Il filo rosso

di jack write
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Il cambiamento ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: La donna delle risposte ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Il passaggio ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Il Maestro ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: La rabbia di Blake ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Le parole più difficili ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Separati ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Il tempo passa ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Riuniti ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Jack ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: I quattro Regnanti (parte 1) ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: i quattro Regnanti (parte 2) ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Il cambiamento ***



 

Il filo rosso

 

CAPITOLO 1: Il cambiamento
 

Una famosa leggenda cinese narra che ognuno di noi nasce con un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Questo filo ci lega ad una persona, la nostra anima gemella. Le persone legate dal filo sono destinate ad incontrarsi superando le distanze di spazio e tempo. Questo filo rosso non può essere spezzato da nessuno: il legame che simboleggia è indivisibile e niente e nessuno può ostacolarlo.

I caldi raggi del sole primaverile entravano dalle finestre di una classe del quarto anno delle superiori, rischiarando l'opprimente stanza. Venti alunni riempivano altrettanti banchi, mentre un'anziana professoressa dai capelli bianchi, gli occhiali neri e gli abiti anteguerra cercava di attirare l'attenzione della classe. Una rapida visione da dietro la cattedra mostrava vari gruppi di allievi: cinque di essi cercavano di seguire, scrivendo appunti sui loro piccoli taccuini, dodici divisi in tre gruppi giocavano a carte; i restanti giocavano con il cellulare o semplicemente si dimostravano disinteressati alla lezione di filosofia.
Uno fra questi, seduto vicino alla finestra, veniva particolarmente illuminato dal sole. Il ragazzo, con la testa appoggiata sul pugno della mano destra, indossava una felpa nera, il suo viso era nascosto dall'ombra creata dal cappuccio di questa; la sua mente stava viaggiando, cercando una distrazione che gli facesse dimenticare gli avvenimenti degli ultimi giorni.
Perché non esci dalla mia mente, neanche ti conosco..., pensava mentre il suo sguardo si perdeva fuori dalla finestra.
Dall'esterno la struttura della scuola era semplice e squadrata, assomigliante ad un enorme ferro di cavallo, all'interno vi si trovava un piccolo cortile di cemento dove, qua e la, spuntava della bassa erba verde.
Il secondo piano dell'ala destra, in cui si trovava classe del ragazzo, era stata ristrutturata da poco e si vedevano ancora i segni lasciati dai lavori. Percorrendo il lungo corridoio color ocra, si trovava un'altra classe di venti alunni, una terza per l'esattezza, la situazione all'interno era decisamente migliore. Una giovane insegnante stava tenendo una lezione di tedesco e tutti i presenti stavano prendendo appunti, tutti tranne una.
La ragazza seduta in fondo alla classe aveva lo sguardo perso nel vuoto, un piccolo ciuffo di capelli ricadeva sul suo occhio sinistro, il colore rossastro di questi era attenuato da poche ciocche nere. I suoi occhi erano castani e il sole, con delicata maestria, li illuminava di una strana luce che conferiva una brillantezza quasi irreale.
Fatti forza, hai passato un periodo stressante e difficile, ma adesso stai bene, pensò la giovane, un sorriso si formò sul suo viso e le sue guance diventarono improvvisamente rosse.
«Juliet, alla lavagna!» la voce della giovane insegnante tuonò verso l'alunna distratta.
«Perché prof?» la delicata voce dell'allieva risuonò nel silenzio della classe.
«Sei l'unica che mi è sembrata distratta, vediamo sei hai seguito la lezione».
Non ho bisogno di seguire, studiando a casa riesco comunque ad ottenere ottimi risultati..., a quel pensiero si alzò dalla sedia, sbuffando.
Nello stesso istante, nella classe precedente.
«Blake! Possibile che tu non riesca mai a stare attento?».
Il ragazzo spostò lo sguardo verso la professoressa, notando l'incapacità di farsi rispettare da dei ragazzini.
«Vieni alla lavagna!».
Come se cambiasse qualcosa..., dopo l'ennesimo richiamo Blake si alzò dal banco, fece un passo avanti verso la cattedra, ma una forte fitta lo colpì all'altezza del cuore.
Juliet arrivò a pochi passi dalla lavagna, i suoi splendidi occhi si spalancarono e la mano destra le si strinse automaticamente sul petto, un forte dolore la opprimeva; la giovane cadde a terra, contorcendosi dal dolore.
Blake sentiva una strana morsa intorno al suo cuore, la voce della professoressa risuonò nella classe.
«Blake, smettila di scherzare. Non è divertente!».
«Non... riesco... a respirare» cercò di rispondere il ragazzo, il cappuccio scivolò mostrandone il viso.
I corti capelli neri si mossero al passaggio del tessuto, i suoi occhi neri si chiusero, il volto era contratto in spasmi di dolore. Blake si ritrovò al suolo, una strana sensazione attraversava il suo corpo e la sua mente; riaperti gli occhi il giovane vide un uomo.
Il viso della misteriosa persona era coperta da una maschera di un grigio metallo, scendendo lungo il corpo vide gli abiti completamenti neri adornati in parte da piccoli teschi di metallo. Il lungo cappotto di pelle che indossava, strisciava sul pavimento, ogni passo verso il ragazzo produceva dei leggeri rintocchi, dovuti a delle piccole croci di metallo attaccate alle fibbie del cappotto.
Blake cercò di strisciare indietro, anche se paralizzato dal dolore, finendo per toccare la fredda parete in fondo alla classe.
«Chi sei?! Allontanati!».
La paura si stava facendo spazio nella mente del ragazzo, proprio mentre l'uomo stringeva la mano in un pugno: in essa comparì una spada ricoperta di sangue. Le richieste di aiuto del ragazzo non trovavano risposta nei compagni, nessuno di loro vedeva quella misteriosa persona che si avvicinava sempre più a Blake; ormai terrorizzato, chiuse gli occhi mentre l'essere che gli si parava davanti preparava un fendente rivolto al ragazzo. Un rapido colpo tagliò diagonalmente il suo petto, un urlo di dolore uscì dalla sua bocca, le lacrime scendevano dagli occhi bagnandogli il viso. Gli schizzi di sangue si schiantarono sul muro e sui compagni vicini al giovane, macchiandone i volti e gli abiti; il dolore di Blake fu coperto dalle grida di paura dei suoi compagni. Il misterioso aggressore lo sollevò senza difficoltà e, con un rapido movimento, lo trafisse al cuore. Gli occhi neri del ragazzo diventarono vitrei in pochi istanti; il sangue macchiò il pavimento, l'uomo estrasse la spada e lasciò cadere violentemente al suolo il corpo esanime. Nessuno all'interno della classe riusciva a capire cosa stesse succedendo, ne come fosse potuto accadere, i loro occhi non erano riusciti a vedere il misterioso aggressore.
Blake si ritrovò in un posto completamente bianco, il suo corpo levitava nell'aria. Sono morto?, questo pensiero fece correre un brivido lungo la schiena del ragazzo, il petto gli doleva ancora, qualcosa che non aveva mai percepito prima scorreva nel suo corpo. Come un filmato proiettato contro un muro, il giovane vide la sua scuola, la telecamera entrò nella sua classe; lì giaceva il suo corpo, i suoi compagni paralizzati dalla paura non riuscivano neanche ad avvicinarsi ad esso. La visuale del ragazzo si spostò nel corridoio della sua ala, il misterioso uomo si stava avvicinando all'ultima classe; attraversata la porta vide Juliet a terra, contorta nel dolore.
No! Juliet!, il ragazzo capì che quell'essere avrebbe colpito anche la giovane alunna.
Devo fare qualcosa! Ci deve essere un modo...
Blake sentì la rabbia ribollire nel suo corpo e, ciò che percepiva come una flebile sensazione che gli scorreva sotto la pelle, iniziò a diventare più forte, come un fiume in piena durante un alluvione. Chiuse gli occhi, sentendosi svenire, il mondo bianco intorno a lui iniziò a diventare sempre più scuro, finché non divenne completamente nero.
Juliet stava tremando, la mano destra stretta al petto, la porta si aprì mostrando nuovamente l'uomo dalla maschera di metallo. La ragazza si sentì in pericolo e iniziò a strisciare, cercando di allontanarsi da quell'essere, la professoressa parlò ma Juliet non sentì una parola: il suo corpo era percorso dalla paura. La giovane si paralizzò quando vide la spada impugnata dall'uomo, chiuse gli occhi cercando di proteggersi con le esili braccia.
La porta della classe, dove era affisso un foglio che presentava la scritta “4N”, si distrusse, piccoli detriti si schiantarono contro il muro del corridoio. Con passo incerto uscì Blake, il cappuccio era tornato a coprire la sua testa ma si intravedeva il suo volto, il quale sembrava essere cambiato. Barcollando il giovane raggiunse la classe di Juliet: l'uomo misterioso stava puntando la lama della spada verso il cuore della ragazza.
Blake alzò la testa e spalancò gli occhi, questi erano diversi: il nero aveva lasciato il posto al blu scuro donandogli uno sguardo più profondo. Il ragazzo si lanciò verso l'uomo e, usando tutta la forza presente nel suo corpo, scagliò un forte pugno alla faccia dell'aggressore; questo barcollò di lato, non fece neanche in tempo a girarsi, prima di essere colpito da un secondo pugno, più forte del primo. L'uomo fu lanciato contro il muro laterale della classe, Blake gli si avvicinò rapidamente e sferrò un calcio con la sua gamba destra, centrandone il petto.
Il muro alle spalle dell'aggressore iniziò a creparsi e dopo un secondo calcio, si distrusse gettando numerosi detriti e l'uomo verso il cortile della scuola. Blake saltò attraverso il varco creatosi, atterrando sulla via di cemento, l'impatto con il terreno fece sgretolare il suolo sotto i suoi piedi, il cappuccio gli scivolò dal capo. L'uomo si rialzò e si soffermò sull'aspetto dell'avversario: oltre agli occhi anche i capelli avevano cambiato colore, diventando bianchi; anche il fisico del ragazzo si era modificato, infatti la sua massa muscolare era aumentata e il suo voltò non faceva trasparire emozioni. Blake si lasciò trasportare dall'energia che sentiva dentro di sè, la forza che iniziò a sprigionare creò un enorme bagliore, una grande bolla di luce lo circondò. Spentasi quella strana fiamma, l'uomo poté rivederlo, ora gli abiti del ragazzo erano cambiati: la felpa nera aveva lasciato posto ad un cappotto sbottonato di pelle bianca, sotto di esso si vedeva una candida maglietta; i pantaloni neri erano diventati dello stesso colore della maglia, delle piccole croci nere ne adornavano i lati, lo stesso motivo si trovava sulle spalle del cappotto. Gli occhi dell'uomo si soffermarono sulla mano destra del ragazzo, egli impugnava una spada ad una mano e mezza, la lama era nera decorata al centro da una piccola croce bianca.
Blake guardò il suo avversario, la maschera di metallo presentava numerose crepe e la parte che copriva ne la bocca si era staccata, mostrando un sorriso corrotto dal male. L'uomo sparì, ma il ragazzo ne percepiva ancora la presenza e improvvisamente capì, seguendo il suo istinto, utilizzò l'energia all'interno del suo corpo. In un attimo si teletrasportò nella classe di Juliet, all'interno vide l'avversario davanti al corpo della ragazza, si lanciò verso di lui ma fu colpito da un pugno, che lo fece schiantare contro il muro laterale della classe; l'aggressore puntò la lama verso il petto della ragazza e la spinse nel suo cuore.
Juliet urlò e i suoi occhi iniziarono a spegnersi lentamente. Il grido di dolore risvegliò l'energia nel corpo di Blake e la rabbia prese il controllo su di lui; ripresosi dal pugno, si teletrasportò davanti all'uomo, scagliandogli un forte calcio in faccia, esso fu scaraventato nuovamente fuori dalla classe.
Blake si teletrasportò dietro al nemico ancora a mezz'aria e lo fermò con una gomitata nella schiena, scagliandolo successivamente verso il suolo con un calcio. Il ragazzo si teletrasportò nuovamente e, utilizzando la mano sinistra, fermò l'avversario in aria; con quattro rapidi colpi di spada gli tagliò le braccia e le gambe e con un montante fece scorrere la lama attraverso il busto dell'uomo fermandosi all'altezza della gola. Tenendolo fermo, Blake gli tagliò la testa all'altezza del collo, sferrò un calcio al busto dell'avversario, dividendolo in due; governato dalla rabbia, il ragazzo prese al volo la testa del nemico, fece sparire la sua spada e creò una palla di fuoco con la sua mano destra, schiantandola nella faccia dell'uomo.
L'ira del ragazzo si dissipò mentre le parti del corpo di quell'essere si trasformavano in cenere e sparivano nel nulla.
Blake si teletrasportò nella classe di Juliet e si avvicinò ad essa.
«Juliet! Rispondimi!».
Il giovane appoggiò la mano destra sulla ferita di Juliet, essa si trovava sul suo cuore mentre quella della ragazza era a contatto con il petto Blake, una strana energia si formò tra i due ragazzi e il cuore di Juliet riprese a battere mentre il ragazzo si sentì svenire. L'ultimo dettaglio che vide prima di perdere conoscenza furono gli occhi di Juliet: il destro aveva cambiato colore diventando rosso, mentre il sinistro era verde. Essi rimasero di quel colore per qualche istante, ma proprio mentre Blake scivolava nell'oscurità questi tornarono normali.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: La donna delle risposte ***



CAPITOLO 2: La donna delle risposte


Blake riaprì lentamente gli occhi, si trovava sdraiato su due banchi nella classe di Juliet, intorno a lui vi erano cinque suoi compagni. La testa gli pulsava, sentiva numerose voci rimbombare.
«Cosa avete tutti da dire! Che mal di testa...».
Osservando meglio le persone che lo circondavano, il ragazzo notò che nessuno stava parlando.
Ma cosa diavolo?
In quel momento il ragazzo chiuse gli occhi e vide numerose luci blu abbaglianti.
Che male! Ma cosa sta succedendo?, tra i suoi pensieri il ragazzo sentì una voce fra le tante.
Cosa è successo a Blake? In classe è capitato qualcosa... ma cosa?.
Il ragazzo riconobbe la voce di Chris, puntò gli occhi verso l'amico e cercò di rispondere.
«Non so neanch'io cosa è successo... che casino».
Chris rimase a bocca aperta, lo stupore e il dubbio si rivelavano sul suo volto.
«Cosa ho detto di strano?».
Il compagno di Blake boccheggiò per alcuni istanti poi riuscì a parlare.
«Come hai fatto? Non ho parlato eppure hai risposto alla mia domanda».
Il ragazzo spalancò gli occhi e si soffermò a pensare per qualche secondo.
No, non può essere... non posso essere...
Blake si rialzò e scese dai due banchi avvicinandosi ad una finestra, osservando il suo riflesso: era identico a prima dell'attacco.
Sono sempre io... ho un''idea! Vediamo se funziona.
Chiusi gli occhi, il ragazzo cercò di visualizzare il proprio corpo e iniziò a percepire una strana energia dentro di lui; concentratosi su questo flusso di energia, Blake ne liberò una parte e riaprì gli occhi.
Il giovane era cambiato davanti agli occhi increduli dei compagni, osservò il suo aspetto fisico: come durante il combattimento i suoi capelli erano bianchi, come i suoi abiti, gli occhi invece era rossi. Blake si toccò il viso e controllò il suo riflesso, a metà tra l'incredulità e la confusione.
Allora avevo ragione... Juliet!, i pensieri del giovane si focalizzarono tutti sulla ragazza.
«Juliet sta bene?» chiese ai compagni e, senza aspettare una risposta, spalancò la porta della classe.
Davanti a lui vi erano la giovane e il suo ragazzo, stretti in un abbraccio; Blake chiuse rapidamente la porta e si diresse verso il buco nella parete della classe.
«Io le salvo la vita e lui si becca il suo amore...».
Una compagna gli si avvicinò e gli appoggiò la mano destra sulla spalla.
«Fatti forza, non ci pensare. Quasi non la conosci».
«La conosco abbastanza... Aria, ti prego, ne abbiamo già parlato».
La compagna scosse la testa e i lunghi capelli biondi le spazzolarono le spalle.
«In ogni caso gli insegnanti hanno chiamato un'ambulanza, sarà qui a momenti».
Il ragazzo rimase in silenzio, osservando il vuoto per alcuni istanti, poi si voltò verso i suoi compagni.
«Devo andare... devo pensare un po' a ciò che mi è successo...».
«Aspetta!» la voce di Chris risuonò nella stanza.
«Cosa è successo?».
Blake pensò per un attimo, cercando le parole migliori.
«Non so come spiegarlo, perciò sarò diretto. Oggi sono morto, ma sono rinato... o meglio, penso di essermi risvegliato. Ho letto parecchi libri e dalle informazioni in mio possesso penso di essere diventato un demone».
Il silenzio e lo stupore scesero nell'aula.
«Ora scusatemi, ma devo proprio andare».
Il ragazzo prese il suo cellulare e cercò un immagine su internet, la memorizzò nei minimi dettagli e lanciò il telefono verso Chris.
«Tieni, non mi servirà per un po'... non voglio essere disturbato».
Blake chiuse gli occhi e si concentrò.
Spero che funzioni.
Ricostruita l'immagine, il ragazzo si preparò; in quell'istante Juliet entrò nella stanza e corse verso Blake appoggiandogli una mano sulla spalla mentre questo rilasciava la sua energia. I due ragazzi sparirono nel silenzio dell'aula.
Juliet si ritrovò a rotolare nella sabbia, costringendola a chiudere gli occhi. Rotolò fino alla fine di una grossa duna arancione, tossendo cercò di capire cosa era successo; la luce abbagliante del sole la accecava, ma un'ombra le si parò di fronte porgendole una mano. La ragazza accettò l'aiuto e, appena fu in piedi, cercò di coprirsi dal sole con una mano; gli occhi della ragazza si abituarono in fretta. Osservandosi intorno vide solo sabbia arancione, poi si voltò verso la persona che l'aveva aiutata.
«Come sono arrivata qua?».
Blake si voltò verso la ragazza.
«Ci siamo teletrasportati».
«Non è possibile, non ci si può teletrasportare!».
«Tutto ciò che è successo questa mattina lo consideravo impossibile, ormai non mi sorprende più niente».
Juliet continuò a guardarsi intorno.
«Dove siamo?».
Blake si sedette sulla sabbia, i capelli bianchi si muovevano al vento.
«Nel deserto del Sahara».
La ragazza sbuffò, lasciandosi cadere sulla soffice sabbia.
«Come torniamo a casa?».
«Per il momento rimarremo qui, sono venuto apposta per cercare un posto dove pensare in tranquillità».
Juliet si voltò verso di lui, il suo viso faceva apparire una leggera rabbia.
«Sei stato tu a portarmi qua?».
«No, sei stata tu a toccarmi. Se non l'avessi fatto non saresti venuta con me».
«Se tu puoi teletrasportarti, allora portami a casa».
«Mi dispiace ma non posso, devo riposarmi prima di poterci teletrasportare fino a casa».
Juliet rimase in silenzio per alcuni secondi poi tornò a guardare il ragazzo.
«Visto che rimarremo qui per un po' mi presento, io sono Juliet».
La sua mano destra era tesa verso il giovane, il quale la strinse.
Ci siamo già presentati... ma vedo che non ti ricordi di me...
Blake scacciò quei pensieri e rispose alla ragazza.
«Piacere mio, io sono Blake».
Lo sguardo di Juliet sembrava perplesso.
Blake? Ho già sentito questo nome..., il viso della ragazza si illuminò.
«Tu sei quel ragazzo di quarta che ho conosciuto tempo fa! Ma cosa hai fatto hai capelli?».
Blake scoppiò a ridere e puntò il suo sguardo negli occhi della ragazza.
«Fosse l'unico cambiamento che ho subito... comunque si, sono io. Tu invece sei una ragazza di terza giusto».
Juliet annuì senza poter distogliere lo sguardo dagli occhi del ragazzo.
«Esattamente, ma perché hai le lenti a contatto?».
«Non sono lenti... lascia stare è una storia lunga, sinceramente non so neanche io come raccontarla» disse Blake scuotendo la testa.
Capelli bianchi, occhi rossi e tutti questi poteri... devo essere per forza essere diventato un demone. Pensavo che fosse solo una favola, l'invenzione di un autore...
Gli occhi di Blake si posarono su Juliet.
Aspetta, prima di svenire mi sembrava che i suoi occhi fossero diversi.
Il ragazzo cercò di concentrarsi sull'energia che lo circondava, questa volta vi era solo una luce verde speranza, forte e brillante; il ragazzo capì che la luce rappresentava l'energia di Juliet. Concentrandosi su se stesso, riuscì a vedere la propria energia, un grande flusso colorato di un rosso molto acceso. Il ragazzo si mise a riflettere.
Immagino che la luce blu rappresenti l'energia di un essere umano, mentre la rossa definisce un demone... allora lei cos'è?
«Tu sei un demone?!».
La voce della ragazza risvegliò Blake, il quale stupito si rivolse a Juliet.
«Riesci a leggere nel pensiero?».
«Come potrei farlo è... aspetta».
Juliet si fermò e concentrandosi su Blake ne riuscì a percepire i pensieri.
«Cosa mi succede?».
«Vorrei capirlo anch'io» disse Blake alzandosi e, dopo essersi stiracchiato, riprese a parlare.
«Forse c'è un modo per capire cosa sta succedendo».
Juliet guardò il ragazzo, in attesa delle sue parole.
«Chiudi gli occhi e concentrati solo sul tuo corpo».
«Tutto qui?».
Blake alzò le spalle, incapace di trovare una spiegazione logica a ciò che stava succedendo.
«Questo è l'unico metodo che conosco».
Juliet annuì, anche il suo viso faceva trasparire il suo scetticismo; chiuse gli occhi, cercando di raffigurare il suo corpo, lentamente la sua figura prendeva forma nella sua mente.
Sento qualcosa... qualcosa che scorre dentro di me.
La ragazza scese più in profondità, gettandosi in quello che le sembrava un mare verde.
Questa sensazione... è fantastica! Mi sento forte e sicura...
Juliet si lasciò trasportare da quello strano flusso di energia, Blake vide un grande bagliore circondare la ragazza e sorrise. Il bagliore costrinse il giovane a voltarsi e, dopo pochi istanti di silenzio, la luce svanì mostrando i cambiamenti della ragazza: i vestiti che indossava erano stati sostituiti da una leggiadra maglia di seta azzurra, i pantaloni erano diventati dello stesso colore; i cambiamenti nell'aspetto fisico erano minimi, i capelli erano rimasti uguali a prima. Ciò che colpì Blake erano gli occhi della ragazza: il destro era rosso acceso, mentre il sinistro era verde, simile al colore dell'erba bagnata al mattino dalla rugiada.
Blake rimase a bocca aperta per alcuni secondi poi si riprese.
«Non riesco ancora a capire cosa sei».
Juliet si sentiva una ragazza nuova, libera e forte..
«In questo momento non mi interessa... mi sento bene».
Il silenzio del deserto fu interrotto da un improvviso rumore sordo, la sabbia si sollevò coprendo la visuale dei due ragazzi. Appena essi riuscirono ad aprire gli occhi si ritrovarono davanti ad una donna dai lunghi capelli biondi che incorniciavano un volto delicato; istintivamente Blake evocò la sua spada, stringendo la mano in un pugno.
«Finalmente vi ho trovati».
La voce soave della donna fece abbassare l'arma al ragazzo.
«Chi sei?».
Chiese Juliet sospettosa, attirandone l'attenzione, essa le sorrise dolcemente.
«Non è importante, ciò che importa siete voi due».
Blake osservò confuso la donna dal vestito rosso.
«Noi due?».
«Siete il motivo per cui sono venuta qui».
Juliet fece un passo avanti, mettendosi a fianco del ragazzo.
«Cosa sta succedendo?».
La donna dai capelli biondi si avvicinò ai ragazzi.
«Quell'uomo che vi ha attaccati era un demone malvagio, voi eravate il suo obiettivo. Doveva eliminarvi ma fortunatamente vi ha solo risvegliati. Voi due siete entrambi demoni mentre io sono un angelo».
Queste parole confusero Juliet, ma colpirono Blake, il quale chiuse gli occhi è osservò l'energia della donna.
La luce che produce il suo flusso di energia è azzurro, questa informazione potrebbe essermi utile.
«In questo momento sia il bene che il male vi contendono, sta a voi decidere da che parte stare».
Juliet scosse la testa, le troppe informazioni le creavano sempre più domande.
«Scusa ma se noi siamo demoni, non dovremmo essere dalla parte del male e combattere contro gli angeli».
«No, non è così. Ci sono angeli buoni e angeli malvagi e lo stesso vale per i demoni, sono tutte scelte personali. Purtroppo non posso rimanere qui, per il momento vi posso solo dire che se volete delle risposte dovete recarvi a Londra. Buona fortuna ragazzi».
«Aspetta!» esclamò Blake, «Ci incontreremo di nuovo?».
«Fra molto tempo» rispose sorridendo la donna.
«Qual'è il tuo nome?».
La donna voltò la testa verso i due ragazzi.
«Mi chiamo Angela».
Mentre le parole dell'angelo risuonavano ancora nell'etere, essa sparì lasciando i ragazzi da soli.
«Beh, credo che dovremmo andare a Londra» disse Blake.
Juliet annuì ripensando alle parole della donna mentre il ragazzo appoggiò le mani sulle sue spalle e la guardò con un sorriso.
«Per questa volta ti teletrasporto io, appena avremo tempo ti insegnerò come fare».

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Il passaggio ***



CAPITOLO 3: Il passaggio



La notte era ormai calata, mentre i due ragazzi si ritrovarono davanti al Big Ben i cui rintocchi risuonava nell'aria. La pallida luna piena illuminava il cielo stellato, Juliet si guardò intorno.
«Perché proprio davanti al Big Ben?».
Blake sollevò le spalle.
«Questo è l'unico posto che conosco bene di Londra, per teletrasportarsi bisogna avere chiaramente l'immagine di dove si vuole andare in testa».
Juliet corse verso la riva del Tamigi, sull'altra sponda l'enorme London Eye governava sulla strada.
«Wow! È incredibilmente bello».
«L'occhio di Londra... hai proprio ragione, è bellissimo».
«Da dove cominciamo a cercare? La città è grande e noi non sappiamo neanche dove trovare le risposte che ci servono» disse Blake, pensieroso.
Juliet puntò lo sguardo verso le stelle, il giovane non riuscì a resistere e cercò di leggere i pensieri della ragazza.
Chissà se mi sta pensando...
Le parole nella sua mente fecero indietreggiare Blake, lo sguardo del ragazzo si perse nel vuoto.
«Tutto bene?».
«Si, cosa ti fa pensare che qualcosa non vada bene?».
«Posso leggere nei tuoi pensieri, ricordi?». Blake annuì, un pensiero stava nascendo nella sua mente.
«Che ne dici se regoliamo questo potere? Io non leggerò i tuoi pensieri più profondi e tu non leggerai i miei, d'accordo?».
Juliet accettò la proposta del ragazzo.
«Penso che sia meglio separarci».
Le parole della giovane fecero tremare Blake
«Perché?».
«Come hai detto tu, la città è grande e non possiamo permetterci di perdere troppo tempo... inoltre dovremmo anche avvertire i nostri cari sulla nostra scomparsa».
«D'accordo, ma ad una condizione».
«Spara».
«Se ti dovessi trovare in pericolo o se scoprissi qualcosa, comunicamelo telepaticamente e io arriverò».
«D'accordo, allora ci separiamo. In caso non trovassimo niente, ci incontreremo qui» Blake annuì e i due si salutarono prendendo due strade opposte.
Il giovane demone camminava con la testa china per le strade di Londra, i pensieri lo divoravano dall'interno.
Non ho mai creduto nell'amore a prima vista, eppure è bastato uno sguardo... un semplice incontro e senza dire una parola, mi ha rubato il cuore. Il destino a volte è proprio beffardo, sono giorni che penso a lei, ai suoi bellissimi occhi e ora viaggiamo insieme in cerca di non so neanche cosa. Proprio tu, Juliet, che poco tempo fa mi hai colpito come un fulmine a ciel sereno... è inutile continuare a pensarti, non ho possibilità con te, non ne ho mai avute. Tu avevi già scelto lui, mentre io cercavo timidamente di presentarmi.
I tristi pensieri di Blake furono interrotti da un forte rumore, come se un tuono si fosse abbattuto a pochi metri da lui, mentre attraversava un parco; il giovane iniziò a percepire una grande fonte di energia, incuriosito si avvicinò lentamente.
Un ragazzo dai capelli bianchi si trovava in piedi, al centro di una piazzetta: indossava una maglietta nera e dei jeans dello stesso colore. Blake cercò di osservarlo meglio senza essere visto, ma egli volse immediatamente lo sguardo verso di lui, anche se i suoi occhi erano chiusi. Improvvisamente li spalancò, il colore rosso acceso di questi fece indietreggiare Blake.
Un demone!
Il ragazzo decise di uscire dal suo nascondiglio e si mostrò al demone; questo aprì lentamente la bocca.
«Tu sei Blake?».
Il ragazzo annuì, lo sguardo fissò negli occhi del demone, il volto contratto in un espressione seria.
«Allora ti ho trovato».
Blake evocò la sua spada, preso da una strana voglia, una sensazione indescrivibile.
«Cosa vuoi da me?».
La sua voce era bassa e ferma, il demone sorrise ed evocò la sua spada, un'arma ad una mano e mezza dalla lama verde.
Juliet stava camminando lungo la riva del Tamigi, seguendone il corso.
Non pensavo che la mia vita potesse cambiare così tanto in così poco tempo... forse riuscirò a scoprire me stessa in questo viaggio.
Si fermò all'improvviso: una ragazza dai corti capelli bianchi le si parava davanti, Juliet percepì un brivido salirle lungo la schiena.
Blake!
Il suo richiamo non ricevette risposta, nei pensieri del ragazzo lesse varie emozioni contrastanti. La giovane chiuse gli occhi, l'energia della ragazza che le si parava davanti era grande, il colore rossastro che emanava le infastidiva gli occhi. Dev'essere un demone!
La ragazza dai capelli bianchi sorrise.
«Hai indovinato. Tu sei Juliet?».
La giovane si bloccò sentendo il suo nome.
«Si... chi sei tu?».
«Io sono Hope, sono qui per mostrarti la via verso le risposte che cerchi».
«Come faccio a fidarmi di te?» disse con voce calma.
La ragazza dai capelli bianchi sorrise.
«Se non fossi dalla tua parte, ti avrei già uccisa».
Hope osservò la ragazza per qualche istante poi riprese a parlare.
«Seguimi, il posto che cerchi è qui vicino».
Il vento smise di soffiare e uno strano silenzio calò sul parco, i due ragazzi si osservarono attentamente e, in un istante, si ritrovarono a pochi centimetri di distanza. Le spade dei due demoni strisciavano producendo numerose scintille, il demone sorrise guardando Blake negli occhi.
«Non è il modo più educato di presentarsi, non credi?».
Il demone mosse il polso, facendo indietreggiare Blake di diversi metri. Il ragazzo si lanciò nuovamente verso il demone, i due iniziarono a scambiarsi una serie di veloci colpi e parate.
Non ho mai combattuto con una spada in vita mia, ma mi sembra tutto così naturale e facile.
Blake diede un forte colpo sulla lama dell'avversario facendolo indietreggiare, questo sorrise e iniziò a camminare indietro.
«Dove credi di andare!».
Disse Blake urlando, e subito si mise a correre verso il demone, ma questo iniziò a scappare da lui.
Quando il ragazzo lo raggiunse, questo si limitò a parare i colpi e ad indietreggiare, come se lo volesse portare da qualche parte.
Improvvisamente il demone spiccò un grande salto e iniziò a correre sul tetto di alcune case, Blake lo seguì senza pensarci due volte; i due combattenti iniziarono a scambiarsi veloci colpi appena si avvicinavano abbastanza, grandi folate di vento si sprigionavano all'incontro delle due lame.
Giunto a pochi metri dal London Eye, il demone scese dal tetto e si fermò davanti alla strada che portava alla ruota panoramica. Blake fissò l'avversario, il quale scoppiò a ridere.
«Non sei debole come sembri, ragazzo».
In quel momento Blake vide arrivare Juliet in compagnia di una ragazza dai capelli bianchi.
Hope si avvicinò al rivale del ragazzo, mentre Juliet corse verso l'amico.
«Tutto bene?» chiese quest'ultimo.
«Sì, quella ragazza si chiama Hope, mi ha detto che mi avrebbe portata nel posto dove troveremo le nostre risposte».
La giovane demone tirò uno schiaffo in faccia al rivale di Blake.
«Che cosa ti avevo detto, Frank? Niente combattimenti, loro sono buoni e poi conosci la nostra missione».
«Scusa, ma è stato lui a tentarmi».
Hope sorrise guardando Blake.
«Un'altra testa calda, eh?».
I quattro demoni si incamminarono verso la ruota panoramica, mentre Hope spiegava loro la situazione.
«Noi veniamo da un modo parallelo, infatti gli umani qui non possono vederci. Nel nostro mondo, ovvero dove siete nati voi due, si sta avvicinando una guerra tra bene e male e ci serve il vostro aiuto».
«Perché proprio noi?» chiese Juliet.
«Diciamo che il bene è un po' in difficoltà... ma c'è una profezia che ci da speranza e pensiamo che parli di voi» disse Frank sorridendo.
«Profezia?» chiese Blake.
Questa volta fu Hope a rispondere.
«Già, ora non abbiamo il tempo di parlarvene, ma il nostro maestro e comandante vi spiegherà tutto appena arriveremo nel nostro mondo».
Juliet e Blake sembravano perplessi.
«Come faremo a passare dal nostro mondo al vostro?» chiese la ragazza.
Frank indicò la grande ruota panoramica.
«Grazie a quello».
«il London Eye?» dissero all'unisono i due ragazzi.
«Già, basterà toccare il perno al centro della ruota. È un portale dimensionale».
I due ragazzi continuarono a essere stupiti ma, arrivati sotto la grande ruota, seguirono i due demoni spiccando un salto verso il perno. Invece di scontrarsi contro il metallo della ruota, Juliet e Blake toccarono la struttura e, come se fossero passati attraverso una strana membrana gelatinosa, sparirono oltre il London Eye e giunsero su di un altopiano. Il panorama mostrava una grande foresta in mezzo alla quale si vedevano le luci di un'enorme città, essa sembrava essere integrata perfettamente del verde che la circondava. Frank poggiò le braccia sulle spalle dei due ragazzi.
«Benvenuti a casa, questa è la nostra terra e quella città laggiù è Luminia».

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: Il Maestro ***


 

CAPITOLO 4: Il Maestro



La foresta schermava i quattro giovani dalla volta celeste, anche se ogni tanto riuscivano a intravedere una splendida luna piena tra le fronde degli alti alberi.
Blake e Juliet stavano seguendo i due demoni, il sentiero sterrato che stavano seguendo era abbastanza accidentato a causa di numerose buche e da alcune radici che uscivano dal terreno.
«Posso farti una domanda?» chiese Juliet, avvicinandosi al ragazzo.
«Certo» le rispose lui, concentrato nel tentativo di non inciampare.
«Come hai fatto a capire che ti eri trasformato in un demone?».
«Ho letto un libro, tanto tempo fa... pensavo che fosse solo una favola, che non esistessero creature come demoni e angeli, credevo che fosse solo l'invenzione di un giovane autore...».
Lo sguardo di Blake era perso nel vuoto, ripensare agli avvenimenti di quella mattinata lo fecero tremare.
Sono cambiato... di punto in bianco sono diventato una persona, anzi una essere diverso.
«Capisco... allora è da quel libro che hai imparato a utilizzare i tuoi...» la giovane prese una pausa, non credendo alla parola che stava per dire «poteri?».
«Sinceramente non credevo potesse funzionare, fortunatamente mi sbagliavo».
Juliet ripensò al misterioso demone che li aveva attaccati, facendoli risvegliare.
Un demone... quindi Blake lo ha...
«Come hai fatto ad uccidere quell'essere?».
Blake si fermò, rendendosi conto di non ricordare nulla di quello scontro.
«Non lo so... quando ho aperto gli occhi mi sentivo diverso, mi sentivo più forte... durante il combattimento con quel demone mi sono lasciato andare, seguendo l'energia che avevo dentro... mi chiedo ancora come abbia fatto a resistere il mio corpo a tutta quell'energia».
Juliet fissò il ragazzo negli occhi, apprezzandone il rosso acceso.
«Ergo non ricordi nulla».
«No, mi ricordo solo che sentivo di non essere in me, come se qualcun altro stesse usando il mio corpo».
La ragazza si soffermò ad osservare il ragazzo, la sua muscolatura era aumentata da quel giorno in cui si era presentato.
Blake si ricordò delle parole della ragazza.
«Sei riuscita a contattare i tuoi genitori?».
«No, non ho avuto tempo... tu ci sei riuscito».
Il ragazzo abbassò lo sguardo e scosse la testa, il ricordo della sua famiglia riapriva vecchie ferite.
Juliet guardò in alto, proprio mentre una goccia di rugiada le cadde sul viso attraversandole la guancia, come una dolce carezza. Un sospirò uscì dalle dolci labbra della ragazza.
«Chissà se Al si sta preoccupando per la mia scomparsa...».
Sentendo quel nome, Blake, affrettò il passo affiancandosi a Frank, lasciando Juliet confusa dall'azione dell'amico.
«Scusa, ma non avremmo potuto semplicemente teletrasportarci?» chiese il ragazzo mentre inciampava in una radice, evitando per un soffio di cadere.
«Perché teletrasportarci, camminare fa bene e inoltre è anche rilassante».
Disse Frank mettendosi a fischiettare. Blake si voltò, cercando Hope che camminava dietro di lui.
«Sta scherzando vero?».
La giovane demone scosse la testa, sorridendo.
Le luci della città si fecero più luminose, mentre i quattro si avvicinavano sempre di più ad esse. Giunti in una piccola radura, ne videro le mura ed una grande porta, decorata da varie incisioni in una strana lingua.
Attraversata l'entrata, i quattro si ritrovarono su una grande strada asfaltata, ai lati di questa vi erano numerosi grattacieli dalle forme più incredibili, insegne luminose apparivano da ogni parte; Juliet rimase a bocca aperta.
«Sembra di essere a Las Vegas».
La sua voce faceva trasparire una grande emozione, Frank sorrise.
«Diciamo che Luminia è la città del gioco d'azzardo del mondo demoniaco, quindi ritengo il tuo un ottimo paragone. Vi do ufficialmente il benvenuto in questa splendida città, una degli ultimi avamposti del bene nel nostro mondo».
Detto ciò Frank si voltò e iniziò ad incamminarsi verso una delle vie traverse della città.
I quattro camminarono a lungo, percorrendo numerose strade e vedendo un' infinità di insegne e di locali. Dopo mezz'ora giunsero davanti ad un enorme hotel di vetro di almeno una ventina di piani, la struttura si sviluppava a semicerchio, quasi ad abbracciare gli ospiti che si avvicinavano all'entrata. Dopo aver percorso un lungo viale alberato, giungendo finalmente all'ingresso, le porte di vetro si aprirono automaticamente e davanti agli occhi del gruppo di demoni si presentò una grande hall. Le pareti della stanza erano bianche, appese ad esse vi erano dei bellissimi quadri ritraenti tramonti e paesaggi suggestivi; alcune colonne, decorate da incisioni dorate a tema floreale, conducevano gli ospiti verso le grandi scalinate di marmo che salivano portando alle stanze adibite al divertimento.
«Questo è uno dei migliori hotel della città, ha un casinò, due piscine, tre sale da pranzo e altrettante sale da ballo. Seguitemi, prendiamo l'ascensore».
Frank guidava il gruppo e, passando davanti alla reception, salutò la donna dietro il bancone che rispose al saluto sorridendo, le sue guance si tinsero di un rosso leggero.
Entrati in ascensore, Hope frugò nella tasca sinistra dei suoi jeans e ne tirò fuori una piccola chiave nera. La donna diede un leggero colpo al pannello con i pulsanti che indicavano i piani, uno sportello si aprì mostrando una serratura, Hope infilò la chiave nella toppa e la girò verso destra. Le porte dell'ascensore si chiusero e questo iniziò a salire velocemente, Juliet si avvicinò a Blake e ne afferrò il braccio, il ragazzo la guardò confuso.
Cosa stai facendo?
Le chiese lui, comunicando mentalmente.
Ho sempre avuto paura degli ascensori.
Blake cercò di trattenere il suo divertimento, senza riuscirci, un pugno lo colpì all'altezza dell'addome senza provocare alcuna reazione.
Non è divertente, gli comunicò Juliet con una voce irritata.
Le porte dell'ascensore si aprirono e Juliet scattò velocemente verso l'uscita, i quattro si ritrovarono in una grande suite, i finestroni di vetro permettevano una stupenda visione sulla città notturna. Un uomo dai lunghi capelli bianchi si alzò da una poltrona di pelle; il lungo cappotto nero che indossava era aperto, mostrando la muscolatura dell'uomo che i due ragazzi capirono essere un demone, dei larghi pantaloni neri completavano il vestiario dell'albino. Gli occhi rossi del demone era puntati su Blake e Juliet, il ragazzo riuscì a leggere un forte interesse nello sguardo dell'uomo. Frank si mise al fianco di Blake e gli bisbigliò all'orecchio.
«Quanti anni gli dai?».
Il ragazzo si soffermò, osservando la splendida forma fisica del demone; il volto, segnato da una cicatrice all'altezza dell'occhio, non mostrava segni di vecchiaia «Venticinque?».
Frank sorrise, scuotendo la testa.
«Ottocentodue».
il ragazzo rabbrividì.
Chissà quanto possono vivere i demoni?
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce dell'anziano demone.
«Mi fa piacere vedervi, non pensavo foste entrambi dei demoni così particolari».
La sua voce sembrava quella di un ragazzo di vent'anni e, con estrema eleganza, si inchinò.
«Piacere di conoscervi, sono Bastian ma tutti mi chiamano il Maestro. Sono uno dei comandanti dell'esercito demoniaco e vi stavo cercando da molto tempo. Hope, Frank potete lasciarci soli».
I due demoni annuirono e uscirono dalla stanza tramite una piccola porta di legno.
Bastian indicò un comodo divano di pelle nera.
«Accomodatevi prego».
I due ragazzi si sedettero, mentre il demone tornava sulla sua poltrona di pelle.
Il Maestro osservò attentamente Blake per alcuni minuti, in silenzio.
«Tu hai un grande potere dentro di te, ma non lo sai controllare».
Il ragazzo fece trasparire tutta la sua perplessità guardando il vecchio demone.
«Quando hai combattuto contro quell'uomo, ti sei lasciato sopraffare da tutta la tua energia nascosta... il tuo Flusso è molto potente adesso, ma ne riesci a sfruttare solo una piccola percentuale».
«Flusso?» chiese Juliet sentendosi tagliata fuori dalla conversazione.
«Il flusso è l'energia che senti all'interno del tuo corpo, quella forza che scorre sotto la tua pelle, nelle tue vene. So che può essere difficile per voi capire questo concetto, ma vi ci abituerete».
Il Maestro si soffermò sui capelli rossastri della ragazza.
«Sai che i demoni come te, mia cara, non nascono spesso. Demoni dai particolari colori di capelli o occhi... la loro diversità cromatica indica un'elevata potenza. Lo stesso discorso vale per te, Blake».
Il ragazzo spostò lo sguardo dalla ragazza al vecchio.
«Io sono identico a lei e agli altri demoni».
«Adesso si, ma quando liberi tutta la tua energia i tuoi occhi cambiano colore... proprio come è successo questa mattina».
Blake sentì riaffiorare i ricordi di quell'incontro, stupendosi di come un semplice particolare gli avesse fatto ricordare tutto.
«Ora che vi ho riempito un po' di informazioni sul vostro conto, vi spiegherò la situazione in qui ci troviamo».
Bastian si alzò in piedi e si diresse verso un portatile collegato ad un proiettore, premette alcuni tasti e l'immagine di una mappa apparì davanti agli occhi dei due ragazzi.
«Il male sta colpendo duramente i nostri territori, dovete sapere che il mondo demoniaco è diviso in due: una parte è del bene, mentre l'altra è del male. Questo equilibrio precario è stato distrutto qualche giorno fa, un attacco improvviso da parte di vari demoni malvagi ha fatto cadere molte nostre città. Restano circa una decina di nostri avamposti e il nostro esercito si è trovato impreparato e debole».
Blake guardò la mappa, vedendo solo dieci punti rossi circondati da un enorme macchia nera
«In poche parole siamo nella merda»
Bastian si voltò verso il ragazzo.
«Non è il termine che userei, ma hai reso perfettamente l'idea».
«Quale sarebbe il nostro compito?» chiese Juliet alzandosi dal divano.
«Per il momento dovrete imparare a gestire i vostri poteri, Frank e Hope vi aiuteranno in questo arduo compito. Quando dimostrerete di essere all'altezza, prepareremo il contrattacco. Potremo resistere ancora per alcuni mesi, perciò abbiamo tempo».
La mente di Blake fu illuminata da un pensiero.
«Frank ha accennato ad una profezia, di cosa si tratta?».
Il Maestro si fermò, come se quelle parole lo avessero infastidito.
«Possibile che quel ragazzo non riesca mai a stare zitto... la profezia di qui ha parlato esiste da almeno tremila anni e dice: quando il male attaccherà, rompendo l'equilibrio, due luci si ergeranno dall'oscurità portando speranza e vittoria. Noi pensiamo che quelle due luci siate voi due. Ora andate, domani sarà una giornata impegnativa».
I due uscirono dalla stanza di Bastian e furono accolti dai sorrisi di Frank e Hope, i due demoni indicarono le rispettive stanze ai due ragazzi.
Le camere dei due erano una affianco all'altra, Blake salutò Juliet augurandole una buona notte, il ragazzo aprì la porta ma fu fermato dall'amica.
«No, prima di salutarci devi dirmi una cosa».
Il cuore di Blake iniziò a battere rapidamente, i suoi occhi si persero nello sguardo della ragazza.
«Cosa vuoi sapere?» la voce di Blake sembrò tremolare.
«Perché sei così distaccato... non riesco a capire cosa ti passa per la testa».
Il ragazzo tremò per un secondo.
Perché mi è così difficile dirti che ti amo?
Blake spostò lo sguardo dalla ragazza.
«Non è un bel periodo per me».
Juliet prese il viso del giovane con la mano sinistra, obbligandolo a guardarla negli occhi.
«Vuoi parlarne?» la dolce voce dell'amica fece battere ancora più veloce il cuore del ragazzo.
«I miei genitori sono morti in un incidente automobilistico dieci giorni fa...».
Blake si trovava seduto sul letto della camera della ragazza, Juliet si avvicinò abbracciando l'amico.
«Mi dispiace».
Blake la strinse forte a se, il calore di quell'abbraccio lo aiutò a trattenere le lacrime, gli occhi di Juliet si spalancarono per la sorpresa di quel gesto.
Non ho mai ricevuto un abbraccio così... vero. Tutte le mie preoccupazioni sembrano svanite.
I pensieri della ragazza furono interrotti quando le venne in mente Al, Juliet si allontanò lentamente dalla presa di Blake.
«Non è tutto, vero?» chiese Juliet, cercando di cambiare discorso.
«Mi sono innamorato di una ragazza».
La voce di Blake sembrò rimanere calma, anche se all'interno ogni molecola del suo corpo ribolliva tra le emozioni del ragazzo.
«Ma è fantastico, chi è la fortunata?».
Blake iniziò a tremare.
Diglielo!
Questo e
ra l'unico pensiero del ragazzo.
«Una ragazza che ho conosciuto un po' di tempo fa... la prima volta che la vidi, fui colpito da un fulmine a ciel sereno... mi persi nei suoi occhi, non mi era mai successo prima».
«Perché dovrebbe essere un problema questo?».
Chiese la ragazza incuriosita dalla situazione di Blake.
«Lei è fidanzata» disse velocemente lui, senza far trasparire emozioni.
«Capisco...».
Blake si alzò dal letto è si avviò verso la porta, la aprì e si volto verso l'amica.
«Grazie per avermi ascoltato. Buonanotte».
«Buonanotte anche a te, a domani».
La porta si chiuse, lasciandola sola con i suoi pensieri.
Dev'essere dura per lui... chissà chi è questa misteriosa ragazza.
I suoi occhi iniziarono a chiudersi e si addormentò lentamente, cadendo nelle braccia di Morfeo.

Un ringraziamento speciale va a StewyT per aver scritto la prima recensione. Spero che continuiate a seguirmi anche dopo questo mio messaggio finale, un saluto, Jack Write.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: La rabbia di Blake ***


 

CAPITOLO 5: La rabbia di Blake


Il sole torreggiava alto nel cielo, i caldi raggi entravano nelle stanze dell'hotel filtrati dalle tende blu. Blake si alzò dal letto, neanche nei sogni era riuscito a trovare pace e tranquillità.
Che nottataccia...
Il ragazzo non riusciva nemmeno a riordinare i pensieri, ma all'improvviso un lampo passò fra di essi e si ricordò dell'appuntamento con Frank di quella mattina.
Blake iniziò a guardarsi intorno alla ricerca dei suoi vestiti, essi erano stati abbandonati la sera prima su una poltrona al centro della stanza; osservando la camera da letto notò che non vi era la presenza di un orologio.
Come diavolo faccio a sapere se sono in ritardo!
La porta della stanza si spalancò, il viso di Frank lasciava intravedere tutta la sua rabbia.
«Lascia perdere, sei in ritardo!».
Il demone si appoggiò allo stipite della porta, in attesa.
Dopo essersi vestito, Blake si soffermò per qualche secondo, osservando l'aspetto di Frank: indossava dei pantaloni neri e una canottiera grigia senza maniche, questa mostrava i muscoli scolpiti delle sue braccia.
I due raggiunsero la hall e si diressero verso i campi sportivi, situati alle spalle dell'edificio. Una fresca brezza li accolse all'esterno, la temperatura abbastanza elevata costrinse Blake a levarsi il cappotto di pelle, rimanendo con una maglia bianca a maniche corte. Frank guidò il giovane fino ad un grande prato, ricco di fiori e colori; il demone si mise davanti a Blake, le braccia conserte e lo sguardo fissò su di lui.
«Tu hai un grande potere, ma non sai controllarlo».
Disse Frank con una strana calma che non gli apparteneva.
«Questo già lo so».
Blake non riuscì a trattenere quelle parole forse a causa della mancanza di sonno.
«Se lo sai, allora mostrami questa tua enorme energia. Strano che tu non l'abbia usata per combattere contro di me».
«Scusami, sono solo un po' nervoso questa mattina».
Blake abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa; Frank annuì e riprese a parlare.
«Vediamo un po' come farti utilizzare questo potere nascosto... descrivimi cosa hai provato durante il combattimento con quel demone».
«Ho provato paura».
Senza preavviso Frank si lanciò verso il ragazzo, evocando la sua spada. Blake indietreggiò cercando di evitare l'attacco, di tutta risposta il demone gli assestò un poderoso calcio nell'addome. Il colpo lo fece barcollare all'indietro, strinse la mano in modo che apparisse la sua spada, alzò lo sguardo e il suo cuore smise di battere per un istante. Frank si trovava davanti a lui, nella mano destra stringeva una pistola completamente nera, questa era puntata verso la sua fronte.
«Addio ragazzino!».
Blake chiuse gli occhi, la paura aveva paralizzato il suo corpo.
Frank spostò l'arma da fuoco e sparò un colpo vicino al ragazzo, il quale si rialzò e colpì il demone con un pugno in piena faccia.
«Sei impazzito!».
Frank si massaggiò la guancia, lasciandosi cadere sul prato, le sue armi sparirono come erano apparse.
«Ok, abbiamo capito che non è la paura ciò che ti fa utilizzare al massimo il tuo flusso».
Blake si sedette sull'erba con gli occhi puntati verso il cielo, tornando a pensare alla mattina precedente; all'improvviso il viso gli si illuminò.
«La rabbia...».
Frank lo guardò dubbioso, mentre il ragazzo quasi boccheggiante ripeteva la frase.
«La rabbia! Ero furioso durante il combattimento... se ripenso a come ho ucciso quell'essere... non avrei mai massacrato una persona in quel modo se non fossi stato vittima di una grande rabbia».
«Bene, come faccio a farti arrabbiare?».
Il demone iniziò ad insultare Blake con espressioni a dir poco colorite e fantasiose, ma vedendo che nessun improperio faceva lo faceva arrabbiare, Frank si mise a prenderlo a pugni e calci, ottenendo lo stesso risultato.
Blake si sedette per riprendersi dalla scarica di colpi subiti, mentre il demone si grattava il capo. Senza preavviso due figure apparsero in mezzo al prato, stupendo i due albini: Hope e Juliet si erano teletrasportate, i due rimasero a fissarle a bocca aperta.
Hope fece un cenno con la mano, salutando i due giovani e si avvicinò a Frank. «Come sta andando il vostro allenamento?».
«Non molto bene, non riesco a fargli usare al massimo il suo flusso».
Dalle labbra di Hope uscì un leggero grido, che si affrettò a nascondere mettendosi una mano sulla bocca.
«Cosa gli hai fatto?!».
Frank sospirò, alzando le spalle.
«Gli ho dato qualche pugno, per farlo arrabbiare».
Il suono di uno schiaffo risuonò nell'aria.
«Sei un deficiente!».
Blake e Juliet, la quale si era avvicinata al compagno per osservarne lo stato, scoppiarono a ridere.
«Come va con Juliet?».
Chiese timidamente Frank, il quale sembrava ferito profondamente nell'orgoglio.
«Benissimo! Ha imparato in fretta a teletrasportarsi e ad evocare le sue armi. Inoltre sa già controllare gli elementi».
Gli rispose Hope con un grande sorriso stampato in faccia.
«Controllare gli elementi?».
Juliet chiuse gli occhi e, allungando una mano, creò una palla di fuoco, in modo tale da rispondere a Blake.
«Sai farlo?».
Blake annuì, facendo come l'amica.
«È semplice, basta utilizzare il proprio flusso e pensare ciò che si vuole fare».
«Già... non sono ancora abituata a sentire tutta questa energia dentro di me».
I due sorrisero e iniziarono ad osservare il cielo senza nuvole, nel mentre Frank diede una piccola gomitata a Hope indicandoli.
«Pensi che ci sia del tenero fra di loro?».
La donna sorrise all'idea, immaginando i due ragazzi mano nella mano, poi rispose all'amico.
«Anche se fosse, non sono affari nostri».
Frank sbuffò, puntando gli occhi al cielo.
«Noiosa come sempre».
Hope si preparò per tirargli un ennesimo schiaffò ma si fermò, il cielo si era coperto di grandi nuvoloni neri all'improvviso.
Un fulmine si abbatté sul prato, un uomo dai lunghi capelli blu apparse: indossava un lungo capotto che gli arrivava alle ginocchia e dei pantaloni lunghi dello stesso colore dei capelli. Senza dire una parola evocò due spade ad una mano e mezza dalla lama azzurra, sorrise vedendo i quattro demoni.
Essi evocarono le proprie armi, stupiti dalla presenza di quella creatura.
Cosa ci fa un demone malvagio qui?!
Comunicò mentalmente Frank ai suoi compagni. In risposta Hope scosse la testa.
Non ne ho idea, ma dobbiamo ucciderlo.
A quelle parole Juliet tremò e strinse incertamente la mano sull'elsa.
Hope si lanciò verso il demone, cercando di portare a segno un fendente laterale; senza troppa preoccupazione il nemico parò il colpo e, con un forte calcio all'addome, la scagliò indietro.
Frank la prese al volo mentre Blake, ripieno di rabbia si gettava contro l'avversario. I due combattenti iniziarono a scambiarsi rapidi colpi e parate, il ragazzo lottava senza sbagliare un movimento, il suo flusso si ingrossava sempre più. Frank strabuzzò gli occhi, ciò che vedeva gli sembrava impossibile.
È questa la sua vera potenza? Non può essere...
La rabbia di Blake aumentava sempre più, proprio come la sua energia.
Non avresti dovuto colpire la mia amica!
Blake colpì con forza le lame dell'avversario, facendolo indietreggiare e, senza che avesse il tempo di riprendere fiato, fu attaccato da Juliet.
La ragazza impugnava nella mano sinistra una splendida spada dalla lama verde mentre nell'altra stringeva l'impugnatura di una pistola nera decorata da motivi tribali dello stesso colore della spada. Juliet cercò di colpire il demone con la sua spada e dopo una decina di parate decise di premere il grilletto, l'avversario si spostò rapidamente evitando il proiettile di qualche millimetro. Il demone si concentrò e, aumentando la sua energia, provocò una grande onda d'urto che fece volare la ragazza all'indietro. Blake si lanciò prendendola fra le sue braccia, era svenuta e le sue armi erano sparite.
Il giovane demone sdraiò con gentilezza Juliet, appoggiandola sul fresco e morbido prato: dentro di lui la rabbia ribolliva come non mai, i suoi occhi iniziarono a brillare passando velocemente e ripetutamente da rossi ad un blu molto chiaro e viceversa; un brivido salì lungo la schiena di Frank.
Quanta energia! Ha già superato un livello di potenza incredibile... ora capisco! Vedere Juliet in quello stato lo ha scatenato, permettendogli di trasformarsi!
Blake avanzò lentamente verso il demone: piccole saette percorrevano il suo corpo, i suoi occhi erano diventati incredibilmente azzurri. Frank vide chiaramente un brivido di paura percorre il corpo dell'avversario.
Senza preavviso, Blake si teletrasportò alle spalle del demone, un sorriso perverso si disegno sul suo viso.
«Preparati a morire».
La sua voce calma e piatta faceva trasparire ciò che si potrebbe definire pazzia.
Il nemico si voltò cercando di colpirlo con la sua spada destra ma il ragazzo parò senza problemi il colpo. Blake creò una palla di fuoco nella mano sinistra e la scagliò contro il petto del demone, questo volò all'indietro per alcuni metri. Senza muoversi mosse la mano sinistra verso l'alto e un grosso spuntone di roccia si sollevò dal terreno, facendo fermare il demone. Esso si conficcò nella pietra per alcuni centimetri, Blake chiuse gli occhi e, controllando il vento, si sollevò da terra. Giunto ad un metro di distanza dal demone, allungò la mano sinistra, un onda rossa la attraversò e apparì una pistola nera, sull'impugnatura vi era una croce bianca; Blake prese la mira.
«Addio».
Disse con un filo di voce, il dito si strinse sul grilletto e una sola pallottola tagliò l'aria, colpendo il nemico immobilizzato in piena fronte.
Le nuvole si ritirarono velocemente proprio come erano apparse, mentre il corpo del demone svaniva nel nulla. Blake atterrò e i suoi occhi tornarono rossi, barcollando si avvicinò a Juliet assicurandosi delle sue condizioni.
Per fortuna stai bene.
Pensò Blake, prima di sedersi sul terreno.
Frank e Hope si avvicinarono al ragazzo, increduli.
«Tu sei incredibile...».
Blake guardò l'uomo confuso.
«Non so di cosa tu stia parlando».
Hope sorrise.
«Il tuo potere è legato a lei... I tuoi sentimenti per Juliet scatenano il massimo della tua energia».
Ha ragione... come ho fatto a non capirlo prima?
Frank appoggiò una mano sulla spalla del ragazzo.
«Ora sappiamo come utilizzare il tuo potenziale celato... dobbiamo solo riuscire a trovare un metodo per fartelo usare senza mettere Juliet in pericolo».

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Le parole più difficili ***



CAPITOLO 6: Le parole più difficili


Il terzo giorno da demone era iniziato da alcune ore per Blake, era sceso per andare a fare colazione dopo essersi accorto che non metteva qualcosa sotto i denti da due giorni. Nella sala da pranzo, il ragazzo incontrò Hope: la donna era perfettamente truccata e vestita distintamente, come sempre. Quella mattina indossava un elegante abito nero, legato all'altezza della vita c'era un sottile fiocco blu; Blake la salutò e i due, dopo essersi serviti al banchetto, si sedettero allo stesso tavolo. Il silenzio calò immediatamente, nessuno dei due riusciva a trovare il modo di iniziare una conversazione. Blake guardò il piatto riempito di dolci cibarie che aveva sotto il naso e gli sorse spontanea una domanda.
«Noi demoni abbiamo bisogno di mangiare?».
«Certo, possiamo digiunare a lungo ma ogni tanto dobbiamo mettere qualcosa sotto i denti.».
Disse Hope sorridendo, prese una ciambella e ne strappò un pezzo.
«Le creature ancestrali, ovvero angeli e demoni, sono molto simili agli umani».
Blake annuì, un pensiero lo incuriosiva dal giorno prima ma non si osava rivelarlo.
Chissà se lei e Frank...
Hope scoppiò a ridere e il ragazzo si ricordò che la donna poteva leggergli nella mente. Il giovane arrossì e tornò a guardare il suo piatto, cercando di decidere da quale pietanza iniziare.
«Frank e io siamo solo amici, anzi siamo quasi fratello e sorella».
Disse Hope con un sorriso dolce e leggiadro.
«Cosa c'è fra te e Juliet?».
La domanda così diretta della donna fece andare un boccone di traverso a Blake. Finito di tossire, il ragazzo rispose con un filo di voce.
«Fra me e lei? Solo un debole rapporto di amicizia...».
Hope percepì la tristezza nella voce di Blake.
«Tu la ami?».
Un'altra domanda che colpì il ragazzo all'addome come un pugno, il cuore quasi gli si fermò e un leggero pallore si diffuse sul suo viso; dopo qualche secondo di silenzio, si sforzò e con una debole voce rispose.
«Come faccio ad amare una ragazza senza conoscerla... non so molto di lei...».
Hope allungò una mano e la appoggiò sulla spalla del giovane albino.
«Questo si chiama “amore a prima vista”, capita raramente ma può succedere».
«So di cosa parli... anche se fosse non ho possibilità con lei... non ne ho mai avute».
Il ragazzo sollevò gli occhi, fissandoli sull'interlocutrice e decise di raccontarle tutto.
«Tempo fa la vidi, fu come un fulmine a ciel sereno. Per un istante il suo sguardo e il mio si incrociarono: non avevo mai visto degli occhi così profondi, bellissimi... da quel giorno iniziai a sognarla, ogni notte la vedevo davanti a me. Dopo un po' di tempo decisi di farmi avanti e presentarmi, sperando si poter avere almeno una possibilità... non era così, due giorni dopo essermi presentato lei si fidanzò con un ragazzo della mia scuola».
Il soliloquio di Blake aveva colpito Hope, il tono del ragazzo era piatto ma lasciava trasparire tutta la sofferenza che aveva provato. Dopo aver ingoiato un altro boccone, il ragazzo riprese a parlare, il suo volto era impassibile e il suo sguardo perso nel vuoto.
«Da quel giorno, smisi di cercarla. Lei è ancora presente tra i miei pensieri e nel mio cuore... quando lo rivista, tre giorni fa, quasi non mi riconosceva...».
«I tuoi capelli erano diventati bianchi e i tuoi occhi erano rossi! Chi ti avrebbe riconosciuto?».
La voce di Hope, fuori dal suo tono usuale, sorprese il ragazzo.
«Su questo hai ragione. Ora sono un demone, dentro di me scorre un flusso che brilla di una luce rosso sangue come la tua».
Le parole di Blake gli fecero tornare alla mente un dettaglio che aveva tralasciato.
«Adesso che ci penso, perché l'energia di Juliet è verde? In fondo anche lei è un demone».
«Come ti avrà già accennato il Maestro, lei è diversa: oltre al colore dei capelli e degli occhi, anche il suo flusso è particolare».
I due finirono lentamente di mangiare, si alzarono e si diressero verso il prato del giorno prima.
«Avete scoperto come quel demone è riuscito a entrare in città?».
«No, ma l'importante è che sia morto. Complimenti, riesci a utilizzare molto bene i tuoi poteri.».
«Da dove diavolo è uscita la pistola che ho usato?».
«La hai evocata tu. Dovresti provare a concentrarti sul tuo flusso e vedere ciò che puoi fare».
I due giunsero al prato, mentre Juliet liquidava Frank con un insulto.
«Che cosa è successo?».
Il tentativo di Blake di fermare la ragazza non ebbe alcun effetto, lei lo ignorò e si diresse verso l'hotel.
Il demone fissò il suo sguardo su Frank, l'albino rimase fermo e il silenzio calò come un sipario; Hope fu l'unica a parlare.
«Mi devi delle spiegazioni?»
«No, non ti devo nessuna spiegazione. Non è colpa mia se quella è una puttana».
Alle parole del demone, Blake si mosse rapidamente verso di lui.
«Non ti permettere!».
Ancora quell'energia.
Pensò Frank sorridendo, egli riusciva a vedere il flusso del ragazzo che prendeva forma.
«Credi di potermi colpire, ragazzino?».
Gli occhi di Blake iniziarono a brillare e, come nel combattimento del giorno prima, iniziarono a cambiare colore ripetutamente; il ragazzo colpì Frank con un pugno in faccia, facendolo barcollare all'indietro.
Blake evocò la sua pistola e la puntò verso il demone, pronto a premere il grilletto; rapidamente Hope fermò il ragazzo e lo fece calmare.
«No! Ma cosa ti salta in mente!».
Blake lasciò cadere l'arma e si buttò al suolo, gli occhi spalancati, incredulo di ciò che aveva fatto.
«Bene, quando ti lasci trasportare dalla tua energia, non ragioni più. L'unico modo che hai per poterla utilizzare sono i tuoi sentimenti per Juliet, ma solo quando è in pericolo ti trasformi e raggiungi il massimo della tua potenza».
Disse Frank fra sé, come se rileggere una lista mentale, poi si rivolse a Hope.
«Direi che il nostro esperimento ha dimostrato ciò che ho appena detto».
La donna annuì, mentre Juliet tornava al prato.
«Allora ha funzionato?».
Chiese quest'ultima con un leggero sorriso sul viso, Hope e Frank annuirono.
«Ora siamo certi di cosa scatena i suoi poteri... il problema sarà farglieli controllare».
Blake si alzò e, dopo aver chiesto scusa al demone, si diresse verso l'albergo. Mentre camminava nella hall sentì una mano prendergli la maglia, si voltò e vide il viso sorridente di Juliet; la ragazza era ferma, gli occhi chiusi e la testa leggermente piegata verso destra.
«Dove vai?».
La sua dolce voce, il cuore del ragazzo batteva velocemente.
«Volevo farmi un giro per la città, ho bisogno di pensare».
Juliet prese la mano del ragazzo e iniziò a tirarlo verso l'uscita.
«Allora vengo anch'io!».
«Quindi dentro di te c'è un'energia nascosta che normalmente non puoi usare?».
I due si trovavano su una collina: da lì il profilo della città, illuminato dal sole pomeridiano, si univa alla perfezione alla foresta che la circondava; Blake e Juliet erano seduti su una panchina mentre mangiavano un gelato.
«Già... ciò che non capisco è perché non riesco a controllarla».
Blake aveva lo sguardo perso tra gli spigolosi grattacieli.
«Forse cerchi di utilizzarla nel modo sbagliato».
«In che senso?».
Blake spostò lo sguardo verso la ragazza, osservandone i capelli rossastri e suadenti.
«Per il momento sei riuscito a raggiungere il massimo della tua potenza solo arrabbiandoti, perché non provi con un altro sentimento?».
Gli occhi di Juliet si voltarono incontrando quelli del ragazzo.
«In realtà ho raggiunto il massimo della potenza solo per difenderti».
Il cuore di Blake iniziò a battere all'impazzata e un'imbarazzante silenzio si fece spazio fra i ragazzi.
Perché l'ho detto? Cazzo... è stato più forte di me! Lei è troppo bella e non riesco più a trattenere dentro di me i miei sentimenti.
Pensò Blake in uno dei meandri più nascosti della sua mente.
«Perché lo fai? Perché mi proteggi?».
I due ragazzi si fissavano negli occhi, le loro menti erano in fermento e i loro cuori rallentarono i propri battiti. Juliet sentiva qualcosa nascere dentro di lei, tutto iniziò a confondersi mentre Blake sembrava sul punto di risponderle.
Queste sono le due parole più difficili da dire per una persona, le più pesanti, le più terrificanti... le più dolci.
Blake inspirò profondamente.
«Ti amo».
La sua voce tremava, come il resto del suo corpo. Rapidamente riprese a parlare, mentre le guance di Juliet si coloravano di un rosso leggero.
«Ti proteggo perché sono innamorato di te. Ti amo da quando ti ho visto la prima volta... sei tu la ragazza di cui ti ho parlato l'altra sera, la ragazza che mi ha rubato il cuore».
Juliet rimase in silenzio, nella sua mente le parole si sovrapponevano nella confusione generale.
Mi ama... ora capisco...
La ragazza scosse la testa.
«Io... tu... noi...».
Nessuna parola le sembrava giusta, si alzò all'improvviso e si allontanò velocemente dalla panchina; Blake cercò di fermarla prendendola per la mano. Pochi centimetri separavano le dita dei due ragazzi ma prima che si riuscissero a toccare, la giovane demone si teletrasportò.
Blake rimase da solo, immobile ad uno sguardo esterno ma confuso e in fermento all'interno.
«Cosa credevo di poter ottenere...».
Il ragazzo si sedette su un muretto vicino, perso nei suoi pensieri; per scacciarli decise di chiudere gli occhi e di concentrarsi sul suo flusso.
Forse troverò qualche risposta dentro di me.
Cercando in quell'immensa energia, Blake vide ciò che prima era nascosto dall'ira, la vera chiave per utilizzare l'energia celata dentro di lui.
Lei mi da la forza... il mio flusso è legato al suo.
Il ragazzo decise di liberare tutta la sua potenza, cercando di sfogare le sue frustrazioni. Un enorme bagliore lo circondò, una luce bianca e pura dalla quale uscì Blake: gli occhi del ragazzo erano passati da un incredibile rosso acceso ad un profondo blu scuro.
Finalmente riesco a controllare questa energia! Mi sento intoccabile!
Un sorriso gli si disegnò sul volto, si alzò in piedi e strinse leggermente le mani. Delle onde rosse le attraversarono e l'albino evocò due pistole gemelle, si soffermò a guardarle per qualche secondo. Blake le lanciò e queste sparirono nel nulla, seguendo il suo istinto strinse nuovamente la mano destra e evocò la sua spada.
Quindi queste sono le mie armi.
In quell'istante il ragazzo vide avvicinarsi Frank, un sorriso si stampò sul viso del demone.
«Sei riuscito a controllare la tua energia nascosta?»
«Mi sento fortissimo».
Quella sensazione durò solo qualche momento, il ragazzo si sentì improvvisamente più debole e i suoi occhi tornarono rossi. Frank rimase in silenzio per alcuni secondi.
«Capisco, non sei ancora pronto a reggere tutta quella potenza. Non ti preoccupare, con un po' di allenamento ci riuscirai, per il momento ci bastano anche pochi minuti».
Blake si sedette sulla panchina seguito subito dal demone, il suo sguardo si perse nel vuoto.
«Cosa succede?».
«Ho detto a Juliet che la amo».
La risposta di Blake colpì il demone come un fulmine.
«E lei?»
«È andata via... anzi si è teletrasportata da un'altra parte».
Frank annuì, si alzò e prese il ragazzo per un braccio, costringendolo a seguirlo.
«Adesso torniamo in hotel, ci facciamo due drink e parliamo da bravi amici».
«Allora siamo amici?».
Il demone annuì.
«Certo! Ora smettila di fare domande stupide e seguimi».

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Separati ***




 

CAPITOLO 7: Separati



Blake aprì gli occhi, la testa gli pulsava e la luce del sole lo infastidiva.
Ma quanto ho bevuto ieri sera?
L'albino si alzò e si diresse al bagno per sciacquarsi la faccia.
Quindi anche i demoni si ubriacano?.
Frank spalancò la porta, ormai sembrava un abitudine per lui.
«Smettila di farti domande stupide e sbrigati. Il Maestro ci aspetta»
La voce del demone sembrava stanca e affaticata.
Forse l'alcool di ieri sera ha colpito anche lui.
Pensò Blake prima di sbattere l'amico fuori dalla stanza.
Dopo essersi preparato, i due raggiunsero la stanza di Bastian e entrarono. Il vecchio demone era seduto sulla solita poltrona, gli fece un cenno indicando il divano davanti a lui.
«Blake, è arrivato il momento di mandarti in missione».
Il Maestro inclinò la schiena, in modo da avvicinarsi al ragazzo.
«Cosa?».
Il volto di Blake, proprio come la sua voce, lasciava trasparire tutta la stanchezza derivata dalla serata precedente.
«C'è un generale malvagio che ha appena attaccato una città vicina. Tu e Frank dovrete eliminare i suoi soldati e poi pensare a lui».
«Juliet e Hope?».
Blake non aveva più visto l'amica dal pomeriggio precedente, un senso misto tra preoccupazione, paura e speranza lo smuovevano nell'animo.
«Stanno eseguendo un altra missione. Vi rivedrete dopo l'eliminazione del vostro obbiettivo. Ora andate».
I due annuirono e uscirono dalla stanza, Frank pose una mano sulla spalla del demone teletrasportandolo con lui.
La visione di una piccola città distrutta sotto un cielo coperto da nuvoloni neri li accolse: il paese era stato quasi raso al suolo, al centro una volta sorgeva un campanile mentre ora non rimanevano altro che un cumulo macerie; Blake tremò alla vista di quell'orrore.
Chi sarebbe capace di fare tutto ciò?
Frank gli diede una pacca sulla spalla e con una voce piatta, quasi inquietante, gli parlò.
«Forza, andiamo».
La strada principale della città in rovina era deserta, il che faceva innervosire i due.
«Questo silenzio è inquietante... ero già stato qui, ma ai tempi vi erano grandi festoni e le strade erano intasate da innumerevoli persone... chissà se sono ancora vive».
Frank aveva lo sguardo perso nel vuoto, le parole gli uscivano lentamente dalla bocca.
«Questa è... era, la piazza principale della città».
Aggiunse indicando il grande spiazzo circolare davanti a loro: la pavimentazione di piccole mattonelle grigie mancava di pezzi qua e là, mentre cumuli di macerie sorgevano al posto di quella che a Blake sembrava una statua.
La leggera brezza che stava soffiando sul viso dei due si fermò, da piccoli vicoli iniziarono ad uscire numerosi demoni e, sul tetto del piccolo palazzo che si trovava di fronte alla piazza, apparì un uomo vestito elegantemente.
«Quello sul tetto dev'essere il generale... dammi una mano con questi bastardi e poi penseremo a lui».
Finita la frase, Frank evocò le sue due spade, seguito da Blake, il quale fece apparire la sua lama nella mano destra mentre nella sinistra strinse una pistola. I due si lanciarono verso il gruppo di soldati di circa un centinaio di persone, Blake sparò tre colpi centrando altrettanti nemici in testa. Frank si muoveva rapidamente e, raggiunto il primo soldato, ne evitò l'attacco con una piroetta per poi eliminarlo con un fendente. Gli albini si facevano strada fra gli avversari senza troppa fatica e, come in una strana danza di sangue, eliminavano nemici con colpi di lama e, raramente, proiettili. Il silenzio della città devastata aveva lasciato posto ad una macabra melodia di metallo cozzante e spari, i sordi rumori della battaglia imperversavano mentre i soldati non riusciva ad arrestarli.
Dopo pochi minuti dall'inizio dello scontro erano rimasti una ventina di demoni e il generale, il quale restava immobile sul tetto.
«Vai a prenderlo, a questi ci penso io».
Disse Frank, l'adrenalina scorreva come un fiume dentro al suo corpo.
Blake annuì e si teletrasportò sul tetto, ritrovandosi faccia a faccia con il nemico. Il generale indossava un completo elegante, come se stesse per andare ad una cena galante, di fianco a lui c'era un grande spadone a due mani, piantato nel tetto.
«Allora sei tu Blake, il demone che dovrebbe fermare l'avanzata del male».
La voce del nemico sembrava essere posseduta dalla pazzia; il suo viso era coperto dall'ombra delle nuvole, su di esso era stampato uno strano sorriso.
Blake rimase impassibile e si limitò a puntare la sua lama verso l'avversario.
«Sono venuto ad eliminarti».
Il tono del ragazzo sorprese persino se stesso: calma come l'acqua di un lago e decisa.
Senza perdere tempo il generale raccolse la sua arma, stringendola con entrambe le mani e si lanciò verso l'avversario.
Avrai anche una grande spada...
Blake scartò di lato evitando facilmente l'attacco.
Ma sei troppo lento.
Il giovane cercò di colpire l'avversario, ma riuscì solo a provocare un grosso squarcio nel suo abito. Con gli occhi puntati verso il generale, Blake passò al contrattacco, iniziando a portare veloci colpi, il suo avversario riuscì a pararli tutti ma fu costretto comunque ad indietreggiare. Quest'ultimo riuscì a salvarsi da quella raffica di colpi creando un'onda d'urto che fece volare Blake all'indietro. Il ragazzo si ritrovo a terra mentre il nemico torreggiava di fronte a lui, lo spadone pronto a colpire.
Blake! Questo sarebbe il momento perfetto utilizzare tutta la tua potenza.
La voce di Frank risuonò nella mente del giovane demone, il quale sorrise e si concentrò. Il vento iniziò a soffiare, mentre un'enorme onda d'urto si diramò dal ragazzo ormai trasformato; il generale barcollò all'indietro.
«No! Non può essere! Come fa un ragazzino ad essere arrivato a questo livello!».
Blake si mosse lentamente verso il suo avversario, ogni muscolo del suo viso era fermo e non lasciava trasparire emozioni.
«Ti prego non uccidermi!».
«Risparmiarti? Tu hai risparmiato la vita dei cittadini di questo paese? Il male che risiede in te dev'essere eliminato e per farlo devo porre fine alla tua vita».
Blake puntò la sua spada verso il petto dell'avversario e continuò.
«È sempre un piacere eliminare mostri come te. Addio».
La lama del giovane demone dagli occhi blu si conficcò nel cuore del generale, il quale boccheggiò per alcuni secondi prima di morire e trasformarsi in cenere.
«Missione compiuta, ora torniamo da Bastian».
I due si teletrasportarono dal Maestro, nella stanza trovarono anche Hope ma di Juliet non vi era traccia.
Bastian accolse con un gran sorriso i demoni.
«Complimenti Blake, siamo quasi pronti ad affrontare i nostri nemici ma prima di poterlo fare dovrai affrontare un allenamento speciale».
«Un allenamento?».
Il ragazzo sembrava confuso, tutto ciò che voleva fare era chiedere di Juliet.
«Frank e Hope ti addestreranno per un po'. Abbiamo bisogno dei tuoi poteri, ma dovrai riuscire a controllarli e utilizzarli per molto più tempo, non ci basteranno pochi minuti».
«Dove Juliet?».
La voce di Blake lasciò trasparire la sua preoccupazione, Hope fu l'unica a rispondergli mentre usciva dalla stanza.
«Vieni con me».
«Dopo aver compiuto la sua missione e aver scoperto quanto fossero grandi i suoi poteri a deciso di andarsene. Mi ha solo detto che doveva risolvere alcune faccende e che voleva del tempo per capire qualcosa di più su di lei».
I due demoni si trovavano nel prato delle mattine precedenti, mentre il sole tramontante ricopriva ogni oggetto di sfumature arancioni.
«Quindi è andata via...».
Una lacrima salata scese lungo la sua guancia destra, segnandogli il viso.
«So che per te può essere dura, ma fatti forza. Sono sicura che tornerà, lei non si è ancora abituata all'idea di essere un demone e capisco che voglia cercare di capire cosa è diventata».
La mano sinistra di Hope asciugò delicatamente la guancia del ragazzo. Gli prese il volto con entrambe le mani e lo baciò sulla fronte.
Cerca di non pensarci e di concentrarti sul tuo prossimo allenamento... sei la nostra unica speranza.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: Il tempo passa ***








CONSIGLI DELL'AUTORE:
Per una maggiore godibilità del capitolo prego i cari lettori di ascoltare le due canzoni lasciate in link qua sotto durante la lettura. Un ringraziamento e buon divertimento ;)


http://www.youtube.com/watch?v=BpwCJzPlz8k

http://www.youtube.com/watch?v=boAuK87nxwI



CAPITOLO 8: Il tempo passa


Due anni... due anni sono passati da quella mattina... il giorno in cui mi sono risvegliato.
Blake era appoggiato ad un muro, il volto era segnato dal duro allenamento che aveva affrontato. Il demone si trovava sulla collina, quella collina dove aveva dichiarato il suo amore a Juliet; lo sguardo era perso nel vuoto mentre la sua mente seguiva un triste ricordo.
Un petalo di rosa bianca scese dal cielo, interrompendo i suoi pensieri: Blake allungò un dito, facendolo poggiare su esso, un triste sorriso si formò sul suo viso.
«Due anni senza sapere nulla, senza sapere se fossi viva o morta...».
La voce del demone riecheggiò nell'aria della solitaria collina, una donna dai lunghi capelli rossi era apparsa alle sue spalle.
«Ho pensato a numerose frasi da dire per questa occasione, ma ora tutte le parole perdono di significato tranne una: scusami».
La voce della donna faceva trasparire stanchezza e amarezza.
«Scusarti... sei andata via senza dirmi niente, perché dovrei scusarti, Juliet?».
Il demone non si voltò, rimase fermo a guardare il piccolo petalo bianco.
«Dovevo... dovevo sistemare alcune faccende e...».
La ragazza non riusciva a trovare le parole, la confusione più totale regnava nella sua mente; si avvicinò al demone, la sua mano destra ne sfiorò il gomito facendo ritrarre.
«Sono cambiate molte cose in questi due anni».
«Anche i tuoi sentimenti per me?».
«Non farò da seconda scelta! Pensi che non sappia dove sei stata?».
Per la prima volta Juliet sentì un tono grave nella voce di Blake, la sua rabbia quasi la spaventava.
«Sei tornata a casa, da lui, solo per trovarlo insieme ad un altra!».
«N-Non è così...».
Juliet cercò di parlare ma Blake glielo impedì.
«Ti ricordi ciò che è successo due giorni dopo essermi presentato a te?».
Quelle parole così aride e lontane, trasportarono la giovane demone in un ricordo sbiadito.
Mi ricordo quel giorno... ci trovammo nel corridoio della scuola, eri stato tu a decidere il luogo. Quel periodo era uno dei più difficili per me, eppure tu riuscisti a donarmi attimi di piccola felicità; i miei problemi di cuore mi impedivano di vedere ciò che facevi per me, io vedo solo lui: Al. Tu lo conoscevi ed era proprio per questo fatto che avevo accettato il tuo appuntamento... forse mi hai ritenuta una stupida quando, dopo poche e inutili chiacchiere, ti chiesi se potessi fidarmi di lui. Avrei dovuto capire dal tuo volto, dal tuo sguardo che quella frase aveva ferito il tuo cuore... tu rimasi fermo, come impietrito, e poi mi dissi quelle parole: “Forse ti sembrerò stronzo a dirti questo ma, sinceramente, io non mi fiderei molto di lui... ma se lui ti ama veramente credo che tu possa fidarti. Fa attenzione però, con lui ti puoi scottare e io non vorrei mai vederti soffrire”. Perché non ho capito subito quelle parole... chissà cosa avresti voluto dire veramente.
Il ricordo di quel giorno fu interrotto dalla voce tremante di Blake.
«Le parole che avrei voluto dirti? Se vuoi saperle sono queste: “No, no, no, no, non fidarti di lui! Quel bastardo ti farà soffrire e io non potrò far nulla per evitarlo... perché proprio lui? Cazzo, non ti accorgi che ti amo? Vorrei urlarlo al mondo: ti amo!”».
Il demone si era allontanato dal muretto, lo sguardo rivolto al cielo, una lacrima che gli segnava il viso.
Juliet gli si avvicinò e senza lasciargli il tempo di impedirglielo, strinse le sue braccia attorno al ragazzo.
«Hai ragione, sono tornata sulla Terra ma non per tornare da Al. Dopo la tua dichiarazione ho capito una cosa: lui non mi avrebbe mai dato ciò che potevi darmi tu. Tornata a casa mi sono diretta subito da lui e, come hai detto tu, lui stava già con un'altra... non aveva mie notizie da soli tre giorni e già mi aveva dimenticata. Quando mi ha vista ha provato a spiegare ma non poteva mentire nella sua mente, ho visto tutto... mi tradiva già da diverso tempo. Ora penserai di essere veramente una seconda scelta, ma non è così: ho passato questi due anni cercando in me stessa la spiegazione a quella sensazione che provavo dentro il mio cuore, ho pensato e ripensato e poi ho capito. Il mio cuore voleva te, ti voleva da tempo... io ti volevo».
Blake rimase immobile, solo le sue labbra si mossero.
«Juliet, sono passati due anni...».
«So che tu mi ami ancora! Come io amo te... so che riesci a vederlo anche tu: il filo rosso, quel sottile filo invisibile agli altri che ci lega, che lega i nostri flussi... che lega il mio cuore al tuo...».
La ragazza strinse ancora più forte Blake.
Certo che vedo quel filo...
Il demone guardò la compagna per alcuni secondi, vide una piccola lacrima scendere dall'occhio verde di Juliet.
Non posso ignorare tutta la sofferenza che ho provato in questi due anni: mentre tu eri lontana, io sono rimasto qui, cercando di dimenticarti per tutto questo tempo... e se alla fine ci fossi riuscito?
Ti prego... non riesco a stare senza di te...
Appena lesse quelle parole nella mente della giovane, il demone tremò.
Non è così... non sono mai riuscito a dimenticarti.
Istintivamente, Blake, la baciò: percepì le sue morbide labbra, la strinse forte a se per paura che scappasse nuovamente, proprio come due anni prima.
I due demoni rimasero altri dieci minuti ad abbracciarsi, a unirsi, a godere della reciproca presenza.
«Voglio che tu mi faccia una promessa».
La voce di Juliet risuonò come quella di un angelo per il ragazzo, lui annuì.
«Promettimi che non mi lascerai».
Una nota tremante uscì dalla gola della giovane, la quale da troppo tempo aspettava di dire quelle parole.
«Ti prometto di non lasciarti mai, io ci sarò sempre: nessuna distanza, nessun ostacolo, niente mi impedirà di stare con te».
Blake fissava gli occhi di Juliet, apprezzandone più che mai la bellezza e il contrasto di colori così innaturale.
I due si sedettero su di una panchina, il braccio destro di lui si posò sulle spalle della ragazza, la quale si rannicchiò e appoggiò la testa sul fianco dell'amato.
«Perché bisogna commettere degli errori per capire di cosa abbiamo realmente bisogno?».
Juliet, come il ragazzo, aveva lo sguardo perso nel profilo lucente della città mentre il sole tramontava.
«Perché siamo... eravamo umani, l'uomo è portato a sbagliare di natura: ciò che gli porta felicità istantanea anche se momentanea è da preferirsi a qualsiasi altra scelta».
Disse Blake mentre faceva scivolare la sua mano destra in modo da cingere parte della vita della ragazza.
Juliet rimase in silenzio per qualche secondo poi con la sua dolce voce disse.
«Mi sei mancato».
Il ragazzo le sollevò il viso con un dolce tocco delle dita della mano sinistra e la guardò negli occhi.
«Anche tu mi sei mancata... scusa per ciò che ho detto e fatto quando sei tornata ma...».
Juliet interruppe Blake con un bacio.
Non devi scusarti... capisco di averti fatto soffrire e sono io a doverti delle scuse.
La voce di Juliet risuonò come la melodia di un violino nella testa del demone, lui sorrise.
Non mi devi delle scuse, tu mi fai stare bene ogni secondo che mi dedichi... tu sei la mia salvezza, tu sei il mio amore.
Il sole tramontò timidamente dietro alla foresta, mentre l'ombra della notte si avvicinava, coprendo la città e lasciando i due amanti su di una panchina. Tutto ciò che gli serviva in questo momento era lì al loro fianco, il calore del corpo dell'amato riscaldava il cuore della ragazza congelato da ormai troppo tempo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Riuniti ***



CAPITOLO 9: Riuniti


Blake aprì lentamente gli occhi a causa del sole mattutino che gli illuminava il viso, sentiva uno strano peso all'altezza del fianco.
Ma cosa...?
Voltando lo sguardo verso la sua destra vide Juliet, un sorriso gli nacque spontaneamente ripensando al giorno prima; il demone rimase immobile apprezzandone la bellezza, un dolce profumo di ciliegia proveniva dalla sua morbida pelle.
Blake fece per muovere la mano sinistra verso il volto della ragazza per scostarle i rossi capelli che le erano ricaduti sugli occhi, ma si fermò.
Non vorrei svegliarla... o meglio rischiare di far finire questo momento prima del dovuto.
Il giovane scosse la testa, cercando di allontanare quel pensiero, e le sistemò le ciocche; Juliet batté velocemente le palpebre e si stiracchiò, girò la testa e sorrise nel vedere Blake.
Il demone si soffermò a guardarla.
Potrei restare per ore così, perso nel contrasto dei suoi occhi...
I pensieri di Blake furono interrotti dalla bassa e dolce voce mattutina della ragazza.
«Buongiorno, amore mio».
«Buongiorno, amore».
«Ho fame...».
«Allora andiamo all'hotel, così rivedrai anche Frank, Hope e Bastian».
Disse Blake, ricordandosi solo in quel momento dei tre insegnanti.
«Ok, andiamo. Sono curiosa di vedere come sono cambiati e sapere ciò che è successo in questi due anni».
Blake si alzò in piedi, il corpo era indolenzito dalla notte passata sul duro legno della panchina.
«Non ho mai dormito in un posto così scomodo».
«Hai dormito male?».
Gli chiese ridendo la ragazza, il demone si limito ad annuire, cercando di evitare le battutine dell'amata.
«Io ho dormito benissimo, sei un ottimo cuscino».
Blake scosse la testa ma non fece in tempo ad aprire bocca che si ritrovò la ragazza tra le braccia, i due si baciarono e si incamminarono mano nella mano verso l'albergo.
I due giunsero davanti all'hotel: la struttura non era cambiata di un millimetro da quando Juliet era andata via e, a metà del viale alberato, Blake e Juliet videro due figure familiari. Juliet si sbracciò per salutare quelli che riconobbe essere Frank e Hope.
«Ehilà!».
In quel momento i due amanti videro qualcosa di inaspettato: Hope, sempre elegante e matura, saltò sulla schiena di Frank e, dopo avergli dato due buffetti in testa, la sentirono urlare.
«Forza fratellone! Al galoppo!».
Juliet rimase paralizzata, o meglio scioccata, da quella scena così innaturale per una donna come Hope. Blake rimase a bocca aperta e solo dopo alcuni secondi riuscì a formulare una frase.
«Giuro di aver passato due anni con loro per allenarmi, ma non le ho mai visto fare nulla di simile».
«Fratellone?».
Chiese Juliet muovendo lentamente le labbra.
«Hope e Frank hanno un rapporto molto simile a quello tra una sorella e un fratello... è per questo che lo chiama così, ogni tanto...».
Frank e Hope arrivarono, il primo sembrava un po' affaticato dalla lunga “galoppata” mentre la donna si lanciò verso Juliet, abbracciandola fortemente.
Se non fosse un demone si sarebbe spezzata come un ramoscello...
Pensò Blake ancora interdetto dalle azioni dell'insegnante.
«Finalmente sei tornata! Non sai quanto ci sei mancata!».
La voce di Hope era ricca di entusiasmo e felicità, come quella di una bambina mentre scarta i regali di Natale.
«Guarda che così la soffochi».
Si intromise Frank, restituendo un buffetto alla “sorella”.
«Sei un uomo di ghiaccio!».
Gli rispose Hope un po' scocciata mentre lasciava libera la ragazza.
«Ciao a tutti».
Anche se un po' confusa, Juliet sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori.
Frank fece un cenno con la mano e i quattro decisero di incamminarsi verso l'hotel, le due ragazze guidavano il gruppo mentre i due giovani le seguivano. Blake ricevette una piccola gomitata dal demone.
Allora? Dove siete stati tutta la notte?
Frank, ti prego! Possibile che tu debba sempre...
Non intendevo quello! Perché devi sempre fraintendere?
Forse perché ti conosco? Comunque, ieri pomeriggio lei è venuta da me, abbiamo parlato e poi...
E poi?
L'impazienza di Frank si fece sentire nella mente del ragazzo.
E poi ci siamo baciati.
Il demone esultò, come se avesse vinto una competizione, e porse la mano a Blake in cerca di un high five. Il ragazzo lo accontentò e si diedero il cinque.
Lo sapevo che prima o poi sarebbe successo!.
Dopo aver mangiato, i quattro entrarono nella stanza di Bastian, il vecchio demone li accolse con un enorme sorriso.
«Che bello rivedervi tutti insieme! Sedetevi!».
«Ne è passato di tempo, ma vedo che nulla è cambiato».
Disse Juliet, sedendosi di fianco a Blake sul divanetto, Frank e Hope si appoggiarono rispettivamente al lato destro e a quello sinistro, come due angeli custodi.
«Purtroppo devo dissentire dalla tua affermazione».
Il tono del vecchio era basso e malinconico, dopo un leggero sospiro riprese a parlare.
«Le cose sono cambiate molto da quando te ne sei andata. Se ti ricordi, la prima volta che ci incontrammo vi dissi che non ci rimaneva molto tempo: pochi mesi e il male avrebbe scagliato l'attacco decisivo.»
«Allora perché non è ancora successo nulla?».
«I generali del male hanno cercato di sconfiggerci ma sono riusciti solo a conquistare poche città. Inoltre l'avanzata del loro esercito sembra essere rallentata all'improvviso e senza una motivazione logica».
Il vecchio si era alzato per mostrare la cartina del regno demoniaco.
«Allora dobbiamo sbrigarci a contrattaccare!»
«Questo è lo spirito, Juliet! Adesso che ci sei anche tu nessuno ci fermerà!».
La voce di Frank riecheggiò ricca di euforia nella stanza.
«Non è ancora il momento. Ci sono un paio di missioni che dovete completare prima: Juliet e Blake, voi dovrete chiamare a raccolta i quattro Regnanti del mondo demoniaco, mentre Frank e Hope andrete sulla Terra e cercherete Jack».
Il viso di Juliet lasciava trasparire tutta la sua confusione.
«I quattro Regnanti?»
Blake si schiarì la voce.
«Il Mondo Demoniaco è diviso in cinque regni: il regno del Nord, del Sud, dell'Est, dell'Ovest e il Regno Centrale. Ognuno di questi è governato da un re e una regina, ma in realtà sono i sovrani di quello Centrale a comandare su tutto il Mondo Demoniaco.»
«Capisco... ora in che regno ci troviamo?».
«Nel solare regno del Sud ed è proprio da qui che dovrete iniziare per poi proseguire in quello del Nord, dell'Est e dell'Ovest».
Le rispose Bastian.
«Ma non manca il Regno Centrale?»
«Diciamo che c'è un piccolo problema per il Centrale, ma se ne occuperanno Frank e Hope dopo aver trovato Jack».
A quelle parole i due demoni annuirono all'unisono.
«Perché non mandi me e Juliet sulla Terra? Sinceramente non saprei come convincere dei sovrani demoniaci».
«Perché non è la Terra dalla quale venite voi due».
L'affermazione di Frank sorprese i due ragazzi.
«Voi venite da un universo parallelo al nostro. Per farvi capire: la vostra Terra è collegata al Mondo Demoniaco tramite dei portali speciali, come ad esempio il London Eye. Il nostro Mondo è a sua volta collegato ad una Terra parallela alla vostra, dalla quale si differenzia notevolmente: la nostra è formata da un singolo continente e non vi vivono solo umani ma anche numerosi angeli e demoni».
La lunga spiegazione di Hope si concluse, lasciando i due demoni un po' confusi.
«In poche parole, voi occupatevi dei Regnanti e lasciate la Terra a Frank e Hope. Non è sicuro lasciarvi andare e comunque non riuscireste mai a trovare Jack. Adesso basta perdere tempo, avete tutti e quattro da fare. Nel mentre cercherò di organizzare il contrattacco, dobbiamo sbrigarci adesso che il nostro nemico sembra sottovalutarci. Come dice il detto: “Carpe Diem”».
«Cosa c'entrano i pesci?».
Alle parole di Frank calò il silenzio, Hope si diede una pacca sulla fronte.
«Perché devi farmi fare sempre certe figure, fratello?».
«Pochi minuti fa hai dimostrato di essere capace a fare figure di merda da sola, sorellina».
Le rispose Frank con un ghigno.
«Smettetela subito! Sembrate due bambini!».
La voce di Bastian fece abbassare lo sguardo ai due demoni.
Perché continuano a chiamarsi fratello e sorella?
Chiese Hope al fidanzato.
In realtà è da non più di un anno che hanno iniziato a chiamarsi così, non sono sicuro cosa o chi abbia scaturito tutto questo.
I quattro si congedarono dal Maestro e uscirono dalla stanza, pronti ad affrontare le rispettive consegne.
«Buon lavoro ragazzi e cercate di essere convincenti, i Regnanti abbandonano difficilmente i loro regni... soprattutto se devono riunirsi in un Consiglio dei Re».
Le ultime parole di Frank fecero preoccupare i due giovani.
«Sarà davvero così difficile?».
Hope sorrise alla domanda di Juliet.
«Tranquilla, Frank ha esagerato un po'. Comunque avrete bisogno di essere convincenti: i Regnanti si sono riuniti in consiglio solo due volte nella storia».
Ultimata la frase la donna fece un cenno con la mano e si teletrasportò insieme a Frank.
«Incoraggiante...».
Blake sorrise alle parole della ragazza.
«Tranquilla, ci ascolteranno. Dopotutto il loro mondo è in pericolo».

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: Jack ***



CAPITOLO 10: Jack


Frank e Hope si ritrovarono in una piccola foresta verdeggiante, il sole caldo torreggiava nel cielo.
«L'ultima volta che siamo venuti sulla Terra è stata cinquant'anni fa?».
«Frank, sono passati almeno centovent'anni!».
«Non ha importanza, fatto sta che saremmo dovuti tornare prima. Quanti ricordi mi ritornano in mente... inoltre dovremmo andare nuovamente a mangiare in quel ristorante italiano dell'altra volta, già vedo un bel piatto di pasta davanti a me...».
Frank si bloccò osservando meravigliato il cielo.
«Smettila di fantasticare e andiamo».
I due si fecero strada fra la fitta foresta e, dopo alcuni minuti, videro il profilo di una città.
«Finalmente! Per caso sai dove siamo?»
Hope scosse la testa e chiuse gli occhi.
Vediamo se abbiamo fortuna....
Nella mente della demone iniziarono a formarsi delle piccole luci colorate; tra i numerosi fuochi blu, la ragazza vide una decina di flussi angelici e demoniaci ma una sola la incuriosì. Concentratasi sulla soffusa luce rossa, eliminò le altre dalla sua mente, la fiammella iniziò a divampare sempre di più diventando un enorme e accecante bagliore. Hope riaprì gli occhi, stupita e leggermente scossa , cercando di togliersi quell'immensa energia dalla mente.
«Lo hai trovato?» chiese l'amico.
La ragazza gli rispose annuendo.
«Si trova in quella città... sbrighiamoci!»
I due giunsero rapidamente nella piccola metropoli, teletrasportandosi tra i tetti e le strade, diretti verso la fonte di energia.
«Sei sicura che sia lui?»
«Non ho mai visto un flusso del genere! Fidati, non posso sbagliarmi!»
«Speriamo...».
Anche perché non è l'unico a possedere un flusso di quel genere... speriamo sia il fratello giusto...
Hope riuscì a percepire i pensieri di Frank e gli regalò un dolce sorriso.
«Fidati, è Jack».
I demoni giunsero in una piazzetta deserta, le mattonelle nere e bianche creavano numerosi intrecci e al centro vi era uno strano simbolo: tre esagoni si intersecavano fra loro e, al centro, vi era un triangolo rovesciato.
La pace e il silenzio furono interrotti dall'arrivo di otto demoni, il viso coperto dall'ombra di un cappuccio nero. Hope sospirò evocando le sue spade e così fece anche Frank, le lame dei due erano completamente bianche, candide e perfette.
«E io che speravo di farmi una vacanza tranquilla...».
Esordì la ragazza, pronta a lanciarsi verso i nemici. L'amico annuì e i due mossero un solo passo quando, senza preavviso, apparve un nono demone: questo indossava un cappotto nero e dei tribali bianchi decoravano le maniche; dei jeans e un paio di scarponi militari dello stesso colore del soprabito completavano il suo vestiario. Il ragazzo appena arrivato aprì e chiuse la mano sinistra un paio di volte, i corti e sparati capelli bianchi vennero mossi da una leggera brezza. Hope lo vide aprire gli occhi: rossi accesi, arricchiti da una strana luce; un inquietante sorriso si formò sulla bocca del demone.
In un istante il giovane si teletrasportò davanti ad un avversario, ne sfiorò leggermente i vestiti e questo volò all'indietro, trasformato in cenere. Senza dire una parola creò una sfera di fuoco, Hope riuscì a percepire un altro elemento all'interno della palla.
Vento? Allora è lui!
Il demone si lanciò verso un secondo avversario e lo colpì con la sfera facendolo volare all'indietro. Il corpo della creatura si dissolse in una nuvola di cenere in mezzo a tre suoi compagni, senza preavviso da essa si sprigionò una folata di vento e un' enorme esplosione pose fine alla vita dei tre.
Gli ultimi avversari rimasti si scambiarono sguardi impauriti, uno cerco di scappare ma fu immediatamente fermato dalla spada del giovane demone, teletrasportatoglisi davanti: il rosso sangue della lama lacerò l'aria e colpì il petto del nemico, tagliandone in due il corpo. La cenere ricadde davanti al demone, uno strano sorriso comparve sulla sua faccia; si avvicinò velocemente agli ultimi rimasti e li eliminò con due semplici movimenti della spada.
Il silenzio era tornato a regnare nella piazzetta, il giovane fece sparire la sua spada e così fecero anche Frank e Hope; fu proprio quest'ultima la prima a parlare.
«Jack, ti stavamo cercando».
«Non so di chi stiate parlando...».
La voce del ragazzo sembrava calda e calma, il suo volto aveva perso quella scintilla di follia che lo segnava fino a pochi secondi prima.
«Non mentire, solo Jack può combinare fuoco e vento in quella tecnica. Senza parlare delle tue spade, rosse come il sangue, giusto?».
«Non so chi tu sia, ragazza, ma sai fin troppo di me... chi vi ha mandato?».
«Non ha importanza, il Mondo Demoniaco è in pericolo e abbiamo bisogno di te».
Frank sembrava essersi ripreso dallo stupore causatogli dalle abilità del giovane.
«Mio fratello è coinvolto in tutto ciò?».
La domanda di Jack sorprese i due demoni.
«N-No, che io sappia...».
Gli rispose Hope.
«Allora perché dovrebbe interessarmi?».
«Il nostro Mondo sta andando in pezzi e tu pensi solo a tuo fratello?! Se non ci aiuterai anche gli altri regni cadranno!».
Frank aveva lo sguardo puntato verso il ragazzo, la mano destra stretta in un pugno.
«Nessuno a mosso un dito mentre il Regno Centrale veniva invaso e distrutto! Mentre la famiglia reale veniva barbaramente uccisa!».
Negli occhi di Jack si vedeva un bagliore di odio, un brivido corse lungo la schiena del ragazzo.
«Non è andata così!».
Esclamò Hope, poi continuò.
«Colui che ci ha mandato a cercarti arrivò ad aiutarvi!».
Le parole della ragazza colpirono Jack nel profondo, gli occhi si spalancarono e l'odio lascio il posto allo stupore.
«Bastian? Allora è ancora vivo... va bene, verrò con voi ma prima ho un appuntamento, vi dispiacerebbe accompagnarmi?».
I due demoni annuirono e seguirono Jack.
«Quindi voi due siete allievi del Maestro?».
I tre demoni stavano percorrendo una piccola strada asfaltata, ciò che colpì maggiormente Frank e Hope fu la tranquillità degli umani: questi non sembravano essere incuriositi o spaventati dalla presenza di ben tre demoni.
«Esattamente».
Risposero in coro i due.
«Non lo vedo da anni, mi sono sempre chiesto se fosse riuscito a sopravvivere a quella maledetta battaglia...»
«Una volta ci ha parlato di quel giorno, dev'essere stata dura per te...».
«Già, non è stato facile... Ho perso tutto quella sera: il mio regno natale, la mia famiglia, la mia battaglia...».
Lo sguardo di Jack si perse nel vuoto per alcuni secondi.
«Possiamo solo immaginare il dolore che hai provato...».
Jack cambiò discorso.
«Bene, siamo arrivati».
I tre si trovavano davanti ad un piccolo bar, l'unica insegna visibile era completamente bianca; nel dehor si trovava solo un giovane uomo vestito in abiti eleganti: era pelato e aveva gli occhi più neri che i due avessero mai visto, sembrava avere l'aria di una persona importante e si leggeva nei suoi movimenti un certo nervosismo.
Perché l'insegna è bianca?
C
hiese Frank alla “sorella”.
Evidentemente il proprietario non ha ancora deciso il nome da dare al locale. Ti sembra il momento di fare domande stupide?.
Scusami, hai ragione.
I tre si sedettero al tavolo dell'uomo elegante e un cameriere arrivò per prendere le ordinazioni.
«Cosa vi porto?».
«Niente, grazie».
Dissero quasi in coro Hope, Jack e il pelato.
«Io prender...».
Frank fu interrotto da un veloce calcio da parte della sorella.
Prova a dire qualcosa e giuro che ti sparo!
La voce di Hope convinse il demone della serietà della sua minaccia.
«Niente, siamo a posto così».
Si corresse coprendo il dolore con un sorriso mentre con la mano sinistra si massaggiava il punto colpito dal piede dell'amica.
«Jack, sei in ritardo».
Disse l'uomo elegante, evidentemente scocciato.
«Ho avuto un imprevisto».
Il demone sembrava tranquillo e ciò fece aumentare il nervosismo del pelato.
«Da quando in qua ti porti dietro le guardie del corpo?»
«Sono solo amici. Comunque vogliamo parlare del mio progetto?»
«Intendi il progetto di tuo nonno? Non sembri la persona adatta per portare a termine l'opera del tuo avo».
Disse il pelato con un sorrisetto spavaldo in faccia.
«Sul letto di morte mi disse di continuare ciò che aveva iniziato, questo è il mio destino, Edward. Lui ha difeso l'umanità fino al giorno della sua morte e ora tocca a me.»
«Te l'ho detto almeno un centinaio di volte: sei troppo giovane».
«Smettila, anche a te avevano detto che eri troppo giovane per diventare sindaco di Nocterna, eppure adesso questa città sta diventando sempre più grande e potente grazie alle tue idee.»
«Proprio per questo non posso permetterti di fondare una scuola per addestrare militarmente uomini, demoni e altre creature per combattere contro il male! Sarebbe troppo rischioso per la nostra città!».
Edward era diventato rosso in viso per l'eccessiva agitazione.
«Ho già dimostrato con i fatti di voler difendere la Terra, cos'altro devo fare per convincerti?»
«Non posso dirtelo, fu tuo nonno a ordinarmi di impedirti di fondare questa scuola finché non saresti stato pronto e non lo sei ancora».
Le parole del sindaco convinsero Jack, il quale si alzò dalla sedia e si voltò.
«Ho capito Edward, grazie».
Disse il demone con un sorriso prima di abbandonare il bar seguito da Frank e Hope.
«Bene, ora possiamo andare» disse Jack rivolto ai due demoni.
«Sei sicuro? Dovrai rimanere per un po' nel Mondo Demoniaco».
«Sì, sono sicuro. Ho già ordinato a dei miei compagni di battaglia di difendere al meglio la Terra durante la mia assenza e in più non vedo l'ora di incontrare Bastian».
Jack girò a sinistra, lo sguardo puntato verso il cielo. Un tonfo riempì l'aria della strada: il demone si era scontrato contro una ragazza dai corti capelli bianchi. Dopo essersi tirati su goffamente, i due si scambiarono un'occhiataccia; gli occhi di Jack si illuminarono e rimase fermo ad osservare la giovane.
«Guarda dove vai la prossima volta!».
Gli urlò contro la ragazza.
«Scusa ero... distratto».
Jack non riusciva a smettere di guardare gli occhi della giovane: il sinistro era rosso, mentre il destro era azzurro e sembrava luccicare sotto la luce del sole.
«Perché non...».
«Guardo dove vado? Beh ero distratto come ho già detto».
Lo sguardo furente della ragazza si puntò sul volto di Jack.
«Odio essere interrotta, mi fa veramente...».
«Arrabbiare? Sinceramente ti trovo bellissima quando ti arrabbi».
«Ancora! Tu, brutto...».
La ragazza un po' arrossita, cercò di tirare un pugno al demone, ma lui si spostò di lato.
«Spero di incontrarti di nuovo, ma ora devo andare. Spero di vederti in giro... come hai detto di chiamarti?».
«Non ho detto il mio nome! Non voglio neanche dirtelo per la verità!».
«Io mi chiamo Jack».
Disse il demone allontanandosi, seguito da Frank e Hope storditi da quello strano incontro.
«Giselle... mi chiamo Giselle».
Le parole della ragazza furono dette con un filo di voce, sapendo che nessuno avrebbe potuto sentire il suo nome pronunciato così piano.
«Giselle... vedrò di ricordarmelo. Ha presto, Giselle».
Disse Jack, prima che i tre si teletrasportassero.
Il volto della ragazza diventò ancora più rosso e rimase immobile, lo sguardo puntato dove prima vi erano i tre demoni.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: I quattro Regnanti (parte 1) ***



CAPITOLO 11: I quattro Regnanti (parte 1)



«Penso che questa vada bene».
Blake aveva preso una cartolina della capitale del regno, Ilias, in una piccola edicola di Luminia: essa mostrava una vista dall'alto di ciò che somigliava ad una reggia.
«Cosa te ne fai?».
«Per teletrasportarmi in un luogo devo averlo visto almeno una volta».
La ragazza annuì, ricordandosi di quel particolare solo accennato dal demone mentre si trovavano nel deserto.
«Allora andiamo?».
Blake sorrise, prese il braccio della ragazza e si concentrò sull'immagine. «Andiamo!».
In un attimo, l'aria inizio a sferzare i visi dei due giovani, gli occhi di Blake si spalancarono a causa dello spavento: stavano precipitando velocemente verso la pavimentazione rossastra di una piazza.
«Forse non è stata una buona idea prendere una veduta aerea!».
«Davvero? Pensavo che fosse tutto voluto! Sai quel pizzico di adrenalina e morte che insaporiscono la vita!».
Urlò Juliet, stringendosi più forte al ragazzo.
«Ok, adesso risolvo tutto».
Il demone si teletrasportò su un tetto vicino e dopo un brusco atterraggio e qualche rotolata, i due si rialzarono spolverandosi i vestiti.
«Questa è l'ultima volta che mi faccio teletrasportare da te».
«Esagerata... capita a tutti di sbagliare...».
«Potevamo morire per un tuo errore».
Juliet si era voltata, cercando un modo per scendere dal tetto.
«Siamo demoni, non possiamo morire per una caduta di qualche metro».
«Lasciamo stare... penso di aver trovato una scala».
La ragazza indicò una piccola struttura arrugginita, che percorreva la facciata del palazzo sul quale si trovavano.
«Io non mi fido di quella cosa».
«Allora trova un altro modo».
«Non essere così acida... comunque ho già trovato la mia strada».
Blake aveva uno strano sorriso stampato sul viso, lo sguardo puntato verso le mattonelle rossastre della piazza.
«Non dirai sul serio?!».
«Non ho detto niente».
«Se lo fai, ti trasformerai in una bella macchia rossa».
«Ma se sopravvivo, sarà uno spettacolo».
Se sopravvivi ti ammazzo io!
Blake fece un respiro profondo, diede un'occhiata alla piazza: una cinquantina di metri lo separavano dalla essa, le persone che camminavano assorte nei loro pensieri sembravano delle formiche laboriose.
«In caso mi spiaccicassi al suolo: ti amo!».
Il demone si lasciò cadere di spalle nel vuoto, fece un giro completo e vide le pietre rossastre avvicinarsi; stranamente tutto ciò sembrava avere un gusto che il giovane cercò di assaporare il più possibile. Il terreno si avvicina sempre più velocemente e, da un'iniziale stato di gioia e adrenalina, inizio a temere l'idea di cadere di faccia.
Ok, forse è il momento di mettersi in una posizione che mi aiuti ad attutire l'atterraggio...
Blake riuscì a ribaltarsi, puntando i piedi verso il terreno, e  si preparò ad assorbire l'impatto usando le gambe: la collisione fu più morbida di quanto si fosse immaginato ma le mattonelle intorno a lui si spaccarono. Il suo piccolo spettacolo aveva attirato l'attenzione di tutti i passanti, i quali, indecisi sul da farsi, rimasero immobili dominati dalla curiosità. Juliet raggiunse rapidamente il piccolo cratere formato dall'amato.

«Mi hai fatto venire un infarto! Se proprio un gran bast...».
La ragazza fu interrotta da un bacio di Blake.
«Scusa, ma non sai cosa ti sei persa».
Le rispose lui sorridendo, Juliet gli diede un buffetto sulla testa e i due si incamminarono verso la grande reggia tra gli sguardi dei cittadini di Ilias. La villa era costruita in marmo bianco ed era decorata da incisioni e strani disegni, un grande balcone si affacciava sulla piazza e sopra di esso vi era una bandiera gialla. Questa aveva al centro un sole rosso accerchiato da dei semplici tribali neri.
Immagino che quello sia lo stemma della città.
Pensò Blake.
Lo penso anch'io... sbrighiamoci, abbiamo ancora molto da fare.
Sissignora.
Il ragazzo sorrise, le prese la mano ed entrarono nella reggia a passo spedito.
Il palazzo all'interno presentava un ricco arredamento: tappeti, arazzi e quadri accoglievano gli ospiti all'entrata. La volta era decorata e mostrava il cielo stellato: alcune stelle, più grandi di altre, riportavano dei nomi scritti elegantemente in nero; il particolare più interessante era la presenza di quattro grandi pianeti, posti come i quattro punti cardinali, al centro si vedeva un grande sole rosso che, con i suoi raggi, univa i quattro corpi celesti. Numerose scritte in varie lingue circondavano la decorazione, una di esse venne riconosciuta da Blake come una parola inglese.

«United... uniti...».
«Esattamente».
Una voce pensierosa proveniente da dietro i due amanti, li sorprese, facendoli voltare.
«Uniti... è una parola che non sento da molto tempo. Questa decorazione è riportata nei castelli di tutti i Regnanti: mostra come i quattro Regni siano uniti dal potere del Regno Centrale».
Quella voce apparteneva ad un giovane ragazzo che riportava i segni particolari dei demoni: i suoi lunghi capelli bianchi ricadevano su di una tunica gialla, gli occhi rossi sognanti erano puntati sulla decorazione. Al fianco destro portava una sciabola con l'impugnatura fasciata da una striscia di pelle con dei piccoli inserti dorati.
«Interessante... tu saresti?».
«Io sono Samuel, piacere di conoscervi. Voi siete quelli che hanno appena distrutto la piazza davanti alla reggia, giusto?».
Juliet arrossì vistosamente e con prontezza puntò l'indice verso il fidanzato.
«In realtà, è stato solo lui a distruggere la piazza».
«Beh, io non direi distrutto... possiamo dire che è in corso un progetto di ristrutturazione stradale».
Disse Blake, cercando di difendersi dalle accuse; la mano destra si muoveva senza sosta lungo il suo collo.
«Non preoccuparti, domani sarà già sistemata. Ma ditemi, perché due demoni sconosciuti entrano nel palazzo reale?».
«Dobbiamo parlare con il Regnante del Sud».
Disse Juliet, tornata seria repentinamente; Blake osservò Samuel in cerca di qualche dettaglio che ne specificasse la professione.
«Allora seguitemi, vi porterò dal re... anche se non credo che vi ascolterà... non ascolta più nessuno...».
Le ultime parole del ragazzo non furono udibili, furono un bisbiglio contornato da esasperazione e malinconia.
Dopo aver percorso un lungo corridoio adornato di vari ritratti e dipinti di delicati paesaggi, i tre giunsero in un enorme salone rettangolare: il pavimento era ornato da numerosi tribali. Cinque finestroni lungo i lati facevano entrare la luce attraverso vetrate decorate con scene di battaglie; al centro un lungo tappeto dorato indirizzava gli ospiti verso cinque gradini sopra l'ultimo dei quali si trovavano i due troni riccamente rifiniti. Essi dominavano la sala dalle pareti di marmo, sopra di loro vi era un rosone al cui interno si trovava lo stesso simbolo riportato sulla bandiera all'esterno del palazzo.
I due Regnanti si trovavano ad un tavolo al lato destro del salone, intenti a mangiare da un infinito buffet: il re indossava un mantello dorato che copriva completamente il suo corpo, lasciando visibili solo degli stivali neri; la moglie indossava un elegante vestito quasi medievale molto attillato che ultimava in una corta gonna, i colori prevalenti dell'abito erano il bianco e il giallo i quali si fondevano e alternavano.
I lunghi capelli bianchi della donna ricadevano lungo le sue spalle, sembrando una continuazione del vestito; gli occhi rossi si puntarono sui due nuovi arrivati.
Samuel si mise sull'attenti e con tono fermo si rivolse ai due Regnanti.
«Vostre signorie, vi presento...»
Il ragazzo si interruppe, voltandosi verso i demoni che lo seguivano e, a bassa voce, gli chiese.
«I vostri nomi?».
«Io sono Juliet e lui è Blake».
Samuel annuì e riprese a parlare.
«Vi presento Juliet e Blake, sono venuti qui esclusivamente per parlare con voi».
Il re scostò leggermente lo sguardo verso i due, senza prestargli grandi attenzioni: l'uomo aveva una carnagione scura e sul viso, proprio sulle labbra, portava una rosea cicatrice obliqua; il lineamenti del volto erano spigolosi, ma venivano attenuati dalla rotondità del cranio, il quale era completamente privo di capelli.
«Non siamo interessati».
«Tesoro, ti prego. Scusate le maniere di mio marito, è un uomo un po' burbero... prego, di quale argomento volevate parlare?».
La voce rauca e grezza del re, si scontrava con quella docile della compagna mostrandone i caratteri opposti.
«Vi chiediamo perdono per il disturbo, ma il nostro compito ha una grande importanza per l'intero Mondo Demoniaco».
Non ti sembra di esagerare un po'?
Stai tranquilla, so quello che faccio.
Il re sbuffò e sembro soffocare una risata.
«Questi ragazzi, esagerano sempre. Non siete capaci a soppesare le parole, non avete neanche detto chi vi manda, in quanto immagino che due come voi siano solo dei messaggeri».
Blake nascose la sua irritazione dietro ad un inchino.
«Mi scuso per aver omesso un dettaglio così importante, è stato il Maestro a mandarci qui».
«Quel anima maledetta... allora è ancora vivo, cosa può volere un essere come lui da noi?».
Il tono di disgusto del re fece ribollire il sangue a Blake, il quale fu fermato dall'amata prima che riuscisse ad aprire bocca e a dire ciò che realmente pensava in quel momento del sovrano.
«Bastian richiede la vostra presenza a Luminia, dove si svolgerà un Consiglio dei Re».
Gli occhi dei due Regnanti si spalancarono, ma fu la reazione del re a sorprendere di più i due ragazzi.
«Mai! Se il male dovesse raggiungere la nostra gente noi ci difenderemo da soli!».
«Non pensa agli altri regni?».
«Non è un nostro problema!».
«Ma...».
«Non voglio più sentire una parola! Sono stato chiaro!».
«Padre, smettetela!».
La voce di Samuel si era fatta strada e ne risuonava ancora l'eco nella stanza.
Padre?! Avrebbe potuto dircelo subito...
Pensò Juliet, mentre cercava un modo per convincere il re ad ascoltarli.
«Samuel, non ti permettere di rivolgerti in questo modo a me!».
«Bruce, ti prego lascialo parlare... è tuo figlio».
«Non è degno di questo titolo, Lucia! Il ragazzo è solo un debole!».
«Sareste voi quello forte, vostra altezza?».
La voce calma di Blake attirò l'attenzione dei presenti, con la testa bassa e lo sguardo puntato verso il pavimento, si era appoggiato ad una colonna cercando di trattenere le sue emozioni.
«Come ti permetti! Io sono un Regnante, sono uno dei demoni più forti del nostro mondo ed esigo rispetto!».
«Sarete anche forte, ma vostro figlio dimostra una migliore decisione e un ottimo capacità di ascolto... sicuramente si dimostrerà un re migliore di voi».
Il braccio destro di Bruce si mosse verso il suo fianco, mentre la sinistra slacciava il nodo che bloccava il mantello.
«Hai esagerato, ragazzino. Preparati a subire una punizione che ricorderai per sempre.»
Il mantello cadde, mostrando una lucida placca argentata all'altezza del pettorale sinistro; l'uomo, inoltre, indossava una maglia gialla come i pantaloni i quali presentavano due protezioni per le ginocchia. Sul fianco destro portava una sciabola dall'impugnatura dorata, la quale era già stretta nella sua mano, pronto ad attaccare.
«Fermati!».
«Mia cara regina, non preoccuparti, non lo ucciderò».
Blake scoppiò a ridere e, senza alzare la testa si mosse verso il centro della sala.
«La sicurezza in se stessi è un ottima qualità, ma non bisogna abusarne».
«Adesso vedrai cosa ti farò, ragazzino!».
Bruce si lanciò verso l'avversario, la sciabola sibilante cercò di colpire con un fendete l'addome; un grande polverone si alzò coprendo il re.
Il colpo era andato a vuoto, causando numerosi danni al pavimento del salone. Blake si trovava alle spalle del demone, il giovane si era teletrasportato e rimaneva fermo: le braccia incrociate e lo sguardo puntato in avanti, il suo corpo non mostrava alcun segno di agitazione o fatica.

«Tu... piccolo...».
Sul volto del ragazzo si formò un piccolo sorriso.
«Non è con gli insulti che mi sconfiggerai».
«Allora mostrami le tue armi e combatti seriamente».
Blake, non...
Stai tranquilla, non userò tutta la mai forza... non voglio che Samuel diventi re prima del tempo
.

Il demone evocò la sua solita spada dalla lama nera, si voltò verso l'avversario e rimase immobile, in attesa.
Bruce osservò il ragazzo e, dopo aver eseguito qualche calcolo, si lanciò verso di lui; a pochi metri dal suo obiettivo, scartò di lato e, con una rapidità sovrumana, mosse la sua arma verso il fianco destro di quest'ultimo. Con altrettanta velocità, Blake, bloccò l'attacco con un semplice movimento del polso; la rabbia del re raggiunse il suo massimo: la sua sciabola sembrava muoversi da sola e i colpi iniziarono a farsi sempre più veloci ma nessuno di essi riusciva ad andare a segno grazie all'abilità di Blake; quest'ultimo riuscì ad allontanare l'avversario grazie ad una piccola onda d'urto.

«Se vuoi usare il tuo flusso, allora anch'io utilizzerò il mio».
Il ragazzo fu lanciato indietro di alcuni metri, mentre la sua camicia nera si iniziò a squagliare, mostrandone la muscolatura; non ebbe nemmeno il tempo di progettare il contrattacco che un muro di fiamme lo circondò, sopra al giovane si formò un enorme masso infuocato, il quale si mosse velocemente verso il pavimento alzando un ennesimo polverone.
Appena questo si diradò, furono il silenzio e la sorpresa a dominare la sala: Blake, si trovava con le braccia incrociate, il sorriso stampate sulle labbra; i vestiti neri che indossava fino a pochi secondi prima, erano stati rimpiazzati da un paio di pantaloni, una camicia ed un cappotto tutti di un candido bianco. Il particolare che attirò di più l'attenzione fu però il colore degli occhi del giovane: l'azzurro intenso e profondo mostravano tutta la sua vera forza.

«Tu... chi diavolo sei?».
«Non ha importanza, devi solo sapere che non sono un demone come gli altri».
«Come...».
«Come ho fatto a evitare il tuo attacco? Beh, non l'ho evitato. La tua è stata un'ottima mossa ma purtroppo per te il mio flusso elementare è uguale al tuo: entrambi siamo perfettamente affini al fuoco e abbiamo raggiunto il massimo controllo su questo elemento. Quindi è stato facile per me assorbire la tua mossa, inoltre, come ho già detto sono diverso dagli altri demoni, infatti il mio flusso non è affine ad unico elemento ma bensì a due... permettimi di dimostratelo».
Blake fece sparire la propria arma, al suo posto, nella mano destra si formò una piccola sfera uguale a quella utilizzata dal Regnante, mentre nella sinistra se ne formò una trasparente.
«Quella è...».
«Già una tecnica di controllo e modificazione del vento».
«Hai dimostrato la tua forza, la tua intelligenza e la tua capacità di giudizio. Ti chiedo scusa, sei stato un degno avversario. Sarò felice di partecipare al Consiglio».
«Sono contento della sua scelta, ma prima mi conceda un suggerimento. Ascolti di più la sua famiglia, la renderà un re migliore».
Bruce annuì e dopo aver ringraziato Juliet, si congedò dai presenti.
I due demoni fecero lo stesso, pronti a continuare il loro compito.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12: i quattro Regnanti (parte 2) ***


CAPITOLO 12: I quattro regnanti (parte 2)


«Bene, ora dobbiamo trovare il modo di raggiungere il Regno del Nord... Juliet, tu hai qualche idea?».
Blake e Juliet stavano passeggiando lungo una strada che si diramava dalla piazza semidistrutta: ai lati di essa si trovavano un'infinità di negozi e bancarelle, l'atmosfera giallastra della città veniva coperta dall'immensità di colori dei prodotti venduti; vestiti dai materiali ricercati, cibo, armi e armature si accostavano e componevano ciò che sembrava un quadro vivente, disegnato da colori a olio dalle tonalità tipiche dello stile fiammingo. Tra le voci dei mercanti e dei passanti, i due iniziarono ad incuriosirsi, dimenticandosi della missione da portare a termine.
«In questo momento non mi viene in mente niente... potremmo farci un giro, magari troviamo qualcosa di interessante».
«Non lo dici solo perché vuoi fare compere, vero?».
«N-no, è solo che non conosciamo questa città e sarebbe meglio reperire qualche informazione...».
«Ok, faremo un giro... ma sappi che io non ho soldi con me, quindi non soffermarti su oggetti troppo costosi».
Il sorriso che si formò sul viso del ragazzo fece arrossire Juliet, la quale si sentiva leggermente presa in giro.
«Ti ho detto che non è così! Non voglio fare shopping!».
Ok, forse un po' si... ma non è colpa mia, questo posto è fantastico!
Blake scosse il capo: la missione poteva aspettare qualche minuto, inoltre quel mondo così vivace e colorato lo intrigava.
La giovane demone si spostava da una bancarella all'altra, mossa da quella spensieratezza tipica dei bambini: era tutto affascinante e magico, avrebbe voluto rimanere per sempre tra le stradine di Ilias.
«Guarda che bel vestito! Oh, quella collana è stupenda! Vorrei sapere quanto costano...»
Il ragazzo aveva lo sguardo perso tra la folla, intento a rimuginare sullo scontro di prima.
Ho sbagliato, non avrei dovuto utilizzare tutta quell'energia... in uno scontro vero, sarebbe potuto costarmi la vita. Inoltre, non sono ancora in grado di progettare la tecnica che avevo in mente: credo sia impossibile unire fuoco e vento in un'unica mossa... quale forma geometrica dovrei utilizzare? In che quantità dovrei fondere i due elementi? E se scoprissi come fare, funzionerebbe? In fondo le tecniche che utilizzano il vento servono solo a lanciare o intrappolare l'avversario... l'idea di un tornado di fuoco mi sembrava fattibile, ma proprio durante questo scontro ho avuto la sensazione di essermi sbagliato...
«Blake, tutto bene?»
«Sì, ero solo sovrappensiero».
«So a cosa stavi pensando, dopotutto da quando stiamo insieme non possiamo più nascondere i nostri pensieri».
«Già, ciò non mi infastidisce ma devo ammettere che devo ancora abituarmi».
«Ehi, signore!».
Un uomo si stava sbracciando da una bancarella, cercando di attirare l'attenzione di Blake. Il mercante portava dei lunghi capelli neri e gli occhi rossi brillavano nell'ombra creata da una tenda sopra di lui; indossava un camice bianco, macchiato qua e la da qualche sostanza nera e bruciacchiato sui bordi.
«Dice a me?».
«Certo! Venga voglio mostrarle una cosa».
Avvicinatosi al banco vide che su esso vi erano numerose armi di vario tipo: si passava velocemente da spade a due mani a coltelli, da lame dalla forma più disparata a pistole.
«Voglio che provi quest'arma che ho forgiato io stesso qualche anno fa».
«Scusi, ma non ho soldi con me. Inoltre sono già soddisfatto di ciò che possiedo».
Il mercante prese una spada bastarda e la mise tra le mani di Blake, senza curarsi minimamente delle sue parole.
«Si fidi di me e la provi, deve sapere che questa spada è stata forgiata come da tradizione: non ho usato magia per crearla perché, detto tra noi, sono tutti capaci a perfezionare le tecniche di creazione. Quella che hai fra le tue mani è un pezzo unico, sono sicuro che ti piacerà».
Blake strinse l'impugnatura, percepiva una sensazione diversa rispetto alle sue spade: questa era più leggera e fin troppo lunga per gli attacchi veloci a cui era abituato, si sentiva quasi sbilanciato e impacciato. Provò a muovere due fendenti, passando poi ad utilizzarla con una mano sola migliorando leggermente i suoi colpi.
«Mi sento lento e un facile bersaglio, inoltre non sembra affatto resistente. È troppo leggera per essere una spada bastarda ed è troppo lunga per essere utilizzata con una sola mano. Non si addice al mio stile di combattimento, preferisco la velocità e il controllo e quest'arma non mi offre nulla di tutto ciò».
Il mercante lo guardava allibito, di certo non si aspettava una stroncatura del genere da parte di un ragazzo.
«Evidentemente mi sono sbagliato, pensavo che capissi qualcosa di armi. In fondo sei solo un giovanotto che pensa di essere migliore degli altri, non posso colpevolizzarti».
«Allora che ne dice di mettere alla prova la sua meravigliosa spada?».
«Rimangiati immediatamente la tua offerta, non vorrei distruggere il tuo equipaggiamento».
«Hai paura di non essere all'altezza?».
Il mercante prese la spada e, dopo aver creato sufficiente spazio in mezzo alla strada si preparò al combattimento. Blake, in tutta risposta, evocò la sua spada destra osservando gli effetti di luce che si creavano sulla lama a causa dei forti raggi del sole.
«Vuoi seriamente utilizzare le tue armi originarie?»
Il demone non riuscì a capire la domanda del mercante, il quale decise di spiegarsi meglio dopo aver osservato la faccia del suo avversario.
«Quelle sono le spade che il tuo flusso ha creato la prima volta che hai avuto bisogno di combattere, quasi tutti i demoni le abbandonano. Comprano delle armi da noi fabbri o utilizzano le tecniche di creazione per forgiare delle armi più adatte al loro stile o semplicemente migliori».
«Ti ho già detto che mi trovo bene con queste, non preoccuparti».
«D'accordo, fai tu la prima mossa».
Blake non si fece ripete l'invito un'altra volta, in un istante coprì i due metri che lo separavano dal mercante, colpì con un veloce fendente la lama dell'avversario e si posizionò alle sue spalle, senza lasciargli il tempo di capire ciò che era successo.
Un rumore metallico riecheggiò nella strada mentre si formava una crepa sulla spada bastarda: la lama si spezzò all'altezza dell'impugnatura, cadendo a terra tra il silenzio e lo stupore dei passanti.
«N-Non è possibile...».
«Mi dispiace ma ti avevo detto che era troppo leggera. Avresti dovuto utilizzare un metallo più resistente e forse l'utilizzo di un po' di magia durante il processo non sarebbe guastato».
«Non è vero! Sei un truffatore! Hai usato qualche incantesimo sulla tua arma!».
«Sei un fabbro molto più esperto di me, sono sicuro che puoi capire perfettamente che non ho usato nulla di simile».
«Non è giusto... quest'arma era...».
«Non era nulla di speciale, se vuoi un rimborso ti accontenterò».
Il vecchio sospirò, la verità si era ormai fatta inevitabilmente strada nella sua testa.
«No, non è necessario... le tue abilità in combattimento sono incredibili e la mia spada non era adatta ad uno scontro del genere».
Il mercante tornò dietro al bancone, lo sguardo puntato verso il terreno non aiutava a nascondere il suo orgoglio ferito.
«Se hai bisogno di un favore sono disposto ad aiutarti, ragazzino».
«Effettivamente avrei bisogno di un'informazione».

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I due demoni, accompagnati dal mercante, erano giunti davanti ad un'altissima torre nera: le pareti erano decorate da strani bassorilievi e da alcune scritte in una lingua incomprensibile ai due.
«Vi basterà entrare nel portale giusto e vi ritroverete nella capitale del Nord».
«Quindi dobbiamo cercare il cartello con su scritto “Snofren”?».
«Esattamente. Ora scusatemi, ma devo tornare al mio negozio».
«Grazie mille per il tuo aiuto».
«No, grazie a te, ragazzino».
Il mercante si allontanò lasciando soli i due amanti, i quali si incamminarono all'interno della torre. Le pareti che li circondavano erano formate da dei mattoni neri, brulicanti di incisioni biancastre, qua e là si vedevano dei quadri ritraenti scorci di paesaggi dai colori più variopinti; la luce entrava da poche piccole finestre e da un grosso rosone situato sul tetto della struttura.
«Guarda là! L'ho trovato».
Juliet stava indicando un cerchio bluastro posto su di una piattaforma poco lontana da loro, una leggera aura celeste sembrava circondarlo.
«Perfetto. Allora andiamo».
I due si avvicinarono al cerchio, notando altri portali di vari colori intorno a loro. Numerose persone andavano e venivano da essi, creando non poca confusione.
«Ehi, ragazzi!».
Blake si bloccò, riconoscendo la voce proveniente da dietro di loro, e si voltò scuotendo la testa.
«Frank, cosa ci fate qui?».
L'amico si trovava all'entrata della torre insieme ad altre tre persone. Il giovane demone riconobbe con facilità Hope e Samuel, ma l'altro ragazzo non gli ricordava nessuno; quest'ultimo era sicuramente un demone: portava due spade ai fianchi, ma il suo flusso sembrava essere celato alla perfezione.
«Volevamo vedere se due pivellini come voi potevano essere capaci di portare a termine una piccola missione. Non pensavo foste così lenti».
«Ho dovuto sconfiggere un re, chiedi al nostro amico... aspetta, cosa ci fai qui, Samuel?».
Il principe fece un inchino, ma ciò che attirò di più l'attenzione di Blake fu l'occhiata che ricevette da parte dello sconosciuto: sembrava scrutarlo in cerca di qualche informazione.
«Speravo di trovarvi ancora qui. Ho un regalo da parte di mia madre».
«Un regalo! Che cos'è?».
Juliet saltò da dietro le spalle dell'amato e si fiondò verso Samuel, incuriosita; Blake la seguì con un passo più lento, ancora interessato a quel demone ignoto.
Il principe aprì la mano, nel suo palmo vi erano due collane: queste erano composte da un filo scolorito al quale era appesa una pietra ottagonale dal colore giallastro; entrambi i gioielli emanavano una grande quantità di energia.
«Vi dono questi due amuleti, solo due demoni come voi potrebbero avere l'onore di possederli. Queste collane sono antichissime e fu il primo Regnante del Sud a crearle: sono ricche di energia e possono essere utilizzate in più modi. Potete indossarle ed esse vi proteggeranno da qualsiasi attacco letale, ma ciò avverrà solo una volta, oppure potete scegliere di assorbirne l'energia e aumentare il vostro flusso. La scelta spetta a voi».
«Grazie, ma non possiamo accettare. Non abbiamo fatto nulla per meritarci un tale regalo».
«Avete fatto ritornare parte del senno di mio padre. Io e tutti gli abitanti del regno vi dobbiamo un favore».
Il demone ignoto si mosse, posando la mano sinistra sulla spalla di Samuel.
«Prendeteli, non capita spesso di vedere questi amuleti».
I due accettarono il consiglio, indossando il dono. Blake non riusciva a staccare lo sguardo da quello dello sconosciuto, il quale stava iniziando a infastidirlo.
«Tu chi saresti?».
«Piacere di conoscerti, io sono Jack».
«Potrei sapere perché mi fissi?».
«Il tuo Flusso... è strano, mi incuriosisce».
«Mi piacerebbe poter dire lo stesso, ma sembra che tu sia fin troppo bravo a celarlo».
«Purtroppo sono costretto a nasconderlo, correrei troppi rischi se mostrassi la mia energia. Diciamo solo che se qualcuno mi riconoscesse, si alzerebbe un bel polverone».
Frank si intromise tra i due, cercando di cambiare argomento: se aveva imparato qualcosa su Blake era che la sua curiosità superava di gran lunga la sua saggezza, molto probabilmente avrebbe estratto la spada senza pensarci due volte pur di ottenere delle risposte.
«Quasi mi dimenticavo, la vostra missione ha subito delle leggere modifiche».
«Cosa?».
Dissero i due amanti in coro, quasi sconcertati dall'affermazione dell'amico.
«Dovrete dirigervi nel Regno dell'Ovest, più precisamente nella capitale Azulma. Al regno del Nord e dell'Est ci penseremo io e Hope. Ordini del Maestro».
«D'accordo, eseguiremo gli ordini».
I due giovani salutarono Hope e Frank, mentre Samuel si allontanava dalla torre.
«Se non vi dispiace, vi lascio ai vostri affari».
«Sei sicuro di non voler venire con noi, Jack».
«Grazie dell'offerta, Hope, ma devo rifiutare. Renderei molto difficile, se non impossibile il vostro compito. Ci vedremo a Luminia quando avrete finito».
Detto ciò, il demone si teletrasportò.
Nel mentre Blake e Juliet entrarono nel portale per Azulma e, in un'istante, si ritrovarono nel Regno dell'Ovest.

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