalle e la trascinò via. Trevor ringraziò mentalmente quella persona.

Tutti gridavano, oppure erano i suoi sensi alterati che gli restituivano le voci distorte e stridule, eppure nonostante gli schiamazzi perforassero la sua testa lui si sentiva grato di quegli strepiti. Finché avvertiva urla e dolore, era ancora vivo.

Tutto quello a cui Trevor riusciva a pensare, mentre sveniva e riprendeva coscienza a ripetizione, erano un paio di occhi cerulei che lo fissavano trepidanti. Sì, doveva farcela.
Adesso Trevor voleva vivere.

***

Blaine aprì gli occhi e seppe subito di trovarsi nella Sala dello Specchio, sdraiato a terra, ancor prima che la sua vista mettesse a fuoco i particolari del soffitto a volte.

Non ci fu bisogno di alzarsi e guardare la stanza per sapere che la luce azzurra era tornata al suo posto, dentro la decima teca. Lo sentiva dentro di sé, avvertiva chiaramente la mancanza del potere arcano nelle fibre del suo essere.

Ma la mancanza più profonda e lacerante che sentiva non era quella del potere magico, c'era un'assenza più incolmabile che faceva gridare di dolore ogni singola cellula del suo corpo e non ebbe bisogno di cercare Isabelle o di chiederle spiegazioni per sapere cosa era accaduto a Kurt.
Lo sapeva già.
Se lo sentiva fin nelle ossa.

Prima di rendersi conto di qualsiasi altra realtà la Sala dello Specchio fu invasa da delle urla atroci di qualcuno che piangeva disperatamente.
Chi c'era lì con lui, a gridare come un animale in agonia?
Occorsero diversi istanti a Blaine per rendersi conto di essere solo nella stanza.
L'animale in agonia era lui.

***

Trevor non sapeva quanti giorni fossero passati dalla sua chiamata al 911 ma adesso la sua percezione del tempo era più ordinata.
Era consapevole che il giorno e la notte si avvicendavano ancora, anche se non riusciva a dire quanti ne fossero trascorsi.

Aveva cambiato stanza però: non si trovava più in quella scura con tanti macchinari e una tenda trasparente attorno alla brandina. Adesso giaceva in una stanzetta chiara, vicino ad una finestra.
E sua madre stava spesso seduta al suo fianco tenedogli la mano. A volte gli parlava anche.

Trevor non capiva bene cosa gli dicesse. Non riusciva a seguire frasi troppo lunghe o articolate.
Qualche volta la mamma gli aveva chiesto se aveva sete o se aveva freddo e lui era riuscito ad emettere una risposta coerente, ma poi perdeva il filo tutte le volte che il discorso diventava più lungo.

Anche suo padre passava spesso di lì, ma non si avvicinava mai al letto. Rimaneva fermo sulla porta e non diceva nulla. Trevor lo guardava dal lettino e non riusciva a capire se fosse un frutto della sua immaginazione perché il padre che vedeva sull'uscio della stanza d'ospedale aveva gli occhi cerchiati dalle lacrime, e questa era una cosa abbastanza incredibile.

Ma tutta la poca attenzione che riusciva a recuperare dai lunghi momenti di annebbiamento Trevor la catalizzava sull'unica cosa che riuscisse ad interessarlo: Kurt.

***

Blaine rimase alcuni giorni nella Sala dello Specchio.
All'inizio non fu in grado di quantificare il tempo. Sapeva solo che Isabelle ad un certo punto doveva avergli preparato una brandina e in qualche modo si occupava di lui perché ogni volta che rinveniva dopo aver pianto e urlato fino a svenire, si risvegliava avvolto da una coperta che qualcuno amorevolmente gli aveva drappeggiato addosso. E anche i suoi vestiti venivano cambiati.

Non che a lui importasse in ogni caso.
A Blaine non importava più nulla: aveva davanti agli occhi Kurt che gli sussurrava :
-Ti amo Blaine, e ti amerò per sempre- prima di baciarlo per un'ultima volta.

Blaine a quel punto si contorceva a terra, tremando e desiderando solo di annullarsi, mentre in bocca sentiva ancora il fantasma del sapore del suo amore perduto.

Non lo avrebbe baciato mai più. Non avrebbe mai più sentito il suono della sua voce. Non ci sarebbe mai più stata quella scintilla dorata nel suo sguardo tutte le volte che Blaine avesse fatto un'espressione buffa. Era finito tutto, e lui non riusciva a trovare una singola buona ragione per andare avanti.


-Tu non morirai oggi- gli aveva detto Kurt, e a lui ora quella vita sembrava una condanna peggiore della morte.

***

-Davvero non mi manderete al Redemption?- chiese Trevor incredulo, senza alzare lo sguardo dalla coperta appoggiata sulle sue ginocchia.


Era ormai da più di dieci giorni che il ragazzo aveva ripreso la piena padronanza delle sue funzioni intellettive e psicomotorie. Lo avevano staccato dalle macchine e presto gli avrebbero tolto anche la flebo.

In realtà Trevor era sicuro di essere già in grado di tornare a casa ma sospettava che lo tenessero ricoverato ad oltranza per poterlo tenere sotto controllo. In un qualche momento non meglio precisato della sua convalescenza, sicuramente dopo essere stato dichiarato fuori pericolo ma comunque mentre si trovava ancora in uno stato confusionale, i suoi genitori lo avevano fatto trasferire in una clinica privata e lì, si sapeva, più si pagava e più la convalescenza si protraeva in una nuvola di bambagia.
Ma, per quanto ora sua madre e suo padre lo trattassero con atteggiamento completamente diverso da quello di prima, mai si sarebbe aspettato una notizia simile.
-Mamma, non mi stai prendendo in giro, vero?


La signora Gale annuì con forza. -Io e papà abbiamo parlato tanto in questi giorni. Quello che hai fatto ci ha sconvolto, non posso negarlo. E siamo furibondi con te, per aver tentato una cosa così... così...
-... una cosa così stupida mamma, lo so- mormorò Trevor abbassando ancora di più lo sguardo. Da quando avevano inziato quella conversazione il ragazzo aveva sempre evitato di guardare sua madre in faccia.
-Esatto, una cosa così stupida- la donna rimarcò con voce incrinata, poi trasse due profondi respiri per non scoppiare a piangere di fronte a suo figlio per l'ennesima volta. -Tuttavia abbiamo realizzato che l'esperienza del Redemption Lake Camp, l'anno scorso, ti ha sconvolto così tanto da farti preferire una scelta del genere piuttosto che tornarci. Quello che accade in quel posto non può essere positivo, se questi sono i risultati.


Trevor non disse nulla.Le trame del suo lenzuolo divennero se possibile ancora più interessanti, tanto da mettersi a tracciare avanti e indietro con l'indice misteriosi ghirigori lungo i fili che si intrecciavano.
Sua madre non si scompose. Lo psicologo dell'ospedale l'aveva avvertita di quei comportamenti.


-Io e tuo padre abbiamo acconsentito ad andare a delle sedute di psicoterapia familiare.
-Uh?- fece Trevor, sollevando la testa.
Buon segno pensò la signora Gale.
-Sì. Abbiamo acconsentito a frequentare, insieme a te, per tre giorni a settimana, delle sedute di psicoterapia che si terranno al consultorio del nostro quartiere. Il dottor Brusher è molto stimato sia in ambito medico che nella comunità LGBT.
Le mani di Trevor smisero di grattare la stoffa del lenzuolo: - La comunità LGBT?


La signora Gale annuì e Trevor lentamente, molto molto lentamente, si voltò a guardare sua madre negli occhi. -Vogliamo provare a capire- disse la signora Gale. -Non ci riusciamo, non ancora almeno. Ma vogliamo provare.
Trevor ripensò a tutto quello che era accaduto in famiglia negli ultimi anni e pensò che più di quello non era umano chiedere.

***

Blaine iniziò ad accettare l'aiuto di Isabelle.

Quando lei gli dava qualcosa da mangiare, lui mangiava, anche se difficilmente la sua mente registrava il sapore.

Smise di urlare, ma non di piangere. Adesso però accettava di farlo tra le braccia della sua amica.

Dentro le orecchie gli risuonava in continuazione quel: -Tu non morirai oggi.
Era stata l'ultima frase che Kurt gli aveva detto, il suo testamento. Sapeva che doveva andare avanti, che il suo amore avrebbe voluto questo per lui. Che Kurt gli aveva praticamente ordinato di andare avanti, con quello spintone.


Lentamente Blaine decise che lo avrebbe fatto, in qualche modo.
Si sarebbe sollevato dalla brandina e avrebbe ricominciato a respirare, portare in giro il suo corpo, conversare con le persone cercando di ascoltare quello che avevano da dire, vivere.
Ma non oggi. Oggi avrebbe pianto ancora un po'.

***

La prima vera domanda che rivolse ad Isabelle non riguardò né Kurt (era morto, a Blaine non serviva di sapere altro) né Trevor (onestamente non gliene fregava niente di che fine avesse fatto).
-Come è andato il tuo esame?- chiese, sforzandosi con tutto se stesso di provare un minimo di interesse per la risposta.


Isabelle ghignò: -Non ci crederai mai! Quei coglioni per farmi affossare hanno pilotato l'esame. Hanno fatto vergere tutte le domande su un'unico argomento.
Blaine sapeva che Isabelle voleva sentirsi chiedere
quale?.
Blaine forzò la sua voce a chiedere: -Quale?


-La produzione letteraria di Stephen King nel primo periodo della sua carriera. Quei deficenti, quando mi hanno vista al colloquio di presentazione hanno pensato che io fossi la tipica fighetta tutto shopping e fidanzati, una di quelle che legge i libri della Kinsella e si disegna le margheritine sulle unghie. Mi hanno tartassato su Cujo Blaine. Cujo! E' da quando mi ricordo che chiamo tutti i miei criceti col nome di Cujo. Attualmente sono arrivata a Cujo IX!
Blaine annuiva distrattamente.Ricordò che una volta Kurt gli disse che da piccolo aveva avuto anche lui un criceto e ricacciò con tutte le sue forze le lacrime che stavano tornando.

-Quindi come è finita?- chiese con voce rotta.
-E' finita che sono la prima persona nella storia ad aver superato un KLAUGE- annunciò trionfante Isabelle. -E permettimi di aggiungere che l'ho superato con un punteggio strepitoso: 93 risposte esatte. Nei piani alti si parla ancora della mia performance. Inoltre... -aggiunse con tono più dolce e leggermente titubante.
-Inoltre?


Isabelle indicò con la testa la decima teca: -Ho rimesso la luce al suo posto. Questo particolare, per tutta una serie di circostanze favorevoli, mi ha reso una mezza eroina ai loro occhi. Non solo non mi hanno licenziata, ma adesso nel settore sono diventata una specie di pezzo grosso. E il fatto che Trevor si sia salvato mi ha fatto anche diventare piuttosto famosa negli ambienti dei Custodi.
Blaine annuì con amarezza. Erano tutti felici e contenti, dunque. Ognuno, tranne Kurt, poteva tornare alla bella vecchia vita: Trevor, Isabelle e anche...


-Io non ci torno alla Dalton- sibilò Blaine.
-Devi- rispose Isabelle inflessibile.-Puoi rimanere qui a leccarti le ferite ancora per un po', ma alla fine dovrai risalire quelle scale e tornare al tuo mondo.
Blaine a quel punto aveva uno sguardo assassino: -Non sarò mai più la stessa persona.
-Nessuno te lo chiede, tesoro.
-Potrei uccidere Sebastian, se tornassi al mio vecchio mondo.


Isabelle gli mise una mano sulla spalla: -Non è Sebastian il responsabile dei tuoi problemi - ma a quelle parole tutto quello che Blaine vide di fronte agli occhi fu il viso di Kurt spaventato mentre veniva risucchiato nello Spazio Intradimensionale da solo, le loro mani staccate perché un Sebastian ubriaco si era avvinghiato a Blaine.
Gli occhi di Kurt in quel momento avevano assunto una sfumatura grigia, come gli accadeva sempre quando si sentiva perduto e qualcosa nel petto di Blaine, a quella memoria, si accartocciò.-Tienimelo lontano Isabelle, o lo ammazzo- si limitò a rispondere. Non era Sebastian che aveva innescato il Bay 24, Blaine lo sapeva bene. Ma gli occhi di Kurt erano diventati grigi per colpa di Sebastian e già solo per quello valeva la pena di odiarlo.


-In realtà ho già provveduto- rispose la donna.
-E come?
-Ho fatto in modo che l'Autrice del tuo mondo... come dire... si distraesse. Qualche giorno fa è arrivato alla tua Dalton un nuovo studente. Un messicano molto carino. Ho fatto in modo che la nostra scrittrice andasse in fissa con questa nuova coppia e praticamente in questo momento la nostra giovane Anais Nin dei poveri sta scrivendo pagine e pagine di intreccio tra questi due. Di te... diciamo che si è dimenticata.
-Si può fare?- chiese Blaine perplesso.
-Per una che ha passato il KLAUGE con 93 risposte esatte? Questo e altro! Ma adesso devi farti forza, Anderson. Devi provare a rimetterti in sesto.

Forse, senza Sebastian tra i piedi, tornare alla Dalton sarebbe stato tollerabile, pensò prima di ricordare il profumo di cocco e vaniglia dei capelli di Kurt che lo aveva accompagnato nel mondo dei sogni tutte le volte che si era addormentato poggiando la testa vicino a quella del suo amore e subito Blaine si rimangiò il pensiero. No. Niente sarebbe più stato tollerabile.
-Tu non morirai oggi- bisbigliò il ricordo di Kurt nel suo orecchio.
-Ci proverò- rispose Blaine, non troppo sicuro se rivolto a Isabelle o a Kurt.

***


Gli ci volle un'altra settimana per tornare di sopra.
Alla fine, siccome tutto gli era indifferente, Blaine decise che in fondo gli era indifferente anche l'idea di riprendere a stare alla Dalton.
Sebastian provò ad avvicinarglisi il primo giorno in cui si rifece vedere a lezione. Isabelle aveva giustificato la lunga assenza di Blaine agli altri insegnanti adducendo un viaggio di famiglia e ora che il ragazzo si mostrava di nuovo in classe qualcuno gli aveva chiesto distrattamente delle località che aveva visitato.
-Sono stato in una terra degli elfi, poi in 12 New York e almemo 51 Dalton alternative- rispondeva Blaine con strafottenza, ma tutti pensavano che stesse scherzando e tiravano oltre.

Sebastian invece, nonostante la nuva ship franco-messicana in corso, non gli chiese nulla ma si limitò a provare a toccarlo in un momento in cui erano rimasti soli nel corridoio. Blaine gli afferrò il polso con un movimento rapido come quello di un aspide e sibilò: -Toccami ancora e sei morto. Morto.
Evidentemente nel suo sguardo dovette esserci qualcosa di convincente perché Sebastian non si avvicinò più a lui.

***

Anche se le cose stavano lentamente migliorando le notti di Trevor erano più insonni che mai. Eppure le sedute di psicoterapia familiare stavano andando abbastanza bene.

Certo, non erano rose e fiori.
Ancora non si erano iniziati i discorsi seri, quelli che nei film finiscono sempre con un momento catartico in cui tutti si abbracciano e rivelano i loro segreti e le loro paure più inconfessabili ma alla fine si rinnovano il loro imperituro amore. No, erano molto lontani da quella fase. Eppure Trevor vedeva chiaramente i progressi e i miglioramenti della loro situazione.

Prima di tutto il dottor Brusher aveva convinto i suoi che l'ambiente scolastico era stato una grandissima fonte dello stress che l'aveva condotto a fare quello che aveva fatto e insieme avevano concordato di lasciargli finire l'anno scolastico a casa. Al pensiero di non essere più costretto a vedere Mitch tutti i giorni Trevor si era sentito letteralmente rinascere. Inoltre lo psicologo aveva provveduto a dare ai Gale una serie di opuscoli di presentazione di tre diverse scuole, tutte nel raggio di un'ora di macchina, più adatte alla sua situazione.

-Sono licei con una forte politica di accettazione multiculturale e tolleranza zero verso il bullismo. Inoltre hanno numerosi corsi di teatro, musica e poesia, così che Trevor potrebbe anche approfondire le sue passioni.
Trevor sfogliava i volantini, mentre i suoi genitori e il dottore parlavano dei pro e dei contro di quelle scuole. Certo, non erano sicuramente la Dalton, pensò con un sorriso guardando la foto di un aula magna con delle sedie di plastica piuttosto asettiche e una sala mensa un po' minuscola che il fotografo non era riuscito a rendere luminosa. Però il dottor Brusher stava garantendo proprio in quell'isatante con molto fervore che in quelle scuole nessuno si sarebbe mai permesso di prenderlo in giro o di bullizzarlo e in fondo, non era questo quello che contava?

Suo padre e sua madre ascoltavano il dottore annuendo. Suo padre aveva perfino acconsentito a permettergli di riprendere a studiare la chitarra, cosa fino a poche settimane prima impensabile.

***

Ma, nonostante gli indiscussi progressi che la sua vita stava abbracciando, Trevor la notte non riusciva a dormire.
Quando tornò a casa la sua insonnia e il suo senso di agitazione divennero ancora più insostenibili. Il ragazzo sapeva perfettamente il perché.

Tutte le volte che dal letto sollevava lo sguardo verso la scrivania i suoi occhi si posavano sullo schermo del computer e gli sembrava di rivedere la scritta "File deleted" che aveva segnato la fine della vita di Kurt.
Lui lo aveva ucciso.
Trevor adesso conosceva tutta la storia, gliela aveva mostrata Kurt negli ultimi istanti ed era stato proprio grazie a quel suo estremo gesto che aveva ritrovato la voglia di vivere. Kurt aveva salvato la vita, a lui, al suo assassino, e questo pensiero tormentava le notti (e gran parte dei giorni) di Trevor.

Spesso per mettere a tacere i suoi rimorsi il ragazzo si diceva che si era trattato di un sogno, un'allucinazione dovuta alle pillole, e che tutto quello che era accaduto nell'ultimo quarto d'ora prima della sua telefonata al 911 era stata un'illusione.
Ma i rimorsi non si placavano.
E anche se era stata un'illusione, quell'illusione gli aveva salvato la vita. Al prezzo della sua.

-Stai zitto!- gemette il ragazzino contro il computer spento, tirandogli un cuscino.

Era l'ennesima notte insonne e nonostante tutti i suoi sforzi il monitor nero sembrava fissarlo come un mostro nascosto in una voragine senza fondo.
Il cuscino mancò clamorosamente il computer e andò a colpire lo scaffale subito sopra, facendo cadere un paio di quaderni.

Sbuffando spazientito Trevor scese dal letto per recuperare il guanciale e tentare di nuovo di prendere sonno, quando il suo sguardo si posò sui due quaderni caduti a terra.
"Trevor Gale- Geometria" c'era scritto sulla copertina con una calligrafia ordinata.
Trevor lo prese e lo sfogliò, mentre l'ibrido di un'idea prendeva forma nell'anticamera del suo cervello.
Trovò subito quello che cercava, scritto su mezza pagina subito dopo un problema ben fatto:

"Era il primo giorno di scuola del suo junior year e quell'anno Kurt Hummel era più che mai deciso di non lasciarsi piegare dalle prese in giro e dall'ostilità dei bulli del McKinley."

Era l'incipit della sua storia.
Trevor ricordava benissimo di avere iniziato a scriverla uno dei primi giorni di scuola dell'anno precedente, quando si era accorto di aver finito i problemi di geometria molto prima dei suoi compagni.

Aveva iniziato a buttare giù le frasi che gli venivano in mente e poi quel pomeriggio le aveva ricopiate nel Bay24 e pubblicate come primo capitolo. Poi, nei giorni successivi aveva fatto lo stesso. Ogni volta che a scuola si era annoiato aveva preso il quaderno che aveva sotto mano ed era andato avanti a scrivere un pezzetto della storia di Kurt. Un paragrafo sul quaderno di Letteratura Inglese, un paragrafo su quello di Storia dell'Arte, un paragrafo su quello di Chimica. Si annoiava molto Trevor alla sua vecchia scuola, in effetti.

Poi quando la sera caricava il suo lavoro on line, non faceva altro che copiare quello che aveva già scritto.
Trevor adesso stringeva il quaderno così forte da farsi venire le dita bianche.

Se la storia della luce azzurra era vera, e se lui aveva ben capito come funzionava, questo significava che adesso lui teneva tra le mani non solo un semplice quaderno, ma un frammento del mondo di Kurt. E anche un frammento di Kurt stesso.
Sì, perché lui era l'autore di quella storia, lui gli aveva dato vita.
E se lo aveva fatto una volta, poteva farlo anche una seconda.

Trevor fissò lo scaffale con i suoi libri scolastici e, senza ulteriori esitazioni, ci si avventò sopra, buttando tutto all'aria.
Non era finita, si disse mezzo euforico gettando a terra i libri e afferrando i suoi vecchi quaderni come se fossero tesori preziosi.
"Geografia" (capitolo due della storia), Statistica (capitolo sei della storia), Educazione civica (metà del capitolo quattro).
In capo ad un quarto d'ora tutti i libri di Trevor giacevano sparpagliati a terra, ma stretti tra le mani del ragazzo c'erano otto quaderni dell'anno precedente che tutti insieme avrebbero rimesso le cose al giusto posto.
-Ti farò tornare, Kurt- disse Trevor sedendosi di fronte allo schermo e accendendo il programma di videoscrittura.

Per le successive due ore Trevor scrisse, anzi copiò parola per parola, la sua vecchia storia.
Trovò anche un paio di errori di ortografia ma non li corresse. Aveva paura che, cambiando anche solo una virgola di quello che era stato il suo vecchio lavoro il risultato sarebbe stato diverso. Lui non voleva dare la vita ad un Kurt simile al vecchio. Trevor rivoleva proprio lui, quello che gli aveva salvato la vita. Quindi lasciò gli errori, anche se sapeva che una volta caricato sul Bay24 probabilmente avrebbe ricevuto delle recensioni ironiche per quei quattro strafalcioni e copiò, copiò e copiò forsennatamente per due ore.

Avrebbe voluto che qualcuna delle inservienti aiutasse Kurt quando i bulli avevano strappato il suo taccuino, ma non cambiò il paragrafo, e lasciò quella scena tale e quale alla prima volta.
E quando arrivò al punto in cui Karofsky minacciava Kurt di sfregiargli il volto avrebbe tanto voluto che fosse lui a ferirsi con quei vetri, ma anche lì non intervenne.
Se voleva riavere lo stesso Kurt, doveva riscrivere la stessa storia, parola per parola. Non c'era scelta.

Copiò finché la stanza non fu illuminata dai leggeri bagliori dell'alba e non si fermò nenche quando sentì la sveglia suonare nella stanza dei suoi genitori. Andò a ritrovare le parti che mancavano tra alcuni paragrafi, ricordandosi che qualche volta si era appuntato un paio di cose nel suo diario scolastico e alla fine, quando ormai i suoi polpastrelli sembravano volersi staccare dalla falange per protesta, digitò la frase:

"Kurt si avviò verso la gradinata, mettendo a tacere la paura che gli gridava di scappare via e tenersi il più lontano possibile da quel cortile."

Ecco, quella era l'ultima cosa che aveva scritto prima di fermarsi, perché poi non aveva più avuto voglia di andare avanti, non aveva voluto continuare perché non aveva più avuto fiducia in quella storia.

Trevor aprì il Bay24 e si posizionò sull'opzione "carica nuovo file".
L'anno scorso la storia si era fermata perché Trevor non credeva di avere più niente da dire.
-Ma adesso ci credo, Kurt. Ci credo- sospirò, premendo il tasto
invio.

***

Kurt trasse un profondo respiro e aprì gli occhi.

C’erano solo due certezze in quel momento: sopra di lui il cielo era limpido e sotto di lui il cemento era freddo.

Si rialzò da terra un po' dolorante, cercando di rimettere in sesto i pensieri.
Tutto attorno a lui gli studenti del McKinley stavano pranzando spensierati, godendosi il sole di una delle ultime piacevoli mattinate autunnali di quell'anno.

Kurt guardò la scalinata sopra di lui e, quasi automaticamente, salì il primo gradino.
E ricordò perché la scalinata era vuota. Ricordò le minacce dei giocatori di football e le intimidazioni di Karofsky.
Poi salì il secondo gradino e trattenne il respiro.
Ricordò il McKinley pietrificato.
Al terzo gradino ricordò Blaine e i loro primi giorni nella scuola.
Al quarto ricordò Trevor.
Per quando arrivò al decimo gradino Kurt aveva ricordato tutto.

Si girò tremante a guardare di nuovo il cortile.
Tutti facevano allegramente gli affari loro e nessuno badava a lui, solo, al centro della gradinata, che piangeva in silenzio tutte le sue lacrime.

Kurt non era uno sciocco e aveva capito che cosa era accaduto: Trevor aveva dato di nuovo vita alla storia e adesso era arrivato al punto dove la volta scorsa si era interrotto. E aveva deciso di proseguire.
Nessuno badava a lui, che piangeva disperato, cercando inutilmente di non farsi sopraffare dalla devastazione che sentiva.

Certo, Kurt era felice che Trevor si fosse salvato, e che avesse ricominciato a scrivere, ma questo non cambiava la sua condizione.
Aveva perso Blaine. Per sempre.
E come se questo non fosse sufficiente a rendere la sua vita insopportabile adesso sapeva anche quello che stava per accadere: presto sarebbe arrivato Karofsky e lo avrebbe picchiato perché lo stava sfidando salendo sopra a quella scalinata. Questo pensiero quasi lo risollevò un po' perché se era fortunato magari il dolore per i pugni gli avrebbe fatto dimenticare per un po' quello del suo cuore spezzato.
Ma poi ci sarebbe stata la parte peggiore, perché Kurt conosceva quello che il destino (cioè Trevor) aveva in serbo per lui: Karofsky.

Lui e Karofsky si sarebbero innamorati e solo il pensiero gli faceva venir voglia di gettarsi da quelle scale a testa in giù.
Ma perché, perché aveva ancora memoria di quello che gli era accaduto? Perché la sorte non era stata abbastanza clemente da fargli dimenticare tutto?

Kurt bloccò subito quel pensiero codardo e cercò di asciugare le lacrime, senza riuscirci.
Dimenticare tutto significava dimenticare Blaine, e forse era per quello che non era accaduto. Forse lo strano Dio che regnava sui mondi della luce azzurra aveva voluto lasciargli il ricordo di Blaine come unico e ultimo conforto.

-No Blaine, io non ti dirò mai addio- mormorò Kurt, rivolto al nulla di fronte a sè.
Fu in quel momento che sentì un rumore di passi e una mano che si posava leggera sulla sua spalla.
-Scusa posso farti una domanda?- disse una voce che, no! ,era assolutamente impossibile si trovasse lì.
Kurt si voltò col cuore in gola e trattenne il respiro.
Sulla scala, alle sue spalle, bello come un dio nella sua divisa della Dalton, con i raggi del sole che illuminavano i suoi riccioli scomposti per la corsa, c'era lui. Blaine.

Blaine che gli sorrideva come se avesse appena visto la cosa più bella dell'universo.
Blaine che scese un altro gradino e, facendo un gesto ampio con la mano verso tutto quello che li circondava, aggiunse: -Sono nuovo qui.

Anche la sua voce era incrinata dall'emozione, e anche i suoi occhi erano lucidi.
Per un attimo la gioia più selvaggia invase il cuore di Kurt che fece per colmare l'ultimo passo che li divideva e unire le loro labbra ma, all'ultimo si ritrasse portando una mano alla bocca.
-No, questo no- disse, scuotendo la testa forsennatamente.
Perché quella forse era la peggior condanna che poteva capitargli. Peggiore ancora di Karofsky.

-Kurt, amore mio. Sono io, sono Blaine. Shhhh, basta piangere, basta- mormorò Blaine avvicinandosi per abbracciarlo, ma l'altro lo respinse.
-Mi dispiace- mormorò Kurt- so che tu non te lo meriti, e probabilmente non capisci neanche quello che io intendo, ma io non posso starti vicino. Sono sicuro che tu sia un ragazzo meraviglioso, non ho alcun dubbio, sul serio. Ma tu non sei il mio Blaine, e non potrai mai esserlo.

Adesso Kurt capiva cosa stava facendo Trevor.
Per tentare di ringraziarlo del suo salvataggio il ragazzo aveva inserito il personaggio di Blaine nella sua vecchia storia, e probabilmente adesso loro due sarebbero finiti insieme.

Ma Trevor non si rendeva conto che quello lì non era davvero l'uomo che Kurt amava. L'uomo che lui amava si trovava adesso ad universi di distanza, in una Dalton dominata dai giocatori di lacrosse, da solo. Era stato lui stesso a spedircelo e non lo avrebbe rivisto mai più.

Questo meraviglioso, stupendo ragazzo che adesso gli stava di fronte e che lo guardava con sguardo pieno d'amore sarebbe stato solo un'ulteriore e crudele tortura per il suo cuore lacerato.
-Perché sorridi?- gli chiese, sconfitto. -Ti ho appena detto che non voglio avere niente a che fare con te. Tu non sei il mio Blaine.
Blaine sorrise e si mise una mano in tasca.
-Sono proprio io, Kurt- rispose, aprendo la mano e mostrandogli il suo contenuto.


C'era qualcosa di strano nell'aria quella mattina, alla Dalton.
Era da quando si era svegliato che Blaine faceva fatica a capire cosa stesse accadendo. Prima di tutto non c'erano striscioni appesi a destra e sinistra sulle ultime cazzate della squadra di lacrosse. E poi Sebastian non si vedeva da nessuna parte, non che gli importasse ma l'assenza del fastidio che il ragazzo gli procurava era fin troppo piacevole per non essere notata. E poi l'aria che si respirava per i corridoi era diversa: più formale, più seria, più distinta.

Ma quello che veramente gli fece scattare un campanello d'allarme fu quando tutti gli studenti si radunarono in sala comune per ascoltare una performance improvvisata dei Warblers come se fossero delle rockstar.

-Isabelle! Isabelle!- gridò Blaine correndo verso l'aula di francese.
-Signor Anderson, cos'è questa confidenza?- rispose la donna con tono glaciale. -L'unico modo in cui lei è autorizzato a chiamarmi è professoressa Morel, sono stata chiara?
Ma Blaine la ignorò completamente. -Questa non è la mia Dalton! Dove sono? Che posto è?

Isabelle sorrise nel vedere Blaine scosso dal suo stato di apatia per la prima volta da settimane a quella parte.
-Può darsi, signor Anderson, che da qualche parte un ragazzino abbia ricominciato a scrivere una vecchia storia lasciata in sospeso e che adesso lei sia ospite di una differente Dalton.

Blaine la fissò perso per qualche istante, poi comprese e i suoi occhi si spalancarono per la meraviglia. -Ma Trevor non ha il potere di farmi cambiare mondo- mormorò impedendosi con tutte le sue forze di sperare. Non poteva sperare e poi venire deluso. Ne sarebbe uscito ancora più distrutto.

-Trevor non ha quel potere, ma io sì- rispose Isabelle facendogli l'occhilino. Poi aggiunse, gongolando: -Non dimenticare che sono l'unico Custode al mondo ad aver risposto correttamente a 93 domande su 100.

Blaine continuava a guardarla, allucinato.
No, non ci poteva credere. Non era possibile.

Isabelle tornò seria: -Signor Anderson, credo che lei non si senta bene. La vedo particolarmente pallido e spento, in questo ultimo periodo. Penso che la dispenserò dal seguire il resto delle lezioni, oggi. Vada a fare una passeggiata piuttosto, c'è un bel sole di fuori.
E detto questo gli tirò qualcosa che Blaine afferrò al volo. Le chiavi della sua macchina.

Isabelle adesso stava scrivendo qualcosa sul registro e senza alzare lo sguardo dal suo lavoro aggiunse: -Tra un paio d'ore al McKinley inizia la pausa pranzo.
Blaine volò fuori dalla stanza.



Kurt guardava il piccolo oggetto che Blaine aveva appoggiato nel palmo della sua mano. Un minuscolo origami giallo tutto sgangherato. Avrebbe dovuto assomigliare ad un fiore, almeno nelle intenzioni, e invece sembrava di più una papera.
-Sono proprio io, Kurt- mormorò Blaine, ma non cercò di avvicinarsi e lasciò a Kurt il suo spazio.

Lentamente il ragazzo si portò una mano in tasca.
Ormai nelle sue tasche non c'era più nulla, né la canzone di Trevor, né la busta di Blaine Oscuro, nulla.
Gli era rimasto un ultimo oggetto. Uno dei primi origami che il suo Blaine, quello vero, gli aveva donato. Lo aveva portatato con sè in tutto il suo viaggio e si trovava ancora lì.
Lo aprì, anche se ormai era tutto logoro e con i bordi sbrindellati, e lo mise vicino a quello che questo Blaine gli aveva dato.

Erano identici.
Due identiche papere storte.
Kurt sollevò gli occhi e li incatenò a quelli di Blaine.
-Solo tu, in tutto l'universo, puoi fare un origami così brutto- disse scoppiando a ridere.

Era lui, sì era lui.
Era il suo Blaine, e adesso lo sarebbe stato per sempre.

Tutto quello che seppe dopo fu che erano l'uno nelle braccia dell'altro, a baciarsi tra lacrime e risate, stretti e tremanti, mentre sotto nel cortile della scuola nessuno badava a loro.

Rimasero abbracciati a dirsi ti amo, con le mani sul volto dell'altro, le labbra incapaci di staccarsi, gli sguardi incatenati, per un tempo infinito.

Erano loro, erano proprio loro, e stavolta sarebbero stati insieme a testa alta, senza più nessuna paura.
Avrebbero affrontato altre difficoltà, altre prove. Forse li attendeva qualcosa di buffo, forse qualcosa di doloroso o di terribile ma qualsiasi sarebbe stato il loro futuro entrambi sapevano che l'avrebbero vissuto insieme.
Perché se l'erano guadagnato, perché l'avevano voluto e avevano combattuto contro tutto e contro tutti per poter stare insieme.
Se lo erano meritato.

Quando la campanella decretò la fine della pausa pranzo, Kurt e Blaine scesero quelle scale a mani intrecciate e a testa alta, dirigendosi fieri verso qualsiasi destino Trevor avesse in serbo per loro.



FINE




Note di Oldlady:

Avete avuto paura, vero?
Ma vi pare che io mi precludo la possibilità di schiaffare un lieto fine! Eppure ve lo avevo detto, dai: fidatevi di me, fidatevi di me. La fine è quella in fondo all'epilogo!

Ahahah!

(no, scusate, sono un po' scossa perché i miei piccoli si sono ritrovati e anche se sono una terribile burattinaia quando scrivo, beh, hanno intenerito perfino me).

Questa è stata la prima ff che ho scritto e mi ha dato tantissime soddisfazioni, ma soprattutto me le hanno date le persone gentilissime che hanno recensito, e anche quelle che hanno letto in silenzio.
Grazie a tutte, di cuore.
In particolare voglio ringraziare Roberta, che mi incoraggia sempre e tiene viva la fiammella klaine.
CandyKlaine che è stata la prima a credere in questa storia.
Schifottola , una lettrice davvero attentissima ai dettagli.
Joyfulcarrie, dolcissima e supersensibile.
Morena, con cui ci intendiamo al volo.
E poi: Vaki7, Kiasia, SaraGleek, Klauge84, valealiena, kittycathi, Medialuna, DKlaine, GiadaColfer, JadeApostrophia, fanklain, firecat, kassiopea 144, vipanda e tutte le altre che sono state così cortesi da lasciarmi almeno una recensione.

Non so se c'è una procedura standard nei ringraziamenti, ma ognuna di voi, quando mi ha scritto qui o in privato le sue opinioni, positive o negative che fossero, mi ha in qualche modo incoraggiata ad andare avanti a fare qualcosa che amo (scrivere) ma che comunque richiede così tanta passione e abnegazione da non riuscirci senza un incoraggiamento.

Quindi grazie di nuovo, ad ognuna di voi che è arrivata fin qui. E anche a chi si è fermata per strada. Magari la prossima volta riuscirò ad interessarvi un po' di più.

Qui c'è la mia pagina facebook: 
http://www.facebook.com/oldlady.onbooks

E qui l'altra mia storia, che a breve riprenderò:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1571704&i=1


p.s. Ho aggiunto in un secondo momento la meravigliosa copertina che ha realizzato Morena1972 per questa storia. Mi ha emozionata tantissimo, grazie mille. Sei un'artista!

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