Never Enough

di zacra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Destiny has two ways of crushing us
 by refusing our wishes and by fulfilling them.
 
Shannon e Jared erano all’aeroporto di New York, con la madre e il suo nuovo compagno Luca, in attesa dell’aereo che li avrebbe portati in Italia per passare il Natale insieme ai figli di lui.
-          Stanno chiamando il nostro volo- disse Costance alzandosi. Era davvero felice che Luca le avesse finalmente domandato di conoscere i gemelli, Logan  e Ariel, erano molto più giovani dei suoi figli, ma era comprensibile che lo fossero dato che Luca aveva circa 8 anni meno di lei.
Non passava giorno che lui non le parlasse di loro, sapeva tutto di quei ragazzi, la loro passione per la musica , il fatto che Logan sarebbe partito a Gennaio per un periodo di lavoro in Australia e che Ariel si fosse da poco laureata in arte. Luca le aveva anche parlato della madre dei gemelli, era morta di parto, lui essendo medico era con lei in quel triste momento e da allora aveva dedicato la sua vita ai suoi figli, era spesso in America per conferenze da quando loro erano diventati indipendenti ed era così che si erano conosciuti, durante uno dei suoi viaggi Luca era rimasto bloccato all’aeroporto di Los Angeles e lei era li in attesa di una vecchia amica, le erano bastate due parole, scambiate con lui sulle scomode poltroncine di plastica che subito le era tornato il sorriso.
Jared giocherellava con un laccio della sua felpa, non era esattamente entusiasta di passare le prossime giornate in Italia, ma Luca non gli dispiaceva, rendeva sua madre felice e questo per lui era sufficiente, Shannon al contrario era piuttosto contento di tornare in Italia, diceva sempre che le donne italiane per lui avevano una marcia in più, e Jared ogni volta gli ricordava che le donne italiane non erano tutte come quella Echelon ,che si era scopato in aeroporto a Milano, un anno prima.
Ariel e Logan erano sdraiati sul divano di casa,ancora decisamente devastati dalla serata precedente, avevano suonato in un locale fuori città e dopo non si erano risparmiati in bere e fumo.
-          Gan alzati, papà torna tra 4 ore e questa casa è un porcile- disse Ariel spostando il fratello e alzandosi.
-          Cazzo, torna oggi?- disse Gan.
-          Si, dobbiamo andare a prendere lui, Costance e i suoi figli…ah a proposito ho scoperto dove li avevo già visti.- disse Ariel prendendo il pc e cercando il video di Closer to the edge.
-          Noooo- disse Logan.
-          Eh si, proprio loro, Shannon sembra ok, ma Jared….oddio è il poser per eccellenza- sentenziò Ariel facendo sorridere il fratello.
Logan si mise a pulire la casa con lei, sua sorella era sempre stata una fuori dagli schemi, era stata sua l’idea di formare una band con il loro amico e bassista Max,  Ariel era la cantante e chitarrista mentre lui suonava la sua amata batteria, ad una prima occhiata potevano sembrare una band di ventenni come un’altra ma Ariel era la loro carta vincente, con lei non si faceva musica riempi orecchie, con lei si faceva rock, erano cresciuti ascoltando quello e volevano fare quello, per lui e Max , Ariel era un incrocio tra Joe Strummer e Vince Neil,  caricava i testi di tematiche sociali e aveva la presenza scenica del vero rocker d’altri tempi, ma c’era anche il rovescio della medaglia, sia lui che Ariel e Max erano spesso dediti agli eccessi, alcol, erba e donne, si anche Ariel amava le donne, quando  le lo chiedevano lei diceva “ non sono lesbica, vado con le donne, perché sono più belle da guardare “.
-          A che pensi?- chiese Ariel guardandolo.
-          A te sorellina-
-          Sai che si chiama incesto vero?- rispose sarcastica.
-          Già, che peccato- disse Gan.
-          Senti piuttosto, ho preparato la stanza per gli ospiti  e la mansarda per i figli di Costance, che bagno aveva detto di lasciare a loro papà?- chiese Ariel.
-          Il tuo, perché è più grande-
-          Fantastico… vado a pulirlo e sposto la mia roba nel tuo- disse Ariel salendo le scale, l’idea che due sconosciuti usassero il suo bagno le piaceva poco, ma era anche consapevole del fatto che due settimane sarebbero passate in fretta.
Una volta sistemato il tutto, presero le macchine e partirono, Logan avrebbe guidato la macchina del padre mentre Ariel la loro, dato che nessuna delle due era abbastanza grande per farci stare sia le valigie che le persone, prenderle entrambe era inevitabile .
Gan parcheggiò e aspettò che la sorella facesse lo stesso, poi entrarono in aeroporto ad aspettare che il padre e gli altri arrivassero.
Jared e Shannon camminavano dietro a Luca e alla madre, entrambi intenti a guardarsi intorno nella speranza di non essere riconosciuti.
-          Ciao- disse Luca vedendo i suoi figli andargli incontro.
-          Ciao papà- disse Gan abbracciandolo per primo.
-          Gan….avete fatto le ore piccole- disse Luca dandogli un buffetto sulla spalla.
-          Si, lo sai come siamo-
-          E tu non mi saluti?-
-          Penso di no- rispose Ariel sorridendo al padre.
-          Hai di nuovo cambiato colore- le disse notando i capelli viola che sbucavano da sotto la cuffia.
-          Si, ehm.. non ho solo cambiato colore- disse Ariel togliendo la cuffia.
-          Non è una figata?- disse Gan sorridendo al padre che guardava la sorella sconsolato.
-          Li hai rasati…- disse infine massaggiandosi le tempie.
-          Si, è stato Gan…ma solo da questo lato, sono circa 2 cm, niente di così tremendo, ricresceranno vedrai- disse Ariel sorridendo.
-          Io trovo che le stiano bene- intervenne Costance.
-          Oh…grazie- disse Ariel sorridendole.
Shannon era intento a rispondere ad una mail mentre Jared stava accuratamente studiando i possibili fratellastri da lontano.
Logan, sembrava un ragazzo a posto, capelli biondo cenere scompigliati, un paio di piercing e due dolcissimi occhi verdi, spostò la sua attenzione sulla ragazza, aveva gli stessi occhi del fratello, e complice la cuffia e i vestiti invernali sembravano davvero identici, era sempre stato affascinato dai gemelli, i  due poi sembravano avere un rapporto quasi simbiotico tra loro.
-          Ragazzi, posso presentarvi i miei figli?- disse Costance.
-          Certo- rispose Gan.
-          Loro sono Jared e Shannon- disse indicandoli.
-          Piacere, io sono Logan, ma chiamatemi pure Gan- disse stringendo la mano ad entrambi.
-          Ariel- disse lei salutandoli con un cenno della mano.
-          Felice di conoscervi ragazzi- disse Shannon, mentre Jared si limitò ad un sorriso.
Dopo aver caricato le valige in entrambe le auto, Gan e Ariel fecero per salire sulla loro auto.
-          Ragazzi perché non li fate salire con voi, così vi conoscete no?- disse Luca riferendosi a Jared e Shannon.
-          Si…che bello- disse Ariel facendo sorridere il fratello.
Jared e Shannon si sistemarono nel sedile posteriore e si misero a parlare tra loro.
A circa metà del viaggio erano bloccati a causa di un incidente.
-          Prendi fuori l’mp3 che mi sto rompendo le palle- disse Ariel al fratello.
-          Vi va bene un po’ di musica ragazzi?- disse Gan girandosi verso Shannon.
-          Che tipo?- chiese Jared.
-          Rock e cose così- rispose Gan.
-          Ok, anche noi facciamo musica rock , non so se nostra madre ve lo ha detto-
-          Rock…- disse piano Ariel inserendo la marcia e lanciando una rapida occhiata al fratello.
-          Si ce lo ha detto- rispose Gan.-
-          London Calling no…. Metti  This is England….- disse Ariel al fratello.
Per tutto il resto del viaggio, ne Ariel ne Gan chiesero altro a Jared e Shannon,  era come se neanche fossero lì con loro, parlavano in italiano tra loro e non li calcolavano, Shannon pensò che fosse normale dato che si conoscevano appena, notò una foto del Whisky a go go, sul cruscotto dell’auto.
-          Ma quello è il Whisky?- chiese.
-          Eh si….-disse Ariel.
-          Ci siete stati?-
-          Non ancora, quella foto l’ha scattata Max il nostro bassista due anni fa, quel culone aveva un mezzo intrallazzo con una di San Diego e ha passato due mesi in California- rispose Gan.
-          Ah, quindi suonate anche voi? – intervenne Jared.
-          Si da qualche anno- rispose Ariel – arrivati- aggiunse parcheggiando accanto all’auto del padre nel cortile di casa.
-          Magari potreste farci sentire qualcosa- disse Shannon aiutando Ariel a scaricare le valige.
-          Si ,vedremo- rispose lei vaga, avevano in programma di suonare quel sabato in un locale, ma non le andava di invitarli.
-          Potreste venire a sentirci sabato, suoniamo al Livello- disse Gan, guadagnandosi un’occhiataccia dalla sorella.
-          Perché no, tu che dici Jay?-disse Shannon.
-          Non lo so, forse- rispose Jared prendendo la sua valigia e seguendo la madre e Luca in casa.
Shannon sorrise ai gemelli e dopo aver preso le sue cose entrò a sua volta.
-          Guarda che non dobbiamo piacergli per forza- disse Ariel al fratello mentre si preparava una sigaretta.
-          Dai Ariel, Shannon non sembra tanto male, diamogli una possibilità- rispose Gan accendendosi la sigaretta e passandola alla sorella dopo un paio di tiri.
Luca si affacciò sulla porta per vedere come mai non fossero ancora entrati, stavano nuovamente fumando, entrambi, aveva provato di tutto per farli smettere, ma non c’era stato verso, sapeva che non fumavano solo sigarette, riconosceva l’odore della marijuana sui loro vestiti, ma ormai erano adulti e avrebbero fatto ciò che volevano.
-          Ragazzi, appena avete finito di invecchiare precocemente sarebbe carino entraste- disse guardandoli entrambi.
-          Ok – disse Ariel .
Restarono fuori più del necessario, erano abituati a stare soli e avere tutta quella gente in casa creava disagio ad entrambi.
Dopo cena , Luca e Costance decisero di andare a letto per recuperare le ore di sonno, anche Shannon si ritirò nella sua stanza. Gan e Ariel erano seduti sul divano in salotto e guardavano video su youtube in attesa che anche Jared li lasciasse soli.
-          Non sei stanco?- chiese Ariel guardandolo.
-          Io faccio fatica a dormire, soffro di insonnia- rispose Jared senza neppure alzare lo sguardo dal suo cellulare per rispondere.
-          Ah ok…-
-          Andiamo da me?- chiese Gan.
-          Si, andiamo va, ciao Jared- disse Ariel.
Salirono di sopra ed entrarono nella stanza di Logan, lui aprì la finestra e prese due birre dal davanzale, in inverno le tenevano spesso li data la temperatura rigida, ne passò una alla sorella e si sedette accanto a lei.
-          Max mi ha mandato il nuovo arrangiamento, te lo faccio sentire ok?- disse Ariel prendendo la chitarra.
Gan annuì e si mise ad ascoltare la melodia accompagnata dalla voce graffiante e decisa della sorella.
Jared salì le scale , ma prima di entrare nella sua stanza si fermò ad ascoltare quello che stavano suonando, era buono, molto buono e Ariel aveva una voce davvero incredibile, si appoggiò alla porta  e non essendosi reso conto che fosse solo accostata bastò una piccola spinta involontaria perché si aprisse.
-          Ti sei perso?- disse Ariel scocciata dall’interruzione.
-          Ariel…- disse Gan con fare di rimprovero, sua sorella non era mai stata una maestra di gentilezza.
-          Stavo solo ascoltando- disse Jared.
-          Cosa ne pensi ?- chiese Gan.
-          Penso che sia un buon pezzo, ma ci si deve ancora lavorare, è molto grezzo, il testo però mi piace- disse sincero.
Ariel sorrise, e Gan conosceva quel mezzo sorriso che appariva sul volto della sorella quando stava per dire qualcosa di sarcastico e vagamente cattivo, dato che a lui non pareva il caso di inimicarsi Jared la precedette.
-          Grazie, comunque ora smettiamo è tardi- disse prendendo la chitarra dalle mani della sorella e rimettendola accanto al letto.
-          Si beh, buona notte- disse Ariel uscendo dalla stanza e sbattendo la porta di camera sua, ricevere i complimenti da Jared non le sembrava affatto tutta sta gran cosa, dato che lo riteneva solo un coglione che nella vita aveva avuto culo.
Jared prese in mano il cellulare e sorrise a Gan, dei due gemelli lui era quello che sembrava più estroverso.
-          Lo so che mia sorella è leggermente stronza, ha solo bisogno di tempo- disse a Jared.
-          Come scusa?-
-          Si, insomma ha un bel caratteraccio ma non è cattiva, deve solo abituarsi alla gente, è leggermente misantropa, non so se l’hai notato- disse Gan facendolo sorridere.
Ho notato- disse Jared, prima di congedarsi e entrare nella sua stanza, si sedette sul letto e si mise a rispondere ad alcune mail di Emma, era stanco ma sapeva che la stanchezza per lui non era sufficiente a garantirgli una dormita sicura,i suoi pensieri iniziarono a vagare, il rapporto che Gan e Ariel avevano era molto simile a quello suo e di Shan, erano davvero legati, ma suppose che la cosa fosse anche dovuta al fatto che fossero gemelli.

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Capitolo 2
*** 2 ***


I think the eyes flirt most.
There are so many ways to use them.
 
 
 
Erano passati alcuni giorni da quando erano arrivati, Jared era nel bagno e si stava asciugando i capelli dopo la doccia, quando uscì sbatté contro ad Ariel e gli scivolò l’asciugamano che aveva legato in vita.
-          Cavolo ma è una pompa di benzina?- disse lei.
Lui sorrise, era la prima battuta che scambiava con lui da quando era lì.
-          Sono un uomo dotato- rispose serio e leggermente compiaciuto della cosa.
Ariel sorrise e entrò nella stanza del fratello.
-          Ehi Ari non si bussa?-
-          No…lo so quando ti stai ehm….e adesso non lo stavi facendo- disse richiudendo la porta.
Jared sorrise tra sé, probabilmente crescendo solo con dei maschi Ariel era abituata al corpo maschile, inoltre la madre gli aveva detto che aveva fatto una scuola d’arte e lui aveva dedotto che avesse avuto modelli maschi e femmine anche nudi.
-          Dai Ari….esci, devo chiamare una persona..- disse Gan
-          Chi?-
-          La biondina dell’altra sera, quella con la maglietta viola- le rispose.
-          Ook ….buona notte fratellino- disse Ariel uscendo dalla stanza del fratello e tornando in camera sua.
 
Chiuse la porta a chiave, suo padre e Costance dormivano al piano di sotto da un po’, ma per lei avere la porta chiusa era sempre stato fondamentale, le serviva per credere che potesse chiudere fuori ogni  cosa, persone, problemi, le bastava girare la chiave, prese il lettore mp3 e lo accese, in un attimo era di nuovo nel suo personale angolo di mondo, ma da qualche anno la musica non le bastava più, non era più sufficiente per andarsene, Gan pensava che fumasse solo qualche volta con lui, ma non era così, lo faceva spesso, lo faceva per dormire, ma soprattutto per allontanarsi da se stessa, lei era la classica persona che mantiene sempre il controllo su ogni singola cosa accada nella sua vita, aveva questo irrefrenabile impulso al controllo, questo spesso la portava a crollare in pianti nervosi nel cuore della notte, pianti di cui non aveva ovviamente mai fatto parola con nessuno, nel corso degli anni aveva imparato a dissimulare ogni sorta di turbamento interiore, solo per non far preoccupare il padre o Gan.
 
Aprì la finestra e dopo essersi seduta sul davanzale, posò la schiena contro al muro e inspirò profondamente, le stelle brillavano nel cielo come succedeva solo in inverno, l’aria fredda la faceva rabbrividire, mentre la sua mente veniva riempita dalle note dei Led Zeppelin.
Vide la luce nella stanza accanto accendersi, le finestre erano praticamente attaccate, ancora per una decina di giorni quella sarebbe stata la stanza di Jared.
Si soffermò un attimo a pensare a lui e Shannon, sul secondo si era ricreduta, era simpatico, ma Jared non lo aveva ancora inquadrato, parlava continuamente di sesso, lo metteva in ogni cosa, Ariel iniziava a pensare che avesse una specie di fissazione, la luce si spense e lei tornò ai flusso dei suoi pensieri, se la fortuna l’avesse assistita, forse sarebbe nata una canzone anche quella notte.
Siccome l’ispirazione era arrivata e altrettanto velocemente se ne era andata, lasciandola con solo frasi sconnesse appuntate su un foglio decise di scendere a bere.
Si sentiva bene, felice, le piaceva quella sensazione, la felicità, era così raro che fosse felice normalmente, riusciva ad esserlo così tanto solo sul palco quando cantava.
Jared era in cucina intento a sciacquare il bicchiere dopo aver bevuto, quando vide Ariel entrare.
-          Ciao- le disse
Lei sorrise e gli si avvicinò, gli accarezzò una guancia dolcemente e lo guardò.
-          Sei carino….ma già lo sai…- disse, prima di baciarlo.
Jared era sorpreso da quel gesto, ma si accorse presto da cosa fosse dovuto.
-          Hai fumato?- le chiese allontanandola.
-          Certo. Pensi che ti avrei baciato altrimenti….- disse lei guardandolo con sufficienza  per poi spostarsi e prendere la bottiglia d’acqua dal frigorifero.
-          Ci vediamo, puttanella- disse a Jared prima di risalire le scale.
Jared, restò per alcuni istanti a osservare le scale davanti a sé, poi sorrise per quello che era appena successo con Ariel, aveva appena scoperto che c’erano due Ariel, quella stronza e controllata e quella che dopo essersi fumata una canna baciava le persone nel cuore della notte, tutto quello che doveva fare era trovare il modo di vedere la seconda senza l’aiuto del fumo.
La mattina seguente Ariel si alzò con il solito cerchio alla testa, prese un’aspirina e andò in bagno a farsi una doccia per darsi una svegliata, non era certa di ricordare bene, ma aveva la fottuta sensazione di aver fatto qualcosa di immensamente idiota, la notte precedente.
Si posizionò sotto il getto d’acqua e sospirò.
Stava sciacquandosi i capelli, quando le tornò alla memoria quello che aveva fatto.
-          Merda..- disse chiudendo gli occhi, quasi a voler cancellare l’azione che aveva appena ricordato di aver compiuto.
Fortunatamente quella sera avevano il concerto, questo per loro significava uscire di casa dopo colazione per andare da Max a provare tutto il giorno.
A colazione finita Gan caricò in auto le ultime cose, poi tornò in casa.
-          Allora noi andiamo- disse Ariel mettendo la giacca.
-          Vi abbiamo lasciato l’indirizzo del locale dove suoniamo, sul frigo- disse Gan guardando Shannon.
-          Perfetto, ci vediamo stasera allora- rispose Shannon sorridendo.
-          Ok- disse Gan uscendo per primo dalla porta di casa.
-          Ciao Ariel- disse Jared sorridendole.
-          Si….ciao- fece lei prima di chiudere la porta.
Shannon guardò il fratello interdetto dal suo strano saluto alla ragazza, non si erano calcolati molto in quei giorni.
-          Vi salutate adesso?- gli domandò.
-          Stanotte mi ha baciato e mi ha chiamato “puttanella”, è stato divertente- disse Jared, prima di tornare in salotto.
Shannon chiuse la porta e lo raggiunse sul divano.
-          Ti ha baciato?-
-          Si, un bacio a stampo, era completamente fatta- rispose Jared mentre sfogliava una guida della città.
Shannon sorrise tra se e si mise a controllare alcune cose con il fratello, Gan e Ariel avevano promesso che li avrebbero portati a visitare Bologna dopo il concerto.
-          Noi allora andiamo- disse Costance affacciandosi in salotto.
-          Chiamate quando arrivate a Venezia. E divertitevi- disse Shannon.
-          Certo. Spero solo che i miei ragazzi non vi facciano impazzire- disse Luca.
-          Sono certo che riusciremo a passare insieme,questi ultimi giorni dell’anno- disse Jared.
Luca e Costance uscirono, non appena il taxi suonò il campanello.
Ariel si sedette un momento accanto alla batteria del fratello, avevano provato ininterrottamente per 3 ore, ma almeno erano pronti per la serata.
-          Siamo dei grandi- sentenziò Max scompigliandole i capelli.
-          Tutto merito mio- disse lei.
-          La solita modesta….- rispose il fratello passandole la bottiglia d’acqua.
Ariel sorrise e prese un altro sorso d’acqua, era pronta per quella sera, avrebbero suonato nello stesso locale ,in cui avevano suonato per la prima volta 4 anni prima.
Le ore che li separavano dal concerto passarono velocemente, tra una prova e qualche cazzata tra amici.
Jared e Shannon arrivarono al locale e entrarono, era piuttosto pieno, ma per fortuna nessuno pareva far troppo caso a loro.
Gan vide Shannon e gli andò incontro.
-          Ce l’avete fatta- disse mettendogli una mano sulla spalla.
-          Si, diciamo che la parte più complicata, è stata guidare con il cambio manuale- rispose Shannon .
-          Gan- lo chiamò Ariel dal palco.
-          Arrivo- le urlò- ci vediamo dopo, grazie ancora per essere venuti- aggiunse prima di raggiungere la sorella.
Jared vide Ariel sul palco che sistemava le ultime cose e parlava con il loro bassista, indossava dei vecchi jeans talmente sfilacciati che lui si chiese come le stessero su da soli e una t-shirt verde menta  aderente. Notò una ragazza avvicinarsi al palco e salutarla.
-          Alex!- disse Ariel chinandosi verso di lei.
-          Sei bellissima- le disse Alex.
-           E tu sei nuda, non hai freddo?- le disse Ariel accarezzandole un braccio.
-          Ciao, Alex! Tutta per me la mercanzia?- chiese Max alle spalle di Ariel.
-          No caro, lo sai che tu in mezzo alle gambe hai qualcosa di troppo. Io sono tutta sua- disse Alex guardando Ariel- anche se, lei è una stronza che mi scopa e basta- aggiunse.
Ariel sorrise, conosceva Alex da parecchi anni, erano anche state insieme, ma le cose erano diventate complicate, così erano rimaste amiche o meglio “friend with benefits”, anche se a tutti era chiaro che Alex provasse ancora qualcosa per Ariel.
Alex si allungò verso Ariel e le diede un bacio prima che iniziassero.
-          Ma? Non pensavo fosse ehm…- disse Shannon che aveva visto Ariel baciare la misteriosa mora vestita in pelle.
-          È solo un bacio- sentenziò Jared – e se anche fosse lesbica ,ha degli ottimi gusti in fatto di donne- aggiunse osservando la ragazza mora, bere una birra poco lontano da loro.
Shannon sorrise e si misero a seguire il concerto.
Alex si mise a lato del palco, ormai ogni volta che riusciva ad andare a vederli suonare quello era il suo posto, guardava  Ariel muoversi sicura e felice sui quei pochi metri di superficie, tra loro c’erano tre anni di differenza, Ariel aveva 25 anni e lei 28, ma era riuscita benissimo ad incasinarle il cervello dalla prima volta che si erano baciate, sapeva che con lei non c’era futuro, era una ragazza tanto fantastica quanto distruttiva, sempre in  lotta con se stessa, era come se cercasse ogni mezzo a disposizione per spegnere le sue emozioni. Gan era diverso, era solare e sempre disposto a mettersi in gioco, così come Max, ma erano uomini, loro sentono le cose in modo diverso, forse più facile.
Ariel si schiarì la voce e bevve un sorso d’acqua, erano alla fine e la sua voce iniziava a risentire degli sforzi.
-          Questa è la nostra ultima canzone, per chi fosse troppo ubriaco dall’inizio della serata, vorrei ricordare che noi siamo gli Zodiac e questa è per Alex- disse Ariel.
Quando Alex sentì partire le prime note di “Rising star” sorrise tra sé, quella canzone Ariel l’aveva scritta con lei una notte di due anni prima, la canzone parlava di lei, anche se Ariel non lo aveva mai ne ammesso, ne smentito.
Jared era accanto al fratello e osservava Ariel cantare quell’ultima canzone, con una dolcezza tale da far quasi mancare il respiro, non era certo di essere mai riuscito a cantare così in tutta la sua vita, il testo era profondo, tormentato , a tratti persino volgare, ma dannatamente bello.
-          Grazie- disse Ariel alla fine della canzone.
Alex si avvicinò al palco e Ariel la fece salire allungandole la mano.
Gan si guardò attorno e vide Jared e Shannon, fece segno al secondo di raggiungerli.
-          Allora vi siete divertiti?- chiese Gan a Shannon.
-          Si, devo ammettere che siete bravi- gli rispose.
-          Che si dice?- chiese Max sbucando dal backstage dopo aver riposto le ultime cose.
-          Lui è Max, il nostro bassista, Max loro sono Jared e Shannon- disse Gan.
-          Piacere ragazzi.- disse Max con lo sguardo che però era già volato ad una ragazza che aveva puntato tutta la sera- se volete scusarmi- disse lasciandoli soli e andando da lei.
-          Sempre a correre dietro a tutto ciò che respira….- disse Ariel alle spalle del fratello.
-          Ormai dovresti conoscerlo- le rispose Gan.
-          Stavamo dicendo a Gan, che siete davvero bravi, potreste farci concorrenza- disse Shannon guardando Ariel.
Lei sorrise e incrociò lo sguardo di Jared, che si passò la lingua sulle labbra ripensando alla notte prima e al loro bacio.
-          Ecco a te- disse Alex passando ad Ariel una birra.
-          Ciao…- disse Shannon, guardando Alex, diciamo non proprio negli occhi.
-          Alex, lui è Shannon e Shannon, loro sono le gemelle di Alex- disse Ariel facendo sorridere tutti.
-          Piacere- disse Shannon allungandole la mano.
-          Piacere- rispose Alex stringendogliela.
-          E lui è?- chiese Alex sorridendo a Jared.
-          Lui è Jared il fratello minore di Shannon- disse Ariel.
-          esco a fumare, vieni?- aggiunse guardando Alex.
-          Si, a dopo ragazzi- disse Alex uscendo con lei.
Ariel si tolse la sciarpa e la mise sulle spalle di Alex, erano in dicembre e lei indossava solo un corsetto e degli shorts,  non voleva che si ammalasse.
-          Non male i fratellastri, Jared è davvero carino- disse Alex mentre Ariel spegneva il mozzicone della sigaretta.
-          Si, ha dei begli occhi- disse distrattamente Ariel, mentre si avvicinava a lei.
-          Ariel….- disse Alex prima che lei la prendesse per la vita attirandola a se, sorrise quando la sentì accarezzarle la schiena.
-          Sei peggio degli uomini, mi vuoi solo per il mio corpo- disse Alex facendola sorridere.
-          Eh si, mi hai proprio beccata- le rispose prima di baciarla languidamente, negli anni Alex era diventata per lei una sorta di porto sicuro, non le faceva domande scomode ed era disponibile sotto certi punti di vista, il che non guastava.
-          Stai tremando- disse Ariel guardandola.
-          Già….saranno i 3 gradi sotto zero- rispose Alex, dispiaciuta del fatto di aver smesso quel bacio.
-          Torniamo dentro, se non lavori domani, magari stasera potresti restare a dormire- disse Ariel.
-          Dormire…..Ariel, conosco quel sorriso-
-          E….?-
-          Domani ho il turno pomeridiano- le rispose sorridendo.
-          Perfetto- disse Ariel.
Gan aprì la porta prima che loro rientrassero e sorrise alla sorella.
-          Avete bisogno voi due?- chiese Max andando ad abbracciare Ariel.
-          No, ma grazie per l’offerta- disse Ariel, notando Jared e Shannon alle spalle del fratello.
-          Se sei pronta torniamo a casa- le disse Gan.
Ariel annuì e dopo aver salutato Max , andò nel parcheggio con il fratello, Jared, Shannon e Alex.
-          Io prendo la nostra e tu porti loro?- chiese Gan.
-          Si, guido io. Shannon le chiavi grazie- disse Ariel facendosi dare le chiavi dell’auto del padre con la quale erano venuti lui e Jared.
-          Ci vediamo dopo- disse Gan.
Ariel annuì e aprì le portiere.
-          Posso stare davanti?- chiese Jared ad Alex prima che lei salisse.
-          Certo- rispose lei gentilmente prendendo posto sul sedile posteriore accanto a Shannon.
Ariel mise in moto e partirono, avrebbe preferito avere Alex accanto, dopo quello che era successo tra lei e Jared la notte scorsa, si sentiva un po’ a disagio con lui.
Una volta arrivati a casa, passarono un po’ di tempo a parlare tutti insieme in salotto.
-          Io sono a pezzi, non ho più l’età- disse Shannon alzandosi e salutando tutti prima di andare a dormire.
-          Io dovrei fare un salto da Jessica,la brunetta sai….- disse Gan alla sorella.
-          Vai e si uomo- disse Ariel.
-          Ci vediamo anche domattina allora Alex?- disse Gan .
-          Già- rispose lei salutando Jared e salendo le scale con Ariel.
Jared rimase a parlare ancora un poco con Gan e poi prese le scale a sua volta, passando accanto alla stanza di Ariel sentì dei gemiti sommessi, aveva discretamente chiesto a Max dei gusti di Ariel e lui gli aveva detto che era bisex, passò oltre ed entrò nella sua stanza.
Alex era a cavalcioni sopra Ariel, la guardò e sorrise, aveva sempre uno sguardo bellissimo dopo esser venuta, la sentì accarezzarle il seno e ansimò, i giochi stavano per ricominciare.

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Capitolo 3
*** 3 ***


non importa quanto una vita può essere soddisfacente nella sua interezza, ci saranno sempre momenti di angoscia, sempre cause di panico, preoccupazione, rabbia e sconcerto. Molti di questi momenti avverranno in una cucina con un uomo dentro.
 
-Barbara Toner
 
Ariel si svegliò intorno alle sette del mattino, Alex era accanto a lei e dormiva beatamente, cercò qualcosa con cui vestirsi e scese di sotto per iniziare a preparare la colazione per tutti.
-          Che profumo!- disse Jared facendola voltare di scatto.
-          Mi hai spaventata- disse lei posando la teglia con la torta sul tavolo.
-          È il minimo, con i vostri gemiti, tu e la tua amica, mi avete fatto passare la notte più dura degli ultimi tempi- disse lui, pronunciando maliziosamente la parola “dura”.
-          Sono costernata- disse Ariel, prese male la seconda teglia con i biscotti e si bruciò.
-          Merda- disse massaggiandosi la mano.
Jared le si avvicinò e le prese la mano.
-          Che fai?- chiese lei.
-          Questo- disse prendendo un fazzoletto e bagnandolo prima di metterlo sopra alla scottatura.
-          Grazie…- disse Ariel.
-          Figurati, posso chiederti una cosa?-
-          Cosa?-
-          Il nostro bacio….. non pensavo di piacerti- le disse.
-          Era solo un bacio, ne avrai ricevuti a migliaia nella tua vita- disse - e poi ero fatta- tagliò corto Ariel.
-          Giusto…- disse lui avvicinandosi.
Ariel si fece indietro e incontrò il mobile alle sue spalle, Jared posò le mani sul mobile e la guardò.
-          Cosa vuoi?-
-          Ancora non lo so, forse voglio scoparti, forse voglio sentirti urlare di piacere oppure solo baciarti e farti innamorare di me- le disse accarezzandole il viso.
-          Mi dispiace Jared, potrebbe succedere tutto tra noi, ma io non mi innamoro, mai- disse lei.
-          Ci sei andata vicino però- disse lui.
-          Che vuoi dire?-
-          La canzone “Rising star”, chiunque fosse la persona per cui l’hai scritta, una cosa è certa, te ne stavi innamorando- le disse.
Sentirono del passi per le scale e Jared si allontanò da lei velocemente.
Shannon fece capolino, seguito da Alex.
-          Ci siamo incontrati a metà strada- disse Shannon.
-          Grazie per i vestiti- disse Alex dando un leggero bacio sulla guancia a Ariel.
-          Figurati-
Si sedettero tutti a tavola e iniziarono a fare colazione, dopo alcuni minuti li raggiunse anche Gan, Ariel gli porse una fetta di torta e la sua tazza di caffè bella piena.
-          Siccome nessuno me lo dice lo chiedo, com’è la colazione?- disse Ariel.
-          Ditele che è brava, ama sentirselo dire- disse Gan.
-          È deliziosa- disse Jared.
-          Grazie- rispose lei prendendo un altro biscotto, aveva interrotto la conversazione con lui ,solo per l’arrivo di Shan e Alex, ma ci sarebbe tornata sopra presto, non era una che la prendeva persa facilmente.
Alex se ne andò subito dopo colazione, Gan e Ariel si sedettero in salotto con Jared e Shannon per decidere cosa portarli a vedere tra le cose che loro avevano elencato.
-          Ari potresti portare Jared con te in Certosa, tanto devi portare i fiori alla mamma e poi la conosci come le tue tasche, tutte le tombe famose….-
-          Ehm….si beh….si, ok- disse lei.
-          Perfetto io porto Shannon alla Ducati, poi nel pomeriggio si può fare un giro insieme in centro, no?- chiese Gan guardando la sorella.
-          Si certo. Mi faccio una doccia ci metto poco, poi andiamo- disse Ariel a Jared.
-          Ok, aspetto qui- le rispose sorridendole.
-          Noi invece andiamo, ci vediamo più tardi- disse Shannon uscendo con Gan.
Jared salutò Gan e il fratello con un cenno della mano, poi decise di sentire come andasse a Venezia dalla madre.
Terminata la chiamata uscì da camera sua e vide la porta del bagno aperta, Ariel era nella sua stanza e si stava asciugando i capelli, indossava solo l’intimo, Jared si soffermò ad osservarla, era la prima volta che la vedeva svestita, notò il tatuaggio sulla coscia destra raffigurante un teschio, pensò che data la grandezza non fosse molto adatto ad una ragazza.
-          Visto qualcosa che ti piace?- chiese Ariel guardandolo.
Jared notò un altro tatuaggio quando le si voltò verso di lui, aveva due ali sotto il seno, si vedevano poco dato che il reggiseno le copriva quasi interamente.
-          Non sapevo fossi tatuata- le disse.
-          Ora lo sai- rispose Ariel infilando i jeans.
-          Peccato che uno dei due non si veda, immagino sia bello quanto l’altro-
-          Bel tentativo Jared- disse lei prendendo una maglia da mettere.
-          Se tu fossi gentile potresti mostrarmelo-
-          Magari un altro giorno, adesso abbiamo da fare-
-          Posso almeno sapere cosa rappresenta?- le chiese seguendola di sotto.
-          Sono delle ali, ognuna delle quali ha sei gruppi di ali più piccole , per un totale di 12, l’angelo dalle 12 ali era Lucifero, tra le due ali ho una L e le parole Eros e Tanathos che formano il simbolo dell’infinito, questo è tutto- disse Ariel.
-          La L sta per Lucifero?- le chiese Jared.
-          Si-
-          Sei un’adoratrice del diavolo per caso?-
-          No, per me ha un significato troppo personale, non ha nulla a che vedere con la religione, leggiti la storia di Lucifero e Al di là del principio del piacere di Freud…..anzi, lascia stare- disse lei aprendo la porta e invitandolo a uscire di casa con lei.
Jared non disse praticamente nulla per il resto del viaggio, Ariel era in assoluto una delle ragazze più strane e dalla mente più brillante che avesse mai conosciuto, lo intrigava, lei era profonda, intelligente e incredibilmente distaccata, era come se rispondesse a regole solo sue.
Ariel parcheggiò davanti alla certosa e dopo aver aspettato che Jared scendesse, raggiunse il fioraio più vicino e si mise a guardare cosa prendere.
-          Le rose sono belle- disse Jared alle sue spalle.
-          A lei non piacevano…- disse Ariel annusando il profumo di quelle gialle.
-          E a te?- le chiese.
-          Solo quelle gialle- rispose prendendone una.
Si fece dare anche dei gigli, che erano il fiore preferito della madre e poi pagò.
-          Ci metteremo poco, poi ti farò fare il giro completo con calma- disse Ariel andando verso il campo dove era sepolta la madre.
Jared la seguì in silenzio.
Quando furono a destinazione Ariel mise i fiori nel vaso e tolse le erbacce, Jared  notò che era identica alla donna nella foto, due gocce d’acqua, si chiese quanto potesse essere difficile per Luca vedere la moglie in ogni espressione della figlia.
-          Le somigli molto- le disse.
-          Si, ma solo fisicamente, ho letto i suoi diari di quando aveva la mia età, ti posso assicurare che siamo ai capi opposti in tutto- disse lei guardando la foto che la ritraeva, passò una mano sul viso della madre e sorrise.
-          È strano quanto ti possa mancare, una persona che non hai neppure conosciuto- disse guardandolo seria.
-          Mi dispiace- disse Jared posandole una mano sul braccio e stringendolo leggermente.
-          Si, beh andiamo, ci sono un paio di posti che ti piaceranno di certo qui dentro- disse lei incamminandosi.
La parte vecchia della Certosa si estendeva per tutto il perimetro di un vecchio chiostro, era decisamente un cimitero diverso da quelli che Jared aveva visitato fino a quel momento, ad ogni svolta si aprivano davanti a loro scenari degni del decadentismo letterario e artistico di fine ottocento.
Svoltarono ancora una volta entrando in una zona coperta, una corrente di vento gelido li investì cogliendoli di sorpresa, Jared si strinse nella giacca e si voltò a guardare Ariel, era accanto a lui la vide chiudere gli occhi e inspirare profondamente, quando lasciò uscire l’aria dai polmoni un piccolo sorriso le incurvò le labbra.
-          Questo è il posto che preferisco- gli disse.
-          Come mai?- chiese Jared.
-          Vieni- disse.
Lo fece sedere accanto a lei sul marmo di una vecchia tomba e gli sorrise.
-          Prova a cantare-
Jared la guardò interdetto ma fece ugualmente come lei gli aveva detto, sentì la sua voce risuonare perfettamente , quasi come nello studio di registrazione.
-          È straordinario vero?- disse Ariel.
-          Come…com’è possibile? Voglio dire è così…-
-          È l’acqua, mai cantato sotto la doccia? Questa una volta era una piccola cappella, e alle nostre spalle c’è una fontana, senti l’acqua scorrere?   il principio è lo stesso, gli spazi  stretti  e l’acqua rendono il suono della voce migliore- disse lei.
-          Questo posto mi è piaciuto molto di più, di quella cripta che mi hai mostrato prima, dove Lord Byron andava a scopare con le donne sposate- le disse sorridendo.
-          Lo prenderò come una sorta di complimento- disse Ariel
-          Lo è- disse guardandola, notò che lei aveva nuovamente gli occhi chiusi e respirava profondamente, li riaprì e notò che lui la fissava.
-          Che c’è?-
-          Che stai facendo?- le domandò
-          Respiro-
-          Questo lo vedo…ma lo fai in modo così strano e poi sorridi- le disse.
-          Chiudi gli occhi, coraggio- gli disse avvicinandosi a lui – ok, adesso pensa a tutti, i tuoi problemi, a tutto quello che è andato sempre male, quello che non avresti potuto cambiare in nessun modo, ci sei?-
-          Si…- le rispose.
-          Ora inspira profondamente- disse Ariel e lui lo fece.
-          Prima di espirare, pensa a questo, sei vivo! L’aria entra ancora nei tuoi polmoni , il vento di fa rabbrividire, il sole ti riscalda, vedi i colori del tramonto, senti dolore, ma senti….-
Lui si avvicinò e le sfiorò le labbra con le sue.
-          Sento te…- le disse.
-          È solo attrazione fisica, un impulso biologico, le persone credono di innamorarsi a vicenda, in realtà l’innamoramento altro non è che il rilascio di endorfine nel nostro cervello, che ci fa associare a certe persone sensazioni piacevoli , per questo le persone si credono innamorate, la spiegazione è molto più semplice- disse lei sorridendo tra sé.
-          E quale sarebbe?- le chiese.
-          Attrazione , sesso, orgasmo, endorfine, con quattro parole ti ho riassunto l’amore- disse Ariel alzandosi.
-          Quindi se facessimo sesso, tu ti innamoreresti di me?- disse malizioso.
-          Se faccio sesso con qualcuno è perché non lo amo abbastanza, riflettici un attimo, le persone a cui vuoi più bene sono quasi sempre quelle con cui non andresti mai a letto, genitori, fratelli e alcuni amici, tutte le altre sono quelle che ti porti a letto perché diciamolo ne abbiamo bisogno, ci sono ben pochi pensieri che non possano essere spazzati via da un orgasmo per almeno una decina di minuti- disse lei facendolo sorridere.
-          Parli come un ragazzo- le disse.
Ariel sorrise e tornarono verso la macchina, non si dissero più molto per il resto della giornata, Shannon e Gan coprirono i loro reciproci silenzi con battute e sorrisi.
L’unica cosa a cui Jared pensava era che voleva parlarle ancora, voleva sentirla parlare, quella ragazzina aveva dato voce ad un sacco di parti oscure del carattere di chiunque, la paura, l’egoismo, la voglia di farcela, tutti sentimenti che lui conosceva bene, ma che spesso non riusciva ad affrontare da solo, c’era sempre Shannon al suo fianco, e del resto lui c’era sempre stato se fosse stato Shannon ad avere bisogno. Ariel invece aveva col fratello un rapporto diverso, era lei quella che dominava tra i due, si prendeva cura del fratello e di se stessa, era riuscita probabilmente a raggiungere l’indipendenza quasi totale, quasi perché ovviamente anche lei aveva delle lacune, dei lati di se che non riusciva a nascondere a se stessa, dei vuoti che non poteva colmare da sola, era contro quelli che probabilmente combatteva ogni giorno, contro le mancanze che nonostante tutti gli sforzi non si riempivano, forse perché cercava di riempirle con tutto tranne che con quello che le serviva davvero, l’amore, la fiducia in qualcun altro che non fosse lei. Jared si rendeva però conto dell’ipocrisia di questo ragionamento, specie se fatto da lui.

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Capitolo 4
*** 4 ***


Le donne non vengono mai disarmate da un complimento. Gli uomini, invece, sempre. Questa è la differenza tra i sessi.
 
-Oscar Wilde
 
 
 
 
Nei giorni che seguirono Jared non ebbe occasione di parlare nuovamente da solo con Ariel, complice anche il fatto che Luca e la madre fossero tornati. Erano stati a festeggiare il capodanno tutti insieme a Firenze ed ora pochi giorni li separavano dalla partenza per Los Angeles.
Arel era nella sua stanza e fissava il soffitto, come sempre non riusciva a dormire, controllò che ora si fosse fatta, erano all’incirca le 4 del mattino, decisamente troppo presto per preparare la colazione per tutti, si alzò dal letto e aprì le tende per vedere fuori, la neve aveva coperto tutto,  vide la luce accesa nella stanza di Jared, erano gli unici della casa sempre svegli la notte e nonostante questo non passavano mai le ore di insonnia insieme, decise di vedere se avesse voglia di scambiare due parole con lei.
Jared sentì bussare piano alla porta e dopo essersi infilato le ciabatte andò ad aprire.
-          Ti disturbo?- chiese Ariel.
-          No- le rispose.
-          Senti, ti va di venire in camera mia a guardare un film? Mi sto annoiando a morte e non riesco più a prendere sonno- disse lei.
Jared annuì e la seguì nella sua stanza, Ariel lo fece accomodare e chiuse la porta.
Lui si sedette sul letto e notò una scatola aperta accanto al comodino.
-          Sembra roba buona- le disse prendendo una delle canne in mano e annusandola.
-          Lo è, ma tu non eri quello della serie “non vi drogate ecc..”- disse lei.
-          Lo sono, ma sono stato molte cose nella mia vita…- disse lui posandosela sulle labbra.
-          Fammi conoscere questo Jared allora- disse  Ariel accendendola mentre lui la teneva ancora tra le labbra.
Jared aspirò  profondamente, quello era il fumo migliore che gli fosse capitato di provare da molto tempo, Ariel se ne accese una per sé e si sedette sul letto accanto a lui.
Jared si guardò intorno , osservò la stanza di Ariel , era la prima volta che lei lo invitava ad entrare, notò una strana scritta su un lato del muro davanti a lui “2+2=…”  e ne fu incuriosito.
-          Che vuol dire, 2+2=…?- le chiese.
-          È 1984 di Orwell “La somma di libertà più libertà è come dire che due più due fa quattro. Se ciò è concesso, allora segue tutto il resto”, è uno dei libri più belli che io abbia mai letto, credo che non venga letto abbastanza, aiuterebbe a capire molte cose- disse Ariel.
-          Probabilmente hai ragione. È  la tua citazione preferita? Del libro di Orwell intendo- le chiese.
-          Una delle due…- disse Ariel spegnendo il mozzicone nel posacenere, sentiva la sensazione di pace farsi strada piano piano in lei e sorrise.
-          E qual è l’altra?- le chiese Jared spostando il posacenere sul comodoni sul suo lato e avvicinandosi a lei, con lui la marijuana non aveva mai effetto, era sempre stato così, ma si sentiva più felice anche lui in quel momento.
-          L’altra è questa, “Quando fai l'amore, spendi energia; e dopo ti senti felice e non te ne frega più di niente. Loro non possono tollerare che ci si senta in questo modo. Loro vogliono che si bruci l'energia continuamente, senza interruzione.”……non è la storia della vita di chiunque riassunta in poche righe?-disse lei voltandosi verso di lui.
-          Non ho mai letto Orwell…. E me ne stai facendo pentire- le disse sorridendo.
-          Dovresti vergognarti sai?- disse lei scherzando.
-          Mi spieghi perché lo fai?-
-          Faccio cosa?-
-          Questo, tutto questo. Bevi, fumi, sei cosi fottutamente intelligente, non dovresti buttare tutto al vento così, è stupido-
-          Non capiresti…- disse Ariel scuotendo la testa e sdraiandosi.
-          Mettimi alla prova- le disse.
-          È difficile stare sempre un passo avanti agli altri, ti fa sentire diverso, ti fa sentire…-
-          Solo?- disse lui
-          Esatto-disse Ariel voltandosi a guardarlo, gli accarezzò il viso, era stanca di parlare, lui voleva sapere troppo, la stava facendo parlare troppo di cose che le facevano male, gli diede un bacio sulle labbra  e lo attirò verso di sé.
-          Che stai facendo?- le disse col fiato corto quando la sentì infilare una mano nei suoi pantaloni.
-          Hai detto che mi avresti scopata no? Bene, datti da fare- disse Ariel.
Jared le accarezzò il viso, aveva capito quello che stava succedendo, lui in quel momento era per lei solo l’ennesima fuga da se stessa, ma era troppo tardi anche per lui per fermarsi e uscire da quella stanza.
In pochi minuti furono entrambi nudi, Ariel prese un preservativo da uno dei cassetti e glielo passò, Jared entrò in lei deciso, per lui era molto eccitante  anche l’idea di poter essere scoperti, si accorse bene presto che Ariel non faceva l’amore come le donne con cui era stato, lei era più cruda, istintiva era come se non ci mettesse alcun sentimento, voleva solo soddisfazione fisica.
Ariel sentì l’orgasmo arrivare prepotente e si mise una mano sulla bocca per non far  rumore, Jared gliela spostò e si avvicinò a lei col viso.
-          Ti voglio sentire….- disse piano  guardandola.
-          Non essere idiota- disse lei ansimando. Sentì l’orgasmo arrivare e si morse le labbra trattenendo i gemiti , Jared venne a poca distanza da lei e nascose il viso nell’incavo della spalla di Ariel per soffocare il rumore.
Si alzò dal letto e si avvolse nel lenzuolo per andare in bagno,  fare l’amore con lei era stata la cosa più frustrante  dell’ultimo periodo. Quando si tolse il preservativo notò che era leggermente sporco di sangue, lo gettò e tornò nella stanza di Ariel.
-          Ti ho fatto male- disse serio.
-          Mi hai fatta venire, è andata bene lo stesso- disse lei evasiva.
-          Potevi dirmelo che…-
-          Ci siamo divertiti Jared, era quello che volevamo, non siamo due fidanzatini del cazzo, volevamo fare sesso ed è quello che abbiamo fatto. Spegni la luce voglio dormire- disse Ariel coprendosi e voltandosi verso la finestra.
Jared raccolse le sue cose e uscì dalla stanza di Ariel. Si sedette sul suo letto e sospirò, lei era troppo diversa dalle altre, lei non cedeva, non concedeva agli altri neppure una minima parte di se stessa, doveva tutto restare a distanza.
Ariel restò sdraiata a guardare la luce del giorno riempire pian piano la sua stanza, Jared le aveva fatto male, ma la verità era che a lei non importava, dolore o piacere non facevano differenza, bastava non sentire, bastava che la portassero a concentrarsi su altro, che la portassero lontana da se stessa, dalle sue paure, da tutto quello che succedeva nella sua vita e che lei non poteva controllare perché dipendeva da altre persone, come la decisione di suo fratello di farsi tre mesi in Australia con Max, non erano mai stati separati così tanto in tutta la loro vita, e in più aveva la sensazione che suo fratello stesse crescendo mentre lei era sempre ferma allo stesso punto, le sembrava di non andare da nessuna parte, di non avere nessun ruolo definito, era brava a fare tante cose, per lei questo voleva solo dire che non valeva veramente qualcosa in niente.
Si alzò dal letto e dopo essersi fatta una doccia scese di sotto a preparare la colazione,  una mente sempre occupata era l’unica cosa che le servisse davvero, se aveva qualcosa da fare, non avrebbe avuto il tempo di pensarci.

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Capitolo 5
*** 5 ***


A volte mi chiedo se gli uomini e le donne siano davvero fatti gli uni per le altre. Forse dovrebbero solo vivere gli uni accanto alle altre e farsi visita di tanto in tanto.
 
-Katherine Hepburn
 
 
Anche gli ultimi giorni trascorsero, Ariel accompagnò il fratello in aeroporto con il padre , Costance e i suoi figli, loro sarebbero partiti due giorni più tardi.
-          Ti chiamiamo appena troviamo la casa- disse Max abbracciandola.
-          Allora non chiamerete mai- sentenziò Ariel facendolo sorridere.
Gan salutò il padre e gli altri poi si avvicinò a lei.
-          Mi mancherai Ari- le disse stringendola forte, Ariel  gli mise le braccia intorno al collo e nascose il viso dietro la sua spalla, inspirò il profumo del fratello e trattenne le lacrime.
-          Anche tu-
-          Quanto bene mi vuoi?-
-          Fino all’ultima fottuta stella della galassia e ritorno- rispose Ariel.
Gan sorrise e si allontanò con Max, non aveva mai visto sua sorella così triste, ma allo stesso tempo non vedeva l’ora di vivere quella nuova avventura con il suo migliore amico.
Quando tornarono a casa Ariel restò chiusa in camera sua per quasi tutto il pomeriggio, voleva metabolizzare il distacco dal fratello con calma.
Ad ora di cena Luca salì a chiamarla e lei scese di sotto.
-          Ariel io e Costance avevamo pensato ad una cosa, Jared e Shannon ora sono in pausa e tu hai sempre detto che ti piacerebbe vedere l’America, ho preso questo l’altro giorno, non ti sto dicendo che devi andare per forza, è solo un’opportunità- disse Luca passandole un biglietto aereo per Los Angeles .
-          Ma, non voglio disturbare Costance con la mia presenza- disse lei.
-          Non staresti da me, io resterò qui con tuo padre ancora per un po’, Jared si è offerto di ospitarti- disse Costance sorridendo al figlio.
-          Si, ho una casa molto grande – disse Jared guardandola.
-          Ci penserò su- disse lei.
-          Non pensarci troppo, partiamo tra due giorni- disse Jared serio prima di bere.
Dopo cena Ariel era seduta sul letto nella stanza del fratello e  rifletteva, si stava chiedendo come mai Jared si fosse proposto ad ospitarla, sentì la porta aprirsi e vide comparire suo padre.
-          Disturbo?- le chiese.
-          Non disturbi mai e lo sai- disse Ariel facendogli segno di raggiungerla.
-          Trovo che ti farebbe bene una vacanza, inoltre mi pare che tu e Jared andiate d’accordo no?- le chiese.
-          Si…ma due giorni sono un po’ pochi per decidere.-
-          Ariel è un biglietto aperto, puoi partire quando vuoi tesoro, anche fra una settimana, un mese, Jared ha detto che per lui non c’è problema- le disse accarezzandole i capelli.
Ariel sorrise al padre e dopo essersi salutati tornò nella sua stanza, pensava che Jared dopo quello che gli aveva detto l’altra mattina se la fosse presa, ma forse si sbagliava non l’avrebbe invitata altrimenti a passare del tempo a casa sua.
Il giorno della partenza di Shannon e Jared arrivò, Ariel aveva deciso di prendersi ancora del tempo per pensare al da farsi, non sarebbe partita con loro quel giorno ma stava seriamente pensando di farlo presto.
Shannon si avvicinò e l’abbracciò forte.
-          Fai in modo di deciderti a venire ok?- le disse sorridendole.
-          Ok…- disse Ariel.
Jared salutò prima la madre e Luca, poi si voltò e la raggiunse.
-          Spero metterai presto le tue chiappe su un aereo, sei una stronza ma mi piaci- le disse dandole un bacio sulla fronte.
-          Buon viaggio Jared- disse Ariel passandogli una copia del libro di Orwell.
-          Vuoi proprio che lo legga- disse sorridendole.
-          È la mia copia in inglese, non la rovinare- disse.
-          Promesso- rispose Jared prima di raggiungere il fratello maggiore.
Ariel tornò a casa con il padre e Costance, fortunatamente quella sera aveva in programma una cena con Alex, aveva davvero bisogno di svagarsi.
Shannon era seduto sul taxi accanto al fratello, non aveva detto quasi nulla per tutto il viaggio, di certo non era un comportamento da lui.
-          A che pensi?- gli chiese.
-          A nulla in particolare-rispose Jared giocherellando con la Triad al collo.
-          Jay….si vede che hai qualcosa per la testa- disse Shannon.
-          Ho scopato con Ariel- gli disse.
-          Cosa? Ma sei scemo? Potrebbe diventare nostra sorella- disse Shannon.
-          Shan piantala non sei convincente, te la scoperesti anche tu- sentenziò serio.
-          Probabilmente si.- ammise infine – come mai pensi a lei?- aggiunse.
-          E che ne so…..mi ha colpito, mi piace come pensa, come scopa è piccola ma brava, ma soprattutto mi piace come pensa, ha un modo di vedere il mondo che ti fotte il cervello- disse Jared.
-          Ti piace perché ti somiglia….- disse Shannon.
-          È possibile, ma è davvero incasinata, forse troppo- ammise Jared.
Shannon gli sorrise, nei giorni che avevano trascorso con Luca e i gemelli in Italia si era fatto anche lui un’idea sui due ragazzi, Ariel era decisamente la più incasinata dei due, e non era affatto convinto che sarebbe stato positivo per Jared incasinarsi con una come lei, Ariel gli piaceva ma la trovava anche troppo simile al fratello, era convinto che due persone così insieme, potessero solo significare casini a non finire.
Ariel era seduta sulla vasca nel bagno di Alex, erano passate circa due settimane da che Gan era partito , si sentivano ogni due giorni, lui le parlava di tutte le cazzate che stava combinando con Max, e lei gli raccontava poco o niente, la verità era che si annoiava a morte da sola.
-          Sicura di volerli anche tagliare allora?- le chiese Alex facendola tornare sulla terra.
-          Si, me li fai arrivare qui- disse Ariel facendole segno con la mano sopra il seno – e mi fai la frangia- aggiunse sorridendole.
-          Ok- disse Alex sorridendo.
-          Perché sorridi così?-
-          Sei carina con questo colore di capelli, sopra biondo cenere, il tuo colore naturale, e sotto pervinca, mi piace- disse Alex iniziando a tagliare.
-          Grazie. Sai stavo pensando di andare a Los Angeles, ma non sono sicura…-
-          Per me dovresti partire, credo ti farebbe bene vedere un posto nuovo- le disse Alex prima che lei finisse la frase.
Ariel le sorrise, Alex era sempre stata favorevole alle partenze, diceva che per crescere dovevi viaggiare tanto, perché attraverso le difficoltà dei viaggi si imparava a capire i propri limiti, si cresceva.
Passarono ancora un paio di giorni poi Ariel decise di parlare col padre della sua decisione di partire e accettare l’offerta di essere ospitata da Jared.
Luca accolse questa sua decisione molto felicemente, era davvero soddisfatto  del fatto che la figlia avesse deciso di sfruttare questa occasione ,insieme a Costance chiamarono Jared e lo informarono del fatto che lei sarebbe arrivata in un paio di giorni a Los Angels.
Jared posò il cellulare sul tavolo dello studio, si era ormai convinto che lei non volesse venire.
-          Così avrai compagnia- disse Shannon che aveva seguito la conversazione tra lui e la madre.
-          A quanto pare….- disse lui serio.
-          Non sembri entusiasta-
-          Perché non lo sono, probabilmente ho agito troppo di impulso invitandola qui, e poi mi ero ormai convinto che non sarebbe venuta….- disse Jared.
-          La mamma ti ha detto quanto resterà?-
-          Un mese- rispose Jared.
-          Passerà in fretta dai- disse Shannon, sorridendo al fratello, si era probabilmente reso conto, che il fatto di essersi trovato bene con lei , ma soprattutto il fatto che lei fosse così restia ad aprirsi lo avevano fatto intestardire e lo avevano spinto a volerla capire, ormai lo conosceva, Jared voleva sempre “capire” tutto e tutti, in più c’era da dire che quella ragazza era così simile a lui, al vecchio lui, il ragazzo di vent’anni che diceva di non provare sentimenti per nessuno e forse davvero non lo faceva. Ma Shannon sapeva bene tanto quanto lui, che ora era cambiato, c’erano state cose che lo avevano cambiato, aveva iniziato ad usare la musica come strumento per mettersi a nudo, la musica era una cosa che Ariel e Jared avevano in comune, entrambi scrivevano, ma lei  stava un passo avanti al fratello, aveva 15 anni in meno e già scriveva come Jared aveva iniziato a fare solo negli ultimi 6 anni, Shannon pensò che Jared volesse solo arrivare a capire come lei avesse fatto.
Ariel a parere di Shannon era la copia del fratello, ma con un vuoto molto più grande dentro, lui non era il tipo che analizzava le persone come Jared, ma l’aveva osservata, come si rapportava col padre, col fratello, con gli amici, era gentile e disponibile certo ma sempre distaccata, quando il fratello l’abbracciava si poteva notare una sorta di imbarazzo in lei come se non sapesse rapportarsi con le dimostrazioni d’affetto, come se volesse tenerle a distanza, stava indubbiamente pagando l’assenza dell’amore di una madre nella sua vita e questo era tremendo, lui e Jared avevano la madre e avevano avuto anche delle figure paterne nel corso degli anni, Ariel e Logan da quanto ne sapeva erano cresciuti solo con Luca, non si era mai messo con nessuna donna prima di sua madre da che gli era morta la moglie.
Jared richiamò l’attenzione di Shannon e lui smise di pensare alla vita difficile che Logan e Ariel avevano dovuto affrontare.

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Capitolo 6
*** 6 ***


Sometimes I feel so - I don’t know - lonely. The kind of helpless feeling when everything you’re used to has been ripped away. Like there’s no more gravity, and I’m left to drift in outer space with no idea where I’m going.
- Haruki Murakami
 
 
 
Ariel si fece lasciare dal padre davanti all’entrata dell’aeroporto , lui la salutò e la aiutò con la valigia.
-          Vi chiamo appena atterro a Chicago per il cambio di volo- disse Ariel.
-          Non perderti al gate , ti prego- disse Luca facendola sorridere.
-          Ci proverò, ciao Costance- disse abbracciandola.
-          Appena sarai a Los Angeles questa giacca non ti servirà più- le disse.
-          Lo immaginavo- disse Ariel prima di sparire dietro le porte scorrevoli dell’entrata.
Il volo fino a Chicago, fu tranquillo, passò le due ore d’attesa per il volo di Los Angeles, a magiare e sfogliare riviste internazionali, non lo voleva far notare ma era molto nervosa, quello era il suo primo viaggio completamente da sola, aveva paura di sbagliare tutto.
Quando fu il momento prese il suo bagaglio a mano e si diresse al gate, era a pezzi e non vedeva l’ora di riposare un po’.
Jared era seduto su una delle poltroncine blu degli arrivi, il volo era in orario, finalmente vide arrivare i primi passeggeri e si mise ad aspettarla.
Quando anche l’ultima famigliola aveva riabbracciato la zia appena scesa iniziò a preoccuparsi, “ dove cazzo è finita” pensò cercando il suo numero sul cellulare.
-          Lascia stare il cellulare sono qui- disse Ariel.
-          Ma dov’eri?- le chiese, notando il suo cambio di look, quel colore le donava parecchio, le risaltava il verde degli occhi.
-          A litigare con quelli dello smarrimento bagagli, mi hanno mandato la valigia a Portland, sono senza vestiti , senza medicine, cazzo che sfigata che sono…- disse stringendo i pugni, le stava venendo da piangere.
-          Ariel, sei stanca, andiamo a casa, vedrai che entro un paio di giorni la valigia arriva- disse Jared sorridendole, si sentiva estremamente protettivo con lei in quel momento, gli aveva ricordato la prima volta che aveva messo piede a Los Angeles, con solo 500 dollari in tasca, quando l’aveva guardata aveva visto in lei lo stesso sguardo smarrito.
Ariel mise lo zaino sul sedile posteriore e poi si sedette accanto a lui, non appena si appoggiò allo schienale del sedile sentì il peso di tutte quelle ore di veglia, era stanchissima.
-          Che ore sono?- chiese a Jared.
-          Le due del pomeriggio-
-          Solo?-
-          Lo so, il jetlag è una brutta storia, ma ti ho già preparato il letto e potrai dormire tutto il pomeriggio per recuperare un po’-
-          Grazie, Jared- disse Ariel sincera.
Lui le sorrise un attimo poi si voltò nuovamente verso la strada.
Quando parcheggiò l’auto davanti casa, Ariel si era addormentata, spense il motore e la scosse leggermente per svegliarla.
Lei aprì gli occhi e dopo essersi stiracchiata diede uno sguardo alla casa che aveva difronte a se, la casa di Jared era enorme.
-          Tu vivi qui?.....cioè che domanda idiota, con tutti i soldi che hai era ovvio che avessi  una casa fighissima ed enorme- disse Ariel.
-          Per il prossimo mese, ci vivrai anche tu, dai ti faccio fare un giro della mia casa fighissima ed enorme- le disse.
La fece accomodare e dopo averle mostrato la sua stanza, le fece vedere il giardino, lo studio e il bagno che le aveva riservato.
Ariel si fermò ad osservare le foto di lui e Shannon da piccoli che aveva alle pareti.
-          Vostra madre non è cambiata di una virgola, è davvero una donna bellissima- disse guardandolo.
-          Hai ragione- disse- stai bene con questo colore di capelli- aggiunse spostandole una ciocca da davanti agli occhi.
-          Volevo cambiare- disse lei stringendosi nelle spalle e sbadigliando.
-          Vorrei andare a dormire….ma ho solo questi vestiti- aggiunse seria.
-          Vieni di sopra ti presto qualcosa, domani magari andiamo a fare shopping,  così avrai dei vestiti finchè non ti arriva la valigia-
-          Shopping? Jared io non ……-
-          Non ti preoccupare, pago io-
-          No , non posso accettare, mi ospiti, i vestiti, no davvero…-
-          Almeno l’intimo, quello non te lo posso prestare- sentenziò infine Jared.
-          Va bene- rispose Ariel, concordando con lui, dell’intimo aveva bisogno.
La lasciò andare a riposare dopo averle dato qualcosa di comodo con cui dormire.
Jared passò nello studio tutto il pomeriggio, verso ora di cena decise di andare a svegliarla per chiederle se volesse magiare qualcosa in particolare.
Entrò nella stanza e la osservò , le aveva dato dei pantaloni da tuta e una sua vecchia canottiera, il reggiseno le sporgeva fuori di parecchio e a lui tornò in mente la notte passata con lei, si sedette sul bordo del letto e le accarezzò un braccio.
-          Tieni le mani a nord dell’equatore Jared- disse lei aprendo gli occhi.
-          Oh sei di nuovo te stessa, che bello. Che vuoi da mangiare?-
-          Qualsiasi cosa, ho una fame da lupi- disse Ariel sollevandosi a sedere  e guardandolo.
Jared le fece segno di seguirlo in cucina.

Ariel aprì il frigo e si mise a preparare qualcosa per entrambi,  aveva un’amica vegana, quindi sapeva come muoversi in cucina ,con quegli assurdi ingredienti.
Non appena fu tutto pronto lo portò in tavola e si sedette a mangiare davanti a lui.
-          Allora, ho letto delle cose interessanti su di te in giro per il web- disse Ariel guardandolo.
-          Non tutto quello che gira sul web è la verità- rispose Jared evasivo.
-          Mh….si ,non tutto….- disse Ariel versandosi altra acqua.
-          Che cosa hai letto?- le chiese Jared, incapace di trattenere la curiosità come un bambino.
-          Dunque vediamo, ho letto che ti piace fare sesso spinto, quello senza baci e carezze, ma che con le tue fan sembri sempre portare la maschera del principe azzurro…. Sono un po’ confusa, quando l’abbiamo fatto noi, sembravi preoccupato davvero…- disse Ariel.
-          Dove vuoi andare a parare Ariel?- le chiese alzandosi per mettere i piatti nel lavello.
-          Da nessuna parte, era solo un appunto, sei cambiato molto negli anni se sei passato dal cattivo ragazzo egoista, all’uomo di quarant’anni sostenitore di Obama , del biologico, abbraccialberi alternativo del cazzo, ti piace essere considerato una brava persona, vero?-
-          Sei stanca, diciamo che sei ancora stanca, non ho voglia di litigare con te- disse lui scocciato dal suo comportamento  e dalle sue insinuazioni, sembrava che lo volesse provocare che volesse litigare con lui a tutti i costi.
-          Puoi sempre rispedirmi a casa- disse lei mettendo i bicchieri a lavare e voltandosi verso di lui.
-          Ti piacerebbe….- le disse all’orecchio.
Ariel tornò in camera sua dopo averlo aiutato a ripulire tutto, era stanca, incazzata, le era piaciuto leggere del vecchio lui, era come lei, una volta Jared era la sua copia sputata, era con quello stronzo egoista che voleva passare le prossime settimane, non con il nuovo Jared bacchettone di facciata che però girava video come Hurricane.
Jared era nella sua stanza, da alcune ore, come sempre non riusciva a riposare bene, si era messo a rivedere vecchie foto e vecchi video del suo primo periodo come cantante, quando era ancora la persona di cui lei aveva parlato quella sera. Sentì la porta del bagno chiudersi e andò a vedere.
-          Ciao- le disse quando la vide uscire ancora assonnata.
-          Jared…- disse lei facendo per sorpassarlo.
-          Mi spieghi cosa non va nel “nuovo” me?-  chiese trattenendole il braccio.
-          Sei come tutti gli altri….- disse lei.
-          Io non sono come tutti gli altri- sbottò Jared.
-          Si, lo sei, la cresta rosa o girare con le pantofole non fanno di te uno figo, sei solo uno dei tanti che si vuol far notare, perché ti piace sentirti dire quanto sei bravo, quanto sei bello, quanto sei acculturato…..ma ti è rimasta una cosa del vecchio te, ami il suono della tua voce, più di ogni altra cosa al mondo, sbaglio?-
-          Sei solo una ragazzina impaurita, sei cresciuta senza una madre e mi dispiace, ma sei solo una piccola stronza che gioca con i sentimenti degli altri per paura che essere se stessa la farebbe sentire meglio di quanto lei non pensi, sei intelligente Ariel, chi può negarlo, ma sei sola, scommetto che piangi la notte nel tuo letto, chiedendoti “qualcuno si accorgerà mai di quanto io in realtà sia debole?”….si Ariel, qualcuno se n’è accorto, ci vuole un infelice per riconoscerne un altro- le disse serio.
-          Non ti permettere mai più, di parlarmi come se  mi conoscessi- disse lei stringendo i pugni e superandolo per tornare nella sua stanza.
-          Sarà un lunghissimo mese….- disse Jared sospirando prima di scendere nello studio.
Ariel si buttò sul letto soffocando le lacrime nel cuscino, se l’era andata a cercare, non poteva certo biasimarlo, era davvero arrabbiata, e come se non bastasse non aveva nulla per calmarsi con se, si avvolse nel lenzuolo e cercò di addormentarsi.
Il mattino seguente Ariel si svegliò alle prime luci, si tolse i vestiti di Jared che aveva usato per dormire e si rimise i suoi, quando scese in cucina, lo trovò intento a prepararsi una tazza di cereali.
Aprì il frigo, ci aveva visto un kiwi la sera prima e li adorava.
-          Posso?- gli chiese prendendolo in mano.
-          Ma certo- rispose Jared appoggiandosi al mobile della cucina e affondando il cucchiaio nella sua ciotola di cereali.
Ariel sbucciò il frutto e si mise a mangiarlo in silenzio davanti alla finestra.
-          Ho fatto una lista delle cose che mi servono, basta solo che mi lasci nel primo centro commerciale o che mi presti la macchina, come preferisci- disse una volta finito di mangiare.
-          Avevo detto che ti accompagnavo e lo farò- le rispose.
-          Come ti pare- disse Ariel uscendo dalla cucina e andando a sedersi su una delle poltrone del soggiorno che davano sul giardino.
Jared andò a prepararsi e la raggiunse fuori una volta pronto.
-          Andiamo dai- le disse con le chiavi dell’auto in mano.
Raggiunsero il centro commerciale senza scambiare nemmeno una parola, Jared parcheggiò e scesero per entrare, si era come sempre munito di occhiali e cappello per evitare seccature, amava i suoi fan, ma era una persona e come tale aveva anche bisogno di condurre una vita normale ogni tanto.
Ariel vide uno sportello per bancomat e prima che lui potesse dirle qualsiasi cosa andò a prelevare.
Lui la raggiunse e aspettò che finisse, non gli sembrava il caso litigassero anche per chi doveva pagare cosa.
-          Cosa dobbiamo prendere?-  le chiese.
-          Poca roba, spazzolino, dentifricio, shampoo, bagnoschiuma, assorbenti, antidolorifici e biancheria intima-  disse lei.
-          Dentifricio, shampoo e bagnoschiuma non importa che li compri,  puoi usare uno di quelli che ho in casa- le disse.
-          Si, se non è un problema ok-
-          Non è un problema- la rassicurò.
Presero quello che serviva nel reparto dell’igiene personale, e dopo aver pagato, cercarono un negozio di intimo.
Entrarono nel primo e Ariel si mise a guardare alcune cose, erano belle ma per lei costavano un po’ troppo, aveva in mano un completo verde scuro molto semplice, le piaceva ed era anche della sua taglia, ma costava un po’ troppo per i suoi gusti, lo rimise a posto e fece per uscire.
-          Mi sembrava ti piacesse- le disse Jared sottovoce.
-          Costa troppo- rispose lei.
-          Ma non dire cazzate….- fece lui sospirando, prese il completo e lo portò in cassa.
Ariel lo raggiunse, odiava che gli altri facessero le cose al suo posto, specialmente se lei aveva deciso di non volerle fare.
-          Ne avete altri, modelli simili intendo- disse Jared alla commessa.
-          Si certo- la ragazza prese a mostrargli quello che aveva, Jared diede una rapida occhiata, da quello che aveva capito di lei, non le piacevano i colori chiari, si fece dare anche un completo nero e uno rosso scuro, poi pagò tutto con la sua carta.
Le passò la busta e uscirono, Ariel era arrabbiata, ma le piaceva quello che aveva scelto, lo raggiunse e fece per allungargli i soldi.
-          Ti piace quello che ho scelto?- le chiese.
-          Come?....- disse guardandolo interdetta con le banconote ancora in mano.
-          Dimmi solo se ti piace-
-          Si..-
-          Perfetto, siamo pari. Metti via quei soldi- le disse.
Ariel rimise via le banconote, non era certa di cosa fosse stato quel gesto per lui, forse il suo modo per scusarsi di quello che si erano detti la notte precedente.

Tornarono a casa e non si videro per tutto il giorno, Ariel fece due passi fuori subito dopo pranzo, dato che lui era impegnato con Emma e a lei non andava di stare in casa, aveva bisogno di uscire, aveva sempre bisogno di uscire, nel corso della sua adolescenza aveva passato più tempo fuori casa di chiunque altro, pub, casa di amici, dormite nel parco di notte, le bastava stare fuori, non dover rendere conto a nessuno di quello che faceva o non faceva.
Rincasò alle nove di sera passate, come al solito aveva scordato il cellulare sul comodino, non era il tipo di ragazza che viveva in funzione della tecnologia.
-          Cosa te ne fai di un cellulare se lo lasci sul tavolo della cucina e stai fuori per sei ore, in una città che non conosci?- disse Jared non appena la vide entrare in soggiorno.
-          Scusa mamma, me lo scordo spesso il cellulare, chiedi a mio padre se non ti fidi..-rispose Ariel.
Jared sbuffò e sparì in un’altra stanza, lo vide tornare poco dopo con indosso una giacca elegante.
-          Io esco, non so a che ora torno- le disse prima di uscire dalla porta.
-          Buona serata anche a te….- sospirò Ariel, prima di salire in camera sua.
Notò la sua valigia accanto al letto con un post –it sopra, “ l’hanno riportata mentre eri fuori”, l’aprì e si mise a sistemare i vestiti nei cassetti.
Trascorse un po’ di tempo a guardare film sul suo pc, seduta sul letto, poi stanca e annoiata decise di farsi un tour della casa privato, passò praticamente un’ora e mazza a farsi gli affari di Jared, leggendo e curiosando tra tutto quello che trovava in giro non custodito, vide il libro che gli aveva dato prima di partire posato accanto al suo letto, si chiese se lo avesse letto oppure no.
Si sedette sul divano in salotto e diede un’occhiata a quello che la circondava, davanti a lei c’era l’impianto stereo più bello che avesse mai visto, prese il suo mp3 e lo collegò ad esso.
-          Vediamo cosa sai fare questo gioiellino…- disse alzando il volume di “old time rock and roll”, sorrise tra se nel sentire la voce di Bob Segar riempire la casa, un omaggio a Risky business  era d’obbligo pensò andando a prendere la camicia di suo fratello dall’armadio di sopra.
Il canto in playback nel soggiorno di Jared ovviamente non si limitò alla sola canzone di Bob Segar, Ariel si lasciò completamente andare, infondo era in vacanza, in una casa da sogno, a Los Angeles.
Jared uscì dallo chateau marmont e come al solito venne investito da una valanga di Flash e persone che lo chiamavano, per una foto, un autografo, quella era Hollywood, tutti volevano in pezzo di te, salutò gli ultimi fan con un sorriso piuttosto freddo e salì in auto con Jamie.
Jamie lo lasciò davanti a casa e ripartì, Jared sentì la musica alta ancor prima di aprire la porta, si chiese cosa stesse combinando Ariel, aprì la porta ed entrò.
Ariel era in piedi sul divano nuovo, con in mano una spazzola e cantava in playback ad occhi chiusi “ wanted dead or alive” , l’intera scena lo rimandò con la mente ad un film che aveva visto parecchie volte in passato “risky business”, sospettò che lei si fosse ispirata ad esso, i calzini bianchi, la camicia aperta sul davanti che lasciava intuire l’assenza del reggiseno e gli occhiali da sole.
Spense lo stereo e Ariel si voltò finalmente verso di lui.
-          Ciao…- disse guardandolo e scendendo dal divano.
-          Vedo che hai trovato i tuoi vestiti…- le disse indicando la camicia che indossava.
-          Si….beh adesso vado eh?- disse prendendo l’mp3 dalle mani di Jared.
La osservò chiudersi i bottoni della camicia e salire le scale, era una ragazza molto strana chi poteva negarlo? Ma gli piaceva averla intorno, anche se non era sempre gentile e carina, andò in cucina a prendere da bere e poi si mise nello studio a finire alcune cose prima di provare a riposare le restanti ore della notte.

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Capitolo 7
*** 7 ***


Ciò che conta non sono gli uomini nella mia vita, ma la vita nei miei uomini.
 
-Mae West
 
 
 
Anche la seconda settimana era passata, Ariel gli aveva chiesto se poteva usare l’auto e lui aveva acconsentito, la vedeva uscire la mattina con in mano la lista delle cose da vedere quel giorno e rincasare la sera per ora di cena, non le stava dedicando molto tempo, lei certo non era il tipo che chiedeva attenzioni ad ogni costo ma diciamo che lui non si stava sforzando.
Ariel era seduta sul divano con in mano una birra e il pc sulle gambe, stava cercando di capire come arrivare all’ Hollywood bowl , quella sera suonavano i Guns ‘n Roses  e lei si era procurata il biglietto, ora le restava solo da capire come arrivare.
-          Birra a colazione?- le disse Jared.
-          Si, sono una cattiva ragazza lo sai…- rispose lei senza staccare gli occhi dallo schermo del pc.
-          Che fai?-
-          Cerco di capire la strada più breve per arrivare in un posto…- disse evasiva.
-          Che posto?-
-          Mhhh….quante domande Jared… come mai tanto interesse per me oggi?-
-          Non ho nulla da fare….-
-          Dormi, ne avresti bisogno- disse Ariel.
-          Credo che restare qui  a darti sui nervi mi piaccia di più- le rispose.
Ariel non aggiunse altro e continuò a cazzeggiare sul pc.
Jared si mise alle sue spalle e sbirciò quello che stava facendo.
-          Posso portarti io all’Hollywood bowl- le disse.
-          Si….e poi resti come un coglione ad aspettare in macchina che il concerto sia finito-
-          No, si da il caso che anche io vada al concerto stasera, a quanto pare abbiamo gusti musicali simili- le disse.
-          Sono un tripudio di gioia per questa notizia….- disse Ariel sarcastica.
-          Fingerò di non aver notato il sarcasmo che hai instillato nella frase, solo perché sei mia ospite…-
-          Grazie…- disse lei alzando il sopracciglio.
Posò il pc sul tavolino davanti a lei e si alzò per buttare la bottiglia vuota, Jared la seguì con lo sguardo, si era reso conto che tutto quel sarcasmo gratuito era solo dovuto dal fatto che una parte anche se pur piccola di lei si sarebbe aspettata che lui la coinvolgesse nelle sue attività, non erano mai neppure usciti a prendere un gelato insieme.
-          Ti va pranzare fuori?-le chiese.
-          Dove?-
-          Se te lo dico mi perdo la tua faccia quando lo scopri- le rispose sorridendo.
-          Ok simpaticone- disse Ariel, in un certo senso era felice che passassero un po’ di tempo insieme, le piaceva stare sola, ma nelle ultime due settimane lo era stata forse un po’ troppo, si era vista quasi tutta Los Angeles da sola, lui era sempre impegnato con Emma o altra gente, non che lei si aspettasse che le dedicasse tutta la sua giornata ma neanche solo il “buongiorno” e “buonasera” che si scambia con qualunque vicino di casa.

Ariel salì di sopra con il pc e chiamò Gan su skype per sentire come se la cavavano lui e Max dall’altra parte del mondo, le mancava terribilmente suo fratello, non era ancora stata al Whisky a go go, era come se non riuscisse ad andarci da sola, era sempre stato il sogno di entrambi, ma era consapevole del fatto che suo fratello l’avrebbe uccisa se avesse disertato quella visita solo perché non erano insieme.
Finita la chiaccherata con il fratello posò il pc e cercò Jared.
-          Non è un cazzo di ristorante vegano vero?- chiese Ariel facendo capolino nello studio.
-          No , Ariel, niente cose da abbraccialberi….-
-          Ma….-
-          Credi che non sappia come mi chiami quando parli di me con Gan….-
-          Devo imparare a chiudere la porta. Detto ciò mi vesto…- disse Ariel lasciandolo solo.
Salì di sopra e si mise a spulciare tra i cassetti alla ricerca di qualcosa alla fine optò per un paio di blue jeans a sigaretta e una camicia da uomo azzurra che fermò con una cintura in vita, mise i suoi anfibi neri e lasciò i capelli sciolti, prese la borsa e scese di sotto.

Restò ad aspettare Jared per alcuni minuti seduta in salotto, era l’unico uomo che conoscesse con un ego più grande di lui, passava le ore a tenersi in ordine e a prepararsi per uscire, quando lo vide scendere le scale dovette però ammettere almeno con se stessa che tutto quel lavoro maniacale dava i suoi frutti, avrebbe fatto volentieri un altro giro sul caro Leto Junior.
-          Tutto ok?- le chiese Jared notando che lo stava guardando insistentemente.
-          Stai alla grande- disse Ariel.
-          Lo so- rispose lui facendo il saccente prima di infilare gli occhiali da sole.
-          Andiamo?- le chiese voltandosi a guardarla.
-          Aspetta…- disse Ariel prendendo i suoi Ray Ban e indossandoli- ecco ora sono bella e dannata proprio come voi di qui….Dio avete sempre tutti l’aria di quelli importanti con questi addosso , anche il più deficiente qui sembra un pezzo grosso- disse lei scherzando.
Lui le sorrise e la fece uscire per prima.
Guidarono per un po’ senza dirsi molto, lei era impegnata a cercare di capire dove stessero andando a forza di girare da sola in auto alcune strade aveva imparato a conoscerle.
-          Siamo sul Sunset!- esclamò lei quando Jared svoltò una seconda volta.
-          Brava!- le disse imboccando una laterale.
-          Porca vacca troia zozza, ho capito dove andiamo- disse Ariel prima di trovarsi a pochi metri dallo Chateau Marmont.
-          Linguaggio Ariel, linguaggio- le disse ridacchiando.
-          Ma stai zitto, l’altro giorno eri al telefono con non so chi e sembravi uno scaricatore di porto, con tutti quei fanculo questo, ciucciami quello, fottiti e…- Jared la interruppe posandole un dito sulle labbra.
-          Ho capito, ti piace giusto?- le chiese senza muovere il dito dalla sua posizione.
Ariel annuì e lui sorrise, era contento di aver fatto centro nella scelta di portarla a mangiare li.
Entrarono e si diressero alla reception.
-          Leto per due- disse Jared.
-          Certo, Tom vi accompagnerà al tavolo- disse il maitre.
Jared e Ariel seguirono il cameriere al loro tavolo, e dopo una breve scorsa al menù ordinarono, Jared prese un’insalata di patate, mentre Ariel una cesar salad.
-          Prendiamo anche due di questo- aggiunse Jared indicando un dolce sul menù.
Il cameriere annuì e li lasciò soli.
-          E se il dolce che hai scelto non mi dovesse piacere?- gli domandò Ariel.
-          In quel caso io ne avrei due porzioni- le rispose risoluto facendola sorridere e scossare la testa.
-          Che dolcezza…- disse Ariel giocherellando con il fiore finto che faceva da centro tavola.
Jared prese il cellulare e si mise nuovamente a rispondere a mail e altre cose, Ariel non sopportava che due persone sedute ad uno stesso tavolo non si parlassero a causa del cellulare, prese l’mp3 dalla borsa e si mise ad ascoltare la musica osservandolo a braccia conserte.
Jared mise da parte il cellulare e le sfilò un auricolare.
-          Che hai?-
-          Nulla, non volevo disturbare il tuo rapporto con quell’arnese così mi sono dedicata alla mia relazione con il mio mp3…- disse Ariel.
-          Sei la prima ragazza così giovane che odia la tecnologia-
-          La odio, nel momento in cui io sono davanti ad una persona e quella passa più tempo a considerare i bisogni di un oggetto inanimato piuttosto che parlare con me…-
Il cameriere portò loro quanto avevano ordinato e si allontanò di nuovo.
-          Allora di cosa vuoi parlare?- le chiese.
-          Non lo so, di quello che vuoi….- disse Ariel iniziando a mangiare.
-          Parliamo di te-
-          Cosa vuoi sapere?-
-          Tutto…- disse Jared guardandola negli occhi serio.
-          Mh tutto…sai già praticamente tutto di me, conosci mio padre, mio fratello, sai dove vivo, persino la mia taglia di reggiseno…cos’altro potresti voler sapere?- disse lei.
-          Parlami di Rising star, per chi l’hai scritta?-
-          Non lasci mai perdere vero?- disse Ariel prendendo un sorso d’acqua.
-          No, se una cosa mi interessa davvero…- rispose serio.
-          Parla di me e Alex, quando l’ho conosciuta ero appena uscita dal liceo, avevo appena scoperto il sesso, se te lo stai chiedendo si, ho perso la verginità tardi rispetto alla media delle altre ragazze..-
-          Anche io, ma poi ho recuperato- disse Jared malizioso.
-          Comunque, con lei stavo bene, era tutto nuovo per me, è stata la prima donna con cui ho fatto sesso, ma pensavo che questo divertirsi e basta fosse ok per entrambe, ma per lei non era così, e io ho iniziato a vedere anche altra gente, lei non mi aveva mai detto che era innamorata, ma una sera lo fece,sai qual è stata la cosa più difficile per me?-
Jared fece no con la testa.
-          Trovare il modo per dirle che non solo non l’amavo, ma trovavo fosse triste che lei si fosse lasciata fregare così dai suoi sentimenti, semplicemente le dissi che non provavo la stessa cosa e finì lì-
-          Trovi che innamorarsi sia così terribile?-
-          Tu no?-
-          Non hai risposto alla domanda Ariel..-
-          Si, perché si tradisce se stessi, si iniziano a fare le cose per il piacere di un’altra persona, li lasciano da parte i propri desideri….. io non mi farei mai questo-
-          Non puoi deciderlo tu- le disse.
-          Oh si che puoi, decidi se richiamare, se rispondere ai messaggi , alle mail, se uscire…. Decidiamo noi, chiunque dica il contrario è un’ipocrita-
-          Quindi tu non ti sei mai innamorata?- le chiese dopo una breve pausa.
-          No, e come vedi sono felice lo stesso-
-          Vedo tante cose in te Ariel, ma una persona felice decisamente no- le disse sincero.
-          Cosa vedi?-
-          Vedo una ragazza con un grandissimo talento per la musica, una buona amica, brava sorella, intelligente, ma vedo anche la ragazza che è cresciuta osservando il padre con il cuore a pezzi per la perdita del grande amore,  vedo la ragazza che respinge tutti per non doversi mai ritrovare come lui un giorno, vedo quella che beve e fuma, quella che ha così poco rispetto per il suo corpo, da non lamentarsi se durante un rapporto sessuale prova dolore…-
Ariel posò con decisione il tovagliolo sulla tavola e si diresse verso l’uscita, pensava che Jared volesse costruire un rapporto con lei, invece non faceva che cercare di analizzarla, e la cosa peggiore era che lo faceva dannatamente bene, riusciva a porla davanti alle verità più scomode del suo essere, la faceva letteralmente a pezzi .
Superò l’auto di Jared parcheggiata fuori e continuò a camminare, doveva assolutamente far sbollire la rabbia prima che per qualche strano meccanismo alchemico, la rabbia si trasformasse in pianto come per tutti gli esseri umani.
Jared pagò il conto e si fece preparare il dolce da portar via, raccolse la borsa di Ariel e salì in auto, uscendo l’aveva vista in fondo alla strada, non conosceva i quartiere quindi era ovvio che non potesse andare troppo lontano a piedi.
-          Sali- le disse accostandosi a lei.
-          Vaffanculo-
Fermò l’auto e scese per cercare di fermarla.
Le prese un braccio facendola voltare e per tutta risposta lei gli diede uno schiaffo.
-          Mi dispiace- le disse.
-           E sai che cazzo me ne frega…- gli rispose lei.
Le lasciò il braccio e risalì in auto, partì lasciandola da sola, in realtà avrebbe solo fatto il giro dell’isolato, ma voleva farle credere che se ne stesse andando così da darle una svegliata  e smuoverla dal suo atteggiamento.
-          Bravo, vai vai a fare in culo, stronzo!- urlò Ariel con tutto il fiato che aveva in corpo.
Si appoggiò ad un muretto e cercò di calmarsi.
-          E adesso che cazzo faccio? Fanculo ,non no neppure il portafoglio…- disse caciando un paio di sassi e riprendendo a camminare.
Jared parcheggiò  alla fine della strada e si mise a mangiare la sua fetta di torta appoggiato all’auto, in attesa che lei lo raggiungesse a piedi.
Quando Ariel lo vide appoggiato alla sua macchina alla fine della strada, le venne quasi da sorridere, era una strana reazione certo, ma la trovò una situazione divertente, lo raggiunse e si mise accanto a lui.
-          Per me niente?- gli chiese.
Jared le prese la sua porzione e le la allungò.
-          Litighiamo come una coppia di sessantenni, te ne sei accorta vero?-
-          Può darsi….ma noi non siamo certo una coppia- disse Ariel.
-          Proviamo ad esserlo per le prossime due settimane- le propose.
-          Mh…molto divertente Jared- disse lei.
-          Non volevo essere divertente, dico sul serio- le disse.
-          Ma perché?-
-          Perché no, cos’hai da perdere?-
-          Ehm….- disse Ariel alla disperata ricerca di una scusa plausibile.
-          I tuoi 5 minuti per trovare una scusa sono appena passati, quindi si fa come ho proposto-
-          Jared, tu potresti avere tutte le donne che vuoi, perché stare con me, non vedo il motivo di stare insieme, se vuoi fare sesso basta che tu lo dica…-
-          Non voglio fare sesso con te, voglio farti cambiare idea, voglio farti innamorare-
-          Tu? Ma per piacere dai….neanche tra mille anni potrei credere che tu creda nell’amore -
-          Potrebbe sorprenderti scoprire in quante cose da ragazzina credo…….- le disse.
Ariel sorrise.
Jared si abbassò a cercare le sue labbra e lei ricambiò il bacio.
 Rimase un attimo interdetto dal fatto che lei lo ricambiasse sul serio, ma voleva credere che infondo lei fosse solo una ragazza a cui serviva essere amata.
Passarono il pomeriggio a passeggiare tra i negozi , poi tornarono a casa per prepararsi per il concerto di quella sera.

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Capitolo 8
*** 8 ***


Ogni donna può raggirare un uomo se vuole e se lui è innamorato di lei.
 
-Agatha Christie
 
 
 
 
 
Erano seduti ad aspettare che il concerto iniziasse, Ariel indossava una vecchissima maglietta che Jared non smetteva di osservare per quanto poco la coprisse.
-          Vuoi una foto? Dura di più sai.- disse Ariel voltandosi a guardarlo leggermente spazientita dal fatto che la guardasse con tanta insistenza.
-          Ma lo sai che sei proprio acida, e poi se ti metti addosso una cosa come questa….- disse toccandole la maglietta.
-          Non puoi stupirti che gli altri ti guardino, che io, ti guardi- aggiunse.
Ariel prese la giacca leggera che teneva sulle ginocchia e la indossò, un po’ perché sentiva freddo e un po’ perché nonostante fosse sicura del suo aspetto non le piaceva essere osservata in quel modo da perfetti sconosciuti.
-          Non ti sarai offesa? Per farmi perdonare magari a concerto finito ti faccio conoscere Axl- disse Jared.
-          No, intendo non mi sono offesa e non voglio conoscerlo- rispose lei.
-          Come mai?-
-          Perché le persone non sono mai come te le immaginavi, insomma preferisco mantenere il distacco necessario dalle star che mi piacciono, perché so già che conoscendoli finiranno solo per deludermi- rispose.
-          Io ti ho delusa? Voglio dire conoscermi ti ha deluso rispetto alle tue aspettative?-
-          No, non avevo aspettative su di te, hai semplicemente confermato quello che pensavo-
-          E cioè?- le chiese.
-          Jared….ne parliamo dopo…- disse Ariel evasiva indicando il palco, dato che il concerto stava iniziando.
Lui non cercò di continuare la conversazione e si mise a godersi il concerto, indubbiamente lei non aveva una grande stima di lui come artista e questo lo infastidiva, era abituato a sentirsi dire che era bravo in tutto ciò che faceva.

Ariel non distolse gli occhi dal palco neanche per un attimo da che iniziarono a suonare, non che Axl stesse fornendo un grande show , anzi , ma voleva evitare scambi di sguardi con Jared.
Il concerto terminò con la vecchia ma pur sempre bella “ Rocket Queen”, Ariel si stiracchiò e si voltò verso Jared.
-          Piaciuto?- le chiese, dato che non era affatto sicuro della risposta, l’aveva vista canticchiare e saltellare per due ore, ma decisamente non gli sembrava soddisfatta.
-          Insomma…- disse lei vaga.
-          Insomma?-
-          Diciamo solo che Axl era molto bello da vedere, vent’anni fa, i Guns erano al 70% la chitarra di Slash e al 30 la sua presenza scenica….quindi se la matematica non è un’opinione di quel gruppo stasera qui non c’era nulla- disse seria.
-          Non ci sei andata giù leggera-
-          Perché dovrei? Ho pagato, ora esprimo il mio parere in base a quello che ho ricevuto, se dovessi dare un voto a questo concerto sarebbe sotto la sufficienza-
-          Fortuna che non fai la critica musicale- disse Jared.
-          Si….-
-          Davvero pensi che Axl Rose avesse solo una bella presenza scenica da offrire? E persa quella ora non sia niente di che?-
-          Di chi stiamo parlando Jared? Di Axl Rose….o di te?-
-          Io non sono solo  bello- disse serio dato che lei lo aveva colpito sul vivo.
Ariel non rispose e abbozzò un sorriso stiracchiato, era ovvio che lui avesse una paura fottuta che quelle parole che lei aveva riservato ad Axl Rose quella sera, un giorno sarebbero state per lui.
-          Devo salutare alcune persone, aspettami in auto-  disse allungandole le chiavi.
Ariel le prese dalla sua mano e si diresse al parcheggio, era certa di averlo in un certo senso offeso ma non le importava poi tanto, non lo aveva mai reputato nulla di più che uno carino che nella vita aveva sfruttato quello che madre natura gli aveva dato, e che ora si nascondeva dietro a falsi talenti, per sentirsi una persona interessante a prescindere dalla sua bellezza.
Si sedette sul cofano dell’auto e si sdraiò a guardare le stelle, una sigaretta ci sarebbe stata benissimo in quel momento, ma purtroppo per lei, Mr. Salute  non voleva che lei fumasse , almeno non finchè si trovava con lui.

Jared salutò i vecchi amici e i conoscenti, nascondendosi dietro il suo ormai collaudato sorriso e occhi dolci, forse quello che lei aveva detto lo aveva infastidito così tanto perché c’era un fondo di verità, lui si era spesso trovato in posizioni favorevoli grazie al suo aspetto, almeno con se stesso doveva ammetterlo.
Tornò verso la sua auto con la mente ingombra di pensieri, sentimenti contrastanti e frustrazione, si chiedeva come mai desse tanta importanza  a quello che gli aveva detto una ragazzina.
La vide sul cofano intenta ad osservare il cielo, alzò lo sguardo per un attimo , ma lo abbassò velocemente, il cielo notturno lo turbava, lo faceva sentire solo, le stelle facevano luce a tutti i suoi rimpianti, gli sbagli, lei invece guardava verso le stelle con il sorriso sulle labbra e lo sguardo fiero, come se fossero le stelle a dover avere paura di quello che lei sapeva su di loro.
-          La smetti di osservarmi , mi metti a disagio- disse Ariel scendendo e andando verso di lui.
-          Ero solo preoccupato che il tuo peso mi rovinasse l’auto- le rispose ritrovando un po’ di sarcasmo.
Lei gli porse le chiavi e salì in auto senza aggiungere altro.
Ariel posò la testa sullo schienale e si mise a guardare fuori, Jared non aveva detto più nulla da che erano usciti dal parcheggio, non era da lui tutto questo silenzio, guardando scorrere il paesaggio fuori notò che quella che stavano facendo non era la stessa strada dell’andata.
-          Non è la strada di prima…- disse sbadigliando e voltandosi a guardarlo.
-          No infatti-
-          Mh….e dove siamo?-
Jared non le rispose e continuò a tenere lo sguardo fisso davanti a lui.
Prese una stradina , che conosceva bene, portava ad uno strapiombo sul mare, ci andava spesso quando voleva restare solo a pensare.
Parcheggiò l’auto e scese senza dirle  nulla.
-          Mi puoi dire adesso dove siamo?- chiese Ariel raggiungendolo.
-          Ti piace qui?- le chiese guardandola negli occhi.
-          Si, è carino, ma non hai risposto alla domanda-
-          Ti piacciono le stelle?-
-          Si….Jared, io non capisco dove vuoi andare a parare, sono le due di notte, siamo chissà dove, e tu mi sembri uno in piena crisi bipolare- disse Ariel.
-          Non sono bipolare, volevo solo portarti qui, ci vengo spesso, mi sdraio e guardo il cielo sopra di me, ma non riesco guardarlo come facevi tu poco fa-
-          Come?-
-          Con il sorriso sulle labbra-
-          Jared, questa cosa da bello e dannato che riscopre la sua sensibilità hai mai funzionato con le altre? No perché…-
-          La vuoi smettere!- sbottò lui facendola sussultare.
-          La smetti di pensare sempre di sapere tutto? Tu non sai niente di me, nessuno sa niente di me….- disse passandosi una mano sul viso.
-          Credi che la mia vita sia sempre stata facile come adesso?-
-          No, so che non lo è stata, ma non puoi nasconderti dietro un padre assente per il resto della tua vita-
-          Tu non sai cosa si prova-
-          Ah no? Mia madre è morta quando sono nata Jared, complicazioni durante il parto, sono andata a rileggermi la cartella di quel giorno, tra le cose di mio padre, ha dovuto scegliere tra la sua vita e la nostra, lei ha scelto noi, sono viva grazie ad una donna che non potrò mai conoscere, potresti convivere con questo? Sapere di aver tolto a tuo padre il grande amore della sua vita, e allo stesso tempo avere la certezza che non sarai mai abbastanza per rimpiazzare la perdita?- disse Ariel seria.
-          Io, non lo sapevo questo, Luca ci aveva detto solo che c’erano state complicazioni-
-          Nessuna complicazione, la complicazione eravamo noi, il suo cuore non avrebbe retto e lei ha fatto una scelta-
-          Mi dispiace-
-          Smettila di dire che ti dispiace, è tutta la vita che la gente dice “mi dispiace “ Jared-
-          Ma non soffri neanche un po’, mi hai appena detto una cosa orribile e non ho visto un solo cedimento in te Ariel, com’è possibile?-
-          Sono un’adulta, io razionalizzo i sentimenti che provo, non mi lascio dominare da loro.-
-          Mi dispiace…- disse lui nuovamente, prendendola tra le braccia e stringendola forte.
Ariel lo lasciò fare, infondo lui stava solo cercando di essere gentile, stava solo cercando di ritrovare un briciolo di reale dolore in mezzo a tutta l’ipocrisia che lo circondava da anni, lei lo compativa, come compativa tutti quelli famosi, facevano  di tutto solo per avere il consenso altrui, solo per essere accettati come modelli a cui ispirarsi ,da una società malata e corrotta.
Sì, lei lo compativa, era solo un uomo di quarant’anni con un bisogno patologico di provare sentimenti reali.

Jared la tenne tra le braccia per alcuni minuti, lei non ricambiò l’abbraccio si limitò a non respingerlo, era li con lui ma allo stesso tempo era lontana, era come se in qualche modo il muro che aveva creato per separarsi dal mondo intero fosse sempre li, a dividerla da tutto e tutti, guardava la vita come si osserva il panorama dal finestrino di un’auto, la osservava scorrere ma non vi prendeva parte.
Si sedettero sull’erba e si misero ad osservare il cielo notturno.
Ariel si sdraiò, chiudendo gli occhi per qualche istante, Jared si mise ad osservarla e quando lei li riaprì lo beccò intento a guardarla.
-          C’è una cosa. che mi viene sempre in mente, ogni volta che ti guardo negli occhi ,Jared- disse
-          Cosa?-
-          È una citazione di uno dei miei scrittori preferiti- rispose voltando nuovamente la testa verso le stelle sopra di loro.
-          E quale sarebbe?-
-          “Quei maledetti occhi mi fottevano sempre. Ci facevo l’amore solo a guardarli.”- disse.
-          Scommetto che sai a memoria anche il seguito….- le disse.
Ariel si schiarì la voce e riprese.
-          “Mi sfuggivano sempre, eppure non smettevo di rincorrerli.
Scuri come la notte, seducenti come serpenti.
Tentavano perfino le più piccole fibre del mio essere. Mi possedevano.
“Aveva il mondo negli occhi”.
Giurai che quegli occhi sarebbero stati miei, che mi avrebbero cercata. Che mi avrebbero guardata come qualcosa di più di uno straccio sporco.
Se qualcuno me l’avesse chiesto, gli avrei confessato che sì, avrei fatto pazzie per avere quegli occhi.
E fu ciò che feci, infatti. “Che stupida.”
A cosa mi aveva portato tentare d’imbrogliare l’amore?
Cosa mi era rimasto? Il mondo che mi scivolava dalle mani.-
-          Non conoscevo il seguito, ma immaginavo che tu lo sapessi a memoria- 
-          Hai mai incontrato qualcuno in vita tua che abbia dato senso ad un brano come questo?- chiese Ariel.
-          Un paio di volte- ammise lui.
-          Chi?-
-          Non mi va di parlarne- disse Jared sistemandosi un braccio sotto la nuca.
-          Ok…dormiamo qui?- chiese Ariel guardando l’orario sul cellulare.
-          Qui?-
-          Si sta bene, no?-
-          Non mi va di dormire per terra-
-          Allora in macchina? Voglio vedere l’alba Jared, deve essere bellissima da qui-
-          E macchina sia-
Jared sistemò i sedili e poi prese un paio di coperte che teneva nel baule da anni, ne diede una a lei e dopo si sdraiò.
Non ricordava neanche l’ultima volta che aveva dormito in auto, gli sembrava una follia farlo, ma non era riuscito a dirle di no, lei era così assurda, proponeva le cose con una tale spontaneità che era difficile non acconsentire.
Si strinse nelle spalle e cercò di prendere sonno.

Le prime luci dell’alba lo svegliarono, si sporse verso Ariel e cercò di svegliarla.
-          Dai Ariel, ho la schiena a pezzi per colpa tua, ora svegliati cazzo- disse scuotendola con maggiore decisione.
Ariel aprì gli occhi e si stiracchiò prima di sollevarsi a sedere.
-          Quanta gentilezza- gli disse guardandolo.
-          Non ho dormito affatto, inoltre ho male ovunque-
-          Eh non sei più adatto alla vita dei giovani…- disse lei canzonandolo.
-          Ma vaffanculo- le rispose scendendo dall’auto e stiracchiandosi nel tentativo di sciogliere i muscoli doloranti.
Ariel si legò i capelli e scese a sua volta ancora avvolta nella coperta con la quale aveva dormito, si appoggiò al cofano dell’auto e si mise a guardare il sorgere del sole, era la prima volta che le capitava di vedere un’alba da principio e doveva ammettere che era una delle cose più belle al mondo.
-          Questa è la prima volta che vedo l’alba sai?- disse voltandosi verso di lui che fissava l’orizzonte a braccia conserte.
-          Buon per te-
-          Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta Jared?-
-          Non lo so, penso di aver fatto tutto ormai-
-           Tutto?-
-          Sì, penso di si-
-          Io per fortuna no. Ho una lista però-
-          Di cosa?-
-          Delle cose che voglio fare –
-          Bene, adesso potrai tirare una riga su questa-
-          Già…. Sai una cosa? Non credo tu abbia fatto tutto-
-          Fidati sono poche le cose che non ho fatto- le rispose prima di andare a sedersi accanto a lei.
Restarono li in silenzio per un po’ ad osservare il sole colorare il cielo sopra di loro, non si dissero nulla, erano entrambi troppo concentrati a vivere quel momento nella loro mente per cercare di condividerlo con l’altro.

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Capitolo 9
*** 9 ***


C’è un filo rosso che unisce chi non si è mai conosciuto, che ci lega a qualcuno che forse incontreremo domani.
C’è un filo rosso che guida e incrocia i nostri destini e ci porta ad amare a prima vista lo sconosciuto che è nella nostra vita da sempre!
(Louis Malle)
 
 
Dal concerto erano passati alcuni giorni, Jared passò distrattamente accanto al calendario nello studio, ma vederlo con la coda dell’occhio lo fece fermare a riflettere sul fatto che in meno di due settimane non l’avrebbe più avuta intorno, lei gli aveva detto che le sarebbe piaciuto andare all’Hollywood Forever, ma non aveva capito se stesse scherzando o se dicesse sul serio, fino a quando il giorno precedente mentre lei si faceva la doccia non aveva sbirciato la famosa lista delle cose che voleva vedere a Los Angeles,  era ormai tutto spuntato, tranne l’Hollywood Forever, il whiskey a go go e la tomba di Bukowsky.
Si passò una mano tra i capelli indeciso sul da farsi, forse lei aveva già deciso quando andare.
-          Posso prendere la macchina?-
La sentì urlare dalle scale.
-          dove vai?-
lei non rispose e lui si sedette sul divano con la chitarra in mano.
-          Scusa non mi piace urlare- disse dopo averlo raggiunto.
-          Neanche a me-
-          Pensavo di andare all’Hollywood forever, lo so, le persone normali non vanno per cimiteri-
-          Le persone normali, ti sei esclusa da sola- le disse.
-          Che simpatico, non mi mancherai per niente – disse Ariel prendendo le chiavi dell’auto che lui aveva posato sul tavolo davanti al divano.
-          Davvero non ti mancherò?- chiese guardandola.
-          Forse un po’, mi mancherai come un gatto credo-
-          Che cazzo vuol dire?-
-          Che sentirò la mancanza della tua presenza intorno a me- rispose.
Lui posò la chitarra stava per dirle qualcosa ma lei si alzò dal divano e lo salutò in fretta prima di sparire fuori dalla porta, lo aveva come al solito anticipato, non gli permetteva mai di capire molto di quello che provasse per lui, sempre ammesso che qualcosa lo potesse davvero provare.

Ariel guidò seguendo le indicazioni del navigatore, odiava quell’aggeggio ma le aveva fino a quel momento permesso di vedere una città sconosciuta in piena autonomia.
Parcheggiò davanti ad un fioraio poco distante dall’entrata del cimitero e decise di prendere un paio di rose gialle, erano per i Ramones, uno dei suoi gruppi preferiti.
Quella mattina il sole stava facendo il suo lavoro più che mai, Ariel si sventolò con la cartina della città che teneva in mano, non avrebbe mai immaginato che potesse fare così caldo in quel periodo dell’anno, vide in lontananza una panchina e decise di sedersi per un po’, non aveva incrociato molta gente nel cimitero e dovendo essere sincera la cosa non le era dispiaciuta affatto, amava passare le ore da sola a passeggiare con la compagnia dei suoi pensieri.
Prese il cellulare dalla tasca dei jeans, aveva due chiamate perse di Jared, sospirò e alzò lo sguardo davanti a sé, vide la bellissima scritta Hollywood troneggiare sulle colline, sia Jared che Shannon le avevano detto che non ci si poteva più andare da anni vicino, ma lei non era mai stata brava a seguire le regole, uno dei suoi desideri era quello di sedersi all’ombra della grande “H” e guardare la città di Los Angeles dall’alto.
Decise di chiamare Jared mentre percorreva la strada per tornare alla macchina.
-          Ciao- disse Ariel quando lo sentì prendere la chiamata.
-          Finalmente, dove sei?-
-          Sto tornando alla macchina-
-          Ok, senti io esco e torno stasera, ti conviene mangiare fuori, in casa non c’è molto- le disse.
-          Va bene..-
-          Buona giornata- le disse prima di attaccare.
Ariel rimise il cellulare in tasca e proseguì il tragitto verso la sua auto.
Guidò per un po’, la macchina di Jared le piaceva molto, era il tipo d’auto che lei non si sarebbe mai potuta permettere in tutta una vita di lavoro, si rese conto di essere a pochi isolati dal Whiskey a go go, decise di fermarsi e andare a vederlo, aveva messo in moto senza decidere dove andare, se si trovava lì in quel momento doveva essere in un certo senso destino.

Fermò l’auto e il suo stomaco brontolò rumorosamente, era da quella mattina che non toccava cibo e non si era fermata un solo istante.
Entrò nel primo supermarket sull’altro lato della strada e prese una bottiglietta d’acqua e dei Jelly Bean , li aveva assaggiati il primo giorno e da allora erano diventanti la sua nuova pietanza preferita.

Attraversò la strada quando vide il locale, era come andare ad un primo appuntamento con l’uomo dei sogni, aveva immaginato quel momento per così tante volte, aveva idealizzato quel posto per anni ed ora era davanti a lei, una donna la urtò mentre si portava la bottiglia d’acqua alle labbra facendola bagnare, Ariel si voltò a guardarla, le avrebbe anche detto di andare a prenderlo in quel  posto ma dopo aver osservata si accorse che doveva averlo fatto parecchie volte, portava sul volto i segni di anni di droga e botulino, era l’emblema della città come tutti in quel posto voleva apparire meglio di quello che non fosse, ma non ci era riuscita nonostante li sforzi, aveva combattuto con il botulino e a giudicare dalla sua fronte non era stata lei a vincere.

Si passò una mano sotto il mento per asciugare l’acqua e si voltò ad osservare il Whiskey davanti a lei , un ragazzo  era seduto sui gradini e cantava con tutta l’aria che aveva nei polmoni “ Sweet home Alabama” cantava come se non ci fosse un domani, era bravo ma cantava comunque sul marciapiedi , Los Angeles era esattamente come se l’era sempre aspettata e  anche peggio, era sul serio la città dei sogni infranti, aveva visto solo tristezza negli occhi di chi la viveva , povero o ricco che fosse, quel posto rubava l’anima a tutti prima o poi.
Decise di andare a sedersi un po’ anche lei sui gradini, il ragazzo smise di cantare quando la vide seduta a poca distanza da lui.
-          Guarda che mi rovini la piazza biondina- le disse avvicinandosi.
-          Resto poco tranquillo-
-          Se devi stare qui, renditi utile, non ho più voce, tu canti e io suono- le disse
-          Chi ti dice che io sia brava?-
-          Non ha importanza se lo sei o meno, questa è Los Angeles il talento non vale più un cazzo da anni- le rispose abbozzando i primi accordi di “knocking on heavens door” .
Ariel si schiarì la voce e iniziò a cantare.
Fecero insieme alcune  canzoni, poi lui rimise via la chitarra e vide quanti spiccioli avevano raccimolato.
-          Questi sono tuoi- le disse allungandole un paio di dollari.
-          Non importa-
-          Si invece, ti sei seduta accanto a me che puzzo di birra e sudore e non ti sei spostata schifata quando ti ho chiesto un po’ delle tue caramelle, inoltre hai cantato, quindi te li meriti-
Ariel prese li spiccioli e li mise in tasca dei jeans.
-          Io sono Liam- disse lui.
-          Ariel- rispose porgendogli la mano.
Lui le sorrise, Ariel pensò che fosse carino, il suo sorriso era bellissimo, aveva il cappuccio di una vecchia felpa tirato sulla testa e si intravedevano i capelli castani, gli occhi azzurri erano tanto belli quanto tristi, si chiese se un giorno anche lei sarebbe potuta finire come lui, a suonare sui marciapiedi per qualche spicciolo.
Lui si rimise a strimpellare con la chitarra e Ariel si appoggiò con la schiena al muro ascoltandolo.
-          È tuo il pezzo?- chiese quando lui ebbe finito
-          Si, ci sto lavorando da parecchio, ma nel motel dove sto ora non vogliono casino, così devo uscire a suonare per forza-
-          Vieni sempre qui?-
-          Si, il mio Motel è qui vicino, a dire il vero stanotte non sono neppure rientrato ero troppo sbronzo, credo di essermi addormentato su una panchina intorno alle quattro del mattino, lavorare in un bar non è buono per uno a cui piace tanto bere come a me- le disse.
Ariel controllò che ora si fosse fatta, erano da poco passate le due del pomeriggio.
-          Devi andare?-
-          No, a dire il vero mi chiedevo se ti andasse di pranzare-
Liam si strinse nelle spalle, Ariel era davvero una bella ragazza le era piaciuta dal primo istante che l’aveva vista poco prima e lui si sentiva uno schifo, non poteva andare a pranzo con lei in quelle condizioni, si maledì per non essere rientrato quella notte.
-          Veramente io, non posso- le disse semplicemente sperando che lei non si offendesse.
-          Ah ok, senti sarò franca con te, ti trovo interessante e mi piacerebbe rivederti, questo è il mio numero- disse Ariel scrivendo il suo numero di cellulare su un pezzetto di carta che aveva trovato nella borsa.
-          Resterò qui ancora poco, a fine mese me ne torno in Italia- disse allungandogli il foglietto.
-          Ti chiamerò- promise Liam guardandola alzarsi.
Ariel non disse nulla, si limitò a sorridergli e poi si allontanò per tornare alla sua auto.

Liam si perse per alcuni istanti ad osservarla camminare , finché non la vide scomparire in lontananza, non era ubriaco in quel momento quindi l’incontro con lei era stato reale, osservò il foglietto con il suo numero che ancora teneva in mano, gli sembrava assurdo, che cosa poteva mai averla spinta a lasciargli il numero, smise di chiedersi il come e il perché di quell’incontro e riprese a suonare. 

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Capitolo 10
*** 10 ***


Sono una donna. Non sono una principessa. Ho emozioni, opinioni, un carattere, una voce molto alta e un gancio destro micidiale.
 
-Anonimo
 
 
 
Erano passati alcuni giorni dall’incontro di Ariel con Liam, lui non l’aveva chiamata e lei sospettava che l’avesse presa per una scema,” infondo chi è che al giorno d’oggi forniva il suo numero ad un perfetto sconosciuto?” pensò.
Jared era appena sceso di sotto, la vide seduta sul divano a strimpellare qualcosa.
-          Ti va di provare nello studio?-
-          Nel tuo studio da migliaia di dollari? Certo, così quando tornerò a suonare nel mio garage mi renderò ancora più conto di quanto la mia vita faccia schifo rispetto alla tua-
-          Sarcasmo Ariel…..- sbuffò Jared.
Lei lo seguì nello studio e iniziarono a provare un po’ insieme.
Inizialmente Jared suonò con lei, andandole dietro con la sua chitarra, poi si mise semplicemente ad ascoltarla, era davvero brava, la sua voce era potente carica di sentimento, non aveva bisogno di correzioni al computer, la stava registrando senza dirglielo.
Ariel finì di suonare e gli sorrise.
Jared spense e fece partire la registrazione cercando il suo sguardo.
-          Mi hai registrata…che stronzo- disse Ariel.
Non gli sembrava arrabbiata , piuttosto incuriosita si mise ad ascoltare attentamente la registrazione accanto a lui.
-          Non mi ero mai sentita prima d’ora- gli disse.
-          No?-
Lei scosse la testa e si legò i capelli.
-          Ti spiace se faccio un altro pezzo?-
-          Vuoi che registri?-
-          Si-
Jared le sorrise e lei si rimise a suonare.
Suonò più di un altro pezzo, suonò per quasi due ore, risentendo ogni volta con Jared e provando a trovare con lui la tonalità giusta, non erano mai stati in sintonia come in quel momento, lui la sentiva finalmente vicina, nella sua testa balenò l’idea di convincerla a provare a incidere un album.
-          Potreste venire a vivere qui e provarci sul serio- le disse.
-          Nah… non credo che avremmo successo-
-          Perché?-
-          Non lo so, sono solo pessimista per natura, amo suonare ma non sono certa che la mia musica possa piacere-
-          Quella sera, quando io e Shan venimmo a sentirvi il locale era pieno di gente, erano lì per voi Ariel, solo per voi-
-          Può darsi-
-          Come può darsi? Hai stoffa ragazzina, non provarci è un insulto per tutti quelli che non possono davvero realizzare i loro sogni-
Ariel si morse il labbro, sapeva che quello che Jared le stava dicendo era vero, sapeva che erano bravi, ma aveva paura di trasformarsi solo nell’ennesimo mostro di Hollywood, tanto trucco e poco cervello.

Jared decise di non insistere oltre e la guardò uscire in silenzio dallo studio.
Ariel prese il pc e dopo aver controllato che ora fosse decise di chiamare il fratello per parlare con lui della proposta di trasferirsi a Los Angeles per provarci sul serio, per tutta la vita non aveva desiderato altro che cantare, ma ora se la stava facendo sotto, ora che si era resa conto che poteva farlo davvero si stava tirando indietro.
Avviò la chiamata su skype e restò in attesa.
-          Hey Ari- disse Max prendendo la chiamata.
-          Ciao, come state?-
-          Tutto bene, aspetta che Gan è appena uscito dalla doccia-
Ariel sorrise nel vedere il fratello che la salutava.
Parlarono a lungo della possibilità offerta loro da Jared, lei li vedeva entusiasti all’idea e si era resa conto che non poteva assolutamente tirarsi indietro, in gioco non c’era solo lei, erano tutti e tre in gioco, era il loro sogno, lei doveva solo crederci come aveva fatto fino a quel momento.
Salutò il fratello e Max poi spense il pc, era quasi ora di cena e Jared stava probabilmente cucinando a giudicare dall’odore di bruciato che le arrivava dalle scale.
Posò il pc sul comodino e scese di sotto per cercare di salvare almeno in parte della cena.
-          Possibile che tu non sappia cucinarti nulla senza incendiare la casa?- disse guardandolo.
-          Simpatica, aiutami dai-
Ariel si mise a pulire e finì di cucinare mentre lui la osservava appoggiato al mobile di cucina.
Lei si sporse verso di lui per prendere del basilico da mettere nel sugo , Jared le sfiorò il braccio e l’attirò verso di sé.
Ariel sapeva bene cosa lui volesse fare, ma non capiva il perché lui si ostinasse tanto nel cercarla , le era parso che fossero entrambi arrivati alla conclusione che non c’era futuro per loro, o almeno, lei era arrivata a quella conclusione.
-          Ti avevo chiesto di provarci, ma tu mi eviti sempre, anche quando siamo vicini , mi sembra che tra noi ci siano km di distanza-
-          Jared…-
Lui la strinse più forte e le baciò il collo, mentre una mano si faceva spazio sotto la sua maglietta, Ariel si sciolse dal suo abbraccio e lo prese per mano portandolo di sopra.

Stavano per entrare in camera di Ariel ma lui la spinse verso la sua stanza, voleva stare con lei nel suo letto, voleva pensare a quel momento le notti che lei non ci sarebbe più stata, si sentiva tremendamente patetico, ma non poteva farci nulla, lei lo aveva preso , non da subito ma piano piano lui aveva iniziato a provare qualcosa per lei.
Quando entrò in lei lo fece con decisione, l’urgenza di sentirsi così vicini lo aveva completamente disarmato.
-          Jared….- gemette Ariel dandogli una pacca sulla spalla, per cercare di farlo rallentare un attimo.
Lui la guardò negli occhi e si fermò, non si era reso conto di essere stato così brusco e violento.
-          Scusa-
-          Non fa niente, solo vai più piano ok?- disse Ariel.
Lui annuì e si abbassò a cercare la sua bocca.
Quando sentì che stava per raggiungere il limite con lei si perse un attimo ad osservarla, lei stringeva il cuscino con le mani e teneva gli occhi chiusi, aspettando solo il suo piacere, non era con lui, non era mai con nessuno, cercava sempre un modo per mettere un muro tra lei e le sue emozioni per renderle il meno reali possibile.

Le baciò una guancia e lei aprì gli occhi, la sentì venire dopo pochi istanti, e sorrise, era riuscito a portarla a vivere quel momento con lui e questo gli era sufficiente.
Si lasciò andare sul lato del letto accanto a lei per riprendere fiato.
Ariel si sollevò e iniziò a rivestirsi.
-          Non ci vuoi neanche provare vero?- le disse.
-          Cosa?-
-          Non puoi restare nel letto con me per qualche minuto?-
Ariel si infilò la maglietta e si rimise a letto accanto a lui, non era adatta per il ruolo che lui voleva per lei, non era e non sarebbe mai stata di nessuno, era una cosa che aveva promesso a se stessa molti anni prima e non sarebbe mai venuta meno a quella promessa.
-          Vaffanculo Ariel- disse alzandosi bruscamente e andando in bagno.
Lei sentì l’acqua della doccia  scorrere e si distese sul letto.

Jared si buttò sotto il getto caldo e cercò di calmarsi, aveva dovuto chiederle lui di restare, lei si sarebbe alzata per tornare di sotto a cenare come se nulla fosse successo, era troppo vecchio per mettersi a pregare una donna di restare, quando sapeva che altre sarebbero rimaste senza problemi ma lui non voleva le altre, voleva lei , la voleva perché quella mattina aveva sentito qualcosa tra loro mentre suonavano, la stessa cosa che aveva sentito dopo il concerto mentre parlavano in auto, lei era qualcosa di speciale e come tutte le cose speciali non era facile arrivarci.
Pensò che lei lo facesse tanto incazzare perché infondo era come lui, una versione femminile di lui, sempre alla dannata ricerca di qualcosa a cui nessuno dei due voleva dare il nome corretto.
Quando rientrò nella sua stanza lei era ancora lì, aveva preso in mano il libro che gli aveva dato quel giorno in aeroporto  e lo stava sfogliando.
-          Lo hai letto?-
-          Mi manca poco- disse strofinandosi i capelli per togliere l’acqua in eccesso.
-          Ok-  disse lei rimettendolo a posto.
Si alzò dal letto e fece per uscire dalla porta ma lui la trattenne.
-          Domani non ho nulla da fare, potrei accompagnarti da qualche parte- le disse.
-          Devo ancora andare a San Pedro, per ….-
-          La tomba di Bukowski- disse Jared finendo la frase.
-          Vado a riscaldare la cena- disse uscendo dalla stanza.
Mangiarono in silenzio, ognuno preso dai suoi pensieri, dopo aver lavato il suo piatto Ariel si mise sul divano a suonare, aveva ancora in mente gli accordi che Liam le aveva fatto sentire giorni prima, si soffermò a pensarci, Liam, era assurdo pensare ancora al loro incontro, ma non riusciva a farne a meno.
Jared si appoggiò al muro e si mise ad ascoltarla a braccia conserte, quel pezzo era nuovo, non le lo aveva sentito provare neanche quella mattina in studio, la vide scrivere velocemente qualcosa su un foglio e poi riprendere da capo.
-          Non riesco a lavorare con te che mi guardi Jay- disse Ariel posando la chitarra su un lato.
-          Mi sembrava stessi facendo un buon lavoro invece-
-          Stavo facendo un lavoro, buono o meno sarà da vedere in seguito-
Jared la lasciò sola e si mise a provare a sua volta nello studio, sapeva bene quanto fosse difficile suonare con qualcuno che ti osserva, anche se ormai a lui questo non dava più alcun fastidio, aveva imparato a condividere la nascita delle nuove canzoni con Tomo e Il fratello.

Il giorno seguente Jared ed Ariel presero la macchina e si diressero a San Pedro.
Jared aveva intenzione di mantenere la promessa che le aveva fatto di portarla a vedere quella tomba .
Una volta giunti a destinazione Ariel scese per prima dall’auto e dopo aver aspettato che lui la raggiungesse si incamminarono.
-          Pensavo fosse Orwell il tuo scrittore preferito- le disse
-          Pensavi male…- rispose Ariel sorridendo tra sé.
-          Hai letto tutti i suoi libri?-
-          Si, tutti in un’estate, quasi non mangiavo e non dormivo tanta era la voglia di sapere cosa sarebbe successo nella pagina seguente, lui aveva un fottuto dono, un talento che pochissimi al mondo hanno, Dio quanto lo invidio-
Jared sorrise e guardò il cielo azzurro sopra di loro, giornate limpide come quella erano  rare a Los Angeles, anche se il sole mancava raramente lo smog ingrigiva spesso il cielo.
-          Eccola- disse Ariel sorridendo.
Si sedette davanti ad essa e sfiorò l’epitaffio “don’t try”, si era ripromessa di seguire quella regola per tutta la sua vita, sia che avesse avuto successo sia che non l’avesse fatto.
-          Sai cosa significa?- disse guardando Jared.
-          Letteralmente si-
-          Lo spiegò in un’intervista del 63 mi pare, “non provare” nel senso di non inseguire l’ispirazione ad ogni costo, aspettarla, anche se quella stronza dovesse prenderti alla sprovvista sul cesso una domenica mattina- disse Ariel.

Jared la osservò non l’aveva mai vista parlare con così tanto trasporto di nessuno, aveva letto qualcosa di Bukowski anche lui ma non gli era parso un granché , forse gli era sfuggito qualcosa che lei invece aveva colto.
-          Sai volevo tatuarmelo sul polso, “don’t try” così da ammonirmi ogni volta che avessi cercato di forzare le cose-
-          E perché non l’hai fatto?-
-          Soldi, non ne avevo abbastanza,  è una motivazione banale, ma è la pura verità-
Jared scosse la testa sorridendo e la aiutò a rialzarsi.
Ariel lo trattenne quando lui cercò di spostarsi dopo averla aiutata e lo abbracciò.
-          Grazie – gli disse.
-          Di cosa?-
-          Te lo dirò quando sarai più grande- rispose lei ridacchiando mentre tornavano alla macchina.
Jared sorrise e le mise un braccio intorno alle spalle, stava iniziando a far pace con il fatto che dovesse prenderla come veniva, forzarla a fare quello che non voleva non aiutava. Era felice che avesse parlato al fratello e a Max della possibilità di trasferirsi per provare a lanciare la loro carriera, e se conosceva bene i maschi di vent’anni a cui veniva proposta la carriera della Rock star, li avrebbe rivisti tutti e tre in poco tempo.

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Capitolo 11
*** 11 ***


Da quando fui stanco di cercare, ho imparato a trovare.
Da quando un vento mi ha fatto resistenza, navigo con tutti i venti.
(F. Nietzsche)
 
 
 
 
Il giorno della partenza di Ariel era alle porte, Jared la osservava parlare con Shannon sul divano di casa, si erano presi bene da principio loro due, Shannon la vedeva come la sorellina che aveva sempre desiderato, sapeva che non voleva altro da lei, lo capiva quando  era interessato in “quel senso” ad una donna e con lei non lo era.

Difficile era dire come Ariel vedesse Shannon, probabilmente come una figura paterna sostitutiva, negli ultimi tempi l’aveva vista accusare la mancanza del padre, spesso si metteva a parlare con Shannon come se lui fosse suo padre, la poca differenza d’età probabilmente aiutava, infondo Luca aveva solo nove anni in più di Shannon, suo fratello aveva sempre avuto la straordinaria capacità di far aprire le persone, specie quelli come lui e Ariel.
Shannon allungò la chitarra a Jared, erano a provare nello studio da parecchio ma il fratello sembrava non riuscire ad entrare nel brano, ne con la voce , ne con la testa.
-          Che succede?-
-          E che ne so, forse dovrei riposare di più la notte- rispose Jared vago.
-          Posso ipotizzare?-
-          No-
-          Ariel- disse Shannon ugualmente sorridendo.
-          Hai scoperto l’acqua calda Shan- disse Jared prendendo il cellulare per chiamare Emma, non le doveva dire nulla di urgente ma voleva togliersi alla svelta da quella possibile conversazione con il fratello.

Passò davanti alla finestra che dava sulla piscina e vide Ariel intenta a provare con la chitarra, ormai erano giorni che la vedeva provare, suonava sempre gli stessi accordi, sembrava stesse cercando il giusto ritornello senza successo.
Finì di parlare con Emma e si mise ad ascoltarla prima di tornare in studio da Shannon, lo aveva chiamato quel giorno anche perché dovevano organizzare la festa per la partenza di Ariel e dato che non le avevano detto nulla , ne avrebbero parlato di nascosto nello studio.

Ariel alzò lo sguardo verso la casa e vide Jared alla finestra, gli fece un cenno col capo e si rimise al lavoro, non sapeva neanche lei perché si fosse intestardita tanto a voler trovare il giusto seguito per la canzone di Liam, ma non si dava pace, era come se non potesse smettere fino a che non lo avesse scritto nero su bianco.
Provò ancora un paio di volte, le dita scivolavano sicure sulle corde della chitarra, sentiva che ci stava arrivando vicino, finalmente era riuscita a liberarsi di tutto e concentrare tutta sé stessa solo sul pezzo, prese la matita che teneva dietro l’orecchio e scrisse velocemente le note sul blocco che aveva davanti a sé.
-          Finalmente- sospirò mettendo da parte la chitarra e sdraiandosi sul bordo della piscina.
Voleva farla avere a Liam, ma non aveva idea di come, non sapeva neanche dove alloggiasse, che lavoro facesse quando non suonava sui gradini del Whiskey, niente di niente.

Ariel rientrò in casa con il foglio in tasca e si mise a sgranocchiare dei biscotti in cucina, pensò a come far avere la musica a Liam, Jared le aveva organizzato la vita per le giornate seguenti, ma l’ultimo giorno lo aveva libero fino alla sera, sospettava le volessero fare una festa  ma aveva deciso di non opporsi,non le avevano mai fatto una festa di quel genere.
Sentì il cellulare suonare e corse in salotto per rispondere.
-          Ciao sorellina- le disse Gan.
-          Ciao, tutto bene il volo?-
-          Si siamo arrivati a Milano sani e salvi, ora dovrebbe arrivare a prenderci la sorella di Max-
-          Perfetto, mandami un messaggio appena sei a casa-
-          Certo, ci vediamo tra una settimana ok?-
-          Si, ciao-
Ariel chiuse la chiamata e sorrise tra sé il semplice fatto di aver sentito il fratello al telefono le aveva fatto tornare il sorriso, le era mancato molto.

Il giorno seguente Ariel si svegliò presto e accese lo stereo, era il 20 febbraio, compleanno di Kurt Cobain e lei aveva un suo rituale con il fratello, ascoltare “All Apologies “fino allo sfinimento , era la loro canzone preferita.
Jared fece capolino sulla porta della stanza di Ariel.
-          Mi stavo riposando- le disse.
-          Sono le otto del mattino, di solito sei sveglio da molto prima- disse Ariel mentre la ripetizione impostata faceva risuonare nuovamente l’intro della canzone.
Ariel si avvicinò a Jared canticchiando ed esortandolo ad andarle dietro, cosa che lui fece volentieri.
Dopo aver canticchiato alcune strofe con lui, Ariel spense lo stereo e si voltò a guardare Jared, aveva gli occhi lucidi .
-          Credi che si sia suicidato?- gli disse sedendosi sul letto.
-          Non ha importanza quello che credo io o che credi tu, non sapremo mai la verità comunque- le disse.
Si sedette accanto a lei e le accarezzò la schiena, Ariel posò la testa sulla sua spalla e sospirò.

Jared le diede un leggero bacio sulla testa, era forse la prima volta che la vedeva così, vulnerabile, così sensibile, sapeva che era solo questione di minuti, ma gli piaceva poterla stringere a farla sentire al sicuro nel suo abbraccio come le altre donne almeno in quel momento.

Ariel si voltò a guardare fuori dalla finestra e notò che aveva iniziato a piovere.
-          Non ci credo, ma in questa cazzo di città non c’era la leggenda che non piovesse mai?- disse guardando Jared ancora seduto accanto a lei.
-          Sei stata qui più di due settimane con solo sole, se anche oggi piove non è poi così grave-
-          Ma io volevo uscire-
-          Uscirai domani- disse Jared alzandosi dal letto e lasciandola sola nella stanza.
Ariel si lasciò andare sul letto e si mise a pensare alle ultime settimane passate lì, le mancava casa, anche se non lo avrebbe ammesso neppure sotto tortura, le mancavano  Alex , Gan e Max, ecco loro le mancavano più di ogni altra cosa.

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Capitolo 12
*** 12 ***


Non raggiungerete mai ciò che non sentite, se le parole non zampillano dall’anima e non trascinano i cuori di tutti gli uditori con una gioia primitiva e spontanea.
(Goethe)
 
 
 
Era il penultimo giorno di permanenza a Los Angeles per Ariel, aveva chiesto la macchina a Jared per farsi un giro quel pomeriggio, lui aveva acconsentito anche perché voleva avere il tempo per organizzare la festa con il fratello per quella sera, quindi più tempo lei stava fuori quel giorno meglio era per loro.

Ariel parcheggiò l’auto poco distante da dove l’aveva messa la mattina che aveva incontrato Liam e si incamminò verso il Whiskey nella speranza di incontrarlo, voleva dargli il foglio con le quattro note striminzite che aveva cavato dopo pomeriggi di nulla assoluto dal suo cervello e che le sembravano perfette per il pezzo di lui.

Fece tutte le strade dei dintorni ma non lo trovò, se almeno avesse avuto idea di dove alloggiasse avrebbe lasciato in portineria un biglietto per lui.
Si sedette sui gradini del Whiskey, erano ormai le sette di sera , si rigirò il foglietto tra le mani e sospirò, infilò la mano nella borsa e ne estrasse un pennarello indelebile, scrisse la partitura sul marciapiedi con il suo nome in fondo, quello era l’unico modo che le fosse venuto in mente perché lui l’avesse.
Sentì il cellulare vibrare, era un messaggio di Jared, “nero”, Ariel restò perplessa e lo chiamò, non aveva idea di cosa volesse dire.
-          Jay? Mi spieghi il messaggio, hai bevuto?-
-          No, la tua festa è già iniziata, dovrai comprarti qualcosa da mettere, qualcosa di carino e nero, ti aspetto- le disse riattaccando.
-          Perfetto, amo i maniaci che mi parlano in codice- disse lei guardando davanti a sé per poi dirigersi verso la sua auto.
Mentre tornava verso casa di Jared vide un negozio di vestiti e decise di fare un tentativo, sperava che se avesse trovato qualcosa le lo avrebbero lasciato tenere indosso una volta pagato così da dover evitare di cambiarsi in auto.

Fortunatamente trovò qualcosa e i prezzi non erano troppo alti, sempre per sua grande fortuna dato che si era comprata un outfit completo, dopo aver pagato chiese alla commessa se potesse andare ad indossare gli abiti nel camerino e lei acconsentì.
Si sistemò e poi si diede un’occhiata allo specchio, non le stava affatto male, anche se non era proprio il suo stile, indossava un vestito nero senza spalline con la gonna irregolare che tanto andava di moda in quel momento, corta davanti e lunga dietro, un paio di parigine in pizzo con fiocco in raso all’estremità e delle ballerine per sdrammatizzare il tutto, si legò i capelli su un lato e si mise un filo di trucco.
Ringraziò nuovamente la commessa e dopo essersi infilata la sua giacca uscì dal negozio.
Quando parcheggiò l’auto si accorse di essere decisamente nervosa, non sapeva cosa aspettarsi, pensava sarebbe stata una cosa tra loro, ma a giudicare dal numero di sconosciuti in casa non aveva fatto bene i conti, la festa era un black and white party in piena regola e lei non riusciva a trovare nessuno di famigliare in quel momento.
-          Ariel-
-          Emma!- disse lei voltandosi a guardare chi la stesse trattenendo per un braccio.
-          Sei molto carina- le disse Emma, fasciata in un abitino bianco che le arrivava di poco sopra il ginocchio.
-          Tu invece sei bellissima- le disse.
Emma sorrise e le porse un bicchiere di vino bianco.
-          Jared è fuori con alcune persone se lo cercavi- le disse.
-          Grazie-
Ariel lasciò Emma a parlare con Jamie e un’altra ragazza e si diresse verso il giardino.
Lo vide seduto sul divano, le gambe accavallate come sempre, intento a parlare con Babu e un paio di ragazze bellissime.
Li raggiunse e si sedette accanto a Babu, che era stato l’unico a non squadrarla dalla testa ai piedi.
-          Non sapevo avessi un tatuaggio- le disse indicando il teschio che si vedeva tra la fine della gonna e l’inizio della calza.
-          Ne ho due veramente-
-          E l’altro?-
-          Eh, l’altro è un po’ più nascosto- rispose sorridendogli.
Ariel si sentì mettere una mano sulla spalla e si voltò.
-          Eccola la festeggiata- disse Shannon.
-          Eccomi-
Shannon si sedette a parlare con lei e Babu, non capiva come mai Jared non l’avesse degnata neanche di un “ciao”, dopo tutto il lavoro che aveva fatto perché la festa riuscisse bene, se ne stava seduto a poca distanza da lei, ma continuava a parlare solo con quelle due svampite che aveva portato un loro amico.

Jared ascoltava annoiato le cose che dicevano le due ragazze al suo fianco, guardava Shannon scherzare con Ariel e Babu, l’idea che lei partisse la sera del giorno seguente non gli andava giù, avevano appena iniziato ad andare quasi d’accordo.
La vide alzarsi con Babu e rientrare in casa.
Shannon andò a sedersi accanto a lui.
-          Che hai?- gli chiese appoggiandosi allo schienale del divano per stiracchiarsi.
-          Niente, che devo avere?-
-          Niente, non l’hai neppure salutata-
-          Sopravvivrà- sentenziò freddo.
Shannon si alzò e raggiunse Tomo e Vicki, era stanco delle paturnie del fratello, Jared era così, voleva una cosa ma non faceva niente per dimostrarlo, con una come Ariel questo comportamento non portava a niente dato che lei ragionava come un ragazzo, stava con tutti e non stava con nessuno, tra i due sarebbe stato Jared a rimetterci, gli dispiaceva doverlo ammettere ma era meglio per tutti se quella pseudo cotta passasse in fretta al fratello.

Ariel prese un paio di muffin al cioccolato e uscì nuovamente, si andò a sedere accanto a Jared e gliene porse uno.
-          Grazie- le disse spiazzato da quel gesto.
-          Ciao anche  a te- disse Ariel sarcastica.
-          Io sono Ariel- disse presentandosi alla ragazza seduta accanto a Jared.
-          Erika- rispose stringendo la mano di Ariel
Jared diede un morso al muffin che Ariel gli aveva portato e si mise ad ascoltarla parlare con Erika del più e del meno.
Dopo un po’ Erika li lasciò soli, Ariel si avvicinò a Jared e prese a giocherellare con la sua mano.
-          Quando finisce la festa?- gli domandò
-          È difficile dirlo, perché?-
-          C’è una cosa nella mia lista che devo ancora fare, o la faccio stasera o non la faccio più-
-          Cosa?-
-          Hollywood sign-
-          Pensavo ci fossi già stata-
-          Volevo andarci prima, ma poi ho sentito che stanotte ci saranno le stelle cadenti e volevo andare a vederle lì-
-          Andiamo-
-          Ma dai, non…-
-          Andiamo.- disse nuovamente Jared.
Ariel lo seguì fino alla macchina e si allontanarono.
Lei prese le scarpe comode dalla borsa, fortunatamente si era scordata di portare in casa i vestiti che si era cambiata prima della festa.

Jared parcheggiò l’auto.
-          C’è un po’ da camminare- le disse mentre scendevano.
-          Ce la posso fare- rispose Ariel.
Lui chiuse l’auto e si incamminarono verso la salita davanti a loro.
Quando giunsero finalmente alla fine della salita, Ariel vide che a dividerli dalla scritta c’era una rete metallica, ma era determinata ad andare a sedersi sotto la scritta, lo era più che mai , come tutti coloro che sono ad un passo dalla realizzazione di qualcosa, voleva farlo, era come se ne dipendesse la sua vita in quel momento, notò uno squarcio nella rete, che dovevano aver fatto altri prima di lei e si diresse da quel lato.

Jared la osservò era incerto sul da farsi ma infine decise di seguirla.
Ariel passò oltre la rete e lui fece lo stesso.
-          È illegale- le disse una volta che si furono seduti.
-          Dovrebbe essere illegale non poterlo fare, privare le persone comuni di attimi come questo solo perché qualche stronzo sognatore scrive il suo nome sul legno? Andiamo Jay lo sai che le pareti delle scale della Sagrada Famila a Barcellona sono piene di nomi, date, dediche, lasciare il nostro segno su monumenti come questo , sono l’unico modo per essere immortali, o almeno crederci- disse Ariel.
-          Forse…-
Ariel si sdraiò senza curarsi della polvere che le avrebbe sporcato il vestito, aveva immaginato quel momento per talmente tanto tempo che ora le sembrava solo banale e scontato.
Si sollevò a sedere e si voltò a guardare la scritta che troneggiava sopra di loro con un sorrisino sarcastico stampato in volto.
-          Perché sorridi?- le chiese Jared.
-          Perché Hollywood è solo una vecchia troia che piace fino a che non l’hai conquistata, in effetti è proprio come questa insegna, desideri tanto esserle vicino, ti aspetti chissà cosa e ci rimani inevitabilmente di merda quando ce l’hai fatta e lei non ti trasmette nulla, come tutto del resto, il bello nella vita sono solo le aspettative-
-          Sei mai felice di qualcosa Ariel?-
-          Non credo- rispose lei alzandosi e togliendosi alla meglio la polvere dalla gonna.
Jared si alzò a sua volta e la seguì, la capiva molto  bene, ma non riusciva a spiegarsi come lei potesse essere già così cinica e rassegnata alla sua età, era troppo giovane per essere già così.
Camminava di poco davanti a lui, accelerò il passo e la raggiunse.
-          Che ti va di fare adesso?- le chiese
-          Nulla, torniamo a casa e fanculo tutto-
-          Mi mancherà questa tua positività dilagante Ariel- disse facendola sorridere.
-          Sai perfettamente che sarò nuovamente qui tra poco, con mio fratello e Max, mi hai promesso la tua vita da sogni ricordi?-
-          Lo so- le rispose.
Raggiunsero l’auto, Jared era immerso nei suoi pensieri, la proposta di aiutarli a diventare famosi nel mondo della musica era stata sincera, sperava solo di non rovinarli troppo, sapeva quanto potesse essere facile farsi sedurre da quel “tutto “ che la fama porta con sé.
 

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Capitolo 13
*** 13 ***


La vertigine potremmo anche chiamarla ebbrezza della debolezza. Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle, ci si vuole abbandonare a essa. Ci si ubriaca della propria debolezza, si vuole essere ancor più deboli.
M. Kundera
 
 
Ariel si svegliò presto la mattina seguente aveva già preparato tutto per la partenza di quella sera, scese di sotto e vide Jared nello studio con Emma e Tomo, le chiavi dell’auto erano al solito posto, bevve un bicchiere di succo di frutta e le prese per farsi un ultimo giro in città.
Guidò fino a Venice beach, parcheggiò l’auto e si mise a passeggiare, osservando tutto intorno a lei, le persone, il mare, voleva catturare tutti quei momenti.
Si sedette in riva al mare e guardò l’orizzonte davanti a lei, si sentiva tremendamente annoiata, Jared, Shannon, tutti in quella stupida città volevano solo essere normali, fare le cose di tutti i giorni, li capiva loro voleva ritrovare il loro posto nel mondo comune, ma lei quel posto non l’aveva mai lasciato, non lo voleva più, forse non l’aveva mai voluto, voleva solo fare la scelta sbagliata e poi farne un’altra e così all’infinito, si alzò e si diresse verso uno studio di tatuaggi che aveva visto poco lontano mentre passeggiava.
Si fece tatuare “don’t try” sul polso come si era ripromessa di fare tante volte, non aveva mai trovato il momento giusto.

L’ultimo giorno a Los Angeles e quello stato d’animo le sembravano perfetti.
Uscì in strada di nuovo dopo aver ringraziato la tatuatrice , si diresse verso la macchina, doveva tornare dato che si stava facendo tardi, la sua attenzione venne catturata da una bambina che mangiava il gelato con i suoi genitori, ad attirarla era stato il nome della donna pronunciato dal marito, Bianca, era il nome di sua madre, la donna stava abbracciando la figlia, Ariel si strinse nelle spalle, anche se non lo ammetteva mai neppure a se stessa sapere cosa facesse provare l’amore di una madre le mancava tremendamente tanto.
Le uniche cose che sapeva di sua madre erano quelle che aveva scoperto leggendone i diari, sapeva che l’aveva chiamata Ariel perché adorava la fiaba della sirenetta, lei ci si ritrovava in parte nel personaggio di “Ariel” viveva in un modo che le stava stretto ma per lei non c’erano miracolosi principi all’orizzonte e lo sapeva bene.
Salì in auto e si lasciò andare un istante sul sedile, sentiva il polso pizzicare, decise di concentrarsi su quello per distogliere il pensiero dalla madre.
Entrò in casa e trovò Jared seduto su una delle poltrone del soggiorno intendo a controllare qualcosa col cellulare.
-          Ciao- gli disse.
-          Ti ho lasciato qualcosa da scaldare per pranzo sul tavolo- le rispose senza staccare lo sguardo da quello che stava facendo.
Ariel andò in cucina e riscaldò il pranzo, poi lo raggiunse in salotto una volta finito.

Si mise a guardare fuori dalla porta-finestra, Jared la teneva sempre chiusa, mentre lavorava o faceva qualcosa di importante, ormai aveva imparato a conoscerlo, decise di uscire, a lei non piaceva tenere le finestre chiuse, le piaceva aprirle persino in inverno.
Si sedette sul bordo della piscina e il suo sguardo venne catturato da una farfalla che svolazzava accanto alle poche piante con i fiori che lui aveva in giardino, si alzò e andò ad osservarla meglio.
-          Porca vacca non ci credo….- disse Ariel tra sé a bassa voce.
Era una farfalla monarca, fino a quel momento le aveva viste solo nei documentari alla tv, erano le sue preferite, percorrevano ogni anno 4000 km verso luoghi che non avevano mai visto, guidate solo da una sorta di istinto genetico.
Si chinò e cercò di prenderla, da piccola lo faceva spesso di catturare le farfalle con il fratello, fortunatamente non aveva perso la mano, quando la sentì muoversi frenetica tra i suo palmi le venne da ridere, li tenne chiusi tornando verso il soggiorno, fortunatamente aveva lasciato la porta aperta.
-          Smettila con quel coso e guarda qui!- disse andando davanti  a Jared
Lui fece come gli aveva chiesto, pensò di non aver mai visto un sorriso più sincero sul viso di lei fino a quel momento.
Ariel aprì leggermente le mani in modo che lui potesse vedere.
-          Guarda che bella- disse senza staccare un attimo lo sguardo dalla farfalla.
-          Si vedono abbastanza spesso qui- le disse.
-          Da me mai-
Jared allungò la mano per provare a prenderla ma volò via.
-          Mi dispiace- disse vedendola rattristarsi, lo sguardo però gli cadde sul tatuaggio che aveva appena fatto.
-          È nuovo?- le chiese.
-          Si, te lo dicevo che era un pezzo che volevo farlo- rispose Ariel mostrandoglielo meglio.
-          Hai scelto un bel font-
-          Veramente l’ho scritto io Jay- disse Ariel
Lui le sorrise nuovamente.
-          Ero al telefono con Shannon, tra poco uscirà il nuovo singolo sai?- le disse
-          Bene- disse lei non troppo convinta.
-          Cosa c’è?-
-          Nulla-
-          Dai sputa il rospo-
-          Shannon mi ha fatto sentire “up in the air” posso essere onesta?-
-          Sei mai altro?- disse lui sarcastico.
-          È un album fatto in meno di un anno, e si sente Jared, le strofe delle canzoni sono belle, ma tutto quel cazzo di sintetizzatore, andiamo…-
-          Io non faccio le stesse cose due volte-
-          Non è questione di fare le stesse cose, è questione di farle con il cuore, il vostro primo album spaccava, poi non avete fatto altro che adeguarvi alle esigenze del mercato, e questo ultimo album è praticamente solo tuo-
-          Non  sai quello che dici- sbottò Jared lasciandola sola in salotto.
Ariel salì di sopra a sistemare le ultime cose, Shannon aveva promesso di portarla in aeroporto dato che Jared aveva da fare con Emma quella sera.

Jared si chiuse nello studio era così arrabbiato con lei, per quello che aveva detto, era arrabbiato perché aveva la fottuta sensazione che fosse vero, che quello fosse il suo album, e che fosse fatto in fretta, con un gesto di nervosismo lanciò a terra tutto quello che aveva sul tavolo davanti a sé, prese a calci tutto quello che gli capitava a tiro, odiava che gli dicessero che stava sbagliando soprattutto quando lui per primo lo aveva sospettato più di una volta e si era nascosto dietro a classiche frasi fatte come “ si deve andare avanti nella vita”.
Uscì dallo studio ancora decisamente alterato e salì di sopra, Ariel era in bagno , era appena uscita dalla doccia , entrò senza bussare.
-          Che cazzo di maniere Jared- disse lei posando il phon.
-          Ho fatto del mio meglio ok?- le disse quasi urlando.
-          Non saresti qui ad urlarmi in faccia se ne fossi davvero convinto- disse calma lei.
-          Ho fatto un buon lavoro e tu non sei nessuno per dire il contrario- sbottò nuovamente sbattendo un pugno contro la doccia.
-          No-
Lui si lasciò scivolare a terra .
-          Jared non recitare la parte dell’incompreso, accetta piuttosto il fatto che la gente possa dirti la verità ogni tanto- disse Ariel uscendo dal bagno con il phon in mano.
Jared si alzò da terra e la raggiunse nella sua stanza.
-          Pensi che sia facile fare musica?-
-          Penso sia indispensabile non vendersi , piacere per quello che si è e non fingere e cercare sempre il consenso cambiando ogni volta-
-          Non sai un cazzo, ti accorgerai di cosa vuol dire- le disse lasciandola sola per tornare nello studio.
Ariel non scese per cercare di parlargli, quando tocchi i nervi giusti non devi poi meravigliarti di certe reazioni e lei aveva toccato quelli giusti, aveva fatto leva sull’insicurezza che solo un narciso come Jared poteva avere dentro di sé.

Attese l’arrivo di Shannon in camera sua , prese la chitarra e un registratore e suonò “up in the air” tenendosi su uno stile che potesse riportare a quello che aveva sentito nel primo album dei Mars, prese un post- it e scrisse “dimmi che non era meglio così…..” posò il registratore con sopra il post-it sul comodino e si rimise a leggere.
Shannon arrivò a prenderla come promesso, la aiutò con le valigie e poi andò nello studio per salutare Emma e il fratello.
Ariel lo seguì, Emma la salutò con un lungo abbraccio, mentre Jared restò seduto a guardarla era davvero arrabbiato.
-          Basta con i saluti, tanto ci vediamo presto- disse Jared alzandosi per darle un bacio distratto sulla guancia.
Ariel lasciò la casa con Shannon non era neanche troppo turbata dal comportamento infantile di Jared, ormai aveva imparato a rapportarsi con lui nel bene e nel male.

Shannon la lasciò in aeroporto, sarebbe rimasto fino alla partenza ma lei insistette perché non lo facesse, non voleva fargli perdere troppo tempo, si sedette ad aspettare il volo con la musica nelle orecchie insieme agli altri passeggeri.
Quando venne il momento di salire prese il cellulare per spegnerlo e vide un messaggio da parte di un numero sconosciuto, lo aprì “ Ciao Ariel, sono Liam, volevo ringraziarti per la canzone, spero che ci rivedremo un giorno…. Se non dovesse essere così , sono stato un coglione a non chiamarti prima”, Ariel spense il cellulare sorridendo tra sé e consegnò la carta d’imbarco alla hostess davanti a lei, stava finalmente tornando a casa, ma sapeva che i conti con Los Angeles erano tutt 'altro che chiusi.
 

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Capitolo 14
*** 14 ***


Se una persona decide di chiudersi in se stessa, di isolare la propria anima, potrà mai tornare ad essere quella di prima?
(D. Grossman)
 
Ariel si sedette sulla poltroncina dell’aereo che l’avrebbe riportata a casa, finalmente a casa, le sarebbe mancata Los Angeles indubbiamente, ma in quel momento le mancava di più essere del tutto sé stessa, le mancavano il fratello e Max, suo padre, Alex, bere fino a scordare dove si trovasse, le mancava devastarsi come se non ci fosse un domani, Jared l’aveva fatta stare anche troppo vigile in quelle ultime settimane, sentiva il bisogno di spegnere tutto .
Arrivò in aeroporto in orario, dopo aver recuperato i bagagli si diresse verso il padre e Gan, li aveva visti subito, il fratello aveva in mano un mazzo di rose gialle e lo sventolava sorridendole.
-          Mi sei mancata tantissimo!- le disse Gan non appena li raggiunse.
-          Per forza ti sono mancata, io sono insostituibile- disse Ariel facendoli sorridere entrambi.
-          È andato bene il viaggio?-  domandò il padre mentre le prendeva la valigia di mano.
-          Sì, tutto bene, anche se sono parecchio stanca-
-          Costance ti ha preparato il letto, appena arriviamo a casa dovrai solo riposare-  disse baciandole dolcemente la fronte.
Ariel sorrise debolmente e li seguì fuori.
Gan sentiva che qualcosa non andava nella sorella, ma si impose di aspettare che lei fosse più riposata per provare a chiederle cosa ci fosse.

Jared entrò in camera sua, aveva passato il resto della giornata fuori con Annabelle e altre due ragazze, una delle quali lo aveva appena appagato in diversi modi prima di lasciarlo solo, si sedette sul letto e ripensò alla canzone registrata che Ariel gli aveva lasciato, era buona, ma non avrebbe mai ammesso che era migliore della sua, non lo era, detestava il modo in cui lo aveva fatto sentire, si sdraiò e chiuse gli occhi, una ventata del profumo di Ariel gli arrivò alle narici dal cuscino accanto al suo, non aveva cambiato quella federa da quando c’era stata lei, spinse via il cuscino e cercò di riposare.
Erano passati alcuni giorni da quando Ariel era tornata a casa, aveva risposto al messaggio di Liam e si erano scambiati la mail per tenersi in contatto fino al giorno del suo ritorno a L.A. con Max e Gan.
Ariel era sdraiata sul letto di Alex con indosso solo una maglietta e le mutandine.
-          Sei sicura?- le chiese Alex un’ultima volta con la macchinetta in mano.
-          Sì, Alex finalmente ti ho convinta ora sarai la mia sola tatuatrice- rispose.
Alex sorrise, aveva smesso di fare tatuaggi suo malgrado qualche anno prima, non guadagnava abbastanza, ne faceva un paio al mese ora ,per arrotondare lo stipendio, era tanto tempo che Ariel le chiedeva di tatuarla e complice anche il fatto di non averla vista per un intero mese, la sera prima aveva ceduto alla richiesta.
-          Ti farà malissimo in questa posizione Ariel, posso fartelo da un’altra parte-
-          No, Alex lo voglio lì-
Alex le spostò il bordo degli slip e iniziò a tatuarla, era arrivata da lei col disegno di quella volpe la sera prima e non aveva fatto altro che parlarle di tutti i significati nella simbologia delle varie religioni antiche che quell’animale aveva, si era infine fatta convincere a tatuargliela sotto l’anca destra.
La vide stringere il lenzuolo fino a far diventare bianche le nocche.
-          Vuoi che ci fermiamo?-
Ariel scosse la testa, fortunatamente mancava poco, così Alex continuò.
Le passò la crema delicatamente una volta finito e poi ripose tutto a suo posto, Ariel si sollevò a sedere e si osservò nello specchio davanti al letto.
-          È perfetto- disse voltandosi per darle un bacio.
-          Ariel…. Andiamo, lo sai quello che provo per te- disse Alex respingendola debolmente, forse troppo debolmente, Ariel l’ attirò verso di lei sul letto ed in pochi minuti tutte le buone intenzioni da amica di Alex se ne erano andate.
Ariel aspettò che Alex uscisse dalla doccia e le diede quello che aveva preso per lei a Los Angeles.
-          È bellissimo Ariel- le disse Alex guardando il braccialetto argentato con il ciondolo di una stella.
-          Mi fa piacere che ti piaccia, sabato suoniamo….-
-          Ci sarò- le disse sorridendo.
Ariel la salutò e decise di fare due passi in centro prima di tornare a casa.
Camminò distrattamente per le vie della città, osservava le vetrine , le persone indaffarate con borse e altre cose in mano correre verso l’autobus , da quando era tornata non aveva sentito Jared neanche una volta, Shannon l’aveva chiamata per dirle che avevano fatto sentire i loro pezzi alla loro casa discografica ed erano interessati, ovviamente il trasferimento a Los Angeles era obbligatorio se volevano concludere davvero qualcosa.

Si sedette sui gradini della facoltà di lettere e sospirò, ce la stavano facendo, finalmente il sogno della loro vita era a pochi passi, bastava allungare la mano per afferrarlo, eppure lei non era felice, non sentiva quel fremito che aveva provato fino a quando Shannon non aveva detto loro che c’erano quasi dentro, ce la stavano facendo,  e lei sapeva che una volta ottenuto tutto avrebbe iniziato a desiderare altro.
Controllò la mail sul cellulare, era di Shannon, avevano trovato una casa in affitto a Malibù poco distante da quella di Jared.
Ariel aveva insistito perché  si pagassero da soli l’affitto ma da quando il padre aveva chiesto a Costance di sposarlo, Shannon li trattava come se fossero già suoi fratelli, acconto della casa in affitto compreso.
Rispose con poche righe alla mail, lo avrebbe chiamato in serata con Gan su skype in ogni caso per discutere le ultime cose prima del loro trasferimento a Los Angeles.

Gan era seduto sul divano  in attesa che la sorella rincasasse, erano  nuovamente soli ,dato che il padre era a Chicago per un congresso e Costance era tornata a New York.
Si mise ad immaginare la vita che poteva aspettarli a L.A. era al settimo cielo da quando la sorella era tornata, finalmente avevano l’opportunità di realizzare un sogno che avevano condiviso per anni, ma non la vedeva soddisfatta, non la vedeva mai soddisfatta era come se Ariel fosse incapace di essere finalmente contenta di qualcosa, pensava sempre al dopo , a quello che avrebbe ottenuto in seguito, teneva sempre la mente occupata con qualcosa, sapeva che era fatta così ma gli dispiaceva poiché era anche perfettamente al corrente del fatto che lei non fosse felice, ma parlare della vita privata della sorella era un tabù che non sarebbe mai riuscito a smuovere.
-          Sono a casa! E ho da mangiare!- disse Ariel dopo aver chiuso la porta alle sue spalle.
-          Pensavo di dover iniziare a chiamare i soccorsi per cercarti, sei fuori da ieri alle quattro del pomeriggio- le disse serio.
-          Scusa mamma, ero da Alex lo sai…-
-          State di nuovo insieme?-
-          Nah… lo sai che non funziona tra noi due-
-          Non vuoi che funzioni-
-          Gan vuoi litigare?- disse Ariel guardandolo negli occhi.
-          No-
-          Perfetto…- aggiunse lei porgendogli il riso al curry che lui adorava.
Si sedettero e mangiarono in silenzio, Gan era piuttosto turbato dal comportamento che la sorella aveva da quando era tornata da L.A. non si era azzardato a chiederle nulla, ma non riusciva più a fingere che non gli importasse.
-          Ariel, è successo qualcosa con Jared mentre eri…-
-          Che hai? Vuoi fare lo psicologo oggi?- sbottò lei.
-          Si, ho bisogno che mia sorella mi dica cosa le è successo-
-          Che mi è successo, nulla , ho solo scoperto che gli italiani non sono immuni dalla sindrome di Stendhal-
-          Che vuoi dire?-
-          Ho idealizzato Los Angeles, per tutta la vita lo sai, e mi ha delusa, come al solito, fa tutto schifo, non ci sarà mai niente che valga davvero la pena- disse alzandosi.
-          E per la cronaca, ho scopato con lui un paio di volte e gli ho detto che è un fallito prima di tornare a casa, lui non mi ha neppure salutata il giorno della partenza-
-          Puoi biasimarlo?-
-          Gli ho solo detto la verità, se non riesce ad affrontarla non è colpa mia-
-          Tu si che ci riesci vero? Affronti tutto Ariel-
-          Sì- disse lei.
-          No, non lo fai, tu distruggi le persone prima ancora che possano dimostrarti chi sono, le fai a pezzi e basta non ti interessa altro che fare a pezzi tutto e tutti, io sono stanco di vederti così triste Ari, sono stanco di vederti così-
-          Allora non guardarmi- gli urlò lei prima di uscire di casa sbattendo la porta.
Salì in auto e partì.
Fermò l’auto in aperta campagna, dietro una ex fabbrica di caffè, quando era piccola ci passava spesso vicina con il padre e il fratello durante le loro gite in bicicletta, da qualche anno era diventata il suo atelier quando aveva bisogno ci andava e dipingeva sulle tele che lei stessa aveva nascosto lì.
Si mise a dipingere con la musica nelle orecchie ad un volume talmente alto da fare solo male, voleva solo allontanarsi dal mondo per quanto le fosse possibile.
Non le ci volle molto per finire il dipinto , dal momento che un’idea partiva nella sua mente lei la riproduceva sulla prima superficie libera che trovava, si allontanò un istante dal quadro e l’osservò.

Era la rappresentazione perfetta di tutto quello che si era tenuta dentro fino a quel momento, una ragazza e un ragazzo che guardavano la scritta Hollywood in fiamme sovrastare la città di L.A. distrutta.
Il ragazzo che aveva disegnato somigliava terribilmente a Liam, e la ragazza era indubbiamente lei la sera della festa a casa di Jared.
Fece il numero di una sua vecchia amica, aveva fatto la scuola d’arte con lei ed ora aveva una galleria dove vendeva i quadri.
-          Eva! Sono Ariel ho qualcosa per te!- le disse mentre puliva il pennello con lo straccio.
-          Che bella notizia, un altro quadro della misteriosa Lie, giusto?-
-          Giusto, l’ultimo l’avevi piazzato senza problemi no?-
-          Sì, in Kansas, in America sto vendendo molto ultimamente, riesci a portarmelo in giornata?-
-          Lo carico in auto e sono da te per le sei , ok?-
-          Perfetto, a dopo!-
Ariel mise al loro posto i pennelli e i colori, poi caricò la tela in auto, fortunatamente, la massiccia dose di fissante che aveva dato al dipinto l’aveva fatto asciugare in fretta.
Lasciò la tela all’amica dopo aver concordato il prezzo minimo per la vendita e tornò a casa, doveva provare con il fratello e Max.

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Capitolo 15
*** 15 ***


Ciao a tutte mie care!
Dunque sto cercando di mettere da parte tutto  quello che ho provato al concerto di Lucca questo weekend, ma cazzo se è dura….a parte i lividi su gambe, costole e braccia che me lo ricordano ad ogni movimento, non riesco a non addormentarmi senza ritornare ogni volta sotto quel palco, non è solo per Jared e la sua bellezza, il carisma, la dolcezza di Tomo  e quell’animale sudaticcio di Shannon, è la sensazione che si prova a cantare tutti insieme “the Kill” è quello che non riesco a togliermi dalla testa , quel senso di famiglia che solo questi concerti trasmettono, non so se qualcuna di voi era a Lucca con me il 13, ma se c’era, GRAZIE !
Kiss
A.
 
 
 
« Fare errori è molto meglio che non fare nulla. »
 
-Billie Joe Armstrong
 
 
Jared era seduto nell’auto di Emma intento a pensare al nuovo tour , al nuovo album e ad Ariel, le poche ore che aveva riposato quella notte aveva sognato solo di parlare con lei, non c’era cosa che lo irritasse maggiormente in quel momento.
Emma parcheggiò davanti a casa sua.
-          Eccoci, questi sono i documenti che mi avevi chiesto- gli disse prima che lui aprisse la portiera.
-          Grazie Emma, sei insostituibile- le disse salutandola distrattamente con un leggero bacio sulla guancia.
-          Ciao…- sussurrò Emma osservandolo allontanarsi per poi ripartire verso casa sua.
Jared posò i documenti sul tavolo e si distese sul divano, era davvero a pezzi, se Shannon lo avesse visto in quelle condizioni gli avrebbe fatto una bella ramanzina, decise di provare a riposare nella speranza di non sognare nuovamente di parlare con Ariel del senso della vita.
Si risvegliò con il suono del cellulare dopo un paio d’ore.
-          Pronto?- disse senza aver controllato da chi venisse la chiamata.
-          Ciao –
-          Ariel… ciao- il suono della sua voce gli aveva tolto anche l’ultimo rimasuglio di sonnolenza, era decisamente sveglio.
-          Volevo chiamare Shannon, ma ha il cellulare spento, ti rubo pochi minuti, volevo dirti che noi arriviamo a Los Angeles mercoledì prossimo con il volo delle 15 e 46, Shannon lo voleva sapere per venire a prenderci- disse con un distacco simile a quello delle centraliniste dei dentisti che chiamano per ricordarti l’appuntamento per l’igiene dentale.
-          Glielo dirò- rispose lui, mantenendo la conversazione sullo stesso piano di distacco, che altro fare del resto, non poteva certo dirle che gli mancava tanto da sognarsela, dopo quello che si erano detti l’ultima volta che si erano visti non era affatto sicuro che avrebbe mai avuto ancora con lei un rapporto d’amicizia o altro.
-          Grazie, buona giornata e scusa ancora se ti ho disturbato- disse lei riattaccando.
-          Figurati, anche io sto bene ….- disse ributtandosi sul divano, si sentiva un coglione, un ragazzino, prese nuovamente in mano il cellulare e chiamò Annabelle, voleva solo lasciarsela alle spalle.
Il giorno della partenza era arrivato, Ariel chiuse la seconda valigia e guardò con la morte nel cuore la sua stanza, non era legata a nessun luogo come lo era alla sua stanza, forse perché essa racchiudeva tutto il suo mondo e lei stava per lasciarlo per qualcosa che non sapeva neppure se ne valesse la pena.
Prese le valigie e raggiunse Gan di sotto, il taxi li stava aspettando, Max li avrebbe raggiunti in aeroporto accompagnato da Alex per i saluti.
Arrivarono in aeroporto con un leggero anticipo, attesero fuori l’arrivo di Alex e Max, approfittandone per fumare l’ultima sigaretta dei loro pacchetti.
-          Nervosa?- le chiese Gan
-          Non saprei, forse solo in attesa di vedere come andrà, ho chiamato Liam, ha detto che ci vedremo non appena ci saremo ripresi dal jet lag-
Gan, sorrise, Liam gli sembrava uno a posto e gli piaceva molto l’idea di aver finalmente un chitarrista che completasse il loro gruppo.
-          Eccoci- disse Max raggiungendoli con Alex alle spalle.
-          Sempre in anticipo vero Max?- disse Ariel facendolo sorridere.
-          Sempre- le rispose mettendole un braccio intorno alle spalle.
Restarono all’ingresso a parlare per alcuni minuti, poi Alex li accompagnò al gate per salutarli definitivamente, strinse forte Ariel, non voleva lasciarla andare e se ne stava rendendo conto sempre di più.
-          Fai la brava- le disse infine.
-          Ciao Alex- rispose Ariel dandole un bacio leggero sulle labbra, per poi prendere il bagaglio a mano e raggiungere Max e il fratello oltre le porte scorrevoli del gate, un nuovo capitolo della sua vita stava per cominciare.
Il viaggio fu piuttosto difficoltoso, al contrario della sua prima volta , questa traversata dell’oceano atlantico li portò ad imbattersi in ben tre turbolenze, arrivarono a Chicago in ritardo e persero la coincidenza, dovendo aspettare fortunatamente solo un’ora il volo successivo.
Shannon era seduto in sala d’attesa col fratello, Ariel lo aveva chiamato dicendo che avrebbero tardato, così erano andati a fare due passi in centro per poi tornare in aeroporto.
-          Dovrebbero essere qui a minuti- disse Jared guardando il tabellone elettronico con gli orari che cambiava nuovamente.
-          Stasera hai quella festa, non dovevi disturbarti a venire con me-
-          Due auto sono meglio di una, avranno parecchi bagagli-
-          Ecco Gan- disse Shannon alzandosi e andandogli incontro.
-          Ciao Shannon- disse Gan fermando il carrello per abbracciarlo.
Shannon salutò anche Ariel e Max, per poi raggiungere con loro Jared che era rimasto un po’ in disparte.
-          Sei venuto anche tu- disse Ariel a Jared mentre uscivano dall’aeroporto.
-          Per dare una mano a Shan con i bagagli- tagliò corto superandola.
Shannon aiutò i ragazzi a caricare le valigie e tutto il resto sulle auto, uno dei tre sarebbe dovuto andare in auto con Jared, dato che la batteria di Gan aveva preso parecchio spazio nell’auto.
-          Ariel tu vai con Jared – disse Gan salendo nell’auto di Shannon con Max, sapeva che lei lo avrebbe ucciso una volta rimasti soli ma voleva che si chiarisse con Jared e al momento quello gli era parso l’unico modo.
Ariel fece cenno a Shannon di partire  e dopo aver chiuso il baule dell’auto di Jared si andò a sedere accanto a lui.
Jared partì e lei si voltò a guardare fuori dal finestrino, non si parlarono per tutto il viaggio, fino a quando fermi ad un semaforo Ariel alzò il volume della radio che passava “all apologies “ dei Nirvana, Jared si rese conto che lei non gli avrebbe mai chiesto scusa e forse delle scuse non erano neppure quello che lui voleva.
-          È andato bene il viaggio?- le chiese.
-          Siamo vivi no?- disse lei sorridendo sarcastica.
-          Sei la solita stronza- le rispose ripartendo.
-          È tu il solito passivo-aggressivo, sembri diverso, più vecchio-
-          Perché?-
-          Saranno i capelli pettinati così, la camicia abbottonata del tutto e i chili che hai perso e devi ancora recuperare- rispose lei sincera – è come se ti vedessi per la prima volta dopo anni, hai per caso pugnalato il tuo ritratto in soffitta?-
Jared si lasciò andare in una risata cristallina e le sorrise.
-          Credo solo di essere stanco-
-          Ok, allora dormi di più-disse Ariel notando che erano giunti a destinazione.
Dopo essere scesi e aver scaricato tutto, salutarono Jared e  Shannon, dandosi appuntamento per il giorno seguente un pò più riposati.
Entrarono in casa, sul frigorifero c’era un biglietto, Ariel lo prese in mano e riconobbe la calligrafia di Jared, lo lesse ad alta voce “ ci siamo presi la libertà di riempire il frigorifero per voi, inoltre la casa non è in affitto, Shannon ed io l’abbiamo comprata, di sopra ci sono le camere da letto che ho arredato sperando che rispecchino i vostri gusti. Jared”.
-          Andiamo a dare un’occhiata di sopra no?- disse Max  andando verso le scale.
-          Ci hanno praticamente regalato una casa- disse Ariel ancora incredula.
-          Dai vieni- le disse Gan prendendola per mano e raggiungendo con lei Max.
Al piano di sopra c’erano due camere da letto con bagni interni e una stanza lasciata spoglia, su entrambe le camere c’era il nome di Max e Gan, mentre quello di Ariel era attaccato alle scale che portavano alla mansarda.
Gan entrò nella sua stanza, alle pareti c’erano un paio di foto che Shannon aveva scattato a lui ed Ariel durante le passate vacanze, due bacchette nuove posate sul letto  ed una vecchia batteria di Shannon sulla parete davanti al letto.
La stanza di Max era un tripudio di calendari con donne nude, lo avevano capito da subito, pensò tra sé sdraiandosi sul letto accanto al suo basso, sul comodino notò una foto autografata di Megan Fox e il sorriso sul suo volto si allargò ulteriormente, si sentiva come se non avesse neppure lasciato l’Italia.
Ariel salì la rampa di scale ed entrò nella sua stanza.
Era come un ‘appartamento nell’appartamento, la sua  stanza era provvista di soppalco, al di sotto di esso si trovava il bagno e uno spazio vuoto che lei avrebbe potuto convertire in tutto ciò che voleva, su un lato c’era la cabina armadio e un’intera parete era libera per i suoi libri e dischi, la terza parete davanti a lei consisteva in una vetrata che raggiungeva il soffitto, salì le scale del soppalco per vedere il resto, un letto matrimoniale era appoggiato sulla parete più bassa, lo spazio non era tantissimo ma ci si stava comodi ugualmente, raggiunse la vetrata sul fondo e notò che era una sorta di porta a finestra che dava sul  terrazzo del tetto, uscì fuori e vi trovò due seggiole e un tavolino sul quale era posato il suo libro, quello che aveva prestato a Jared, lo prese in mano e ne scivolò fuori un foglietto c’era la partitura di una canzone che lei gli aveva detto di adorare,”the scientist” dei Coldplay, la parte che lui aveva scritto era quella della strofa “Tell me your secrets, And ask me your questions, let's go back to the start”.
Tornò dentro e dopo aver trovato dello scotch nella sua valigia attaccò il foglio sulla parete accanto al letto.
Il giorno seguente Gan chiamò Liam per invitarlo a cena  e parlare anche con Jared e Shannon del loro gruppo, Shannon aveva ventilato ai ragazzi la possibilità di passare l’estate in tour con loro, facendo da gruppo spalla, era una buona opportunità per loro, gli avrebbe permesso di misurarsi con un grande pubblico e vedere se erano in grado di sopportare lo stress che la fama richiedeva.
 

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Capitolo 16
*** 16 ***


 
“Ci sono giorni che non si staccano dalle pareti.”
(A. Merini)
 
 
Jared era seduto nello studio con Tomo ad ascoltare i ragazzi suonare, era passata una settimana da che erano arrivati a Los Angeles, si erano subito messi al lavoro per far si che Liam si integrasse perfettamente nel gruppo, anche se Jared sospettava che lui volesse una maggiore integrazione specialmente con Ariel, lo vedeva da come la guardava, da come si comportava in modo diverso quando lei era nei paraggi, sperava solo che la cotta di Liam per lei non influisse sull’andamento del gruppo, anche perché stavano andando veramente bene, Liam aveva portato all’interno della band quello che mancava.
-          Possiamo fare una pausa?- disse Ariel, la gola le faceva male, e sospettava fosse infiammata.
-          Certo- disse Gan notando che qualcosa non andasse.
Ariel prese la sua bottiglietta d’acqua fredda e cercò di lenire il fastidio.
-          Per oggi fermiamoci qui e basta, tanto io devo andare al lavoro adesso- disse Liam posando la chitarra e andando verso di lei.
-          Tutto bene?- le chiese mettendole una mano dietro la schiena e accarezzandola.
-          Sì- rispose Ariel secca, non le piaceva la piega che stavano prendendo le cose tra lei e Liam, era stata a letto con lui tre giorni dopo essere arrivata a Los Angeles, ma lui sembrava non capire che per lei il rapporto si era concluso lì, erano colleghi, amici, ma non fidanzati.
-          Bene, io vado ciao a tutti- disse Liam, prima di lasciare la stanza.
Gan guardò la sorella con fare di rimprovero, e complice anche la stanchezza non riuscì a frenare la lingua.
-          Devi sempre fare la stronza Ari, è più forte di te-
-          Che vuoi dire-
-          Lo sai anche troppo bene- sbottò uscendo a sua volta.
Tomo e Jared restarono a guardare quella sorta di lite non conclusa in disparte, sapevano che all’interno di un gruppo le cose andavano risolte da soli e basta.
Ariel raggiunse il fratello in giardino, era seduto sul divano , lei si sedette accanto a lui.
-          Gan?-
-          Sei andata a letto con lui Ari?-
-          Sì-
-          Ari, cazzo perché?-
-          È successo, ma non è niente-
-          A no? Spera davvero che la cotta enorme che lui ha per te si esaurisca con il tour- le disse stranamente calmo, lasciandosi poi scivolare contro lo schienale del divano.
La sera dopo aver cenato Ariel decise di fare un salto da Liam per mettere un definitivo “nessuna storia” tra loro.
Prese l’auto e raggiunse il motel  dove lui alloggiava.
-          Ciao- disse Liam aprendo la porta in pantaloni del pigiama.
-          Posso entrare?-
-          Certo accomodati- le disse facendola passare.
Ariel si tolse la giacca e lui la prese per la vita attirandola a sé.
-          Liam, dobbiamo parlare-
-          Dopo…- disse lui cercando la sua bocca.
-          No, adesso- disse lei seria respingendolo.
-          Non siamo una coppia, non stiamo insieme, quindi tutte quelle carezze tutto questo, no ok?-
-          Ok- disse lui.
-          Bene, voglio che le cose funzionino col gruppo, quindi non devono esserci questioni irrisolte-
-          No, certo- le disse lui lasciandosi andare sul letto accanto a lei.
-          Ti lascio riposare-
-          Ariel?-
-          Si- disse lei voltandosi mentre si rimetteva la giacca.
-          Il sesso con te è stato fantastico, volevo solo che lo sapessi, non sono innamorato di te, volevo solo lasciarmi aperta la possibilità di rifarlo, alle ragazze di solito piacciono le carezze e tutto il resto-
-          Io non sono “le ragazze “ Liam, se vuoi fare sesso con me basta chiedere-
-          Voglio fare sesso con te- disse dopo averla raggiunta sulla porta.
Ariel non impiegò troppo a decidere che Liam sarebbe stato il sostituto di Alex, qualcuno a disposizione e nulla di più, qualcuno che facesse il lavoro per lei, che l’aiutasse a non pensare per un paio di volte a settimana.
Aspettò  che il respiro di Liam si facesse pesante e se ne andò.
Rincasando cercò di fare meno rumore possibile, Max  era nella sua stanza con una ragazza e suo fratello doveva già essere a letto, salì le scale senza fare troppo rumore.
-          Bentornata-
La voce di Jared la colse di sorpresa, alzò lo sguardo e lo vide appoggiato al corrimano del soppalco  che la guardava.
-          Che ci fai qui? È tardi, sei venuto a piedi?- chiese consapevole del fatto che le loro abitazioni non fossero poi così tanto distanti e che lui camminasse spesso anche la notte.
-          Sì, ho fatto due passi , volevo parlare con te, ma quando sono arrivato Gan mi ha detto che eri da Liam- le disse.
-          Si, dovevo sistemare una questione-
-          E l’hai fatto?-
-          È tutto ok- rispose lei.
-          Vieni su dai-
-          In realtà volevo fare una doccia, possiamo parlare domani è tardi-
-          Ti aspetto-
-          Ok, come ti pare- rispose lei entrando in bagno con il desiderio di capire di che cosa volesse che parlassero a mezzanotte.
Jared si sdraiò sul letto di Ariel, era a pezzi, ma voleva parlarle di sua madre e Luca, sapeva che lei era molto arrabbiata per il fatto che lui e Shan avessero comprato la casa per lei ,Gan e Max, voleva solo farle capire che era stato un gesto spontaneo , non la presa di posizione da “io posso” tipica di chi ha i soldi, chiuse gli occhi per un attimo, erano giorni che non dormiva per più di due ore filate si sentiva terribilmente stanco.
Ariel uscì dalla doccia e dopo essersi asciugata i capelli ed aver indossato il pigiama salì di sopra per ascoltare quello che lui avesse da dirle.
-          Allora di che…- si interruppe a metà della frase, si era addormentato.
-          Ti odio Jared- disse con il sorriso sulle labbra, per l’assurda situazione, gli tolse le scarpe e la camicia, lasciandolo con la canottiera e i pantaloni della tuta, poi si distese accanto a lui.
Jared si risvegliò con le prime luci del mattino, non ricordava di essersi spogliato, ad essere onesto non ricordava neppure di essersi addormentato, si voltò verso l’altro lato del letto e prese contro ad Ariel, che riposava beatamente avvolta nel lenzuolo azzurro del suo letto, si sollevò sui gomiti e la osservò per alcuni istanti, quello era probabilmente il primo momento in cui la vedeva con il sorriso sulle labbra, aveva capito com’era lei, cresciuta troppo in fretta, era diventata dura, fredda e distaccata, innamorata per il resto della sua vita della sua rabbia e della sofferenza causate da qualcosa che non potrà mai cambiare, la morte della madre.
Era come se pensasse di non poter essere nulla di diverso, era così e basta, era come se vivesse perennemente con le spalle al muro, solo pronta a difendersi da tutto e tutti, si rimise sdraiato e cercò di riposare ancora un po’.
Jared stava ricominciando a prendere sonno quando la sveglia di Ariel suonò, lei si mosse verso il comodino, si era scordata di Jared e gli diede involontariamente uno schiaffo.
-          Ariel cazzo, la spengo io- disse lui irritato.
-          Scusa, non volevo- rispose  sbadigliando.
Scese dal letto e si stiracchiò guardandolo mentre si massaggiava la guancia.
-          Perché sorridi?- le chiese Jared.
-          Ce l’hai fatta, la mosca si è posata sulla tua zolletta di zucchero- disse lei.
-          Che stai dicendo?-
-          Che palle Jared, non fai che dire che ami il cinema d’autore e non riconosci una citazione, palese come questa-
-          Forse non conosco il film-
-          La ragazza sul ponte- disse Ariel appoggiandosi al corrimano.
-          Non l’ho visto, vuoi spiegarti non tramite metafore o citazioni per una volta-
-          Hai dormito con me- disse Ariel scendendo le scale e lasciandolo solo sul letto.
Si perse ad osservare il soffitto e il biglietto che le aveva scritto attaccato sul muro, certo aveva dormito con lei, ma sapevano benissimo entrambi che non era quello che lui voleva dire, non era solo il dormire insieme, era molto di più, ma era un inizio.
Prese i suoi vestiti e scese di sotto .
-          Fai colazione con noi si?- chiese Ariel uscendo dal bagno in biancheria intima.
-          Si…- disse lui guardando il nuovo tatuaggio sul suo fianco e quello che aveva tutta l’aria di un “succhiotto” sulla sua clavicola sinistra, doveva essersi spiegata più del previsto con Liam la sera precedente, sentì un moto di gelosia inappropriato impadronirsi di lui.
-          Posso usare il bagno?- le chiese entrandovi senza neppure aspettare una risposta.
Chiuse la porta alle sue spalle e si sciacquò il viso con l’acqua fredda, si risollevò con i rivoli d’acqua che gli scendevano lungo il collo e fissò il suo sguardo nello specchio, le avrebbe fatto pagare questa spiacevole sensazione che lei gli aveva volontariamente o meno causato.
Ariel si vestì e cercò il film che aveva citato prima a Jared, perché lo vedesse.
-          ecco, devi assolutamente vederlo- disse appena lo vide uscire dal bagno porgendogli il dvd.
-          Ok, cercherò di trovare un attimo di tempo- rispose secco allacciando gli ultimi bottoni della camicia.
-          Che ti prende?- chiese lei avendo notato il repentino cambio d’umore.
-          Nulla- le rispose prendendo il dvd dalle sue mani e uscendo dalla stanza.
Salutò distrattamente Max che stava versandosi del latte in cucina e uscì di casa.
Ariel si infilò le scarpe e scese di sotto a sua volta, si sedette a tavola con Max e la sua amica e fece colazione, era dell’idea che lasciarlo stare fosse l’opzione migliore, mancava solo una settimana all’inizio del tour e lei non voleva agitare le acque più del dovuto.

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Capitolo 17
*** 17 ***


“Sei ostaggio di te stesso, delle tue mancanze.”
(M. Mazzantini)
 
Il tour era iniziato, quella era la loro prima serata, erano in Inghilterra per un festival di musica rock, Jared era seduto ad osservare i fonici sistemare le ultime cose sul palco prima che tutto iniziasse, si passò una mano sul viso, dovevano ancora cominciare e lui si sentiva già a pezzi, prese una bottiglietta d’acqua e bevve avidamente, la voce di Emma interruppe il suo vagare nei pensieri, doveva parlargli di alcune cose, si voltò verso di lei e le sorrise, si era spesso chiesto cosa sarebbe stato  di lui nel caso lei fosse venuta  a mancargli per un qualunque motivo, la considerava la sua migliore amica , quasi una sorella anche se sapeva che ad un suo cenno lei sarebbe diventata anche altro.
-          Tutto ok allora ?- disse Emma guardandolo.
-          Certo, va bene come avevamo deciso prima, grazie- le disse prima che lei si allontanasse con uno dei tecnici.
Ariel era seduta a terra accanto al water aveva appena vomitato , non era mai stata tanto nervosa in tutta la sua vita.
-          Tutto bene?- disse Gan bussando alla porta del bagno.
-          Dammi due minuti- gli rispose secca.
Si rialzò lentamente e tornò  verso il lavandino per  sciacquarsi il viso, allungò le mani sotto il getto fresco e se le passò lentamente sul viso.
Jared vide che Gan era ancora in attesa della sorella fuori dal bagno.
-          Che le prende? Dovete salire tra meno di venti minuti- disse avvicinandosi a  lui.
-          Lo so, non sta bene, non l’ho mai vista tanto nervosa- gli rispose sincero.
Jared entrò nel bagno senza troppi complimenti  e si chiuse la porta alle spalle.
-          Devi darti una regolata Ariel, non siamo alla fiera di paese e io non sono qui per dirti che ti capisco, c’è il mondo là fuori e io voglio che tu tiri fuori le palle e esci a testa alta, non ti azzardare a deludermi, ho investito troppo tempo su di voi- le disse serio guardandola negli occhi.
Ariel si raccolse i capelli su un lato e annuì silenziosamente, lui le fece segno di precederlo fuori  ed uscirono.
-          Possiamo andare- disse a Gan una volta fuori.
I tecnici sistemarono  le ultime cose e gli Zodiac si prepararono per il loro ingresso in scena, Gan e Liam furono i primi a salire sul palco seguiti da Max.
Jared raggiunse Ariel prima che salisse a sua volta.
-          C’è un bidone in ogni angolo se ti senti male ragazzina – le disse con distacco la stava trattando come un manager  che vuole solo il suo ritorno economico e sapeva che questo le dava fastidio, voleva che lei reagisse.
Ariel si diresse sicura verso il palco, sapeva quello che Jared stava facendo l’aveva provocata e aveva funzionato, pochi minuti prima nel bagno lo avrebbe preso a pugni , ma gli era anche grata.
Jared restò ad osservarli da dietro le quinte, Ariel aveva ritrovato la sicurezza che l’aveva sempre contraddistinta, si muoveva sul palco sicura, non aveva più l’aria della ragazzina impaurita che lui aveva fatto uscire dal bagno poco prima, ascoltò un paio di canzoni ed andò a finire di prepararsi a sua volta.
Ariel si sentiva tremendamente viva su quel palco, saltava da una parte all’altra e osservava il pubblico sotto di lei , verso la fine si voltò verso il fratello, avevano deciso di fare una delle nuove canzoni, lui le diede il via con la batteria e lei iniziò, quella l’avevano provata sempre da soli , era roba nuova persino per Jared e Shannon.
Ariel buttò su un lato del palco la bottiglietta finita, dovevano fare un ultimo pezzo ma lei doveva bere, si voltò verso il pubblico in cerca di un buon samaritano nelle prime file, una ragazza che doveva avere circa la sua età si sporse con una bottiglietta.
-          Grazie- le disse prendendola.
Bevve un paio di sorsi e la restituì alla biondina prima di riprendere da dove si era interrotta.
Finirono di suonare e tornarono dietro le quinte più eccitati di quando erano saliti sul palco.
-          Bel lavoro- disse Shannon sorridendo.
-          Grazie- rispose Max  felice come non mai.
Ariel si sedette su uno dei divanetti del camerino per riprendere fiato, Jared era poco distante da lei, le fece un cenno con la testa e poi tornò a concentrarsi su sé stesso.
Lei restò ad osservarlo in silenzio, era così concentrato su di sé che se fosse crollato l’intero stadio probabilmente lui non avrebbe fatto una piega, lo vide sistemarsi un ultima volta gli auricolari per poi voltarsi verso di lei.
Si diresse verso la porta e la guardò prima di uscire.
-          Non mi fai gli auguri?- le chiese.
-          Non ne hai bisogno, sei in grado di attirare l’attenzione su di te solo con lo sguardo e lo sai- rispose Ariel legandosi i capelli.
Lui sorrise e uscì.
Ariel restò sola per poco, la raggiunsero il fratello insieme a Liam e Max, erano ancora completamente increduli per quello che avevano provato quella sera.
-          Domani ci aspetta Londra ragazzi, ci pensate?- disse Liam lasciandosi andare sul divano accanto ad Ariel e mettendole un braccio sulle spalle.
-          Emma ha detto che partiremo con tour-bus alla fine del concerto e poi dormiremo in Hotel a Londra aggiunse Gan sorseggiando una birra.
-          Come mai così silenziosa?- chiese Max ad Ariel.
-          Penso di dover ancora realizzare quello che è successo- rispose lei stringendosi nelle spalle, ed era vero , in parte stava ancora metabolizzando tutto ma era ancora persa nei suoi pensieri, si chiedeva se ce l’avrebbero mai davvero fatta, e se in quel caso sarebbe andata bene, o le donne, le litigate e tutta la merda che si nasconde nel mondo della musica li avrebbero divisi.
Sorrise al fratello prima di rubargli la birra e tornare a vestire i panni della stronza sicura di sé.
Stavano aspettando Jared e Tomo fuori dal tour bus, così Ariel ne approfittò per fumarsi una sigaretta ,seduta su un gradino fuori dallo stadio dove avevano appena suonato, sentiva in lontananza le urla dei fan che stavano salutando Jared e Tomo, sul bus ormai dormivano tutti, Shannon era stanco, lo aveva visto salire sul bus e se ne era resa conto subito, non si sarebbe sottratto ai fan se fosse stato bene.
-          Me lo fai un autografo?- chiese la voce di una ragazza a pochi passi da lei.
-          Credo tu abbia sbagliato persona- rispose Ariel prima di alzare lo sguardo e accorgersi che era la ragazza che le aveva dato da bere durante il concerto.
La ragazza fece per allontanarsi delusa dalla risposta di Ariel.
-          Aspetta, scusami non sono abituata a queste attenzioni- le disse prendendole di mano il pennarello.
-          Dove?- aggiunse sorridendole.
-          Non lo so- rispose lei timidamente osservandosi i jeans ormai completamente coperti di scritte.
-          Mi è piaciuta molto la tua canzone  Rising star- aggiunse guardandola timidamente.
-          Suoniamo a Londra domani, se la vuoi risentire, il concerto è in uno stadio all’aperto quindi la senti anche da fuori senza pagare il biglietto- disse Ariel facendole l’occhiolino.
La ragazza bionda sorrise.
Ariel si avvicinò e le scrisse qualcosa sulla maglietta bianca.
-          Come ti chiami?- le chiese.
-          Beth- le rispose.
-          Ecco a te Beth- disse Ariel restituendole il pennarello, sentiva il fratello chiamarla dal bus, dovevano andare.
-          Grazie- disse Beth guardandola allontanarsi senza neppure aver letto quello che le aveva scritto sulla maglietta.
Beth osservò quello che Ariel le aveva scritto subito dopo che il bus ebbe abbandonato il piazzale;
“ don’t try to be mine, i’m a rising star. To Beth with love Ariel”, sorrise leggendolo, era la sua frase preferita dell’intera canzone, decise che sarebbe andata a sentirli anche il giorno seguente nella speranza di poter parlare nuovamente con Ariel fuori dal concerto.
Ariel si sedette accanto al fratello e guardò fuori dal finestrino , Beth era rimasta ferma a guardarli allontanarsi, l’aveva trovata immensamente dolce, tremava mentre le passava il pennarello, lei non ricordava di essere mai stata tanto emozionata ad aver accanto qualcuno in tutta la sua vita, la invidiava profondamente, aveva tutto quello che a lei era sempre mancato, posò la testa sulla spalla del fratello e cercò di riposare.

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Capitolo 18
*** 18 ***


“C’è una certa gloria nel non essere compresi.”
(C. Baudelaire)
Jared era sul palco , gli sembrava che l’intera Londra fosse lì ad ascoltarlo cantare quella sera, il concerto era quasi finito, si voltò un attimo verso le quinte e vide Ariel accarezzare il viso di Liam, non gli era ben chiaro il tipo di rapporto che c’era tra i due, ma supponeva che fosse simile al rapporto che Ariel instaurava con chiunque, sempre a debita distanza, Liam si sporse verso di lei per darle un bacio e lei si voltò così che lui si ritrovasse a baciarle la guancia.
Le prime note di Alibi suonate da Tomo riportarono Jared alla sua musica.
-          La pianti di baciare mia sorella Liam?- disse Gan dopo averli raggiunti.
-          Baciarla? Magari, ogni volta lei si sposta- rispose lui sorridendo.
-          Dovresti aver capito com’è fatta ormai- fece Gan scompigliandogli i capelli e trascinandolo fuori a parlare con un paio di ragazze che lui e  Max avevano appena conosciuto.
Ariel si rimise ad osservare il concerto, erano ormai giunti al termine Jared suonò le prime note di “city of angels” poi si fermò e si voltò a guardarla, facendole segno di raggiungerlo sul palco.
Lei scosse la testa decisa.
-          La mia amica è un po’ timida, mi aiutate a farla cantare?- disse Jared al pubblico.
Ariel si arrese al volere dei fan  e uscì dalle quinte raggiungendolo.
-          Ve la ricordate? È la cantante del mio gruppo di supporto ed ha una voce meravigliosa, potreste convincerla a cantare questa ultima canzone con me?- disse al microfono.
Dal pubblico si levò un unico grido “canta”, Ariel prese il microfono che le stava porgendo Tomo e sorrise.
Cantò con lui, anche se cantare con Jared voleva dire essere la sua corista, le riusciva assai difficile trattenersi e lasciare il palco a lui soltanto ma lo fece, sarebbe arrivato anche per lei il momento giusto.
Ariel fece per lasciare il palco subito dopo aver finito la canzone, Jared la trattenne per un braccio.
-          Grazie- le disse all’orecchio prima di lasciarla andare.
Tornò nel camerino chiedendosi per quale motivo l’avesse ringraziata, non aveva fatto nulla di speciale secondo lei, si sedette su una delle poltroncine e sospirò.
-          Ariel c’è una ragazza che ti cerca, ha detto di chiamarsi Beth- disse Emma facendo capolino sulla porta.
-          Si, la conosco, aspetta vengo con te- le rispose raggiungendo Beth con lei.
Beth le sorrise quando la vide arrivare.
-          Ho seguito il concerto da fuori- le disse.
-          Hai fatto bene-
-          Non voglio disturbarti volevo solo salutare, probabilmente dovrete ripartire subito dopo le foto con i fan-
-          A dire il vero ci fermiamo a Londra per un paio di giorni, facciamo una pausa diciamo- rispose Ariel.
Uscirono fuori e si misero a parlare , Gan e i ragazzi le raggiunsero, decidendo poi in seguito di non tornare in hotel e farsi un bel giro della città di notte, Liam non era mai stato a Londra e i gemelli e Max gli avevano promesso che lo avrebbero portato in tutti i pub che conoscevano, inoltre Ariel trovava molto piacevole la compagnia di Beth e decise di includerla nel gruppo insieme alle ragazze che avevano conosciuto Max e Gan poco prima.
Ariel si sedette sui gradini di un palazzo che dava sul Tamigi, aveva sempre amato Londra, parlando con Beth era venuto fuori che lei viveva con due amiche in nella zona di Hyde Parck, lavorava a Camden in un bar durante il giorno ed era di Liverpool.
Erano rimaste solo loro due, i ragazzi erano già rientrati in Hotel, ad Ariel era piaciuto poter conoscere meglio Beth, era certa che Jared non potesse permettersi tutta questa confidenza con i suoi fan, e ci perdeva parecchio.
Beth era in piedi davanti a lei e si stava cercando di farsi una treccia, con scarsi risultati dato che era leggermente ubriaca, Ariel si alzò e le diede una mano.
-          Ecco fatto – le disse dopo averla fermata con un elastico.
-          Grazie, da sola non potevo proprio farcela- le disse Beth sedendosi sui gradini.
Parlarono a lungo e quando si fu fatto ormai mattino, Ariel prese un taxi con lei e tornarono ognuna alla sua vita.
Ariel si lasciò andare sul letto , erano le cinque del mattino passate, pensava a Beth , alla dolcezza di quella ragazza, il mondo sembrava fatto apposta per fare a pezzi quelle come lei.
Jared andò a bussare alla porta di Ariel quando furono le dieci del mattino, era parecchio che non passavano del tempo insieme e lei gli mancava.
-          Che c’è?- esordì lei aprendogli la porta in mutande.
-          Sei ancora così?- le disse entrando.
-          Stavo dormendo, tu dormi vestito per caso?- fece sarcastica sbadigliando.
-          Ti posso dare venti minuti , poi ti porto fuori anche in mutande, c’è una mostra di Dalì alla Tate Gallery e…-
-          Dieci me ne bastano dieci- disse Ariel correndo in bagno.
Jared sorrise tra sé , niente funzionava da attrattiva per quella ragazza come lo facevano arte e musica.
Ariel si fece la doccia più veloce della sua vita e mezzora dopo era per strada con Jared diretta alla Tate Gallery.
Durante tutto il tempo passato alla mostra Jared si godette la sua guida privata, Ariel era davvero preparatissima e gli fornì tutti i dettagli che non conosceva su ogni quadro e sulla vita dell’artista.
-          Dove vuoi andare adesso? È ora di pranzo- disse Ariel guardandolo una volta usciti dal museo.
-          Tu dove vuoi andare-
Ariel sorrise e lo prese per mano.
-          Vieni- si limitò a dirgli, ma lui quasi non la sentì tanto era concentrato su quel gesto insignificante come due mani l’una nell’altra, che però fatto da Ariel era diverso.
Lo trascinò fino alla fermata della metro e lo portò con lei a Regent’s Park, presero qualcosa da mangiare in un bar dentro al parco  e poi passeggiarono fino al giardino delle rose della regina.
-          Questo è uno dei posti che preferisco in tutto il mondo- disse lei sedendosi sull’erba.
Jared si sedette accanto a lei sull’erba leggermente bagnata.
-          Mi è mancata questa cosa tra noi- le disse.
-          Quale cosa? Non c’è niente tra noi-
-          Giusto…- disse lui serio.
Ariel prese fuori l’accendino e una sigaretta, Jared le la tolse di mano senza troppi complimenti.
-          Che cazzo Jared- sbottò Ariel.
Lui si alzò e s’incamminò da solo, Ariel restò per qualche istante seduta poi decise di raggiungerlo.
-          Che ti è preso?- gli chiese cercando di trattenerlo per un braccio.
-          Il fumo fa male alla tua voce- rispose freddo divincolandosi dalla sua presa.
Ariel per tutta riposta si accese una sigaretta e gli soffiò il fumo in faccia sorridendo sarcastica.
Lui la spinse contro un albero e la baciò deciso, era così arrabbiato, ci teneva a lei, ma il modo in cui lo teneva a distanza e lo trattava sempre lo facevano impazzire, non era più un ragazzino, non gli piaceva sentirsi così frustrato accanto ad una persona.
Ariel cercò di respingerlo e lui le tenne ferma la testa mettendole una mano sul collo, baciandola più dolcemente stavolta.
-          Perché non fai mai funzionare niente nella tua vita Ariel, di che cazzo hai paura?- disse prima di allontanarsi da lei.
Ariel restò appoggiata a quell’albero guardandolo andare via, sentiva addosso il suo profumo era tutto intorno a lei, si passò una mano sulle labbra e sentì una lacrima rigarle il viso e poi un’altra, non aveva importanza quanto ci provasse, lei aveva dei sentimenti come tutti , sentiva le cose come gli altri forse addirittura con un’empatia maggiore e questo la portava ad odiare quella parte sensibile di sé , quella che voleva essere coccolata e amata.
Jared fermò un taxi appena fuori dal parco e si fece portare alla radio dove aveva appuntamento con Emma per un’intervista un paio d’ore più tardi, avrebbe fatto foto e firmato autografi tutto il pomeriggio ma non gli importava voleva togliersela dalla testa e basta.
Era da poco terminata l’intervista in radio, Emma era accanto all’auto che li avrebbe riportati in hotel  aveva notato una certa tendenza al temporeggiamento da parte di Jared quel pomeriggio ma non gli aveva domandato nulla, lui fece le ultime foto e la raggiunse.
-          Ti sentivi  in vena di foto oggi- gli disse una volta partiti.
-          Diciamo di si- rispose lui sorridendole per poi voltarsi a guardare fuori dal finestrino, era consapevole del fatto che Emma avesse indubbiamente notato che qualcosa non andasse, ma non voleva parlare della sua vita privata in quel momento,  dopo quei giorni di pausa lo aspettavano concerti, interviste  e serate in giro per tutto il mondo che lo avrebbero aiutato a non avere affatto una vita privata e con un po’ di fortuna, lui e Ariel non si sarebbero parlati a lungo, ormai conosceva bene quali erano le modalità di comportamento di Ariel, era la sua copia sputata sotto quel punto di vista, si sarebbero entrambi buttati nel lavoro o in qualsiasi altra cosa a loro disposizione pur di non affrontare i problemi reali.

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Capitolo 19
*** 19 ***


“No longer living, just a shell of what I dreamed.”
30STM “the Fantasy
 
 
 
 
Ariel si guardò ancora una volta allo specchio, le forbici ben strette nella mano destra e le gocce d’acqua che le scendevano dai capelli bagnati, solitamente lasciava che fossero Alex o il fratello a tagliarle i capelli ma quella sera  aveva deciso di fare da sola, li aveva tinti di rosso un paio di settimane prima mentre si trovavano in Spagna ora ci voleva solo un bel taglio deciso, era come se avesse un impulso irrefrenabile a cambiare pelle a non riconoscersi allo specchio.

La prima ciocca cadde nel lavandino, stava per procedere con quella accanto ma il cellulare suonò, era un messaggio di Alex , le faceva sempre gli auguri per il suo compleanno a mezzanotte in punto, posò un attimo le forbici e le rispose, non riusciva ancora a credere che il tour fosse ormai al termine, mancavano quelle tre date in Francia e poi sarebbero tornati a casa con il loro contratto già firmato e il primo album in uscita ad ottobre.
Riprese da dove aveva interrotto e finì il suo lavoro.
Dopo aver dato l’estremo saluto a buona parte dei suoi capelli uscì sul terrazzo della sua stanza d’albergo, erano arrivati a Nizza quel pomeriggio e tra due giorni ci sarebbe stato il concerto.

Posò i gomiti sul parapetto  e si mise ad osservare il mare davanti a lei, l’hotel lo aveva scelto Jared e lei ne capiva il motivo, la vista dalle stanze era da togliere il fiato, sospirò ripensando al fatto che non si parlavano da quel pomeriggio a Londra, anche se dire che non si parlavano non era esatto, perché lo facevano, dalle labbra di entrambi uscivano parole rivolte all’altro, ma nessuna di queste era mai priva di sarcasmo o frecciatine tanto per fingere che tutto tra loro procedesse normalmente, recitavano al meglio le loro parti ecco che facevano quando erano in pubblico.

Chiuse la finestra e si mise a letto si sentiva molto stanca ed il pensiero del suo compleanno la tormentava come ogni anno, non le piaceva festeggiare il giorno della morte di sua madre, le sembrava tremendamente sbagliato, ogni volta voleva solo che finisse in fretta, prima di addormentarsi pregò con tutto il cuore che non le facessero regali o torte, nulla.
Shannon sistemò la torta per i gemelli sul tavolo accanto ai regali, la sera prima si era premurato di farla preparare dallo chef dell’hotel per loro, Jared era accanto al fratello e lo guardava muoversi veloce per organizzare tutto con Emma e Max prima che Gan e Ariel scendessero a far colazione, lasciò vagare lo sguardo agli altri ospiti dell’hotel e la vide, era seduta a poca distanza da lui e lo guardava.
  • Cameron…- si lasciò sfuggire.
Lei gli sorrise e si alzò per raggiungerlo.
  • È parecchio che non ci vediamo? Come va il lavoro?- gli chiese.
  • Benissimo , che fai qui?-
  • Quello che fai tu , la serata di beneficenza di Dior, suppongo tu sia qui per questo- disse senza staccargli gli occhi di dosso.
  • Si, abbiamo anche un concerto, ho voluto unire le due cose- disse notando che Ariel e Gan erano arrivati.
  • Vedo che sei impegnato, ci vediamo- disse lei lasciandolo ai festeggiamenti.
La guardò allontanarsi svelta tra i tavoli e sparire in un attimo dietro le porte scorrevoli .
Si morse involontariamente il labbro ripensando che dopo tutto il tempo passato, le notti che l’aveva voluta tra le braccia e quelle in cui l’aveva maledetta facendosi scaldare da altre donne, per lui era rimasta l’unica, c’era sempre qualcosa che lo portava a volerla, ma non era sicuro che fosse ancora per amore, forse col tempo altri sentimenti avevano preso il posto dell’amore per lei nel suo cuore, la voleva ancora per dare a sé stesso la conferma di averla superata, di poterla usare e gettare come se fosse una qualunque.
Ariel e Gan si misero accanto alla torta e sorrisero mentre Emma scattava una foto.
  • Chi ti ha tagliato i capelli Ariel? – chiese Jared sarcastico.
  • Lo stesso sociopatico che ti veste- rispose lei prontamente.
  • Soffiate ed esprimete un desiderio forza!- disse Shannon finendo di accendere l’ultima candelina della torta.
Ariel lasciò che Gan spegnesse la maggior parte delle candeline, a lui festeggiare il compleanno piaceva e lei non voleva altro che vederlo felice, spense le tre candeline che lui le aveva lasciato e sorrise.
Jared aveva notato una vena di tristezza nello sguardo di Ariel, sorrideva ma i suoi occhi non lo facevano, Gan le diede un bacio sulla guancia e la guardò negli occhi spostandole una ciocca, era come se sapesse esattamente cosa fare con lei, era ovvio essendo suo fratello la conosceva bene, ma era soprattutto Ariel a dargli quel consenso silenzioso a compiere certi gesti, Ariel era diversa dal resto del mondo, con lei non era “o tutto o niente”, con lei era semplicemente, “ questo è quello che puoi fare e non provare ad andare oltre”, prese la fetta di torta che Emma gli stava porgendo e la mangiò silenziosamente.
Liam si sedette accanto ad Ariel dopo aver mangiato la sua fetta.
  • Ciao straniero- disse lei scompigliandogli i capelli.
  • Lo so che avevi detto niente regali, ma….-
  • Ma tu ne hai uno per me- disse Ariel interrompendolo.
  • Si, a Gan lo abbiamo fatto ieri sera e non mi pareva giusto non fare nulla per te- ammise.
Prese la busta di carta e le passò un pacchetto argentato.
Ariel lo scartò attenta a non rovinare la carta, le piaceva conservarla, si soffermò ad osservare il contenuto del regalo una volta finito, era la foto della partitura che lei aveva scritto per lui sul gradino del marciapiedi di L.A.
  • È una delle cose più belle che potessi regalarmi Liam- disse guardandolo.
Liam sorrise soddisfatto, era riuscito a farla sorridere, a quanto gli aveva detto Gan era un miracolo far sorridere Ariel il giorno del loro compleanno , ma ce l’aveva fatta.
Ariel mise il regalo sul tavolo e gli diede un bacio leggero sulla guancia.
  • Grazie- gli disse.
  • Figurati- rispose Liam dandole una spallata amichevole.
Shannon ed Emma presero i regali per i gemelli glieli porsero.
Gan aprì il suo felicissimo, era raro che ricevessero regali per il compleanno, col fatto che il padre era spesso via avevano imparato a fare conto di quelli che avevano, aprì la scatola di bacchette nuove contento come un ragazzino.
  • Grazie ragazzi sono bellissime!- disse abbracciando Shannon che era a pochi passi da lui.
  • Coraggio Ariel vediamo il tuo- disse Max incitandola.
  • Ok, ok stai calmo- rispose sorridendogli.
Rimosse il nastro dalla scatola e l’aprì, il regalo consisteva in un paio d’orecchini in stile gotico vittoriano viola e neri.
  • Sono meravigliosi- disse indossandoli immediatamente.
  • Gan ci ha dato una mano nella scelta- ammise Emma.
  • Ti stanno molto bene, col nuovo taglio di capelli calzano a pennello- le disse Tomo.
Ariel sorrise, notò che Jared la guardava ma appena i loro sguardi si incrociarono lui si voltò dalla parte opposta, non riusciva a non pensare a Cameron, dieci secondi con lei e lui era tornato indietro di anni, quasi fossero stati insieme in un’altra vita.
Lei tornò a parlare con Gan e gli altri, dopo che lo ebbe visto uscire dalla porta, non voleva drammi quel giorno, lo aveva visto scambiare due parole con Cameron Diaz quando era arrivata col fratello, sapeva della loro storia ma voleva starne fuori, Shannon aveva sempre detto che lei era stata la stronza che l’aveva mollato e gli aveva spezzato il cuore, ma Ariel era sempre stata convinta che in ogni storia si debbano ascoltare entrambe le campane.
 


 

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Capitolo 20
*** 20 ***


Salve a tutte/I ,
Prima di tutto vorrei scusarmi per l’assenza prolungata di questo periodo, ho avuto un lutto in famiglia e non mi era proprio possibile riuscire ad avvicinarmi alla scrittura, ero come bloccata fino ad  un paio di giorni fa, quando mio fratello mi  ha suggerito di “riprendere a scrivere la mie cazzate sui Mars”  e grazie a Dio l’ho ascoltato…. Scusate ancora l’assenza e buona lettura .
Kiss
A.


“this is radio nowhere 
is there anybody alive out there?” 
Bruce Springsteen


Jared uscì dalla stanza di Cameron, l’aveva portata a letto , ci era riuscito, ma si sentiva lo stesso a pezzi, era come se lei avesse mantenuto quel fascino su di lui che tanto lo aveva intrigato  e mentre stavano insieme; quella sera, si era reso conto che lo stesso era per lei, non si sarebbero mai dimenticati si erano fatti troppo male, si erano spezzati il cuore a vicenda in tanti di quei modi che era impossibile dimenticarsi l’uno dell’altra.
Si diresse verso l’ascensore senza smettere di pensare alla prima volta che l’aveva vista , a come gli era sembrata perfetta per lui, quel sorriso sempre stampato sul viso, quella malizia nei discorsi, la possessione che entrambi mettevano anche in un semplice abbraccio, entrò in ascensore e salì al suo piano, non sarebbe andato all’evento di quella sera, non voleva altro da lei, niente sorrisi di circostanza e occhiate lanciate attraverso la sala, era storia vecchia c’erano passati anni prima.
Una volta rientrato nella sua stanza si mise sul balcone ad osservare la spiaggia, vide Gan ,Ariel , Max e Liam che scherzavano tra loro in riva al mare, vide i ragazzi allontanarsi e lasciare Ariel sola in riva al mare, restò a guardarla, sentendosi addosso ancora il profumo di Cameron.
Ariel si tolse la parte superiore del bikini e andò a sentire l’acqua, aveva chiesto ai ragazzi di fare il bagno con lei, ma loro volevano godersi la penultima sera in libertà, così li aveva lasciati andare per la loro strada, ammettendo almeno con sé stessa che un po’ di solitudine non le spiaceva.
Si lasciò andare in acqua , era decisamente più fredda di quando pensasse ma nulla di insormontabile, avrebbe voluto fare il bagno nuda, ma il fatto che altri occupanti dell’hotel potessero scendere in spiaggia per una passeggiata serale l’aveva frenata.
Jared si sedette sull’asciugamano che Ariel aveva lasciato steso sulla sabbia accanto ai suoi vestiti, non era affatto sicuro che la cosa le sarebbe piaciuta, erano settimane che non restavano da soli per più di pochi minuti.
La vide ritornare a riva, appena si accorse di lui si mise un braccio a coprire il seno.
-    Come se fosse la prima volta che ti vedo nuda- le disse quando fu abbastanza vicina.
-    Ci parliamo adesso?- chiese lei guardandolo dall’alto infreddolita e gocciolante.
Jared prese l’asciugamano pulito accanto a lui e si alzò mettendoglielo attorno alle spalle.
-    Mi manca stare con te- le disse.
-    Saresti più credibile se non avessi addosso il profumo della tua fidanzata storica e le labbra gonfie per i suoi baci sai?- gli rispose guardandolo negli occhi.
Lui non disse nulla, le mise un braccio intorno alla vita e l’attirò tra le sue braccia.
-    Quello che ho avuto con Cameron è stato qualcosa che non scorderò per il resto della mia vita, mi ha fatto a pezzi ed io ho fatto lo stesso con  lei, io la tradivo, lei mi tradiva, ma tornavamo sempre a casa insieme e scopavamo tra noi come se nulla fosse successo, pensavo fosse venuto il momento di finirla, così le ho chiesto di sposarmi, il resto lo conosci. – le disse.
-    Non dovresti abusare del tempo imperfetto, mi pare ovvio che tu voglia ancora qualcosa da lei-rispose Ariel sciogliendosi dal suo abbraccio e infilandosi velocemente la maglietta.
-    Stasera dovevo solo avere la conferma di averla dimenticata…-
-    Frena caro, se hai dimenticato davvero una persona non ti servono conferme, per te semplicemente non esiste – disse Ariel raccogliendo anche le scarpe dopo aver allacciato i jeans.
-    Dove vai?- le chiese seccato dal fatto che lo stesse nuovamente guardando dall’alto in basso.
-    Faccio due passi sulla spiaggia, da sola, ok? Sai c’è gente che riesce ancora a bastarsi a questo mondo Jay-
-    Vai allora- le disse voltandosi e tornando verso l’hotel.
Fece alcuni passi e si voltò a guardarla, si era andata a sedere in riva al mare poco distante, gli aveva detto di voler restare sola, ma sapevano entrambi che non era affatto quello di cui aveva bisogno in quel momento, il fatto che il suo compleanno coincidesse inevitabilmente con l’anniversario della morte della madre, doveva aver inciso sempre nella sua vita.
Aveva in tasca il regalo per il suo compleanno, era sceso anche con l’intento di darglielo, si incamminò verso di lei e la raggiunse.
-    Posso sedermi?- le chiese distaccato.
-    È un paese libero- rispose Ariel continuando a guardare il mare davanti a lei.
Jared si sedette accanto a lei a gambe incrociate e sospirò.
Ariel fece per alzarsi ma lui la trattenne.
-    Adesso mi concedi dieci minuti del tuo tempo- disse stringendole il polso.
-    Mi stai facendo male-disse lei.
-    Ci vuole ben altro per farti male e lo sappiamo entrambi- disse lui lasciandola però andare.
-    Dieci minuti. Avanti fai pure il tuo discorso, la tua arringa conclusiva, ami così tanto il suono della tua voce, che probabilmente parleresti anche se fossi da solo adesso-
-    Ti manca?-le chiese interrompendola.
-    Di chi parli scusa-
-    Di tua madre, ti manca?-
-    Che domanda idiota, non mi piacciono questi giochetti Jared, non può mancarti quello che non hai mai avuto-
-    Si che può, quello che non hai è l’unica cosa di cui senti sempre la mancanza , lo senti dentro ogni volta che ti alzi e che vai a dormire, ad ogni tua conquista sei sempre consapevole della presenza di quel qualcosa che non potrai mai….-
-    Smettila ok? Qui non si tratta di qualcosa di rimpiazzabile Jay-
-    Oh lo so bene, ma tu? Sembra che per tutta la tua vita, tu non abbia fatto altro che cercare di colmare il vuoto che senti per lei, ma lascia che te lo dica una volta per tutte, quello non si colma con niente, o ci convivi o ci muori- disse guardandola negli occhi.
Ariel lo guardò a sua volta e si accorse che aveva gli occhi leggermente lucidi.
Lui si passò una mano sul viso, fingendo che gli fosse entrata della sabbia e tornò a guardare davanti a sé.
Mise una mano in tasca e ne estrasse il regalo per lei.
-    Questo è per te- disse allungandoglielo.
-    Pensavo che i regali fossero finiti- disse Ariel prendendolo.
-    Ora lo sono, buonanotte Ariel- disse lui alzandosi da terra e lasciandola sola dopo essersi scrollato di dosso la sabbia.
Ariel restò seduta ad osservare il mare davanti a lei, Jared aveva come sempre toccato i punti giusti, sapeva bene quello che poteva farle male sul serio.
Si strinse le ginocchia al petto e vi nascose il viso , sentiva le lacrime scendere calde lungo le sue guance e il collo per poi andare a depositarsi come enormi pozze di disperazione sui suoi jeans, strinse le mani intorno ai polpacci tanto forte da sentire solo quello, funzionò per non più di pochi secondi, sentì una mano posarsi sulla sua spalla e si voltò per vedere di chi si trattasse.
-    Tutto bene?- chiese Liam guardandola preoccupato.
-    Che fai qui? Non eri con Max e Gan- disse lei infilando in tasca il regalo di Jared e asciugandosi gli occhi .
-    Ero tornato per bere una birra con te- disse mostrandole due bottiglie in un sacchetto di plastica.
-    Liam ti ringrazio ma io adesso non…-
-    Non vuoi parlare, lo so- disse lui sedendosi e allungandole la bottiglia aperta.
Ariel la prese e si mise a sorseggiarla in silenzio, fortunatamente per lei, il rapporto con Liam era buono, lui si manteneva nei suoi spazi e non cercava di scavare troppo a fondo al contrario di Jared.
Liam posò la bottiglia vuota accanto a sé e le mise un braccio intorno alla vita attirandola verso di lui.
-    Rientriamo?- le chiese.
Lei annuì ed insieme si incamminarono verso l’Hotel.
Liam la fece accomodare nella sua stanza, le porse una maglietta con cui dormire e si spogliò tranquillamente, ormai tra lui ed Ariel non c’era più alcun imbarazzo, con lei si sentiva libero di essere sé stesso e nessun altro, era molto facile essere a proprio agio con lei, essendo cresciuta con solo figure maschili intorno era molto più smaliziata delle altre.
-    Ti è caduto questo- disse raccogliendole un piccolo pacchettino regalo che le era scivolato dalla tasca dei jeans.
-    Ah…-
-    Come mai questo non lo apriamo?- le chiese sedendosi sul letto con il regalo ancora in mano.
-    Aprilo e se ti piace tienitelo- disse lei distaccata, mentre si sistemava nel letto accanto a lui.
Liam lo aprì, si trovò tra le mani un ciondolo a forma di plettro con un’incisione sopra “i wish i was a radio song the one that you turned up” in fondo si distinguevano bene due lettere, J.L.
-    È un regalo di Jared vero?-
-    Ti ho detto che se ti piace lo puoi tenere, che ti frega di chi  me lo ha fatto-
-    Non lo vuoi neppure vedere?-
Ariel si girò per vedere cosa tenesse tra le mani, e dopo un’occhiata di sfuggita al ciondolo si voltò nuovamente .
-    Visto- disse.
-    C’è un’incisione sopra- continuò Liam.
-    La guarderò domattina- sbottò lei coprendosi col lenzuolo.
Liam posò il ciondolo sul comodino accanto a sé e si mise sotto al lenzuolo con lei, mantenne la sua posizione nel letto per alcuni minuti, senza toccarla o altro, ma lentamente finì con avvicinarsi e metterle un braccio intorno alla vita, le voleva bene, e anche se lei non gli era del tutto indifferente, voleva che prendesse più sul serio quello che Jared sembrava provare nei suoi confronti.

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Capitolo 21
*** 21 ***


“Non difesi il mio sogno, per la semplice ragione che non lo ascoltavo più. I sogni sono radicati nell’anima e la mia era fuori servizio.” Cit.
 
 
Ariel si svegliò con le luci del primo sole, Liam era disteso a pancia  sotto accanto a lei e russava della grossa. Si alzò e iniziò a rivestirsi silenziosamente, recuperò tutte le sue cose sparse per la stanza, da come erano distribuite sul pavimento sembrava che avessero fatto ben altro che dormire la notte appena trascorsa, vide la chiave della sua stanza appoggiata al comodino di Liam, accanto c’era il regalo di Jared.
Lo prese in mano e lesse l’incisione, era di una canzone dei Pearl Jam, l’aveva canticchiata spesso negli ultimi mesi e Jared se ne doveva essere accorto, lo posò nuovamente e si chinò a dare un bacio sulla guancia a Liam prima di tornare nella sua stanza.
Prese l’ascensore, dato che non aveva voglia di farsi sei rampe di scale, per salire nella sua stanza.
Jared spinse il bottone e l’ascensore si aprì davanti a lui.
  • Ciao- disse Ariel.
  • Che piano?- le chiese lui entrando.
  • Quinto- rispose senza fare domande sul perché fosse sveglio alle cinque del mattino ,con indosso i vestiti della sera prima, proprio come lei.
Jared si mise a fissare la porta dell’ascensore davanti a loro, dopo averla lasciata sulla spiaggia era tornato in camera di Cameron, avevano rispolverato alcune vecchie abitudini, ma non sentiva più molto  quando stavano insieme, non era più lei quello che gli mancava.
L’ascensore si fermò e poco prima che le porte si aprissero Jared lo bloccò, spingendo il pulsante di stop.
  • Jared….- disse Ariel cercando di farlo ripartire.
  • Perché non possiamo parlare?-
  • Perché sono le cinque del mattino e io devo dormire, credo anche tu no? Dubito tu sia andato a giocare a monopoli con qualche bambino in..-
Ariel non fece in tempo a finire la frase che le labbra di Jared erano già sulle sue, dolci ma prepotenti allo stesso tempo, lei si ritrovò a ricambiare il bacio di Jared come se fosse la sola cosa che volesse davvero.
Si fermarono un attimo e lui sospirò.
  • Ti amo..- le disse con un filo di voce.
Ariel gli diede uno schiaffo e sbloccò l’ascensore.
  • Non ti azzardare – gli disse prima di dileguarsi svelta verso la sua stanza e lontano da lui.
Jared raggiunse il suo piano, sentiva la guancia bruciare come non mai, non che lei lo avesse colpito con violenza, era stata una violenza peggiore quella delle sue parole, bussò alla porta del fratello nella speranza che lo sentisse.
Shan si sollevò dal letto, sembrava che qualcuno volesse tirar giù la porta a calci.
  • Devo parlarti- disse Jared non appena lui aprì.
  • Certo, tanto chi ha voglia di dormire alle…- guardò l’orologio – cinque e trentasei del mattino- disse raggiungendo il fratello sul letto.
  • Le ho detto che l’amo!- disse Jared passandosi una mano tra i capelli.
  • A chi?- chiese Shannon ancora assonnato.
  • Ad Ariel-
  • E lei ?-
  • Diciamo che non l’ha presa benissimo, mi ha dato uno schiaffo e se ne andata-
  • Jay, tra voi non potrà mai esserci quello che vuoi- gli disse serio.
  • Perché? Io le piaccio lo so e…-
  • Lo sappiamo tutti, Jay, si capisce da come ti guarda, da come parlate anche solo con lo sguardo, è una sintonia che non si può non notare-
  • E allora quale cazzo è il suo problema?-
  • Ha paura di perdere sé stessa , se  decide che tu sei importante, pensa di non poter più essere quella che è – disse Shannon guardandolo.
  • Sono stanco di provarci solo io, sono stanco di cercare di capire quello che vuole sono…-
  • Jared, sei andato a letto con tutto quello che ti pareva negli ultimi mesi, non ci stai provando sul serio, se continui a rimpiazzarla con tutto ciò che trovi, lei non crederà mai a quello che le hai detto oggi-
  • Lei va a letto con Liam- sbottò Jared .
  • No, non ci va da mesi si è affezionata a lui, gli vuole troppo bene e sa che a lui non è del tutto indifferente , ha smesso di andarci a letto per non farlo soffrire-
  • Sbagliato, prima veniva dalla stanza di Liam, cosa ti fa credere che non abbiano scopato?-
  • E a te cosa fa credere che l’abbiano fatto? Jay vuoi solo sentirti meno in colpa per averle detto che l’ami, dopo esserti portato a letto Cameron- disse Shannon duramente, non gli piaceva la piega che stava prendendo quella discussione, non voleva difendere Ariel così come non voleva difendere il fratello, dovevano chiarirsi tra loro.
  • Ci vediamo dopo- disse Jared uscendo dalla porta  e dirigendosi verso la sua stanza, non era arrabbiato col fratello, Shannon aveva sempre avuto il  vizio di essere brutalmente sincero .
Ariel era seduta nella doccia, l’acqua le scorreva addosso e il rumore l’aiutava a non sentirsi piangere, aveva desiderato per un istante che lui non le avesse davvero detto quelle parole, perché per la prima volta nella sua vita sentiva di ricambiarle davvero.
Uscì dalla doccia e prese il beauty,era parecchio tempo che non si tagliava, prese la lametta e si tagliò una coscia, pensò per un attimo a tutte le volte che l’aveva fatto nei posti sbagliati prima di imparare, le braccia e i polsi sono troppo visibili, quelli che si tagliano in posti visibili sono degli esibizionisti del cazzo, i veri cutters, non che lei lo fosse, ma quelli veri lo fanno in posti nascosti, perché sentirsi chiedere “che hai fatto lì” è troppo difficile da affrontare.
Sentì il bruciore dato dal taglio impadronirsi dei suoi sensi, niente più Jared, niente più pensieri, solo bruciore costante e il regolare rilascio di endorfine.
Jared scese dal palco il concerto era appena terminato, tra lui ed Ariel c’erano stati solo scambi furtivi di sguardi, aveva notato che lei indossava il ciondolo che le aveva regalato, si passò un asciugamano sulla testa per asciugare il sudore.
Ariel si sedette sul tourbus da sola, e si accoccolò sul sedile accanto al finestrino che aveva battezzato come suo sin dall’inizio del tour, mancava solo un concerto e sarebbero tornati a casa, vide Jared , Shannon e Tomo fermarsi per qualche autografo appena fuori dalla stadio, suo fratello , Max e Liam salirono e lei finse di dormire, non aveva molta voglia di parlare , mentalmente era ancora nell’ascensore con Jared , come poche ore prima, era come se le cinque di mattina e quei fottuti tre metri cubi non l’avessero mai lasciata per tutto il giorno.
Jared fece un’altra foto e poi si congedò raggiungendo gli altri sul bus, Shannon si era sdraiato senza troppi complimenti al suo posto,  mentre Tomo era accanto ad Emma, raggiunse Ariel e si sedette accanto a lei, si era accorto che non stava dormendo, l’aveva sentita irrigidirsi immediatamente non appena si era accomodato sul sedile accanto al suo, controllò alcune cose per il concerto di Parigi e poi spense il cellulare, distese il sedile e chiuse gli occhi, era davvero stanco, in un certo senso era felice che il tuor fosse finito, doveva recuperare un po’ di energie.
Ariel si voltò lentamente verso di lui e si mise ad osservarlo , appoggiò la testa sul sedile e sospirò, Jared aprì gli occhi e la beccò intenta a guardarlo, vide le sue pupille dilatarsi leggermente per la sorpresa di essere stata scoperta per poi chiudere gli occhi immediatamente.
  • A che cazzo di gioco stai giocando Ariel- le disse piano.
  • E tu?- rispose sospirando.
  • Ho smesso di giocare-
  • Immagino- disse lei secca.
Lui la guardò e si avvicinò a lei, quello che gli aveva detto Shannon era giusto, doveva dimostrarle che faceva sul serio, le accarezzò la guancia col dorso della mano, scendendo piano verso la sua bocca, ne disegnò i contorni con le dita e si avvicinò ancora.
Ariel poteva sentire il respiro di Jared a pochi cm da lei, ma continuava a tenere gli occhi chiusi, voleva godersi ogni singola sensazione, ogni carezza, le mancavano così tanto certe cose, se le era sempre negate , ma in quel momento desiderava solo che lui non smettesse, sentì una lacrima scenderle sulla guancia ed aprì gli occhi.
  • Ariel?- disse Jared interdetto.
  • Non dire niente, ti prego- disse lei nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla.
Lui la strinse forte a sé e lasciò che si sfogasse, quello era uno dei momenti più intimi che avesse mai condiviso con chiunque.

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