Salto nel vuoto

di Paddy_Potter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non mi fermeranno, non questa volta ***
Capitolo 2: *** Alba tra fratelli ***
Capitolo 3: *** Lezione di equitazione ***
Capitolo 4: *** Cenette sfiziose e segreti rivelati ***
Capitolo 5: *** Sarah ***
Capitolo 6: *** Mantobianco e i capelli di James ***
Capitolo 7: *** Alla ricerca dell'ippogrifo perduto ***



Capitolo 1
*** Non mi fermeranno, non questa volta ***


"Non mi fermeranno, non questa volta."

 

 
Ormai era bagnato fradicio. La pioggia scrosciante lo aveva inzuppato e, anche se avesse avuto un giubotto, non sarebbe cambiato molto.
Un brivido percorse la schiena di Sirius mentre avanzava a fatica tra l'erba alta del campo che lo separava dalla villa. Il Nottetempo non poteva accompagnarlo fino al cancello: era proprietà privata e, inoltre, aveva degli incantesimi di protezione piuttosto potenti attorno a sè.
"Ma non hai mai pensato di fare un incantesimo per tagliare l'erba, per Merlino?!" esclamò rabbrividendo. Quelli però erano brividi ben diversi da quelli che aveva sentito qualche ora prima. Quella mattina gli avevano fatto mille volte più male, gli avevano percorso la schiena come lame gelate e si erano lasciati dietro un orribile senso di disperazione.
 
La cucina era buia e silenziosa: erano le due di notte, non poteva essere altrimenti. 
C'era solo una persona, un ragazzo, seduto su una sedia con i gomiti appoggiati al tavolo e un bicchiere d'acqua davanti. 
Lo fissava, immobile.
Aspettava. 
Non sapeva cosa esattamente, ma aspettava. 
Forse le tre, forse l'alba, forse un uragano che potesse inghiottrlo e portarlo via da quel buco in cui doveva stare per quasi un altro anno. 
Sicuramente non stava aspettando chi entrò.
La porta si aprì piano e suo padre entrò in cucina, dirigendosi verso lo scaffale dove erano appoggiati i bicchieri. Ne prese uno e si voltò in cerca della caraffa dell'acqua.
Come sembrava calmo suo padre alle due di mattina: che avesse fumato? Sirius sorrise lievemente a quell'idea, immaginandosi la scena.
Nel frattempo, suo padre si accorese della mancanza della caraffa e si girò verso il tavolo per cercarla. Solo in quel momento si rese conto della presenza di suo figlio nella stanza. Lo guardava, con lo sguardo tipicamente indecifrabile e imprevedibile che aveva.
"Che ci fai qui?" gli chiese avvicinandosi per prendersi dell'acqua.
"Medito su come distruggere il municipio babbano dietro l'angolo." gli scappò senza rendersene conto. Non voleva iniziare quella storia alle due di mattina, primo perchè era completamente inutile, visto come la pensava suo padre, secondo perchè aveva sonno e non era sicuro di riuscire a reggerlo. Purtroppo l'abitudine aveva avuto la meglio e gli era sfuggita una delle sue battutine taglieni.
Vide il volto di suo padre indurursi di colpo e una mamo allungarsi per prendere la caraffa dal tavolo.
"Perfetto, l'ho fatto scocciare perfino a quest'ora: nuovo record." pensò, sospirando.
"Sirius..." cominciò Orion.
"Un drago o un Avada Kedavra a tutti quelli che mi si parano davanti: cosa suggerisci?."
"Non ho intenzione di iniziare l'ennesima discussione su questo argomento. Non l'hai capito fino ad ora, non lo farai alle due di mattina. Sei talmente testardo...ti ostini a non capire, a non accorgerti di ciò che è giusto o sbagliato e rimani convinto di un'idea nonostante tutte le volte che te l'ho spiegato..."
"Premettendo che a sedici anni riesco perfettamente a distinguere cosa è veramente giusto e cosa no, le tue spiegazioni non hanno senso." gli rispose Sirius, bloccando a metà uno sbadiglio. Il suo cervello si era svegliato e aveva inaspettatamente trovato la voglia di ribattere.
"Moderati."
"Fidati, mi sono moderato."
"...se solo fossi come tuo fratello..." sospirò suo padre, scuotendo la testa. Perchè doveva essere così difficile parlare a quel ragazzo? Perchè sembrava assomigliargli così tanto, ma era in realtà il suo opposto? Perchè era così, così...indescrivibilmente testardo!
Sirius alzò gli occhi al cielo. La carta del fratello perfetto: l'aveva sentita troppe volte per cascarci. Veniva continuamente paragonato a quel santo di suo fratello, quello che rispettava le tradizioni della famiglia, che appoggiava tutte le idee dei genitori, quello che, rispetto a lui, era l'angelo della situazione. Forse una volta gli dava fastidio la cosa, ma aveva imparato a non badarci.
"Ringrazio spesso il cielo per non essere così"
"Non parlare di lui in questo modo!"
"Oh, ma dai, papà! Come puoi chiedermi di diventare come Regulus?!"
"Se lo fossi ci sarebbero molti meno problemi qui e..."
"...e molti meno Babbani."
"Sirius non cominciare!"
"Per carità! Non offendiamo quel povero ragazzo indifeso!"
"Sai esattamente il motivo per cui non vuoi capire, per cui non vuoi ammettere la verità. Da quando sei andato ad Hogwarts sei cambiato, da quando sei finito in...in...Grifondoro..." disse, sottolineando quell'ultima parloa con tutto il disgusto che poteva. L'aveva davvero fatto infuriare.
"Da quando sono andato ad Hogwarts ho imparato a parlare, papà!"
"Non dico che sia tutta colpa tua. - continuò senza neanche ascoltarlo - Certo, sei anche stato influenzato da cattive compagnie. Quel Potter, poi, non..." ma non finì la frase.
"Non provare a dire una sola parola contro di lui." scattò Sirius, alzandosi in piedi così da trovarsi all'altezza di suo padre.
Ma quanto era cresciuto ultimamente?! Perfino lui si stupì della cosa: era alto esattamente come suo padre!
Anche quest'ultimo lo notò con non poco stupore: da quant'è che non guardava seriamente quel ragazzo? Ormai doveva anche farsi la barba e lui non se n'era quasi accorto! Non era più il ragazzino che si ricordava: il suo petto si era allargato e le spalle irrobustite, era dimagrito ancora e quel taglio di capelli un po' spettinato gli incorniciava quegli occhi blu oltremare che aveva preso da lui...come aveva fatto a non accorgersi di tutto ciò?!
Notando lo stupore malcelato del padre, Sirius riprese: "Non ci provare, tu non lo conosci, non conosci nessuno dei miei amici, non hai mai avuto voce in capitolo e ora non puoi giudicarli!" 
Se c'era qualcuno a cui tenesse davvero erano i suoi amici. Erano stata la sua nuova famiglia e lo erano ancora: non avrebbe permesso a nessuno di dire anche solo una parola sbagliata su di loro.
Anche il padre si ricompose. "Non mi hai lasciato avere voce in capitolo."
"Oh, ma fammi il favore!! Adesso la vittima sei tu?!"
"Sirius, vai a letto." concluse Orion. Ma per il ragazzo la discussione era tutt'altro che finita.
"No, adesso rispondi: chi è sempre stato considerato quello diverso, quello sbagliato, quello che "disonorava la grande casata dei Black"! Non mi pare che te l'abbiano mai detto a te!"
"Forse perchè non ce n'è mai stato bisogno!"
"Sono sempre stato l'unico che avesse il coraggio di dire la verità! L'unico che diceva veramente quello che pensava e solo perchè da piccolo giocavo anche con bambini Babbani venivo messo  in punizione!"
"Tu sei un Black! I Black sono Purosangue da generazioni, dalle origini, siamo una delle poche famiglie ancora pure!" rispose indignandosi suo padre.
"Ma vuoi dirmi cos'hanno i nostri vicini di diverso che li classifica come Mezzosangue? Cos'hanno di male? Vuol dire semplicemente che un mago ha sposato una babbana o una il cui padre aveva fatto lo stesso! Cosa c'è che non và?!"
"Loro.....senti, vai a letto!"
"No."
"Basta Sirius! Vai a letto!"
"Rispondimi."
"Loro sono...sono...diversi da noi. Basta, vai a letto. Ora!" aggiunse, vedendo che il figlio voleva ribattere.
"Non ne posso più! Non vi rendete conto di quanto siete ridicoli! Neanche ve ne accorgete! E poi io dovrei essere fiero di essere un Black?! Posso solo vergognarm..." non finì la frase.
Imrovviso, inaspettato e crudele uno schiaffo gli arrivò dal nulla e lo colpì in pieno volto, lasciandolo senza fiato e senza parole.
Si bloccò, incredulo. 
Non poteva, non poteva,...la sua mente si rifiutava di accettarlo. 
Lui...lui...gli aveva...
Veloci e inarrestabili, lacrime calde gli salirono agli occhi. Sentiva un tremendo formicolio di dolore sulla guancia dove gli era arrivata la mano di suo padre, ma non riusciva a crederci.
Non poteva averlo fatto...suo padre non gli aveva mai dato più di uno "scappellotto" in testa, non aveva ricordi che lo avesse mai...
"Sir..." nemmeno Orion riusciva a credere di averlo fatto. Non se n'era reso conto, aveva semplicemente seguito un impulso, ma...perchè? Perchè? Perchè l'aveva fatto? Ma come diavolo gli era saltato in mente di...
"Sir..." ripetè, incapace di dire altro. Allungò una mano a sfiorare la guancia di suo figlio, ma questi lo bloccò. Afferrò saldamente il polso di suo padre e lo cacciò via. 
Tentò di fermare quelle maledette lacrime che cominciavano a sgorgargli dagli occhi, ma non ci riuscì.
Col viso solcato da quelle goccie e la guancia dolorante, Sirius scansò suo padre e si diresse muto verso la porta: aveva una sola idea in testa.
Orion allungò un braccio e strinse quello del ragazzo che lo scacciò nuovamente.
"Sir..." il ragazzo era ormai sulla porta, ma si voltò e con tre parole cariche di disprezzo come mai, se ne andò.
"Io ti odio."
La porta sbattè alle spalle di Sirus che si precipitò in camera sua: un incantesimo e tutti i suoi abiti, libri e oggetti scolastici si rimpicciolirono e si infilarono nello zaino.
Non aveva nulla in testa, meno che due cose: lo schiaffo di suo padre e la fuga. Tutto il resto era una confusa nebbia che gli impediva di pensare e che gli faceva sgorgare lacrime incontrollabilmente dagli occhi. 
Un brivido gelido, carico di dolore gli scese lungo la schiena, paralizzandolo come se fosse stato colpito da un incantesimo.
Voleva urlare, urlare e far sentire a tutti il dolore che provava, voleva che sentissero quanto li odiava per tutto quello che gli avevano fatto, voleva che provassero il male che lo stava logorando dentro.
Non li avrebbe sopportati ancora, avevano superato il limite.
Asciugatosi il viso con una manata, sentì i passi di suo padre uscire dalla cucina.
Un incantesimo e tutte le porte che lo separavano da lui si chiusero a chiave.
"Non mi fermeranno, non questa volta" pensò.
Spalancò la finestra e, zaino in spalla, saltò giù, atterrando sull'erba bagnata, sotto la piggia che cadeva pigra. Corse verso la strada e allungò la bacchetta. All'improvviso, due fari comparvero dal buio e una spinta invisibile lo scaraventò a terra.
Si rialzò in fretta e, saltato sul Nottetempo, pregò il bigliettaio di farlo partire.
"Vai di fretta, giovanotto?"
"La prego..."
"Certo. Vai Ern!!" e il Nottetempo sfrecciò via, lontano da Grimmauld Place, lontano da quella casa, lontano da lui.
Ebbe ancora un attimo per vedere suo padre sporgersi dalla finestra e per guardarlo negli occhi. 
Poi partì.
 
Il campanello suonò, rimbombando in tutta la casa, come sempre.
Erano le sei di mattina in quel momento.
Dopo circa cinque minuti, un Charlus Potter più assonnato che mai aprì la porta sbadigliando. 
Sgranò gli occhi alla vista di quel ragazzo fradicio, infangato, con uno zaino sulle spalle e una guancia arrossata.
"Buongiorno signor Potter, James è in casa?"




Posticino autrice...
Ciao!! Allora, questa è la mia prima fan fiction: siate clementi!:>
Non so quando riuscirò ad aggiornare, credo non presto...ma voi recensite comunque, appena riesco vi rispondo!!
Non la trovo così malaccio, ma ditemi quello che pensate voi: mi servirà per migliorare.
Credo che non la farò durare molto, ma non si sà!
Fatevi sentire: vi aspetto!!
Un bacione
Anna

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Capitolo 2
*** Alba tra fratelli ***


Alba tra fratelli

 

 

Sgranò gli occhi alla vista di quel ragazzo fradicio, infangato, con uno zaino sulle spalle e una guancia arrossata.

"Buongiorno signor Potter, James è in casa?"

 

"S...Sirius...ma che ci fai qui? Sei bagnato fradicio! Entra dentro o ti ammali!!"

Il ragazzo entrò sotto lo sguardo interrogativo di Charlus Potter: ma come diavolo era arrivato fin lì!? Era davvero messo male! Forse James si era dimenticato di dirgli che sarebbe venuto...probabile, aveva sempre la testa tre le nuvole quel ragazzo!

"Mi scusi per l'orario, davvero, non avrei voluto disturbare, ma....ehm..."

"Tranquillo, io e Dorea ci stavamo comunque alzando. James non mi aveva detto che saresti venuto! Dovrò fargli un discorsetto..."

"Oh, no, no, James non sapeva che sarei venuto, non l'avevo avvisato, non...ehm, io..."

Sirius non sapeva cosa dire: era andato lì quasi senza rendersene conto, gli era parsa la sua ultima salvezza e non aveva idea di cosa dire. Il padre di James lo scrutava con sguardo indagatorio e lo metteva molto a disagio.

"Ora mi butta fuori..." pensò Sirius: ma come gli era venuto in mente di presentarsi così conciato in casa di qualcuno alle sei di mattina?!

Fortunatamente il silenzio che si era creato mentre tentava di inventarsi una scusa decente venne interrotto da una voce proveniente dalle scale.

"Sir, che ci fai qui!?" chiese James in pigiama, catapultandosi giù dalle scale.

"Ehm...io..."

"Papà, non farlo stare lì in piedi: sta tremando dal freddo, almeno dagli una coperta!" continuò l'altro togliendogli lo zaino dalle spalle.

"Certo..." rispose Charlus, passando una coperta di lana a quadri al ragazzo.

"James noi dobbiamo andare, non..." giunse la voce di Dorea che comaparve in fondo alle scale, fermandosi di colpo.

"Sirius?? James non mi hai detto che veniva a trovarci!"

"Io non...io...mi sono dimenticato, scusa mamma." mentì svelto il ragazzo con gli occhiali.

Sirius, colto di sorpresa, guardò Charlus che gli rispose con un'occhiata tranquillizzante.

"Dorea, dobbiamo andare! Jamie pensa tu a Sirius." salutò, trascinando la moglie fuori e lanciando un ultimo sguardo ai due ragazzi "Questa sera parliamo..." e si chiuse la porta alle spalle.

"Perchè hai mentito?"

"Non mi sembri in condizioni di dare spiegazioni." sorrise il grifondoro al fratello.

"Grazie Jamie, io.."

"Calma, parliamo più tardi: ora hai bisogno di una doccia calda e di una buona colazione."

Sirius sorrise stanco: ecco perchè lui era suo fratello, lo capiva sempre, qualsiai cosa succedesse. Si lasciò avvicinare da James, fino a cadere con la testa sulla sua spalla.

"Ciao Sir."

"Ciao Jamie."

E, sorridendo, i due si incamminarono verso le scale.

"Tawny, prepareresti la colazione per me e Sirius?" chiese James all'elfa che era appena comparsa dalla cucina.

"Certo, padroncino." rispose lei obbediente.

Salirono le sale e si ritrovarono in un ampio corridoio. Dopo un attimo di indecisione, il padrone di casa decise di portare l'amico nella sua camera. C'erano tantissime altre stanze in quella casa, ma non se la sentiva di lasciare Sirius da solo e così fece spostare un letto verso la sua e lo posizionò affianco a quello già lì. Vi depose lo zaino e poi accompagnò il ragazzo verso il bagno.

Era ridotto davvero male, notò James, e non aveva più il suo sguardo malandrino negli occhi: era questa una delle cose che lo preoccupavano di più.

Sirius per ora non era in grado di rispondere, quindi lui non fece domande, pur intuendo vagamente la situazione.

Una volta in bagno gli preparò l'acqua calda nella vasca e uscì mentre l'amico vi entrava. Mentre rimaneva lì, poteva dare un'occhiata allo zaino.

Vi si avvicinò e, aprendolo, scoprì che vi erano tutti i vestiti e i libri di scuola di suo fratello: era scappato di casa.

James si passò una mano tra i capelli: quella sarebbe stata una giornata difficile...

Fece appena in tempo a chiudere lo zaino e girarsi che Sirius comparve sulla porta del bagno. "Non è che mi passeresti lo zaino? Sai, ci sono dei miei vestiti puliti dentro..."

"Certo." rispose sorridendo e lo passò all'amico.

Dopo qualche minuto, questo uscì dal bagno e, sempre sorridendo, si incamminarono verso la cucina dove Tawny li aspettava con bacon, uova strapazzate e succo di frutta.

Si sedettero e divorarono tutto, scherzando ricordando le loro colazioni ad Hogwarts: questa volta non dovevao fiondarsi in una classe, ma tornare in camera e discutere dell'accaduto. James non era sicuro di quale delle due prospettive giudicare la migliore, ma, ricordandosi che l'anno prima il martedì mattina avevano due ore di Storia della Magia, optò immediatamente per la chiacchierata.

Tornati in camera e seduti sul letto, non si poteva più rinviare.

Lo sapevano entrambi, ma nessuno aveva il coraggio di iniziare.

"Sono scappato di casa." confessò Sirius.

James non rimase sorpreso, avendolo già intuito prima, ma comunque non risparmiò una faccia dispiaciuta al fratello.

"Cos'è successo, Sir?"

"Io...lui..." tentò di rispondere.

"Ok, calma," lo anticipò il fratello, prendendolo per le spalle "prendi un bel respiro come se volesi urlare dietro a Mocciosus e poi spara!"

Ridacchiando, Sirius cominciò il racconto e parlò a James della discussione con suo padre, ma arrivato a quel momento...

"Sì?" lo incalzò James.

"Lui...lui mi...mi ha dato uno schiaffo." riuscì a mormorare.

E lì quel poco della corazza di Sirius Black che era riuscito a resistere crollò definitivamente, mostrando un ragazzo ferito, solo, abbandonato. Tutta l'aura di sicurezza che di solito lo circondava era svanita assieme all'ultima traccia di quello sguardo malandrino che gli brillava sempre negli occhi. Era emerso il cucciolo che c'era ancora in lui, il bambino che si sforzava di nascondere.

James davanti ad una simile scena provò così tanta pietà nei confronti dell'amico: non gli brillavano più gli occhi, coperti dal ciuffo di capelli che gli arrivava in faccia, non aveva più l'ombra di una risata sempre nascosta sulle sue labbra pronta a sbucare...non c'era più il suo Sirius.

Una lacrima sgorgò purissima dagli occhi di Felpato.

James si mosse in avanti per asciugarla ma un'altra ne sgorgò, seguita da un'altra e da un'altra ancora.

"Sono solo." sussurrò Sirius più a se stesso che ad altri.

"No, Felpato, tu hai un fratello." mormorò il grifondoro di rimando.

E detto questo si avvicinò ancora di più al suo amico, gli mise una mano dietro la schiena e lo spinse dolcemente verso di sè, stringendolo poi contro il suo petto circondandolo in un abbraccio e appoggiando il volto tra suoi capelli.

Sentì l'amico rimanere inizialmente immobile, ammutolito, fino a sciogliersi nell'abbraccio e a stringersi contro di lui, scoppiando a piangere.

Pianse.

Pianse stringendosi forte all'unica cosa rimasta sicura nella sua vita, all'unica persona che c'era in quel momento e che era davvero disposta a rimanere con lui fino alla fine.

Pianse contro il suo James, il suo fratellone, la sua salvezza.

E James rimase lì, con la testa appoggiata ai capelli scuri del suo fratellino, stringendolo forte contro di sè, conscio di essere gran parte di ciò che gli era rimasto, di volergli più bene che mai e di volerlo aiutare anche fino alla morte, se necessario: avrebbe fatto di tutto per lui.

Dopo un tempo che nessuno dei due seppe misurare, Sirius smise di piangere e si sciolse lentamente dalla stretta dell'amico.

Si guardarono negli occhi.

"Te l'ho promesso tempo fa, te lo riprometto ora, Sir: io sarò per sempre tuo fratello." lo rassicurò James.

Felpato sorrise: lo sapeva, sapeva che sarebbe sempre stato al suo fianco, sapeva che non l'avrebbe abbandonato mai.

"Lo so." disse solamente.

"Vieni." gli disse Ramoso, alzandosi e tirandolo su dal letto.

Si avviarono verso la porta-finestra che dava a est e uscirono sul balcone: era uno spettacolo meraviglioso.

Aveva smesso di piovere, ma il cielo sopra di loro era ancora ricoperto di fitte nuvole scure, e così proseguiva fino all'orizzonte, dove però si diradavano fino a scomparire incorniciando il sole nascente. Soffici raggi dorati accarezzavano la campagna, poggiandosi sulle dolci colline, e brillavano nell'aria fresca. Una leggera brezza sospirava, rendendo ancora più nitidi i colori: il verde dei prati e dei boschetti, il grigio bluastro delle nubi, l'arancio dell'unico pezzo di cielo che sbucava lontano. Qualche uccello già sveglio cantava lì vicino.

"È...incredibile." mormorò Sirius incredulo davanti a quella vista.

"Fantastico, vero?" gli rispose James.

E lì rimasero, perdendo la cognizione del tempo, guardando il mondo svegliarsi sotto i loro occhi, vicini, inseparabili, come sarebbero rimasti sempre.

 

 

Spazietto autrice...

Ciao a tutti!!

So di essere un po' in ritardo ma ho talmente tanti compite per le vacanze!!!

Voglio ringraziare tantissimo Ram92, che con le sue parole mi ha dato abbastanza fiducia da scrivere questo nuovo capitolo:)

Spero che qualcun altro voglia lasciare una piccola recensionina perchè mi farebbe sentire un po' meglio, tutto qui...

Grazie in anticipo, spero vi sia piaciuto il nuovo capitolo!!

Anna

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Capitolo 3
*** Lezione di equitazione ***


Lezione di equitazione

 


 

Se n'era andato.

Aveva aperto la finestra e se n'era andato.

Non aveva pensato a nessun altro se non a lui stesso e se n'era andato, lasciando suo padre alla finestra, sua madre in lacrime e suo fratello da solo.

Questi erano i pensieri che vorticavano insieme a molti altri nella mente di Regulus mentre si accingeva a sellare il suo cavallo, Dark, prima di cominciare la lezione d'equitazione.

Suo fratello era scappato di casa la notte precedente.

Non che non se l'aspettasse: Sirius era sempre stato in contrasto con i suoi genitori, non la vedevano mai allo stesso modo, c'era sempre qualcosa che li faceva scontrare, soprattutto con l'avvento della guerra... ma non l'aveva neanche salutato...

Non ne aveva ragione, loro due si detestavano praticamente: se non fosse stato per gli stessi profondi occhi blu oceano e per gli stessi capelli neri che contornavano i loro volti, nessuno li avrebbe mai definiti fratelli vedendoli insieme.

Salì a cavallo e si avviò nel recinto per cominciare.

Eppure non era sempre stato così...

Una tempesta di emozioni lo travolse e per poco non perse il ritmo del trotto di Dark che nitrì infastidito.

No, non era sempre stato così: una volta, quando erano piccoli, erano inseparabili anche loro.

Ovunque c'era Sirius, nascosto dietro di lui, c'era anche Regulus, in qualunque posto fossero...anche a lezione di equitazione.

 

Sirius, aspettami!!”

Dai Reg, spicciati!”

Arrivo, è che...oh m-m-mam-ma, Sirius vieni qui!!!”

Cosa c'è!?”

È g-g-grandissimo...i-i-io non ci voglio salire!! Ho paura!!” strillò un Regulus di nove anni, correndo dietro alla schiena di suo fratello: quei cavalli erano immensi, almeno il triplo di lui!! Perchè suo papà voleva che ci salisse sopra?! Lui non lo avrebbe fatto, no, no, assolutamente no!

Reg, è solo un cane un po' troppo cresciuto! - scherzò Sirius - Ti assicuro che non sono cattivi, sono solo un po' alti ma ci farai l'abitudine. Fidati, è solo perchè è la prima volta.”

Il fratellino gli rispose un verso indefinito.

Sirius scoppò a ridere e, preso per mano Regulus, lo accompagnò verso il recinto dove li aspettava il padre.

Sir ho paura...” sussurrò Reg e una lacrima gli scivolò lungo la guancia.

Accortosi della cosa, Sirius si fermò dietro l'ultimo steccato per tranquillizzare il fratello: suo padre si sarebbe infuriato se l'avesse visto piangere.

Reg stai tranquillo, no, non piangere, non c'è motivo. Quando ci sali sopra non sono così alti, davvero! Forza, devi essere coraggioso, non sono così spaventosi, devi solo salirci, farci un paio di giri e scendere. Poi torniamo a casa, te lo prometto.”

Non funzionò. Al contrario, Regulus, piangendo, si strinse al fratello, abbandonandosi sulla sua spalla.

Sirius, non sapendo più che fare, lo strinse a sé: non poteva portarlo nel recinto così e di sicuro suo padre non avrebbe accettato da un Black un simile atto di debolezza.

Reg...” mormorò, appoggiando il volto sui capelli del fratellino.

Non potevano stare lì per sempre, sarebbero venuti a cercarli...

Sciogliendosi dall'abbraccio, Sirius prese per le spalleRegulus e, guardandolo negli occhi gli disse: “Lo so che ti fanno paura, ma devi essere forte. Se adesso ci sali sopra, ti prometto che questa sera puoi venire a letto da me, va bene?”

E se cado?” mugugnò il ragazzino quasi convinto.

Se cadi ti prendo, ma non cadrai, ne sono sicuro. Allora?” sorrise incoraggiante l'altro.

Va bene...”

Bravo. Dai, andiamo...” e si avviarono all'interno del recinto.

Come previsto, il loro padre li stava aspettando sullo steccato al confine con un istruttore, mentre un altro stava sellando un cavallo nel centro dello spiazzo.

Perchè uno solo?” si chiese Sirius, guardando suo padre. Questi gli fece segno di raggiungerlo.

Non faccio lezione con Regulus?”

No, questa prima lezione la farà lui da solo.” rispose il padre, freddo come sempre.

Il ragazzo sentì la mano del fratellino serrarsi attorno alla sua, ma non poteva mettersi a rassicurarlo davanti al padre. Si liberò lentamente della stretta, ma, voltatosi, vide Regulus che lo fissava terrorizzato. Tentò di calmarlo con lo sguardo, ma l'istruttore vicino al cavallo disse che aveva finito: gentile modo per comunicare che Regulus doveva raggiungerlo e salire su quel purosangue nero di nome Dark.

Deglutendo a fatica, il ragazzino si voltò e si incamminò verso il centro del recinto. Arrivatovi, l'istruttore gli spiegò come montare sul cavallo e, aiutandolo, ce lo mise sopra.

Regulus tremava.

Tremava come un ramoscello in autunno.

Avanti Reg, puoi farcela...” mormorò il fratello.

L'istruttore diede una pacca al cavallo e lo fece partire, seguendolo camminandovi affianco.

Da lì Regulus andò nel panico. Sapeva solo che stava tremando incontrollabilmente, che stava sudando freddo e che aveva gli occhi lucidi, ricolmi di lacrime pronte a sgorgare. Doveva mantenere la promessa che aveva fatto a suo fratello, lo sapeva, ma non ce la fece. Per quanto si impegnò, non riuscì a trattenere quel fiume inarrestabile e scoppiò a piangere, silenziosamente.

Sentì suo fratello che parlava, meglio che gridava al padre di farlo scendere, ma questi non lo scoltava. Lo fissava, deluso, come lo aveva fissato tante volte.

Regulus non voleva deludere suo padre, ma non ci riusciva: molte volte si era dimostrato al di sotto delle sue aspettative e, ogni volta, lui aveva sfoderato quello sguardo amaro che lo faceva sentire tremendamente in colpa.

Finalmente, le proteste di Sirius fecero effetto e l'istruttore fece scendere quel ragazzino tramante dal cavallo.

Suo fratello gli corse incontro, lo accarezzò e, preso per mano, lo riaccompagnò nelle stalle per calmarlo un po'.

S-sir...io...”

Shh, va tutto bene, tranquillo, non importa.” gli rispose Sirius stringendolo a sé e passandogli una mano tra i capelli “Va tutto bene...”

 

“Black!!”

Regulus tornò alla realtà, sobbalzando: era quasi finito contro lo steccato.

“Sir...” mormorò, sconvolto.

Non sarebbe riuscito ad imparare molto durante quella lezione: ormai la sua mente era persa tra i ricordi...

Riportò Dark nelle stalle e gli tolse la sella.

Perchè da quando erano andati ad Hogwarts tutto era cambiato? Perchè Sirius non lo aveva più abbracciato? Perchè avevano cominciato a litigare, finendo quasi col non parlarsi? Come aveva fatto a finire tutto così?

Regulus si perse in un mare di lacrime e domande, appoggiando la testa contro il collo di Dark.

Dopo minuti interminabili, il ragazzo si ricompose e, lasciando al cavallo un'abbondante scorta di fieno, si avviò all'uscita del maneggio dove lo aspettava Kreacher.

Da quando erano andati ad Hogwarts il suo posto era stato preso da quel pallone gonfiato del cercatore di Grifondoro, James Potter. Sirius passava il tempo solo con lui, anche finendo spesso in punizione. Loro erano diventati inseparabili mentre il legame tra i due veri fratelli andava assottigliandosi sempre di più...non glielo avrebbe mai perdonato a Potter, non lo avrebbe mai perdonato perchè per colpa sua aveva perso suo fratello, per colpa di quell'idiota rosso e oro!

Kreacher lo aspettava come al solito all'uscita per riportarlo a quell'inferno che era diventata casa sua. Era per quello che era andato ad equitazione, per sfuggire al pianto di sua madre e al gelido silenzio che aleggiava attornoa a suo padre.

E così si attaccò, in attesa di smaterializzarsi, al braccio dell'elfo che gli stava intanto dicendo che a cena sarebbe venuta sua cugina Bellatrix a proporgli un lavoro per una persona importante, attirata dalle sue doti in “Difesa contro le Arti Oscure”, “un lavoro per una nobile causa” lo aveva apostrofato Kreacher...

Mentre veniva risucchiato via insieme all'elfo nella smaterializzazione non riuscì a pensare ad altro.

“Possibile che...?”

 

 

 

Spazietto autrice...

Ciao a tutti!!!

Scusate l'enorme ritardo ma mi sono cresimata e subito dopo mi sono imbattuta in una settimana apocalittica: 5 verifiche e 3 interrogazioni!! Comunque ringrazio molto i ragazzi che hanno messo la mia storia tra le seguite e sarei stra felice se qualcuno mi dedicasse un microbico minutino con una recensione per dirmi che ne pensa della storia...me lo fate questo favorino?:)

Nel frattempo, spero vi sia piaciuto il nuovo capitolo...

Un saluto a tutti e grazie in anticipo!!

Anna

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Capitolo 4
*** Cenette sfiziose e segreti rivelati ***


Cenette sfiziose e segreti rivelati


 



 

Quella sera, per addolcire un po' i suoi genitori in vista della grande domanda, James si era dato da fare insieme al suo nuovo vicino di letto, e avevano preparato, con l'aiuto di Tawny, una cenetta squisita.

La tavola era preparata con la tovaglia bianca e argento con i tovaglioli accompagnati e le posate da festa, addobbata con due candele rosse e oro come centrotavola e con mazzetti di lavanda raccolti dall'elfa disposti affianco ai bicchieri di cristallo che luccicavano alla luce del fuoco scoppiettante nel caminetto.

I mobili in legno scuro rilucevano nella luce calda e dorata del fuoco, i quadri alle pareti bisbigliavano silenziosi e le foto di famiglia sulla cassapanca ridacchiavano tranquille.

Era una scena idilliaca.

Ed era per questo che Charlus Potter si fermò sulla porta della sala a bocca aperta, seguito dalla moglie.

 

Dai, Sir!! È un'idea geniale!!”

Ok, ma tu sai cucinare?”

Più o meno...non sono un disastro! Avanti, possiamo farcela!”

...Prendi quel libro di cucina...” aveva acconsentito l'altro, sospirando.

Grande!!!”

E così, visto che i genitori del ragazzo tornavano alle otto, i due grifondoro avevano cominciato alle quattro a cucinare delle sfiziose lasagne con ragù e funghi, un arrosto (cucinato da Tawny, dopo che i ragazzi l'avevano bruciato) con salsa alle carote e un dolce-gelato (visto che quello non lo potevano bruciare) con fragole e meringhe sopra.

James aveva architettato tutto solo per distrarre Sirius: sapeva perfettamente che i suoi avrebbero acconsentito e che ne sarebbero anche stati felici, ma il suo migliore amico non aveva ancora recuperato il suo sguardo malandrino, e questo lo faceva preoccupare.

Così si premurò di farglielo ritrovare, facendo molta attenzione a centrarlo in pieno con una meringa, a fargli finire una giusta quantità di rosmarino bagnato giù per la schiena e farlo ridere il più possibile.

Sirius, visto che il suo migliore amico lo stava conciando come l'arrosto, si diede da fare, dedicandogli una buona porzione di fragole e del succo di zucca.

Dopo soli cinque minuti di quel gioco, sul volto di Felpato c'era di nuovo quella luce malandrina e James, rincuorato, si perse un secondo a guardarlo negli occhi, tempo necessario all'altro per centrarlo con una fragola.

Risero.

Risero come se fossero stati ancora ad Hogwarts.

Risero come se non fosse successo nulla di tutto quello che invece era avvenuto la notte prima.

Sirius sapeva perchè Ramoso lo stava facendo e glien'era infinitamente grato.

 

Quel silezio stupito fu interrotto dalla voce di James che arrivava dalla cucina con quel sorriso angelico che riusciva a stamparsi in faccia solo quando aveva in mente qualcosa, e questo non fece altro che insospettire i suoi.

“Ciao! Avete fame, vero?”

“J-Jamie ma che...?”

“Buonasera signori Potter!”

“Sirius...ma...”

“Niente ma, sedetevi.” ordinò James, prendendo i suoi per i polsi e trascinandoli ai loro posti.

Sirius incrociò imbarazzato lo sguardo di Charlus e Dorea e, stampandosi in faccia lo stesso sorriso di suo fratello, spostò le sedie dove farli accomodare.

La cena non andò poi così male e, a parte qualche resto di bruciatura sull'arrosto, filò tutto liscio.

Arrivati alla fine, la cera delle candele si era sciolta quasi del tutto e le lancette dell'orologio scattavano sulle undici.

“A questo punto, credo abbiamo il diritto di sapere il motivo di questa cenetta sfiziosa.” li incalzò la madre di James.

“Beh, ecco...è che...c'è stato...è solo che...Sirius può restare qui da noi?” se ne uscì quello.

“Certo, Sirius hai chiesto ai tuoi genitori se puoi?”

“No.”

“Chiediglielo, non è un problema.”

“Non...io non posso.”

“Perchè?”

“Sono scappato di casa.”

Un silenzio glaciale calò sulla stanza.

Il fuoco scoppiettava solitario sulle ultime braci, ma, a parte quel rumore, tutto taceva.

Sembrava che il tempo avesse deciso di fermarsi e, se non fosse stato per le lancette del pendolo che si spostavano pigre, James lo avrebbe sospettato senza problemi.

Il ragazzo sentì un brivido percorrergli la schiena da cima a fondo e il suo sguardo si spostò dal fratello ai genitori, ai quali inviò una preghiera silenziosa, sperando con tutto il cuore che capissero.

“S-Sirius...”

“Certo che puoi restare.” l'anticipò sicuro Charlus “Vero, Dorea?”

“M-ma certo, ovviamente. Non preoccuparti Sirius, puoi rimanere qui quanto vuoi. James ti ha già preparato la camera?”

Il tempo riprese a scorrere come un fiume in piena, assieme alle emozioni di Ramoso che benedisse il cielo e i suoi genitori per quello slancio di bontà e, euforico, rispose: “Ho portato un letto in più in camera mia, può rimanere lì, giusto?”

Charlus sorrise. “Va bene.”

“Grazie” mormorò Sirius.

“Vieni a prendere una boccata d'aria.” lo invitò il padre di James, avviandosi verso l'uscita.

Sirius lo seguì e l'altro grifondoro rimase solo con la madre.

“Sei stato molto gentile ad accoglierlo così, Jamie.”

“È mio fratello, è il minimo che possa fare.”

Dorea sorrise: questo era il suo figliolo, quel ragazzo che si preoccupava che nessuno che gli stava a cuore soffrisse e che si faceva in quattro per i suoi amici, non lo sbruffocello che le sventolava un boccino davanti al naso ogni volta che poteva.

“Buono l'arrosto.” gli disse baciandolo sulla guancia.

James sorrise, non rivelandole che era l'unica cosa che non aveva preparato lui.

 

**************

 

La porta della veranda si aprì e Charlus e Sirius uscirono, passeggiando sulle assi scricchiolanti del pavimento tra i fiori che Dorea coltivava in piccole fioriere di terracotta, alcune per terra, altre che pendevano da alcune mensole del soffitto.

La luna splendeva alta nel cielo nero trapuntao di stelle e il giardino respirava alla fresca brezza estiva.

La notte abbracciava e permeava ogni cosa con il suo manto di silenzio.

“Mi dispiace molto, Sirius.”

“Se non succedeva ora, sarebbe successo tra poco.” riuscì a rispondere dopo un lungo e doloroso respiro.

Il ragazzo sentì una mano calda accarezzargli i capelli, proprio come faceva lui con Regulus ogni volta che il fratellino aveva paura.

Lacrime calde sgorgarono dai suoi occhi, nonostante stesse facendo di tutto per impedirlo.

Sirius si abbandonò all'abbraccio di quell'uomo che, prorpio come suo figlio, l'aveva capito, aveva visto il dolore che voleva mascherare e non l'aveva punito per questo, non l'aveva accusato di portare disonore, ma l'aveva accolto e rassicurato dalla solitudine vorticante in cui precipitava ogni volta.

“Qualsiasi cosa ti serva, noi ci siamo. Io, Dorea, James, ti aiuteremo Sirius, non sei da solo.” mormorò Charlus, indovinando i suoi pensieri come faceva Jamie ogni volta.

Sorrise con il volto ancora rigato dalle lacrime abbandonato contro il petto dell'uomo.

“Grazie.” riuscì solo a rispondere.

 

**************

 

Rientrati, il ragazzo salutò il padre del suo migliore amico e si diresse verso la cucina.

Vi trovò solo Dorea che chiudeva le ante di un armadio di legno scuro sul quale ardevano ancora le luci danzanti del fuoco. I colori caldi di quel luogo gli ricordavano tanto la Sala Comune di Grifondoro, a Hogwarts, la sua prima vera casa.

“James ti aspetta in camera.” rispose lei alla sua domanda ancora non formulata. In quella famiglia avevano forse il dono di saper leggere nel pensiero?

“Grazie.”

“Sirius?”

“Sì?”

Dorea si avvicinò e gli accarezzò il volto ancora umido, donandogli un bacio sulla guancia. Lo aveva già accettato come figlio suo. A questo pensiero, altre lacrime bussarono prepotenti agli occhi del ragazzo, che si constrinse a forza a non farle uscire, ma la donna lo notò.

Era una bella donna, osservò Sirius, dal fisico snello e piuttosto alta, con capelli neri stretti in una coda, occhi nocciola come quelli di suo figlio e un sorriso rassicurante che spiccava sul volto appena segnato dall'età. I riflessi delle ultime lingue di fuoco lo illuminavano.

“Prendi queste.” gli disse porgendogli due coperte di lana a quadretti. “Buona notte.”

“Anche a lei signora Potter.”

“Chiamami Dorea.”

Annuendo Sirius si voltò e si incamminò verso le scale.

Quella era una famiglia meravigliosa e James era davvero fortunato ad averla avuta fin da piccolo. Solo ora Sirius si rendeva veramente conto di quanti abbracci, quante carezze, quanti baci, quanto affetto non gli era mai stato donato, ma cacciò indietro quel pensiero, concentrandosi sulla felicità che provava per essere entrato a far parte di quella famiglia, per aver ricevuto già così tanto amore da quelle persone, perchè ora poteva stare tutto il tempo con suo fratello, perchè non sarebbe più dovuto tornare indietro.

Perchè era libero.

Entrò in camera e intavvide James in bagno.

La camera era illumiata in modo molto diverso dalla cucina: era freddamente rischiarata da qualche candela su una cassettiera e dalla luna gelida che proiettava la sua luce bianca attraverso le vetrate sulle tende dei baldacchini e sui letti immacolati, dando alla stanza una parvenza d'immobilità statuaria che ricordò a Sirius i corridoi di Hogwarts di notte.

“Ah, le coferfe!” sputacchiò suo fratello dal bagno con la bocca piena di dentifricio “Meffile pufe denfo fuei caffetti...”

Ridacchiando per la spiccata pronuncia oxfordiana di James, Sirius si avvicinò alla cassettiera dall'altro lato della stanza e aprì l'ultimo cassetto.

Infilando dentro le coperte, sentì l'odore della naftalina inondargli le narici e pizzicargli il naso.

James aveva finito di sciacquarsi la bocca dal dentifricio e che aveva chiuso l'acqua.

Felpato stava ritirando la mano per chiudere la cassettiera, quando notò quello che sembrava un pezzo di carta incastrato in fondo al cassetto.

Lo prese e lo sfilò.

Non era, stranamente, spiegazzato e non c'era segno di piegature sugli angoli.

Si alzò in piedi per guardarlo alla luce delle candele sopra il mobile.

Era una foto, piuttosto vecchia.

C'erano Charlus e Dorea, più giovani di una decina d'anni, c'era James da bambino e...chi era quella bimba di fianco a lui?

“Sir, che stai guardando?” lo raggiunse il fratello da dietro.

“Chi è lei?” gli rispose il grifondoro, indicando la bambina nella foto.

James sbiancò immobilizzandosi come colpito da un “Petrificus Totalus”, sbarrando gli occhi e serrando i pugni.

Il suo respiro si bloccò per un secondo e il suo cuore fece lo stesso.

Deglutendo a fatica, riuscì a mormorare.

“Ecco dov'era quella foto.”

 

 

Spazietto autrice....

Ma quanto sono rompi, vero?? Finire un capitolo così!

Ciao a tutti!! Ringrazio infinitamente chi ha lasciato una recensione alla mia storia e vi invito a dirmi cosa ne pensate di questo nuovo capitolo. Ho dovuto scrivrne uno che fa da ponte per il prossimo e subito non ne ero così felice, ma, visto il risultato, sono molto contenta!!

Vi annuncio che il prossimo sarà una rivelazione!!

Ma non dico niente, lascio il mistero....scusate, ma oggi mi sento un po' vipera...

Spero vi sia comunque piaciuto.

Grazie in anticipo....ciao!!!

 

PS: Sì, avevo un filino di fame...

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Capitolo 5
*** Sarah ***


Sarah

 


 

Il corpo di James era come paralizzato e per un attimo lo era stato anche il suo respiro quando si era visto davanti quella foto. I suoi muscoli non gli rispondevano, il suo cervello era in tilt ed era solo riuscito a biascicare cinque parole come spiegazione.

Sirius lo fissava preoccupato: suo fratello era immobile e la luce fredda della luna lo colpiva in pieno come uno schiantesimo, facendolo sembrare pietrificato.

Le candele, ormai consumate, ad uno sbuffo di vento proveniente dalla finestra aperta, si spensero con un ultimo guizzo, lasciando la stanza illuminata solo dalla notte stessa.

James voleva reagire ma non ci riusciva, perchè quella foto era lì, davanti a lui e lui non riusciva a distogliere lo sguardo: un vuoto abisso gelido si stava facendo strada nel suo cuore, riaprendo quella ferita che credeva sanata.

Gli occhi della bimba lo fissavano e lui fissava i suoi.

Sirius interruppe il contatto spostando la foto, ma James, ritrovando la consapevolezza di avere un corpo, scattò in avanti e la afferrò.

Fu un attimo e si sentì svuotato alla vista della bimba e, incapace di reggersi sulle proprie gambe, si accasciò sul letto.

Suo fratello gli fu accanto in un lampo.

"Jamie! James stai bene? James!"

Non aveva la forza di rispondergli.

Non aveva il coraggio di rispondergli.

Non aveva la volontà di staccare gli occhi da quella foto.

"James!"

Sirius lo strattonò violentemente, facendogli riacquisire in parte coscienza.

James deglutì a fatica e spostò lo sguardo sul ragazzo accanto a lui: lo fissava spaventato, credendolo forse impazzito o chissà che, pensò il grifondoro.

"Jamie" lo chiamò di nuovo Sirius, più dolcemente.

Questa volta il primo si riprese totalmente e riuscì a formulare una frase.

"Non la vedevo da sei anni."

"La foto?"

James annuì.

"Chi è quella bimba?" chiese piano. "Non svenire!" aggiunse svelto, per precauzione.

Il ragazzo sorrise. "Lei è Sarah. Lei era Sarah."

Jamie prese un lungo respiro e cominciò.

"Era nata il 21 giugno del 1963, il solstizio d'estate e non ci poteva essere giorno più giusto. Era la personificazione dell'estate: sempre felice, sempre allegra, sempre sorridente. Qualsiasi cosa succedesse, lei era sempre sull'altalena ad aspettarti con un sorriso stampato in faccia, anche se diluviava. Aveva i capelli mossi e biondi, ma non biondi come tua cugina Narcissa, no. Erano biondi come il grano quando è maturo, un bel biondo scuro con i riflessi rossi come i capelli di Evans. Gli occhi erano marroni nocciola, simili ai miei, ma più...vivi. Era bellissima, specialmente quando si faceva le trecce."

Era vero, notò Sirius dalla foto: era davvero una bella bambina, esattamente come l'aveva descritta James.

"Lei era l'estate concentrata in un metro e un boccino di persona!" continuò il fratello sorridendo. "Non stava ferma un solo secondo, saltellava in giro per casa, tra i divani, attorno ai tavoli, su e giù dalle scale oppure fuori, nel prato, a rincorrere le farfalle o a raccogliere fiori, nel boschetto a guardare gli uccelli e ad arrampicarsi sugli alberi o in veranda a dare acqua ai vasi della mamma. Aveva sempre qualcosa da fare in qualche posto che non era mai quello in cui si trovava..."

James faticava a parlare, si vedeva. Aveva in testa un fiume di parole per descrivere quella piccola, ma ogni parola che pronunciava gli provocava una tremenda fitta al cuore.

Nonostante questo, continuò.

"Aveva un carattere fantastico: non metteva mai il broncio, se non per finta. Qualsiasi cosa io le proponessi di fare, lei accettava e cominciava a saltellarmi attorno finchè non la prendevo in braccio. Qualche pomeriggio, però, si sedeva sull'altalena e si faceva cullare, chiudendo gli occhi e sciogliendo i capelli, così che il vento glieli scompigliasse. Ogni volta che tornavo da scuola aveva sempre qualcosa da raccontarmi su come le era andata la giornata all'asilo e io adoravo sentire quella vocina che mi riversava addosso un'ondata di parole ogni singolo giorno e, quando eravamo in vacanza, utilizzava quei minuti strategici con imboscate per farmi il solletico. Avere quel piccolo elfo in più per casa che faceva prendere fuoco a qualsiasi cosa le desse fastidio era davvero...fantastico."

James si interruppe, fissando il vuoto pavimento davanti al letto.

Sapeva che il suo migliore amico stava per parlare, ma non sapeva se sarebbe riuscito a rispondergli.

Dopo un attimo di esitazione, Felpato gli fece quella domanda che non riusciva più a trattenere.

"Jamie, chi era Sarah?" sussurrò Sirius con tutta la dolcezza che riuscì a trovare.

"Era la mia sorellina."

Il grifondoro per poco non scivolò giù dal letto.

La sua sorellina? James aveva una sorellina? Perchè non glielo aveva mai detto?! Merlino, doveva avere davvero una bella ragione per tenere il proprio migliore amico all'oscuro di una cosa del genere!! Ma che ragione ci può essere per non dire a nessuno di avere una sorella? Un momento...no, no, ti prego no! Era?! Perchè era?! No, non può essere...la mente di Sirius era sottosopra e la cosa si doveva notare parecchio sulla sua faccia perchè cambiava continuamente espressione: sconcertato, allibito, curioso, furioso, disperato,...

James accennò un debole sorriso al vedere la confusione negli occhi del suo migliore amico e quello si ricompose.

"Tu hai una sorellina?"

"Avevo."

"C-che vuol dire avevo?" chiese Sirius con delicatezza, sperando con tutto se stesso di non aver indovinato la risposta.

"Aveva quattro anni quando tornò a casa da scuola dicendo che non si sentiva bene: era una delle prime volte che non la vedevo sorridente e questo mi fece già male. Si stese a letto, e arrivarono i medimaghi. Si chiusero dentro la sua cameretta per un'eternità e, quando uscirono, vollero parlare solo con i miei genitori. Per farla breve, Sarah aveva una malattia sconosciuta e apparentemente incurabile che portava alla degenerazione del cuore che non funzionava più a dovere e che sarebbe lentamente rallentato, fino a...spegnersi."

James si bloccò. Sir fece per dire qualcosa ma suo fratello riprese.

"Mia madre non me lo disse subito, ma, dopo un po', Sarah riusciva a stento a stare in piedi da sola e dovette rimanere a letto. Cominciai a pressare i miei perchè mi dicessero cos'aveva mia sorella e alla fine mamma me lo disse. Da quel momento passai ogni singolo pomeriggio e mattina libera in camera sua a fare i compiti o a parlarle semplicemente per tentare di farle vivere ancora quella vita allegra e sorridente di cui era vissuta fino a quel momento, raccontandole di tutto, dalla scuola al tempo, dal giardino al cielo, qualsiasi cosa mi passasse per la testa. Arrivai a prometterle che l'avrei portata di nuovo al mare una volta che fosse guarita, ma ormai l'aveva capito. Aveva capito che non sarebbe guarita."

Fece un'altra pausa: ora parlare stava davvero diventando insopportabile, ma, con uno sforzo immane, ricominciò.

"Dopo due mesi che andavamo avanti così, il suo cuore andava così piano che trovava a stento la forza di parlare e di stare sveglia. Il 20 giugno di otto anni fa era la sera prima del suo quinto compleanno e io ero disteso a fianco a lei sul suo letto, con un braccio attorno alle sue spalle: le avevo promesso che sarebbe stato il compleanno più bello di sempre, consapevole che forse sarebbe stato l'ultimo. Stavamo aspettando la mezzanotte. Appena i rintocchi del pendolo cominciarono, le feci subito gli auguri e le diedi un bacio sulla fronte. Lei mi guardò, faticando anche a tenere aperti gli occhi. Mi disse che mi voleva tanto bene: sentiva di avere i respiri contati, io me ne accorsi troppo tradi. Mi strinse con le ultime forze che aveva. Ebbi appena il tempo di mormorarle che anche io gliene volevo tanto. Non pianse, non l'aveva mai fatto e non l'avrebbe fatto in quel momento. Respirò per l'ultima volta e chiuse gli occhi.

Ma li chiuse per sempre."

Una lacrima solcò il volto di Jamie seguita da tutte quelle che aveva trattenuto fino a quel momento.

Dalla finestra aperta entrava una brezza leggera. Fuori, nella notte mormorante, la luna splendeva nel cielo terso, il boschetto vibrava nella tranquillità.

James era immobile, tranne per le mani che stringevano spasmodicamente le lenzuola del letto che inebriavano un leggero profumo di lavanda.

Sirius lo fissava allibito, senza avere idea di cosa dire.

Solo in quel momento capiva il perchè di tutte le accortezze che suo fratello gli dedicava.

Ricordò che, quando erano fuori con Remus durante le notti di luna piena, se gli si avvicinava troppo, un cervo gli compariva sempre davanti e lo spingeva un più lontano o quando erano a lezione di astronomia, se si sporgeva troppo dal parapetto sentiva sempre la mano di Ramoso sulla sua spalla...aveva paura di perdere un altro fratello.

Ora, si accorse, aveva anche lui le lacrime agli occhi: sapeva cosa voleva dire non avere più un fratello al proprio fianco, conosceva il dolore che si provava...

Seguendo quello che gli dettava il cuore, lasciò che James si abbandonasse nel suo abbraccio, come aveva fatto lui la notte prima. Pose il volto tra i capelli (inconfondibilmente, inguaribilmente, maledettamente sparati) dell'amico, stringendolo lentamente sempre di più verso di sè.

Ramoso si sentiva perso, svuotato, distrutto. Sperava di aver accantonato quella storia, sperava di essere riuscito a superare anche quello...non era vero. Il passato era riemerso nel giro di dieci minuti da quello che credeva un pozzo sigillato accuratamente nel fondo della sua anima, investendolo in pieno. Credeva di aver riposto tutti i suoi sentimenti al di sotto della superficie ghiacciata del laghetto che si vedeva dalla grande finestra della camera di Sarah, di aver tirato le tende verde erba e di aver chiuso le imposte, oscurando per sempre quel luogo.

Un vento di ricordi era invece uscito fuori dal lago, tanto forte da frantumare il ghiaccio, tanto forte da riaprire quelle imposte e da penetrare nella stanza, facendo svolazzare le tende e riportando alla vita quegli attimi fatali.

Lasciò andare la testa tra la spalla e il collo del suo amico, stringendosi contro la sua felpa nera...la sua fel...la sua...

"Sir" biascicò fra le lacrime "Questa felpa è mia!"

"Tu mi avevi fregato i jeans..."

E sorridendo, ringraziando infinitamente il cielo di avergli dato un amico così, si strinse ancora di più contro di lui, lasciandosi attraversare da quel calore familiare, quel calore amico.

Era stata sua sorella a farglielo incontrare, di questo ne era certo.

Sirius prese una delle coperte a quadri che gli aveva dato Dorea, coprì le spalle di James e lo ascoltò piangere, illumiato dalla luna estiva.

Il tempo passò, nessuno dei due sapeva quanto, ma, anche se il grifondoro aveva smesso di piangere, rimase comunque stretto tra le braccia dell'amico, ascoltando qualche grillo pigro frinire nella notte.

Infine si separarono e Sirius alzò una mano e asciugò le lacrime dal volto di James, guardando gli occhi dell'amico brillare.

"Non lo sa nessuno, tranne te."

"Non lo saprà nessuno, da me."

Sorrise.

Sapeva che Felpato, senza prima chiederglielo, non l'avrebbe mai fatto.

 

 

 

 

Angolino di quella ritardataria dell'autrice...

Lo so, in ritardo, di nuovo...vi prego di scusarmi ma i prof vogliono vedere le tesine e Guadalcanal è più particolareggiato di quanto mi aspettassi...comunque questo è il nuovo capitolo: lo so, una sola parola: DEPRIMENTE!! Ve lo giuro, non sono così di solito, ma ultimamente sono davvero depressa.

Ma adesso basta! Il prossimo capitolo farà ridere, lo prometto!

Nel frattempo, ditemi cosa ne pensate anche voi di questo con una piccola recensionina.

Grazie in anticipo e.....probabilmente sarò in ritardo anche la prossima volta!!

Non odiatemi;)

Anna

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Capitolo 6
*** Mantobianco e i capelli di James ***


Mantobianco e i capelli di James

 

 

 

Uno sguardo. Un solo sguardo e la tosse di Sirius che si stava strozzando per colpa del bacon.

"Non possiamo averlo dimenticato davvero." mormorò James.

E mentre si precipitava giù per le scale, sentì Sirius che sputava il bacon e che si lanciava dietro di lui, seguito da un sonoro "Per le mutande a pois di Merlino!!"

Tutto cominciò quella mattina...

 

Il vento soffiava burlone e il sole splendeva chiaro su Hogwarts in una classica giornata di fine aprile. Nel parco, l'erba nuova riluceva d'un verde vivo, gli usignoli cinguettavano allegri e il Platano Picchiatore si stiracchiava pigro, scrollandosi di dosso le ultime tracce di neve e facendo prendere una boccata d'aria alle tenere foglie. Sulla superficie del Lago Nero, da poco scongelata, le sottili increspature rilucevano di luce argentea, mentre le oscure profondità rimanevano celate all'occhio. Il castello si stagliava maestoso, con le sue guglie e torrette appuntite, le mura di pietra in netto contrasto con il cielo terso.

Il sole invase il dormitorio dei ragazzi del quinto anno quando Remus scostò bruscamente le tende rosso scuro. Un'esclamazione poco signorile si levò dal letto di Sirius mentre un gavettone gelato lo strappava dal mondo dei sogni.

"TU! MALEDETTO PALCO DI CORNA AMBULANTE! IO TI AMMAZZO!!!"

E fu con queste parole che il famigerato "palco di corna ambulante" scattò il più lontano possibile dal letto del fratello, con quello che lo rincorreva ringhiando, sguardo omicida.

Non era esattamente un buon modo di svegliarsi la mattina, ma Frank Paciock si era ormai rassegnato, essendo in camera con i Malandrini da quasi cinque anni.

Quindi, schivando un cuscino, schivando James, schivando Sirius, scavlcando Peter...un momento, ma che ci faceva Peter sul pavimento abbracciato a un cuscino? Frank decise di passare oltre e, raggiunto un luogo sicuro, si chiuse alle spalle la porta del bagno.

James, nel frattempo, quasi si soffocava dalle risate e riusciva per poco a schivare i cuscini che Felpato gli tirava. Quando però i suoi - amati, coccolati, meravigliosi - capelli furono investiti da delle mutande - talmente larghe che, constatò con orrore, potevano essere solo di Peter - rimase talmente scioccato da investire Remus, schiantarsi sul suo letto insieme al suddetto e schiacciarlo con la sua, seppur modesta, mole da cercatore.

Il povero Lunastorta, bloccato mentre si avviava furtivamente verso la porta del dormitorio, si ritrovò improvvisamente schiantato sul letto di James e con i capelli di questo in bocca.

Purtroppo, con suo sommo dispiacere, aveva ancora gli occhi liberi e riuscì a vedere benissimo Sirius lanciarsi di peso, con un ghigno spaventosamente fanatico in faccia, sopra a Ramoso. Peccato che, sotto Ramoso, ci fosse lui.

Chiuse gli occhi, preparandosi all'urto, e affondò la faccia nei capelli - dannatamente, schifosamente, insopportabilmente SPARATI e ricoperti di bava - di James.

"Perchè?! Perchè?! Perchè Merlino non sono rimasto a dormire in biblioteca ieri sera? Perchè ho abbandonato il mio amato libro? Perchè questi due vogliono uccidermi?!" riuscì a pensare il poveretto prima della fine.

Poi, il corpo di quel pazzo omicida del suo amico si schiantò su ll'altro pazzo cretino suo amico sopra di lui e, di consegueza, su di lui.

"Merlino sei un gran bastardo!"

E con queste ultime parole, Lunastorta diede addio al mondo.

Purtroppo - o per fortuna, in questo caso non si può precisare - il povero ragazzo non passò a miglior vita e, aperti gli occhi, si ritrovò davanti, con indefinita sorpresa, la faccia schifosamente soddidfatta di Sirius.

"Ciao, Rem!!"

"BRUTTO CRETI..."

"MALEDETTO CAGNA..."

E nonostante il mare di insulti che usciva dalle bocche dei due sciagurati, quello si mise a ridere, o meglio a latrare, senza perdere l'occasione di stiracchiarsi e di MUOVERSI sopra ai compagni di stanza.

Quando però le ossa di Remus cominciarono a scricchiolare in modo a dir poco preoccupante, Sirius, in preda ad un atto di magnanimità, decise di togliersi.

Non fece in tempo.

In quel momento, Lunastorta vide davvero la sua fine arrivare: Peter prese la rincorsa e si tuffò sui rimanenti Malandrini.

"NO, PETER, NOOOOOOOAAAAGGHGHHAIAIAGHGHG!" strillò Felpato.

E così, anche le ossa di Sirius provarono l'inebriante sensazione di venir schiacciate da una mongolfiera ripiena.

"Giustiza è fatta!" urlò James nel timpano di Remus, assordandolo.

Se questi non si fosse trovato al di sotto dell'intera banda, molto probabilmente avrebbe concordato, ma non essendo questa la situazione, recuperò quel po' di fiato che gli era miracolosamente rimasto nei polmoni, compressi in modo innaturale, e lo utilizzò nel seguente modo.

"SENTITE DEFICIENTI, LEVATEVI DA SOPRA DI ME O VI PRENDO A SBERLE A DUE A DUE FINCHE NON DIVENTANO DISPARI!!!!"

"Adesso basta! Non è possibile!" farfugliò Frank ancora in bagno, il volto nell'asciugamano. Raccolto il suo coraggio da Grifondoro, decise di uscire e mettere fine a quel disastro.

Quando, però, aprì la porta si ritrovò davanti una scena a dir poco equivoca: Remus sotto tutti con sguardo furente, James sopra di lui con sguardo implorante, Sirius sopra di loro con una smorfia di dolore in faccia e Peter che comletava l'opera, trionfante sopra a tutti.

No, questo non era decisamente un buon modo per svegliarsi la mattina.

 

************

 

"Remus mi passi una brioche?" la voce di Sirius lo risvegliò mentre, seduto al tavolo di Grifondoro in Sala Grande, il prefetto controllava di avere ancora tutte le ossa intere.

"No." disse Remus.

"Avanti, Lunastorta! Solo perchè ti abbiamo schiacciato un po'!?"

Remus non rispose.

"Jamie, mi passi una brioche?"

"No."

"Ma dai, anche tu!?"

James sorrise malandrino. "Non mi pare di averti traumatizzato psicologicamente svegliandoti con un gavettone!" rispose fingendosi offeso, senza riuscire a togliersi dalla faccia quel sorriso da sberle "Tu, al contrario, hai dato il via ad un tentato omicidio!"

"Frank, mi passi una brioche?"

"No." Perentoreo.

"Dai..."

"No." Nervoso.

"Ti preeego."

"No." Nervosamente isterico.

"Ti scongiuuuuuro."

"No." Sulla soglia dell'arrabbiato.

"Daaaaai."

"No." Alle porte del furioso.

"Ti pre..."

"SIRIUS! VA IN FONDO AL LAGO CON LA TUA STUPIDA E MALEDETTISSIMA BRIOCHE!" Ben oltre il furioso, Frank espose, scaraventando in faccia a Felpato la sua tanto desiderata brioche.

James si chiese perchè il suo amico avesse scelto di tirargli proprio quella in fondo alla pila. La risposta arrivò subito dopo, quando la faccia di suo fratello divenne una decisamente allettante chiazza di cioccolato.

"Ora giustizia è fatta davvero." pensò compiaciuto.

"Signor Paciock!" esclamò accigliata la professoressa McGrannit "Non mi pare il modo di comportarsi! Cinque punti in meno a Grifondoro!"

"Ok, forse non proprio." si corresse.

 

************

 

Era martedì, e, per le prime due ore, in programma c'erano due noiose, infinite, soporifere ore di Storia della Magia.

I quattro Malandrini entrarono in classe e si appropriarono dei soliti quattro banchi in fondo all'aula.

Anche Lily Evans entrò e si appropriò del suo solito banco. Non è esatto dire "appropriò", perchè il suddetto banco si trovava in prima fila, dritto davanti alla cattedra di Ruf. Di conseguenza, NESSUNO (sano di mente, aggiungerebbe Sirius) oserebbe nemmeno avviciarsi a quel banco, cedendolo molto volentieri alla volonterosa (masochista, direbbe Sirius) grifondoro.

"Ciao, Evans! Lo sai che sei ancora più bella con la treccia?" esclamò James dall'ultima fila.

Effettivamente, Lily era davvero molto carina con i capelli raccolti in quella treccia ordinata, stretta da un nastro rosso alla fine, notò Remus.

"Ciao, Potter! Lo sai che che fai ancora più schifo con i capelli parzialmente ingelatinati? rispose lei, girandosi appena e lasciando trasparire un sorrisetto trionfante.

Quello sulle labbra di James, invece, si congelò all'istante e, quando si passò una mano tra i capelli (stranamente e sfortunatamente per la prima volta quella mattina), si rese conto son sommo disgusto che sì, i suoi - carissimi, meravigliosi, unici - capelli erano veramente spruzzati di qualcosa di appiccicaticcio.

Lunastorta, rendendosi conto di cosa fosse esattamente la cosa gelatinosa, scese progressivamente sotto il banco.

"Ti prego, Merlino fa che James non si ricordi, ti prego, non ti insulterò più..."

"Remus - tu - sei - morto." sibilò James.

E detto questo si avviò verso la porta appena prima che Ruf entrasse in classe attraverso la lavagna e se la chiuse alle spalle.

"...Merlino sei un vero bastardo!" concluse mentalmente Rem.

 

************

 

Remus l'aveva fatta davvero grossa: non solo aveva osato ungere i suoi - fantastici, stupendi, incantevoli - capelli con la sua bava, ma l'aveva anche svergognato di fronte a Evans!!

"Adesso vedi, Rem, come ti concio! Sangue di salamandra...no, troppo banale. Occhi di pesce palla...no, troppo ovvio. Fegato di drago...no, Lumacorno se ne accorgerebbe. Milze di pipistrello...no, non fanno paura a nessuno..."

Fantasticando sulla sua vendetta, James, che intanto si era ripulito i capelli, camminava per i corridoi di Hogwarts in cerca d'ispirazione. Avrebbe saltato la lezione di Storia, ormai era deciso.

Era più o meno nell'ala est quando una finestra si spalancò e Hagrid sbucò fuori, o meglio sbucò dentro.

Considerando il fatto che erano al quarto piano, la cosa lasciò il grifondoro non poco scioccato.

"Ehm....posso spiegare..." biascicò l'uomo.

"Non ne sono così sicuro..." commentò James.

"Oh, dannazione! Vieni qui!"

E in un attimo il ragazzo si ritrovò tra le mani di Hagrid, poi sul balcone della finestra e successivamente in groppa a qualcosa di alato, con le piume e dall'aria decisamente quadrupede.

Ora, premettendo che James non era un gran fan di Cura delle Creature Magiche, ritrovarsi in situazioni simili non è mai esattamente ragionevole; se ci si trova poi ad una considerevole distanza dal suolo, la cosa lo è ancora meno.

Prima che avesse anche il tempo di pensare di strillare (come una femminuccia, quindi forse è stato meglio), Hagrid salì dietro al grifondoro e, con un leggero strattone, fece partire l'animale.

Questo non se lo fece ripetere e si lanciò in una picchiata degna di un cercatore verso il lago, per poi virare verso il bosco ed, infine, atterrarvi.

Durante questo lasso di tempo, James non sapeva se urlare dalla paura o dalla felicità. In fondo, era davvero fantastico: stavano volando a velocità considerevole, il parco e il lago scorrevano veloci sotto i piedi e l'aria fresca riempiva i polmoni quasi di sua volontà.

Presto, però, il volo finì e Hagrid fece scendere il ragazzo: si erano addentrati parecchio nella foresta.

Mentre l'uomo calmava l'animale e si distraeva per un po', il grifondoro estrasse il suo specchietto.

"Sirius!"

Il volto dell'amico comparve. "Ma dove Godric sei finito!? Ruf mi sta uccidendo dalla noia!"

"Nella Foresta con Hagrid! Vieni subito, porta tutti i Malandrini che puoi, sono circa....dove c'è quella grotta, quella con il laghetto davanti, dove abbiamo buttato Remus qualche mese fa..."

"James!" Remus comparve nello specchietto.

"Ciao, Rem!"

"Arriviamo." concluse Sirius. "Tutto pur di venir via da qui!!" e scomparve.

Nel frattempo, Hagrid aveva calmato il suo cucciolo ed era tornato verso Ramoso.

"Hagrid, vuoi spiegarmi che Godric ci fai con un ippogrifo?" chiese il ragazzo.

"James....io...è che l'ho trovato tutto solo e non c'era la sua mamma e capisci che non ce lo potevo lasciare tutto solo soletto nella foresta! È ancora piccino, ha bisogno di cure ma c'ho un problema: non posso tenerlo qui nel parco, è troppo pericoloso! Se un qualche studente privo di cervello s'andasse a fare un giro nella foresta e lo trovasse, lo direbbe subito ai professori! Ma non posso lasciarlo, James, devi capirlo...."

Il ragazzo riflettè un secondo: prima di tutto lui ci andava ogni mese nella foresta (con l'aggiunta di uscite occasionali) e lui aveva un - dotatissimo - cervello; secondo...

"Ma scusa Hagrid, dallo ad un tuo amico! Chiedigli di tenerlo!"

"Non è così facile! Non c'è nessuno che abbia un giardino o un posto abbastanza grande! E poi te l'ho detto: ha bisogno di attenzioni particolari e non c'è molta gente che sarebbe in grado...ci sono!" una luce indecifrabile gli si accese negli occhi.

"Cosa?"

"Lo puoi tenere tu!"

"Cosa?!!?" questa volta nella voce di James si era scorto un po' di panico. "Hagrid, non dirai mica sul serio?! Io!? Con un ippogrifo?! No, no, no! Non se ne parla! I miei mi ucciderebbero all'istante!"

"E tu non dirglielo! Per favore, hai un giardino grande e con un bel boschetto da quel che so e non te la cavi tanto male con le creature magiche! Il professore dice che sei bravetto!"

"Hagrid, io..."

"Jamie! Io...ma che diavolo..." la voce di Felpato che compariva tra gli alberi.

"Che ci fate voi qui!?" chiese Hagrid allarmato vedendo Sirius e Remus arrivare.

"Avete fatto in fretta! Comunque, li ho chiamati io, ci possono aiutare."

"Come, prego?" fece Sirius sorpreso.

"Avanti, ragazzi! Dobbiamo solo portare questo piccolo e indifeso ippogrifo in un posto sicuro lontano da qui e che non si casa mia!" finì rivolgendosi ad Hagrid.

"E allora dove, James?" gli rispose quello.

"Ci dev'essere un altro posto..."

"Ragazzi, vi prego, convincetelo. Fatelo per Mantobianco!" si rivolse implorante Hagrid ai due.

"Bel nome!" scherzò Sirius.

"Ok, fatemi capire" cominciò Remus "Tu hai un ippogrifo, ma non puoi tenerlo qui e serve un posto dove portarlo, giusto?"

"Giusto." confermò Hagrid.

"Effettivamente Jamie, tu hai proprio un bel po' di spazio in giardino..."

"I miei mi ammazzarebbero se venissero a saperlo! E poi cosa gli dico, scusa, Ciao mamma, papà, quest'anno mi porto a casa un ippogrifo giusto per non sentirmi solo. Dove possiamo metterlo? Ma dai, ragionate!"

"E allora dove lo mettiamo?" s'intromise Sirius.

"James, è solo e ci sono poche probabilità che ritrovi sua madre. Qui è davvero in pericolo. Avanti Jamie, ha bisogno di aiuto."

Il ragazzo guardò Remus che gli restituì uno sguardo implorante: odiava quando faceva così, gli si scioglieva il cuore e non riusciva mai a dirgli dino. Sapeva a cosa il suo amico si riferiva e non voleva farlo star male: nel parco Mantobianco era davvero in pericolo e non solo per i ragazzi-senza-cervello che potevano trovarlo, ma anche per il Lupo Mannaro che ci trascorreva una notte al mese. E poi Remus, essendo quello che era, aveva una grande sensibilità verso le creature magiche ed era seriamente preoccupato di poter fare del male a quell'ippogrifo...

"E va bene..." acconsentì alla fine.

"E bravo il nostro Ramoso!" Sirius lo infiocchettò con una bella pacca sulla spalla.

Remus lo guardò sorridendo e James rispose al sorriso.

"Grazie! Grazie, James!" disse Hagrid.

"Però dovete aiutarmi a portarlo via di qui!"

"Perfetto! Non c'è problema!" annuì Felpato "Basta un piano dei nostri ed è fatta!"

"Già...più o meno..." confermò incerto Lunastorta.

"Hey, ma dov'è Coda?" fece Ramoso.

Tutti si guardarono intorno.

"Era dietro di noi." si accigliò Sirius.

"Sono...sono..qu...qui!" giunse la voce tra gli alberi.

Peter era rosso paonazzo per la corsa - non è che avesse esattamente un fisico atletico... - e sembrava sul punto di svenire.

"E...eccomi...io...UUAAAHH!" giunse lo strillo acuto (per quanto acuto possa essere un rantolo uscito da un bignè affannato) "Qu...quel..."

Un tonfo seguì quelle ultime parole: Pete era definitivamente svenuto.

Sirius coronò il momento con la sua solita delicatezza.

"E adesso chi lo riporta al castello?"

 

************

 

Il piano era questo: quella notte stessa, i Malandrini (fatto rinvenire Coda) avrebbero portato Mantobianco nella parte di Foresta al di fuori dei confini (e quindi delgi incantesimi) di Hogwarts e da lì, con una passaporta creata da Remus nel pomeriggio, sarebbero arrivati a casa Potter, attraversando gli incantesimi di difesa con l'aiuto di James che sapeva come abbassarli momentaneamente. L'avrebbero portato fino alla cascina nel cuore del boschetto, gli avrebbero fornito un'enorme dose di provviste, disposte in modo che non le trovasse tutte subito e che gli bastassero almeno per le tre settimane successive. Per l'acqua non c'erano problemi perchè la cascina era costruita ai margini di un limpido ruscello e i genitori di James non ci andavano quasi mai: quello era il posto dove il grifondoro amava giocare da bambino ed, ora che era ad Hogwarts, i signori Potter lo visitavano molto di rado. Con un po' di fortuna non se ne sarebbero accorti. Le provviste avrebbero dovuto durare per un certo periodo perchè nemmeno James poteva abbassare le difese della casa tante volte senza che nessuno se ne accorgesse, e così non potevano recarvisi troppo spesso. Sistemato il cibo, i ragazzi avrebbero dovuto imporre degli incantesimi di sicurezza per creare una corda magica allungabile per tenere Mantobianco nel raggio di un centinaio di metri dalla cascina e poi altri per scongiurare eventuali visite di chiunque in quella parte del bosco.

Infine, James avrebbe dovuto informare solo Tawny della cosa e darle precise istruzioni su quanto spesso controllare l'ippogrifo, sullo spedirgli lettere per aggiornarlo riguardo all'animale e sul non dire nulla ai genitori. Sarebbero poi tornati a scuola entro l'alba.

La notte calò presto sul castello e, silenziosa come sempre, avvolse il parco in un nero mantello. Solo le stelle permettevano di distinguere la terra dal cielo: c'era la luna nuova. Il lago era un'enorme lingua ancor più nera che s'allungava nel buio, gli alberi oscuri giganti che si stagliavano verso gli astri.

Quattro ragazzi, nascosti sotto il Mantello dell'Invisibilità, avanzavano nell'immacolato silenzio verso la foresta. Escluso qualche piede pestato e degli occhiali con le stanghette storte, i Malandrini arrivarono al punto d'incontro prefissato, dove Hagrid li aspettava - il piede che ticchettava nervoso sul soffice suolo - insieme a Mantobianco.

"Tranquillo, Hagrid. Ti assicuro che si troverà bene nel boschetto e che sarà al sicuro." tentò di rassicurarlo James, sbucato fuori dal mantello.

"Lo so, lo so...è che so già che mi mancherà molto...ciao Mantino, mi raccomando fai il bravo. Papino di verrà a prendere il prima possibile..." e detto questo, l'uomo si allontanò, lasciando che James salisse sul dorso dell'ippogrifo.

I ragazzi lo circondarono e Remus, tenendo alta la passaporta perchè tutti riuscissero a toccarla, annunciò gli ultimi dettagli.

"È l'una di notte. Se il piano funziona, riusciremo a tornare per le tre, massimo tre e mezza. Se non siamo qui per le quattro e mezza, Hagrid ascolta bene, non devi cercare aiuto. Se ne avremo bisogno, te lo faremo sapere. Chiaro?"

L'uomo annuì, poco convinto.

"Perfetto. Quindi tre, due, uno..." e lo strano gruppetto sparì, lasciando uno spiazzo vuoto e solitario nella radura.

Hagrid, insieme sollevato e sconsolato, si sedette sospirando su un masso, in attesa.

 

************

 

Per un secondo, tutte le difese di casa Potter vennero abbassate per venire ripristinate poco dopo, lasciando però entrare quattro ragazzi e un ippogrifo nel parco. Erano arrivati proprio vicino alla capanna, come aveva detto James.

La radura mormorava nell'oscurità, mentre gli alberi placidi ondeggiavano alla sottile brezza. La cascina si ergeva minuta tra quei giganti nel mezzo dello spiazzo, proprio sulle rive di un silenzioso ruscello. Il tutto era ricoperto e permeato da un velo nero.

"Ok. Ora, sapete tutti cosa fare. Pete, vieni." annuciò Remus sottovoce, afferrando Codaliscia e portandolo via con sè.

Al castello si erano divisi i compiti: Sirius sarebbe rimasto con Mantobianco, Remus e Peter avrebbero sistemato il cibo e James avrebbe spiegato tutto a Tawny: era un piano perfetto.

I ragazzi stavano già cominciando quando due voci ruppero il silenzio e decretarono l'inizio di un principio d'infarto nei Malandrini.

"Charlus, ho capito che è la sera del campeggio, ma non potevamo rimanere ai margini della foresta?"

"E che gusto c'è a campeggiare a trecento metri dalle porte di casa, Dorea?"

James sentì il sangue gelarglisi nelle vene: lui aveva il divieto assoluto e totale di abbassare le difese della casa per arrivarci, perchè rischiava di non riattivarle e di lasciare allo scoperto e in pericolo tutti i suoi abitanti. Era una questione seria e lui lo sapeva benissimo, non l'avrebbe mai fatto se non fosse satao necessario, lo aveva anche giurato a suo padre. Non voleva deluderlo, non voleva fargli pensare di non essere degno della sua fiducia. Ma cosa poteva fare ora, intrappolato tra la foresta e i genitori in piena notte, con una passaporta che entro due ore e mezza sarebbe partita anche senza di loro?

"James!" la voce nervosa di Sirius lo risvegliò. Voltatosi verso gli amici, decise in fretta la cosa meno saggia che potesse sciegliere, ma al momento l'unica alternativa contro la furia di suo padre.

"Tutti nella foresta! Subito!" mormorò.

Dopo un attimo di incertezza, Remus e Peter si slanciarono verso i margini della radura, portando l'ippogrifo con loro. Sirius rimase lì poco di più, gli occhi fissi in quelli di James: lesse i suoi pensieri ed ebbe la certezza che fossero identici ai suoi. Era folle addentrarsi in un bosco di notte con un animale del genere ma, sentendo le voci che si avvicinavano, ebbe la conferma di non avere scelta. Fu così che anche gli ultimi Malandrini corsero verso gli altri e scomparvero nel fogliame appena prima che, dall'altra parte della radura, i signori Potter comparissero dal sentiero e si incamminassero verso la cascina.

"James, che facciamo ora?!" domandò isterico Remus, dopo che ebbero raggiunto un luogo abbastanza lontano dalla radura.

"Ma è possibile? Proprio oggi dovevano fare la serata campeggio?!...Non lo so, Rem, non lo so! I miei staranno lì tutta la notte! Non c'è niente in grado di far abbandonare a mio padre il suo bel sacco a pelo! La serata-campeggio è sacra per lui!"

"La serata-campeggio? Sul serio?"

"Si, Sirius, sul serio!"

"Ma tra poco più di due ore la passaporta torna ad Hogwarts!" fece Remus.

"Lo so, ma non so come farli sloggiare di lì! Non c'è modo, davvero, voi non conoscete mio padre, è impossibile farlo alzare da quel dannato sacco a pelo una volta che ci si è infilato detro....o forse no!" concluse Ramoso alzando di scatto la testa con una luce malandrina negli occhi: aveva un piano! Pazzo, idiota e da tutto fuor che da Grifondoro, ma era pur sempre un piano!

"Se ci trasformiamo in Animagi e convinciamo Tawny a darci un mano, possiamo far succedere qualcosa in casa e far allontanare i miei dall radura!"

"Trascurando il fatto che sia un'idea geniale," intervenne Felpato "cosa ci garantisce che non torneranno domani sera?"

"Metteremo degli incantesimi in modo che influenzino le loro decisioni! Rem, mi avevi parlato di qualcosa di simile poco tempo fa, ti ricordi?"

"Sì, posso fare qualcosa, sono incantesimi che fanno cambiare idea alle persone e li indirizzano lontano dal posto in cui non devono andare. So come farne qualcuno."

"Perfetto...cosa possiamo combinare di abbastanza grave da far tornare i tuoi in casa?" chiese Sirius.

"Beh, suppogno che se sentissero un gran casino e se qualche elfo corresse ad avvisarli, scatterebbero in piedi."

Remus li guardò incredulo: stavano dicendo sul serio?

"Va bene." iniziò Felpato "Rem, sarà meglio che tu faccia la guardia a Mantobianco finchè non torniamo, poi mettiamo provviste e incanteismi. Pete, tu sei un mito a combinare disastri, vieni con noi. Io e te, Jim, andiamo con Pete a casa come cane, cervo e topo...sì Peter, tu puoi stare sulle corna di Jim, e poi torniamo, aiutiamo Rem e ce ne torniamo a scuola, pregando che gli incantesimi funzionino. Il tutto entro due ore. Obiezioni?"

Sì, dicevano sul serio.

"No." risposero in coro.

E detto ciò, i tre si trasformarono e partirono il più velocemente possibile verso la villa.

 

************

 

"Hai capito bene, Tawny?"

"S', padroncino James."

"Perfetto, aspetta che combiniamo qualcosa e poi vai ad avvertire mamma e papà."

"Va bene."

E, spiegato tutto all'elfa, i tre Malandrini si avviarono verso l'ala est della casa e, sfoderate le bacchette, fecero un rumore quasi assordante.

 

************

 

"Ma che diavolo succede?!" si svegliò Charlus Potter a causa del frastuono che si sentiva fin nel cuore del bosco.

"Viene dalla casa!" esclamò sua moglie.

In quel momento comparve Tawny dal fitto del bosco, correndo affannata.

"S-signori Potter! Signori Potter! S-sta succedendo qualcosa! Non so cosa! C'è tanto rumore! Non capisco che cosa lo faccia! Dovete tornare! Ora!"

I due si alzarono di scatto dal sacco a pelo, impacchettarono tutto e corsero verso la villa.

Arrivati, però, la casa non riportava danni e il frastuono era cessato, ma non c'era traccia di chi o che cosa potesse averlo provocato.

Coloro che l'avevano fatto se l'erano già svignata e mettevano in quel momento piede nella radura, dove Remus aveva già sistemato Mantobianco nella cascina e stava disponendo le provviste.

"Ha funzionato!"

"Alla grande!"

"Perfetto!"

"Già, fantastico, ma dobbiamo muoverci! Abbiamo poco più di mezz'ora per sistemare il cibo e mettere gli incantesimi, poi la passaporta se ne va." smorzò l'entusiasmo Lunastorta, fortunatamente razionale come sempre.

"D'accrodo."

E i Malandrini al completo imposero incanti su incanti e distribuirono le provviste per l'ippogrifo.

"Tawny sa cosa fare e ha detto che si occuperà di Manto. Gli incantesimi ci sono, cibo e acqua pure...beh, Mantino, se stai comodo, possiamo solo dirti di fare il bravo." disse Ramoso all'ippogrifo, accarezzandogli lentamente le piume.

Quello emise un verso felice: a quanto pareva, gradiva la sua nuova sistemazione.

"Ti prego, Jamie! Non chiamarlo così! Gli rovini la reputazione!" commentò Sirius.

"Ragazzi, tutti qui!" esclamò Remus. "Ciao, Manto! Ci vediamo tra un po'! E si parte tra tre, due, uno..."

 

************

 

Il silenzio della Foresta Proibita fu spezzato dalla caduta del corpo di quattro ragazzi, che si schiantarono dolcemente al suolo.

"Ragazzi, ce l'avete fatta!" sentirono l'esclamazione di Hagrid.

"Già, con un piccolo ritocco al piano, ma ce l'abbiamo fatta." confermò Sirius.

"L'importante è che Mantino sia al sicuro ora! Venite quì: vi meritate un bell'abbraccio!"

E prima che i poveretti riuscissero ad implorare pietà, furono tutti stretti nella morsa stritolante dell'uomo, tra ghigni e smorfie di dolore.

 

************

 

L'orologio battè le quattro mentre la porta del dormitorio si chiudeva alle spalle dei Malandrini.

"Beh, notte a tutti, gente!" sbadigliò Felpato.

"Notte."

"Notte."

"Notte."

I saluti furono seguiti da alcuni urli strozzati e da diversi tonfi sordi: Frank si era addormentato raggomitolato in mezzo alla stanza, facendo inciampare i ragazzi e facendoli rovinare a terra, Peter per la seconda volta sopra a tutti, Remus per la seconda volta sotto a tutti!

"Frank, domani di brioche te ne tiro dietro una quarantina!!" ringhiò Sirius.

"Ma la volete smettere di tentare di distruggermi la cassa toracica?!" ringhiò di ritorno un indignatissimo Remus, spiaccicato sotto a quegli emeriti deficienti dei suoi amici che non si toglievano di torno.

"REMUS, LA VUOI SMETTERE DI SBAVARE SUI MIEI MERAVIGLIOSI, FANTASTICI, STUPENDI CAPELLI!!?? VUOI CHE DIVENTI COME MOCCIOSUS??!!"


........
 

“No, no, no, NO! E adesso dov'è finito?!” esclamò James davanti alla cascina impeccabilmente, totalmente, desolatamente vuota.

“Ad Hagrid glielo dici tu.” sentenziò Sirius.




 

Angolino di quel mito dell'autrice...

Ciao a tutti!!!

Lo so, non ci credo nemmeno io: ho pubblicato in stra-anticipo un capitolo kilometrico!!!

Per farlo ci ho messo due pomeriggi e ho mandato all'aria le tesine, ma l'ho fatto!!

Sono super felice e spero tanto che vi piaccia: ci ho davvero messo l'anima.

Vi pregherei di dirmi cosa ne pensate perchè ci ho davvero lavorato come una fanatica (anche a scuola nell'ora di francese), quindi spero che mi lasciate una recensionina. Davvero, mi farebbe molto piacere...

Non so quando arriverà il prossimo, probabilemte tra un po'...

Per ora godetevi questo!

Grazie in anticipo:)

Anna

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Capitolo 7
*** Alla ricerca dell'ippogrifo perduto ***


Alla ricerca dell'ippogrifo perduto

 

 

 

 

No, no, no, NO! E adesso dov'è finito?!” esclamò James davanti alla cascina impeccabilmente, totalmente, desolatamente vuota.

Ad Hagrid glielo dici tu.” sentenziò Sirius.

 

 

 

La cascina di legno si stagliava impeccabile nel mezzo della radura, le assi di legno chiaro illuminate dal candido sole delle dieci di mattina e interrotte quà e là da ciuffi d'edera selvatica che si arrampicava verde fino al tetto. Una scena idilliaca, se non si considerava la situazione.

Quattro ragazzi comparvero in fondo allo spiazzo: anche Remus e Peter erano a casa Potter, li aveva invitati James per tirare su il morale di Felpato. Sarebbe meglio precisare che, in realtà, tre ragazzi comparvero, rossi in volto e affannati, dalla foresta. La quarta creatura era più paragonabile a una mongolfiera che era improvvisamente precipitata al suolo e si sgonfiava lentamente: Peter sembrava veramente sull'orlo di un collasso.

"P...perchè...m..mi fa...fate sempr...e corre...re?" riuscì a biascicare Codaliscia, tentando contemporaneamente di immettere ossigeno nei polmoni.

Nessuno gli diede retta e il poveretto si sdraiò sfinito sull'erba.

"È vuota!! È vuota, Sirius, mi sono dimenticato di venire qui quando siamo tornati dalle vacanze!! Mantobianco è scappato!! Hagrid ci ammazzerà!"

"Hagrid ci ammazzerà? Guarda che sei stato tu a farlo scappare!"

"Sì, ma voi siete miei amici e mi avete convinto voi a portarlo qui!"

"Tu sei fuso, Potter! Ma dove hai lasciato il cervello, tra i cuscini in Sala Comune?!"

"Non lo so! È che sono successe tante cose, la guerra, i Mangiamorte e tutto! Io...io mi sono dimenticato..."

Ramoso crollò sulle ginocchia. Si erano impegnati così tanto per salvare l'ippogrifo di Hagrid e ora lui l'aveva perso! Hagrid ci sarebbe rimasto malissimo, come minimo l'avrebbe odiato a vita!

"Dai, Jamie, non fare così, adesso lo ritroviamo!" Remus si inginocchiò accanto all'amico "Insomma, quanto può essere grande questo bosco?!"

"Abbastanza..."

"Stai tranquillo, Jim" aggiunse Felpato, sicuro come sempre "Adesso troveremo un modo per ripescare quell'ippogrifo. E poi, abbiamo tutta l'estate!"

"Non esattamente..." lo contaddisse Ramoso, alzando l'indice con una vocina sottile e il tono chi l'ha fatta grossa.

"Che vuol dire "non esattamente"?" chiese Sirius, abbandonando il tono sicuro per passare a quello accusatorio "James, che altro hai fatto!?"

"Mi sono messo d'accordo con Hagrid l'ultimo giorno di scuola e..."

"E..."

"...e dovrebbe venire a prendere Mantobianco questa notte per portarlo in un posto più sicuro." concluse James guardando implorante il fratello.

"James, scusa tanto, ma devo proprio dirtelo: sei un gran c..."

"Lo so, lo so! Ok, adunata malandrina! Abbiamo circa una quindicina d'ore ore e dobbiamo perlustrare l'intera foresta. Possiamo farcela, ma dobbiamo dividerci: Remus, tu seguirai il sentiero che porta a sud e cercherai nei dintorni del Lago Blu; Peter, tu prenderai il sentiero verso est e guarderai vicino al Vecchio Mulino; Sirius, tu andrai sul sentiero che porta ad ovest, dalle parti del Bosco Rosso, fino alla brughiera e io andrò a nord, verso lo Stagno dei Lillà e le cascatelle. Ora chiamo Tawny e le dico di dire ai miei che passeremo la giornata ad esplorare il bosco, così non si preoccuperanno. Ci ritroviamo qui questa sera prima di cena. Tutto chiaro?" aggiunse sorridendo speranzoso verso gli amici.

"No." risposero quelli in coro. Solo James conosceva così bene quel bosco, loro non avevano la minima idea di dove fossero tutti i luoghi che aveva nominato fino a quel momento.

"Oh, ok...Tawny, vieni qui!" ammise Ramoso.

L'elfa comparve un secondo dopo. "Sì, padroncino?"

"Ti ricordi quelle mappe del bosco che ci sono in archivio nello studio di papà?"

"Certo, padroncino. Gliele porto?"

"Sì, grazie e potresti anche prepararci dei panini? Oggi andremo in esplorazione e torneremo per cena..." continuò.

"D'accordo. Devo avvisare i suoi genitori?"

"Sì, ma il tutto più veloce che puoi. Dobbiamo sbrigarci. Mantobianco è scappato!"

"Mi dispiace molto, padroncino. Aveva detto che se ne sarebbe occupato lei quando è tornato a casa e io non sono più venuta a controllare."

"Certo, Tawny, lo so, non è colpa tua. Ti prego, fa in fretta!"

L'elfa scomparve, lasciando i Malndrini in attesa.

"Ok, possiamo farcela, dobbiamo solo avere un po' di fortuna. Non è un piano così impossibile!" tentò Remus.

"Sì, quanto vuoi che sia grande questo bosco?!" aggiunse Sirius, di nuovo col suo fare sicuro.

"Un terzo di quello di Hogwarts." rispose James, lo sguardo puntato su un interessantissimo filo d'erba.

"CHE COSA?!" esclamarono gli altri tre (Peter si era ripreso e aveva raggiunto la cascina con gli altri).

"Ti conviene affinare l'olfatto, Felpato, hai un bel po' da annusare!" ghignò James malandrino, spostando lo sguardo sul fratello.

"Tu non sei fuso, Jim, tu sei fulminato!" gli ringhiò Sirius di rimando.

Dopo cinque minuti, Tawny ricomparve nella radura con le mappe e i panini e Ramoso sipiegò ai ragazzi come era fatta, più o meno, la zona che ciascuno doveva perlustrare. I signori Potter si erano dimostrati d'accordo con la "giornata esplorazione" e li aspettavano per cena.

"Ok. È una questione seria. Dovete stare attenti a non perdervi o ci potremmo mettere parecchio a ritrovarvi." li ammonì James, un po' più cupo.

Fu sollevato di vedere che anche i suoi amici non ci ridevano sopra, ma erano già concentrati sui propri compiti perchè annuirono tutti con aria seria.

"Perfetto. Ci ritroviamo qui alle sette di questa sera. Buona fortuna a tutti! Se trovate Mantobianco, tornate qui alla cascina e sparate scintille rosse."

"Ci si vede, ragazzi!"

"State attenti."

E i quattro si avviarono ciascuno verso il proprio sentiero.

 

*******************************************

 

Erano quasi quattro ore che camminava lungo il sentiero e aveva anche già mangiato il suo panino, ma non c'era ancora nessuna traccia di Mantobianco.

Remus avanzava nella foresta, camminando tra faggi e tigli sempre verso sud; il profumo di bosco permeava l'aria, ancora più intenso dopo la pioggia dei giorni precedenti. Teneri raggi freschi riuscivano ad attraversare la coltre verde sopra di lui, illuminando il sentiero ricoperto di foglie secche e scricchiolanti. Si era anche allontanato dal sentiero per cercare tracce di Mantobianco, ma niente: la creatura sembrava scomparsa.

Era giunto ormai alle propaggini della foresta e la vegetazione si diradava lentamente, lasciando sempre più spazio alla luce solare.

Alla fine, il sentiero sbucò in una ampia vallata, lasciando un Remus a bocca aperta davanti allo spettacolo che si ritrovava davanti: il Lago Blu si stagliava maestoso nel mezzo della pianura, la superficie blu scuro illuminata da lamine dorate nel primo pomeriggio. Il sole era ancora alto e le ombre erano corte. Nonostante questo, il gruppo di querce poco lontano dalla riva offiva un buon riparo dove fermarsi a riposare e ammirare il paesaggio.

Lunastorta si sedette, appoggiando la schiena alla corteccia ruvida e lasciando che la brezza fresca gli accarezzasse piano i capelli. Profumi di fiori sconosciuti lo raggiungevano, mentre si abbandonava a quella quiete. Il cielo si rispecchiava pigro sulla superficie leggermente mossa del lago, le nuvole mutavano forma goffamente, quasi rotolassero in quel prato azzuro terso. Il suono di qualche giocosa onda che s'infrangeva contro i canneti accompagnava l'allegro cinguettare degli uccelli che svolazzavano a pelo d'acqua, stirando leggermente la superficie del lago con la punta delle ali.

La piana si estendeva placida fino alle montagne bluastre all'orizzonte e sembrava sospirare in quella gradevole giornata estiva.

Quel luogo trasmetteva un infinito senso di mitezza, assorto nel suo silenzio rumoroso che aleggiava indisturbato.

Remus si domandò perchè James l'avesse mandato lì: quel posto rispecchiava alla meraviglia il suo carattere, tranquillo e sereno, miracolosamente vitale, ma, allo stesso tempo, immobile.

O forse l'amico gliel'aveva assegnato a caso. Già, perchè, anche se solo una volta al mese, lui era tutt'altro che tranquillo...

Dopo qualche altro minuto di riposo e contemplazione, Remus si alzò e riprese la ricerca di Mantobianco nei dintorni del Lago Blu, ma, dato che dell'ippogrifo non c'era traccia, si girò e si incamminò di nuovo verso la cascina.

Sperava che i suoi amici avessero avuto più fortuna di lui, ma nessuna scintilla rossa aveva ancora varcato il cielo.

Si bloccò un attimo a guardare la distesa azzurra e notò che questa prendeva un aspetto decisamente tetro verso ovest, dove nuvole grigio-giallastre la varcavano velenose e acide. Sperò soltanto che Sirius stesse bene.

 

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Peter avanzava da poco più di due ore verso est, seguendo il sentiero verso il Vecchio Mulino: il nome non prometteva nulla di buono. Ma che cavolo era saltato in mente a James per mandarlo in un posto che si chiamava così? Perchè, un posto che si chiama "Vecchio Mulino", non ispira esattamente il pensiero di un luogo soleggiato, asciutto e con tanti fiorellini, ma un posto umido, probabilmente ombroso e con una catapecchia di roccia e ferro mezza crollata.

E fu più o meno questo lo spettacolo che Codaliscia si ritrovò davanti quando arrivò alla fine del sentiero, sbucando in una verde radura.

Nella foresta di faggi si faceva largo quel piccolo spiazzo, dove il clima inglese aveva favorito la crescita di un manto erboso di un verde scuro e uno spesso strato di muschio. Nel mezzo della radura si ergevano i muri portanti di quella che una volta doveva essere stata una casa a fianco al mulino: gelida roccia ingrigita dal tempo e ricoperta di chiazze scure, bagnata al tatto a causa dell'umidità. Il tetto era crollato e giaceva a terra, abbandonato tra i rampicanti che vi si facevano strada attraverso. Accanto al rudere, un ruscello spumeggiante gorgogliava saltellando sulle rocce e aggirando quello che era rimasto del mulino. Una ruota di ferro con parecchie pale giaceva arrugginita e parzialmente rotta, abbandonata al suo destino come tutto il resto del luogo.

Dai lati dello spiazzo, gli alberi sembravano accasciarsi cupi verso l'erba alta, che immobile si ergeva a causa dell'assenza di vento.

La natura sembrava esercitare una qualche sorta di potere su quel luogo, quasi fosse stata incantata, e questo fece rabbrividire Peter, che si costrinse ad avanzare di malavoglia verso quelle rovine.

Niente poteva resistere per sempre, nulla poteva rimanere integro e intatto di fronte alla sconfinata forza di una foresta. Quel luogo ne era la prova. La casa e il mulino erano crollati sotto al loro peso, dimostrando come le cose umane possano tramontare in fretta; l'erba cresceva veloce e fitta, ricoprendo, insieme ai rampicanti, i resti del passaggio degli uomini; la foresta si stava riprendendo il terreno di cui era stata privata, avanzando con nuovi alberi e arbusti, strappando in ogni momento altri pezzi di terra che le appartenevano, cancellando poco alla volta ciò che avevano costruito gli uomini, scomparsi per chissà quale motivo lasciando i cocci del loro passagio in balia della natura spietata.

Ormai Peter tremava incontrollabilmente e, chiamato un paio di volte il nome dell'ippogrifo, si girò e riprese il sentiero che lo aveva portato lì, correndo più veloce che poteva per allontanarsi da quel luogo.

 

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Sirius si era trasformato subito in Felpato e si era incamminato lungo il sentiero che portava ad ovest, affinando l'olfatto in cerca delle tracce di Mantobianco.

Erano ormai diverse ore che camminava infruttuosamente tra alberi e arbusti: in quei boschi, anche se il tempo sembrava non passare mai.

Alte betulle si ergevano a fianco a lui, con i loro tronchi chiari la cui sottile corteccia secca si sfogliava poco a poco, e grigie rocce ostruivano il sentiero, accatastate alla base dei tronchi arborei. Vi erano anche fitti raggruppamenti di arbusti, che costituivano la maggior parte della vegetazione. Erano arbusti rossi: rosse le basi, rossi i fusti, rosse le foglie. Era un rosso scuro, come sangue secco, ma di una tonalità più morbida, che era quasi possibile, immaginando, vedere scendere gocce purpuree a terra.

Sirius scostò lo sguardo: era un paesaggio ipnotico, tutto quel rosso, mescolato al marrone secco della terra, unito al bianco spettrale delle betulle...Anche il cielo si era rannuvolato, nuvole grigio-bianche che sembravano precipitare verso il suolo sovrastavano le cime degli alberi.

Decise di avanzare ancora per poco, solo per controllare dietro all'ultima svolta qualche metro davanti a lui.

Girato l'angolo, vide quella che James aveva chiamato brughiera: una landa grigia e disseminata di rocce si stagliava fino a dove l'occhio poteva spaziare, interrotta saltuariamente da quei cespugli rosso vivo. Immacolata nel suo silenzio, scossa solo dal vento secco che si era alzato a scuotere quei poveri cespugli e a spazzare il terreno arido, facendo ondeggiare qualche ciuffo di alta erba biancastra.

La desolazione regnava incontrastata, quasi calasse come un velo dal cielo grigiastro.

Sirius si ritrasformò e, alzatosi in piedi, raggiunse le ultime propaggini del bosco, per poi proseguire tra le rocce della piana. La terra era brulla, solitaria, svuotata di una qualsiasi vitalità: gli fece ricordare.

Ricordò il volto di suo parde, che lo guardava senza alcuna traccia di amore o affetto quando era tronato a casa per Natale il suo primo anno ad Hogwarts, con addosso i colori di Grifondoro; ricordò l'orrore e la rabbia di sua madre che scaturivano dalla strillettera; ricordò suo fratello che saliva quei pochi scalini, si sedeva sullo sgabello e lo guardava quando il Cappello Parlante lo destinava in Serpeverde...Quegli sguardi di ghiaccio...Quella porta sbattuta in faccia...Quel "tu non sei mio fratello" detto con odio...ricordò.

Ridotto allo stremo da quei ricordi, cadde in ginocchio sulla terra secca e la bagnò con le sue lacrime.

 

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James si era avviato lungo il sentiero che portava a nord da quasi quattro ore e cominciava a sentire la fatica. Per fortuna, svoltato a destra e fatti pochi passi, si ritrovò allo Stagno dei Lillà e riuscì ad intravedere, al di là delle fronde dei salici, le cascatelle che saltellavano gioviali sui massi scuri: quel posto era esattamente come se lo ricordava.

Era da molto tempo che non percorreva quel sentiero, preferendo sempre quello verso il Lago Blu, ma ora che si ritrovava davanti quello spettacolo, si ripromise di portarvi Evans, un giorno. Lo stagno si trovava all'incirca in mezzo alla grande radura, coronato dai canneti verdeggianti e dalle distese di ninfee rosa e gialle che ne offuscavano in parte la superficie, già verde di suo perchè rifletteva le chiome dei salici che vi si specchiavano. Si faticava a stabilire precisamente dove si trovavano le sponde del lago, perchè l'erba alta e fitta copriva l'intera radura. E, precisamente come James si ricordava, era molto facile mettere un piede in acqua! Riuscì a farsi strada lentamente tra l'erba, finendo nella torba solo poche altre volte e raggiunse presto l'altro lato della radura, accompagnato dalle rane che gracchiavano placide saltellando nell'acqua bassa e dal canto di qualche uccello d'acqua.

Si ritrovò a domandarsi perchè non fosse più tornato in quel luogo: i salici accarezzavano dolcemente la superficie dell'acqua, striandola leggermente con le foglie sottili e tutto, dai suoni ai colori, dall'aria all'acqua, tutto sembrava così pacifico, così intoccabile, così immacolato. Scansò lentamente le fronde dei salici per aprirsi un varco verso le cascatelle, che trovò proprio come le aveva intravviste. Allegre e giocose, rimbalzavano bianche e spumeggianti sulle rocce nere e scivolose, precipitando giù dall'altura verde di arbusti su cui se ne stava bellamente sdraiato Mantobianco!

"Manto!! Manto, stai bene?" urlò James, richiamando l'attenzione dell'ippogrifo che emise una specie di nitrito felice in risposta. Non era solo felice, era in paradiso: si trovava mollemente adagiato su un masso reso comodo da uno strato di muschio, gli zoccoli allungati nelle fresche cascatelle e le piume della testa scompigliate dalla brezza estiva.

"Beh, scendi in fretta di lì! Ti stiamo cercando ovunque!! Sta anche arrivando un temporale da ovest, dobbiamo andare a casa!" lo chiamò di nuovo Ramoso.

Mantobianco emise un deciso grugnito di dissenso.

"Non costringermi a venirti a prendere!" gli rispose James, alzando un dito con fare accusatorio.

L'ippogrifo, per tutta risposta, voltò il muso dall'altra parte.

"Allora adesso arrivo e ti porto giù io, che ti piaccia o no!" esclamò James, seccato. Si rese poi conto che era esattamente la discussione che aveva lui con suo padre quando era piccolo e non voleva più scendere dalle giostre al parco giochi.

Sorridendo al pensiero, si avviò verso le rocce.

Sì, quei massi erano decisamente scivolosi, constatò mentre, appunto, vi scivolava sopra, ruzzolando nella pozza dove finivano le cascatelle. Sentì improvvisamente un dolore graffiante al ginocchio: si era strappato sia i pantaloni che la pelle e rivoli di sangue rosso acceso gli colavano sul ginocchio e in acqua. Ringhiando (un po' perchè non si ricordava nessun incantesimo per curarsi, un po' perchè l'ippogrifo sebrava ridacchiare colpevole da sopra l'altura), si rialzò e risalì sulle rocce. Proseguì a gattoni fino all'inizio della parete verticale che portava in cima alle cascatelle, i vestiti fradici che gli stavano appiccicati alla pelle. Arrivato lì, si diede una bella spinta, si aggrappò al primo spuntone nella roccia, notando troppo tardi che era parecchio bagnato anche quello e rovinando al suolo cadendo di schiena. Al contatto con le rocce dure emise un gemito di dolore, ma si rialzò e tentò di nuovo, cercando di aggrapparsi più forte alla parete nera. Questa volta ci riuscì e portò le ginocchia su degli altri appigli: la sbucciatura si fece sentire, facendogli sfuggire un altro gemito. Si trascinò per tutta l'altezza della parete, i denti stretti per lo sforzo e scivolando e risalendo di diversi centimentri parecchie volte. Arrivato in cima, si accasciò sull'erba bagnata e prese un respiro profondo, approfittandone per lanciare un'occhiataccia del tipo se-adesso-scappi-ti-prendo-e-ti-faccio-arrosto all'ippogrifo. Quello, in risposta, si avvicinò e gli diede una "carezza" sulla guancia con il becco.

"Adesso fai lo sdolcinato, eh?!" riuscì a mormorare James, accarezzando le piume di Mantobianco.

L'ippogrifo aiutò il ragazzo ad alzarsi e lo fece salire (e successivamente sdraiare) sul suo dorso. Prima di stendersi, James prese la bacchetta e lanciò in aria una consistente spruzzata di scintille rosse, per avvisare gli amici. Poi Mantobianco si alzò in volo verso la radura con la cascina.

 

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Arrivato nella radura, James scese dalla groppa dell'ippogrifo e, portatolo nella cascina, gli diede parte delle provviste che c'erano ancora dentro. Finito il pranzo, Mantobianco si distese tranquillo sull'erba con il volto appoggiato a una delle assi di legno chiaro della casetta e il ragazzo ne approfittò per rinfrescare un po' la ferita.

Si stese nell'erba morbida: avrebbe dovuto aspettare il ritorno dei ragazzi, perciò poteva anche permettersi un sonnellino.

Il suo dispiacere fu immenso quando, dopo quello che gli era parso un tempo brevissimo, fu costretto ad abbandonare il mondo dei sogni a causa di qualcuno che lo aveva preso per le spalle e lo strattonava violentemente, chiamandolo. Aprendo gli occhi, si ritrovò davanti un agitatissimo Sirius.

"Sir, ma che Merlino fai?!" domandò, la bocca ancora impastata, guardando l'amico con occhi assonnati.

"Stai bene? Cos'è successo al ginocchio?"

"Niente, Manto era in cima alle cascatelle, ho dovuto scalare delle rocce bagnate e sono scivolato. Sto bene, tranquillo." rispose, mettendosi a sedere e posando una mano sulla spalla del fratello "Tranquillo, Sir."

"È che sono arrivato e...E tu eri qua steso e...E ti sanguina il ginocchio...Io..." biascicò il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli.

"Sto bene..." lo rassicurò Ramoso, abbracciandolo brevemente "E tu? Sei strano, è tutto a posto?" aggiunse sciogliendo l'abbraccio e sollevando il volto del fratello con una mano.

"C-Cosa? Oh, sì, sì, tutto bene, è solo...Quella brughiera...Niente, solo...Ricordi." minimizzò Sirius, distogliendo lo sguardo da quello di James.

"Hey, da quand'è che non mi guardi più negli occhi? Sir..." ma non riuscì a proseguire perchè gli occhi del fratello erano diventati lucidi.

"M-Mi dispiace, James. Lo so, lo vedo che ce la metti tutta per tirarmi su, ma...Io...È che non ci riesco! Non ce la faccio! P-Perchè?!" esclamò frustrato, stringendosi al petto di Ramoso.

"Perchè gli vuoi bene, Sir. Anche se loro non ti hanno trattato come dovevano, siete una famiglia, non potete non soffrire l'uno per l'altro quando succedono queste cose. Anche se non lo danno a vedere, anche tuo padre, anche tua madre, anche Regulus soffre per quello che è successo." gli rispose James, stringendolo a sè. Gli dispiaceva da morire vederlo così e per questo sprofondò il volto tra il collo e il cappuccio della felpa nera di Sirius.

Felpato singhiozzò per altri pochi minuti, poi si sciolse dall'abbraccio e si asciugò le lacrime con la manica della felpa.

"Scusa, James. Non ti farò altri sfoghi penosi, prometto."

"No Sir, promettimi che se ne avrai bisogno li farai. Chiaro?" disse Ramoso sorridendo.

"Va bene."

Dopo qualche attimo di silenzio, Sirius ruppe il ghiaccio imbarazzato.

"Allora, hai trovato il nostro animaletto!"

"Già, questa sera Hagrid lo troverà qui come promesso, per fortuna..." acconsentì il fratello.

"Hey, ragazzi tutto bene?" giunse la voce di Remus dal sentiero che portava a sud.

Infatti, poco dopo Lunastorta emerse dagli alberi.

"James! Cos'è successo?! Stai bene?" esclamò allarmato alla vista del ginocchio di Ramoso e precipitandosi a fianco a lui.

"Tranquillo, Rem. Sono solo scivolato su una roccia bagnata e mi sono sbucciato, tutto qui. Hai visto Coda?"

"No, effettivamente no. Volevo chiedervi se sapevate dov'era...Beh, almeno Mantobianco l'abbiamo trovato!"

"S-Sono q-qu-qui..." giunse una vocina rantolante dal sentiero che portava a est.

"Pete! Ma perchè Merlino ti sei messo a correre se non ti piace?! Sono ancore le cinque, non sei in ritardo!" esclamò Sirius alla vista della solita mongolfiera in agonia che era comparsa nella radura.

Quella, in risposta, esmise uno sbuffo simile a quello di un treno a vapore inceppato e si stese a terra respirando affannosamente.

"Lo prendo per un non-ho-l'-orologio" commentò Felpato, facendo ridere James e Remus.

 

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Quella notte, verso le tre, Hagrid arrivò alla radura e vi trovò i ragazzi ad aspettarlo. Dopo qualche saluto e qualche sorriso, disse loro che lo avrebbe portato nelle montagne al nord da un suo vecchio amico a cui andava di avere un ippogrifo come animaletto da compagnia!

Partito anche Hagrid, i Malandrini si trascinarono a letto, sfiniti dopo la lunga giornata.

Ce l'avevano fatta un'altra volta, ci erano riusciti davvero!

Il ricordo di quella giornata rimase a lungo impresso nelle loro menti, tanto da emergere nei momenti bui che avrebbero attraversato qualche anno più tardi, pronto a strappar loro una risata. Perchè, come il mulino abbandonato, anche per loro non ci sarebbe stata molta speranza, molte prospettive di una vita serena, come durante ogni guerra.

Ma l'avrebbero affrontata, chi a testa alta e chi meno, ma tutti avrebbero fatto i conti con la loro sorte, chi prima e chi dopo.

Perchè lo sapevano, sapevano già che, con una guerra come quella che stava sconvolgendo il mondo magico in quegli anni, la loro vita non sarebbe stata altro che un salto nel vuoto.

 

 

 

Angolino autrice...

 

Ok, ok vi prego non ammazzatemi!

*la gente tira fuori i coltelli*

Sono in stra-stra-stra-stra ritardo!! Oggi è un mese che ho fatto l'orale di terza media e, ve lo giuro, non avevo nemmeno voglia di leggere!! Io che non leggo!!?? Ok, ok, ma vi prego, non uccidetemi, davvero avevo bisogno di una pausa...

Tornando alla storia, lo so, sono un caso disperato, tragica fino alla fine perchè, sì, signore e signori (o quei pochi angioletti che leggono la mia fic) questa è la fine della storia.

Ho deciso di terminare qui perchè sono arrivata al numero sette come capitolo e il sette, come ovviamente saprete, nei libri di HP è il numero su cui si basa tutto, dagli anni ad Hogwarts agli Horcrux, dal numero dei libri a quello dei giocatori di una squadra di Quidditch.

Spero che non siate troppo dispiaciuti per la fine della storia, ma spero che non stappiate neanche bottiglie di champagne!!

Ditemi se vi piace o no questo ultimo capitolo, ho voluto lasciare parecchio spazio alle descrizioni perchè era necessario!

Non so se vi piace il personaggio di Sirius perchè sì, J.K. Rowling lo descrive come un duro, ma ha pur sempre appena perso la sua famiglia!

Fatemi sapere cosa ne pensate con una piccola recensionina, sul capitolo, sulla storia, se secondo voi non la devo finire così o se sì...non lo so...bo, ditemi voi...

Comunque vi aspetto e giuro che risponderò appena possibile alle recensioni (sempre che ce ne siano...oh, ma sta zitta vocina invadente!! Scusate, i miei monologhi:)...).

Ciao!!

Anna

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