The camp of love - extra di KrisJay (/viewuser.php?uid=100038)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Extra uno - A casa con i suoi... ***
Capitolo 2: *** Extra due - Programmazioni e dichiarazioni ***
Capitolo 1 *** Extra uno - A casa con i suoi... ***
The camp of love, extra 1
Ehilà!
Eccomi di nuovo qui, con gli Edward e Bella
di “The camp of
love” *-* mi sono mancati in questi pochi mesi… ma ecco che finalmente sono
arrivati gli extra :D
Permetto che non saranno molti, solo tre
contando questo di oggi… ma spero che vi piacciano lo stesso, anche se sono pochi XD
Allora, per oggi vi ho preparato un extra
ambientato un paio di mesi dopo la fine della storia – ho messo anche le date,
impossibile sbagliarsi – ed è ambientato a Chicago: vuol dire una cosa sola, e
il titolo non può essere frainteso XD mi sono divertita molto a scriverlo, una
boccata d’aria fresca che mi ha distratto dall’altra mia storia in corso (mi
butterò sotto anche per quella, promise!)
Il secondo extra non so quando potrebbe
arrivare, diciamo che lo scriverò non appena ho un po’ di tempo libero – credo che
da adesso in poi ne avrò davvero poco ._. – ma voi state tranquille, è sicuro
che arriverà :)
Per sapere spoiler, curiosità sulle mie
storie e per restare informate, vi lascio il link per il gruppo
che ho creato su Facebook. Fateci un salto, a me fa piacere :D anche se lo fate
per lasciarmi una strigliata o un insulto su quello che combino ai personaggi
delle storie XD
Bene, vado via… vi lascio leggere in pace! Un
bacio e a prestissimo!
The
camp of love – extra
Extra uno – A casa con i suoi…
22/11/2010
Finalmente,
dopo quattro ore di viaggio, mi trovo di nuovo con i piedi per terra.
Il volo
non è stato catastrofico, anzi, è filato tutto liscio come l’olio e mi sono
rilassata così tanto da addormentarmi dopo appena dieci minuti dal decollo. La
pace post sonno, però, è finita quando una delle hostess ha annunciato il
nostro imminente arrivo all’aeroporto di Chicago, risvegliando così la mia
agitazione.
Non
sono mai stata a Chicago, quindi questa è una buona opportunità per
approfittarne e per visitarla in lungo e in largo… ma a parte questo,
l’agitazione è dovuta tutta al fatto che tra pochissimi minuti sarò di nuovo, e
finalmente, tra le braccia del mio ragazzo.
Edward.
Il
nostro rapporto all’inizio sembrava più una avventura vacanziera che altro,
visto il posto in cui ci trovavamo, ossia un comune campeggio per bambini, e
dove ci saremmo fermati per alcune settimane… ma con il passare delle
settimane, per l’appunto, ci siamo conosciuti meglio e ci siamo innamorati.
E non
ci siamo lasciati più da allora.
Mamma
mia, vista così sembra una fiaba!
Vabbè,
comunque… dopo la fine del campeggio io e Edward abbiamo continuato la nostra
relazione, anche se a distanza. All’inizio è stato davvero difficile, perché
dopo essere stati 24 ore su 24 insieme ci siamo ritrovati a sentirci e a
vederci grazie a Skype e ai cellulari, e solo per qualche ora al giorno. Adesso
invece è tutto più facile, mi sono abituata a questa nuova condizione… anche
perché so che sarà solo una cosa momentanea.
Un paio
di mesi fa, infatti, Edward è venuto a Napa e mi ha fatto una sorpresa il
giorno del mio compleanno, non dicendomi nulla riguardo al suo viaggio; ed in
più, mi ha anche detto che vuole trasferirsi per stare insieme a me, e che
insieme a suo fratello aprirà un nuovo negozio di articoli sportivi in città,
che gestirà lui stesso.
I
progetti del negozio sono fermi, per il momento, visti i locali ancora in fase
di ristrutturazione… ma secondo i fratelli Cullen, ossia Edward e James, per la
prossima estate sarà tutto pronto e avviato.
Ed io
non vedo l’ora che arrivi quel momento. Sul serio, non sto più nella pelle
all’idea che staremo insieme tutto il tempo, appiccicati come cozze allo
scoglio!
Però
adesso è meglio che mi sbrigo a ritirare i miei bagagli, sono stata ferma anche
troppo a pensare e mi sa che qualcuno, alle mie spalle, sta pensando di
prendermi a parolacce in faccia!
Afferro
la maniglia del mio trolley gigante, che mi arriva quasi ai fianchi e che pesa
quasi più di me. È stata Alice, mia cognata, ad aiutarmi a fare i bagagli, e si
è sbizzarrita nel riempire la valigia con quello che più le pare e piace. Io,
però, le ho dato un limite: niente di troppo succinto, o leggero.
Primo,
perché non voglio sembrare una prostituta di alto borgo, e secondo perché
Chicago non è Napa: qui fa freddo, freddissimo! Edward mi ha detto che in settimana
è prevista anche la neve… io non l’ho mai vista, la neve!
Pensate
che quando ero piccola, sotto le vacanze di Natale, papà portava sempre me e
mio fratello Jasper in spiaggia, e noi facevamo i pupazzi con la sabbia invece
che con la neve, cosa che non c’era mai. Volevamo ricreare l’atmosfera
natalizia anche in spiaggia… peccato che la carota che avevamo usato per il
naso del pupazzo si fosse lessata dopo neanche dieci minuti.
Perfetta
per il minestrone di nonna Isabella!
Mi
avvio lungo il terminal dell’aeroporto, trascinando il trolley con un po’ di
fatica, e seguo le frecce che indicano l’uscita. L’ultima cosa che voglio, in
questo momento, è perdermi. E non voglio neanche chiamare Edward dicendogli
“Aiutami, mi sono persa nell’aeroporto!”
Un gran
bel modo per cominciare la mia vacanza lì, insomma.
Per
fortuna non mi perdo, e arrivo all’entrata in meno di cinque minuti. Ci avrei
messo meno tempo, se non fosse stato per la valigiona! Senza contare che posso
portarla con una sola mano, perché l’altra è impegnata a stringere il giaccone
imbottito, il mio bagaglio a mano oltre all’inseparabile zainetto.
Mi sono premunita, non voglio prendermi subito
un bel raffreddore. E poi, non sono per niente abituata a queste temperature
invernali… a Napa ci sono ancora venticinque gradi! L’altro giorno sono persino
andata in spiaggia con Alice e Rose, per capirci meglio.
Mi
fermo accanto alla zona ristoro, guardandomi intorno per vedere se c’è anche la
minima traccia del passaggio di Edward. Mi ha promesso che sarebbe venuto a
prendermi insieme a suo fratello… ovvero, il primo membro della sua famiglia
che mi presenterà ufficialmente. Ho un po’ di paura per questo, perché è la
prima volta in assoluto che qualcuno mi presenta come sua ragazza alla sua
famiglia. Prima non mi è mai capitato… e per questo me la sto facendo sotto.
Ma
prima che possa pensare ad altro, sento due braccia che mi circondano da dietro
all’improvviso e ho paura che sia qualche malintenzionato… ma mi basta dare un
occhiata alle mani, per capire di chi si tratta.
Queste
mani le riconoscerei dappertutto!
«Amore!»
esclamo subito, facendo una giravolta per ritrovarmi di fronte a Edward. Gli
regalo il mio sorriso migliore, ma lui non lo ricambia. Mi preoccupo. «Che
c’è?»
Lui
sospira, socchiudendo gli occhi con fare minaccioso. «Rispondi con “Amore!” a
tutte le persone che ti abbracciano da dietro?» domanda.
«No,
non a tutte…» ribatto, capendo per quale motivo si è imbronciato in questa
maniera. «Ti ho riconosciuto subito, altrimenti ti avrei dato una bella
gomitata nelle costole!»
Alla
mia battuta sorride e ridacchia, cosa che mi mozza il respiro. Resto
imbambolata a fissargli le labbra, senza ombra di dubbio la parte del suo viso
che mi piace di più. Oltre ad avere un sorriso mozzafiato, le sue sono le
labbra più morbide che abbia mai baciato… mi hanno rapita quasi subito.
Dico
quasi, perché all’inizio ho odiato Edward con tutta me stessa, sin da quando mi
ha chiamata ‘rimbambita’ al campeggio. Ma si sa che l’amore e l’odio vanno di
pari passo… ed infatti, adesso non potrei mai più fare a meno di lui.
«Stai
buona adesso, ho bisogno di baciarti per cinque minuti… o dieci. O mezz’ora…»
sussurra.
«Anche
per tutta la giornata! Io non mi offendo, sai?»
Sento
la sua risata infrangersi sulle mie labbra prima che venga sostituita dalle
sue. Ci bastano solo un paio di secondi per far sì che il bacio diventi
passionale e acceso, molto acceso. Sono due mesi che non lo bacio, è
assolutamente normale che mi sia mancato farlo! Per non parlare del sesso… Dio,
se non ci trovassimo in un aeroporto, insieme a altre centinaia di persone,
giuro che lo avrei spogliato e violentato nel giro di pochi secondi.
Lo so,
gli ormoni ballerini mi trasformano in una ninfomane in astinenza.
Con le
mani intrecciate dietro al suo collo e con le labbra ancora premute su quelle
di Edward, comincio a dondolare sul posto, seguita da lui, che si stacca per riprendere
fiato e per strusciare il naso contro il mio. Socchiudo gli occhi, incontrando
i suoi. Sono così verdi da sembrare gemme preziose… sono gli occhi più belli
che abbia mai visto.
«Mi sei
mancata così tanto, stellina.» sussurra prima di baciarmi il naso. «Ti amo.»
«Anch’io,
pulcino.»
Vi
prego, non commentate il soprannome! Mi è uscito una volta, e del tutto
involontariamente… non volevo davvero chiamarlo ‘pulcino’! Ma Edward lo trova
simpatico, per fortuna, quindi è rimasto.
«Ah,
cosa mi tocca vedere! Ciu ciu ciu, gne
gne gne!» una voce maschile interrompe il nostro momento, cosa che mi
scoccia alquanto.
Chi è
questo coglione?
Mi
volto, posando la testa contro il petto di Edward, e studio il nuovo arrivato.
È un ragazzo alto e biondo, più o meno sulla trentina… e assomiglia come una
goccia d’acqua al mio ragazzo. Persino gli occhi sono identici! Non può essere
altro che James, suo fratello.
«James,
sei un coglione!»
Ecco,
appunto, è proprio lui!
Lui
ride, facendo una smorfia con le labbra. «Essu, fratello, non prendertela per
così poco! Presentami la tua ragazza, piuttosto.»
«Non
c’è bisogno che lo faccia lui, mi presento da sola.» sciolgo l’abbraccio e
allungo una mano verso James, inarcando un sopracciglio. «Bella Swan, piacere.»
«Però,
ragazza tosta! James, il fratellone di Edward.» ricambia il saluto, squadrandomi
attentamente. «Sei davvero un bel bocconcino, Bella! Se avessi anche solo un
po’ più di tette…»
«Victoria
sarà contenta di sapere che hai puntato la mia ragazza!» si intromette Edward.
«Io non
l’ho puntata, stiamo solo parlando! Sei geloso, fratellino?»
«Perché
dovrei esserlo? Sono più bello di te, questo basta e avanza!»
Il mio
sguardo vaga da Edward a James, e da James a Edward. Questi due sono talmente
presi dal bisticciare che ormai non mi calcolano più… proprio quello che
cercavo, stare in mezzo a una lite tra fratelli!
«Okay,
piantatela! Non mi va di ascoltarvi!» esclamo, incrociando le braccia al petto,
torva in viso.
«Ehi,
Bella! Se resti così hai più tette!» James commenta la mia posizione,
aggiungendo una strizzata d’occhi.
«Sembra
che non ne hai mai viste un paio in vita tua…» commento.
«Ne ho
viste più di un paio, mia cara, tranquilla.»
«Bene,
perché non smettete di parlare di tette e ce ne andiamo a casa? Mamma sta
aspettando Bella da stamattina…»
La
frase di Edward mi distrae, e sono più che contenta di girarmi e di ignorare
James. «Davvero mi sta aspettando?» domando, sorridendo.
Edward
ricambia il mio sorriso. «Eccome! Si è alzata alle cinque per mettersi a
cucinare, quindi sarà meglio andare. Scommetto che hai fame!»
Beh,
adesso che me lo fa notare… «Ho saltato il pranzo, quindi sì, ho fame.»
«Allora
andiamo a fare merenda! James, prendi tu la valigia di Bella?» e senza
attendere la risposta del fratello, mi cinge le spalle con un braccio e si
incammina verso l’uscita dell’aeroporto.
Non
posso fare a meno di ridere quando sento i commenti poco carini che James
rivolge alla mia valigia. È pesante anche per lui, a quanto pare… e per una
volta, sono contenta che Alice abbia esagerato con i bagagli!
***
Il
viaggio in auto verso casa di Edward trascorre in fretta, nonostante
impieghiamo più o meno un’ora per arrivare a destinazione. Lui e la sua
famiglia vivono in una villetta situata poco fuori Chicago, perché a Esme non
piace vivere in città: a lei piace l’aria aperta, e ha sempre desiderato una
bella casetta a due piani con tanto di giardino da curare… ecco spiegata la
posizione della loro casa.
E
quando arriviamo, devo dire che la loro villa mi piace molto: mi ricorda quella
dove abito insieme alla nonna, sebbene sia più piccola e non abbia ettari e
ettari di vigneto a fare da contorno. Però è davvero graziosa, con le facciate
bianche e le persiane verdi…
«Vedrai
cosa ti aspetta, una volta entrata in casa.» commenta James con una smorfia,
perché sta trasportando la mia valigia lungo il vialetto del giardino.
«Cosa
mi aspetta?» non posso fare a meno di domandarlo.
«La
mamma, naturalmente!» risponde lui. «Una mamma che ti aspetta da tutto il
giorno e che non riesce a fermarsi per un minuto intero… è uscita fuori di
testa.»
«Non è
uscita fuori di testa!» lo rimbecca Edward. «È solo un po’… euforica, per via
del tuo arrivo.»
«Sì,
euforica. È proprio la parola giusta.» aggiunge James, infilando la chiave
nella toppa della porta. Dopodiché entra, e urla «Mà, siamo arrivati!»
«Non
dargli retta, sta solo scherzando.» Edward mi rassicura, carezzandomi un
braccio coperto dal giaccone e baciandomi i capelli.
«Da
quello che mi sembra di vedere, gli piace scherzare parecchio…» mormoro, ed
entro in casa sospinta da Edward.
«Anche
troppo.» ribatte lui. Chiude la porta di casa e mi aiuta a togliere il
cappotto; non che io non ne sia capace, sia chiaro… però, mi piace approfittare
di tutte le attenzioni che mi regala. Specialmente dopo essere stati separati
per così tanti giorni, mi piace approfittare delle sue premure.
E delle
sue coccole, naturalmente!
«È qui!
È qui! Dov’è, dov’è?» una voce
squillante ci raggiunge, e non sono passati neanche due secondi prima che Esme,
la mia ‘futura suocera’, come si è autodefinita da parecchio tempo, faccia la
sua comparsa nell’ingresso.
Ha i
capelli mossi un po’ scarmigliati, e gli occhi sgranati come se ha appena visto
passare un fantasma orribile… forse ha spacciato me per un fantasma. Ma non
sono così pallida, cavolo! Ho ancora l’abbronzatura di quest’estate sulla pelle!
«Bella!
Che gioia vederti in carne e ossa!» urla, portandosi le mani alla bocca,
dopodiché si avvicina e mi abbraccia forte, stritolandomi.
Non
nego di essere sorpresa dalla sua accoglienza: cioè, sapevo cosa aspettarmi una
volta arrivata a Chicago, ma giuro che la scena nella mia testa era un po’
diversa. Ho sempre saputo che Esme non stava più nella pelle all’idea di
conoscermi di persona, e che era entusiasta… ma, seriamente, non pensavo che si
mettesse a urlare!
«Sono
contenta anche io!» esclamo, e ricambio il suo abbraccio dopo qualche secondo
di ritardo, ma lei sembra non essersene accorta: è troppo concentrata a
stringermi in una morsa per rendersi conto di qualcosa, credo.
«Che
bello! Finalmente ti conosco davvero! Pensavo che Edward mi stesse prendendo in
giro, con questa storia della relazione a distanza…» mormora dopo un po’.
«Mamma,
come posso prenderti in giro su una cosa del genere?» il diretto interessato
risponde all’accusa di sua madre, e dal tono di voce capisco che la cosa non
gli è piaciuta per niente.
«Ah non
lo so, ma voi ragazzi siete imprevedibili!»
Esme
smette di abbracciarmi e si posiziona di fronte a me, prendendomi le mani nelle
sue e sorridendomi amorevolmente: i suoi occhi, identici a quelli di Edward,
brillano di emozione e questo particolare scatena un ondata di tenerezza dentro
al mio petto. Questa donna è meravigliosa e adorabile, e più la guardo e più ne
ho la conferma.
«Sei
davvero un angelo, tesoro, sei stupenda.» dice dopo qualche secondo di silenzio,
poi mi riabbraccia: mi sa che accadrà parecchie volte, oggi. «Ah! Non vedo
l’ora che arrivi il giorno delle nozze!»
Arrossisco
di colpo, e resto immobile durante l’abbraccio mentre sento Edward che sussurra
un «Mamma…» sconsolato. Non è la prima volta che Esme esprime questo pensiero,
ma è impossibile farci l’abitudine. E poi… è presto, per parlare già di matrimonio.
Siamo
incasinatissimi, non solo per il lavoro ma anche per la situazione territoriale
in cui ci troviamo: è inconcepibile progettare le nozze quando ancora viviamo a
migliaia di chilometri di distanza. Senza contare che stiamo insieme solo da
pochi mesi… è decisamente prematuro il matrimonio, sì.
«Ti ha
sequestrata! Sapevo che sarebbe successo.» James è tornato da noi, dopo essere
stato sicuramente in cucina; lo capisco per via della manciata di salatini che
tiene in mano e che sgranocchia mentre ci osserva, come se stesse guardando un
film interessante.
No,
dico, ma sta scherzando?
«James,
non l’ho affatto sequestrata!» lo rimprovera Esme, che mi libera dalla sua
presa per voltarsi in direzione di suo figlio. «La sto solo accogliendo in
casa, come farebbe di solito una persona beneducata.»
«Secondo
me la stai anche spaventando, però.» aggiunge, mangiando un altro salatino.
«Non la
sto spaventando!» e si volta verso di me, preoccupata. «Non ti sto spaventando,
vero?»
«Eh…»
vorrei rispondere di no, che non mi sta per niente spaventando, ma se lo
facessi direi una bugia bella e buona. Così, decido di essere sincera. «Un
pochino, forse…»
Alla
mia risposta, James scoppia a ridere e si becca poi una gomitata nelle costole
da suo fratello. Che bella dimostrazione di amore fraterno! Ma io non posso
parlare… sono quella che quando si impegna riduce Jasper a un ameba, a furia di
dirgliene di cotte e di crude.
«Oh,
no! Non devi affatto spaventarti, tesoro! Sei in famiglia, va tutto bene…» mi
rassicura subito, carezzandomi una spalla. «Dimmi, è andato tutto bene il
viaggio? Sei stanca? Hai fame? Ho preparato qualcosa, se hai fame…»
Esme è
appena entrata in modalità ‘Mamma chioccia’, e mi ricorda moltissimo la mamma e
la nonna quando si uniscono e cercano di farti mangiare tutte le pietanze che
hanno preparato per il pranzo in famiglia. È una mamma anche lei, dopotutto,
quindi non può che essere così.
«Ho un
po’ di fame, in effetti…» ammetto, sorridendole.
Il suo
si allarga all’infinito, sentendo la mia risposta. «Andiamo di là, allora! C’è
la torta, qualche dolcetto… altrimenti posso scaldarti un po’ di arrosto!»
«Ma…
sono le cinque del pomeriggio!» esclama Edward.
Ma sua
madre non lo ascolta: è partita in quarta, e ormai non la ferma più nessuno!
***
«… e
quindi ho nascosto le ultime bottiglie di vino che mi hai spedito. Le sto
custodendo come se fossero reliquie! Non puoi capire, quello scimunito di mio
figlio altrimenti se le scola tutte!»
Rido,
con la testa poggiata contro la spalla di Edward, mentre Carlisle mi parla di
come ha disposto la sua cantina dei vini e di come ha trovato un nascondiglio
per quelle che gli ho spedito tempo fa.
Siamo
in salotto, si avvicina l’ora di cena e stiamo tutti aspettando che Esme ci
chiami per andare a tavola… beh, quasi tutti. James è uscito di casa da più di
un ora, dicendo che aveva qualche commissione da svolgere, quindi stiamo
aspettando anche il suo ritorno.
Carlisle,
il papà di Edward, è davvero una buona compagnia: è gentile e socievole, oltre
che… un bell’uomo. Non posso farci nulla, è così! È attraente e le poche rughe
di espressione che ha sul viso accentuano questa sua avvenenza, nonostante si
avvicini alla sessantina. Però dimostra almeno cinquant’anni, giuro! Ed i suoi
occhi azzurri… beh, sono quelli di un ragazzino, e mi piacciono da morire!
Non si
capisce che ho un debole per gli occhi chiari, vero?
«Stai
parlando di James, vero papà?» domanda Edward, che è sempre contento di
prendere in giro suo fratello quando se ne presenta l’occasione. È ufficiale:
questi due sono come cane e gatto. E lavorano insieme, per giunta… come fanno,
se stanno sempre a bisticciare?
È una
domanda senza risposta, la mia.
«Certo,
Edward. Ma parlo anche di te, eh. Non ci vai leggero con l’alcol, quando vuoi
strafare…» risponde lui, facendo così rabbuiare il mio ragazzo.
«Papà,
non rimproverarmi davanti a Bella…» borbotta, grattandosi la nuca.
«Perché,
hai paura che ti prenda in giro?»
«Tanto
lo prendo in giro lo stesso, anche se non lo rimproveri!» esclamo, e faccio la
linguaccia a un Edward scandalizzato mentre Carlisle ride dalla poltrona sul
quale è seduto.
«Ah,
questa ragazza mi piace sempre di più!»
Qualche
minuto dopo Carlisle ci lascia soli, raggiungendo sua moglie in cucina per
darle una mano, così io e Edward possiamo trascorrere uno dei primi momenti di
pace e tranquillità da quando sono arrivata a Chicago. Tra sua madre, suo padre
e suo fratello, non è che ci siamo riusciti molto fino ad ora.
«E così
mi prendi in giro?» chiede, fissandomi con un sopracciglio inarcato verso
l’alto.
«Non è
la prima volta che lo faccio…» ribatto, sviando il suo sguardo, e comincio a
tracciare una leggera linea con il dito sul suo petto, coperto dal maglione
pesante.
«Ma
stavolta potrai pentirtene, se lo fai…» sento le sue labbra premere sul mio
orecchio, prima di scendere e raggiungere il mio collo che comincia a
solleticare quasi subito.
Trattengo
un risolino tra le labbra, agitando le gambe. Edward sa che non sopporto il
solletico, lo sa benissimo! Anche la più piccola carezza può farmi scoppiare a
ridere, è un dato di fatto… e lui si diverte a torturarmi in questo modo,
quando ne ha l’occasione.
«No,
dai, non farmi il solletico!» dico, cercando di scacciarlo a suon di pugni che
non farebbero del male neanche a una mosca, figuriamoci a lui.
«Non
voglio farti il solletico, voglio farti altro.» ammette, la voce che è
diventata roca tutto d’un tratto. Solleva il viso e lascia un bacio leggero
sulla mia guancia. «Qualcosa di sconcio e perverso, mia cara.»
Smetto
di ridere, improvvisamente eccitata per le sue parole. Diavolo, anche io voglio
fargli qualcosa di sconcio e di perverso! Ma è il momento sbagliato… siamo sul
divano dei suoi, e se poi ci beccano? Mi daranno della poco di buono!
Non
voglio pensare alla vergogna che potrei provare se accadesse veramente.
«Stasera?»
miagolo, girando la testa e scontrandomi con il suo naso.
«Puoi
scommetterci! Sapessi che cosa ho in mente per te, stellina…»
«Non
vedo l’ora di scoprirlo!» mormoro, poi azzero la brevissima distanza che c’è
tra le nostre labbra e lo bacio.
Edward
mi stringe subito contro di se, facendomi sedere sulle sue gambe, e posa le
mani sul mio fondoschiena mentre approfondisce il contatto tra le nostre
bocche. Non posso fare a meno di mugolare e di stringere i suoi capelli tra le
dita, eccitata, mentre muove la lingua all’interno della mia bocca imitando le
spinte della penetrazione.
Come
faccio ad aspettare stasera? Lo voglio così tanto, e subito, che non riesco a
trattenermi e infilo una mano sotto al suo maglione, toccandogli l’addome teso
e piatto.
«E
prendetevi una stanza, cazzo!»
Sobbalzo,
impaurita per via dell’esclamazione. Come è successo prima in aeroporto, James
ci interrompe e sembra che si diverta molto nel farlo, visto il sorriso
malefico che sfoggia sulle labbra. Io, però, non mi diverto, e giuro che se lo
fa di nuovo mi armo di cera e pentolino e gli strappo via quel pizzetto che ha
sul mento!
Potrei
strappargli anche altri peli, quelli che si trovano in una parte precisa del
suo corpo - avete capito quali, no? -, ma dopo Edward è capace di mettersi in
testa strane idee e quindi è meglio evitare.
Sia mai
che pensi che me la faccio con suo fratello!
«Edward,
c’è qualcosa che si muove là sotto…» ridacchia, indicando il cavallo dei suoi
pantaloni.
Lui
sbuffa, afferrando un cuscino dal divano e coprendosi la parte incriminata.
«Piantala, James!»
«Sì,
James, piantala! Non è carino prendere in giro tuo fratello!» esclama una
ragazza, che si materializza al suo fianco all’improvviso, neanche fosse
Hermione Granger a Hogwarts.
Ah,
già, è vero… dentro Hogwarts non ci si può Smaterializzare. Lo ha ripetuto così
tante volte che mi è venuta la nausea mentre leggevo, a un certo punto!
Seduta
al fianco di Edward, continuo ad osservare la nuova arrivata: è alta, magra e
con le curve al punto giusto… invidio tutte quelle tette che si ritrova, però!
Ha una cascata di capelli rossi che le incorniciano il viso e che le arrivano
quasi alla vita, senza contare il viso, che è spettacolare. È davvero bella… ma,
a dire la verità, mi mette un po’ paura.
Saranno
i piercing che sfoggia al labbro inferiore e sul sopracciglio sinistro, o
l’enorme tatuaggio che le copre tutta la pelle del braccio destro… fatto sta,
che ho paura di lei.
Spero
che la cosa non si noti, perché altrimenti sapete che figura di merda? Sarebbe
l’ennesima della giornata, ma questi sono dettagli…
«Ciao,
tu sei Bella, vero?» sobbalzo quando sento la voce squillante della ragazza,
che mi sorride e che mi si avvicina in fretta e furia, tendendomi una mano
piena di anelli. «Io sono Victoria Stevens, piacere di conoscerti!»
«Pia…
piacere mio, Victoria.» balbetto, mentre stringo la sua mano. Ho paura che me
la rompa, ma il suo tocco è leggero e gentile, tutt’altro che forte come ho
invece pensato.
Lei
sorride, quasi divertita, e mi fissa attentamente con i suoi occhi viola
cerchiati di nero, per via dell’eye-liner e dell’ombretto scuro che ha usato.
«Che c’è, hai paura per caso?»
«Cosa?
Nooooo! Non ho paura!» squittisco e ritraggo la mano. Se la mia voce ha detto
che no, non ho paura di lei, i miei gesti stanno urlando che sì, me la sto
facendo sotto!
Sono
patetica.
Lei
scoppia a ridere, sedendosi accanto a me. «Stai tranquilla, non ti mangio! Non
mi piace la carne… sono vegetariana, sai?» scherza.
«È
tutta apparenza, Bella. Victoria è buona come un pezzo di pane.» mi rassicura
Edward, carezzandomi piano il collo.
«Ma a
letto è una furia, te lo posso assicurare!» aggiunge James, che si è seduto di
fronte a noi e che non perde tempo nel fare battutacce.
«Devi
sempre metterci bocca, eh leprotto?» lo rimbecca Victoria, acida.
«Leprotto?»
quasi mi strozzo per via della risata che mi si è incastrata in gola, così sono
costretta a tossire per non soffocare.
«Meglio
leprotto, che pulcino.»
«Pulcino?
Aw, che tenero!»
Cos’è
questa, una sfida a chi trova il nomignolo più assurdo?
***
Che
giornata strana. Ho creduto di aver toccato il fondo scambiando la ragazza di
James per una delinquente, e invece mi aspettava ancora la cena in famiglia. È
stata divertente, fuori di testa e a tratti quasi catastrofica… proprio come
deve essere una cena in famiglia.
Non è
stata molto diversa da quelle della mia famiglia; almeno adesso so che Edward
aveva ragione, quando mi ha detto che la mia famiglia non poteva mai essere
così diversa e pazza della sua.
E
adesso che è tutto finito, mi sto preparando per andare a dormire. Non che
abbia sonno, a causa del fuso orario credo che questo tarderà un po’ ad
arrivare, ma mi sto preparando lo stesso.
Naturalmente
dormirò insieme a Edward, cosa che mi ha lasciata un po’ spiazzata all’inizio:
credevo che Esme avesse preparato la stanza degli ospiti, per me, e invece
subito dopo cena mi ha detto che per lei non c’era nessun problema se dividevo
la stanza con suo figlio.
Credo
che stia macchinando qualcosa, tipo l’arrivo di un nipotino…
Dio,
Bella, ma che vai a pensare?
Scuoto
la testa, sconcertata dai miei stessi pensieri, e mi guardo un’ultima volta
allo specchio prima di chiudere la luce e di uscire dal bagno. In un
battibaleno mi ritrovo in camera di Edward; già, lui ha il bagno in camera. Che
fortuna, eh!? Ma non dovrei sorprendermi, perché anche io a casa ho il bagno in
camera… ma boh, qui mi sorprendo di tutto, come se avessi visto per la prima
volta una cosa del genere.
La
camera è deserta, a parte me: Edward mi ha ceduto il suo bagno ed è andato a
farsi una doccia in quello di suo fratello… immagino già le litigate tra i due.
Poi, ricordo che James dopo cena è uscito con Victoria, e che quindi non deve
esserci stato nessuno scontro.
Mi
mordo le labbra mentre raggiungo il letto situato proprio al centro della
stanza. Non è un letto esageratamente grande, è a una piazza e mezza… quello
che basta, insomma, per una persona che dorme da solo e che vuole stare comodo.
Immagino che stasera dovremmo dormire vicini vicini, per poterci stare
entrambi.
Oppure
non dormiremo affatto.
La
seconda opzione mi piace di più… ovviamente. Non può essere altrimenti.
Scosto
le coperte e mi stendo al centro del letto, incrociando poi le braccia contro
il petto mentre aspetto che Edward arrivi. Improvvisamente, mi sento un pochino
tesa. Forse a farmi sentire così è l’idea che tra poco io e lui faremo sesso,
con i suoi genitori a pochi metri di distanza da noi e con solo qualche parete
a separarci…
E se ci
sentono?
Dio,
che vergogna.
Merda,
dovrò mettere il silenziatore alla bocca!
A
proposito di bocca…
Metto
una mano a coppa davanti alla bocca e ci alito sopra per controllare… avete
capito, insomma. Per fortuna è tutto a posto, l’unica cosa che sento è la menta
piperita del dentifricio. Pensate che figura avrei fatto, se baciavo Edward con
ancora il sapore dei peperoni sulla lingua.
Mi
affretto ad abbassare la mano quando sento la porta aprirsi, ed ecco che vedo
Edward entrare e sorridermi mentre richiude la porta… con un giro di chiave.
Deglutisco, e sorrido mentre sento le guance scaldarsi. Che ci posso fare,
certe cose mi imbarazzano sempre.
Non
posso fare a meno di osservare il suo corpo mentre si avvicina a me, e si
arrampica sul letto per raggiungermi. Indossa dei semplici e comuni pantaloni
del pigiama, con una maglietta bianca a maniche corte sopra… insomma, nulla di
che, ma sento lo stesso un familiare formicolio al basso ventre.
È
l’effetto Edward, riconosco i sintomi.
«Mi
aspettavi?» chiede, posizionandosi di fronte a me e sfoggiando il suo famoso
sorriso sghembo, quello che mi fa impazzire ogni volta. Ne ha anche un altro,
quello che ho definito ‘sorriso straccia mutandine’, ma mi sa che se lo sta
risparmiando per un altro momento…
Io,
intanto, aspetto. Non vado mica di fretta, eh.
«No.
Sto aspettando il principe William, ma è in ritardo.» lo prendo in giro, e
comincio a passare le dita sulla sua mano, che ha poggiato sul materasso.
Lui
aggrotta le sopracciglia alla mia risposta. «Ti piace il principe William?»
Storco
il naso: no, non mi piace per niente, e lui lo sa. «È il primo nome che mi è
venuto in mente…»
«Bene,
perché sennò dopo mi ingelosisco.»
Rido.
«Il mio piccolo pulcino geloso!» esclamo, drizzandomi con la schiena per poter
raggiungere meglio il suo viso. Mi aggrappo con le mani alle sue spalle e
sfioro il suo naso con il mio, chiudendo gli occhi.
Edward
mi abbraccia la vita, e percorre con il naso il profilo del mio viso per poi
scendere e continuare sul collo. Lo bacia, delicatamente e dolcemente, e
ripercorre il percorso fino a tornare sulle mie labbra, che bacia leggermente.
«Finalmente
posso dedicarmi a te come voglio…» mormora, scostandosi di pochi centimetri da
me. «È tutto il giorno che ci penso…»
«E che
aspetti? Non parlare…» ribatto, tuffandomi su di lui nel vero senso della
parola.
Cominciamo
a baciarci, e a toccarci, nello stesso momento: le sue mani che vagano sul mio
corpo mi fanno gemere nel bacio, e lo stesso fa Edward. Il suo sembra più un
ringhio, però, ed è maledettamente eccitante! Prendo a strusciare il mio bacino
contro il suo, accentuando così il contatto tra i nostri corpi e le sensazioni
di piacere.
Le mani
di Edward si posano sul mio sedere, poi risalgono verso la pancia, e la
schiena… e poi si fermano. Edward mette persino fine al bacio, e col fiatone mi
guarda allibito.
Che ho
combinato, adesso?
«Che
cazzo… che ti sei messa addosso?» borbotta, puntando gli occhi sul mio corpo.
Lo
faccio anche io, prima di tornare a guardarlo. «Il… pigiama?» domando,
sentendomi presa alla sprovvista.
«Questo
non è un pigiama, Bella! È… è una camicia di forza!» allarga le braccia sul
letto, fissando ora me, e ora il pigiama. «Avevi paura che ti violentassi?»
Violentarmi?!
«Ma che dici! Avevo paura di avere freddo…» ammetto.
Quando
sono andata a fare spese con Alice, in vista del mio viaggio a Chicago, ho
cercato scrupolosamente tutto quello che mi sarebbe servito una volta arrivata,
e nella lista c’era anche un pigiama caldo. Di certo, quelli che porto di
solito a Napa non erano adatti, leggeri e estivi come sono… e così la mia
scelta è ricaduta su un caldo e alquanto ingombrante pigiamone di flanella.
Avete
presente quelli che si mettono ai bambini piccoli? È identico, tutto d’un
pezzo, solo che il mio è rosso e a quadri, e ha i bottoni davanti invece che
dietro.
E
Edward ha ragione: da un lato, sembra davvero una camicia di forza!
«Ma qui
non fa freddo, non senti che fa caldo? E poi… a scaldarti ci penso io…» tornato
di buon umore, una volta superato lo shock della scoperta, Edward solleva la
testa e mi bacia dietro l’orecchio prima di cominciare a mordere quella piccola
parte di pelle che mi fa impazzire ogni volta.
«Mhm…»
un piccolo sospiro di piacere mi esce dalle labbra, e stringo di riflesso i
capelli di Edward tra le dita. Rispetto a quest’estate sono più lunghi, e mi
piacciono moltissimo. Così si afferrano meglio… lo so, penso solo al sesso.
Ma, vi
rendete conto di quanto è bello e sexy il mio ragazzo? Non potete biasimarmi se
voglio fare l’amore con lui 48 ore su 24! Ore doppie, sì, abbiamo degli
arretrati da recuperare.
«Adesso
mi sbarazzo di questo ingombro, poi ti farò urlare di piacere.» dice,
baciandomi le guance, mentre comincia ad aprirmi il pigiama.
«No,
poi ci sentono…» gli mordo le labbra con un risolino.
«Non mi
interessa! Non portai farne a meno, per quello che ho in mente…» un sorrisetto
malizioso spunta sulle sue labbra. Eccolo, il sorriso straccia mutandine!
«E… che
hai in mente?» la mia voce è impastata, colpa del suo sorriso da strapazzo.
«Prima ti
tolgo il pigiama, e poi ti faccio sdraiare a pancia in giù sul letto… con le
mani sul pavimento.»
Ah,
merda! Le sue parole sono peggio del suo sorriso! Le mie mutandine sono da
buttare… e credo che la stessa cosa valga per il pigiama!
25/11/2010
«Allora,
pronta per scendere?» Edward mi porge la domanda, osservandomi dalla soglia del
bagno.
«Non
proprio…» ammetto, mentre osservo i miei movimenti dallo specchio. Sto passando
il fard sulle guance… a dire la verità l’ho fatto già prima, ma continuo a
muovere il pennello lo stesso.
Sto
prendendo tempo? Sì. Da cosa si capisce?
«Sei
bellissima.» Edward mi si avvicina e mi abbraccia da dietro, posando le mani
sulla mia pancia e poggiando il mento sulla mia spalla. Punta gli occhi sullo
specchio e mi guarda, sorridendo. «Stasera farai strage di cuori!»
Non
posso fare a meno di ridacchiare. «Non dire cazzate! Ci sono solo tuo padre e
tuo fratello… e tuo zio.»
«Beh,
rapirai loro il cuore, come hai già fatto con il mio.» mi bacia la spalla. «Ti
amo così tanto…» aggiunge.
Prima o
poi finirò con lo sciogliermi, dico davvero. Edward, quando ci si impegna,
diventa dolce e tenero e assurdamente romantico, insomma il ragazzo perfetto.
Mi chiedo cosa ho fatto di giusto nella mia vita per meritarmi una persona come
lui…
«La
cosa è reciproca…» mormoro, girando il viso e lasciandogli un piccolo bacio
sulla guancia, oltre a un piccolo strato appiccicoso di gloss.
«Sei
pronta, allora? Di sotto ti stanno aspettando tutti.» dice, sempre osservandomi
grazie allo specchio.
Deglutisco,
sgranando gli occhi. «Tutti… tutti?»
«Tutti,
tutti.»
Quindi,
questo vuol dire che è arrivata anche… lei.
Non so se ridere o piangere. Forse piangere è la scelta migliore, ma così mi
rovino il trucco: il mascara si scioglierà ed io finirò con l’assomigliare a un
panda a cui hanno pestato gli occhi a sangue!
«Cos’è
quella faccia? Non avrai paura di mia nonna, per caso?» Edward scioglie
l’abbraccio e comincia a ridacchiare, con le mani che mi massaggiano le spalle.
«È la persona più dolce del mondo… non dare retta a James, lui ti prende in
giro.»
Poso il
pennello nel beauty case, chiudendo la zip. «Ma ha detto che non piaccio a tua
nonna! E poi mi vergogno…» mugugno.
«E
invece le piaci, tesoro, te lo giuro! Mi chiede sempre quando arriverà il
giorno in cui ti presenterò a lei… vuol dire qualcosa, no?»
Già,
perché domandarlo se poi non le piaccio? Forse devo smetterla di credere a
tutto quello che dice James: quattro giorni che lo conosco, e sono già
diventata il suo zimbello!
Victoria
dovrebbe dargli una bella lezione.
Cinque
minuti dopo, io e Edward scendiamo le scale che portano al piano inferiore, e
tenendoci per mano andiamo verso il salotto, dove sento provenire un sacco di
voci allegre. Stasera, in vista del Ringraziamento, Esme ha organizzato una
piccola cena in famiglia: ci sono anche gli zii di Edward, e sono contenta
perché questo vuol dire che rivedrò Tanya. E, ovviamente, ci sarà anche la
signora Lucilla, la nonna paterna di Edward.
Il solo
sapere che avrei finalmente conosciuto la nonna del mio ragazzo mi ha fatta
entrare nel panico. All’inizio no, ma dopo che James ha cominciato a dire che
sua nonna mi detesta, e che secondo lei non sono la persona giusta per sui
nipote, sono entrata in paranoia.
Ho
passato più di due ore in camera per prepararmi in vista della cena, tra
doccia, capelli, vestiti e trucco, e ancora non mi sento sicura, nonostante
Edward mi abbia detto che sono bellissima. Ma lui è di parte, ha le fette di
prosciutto sugli occhi e non devo fidarmi del suo giudizio.
Ho
scelto di indossare uno dei miei ultimi acquisti, ossia un semplice miniabito
blu di cotone, a cui ho aggiunto leggings neri e stivali bassi della stessa
tonalità del vestito… insomma, nulla di troppo vistoso o esagerato. Ma mi sento
ugualmente a disagio.
Entriamo
in salotto e veniamo accolti da una marea di saluti; Tanya mi salta persino al
collo, contenta di rivedermi dopo quattro mesi. E naturalmente, James mi fa
l’occhiolino da lontano e mi indica una poltrona, mimando poi con le dita un
taglio alla gola.
Come
posso stare tranquilla, se lui mi mima queste cose? Sua nonna è per caso un
serial killer? Ha intenzione di farmi fuori e di seppellirmi in giardino?
Devo darci
un taglio… non leggerò più Stephen King fino all’anno prossimo!
«Finalmente
insieme, Bella! È così tanto tempo che non ci vediamo!»Tanya urla e saltella
per la contentezza, ed io non posso fare a meno di ridere; questa ragazza è
così vivace! Però, tra poco diventerò sorda in un orecchio se continua a
strillare in questo modo…
«Quattro
mesi sono tanti!» esclamo, ricambiando il suo abbraccio e venendo contagiata
dalla sua allegria senza freni.
Non
appena smettiamo di scambiarci moine, lei mi presenta i suoi genitori, i
signori George e Amanda Spencer: non posso fare a meno di notare che anche i loro
visi sono di una bellezza particolare…
Ma che
per caso la famiglia di Edward è appena uscita fuori da una rivista patinata,
tipo Vanity Fair? Ci manca solo che la signora Lucilla assomigli a Miranda
Priestly e siamo a cavallo!
Basta
che non è odiosa e cattiva come lei…
«Edward!
Bambolotto della nonna, vieni qui! Non vuoi farti salutare da me, eh?
Furbacchione!» una voce squillante e dolce sovrasta le altre, sorprendendomi:
capisco che è la voce di Lucilla, e non immaginavo che fosse così… da nonna,
insomma. Rimango in disparte, seminascosta dal corpo di Tanya, mentre Edward si
inginocchia al lato della poltrona per salutare la signora.
«Ma ci
siamo salutati prima, nonna!» dice, divertito.
«Non
significa niente, devi salutarmi sempre!» ribatte lei, e sento Edward che
esclama un “Ahi!” mentre sua nonna sta ancora parlando. Deve essersi appena
beccato un pizzicotto sulla guancia. «Dov’è la tua Isabella? So che è qui, ma
non la vedo.»
«Adesso
arriva, nonna…» Edward si scosta e, dopo avermi cercato per diversi secondi con
lo sguardo, mi sorride e mi fa cenno di avvicinarmi a lui.
Deglutisco,
innervosita, e prendo a stringermi le mani mentre faccio qualche passo,
lasciando così il mio nascondiglio. Con la coda dell’occhio vedo Carlisle che
mi sorride, tranquillo, e James che se la ride sotto i baffi.
Giuro
che il suo odioso pizzetto farà presto una brutta fine.
Mi
schiarisco la gola, e dopo aver sorriso debolmente a Edward volto il viso,
incontrando per la prima volta quello di sua nonna. La signora Lucilla è molto
anziana, cosa che sapevo già grazie a Edward, ma ha un viso vispo e adorabile,
anche se solcato dalle rughe, che fa passare la sua età in secondo piano. I
suoi occhi sono sgranati dietro le lenti degli occhiali, e non smette di
osservarmi, come se stesse riflettendo mentalmente.
Mi
sento a disagio sotto al suo sguardo, ma cerco di non pensarci. Mi posiziono
sul lato libero della poltrona e mi inginocchio, sorridendole. Spero che sia un
sorriso carino, e non schifoso come mi capita quando sono nervosa.
«Tu sei
Isabella?» domanda Lucilla, che ha seguito tutte le mie mosse e non se n’è
persa neanche una.
Annuisco.
«Sì, sono Isabella… è un piacere conoscerla, signora…»
«Non
provare a chiamarmi signora, sai cara? Sono Lucilla, Lucilla e basta.» mi
sorride amorevolmente e poggia le mani sulle mie, che tengo ferme sul
bracciolo. «Ma guarda quanto sei bella, davvero un amore di ragazza! Edward non
fa che dirmi che sei la persona più bella del mondo!»
Rido,
arrossendo, e la ringrazio con un sussurro mentre Edward borbotta un «Nonna…»
sconsolato.
«Allora,
che mi racconti? Quando mi regalerete un bis nipote?» aggiunge.
«NONNA!»
stavolta la parola è urlata.
Sono
arrossita dalle punte dei piedi fino alla radice dei capelli, e abbasso gli
occhi perché in questo momento mi vergogno a morte. Ma che cavolo! «È… è un po’
presto per un bambino, Lucilla…» mormoro.
«Mamma,
stai mettendo in imbarazzo Bella!» Carlisle rimprovera bonariamente sua madre,
lasciandole una carezza sui corti capelli bianchi, che sembrano zucchero
filato. «Parliamo d’altro, che ne pensi?»
«Giusto,
giusto…» Lucilla segue il consiglio di suo figlio, e si volta verso Edward.
«Quando farai la proposta a Isabella? Secondo me sta aspettando che tu lo
faccia!»
«Ma…
stiamo insieme da solo cinque mesi! È presto, nonna…» balbetta lui, perplesso
almeno quanto me.
Sua
nonna già ci vuole vedere accoppiati e con prole… e per fortuna che mi odiava!
Perché do sempre retta agli altri invece di guardare i fatti con i miei occhi?
27/11/2010, ore 23:47
Come è
capitato quasi tutte le sere di questa settimana, sono sdraiata sul letto di
Edward e sto aspettando che lui esca dal bagno. Mi sono creata una specie di
bozzolo con le coperte e con il piumone, che mi avvolgono fino alle orecchie…
Il
motivo? Non voglio che Edward sbirci qualcosa. Ma tanto capirete più avanti
cosa ho in mente di fare…
La
porta del bagno si apre mentre io sono impegnata a grattarmi la testa, e con un
piccolo sussulto mi affretto a sprofondare di nuovo nel mio bozzolo caldo –
troppo caldo, in effetti – e a cercare di nascondermi il più possibile.
Stavolta, le coperte mi coprono fino al naso e l’unica cosa che, ne sono
sicura, Edward riesce a vedere sono i miei occhi, sgranati per di più.
Capirà
che ho in mente qualcosa? Spero proprio di no…
Edward,
noto con una punta di timore mista a eccitazione, mi sta fissando confuso e con
un sopracciglio alzato. Ha una mano posata sul fianco, l’altra invece è immersa
nei capelli. «Che stai combinando?» chiede, perplesso.
Con le
mani abbasso un poco le coperte, perché non sono sicura che riesca a sentirmi
altrimenti. «Nulla.» rispondo subito.
«Che ci
fai coperta in questo modo, allora?» chiede di nuovo.
«Ho
freddo…»
Lui
sbuffa, smorzando una risata. «Ci sono più di 25 gradi qui dentro, io sono in
maglietta e mutande per il caldo… e tu hai freddo!» scuote la testa, mentre mi
prende in giro. Beh, almeno non sospetta nulla.
«Forse
sto covando l’influenza…» mormoro, e torno a coprirmi fino al naso con le
lenzuola.
«Giuro
che se prendi l’influenza vado a dormire di sotto, sul divano!» esclama,
ridendo.
«Mhm.»
non dico altro, e aspetto che Edward mi raggiunga sotto alle coperte.
Lo fa
dopo alcuni secondi, e per fargli posto mi scosto verso il bordo del materasso…
ma a dirla tutta, lo faccio anche perché in questo modo non riesce a toccarmi.
Non voglio che la mia sorpresa per lui venga rovinata prima del solito, ecco.
«Bella,
stellina… hai davvero freddo?» domanda, e avvicina la testa alla mia.
Annuisco,
senza dire nulla, e rimango a guardarlo negli occhi. Sono stramega sicura che
Edward non sospetta nulla, il suo viso è così tranquillo e rilassato… persino
il suo sorriso è rilassato. No, pensa davvero che io ho soltanto freddo.
Sapessi
invece com’è che mi sento veramente, amore mio…
«Mhm…
vediamo un po’…» abbassa la testa su di me e poggia le labbra sulla mia fronte,
fermandosi così per qualche istante prima di tornare su. «Non sei calda… beh,
forse un pochino sì, ma non mi sembra che hai la febbre.»
«Sono
sicura che passa tutto subito, se tu…» mi blocco, e lo faccio apposta, non
perché non so cosa aggiungere.
«Se
io?»
«Abbracciami!»
dico alla fine, battendo le ciglia come una fatalona.
«Che
domanda inutile, tesoro… vieni qui.» Edward allarga le braccia e mi invita a
raggiungerlo, cosa che faccio senza farmelo ripetere.
Poggio
la testa sul suo petto e lo stringo forte, chiudendo gli occhi. Ho un
sorrisetto malizioso sulle labbra, che Edward non riesce però a vedere, e mi
viene da ridere se provo anche solo ad immaginare la sua faccia in questo
momento.
Le sue
mani, titubanti, viaggiano sulla mia schiena e sembrano quasi incredule per
quello che stanno toccando… ops! È meglio dire cosa non stanno toccando!
«Bella?»
domanda, la voce diventata roca tutto d’un tratto.
«Mhm?»
«Sei…
sei nuda?»
«Mhm.»
cerco di non ridere, e gli bacio il petto all’altezza del cuore. «Pensavo che
ti avrebbe fatto piacere…» miagolo, alzando gli occhi verso i suoi.
Edward
non è rimasto molto entusiasta della mia mise notturna, perché gli scocciava
vedermi con addosso il pigiama/tuta di castità e perché ogni volta era un
impresa, per lui, togliermelo. E stasera ho rimediato io, al posto suo: niente
pigiama. Anzi, niente di niente.
Sono
nel suo letto nuda come mamma mi ha fatta, il sogno di ogni uomo… dovrebbe
essere contento.
«Eh…
uh… cazzo!» balbetta. Le sue mani non accennano a fermarsi, adesso mi stanno
spudoratamente palpando un seno e una chiappa.
Ti
piacciono le mie chiappe, eh pulcino?
«Quello
voglio vederlo, tra poco però…» rido, e mi sollevo per baciarlo sulle labbra.
Dire che il bacio è infuocato è poco; quindi, basta farmi trovare nuda dentro
il letto per far sì che la miccia si accenda!
Beh,
buono a sapersi.
«Mi
piace quando fai la ragazzaccia…» sussurra, e con un veloce movimento mi fa
sedere sulle sue gambe.
Gli
circondo la vita con le mie, e poggio i gomiti sulle sue spalle, le mani
immerse nei suoi capelli. Ci baciamo di nuovo, e per il resto non abbiamo nient’altro
da dirci, impegnati come siamo a fare gli sporcaccioni…
Bello fare
gli sporcaccioni!
|
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Capitolo 2 *** Extra due - Programmazioni e dichiarazioni ***
The camp of love - extra2
Vi ho fatto aspettare tanto, lo so, ma
ormai dovreste aver capito che io e i ritardi, alcune volte, diventiamo
migliori amici XD ma a parte gli scherzi, adesso sono qui :)
Questo secondo - e penultimo - extra è
ambientato più o meno due anni dopo quello scorso… quindi sono accadute
parecchie cose e ne accadranno altre. Come sempre, spero che vi piaccia :D
Scusatemi tanto se non ho risposto alle vostre
recensioni, ma me ne dimentico sempre .__. le ho lette tutte, però, e vi
ringrazio tantissimo per le vostre parole! Non sapete quanto sono rimasta
felice di notare che aspettavate tutte il ritorno di questi Edward e Bella *-*
davvero, siete state grandissime :D
Adesso vi lascio leggere, e… beh, alla
prossima! ^_^
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of love - extra
Extra due – Programmazioni e dichiarazioni
14/06/2012
Fa
caldo, maledettamente caldo. E pensare che siamo soltanto all’inizio
dell’estate! Anzi, l’estate non è ancora tecnicamente iniziata, visto che manca
ancora una settimana al 21 di Giugno… ma qui non si resiste, c’è un umidità
pazzesca e la temperatura si aggira già intorno ai 34° C.
Quasi
quasi rimpiango la mia scelta di esser voluta restare a Napa, e di non aver
seguito Edward a Chicago: lì, a detta sua, c’è una frescura da invidiare.
Merda!
La prossima volta faccio i bagagli non appena mi annuncia che si parte per
andare a trovare i suoi genitori!
Lo
avrei fatto anche questa volta, ma purtroppo non potevo lasciare l’azienda
così, su due piedi… non quando mi si è mostrata davanti l’opportunità di
entrare in società con qualcuno. E non potevo assolutamente lasciare tutto
nelle mani di Jacob! Ricordo ancora il casino che ha combinato con le botti di
vino, e la faccenda mi rode ancora, nonostante siano passati già due anni da
quell’incidente.
Già, sono
passati due anni, e in due anni sono successe tante cose: cambiamenti, momenti
belli e momenti brutti, e soddisfazioni enormi nel lavoro e nella vita privata.
Tornando
all’opportunità di cui vi ho accennato prima… si tratta di una cosa nuova per
me, e per la quale non ero affatto preparata. In parole povere, alcuni mesi fa
sono passati a far visita all’azienda il direttore di un nuovo albergo, che era
in fase di avviamento, e parte del suo staff. Stavano facendo il giro delle
aziende vinicole dei dintorni, alla ricerca di quella più adatta con cui
stipulare un contratto.
Un vero
e proprio colpo di fortuna volle che la mia azienda, l’azienda di famiglia, l’azienda
che il nonno aveva avviato con le sue sole forze, risultò essere quella che
stavano cercando: apprezzavano i nostri prodotti, enormemente, e nel giro di
poche settimane avevo messo la firma a un contratto della durata di cinque
anni, in cui mi impegnavo a ‘rifornire’ la cantina dell’albergo con i nostri
vini migliori.
Era una
svolta così importante, e nuova, per me, e per più di una volta ho creduto che
si trattasse tutto di un frutto della mia immaginazione senza freni… ma invece era
tutto vero.
Così,
adesso mi ritrovo a trascorrere quasi tutti i giorni all’interno dello
stabilimento vinicolo, tanto che se potessi potrei accamparmi lì e viverci
tranquillamente, senza problemi. Casa mia ormai la vedo di sfuggita, o per
niente, nonostante si trovi nello stesso posto. Sembra assurdo, ma è la verità.
Senza
contare che negli ultimi tempi ho passato pochissimo tempo insieme a Edward, e
viviamo insieme da quasi un anno.
Eh sì,
viviamo insieme!
L’estate
precedente, come era previsto, Edward e James hanno finalmente dato il ‘via!’
alla loro nuova attività a Napa, e il mio ragazzo ne ha assunto completamente
la direzione, trasferendosi in un piccolo appartamento in città. All’inizio
l’attività ha stentato un po’ nel decollare, ma adesso va tutto bene: Edward si
è finalmente fatto un nome, e tra il suo negozio e quello dei Newton c’è una
bella concorrenza… ed io sono contenta che gli stia facendo vedere i sorci
verdi!
Qualche
mese dopo l’avvio dell’attività, poi, io e Edward ci siamo resi conto che
vivevamo praticamente insieme: lui non tornava quasi mai nel suo appartamento,
fuori dal lavoro non stavamo mai lontani e non passava giorno in cui ci
ritrovassimo a casa mia… insomma, praticamente convivevamo e noi non ce ne
eravamo resi conto!
Così, l’appartamento
venne di nuovo affittato e lui si trasferì a Villa Swan, insieme a me e alla
nonna.
La casa
era grande, lo spazio non mancava e la nonna era stata più che contenta di
sapere e accettare la novità. A lei non dispiaceva, anche perché adorava Edward
e gli voleva un gran bene, quasi come se fosse stato suo nipote. E secondo me,
sperava che accadesse qualcos’altro nelle nostre vite… ma questo non contava,
perché era una cosa che continuava a dire da quando io e Edward ci eravamo
messi insieme.
E
adesso che viviamo insieme non riusciamo a vederci molto, per via di questo
nuovo progetto in cui sto riversando anima e corpo. Edward mi capisce, sa che
per me è importante e mi sostiene, ma anche se non me lo dice sento che a lui
questa situazione comincia a pesare. Pesa anche a me, sul serio, ma che posso
fare?
Ho
promesso a me stessa che, non appena il ‘momento di massimo impegno lavorativo’
sarà finito, organizzerò una vacanza solo per me e per lui e ce ne andremo da
qualche parte per un mese! O forse due… o magari tutta l’estate! La nostra sarà
una fuga romantica, una di quelle dove nessuno potrà disturbarci e dove nessuno
potrà rintracciarci. Lascerò il cellulare a casa, per farvi capire meglio le
mie intenzioni, che sono parecchio serie.
Ma per
adesso, non posso fare altro che aspettare che questo momento arrivi, e che
Edward torni a Napa. È partito da solo pochi giorni e mi manca troppo,
tantissimo… ma sapere che sarà presto di ritorno mi rincuora, e non vedo l’ora
che succeda perché voglio farmi perdonare per tutto il tempo in cui siamo stati
lontani.
***
«Queste
sono le vendite previste per quest’estate! Il nuovo hotel ha avuto un buon
avvio, provare per credere!» esclama Monique, entusiasta e soddisfatta per le
cifre stampate sul foglio che sto studiando insieme a lei. E non posso fare a
meno di approvarle, le sue parole: è fantastico!
«Non ci
credo! Da quanto ha aperto, due mesi? È… è fenomenale!»
«Già,
fenomenale è dire poco! E poi è tutta pubblicità per noi, diventeremo famosi!»
continua, battendo le mani. «Tuo nonno sarebbe così orgoglioso di questo…»
Già, è
vero: nonno Jack sarebbe fiero del successo che abbiamo ottenuto, e che stiamo
continuando ad ottenere. Non posso fare a meno di chiedermi, a volte, se quello
che sto facendo è giusto, e se il nonno avesse fatto le mie stesse e identiche
scelte, se fosse stato ancora vivo.
Da
quando è morto e da quando ho deciso di occuparmi dell’azienda queste domande
erano presenti ogni ora del giorno nella mia testa, impaurita com’ero di
combinare qualche macello… ma col passare del tempo ho acquistato la sicurezza
e la forza necessaria e non avevo più paura di sbagliare, anche se un po’ di
fifa a volte tornava a farmi visita. Come adesso, sento che sto facendo una
cosa giusta e che non sto sbagliando, ma ho comunque il timore di star facendo
qualcosa che il nonno non apprezzerebbe.
Sono
sciocchezze, so che sarebbe fiero di me, così come lo sono la mia famiglia e i
miei amici, ma scacciare questa insicurezza non è facile.
Anzi… è
impossibile.
«Lo so…
è anche per lui che lo facciamo, no? Stiamo continuando il lavoro che lui ha cominciato
tanti anni fa.» ammetto alla fine, con un sorriso e una punta di nostalgia
nella voce.
Sono
passati quattro anni dalla morte del nonno, e non è passato giorno in cui non
mi sia mancato. Mi manca tantissimo.
«Giusto!
Hai ragione, Bella.» Monique mi fa l’occhiolino e si allontana da me per andare
a rispondere al telefono, che ha iniziato a squillare. Io, invece, rimango
appoggiata alla scrivania e continuo a fissare quei numeri, orgogliosa.
Gli
affari stanno andando così bene che, molto probabilmente, posso prendermi le ferie
anticipate senza troppi problemi. Le ultime casse da consegnare in hotel stanno
per essere chiuse e spedite, e nell’attesa di un nuovo ordine posso sollazzarmi
e rilassarmi come non faccio da un sacco di tempo.
Potrei
già cominciare a pianificare la fuga romantica…
«Bella?
C’è la signora Isabella al telefono!» mi dice Monique, distraendomi.
«Uh?»
mugugno, girandomi verso di lei, per poi abbandonare i miei pensieri per
raggiungerla. Allungo la mano per prendere la cornetta, che lei sta agitando
divertita. Inarco le sopracciglia e continuo a guardarla mentre rispondo.
«Dimmi, nonna.»
«Tesoro, puoi smetterla di lavorare almeno
per una mezz’ora e venire su? Ci sono Alice e la piccolina qui!» mi dice
bonariamente: dal tono della voce non sembrerebbe arrabbiata, ma so che pesa
anche lei questo mio momento di lavoro matto senza freni. Secondo lei, per il
troppo stress ho anche perso peso, cosa che non è affatto vera. Beh, forse un
pochino, le ossa del bacino sono più sporgenti del solito… ma non è grave come
dice lei: dopo che mi sarò ingozzata come un maiale tornerà tutto come prima.
«Davvero?
Salgo subito allora! Cinque minuti, il tempo di arrivare…» prometto a nonna, e
aggancio senza aggiungere altro. Con un sorriso enorme, che va da guancia a
guancia, batto più volte le mani sul tavolo. «Monique, mi assento per il resto
del pomeriggio! Pensa tu a tutto quanto.» le dico.
«Stai
tranquilla! Ci vediamo domani!» mi saluta, ma io sono già arrivata all’uscita e
la sento a stento, troppo presa a svignarmela per raggiungere casa mia.
Nel
piazzale dell’azienda saluto Steve e Bill, due ragazzi che si occupano dei
magazzini, e poi mi metto a correre per arrivare prima a casa: l’aria calda,
afosa, mi colpisce in pieno e mi fa desiderare di raggiungere subito un posto
fresco. Un motivo in più per muovermi e per raggiungere le altre.
Non
vedo l’ora di salutare Alice e la mia piccola e adorabile nipotina! Non le vedo
da tanto, forse dal compleanno di mia mamma… che è stato un mese e mezzo fa.
Merda, mi sento una cogliona per aver fatto passare tutto questo tempo! Chissà
quanto sarà cresciuta Lyla…
La
piccola di casa è nata il giorno di Natale, e la sua nascita è stata un vero e
proprio regalo: abbiamo trascorso la maggior parte della giornata in ospedale,
visto che Alice aveva avuto le prime avvisaglie del parto a ora di pranzo, ma
abbiamo dovuto aspettare parecchio prima che Lyla venisse al mondo.
Infatti,
è arrivata pochi minuti prima della mezzanotte del 26 Dicembre e Jasper, mio
fratello, è persino svenuto in sala parto non appena l’ha sentita piangere per
la prima volta. È un papà eccezionale, e geloso marcio della sua principessina:
ha già detto che i ragazzi verranno prima castrati da lui, e poi potranno
uscire con Lyla.
Io gli
ho detto che esagera, ma Edward mi ha bloccato dicendo che ha ragione e che
castrarli è troppo poco. Ho come l’impressione che lui sarà più geloso di mio
fratello, non appena avremo una figlia… e sempre se la avremo.
Salgo
in fretta le scale che portano alla piscina e poi vado verso la grande portafinestra
della sala, che è aperta nel disperato tentativo di smuovere un po’ l’aria. Una
volta dentro vado dritta in cucina, dove so per certo che c’è la loro presenza…
e infatti, eccole che parlano e che mangiano, allegre, sedute sugli sgabelli
del bancone.
«Alice!»
cinguetto, spalancando le braccia e fiondandomi su di lei per abbracciarla.
«Bella!»
lei contraccambia subito il mio saluto, urlando più forte della sottoscritta:
sarà pure diventata mamma, ma è sempre la solita. Urla come un ossessa e si fa
riconoscere sempre da tutti… dopotutto, lei è la ‘pazza furiosa dell’agenzia di
viaggi’, come molti hanno deciso di soprannominarla in città.
«Come
stai, straniera? Dio santo, sei fradicia!» si scolla da me dopo che ha notato
il bagno di sudore in cui sono immersa, con una smorfia divertita.
«Lo so,
mi sono messa a correre prima!» rido, per poi spostare l’attenzione su mia
nipote, che la nonna tiene in braccio. «Ah, ma chi è la mia nipotina
preferita!? Chi è?» squittisco, rapendola senza nessuna esitazione. La nonna
alza gli occhi al cielo prima di cedermela.
Sento
Alice che sbuffa, alle mie spalle. «Prima o poi ti manderà a quel paese, Bella,
lo sai?»
«Ma
fino a quel momento posso dirle quello che voglio, e come voglio!» ribatto, e
le lancio una rapida occhiata divertita prima di tornare a guardare in viso
Lyla. «Ma quanto sei bella, piccina! E sei anche cresciuta, senti qua come
pesi!» nel parlare uso una vocina nasale, da cartone animato; mi viene
istintivo e non posso farci nulla, anche se so che come voce è orrenda e
vergognosa.
Lyla mi
guarda attentamente, con gli occhi azzurri puntati sul mio viso: ha le
guanciotte così piene e carnose che passerei volentieri tutto il giorno a
baciargliele e a mordergliele, per quanto sono carine. È tutta morbidosa, e ha
tanti rotolini di ciccia sul corpo… una piccola cicciona, insomma, ed è
bellissima. La più bella del mondo!
La
bimba continua a guardarmi, poi apre la boccuccia e, contenta, si mette a
urlare prima di ficcarsi il pugnetto in bocca e di cominciare a succhiarlo. In
questo ha ripreso da sua madre: ha dei polmoni d’oro, e non perde tempo nel far
sentire a tutti come è brava a urlare. Sarà tremenda quando comincerà a
parlare, ne sono sicura.
Le
bacio le guance, innamorata persa. «Eh, se potessi rubarti ai tuoi genitori…»
scherzo, pizzicandole un braccino.
«Oppure
potresti impegnarti e fare anche tu un bambino!» la nonna si intromette,
divertita. «Sono dell’idea che tu e Edward state soltanto perdendo tempo,
tesoro…» continua.
«Nonna,
non hai tutti i torti! È da quando si sono messi insieme che non faccio che
dirglielo.» Alice mi guarda con un sorriso da pazza furiosa, che mi fa
rabbrividire. «E secondo me i loro bambini saranno stupendi!»
«Smettetela
di progettare i miei bambini!» le rimprovero. «Non è ancora arrivato il
momento, è troppo presto…»
«Se
siete innamorati nulla è troppo presto. Sai quanto tempo è passato da quando ho
conosciuto tuo nonno fino al giorno delle nostre nozze? Tre mesi! E neanche un
anno dopo è nato tuo padre, tesoro…» la nonna sorride, con gli occhi brillanti,
ricordandomi la storia che so a memoria e che assomiglia tanto a una fiaba.
«Alcune volte aspettare è giusto, altre volte invece no, non ha senso.
Ricordatelo bene.»
«Lo
terrò a mente… ma sono comunque dell’idea che sia ancora presto. Magari l’anno
prossimo… o tra due anni.» scrollo le spalle, poi comincio a fare le smorfie a
Lyla, che non mi si fila per niente e continua a cucciarsi le dita.
«Mah,
non ci credo…» fa Alice, perplessa.
«E
invece credici!» esclamo, e Lyla mi fa da coro mettendosi a urlare. Merda, mi
ha quasi rotto un timpano!
«Vedi?
Anche lei dà ragione alla mamma! È vero, passerotta?» e le manda un bacio
volante.
La
nonna, che ci ha guardato sorridente restando in silenzio, si alza dallo
sgabello e mi si avvicina. «Vi lascio un po’ da sole, ragazze… e mi porto via
la mia bella bis-nipote! Andiamo a fare ‘caro caro’ a Principessa, eh? Ci
andiamo?»
Lyla,
dopo aver urlato di nuovo, viene presa in braccio dalla nonna e poi tutte e due
vanno via, alla ricerca della gatta. Così, in cucina restiamo soltanto io e
Alice, come ai vecchi tempi.
«Allora,
straniera, raccontami un po’… come va il lavoro?» chiede, prendendo in mano un
cucchiaino sporco di cioccolata.
«Alla
grande! Va tutto così bene che mi sembra quasi un sogno, e non vorrei
svegliarmi mai!» ridacchio, rubando il pezzo di dolce che le è avanzato e
mangiandolo. «Ho deciso di staccare per un po’, però, e di fare una vacanza…
insieme a Edward.» aggiungo.
Alle
parole ‘vacanza’ e ‘Edward’, Alice scatta sull’attenti; le sue antennine da
organizzatrice di viaggi hanno appena captato una notizia succulenta. «Uuuu,
finalmente! Sono contenta! E durante la vacanza potete anche fare questo
benedetto bambino!»
Sbuffo.
«Niente bambini, Alice, insomma! Voglio solo passare un sacco di tempo
indisturbata con il mio ragazzo, tutto qui… mi aiuti?» domando, anche se so già
la sua risposta.
E
infatti, questa non tarda a arrivare…
«Ma
certo che ti aiuto, ci mancherebbe! Ti troverò il meglio del meglio, fidati! E…
quando hai intenzione di partire? Lo chiedo a te perché sono sicura che Edward
non ne sa nulla, immagino.»
«Infatti
non sa niente, è una sorpresa! Lui torna tra qualche giorno, quindi pensavo…
l’ultima settimana di giugno?»
Lei
annuisce. «Perfetto! Domani vieni in agenzia, così cominciamo a trovare
qualcosa…»
Ed ecco
che il viaggio romantico comincia a prendere forma! Mamma mia, mi ricorda tanto
il viaggio a sorpresa che volevo fare per andare a Chicago da Edward, e che poi
è stato annullato perché lui aveva già cospirato insieme a Alice ed era venuto
a Napa senza dirmi nulla…
Ma
stavolta la sorpresa sarà solo mia, e nessuno me la rovinerà!
20/06/2012
Una
delle cose che mi piace fare, adesso che sono in ferie, è starmene a poltrire
la mattina presto e la maggior parte del giorno. Se qualche giorno fa battevo
la nonna, alzandomi già alle cinque e mezza del mattino per scendere a lavoro,
adesso sono decisamente l’ultima, quella che si alza dal letto a mattina
inoltrata… e mi piace da morire.
Per
quale motivo facevo quelle levatacce mattutine? È molto meglio restare a letto
e godersi queste ore in più di riposo.
È
quello che sto facendo adesso, me ne sto con gli occhi chiusi, stesa sul letto,
e mi godo la piacevole aria fresca che entra dalla finestra; sono appena le
nove del mattino, ecco perché l’aria è ancora sopportabile… ma tra un ora, se
mi dice male, dovrò già andare sotto la doccia per trovare un po’ di refrigerio
dal caldo.
Ma per
adesso non mi preoccupo di questo, e continuo a godermi questo momento di pace
assoluta. Si sta così bene, e sono così rilassata che mi addormento di nuovo. È
la sensazione di qualcosa che cammina sulla mia guancia a svegliarmi, e a farmi
pensare a una mosca dispettosa che non ha altro di meglio da fare che
disturbarmi.
Ma da
quando ho avuto l’incidente al campeggio, due anni fa, ho sviluppato una vera e
propria fobia per qualsiasi cosa che vola e che pizzica, quindi nella mia
testa mi vedo con un calabrone enorme che mi cammina sulla guancia e vado nel
panico.
Se mi
pizzica, sono morta!
«AAAH!»
comincio a urlare e ad agitarmi, con il risultato che colpisco qualcosa di
enorme con le mani, qualcosa che non può essere un insetto… bensì, una persona.
E le imprecazioni che sento sono proprio quelle di una persona che conosco
molto bene e che amo alla follia.
«Cristo
santo, Bella!» questa è la cosa più dolce che mi ha rivolto, per adesso.
Mi
metto a sedere in fretta, e scosto i capelli dal viso per vedere meglio Edward
che, con le mani premute sulla faccia, si agita e si lamenta per il dolore. È
una scena molto familiare, questa, ricordo del campeggio di due anni fa dove ci
siamo incontrati, conosciuti, scontrati e innamorati…
«Tesoro,
scusami!» mi sporgo verso di lui e gli appoggio una mano sulla schiena, mentre
con l’altra gli accarezzo la fronte. «Credevo che fosse un insetto, scusa
scusa!»
«C’è la
zanzariera alla finestra!» mi fa notare, scostando poi le mani dal viso. Ha gli
occhi lucidi, ma a parte questo e un lieve arrossamento su naso e guancia non
ha nient’altro. «Prima o poi me lo romperai, il naso…» aggiunge borbottando.
«Non
l’ho fatto apposta, scusami…» mi scuso di nuovo e lo abbraccio di slancio,
premendo le labbra sulla sua spalla nuda; deve aver tolto la maglietta non
appena è entrato in camera…
Un
momento: quando è entrato in camera?
«Ma
quando sei arrivato? Non ne sapevo niente…» mi scosto e lo guardo, sorpresa. Il
giorno prima non mi ha detto che sarebbe tornato a casa oggi, anzi, ha detto
che sarebbe tornato ‘presto’… mi ha fatto di nuovo una sorpresa.
Lui
sorride, anche se il sorriso è un po’ distorto per via del dolore che gli ho
provocato. «Un paio di ore fa, è venuta a prendermi tua nonna. Mi piace
sorprenderti, stellina.»
«Sai
che odio le sorprese, ma continui a farmele ugualmente…» scuoto la testa prima
di abbracciarlo di nuovo. Stavolta, però, vengo ricambiata e in aggiunta ci
scambiamo un bacio a fior di labbra.
Mi è
mancato così tanto in questi ultimi giorni, così tanto… ho fatto proprio bene a
organizzare la fuga romantica.
«Anch’io
ho una sorpresa per te.» lo informo. Me ne sto accoccolata sulle sue gambe e
gli accarezzo i capelli sulla nuca, dove sono più corti. È un suo punto
erogeno, infatti ogni volta che compio questo gesto la sua pelle si ricopre di
brividi.
«Davvero?»
domanda.
Annuisco,
contenta. «Il lavoro va bene, quindi ho deciso di prendermi una pausa e di
organizzare una bella vacanza per noi due, per recuperare tutto il tempo che ho
sottratto a noi due in questi giorni. Partiamo la settimana prossima per le
Fiji, che ne pensi?»
Edward
sgrana gli occhi, colpito. «Le Fiji? Dici sul serio?»
«Certo!
Alice mi ha aiutata ad organizzare tutto… ce ne staremo in un isoletta privata
per un mese e mezzo, e nessuno verrà a disturbarci! A parte i domestici che ci
riforniranno la dispensa e sbrigheranno le faccende…»
«Hai
pensato proprio a tutto! Non vedo l’ora di partire!» mi bacia, entusiasta del
programmino che gli ho descritto.
«In
parte è anche il regalo per il tuo compleanno…» mormoro sulle sue labbra,
sorridendo. «Tanti auguri, amore!»
Edward
resta per un po’ in silenzio, poi sorride di nuovo e mi bacia ancora,
stringendomi forte a se. Questo è il suo modo di dirmi ‘grazie’.
Oggi,
come forse avrete capito, il mio bel ragazzo compie ventotto anni. Sta pian
piano abbandonando le vesti del bravo ragazzo e sta diventando un bell’uomo… un
uomo con un po’ di ciccia sui fianchi, frutto dei manicaretti della nonna, a
cui non sa dire mai di no.
Come io
non so dire di no a lui, cosa che non so fare neanche adesso… e così, finiamo
con il fare l’amore.
***
«Mi
lasci andare? Voglio fare una doccia…» mi lamento, anche se non mi vorrei
alzare tanto presto da quel letto, e non vorrei neanche allontanarmi da lui.
Edward,
ridendo, mi stringe di nuovo a sé e mi bacia la gola prima di morderla. Le sue
mani, birichine, mi accarezzano la schiena e i seni e sembra che non vogliano
smettere di farlo molto presto. «È il mio compleanno, festeggiamo ancora un
po’.» sussurra, soffiando sulla mia pelle.
«Festeggeremo
stasera, dai! Ho caldo, ho bisogno di acqua fredda… e ho anche fame.» riesco a
divincolarmi dal suo abbraccio e, ridendo, gli bacio le labbra. «Stasera mi
farò perdonare, promesso.»
Sorride,
carezzandomi il labbro inferiore con il pollice. «Se la metti così, allora…
vado a prepararti la colazione. Tu vai a fare la doccia.» mi bacia ancora, e
ancora, e ancora… fino a quando non ci diamo un taglio, perché altrimenti non
combineremo più niente.
Mi
concedo dieci minuti di tempo sotto la doccia, non di più, giusto quello che
basta per togliere via il sudore accumulato durante il sonno e la ‘ginnastica mattutina’
fatta insieme a Edward. I capelli li lascio umidi, non me la sentirei mai di
asciugarli col phon visto il caldo che c’è, e torno in camera da letto con
addosso solo un asciugamano, che mi copre a malapena… ma tanto non c’è nulla
che Edward non ha già visto e studiato centinaia di volte.
Edward
è già in camera quando torno, e mi aspetta seduto sul letto con accanto il
vassoio della colazione, pieno di cose. Arriccia le labbra e inarca le
sopracciglia quando mi vede. «Hai intenzione di vestirti, vero? Perché se non
lo fai potrei saltarti addosso!» esclama.
«Mi
vesto, tranquillo!» lo rassicuro, e non posso fare a meno di ridere per la sua
voglia senza fine di fare sesso… beh, anche io sono nella sua stessa
situazione, ma non glielo faccio notare.
Mi so
trattenere, io, a differenza sua.
Indosso
velocemente le mutandine, un paio di shorts leggeri e una canottiera, e poi lo
raggiungo sul letto. Mi siedo a gambe incrociate di fronte a lui e, dopo aver
preso dal vassoio un muffin, lo bacio sulle labbra. «Grazie, amore.»
«Mi
piace viziarti!» dice, e mentre do il primo morso al dolce mi porge una rosa;
la riconosco, è una delle tante che abbiamo in giardino e che la nonna cura con
devozione assoluta. Edward deve aver chiesto il permesso per raccoglierla, la
nonna di solito è molto gelosa dei suoi fiori.
«Non ci
credo! È il tuo compleanno e mi fai i regali! Dovresti essere tu a riceverli,
non il contrario…» sorpresa, prendo la rosa dalle sue mani e la annuso,
chiudendo gli occhi.
Mi
piacciono le rose, è senza dubbio il mio fiore preferito.
«Accettandola
mi fai un regalo, Bella.» mi sorride, ed io lo ricambio, non sapendo cosa dire.
Torno a
mangiare il muffin e, nel frattempo, osservo la rosa. I petali color rubino
sembrano vellutati e morbidi, e brillano anche… «Ehi, dove hai preso i
brillantini?» chiedo, divertita.
«Quali
brillantini?»
«Questi!
Non fare il finto tonto, guarda…» mi sporgo verso di lui e, con le dita,
allargo i petali per mostrargli meglio di cosa sto parlando, ma mi blocco prima
che possa dire altro perché mi accorgo di essermi del tutto sbagliata.
Non
sono brillantini quelli che luccicano all’interno della rosa, a dire la verità i
brillanti ci sono eccome, ma… oddio, il più grande di questi è enorme, e ha
tutta l’aria di essere molto prezioso.
Il muffin
mi cade di mano, ed io rimango imbambolata come una fessa a guardare l’anello
che, indisturbato, rimane fermo tra i petali della rosa. Con la bocca asciutta,
e incapace di dire una parola di senso compiuto, alzo gli occhi per guardare
Edward, che invece mi guarda divertito e orgoglioso.
In
silenzio, si sporge per prendere l’anello dalla rosa e me lo mostra, tenendolo
sulla punta delle dita: ha la montatura molto semplice, fina, di quello che mi
sembra oro bianco, e c’è una pietra quadrata proprio al centro, circondata da
una serie di brillanti più piccoli che luccicano al più piccolo movimento. È
bellissimo, e sento che potrei scoppiare in lacrime da un momento all’altro…
Perché
quello che vedo, può significare solo una cosa.
«Dalla
faccia che hai capisco che ti ho sorpreso ancora una volta,» comincia a dire
Edward, sorridendo, «e questa reazione era proprio quella che mi aspettato da
te. Perché anche tu per me sei stata una sorpresa, Bella… una sorpresa arrivata
all’improvviso e quando meno me l’aspettavo. Mi hai sorpreso ogni giorno, mano
a mano che imparavo a conoscerti meglio, e mi sorprendi ancora adesso che sono
passati due anni. Adesso stiamo insieme, e viviamo insieme, e sinceramente non
vedo l’ora di sapere cosa farai in futuro per sorprendermi ancora…»
Sto
piangendo, e quasi non me ne rendo conto se non fossero per le lacrime che mi
offuscano la vista. Le scaccio con una mano, e Edward sceglie questo momento
per prendere quella libera nella sua e per baciarla dolcemente.
«Ti
amo, e so che ti amerò per il resto della mia vita… Isabella Marie Swan, vuoi
sposarmi? Di di sì, e rendimi l’uomo più felice dell’intero universo. Di di sì,
e fa che questo momento diventi il regalo di compleanno che mai dimenticherò.»
Non so
dire di no a Edward, non lo so fare e non imparerò mai a farlo, neanche tra
mille anni saprò farlo… quindi, secondo voi quale può essere la mia risposta
alla sua domanda?
Sì,
ovviamente.
«Sì…
sì!» ho la voce roca, ma il ‘sì’ che esce dalle mie labbra è forte e chiaro. E
la felicità e l’orgoglio che appaiono sul viso di Edward, sentendo la mia
risposta, mi fanno piangere ancora di più.
Con le
mani che tremano quasi allo stesso livello delle mie, Edward fa scivolare
l’anello all’anulare e si china per baciarlo, per poi abbracciarmi e baciarmi
sulle labbra con trasporto. Nel mentre io continuo a piangere, e credo che non
riuscirei a fermarmi per nessuna ragione al mondo. Lo abbraccio, lo stringo, e
piango.
«Ti amo
così tanto…» riesco a dire tra un bacio e l’altro, a corto di aria e di voce per
la forte emozione che provo.
«Idem…
signora Cullen.» scherza lui. Comincia a ridere per quello che ha detto e la
sua risata è così coinvolgente che mi ritrovo a ridere anche io, insieme a lui,
e cadiamo sul letto rovesciando l’intero vassoio della colazione.
Ma le
lenzuola sporche, il cibo rovesciato e tutto il resto del mondo possono
aspettare… ma se ami con tutta te stessa una persona, e la vuoi al tuo fianco
per il resto della vita, non puoi aspettare. È assurdo aspettare!
La nonna aveva
proprio ragione…
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