What are you doing? Alive.♥

di HopeMM
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1. ***


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Chapter 1.♥


Guardai la neve cadere sul terreno, così delicata, così bella, così unica, così autentica.
Ho sempre amato la neve, fin da piccina. La guardavo scendere dal cielo, in tutto il suo splendore, e desideravo poter essere come lei. Ancor adesso quel 'sogno' è vivo in me, come un fuoco ardente. 
Aprii la finestra, che ci separava. Una folata di vento gelido camminò lungo il mio corpo, chiusi gli occhi inspirando a pieni polmoni il saluto di un Inverno che aveva inizio. Sorrisi, consapevole di non essere più sola. L'Inverno è la mia stagione preferita, lo è sempre stata, perché ha un sapore diverso, ha un modo suo di presentarsi; quel freddo che ti tocca nel profondo, facendoti capire che c'è, non puoi vederlo, non puoi toccarlo, ma percepirlo, amo questa sensazione.
Mi sedetti sul davanzale della finestra, con indosso semplicemente un vestitino bianco, che di Invernale non aveva proprio niente, ma non m'importava.
M'incantai ad osservare quell'albero per l'ennesima volta da quando ero nata, era sempre stato lì, un Platano Americano, che della mia età si faceva un baffo; mi chiesi quanti anni avesse, ma non mi diedi risposta, perché io, di piante proprio non ne capivo, ma era ovvio che ne avesse tanti.
Mi chiesi anche se gli alberi capiscono, se vedono o parlano, insomma, se ne stanno sempre lì, fermi nello stesso punto, per anni, anni ed anni, chissà se anche loro hanno una vita..
Probabilmente, in una vita passata io ero un albero. Sì, è così. Per questo motivo ora sono un'amante del viaggiare e di 'muovermi'; prima non potevo!
Ecco. Risolti tutti i problemi della vita. Già.
A svegliarmi dai miei pensieri fu Elizabeth, o come la chiamo io, semplicemente 'Liz', la mia dolce gattina, che miagolava dietro la porta, probabilmente aveva fame..
«Un attimo e arrivo, cucciola!», le urlai.
Finalmente posai i piedi a terra, nel tetto, pieno di neve ormai. Sorrisi tra me e me. Amavo quella sensazione: l'adrenalina che entra in circolo, la mente che entra in tilt, il cuore che inizia a galoppare e tu che tremi perché il freddo è troppo, la vita ti si passa davanti, come se stessi per perdere la vita, che poi non è così, e il fatto di sentirti libero.
La libertà. La libertà, quel qualcosa che ti da la sensazione di poter fare tutto, di poter essere tu a comandare questo mondo.
«Ahi.», urlai, quando qualche insetto mi punse nella gamba.
«Ehi, chi sei?», sentì pormi questa domanda.
Una voce chiara, ma forte, una voce maschile, non di un uomo o di un bambino, ma di un ragazzo.
«Chi sei tu ragazzo misterioso.» domandai sotto forma di frase. 
Mi guardai attorno, cercando quella voce o quel ragazzo, ma niente; attorno a me regnava solo silenzio e solitudine.
«Sono un ragazzo misterioso.». Ma che razza di risposta è?
«Wow, ma quanto siamo timidi!» lo provocai. Volevo sapere chi era; quel ragazzo mi incuriosiva.
«Ma non pazzo di stare fuori con questo freddo, no?», 'dritto al punto' pensai, ma pur sempre divertente. Mi feci due risate, seguita dal ragazzo misterioso.
«Beh, che ci fai qui fuori?», mi domandò, così di punto in bianco.
«Vivo.». Non ci pensai nemmeno, la risposta uscì così, di getto. Mi maledì per aver dato quella risposta, chissà cosa avrebbe pensato, ma poi in fondo, cosa m'importava? 
Quell'altra vocina nella mia testa mi rimproverò, per la mia domanda/affermazione, perché detta con tutta sincerità, nonostante il mio incoraggiarmi e il mio cercare di autoconvincermi, non riesco a non dare peso al giudizio della gente su di me.
«In che senso?», mi domandò buttando giù quel muro che avevo costruito mentre attendevo la sua risposta. Mi sorprese, e credo che per la prima volta rimasi senza parole.
Chi era quel ragazzo? Perché non mi aveva giudicata? Perché si interessava tanto a me? Tante domande mi frullavano in testa, che non avrei mai immaginato che il cervello di una persona potesse correre così in fretta.
«Qui su, vedi e senti il vero sapore delle cose, ci puoi parlare. Qua su, impari a conoscere e capire le piccole cose. Questo è ciò che conta. Ma ora scusami ragazzo del mistero, devo andare.». Non comprendevo il motivo del mio 'aprirmi' ad uno sconosciuto; mi trovai infantile, ma il suo tono caldo mentre parlava, mi fece sentire a mio agio.
«Aspetta, dove scappi? Rivediamoci qui, anche domani, alla stessa ora. Ti aspetto piccola Sognatrice.» e andò via, così, lasciandomi lì, senza parole, seduta su quel davanzale, a ripensare a ciò che era successo due secondi prima, mi diedi qualche pizzicotto, come per farmi capire che era vero e che ciò che era 'capitato', non era frutto della mia invenzione.
Sorrisi, quasi senza rendermene conto.


Spero che questa lettura sia stata di vostro gradimento.
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Un bacione dalla vostra scrittrice.
//Charlotte.

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Capitolo 2
*** Chapter 2. ***


Chapter 2.♥


«Wow, un ragazzo misterioso!», esclamò Katy uscendo dall'aula di biologia.
Scoppiammo a ridere come due idiote, mentre mezza scuola ci guardava storte. Che fastidio. Se due persone vogliono ridere, possono ridere quanto vogliono, ma no, agli altri non va bene. Se fai questo non vai bene, se fai quello non va bene, se ti vesti in un modo non va bene, se ti vesti in un altro non va ben
e. Niente va mai bene.
Quanto avrei voluto urlare a tutti ciò che pensavo, ma per quanto lo desiderassi, il mio carattere timido non me lo permise.
«Su Tay, svegliati dai tuoi pensieri!», mi richiamò Katy, lei la mia migliore amica dall'età di 6 anni, la incontrai a scuola di musica; si sedette accanto a me, con i suoi occhioni azzurri mi guardò, mi sorrise e disse: «Mi piacciono i tuoi occhi.». Da quel giorno restammo sempre unite, facevamo tutto insieme! Lei per me non è solo una migliore amica, ma una sorella, le voglio un mondo di bene! Ancora oggi mi domando come facciamo ad essere migliori amiche..siamo così diverse. Lei si chiama Kathrine, un nome così 'appariscente', capelli mossi biondi, due occhioni color cielo, che se li guardi per troppo tempo ne rimani incantato, di carnagione 'abbronzata', come le dico io. Un carattere forte; è una di quelle che se ha da urlarti in faccia lo fa, una di quelle che si vendica quando qualcuno le fa un torto, una di quelle che ti da del filo da torcere. Lei è una di quelle ragazze ammirate e corteggiate da tutti; una di quelle che ama il divertimento, che ama la musica Rock..
Io, invece, sono l'opposto. Il mio nome è Tay, non proprio 'appariscente', più che altro anonimo. I miei capelli sono lisci, d'un castano chiaro e i miei occhi non sono azzurri, ma tendenti al verde, la mia carnagione chiara, quasi bianca, come il latte. Il mio carattere, di forte credo non abbia proprio niente; sono molto timida, tendo a restare dietro le quinte, ma a me va bene così, odio essere al centro dell'attenzione; non dico di non essere estroversa o socievole, ma semplicemente non sono una ragazza che con le parole se la cava molto, preferisco un foglio di carta e una penna, il mondo. Io sono quel tipo di ragazza che preferisce un buon libro alla discoteca, che non ama il protagonismo o lo stare al centro dell'attenzione. Sono un'amante della musica moderna e classica, suono il pianoforte e ciò mi ha portata ad amare Beethoven in maniera smisurata. 
Il mondo è proprio strano, ma credo, anzi, ne sono proprio convinta, che l'ho conosciuta per un motivo, uno ben preciso, quello di aiutarci a vicenda.
Le cose nella vita non capitano mai per caso, almeno io la penso così.
«Va bene piccola Sognatrice, continua a navigare nei tuoi pensieri, ci vediamo all'ora di filosofia.», mi disse Katy, dandomi un colpetto appena sotto la nuca. Risi.
«A più tardi Katy.» riuscì a dirle prima che girasse l'angolo.
Io m'incamminai verso l'aula di musica domandandomi che brano mi avrebbe fatto suonare, oggi, la professoressa Robinson.
L'ultima volta avevo suonato un brano di Vivaldi, fantastico, è da dire, ma non apparteneva ai miei gusti. Bussai.
«Tay entra, so che sei tu.»
Sorrisi. La professoressa Robinson è sempre stata gentile con me, molto paziente e calma, da non sembrare neanche un'insegnante. Per me è come una madre, mi ha sempre incoraggiata in tutto, nonostante la conosca solo da tre anni. Le voglio molto bene, a lei devo tanto.
«Buongiorno signora Robinson.», la salutai col sorriso sulle labbra.
«Oh su, cara, non perdiamo tempo. Siediti ed iniziamo subito, oggi per te ho preparato un brano davvero speciale!». 
Ecco. Era proprio ciò che mi chiedevo. Proprio ciò che volevo sapere. Ero curiosa, e quando la professoressa posò lo spartito davanti ai miei occhi, non potei fare a meno che posare una mano su di esso; chiusi gli occhi, sentendo quella favolosa melodia, la immaginai suonata da colui che la compose, in un grande teatro, il più bello di tutti.
Non mi serviva lo spartito, ormai, l'avevo imparata a memoria, essa aveva toccato il mio cuore e la mia mente, fin da sempre, ed ora anche la mia anima l'aveva presa in possesso.
La melodia. Quella melodia. Quella che imparai a suonare a soli cinque anni, grazie a lei, mia sorella.
..Quando le mie dita toccarono quella superficie, dentro di me solo fuochi d'artificio!
Non suonavo quella melodia da tanto tempo, ma quando iniziai fu come se non avessi mai smesso, come se lei fosse stata sempre con me, in ogni attimo, più o meno importante, era come se le dita andassero da sole, come se la musica si fosse presa il possesso del mio corpo.
Conclusi con un sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all'altro.
Mi era mancato suonarla, mi era mancato suonare Fur Elise. Adesso era come se tutto fosse tornato al suo posto, come se Juliet, mia sorella, fosse stata qui, accanto a me.


Spero che questa lettura sia stata di vostro gradimento.
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