La lepre marzolina

di Rowena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il viaggio della lepre ***
Capitolo 2: *** Lepre alla Guinness ***
Capitolo 3: *** La lepre eroica... e smemorata ***



Capitolo 1
*** Il viaggio della lepre ***


Angoletto dell'Autrice parte prima: Buonasera a tutti, sto per crollare in catalessi dopo una notte in bianco a scrivere e una giornata un po' delirante, ma volevo comunque pubblicare il primo capitolo della mia nuova minilong, già che sono riuscita in qualche modo a finirla in tempo per il contest per cui è stata pensata, il Paddy's Day indetto sul forum dell'archivio da Ferao. Non potevo proprio non partecipare, visto che il tema era l'Irlanda. Sono stata in quest'isola meravigliosa più volte, prima in vacanza studio, poi per i fatti miei, e devo dire che ci ho proprio lasciato il cuore. Comunque, arrivando alla storia: è la classica one-shot alla Rowi, su un personaggio inesistente della Rowling, ossia la strega con il labbro leporino a cui Allock "ruba" la storia della Banshee e che viene liquidata in ben una mezza riga nel secondo libro, più precisamente nel capitolo 16, quando Harry e Ron smascherano il sedicente professore. È doppiamente una one-shot alla Rowi perché è rapidamente lievitata in una minilong in tre parti: ho tutto, tranquilli, per cui aggiornerò e completerò la storia in breve tempo.
Gli eventi sono ambientati nel 1985, perché ho immaginato che fossero necessari alcuni anni per Allock per sottrarre tutte le storie dei malcapitati "bruttoni", scrivere i suoi (eeek) libri e diventare abbastanza famoso al punto da ottenere un Ordine di Merlino, anche se di terza classe. Le note sui rispettivi capitoli vorrei metterle in fondo agli stessi, per cui a tra un po'. :)







La costa dell'Irlanda era verde e splendente, malgrado la pioggerellina che batteva ormai da un paio d'ore. Incurante dell'acqua, Hatty respirava a pieni polmoni la salsedine, mentre il traghetto si avvicinava al porto di Kinsale. La sagoma di Charles Fort, il grande insediamento militare a pianta stellata, si stagliava come un gigante di pietra ricoperto dalla verde erba e dal muschio di tanti anni di abbandono tra il cielo plumbeo e il mare in fermento, come un silenzioso guardiano della piccola insenatura.
Quella presenza scatenò reazioni contrastanti nei Babbani a bordo: il forte ormai era una proprietà irlandese e una meta turistica molto frequentata, eppure ricordava la lunga dominazione inglese e la fallita insurrezione di molti secoli prima, quando i clan chiamarono in aiuto gli spagnoli... Ma senza risultati. Prima l'Invincibile Armata fu sconfitta, poi fallì l'assedio proprio lì, a Kinsale, consegnando definitivamente l'Irlanda ai Tudor. Hatty era incuriosita da quelle persone, specialmente da un uomo dai capelli bianchi ancora folti e lucidi, che raccontava la storia della fallita insurrezione con un forte rimpianto, come se fosse stato presente e avesse visto i grandi galeoni del Re cattolico affondare nelle acque irlandesi, o i suoi compatrioti del Seicento essere sopraffatti dalle truppe inglesi.
Non che avesse da stupirsi molto: sua madre era Babbana, e di famiglia fieramente indipendentista... Salvo per un paio di cugini che erano rimasti in Nord Irlanda e tenevano la foto della Regina in salotto come se fosse una nonna acquisita, e a ogni luglio si vestivano di arancione e marciavano in parata per ricordare la battaglia del Boyne. Hatty conosceva bene quelle storie, avendo frequentato la scuola primaria dei Babbani prima di Hogwarts, ma era sempre interessata a saperne di più, anche perché la sua presenza nel Cork era dovuta anche a fatti avvenuti durante la guerra d'indipendenza...
Nonostante la sua educazione primaria e la sua famiglia, infatti, per una strega che aveva vissuto una parte fondamentale della sua vita in Scozia – e che non aveva nessuna particolare diatriba con gli abitanti dell'isola accanto – quelle testimonianze parevano sempre molto strane. Il mondo della magia era stato più saggio fin dai tempi antichi, su questo non vi erano dubbi: nonostante i pregiudizi tra maghi di paesi diversi fossero tuttora forti, il bisogno più alto di difendersi dall'ignoranza e dalla paura dei Babbani aveva prevalso sulle piccole rivalità tra vicini.
Secondo alcuni storiografi della magia, addirittura, erano stati dei maghi a suggerire ai Babbani di creare un organismo politico più ampio, che riunisse l'Europa in un unico e potente blocco sulla scena mondiale e legiferasse comunitariamente, ma si sapeva che i maghi ci tenevano a prendersi i meriti per ogni raro atto illuminato dei loro simili senza poteri.
«Ma ci pensate, se ci fossimo liberati allora dal giogo degli inglesi?», domandò l'anziano. «L'isola di smeraldo ancora unita, l'Ulster libero dai protestanti!»
La sua voce era marcata dal forte accento di Cork, segno che aveva vissuto nella zona forse tutta la vita: doveva aver sentito quella storia da suo nonno, e chissà quante altre generazioni della sua famiglia avevano ricordato l'occasione mancata dall'Irlanda per essere libera e unita.
Affacciata al parapetto, Hatty ascoltava tenendosi a distanza dagli altri passeggeri del traghetto.
Aveva imparato da tempo a stare in disparte, in modo da non attirare l'attenzione degli altri e i loro commenti crudeli. Il suo unico vezzo era la sciarpa rossa che le copriva la metà inferiore del viso, dal naso in giù: sua madre si era lamentata che era troppo appariscente, ma era meglio dover spiegare un accessorio tenuto sempre indosso, piuttosto che affrontare gli sguardi di pietà e orrore scatenati da ciò che nascondeva là sotto.
Da piccola, tutti l'avevano soprannominata Hatty the Hare. La lepre. I bambini sapevano essere odiosi quanto banali, per prendersi gioco di una persona con la sua deformazione. Si passò la lingua sul labbro diviso a metà che le deturpava il viso fin dalla nascita: se fosse stata una semplice fessura, Hatty probabilmente se ne sarebbe infischiata, specie dopo aver visto certi bozzi pelosi a Diagon Alley, ma l'incisura raggiungeva la narice destra creando un'apertura abbastanza ampia che lasciava vedere i denti, specialmente i due di troppo, dalla forma irregolare causata dal poco spazio in cui crescere. Abbastanza per essere additata per strada, per essere guardata con commiserazione.
Ricordava i pianti di sua madre, che aveva creduto che la magia potesse risolvere il problema, e si era sentita rispondere dal marito che purtroppo non si poteva sistemare tutto con la bacchetta.
Hatty non si era arresa e a scuola aveva studiato con determinazione Trasfigurazione, sotto la guida della professoressa McGonagall. Sapeva scagliarsi degli ottimi Incantesimi di Disillusione, che ingannavano gli estranei, e mutare il suo volto abbastanza da apparire normale, ma erano stratagemmi complessi, che richiedevano molta energia: la sciarpa era una soluzione più semplice e più controllabile, e soprattutto non rischiava di perdere efficacia in situazioni imbarazzanti.
Se fosse riuscita a completare il suo lavoro, però, le cose sarebbero cambiate, la strega se lo sentiva nelle ossa. Aveva raccolto prove, testimonianze... E se ora l'incontro fosse andato a buon fine, avrebbe avuto tutto il materiale per il suo libro.
«Signorina, sta tornando a casa o è in arrivo?»
La stessa voce che poco prima ingiuriava contro gli sporchi inglesi. Hatty si voltò e si trovò di fronte il vecchio Babbano con un sorriso molto più accomodante.
La ragazza si guardò intorno e si rese conto che il battello aveva già attraccato nel porticciolo di Kinsale, e che buona parte dei passeggeri erano già scesi. Probabilmente l'uomo aveva notato la sua aria assorta...
«Sono in viaggio per lavoro», rispose gentilmente facendo attenzione a usare meno erre possibili nella risposta. Le erre le creavano sempre problemi, erano così difficili da pronunciare... «Sto andando a Bandon».
«È un giro curioso, passare da Kinsale quando ci sono pullman molto più comodi da Cork».
«Ho colto l'occasione per gustarmi un po' di mare, non mi capita spesso», spiegò rapida sperando di aver soddisfatto la curiosità del Babbano. Aveva previsto la domanda, ma su un autobus di linea sarebbe stato impossibile passare altrettanto inosservata o anche solo tenere la sciarpa addosso. I pullman pieni di vecchiette curiose e turisti con le macchine fotografiche al collo la mettevano a disagio.
Inoltre non aveva mentito: l'insenatura del piccolo borgo era deliziosa e lei amava il mare, essendo nata sulla riva dell'oceano Atlantico, a Galway. Avrebbe proseguito per Bandon a piedi: i due paesi distavano circa una ventina di chilometri, per cui la strega contava di giungere in giornata, tenendo un buon passo. Erano appena le nove di mattina, sarebbe arrivata prima che scendesse il buio... E se non ci fosse riuscita, aveva la sua tenda nella borsa allargata con la magia.
«Beh, perché non si ferma a Kinsale, almeno per un giorno? Il paese è delizioso, e questo pomeriggio ci sarà un'importante partita di rugby, ogni pub offrirà birra, se l'Irlanda vincerà... Anche se è qui per lavoro, non si perda l'occasione di svagarsi un po'».
Era un consiglio saggio, riconobbe la ragazza, eppure sentiva che non poteva fermarsi: si voltò a guardare la sagoma del forte, che ormai il battello aveva superato e si stagliava in lontananza. Fece due rapidi conti: se avesse perso la giornata nel borgo portuale, avrebbe poi passato la giornata seguente per strada... E avrebbe affrontato la Banshee il primo aprile.
No, non poteva permetterselo. Anche se non era superstiziosa, conosceva abbastanza bene le forze magiche della sua amata isola di smeraldo per sfidare la fortuna. Nel giorno degli scherzi, il fato avrebbe potuto svantaggiarla parecchio nel confrontarsi con uno spirito sofferente come quello che stava cercando.
«La ringrazio, ma è meglio che non perda tempo: festeggerò il doppio quando avrò finito».
Si congedò rapidamente e sgusciò via come una lepre per evitare altre domande. La giornata sembrava buona: nonostante un velo di nubi che velava il sole, quel giorno non sarebbe piovuto. Doveva approfittarne.

***

Un paio d'ore dopo, Hatty si fermò per una tazza di tè: dalla sua borsa recuperò un bollitore, che riempì con l'acqua di un limpido ruscelletto, e le bustine aromatizzate alla vaniglia, quindi con la bacchetta accese un piccolo fuoco in uno spiazzo pulito. Aveva seguito per un po' la strada principale, che andava a ricongiungersi con la via per Cork, solo per abbandonarla dopo i primi chilometri. I sentieri e le stradine minori, infatti, le avrebbero permesso di muoversi agevolmente senza dare nell'occhio.
Le serviva un po' di silenzio, per mettere in ordine le idee e preoccuparsi di come si sarebbe comportata l'indomani di fronte allo spirito: per questo si era inoltrata svelta nella vegetazione, facendo attenzione alle macchie di muschio sui tronchi degli alberi per assicurarsi di mantenere la giusta direzione. In quegli ultimi giorni di marzo, Hatty aveva sorriso nel vedere come il sottobosco fosse puntellato di piccoli fiori bianchi, minutarie e sassifraghe per lo più. Si dispiacque di poter ammirare soltanto i boccioli dei corbezzoli, perché era parecchio golosa dei loro frutti dalla scorza rossa, ma proprio non era stagione.
Una scusa per tornare a Bandon in autunno, magari per promuovere il libro che aveva intenzione di scrivere... Sempre se gliel'avessero pubblicato, ovviamente, e soprattutto se fosse sopravvissuta per completare il suo lavoro.
Sì, perché le poche persone che aveva informato del suo progetto la davano già per spacciata. Come poteva sperare di sconfiggere una Banshee, uno spirito capace di uccidere con un semplice grido, lei che aveva problemi con le magie più semplici se doveva pronunciare gli incantesimi a viso scoperto?
Era un dubbio legittimo, infatti Hatty non si era offesa a quelle insinuazioni: sarebbe stato ancora più gratificante il suo successo, una volta tornata da quell'avventura. Aveva letto tutto ciò che era stato scritto sull'argomento; non una gran fatica, dopo tutto, visto che le Banshee non avevano mai affascinato più di tanto i maghi, o almeno non abbastanza da avvicinarle davvero.
Aveva la sua teoria, ricavata dalle leggende che le erano state raccontate quand'era bambina, uno dei rari argomenti su cui i suoi nonni si trovavano d'accordo: come i Mollicci erano generati dalla paura e i Dissennatori dalla disperazione, secondo la strega gli spiriti caratteristici dell'Irlanda nascevano in luoghi in cui il dolore la faceva da padrone. E nell'isola di smeraldo, con tutta la sofferenza provata in tanti secoli per la conquista britannica, il duro giogo sotto cui erano stati obbligati i nativi e, per finire, la guerra d'indipendenza... E le cose non sembravano destinate a migliorare, pensò.
Quando passava per Londra, rimaneva ogni volta incredula per l'indifferenza con cui i maghi passavano oltre ai problemi dei loro vicini. Eppure tanti di loro erano figli e parenti di Babbani, possibile che non importasse loro quanto capitava a pochi isolati dal Ministero.
Era azzardato, e se si fosse sbagliata il suo paraorecchie non sarebbe bastato a proteggerla, eppure era pronta a rischiare tutto, anche la sua vita.
L'idea le era venuta notando che, negli ultimi tempi, le segnalazioni più frequenti provenivano proprio dalla zona dell'Ulster, dove i dissidi tra Babbani erano ancora ben lungi dall'essere risolti. Tuttavia, Hatty aveva scelto di cercare le prove per la sua teoria nella contea di Cork, attirata da un misterioso omicidio di cui aveva letto sul giornale: due fidanzatini erano stati ritrovati senza vita in una dimora settecentesca ormai abbandonata, ma la polizia non aveva saputo spiegare la causa della morte. La strega era stata attirata da un commento del giornalista di cronaca nera, che descriveva l'inspiegabile smorfia di dolore che deformava i volti dei due giovani sventurati, inspiegabile poiché non vi erano segni di percosse né violenza sui loro corpi. Se li avessero descritti come spaventati oppure orripilati, Hatty avrebbe pensato a un Anatema che Uccide, ma le parole dell'articolo sembravano parlare di sofferenza... Avevano trovato la ragazza con le lacrime ghiacciate sul viso, addirittura.
No, quello era un grido di Banshee, la strega ne era sicura. Anche il luogo in cui erano stati scoperti i cadaveri le dava ragione: la grande villa era stata bruciata dall'IRA durante la guerra d'indipendenza e, anche se non vi erano state vittime, le cronache riportavano quegli avvenimenti in maniera sufficientemente tragica e sofferta per dare la genesi a una Banshee, almeno questo era il suo pensiero mentre soffiava sul tè bollente che aveva preparato.
«Sembri un po' troppo indifesa, per girare da sola in questi boschi», sibilò una vocina alle sue spalle, facendola sobbalzare. Per fortuna non aveva iniziato a bere, o si sarebbe scottata... Una cosa davvero spiacevole, specie per lei che aveva le mucose della bocca particolarmente sensibili e in parte esposte.
Un Leprecauno: Hatty lo osservò con attenzione, ammirata dagli eleganti dettagli del suo completo verde, da vero signore. Per una volta non si affrettò a coprirsi il volto, però; era stufa di permettere alla gente di giudicarla con commiserazione, meno che mai l'avrebbe permesso a una Creatura Magica come quella che aveva di fronte.
«Credevo che steste tutti a Kenmare», ribatté senza lasciarsi intimidire.
L'essere non gradì quel commento e scosse il capo: «Con quegli esibizionisti, intendi? Non tutti i Leprecauni aspirano a fare da portafortuna a una squadra d'imbecilli che sfreccia sulle scope cercando di buttare giù gli avversari, o qualunque sia lo scopo di quel gioco cretino. Noi siamo ovunque, siete voi umani che non ci vedete, nonostante la vostra altezza spropositata: ai nostri occhi, siete tutti deformi».
Era quasi comico quel commento, e allo stesso tempo la donna trovò soddisfacente sentirsi accomunare agli altri in quella che per l'esserino era un'orrenda stranezza: il suo problema particolare scompariva, in confronto alla superiorità fisica dell'uomo... Ad ogni modo, quel Leprecauno doveva essere imparentato con un Jarvey, pensò la strega trattenendo un sorriso. Che i Folletti irlandesi non amassero gli esseri umani non era certo una novità, visto che non si erano mai fatti registrare al Ministero, ma non era a conoscenza che la comunità di Kenmare, che si esibiva come mascotte prima delle partite della squadra di Quidditch locale con giochi di luci e regalando oro agli spettatori, fosse invisa agli altri della loro specie.
Probabilmente era per la storia delle monete, perché i maghi si dimenticavano in fretta che erano destinate a sparire dopo qualche tempo, avidi e eccitati nel mettere le mani su un gruzzoletto inaspettato... Ma quando l'oro scompariva, i Leprecauni venivano accusati di essere dei truffatori.
«Come mai hai deciso di parlare con me? Da quello che so, voi siete loquaci quanto i Centauri, con noi».
«È raro trovare un umano con cui valga la pena di aprire bocca», spiegò l'Essere alzando le spalle con noncuranza. «C'è del tè anche per me?»
«Sì, e ho anche una tazza di scorta», disse Hatty passando la sua ancora intonsa, per recuperare l'altra nella borsa e versarvi il liquido ambrato che era rimasto nel bollitore.
La Creatura si sedette su un masso muscoso e sorseggiò il tè: «Bleah, ma come è dolce!»
«A me piace aromatizzato alla vaniglia, mi spiace. Allora, perché sarei degna di un simile onore?»
«Quante domande... Perché voi umani siete sempre così di fretta?»
«Devo arrivare a Bandon prima che faccia buio», spiegò pazientemente Hatty, «e in questo momento mi stai facendo tardare sulla mia tabella di marcia».
Il Leprecauno non rispose subito, finendo il tè malgrado il sapore non fosse di suo gradimento.
Nella radura non volava una mosca, come se il tempo si fosse fermato per permettere quell'incontro insolito. Solo l'acqua scrosciante del ruscello ricordava alla strega che quella era la realtà, e che doveva convincere il Folletto a lasciarla andare il prima possibile.
«Un soldino per i tuoi pensieri», esclamò a un tratto, estraendo una moneta d'oro lucente dal taschino dei suoi pantaloni.
La strega scosse il capo: «Che scomparirà tra qualche giorno? Valgono così poco, i miei pensieri?»
«Come se quello che passa in quella testaccia durasse altrettanto...», commentò roteando gli occhi il Leprecauno. «Dicono che stai cercando una Banshee».
Questo Hatty non se lo aspettava, eppure cercò di mantenersi indifferente: «Chi lo dice?»
«Sei in Irlanda, non esiste evento magico che sfugga a noi del piccolo popolo, come ci chiamate voi». «I Babbani usano quel nomignolo, non noi maghi».
«Ai nostri occhi siete bambini ignoranti in ogni caso, che sventoliate un bastoncino o meno. Forse ne capite un pochino di più dei Babbani, ma non dovreste credervi tanto migliori di loro».
Questo era assolutamente vero, Hatty non avrebbe saputo dirlo meglio, anche se era fastidioso sentirsi bacchettare in quel modo da una creaturina che arrivava al metro giusto per il cappello a cilindro che indossava.
«E se fosse vero, se stessi cercando una Banshee… Voi del piccolo popolo avreste qualcosa in contrario? Non sapevo vi foste alleati».
Il Leprecauno cambiò espressione, diventando quasi furioso: «Noi non ci interessiamo a loro!»
«Allora perché sei qui?» domandò ancora Hatty, che iniziava a stancarsi: a meno che non si fosse seduta sulla pentola d'oro dell'esserino, e ne dubitava parecchio, vista la sua scarsa fortuna, non c'erano motivi per cui l'Essere la tenesse lì ancora a lungo. Doveva rimettersi in cammino, o avrebbe passato la notte all'aperto.
«Volevo vedere la faccia di chi è così pazzo da sfidarne una».
A quel commento, la strega si irrigidì, chiedendosi se non avesse sbagliato una volta di più a mostrarsi a viso scoperto.
«È questa, sei soddisfatto?», rispose con stizza sollevando il mento per mettere in evidenza il labbro diviso e la spaccatura che risaliva fino al naso.
Il Leprecauno la osservò per un attimo con serietà, senza lasciarsi spaventare né sconvolgere. Ne aveva viste troppe, nella sua lunga vita di Folletto, per permettere a un essere umano non riuscito di metterlo a disagio. Eppure, ora aveva tutto più senso. Hatty, invece, si voltò a guardare il ruscello, sentendosi ferita. Si calcò di nuovo la sciarpa sul volto, per nascondersi, ma non avrebbe potuto celare con la stessa facilità le sue lacrime, segno di un orgoglio troppe volte calpestato.
«Sì, capisco meglio adesso. Le persone come te sono pronte a tutto per sentirsi normali, non è vero? Suppongo di sì...», sentì dire con tono più rispettoso dalla creaturina alle sue spalle, ma non tornò a guardarlo.
Senza commentare quell'atteggiamento a suo dire puerile, il Leprecauno posò la tazza ai suoi piedi e tirò fuori un acciarino d'argento, per accendersi la pipa. «Bene! Di norma, ti farei desiderare i miei consigli a lungo e ti sottoporrei a un sacco di prove ridicole per ottenerli...»
«E ci cascano in tanti?»
«Che sfrontata», ridacchiò lui con uno strano luccichio negli occhi. «Sì, ad ogni modo, soprattutto Babbani. Voi troppo alti siete pronti a tutto per avere un po' del nostro oro. Siete un ottimo passatempo per le serate noiose, se posso dirlo. Ad ogni modo, stavolta sorvolerò su questa parte e ti dirò subito che la tua impresa non ti porterà a niente: molto probabilmente morirai prima che sia aprile e, anche se riuscissi nel compito che ti sei data, gli altri umani non vorranno ascoltarti. Non è colpa tua... La tua specie è gretta, raramente sa andare oltre alle apparenze per ascoltare la verità».
«E se non ti volessi ascoltare?»
Un sospiro.
«Allora dai questa moneta al gestore del Leprecauno ubriaco: quel vecchiaccio è in debito con me per lo stupido nome del suo stupido pub, per cui ti darà una stanza appartata e non farà domande».
Hatty si voltò, per rispondere al Leprecauno, ma al suo posto c'era solo un sottile sbuffo di fumo argenteo. Non sarebbe tornato, comprese la strega. Che se lo fosse solo immaginata? No, la moneta era proprio lì, adagiata sul muschio.
La raccolse e se la rigirò tra le dita, chiedendosi se davvero doveva fidarsi di un membro del piccolo popolo: ricordava tutte le storie che le avevano raccontato fin dalla culla, tutti i tiri mancini che quegli esseri erano soliti giocare agli umani... Eppure questa volta era sembrato sincero. Forse un alleato inaspettato?
Senza rimuginarci oltre, si mise la moneta in tasca e raccolse con un tocco di bacchetta le sue cose: aveva già perso fin troppo tempo.






Angoletto dell'Autrice parte seconda: Eccoci qua, se siete sopravvissuti... Spero di sì, insomma! Dunque, cominciamo col fare un po' di ufficio turistico: Kinsale è un borgo delizioso nella contea di Cork che merita una visita, se foste di strada, se non altro per questa meraviglia: Charles Fort. Merlino benedica l'ingegnere nucleare che me l'ha consigliato in ostello a Cork – e sì, so che sembra una barzelletta ma è successo davvero. XD
Dunque, sul difetto di Hatty mi auguro di non aver scritto castronerie: non sono un medico e ho cercato al mio meglio dati su questa malformazione e di parlarne nel più delicato e rispettoso dei modi. Spero di non aver offeso nessuno. La sua sciarpa è un omaggio a Django unchained di Quentin Tarantino: nel film c'è una ragazza con questo capo sul volto, tra gli scagnozzi di Monsieur Candy, e so che è già un omaggio al Django originale, perché un'armata che appare nel film di Corbucci usa queste sciarpe per non farsi identificare... Comunque, senza divagare troppo: il personaggio misterioso di una donna in un ambiente così duro e violento mi ha affascinato molto, al punto da desiderare di scriverne... Questa è una prima prova sul tema, anche se ovviamente Hatty con Django non c'entra nulla.
Può sembrare forse azzardato mischiare la Storia con la saga potteriana, ma a me continua a sembrare impossibile che il mondo magico e quello comune siano così distaccati. Insomma, eventi come una guerra d'indipendenza o una guerra mondiale sconvolgono tutti, non solo i Babbani... La genesi delle Banshee è una mia trovata, basata davvero sulle informazioni che sono apparse sul Pottermore di recente sui Mollicci: sembra che parecchie creature oscure siano in realtà causate dalle forti emozioni umane, per cui perché non anche in questo caso, mi sono detta... Kenmare è un'altra cittadina nel Kerry, la contea a ovest di Cork, che è riportata su Il Quidditch attraverso i secoli per avere una squadra e per aver introdotto i Leprecauni come mascotte, poi ripresi dalla nazionale irlandese stessa. Mi piaceva l'idea di dare il parere di un diretto interessato sulla questione. Avrete notato forse che i nomi sono in inglese: avevo bisogno, per motivi che scoprirete più avanti, di mantenere il titolo del libro Break with a Banshee, che in italiano è stato mutilato in A merenda con la morte. Giuro, a volte la Masini mi ispira sentimenti davvero violenti... Comunque, per coerenza anche i nomi dei personaggi della Rowling sono stati mantenuti in lingua originale.

Bene, spero di non avervi annoiato con la mia didascalia – non mi capita spesso di scrivere note così lunghe XD – e di avervi incuriosito. Stay tuned per i prossimi capitoli e, se volete, fatemi sapere come avete trovato questo capitolo.

Rowena

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Capitolo 2
*** Lepre alla Guinness ***


Quando Hatty finalmente giunse a Bandon, il paese era in preda all'euforia. Per un attimo, la giovane strega rimase interdetta, ma poi ricordò l'invito a rimanere a Kinsale per guardare la partita di rugby, e comprese. Il match doveva essere andato anche meglio del previsto.
Quando raggiunse le strade principali, la sorpresa mutò in divertimento: ogni pub aveva aperto le porte e aveva messo fuori qualche tavolaccio e fiumi di birra, così da organizzare un'immensa festa che coinvolgesse tutta la cittadina. Era uno spettacolo caotico e divertente, incorniciato dalle casette colorate caratteristiche dell'Irlanda, che facevano deliziosamente contrasto con i palazzi e le abitazioni costruite nei secoli dagli inglesi, grige e austere. Anche a Galway c'era un quartiere come quello, pensò Hatty, e si affacciava direttamente sul porto, là dove i grandi cigni bianchi punteggiavano la foce del Corrib... Casa. Chissà se ci sarebbe tornata, o se la Banshee avrebbe avuto la meglio.
Non era un momento adatto ai pensieri cupi, però: la gioia che la circondava rendeva impossibile concentrarsi su ogni aspetto del suo piano che sarebbe potuto andare storto. Intorno a lei, i Babbani saltavano di gioia, chiamando a gran voce i nomi dei giocatori che avevano segnato i punti della vittoria.
«Kiernan, lui ci ha regalato il trofeo! Il nostro campione di Cork!»
Hatty sorrise nella sua sciarpa, immaginando che nell'anno a venire Kiernan avrebbe spopolato come nome proprio maschile... E forse anche per le bambine, in fondo non si conoscevano davvero i limiti di un vero patito del rugby.
Sembrava che quel giorno i problemi di sempre fossero spariti per magia, pensò la strega cominciando ad attraversare la folla scesa in strada verso i pub che indicavano camere libere ai piani superiori: la massima lamentela sembrava essere contro la nazionale francese, che con un pareggio infingardo aveva rubato all'Irlanda un meritato grande slam.
«Stupidi mangiarane, non dovevamo permettere che rientrassero nel torneo!», commentò infatti un omone dal volto paonazzo e con un enorme boccale di birra scura stretto in una mano; la questione di cui stava discutendo gli stava così a cuore che non si era preso neanche il disturbo di pulirsi i baffi dalla bava di schiuma densa che gli era rimasta sul viso.
Ridacchiando, la ragazza non gli rispose e raggiunse il marciapiede facendosi largo in quella folla entusiasta. Avrebbe voluto poter festeggiare con la stessa energia la Coppa del Mondo di Quidditch che da troppo tempo l'Irlanda sfiorava senza successo, ma all'ultima edizione le squadre britanniche non avevano potuto partecipare, non avendo affrontato le partite di qualificazione a causa della guerra. Pazienza, forse l'anno prossimo le cose sarebbero andate meglio.
Anche nella bolgia, riconobbe in fretta l'insegna del Leprecauno ubriaco, dov'era dipinta una caricatura dell'Essere che aveva incontrato qualche ora prima nel bosco mentre trangugiava un intero barile di birra... Non c'era da stupirsi se si era offeso, anche le creature sotto il metro sapevano essere terribilmente permalose. Scuotendo il capo, Hatty si addentrò nel pub, dove proseguivano instancabili i festeggiamenti.
«Posso aiutarla, signorina?»
Il barista e proprietario, che come molti irlandesi ci teneva a occuparsi personalmente delle bevande per assicurarsi la massima qualità, la accolse con un gran sorriso tra le guance molto rosse. Doveva aver tenuto generosamente compagnia ai suoi avventori, visto il gran numero di bicchieri vuoti che si trovavano sul bancone.
«Sto cercando una camera, sempre che ne abbiate libere» rispose lei guardandosi intorno, preoccupata dalla gran confusione.
«Oh, non si preoccupi, non sono tutti ospiti. La maggior parte sono miei amici e conoscenti che sono venuti a vedere la partita: sa, a casa il rugby è bello, ma al pub in compagnia e con una pinta appena spillata è decisamente meglio!» ammiccò il barista ridacchiando.
«Mio nonno sarebbe d'accordissimo», commentò Hatty sorridendo a modo suo sotto la sciarpa. «Allora, se non le dispiace vorrei la stanza più appartata che ha, quella più distante dagli altri ospiti. E vorrei cenare in camera, è possibile?»
Il gestore si guardò intorno un po' sospettoso, passandosi una salvietta bagnata sul collo: «Non è un servizio che siamo soliti offrire abitualmente, abbiamo una bella sala per la cena e...»
«Beh vede, chi mi ha indicato questo pub ha detto che avrebbe fatto uno strappo alla regola», disse Hatty spingendo la moneta del Leprecauno sul bancone di legno scuro.
«E chi... Diavolo», biascicò l'uomo sbiancando di colpo nel riconoscere il disegno del conio. «Ancora lui? Non le ha fatto del male, signorina?»
Hatty sgranò gli occhi e si trattenne dal ridere, sapendo che non era saggio prendere in giro i Folletti... Ad ogni modo, era difficile temere serie minacce da una creaturina così bassa e buffamente vestita, anche se il Babbano di fronte a lei sembrava davvero intimorito.
«Assolutamente. Senta, io non intendo approfittarne: ho di che pagare la stanza e la cena, solo vorrei un po' di discrezione in più».
A quella spiegazione, il gestore del pub sembrò rilassarsi un poco: forse gli conveniva assecondare quella richiesta e chiudere un occhio, piuttosto che trovarsi di nuovo davanti un Leprecauno inferocito che minacciava di maledirlo... Se ne avesse parlato ad alta voce, i suoi amici lo avrebbero preso in giro per l'eternità, poteva già sentire i loro commenti: alla tua età credi ancora agli spiritelli, oh Pat, sei uno spasso!
«Va bene, in fondo è una piccola cosa... Sempre che lei non si stia nascondendo per qualche motivo illegale», commentò alla fine scrutando attentamente Hatty.
La strega non si ritrasse, ma scrollò le spalle: «Mi piace soltanto stare per conto mio, tutto qua. Inoltre, vorrei riposarmi per domani, devo lavorare».
«Ah, è qui per lavoro», commentò il barista, per nulla convinto. «E di cosa si occupa?»
Hatty si accomodò su uno sgabello libero e alzò la voce, poiché la confusione nel locale non aveva intenzione di scemare: «Effetti paranormali, ho una rubrica su una rivista sci-fi. Sto cercando una Banshee».
Doveva aver urlato, perché improvvisamente nel pub piombò il silenzio, salvo un paio di ragazzi completamente ubriachi che continuarono a urlare e a soffiare in due grosse trombette rumorose. Un conto erano i Leprecauni, infatti, ma uno spirito nefasto come una Banshee... Non c'era proprio da scherzare!
«Perché vorrebbe incontrare un simile mostro, signorina? È pericoloso».
«Si sono sentite voci di un duplice omicidio strano... I nostri lettori sono sempre molto interessati a morti in cui potrebbero essere coinvolti spiriti e folletti, almeno così dice il mio editore», spiegò Hatty sentendosi sgradevolmente al centro dell'attenzione. Almeno la sua copertura sembrava reggere, aveva avuto una buona idea.
«Quei due poveri ragazzi, intende? Sì, che brutta storia. La polizia non ha saputo spiegare cos'è successo», borbottò un vecchio alla sua sinistra, scuotendo il capo mestamente. «Povero Castle Bernard, per quel luogo proprio non c'è pace. Non so perché siano andati a infilarsi lì, è pericolante...»
«Beh, non li ha uccisi certo una parete cadente», commentò cinicamente qualcun altro alle spalle della strega, che lei non riuscì a individuare.
«Lei sembra conoscere bene il posto», disse invece all'anziano, che non aveva ancora alzato gli occhi dal bancone.
«Lo può ben dire: ho ottant'anni, sa? Ho visto il castello quand'era ancora abitato e splendente, ci ho lavorato anche un paio di estati come guardiano, da ragazzo. Lord James Bernard era un brav'uomo».
Il nome della famiglia che per secoli aveva governato la zona di Bandon, con misure non sempre popolari e giuste, fece scaldare subito gli animi già sovreccitati dalla troppa birra.
«Filo-inglese maledetto!» ringhiò qualcun altro sputando per terra, gesto che Pat non gradì affatto.
Nemmeno il vecchio al fianco di Hatty reagì tranquillamente: «Zitto tu, cosa ne sai? Nessuno di voi era lì negli anni venti, non avete visto cos'è successo», esclamò nei confronti di chi aveva parlato, che abbassò subito lo sguardo come se fosse colpevole. «Io sono sempre stato a favore dell'Indipendenza, ma i rapimenti, gli omicidi... Ero un ragazzo arrabbiato come tanti, ma non al punto da unirmi all'IRA. Nonostante questo, mia madre temeva che io venissi arrestato – era un'epoca in cui anche solo avere sedici anni e non amare alla follia il Re era sufficiente per accusarti di chissà che crimini, capitela – così mi trovò il lavoro presso Lord James per tenermi fuori dai guai. Ero là anche la notte in cui appiccarono l'incendio».
«Si ricorda cosa avvenne?»
«E come scordarselo? La notte peggiore della mia vita, ho avuto gli incubi per anni: minacciavano di uccidere tutti, anche la servitù, così il Lord ci fece scendere in cantina per proteggerci. Allora diedero fuoco alla casa, per stanarci come topi».
La ragazza ebbe un brivido, e non lei sola. Per un attimo, nel pub sembrarono risuonare le urla spaventate della famiglia Bernard e dei loro domestici... Ma era solo la gente per strada che continuava a festeggiare la vittoria sportiva dell'Irlanda.
«E quando usciste?»
«C'era uno squadrone dell'IRA armato e guidato da Sean Hales, con ancora le torce in mano. Ridevano e si complimentavano con il loro capo per l'idea dell'incendio, credendo che in quel modo avrebbero cancellato un segno dell'occupazione inglese, che sciocchi. Presero il padrone in ostaggio, ma prima di andarsene decisero di rimanere a osservare la casa bruciare, per assicurarsi che nessuno provasse a spegnere le fiamme».
«Dev'essere stato spaventoso, non oso neanche immaginarlo».
«Ero terrorizzato: Lord James chiese a Hales che nessuno di noi fosse perseguitato, ma non si poteva mai sapere se quegli altri avrebbero rispettato la promessa... Erano tempi di rabbia e odio: i Black and Tans di Churchill compivano ogni giorno atti sempre più infami contro i civili, mentre per l'IRA chiunque non imbracciasse un fucile per unirsi alla squadriglia della zona era da considerare un nemico, o una spia. Fu allora che la signora si alzò a cantare», commentò l'anziano passandosi una mano sugli occhi. «Eravamo tutti impietriti: Lady Georgiana si mise a cantare l'inno britannico e a inneggiare a Giorgio V, nella sua camicia da notte tutta pizzi e merletti... Temevamo che Hales l'avrebbe uccisa personalmente, eppure nemmeno lui osò muoversi».
Il pub cominciò a rumoreggiare: tutti avevano sentito almeno mille volte quella storia, i dettagli, la reazione della coppia di nobili, per non parlare del rapimento. Nessuno voleva parlare di cose tristi quel giorno, ma festeggiare e brindare. Tanto più che il giorno dopo sarebbe stata domenica, nessuno di loro doveva preoccuparsi di alzarsi presto... A parte forse il prete per la messa mattutina, ma il reverendo stava festeggiando un paio di locali più in giù lungo quella stessa strada. Lui andava sempre all'Old Presbiterian, poiché trovava divertente servirsi dalla concorrenza, diceva.
Hatty però non badava a nulla di ciò che la circondava, i suoi occhi erano fissi sull'anziano, avida com'era di sentire il resto della storia. «Lei non mi ha dato torto finora... Pensa come me che ci sia una Banshee nelle rovine del castello?»
«Perché no? Le Banshee dovrebbero essere gli spiriti protettori delle famiglie irlandesi, stando alle leggende, no? Potrebbe essere riapparsa perché ormai la discendenza è spezzata: Jennifer è l'ultima dei Bernard di Bandon, vive con la madre e la sorella in una casa al limite della proprietà, che una volta era destinata alla servitù. È quanto la famiglia ha salvato dall'incendio. A proposito, lei ha il permesso della signora Lois per visitare le rovine del castello, non è vero?» terminò sospettoso l'anziano.
La strega sorrise: «Ci siamo sentite per telefono qualche giorno fa, pensavo di farle visita domattina».
In realtà non aveva la minima intenzione di chiedere il permesso a nessuno: Hatty voleva ispezionare le rovine, confrontarsi con la Banshee e andarsene, sempre se non ci fosse rimasta secca... Al massimo avrebbe usato un bel Confundus per risolvere un eventuale incontro inaspettato, anche se dubitava che le ultime Bernard si avvicinassero più di tanto alle rovine del loro passato.
«Bene, perché quel posto ha già visto abbastanza drammi».
«Farò presente a Lady Lois che il suo ex custode si preoccupa ancora tanto per la sua famiglia... Non mi ha detto il suo nome, però».
«Henry Belcher, ma non c'è bisogno che si scomodi. Posso offrirle una birra, piuttosto?»
«Solo se non si sconvolgerà alla mia richiesta», rispose Hatty prima di girarsi verso Pat. «Ha una cannuccia, per caso?»
«Una cannuccia per la birra? Buon Dio...» sospirò il barista.
«Avanti, figliola: qualunque cosa nascondi sotto quella sciarpa, non può essere così brutta», replicò Henry assumendo un tono più confidenziale.
La strega si gelò sul posto. No, Henry, è anche peggio.
«No, non mi sento a mio agio, davvero», mormorò, alzando le spalle per rendere impossibile acchiappare i bordi della sciarpa per tirarla via. Non si sarebbe mostrata, non in un pub Babbano pieno di ubriachi pronti a deriderla.
Il vecchio Belcher la fissò per un attimo, poi decise di lasciar correre: «Sei giovane, non dovresti permettere alla gente di condizionarti così. Sei intelligente, da quel poco che ho sentito, e piena d'intraprendenza: non sei certo la prima giornalista di quelle rivistacce che s'interessa agli spiriti di questa regione, ma in genere telefonano in comune chiedendo un paio di notizie su cui ricamare sopra... Invece tu sei venuta fin qui, in questo paese che non è proprio il centro del mondo», concluse con ammirazione. «Ma non voglio forzarti; se Pat sarà gentile, accluderà la birra offerta da me alla tua cena, e spero che vorrai accettare».
«Lei è molto gentile, ma...»
Venticinque anni di prese in giro e pregiudizi non si cancellano con una parola gentile. «Non mi devi spiegare nulla, tranquilla. Ah, se parli con la signora Lois, attenta a non chiamarla Lady: in realtà, lei ha divorziato da Lord Percy, e può vivere nella tenuta solo perché la proprietà è passata alle figlie, anche se la seconda moglie è ancora in vita».
«Saggio consiglio, è meglio non irritare le nobildonne defraudate del loro titolo», fece eco sogghignando Pat, che stava finendo di lavare una grossa carica di bicchieri da pinta che sarebbero poi andati appesi alle sue spalle per scolare ogni goccia d'acqua, pronti per essere usati per una nuova spillatura.
«Non ci hai ancora detto come ti chiami, signorina giornalista di una rivista sci-fi».
«Ha ragione, che maleducata. Mi chiamo Hatty March».
«Beh, lascia che io e Pat brindiamo alla tua salute, Hatty March, e alla riuscita del tuo articolo. Mi auguro che parlerai bene di Bandon, abbiamo bisogno di attirare turisti».
«Farò del mio meglio», promise Hatty con sincerità e gli occhi che le brillavano.
Sempre se sopravvivrò per raccontare la mia impresa, pensò mentre i due Babbani facevano tintinnare i rispettivi bicchieri. Chissà se il vecchio Belcher era interessato anche al turismo magico...
Intorno a loro, l'atmosfera del pub era tornata a essere allegra e chiassosa: tre ragazzi avevano tirato fuori un violino, un thin whistle e un bodhrán, il tradizionale tamburo di pelle dell'Irlanda, per suonare una canzone indiavolata dietro l'altra, invitando gli altri avventori a ballare. Qualcuno riuscì ad arrampicarsi sui tavolacci di legno scuro e abbozzò qualche passo, ma la maggior parte della folla si limitava a battere le mani e a cantare i versi di quelle musiche popolari.
Era un'esplosione di gioia e divertimento, eppure la strega non riuscì a farsi coinvolgere: era riuscita a farsi confermare la storia della grande villa in rovina che sarebbe andata a esplorare il giorno seguente, eppure non aveva raccolto informazioni sulla Banshee che non avesse già. La leggenda che aveva citato Henry sugli spiriti che proteggevano le famiglie irlandesi e apparivano per piangere i defunti era molto nota, eppure non era l'interpretazione su cui Hatty puntava. Da quel che risultava, nessuna delle Bernard era moribonda – anche perché altrimenti il vecchio l'avrebbe avvisata a riguardo.
Era frustrata per l'impossibilità di confrontarsi con qualcuno consapevole del mondo magico, in quel momento. Sapeva che Bandon era un paese di Babbani, eppure dopo l'indicazione del Leprecauno aveva sperato che qualche mago si palesasse nel sentirla esporre la sua impresa, per aiutarla o consigliarla, fosse anche per suggerirle di tornarsene a casa e lasciar perdere quella folle idea. Forse quella confusione non era l'ideale, forse se si fosse ritirata in camera qualcuno l'avrebbe cercata...
Era meglio togliersi quelle idee dalla testa, però, altrimenti sarebbe rimasta ad attendere inutilmente o, peggio, si sarebbe lasciata distrarre nel momento meno opportuno: era sola, come era sempre stato, specialmente da quando aveva deciso di affrontare la Banshee, per cui non aveva senso cercare aiuti inaspettati.
«Pat, mi potresti dare la chiave della mia stanza? Vorrei rinfrescarmi un po'. Per la cena, mi va bene qualunque cosa ci sia in cucina, non sono di gusti difficili», disse mimando uno sbadiglio, prima di rivolgersi al vecchio Belcher. «La ringrazio di avermi raccontato la sua storia, Henry, sarà interessante da inserire nel mio articolo».
«Grazie a te per aver ascoltato. La storia del nostro Paese si compone anche di questi tristi episodi ed è bene non dimenticarli, anche se molti saranno molto più felici di ricordare il Cinque Nazioni di quest'anno».
«Oh beh, è solo sport, quello che lei ha da dire mi sembra decisamente più importante. Arrivederci!» e afferrando la chiave con la scheda di plastica che indicava il numero della camera, Hatty si fece spiegare dove fossero le scale per salire al piano delle stanze e scomparve prima che la conversazione continuasse ancora.
Camera numero tredici. Per fortuna non era superstiziosa...
Era piccola, ma pulita e accogliente. Il letto con lenzuola immacolate da solo bastava a commuoverla, dopo la lunga giornata di cammino.
Considerando che per la cena sarebbe stata necessaria una buona mezzora almeno, poiché data la confusione al piano di sotto il pub sembrava ben lontano anche solo dal pensare al pasto serale, Hatty decise di concedersi un piccolo lusso. Il bagno comune, le aveva spiegato Pat, era in fondo al corridoio, ma a lei non sarebbe servito: con la sua bacchetta, bastò un semplice Engorgio per trasformare il catino appoggiato sul comò in una vasca da bagno abbastanza capiente da contenerla. Vi versò l'acqua della brocca e con un Incantesimo di Rabbocco fece in modo che arrivasse quasi al bordo. Un altro movimento del polso, e la tinozza si riscaldò in un istante e si profumò di lavanda.
«Paradisiaco», sospirò soddisfatta.
Chiuse la porta a chiave, per essere certa di non essere colta sul fatto, quindi si svestì con calma, mettendo vicino alla porta gli stivali infangati e lasciando cadere sul pavimento i suoi indumenti. Per ultima, si tolse la sciarpa rossa, che appoggiò sulla sedia vicino alla sua vasca improvvisata.
Si sentì un poco in colpa per non aver bevuto con Henry: sembrava proprio identico ai suoi nonni, asciutto e rugoso come le querce irlandesi e, anche se temprato dall'esperienza, ancora pieno di vita.
Di certo era una brava persona, ma il resto degli ubriachi che li circondava di sotto? No, di certo non erano tutti come lui, si disse mentre entrava nell'acqua calda.
Lasciò da parte il pensiero dell'anziano e si crogiolò nella piacevole sensazione di quel calore sulle sue membra stanche, certa che al mondo non potesse esistere nulla di meglio. Un piacere così semplice, eppure così benefico...
Pensò al Leprecauno, a quello che le aveva detto nella foresta. Le persone come te sono pronte a tutto per sentirsi normali, non è vero? Suppongo di sì...
Non aveva capito niente, si disse mentre muoveva le dita dei piedi nella vasca: non voleva la normalità, né allo stesso tempo desiderava la semplice fama senza motivazione. Per quella, sarebbe bastato esporsi a volto scoperto. Diventare a tutti gli effetti la lepre marzolina che tutti vedevano in lei, accettare il pubblico scherno e lucrare cinicamente su questo.
Lei non era così. Se avesse sconfitto la Banshee, avrebbe dimostrato che, anche se il suo aspetto era diverso, era in grado di compiere grandi imprese. Anzi, che il labbro leporino non aveva alcun impatto sulla sua vita, se non rendere sostanzialmente un calvario mangiare qualunque tipo di zuppa. E se il giorno seguente il suo piano avesse funzionato, dopo la prima avrebbe potuto stanare tutte le Banshee d'Irlanda e farle sparire, una dopo l'altra: per atti del genere, il Ministero concedeva l'Ordine di Merlino...
Era un sogno ad occhi aperti, ma se ci fosse riuscita avrebbe cambiato la propria vita e, chissà, probabilmente quella di molte altre persone che vivevano da eremite per paura di essere messe alla gogna per una situazione analoga alla sua. Forse era un pensiero da reginetta di bellezza, pensò stringendosi al petto le ginocchia, ma poteva davvero diventare un esempio per altri maghi e streghe non proprio avvenenti che, nonostante i difetti fisici, possedevano poteri fuori dal comune.
Quanto meno doveva tentare.






Angoletto dell'Autrice: Buonsalve, spero che abbiate passato delle buone vacanze di Pasqua! ^^
Dunque, note più brevi dell'altra volte. Partiamo da Bandon, stando alle foto di San Patrizio non credo di aver esagerato sulla confusione in città. Ho scelto di ambientare la storia nel 1985 perché è stato l'anno dell'ultima vittoria dell'Irlanda nell'allora 5 Nazioni (l'Italia è entrata solo nel 2000) prima del Grande Slam del 2009. Quell'anno in estate io sono stata in Irlanda e la gente stava ancora festeggiando, a quasi sei mesi dal torneo... XD Tra l'altro, temo di aver portato sfiga, perché stavo scrivendo del pareggio Irlanda-Francia dell'85 mentre si giocava in diretta lo stesso match... E hanno pareggiato di nuovo. Ma non lo dite agli irlandesi, please. Ci tenevo a inserire il rugby perché è uno sport che io adoro, e ho scritto questa storia in pieno 6 Nazioni, spesso sclerando davanti alla tv per l'andamento delle partite, per cui...
La leggenda sulle Banshee citata da Henry è Babbana: esistono più versioni, perché in alcune regioni si crede che lo spirito sia protettore di una famiglia irlandese importante (le famiglie nobili discendenti dai grandi clan, e dagli Alti Re, soprattutto) che annuncia la morte di uno dei membri della famiglia, o disgrazie, mentre in altri posti in quanto protettore si manifesta ai nemici della famiglia per disperderli... Comunque, mi piaceva inserire la versione Babbana, così da avere i due punti di vista.
Gli eventi citati a Castle Bernard sono avvenuti per davvero, nel 1921. I Black&Tan sono stati un gruppo paramilitare, soprattutto veterani della prima guerra mondiale, utilizzati da Churchill per sedare la rivolta irlandese capeggiata dall'IRA originale. In Italia i veterani scontenti sono stati assorbiti dal movimento fascista, la Gran Bretagna ha pensato bene di mandarli a bruciare villaggi e torturare chiunque si pensasse fosse legato al movimento indipendentista. Se vi interessa il tema, consiglio il film di Ken Loach "Il vento che accarezza l'erba".
C'è un po' poca magia in questo capitolo, ma mi rifarò con l'ultima parte.

Rowi

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Capitolo 3
*** La lepre eroica... e smemorata ***


Castle Bernard: pur avendo vissuto sette anni in un maniero ben più maestoso – più vivo, soprattutto – Hatty non era preparata a quella vista. Della splendida villa settecentesca rimanevano ormai soltanto le mura, segno della devastazione causata dall'incendio. Chissà che meraviglie dovevano essere andate in fumo: quadri, tappeti pregiati, mobilia intarsiata d'oro... tutto distrutto. In alcuni punti, le pareti erano ancora annerite, a testimoniare cos'era accaduto sessant'anni prima.
Anche in quella rovina, la struttura del castello, a volerlo chiamare così, le parve incredibile: superata la facciata severa, composta da linee dritte – ad eccezione delle finestre bifore che sormontavano le varie porte – si trovò di fronte ad ambienti dalle forme tonde e circolari, più morbide di quanto dall'esterno si lasciasse intendere. Dove lo strato d'intonaco era caduto si potevano vedere le varie tecniche di muratura, le losanghe di riempimento, e perfino i mattoni e la calce. Lo scheletro di Castle Bernard si erigeva in quella mattina nebbiosa con la dignità di un mostro marino ferito, ma non per questo sconfitto.
Estasiata, Hatty si dimenticò per un attimo della sua missione e si permise di vagare tra i vari ambienti, facendo attenzione a non infilarsi nell'erba troppo alta. La tradizione Babbana raccontava che San Patrizio aveva scacciato tutti i serpenti dall'isola di smeraldo ai tempi della sua evangelizzazione, ma era meglio non rischiare troppo la sorte. Arrivare così vicina a una Banshee e poi essere sconfitta dal morso di una vipera sarebbe stato davvero ridicolo, a suo parere.
Nel salone più ampio della villa, la strega alzò il naso verso il soffitto scoperchiato, guardando con mestizia il cielo: aveva scelto di muoversi all'alba per evitare di essere vista – anche se dubitava che fossero in molti in giro a quell'ora, vista la bisboccia del giorno prima – ma anche nella speranza che il sole le venisse in aiuto per contenere il potere nefasto dello spirito che andava ad affrontare. Invano, il cielo irlandese si prendeva gioco di lei: al posto del bel tempo preventivato il giorno prima, una fitta coltre plumbea si assicurava che neanche un raggio di luce primaverile raggiungesse le rovine di Castle Bernard.
Non aveva alleati, si ripeté Hatty ancora una volta, solo se stessa. Almeno quel clima fosco l'aveva aiutata a raggiungere il rudere senza essere scorta: aveva seguito la strada che portava il nome della tenuta finché non aveva superato le case abitate, quindi aveva tagliato per i campi. Già, almeno era servito a qualcosa, anche se avrebbe preferito lo stesso una bella giornata di sole.
Meglio continuare il giro.
Era pazzesco, la natura era ricresciuta in maniera quasi implacabile, agli occhi della strega, e si stava rapidamente riappropriando di quella porzione di terreno che doveva essere stato disboscato per far spazio alla grande dimora della famiglia Bernard. Alberi sottili erano riusciti ad attecchire su ciò che restava del primo piano, e le loro radici scendevano seguendo le pareti fino a terra, a cercare il prezioso nutrimento. Hatty era incredula e ammirata per la tenacia di quelle giovani querce che avevano trovato suolo fertile nella devastazione dell'incendio e che in quel momento prosperavano quali signore incontrastate del luogo... Beh, tolta la Banshee.
Gli esseri umani, ad ogni modo, non erano riusciti a tornare a Castle Bernard; probabilmente non ci avevano neanche provato. Richiamò la storia che ormai sapeva a memoria, per tenere la mente occupata mentre camminava: il Lord era stato tenuto prigioniero per circa sei settimane e, anche se non era stato particolarmente maltrattato, non si era mai ripreso dal sequestro, morendo un paio d'anni dopo. Il titolo e il possedimento erano passati a un cugino, Lord Percy, ma questo ai tempi era un giovanotto e stava entrando nell'accademia della RAF, non si era di certo preoccupato di rimettere in lustro la magione di famiglia, tanto più che un eventuale cantiere sarebbe stato un obiettivo fin troppo ghiotto per l'IRA. E in seguito, ormai la rovina era progredita troppo in profondità per poterci mettere mano.
Peccato. Chissà cosa doveva aver pensato Lady Georgiana, quella donna così forte da mettersi a cantare l'inno tanto odiato dai guerriglieri in spregio alla morte, nel vedere la sua bella casa ridotta così. Hatty non si riteneva un tipo troppo suggestionabile, eppure sentiva che gli spiriti di tutte quelle persone coinvolte nell'incendio erano ancora lì, in qualche modo. Aveva ragione, quello era il posto perfetto per la genesi di una Banshee... Sì, ma dove si stava nascondendo?
Temendo un attacco a sorpresa, la ragazza si fermò per recuperare il suo paraorecchie rosso sgargiante dalla borsa e se lo calcò con attenzione sul capo. Ora era totalmente isolata da qualunque tipo di suono.
Non fece in tempo a complimentarsi con se stessa, che un movimento improvviso la spaventò al punto da farle estrarre la bacchetta e assumere la posizione di difesa. Solo in un secondo momento, quando si concesse di ragionare, riconobbe la sagoma di Augurey che si nascondeva tra le fronde di un albero sopra di lei. L'uccello aveva un aspetto malsano anche per ricordare un avvoltoio, e il suo piumaggio scuro mandava riflessi verdastri innaturali, visto che in cielo non si vedeva neanche una bava di sole. Per un istante, Hatty sentì un brivido lungo la schiena, temendo che fosse un presagio di morte, ma poi si ricordò che quella era solo una credenza popolare.
«Stai calma», si disse ad alta voce senza sentirsi, «vuol dire soltanto che sta per piovere. O che ha trovato qualche nido di Pixie con cui fare colazione. Stai calma».
Eppure l'Augurey continuava a fissarla con quegli angosciosi occhi vitrei senza pupilla... Che il professor Pokeby fosse stato solo fortunato?
Prima che la strega potesse crogiolarsi ancora in quelle domande sciocche, però, una folata di vento particolarmente intensa le strappò la sciarpa dal volto, obbligandola a rincorrerla prima che volasse oltre le mura del castello. La natura decisamente non sembrava con lei quel giorno.
«Ora basta», esclamò scocciata, legandosi la sciarpa in vita. Non poteva permettere a una simile sciocchezza di crearle simili problemi, né farsi problemi sul suo aspetto in quel frangente: tutte le descrizioni di Banshee che aveva visionato riportavano che gli spiriti erano scheletrici, verdognoli e con le orbite cave, per cui quella di Bandon non si sarebbe di certo scandalizzata nel vederla a volto scoperto.
Ancora irritata per il contrattempo e carica di un'energia rabbiosa, Hatty ripercorse tutto il perimetro del castello sia dall'interno che all'esterno, senza trovare nulla. Eppure, pensava di aver capito ormai dove doveva essersi annidata la Banshee. Aveva visto un cancello, ormai un vero e proprio ammasso di ruggine, in una delle sale interne, ed era certa di dove portasse: la cantina in cui i Bernard e i loro domestici si erano rifugiati per salvarsi dai guerriglieri dell'IRA.
Non aveva idea di come fossero gli ambienti sotterranei, non aveva trovato alcuna planimetria a riguardo... Poteva anche sbagliarsi, in fondo i due ragazzi morti erano stati ritrovati nel salone attiguo all'ingresso, eppure qualcosa la chiamava da là sotto, una sensazione sempre più sgradevole di secondo in secondo.
Non era il freddo senza speranza che generavano i Dissennatori, né la fitta di paura che scatenava un Molliccio quando assumeva la forma più temuta da un mago... Era qualcosa di diverso.
«Alohomora», mormorò la donna davanti al cancello arrugginito, pronta a scendere nella cantina.
La scala si era conservata meglio di altre parti, ma Hatty immaginò che fosse l'influenza della Banshee: tolta la facciata, che probabilmente veniva curata per motivi turistici, quei gradini erano la sola parte della magione a non essere stata intaccata dalle erbacce. E man mano che scendeva, quella sensazione di rinascita che le avevano fatto provare le piante svaniva: là sotto la pietra era fredda e liscia, umida in qualche punto per le infiltrazioni d'acqua. Solo in quei punti un soffice muschio aveva osato sfidare lo spirito, ma si limitava ad aree molto piccole.
La strega cercò di sfruttare fino all'ultimo la luce naturale che proveniva dall'alto, temendo che illuminando il sotterraneo con la magia la Banshee si sarebbe lanciata all'attacco. Arrivata agli ultimi gradini, però, l'oscurità si era fatta così fitta che temette di cadere e farsi male: e se si fosse rotta una gamba, chi l'avrebbe trovata in quello scantinato? Proprio nessuno.
Si avvicinò la bacchetta alle labbra e sussurrò: «Lumos».
Quello che le apparve era un ambiente sobrio, una lunga stanza con volta a botte.
«Qui dovevano esserci gli scaffali dei vini, chissà che annate pregiate conservava il Lord... Tutto andato perduto», disse con rammarico avanzando lentamente.
Si guardava intorno con ansia, chiedendosi cosa aspettarsi, eppure non sembrava esserci cenno di magia. Era arrivata in fondo alla cantina ed era ancora a mani vuote. A questo punto anche solo un topo le sarebbe andato bene...
E poi eccola, come se il suo scetticismo l'avesse evocata dal nulla: una donna scheletrica dal volto verdognolo, con la pelle tirata sulle ossa, senza occhi e con mani adunche. Era ammantata in mille veli neri, e una lunga chioma scarmigliata dello stesso colore le scendeva lungo la schiena.
Hatty premette immediatamente le mani sulle cuffie del paraorecchie, intuendo che la prima reazione dello spirito sarebbe stata gridare per ucciderla all'istante.
Vide la Banshee aprire la bocca e, senza prendere fiato, cominciare a urlare, ma il suo espediente si rivelò efficace più che mai. Non udì neanche un frammento di quell'urlo, neanche il rimbombo dato dalla volta della cantina.
Furibondo, lo spirito cercò di avventarsi sulla strega per strapparle via la protezione, ma Hatty se la cavò con un Incantesimo Scudo che probabilmente in realtà non avrebbe avuto alcun effetto, ma che bastò a far arretrare la Banshee, che prese tempo e cominciò a girarle intorno.
«Guardami», gridò a quel punto la giovane donna, illuminandosi il volto con la propria bacchetta. «Guardami!»
E in quell'urlo c'era lo stesso dolore della Banshee, la stessa sofferenza che l'aveva generata. Anni di prese in giro, di mortificazioni, amori appassiti senza neanche aver tentato di dichiararsi, certa di ottenere solo rifiuti, colloqui di lavoro umilianti...
Guarda la lepre marzolina, che saltella nei prati chiedendo solo un po' d'affetto e viene respinta come una bestia rognosa.
C'era tutto questo nello sguardo della strega e lo spirito lo colse, così provò di nuovo ad avvicinarsi a Hatty, ma questa volta con intenti diversi: le si parò davanti a braccia aperte, e la donna comprese che se non avesse approfittato di quel momento sarebbe stata inglobata in quell'entità di dolore. Non poteva permetterlo, lei che aveva vissuto sì tutta quella pena, ma che sapeva che la sua esistenza non si limitava a questo.
Non era una Banshee, né si era mai lasciata inghiottire dalla sofferenza che le era stata inflitta.
Con naturalezza, sollevò di nuovo la bacchetta verso la Banshee e pronunciò l'incantesimo su cui aveva ragionato per settimane. Non era una creatrice di formule, eppure fin dal primo momento in cui l'aveva pensata...
«Soloisco» pronunciò con tono sereno, concentrandosi su quei momenti che avevano reso più leggera la sua difficile vita. L'amore della sua famiglia, le soddisfazioni accademiche, la sensazione di essere trattata alla pari dai pochi amici sinceri che si era fatta a Hogwarts, perfino il volto rugoso di Henry Belcher, che con calore e insistenza le offriva una birra al Leprecauno ubriaco... Tutto il conforto che aveva ricevuto nei suoi venticinque anni di esistenza.
E a ogni immagine che si formava nella sua mente, il raggio ambrato che fuoriusciva dalla punta della sua bacchetta s'intensificava sempre di più, più luminoso e potente di ogni altro incantesimo avesse mai lanciato, mentre la Banshee sembrava spogliarsi di un velo, diventare più leggera, più rosea.
Si era aspettata che lo spirito facesse resistenza, eppure sembrava abbracciare quell'incantesimo consolatorio a braccia aperte, come se non aspettasse altro... E allora Hatty comprese che il grido della Banshee, letale per l'uomo, era solo una disperata richiesta di aiuto e di pace, così straziante da non poter essere ascoltata.
Si sentì gli occhi pieni di lacrime e li chiuse un attimo per pulirli con la mano, e quando tornò a guardare lo spirito, non era rimasta che una bolla di energia luminosa. Commossa, Hatty allungò una mano e fu investita da ricordi che non le appartenevano: Lord James che consolava il nipotino dopo una brutta caduta in giardino e gli sussurrava che un giorno avrebbe pilotato un aereo tutto suo, una cameriera che si sfilava una giacca dozzinale e la metteva sulle spalle della sua padrona in camicia da notte, davanti al castello in fiamme, l'abbraccio muto dei coniugi Bernard al ritorno di lui... Tutti frammenti che la sofferenza della famiglia aveva offuscato nel corso degli anni.
Hatty si asciugò di nuovo gli occhi e respirò a fondo l'aria umida del sotterraneo: la sensazione opprimente di poco prima era passata del tutto, per lasciarle un gran senso di pace. Si guardò l'orologio che aveva al polso e rimase stupefatta nel vedere che era nella cantina da almeno un paio d'ore, mentre a lei erano parsi solo pochi minuti.
La purificazione della Banshee aveva richiesto molto più tempo di quello che lei aveva percepito...
Doveva svignarsela alla svelta da Castle Bernard prima di essere denunciata per violazione di domicilio!
Risalì la scala per scoprire che, mentre lei era là sotto, fuori era iniziato un temporale coi fiocchi: pioveva a dirotto, e in lontananza si sentivano rimbombare i tuoni.
L'Augurey che le aveva messo paura al suo arrivo al rudere volava tra le fronde degli alberi con una inquietante contentezza, ma Hatty non vi badò: lasciò che la pioggia la inzuppasse, realizzando lentamente quanto aveva fatto.
Era viva, innanzitutto, e già quello non era un risultato da ignorare. Ed era riuscita a far svanire la Banshee, esattamente come aveva immaginato!
In preda a una risata convulsa, ma inequivocabilmente di gioia, la strega si sfilò il paraorecchie dal capo e si tirò indietro i capelli ormai fradici, sollevando il viso per assaporare ogni goccia di quella pioggia.
Ce l'aveva fatta!
Ancora ridendo, si lanciò nei campi che aveva già percorso all'andata saltellando e senza badare al terreno molle. Anche fosse caduta nel fango, in quel momento non le sarebbe davvero importato.
Avrebbe cambiato la sua vita, avrebbe cambiato tutto.
Arrivò correndo in paese, con l'intenzione di saldare subito il conto al pub e trovare un posto tranquillo per scrivere la sua esperienza, anche se forse era ancora troppo euforica per trascrivere una storia sensata...
«Ehi, dove corri? Sembri proprio una lepre di marzo» le gridò dietro un uomo anziano avvolto in una cerata di plastica verde militare.
Solo allora Hatty si rese conto di essere ancora a viso scoperto e cercò di sciogliere il nodo che le teneva la sciarpa in vita, ma la maglia bagnata era impossibile da manovrare.
«Non ti angustiare a coprirti, Hatty, credi che in ottant'anni non abbia mai visto di peggio?»
Henry. Era così ansiosa di nascondersi il viso che non l'aveva neanche riconosciuto.
«Mi dispiace, io...»
«Ti ho detto che non fa nulla. E poi di che ti scusi? Non credo che sia un risultato voluto».
«La gente spesso non capisce e si offende», biascicò Hatty scostandosi una ciocca di capelli abbastanza voluminosa dagli occhi.
Il Babbano alzò le spalle: «Oh beh, la gente è stupida e non vuole vedere ciò che non sa spiegarsi, ma tu non dargli soddisfazioni».
«Oh no, dopo oggi non credo lo farò mai più» rispose lei annuendo vigorosamente.
«Hai trovato quello che cercavi, allora».
La ragazza si guardò per un attimo i piedi: «Sembra banale se dico che ho trovato molto di più?»
«In genere sì, ma dall'euforia sulla tua faccia direi che oggi si può fare un'eccezione», disse bonariamente Henry. «Allora scriverai un bell'articolo... Mi raccomando, parla bene di Bandon: è una bella cittadina, anche se come hai visto è abitata da gente un po' strana».
«Non si preoccupi, lo farò!», gli gridò dietro Hatty, ricominciando subito a correre con la sciarpa rossa che, benché fosse zuppa di pioggia, ondeggiava dietro di lei.

***

«E dunque questa è la mia storia, signor...»
«Lockhart», scandì il mago che le sedeva di fronte sfoggiando un gran sorriso che la mise ancora più a disagio.
Hatty si strinse nella sua sciarpa, che per una volta aveva arrotolato intorno al collo per spiegare ogni dettaglio del suo racconto. Non le piaceva quel giovane editor, né che le avesse dato appuntamento fuori dagli uffici della Obscurus Books, la stessa casa editrice che aveva pubblicato la prima edizione di Fantastic Beasts, il libro che aveva consacrato Newt Scamander. Tutto il colloquio aveva qualcosa di losco, a suo parere: perché vedersi in quello squallido pub magico di provincia, perché così tante domande su ogni dettaglio della sua impresa... Non aveva forse letto il manoscritto? Lì c'era tutto, ogni tratto della storia che meritava di essere raccontato.
Era delusa, e non si curava neanche troppo di nasconderlo: visti i toni entusiastici della lettera di risposta che aveva ricevuto dall'editore, si era aspettata tutt'altro tipo di incontro. Aveva impiegato sei mesi per rendere giustizia alla storia della famiglia Bernard, alla testimonianza di Henry e di altri anziani che aveva scovato nelle vicinanze di Bandon che avevano conosciuto il periodo della guerra d'indipendenza, per non parlare di quanto fosse stato difficile rendere a parole l'esperienza che aveva avuto nel sotterraneo del castello. E ora quel mago da strapazzo, con un caschetto biondo a dir poco inquietante e troppi denti bianchi, dritti e splendenti per essere davvero un inglese le poneva questioni banali e senza senso. Erano lì da più di due ore e si era neanche accennato ai dettagli della pubblicazione...
«E mi conferma che la copia che ha mandato alla Obscurus Books e quella che stringe al momento tra le mani sono le uniche due esistenti, è esatto?», domandò il mago senza perdere quel sorriso entusiasta neanche per un istante. Come potesse parlare ed esibire tanti denti allo stesso tempo, per Hatty era un mistero.
«Sì, è proprio così, ma non capisco perché le serva saperlo».
«Vede, la sua storia ci interessa molto, anzi, mi interessa molto», spiegò Lockhart senza fare una piega. «C'è il potenziale per un grande libro, ma ci sono un sacco di elementi da rivedere... A cominciare dalla protagonista».
«Che vuol dire? Io ho scacciato la Banshee, non vedo perché...»
Ma il mago aveva già estratto la bacchetta dal suo gilet color lavanda per eseguire l'unico incantesimo che davvero gli fosse mai riuscito al primo colpo: «Oblivion!»
Hatty rimase come imbambolata e il suo volto fu avvolto dalla nebbia lattiginosa che venne prodotta dall'incantesimo: lentamente, quella nube andò a cancellare ogni ricordo dell'ultimo anno. Uno dopo l'altro svanivano come neve al sole, lasciando nella testa della strega un immenso vuoto.
«Vuol dire, cara signorina March, che la sua storia venderà molte più copie con la mia faccia in copertina. Senza offesa, ma con quella storpiatura nessuno starebbe ad ascoltarla nemmeno se venisse pagato», commentò l'uomo con cinismo mentre l'Obliviazione svolgeva il suo inesorabile compito.
Tenendo sempre ben sollevata la bacchetta in direzione della strega, Gilderoy Lockhart prese a guardarsi le unghie della mano libera e si strappò via con i denti una fastidiosa pellicina che andava a rovinare la sua perfetta manicure. Bastarono pochi minuti per assicurarsi di aver fatto un buon lavoro, e prima che la donna fosse tornata pienamente padrona di sé afferrò la seconda copia del manoscritto e andò a pagare il conto al barista, aggiungendo un piccolo extra.
«La signorina non si sente bene, sembra essere vittima di qualche fattura...» disse sempre con il suo sorriso ammiccante. «Potrebbe chiamare il San Mungo? Io sfortunatamente ho un impegno di lavoro a cui non posso proprio mancare».
«Certamente, signore, me ne occuperò io», annuì il corpulento mago dal viso deturpato da una grossa famiglia di verruche.
Un altro Galeone sul bancone unticcio: «E, ovviamente, io non sono mai stato qui».
«Ma naturalmente», sogghignò il manigoldo arraffando la moneta d'oro.
Lockhart uscì dal locale fetido e si Smaterializzò per riapparire a una decina di chilometri di distanza, quindi chiamò il Nottetempo e comprò un biglietto per Londra.
Aveva grossi piani in mente... Gilderoy Lockhart non aveva capacità adatte per alcun tipo di lavoro, né era interessato a una vita di fatica. Erano secoli che stava negli uffici della Obscurus Books in attesa. La storia mandata da Hatty March era esattamente del genere che aspettava da anni: un'impresa eroica facilmente modificabile e di cui si poteva prendere i meriti senza troppa difficoltà. Aveva appena cancellato la memoria dell'unica persona che conosceva i fatti, perché la povera strega aveva deciso di mantenere il segreto con tutti per sorprenderli poi con il libro pubblicato... Meglio, così non sarebbe stato necessario affatturare anche amici e parenti. Meno lavoro sporco, che era così dannoso per la sua povera pelle!
Beh, il manoscritto che Lockhart avrebbe presentato a proprio nome sarebbe stato ben diverso: intanto, si disse sfogliando le pagine stilate da Hatty, tutta quella brodaglia noiosa sulla storia Babbana andava fatta sparire. A chi importava se i Babbani si uccidevano tra loro con quelle strane armi di metallo, o appiccavano fuoco alle case dei vicini? A nessuno, si disse Gilderoy scuotendo il capo con condiscendenza, proprio a nessuno.
In secondo luogo, doveva sfruttare l'occasione per vendere se stesso: sapeva di essere un bell'uomo, era il solo dono che aveva ricevuto dalla natura oltre al talento per gli Incantesimi di Memoria, per cui sarebbe stato sciocco non sfruttare quella dote. Ma come poteva fare...
Rilesse la descrizione della Banshee, un essere orripilante che probabilmente coincideva con il Molliccio di metà dei maghi e streghe irlandesi.
«Sant'Agrippa, ma quella come pensava di vendere un best seller con questa roba?» esclamò ad alta voce, quasi scocciato. «Manca qualunque tipo di fascino!»
Ed ecco l'idea geniale: tirò fuori piuma e inchiostro dalla tasca del suo pastrano di un tono più scuro della stessa tinta lavanda del gilet, e scarabocchiò sulla prima pagina del manoscritto di Hatty il titolo per il suo lavoro. Break with a Banshee.
Ma certo, si sarebbe inventato una qualche storia d'amore impossibile tra se stesso e lo spirito inquieto di Bandon, e avrebbe tracciato un'epica battaglia al momento di separarsi dall'amata ormai decisa a distruggerlo. Nella sua mente tutto appariva chiarissimo: la Banshee sarebbe stata bellissima, affascinante, ammaliatrice. Avrebbe costituito il potere seduttivo del male... A cui lui sul più bello si sarebbe sottratto per amore del bene e della verità!
Uno scossone del Nottetempo lo allontanò dal tavolino e dai fogli su cui aveva iniziato ad annotare tutti questi dettagli e si precipitò a recuperarli, per paura che qualcuno vedesse cosa stava facendo. Oh cielo, oh cielo! Si deterse la fronte con un fazzolettino di seta, sconvolto dal suo stesso genio: l suo libro avrebbe venduto più copie di Fantastic Beasts, alla faccia di quello spocchioso di Scamander.
E sarebbe stato solo il primo, si disse tastandosi l'altra tasca del pastrano: là c'erano almeno altri sei racconti potenzialmente utili ai suoi scopi, tutti di maghi con storie lacrimevoli che sarebbe stato altrettanto facile raggirare. Sarebbe stata una collezione incredibile, sì!
Gilderoy non si considerava un uomo cattivo, solo voleva un modo facile e poco faticoso per ottenere fama e fortuna, e gli sfortunati ma avventurosi come Hatty March potevano fornirglielo senza che lui dovesse neanche scompigliarsi i capelli. Gli dispiaceva per la strega che aveva appena Obliviato, un pochino, forse, ma nel suo cinismo sapeva di avere ragione.
Con quella faccia in copertina, con quell'orribile labbro leporino soprattutto, la donna non avrebbe venduto neanche una copia. Perché sprecare una storia potenzialmente buona, dunque?
E con questi pensieri in testa, Lockhart tornò al suo appartamentino di Londra, pianificando le prossime mosse: incontrare tutti quei maghi, Obliviarli e cancellare ogni prova delle loro imprese fosse giunta in casa editrice. Licenziarsi e prendersi un anno sabbatico o due per scrivere tutti i suoi libri, in modo che fosse credibile. Trovare un editore e diventare famoso.
Sembrava un piano eccezionale, continuò a ripetersi, e il più grande rischio che correva era macchiarsi d'inchiostro!
Nel frattempo, ancora seduta al pub dov'era stata abbandonata, Hatty stava cercando di capire che avesse mai combinato della sua vita nell'ultimo anno, inutilmente. Vuoto assoluto.
Allo stesso modo, non sapeva spiegarsi come avesse potuto scoprirsi il viso in un luogo pubblico – e a dire il vero, non aveva neanche idea del perché si trovasse in un simile postaccio, ma in quel momento non aveva importanza.
I suoi ricordi, dov'erano finiti? Perché lei sapeva che era passato un anno almeno da quella giornata in giro per Galway con sua madre, quel penoso pomeriggio in cui era stata rimbrottata perché stava lasciando correre la sua giovinezza senza combinare nulla, eppure dopo non riusciva a vedere assolutamente nulla. Aveva la sensazione di aver fatto qualcosa, ma non riusciva proprio a ricordare.
Prima che il sedicente barista si ricordasse di chiamare il San Mungo per chiedere un pronto intervento, la strega si alzò e lasciò il locale senza dire una parola.
Con la sciarpa rossa di nuovo ben sollevata fino al naso, Hatty si mise a camminare cercando di catturare un frammento d'immagine che le balenava in mente.
Un uccello verdastro tra le fronde degli alberi, e una sala piena di gente rumorosa e ubriaca...
Una lepre marzolina sotto la pioggia.
Cominci davvero a farti suggestionare dalla gente, Hatty March. Infastidita, scacciò quell'immagine confusa e si Smaterializzò verso casa. Non doveva poi essere stata una cosa importante, se nemmeno se la ricordava.






Angoletto dell'Autrice: Non sapevo se aspettare ancora per postare l'ultimo capitolo, poi ho pensato che era bello avere qualcosa da aggiornare il giorno del mio compleanno. Ebbene sì, oggi divento più vecchia... Ma per niente più saggia! XD

Dunque, un po' di note: Castle Bernand è questa meraviglia, ho visto le foto per caso sul sito del turismo di Bandon e mi sono detta LO VOGLIO. Va ad aggiungersi all'enorme elenco di case e castelli irlandesi che comprerò quando sarò una scrittrice famosa e ricca (scherzo, ma magari! XD). Potete leggere la sua storia nelle pagine del sito, io vi consiglio di ruotare un po' le panoramiche (tipo Google Maps Street Vision per capirci) perché nonostante sia in rovina mi sembra un posto davvero eccezionale. Ho già detto che lo voglio? XD
La Banshee: non ci sono grandi informazioni su questi spiriti in Animali fantastici (male, signor Scamandro, MALISSIMO), come vi ho raccontato mi sono inventata la loro genesi e il modo per sconfiggerle. L'incantesimo "Soloisco" è una storpiatura di Solor un verbo deponente che, se i miei scarsi studi del latino mi assistono, vuol dire "consolare".
E arriviamo alla seconda parte: mi auguro che non mi linciate per quanto succede a Hatty, in fondo ero legata dal canon, non vogliatemi male! Vi regalerò una scorta di fazzoletti, se servono!
Scherzi a parte, per Allock... Ho cercato di sospendere il giudizio su di lui nella storia, anche se sia chiaro che a me fa schifo e che sono convinta si sia STRAMERITATO il suo karma di smemorato. Può dare forse fastidio che lui giudichi con tanta leggerezza Hatty e il suo difetto fisico, ma è quello che emerge dai libri, per cui non prendetevela con me. Ho voluto che la Banshee di Bandon fosse il suo primo "furto d'identità (o d'impresa)" perché è l'episodio che nel secondo libro cita più spesso, quindi ho immaginato che avesse per lui una valenza particolare. Il lavoro alla Obscurus è una mia idea (mi affascinano un casino le case editrici magiche, sarà deformazione professionale?): mi sa che con la sua valutazione sul manoscritto di Hatty, volutamente superficiale e ignorante, ho voluto fare un po' di critica sul mio lavoro, che spesso cerca i romanzi/libri più vendibili senza tenere conto della qualità, o facendola passare in secondo piano (vedete certi sfumati successi della scorsa estate). È un po' un'autocritica, anche... Non lo so. Giudicate voi! ^^
Grazie per avermi seguito in questa storia particolare, spero vi sia piaciuta. :) Ora aspettiamo i risultati del contest, devo dire che sono un po' in ansia... Speriamo bene!
Alla prossima,

Rowi

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