There may be something there that wasn't there before

di CinderNella
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** We could have had it all. You had my heart and soul. ***
Capitolo 2: *** I got a hangover, I’ve been drinking too much for sure. ***
Capitolo 3: *** You came on your own, that's how you leave. With hope in your hands. ***
Capitolo 4: *** The stars, the moon, they have all been blown out. You left me in the dark. ***
Capitolo 5: *** If you want the rainbow, you must have the rain. ***
Capitolo 6: *** ‘Cause you and I… we were born to die. ***
Capitolo 7: *** Oh you’re supposed to care, but you never make me scream. ***
Capitolo 8: *** Why you have to go and make things so complicated? ***
Capitolo 9: *** If I were a boy I think I would understand how it feels to love a girl, I swear I’d be a better man. ***
Capitolo 10: *** Meryton Townhall ***
Capitolo 11: *** ‘Cause you’ve got that One Thing ***
Capitolo 12: *** Don’t tell him nothing, but I think I wanna dump him. ***
Capitolo 13: *** I never thought I could love anyone… but you. ***
Capitolo 14: *** It’s a little bit funny, this feeling inside. ***
Capitolo 15: *** If you gonna stay, stay tonight. ***
Capitolo 16: *** Sunday morning, rain is falling… steal some covers, share some skin. ***
Capitolo 17: *** You'll be the prince and I'll be the princess, it's a love story baby just say yes ***
Capitolo 18: *** Darling, don’t be afraid I have loved you for a thousand years, I’ll love you for a thousand more ***
Capitolo 19: *** But I have grown too strong to ever fall back in your arms. ***
Capitolo 20: *** When I wake up, well I know I'm gonna be, I'm gonna be the man who wakes up next to you. ***



Capitolo 1
*** We could have had it all. You had my heart and soul. ***


Innanzi tutto: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei personaggi della mia storia, offenderli in alcun modo.
Poi ci tengo a sottolineare che questo è il seguito imprevisto che non avrei mai voluto scrivere ma che, ahimé, è nato da solo, di "Help me, I'm alive", una short che però aveva un'altra coppia come protagonisti. E non avrei voluto scriverla non perché non mi piacesse, ma perché ritenevo che non necessitasse di un seguito. Ma poi è nata questa, che spiegava un po' di cose, quindi... I tempi son cambiati, le shipping pure, e inoltre ci tengo ad aggiungere anche che l'idea per questa Jodice - e anche i primi capitoli - sono nati ben prima del Klaroline, prima ancora che lo si nominasse, in realtà; non l'ho postata prima perché volevo terminarla e averla tutta pronta prima di postarla, onde a evitare di lasciarvi per mesi senza un capitolo nuovo, perché l'ispirazione, anche se amo la coppia, va e viene. L'ho ambientata poco dopo "Help me, I'm alive" cronologicamente parlando, e... spero di attirare le lettrici dell'altra storia e lettrici nuove... e con questo, buona lettura!


There may be something there that wasn't there before



1. We could have had it all. You had my heart and soul.

Il sentimento di astio che era diventato quello d’amicizia e amore che era stato un tempo — in realtà solo qualche settimana prima… un mese intero, in realtà – era ben vivo in lei, e a dirla tutta non sapeva come facesse ancora a guardarlo in faccia. A recitare insieme a lui, provare le battute e far finta, sullo schermo, di essere la sua ragazza. Avrebbe voluto piantargli un pugno in faccia, piuttosto. Proprio a quello che solo qualche mese prima la chiamava ancora procione. Non la chiamava più ora, a dirla tutta non aveva nemmeno il diritto di rivolgerle la parola.
Settembre era arrivato, la programmazione della serie TV sarebbe ritornata a breve ma loro avevano già tutti ricominciato a recitare: lei s’era divisa tra casa e set, usciva con gli altri solo quando sapeva che lui mancasse… erano davvero finiti così. Ma probabilmente una piccola parte di sé lo sapeva, sarebbero dovuti rimanere amici… ma lei non provava più semplicemente sentimenti di amicizia. E dopo tutta la fatica, lui aveva buttato tutto all’aria…
E sul set era la sua adorabile fidanzata vampira. Era certa che se Caroline l’avesse saputo, avrebbe strozzato Tyler per solidarietà femminile. Ma lei, Caroline, lo amava e lui ricambiava. Lei invece voleva solo spaccargli il muso.
Fortunatamente poteva ancora contare su Nina e Kat. E sul suo adorabile appartamento che divideva con la prima, che per la maggior parte del tempo mancava per stare con il suo adorato Ian… alla fine erano finiti insieme. Proprio quell’estate. E, se avesse dovuto esprimere la sua opinione, avrebbe senza ombra di dubbio affermato che erano davvero carini. Adorabili e fedeli, rispettosi l’uno dell’altro e davvero affezionati.
Quei pensieri facevano sfogare la sua ira sulla sua povera borsa, che bistrattava come se fosse uno straccio mentre camminava per il set, per raggiungere i camerini.
«Ehi Candice! Come hai passato l’estate?» Zach le si avvicinò con la sua tenuta da Matt.
«Non me l’hai già chiesto?.. Insomma, non è la prima volta che ci siamo visti da quando sono ricominciate le riprese…»
«Bé non ho mai avuto la possibilità di chiedertelo prima. Allora?» era quasi tenero nella sua cautela.
«Mah, niente di che, son tornata in Florida dai miei. Tu?»
«Lo stesso. Ovviamente non in Florida. Bé sono contento che tu l’abbia passata bene. E… grazie per l’incoraggiamento per quando ho dovuto fare la gara di canottaggio!»
«Di niente!» gli sorrise sinceramente e lo oltrepassò per raggiungere i camerini: ci trovò Nina che stava assumendo la sua triste espressione da Elena.
«La cara Elena è davvero così triste da quando Stefan è scappato con Klaus.» affermò Candice, guardando l’amica prepararsi. La ragazza scoppiò a ridere, sistemò la giacca e la raggiunse: «Caroline invece è contenta con Tyler, almeno ora.»
«Oh sì, Caroline è davvero al settimo cielo. Io al primo girone dell’inferno, se è quello più vicino a Lucifero.» Nina assunse un’aria preoccupata, ma consolatoria: «Dai… il tempo lenirà le ferite. Fidati. Arriverai anche a non pensare più a lui, a non volerlo più uccidere. Sarai indifferente alla fine.»
«…Disse la dolce principessa Nina in attesa del vampiro sul cavallo scintillante Ian… Bé forse ho mischiato un po’ di storie.» commentò Candice, pensandoci su e facendo ridacchiare Nina con un’espressione alquanto spensierata in viso «Più che altro dimmi qualcosa di importante: devo lasciare libera casa per il vostro sesso acrobatico stasera?»
La ragazza arrossì e per poco non le tappò la bocca: «No! Non lo so!»
Candice alzò gli occhi al cielo: «Nina, lo sanno tutti. Perché ti ostini a cercare di nasconderlo? Persino il nuovo arrivato!»
«Bé, Joseph non è proprio un nuovo arrivato… sta qui dallo scorso Aprile almeno.»
«Però è uno dei personaggi principali solo da poco. Concedimelo.»
«Sì insomma… davvero tutti?» esclamò quella, intimorita: Candice alzò gli occhi al cielo, legandosi i capelli in una coda di cavallo «Anche i muri. E le cineprese. E le sedie. E…»
«Okay, okay, okay! Hai reso l’idea!»
«Nina non è un male. Siete felici insieme, non c’è nulla di male nel mostrarlo. Non come me, che se mostro il male mi cacciano fuori per tentato omicidio. E mi mettono anche in galera.»
L’amica alzò gli occhi al cielo per poi sorriderle: «È proprio per questo che non voglio che tu ammazzi nessuno, né oggi né mai. Su, andiamo!» la trascinò per un braccio sul set, così che non potesse far altro che seguirla.

Essere un’altra persona per molte ore era catartico, anche se aveva molte scene con Michael. Anche di sesso. E per questo odiava un po’ i produttori. Davvero un po’ tanto. Quindi quando finiva il suo turno lavorativo ispirava profondamente, si cambiava e tornava alla vita di prima: quella fatta di copioni, pizze surgelate e film alla TV, se la casa non era occupata da quelli che il pubblico chiamava affettuosamente “Nian”.
Aveva già l’I-pod in mano quando stava uscendo dal camerino, e per poco non venne aggredita dalla persona che proprio non avrebbe voluto affrontare: «Michael. Cosa c’è?»
«Io penso… che dovrebbero cambiare le cose.»
«La novità è che tu pensi, bene. Perché non l’hai fatto anche prima di mollarmi su due piedi, eh?»
«Candice… perché non provi a capire la mia scelta?»
«Ti prego, dimmi davvero che non mi hai chiesto questo sul serio. Perché, secondo te? Perché sono io QUELLA LASCIATA! Ecco perché! E ora ho da fare, spostati.»
«No. Ascoltami.» la bloccò per un polso e lei gli lanciò uno sguardo furibondo: «Mollami il polso o ti giuro, mi metto a urlare. Oltre a tirarti calci fino a farti passare a miglior vita, o almeno con un buon biglietto in prima classe verso quella.» Michael si spostò e la lasciò passare: «Come… facciamo a lavorare insieme se tu nemmeno mi parli?»
«Io ci riesco benissimo, perché è Caroline che ti guarda, che guarda il tuo personaggio, non di certo io. Tu sei morto per me. Buonanotte.» si affrettò verso l’auto.
«Procione!»
«Procione un corno! Osa chiamarmi un’altra volta così, osa parlarmi solo un’altra volta e sei morto sul serio! ‘Fanculo!» si voltò e arrivò finalmente all’auto: venne nuovamente bloccata da qualcuno.
«Ehi! Come vai di fretta! Senti, ti va di andare da qualche parte, stasera? Magari io e te… soli…» Zach le si era parato davanti ed era molto gentile, ma era in uno stato pietoso e prossima alla lacrime o alla distruzione di qualcosa se solo avesse iniziato a parlare con qualcuno: «Non è proprio giornata, mi dispiace Zach.» lo liquidò con poco ed entrò in auto.
Il povero ragazzo, malamente rifiutato, si diresse verso la sua macchina, incrociando sulla strada Nina e Ian: «Ehi, sai cos’ha la tua amica? Mi ha appena trattato di merda solo perché le ho chiesto di uscire.»
Persino Ian sbarrò gli occhi: «Ma sai cosa ha passato? E le chiedi di uscire?»
«Cosa…?»
Nina si passò una mano davanti al viso, sconsolata: «Zach… lei e Michael stavano insieme e lei l’ha lasciata. Da un mese. E lo amava. E ora lo odia. Puoi capire?»
«Ma… aveva detto che aveva passato un’estate niente male!»
«Bé, aveva mentito.» affermò facendo spallucce Ian, aprendo con le chiavi la sua auto: salutò il ragazzo e partì insieme alla sua ragazza.

Davvero perfetto. La sua auto nemmeno partiva. Probabilmente la batteria s’era scaricata e lei avrebbe dovuto passare la nottata lì, perché il meccanico che aveva chiamato le aveva fatto chiaramente capire che non sarebbe potuto andare ad aiutarla. Uscì dall’auto sbattendo la portiera e lanciando un urlo liberatorio. Quella giornata proprio non andava. Come doveva fare, ora?
L’aria fresca del tardo pomeriggio era quasi benefica, riusciva a ridarle un po’ di speranza. Forse.
«Hai… bisogno di una mano?» Joseph la guardava, incuriosito. Si era addirittura fermato per osservarla, e lei di tutta risposta aveva continuato a guardare i corti riccioli color miele e gli occhi chiari.
Dopo un po’ decise di rispondere: «No, sto semplicemente osservando il paesaggio di un parcheggio di Covington stando seduta sulla mia auto. Da fuori. Sei un meccanico?»
Il ragazzo sorrise alla risposta davvero acida della ragazza, che sicuramente aveva bisogno di una mano: «No, ma posso vedere cosa non funziona.»
Dopo che aveva passato qualche minuto nell’abitacolo, uscì per informarla: «Posso improvvisarmi meccanico ma non sono Dio: non ho elettricità che esce dalle vene e non mi porto appresso un’officina. È scarica la batteria, dobbiamo cercare di portarla da qualcuno…»
«Come immaginavo. Ma non sono disposti a venire a prenderla. E sinceramente non so come tornare a casa. E a dirla tutta non voglio tornare a casa, perché non voglio assistere agli spettacoli hard e acrobatici di Nina e Ian.» terminò il tutto stendendosi sul vetro anteriore della sua auto, iniziando a muovere gambe e braccia come se stesse facendo un angelo di neve.
Joseph scoppiò a ridere, mostrando le fossette: «Possiamo portare noi la tua auto dal meccanico. Aiutami a tirarla fuori dal parcheggio e poi la colleghiamo con un cavo alla mia e andiamo. Okay?» dovette sporgersi sulla parte anteriore dell’auto della ragazza per farle la proposta e guardarla in viso: Candice bloccò le sue attività poco consone per qualsiasi persona sana di mente e accettò di buon grado «Ti chiami Joseph ma potrei chiamarti facilmente Salvatore.»
«Battuta squallida.» commentò lui, aiutandola a scendere e iniziando a spingere la sua auto.
«Giusto. Peggiorerebbe se dicessi in giro che ho chiamato Klaus “salvatore”. Come i fratelli. Ci sarebbe da ridere!»
«Non voglio essere il terzo Salvatore! Preferisco il cattivo senza cuore.»
«Sicuramente più interessante.» lo aiutò a trascinare l’auto fuori dal parcheggio e poi attese che portasse il cavo e la sua auto più vicina: «Ehi, non-Salvatore, dici che reggerà?»
«Lo spero! Allora, vuoi salire in macchina oppure dobbiamo rimanere qua?» la ragazza lo raggiunse nell’abitacolo e sorrise genuinamente: «Grazie. Ora conosci anche il meccanico più vicino?»
«Forse.»
«Salvatore.»
«Sarei tentato di rispondere “Klaus”, ma mi dispiace, sono Joseph.»
«Quindi non sei un disfunzionale cattivo psicopatico.»
«Mi dispiace, temo proprio di no.» rispose quegli, facendo cautamente manovra per uscire dal parcheggio.
«Meglio. Mi sono seccata della gente pazza.»
«Mi pare giusto. Alcol forte e puro dopo la missione meccanico? Mi pare che tu non voglia tornare a casa presto, dalle acrobazie “Nian”…» ridacchiò da solo per l’aver usato quel soprannome anche lui.
«Mi sembra un piano perfetto. L’alcol è il miglior amico della donna.»
«Non erano i diamanti?!» ribatté lui, distogliendo un momento lo sguardo dalla strada per guardare la ragazza.
«Shhhh, non ho nessuno che possa darmi diamanti, così l’alcol ha preso il suo posto.»
«Lui è il migliore amico di tutti.»
«Esatto.» rispose Candice, tamburellando le dita sulle sue gambe al ritmo di una canzone che le era appena venuta in mente.

Erano finiti in un locale che nessuno dei due conosceva, che avevano trovato sulla strada e che man mano che passava il tempo aumentava il volume della musica. Eppure era lunedì sera. La gente sarebbe dovuta essere a casa, invece era tutta lì. Accalcata, a bere, parlare, o ballare. Ma la musica non era ancora abbastanza alta per ballare, ma abbastanza… decente, per parlare.
«Io direi che… tu puoi stare qui per brindare.» constatò Candice, già un po’ brilla dopo le due Rum e Cola che aveva mandato giù «All’essere la new-entry che è diventata regular. No?»
Il ragazzo sembrò pensarci un po’ su, ma poi annuì: «Sì. Effettivamente non l’ho ancora propriamente festeggiata questa cosa.»
«Sì! Allora si deve bere! E anche cantare e ballare.» Joseph alzò un sopracciglio e le sorrise poco dopo: «E tu? Per cosa sei qui, cosa devi festeggiare? O non festeggiare?»
«La libertà di essere single!»
«Mi dispiace ma io non posso festeggiare questo con te. Avrei potuto qualche settimana fa… eravamo in pausa. Ma ora proprio no.» commentò lui, con una strana espressione in viso, come se non fosse felicissimo dell’essere tornato insieme a quella ragazza con cui stava.
«Ma tu non hai sentito tutto! Festeggio all’esser single per non biasimarmi e deprimermi nell’alcol per essere stata disgraziatamente messa da parte come una sfigata dal tipo di cui era innamorata perché lui ha preferito tornare dalla ragazza piuttosto che stare con me! Dopo che l’aveva lasciata per me!» terminò a voce più alta, un po’ perché era brilla, un po’ perché il volume della musica era aumentata.
Joseph le si avvicinò ad un orecchio: «Lo stronzo in questione sarebbe Trevino, vero?»
Candice gli puntò le mani contro come se avessero la forma di una pistola, avvicinandosi a lui poco dopo: «Bingo! E non tutti riescono a capirlo in fretta!»
«Mi dispiace.» disse lui sinceramente.
«Come?!» urlò lei: la musica aveva decisamente raggiunto un volume esagerato.
«Mi dispiace!» urlò Joseph di rimando, mentre chiedeva qualcosa al barman.
Candice scoprì poco dopo che il ragazzo aveva preso una bottiglia di Rhum, una di succo di pera, limone e del sale.
«Ti va?» le chiese, alzando la bottiglia.
«Non hai idea quanto!»  gli sorrise sinceramente, trovandolo la cosa migliore della giornata. Insieme al Rhum, la Coca Cola, e ora anche il succo di pera.
Dopo mezza bottiglia svuotata cicchetto per cicchetto la musica era diventata così alta che non si poteva più parlare senza urlare: così non parlavano, ma si limitavano a ridere e bere.
Ad un certo punto Candice sembrò aver captato qualcosa, probabilmente la canzone che stava iniziando in quel momento: «Ma io la adoro!» si alzò in piedi ed iniziò ad accennare una specie di ballo «Party rock is in the hoooooouuuse toniiiiiight! Everybody just have good timeee! Ti prego, dobbiamo ballarla! Non farmi andare lì sola!» era così alticcia che era arrivata a pregare un uomo di ballare.
Joseph la guardava sorridente, ma con nessuna intenzione di ballare: «Ti prego!» lo stava letteralmente tirando verso l’improvvisata pista da ballo, persino il barman lo guardava come se fosse lui il pazzo: perché non accettava l’invito di una bella ragazza a ballare.
«D’accordo!» rispose Joseph, lasciandosi trascinare verso la marmaglia di gente che si dimenava in quelle che qualche millennio prima avrebbero sicuramente definito danze degne di baccanali.
Candice era completamente sciolta: probabilmente non si sarebbe ricordata tutto il giorno dopo. Probabilmente niente. Cercava invano di far sciogliere il ragazzo, che sembrava un tronco d’albero quasi immobile, ma quando poi lasciò perdere fu lui stesso a sciogliersi e farsi coinvolgere.

Quando furono di nuovo in auto, sulla strada di casa, erano le due passate e Candice continuava a canticchiare qualcosa sul sedile del passeggero. Non era per nulla stonata, sebbene fosse tutto fuorché sobria.
«Ehi, Klaus, come conosci la strada di casa?»
Il ragazzo ridacchiò al sentirsi chiamare così: «Ho riaccompagnato Nina qualche volta.»
«Che gentiluomo britannico.»
«Metà svedese. Metà gallese.»
«Un miscuglio vivente, insomma.»
«Senza dubbio!» rispose lui, ritornando entrambi in silenzio poco dopo.
Si fermarono sotto la palazzina e Candice fece per aprire la portiera con poca grazia: «Aspetta, ti accompagno.» e così fece. Fino alla porta di casa, fin dentro casa.
«Mi stavo chiedendo… Hai parcheggiato l’auto giù, vero?»
Il ragazzo dall’incredibile accento inglese sexy – non poteva star davvero facendo quei pensieri, era tutta colpa dell’alcol – assunse un’espressione indecifrabile: «Sì, perché?»
«Mi stavo chiedendo… perché non rimani? Hai anche tu molto alcol in circolo e non so dove abiti, ma se ti beccassero…» camminando all’indietro finì contro una pila di CD di Nina buttati sul pavimento ed imprecò sonoramente «Allora?»
Il ragazzo sembrò pensieroso, ma poi corse dentro a cercare di evitare a Candice una rovinosissima caduta rumorosa che avrebbe svegliato sia Ian che Nina. In compenso la rovinosa caduta la presero in due, finendo tra il divano e il tavolino del soggiorno.
«Ouch.»
«Forse è meglio se rimango sul tuo divano.»
«Lo penso anche io. Devo solo trovarti una coperta. E la mia camera.» il ragazzo sorrise e si issò per chiudere la porta di casa, sentendo dei rumori provenire dalla camera accanto alla porta: poco dopo emerse Nina in vestaglia.
«Joseph? Che ci fai qui? E perché Candice cerca… asciugamani per la doccia?»
«Stava cercando una coperta per me. E la sua camera.» Nina guardò prima lui e poi l’amica, sconvolta.
«Okay. D’accordo.» salvò Candice da se stessa e la accompagnò in camera, riemergendo da quella dopo cinque minuti con due coperte in mano. Le porse a Joseph, che ringraziò vivacemente.
«Cosa è successo che mi sono persa?»
«Ho trovato Candice stesa sulla sua macchina perché la batteria non funzionava più, quindi siamo andati a portarla da un meccanico e poi abbiamo deciso di andare a “festeggiare” in un locale, teoricamente il mio esser diventato un membro ufficiale del cast e lei festeggiava l’esser single… in realtà penso stesse annegando la tristezza nell’alcol. Deve aver avuto un brutto litigio con Michael oggi.»
Nina ascoltò tutto attentamente e poi diede una pacca al ragazzo: «Spero vi siate divertiti, tristezze a parte della serata. E ovviamente il trambusto post-ubriacatura. Buonanotte, spero tu dorma bene sul divano!» gli sorrise e, dopo aver notato che s’era sistemato per bene, spense la luce e tornò in camera sua.





Duunque, la canzone di riferimento è questa qui
   http://www.youtube.com/watch?v=RGwRnnJLnyU     e se trovate degli errori o delle incomprensioni non esitate a riferirmeli! Al prossimo capitolo <3

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Capitolo 2
*** I got a hangover, I’ve been drinking too much for sure. ***


Duuunque, siamo al secondo capitolo! Se leggete lasciate un commentino, così so cosa ne pensate *-* Comunque... i personaggi non mi appartengono, non so se siano così nella realtà ( XD sennò starei già saltellando tutta contenta per il Jodice xD) e... buona lettura!


2. I got a hangover, I’ve been drinking too much for sure.

Quando aprì gli occhi li sentì molto pesanti, come se fossero chiusi da colla: quando riuscì a capire dove si trovasse, si chiese perché Nina stesse saltando sul letto cantando “Hangover”, con Ian e Joseph che le osservavano dal salotto.
«Che cosa cazz—
«Riesco a svegliarti solo cantandoti qualcosa ad alta voce quando ti svegli dopo una sbronza.»
«Ho mal di testa.» si alzò dal letto barcollando, rendendosi conto solo dopo di avere addosso i vestiti della sera prima.
«Comprensibile, ieri cercavi asciugamani della doccia per coprire lui e non sapevi nemmeno dove fosse la tua camera.» indicò Joseph e Candice si rese conto della sua presenza solo dopo: oramai era così abituata ad avere casa sua piena di “Nian”, che qualcheduno in più non faceva la differenza. Avrebbe dovuto chiedere scusa per… qualcosa, non ricordava bene cosa. Ma se non avesse preso un’aspirina non si sarebbe ricordata nemmeno una battuta quel giorno, e sarebbe stata una cosa davvero pessima. Certo, le avrebbe fatto piacere recitare coi postumi di una sbronza assieme a Trevino, le sarebbe pesato molto meno.
Passò accanto al ragazzo dandogli una pacca sulla spalla come buongiorno: Joseph la osservò con gli occhi sgranati arrancare fino al piano della cucina, e poi rivolse lo sguardo a Ian, che lo guardò con compassione «È completamente normale. Se si ubriaca, il giorno dopo fa sempre così. Diciamo che ha bisogno di più sprint.»
Dopo che ebbe finito il suo enorme bicchiere d’acqua con l’aspirina dovettero passare dieci minuti abbondanti per sentirsi meglio: cosa che fece seduta su uno sgabello fissando il vuoto.
Ripresasi, alzò lo sguardo verso i due ragazzi sui divani e squittì: «Che ore sono?»
«Le otto meno un quarto!» risposero all’unisono i ragazzi, mentre Ian faceva cenno a Joseph di osservarla: Candice sgranò gli occhi e per poco non buttò lo sgabello a terra «Diavolo!» corse via in bagno senza nemmeno chiedere a Nina il permesso di entrare, ricevendo parecchie urla arrabbiate di rimando.
«Questo è uno spettacolo ricorrente, la mattina?» chiese Joseph, ancora più sconvolto da come le cose potessero cambiare repentinamente in quella casa.
Ian annuì, sornione: «Qui dentro, vedi le migliori cose. Luce che se ne va perché usano, contemporaneamente, entrambe la piastra, bollette dell’acqua che a guardarle rischi di andare in choc, asciugacapelli sui ripiani dei cereali…» il collega scoppiò a ridere, osservando pacificamente la stanza attorno a lui: «Però è un posto carino, dopotutto. Sembra anche tenuto bene…»
«Quando è la giornata delle pulizie sono fantastiche. Potrebbero mettere anche te in una lavatrice…» annuì con convinzione Ian, continuando l’elenco delle stranezze di quella casa «proprio per questo il giorno delle pulizie non mi presento nemmeno a trovare Nina. Non voglio morire in qualche tragico incidente domestico.»
Joseph ridacchiò e continuò ad osservare il salone con tranquillità: Nina uscì composta dal bagno dopo qualche minuto, mentre potevano sentire Candice imprecare sonoramente contro il ritardo, l’alcol e i vampiri.
«Pronta! Si va?» chiese Nina, giocherellando con un mazzo di chiavi colorato.
«Oh, sì. Joseph, puoi rimanere tu per dare un passaggio a Candice? Noi dobbiamo girare una scena presto…» Ian sembrava davvero mortificato, gli dispiaceva dire di no, anche se probabilmente quando sarebbe arrivato sul set, lo staff si sarebbe inalberato con lui… sicuramente, almeno i truccatori.
«Ma porca di quella…» ridacchiò a sentire la povera ragazza ritardataria imprecare, ma non appena se ne andò la luce si spaventò leggermente: «Candice?... Sei viva?» si avvicinò cautamente alla porta del bagno, posando la mano sulla maniglia per aprirla… ma la ragazza gli piantò una candela davanti al muso «L’asciugacapelli è finito nella vasca. Nina non aveva ancora fatto uscire tutta l’acqua e ora ho una bomba in bagno.»
Non poté non sorridere osservando quella ragazza irritata, spaventata e in tutto ciò, anche frenetica.
«Forse dovreste chiamare qualcuno… i vigili del fuoco servono in questo momento? Sinceramente, non me ne è mai capitato uno…»
«Sfido chiunque a far capitare una cosa del genere. Non è che li puoi chiamare tu? Vado a vestirmi e poi scappiamo sul set, asciugacapelli nella vasca o meno.»
Quella ragazza era un po’ pazza. O almeno, da quando l’aveva conosciuta, così sembrava.
Chiamò i pompieri per avere qualche informazione, poi prese qualcosa di isolante che trovò in cucina e staccò il fon dalla presa: probabilmente si sarebbe potuto buttare l’asciugacapelli non appena tutta quell’acqua fosse sparita.
«Andiamo, se si incendia la casa… bé, non succederà, ne sono certa.» trascinò Joseph per un braccio, con tutta la candela in mano e chiuse la porta di casa a quattro mandate.
Poi inspirò profondamente, con gli occhi chiusi, espirò e gli sorrise: «Buongiorno! Possiamo andare?»
Il ragazzo mostrò le sue adorabili fossette in un sorriso ed annuì: «Andiamo.»
Non appena furono in auto, Candice iniziò una discussione che sicuramente la imbarazzava: «Allora… a parte sembrare una perfetta pazza idiota stamattina, cos’altro ho fatto di riprovevole ieri sera? Puoi dirmelo, non mi offendo.»
Joseph, concentrato alla guida, scosse la testa «Nulla di riprovevole.»
«Sul serio! Puoi dirmelo. Anzi, ho bisogno di saperlo, perché io mi ricordo solo che ho ingurgitato taaanto alcol e che poi son finita a ballare.»
«Bé, è proprio quello che è successo. Abbiamo parlato, brindato, mi hai confidato tutta la tua rabbia contro Trevino e poi, dopo un po’ di cicchetti, mi hai trascinato quasi di peso, implorandomi di ballare.»
«Dio mio. Perdonami, probabilmente da sobria non l’avrei mai fatto. Trascinarti di peso, contro la tua volontà, a ballare intendo.» Candice si batté il palmo di una mano sulla fronte, sconfortata: di tutta risposta, il ragazzo si voltò verso di lei e le sorrise: «Non preoccuparti, è normale. Quando le dolci metà ti fanno incazzare, reagire così è completamente normale. E poi mi sono divertito, in fin dei conti.» il ragazzo scrollò le spalle, sembrava stesse dicendo la verità.
«Oh. Okay. Meglio, no?» rispose lei, ritornando radiosa come al suo solito.
«Decisamente. Dimmi, se ti va ovviamente, come mai siete finiti ad odiarvi l’un l’altro così tanto?» Candice assunse un cipiglio quasi malefico, sentendo quella domanda: «Vuoi sapere tutto dall’inizio? Davvero?» lui annuì, guardandola per un millesimo di secondo.
«Fondamentalmente ci siamo conosciuti sul set, eravamo molto amici e lui mi chiamava teneramente procione…»
«Tu non sei un procione!» obiettò Joseph, lievemente turbato «Non mi è ancora venuto bene in mente che animale sei, se somigli ad animale, ma non sei un procione!»
La ragazza lo guardò stranita: «Grazie! Comunque, era tenero e tutto, io avevo iniziato ad innamorarmi di lui senza rendermene conto e inizialmente pensavo, probabilmente giustamente, di non essere ricambiata, perché lui stava con Jenna e tutto, ma poi successe il maremoto in Giappone che sarebbe potuto arrivare anche in California e siccome sapevo che lui abitava lì mi son precipitata da lui per vedere come stesse. Ovviamente stava benissimo, ero stata una stupida idiota infatuata e troppo preoccupata: però rimasi da lui un weekend e ci baciammo, poi non mi parlò più ed ero giustamente incazzata come una iena. Peròòòò poco dopo il tuo arrivo nel cast, mi pare, io decisi di andare avanti ed uscire con un tipo che in realtà non mi piaceva, fondamentalmente perché Nina voleva, e tra una cosa e l’altra e il mio essere completamente sfigata mi sono ritrovata lui a cena con Jenna. E gli ho urlato contro perché mi aveva cercata fuori dal bagno delle donne e mi aveva baciata, però poi mi ha dedicato una canzone e ci siamo messi insieme. È durato giusto fino ad Agosto, perché poi è ritornato trotterellante dalla sua fidanzata. Mi ha liquidata dicendomi che forse la amava ancora. E io ora vivo per attaccare spilli sulla sua bambola vodoo.» terminò con un’alzata di spalle, provocando una risata rauca e bassa al conducente che terminò con della tosse: «Descrizione precisa e anche divertente. Mai pensato di fare la comica?»
«Parlando dei miei fatti personali? Sinceramente sì, spesso faccio morire dal ridere anche Nina. Dovrei prendere seriamente in considerazione l’idea di fare cabaret nei villaggi turistici, se la carriera di attrice non dovesse andare avanti dopo che mi avranno ammazzato Caroline.» per quanto stesse riaffrontando tematiche che dovevano averla fatta soffrire molto, quella mattina le affrontava col sorriso, come se la nuova giornata che doveva appena cominciare la spingesse a non provare rancore e semplicemente fregarsene. Dopo qualche pensiero a riguardo, Joseph decise di rispondere: «Fidati di me, di uno il cui personaggio è a rischio sempre, solo perché è cattivo.»
«Bé, tesoro caro, nella storia tu sei quello che ha ammazzato la zia di Elena e la lupa dell’altra parte dell’America per diventare ibrido, è anche normale che ti vogliano tutti morto. Certo sarebbe un peccato, Klaus in un futuro lontano potrebbe esser portato sulla retta via.»
«Chi lo sa… forse. Magari.» Candice vide che nel pensarci, nel parlare di quello gli brillavano gli occhi. Joseph amava davvero il suo lavoro, il suo personaggio. Era molto ammirevole, non tutti gli attori ringraziavano con così tanta dedizione la possibilità di guadagnare facendo ciò che piace. Lui invece sembrava quasi disinteressato dalla parte del guadagno, ma interessatissimo verso il ruolo che recitava.
«Caroline potrebbe portare tanta luce nella vita dell’ibrido!» esclamò poco dopo Candice, battendo le mani.
«Da quando sono qui ho iniziato a tartassare Julie per un interesse amoroso di Klaus. Chissà se alla fine mi daranno ragione. Io ci provo!» rispose il ragazzo, sempre con quella sua aria spensierata e contenta quando si parlava del suo personaggio.
Nel frattempo erano arrivati, avevano parcheggiato la macchina e si stavano dirigendo al set: «Hai bisogno di un passaggio stasera? Sai, per la macchina…»
«Ti farò sapere. Grazie!» gli rispose lei, con un sorriso, correndo poi verso il lavoro. In ritardo.

Aspettava un qualche segno del cielo. O almeno così sembrava, stando seduta fuori dalla casa Lockwood – o almeno, quella che rappresentava casa Lockwood nello show – pensierosa. Ci era rimasta un po’ male per la reazione di Nina. Probabilmente quella sera avrebbe davvero chiamato i vigili del fuoco. O avrebbe preso del materiale isolante per togliere quell’arma dalla vasca. Si posizionò sulla sua sedia in un modo ancora più barbaro, cercando di posare sia la schiena che il braccio allo schienale della sedia.
«Buon… pranzo?»
La ragazza si voltò immediatamente, così notando Joseph che si avvicinava con un panino in mano.
«Ehi! Come mi hai trovata qua?»
«Ho controllato il copione. Di parecchia gente, a dire il vero. Poi ho fatto prima a chiedere a Nina, che era davvero seccata.»
Candice alzò gli occhi al cielo, sebbene sembrasse anche dispiaciuta: «Per quel fatto dell’asciugacapelli. Mi ha presa a male parole anche prima.»
«E… il resto, com’è andata?» alludeva sicuramente alle scene che avrebbe dovuto girare con Michael.
Mentre masticava, notò la ragazza scrollare le spalle: «Almeno non era una scena di sesso. In realtà più che altro di finto sesso. Ma non era nemmeno quello. In realtà… oh, non importa. A te?»
«Klaus ha disimpalettato la sua sorellina.» dichiarò lui, annuendo con convinzione.
«O mio dio, disimpalettare? È il verbo più bello che sia mai stato coniato su questo set!» la ragazza scoppiò a ridere, fregando un paio di patatine fritte dal panino del ragazzo, che per un millesimo di secondo la guardò malissimo «Ehi, non sto dissanguando a morte la tua preda, sta’ calmo! E comunque ho già mangiato. Più o meno.»
«Quelli sono sguardi assassini che partono da soli, non è colpa mia.» cercò di spiegare Joseph, scrollando le spalle «Comunque abbiamo finto di stare in una boutique di Chicago per far fare compere alla nuova sorellina di Klaus, Rebekah. Hai già conosciuto Claire?»
Candice scosse la testa: «Incontrata, di sfuggita.»
«Sembra simpatica. Forse potremmo organizzare qualcosa stasera!»
«Portala da me e Nina!» Joseph alzò un sopracciglio, finì di ingoiare il boccone e si decise a risponderle: «Ehi, mi hai preso per il taxi driver del set?»
«Ricordi, mi avevi offerto un passaggio, stamattina…» Candice fece per sbattere le ciglia e il ragazzo le rivolse un’occhiataccia: «Non mi conquisti con le arti femminili. Pensavo, potremmo fare qualcosa di tranquillo, no? Così ti riaccompagno e poi posso tornare a casa… che per inciso non la vedo da più di ventiquattr’ore.»
Candice sorrise, dandogliela vinta: «D’accordo. Comunque mi hai fatto sputare il rospo per quanto riguarda tutta la mia vita sentimentale, e di questi tempi anche di relazioni in generale, pessima, di te non mi hai detto nulla!»
«Mi pare giusto.» il ragazzo terminò l’ultimo boccone prima di ricominciare a parlare «Dunque, per esser pari ti racconterò per prima cosa la mia vita sentimentale: sto con Emily da un po’, in effetti…»
«“Un po’” non è una quantificazione di tempo esatta! Gesù, non ti ricordi nemmeno da quanto state insieme?»
«Da Ben Hur. Un anno e mezzo circa.» vide Candice alzare gli occhi al cielo «Siamo appena usciti da una pausa di riflessione che ancora non ho ben capito perché ci sia stata…»
«Lontananza. È la causa più sputtanata tra gli attori.»
Joseph ridacchiò: «Probabilmente. E poi… bé, si vedrà come andrà. A dirla tutta io non so neanche in che parte del mondo si trovi ora.»
«Molto tenero da parte tua, signor Morgan!» commentò la ragazza, con un sopracciglio alzato.
«L’hai detto tu, la scusa della lontananza…»
«Ma questa non è una giustificazione per non ricordartelo!» lo spintonò leggermente, mentre anche lui cercava una posizione comoda su quella sedia.
«Non ti avrei fatta così pesante!» commentò lui, con ironia.
«Ogni giorno si scopre sempre di più delle persone…»
«Sei in vena filosofica?» le chiese, curioso.
«Uhm… non lo so. Ehi, senti qua! Il papà della mia Caroline l’ha appena torturata e lei lo sta evitando. Però lo salverà dagli assalti di Damon. E sinceramente non vedo l’ora di picchiarlo un po’. Ho bisogno di sfogarmi!»
«Per le scene di stamattina?» le chiese lui, con tranquillità: lei annuì e lasciò che i capelli le venissero trasportati dal vento.
«Povero Ian» commentò lui, lanciandogli un’occhiatina degna di Klaus.
«Nah. Non gli farò male, promesso. Comunque promettimi: non ti immedesimerai troppo in Klaus finendo per ucciderci tutti sul set, vero?»
Il ragazzo per poco non soffocò con l’acqua che stava bevendo: dopo che si riprese decise di risponderle «Promessa di boyscout.»
«Non lo eri» commentò Candice, disinteressata.
«Non lo sono.» commentò lui, osservando il cielo «Ma la promessa lo era.»
«Mh-mh.» rimasero entrambi a guardare il cielo improvvisamente diventato grigio.
«Candice? Dobbiamo riprendere!» la ragazza si voltò per trovare proprio Michael a chiamarla: alzò gli occhi al cielo e guardò Joseph, che la osservava dispiaciuto «Dopo ne avrete di meno, insieme. Forse. Insomma, almeno speraci.»
«Non sei molto consolatorio.» commentò lei, tra un sorriso ed uno sguardo furbetto.
«L’intenzione era esserlo!» ribatté lui, alzandosi assieme alla ragazza «Quasi dimenticavo! Tienile tu» le porse un mazzo di chiavi «sono dell’auto, aspettami lì appena finisci. Se non ti va di aspettare sul set insomma.»
Candice gli sorrise, riconoscente: «Grazie! Ma… come fai a sapere che finirò prima io?»
«Perché quando bisogna tornare a casa sono sempre io l’ultimo.» ribatté lui, con lo sguardo di uno che la sapeva lunga.
«Okay. Ancora grazie e a stasera!» prese le chiavi dalla mano del ragazzo e si incamminò, voltandosi a guardarlo solo quando fu abbastanza lontana per vedere se fosse ancora lì o era tornato anche lui a lavoro. E come aveva previsto, era proprio tornato a lavoro. L’avrebbe chiamato stakanovista, prima o poi.

Ovviamente, Joseph aveva ragione. Infatti da quando aveva lasciato il camerino ed era arrivata in auto, era passata almeno mezz’ora… e quella macchina era quasi diventata casa sua in quel momento. Per osservare la pioggia e il rumore dei tergicristalli si era stesa al contrario, con i piedi sullo schienale e la testa sul cruscotto. E stava scomoda, e se l’avessero vista l’avrebbero presa per pazza, ma… era una sensazione troppo bella. Come se fosse sola al mondo, ad osservare la natura.
Socchiuse gli occhi per qualche istanti, rendendosi conto solo in ritardo del fatto che qualcuno stesse bussando al suo finestrino: aprì gli occhi di scatto, notando la faccia sconvolta di Joseph che la osservava da vicino.
«O mio dio!» aprì l’altra portiera, lui fece il giro ed entrò: «Cosa diavolo stavi facendo?» commentò lui, ancora sconcertato. Candice arrossì, guardando altrove: «Mi piace il rumore dei tergicristalli. Di questi in particolar modo. E mi piacciono i nubifragi. E guardare la pioggia. E farlo da qui mi faceva sentire sola al mondo ed era troppo bello!»
Joseph si fermò nel bel mezzo della manovra per osservarla, ancora sconvolto. Poi, inspiegabilmente, scoppiò a ridere di gusto, arrivando a tenersi la pancia dalle risate. Candice, ripensando a quello che aveva detto, lo seguì a ruota, ed iniziò persino a lacrimare dalle risate: «Dio mio, sembrava davvero la frase di una pazza!» si lasciò cadere sullo schienale ribaltato del sedile dove si trovava, continuando a ridere.
«Sì, penso che nessuno avrebbe mai risposto così. O si sarebbe fatto trovare in quella posizione.»
«Decisamente!» esclamò lei, asciugandosi le lacrime. Joseph, invece, riprese fiato e continuò la manovra, dato che la fila dietro di lui si stava innervosendo. Dopo qualche metro si fermò nuovamente e si aprì la portiera di dietro: «Ehi!» sbucò un viso carino e dei capelli biondi un po’ bagnati, che entrarono poco dopo nell’auto «Perché sta così?» aveva un’espressione un po’ stranita ma anche gioviale in viso, guardando Candice.
«Oh, è la sua nuova casa questa. Una casa più a contatto con la natura.» commentò Joseph, guardando con la coda dell’occhio Candice, che stesa sul sedile sembrava star comoda come un pascià. Quella sgranò gli occhi quando lui la definì esattamente come lei aveva pensato nell’ultima mezz’ora, e poi si decise ad alzare il sedile e voltarsi verso Claire: «Piacere di conoscerti! Anche se in realtà la presentazione c’è già stata.» le porse la mano e l’altra gliela strinse, rispondendo con un «Piacere mio! Joseph mi ha parlato molto bene di te.»
«Spero non ti abbia riferito anche i momenti di pazzia. Comunque vale lo stesso per te!» ribatté Candice, sorridendole: quella Claire sembrava solare, molto carina e simpatica. Ma ovviamente la conosceva troppo poco per giudicare.
«Come ti stai trovando con gli altri?» si sentiva come qualcuno che dovesse fare gli onori di casa, perché era lì nella “famiglia” di The Vampire Diaries dall’inizio.
«Bé, c’è da dire che per ora sono stata solo con Paul e Joseph, quindi non ho interagito con molta gente… però bene. È un clima molto… accogliente. Sembrate quasi una famiglia.»
«Oh, sì. E quando si litiga lo sembriamo ancora di più. Ma normalmente se si litiga siamo sempre io e Nina, e consumiamo il litigio dentro casa.»
«Vivete insieme?» chiese Claire, più per avere qualcosa da dire che per genuino interesse.
Candice annuì: «Dall’inizio. Quella casa ha visto taaaante cose.»
L’altra ragazza ridacchiò: «Io per ora, sto bene in hotel. Quando sarà il momento, forse, prenderò casa.»
Candice convenne «Fai bene. Per come sono matti Julie e Kev potrebbero decidere di farci fuori un giorno tutti insieme. Io l’anno scorso ho scoperto che sarei diventata un vampiro per caso, dal nulla.»
«Oggi sei in vena di omicidi di massa, eh?» Joseph distolse l’attenzione dalla guida per un secondo, giusto per lanciare un’occhiatina maliziosa a Candice, che sbuffò leggermente.
Claire decise di non intromettersi, così rimase per un po’ in silenzio. Fu Candice a parlare, rivolta a tutti: «Dove si va, quindi?»
«Io pensavo… un aperitivo da qualche parte? Così siamo liberi per la sera tutti e tre, ognuno per le sue cose, se ne ha da fare…»
«Ci sta liquidando» fece Candice con fare confidenziale a Claire, che ridacchiò: «Penso proprio che tu abbia ragione!»
«Non vi sto—oh, non mi metterò a difendermi da scuse infondate. Soprattutto se sono due donne a crearle!»
«Cosa intendi?! Claire, dovremmo allearci contro di lui.» le lanciò un’occhiata d’intesa, mentre lui parcheggiava e alzava gli occhi al cielo.
«Siamo già arrivati? Non vedo l’ora di mangiareee!» esclamò Candice, uscendo dall’auto per aprire l’ombrello e trascinare Claire con sé all’interno del locale, mentre Joseph terminava il parcheggio.

Alla fine aveva passato davvero una bella serata. In realtà erano rimasti al locale giusto per un’oretta, ma fu meglio così, visto che doveva ancora riparare al danno dell’asciugacapelli di quella mattina e Nina era già a casa. Ma quando vi arrivò notò che aveva già fatto tutto l’amica e che, a discapito delle aspettative che aveva per quella sera, come tutte le sere da quando la coinquilina era fidanzata, Nina si trovava sul divano, con un’enorme coperta calda addosso ad aspettarla.
«Nina?»
«Vieni qui, bionda. Ho cacciato Ian così potevamo stare solo io e te.» a Candice brillarono gli occhi e la raggiunse immediatamente, subito dopo aver lasciato borsa e giacca nell’ingresso «Come va?»
«Bé… Sto bene. In realtà ho passato una bella serata, Claire e Joseph sono molto simpatici e…»
«Candy.»
«Ti prego, non quel nome!» esclamò l’amica, comprendendo dopo lo sguardo serio di Nina «Oh… bé…»
«Appunto. A parte Joseph e Claire, intendevo io.»
«Bé… uno schifo.» scoppiò inspiegabilmente a singhiozzare, necessitando a tutti i costi della spalla dell’amica su cui piangere.


Canzone!:
http://www.youtube.com/watch?v=uS1tANO_s5E

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Capitolo 3
*** You came on your own, that's how you leave. With hope in your hands. ***


E vi faccio il regalo di Natale, care lettrici! Un capitolo anticipato *-* spero vi piacerà, commentate commentate commentate, e Buon Natale! <3


3. You came on your own, that’s how you leave. With hope in your hands.

Stranamente si alzò in orario, non appena suonò la sveglia. Trovando Nina al bancone della cucina a mangiare cereali e latte.
«Buongiorno! Dormito bene?» la ragazza era già bell’e pronta, con i capelli liscissimi e maglioni e maglioncini addosso. Era metà ottobre e faceva freddissimo, lo poteva notare già dal fatto che si era ghiacciata appena era uscita dal letto. Annuì all’amica e si trascinò nel bagno, con lentezza impressionante.
S’infilò nella doccia senza molte cerimonie, pensando cosa avrebbe dovuto fare quel giorno: non molto, in realtà. Mentre negli episodi dei fantasmi aveva piena azione, ora che si iniziava a spiegare la storia degli originali, non ne aveva quasi per niente. Bé, si sarebbe potuta godere il paesaggio, la città… bé no, in realtà forse avrebbe dovuto recitare qualche scena della settima puntata. Forse. Avrebbe assistito alla città infestata… ooooh. Però era giorno. Bé le avrebbero trovato qualcosa da fare, sicuramente. In caso contrario, sarebbe andata in palestra, lì non l’avrebbe disturbata nessuno. Sicuramente si sarebbe dovuta incontrare con Joseph, il poverino era in crisi con Emily che sembrava di nuovo scostante e aveva provato a lasciarlo già due volte. Si chiese davvero come qualcuno potesse essere così crudele… era così dolce quando parlava di lei. E quella voleva lasciarlo, mah.
Sentì la porta del bagno aprirsi e osservò attraverso i vetri opachi della doccia i capelli di Nina che si muovevano: «Ehi Nina, i tuoi capelli fanno swiiiishh!»
«No! Sono quelli di Elijah a fare swiiish. A proposito, lo sai che Daniel è sul set? Per la puntata degli Originali… ha fatto capolino! Tra lui e Matt ci sarà da ridere!»
«Sei malata per Twitter. Lo sai vero? Seguendoli su Twitter loro danno sfogo di tutta la loro pazzia e tu sembri un’inquietante stalker.»
«Dai! Sei solo tu che non lo usi assiduamente e ci torni una volta al mese!»
Candice versò il bagnoschiuma in una mano e poi riprese a parlare: «Comunque… Joseph non me l’aveva accennato, quindi non lo sapevo. E nemmeno qualcun altro. Va bé.»
«Parlando di Joseph… È un ragazzo tanto carino, siete affiatati, sta per lasciarsi con la ragazza… Si sa, chiodo schiaccia chiodo, no?» da dove aveva iniziato il discorso, Candice sapeva già dove l’amica volesse andare a parare. Così fece sbucare la testa fuori dalla doccia e guardò male Nina: «Non si sta per lasciare con la ragazza, è Emily che è stronza e lo vuole lasciare per non si sa quale motivo. E siamo solo amici. E non potrebbe mai essere solo un “chiodo”, lui.» terminata la frase, ritornò nella doccia e riprese a massaggiarsi la testa con lo shampoo, mentre Nina osservava la doccia chiusa con un sorrisino malizioso che, se la coinquilina l’avesse vista, avrebbe incominciato a urlare per la casa “oh mio dio, oh mio dio sei Katherine!”.
«Okay, se siete solo amici, allora…»
«Nina. Lo siamo.»
«Lo sai, le tue ultime amicizie maschili non è che siano andate proprio a buon fine… e c’è sempre stato del sesso di mezzo…»
«Sta’ zitta!» esclamò la ragazza alzando la voce, con l’intonazione di chi stava per lamentarsi «E non è così. Lui è solo Joseph e non sono innamorata di lui. Okay?»
«D’accordo. Senti, io vado, tu fai anche con comodo, tanto mi ha appena mandato un messaggio Julie per dirti che girerai verso mezzogiorno…»
«Tanto vi raggiungerò comunque prima. Ci vediamo dopo, bacio!»
Nina schioccò un bacio in aria e chiuse la porta del bagno, lasciandola sola in mezzo ai suoi pensieri. Che per colpa sua vertevano sulla vita sentimentale di Joseph e la turbavano riguardo la sua, inesistente.
Raggiunse il set alle otto e, come previsto, non aveva nulla da fare. Allora seguì il filo logico dei pensieri di quella mattina e finì con la tuta in palestra. Tanti addominali, cyclette e tapis-roulant l’avrebbero attesa.
Lasciò il suo tappetino preferito ad un lato del tapis-roulant ed iniziò a camminare a velocità sostenuta, fin quando non entrò nella palestra precedentemente vuota un Zach visibilmente scosso: «Ehi, buongiorno! Come va?»
Il ragazzo sembrò non volerle rispondere subito, come se stesse cercando le parole adatte. Candice continuava a guardarlo in viso in attesa di una risposta, mentre aumentava la velocità del tapis-roulant.
«Hai declinato il mio invito settimane fa. E poi sei uscita con Joseph. Come dovrei interpretarlo?» era per caso geloso? Candice si fermò improvvisamente, rischiando di finire a terra trascinata dal tapis-roulant: riprese a correre e lo guardò incuriosita «Noi… siamo amici. Joseph è mio amico, e avevo, ho tuttora bisogno di un amico. Uno vero, non come i precedenti.»
«Quindi è un buon motivo per evitarmi? Cosa diavolo avevi quel giorno? E i successivi?»
Candice rischiò di nuovo di cadere dal tapis-roulant, allora incastrò i piedi ai lati, rimanendo ferma: «Ero soltanto… non sono stata molto in vena di vedere altra gente.»
«A parte Nina, Ian e Joseph.» era quasi tagliente. Ma cosa diavolo andava rivendicando?
«Ascoltami bene, non so cosa tu voglia provare, ma sinceramente non riesco a capire…»
«Mi piaci. E ti avevo chiesto di uscire già prima di tutta la faccenda di Michael, e già lì mi avevi rifiutato. Lo stesso settimane fa, e sei uscita con Joseph. Devo prenotare una cena con te tramite il tuo agente?»
«Okay.»
«Okay cosa?»
«Esco con te. Stasera?»
«Sì… magari. Ci vediamo allora.» le sorrise sinceramente e se ne andò, lasciandola sola con i suoi pensieri in palestra. Ma chi si credeva di essere?

Avrebbe voluto dirlo a Nina ma non la trovava da nessuna parte: sicuramente stava recitando in qualche casa. Allora si ritrovò automaticamente a cercare Joseph, trovandolo nei camerini con un’inquietante lunga parrucca bionda assieme a Claire, entrambi vestiti in abiti davvero tanto, troppo antichi.
«Cosa cav—ah, l’episodio mitologico sugli Originali. Giusto.» si ricordò subito dopo, brandendo un dito in aria, mentre sia Claire che Joseph si accorgevano di lei e la salutavano.
«Ehilà! Come va?» Claire era gioviale, come sempre. Joseph invece sembrava non molto a suo agio, doveva avere qualcosa che non andava.
«Joe? Cosa accade?»
«Ho torcicollo e lo pseudo-massaggio della mia sorellina l’ha peggiorato.» commentò sarcasticamente, guardando Claire di sbieco, che riprese a parlare: «Ehi, cosa vuoi! Io non sono mica una fisioterapista! E sono cintura nera di taekwondo, io al massimo spezzo le ossa, non aggiusto niente!»
«Infatti, hai due mani delicate come tavolette di legno!»
Claire lo guardò male mentre Candice osservava entrambi battibeccare: poi guardo Joseph e alzò le mani «Posso provarci?»
Il ragazzo sembrò titubante, ma poi accettò: «Oh mio dio. Che bello. È stupendo!»
«Gesù, dai versi che fai sembra un porno. Me ne vado che è meglio» Claire sparì dietro l’angolo e non sembrava esserci nessuno nel camerino.
«Okay, sai la notizia nuova?»
«Tutto quello che vuoi, dopo che mi hai sbloccato il collo. Oddio continua, ti prego!» Candice scoppiò a ridere, mentre Joseph la implorava con uno sguardo simile a quello di un cerbiatto: si abbassò per baciargli la fronte e continuò a massaggiargli la base del collo «Comunque stamattina ero in palestra, tranquilla, a farmi una corsetta sul tapis-roulant…»
«…E uno zombie ti ha attaccato alle spalle.» continuò lui, senza darle la possibilità di finire la frase.
Candice lo guardò malissimo: «Metterai gli zombie in ogni frase finché non vedremo Walking Dead?»
Il ragazzo annuì e lei alzò gli occhi al cielo: «Bé, più o meno. È venuto Zach tutto incazzato perché settimane fa ho rifiutato il suo invito per accettare il tuo. E mi ha rinfacciato anche dopo di stare sempre con te, Nina e Ian. E dopo mi ha chiesto di uscire.»
Joseph guardò in alto verso di lei con un sopracciglio alzato: «Sul serio? È geloso? E tu che hai detto?»
«Sì, ovviamente. Per farlo stare zitto e scappare via. Così potevo continuare la ginnastica.»
«Dio, sei pessima. Guarda come tratti i ragazzi, accetti di uscire con loro solo per toglierteli davanti…» iniziò a commentare lui, incurante delle dita affusolate della ragazza ancora sul suo collo, che attenuavano molto del suo dolore «Ricordami di non innamorarmi mai di te. Potresti accettare di fidanzarti perché ti dava fastidio la domanda.»
Candice fermò le mani e per un millesimo di secondo Joseph si girò per capire cosa fosse successo: «No, ti prego no! Ti amerò, farò tutto quello che vorrai ma non lasciare il mio collo…» la ragazza lo guardò malissimo e ricominciò a massaggiarlo, mentre lui riprendeva con i versi compiaciuti «Sembra davvero un porno, dovresti smetterla»
«E di cosa hai paura, che ci ricattino?»
«Sta’ zitto!» gli spintonò una spalla e lui rispose tirando indietro l’altra e rischiando di chiuderle la mano tra quella e la sedia: «Ehi!»
Si voltò immediatamente, serio: «Ti ho fatto male?»
«No. Allora, perché fai finta di esser così contento?» si sedette di fronte a lui, con calma. Gli posò una mano su un ginocchio e lo guardò negli occhi.
«Penso che Emily mi abbia lasciato.»
Candice rimase un po’ scossa, ma era certo che prima o poi sarebbe accaduto: «In che senso “pensi”?»
Lui fece spallucce: «Non ci sentiamo da giorni e l’ultima volta che ci siamo sentiti ha chiesto la pausa di riflessione. Io le ho chiesto cosa ci fosse di così importante su cui riflettere e le mi ha risposto che non si sentiva più sicura dei suoi sentimenti e cavolate del genere.»
Candice gli carezzò una spalla, con un’espressione triste in viso: «E ora?»
Joseph sollevò le spalle: «Non ne ho la più pallida idea. Ma dovrei richiamarla? Cioè insomma, io odio non sapere cosa sta accadendo, questo limbo è orribile, ma mi farà davvero bene chiamarla e chiederglielo? Mentre magari lei se la starà spassando con il suo Josh?»
Candice alzò entrambe le sopracciglia, ritirando le mani dalla sua spalla: «Josh?»
«Il ventitreenne con cui recita. Ventitreenne. Anche più piccolo di lei!» Joseph si poggiò una mano sulla testa, con fare nervoso.
«Bé si sa che le donne deboli che hanno bisogno di sentirsi più giovani si prendono quelli più piccoli di loro.» commentò dopo un po’ lei, con un’alzata di spalle. Joseph ridacchiò per poi guardarla negli occhi: «Grazie per la solidarietà, ma vorrei e devo ancora capire se la donna debole è la mia ragazza. E nel caso in cui lo sia ancora non potrei proprio permetterti di dire una cosa del genere, vero?» che voce profonda. Non fosse stata sua amica sarebbe morta ad ogni frase che pronunciava.
«Sarebbe la donna più forte del mondo, lo diventerebbe subito in quel caso!» le sorrise e lei si alzò «Ora mi tocca proprio andare. Buon divertimento a far finta di stare indietro di duemila anni, capellone
«Sta’ zitta, Barbie vampiro!» ribatté lui, guardandola lasciare la stanza per poi risedersi a riflettere.

Finì le riprese appena in tempo per cambiarsi e raggiungere Nina per dirle che faceva più tardi per tornare a casa: «Ti vedi con Joseph?»
«No, Zach mi ha chiesto di uscire.» Nina parve sorpresa: poi alzò le sopracciglia maliziosamente «Suppongo che il chiodo della situazione non sia Joseph, allora.» Candice rispose con un sorriso più che altro di circostanza, visto che non sapeva proprio cosa dire. L’unica cosa che voleva quella sera era davvero solo andare a letto a guardare la televisione.
«Bé, allora io spero che non torni proprio e ti diverta esageratamente con Mr Roerig, ciao ciao!»
«Io spero di tornare, e presto, invece! Bacio!» Nina rispose con uno schiocco di labbra e la lasciò macchinare con la sua borsa.
Trovò le chiavi dell’auto dopo qualche imprecazione ed uscì dal camerino, dirigendosi all’auto. «Vai all’appuntamento, Barbie vampiro?» sbuffò lievemente e si voltò a guardare Joseph, che stava uscendo in quel momento.
«Sì, vampiro sanguinario. E tu?»
«All’auto. Dove ti porta Zach?»
Candice si ravviò i capelli, pensandoci: « Non ricordo. Mi pare avesse detto qualcosa come “Bella Italia”, o comunque una cavolata del genere col nome Italia di mezzo!»
Lo sguardo di Joseph era imperscrutabile: «Sei davvero interessata all’appuntamento, devo dire! Comunque è vicino a dove ho lasciato la macchina, accompagnami»
«E se non volessi?» rispose lei, guardandolo di sottecchi.
«Non ti accompagnerei e tornerei in auto a piedi» fece spallucce, mentre Candice apriva la macchina e la portiera per farlo entrare «Che gentildonna! Ma normalmente funziona al contrario»
«La macchina è mia, decido io le regole al suo interno! O al suo esterno! O in sua prossimità!» lo raggiunse nell’abitacolo ed inserì la chiave, per accenderla.
«Mi sento in dovere di dirti che è un locale elegante, e dalle aspettative di Zach lo sarà anche lui.»
«Fa nulla. Io ora vorrei solo un letto eppure sto andando a quella dannata cena. Si chiamano compromessi.» rispose lei, facendo manovra ed immettendosi nel traffico, mentre Joseph ridacchiava: «Vorrei vedere la sua faccia quando ti vedrà arrivare in jeans e maglione.»
«Perché, vampiro ibrido, tu come ti vestiresti se fossi al posto mio al primo appuntamento?»
«Così, ma non sono te, e tu normalmente non faresti così, e non lo so solo io.»
«…Mi pare giusta la tua obiezione.» commentò dopo un po’ la ragazza, trovando parcheggio un isolato più avanti proprio davanti al ristorante in questione «E grazie per avermi indicato il ristorante.»
«Niente di che, grazie per il passaggio. Ci sentiamo dopo?» chiese lui, prima di chiudere la portiera.
«Forse.» lo disse con l’intonazione che lui chiamava “alla Caroline” e ridacchiò: «Ciao, buona serata!» la ragazza gli sorrise, uscì dall’auto e lo guardò entrare nella sua macchina. Era carino, nei suoi confronti. Davvero carino.
Si ravviò nuovamente i capelli ed entrò nel ristorante, guardandosi intorno: si liberò della giacca di pelle e si accorse di essere terribilmente fuori luogo con i suoi jeans e il suo maglione verde. Decisamente fuori luogo.
Individuò Zach in fondo alla sala: aveva l’espressione di uno che aveva appena visto un gorilla in una cristalleria, ma le sorrise subito dopo. Doveva essere uno di quei ragazzi a cui non importava come la sua ragazza si vestisse, o almeno non sempre. Un po’ come Joseph.
Cancellò l’ultima frase dalla mente, per non dirla anche ad alta voce – e quello, Zach non gliel’avrebbe perdonato. Lo raggiunse e si sedette: «Come va?» gli sorrise.
«Tutto bene. Tu? Come sono andate oggi le riprese?»
«Bene! È un po’ difficile stare in pantaloncini e canotta col freddo glaciale, ma si fa di tutto per lavorare di questi tempi!»
«Vero! Hai visto le scene spettacolari che hanno girato sugli originali oggi pomeriggio? Fantastiche…»
Alla fine la sua compagnia era piacevole. Lo era sempre stata, però non abbastanza da distrarla da Michael. E così, per un istante ci ricadde: sicuramente in quel momento era volato a LA dalla sua amata Jenna. Non doveva pensarci, le avrebbe rovinato l’appuntamento di sicuro.
«Candice? Allora, cosa ne pensi?» Zach e il mâitre la osservavano in attesa di una risposta, e lei annuì: «Va benissimo!»
«Cosa, signorina?» chiese il pinguino.
Ecco. Le avrebbe rovinato anche l’appuntamento con Zach ora! «Bé… quello di cui parlavamo!» gli lanciò un sorriso d’incoraggiamento, mentre Zach sceglieva per entrambi – e di questo si sentì parecchio amareggiata, ma era in torto, invece di dar loro ascolto aveva passato il tempo a pensare a Michael.

Tornò a casa per le undici, aveva passato una serata carina ma in quel momento desiderava solo un letto. Trovò Nina e Ian sul divano a guardare la TV: «’Sera!»
«Ehi! Ti avevo detto di non tornare!»
«L’appuntamento è stato un fallimento totale che sei tornata così presto?» s’intromise il ragazzo, e lei si trascinò fino alla camera: «Buonanotte, scopate quanto volete, quello non è un problema, tanto starò dormendo.» si chiuse dietro la porta e si gettò sul letto.
L’appuntamento non era stato male, aveva passato una serata tranquilla, piacevole. Ripensando a quello che era accaduto, non si accorse del rumore del cellulare, solo quando lo tirò fuori dalla borsa per metterlo sotto carica sul comodino e cambiarsi, si accorse che lampeggiava.
Aprì il messaggio e lesse il mittente: Joseph.
“Salva a casa? J x” sorrise a vuoto e digitò la risposta “Tutto bene. Il letto mi aspetta.”
“Contento per te. Io mi sto rivedendo la prima serie di Walking dead. Te la somministrerò prima o poi :) ‘Notte. J x” sorrise nuovamente e lasciò il telefono sul comodino.
Il letto era davvero così comodo, era una delle cose che preferiva di quella casa.

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Capitolo 4
*** The stars, the moon, they have all been blown out. You left me in the dark. ***


Allora, chiedo venia a tutti i lettori per il ritardo (anche se solo di un giorno) nel postare il capitolo, ovviamente ultimo capitolo dell'anno :P (W le battute inutili XD) Buon anno nuovo, e spero vivamente che vi piaccia questo capitolo! :)
Ah, ovviamente la canzone è questa http://www.youtube.com/watch?v=2EIeUlvHAiM  <3


4. The stars, the moon, they have all been blown out. You left me in the dark.

Zach la stava riaccompagnando fin sopra a casa, era molto tenero. E per quella sera era riuscita addirittura a cambiarsi e ad indossare un vestitino, per lo meno adatto al luogo. Non troppo elegante, ma almeno… bah. Erano cambiati i suoi gusti da dopo Michael. Preferiva anche rimanere di più a casa.
«Allora…» Zach lo guardava dall’ascensore, mentre lei cercava le chiavi nella borsa: «Ma dove diavolo—
«Buonanotte!» le si avvicinò all’improvviso e la baciò, mentre lei ancora aveva le mani immerse nella borsa e lo osservava con gli occhi spalancati. Rispose minimamente al bacio e si fece ritrovare con gli occhi chiusi quando il ragazzo li aprì: Zach le sorrise e prese l’ascensore, lasciandola basita sulla porta di casa.
Appena trovò le chiavi le infilò con fatica nella toppa, girò pesantemente due volte e si trascinò in casa: trovò Nina e Ian sul divano – ovviamente – che abbassarono il volume della TV non appena la videro: «Ehi Candy! Com’è andata? Quando avremo l’onore di conoscere Zach come fidanzato?!» Candice non la riprese neanche per il soprannome con cui l’aveva chiamata, tant’era sconvolta; lasciò la borsa sulla spalliera di un divano e si sedette sul divano occupato dalla coppia, bellamente in mezzo a loro.
«Candice? Cosa succede?» persino Ian si voltò a guardarla sconvolto.
«Mi… mi ha baciata.» rispose lei, sbattendo le palpebre, fissando la TV che non stava realmente guardando. Ian alzò un sopracciglio e Nina si districò dal suo abbraccio per passare una mano sulla schiena dell’amica: «E...?»
«È che… non…» sembrava interdetta. In realtà l’altra si stava anche preoccupando abbastanza.
«Cos’è, non ti ha soddisfatto?» commentò Ian, sornione: beccandosi prontamente una spallata dalla fidanzata.
«No, era… normale…»
«Era penoso, quindi.» Nina lo guardò male, per poi continuare ad accarezzare la spalla di Candice, senza dire nulla. La ragazza sembrava sull’orlo delle lacrime, ma si contenne, alzandosi dal divano per prendere la borsa, vagando senza motivo in casa per poi raggiungere la camera: Nina si alzò come se volesse seguirla, prima di ascoltare un mormorio: «È solo che… non era Michael.»
Si lasciò cadere sul divano non appena Candice chiuse la porta della sua camera: sprofondò volontariamente nelle braccia del suo ragazzo, guardandolo di proposito malamente non appena iniziò a coccolarla: «Non dovevi infierire.»
«Volevo solo buttarla sul ridere. Sai, prima o poi dovrà superarla. Normalmente non sono un sostenitore della teoria “chiodo scaccia chiodo”, ma in questo caso… Insomma, cosa le ha fatto Michael? Non è che sia tutto questo granché.»
Nina sbuffò sonoramente: «Se non fossi così esile lo picchierei a sangue. L’ha fatta soffrire inutilmente. Già lo scorso Giugno si stava rassegnando, quando lui ancora non le aveva dato false speranze. Poi dopo si son visti, lui ha lasciato per qualche periodo Jenna, giusto quel mese per distruggere emotivamente Candice e per tornare dalla sua vecchia ragazza. Stronzo.»
Ian ridacchiò, accarezzando la spalla della sua ragazza: «Candice ce la farà, ne sono certo. Dovresti esserne certa anche tu.»
«Ma io lo so che alla fine ce la fa sempre… è così solare… ma ora la vedo così abbattuta che mi dispiace troppo! Non se lo meritava per nulla. E peggio ancora erano anche amici, prima! Lui ha buttato al vento la loro amicizia facendole credere di essersi innamorato di lui, lei ricambiava, e ha gettato all’aria i suoi sentimenti poco dopo! Ma insomma, non si fa così!»
«Ma magari lui ha solo fatto un errore…» Nina lo fulminò letteralmente con lo sguardo: «Non è un errore plausibile quando entrano in gioco i sentimenti delle altre persone. Insomma è come se io e te stessimo insieme, poi tu un bel giorno ti svegli e mi dici di amare ancora la tua ex. Ti picchierei di santa ragione se accadesse! Come vorrei picchiare alla grande Trevino!» il ragazzo non provò nuovamente a prendere anche lontanamente le parti del loro collega, anche solo per vedere la faccenda da un punto di vista più oggettivo. Perché sennò quello avrebbe potuto avere conseguenze anche sulla sua relazione, quindi… sarebbe stato meglio non pronunciare altra parola.

Si lasciò cadere sul letto con tutti i vestiti, rimanendo in trance osservando un punto imprecisato del muro: non sapeva cosa pensare. Del bacio, dei suoi sentimenti – sfortunatamente ancora presenti – per Michael, per la piega che la sua vita stava prendendo.
Le uniche cose certe che sentiva di avere in quel momento erano il lavoro e Nina, Joseph… e perché no, anche Ian. Indirettamente aveva bisogno delle sue battutine ironiche e della sua presenza in casa, non appena tornava da lavoro, o dalle uscite con Zach. Perché, per carità, era un ragazzo fantastico, molto carino e simpatico, ma quello non era proprio il momento giusto. E fondamentalmente stava continuando a frequentarlo solo per non avere sempre Michael nella sua fottutissima testa.
Infilò il caldo pigiama di pile, mise sotto carica il cellulare ed accese la TV. Si sentiva così ebete ad osservarla senza che la tangesse minimamente, tanto la sua testa era impegnata a pensare ad altre cose.
Facendo zapping le venne in mente tramite qualche volo pindarico Joseph e decise di chiamarlo: rispose immediatamente: «Candice! Com’è andata?» la ragazza notò la sua voce un po’ diversa… alterata.
«Bé… non lo so. Mi ha baciata. Ma io… sinceramente, non lo so. Tu come stai? Cos’hai?»
«Sono al telefono con Emily.» non aveva senso mentirle, non a lei. Avrebbe capito.
«Oh! Ti lascio allora.»
«Ti chiamo dopo, okay? Mi aspetti?»
La ragazza annuì, ricordandosi solo dopo che non potesse vederla: «Certo! A dopo.» chiuse la chiamata ed assunse una strana posizione sul letto… che nei successivi quaranta minuti che passò ad attendere la telefonata dell’amico era cambiata nuovamente, e non solo una volta.
Quando ormai aveva quasi perso le speranze e stava quasi per addormentarsi, sentì il cellulare squillare: non aveva tolto la suoneria? Ah no, era Joseph. Quindi avrebbe sempre suonato, il telefono.
«Ehi.»
«Candice! Allora?» la voce era ancora alterata. La ragazza si stropicciò gli occhi ed iniziò a fissare il soffitto: «No caro, prima tu. Hai la precedenza perché il tuo dramma è più fresco.»
Sentì sospirare pesantemente dall’altra parte del ricevitore, attendendo con ansia una risposta: «Stiamo ancora insieme, a quanto pare. Ma… non so quanto ancora possa durare, davvero. Parla così bene del suo collega.» sembrava amareggiato, così Candice partì all’attacco: «Magari sono davvero solo amici!»
«Ne parlava davvero bene. Troppo bene. Non è gelosia, è un dato di fatto.»
«Sì, certo. Anche quella che provo per Jenna non è gelosia, è un dato di fatto.»
«Oh no, questo non puoi dirlo!» s’infervorò il ragazzo «Quella è gelosia. Perché speri ancora segretamente che il suo ragazzo corra da te a dirti che ha fatto la cazzata del secolo, e che vuole ritornare immediatamente insieme a te.»
«Anche la tua è gelosia! Ti fa immaginare strane cose tra Emily e quel tipo!»
«Ma tra loro ci sono rapporti strani! Me l’ha quasi ammesso in faccia! E poi lo elogia sempre! Sempre!»
La ragazza ridacchiò, sperando sul serio che le congetture dell’amico fossero davvero solo quelle. E che fossero basate sulla sua gelosia e non sulla realtà.
«Comunque. Com’è andata con Zach? Ti ha baciata?»
Candice emise un suono gutturale schifato: «Questa serata è stata rovinata sia dai miei pensieri costanti su Michael che dal bacio improvviso, inappropriato. Mentre stavo cercando le chiavi di casa nella borsa, bestemmiando come un’ossessa.»
Joseph ridacchiò, ne sentiva la risata profonda di sottofondo: «E?»
«E no! Insomma penso ancora a Michael, l’ho pensato durante il bacio, l’ho pensato dopo, lo penso ancora ora anche se sto guardando come un’idiota il soffitto bianco!»
«Vuoi che venga lì?» chiese semplicemente lui: buffo come ci fosse sempre quando doveva mostrarle il suo supporto.
«Non ti preoccupare!» sorrise al vuoto «Ci vedremo domani, no?»
«Certamente. Buonanotte, Candice.»
«’Notte, Joe!» chiuse la telefonata: ora poteva davvero tornare a fissare il soffitto. E nel farlo, magari, riusciva ad addormentarsi profondamente.

Era finita sul set in anticipo e non aveva avvisato Zach di nulla: era adorabile, certo, ma non ne voleva sapere nulla. Perlomeno non in quel momento, era troppo immersa nei suoi pensieri. Che riguardavano principalmente Michael, e non andava molto bene visto che si stava frequentando con Zach. Ma bé, era meglio non pensarci, a dirla tutta.
«Ehi! Buongiorno.» si scontrò con Joseph, che fortunatamente non indossava più un orrenda parrucca bionda come qualche tempo prima.
«Ehi. Scusa.»
Il ragazzo la scrutò attentamente: «A cosa stavi pensando?» Candice arrossì e guardò altrove: «Lo sai. Ed è molto meglio non doverlo ammettere a voce alta.» lui le sorrise, lasciando scivolare una mano dalla sua spalla al braccio «Forse è meglio di no. Dove andavi?»
«Non lo so, ho del tempo libero prima di iniziare. Probabilmente mi dedicherò alla palestra.» Joseph sembrava pensieroso, poi annuì: «Vengo con te. Ho qualche mezz’ora di pausa, non ho voglia di rimanere a gironzolare qua intorno.»
Candice fece spallucce: «Io sto diventando drogata di palestra a dirla tutta.»
«E io passo invece le serate a leggere libri, guardare Walking dead e mangiare schifezze. E non vorrei finire per accumulare pancetta.»
«Oh bé. Il gelato è il mio nuovo migliore amico.»
«Ah non lo sono io?» chiese lui, con un sopracciglio alzato e un sorriso sornione.
Candice sorrise sinceramente: «Posso ammettere che vieni prima del gelato, sì.»
«Grazie della gentile concessione, miss Accola. Ci vediamo in palestra tra cinque minuti, devo mettermi qualcosa di diverso dai vestiti di scena con rosari incorporati.» la ragazza rispose con un cenno di saluto, raggiungendo il suo camerino.

Si ritrovò in palestra esattamente cinque minuti dopo, e senza aspettare Joseph andò dal suo caro tapis-roulant, che era il suo terzo migliore amico, dopo Joseph e il gelato. Beh era una buona classifica, a dirla tutta. E più o meno tutti e tre o non le facevano pensare a Michael, o le facevano letteralmente sviscerare l’argomento “Michael”.
«Mi hai fregato il tapis-roulant!» Joseph irruppe anche nei suoi pensieri e non solo nella palestra, lei lo guardò con aria di sufficienza indicandogli un tappetino: «Prego, signor Morgan! O a dirla tutta, Martin!»
«Oh, non avrei mai dovuto dirtelo!»
«Ehi tu, lo sai che Wiki SA?»
«…Dimenticavo.»
«Sì, infatti.» rimasero per diversi minuti senza parlare, ma non era propriamente un problema. Joseph passò alla cyclette accanto a lei ed iniziò a pedalare: «Ripassiamo qualcosa?»
«Non ricordo le tue battute con altri, mi dispiace!» e lo sembrava davvero.
«Non esser stupido, lo immaginavo! Manco io ricordo le tue. Ma ho il caro vecchio copione!» Joseph la guardò con fare sorpreso: «Brava ragazza.»
«Sì, lo so. E lo sai qual è la parte che più amo della prossima puntata? Che Caroline litiga con Tyler. Mi incazzerò sul set per davvero, già lo so.»
Joseph sorrise: «Klaus rincontra il suo patrigno dopo un millennio.»
«Oh mio dio, quante emozioni in ballo. Allora voglio farti ripetere quella scena! Perché, modestamente, le mie con Tyler le so troppo bene. E ultimamente mi danno solo scene con lui, dannati.»
Joseph sorrise, scuotendo la testa: «Vai verso le ultime pagine…»
La ragazza eseguì, trovando il momento iniziale: «Ciao, Niklaus.»
«Ciao Mikeal. Non vuoi entrare? Oh giusto, avevo dimenticato. Non puoi.» anche se era su una cyclette, aveva adottato il perfetto sguardo beffardo “da Klaus”.
«O puoi venire fuori, se vuoi.» pronunciò Candice, lievemente titubante.
«O posso guardare i miei ibridi squartarti pezzo per pezzo.» commentò Joseph, con lo stesso sguardo di prima.
«Non possono uccidermi.»
«Vero. Ma sarebbe un bellissimo gioco per una festa.»
«Oh mio Dio, che orrore! E che bel discorso padre-figlio!» Joseph ridacchiò, ricominciando poco dopo: «Tutto quello che devo fare è schioccare queste due dita… e ti saranno addosso.»
«Il grosso lupo cattivo – bé, lo è – Non sei cambiato. Sempre a nasconderti dietro ai tuoi giocattoli come un codardo – che padre degenere. Ti sei dimenticato di una cosa. Puoi anche averli asserviti, ma sono ancora vampiri, in parte. E possono essere soggiogati da me. Uh ecco che esce Nina! E tutta la parte del “lo farà lo farà” è inutile. Bene continuo di qua: Se lei muore, questo branco di persone sarà l’unico dei tuoi abomini.»
«Non ho bisogno di loro. Ho bisogno solo di sbarazzarmi di te.» Joseph era davvero entrato nella parte, mancava solo che si commovesse sul serio anche in quel momento.
«A che scopo, Niklaus? Per poter vivere per sempre senza nessuno al tuo fianco? A nessuno importa più di te, ragazzo! Chi hai oltre quelli a cui hai imposto la lealtà verso di te? Nessuno… Nessuno.» Candice leggeva con un’espressione corrucciata, mentre Joseph riprendeva la battuta come se fosse lui stesso provato: «Scopri le tue carte, papà. Uccidila.»
«Vieni fuori e affrontami, piccolo codardo. E non dovrò farlo.»
«Mi hai sottovalutato per tutta la vita. Se la uccidi, non puoi più ricattarmi, quindi fai pure. Forza, uccidila, Forza, vecchio. Uccidila!» l’urlo decisamente incazzato di Joseph/Klaus riecheggiò nella palestra «Oh mio dio, scusami. Mi faccio prendere troppo…»
Candice era presa dal copione, così rispose solo distrattamente con un: «Non preoccuparti, stai andando meravigliosamente.» poi continuò nei panni di Mikeal: «La tua impulsività, Niklaus. È stata e sarà sempre l’unica cosa che ti impedirà di diventare davvero grande. Oh mio dio, è così crudele!» con tutto il pathos della scena, Candice si era dimenticata di continuare a correre, venendo irrimediabilmente trascinata verso la parete dietro alla macchina, sarebbe finita con certezza di sedere a terra se Joseph non l’avesse afferrata al volo, ridendo: «Io mi faccio coinvolgere, ma tu rischi la pelle.»
«Ma era così crudele, così… Oh! È cattivissimo Mikeal!» in tutta questa discussione, era ancora con i piedi per aria, tenuta per la vita dal ragazzo, che la lasciò solo dopo essersi accertato che Candice avesse fermato il tapis-roulant: «Ora quello lo prendo io. Se vuoi ti cedo la cyclette.»
«Oh grazie!» ribatté lei, con fare di sufficienza.
«Almeno un grazie, ti ho appena salvato la vita!» ribatté lui, fintamente offeso.
«Oh, grazie Messer Morgan, dolce Joseph, per aver salvato il mio umile deretano!» scoppiarono entrambi a ridere, scambiandosi i posti: si accorsero solo dopo di un’altra presenza nella camera. Una presenza che si schiariva la gola per farsi notare.
«Ehi!» Candice salutò Zach sulla porta, mentre Joseph diventava immediatamente come una scimmia che non vedeva, non sentiva e non parlava. Non tre, ma tutt’una.
«Disturbavo qualcosa?» tagliente. Come al solito, quando si trattava di lei e Joseph.
«No, che volevi?» e di tutta risposta lo diventava anche lei, quasi come meccanismo di difesa.
«Giusto salutarti, visto che non ti vedevo da due giorni pur lavorando insieme. Ma va bene, sei impegnata, passerò più tardi.» Zach uscì senza manco salutare, mentre lei mormorava un “Fanculo” alla porta che si chiudeva.
«Mamma mia, quanta gelosia nell’aria!» commentò con un sopraciglio alzato Joseph.
«Lo ucciderei, lui e la sua gelosia.» Candice aveva ora come mai bisogno del suo tapis-roulant.

Si era ritrovata sola in casa, i “Nian” – adorava prenderli in giro e chiamarli nello stesso modo in cui lo faceva il fandom – erano usciti per una seratina romantica e lei… bé, era sola a casa. Casa sua, del resto. Ma a dirla tutta non voleva assolutamente chiamare Zach, per quanto gli volesse bene, in quella situazione le cose sarebbero facilmente potute degenerare. In meglio per lui, non sapeva se in peggio o meno per lei.
E per quella sera avrebbe decisamente preferito rimanere nell’ignoranza. Non voleva sapere se le facesse bene o meno, non le importava nulla: aveva trovato la scorta di Jack Daniel’s di Nina e aveva una buona intenzione di finirla, o per lo meno dimezzarla. E anche un bel CD – sempre dell’amica, o forse di Ian… ma sembrava più di Nina, ecco – dal nome “Lungs”… mah. Se non altro aveva una canzone che non riusciva a smettere di ascoltare, mentre si scolava, depressa, cicchetti di whiskey.
Stesa sul divano, con il telecomando dello stereo in una mano e la bottiglia di whiskey nell’altra, s’era quasi dimenticata del telefono che suonava: corse – con molta difficoltà – a prendere il cellulare e rispose: «Pronto-oh?» singhiozzò.
«Candice?» in qualche modo misterioso la voce di Joseph aveva capito… bé lui aveva capito. Non la sua voce. Ma dalla sua voce si…
«Siii-ììì?»
«Okay, sto arrivando.»
«Ma non ce n’è…» stava per aggiungere “bisogno”, ma Joseph aveva già chiuso la chiamata. E lei si ritrovava a riascoltare una canzone da un’ora senza stancarsi, sentendosi proprio in quel modo.
Quando il ragazzo arrivò, lei doveva essersi addormentata. Perché si svegliò di soprassalto per il suono del campanello, e si catapultò ad aprire senza nemmeno rendersi conto di chi fosse: «Ma hai almeno controllato?!—Lasciamo perdere.» per poco non gli crollò addosso, così si chiuse dietro la porta e la trascinò fino al divano: si liberò della giacca e si sedette, aspettando che Candice lo seguisse. Invece lo squadrava da capo a piedi, senza dire nulla, senza fare nulla: lui le porse la mano, che lei afferrò per poi stendersi sul divano con la testa sulle sue gambe: «Sono triste.»
«Lo noto. Vediamo qualcosa?» aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lei in quel momento. E Joseph sembrava perfetto per tale occupazione. Il ragazzo sentì Candice muovere il capo come se stesse annuendo, così afferrò il telecomando dello stereo per spegnerlo e quello della TV per accenderla: Candice non parlava, non canticchiava, non beveva… non faceva assolutamente nulla. Se non rimanere con le sue mani giunte tra la testa e le gambe del ragazzo.
«Ho freddo.»
«Torno subito, allora.» Joseph si alzò, andò a prendere una coperta dalla sua camera e la mise addosso all’amica: «Va meglio?»
Candice annuì e lui si riposizionò come prima, tra il divano e la testa della ragazza. Trovò un programma stupido e tranquillo da guardare, prendendo a carezzarle sistematicamente il capo.
«Grazie.» disse lei, semplicemente, aggrappandosi a Joseph, mentre lui continuava con le carezze e le rispondeva con un sorriso: «Sai, ho mollato Emily al telefono per correre qui. Non ne potevo più delle sue parole e del suo collega. Riprenderemo la discussione domani, penso.»
«È dolce. Non il fatto che l’abbia mollata al telefono, eh.»
«Ho capito.» ridacchiò, tacendo dopo un po’ e continuando le carezze: dovevano avere un potere curativo e tranquillizzante, perché Candice si addormentò poco dopo come se fosse già al terzo sonno.
Non seppe l’ora che tornarono Ian e Nina, ma lui era ancora davanti la TV con Candice sulle gambe: i due ragazzi non rimasero tanto sorpresi dal trovarlo lì.
«Hai bisogno di una mano?» sussurrò Nina, prima di raggiungere Ian in camera: Joseph scosse la testa e i due scomparvero nella camera di lei.
Rimase un altro po’ con la TV accesa e poi prese in braccio Candice, trascinandola con tutta la coperta sul letto: si agitò un po’ ma poi riuscì a trovare una posizione comoda, merito anche delle calde coperte che non l’avevano lasciata.
«Michael… perché fai così… Perché…» aveva quasi lasciato la camera quando la sentì blaterare agitata nel sonno: non sapeva cosa fare, lei sembrava in preda all’angoscia. Spense tutte le luci in salotto e controllò come stesse, ma continuava a parlare nel sonno.
Non riuscì a lasciarla sola, le faceva troppa pena, ma non suscitava la compassione che si prova per gli estranei, ma quella che si prova per le persone cui si vuole bene, quando cercano di mostrarsi forti ma puntualmente lo sono.
«Vieni qui, piccola ubriacona.» tirò a sé la ragazza, che vicino al suo petto sembrò lievemente meno agitata «Calmati, su.» spense la luce in camera, sistemò la coperta anche per sé e continuò a carezzarle il capo, sperando che quelle attenzioni sortissero l’effetto desiderato.

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Capitolo 5
*** If you want the rainbow, you must have the rain. ***


Ed ecco dopo 5 giorni precisi il quinto capitolo! Spero vi piacerà, a me piace molto (come anche il quarto del resto, sono troppo dolci Candice e Joseph *_*). Che dire... leggete e recensite per farmi sapere cosa ne pensate *_* Buona lettura!
ps, la canzone di riferimento è questa! -> http://www.youtube.com/watch?v=rxJ2lFcJCKg





5. If you want the rainbow, you must have the rain.

Quando si risvegliò non sapeva che ore fossero e neanche cosa fosse successo dopo che si fu addormentata sulle gambe di Joseph: si guardò istintivamente intorno, trovando l’amico accanto a lei «Cosa è… successo? Oh no il lavoro!»
Il ragazzo scosse la testa, sorridendo: «Dobbiamo raggiungere il set solo alle cinque. Riprese notturne.»
«Oh. Bé, meglio.» Candice crollò con la testa sul cuscino, rendendosi conto di stare ancora con le mani attaccate ad un braccio di Joseph: «Com’ero pietosa ieri notte per costringerti a farti rimanere?»
Joseph sembrò intenerito: «Non eri… pietosa. Eri solo molto triste. E angosciata nel sonno. Non ce l’ho fatta a lasciarti sola, e carezze e calore umano sembravano aiutarti. Poi bé, ti sei addormentata, anche io, e non appena mi sono svegliato ho iniziato a leggere aspettando che ti svegliassi.»
Candice parve sinceramente stupita: «Grazie. Davvero. Ieri sera… non so cosa mi sia preso. Tra l’alcol e la musica epico-drammatica non so cosa fosse peggio. Menomale che siete arrivati tu e quel programma televisivo idiota.»
Il ragazzo scoppiò a ridere: «Lo prendo come un complimento!» Candice continuava a rimanere lì, fissando il vuoto.
Nina bussò alla porta e poi entrò, guardandoli con un sorriso sincero: «Volete qualcosa? Acqua, tè, una camomilla?» era preoccupata per l’amica, ma contenta che ci fosse Joseph a sostenerla. Che stupida che si sentiva ad aver pensato che lui fosse il suo “chiodo scaccia chiodo”. Candice aveva pienamente ragione, non poteva solo essere un chiodo, era molto più importante.
«Un tè mi andrebbe benissimo. Verrei a prepararlo io, ma…» Joseph guardò Candice assorta nei suoi pensieri a guardare il vuoto.
«Non preoccuparti. Fai bene. Allora, Candice, vuoi qualcosa?» la ragazza guardò entrambi negli occhi: «Secondo voi una camomilla mi può aiutare?» annuirono entrambi, e Nina si dileguò nel salone, chiudendo la porta.
«Ho paura.» sembrò tremare, per poi riattaccarsi al braccio del ragazzo, che lasciò il libro sul comodino e si infilò meglio sotto le coperte: «Di cosa?»
«Di rimanere sola. Come ieri sera. Io voglio tanto bene a Nina, ma ha il suo ragazzo. È giusto che sia così, che stia con lui. Ma Michael mi ha abbandonato, sono lontana dalla famiglia, Zach non è che dia tutta questa rassicurazione, e io non voglio rimanere sola.» gli occhi le si inumidirono, probabilmente l’ipersensibilità della sera prima non era ancora passata per bene.
«Shhhh.» Joseph l’attirò a sé e ricominciò ad accarezzarle il capo «Ci sono io con te. Anche se Nina non ci sarà, e non vorrai Zach. Ci sarò io per te.»
«Non puoi! Non puoi sempre! Non puoi mollare la tua ragazza mentre discutete al telefono perché ho un crollo emotivo, è ingiusto! Non posso approfittare del fatto che tra te e lei non siano tutte rose e fiori e… requisirti! È molto poco giusto!» il ragazzo ridacchiò, stringendola forte a sé: «Avevo bisogno di venire qui ieri sera, di pensare ad altro che non fossero miei problemi. E molto probabilmente dopo quello che stava dicendo le avrei comunque riattaccato il telefono in faccia. E non farti problemi, ripeto, per te ci sarò comunque. D’accordo?»
Candice annuì, lasciando scorrere due lacrimucce per poi respirare più costantemente e rimanere lì al calduccio affianco a lui: «Cosa leggi?»
«Oh, sto rileggendo “Il signore degli Anelli”. L’hai mai letto?»
La ragazza scosse la testa: «Non sono proprio una tipa da fantasy. Ho letto giusto “le Cronache di Narnia”, più recentemente “Twilight”.» il ragazzo si mostrò in un’espressione abbastanza schifata.
«Non è il mio genere, “Twilight”. Poi parteggio molto per gli zombie, io!»
«Lo so, ibrido!» ridacchiò, e dopo un po’ Nina entrò con tre tazze fumanti in camera: una per Joseph, una per l’amica e una di cioccolato per sé.
«Volevo qualcosa anche io!» si giustificò, ridendo e porgendo loro le tazze, che presero immediatamente.
«Bé è giusto. Certo, se avessi saputo c’era la cioccolata…» iniziò Candice, movendosi verso la tazza che spettava a Nina.
«Vacci piano coccodè! A te spetta la camomilla, ho fatto anche quella al tuo aroma preferito!» ribatté Nina, alzando con fare altezzoso il naso, mentre Joseph ridacchiava sommessamente: «Vacci piano coccodè? Sul serio?»
«Ehi, non mi toccate Gas-Gas. È un grande topo, lui. Mica come quelli di oggi, tipo quel Ratatouille, là!» Joseph e Candice risero, coinvolgendo poi anche l’amica. E anche Ian, che si presentò sulla soglia della camera: «Mi sono perso una festa?»
«Oh no, solo Nina che elogiava Cenerentola.» commentò Joseph in un sorriso. Il collega si rese conto che il suo braccio era ancora “requisito” da Candice, ma non volle farlo notare a nessuno: «Bé non è una novità che Nina ami la Disney.»
«L’adoro!» la ragazza sembrava in estasi.
«Amo Toy Story.» commentò dopo un po’ anche Candice, mentre l’amica gongolava per il fatto di non esser l’unica «In realtà anche le principesse, gli Aristogatti e la Carica dei 101. Ma non c’è da andarne fieri, a quasi venticinque anni.»
«Si che ce n’è!» Nina sembrava esaltata.
«Okay, vada per Toy Story. E la Carica. Quelli non sono male.» commentò Joseph, come se non volesse ammetterlo.
«Solo io sono cresciuto con cartoni animati strappalacrime come Lady Oscar, Heidi e similari?» Ian sembrava quasi sconvolto, mentre si univa agli altri che ridacchiavano contenti sul letto di Candice. Persino lui s’era accorto di come fosse giù l’amica della sua ragazza.

Erano arrivati sul set sani e salvi, e chissà quanto altro tempo ci avrebbero passato. Non lo sapevano in realtà: probabilmente Julie li avrebbe tenuti fino all’alba del mattino dopo e oltre.
Candice sorrise a Joseph e andò verso il suo camerino, venendo bloccata da Zach che le si parò davanti inavvertitamente: «Come va?» le baciò velocemente le labbra per poi sorriderle dolcemente.
«Tutto bene. Sei arrivato da molto?»
«Non tanto. Ehi, ma ieri Nina e Ian erano fuori e tu a casa… perché non mi hai chiamato per farti compagnia?» che tenero che era. Però avrebbe giurato che il guizzo negli occhi c’era stato. Alludeva a…?
Candice arrossì: «Non mi sentivo molto bene. Mal di testa.»
«Mi dispiace, piccoletta!» la abbracciò forte per poi lasciarla andare «Ci vediamo dopo!»
«Sì certo!»
Voleva solo arrivare incolume alla fine del corridoio, senza battutine piccanti e ingombri per la strada…
«Buongiorno. Anche se forse sarebbe più corretto dire buonasera.» Di incontri spiacevoli ne doveva avere altri, ovviamente. Michael si stagliava in tutta la sua altezza davanti a lei. E aver passato la notte precedente a piangere per colpa sua non la aiutava per nulla, anzi. Sentì l’occhio destro fremere leggermente, come quando stava per iniziare a piangere, poi guardò oltre la spalla del ragazzo notando Joseph che si sbracciava guardandola: attirata la sua attenzione si portò gli indici agli angoli della bocca e fece come per tirarli su in un sorriso. Anche se con gli occhi un po’ lucidi, sorrise apertamente e riportò lo sguardo su Michael: «Buonasera!» lo oltrepassò e raggiunse sana e salva il camerino con un inaspettato sorriso sulle labbra, lasciando il ragazzo molto basito in mezzo ad un corridoio.
Ce l’aveva fatta. Non gli aveva urlato contro, né era scoppiata a piangere. Per la prima volta dopo mesi, era riuscita a guardarlo in viso solo con un po’ di occhi lucidi e salutarlo dignitosamente. Come fanno gli estranei. Ce la poteva fare ad ignorarlo, poteva davvero! Aveva speranza, lo poteva dimenticare sul serio!
Iniziò a saltellare per il camerino contenta, fin quando non entrò Nina che la osservava con fare stupito: «Mi ha detto Michael che ti ha incontrata e che gli sembravi strana. E visto le merdate che ti ha fatto negli ultimi tempi mi sembrava anche assurdo da parte sua preoccuparsene ma…»
«Nina ce la posso fare!» Candice le venne incontro prendendole le mani: «Lo posso dimenticare! Avevo solo un po’ gli occhi lucidi ma gli ho solo detto “buonasera” e sono andata oltre! Ce la posso fare per davvero!» la ragazza sembrava euforica. Nina la abbracciò, stringendola molto forte a sé: «Sono contenta. Molto contenta. È vero, passo dopo passo ce la puoi fare.» non le chiese nemmeno il perché, aveva visto Joseph nel corridoio che si sbracciava e le sorrideva. Solo non avrebbe pensato che quel sorriso le avesse infuso così tanta carica, così tanto coraggio da salutare Michael senza scoppiare a piangergli in faccia come era spesso accaduto ultimamente.
Nina non avrebbe mai potuto pensare che l’incontro casuale dei due ragazzi per colpa della macchina rotta di Candice avrebbe portato a tanto, ad aiutare la sua Candice così tanto. E non solo per l’auto. Per tutto. Per il supporto.
«Bene, ora basta con le smancerie, bisogna andare a fare scene strappalacrime là fuori!» sorrise alla sua bionda preferita, mentre quella si preparava: era davvero contenta e speranzosa. E lei di conseguenza era ancora più contenta per Candice.

«Ma che diavolo sorridi come un ebete?!» Claire lo guardava sconvolta, interrompendo il suo discorso concitato per guardarlo tirarsi gli estremi della bocca in alto: Joseph si decise a risponderle dopo che Candice fu sparita, tirando un sospiro di sollievo: «C’era Candice, aveva appena incontrato Michael e stava per scoppiargli a piangere in faccia. E così le ho ricordato di non farlo, e di sorridere.»
«Sei così gentleman britannico salva-la-tua-principessa, signor Morgan.» commentò Claire, prendendolo spudoratamente in giro: «Non è vero, non è la mia… principessa. È in difficoltà, mi fa tenerezza… e le voglio bene.»
«Signor cavaliere senza macchia e senza paura…» continuò la ragazza con lo stesso tono di voce, mentre veniva bloccata da Julie per parlarle di una cosa: guardò Joseph facendo cenno che avrebbero continuato dopo, e il ragazzo alzò automaticamente gli occhi al cielo.
Si diresse verso i camerini, trovandoci dentro Ian che si faceva truccare: «Ehi, ragazzo britannico. La damigella in peric— Joseph gli faceva cenni esasperati con la mano, come se si stesse tagliando la gola: Ian tacque e vide Zach arrivare proprio da Joseph per fermarlo: «Posso chiederti una cosa? Sai cosa ha Candice?»
Era sincero, ma non poteva dirgli cosa avesse. Anche perché l’avrebbe lasciata, per una cosa del genere, e Candice in quel momento non ne aveva per nulla bisogno: «Oh… non lo so. Perché non l’hai chiesto a lei?»
«Gliel’ho chiesto, ma lei ha solo detto che aveva mal di testa.»
«Bé, allora avrà solo mal di testa.» era difficile fingere con persone reali e non con dei personaggi. Ma riuscì addirittura a sorridergli sinceramente: Ian osservava la scena allarmato. Soprattutto per il fatto che poco prima, con una parola in più, avrebbe potuto rovinare qualcosa.
«Capisco.» Roerig prese una cosa dalla sua postazione e uscì dai camerini, lasciando i due uomini a sospirare profondamente: «JoMo, gli hai mentito?!» da che aveva visto che in giro lo chiamavano così, Ian aveva preso in prestito il soprannome e iniziato ad usarlo sempre con lui. Ma davvero sempre.
«Cos’altro avrei dovuto fare?! Se gli avessi detto la verità avrebbe lasciato Candice, e le manca solo questo, sinceramente.»
«Oh mio dio. Ci tieni davvero.»
«Certo che ci tengo, è mia amica! Perché ne rimanete tutti sconvolti?!» Joseph si diresse verso i vestiti posati su un tavolino e chiaramente indirizzati a lui, liberandosi dell’ultima maglietta.
«Tutti chi? Nina di certo no. In caso doveste formare una coppia di altro tipo sarebbe già pronta a fare le magliette con i vostri nomi mischiati. Tipo “team Josendice” o “team Accolan”. O peggio ancora “team Accorgan”.» Ian storse il naso e l’altro ragazzo scoppiò a ridere: «Eravate sconvolti sia tu che Claire. Come se fosse anormale salvare da una situazione impossibile un’amica.»
«Bé il suo ragazzo non mi pare tanto una situazione impossibile e ingestibile.»
Joseph lo guardò attentamente: «Nel caso in cui la sua ragazza avesse dormito con un altro ragazzo la notte precedente sì, fidati.»
«Posta in questo modo, in effetti…» Ian pareva pensieroso. E lo fu fin quando non arrivò la truccatrice a rianimare quel mortorio di camerino, assieme a tanti altri tecnici che facevano sembrare quella notte il giorno dopo: tutti indaffarati, pronti ad aiutarli in tutto e per tutto, a truccarli in tutti i modi.
Cosicché Ian e Joseph non potessero parlare e quindi non potessero combinare guai, parlando decisamente troppo.

Non sapeva nemmeno più che ore fossero, era così preso dalla recitazione del suo ruolo che aveva completamente perso di vista l’orologio. Si era visto precedentemente con Candice, che le aveva detto di aver finito per la nottata e sarebbe tornata quella dopo… cioè solo otto ore dopo. Quindi erano le…
«STOP!»
«Cosa è successo?»
«Sveglia, ragazzo britannico, abbiamo finito le riprese e siamo in libertà ora!» Claire gli sventolò una mano davanti al viso.
«Oh mio… ti chiamerò la ragazza Commonwealth. E poi voglio vedere se ti piace come soprannome.» la ragazza gli fece la linguaccia e corse verso i camerini femminili, non prima di urlargli un: «Colazione al bar, ok?»
Il ragazzo aveva annuito, ovviamente: non aveva voglia di tornare a casa e cucinarsi da solo… o affrontare subito Emily. Sempre che fosse ancora fidanzato con lei dall’ultima volta che s’erano sentiti.
Si trascinò fino ai camerini con fare pensieroso. Dovevano risolvere quella faccenda in qualche modo. Magari faccia a faccia. L’unico problema era che i loro set distavano chilometri, lei non aveva la minima voglia di staccarsi dal suo adorato set con i suoi adorati attori e lui non poteva. Era completamente immerso nelle riprese.
Forse a Novembre, al Ringraziamento… «Joseph? Ehi? Tutto bene?» si sentì chiamato solo in quel momento e saltò su: Paul lo guardava lievemente incuriosito: «Sì?»
«Mi chiedevo solo se aveste finito. Devo raggiungere Julie?»
«Sì! Ha chiesto di te.»
«Okay, grazie.» ma Julie aveva davvero chiesto di lui? In realtà non lo ricordava minimamente. Quella cosa con Emily doveva finire in un modo o in un altro, non era possibile rimanere ancora così, sul filo del rasoio.

Avevano trovato uno Starbucks lì vicino e si erano fiondati immediatamente: stavano morendo di fame. Non era molto produttivo scambiare orari notturni per giornalieri e così via, fatto sta che lo richiedeva il loro stesso lavoro, quindi erano costretti a vivere proprio come degli zombie, o vampiri. Probabilmente entrambi sarebbero finiti in meno di dieci minuti a ronfare alle loro case.
«Sono troppo stanca, anche solo per respirare.» Claire era sdraiata su un tavolino mentre lui beveva un caffè e ne osservava attentamente la tazza: «Pensa solo che tra poco meno di otto ore sarai di nuovo lì.»
«Ma dopo avremo un giorno libero!» fece la ragazza, alzando un dito con fare vittorioso, riprendendo a sorseggiare il suo cappuccino «Britannico, che cos’hai?»
«Mi sento così tanto romano se mi chiami così.»
«Va bene, Joseph. Che hai? Preoccupato per la tua principessa?» chiese lei, con un sopracciglio alzato. Lui non comprese immediatamente, ma poi la guardò male: «No, per Emily. Non la capisco.»
«E mai la capirai. Come il resto della popolazione femminile. Dovresti arrenderti, sai? Molti uomini l’hanno fatto.»
«Hai dei consigli davvero costruttivi.» commentò lui, sospirando.
«Sto dicendo solo la verità.»
«E non tira su di morale. Vorrei solo capire perché. Sembra diventata di ghiaccio da qualche tempo a questa parte.»
«Magari il suo sentimento per te si è affievolito. Capita.» Joseph iniziò a ridere nervosamente: «Sei davvero un’amica, le tue perle di saggezza sono fantastiche.»
«Ti sto solo presentando una possibilità. Ce ne possono essere tante, sai. Magari è solo un periodo…»
«Di cosa?»
«Beh… boh.»
«D’aiuto.»
«Ehi, è tardi, ho sonno, ho lavorato, e il cappuccino fa schifo. Vuoi qualche altra scusa per i miei consigli del cavolo?!»
Il ragazzo smosse la mano per rifiutare: «Forse è meglio se andiamo, e onoriamo queste sei ore e mezzo con del sacro sonno.»
«Tu sei sicuramente più riposato di me, non puoi lamentarti.»
«Muoviti, Claire. E non dimenticarti la borsa.» non aveva nemmeno finito di parlare che si era già volatilizzato dal locale.

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Capitolo 6
*** ‘Cause you and I… we were born to die. ***


Ed ecco il nuovo capitolo, il sesto! E con questo siamo passati al secondo quarto della storia! Non per mettervi ansia, ma in tutto sono solo 20 capitoli XD coooomunque.. grazie alle nuove recensioni, alle nuove lettrici.. a quelle che mettono tra preferiti/seguite/ricordate, quelle che li recensiscono e le lettrici silenziose xD
Per il resto... spero che il prossimo capitolo vi piaccia, la canzone di riferimento ovviamente è http://www.youtube.com/watch?v=Bag1gUxuU0g ... che dirvi, buona lettura! Recensite in tante <3



6. ‘Cause you and I… we were born to die.

Si sentiva orribilmente, per davvero. Sentiva solo di aver bisogno di tante coccole. E non credeva di averlo davvero ammesso a se stesso. Aveva più che mai bisogno di avere la vicinanza di Emily almeno a distanza, ma lei sembrava più lontana che mai. Non sapeva nemmeno più le motivazioni per le quali stessero insieme, sembrava una cosa così automatica… aveva bisogno di sfogarsi, di parlare, parlare, parlare con qualcuno. Ma si era appena sentito al telefono con Claire, a spiegarle a grandi linee cosa fosse accaduto al telefono con Emily… ma non aveva detto tutto. Non riusciva semplicemente a dirle tutto. Si trascinò dal letto al divano, era prima mattina e non doveva andare sul set, che in quel momento gli mancava molto. Aveva già pronta la valigia per andare a Los Angeles, alla premiere di “Immortals”. L’avrebbero raggiunto lì anche Daniel Gillies e Claire, per sostenerlo “come una vera famiglia”. E non vedeva l’ora di rincontrare Luke e Henry, a dirla tutta. Avevano passato davvero dei bei momenti a Montreal.
Accendendo pigramente la TV si rese conto di aver automaticamente iniziato a scorrere la rubrica ed essersi soffermato su un nome. Strano, non credeva che la sua presenza fosse richiesta da se stesso inconsapevolmente, senza che se ne rendesse conto.

Stava rimuginando sulla nottata passata con Zach, che ora dormiva a qualche centimetro da lei: aveva dovuto lottare per staccarselo di dosso la notte e dormire in pace. Eppure si era svegliata prestissimo, con nessuna minima intenzione di svegliare il suo “ragazzo” per una sveltina mattutina. Lui era carino e tutto, ma le erano decisamente bastate le due volte di quella notte.
Si rese conto non appena il telefono iniziò a vibrare sul comodino che avrebbe dovuto immediatamente rispondere alla chiamata, anche solo per evitare che facesse svegliare Zach: corse fuori e rispose.
«Buongiorno. Ben svegliata?»
«Joseph?» era un po’ stupita, a dire il vero. Chiamarla a quell’ora di mattina? Perché?
«Sì. Come va?» la ragazza roteò gli occhi e si gettò sul divano, con un’espressione stranita: «Mh, diciamo bene. Sto cercando di capire perché tu mi abbia chiamata ma sono quasi certa che c’entri Emily.»
Dall’altra parte del telefono il ragazzo strabuzzò gli occhi, stupito per davvero dalla prontezza della ragazza. «Ehm… c’è stata una discussione stamattina. Ovviamente al telefono, ovviamente per tante ore.»
Senza nemmeno farci caso si ritrovò in bagno a prepararsi, con i vestiti già su un mobiletto: «Arrivo tra venti minuti, il tempo di vestirmi.»
«Grazie.» le era davvero riconoscente.
«Prepara i DVD di Walking dead, voglio recuperare la prima serie così seguo la seconda in diretta! A dopo!» chiuse la telefonata e non perse un istante: doveva solo prendere la borsa dalla camera sua, entrando di soppiatto. Così tentò di fare, camminando in punta di piedi fino alla camera, prendendo la borsa senza fare il minimo rumore e poi uscire chiudendosi dietro la porta. E trovando Nina che la guardava sorpresa davanti a lei.
«Scappi dopo una notte di sesso dalla tua stessa casa?» ovviamente non aveva mezze misure.
«Non era una notte di sesso, erano solo due volte. Neanche poi così grandi. E sto andando da Joseph che ha avuto dei problemi con Emily.»
Lo sguardo corrucciato di Nina non parve rilassarsi, ma continuò a rimanere nella stessa posizione: le sue sopracciglia stavano prendendo la stessa espressività di quelle di Ian, stando assieme a lui. Ed era una cosa parecchio terrificante: «Quindi lasci il tuo ragazzo nel tuo letto nella tua casa dopo una notte intima per andare a casa di un altro ragazzo a consolarlo?»
«Sì, dì a Zach che sono andata a correre. Bacio!» si chiuse dietro la porta, lasciando la ragazza sola.
«Mah. Non la capirò mai.» e così dicendo si trascinò fino alla sua camera, premurandosi di chiuderla a chiave per pretendere di star dormendo quando Zach sarebbe arrivato a bussare e disturbare lei e Ian quella mattina.

Arrivò dopo venti minuti a casa sua: le strade non erano per nulla affollate di prima mattina, non su quella tratta almeno. Bussò e Joseph aprì subito dopo: non sembrava avere una bella cera. Allora gli si avvicinò e lo abbracciò con sicurezza «Come va?»
«Uhm. Potrebbe decisamente andare meglio. Su, entra.» le fece spazio per farla entrare e chiuse la porta: Candice si guardò intorno, conosceva la strada per arrivare a casa sua, ma non l’aveva mai guardata attentamente. Era piccolina, ma accogliente: non sembrava quasi per nulla una tipica casa americana, non sapeva come l’aveva trovata.
Si lasciò condurre fino al divano dove i dvd di Walking dead erano pronti, accanto a due tazze enormi di cioccolata calda e biscotti.
«Oh mio dio che cosa fantastica!» esclamò Candice, andando incontro a quella colazione, lasciando borsa e giaccone per terra. Joseph scosse la testa e raccolse entrambe le cose: «Buon appetito!»
«Mi dispiace, era troppo invitante.» la raggiunse e fece partire il dvd, mentre prendeva da mangiare anche lui.
«Lo so. Infatti è per questo che mi ci sono avventato sopra anche io, ma con un po’ più di tranquillità.»
«Antonimia!»
«Oddio. Acculturata! Oh, ti ho disturbato?»
«Per nulla.» gli sorrise e continuò ad alternare un sorso di cioccolata calda ad un morso a un biscotto: «Comunque preferisco di gran lunga i vampiri agli zombie. Sono dei mostri comunque, ma almeno sono carini e il massimo che hanno sono occhi neri assassini e zanne! Questi sono tutti così… zombie!»
«Zitta, mangia e guarda.»
«Zitto tu, e non zittirmi!» ribatté lei, minacciandolo con la tazza di cioccolata, meritandosi un’occhiata sorpresa del ragazzo, a cui Candice rispose a parole: «Non posso sprecarla per impiastricciarti, mi dispiace.»
«Appunto!»
«Ok, tacciamo.» posò la testa su una spalla del ragazzo e continuò a sorseggiare la sua bevanda calda.

Aveva un po’ sonno, si era svegliata decisamente presto. E non per colpa di Joseph, quanto per gli incubi che aveva avuto quella notte: il letto era troppo piccolo per lei e Zach. Lui era alto e troppo largo, le spalle la buttavano giù dal letto, o si piantavano tra le sue scapole e non era per nulla piacevole.
Stavano guardando la quinta puntata di fila ma non lo stava seguendo molto, era pensierosa: e anche Joseph, poteva notare.
«Sai cosa? È che mi sono seccato di aspettarla. Aspettare cosa poi? Non è che voglio andare avanti nel senso frequentare subito un’altra o cose del genere, è che… starci insieme non ha più senso. Non ci vediamo da una vita, e quando potremmo non lo facciamo. Non c’è proprio la volontà, è questo il problema. Quindi è inutile rimanere insieme se non ce n’è motivazione. E se lei probabilmente sbava dietro ad un altro.»
«Non puoi saperlo davvero, dai. Non credi sul serio che ti tradisca con quel Josh, vero?» ribatté lei, guardandolo dall’altra parte del divano stupita.
Il ragazzo ridacchiò: «Scusa, ma sembravi tanto Caroline.»
Candice sgranò gli occhi, e poi lo seguì nella risata: «Bé, a parte questo… ci credi davvero?»
Joseph fece spallucce: «Non lo so. Ma la cosa peggiore è che non mi interessa. E sono arrivato a questo punto proprio per colpa dell’incertezza, della situazione di stallo in cui siamo finiti. Mi ha stressato… stancato così tanto che oramai non mi tange più, se non per seccarmi ancora di più.» non si accorse nemmeno del fatto che l’amica avesse messo in pausa la puntata, ascoltandolo attentamente: «Bé… allora lasciala.»
Il ragazzo alzò automaticamente un sopracciglio, stupito: «Come?! Ora?»
Candice annuì: «Certo. Trova una sua pausa e chiamala. Tanto non vi rivedrete a breve, no? Non penso. Non vi vedete mai, hai detto. Ed è inutile aspettare un momento che non arriverà logorandoti l’anima, prendi il telefono e agisci.» prese il cellulare dal tavolino accanto a sé e glielo lanciò, lasciandolo basito per qualche secondo.
«Okay. Penso che all’ora di pranzo sia ragionevole.»
«Bravo ragazzo.»
«Sembravi così tanto una specie di allenatore in quei film di arti marziali!»
«Okay, stop e chiama. Ora.» lo rimbeccò lei, aspettando a braccia incrociate che componesse il numero.
«Mi sento osservato.» rispose lui, con un ghigno, al quale lei rispose chiudendo gli occhi e sbuffando: «Okay, ora muoviti!»
Candice iniziò a fischiettare lievemente, tentando di non ascoltare la discussione già animata del ragazzo accanto a lei, per dargli un po’ di intimità, ma proprio non ci riusciva: insomma quella stronza non solo lo trattava male, ma poi arrivata al momento clou faceva anche la vittima che non voleva essere lasciata. Per telefono, era proprio quello che si meritava. C’era da dire che non aveva proprio quella cosa che si chiama solidarietà femminile, proprio no. Cioè, Michael era stato un grande stronzo con lei, ma non aveva perso fiducia nel genere maschile, mentre in quello femminile l’aveva persa praticamente da piccola. Perché le capo-stronze iniziano ad esserlo da bambinette. E ne aveva incontrate tante nel corso della sua infanzia. E adolescenza. Ed età adulta. Ed era certa che le avrebbe incontrate anche da vecchia.
Doveva aver iniziato a canticchiare perché Joseph le tirò un pizzicotto e lei per poco non gettò un urlo: «Ma che?!» esclamò, lasciandolo per cercare qualcosa da sgranocchiare… o addirittura preparare in cucina. Era molto fornita a dire il vero, credeva ci fossero solo dolciumi e schifezze. Invece aveva quasi più frutta e verdura di casa sua, mettendo insieme sia le cose che comprava lei, sia quelle che comprava Nina.
Vagava alla ricerca di qualcosa che le solleticasse lo stomaco come stava già facendo da tempo il suo appetito, mentre sentiva l’amico camminare a grandi passi nell’ingresso e parlare concitatamente.
«Non capisci! Non ricordo più le motivazioni per le quali stiamo insieme…»
Si sentiva un po’ a disagio, come se stesse origliando. Allora chiuse la porta della cucina per preparare qualcosa e non ascoltare nulla.

I piatti erano in tavola e avrebbe tanto voluto portarli sul divano per continuare beatamente a guardare Walking dead mentre Joseph finiva le valige, ma era ancora impegnato al telefono, e non sembrava essere arrivato ad un punto.
Uscì dalla cucina e arrivò di fronte all’amico che le fece cenno di aspettare, come se fosse solo questione di minuti: ma non gli diede retta ed afferrò il suo telefono, lasciandolo sconvolto ed immobile anche solo per aver agito così. Dall’altra parte udiva schiamazzi poco comprensibili, ma sperava di poterlo essere lei, comprensibile: «Allora, puttanella, vuoi prendere una diavolo di decisione? Perché lui ci sta male ed è mio amico, e ci tengo a lui. E non sopporto che prima dici no, poi sì, poi nì, di nuovo sì e poi no. DECIDI, diamine! E visto che la durata di questa chiamata larga tutti gli Stati Uniti è dovuta principalmente alla tua confusione vi faccio la cosa facile: è finita tra voi! Eravate nati per morire, fatti per lasciarvi, trova la tua metafora e smettila di logorargli le palle!» chiuse la telefonata senza dare ad Emily alcuna possibilità di risponderle e spense il telefono per lanciarlo su uno dei due divani.
«Ehi! Trattamelo bene!»
«Poche chiacchiere, avevo fame, in realtà ho tutt’ora fame e la tua ex-ragazza mi ha protratto anche di troppo la mia ora del pranzo. E fai ripartire la puntata.»
Quell’atto di coraggio doveva averla resa più gioviale, oltre ad aver liberato lui da un grosso macigno che gli gravava sul capo come se fosse la spada di Damocle. Grazie a Candice sarebbe potuto partire più sollevato per LA.
«Miss Accola senza macchia e senza paura?» la ragazza gli porse un piatto e mosse la testa come per controllare che il suo pensiero fosse quello giusto: «No. Più che altro Miss Accola con una voragine nello stomaco, mi sento proprio di ribadirlo.» poi iniziò a mangiucchiare rumorosamente le patatine fritte – che non aveva fritto lei, ma che aveva accuratamente versato dal pacco ai loro piatti – e il pane che si ritrovava quasi su una gamba: «Ehi, non guardarmi male. Non mi piace mettere tutto in un panino, preferisco queste cose separate!» il ragazzo alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, contento di poter ricominciare a vedere Walking dead con la dovuta e necessaria attenzione.

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Capitolo 7
*** Oh you’re supposed to care, but you never make me scream. ***


Ed ecco il settimo capitolo! Non vedo l'ora di sapere i vostri commenti. Vi dico solo che la canzone di riferimento è questa -> http://www.youtube.com/watch?v=fUYaosyR4bE
Enjoy!


7. Oh you’re supposed to care, but you never make me scream.

Era sgattaiolata in casa come se volesse evitare di fare la camminata della vergogna, quando non c’era nulla di cui vergognarsi: forse da scusarsi, visto che aveva mollato il ragazzo che frequentava da solo nel suo letto per scappare da un altro ragazzo che aveva davvero più bisogno di lei… ma non era quello il problema. Il problema era che non avrebbe voluto affrontare Nina, così. Specialmente mentre si atteggiava per non fare alcun tipo di rumore e non farsi notare né dall’amica né da Ian.
«Colta in flagrante. Perché hai lasciato a me e lui le spiegazioni a quel poveretto di Zach? Non sapeva che fine avessi fatto, l’abbiamo dovuto sopportare fino all’ora di pranzo, e abbiamo dovuto affrontarlo non potendo nasconderci per tutta la giornata nella mia camera.» Nina la osservava con un sopracciglio alzato, quello che solitamente la faceva sentire in colpa. La ragazza cadde sul divano, mollando le scarpe a terra: «D’accordo, scusatemi. Ma Joseph aveva davvero bisogno di me! E poi gli ho solo facilitato il compito di lasciare Emily e prendere un volo per l’altra parte dell’America del nord…»
«Magari gli hai anche facilitato il compito di mollare la ragazza?!» Nina la guardava con aria minacciosa, e Candice annuì prima di comprendere il tono dell’amica: dovette intervenire Ian a bloccare la ragazza che iniziava a blaterare “Sei una ragazza fidanzata, come pensi di poter stare con due uomini…”
«Rilassati, Nina! Sto con Zach, Joe aveva solo bisogno di compagnia, supporto e uno spintone per levarsi di torno quella battona della ragazza!»
«Bé, “Joe” poteva anche attendere che tu cacciassi almeno il tuo ragazzo dalla tua camera…»
«Non potevo! Che gli dicevo? “Scusa, il sesso ha fatto parecchio schifo, smamma, grazie, che devo uscire a consolare Joseph”?!»
«Sì, è quello che sei andata a fare!!!»
«Ma non puoi dirlo ad alta voce, Nina! Ti rendi conto di quello che stai sostenendo?!»
«Ragazze!» la voce che Ian aveva tenuto a bada fino a quel momento uscì forte e chiara dalla sua bocca «Basta! Io e Nina ce la siamo cavata bene, ma quel poveraccio di Zach era preoccupato. Dovresti richiamarlo. E… perché il sesso faceva schifo?»
Candice alzò un sopracciglio e passò a guardare Nina, che aveva la stessa espressione “in attesa” del ragazzo.
«Non lo so.» si arrese dopo parecchi secondi la ragazza, sprofondando nel divano «Era… strano. Premuroso e tutto, ma proprio non… niente… cioè…»
«Non buttava giù le pareti insomma.» commentò Nina, ricevendo un’occhiata eloquente dal ragazzo e dall’amica «Intendo dire, non c’era passione! Vero?»
Candice annuì, sconfitta: «Non la sento proprio. Non la percepisco. Sono strana io? Penso ancora troppo a Michael? Al… ehm… sicuramente travolgente e—
«Non voglio sentire queste cose!» Ian si tappò le orecchie e Candice si rese conto di star esagerando: «Okay, dovrei proprio evitare di pensarci. E preparare la cena. Anche se ho mangiato fino a due minuti fa praticamente.»
«Noi usciamo tra un’ora!» Nina aveva finito la ramanzina ed era ritornata radiosa come al solito «Fa’ la brava, e dato quello che ci hai detto, non invitare Zach a casa!»
Candice ridacchiò, mettendosi all’opera ai fornelli.

«Britannico!» esclamò Claire mettendogli le braccia al collo per salutarlo «Ti sei dimenticato l’altro fratello originale.» Joseph abbracciò anche Daniel ed entrambi percorsero il red carpet per le foto insieme. Cosa alquanto imbarazzante, ma cercava di non farci caso.
«E smettila di chiamarmi “britannico”. Sembra il mio nuovo nome.»
«Lo so, me l’hai già detto. Dove hai lasciato la tua bella dama bionda?» notando lo sguardo smarrito del ragazzo si premurò di aggiungere «Non quella che hai fatto bene a lasciare, quella che ti ha consolato nel mentre. Insomma, Barbie Vampiro. Perché non hai portato lei con te?»
Joseph alzò gli occhi al cielo prima di risponderle: «Zitta, Barbie Klaus! Comunque perché probabilmente Zach l’avrebbe uccisa, visto che stanno insieme
«Ma quello è solo un piccolissimo dettaglio! Si lasceranno per l’inizio dell’anno nuovo, fidati. È il ragazzo-chiodo, Zach.»
«Volete informarmi o devo socializzare con altra gente che sicuramente mi rivelerebbe qualcosa di più rispetto a voi due?»
«Ti spiego: Claire sostiene che io e Candice, siccome… ci sentiamo spesso—
«No, non è siccome vi sentite spesso, è perché vi vedete sempre, vi sentite spesso, ti ha fatto lasciare Emily…»
«Hai lasciato Emily?!»
«Okay, ne parliamo dopo?!» esclamò Joseph esasperato, raggiungendo felicemente Henry, Luke e gli altri del cast, mentre Claire prendeva sottobraccio Daniel e gli schiaffeggiava amichevolmente una mano: «Non preoccuparti, ti racconto appena inizia il film.»
«Ciao! Come va Joseph? Tutto a posto?!» Luke gli si avvicinò per salutarlo e lo stesso fece Henry, e dopo si diresse anche dagli altri per poi ritornare da quelli con cui aveva stretto di più.
«Tutto bene. Sono un po’ stanco, ma è il prezzo da pagare per recitare un ruolo che ami.»
«Mi ricordo quando recitavo in Tudors come fosse… no, in realtà era divertente.»
«Sì lo immagino, non si faceva altro che accoppiarsi.» incalzò Luke, facendo scoppiare a ridere gli altri.
«Ma sta’ zitto! Artista drogato sulla scena!» lo rimbeccò Henry, dandogli una spallata amichevole.
«Non puoi rinfacciarmi uno spettacolo!»
«Perpetrato nel tempo.»
«Come le scopate tudoriane.» risero nuovamente e Joseph finalmente poté sentirsi tranquillo: non era lui al centro dell’attenzione. Ma era certo di esserlo nel discorso che Claire stava impartendo in quel momento a Daniel.

«Quindi? Dai raccontami! Smettila di tweetare foto!» Daniel le tolse di mano il telefono e Claire per poco non si mise ad imprecare: «Almeno fammi bloccare i tasti!»
Il ragazzo le cedette titubante il telefono, con cui lei ricominciò a macchinare: «Claire!»
«Shh! Ho finito. Allora…»
«Sono curioso!» esclamò lui, ricevendo un’occhiataccia dell’uomo seduto accanto a lui.
«D’accordo! È iniziato tutto dopo che erano ricominciate le riprese, anche se quest’estate alla Comic Con di San Diego avevano passato un po’ di tempo insieme, c’era anche Phoebe…»
«Ma è iniziato cosa? Cioè cosa accade tra quei due?!»
«Non c’è una vera e propria storia. Cioè ecco penso siano amici.»
«E poi Phoebe chi? L’amica tua?»
«Sì! Ne ho parlato anche con Candice. Comunque, era ovvio che si conoscessero già, però quella sera lei era particolarmente depressa – per colpa di Michael che l’aveva lasciata per rimettersi con Jenna, lo sai vero? – e distesa sul cofano della sua auto perché le era morta la batteria…»
«Trevino? Davvero?! Perché sono fuori dai gossip di questo gruppo! E perché Candice era distesa sull’auto?!»
«Perché era depressa! E sono andati a farsi un giro di shottini, e poi hanno parlato, ballato… e lui è andato a dormire da lei, per merito di Nina in realtà, perché Candice era parecchio ubriaca.»
«E questo lo sai da…?»
«Nina, ovviamente. Mica l’ho chiesto a Joseph! E poi siamo io e lei le sostenitrici di loro due come coppia. Ma questo nessuno dei due lo sa, ovviamente.»
«Posso iscrivermi al fan club?»
«Shhhh! Silenzio! Ma si può sapere perché voi due fate tutto questo baccano?!» la signora dietro di loro li rimproverò e bacchettò lievemente le loro spalle con il ventaglio, costringendoli a tacere.
«Te ne parlo dopo, d’accordo.» sbuffò Claire, guardando male la signora in questione.

Aveva chiamato Zach per scusarsi, ma lui non aveva risposto: così gli aveva lasciato un messaggio in segreteria. Ispirata dagli eventi della giornata precedente – o più che altro dal fatto che Joseph avesse lasciato Emily principalmente per il problema “distanza” decise di vedere un film a tema, rimpinzandosi di schifezze come popcorn, caramelle gommose e marshmellows: il suo migliore amico tapis-roulant le avrebbe fatto perdere i chili presi quella serata in due giorni.
Per l’occasione aveva scelto una comune commedia romantica che rispondeva al nome di “Amore a mille miglia” o qualcosa del genere. Magari dopo si sarebbe sentita con la mamma o con Joseph. Dipendeva fondamentalmente da chi la chiamava prima.
E quella storia d’amore la stava trascinando… e le squillò il telefono: «Pronto?»
«Candice? Tesoro?»
«Oh, ciao Zach.» era un po’ delusa. Ma non doveva esserlo, dopotutto l’aveva chiamata il suo ragazzo! «Si, certo. Ci vediamo domani! No, no, ora non posso… sono stanchissima! Ci vediamo domattina!» e poi lui era in giro con Michael, quindi non l’avrebbe visto quella sera per certo.
E chiamare alle due di notte non era per nulla educato.
Le squillò nuovamente il telefono ed aprì la chiamata, un po’ stizzita: «Pronto?»
«Candy?»
«Kostantinova.»
«D’accordo, Candice! Non torniamo stasera, rimango a casa da Ian… okay? Tutto bene se ti lasciamo sola?»
«Sì, non preoccuparti! Mi sto riempiendo di schifezze e vedo “Amore a mille miglia”!»
Nina si prese un po’ di tempo prima di risponderle: «Non sei depressa perché Zach ti ha lasciato vero?»
«No! Perché dovrei esserlo! Cioè… perché dovrebbe avermi lasciato?!» arrossì pensando a quello che aveva ammesso accidentalmente, sperando che Nina non se ne fosse accorta.
«Non lo so. Forse perché stai facendo quello che si fa quando si è depressi?»
«O magari quando si è soli, no?»
«E quando si è soli non si è depressi?!»
«Buona fornicazione, Nian!»
«Candice! ‘Notte!» chiuse la chiamata con l’amica e ridacchiò: era strano avere quel rapporto a tre. Loro due c’erano sempre state, ma arrivato Ian non era stato solo “il più uno” di Nina, ma una parte del gruppo. Un po’ come se fossero la mamma e il papà ad Atlanta: viveva praticamente con loro. Ed era bello non si sentiva di troppo, e nemmeno per loro era di troppo. O almeno così sembrava.
Fece ripartire il film, che in realtà non era un granché, aspettando che finisse. Non voleva lasciarlo a metà per andare a dormire, più che altro perché non aveva proprio voglia di andare a dormire…
Si risvegliò di botto sentendo suonare il suo cellulare, che prese immediatamente: «Pronto?»
Candice gli aveva risposto con una voce assonnata, allora controllò l’orario e si rese conto che ad Atlanta erano già le quattro del mattino: «Oddio, scusa! Non volevo svegliarti!»
«Ehi Joe! Come va? Non ti preoccupare, tanto non ero a letto. Stavo vedendo un film. In realtà mi ero addormentata vedendo il film di cui ora non saprò mai la fine perché ho deciso che mi trascinerò a letto.»
«Oh bene, perché avevo bisogno di cinque minuti di normalità lontano da Daniel e Claire che fanno comunella con Henry e Luke.»
«È Candice? Passamela!» la ragazza doveva avergli rubato il cellulare perché dopo quella frase sentì subito la sua voce: «Controlla su internet: meglio Cavill o Evans?»
«Controllo su internet?»
«Sì! Sono indecisa tra i due!» Candice aprì il portatile di Nina per fare la ricerca, mentre Joseph sussurrava nel ricevitore che “erano tutti e due impegnatissimi”.
«Che scocciatura!»
«Ehi, Claire, se vuoi Lutz è libero. L’ho letto su Wikipedia…»
«Okay, ho trovato che fare tutta la notte! Ciao cara!»
«Buona… ehm, nottata.»
«Sono di nuovo io. E sono quasi contento che Claire sia sparita dalla mia vista con Kellan, almeno siamo solo noi quattro. Dicevamo?»
«Che avevi bisogno di cinque minuti di normalità, presumo perché le tue vite si sono mischiate: da una parte quella di Covington, dall’altra quella canadese.»
«Sei psicologa, stasera?»
«Nah, solo in modalità dispensatrice di consigli a chilometri di distanza. Con un PC non mio sulle gambe, e pacchi di patatine e altre schifezze seminati sul divano. Dovrò pulire prima che Nina torni domattina.»
«Sei sola?»
«Si!»
«Ti lascio solo per un giorno e ti mollano tutti?»
«Ma non è un problema! È sabato, la gente esce a divertirsi, è normale!»
«E tu?»
«Mi seccava! E poi è bello concedersi una serata da soli!»
«D’accordo. Ehi, ora vado, ci vediamo… domani sera?»
«D’accordo! Mi libererò dopo la giornata da donne!»
Il ragazzo ridacchiò e chiuse la chiamata: aveva bisogno di una ventata di normalità. Della sua personale ventata di normalità.







**I riferimenti che fanno a Henry ci sono perché lui ha davvero recitato in Tudors, per quanto riguarda Luke, nel 2007 faceva davvero un musical a Londra, "Rent remixed" **

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Capitolo 8
*** Why you have to go and make things so complicated? ***


Non odiatemi per il ritardo di un giorno ma me ne ero completamente dimenticata, scusatemi ç_ç grazie delle 4 recensioni e di tuuutte quelle precedenti, grazie davvero *_* e poi... la canzone di riferimento è quella di Avril Lavigne, penso che tutte la conosciate e che non ci sia bisogno di linkarla XD Per il resto... spero davvero vi piaccia! :)


8. Why you have to go and make things so complicated?

Era all’entrata del parco già da dieci minuti e si stava torturando le mani con fare poco elegante, riducendo le unghie che fino al giorno prima erano ben dipinte a delle macchie di colore rovinate. Aspettava Zach con ansia, non tanto perché si sentisse in colpa quanto perché aveva paura che fosse arrabbiato… e odiava Zach arrabbiato. Poteva rivangare cose dell’età della pietra, magari anche di quando non stavano insieme.
«Ehi Candy! Da quanto mi aspetti?» l’alto biondo la salutò con un bacio a fior di labbra: non sembrava particolarmente arrabbiato. Forse non sarebbe andata così male.
«Sono appena arrivata anche io!» non lo voleva far sentire in colpa. E non voleva dargli la possibilità di poter dirle in una discussione futura “Tu mi fai pesare tutto, anche quando arrivi prima di me ad un appuntamento!”.
Eppure lei voleva fargli pesare tantissimo tutte quelle volte in cui l’aveva chiamata Candy… e tutte le persone che le vogliono bene, anche nuovi arrivati come Joseph e Claire lo sapevano. Ma avrebbe taciuto e non si sarebbe lamentata, perché sennò l’avrebbe preso col piede sbagliato.
«Allora? Come mai questo incontro? Non mi vuoi vedere spesso di domenica mattina… bé, nessuno vorrebbe, con le settimane estenuanti che abbiamo. Forse per farti perdonare quello che è successo venerdì? Come sei scappata alla Cenerentola maniera?» le sorrise, cingendole la vita con un braccio, facendo scivolare la mano sotto il cappotto per raggiungere la maglietta e superare anche quella, ritrovandosi la pelle nuda sotto le mani.
Candice indietreggiò di scatto, quasi a volersi difendere: lui sembrò scottato «Hai le mani fredde!» era una scusa plausibile, dopotutto «E non abbiamo tempo, oggi c’è la giornata tra donne! E siamo in un parco.»
Aveva trovato parecchie scuse in realtà: così sembrava proprio volesse evitarlo. E lui lo percepì molto abilmente: «D’accordo, non ti mangio mica! Allora, di cosa mi volevi parlare?»
«Mah, nulla, volevo solo recuperare il tempo perduto di sabato mattina… perché sono andata a correre.»
«Caspita, hai fatto Covington – Atlanta a piedi?! Sei stata fuori fino alle otto di sera!»
«Fino alle sei, e non fare lo stupido, è impossibile fare a piedi quella tratta! E poi mi piace correre»
«Oh, quello lo so. Hai sentito per caso Joseph di recente?» e quella che diavolo di domanda era? A trabocchetto, magari per insultarla di starlo tradendo con l’amico?
«Uhm, no. Perché?» infatti parve sollevato.
«Per sapere! È a Los Angeles ora, lo sapevi?»
«Me l’aveva accennato… Claire. Ci siamo viste recentemente, fuori dal set.» stava per cadere nella sua rete, Zach sembrava quasi contento di essere riuscito ad estorcerle che s’era vista con lui. Eppure lei stessa non capiva perché gli stava nascondendo di essere finita più e più volte a casa di Joseph… fondamentalmente voleva evitare rogne, litigi e casini vari, ma non era giusto basare una relazione sulle menzogne. E nella loro ce n’erano davvero tante. Ma più che menzogne… omissioni. Ecco, quello era il termine giusto.

Si svegliò di scatto, sorpreso dal telefono che squillava: rispose ancora nella fase di dormiveglia, sentendo la voce squillante di Claire «Fratello, sei sveglio? Su dai, muoviti, dobbiamo tornare con Daniel a casa!»
«Dormivo. E penso lo stia facendo anche Daniel. È presto, Cristo. Cosa ti ha fatto svegliare così presto?»
«…» Joseph controllò il numero da cui stava chiamando, avendo un’intuizione. Infatti chiamava dalla camera di Kellan: «Oh dio, non voglio sapere cosa ti ha svegliato così presto. O chi. Per cosa.»
«Bé così forse è meglio. Ma comunque io sono già pronta da un pezzo, e tra un’ora dovremmo già stare in aeroporto! Hai fatto la valigia?! Joe, ma che cosa…?» aveva attaccato. Per rimettersi a dormire, quel cialtrone. Allora lo richiamò, aspettando cinque squilli prima che rispondesse: «Fanculo, sorella! Cosa vuoi?!»
«Mi hai sentita?! Tra un’ora dobbiamo essere sull’aereo!»
«Ma che ca— attaccò di nuovo, ma quella volta per alzarsi, prepararsi e preparare la valigia in fretta e furia, come se stesse per finire il mondo.
Claire chiuse il telefono, conscia del fatto che quando sarebbero arrivati un’ora prima del previsto all’aeroporto i due “fratelli” l’avrebbero uccisa.
«Vuoi scappare il prima possibile da me?» il ragazzo da cui aveva trascorso la notte si voltò per posare gli occhi azzurri sul suo corpo fasciato solo dalle coperte bianche.
«Il più lontano possibile, a mille miglia di distanza possibilmente, ragazzo che prima bacia una e poi va a letto con un’altra nella stessa sera!» commentò quella, stendendosi a pancia all’aria e braccia dietro il capo.
«Oh, allora scappi per gelosia?» il ragazzo le si avvicinò con fare felino «Non credevo per te ci fosse differenza, dopotutto siete entrambe australiane…»
Claire alzò un sopracciglio, decidendo di alzarsi: «Bé, e continua a pensarla così, che non ci sia differenza, da bravo.» teoricamente sarebbe dovuta essere furiosa con lui, visto che l’aveva considerata interscambiabile con quella Isabel Lucas, ma dato che lei lo avrebbe volentieri scambiato per Henry o Luke lasciò perdere i sentimentalismi e si diresse completamente nuda verso il bagno, ottenendo proprio ciò che voleva: che la seguisse.

Per l’ora di pranzo si era già liberata di Zach e non vedeva davvero l’ora di tornare a casa dove non l’avrebbero aspettata Nina e Ian, ma Nina e Kat. Giornata fra donne, era quello che voleva da una settimana o più. E ovviamente voleva rivedere Joe e farsi raccontare tutto quello che era successo quel weekend, avventure di Claire comprese.
Parcheggiò l’auto al solito posto e salì la prima rampa di scale per raggiungere l’ascensore: quando entrò in casa trovò le due amiche sedute alla penisola mangiando tortilla immerse in qualche salsa schifosamente mescolata con altre che le sarebbe piaciuta sicuramente.
Sospirò e salutò le due amiche con un abbraccio: «Buongiorno! Finalmente»
«Il principe azzurro è gay?» chiese Nina, facendo ridacchiare Kat e sorprendere Candice: «In che senso?»
«Beh, Zach è il principe azzurro della situazione. Ian è più un pirata dall’animo nobile… Zach è il principe azzurro. È gay?»
«Sbrilluccicoso, come Edward Cullen.»
«D’accordo, è gay allora. Oppure semplicemente non sa che tu eri con Joseph e quindi non può essere geloso di te.»
«Non lo sa.» Candice si lasciò sprofondare sul divano, attendendo le amiche con le cose da mangiare: aveva dei cofanetti DVD davanti a lei e decise di darci uno sguardo, c’erano molti film interessanti.
«Quindi non è gay, è semplicemente un povero ignaro!» esclamò la coinquilina, portando un piatto stracolmo di tortilla.
«Cornuto?» chiese Kat dopo qualche istante.
Candice e Nina si voltarono nella sua direzione: la prima per guardarla sconvolta e la seconda come se volesse tagliarle la lingua. Dovevano essersi dette qualcosa quando era via.
«Non cornuto. Perché dovrebbe esserlo?»
«Bé, dai, Candice. Joseph è un bel ragazzo! Poi è simpatico… ha quell’accento che sappiamo tutti che tu adori…» la ragazza diventò rossa dalla vergogna: «Ma non significa nulla! Solo perché mi piace il suo accento… non vuol dire che…» era davvero in imbarazzo.
Nina passò lo sguardo da una all’altra, la prima contenta di aver centrato in pieno, la seconda terrorizzata da quello che poteva ammettere continuando a parlare: così prese un DVD a casaccio ed esclamò «Io penso potremo vedere questo!» in realtà non sapeva neanche cosa fosse. Sarebbe potuto anche essere un porno, e se lo fosse stato sarebbe stato meno imbarazzante di quella situazione che s’era creata.
Abbassò le luci e si sedette tra Kat e Candice, quest’ultima che si ingolfava di tortilla per non rispondere ad altre domande della prima. E le aveva inserite tutte nel chili, dio solo sapeva in che condizioni era la sua lingua ma non voleva muoversi di lì per far fare altre domande a Kat. Non era in grado di rispondere, già i terzi gradi di Zach bastavano.
Non era proprio la grande giornata tra amiche spensierata che aveva immaginato.

In quel momento capiva perché Klaus aveva voluto tenere in una bara Rebekah per novant’anni, lo capiva sul serio. Seduto su una seggiola tra il check-in e il gate, Joseph osservava in cagnesco Claire, accompagnato da Daniel che non era da meno.
«Ma dai, quando la smetterete di tenermi il muso piantato?! È solo un’ora prima! Io ho fatto tante cose in un’ora…»
«Non vogliamo sapere della tua vita sessuale, Claire.» anche Daniel aveva capito in che stanza era finita quella notte la ragazza?
Joseph ridacchiò, vedendo i due battibeccare veramente come parenti: «Almeno dormirò sull’aereo. E Claire non disturberà, vero?»
La ragazza sbuffò, annuendo: «Mi vedrò un film. O ascolterò la musica. O farò qualsiasi cosa che non involga voi due. Fratelli ingrati! Avreste perso l’aereo senza di me! E tu Daniel, saresti tornato più tardi da tua moglie!»
«Bla bla bla…» Daniel le fece il verso, muovendo la mano destra come se fosse la sua bocca: Claire si offese e gli piantò il muso, con tanto di braccia conserte. Sarebbe stato un volo interessante, con quei due che bisticciavano fraternamente.

«Ti eri accorta di aver preso un Romeo e Giulietta di due ore, almeno?» chiese Candice quando il film del noto regista Zeffirelli terminò «Per carità, è bellissimo, ma è un po’ pesantuccio. E sinceramente ne ho le scatole piene di questi innamorati che provano a stare insieme in tutti i modi e poi l’unico modo per far finire bene la storia è farli morire, ecco. O far morire il loro amore.»
«E ci risiamo, ripensa a Trevino.» commentò Nina, prelevando il DVD dal lettore, mentre l’amica arrossiva: «Non sto… pensando a Trevino. Il suo amore è sano e salvo con la sua fidanzata cessa.»
«Per l’appunto, aveva ragione Nina. Pensavi a Trevino.»
«Non penso a Trevino… insomma, ho imparato a non pensarci più. Per la maggior parte del tempo.»
«E mi pare molto giusto. Non puoi certo dimenticare una persona da un momento all’altro. Fortuna che c’è Joseph, va...» esclamò Nina, andando a rispondere al citofono non appena sentì suonare: «Sì? Sali, certo!» le amiche attendevano di sapere chi fosse arrivato alle cinque del pomeriggio a disturbare la loro giornata «Parli del diavolo…»
Candice la guardò sospettosa, poi comprese: «Joe?»
«Sì, il tuo Joe! Kat, preparati, leviamo le tende!»
Candice parve stupita: «Non c’è bisogno! Non siamo… fidanzatini!»
«Oh, lo sappiamo.» annuì con fare convincente Kat «Ma nel caso in cui si creasse un’occasione… non vogliamo essere presenti a disturbarvi.»
«Ma che occasione?! Ma siete sceme!» Nina si liberò del pigiama in cinque secondi e nei cinque secondi dopo era già in jeans e cappotto «Voi non siete normali!» continuò a gridarlo finché non le accompagnò alla porta.
«Siete pazze!»
«Oh buonasera Joseph! Stavamo giusto uscendo!» lo salutò Nina, notando che il ragazzo doveva essere appena atterrato, aveva ancora la valigia con sé.
«Sì, infatti!» convenne Kat, bloccando l’ascensore per occuparla subito dopo.
«Siete… un po’ euforiche?» il ragazzo le osservò stranito.
«No, affatto, passate una bella serata, ciao!» Nina per poco non sbatté la porta dell’ascensore contro il ragazzo, mentre Kat mormorava: «Santo cielo, è appena arrivato e la prima cosa che fa e venire da Candice? Sul serio?!»
«Perdonale. Oggi sono un po’ assurde.» commentò Candice, sbuffando e facendogli posto per permettergli di entrare.
«Oh, non ti preoccupare. Dopo aver sentito Ian e Nina nel loro intimo, diciamo così… non mi spavento più di nulla.» Candice ridacchiò, ricordandosi di quelle volte che era rimasto a dormire lì per farle compagnia… non doveva esser stato molto piacevole ascoltarli. L’aveva fatto per lei, però.
«Immagino. Come mai non sei neanche andato a lasciare la valigia a casa?»
«Sono stanco, stamattina quella stronza di Claire mi ha svegliato presto. E sinceramente non voglio tornare a casa ad ascoltare i messaggi vocali che mi avrà sicuramente lasciato Emily. Anche se spero che non l’abbia fatto.» il ragazzo sbuffò, gettandosi sul divano più vicino alle tortilla con tutto il cappotto. Poi notò il cibo e ne prese un po’, con conseguente voglia di correre fino ad un rubinetto per aprire l’acqua e berla tutta finché le sue papille gustative non avessero ripreso le loro capacità normali.
Corse fino al lavandino della cucina, facendo esattamente come desiderato, mentre Candice scoppiava a ridere e liberava il tavolino dai rimasugli di quello che avevano mangiato per tutto il pomeriggio, mentre Joseph rimaneva con la lingua a penzoloni sotto l’acqua corrente… ed era una visione abbastanza ilare, che non poté non farla ridere nuovamente.
«Ma cosa ti ridi?!» esclamò lui non appena poté, non appena il chili mescolato a chissà quale altra bomba glielo permise.
«È solo che… solo che…» doveva trattenersi la pancia dalle risate, e in realtà segretamente sperava che il pomeriggio tra ragazze sarebbe finito così, non a rimuginare sul vero amore passionale di quei due ragazzini aspiranti suicidi. E sull’accento di Joseph, ma quello non l’avrebbe ammesso ad anima viva.
«Insomma, guarda la tua faccia!» scoppiò a ridere di nuovo, mentre il ragazzo cercava di risponderle sputacchiando acqua non molto regalmente.
Joseph si specchiò in un pomello leggermente riflettente di un’anta «Non vedo niente di… strano.» Candice gli piantò uno specchio abbastanza grande davanti al viso, e così si accorse di avere tutta la lingua rossa, la faccia e i capelli bagnati.
Scoppiò a ridere anche lui, coinvolgendo la ragazza nella risata, di nuovo: Candice dovette sedersi e trattenere la pancia, riuscendo a smettere di ridere solo molti secondi dopo.
«Abbiamo finito di ridere di me?!» esclamò lui, avendo smesso poco prima. Lasciò il giaccone su uno sgabello, strofinandosi le braccia con le mani.
«Freddo?»
«Un po’. LA era più calda.»
«Ci credo!» Candice sparì nella sua camera, prendendo un piumone – sì, proprio un piumone mille colori – e accucciandosi accanto a lui sul divano, con la coperta tutt’intorno a loro.
«Non abbiamo il telecomando.» commentò lui dopo un po’.
«Io non mi alzo di qui.» dichiarò la ragazza, con la testa sulla sua spalla «Però se vuoi ho questo!» con dei strani movimenti tirò fuori dalle coperte un libro.
«Oh, mi manca un libro da leggere ora, grazie!»
«È così piccolo che puoi leggerlo in una sera.»
«Anche meglio della TV! Ti fai più a destra, possibilmente schiacciata contro lo schienale, così mi posso stendere?»
«Che gentiluomo!» commentò lei, sistemando meglio la coperta e facendo come richiesto, sentendosi però molto in imbarazzo a stendersi quasi sul suo petto. Soprattutto dopo i discorsi di quel pomeriggio.
«Non bloccarmi il braccio, mi serve per girare le pagine! Uff, ora ho fame però!»
«Dovrebbe stare un pacco di patatine aperto alla tua sinistra. Butta la mano giù dal divano.»
«Ragazza mia, ma vivi in un porcile?» Joseph eseguì, trovando la busta di patatine proprio dove descritto.
«Sta’ zitto e passami le patatine!» esclamò quella, allungando una mano verso la busta, che il ragazzo allontanò prontamente «Ti prego!» sporgendosi per poco non ruzzolò giù, ma si trovò miracolosamente salva da un mal di testa assicurato grazie a Joseph, che la trattenne con braccio e gamba che davano sul pavimento.
«Grazie.» rispose lei, bloccata tra le sue gambe, su di lui e spiaccicata contro il divano. Non proprio una posizione ottimale per fermarsi a squadrare gli occhi azzurri del ragazzo. Per nulla ottimale. Evitò appositamente di tener conto del battito accelerato, dovuto sicuramente all’esser quasi caduta a terra, e strappò la busta di patatine da una mano del ragazzo, mangiucchiandone qualcuna rimanendo in quella posizione.
Anche Joseph parve riemergere da quel momento strano, da quegli attimi diversi dal solito,  per sistemarsi meglio sul divano, in una posizione più o meno comoda per mangiare e leggere contemporaneamente.
Le passò un braccio attorno al collo, lasciandola sistemare più o meno comodamente, tra lui e il divano. Candice si fece piccola piccola per entrarvi, e posò la testa sulla sua spalla, cercando di leggere il libro di là.
«Piuttosto che leggere dovresti raccontarmi di LA!» esclamò dopo un po’ lei, alzando il viso verso di lui e trovandolo ad una vicinanza pericolosa. Doveva aver pensato anche lui quello, perché ci mise un po’ per rispondere: «Uhm, la première è stata molto tranquilla, ma Claire e Daniel hanno battibeccato per tutto il viaggio del ritorno. Ah e alla fine ha davvero optato per Kellan Lutz, non è nemmeno entrata nella sua camera d’hotel.»
Candice alzò gli occhi al cielo: «Non credevo fosse così disperata!»
«Nemmeno io.» commento lui, ridacchiando.
«Non si ride delle disgrazie altrui, comunque.» commentò lei, alzando un sopracciglio: da quella distanza poteva essere un’espressione molto cattiva quella.
«No, hai ragione.» non sapeva più che aggiungere: allora si accoccolò nuovamente contro la sua spalla destra, mentre lui le faceva automaticamente spazio con un braccio. Era una posizione così naturale che non si sentiva in dovere di cambiarla. Stava bene così, al calduccio, poltrendo…
Quando riaprì gli occhi era buio pesto nella camera. Istintivamente non sapeva dove si trovava, l’unica cosa che ricordava era che Joseph sarebbe dovuto essere lì da qualche parte: sentì un respiro sul collo non appena si mosse lievemente, allora fece salire una mano lungo il suo petto, sul collo e poi sulla testa: erano i suoi capelli, le sue guance, le sue labbra. Non credeva di saperle riconoscere al tatto, in realtà. Sospirò tranquillizzata e si risistemò comoda, riprendendo a dormire senza problemi.

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Capitolo 9
*** If I were a boy I think I would understand how it feels to love a girl, I swear I’d be a better man. ***


E son passati 5 giorni, nuovo capitolo! Spero vi piaccia davvero, il prossimo è uno dei miei preferiti *-* (il decimo XD) Bé, non ho null'altro da aggiungere... enjoy!


9. If I were a boy I think I would understand how it feels to love a girl, I swear I’d be a better man.

Non appena riaprì gli occhi si ritrovò il viso di Joseph a pochi centimetri dal suo che la osservava: «Alla buon’ora! Credevo di doverti svegliare scrollando le spalle.» le sorrise, facendole capire che stava scherzando.
«Buongiorno… ci sono gli altri?»
«Penso che Ian sia in bagno e Nina… in cucina?» indicò con un braccio la penisola e l’amica che le rivolgeva uno sguardo furioso, «Ciao Nina!»
«Buongiorno, o meglio, come ha detto lui, alla buon’ora!»
«Ma non mi sono mica svegliata così tardi…» si lasciò rotolare a sinistra, finendo di sedere a terra «Ahio.»
Joseph ridacchiò, alzandosi per raggiungere la sua valigia ed aprirla: nel frattempo Candice si era alzata e aveva raggiunto il frigorifero per prendere qualcosa.
«Cos’è successo tra voi due?» mormorò stupita Nina, mentre cercava di coprire la sua domanda con il getto dell’acqua che usciva dal lavandino.
Candice strabuzzò gli occhi: «Niente! Abbiamo solo dormito lì! Perché penso di essermi addormentata per sbaglio mentre lui leggeva e quindi…»
«Ma il principio era proprio sbagliato! Eravate in due su uno stesso divano, è peggio che in un letto! Un uomo ed una donna attaccati, senza che siano fidanzati! Cioè… non voglio essere una puritana o giù di lì, ma tu sei fidanzata!» ribatté l’amica, sempre a bassa voce ma con un tono di voce quasi stridulo.
«Non è successo nulla!» ribatté Candice, cercando di essere eloquente con gli occhi «Non ci siamo nemmeno sfiorati, quasi!»
«Allora ammetti che un po’ vi siate—
«Dio santo Nina eravamo attaccati! Ma non siamo andati oltre gli abbracci, non abbiamo fatto nulla di male! Non c’era alcun doppio senso!»
Fortunatamente il ragazzo in questione era nella camera di Candice a provare a trovare quello che aveva iniziato a cercare in salotto senza fortuna: «Si è appena lasciato!»
«Noi siamo amici! Solo amici!»
«Attenta, Candy. L’ultima volta che l’hai detto, con toni più dolciosi, sei finita per innamorarti del tuo migliore amico. Sempre che quell’essere sia mai stato un vero amico.»
«Ecco, non lo era! Le migliori relazioni amorose nascono da vere amicizie, non stupide schifose finte amicizie poste in essere solo per una trombata!»
«Ouch, sei velenosa.» ribatté Nina, strofinando una padella con forza.
«Sempre, quando si tratta di quello stronzo.» ci teneva ancora. Le dava ancora troppo fastidio quello che Michael le aveva fatto, si vedeva da lontanissimo. Stava meglio di prima, ma ancora non al top. Allora l’amica, ben sapendo che tasto dolente avessero toccato, smise di parlare: però non poté non commentare la scena che le si parava davanti, dove un Joseph Morgan con asciugamani e detergenti vari in mano chiedeva ad Ian attraverso la porta se avesse finito «Però, non sarà il tuo ragazzo ma si è ambientato molto meglio di quel fesso di Zach.»
L’amica ridacchiò, dirigendosi verso la camera per decidere come vestirsi, e passando accanto all’amico lo spintonò: «Muoviti per il bagno!» per poco non gli caddero tutte le cose che aveva in mano «Ehi! Ma stai dormendo?!»
«Bé non ho riposato benissimo stanotte. Cioè sei leggera eh… però…»
«Però dormire con qualcuno addosso non è il sogno di nessuno, lo immagino. Spero per te che non dovrai fare troppe scene d’azioni oggi, Lord Niklaus!»
«Scherza poco, barbie vampiro!» ribatté lui, facendole la linguaccia e poi trovandosi Ian a mezzo metro da lui, pronto a lasciargli il testimone: «Presumo che la linguaccia non sia a me e il bagno e tutto tuo. Forse l’acqua della doccia è un po’ fredda, ma ti ci abituerai! Scusa, ma non sapevo come fare a lavarmi sennò.»
«C’è troppa gente in questa casa.» dichiarò Nina, correndo verso la sua camera a prepararsi.
«Ah sì? E cacciami visto che siamo di troppo!» commentò Ian, per poi inseguirla.
«No, Ian!» presero a ridere, e a breve chissà a fare cos’altro, così Joseph e Candice si scambiarono un’occhiata complice: poi la ragazza scoppiò a ridere pensando ai discorsi di ieri e a quello che aveva ammesso lui su ciò che sentiva di quei due.
Joseph alzò gli occhi al cielo e chiuse la porta del bagno, mentre l’amica si spanciava dalle risate in camera sua.

La prima tappa a lavoro fu – ovviamente, le era anche mancata – la palestra: non aveva scene da girare fino alle dodici, quando si sarebbe ritrovata con Michael. Non voleva pensarci, voleva solo arrivare a fine giornata con calma e tranquillità. Era un’attrice, doveva saper mascherare bene i sentimenti. E in questo caso avrebbe dovuto farlo come minimo per istinto di autoconservazione e sopravvivenza.
Per poco non cadde dalla cyclette dallo spavento non appena qualcuno aprì la porta per entrare in palestra, che preferiva assolutamente da sola: era Zach. Le si avvicinò per posarle un bacio sulle labbra, ostacolandole poi la visuale del display del macchinario che stava usando.
«Allora, ti sono mancato stanotte?» fece lui, malizioso. In realtà stava già per rispondergli: “No, son stata benissimo!” quando si trattenne ed aspettò che aggiungesse qualcos’altro «Che avete fatto ieri poi?»
«Ieri? Chi? Cosa intendi?!» sarebbe andata in iperventilazione e si sarebbe fatta sfuggire qualcosa, ne era certa.
Zach parve stupito: «Bé mi hai mollato per la serata tra donne! Cosa avete combinato?»
«Oh abbiamo guardato film. Tutto il pomeriggio.» non voleva mentirgli ed aggiungere “e anche la sera”, ma l’avrebbe fatto se fosse stato necessario.
«Oh! Ti sono piaciuti?»
«Sì molto!» non sarebbe stata una giornata facile e averlo intorno non avrebbe reso le cose più semplici.
«Bé allora vado. Ti lascio ai tuoi allenamenti!» le sorrise, baciò le labbra e lasciò la stanza. Perfetto, almeno non se ne sarebbe dovuta andare lei.

Era sul set, aveva Michael davanti e stavano per recitare una scena molto emotiva dell’undicesima puntata: e lei voleva solo prenderlo a schiaffi. Ma doveva far prevalere la Caroline che era in lei che amava Tyler, e non soccombere a se stessa, Candice, che pur provando ancora qualcosa per Michael voleva solo infliggergli tanto dolore.
«Al tre esci dall’auto Candice! Uno… due… tre!» la ragazza inspirò e poi si avvicinò al ragazzo: «Non posso parlare con te.»
«Lo so che sei arrabbiata con me…» Michael nei panni di Tyler sembrava davvero dispiaciuto. Come se non fosse solo finzione.
«Arrabbiata?»
«Ma io…»
«Arrabbiata?!» ripeté lei, riflettendo che in realtà quella parte riusciva ad interpretarla perfettamente.
«Ma io—
«Hai quasi fatto uccidere Jeremy! E prima che tu mi chieda di capirti e supportarti, puoi almeno dirmi cosa hai intenzione di fare riguardo all’asservimento a Klaus?»
«Non c’è niente che possa fare, Caroline. È questo il punto.» Ecco, quel “Caroline” separava la realtà dalla finzione. In entrambi i casi non avrebbe potuto fare niente, ma nella realtà neanche avrebbe voluto «Voglio solo che tu sappia… capisco perché tu non possa stare con me.» Perché era uno stronzo fedifrago e lei non sarebbe stata disposta a fare l’amante «Anche se io voglia metterti al primo posto, prima di chiunque altro… non posso.» e questo lo sapeva, non c’era lei al primo posto. Era chiaro già da parecchio. Gli occhi lucidi non erano propriamente del tutto finti «Non ne sarò mai capace. E mi dispiace. Mi dispiace così tanto. Volevo solo che lo sapessi.»
Candice annuì: «Dispiace anche a me.»
Michael le lasciò qualcosa in mano, per poi dirle: «Buon compleanno.» era triste sapere che anche per il suo vero compleanno a maggio, quello sarebbe stato il miglior augurio che avrebbe ricevuto da lui.
Non appena lasciò la scena lei aprì il sacchetto e rigirò da copione il braccialetto tra le mani: e fermarono le riprese.
Le dissero che era stata perfetta e che probabilmente non avrebbero dovuto rifarla, fortunatamente. Lei non voleva guardarsi in giro, perché probabilmente si sarebbero accorti degli occhi lucidi anche nella realtà, ma dopo un po’ saltò su rischiando di perdere tutto ciò che aveva in mano.
«Ci allontaniamo?» era Joseph: era l’unico assieme a Nina che avrebbe voluto vedere, davvero l’unico «Ti porto a casa Mikealson, ci saranno belle scene lì. Vuoi vederle?» la ragazza annuì, sorridendogli sinceramente: «Grazie, di cuore.»
«Di nulla, tesoro. Dovrò abituarmi a chiamarti così visto che, almeno per questa puntata, il mio personaggio si aprirà con te.»
Candice gli rivolse un’occhiataccia per poi sorridergli: «Dipendesse da me, Caroline e Klaus fuggirebbero a Las Vegas. Caroline non ne può più di Tyler»
«Oh, lo so bene.» prendendola sottobraccio si diresse in sua compagnia verso un altro set.

«Sul serio, non vedo l’ora di recitare la parte del compleanno di Care con te. Voglio vedere come esce! Come siamo sullo schermo. Perché fuori non siamo male.» commentò Candice, con un’espressione parecchio soddisfatta in viso, mentre si allontanava per arrivare verso l’auto assieme a Joseph, che di risposta aveva riso di gusto.
«Effettivamente no, non siamo male. Gruppo ben fornito, se poi consideri anche Nina e Ian.»
«E i loro rumori notturni.» aggiunse Candice, alzando gli occhi al cielo e facendo scoppiare a ridere il ragazzo.
«Candice? Posso disturbarti?» le risate cessarono all’istante e la ragazza si voltò verso la voce che l’aveva chiamata: Michael. L’avrebbe riconosciuta tra mille altre voci. Sentì una mano sfiorarle il polso e si voltò verso Joseph: annuì, e lui camminò per un altro po’ di metri.
«Ora segue quello che dici come un cucciolo?» sbottò Michael, con rabbia. Sembrava quasi fosse gelosia. Candice rimase interdetta, non sapeva davvero cosa dire: però sentiva montare nervosismo puro in lei: «Ecco, è per questo che non si può parlare con te. Magari uno ci può anche provare, vuole provarci… e poi ti comporti da totale stronzo. E fidati, non sei nessuno, ma proprio nessuno per permetterti di giudicarmi, di giudicare le persone a cui voglio bene.»
«Ero venuto solo a congratularmi con te per la scena di oggi. Dev’essere stato difficile per te…»
Avrebbe voluto davvero piantargli un pugno in faccia, ma dovette trattenersi e limitarsi a cercare di offendere con le parole: «Sei proprio uno stronzo! Come se per te non fosse stato nulla… niente di importante. Complimenti, se il tuo intento era quello di far capire quanto non fosse stato importante quello che abbiamo passato, bravo, ci sei riuscito. Vaffanculo, Trevino.» voltò le spalle al ragazzo e, senza permettergli di rispondere, iniziò a camminare a grandi falcate verso Joseph, per raggiungerlo. Fin quando non incappò in Zach che le chiese cosa fosse successo e perché fosse in quello stato: non poteva sopportare anche quello.
«Non posso, okay?» sbottò e corse letteralmente via, raggiungendo Joseph. Si stropicciò gli occhi con una mano e gli diede una pacca dietro la schiena per avvisarlo che era arrivata.
«Devo picchiarlo? O ti vendico tramite Klaus?»
Candice ridacchiò, riuscendo ad eliminare tutte le lacrime: «Penso che attraverso Klaus basti e avanzi. Ti lascio a casa o vieni con me?»
Joseph parve pensarci su: «A casa. Devo dire una cosa a Nina.»
«Wow, fai il misterioso? Dovrò preoccuparmi.» aprì l’auto e si sistemò al posto del guidatore, aspettando che Joe entrasse, cosa che fece poco dopo.
«Dovresti preoccuparti, sul serio.» la ragazza curvò le sopracciglia in un’espressione stupita e girò la chiave per far partire l’auto.
Riuscì a trovare l’attimo giusto per contattare Nina e Ian senza che Candice fosse presente, “perché doveva necessariamente andare a cercare un pigiama pulito!”, e senza che quei due stessero facendo qualcosa di sconcio in camera da letto o fuori.
«Psss!»
«Siamo qui, non c’è bisogno di fare come se dovessi contattarci da lontano!» ribatté la ragazza ad alta voce.
«Shh! Oggi è successo qualcosa… Trevino ha di nuovo fatto lo stronzo.»
«Sai che novità, ormai con la povera Candice è all’ordine del giorno.» commentò Ian, contrariato.
«Stavo pensando di poter renderla felice. Ho un’idea in mente, ma dovete aiutarmi a realizzarla. E se trovate altre due persone anche meglio. Che la conoscano abbastanza bene però… Kat?»
Aveva attirato l’attenzione di entrambi, così tanto che Nina annuì subito: «Posso contattarla anche ora. Cosa devo dirle?»
«Adesso vi spiego.» rispose Joseph, con un sorriso malizioso in viso.

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Capitolo 10
*** Meryton Townhall ***


Duunque! Nuovo capitolo, e per chi conosce Jane Austen o ha semplicemente visto Orgoglio e Pregiudizio del 2005, sicuramente conoscerà quella canzone... e se non lo conosce, gliela ricordo http://www.youtube.com/watch?v=uNhKYa_KFaY ! Per il resto vi ringrazio ancora e auguro a tutte una buona lettura :3

10. Meryton Townhall

Aveva la strana impressione che tutti la stessero evitando. Nina, Ian, Claire, Kat, persino Joseph! E se avesse avuto una sorta di rapporto anche con Nate e Daniel era certa che anche loro la stessero evitando. L’unico che non lo faceva – e in questo caso serviva che la evitasse – era Zach. Era sempre ovunque, arrivava, la baciava e se ne andava, era dappertutto. E se non c’era lui, c’era Trevino. E non sapeva cosa fosse peggio.
Sicuro avere Michael nei paraggi la rendeva nervosa e intrattabile, ma i baci, le carezze e le sdolcinatezze di Zach la facevano infuriare. Che cosa diamine voleva? Non era un bel periodo per lei. Ma non lo sapeva, perché non poteva dirgli “Ciao, tesoro, sono intrattabile perché penso ancora al mio ex – quasi - ragazzo, nonché ex - migliore amico, perché è tornato dalla sua ragazza dopo esser stato un po’ con me, per diletto.” … non poteva proprio.
Allora si era nascosta in un angolino della palestra, dietro una montagna di step, così che potesse vedere e contemporaneamente nascondersi da chi entrava in palestra: accese il PC e aggiornò il suo stato su Twitter, senza però dire dove fosse. Non voleva essere rintracciata. Iniziò a girare un po’ su Facebook, tra una bacheca e l’altra, vedendo le foto degli amici: sulla bacheca di Claire trovò una foto di lei, Jenna e Michael, e anche dei lei e Jenna da sole. Per la rabbia aveva intenzione di urlare “Come hai potuto?!” come se l’avesse tradita nel modo più assoluto, ma si trattenne e cercò di pensare in modo razionale: sì, certo, Claire era sua amica, ma non quanto lo era Joseph. E Joseph non sarebbe mai andato a fare foto a destra e a manca con Trevino e Jenna, a meno che non fosse stato costretto da qualcuno con un fucile che minacciava di ucciderlo.
Era diverso: con Claire erano amiche, ma non esclusive. Però certo, poteva avere un po’ di tatto…
«Candice? Sei qui?» sentì la voce di Zach e sussultò, tappandosi la bocca e chiudendo piano il computer «Candice?» dopo qualche secondo sentì chiudere la porta e tornò a respirare: rialzò lo schermo del portatile e ricominciò a girare su internet, cercando qualcosa che fosse diverso da foto di sue amiche con gente pessima.

«Io penso che stasera si possa fare.» Joseph parlava fitto con Nina e Ian quando arrivarono Claire e Kat: «Qualche novità? Posto, ora?»
«Stasera. Ho visto che nel set all’interno numero sette non ci sarà nessuno, e ho portato le casse per l’I-pod. Voi quando vi liberate?»
«Io alle sei sono libera. Posso dirottare Candice ai camerini, dove ci sarà la roba da indossare.» dichiarò Nina, guardando Ian in modo profondo, come per convincerlo a parlare: di tutta la faccenda lui era quello che era meno sicuro. «Oh io come lei, alle sei. Posso andare direttamente al set numero sette.»
«Io mi libero alle cinque, anche Nate e Daniel. Kat?» chiese Claire, incrociando le braccia.
«Alle quattro, ma posso dilettarmi in palestra nel frattempo. I costumi… chi ce li ha?» chiese, interessata.
«Troveremo sicuramente da qualche parte le vecchie robe della Petrova, o dei balli in maschera. Mystic Falls ne ha uno a settimana, si possono trovare.» dichiarò Nina, avendo poi un’illuminazione: «Claire, Kat, ecco cosa potete fare! Fino alle sei e mezza potete cercare i costumi! Magari chiedete ai vari costumisti…»
«Sappiamo come fare, tesoro.» ribatté la bionda, con un sorrisino malizioso in volto «Allora ci vediamo qui per le ultimissime prove senza Nina e Candice alle sei. Avviso anche Daniel e Nate.»
«D’accordo, a dopo!» rispose Joseph, mentre gli altri si allontanavano e lui rimaneva a controllare la lista che aveva scritto apposta per l’occasione: era una cosa importante, doveva essere fatta per bene. Doveva far ricomparire il sorriso di Candice a tutti i costi.
«Ehi, Joe?» il ragazzo sussultò, riconoscendo la voce di Nina e non quella dell’amica che lo chiamava sempre così: la ragazza gli sorrise, riconoscente «È molto bello quello che stai facendo per lei. Atipico, certo, sarà un macello secondo me alla fine, anche se ci abbiamo messo giorni intensi a prepararlo, ma molto bello. Incrociamo le dita per stasera!»
Joseph le sorrise e la salutò, tornando alla sua lista: poi guardò l’orologio, si rese conto di essere in tremendo ritardo e scappò via.

Incrociò Claire in un corridoio e la prese per un braccio: «Come mai non mi hai detto che ti sei vista con Jenna e Michael?» non voleva fare l’amica gelosa, ma era arrivata ad odiare abbastanza quei due per pretendere una spiegazione da lei. Perché lei, dopotutto, sapeva.
«Oh. Ehm…» non l’aveva mai vista titubante. Claire era una persona sicura di sé, ma era chiaro che in quella situazione si sentisse a disagio «Tempo fa siamo andati ad un concerto a LA, niente di ché. Non sei arrabbiata, vero? Cioè, lo capirei, ne hai tutto il diritto, soprattutto dopo l’ultimo incontro…» oddio, Joseph gliel’aveva detto?! Anche quello, e lei era uscita con quei due e magari era BFF di Jenna ora?!
«No, non preoccuparti. Solo delusa.» girò i tacchi, conscia di aver fatto la cosa sbagliata ma la stessa era stata dettata dall’impeto del momento, la gelosia – perché inutile negarlo, c’era anche quella di mezzo – e la rabbia: perché Joseph gliel’aveva detto? Sapeva che faceva comunella col nemico?
Appena girato l’angolo corse via, verso la palestra: aveva poche scene quel giorno e l’ambiente che più la confortava e in cui più si sentiva sicura era la palestra. Ora che aveva trovato anche il nascondiglio perfetto non si sarebbe più allontanata da quel posto.
Però, siccome sarebbe stato troppo spudorato nascondersi dietro gli step anche nel pomeriggio e la gente l’avrebbe data davvero per dispersa – sempre se se ne fossero fregati qualcosa – impostò il tapis roulant ed iniziò a correre: non appena sarebbe arrivata la primavera doveva costringere Joseph ad andare a correre con lei. Era un imperativo morale convincere la gente a fare sport con lei. Era fortunata a non essere pigra come tanta altra gente, perché era certa che se lo fosse stata non avrebbe voluto fare tutto quello sport e avrebbe comunque voluto mangiare schifezze. Cosa che faceva anche facendo tanto sport.
Era contenta di quei pensieri stupidi e frivoli, la distoglievano da tutti gli altri problemi e le altre preoccupazioni, fin quando, ovviamente, qualcuno arrivò a disturbare la sua quiete: «Oh, Candice! Finalmente ti ho trovato!» E chi poteva essere, se non Zach?
«Ehi!» lo salutò lei, non perdendo di vista la corsa.
«Sì… Candice, per caso mi stai evitando? Non ti vedo da stamattina, e a parte sul set non so che fine tu faccia. Ti ho cercato più di una volta in palestra, oggi… ma forse dovrei chiedere a Joseph la prossima volta, lui è sicuramente molto più informato di me.» ancora quella stupida rivalità maschile? Lo avrebbe ucciso, in quel momento, in quello stato: saltò per piantare i piedi ai lati del tapis roulant e guardò il ragazzo con aria di sfida: «Zach, qual è il tuo punto ora? Vuoi ancora una volta rimarcare quanto io sia più vicina a Joseph che a te? No perché davvero non capisco cosa ti faccia aver bisogno di sottolineare che sei tu il maschio alfa della situazione. Quasi come se tu mi possedessi.» era seria e pacata, ma avrebbe iniziato ad urlare se quell’idiota avesse continuato ad insinuare e non parlare. Perché lui era solito provocarti, per far credere anche a te stesso che nei litigi erano sempre gli altri ad iniziare.
«Ma lo sei! Chi vogliamo prendere in giro? Qualsiasi problema tu abbia corri da lui a parlarne, qualsiasi! Non da me, da lui
«Joseph è mio amico! Che cos’altro dovrei fare?!» ribatté lei, alzando il tono di un’ottava.
«Correre da me, come fanno le coppie solide. Confidarti con me, non con lui. Non hai bisogno di amici se hai un ragazzo.»
«Ma che cazzate vai dicendo?! Non hai bisogno di amici se sei fidanzato? Sul serio?! Ma ti ascolti almeno mentre parli? Chiunque ha bisogno di amici, sempre! Anche tu, solo che siccome io sono donna e ho un amico maschio ti senti in diritto di sparlare e punzecchiarmi anche pesantemente sostenendo che lui sia più importante di te!» che, riflettendoci, era anche così per lei in quel momento… ma non l’avrebbe ammesso.
«Dovresti venire da me a parlare! Da me! Sono il tuo ragazzo! E l’altra sera mi hai trattato come se fossi importante nemmeno un briciolo rispetto a lui! Sei corsa via senza manco darmi spiegazioni! A lui, invece, sicuramente ne avrai date!»
Avrebbe voluto picchiare la testa al muro. O meglio, farla picchiare a lui per fargli entrare determinati concetti in testa: «Sono andata con lui perché ero triste. Perché erano successe determinate cose…»
«E saresti dovuta correre da me, non da lui! È questo il punto!»
«Ma non posso correre da te se gran parte dei miei problemi riguardano il mio ex-migliore-amico, ragazzo o quel che era! Non posso correre da te per parlarti di chi amo o no!»
Zach rimase interdetto. Forse aveva detto troppo, decisamente troppo.
«E quando avresti voluto informarmi del fatto che tu ami ancora Trevino, per sapere?» sbottò lui, concentrando lo sguardo su alcuni pesi e non su di lei.
«Non amo Trevino, non ora almeno…»
«Ma prima sì, quando ci eravamo già messi insieme.»
«Sei un’idiota, te l’ho anche fatto capire la prime volte che ci vedevamo! Eri sordo e cieco, volevi solo sentire e vedere quello che volevi tu!»
«Candice, io ho sentito e ho visto quello che dici tu, ma le prime volte. Dopo credevo ti fossi innamorata di me. Non che perdessi la testa ancora appresso a Trevino e che Joseph ti stesse aiutando a superare la cosa. Però ovviamente lui lo sapeva e io no. Logico.»
«Oh, ma vaffanculo!» non resistette più e lasciò la palestra: troppe emozioni negative nello stesso giorno, avrebbe davvero potuto ammazzare qualcuno.

Era nel camerino a crogiolarsi nei suoi pensieri quando spuntò Nina all’improvviso: in realtà stava aspettando qualcuno che fosse “amico” per potersi sfogare, e ormai lo faceva allo scoperto perché tanto sapeva che Zach non l’avrebbe cercata per un po’.
«Candice! Devo mostrarti una cosa.»
«Nina, aspetta, devo parlarti…» sembrava così triste… ma non doveva perdere tempo: «No, Candice, non c’è tempo.» portò nel bagno più grande l’amica e le mostrò un bellissimo vestito d’epoca.
«Nina…? E questo dove l’hai trovato?»
«Roba da costumisti, ma devi indossarlo. Su, sbrigati!»
«Ma non sono proprio in vena di queste cavolate… sai dov’è Joseph, per caso?»
L’amica alzò gli occhi al cielo: «Per l’amor di dio, obbedisci e muoviti! Lo raggiungeremo, Joseph.»
La biondina non poté far altro che eseguire: si chiuse dietro la porta ed iniziò ad indossare quella macchina infernale, mentre Nina, dall’altra parte, indossava rapidamente uno dei vecchi vestiti di Katerina Petrova.
Dopo qualche minuto la testa di Nina spuntò dalla porta del bagno: «Allora, sei pronta?!» e notò che era ancora quasi a zero «Candice!»
«Cosa c’è? Non è stata una giornata ottima per me, e terminarla in un fantastico vestito del milleottocento che non so come utilizzare non migliora le cose!»
«Zitta e non lamentarti! Ti aiuto io.» Nina sbuffò e prese a vestirla, sistemando la sottoveste ed aggiustando il corsetto, per poi continuare qualche altro minuto.
Cinque minuti dopo correvano – con un po’ di difficoltà, dati i vestiti – verso il set numero sette, cercando di non farsi vedere da nessuno, che probabilmente le avrebbe considerate pazze.
Candice era stressata, stremata e strizzata in quel vestito, e non ce la faceva più: «Mi spieghi almeno dove—
Allora Nina aprì la porta e si trovarono davanti sei coppie vestite più o meno come loro due: Joseph, Ian, Claire, Kat, Nate e Daniel. Sembravano tanti stupidi conciati a festa, ma quello era solo un set vuoto. Molto illuminato, ma comunque vuoto.
Nina cedette Candice, ancora incredula, a Joseph, mentre raggiungeva Ian per prendergli la mano. Tutti si sistemavano a coppie, uno di fronte all’altro: Nate di fronte a Kat, Daniel di fronte a Claire, Ian di fronte a Nina. E Joseph le porgeva la mano, che ancora non aveva preso. Che diavolo era tutta quella storia?!
«Dato che il tuo sorriso è completamente sparito dalla nostra vita da un po’ di tempo, abbiamo deciso di provare a riportartelo.»
«Ha deciso, questa è un’idea tutta sua. Ci ha costretto a ballare sulle musiche di Jane Austen la quadriglia per una settimana.» rimarcò Nina, secca, mentre Joseph la guardava male: «Visto che Nina ti ha rovinato la sorpresa…»
«Scusa, ma che altro potevamo fare vestiti come dei cretini in un set vuoto?!» Joseph la guardò di nuovo male, allora Ian decise di prender parola: «Fallo terminare, Nina.» quella alzò gli occhi al cielo, mentre gli altri ridacchiavano.
«Insomma, Candice, mi fai l’onore di questo ballo?» Joseph le porgeva ancora la mano, ma lei era titubante «Ma io non so ballare questa roba.»
«Mi seguirai.» dichiarò Joseph, sorridendole e facendo spuntare due adorabili fossette; allora Candice si fece coraggio e gli prese la mano: «D’accordo, rendiamoci ridicoli tutti insieme!»
Joseph fece partire la musica con l’I-pod – che, come osservò la ragazza poco dopo, era l’unica cosa ben poco ottocentesca in quel momento – e tutti incominciavano a saltellare come dei veri imbecilli: ma almeno sapevano cosa fare. Lei si sentiva un pesce fuor d’acqua.
Joseph le bisbigliò: «Seguimi.»
Prese a saltellare anche lei poco convinta, mentre lui le suggeriva qualcosa: «Fa’ come faccio io, però a specchio.»
«Okay.» rispose lei, titubante, continuando quella strana danza.

Dei suoni... anacronistici, provenivano dal set numero sette: era il suo set, doveva sapere cosa stava accadendo. Julie, la produttrice esecutiva, si avvicinò alla porta per poi aprirla ed osservare estasiata parte del cast che ballava amabilmente una musica che sicuramente aveva già sentito da qualche parte…
«Ehi. Ma Candice balla con Joseph! Dopo tutto quello che—
«Shh, sta’ un po’ zitto, Roerig. O vorrai farci scoprire? Ho bisogno di guardarli.» il ragazzo ritornò al suo posto, come un marine, e tacque.
Julie, dal canto suo, vedeva in Candice che sorrideva beata a Joseph mentre saltellava qua e là e colpiva in modo strano le mani di Nina a distanza di dieci secondi, una nuova, futura storyline. Una che avrebbe fatto impazzire i fan. Sorrise compiaciuta tra sé e sé e chiuse la porta: «Lasciamoli fare e andiamocene, su!»
Il ragazzo, contrariato, annuì e seguì la donna.



Post Scriptum: per chi non ha visto, invece, Mansfield Park con il nostro caro Joseph, vi mostro un video fantastico ahah http://www.youtube.com/watch?v=6BsdX3MjAK4 Una chicca che non potete non conoscere e/o vedere! Alla prossima!

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Capitolo 11
*** ‘Cause you’ve got that One Thing ***


Non linciatemi per star quotando "One thing" degli One Direction ma mi sembrava la frase più adatta per questo capitolo! E presto scoprirete il perché :') Spero vi piacerà!

11. ‘Cause you’ve got that One Thing

Ancora fantasticava sulla fantastica serata che gli aveva fatto passare Joseph circa una settimana prima. Si era sentita ridicolissima in quegli abiti, a fare quei balli… ma alla fine ci aveva preso gusto e, accompagnata da lui, aveva “occupato il suo carnet da ballo” più volte del suo nome. E ogni volta che ripensava a quell’orrenda giornata, si ricordava subito dopo della sorpresa che le avevano fatto i suoi amici, e sorrideva. E Joseph li aveva costretti tutti, proprio tutti, ad imparare quel ballo per “rendersi ridicoli insieme”.
Ridacchiò ancora una volta, leggendo per conto suo il copione dell’undicesimo episodio della terza stagione e sottolineandone le sue parti. Trovando, verso la fine, proprio una scena con Joseph: lo chiamò immediatamente.
«Hai letto?!»
«Cosa, Candice?»
«Sono io il tuo interesse amoroso! Cioè… Caroline. Di Klaus.» si corresse, imbarazzato «Hanno scelto noi!»
«Sì, l’ho appena letto anche io! Sarà fantastico provare insieme.»
«Alla lettura di gruppo sarà imbarazzante»
«Sempre meno delle battute Forwood di questi tempi.»
«E questo è cosìììì vero.» convenne la ragazza, rafforzando il concetto annuendo.
«Vorrei ancora capire, però, come Klaus possa essersi innamorato o infatuato o cosa di Caroline. Insomma, quando diavolo l’ha vista?!»
«Me lo stavo chiedendo anche io. Magari l’ha sempre osservata da lontano, stile stalker, come quando ha lasciato il braccialetto di diamanti sul suo comodino. In questo episodio che stai leggendo, per la precisione.»
«Me l’hai spoilerato! Non ci ero ancora arrivata!»
«Ooops. Mi dispiace.»
«Diavolo! Saranno diamanti veri?» la voce di Candice sembrava elettrizzata.
«Non lo so. Io sicuro non potrei permettermeli, cara.» commentò lui, ridacchiando.
«Uff! li voglio veri! E voglio vedere il braccialetto in questione!»
Bastava un particolare del genere per renderla entusiasta e curiosa: era così, voleva sapere se era vintage, a che periodo appartenesse e tutto.
«Mi passi a prendere per andare al set?»
«Certo! Devo prendere anche i Nian?»
«No, mi sa che sono già andati da parecchio. Non ho loro cenni di vita da ieri sera… potrebbe anche darsi che siano morti, forse. Dovrei controllare?» aggiunse poco dopo, lievemente titubante ed in procinto di avvicinarsi alla porta della camera dell’amica.
«No! Magari quando ti passo a prendere controlliamo insieme. Comunque ora preparati, ci vediamo dopo. A meno che non stiano facendo…»
«Argh! Non voglio saperlo in quel caso. Dovrei spiare dalla serratura?»
«No! Potresti rimanere traumatizzata. Comunque sto uscendo, a dopo!»
«O-kayyy, vado a vestirmi anche io.» chiuse la telefonata, e si appropinquò in bagno, grattandosi la testa. Doveva ammettere che i suo capelli non erano il massimo, ma Joe non si sarebbe scandalizzato. E poi sul set le avrebbero reso i capelli molto più presentabili, l’avrebbero truccata e tutto. Quindi poteva benissimo andare a lavoro come una barbona.
Lasciò i capelli in disordine, lasciò il pigiama in bagno e, mezza nuda e infreddolita si diresse in camera sua, cercando qualcosa di comodo e caldo da indossare. Ne aveva proprio bisogno, voleva essere coccolata da un abito. Anche perché coccole umane di quel periodo erano off-limits, considerato che per qualche motivo Zach ce l’aveva con lei e ancora non aveva capito quale. Sarebbe finita a casa con un cane perché aveva davvero bisogno di coccole, e non poteva riceverle tutte da Joseph, perché se PUFF! Zach fosse entrato da un momento all’altro in casa proprio in quel momento, chissà cosa avrebbe pensato. Dopotutto, quell’uomo sapeva essere il re del fraintendimento, quando voleva.
Infilò un maglione e un jeans, le scarpe da ginnastica ed inforcò gli occhiali da sole: udì il citofono, andò a rispondere e indossò il giubbotto. Poi prese la borsa, chiuse casa e scese dal suo amico che la aspettava giù.

«Ho bisogno di cioccolata.» dichiarò Candice in uno sbuffo.
«Hai bisogno di una parrucchiera, in realtà.» ribatté Joseph, guardandola allo specchio con un sopracciglio alzato, mentre era poggiato con tutto il suo peso sulla spalliera della sua seggiola.
«No. Voglio dei biscotti al cioccolato…»
«Ha ragione Nik, hai bisogno di un parrucchiere…» iniziò Claire, rendendosi subito dopo conto della gaffe.
«Nik? Sul serio?!» Candice scoppiò a ridere, non trattenendosi e trascinando il ragazzo dietro di lei nella risata.
«Mi sono immedesimata troppo nel mio personaggio, scusatemi.»
«L’abbiamo notato!» rispose l’altra bionda, ancora ridendo «Nik. Non si può sentire! D’ora in poi potrei chiamarti Lord Niklaus, signor Morgan.»
«Poi potrei diventarlo per davvero, Miss Accola.»
«Oh, no, ti prego, risparmiami!» esclamò lei, portando le mani in alto, sopra il capo.
«Chiudete il becco, è prima mattina cazzo.» normalmente Nina non era una persona volgare, ma aveva gli occhi rossi e i capelli non lisci come al solito, ma… piuttosto scombinati. Era lei piuttosto sottosopra.
«Gentile da parte tua! Che, hai passato tutta la notte a fare solo un’arte da Ian e stamattina non volevi risvegliarti?» fece Candice con tono insolente, ricevendo di tutta risposta una scatola di biscotti in testa: «Ahio! Però avevo bisogno di biscotti effettivamente… Ehi!» ribatté lei, non appena notò che Joseph le stava rubando i biscotti.
«Comunque, signorina, la prossima volta che ti rivolgi male scrivo “Kostantinova” con la K sulla tua sedia. Non “Nina Dobrev”.»
«Non ti occupi delle sedie» tagliò corto l’altra.
«Mi occuperò della tua!» dichiarò Candice, sgranocchiando i biscotti al cioccolato avvolgendo le braccia attorno alle ginocchia.
Ricevette un’occhiataccia bella e buona dall’amica, per poi avere anche una risposta: «Ho passato la notte a sputare germi su Ian. Sono raffreddata da fare schifo e i truccatori dovranno fare miracoli oggi.»
«Allora sorridi al mondo e balla! Daiii!» Candice trascinò già dalla sedia una Nina che bestemmiava tutti i parenti vivi e morti dell’amica, mentre quella si divertiva a cantare e ballare: «So get out, get out, get out of my head and fall into my arms instead! I don't, I don't, don't know what it is, but I need that one thing and you've got that one thing
«Stai cantando gli One Direction?» si limitò a dire Nina, sgranando gli occhi senza avere la minima intenzione di muoversi assieme all’amica, che ballava e si scatenava al centro della sala, tra trucchi e piastre.
Gli arrivò una spallata dalla sua sinistra: Claire lo guardava con uno sguardo furbetto.
«Cosa c’è?»
«Lei ha quel nonsoché. Quella cosa in più.» dichiarò l’australiana, alzando un sopracciglio maliziosa.
Joseph arrossì impercettibilmente: «Non so di cosa tu stia parlando.»
«Puoi prendere per il culo chi vuoi, ma non me. E soprattutto non una donna come me, vedo come la guardi.»
«Non guardo nessuno io! E lei è mia amica»
«Sììììì. Hai ragione.»
«Ho ragione.» concluse, continuando a guardare la biondina agitarsi nel suo maglione enorme ballando e cantando contemporaneamente, cercando di trasmettere il buonumore a Nina, che di tutta risposta la guardava malissimo e le rispondeva acida.
«Eppure la stai ancora guardando, e non è la tua ragazza, Re della Zona-de-l’amicizia.»
«Piantala!» esclamò lui, voltandosi per guardarla negli occhi.
«Okay, okay!» Claire alzò le mani al cielo «Non rischio di venire azzannata per aver solo espresso la mia idea! E sono anche pronta…» si allontanò verso l’uscita, lasciandolo a contemplare la scena in solitario, venendo poi intercettato da Nina, che passò dal guardare l’amica a guardare lui. E poi guardare la coinquilina, e poi di nuovo lui. Per poi sorridere chiaramente, come se avesse appena realizzato qualcosa… doveva decisamente lasciare quella stanza, per la sua incolumità psichica. Si voltò a guardare l’uscita, notando che Zach aveva intercettato lo scambio di sguardi tra lei e Nina. Bene, ora doveva anche temere per la sua incolumità fisica.
Si fece coraggio ed andò verso l’uscita, salutando con un mezzo abbraccio il ragazzo, piuttosto rigido: «Ciao amico!»
«Buongiorno.»
«Ciao!» lo salutò nuovamente, proprio come un idiota che doveva nascondere qualcosa. Si diede una bastonata mentale e scappò via più velocemente possibile da quella saletta, sperando solo che l’altro ragazzo non lo seguisse.

Era distrutto, troppe riprese movimentate in una sola giornata. E non vedeva l’ora di tornare a casa, pur sapendo che l’avrebbe trovata sicuramente… vuota.
«Torni a casa?» sentire una frase del genere pronunciata non dalla ormai riconoscibilissima voce di Candice lo fece sobbalzare: si voltò verso una Nina sorridente, che aspettava la sua risposta «con me e Ian. Candice se n’è andata con Zach ma penso tornerà presto, quindi se ti va di venire con noi… stanotte farà freddo, ci sarà il temporale, e non è una notte da passare in casa da soli.»
Era piacevolmente stupito. Non si aspettava una proposta del genere da parte di Nina, proprio no.
«Sì, perché no. Non che le notti buie e tempestose mi facciano paura, ma preferirei leggere un buon libro… e mi sa che i miei libri sono da voi.»
«Lo immaginavo» rispose la ragazza con nonchalance, rendendosi poi conto di aver detto qualcosa di troppo.
«Perché, scusa?» chiese Joseph, educatamente. Arrischiandosi parecchio, però.
«Bé… insomma, si vede. O almeno, io lo vedo, noto la differenza rispetto a prima. Come la guardi ora e non la guardavi prima… per parafrasare ciò che cantava oggi, “she’s got that one thing”. Almeno, pare avercela, per te. Ma non voglio insinuare niente che possa infastidirti, quindi…»
Dunque si vedeva. O almeno, la sua amica e coinquilina lo notava. Non andava per nulla bene…
«Sì, d’accordo. verrò con voi, ma con la mia auto. Vi seguo, okay?»
«Certo!» esclamò Nina, annuendo. Per poi starnutire clamorosamente, scusandosi dopo qualche secondo con Joseph, che scoppiò a ridere di conseguenza, facendo ridere la ragazza proprio quando aveva finito di impazzire tra raffreddore e fazzoletti.
«Saresti tutto ciò di cui lei ha bisogno ora. Nel post-superamento rottura. Perché l’hai aiutata a superarlo, da amico… e poi non può fare a meno di te. Saresti perfetto per lei.»
Lui si limitava a non risponderle, assorbendo però le sue parole. Le ascoltava, memorizzava e cercava di capire per bene. “Sarebbe perfetto per lei, ora.”. Presumibilmente dopo che ha superato Trevino.
«Non voglio essere un “chiodo scaccia chiodo”.» dichiarò inaspettatamente lui, con sincerità.
«Fidati, non lo saresti. Ha già trovato il suo chiodo, che si spezzerà a breve, secondo me. Zach non camperà a lungo, considerato cosa prova per lui.»
Sentirlo dire dalla sua amica aiutava, sebbene lo sapesse anche lui. Ma una ragazza che aveva appena subito una delusione non vuole mai rimanere da sola…
«Lei non è sola. Ci siamo io, tu, Ian… Kat. Persino Claire! E se credi di star pensando non dovresti ripeterlo ad alta voce, alcune persone potrebbero tagliarti la gola dopo aver sentito cose del genere.» il ragazzo scoppiò a ridere, infilandosi il cappuccio e prendendo un ombrello: «D’accordo, starò più attento. Vuoi per caso un passaggio all’auto di Ian?»
«Perché no.» rispose Nina con un alzata di spalle, infilandosi sotto l’ombrello del ragazzo mentre cercava di non prendere troppa acqua.

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Capitolo 12
*** Don’t tell him nothing, but I think I wanna dump him. ***


AHEM. Dato il titolo penso che si capisca molto e che fangirlerete già solo leggendolo xD però ci tengo a specificare che è tratto da una canzone di Kat Graham - stavolta si fa tutto in "famiglia" TVD! Titolo e capitolo XD - che è precisamente questa, se non la conoscete http://www.youtube.com/watch?v=i9U3gJ2zARo . E penso che è molto adatto al capitolo... e alla fine capirete perché. Per il resto, spero vi piacciano le relazioni amichevoli di questo capitolo... buona lettura! :3

12. Don’t tell him nothing, but I think I wanna dump him.

Ci era solo uscita nuovamente e per tutta la serata non voleva far altro che tornare a casa. Accoccolarsi a Nina, Ian e Joseph e vedere un film tutti insieme mentre la tempesta echeggiava fuori di casa. Sbuffò pesantemente, iniziandosi a chiedere se avesse fatto la scelta giusta a decidere di stare con Zach quando lui glielo propose, ed era più che certa che avrebbe passato la serata così, distesa sul letto della sua camera a fare questi pensieri nocivi per tutta la notte, fin quando non tornò a casa, aprì la porta e trovò Nina, Ian e Joseph sul suo divano. Sorrise automaticamente, passando a rassegna i volti dei suoi amici: Ian che la salutava svelto con una mano, Nina che le rivolgeva un’occhiata maliziosa e Joseph un sorriso a trentadue denti. Che in realtà, per come li faceva lui, eran tutto fuorché a trentadue denti, ma si vedevano le fossette adorabili e il sorriso fatto dagli stessi occhi, quindi era anche meglio.
«Che ci fate tutti qui?!» chiese lei, mollando borsa e cappotto sull’altro divano per correre a sedersi tra Joseph e Nina: «Oh mio dio sembriamo i Simpson.»
«Perché?!» esclamò Ian sgranando gli occhi.
«Abbiamo il divano dei Simpson!»
«Sei daltonica?! Il nostro è rosso, mica arancione! E comunque io e Ian dovevamo tornare a casa e ho pensato di portare anche lui perché è sempre piacevole essere in compagnia durante le tempeste. Ah e siamo in ferie per tre giorni, ringrazia il ciclone-il-cui-nome-non-ricordo.»
«Bene! Ora, vorrei andare a prendere il pigiam—
«Nooo! Ti stiamo aspettando già da mezz’ora, vieni qui e vediamo Casablanca!»
«Proprio per tenerci felici eh!»
«È un bel film!» ribatté Nina, prendendo il telecomando.
«Non lo metto in dubbio, ma ci deprimiamo tutti insieme appassionatamente poi.»
«Ma era giusto che finisse così.»
«Ma anche no! Rick le fornisce pure il modo per partire e quella che fa? Se ne va con Laszlo!»
«Shhhh! Possiamo vederlo e basta?» Joseph rubò il telecomando a Nina, che era già pronta a rispondere male a Candice per motivare ancora una volta la sua teoria, ma il ragazzo aveva fatto partire la cassetta e allora regnava il silenzio assoluto, insieme al buio assoluto. E mentre fuori il vento ululava e la tempesta imperversava, stare chiusi in casa al calduccio e in compagnia sembrava l’unica cosa plausibile da fare.

«Candice? Dove sei?» Joseph vagava per la casa che ormai conosceva quasi perfettamente, ma col buio non era molto facile destreggiarcisi: «Cucina!»
«Dove?» la ragazza allungò un braccio per afferrare il suo e scendere fino a prendergli la mano: «Hai l’accendino?»
Il ragazzo, un po’ stordito, glielo diede, aspettando che facesse tornare la luce: la ragazza accese la candela, la infilò nel candelabro e la passò al ragazzo: «Ne accendo un’altra, porta sul tavolino del soggiorno quella. Ma i Nian?..»
«Vuoi davvero saperlo?» chiese il ragazzo, ridacchiando e provocando una smorfia ben evidente sul viso della ragazza, che fu pronta a scuotere la testa: «No, no, assolutamente no!»
Lo raggiunse sul divano, incrociando le gambe e sbuffando pesantemente: «E ora che si fa? Quei due trombano allegramente, la TV è partita insieme alla luce elettrica e temo molto per il frigorifero perché se non torna entro domattina la maggior parte della roba là dentro sarà da buttare.»
«E ci sono quattro bocche da sfamare. D’accordo, passami una candela.»
«Perché?» chiese la ragazza, guardandolo stranita.
«Fallo e basta!» ribatté lui, sorridendole.
«Okay.» Candice eseguì e mentre si allungava per prendere un candelabro si rese conto del libro che aveva in mano Joe: «Oh mio dio, stai leggendo Tempesta di Spade! Corrisponde tipo alla seconda stagione di Game of Thrones, vero?!»
Il ragazzo annuì, sorridendole malizioso: «Sì. Ti va di anticiparla?»
«Certo! E me lo chiedi pure! Vai, inizia a leggere tu!» ed estasiata, puntò la candela vicino al libro per fare luce, aspettando, contenta, di sapere cosa succedesse dopo l’epico finale di stagione della prima serie.

«No, sul serio, ma perché dormite qui quando entrambi sapete che Candice ha un letto?!» Nina, scattante di prima mattina, li ritrovò la mattina dopo sul divano a dormire abbracciati.
«Mhh?»
«Ben svegliati!» esclamò la ragazza a Joseph, mentre Candice si stiracchiava e apriva gli occhi: «A che punto siamo arrivati?»
«Primi cinque capitoli.»
«Ehi, buongiorno, sono un essere vivente, eccomi!» ribatté Nina… era su di giri «Dovremmo stare nella stessa casa per almeno tre giorni, dovremmo pur trovare qualcosa da fare, no?»
«Nina, hai ragione. Proporrei libri e giochi da tavola, ma non so quanti consensi possano avere queste due proposte. O magari impariamo a cucinare?»
«Nel caso arriva il ciclone e sbaraglia tutto il mondo a noi conosciuto come ci salviamo?» chiese Candice, ancora con la bocca impastata.
«Che cosa ha sognato stanotte, ragazza?» l’amica la guardò sgranando gli occhi, sconvolta: «Comunque ci sono ancora i vecchi rifugi sottoterra. Non so a cosa servissero, ma sono abbastanza profondi per rimanere al riparo se dovesse scatenarsi la fine del mondo. Se hai paura di quella.»
«Okay.» Candice sospirò e si riaccoccolò su Joseph, pronta a ricominciare a dormire. Il ragazzo la guardò, poi guardò Nina, e scoppiò a ridere: «Vedi, lei preferisce dormire a libri e giochi da tavola.»
«Lei preferisce fare qualsiasi cosa sia da pigra. Perché, in fondo, è una pigrona, anche se ama il tapis-roulant. Su dal letto, o dal divano, Candy!»
«Ti preego! Voglio dormire, sono stata sveglia fino a tardi! E anche tu, ma non a leggere.» Nina colse subito l’antifona, arrossendo: «Bé avevamo di meglio da fare. Eppure io sono comunque sveglia.»
«Buonanotte!» Candice si alzò dal divano solo per trascinarsi fino alla camera con la copertina addosso, pronta a buttarsi nel letto e chiudere la porta con un piede.
«Non dovevo essere molto comodo. E inoltre, aveva parecchio sonno.»
«Prepariamo qualcosa per colazione allora, Morgan? O Martin?»
«Come preferisci. Joseph sarebbe meglio…»
«Joe. Come “ti presento Joe Black”. Comunque proponevo qualcosa di semplice e fattibile, per pranzo… perché sono le undici e mezza.»
«Figo! Uhm… che ricette conosci?»
«Mega-insalatona?»
«…Ne cerco qualcuna io su internet, se il router funziona…»
«Più che altro spero che i trasmettitori non siano danneggiati. L’elettricità pare essere tornata…» Nina andò al contatore, dando il buongiorno al ragazzo che era appena uscito tutto pronto dalla camera della ragazza: «Allora, cosa confabulate?»
«Cerchiamo qualche ricetta per preparare da mangiare. Vuoi unirti a noi?» chiese l’altro ragazzo, mentre cercava in tutti i modi di trovare almeno una connessione ad internet.
«Secondo me dovremo arrangiarci senza modernità. E useremo la testa. Dov’è la biondina?»
«A dormire nel  letto, è particolarmente distrutta.» rispose Nina, incrociando le braccia con un’espressione che gridava “Non fare allusioni sporche!”.
«O-kaaay. E tu non vuoi dormire Joseph?»
«No, sto benissimo grazie.» gli rispose l’altro con un sorriso, mentre Ian faceva spallucce mentre Nina lo schiaffeggiava cercando di non fare rumore.
«Okaay. Cosa avete fatto con le candele ieri notte?» Ian strabuzzò gli occhi dopo che ebbe ricevuto una gomitata al costato dalla ragazza, che lo osservava accuratamente.
«Abbiamo letto.»
«Oh, okay.»
«Hai finito con l’interrogatorio? Puoi metterti a lavoro ora!» lo rimbeccò Nina, fornendogli una padella.
«…Ho capito, eseguo, agli ordini!»
«Bravo!» commentò la ragazza guardandolo male, sotto gli occhi di Joseph che se la rideva beatamente.

«Ben svegliata, dormigliona!» Joseph le aveva portato un vassoio ricoperto: aveva per caso saltato il pranzo? O la cena?
«Che ore sono?»
«Le cinque, penso. Nina ed Ian stanno lavando i piatti, e mi hanno incaricato di svegliarti e portarti queste cose. Che per inciso, sarebbero il tuo pranzo.»
«Cosa avete preparato?» la ragazza si sedette e posò il vassoio sulle sue gambe, mentre l’altro si stendeva sulle sue coperte sgualcite per osservare il soffitto.
«Mah, niente di particolare. Un tentativo di pasta aglio e olio, anche se non avevamo l’aglio e solamente l’olio di semi di girasole, una cotoletta di maiale, anche se non penso che le facciano di maiale in Italia, e un Ben&Jerry’s.»
La ragazza lo guardò lievemente schifata: «Chi ha cucinato?»
«Nina.» guardò il piatto di spaghetti e li tastò con la forchetta: provò ad arrotolarli intorno ad essa, ma cadevano inesorabilmente «Sembrano noodles.»
Il ragazzo si trattenne dal ridere e continuò a fissare il soffitto: «Ehi, a che pensi?»
«A un po’ di tutto. Vorrei aggiornare Twitter…»
«Oh io il mio account non lo vedo da giorni. E non dirlo a Nina, ma fanno parecchio schifo questi “spaghetti”.»
Joe si voltò per guardala agguantare il Ben&Jerry’s alla crema, impugnando il cucchiaino di plastica.
«Non provi nemmeno il secondo?»
«No. È tutto abbrustolito!»
«Bé ma non significa che non sia…»
«Ehi, sei inglese, disti solo duemila chilometri dalla patria della pastasciutta. E di tutta quest’altra roba qui: dovresti saperlo, soprattutto essendo inglese, che la carne nera non è buona. Ed è nera non perché esista del tipo di carne nera, ma perché è stata troppo sul fuoco. E poi tanto non glielo dirò che non ho mangiato. Nasconderò il vassoio sotto al letto e lo porterò fuori solo quando quei due saranno impegnati a fare altro…»
Nina spalancò la porta della camera, entrando come una furia: «Ma stai mangiando il gelato!»
«Sììì?»
«Senza aver mangiato il resto!» sembrava una bambina a cui avevano tolto il gelato, non poteva dirle la verità: «…Non mi andavano, in realtà.»
«Ti facevano schifo, in realtà.»
«Bé non userei proprio questo termine…»
«La pasta era flaccida e la carne una suola di scarpe. L’avevo notato già io ma non potevo ammettere di aver sbagliato.» la ragazza crollò sul letto dell’amica, finendo sui piedi di Joseph: «Ehi, chiacchiere da ragazze, vai via! Raggiungi l’altro uomo, disperato perché non riesce a connettersi con il mio laptop.»
«Sissignora!» rispose a mo’ di soldato il ragazzo, accennando un saluto militare.
«Vai meglio come vampiro pluriassassino che come marine!» gli disse dietro Nina, mentre lui lasciava la camera chiudendo la porta.
«Cosa mi volevi dire, cara
«Ora prendi anche i suoi modi di dire? Lui lo dice meglio però, è inglese.»
«Lo so che lo dice meglio, su quello non c’è dubbio!»
«Voglio le coccole.» dichiarò Nina, stendendosi attaccata all’amica, mentre quella si spazzolava il suo gelato.
«C’è il tuo ragazzo a qualche metro da qui per quelle.» rispose la bionda, non comprendendo.
«Voglio coccole da amica. E dobbiamo trovare qualche idea su cosa fare in tre giorni, perché non voglio uscire da questa casa pentendomi di aver invitato Ian a stare con noi, considerato che se non troviamo nulla da fare finiremmo per fare solo una cosa, sempre. Non che mi dispiaccia, però…»
«Dovrei avere il gioco da tavola di Game of Thrones sotto al letto…»
«Dove volevi lasciare il vassoio con la roba che avevo preparato io? Sì, ho l’udito fine.» Candice arrossì: «Throneopoly, comunque.»
«Woooo mi piace questa idea!» Nina si gettò per metà giù dal letto, pronta a cercare il gioco.
«Nina?»
«Sì?» rispose la ragazza, ancora con le mani sotto al letto.
«Voglio lasciare Zach e non so se dirlo a Joe. Anche se ho bisogno dei suoi consigli.»
«Ah.» la ragazza riaffiorò con il gioco in mano, guardando l’amica con curiosità «E perché?»
«Non lo so, non so dirti il perché ora… ma non me la sento.»
«Bé, non è un problema, di certo non glielo dirò io!»
«Sì, ma non so come fare.»
«Hai tre giorni di reclusione in casa, ne avrai di tempo per pensare! E ora alza il culo dal letto, voglio mandarti ad Harrenhal*!» la biondina alzò gli occhi al cielo ed eseguì, seguendo l’amica in salotto.


* una famosa prigione nel mondo di Game of Thrones, per chi non conosce la serie XD

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Capitolo 13
*** I never thought I could love anyone… but you. ***


Ed eccoci con il tredicesimo capitolo! Molto Candicentrico devo dire XD però mi piace molto, ha una svolta importante all'interno. Che dire, buona lettura! La canzone di riferimento è Die Alone di Ingrid Michaelson -> http://www.youtube.com/watch?v=fOSmw0bKw9s



13. I never thought I could love anyone… but you.

Lo osservava attentamente. Ecco cosa faceva da giorni. Era passato da tempo Natale, era passata la tempesta e lei lo osservava accuratamente, perché si era accorta che lui davvero ci teneva a lei.
«Candy cosa stai guardando, il sedere di Joseph?» la domanda di Claire fece voltare anche Nina, che la osservava come se fosse colpevole.
«No!» esclamò la diretta interessata arrossendo «Ero solo sovrappensiero e mi son ritrovata con gli occhi fissi su di lui. Niente di più.»
«Okaaaay.» commentò Claire con il suo tipico sguardo furbetto di quando si affrontava quell’argomento: poi, ritornò a leggere il giornale mentre la make-up artist e la parrucchiera la sistemavano per bene. Nel frattempo, Nina continuava a guardare l’amica.
«Che c’è?» chiese Candice a bassa voce, intercettando il suo sguardo.
«Uhm… nulla. Pensavo solo a quello che aveva detto Claire.» rispose l’altra, prendendo anche lei il giornale per sfogliarlo «Riguardo a te e il sedere di Joseph. O insomma, semplicemente lui.»
«Siete due depravate, ecco cosa siete. Che pensate pure troppo al sedere di quel ragazzo, il mio amico
«Non vorrei essere cattiva, ma ti ricordi com’è andata a finire con il tuo ultimo “amico” maschio? Giusto per ricordartelo, non vuole essere crudeltà gratuita.»
Candice guardò malissimo l’amica, che fece spallucce: «Giusto per avvisarti, nel caso che te lo fossi dimenticato. E stai iniziando a farti domande su Joseph nello stesso modo, quindi…»
«Non è Michael, e Michael sicuramente non è all’altezza di Joseph, di questo ne sono più che certa.»
«Oh, ma anche io. Solo che l’hai ammesso anche tu che Joseph è superiore, e… di Michael ne eri perdutamente innamorata un anno fa. Sta’ attenta. E non guardargli il culo.» aggiunse dopo un po’ l’amica, che fece quasi sbottare Candice: «Non gli sto guardando il c—
«Buongiorno donne!» Joseph arrivò appena in tempo per non farle pronunciare l’ultima parte della frase e le baciò la fronte, facendola arrossire anche più di prima, quando s’era accorta di non aver potuto finire la frase.
Claire e Nina si scambiarono uno sguardo complice, esclamando poi all’unisono: «’Giorno Joseph!» e poi guardarono contemporaneamente Candice, che alzò gli occhi al cielo, ringraziando sentitamente i chili di fondotinta che le avevano spalmato in faccia e che avevano mascherato il rossore impeccabilmente. Anche se Nina e Claire avevano comunque capito, e ridacchiavano sotto i baffi.
«Mi sono perso qualcosa?» chiese il ragazzo, guardando le tre ragazze col sopracciglio alzato.
«Nulla! Sono su di giri oggi queste due» rispose immediatamente Candice, guardandolo negli occhi attraverso lo specchio.
«…Okay. Allora io e te ci vediamo dopo sul set… Nina, penso che vedrò anche te dopo.» guardò lei e poi l’altra amica con un espressione stranita e se ne andò. Candice guardò malissimo le altre due, che scoppiarono a ridere poco dopo come delle matte.
«Dovevi vedere la tua faccia, era stupenda…»
«Buongiorno!» Zach arrivò e stampò un bacio sulle labbra della biondina, che ne aveva già provate troppo quella mattinata, e che non poté chiudere gli occhi perché li aveva sbarrati guardando le due amiche trattenersi dalle risate con un’espressione poco normale in viso «Che vi succede? Tutto a posto?»
Candice annuì, guardando tutti e tre, terrorizzata: «Ci vediamo stasera, tesoro?» gli diede una pacca sulla spalla, a cui lui rispose con un’occhiata stranita: «Okay… a stasera!» e se ne andò perplesso, mentre Claire e Nina, libere, scoppiarono finalmente a ridere.
«Voi due mi farete uccidere, un giorno…» commentò Candice, espirando pesantemente.

Lo guardava negli occhi, concentrata come non mai. Ormai ci pensava da molti giorni, ne parlava con Nina… ma di fronte a lui non riusciva ad aprire bocca.
«Voglio lasciarti.» lo disse con così tanta velocità che per poco non fece soffocare Zach, mentre lei si sentiva sollevata dall’esser riuscita a dirglielo e sorrise.
«Cosa?» esclamò lui, accennando un sorriso «Mi stai prendendo in giro, vero? È davvero uno scherzo di cattivo gusto…»
«Non sto scherzando. Sono un bel po’ di giorni che… non posso stare con te. Non ci tengo… non posto stare con qualcuno a cui non tengo…»
«Quindi sono stato il tuo giochino per qualche mese, eh? Il padrone da accudire insieme al suo cane amorevole, da invitare in famiglia a Natale quando invece avresti voluto decisamente qualcun altro al posto suo… eh?»
La ragazza sbuffò: «Non fare scenate qui, abbassa la voce…»
«No, non disturbarti. Me ne vado proprio, non ci saranno scenate. Arrivederci, Candice.» Zach gettò il fazzoletto sul piatto, alzandosi per infilarsi la giacca.
«Quindi è finita…?»
«O Cristo. Sì, per la tua gioia è finita.» sbottò quello, scappando via offeso.
Candice si compiacque, pensando a come si era espressa: era stata cattiva, molto cattiva. Però era arrivata ad esserci in ballo la sua libertà, limitata da se stessa nello stare con lui, non riuscendo più ad essere non solo felice, ma minimamente tranquilla assieme a Zach.
Quindi era contenta di averlo lasciato, perché s’era sentita finalmente libera… solo che ora era stata proprio una stronza con quello che un tempo era stato un suo vero amico. E l’aveva sfruttato, perché non ci si era mai sentita davvero tanto legata, e… aveva bisogno di Nina.
Si alzò dal tavolo trattenendo le lacrime e andò a pagare alla cassa, scappando via dal locale ancora senza il cappotto addosso e trascinando la borsetta alla bell’e meglio, correndo verso la sua auto.
Non appena arrivò a parcheggiare l’auto si precipitò nel portone, poi nell’ascensore e poi a suonare a casa: fu fortunata perché fu proprio Nina, ridendo, ad aprire. Non appena la vide cambiò espressione: «Candice cos’è successo?»
La ragazza si gettò tra le braccia dell’amica a piangere: «Ho lasciato Zach…»
«Okay…» Nina la abbracciò, aspettando che fosse lei a parlare senza chiedere nulla.
«C’è Joseph? Ian?»
Nina scosse il capo: «No, vuoi che ti chiami Joseph? Ian in realtà è in camera…» poi capì che in realtà non voleva nessuno a parte lei «Ian ci si rivede domattina, se ci prepari la cena è anche meglio!»
«Chiamo Jose—
«NO!» urlò Nina, trascinando l’amica nella sua camera ed aiutandola a togliersi il cappotto, prima che quella se lo strappasse dall’instabilità – perché in quei momenti, Candice poteva passare dal pianto e la devastazione più acuta alla rabbia incalmabile.
«Allora…» iniziò Nina, sedendosi sul letto accanto all’amica.
Candice non parlava. Anzi, fissava il vuoto… fin quando non iniziò a ridere come una matta. L’altra aveva seriamente paura, e iniziava a maturare l’intenzione di chiamare Joseph… ma si trattenne: «Candice?...»
«L’ho lasciato! Ho lasciato Zach, finalmente!» continuava a ridere, e ridere, e ridere, così tanto che Ian dall’altra parte della porta si preoccupò e la aprì, guardandole sconvolto: «Va tutto… bene? Stava piangendo e ora ride?»
«Ian, l’ho lasciato! Ho lasciato Zach!» esclamò lei, guardandolo negli occhi, ridendo ancora.
«Devo esserne felice… contento… triste?» chiese il ragazzo, guardandola sconvolto: poi passò a guardare la sua ragazza, che era scioccata nello stesso modo «È una cosa bella… vero?» non sapeva come porsi nei confronti della sua ragazza e della sua migliore amica, la prima perché era ammutolita, come se si stesse preparando alla tempesta, e l’altra perché aveva i tipici comportamenti da pazza psicotica.
«O-kaaay… devo chiamare Joseph? Per dargli la bella notizia?...» aveva iniziato a dire Ian, notando che Nina scuoteva la testa vigorosamente…
«NO!» urlò Candice, avvicinandosi a lui in modo pericoloso, guardandolo malissimo «Glielo dirò io, prima o poi!»
«Okayyy…» Ian iniziò a indietreggiare, trovando la maniglia della porta e uscendo repentinamente da quella stanza: non voleva morire in modo spiacevole e sapeva che invece Nina se la sarebbe cavata, come al solito. Conosceva bene Candice.
«Candice, tesoro… calmati.» Nina la prese per mano e la fece sedere sul letto: quella incrocio le gambe e scoppiò a piangere sulla spalla dell’amica, non bloccandosi più.
«N-Ni-Nina, non fraintendermi, io sono contenta di averlo lasciato…» riuscì a dire lei, mentre l’altra le accarezzava una spalla «Ma sono stata crudele! E sono stata contenta di esserlo!»
Nina alzò un sopracciglio: «In che senso sei stata crudele?»
«Gli ho detto che dovevamo lasciarci e poi gli ho sorriso. E quando lui ha preso tutto per andarsene gli ho chiesto se allora ci fossimo lasciati e lui ovviamente mi ha mandata a quel paese. In compenso ho pagato la cena anche a lui perché era scappato via, quindi…»
L’amica la guardava sconvolta: «Ecco, ora il tuo sguardo accusatore mi fa stare anche peggio…»
«Non è accus—scusa ma l’hai fatto sul serio?» chiese di getto Nina, non credendoci ancora.
«Dirgli così? Sì. Nina mi sentivo proprio oppressa, non riuscivo più ad esser contenta stando con lui… ho fatto la cazzata di scacciare il chiodo con un altro chiodo. E ci stavo male, e non mi sentivo più libera, e volevo solo scappare da lui, e non ero più me stessa. E una volta sono arrivata a nascondermi in palestra.»
L’altra scoppiò a ridere, credendo che l’amica stesse scherzando: «Oddio, veramente? In palestra?»
Candice la guardò di sottecchi: «Sì, non sto scherzando.»
«Ommioddio. Allora hai fatto più che bene…»
«Lo so che ho fatto bene, è che sono stata una stronza e non mi perdonerà mai più perché lui ci teneva sul serio, e io no, ed eravamo amici! Sono stata quasi tanto stronza quanto Michael lo è stato con me!» sbottò Candice, sbuffando sonoramente, avendo smesso di lacrimare ma avendo il viso come quello di un panda. Bianca con gli occhi neri abbottati.
Lo notò anche Nina, e scoppiò a ridere: «Sembri un adorabile panda.»
«Lo so.» rispose l’altra, iniziando a ridacchiare, trasportando anche l’amica nella risata, che poi l’abbracciò.
Suonò il telefono e Nina rispose: «Pronto? Oh ciao Joseph!..» guardò l’amica, che annuì «Sì, è qui, te la passo!»
Candice cercò di pulirsi con una mano gli occhi – come se il ragazzo potesse vederla, dal telefono! – e inspirò, piantandosi un sorriso sulla faccia: «Ehi Joe!»
«Come va? Sei già tornata dall’appuntamento romantico?»
L’altra annuì: «Sì… tu cosa stai facendo?»
«Leggo. Ma non la regina dei draghi, come promesso.»
«Fiuuu, mi sento meglio allora!» commentò lei, ridacchiando.
«…Ho interrotto un momento-ragazze di confessione?» Candice ridacchiò: «Effettivamente sì…» iniziò ad arrotolare il filo del telefono attorno al suo dito.
«Ecco perché non parlavi! Vabbé, se lo finite entro orari accettabili chiamami tu, sennò buonanotte! Un bacio!»
«Okay, un bacio…» chiuse il telefono, crollando sul letto, conscia del fatto che lo sguardo curioso di Nina fosse su di lei.
«Perché non gliel’hai detto?»
«Non voglio che lo sappia ora. Voglio che lo sappia solo tu ora, a lui… glielo dirò prima o poi.»
«Uhm… okay.» commentò Nina, stendendosi accanto a lei.
«Che si fa? Non voglio più piangere.»
Lo sguardo dell’amica si illuminò: «Ci facciamo le manicure più assurde e facciamo scappare Ian dalla puzza dello smalto che impesta tutta casa?» propose la bruna, facendo brillare lo sguardo anche dell’altra.
«Ci sto!» esclamò Candice, sorridendo davvero, finalmente, come una persona normale.

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Capitolo 14
*** It’s a little bit funny, this feeling inside. ***


Dunque, per capirlo al meglio dovreste leggere la prima storia, "Help me, I'm alive"... però se non volete spero capiate i riferimenti comunque :3 Per il resto... buona lettura! (Canzone di riferimento: http://www.youtube.com/watch?v=D9AFMVMl9qE )

 
14. It’s a little bit funny, this feeling inside. 

L’aveva convinta ad uscire, ebbene sì. Sperò soltanto che non ci fosse stato Zach: sarebbe stato parecchio imbarazzante fuori dal set. Lei si sarebbe circondata di Nina, Joseph, Ian e Claire e avrebbe passato la serata così, le sarebbe bastato quello. E anche un po’ di Kat probabilmente.
«Sei pronta? Muovitiiiii!» ovviamente c’era Nina, da dietro la sua porta che urlava e le metteva fretta… come sempre. Erano rare le volte in cui i ruoli erano ribaltati.
«Okay, okay, sono pronta!» sbottò Candice, spalancando la porta e dandogliela quasi in faccia.
«Ian ci sta aspettando giù… ‘mazza che figa oh!»
«Come prego?» Candice sgranò gli occhi, alzando entrambe le sopracciglia.
«Scusa, mi è partita una Trevinaggine.»
«Trevi-cosa?» sebbene sicuramente quel sostantivo dipendesse da Trevino, non poté fare a meno che scoppiare a ridere.
«Qualsiasi cosa tremendamente rozza e volgare d’ora in poi si chiamerà così, in onore a Trevino.»
«Oh mio dio, sei matta!» Candice continuò a ridere, portandosi le mani alla pancia.
«Di’ un po’ ti sei fatta bella per Joseph?» Nina iniziò a tirarle delle piccole gomitate, ammiccando con lo sguardo.
«No! E non è un vestito, cioè il vestito è normale» si aprì il cappottino tutto rouches e gonna ampia, mostrando un vestito nero.
«Non è semplice, è tutto di pizzo! Ok, sarà un “semplice” tubino, ma è tutto ricoperto di pizzo, le maniche sono di pizzo, e sei sexy! A parte il cappottino verde retrò che rovina tutto, ma vabbè, ti si doveva riconoscere in qualche modo.»
Candice le rivolse un’occhiataccia, infilando le décolleté di velluto dello stesso colore del vestito e prendendo la borsetta: «Su, andiamo?»
Nina la osservava con la bocca aperta: «Sì, cara. Togli il fiato, quasi. Diventerei quasi lesbica per te ora.»
«Sono ancora etero io, però!»
«Oh ma anche io, certamente! Era un complimento»
«Okay.» chiuse la porta di casa a chiave, seguendo l’amica nell’ascensore: chissà chi ci sarebbe stato oltre loro sei. Sicuramente gente poco desiderabile da avere accanto, almeno per lei.
Evitò di pensarci, entrando in macchina di Ian e occupando i sedili posteriori: «Buona sera… wow! Bel… tutto.»
Nina gli tirò un pugno sul braccio: «Io posso diventare lesbica per lei, tu non puoi essere etero per lei!»
«Amo te, non preoccuparti!» le baciò la punta del naso e mise in moto «Ammiravo solo il fatto che si fosse preparata molto bene… non accadeva spesso di questi tempi. È per Joseph?»
«Basta chiederlo!» squittì la ragazza, arrossendo. Ian guardò la fidanzata, che annuì: «È esattamente per Joseph. Solo che non lo ammetterà mai… e l’ho già chiesto io. Mi ha bellamente ignorata, ovviamente.»
E continuava ad ignorare la loro domanda: in realtà non sapeva per chi o cosa fosse, aveva solo voglia di uscire, divertirsi, ed essere appositamente conciata bene per quello. Aveva ritrovato il piacere nel curarsi, non era forse una cosa buona? Non bisognava curarsi solo per gli uomini, insomma. Lo si poteva fare benissimo solo per se stesse, o per una serata tra amiche, o semplicemente per il proprio ego. Era bello vestirsi e prepararsi come farebbe lei e non ogni giorno come vogliono i truccatori e lo staff sul set. Voleva sentirsi un po’ sé, la sua sé curata. Le piaceva anche quella trasandata, che usciva da lavoro con gli enormi occhialoni da sole per nascondere occhiaie e trucco inesistente, ma anche la versione… sofisticata. Le piacevano entrambe, non poteva rinunciare a nessuna delle due.
«Quando arriviamo?» chiese Candice, che era stata per molto tempo assorta nei suoi pensieri.
«Siamo arrivati. È un posto carino che ha trovato Claire bazzicando per Atlanta, ci siamo voluti fidare.» rispose Ian, parcheggiando ed intimando loro di uscire.
Era pronta a vedere chi fossero gli invitati, sì. Doveva solo prendere un profondo respiro e varcare quella porta, sperando in tutti i modi che non ci fosse Zach.

Non sapeva quale santo o dio avesse dovuto ringraziare ma, fortunatamente, non c’era. Certo, non c’era Zach, ma Michael sì, e lo evitò prontamente, sistemandosi tra Nina e Kat, di fronte a Joseph: tutti i modi pur di stare lontano da lui. Non voleva di certo farsi rovinare la serata da quel deficiente. Perché era tale, da tale si era comportato. E quindi beveva, mangiava, spiluccava dal piatto di Nina e di Joseph, e lo ignorava beatamente.
Ignorare completamente la sua esistenza le faceva bene, era… piacevole. La sollevava completamente, le toglieva un macigno dal petto. Avrebbe dovuto ignorarlo da prima, si sarebbe sentita molto meglio. E forse Zach non sarebbe stato solo un chiodo schiaccia chiodo.
Riprese a mangiare la pizza margherita che aveva ordinato ormai ore prima, soffocando quasi non appena sentì delle note partire dal piano. Non le era nuovo che fosse una serata musicale, ma… la canzone che avevano scelto di suonare…
Lanciò uno sguardo d’intesa con Nina, che era lievemente spaventata. Poi riprese a spiluccare la sua pizza, non più con tanta voglia di mangiare.
«I don't have much money, but boy if I did… I’d buy a big house where we both could live…»
Sgranò gli occhi, sbatté le palpebre diverse volte, incrociando poi, finalmente, lo sguardo di Joseph. Che la interrogava, in qualche strano modo. Gli sorrise, come per assicurargli che era tutto a posto, stava andando tutto bene.
Poi prese a fissare un punto nel vuoto, iniziando inspiegabilmente a canticchiare. Non se ne era resa nemmeno conto, finché non arrivò appositamente da lei la tipa che stava reinterpretando la versione di Ellie Goulding della canzone di Elton John.
«Dai!» le diceva, la incitava a cantare…
«Okay.» si sorprese a dire. «Però rimango qui, non mi muovo di un centimetro.» afferrò il microfono, stupendo le due amiche che la circondavano: e che sapevano bene cosa significasse quella canzone, o meglio, cosa aveva significato in passato.
Solo a sentirla per sbaglio, mesi prima, Candice scoppiava a piangere. Ora voleva cantarla? Davanti ad un ristorante intero con una tipa che non aveva mai incontrato prima di quel momento?
«So excuse me forgetting, but these things I do… See I've forgotten if they're green or they're blue.» incrociò lo sguardo di Joseph, perché sentiva che era giusto che lo facesse. Le dava la forza di continuare, e… gli si addiceva, effettivamente. Erano blu o verdi? Un blu-verdognolo? «Anyway the thing is what I really mean: yours are the sweetest eyes I've ever seen» di nuovo, incrociò di nuovo lo sguardo con Joseph. Sembrava quasi volesse dedicargliela… ma no, non poteva, quella canzone aveva una storia, e non riguardava loro due. Ma non le importava, molto sinceramente: se l’era lasciata alle spalle, ce l’aveva fatta. E quella canzone si addiceva molto più a lui che non a lei, che non a come Trevino gliel’aveva dedicata, ormai parecchio tempo prima.
Le parole scorrevano da sole, dalla bocca della cantante e dalla sua. Sapeva quali fossero, come fossero, e non ci stava minimamente pensando, perché era intenta ad altri pensieri. Pensieri più importanti, e che non riguardavano minimamente Michael.
«I hope you don't mind, I hope you don't mind that I put down in words…» di nuovo, incrociò lo sguardo di Joseph, che la guardava ipnotizzato «How wonderful life is now you're in the world
Il momento era passato, quegli sguardi… erano terminati. Aveva riconsegnato il microfono alla cantante strana che chiedeva al pubblico di cantare, era tornata a spiluccare la pizza.
Non aveva più incrociato lo sguardo di Joseph finché non udì una voce molto conosciuta pronunciare un breve: “Scusatemi, torno subito” e sparire oltre la porta d’ingresso. Ed era Michael. Strano come non avesse pensato a lui per tutta la durata della canzone, mentre pensava irrimediabilmente a Joseph. A cui, tra le altre cose, ancora non aveva detto della rottura con Zach.
Perché diavolo quel deficiente aveva preso e se n’era andato? Forse era troppo geloso del fatto che quella stessa canzone non aveva suscitato in lei nessuna tristezza, nessun rimorso… era forse contento quando lei soffriva? Non le importava. Certo, se così fosse stato sarebbe stato un grandissimo stronzo, ma non le importava. Non era a lui che stava pensando in quel momento, fortunatamente.
Incrociò lo sguardo di Joseph oltre il tavolo, sorridendogli: un sorriso complice, uno dei loro. Solo di loro due. E sia Claire che Nina lo intercettarono, scambiandosi a loro volta un sorriso complice, ma di un altro tipo di complicità.
E poi riprese a mangiare la pizza, perché aveva ancora fame e il ricordo di Michael non faceva più effetto, la canzone non faceva più effetto: era passata. Era passato tutto, si era finalmente liberata di lui.

«Ti sei divertita, stasera?» Nina era piombata in camera sua, pronta a farle domande, lo sapeva. Se lo aspettava, in effetti.
«Sì, ho avuto una bella serata, a dirla tutta. Ero contenta che eravamo in pochi, e che le persone indesiderate se ne siano andate prima… questo mi ha resa molto più contenta.»
«Okay. E… la canzone? Significa che l’hai superato, tutto?»
Candice sorrise, contenta: «Sì, non significava più niente per me, tranne il fatto che fosse una bella canzone. Nessun legame sentimentale, nulla di nulla per quello stronzo.» ma lo disse senza risentimento, con un sorriso sulle labbra.
«E…» sapeva che avrebbe chiesto di Joseph, lo sapeva. Ed era pronta a rispondere che di fatto non sapeva nulla, non sapeva niente… ma Nina non le chiese nulla, sorprendentemente. Tacque, le accarezzò il capo, e si alzò dal suo letto, lasciandola con una tazza fumante di cioccolata calda in mano e la sua copertina preferita addosso.
«Hai per caso sentito Joseph? Ti abbiamo riaccompagnato noi…»
«Penso dovesse riaccompagnare Claire, in fondo era andato anche a prenderla…» ma sorrise. Era un semplice dato di fatto, non era certo gelosa di Claire! Dopotutto erano solo amici.
Anche loro in realtà lo erano. E se…
«La tua mente macchina, la vedo fumare.»
«Dovrebbe stare zitta e prender sonno.»
«Hai ragione!» ridacchiò l’amica, di gusto «Buonanotte, tesoro.»
«Notte, cara!» le mandò un bacio volante, sistemandosi meglio sul letto e lasciando la cioccolata calda rimanente sul comodino… magari l’avrebbe finita il giorno dopo.

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Capitolo 15
*** If you gonna stay, stay tonight. ***


Puntuale come la maggior parte delle volte, ecco il 15esimo capitolo! Con questo, entriamo nell'ultimo quarto della storia :( Ebbene sì, sarà finita col ventesimo capitolo. Però non voglio mettervi ansia, ma, soprattutto per questo capitolo vi dico: GODETEVELO! A me piace tanto, e posso solo postarvelo visto che in sti giorni sarò impegnata con il seggio e tutto quello che ne deriva... però godetevi questo capitolo! Buona lettura <3

 
15. If you gonna stay, stay tonight. 

«Sono contento che tu sia venuta.» girare una puntata come quella in quel periodo, dove non sapeva proprio bene cosa provasse per lui era contemporaneamente facile e difficile allo stesso tempo, a dirla tutta.
«Bé, la scelta era tra una festa con caviale e un buffet funebre.» alzò le sopracciglia, proprio come avrebbe fatto Caroline in quella situazione, anche se era costretta a guardare Zach, data la parte.
«Ho saputo di tuo padre.» Aww, era così dolce Klaus! Psicopaticamente dolce, certo, ma non si può avere tutto dalla vita, soprattutto in un posto come quella cittadina sperduta e maledetta!
«Non farlo… sul serio.» fosse stata al posto di Caroline avrebbe ceduto alle avances di Klaus già dopo che le aveva regalato il bracciale, probabilmente.
«D’accordo, parliamo di qualcos’altro, per esempio di quanto bene tu stia in quel vestito.»
«Non ho avuto molto tempo per fare shopping.» …E se fosse stata Caroline l’avrebbe indossato anche se avesse avuto tutto il tempo del mondo per fare shopping, comunque.
«Il braccialetto che ti ho dato… che scusa hai per averlo indossato?» aveva colto nel segno. Maledetta Caroline, perché non lo seguiva? Aveva già letto tutto il copione, e con Roma, Tokyo e Parigi che le prometteva… lei rimaneva in quella cittadina schifosa? Ma dai! «Sai, balli molto bene.»
«Bé… ho preso lezioni. Sono stata Miss Mystic Falls!»
«Lo so.» per quel “Lo so” sarebbe morta… se fosse stata Caroline, ovviamente.
«Stop! Buona, la terza volta che la si prova è sempre la migliore!» disse qualcuno da dietro le cineprese, facendo scoppiare a ridere la ragazza, conscia di quello che era successo poco prima, quando aveva appena detto che aveva preso lezioni ed era inciampata sui piedi di Joseph. Inutile dire che si eran fermati tutti per dieci minuti a ridere come dei matti.
«Almeno non è caduta di faccia a terra!» ridacchiò Joseph, con le sue adorabili fossette in bella vista.
Doveva smettere di fissarlo come una stalker, perché poi si soffermava sugli occhi, sulle fossette, sulle labbra… e non andava bene. Le cose cambiavano e lui non ne era al corrente e ne sarebbe dovuto essere e lei… non andava bene, no! Magari aveva altri interessi, era solo un’amica per lui… doveva smettere di farsi tutte quelle seghe mentali. Non le facevano bene, e la distraevano non poco. Per lo meno dopo quella scena parecchio difficile, lei aveva finito. Anche Joseph, per quanto ne sapeva, perché per quella puntata le sue scene erano quasi tutte con lei… quindi avrebbe dovuto dirglielo. Glielo doveva comunicare, ormai erano passati quindici giorni dalla sua rottura con Zach e ancora non gli aveva detto nulla. Doveva, doveva per forza.
Soprattutto perché provava qualcosa di strano, di diverso, e… dovevano parlarne, vero? Dovevano, non c’era scampo. Insomma, fino a qualche tempo prima dormiva sempre a casa sua, tra il suo letto e il divano, e leggevano insieme, e facevano tutto insieme… e ora? Si sarebbe chiesto il perché di questo allontanamento. E lei non si sarebbe mai voluta allontanare, ma doveva riflettere, e non ci riusciva se lui era così sorprendentemente dolce, adorabile e tutto.
Quindi si diresse verso il camerino, prese la sua roba e la portò nel bagno, pronta ad infilarsi nella doccia e riflettere un altro po’. Perché prima di dirglielo e dichiararsi – sempre se quella potesse essere la cosa giusta, e lei ancora non lo sapeva, ma lo provava, quindi qualcosa doveva significare quello, no? – doveva riflettere un altro po’.
Ed era per quello che Nina aveva smesso di chiederle esplicitamente se ci fosse qualcosa di nuovo sul fronte “Joseph”. Perché giustamente persino lei si era sconvolta del fatto che non stessero più sempre – o appena possibile – insieme. E proprio per quello aveva smesso di chiedere, perché aveva capito che lei stesse macchinando qualcosa con la sua testa semi-bacata. E non voleva rovinare tutto chiedendoglielo.
«Stupida, stupida Candice!» batté volontariamente la testa contro il box doccia, più volte. Se l’era ripetuto almeno venti volte in più giorni di non rinnamorarsi mai più di un suo collega dopo tutto quello che era successo con Trevino, ma noooo, lei doveva per forza. E dentro di sé quando Zach le aveva chiesto di uscire la prima volta sapeva che non si sarebbe innamorata di lui. Ne era più che certa, nel suo cuore. Anche perché pensava ancora al deficiente buzzurro californiano, quindi era molto difficile. E Joseph l’aveva aiutata a superarla, le era stato vicino, s’era insinuato nella sua vita lentamente, e bloccargli le entrate in essa così, di botto era difficile, e suscitava diverse domande. Alle quali avrebbe dovuto per forza rispondere, assolutamente quella sera.
Si rivestì e asciugò i capelli, cercando di pensare ad un discorso che potesse sembrare plausibile, ma non le veniva nulla in mente. Anzi, stava pensando a monopolizzare il bagno, fregandosene del fatto che ci potessero essere altri membri del cast o della crew che magari avrebbero voluto usufruirne. Perché voleva avere dei capelli decenti e voleva truccarsi come diceva lei per dirglielo.
Sostanzialmente non pensava alle parole e avrebbe fatto una figuraccia e Joseph le avrebbe detto “riparliamone un’altra volta”, sicuramente.
Perché in quel fronte doveva essere così insicura? Con Zach non lo era.
Ma di Zach non te ne fregava nulla, però.” Voleva zittire con un pugno il suo grillo parlante interiore, ma probabilmente se l’avesse fatto si sarebbe fatta male da sola.
«Devi andare lì e dirglielo. A qualsiasi costo.» ora iniziava anche a parlare da sola, perfetto.
Terminò di truccarsi – facendo accuratamente in modo da non sembrare truccata, o almeno, non truccata di proposito – per poi rendersi conto che in realtà non ce ne sarebbe stato bisogno, perché tanto Joseph l’aveva vista in qualsiasi modo. Struccata, piangente, rovinata, truccata, in pigiama, in accappatoio, in versione Caroline… in qualsiasi modo. E pochi c’erano riusciti in realtà, come Nina o Ian. Ma solo perché di fatto vivevano a casa sua, quindi era anche logico.
«Ce la farai, e sarai magnifica.» …Sì, certo. Evitò di dar ascolto alla sua vocina interiore e prese la sua borsa, decidendosi finalmente ad andare alla ricerca di Joseph.
Ce l’avrebbe fatta, ce la doveva fare.
Incrociò Nina ancora tutta bella e vestita per il famoso ballo della puntata che stavano girando e la bloccò per un braccio: «Hai visto Joseph in giro?»
«Candy. Come sei carina!» l’altra arrossì, sperando che l’amica non facesse i dovuti collegamenti che probabilmente nella sua testa aveva già fatto «Comunque cercalo in sala cinque, ma muoviti perché non so per quanto ci rimane, sta per tornare a casa.»
«Grazie.» e no, la sfiga pure no!
Corse via verso la sala cinque, o almeno quella che credeva fosse la sala cinque. Ovviamente si sbagliava… ma che diavolo ci faceva in una sala che probabilmente usavano solo per tenere la roba vecchia?!
Alzò gli occhi al cielo, mentre continuava a correre. Diamine, doveva dirlo quel giorno, doveva! Sennò non ce l’avrebbe più fatta…
E doveva ricordarsi di non correre pensando, perché sicuramente sarebbe finita contro qualcosa, o qualcuno.
«Scusami, sono di frett—oh. Joe. Ti cercavo!»
Joseph la guardò stranito, alzando entrambe le sopracciglia per poi sorriderle: «Per questo stai correndo?»
«Ehm, sì. Devo dirti qualcosa.» e tutto il bel discorso che s’era immaginato era andato a farsi benedire, anche perché gli era finita contro e non era per nulla romantico. O perlomeno sensato. E probabilmente era anche sudata.
«Sì?» chiese il ragazzo stupito. In realtà non si aspettava che Candice rispuntasse nella sua vita così, a caso. C’erano state strane…cose tra loro. Non aveva ben capito né il perché, né il per come, men che meno quando. Però era successo, e sperava vivamente che la ragazza non volesse porre fine alla loro amicizia.
«Nina e Ian lo sapevano già, in realtà… Solo che avevo bisogno di tempo per dirlo a te.»
«Sono tutto orecchi.» rispose lui, cercando di capire dove volesse andare a parare. Se lo sapevano quei due, cosa c’entrava la loro amicizia?
«Ho, ehm… uhm, ho lasciato Zach. E avevo bisogno di riflettere prima di dirtelo, riflettere accuratamente, perché insomma, eri tu a doverlo sapere…» tutto il bel discorso in frantumiii, perché s’era lasciata prendere dai sentimenti…
«Oh… bene! E… come ti senti?» aveva una strana espressione? Era sollevato, forse?
«Bé… bene. Libera. In realtà anche libera da quello che pensa, dice quell’altro cretino di Trevino…»
E se Claire avesse avuto ragione, dicendo che ci sarebbe potuto essere qualcosa di più tra loro due?
Se tutte le sue battutine – le loro battutine, doveva contare anche quelle di Nina che si era coalizzata con Claire – avessero sortito il loro effetto? Insomma, le voleva davvero bene, a Candice. Si era sentito misero e solo senza di lei quelle due settimane o poco più, quando lei rifletteva… su cosa, poi?
Alzò lo sguardo e lo puntò negli occhi della ragazza, che continuava a parlare a vanvera perché probabilmente doveva dirgli qualcos’altro, qualcosa di diverso… e non arrivava al punto.
E poi era così tenera e carina, sempre. E sexy, anche quello molto spesso. E per perdersi nei pensieri si era perso molti dei ragionamenti esposti dalla ragazza in modo confusionario, solo perché voleva nascondere qualcosa, o dirla girandoci intorno. Così prese coraggio e le afferrò un polso, intrecciando poi le dita della sua mano con quelle dell’amica. E la guardò negli occhi.
Candice smise di parlare a vanvera, fissandolo accuratamente, come se dovesse capire tutto dal suo sguardo: lui le carezzò una guancia con l’altra mano, leggermente, come se la stesse solo lievemente sfiorando. E poi azzerò la distanza tra loro, baciandola prima dolcemente, poi quasi con foga, in modo molto più passionale. E lei rispondeva, rispondeva nel modo più sicuro e certo possibile: perché l’aveva anticipata, ma erano arrivati alla stessa soluzione senza sentirsi, senza parlarne. Lei avrebbe voluto istituire una discussione a riguardo, pensando che probabilmente lui l’avrebbe respinta, invece lui era direttamente passato ai fatti, anticipandola, senza sapere se lei lo avrebbe accettato o cacciato. Invece l’aveva più che accettato, attirandolo ancora più vicino a sé, non avendone abbastanza, volendolo sentire ovunque, volendo respirarlo e volendo le sue mani ovunque.
«Woo! Non credevo ci fosse una scena Klaroline così spinta da provare in giro, ve ne ha parlato Julie?» Nina spuntò dal nulla, ancora vestita di tutto punto, alla ricerca di Ian, imbattendosi nei due «Oh mio dio voi non state provando un bel nulla!» sbarrò gli occhi, dopo essersi concentrata per un po’ troppo tempo sui visi dei due, completamente assorti in quello che stavano facendo, così tanto da ignorarla beatamente «Oh, ehm… okay. Ciao!» la ragazza scappò via dalla stessa parte da cui era sbucata, imbattendosi in Ian e bloccandolo «Cercavo te! E non andare di là. Sennò disturbi i piccioncini che limonano come se non ci fosse un domani.»
Il ragazzo la guardò stranito, e lei si affrettò a rispondergli: «Oh, i Jodice. Sai, Candice e Joseph. Si son decisi, a quanto pare.»
«Jodice?» si limitò a commentare il ragazzo, arricciando il naso prima di scoppiare a ridere.
«Mi piace creare nome così. Sai come Nian, Klaroline, Delena, Stelena, Darena…»
«Siamo passati a Gossip Girl?»
«Oh, sta’ zitto! E non mi prendere in giro perché lo seguo ancora!» ribatté quella, indispettita, tornando verso il set, dato che aveva trovato ciò che cercava.
Quando entrambi riemersero dal bacio non poterono che sorridere, complici. Un altro dei loro soliti sorrisi complici, scambiato però dopo un momento molto particolare, un punto di svolta.
«C’era Nina» disse per primo Joseph, mentre Candice stringeva entrambe le mani del ragazzo.
«Sì.»
«Andiamo a casa.»
«Decisamente!» Candice afferrò la borsa, che prima aveva lasciato cadere a terra tanto era presa da lui, e lo trascinò verso l’uscita, sperando sinceramente che Nina ed Ian non si presentassero a casa quella sera… o che magari lo facessero molto, ma molto tardi.
Sorrise tra sé e sé e continuò a trascinare Joseph verso la sua auto, senza nemmeno preoccuparsi di chiedergli se fosse con la sua macchina, dovesse recuperarla… no, non era importante. Non così, non in quel momento.

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Capitolo 16
*** Sunday morning, rain is falling… steal some covers, share some skin. ***


La canzone di riferimento è OVVIAMENTE Sunday Morning dei Maroon5 -> http://www.youtube.com/watch?v=S2Cti12XBw4 Per il resto... buona lettura! :)

16. Sunday morning, rain is falling… steal some covers, share some skin.

Si svegliò all’improvviso la mattina dopo sbarrando gli occhi e guardando spaventata il soffitto. Si sentiva un po’ spaesata, a dirla tutta. E il soffitto bianco la tranquillizzava non poco.
Si voltò alla sua destra, trovandoci Joseph sepolto tra le coperte: controllò che avesse qualcosa addosso – la biancheria! La biancheria era ancora addosso. O di nuovo – e poi controllò se stessa. Aveva anche avuto la decenza di indossare una maglia… ah, quella sua. Beeene.
Riguardò il ragazzo accanto a lei con più cura. Era… strano essere nello stesso letto, accanto a lui, dopo che erano successe quelle cose. Non succedevano mai tra loro, loro erano amici.
Beh, non più, se si era arrivati a tanto.
La voce della sua coscienza aveva tirato in ballo quello che voleva nascondere a se stessa da quando aveva preso a rispondere ai baci dell’amico, ma prima o poi loro due avrebbero dovuto affrontare un discorso. Lei e la sua coscienza.
Perché quello che c’era tra lei e Joe era cambiato, mutato, trasformato in qualcosa di diverso, qualcosa di più. E come, quando l’avrebbero definito?
Si stava facendo prendere dal panico, come al suo solito: e lì sarebbe dovuto intervenire l’amico Joseph. Ora che amico e amante/amato erano la stessa cosa come avrebbero fatto?
Sentì il ragazzo mugugnare e si voltò nuovamente a guardarlo, trovandoselo di fronte con gli occhi ben aperti, pronti ad osservarla: «Buongiorno, amore.»
«No, non chiamarmi come fa Klaus, o vado in crisi d’identità! E anche tu.»
«Ho sempre detto “amore” e “tesoro”, non cambia nulla ora che…»
«Ecco, sì, ora che cosa? Cosa siamo?» era un po’ isterica, e non perché fosse arrabbiata con lui. Joseph comprese e ridacchiò, porgendole un braccio: «Vedo la tua testa fumare. Su, vieni qui.»
«Cosa siamo, Joe?» ribadì lei, mormorando ed avvicinandosi a lui, seppellendosi nella sua spalla.
«Uhm… io tengo a te.»
«E io a te.» rispose subito la ragazza, sentendo la calma del ragazzo pervaderla anche solo con un abbraccio.
«Io penso che basti, no? Come ti senti tu?»
Candice alzò lo sguardo verso il suo, pensandoci accuratamente: «A parte che tengo a te? Bé… bene. Insomma, al posto giusto, al momento giusto, completa…»
«Quindi va bene. Che motivo c’è di definire qualcosa se sappiamo questo? Non c’è mica bisogno che ti dica “okay non voglio che tu ti veda con nessun altro, che stiamo insieme da giorno tot…” e così via…»
La ragazza sorrise improvvisamente, guardandolo negli occhi: «Però non vuoi che mi veda con altri e di fatto staremmo insieme. Dopo, poi.»
«Ovviamente non voglio che ti veda con nessun’altro! Cioè…»
«Gelosone.» commentò lei, non dandogli nemmeno la possibilità di terminare la frase e osservando la sua reazione, un po’ infastidita: allora lo raggiunse e stampò un bacio sulle sue labbra «Neanche io voglio che tu ti veda con le altre.»
«Quindi non sei nella posizione di criticarmi!»
«Non lo stavo facendo. Al massimo… ti stavo prendendo in giro.»
«Mh.» concluse lui, stringendola ancora più a sé: era bello poterlo fare ed essere nel giusto, senza sentirsi un po’ in colpa perché la maggior parte di loro pensavano che non potevano stare così tanto vicini, perché erano impegnati con altre persone… e col senno di poi, probabilmente avevano ragione, ma fortunatamente non avevan dato loro retta.
Joe le stampò istintivamente un bacio sulla fronte e lei alzò lo sguardo verso di lui: «Sei dolce.»
«Sì.»
«Ma… lo sei sempre stato.» anche prima, era sempre stato così, non era cambiato dall’oggi al domani. Semplicemente… ora tutte quelle effusioni avevano un significato diverso.
«…Sì.» rispose lui, continuando a tenerla stretta a sé, rilassato.

E così averlo accolto in casa aveva ora un’accezione diversa. E lui la stava aspettando nel letto per la colazione – in realtà si era riaddormentato e lei lo avrebbe risvegliato portandogli la colazione a letto. Se tutto fosse andato come previsto e lei non avesse dato fuoco alla cucina – e lei si dedicava ai fornelli.
«Candice?» la ragazza sobbalzò facendo finire per poco un pancake a terra: lo risistemò sulla piastra e si voltò per pochi secondi verso l’amica, che attendeva una spiegazione seduta al bancone della cucina, a pochi metri da lei, senza parlarle.
«Sì?» si limitò a risponderle, terminando l’ultimo pancake e posandolo sulla catasta che c’era sul piatto: avrebbe aggiunto dopo lo sciroppo d’acero. E se non gli fosse piaciuto?
«C’è Joseph in camera?»
«Sì.»
«Quindi suppongo che… insomma, siate andati oltre i semplici baci.»
Candice si sedette davanti all’amica, pronta ad affrontarne lo sguardo, di qualsiasi tipo esso fosse: «…Sì.»
«Okay. E ora?»
«È la prima cosa che gli ho chiesto stamattina quando ci siamo svegliati.»
Nina alzò gli occhi al cielo, esasperata: «Sai proprio come far scappare quello giusto, ragazza!»
«Non è scappato!»
«Sì, lo so, ma solo perché è Joseph, e ti conosce molto bene. Qualsiasi altro ragazzo sarebbe scappato, lo sai, vero?»
«Qualsiasi altro ragazzo non ne varrebbe la pena.» commentò la biondina, suscitando uno sguardo dolce dell’amica «Che c’è?»
«No, è che… hai detto una cosa molto dolce.» rispose Nina, notando che Candice aveva fatto spallucce subito dopo «E quindi come siete rimasti?»
«Bé… di fatto stiamo insieme, di nome penso di no. Comunque ci siamo espressi chiaramente, cosa esclusiva e tutto il resto, teniamo l’uno all’altra…»
«Era già esclusiva, e vi volevate bene anche prima, che cosa c’entra?»
«Bé, ma prima c’erano…»
«Non importa chi ci fosse prima, era esclusiva nei vostri cuori.»
«Okay… ma prima non c’erano i baci e il sesso.»
«…Questo può cambiare le cose, effettivamente. Ma c’erano già tutte le varie effusioni»
«…Che tu contestavi, sì, lo ricordo.»
«Lo contestavo a ragion veduta, stando a come stanno le cose oggi.»
«Bé… sì okay, ma meglio così.» rispose Candice, facendo di nuovo spallucce. Nina scosse la testa, rivolgendole uno sguardo ammonitorio: «Che c’è?!»
«Niente di ché… sembri contenta.»
«Sono contenta. Timing perfetto, io avevo pensato di parlargli, e lui mi ha presa per mano…» Candice squittì contenta, arricciando il naso e scotolando la testa a destra e a sinistra velocemente, come i cani quando vogliono asciugarsi: dovette fermarsi però, non appena Nina le si avvicinò per abbracciarla: «Sono contenta. Ma soprattutto: finalmente! Io e Claire avevamo creato il fan club per voi due già mesi fa!»
«Tu e Claire?»
«Oh sì. Spingevamo per farvi capire qualcosa di più sui vostri sentimenti da tantissimo tempo e voi ci ascoltavate ben poco!»
«Quindi Claire e Joseph non…?» fece uno strano gesto con le mani, ricevendo poi uno scappellotto da Nina: «No, cretina! Credevi che stessero insieme o cosa?!»
«Bé, stavano spesso insieme… e poi ahia, mi hai fatto male!»
«E te lo meriti!» ribatté la brunetta, guardandola male «Cosa passa in quel cervellino, mai si può sapere completamente…» sentenziò l’amica, tornando nella sua camera con il caffelatte e i biscotti.
Allora lei si alzò, riempì un bicchiere di latte e lo mise sul vassoio, portandolo poi verso la sua camera: dove vi trovò un Joe sveglio e ridacchiante.
«Cosa c’è? Da quando sei sveglio?»
«Più o meno da quando le hai detto della specie di accordo nostro. Facevamo prima a farlo davanti a lei…» rispose il ragazzo, continuando a sorriderle.
«Bé, sai che prima o poi l’avrebbe saputo, non lamentarti.»
«Non lo sto facendo. Cosa mi hai preparato di buono?» cambiò argomento, pur non volendo davvero criticarla per l’essersi confessata con Nina.
«Lo vedi.» ribatté quella, infilandosi sotto le coperte e portando con sé il vassoio: porse il pancake gigante e le posate al ragazzo, che tagliò il primo pezzo e lo porse a lei: «Tanto non ce la faccio a mangiarlo tutto.»
«Oh. Okay!» rispose quella, posando la testa sulla sua spalla, spiluccando il pancake e fregandogli anche diversi sorsi di latte, tanto che ricevette un’occhiataccia da parte del ragazzo: «Che c’è?! Hai detto tu di servirmi!»
Il ragazzo non rispose, ma in compenso scoppiò a ridere, continuando a mangiare e tenendola stretta sé.

«Sul serio?!» Nina sovrastava un Ian ridente col suo corpo, sbuffando sonoramente; nell’altra camera ridevano e producevano rumori molesti, così che la brunetta si alzò dal letto e, nervosa, andò a sbattere diversi pugni contro al muro: «Un po’ di silenzio, magari? Le risatine contente ci distraggono e vorremmo fare sesso anche noi!»
Ian iniziò a sghignazzare come non mai, riuscendo a fermarsi solo dopo Joseph e Candice smisero di ridere: «Come sei acida, ne hai veramente bisogno. Non hai rispetto per una povera coppietta appena formatasi, che arde di amore e passione…»
«No, io rispetto tutte le loro effusioni e i loro sguardi da “prendimi qui sul salotto e sulla cucina” anche se sono in momenti impropri, sono loro che non ne hanno sbandierando così al vento la loro felicità!» sbottò Nina, lasciandosi cadere sul letto.
«Che giorno è oggi?»
«Mercoledì, perché?» sbottò la ragazza, mentre Ian controllava il calendario dell’I-Phone: «Perché i piccioncini non c’entrano nulla, sei tu che tra pochi giorni avrai il ciclo e stai urlando contro tutto e tutti.»
«Non voglio fare sesso. Voglio una Red velvet.» Nina piantò il broncio, seppellendo la testa nel cuscino e venendo abbracciata da Ian, che le stampò un bacio sulla punta del naso e dichiarò poco dopo: «Scendo a comprarti una red velvet. Vuoi qualcos’altro?»
Alla ragazza brillò lo sguardo: «Un Frappuccino… e due muffin da Starbucks!»
«Vuoi che ti prenda qualche rimedio erboristico preventivo?» chiese il ragazzo dal salotto, che sicuramente stava già infilandosi la giacca di pelle per prendere e andare.
«Se trovi qualcosa sì, grazie.»
«A dopo!»
«Ti amo, sei la mia salvezza!» gli urlò Nina dalla camera, infilandosi sotto le coperte e accendendo la TV, pronta a fare zapping e a maledire ogni singolo programma che fosse presente su qualsiasi canale.
«E poi sono io quella rumorosa!» ribatté Candice oltre il muro, che non si era fatta sentire per troppo tempo.
«Vuoi che venga a soffocare te e il tuo ragazzo ora, in questo momento, in camera tua?» rispose Nina, continuando svogliatamente lo zapping, spegnendo la TV e prendendo a sfogliare un libro che aveva trovato sul comodino: non aveva avuto risposta, significava che Candice si era arresa. Ma sapeva che avrebbe dovuto farlo, perché tra le due quella che aveva la sindrome premestruale più forte era proprio Nina, e quando arrivava probabilmente avrebbe potuto fermare un uragano. Così, imbronciata, aspettando i suoi dolci si decise a continuare il libro che aveva lasciato sul comodino non letto per troppi mesi.

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Capitolo 17
*** You'll be the prince and I'll be the princess, it's a love story baby just say yes ***


Duuuunque rieccomi! La canzone di riferimento è Love Story di Taylor Swift -> http://www.youtube.com/watch?v=8xg3vE8Ie_E E a me piace molto come capitolo. Davvero tanto, son troppo dolci *_* Buona lettura!


17. You'll be the prince and I'll be the princess, it’sa love story baby just say yes

«Cosa farete per San Valentino?» indagò con cautela Nina, temendo che l’amica le rispondesse malamente per qualche non meglio conosciuto motivo. Invece Candice fece spallucce, non riflettendoci su più di tanto: «Non lo so, ma non è un problema. Troveremo qualcosa!»
«Sei così… ottimista. Non ti vedevo così da parecchio…»
«Ehi, il sesso è fantastico, lui è fantastico… non potrei mai smettere di ascoltare la sua voce. Io sto bene, per San Valentino se vuole può portarmi anche sotto un ponte, non mi faccio problemi ad accamparmi lì!» spiegò tranquillamente l’amica, facendo nuovamente spallucce.
Nina non poté far altro che sorriderle sinceramente, mentre continuava a pelare le patate: «Sono profondamente e veramente contenta…» tacque quando sentì una chiave girando nella toppa.
«Ma se Ian è di là…»
«Tesoro, stavo pensando… oh, ciao Nina!» esclamò Joseph non appena si accorse della presenza della ragazza, salutando Candice con un bacio veloce «Ti aspetto di là?»
La ragazza annuì, sorridendo. «Ciao Ian!» salutò l’altro, andando in camera della ragazza.
«Ciao britannico!» rispose l’altro oltre il muro.
«Ha già le chiavi?» la mandibola di Nina era quasi a terra e aveva anche smesso di pelare le patate «Sei uscita pazza per lui, le chiavi non le aveva avute nessuno a parte Ian! Insomma, il tuo paio di riserva non l’aveva avuto mai…»
«Lo so, nessuno.»
«Dopo un mese, sul serio? È okay per te?» chiese l’amica, un po’ preoccupata.
«Sì. Gliel’ho proposto io, a dirla tutta. E… sentivo proprio di farlo. Forse stiamo affrettando le cose… ma siamo stati diversi mesi fermi, senza far nulla. E mi fido di lui.»
«Oh, anche io.» annuì l’altra, ridacchiando «Va’ da lui, prima che mi chieda perché ti abbia rapita!» aggiunse dopo, sorridendole. La seguì con lo sguardo finché non si chiuse dietro la porta, e sospirò, tornando a guardare le patate: «A noi, signorine!»
Non appena chiuse la porta trovò il ragazzo sul letto con una busta in mano. Si faceva vento con quella e la guardava maliziosamente.
«Cos’hai là, signor Martin?» gattonò sul letto fino ad arrivare a lui, accoccolandosi sulla sua spalla.
«Non così in fretta, miss Accola. Stavo pensando… non ti dispiace la pioggia, vero?» indicò fuori dalla finestra, dove stava venendo giù un acquazzone epocale. Avevano persino sospeso le riprese per quello.
«Non… mi dispiace, no. Certo, il sole è sempre il benvenuto, ma…»
«Bene.» commentò lui, senza lasciarla parlare. Candice lo guardò stupita: «Cosa mi nascondi, ragazzo britannico?»
«Ti ho comprato un regalo… anticipato. Per San Valentino. Potrebbe sembrare un po’ tanto…» la ragazza gli strappò la busta di mano, con gli occhi che le brillavano «Non mi interessa, lo sto aprendo!»
«No, fidati, ti interesserà…» Candice aveva già strappato via la busta e si ritrovava in mano con dei biglietti di un volo intercontinentale. Atlanta – Londra e ritorno.
«Non c’è un hotel prenotato.»
«…No. Se vuoi lo prenoteremo, ma… vorrei presentarti a mamma e papà. Non andare in panico! Lo so che potrebbe essere un bel po’ affrettato, un volo transoceanico per conoscere i miei genitori… ma voglio davvero farti conoscere Swansea, tutti i posti dove sono cresciuto… e la mia famiglia. Per favore, ti prego, non andare in panico!» strizzò gli occhi e alzò le mani in alto, sperando di non aver esagerato.
Candice rimase a fissare i biglietti per diversi minuti. Poi passò a fissare lui, e a un certo punto gli sorrise: «Non m’impanicherò. Sono contenta, invece. Un San Valentino alternativo, in Galles!»
«Davvero? Ti sta bene?»
«È uno dei gesti più carini che mi sia stato fatto, e lo è comunque anche in generale. Quindi sì, partiamo per il vecchio continente, non mi importa! Basta che ci sia tu» aggiunse, guardandolo negli occhi. Solo che quello sguardo intenso, contento… innamorato, era troppo, anche per lei. Per lei che provava tante sensazioni forti per lui. Così roteò gli occhi e distolse lo sguardo, per poi tornare a perdersi nei suoi occhi verdi-blu. Era un’occhiata troppo bella per non godersela tutta.
Ed erano molto vicini.
«Quindi… non è un problema per te?» insistette lui, voltandosi completamente verso di lei per baciarle la palpebra sinistra e poi quella destra, lasciando scendere le mani ai bordi della maglia: ebbe solo la forza di negare con un cenno, iniziando ad alzare la maglietta del ragazzo e lanciando i biglietti aerei su un comodino mentre lui si premurava di baciarla con tanta cura, su tutto il viso, sulle labbra… dolcemente.
Di lì a breve si sarebbe sciolta, ne era certa.
Scivolò sotto di lui dopo averlo liberato dalla maglietta, lasciandosi passivamente bloccare le braccia mentre i suoi minuscoli baci scendevano sempre più giù, sotto il suo petto. Si lasciò sfuggire un sospiro carico di aspettativa, mentre sentiva le sue mani trafficare con il suo jeans per liberarla: l’avrebbe uccisa con la sua precisione e la sua giusta lentezza, ne era certa. L’unica cosa che faceva velocemente era leggere.
Non si curò più né si chiese se fosse completamente nuda o meno, ma attirò il ragazzo a sé quasi brutalmente, prendendolo per il collo, volendo sentirlo sulla sua pelle. E lo sentiva ovunque: sul suo collo, le spalle, le clavicole… un altro sospiro di piacere, l’avrebbe fatta impazzire. Era quello che voleva, vero? Lui non la prendeva e la sbatteva al muro – e qualche volta, in realtà, aveva sperato che lo facesse – ma la torturava fin quando lei stessa quasi non arrivava a stuprarlo. Le faceva sempre fare la figura della ninfomane, per come volesse tutto e subito.
Ne aveva abbastanza, non poteva stuzzicarla con la sua lingua maledetta ovunque, collo, seni, pancia… sapeva rendere persino la pancia una zona erogena! E passarla liscia. Gli tolse maldestramente e brutalmente i pantaloni, avvicinandolo a sé per baciarlo e impegnargli le labbra per tanto, ma tanto tempo.
Come diamine ci sapeva fare, a stuzzicarla con ogni parte del suo corpo: no, quella volta non avrebbe fatto la figura della ninfomane e non sarebbe passata sopra. Voleva godersi appieno il momento, farsi torturare. E ci stava riuscendo parecchio bene, fino a quel momento.

«Ohhh mio dio ho preparato tutto? Ho tutto in valigia? Controlliamo la lista…»
«A forza di controllare le liste perderemo l’aereo! Dai, anche se hai dimenticato qualcosa lo compriamo a Swansea! Non è poi così fuori dal mondo!»
«Sì, lo so, lo so, è che se non sono certa di aver controllato tutto son più che certa che sul bel volo di nove ore inizierò a pensare a tutto quello che ho messo in valigia e non voglio!»
«Okay, d’accordo. hai vinto tu. E la parte Caroline di te che esce fuori quando organizzi qualsiasi cosa, anche solo una valigia.» Joseph si arrese e le baciò la punta del naso, conscio del fatto che Candice non avesse sentito né il bacio né quello che le aveva detto, tanto era assorta nei suoi pensieri rumorosi.
«Okay, tutto pronto. Andiamo!» esclamò la ragazza, trascinando il suo trolley in salotto e aspettando che Joseph facesse lo stesso, ridacchiando. «Sei impossibile!»
«Lo so! Su, muoviamoci, prima che perdiamo l’aereo!»
«Ah, ora lo perdiamo, eh?» commentò lui, mordendosi il labbro e ridacchiando.
«Ehi piccioncin…ohhhh!»
«Se bussassi, prima di aprire le porte!» esclamò Nina in una posa molto compromettente con Ian.
«Siamo di fretta, dobbiamo andare. E poi vi ho visto entrambi seminudi, completamente nudi o fare sesso insieme, quindi non è una visione nuova. Buon San Valentino, ci vediamo tra una settimana!»
«Ciao ragazzi!»
«Buon viaggio, non stressare troppo Joseph, Candice!» esclamò oltre la porta Nina.
«Ecco, Kostantinova dice bene!» convenne Ian, ricevendo uno scappellotto ben piazzato dalla ragazza, che iniziò a prenderlo a male parole senza molti problemi.
«Hai chiamato il taxi?»
«Sì…»
«Sappiamo che treno prendere appena arriviamo a Heathrow?»
«Amore?» Joseph la prese per le spalle, guardandola negli occhi «Ci penseremo quando arriviamo qui, faccio avanti e indietro in Madrepatria da parecchio tempo. Ora rilassati!»
«Okay… okay.» si arrese lei, trascinando il trolley fino al portone del palazzo «E lo spuntin—
«Oh, ecco il taxi, è arrivato!» la spinse verso la vettura, guadagnandosi un’occhiataccia bella e buona.

«Oh mio dio. Non ci credo che siamo atterrati ad Heathrow e stiamo scendendo da un treno a Swansea.» la biondina era letteralmente allucinata, stava davvero pensando di aver affrettato troppo le cose.
«Non ci credi che vuoi scappare, o non ci credi che…»
«No… no. Mi piace qui, solo che… non me lo aspettavo proprio. Me l’hai detto solo due giorni fa e per me è stato completamente nuovo. Boom! Dal nulla. Però ho accettato perché mi va, ecco.» rispose la ragazza, trascinandosi il trolley fino al primo taxi fuori dalla stazione.
«Candice… ci sarebbe mio padre ad aspettarci.»
«Oh. Wow. Le presentazioni già ora… okay.» la ragazza iniziò a guardarsi intorno, un po’ preoccupata.
«Ehi… guardami.» disse il ragazzo frapponendosi tra lei e il parcheggio «Se non vuoi, davvero, prendiamo il primo treno diretto a Londra, vediamo come…»
«No, sul serio. Ce la posso fare. Solo…»  si guardò intorno, controllando che nessuno li stesse osservando per poi attirarlo a sé e baciarlo «Solo questo. Ho bisogno di una spintarella, tutto qui.»
«Se devo baciarti per convincerti me lo potevi dire in aereo, cominciavo lì!» commentò Joseph, provocando la risata della ragazza, che lo prese per mano non appena si accorse che gliela stesse porgendo: «La prossima volta te lo dirò prima, allora. Andiamo, su!»
«Oh, la macchina è quella lì.» indicò un auto qualche metro più in là e lo seguì, imitandolo e posando la valigia nel portabagagli. Poi notarono che entrambi i sedili davanti erano occupati, così si sedettero dietro.
«Ciao mamma… papà!» baciò entrambi i genitori sporgendosi oltre i sedili, tornando poi al suo posto ed indicando Candice: «Lei è Candice… la mia ragazza.»
Era anche arrossito, che tenero! Se non avesse dovuto stringere la mano ai signori Martin come minimo l’avrebbe baciato sulle guance, per quanto era stato tenero!
«Piacere di conoscervi, signori Martin!» sorrise la ragazza, porgendo la mano alla madre per ultima e rendendosi conto che la donna la attirò a sé per abbracciarla: lei guardò stupita Joseph, che alzò gli occhi al cielo «Mamma non me la spezzare!»
«Ma è così carina e solare e dolce, come posso non abbracciarla!» spiegò la donna, facendo arrossire la ragazza, che mugugnò grazie e arrossì.
«Vedi, hanno il potere di farci arrossire entrambi» commentò Joseph, stringendo la mano di Candice posata tra i due sedili.
«Sciocchezze, siamo solo accoglienti! E ora andiamo, tesoro, o gli mostriamo solo la stazione a questi due?»
«Sì signora, certo signora!» rispose il padre di Joseph motteggiandola e improvvisando un saluto da militare.
«Fai meno il cretino, signor Martin!»
«Non scandalizzarmi i giovani trattandomi male!»
«E tu muoviti, Nick!»
«…E sei appena entrata in famiglia, Candice.» concluse Joseph, ponendo fine al loro battibecco mentre il padre metteva in moto l’auto e si dirigeva lontano dalla stazione. Da quale parte fosse andato, però, lei non avrebbe saputo dirlo.

Era stesa sul letto a guardare il soffitto colorato: o meglio, la carta da parati lo era, tutta sui colori aranciati… il soffitto no. Ma osservarlo infondeva sicurezza e tranquillità, quindi continuava senza problemi.
«Siamo pronti ad andare!» Joseph fece capolino nella sua camera, raggiungendola poi sul letto: le stampò un bacio sulla punta del naso per salutarla.
«Chi?»
«Io e te.»
«Oh, improvvisamente la giornata diventa più interessante!» commentò lei, alzando entrambe le sopracciglia maliziosamente.
«Non ti sono simpatici?» indicò il resto della casa, cercando di mascherare un pizzico di delusione.
«Oh no, assolutamente! Sono simpaticissimi! Però ecco… è San Valentino e vorrei passarlo solo con te…»
«E per questo ho una sorpresa per te.» alla ragazza brillarono gli occhi: «Un’altra?»
«Eh sì. Si va in barca a fare un picnic. La cesta sta giù, manchi solo tu.»
«In pieno febbraio, eh? Che persona curiosa e creativa che sei!» esclamò lei, stampandogli un bacio sulle labbra e dirigendosi verso la porta «Andiamo? O aspettiamo qualcuno? Tipo un pilota di barche o qualcosa del genere…»
«Solo io e te, mi dispiace!» rispose lui, abbracciandola e trascinandola al piano di sotto.

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Capitolo 18
*** Darling, don’t be afraid I have loved you for a thousand years, I’ll love you for a thousand more ***


Ed ecco il nuovo capitolo! Sono un po' triste che oltre a questo mancano 2 capitoli e poi finisce :( ... ma tutte le cose finiscono, anche quelle belle! E chissà che non scriverò un'altra Jodice prima o poi 8)
Buona lettura!


18. Darling, don’t be afraid I have loved you for a thousand years, I’ll love you for a thousand more

Era davvero inusuale esser stesa sul retro di un motoscafo in pieno febbraio. Con un piumino e una coperta addosso, il mare non perfettamente calmo e tutto. Non ci credeva, era una delle cose più strane che aveva mai fatto. Insieme al fare il picnic su una barca. Insomma, lo sanno tutti, i picnic si fanno sull’erba, no? Con la palla per giocare, i teloni, le miriadi di panini e tanti altri cibi…
«A cosa pensi, tesoro?» Joseph le si avvicinò con dei panini non meglio identificati. Era stata fortunata però quel picnic marino aveva portato anche tramezzini con i frutti di mare, sushi – non sapeva che la signora Martin sapesse fare il sushi!!!... o forse l’aveva comprato –  insalata, e anche parecchi dolci! Sarebbe ingrassata nel giro di pochi giorni, ne era certa.
«Mh?»
«A cosa pensi?»
«Me lo chiedi sempre?» ribatté lei, stupita, arricciando il naso «Cioè perché ti interessa… o perché pensi che io stia pensando qualcosa di brutto…?»
«Voglio solo sapere a cosa pensi, cosa ti passa per la mente… di brutto e di bello, di rabbioso e dolce… niente di ché.» rispose il ragazzo, facendo spallucce: Candice si alzò rapidamente dalla posizione supina, sbattendo le ciglia, sorpresa. Quell’uomo la stupiva sempre, anche solo dicendo cose che “non erano poi un così grande affare”. Per lei lo erano, lo erano eccome.
E lui ci faceva caso, sempre. Era una cosa un po’ inquietante, ma era un buon osservatore…ed era dannatamente dolce e sensibile per chiederle tutto. Disponibile, come nessuno era mai stato con lei. E sapeva anche decidere lui: sapeva quando lasciarla libera e quando sottometterla. In tutti i sensi, anche quelli più fisici.
Arrossì ed attribuì la causa al freddo, e non ai pensieri poco puri che le attraversavano la mente. Avvertì una fitta al basso ventre, constatando spiacevolmente che la rendeva una ninfomane. Non era così… ossessionata, prima. Le aveva aperto un mondo, sotto tutti gli aspetti: fisicamente, sentimentalmente… letterariamente, se avesse potuto dirlo. Il tempo che non passavano a lavorare, mangiare, svagarsi – meglio non specificare come – e coccolarsi – perché erano d’obbligo le coccole post-svago – lo passavano a leggere. L’aveva introdotta al mondo della sua “rivoluzione letteraria” – con tanto di hashtag, almeno su Twitter – e adesso leggeva il triplo rispetto a prima, oltre al triplo… dell’altro.
Gli si avvicinò in pochi secondi, sfiorandogli le labbra con un bacio: «A cosa devo questo, miss Accola?» chiese lui, con un sorriso vispo. Di tutta risposta ricevette un’alzata di spalle: «Hai chiesto. Eri interessato… sei interessato.» spiegò quella, con semplicità.
«Sì. Lo sono. Sempre stato, in realtà.» rispose lui, sorridendole.
«Okay, torna dentro.»
«Cosa, perché?—
«Perché sta per piovere—
«Le nuvole sono lontane, finché arrivan—
«…E perché fa freddo e voglio strapparti i vestiti di dosso ora, e non penso sia il luogo adatto qua fuori al freddo e al gelo, no?» terminò lei, prendendo due piattini pieni e la cesta principale, pronta ad aprire le ante di legno con le spalle.
«È…decisamente meglio rientrare, sì.» convenne lui, prendendo bottiglie, posate, tovaglie e il resto per trascinarle dentro.

La piccola semi-vacanza-romantica in madrepatria li aveva portati alla decisione di trasferirsi insieme, più o meno. Insomma, non avrebbe lasciato solo lo spazzolino e il pigiama…ma anche qualche cos’altra in più. I suoi libri erano lì già da tempo.
Ora doveva solo dare la notizia a Nina e sperare che la prendesse bene. Dopotutto lei non aveva fatto alcuna storia da quando Ian praticamente viveva con loro! Perché avrebbe dovuto farne lei? Anche se, effettivamente, quella casa era piccola per quattro persone… e sarebbe stato anche parecchio imbarazzante.
Ebbe appena il tempo di lasciare la valigia in camera che la stessa amica “doveva parlarle”: strano, per la prima volta non c’erano né Ian né Joseph in mezzo.
«Com’è andata, Candy?»
«Bé… bene. Lo so che pensavi che fosse affrettato, e una parte di me lo pensava pure, ma… sono simpatici, i suoi genitori. E mi sono trovata davvero bene. E non erano nemmeno invadenti!...»
Nina era sulla porta ad aspettare. Che fosse successo qualcosa? Che non le fregasse nulla e doveva dichiararle apertamente qualche problema? Avevano forse lasciato strane cose in bagno?
«Okay…»
«Devo dirti una cosa.» lo dissero contemporaneamente, e si guardarono negli occhi.
«Prima tu…»
«No, tu…»
Stavano giocando al gioco del pappagallo?
«Mi trasferisco con Ian.»
«Joseph si trasferisce qui.» e anche quello lo dissero contemporaneamente, e la reazione di entrambe fu: «Stai scherzando?!» ma Nina continuò: «Già ora? Come?... cioè… Non è che state andando un po’ troppo velocemente? Insomma, è anche vero che di fatto state vivendo insieme già da prima che non stesse insieme…»
«Appunto. E poi… lo amo. E mi ama.»
«Wow. Lo ami lo ami? Sul serio, per davvero? Perché anche della scimmia avevi detto che…» ma tacque, non appena vide la ragazza scuotere la testa: «Non c’entra proprio nulla con quello che provavo per Trevino. In confronto, era una cotta passeggera. Dolorosissima, ma passeggera.»
«E… come mai, se posso, quest’esplosione di sentimenti?» erano distanti l’una dall’altra, come se fossero fredde. Quella discussione, partita dai trasferimenti, era scomoda per entrambe. Si sarebbero dovute dividere… per davvero.
«Ci tiene davvero a me, e lo dimostra sempre. Non è una cosa dovuta, o che lui mi fa pesare… è incondizionata. È semplice e pura. E non ti nego che sono anche innamorata di quest’idea di amore… però è così. E da parte mia… voglio passare la maggior parte del mio tempo con lui, ti basta come risposta?»
«…Decisamente. È anche troppo romantica e dolce e sentimentale per te, una risposta del genere.» ammise Nina, con un’espressione lievemente schifata in volto.
«E… tu e Ian? Per voi si che è un grande passo! Insomma, io sono “colta nell’attimo”, se ne possono dire tante…ma voi l’avete ponderata, la scelta.»
«Cerchiamo di non farne un affare di stato, ma… sì, è un grande passo.» l’amica roteò gli occhi, arrossendo. Poi Candice la guardò corrucciata ancora per un po’… e sorrise. Profondamente, sinceramente e totalmente, pronta ad abbracciarla e a saltare insieme a lei: «Ce l’hai fatta, ce l’avete fattaaaa!»
«Bé, tu hai rapito il cuore del britannico, hai fatto più che centro! Son quasi gelosa…» commentò Nina dopo aver smesso di saltare assieme all’amica come due invasate.
«E tu hai Mr occhi di ghiaccio, direi che siamo alla pari! Ma ora…» si rabbuiò poco dopo «quando litigo con Joseph da chi andrò a rompere le palle?»
«Sta’ zitta, ti prego. Che sei venuta solo una volta nel nostro letto a farti coccolare dagli amici, fungendo anche da intralcio. Normalmente quando litigate fate sesso brutale in tutta casa, e lo dico perché lo so.Vi ho sentiti.» ribatté Nina, sapendo il fatto suo, e facendo così arrossire la biondina davanti a sé, che non sapeva dove mettere la faccia.
«Ma mi mancherete!»
«Sì, lo so…» il tono da falsa modesta della ragazza lo conosceva bene, lo usava sempre quando doveva darsi delle arie per finta «È difficile non sentire la mia mancanza!»
«Tieni i piedi per terra, cara! E comunque sì, è vero.» ammise poco dopo, con un broncio.
«Bé… ci sarebbe una cosa.»
«Che cosa?» a Candice brillarono gli occhi.
«Siccome se me ne andassi io o te ne andassi tu, questa casa per l’altra non sarebbe più la stessa… perché non vi trasferite anche un po’ fuori Atlanta? Verso Covington. Più o meno… sopra casa nostra? Di me ed Ian, intendo.»
«Wow… cosa? C’è qualcosa che affittano?»
«Sì, sono due appartamenti, li ho già visti entrambi perché erano entrambi liberi. Sono entrambi ancora liberi… spero. Bé insomma son carini entrambi, ma preferivo quello al piano di sotto per via degli scalini…»
«Non mi sarei mai aspettata che fossi tu Miss Pigrizia 2012!»
«Ma erano tanti!»
«La affitta sempre la stessa persona?» chiese Candice, prendendo il cellulare.
«Sì. Cosa fai con quel coso?»
«Ehi Joe? Ho trovato la casa perfetta! Sì so che si era detto di rimanere qui… ma fidati, l’altra è meglio… ti dirò quando ci trasferiremo!» schioccò un bacio e chiuse la chiamata, rivolgendosi poi all’amica, nuovamente: «Allora, il numero del tipo?»
«Wow. Mai pensato di diventare personal manager di qualcuno o qualcosa del genere? L’hai convinto in un battibaleno e sei già pronta a chiamare il tipo… wow.»
«Non lo sto per chiamare! Non ora per lo meno. Prima dovrò togliermi la giacca. E disfare la valigia. E poi mi dedicherò al multitasking parlando con il tipo e convincendo Joseph che sia la cosa giusta. Anche se non penso che ne abbia davvero bisogno, è stata sua l’idea! E non gli interessa molto dove finiremo, ecco.»
«Sei impressionante.» Nina era allibita.
«E per rispondere alla tua domanda, se mi andasse male la carriera di attrice finirò sicuramente a fare la PR o qualcosa del genere. Mi ci vedo, nel business!»
«E non sei l’unica!» la ragazza si alzò dalla poltrona, ancora con gli occhi sgranati, pronta a tornare in camera: poi si voltò nuovamente verso l’amica «Non mi stupirei che vi trasferiste prima di noi!»
«…Naaaah.» concluse la ragazza, alzandosi dal divano e dirigendosi in camera «Non oggi, almeno. Magari domani, se ho tempo, tra una ripresa e l’altra.»
«Il trasferimento?!»
«Ma certo che no! Il noleggio del furgoncino, l’accordo e la visita della casa! E poi ovviamente, bloccarla.»
Nina continuò a guardarla stralunata: «Se mai mi sposerò, organizzerai tu il mio matrimonio. E con questo, mi ritiro a serata privata.»
«Tutta sola senza Ian tutta la sera?»
«Sì!»
«Okay, ordiniamo la pizza?»
«Ovvio!»
«A tra un’ora!» dichiarò a voce più alta Candice, per superare la porta chiusa della camera dell’amica. Era tutta sovreccitata per i cambiamenti e le nuove buone notizie.

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Capitolo 19
*** But I have grown too strong to ever fall back in your arms. ***


Okaaay, questo è il penultimo capitolo. Mi dispiace perché poi ne rimane solo un'altro ed è finita quest'altra long ç_ç ma spero di rincontrarvi tutte in altre storie, sia mie che vostre! Comunque la canzone di riferimento è -> http://www.youtube.com/watch?v=d5PGTim1YfI (Jar of hearts - Christina Perri) E buona lettura!

19. But I have grown too strong to ever fall back in your arms.

«Quindi… dov’è questa casa che hai trovato?» chiese Joseph, ormai più che bello e sistemato nella sua cucina, con tutti gli scatoloni che occupavano salotto e camere. E bagno. Giusto in tempo per concludere i contratti e tutto, e trasferirsi. E dopotutto… poteva esserci tutta la confusione che volevano, erano già solo loro due in quella casa.
«Uhm, vicino a dove l’hanno presa Ian e Nina. Il proprietario è lo stesso.» omise il fatto che fossero sopra casa loro… ancora per poco. Il ragazzo si voltò per scrutarla attentamente: «Mi nascondi qualcosa. L’hai già vista?»
«No. Aspettavo te!» rispose lei con il tono che andava a sottolineare il fatto che quella fosse la cosa più ovvia del mondo. Allora le sorrise, sincero: «Che tenera.»
«Sì, hai proprio ragione!» convenne lei, motteggiandolo con quel vanto e avvicinandosi alla porta dato che avevano suonato «Se vuoi possiamo andare dopo cena… magari il proprietario ce la lascia vedere!»
«A quest’ora? Non penso proprio. Magari domani mattina…» ma non ricevendo risposta dalla ragazza lasciò la cucina per andare a capire cosa stesse succedendo alla porta: e che Michael Trevino stesse lì davanti a loro non era qualcosa che lo faceva sentire a suo agio.
«Cosa… cosa ci fa lui qui?» chiese Joseph, più sinceramente curioso che geloso, o nervoso. Per il nervosismo ci sarebbe stata Candice, a breve.
«Ed è proprio quello che mi sto chiedendo anch’io, fidati.» convenne la ragazza, a braccia incrociate: osservava l’ex amico con sguardo truce, mentre Joe le stringeva lievemente un braccio con la mano per farle sentire il suo sostegno.
«Possiamo parlare in privato?» chiese l’ispanico, insofferente alla vista di Joseph in quella casa, come se fosse la sua.
«No. Qualsiasi cosa mi devi dire la potrà ascoltare anche lui, non ci sono segreti.» rispose Candice, ancora con lo sguardo truce e le braccia incrociate.
«Hai paura di non poterti controllare, sola con me?» ammiccò il ragazzo, ricevendo un sonoro ceffone sul collo: «Si, perché potrei farti il culo, ammazzarti e seppellire il cadavere senza nessun testimone.»
«Ouch!»
«…Aspetterò al bancone della cucina.» convenne Joseph, sgranando lievemente gli occhi. Sapeva decisamente come difendersi e come difendere la loro… “cosa”, la sua ragazza.
«Che-cosa-vuoi? E rispondi decentemente, o ti caccio a pedate. E lo faccio sul serio, con i piedi
«Serbi così tanto rancore perché mi ami ancora, per caso?»
Altro schiaffo. Avesse fatto qualche altra allusione e sarebbe finito dritto in una bara.
«In realtà no, serbo rancore perché mi hai fatta stare uno schifo e ora che sto davvero bene ti ripresenti alla mia porta? Sei davvero uno stronzo, ecco cosa sei.»
«Possiamo trasformare tutto questo odio in qualcosa di più produtt—
«E prenderti a calci nel sedere? Con piacere!» gli tirò un calcio su uno stinco, e dalla cucina Joseph udì provenire un altro gemito di dolore. Si trattenne dal ridere, perché poteva sembrare poco gentile e consono da parte sua origliare e godere del dolore di un’altra persona… ma quello stronzo voleva fregargli la ragazza, quindi era più che legittimo che ridesse. Candice lo stava facendo fuori, senza dargli il permesso di parlare. Era davvero fiero di lei.
«La smettiamo con questa farsa? Sul serio stai con l’inglese inquietante? Che cosa diavolo ci trovi in lui? Chiodo schiaccia chiodo come Zach, eh?... Ouch!» la ragazza gli si avvicinò solo per mollargli una ginocchiata nello stomaco: «E continuo, se preferisci. Se dici altre cazzate. E, prima di tutto, è gallese, semmai. E non è inquietante. E non è un chiodo schiaccia chiodo, e comunque non sarebbero affari tuoi.»
Ma cosa diavolo voleva quel piccoletto? Decise di uscire allo scoperto dagli scatoloni che ormai occupavano e coprivano tutta la visuale del salotto all’entrata, avvicinandosi alla ragazza: «Io penso che sia meglio che tu te ne vada.» passò le mani sulle spalle di Candice, provando a scioglierle: era tesa come una corda di violino.
«Ah sì? Ora impartisci anche ordini in casa?» ribatté l’altro, con l’ascia di guerra proprio come Candice.
«Sì, lo fa perché sa che se stai qui un minuto di più ti spacco la faccia e neanche il miglior chirurgo plastico del mondo potrebbe rimettertela a posto!» sbottò la ragazza, ancora a braccia incrociate e con lo sguardo di fuoco rivolto verso di lui.
«Possiamo parlare? Come persone civili…?»
«No.» rispose lei, sempre di fronte a lui, sempre pronta a bloccargli il passaggio.
«Dai, non ti sto chiedendo molto…»
«No… tu stai chiedendo tutto. Di rimetterti in mezzo nella mia vita, quando tutto va bene. E io non ti voglio qui, non so se l’hai capito. Io non voglio mai più vederti fuori dagli ambienti lavorativi, o ricomincerei a prenderti a botte. E non penso che tu voglia tornare a casa con i lividi di una colluttazione.»
«Ma dai, in nome di quello che c’è stato, procione…»
«Vai via!» gli tirò una ginocchiata alle parti basse e il ragazzo arretrò, uscendo di casa.
«Ma sei matta?!»
«Procione un paio di palle! Chiamami un’altra volta così, e le stacco, piuttosto. E buona giornata, spero ti soffochi con la tua stessa saliva.» neanche il tempo di risponderle che si ritrovò la porta d’ingresso piantata in faccia.
«Candice? Tutto… bene?» chiese Joseph, pronto ad abbracciarla. Abbraccio che ci fu, ma senza le lacrime che si aspettava.
«…Sì. Dovrebbe ripresentarsi spesso alla nostra porta, è divertente picchiarlo. È un ottimo punch ball.»
L’altro scoppiò a ridere, scuotendo la testa: «Per quanto ti appoggi completamente, non puoi andare in giro picchiando la gente… anche se, in questo caso, ne avresti completamente il diritto. E avresti ragione.»
«Non voglio picchiare la gente, voglio picchiare solo quel rozzo maiale.»
Joseph simulò un colpo di tosse: «Intanto lo amavi. E ti piaceva.»
«Non esageriamo ora. Sì, mi piaceva, ma non lo amavo sul serio. Credevo di amarlo… ma non era così. E poi ho avuto momenti bui, ecco»
Il ragazzo alzò un sopracciglio, confuso, mentre l’altra riprendeva la parola: «A piacermi lui. E Zach… uhm…»
«È una sorta di complimento molto contorto, Candy?» commentò lui, confuso, abbracciandola da dietro: la ragazza si voltò a guardarlo male: «…Forse. Forse è così.»
«Forse?» la seguì, certo di quello che fosse il suo pensiero.
«Mi hai chiamata Candy, non so se ti meriti un complimento.» ribatté la ragazza, alzando il muso, altezzosa.
«Oh piantala. È un soprannome tenero carino e coccoloso, ringrazia che Nina abbia creato qualcosa di simile e non qualcosa di… scurrile e orrendo. O forse preferisci che ti chiami “procione”?» ammiccò quello, con un sorriso malizioso.
«E finirai sterile anche tu come il tipo che è appena stato cacciato a pedate fuori da questa casa, sì sì.» rispose quella, sorridendo malefica.
«Non ti chiamerei mai così. E poi non è che i procioni siano proprio il massimo della bellezza. O della coccolosità. O di qualsiasi cosa che—
Interruppe volontariamente il flusso di parole piantandosi addosso al ragazzo, baciandolo.
«D’accordo, puoi chiamarmi Candy.»
«Posso anche pavoneggiarmi con Nina per questo?»
«No, sennò poi tormenterà me per i successivi venti giorni, o più.»
«Ma adesso non è mica in questa casa!»
Candice lo guardò attentamente, meditando se riferirgli o meno dove stessero andando a vivere: «Ehmmmm…»
«Sì, Candy? Qualcosa da dirmi?» chiese quello, incrociando le braccia con aria minacciosa – o almeno quello era il suo intento. In realtà stava per spanciarsi dalle risate, e lei l’aveva notato.
«In realtà, la casa… il mezzo appartamento, sarebbe…»
«Proprio sopra casa di Nina e Ian, vero? Ecco perché, se glielo dicessi, ti tormenterebbe… vero?» terminò il ragazzo, cercando di continuare a guardarla minacciosamente, ma scoppiando irrimediabilmente a ridere.
«Sei arrabbiato?» chiese la ragazza, mordendosi il labbro inferiore, preoccupata.
«Ti sembro arrabbiato? Certo, potevi dirmelo prima… ma non fa nulla!» scoppiò nuovamente a ridere, guardando l’espressione affranta della ragazza «Seriamente, non c’è problema. Mi è dispiaciuto solo un po’ saperlo da Nina, ma… era ovvio. Cioè non è che me l’aspettassi… ma quasi. Avete vissuto insieme per due anni buoni, poi ci si affeziona, e—
Lo costrinse nuovamente al silenzio forzato, baciandolo appassionatamente: «Al prossimo ringraziamento saprò per cosa dire grazie, oltre alle solite cose.»
«Il fatto che non sia arrabbiato perché andiamo a vivere sopra la casa della tua migliore amica?»
«No. Grazie per te.» disse semplicemente quella, facendo spallucce.
«E a cosa chiederai grazie, a Dio, alla nazione o a qualche altra entità— non gli lasciò nuovamente terminare la sua obiezione ironica: «Fa’ meno lo spiritoso, era una cosa dolce. Però se vuoi mi limiterò a dire grazie sempre le solite cose, e il buon proposito appena espresso se ne va a fars—
«Sta’ zitta, accetto volentieri il Ringraziamento. E i ringraziamenti al Ringraziamento.» fu il suo turno di bloccarla, con le parole e con un bacio. Allora lei gli rivolse uno sguardo contento e spensierato, e poi iniziò ad annusare l’aria: «Joe… ma… la pasta…»
«Oddio, per colpa di quel cretino l’ho lasciata sul fuoco!» il ragazzo saltò in piedi e corse via in un modo così buffo e così strano, per come lo vedeva normalmente, che non poté fare a meno di ridere per molto, ma molto tempo.

«…E questa è la camera da letto. È piccolina, questo è vero… più di quella della vostra amica al piano di sotto, ma è ben arredata e sistemata. Non ci sono da fare lavori, che invece loro avranno. Il bagno è buono per due persone…»
«Ci piace molto, a dire il vero.» commentò Candice, tornando a guardare la cucina. In realtà era un salotto – cucina una zona molto ampia ma meno moderna rispetto alla casa che condivideva con Nina. Era proprio carina, abbastanza vintage e rustica per essere per lei. Si voltò verso Joseph per ricevere uno sguardo di approvazione, che ebbe poco dopo: «Sì, è davvero molto bella. Quando potremo trasferirci, ultimare il contratto…?»
«Già il prossimo fine settimana. Siete a posto con il prezzo, con l’altra casa?» Joseph guardò Candice interrogativo. Allora lei prese parola: «In verità dovremmo lasciare l’altra casa tra due settimane… ma va benissimo il prossimo fine settimana, grazie. Allora ci sentiamo venerdì per metterci d’accordo per le chiavi?»
«Certamente. È un piacere fare affari con voi!» disse l’uomo, chiudendo la porta di casa dopo aver dato loro la possibilità di un’ultima occhiata alla loro futura casa.
Non appena si salutarono, i piccioncini andarono al piano di sotto a bussare ai “nuovi” vicini.
«Guarda un po’ chi si vede in giro… vi siete già impossessati del piano di sopra?» Nina abbracciò l’amica, lasciandoli poi entrare.
«Nah. Tra qualche giorno, però.» commentò quella, mentre salutava Ian con una mano, dato che lui era intento a dare alcune pacche a Joseph, ma non era a conoscenza del perché.
«Cioccolata calda?» propose Nina, conducendoli in cucina. Era davvero molto simile alla loro futura casa, quella.
«Candy, puoi mantenere un attimo…» Joseph le passò la giacca.
«Sì, certo…» rispose tranquillamente, prendendo la giacca e alzando lo sguardo verso l’amica, che la guardava trucemente oltre il bancone con una cucchiaia di legno in mano.
«Ehm…»
«Lui può chiamarti Candy? LUI PUÒ?!» iniziò a rincorrerla per tutta casa con il cucchiaio in mano, mentre quella scappava abilmente.
«Lo sai che abbiamo il giardino in comune e queste faranno così per metà del nostro tempo libero, vero?» Ian si posò sul bancone della cucina, accanto a Joseph.
«Mhmh.» annuì l’altro, guardando le due ragazze che vagavano da una camera all’altra, correndo.
«E che probabilmente non avremo un attimo di pace, vero?»
«Completamente al corrente di tutto ciò. Anche a te avevano nascosto che saremmo venuti noi ad abitare qua sopra?»
Ian lo guardò come se lo compatisse: «Ci daremo manforte a vicenda.» commentò poi, dandogli un’altra pacca che l’altro ricambiò, per poi dirigersi ai fornelli a preparare la cioccolata calda promessa.

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Capitolo 20
*** When I wake up, well I know I'm gonna be, I'm gonna be the man who wakes up next to you. ***


E così, per citare la mia band preferita... "The time has come to say goodbye...The sun is setting in the sky, the truth turned out to be a lie It’s over, over, hum yourself a lullaby This is the end but baby don’t you cry"... ok ho divagato abbastanza. Non so come esprimervi la mia tristezza nel postare quest'ultimo capitolo... ho anche cercato di protrarre la data di pubblicazione per non giungere alla fine, ma adesso ve la devo una fine. Che dire... spero che vi sia piaciuta tutta la storia, lo spero sul serio. Spero che vi piaccia questo capitolo, spero che i miei Candice e Joseph vi abbiano conquistate... e spero di rivedervi tra i commenti delle mie e delle vostre prossime storie! Alla prossima e buona lettura! Ah, e il video della canzone di riferimento al capitolo è http://www.youtube.com/watch?v=tbNlMtqrYS0 (The Proclaimers - I'm gonna be (500 miles) ...Buona lettura!


20. When I wake up, well I know I'm gonna be, I'm gonna be the man who wakes up next to you.

Candice si era piantata davanti al forno e si riscaldava un po’ le mani un po’ il sedere avvicinandosi ad esso: Joseph trovò la scena così ilare che dovette fare una foto. Non poteva farsela scappare, una cosa del genere.
«Ehi! Ora sei anche fotografo?! Fa’ vedere!» la ragazza mollò le faccende culinarie per inseguire il fidanzato per tutto il salone e corridoio che portava alle camere, inciampando in un cavalletto e cadendo rovinosamente a terra: Joseph scoppiò a ridere, scattandole un’altra foto.
«Fa’ pure… è quello che mi merito, per scegliermi un ragazzo artista!» lui la aiutò a tirarsi su, correggendola: «Di professione attore, non artista.»
«Ma fai foto, dipingi, fai cornici, produci, reciti… insomma, manca solo che canti…»
«In realtà ho suonato per qualche tempo… molti anni fa.» si lasciò sfuggire lui, mentre quella sgranava gli occhi: «Ora ti costringerò sempre ad andare a fare il karaoke e cantare insieme.»
«…No, no, decisamente no.»
«E comunque avevo ragione, artista. Che ne dici, non mettiamo quadri alle pareti, li fai tutti tu?» propose quella, avvicinandosi a lui per stampargli un bacio leggero sul naso all’insù per poi tornare a riscaldarsi al forno.
«Se proprio ci tieni…» commentò lui, raggiungendola per abbracciarla: la sollevò da terra e strinse a sé «Meglio chiudere il forno, sennò ceneremo domattina.» la ragazza calciò lo sportello del forno per voltarsi e abbracciare meglio il ragazzo, impuntandosi sui piedi per raggiungerlo al meglio e baciarlo con tenerezza.
Tornarono alla realtà quando sentirono un bussare dal piano di sotto: persistente e leggero. Candice guardò stranita il ragazzo e urlò il nome dell’amica: «Nina?»
«Candy. Cosa state cucinando?» urlò di rimando l’altra, dal piano di sotto. Il rumore smise improvvisamente: voleva attirare la loro attenzione sbattendo la mazza da scopa sul soffitto???
«Uhm… voi?»
«E dai!» Candice non rispose, conscia del fatto che l’amica sicuramente non avrebbe voluto cucinare.
«Ho solo l’insalata, Ian torna tra poco e non voglio andare a fare la spesa.»
«Hai almeno i pomodori?»
«…Sì. Più o meno.» rispose Nina dal piano di sotto: Candice alzò gli occhi al cielo e piantò nelle mani di Joseph tre pomodori enormi – sicuramente geneticamente modificati – e una scatola di muffin: «Perché io?!»
«Vuoi finire tu di cucinare il pollo?!» propose la ragazza, indicando il forno: non se lo fece nemmeno ripetere, infilò il cappottone e prese il cibo, dirigendosi verso la porta «Ricordati le chiavi di casa!»
«Sissignore!» ribatté quella, mandandogli un bacio volante. Poi si guardò intorno, guardò il forno e lo aprì nuovamente. Aveva le mani gelate, e voleva riscaldarsele a tutti i costi. Poco importava che il pollo ci avrebbe messo di più a cuocersi.

«Wow, muffin! Muffin e insalata?» chiese Nina, accogliendo in casa prima il cibo e poi Joseph, che mollò il cappotto sul divano come se fosse a casa sua, e si accovacciò vicino al camino, guardandosi intorno: «Hai intenzione di accenderlo? Fa caldo!»
«Candice sta morendo di freddo di sopra. Sono quasi certo che non appena me ne sono andato s’è messa, a forno aperto, con mani e sedere lì vicino.»
«…Non sono certa di voler sapere come.» dichiarò Nina, alzando entrambe le sopracciglia: poi guardò il ragazzo intento a cercare qualcosa per accendere il fuoco. Era così tenero nei confronti di Candice! Non ci avrebbe mai creduto che solo sei mesi dopo sarebbero finite così, da coinquiline a vicine di casa… E Candice con Joseph! Per carità, era contenta e soddisfatta, ma non se lo aspettava. Avevano affrettato di molto le cose, e non era proprio da lei.
E doveva stare attenta mentre tagliava i pomodori e non pensare all’amica guardando il suo fidanzato perché sennò sarebbe finita per tagliarsi un dito: «Joe, la legna è accanto al divano. Se vuoi dei fogli di carta per accendere il fuoco li trovi sul tavolo lì in fondo.»
«…Devo bruciare i copioni?!»
«Son della prima stagione, non farti scrupoli!» il ragazzo alzò entrambe le sopracciglia e afferrò i fogli, avvicinandosi nuovamente al camino dove aveva già posto legna grande e piccola dove avrebbe acceso il focolare. Aveva pronto anche il parafuoco in ferro battuto che aveva trovato buttato in un angolo dell’enorme salotto.
«Buonasera amor… ho forse sbagliato casa?!» chiese Ian, notando Joseph intento al camino.
«Sto accendendo il camino per Candice che sta morendo di freddo…» spiegò semplicemente lui, continuando con le sue occupazioni.
«…A casa nostra?»
«Sì, mi seccava cucinare e loro lo stavano già facendo quindi o ti accontenti del loro pollo oppure rimarrai ad insalatina scondita e muffin. Che per inciso, hanno portato comunque loro. Assieme ai pomodori.»
«Quindi se non fosse per lui e la sua dama ora starei sperando di mangiare foglie verdi e basta?»
«…Probabilmente.» commentò Nina, dopo aver scosso la testa ponderando la risposta.
«Oh, bene. Sono molto felice di avere intrusi in casa allora!» aggiunse il corvino, lasciando il cappotto sul divano accanto a quello dell’altro ragazzo, che abbozzò un sorriso diretto a lui, ma senza distogliere lo sguardo dal fuoco. Stava avendo non poche difficoltà per riuscire a farlo accendere, tra i fogli che gli bruciavano le mani e che non trasferivano la fiamma ai legnetti più piccoli. Riuscì ad accenderlo solo dopo molti minuti, e la fiamma modesta iniziò a fare un po’ di calore giusto in tempo, non appena Candice suonò alla porta: Ian, affamato, si precipitò ad aprirle e le tolse la teglia di mano, lasciandola leggermente basita: «Prego!»
«Sì, sì, ti ringrazio dopo, a tavola! Ora ringrazia tu la testa riccia bionda del tuo fidanzato che ci ha riempito casa di fumo e di puzza di bruciato per quant’era ostinato ad accenderti il fuoco. Sennò morivi di freddo.» fortunatamente gli altri due erano in cucina, così il rossore sulle guance di Joseph lo notò solo Candice: «Davvero?» chiese lei, per conferma. Ma lo sapeva già dentro di sé, era una di quelle cose dolci e semplici che lui era capacissimo di fare, senza fartelo pesare, senza rendertelo noto, ma che ti riscaldavano il cuore, e in quel caso… non solo.
Il ragazzo annuì, abbracciandola e strofinando le mani sulle sue braccia, pronto a toglierle il cappotto e trascinarla vicino al camino, per poi sedersi sul tappeto assieme a lei ed abbracciarla per la vita, da dietro. Le stampò un baciò sulla guancia, mentre lei ricambiava e si beava delle coccole, incrociando poi lo sguardo di Nina che li osservava sorridente e preparava i piatti.
Candice ricambiò il sorriso, indicandole con lo sguardo Ian, che si dava da fare per trovare le posate e fregare un po’ di pollo di qua e un po’ di insalata di là: la risposta dell’amica fu un’alzata di spalle, seguita da una risata, che fece poi irrimediabilmente ridere anche lei.
«Cosa c’è?» chiese Joseph dopo un po’, riemergendo alla sua sinistra, dalla chioma bionda in cui era sprofondato.
«Mah, nulla. Guardavo quei due e mi facevano ridere. Ian ha probabilmente fatto fuori già metà di quello che avevo cucinato.»
«Tanto tu cucini sempre per quattro e porti il resto a Nina, non è una novità.» commentò il ragazzo, ridacchiando.
«…E anche tu hai ragione.» rispose quella, ridendo e gettando la testa indietro, contenta. Sinceramente contenta, come da un mese a quella parte o poco più, come non lo era da tempo. Posò la testa sulla spalla del ragazzo e gli baciò una guancia a tradimento, fin quando non furono richiamati da Nina che aveva brutalmente gettato a terra tutta la roba che era sul tavolo da pranzo per apparecchiare e dir loro di sbrigarsi, sennò non avrebbero trovato nulla, visto che Ian aveva già fatto fuori persino un muffin.

Otto mesi dopo…
«Il tacchino è pronto a tavola!» Carolyn, la madre di Candice, richiamava tutti gli ospiti a tavola: ma lui aveva ancora da fare con il camino…
«Hai una strana passione per i camini?» chiese Candice, sgranando gli occhi e prendendolo per le spalle, trascinandolo verso la sala da pranzo.
«Non proprio, sono loro che mi odiano. Volevo almeno finire questo visto che me l’aveva chiesto…»
«Ah, mia madre ti ama, non smetterà di adorarti perché non sei riuscito a far rinascere il fuoco… ci penserà mio fratello, su, vieni!» lo trascinò per una mano verso la tavolata principale, accanto alla quale c’erano i nonni della ragazza che parlottavano e mangiucchiavano su un tavolo separato e rotondo.
Non si sentiva particolarmente a disagio, sebbene il Ringraziamento precedente, con tutti gli altri del cast era stato più tranquillo… a casa di Kat. Almeno erano tutti insieme e non rivestiva il ruolo del “fidanzato della figlia prediletta del padrone di casa” a casa del suddetto padrone di casa. A casa loro per tutto il weekend.
Perlomeno aveva Carolyn dalla sua parte, così se Kevin il chirurgo avesse voluto per qualche motivo ammazzarlo – e avrebbe saputo senza dubbio come farlo – lei lo avrebbe fermato. O almeno ci sperava.
Tutto quel legno e quel calore gli davano una sensazione di casa, anche se nel caro vecchio continente non avevano la megalomania di avere case così grandi. Però, era un cardiochirurgo, poteva permettersi ciò che voleva, il signor Kevin Accola. Non per nulla, ma gli incuteva non poco timore. E ne aveva anche avuto abbastanza sulle domande inquisitorie circa il suo mestiere – era lo stesso della figlia!!! – i suoi gusti in fatto di tutto – e non era certo che li condividesse, anzi – e la sua situazione finanziaria e di salute. Fortunatamente poi Candice l’aveva zittito prontamente e non ce ne erano state più, di domande scomode. Solo il commento “Volevo solo assicurarmi che fosse un ragazzo per bene, non come quel bifolco trucido che ci hai presentato come amico l’altra volta e che ti ha fatto soffrire tanto.” Che doveva prendere come positivo, vero?
«Ancora non ho capito cosa fate voi due in TV tutti i giovedì, però vi seguo comunque!» dichiarò una nonna della ragazza, sorridendo loro.
«Oh, grazie! Effettivamente, nemmeno noi sapremo se camperemo ancora negli episodi successivi…» rispose Joseph, cercando lo sguardo Candice, che gli strinse la mano venendogli in aiuto: «Però è un lavoro sicuro, eh, nonna!»
«Oh, lo so, lo so, tesoro!» commentò la donna, avvicinandosi alla nipote dandole delle piccole pacche affettuose sulla mano «È carino, eh? E che bell’accento che ha! Hai fatto delle buone conquiste, brava la mia piccina! E piace anche a Kevin, anche se sarà sempre geloso della sua primogenita prediletta!» commentò la nonna abbassando la voce, facendo arrossire Candice e Joseph davanti a tutti: ma la nipote le si avvicinò un po’ di più, cercando di sembrare poco imbarazzata e naturale «Sì, lo so. Belle conquiste, eh?» lanciò uno sguardo d’intese alla nonna, per poi ritornare a guardare il piatto pronto, colmo del tacchino che avevano preparato i suoi genitori.
E quando qualcun altro accennò sui ringraziamenti da fare per quell’anno, guardò Joseph col bicchiere colmo di champagne in mano per mormorargli un “Sono riconoscente per averti trovato. Ti avevo promesso che l’avrei detto.”
«Lo sono anche io.» mormorò Joseph in sua risposta, baciandole poi una guancia, per poi tornare entrambi a guardare i loro piatti, fin quando i ringraziamenti non furono terminati. Nessun a quella tavola decise di commentare il momento tenero tra i due o interromperlo: era così dolce che aveva intenerito persino il signor Kevin, che poco dopo aveva dichiarato che potevano cominciare a mangiare, come una grande e contenta famiglia un po’ stramba ma piena di affetto.

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