Le Note Stonate

di Lady Rea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Un Passato Qualunque ***
Capitolo 2: *** Mani Scialbe ***
Capitolo 3: *** Tazza Blu ***
Capitolo 4: *** Fa Male ***
Capitolo 5: *** Trentasei ore ***



Capitolo 1
*** Prologo: Un Passato Qualunque ***




Le Note Stonate


Prologo:
Un passato qualunque


Erano i piccoli gesti, i dettagli, che catturavano lo sguardo e l'interesse di Audrey Schumann.
Tic nervosi, gestualità esagerate o timide, piedi ballerini, fronti aggrottate.
Era il suo lavoro, il suo maledetto mestiere, quello di cogliere quelle sottigliezze e riuscire a creare un quadro caratteriale della persona che parlava con lei, oppure che le sedeva accanto.
Sua madre aveva storto la bocca e incrociato le braccia, segno di completa insoddisfazione e chiusura, il giorno il cui le aveva annunciato di aver passato il difficilissimo test per l'Accademia Auror dell'ex polo sovietico. Non che si aspettasse baci e affettuosi abbracci, era fin dai tempi di Durmstrang che continuava a rimproverarla di non essere la figlia che avrebbe voluto.
Ma lei non ci poteva fare nulla.
L'aver passato tutta l'infanzia e parte dell'adolescenza dall'altra parte del muro le aveva regalato un'armatura fatta di ostinazione e impassibilità, tipica dei tedeschi dell'Est. Aveva visto vicini di casa scomparire nel nulla, una fredda mattina qualunque, compagni di classe lasciarle lettere confuse e pasticciate che le annunciavano di trasferimenti improvvisi, salutandola e promettendole altre lettere e altre notizie. All'inizio aveva creduto a suo padre, ufficiale dell'Esercito dell'Est, che le raccontava di trasferimenti verso la Polonia e altri paesi amici per contribuire allo sviluppo dell'Unione.
Poi un bel giorno, più o meno quando aveva otto anni, suo padre rientrò in anticipo da lavoro.
Posò la giacca della austera divisa militare sulla sedia di legno in cucina e la chiamò. Lei s'incamminò verso di lui, piuttosto sorpresa e si lasciò abbracciare a lungo. Non avrebbe mai potuto capire in anticipo che quella sarebbe stata l'ultima volta che suo padre l'avrebbe stretta a sé.
Si ricordava solamente di come lo aveva salutato dal piccolo pianerottolo mentre lui scendeva velocemente le scale del vecchio condominio, di come lui le aveva sorriso per tutto il tempo.
Non era l'unica bambina a cui era capitato, erano in molti a vivere con uno solo dei genitori o addirittura con i nonni o gli zii, ma la maggior parte aveva assistito ai funerali dei loro parenti o aveva ricevuto un telegramma che li aveva avvertiti della loro morte o sparizione.
Suo padre era invece svanito, risucchiato in una dimensione parallela, l'aveva abbandonata a sé stessa e alle cure di una madre assente e instabile.
Nonostante tutti si aspettassero che reagisse con rabbia e frustrazione, Audrey preferì dimenticare.
In poco tempo divenne una bella ragazza dai capelli biondi lunghi e disordinati, dal sorriso a volte simpatico a volte malinconico, silenziosa ed attenta.
L'ammissione all'Istituto di Magia di Durmstrang le regalò una gioia immensa, per circa sei anni, visse una doppia esistenza, d'inverno era una studentessa alla mano, d'estate era la figlia prodiga che tornava nella campagna attorno a Berlino Est e trascorreva il suo tempo libero all'ufficio dei giovani volontari socialisti.
Ancora oggi, nonostante il muro abbattuto, la ritrovata unione, il capitalismo e quella ventata di aria nuova, le commemorazioni e i pianti solitari quando aveva visto la sua casa demolita per ordine del governo centrale, ricordava con felicità quegli anni in cui aveva fatto di tutto per annullare il suo dolore ed essere utile agli altri.
Quello che all'inizio era il desiderio di una bambina confusa, era poi diventato un vero mestiere.
Così quando l'ufficio Auror polacco, per cui aveva completato una missione piuttosto tranquilla, le disse che la Germania avrebbe mandato alcuni agenti in Inghilterra come supporto per la caccia ai Mangiamorte. In un primo momento per lei era prevista soltanto una posizione in Russia come agente su campo ostile, ma dato che alcuni dei suoi colleghi masticavano un cattivo inglese, fu integrata al gruppo in partenza per Londra.


Mai avrebbe pensato che quello non sarebbe stato un'estenuante e pericolosa spedizione di lavoro, ma bensì un viaggio più inteso, lungo e profondo.
Un viaggio legato al cuore e alle sue mille fragili crepe.









*-*-*-*-*-*-*

Alcune precisazioni!
Audrey esiste veramente, ma di lei sappiamo solamente che è la moglie di Percy Weasley nell'epilogo “19 anni dopo” e che avranno due figlie. Questo prologo che è la presentazione della vita di Audrey prima del trasferimento in Inghilterra, quindi ho quasi tutto inventato di sana pianta.
Audrey è una ex cittadina della Germania dell'Est che vedrà la sua unificazione nel 1989, come molti tedeschi, dopo circa dieci anni di “libertà” soffre di nostalgia per quelle piccole cose andate perdute con il crollo del muro.
Questo sentimento viene chiamato “Ostalgie”, ovvero nostalgia, ed è spesso al centro di film, serie tv, canzoni e documentari. Un esempio famoso è certamente “Goodbye Lenin!”. Con questo volevo semplicemente sottolineare il fine puramente creativo dell'utilizzo di aspetti storici di quell'epoca. Non cerco e non voglio fare propaganda o schierarmi dalla parte di nessuno.
Un saluto e buona navigazione
Lady Rea


 

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Capitolo 2
*** Mani Scialbe ***




#Mani scialbe



[Percy]



C'era qualcosa di irritante e di completamente sbagliato nella polvere che nelle ultime settimane si era posata su ogni superficie del suo desolante appartamento cittadino. Le sue scarse abilità negli incantesimi casalinghi avevano aumentato in modi spropositato la sua naturale pigrizia nei confronti della pulizia della casa.
Fissò distratto i tomi di scuola ricoperti da quella seconda pelle e si domandò se non fosse venuto il momento di arrendersi. Di deporre le armi, uscire da quella casa a gambe levate e trovare rifugio nella sua vecchia stanza alla Tana. Chissà magari sua madre avrebbe potuto spiegargli l'esatta esecuzione di quell'incantesimo, davanti a una tazza di tè caldo e un piatto di biscotti al cioccolato.
Strinse le mani in pugni stretti e tremante, scacciò quei pensieri che vorticavano nella sua mente e tentò di riacquistare un briciolo d'integrità.
Ma non poté fare a meno di notare quanto difficile era diventato.
Quanto arduo era riacquistare quella compostezza che da sempre lo distingueva e lo inorgogliva.
Le domande erano diventate sempre più precise ed insidiose, a volte urlate, a volte sussurrate. Le risposte erano passate dall'essere tempestive e chiare a mute ed inutili.
Passava intere mattine a pensare a cosa far scrivere alla redazione della Gazzetta del Profeta, “il Ministro ritiene necessario mantenere la calma”, “E' importante che la comunità magica rimanga coesa”, “i recenti orribili avvenimenti sono eventi rari”, “Due presunti Mangiamorte catturati” …

Tempo sprecato, tempo buttato al vento!
Ed ora eccoli lì, un uomo dello Stato, ridotto ad occhiaie nere, instabilità mentale, spalle ricurve e un grande senso di colpa. Il ragazzino ambizioso che veniva dalla famiglia povera gettato nella mischia degli errori giudiziari, del panico generale, della certezza di una nuova guerra in arrivo. Stretto nella morsa degli eventi ed incapace di ribellarsi, un involucro vuoto fatto di carne e sangue, un verme, insomma.
Rimase a lungo sdraiato sul divano, incapace di reagire, sopraffatto dai suoi stessi pensieri, in uno stato di dormiveglia estenuante, vide di nuovo l'alba sorgere e la sua angoscia crebbe.
Si fissò confuso la mano destra e la posò sugli occhi asciutti per il terrore.
Con quella mano, poche ore dopo, avrebbe distrutto la vita di un altro uomo.



[Audrey]


C'era qualcosa di brusco nella smaterializzazione che mai le era piaciuto.
Violento e definitivo, pungente e maligno come il dolore alla parte bassa della schiena, il suo punto debole da sempre, che la prendeva ogni volta. All'alba dei suoi ventuno anni già era condizionata dagli acciacchi del mestiere.
Johanne Fields le sorrise allegra, sistemandosi i capelli scuri dietro la nuca e cominciando a guardarsi intorno. Il Ministero inglese li aveva forniti di una passa-porta che li avrebbe condotti direttamente negli uffici degli Auror, senza perdere tempo. Il che aveva messo di cattivo umore Audrey abituata prima ad “annusare l'ambiente” come spesso ridevano i suoi colleghi, ma era una consuetudine che più di una volta li aveva salvati da scontri mortali o noie burocratiche, per quanto fossero allegri e contenti della promozione, la maggior parte degli Auror tedeschi e polacchi non riusciva a nascondere la tensione e la confusione.
Come mai un paese straniero, per giunta da sempre lontano anche a livello istituzionale, chiedesse il loro aiuto? In fondo loro erano Auror e Specialisti di un paese ancora diviso e dalle fragili fondamenta, a metà fra una comunità di Babbani confusa e una comunità di maghi che minacciavano guerre e battaglie contro vicini e ex amici, quale mai contributi potevano portare?
E cosa stava davvero succedendo in quell'isola?
-Hannes e Boris sono già dentro l'ufficio, viene anche tu?- le domandò Fields indicando Boris che se ne stava appoggiato allo stipite di una piccola porta e leggeva una lettera.
-Qui dicono se “gentilmente” possiamo spostare l'incontro alle dieci, al primo livello.- lesse Boris ridacchiando. -Scommetto che nemmeno loro sanno perché siamo qui!-
-Fatto sta che abbiamo tempo.- mormorò distratta Audrey.
-E quindi cominciamo ad “annusare l'ambiente?”- chiese Hannes spuntando improvvisamente e guardando il lungo e silenzioso corridoio.
-Direi di sì.- rispose Audrey. -Io incomincio, ci vediamo qui davanti fra un'ora?- propose la ragazza togliendosi la giacca e rimanendo in maglietta corta.
Johanna brandì la bacchetta e la rigirò fra le dita. -Comunque, non è strano che non ci abbiamo accolto?-
-Se per accoglienza intendi dire parata sovietica come piacciono a te …- disse Hannes scimmiottando un saluto militare.
-No, ma almeno una cazzo di persona che dia il benvenuto! Noi siamo qui pronti a sporcarci le mani per … -
Un colpo di tosse bloccò la predica di Johanne e irrigidì i quattro Auror tedeschi.
Audrey fu la prima a voltarsi ed individuare chi li avesse interrotti.
Un ragazzo poco più alto di lei, capelli rossi, qualche ingenua efelide sul viso, uno sguardo tra il severo e il disgustato, dita lunghe e magre che stringevano impazienti delle cartelle gialle, abito dalla linea perfetta.
Aggrottò la fronte.
Dalle sue parti, i giovani impiegati del Ministero della Magia non sapevano cosa farsene di una cravatta o di un pantalone dal taglio perfetto, era già tanto se s'infilavano una camicia pulita da cui però spuntavano maglie di squadre di calcio, di band hard rock o personaggi dei videogames.
Lui invece sembrava il classico baronetto inglese, il consigliere fidato della varie regine d'Inghilterra delle fiction da BBC, almeno finché non aprì bocca.
-Bene, io sono l'assistente del Ministro della Magia Inglese.- esordì pomposamente. -Voi siete stato chiamati personalmente dal Ministro e dal Consiglio per supportarci nel difficile percorso che -
Audrey, Johanne, Boris e Hannes fissarono il Ministro della Magia parlare a una certa velocità, di cose come progetti, grande ruolo, incarico esemplare. Persero tutti e quattro le fila del discorso, finché Hannes borbottò una serie di imprecazioni in tedesco con chiaro accento bavarese.
-Scusi?- domandò l'assistente chiaramente infastidito dal borbottio del bavarese.

-Ja Jung*, non vorrei sembrarle scortese ma potrebbe riassumere velocemente?- domandò Hannes in perfetto inglese.

L'assistente lo fulminò con lo sguardo. -Vedo che la mia introduzione al discorso di benvenuto che farà, poi, il Primo Ministro non vi ha entusiasmato.- osservò fissandoli con astio. -C'è qualcuno di voi che ha intenzione di seguirmi per archiviare i vostri documenti tedeschi e le vostre generalità?- chiese guardandoli uno ad uno.
Boris fece un passo indietro, Johanne scrollò la testa, Hannes spinse in avanti Audrey che si ritrovò affianco dell'inglese. -Lei è bravissima con le scartoffie.- dichiarò Hannes facendole l'occhiolino.
-Io non sono brava a compilare i moduli. Non li capisco!- sbuffò Audrey cercando di sfuggire al compito vigliaccamente assegnatoli.
-Ma non dire cazzate, cara! Sei la migliore esperta di anglistica qui! E poi, non devi “annusare l'ambiente?”-
A quell'espressione l'assistente alzò un sopracciglio e i tre Auror si dileguarono all'interno della saletta a loro assegnatogli nell'ultima lettera.
Audrey si voltò verso il britannico e si mordicchiò l'interno della guancia destra per celare la rabbia. Ancora una volta il fatto di essere brava nelle missioni di ricognizione l'aveva fregata.
Sospirò leggermente e allungò una mano.
-Audrey Schumann da Berlino.- si presentò cercando di fare un sorriso e di cominciare con il piede giusto.
-Weasley.- rispose solamente l'inglese rispondendo frettolosamente con una scialba stretta di mano e s'incamminò per il lungo corridoio facendole cenno di seguirlo.


////
*Ja Jung = Sì, giovane/giovanotto!

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Capitolo 3
*** Tazza Blu ***




#Tazza Blu



[Audrey]



I minuti che precedono l'alba, l'oscurità che lentamente si nascondeva e lasciava spazio ai primi timidi e coraggiosi raggi di sole, la affascinavano.
Per questo quando poteva si faceva assegnare il turno di notte.
Passeggiava silenziosa per i lunghi corridoi, controllava il sempre più rado via e vai dei dipendenti, assisteva alle riunioni notturne, si lasciava cullare da quella strana sensazione di serenità.
Una calma apparente che veniva poi squarciata dall'odore dei primi caffè, dai gufi carichi di lettere, dalle chiacchiere per i corridoi dei dipendenti.
Stava percorrendo nuovamente gli antri bui e confusi degli archivi del Ministero inglese quando si scontrò con l'assistente del Primo Ministro, il signor Weasley.
-Buon … Buongiorno.- balbettò lui aggrottando la fronte.
Audrey si voltò verso l'unica finestra del corridoio e notò le prime nuvole chiare che gettavano colore nel cielo.
-Tecnicamente è ancora notte.- rispose lei indicando la finestra.
Weasley seguì il suo sguardo confuso. -Ormai il sole sta sorgendo.- dichiarò lui, dando un'occhiata all'orologio da polso.
Audrey scrollò le spalle. Alla fine era uguale. Era tutta una questione di percezione.
Fissò a lungo il giovane mago.
Le occhiaie e il volto magro non riuscivano a celare quello che un tempo era stato un viso severo e composto. La mascella contratta, le dita nervose mentre compiva l'incantesimo di chiusura delle porte dell'archivio, la cravatta slacciata e penzolante lungo il collo, la barba rossiccia che spuntava.
La veste da mago stropicciata, lo sguardo vitreo e il plico di documenti che teneva in mano, gli donavano un'aria terribilmente smorta ed anonima.
Tutto quel suo correre su e giù per il palazzo, il non dormire, lo stare in ufficio, la irritava.
Lo aveva osservato a lungo, quel Weasley, durante gli interminabili turni notturni, e la sua stanchezza la faceva arrabbiare. Nessun altro sentiva la necessità di dormire in ufficio, di lavorare continuamente, di non mangiare come si deve almeno una volta al giorno.

Perché i suoi colleghi non dicevano niente?
Perché nessuno lo avvicinava con una tazza di caffè fumante e una pacca sulle spalle?

-Arrivederla.- disse Weasley aggirandola goffamente e con passo strascicante.
Audrey non disse nulla, rimase per un po' ferma a fissare il vuoto, finché non si riprese e continuò il suo giro, con molte domande in testa, qualche risposta vaga e in mente una cosa da fare.




[Percy]


A svegliarlo fu l'orologio a pendolo che suonò le sette.
Si era addormentato pochi minuti prima, probabilmente, data la difficoltà di aprire gli occhi. Aveva rovesciato qualche documento lungo la grande scrivania e nel dormire con gli occhiali aveva allentato la vite di una antenna. Fu il pensiero di dover rimettersi in sesto per la nuova giornata di lavoro che lo svegliò del tutto e fece raddrizzare quella malconcia schiena.
Fu solo allora che notò un forte profumo di caffè.
Strabuzzò gli occhi quando vide un piccolo vassoio di metallo appoggiato sul tavolino accanto al fuoco spento del vecchio camino del suo ufficio.
C'era del caffè ancora fumante, date le nuvolette che si disperdevano nel vuoto, in una grossa tazza blu. Accanto ad esse c'era un piatto di biscotti e una fetta di torta al limone.
Si alzò decisamente sospettoso e osservò il piccolo vassoio. Ad un lato era stato posato un pezzo di foglio piegato in due.
Lo aprì impaziente e lesse le poche parole scritte in modo affrettato.
“L'alba andrebbe sempre salutata con una buona colazione”.
Una volta letto accartocciò il foglio e rimase a lungo a fissare quel vassoio, cercando di non tremare di rabbia, confusione e stupore.
Se c'era una cosa che odiava era dover aver bisogno di qualcuno, suscitare una certa pietà che obbligasse un estraneo ad interessarsi di lui, ma i brontolii dello stomaco, lo portarono comunque ad addentare quella fetta di torta al limone e a ingurgitare quel caffè caldo ed aromatico mentre si dava una ripulita.
Non appena si rese più presentabile, uscì di corsa dal suo ufficio e cercò quella che doveva essere l'artefice dell'improvvisata colazione.
Quando bussò ed aprì la pesante porta dell'ufficio dei quattro Auror stranieri trovò solamente Johanne Fields che scriveva diligentemente una lettera.
-Avete per caso visto, l'agente Schumann?- gli domandò impaziente.
Johanne non si diede la pena nemmeno di alzare lo sguardo.
-E' in missione con Boris, credo in Scozia per fare la scorta al Ministro della Giustizia.- lo informò.
-Ma non aveva fatto il turno di notte?-
Johanne alzò le spalle e lo fissò. -E' conosciuta come “No Stop”. Non si ferma mai.-
Percy annuì lentamente e chiuse la porta.
Rientrò nel suo ufficio e riprese a leggere quei documenti su cui si era addormentato, cercando in tutti i modi di seppellire quella strana inquietudine che stringeva il suo cuore in un'ulteriore morsa.





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Capitolo 4
*** Fa Male ***





#Fa Male


[Audrey]


Faceva male.
Maledettamente male.
Sentiva chiaramente il sangue scivolare dalla sua ferita, le sue forze sgorgare dal suo corpo e posarsi fra foglie marce e pozze di fango.
Respirò a fondo prima di tentare di alzare il busto e guardarsi attorno.
Gli occhi le bruciavano, la nuca pulsava così tanto da mettere in secondo piano persino la ferita all'addome. Si girò sul fianco sano e cominciò a trascinarsi, prima lentamente e poi con sempre più velocità.
Intorno a lei vedeva solo alberi e una strada sterrata.
Si avvicinò al primo albero con difficoltà e con cautela si rimise in piedi.
Solo allora recuperò parte della sua forza e gli occhi lacrimanti smisero di bruciarle. Tenne stretta la bacchetta fra le dita insanguinate, sussurrò un veloce incantesimo per fermare l'emorragia ma sembrava non funzionare.
S'incamminò lentamente, aggrappandosi ad ogni cosa inanimate che trovava e solo quando sentì la voce profonda di Boris urlare il suo nome, si concesse un piccolo sorriso.
Era un buon segno, il segno di una vittoria.



[Percy]



Rilesse per la centesima volta il lungo fascicolo sulle attività vere o presunte di Stan Picchietto e inorridì.
Non ricordava di averlo mai visto, quel ragazzo che doveva avere più o meno la sua età ed ora stava firmando l'atto che lo avrebbe fatto rinchiudere per alcuni mesi ad Azkaban.
Cercò di ignorare il leggero tremolio della sua mano che non riusciva a posare la penna sulla pergamena. Si mangiucchiò nervosamente una parte del labbro prima di prendere la difficile decisione di andare a parlare con uno degli Auror tedeschi.
Aveva sentito parlare a lungo delle loro capacità negli interrogatori, era convinto che una mezz'ora sarebbe bastato per decidersi finalmente e firmare quei fogli e portarli a Scrimgeuor, prima che potesse in qualche modo dubitare delle sue capacità.
Scese velocemente le scale e si ritrovò poco dopo a sistemarsi la giacca e lo stemma del segretariato appeso al bavero della veste da mago. Proprio mentre stava per bussare la porta si aprì e quello che doveva essere Hannes, il meno sveglio del gruppo, lo fissò sbigottito.
-Mein Gott! Allora è vero che qui le notizie viaggiano veloci!- esclamò mentre chiudeva la porta e s'incamminava per il corridoio con passo spedito.
-Cosa … Cosa stai dicendo?-
A quella domanda Hannes si arrestò di colpo.
-Non hai saputo? Audrey e Boris sono feriti. Il vostro Ministro della Gustizia è stato fatto fuori … o si è fatto fuori. Questo non l'ho ancora capito.- disse misurando le parole.
Percy sgranò gli occhi stupito.
A colpirlo non fu la notizia sconvolgente del presunto tradimento del Ministro della Giustizia, quanto il ricordo della tazza blu che ormai associava spesso e volentieri con il sorriso sghembo e neutro di Audrey Schumann.
-Sono feriti in modo grave?-
Hannes scosse la testa. -Non lo so. Vado personalmente a vedere.- disse allontanandosi con passi veloci e lasciando dietro di sé un confuso giovane assistente del Ministro della Magia, in preda da contrastanti sentimenti.




[Audrey]



Aprì gli occhi più volte e li richiuse immediatamente.
La potente luce le dava fastidio, il suo intero corpo era preda da un formicolio incessante.
Sentiva chiaramente altre persone parlare e tentò più volte di parlare, di gridare, di spiegare cosa era successo quel pomeriggio quando quel Ministro, in preda dai deliri della maledizione Imperio, si era scagliato contro il suo compagno e aveva fatto fuori un Babbano che per caso era passato lì vicino.
Riuscì a sollevare per qualche secondo la mano sinistra, ancora appiccicosa dal sangue rappreso, ma pochi istanti dopo lo sforzo la sfinì e perse quella personale battaglia.
Chiuse gli occhi e perse i sensi.




[Percy]



L'antro buio della casa che quella sera lo aveva accolto riuscì solamente ad angosciarlo di più.
Non si prese nemmeno la briga di togliersi i vestiti che si gettò sul letto e chiuse gli occhi tentando di scacciare quegli strani pensieri.
Com'era possibile che un uomo che aveva sempre ritenuto rispettabile come il Ministro della Giustizia, fosse in realtà un involucro vuoto comandato a bacchetta dal Signore Oscuro?
In che cosa avevano sbagliato?
In cosa aveva sbagliato?
Improvvisamente si ritrovò a pensare alle parole che suo padre, un anno prima, gli aveva detto. La sola idea che potesse avere anche solo in minima parte ragione, lo incupì.
Con un colpo di bacchetta regolò la sveglia e si sdraiò sulla schiena osservando il triste soffitto.
L'ultima cosa a cui pensò prima di addormentarsi era quella maledettissima tazza blu.




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Capitolo 5
*** Trentasei ore ***


#Trentasei ore



[Percy]



Non sapeva perché si era ritrovato due giorni dopo, seduto su una piccola seggiola scomoda a fissare il suo petto alzarsi e abbassarsi al ritmo sofferente delle sue costole rotte. Se fosse stato un ragazzo diverso, impulsivo come i suoi fratelli, si sarebbe precipitato fin dal primo istante.
Ci aveva messo ben trentasei ore per arrivare fin lì.
Due giorni passati a cercare di distrare la sua mente da quei strani pensieri.
Perché era rimasto così scioccato?
Perché sentiva di provare qualcosa per quella tedesca silenziosa e bizzarra, capace di gesti generosi ma non voluti, dedita al lavoro in modo così completo che non si era risparmiata dall'affrontare contemporaneamente ben tre Mangiamorte comparsi dal nulla per prelevare il Ministro della Giustizia.
Ed ora giaceva inerte su un letto del'ala riservata del San Mungo, obbligata a una sorta di coma continuo per permettere che le pozioni per le ossa e i tessuti di rinsaldarsi.
Si alzò non appena sentì la porta della stanza privata aprirsi, si passò una mano sul volto e cercò di sembrare disinvolto mentre Hannes lo fissava stanco e leggermente divertito.
-Se venuto a trovarla.- disse avvicinandosi al letto ed osservando il volto pallido ed esausto dell'assistente al ministro.
-Io … Sì. Volevo sapere come stava.- disse riuscendo a ritrovare la voce.
Hannes annuì lentamente. -E' una roccia lei. Si riprenderà presto.- annunciò sorridendogli.
Percy Weasley si ritrovò per un attimo a desiderare di avere quella naturale allegria che Hannes e gli altri tedeschi sembravano avere per natura. Voleva per una volta farsi una lunga e briosa risata e non preoccuparsi di nulla, ma il suo volto s'incupì e girò i tacchi.
Quello in cui aveva creduto,i principi morali e l'etica lavorativa per cui aveva rinunciato alla sua famiglia si stavano sciogliendo sotto il sole cocente dei fatti. Prima le sparizioni, poi le morti inspiegabili ed infine gli attacchi diretti.
E qualcosa, nel profondo del suo cuore, lo stava tormentando: aveva sbagliato.



[Audrey]



-Hai dormito per quasi trentasei ore!- esclamò allegro Hannes mentre le sistemava i cuscini dietro le spalle. -Devo dire che t'invidio parecchio!-
Audrey tentò di sorridergli ma la fitta alle costole le lasciò una smorfia in volto.
Nonostante la naturale allegria di Hannes, non riusciva a condividere tutto quell'entusiasmo.
-Come sta Boris?- domandò improvvisamente, cominciando a ricordare cosa era successo giorni prima.
-Bene direi. Un po' amaccato e decisamente arrabbiato. Johanne lo ha legato a letto per obbligargli a dormire qualche ora.- rispose ridacchiando. - Per un attimo credevo che sarebbe successo qualcosa di disdicevole ed invece … -
Audrey alzò le spalle e sorrise mesta.
Da tempo era rimasta involontariamente al centro di una specie di triangolo amoroso. Boris le aveva sempre riservato un trattamento speciale, corteggiandola con silenziosa tenacia, mentre Johanne da pochi mesi si era scoperta innamorata di quest'ultimo e decisa a prenderselo. Non era la prima volta che Johanne s'intrometteva nella vita di Boris e qualcosa le diceva che prima o poi avrebbe definitivamente ceduto.
Per quanto le riguardava, Boris non era più di un amico, un compagno di squadra. C'era qualcosa in lui, quella sottile arroganza, che la irritava e l'allontanava sempre più. Nei suoi rari sogni di bambina, si era sempre vista accanto a un uomo severo ma allo stesso tempo gentile, capace di cedere ai sentimenti e rispettoso delle volontà altrui.
Hannes la lasciò presto con la promessa che sarebbe tornato con tutti gli altri non appena finito il turno di sorveglianza al Ministero.
Audre, sola e stanca, si guardò intorno nella anonima stanza d'ospedale e si stupì nel notare l'assenza di macchinari Babbani, salvo una carrozzina pieghevole posta accanto alla porta. Era sempre stata abituata alle cure Babbane, più lenti ma decisamente più forti e complete. Girando la testa notò un piccolo particolare che la obbligò a sedersi bruscamente, nonostante il dolore alle costole.
Sul comodino qualcuno aveva posato una tazza blu e un piccolo biglietto.
Allungò il braccio, nonostante i dolori, e prese subito in mano il piccolo biglietto. Non era nulla di che, un semplice pezzo di pergamena ben tagliato e piegato.
“Qualcuno mi ha detto che un tazza di caffè caldo è un buon modo di salutare l'alba. Bene, sono sicuro che già domani si sentirà meglio e presto la rivedrò in ufficio. Le auguro una pronta guarigione, Percy Weasley”
Audrey rilesse più volte, finché non imparò il breve testo a memoria. Lo ripose con fatica sul comodino e solo allora sorrise genuinamente.
Non sapeva perché ma c'era qualcosa di dolce in quel biglietto pomposo, qualcosa che aveva fatto breccia nel suo cuore irrigidito dal lavoro e dalla vita.




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