Jump then fall

di TooLateForU
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to the jungle ***
Capitolo 2: *** science project ***
Capitolo 3: *** accordi in mensa. ***
Capitolo 4: *** Il microclima del divano. ***
Capitolo 5: *** terra di mezzo parte prima ***
Capitolo 6: *** terra di mezzo parte seconda ***
Capitolo 7: *** bet on it ***
Capitolo 8: *** via ridendo di corsa su un carrello ***
Capitolo 9: *** not okay. ***
Capitolo 10: *** pump it ***
Capitolo 11: *** little things ***
Capitolo 12: *** come olio bollente ***
Capitolo 13: *** prefissi sbagliati ***
Capitolo 14: *** sola come un alce durante la vigilia ***
Capitolo 15: *** Blue jeans ***



Capitolo 1
*** Welcome to the jungle ***


“Elle..”
“Ellie..”
“Eleanor!”
Fingi di dormire, fingi di dormire, fingi di dormire..
“Guarda che non te lo firmo il ritardo.” continuò petulante, ed io sbuffai.
“Che palle che sei..” borbottai, dando un calcio alla trapunta, che rotolò a terra.
“Ma come diavolo parli? Con tutto quello che mi costa la tua scuola..” continuò a borbottare cose incomprensibili per un altro quarto d’ora ma nel frattempo io mi ero lavata, vestita, preparato lo zaino e facevo colazione.
E lui non aveva ancora finito.
“Papà, se continui a dire scemenze ti si staccherà la lingua, e allora chi supplicherà la banca di farci un altro prestito?” gli feci notare, sventolando il cucchiaio pieno di cereali sotto i suoi occhi.
“Guarda che casino che hai fatto!” mi rimproverò, indicando il latte gocciolato sul tavolo. Poi sbuffò, e si mise davanti allo specchio per aggiustarsi la cravatta.
Era l’unico specchio che avevamo in casa e stava in ingresso, ma per vedersi interi si doveva salire sul tavolinetto nel sala da pranzo. Una volta mi aveva beccata là sopra e aveva dato di matto, dicendo che non avevo rispetto per le nostre cose, che se si rompeva non avremmo potuto ricomprarlo e blablabla..
“Come sto?” si girò verso di me, nervosamente.
“Come un trentaduenne sull’orlo del lastrico che dorme sul divano da due mesi e dimentica di firmare gli avvisi della scuola della figlia.”
“Ah-ah, molto divertente. Piantala di fare la sfacciata e sbrigati.” ribattè brusco, prima di afferrare le chiavi di casa e aprire la porta.
Alzai gli occhi al cielo, posando il cucchiaio e ragionando su quando si sarebbe ricordato di..
“Elle, di che avvisi parli?” domandò, riaffacciandosi nella sala da pranzo.
Io mi limitai a guardare eloquente il diario sul divano, lui lo prese di corsa sbuffando, e firmò.
Sicuramente aveva firmato sotto i miei compiti di ieri, come al solito.
“Okay io vado. Ricordati di far partire la lavatrice, di andare a scuola e..oddio, che altro? Ah sì, la cena è in frigo. E chiamami quando torni, okay?” riprese a raffica.
“Sì pa’, ho capito.”
Mi lanciò un bacio, e si scapicollò fuori dalla porta.
Buongiorno Eleanor.
 
 
Uscii dalla metro sulla trentaduesima, e con calma mi avviai verso la scuola.
Ero già in ritardo, era inutile mettersi a correre. E poi come avrei fatto? C’era talmente tanta gente per strada che dovevamo respirare a turno.
Stavo per attraversare, quando un taxi mi suonò e fece una frenata rumorosa.
“E’ rosso, stronza!”
“Ma va a cagare!”
New York è come gli Hunger Games alle otto di mattina.
 
Spinsi sulla porta d’entrata, e mi avviai per la scalinata di soppiatto. Magari Rocky era al cesso e non mi avrebbe vist..
“Guarda che ti vedo, Eleanor Lake!”
Sbuffai, e mi fermai in mezzo alle scale. Poi mi girai verso di lui e verso la sua rachitica persona, e con tutta la calma del mondo gli dissi “Rocky, capisco che tu debba riversare la tua frustrazione in quanto vecchio, pazzo e quasi morto bidello, ma sono la persona sbagliata. Buongiorno.”
“Sparisci, prima che chiami la preside!” continuò a gracchiare, agitando i pugni, ed io corsi via come una rondine in..bhè, nel periodo in cui le rondini volano.
Mmm, che giorno era? Lunedì? Okay, facciamo che era lunedì, cosa avevo alla prima ora di lunedì?
Matematica? No no, quello era il mercoledì. Oddio, che stress, se solo avessi un cane guida..
“Elle, che stai facendo?”
Sobbalzai, mentre vedevo Sam e la sua lunga chioma bionda avvicinarsi speditamente verso di me.
“Oh signore e i tuoi santi sandali, ti ringrazio!” esclamai, verso il cielo (soffitto) “Sam, che cos’abbiamo a prima ora?”
“E io che cazzo ne so? Senti questa, una di primo mi ha detto che Logan si è fatto fare un..”
“Spagnolo, ecco! Dai, entriamo.” la presi per un braccio e feci irruzione nell’aula davanti a noi.
Sperai che saremmo passate inosservate nel solito casino della lezione, ma quella gran troia ‘yo amo bailarrrrrrrrrrrrrrrr’ stava interrogando.
Cioè, era semi-sdraiata sulla cattedra offrendo a tutta la classe la visione delle sue cosce da immigrata messicana, ma suppongo interrogasse.
“Chicas, di nuovo en rrrrrrrretardo? La lecciòn è iniziata.” commentò, con disapprovazione.
“Scusi, ma un tipo in metro si è messo in mezzo ai binari urlando di essere il figlio di Allah e hanno fermato le corse.” spiegai. Non era una bugia, era successo sul serio.
Circa due mesi fa, ma era successo.
“Vale vale, sedetevi.” ci liquidò con un gesto seccato della mano, ed io e Sam ci orientammo verso l’ultimo banco.
Appena sedute lei tirò fuori dall’astuccio (ahaha, ha un astuccio, vi rendete conto?) uno smalto rosa shocking e prese a passarselo.
La osservai e provai un moto di gelosia verso tutti i suoi vestiti firmati, i suoi capelli freschi di messa in piega, i suoi nuovi stivaletti Gucci e quell’incredibile mascara della Rimmel London.
Ci eravamo conosciute alle elementari, quando le avevo tirato addosso un barattolo di vernice arancione che dovevamo usare per un murales. Lei mi aveva dato un calcio negli stinchi e poi avevamo cominciato a prenderci selvaggiamente per i capelli. La maestra ci aveva messo in punizione, e a quel punto decidemmo di diventare amiche.
Eravamo disturbate sin da bambine.
Comunque i suoi erano due imprenditori. Per quanto ne potevo sapere ‘imprenditore’ avrebbe pure potuto significare che allevavano trote nel Nebraska, ma considerato il suo appartamento di duecento metri quadri con vista su Central Park o le trote erano molto grosse, o facevano altro.
E, come se questo non bastasse, erano sempre fuori per lavoro e lasciavano la casa libera a lei e alla domestica. Non potevo dire di aver mai conosciuto i genitori di Sam, ma erano sicuramente delle gran belle persone, anche se lei diceva di odiarli.
Diceva che con i soldi non ti puoi pagare l’affetto di tua figlia.
Io le rispondevo che almeno poteva pagarci l’affitto della casa, a differenza mia, e la zittivo.
“Che mi stavi dicendo di Logan?” le bisbigliai, interrompendo il filo dei miei pensieri.
Fermò il pennello, e mi lanciò uno sguardo strano “Sicura di volerlo sapere?”
“Se è una cosa brutta, no.”
“Okay.” concordò, e attaccò con la mano destra.
Guardai Miss Gomez, tentando di interessarmi alla lezione.
Ma volevo di nuovo saperlo, dannazione.
“Ci ho ripensato, dimmelo.”
Alzò gli occhi azzurri su di me, e prese un respiro “Bhè, gira voce che si sia fatto fare un servizietto nei bagni da Melanie Pickers.”
“Quella zoccola!” urlai, dando una manata al banco, e tutti si girarono.
“Lake, cosa dici?!”
“Quella trottola, prof. Perché la vita è come una trottola, no? Gira gira gira..”
La professoressa sbuffò, flippò i suoi capelli facendo quasi cadere dalla sedia il ragazzo al primo banco, e tornò ad interrogare.
“Dovresti imparare a gestire la rabbia, sai? Ti ricordi l’opuscolo che ci aveva dato la psicologa della scuola, quello che faceva ‘la rabbia è un cancro che ti consum..”
“Sam, sta’ zitta.”
 
“Oddio, oddio c’è Logan.” sussurrai concitata, prima di fingere di essere molto interessata a mangiare il mio budino, in modo che non mi sorprendesse a fissarlo come se volessi saltargli addosso
Sam, detta anche esperta e discreta spia nazista, si girò completamente verso il suo tavolo ed urlò “Ma dov’è?”
“Shh, zitta che ti sente!”
“Non ho mica detto il suo nome!”
“Oddio, oddio ti ha vista. Girati girati girati!” le mollai un calcio sotto il tavolo, che la fece gemere dal dolore. Ma perlomeno si era rigirata.
Cazzo, stava venendo qua. O Gesù, se ci sei, fa che i miei capelli siano a posto, fa che non mi stia colando il naso, fa che mi sia ricordata di rifarmi le sopracciglia ieri..
“Ciao Lake, come va?”
BUUM, le mie ovaie esplosero.
Occhi azzurro ghiaccio, capelli neri, sorriso malizioso e un metro e ottanta di fisico da pallanuotista.
“Molmo bnnee grafsie.”
Oh no, avevo parlato con il budino in bocca. Mi affrettai ad ingoiare, ma nel frattempo lui aveva già cominciato a ridere.
“Sei davvero un sagoma, sai? Magari un giorno di questi ci ved..”
Non completò mai la frase, perché il ragazzo che nei mesi seguenti avrei imparato a detestare con tutta me stessa decise di inciampare NELL’ARIA proprio in quel momento, e di rovesciare sulla maglietta di Logan tutto il suo vassoio.
Logan: “Che cosa?!”
Io: “Che cosa?”
Ragazzi in mensa: “Che cosa?”
Alberi: “Che cosa?”
Nuvole: “Che cosa?”
Barack Obama: “Che cosa?”
Nessuno, e sottolineo nessuno, avrebbe mai osato rovesciare un intero vassoio su Logan Armstrong e sperare di rimanere vivo dopo.
Il ragazzo, un riccio con una felpa tre volte lui e due occhi da cerbiatto spaventato, prese a balbettare in una lingua sconosciuta “Scuss, mi dispppiascce moltssim..”
“Ma che cazzo fai? E come parli, coglione?!” lo aggredì rabbioso Logan, dandogli una spinta indietro.
“I-io, ehm, sonnno inglesse.” balbettò.
Oooh, ecco perché non sapeva parlare.
“Aria, sfigato. E non farti rivedere in giro.” sibilò a denti stretti, prima di superarlo dandogli una sonora spallata.
Restai ad osservare ancora qualche attimo quello sfigatello, che cercava di raccogliere i residui del suo pranzo, poi ripresi a mangiare.
 
 
 
 


e mentre pictures of you si avvia (lenta lenta lemme lemme) alla conclusione, propongo questa robetta. spero che quella troia dell’ispirazione non  si venda a qualcun altro e resti con me *prays*
fatemi sapere se avete vomitato l’anima o è decente c:
se vi interessa, nel link qua sotto ci sono Eleanor e il suo caro papà trentaduenne hbhdsdvghsefdeywtfdt
 
 
Drop in the ocean ♥ on we heart it / visual bookmark #26788668

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Capitolo 2
*** science project ***


scusate se ci ho messo tutto questo a postare, ma la scuola mi sta inghiottendo *risata isterica*
eniuei, in questo capitolo non succede granchè, ma serve ad introdurre un po' la storia di eleanor...e so che alla fine penserete 'oh, ora lei e lui si innamoreranno, poi scoperanno, poi litigheranno, poi faranno pace e nell'epilogo si sposeranno'
no :D
a voi come va? raccontatemi un po' delle vostre vite (?) nelle recensioni, mi risollevate il morale quando sono giù AHAH
besos, love ya



Un leggero fumo uscì dalla piastra, mentre la passavo per l’ennesima volta sul solito ciuffo del cazzo che non voleva stare apposto.
E, ovviamente, squillò il telefono.
Sbuffai, allungando la mano destra sulla scrivania fino ad afferrarlo.
“Pronto?”
“Ciao tesoro, come va?” la voce di papà mi arrivò lontana e seguita da qualche interferenza. Probabilmente stava scendendo nella metro, per tornare a casa.
Ma che ore erano?
“Bene.”
“Che stai facendo?”
“I compiti.” improvvisai. Bhè, comunque il libro di fisica era aperto..
..sotto al letto.
“Perché, ti si è rotto lo specchio e non sai più che fare?”
“Papà, primo, questa battuta non fa più ridere dal lontano 1862 e secondo, tu non sei vecchio.” sbuffai “Le mie amiche pensano che tu sia mio fratello.” 
“E queste amiche sono maggiorenni o..?”
“AAAH, che schifo!!” allontanai il telefono, con una smorfia, ma la sua risata mi arrivò comunque.
“Stavo scherzando, non ho intenzione di adescare nessuna minorenne. Allora, ha già chiamato Suze? Aveva detto che l’avrebbe fatto.”
“Sì, aveva anche detto che avrebbe frequentato l’università, che sarebbe rimasta vicino città, che ci sarebbe venuta sempre a trovare, che non avrebbe frequentato drogati..” elencai pigramente, posando il telefono sulla spalla destra per riprendere a piastrarmi.
Papà sospirò “Andiamo Elle, è tua cugina. E legalmente tua sorella. Lo sai che è un po’..”
“Stronza?”
“Sulle nuvole.” continuò, piccato “Non mi piace questo frasario, lo sai. E di che drogati stai parlando?”
“Pss, frrrrsssh, crrrrr…non ti..frrrsssssh..sent…” cominciai a fingere delle interferenze.
“Eleanor, non ci provare. Non sono neanche in metro.” 
Alzai gli occhi al cielo “Senti, non ha chiamato. Probabilmente è troppo impegnata a farsi una doccia di sangria tra i narcotrafficanti per ricordarsene.”
“Quando torno a casa ne parliamo, signorina.”
Gli attaccai il telefono in faccia, e lo gettai sulla scrivania.
Il padre di Suze era il fratello grande di papà, ma lui e la moglie morirono in un incidente d’auto quando lei aveva dodici anni, e chi se l’era dovuta accollare? Papà, che viveva da solo con me. Dopo una vita passata a sputarci addosso o ignorarci completamente (la colpa era solo sua, che era una secchiona senza uno straccio di personalità che mi considerava una nullità) aveva deciso di liberarci della sua sua triste presenza. Ma non andando all’università, come dalla borsa di studio che aveva ricevuto ci aspettavamo, bensì trasferendosi a sombrerolandia (messico) con il suo nuovo ragazzo messicano. Per fare cosa? Aiutare il fidanzato nell’azienda a conduzione familiare di sangria.
Era diventata una puttana ribelle tutto d’un tratto, evidentemente. Ve lo dico io che faceva, quella bella stronza: se ne stava tutto il giorno sdraiata come un merluzzo a prendere il sole, praticando il solo sport di infilare tapas (e tante altre cose di simile forma) in bocca.
Il telefono squillò di nuovo.
“Che c’è adesso?”ringhiai, nella cornetta.
“Anche io ti voglio bene, amichetta mia.” commentò sarcastica Sam, ridacchiando.
“Scusa, pensavo fosse di nuovo papà.”
Non, mon amie. Che fai?”
“I compiti.”
“Sì, anche io mi sto facendo la piastra.” rispose “ADALIE, cosa fai? Quel centrotavola non va bene!” prese a strillare, istericamente.
“Povera Adalie, le urli sempre contro.”
“Macchè povera, questa si becca i miliardi dai miei. Fammi uscire da questa stanza che sennò riferisce tutto ALLA PADRONA.” alzò la voce sulle ultime due parole, segno che stava probabilmente fulminando la suddetta domestica/tata che si occupava di lei e della casa da tipo sedici anni.
Quindi da sempre.
“Comunque, ho due novità.” continuò
“Spara.”
“Stasera rivedrò mia madre dopo, uhm..circa un mese.”
“Hai di nuovo chiamato i servizi sociali?”
“Cosa? No! E’ per una cena. Ci saranno dei tizi con con cui deve fare affari, e anche le loro mogli e figli. Cercherò di non tagliarmi le vene con le forchette, ma sarà difficile.” spiegò, irritata.
“Bhè, mentre tu ti ingozzerai di anatra all’orange, spaghetti italiani e creme caramel io mangerò delle gustosissime ali di pollo in supersconto di SevenEleven.” commentai “Fa molto Oliver Twist, vero?”
“Decisamente. Potrebbero scrivere un libro su di te e sulla tua vita da poveraccia.”
“Ma a quel punto dovrebbero pagarmi i diritti, e allora non sarei più una poveraccia.”
“Sì, ma tutti ti conoscerebbero come ‘la poveraccia’ e finirebbero per farti la carità alle cene di gala.”
“Senti, chiudi il becco. Qual è l’altra novità?”
Silenzio.
“Sam, ci sei?” ripetei
Ancora silenzio.
“SAMANTHA!”
“Sì?”
“Che stai facendo?”
“Sto chiudendo il becco.” ribattè, piccata. Dio, a volte mi sembra di parlare con un criceto in fin di vita, non con una ragazza di sedici anni.
“Se non vuoi che ti prenda a pisellate in faccia ti conviene parlare.”
“Perché, hai il pisello?” e cominciò a ridere.
“No, ma mi stai facendo crescere le palle dalla noia. Allooooooora?”
“L’altra novità è che il nuovo arrivato, quello inglese, si chiama Harry Styles. Poverino, la scena di Logan che lo prende a parolacce è finita su youtube, e poi tutti l’hanno condivisa su facebook.”
Mi bloccai, tentando di ricordare la sua faccia. Ma quando me la ricordai mi ricordai anche di come aveva mandato in aria il mio quasi appuntamento con Logan.
“Quell’idiota ha interrotto Logan proprio mentre mi invitava ad uscire. Ti rendi conto? Ero a tanto così..” ridussi la distanza tra pollice ed indice, come se lei potesse vedermi “..da diventare la futura moglie di un dio greco e quello che fa? Gli vomita addosso.”
“Era solo il cibo della mensa.”
“Appunto.”
“Come sei cattiva!” commentò “Comunque, come sta tuo padre?”
Oh, no.
“Ancora con questa ossessione? B-A-S-T-A!” gridai, esasperata e un tantino disgustata.
“Ehi, non è colpa mia se tuo padre è un figo assurdo!”
“Saaaam, zitta!”
“Ed è giovane. E spiritoso. E single da quindici anni.”
Oh, giusto.
Single da quindici anni.
“Ehi, Ellie, scusa io..non volevo dire in quel senso..”
“E quanti sensi ci sono per dire che mia madre se ne è andata quando avevo un anno?” replicai, acida. Poi alzai gli occhi al cielo, infastidita dal mio stesso tono “Senti, non è un tragedia. Io non me la ricordo, lei non si ricorda di me e tanti saluti.”
“Ma non è vero, certo che si ricorda di t..”
“Sam, basta, fine della discussione. Guarda che io non so neanche come sia la sua faccia, non mi manca per niente.” staccai bruscamente la presa della piastra “Di lei so che si è fatta mettere incinta da papà quando avevano sedici anni, e se non ci fosse stato lui avrebbe sicuramente abortito, visto che ero solo un problema..” spazzolai troppo forte una parte dei capelli, e un nodo mi rimase tra le mani “..ma ti pensi che noia il mondo senza la mia incredibile presenza? Sarebbe stato davvero egoista privarlo di me.” ridacchiai, anche se non era una grande battuta.
Sam stette in silenzio per un po’ “Ora devo andare, ho paura che Adalie mandi a fuoco la cucina. E l’unico pompiere che farò entrare in questa casa sarà uno spogliarellista. Ci sentiamo eh?”
“Okay, buona cena.” stavo per attaccare, quando la sentii richiamarmi
“Ehi, Eleanor!”
“Eh, dimmi?”
Silenzio. Ma che cos..?
“Tu non sei un problema.” disse, e poi attaccò.
 
 
“Questo weekend, ragazzi, ho pensato ad un esperimento davvero eccitante!”
Il caro vecchio Mr Plum (sì, come quello di cluedo) era chiaramente schizofrenico, zitello e completamente privo di qualche amico che gli dicesse ‘cambiati cravatta dannazione!’
Oltre ad insegnare chimica, il che basterebbe per capire che è sull’orlo della follia, ci propinava quasi ogni settimana un nuovo ‘fantastico’ esperimento da preparare.
Ma la cosa veramente agghiacciante era che Sam non frequentava questo corso con me. Certo, c’era Logan, ma non avrei mai avuto il coraggio di passarmi lo smalto insieme a lui mentre il prof. spiegava.
“Ma, siccome è un tantino complicato..” e qui scoppiò a ridere sembrando un cavallo epilettico “..vi dividerò in coppie. Allora allora, vediamo..” e prese a scrutare il registro con la lente d’ingrandimento.
Sì, perché era anche cieco, e doveva usare quella per leggere.
Può esistere qualcosa di più tragico?
Comunque, guardai Logan e notai che stava ridacchiando con JD, il suo migliore amico nonché sorta di brutta copia di 50 cent. A dir la verità stavano lanciando palline di carta sulla testa del nuovo arrivato – Henry? Harold? – e su quel casco di banane che aveva in testa.
Effettivamente mi faceva un po’ tenerezza, con quell’aria spaesata e le guance in fiamme, e quel maglione di lana orrendo. Ma come cavolo si vestono gli inglesi? Sembra che ci abbia vomitato sopra un gatto, e invece sono solo i colori del maglione.
“Armstrong lo mettiamo in coppia con..” iniziò il prof., ed io cominciai a pregare Dio in aramaico stretto che scegliesse me.
Ti prego, scegli me me me me me me me me me me..
“..con Truman, che magari ti aiuta a raddrizzare la media.”
Crack. Sogni in frantumi.
Fulminai con lo sguardo Alicia Truman, una biondina tutta casa, chiesa e colombe bianche in primavera. Ma io lo sapevo, lo sapevo che dietro quella faccetta innocente si nascondeva una gran troia che avrebbe sedotto il mio Logan.
Lo guardai, e vidi che stava squadrando la Truman da capo a piedi, come soppesandola. Poi incrociò il mio sguardo e si strinse nelle spalle come a dire ‘non è colpa mia’
Ma perché mi va tutto male? Adesso ci manca solo che finisca in coppia con l’asociale incapace a parlare e ho fatto bingo.
“Ora arriviamo a Lake. Lake, sinceramente la tua media ha sfiorato dei voti ancora sconosciuti al mondo..” cominciò, e tutta la classe prese a ridere.
Ah-ah, divertente. Come un calcio in culo volante roteante di Chuck Norris.
“Potrei metterti con…bhè, con Harry Styles, il nuovo arrivato. Come te la cavi ragazzo, in chimica?”
“Io, ehm, bhè io..”
“Fantastico, è deciso!” esclamò Mr Plum, soddisfatto.
Mi girai disperata verso il suddetto Styles, e lui abbozzò un sorrisetto a disagio.
Sarebbe stata una lunghissima settimana.

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Capitolo 3
*** accordi in mensa. ***


oggi è stata una giornata di merda, ogni cosa che poteva andare storta è andata anche peggio. ma poi oggi pomeriggio ho fatto lezione di pianoforte e mi è tornato il buonumore *i lettori tirano un sospiro di sollievo e posano la pistola*
scusate se mi sono fatta aspettare (novità) ma non serve neanche che vi dica perchè, dato che è sempre per lo stesso motivo di merda che aggiorno tardi #muchlove #scuola
bah, mi sto affezionando a questa storia. speriamo che non vi faccia cagare #fingerscrossed
e poi niente, mi fanno male i piedi perchè ho portato gli stivali tutto il giorno. AHAHAH mi sono ricordata una cosa, adesso ve la racconto per uccidervi di noia.
ero nel cesso con una mia amica, a scuola, ed ero convinta che fuori ad aspettarci ci fosse l'altra amica che ci eravamo portate dietro.
non era così.
ho aperto la porta del cesso urlando 'ANNAMO AMO'?' *andiamo amore* con una voce tutta idiota, da finta scema, capite? e chi mi trovo davanti? un figone dell'ultimo anno che mi guarda allibito.
perchè il bagno sul mio piano è bisex.
AHAHAHAHAH okay basta, è stata una figura di merda. vi ammmmo. bai





“Che mangiamo stasera?” chiesi ad alta voce, senza staccare il sedere dal divano.
“Cosa?”
“CHE MANGIAMO STASERA?!”
Dylan Lake, alias caro vecchio daddy, si affacciò nel salone con lo spazzolino in bocca.
“Scèlacalneinfligo.”
“Torna da zio rico?”
Ruotò gli occhi al cielo, e si tolse lo spazzolino dalla bocca “Ho detto che c’è la carne in frigo!” ripetè.
“No, non c’è. L’abbiamo mangiata ieri sera.” gli feci notare.
Silenzio agghiacciante.
 
10 SECONDI DOPO
“Oh cazzo, è vero!”
Afferrai un volantino che avevano messo sotto la porta quel pomeriggio.
“Pizza express: la miglior pizza, nel miglior tempo, a casa tua.” recitai, come se gliela stessi vendendo. “Ordiniamo?”
Assottigliò gli occhi, e prese il volantino per controllare i prezzi.
Apparve una prima ruga sulla fronte.
Ecco la seconda ruga.
Alla terza sarei rimasta orfana.
“Non c’è proprio niente niente in credenza?” propose, semi disperato, ed entrambi ci girammo lentamente verso la scatola di cereali.
 
TRE MINUTI DOPO
“Che cagata.”
“Eleanor!” esclamò, scandalizzato.
“Senti, non è colpa mia se stiamo guardando la brutta copia di un abbozzo di una brutta copia di un film!”
 “La smetti con quel cucchiaio? Guarda che questo divano mi è costato.”
“Se lo buttassimo sarebbe la discarica a pagare noi, per un servizio alla comunità.” ribattei, e mi mossi un po’ per fargli sentire come scricchiolava tutto. Sembrava di stare al festival internazionale dello scricchiolamento.
Per un po’ nessuno dei due disse niente, davanti a quel patetico film. La madre dei protagonisti era morta in circostanze misteriose.
“Ogni tanto ti manca Allison?” chiesi, dal nulla.
“No.” rispose subito, ma poi sembrò ripensarci “Cioè, è tua madre, era comunque una bella persona..”
“Papà, non mi dare il contentino. Lo so che era una stronza.”
“Bhè, ma una stronza mi avrebbe fatto il regalo più bello della mia vita?” domandò con un sorriso, mettendomi un braccio intorno alle spalle, ed io abbozzai un sorriso.
Era il mio papà, l’unico parente che avessi al mondo, l’unico che si facesse il culo per fare la spesa, comprarmi i vestiti, le scarpe... Oddio, i suoi livelli di paranoia mi facevano venir voglia di darmi fuoco e gettarmi dalla finestra, ma era sempre papà.
Gli strinsi una mano, che tra noi era il gesto universale per dire, semplicemente, ‘grazie per tutto’.
 
 
Avevo voglia di uccidere qualcuno quella mattina. Avrei torturato qualche primina, ordinando di darmi la loro merenda o che so io, ma la maggior parte di loro era più alta di me.
Mi sarei accontentata di sputare nel caffè della prof.
 
MATEMATICA
“Ed è ovvio che solo dopo aver posto le condizioni di esistenza al denominatore potete procedere con la semplificazione, ma solo dei polinomi..è chiaro?”
Io non capisco proprio perché la professoressa mi debba parlare sotto mentre faccio cose importanti.   
“Non può vaneggiare da un’altra parte? Non capisco niente.” mormorai a Sam. Ma lei si stava facendo una treccia alla francese, ed era persa nell’oscuro paese di Samlandia, dove credeva di saper parlare francese solo mettendo le labbra a culo di gallina.
Comunque, stavo facendo un test di Just Seventeen che doveva indicarmi se ero una tipa aggressiva e sexy, dolce e carina o scialba e poco curata, ma non riuscivo a concentrarmi se QUELLA mi interrompeva con i suoi folli discorsi.
“Avete capito ragazzi? Vi vedo perplessi.”
NO, CI HAI SOLO ROTTO LE PALLE, VA BENE?
 
GINNASTICA
Cheryl Cox ha vomitato sui tappetini per fare gli addominali e sono dovuta andare a chiamare Rocky per ripulire.
La scena è andata così:
“Rocky, una ragazza ha vomitato su un tappetino.”
“E allora?”
“Allora devi impugnare il sacro scopettone dei bidelli ed andare a pulire.”
“Fai poco la spiritosa, Eleanor Lake!” ha urlato, diventando paonazzo, come se l’avessi insultato. “Ed io non mi chiamo Rocky, io sono un operatore scolastico.”
“Sì, ma lo pulisci il vomito?”
Ha continuato a borbottare per cento millenni, poi si è deciso a fare il suo lavoro (incredibile) e in pochi minuti la palestra odorava terribilmente di candeggina.
Ora, una persona normale non farebbe allenare dei ragazzi in un posto del genere, ma Mrs Truman era ben lontana dalla definizione di normalità, o dalla definizione di donna, quindi ci siamo messi comunque a giocare.
Stavo facendo la mia parte da riserva in modo eccellente. E, nello stesso tempo, riuscivo anche a limarmi le unghie, quando mi si sedette accanto l’inglese strano.
“Ciao.” disse.
“Mmm.”
Non potevo distrarmi, l’anulare era sempre il più difficile.
“Dobbbbiamo ffffare quelesperimnto di scienze.”
Sbattei le palpebre, e indietreggiai di qualche centimetro “Stai per vomitare?” chiesi
Lui strabuzzò gli occhi “No! Cioè..non credo?”
“E allora perché non parli in modo normale? Non si capisce una parola di quello che dici.” affermai “Comunque mi è arrivata la parola scienze, ed ora ti dico come faremo il compito: non lo faremo.”
Mi guardò come una pazza, e io guardai i suoi orrendi pantaloni sdruciti di ginnastica come se fossero merda. Questo Syle era piuttosto alto, e sotto tutto quel casco con cui si copriva mezza faccia nascondeva anche dei begli occhi.
Ma aveva le maniglie dell’amore. E si vestiva male.
E non sapeva parlare.
“Senti, io non voglio prendere un brutto voto..”
“Oooh, ho capito quello che hai detto!”
Ruotò gli occhi al cielo, spazientito “Non sei simpatica, sai? Se non vuoi fare l’esperimento non me frega niente, ma io lo faccio.” continuò.
Ehi, ma da quando era diventato così brusco? Faceva l’agnellino sacrificale con tutti, ed io venivo quasi mandata a fanculo.
“Stammi a sentire, madre teresa, se non sai come funzionano le cose non parlare. Mr Plum è pazzo e vecchio e non sa usare il registro. Diciamo che abbiamo dimenticato l’esperimento a casa e basta.”
“Non credo di essssere trasgressivo come te, mi spiace.” tagliò corto.
“Syle, piantala.”
“Mi chiamo Styles!”  
“Belli capelli, devi entrare!” urlò qualcuno dal campo, facendo segno a Styles. Lui divenne tutto rosso, poi si alzò sbuffando ed entrò in campo, con la sua solita camminata da orangutan ubriaco.
Cominciava ad irritarmi parecchio.
 
“Le mangi quelle?”
Sam indicò con una forchetta le patate arrosto (patate..cose giallastre e rotonde) nel mio piatto, ed io le lanciai un’occhiata stralunata.
“Sam hai già mangiato gli spaghetti, la carne e le tue patate. Il tuo fegato schizzerà su tutte le pareti della mensa se non ti fermi.”
Lei fece una smorfia “Lo so, lo so, sto diventando una balenottera azzurra..” disse, affondando un dito nella sua pancia.
“Non fare l’idiota, non sei grassa.”
“Sì invece, ed è per questo che non ho un ragazzo.”
“Anche io non ce l’ho!”
“Ma solo perché sei una stronza isterica.”
Spinsi il mio piatto verso di lei “Riempiti la bocca con queste e taci.” replicai, brusca, e lei si illuminò cominciando ad infilzare le patate.
Presi a guardarmi intorno nella mensa, il vero grande zoo della città, e notai che Ryan accarezzava tutta una ragazzina del primo, che non smetteva di ridacchiare come una scimmia con la rabbia.
Ryan Griffin era un mio scarto di tanto tanto tanto tanto tempo fa, quando ero ancora un’ingenua ragazza. Era troppo vanitoso e concentrato su sé stesso. Credeva davvero di assomigliare a David Beckham.
Quindi l’avevo scaricato con eleganza, ed era stata una rottura tranquilla.
 
 
DUE MESI PRIMA
“Andiamo El, è meglio così..Un tipo che si tiene uno sticker di gel per i capelli nelle scarpe per ogni evenienza è meglio perderlo che trovarlo.” disse Sam, accarezzandomi la schiena.
“N-non me ne f-frega niente..” singhiozzai, stringendo il cuscino “..io amavo il suo gel!”
“Dai, non piangere. Capita a tutte di essere mollate..Pensa a Jennifer Aniston: è stata mollata da Brad Pitt ed è conosciuta come lo scarto dello scarto di tutta l’america, ma non si abbatte mica.”
In risposta presi a singhiozzare più forte, e papà si affacciò nella camera con il coltello che usava per tagliare il pane.
“Qualche sedicenne deve morire?”
 
 
“El..Elle..Eleanor!”
Mi riscossi dal mio terrificante flashback, e vidi che Sam mi schioccava le dita davanti alla faccia.
“Che c’è?”
“C’è Harry Tyles laggiù.”
Guardai verso il tavolo che stava indicando, e lo vidi seduto da solo a ingozzarsi di budino.
“Sexy.” commentai sarcastica, e lei alzò gli occhi al cielo.
“Non dovevi fare un esperimento con lui?” mi ricordò
“Oh sì, ma ha detto che lo farà da solo.”
Sam alzò le sopracciglia bionde “Non sembra il tipo da fare un compito anche per qualcun altro.”
Ripensandoci, mi stava facendo venire dei dubbi. E se non avesse firmato anche per me? Forse persino Mr Plum si sarebbe accorto che non avevo fatto niente, se andava solo lui a presentarlo.
Dovevo chiarire. Mi alzai, e feci cenno a Sam di aspettarmi mentre mi avvicinavo al suo tavolo.
“Tyles, dobbiamo chiarire.” esclamai, sedendomi davanti a lui.
Sobbalzò e si strozzò con il succo che stava bevendo, finendo per macchiarsi la maglietta.
Signore, dammi la forza!
Tossì con forza, prima di dire “Mi hai fatto prendere un colpo!”
“Ma magari. Comunque, come procediamo per l’esperimento?”
Assottigliò gli occhi, sospettoso “Pensavo che non volessi farlo.” borbottò.
“Infatti non voglio. Quel ‘noi’ stava per ‘tu’.” spiegai, gesticolando vaga “Firmerai anche per me?”
“No.” disse, semplicemente, prima di tornare a mangiare.
Ma vi rendete conto? Una non può neanche non fare i compiti in pace e prendersi comunque il merito, in questa scuola.
“Ma chi ti ha cresciuto, Hitler?” domandai, scocciata “Ti comporti da vero stronzo con me.”
“E voi tutti vi comportate da stronzi con me, sssssolo perché sono nuovvo.”
“No, noi ci comportiamo così perché non capiamo cosa dici, Tyles.”
“E’ Styles, porca miseria!”
“Calmati riccioli d’oro!” replicai, poi presi un profondo respiro “Va bene, quando ci vediamo?”
Strabuzzò gli occhi, che assunsero la grandezza della mia testa “Ci vediamo?” ripetè, stupito.
“Mi sembra di parlare con un lama handicappato, giuro. QUANDO NOI VEDERE PER FARE GRANDE ESPERIMENTO?” scandii bene ogni parola, accompagnandola con un po’ di mimo.
Alzò gli occhi al cielo “Ah-ah, rotolo.”
“Ci credo, con tutto quello che mangi.”
Mi guardò risentito, poi guardò il suo vassoio e fece una smorfia rassegnata. Scosse la testa, come per non pensarci, e tornò a guardarmi “Ehm, a casa mia..?”
“NEEEEH. Risposta sbagliata. Non ho intenzione di percorrere mezza città per un compito.” mi alzai, afferrai il suo zaino posato sulla sedia e lo aprii velocemente.
“Ehi, quello è mio..!”
Tirai fuori una penna, poi gli presi una mano e scarabocchiai velocemente il mio indirizzo.
“Domani alle cinque. Se non ci sei entro le cinque e due non ti apro.”
E poi me ne andai.


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Capitolo 4
*** Il microclima del divano. ***


zalve bella gente. oggi mi sento tutta euforica perché:
-è sabato
-non ho fatto una minchia tutto il giorno
-pioveva ed io amo la pioggia
-ho pubblicato una one-shot molto yeah (?) chiamata ‘Burn’
-il punto di prima non era per dirvi che dovete leggerla per forza, era per dire
-stasera mangio pizza
-ho visto la foto del fratello di rachiamoipanda, che mi trova carina (?!) ed è un F I G O.
detto questo vi mollo al capitolo. e come al solito vi ricordo che adoro le vostre recensssssioni.
love ya all.
besos

 
 
 
 
 
Stavo guardando Il Boss Delle Torte quando la tv si spense misteriosamente.
“Ma che..” cominciai a dire, quando papà con la faccia da padre scazzato si piazzò davanti allo schermo.
“Buddy stava per far sputare fuoco alla torta, sai?”
“Eleanor, dobbiamo parlare.”
Socchiusi gli occhi, sospettosa. Aveva usato il tono che usava quando..
“E’ arrivata la bolletta del telefono? Giuro che non è colpa mia! Hanno sbagliato i numeri, non ne conosco ness..”
“Eleanor, non parlo delle bolletta!” mi interruppe, spazientito “Ma sappi che se supererà i cento dollari non vedrai mai più la luce del sole. Comunque, sai cos’è questa?”
Mi sventolò sotto al naso una lettera, e l’afferrai velocemente. Mi bastò guardare il logo per capire che ero nella merda.
Come avevo fatto a farmela sfuggire? A quest’ora doveva essere già cenere sotto il tappeto del bagno!
“Lo sai com’è la prof. di letteratura: in costante allarme terroristico. Ti ho raccontato di quella volta che ha fatto evacuare la scuola perché si era otturato un ces..”
“Non è della tua professoressa. E’ del preside.” mi interruppe di nuovo, funereo. Ora dirà ‘ellie, non puoi andare avanti così.’
“Ellie, non puoi andare avanti così.” appunto “Il preside dice che hai una condotta pessima, lo sai che possono bocciare con un’insufficienza in condotta? E dice anche che salti le lezioni, rispondi male, ti dedichi alle cura del corpo in class..ti dedichi alla cura del corpo in classe?!” rilesse di nuovo la frase, alzando la voce di un’ottava.
“Solo perché una volta, anni fa, mi sono passata la crema al cocco anti-punti neri in faccia. Anche Sam lo fa sempre, ma a lei non dicono niente!” risposi, risentita.
“Non mi interessa quello che fa Samantha! Devi cambiare condotta, o vuoi rimanere in terzo liceo a vita?”
Ma parchè i genitori ti devono sempre mettere ansia? ‘guarda che ti bocciano’ ‘hai studiato, eh? eh?’ ‘attenta quando vai in giro da sola’ ‘non respirare troppo forte o potresti raschiarti i polmoni’
Tanto alla fine sarei passata, mettendomi a fare i compiti a metà maggio.
“Adesso ad esempio, perché non vai a fare i compiti?” suggerì.
“Li sto per fare!” replicai, con soddisfazione “Deve venire un mio compagno di classe per un esperimento di scienze.”
Aggrottò le sopracciglia “Compagno maschio?”
“No, compagno farfalla.”
“Non fare la spiritosa con me. Non credo mi piaccia che tu stia sola con un ragazzo in casa.”
“Tranquillo, il massimo della trasgressione che potrei raggiungere con Harry Styles sarebbe mangiare un gelato prima di cena.”
 
Ora ero sola. Tra un minuto esatto sarebbero scoccate le cinque, quindi mi sarei dovuta alzare dal mio comodo letto della depressione profonda.
Ma perché Logan non è mio? Voglio dire, siamo fatti l’uno per l’altra.
Il mio colore preferito era il blu, e il suo…ehm, vabbè, i colori non sono importanti.
Infondo non lo conoscevo poi così bene ma sapevo che eravamo anime gemelle, perché sì. Ogni volta che lo guardavo mi tremavano le gambe, mi si seccava la gola, il cuore accelerava e di solito me ne uscivo con qualcosa riguardante i dugonghi rosa. Non sono segnali evidenti?
E poi era così bello, bello, bello..sarebbe stato facile odiarlo, se fosse stato meno perfetto, e invece mi doveva sbattere in faccia la sua sexità (sexità..?) ogni giorno.
Se io fossi bella, tutto sarebbe più facile. Mi limiterei a sbattere in modo provocante le ciglia davanti a lui, mettere in fuori le labbra et voilà, sarebbe mio per sempre.
Provai a stirare le labbra e guardare il riflesso nel cellulare.
E’ così che si sente Megan Fox?
DRIIIN
Il suono del campanello mi fece sobbalzare, mi scivolò il cellulare e mi cadde sul naso.
“Ah, fanculo..” borbottai, massaggiandomelo. Mi alzai stancamente, e molto molto lentamente avanzai fino alla porta d’ingresso.
Forse se ne sarebbe andato, se non avessi aperto. Stavo quasi per tornare indietro quando mi piombò in mente l’immagine di mio padre con un lanciafiamme in mano e mi decisi ad aprire.
Sul pianerottolo stava uno sfiatato Harry Styles, che si aggiustava impacciato un enorme borsa di cuoio marrone che probabilmente risaliva all’epoca di Gesù.
“S-scusa per il ritardo, la metro si è rotta e non mi ricordavo come si chiamava questo posto perché avevo sudato e non si leggeva niente sulla mano e..”
“Ti prego Styles, è già abbastanza difficile senza che tu mi parli del sudore delle tue mani.” lo bloccai. Poi aprii di più la porta “Benvenuto nella mia bellissima reggia nel magico e dorato mondo di Brooklyn.”
Entrò, e prese a guardarsi intorno, sbattendo le palpebre velocemente.
Non è che ci fosse molto da vedere: un piccolo corridoio iniziale, un salone circolare sulla destra con un divano mezzo rotto e un tv degli anni ’90, una cucina minuscola che serviva anche da sala da pranzo e le stanze più in là.
“Lo so, è orrenda.” gli dissi, tranquillamente.
“No no, non è orrenda, è..” sembrò sforzarsi di trovare l’aggettivo adatto, per non ferirmi.
“Styles, è orrenda.” ripetei, ferma “Dai, andiamo in cucina a studiare.”
“Cucina? Pensavo che studiassimo in camera tua.”
“Nella mia camera non c’è abbastanza ossigeno per entrambi. Ta-daan, la cucina!” esclamai, allargando le braccia. Poi mi accorsi che c’erano ancora i cartoni della pizza di ieri sul tavolo, e li gettai bruscamente sopra i fornelli spenti.
Mi sedetti, scansando qualche rivista dalla sedia, e tornai a guardare Harry.
Non sembrava troppo a disagio, ma piuttosto..incuriosito. Come se fosse allo zoo, capite?
“Potresti gentilmente posare il tuo culo sulla sedia?”
Si riscosse, e si sedette davanti a me. Ma appena le sue chiappe si posarono sulla sedia sobbalzò.
“Ahia!” urlò, prima di tirare fuori un piegaciglia “E questo che ci fa qui?” domandò, scioccato.
“Ooh, ecco dov’era! Grazie!” replicai, entusiasta, prima di prenderlo e metterlo accanto a me.
“Ma i tuoi non ti dicono di mettere apposto? Se lasciassi la cucina così, mia madre mi darebbe fuoco.”
“Mio padre sta al lavoro dalle otto di mattina alle otto di sera, non c’è tempo per la casa. Allora, che facciamo?” chiesi, cambiando discorso.
Lui maneggiò la borsa di Gesù, e tirò fuori un termometro e un cronometro.
“Che ci facciamo con questi?” chiesi, indicandoli.
“Il nostro progetto.” rispose, come se fosse ovvio.
“Ovvero..?”
Mi guardò allucinato “Ma tu quando i prof. parlano cosa fai? Conti le nuvole?”
“No, conto tra quanti secondi ti prenderò a pugni. Mi vuoi spiegare o dobbiamo stare qui fino a domani pomeriggio?!”
Ruotò gli occhi al cielo, e sbuffò “Dobbiamo solo trovare i diversi microclimi dentro questa casa e fuori.”
Microclimi.
“Microclimi.” ripetei.
“Microclimi.”
“Cos’è un microclima?”
“Il clima è lo stato medio del tempo atmosferico e delle condizioni ambientali in una regione. All’interno dei climi ci sono delle aree più piccole con condizioni differenti, chiamate microclimi.”
Eccolo, mister wikipedia.
“In sostanza dobbiamo metterci a cercare..il microclima del divano?” domandai, divertita.
“Dobbiamo indicare due posti dentro casa tua e due posti fuori, prendere la loro temperatura, annotarla e segnare anche le caratteristiche del posto..”
“Che due palle.”
Mi lanciò un’occhiataccia “Poi dobbiamo indicare che tipo di piante ci sono e rispondere a tre domande.”
“L’unica pianta che troverai dentro questa casa è un bonsai di plastica di Ikea.” lo informai, annoiata.
“E allora perché hai proposto di vederci qui?”
“Perché mi pesa il culo, va bene? E non sapevo che l’esperimento fosse questo, pensavo dovessimo..che so, fare un vulcano..”
“Dio, che idiota.” bofonchiò.
“Che hai detto?”
Calò il silenzio, e strabuzzò gli occhi. Probabilmente non pensava che l’avrei sentito, e il mio tono non era dei più felici “Mmm, niente.” rispose, velocemente.
“Mi hai dato dell’idiota, Styles?” ripresi, minacciosa. Lui sembrò arrossire, poi però strinse le labbra, stizzito.
“Se vuoi saperlo, sì. Penso che tu sia un’idiota stronzetta e superficiale. Contenta?” sputò fuori, tutto d’un fiato.
Sembrava quasi contento di essere riuscito a dirlo, senza farsela addosso, intendo.
“Ma vaffanculo, Harry Styles!” esclamai “Non ti sbatto fuori a calci perché non voglio un’altra F in scienze, ma sappi che mi hai già fatto girare i coglioni.”
“Che finezza.” commentò, sarcastico.
“Che capelli.” replicai, acida. Lui si toccò titubante il nido di piccioni che aveva sulla nuca, poi scosse la testa “Forza, sbrighiamoci a fare questo esperimento.”
 
Sbuffai “Ma quanto manca?”
“Sei secondi in meno dall’ultima volta che me l’hai chiesto.” ribattè bonariamente, appoggiando la testa sul bracciolo del divano.
“Sembriamo due psicopatici, a misurare la temperatura del divano.
“Tu sei una psicopatica.” fu la sua gentile risposta “E comunque stiamo misurando la temperatura della stanza, a meno che non crescano piante nel tuo divano.”
“No, ma se cerchi bene potresti trovare un tramezzino al tonno.” lo informai, indicando una fessura, e lui fece una smorfia disgustata. 
Stanca di camminare avanti e indietro, mi sedetti accanto a lui per terra con uno sbuffo pesante.
Restammo in silenzio per un bel po’ (circa venti secondi).
“Posso farti una domanda personale?”
“Se non riguarda le mie mutande, sì.”
“Come mai è tutto così..trascurato qua dentro? Cioè, sembra che nessuno ci metta piede da anni. Non hai una donna delle pulizie?”
Gli lanciai un’occhiata, per vedere se scherzasse. Ma era serio, mi fissava con i suoi occhioni verdi da pesce palle e non mi stava prendendo per il culo.
“Oddio, è arrivato il momento dove ci scambiamo confidenze? Non ti metterò lo smalto sui piedi, sappilo. Comunque no, non ho nessuna donna delle pulizie perché vivo da sola con mio padre, e sono una poveraccia.” replicai, sinceramente. Che mi fregava di quello che pensava Harry Styles?
“Oh.” fu il suo arguto commento, prima di distogliere lo sguardo e concentrarsi sulle sue scarpe. Feci un sorrisetto “Ti ho messo a disagio?” 
“No, ti pare? Ho solo..le scarpe..slacciate.”
“Sono allacciate.”
“Ah, ecco cosa mi sfuggiva.”
Alzai gli occhi al cielo, ma non dissi nulla. “E tu, vieni da Londra?”
“No, da Holmes Chapel.”
“E che cazzo è?”
“Una città vicino Manchester..” spiegò.
Strinsi gli occhi, per figurarmi la cartina del Regno Unito in mente. Okay, la forma c’era, ma era solo un lungo cilindro verde nel cui mezzo spuntava la scritta lampeggiante ‘LONDRA’.
“Ho capito, vivevi in un paese sperduto.” trassi le mie conclusi, facendo spallucce.
“Esatto.” confermò “In culo ai lupi. Uscivi di casa ed eri già fuori città.”
“Sarà un casino per te, New York intendo..Il traffico, la frenesia, le luci, le televisioni..”
“Ho detto che vivevo in culo ai lupi, non nel duecento avanti cristo.” commentò, con un sorrisetto.
Mi fermai un attimo ad osservarlo, e notai che non era per niente male. Cioè, aveva ancora l’aria un po’ pacioccosa da bambino ma con i capelli di qualche centimetro più lunghi, qualche oretta in palestra e dei vestiti non di mia nonna, sarebbe stato un figo.
“Guarda, la temperatura è di venti gradi, potrebbe crescere una magnolia qua dentro!”
..Quasi un figo.
 

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Capitolo 5
*** terra di mezzo parte prima ***


mi ritrovo a postare dopo cena e prima di ricominciare a ripassare greco/matematica/biologia #tuttavita
intanto ringrazio tutte le anime pie (pace all’anima vostra) che hanno recensito lo scorso capitolo. volevo mettere tutti i nickname ma ora mi pesa il culo quindi niente..
però vorrei far notare che extraordinarry mi ha fatto un complimento che volerà nei Libro dei Migliori Complimenti (sì, esiste, sì, è vuoto) che era ‘questa storia mi piace più di rock the world’
stavo cadendo dalla sedia. no non è vero, ero sul letto, ma metaforicamente stavo cadendo dalla sedia perché, sinceramente, penso che non riuscirò MAI a superare rock the world. cioè, quella è La Mia Storia, il meglio del meglio che abbia mai scritto e..boh, come dirlo, per me è qualcosa di inavvicinabile  e divino (?)
quindi muchas gracias (word mi stava correggendo ‘muchas’ con mucca #godwhy)
comunque volevo dirvi che mi dispiace aggiornare così lenta ma non ho il tempo di fare un cazzo con la scuola di mezzo e riesco a scrivere solo nei weekend e a pubblicare ogni morte di papa. zorry.
detto questo besos, e via di corsa ridendo su un cammello veloce!-cit

 
 
 
 
 
 
 
 
NEL CUORE DELLA NOTTE
“Eleanor, alzati!”
Mi rigirai nel letto, irritata. Perché cavolo quel matto urlava? Saranno state le quattro di notte, porca miseria!
“Mi hai sentito? Devi alzarti, sono le nove di mattina!” insistette, cominciando a muovermi una spalla.
“Spero che tu stia morendo o che ci sia Johnny Depp alla porta, papà.” mugugnai, scansandomi.
“Andiamo a trovare Andy e tuo cugino questo weekend, non ti ricordi? Forza, siamo già in ritardo.” continuò, prima di uscire dalla stanza.
Andy.
Cugino.
Weekend.
“IO NON CI VENGO CON TE AI CONFINI DEL MONDO!” urlai, prima di ficcare la testa sotto al cuscino.
 
 
MEZZ’ORA E MOLTE SPAZZOLE VOLANTI DOPO
“E quella sarebbe la tua valigia per il weekend?” chiese il matto che si aggirava per casa (papà) scettico, guardando la mia borsa a tracolla che conteneva mascara, eye-liner, tre mutande e la piastra.
“Ti ricordo che stiamo andando nella valle del vuoto, non a Las Vegas.” risposi acida, prima di entrare in macchina.
Ruotò gli occhi al cielo, poi purtroppo decise di sedersi davanti al volante. “Eleanor, stiamo solo andando in Ohio.”
“Ti prego, è già un’impresa rimanere vivi quando guidi e basta, se ti metti anche a parlare i nostri corpi arriveranno a rate a zio Andy.” gli feci notare, felicemente.
“Una volta adoravi andare da loro, non ti ricordi? Mi pregavi ogni weekend di portarti e la domenica non volevi mai andartene e ti legavi agli alberi con Dave..” sospirò, con la solita aria da genitore nostalgico.
In effetti quando ero piccola li adoravo. Zio Andy non era il mio vero zio, era solo un vecchio amico di papà che aveva avuto la pessima idea di trasferirsi in Ohio per la sua ragazza, zia Jenna. Poi avevano avuto un figlio, della mia stessa età, Dave.
Da piccoli ci divertivamo un casino, a ballare sui dischi di Britney Spears, arrampicarci sugli alberi, nasconderci nel capanno degli attrezzi e cose del genere. Ma non lo vedevo da tipo quattro anni, e l’ultima volta zio Andy aveva accidentalmente dato fuoco alla mia frangetta mentre cuoceva le bruschette.
E poi l’Ohio è un paese tristissimo. Non credo che dovrebbe essere considerato uno stato, dato che la densità di popolazione è circa di una persona ogni trentacinque miglia.
Dio, dammi la forza!
 
12.45
Sosta all’autogrill sulla superstrada, giusto per non morire di fame e non far esplodere la vescica. Dopo una fila di quindici minuti sono riuscita ad entrare nei bagni, che erano sporchissimi. Persino Rocky si sarebbe schifato, lui che è mezzo uomo e mezzo caprone.
Ho detto “Dio, ma nessuno lava i pavimenti qua dentro?” quando da uno dei bagni si è sentita una donna urlare “Io li lavo tutti i giorni i pavimenti, ragazzina! Adesso esco e vedi che ti faccio!”
A quel punto sono scappata.
Annoiata e con la vescica piena, fantastico.
 
14.20
“Manca meno di un’ora, oh-oh! Siamo in tempo per la partita dei Lakers!” esclamò papà allegro, picchiettando sul volante.
Mi getterei volentieri dal finestrino, ma papà va talmente lento che potrei scendere tranquillamente dalla macchina e superarlo a piedi.
Anche zoppicando.
 
 
SECOLI DOPO
Siamo in Ohio, gente!
Lo so solo perché abbiamo superato un cartellone con scritto ‘Siete in Ohio, gente!’
E’ tutto triste, vuoto e brutto. L’abbiamo studiato l’anno scorso a scuola, l’Ohio, e l’unica cosa che mi ricordo è che c’è la città di Springfield, come ai Simpson.
Ma ovviamente zio Andy non abita lì. Loro abitano a Mansfield, che è famosa per il suo bellissimo..ehm…niente.
“Elle, la casa era sulla destra o sulla sinistra?” chiese papà, rallentando un po’ per guardare i numeri civici. Praticamente la macchina era spenta.
“Boh.” fu la mia arguta risposta “Ma credo proprio sia infondo alla strada a destra.”
“Che ne sai?”
“Perché infondo alla strada a destra c’è zio Andy che sventola un cartello con scritto ‘siamo qui, geni!’” indicai con un dito, e finalmente si convinse.
Dopo qualche anno riuscimmo a fermarci davanti alla casa, una villetta a due piani con un normalissimo giardino e qualche pianta stravagante aggiunta da zia Jenna.
Oh, me la ricordavo più grande. Probabilmente perché quando sei piccolo tutto ti sembra enorme.
Papà si precipitò giù dall’auto, dimenticando le chiavi nel quadro, e correndo incontro a zio Andy per darsi le solite ‘pacche da uomini’.
Sfortunatamente eravamo anche su una discesa, e quando notai che la macchina stava lentamente scendendo mi aggrappai al freno a mano.
Dio, devo pensare a tutto io!
Sbuffai, e scesi dall’auto sbattendo la portiera, che vibrò pericolosamente. Non ci feci caso, e avanzai nel loro giardino.
“Ma chi è questa, la tua nuova fidanzata?” scherzò zio Andy, vedendomi.
Ah-ah. Originalissimo.
“Ciao zio.” salutai, annoiata, e lui in tutta risposta mi arruffò i capelli (?!) prima di scoppiare a ridere sotto quei suoi enormi baffoni biondi.
Perché alcuni uomini lo fanno? Farsi crescere i baffi, intendo. Credono sia sexy?
Non lo è!!
“E’ proprio una signorina. Scommetto che ti da un bel daffare, eh?”
“Eccome.” concordò papà, prima di cominciare a parlare di me, come se non fossi A MEZZO METRO da loro.
“E risponde..blablabla..è una fatica mandarla a scuola..blablabla..”
Li superai, pregando Dio che almeno zia Jenna fosse rimasta la solita donna pacata che era. Sorpassai i nani da giardino accanto al vialetto (uno di loro non aveva una gamba, grazie a me) ed entrai in casa.
Era esattamente come la ricordavo. Piccola ma perfettamente ordinata e arredata con gusto. Non so, era..familiare. Mi dava un senso di casa.
In confronto l’appartamento mio e di papà a Brooklyn era un vero schifo. Bhè, ma in effetti l’appartamento mio e di papà era uno schifo rispetto a qualsiasi cosa.
Seguii l’odore di muffin, che mi portò fino alla cucina dove trovai zia Jenna e i suoi ricci rossi intenta a cucinare.
“Ciao zia.” la salutai, con un sorriso.
“Oddio, siete già arrivati!” esclamò, guardandomi entusiasta “Mamma mia tesoro, come sei bella! Un fiore, davvero. Aspetta che chiamo Dave..DAVE!” prese ad urlare, verso le scale “Scendi e vieni a vedere come si è fatta bella Eleanor!”
“Zia, non c’è bisogno..” borbottai, imbarazzata, ma lei fece un gesto seccato.
“Lascia perdere, quell’orso di tuo cugino se ne sta chiuso in camera dalla mattina alla sera. Le volte in cui sta a casa, ovvio. DAVE!”
“Donna, perché urli?” si intromise zio Andy, spuntando in cucina con la valigia di papà.
“Tuo figlio non scende.”
“Oh, c’è Dave a casa?”
“Vai tu a chiamarlo, Elle.” propose zia Jenna “Ah, e prendete questi.” mi mise in mano due muffin al cioccolato.
Scappai dalla cucina, che si sarebbe riempita in pochi secondi di ‘allora, come va la scuola?’ o ‘e il fidanzatino?’ e cominciai a salire le scale.
Mi ritrovai in un corridoio con quattro stanze. Mmm, qual era la sua? 
Qualcosa mi suggerisce che sia quella con scritto ‘NON ENTRARE SE NON SEI MEGAN FOX O SE NON PORTI CIBO.’
Dato che non avevo le mani libere evitai di bussare, ed abbassai la maniglia con un gomito.
“Mamma, che c’è?”
Una voce bassa e infastidita mi accolse, prima che i nostri occhi si incrociassero.
Oh. Oh.
Un sedicenne alto circa un metro e ottanta (!) mi stava davanti, con jeans a vita bassa, maglietta dei red sox che evidenziava i muscoli (!!) e capelli biondi spettinati ad arte.
Dov’era finito Dave cugino simpatico ma basso e brufoloso?
“Mmm. Non sono Megan Fox ma ho dei muffin.” dissi, mostrando le mani. Lui continuava a fissarmi come se non sapesse chi fossi (e forse davvero non lo sapeva)
“Sono Eleanor, Eleanor Lake. Tua ‘cugina’, ricordi?”
“No no, lo so chi sei.” si affrettò a precisare “Ma sei..mm, cioè..”
“Sì anche tu.”
Rimanemmo un po’ in un silenzio imbarazzato, osservandoci, poi scoppiammo a ridere nervosamente.
“Okay, sembriamo scemi.” considerò
“Già.” assentii, poi gli porsi il muffin “Tua madre ha fatto i muffin, e se non ricordo male sono i più buoni da qui a New York.”
“Anche oltre, tesoro.” rispose, prima di afferrarlo ed addentarlo
“Oh, non credo proprio. Dovresti provare lo Starbucks sotto casa mia.”
“Sentila, quante arie per abitare a New York! Dai, racconta l’ultima puntata di Sex and the city!” alzò la voce di un’ottava, verso la fine della frase, e scoppiai a ridere.
“Solo perché ora sei più alto di me non vuol dire che non possa picchiarti.” lo ammonii, sdraiandomi a pancia in giù sul suo letto.
Lui mi guardò un po’ strano, ed io mi sentii subito a disagio “Oh, ti da’ fastidio?”
“No, non è questo, è che pensavo..” scosse la testa “Niente, lascia perdere.”
Ripresi a fissarlo, mentre si sedeva sulla sedia girevole, e mi accorsi che era davvero, davvero carino. Scommetto che era il più popolare della sua scuola, magari giocava nella squadra di football..
Forse aveva pure la ragazza.
Bhè, una gran culo di ragazza doveva essere.
“Noi non siamo parenti, vero?” chiesi, senza neanche sapere perché.
Perché l’ho chiesto? Che razza di domanda idiota è? Ora penserà che voglio saltargli addosso, che sono una ninfomane.
Inaspettatamente si mise a ridere, rivelando una schiera bianca di denti che fece fulminare la lampadina al soffitto “Oddio, stavo per chiedertelo. Comunque no, non lo siamo, ma continuano a chiamarci ‘cugini’ ”
Sarebbero stati due giorni davvero imbarazzanti.
 
Tuuuu. Tuuuu. Tuuuu.
Andiamo Sam, rispondi!
Tuuuu. Tuuuu. Tuuuu.
Io lo so che sta facendo, quell’idiota. Si sta fissando allo specchio mentre fa delle smorfie e dice ‘omelette, oui, jambòn, menage a troix..’ perché crede di essere mezza francese. Ma la cosa più francese che abbia è una baguette nella credenza.
“Pronto?”
“Hanno finito di ricostruire le torri gemelle e poi le hanno fatte ri-crollare, mentre aspettavo che rispondessi.” le dissi, acida.
“Bhè, avevo da fare. Che vuoi?” chiese, stizzita.
Che ingrata. In quanto mia migliore amica dovrebbe semplicemente fare tutto quello che le dico, e invece lei era una tutta ‘ho-anche-io-la-mia-vita’.
“Ho un problema, sono in Ohio e..”
“Sei in Ohio? Che ci fai lì?”
“Sam, se mi interrompi ad ogni parola non finiremo mai.”
“E allora parla.”
Dio, che nervoso! “Mio padre mi ha trascinata da mio zio qui ai confini della terra..”
“Credevo che il tuo unico zio fosse morto.” considerò, interrompendomi DI NUOVO.
“Sarò costretta a ucciderti se non mi lasci finire.” l’ammonii “Infatti questo non è un vero zio, è solo un amico di mio padre che chiamo zio, chiaro?”
“Mmm.” ecco, era di nuovo persa nell’oscuro mondo di Samlandia.
“Comunque, i miei finti zii hanno un figlio della mia età, che sarebbe un finto cugino..”
“Ma è il loro vero o finto figlio?”
Mi stavano per cadere le braccia. E non sarebbe stata una gran cosa, perché sono sicura che a Logan non piacciano le ragazze monche “Sam, NO, il punto è un altro. Lui è un figo pazzesco!”
“Oooh.”
“Già, e io non so che fare! Voglio dire, siamo cresciuti insieme, tutti ci chiamano ‘cugini’..”
“E’ un po’ come nel settecento, quando la gente si sposava tra fratelli, tra cugini, tra zii..” elencò
“Sì, ma noi non siamo parenti. Però, boh..è strano.” continuai, dondolando uno stivaletto. Ero seduta su l’altalena del parco giochi della città, che fortunatamente era deserto.
Faceva un po’ freddino, ma meglio di niente.
“Secondo me non dovresti flirtarci.” considerò Sam, con voce matura.
“E chi ha detto che voglio flirtarci?!”
“Bhè, perché tu vuoi sempre flirtare con i bei ragazzi..”
Ma che cosa insinuava? “Sam, attenta a come parli.” dissi, tra i denti.
“Calma, non ti arrabbiare. Stavo solo dicendo che sei un po’..ecco..”
“Un po’ cosa?”
“Fai un po’ la scema con i ragazzi, ecco.”
Stavo per urlarle contro in aramaico stretto, quando sentii sotto un’altra chiamata. “Ho una chiamata sotto. Osa attaccare e giuro che ti pugnalerò con l’eye-liner mentre dormi.” la minacciai seria, prima di premere il tasto per prendere l’altra chiamata.
“Che c’è?” sputai fuori.
“Ehi, sono Harry.”
Di bene in meglio. Ruotai gli occhi al cielo “Styles, chi ti ha dato il mio numero? No aspetta, non mi interessa davvero.”
“Starei ore a sentirti sputare veleno sul mondo, sulla vita, sugli unicorni, i fiori, gli arcobaleni e la felicità, ma non ti ho chiamata per questo.” ribattè, piccato “Sono sotto casa tua da mezz’ora, che ne dici di aprirmi?”
Mi paralizzai sull’altalena, guardandomi intorno come se mi aspettassi di vederlo crescere dal terreno intorno a me “Che vuol dire? Io sono in Ohio.”
“IN OHIO?!”
Sobbalzai al suo urlo, e il cellulare mi scivolò dalle mani. Mi piegai per raccoglierlo, e per sbaglio spinsi un tasto a cavolo “Ehi, ci sei?”
“Elle, hai finito?” chiese Sam
“Ma che..no aspetta, ho sbagliato linea! Ma non attaccare!” dissi, prima di ripassare alla linea di Styles “Harry, ci sei?”
“Che cavolo vuol dire che sei in Ohio?”
“Ehi, è Harry Styles quello con cui stai parlando?” si intromise la voce di Sam, dal nulla.
Ma che cazzo stava succedendo al mio cellulare?! “Dio santo, il mio cellulare sta impazzendo!”
“Chi è che parla?”
“Piacere, sono Sam, la migliore amica di Eleanor.”
“SAM, VATTENE!”
“Ma sei tu che mi hai inclusa nella conversazione!”
“Eleanor, che cavolo succede? Io sono ancora sotto casa tua!”
Mi trattenni dall’urlare dal nervoso, e cercai di respirare profondamente. Respira. Respira. Respira.
“Allora, Styles, io ora sono in Ohio dai miei zii..”
“Avevo capito che non fossero i tuoi veri zii!”
“SAMANTHA CHIUDI IL BECCO!” strillai “Comunque, dicevo, sono fuori per il weekend quindi mi pare ovvio che non possa aprirti a Brooklyn. Ma perché sei sotto casa mia?”
“Già, perché sei sotto casa sua, Styles?” indagò Sam, con voce maliziosa.
La uccido, la uccido.
“Perché quando l’altro giorno ti ho detto ‘ci vediamo sabato per continuare l’esperimento?’ tu hai detto ‘mi copri la tv’ e io l’ho interpretato come un sì!” replicò, scocciato.
“Oh, quindi niente dichiarazione?” domandò delusa Sam.
“Ma che cazzo di problema ha la tua amica?!”
“Lasciala perdere. Mi dispiace Styles, hai capito male, e io tornerò solo domenica sera dopo cena.”
Improvvisamente la sua linea si chiuse, ed immaginai che mi avesse attaccato in faccia.
Wow, grandioso.
“E’ più scontroso di quanto immaginassi.”
E a quel punto chiusi in faccia a Sam.
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** terra di mezzo parte seconda ***


salve. oggi mi sento molto like a boss perchè ho preso sei e mezzo a greco, una delle quattro sufficienze date su ventisei alunni #profschizofrenico
questo capitolo è per lo più di passaggio, sarà dal prossimo che la storia entrerà nel vero vivo (?) grazie ad un'idea che mi è venuta nel weekend #yeyeye
e..basta. continuo ad apprezzare i vostri pareri/le vostre vite nelle recensioni e vi amo muchissimo.
besos.




12.00 AL FREDDO E AL GELO
“Porca troia, che freddo.” dissi, stringendomi nel cappotto.
Che poi non era neanche il mio, dato che mi ero portata dietro solo tre paia di mutande, ma quello di zio Andy che mi stava venti volte largo.
Sembravo un’attraente foca che muore lentamente di freddo. Forse anche Gesù aveva così freddo, nella grotta con il bue e l’asino.
“Ma come mai non ti sei portata niente?” mi chiese Dave, che nonostante avesse il naso rosso, un cappello che neanche il barbone più morto di fame di New York avrebbe osato toccare e un cappotto come una coperta, rimaneva figo.
“Oh bhè, ero un po’ di malumore. Mio padre mi ha svegliata nel cuore della notte urlando che dovevamo attraversare il paese..” buttai lì, mentre stringevo più forte una busta della spesa.
Ma perché proprio noi dovevamo andare a comprare le cose da mangiare? Come se fossimo gli schiavi di casa.
“Dai qua.” disse lui, prendendo entrambe le mie buste nonostante ne portasse già altre.
Oooooooh, che gentleman.
“Grazie.” risposi, sfoderando il mio miglior sorriso. Quindi muovendo appena le labbra verso l’alto.
Non volevo che vedesse i miei orrendi denti storti, frutto di una dentista incompetente e pazza.
“Sai, credo di non avere il tuo numero..” continuò, con nonchalance. “Sarebbe bello sentirci più spesso, no?”
“Oh sì, tu devi assolutamente venire a New York. A Natale è stupendo passeggiare per la Fifth Avenue, con tutti i negozi addobbati. Certo, io non posso permettermi di comprare neanche la carta regalo di uno solo di quei negozi ma..”
Avevo solo fatto in tempo a dire ‘Oh’ che aveva mollato le buste a terra (poco saggio, direi) e mi aveva stampato un bacio sulle labbra.
Urrà urrà, avevo fatto colpo sul più figo finto parente della terra!!
Ci staccammo, e mi fece un sorrisetto “Era da ventiquattro ore che pensavo di farlo.”
Anche io, bello.
 
 
21.45, DOMENICA
 “Bhè, è stato un bel weekend.” considerò papà, dopo aver infilato la valigia nel bagagliaio.
Dave mi fece un occhiolino, ed io sorrisi. Avevamo passato tutta la giornata a baciarci nei luoghi più improbabili, per non farci beccare da nessuno.
Mi sentivo come Giulietta. Ma con un gran male alla mascella. La gente neanche se lo immagina, quanto sia difficile baciare qualcuno per quasi quattordici ore di seguito.
“Sono contento che tu e Dave vi siate riavvicinati, è davvero bello.” continuò papà sorridendo, mentre mi metteva un braccio intorno alle spalle.
Oh, non diresti così se sapessi come le mani di Dave volavano misteriosamente sul mio sedere mentre ci baciavamo.
“Già, siamo molto legati.” concordò Dave, e vidi che si stava trattenendo dallo scoppiare a ridere.
“Bhè, tornateci a trovare presto, è sempre un piacere!” disse zia Jenna, con un sorriso. Poi parve ricordarsi qualcosa “Oh Dave, prima ha chiamato..come si chiama la tua fidanzata? Ah sì, Taylor. Ha detto di richiamarla appena puoi.”
Sbarrai gli occhi, e per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva. Dave impallidì, lanciandomi un’occhiata preoccupata.
“Fidanzata?” ripetei, tra i denti.
“No bhè, veramente io..”
“Oh sì, non te l’ha detto?” si intromise zia “E’ da circa quattro mesi che il mio giovanotto si è trovato la fidanzatina.” ridacchiò, scompigliando i capelli a Dave, che sembrava sul punto di staccarle la mano “Un amore di ragazza, davvero.”
Non sopportai oltre. Feci finta di sentire il cellulare squillare in macchina e mi chiusi dentro, scivolando piano piano sul sedile.
Poco dopo papà prese posto al volante “Eleanor, ma che succed..”
“Parti. ORA!”
 
22.05
La vita fa schifo, davvero.
 
22.08
Presa in giro dal mio cosiddetto cugino. Penso che mi farò suora, o francescana. Comunque, una vita senza scopo e senza ragazzi.
 
22.15
E adesso papà ha messo gli Abba alla radio.
E’ tutta una grande tragedia.
 
 
“Quindi il tuo finto cugino ti ha usata come surrogato della fidanzata per mezza giornata?”
Se non fosse che avevo la bocca impegnata a masticare un fagottino al cioccolato, le avrei sputato in un occhio “Sì Sam, arguta osservazione.” risposi, stizzita.
Lei non sembrò accorgersene, e continuò a girare il cucchiaino nel cappuccino con panna e cacao. Sam non era propriamente magra, ma di certo non era una foca incinta di un leone marino, come si definiva lei, e non mi credeva quando le dicevo che mi sarei staccata un braccio per avere metà delle sue tette.
Purtroppo se io tagliassi i capelli molto corti, smettessi di truccarmi e indossassi solo felpe potrei benissimo dire in giro di essere un ragazzo di nome Jimmy e nessuno se ne accorgerebbe.
“Comunque, non puoi capire cosa è successo mentre eri via.” ricominciò, elettrizzata.
“Logan ha chiesto in giro il mio numero? Hanno inventato un mascara resistente al fuoco? Finn ha lasciato Rachel?”
“No, ho conosciuto un ragazzo.”
“Oh.” risposi, delusa. “Pensavo fosse qualcosa di importante.”
Alzò gli occhi al cielo, ma era troppo emozionata per arrabbiarsi “Si chiama George e ha un anno in più di noi. Mamma mia, è bellissimo, cioè sembra proprio un angelo..”
“E dove l’hai conosciuto?”
“A casa mia.”
Le lanciai un’occhiata preoccupata “Sam, spero che tu non stia parlando del tuo cane.”
“Ted ha solo undici anni!” ribattè, offesa “E comunque no, è una persona. E’ venuto a casa mia sabato per aggiustare la caldaia.”
Mi strozzai con la colazione, e cominciai a sputacchiare pezzi di cioccolato per tutto il tavolo del bar “Lui..lui aggiusta..caldaie?! AHAHAH”
E io che pensavo di essere messa male!
 
Sam se l’è presa un sacco con me, e solo perché le ho chiesto se questo George aggiustava anche gli scaldabagni.
Me lo ricordo bene, quando si ruppe il nostro scaldabagno, e ricordo perfettamente le docce gelide in pieno novembre.
Ma lasciamo perdere.
Ero alla desperada ricerca di Styles per i corridoi della scuola e non sarebbe stato difficile trovarlo, dato che si mimetizzava tra gli altri studenti normali come un camaleonte daltonico.
Non so davvero come riesca ad essere così simpatica, nonostante la mia vita sia una tragedia su tutti i fronti.
Aspetto fisico: quello di una dodicenne. Una dodicenne con una fronte ENORME e lucida.
Famiglia: un padre più giovane di Johnny Depp, una cugina/legalmente sorella sparsa per il Sudamerica e un finto cugino insidiatore.
Scuola: ahahahahahah.
Ragazzi: nessuno mi cerca, nessuno chiede il mio numero. Ah no, Styles lo aveva, ma bisognerebbe scavare davvero a fondo per trovare un ragazzo in lui.
Ero talmente assorta nei miei pensieri che non mi accorsi di aver superato Thè Lipton di qualche metro.
Tornai indietro.
“CIAO STYLES!” urlai davanti a lui, giusto per spaventarlo. Lui sobbalzò e il suo quaderno ad anelli mi finì dritto sul naso.
“Aaah!”
“Ahia!”
“Porca miseria, i miei appunti!” esclamò, preoccupato per tutti i fogli scivolati via dal quaderno.
Gli APPUNTI?!
“Mi hai appena staccato il naso e ti preoccupi dei tuoi stupidissimi appunti?” ribattei, massaggiandomi il naso dolorante. Magari si era rotto, ed avrei dovuto rifarmelo assomigliando alla brutta copia di Michael Jackson.
Ahia. “Vaffanculo!” gli dissi, bruscamente, e lui mise su il solito broncio da merluzzo inglese. “Guarda che sei tu l’idiota che mi ha spaventato. Comunque, che vuoi?”
“In realtà ero persino venuta a chiederti scusa per averti dato buca sabato, ma ora che ti ho visto mi è passata la voglia.”
“Chiudi gli occhi allora.”
Ah-ah, divertente. “Mi sto rotolando dalle risate Styles, giuro.” gli dissi, il più seriamente possibile “Comunque, quando vogliamo vederci per finire quell’esperimento?”
Sbuffò, e un ricciolo quasi prese il volo dalla sua fronte, ancora intento ad aggiustare morbosamente gli appunti di..storia?
Che tristezza doveva essere la sua esistenza.
“Non so, quando sei meno impegnata a pianificare la tua futura vita con Logan Armstrong?” domandò, acido.
Io sbarrai gli occhi “E tu che cavolo ne sai?” risposi, stridula.
“Hai già deciso come chiamerete i vostri figli? Logan II e Goccia-di-rugiada-posata-su-un-fiore-di-loto-al-tramontar-del-sole III?”
“Non sei nella posizione di prendere per il culo nessuno, riccioli d’oro.” sibilai “E si può sapere chi ti ha detto questa stronzata di me e Logan?”
“Sulla porta della tua camera c’è scritto Mrs Armstrong.” rispose, sempre più divertito.
Cazzo, aveva ragione. L’avevo scritto l’anno scorso con la vernice e non l’avevo più tolto.
Ma chi gli aveva dato il diritto di spiare la porta della mia stanza? E poi mi prendeva anche in giro! Era davvero, davvero meschino.
Come se io non facessi altro che prenderlo in giro dalla mattina alla sera, cosa assolutamente falsa.
“Sappi che sei sempre più rompicoglioni e che il tuo maglione è sempre più color merda.” lo informai “Ma ci passerò sopra, perché se prendo un’altra F a mio padre potrebbe venire un ictus prima che possa avere il codice della sua carta di credito. Ci vediamo a casa tua, oggi pomeriggio.” conclusi, telegrafica, prima di voltargli le spalle con orgoglio.
“Eleanor!” mi richiamò. Ah-ah, dovrà implorare in ginocchio prima che gli conceda il mio perdono!
“Sì?” chiesi con aria smarrita, girandomi.
Non sembrava uno che voleva chiedere scusa. Sembrava più uno che si tratteneva dallo scoppiare a ridere “A meno che tu non sia uscita da una puntata venuta male di x-files, dovresti conoscere il mio indirizzo per venire a casa mia.”
Che palle.
 

 
 

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Capitolo 7
*** bet on it ***


aloooooha. oggi non sono andata a scuola perchè dovevo andare dall'oculista *balla la conga nuda*
ma ora ho mal di gola #sosad
eniuei, ho aspettato che l'effetto delle goccie svanisse e che ricominciassi a distinguere ciò che mi circonda per postare. questo è il capitolo che apre la vera e propria storia *spara coriandoli*
in realtà l'idea che mi è venuta non è propriamente originale, ma spero che non arrivi a farvi vomitare sulla tastiera.
MINCHIA IERI HO COMPRATO RED DELLA SWIFT SKJCNDJHVCAJHGVGHS
voi non potete capire, sono due anni che aspetto questo momento.
lei è la donna della mia vita (senza fare nessun torto ad harry, l'altra donna della mia vita <3)
basta. vi lascio al capitolosss
besos


“Ma arriva o no questo?” chiesi, fissando impaziente la porta. Tra meno di venti minuti sarei dovuta essere a casa di Styles, e se avessi fatto tardi probabilmente mi avrebbe denunciato alla polizia degli sfigati fissati con scienze.
“Dovrebbe essere qui a momen..” Sam non terminò neanche la frase, che il campanello suonò.
Saltò come un salmone sul divano di pelle bianca, e cominciò a correre verso l’ingresso. Peccato che si scontrò contro il tavolino di vetro, inciampò nel tappeto, tentò di reggersi al telefono fisso ma finì solo per farlo cadere accanto a lei.
“CAZZO!”
DRIIIN.
“Arrivo!” urlai io, tentando di non ridere, poi sorpassai Sam che tentava di gattonare per rialzarsi e aprii la porta.
“Salve, sono George.” si presentò un ragazzo, sorridendo.
Uuuuuuh, salve a te George. Occhi nocciola, capelli un po’ ricci, e labbra moooolto carnose.
Assomigliava un po’ a Styles, a dire il vero. Ma più basso, e più..mingherlino.
“Ciao George!” uno squittio mi fece sobbalzare, e un secondo dopo il gomito appuntito di Sam mi spinse via dalla porta.
“Ahia!” protestai, ma lei fece finta di non sentire, e continuò a giocherellare con i capelli e a ridere come una iena isterica, sebbene George non stesse dicendo assolutamente niente.
Che ragazza facile.
 
MEZZ’ORA DOPO
“Bhè, credo che ci vorrà qualche settimana per mettere apposto tutto.” considerò Manny Tuttofare, togliendosi i guanti.
Sam annuiva fissandolo, ma scommetto che stava solo pensando a quanto sarebbero potuti essere carini i loro figli insieme, e si sforzava di fondere i loro visi insieme.
“Oh sì, certo, capisco.” commentò, con aria seria “Allora torni la prossima settimana?”
“Se non è un problem..”
“E’ perfetto!” lo interruppe, quasi urlando, e lui sembrò un po’ spaventato. Io mi schiarii rumorosamente la gola “In realtà la prossima settimana dobbiamo fare quel progetto, ti ricordi?” mi intromisi, lanciandole un’occhiata eloquente.
Dopo circa otto anni capì che le stavo suggerendo di farlo venire nel weekend, così dopo sarebbero potuti uscire, e dopo altri sei secoli finalmente George Labbra Infuocate uscì.
Sam era viola in faccia, con qualche pagliuzza porpora, e non smetteva di sorridere “Allora, che ne pensi?”
“Carino.” commentai, stringendomi nelle spalle prima di tornare sul divano. Ebbi la tentazione di saltarci sopra, ma era tutto così ordinato a casa di Sam che avevo persino paura di respirare troppo forte.
“Carino?! SOLO carino?” esclamò stridula, sedendosi davanti a me “Elle, è bellissimo.
“Secondo me assomiglia un po’ a Styles.”
“Ma sei scema? Quello sfigato se lo sogna!”
“Guarda che se solo qualcuno gli facesse fare un po’ di palestra, togliesse tutte le merendine da casa, tagliasse i capelli e rifacesse il guardaroba, sarebbe davvero figo.” lo difesi.
“E mi dici poco. Comunque non ci crederei neanche se lo vedessi.” commentò, prima di esaminarsi le unghie.
Dio, quanto mi fa incazzare quando fa così. Pensa di aver ragione, e invece ha torto marcio su tutta la linea, e oltretutto in quanto mia migliore amica dovrebbe credere a tutto ciò che dico e basta.
“Se me lo lasciasse fare, lo trasformerei in un top model.”
Improvvisamente i suoi occhi azzurri si accesero, e cominciai a cagarmi addosso. Perché quando a Sam compare quel luccichio negli occhi vuol dire che..
“Facciamo una scommessa.” cominciò, sorridendo malvagiamente.
Oh no..
“Se tu riesci a trasformare San Francesco in un figo e a fargli avere il numero della capo cheerleader..”
“Jessica Tetta Selvaggia?”
“Lei. Bhè, se ci riesci vinci…vinci e basta, altrimenti vinco io.” concluse, frettolosamente.
“Sam, le tue scommesse fanno cagare come sempre.” la informai. Ma in realtà mi era venuta un’idea geniale. Non che fosse strano, considerando che si parla di me “Se riesco a farlo, ho il permesso di uscire una volta con Manny Tuttofare.” proposi.
“NO!” gridò, sbattendo un pugno sul divano “Non ti azzardare!”
“Andiamo, se sei così sicura di vincere di che ti preoccupi?”
Si morse un labbro, continuando a guardarmi in cagnesco “Okay.” sibilò “Ma se vinco io potrò chiedere e dare il mio numero a Logan.”
Piccola puttana bionda!
“Affare fatto, piccola puttana bionda.”
E ci stringemmo le mani.
 
A passo strascicato camminavo per Herald Square, tra la sesta e trentaquattresima strada, e vi assicuro che la tentazione di entrare da Macy’s era molto, molto forte. Ma dovevo essere più forte io, andare a casa di Styles ed iniziare il lento cammino per la vincita della scommessa.
Arrivai davanti al civico 452, e mi accorsi che casa sua doveva essere proprio sopra quel Pret a Mangèr. Certo non era povero, se abitava qui.
Ma ero l’unica morta di fame di New York?! Mi sentivo come cenerentola, ma non c’era nessun principe in una tutina azzurra da checca isterica ad inseguirmi.
Suonai il citofono, ed aspettai.
“Chi è?”
“Il destino!” risposi, poeticamente.
“Cerchi Harry?”
Mi paralizzai, accorgendomi che ci parlava non era Styles, bensì una voce femminile. “Oddio mi scusi, pensavo che fosse Har..”
“Non preoccuparti cara, sali, siamo al terzo piano!” esclamò, e dal microfono proruppe una risata divertita.
Grandioso, davvero. Adesso sua madre penserà che ho una cotta per il figlio, e magari Styles si monterà pure la testa e lo scriverà sui muri di tutta la città. Lo fa apposta quello, a farmi incazzare.
L’ascensore era di quelli trasparenti (!) come quello de La fabbrica di cioccolato, per intenderci, e praticamente volò al terzo piano. Avevo quasi le orecchie tappate.
Uscendo trovai la porta a destra del pianerottolo aperta, e Styles che mi aspettava annoiato appoggiato allo stipite.
“Ti prego, rimani fermo così e abbassa la testa, sarebbe una foto fighissima!” esclamai, sinceramente emozionata.
In tutta risposta Mr Simpatia alzò gli occhi al cielo (almeno ciò che vedevo dei suoi occhi sotto la criniera) “Mia madre credeva che fossi una testimone di Geova, pronta a chiederci se crediamo nelle opere del signore.” mi informò.
“Tua madre deve essere una donna molto paziente.” considerai “Mi fai entrare?”
Spalancò l’uscio, ed entrai. Si arrivava subito in una sorta di atrio circolare, da cui poi si poteva accedere alle altre stanze e ad un corridoio.
Era arredata in maniera..strana. Non sembrava una delle tipiche case newyorkesi, era più ‘casa nella prateria’.
Si sentivano dei rumori da una stanza alla sinistra, e probabilmente sua madre era lì. Stavo per andare a salutarla quando Harry mi sorpassò.
“Vieni.”
Lo seguii fino ad una porta su cui c’era scritto con delle lettere colorate ‘HARRY’.
“Hai un fratello molto molto piccolo o ci hai pensato da solo?” chiesi, indicando la scritta.
“Puoi smetterla di consumare il mio ossigeno parlando? Grazie.”
Ma come facevo a non prenderlo a pugni?! COME? Alzai gli occhi al cielo, mentre apriva la porta della sua stanza.
“Hai portato le cos..”
Non lo feci finire. Lo spinsi bruscamente dentro, chiusi la porta con un calcio, afferrai un suo braccio e individuato l’unico specchio della stanza ce lo portai davanti.
“EHI!”
“Cosa vedi?” chiesi, ignorando le sue proteste.
“Una psicolabile che mi stropiccia il maglione?”
“ERRRR, risposta sbagliata!” esclamai “Io vedo uno sfigato – senza offesa – e una ragazza con uno splendido ombretto che lo trasformerà in uno figo di prima categoria.” dissi, con un sorriso più malvagio che affettuoso.
Spalancò gli occhi, finendo per somigliare pericolosamente ad uno scoiattolo drogato “Ti prego, dimmi che stai scherzando.” mi pregò
“Assolutamente no!”
Harry sbuffò, liberandosi dalla mia presa “Senti, non siamo al mondo di patty. Nessuno trasformerà nessuno.”
“Stammi a sentire, Styles, tu non sei proprio orrendo.”
“Vacci piano con i complimenti, eh.”
“Ma..” continuai, gesticolando “..se mi lasciassi campo libero ti assicuro che tutta la scuola ti verrebbe dietro. Cos’è, schifi la topa?”
“Eh? No!”
“Sei gay?”
“La pianti?”
“Bisex? Trans? Zoofilo..?”
Mi arrivò un cuscino dritto in faccia, e persi quasi l’equilibrio. Sbuffai, e rilanciando il cuscino a terra mi riaggiustai i capelli “Sei davvero molto violento, ma ti perdono per questa volta. Allora..” battei le mani “..cominciamo?”
“Forse non ti è chiaro, io non ho accettato. E poi a te che importa? Ti sei sempre comportata da stronza, come gli altri.” domandò, aggrottando la fronte.
Gli si formava una piccola ruga tra le sopracciglia, e sembrava un bambino arrabbiato.
Carino.
“Perché..” già, perché? “..perchè stranamente mi ispiri simpatia. Ci stai o no?”
Mi fissò a lungo con quegli occhioni da cerbiatto, come se cercasse di capire se stessi dicendo una stronzata (vero) o fossi sincera.
“Dici che non mi prenderebbero più in giro..?” domandò, con voce quasi flebile, e mi colpì.
Forse sotto la patina da sfigato che nascondeva un’altra patina da stronzetto acido c’era una piccola piccola parte di ragazzo insicuro.
“Non pensavo che esistessero ragazzi insicuri.” dissi, sinceramente. In effetti nella mia testa i ragazzi si dividevano in due grandi categorie: Logan e gorilla (meno pelosi).
“Bhè, ci sono. E di solito sono quelli che i fighetti della scuola si divertono a fare a pezzi ogni giorno.” rispose incolore, fingendo di essere particolarmente interessato alle rilegature delle sue scarpe.
Ruotai gli occhi al cielo, e mi sedetti accanto a lui “Ascolta bene, Styles, tu protesti essere un Logan Armstrong un giorno.”
“Meglio mi sento.” commentò, sarcastico.
“Vabbè, intendo un tipo come lui. Mi offro come tuo personal trainer, non sarà difficile. Basterà buttare tutti i wafer che si accumulano qui..” e spinsi un dito nelle sue maniglie dell’amore, facendolo sobbalzare “..portare il tuo culetto pallido in palestra nove giorni su sette, tagliarti la foresta che hai in testa, comprarti dei vestiti su cui nessuno abbia vomitato, qualche lezione di autostima et voilà, sarai pronto!” gli dissi, sorridendo.
Lui fece una smorfia, che inaspettatamente si trasformerò in un piccolo e carino (!) sorriso.
“Affare fatto.” concluse, e ci stringemmo le mani.


p.s. se ve lo stesse chiedendo, Manny Tuttofare ha la faccia di George...quello...degli Union j. insomma, se non ce l'avete presente scrivete 'george union j' e il primo che vedete con due labbra che ingloberebbero un rinocerente, è lui.

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Capitolo 8
*** via ridendo di corsa su un carrello ***


madonna santa, stasera la connessione è talmente lenta che posso vedere una nonnina con il deambulatore sul punto di lasciare questo mondo superarla.
eniuei, pubblico di corsa corsa orsa orsa rsa rsa sa..(?) e me vado a leggere.
oggi ho preso sette a greco e mi sento come un drogato appena si fa.
dio, che paragone triste...
basta, la smetto di accollarmi. vi ameggio moltissimo e buon pre-halloween a tutte!
ps ksjncdjhbchd little things jsbhdjsvfcghdsf




FACENDO I COMPITI
“Secondo te lo smalto blu fa un bel contrasto con il colore della mia pelle?” chiesi, posando il telefono sulla spalla destra per osservarmi meglio le unghie.
“Eleanor, devo fare i compiti di matematica. E anche tu dovresti.”
Ruotai gli occhi al cielo “Che palle Sam, io ti parlo di cose importanti e tu mi rispondi con la matematica?”
“Mia madre mi ha chiamata oggi pomeriggio per dirmi se la caldaia si fosse aggiustata. Io ho attaccato fingendo che fosse caduta la linea.” rispose, cambiando totalmente discorso.
Ma con Sam è così. Il suo cervello è come un grande ed inquietante buco nero di cui mi sono sconosciute le connessioni.
Comunque, mi toccava fingere che la cosa non mi annoiasse a morte “E perché, di grazia?”
“Perché ogni volta che George se ne va dico ad Amelia di staccare qualche bullone in modo che ci metta di più a ripararla, geniale no?”
Ma vi rendete conto?! “Sam, se ti piace diglielo e chiedigli di uscire.” le suggerii, cercando di non addormentarmi.
“Sei fuori?! Io mi vergogno!” esclamò, stridula
“Oh bhè, vorrà dire che quando vincerò la scommessa e lo inviterò ad uscire sarà totalmente concentrato su di me.” la provocai
“Tu non vincerai quella scommessa. Ci vorrebbe un miracolo, anzi due miracoli considerati i suoi fianchi, per trasformare Styles in un figo.”
“Per lo meno lui non ha due gommoni al posto delle labbra. Ho paura che quando Manny Tuttofare tenterà di baciarmi rimbalzerò sulla sua bocca.”  
“E perché mai uno come lui dovrebbe voler baciare te?”
Grazie tante, amica mia.
 
 
“Paaaaaapà!” cantilenai, entrando in salone. Lo trovai in piedi vicino alla TV, con la faccia dipinta di blu e giallo, a reggere il cavo del decoder (mezzo rotto) in modo che si vedesse la partita.
“Tesoro, sono occupato. CAZZO PASSALA, PASSALA!” urlò, ad un giocatore di football in televisione.
“Sì certo, vedo.” commentai “Mi servirebbero cinque dollari.”
“Ma che fa? COSA MERDA FAI CON QUEL PALLONE?”
“Papà sono incinta e sto partendo con il mio ragazzo, un amico e Marylin Manson per un viaggio in camper per la Mongolia.”
Finalmente staccò gli occhi dalla televisione, smarrito “Hai detto qualcosa?”
“Solo che mi servono cinque dollari.”
“Non pensavo che servissero soldi per chiudersi in camera con la testa tra i libri e prendere qualche sufficienza. VAI TRUMAN, VAI COSI’!”
Stanca di quella conversazione assurda mi avvicinai alla presa del televisore e staccai la spina.
Per poco a papà non presero quattro infarti.
“Eleanor, la partita!”
“Dylan, tua figlia!” risposi esasperata, indicandomi “Devo andare a pranzo fuori, mi daresti gentilmente qualcosa con cui acquistare il cibo?”
Assottigliò gli occhi, sospettoso “Esci un po’ troppo spesso, signorina. Con chi vai?”
“Con Sam.” inventai.
“Non ti credo.”
“Invece è vero.”
“No.”
“Sì.”
“Non rispondere così, sfacciata!”
“Ma così come?”  
Ruotò gli occhi al cielo, poi tirò fuori dalla tasca dei jeans il portafoglio e mi allungò una banconota. La stavo per afferrare quando la ritirò indietro “A che ora devi tornare?”
Sbuffai “Prima delle otto.” recitai, come da copione.
“E quando sei in metro?”
“Mettere la borsa a tracolla e non dare confidenza a nessuno.”
Fece una smorfia e a malincuore mi porse i soldi “Apprezza il fatto che te la dia sempre vinta, eh!”
Sorrisi a trentadue denti “Giààà. Ci vediamo.” gli scoccai un bacio sulla guancia, e corsi fuori.
 
“Un pacco da venticinque KitKat al cioccolato fondente? Venticinque?” domandai sconvolta, indicandoli alla luce del suo frigorifero.
Styles si grattò la nuca, imbarazzato “Erano in offerta..” borbottò.
“Bhè, guardali bene un’ultima volta, perché non li vedrai per tanto tanto tempo.”  afferrai il pacco e lo gettai nella busta dell’immondizia che avevamo messo sul tavolo.
Lui fece un verso strozzato, ma feci finta non sentirlo continuando a rovistare nel magico mondo delle ipercalorie che popolava il suo frigo.
“Addio ciambelline al cioccolato.” dissi lanciando il pacco alle mie spalle, convinta di far centro nella busta.
“AHIA!”
Mi sbagliavo.
“E ora vediamo cosa si annida del tuo frizer..” mi chinai, per aprire lo sportello
“Senti, credo che mia madre si insospettirebbe se tornasse a casa e trovasse il frigo vuoto.” considerò Harry preoccupato, mettendosi vicino a me.
Gli lanciai un’occhiata perplessa “Non le hai detto che stai iniziando una dieta?”
“Sto iniziando una dieta?”
“No, stai andando a cagare da Paolo. SVEGLIA STYLES!” esclamai, ruotando gli occhi al cielo. Poi aprii lo sportello del frizer, e per poco non caddi stecchita.
“E poi ti chiedi perché sei così floscio e rotondo?”
“Delicata come lu trattore, Eleanor.”
Afferrai la pizza con doppio formaggio e wurstel, e la ficcai con decisione nell’immondizia.
“E quella era la mia cena di stasera.” commentò, fissando la busta con rammarico.
“Ma tu lo sai quanto fanno male questi cosi?” gli chiesi, sventolando una scatola da venti polletti ricoperti di paprika “Avevo un cane una volta. Dopo avergli dato questi da mangiare è diventato un ex-cane. Per fortuna che anche i cani vanno in paradiso.*”
“Quindi c’è ancora speranza per te!” mi rispose, prima di cominciare a ridere come uno psicopatico della sua stessa battuta.
Non ucciderlo si stava rivelando più difficile del previsto.
 
“Dio, quanto vorrei sedermi di nuovo là dentro!” esclamai, guardando desiderosa il carrello sul quale Styles era praticamente spalmato.
Alzò un sopracciglio “Secondo mi ci entri ancora. Anzi, credo che entreresti anche sul seggiolino.”
“Non riesco mai a capire quando mi prendi per il culo o mi fai dei complimenti.”
“Ho fame.” fu la sua pertinente risposta, prima di far cadere la testa sul..bhè sul..insomma, quella parte a cui ti appoggi quando spingi un carrello.
Sbuffai “Si vede che non sei una ragazza, noi siamo abituate a fare questi sacrifici per essere magre!” considerai, prima di prendere un pacco di barrette Kellogg’s.
“Tu sei a dieta?”
“No.”
“E allora neanche tu lo sai.”
“Invece lo so.”
“No.”
“Sì!”
“No!”
Gli diedi una spinta, e lui sbattè addosso agli scaffali dei cereali. Poi mi lanciò un pacco di cracker, che riuscii a schivare.
Afferrai delle noccioline, e mirai alla sua testa, ma si abbassò in tempo e quelle si sfracellarono contro un pacco di gocciole.
“Piantala!” gridò, ma stava ridendo.
“No, piantala t..”
Non finii, perché mi arrivò un pacco di Haribo dritto in pancia “BASTARDO!”
Strinsi i pavesini e piegai il braccio all’indietro per fare un bel lancio..
“Ehi ragazzini, vi vedo!” urlò una voce sconosciuta, e ci voltammo entrambi verso sinistra.
Un uomo (pelato, pelatissimo) con la divisa del SevenEleven ci guardava arrabbiato e si avvicinava minacciosamente.
“Guardate che vi faccio pagare tutto!”
“Corri corri!” mi gridò Harry e io lasciai cadere a terra i pavesini e, senza un motivo preciso, saltai dentro il carrello.
“Ma che cazz..”
“CORRI!”
 
 
MOLTE FILE E PIANI DOPO
“Oddio oddio, non respiro..” esclamai ridendo, e mettendomi una mano sulla pancia.
Styles aveva il fiatone e i capelli stile mufasa con un fono, mentre mollava il carrello su cui ero seduta e si lasciava scivolare a terra “Ci faranno arrestare dalla polizia dei..” guardò ciò su che era appoggiato “..bastoncini di pesce surgelati.”
“Però è stato divertente.”
Mi lanciò un’occhiataccia, ma stava sorridendo anche lui “Comunque credo di aver perso almeno cinque chili, a trasportare te e il carrello per tre piani!”
“Ma neanche mezzo etto.”  
Si guardò imbronciato la pancia, affondandoci un dito in mezzo “Ma io non mi vedo così grasso..” bofonchiò.
E rieccoci di nuovo. Possibile che dovessi fargli da psicologa ogni giorno?
Mi rigirai nel carrello, in modo da stare in ginocchio e da vederlo meglio “Non sei grasso, sei un po’..come un cerchio.”
“Un insieme di punti infiniti?”
“No..?” ma che cavolo diceva? bah “Hai un po’ di pancetta che con qualche settimana in palestra sparirà. E adesso ti prego di smetterla di mettere alla prova il mio altruismo che di solito è rivolto verso di me.”
Ridacchiò “Sei assurda!”
 
 
PALESTRA (suicidio sociale)
Io mi domando chi sia il pazzo che ha messo ginnastica nell’orario scolastico. Nessuno, e sottolineo nessuno, vorrebbe vedermi dimenarmi come una sclerotica in pubblico.
O in privato.
Per questo di solito fingo di aver il ciclo, mal di pancia, emicrania, ginocchio slogato, un trapianto del rene e così via. Ma proprio oggi Mrs Nesser aveva deciso di ricordarsi che ero anche io nella sua classe, e controllando il registro si era accorta che non facevo lezione da un mese e mezzo.
Avevo provato a dirle della mia dolorosa ulcera, ma ha finto di non sentirmi e ora mi ritrovo con degli orrendi pantaloncini blu ad aspettare di arrampicarmi su una stupida corda.
Sentii delle risate maschili dal fondo della palestra, e mi girai interessata.
Vorrei non averlo mai fatto, per due semplici ragioni: c’era Logan con tutti i suoi amici, più figo che mai con quella maglietta super attillata e i capelli tutti appiccicati sulla fronte, e non solo mi avrebbe vista in tutto il mio lamantinesco splendore scalare quella stupida cosa ma mi avrebbe anche vista con i CAPELLI LEGATI.
Io la farei pure ginnastica con i capelli sciolti, ma qui è come essere indietro di novant’anni, nel mezzo del nazismo. Un giorno all’altro ci ritroveremo tutti a portare i baffetti neri (proprio come la prof. di arte) e allora saremo davvero nella merda.
“Oddio, ma secondo voi è sicuro lasciare libera per la palestra la Jackson?” sentii chiedere da uno degli amici di Logan, che si avvicinavano a me nella fila
Caitlin Jackson era una ragazza della mia età. Per carità, non faceva niente di male, ma quella sua aria da criceto spaventato con gli occhiali non la aiutava a farsi tanti amici.
E neanche il fatto che pesasse circa novanta chili.
“Potrebbe cadere su una ragazzina di primo e soffocarla!” commentò Logan, facendo scoppiare a ridere tutti.
Oh, questo era davvero davvero poco carino da dire. Non si penavano neanche di abbassare la voce, e Caitlin era proprio davanti a me, quindi li stava sicuramente sentendo. Si aggiustò gli occhiali, lanciando un’occhiata preoccupata alla corda.
“Attenta quando ti arrampichi Jackson, non vogliamo che il tetto ci crolli addosso!” urlò Sam Mayer, e giù con un’altra ondata di risate.
Mi sarei girata per dirgli di andarsene a fanculo, e già che c’era anche di farsi uno shampoo visto che avrei potuto friggere delle patatine con l’olio che colava dai suoi capelli, ma c’era Logan e..
“Ehi, ma guarda chi c’è!” esclamò lui, appunto, sorridendomi “Ellen Lake in tuta!”
“Veramente è Eleanor..” dissi, ma lui non mi sentii e quando mi mise un braccio intorno alla spalle già avevo perso l’uso della parola.
Oddioddioddioddioddioddio..
“Allora, come va bella?”
Bella, bella IO. Aveva chiamato bella me, io, me medesima in persona..
“Come su una montagna russa rotta.” risposi, senza un motivo preciso.
Ma perché non avevo risposto semplicemente ‘bene, tu?’ PERCHE’?!
Lui però scoppiò a ridere “Non capisco mai di che parli, ma non è importante.” replicò, prima di stringermi un po’ (!)
Poi tornò a guardare la Jackson, che si avvicinava timidamente alla corda “Ehi Jackson, stai attenta che qua dietro finisci per schiacciare il mio prossimo appuntamento!” urlò
Cazzo, questa era davvero brutta. Era stato sinceramente meschino e anch..
Momento, appuntamento?
APPUNTAMENTO?
Lo guardai ad occhi sgranati “Che cos..”
“Cinema venerdì sera?”
Non ebbi neanche il tempo di dire ‘sì’ o ‘certamente’ oppure ‘ti prego sposiamoci e facciamo dieci figli’ che venne chiamato da un ragazzo dall’altra parte della palestra.
Tolse il braccio dalle mie spalle e mi fece un occhiolino “Ci vediamo davanti all’Odeon alle otto.” e poi se ne andò.
Oh, cazzo!

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Capitolo 9
*** not okay. ***


ciao.
quando ho iniziato a scrivere questo capitolo ero allegra, poi quando ho ricominciato il mio umore era all'altezza della metropolitana, quindi vi sorbirete un capitolo dove tutto quello che può andare male andrà male.
ma non vi rivelo todo. vi lascio un po' di sorpresa, va..
eniuei, l'altro giorno lasciavo una recensione (!) e ho letto 'è vietato parlare di argomenti al di fuori della storia' o qualcosa del genere..
AHAHAHAHAH
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH. e allora dovrebbero segnalarmi tutti. e io dovrei segnalare un bel po' di gente (sì, parlo proprio di voi, lo so che sapete che parlo di voi)
ogni tanto mi vengono delle paranoie, del tipo 'ma leggeranno i miei capitoli  solo perchè sono simpatica e mi interessano i cazzi altrui...?'
ma tanto non sono manco simpatica, quindi AHAHAH
basta, devo andare a cena con mio nonno stasera. già. sta in un complesso di VV (vecchi vaneggianti), ovvero una casa di riposo, quindi c'è tipo il coprifuoco e alle nove e mezza deve tornare.
ma perchè vi sto annoiando? c'è il capitolo proprio per questo, lol
besos, vi amo tantixximo!1!



“Pronto?”
“SAM!”
“Sì.”
“Sì cosa?”
Silenzio. “Che cosa?”
“Hai detto sì.”
“Lo so.”
“Perché?”
“Perché tu hai urlato il mio nome.”
Dio, era come parlare con Spongebob “Samantha, ti prego, non farmi andare ai pazzi e sta’ zitta.”
“Smettila di fare la capetta.”
Io? Fare la capetta? Ma non è vero!
Le attaccai in faccia.
 
DUE MINUTI DOPO. al telefono.
“Sam, che vuol dire che faccio la capetta?”
“Che dai sempre ordini a tutti.” rispose, stizzita.
“Sta’ zitta e non sparare minchiate! Piuttosto, è successa una cosa bellissima: ho un appuntamento.” dissi, e mi ritrovai a sorridere come un’idiota davanti al vuoto.
Ovvero il libro di letteratura.
“Al buio..?” domandò
“Che? No! Un appuntamento vero, con Logan!”
E a quel punto venne spontaneo parlare un po’ di tedesco. Il mio prof. delle medie diceva sempre che ero davvero portata.
Cioè, non lo aveva mai detto dato che mi metteva sempre F-, ma sono sicura che sotto sotto lo pensasse.
“Nien!”
“Ja!”
“Mein Gott!”
“Cinema venerdì sera, ci vediamo alle otto davanti all’Odeon.”
“E come te l’ha chiesto?”
“Ha detto ‘Cinema venerdì sera, ci vediamo alle otto davanti all’Odeon’, ma con voce assolutamente sexy.” spiegai
“Wow, è incredibile.” commentò, incredula “Wow.”
A quel punto posai involontariamente gli occhi sul calendario, e vidi che attorno al 4 novembre c’era un cerchio rosso.
Mi avvicinai per leggere cosa avevo scritto.
“Palestra Harry Styles..” lessi, a fior di labbra.
Scheibe!
 
 
“Papà, questo è freddo.” dissi, sollevando la forchetta con un pezzo di polpettone attaccato.
Lui aggrottò le sopracciglia, e assaggiò il suo.
Mastica, mastica.
Smorfia disgustata.
“Oh, è vero..ma porca miseria, la confezione diceva sette minuti al microonde!”
“Forse dovevi mettere la potenza più alta, no?”
“E allora la prossima volta cucina tu.” commentò, stizzito.
Dio, sembrava un ragazzino quando faceva così. Si incazzava al lavoro, e poi faceva l’isterico con me. Ma chi era l’adolescente, io o lui? Alzai gli occhi al cielo, e Ingoiai comunque il polpettone. Tanto una cena di schifo in più non mi cambiava niente.
“Mi servirebbero dei soldi per venerdì, vado fuori e devo comprare un vestito” lo informai, rigirando gli spinaci attorno alla forchetta.
“Altri soldi, Eleanor? E’ il terzo weekend di seguito che esci!”
“Ma non mi compro qualcosa da una vita!”
“Mi sembra che per essere una ragazzina di sedici anni tu abbia vestiti a sufficienza.” ribattè, assumendo quella solita aria da ‘finchè sei sotto il mio tetto fai come dico io’. Dio, che rabbia, che rabbia!
Lasciai cadere la forchetta sul piatto, che tintinnò come impazzita “Non è giusto, sai quanti vestiti ha Sam? Un’intera cabina armadio, invece se io chiedo per una volta qualcosa per me è sempre no!” strillai
“Cambia tono, Eleanor! Lo sai benissimo che non posso farci niente, io faccio i salti mortali e abbiamo a malapena i soldi per pagare i debiti con la banca.”
“Ed è colpa mia?”
“Non ho detto questo!” alzò la voce, facendomi sobbalzare “Chiuso il discorso, finisci la cena.”
Mi alzai bruscamente, facendo quasi volare indietro la sedia, e gli voltai le spalle.
“Eleanor, torna immediatamente qua!”
“NON HO FAME!” gridai, prima di correre in camera, sbattere la porta chiudermi dentro. Mi veniva da piangere per quanto ero arrabbiata, e avrei voluto spaccare tutto, ma non trovai niente di meglio che dare un calcio al mio letto, prima di scivolare a terra.
Sola, affamata, e con un piede dolorante.
Vaffanculo, vaffanculo alla mia vita di merda, ai miei sbalzi d’umore, ai suoi sbalzi d’umore, alla banca e a tutto il mondo.
Non è giusto, niente. Mi asciugai una lacrima, macchiandomi tutta la mano con il nero del mascara.
In quel momento squillò il cellulare, e feci un verso esasperato. Però lo afferrai, e tirai su con il naso prima di rispondere “Che c’è?”
“Ellie? Sono Sam.”
Oh, che palle. “Che ti serve?” domandai, tentando di non far tremare la voce.
“Eleanor, tutto bene?”
“Sì, certo.” replicai.
E scoppiai a piangere. E mentre sentivo il trucco pizzicarmi gli occhi le raccontai cosa era successo a cena.
“Mi dispiace Elle..Se vuoi te lo regalo io un vestito..”
“No, non lo voglio. Io..” non voglio la tua elemosina e la tua compassione “..ne troverò uno nel fondo dell’armadio, probabilmente.” risposi.
Come al solito.
 
“Harry, dobbiamo spostare la prova in palestra.” gli dissi, bloccandolo davanti bagno dei maschi.
Sbattè per un attimo le palpebre, confuso “Oh.”
“Mi dispiace, ma ho..una cosa da fare, e mi ero scordata del nostro appuntamento. Tanto è uguale per te, no?”
Stava per rispondermi, quando un tipo gli diede una spallata per uscire dal bagno “E levati dai coglioni, grassone!” gli urlò
Strinse più forte i libri che portava, fingendo di non sentire, ma era diventato tutto rosso.
“Harry, mi dispiace, puoi andare da solo comun..”
“Lascia perdere, non importa.” mi interruppe brusco, prima di superarmi.
Restai a fissarlo mentre se ne andava, sentendomi sempre peggio.
 
 
it was like slow motion, standing there in my party dress
in red lipstick, with no-one to impress
 
Era venerdì, erano le otto, ero davanti all’Odeon. Il vestito era il migliore che ero riuscita a trovare, scavando nel fondo del fondo dell’armadio, rosso brillante come il mio rossetto.
Certo, mi stava esageratamente corto dato che l’avevo comprato tre anni fa per la comunione di Sam, ma almeno era qualcosa. L’avevo lavato, e stirato.
Brr, si moriva di freddo. Ma tanto adesso Logan sarebbe arrivato, e dentro il cinema c’era sempre aria calda.
Avevo litigato con mio padre, pianto al telefono, dato un bidone ad Harry, ma ne sarebbe valso la pena.
 
you said you’d be here
you’d be here
 
“Logan, ehm..sono sempre io. No niente, probabilmente c’è un sacco di traffico, ma qua fa davvero freddo e..fammi uno squillo quando arrivi, okay?”
 
 
and the hours pass by
now I just wanna be alone
 
Dopo i primi dieci minuti pensavo che avesse trovato traffico.
Dopo i primi venti minuti pensavo che mi stesse per chiamare per scusarsi del ritardo.
Dopo la prima mezz’ora pensavo che faceva tremendamente freddo, lì sul marciapiede, da sola.
Dopo i primi quarantacinque minuti avrei voluto solo tornarmene a casa.
Mi girai, e fissai il mio riflesso in una vetrina. Non sembravo bella e sexy, sembravo solo una stupida ragazzina che aveva preso un bidone.
E in quel momento capii, che non ne era valsa la pena.
 
What do you do, when the one who
means the most to you is the one
who didn’t show?
 
Avevo il fiatone, le lacrime agli occhi, il naso rosso, i tacchi in mano e i brividi quando arrivai davanti alla palestra Virgin.
Mi sentivo come se mi avessero appena preso a schiaffi, come se fossi in una candid camera camera in diretta nazionale, e stringevo i denti per non piangere come una povera cretina, perché tanto era colpa mia che ci ero cascata.
L’unica persona per cui valeva spendere quella serata, era quella a cui avevo dato meno importanza.
Ma forse, almeno a qualcosa potevo rimediare.
Stavo per spingere sulla porta d’ingresso ed entrare, quando si aprì dall’interno, e ne uscì Harry.
Aveva i capelli scompigliati, le guance arrossate e una tuta. Mi squadrò in silenzio, e sembrò capire che qualcosa non andava.
E ora? Cosa dovevo dire?
Cosa si dice quando non riesci neanche a smettere di piangere?
“Io..mi..scusa, non volevo darti buca, è solo che lui aveva..c’era un appuntamento, e io ci tenevo tanto e non ho potuto comprare un vestito perché non ho abbastanza soldi, ma speravo che questo..e ho messo il rossetto, anche se lo odio perché mi secca le labbra, ma pensavo che a lui sarebbe piaciuto e..non c’era, non è venuto, e sto morendo di freddo, e i capelli si sono arricciati e mi dispia..”
Non riuscii neanche a finire perché mi mancava il fiato, perché mi vergognavo e perché mi tirò a sé, per farmi piangere sulla sua spalla.






la canzone citata è the moment i knew di taylor swift c:
 

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Capitolo 10
*** pump it ***


 “Mi sento come un pappagallo che non può volare.” considerai, tristemente.
“Eleanor, i pappagalli non volano.”
“Passami una ciambella e sta’ zitto.”  
Harry riaprì la scatola di Dunking Coffee sulle sue gambe, ed io ne afferrai una; la terza ciambella al cioccolato nel giro di quindici minuti.
Spettinata, infreddolita e ora anche grassa.
“Probabilmente aveva deciso di non venire già quando mi invitava.”
“Bella testa di cazzo.”
“Ma d’altronde, guardami: una ragazzina seduta per terra davanti ad un negozio chiusi tra cento fazzoletti usati, con il fascino di un leone marino morto, un vestito da troia e un rossetto delle barbie.”
“Non hai un vestito da troia!” protestò, e in quel momento ci passarono davanti tre biondine su dei tacchi vertiginosi.
“Ti si vede l’intestino con quel vestito, troia!”
Grazie tante.
Harry le guardò disgustato, e poi scosse la testa “Ma che ti frega, quella non sa neanche dov’è l’intestino.”
E la cosa tragica era che neanche io lo sapevo. Appoggiai la testa al muretto, con un verso esasperato “Voglio morire.”
“Minchia, che angoscia.”
“E’ la verità, la mia vita è patetica e senza senso.” insistetti
“E in Africa i bambini muoiono di fame, a questo non ci pensi? E agli animali in via d’estinzione, eh? I panda, Eleanor, loro vogliono continuare la loro grassa vita attaccati agli alberi, ma non possono.”
Lo guardai come se fosse un deviato (e infatti..) “Styles, ti prego, sono abbastanza depressa, non far entrare i panda in questa discussione.” gli dissi e lui sbuffò, facendo condensare il suo respiro nell’aria.
“Basta fare la melodrammatica! Armstrong è cretino, non puoi farci niente. Certo, anche tu non sei una cima..”
“E’ sempre un piacere parlare con te.”
“Ma..” riprese, guardandomi negli occhi “..tra tutte quelle che gli vanno dietro tu sei certamente la più sveglia, e divertente a volte. E anche la più carina.” aggiunse, bofonchiando, e distogliendo lo sguardo.
Sbattei per qualche attimo le palpebre, confusa “Sei sicuro che la roba bianca sopra le ciambelle fosse zucchero..?”
“Ah-ah, soffoco.” commentò, alzando gli occhi al cielo. Poi però aprì la scatola, e guardò il suo interno come se ci fosse Jessica Alba nuda che chiedeva ‘ci facciamo uno shweppes?’ Stava allungando una mano verso l’ultima ciambella, quando io richiusi il coperchio seccamente.
“Ehi!”
“E la tua dieta?” gli ricordai.
“Ma sono stato in palestra.” protestò, sporgendo il labbro inferiore in fuori.
“Che esercizi hai fatto?”
Sembrò arrossire, e si grattò la nuca “Ehm, ho fatto quel..quello là che devi fare così..” e alzò le braccia verso il cielo “..e poi l’altro, quello..difficile.”
Lo fissai.
Mi fissò.
Mi si stavano seccando le pupille, quando sbuffò “Va bene, sono entrato, ho preso un bicchiere d’acqua e sono uscito.”
Feci un sospiro pesante “Che palle Styles, sembra che tu stia facendo tutta questa faccenda sotto tortura!”
“Ma infatti è così.”
Feci un gesto seccato “Senti, adesso mi alzo, e l’orlo del vestito arriverà fino alle ascelle. Tu non guardarmi il culo, okay?”
Ridacchiò nervosamente “Ti pare?”, ed io mi alzai più tranquilla.
Ad un tratto un tizio di colore che mi passava davanti fischiò, guardando in direzione di Harry “Ti cadono gli occhi così, amico!”  
Ma che cazzo avevano i newyorkesi stasera?! Comunque mi girai verso Styles, che era porpora, e gli lanciai un’occhiataccia.
 
“Uno, uno..credi che quello sia un due? NO! Uno e mezzo!” urlai, ed Harry fece un verso strozzato, ricadendo sul tappetino blu come una balenottera azzurra.
“N-no-n..r-respiro..”
“Hai fatto un solo addominale!”
“Ma se sono venti minuti che me lo fai rifare!!”
Feci una smorfia, per nascondere un sorriso. In effetti da quando eravamo entrati nella palestra mi stavo divertendo a fare la parte della sadica personal trainer, di quelle che ti dicono ‘li vedi quei fianchi? tesoro, i miei cuscini del divano sono meno morbidi.’ e cose del genere.
Ma forse esageravo.
“Va bene, basta addominali. Passiamo al tapis roulant.” esclamai allegra, alzandomi in piedi.
Questa storia della palestra mi stava distraendo dalla mia ridicola ‘vita sentimentale’.
“Dai, infondo sei stato bravo. Peccato che la palestra chiuda tra solo mezz’ora, credo che le palestre dovrebbero essere aperte tutta la notte..cioè, magari uno dopo una cena dal McDonald’s per sentirsi meno in colpa vuole venire qui e invece..Harry?”
Mi girai a metà strada, e mi accorsi che non c’era nessuno dietro di me, e che stavo parlando al vento. Alzai gli occhi al cielo, e tornando indietro trovai Styles ancora steso a faccia in giù sul tappetino.
Sembrava morto. Scommetto che voleva farmelo credere, quel piccolo infame.
“Dai, alzati!”
“Non. Riesco. A. Muovermi.” borbottò.
“Ma piantala!” esclamai, prima di prenderlo per un braccio e trascinarlo. Ma non si alzava, quindi me lo portavo dietro per terra, come uno straccio.
Uno straccio pesante, accidenti!
“Ahia, AHIA!”
“Zitto!”
“Signorina, ma che cosa sta facendo?!”
 
DIECI MINUTI DOPO
“Q-quanto m-manca?” chiese Harry, con il fiatone, mentre correva sul nastro.
Tutti i capelli gli si erano appiccicati sulla fronte, e stava sudando come un tacchino il giorno del ringraziamento.
“Guarda la ciambelle Harry, la vuoi?” feci ciondolare davanti alla sua faccia l’ultima ciambella, e gli si illuminarono gli occhi.
“Sì.”
“Non ho sentito, LA VUOI?”
“SI!!”
“E allora corri più veloce!” ed aumentai la velocità del tapis roulant.
Dio, ero come Rambo. In versione personal trainer.
 
 
Pump it, LOUDER! Pump it, LOUDER!’
“E poi..me..ne..sono andata!” riuscii a dire, mentre mi giravo per il passo seguente.
Stavo vincendo, ah-ah.
“Che..che..pezzo di merda! AH, SI!” ora anche Sam aveva guadagnato la terza stella, merda.
Just dance per la wii era la miglior invenzione di sempre, per scaricare la rabbia. E la camera degli ospiti di Sam era talmente grande da permetterci di ballare in pace sulle note di Pump It.
Il pezzo finì, e la vincitrice era…
“Ho vinto di nuovo, ah!”
“Ti ho fatta vincere.” borbottò Sam, aggiustandosi qualche ciocca bionda che le era finita in faccia “Perché eri depressa.”
Feci un gesto seccato, mentre spegnevo la tv. La verità era che lei ballava come un abete con il Parkinson, e poi io non ero depressa.
“Non ero depressa.” diedi voce ai miei pensieri “A me non frega niente di Armstrong.”
Sam alzò le sopracciglia sarcastica, e notai in quel momento che se le era assottigliate ancora più di prima “Stai attenta con quelle, potresti rimanerne senza e poi saresti costretta a fartele tatuare.”  
“Io l’ho sempre detto che quel Logan era un tipo losco.” commentò, sdraiandosi sul divano. Io diedi un calcetto ai suoi piedi per toglierli di mezzo, e mi sedetti vicino al bracciolo.
“No, non è vero. Tu hai sempre detto che era un figo.”
“Bhè, ma infondo sapevo che era uno stronzo. Che noia sarà dovergli chiedere il numero quando vincerò!”
La fulminai con lo sguardo “Tu non chiederai niente a nessuno, perché non vincerai. Styles fa grandi progressi.”
“Non gli servono progressi, gli serve Extreme Make-over Diet Edition. O ‘adolescenti XXL’. O ‘una vita extralarge’..”
“Piantala.” la interruppi, secca “Non sei divertente.”
Mi lanciò una strana occhiata, e poi mi spinse un piede nudo in faccia “Levalo, che schifo!!”
In tutta risposta cominciò a ridere “Ma dai, anche a te faceva ridere prendere per il culo Styles. Anzi, sei tu che hai cominciato. Che ti prende adesso?”
“Niente, che mi deve prendere?”
Lei fece spallucce “Non lo so, sei strana. Sembra che tu..ti ci stia affezionando.”
Feci una risatina isterica “Scherzi? Ma figurati se potessi affezionarmi a..quello là. Mi serve solo per vincere la scommessa, non è nessuno.”
Sam non sembrò dare peso alla risposta, e corse in cucina a prendere i pop-corn da mettere in microonde.
Però io mi sentivo una perfetta stronza.
 
Okay, calma. Sei a scuola, come al solito. Sei davanti al tuo armadietto, che è come al solito al piano inferiore rispetto al suo.
Non è che Armstrong potesse spuntare fuori dal terreno come se nulla fosse. Ma che stavo dicendo? Non si sarebbe proprio fatto vedere, quel coglione. E d’altronde, chi lo voleva?
Aprii lo sportello, e misi la testa dentro per cercare il libro di storia (sempre che l’avessi mai comprato).
“Ehi..”
Sobbalzai, e sbattei la testa contro la parte superiore dell’armadietto “Merda..” borbottai
“Tutto bene?”
Riemersi da quella trappola infernale, per lanciare la mia peggior occhiata a Logan “Buongiorno.” sibilai
Lui fece un sospiro, e si passò una mano tra i capelli. Qualche ragazzina svenne, dietro, ma non ci feci caso “Senti, mi dispiace per non essere venuto, ma non ce l’ho fatta. Avevo gli allenamenti, e sai, il coach era..”
“Logan, ti prego, smettila di uccidermi di noia.” lo interruppi, e feci per superarlo quando mi afferrò per un polso.
E nonostante io lo odiassi, lo detestassi con tutto il cuore e lui fosse uno stronzo, bugiardo, pervertito, idiota mi venne comunque la pelle d’oca.
Puntò i suoi occhi azzurro ghiaccio nei miei, e mi sembrò per un momento davvero sincero “Ehi, mi dispiace sul serio per venerdì. Tu mi piaci davvero tanto, chiedi pure in giro, a chi vuoi!”
Dio, vorrei solo che finisse questa cosa…questa cosa di non capirci più niente quando mi guarda. Questa cosa che lo odio ma vorrei baciarlo. Che lo rifiuto e me ne vado, ma vorrei solo che mi rincorresse.
“Elena, dammi un’altra chance.”
E poi tutto precipitò. La pelle d’oca svanì, e mi sembrò di aver davanti la fotocopia di una fotocopia di un facsimile di un ragazzo come si deve. Mi liberai dalla sua presa velocemente “Stammi a sentire, Logan, non ti voglio più vedere chiaro? Porta te e i tuoi ormoni impazziti nelle mutande di qualcun’altra, perché con me non attacca!”
“Sai cosa? Ero interessato a te, prima di conoscerti!”
“Ed io ero interessata al genere umano, prima di conoscere te.” sputai fuori, sprezzante, prima di voltargli le spalle.
Ma riuscii comunque a sentire il suo ‘troia..’ a mezza bocca.
Poi mi fermai a metà strada, rigirandomi “Ed io mi chiamo ELEANOR, idiota!”
 
CESSO, ORA DI PRANZO
Ero chiusa nel bagno guasto degli ultimi piani, intenta a leggere People. In questo bagno c’era una finestra, ed io ero seduta proprio sul davanzale, in modo che da fuori non si vedesse che c’ero.
Geniale, no?
Comunque, non è che mi stessi nascondendo. E’ solo che gli amici di Logan sono grossi, e a me piace avere il naso attaccato alla faccia.
E’ questo il prezzo del coraggio.
Uh, Adele ha partorito!
“Eleanor, sei qui?”
Gelai sul posto, e non perché avevo il culo congelato. Quella era la voce di Styles.
“No.” risposi, senza pensarci.
Idiota, ora ti ha sentito!
La porta del bagno si spalancò, rivelando uno Styles ridacchiante “Eri una spia nazista nella vita precedente, vero?”
Ruotai gli occhi al cielo, e posai la rivista “Come mi hai trovata?”
“Ho seguito le molliche di pane.”
“Ti prenderei a calci, ma finirei nel cesso.”
Harry si appoggiò al muro in piastrelle, prendendo a fissare delle scritte sulla porta “Parlano tutti di come hai fatto il culo ad Armstrong, sai?”
Strabuzzai gli occhi “Davvero?!” sono una superstar!!
“No, in realtà me l’ha detto Mohammed il ragazzo dello scambio culturale, che ha l’armadietto accanto al tuo. Tipo simpatico, quando non si mette a pregare per terra nei corridoi..”
Sbuffai, smettendo di ascoltare. Pensavo che fosse arrivato il mio momento da paladina della scuola, e invece niente.
“Pensavo che fosse arrivato il mio momento da paladina della scuola.” mi lamentai
Harry fece un mezzo sorriso, guardandomi “Puoi sempre essere la paladina dei ces..”
“Non azzardarti!”
“Scherzavo, scherzavo.” rispose, alzando le mani “Comunque, ero solo venuto a congratularmi. Ci voleva qualcuno che rimettesse a posto Logan, il suo ego e anche il suo pisello.”
Scoppiai a ridere, seguita a ruota da lui. Era…divertente. In modo tutto suo.
“Ehi, un giorno non molto lontano, se continuiamo l’allenamento, sarai tu a fare il culo ad Armstrong.”
Mi lanciò un’occhiata d’intesa e forse colta dall’allegria del momento pensai che era davvero un bel ragazzo, dopotutto.
“Assolutamente sì!”




stasera sono troppo stanca anche solo per pigiare i miei simpatici polpastrelli sulla tastiera, quindi taglio corto.
vi amo, spero che vi piaccia il capitolo, adoro le vostre recensioni, viva la pace nel mondo, salviamo i leoni marini in estinzione....
bai


 

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Capitolo 11
*** little things ***


 aloha. come va? oggi è brutto tempo e questo mi mette di buon umore (niente domande pleazzz)
comunque, l’altro giorno sono venuta a sapere di altri plagi a rock the world. ho perso davvero il conto di quante volta sia successo, ma sono sinceramente stufa/incazzata/spaco botilia amazo familia. perché è irrispettoso nei miei confronti, che mi sono impegnata per scriverla, e anche nei confronti di chi ha speso tempo a leggerla, seguirla e recensirla come voi. quindi, se trovate in giro delle storie palesemente copiate, potreste segnalarle o avvisarmi? grazie.
okay, lo sfogo è finito. scusate se vi ho ammorbato, ma le mie ovaie prendono a girare come le eliche del titanic quando succedono queste cose..anyway, tornando alla storia, vorrei chiarire un punto che forse non è illuminato (?). Harry non è obeso, è solo un po’ floscio e grassoccio, ma tutti gli stronzetti della scuola (eleanor è compresa, ahah) esagerano. okay, solo questo, lol
grazie mille, come al solito, per le recensioni. ogni volta che le leggo mi riprometto di rispondere, e poi non lo faccio perché non ho tempo o mi pesa il culo. sono davvero pessima, lo so, e mi sento un casino in colpa quando vedo altre autrici che si ammazzano per rispondere, ma vi giuro che io dal lunedì al venerdì vivo solo dopo le otto e mezza di sera..prima sono avvolta in un incubo nebuloso chiamato ‘liceo classico’, però sono davvero importanti le vostre recensioni. non sono soltanto un numero azzurro su una pagina, per me, spero lo sappiate.

 

 




7.30. metropolitana.
Ma perché, perché non ho una schifosissima macchina come tutti i sedicenni normali di questo mondo e sono costretta a pressarmi in un tubo sotterraneo per venti minuti?
Sbuffai, posando l’abbonamento alla metro sul tornello, e in quell’istante una tipa mi diede una spallata per superarmi e passò con il mio abbonamento.
“Ma vaffanculo!” le urlai dietro.
Fece finta di non sentirmi.
 
7.35
In metro. Non c’è abbastanza ossigeno per tutti qua dentro, dobbiamo respirare a turno.
E per qualche fottuto motivo la gente non si lava? Ma entrate da Sephora e fatevi dare qualche campioncino di profumo.
Ehi, ehi! Qualcuno mi sta toccando il culo!
Potrebbe essere l’uomo della mia vita, o forse solo un vecchietto che non sa dove appoggiarsi.
 
7.36
Era un ragazzino di tredici anni.
Mein gott!
 
 
“Come è andato il compito di francese?” chiese cinguettante Sam, appoggiandosi accanto al mio armadietto.
Le lanciai un’occhiataccia, e continuai a passarmi il lucidalabbra. In realtà neanche quel bellissimo lucidalabbra color pesca brillante riusciva a risollevarmi il morale, quella C- immeritata mi aveva rovinato la mattinata.
“Io ho preso A+.” continuò, gongolante
Quando vide che stavo arrotolando un laccio delle mie scarpe intorno al collo per mimare un’impiccagione, si stizzì subito “Sei così acida solo perché hai preso un’altra insufficienza. Ma ti perdono, se mi presti il lucidalabbra.”
“Lo sai dove te lo devi ficcare il lucidalabbra? Dritto nel..”
 
 
and all those conversations
are the secrets that I keep
though it makes no sense to me
 
“Fa schifo questa arancia.” commentò Harry, masticandone un pezzo disgustato.
Io rallentai sull’altalena, e mi girai verso di lui “Non è l’atteggiamento giusto questo! Devi pensare che quell’arancia sia la cosa più buona del mondo. Che ti piaccia da morire.”
Si dondolò leggermente, guardandomi con un sopracciglio alzato. Poi prese un altro morso.
..
“Fa schifo questa arancia.”
Sbuffai, e gliela tolsi dalle mani per prenderne un pezzo. Masticai lentamente, e un sapore asprissimo mi inondò la bocca “Hai ragione, fa cagare.” accordai, prima di gettarla per terra.
Sono una pessima cittadina. Ma tanto eravamo ad un parco giochi, se la sarebbe mangiata un moccioso di quattro anni tra poco.
Styles fece un verso insofferente, e appoggiò la testa riccioluta ad una delle catene dell’altalena “Sto morendo di fame, questa dieta mi fa cagare e anche la palestra. Non riesco a muovere le gambe, neanche fossi tornato dall’Afghanistan. E poi non serve a niente, rimarrò grasso a vita.”
“Eddai, piantala di lamentarti. Ti aspettavi di diventare Taylor Lautner in una settimana? E poi non sei così grasso.” continuai, lanciandogli un’occhiata.
In effetti, non era per niente così grosso come dicevano tutti. O come pensava di essere. Cioè, aveva la pancetta, le maniglie dell’amore e le cosce un po’ grosse, ma allora? Il viso era..cioè, era carino. Aveva un bel sorriso, e le fossette.
“Eccome se lo sono. Però..boh, prima di arrivare a New York era più facile. Ad Holmes Chapel ero pieno di amici, lavoravo in una pasticceria..
“Si spiegano molte cose.”
Mi riservò un’occhiataccia, e poi diedi un calcio alla terreno per farmi arrivare del fango in faccia “Idiota!”
“Che fai, parli di te in terza persona?” scherzò, con un sorrisetto divertito. 
“Ah-ah. Decedo.” commentai, seria “Dai, dobbiamo andare in palestra.” continuai, balzando in piedi.
Lui scosse la testa.
Io annuii vigorosamente.
Lui si aggrappò all’altalena.
Io mi tirai su le maniche e mi avvicinai minacciosa.
 
 
I won’t let this little things
slip out of my mouth
 
“Sei..sei proprio..nnnnnnnnngh!” riuscii a dire, sull’orlo di una crisi di nervi.
Styles continuò a ridere come un pazzo, prima di avvicinare una mano ai miei capelli “Aspetta, ti do una..una..ahahahahaha..”
“Ma non mi toccare!” strillai, scansandolo, e continuai a togliere i pezzi di fanghiglia e foglie dai miei capelli.
Non so esattamente come, mentre cercavo di trasportarlo di peso via dall’altalena, ero finita per rotolare dentro ad un cespuglio e sul fango.
Quel cretino non riusciva a smettere di ridere. Era diventato viola in faccia, probabilmente si stava strozzando con la proprio saliva, e i ricci gli ballonzolavano sugli occhi verdi.
“Dai, stai ferma!” disse, prima di togliere con un gesto veloce una foglia vicino al mio orecchio. Portava un sacco di bracciali attorno al polso destro.
“Com’è che porti tutti questi bracciali?”
Alzò le spalle “Così, mi piacciono.”
Gli stavano bene, pensai. Ma non lo dissi. E non dissi che i suoi ricci sembravano più morbidi oggi (forse anche lui usava pantène rigenera e protegge), o che aveva davvero delle belle mani.
Meglio tenerli per me questi pensieri bizzarri.
“Allora, come ti è andato il compito di francese?” chiese, d’un tratto.
“Oh, che palle con questo compito! Mi è andato una merda, okay? Una m-e-r-d-a, perché sono scema e il francese non lo so, va bene?!” esplosi
Lui sobbalzò, e un piccione spaventato volò lontano “Wow, che corde vocali. Comunque je parle très bien le francais.”
“Il francese è una lingua per idioti di un paese di idioti.”
“Questo non cambia il fatto che tu sia una capra.”
Quel giorno Harry Styles arrivò in palestra a suon di calci dritti nel..
 
 
“Sono a casa!” urlai, chiudendomi la porta alle spalle.
L’unica cosa che mi accolse fu il rumore impazzito della lavatrice che girava. Quella si spostava da sola, per quanto girava forte.
Arrivai in camera mia, e posai lo zaino ordinatamente sotto la scrivania.
In realtà non avevo nessunissimo zaino dietro, perché lo avevo dimenticato a scuola, ma se ce l’avessi avuto l’avrei messo proprio lì.
Stavo per gettarmi sul letto, quando notai che c’era qualcosa: una grande scatola bianca. Mi guardai in giro, per cercare di vedere se ci fosse un terrorista nascosto dietro le tende, ma non c’era.
Aprii delicatamente (lanciai via il coperchio) la scatola, e rimasi a bocca aperta.
Era un vestito rosa chiaro, con una fascia nera sotto al seno. L’avevo visto un mese prima da Macy’s, ma costava davvero troppo.
Ma chi l’aveva comprato?
“Ti piace?”
Sobbalzai, girandomi di colpo verso la porta. C’era papà appoggiato allo stipite, che sorrideva.
“Ma..ma..questo viene da Macy’s! Costa una fortuna! Papà, non c’era biso..”
Mi interruppe, con un gesto seccato della mano. “Naah, non preoccuparti. E poi, non posso fare un regalo alla mia figlia preferita?”
“Io sono la tua unica figlia.”
“Appunto!”
Ruotai gli occhi al cielo, ma non riuscivo a smettere di sorridere. Andai ad abbracciarlo, strettissimo.
Era un papà fantastico (a volte..).
“Senti, perché non te lo metti ora?” propose, d’un tratto. Ora che lo guardavo meglio, si era vestito bene quella sera.
Aveva la camicia azzurra a mezze maniche che gli avevo regalato per il compleanno, sotto una maglietta bianca e i suoi migliori jeans.
“Ora? Ma siamo solo io e te a casa, a che serve?”
Tossicchiò, e mi sembrò quasi..nervoso. “Bhè, veramente avevo pensato di invitare..”
In quell’istante suonò il campanello, e lui si interruppe di colpo. “Torno..torno tra un secondo okay? Non muoverti!” esclamò, prima di correre via dalla stanza.
Ma che cazzo..?
“Pa’, ti senti bene?” urlai, uscendo dalla camera e seguendolo. La porta si era aperta, e sentii che parlava con qualcuno.
Era una voce..
Una voce..
“Oh, Eleanor.” esclamò stridulo mio padre, vedendomi, come se fosse strano trovarmi a girare in casa mia “Questa è Amanda, una mia collega. Amanda, mia figlia.”
“Ah, ma praticamente io già ti conosco. Tuo padre parla in continuazione di te!”
..una voce femminile. 
 

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Capitolo 12
*** come olio bollente ***


sono l'unica a cui l'assolo di louis in over again fa piangere? no perchè mi sento una demente, ma sorvoliamo.
non aggiorno da una vita, lo so, e non c'è neanche la scusa della scuola dato che è stata occupata fino ad oggi *rolleyes*, domani puliscono e lunedì il lager riapre.
but anwaaaay, questo capitolo non mi piace per niente, e mi odierete alla fine. ma mi odierete ancora di più al prossimo AHAH
detto questo, come state? stasera mia madre mi vuole trascinare a fare il vaccino antinfluenzale, ma non mi vaaaaaaaaaa
okay basta, besos





Ma che bella, questa forchetta. Quattro lunghe, affilate, pungenti punte di metallo, perfette per infilzare la carne.
E non solo carne animale.
“Mmm, queste patate sono deliziose! Come le hai cucinate, Dylan?” esclamò estasiata Amanda, come se non avesse mai mangiato patate in vita sua.
“Sono dei quattro salti in padella.” mi intromisi, funerea, e calò di nuovo il silenzio sulla tavola. Da quando era iniziata la cena, ogni volta che aprivo bocca quella sottospecie di brutta copia di Nicole Kidman prendeva a fissare con interesse il piatto e papà mi fissava come se volesse ficcarmi la testa nel forno.
“Allora..” ruppe il silenzio la finta rossa, schiarendosi la gola “..tu fai il terzo anno al liceo, giusto?”
Ma se già lo sa che me lo chiede a fare? “Sì.”
“Oh, mia sorella minore ha solo un anno più di te, allora.” continuò, allegra.
Non potrebbe semplicemente smetterla con questa farsa? Si vede benissimo che sta fingendo di fare la simpatica e la gentile, quando in realtà vuole solo assalire mio padre.
Non la guardai neanche, e continuai a giocherellare con la carne nel piatto “Davvero? A che scuola va?”
Dylan, ti prego, lascia morire la conversazione in modo che possa alzarmi e andare a contare le crepe del soffitto in camera mia!
“Alla George Washington High School.”
Fantastico.
“Ellie, andate a scuola insieme allora!” disse papà, con la stessa euforia con cui diresti ‘ho trombato con Johnny Depp in bilico su un pianoforte!’
“Mia sorella si chiama Rachel McAdams, è una secchiona.” ridacchiò (cazzo ridi?) “Frequenta tutti i corsi e il pomeriggio anche teatro, chitarra, club di matematica avanzato, degli scacchi..”
Smisi di ascoltare dopo ‘matematica’, perché solo una disturbata può frequentare un corso aggiuntivo tenuto da Mr Ross, una sorta di mastino napoletano meno affettuoso.
Ma altrettanto peloso.
“Tu frequenti qualche corso aggiuntivo?”
“No. A malapena frequento quelli obbligatori.” replicai, sinceramente
Papà fece un risolino, prendendo un’altra fetta di carne con l’aria di volermi ficcare in gola polpettone intero e forchetta. “Eleanor fa un sacco la spiritosa..”
“L’ha detto anche il prof di fisica l’altro giorno.” mi intromisi “Bhè, in realtà ha detto di non credermi tanto spiritosa e poi mi ha cacciata dalla classe, solo perché stavo cuocendo un marshmellow con la fiamma ossidrica.”  
“Eleanor, piantala.” disse papà, perentorio, ma ormai ero partita
“Ti ha parlato del nostro bidello, tua sorella? Io lo chiamo Rocky, da quando al primo anno gli ho offerto un bicchiere di uova sbattute dicendo che era aranciata. Comico no? Però non so perché gli hanno dovuto fare la lavanda gastrica dopo, forse perché avevo usato una dei bicchieri dell’aula di scienze..”
Amanda guardò papà, con un sorrisetto imbarazzato. Pensava che fossi la figlia del ‘mulino che vorrei’, eh? Peccato.
Si schiarì la gola, passandosi una mano sui lunghi capelli lisci “Eleanor, sono sicura che tu sia una ragazza deliziosa, e vorrei che tu non ti sentissi, mm..” cercò di trovare una parola adatta, stringendo le labbra “..non ti sentissi minacciata, perché è l’ultima cosa che vorrei.”
Minacciata? Io? Da Barbie 2000 versione deluxe? Figuriamoci.
 Non le risposi, e continuai a fissarmi interessata le unghie. Poco dopo una sedia strusciò sul pavimento “Penso di dover tornare a casa..”
“Sicura? Non vuoi neanche un caffè? Eleanor sarebbe contentissima di farlo.”
“Io non lo so fare il caffè.” mentii. Papà mi lanciò un’occhiataccia “Fino a stamattina ci riuscivi.”
“Mi sono slogata quattro dita a scuola.”
Amanda afferrò il cappotto, avvicinandosi alla porta e senza togliersi quel fastidioso sorriso dalle labbra “E’ stata una serata davvero divertente, e la cena era squisita Dylan.”
Sentii papà che le borbottava qualcosa, probabilmente ‘scusa per quella psicopatica di mia figlia, la riporto allo zoo stasera..’ o cose del genere.
“Allora ci vediamo presto, Eleanor!”
“Certo, se duri.” commentai, prima di alzarmi e andarmene.
 
Suonai il campanello di Sam, e aspettai che la domestica venisse ad aprirmi.
Quando la porta si spalancò rivelando invece della rotonda, bianchiccia e polacca Adalie una quarantenne abbronzata, capelli biondo platino, sorriso cristallizzato e circa trentotto chili per un metro e settantacinque, mi venne un colpo.
“Oh, mm, salve Angela.” borbottai, colpita.
Che cavolo ci faceva la mamma di Sam a casa sua? Non mi pareva che Sam fosse stata colpita da un attacco epilettico, né che il palazzo stesse crollando, o che ci fosse il Dalai Lama nascosto sotto al divano..
Il sorriso di Angela si incrinò, mentre mi ricordavo che lei non voleva essere chiamata per nome come tutte le altri madri delle mie amiche. Minchia, ora mi ammazza “Mrs May Whitehead, gioia.” mi rimbeccò, quasi tra i denti.
Abbozzai un sorriso, muovendomi in avanti per entrare, ma lei rimaneva sull’uscio con quel sorriso freddo.
“Dove vai cara?”
“Volevo parlare con Sam.”
Prese un respiro profondo, come se mi dovesse spiegare qualcosa di ovvio. “Samantha sta facendo i compiti adesso, vi sentirete domani.” stava per chiudermi la porta in faccia quando misi un piede in mezzo “Ho il suo libro di geografia. L’ho preso per sbaglio e lei non può studiare senza.” inventai, guardandola con aria di sfida.
Questa anoresstroia (cioè una donna di facili costumi molto magra) mi aveva sempre odiato. Il primo ricordo che ho di lei è quando si mise a urlare perché stavo mangiando nella loro cucina un pezzo di pizza con le mani, prima di lanciarlo fuori dalla finestra.
Avevo nove anni.
Mi fissò come se volesse incenerirmi, poi spalancò l’uscio e si rimise quell’orrendo sorriso freddo sulle labbra “Veloce.”
Entrai e la superai senza una parola, prima di infilarmi di corsa nella camera della mia amica.
“ODDIO SAM, c’è quella mignotta di tua mad..”
Non finii la frase, perchè Sam mi assalì per spingermi dentro e chiuse la porta con un colpo secco “Non urlare, lei sente tutto.” mormorò, concitata.
L’unica cosa che Sam e sua madre avevano in comune erano i capelli biondi, per il resto Sam sarebbe potuta sembrare figlia di chiunque, anche mia.
Angela era perennemente abbronzata grazie alla sua casa a Los Angeles, Sam era bianchissima. Angela mangiava solitamente aria (nei giorni festivi azzardava con un’oliva), Sam mangiava qualsiasi cosa assomigliasse a qualcosa di commestibile. Angela era una troia che se ne infischiava della famiglia, Sam faceva parte dell’associazione per salvare le balene dalla pinna azzurra all’Antartide.
“Come mai è tornata?” chiesi, e lei alzò le spalle “Mi sa che il suo amante l’ha piantata.”
“Ma chi, Vladimir?” un ventottenne russo che avevamo trovato a girare per casa un mese prima con un colbacco in testa.
Con solo un colbacco in testa.
“No no, quello è stato secoli fa. Parlavo di Jesus.”
Jesus.”
“Il ventiquattrenne che la troia ha pescato durante l’ultimo viaggio in Cile” mi spiegò, aggiustandosi una piega della maglietta.
A volte mi spaventava con quanta indifferenza Sam parlasse di sua madre. Io non avrei mai potuto fare così con mio padre, nonostante dopo l’appuntamento con Amanda mi avesse urlato che ero una stupida ragazzina viziata e che mi toglieva dalla faccia della terra.
Ma io sono un po’ come Gesù, porgo sempre l’altra guancia. Anche quando mi arrivano le ciabatte in faccia.
Feci un sospiro, prima di avvicinarmi al letto, non vedevo l’ora di stendermi e..
“NO, FERMA!” urlò Sam, strattonandomi per un braccio.
“Ehi!”
“Non puoi sederti sul letto!”
La guardai male “Sam, ti ho già detto che non puoi farti un frullato di papaya, vodka e caffè e pensare di rimanere lucida.”
“Non è per questo, è che..” non terminò la frase, perché vedemmo spuntare una mano da sotto il letto.
“Ma che..”
“Buongiorno.” da sotto il letto emerse George, che si rimise a fatica in piedi e prese a scrollarsi la polvere dai vestiti, e sorrise con le sue labbrone.
Guardai Manny Tuttofare, poi Sam Piccole Bugiarde Crescono, poi il letto.
E ancora non potevo crederci “Tu hai nascosto l’idraulico SOTTO AL LETTO?!”
“Sono un aggiusta caldaie, in verità. Meccanico solo nel weekend, officina Safe Trips, Churchill street, 055872..”
“George, lascia perdere.” lo interruppe Sam, stridula, poi mi guardò colpevole “Senti, è arrivata mentre lui stava lavorando, che dovevo fare? Buttarlo nel forno?”
Lo guardai mentre giocava a Temple Run sul cellulare “WAA, ho battuto il record! Scimmia prodigio!”
Tornai a guardare Sam “Forse.” e lei alzò gli occhi al cielo.
“Comunque, dovevo parlarti di una cosa importante, Sam.”
“Dimmi.”
Si sedette accanto a George sul letto, e ridacchiarono guardando qualcosa sull’iPhone.
Io la ammazzo, la ammazzo sul serio.
“No senti, devo parlare con te, di una cosa importante. Con te.” a quel punto anche un ombrello autistico avrebbe capito che volevo restare sola con lei, ma Sam era partita per Georgeland.
“Ho capito, ho capito..” oh, alleluja! “Spegni il cellulare George, Eleanor deve parlare.” continuò, con aria da saggia.
Vorrei poter dire che scherzava, ma non era così. Spense il telefono, ed entrambi si sedettero meglio per ascoltarmi.
Ruotai gli occhi al cielo, tanto non c’era niente da fare “Mio padre si vede con una.”
“Chi?”
“Cosa?”
“Una collega?”
“E tua madre?”
“Non ce l’ha la madre.”
“Oh, condoglianze.”
“Ma no George, è viva, solo che ha lasciato il padre.”   
“Perché lui si vede con un’altra?”
“EHI!” gridai “Guardate che vi sento!” puntualizzai, ed entrambi si zittirono. Poi presi un respiro “Mia madre se ne è andata quando sono nata e mio padre non è mai uscito con nessun’altra, fino all’altro giorno, quando è venuta a cena Amanda.”
“Ed è simpatica?” chiese Sam.
“Ma certo che no! E’ falsa, si vede benissimo.”
“Che c’entra che vede benissimo?”
Si vede, Sam.”
“Cosa si vede?”
“Non lo so, io pensavo che fosse Amanda che ci vedeva bene.”
“Ma non stava dicendo che è falsa?”
Feci un verso strozzato, quasi strappandomi i capelli “ZITTI!” urlai
“Samantha, che succede là dentro?” sentimmo gridare Angela, da fuori, e calò il gelo.
“Nasconditi, nasconditi!” mormorò concitata Sam, spingendo lontano George.
“Io non ci torno sotto al letto, non respiro là!”
“Vai nell’armadio allora.” proposi, indifferente
“Ma..”
Non riuscii a finire, perché Sam gli diede una gomitata per spingerlo nell’armadio (che era comunque più grande e comodo della mia stanza) e chiuse l’anta.
In quell’istante si spalancò la porta, e anoresstroia aveva proprio la faccia di una che apre la porta con enfasi convinta di beccare qualcuno a fare qualcosa di male, come nascondere un aggiusta caldaie nell’armadio.
Sfoderò uno dei suoi sorrisi inquietanti “Ho sentito urlare, ragazze.”
Sam assunse una perfetta faccia da finta tonta (probabilmente perché non stava fingendo) “Qui non ha urlato nessuno.” replicò, calma “Forse era la vicina, di nuovo.”
O forse era la tua sporca coscienza troia, aggiunsi mentalmente fissando Angela.
“Bhè, le hai ridato il libro no?”
“Certo.”
“Bene, allora ci vediamo presto..” lasciò la frase in sospeso, come se non si ricordasse il mio nome, ma io sapevo benissimo che non era così.
“Eleanor, mamma.” completò Sam, tra i denti, e lei scosse i vaporosi capelli biondi “Sì, certo, certo..”
“Allora vado. Ci vediamo a scuola.” salutai Sam, e lanciai uno sguardo all’armadio sperando che George fosse ancora vivo. Persino Angela potrebbe accorgersi di un cadavere in casa.
Ero già nel corridoio, quando mi rigirai “Oh Sam, ti ricordi quel ragazzo sudamericano incontrato al bar?” cominciai “Bhè, mi ha chiamata e abbiamo un appuntamento. Carino no? E poi che nome..Jesus.”
Vidi anoresstroia stringere i pugni, e serrare le labbra. In risposta sorrisi “Alla prossima!”
 
“Rosolare per venti minuti..ma che cazzo vuol dire rosolare?” esclamai al vento, dato che ero sola in casa.
Sbuffai, e fissai con astio il polpettone. Ormai era l’unico cibo presente dentro casa, un giorno o l’altro mi sarei ritrovata a muggire e a brucare l’erba di Central Park, ma meglio che non mangiare proprio.
Papà sarebbe tornato tardi, ed io volevo cucinarlo in maniera un po’ diversa. Metterlo nel microonde non è così eccitante.
Ma che cazzo vuol dire rosolare?!
In quel momento squillò il mio cellulare, e lo tirai fuori dai jeans “Che vuol dire rosolare un polpettone?” chiesi, anche se non sapevo con chi stavo parlando.
“Vuol dire che devi rigirarlo in una teglia con l’olio.” rispose Harry.
“Okay, grazie.”
E attaccai.
 
DUE MINUTI DOPO
“Pronto.”
“Che volevi?” chiesi, versando l’olio nella teglia. Quanto ne dovevo mettere? Vabbè, meglio abbondare.
“Stai cucinando? Perché se è così magari chiamo dopo..”
“Stai insinuando che non sappia cucinare e parlare nello stesso momento?”
“Da una che non riesce a battere una mano sulla pancia mentre con l’altra gira sulla testa, che devo aspettarmi?”
“Styles, quello non è un esperimento. E’ solo un gioco per bambini sordo-ciechi o molto patetici come te.” commentai, accendendo il fuoco.
Ora l’olio si doveva riscaldare.
Mmm, ma a me sembrava solo che venisse assorbito. Meglio se ne metto un altro po’, va..
“Senti, ti ho chiamato per dirti che parto.” continuò Harry
“E’ normale che l’olio sparisca quando accendo il fuoco?”
“Ma che caz..sì, ma allora metti il polpettone.”
Feci come aveva detto e lo lanciai nella teglia, ma in un secondo cominciarono a schizzare dappertutto gocce d’olio bollente.
“AH, ma l’olio schizza!” gridai, allontanandomi
“Perché devi abbassare il fuoco, cretina.”
“Oh, stai molto calmo bel biondo.”
“Io non sono biondo.”
“E neanche bello, mbè?” risi per la mia stessa battuta, poi mi ricordai di quello che stava dicendo “Comunque, che dicevi?”
Fece un sospiro, e mi immaginai che avesse quella faccia da ‘ora la prendo a gomitate in un occhio’ “Che parto, Eleanor.”
“Davvero? Vai ai Caraibi, Bahamas, Tanzania? Portami un souvenir o ti ammazzo.”
“No, non hai capito. Io torno in Inghilterra.”
Non seppi se urlai per la notizia, o perché mi ero schizzata con altro olio bollente.

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Capitolo 13
*** prefissi sbagliati ***


salve.
lo so, non aggiorno da tipo due settimane. sono pessima, ma sono state settimane piene di ardore (?) e non ce l’ho fatta. comunque, eccomi qui.
la scorsa settimana è successa una cosa che mi ha fatto girare i coglioni come quattro eliche del titanic inceppate nell’iceberg. qualcuno è entrato nel mio account efp e si è permesso di scrivere un messaggio privato ad una mia amica, inventando le peggio stronzate.
allora, brutta puttanella, se stai leggendo spero che ti piacciano i coriandoli, perché è così che ridurrò il tuo culo se scopro chi sei. non ci provare mai più, fatti una vita, un hobby, ma fatti pure un cavallo se vuoi, basta che non rompi le palle a me o alle mie amiche.
ah, e sei anche una pessima imitatrice, perché io non scrivo mai ‘xoxo’ senza aggiungere (gossip girl?) tra parentesi.
detto questo, godetevi il capitolo. e buona immacolata concezione (?)

 
 
 
 
 
Da piccola pensavo che la neve, come le nuvole, fosse zucchero filato bianco. Quella bizzarra fantasia venne spazzata via quando a sei anni mi misi in bocca un’intera palla di neve che si sciolse, rivelandosi banalissima acqua ghiacciata.
Comunque, la neve mi piaceva ancora. Era bello vederla posarsi su tutti i grattacieli, sui taxi, e con un po’ di fortuna pure sul nostro bidello per impedirgli di aprire scuola.
Non me ne ero neanche accorta, ma mancavano solo otto giorni a Natale.
“Che stai facendo?”
La voce di papà mi fece sobbalzare, ma non mi girai e continuai a guardare fuori dalla finestra, seduta comoda sul davanzale.
“Aaah, mi stai ancora tenendo il broncio?” chiese, e sembrava davvero divertito.
Non lo degnai di uno sguardo, e mi appuntai mentalmente di tirare giù dalla soffitta il vecchio e finto albero di natale per addobbarlo.
“Sai, sono io che dovrei tenerti il broncio, per come hai trattato Amanda l’altra sera.” continuò, e sentii che stava aprendo il giornale sul tavolo “Uh guarda un po’, c’è una svendita da H&M oggi pomeriggio!”
Sbarrai gli occhi, ma per fortuna non poteva vedermi. Ci volle tutto il mio autocontrollo per non correre giù dal davanzale, afferrare il suo portafoglio e volare verso H&M sulla cinquantesima.
Devo essere forte, devo mantenere il mio regime di silenzio e di sciopero della fame e farlo sentire in colpa per essere il padre più ingiusto dell’universo e dintorni.
 
“Papà, ho preparato il polpettone!” esclamai, portandolo in tavola. Lui si strozzò, e cominciò a sputacchiarci acqua e saliva sopra
Feci una smorfia disgustata, allontanando la teglia “Fai schifo!”
“T-tu hai preparato la cena?” chiese, incredulo e guardandomi come se fossi diventata mezza ragazza mezza zebra “Hai rotto qualcosa?”
“No.”
“Dato fuoco ai grembiuli dell’aula di scienze di nuovo?”
“Ma no!”
“Guarda che se hai fatto ancora cadere nel gabinetto la tessera sanitaria è la volta buona che..”
“La pianti? Ingozzati con questo e taci.”
Prese alla lettera il mio consiglio, e si avventò sul polpettone. Ma non aveva neanche finito il primo boccone che presi a guardarlo con un sorriso sornione.
Si fermò “Che fuoi?”
“Niente.” risposi, tranquilla “Ti volevo solo chiedere com’era il cambio di moneta dal dollaro alla sterlina.”
“E a te che importa?”
“Perché vado in Inghilterra.” continuai, come se fosse ovvio.
Silenzio. Mi fissò masticando.
Poi scoppiò a ridere “AHAHAHA, certo, in Inghilterra.”
Vedete? I genitori si lamentano sempre che non parliamo con loro, e quando ci proviamo ci prendono per il culo come se dicessimo assurdità “Guarda che io ci vado sul serio. Mi ospita Styles, il mio amico.”
“Sicuro.”
“Lui ci va per le vacanze di Natale, torneremo il tre gennaio. Ti chiamerò ogni sei,sette giorni se la regina non mi terrà troppo occupata con il Wimbledon.”
“Eleanor, tesoro, la cosa più inglese che visiterai durante queste vacanze sarà il New England se trovo i miei pantaloni da pesca. Finisci la cena.”
 
“Ehi, ma hai lasciato tutto il pranzo!”
La voce isterica di Dylan mi riscosse dal mio flashback, e finalmente lo degnai di girare il collo di sessanta gradi nella sua direzione. Poi indicai il foglio appeso alla TV che diceva ‘inizio sciopero della fame e del silenzio 17-12-12/finchè mio padre non si accorge che siamo nel ventunesimo secolo e non negli anni cinquanta’
“Guarda che ho solo trentadue anni, negli anni cinquanta non ero nato.” commentò acido “Quant’è che hai in matematica?”
Che tristezza di domanda. E come se non bastasse, dopo cominciò a sbraitare che non potevo smettere di mangiare altrimenti sarei svenuta e mi si sarebbero rattrappiti i reni fino a diventare due noci e blablablabla.
Dopo sei ore finalmente se ne andò in cucina.
“Ma dove sono finiti i due pacchi di gocciole extra dark?!”
 
“Elle, aiuto.” mormorò Sam, attraverso la cornetta.
Io mi allungai per attaccare una pallina rossa al ramo più alto “Che c’è?”
“Oggi mi ha telefonato mio padre.”
Il mio braccio si bloccò, ancora teso verso l’alto “No!”
Mais oui!
Unglaublich!
“All’inizio pensavo che stesse per dirmi che era sul punto di morte e che lasciava tutta l’eredità a Sun, la sua iguana, e invece era molto peggio.” sospirò “Mi vuole portare fuori per le vacanze di Natale.”
“Cazzo, che ingiustizia.” commentai, sarcastica, ma lei non capì.
“Lo so! Ma chi ci vuole andare in vacanza con lui?! Ha detto che vuole ristabilire il rapporto padre-figlia, che gli manco e blabla..ma io non lo vedo da due anni e mezzo, e non mi manca.”
“Probabilmente perché hai detto a tutti che tuo padre è morto nella guerra del Kosovo e hai finito per crederci e fartene una ragione.”
Sbuffò “Che palle, io non ci voglio andare a Parigi con lui.”
Non risposi, perché le sue lagne da ragazzina viziata mi davano i nervi. Beata lei che almeno va da qualche parte, io non avevo mai preso un aereo in vita mia e proprio ora che avevo l’occasione di farlo, mio padre si ricordava di essere un padre rompicoglioni.
“Ehi, ci sei?”
“No, sono fuori.” replicai, prendendo una pallina argentata con un babbo natale disegnato sopra.
“Come sei acida. Comunque, come sta Styles?”
“E’ tornato in Inghilterra.”
“AH-AH, sul serio? Allora ho vinto la scommessa! L’hai fatto scappare tu vero?” chiese, divertita senza alcuna ragione.
“Sam, contieni il tuo entusiasmo orgasmico e sta’ zitta. E’ tornato lì solo per le vacanze di Natale.”
“Oh.” disse, delusa “Bhè, comunque quando tornerà sarà sicuramente ingrassato di qualche tonnellata con tutti i torroni, pandori, panettoni, cioccolatini..”
Cazzo, aveva ragione. Non ci avevo pensato. Senza di me Harry avrebbe ceduto e al suo ritorno non sarebbe neanche riuscito ad entrare dalla porta d’ingresso, ma avrebbero dovuto sfondare il muro e fare un’altra porta.
“E invece no, perché noi abbiamo..” abbiamo cosa?  “Abbiamo stabilito una dieta anche per le vacanze.” inventai, giusto per non dargliela vinta.
“Ah sì?” chiese, con il tono di una che pensa che tu stia solo sparando stronzate.
E infatti..
“Certo che sì.”
“E com’è questa dieta?”
Mi stavo facendo proprio la stessa domanda, buffo.
“Oh, ho una chiamata sotto, deve essere..mm, il..venditore di tappeti.” buttai a caso, guardando il tappeto scolorito sotto i miei piedi.
“Il venditori di tapp..”
“Ciao!” urlai, attaccando bruscamente.
Ora dovevo chiamare Styles, e informarlo della nuova dieta per le vacanze.
Composi il numero di Styles, e porta il telefono all’orecchio.
Silenzio.

Ancora silenzio.
Orange informazione gratuita, il numero da lei chiamato è inesistente..”
“Ma andiamo!” esclamai “Che cazzo dici?”
“Orange, acceso a la informaciòn, el numero que..”
“Eh?!”
Orange, Zugang zu Informationen ist die Zahl..”
Attaccai, perchè non potevo sopportare oltre. Se quel cretino di Styles avesse accettato di farmi nascondere nella sua valigia tutto questo non sarebbe successo e ora sarei a folleggiare per le strade di Londra.
E invece no, sono a casa mia a Brooklyn a parlare con il telefono.
Okay, magari avevo sbagliato un numero. Meglio riprovare.
 
DUE MINUTI DOPO
Questo telefono è rotto, porca miseria!
 
TRENTA SECONDI DOPO
“Pronto?”
“Sam, hai risposto!” urlai, stridula
“Ehm, capita sai, quando si riceve una chiamata..”
Quindi il mio telefono non era rotto!  
Attaccai.
 
UN MINUTO DOPO
Aaah, il prefisso! Ecco perché non partiva la chiamata.
Bastardo.
E ora dove lo trovavo il prefisso dell’Inghilterra?
 
MOLTO, MA MOLTO TEMPO DOPO
“Pronto?”
Mi parve di sentire qualcuno intonare l’alleluja, e sono quasi certa di aver visto Gesù dire ‘amen’ sotto al mio albero.
“DIO MIO, finalmente hai risposto!” esclamai “E’ un’ora che provo a chiamarti!”
“Davvero? Non mi è arrivata nessuna..NO, George, piantala!” lo sentii urlare, mentre in sottofondo si sentiva un gran casino.
“Styles..?”
“Eh? Sì, un second..PORCA MISERIA TOGLI LO SCOLAPASTA DA LI’!”
Si sentiva un gran ridacchiare in sottofondo, seguito da una serie di inquietanti rumori metallici.
Harry sbuffò “Scusa, c’è tutta la mia famiglia qui, e non so perché mio cugino pensa che sua sorella neonata sia un gatto quindi continua a metterle il latte dentro la ciotola o a posarla sulla lettiera..”
“Ti prego Harry, lasciamo gli schizofrenici fuori da questa discussione.” lo pregai “Allora, ci serve un piano per la tua dieta.”
“Piano?”
“KATE E’ INCINTA!” gridò qualcuno dall’altra parte della cornetta.
“Kate è incinta?” ripetè Harry, sconvolto.
“Kate chi?” chiesi
“Da due mesi!” urlò un’altra voce
“Ma chi?”
“Kate Middleton!”
“La principessa?”
“La principessa di cosa?”
“E’ in clinica!”
“Oddio, sta male?!”
“No, è incinta!”
“Ma chi?”
“KATE MIDDLETON!” mi risposero in coro quattro voci, esasperate.
“E al popolo di Milazzo? Non gliene frega un cazzo.” ribattei, alzando gli occhi al cielo “Harry, mi stai ad ascoltare?”
“Aspetta, vado in bagno.” lo sentii armeggiare con il telefono, poi dei fruscii, e infine il silenzio “Okay, vai.”
“Styles, non voglio parlarti mentre pisci.”
“Non sto pisciando! E anche se fosse?”
“Farebbe schifo!”
“Ma mica mi vedi, no?”
“No, però ho una fervida immaginazione e sono molto sensibile.”
Silenzio.

“Stai facendo pipì?”
“NO, DIMMI!” esclamò, esasperato.
“Senti, dobbiamo accordarci su una dieta. Non puoi mangiare come una giumenta incinta, altrimenti rovinerai queste settimane di lavoro.”
“Ci ho già pensato, che ti credi? Starò attento. E poi andrò in palestra dal ventotto.”
“Oh.” dissi, sorpresa “Bhè, bravo.”
A quel punto ripiombammo nel silenzio. Che dovevo dire? In realtà volevo sapere cosa stesse facendo, però magari sarei sembrata troppo invasiva..
E poi perché mi interessava? Era solo Styles, nel suo inglese bagno a fare la sua inglese pipì.
“Bhè, che state facendo lì?”
“Stanno arrivando tutti i parenti matti della famiglia, quelli che si fanno vivi ogni Natale per ricordarti che sono ancora vivi e che ti sei dimenticato i loro regalo. La casa sta diventando una giungla.” si lamentò. “Tu che fai?”
“Lo sciopero del silenzio e della fame contro mio padre che non mi ha mandato lì con te.”
“Non stai mangiando davvero? Finirai per scivolare nelle fessure del parquet un giorno all’altro.”
“In realtà sto facendo fuori tutte le scatole di biscotti, ma lui non lo sa, è questo il bell..”
In quel momento sentii dei rumori secchi dal telefono “Harry, c’è Rosie!” gridò qualcuno
“Arrivo!” rispose lui “Scusa, è arrivata la mia migliore amica, ci sentiamo eh?”
“Non sapevo che avessi una..”
“Devo andare, ciao!”
E attaccò.
Restai a fissare per un po’ il telefono, domandandomi perché questa Rosie mi stesse già sui coglioni.
 

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Capitolo 14
*** sola come un alce durante la vigilia ***


  
stasera mi girano i coglioni.
ho perso il conto di quanti spazi autore ho cominciato così, ma vabbè. comunque, non voglio che la mia ira funesta (?) si ripercuota su voi povere lettrici ignare.
che fate per natale? io un cazzo. ah no, il 30 dicembre vado in austria.
domani è il compleanno di lou #muchlove e, come hanno tenuto a ricordare tutte le psicopatiche larry shippers su twitter 'harry!1 tòrnaà a kasaà!1'
divertente come dicano che taylor stia '''''''''''manipolando'''''''''' harry. come se lui non avesse un cervello, una testa propria e fosse un idiota.
ma tanto, è difficile far comprendere anche le cose più basilari a chi mentalmente è fermo ai 5 anni e non riesce ad accettare che il proprio idolo NON GLIELO DARA' MAI, ed è FELICE con qualcun altro.
uuuuuh, come sono simpatica stasera eh? vabbè, smetto di ammorbarvi.
godetevi il capitolo (lo odierete) e buonnnnatale!

p.s. domani pensavo di pubblicare un'os, per natale #eeeh






24 DICEMBRE
 
Spalancai gli occhi, ritrovandomi a fissare il solito vecchio soffitto giallo della mia stanza.
Era giallo ocra come anche il minuscolo armadio appoggiato alla parete, giallo ocra come il piumino che mi avvolgeva, giallo ocra come le tendine alla finestra.
La mia camera era un indicibile trionfo di giallo ocra. L’avrei fatta ridipingere, se solo gli imbianchini avessero accettato di essere pagati in mille rupie che erano cadute dalla tasca di un’indiana in metro.
Sbuffai, mentre tiravo fuori una gamba dalla coperta per abituarmi al freddo polare della stanza.
Non voglio andare a scuola, non voglio andare a scuola, non voglio andare a scuol..
Momento.
Fermi tutti!
Oggi era 24 dicembre.
Congiunsi le mani e parlai al cielo (soffitto giallo) “Grazie Gesù, sono contenta che tu sia nato proprio oggi. Spero che tu nella grotta abbia avuto il piumino Eminflex che si riscalda, amen!”
Saltai giù dal letto, spalancai la porta della stanza e mi diressi trionfante verso la cucina.
“E’ la vigilia! Squarta il vitello grasso e stappa il Martini Rosé papà, si balla!” gridai, euforica.
L’unica risposta fu il rombare della lavastoviglie. Sul tavolo della cucina c’era una tazza di caffèlatte e un post-it giallo (..)
 
‘sono di turno in ospedale oggi, torno tardi. mi dispiace micia, buona vigilia :)’
 
“Fantastico..” borbottai, accartocciando il pezzo di carta. E’ la vigilia di Natale, ed io sono completamente sola a Brooklyn.
Non c’è neanche uno straccio di cane con cui giocare, in questa casa. Una volta avevamo un coniglio, ma si suicidò quando avevo tredici anni. Non aveva capito che eravamo al nono piano.
Fissai con una smorfia l’albero di Natale, sotto al quale c’erano solo due pacchetti.
Che tristezza sconfinata.
Bhè, io non ci sto a deprimermi anche il giorno della vigilia! Ci sarà qualcosa da fare in giro, no? Persone da incontrare, strade da..stradare, ragazzi che non vedono l’ora di afferrarti e sussurrarti ‘ehi..vuoi incendiare il natale con me?’
Certo, sicuramente.
 
24 DICEMBRE, ORE 11.24
Porca troia, non si cammina per le strade! Non ho mai visto tanta gente tutta insieme in vita mia, neanche quella volta che rimanemmo bloccati sulla sessantaquattresima per sei ore e Beyonce (intrappolata qualche macchina più avanti) aveva improvvisato un concerto.
Vidi l’insegna di TopShop, e mi precipitai nel negozio. Venni investita da un getto di aria calda, ma solo per un secondo perché subito dopo una biondona patinata mi diede una gomitata per afferrare un vestito rosso fuoco.
“EHI!”
La psicolabile fece finta di non sentirmi e proprio mentre stavo per sferrare un calcio volante roteante insieme a chuck norris sulla sua testa, una ragazza dal leggiadro peso di centosessanta chili mi pestò un piede.
Cercai di aggrapparmi ai vestiti, ma finì per trascinare giù tutta la fila di jeans insieme alle stampelle.
Silenzio.
La musica si era improvvisamente interrotta.
Le commesse mi fissavano.
Le clienti mi fissavano.
Persino il barbone sul marciapiede aveva smesso di pisciare nel tombino per fissarmi.
“Ehm..scusate..adesso rimetto tutto appos..”
“FERMA!” una commessa urlò istericamente, e mi venne incontro correndo per strapparmi le stampelle dalle mani “Metto io apposto, grazie.” mi fece un sorriso inquietante, e siccome avevo paura che cominciasse a ruotare la testa di 360 gradi come la bambola assassina mi allontanai velocemente.
Camminai a testa bassa fino all’uscita, fissando con grande interesse i miei piedi.
Non guardatemi, non guardatemi, non guardatemi..
“Oh!”
“Ah!”
Mi scontrai con qualcuno, e rimbalzai all’indietro come una molla. Alzai lo sguardo e bum, le ovaie si ridussero in ex-ovaie.
Occhi azzurri, belle spalle (una a destra, l’altra a sinistra della testa), abbronzatura stile 90210 e aria deliziosamente smarrita.
“Scusa, non ti ho proprio vista..” cominciò, e la sua voce smosse qualcosa nelle ex-ovaie “..tutto okay?”
Mi fissò per un po’, e mi stavo chiedendo se fosse andato a sciare o al mare per abbronzarsi quando mi accorsi che aspettava una risposta “Ah, mare.” dissi.
Lui: cosa?
Commesse: cosa?
Universo: cosa?
Cervello: sei spastica.
“Ehm, scusa, ero sovrappensiero. Tutto okay, sì certo, alla grande.” cercai di rimediare, mostrando un sorriso da persona normale.
Lui sembrava un po’ dubbioso, ma accennò un sorriso “Si, certo..allora ci vediamo.” mi fece un occhiolino, ed entrò nel negozio.
Restai a fissare la sua bellissima schiena (aveva una colonna vertebrale proprio al centro) per un po’, sperando che si girasse per attaccare bottone.
Ma non lo fece.
Dai dai, girati, sono ancora qui!
Okay, se non si gira entro tre secondi me ne vado. Uno, due…due e un quarto, due e mezzo, due e mezzo e un sedicesimo, due e mezzo e un ottavo..
“Senti..” cacciai fuori la voce, senza neanche volerlo “..fai qualcosa oggi?”
Mi fissò sorpreso, e in quell’istante realizzai che stavo filtrando con una sorta di dio greco dentro TopShop, e che non avevo alcuna speranza.
Oddio, no, sono un’idiota, dovevo stare zitta, zitta, zitta, zitta!
Stavo per dirgli di lasciar perdere, quando mi anticipò “Veramente, sto facendo il regalo di natale a mia sorella. Sai, sono stato fuori e passo la vigilia in famiglia..” cominciò, e mi sarei davvero voluta sotterrare.
Dio, quanto è orrendo essere una sfigata.
“Ma magari, potresti darmi il tuo numero.” continuò, rivolgendomi un sorriso ammiccante.
Oh cazzo. Oh cazzo. Ci stava!
Ci stava?
Sì, ci stava!
“Oh, sicuro.” risposi, afferrando con nonchalance il cellulare che mi porgeva. Memorizzai il mio numero, cercando di non sbagliare e di non scrivere il numero gratuito dei segni zodiacali che consultavo tutti i giorni (era già successo).
Abbronzatissimo riprese il cellulare, e chiamò il mio numero “Così puoi salvarti il mio, e qualche volta ci sentiamo.” mi disse, tranquillo.
Si comportava come se non facesse altro che prendere numeri delle ragazze dalla mattina alla sera. E probabilmente era così.
“Già, comunque io sono Eleanor.”
“E io sono Dave. Sai, non mi capita spesso che sia una ragazza a farsi avanti con me.”
“Oh bhè, io sono un po’ così, mi butto..” feci per spostarmi con eleganza un ciuffo di capelli, ma urtai con il gomito uno spigolo
“AHIA, cazzo, il nervo!” urlai, e Dave Miami Vice scoppiò a ridere. “Sei davvero un tipo, ci vediamo eh?” mi diede un buffetto sulla guancia (?) e si allontanò.
W.o.w.
 
Posai il telefono sulla spalla, lasciando che dall’altra parte squillasse, mentre posavo una gamba sul bordo della vasca.
Non so con quale coraggio l’estetista oggi non abbia voluto aprire il negozio. Neanche quando ho attaccato lo scotch al campanello (lei abita proprio sopra il negozio), neanche quando ho cominciato ad urlare che ero la polizia, neanche quando le ho detto che c’era un corpo morto sullo zerbino mi ha aperto. Si è limitata a lanciarmi una molletta per i panni e gridarmi di sparire. Bhè, poteva impegnarsi di più, io sono cresciuta in un quartiere dove lanciano coltelli.
Quindi, ora mi ritrovo a farmi la ceretta da sola il giorno della vigilia. Magari Dave domani mi avrebbe chiamata per uscire, non potevo presentarmi tutta pelosa.
“Andiamo Sam, rispondi!” esclamai al telefono.
 
‘Questa è la segreteria di Sam, in questo momento sto mangiando caviale su un volo per Parigi, richiamate tra nove ore, au revoir!’
 
“Sam, piantala di ingozzarti come una scrofa e rispondi al cellulare. Ho incontrato un tipo da favola, ho cominciato a flirtarci e ci siamo scambiati i numeri! Non è fantastico? Okay senti, devi richiamarmi per forza, perché sono sola a casa e mi sto deprimendo. Non è triste passare la vigilia da soli? Si lo è, quindi muovi il culo, e richiamami, e poi no..”
Un bip prolungato mi informò che era scaduto il tempo per il messaggio vocale, e attaccai con uno sbuffo.
Ora, in sottofondo, c’era solo la lavastoviglie. Che novità.
Diedi il primo strappo sulla gamba, e lanciai un gridolino di dolore.
Io. Odio. La. Ceretta.
 
DIECI MINUTI DOPO
Dio, fa troppo male. Ho fatto solo mezza gamba e già devo stendermi dal dolore.
E poi che angoscia, questo silenzio. Perché nessuno mi chiama?
Perché nessuno mi cerca?
 
UN MINUTO DOPO
“Pronto?”
“Ma si può sapere perché non chiami? Non mi cerchi?”
“Elle, sei tu?”
“No Harry, sono tua nonna. Quella pelata.” ribattei, ironica.
“Guarda che qui sono già le sette di sera, e stiamo per..TOM, NO, togliti la senape dalle mutande!” ci furono una serie di risatine in sottofondo, e il rumore di uno schianto.
“Che succede, Harold?” gridò qualcuno, in lontananza.
“Zia mi chiamo Harry, non Harold!”
“Che c’entra mia sorella Carol?”
“Ho detto Harold, non Carol!”
“Eh, chi mi chiama?”
“Harry!” urlai, stridula “Vai in bagno!”
Si sentì uno sbuffo, poi dei passi pesanti e lo sbattere di una porta “Dio, sembra di stare al circo qua dentro.” si lamentò, esasperato
“Almeno tu sei con qualcuno, io passerò la vigilia da sola.” commentai, amareggiata “Allora, che stavi facendo?”
“Perché questa improvvisa voglia di parlarmi? Sei in carcere, ti hanno presa i terroristi, hai finito le scorte di Vanity Fair?”
“Mi servi da distrazione mentre mi faccio la ceretta.”
“Ma che schifo!” commentò.
“Come credi che facciano le donne ad avere le gambe lisce, leccandosele?” ruotai gli occhi al cielo “Avanti, di’ qualcosa!”
“Non è successo niente di niente qui. Stanno preparando la cena da questa mattina alle nove, e ancora non hanno finito. Ci sono due tacchini ripieni.”
“Oddio!”
“Sì ma tranquilla, solo perché in uno mia cugino aveva messo sua sorella neonata al posto del ripieno.” spiegò
Ora era tutto logico “Adesso capisco da dove sei uscito tu, Styles.”
“Aspetta, dammi qualche secondo per rotolarmi dal ridere.” seguirono dei secondi di totale silenzio “Okay, fatto.”
“Ah-ah, sei troppo simpatico.”
“Rosie pensa che io sia estremamente divertente.”
Rosie.” ripetei, quasi sprezzante. Sprezzante? “Da quando è saltata fuori questa tua migliore amica?”
“Ci conosciamo da sempre, siamo praticamente cresciuti insieme.” rispose, con palese aria di sfida.
“Falle tanti auguri. E falle anche fare una lampada, perché suppongo che sia bianca cadaverica come tutti voi inglesi.”
“Oh no, lei è davvero davvero carina. Ha gli occhi azzurri, i capelli rossi ed è parecchio alta. Tu la dovresti guardare con il binocolo.” continuò, divertito
“..Scusa, hai detto qualcosa? Stavo rispondendo ad un messaggio. Sai, c’è questo Dave che ho conosciuto oggi che è uno schianto. Abbronzato, muscoloso..” cominciai ad elencare, prima di dare uno strappo più forte alla gamba.
Ahia, cazzo!
“E dove l’hai conosciuto? Su we heart it?” mi prese in giro
“No, da TopShop. Stava facendo il regalo per la sorella, e sai come funziona, da cosa nasce cosa..”
“Sì, certo.” mi interruppe, brusco.
Rimanemmo in totale silenzio per un po’. Completamente muti.
“Allora fai tanti cari auguri a Rosie.”
“Sicuro, e tu salutami Dave.”
“Lo farò di certo.”
“Bene.”
“Benissimo!”
“E allora ciao!”
“Già, ciao!”
Attaccai, e di nuovo ci fu solo il rumore della lavastoviglie in sottofondo.
Perché mi sembrava di aver appena litigato con Styles?
 
 
24 DICEMBRE, 23.40
Divano. Copertina di lana rosa. Fotogrammi de Il Grinch in TV. Vaschetta di pollo surgelato sulle gambe.
Era tutto terribilmente deprimente. Non avevo mai passato una vigilia così silenziosa, così..da sola.
Papà mi aveva chiamata prima ma poi non so, qualcuno avrà morso una flebo e chiamato di corsa l’infermiere, cioè lui, e mi aveva attaccato.
Sospirai, poggiando la testa sullo schienale del divano. Alzai il volume della TV, in modo che il rumore si diffondesse per tutta casa. Magari così i vicini avrebbero pensato che c’era una festa.
Guardai prima il cellulare alla mia sinistra, e poi il telefono di casa alla mia destra. Non mi avevano richiamato né Sam, né Dave, né Harry.
Sam starà mangiando baguette ripiene e abbordando camerieri francesi in giro per l’hotel, Dave sarà con la sua fantomatica sorella e Harry in mezzo alla baraonda dei suoi parenti.
Ed Eleanor è sul divano, da sola, a guardare Il Grinch, a venti minuti dalla mezzanotte.
Improvvisamente mi venne voglia di piangere, senza nessun motivo. Perché sono sempre da sola? Anche la vigilia?
Chi cazzo è questa Rosie poi? Styles è sempre stato uno sfigato, e adesso mi molla al telefono per una..una..una cavallona inglese con i capelli color carota avariata, sicuramente.
Oh, vaffanculo a tutti, fa tutto schifo. Tanto varrebbe che fossi morta, no? Se mi impiccassi con i lacci dei vecchi stivali da pesca di papà non se ne accorgerebbe nessuno.
Forse Sam dopo qualche giorno, ricordandosi che la sua piastra ce l’ho io.
E nessuno mi chiama per augurarmi buon natale.
Ho sedici anni, e sono già sola come una vecchia zitella con sessantasei gatti. Ma senza i sessantasei gatti e il catetere.
Gesù, se ci sei, se non hai un cazzo da fare e ridi delle mie sfighe, fai arrivare una chiamata. Anche da un maniaco, ma almeno una chiamata!
In quel preciso istante, il cellulare prese a squillare, e sul display apparve Dave.
Stavo per afferrarlo con forza, quando squillò anche il telefono di casa. Sul display lampeggiò il prefisso dell’Inghilterra.
Guardai il cellulare, poi il telefono.
DRIIIN. DRIIIN.
Telefono, cellulare.
DRIIN, DRIIN, DRIIIN.
Che faccio? Cosa faccio?
DRIIN. DRIIN.
DRIIN.
Risposi.
“Ehi, ciao Dave..”
E il telefono continuò a squillare.



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Capitolo 15
*** Blue jeans ***


*rotola nella pagina*
ehilà, come state? ci ho messo davvero poco ad aggiornare neh? solo tre mesi e passa.
ahahah.
ahah.
ah ah.
D:
io proporrei di saltare la parte in cui chiedo perdono in ginocchio e saltare a quella in cui siete contente per il capitolo.
cosa che non accadrà, perchè il capitolo fa cagare MAAA don't you worry perchè prometto che farò di meglio.
detto ciò, se rachele che si è chiamata martasreader qui su efp *tears come streaming down my face* non ritrova la password e non recensisce le spacco el seder-olè in tanti piccoli pezzetti e li spargo per il deserto del Sahel.
vi amo, lo sapete vero? in questi ultimi giorni poi mi metto sempre a rileggere tutte le recensioni che mi avete lasciato e penso che se pubblicassi una fanfiction mettendocele dentro tutte sarebbe la mia migliore ff.
bai bai chicas, godetevi le vacanze e squartate l'agnello grasso!








Quando quel lunedì sei gennaio la sveglia suonò, la lanciai sul pavimento, si ruppe, ruzzolai dal letto, mi sbucciai la coscia destra con i residui della sveglia sul pavimento, bestemmiai in lettone, strisciai sui gomiti fino al bagno, mi resi simile ad un essere umano invano, misi quattro biscotti tutti in bocca, salutai mio padre, mio padre mi disse che forse tornava la sua collega a cena, mandai a cagare mio padre, constatai che le forchettate in testa fanno male e arrivai a scuola in ritardo, non pensavo che sarebbe stato un lunedì diverso da un altro.
E pensavo bene, perché non successe un cazzo.
Harry non era ancora tornato, e non l’avevo più sentito. A volte mi trovavo a fissare intensamente lo schermo del cellulare sperando che mi scrivesse qualcosa di insensato tipo ‘hai fatto il 287 di matematica??’ giusto per tampinarlo, ma non lo fece.
 
 
Martedì quattordici gennaio mi svegliai pensando che fosse giovedì, quindi preparai lo zaino con tutti i libri e quaderni del giovedì.
Ho detto ‘libri e quaderni’ ma in realtà sono fotocopie dei libri di testo che costano troppo e fogli volanti barra carte della pizza barra tovaglioli sui quali prendo occasionali appunti. Tipo questo, che è di..storia, sì, storia e su cui c’è scritto ‘Cesare si bomba Cleopatra come se non ci fosse un domani e poi ammazza tutti a Zela 48 a.C.’
Comunque fu piuttosto traumatico sapere che avevo sbagliato completamente giorno.  Ero seduta per terra in corridoio a ripassare con Sam, quando suonò la campanella
“Oh, che palle. Non ho finito.” borbottò Sam, scostandosi una ciocca bionda dal naso
“No dai, non possiamo lasciare le cose così!”
“Ma è suonata!”
“Solo una ripassata generale, okay?”
Sbuffò “E va bene, dammi la mano destra.”
Sorrisi soddisfatta “Questo smalto crepato è il miglior affare di questo mese, decisamente.” guardai un primino correre trafelato verso la sua ala, e non so se fosse più ridicolo che corresse o che corresse per andare a studiare. “Abbiamo storia ora, vero?”
Sam alzò un sopracciglio, ma non distolse lo sguardo dalle mie unghie “Io ho spagnolo, e tu hai matematica. El, a gennaio persino il criceto cieco della mia domestica ha imparato l’orario!”
“Ma che dici? Il giovedì a seconda ora c’è storia e ne sono certa perché tutte le volte che un letale virus intestinale mi attacca è giovedì!” esclamai, ricordando quanta fatica costasse fingere di essere piegata in due dal dolore per non andare a scuola.
“Oggi è martedì infatti. Oh guarda, mi hai fatto sbagliare!” sbottò, mollando il pennellino.
Fissai il vuoto per qualche istante, prima di balzare in piedi facendo rovesciare lo smalto e tirandomi dietro un ‘ma sei cogliona?’ di Sam. Afferrai la borsa e presi a correre verso l’aula di matematica, dove Schizzy Lo Schizzato (prof di matematica) mi aspettava pronto a mettermi in detenzione per un ritardo.
E correvo. Per andare a studiare.
Ma che tristezza di vita.
 
 
 
 
blue jeans, white shirt
walked into the room you
know you made my eyes
burn
 
Spalancai la porta con il fiatone, e gli occhietti freddi e viscidi del prof si posarono su di me, come quelli di altri venti studenti agonizzanti che avrebbero preferito guardare anche un caprone partoriente piuttosto che la lavagna.
“Prego Lake, entra quando sei più comoda. Vuoi anche un caffè? Biscotti?” domandò, sarcastico
“Veramente no, ho lo stomaco chiuso per le meravigliose scoperte che faremo in questa lezione!”
Lo dissi con sincero entusiasmo, ma lui sbattè come un pazzo il registro sulla cattedra e mi urlò di andarmi a sedere prima che mi mandasse dal preside, dalla polizia, da Obama, dalla CIA, in un campo di concentramento o peggio, alla lavagna.
Era rimasto solo un posto all’ultimo banco, accanto a Felix lo smilzo, così chiamato perché pesava centonovanta chili. Comunque poco mi importava, quindi trascinai le mie stanche membra accanto a lui, pronta a farmi una sana dormita.
Ma proprio mentre sistemavo l’astuccio come cuscino la porta della classe si spalancò nuovamente e alzai lo sguardo.
Giuro, se avessi avuto dell’acqua l’avrei sputata sulla faccia di Smilzo. In assenza di questa mi limitai a sputargli su una scarpa dallo stupore.
Quello che io avevo conosciuto come brufoloso madre teresa, un inglese pressoché asessuato, aria vagamente carina coperta da un casco di banane e maniglie dell’amore che assomigliavano più a comodini dell’amore, era sulla porta.
Irriconoscibile.
Jeans blu che gli fasciavano delle gambe più atletiche delle mie (sul serio), maglietta bianca stile pompiere sexy, cappello che tirava indietro il casco di banane e lasciava libera la fronte.
Era..era perfetto. Sembrava un fottuto modello.
Come diavolo aveva fatto?! Harry Styles, san francesco, semi-balbuziente, in un mese e qualcosa sembrava uscito da America’s Next Top Model.
“Ehm..scusi il ritardo prof.” disse schiarendosi la gola, in imbarazzo, e finalmente tutte le possedenti di una vagina della classe si destarono dal coma cominciando a ridacchiare e parlottare stupite.
Anche la sua voce sembrava diversa, più roca.
Oddio.
“Figurati Styles, bentornato dalle vacanze!” lo accolse cordialmente il prof. Ovviamente io ero stata quasi issata in cortile al posto della bandiera americana per il ritardo, ma Styles che aveva come media A+++++++ poteva fare il ritardo che voleva.
Lui si guardò intorno per la classe, e i nostri sguardi si incrociarono. Dovevo avere proprio una faccia bizzarra, perché trattenne una risatina e si sedette al terzo banco vuoto.
“Porca troia.” sibilai. Il prof riprese a vaneggiare verso la lavagna, io afferrai l’astuccio e mi mossi veloce come una faina verso il terzo banco.
Mi sedetti accanto a lui e gli diedi uno schiaffo sul braccio
“Ahia!”
“Che cazzo hai fatto?” lo assalii
Lui si scrutò preoccupato il braccio rosso, con il broncio “Guarda che questo è il braccio dove faccio le analisi del sangue, se mi hai colpito la vena cefalica io..”
“Te ne compro un’altra di vena cefalica, dannazione! Mi spieghi cosa hai fatto?”
Mi lanciò un’occhiata veloce con i suoi occhi verdi, poi tornò a fissare la lavagna incrociando le braccia al petto.
Braccia muscolose. Dove si vedevano le vene.
Io adoravo le vene sulle braccia dei ragazzi.
Ero una venomaniaca.
“Non so di che parli.” rispose, con finta tranquillità.
“Styles, se ti stai esercitando come spia comunista russa non sta funzionando. Sei..sei..” finalmente bello come sospettavo? da mozzare il fiato? stupendo? “..come uscito dalla lavatrice!” finii, strozzata.
“Lake, piantala di parlare!”
“E tu piantala di fotterti il gognometro!” sbottai al professore, ma non ad alta voce. Al sicuro, nella mia testolina.
Harry alzò un sopracciglio “Non so se essere compiaciuto, offeso o solo confuso. Comunque, ho fatto palestra, una dieta e basta. Sono sempre io.”
“Bhè non direi, visto che Susan..” e indicai la bionda alla mia destra “..ha chiesto alla compagna di banco da quando c’è un modello nella classe di matematica.”
Styles strabuzzò gli occhi, che assunsero l’aspetto di due campi da golf “M-m-modello?”
“Sì, m-m-modello. Ma spera che non ti senta parlare, perché la connessione lingua-cervello è ancora debole.” replicai
“Perché sei così acida? Dave non ti ha chiamato perché era troppo occupato a depilarsi gli alluci?” sputò fuori, infastidito
“No, con Dave va tutto alla grande. Siamo fidanzati, oggi è il nostro settimanaversario, ovvero facciamo già due settimane insieme.”
Bugiarda, bugiarda, bugiarda, bugiarda. Non sentivo Dave da Capodanno, quando mi aveva scritto ‘hai lasciato la sciarpa a casa mia!!’.
“Auguri. Accoppiatevi e popolate il mondo con la mia benedizione.” commentò incolore, sempre fissando la lavagna.
Sbuffai, e mi girai anche io. Ma tutte quelle x, y, numeri, lettere, rette mi stavano dando ai nervi più di quanto mi dessi ai nervi io stessa.
Gli diedi un altro pugno sul braccio.
“Ah! E questo cos’era?!”
“Era per fare pace. Mi sono rotta di litigare.”
“Tu prendi a pugni le persone quando vuoi fare pace?”
“No, a volte sputo anche.”
Fece una smorfia, che non era altro che un pessimo tentativo di coprire una risata. Poi si girò verso di me e mi diede un buffetto (!!) sulla guancia.
“Mi sei mancata.” mormorò in un soffio, disegnando dei cerchi sui suoi jeans. Ma io finsi di non sentire.
Anche tu mi sei mancato, Harry.
 
 
“Eleanor!”
“Sì?”
“Oddioaprfacebkknonpucaprcosaecescrtisuharry!”
Posai la patatina che stavo per addentare e sistemai meglio il telefono, sbuffando “Se sei di nuovo il maniaco della cabina telefonica no, le mie mutande non sono di hamtaro okay?”
“Sono Sam.” disse piccata la voce dall’altra parte della cornetta, ora distinguibile “Ho detto che devi assolutamente aprire facebook e vedere cosa stanno scrivendo sul profilo di Styles!”
“Lo sai che non ho facebook, anzi non ho proprio un computer.”
Il vecchio forno elettrico degli anni sessanta aka computer che avevamo se lo era portato via Suze-faccio-l’emigrata-messicana, e da quel momento ero informata sui fatti più importanti del mondo che mi circondava (con chi esce DiCaprio, la custodia dei figli di Britney Spears, se Kate e William aspettano una femmina ecc.) quanto una pianta di fico morta.
“Ah è vero, bhè comunque è stato tartassato di inviti ad uscire da praticamente tutte le ragazze della scuola! Anche da Bo, la bidella che sta sempre in pausa sigaretta!”
“Chi, quella che rovescia di proposito i cestini nelle aule e poi ci chiama ‘luridi maiali avariati’?”
“Lei!” esclamò Sam, sempre più stupita.
“Ma lui non ha accettato nessun appuntamento, vero?” chiesi, giusto per essere sicura. Voglio dire, ero certa che Styles non avrebbe accettato nulla. Lui non è il tipo che esce con chi non conosce, a malapena esce con me, e dopo mesi e mesi di violenza psicologica!
“Veramente..credo che tu abbia vinto la scommessa.” commentò Sam, infastidita “Perché la capo cheerleader lo ha invitato ad uscire, e lui ha scritto ‘contaci’.”
Oh, merda.

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