Will he be loved?

di BecauseOfMusic_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** problema ***
Capitolo 2: *** Serial killer a Camp Point ***
Capitolo 3: *** Don't forget to remember ***
Capitolo 4: *** il passato non muore mai ***
Capitolo 5: *** Prime Indagini ***



Capitolo 1
*** problema ***


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POV REID

 

Eccola. Ha appena varcato la porta a vetri che precede i nostri uffici, passandomi accanto. Ho potuto sentire il suo profumo: sa di arancia e cioccolato, con un pizzico di cannella e un lieve accenno di vaniglia.

E' la creatura più bella che io abbia mai visto in 26 anni di vita, e da poco più di due mesi si è aggiunta alla squadra; lavoriamo bene insieme, in sintonia, è simpatica e cortese con tutti, posso addirittura affermare che siamo diventati amici: ogni tanto si ferma con me a fare quattro chiacchiere dopo il lavoro, se si accorge che ho qualcosa che non va trova sempre un po' di tempo per fermarsi a parlare con me, a chiedermi che cos'ho, che cosa mi prende. E' strano: lavoriamo insieme da due mesi soltanto, ma lei riesce a leggermi l'anima, nel profondo.

Mi sono innamorato di lei nell'istante in cui l'ho vista varcare la stessa porta qualche settimana fa: indossava un paio di jeans scuri e una maglietta bianca, piuttosto scollata, stretta da una fascia color panna appena sotto il seno.
Portava i capelli raccolti in una furiosa coda rossa, alcune ciocche ribelli le incorniciavano il viso magro, facendo risaltare quei suoi meravigliosi occhi verde acqua con venature ametista; era entrata di fretta, senza neppure guardare dove andava, troppo intenta a leggere un foglio che aveva tra le mani, mordendosi il labbro inferiore, e mi era venuta addosso, facendomi rovesciare la tazza di caffè sul nuovo golfino blu di Emily.

“Stia attenta a dove va!” le avevo detto, arrabbiato.
“Mi spiace, davvero non volevo!” aveva detto lei, rivolgendosi ad entrambi.

Si era chinata a raccogliere il foglio che aveva in mano, per poi incrociare il mio sguardo.
In quell'istante il mio cuore ha perso un battito.
Oddio, non credevo che amare fosse così facile, che bastasse un attimo di distrazione per incasinarsi completamente la vita. Ecco, visto? Perdo anche la capacità di usare il vocabolario corretto per esprimersi quando penso a lei.
Comunque credo che la parola 'casino' sia perfetta per la situazione in cui mi sono cacciato, perché io con lei non ho alcuna speranza. Nemmeno una su un miliardo. Nemmeno una pallida, piccola e insignificante: nessuna.

Oggi porta i capelli sciolti sulle spalle, indossa una camicetta azzurra e una gonna nera a tubino, aderente, lunga fino al ginocchio e delle scarpe nere con i tacchi, neanche troppo alti.
Il mio sguardo si blocca su di lei, che passandomi accanto mi ha salutato con un allegro

“Buongiorno Reid”

Non sono riuscito a reprimere un sorriso, anche se non le ho risposto. Succede sempre così: mi appare davanti e mi si ingarbuglia la lingua, non riesco a dire una frase di senso compiuto; ma in fondo mi va bene: lei ride sempre di questo ed io adoro sentire la sua risata.

Non ostante io sia molto rispettoso delle donne, e non guardi mai dove tutti gli altri uomini invece fanno subito cadere l'occhio, con lei non riesco ad essere egualmente gentile; sembra che una parte di me lotti ogni volta per spingere il mio sguardo prepotentemente in basso rispetto al suo viso.
Succede anche oggi: vedo la sua chioma rosso fuoco allontanarsi, scorro lungo le spalle sottili, la schiena, le curve sinuose del bacino e...
< Dio! Che gambe! > mi ritrovo a pensare deglutendo rumorosamente.

Emily mi si avvicina piano

“Ti conviene toglierti quell'espressione ebete dalla faccia, altrimenti Garcia comincerà a fare domande” dice dandomi una gomitata complice nelle costole. Le sorrido, e insieme ci dirigiamo verso la sala riunioni, dove Hotch ha convocato la squadra, per esporre il nuovo caso. Mentre entriamo il sorriso mi muore sulle labbra, perché vedo la ragione per cui so di non avere speranze con Jesse, questo è il suo nome.

Eccolo il problema, è davanti ai miei occhi: ha una mano poggiata appena al di sopra del sedere di lei, e la sta baciando con passione violenta, come solo lui sa fare.

Il mio problema si chiama Derek Morgan.




OOK, se siete arrivati fino in fondo vuol dire che avete degnato la mia storia di uno sguardo, per lo meno veloce, e questo già mi fa piacere.
Dato che sono una fan sfegatata di Crimnal Minds ho cercato di rendere al massimo tutti i personaggi della serie (gli altri membri della squadra li incontrerete nel prossimo capitolo)
Ho cominciato a scrivere di getto, e spero che ne sia uscito qualcosa di abbastanza carino da leggere.
Fatemi sapere cosa ne pensate, perfavore: accetto tutti i consigli e anche le critiche, purchè costruttive.
Abbiate anche un po' di pazienza, però, perchè questa è la mia prima fanfiction su una serie tv, e ho sicuramente molto da imparare....

Detto questo vi saluto, e aspetto i vostri commenti.
A presto, spero

BecauseOfMusic_

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Capitolo 2
*** Serial killer a Camp Point ***


angolo autrice:
Grazie a quelli che hanno recensito il prologo, e grazie a voi che state leggendo :D
Dedico questo capitolo alla mia scrittrice preferita ScleratissimaGiu (se vi piacciono le storie horror lei è la scrittrice che fa per voi ;)
Spero di aver reso al massimo ogni personaggio.
Vi chiedo solo di seguire, recensire e...
basta ciancie: buona lettura :DD

BecauseOfMusic_





POV MORGAN

 

Stare così, con una mano tra i suoi capelli color fuoco, e l'altra posata appena sopra il suo sedere mi piace da matti.
Si, lo so che è stupido da dire, ma anche se non posso affermare di essere innamorato, la novellina mi sta facendo impazzire; è successo tutto per caso: eravamo di ritorno da un caso nel Texas, una settimana fa, e le ho chiesto se le andava di prendere un drink con me...
Da uno che doveva essere sono diventati cinque o sei, e poi si sono tramutati nella porta di casa sua.
Il mattino dopo mi sono svegliato nel suo letto, coperto solo da un lenzuolo, mentre lei faceva la doccia in bagno; io mi sono rivestito, e mi stavo dirigendo verso l'ingresso, quando lei mi ha fermato.

“Non resti a fare colazione?” Aveva chiesto sgranando gli occhi.
Io ero piuttosto imbarazzato: insomma noi non avevamo..?
Credo che lei avesse compreso i miei pensieri “Oh andiamo Morgan, ti ho solo offerto la colazione, se avessi voluto fare altro ti sarei saltata addosso no?”
“Ehm, si certo, ma...”
“Io e te siamo solo colleghi, capito?” aveva detto per rassicurarmi “ieri ci siamo solo divertiti. Prendilo un po' come un gioco dai”

I miei nervi si erano distesi, ed ero rimasto a fare colazione con lei.

Nei giorni successivi tutto si era ripetuto più volte, ma ero sempre stato io ad avanzare la proposta, mai lei; era un po' come essere drogati, non riuscivo a smettere, non ci riesco tuttora. Ogni volta le chiedo un po' di più.
Solo che oggi ci siamo fatti beccare.
Emily tossicchia, ed io mi allontano come se mi fossi scottato, mentre Jesse abbassa lo sguardo, con le guance imporporate; Reid è molto teso, ha la mascella contratta e i pugni serrati: temo che non si senta bene.

“Allora..ehm...Reid tutto bene? Mi sembri un po' pallido..”
“Ho la nausea” mi risponde acido. “Credo che andrò in bagno, tanto Hotch non è ancora arrivato” E si fionda giù per le scale alla velocità della luce.

Mi rivolgo a Emily sperando che non decida di dire tutto a Hotch non appena entrerà.

“Non era ciò che sembrava, lo giuro...” Lei mi fulmina con un'occhiataccia.
“No..davvero...noi non...”
“Così peggiori solo le cose” interviene Jesse posandomi una mano sulla spalla, si rivolge poi alla nostra collega con fare tranquillo. “Era esattamente ciò che sembrava, ma non si ripeterà mai più.”
Emily non risponde, continuando a guardarmi come se volesse incenerirmi.

Il silenzio tra noi tre è così teso che la voce di JJ risuona come uno sparo “Oh, ragazzi! Siete già arrivati, scusate il ritardo, ma la sveglia non ha suonato...” La sua frase si sospende, e il suo sorriso, si attenua leggermente “Che cosa è successo?...che..che mi sono persa?”
Emily distoglie lo sguardo da me “Niente, siamo in pensiero per Reid, dice di non sentirsi bene”
“Ah...” fa JJ, per niente convinta.
Vorrebbe chiedere di più, ma Hotch entra negli stessi istanti, seguito da Rossi e Garcia, così ci sediamo e lei accende il monitor.
“Dov'è Reid?” chiede la mia 'bambolina'.
“E' andato in bagno, credo non si sentisse bene... Vado a vedere come sta, iniziate pure, vi raggiungeremo subito” dice una voce alle mie spalle.

 

 

POV REID

 

Accidenti a me! Accidenti a Morgan! E accidenti anche a Jesse!
Perché devo stare così male per lei?
Perché non posso esserci io al posto di Derek?
Prendo a pugni la porta del bagno; ho ancora davanti agli occhi loro due, vicini...

Un dubbio orrendo mi assale, stringendo in una morsa gelata il cuore e la bocca dello stomaco: e se fossero già andati ben oltre il bacio? E se fossero...UNA COPPIA?
Tanto peggio per loro! Lo dirò ad Hotch su due piedi!
La mia testa comincia a girare vorticosamente..non posso dirlo al capo: dovrebbe mandare via uno dei due, ed io non voglio perdere Morgan, insomma per me è come un fratello maggiore, ma non posso perdere neppure Jesse!
Credo che non uscirò mai da questa situazione, e ovviamente continuerò a soffrirne, perché non sono capace di decidere.
Forse però, se lei se ne va io riuscirò a dimenticarla, e tornerà tutto com'era prima che arrivasse a scombinarmi la vita; ma come potrei guardare Derek in faccia dopo?
Scuoto la testa sconsolato, non vedo via d'uscita.
Una voce femminile sulla soglia dei gabinetti mi riscuote “Reid sei li? Esci per favore, dobbiamo raccogliere le informazioni sul caso...”
E' Emily. Se non rispondo se ne andrà.
“Spencer, per favore...”
Sospiro rumorosamente: restare seduto sul gabinetto chiuso a disperarmi non migliorerà certo le cose no?
Esco: lei mi aspetta nella piccola anticamera che divide gli ingressi della toilette femminile da quella maschile. Non sorride: nei suoi occhi leggo solo preoccupazione.

“Ti piace Jesse” afferma sicura. Il mio silenzio deve valere più di mille parole, perché riprende a parlare subito.
“Lei lo sa?” scuoto la testa, cercando di scacciare la sensazione di nausea che mi assale.
“Perché non glielo hai detto?”
“Cosa credi che mi risponderebbe?” esplodo “Che anche lei mi ama tanto, e che quel bacio con Morgan era solo un modo per farmi ingelosire?!”
“No ma...”
“Mi dirà che sono l'uomo della sua vita certo!” continuo amaro “Non aspettava che me per cominciare ad essere felice. Ma per favore!”
Continuo a borbottare per altri dieci minuti buoni, in cui lei mi guarda, in silenzio, aspettando che io mi calmi.

“Forse dovresti parlarne con Hotch”
“No” dico secco “Dovrebbe allontanare uno dei due, ed io non voglio perderli”
“Quindi vuoi una possibilità con lei” continua Emily, calma.
“Io non lo so” le rispondo sconsolato, passandomi una mano sul viso.
“Allora aspetta, non fare niente: il tempo di sicuro ti aiuterà a capire.” conclude in un'alzata di spalle “Ma c'è una cosa che devi promettermi”
“Cosa?”
“Se la questione diventa seria, tu vai difilato a parlare con il capo”

Annuisco con vigore.
“E ora andiamo” mi dice lei, sorridendo “Ci stanno aspettando tutti”

 

 

 

POV JESSE

 

Sono un'emerita stupida. Stupida, stupida stupida Jesse, a pensare che nessuno vi avrebbe scovati a sbaciucchiarvi nella sala riunioni.
Sono preoccupata per Reid però: era davvero pallido.
Mi sono affezionata a lui in maniera particolare: non che gli altri non siano simpatici e gentili, ma lui è sempre premuroso con me: mi offre il caffè quasi tutte le mattine, cerca di accompagnarmi a casa dopo il lavoro, mi chiede spesso della mia vita.
Io però sono sempre piuttosto fredda con lui: ho avuto delle delusioni cocenti in passato, da persone che gli assomigliavano in tutto e per tutto (tranne il QI e le numerose lauree) e le rivedo spesso nelle sue mosse un po' impacciate, nei suoi sguardi sfuggevoli e nelle sue attenzioni; e così mi irrigidisco, ho paura di inciampare di nuovo e di non riuscire a rialzarmi questa volta.

Ho imparato anche che è meglio non avere relazioni serie con gli uomini quando fai il mio lavoro, perché non durerebbero neppure un po': continui spostamenti, rischiare la vita quasi ogni giorno... insomma non tutti accetterebbero la tua decisione.
E allora meglio divertirsi, come stiamo facendo io e Morgan: nessun impegno, nessun limite, nessuna gelosia: cosa c' è di più facile?
Stamattina però ero di buonumore, così ho salutato Spencer allegramente, sperando in un certo senso di farmi perdonare per il mio caratteraccio; ma quando è entrato da quella porta e mi ha 'scoperto' mi sono sentita stranamente in colpa.

Con un gesto nervoso scaccio questa sensazione, che mi ha assalito di nuovo, mentre ci ripensavo.

Il mio sguardo cade sul mio collega, che scambia battute e frecciatine con Garcia.
< com'è sexy quando sorride > mi ritrovo a pensare.

Din Din! Allarme Jesse, non cascarci di nuovo. Stai lontana dai guai e dagli amori improbabili.

Finalmente i due membri mancanti della squadra prendono posto, e la riunione comincia.
“Cosa abbiamo?” dice Hotch aprendo il fascicolo.
“Quattro omicidi” risponde JJ “tutte donne tra i venticinque ed i trentadue anni, tutte uccise nella stessa area. Ellen Aram, Angel Barry, Kathleene Auden e Daphne Beates; sono state rapite e ritrovate morte tre giorni dopo davanti alle porte della palestra della Central High School di Camp Point, Illinois”
Mi rizzo a sedere, come se la sedia scottasse “Hai detto Camp Point, Illinois?” domando sorpresa.
“Si” risponde, corrugando la fronte “Conosci il posto?”
Annuisco “è la città dove sono nata e cresciuta.”
“riconosci queste donne?” mi domanda Hotch, indicando le foto dei cadaveri comparse sul monitor.
“No, il volto è troppo sfigurato... magari con altre foto...”
“Il fatto che il volto sia sfigurato indica quasi sicuramente che si tratta di qualcosa di personale” riflette Reid ad alta voce.
“Si, ma questo non ci aiuta a restringere il campo” obbietto “L'SI potrebbe essere un estraneo per loro, ed aver preso come un affronto un gesto scortese, come uno spintone o....”
“D'accordo, ma solo se si tratta di uno schizofrenico, e non possiamo accertarlo...” controbatte
“Ci sono altri segni sui cadaveri?” chiede Rossi sventolando una foto, che ritrae una delle vittime.
“Alle vittime è stato tagliato un piede, il destro, per essere precisi, ma il medico legale non riesce a stabilire se prima o post mortem.”
“Mi chiedo: perché tanta brutalità? Il volto sfigurato fa pensare ad un'esplosione di rabbia repressa, ma il piede mozzato non riesco a classificarlo..” mormora Rossi.
“Beh, è quello che dobbiamo scoprire” dice Emily “Potrebbe trattarsi di una vendetta”
“Forse” le do seguito “ma allora dobbiamo capire cosa l'ha scatenata...”
“Sappiamo se avevano altro in comune, oltre all'assassino?” chiede Morgan
“Solo che erano tutte originarie della città, e che hanno frequentato la Central High School. Ho già controllato nel loro passato e in quello delle loro famiglie: completamente puliti.” gli risponde Garcia, premendo un tasto del portatile, posato sul tavolo “Ho comunque inviato tutto ai vostri cellulari, magari troverete lo stesso degli indizi...”
“Altro?” soggiunge Hotch guardandoci
“Tutte le altre informazioni ci saranno fornite al nostro arrivo dal capo della polizia”
Conclude JJ.
“Il jet parte tra dieci minuti” dice lui, alzandosi; la riunione è conclusa, ma mentre gli altri si allontanano per prepararsi io rimango immobile davanti allo schermo.

Quelle donne avevano all'incirca la mia età, e frequentavano la mia stessa scuola: che cosa avevano fatto per meritarsi quella tortura?
Una strana sensazione mi assale: è come se avessi la soluzione davanti agli occhi, ma non riuscissi a capire qual'è: quei volti, così sfigurati hanno comunque un'aria familiare, ma il piede destro mozzato non ha alcun senso....
La mano calda di Morgan sulla mia spalla mi fa sobbalzare.

“Tutto ok? Sei pensierosa”
“Si, tutto a posto, davvero. Cercavo solo di capire se le conosco”
Annuisce, leggermente teso “Andiamo, a Hotch non piacciono i ritardatari.”

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Capitolo 3
*** Don't forget to remember ***


Eccomi, sono tornata!!
Innanzi tutto grazie, perchè seguite e recensite la storia :)
Anche questo capitolo è dedicato alla mia fantastica ScleratissimaGiu: rimettiti presto tesoro ;)
Chiedo venia se è più corto del solito, ma devo tenervi un po' con il fiato sospeso sennò... (lo so, sono molto cattiva)
Ci tengo a spiegare la frase di Emily, quando si rivolge a Reid nel capitolo precedente, perchè non tutti l'hanno capita.
Emily consiglia a Spencer di parlare con Hotch se avrà una possibilità con Jesse, se si renderà conto che è "diventata una cosa seria"
Effettivamente rileggendo mi rendo conto che è abbastanza difficile da comprendere, perchè non l'ho scritto in modo chiaro, perdonatemi :)
Bene basta chiacchiere, buona lettura! :D

BecauseOfMusic_




POV JESSE

Siamo in viaggio da circa mezz'ora, non so quanto ancora impiegheremo per arrivare, ma sono già tesa come una corda di violino: sto tornando a casa, sto tornando a Camp Point, sto tornando da mia madre...

Buffo il destino: ero entrata alla BAU per allontanarmi definitivamente da quella città, dal mio passato, ed ora il mio lavoro mi ci riportava; mia madre non aveva fatto niente per fermarmi, il giorno in cui avevo ricevuto la lettera di ammissione al college con la borsa di studio, mi aveva semplicemente guardata come se fossi la sua più grande delusione: lei voleva che restassi, per aiutarla con mio fratello Brian. Lo stomaco mi si attorciglia ancora un po': Brian, quel lurido pervertito.

Mamma aveva sposato suo padre tre anni dopo la morte del mio: un uomo onesto e perbene.
Al contrario il suo nuovo marito era un ubriacone perso, che aveva sperperato tutti i liquidi di famiglia in alcolici, e aveva cominciato a picchiare le donne di casa ogni sera: più ubriaco era, più ci pestava. Brian era più grande di me di quattro anni, e anche lui si univa ai pestaggi del papà: pensava che fosse divertente.

Le mie unghie graffiano il bracciolo di pelle bianca con violenza: un giorno aveva deciso di non limitarsi più al pestaggio. Ma, quella volta, la rimpiange ancora oggi.
Ricordo bene le urla, il dolore, il sangue che schizza ovunque, e quella sensazione di pace, di sollievo, come se tutto si fosse finalmente risolto.
Nella mia mente torna un'immagine: la sagoma del mio 'adorato' fratellastro inerme in fondo alle scale, i miei vestiti macchiati di rosso, il sapore ferroso in bocca e le urla di mia madre, accanto a me...

< sbagliato > sibila la mia parte più razionale, ma a dire il vero non provo nessun rimorso: forse sono un mostro e neppure lo so.


La voce di Reid mi richiama alla realtà
“Ehi stai bene Jesse? Hai una brutta cera...”
Scuoto la testa “Si, sono solo stanca...e preoccupata”
Annuisce comprensivo e prende posto accanto a me; non è un buon momento per avere compagnia, ma nei suoi occhi leggo una nota preoccupata, che li rende spenti e tristi: mi intenerisce.

“Stai pensando alle vittime, vero?”
“Anche” ammetto “Non riesco a capire dove le ho viste: insomma si, a scuola, questo è chiaro, ma non riesco a ricordare bene dove. I loro nomi non mi sono nuovi...” sospiro sconsolata
“Vedrai che risolveremo anche questo caso. Comunque si vede che non sei preoccupata solo per quello, devi avere qualche brutto ricordo..sbaglio?”
Lo guardo sorpresa“Come hai fatto a..?”
con un sorrisetto ironico indica il bracciolo del mio sedile, divelto dalle unghie.
Abbozzo un sorriso di rimando, mi sento ancora in imbarazzo per quello che ha visto prima “Colpevole, vostro onore”
“Vuoi parlarne?” mi chiede in tono comprensivo.
“No, grazie, ma davvero non mi va...”
Alza le spalle “Come vuoi tu. Ricorda che l'offerta è sempre valida; noi non siamo solo una squadra, siamo una famiglia, e dobbiamo aiutarci e sostenerci l'un l'altro.”

Sorrido, sperando di sembrare convincente, e torno a guardare fuori: le nubi sono accarezzate dal sole, che dà loro un tono bianco candido, in contrasto con l'azzurro limpido del cielo.

La mia testa continua a spaziare, tra rabbia e ansia, nel silenzio che è calato all'interno dell'abitacolo: Emily dorme, le gambe distese sul sedile di fronte a lei, Hotch e Rossi continuano a confabulare, e ogni tanto mi guardano di sottecchi, mentre JJ, Garcia e Morgan chiacchierano allegramente.
Reid è ancora seduto accanto a me, ogni tanto lo sorprendo a fissarmi con uno sguardo che, però, non so decifrare: sto tornando a Camp Point, è vero, ma forse questa volta non avrò brutti ricordi da portare via.

 

POV MORGAN

 

Siamo arrivati da poco, ma Jesse è già tesa.
Un po' la capisco, è il suo primo, vero caso: fino ad oggi è sempre rimasta a Quantico, con Garcia, e ci dava le sue opinioni durante le conferenze telefoniche; ma così nervosa non l'ho mai vista: si mangia le unghie e si strappa le pellicine a viva forza con i denti.
Mi avvicino a lei: spero di poterla tranquillizzare, mentre JJ risponde ad alcune domande della stampa, circondata dal corpo di polizia della città.

“Tutto bene?”
Annuisce poco convinta, e guarda verso la piccola folla che ascolta la nostra collega.
“Non ti preoccupare, farai una buona impressione, sei sveglia e ragioni molto bene, anche sotto pressione: piacerai sicuramente al capo della polizia”
“C-cosa?” mi chiede spalancando gli occhi.
“Dopo che avrà finito di parlare con la stampa, JJ presenterà la squadra al capo della polizia... dicono che sia uno piuttosto in gamba, con il polso fermo, e che è grazie a lui se il tasso di criminalità qui è comunque molto basso: per questo è furioso per gli omicidi seriali. Ha detto a JJ che è il primo assassino che gli sfugge. Pensa, è in servizio da circa 10 anni...”
“Ma certo” mormora amara, abbassando la testa e nascondendo il volto tra i ricci rossi “ Bronson, come ho fatto a dimenticare..”
Aggrotto la fronte, perplesso “Dimenticare cosa?”
In un attimo si riscuote dai pensieri torbidi in cui è caduta
“Nulla, nulla. Senti io vado in bagno, mi spiace ma non resisto più”
Nello stesso istante JJ congeda i giornalisti e comincia a chiamarci a gran voce.
“Si, no, cosa? Aspetta Jesse! Dobbiamo...” ma è già sparita nell'edificio.

 

POV REID


Ho notato Morgan avvicinarsi a lei, di nuovo, ed ho sentito lo strano impulso di andare da loro, per sentire cosa si dicevano, magari si stavano accordando per un appuntamento dopo il lavoro, in qualche bar < oltre che leggermente schizofrenico sei anche masochista Reid, ma bravo! > mi dico, mentre ci avviamo verso l'ufficio del capo Bronson mi accorgo che Jesse non c'è.

Alla mia domanda muta, Derek risponde fissando insistentemente la porta del bagno: sembra in apprensione, e non è un buon segno.
“Bene agente Hotchner, la sua squadra ha già qualche teoria?” domanda l'uomo seduto dietro la scrivania.
L'arredamento della stanza in cui ci troviamo è tutt'altro che spartano: accanto alla porta c'è un grande appendiabiti, mentre le pareti sono ricoperte da scaffali pieni di libri, rapporti e scartoffie varie; alle spalle della scrivania, che assomiglia molto più ad un tavolo da pranzo, c'è un enorme fotografia, che ritrae tutto il corpo di polizia della città. Le pareti sono di un color ocra spento, e le finestre sono quasi sicuramente in legno di noce, a giudicare dal colore. L'ufficio di Bronson stona notevolmente con il resto della centrale, grigia e spoglia.

Lui è un uomo alto e tarchiato dall'aria viscida, deve avere all'incirca cinquantacinque anni, e quasi sicuramente tinge i capelli: non mi piace neanche un po'.

“No” risponde Hotch, che intanto ha preso dalle mani di un'agente dei fascicoli “Non abbiamo ancora idea di come restringere il campo dei sospettati, ma siamo quasi certi che si tratti di una persona che abita qui, o comunque nella zona.”
Bronson annuisce, e congeda il suo sottoposto con un gesto della mano
“Ma se voi non avete alcuna idea, come posso proteggere i miei cittadini?”
“E' sparito qualcun altro negli ultimi mesi?” domanda Rossi, per evitare una discussione inutile.
“No, le persone spariscono a distanza di una settimana l'una dall'altra, e la povera Daphne è stata trovata solo l'altro ieri...”
“Sta dicendo che le sparizioni hanno un intervallo regolare?” chiede Emily, visibilmente sorpresa.
“Si, ma che importanza ha?”
“Molta” intervengo io “se le sparizioni hanno un intervallo regolare possiamo escludere l'ipotesi di un SI schizofrenico...”
“Sono meno prevedibili e più difficili da individuare” spiega Hotch allo sguardo interrogativo del nostro interlocutore.
“Capisco..” risponde lui, indugiando su di me anche più del dovuto “oh, naturalmente mi sono premurato di farvi avere delle foto delle vittime, e le loro famiglie sono a disposizione se aveste bisogno di fare loro qualunque domanda...”
“Grazie” risponde JJ prendendo la busta che le porge.
Dubito seriamente che abbia preso lui le foto, ha l'aria di essere uno che ama dare ordini e stare a guardare gli altri lavorare per lui. Tengo per me questo pensiero, probabilmente lo penso solo perché non mi piace come persona.
La porta si apre, e Jesse finalmente entra, trafelata. Tiene la testa bassa, e cerca di non guardare in faccia nessuno dei presenti, men che meno Bronson: è nervosa e sobbalza ad ogni suo minimo gesto. Io e Morgan scambiamo un'occhiata preoccupata < che diavolo le prende? >

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Capitolo 4
*** il passato non muore mai ***


SONO TORNATA!
Lo so, pensavate che non avrei più pubblicato vero? ahah e invece no! 
Sono sempre qui, e finalmente sono riuscita a 'partorire'  un capitolo che valga la pena di essere letto! :)
Quindi vi prego di recensire e continuare a seguire: anche solo per dirmi cosa non vi piace, ma fatelo.

Bene ho concluso: buona lettura! :D
BecauseOfMusic_




POV HOTCH

Jesse è veramente nervosa oggi: non dice una sola parola da quando siamo entrati nell'ufficio di Bronson, ed è davvero strano: in genere ha sempre idee brillanti e riesce a dare una grande mano per risolvere i casi; quando il capitano Strauss me l'ha presentata non pensavo che sarebbe stata un buon acquisto per noi: aveva un'aria così fragile e smarrita che pensavo quasi fosse uno scherzo.

Invece non lo era affatto, anzi: col tempo ha dato prova di essere davvero un'ottima profiler, e inoltre riesce ad instaurare ottimi rapporti con le famiglie delle vittime con le quali abbiamo, purtroppo, a che fare. Ottiene la loro fiducia in così poco tempo che qualcuno potrebbe pensare faccia magie.
Oggi però è praticamente l'ombra della donna che conosco: è pallida, agitata e tesa come una corda di violino. Bronson continua a guardarla con insistenza, e socchiude gli occhi: non riesco a classificare il suo sguardo.
Credo che aiutare Jesse ad uscire dalla stanza con una scusa è la cosa migliore: forse quando avrà preso una boccata d'aria sarà più rilassata.

“Jesse, potresti cominciare a parlare con le famiglie delle vittime?” le sussurro in un orecchio.
Lei mi guarda, visibilmente sollevata, e annuisce.
“Prima però prendi un po' d'aria eh?” annuisce di nuovo, poi si alza mormora “scusatemi” ed esce dalla porta quasi correndo.
Faccio cenno a Reid di seguirla, lui può aiutarla meglio di tutti: in fondo hanno la stessa età o quasi, e lui lavora da più tempo in questo campo. La sua esperienza le sarà utile.

“Mi scusi agente Hotchner” mi richiama Bronson “posso sapere perché permette ad alcuni membri della sua squadra di abbandonare con così tanta nonchalance una riunione in pieno svolgimento?”
“Si sbaglia, ho pregato io l'agente Smithson e l'agente Reid di uscire per cominciare il loro lavoro”
Lui sobbalza visibilmente quando faccio il nome di Jesse, ma si riprende rapidamente, ed esclama “Se è così allora proseguiamo”
“A dire il vero, signore, abbiamo già detto tutto ciò che c'era da dire” lo interrompe JJ “se tutte le informazioni che poteva darci sono in questi fascicoli, allora abbiamo terminato”
L'uomo sembra preso in contropiede dalla mia collega, non deve essere abituato a qualcuno che controbatte le sue parole.

“Ma si, naturalmente. Allora...beh tenetemi aggiornato”
Annuisco “Ma certo, non si preoccupi. Potrebbe mostrarci per favore una stanza dove possiamo lavorare in tranquillità?”
“Sicuro: mi dia solo un istante.” risponde, poi spalanca la porta del suo ufficio ed urla “Brusset! Vieni qui subito!”
pochi attimi dopo appare trafelato un ragazzetto che avrà al massimo quindici anni: porta abiti scoloriti ed ha un'esplosione di lentiggini sul viso e sulle braccia.
“Il caffè signor Bronson”
“Sciocco ragazzo! Te l'ho chiesto mezz'ora fa il caffè: dove sei andato a prenderlo, in Thailandia?”
“Veramente c'è un negozio a un'isolato da qui e...”
“Basta ciance!” abbaia il poliziotto “Porta i signori nella sala riunioni più grande, e poi vammi a prendere un altro caffè. E stavolta vedi di metterci meno tempo!”
“S-si signore” sussulta il ragazzo.

Bronson estrae un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e se lo passa sul viso paonazzo.

“Deve scusare i miei modi, agente Hotchner. Quel ragazzo è mio nipote; è cresciuto con la madre fino ad ora, che lo ha tirato su veramente male: insomma passa giornate intere sui libri e un giorno mi salta fuori con: sai nonno vorrei fare il poliziotto, essere un eroe. Fare il poliziotto è un lavoro da duri, non da pappe molli, almeno io la vedo così.”
“E questo le da il diritto di trattarlo così?” domanda aggressivo Morgan “si è mai domandato se magari suo nipote stia cercando da lei approvazione? E lei gli rende la permanenza qui un inferno! Forse se lo trattasse meglio e smettesse di sgridarlo per ogni inezia non avrebbe più paura di lei.” Vorrei intervenire, ma non faccio in tempo.
Il capo della polizia si mette di fronte a Derek e gonfia il petto, pensando forse di essere minaccioso. Ma ha fatto male i conti: il mio collega, più alto di dieci centimetri lo squadra, torvo, e a lui non resta che tornare nel suo ufficio borbottando sotto i baffi.

Io mi rivolgo al quindicenne, che ora guarda Morgan con adorazione, quasi fosse un santo
“Allora, possiamo andare?”
Lui annuisce e si avvia, ma continua a girarsi per osservarlo. Mi scappa un sorriso ironico: Morgan si è appena guadagnato un fan.

 

 

POV JESSE

Appena varcata la soglia della centrale comincio a correre verso il piccolo parco che si trova all'incrocio con la strada che sto percorrendo. Ci andavo quando ero bambina, con mio padre: nei pomeriggi assolati e ventosi di agosto, quando tornava a casa dal lavoro, gettava la sua borsa sul letto e mi prendeva in spalla. Com'era forte allora: giovane e sorridente. Sembrava che niente e nessuno avrebbe potuto dividerci; ricordo ancora la sua risata, e il cigolio dell'altalena, e l'odore pieno della mia estate: fiori, vento, frutti maturi e dopobarba.

Dio, come mi manca mio padre.

Chissà se è ancora aperto, se esiste ancora quel parco: è tanto che non vengo a Camp Point, quasi sette anni.
Forse è abbandonato, meglio così, ho bisogno di stare sola.
Non è abbandonato, anzi lo hanno ingrandito: ora ci sono le altalene e diversi scivoli; non c'è nessuno, forse perché il cielo è nero e gonfio di nubi. Mi siedo su una delle due panchine e osservo il terreno davanti ai miei piedi. Forse sarei dovuta restare a Quantico, non so se sarò in grado di affrontare il mio passato.

La voce di Reid, che si è accomodato in silenzio sull'altalena di fronte a me, mi richiama alla realtà
“So che è una domanda stupida, ma sei sicura di stare bene?”
“E tu che ci fai qui?” domando sorpresa.
“Hotch mi ha detto di seguirti, dobbiamo parlare con le famiglie.” dice frettolosamente “non hai risposto alla mia domanda.”
Sorrido tornando a guardare i fili d'erba che ondeggiano sempre più velocemente, guidati dal vento.
“Sei ostinato Spencer”
“E tu sei un riccio”
“Io sono cosa?” < ma ha preso una botta in testa? >
“Si, un riccio. Non appena qualcuno cerca di sapere di più su di te, oppure cerca di farti da confidente come me in questo caso, tu ti chiudi in te stessa e diventi scontrosa: come il riccio quando qualcuno cerca di toccarlo.”
“Non è un paragone molto carino” osservo.
“No, ma è la verità.”

Rimaniamo in silenzio per degli istanti che a me sembrano lunghissimi; è strano, ma con lui per me è tutto un dilemma: l'attimo prima stiamo parlando di una cosa e quello dopo lui cambia completamente argomento, seguendo solo il filo logico dei suoi pensieri. Mi piace Reid, è sveglio e sensibile, ma irrimediabilmente pignolo e timido: chi non lo conosce potrebbe pensare che si atteggi a so-tutto-io, anche se non è così: dopo alcuni giorni che lavoravo con la squadra ho capito che in realtà è semplicemente fatto così, non riesce a trattenersi dal correggere le persone quando sbagliano. Mi fa sempre divertire tanto: se non ci fosse il lavoro con la squadra sarebbe molto più noioso.

Decido che è il caso di cominciare a parlare con le famiglie delle vittime.
“Andiamo” dico gli dico alzandomi “da quale famiglia vuoi cominciare?”
Lui si stiracchia e sbadiglia “La più vicina, per favore, l'ultima cosa che voglio è inzupparmi da capo a piedi” estraggo dalla mia borsa enorme un paio di scarpe da ginnastica e dei calzini, insieme alla cartelletta con il luoghi di residenza dei familiari delle vittime.
Spencer aggrotta la fronte “Scarpe da ginnastica?”
“si, penso che dovremo correre per riuscire ad arrivare prima che scoppi il temporale, e i tacchi non sono certo l'ideale”
sorride “No, direi di no”
“Coraggio andiamo” lo esorto porgendogli la mano per aiutarlo a mettersi in piedi “la famiglia Auden vive a soli due isolati da qui.”
Raccolgo la borsa, e mentre mi volto un tornado biondo mi investe e mi butta per terra.
Sento Reid gridare di spavento, ed istintivamente porto la mano alla fondina della pistola, ma una voce terribilmente familiare mi urla nell'orecchio sinistro “Megghy sei tornata!”

 

 

POV REID

Eravamo nel parco un attimo fa, e la ragazza che adesso mi cammina accanto senza smettere di parlare neppure un istante si è praticamente avventata su Jesse come fanno i leoni nella savana con le gazzelle; per alcuni istanti ho temuto che fosse una scippatrice o qualcosa del genere e che l'avesse ferita, poi lei ha rafforzato la presa intorno al torace della bionda, ridendo, ed io mi sono rilassato.

Ora siamo diretti verso casa Auden

“Ehi, allora” fa l'amica di Jesse “non mi hai ancora presentato il tuo fidanzato” io, colto alla sprovvista rischio di cadere faccia a terra sull'asfalto della strada.
“Il mio che?... Jenny sei impazzita per caso? Lui non è il mio ragazzo...! lui è Spencer, uno dei miei colleghi di lavoro.” Oddio, ha detto Spencer, non il dottor Reid! Beh, è già un passo avanti.
“E che lavoro fai Megghy? Sono ben sette anni che non fai vedere il tuo brutto muso da queste parti! Che hai combinato da quando sei andata via?”
“College, università e lavoro, come qualunque altro essere umano” sottolinea Jesse, secca.

Che strano: se sono sette anni che si è allontanata da Camp Point allora perché non è contenta di tornare? E soprattuto perché non ha mai menzionato la sua famiglia, gli amici, o la sua vita prima del trasferimento al college?

“Non hai ancora detto che lavoro fai, sputa il rospo Megghy!” ecco, anche questo: perché la chiama Megghy? Lei mi ha spiegato che è un soprannome affettuoso, ma l'amica bionda non ha mai smesso di chiamarla così.
“Sono diventata un'agente dell' FBI, unità analisi comportamentale. Ora sei contenta?”
“No” risponde Jenny sgranando gli occhi blu “Tu sai dove vorrei vederti ora, e non capisco come tu possa aver...”
“Basta! Ne abbiamo parlato decine di volte prima che andassi via, e non ho cambiato la mia idea”
“Lo so, sei testarda come un mulo!”
“Di cosa state parlando?” chiedo, per inserirmi nella conversazione.
“Aspetta...” la bionda si ferma in mezzo alla strada “loro non sanno niente?”
“No, e non ci provare neppure!” esclama Jesse, cercando di coprire la bocca dell'altra ragazza con una mano.

Ma è tutto inutile, infatti quest'ultima grida rivolta a me “Megghy era una stella nascente nella pallavolo!”

“Davvero?” chiedo divertito.
“Si, ma niente di serio o importante” borbotta lei.
“Come no? Hai ricevuto una borsa di studio al college perché giocavi molto bene a pallavolo, niente di serio, chiaramente” le dice di rimando Jenny in tono sarcastico, mentre mi da una gomitata complice nelle costole.

Mi piace questa ragazza: è un po' esuberante, ma molto simpatica.

“Comunque” riprende la mia collega immusonita “non ha niente a che vedere con il caso di questi giorni”
“Si invece!” risponde la bionda “Auden è il cognome di Kathleene da sposata, il suo cognome da nubile era Jenson”
Jesse spalanca gli occhi “Mi stai dicendo che Katy-ballerina-Jenson è Kathleene Auden?”
“Proprio così, vedo che cominci a ricordare.”
“Significa che conoscevi una delle vittime?” domando perplesso.

Lei annuisce “Si, Katy Jenson era nella mia squadra di pallavolo al liceo, ecco perché il suo nome mi suonava familiare; e ora che ci penso anche Angel, Ellen e Daphne facevano parte della squadra, ma mentre Angel era una giocatrice di ruolo, Ellen e Daphne erano solo delle riserve: sbaglio?”
Jenny scuote la testa “No, non sbagli, ma hanno giocato le ultime partite di campionato no?”
“Può darsi” riprende Jesse, ormai siamo in vista della casa “Ma...”

D'un tratto si blocca ed impallidisce: guardando nella sua direzione noto una coppia di persone scendere i gradini di casa Auden.
Si tratta di una donna piuttosto anziana e di un ragazzo in carrozzella, che avrà al massimo trent'anni; quando noto la sua faccia comprendo perché Jesse si è fermata con quell'espressione terrorizzata: il viso del ragazzo sembra imploso, si notano solo gli occhi e il labbro inferiore, tutto il resto è teso verso il naso, praticamente inesistente.

“Che meraviglia questa vetrina!” esclama Jenny, trascinandoci verso un negozio di dolci.
“Ma..” cerco di obbiettare. < non dobbiamo andare a parlare con la famiglia Auden? >
“Hai ragione, questi dolci hanno un aspetto fantastico” concorda la mia collega.


...ah! naturalmente giuro solennemente di pubblicare il prossimo capitolo molto più in fretta ;)

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Prime Indagini ***


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Angolo autrice:
ciao a tutti e scusatemi davvero per il terribile, clamoroso ritardo!
Sono dispiaciutissima di non aver aggiornato per così tanto tempo, ma ho avuto molti impegni e sembrava che la storia non interessasse più a nessuno, per un certo periodo avevo pensato di lasciar perdere :(
Ad ogni modo adesso sono tornata con il proseguo della fanfiction e spero che vi piaccia! :)
Ringrazio tutti quelli che seguono e recensiscono, per la loro perseveranza.

Buona lettura :)
BecauseOfMusic_

 

POV MORGAN
Siamo quasi tutti nella stanza che Bronson ci ha messo a disposizione, mancano Jesse e Reid, che sono già andati a raccogliere le deposizioni dei familiari delle vittime.
Cominciamo ad esaminare i fascicoli della polizia in silenzio, e lo squillo del telefono ci fa sobbalzare; Hotch alza la cornetta e mette il vivavoce
“Siamo qui Garcia”
“Allora ragazzi, su una delle vittime erano stati rinvenuti dei capelli e delle piccole scaglie di cuoio capelluto; gli esami di laboratorio hanno appurato che si tratta di DNA maschile”
“Quindi l’aggressore è un uomo?” dico perplesso.
“Quel DNA potrebbe non appartenere all’assassino” obbietta Emily “magari appartiene ad un marito, un fidanzato, un..”
“Amante?” completa Garcia, “No, la polizia scientifica ha già controllato i parenti maschi della ragazza, marito compreso: il campione prelevato dal cadavere non apparteneva a nessuno di loro. Aveva le unghie spezzate, ha cercato di difendersi; il medico legale sperava di trovare qualcosa sotto le sue unghie, ma l’assassino le ha ripulite molto accuratamente.”
“E’ mietcoloso, si accerta di cancellare più tracce possibili dalle vittime prima di liberarsene.”dice Hotch, dando voce ad un pensiero comune.
“Questo è molto strano” esclama Rossi, perplesso “Garcia le vittime hanno avuto rapporti sessuali nelle ore precedenti alla morte?”
“No, il medico legale afferma che non hanno avuto rapporti sessuali nelle ultime dodici ore di vita.” Gli risponde la nostra hacker.
“Francamente” riprende lui “pensavo, vista la crudeltà con cui sono stati commessi gli omicidi, che fosse opera di una donna.”
“E se fossero una squadra?” domando.
“Non credo sia possibile” mi risponde Hotch scuotendo la testa “ se si tratta davvero di due SI allora lavorano separatamente”
“E’ così insolito?” gli chiede Emily.
“Abbastanza da indurmi a pensare che potrebbe esserci un nesso logico dietro questi omicidi che noi ancora non riusciamo a vedere.”
Sospiro, abbandonandomi contro lo schienale della sedia: non riesco ad essere di alcun aiuto in questo momento, la mia testa ha decisamente deviato in zona Jesse.
Oggi era davvero strana: pallida, nervosa, non l’ho mai vista così; potrei capire se fosse un po’ in ansia perché è il primo caso in cui lavora sul campo, ma sembra che ci sia in realtà qualcosa di molto più grave a tormentarla.
Distolgo l’attenzione dalle mie preoccupazioni quando Prentiss mi sfiora delicatamente una spalla: “Allora, hai sentito cos’ha detto Hotch?”
“Come?” le chiedo disorientato.
Lei sorride sotto i baffi. “Dobbiamo andare ad esaminare i luoghi di ritrovamento dei cadaveri.”
Mi alzo quasi istantaneamente: l’idea di uscire da questa centrale grigia e spoglia è piuttosto allettante; Emily ride del mio gesto, aprendomi la porta della sala riunioni con un gesto teatrale.
“Sono state ritrovate tutte nello stesso posto?”
“No” mi risponde “ma i luoghi sono abbastanza vicini tra loro, tanto che ci inducono a pensare che gli SI si muovano in un’area piuttosto ristretta; JJ sta lavorando al profilo geografico.”
“Non è compito di Reid?” le dico perplesso.
“Generalmente si, ma oggi sta parlando con le famiglie delle vittime insieme a Jesse.”
L’idea di Jesse e Reid insieme mentre parlano con le famiglie mi fa stranamente attorcigliare lo stomaco; pesco le chiavi nella tasca della giacca ed apro la portiera della macchina, mentre una voce dentro la mia testa che io mi sforzo di ignorare continua a martellarmi le tempie gridando < geloso, geloso, geloso >
 
POV REID
 “Va bene Jenny, ora puoi andare, grazie della chiacchierata.” Sta dicendo Jesse alla sua amica bionda.
“Cosa?” esclama lei drammatica “Ma io voglio assolutamente entrare con voi a fare le domande!”
“Questo poi è fuori discussione!” ribatte la mia collega.
Siamo davanti ai gradini della casa della prima vittima da più di cinque minuti, ma non siamo ancora riusciti ad entrare a causa di Jenny, che non intende rinunciare ad entrare con noi per chiacchierare con Robert, il marito di Kate.
“Megghy, ti prego, solo un minuto” continua a supplicarla la bionda.
“Ho detto no, e se ti sorprendo a spiare da una qualunque delle finestre come facevi quando eravamo bambine te ne farò pentire.” Anche se ciò che dice è molto serio c’è un bellissimo lampo divertito nei suoi occhi, che rende il loro colore ancora più intenso. < si, dovrei davvero smettere di essere così tanto smielato >
Non mi è mai capitato di vederla così allegra e malinconica in istanti tanto ravvicinati: mentre parla con Jenny sembra felice, spensierata, poi il suo sguardo si posa su una vetrina, sui muri imbrattati di scritte, e la sua mente diventa irraggiungibile; per quanto mi piacerebbe sapere cosa le passa per la testa non penso di potermi permettere di chiederglielo: molto probabilmente risulterei invadente.
Afferro il battente in bronzo, agganciato alla porta di vernice rossa laccata, ma nel mentre l’uscio ruota sui cardini e nel vano compare un uomo dalla carnagione scura, il cranio pelato e solo un accenno di barba nera sul mento, che mi afferra il polso e comincia ad urlare: “Ho già ripetuto più volte che non voglio giornalisti che ronzano intorno a casa mia, chiaro? E se non vi decidete ad andarvene vi giuro che chiamo la polizia!”
Io continuo a fissarlo, ammutolito, mentre mi scuote violentemente il braccio.
Jesse mi è accanto in una manciata di secondi, gli afferra la mano e la stringe facendo pressione sui nervi perché mi lasci andare.
Quando ci allontaniamo di qualche passo lei gli risponde, senza perdere la calma:
“Signor Auden non siamo giornalisti, ma agenti dell’FBI, unità analisi comportamentale; siamo qui per rivolgerle alcune domande sull’omicidio di sua moglie.”
L’uomo sembra calmarsi, almeno esternamente, si scosta e ci invita ad entrare balbettando scuse e tenendo gli occhi bassi. Prima di varcare la soglia Jesse guarda la sua amica e la congeda, fulminandola con un’occhiataccia che significa “vedi di stare alla larga” Jenny rivolge un flebile saluto al padrone di casa e si dilegua in un negozio di abiti nella via accanto.
 
POV JESSE
“Dunque, Signor Auden, scusi i miei modi bruschi, ma lei ha aggredito il mio collega” dico, sorseggiando il caffè che il vedovo ci ha offerto poco dopo averci fatto accomodare in soggiorno.
“Sono io a dovermi scusare, prima di agire in quel modo mi sarei dovuto accertare di chi foste” mi risponde torcendosi le mani.
“La capisco perfettamente, non si preoccupi. Piuttosto dobbiamo rivolgerle alcune domande riguardanti la scomparsa di Kathleene, se in qualunque momento dovesse sentire di non riuscire a proseguire basta che lo dica e ci fermeremo immediatamente.
L’uomo alza gli occhi su di me, e mi risponde sorpreso: “Non ci siamo già visti da qualche parte io e lei?”
“Non penso, signore, io sono del luogo ma non vivo più qui da oltre sette anni…” gli rispondo aggrottando le sopracciglia.
“Ad ogni modo non ci siamo ancora presentati, Signor Auden” dice Spencer, seduto accanto a me “io sono il dottor Spencer Reid, mentre la mia collega è l’agente Smithson”
Robert Auden sobbalza: “Jesse Smithson?!”
Sgrano gli occhi, presa in contropiede dal fatto che conosca il mio nome “Come fa a…?”
“Ci siamo conosciuti al college! Beh insomma…avevamo un amico in comune.”
“Davvero? Perché deve perdonarmi ma la sua fisionomia non mi è affatto familiare” ribatto.
“Si, immagino, allora non avevo questo aspetto, diciamo che ero parecchio fuori forma.” Mi dice sorridendo. “Seriamente non ricorda Roger?”
Appena sento quel nome divento più rossa della porta di ingresso.
Roger Daniels, il mio primo, vero fidanzato: come potrei dimenticarlo mai?
“Di chi si tratta?” chiede Reid sollevando la testa di scatto.
“Roger ed io eravamo fidanzati al college.” gli rispondo quasi sussurrando.
“E sono stati insieme un bel po’” rincara il signor Auden sorridendo “Quasi fino alla laurea!”  
< accidenti a lui, perché non tace un po’! > mi dico seccata.
Reid è sempre più curioso e insistente con le domande, il suo atteggiamento è a dir poco strano; mi rendo conto che il centro dell’attenzione si è spostato dalla defunta a me, e questo non è affatto un  bene, perché dobbiamo interrogare altre famiglie, e se perdiamo troppo tempo Hotch si arrabbierà.
Alzandomi dal divano mi scuso, dicendo che devo fare una telefonata: esco in veranda e dall’altro capo la cornetta si solleva dopo appena due squilli.
“Qui agente Aaron Hotchner.”
“Sono Jesse, Hotch, ho bisogno di un tuo consiglio.” Rispondo con un sospiro di sollievo.
“Va tutto bene?” domanda subito preoccupato.
“Non proprio. Il marito della prima vittima ed io abbiamo dei legami, studiavamo nello stesso college, inoltre ho scoperto che conoscevo tutte le vittime, abbiamo giocato nella stessa squadra di pallavolo alle scuole superiori. Non so se sia una buona idea continuare a parlare con le famiglie, ho paura di essere troppo coinvolta, secondo le regole stabilite dal protocollo...”
“Resta dove sei e termina di raccogliere le testimonianze dei familiari.” Mi interrompe “Quando tu e Reid rientrerete in centrale vedremo il da farsi.”
Annuisco poco convinta e lo saluto, terminando la chiamata.
Rientrando trovo Spencer che pende dalle labbra del vedovo, mentre quest’ultimo gli racconta tutte le stupidaggini che facevamo al college con la compagnia di amici.
< forza, Jesse, sarà un lungo pomeriggio. > mi dico sospirando sconsolata.
 
POV MORGAN
“Quindi lei ed i suoi aiutanti non avete notato niente nei giorni in cui sono stati ritrovati i cadaveri?” domando al custode della Central High School.
L’uomo, un cinquantenne basso, piuttosto rotondo e calvo, scuote ripetutamente la testa e si fissa la punta delle scarpe.
“Nessun rumore sospetto, tonfi o strani odori, macchie di colore scuro sul pavimento?” insisto.
Per tutta risposta scuote nuovamente la testa.
Ma perché diavolo Prentiss mi ha scaricato qui con quest’uomo? Lei è molto più brava di me nei rapporti con i testimoni: sicuramente, data la mia statura ed il mio aspetto, il mio interlocutore mi vede più come una minaccia che non una persona di cui fidarsi ciecamente; sospiro sconsolato: non ne caverò un ragno dal buco.
Decido di fare un ultimo tentativo prima di correre dentro la palestra e supplicare in ginocchio la mia collega di sostituirmi.
“Chi possiede le chiavi della palestra?”
“Nessuno.” < grazie a Dio, allora ce l’ha il dono della parola >
“Come nessuno? Intende dire che durante la notte la scuola e la palestra sono aperte?” chiedo perplesso.
“No, la scuola è chiusa, ovviamente, ma la serratura della palestra è stata forzata poco tempo prima che un’alunna trovasse il corpo della prima donna.” Sussurra.
“E per quale motivo non è stata sostituita?”
Stringe le spalle, facendo guizzare i suoi vispi occhietti azzurri intorno a noi.
“Va bene, la ringrazio per il suo tempo.” Lo congedo.
“Si figuri, è sempre un piacere aiutare le autorità.” Balbetta. “Ehi voi giù da quel muretto, piccoli, stupidi ragazzini! L’ho verniciato giusto ieri!” ulula all’indirizzo di un gruppetto di adolescenti intenti a saltare su e giù dal famigerato muretto con le scarpe sporche di fango.
Mi allontano di corsa, turbato dall’improvviso cambio di atteggiamento del custode, alla ricerca di Prentiss; pochi attimi dopo la vedo venirmi incontro.
“I cadaveri sono stati ritrovati tutti nello stesso punto, ma tutti in pose diverse, ma la scientifica non è ancora in grado di capire se abbiano qualche significato particolare.” Mi informa.
“Dal custode non arrivano informazioni più chiare: dice che la serratura della palestra non funziona perché qualcuno l’ha forzata alcuni giorni prima che cominciassero gli omicidi.”
“Potrebbe essere stato l’SI o chiunque altro, magari ha semplicemente approfittato di un’occasione che si è presentata: gli serviva un posto pubblico dove abbandonare i corpi e qualcuno gli ha facilitato il lavoro.” Ipotizza lei.
“Non credo: questo SI sembra troppo organizzato per lasciare qualcosa al caso: è sempre estremamente attento a non lasciare tracce e impronte sui cadaveri e intorno a loro, mozza loro sempre lo stesso piede… è uno schema: ci sta mandando un messaggio, anche se noi ancora non siamo in grado di decifrarlo.” le rispondo.
Lei annuisce e mi dice che forse dovremmo parlare anche con gli studenti che hanno ritrovato le vittime.
Ci incamminiamo verso le aule quando mi arriva una chiamata da Garcia:
“Dimmi tutto bambolina.” Dico alzando la cornetta.
“Buongiorno, biscottino al cioccolato, Hotch vuole tutti nella sala riunioni della centrale di polizia entro dieci minuti.”
“Voliamo” le rispondo facendo segno ad Emily di  salire in macchina “come farei senza di te, bambolina?” le dico ridendo.
“Non faresti, pasticcino.” Mi risponde chiudendo la chiamata.
“Perché stiamo già tornando in centrale?” mi domanda Prentiss.
“Credo che Hotch voglia fare il punto della situazione ed ordinare le informazioni che abbiamo raccolto fino ad ora.”
Alza gli occhi al cielo “Secondo me non sappiamo né più né meno di quando siamo arrivati qui tre ore fa.
Ha ragione, ed è questo che mi preoccupa: come facciamo a fermare l’assassino se non sappiamo nemmeno da che parte iniziare per comprendere le sue logiche?

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