You fucked up my life.

di Kaleidoscope_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Who am I? ***
Capitolo 2: *** In the car I just can't wait, to pick you up on our very first date! ***
Capitolo 3: *** But then all that it means is I'll always be dreaming of you. ***
Capitolo 4: *** Like violence, you kill me! ***
Capitolo 5: *** The start was something good, but some good things must end! ***
Capitolo 6: *** I'm lost without you. ***
Capitolo 7: *** I know I'm pathetic! ***
Capitolo 8: *** It's the worst damn day of my life! ***
Capitolo 9: *** I'm too depressed to go on. ***
Capitolo 10: *** Your heart will attack, even if she falls in love! ***
Capitolo 11: *** If we miss the mark, if we hold on tight, we'll be there to try it again. ***
Capitolo 12: *** Until the end of time. (Epilogo) ***



Capitolo 1
*** Who am I? ***


Sono Giorgia.

Ho 16 anni e la gente mi definisce strana.
Sapete, una ragazza con capelli neri con le punte blu lunghi fino a metà schiena,piercing al sopracciglio e tatuaggio sul braccio, qui in Italia non sono giudicate bene.
Sinceramente, del giudizio altrui me ne importa poco.
Vivo con mia sorella, Marta. Lei è il mio esatto contrario.
Sta studiando per diventare avvocato, ha sempre amato farlo. E' amata da tutti, ha un sacco di amici ed è fidanzata. La sua vita è perfetta, lei è sempre stata dannatamente perfetta. Beh, lo ammetto: sono gelosa di lei.
I nostri genitori la adorano, si fidano di lei. Al contrario, di me non si fidano da quando mi hanno beccata per la quinta volta a scappare di casa per andare ad un concerto, da quando mi hanno vista fumare sigarette e certe volte spinelli. Un giorno mio padre, mentre stavamo litigando, mi ha confessato che sono la vergogna della famiglia. Non so se l'ha detto in preda alla rabbia, ma un velo di verità ci sarà comunque stato.
Io amo stare in solitudine, con una sigaretta e la mia chitarra. Magari suonando qualche canzone dei blink-182. Loro sono la mia salvezza, ma nessuno può capirmi. Eccetto per la mia migliore amica, Evelyn. E' americana, si è trasferita con i suoi qui a Firenze quando aveva 5-6 anni.
Con lei ho trascorso tutta la vita, è la persona più importante per me che esista al mondo. Ormai, viene quasi prima dei miei genitori.
La mia è una vita tranquilla, con non troppi imprevisti né con troppe sorprese.
O almeno, lo è stato fino a quando un piccolo evento – se così si può chiamare – mi ha cambiato la vita.




Kaleidoscope's space :

Premetto che la fanfic verrà pubblicata se almeno la presentazione della protagonista piace (ergo recensite per farmi sapere cosa ne pensate :3)


 

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Capitolo 2
*** In the car I just can't wait, to pick you up on our very first date! ***


“Giorgia! Smettila di ascoltare musica, sto cercando di dormire! Giorgia!”
“Emh, oh, sì Marta.”
Erano le dieci di sera e io stavo ascoltando qualche canzone dei Descendents prima di andare a dormire e naturalmente a mia sorella non andava bene, visto che lei voleva sempre andare a dormire presto.
Il mio ipod si era rotto,perciò non potei ascoltare più nulla.
Mi misi sotto le coperte e chiusi gli occhi. Mi addormentai dopo pochi secondi e al mio risveglio trovai Evelyn seduta sulla poltrona di fianco al mio letto.
“E tu che ci fai qui?”
“Sono entrata dalla finestra,devo dirti una cosa importantissima!”
Mi stropicciai gli occhi con le mani,stavo morendo di sonno, erano solamente le sette del mattino.
“Dicono che i blink siano in città. Gente dice di averli visti!”
Questa frase mi fece saltare un battito, infatti saltai via dal letto,spalancando gli occhi.
“Che?!”
“Sì hai capito bene!”
“Oddio ma sei seria? Cioè, ti rendi conto? No,non può essere vero dai! Aspettami qui,vado a cambiarmi.”
Mi feci una doccia veloce, legai i capelli ancora bagnati in una coda, mi vestii con una canotta nera,shorts grigi e vans. Un po' di eyeliner nero ed ero pronta.
Presi lo zaino e mi diressi con Evelyn verso l'uscita di casa.
“Sorellina,non si saluta?”
“Ah,ciao Marta.”
Sbattei la porta di casa e Evelyn continuò a raccontarmi dei suoi viaggi mentali che si era fatta in caso incontrasse mai Mark, il bassista dei blink-182.
Evelyn era una ragazza molto estroversa. Non riusciva mai a tenere la bocca chiusa, era buffa. Dava sempre la sua opinione su tutto. Non le piaceva rimanere in silenzio, lei amava stare in compagnia. E io l'adoravo un sacco.
“Oh, se lo incontrassi sicuramente gli lascerei il mio numero di telefono! Magari mi trova carina e mi richiama pure. Sicuramente mi farei autografare il loro ultimo album, Enema of the state. Vorrei anche una foto con tutti e tre,sì! Potrei anche chiedere a Mark se posso baciarlo, dici che reagirebbe male?” continuò lei.
“Secondo me gli chiederesti se ti vuole sposare.”
Lei rise,era bello fantasticare sui propri idoli.
“E tu invece,se incontrassi il tuo amato Tom?”
“Un autografo e una foto, lo sai come sono io...”
“Oh su,non fare la timidona!”
Ridemmo insieme.
Eravamo arrivate all'entrata della scuola. Sentivamo voci intorno a noi parlare dei blink e sul fatto che si trovassero nei paraggi.
“Giorgia,ho un'idea.”
“Mh?”
“Potremmo andare a quell'hotel qua vicino, quello che ha 5 stelle di lusso! Se sono in città,alloggeranno sicuramente lì!”
“Ma dai Evelyn, second-” non feci in tempo a finire la frase che mi prese per un polso e mi trascinò fuori dalla scuola, verso la fermata dell'autobus.
“Come vuoi tu,ma poi non rimanerci male se è una bufala!”
Lei sorrise. L'autobus per il centro arrivò così salimmo. Dopo 4 fermate, arrivammo in centro, a pochi metri dal famoso hotel.
Arrivate davanti all'edificio, ci fermammo fuori,sedute sul muretto. Dopo pochi minuti di attesa, iniziai a camminare per il giardino di quell'hotel, in preda al panico. Iniziai veramente a pensare a cos'avrei fatto nel caso li avessi mai incontrati.
Inciampai su un sasso e caddi a terra. Il mio ginocchio iniziò a perdere sangue,mi feci un taglio alquanto profondo,faceva male.
“CHE DOLOREEEEEEEE” iniziai ad urlare.
Evelyn mi venne incontro correndo.
“Oddio! Ma che ti sei fatta?!”
“IL GINOCCHIO,ODDIO CHE MALE!” mi scese qualche lacrima.
“Ma come hai fatto! Solo te puoi riuscire a cadere e a sbucciarti così un ginocchio! Aspettami qui,vado a prendere qualcosa al bar qui vicino.”
Annuii. Quando provai a rialzarmi,sentii una fitta dolorosissima al ginocchio e quando stavo per ricadere a terra sentii due braccia prendermi da dietro. Era un ragazzo, a cui appoggiai la schiena per mantenermi in equilibrio. Avvicinò la sua testa alla mia.
“Ehy sta attenta!”
Le sue braccia mi mantenevano ben salde a sé, tanto che non mi potevo girare per vederlo in faccia.
“Eh scusa, cercavo di rialzarmi ma il mio ginocchio non me l'ha permesso”
Saltellando su un piede, mi girai verso il ragazzo. Quando lo vidi in faccia spalancai gli occhi e lui quasi si spaventò dalla mia reazione. Lo riconobbi e non riuscii a dire nessuna parola dallo stupore.
Gli ero praticamente appiccicata, a 10 centimetri dalla sua faccia.
Spunta da dietro un ragazzo. Quegli occhioni blu. Non avrei potuto non riconoscerli.
“Che stai facendo? Ci stai già riprovando con un'altra?” disse il ragazzo.
“No coglione, è una ragazza che stava per cadere e che non si regge in piedi. E tu” disse guardandomi “perché hai quella faccia?”
“Emh. Oddio...” balbettai.
Lui si voltò verso il mio ginocchio sanguinante e spalancò gli occhi.
“Oh cazzo,vieni con me”
Mi prese in braccio e mi portò dentro l'hotel.
Stetti zitta,non sapevo più che dire e di certo non avrei mai rifiutato di essere presa in braccio da lui.
“Piccola, ti porto a farti disinfettare quella ferita,non pensare male.”
“Ehy! Ho un nome, mi chiamo Giorgia”
Lui fece una strana smorfia.
“Che nome buffo! Io mi chiam-”
“Tom.” risposi io. Lui sorrise e in quel momento mi saltò un battito. Quel sorriso che avevo sognato per tutto questo tempo, il sorriso che ammiravo ogni volta che guardavo i miei poster appesi in camera, mi fece scogliere dentro.
Ebbene sì,lui era Tom DeLonge, voce e chitarrista dei blink-182.
Continuò ridendo dirigendosi verso la stanza numero 193 dell'hotel.
L'altro ragazzo, alias Mark Hoppus,aprì la porta e Tom mi adagiò sul letto.
Mi squillò il cellulare,era Evelyn.
“Emh,sì Evelyn?” risposi.
“Giorgia! Dove cazzo sei?”
“Emh,dentro l'hotel, UN RAGAZZO - e rimarcai la parola ragazzo,sperando di falle capire qualcosa- mi ha portata dentro per medicarmi il ginocchio!”
Mark mi interruppe dicendo “Di alla tua amica di andare all'entrata,dire il suo nome e farsi accompagnare alla stanza 193.”
Riferì tutto ad Evelyn, che riattaccò infuriata,non aveva capito nulla.
Tom si sedette di fianco a me,mettendo la mia gamba stesa.
“AH! Fa male!” urlai.
“L'avevo capito,adesso sentirai bruciare un po'”
Finì la frase tamponandomi la ferita con del cotone idrofilo imbevuto nell'alcol.
“AAAAAAAAAAAAAH! BRUCIAAAAAA”
“Te l'avevo detto. E comunque la tua soglia del dolore è alquanto bassa.”
“Vaffanculo!”
“Calmina eh! Ricordati che se non fosse stato per me adesso saresti sdraiata a terra a lamentarti del tuo ginocchio.”
“Scusa,è che ...” mi bloccai nuovamente,non riuscii ad andare avanti che la mia timidezza me lo impedì.
Lui guardò la mia maglia, quella dei Descendents.
“Bella maglia!”
“G-grazie...”
“E così...sei una nostra fan.” disse orgoglioso Mark, guardando Cheshire Cat che spuntava dalla mia borsa.
“S-sì...”
“Ehy rilassati,non ti mangiamo!” aggiunse ridendo Tom.
“Emh,sìsì lo so! E' che...”
In quel momento,bussò alla porta qualcuno.
“Chi è?” chiese Mark.
“Emh,Evelyn!”
Andò ad aprire ed Evelyn riuscì a biascicare qualcosa dopo esserselo trovato davanti.
“OH. MIO. DIO.”
Il tipo la trascinò dentro prendendola per il polso e tappandole la bocca.
“Zitta, non voglio che ci riconoscano.”
Le tolse le mani di dosso.
“Oddio, oddio,oddio dimmi che questo non è un sogno!”
Evelyn iniziò ad arrossire e a farfugliare parole incomprensibili.
Mark sorrise e fece sedere la mia amica in una poltrona.
“Emh, allora, io...potete...autografo...foto...aaaah! Okay Evelyn,calmati. Potete autografarci un cd? E se è possibile avere una foto con voi” chiese facendo gli occhi dolci.
Loro risero, e acconsentirono all'autografo e alla foto.
Tom, dopo aver scattato una foto con Evelyn, si risedette al mio fianco.
“Di un po',tu non vuoi niente?”
“Io,emh...sì...ecco...”
Intervenì Evelyn,in quel momento odiai il mio carattere. Chiese di autografare il mio Cheshire Cat. Evitammo la foto,viste le mie condizioni dopo la caduta. La cosa mi dispiacque molto.
In quel momento entrò qualcuno dalla porta.
“OH MIO DIO,TRAVIS!” urlò Evelyn, lui chiuse la porta velocemente.
Ci firmò ad entrambe i cd e riuscì nuovamente dicendo che doveva andare a fare una commissione.
“Evelyn è cotta di Mark.” sussurrai a Tom.
“Uh non si era notato...” disse ironicamente.
Io risi, riuscii finalmente a sbloccarmi.
“E ditemi,come mai siete qui?”
“Mh,una vacanza così per svagarci un po'.”
In quel momento mi sentii un po' in colpa. Insomma,loro erano venuti qua per rilassarsi e noi li avevamo importunati,facendogli perdere del tempo.
Feci per alzarmi quando urlai dal dolore cadendo sopra Tom.
“Sì,lo so che sono una calamita per le donne” disse.
“Ah,simpatico. Comunque, direi che è l'ora di togliere il disturbo, voi sarete venuti qua per rilassarvi e non voglio disturbarvi...” mi maledissi da sola quando lo dissi.
“Ma se non riesci neanche ad alzarti! Chiamo un medico, ti fai visitare e poi ti lascio andare.”
“Oh sìsì,non c'è problema, VERO?!” chiese Evelyn, guardandomi con un ghigno in faccia.
Accettai,ovviamente.
“Allora vado a chiamarlo alla reception, Evelyn vuoi accompagnarmi?” chiese Hoppus.
“Oddio,certo certo!” non esitò ad accettare,naturalmente.
Tom mi aiutò a sdraiarmi sul letto e a stendere la gamba. Nel muoverla,mi scivolò qualche lacrima dai miei occhi, mi faceva davvero male.
“Cazzo.” mi limitai a dire, portando le mie mani verso la mia fronte.
Lui si sdraiò accanto a me e con una mano mi asciugò le poche lacrime che erano scese sul mio viso.
“Ti fa davvero così male?”
Annuii deglutendo, sperai che non fosse rotto!
“Mi spiace...” disse lui, accarezzandomi la fronte. Avere un contatto con lui così ravvicinato non mi dispiaceva poi tanto e per me fu una strana sensazione. Di solito odiavo stare così vicina ad un ragazzo. Forse in quel caso non mi fece né caldo né freddoperché lui era pur sempre Tom DeLonge.
“No,dispiace a me visto che vi sto creando tutto questo disturbo!” sbuffai.
“Non disturbi,noi qui non abbiamo niente da fare! Un po' di compagnia non fa mai male” concluse la frase sorridendo. Iniziò a giocare con il mio piercing.
“Ci mancava anche questa.” sospirai.
“Beh,guarda il lato positivo,hai conosciuto i blink-182”
“Sì,effettivamente...”
“Bei capelli comunque!”
“Grazie.” mi limitai a dire.
Si avvicinò di più a me.
“Ci sono altri nostri fan qui in giro?”
“Fan sfegatati come me ed Evelyn no,però vi conoscono in molti. Soprattutto qui a Firenze..noi abitiamo a 20 minuti da qui.”
“Oh,figo!” sorrise.
'Quanto è bello. E' perfetto.' pensai.
“Hai qualche preferenza nella nostra band?”
“In che senso?” feci inarcando un sopracciglio.
“Preferisci un membro in particolare?”
“N-no” balbettai.
“Mh,peccato.”
“Perché?” chiesi stranita.
“Sarebbe stato divertente.”
“Contento tu...”
Sospirai.
“C'è qualcosa che non va?”
“No assolutamente,anzi. E' che mi fa strano esserti,insomma...emh, così vicina. Sono abituata a vederti stampato su un foglio di carta,non dal vivo.”
“Oh ma che carina. Allora sei proprio una nostra fan!”
Annuii e sorrisi, parlare con lui iniziò a sembrare più...normale!
“Domani sei libera?”
“Beh,dopo scuola sì!”
“A che ora esci?”
“Mezzogiorno. Perché?”
“Dato che tu e la tua amica ci state simpatiche, potreste portarci a fare un giro turistico per qua. Ti va?”
'Sto per caso sognando?' pensai. Davvero Thomas DeLonge mi stava chiedendo veramente di passare un pomeriggio con lui?
“Stai scherzando?”
“No! Se non ti va è uguale”
Feci uno scatto e per sbagli mossi il ginocchio e imprecai.
“C-cosa?! Ma certo che mi va! Non serve neanche chiederlo”
“Perfetto”
Sentimmo rientrare Mark e Evelyn, e vedemmo il dottore che li seguiva.
“Oh finalmente.” disse Tom.
“Su, fatemi vedere cos'ha questo ginocchio.”
L'uomo si avvicinò a me e mosse il mio ginocchio. Subito io sobbalzai facendomi ancora più male e qualche lacrima mi scese dal dolore,ma non lo diedi a vedere,non volevo sembrare debole di fronte agli altri.
Lo mosse nuovamente e mi fece più male di prima.
“Per favore basta!” dissi con poco fiato.
“Signorina,devo cercare i punti dove potrebbe trovarsi una possibile frattura. Resista.”
Io annuii. Tom si avvicinò a me e mise la sua mano nella mia.
“Stringila quando ti fa male.”
Lo disse con fare angelico e io non potei fare altro che sorridere e annuire.
Il dottore mi toccò un altro punto e fece male, ma non strinsi più di tanto la mano di Tom.
Quando invece mosse un altro punto ancora,mi fece talmente male che la stritolai.
Lui strinse i denti e accennò una risata, togliendo la sua mano dalla mia.
“Penso che fosse quello il punto più doloroso!” disse al dottore.
“Deve recarsi al più presto in ospedale per una radiografia, preferibilmente in mattinata. Non penso si tratti di una frattura ma meglio non rischiare. Mi raccomando,non appoggi la gamba.”
“Va bene.” mi limitai a dire,sbuffando.
Il dottore mi lasciò una ricetta per una pomata che avrebbe fatto sì che il ginocchio si sgonfiasse e uscì dalla stanza.
“Tom, le potremmo accompagnare noi,no?” chiese Mark.
“Certamente!” esclamò lui.
“Ma voi due,non dovreste essere a scuola?”
“Emmh...” balbettai io.
“Non ditemi che avete marinato per venire qui!”
Io ed Evelyn stemmo zitte e sorridemmo.
“Queste due sono pazze di noi, è ovvio,Mark.” disse ridendo,seguito dal suo amico.
A quel punto,arrossii non poco.
Evelyn era così persa nello sguardo di Mark che non si accorse che il suo cellulare stava squillando.
Così io glielo feci notare e lei rispose. Sentimmo una voce infuriata dall'altra parte del telefono che urlava e imprecava. Quando chiuse la chiamata,chiedemmo chi fosse.
“Era mia madre, la scuola l'ha chiamata dicendo che sono assente e lei si è incazzata visto che non l'ho avvertita,ergo devo tornare a casa se non mi volete trovare morta domani.”
Lo disse con aria dispiaciuta,quasi voleva mettersi a piangere.
“Ti accompagno io.” disse Mark sorridendo.
“D-dici davvero?” balbettò lei con gli occhi lucidi.
“Certo,andiamo. Tom,tu porta...com'è che ti chiami?”
“Giorgia.”
“Ecco,porta Giorgia all'ospedale.”
“Agli ordini.”
I due uscirono e io e Tom rimanemmo nuovamente soli.
“Allora,andiamo a fare questa radiografia?”
“S-sì...”
Piano piano cercai di alzarmi e quando stavo per appoggiare la gamba lui mi fermò.
“Tu stai ferma,non puoi appoggiarla.”
“E come pensi che io riesca ad arrivare in ospedale? Volando?”
Lui accennò nuovamente una risata e senza dire nulla mi prese in braccio delicatamente, a mo' di principessa. Arrossii e guardai da un'altra parte.
“Possibile che ogni volta che mi avvicino,arrossisci? So che sono figo e faccio un certo effetto,ma così mi emoziono.”
E ci mancava anche questa domanda a completare il mio stato di vergogna pura.
Per smorzare la situazione, decisi di prenderla sul ridere.
“Oh certo DeLonge, tu sei talmente figo che mi fai svenire, con o senza s, come pare a te!”
Lui scoppiò in una risata che non finiva più.
“Ah,adoro le ragazze come te!”
“In che senso?”
“Sei divertente. E allo stesso tempo carina. Penso che ci farò un pensierino...” assunse un ghigno perverso nella sua faccia.
“Per quanto io possa essere tua fan, sarà difficile conquistarmi” bugia. Avrei voluto dirgli che mi aveva già conquistata ma decisi di stuzzicarlo.
“Mh, sarà un'impresa ma ce la farò.” disse convinto.
Io stetti zitta e mi lasciai portare nella sua auto, dopo aver passato la reception piena delle occhiatacce del personale. Mi appoggiò quasi dolcemente sul sedile e si coricò dalla parte del guidatore. Gli spiegai brevemente il tragitto e partì.
“Ma tua madre e tuo padre sanno che non sei a scuola?”
“Io non vivo con loro,vivo con mia sorella”
“Ah, e lei lo sa?”
“Ovviamente no. E anche se fosse,non mi importa il suo giudizio.”
“Che trasgressiva” disse ironicamente.
“Ah,ah. Spiritoso! Oltre tutto stasera mia sorella non è neanche a casa,quindi non avrebbe il tempo di farmi una ramanzina.”
“Ah bene, sei fortunata. Io se saltavo la scuola, quando tornavo a casa mia madre mi faceva una scazzata enorme.”
“Beh lo fanno tutte le madri, o almeno quasi tutte”
“Già. Ma,cambiando discorso. Suoni qualche strumento?”
“Sì,chitarra! Grazie a te,direi”
“In che senso grazie a me?”
“Perché da quando ho iniziato ad ascoltarvi, sono rimasta colpita dal tuo modo di suonare e ho deciso di imparare anche io”
Lui si voltò verso di me stupito e io sorrisi e abbassai lo sguardo.
“Ragazzina,mi hai seriamente rallegrato la giornata!”
“Dici davvero?” dissi con gli occhi lucidi dalla gioia.
Lui annuii. Ero davvero felice,la mia giornata si era completamente stravolta. Inizialmente doveva essere la solita noiosa mattinata scolastica e invece mi ritrovai in macchina con la persona che si trovava in ogni poster della mia camera.
“Siamo arrivati...” feci indicando l'ospedale.
Parcheggiò l'auto e mi aiutò a scendere. Mi riprese in braccio per portarmi dentro,ma questa volta non arrossii. Iniziai a controllarmi e tutto cominciò a sembrare normale.
Entrammo dentro la struttura e la dottoressa ci disse dove dirigerci per la radiografia.
Tom mi poggiò lentamente a terra, per non farmi appoggiare la gamba.
“Ti aspetto qua fuori.”
Mi aprì la porta e rimase lì. Entrai in una stanza con dei macchinari al suo interno e spuntò un uomo da dietro.
“Lei è la signorina Giorgia?”
Annuii.
“Si accomodi.”
Mi aiutò a sedermi su un lettino ed effettuò la radiografia.
“Non riesce ad appoggiarlo,giusto?”
“Sì,fa tremendamente male”
“Allora vedrò di farle una fasciatura ben stretta intanto, in caso di frattura le dovremmo ingessare la gamba,altrimenti dovrà tenere qualche giorno la gamba a riposo. Vada in sala d'attesa,i risultati le verranno dati tra qualche minuto”
“Va bene”
Mi fasciò interamente la gamba e mi diede un paio di stampelle per aiutarmi a camminare. Quando uscii dalla porta, Tom venne verso di me e gli spiegai ciò che il dottore mi aveva detto.
Ci incamminammo in sala d'attesa e aspettammo i risultati,tra noi si creò silenzio.
“I risultati sono pronti, il dottore la aspetta nella seconda stanza a destra del corridoio” mi disse un'infermiera.
Tom mi aiutò ad alzarmi e ci dirigemmo verso la stanza.
Lui stava per fermarsi fuori dalla stanza, ma io intervenni.
“Per favore,entra.”
“Perché dovrei?”
Cacciai il labbro fuori e lui sbuffò ma alla fine cedette alla mia dolce espressione. Entrammo e ci sedemmo nello studio, aspettando il medico.
“Eccomi, ho buone notizie. Non è una frattura, perciò dovrà portare un'ulteriore fasciatura che adesso le farò per 5 giorni, poi tornare qua e gliela toglieremo. Se ci sono miglioramenti, potremmo toglierla e potrà tornare ad appoggiare la gamba.”
Tirai un sospiro di sollievo e Tom mi sorrise.
“Te l'avevo detto!” mi disse.
“Adesso si stenda nel lettino”
Tom mi aiutò ad alzarmi e il medico a salire nel lettino. Mi sentivo davvero un'impedita!
Dopo aver finito la fasciatura – che mi faceva sentire ancora più impedita – salutammo il dottore e ci incamminammo verso l'uscita.
“Dimmi, com'è camminare con le stampelle?” chiese ridendo,vista la mia goffaggine.
“Scomodo.”
“Non l'avrei mai detto!”
“Ah,ah! Simpatico lui.”
“Già,lo so!”
Arrivammo alla macchina e gli chiesi di portarmi a casa,dicendogli le indicazioni per la strada. Parlammo della band,di come l'avevo conosciuta – grazie a mio fratello – e della musica in generale.
Quando arrivammo a destinazione, lui mi accompagnò alla porta.
“Vuoi entrare?” chiesi mentre cercavo le chiavi di casa.
“No,devo tornare da Mark e Travis. Ti lascio il mio numero, mandami l'indirizzo della tua scuola. Domani passiamo a prendere tu e la tua amica all'uscita!”
“V-va bene! Ecco qua.”
Glielo scrissi su un bigliettino e glielo lasciai.
“Allora a domani!”
“A domani” mi limitai a dire. Mi diede un bacio sulla guancia per il quale io arrossii e se ne andò sorridendo. Quel sorriso, il suo sorriso, riuscì di nuovo a sciogliermi dentro.
Entrai in casa e mi fiondai in camera,lanciandomi sul letto. Non avrei immaginato che da quel giorno la mia vita sarebbe cambiata radicalmente.



Kaleidoscope's space :

Okay questa fanfic non piacerà a nessuno ma posto il capitolo per fare piacere ad una mia cara amica a cui fa piacere :3 
Sinceramente questo capitolo è quello che mi piace di meno, gli altri saranno più interessanti. Grazie aWaves of Joy ( <3 ) per aver recensito! 

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Capitolo 3
*** But then all that it means is I'll always be dreaming of you. ***


Poco dopo iniziai a messaggiare con Evelyn.
 
 
Ehy! Come stai?Com'è andata con il tuo Mark?
 
Bene! E' un ragazzo dolcissimo. Ma tu piuttosto,come stai?
 
Meglio,mi hanno fasciato la gamba. Tra qualche giorno tornerà tutto normale!
 
Uh,meno male...mi hai fatto preoccupare! Ho scoperto che si è appena lasciato, stava con una certa Megan (che nome da vacca!). Ho campo libero,haha! ;-) A proposito,tu come sei stata con Tom?
 
Evelyn sei un caso perso! Comunque mi ha chiesto il numero, devo mandargli l'indirizzo della nostra scuola. Domani ci vengono a prendere all'uscita!
P.S. Smettila di mettere il naso alle faccine.
 
E me lo dici solo adesso?!
P.S. Non scassare,come la tua faccia ha un naso, anche loro lo hanno!
 
Emmh...me n'ero dimenticata! Sorry :* Con tua madre com'è andata?
 
Mh,ti perdono! Bene comunque,la solita scazzata e via,adesso è tutto come prima. Stasera vuoi venire a cena da me?
 
Ti dispiacerebbe venire anzi tu da me? Il dottore mi ha detto che devo stare a riposo,perciò mi tornerebbe meglio.
 
Questo significa che dovrei tornare a cambiarmi?!

Daaaaaaaaaaai * occhi dolci *
 
Okay, 20 minuti e sono lì. Pizza?
 
Yep! A dopo :)
 
 
Ordinai la pizza e andai a cambiarmi in camera dato che iniziai ad avere freddo. Mi misi i pantaloni di una tuta e una felpa addosso. Misi Enema of the state nello stereo e iniziai a canticchiare Dumpweed per la casa, saltellando su un piede. La scena doveva essere divertente,dato che anche Jack - il mio gatto - mi guardò male. Quando iniziò Alien Exist iniziai a delirare, cantavo come una pazza. Suonò il campanello e andai il più veloce possibile ad aprire. Ero pronta ad accogliere Evelyn cantando la canzone, così aprii continuando a cantare.
Ma come canti bene!”
Io ancora avevo gli occhi chiusi dato che stavo imitando Tom mentre cantava nei live, ma riconobbi subito la voce e mi fermai, arrossendo non poco. Spalancai gli occhi e mi ritrovai davanti Tom sorridente e Mark che rideva, volevo sotterrarmi.
Emh io,ecco...”
Mi imitavi veramente bene, sono fiero di te!” disse Tom ridendo.
“E-emh..." balbettai.
Oh suvvia, non ti sei ancora abituata alla nostra presenza?” esclamò Mark ridendo ancora.
Insomma...non proprio...comunque,entrate!”
Feci cenno di entrare e così fecero. Io saltellando su una gamba iniziai a salire le scale per andare a togliere la musica. Tom si avvicinò a me e mi mise il braccio attorno alla vita.
"Ti aiuto." si limitó a dire. Io arrossii e feci cenno di si con la testa. Sentimmo il campanello suonare e ci bloccammo.
"Mark vai tu!" urló Tom. Lui annuí e andò verso la porta.
Continuammo a salire le scale e arrivammo in camera mia. Io arrossii ancora di più, mi ero dimenticata per un attimo dell'aspetto della mia camera. Una parete era piena di poster di Tom, sulla porta c'era scritto "DeLonge sposami!" e nelle altre pareti c'erano erano frasi tratte dai testi delle loro canzoni, affiancate da poster di altre band come i Green Day.
"Wow!" disse Tom con gli occhi che luccicavano. Mi lasciò e iniziò a camminare per la stanza, incredulo. Io feci finta di nulla e mi diressi verso lo stereo, estraendo Cheshire Cat e riponendolo accuratamente nella sua custodia.
Bella camera!” esclamò Tom, ancora esaltato.
Emh, g-grazie...” continuai a balbettare.
Lui si sedette sul mio letto e notó la scritta sulla porta. Iniziò a ridere e io sarei voluta scomparire dalla faccia della terra.
“Nessun membro preferito, eh?” disse ridacchiando.
Io non risposi, ero troppo imbarazzata. Sarei voluta scoppiare a piangere. Ma le mie figure di merda non finirono lì. Persi l'equilibrio e caddi letteralmente addosso a Tom. Ci ritrovammo con i petti l'uno sull'altro, i nostri nasi potevano toccarsi. Ci guardammo negli occhi, fissai intensamente i suoi color nocciola e lui ricambiava fissando i miei, blu come il mare. Lui mi attiró ancora di più a sé. Io diventai ancora più rossa e lui sorrise, sempre guardandomi negli occhi.
Ci allontanammo dopo pochi secondi, che a me sembrarono ore, avendo sentito i passi di Mark e Evelyn per le scale.
Mi alzai di scatto e mi girai verso la pila di cassette sopra uno scaffale, facendo finta di sistemare qualcosa.
“Giorgia, non mi avevi detto che ci sarebbe stato qualcun altro a cena con noi!” mi disse Evelyn entrando nella stanza,quasi scocciata.
Tom si alzò e iniziò a girovagare per la mia stanza.
“Non prendertela con lei,non l'avevamo avvertita. Volevamo farle una sorpresa! Vero Tom?”
“Eh? Cosa? Ah,sì infatti.”
Tirai un sospiro e mi voltai verso di loro.
“Comunque,sono arrivate le pizze...” si soffermò un attimo e guardò la mia camera. “Bella stanza!”
“Mh,dovresti vedere quella di Evelyn!”
Lei mi lanciò un occhiataccia e io soffocai una risata.
“Dai,scendiamo!” fece lei per cambiare argomento.
“Io finisco di mettere a posto una cosa e arrivo,voi andate pure.”
I tre uscirono dalla mia camera e io chiusi lentamente la porta,per non farmi sentire. Mi sdraiai nel letto e posai un braccio sulla fronte,chiudendo gli occhi.
Pensai a ciò che era successo pochi minuti prima, non riuscivo a capire.
Non mi sarei mai aspettata di potermi trovare così vicina a lui, iniziai a sentire una strana sensazione. Mi sedetti sul letto fissando un suo poster, un poster di Tom. Lo guardai con un altro sguardo rispetto a quello che usavo giorni prima. E in quel momento capii.
“Non può essere vero...” pensai ad alta voce e solo allora mi accorsi che qualcuno era entrato nella mia stanza,lui era entrato nella mia stanza. Io sobbalzai e mi sedetti.
“Che cosa?” chiese lui.
“N-niente...” risposi balbettando,come al solito.
Lui si sedette vicino a me,guardandomi.
“C'è qualcosa che non va?”
“N-no! Assolutamente no, non ti preoccupare”
Non ero mai riuscita a mentire, ma in quel momento sperai con tutta me stessa di esserci riuscita. E a quanto pare ce l'avevo fatta, dato che Tom alzò le spalle e si alzò, dirigendosi verso la porta. Si bloccò e mi fece cenno di uscire dalla camera. Fatto ciò, fui io a bloccarmi prima di scendere le scale,perché da lassù vidi una scena alquanto strana al piano di sotto.
Mark e Evelyn stavano tranquillamente pomiciando e quando Tom se ne accorse mi prese velocemente in braccio e mi riportò in camera ridacchiando.
“Tu, ferma qui. Non disturbarli.”
“Non l'avrei fatto comunque,non serviva portarmi di forza qua.” dissi stizzita.
“Scusa,non pensavo ti desse noia!” fece alzando un sopracciglio.
“Lasciamo stare” dissi sbuffando e sdraiandomi nel letto. Sentii un peso che si metteva di fianco a me. Mi chiedevo perché continuasse a fare così. Iniziò a giocherellare con il mio piercing. Il contatto con lui mi faceva rabbrividire,avrei voluto togliermi di lì. Ma una parte di me non voleva e naturalmente diedi ascolto a quella. Io mi voltai verso di lui,lo fissai per la seconda volta in quegli occhi color nocciola che mi facevano impazzire,mi ci perdevo dentro. Lui distolse lo sguardo e adocchiò la mia chitarra acustica nera.
“Posso prenderla?”
“Ma certo che puoi.”
Si alzò di scatto, la prese e si risedette sul letto vicino a me. Gli allungai un plettro e lui iniziò a suonare qualche accordo e poi iniziò a suonare quella canzone,la mia preferita. Carousel. Ero felicissima, mi sentivo bene. Quando iniziò a cantare,senza fare troppo rumore, il mio cuore perse un battito e sentii che le lacrime – di gioia – stavano per scendere. E dopo poco,così fu. Lo guardavo sorridendo,con qualche goccia salata che scendeva dai miei occhi. Per me era un sogno,non avrei mai immaginato che Thomas Matthew DeLonge un giorno si sarebbe ritrovato davanti a me a suonare la mia chitarra. Eppure era così, lui stava cantando la mia canzone preferita,ma si fermò non appena vide le mie lacrime.
“Ehy, che hai?” posò velocemente la chitarra e si avvicinò a me.
“N-niente...mi fa uno strano effetto vederti qui.” dissi io sorridente.
“Oh dai,non devi stare così!”
“Ma sono lacrime di gioia!” ci tenni a sottolineare.
Lui non mi rispose,si limitò a sorridere. Mi portò la mano al viso e mi asciugò le lacrime.
“Grazie” sussurrò.
“Eh? Tu mi dici grazie?”
“Sì beh,sono emozioni indescrivibili quelle che voi fan ci regalate ed è giusto ringraziarvi!”
Rimasi stupita da quella risposta, quasi non riuscii più a parlare. Non me l'aspettavo, è stato qualcosa di magnifico.
“Ho detto qualcosa di sbagliato?” mi guardò inarcando un sopracciglio.
“Oh cristo.” mi limitai a dire,subito dopo gli saltai addosso,stringendolo in un abbraccio.
“Io ti adoro,ti adoro Tom! Sei il mio idolo,lo sei da sempre e questo per me è un sogno che si avvera! Grazie di tutto,davvero!” gli dissi tutto d'un fiato.
Lui ricambiò l'abbraccio e lo sentii ridacchiare,ma non disse nulla. Mi strinse forte a lui e io mi sentii veramente felice.
Dopo esserci staccati,lui mi scompigliò i capelli con una mano e sorrise.
“Io e te diventeremo grandi amici!”
Pensavo di sognare. 'Io, amica di Tom DeLonge? Datemi un pizzicotto' continuavo a pensare.
“S-sì!” balbettai.
“Ma gli altri due staranno scopando?”
“Emh, non lo so. Evelyn è imprevedibile in questi casi. Ricordati che il ragazzo che è con lei è pur sempre Mark Hoppus.”
“Io sono meglio. E non puoi negarlo!” disse indicando la parete piena di suoi poster.
Io arrossii nuovamente e ridacchiai.
“Dai su, andiamo a vedere” aggiunse lui, prendendomi per mano e trascinandomi con sé.
Piano piano scendemmo le scale e arrivammo al piano di sotto, ma non trovammo ciò che pensavo di vedere.
Guardammo attentamente in giro, ma di Mark ed Evelyn nessuna traccia.
“Vedo che il tuo amico ha rapito Evelyn!” dissi ironica a Tom.
“Ma che ne sai! Magari sono stati gli alieni!”
Scoppiai a ridere e lui mi guardò dicendo “Che c'è da ridere? Sono serio!”
Effettivamente il suo sguardo era convinto di ciò che stava dicendo, ma non potei fare a meno di continuare a ridere. Lui intanto si sdraiò sul divano. E' incredibile come abbia già colonizzato casa mia!
“Dai su, chiama Mark e chiedi dove sono finiti!”
“Perché non lo fai tu?” mi disse portandosi un braccio sugli occhi.
“Sei veramente così pigro? Ti credevo più energico dopo avere visto i vostri live!”
Lui si sedette di scatto. “Io non sono pigro!” disse con aria offesa.
“Allora chiama!”
“No! Perché dovrei rovinare una serata con una ragazza al mio migliore amico? Mi ucciderebbe!”
Io sbuffai, lui continuò.
“Non preoccuparti, Mark non farà cazzate, è un bravo ragazzo!”
“Effettivamente non sembra un ragazzaccio.. A differenza di qualcuno..” tossii leggermente ridendo e Tom mi guardò male.
“Stai per caso insinuando che io non sono un bravo ragazzo?” lanciò un'occhiata di sfida.
“Beh...” continuai a ridere e lui non disse altro.
Si avvicinò a me, con un sopracciglio alzato e lo sguardo malizioso. Iniziò quasi a farmi paura! Io indietreggiai finché non mi ritrovai con le spalle al muro e lui mi si piazzò a due centimetri da me. Di nuovo mi fece uno strano effetto, il mio cuore iniziò a battere a mille. Mi spostò dal viso una ciocca di capelli.
“Tom...” sussurrai piano. Non ricevetti risposta, solo un ghigno che si formò nel suo viso.
Mi cinse i fianchi con le sue forti braccia e in un attimo mi ritrovo in braccio a lui, sembravo un sacco di patate.
“TOM!” gridai.
Per l'ennesima volta non rispose e dopo avermi caricata bene sulla spalla, aprì la porta e uscì.
Si diresse verso un'auto che presumibilmente era sua, aprì la portiera e mi buttò letteralmente sui sedili posteriori. Chiuse le portiere e si sedette al posto del guidatore, ingranando la marcia. Partì a tutta velocità, non mi diede neanche il tempo di mettermi a sedere.
“La gamba Tom, la mia gamba! Ma sei pazzo?!” urlai stizzita.
“Hai detto che sono un ragazzaccio,no?” rispose tranquillo.
“E ora dove vorresti andare?”
“Mh, vediamo...dove mi pare! Seguirò qualche indicazione e vedremo!”
Sbuffai e mi portai le mani sul viso, scostandomi i capelli. Tom DeLonge mi stava rapendo. Ok.
Restammo in silenzio per tutto il viaggio, lui svoltò verso la periferia di Firenze e non avevo idea di cos'avrebbe voluto fare. Parcheggiò e finalmente mi fece scendere. Prese un telo enorme dal bagagliaio, si fece strada verso un parco pieno di alberi e io lo seguii.
Feci per sedermi ma lui mi prese per un braccio e mollando il telo a terra mi prese di forza e mi rimise nella posizione sopra la sua spalla.
“Tom lasciami giù!” dissi imprecando.
Lui rise e continuò a vagare per il parco, iniziai a tempestare la sua schiena di pugni che a lui naturalmente non fecero né caldo, né freddo.
In un momento mi ribaltò e mi ritrovai a pochi centimetri dalla sua faccia, che sparì dopo altrettanti pochi secondi dato che si lanciò in una montagna di foglie trascinandomi con lui. Ero sempre attaccata a lui, non mi lasciò andare neanche in quel momento. Ci rialzammo subito, lui iniziò a ridere.
“DeLonge, sei morto!” urlai e iniziai a rincorrerlo zoppicando. Lui scappò ma date le sue risa che lo fecero stancare dopo poco, riuscii a raggiungerlo e gli saltai completamente addosso. La sua risata mi contagiò, così iniziai anche io a ridere. Ci ritrovammo sdraiati su un prato, l'uno sopra l'altro a ridere come due coglioni.
“Ti odio!” dissi tra una risata e l'altra.
“Facevi meglio a tenere la bocca chiusa!” replicò lui. Ci calmammo, avevamo il fiatone e tirammo entrambi due sospiri. Mi guardai un attimo e solo allora realizzai che ero ricoperta di foglie e altre schifezze che si trovavano in quel mucchio, per non parlare della gamba. Mi tolsi la fasciatura, non potevo di certo rimanere con quella.
“Guarda come sono ridotta!” dissi stizzita.
“Sei carina anche così!” rispose lui sorridendo, io pensavo di morire. Alzai un sopracciglio per fare l'indifferente, ma penso che le mie guance si colorarono di un bordeaux intenso. Una folata di vento mi fece gelare dal freddo, era comunque fine Marzo quindi non faceva poi tanto caldo.
Tom se ne accorse, così si alzò e prese il telo che aveva lanciato pochi minuti prima. Me lo porse e io me lo avvolsi intorno, non dopo essermi seduta. Continuavo a tremare, nonostante il telo.
“Vieni qui.” sussurrò lui e dopodiché allargò le gambe e mi fece sedere davanti a lui, stringendomi con le braccia. Il mio cuore stava per esplodere. Sentii una sensazione non nuova, ma sperai vivamente che non fosse ciò che pensavo. Non doveva esserlo.
Mi rilassai e poggiai la testa sull'incavo del suo collo. Rimanemmo per un po' così, guardando la luna e le stelle. La notte mi ha sempre fatto pensare a come risolvere le mie paure. E in questo caso, la mia paura era quella di ricommettere lo stesso sbaglio di tre anni fa. Paura di innamorarmi.
 
Amore.
 
Una parola, cinque lettere. Può sembrare qualcosa di innocuo, ma invece l'amore fu la mia rovina. Nonostante questo, continuavo a provare quella sensazione. Mi salì un brivido in corpo e non so come, ma Tom lo percepì. Lo capii dopo che mi strinse più forte.
“Grazie, Tom.” mormorai, continuando a fissare il cielo.
Lui non rispose, allora pensai che stesse cercando UFO e che non mi avesse sentita. Così mi voltai e gli diedi un leggero bacio sulla guancia, ma subito dopo diventai tutta rossa per l'ennesima volta. Per fortuna era notte e lui non se ne accorse. Mi pentii di aver fatto quel gesto, 'chissà cos'avrà pensato' continuavo a ripetermi nella mente. I miei pensieri si bloccarono però, quando lui mi prese il mento con due dita e mi fece voltare verso di lui. I nostri nasi si toccavano e il suo sguardo era fisso sul mio. Non capivo più nulla, ero immobile e non sapevo cosa fare. La voglia di baciarlo era immensa, era come se quella bocca perfetta mi stesse chiamando. Ma forse lui mi lesse nel pensiero, dato che mi attirò a sé e posò le sue labbra sulle mie. Sembravano perfette per stare insieme. Mi sdraiai completamente su di lui e in quel momento non sentii più il freddo, ma solo tanto, tanto calore. Tutto quello che avevo sempre sognato si stava avverando. 'Ditemi che non sto sognando' continuavo a pensare.



Kaleidoscope's space :

Per la gioia della mia Sam, ho aggiornato! :') 
Premetto che non aggiornerò per un po' dato che tra meno di una settimana parto e in questi giorni ho la febbre e sto il meno possibile al pc ewe (ma questo non fregherà a nessuno :3)
Ringrazio Waves of joy per aver recensito il capitolo precedente e shapeshifter per aver recensito 'Who am I?'. 

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Capitolo 4
*** Like violence, you kill me! ***


E a quanto pare non stavo sognando.
Eravamo io,lui,la luna e le stelle. Quel bacio innocente diventò presto un bacio dato con passione, avevo voglia di lui e lui di me. Le sue mani vagavano nella mia schiena, le mie nei suoi capelli. Non erano morbidi – forse dalle troppe tinte – ma non potevo smettere di tirarglieli un po'. Lui ribaltò le posizioni, così attaccai le gambe al suo bacino. Ci staccammo qualche secondo per riprendere fiato, ma le nostre fronti rimasero appoggiate l'una sull'altra. Un sorriso malizioso si formò sul suo viso, ma non ci feci troppo caso. Avevo troppa voglia di lui. Si alzò prendendomi in braccio, io tenevo le braccia ben salde al suo collo. Continuammo a baciarci, finché non arrivammo alla sua auto. Con qualche difficoltà, frugò nelle sue tasche e aprì la portiera e ci sdraiammo sui sedili posteriori subito dopo aver chiuso la portiera. Si sedette a cavalcioni sul mio ventre, pensavo di morire. Mi sfilò con facilità la maglietta nera e la lanciò in non so che parte della macchina. Si fermò per un attimo a guardarmi e assunse uno sguardo quasi soddisfatto. Io arrossii e cercai di coprirmi ma lui mi bloccò il braccio. Ero pietrificata, non sapevo cosa fare. Era la mia prima volta, ma non volevo che lui lo sapesse. Così decisi di togliere anche la sua maglia e per un attimo mi incantai guardando i suoi tatuaggi. Lo attirai a me e lo baciai, con più passione di prima. Lui però si stacco ed iniziò a baciare il mio collo e poi sempre più giù. Arrivò al seno e sentii che le sue mani stavano facendo scendere la cerniera dei miei jeans. Scese all'ombelico e non appena sentii le sue mani poggiarsi sulla mia intimità mi irrigidii.
“T-tom..” riuscii a balbettare. Lui alzò la testa e mi guardò.
“Fidati, non te ne pentirai.” disse deciso, sorridendo.
Annuii piano con la testa, non potevo dire di no al suo sorriso.
Scese sotto l'ombelico e poi sempre più giù. Quel baciare divenne presto un massaggiare e io pensai di essere in paradiso. Iniziai a gemere senza ritegno, ma a lui non sembrava dare noia. Anzi, ad ogni gemito aumentava sempre di più il piacere. Dio solo sa dove avesse imparato a fare tutto ciò. Quando finì – dopo il mio ultimo gemito più forte degli altri – si tolse i pantaloni, nel mentre che io ero ancora tra le nuvole dopo la sua 'performance' su di me. Si sdraiò sopra di me ed appoggiò la testa nell'incavo della mia spalla, il suo respiro mi faceva rabbrividire. Dopo poco entrò in me e sentii un dolore fortissimo, ma non ero una che esternava il proprio dolore. Le sue spinte si fecero sempre più forti e dopo essermi abituata al male, sentii un grande, grandissimo piacere. Capii in quel momento il perché del soprannome 'HotPants'. Il silenzio era riempito dai nostri gemiti, che aumentarono di volume poco prima che entrambi venissimo. Non avevo più forze, mi aveva letteralmente sfinita. Lui mi coprì con una coperta e mi lasciò un bacio sulla fronte. Da quel momento, mi addormentai.
Mi risvegliai, ma non del tutto. Ero in una specie di dormiveglia, ma capii di essere tra le sue braccia. Penso mi stesse riportando a casa, lo capii quando sentii il cigolare della mia porta. Mi stese sotto le coperte e iniziò ad accarezzarmi i capelli. Ad un certo punto lo sentii mormorare qualcosa.
“Scusami..” sussurrò piano.
Poi non sentii più contatto con lui, uscì dalla stanza. 'Forse sto sognando' pensai e caddi nuovamente in un sonno profondo.
Mi risvegliai sentendomi chiamare da quella voce irritante di mia sorella.
“GIORGIA, ALZA IL CULO! SONO LE SETTE, TRA VENTI MINUTI PASSA L'AUTOBUS E TU SEI ANCORA SOTTO LE COPERTE!” gridò dal piano di sotto.
Mi alzai tenendomi la coperta addosso, mi strofinai gli occhi e mi diressi velocemente in bagno a farmi una doccia. La gamba si era sgonfiata, faceva meno male del giorno prima.
Quando uscii mi misi l'accappatoio e mi guardai allo specchio. Una cosa mi colpì. Sul mio collo c'era un evidentissimo succhiotto.
“Ero così in ecstasy che non me ne sono neanche accorta..Tom DeLonge che cosa mi hai fatto?” dissi tra me e me. Mi sbrigai a tornare in camera a vestirmi con una maglia gialla della Hurley, calze nere strappate, shorts jeans azzurri e anfibi rossi. Scesi velocemente le scale e presi un bicchiere di succo dal frigo.
“Come mai così sgargiante stamattina, sorellina?” mi chiese Alyssa con la sua solita aria da snob.
“Cazzi tuoi no eh?” risposi quasi stizzita.
“Ritiro tutto quello che ho detto, sei la solita acida.”
Le lanciai un'ultima occhiataccia prima di prendere lo zaino e uscire dalla porta.
Corro, malgrado la gamba, verso la fermata dell'autobus, solo quando arrivo mi rendo conto di essere in anticipo, dopo aver guardato l'orologio. Mi sedetti su una panchina e iniziai a guardare il cielo. Non riuscivo a realizzare ciò che era successo la sera prima. Tom non si era più fatto sentire, infondo lui aveva il mio numero ma purtroppo io non avevo il suo. Forse stava ancora dormendo, dato che erano solo le 7.20. Ero immersa nei miei pensieri quando mi sentii chiamare dalla mia migliore amica.
“Giorgia! Devo raccontarti un sacco di cose!”
“Oh, ciao Evelyn! Adesso spiegami dove siete finiti tu e Hoppus ieri sera!”
“Appunto, ti devo parlare di questo. Quando tu eri in camera con Tom, beh abbiamo iniziato a flirtare un po' e ci siamo ritrovati a pomiciare. Poi mi ha chiesto se mi andava di portarlo a fare un giro e io ovviamente ho accettato! Scusa se non ti ho avvertita, scusa, scusa!”
“Stai tranquilla. Dopo che avete fatto?”
“Beh siamo arrivati in taxi all'hotel e mi ha fatto salire in camera...”
“E..?”
“E niente! Nel più bello, mia madre mi ha chiamata dicendo di essere passata da casa tua e siccome si è accorta che non c'era nessuno mi ha detto di tornare subito a casa!”
“Ma no dai! Che sfiga però!”
Lei assume una faccia dispiaciuta e io la abbraccio.
“Dai, la prossima volta andrà meglio..”
“Già, tanto mi ha confermato che lui e Tom verranno a prenderci all'uscita di scuola!”
“Oh, bene!” dissi con un tono non molto esaltato, senza capirne il motivo.
“A proposito, tu con Tom? Che avete fatto alla fine?”
Il cuore mi saltò un battito, ma dovevo dirglielo. Decisi però di prenderla sul sarcastico.
“Umh, niente di che. Ho solo perso la verginità con un Tom DeLonge a caso!” dissi decisa entrando nell'autobus seguita da Evelyn che spalancò gli occhi dallo stupore.
“COSA?! TU TI SEI SCOPATA TO-”
Non le feci finire la frase che subito le tappai la bocca.
“Evelyn porca puttana siamo in autobus! Nessuno lo deve sapere.” sussurrai per non farmi sentire.
“Ma, ma!”
“Niente ma. In classe ti racconto.”
“No dai, non ci credo.”
Le indicai il segno che mi aveva lasciato sul collo.
“Guarda. Ci credi?”
Lei annuì sconcertata.
Scese dall'autobus, ci recammo a lezione. Avevamo chimica alla prima ora, odiavo quella materia. In realtà non la odiavo, odiavo la mia professoressa.
Quella brutta troia mi rimandò a Marzo del mio primo anno di liceo e mi fece sgobbare come un ossesso! Ce l'aveva con me, ne ero certa.
Entrammo in classe e ci sedemmo negli ultimi banchi. La voce della vipera alla cattedra risuonò nella mia testa.
“Bentornate!” disse indicandoci con fare presuntuoso.
“Grazie prof!” rispose ironica Evelyn.
“Io non sarei così sarcastica. Come mi giustificate l'assenza di ieri?”
“Mi sono sentita male nella notte.” sentenziai decisa.
“E tu invece?” fece indicando – cristo, quanto le avrei tagliato quel fottuto dito – Evelyn.
“Vaccino.”
“Voi due non me la raccontate giusta. Provvederò a controllare.”
“Faccia pure.”
Mia sorella e la madre di Evelyn non avrebbero mai ammesso che avevamo saltato, se ne sarebbero vergognate. Perciò eravamo apposto.
Iniziata la lezione, Evelyn iniziò a farmi domande.
“Ok, ora tu mi spieghi come sei finita a scopare con Tom DeLonge.”
“Eravamo in un parco, c'era una bella atmosfera, sai quanto io sia ossessionata da lui. Fai due più due e ci arrivi.”
“Sì ma intendo, vi siete conosciuti ieri mattina. Di lui non mi stupisco, sappiamo tutti la sua della sua reputazione. Però..non è da te!”
“Beh ma se ci pensi io lo conoscevo già. Solo non di persona!”
“E' stato come immaginavi?”
“Sinceramente no. Cioè, sapevo del soprannome, ma non pensavo fosse veramente così..”
“Così come?”
“Non trovo un aggettivo adatto! Cioè, mi ha fatto sentire come se fossi in paradiso.”
“Beata tu. Io la prima volta ho sofferto come non mai. Ma lui sa che era la tua prima?”
“No.. e non voglio farglielo sapere.”
“Perché?”
“Magari mi prende per una sfigata.”
“Non penso che Tom sia un tipo così! O almeno spero.”
“Già, anche io..”
La voce stridula della professoressa ci interrompe.
“Voi due, la volete smettere di parlare? Se continuate vi mando dal preside!”
Noi ci limitammo ad annuire, non rispondevamo alle sue provocazioni. Continuammo la conversazione non appena ci fu la pausa delle 10.
“Che hai intenzione di fare adesso?”
“Beh dopo gli parlerò. Se l'abbiamo fatto ci sarà anche stato un motivo!” finii la frase sospirando.
“Che succede?”
“Evelyn, non voglio ricommettere lo sbaglio di tre anni fa.”
“Giorgia devi voltare pagina! Non puoi farti tutte 'ste paranoie!”
“Ho paura di soffrire. Sono stufa.”
“Lui non ti farà soffrire, non è il tipo!”
“Lo spero..”
Mi strinse in un abbraccio, subito prima di rientrare in classe.
Era felice per me, ma io non lo ero. Non sapevo perché, ma mi sembrava di aver fatto la più gran stronzata della mia vita. Va bene che era il chitarrista della mia band preferita, ma non pensavo certamente di finirci a fare sesso!
Uscimmo dalla prigione – detta anche scuola – e sentimmo il suono di un clacson.
Uscì Mark da quell'auto e Evelyn corse da lui abbracciandolo. Lo salutai con un cenno.
“Tom?” chiesi fredda.
“Non aveva voglia. Vi ho portato Travis però!”
A quelle parole ci rimasi un po' male. Sapevo che era in vacanza, ma perlomeno poteva degnarsi di una chiamata o di un messaggio.
“Capito.”
Non volevo dare a vedere il mio disagio.
“Dai, saltate su!” disse per incitarci Travis.
Evelyn non se lo fece dire due volte, ma io rifiutai.
“Emh scusate, non mi sento troppo bene. Meglio che vada a casa a riposare”
“Dai Gio, ci divertiremo!” disse Mark esaltato.
“Senti, proprio non ce la faccio. Semmai un'altra volta! Ciao e.. divertitevi!” risposi così e poi mi incamminai verso la fermata dell'autobus senza dire altro.
Arrivata a casa entrai e mi stesi sul letto e non potei non rimanere a fissare i suoi poster. Quegli occhi nocciola, mi avevano letteralmente stregata. Avevo bisogno di lui, ma non sapevo come cercarlo. Decisi di rifarmi un riposino, dato che la notte non dormii molto.
Riaprii gli occhi e mi cadde lo sguardo nella mia sveglia. Segnava le dieci di sera.
“Bene. Non ho pranzato, né cenato e non ho fame.” pensai.
Per fortuna mia sorella non era rientrata, sperai che si fosse fermata dal suo ragazzo e che ci restasse anche la notte, quindi decisi di cambiarmi e andarmene al pub qui vicino a bere qualcosa.
Mi misi un paio di pantaloni stretti bianchi,un top nero e degli anfibi.
Uscii, faceva freddo ma poco mi importava. Entrai nel locale e mi misi al bancone, ordinando il mio solito drink super alcolico – i baristi ormai mi conoscevano e sapevano che non gli avrei dato problemi – ed iniziai a guardare in giro. Mi cadde lo sguardo su un ragazzo, che non era uno qualunque, ma bensì Tom.
Mi alzai lasciando il mio drink a metà sul bancone e mi diressi verso di lui. A quanto pare non era solo, con lui c'era una bionda con due tette enormi che ci stava provando con lui, che non sembrava dispiaciuto.
“Tom!” lo chiamai.
Si girò, aveva gli occhi pesti e una bottiglia di Jack Daniel in mano. Era evidentemente ubriaco, ma poco mi importava.
“Ah, sei tu. Che vuoi?”
“Come che voglio? Non ti ricordi di ieri sera?” chiesi con un velo di tristezza in voce.
“Sì che mi ricordo, quindi?” rispose tranquillamente, gesto per il cui iniziai ad innervosirmi.
“Non ti sei fatto sentire per tutto il giorno, speravo almeno in una chiamata. Sei un fottuto bastardo, non dovevo fidarmi di te.” aggiunsi fredda.
“Ragazzina, avevo fatto una scommessa con Mark. Chi avrebbe scopato prima con una delle due avrebbe vinto e a quanto pare il sottoscritto ha vinto. Perciò adesso non mi servi più e puoi perfettamente andartene a fanculo!”
Quelle parole mi rimbombarono nella testa. Non volevo crederci. L'idolo che ho adorato per tutto questi anni poteva avermi detto ciò?
Indietreggiai di qualche passo, con le lacrime che premevano per uscire, ma non volevo piangere davanti a lui.
“Tu non sei il Tom DeLonge che conosco io.” dissi atona.
Si avvicinò, il suo sguardo era freddo.
“Ah no? E chi vuoi che sia?”
“Uno stronzo.”
“Non ti permettere.”
Finì la frase e sentii la mia guancia bruciare tremendamente. Mi misi la mano nel viso e indietreggiai dalla paura.
Uscii velocemente da quel locale, correndo verso casa. Mi sentii vuota, come se avessi perso una parte di me. Pensavo di potermi fidare di Tom, ma a quanto pare mi sbagliavo. Arrivai dopo 20 minuti e spalancai la porta con un calcio, facendomi male alla gamba ma poco mi importò in quel momento. Di mia sorella non c'era nessuna traccia, perciò potei sfogarmi in camera senza problemi. Prima però, presi del ghiaccio dal frigo e lo poggiai sulla mia guancia, anche se forse la parte di me che faceva più male era il cuore.
Mi tolsi gli anfibi e mi sdraiai sul letto. Subito mi addormentai.
Mi svegliai con un'ora in anticipo – dannata sveglia rotta – così mi misi seduta. La visione che ebbi inizialmente non fu la migliore. Tom DeLonge. Tom DeLonge ovunque.
Decisi di staccare tutti quei poster, ma non feci in tempo ad alzarmi che suonò il campanello. Marta si doveva essere dimenticata le chiavi, così mi alzai e andai ad aprire. Quella persona che pensavo fosse Marta, in realtà era Tom. Mi si gelò il cuore e quando cercai di richiudere la porta il suo braccio mi fermò.
“Ti prego, devo parlarti.”
Scossi la testa, non volevo vederlo né tanto meno parlarci. Ma a lui non importò ed entrò chiudendo la porta.
“Scusami per ieri sera.”
“Scusarti? Ti rendi conto di cosa mi hai fatto? Prima mi hai abbindolata con il tuo bel faccino, abbiamo fatto sesso e poi mi hai detto che era per una scommessa! Che altro vuoi? Tornatene in California e restaci!”
“Non è come sembra. E' vero, ho fatto una scommessa con Mark, ma non-”
“Ma per favore Thomas, non dire altro. Sono stata io la stupida a darti corda nonostante la tua reputazione. Non è la prima volta che faccio un errore del genere, sopravviverò. ”
Si portò una mano nel viso e sbuffò.
“Ci tengo a te, Giorgia.”
“Se fosse vero, ieri mi avresti cercata ma invece nulla. Né un messaggio, né una chiamata. Sei un bastardo Tom.”
“Avevo bisogno di tempo! Mi serviva tempo per pensare!”
“Pensare? A cosa?”
“Io non..non posso.”
A quella risposta la rabbia mi assalì, ero davvero furibonda. Odiavo non capire cosa le persone intendessero, specialmente se non si spiegavano. Così lo guardai dritto degli occhi e gli lanciai un'occhiataccia.
“Vattene Tom.”
“Ma-”
“Ti ho detto di andartene”
Lui stringe i pugni e abbassa lo sguardo incamminandosi verso la porta.
Mi sdraiai sul divano e non appena sentii la porta chiudersi scoppiai a piangere. Odiavo piangere, ma in quel momento fu il mio unico sfogo. Singhiozzavo, urlavo insulti quasi incomprensibili.
Mi maledii, come avevo potuto fidarmi di uno come lui? Odiai il modo in cui quel profumo, quel sorriso e quegli occhi mi avevano stregata. Mi alzai e presi il cellulare con l'intento di chiamare Amber, ma mi bloccai non appena vidi un messaggio.
 
So che non ne vuoi più sapere di me. E probabilmente non ti importa nulla di questo messaggio. Parto alle 18:00 per la California. Ma devo veramente parlarti, è importante. Alle 16.00 al parco – tu sai quale -.
-Tom
 
Non sapevo cosa fare. Andarci o no?
Infondo mi aveva ferita e usata. Però mi aveva anche regalato momenti bellissimi, lui e la sua band. Erano la mia ragione di vita e sapevo che se non ci sarei andata sarebbe cambiato tutto. O forse, in entrambi i casi la mia vita sarebbe cambiata.
Lasciai la mia decisione a più tardi, avevo bisogno di stare da sola per pensarci.



Kaleidoscope's space :

Ecco il terzo! Premetto che il prossimo lo pubblicherò dopo Pasqua dato che mercoledì parto e non ho tempo di scrivere la fine (causa interrogazioni).
Grazie a
Waves of Joy a per le recensioni al capitolo precedente! Spero vi piaccia anche questo :)

 

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Capitolo 5
*** The start was something good, but some good things must end! ***


Le ore passarono in fretta e si fecero presto le 15:30.
Andai in bagno e riempii la vasca. Un bagno caldo sarebbe stato il metodo per rilassarmi un po'.
Mi tolsi i vestiti e sciolsi i capelli entrando nell'acqua calda. Mi sdraiai e appoggiai la testa sul bordo. Quando stavo per chiudere gli occhi, iniziò una canzone dalla playlist del mio cellulare che avevo appoggiato sul lavandino. Apple Shampoo. Avevo le mani bagnate perciò non riuscii a toglierla.
Come una scossa mi percorse tutto il corpo. Quella canzone mi aveva sempre fatto pensare al mio ex ragazzo, dopo avermi lasciato mi mandò un messaggio con scritto 'The start was something good, but some good things must end!' e non avete idea di quanto lo abbia odiato in quel momento.
Improvvisamente tutta la mia volontà che mi impediva di andare da Tom se ne andò a farsi fottere. Non volevo che quel qualcosa che era iniziato bene finisse. O almeno, non così.
Uscii velocemente dalla vasca – rischiando anche di scivolare – e mi coprii con un asciugamano.
Corsi in camera, mi infilai qualche vestito a caso, un paio di scarpe e corsi fuori casa dirigendomi verso l'autobus.
Presto salii, nonostante le occhiatacce della gente. Forse vedere una ragazza con i capelli totalmente bagnati, gli occhi gonfi, una maglia gialla corta fino all'ombelico, un paio di shorts neri e delle converse dello stesso colore, a fine Marzo, non si vedeva tutti i giorni.
Comunque, arrivai in periferia e feci una corsa verso il parco, dopo aver visto l'orologio alla fermata che segnava le 16:00.
Non vidi nessuno, ma mi sedetti comunque su una panchina, aspettando Tom.
Si fecero le 17:00, ma di lui nessuna traccia. Furiosa più che mai, mi alzai e me ne andai da lì, ma qualcuno mi trattenne per un braccio. Mi girai pensando di vederlo, ma invece tolsi la presa da quella lurida mano dopo essermi accorta che colui che mi tratteneva non era Tom ma bensì un ubriacone proveniente da chissà dove.
“Tu che vuoi?” sbottai.
“Voglio giocare un po' con te, vieni qui!” rispose guardandomi con fare maniaco.
Iniziai a correre, ma caddi dopo aver sentito una grandissima fitta alla gamba.
Il tizio mi seguì e non appena mi vide a terra si avventò sopra di me cercando di spogliarmi.
Cercai disperatamente di muovermi di lì, ma le sue mani ispide iniziarono a toccarmi pancia e poi sempre più giù. Non riuscivo ad urlare perché mi teneva una mano sulla bocca, così pensai bene di morderla e l'uomo perse per qualche secondo la presa. Ne approfittai per rialzarmi e continuare a correre, ma lui riuscì di nuovo a prendermi, questa volta con più forza.
Mi trascinò in un posto buio, una specie di capanna. Continuavo a dimenarmi, ma a lui non importava.
Allentò la presa alla mia bocca così iniziai ad urlare il più forte possibile.
“E' inutile, nessuno ti sentirà!” disse lui, prima di avventarsi su di me non permettendomi nessun movimento.
Mi tolse la maglia e iniziò a toccare avidamente il mio seno. Iniziai a piangere, non sapevo più cosa fare. Non avevo più forze per respingerlo.
“Ti prego, smettila” chiesi disperatamente, con le lacrime agli occhi.
“E lasciare tutto questo ben di Dio? Oh no, piccola.” continuò lui.
Sentii premere qualcosa sulla mia coscia, non era di certo un buon segno.
Dopo inizio a sganciarmi gli shorts e se ne liberò presto, così mi prese per le cosce e si avvicinò a me.
Con le mie ultime forze, gli sferrai un calcio dritto nelle palle e scappai per qualche metro, finché non mi raggiunse e mi prese con sé.
“Dannata ragazzina! Se ci riprovi sei finita!” mi gridò in faccia, spaventandomi.
Mi sbatté in terra ed iniziò a baciarmi il collo, poi il seno e infine la pancia.
Proprio mentre cercava di far entrare le sue mani nelle mie mutande, riuscii a dargli una ginocchiata in faccia, ma lui mi bloccò e mi diede uno schiaffo.
“Non dovevi farlo.” si limitò a dire, per poi iniziare a picchiarmi.
Sentivo dolore, sia mentale che fisico.
Mentale grazie a quel bastardo di DeLonge e fisico, beh, mi pare ovvio il motivo.
All'improvviso qualcuno apparve da dietro.
“Lasciala stare!”
Queste sono le ultime parole che sentii, dato che dopo poco svenni.
Mi risvegliai a casa, sotto le mie coperte.
L'orologio segnava le 18:00.
Avevo graffi e lividi ovunque, facevano veramente male.
“Dannato Tom DeLonge! Se non fosse stato per te, non sarei in queste condizioni! Dio solo sa quanto possa odiarti! Non voglio vederti mai più!” furono le prime parole che urlai, ma mi pentii presto di averlo fatto perché mi colpì un dolore lancinante alla testa. Chiusi gli occhi e sospirai, ma li riaprii presto quando sentii qualcuno entrare nella mia stanza.
Mi mossi di scatto, provocandomi dolore ovunque, dato che non conoscevo la persona che mi ritrovai davanti.
“Non avere paura, non sono quel maniaco.”
“T-tu che ci fai qui?” balbettai.
“Ti ho riportata a casa, ho visto che quell'uomo ti stava picchiando e ho pensato di intervenire.”
Si avvicinò a me ma indietreggiai a mia volta.
“Chi sei?”
“Mi chiamo Alessandro, per gli amici Alex. Tu devi essere Giorgia, mi hanno parlato di te. Sono in classe con il fratello di Evelyn.” rispose con tono tranquillo, sorridendo.
Quel sorriso mi fece calmare, così mi rilassai.
“Sì, sono Giorgia. Piacere di conoscerti, Alex.”
“Allora, puoi dirmi cosa ci facevi tutta sola in quel parco? Non sai che a quell'ora gira brutta gente lì?”
“Certo che lo so, pensi che vada lì per farmi violentare dagli sconosciuti? Dovevo incontrare un ragazzo.”
“Ah, ho capito. Vedo che sei fan dei blink-182 o meglio, di Tom DeLonge! Anche io lo sono!” disse con gli occhi che luccicavano. Lo fulminai con lo sguardo, così mi alzai e mi diressi verso la parete piena di poster. Iniziai a strapparne uno, poi due, ma quando arrivai al terzo iniziai a piangere e le gambe mi si fecero deboli, così mi accasciai a terra. Non era da me un comportamento del genere, maledii il giorno in cui incontrai quel fottutissimo – bellissimo – chitarrista.
Alex mi aiutò a rialzarmi e mi poggiò sul letto.
“Scusa, non volevo farti arrabbiare, pensavo di farti pensare ad altro.” disse abbassando lo sguardo.
Presi un bel respiro e mi sdraiai.
“No, non preoccuparti. Di solito non reagisco così, ma c'è una storia dietro. Ti chiedo solo di non parlare di..” mi interruppi abbassando la testa.
“Tom?” continuò lui.
Iniziai a singhiozzare, annuendo con la testa.
Alex si avvicinò e mi abbracciò. Mi strinse forte e io ricambiai, ne avevo bisogno.
Rimanemmo così per un po', finché non mi decisi a parlare.
“Ti va di farmi compagnia per qualche ora? Dopo semmai chiamo Evelyn e la faccio venire qui.”
“Certo, non ho niente di meglio da fare! Se ti va di raccontarmi cos'è successo dopo, non farti problemi.”
Annuii e lo feci uscire dalla stanza, iniziando a cambiarmi.
Magari sfogarmi sarebbe stata una buona idea, infatti decisi di portarlo nel terrazzo di casa.
Presi due sdraio e ci sdraiammo.
“E' successo tutto tre giorni fa. La mia migliore amica, Evelyn, era venuta a sapere che i blink-182 erano in vacanza qui a Firen-”
“I BLINK-182 SONO QUI A FIRENZE? COSA?”
“Sì, ma fammi continuare perché non so quanto resisterò ancora.”
Lui annuisce, dopo aver spalancato gli occhi sentito il mio precedente discorso.
“Così siamo andate in un hotel, sperando di trovarli. Dopo essere arrivate, sono caduta e mi sono sbucciata il ginocchio. Evelyn è corsa subito a prendere del ghiaccio, così sono rimasta sola e quando ho provato a rialzarmi, ho sentito una fitta alla ferita e stavo per ricadere. Tom mi ha vista e mi ha presa in tempo, così mi ha portata in camera sua. Mi hanno fatta visitare da un dottore che mi ha consigliato di andare a farmi una radiografia, così Tom mi ha accompagnata. Fatta la radiografia, sono tornata a casa. Ho dormito tutto il pomeriggio e quando è arrivata la sera, ho chiamato Evelyn e le ho chiesto di venire a cena da me. Poi però, Tom e Mark si sono presentati a casa mia e dopo aver parlato un po', Mark è sceso giù con Evelyn. Quando io e Tom siamo andati a vedere, stavano pomiciando, così siamo tornati in camera mia e lui mi ha suonato Carousel con la mia chitarra. Dopo siamo tornati giù e i due non c'erano più. Ho dato a Tom del teppista e lui mi ha rapita e portata in un parco, nonché quello di prima. Poi va beh, una cosa tira l'altra e siamo finiti a letto. Il giorno dopo non s'è fatto sentire, l'ho incontrato in un locale e mi ha detto che aveva scopato con me per una scommessa fatta con Mark. Sono stata male, molto male. E' venuto il giorno dopo qui ma l'ho cacciato via. Dopo poco mi ha mandato un messaggio dicendo che voleva vedermi al parco alle 16:00, ma a quanto pare non si è presentato.”
Alex rimase per 5 minuti a bocca aperta, poi si decise a parlare.
“Mi è caduto un mito, sai?”
“Non dirmelo a me.” risposi guardando il panorama.
“E' stato un bastardo, ma una ragazza come te non ci metterà tanto a trovarne uno meglio!”
Lo guardo con fare interrogativo, senza rispondere.
“Intendo, sei una bella ragazza e ne avrai a palate di ragazzi dietro!”
Arrossii e abbozzai un sorriso.
“Ma che dici, sono solo una qualunque. Una stupida sedicenne che si è lasciata abbindolare da due ragazzi nel giro di un anno.”
Lui si sedette davanti a me e mi prese le mani.
“Ascolta, anche io ho sofferto per una ragazza due anni fa, quando avevo la tua stessa età. Ma adesso ho voltato pagina e devi farlo anche tu!”
“Lo so, ma non riesco a voltare pagina. Tengo davvero tanto a Tom e speravo l'avesse capito, ma a quanto pare mi ha solo presa in giro. Oltre tutto i ragazzi non mi prendono mai sul serio, pensano tutti che sia strana dato il mio aspetto.”
“Ma se sei bellissima!”
“Non è v-”
Venni bloccata da un paio di labbra che premevano sulle mie.
Mi staccai immediatamente, guardandolo scioccata.
Alex arrossì immediatamente e balbettò qualcosa.
“I-io...scusa devo andare!”
E poi scappò via, sembrava inseguito da un demone.
“Vaffanculo.” sussurrai.
Finito di imprecare, sentii il telefono fisso squillare, così andai a rispondere.
“Pronto?”
“Giorgia! Giorgia sono Evelyn!”
La sua voce era veloce, pensai subito al peggio.
“Cos'è successo?”
“Tom!”
Inizialmente disse solo ciò, aveva il fiatone e non riuscì a finire la frase.
“Non ne voglio sentire parlare di quel bastardo!”
Proprio quando stavo per riattaccare sentii Evelyn continuare a parlare, così rimisi la cornetta all'orecchio.
“No Giorgia, aspetta!”
“Dimmi.”
“Tom è stato investito! Sto andando in ospedale con Mark!”
Lasciai il telefono cadere, non potevo crederci.
Tremavo, caddi a terra ma mi rialzai e uscii subito di casa, diretta verso l'ospedale. 



Kaleidoscope's space:

Come promesso (?) ho aggiornato dopo Pasqua lol
Ringrazio
Waves of joy per aver recensito il capitolo precedente :)
Spero vi piaccia anche questo capitolo^^

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Capitolo 6
*** I'm lost without you. ***


Presi le chiavi di mia sorella prima di uscire e presi la sua auto.
“Fanculo i miei 16 anni!”
Avevo preso qualche lezione di guida dal padre di Evelyn di nascosto, così infilai le chiavi e partii.
Andavo a massima velocità, dovevo arrivare da Tom al più presto.
Ci misi circa 5 minuti, passai tutti i semafori rossi e ringraziai di avermela mandata buona.
Arrivai nell'esatto momento in cui Mark ed Evelyn stavano scendendo dall'auto, così li chiamai e corremmo tutti e tre verso l'entrata dell'ospedale.
“Signora, sa dove possiamo trovare Thomas DeLonge?” chiese Mark con il respiro affannato.
“Thomas DeLonge? Non c'è nessun To-”
La sua risposta fu bloccata dall'entrata di una barella e potete immaginare chi vi era sdraiato sopra.
Evelyn rimase pietrificata e svenne, così Mark la portò a sedersi.
Corsi verso la barella, ma mi bloccai subito quando lo vidi.
Aveva bruciature e tagli ovunque ed era talmente ricoperto di sangue che quasi non lo riconobbi. I suoi occhi erano chiusi e aveva una mascherina alla bocca, non si muoveva.
“Signorina si sposti! Questo ragazzo è in pericolo di vita!”
Non feci in tempo a pensare che subito la barella sparì tra i corridoi dell'edificio.
Ero spaventata, non riuscivo a ragionare e tremavo.
Vidi Mark venire verso di me scuotendomi le spalle.
“Giorgia! Giorgia, porca puttana rispondimi! Ti hanno detto qualcosa? Come stava? Ti ha parlato?”
“Io..” riuscii a balbettare, con gli occhi ancora spalancate.
Lui mi scosse di nuovo, ma più forte, facendomi quasi male. Subito dopo iniziò a gridare.
“DIMMI QUALCOSA, CAZZO! IL MIO MIGLIORE AMICO E' STATO INVESTITO E TU NON PROFERISCI PAROLA SUL SUO STATO!”
“SI MARK, SI! HANNO DETTO CHE E' IN PERICOLO DI VITA! ERA PIENO DI SANGUE, NON SI MUOVEVA NEANCHE UN PO'! VA BENE?!”
Urlai più forte di lui, per poi abbandonarmi tra le sue braccia, in lacrime.
Dopo poco, parlò. La sua voce tremava.
“Andrà tutto bene.” sussurrò accarezzandomi la schiena.
Tre fottutissime parole che troppe persone mi avevano ripetuto, ormai non ci credevo più.
Perché farsi false speranze?
Tirai su con il naso e mi staccai dall'abbraccio, asciugandomi le lacrime con le maniche della felpa.
“Andiamo da lui, ti prego.” dissi con un filo di voce.
“Aspettami qui, vado a recuperare Evelyn.” continuò annuendomi.
Tornò con lei e le cingeva il fianco con un braccio.
Chiedemmo ad un infermiera dove potevamo trovarlo e ci dissero di aspettare in sala d'attesa.
Mark camminava freneticamente per il corridoio, Evelyn piangeva seduta accanto a me, mentre io fissavo il vuoto, cercando di fermare tutte le emozioni che mi stavano sovrastando.
Dovevo parlare con Tom, sperai con tutta me stessa che si sarebbe ripreso in fretta.
Dopo 2 ore di attesa, vidi un medico uscire e venire verso di noi. Mi alzai di scatto e mi diressi con Mark ed Evelyn da lui.
“Allora dottore? Ci sono novità?”
“C'è una buona notizia e una cattiva notizia.”
Abbassai lo sguardo, mordendomi il labbro per trattenere le lacrime. L'uomo continuò a parlare.
“La buona notizia è che il Sig. DeLonge non è più in pericolo di vita.”
Tirai un sospiro di sollievo e abbozzai un sorriso.
“E la cattiva notizia?” chiesi con voce tremante.
“E' in coma, purtroppo ha avuto un grave trauma cranico e non sappiamo ancora quali saranno le conseguenze. Non sappiamo dirvi né quando, né se si risveglierà.”
Mark strinse i pugni e parlò.
“E-e ora dov'è?”
“Nella camera 44, seguitemi.”
Annuimmo e ci facemmo portare nella camera, lasciammo entrare solo Mark inizialmente.
Dopo pochi minuti uscì velocemente e si diresse fuori dall'ospedale, penso dovesse sfogarsi un po'. Evelyn lo seguì, così entrai nella stanza da sola.
Mi sedetti di fianco a lui e alzai lo sguardo per guardarlo.
Era bellissimo anche così.
Aveva qualche taglio sul viso, i suoi capelli neri erano scompigliati e i piercing non c'erano più. Era attaccato ad una flebo, aveva una mascherina sul viso. Quella visione mi fece male.
Intrecciai la mia mano alla sua e lo accarezzai con l'altra.
“Mi hanno sempre detto che le persone in coma non possono reagire ma riescono a sentire chi parla intorno a loro. Quindi, dato che ho bisogno di sfogarmi, ti dirò tutto.
Quando abbiamo fatto sesso, ho provato qualcosa per te.
Certo, tu dirai che ogni ragazzina vorrebbe fare sesso con il proprio idolo. Ed effettivamente è vero, ma in quel momento ho sentito una strana sensazione.
Non una sensazione qualunque. E' stato bello, bellissimo.
E ho capito che per me non sei solo un idolo. Sei di più.
Io sono innamorata di te, Tom.
E' solo che mi hai ferita, anche se è normale che tu abbia preferito quella ragazza tutta tette rispetto a me.
Scusa se ho detto di odiarti, scusa per averti insultato. Non le pensavo veramente tutte quelle cose, ero in preda all'ira ed è ciò che è uscito fuori dalla mia bocca.
Devi promettermi che ti sveglierai presto, perché sarei persa senza di te.”
Ed ecco qui, ciò che gli dissi, tra lacrime e singhiozzi.
Gli lasciai un bacio sulla fronte ed appoggiai la testa sul lettino, rimanendo seduta nella sedia.
Mi addormentai per qualche ora, finché Evelyn non mi svegliò.
“Giorgia, svegliati, Mark resta qua con lui. Vuole che andiamo a casa visto che sono le 2 di notte, torneremo domani.”
“Di qui non me ne vado, a costo di dormire per terra.”
“Sei sicura? Cosa dirai a tua sorella?”
“Niente, di lei non mi importa. Voglio rimanere qui.”
Lei annuisce e mi abbraccia, uscendo dalla stanza. Poco dopo entrò Mark.
“Mark, scusami ma non me la sento di andare a casa, preferirei rimanere qui. Ti scoccia se resto con te?” chiesi abbassando lo sguardo.
Lui si limitò a fare cenno negativo con la testa e subito dopo iniziò a camminare per la stanza, non smettendo di fissare Tom neanche per un secondo.
Ad un certo punto si blocco e si sedette a terra. Si mise le mani nei capelli ed iniziò a piangere.
Era una scena strana per me, uno dei miei idoli stava piangendo e io stavo lì immobile, ma subito andai da lui.
“Mark, guardami.”
Gli presi il viso tra le mani e puntai i suoi occhi azzurri sui miei poco più scuri dei suoi.
“Lui non vorrebbe vederti in queste condizioni. Si sveglierà presto, ha solo bisogno...di tempo. Andrà tutto bene, come mi hai detto qualche ora fa. Tom-”
Iniziai a piangere anche io, ma non ci badai molto, quindi ripresi subito il discorso.
“Tom è forte, non ci lascerà mai.”
Mark aprì le braccia e mi avvolse in un abbraccio, stringendomi forte e accarezzandomi la schiena.
Appoggiai la testa sul suo petto e dopo qualche singhiozzo smettemmo di piangere.
Ci addormentammo per qualche ora così così, finché non sentimmo uno strano suono provenire dalla macchina che era collegata a Tom. Un suono accelerato, di quelli che senti nei film quando qualcosa va male. Ci alzammo di scatto e vidi entrare subito una schiera di medici andare verso il corpo di Tom.
“TOM!” urlai in preda al panico, con le lacrime che scorrevano nelle mie guance.
I medici ci fecero uscire dalla stanza.
Mark era immobile, totalmente sbiancato dalla paura.
Gli iniettarono qualcosa nelle vene togliendo velocemente la flebo.
Feci uno scatto verso l'entrata, ma due infermieri mi trattennero e mi portarono indietro.
“Lasciatemi andare! Voglio stare con lui!” continuavo a gridare.
Mark si avvicinò a me e mi prese per mano, attirandomi verso di sé e lasciandomi sfogare contro di lui. Tempestavo il suo petto di pugni, infondo non volevo farlo, ma in quel momento mi sembrò l'unica soluzione adatta per sfogarmi.
Lui non proferì parola, quando smisi di avere forze mi diede un bacio sulla fronte e mi asciugò le lacrime.
“E' tutto okay, vedrai che i medici rimetteranno tutto apposto. Calmati adesso.”
Un dottore uscì dalla stanza.
“La situazione è stabile adesso, potete tornare dentro.”
“Giorgia, rimani tu con lui. Devo andare ad avvisare la sua famiglia e Travis, aspettami qui.”
Annuii ed entrai nella camera. Mi risiedetti di fianco a Tom e gli lasciai un bacio sulla mano, che tenevo ben salda alla mia.
“Mi hai fatto prendere un brutto spavento.” dissi, sperando che in qualche modo mi avesse sentito.
Poco dopo accadde una cosa che non mi sarei mai aspettata : la sua mano strinse la mia.
Pensai di aver sognato, ma chiamai comunque un'infermiera e le riferii il fatto appena accaduto.
“Sono dei movimenti involontari che le persone in coma tendono ad eseguire. Mi dispiace deluderla.” si limitò a dirmi.
Il mio sguardo si spense di nuovo, così tornai seduta.
Sentii delle urla dal corridoio, che si avvicinavano sempre di più, finché non fidi mia sorella entrare nella stanza sbraitando.
Subito mi alzai e la spinsi fuori, buttandola a terra e chiudendo la porta.
“Come cazzo ti permetti?! Ti metti ad urlare in un ospedale?!” le dissi con tutta la mia acidità.
Lei non rispose, mi prese per il braccio – facendomi male - e mi portò fuori.
“Tu adesso torni subito a casa! Ti rendi conto di cos'hai fatto?! Mi hai rubato la macchina e sei stata due giorni fuori casa senza avvisare nessuno! Oltre tutto, per quello stupido ragazzo!” mi urlò in faccia.
La rabbia mi pervase, mi avvicinai e le mollai uno schiaffo.
“NON TI PERMETTERE MAI PIU' DI INSULTARE TOM! TU NON SEI NESSUNO PER FARLO! E adesso vattene, di qui.”
“Fai schifo. Preferisci uno sconosciuto a tua sorella. Complimenti.”
“Tu non mi conosci.”
“Ma se ti conosco meglio di chiunque altro!”
“Se fosse vero, ti saresti accorta che il ragazzo con cui ero è il mio idolo, Tom Delonge. Colui che con la sua musica mi ha salvato la vita, dato che se non fosse stato per lui a quest'ora non sarei qui. L'ho conosciuto e c'ho anche scopato se ti può interessare. E adesso vattene, non ti voglio più vedere qui.”
Mi guardò con gli occhi spalancati e prima che rientrassi nella stanza le sentii sussurrare uno “Stronza.” ma poco me ne importò.
Quando rientrai, davanti a me trovai Mark, in piedi con la schiena appoggiata al muro, e Travis, seduto di fianco a Tom e scioccato per l'insolita visione.
“Dov'eri finita?” mi chiese Mark preoccupato.
“Problemi con mia sorella, avete avvertito i familiari di Tom?”
“Abbiamo deciso di non avvisarli, vediamo come procede in questi giorni. Non vogliamo farli preoccupare, l'Italia è lontana da raggiungere.”
Mi limitai ad annuire, poi mi avvicinai al corpo inerme di Tom e gli accarezzai la guancia. Mi intristii all'istante, ma non lasciai scappare nemmeno una lacrima dai miei occhi.
Stemmo così per tutto il giorno, facemmo momenti di pausa solo per mangiucchiare qualcosa ma niente di più. Evelyn ci raggiunse dopo cena, dicendo di aver convinto i suoi a lasciarla rimanere in ospedale.
In due giorni, non ci fu nessun segno di miglioramento, la situazione era stabile ma Tom non si era ancora svegliato. Iniziai veramente a pensare al peggio.
Mentre alle 10 di sera ero da sola nella stanza, il medico entrò portando brutte notizie.
“Signorina, purtroppo non abbiamo novità. Posso solo dire che questo coma sarà più lungo del previsto, mi dispiace.”
Detto questo, uscì.
Scoppiai a piangere, così mi misi vicino al suo viso, lasciandogli un leggero bacio sulle labbra.
“Perché è successo a te? Non voglio perderti...” gli sussurrai, per coprirmi il viso con le mani.
Ero distrutta, non avevo più forze né speranze.
Quando all'improvviso, una voce familiare mi fece sobbalzare.
“Ehy piccola, come mai stai piangendo?” disse togliendosi la mascherina.
“O mio dio, ditemi che non sto sognando!”
Caddi dalla sedia e spalancai gli occhi.
Mi rialzai subito e saltai in braccio a Tom, che finalmente si era svegliato.
Mi sentivo viva, rinata.
“Tom, oddio, stai bene! Non lo fare mai più, non lasciarmi più!” dissi entusiasta.
“Fare cosa?” mi chiese alzando un sopracciglio.
Le mie lacrime,a quel punto, erano di gioia. Non gli risposi, lo baciai.
Lui ricambiò il bacio, intanto mi accarezzava la schiena. Mentre le nostre lingue iniziavano ad intrecciarsi, gli accarezzai il collo pieno di graffi, facendo attenzione a non provocargli dolore.
Le sue mani entrarono sotto la mia maglia e iniziarono a giocare con l'elastico del mio reggiseno, provocandomi un gemito.
Mi staccai per riprendere fiato e ci guardammo negli occhi.
Riprese a baciarmi, ma fummo interrotti da qualcuno che entrò nella stanza.
“Vedo che ti sei risvegliato!” esclamò Travis.
E direi che non sei il solo ad averlo fatto!” aggiunse Mark indicando il cavallo dei pantaloni di Tom, andando ad abbracciare il suo migliore amico. Arrossii vistosamente, scesi dal lettino e chiamai Evelyn per darle la meravigliosa notizia.
Travis andò a chiamare un dottore che arrivò dopo poco.
“Signor DeLonge, come si sente?” gli chiese, togliendogli la flebo dal braccio.
“Ho un po' di mal di testa e mi sento un po' indolenzito” rispose grattandosi distrattamente la testa.
“Le faremo fare degli esami, questa notte rimarrà qua e domani vedremo.”
Lui annuii e il medico uscì.
“Io e te dopo dobbiamo parlare, lo sai vero?” dissi sorridendo a Tom, accarezzandogli la testa.
“Di cosa?” rispose guardandomi confuso.
“Dai Tom.”
“No serio, di cosa?”
“Della tua 'scommessa' con quel tizio, chiamasi anche Mark Hoppus.” feci indicando il bassista che se la rideva.
“Scommessa? Quale scommessa?”
Effettivamente lo vedevo confuso, sembrava non lo ricordasse.
“Oh avanti Tom.” continuò Hoppus.
“L'ultima cosa che mi ricordo è di aver accompagnato a casa Giorgia, l'incidente è avvenuto subito dopo, no?”
Spalancammo gli occhi, sperammo di aver sentito male.
“Vado a chiamare un medico.” dissi indietreggiando verso la porta.
Dopo averlo fatto, andai ad aspettare Evelyn all'entrata dell'ospedale.
Appena arrivata, andammo verso la stanza 44, ma non potemmo entrare perché il dottore stava visitando.
Lei abbracciò Mark, che le diede un bacio.
Passata mezz'ora, il medico uscì.
“Il Signor DeLonge ha un'amnesia temporanea, non so dirvi quanto durerà, ma non credo molto. Non ricorda solamente gli ultimi 5 giorni, quindi niente di grave.”
Niente di grave? Tom non si ricordava né la nostra notte passata insieme, né la litigata che avevamo fatto. Sospirai e subito dopo l'uomo continuò a parlare.
“Adesso gli farò fare degli esami, domani mattina avrete i risultati.”
Annuimmo e andammo in sala d'attesa. Dopo un'ora e mezzo, un'infermiera venne a chiamarci dicendoci di poter tornare da Tom.
“E' successo qualcosa di importante negli ultimi 5 giorni?” chiese Tom, una volta entrati.
Evelyn mi guardò, forse si aspettava un'altra mia risposta.
“No, niente di che” conclusi sospirando.
In realtà avrei voluto dirgli tutto, ma c'erano tutti e non mi andava. Forse sarebbe stato meglio iniziare tutto da capo.
“Ragazzi, devo andare a prendere all'aeroporto Melissa, è da tanto che voleva vedere l'Italia. Torno domani mattina, resto a dormire con lei. Mi accompagnate?” chiese Travis.
Mark annuì e dopo aver dato la buonanotte a Tom uscì dalla stanza, seguito da Evelyn e Travis.
Decisi di rimanere con Tom, anche se non me la sentivo del tutto.
“E così in questi giorni non è successo niente, eh?” mi chiese lui.
“Già.”
“Allora potresti spiegarmi il motivo della tua reazione di prima?”
Arrossii violentemente e abbassai lo sguardo.
“E' stata l'emozione, diciamo che ero felice che stessi bene.”
“Ma se mi sei completamente saltata addosso!”
“Non sembrava ti dispiacesse!” feci rialzando lo sguardo, notando un ghigno sul suo viso.
“Infatti questo non l'ho mai detto.” continuò lui.
Pian piano cercò di alzarsi, ma lo fermai quando lo vidi fare una smorfia di dolore. Lo aiutai a sedersi.
“Non ti muovere, sei debole!” feci spostandomi distrattamente un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
“Allora vieni qua tu.”
Finì la frase e subito mi prese portandomi in braccio a lui.
Iniziò ad accarezzarmi il collo – il mio punto debole - lasciandoci dei leggeri baci.
“T-tom, d-devi riposare-e...” sussurrai, facendomi scappare un piccolo gemito subito dopo.
Mi prese per il bacino e mi stese sul lettino, posizionandosi sopra di me.
Riprese a baciarmi ma, quando sentii le sue mani intrufolarsi nella mia maglia, lo fermai.
“No Tom, non posso..cioè vorrei ma, siamo in un ospedale! Devi riposarti, è tardi, quando ti dimetteranno...rimedieremo.”
Mi meravigliai della mia risposta, non ero una tipa così! Avevo solo 16 anni e lui 23, cosa stavo facendo? Per lui ero solo una ragazzina con cui scopare quando gli andava e lo sapevo benissimo.
Lui sbuffò e si sdraiò, dopo essermi spostata.
“Mh, va bene. Però dormi qui con me!” continuò, accarezzandomi i capelli.
“Affare fatto” risposi decisa.
Chiusi la luce allungando il braccio e mi sdraiai di fianco a Tom, che mi strinse in un abbraccio. Posai la testa sul suo petto e l'ultima cosa che sentii prima di chiudere gli occhi fu un bacio casto – che ricambiai - che mi lasciò prima di addormentarsi.
La mattina seguente mi svegliai con un forte mal di testa.
Mi chiesi come Tom riuscisse ad essere tremendamente sexy anche quando dormiva.
Gli accarezzai piano i capelli arruffati e si svegliò.
“Buongiorno, piccola.” mugugnò, dopo aver aperto i suoi meravigliosi occhi color nocciola.
“Buongiorno a te, HotPants. Come ti senti?” risposi mezza addormentata.
“Decisamente meglio, non vedo l'ora di andarmene da qui.” concluse stiracchiandosi.
Mi alzai dal lettino e mi sistemai velocemente i capelli.
“Vedrai che gli esami andranno bene e in mattinata ti dimetteranno”
“Si spera.”
La nostra conversazione venne interrotta dall'entrata di un'infermiera.
Indossava un camice scollatissimo, avrà avuto minimo una quinta. Assomigliava a Janine della copertina di Enema.
Naturalmente Tom non tardò a mangiarsela con gli occhi, cosa per cui lei arrossì.
“Ho qui i risultati degli esami, sono andati bene, quindi la possiamo dimettere. Deve tornare tra una settimana per una visita.”
“Me la fai tu la visita?” disse lui con il suo solito ghigno.
“Volentieri, ecco il mio numero” concluse uscendo dalla camera dopo avergli lasciato un foglietto.
Fulminai Tom con lo sguardo. Non avrei mai voluto ammetterlo, ma ero gelosa.
Odiavo il modo in cui ci provava con le altre ragazze, soprattutto in mia presenza.
Mi voltai per mettere a posto dei borsoni di Tom che Mark aveva portato. Quando mi voltai nuovamente me lo ritrovai a due centimetri dal viso.
“Togliti.” dissi acida, togliendomi da quella posizione.
“Qualcuno qui è geloso!” sentenziò divertito.
Non risposi, ma mi dovetti voltare dopo che un braccio tatuato mi prese il polso.
“Lasciami andare, Thomas.”
“Sei gelosa.”
“No.”
“Oh sì, e come se sei gelosa! Ma non capisco il motivo.”
“Non c'è nessun motivo.” feci decisa, abbassando lo sguardo.
Mi prese il mento e mi alzò il viso puntando i suoi occhi sui miei.
“Guardami negli occhi e ripetilo.”
I suoi occhi mi ipnotizzarono, sentivo un piacevole calore dentro di me.
“N-non...” balbettai.
Non riuscii a finire la frase perché sentii le sue labbra premere sulle mie.
Stetti a quel bacio, che divenne mano a mano più passionale. Mi staccai tenendo la fronte appoggiata alla sua.
“Sbaglio o ho detto quando ti dimetteranno? Adesso esco e tu ti cambi.”
Quando stava per rispondere, gli appoggiai l'indice sulle labbra.
“Niente storie!” conclusi.
Lui per risposta mi diede una pacca sul culo, per cui mi girai e mi morsi il labbro.
Quando uscii dalla stanza trovai Mark, ma lo bloccai dicendogli che Tom si stava cambiando.
Dopo poco uscii anche lui, con un borsone che Mark prese per evitare di farlo sforzare.
Compilati i moduli di dimissione, mi portarono a casa, ma prima di uscire dall'auto ebbi un'idea.
“Ragazzi, che ne dite di stare a casa mia? Voglio dire, mia sorella per questa settimana è dal suo ragazzo e come minimo ci rimarrà per altre due, conoscendola.”
“Per me è okay!” esclamò Mark.
“A me va bene tutto, basta che mi trovate un letto il prima possibile per.. dormire!”
Mark ed io ci guardammo e scoppiamo a ridere.
Parcheggiarono l'auto nel garage e li accompagnai all'entrata.
Appena varcata la soglia, buttarono i borsoni a terra. Mark si sdraiò sul divano e prese il cellulare, Tom mi caricò in spalla e salì le scale velocemente. Incredibile come riuscirono a colonizzare casa mia in un quarto di secondo.
“Ma che vuoi fare?! Lasciami giù!”
In realtà avevo più paura di cadere, dato che non era nel pieno delle forze. Ma naturalmente non mi diede ascolto ed entrò in camera mia, scaraventandomi nel letto. Diede un'occhiata veloce alla stanza e notò tre poster a terra. Fece una strana smorfia, ma poi si mise subito a cavalcioni su di me. Non feci in tempo a parlare che si avventò sulle mie labbra. Ma non potevo, né dovevo farlo.
Piantai le braccia sul suo petto e lo staccai da me.
“Tom, dannazione, non sono la tua puttana!”
Lui mi guardò confuso e non lo lasciai rispondere.
“Non sono un giocattolo! Non puoi farmi aprire le gambe a comando, smettila!”
“Ma avevi detto-”
“Esci di qui, Tom.”
Lui sbuffò e uscì dalla stanza.
Dopo pochi minuti decisi di scendere a bere qualcosa, ma quando arrivai alle scale mi bloccai.
Mi misi ad origliare la conversazione tra Mark e Tom.
“Il piano come procede?” chiese Mark.
“Male, penso si sia ricordata del nostro litigio.”
“Sei un coglione, Tom! Non dovresti farle questo, se lo viene a scoprire son cazzi!”
“Secondo te sono così stupido da farmi scoprire? Se sapesse che la mia amnesia è falsa, non mi perdonerebbe mai.”
Non riuscivo a crederci, mi stava di nuovo prendendo in giro. E c'ero cascata un'altra volta.
“TI ODIO!” gli urlai, prima di chiudermi a chiave dentro la mia camera.


Kaleidoscope's space :
Scusate per il ritardo, ma è stato difficile per me scrivere questo capitolo. Spero che abbiate capito il motivo!
Anyway, ecco qua :D
Ringrazio
giulss182,Waves of joy, e Hotaru182 per aver recensito il capitolo precedente, spero vi piaccia anche questo! :)

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Capitolo 7
*** I know I'm pathetic! ***


Mi buttai nel letto, presi tutto ciò che trovai nella scrivania e lo lanciai, in preda alla rabbia.
Staccai tutti i poster, iniziando a piangere.
Lo odiavo, lo odiavo come non mai.
Continuai a distruggere tutto quello che mi si trovava davanti, finché non sentii un'enorme fitta alla testa che mi fece cadere a terra. Tutto iniziò a girare e poi non vidi più nulla.

 
Sei uno stronzo! Come hai potuto tradirmi?”
“Oh andiamo, davvero pensavi che ti amassi veramente? Povera illusa!”
I-io..io ti amavo..”
“Lo so, ma se mi avessi amata veramente a quest'ora avremmo già scopato!”
“Perché secondo te una relazione si basa sul sesso?”
“Beh, direi di sì. Ma a quanto pare sei ancora una bambina, non sei adatta per me! Per questo mi sono fatto Lisa!”
“Bastardo. Sei un fottutissimo bastardo, Andrew.”
“Nessuno vuole stare con te, Giorgia. Nessuno, me compreso. Sei insopportabile! E adesso vattene da casa mia!”
La mia autostima è andata a farsi fottere e giuro che non mi innamorerò mai più.

 
Mi risvegliai sul mio letto, sotto le coperte.
La testa mi faceva ancora male, infatti appena mi provai ad alzare, caddi di nuovo sul materasso. La mia porta era a terra, qualcuno per entrare deve averla sfondata. Capii chi fosse quel qualcuno, quando Tom varcò la soglia.
Istintivamente mi alzai di scatto, non badando al dolore.
“Vattene da qui, adesso.”
“Giorgia, lasciami spiegare.”
“No, non ne voglio di spiegazioni.” conclusi la frase per poi non avere più forze per reggermi in piedi, così lui mi prese in braccio e si sdraiò con me nel letto.
“P-perché l'hai fatto?” sussurrai.
“Ne parleremo più tardi, ora devi riposarti.”
“Dimmi perché...”
“Shh”
Mi strinse a sé e iniziò ad accarezzarmi. Mi staccai con le poche forze che mi rimanevano.
“V-vai via...”
“Ma Giorgia-”
“Ti prego.”
Si alzò sbuffando e uscì dalla mia camera.
Avevo bisogno di stare lontana da lui, mi stava creando solo dolore.
Provavo davvero qualcosa di forte per lui, ma non potevo dirglielo.
Non potevo ricadere nella stessa trappola, non dovevo dare il mio amore a chi non l'avrebbe apprezzato. In tutti questi giorni, non è mai stato sincero con me. Pensavo fosse il ragazzo perfetto, ma forse mi sbagliavo.
Eppure nessuno mi aveva mai fatta sentire così viva.
Confusione, avevo solamente tanta confusione nella mia testa.
Nel bel mezzo dei miei pensieri caddi in un sonno profondo.
Mi risvegliai nella notte, la sveglia segnava le 3. Sentii il respiro di qualcuno nella stanza e quando alzai lo sguardo, vidi Tom sdraiato per terra, con un bigliettino di fianco.
 
'Avevo paura che ti sentissi male nella notte, non pensare male. Se vuoi che me ne vada, basta che mi svegli.'
 
Ma come avrei potuto mandarlo via?
Lo svegliai, sussurrando il suo nome.
“Va bene, me ne vado subito” mugugnò dopo essersi stiracchiato.
“Non ti ho svegliato per questo, alzati e sdraiati con me.”
Lui saltò in piedi e si coricò sotto le coperte.
“Sappi che non l'ho fatto per portarti a letto.” mi sussurrò all'orecchio provocandomi un brivido.
“Non mi importa, mi hai presa in giro. Per la seconda volta.” risposi fredda.
“Dovevo trovare un modo per farmi perdonare.”
“Certo Thomas, certo. Dormi, non voglio più sentirne di scuse.”
Non rispose, perché entrambi ci addormentammo nuovamente.
Mi svegliai alle 11 del mattino seguente e notai che Tom aveva portato un braccio su di me, abbracciandomi. Lo spostai lentamente per non svegliarlo e mi buttai sotto la doccia. Dopo qualche minuto uscii e notai di aver dimenticato i vestiti in camera.
'Testa di cazzo, sono una testa di cazzo!' pensai, per poi dirigermi coperta solamente da un lungo asciugamano.
Per fortuna Tom stava ancora dormendo, così frugai nell'armadio cercando qualcosa da mettere.
“Ah, questo sì che è un buongiorno! Comunque se fossi in te metterei quei pantaloncini bianchi, ti mettono in risalto il culo.”
Mi voltai di scatto, arrossendo vistosamente.
“Thomas, esci di qui!”
Si alzò e venne verso di me, a pochi centimetri dal mio viso. Mi prese i fianchi, volevo reagire ma di fronte a lui, tutta la mia volontà spariva. Il suo profumo mi mandava in ecstasy. Appoggiò la sua fronte alla mia ed entrambi chiudemmo gli occhi. Il mio respiro era accelerato, come il battito del mio cuore.
Improvvisamente, mi ricordai di aver già vissuto un momento così. Con Andrew.
Non volevo, non dovevo, non potevo commettere lo stesso errore. Questo pensiero fece scorrere una lacrima sul mio viso.
“N-non posso” dissi, prima di lasciare la stanza con dei vestiti presi a caso.
Tornai in bagno e mi vestii.
Quando scesi al piano di sotto, trovai un bigliettino di Mark.
 
Sono con Evelyn. Quando torno vorrei trovare Tom vivo, grazie! ;)
-Mark
 
Oltre a quel bigliettino, trovai anche mia sorella seduta sul divano.
“E tu che ci fai qui?!” chiesi inarcando un sopracciglio.
“Dovevo prendere una cosa, sai com'è, è anche casa mia! Chi ti ha dato il permesso di ospitare quel tizio?”
“Lui resta qua e basta. Tanto tu sei dal tuo fidanzato.”
“Non se ne parla. Non voglio che quel tipo a caso dorma con te! Entro stasera devono essere fuori da qui!”
“Ti ho detto che restano qua. Sai che odio ripetere le cose due volte!”
“Perché tieni così tanto a una persona che conosci da neanche una settimana? Finiscila di fare la stupida!”
Già, perché tenevo a Tom dopo tutto quello che mi aveva fatto?
Sapevo perfettamente la risposta.
“Ma proprio non capisci! Io..”
“Tu?!” mi chiese scocciata.
Mi morsi un labbro, guardando verso l'alto.
Non dirlo.
Non dirlo.
Non dirlo.
“Sono innamorata di lui.”
Lei scoppiò in una fragorosa risata.
“Ma fammi il favore, sei patetica! Alla tua età non puoi dire di essere innamorata!”
“Ascolta, lo so di essere patetica. Ma per quanto lui possa essere stronzo, riesce sempre a farmi battere il cuore a mille. Mi ha mentito due volte in soli cinque giorni e vorrei poterlo perdonare, perché ci tengo veramente tanto a lui. Purtroppo la paura di soffrire non mi ha mai abbandonata e adesso mi ritrovo in una situazione di merda. Maledetto Andrew.”
Lei si avvicinò e fece un gesto che mai mi sarei aspettato : mi abbracciò.
“E' la prima volta che esprimi i tuoi sentimenti con me, sono così...felice!”
“Sì okay ma tutte queste manifestazioni d'amore mi faranno diventare un unicorno che vomita arcobaleni.”
Lei scoppiò a ridere e si staccò dall'abbraccio.
“Solo per questa volta ti lascio stare, ma non voglio ritrovarmi zia tra nove mesi!”
Annuii e la ringraziai, per poi vederla uscire dall'abitazione.
Mi arrivò un messaggio sul cellulare, così lo aprii e lo lessi.
 
Emh, ciao! Sono Alex, Evelyn mi ha dato il tuo numero.
Senti, scusa per l'altro giorno, non so cosa mi sia preso.
Se ti va possiamo andare a mangiarci un gelato, vorrei farmi perdonare! Ti passo a prendere tra un quarto d'ora.
Fammi sapere :)
 
Perché non concedergli una possibilità? Magari mi avrebbe aiutata a dimenticare tutto quello che era successo in quei giorni! Decisi di rispondergli immediatamente.
 
Perfetto, ti aspetto! E stai tranquillo, quel bacio è acqua passata ;)
 
Dopo aver aspettato il suo messaggio di risposta – ovviamente positiva – andai a mettermi qualcosa di più decente.
Entrai in camera e non vidi traccia di Tom, così mi chiusi a chiave per evitare qualche suo scherzo.
Presi un vestito azzurro – che si intonava con i miei occhi - né troppo lungo, né troppo corto, arrivava alle ginocchia. Ci abbinai una cintura nera sotto il seno e un paio di all star dello stesso colore. Andai velocemente in bagno per truccarmi ma quando aprii la porta ebbi una visione per niente piacevole – bugia – davanti a me. Ossia, Tom nudo appena uscito dalla doccia.
Arrossii violentemente e mi girai, non prima di avergli lanciato un asciugamano.
“Porco!” gli urlai isterica.
“Non sono stato io ad essere entrato in bagno mentre qualcuno si stava facendo la doccia! E poi non vedo dove sta il problema, non è la prima volta che lo vedi!”
Mi voltai verso di lui e mi avvicinai lentamente a lui.
“Non ti permettere mai più di dire una cosa del genere. E' stato solo un errore.”
“Un errore che ti è piaciuto.”
“Se potessi ritornare indietro non lo ricommetterei.”
Lui si avvicinò ancora di più.
“Bugiarda, so che vorresti rifarlo. Vero?”
“S-no!”
Stavo per rispondere di sì, perché? Dopo tutto quello che mi aveva fatto, perché avevo ancora così voglia di lui? Saranno stati i suoi capelli bagnati, il suo petto nudo, i suoi occhi, il suo sorriso, il suo piercing, il suo profumo. Okay Giorgia, basta.
“Bugiarda!” ribadì sorridendo.
Scoppiai di rabbia, così lo spinsi via.
“Bugiarda? Bugiarda a me? Sei tu che, dopo esserti preso la mia verginità, sei andato a letto con un'altra come se non fosse successo niente. Sei tu che hai finto di avere un'amnesia appena uscito da un coma, facendomi soffrire come non mai. E questo in neanche una settimana.”
Il mio discorso fu interrotto dal suono del citofono.
“E ora se non ti dispiace, la 'bugiarda' deve andare.”
Mi guardò confuso e mi allontanai dalla stanza, ma lui mi seguì.
Aprii la porta e salutai Alex con un bacio sulla guancia.
“E lui chi è?” chiede Tom, con un tono quasi infastidito.
“Un mio amico, ciao Tom!” lo salutai con un falso sorriso sulle labbra e presi Alex per un braccio.
Sembrava scioccato, forse non era abituato a trovarsi faccia a faccia con Tom DeLonge.
Mi portò verso la sua auto e nel tragitto lui non parlò,probabilmente per la vergogna.
Arrivati alla gelateria, ordinai un cono con cioccolato e panna – i miei gusti preferiti -, lui uno al limone.
“Mi hai invitata per starmi a guardare o ti va di chiacchierare?”
Lo vidi arrossire un po', per poi accennare una risata.
“Emh, no scusa! E' che sono un po' timido in queste situazioni.”
“Rilassati! Non ti mangio!”
Finalmente si sbloccò e iniziammo a parlare del più e del meno.
Aveva 18 anni, viveva con suo fratello, era bravo a scuola, amava dipingere e il suo genere preferito era il metal. Aveva un carattere dolcissimo, mi offrì il gelato e mi portò a vedere un film al cinema.
Dopo, andammo a fare una passeggiata e continuammo a parlare.
“Sai, quel bacio non è stato del tutto casuale. Intendo, ti ho notata fin dall'inizio di quest'anno, ti vedevo passare con Evelyn per i corridoi e speravo che un giorno ci saremo conosciuti. Tu sei una ragazza fantastica e mi piacerebbe passare più tempo con te. Magari potremmo rivederci per un secondo appuntamento, ti va?”
Ci misi un po' a rispondere.
Effettivamente volevo dimenticarmi di tutto e sperai che in quel modo sarei riuscita ad allontanarmi dalla mia attrazione verso Tom. E infondo Alex mi interessava, perché non tentare?
“Ma certo che mi va!”
Lo vidi sorridere timidamente, per poi appoggiare un braccio sulla mia spalla.
“Perfetto! Andiamo, ti riporto a casa, è già mezzanotte”
Quando ci ritrovammo davanti alla porta di casa mia, mi prese le mani e mi guardò dritta negli occhi.
“Grazie per questa bellissima giornata”
“Grazie a te”
Finì la frase e poi mi lasciò un leggero bacio sulle labbra, che ricambiai.
Entrai in casa e trovai Tom appoggiato al divano con uno sguardo cupo.
“Ti sembra questa l'ora di tornare? Mi hai fatto preoccupare.”
“Ma chi ti credi di essere? Mia madre?”
Si alzò dirigendosi verso di me.
“Sono serio e quel tipo non mi piace.”
“Alex è un ragazzo fantastico, non lo conosci e quindi non puoi giudicarlo. Sei geloso?”
Accennò una risata.
“Geloso, io? Tom DeLonge non può essere geloso.”
“E allora non vedo dove sta il problema. Adesso se non ti dispiace me ne vado a dormire.”
Mi voltai per incamminarmi verso le scale, ma lui mi prese per il polso e mi fermò.
“No! Aspetta.”
“Che vuoi?”
“Stai con quello?”
Inarcai un sopracciglio, davvero gli interessava?
“Perché me lo chiedi?”
“Perché..”
Lo vidi perdere l'equilibrio per un attimo e subito dopo si appoggiò una mano sulla fronte.
“Tom, stai bene?”
Non mi rispose, si sedette sul divano e sospirò.
Mi sedetti di fianco a lui e gli presi il viso tra le mani.
“Tom, guardami. Cos'hai?”
“M-mi fa male la testa” sussurrò.
Gli sentii la fronte : era bollente.
Lo stesi sul divano e gli misi una coperta addosso. Quando stavo per andare a prendere del ghiaccio, lui mi chiamò.
“G-giorgia, v-vuoi sapere la verità?”
“Di che cosa stai parlando?”
“Io..sono innamorato di te, ma io sono Tom DeLonge e...Tom DeLonge non può innamorarsi.”
Mi soffermai un attimo a guardarlo, non poteva essere vero.
“Stai delirando, hai la febbre.”
Sbuffò, per poi chiudere gli occhi.
Feci finta di non aver sentito, andai a prendere del ghiaccio e glielo posai sulla fronte.
Rimasi sveglia tutta la notte, non smettendo neanche per un attimo di pensare a quella frase.


Kaleidoscope's space :
Ero molto incerta nel pubblicare questo capitolo perché non mi piace per niente, ma va beh.
Ringrazio
shapeshifter, , Waves of Joy per aver recensito il capitolo precedente e come sempre spero vi piaccia anche questo :3

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Capitolo 8
*** It's the worst damn day of my life! ***


Io sono innamorato di te, ma io sono Tom DeLonge e Tom DeLonge non può innamorarsi.
 
Quelle parole mi rimbombavano nella mente, non poteva essere vero.
Decisi di non darci troppa corda perché, oltre al fatto che aveva la febbre, mi aveva preso in giro già troppe volte per i miei gusti.
Alex poteva essere una via di mezzo per evitare altri problemi con Tom, malgrado non mi piacesse l'idea di usufruire di lui.
Per quanto mi dispiacesse, dovevo dimenticarmi dell'idea che Tom ed io potessimo avere una storia. Potevamo essere solo amici.
Ero una ragazza strana, non ero fatta per lui e lui non era fatto per me.
Ecco, dopo tutti queste riflessioni, l'importante era riuscire a convincermi di ciò.
Verso le cinque mi addormentai, quando vidi che la situazione era tranquilla, ma mi risvegliai dopo un paio d'ore dato che Mr. Hoppus non era abile nell'entrare in casa senza far casino.
Inizialmente sentii dei rumori e andai verso la porta con un coltello preso al volo in cucina. Mi avvicinai e lui in tutta risposta urlò come un isterico.
“Oh cazzo, mi hai fatto prendere un colpo! Ti sembra il modo di accogliere le persone in casa?!” ansimò, tenendosi una mano nel petto.
“Certo perché è normale rientrare alle sette del mattino senza avvisare. Dove sei stato?”
“Ero con la tua amica, ci siamo divertiti un po'.”
Si formò un ghigno sul suo viso, tremendamente somigliante a quello di Tom. Quei due dovevano essere stati separati alla nascita.
“Okay, non voglio sapere altro. Ti chiedo solo di non farla soffrire, se ci devi andare a letto per poi illuderla, non lo fare. Lei tiene molto a te e se le mentirai le farai solo del male.”
Lui stette zitto per una ventina di secondi, guardandomi attentamente. Non riuscii a sostenere il suo sguardo.
“Stai per caso facendo qualche allusione a Tom?” chiese incrociando le braccia.
“E se anche fosse? Non sono comunque affari tuoi, visto che non è stato l'unico a mentirmi sull'amnesia.” risposi fredda.
“Non potevo dirti la verità, l'avevo promesso a Tom e poi mi aveva assicurato che sarebbe durata poco quella cazzata, non sapevo che fini avesse!”
“Ha avuto il fine di farmi soffrire, tutto qua. Comunque sia, non si scherza su queste cose. Ti credevo una persona migliore.”
“Guarda che non ero l'unico a saperlo, anche Ev-” si bloccò, probabilmente non avrebbe dovuto dirlo.
Evelyn lo sapeva e nemmeno lei aveva proferito parola.
“Vaffanculo, non mi posso più fidare neanche della mia migliore amica! Mondo di merda!” imprecai davanti a lui, probabilmente svegliando Tom.
Presi al volo un giubbotto e uscii da casa mia.
Mi diressi verso una destinazione ancora sconosciuta, ma volevo sfogarmi.
Chiamai Alex, che mi rispose dopo cinque squilli con una voce assonnata.
“P-pronto?”
“Alex sono Giorgia..”
Dopo aver nominato il mio nome il tono della sua voce cambiò, sembrava preoccupato.
“Giorgia? Che è successo?”
“Posso venire da te? So che sono le sette del mattino ma tu in questo momento sei l'unica persona con cui vorrei stare.” risposi con voce tremante.
“Ma certo, ti passo a prendere subito a casa tua.”
“No, no! Non sono a casa, sono davanti alla fermata dell'autobus!”
“Fermati lì, mi vesto e sono lì!”
Chiuse la chiamata senza aspettare una mia risposta, penso si fosse veramente preoccupato per me.
Arrivò dopo cinque minuti, salii in macchina e in poco tempo fummo a casa sua.
Dato che nel tragitto non parlammo, appena entrammo mi chiese il motivo della mia “visita mattiniera”.
“Ho litigato con Tom e Mark, e Evelyn è una stronza.”
“Di Tom non mi stupisco, dato quello che ti ha fatto. Cos'è successo con Mark ed Evelyn?”
“Sai, Tom mi ha mentito su un'altra cosa. Ma a parte questo, Mark ed Evelyn l'hanno sempre saputo e non mi hanno detto nulla. Mark, beh è il migliore amico di Tom. Ma Evelyn...è la mia migliore amica! Adesso per me sarà difficile fidarmi di qualcuno... mi ha delusa.” conclusi il discorso con un sospiro.
“Beh, sinceramente mi sembra strano che Evelyn abbia fatto una cosa del genere, magari non pensava che te la prendessi così tanto. Comunque, oggi resti con me. Per quanto ti possa tornare difficile, di me puoi fidarti! Adesso però fammi un sorriso!”
Ne accennai uno e lui mi strinse forte in un abbraccio. Dopo essersi staccato, mi prese per mano e mi portò in camera sua.
“Adesso riposati, hai delle occhiaie spaventose.”
Mi limitai ad annuire e lui si mise a fianco a me, abbracciandomi.
Caddi in un sonno profondo, sarebbe servita una guerra nucleare per svegliarmi.

 
Evelyn's point of view
 
Ero in casa con Mark.
“Evelyn, devo dirti una cosa.”
“Dimmi” risposi, cercando di rimanere il più tranquilla possibile.
“L'amnesia di Tom è una balla.”
Mi voltai di scatto, fissandolo con gli occhi spalancati.
“Che cosa?”
“Sì, è una messa in scena per farsi perdonare da Giorgia”
“Mark, tu sai che se lei lo viene a sapere siamo finiti, vero?”
“Lo so, Tom ha in mente un piano, non so di cosa si tratti però. Tu però devi stare zitta, devi promettermi che non glielo dirai.”
“N-non lo so, cioè è la mia migliore amica e non voglio tenerle nascoste delle cose del genere. Non posso!”
“Evelyn fallo per me! Ti prego, tu promettimi che non le dirai nulla!”
Non sapevo cosa fare, tenere o non il segreto?
Era una grandissima bugia e sapevo che Giorgia odiava le bugie.
Mark si voltò e mi guardò. Fissai i suoi meravigliosi occhi azzurri.
“Mi prometti che se lo viene a scoprire, non le dirai che anche io lo sapevo?”
“Prometto. Ti fidi di me?”
Sì.” risposi decisa.
Lui per tutta risposta si avvicinò e, prendendomi il viso tra le mani, mi baciò.
Sapevo che avevo fatto un'enorme cazzata ad accettare di mantenere il segreto, ma sapevo che di Mark potevo fidarmi.
Il bacio divenne più passionale, le nostre lingue combaciavano alla perfezione, era un momento perfetto. Mi trascinò sul divano e fui presto sopra di lui.
Le sue mani ruvide si intrufolarono sotto la mia maglietta e iniziarono a toccare il mio seno, provocandomi piccoli gemiti.
Mi staccai per un attimo e lui mi guardò confuso.
“Aspetta. Non qui, è scomodo!”
Alzò un sopracciglio, formando quell'espressione che ho sempre amato, ma subito dopo mi prese in braccio e salì le scale. Dopo qualche indicazione trovò la mia camera e chiuse la porta a chiave.
Si riattaccò alle mie labbra appena arrivammo sul letto e io non tardai a sfilare la sua maglia blu della Hurley. La cosa fu presto reciproca, continuò a baciare il mio seno, finché non scese e mi tirò giù la zip dei pantaloni – che mi tolse in pochi secondi -.
Si fermò per guardarmi e un ghigno comparve in entrambi i nostri visi.
“Sei sicura?” mi chiese quasi timidamente.
“Oh, eccome se lo sono!” risposi decisa, provocandogli una piccola risata.
“I tuoi?” continuò.
“Sono al lavoro.”
“Tuo fratello?”
“Siamo soli, Hoppus!”
Lo riattirai a me e lui ribaltò le posizioni, mettendosi sopra di me. Sentivo che qualcosa premeva sulla mia coscia, così gli tirai giù i pantaloni insieme ai suoi boxer. Dopo essersi liberato delle mie mutandine ed essersi messo un preservativo, entrò in me con una spinta forte. Gli accarezzavo i capelli mentre sentivo il suo respiro sul mio collo.
La mia camera si riempì di forti gemiti e ansimi di entrambi, avevo sempre sognato quel momento.
Aumentò la forza nelle spinte, così avvinghiai le gambe al suo bacino. Quando raggiungemmo il culmine del piacere, rovesciai la testa all'indietro e urlai il suo nome.
Si alzò per buttare il preservativo, intanto mi misi sotto le coperte e lui non tardò a raggiungermi.
Appoggiai la testa sul suo petto, i nostri cuori battevano in sincrono. Il mio però, batteva per lui.
“Amo il sesso mattutino.” disse tirando un sospiro di sollievo subito dopo.
Accennai una risata e mi strinsi di più a lui. Stavo provando qualcosa di forte, una sensazione indescrivibile. Ma sapevo che quel che desideravo accadesse, era impossibile.
Mentre accarezzava i miei capelli rossi – non molto lunghi – decisi di porgli una domanda.
“Mark” sussurrai timidamente.
“Mh?”
“Posso farti una domanda?”
“Certo”
“C-cosa sono per te?” balbettai incerta.
Non mi rispose subito, ci mise una ventina di secondi.
“Sai, è strano perché non so bene come risponderti. Non sei una qualunque, sei...speciale. Non sono come HotPants, non scopo con ragazze a caso. Sei interessante, ecco. L'unico problema è che hai 10 anni meno di me e questo fatto non aiuta, mi sentirei un po' pedofilo.”
“A parte il fatto che se sono consenziente la pedofilia non c'è, non sembrava che la mia età ti interessasse fino a qualche minuto fa!”
Decisi di buttarla sull'ironico, in realtà mi dispiaceva ma non volevo ammetterlo.
Lui sorrise e mi scompigliò i capelli.
“Mh, potremmo essere scopamici.”
Lo guardai interrogativa.
“Scopa-che?”
“Scopamici! Amici che scopano. Anche se tu sei più di un'amica, ma ci potremmo accontentare!”
Mi sedetti di scatto e lo guardai scioccata.
“Che?!” esclamai esterrefatta.
Mi guardò confuso senza rispondermi.
“Sei serio?” replicai.
“Certo che sono serio!”
L'idea di essere la 'scopamica' di Mark Hoppus era decisamente allettante.
Oltre tutto, aveva detto che ero più di un'amica. 'Perché non provare?' pensai. Presi la mia decisione definitiva e la dimostrai lanciandomi su di lui, premendo le sue labbra sulle mie.
Lo sentii sorridere su di esse e in quel momento mi sentii davvero felice.
“Mark Hoppus, io ti adoro!” dissi subito dopo essermi staccata.
“E io adoro te!” mi rispose accarezzandomi una guancia.
Ci alzammo e ci vestimmo. I vestiti erano sparsi ovunque.
“Hai visto il mio reggiseno?” chiedo cercando vicino al letto.
Lui si voltò e distolse velocemente lo sguardo.
“N-no ma copriti perché qua-alcuno si sta risve-egliando-o!”
Scoppiai a ridere e decisi di prenderne un altro dall'armadio.
Lo presi per mano e lo portai al piano di sotto.
“Piccola, ho fame!”
“Ma se abbiamo fatto colazione due ore fa!”
“Appunto!”
“Sono le undici, non puoi aspettare l'ora di pranzo?”
Cacciò un labbro fuori e fece gli occhi dolci. Come dirgli di no?
“E va bene.”
Decisi di preparargli un piatto di pasta al sugo che divorò in men che non si dica, lasciandomi a bocca aperta. A fine pasto si tasto lo stomaco e a me scappò una risata.
“Che c'è?” mi chiese interrogativo.
“Emh, no niente, non pensavo mangiassi così tanto!” continuai ridendo.
Sollevò un sopracciglio ma non rispose, si alzò dirigendosi verso di me e mi prese per mano.
Mi trascinò verso l'uscita di casa, ma ci bloccammo subito dopo aver sentito l'urlo di una donna. E non di una donna a caso.
“Evelyn! Dove stai andando?”
Mia madre lo conosceva alla perfezione, le parlavo sempre della band e del mio amore verso Mark, ma mi ripeteva sempre che ero troppo piccola per lui – se mai fosse accaduto qualcosa -.
Mark sbiancò e mi lasciò la mano, io sbuffai.
“Ciao anche a te, mamma. Sto uscendo con questo essere umano chiamato anche Mark Hoppus”
“Ma sei proprio una maleducata! Non me l'hai neanche presentato!”
Arrossii dalla vergogna, mia madre si poteva definire anche lei una fan dei blink.
Lo vidi sorridere, per poi prenderle la mano e lasciarci un bacio sopra.
“Incantato di conoscerla, signora.” disse semplicemente.
Stavo per scoppiare a ridere ma mi trattenni vista la reazione di mia madre.
“Oh, che ragazzo educato! Ho sempre detto ad Evelyn che tu sembravi il più simpatico...e direi anche il più carino!”
“MAMMA!” la ripresi scocciata.
“Tranquilla, tutte le mamme dicono questo di me, sono abituato!” fece per rassicurarmi.
Penso che lei non capì il doppio senso, forse era troppo presa a squadrarlo dalla testa ai piedi.
“Mamma, adesso noi usciamo.”
“Hai ripassato chimica?”
“Ti ho detto che non la capirò mai! E' inutile studiarla!” esclamai.
“Te la spiego io! Era una di quelle poche materie che capivo, sia lodata la mia professoressa!”
“Ecco mamma, mi può aiutare lui! Potremmo ripassare dopo cena!” dissi con gli occhi che luccicavano.
“Sai che non mi piace vederti studiare in compagnia, ti distrai.”
Cacciai un labbro in fuori e Mark mi imitò.
“Ti prego!”
Sbuffò, ma il suo sguardo si intenerì.
“E va bene, ma solo se prenderai un bel voto nel compito di lunedì!”
“Fuck yeah!” urlammo insieme io e Mark.
Ci guardammo e ci scappò una risata, prima di salutare mia madre e andarcene a fare un giro per Firenze.
Prendemmo la sua auto e dopo qualche indicazione arrivammo in centro.
Mi mise un braccio sulla spalla e a piedi ci dirigemmo verso Piazza del Duomo.
Parlammo del più e del meno : di mio fratello, di sua sorella, delle nuove canzoni che avevano in progetto. Lo fermarono anche per qualche autografo e qualche foto e io mi sentii tremendamente fortunata a rimanere di fianco al mio idolo per tutto il tempo.
Era un tipo ancora più interessante di quanto me l'aspettassi, sarei stata a parlare con lui per tutta la mia vita.
Decisi di portarlo a vedere i monumenti più famosi di Firenze, quello che lo colpì di più fu la statua di David.
“No scusa, chi ha fatto 'sta scultura?” chiese stranito.
“Michelangelo Buonarrotti, perché quella faccia?”
“Ma il suo pene è minuscolo!”
Con quella frase riuscì a farmi piangere dalle risate.
“Hoppus tu finirai per farmi morire!” dissi tra una risata e l'altra.
“E' vero! Non ho mai visto un pene così piccolo! Oh forse sì, quello di Tom.”
“Basta, ti prego!” continuai ridendo.
Dopo un bel respiro, mi asciugai le lacrime e ripresi a camminare con Mark.
“Piccola, sono stanco e ho fame!” disse dopo pochi minuti.
“Di nuovo?”
“Ma sono le sei!”
“Torniamo a casa allora, mia madre starà preparando la cena!”
“Amo quella donna. Ti piacerebbe diventare mia figlia?”
“Emh no, vai benissimo come scopamico!”
Rise e mi prese per mano, incamminandosi verso il parcheggio dove aveva lasciato l'auto.
Sarà stato lontano circa 10 minuti a piedi, ma siccome il fato mi odiava, dopo pochi minuti iniziò a piovere.
Indossavo un golfino leggero sopra una maglia a maniche corte, infatti dopo poco fui completamente zuppa.
Nonostante questo, mi divertii, dato che io e Mark iniziammo a correre come due bambini che giocano.
Ridevamo, scherzavamo, era un momento perfetto.
Arrivammo nel parcheggio ed entrammo velocemente nei sedili posteriori dell'auto per asciugarci.
Devo ammettere che vedere Mark Hoppus bagnato dalla testa ai piedi è alquanto eccitante.
“Oddio mi è colato tutto il trucco! Devo sembrare più ridicola del solito”
“Veramente sei ancora più sexy”
Arrossii per l'ennesima volta e mi tolsi la maglia per asciugarmi.
“Prima che tu dica qualcosa, ti dico solo di non pensare male”
“Ah” disse con fare sconsolato che mi fece sorridere.
Mi spostai i capelli zuppi dietro l'orecchio, tra noi si era formato uno strano silenzio.
Lo guardai, mi stava fissando e mi sentii un po' in imbarazzo.
“Qualcosa non va?” chiesi intimidita.
“No, nulla. Mi piace guardarti”
Alzai un sopracciglio e lo guardai confusa.
“Sei bella.” si limitò a dire, prima di accarezzarmi la guancia con le nocche della sua mano.
Si avvicinò un po' e fece strofinare i nostri nasi, per poi iniziare a lasciare una scia di baci sul mio collo.
Mi tolse la maglia ed istintivamente tolsi anche la sua, facendo fare la stessa fine ai nostri pantaloni.
 
Fare sesso due volte nella stessa giornata e per lo più con Mark Hoppus. Not bad.
 
Questa volta però, le sue spinte erano più calme, sembrava che volesse metterci più dolcezza.
Le sue mani mi avvolgevano il corpo, questa volta c'era qualcosa di diverso. Sembravamo più uniti.
Più le spinte aumentavano, più il piacere faceva lo stesso. Arrivati al massimo piacere, venimmo insieme con un gemito più forte di tutti gli altri. Uscì dal mio corpo, ma rimanemmo abbracciati.
Gli accarezzavo il collo, lui faceva lo stesso con i miei capelli ancora umidi.
Avevamo ancora il respiro affannato, ero veramente stanca.
“Mi hai sfinita, Mark.”
“Sono fiero di me. Dai adesso vestiamoci e andiamo a casa prima che i tuoi si preoccupino.” disse ridacchiando dopo avermi dato un bacio sulla fronte.
Annuii e dopo esserci rivestiti – con i vestiti ancora umidi – tornammo a casa.
Durante il tragitto mi addormentai, volevo ricaricarmi un po' dato che avrei dovuto studiare dopo cena.
Arrivati a casa, Mark si irrigidì perché si ritrovò davanti mio padre. Effettivamente a primo impatto poteva incutere un po' di paura, ma alla fine era un'uomo buono. Lo adoravo.
Mentre lui si presentava a mio padre, mia madre venne verso di me.
“Ma che ci fate conciati così?” chiese mia madre.
“Eravamo in centro e ha cominciato a piovere! Jake è in camera? Volevo chiedergli se aveva dei vestiti per Mark”
“No è uscito con Luca, vai a prendere qualcosa tu”
Annuii e andai verso Mark.
“Mark andiamo in camera di mio fratello a prenderti dei vestiti, ti cambierai lì”
“Emh, ok!” rispose facendo un cenno di saluto a mio padre.
Salimmo le scale e lo portai nella stanza.
“Forse riesco a trovare qualcosa di decente. Hai conosciuto mio padre?” chiedo frugando nell'armadio di mio fratello.
“Sì, pensavo fosse peggio, invece è pure simpatico!”
Sorrisi, porgendogli una maglia nera, un paio di dickies grigi, boxer e calzini.
Si spogliò tranquillamente davanti a me, rimanendo nudo.
“MARK! Ci sono i miei giù, copriti!” lo ripresi ridacchiando.
“Ma che c'entra! Non sono qui!” fece lui per giustificarsi, per poi mettersi i vestiti.
“Bene, adesso vado a cambiarmi”
“Posso venire anche io?”
“Vuoi che mio padre ti castri?”
Lo vidi sbiancare e fare cenno negativo con la testa. Gli feci una linguaccia per poi andare a mettermi qualcosa di asciutto.
Indossai un paio di leggings neri spessi e una maglia del medesimo colore dei Cure.
Quando uscii dalla stanza notai che Mark non c'era, così scesi le scale e lo trovai intento ad apparecchiare la tavola.
“L'avete già schiavizzato?” chiesi avvicinandomi per aiutarlo.
“Veramente si è offerto lui!” puntualizzò mia mamma.
Lui alzò lo sguardo e mi sorrise, per poi spostarlo sulla mia maglia.
Spalancò gli occhi e si avvicinò.
“T-tu, questa maglia, vuoi farmi per caso morire?” mi sussurrò all'orecchio.
“Sapevo che ti avrebbe fatto piacere, sono una delle mie band preferite.” feci con lo stesso tono di voce.
“Sarebbe un peccato doverla togliere...” continuò.
Gli diedi un pugno allo stomaco, ma l'unica cosa che comportò fu una sua risata.
Appena la cena fu pronta, ci sedemmo a tavola e mio padre naturalmente non tardò a fargli delle domande.
“Allora Mark, tu vieni dalla California, giusto?”
Si limitò a fare cenno positivo con la testa dato che stava masticando un boccone di carne.
“E sarai fidanzato immagino!”
Diede un colpo di tosse prima di ingoiare il boccone e parlare.
“Veramente no, mi frequento con una ragazza, ma nient'altro.”
“Alla tua età devi divertirti, fai bene!”
Fece un cenno di approvazione e continuando a mangiare. Continuarono a parlare, più o meno l'argomento era la musica, mio padre era un musicista da ragazzo e quindi si sentiva nel suo ambiente.
Lasciati vuoti i nostri piatti, Mark ed io ci alzammo ed andammo in camera a ripassare chimica.
“Quale argomento non ti torna?”
“La parte dell'atomo e quella sulla mole...” risposi perplessa.
Gli mostrai quel poco che avevo scritto in classe, lui ripassò qualcosa per rinfrescarsi la memoria e iniziò a spiegarmi tutto, passo per passo.
Dopo tre ore e mezza, verso le 2 di notte, finimmo e finalmente riuscii a capire quel fottutissimo argomento.
“Non so come tu ci sia riuscito!”
“Assicurati di far scrivere bene il nome sulla mia statua”
Scoppiai a ridere per l'ennesima volta in quella giornata.
“Ma dove te le trovi?!”
“Qua!” fece indicandosi la tempia.
Iniziai ad avere sonno, così sbadigliai.
Mark senza dire nulla, si alzò e mi prese in braccio, posandomi sotto le coperte del mio letto.
“Tu adesso dormi e noi ci vediamo domani mattina! E' tardi, alla tua età a quest'ora stavo già dormendo!”
“Sembri mio padre! Almeno sdraiati un po' con me”
“E se arrivano i tuoi?”
“A quest'ora dormiranno, dai vieni qui!” continuai tirandolo per un braccio.
Alla fine cedette e si stese con me, abbracciandomi. Pochi minuti dopo mi addormentai.
Mi risvegliai verso le 11, ma non sentii nessuno al mio fianco.
In compenso, trovai un bigliettino, naturalmente di Mark.
 
Scusami.
-Mark
 
Non capii il senso di quella parola. Perché doveva scusarsi?
I miei pensieri furono interrotti da una chiamata. Era Giorgia.
“Gio!”
“Tu, bastarda che non sei altro. Non ti voglio più vedere. Mi hai mentito. Pensavo fossi la mia migliore amica ma a quanto pare mi sbagliavo. Sappi che non voglio sentire nessuna scusa, non tollero le bugie e lo sai perfettamente. Non credevo fossi così. Ti avverto che sarà inutile cercarmi a casa, perché non mi troverai. Me ne vado.
Non feci in tempo a controbattere che buttò giù la telefonata.
Come aveva fatto a scoprire tutto?
Era stato sicuramente Mark. Mi fidavo di lui e lui mi aveva presa in giro.
Dovevo andare da Giorgia, a costo di girare tutta l'Italia, io dovevo trovarla.





Kaleidoscope's space :
Hola (?)
Ho scritto per due giorni di seguito, questo capitolo è venuto un po' più lungo degli altri, spero di non avervi annoiati :C
Ringrazio
Waves of Joy, Hotaru182 e shapeshifter per aver recensito il capitolo precedente!

 

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Capitolo 9
*** I'm too depressed to go on. ***


Dovevo andarmene per un po', stare lontana da certe persone. Sarei tornata dopo pochi giorni, dopo essermi sfogata e rilassata. Volevo assolutamente riprendermi, avevo il morale sotto terra. Incredibile come in una settimana il proprio morale si rivolti, vero?
Qualche giorno prima ero la persona più felice della terra, avevo incontrato i miei idoli, e invece in quel momento mi trovai in una situazione di merda in cui avevo litigato con loro e con la mia migliore amica.
“Allora, sei pronta?” chiese Alex quasi impaziente.
Erano le quattro del pomeriggio. Dato che i suoi genitori erano in vacanza a Londra, Alex decise di portarmi con sé nella loro casa a Lucca. Jako – il fratello di Evelyn – prese qualche suo vestito e me lo portò. Ne aveva talmente tanti che non se ne sarebbe mai accorta.
Lui era l'unico che sapeva della nostra 'fuga' e lo pregai di non dire nulla agli altri.
“Sì, andiamo.”
Prendemmo i borsoni e li caricammo nella macchina di Alex, per poi partire.
Non parlammo durante il viaggio, dato che mi addormentai.
Dopo essermi risvegliata e aver preso il mio borsone, Alex mi fece entrare nell'abitazione.
La trovai accogliente. Appena entrai, mi trovai davanti tre corridoi, quello a sinistra andava verso la cucina, quello a destra verso il salotto. Quello al centro invece, portava in una lunga scalinata che finiva arrivando davanti a tre stanze.
“Vieni, portiamo i bagagli in camera mia” disse lui prendendomi per mano.
Annuii non troppo convinta, mi sentivo sempre a disagio nelle case altrui.
Dopo aver sfatto le valige e aver sistemato i vestiti, Alex decise di portarmi a pranzo dopo aver sentito il brontolio del mio stomaco.
Mentre stavamo passeggiando per via Fillungo – la via piena di negozi di Lucca – lui mi teneva ben salda a sé, stringendomi con un braccio sulla mia spalla.
“Cosa ti andrebbe di mangiare?”
“Un pezzo di pizza andrebbe benissimo!”
“Sicura di non volere altro? Non mangi da un sacco!”
“Tranquillo, dopo tutto quello che è successo, ho lo stomaco sottosopra...”
Non aggiunse altro.
Stavo male, eccome se stavo male. Mi mancava Evelyn, non riuscivo a credere di aver appena litigato con lei. Non era mai successo e ormai pensavo che non potesse più accadere, ma a quanto pare mi sbagliavo. Volevo dimenticarmi di tutto ciò, così chiesi ad Alex se più tardi potessimo andare in un pub.
“Pub? Non è una brutta idea, sai reggere l'alcol?”
“Me lo chiedi pure?” risposi facendogli un occhiolino.
Accennò una risata ed entrammo in una pizzeria. Mi sedetti ad un tavolino, aspettando l'arrivo del mio ordine.
Dopo qualche minuto arrivò una cameriera che portò il tutto e mangiai con grande voracità il mio pezzo di pizza, sotto lo sguardo divertito di Alex.
“Stomaco sottosopra, eh?”
Feci la linguaccia e continuai a bere la mia birra.
“Progetti per oggi?” chiese lui.
“Vorrei vedere un po' la città, mi porti a fare un giro?”
“Ma certo! Ti porto anche sulle mura, oggi è la giornata adatta per andarci, il tempo è fantastico!”
Sorrisi e finii il mio pranzo. Usciti da quella pizzeria, mi portò in piazza Napoleone.
La prima cosa che notai fu un negozio di dischi e non tardai a fiondarmici dentro, trascinando Alex per un braccio.
Mi bloccai subito appena entrai, dopo aver sentito la canzone in riproduzione che mi fece saltare un battito.
 
Say it aint so, I will not go,
Turn the lights off, carry me home!
 
Strinsi più forte la mano di Alex, ma continuai a girovagare per quel negozio, in cerca di qualche cd interessante. Non riuscivo a concentrarmi, la sua voce, la voce di Tom, mi mancava. Avrei sicuramente voluto lui al posto di Alex, ma no, non dovevo volerlo. Alla fine non comprai nulla, volevo uscire da lì.
“Ti fa ancora male?” chiese Alex preoccupato.
Lo guardai confusa, per poi fare cenno negativo con la testa.
“Stai tranquillo. Allora, mi porti in giro o no?”
“Mi fido! Andiamo”
Le ore passarono veloci, dopo un breve giro per la città, lui mi portò sulle mura e ci addormentammo sotto il calore del sole, abbracciati.
Verso le cinque tornammo a casa e dopo essermi cambiata e truccata, andammo in un pub, dove ordinai un super alcolico.
“Hai solo 16 anni! Non esagerare eh!” mi disse Alex prima che il barman mi porgesse il terzo drink.
Mi avvicinai a lui, a pochi centimetri dal suo viso, lasciandogli un bacio a fior di labbra.
“Voglio divertirmi!” gli sussurrai.
Dopo il quinto bicchiere, lo presi per un braccio e lo trascinai via dal locale.
Lo attirai a me e lo baciai con passione, lasciandogli il segno del rossetto sulle labbra.
Quando mi staccai, barcollavo e lui mi prese in braccio, dirigendosi sulla strada verso casa.
Ridacchiavo, non capivo più nulla e in poco tempo mi ritrovai sul letto, intenta a sbottonare la camicia di Alex. Lui mi sfilò il mio vestito rosso e continuammo a baciarci mentre lui accarezzava il mio seno.
“Ti voglio” mormorai tra un gemito e l'altro.
“E io voglio te” rispose lui.
In poco tempo fummo entrambi nudi, l'uno sull'altro e quando lui entrò in me, sentii una sensazione bruttissima.
Capii che quello era sbagliato, che in quel momento, in me non c'era amore né attrazione ma solo voglia di sesso. Mi meravigliai di me stessa, ma ero troppo ubriaca per fermare tutto.
Le mie mani accarezzavano i suoi riccioli ricoperti di gel, mentre la stanza si riempiva dei forti ansimi di entrambi.
Raggiungemmo insieme il culmine del piacere e anche se erano solo le nove di sera, crollai dal sonno subito dopo essermi coricata sotto le coperte.

 
Mark's point of view
 
Vidi Giorgia uscire dalla porta ma quando provai a seguirla, la voce di Tom mi fermò.
“Mark, dov'è andata?” mi chiese barcollando, tenendosi la testa con il palmo di una mano.
“Non lo so, che hai?”
“Febbre, ma sta passando. Voglio sapere dov'è sta andando, io...devo andare da lei”
“Tu non vai da nessuna parte, vai a riposarti, la vado a cercare io.”
Non rispose, sembrava in trance, si girò e tornò nel divano.
Uscii di nuovo di casa, andando a cercare Giorgia.
Urlavo il suo nome, ma di lei nessuna traccia. Mentre giravo l'ennesimo angolo di una strada, sentii squillare il telefono, era Tom.
“Tom?”
“M-Mark ti prego, t-torna qui, non mi s-ento bene”
La sua voce era stanca, stava evidentemente male, così non ci pensai due volte a tornare indietro.
In pochi minuti fui in casa, lo trovai accasciato a terra, sudato come se avesse fatto una doccia.
Lo tirai su - malgrado fosse il doppio di me – e lo stesi nel divano. Era bollente, avrà avuto la febbre altissima, così andai in cucina e trovai delle medicine, ma non riuscivo a capire quale fosse quella giusta, dato che tutte le istruzioni erano in italiano.
Continuai a guardarmi in giro, trovando una scatola rosa e bianca aperta, così la presi e andai da Tom, facendolo voltare verso di me.
“DeLonge guardami, hai preso questa prima?”
Mi guardò, aveva gli occhi lucidi, ma riuscii ad annuire. Così presi la pasticca all'interno della scatola e la misi in un bicchier d'acqua, facendogli bere il tutto.
“Vedrai che passerà”
Non era la prima volta che vedevo Tom in quelle condizioni, ne avevamo passate tante insieme.
Presi dal freezer del ghiaccio e lo misi dentro un panno, che posai sul capo di Tom.
“Mark, dov'è?”
“Chi?”
“Giorgia, dov'è Giorgia?”
“Non lo so, dopo torno a cercarla. Adesso fatti passare la febbre!”
“Devo andare da lei, ho bisogno di lei, Mark ho bisogno di lei”
“Tom, chiudi quella cazzo di bocca e dormi.”
Non rispose, ma quelle parole mi fecero confondere, probabilmente avevo capito a cosa si riferisse.
Appena si addormentò, tolsi il ghiaccio e mi addormentai nella poltrona di fianco a lui.
Mi risvegliai verso le quattro del pomeriggio, quando sentii dei rumori dalla cucina. Tom non era più nel divano, infatti stava cercando qualcosa da mangiare.
“Vedo che ti sei ripreso!”
Si voltò e mi sorrise, continuando a cercare del cibo, finché non trovò un pacchetto di patatine.
“Vado a farmi una doccia” si limitò a dire, per poi salire le scale.
Aspettai sul divano, pensando alla cazzata che avevo fatto. Avevo tradito la fiducia di Evelyn, mannaggia alla mia boccaccia.
Iniziavo a tenere veramente tanto – e forse troppo – a quella ragazzina. E forse i miei sentimenti stavano cambiando, si stavano ingrandendo. Ma non poteva accadere.
La voce di Tom mi fece tornare alla – triste – realtà.
“Bene, adesso andiamo” fece per poi allontanandosi verso la porta d'uscita.
“Oh, dove?” chiesi confuso.
“A cercare Giorgia”
Mi limitai ad annuire, per poi prendere le chiavi di casa e chiudere.
Mentre camminavamo verso casa di Evelyn – eravamo sicuri che lei sapesse dove fosse – iniziai a fare delle domande a Tom.
“DeLonge, non è che ti stai innamorando?”
“Innamorarmi? Io? Devo ricordarti chi sono? E poi di chi dovrei innamorarmi?”
“Di Giorgia, per esempio.”
“Non vedo perché dovrei.”
“Oh beh, fino a qualche ora fa continuavi a dire che avevi bisogno di lei e che volevi andarla a cercare a tutti i costi!”
“Avevo la febbre alta e comunque la voglio trovare perché sono preoccupato. E' mia amica.”
“Certo Thomas, amica.”
Lui non rispose, ma sapevo benissimo che stava tramando qualcosa.
Arrivati a casa di Evelyn, la trovammo sul portico. Non aveva un bell'aspetto, sembrava tremendamente infuriata. Ero decisamente nei guai.
“Voi due, siete dei bugiardi. Tu in primis!” disse stizzita, indicandomi.
Tom mi guardò confuso.
“Piccola, posso spiegarti”
“Per prima cosa, non sono la tua piccola. Seconda cosa, mi hai delusa. Avevi promesso!”
I suoi occhi iniziarono a diventare lucidi.
“Ti prego non ti arrabbiare, non avrei dovuto dirglielo, è vero. Ma lo sai che parlo troppo certe volte! Non volevo farlo, te lo giuro!”
“Non cercare di trovare delle fottutissime scuse, mi fidavo di te! Adesso per colpa tua ho perso la mia migliore amica e mio fratello non mi vuole dire dov'è!”
Tom si avvicinò, interrompendo il suo discorso.
“Tuo fratello sa dov'è Giorgia?”
Annuì, mordendosi un labbro.
“Bene, lo faccio parlare io.”
Senza dire altro si diresse verso l'entrata della casa di Evelyn. Evelyn ed io naturalmente lo seguimmo.
Un ragazzo moro assomigliante a lei – che identificai come Jako – spuntò dalla cucina.
“Sei il fratello di Evelyn?” chiese Tom con fare angelico.
“Sì, perché?”
“Dimmi dove si trova Giorgia.” continuò, diventando tremendamente serio.
“Ma anche no, chi ti credi di essere?”
“Dimmelo o sarà peggio per te.”
“Ma fammi il fav-”
Il ragazzo non fece in tempo a finire la frase che Tom lo alzò prendendolo per la maglietta e lo sbatté contro il muro.
“Ti ho fatto una domanda ragazzino, adesso rispondi!” disse urlando.
“TOM!” gridò Evelyn, in preda al panico.
“Vuoi fare il grande, eh? Non te lo dirò mai!” rispose Jako tranquillamente.
Tom non se lo fece ripetere due volte, così gli mollò un pugno in faccia e lo buttò a terra.
Evelyn andò verso di lui, mentre io bloccai Tom per evitare una rissa.
“Tom, ma che cazzo fai?” feci per riprenderlo.
Lui non mi ascoltò e si riavvicinò verso Jako.
“Non mi piace ripetermi, dimmi dov'è Giorgia.”
“E' con A-Alex, alla sua casa di Lucca! Posso darti l'indirizzo, lasciami stare adesso!” rispose spaventato.
Tom strinse i pugni quando pronunciò il nome di Alex.
“Bene, dammelo subito.” concluse serio.
Jako si rialzò con l'aiuto della sorella e scrisse su un bigliettino l'indirizzo.
Senza dire nulla, uscì dalla porta e quando provai a seguirlo, si voltò.
Il suo sguardo era quasi minaccioso, non l'avevo mai visto così.
“Vado da solo.” disse, per poi incamminarsi verso non so che direzione.
In quei casi bisognava lasciarlo solo, così rimasi con Evelyn, che ancora era infuriata con me.
Aspettai che suo fratello prese del ghiaccio e se ne andò in camera, per poi avvicinarmi a lei.
“Mark, non ne voglio parl-”
“Aspetta, ti prego lasciami spiegare. Sono un perfezionista, ma certe volte riesco a rovinare tutto. Non sono riuscito a tenere la bocca chiusa, ma ti giuro che non volevo ferirti. So che prima pensavi che potessi essere perfetto. Ti sbagliavi, ho una marea di difetti e dev'essere difficile sopportarmi. Magari non riuscirò più ad avere la tua fiducia, però vorrei che potessi perdonarmi. Ci tengo a te, forse più di quanto tu possa credere e non voglio perderti.”
I suoi occhi diventarono lucidi e abbozzò un sorriso, prima di avvicinarsi a me ed abbracciarmi forte. Non disse nulla e mentre i suoi singhiozzi iniziarono a riempire il silenzio che si era formato, le accarezzavo i capelli.
“T-ti adoro” sussurrò tirando su col naso.
Accennai una risata, prima di poggiare due dita sul suo mento e voltare il suo bellissimo viso verso il mio.
“E io adoro te”
Subito dopo quella risposta, si alzò sulle punte e mi baciò.


Giorgia's point of view 
 
Mi risvegliai sola, erano più o meno le due. Mi rivestii con una tuta, per poi scendere in cucina.
Sul frigorifero c'era un post, probabilmente di Alex.
 
Mio fratello è in ospedale per non so che motivo, sono andato a controllare.
Torno il prima possibile, non aspettarmi alzata!
 
Appoggiai il foglio nel tavolo, ma non feci in tempo a versarmi un bicchiere d'acqua che sentii qualcuno bussare insistentemente alla porta.
Era Evelyn.
“P-posso entrare?” chiese timidamente.
I suoi occhi erano lucidi e m'intenerirono dannatamente, così feci cenno positivo con la testa.
“Evelyn sappi ch-”
“N-no aspetta! Lasciami parlare! Ti prego lo so, sono stata una stronza. Non volevo mentirti, né era mia intenzione farti stare male! Ti voglio bene, sei come una sorella che non ho mai avuto e non voglio che una cazzata simile ci divida! Ricordo quando da piccole, appena conosciute, ti chiudesti nella tua camera per cinque giorni perché avevi litigato con tuo padre e non volevi più parlare con nessuno. Ti venni a cercare e quando riuscii a salire in camera tua ti lasciai un bigliettino davanti alla porta. Ricordi?”
Eccome se lo ricordavo.
 
Non so se hai voglia di leggere, ma ci provo comunque.
Volevo farti sapere che se vuoi sfogarti con qualcuno, io ci sono, basta che vieni a bussare alla porta. Mi sono affezionata a te in poco tempo perché sei veramente una ragazza speciale. Quando non ti ho vista più venire al parco e tua sorella mi ha detto che eri triste, mi sono preoccupata tanto, davvero! Voglio aiutarti perché non mi piace vederti star male. Ti voglio tantissimo bene, Gio!
P.S. Mi manchi!
P.P.S. So che ti sembrerà strano che io possa essere riuscita a scrivere un discorso senza errori, infatti mi ha aiutato la mamma. Ah, manchi anche a lei!
 
Mi salirono i brividi ripensando a quei momenti e una lacrima scese dal mio sguardo, che si rilassò.
“Ecco, quella lettera l'avevo scritta con il cuore e forse anche con l'aiuto di mia madre dato che non sapevo bene l'italiano...ma questo è un altro fatto. Penso ancora tutto ciò e ti prego perdonami perché non riuscirei mai ad andare avanti senza di te!”
Senza dire nulla, la abbracciai e la strinsi veramente forte. Non me ne importò più nulla della sua bugia, potevo perdonarla perché le volevo veramente bene.
“Devo prenderlo come un 'Sì, ti perdono' ?” mi sussurrò.
“Ma certo che ti perdono, scema!” feci scompigliandogli i capelli.
Bevemmo un bicchiere di latte insieme, mentre lei mi raccontava di Mark. Non sfiorammo neanche di un po' 'l'argomento di Tom'.
“Ma quelli non sono miei?” disse indicando i miei vestiti.
“Emh”
“Non me n'ero neanche accorta! Tienili, ma quando torni riportameli.”
Annuii e scoppiamo entrambe a ridere. Nel bel mezzo dei nostri discorsi però, sua madre la chiamò dicendole di tornare a casa e che aveva mandato Mark a prenderla.
“Quando torni?” chiese prima di uscire dalla porta.
“Non lo so, presto, te lo prometto” risposi facendole l'occhiolino.
Lei sorrise e uscì, dirigendosi verso l'auto di Mark – che mi salutò con un sorrisone -.
Erano quasi le quattro del mattino, ormai ero sfinita e volevo tornarmene a letto, ma prima decisi di chiamare Alex.
“Gio! Che fai ancora sveglia?”
“Hey, quando torni?”
“Guarda, questo stupido ha fatto un incidente in motorino, niente di grave. Resto qui fino a che non si calma, faccio il prima possibile, spero di riuscire ad arrivare verso l'ora di pranzo!”
“Oh, mi spiace molto...salutamelo e digli di rimettersi! Ti aspetto.”
“Lo farò, ciao bella!”
Feci giusto in tempo a chiudere la telefonata che subito dopo qualcuno bussò alla mia porta insistentemente.
Dall'occhiello non riuscivo a capire chi fosse, era buio, così aprii con cautela.
Non feci in tempo a richiudere che la figura si intrufolò in casa, ma non era una persona qualunque.
“Cosa ci fai qui? Vattene!” gli urlai.
“Per favore, non iniziare a strillare.”
“Non voglio vederti, tornatene a Poway, stronzo!”
“Smettila, smettila, smettila, cazzo! Possibile che tu non mi voglia ascoltare?”
“Come posso volerti ascoltare ancora dopo tutto quello che mi hai fatto?!”
“Ho una spiegazione per tutto, sei tu che non vuoi starmi a sentire!”
Continuavamo a gridare, attaccandoci come mai avevo fatto in vita mia.
“Non mi importa delle tue spiegazioni, mi hai mentito, Thomas. Hai approfittato di me come se nulla fosse e adesso vorresti anche che ti perdonassi!?”
“Oh Cristo, sei una stupida! Non hai capito nulla!”
Gli mollai uno schiaffo.
“Stupido sarai tu, non ti permettere!”
“Non ti sopporto più, non so neanche perché sono qui!”
“E allora vattene!” dissi avvicinandomi.
“Vorrei ma c'è una parte di me che non vuole farlo.”
“Non vedo il motivo, esci da questa casa!”
“NO!” urlò ancora più forte, spaventandomi.
“SI!” feci, cercando di sostenere il suo tono.
“Possibile che tu non abbia capito niente? Sei così idiota?” continuò, sovrastandomi con tutto il suo metro e novanta.
“Ti odio.” conclusi con una lacrima che scorreva sul mio viso.
Senza rispondere, lui abbassò il viso e si attaccò alle mie labbra. La sua lingua stava chiedendo accesso e non so per quale motivo, glielo diedi. Iniziammo a baciarci con passione, mi prese in braccio e finimmo nel divano. In quel momento, capii di aver sbagliato ad aver fatto sesso con Alex. Non provavo nulla per lui, provavo qualcosa per Tom. Qualcosa che doveva smettere di esistere.
Mi spogliò totalmente in men che non si dica e feci lo stesso con lui.
Quando ci ritrovammo nudi entrambi, si staccò da me ansimando.
“Mi odi veramente?”
“N-no” balbettai.
Riprese a baciarmi, per poi entrare con forza dentro di me, facendomi sentire un gran dolore misto piacere immenso che mi fece urlare.
Le sue spinte aumentavano e quando stavamo per raggiungere il 'paradiso' mi guardò dritta negli occhi.
“Pe-erdona-ami” mi sussurrò prima che entrambi venimmo.
Con il cuore che batteva a mille, rimasi sdraiata nel divano mentre lui si rivestiva.
Senza proferire parola, si avvicinò a me e mi rivestì, mentre ancora cercavo di recuperare il fiato.
Poi si sedette e mi prese le mani.
“Non ho fatto sesso con te per scommessa, l'ho fatto perché era quello che mi sentivo di fare. Non sono andato a letto con un'altra il giorno dopo, mi hai trovato ubriaco e sì, sono una persona orribile quando bevo troppo. Non ti ho mentito sull'amnesia per prenderti in giro, ma per cercare di iniziare da capo ciò che avevo rovinato. Sono sempre stato un genio nel rovinare le relazioni e speravo di poter salvare almeno questa, ma come al solito ho peggiorato la situazione. Scusami. Non c'è aggettivo per descrivere come mi sento in questo momento.”
Quelle parole mi lasciarono senza fiato, mi sentii veramente in colpa per non averle ascoltate prima.
“Tu devi scusarmi. Non ti ho dato l'occasione di spiegarmi tutto questo e mi sento una stupida per non averlo fatto.” dissi, accarezzandogli i capelli scompigliati.
Lui accennò un sorriso, presi il respiro per poi continuare a parlare.
“Però ho capito una cosa, poco fa. Non voglio comunque avere una relazione con te, non riesco a darti fiducia, scusa. Tra noi ci potrà essere solo amicizia, una grande amicizia.” conclusi, abbassando lo sguardo.
“E' questo quello che vuoi?” mi chiese quasi timidamente, con un chiarissimo velo di tristezza nella voce.
“Sì.” risposi, cercando di sembrare il più decisa possibile.
No, non era quello che volevo, ma era l'unica soluzione per stare meglio. Non potevo essere sicura che lui non mi avrebbe mentito nuovamente e quella era l'unica cosa che mi sembrava giusta fare.


Kaleidoscope's space :
Here we go, so che c'ho messo tanto per pubblicare ma ero sommersa di interrogazioni/verifiche. Per fortuna è iniziata una settimana di vacanze, così sono riuscita a scrivere questo capitolo u.u 
Ringrazio Waves of Joy e Hotaru182 (che ha scritto una recensione breve e quindi non è apparsa online) per aver recensito il capitolo precedente.
Bye :3

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Capitolo 10
*** Your heart will attack, even if she falls in love! ***


Si passò una mano tra i capelli e sbuffò. Si alzò e si avviò verso la porta : non l'aveva presa bene.
Lo trattenni per un braccio, fermandolo e quando lui si voltò, notai il suo sguardo triste.
“Tom, è l'unica soluzione per andare avanti tranquilli. Tra noi non può funzionare, è evidente, ma ti voglio veramente un gran bene!”
“Voglio di più” disse semplicemente, fissandomi intensamente.
“Per favore” mormorai con voce tremante, prima di iniziare a singhiozzare.
Lui mi attirò a sé e mi strinse forte, accarezzandomi i capelli.
“Non piangere, non dovevo reagire così”
Feci come aveva detto, trattenni le lacrime e tirai su col naso.
“Vai Tom” sussurrai.
Prima di staccarsi, mi prese il viso con le mani e mi lasciò un piccolo bacio sulle labbra, che ricambiai. Subito dopo, senza dire nulla, se ne andò, lasciando un enorme vuoto dentro me.
Quel bacio mi aveva fatto male, non feci in tempo a toccare il divano che scoppiai a piangere, singhiozzando.
“Gio, che succede?”
La voce di Alex mi fece sussultare.
Dovevo dirglielo, dovevo fargli sapere che tra noi non poteva andare avanti.
“A-Alex, d-dobbiamo parlare...” balbettai tra un singhiozzo e l'altro.
Si sedette vicino a me e aspettò che continuassi a parlare.
“Prima è passato Tom e a-abbiamo chiarito”
Mi guardò interrogativo.
“No, s-stiamo insieme ma h-ho capito che provo ancora qualcosa p-per lui”
Presi un gran respiro, cercando di interrompere i singhiozzi.
“E non voglio prenderti in giro”
“Vorresti dire che tra noi è finita?”
“S-sì”
“Tutta colpa di quel coglione, io e te siamo perfetti, come fai a non capirlo?”
“Alex, per favore, non rendere le cose più difficili di quanto non lo siano già”
“Non capisci un cazzo! Tu devi restare con me, va bene?!”
Il tono della sua voce si alzò, iniziò a farmi paura, così mi alzai e mi allontanai.
“Sei mia, Giorgia.” affermò prima di dirigersi verso di me, prendendomi i polsi.
“Mi stai facendo male, lasciami”
Non lo riconoscevo veramente più, il suo sguardo era cambiato, non era più il solito Alex dallo sguardo dolce e tenero.
“Tu mi stai facendo del male!” urlò, mi fecero male le orecchie.
Lo spinsi via e mentre lui tornava verso me, uscii dalla casa. Corsi fino a qualche metro, finché due forti braccia mi accolsero nel petto del proprietario. Il suo profumo mi fece capire chi fosse.
Tenevo gli occhi chiusi, avevo paura. Sentii i passi di Alex avvicinarsi sempre di più, fino ad arrivare di fronte a me e Tom.
“Ah ci sei anche tu, perfetto. Adesso lascia a me Giorgia”
“Per prima cosa : non trattarla come se fosse un oggetto. Seconda cosa : casomai lo fosse, lei è mia. Terza cosa : prova a toccarla e ti pesto.”
Lo strinsi più forte, come se fosse la mia ancora di salvezza, pur sapendo che quel gesto avrebbe fatto male ad entrambi.
“E' questo che vuoi, Giorgia? Stare con il ragazzo che ti ha mentito fin dal primo momento?”
Feci timidamente cenno positivo con la testa, ma presto sentii la sua presa sul mio braccio. Tom mi mollò e non feci in tempo a voltarmi che vidi Alex steso a terra con il naso sanguinante. Si rialzò in un attimo e si allontanò.
“Non è finita qui, DeLonge” concluse, prima di sparire dietro un angolo.
Tom tornò subito da me.
“Stai bene? Ti ha fatto del male?” chiese preoccupato, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
“N-no” mormorai.
“Andiamocene” fece, per poi prendermi in braccio e portarmi verso non so che direzione, dato che mi addormentai, ormai senza forze.
 
 
Due settimane passarono in fretta.
Con Tom la situazione non era né peggiorata, né migliorata. Ci vedevamo la mattina per colazione e raramente la sera per cena.
Anche tra Evelyn e Mark la situazione non cambiò, il loro patto di scopamici rimase saldo come all'inizio.
Decisi di rimettere a posto la mia stanza, così mi alzai e mi diressi verso la parete ormai vuota.
Ripresi i poster e con dei piccoli pezzi di scotch li riattaccai, uno per uno. La porta per fortuna era apposto, Mark l'aveva rimessa in sesto. Quando finì l'opera, scesi le scale e mi trovai davanti un ragazzo con i rasta, ma non uno qualunque.
“Travis!” feci sobbalzando.
Ero felice di vederlo, in questi giorni mi ero quasi dimenticata della mia ammirazione verso quel ragazzo. Si voltò e mi sorrise.
“Hey! Sono qua perché gli altri dovevano andare in un posto, non so dove però”
“Emh ecco sì, sono felicissima comunque! Ti ammiro un sacco, Trav!”
Lui arrossì – reazione che un po' mi aspettavo -
“Oh, non dire così! Non hai nulla da ammirare in me!”
“Allora è vero che sei timido!”
“Un pochino...” fece ridacchiando.
Feci la linguaccia, per poi vedere l'ora.
“Ma, sono le tre del pomeriggio! Quanto ho dormito?”
“Direi tanto, ma non me la sentivo di svegliarti. Dormivi con un angioletto!”
“Beh, hai fatto bene, avevo bisogno di dormire...” feci dopo aver sospirato.
“Come mai? Hai fatto le ore piccole?”
“No, gli altri due non ti hanno raccontato nulla?” chiesi con un velo di curiosità.
“Mark mi ha accennato qualcosa, Tom non mi ha voluto parlare..l''ho visto piuttosto male. Oltre tutto in questi giorni sono stato con Melissa, che è partita ieri”
“T-tom sta male?” chiesi balbettando.
“Bene non sta, mi sembrava tremendamente triste”
“Sono una dannata testa di cazzo!” feci imprecando.
Mi guardò interrogativo.
“E' colpa mia, è tutta colpa mia se adesso sta male!”
Mi toccavo nervosamente i capelli, così lui si avvicinò e mi accompagnò a sedermi sul divano.
“Sfogati, se vuoi” disse angelico.
Presi un bel respiro, per poi raccontargli tutto nei minimi particolari e lui mi ascoltò durante tutto il mio discorso.
Non so perché, ma sapevo che potevo fidarmi di Travis.
“Ascolta, sembrerebbe un controsenso il fatto che tu provi qualcosa per Tom e allo stesso tempo non voglia averci una relazione. Ma d'altronde è normale che adesso la tua decisione sia questa, magari cambierai idea! Non ti dare fretta, tanto lui non scappa. Se ti può far sentire meglio, potrei parlarci io! Ovviamente tu non mi hai detto nulla...”
“Davvero lo faresti?” dissi con gli occhi lucidi.
“Certo che lo farei! Infondo aiuterei entrambi, no?”
Lo abbracciai forte, provocandogli una risata.
“Grazie, grazie e ancora grazie, Trav!”
Mi scompigliò i capelli e sorrise.
“Non c'è bisogno di ringraziare!”
Sorrisi anche io, finalmente sollevata dopo averne parlato con qualcuno.
Il silenzio venne spaccato dal suono del suo cellulare.
“Hey - Ahn, sì - Ok, ciao! -”
“Dovrei fare una commissione, vuoi venire con me?”
“Se mi dai il tempo di cambiarmi, volentieri!” esclamai.
“Perfetto, ti aspetto qui”
Mi incamminai verso il bagno.
Feci una doccia veloce, indossai una felpa grigia dei blink – regalo di Evelyn – e un paio di leggings bianchi, raccogliendo i capelli in una coda alta. Dopo essermi truccata con una riga sottile di eyeliner, scesi le scale ma quello che mi trovai davanti fu una situazione a dir poco inaspettata.
C'erano Mark, Travis, Marta, ed Evelyn seduti davanti a me. Mia sorella si alzò e si diresse verso di me.
“Giorgia, siediti. Dobbiamo dirti una cosa importante.”
Il cuore mi saltò un battito, odiavo quelle parole e pensai subito al peggio.
Feci come disse, mi sedetti e lei mi consegnò una busta.
La aprii con cautela, come se da un momento all'altro potesse scoppiare.
Vidi un biglietto e non appena lessi il contenuto saltai in piedi.
 
Viaggio di andata per San Diego (CA)
26/04
Aeroporto di Firenze, ore 07:00
 
Spalancai gli occhi e mi lasciai scivolare una lacrima di gioia sul viso.
“Ditemi che non sto sognando” dissi quasi senza fiato dall'emozione.
“Ti meriti un mese di riposo” aggiunse Mark.
Nel frattempo gli altri si alzarono e io non potei fare a meno di chiedere un abbraccio di gruppo.
“Oh cristo ragazzi, vi amo, lo giuro!”
Sorrisero e ci stringemmo più forte.
Era vero, gli volevo proprio un gran bene.
“M-ma partiamo domani! C-cosa dirò a scuola? Non c'è il rischio che perda l'anno?”
“Ho parlato con la tua preside, hai un mese di vacanza giustificato.”
“Così potrai seguirci in tour!” aggiunse esaltato Travis.
Ero felice, ma lo sarei stata di più se lì ci fosse stato anche Tom.
Sentimmo bussare alla porta, così corsi ad aprire : erano i genitori di Evelyn.
“Siamo in ritardo? Volevamo vedere la scena anche noi!”
“Emh, sì mamma siete arrivati tardi.” rispose lei.
“Non proprio!” aggiunse Mark.
Evelyn lo guardò interrogativa.
“Questo è per te” fece consegnandole un'altra busta.
La aprii e vide un biglietto uguale al mio.
“Cos-” venne interrotta da sua madre.
“Ha fatto tutto Mark, noi abbiamo semplicemente dato l'okay, ci fidiamo di lui!”
In men che non si dica, Evelyn saltò in braccio a Mark, abbracciandolo forte.
“Ti adoro, ti adoro, ti adoro!” continuò lei, affondando la testa nell'incavo del collo di lui.
Lui rise e le diede un bacio sulla guancia.
Dopo essersi staccati Evelyn venne verso me e mi strinse le mani.
“Giorgia, andremo in America, insieme.”
“In California.” precisai.
“A San Diego.” continuò lei.
“A vedere un concerto dei blink-182.”
Tirammo un urlo di felicità come quando da piccole ci portarono in vacanza insieme.
Mi avvicinai a Marta, prendendola da una parte.
“Ma hai pagato tu?”
“Ovviamente no, dove li trovo tutti quei soldi?”
“E chi l'ha fatto?”
“Tom, quel tizio che è fuori sul portico. Si chiama così vero?”
Non risposi, volevo andare a ringraziarlo - per quanto potesse interessargli - così uscii e lo trovai con una sigaretta in bocca.
Andai verso di lui e gli sfilai la sigaretta di mano, facendo un tiro.
“Sei venuta qui per rubarmi qualche tiro?” chiese quasi scocciato.
“No, sono qui per ringraziarti per il viaggio”
Buttò la sigaretta a terra, schiacciandola.
“Prego” concluse, per poi avviarsi verso la porta.
Lo trattenni per il suo braccio tatuato, facendolo rivoltare verso di me.
“Grazie anche per avermi portata via da Alex” dissi con un tono più basso.
“Mi sta sulle palle quel tizio. Altro da dirmi?”
“Stai male?”
“Non vedo perché dovrei. Bella felpa, comunque”
Il suo tono di voce era freddo, decisi di non trattenerlo di più. Sembrava quasi scocciato.
Sbuffai e lo seguii, tornando in casa.
“Vado con Evelyn e i suoi, la aiuto a fare la valigia” fece Mark, per poi uscire con gli altri.
“Torno in albergo, vado anche io a prepararla. Ci si vede!” concluse Travis.
Annuimmo e rimanemmo soli, circondati da un silenzio tombale.
“Ti va di vedere un film?” chiesi timidamente.
“Dipende quale”
“Alien – La clonazione, va bene?”
Accennò un sorriso e annuì, per poi sedersi sul divano.
Il film iniziò e l'atmosfera era veramente tesa. Eravamo evidentemente nervosi.
Sobbalzai dopo aver visto il primo alieno, così mi coprii gli occhi.
Non ero solita spaventarmi, ma lo stress in un certo senso mi faceva diventare più debole.
Lui si avvicinò e mi abbracciò, ma dopo poco sentii un dolore assurdo all'addome che mi fece letteralmente piegare in due. Vidi Tom allarmarsi.
“Cos'hai?”
“N-nulla, non ho mangiato e ho i crampi allo stomaco” feci ipotizzando.
“Ti preparo qualcosa?”
“Mi basta bere un bicchiere di latte, tranquillo”
Dopo averlo fatto, tornammo a vedere il film. Appena finì, andai a letto dato che dovevamo svegliarci presto la mattina dopo, non prima di aver fatto la valigia.
Mi risvegliai alle 3.30, dopo una bella doccia ed essermi vestita, andai a svegliare Tom, che dormiva nella stanza a fianco.
“Svegliati, dormiglione!”
“Sono sveglio” biascicò con la testa ancora sotto le coperte.
“Allora alzati!”
Dopo aver mugugnato qualche parola incomprensibile, si tolse le coperte di dosso e si alzò.
Arrossii vistosamente. Non l'avevo mai visto appena sveglio ed era tremendamente sexy.
Sghignazzò, per poi andarsi a cambiare.
Alle 4.30 partimmo di casa per andare in aereoporto.
Dopo un'ora e mezzo di check-in e un'altra ora di attesa, mi trovavo sull'aereo tra Tom e Travis.
Quando decollò, strinsi istintivamente la mano di Tom, che scoppiò a ridere.
“Sei patetica!”
I know I'm pathetic, I knew when...you said it!” canticchiai, dopo essermi calmata un po'.
“Citazioni a caso, direi” aggiunse.
Ridacchiai per poi abbandonarmi al mio ipod.
Facemmo scalo a New York e dopo un altro paio d'ore fummo all'aeroporto di San Diego.
Ero eccitatissima, quando scendemmo Evelyn mi raggiunse.
“SIAMO IN CALIFORNIA, STRONZI!” urlammo, per poi scoppiare a ridere entrambe.
Dopo il check-out, incontrammo la sorella di Mark.
“Anne, questa è Evelyn. Lei invece è Giorgia”
“Figo! Siete italiane?” chiese entusiasta.
“Io sì, lei è italo-americana” feci io, stringendole la mano.
“Emh, Anne, sappi che adoro anche te! Cioè se non fosse per te probabilmente i blink non ci sarebbero e...ecco io, niente, grazie!” balbettò Evelyn.
Lei rise di gusto.
“Che dire, prego! Sei simpatica!”
Dopo qualche scambio di parole, i ragazzi ci portarono in albergo.
La sera stessa avevano un concerto e mi chiedevo come avrebbero potuto riuscire a suonare dato il jetlag. Evelyn ed io, infatti, appena toccammo il letto della nostra stanza ci addormentammo, sfinite dal lungo viaggio. Mia sorella ci risvegliò più tardi.
“Pelandrone, tra due ore i vostri amati inizieranno a suonare, vi va di andarci o volete stare qui a poltrire?”
Ci alzammo di scatto e subito sfacemmo le valige per trovare qualcosa di decente da metterci : maglia dei blink e pantaloncini.
Corremmo verso l'uscita, i ragazzi avevano chiamato un furgone che ci portasse nel luogo del concerto.
Li trovammo tutti e tre dentro, carichi e pronti per suonare.
“Backstage o parterre?” chiese Mark.
“Backstage!” esclamò Evelyn.
“Direi la seconda, ho sempre voluto pogare durante le vostre canzoni!” feci entusiasta.
Arrivati in un locale – era un piccolo concerto – entrai da sola, spinsi chiunque pur di arrivare in prima fila e ci riuscii.
Mi trovavo sotto il microfono di Tom, circondata da gente in attesa di vedere i propri idoli.
Arrivarono e con una grinta pazzesca iniziarono con Dumpweed.
Cantavo a squarciagola mentre pogavo. Mark mi guardava soddisfatto mentre Tom sembrava quasi divertito.
Don't leave me, Aliens Exist, Family reunion, fino ad arrivare a Dick Lips, una delle mie preferite. La suonarono per ultima per non so quale motivo, infatti tutti i fan rimasero sorpresi.
Adoravo la voce di Tom durante quella canzone, la cantai veramente con tutta me stessa.
 
You couldn't wait for something new,
And yesterday I thought of you!
 
Spalancai gli occhi quando Tom, alla fine di quella strofa, mi indicò sorridendo.
Ero fuori di me anche se piena delle occhiatacce delle altre fan. Alla fine della canzone, si fermarono a parlare con il pubblico.
“Ciao San Diego!” disse Mark. Tre semplici parole che ci fecero urlare dalla gioia.
“Ascoltate, vi devo chiedere un'opinione” continuò Tom.
La gente continuava ad urlare, così intervenne il bassista.
“E chiudete la bocca, porca puttana!”
“E' per un'amica, faccio veloce, lo giuro! Allora, un mio amico ha conosciuto una ragazza un mese fa. Si è innamorato, è stato un colpo di fulmine. No, non sto parlando di Mark, lui ama solo me.”
Scoppiammo tutti a ridere, Tom continuava a fissarmi con uno strano ghigno.
“Vado avanti. Questo mio amico ha fatto delle stronzate, diciamo che si è comportato male e l'ha fatta soffrire. Lui vuole stare con questa ragazza, ma lei invece no. Si sente ferita, e sicuramente lo è, ma non riesce più a fidarsi di lui. Lui vorrebbe riprovarci, vorrebbe iniziare da capo, perché...la ama. Secondo voi, lei dovrebbe perdonarlo?”
Sbiancai dopo aver sentito queste parole, ero pietrificata.
Iniziò a passare il microfono davanti alle persone del pubblico.
“Tu?” fece indicando un ragazzo pieno di piercing.
“Sì, dovrebbe sicuramente farlo!”
“Tu, invece?” continuò, questa volta con una ragazza dai capelli viola.
“Ma certo che dovrebbe!”
“E tu?” fece ancora, ad un'altra ragazza.
“E' successa la stessa cosa a me e al mio ragazzo, adesso stiamo ancora insieme dopo due anni! Non dirglielo, ma io amo te!”
Tom rise e le mandò un bacio sul palmo della mano, facendo impazzire la ragazza di gioia.
“Tu?” rivolto verso un tipo con la cresta verde.
“Beh se ricambia non vedo perché non dovrebbe!”
“E tu?”
Non feci in tempo a voltarmi verso di lui che mi ritrovai il microfono davanti alla bocca.
“I-io?” balbettai.
“Sì, proprio tu.”
Presi un gran respiro, per poi tornare a guardarlo in quegli occhi dannatamente belli.
“L'ha appena fatto.”
Sorrise e mi allungò una mano, tirandomi sopra il palco con l'aiuto della sicurezza.
Poggiò la chitarra a terra e mi attirò a sé, baciandomi con passione.
In quel momento non sentii più neanche i fischi del pubblico, c'eravamo solo io e lui.
Ti amo, Tom” dissi staccandomi di poco.
Riuscii a sentirlo sorridere sulle mie labbra.
E io amo te, Giorgia” mi sussurrò, prima di prendermi in braccio a mo' di principessa e uscire dal palco.



Kaleidoscope's space :
Non so perché ma in questi giorni mi sentivo ispirata, così ho scritto u.u
Volevo pubblicarlo la prossima settimana ma una persona (
<3) mi ha detto di farlo e così è stato :3
Ringrazio
Waves of Joy per aver recensito il capitolo precedente.
Ringrazio
Cadiacobain, MartiDrew, WelcometoSofytown, _Giuls e _StupidWise_ per avere messo la fanfic tra le preferite.
Ringrazio
Hotaru182WelcometoSofytown per averla messa tra le ricordate.
Ringrazio
Hotaru182 per averla messa tra le seguite.

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Capitolo 11
*** If we miss the mark, if we hold on tight, we'll be there to try it again. ***


Fortunatamente non stavo sognando.
Ero tra le braccia di Tom DeLonge, avevo appena assistito a una dichiarazione d'amore da parte sua durante un concerto dei blink-182.
Passò dalle quinte per poi uscire, ci ritrovammo in un parcheggio, soli.
Ero imbarazzata, non sapevo che dire o che fare, ma ci pensò lui. Fece aderire i nostri petti e mi fece una carezza, prima di baciarmi. Era un bacio tenero, uno di quelli dati con dolcezza.
“Voglio sentirmelo dire ancora” mormorò tra le mie labbra.
“Ti amo, ti amo, ti amo” continuavo a ripeterlo, tra un bacio e l'altro.
“Starei qui ad ascoltarti per ore” concluse dopo esserci staccati.
Rimanemmo abbracciati, come se qualcuno di noi due sarebbe dovuto andarsene da un momento all'altro. Fui io ad interrompere il silenzio.
Tom, mi prometti che se manchiamo il bersaglio, saremo qui a provarci di nuovo?
“Te lo prometto” rispose sorridendo.
Dopo un leggero bacio, notai le sue occhiaie.
“Vuoi tornare in albergo?”
“Se vieni con me, allora sì”
Avrei voluto saltargli addosso in quel momento, ma mi contenni dato il luogo, così lo presi per mano e ci incamminammo insieme verso il backstage per salutare gli altri.
Appena entrammo, sentimmo un urlo di gioia da parte di tutti – tecnici compresi -.
“Ce l'hai fatta, o meglio, ce l'avete fatta!” disse esaltato Mark.
Tom diventò tutto rosso, per poi coprirsi la faccia con una mano.
Mia sorella si avvicinò a me, ma per fortuna la sua espressione era positiva.
“So cosa vuoi chiedermi e sì, puoi andare con lui. A patto che non facciate sesso o robe simili.”
“Sono talmente stanco che anche se si spogliasse davanti ai miei occhi rimarrei a dormire” intervenne Tom, provocando una risata di tutti.
“Okay quindi è meglio andare, la situazione sembra messa veramente male!” conclusi, per poi incamminarmi con lui verso una delle auto che ci avrebbe riportati in albergo.
Durante il tragitto, decisi di non parlare dato che lo vidi veramente stanco.
Arrivammo all'albergo e presto fummo in camera.
“Mi presti una delle tue maglie? Non mi va di dormire vestita così” chiesi, visto che avevo la maglia bagnaticcia e i pantaloncini messi male.
Senza dire nulla me ne lanciò una : quella arancione della Hurley – la mia preferita -.
La indossai dopo essermi spogliata, mi arrivava subito sopra le ginocchia perciò era perfetta.
Mentre mi stavo sciogliendo la coda, Tom mise le sue mani sui miei fianchi, provocandomi un brivido che mi salì per tutto il corpo.
“Le mie maglie ti stanno bene.” mi sussurrò all'orecchio, lasciandomi dei piccoli baci sul collo.
Mi voltai e mi alzai sulle punte, per poterlo guardare meglio negli occhi.
“Come fai ad essere così dannatamente perfetto?” chiesi.
“Non lo sono, infatti.”
“Oh sì che lo sei, sei la perfezione fatta persona”
“Vieni qui” si limitò a rispondere, per poi prendermi in braccio e portarmi nel letto con sé.
Ci mettemmo sotto le coperte ma non ci limitammo a qualche coccola, quella sera accadde qualcosa. Quella sera facemmo l'amore, non si trattava solamente di sesso. Nei nostri movimenti c'era qualcosa di più, una sincronia che mai avevo visto prima di allora. Eravamo perfetti.
Dopo avermi sussurrato un 'ti amo', si addormentò e io feci lo stesso, tra le sue braccia.
La mattina seguente mi svegliai per prima, così lo lasciai dormire.
Andai nel bagno ed entrai nella doccia. Quando uscii mi trovai davanti Tom, così cercai di coprirmi in qualche modo ma non riuscii ad acchiappare un asciugamano che lui mi bloccò le braccia.
“Ti vergogni?” chiese, guardandomi dalla testa ai piedi.
Non risposi, mi morsi un labbro e arrossii. Si avvicinò e mi diede un bacio sulla fronte, avvolgendomi un asciugamano sul corpo.
“Buongiorno piccola, comunque”
“Buongiorno a te” conclusi per poi uscire dal bagno.
Indossai la maglia di Tom e lo aspettai, a pancia in giù sul letto, guardando la tv.
Quando la porta di aprì, lui uscì coperto solo da un asciugamano dal bacino in giù e non potei fare a meno di osservare il suo bellissimo fisico. Aveva anche i capelli zuppi, cosa che lo rendeva altrettanto sexy. Lo stavo praticamente mangiando con gli occhi.
Dopo un po' lui mi notò e sorrise, senza dire nulla.
“Oh Cristo Tom, vuoi farmi morire” dissi non smettendo di fissarlo.
Lui per tutta risposta si avvicinò e si stese sopra di me, facendomi voltare.
Mi baciò, le nostre lingue si ritrovarono a giocare insieme.
Avvinghiai le gambe al suo bacino, mentre lui aveva intrufolato una mano sotto la maglia.
Il tutto venne interrotto da qualcuno che bussò alla porta.
“Non si può mai stare tranquilli, dannazione.” disse Tom imprecando, per poi alzarsi ed andare ad aprire.
“Mamma!?”
Mi alzai di scatto e cercai di sistemarmi, ma non feci in tempo a raccogliere i capelli che la donna entrò nella stanza.
“Tua sorella mi ha raccontato del concerto di ieri sera, è lei la ragazza?” chiese curiosamente.
Tom era sbiancato, io invece rossa come un semaforo.
Lui annuì mentre lei si avvicinò a me.
“Sei proprio carina! Piacere, sono Connie!”
“G-Giorgia” risposi imbarazzata, stringendole la mano.
“Che nome strano!” esclamò.
“Sono italiana!”
“Ah sì? Che bello! Quanti anni hai?”
Tentennai nel rispondere, infatti Tom da dietro mi fece segno negativo, facendomi capire di non rivelare la mia vera età.
“Venti, ventuno a dicembre!”
Ci credette, non ho mai dimostrato la mia età, tutti mi avevano sempre dato più anni.
“Sei nata a dicembre? Come Tom!”
Sorrisi e lei si avviò verso la porta.
“Che bella ragazza, spero di poterti conoscere meglio! E tu, fatti sentire ogni tanto!” disse riferendosi a Tom.
Si scambiarono un bacio sulla guancia e uscì.
“Sei nata anche tu a dicembre?” chiese avvicinandosi.
“Sì, indovina quando.”
“A Natale?”
“No, un giorno più importante”
Mi guardò interrogativo.
“Il 13, genio!” risposi scompigliandogli i capelli bagnati.
“Sei un amore.” disse questo prima di abbassarsi e lasciarmi un lungo bacio sulle labbra, che ricambiai.
“A quanti dovrò mentire sulla mia età?” chiesi timidamente, abbassando lo sguardo.
Si andò a sedere e si spostò il ciuffo dalla fronte.
“Non lo so, ma per ora è meglio così, non voglio ritrovarti sommersa dai media” disse sbuffando.
“Tranquillo, non è un problema per me, più che altro per te. Insomma, non sono alla tua altezza”
Dopo essersi alzato, mi poggiò l'indice sulle labbra.
“Non è assolutamente vero”
Quando stavo per ribattere, mi bloccò con un bacio che venne però interrotto da qualcun'altro che bussò alla porta. Lui – scocciato – andò ad aprire nuovamente e si trovò davanti Mark.
“Vi vorrei ricordare che sono le 10 e tra un'ora e mezzo dobbiamo andare al meet&greet con i fan di Los Angeles!”
“Buongiorno anche a te, Hoppus” ribadì ridacchiando Tom.
“Forza! Evelyn ti aspetta nella sua stanza” fece poi indicandomi.
Annuii incerta e, dopo aver dato un bacio a Tom, esco e mi dirigo verso la camera, facendo in modo di non farmi vedere da nessuno date le mie condizioni.
Appena entrata, trovai Evelyn che sistemava i miei vestiti, così mi avvicinai e le sorrisi.
“Sei un tesoro!”
Rispose con un sorriso, dandomi dei vestiti che mi misi addosso. Piegai la maglia di Tom e la appoggiai sul letto.
“Cos'avete fatto alla fine?” chiese curiosa dopo aver smesso di sistemare le valige.
Tentennai un po' prima di rispondere.
“L'amore.”
“Sesso?”
“No, amore. Fare l'amore è diverso dal fare sesso. Il sesso non ha sentimenti, si fa così per fare. Invece l'amore lo fanno due persone che...si amano. L'ho capito, non mi importa se dicono che alla mia età queste cose non si possono comprendere. Fatto sta che non ho mai amato nessuno tanto quanto amo Tom”
Non so perché lo dissi in quel momento, forse avevo soltanto voglia di sfogarmi. E probabilmente fu una brutta mossa, perché vidi una lacrima scendere sul viso di Evelyn.
“E' questo il mio problema” mugugnò asciugandosi le altre lacrime.
La guardai interrogativa, si alzò e iniziò a camminare nervosamente per la stanza.
“Ormai è un mese che vado avanti così, non ce la faccio più”
Taccio, sapevo che anche lei aveva bisogno di sfogarsi, infatti dopo un bel respiro riprese a parlare.
“Sai del mio rapporto con Mark, siamo scopamici. In realtà sapevo fin dall'inizio che sarebbe andata a finire così, doveva succedere..”
“Che cosa?”
Sospira nuovamente, si ferma con le spalle rivolte verso di me e inizia a singhiozzare.
“Io..sono innamorata di lui”
Non fui sorpresa, la conoscevo bene e sapevo che prima o poi sarebbe successo. Ma questo era un vero problema, non volevo vedere Evelyn stare male.
“Gli hai mai accennato nulla? O comunque fatto capire qualcosa?” chiesi cercando di farla rimanere il più calma possibile.
“Volevo farlo ma lui mi ha preceduta dicendo che devo spacciarmi per la sua cugina italiana, così ho evitato perché evidentemente non prova nulla per me. E' solo sesso e come hai detto tu si fa così per fare.” concluse riiniziando a piangere.
In quel momento entrò Mark, così lei cercò di asciugarsi le lacrime il prima possibile.
Subito si accorse dello stato di Evelyn e si avvicinò a lei.
“Piccola, che hai?” chiese preoccupato.
Non esitai ad uscire da quella stanza, dovevano parlare e non volevo essere la terza in comodo.
Scesi al piano di sotto, trovando Tom con i mano una brioche.
“T- no-fi-colafone?”
“Prima mastica, poi parla!” lo rimproverai ridendo.
“Fai colazione?”
“Non ho fame, tranquillo”
Lui mi sorrise e mi prese per mano, portandomi verso l'uscita.
Salimmo in un'auto con i vetri oscurati, eravamo solo io e lui – oltre al conducente -.
“Oddio ma è stranissimo!” esclamai una volta partiti.
“Mh?”
“Viaggiare con i vetri tutti neri, è strano”
“Ricordi chi sono? Ci sono troppi fan arrapati là fuori! Se mi vedessero potrebbero stuprarmi!”
Risi di gusto,per poi accoccolarmi a lui.
Ero tra le sue gambe, lui mi accarezzava la guancia con le nocche mentre io mi beavo del suo profumo.
Il conducente accese la radio e per caso sentimmo Alien Exist, anche se era quasi finita.
 
I'm not like you guys,
Twelve majestic lies!
 
“Tom had sex with guysss!” canticchiai.
“Hey!” esclamò dandomi un pizzicotto.
“Sbaglio o sei tu quello che nelle montagne russe urlava 'I'm gaaay!' ?”
Lui non rispose, ma iniziò a farmi il solletico ovunque.
“Tom no! Il solletico no!” urlai.
Continuavamo a ridere, lo pregai di smetterla ma lui imperterrito continuò, finché non fu stanco dalle troppe risate.
Mi ritrovai con la sua testa appoggiata sulle mie gambe, mentre cercavo di riprendere il respiro.
Il conducente ci guardava scioccato, ma a noi non importava. Notai che Tom mi stava guardando sorridendo.
“Sai che è successo a un mio amico?”
Feci cenno negativo con la testa.
“Aveva una band, stava iniziando a diventare famosa e boom! La sua ragazza è rimasta incinta e la band è andata a rotoli. Me l'ha detto stamattina, sono ancora scioccato!”
“Beh ci credo, poverino”
Stemmo un po' zitti, poi lui continuò a parlare.
“Quando avrò un figlio lo chiamerò Jonas e se nasce femmina direi Ava. Ti vanno bene?”
“Lo chiedi a me?”
“Ah. Scusa, tu!” disse indicando il conducente “quando io e te avremo un bambino lo chiameremo Jonas vero?”
Il tizio lo guardò ridendo e io lo imitai.
“Certo che lo chiedo a te! E' con te che avrò dei bambini, me lo sento! Non prima di 30 anni però!”
Sorrisi e arrossii un poco.
“Jonas e Ava sono dei nomi bellissimi” conclusi.
Allungò la mano e portò il mio viso più vicino al suo.
“Ti amo!” sussurrò prima di baciarmi.
Ci staccammo dopo poco, quando fummo arrivati a Los Angeles. Scendemmo dalla macchina ed entrammo in un locale all'aperto, non troppo grande. C'era il sole, neanche una nuvola in cielo, era tutto perfetto. Tom mi prese per mano e mi portò a vedere il posto.
Quando gli altri arrivarono – senza Evelyn - , ci sedemmo dietro un enorme tavolo e dopo poco entrarono un sacco di ragazzi e ragazze. Le guardie fermarono tutti e li misero in fila. Uno per uno, vennero verso di noi chiedendo gli autografi ai tre musicisti e qualche foto. La cosa buffa erano le domande dei ragazzi, arrivarono a chiedermi pure quanto Tom ce l'avesse lungo! Le ragazze si limitavano a darmi qualche occhiataccia, ma era comprensibile.
“Vado un attimo fuori” sussurrai a Tom lasciandogli un bacio sulla guancia.
Sfilai una sigaretta dalla mia tasca e l'accesi, mi mancava il suo sapore.
Mentre ero immersa nei miei pensieri, mi sentii tirare per un braccio da una ragazza.
“Tu sei Giorgia?” chiese quasi stizzita.
Annuii incerta, dopo aver buttato e calpestato la mia sigaretta.
Lei per tutta risposta mi mollò uno schiaffo, così mi allontanai di qualche passo.
“Non vai da nessuna parte!” disse tirandomi verso di lei.
Non feci in tempo a rispondere che due ragazze sbucarono da dietro e iniziarono a tirarmi i capelli e a spingermi. Cercai di scappare ma sembravano attaccate a me come sanguisughe, per fortuna dopo poco arrivò Tom che le spostò in men che non si dica. Mi strinse a sé vedendo il mio stato, ero alquanto stordita.
“Tom! Oddio, sei tu!” esclamarono le ragazze.
“Portate via queste tre” disse a un omone della sicurezza, ma lo fermai.
“Fategli almeno qualche autografo, siete i loro idoli e non si meritano questo, nonostante tutto” dissi con il respiro affannato. Lui non disse nulla, firmò i cd delle ragazze e le mandò dagli Mark e Travis.
“Stai bene?” chiese spostandomi via qualche ciuffo dal viso.
Feci cenno positivo con la testa e lo abbracciai.
Dopo aver finito con il resto dei fan, andai con Travis a pranzo dato che Tom e Mark dovevano parlare, supposi di Evelyn.
Mi portò a Poway, al Sombrero. Sognavo da tempo di andarci, anche se non avevo mai assaggiato del cibo messicano ma c'è sempre una prima volta.
Ordinai un burrito consigliato da Travis – che lui non mangiò essendo vegano - e mentre aspettavamo il cibo parlammo del più e del meno.
“Oggi pomeriggio hai da fare?” chiesi.
“Niente d'importante, perché?”
“Potresti accompagnarmi da un parrucchiere?”
“Ma certo, che ti vuoi fare?”
“Sorpresa!” dissi ridacchiando.
Lui sorrise ed io iniziai a mangiare il burrito.
Il cibo messicano era buonissimo, lo apprezzai un sacco.
Nel pomeriggio, dopo un giro per San Diego, Travis mi portò dove volevo.
Tagliai i capelli fino a poco più giù delle spalle, e li feci tingere la metà di fucsia. Appena uscii Travis rimase a bocca aperta, a quanto pare non avevo fatto una cazzata a cambiare taglio.
“S-stai benissimo!” riuscì a balbettare appena.
Risposi con un sorriso, ma c'era ancora una cosa che volevo fare.
“Ti spiace portarmi da un tatuatore?”
Sapevo di star spendendo soldi a palate, ma non mi importò molto al momento.
“Va bene, che vuoi tatuarti?”
“Altra sorpresa”
Rise e mi portò da un suo caro amico che non si fece problemi per la mia età dato che ero con Travis. Mentre lui aspettava fuori, dissi al tatuatore – Franco – di volere il coniglietto dei blink sul bacino, dalla parte destra.
“Va bene, hai mai fatto un tatuaggio?”
“Solo queste due iniziali sul polso” feci indicandogli le lettere “C” e “P” - iniziali dei miei genitori -.
Preparò gli strumenti e presto mi ritrovai sotto i ferri. Fu abbastanza doloroso, ma comunque qualcosa di sopportabile.
In un'ora e mezzo avevo un bellissimo coniglietto tatuato su di me ed ero davvero felice.
Dopo averlo ringraziato e pagato, andai da Travis.
“Vediamo!”
“Eh no, ve lo farò vedere quando saremo tutti insieme!”
Cacciò il labbro in fuori e dopo aver salutato Franco, tornammo in hotel.
Nella mia camera trovammo Mark, Evelyn e Tom.
La situazione tra la mia migliore amica e Hoppus sembrava decisamente sistemata, dato trovai lei in braccio a lui. Tom mi venne incontro e notò i miei capelli.
“Sei bellissima e amo questi capelli” fece dandomi un bacio e quando appoggiò la sua mano sul mio fianco sentì lo scrocchiare della pellicola, così decisi di mostrarlo a tutti.
“Okay, tenetevi forte, ho una sorpresa per voi!”
Dopo aver detto questo, alzai di poco la maglietta e tutti spalancarono gli occhi alla vista del tatuaggio.
“Ma sei un tesoro!” esclamò Mark.
“Che carina!” continuò Travis.
Tom continuava a fissarlo, come incantato.
“S-sono senza parole” balbettò.
Mi morsi un labbro e gli diedi un leggero bacio.
“Adesso però sono io ad avere una sorpresa per te, cambiati che dobbiamo uscire!”
Lo guardai interrogativa, per poi annuire ed andarmi a mettere qualcosa di più pesante.
Appena uscita dal bagno, mi trascinò via non facendo in tempo neanche a salutare gli altri.
Durante il tragitto non disse nulla, notai giusto un ghigno sul suo viso.
Arrivammo al SOMA, ma entrammo da una seconda uscita sul retro che pensai portasse al backstage.
Mi ritrovai davanti a un uomo, ma non uno qualunque, bensì Milo Aukerman.
Sbiancai, non riuscivo a reagire, ero scandalizzata.
“T-tu sei..sei..” balbettai.
Mi prese la mano e me la strinse.
“Hey, tutto bene?”
“Milo, oddio, Milo!”
Lo abbracciai, sentendo la risata di Tom di sottofondo.
Poco dopo spuntarono anche Bill, Stephen e Karl. Ero senza parole, non capivo più nulla.
Parlai con loro, li avevo sempre adorati e non avrei mai pensato che Tom avrebbe potuto farmi una sorpresa del genere. Mi autografarono un cd comprato al momento e ci dovettero lasciare dopo poco dato che dovevano suonare.
Tom mi prese per mano e mi trascinò nel pogo. Avrei voluto ringraziarlo ma in poco tempo fummo in mezzo alla gente. Giravano bottiglie di birra a cui entrambi ci attaccammo, era il delirio totale.
Saltavamo, ci spingevamo, mi stavo decisamente divertendo, finché qualcuno non mi tirò un pugno sullo stomaco che mi fece piegare in due.
Il dolore si faceva sempre più acuto, così afferrai la mano di Tom e la strinsi forte. Non so come, ma lui capii e mi portò fuori dal locale.
“La pancia, mi fa male” mugugnavo seduta in terra.
Iniziai a piangere dal dolore e maledii quel dannato tizio che mi diede un pugno.
“Ti porto in ospedale” balbettò spaventato lui, prendendomi in braccio.
Chiamò un'auto e in pochi minuti fummo nella struttura dove mi portarono in una stanza in cui un medico mi visitò.
“Potrebbe essere appendicite, dobbiamo farle un'ecografia”
Avevo sempre avuto paura delle operazioni, perciò ero molto spaventata. Faceva male, ma la presenza di Tom in qualche modo alleviava il dolore.
“Andrà tutto bene” mi sussurrò prima che entrassi in un'altra stanza.
Lo fecero rimanere fuori, mentre una dottoressa mi aiutò a salire su un lettino.
“Dove sente dolore?”
“Nel basso ventre, ma anche nella pancia, ovunque”
“Adesso si rilassi”
Mi mise quel freddissimo gel sulla pancia e iniziò a fare l'ecografia.
Ero nervosa, stringevo i pugni perché il dolore non se n'era ancora andato.
“Non so se questa è una bella o brutta notizia ma...”
“Ma?”
“Lei è incinta.”
Spalancai gli occhi.
“Scusi, può ripetere?”
“E' incinta, di un mese almeno”
Sperai con tutta me stessa che 'pregnant' non significasse 'incinta'.
“Guardi, è questo piccolino”
Mi indicò un fagiolino sullo schermo, non volevo crederci. Non risposi più, perché iniziai a piangere mentre la dottoressa mi asciugava e mi copriva la pancia.
Mi alzai con qualche difficoltà, senza parole. Mi diede i risultati e, dopo avermi somministrato una medicina, mi fece uscire dalla stanza.
“Allora? Che ti hanno detto?” chiese Tom dopo essere venuto verso di me.
Ci misi un po' a rispondere.
“E' solo una colica, niente di che, possiamo tornare in albergo”
Cercai di essere il più tranquilla possibile, ma in realtà stavo morendo dalla paura.
Per fortuna lui mi credette, così tornammo in auto.
Fissavo il finestrino, non riuscivo a pensare ad altro. Ero incinta e non era un incubo, purtroppo.
“Tutto bene?” chiese avvicinandosi.
“Sono stanca” mi limitai a dire, per poi appoggiarmi sul suo petto.
Mi accarezzava mentre stringevo i risultati delle analisi.
“Mi spiace che sia andata così, almeno sei felice di aver incontrato i Descendents?”
“Oh, sì, certo!”
Mi avvicinai e lo baciai e gli sussurrai un 'grazie' dopo esserci staccati.
Arrivammo all'albergo e lui mi portò in camera con sé. Mi spogliai e ci sdraiammo insieme nel letto. Lui mi strinse e un brivido mi percorse tutto il corpo quando appoggiò la mano sulla mia pancia.
“Ti amo” mi disse dolcemente.
“A-Anche io ti amo” risposi con voce tremante.
Per fortuna lui dopo poco si addormentò, così, dopo aver aspettato qualche ora, mi alzai e raccolsi i miei vestiti. Andai in camera di mia sorella, la svegliai e le raccontai tutto.
Mi abbracciò perché in quel momento era l'unica cosa di cui avevo bisogno. Prenotò un volo di ritorno per Firenze perché così che doveva andare.
“Cosa dirai a Tom?” mi chiese.
“Qualcosa mi inventerò.”
Non potevo dire a Tom del bambino, gli avrei rovinato la carriera. Non ero neanche sicura che fosse suo, infondo avevo fatto sesso anche con Alex. Comunque, dovevamo finirla e basta.
Chiamai anche Evelyn in stanza e le dissi tutto, sotto il suo sguardo scandalizzato.
Decisi di scrivergli una lettera, mentre Marta preparava le valige.
 
Tom,
non mi troverai con te, né in California, né tantomeno in America.
Tra noi non può funzionare, non voglio continuare tutto ciò.
E' troppo per me, ho solo sedici anni e non va bene.
Non mi dimenticherò mai di te, lo giuro.
Spero tu passi un buon tour e che possa scusarmi.
Addio.
 
-Giorgia
 
 
“Devi dormire un po', il viaggio sarà lungo” mi disse Marta.
“Hai ragione, ora mi metto sotto le coperte. Evelyn, non devi dire nulla agli altri, né tantomeno a Tom. Mi fido di te, mi raccomando.”
“Ma certo, giuro che non proferirò parola. Torno il prima possibile”
Annuii e la vidi uscire dalla stanza. Mi addormentai e dopo un paio di ore fui di nuovo sveglia, diretta verso l'aeroporto. Passai dalla camera di Tom e lasciai il biglietto sotto la porta.
Quando mi trovai sull'aereo scoppiai in un pianto liberatorio, tenendo una mano sul mio ventre, pensando a tutti ciò che era successo.




Kaleidoscope's space :
"A volte tornano" (cit. (?)
Sì, sono tornata con un capitolo! In ogni caso, questo non è l'ultimo, ma bensì il penultimo u.u
Probabilmente non ci sarà un seguito, mi dispiace :c
Ringrazio
Waves of Joy e fraVIOLENCE per aver recensito il capitolo precedente.

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Capitolo 12
*** Until the end of time. (Epilogo) ***


Ero finalmente a casa ed ero piena di dolori.
Il viaggio era stato terribile, avrò vomitato cinque volte sia in aereo che sulla terra ferma.
Era mattina, ma il jetlag mi fece addormentare appena toccai il divano, tanto che mi risvegliai alle nove di sera. Dovevo dirlo almeno ad Alex, così mi feci accompagnare da Marta a casa sua.
Bussai e ad aprirmi fu proprio lui. Per fortuna non reagì troppo male, forse aveva visto che il mio stato non era dei migliori.
“A-Alex, devo parlarti”
Mi fece cenno di entrare e così feci, sedendomi sul divano.
“Se è per quel che è successo un mese fa, ormai è acqua passata. Ero sicuro che sarebbe finito” disse accarezzandomi un braccio.
“No, non è per questo che sono qui” mormorai.
“E allora perché?”
“Io..sono incinta. E devo sapere se è tuo o di Tom.”
Lui sbiancò e si alzò, iniziando a camminare nervosamente.
“E' impossibile che sia mio, avevo messo il preservativo! E non si era neanche rotto, ne sono certo”
Non risposi perché cercavo di trattenere le lacrime.
“Se ti può far stare più tranquilla, potremmo fare un test di paternità, anche domani se vuoi. Mio padre è un medico e ci faranno passare avanti”
Feci cenno positivo con la testa e poi mi alzai.
“Puoi passarmi a prendere tu?” chiesi con voce flebile.
“Certo, domani mattina alle dieci.”
“Grazie, a domani allora”
“Un'ultima cosa!” fece trattenendomi per un polso. “Tom lo sa?”
“No. E non lo deve sapere.”
Mi allontanai e uscii, per poi tornare in macchina di mia sorella.
“Com'è andata?”
“Domani faremo il test di paternità, mi accompagni?”
Lei sorrise e mi accarezzo il viso.
“Ma certo che ti accompagno, adesso torniamo a casa.”
Entrai e andai in camera mia, togliendo definitivamente tutti i poster, cd e quant'altro.
Mi sdraiai sul letto e per un attimo mi passarono davanti tutti i bei momenti passati con lui. Faceva male, più male del previsto e forse un po' mi pentivo di non avergli detto nulla ma ormai non potevo rimediare. Mi addormentai per un paio d'ore, finché non mi risvegliai di soprassalto per una fitta al ventre. Il dolore era fortissimo, così chiamai mia sorella.
“Che succede?”
“Tom, ho bisogno di lui” dicevo tra le lacrime.
Continuavo a ripetere il suo nome, mentre mia sorella cercava di calmarmi.
“Non hai bisogno di nessuno, tu sei forte”
“Fa male”
“Passerà, adesso calmati”
Ma il dolore non cambiò, così Marta decise di chiamare un medico, che arrivò in men che non si dica.
Mi tolse la maglietta e mi visitò, per poi somministrarmi una medicina.
“Ha avuto traumi di recente in questa zona?”
“Sì, ero ad un concerto e ho preso qualche botta, ma non sapevo ancora nulla!”
“E' fortunata, la situazione non sembra grave ma deve stare il più possibile a riposo o potrebbe avere delle complicazioni. Non faccia sforzi e si muova di casa il meno possibile, niente fumo e niente alcol.”
Avevo fatto le peggior cose proprio nell'ultimo mese e fu un miracolo che le sue condizioni fossero stabili. Ringraziai il dottore che se ne andò, per poi riaddormentarmi.
Mi risvegliai con un po' di mal di testa, ma non sarebbe stato quello a fermarmi. Andai a farmi una doccia e dopo essermi vestita, andai a fare colazione.
Era già tutto pronto, e c'era un bigliettino di Marta così capii che aveva cucinato tutto lei.
Purtroppo, appena iniziai a mangiare qualcosa sentì lo stomaco rivoltarsi, così corsi in bagno e vomitai. Dopo essermi pulita la bocca mi sedetti a terra, ero veramente stanca di tutto ciò e mi maledii per non essere stata attenta. Stetti per un po' così, pensando a quello che avrei passato nei mesi successivi.
Poi però sentii bussare alla porta, così scesi e aprii, trovandomi Alex davanti.
“Pronta?”
“S-sì”
Mi prese per mano ma io la tolsi, non volevo.
Salimmo in macchina e in silenzio ci dirigemmo all'ospedale.
Appena arrivati incontrammo suo padre che ci portò a fare i prelievi del sangue. Aspettammo in sala d'attesa e i miei dolori ricominciarono a farsi sentire.
Mi alzai e cercai di fare qualche passo ma mi dovetti risedere subito.
Alex se ne accorse e si avvicinò.
“Va tutto bene?”
Feci cenno negativo con la testa, spostandomi i capelli dal viso.
In quel momento uscì la dottoressa con i risultati e appena me li diede, mi pietrificai, così li aprì lui.
Lo vidi rilassarsi, per poi farmi leggere “negativo” sul foglio.
A quel punto, sapevo che il bambino era di Tom, ma non volevo comunque dirglielo. Avrei rovinato la sua carriera, la band, tutto.
Chiesi ad Alex di riportarmi a casa e quando ci arrivai, andai in camera per sfogare tutta la tristezza e la rabbia che avevo dentro di me.

 
 
Era ormai dicembre e gli ultimi otto mesi non furono i migliori.
Per due dovetti rimanere bloccata a letto per delle complicazioni, rischiai di perdere il bambino.
Lasciai la scuola, gli amici e tutta la mia vita, tranne Evelyn.
Le cose tra lei e Mark erano diventate più serie, lui veniva a trovarla una volta al mese ma non sapeva nulla di me, Evelyn gli diceva che mi ero trasferita dai miei. Loro lo vennero a sapere al quinto mese, ma non gli importò un granché, ma non ci feci troppo caso dato che a loro non era mai interessato nulla di me, ero sempre la loro delusione.
Evelyn tornò pochi giorni dopo il mio ritorno in Italia e stette sempre vicina a me. Mi riavvicinai anche a mia sorella, dormì con me quando ero piena di dolori.
A quel punto, la mia pancia era decisamente cresciuta ma mi sarei aspettata di peggio. Quando sentivo i calci del bambino, piangevo. Avrei voluto Tom vicino a me, volevo che anche lui sentisse i suoi movimenti, ma invece non si fece più sentire.
Cambiai colore di capelli, li tinsi del mio colore naturale : castano scuro. Ed infine tolsi i piercing.
Ero davanti al camino, seduta sul divano mentre mi accarezzavo la pancia.
Il giorno dopo sarebbe stato il mio compleanno, compivo 17 anni.
Non voletti sapere il sesso del bambino, volevo che fosse una sorpresa. Sarebbe dovuto nascere dopo due settimane e l'idea di passare le vacanze in ospedale non mi ispirava un granché.
Erano le undici di sera ed Evelyn sarebbe dovuta arrivare dopo poco, così mi preparai una cioccolata calda.
La versai ma non feci in tempo a berla che sentii bussare la porta, così andai ad aprire.
La tazza mi cadde di mano, perché la persona davanti a me non era Evelyn, ma Tom.
Cercai di nascondermi, ma lui mi fermò ed entrò.
Stava evidentemente male, aveva delle occhiaie tremende e i capelli spettinati.
Addosso avevo un poncio nero e la luce era soffusa, quindi la pancia non si notava molto, così mi allontanai.
Lui però si avvicinò, ma il suo sguardo non prometteva nulla di buono.
“T-tom, cosa vuoi?”
“Hai anche il coraggio di chiedermelo?”
Abbassai lo sguardo, era arrabbiato.
“Mi hai lasciato senza motivo, sono stato di merda a causa tua. Volevo tornare qui appena finito il tour ma mia madre si è sentita male. Adesso sono qui ed esigo spiegazioni.”
“Te l'ho detto, è troppo per me”
Si avvicinò ancora di più.
“Mi hai mentito! Avevi detto di amarmi!” gridò.
“Io ti amavo” mormorai, trattenendo le lacrime.
“Bugiarda!”
Quell'urlo ancora più forte mi fece male, tanto che ebbi una contrazione che mi fece accasciare a terra. Tom mi guardava confuso, così accese la luce e vide la mia pancia.
Sbarrò gli occhi e sbiancò, indietreggiando.
“Tu sei..”
“Incinta.” dissi finendo la frase.
“P-perché non me l'hai detto?”
Esitai un po' prima di rispondere, poi presi un bel respiro e parlai.
“Non ero sicura che fosse tuo”
“Ti prego, dimmi che quando avevamo litigato non sei andata a letto con quello.”
Mi morsi un labbro e una lacrima mi rigò il viso.
“TROIA!” mi urlò.
“Non volevo farlo! Ero ubriaca, non so cosa mi sia preso, ma ti prego non urlare!”
“Urlo quanto cazzo mi pare! Sono stato malissimo per tutti questi mesi e quando torno ti trovo incinta e perlopiù di un altro!” gridò ancora più forte, quasi mi faceva paura.
Iniziai anche io ad urlare e lì sembrò un vero e proprio inferno, gli insulti volavano come niente. Tutto si placò quando un'ulteriore contrazione – decisamente più forte del solito – caddi letteralmente a terra. I dolori non si fermavano, aumentavano sempre di più, tanto che gridavo dal male. Mi sentii bagnata e pensai al peggio.
“T-tom chiama un'ambulanza”
“Io n-non so c-cosa fare” farfugliava impaurito.
“UN'AMBULANZA, CAZZO!” urlai.
Lui sembrò riprendersi e corse verso il telefono, componendo il numero dell'ospedale.
Tornò da me dopo poco, mi prese tra le sue braccia – con qualche difficoltà – e mi portò sul divano.
Iniziò ad accarezzarmi, così mi calmai un po'.
“E' tuo, Tom” mormorai.
“Cosa?”
“Il bambino, coglione”
“Come fai ad esserne sicura?”
“Ho fatto un test di paternità con Alex e i risultati sono negativi, è tuo figlio” conclusi, prima di sentire l'ambulanza arrivare.
Tom salì con me e mi stesero su un lettino.
Appena arrivati all'ospedale venni portata in una stanza e mi cambiarono, per poi farmi stendere su un altro letto, con Tom di fianco.
Gli stringevo la mano, avevo paura che stesse succedendo qualcosa di brutto al bambino.
La dottoressa che mi stava visitando si decise a parlare.
“Signorina, le si sono rotte le acque, partorirà nelle prossime ore”
“Cosa?!”
“Stia tranquilla. Adesso le mando un'ostetrica”
La vidi uscire e subito dopo iniziai a piangere.
“Piccola, calmati, andrà tutto bene. Ci sono io qui con te”
“Scusami Tom, dovevo dirtelo ma avevo paura della tua reazione e ti avrei rovinato la carriera” continuai singhiozzando.
“Non avresti rovinato nulla e non lo rovinerai mai.”
Entrò l'ostetrica e mi visitò.
“Sei dilatata di 6 centimetri, dobbiamo aspettare i 10 e poi procederemo al parto naturale. Vuoi fare l'epidurale?”
“Se calmerà questi dolori, sì fatemela!”
Lei ridacchiò e mi sorrise.
“Certo che li calmerà, chiamo i medici e procediamo”
Annuii e dopo poco arrivarono, facendomi una puntura nella spina dorsale.
Mi riappoggiai lentamente sul letto e dopo una mezz'ora il dolore diminuì.
“Va meglio?” mi chiese Tom, accarezzandomi il viso.
“Decisamente.”
Lui sorrise e ancora una volta sentii le farfalle nello stomaco, dopo tempo.
“Tom, ti amavo veramente e non ho mai smesso di farlo.” dissi con voce tremante.
Lui senza dire nulla si avvicinò e mi baciò.
Mi mancavano i suoi baci, i suoi sorrisi, i suoi occhi, le sue mani, il suo piercing, tutto.
Si staccò e strofinò il suo naso con il mio, asciugandomi le lacrime rimaste.
“Promettimi che non scapperai mai più” mi sussurrò.
“Te lo prometto, anzi, te lo giuro” conclusi sorridendo.
Dopo poco ricevetti una chiamata di Evelyn, preoccupata non avendomi trovata in casa.
“Dove sei finita?”
“In ospedale, sono in travaglio!”
“Oh mio dio, sto arrivando” disse chiudendo.
Presi la mano di Tom e la appoggiai sulla mia pancia. Appena il bambino scalciò, i suoi occhi diventarono lucidi.
“Era lui?” chiese timidamente.
“Sì, tuo figlio si diverte da almeno tre mesi a darmi calci”
“Nostro figlio.” disse ghignando.
Entrò Evelyn seguita da Mark, che indietreggiò vista la situazione insolita. Lei si avvicinò a me.
“Come ti senti? Fa male?”
“No, ho fatto l'epidurale!”
Sorrise e mi fece una carezza.
“Mark, sei vivo?” dissi riprendendolo dato che era immobile sulla soglia della porta.
“Emh, diciamo di sì, cioè oddio. Tom diventerà padre? Non ci credo ancora!” esclamò.
Quelle parole sembrarono turbare Tom, che si alzò velocemente e uscì. Mark lo seguì ed io rimasi con Evelyn, avevo capito il perché della sua reazione. Aveva paura, e non era l'unico.
 
Tom
“Emh, diciamo di sì, cioè oddio. Tom diventerà padre? Non ci credo ancora!” esclamò il mio migliore amico.
Come una scossa mi percorse tutto il corpo, tanto che mi alzai ed uscii dalla stanza.
Solo in quel momento iniziavo a realizzare cosa stesse succedendo.
Stavo per diventare padre, l'avevo scoperto due ore prima e avevo paura.
Paura di non essere pronto, di non essere un buon padre, un buon fidanzato e forse anche marito.
Volevo andarmene da lì, ma quando uscii dalla struttura, Mark mi fermò.
“Tom, dove cazzo stai andando?!”
“Via da qui”
“Non puoi farlo!”
“Sì che posso, non voglio rimanere qui!”
“Dannazione Thomas, quel bambino è tuo!” mi disse alzando il tono di voce.
“Ma ho paura! Non sono pronto, non posso diventare padre!”
“Pensi che Giorgia non abbia avuto paura per tutti questi mesi? Lei ha tenuto il segreto per te, per la tua carriera, per la nostra band. Ha sopportato le pene dell'inferno pur di tenere vostro figlio e tu cosa fai? La lasci sola?!”
“Ci sono Evelyn e Marta con lei.”
“E questa ti sembra una buona scusa per abbandonare Giorgia e tuo figlio? Tu non sei il Tom DeLonge che conosco, non sei il mio migliore amico. Lui si sarebbe fatto coraggio in questa situazione e sarebbe rimasto con loro.”
Strinsi i pugni e non risposi, mi voltai.
Ripresi a camminare, finché Mark non mi si piazzò davanti.
“Togliti!” gli urlai.
“Ti rendi conto di cosa stai facendo?”
“Me ne rendo conto eccome”
“Scappi, DeLonge?!”
In quel momento mi ritornarono in mente i momenti in cui vidi mio padre andare via di casa.
Quanto piansi, quanto lo pregai di tornare indietro. Lui voleva scappare, non ne voleva sapere né di me, né di mia sorella, né tantomeno di mia madre.
Lo odiai a morte per questo e lì capii.
“Devo andare a comprare una cosa, puoi accompagnarmi?” chiesi.
“Che cosa?”
“Ti spiego strada facendo.”
 
Giorgia
Dato che le contrazioni iniziarono ad essere più frequenti, mandai Evelyn a chiamare l'ostetrica – il cui nome era Kayla – che entrò e mi fece un controllo.
“Sei a otto centimetri, ancora due e il tuo bambino verrà alla luce! Sai già il sesso?”
“No, voglio che sia una sorpresa!”
“Perfetto, a dopo allora”
Uscì e rimasi nuovamente sola con Evelyn. Non parlammo, ero stanca e volevo riposare un po'.
Un'ora passò velocemente e si fece mezzanotte meno cinque. Mi svegliai dalle forti contrazioni che erano tornate all'attacco, così chiamai l'ostetrica. Di Tom però, non c'era traccia.
“Sei pronta per il parto, sentiti fortunata per le poche ore di travaglio! C'è gente che sopporta una giornata intera!”
Il cuore iniziò a battermi velocemente, avevo troppa paura, ma proprio mentre stavo per avere una crisi di panico, arrivò Tom.
“Piccola perdonami, sono un codardo, lo so.”
“Adesso sei qui, è questo che conta”
Fecero uscire Mark ed Evelyn e mi misero in posizione per il parto.
“Tom ho paura”
Non rispose perché probabilmente l'aveva anche lui.
“Bene, può iniziare a spingere! Tre respiri lunghi tra una spinta e l'altra, mi raccomando.”
Strinsi forte la mano di Tom e così feci, iniziai a spingere più forte che potevo.
Quattro, cinque, sei spinte e finalmente alla settima sentimmo il pianto di un bambino.
Rimanemmo entrambi pietrificati, come se avessimo paura di lui.
“E' un maschietto! Signore, vuole tagliare il cordone?” chiese l'ostetrica a Tom.
Lui annuì con la testa e si avvicinò, prese in mano le forbici e lo tagliò.
Pulirono il bambino e me lo posarono in braccio. Era la copia ridotta di Tom, se non fosse stato per gli occhi blu. Con una mano Tom accarezzava il bambino e con l'altra la mia guancia.
“P-piccolo..” fece lui con voce tremante.
Quando mi voltai per vederlo meglio, vidi qualcosa di inaspettato : stava piangendo.
“Allora, il nome per il bambino?” chiese Kayla.
“Jonas. E' così che volevi chiamare il tuo primo figlio, vero?” dissi riferendomi a Tom.
Lui annuì e lei segnò i dati.
“Bene, quindi lui è Jonas DeLonge, nato il 13 Dicembre 1998, 3 kg e mezzo e ben 51 centimetri! Congratulazioni!”
Sorridemmo entrambi, tra le lacrime di gioia.
Lo portarono via – a malincuore – e rimasi sola con Tom, dopo che il dottore finì la ricucitura.
“Buon compleanno, Tom” dissi tirandolo verso di me.
“Buon compleanno a te, Giorgia” continuò lui, per poi baciarmi.
Ci addormentammo dopo poco, stremati entrambi.
Al mio risveglio, mi ritrovai sola ma dopo poco vidi arrivare Evelyn.
“Oddio, è stupendo! Jonas poi è un nome magnifico, sono troppo felice per te!”
Subito dopo arrivò anche Mark con un sorrisone in faccia.
“Un mini-delonge! E' un mini-delonge!” esclamò, facendomi ridere.
“E' vero, è vero.” conclusi poi.
Per ultimo entrò Tom, con Jonas in braccio.
Senza saperne il motivo, vidi Evelyn e Mark uscire dalla stanza e lasciarci soli.
“Gio, prendilo in braccio”
Lo presi e rimasi a bocca aperta dopo aver visto cosa c'era scritto sul body che vestiva Jonas.
 
Vuoi sposarmi? -T
 
“Io..”
“Tu?” chiese impaziente, con un ghigno in faccia.
“Sì che voglio sposarti!”
Lui si avvicinò e mi baciò, ma la cosa che mi fece diventare ancora più felice fu una risatina di nostro figlio come sottofondo.
Ti amo, Thomas”
“Anche io ti amo, Giorgia. E ti amerò finché il tempo finirà.”





Kaleidoscope's space : 
E finalmente siamo giunti alla fine di questa storia! 
Forse un pochino mi mancherà, infondo mi sono divertita scrivendola.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto/recensito!

Questa fanfic è dedicata ad una mia cara amica a cui mi sono legata molto in così poco tempo, che mi sono sopresa di me stessa. Ho scritto per vederla felice, odio sentirle dire che è triste. Spero che l'abbia aiutata a ridere un po'  in qualche brutto momento, il mio scopo appunto era quello.
Ti voglio bene!

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