The name of Jesus: Till the world end.

di BigEyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Matteo 24 ***
Capitolo 2: *** Passato e Presente ***
Capitolo 3: *** Il sapore di un addio ***
Capitolo 4: *** Perdonatemi... ***



Capitolo 1
*** Matteo 24 ***


“Il carismatico presidente degli Stati Uniti, nonché premio Nobel per la pace, Judas Demons, sta, proprio in questo momento, parlando ai capi delle Organizzazioni delle Nazioni Unite  riguardo la legge del disarmo globale. E’ un nuovo giorno per tutti. La pace e la sicurezza è giunta e la possiamo toccare con mano. I tre anni sono trascorsi e già ci si prepara per una nuova era, un nuovo ordine mondiale, una nuova religione che avrà come guru e come messia lui: Judas”
 
Un paio di pop corn arrivarono allo schermo della Tv.
-          Bastardo…- mormorò Caleb
-          Contenti adesso?..- alzò la voce Heliu, mentre masticava gli ultimi pop corn.
-          Bhuuu – esclamò Joshua.
I tre ragazzi guardavano la tv sul divanetto dell’ufficio di padre Max  e Ariel, Thabita e Lucia confabulavano tra loro sedute attorno alla scrivania.
Ariel sbuffò con occhi lucidi prendendo la foto del padre e sfiorando l’immagine.
-          Mi manca.
Le due spensero i loro sorrisi e rivolsero uno sguardo cupo al cielo.
-          Ma non è morto – cercò di consolarla Thabita, poggiandole una mano sul braccio.
-          Ci pensi? Non ha visto la morte...- aggiunse Lucia sfiorandole la guancia su cui era scivolata una lacrima involontaria.
-          Già. “Fino alla fine del mondo” aveva detto “ proteggete il rimanente della Chiesa fino alla fine del mondo”.
 
Erano passati tre anni da quando il Corpo di Cristo era stato rapito e portato tra le braccia di Dio, per proteggerlo dalle calamità future.
-          Basta! – esordì Caleb – non ce la faccio più a sentire tutte queste stupidaggini. Sono tutti venduti.- il giovane si alzò di scatto dal divano, corrugando la fronte, portando le mani ai fianchi.
-          Caleb ti devi abituare – intervenne Joshua, stirando le braccia verso il soffitto e le gambe verso il tappetino persiano sotto i suoi piedi, facendo un lungo sospiro. – era stato tutto predetto, hanno tutti contribuito volontariamente all’avvento dell’anticristo e, a quanto pare sono tutti e felici e contenti.- sorrise di sbieco - Almeno pensano di esserlo – mormorò.
-          Si, felici e contenti – ripeté Heliu con voce altera – e intanto noi, non possiamo né vendere né comprare perché quel bastardo ha deciso che chi non ha il bio chip è come un criminale, che non vuole essere controllato per “ il bene comune” – proseguì mimando con indice e medio le virgolette.  
 
Ariel ascoltò e si morse il labbro, si alzò dalla sedia e strofinando i piedi al suolo, arrivò al cassettino dove Padre Max solea tenere le Scritture, aveva bisogno di ricordarsi cosa sarebbe successo. Si sentiva sola. In effetti erano soli. Il numero dei cristiani nel mondo si era dimezzato.
 
Quel giorno di tre anni fa era arrivato senza preavviso, proprio come un ladro nella notte per tutti coloro che non erano stati attenti ai segni predetti dal Signore.
Ariel si pose al centro della stanza con la Bibbia aperta nella pagina del vangelo di Matteo al capitolo 24. Thabita si andò a sedere sulle ginocchia di Joshua e avvolse il braccio attorno al suo collo mentre il ragazzo gli schioccò un bacio sulla guancia.
Lucia corse sorridente tra le braccia di Heliu, che non appena aveva visto Thabita andare verso Joshua, spalancò le braccia verso la sua amata con occhi languidi.
Caleb avvolse delicatamente le braccia al collo di Ariel, dirigendo lo sguardo verso il versetto che la ragazza si apprestava a leggere ad alta voce:
Allora sentirete parlare di guerre e di rumori di guerre; guardate di non turbarvi, perché bisogna che tutte queste cose avvengano ma non sarà ancora la fine.
Infatti si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie, pestilenze e terremoti in vari luoghi
Ma tutte queste cose saranno soltanto l'inizio delle doglie di parto,
Allora vi sottoporranno a supplizi e vi uccideranno; e sarete odiati da tutte le genti a causa del mio nome.
Allora molti si scandalizzeranno, si tradiranno e si odieranno l'un l'altro.
E sorgeranno molti falsi profeti, e ne sedurranno molti.
 E perché l'iniquità sarà moltiplicata, l'amore di molti si raffredderà;
 ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato,
E questo evangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo in testimonianza a tutte le genti, e allora verrà la fine.
- Amen! – dissero all’unisono i compagni.
 
Ariel deglutì e Caleb guidò il viso di lei verso i suoi occhi turchini.
-          Cosa c’è ? – le domandò mellifluo, liberandola delicatamente dai capelli neri che le coprivano gli occhi grandi.
-          Niente – sussurrò lei, abbassando il viso al pavimento avana.
 
Erano passati tre anni, ma il suo amore per lei era cresciuto giorno dopo giorno, aveva imparato che i suoi “no” significavano “si”, che i suoi “niente” volevano dire “sto male, abbracciami”, che per i suoi “vai via” lui doveva intendere “resta”e che non tutti i suoi sorrisi erano sinceri, ma che celavano, a volte un velo di gelosia, a volte un velo di irritazione.
 Così le alzò il mento con l’indice e la fissò con uno sguardo accigliato, prima di rilassare il viso e alzare un sopracciglio con un mezzo sorriso.
-          Tesoro, ti conosco da tre anni e tre giorni, mi fai così stupido? Conosco ogni tua singola smorfia, conosco ogni tua specie di sorriso: uno quando sei felice, uno quando sei sarcastica, uno quando sei imbarazzata, uno quando mi baci..
-          Ma – lo interruppe stizzosa – tu rimani con gli occhi aperti quando mi baci?
-          No cara – rispose alzando un indice – socchiusi, li tengo socchiusi. Perché così riesco ad intravedere le tue emozioni. E – le chiuse le labbra con il palmo della mano, mentre Ariel tentava di intervenire – fammi finire. Uno quando fai finta di essere contenta, uno ..
Avrebbe continuato all’infinito se lei non gli avesse tolto la mano dalle labbra.
-          ok, ok ho capito! – esclamò perentoria – è che pensavo di andare su con lui, di poter finalmente contemplare il Suo volto. Pensavo di far parte del corpo.
-          Si ma noi siamo gli angeli che si occuperanno della Chiesa. – Caleb inspirò, con un velo di tristezza nella voce. – dobbiamo dire al mondo la Verità, proclamare che il messia è già venuto e che Judas è l’incarnazione di Satana. Abbiamo una missione.
Ariel strinse i fianchi di Caleb sospirando e poggiando il suo capo sul suo cuore- credono tutti che gli alieni abbiano ideato un rapimento di massa. Ci pensi? – domandò spalancando gli occhi dallo stupore.
-          Si lo so. Era nei nostri piani.
La ragazza alzò il mento e lo guardò con aria interrogativa. – che intendi dire?
-          Quando ero un adepto facevamo in modo che l’umanità avesse almeno un dubbio riguardo l’esistenza degli alieni. 
-          In che modo?
-          Bhè – si schiarì la voce – hai presente i cerchi nel grano? Le persone che dicevano di essere state rapite?
-          Si, si non ho mai creduto nemmeno a questo – rispose roteando gli occhi con un mezzo sorriso – dunque?
-          E dunque, era tutto merito nostro. Sapevamo che il mondo avrebbe creduto a questo e avrebbe distolto lo sguardo dalla verità, ovvero il rapimento del Corpo di Cristo descritto nelle Scritture.
 

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Capitolo 2
*** Passato e Presente ***


La ragazza sciolse le braccia dai suoi fianchi e fece un altro profondo sospiro. Si diresse verso la  finestra da cui si poteva scorgere la mezza luna e poggiando una mano sul vetro, iniziò – Padre Celeste, avremo bisogno del tuo aiuto.- sussurrò guadando una nuvola grigia che tagliava in due lo spicchio della luna crescente.

 

 

Una mano gli si poggiò sulla spalla, la fece sussultare e girare di scatto.

-          Scusa se ti ho spaventata – commentò Thabita con un largo sorriso – volevo solo incoraggiarti raccontandoti una mia testimonianza. - Ariel annuì un paio di volte e la accompagnò verso le poltroncine, poste davanti alla scrivania.

 

Ricordo che durante la mia permanenza nel regno delle tenebre, sentivo parlar poco di Gesù e di quello che aveva fatto. In effetti non capivo perché ce l’avessero sempre con i cristiani, ma io dovevo eseguire gli ordini e non mi era consentito fare domande. Ma un giorno mentre vagavo per i corridoi e osservavo i volti dei torturati, mi accorsi che  i cristiani cantavano inni al loro Dio, a differenza degli altri prigionieri. Questa cosa mi strinse il cuore, ma non potevo rimanere lì ad ascoltare i loro canti perché lodavano quel Gesù di cui non potevo pronunciare il nome. Volevo conoscerli e capire il perché questi fossero i nostri nemici. Una notte, di nascosto chiesi il permesso a quello che adesso conosci come Caleb, era lui che si occupava dei catturati. Acab mi capiva, anche lui voleva scoprire la verità. Così mi accompagnò, sempre guardingo. Nell’ oscurità di una cella sentimmo un uomo pregare: pregava per noi, per la nostra conversione.

Ci avvicinammo e Acab esordì dicendo “ ehi tu! Come ti chiami? Che facevi nella vita precedente?”

L’uomo si girò tremante verso di noi ed esclamò “ ho sbagliato! Ho peccato contro il Padre!”

 “ questo lo sappiamo” ghignò Acab “ma in concreto cosa hai fatto per entrare nel nostro mondo?”

“I soldi” sussurrò l’uomo “ sono un pessimo padrone, ho dato il mio cuore a Mammona”

 Acab fece un mezzo sorriso e si inclinò verso di me, bisbigliandomi all’orecchio “ la cara Mammona colpisce ancora?” poi si rivolse all’uomo “ raccontami la tua storia. So che sei un pastore.”

“ Lo ero. Il Padre mi h tolto l’unzione, per questo sono qui, perché ho preferito i miei interessi al Suo Regno. Cercate prima il regno di Dio e il resto vi sarà dato in più dice la Scrittura. Ho venduto la mia anima e …e.” l’uomo iniziò un lamento straziante e il mio cuore non riusciva ad ascoltarlo, quindi gli rivolsi la schiena, poggiandomi con le spalle alle sbarre “ho sacrificato la mia famiglia! Capito?” urlò “li ho visti bruciare! Sotto quell’idolo immondo”

Iniziai a respirare spasmodicamente, avvertì una stretta allo stomaco mentre quel pover uomo gridava e batteva i pugni al suolo.

Vidi Acab deglutire. Non conoscevo la sua storia, ma gli occhi gli si sbarrarono e una lacrima cadde lungo il suo viso. Il giorno del suo battesimo capì il perché: aveva vissuto anche lui quell’orrore.. –

-          Fermati – la interruppe Ariel, poggiando una mano sulla sua spalla – questa cosa non mi sta edificando – le confessò con occhi lucidi.

-          Fammi finire, ti prego. – le disse Thabita.

        Alla fine uscimmo da quel luogo per tornare alle nostre quotidiane operazioni. Mi arrivò la notizia che i cristiani stavano pregando per un detenuto, e che si erano riuniti in un’ assemblea.

Infatti c’era confusione quella sera. Ogni qual volta i cristiani si riunivano in preghiera, di pari consentimento, tutti noi vagavamo per il regno, senza sapere cosa fare.

Poi un terremoto e un boato risuonò per tutto il luogo.

 

Io ed Acab ci incontrammo in un corridoio e sbarrammo gli occhi: avevamo lo stesso presentimento. Quindi corremmo verso la direzione opposta a quella che stavano percorrendo gli adepti. Arrivammo alla cella e lo vidi, per la prima volta, il viso luminoso, gli occhi di fuoco, con una tunica bianca candida che arrivava ai piedi, i capelli bianchi, ma non bianchi per la vecchiaia, era un bianco puro come la luce che lo avvolgeva.

Ci fissò e cademmo come svenuti. Ricordo solo che sentì gli occhi pesanti e mi lasciai cadere al suolo.

 

Quando mi svegliai eravamo legati su due altari di marmo. Ci stavano per inserire il chip. Io conosco adesso la grandezza del nostro Dio. Quell'uomo è tornato a casa e si è rifatto una vita, raccontando questo miracolo. Abbi fede Ariel.-

 

La ragazza dagli occhi grandi si pose la mano destra  sul cuore, abbassò il viso, fece un profondo sospiro, rialzò il mento verso Thabita e le rivolse un sorriso smagliante.

-          Andiamo a rompergli le corna! – esclamò, alzatasi di scatto dalla sedia.

-          Questo è lo spirito giusto – commentò Joshua, ponendosi dietro lo schienale di Thabita.

Intanto il resto del gruppo cercava informazioni tramite Internet, ma le ricerche non ebbero il risultato sperato.

-          Dio! – esclamò Caleb, sbattendo il pugno sulla scrivania – mi ero scordato che anche internet era sotto il nostro controllo.

Thabita gli si avvicinò e fissò lo schermo del pc portatile.- Cosa succede? - Gli domandò. Caleb appoggiò la testa sul palmo della mano e sbuffò.- Non riesco a trovare i documenti della NATO dove si parla del Blue Beam Project, ricordi? Quello sulla nuova religione mondiale.

-          Si,ma a che ti serve?

-          Con quello potremo sapere quando hanno in mente di ricostruire il tempio di Salomone.

-          Ah già! Per l’incoronazione del nuovo messia. E scusa, tu hai tenuto il chip proprio per avere ancora i loro contatti, giusto?

-          Si ma meno lo uso, meglio è per tutti.

-          Ma ti controllano lo stesso. Hai fatto trenta, fai trentuno.

Caleb fissava il vuoto, con aria pensosa si massaggiava il mento. Portò lo sguardo oltre il pc e vide il sorriso sereno di Ariel mentre scherzava con Lucia. Fu allora che si decise.

-          Ragazzi prepariamoci – esclamò a voce alta, alzandosi dalla sedia.

-          Per cosa ? – domandò Heliu con occhi spalancati per lo stupore.

-          Che cosa ti frulla nella testolina Caleb? – intervenne Joshua, incrociando le braccia al petto.

-          Andiamo a New York. – rispose il ragazzo dagli occhi turchini, con un mezzo sorriso.

Ariel corrugò la fronte e gli si avvicinò.

- Sei pazzo? Più ti avvicini a loro più possono controllarti – lo scosse più volte prendendolo dal colletto della camicia grigia. Lui le prese i polsi e la fermò, fissando gli occhi in quelli marroni di Ariel. – Se il mio cuore rimane lontano da loro non possono controllarmi appieno, perché la mia anima e la mia volontà sono legate a Dio. Lui mi proteggerà. – concluse, baciandola sulle labbra.

 

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Capitolo 3
*** Il sapore di un addio ***


-          Fammi capire bene – sussurrò Joshua, sporgendosi verso il sedile di Caleb – noi ora siamo arrivati a New York, tu entri nell’ONU senza problemi perché hai il chip, ti fai riammettere nel loro team, fai un video per mostrare al mondo Judas che si incontra con Satana per poi dimostrare che lui è l’anticristo…
-          Esatto. – rispose Caleb, che continuava a fare ricerche al Pc portatile, mentre accanto a lui dormiva beata Ariel.
-          E quindi mi spieghi a che ti serviamo noi? – domandò Joshua con voce altera, sforzandosi di non farsi sentire dai passeggeri che stavano placidamente dormendo.
-          Voi siete il supporto morale – affermò con un sorriso a trentadue denti.
-          Si ma perché io e Thabita!? Posso capire Ariel, ma noi due ?
 
Joshua non capiva il motivo di quel viaggio “a quattro”, o per meglio dire, lo aveva capito ma non voleva fare il gioco di Caleb.
Si, con Thabita si era formato un bel legame, erano spesso complici, ma lui era sicuro che non ci sarebbe stato nulla di più.
 
Aveva intuito che lui per lei era più di un semplice amico, ma si rifiutava di pensarsi accanto a lei come fidanzato: certo, non poteva negare la sua bellezza fisica e il fascino del suo carattere indomito, ma si sforzava di controllare il suo cuore. L’ultima volta che si era legato troppo, quel troppo aveva causato non pochi problemi, anche se poi era andato tutto secondo i piani prestabiliti da Dio.
 
-          Pensi che non abbia capito nulla? – domandò Caleb, guardandolo sottecchi.
-          Si, penso che non hai capito nulla. – rivolgendogli uno sguardo accigliato.
-          Non devi preoccuparti, come sappiamo le vie del Signore sono infinite – rise silenziosamente.
Il giovane Joshua sbuffò e  appoggiò  il capo sul poggiatesta chiudendo gli occhi e abbandonandosi al sonno.
 
 
 
-          Signorina Lilith, il chip Acab si sta avvicinando verso New York –  la informò un adepto. Lilith si avvicinò e allungò il collo verso lo schermo del computer, notando il pallino rosso con su scritto ‘Acab’s chip’che stava approssimandosi alla città di New York.
-          Bene, bene ora capisco perché non ha disattivato il chip- bisbigliò tra sé – informate Judas del ritorno del figliol prodigo –
-          Si signorina – rispose l’adepto alzando la cornetta del telefono per informare i ceti alti.
 
 
Appena uscito dall’aeroporto internazionale, Caleb, con il seguito dalla sua compagna e dei due amici, allungò il braccio per farsi notare dal taxi che stava avvicinandosi. Sarebbe andato da solo, non voleva mettere in pericolo la vita di Ariel.
-Promettimi che andrà tutto bene. Promettimi che non ti farai ammazzare! – esclamò Ariel con occhi preoccupati, sporgendo la testa oltre il finestrino. Il ragazzo poggiò le mani sul vetro abbassato e allungò il collo verso di lei.
- Lo prometto – le sobillò all’orecchio, mentre inalava a pieni polmoni il profumo dolce dei suoi capelli.
- E – continuò lei, allontanandolo con la mano, per fissarlo negli occhi cerulei. – ricordati che sei fidanzato! Ed è inutile che mi assicuri la tua fedeltà come un vassallo, lo so che solo il tuo sguardo fa strage di cuori. È colpa dei tuoi occhi se adesso sei immerso nel mio cuore! – gli disse tenendo il suo viso tra le mani.
-  Te lo prometto! – alzò la voce, quasi infastidito, poggiando la sua fronte contro quella della ragazza in modo che la punta dei loro nasi si sfiorassero – dal canto tuo, attenta anche ai tuoi occhi, non per nulla sei sprofondata nel mio cuore a causa loro.  – concluse dandole un bacio, lungo, passionale, diverso dagli altri. La mano di lui, dietro la nuca di Ariel, le afferrava la radice del cuoio capelluto, provocandole un piacere che  scorreva lungo le vene. Tutt’un tratto, Ariel sentì un timore correrle nella mente.
Quel bacio aveva il sapore di un addio.
La macchina si allontanò, mentre la ragazza continuava a guardarlo dal vetro posteriore, mentre lui li salutava ridente con la mano.
Ma il timore era diventato terrore.
 Sulla macchina che attraversava il traffico newyorkese, Ariel fissava pensierosa le persone che camminavano lungo i marciapiedi, indifferenti ai problemi del mondo, alle afflizioni che affliggono l’anima, capaci solo di comprendere il lato materiale dell’esistenza. Si incupì, pensando ciò che avrebbe dovuto passare Caleb per arrivare lì dove c’è il trono di satana, poggiando il mento sulla mano.
Joshua la scrutò con uno sguardo interrogativo, ma subito dopo percepì il suo stato d’animo. Il suo amore era andato coraggiosamente incontro ai suoi antichi sottoposti, che adesso lo volevano morto.  Abbassò il viso verso le ginocchia per poi dirigere lo sguardo verso Thabita, che navigava in internet sul suo tablet.
Sentendosi osservata, la ragazza staccò l’attenzione dallo schermo e lentamente girò il capo in direzione degli occhi  smeraldo del giovane. Li aveva sentiti pesanti sulla sua pelle. Riusciva a percepire quando era al centro della sua attenzione. Ed anche questa volta ci aveva azzeccato. E il suo cuore, ogni volta, ogni singola volta, batteva contro lo sterno con prepotenza.
L’angolo del labro di Joshua disegnò un mezzo sorriso imbarazzato.
Thabita lo ricambiò, con una timida curva sul volto.
Qualcosa era cambiato. Quel sorriso timido lo aveva folgorato. Come una freccia che centra il bersaglio. Come un fulmine a ciel sereno.
Avvertì un colpo al cuore, uno sfarfallio alla bocca dello stomaco, un calore che partiva dal petto e lo incendiava arrivando fino alla gola.
Era amore?
No. Lo rifiutava.
Ma lo chiamava. Poteva far finta di non sentire, ma quella voce era dentro, nell'anima.
Il suo cuore la chiamava, quasi poteva sentirlo gridare " ho bisogno del tuo amore."
Una carezza.
La sfiorò col dorso della mano lungo la guancia. Sentì la sua pelle morbida e accaldata.
Si rigirò di scatto verso il parabrezza. Non doveva sprofondare in quegli occhi blu.
 
Intanto Caleb era arrivato di fronte al Palazzo di vetro. Un ghigno comparve sul suo viso strafottente, sprezzante del pericolo. Si alzò il colletto della camicia nera e si diresse verso l’ingresso, mentre il vento sventolava le bandiere dei paesi aderenti a quel Nuovo Ordine.
Era strano ritornare nei panni di Acab, ma forse non si era mai completamente liberato di lui. Quel chip era rimasto come un macigno a ricordagli quello che era stato e quello che poteva ritornare ad essere. In fondo, quel personaggio spavaldo, fiero, affascinante, ipnotico, lo sentiva ancora dentro.
Scosse la testa. No, Acab era la morte, il male, il buio, la notte, ma anche la passione, il fuoco, la sensualità. Erano questi ultimi elementi che scossero la sua psiche, come un brivido di piacere. Adesso oscillava tra Acab e Caleb.
Lui era consapevole della sua lotta interiore, ma non riusciva a comprenderne il motivo. La lotta non sarebbe nemmeno dovuta iniziare. Una parte di sé voleva diventare Acab, ritornare ad essere quel cinico adepto, ammaliatore e conquistatore. Un’altra parte lo portava sulla retta via, verso la dolcezza, la luce, Ariel.
Nell’ascensore osservava quella spia che indicava i  piani attraversati. Più saliva verso il piano in cui c’era l’ufficio di Lilith, più sentiva il suo cuore raggelarsi.
 
Si avvicinò alla porta color grigio metallizzato, deglutì, si aggiustò il cravattino, assunse una postura diritta, rigida. Spostò un ciuffo dei capelli corvini sull’occhio destro, avvicinò le nocche alla porta per bussare, ma una voce dall’interno lo fece trasalire.
-          Entra Acab.
Il ragazzo vide la porta aprirsi davanti ai suoi occhi. Era stupito ma si ricompose assumendo una postura composta e distinta, ponendo le mani dietro la schiena. Fece due passi verso l’interno, senza muovere un muscolo del viso, tenendo d’occhio la porta che gli si chiudeva alle spalle.
Davanti ai suoi occhi v’era una scrivania di forma ovale, su cui vi erano pochi oggetti d’ufficio e un PC portatile. Tra il tavolo e l’ampia vetrata, lo schienale di una sedia girevole.
-          Ti stavo aspettando. – gli rivolse la parola la persona che non mostrava il suo viso.
-          Eccomi qui, come avevamo deciso. – affermò Acab.

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Capitolo 4
*** Perdonatemi... ***


SALVE A TUTTI,
 
Si, lo so che vi aspettavate un altro capitolo e mi dispiace avervi illuso, tuttavia lasciatemi dire qualche parola per ringraziarvi, ringraziare voi che leggete in silenzio e state amando questa storia come l’ho amata io nello scriverla.
Grazie a chi ha recensito e a chi non l’ha fatto. Grazie a chi si è innamorata di uno dei miei personaggi. Grazie a coloro che vorrebbero vedere come va a finire.
 
A voi va questo messaggio in particolare: ho iniziato a scrivere per gioco, mettendoci dentro tutto quello che sono, creando personaggi che hanno tutti un po’ di me, che sono i miei opposti e miei simili.
 
Non pensavo che avrei bloccato la scrittura, perché è un mondo bellissimo, un mondo dove succede quel che deve succedere, ma anche quel che l’autrice stessa non si aspetterebbe. Un mondo strano. Dove può succedere di tutto, pure il nulla. Come adesso, in questo momento, nella storia si è bloccato qualcosa, ma non nella mia testa…e nemmeno nella vostra forse.
 
Forse vi siete immaginati il finale. 
Forse è proprio questo il finale.
E’ questo il finale?
 
Me lo sto chiedendo anche io, perché non vorrei che fosse questo il finale, vorrei avere tempo per continuare a scrivere questa storia, che è quella che rimarrà sempre nel mio cuore.
 
Perdonatemi se vi ho rattristati con queste due parole, ma dovevo farmi sentire,dovevo farmi viva per dirvi: “ Vi penso. Penso sempre ai miei personaggi rimasti in sospeso e di conseguenza a voi, rimasti in sospeso con loro”
 
Non so davvero se potrò trovare mai il tempo di continuare a scrivere, ma vi prego, datemi un cenno della vostra presenza. Magari ditemi che la storia fa schifo, che non vi piace, che siete dispiaciuti o che siete felici.
Ho bisogno che voi mi diciate qualcosa, perché sto attraversando un periodo di blocco e magari un vostro consiglio o una vostra critica possono smuovermi.
 
GRAZIE ANCORA!
 
BigEyes

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