Only if for a night.

di beautiful mind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Only if for a night - prima parte. ***
Capitolo 2: *** Only if for a night - seconda parte. ***



Capitolo 1
*** Only if for a night - prima parte. ***


Titolo: Only if for a night.
Autore: Io - beautiful mind e blindingx .
Fandom: Supernatural.
Personaggi: Dean Winchester, Castiel, Sam Winchester, Mary Winchester.
Coppia: Dean/Castiel (ovviamente uù)
Capitoli: 1/2
Raiting: Giallo.
Note: Allora questa one-shot - molto molto lunga - è stata scritta a 4 mani ed è praticamente il frutto di un fangirlamento(?) prottratosi nel tempo che ci ha portate a scrivere la nostra prima Destiel.
Il titolo è preso da una canzone di Florenza e le macchine - Florence + The Machine perchè è Destiel, non c'è altro da aggiungere.
Non vi anticipiamo nulla ma se l'introduzione vi ha incuriosito un pochetto non c'è altro da fare che leggere e affogare nei feelings come abbiamo fatto noi!
Credo non ci siano errori di alcun genere - letta, riletta e super corretta - ma se doveste trovare qualche imperfezione ditecelo assolutamente!
Ciancio alle bande, leggete, godetevela e se vi va lasciateci una piccola recensione (in cambio promettiamo di sommergervi di tante cose Destiel <3)
Diclaimer: Nè Dean nè Castiel - e nessun altro personaggio - ci appartengono, purtroppo!



 Only if for a night.

 

And I had a dream
About my old school
And she was there all pink and gold
And glittery
I threw my arms around her legs,
(Came to weeping, came to weeping)







Nella cameretta dalle pareti di un azzurro pallido, di casa Winchester, l'unico rumore che spezzava la tranquillità di quel pomeriggio caldo e soleggiato era il cozzare di pastelli a cera su un foglio.
Adorava disegnare.
Dopo le macchinine, da cui il bambino non si separava mai, il suo passatempo preferito era imbrattare fogli su fogli, disegnando montagne dai colori falsati, mamma e papà e il suo fratellino – o come se lo immaginava lui. Steso sul parquet chiaro di quella stanza Dean Winchester, per l'ennesima volta, stava disegnando se stesso con le piccole manine occupate da un orsacchiotto, un bambino e la sua mamma con quel pancione gigante- diceva ogni volte che lo carezzava – ed il suo papà. Immerso nella creazione del suo capolavoro personale, non si accorse che alle sue spalle sua madre lo fissava, divertita da quanta passione il suo piccolo ci mettesse nel disegnare e consumare una quantità industriale di pastelli.

«Dean, tesoro, hai fame?» chiese la donna raggiungendo il pargoletto e sbirciando sopra la sua chioma chiara cosa stesse disegnando ma prontamente Dean nascose il disegno con le proprie braccia farfugliando un «Non è finito, non puoi vederlo mamma.» imbronciato.
«D'accordo, d'accordo! Per farmi perdonare la mamma ti porta su una bella fetta di torta, ci stai?»
Il bambino, tutto sorrisi e lentiggini per la gioia di poter ingozzarsi con una grossa fetta di torta di mele annuì entusiasta per poi rituffarsi a capofitto nel suo piccolo quadro. «Questo sono io.» disse in modo distratto scrivendo il suo nome sulla sua figura che stringeva il suo orsacchiotto preferito; «questa è la mamma con Sammy e papà» fece lo stesso sulla sagoma dai capelli biondi che stringeva la mano di John « e questo sei tu.» disse alla stanza.
«Spero ti piaccia, io ti immagino così.» riprese, prendendo delicatamente il foglio tra le mani issandolo verso il soffitto.
«Cucciolo, cosa fai?» Mary, con in una mano la fetta di torta e nell'altra un bicchiere di latte, si inginocchiò vicino Dean che gli mostrava fiero e impettito il disegno.
«Mostravo il disegno al mio amico.» rispose con la sua voce infantile «tieni guarda!» continuò,lasciando il foglio tra le mani della madre e strappando un grosso boccone alla torta di mele che lo fece inevitabilmente sorridere.
«Questo è Sammy tesoro?» chiese la mamma indicando la figura che Dean aveva disegnato accanto a sé nel disegno.
«No mamma.» biascicò a causa del gran boccone che masticava «E' il mio amico, mi tiene sempre compagnia. Quando vado al parco lo invito sempre a giocare con me e mi da sempre la buonanotte.» continuò mandando giù tutto con un lungo sorso di latte freddo, sbrodolandosi un po'.
«Avrai mica un angioletto come migliore amico, Dean?!» lo guardò intenerita Mary per poi pulire le labbra del suo cucciolo con la manica del suo maglione di un rosa antico.
«Un angelo?!» sbottò Dean spalancando i suoi occhioni verdi «Davvero mamma?» continuò, non riuscendo a bloccare la sua sorpresa.
«Potrebbe essere, tesoro.» rispose gentile Mary per non smontare tutto il suo entusiasmo, passandogli una mano tra i capelli corti «come si chiama?» continuò, stando al gioco del proprio bambino.
«Non lo so.» rispose con aria innocente e un po' più cupa « Non lo dice mai ma mi dice sempre che posso fidarmi di lui.» snocciolò con calma posando il piattino ormai privo di torta sul pavimento e riprendendo il disegno per apportarvici una piccola modifica.
Con mano incerta e tratti veloci Dean disegnò appena vicino alle spalle del suo amico due piccole alette, che sembravano più delle nuvole tondeggianti e soffici ma lui se le immaginava così.
«Ecco, adesso è finito per davvero!» rispose entusiasta mostrando di nuovo il suo piccolo capolavoro alla mamma.
«E' davvero bellissimo, tesoro mio.» gli disse Mary prima di sparire dietro la porta della cameretta dai pallidi muri azzurri e ritornarsene in cucina a nascondere la torta, prima che Dean ne rubasse un altro pezzo.

 

 

 

*°*°*°

 

 

 

C'erano giornate che iniziavano bene per Dean Winchester. C'erano quelle che iniziavano male o ancora che iniziavano bene e finivano male, ma non c'era problema perché Dean ci era abituato. Il problema erano quelle giornate in cui non riuscivi a capire se le cose stessero andando bene o male o se fossero cambiate.
Dean odiava quel tipo di giornate.
Sam era andato fuori per indagare su un caso. Suo fratello gli aveva assicurato che poteva gestire il tutto da solo suggerendogli di approfittarne e di godersi una bella giornata di relax.

Ecco, se c'era qualcosa che Dean odiava erano sicuramente le giornate in cui avrebbe dovuto-teoricamente-rilassarsi. Non era per fatto per quel tipo di cose. Doveva essere in movimento continuo. Certo,gli sarebbe piaciuto passare un'intera giornata sul divano a poltrire, tuttavia questo avrebbe comportato il fatto di restare solo con se stesso,con i suoi pensieri.
Dare la caccia a mostri di qualsiasi entità andava bene, ma affrontare i propri pensieri no. Era più difficile di tutto.

Per non correre il rischio decise di ripulire l'Impala,rivoltandola come un calzino: Dal cofano sbucò uno scatolone con alcuni dei diari di suo padre. Ora avrebbe dovuto semplicemente prendere quello scatolone appoggiarlo da qualche parte. “Non osare aprire questa scatola, sappiamo già come andrà a finire” continuava a ripetersi. Poggiò lo scatolone a terra,cercando di raggirare se stesso distraendosi per un attimo guardando nel cofano dell'auto. Tornò sullo scatolone e alzò gli occhi al cielo.
“Dean Winchester sappilo,sei proprio un coglione” pensò, scandendo per bene l'ultima parola. Si piegò sulle ginocchia e con il palmo della mano cercò di togliere lo strato di polvere che ricopriva lo scatolone ormai logorato dal tempo. Con le dita cercò di separare i vari diari. Erano tutti scuri e impolverati. Ne prese un paio e li sfogliò rapidamente.
«Demoni,vampiri,fantasmi ,blabla...» sussurrò facendo scorrere le pagine ingiallite tra le dita.
Fece per riporre le agende nello scatolone quando al suo interno una macchia azzurrina fece da faro in quel mare di cartone,fogli e polvere. Afferrò l'agendina delicatamente.
Quel colore così chiaro in mezzo a quelle sfumature di nero e grigio gli metteva tristezza. Quasi si sentì dispiaciuto per l'agendina, costretta a vivere nell'oscurità nonostante la sua tonalità pastello. Dean quasi dubitava che appartenesse a suo padre.
Iniziò a sfogliarla e leggendo rapidamente solo un paio di pagine, sentì il cuore stringersi. C'erano scritti particolari a caso su di lui e Sam. Non avevano un ordine preciso. Alcuni fogli erano bianchi,altri riempiti dall'inchiostro nero. C'erano delle pagine in cui John aveva annotato appena un pensiero. "Oggi Sam e Dean hanno giocato a pallone. Sam sta migliorando."

"Dean ha il sorriso di Mary. Mi piace."
 

"Mary ha tagliato i capelli."
 

"Sam ha detto la sua prima parolaccia."


"Dean oggi mi ha chiesto quando ho conosciuto Mary."



A leggere quelle parole sentiva il fiato mancargli. Era come se all'improvviso tutto quello che aveva passato lo stesse schiacciando.

Respirò profondamente. Sfogliò di nuovo rapidamente l'agenda azzurrina per metterla nella tasca interna del suo giubbotto di pelle.
Una brezza di vento gli soffiò il viso. Per un attimo immaginò fosse una carezza di Mary.
Si accorse che il vento aveva fatto cadere dal diario un foglio di carta che ora giaceva ai suoi piedi. Lo raccolse e lo aprì delicatamente.
Una croce immaginaria, formatasi per l'essere stato troppo tempo piegato sotto il peso di tutto quei diari, divideva in quattro parti irregolari il foglio. Prato verde, riempito di colore fino agli angoli bassi del foglio, sole arancione e quattro persone.
Il disegno era stato fatto da una mano bambina. Le forme erano semplici e grossolane. C'erano John e Mary, con tanto di pancione,che si tenevano per mano. C'era lui, accanto a loro con un bel sorrisone e un peluche nella mano destra. Passo un dito sui contorni dei suoi genitori poi poi soffermarsi sul peluche marrone. Accanto alla sua figura, disegnata leggermente più in altro, c'era un'altra persona. Non riuscì a capire di chi si trattasse. Sam era ancora nel pancione,quindi non poteva essere lui.
Avvicinò il foglio al viso per poterlo osservare meglio.
Dalla figura non riusciva a capire se si trattasse di un adulto o un bambino. Il disegno era più sbiadito degli altri. Ciò che saltava all'occhio era il contorno nero, così come i capelli. Le spalle erano più irregolari rispetto gli altri disegni,erano sproporzionate. La figura tendeva la mano al Dean del disegno o almeno così pareva al cacciatore. Osservò meglio quella figura - solo per un'ultima promise a se stesso - e finalmente riuscì a realizzare che non erano le spalle ad essere sproporzionate ma il tizio in disegno ad avere un paio di piccole ali, più sbiadite e imprecise, come se fossero state fatte in fretta. Come un dettaglio aggiunto alla fine di tutta l'opera.
Un dettaglio impreciso ma che doveva essere sembrato necessario al piccolo Dean.
Provò a dare una spiegazione a quel disegno e la prima cosa che gli venne in mente furono le parole dette da sua madre,quelle che non aveva mai dimenticato,insieme ai suoi occhi,al suo sorriso,alle sue carezze e alla sua voce.
"
Gli angeli vegliano su di te,Dean." [*]

 

La notte aveva preso da poco posto nel cielo e Sam era tornato da circa un'oretta. Continuava a parlare con Dean del caso su cui stavano lavorando ma inevitabilmente si accorse che il fratello maggiore non lo ascoltava affatto.
Non si sforzava neanche di fingere di interessarsi. «Dean?» lo chiamò Sam, poggiando le mani sui fianchi «Ma mi stai ascoltando o no?»
«Si, perché?» gli rispose il biondo,tornato con la mente nel luogo dove si trovava fisicamente.
«Perché invece non mi stai ascoltando affatto. Qual è il problema?» Dean scostò gli occhi da quelli del fratello,sospirando profondamente.
«Sammy, nulla. Sono annoiato e basta. Tu riposati,io vado a farmi una birra. A più tardi.»
Detto ciò si dileguò in fretta non lasciando neanche il tempo al fratello di chiedergli dove andasse a quell'ora.
Sam si passò una mano tra i capelli,non sapendo cosa pensare per poi sprofondare nel divano di pelle che, per appartenere ad un motel, era più che pulito. Il suo sguardo si proiettò sull'angolo a lui opposto dove a terra giaceva uno scatolone.
Incuriosito si alzo e vi si avvicinò, controllandone il contenuto.
Prese uno dei diari che vi erano all'interno,poi sfogliandolo e leggendone qualche parte. Lo richiuse delicatamente e tirò di nuovo un sospiro forte. Stavolta più angosciato,un sospiro che racchiudeva in sé anni di lotte contro un destino decisamente troppo accanito sui due Winchester.

 

 

*°*°*°

 

 

Dean fermò la sua bambina al primo bar che incontrò sulla strada per il centro di Carson City, nulla di eclatante: il solito e omonimo locale piccolo e logoro. Dopo essere sceso dall'auto e chiusosi la porta di quel posto alle spalle, lanciò uno sguardo veloce su ciò che lo circondava: il bancone era gremito di persone che aspettavano il proprio drink mentre altri sedevano ai piccoli tavoli rotondi, chiacchierando e sgranocchiando noccioline; il solito tiro a bersaglio in un angolo e nella parte opposta il tavolo da biliardo.
Disturbato da tutte quelle chiacchiere e risate Dean si scelse il tavolo più appartato, voleva solo restarsene per conto proprio e bere come Dio comanda – si fa per dire. Per questo liquidò in pochi minuti la ragazze – tutta tette, labbra rosso fuoco e occhi languidi – che prese la sua ordinazione : una semplice birra. La prima di tante, sicuramente.
Con l'idea ben impressa in mente di volersi sbronzare, Dean riprese dalla tasca interna del suo giaccone di pelle il suo strumento di tortura personale, quel diario di suo padre tanto diverso – sia per colore che per contenuto - dagli altri.
Solo dopo essersi scolato la prima bottiglia di birra, e dopo aver guardato con circospezione il diario azzurro poggiato inanimato sul tavolo nemmeno fosse un mostro pronto ad azzannargli la gola, decise di aprirlo e sfogliare ancora un po' le pagine ingiallite.

“Dean ha mal di pancia, sicuramente avrà mangiato una torta intera” questa nota era scritta a pie' di pagina e lo fece sorridere come non lo faceva da tempo, gli mancava tutta quella spensieratezza ed innocenza che aveva caratterizzato per un po' – davvero troppo poco - la sua vita.
 

“Dean mi ha cacciato via dal giardino, aveva già qualcuno con cui giocare. Incredibile l'immaginazione dei bambini.”
 

Gli rivenne in mente il disegno che custodiva ancora nella tasca della giacca e si chiedeva se sua madre avesse mai indagato, come cacciatrice si intende, su questo sua ipotetico amico immaginario.
Lui l'avrebbe fatto sicuramente, senza pensarci su due volte.
Continuò a leggere mentre buttava giù la sua terza birra e sorrideva, in un modo tutto triste e malinconico, ad ogni pensiero che suo padre scriveva sua madre come quanto fosse bella, l'amore della sua vita, a quanto fosse brava in cucina – aveva sempre avuto un debole per il suo arrosto – e quanto fosse perfetta come madre.

 

“Sam è nato, è bellissimo.” e accanto trovò una foto che ritraeva lui – da bambino – Mary che stringeva tra le braccia un piccolo batuffolo azzurro che era quel gigante di suo fratello.
Quella cosa, quella foto non se l'aspettava, decisamente no ed era troppo, troppo da sopportare.

 

“Sam ci ha lasciati.”
 

“Mi manca Mary.”
 

Dopo queste ultime due note con un colpo secco e fin troppo violento nei confronti di un diario, Dean chiuse tutto, buttando giù l'ultimo sorso della sua quarta birra – il piano di sbronzarsi procedeva a gonfie vele – e continuando a carezzare quella foto inaspettata che ritraeva la sua infanzia.
Perso ad ammirare il viso di sua madre con un' attenzione quasi sacra non si accorse del frullare di ali nell'aria e della comparsa del suo angioletto.
«Castiel! Dannazione ma la smetterai mai di apparire all'improvviso? Vuoi forse uccidermi?!» sbottò Dean portandosi platealmente una mano al petto, all'altezza del cuore, per enfatizzare il concetto.
«Ciao Dean.» lo salutò l'angelo con quegli occhioni blu come il mare che lo scrutavano in modo disturbante «Non ho mai pensato di ucciderti, perché mi dici questo?»
Solito di Cas.
«Ero ironico, hai presente?» disse Dean, pentendosene.
Spiegare cosa fosse l'ironia e perché lo era poi proprio con Cas, sarebbe stato come parlare ad un muro.
Castiel continuava a guardarlo con quel magnetico – blu – interrogativo – dannatamente blu – sguardo e Dean decise di stroncare sul nascere qualsiasi domanda dell'angelo.
«Che ci fai qui? Io non ti ho chiamato.» chiese un po' duro.
«Sam mi ha detto che eri uscito e ti sono venuto a cercare.» rispose Castiel «Mi sembrava particolarmente preoccupato per te.» aggiunse poi alla muta domanda di Dean.
Quindi Sam aveva deciso saggiamente di sguinzagliare i cani, o meglio gli angeli. Era così difficile per tutto il mondo capire che voleva starsene per i fatti suoi a commiserarsi e bere e a bere fino a diventare una birra ambulante?
Evidentemente sì.
Il fatto che poi Castiel fosse lì con lui, non lo aiutava affatto. Amava quegli occhi profondi, davvero, ma non era il momento adatto perché scavassero nella sua anima,non era necessario, si sentiva così abbattuto e depresso che per lui, il suo stato d'animo risultava chiaro come il sole a chiunque incrociasse il suo sguardo, figuriamoci per Cas.
«Dean, parlami.» esordì quest'ultimo che come previsto aveva capito che qualcosa non andava nel cacciatore.
Per quanto inutile fosse, e Dean lo sapeva, mise su la sua solita area sbarazzina accompagnata dall'altrettanto solito sorrisino stampato sulle labbra.
«Non ho nulla da dirti Cas.»
Cosa avrebbe mai dovuto raccontargli? Sono qui da quasi due ore a piangermi addosso perché mi manca la mammina?
«Sei triste.» gli rispose l'angelo.
Un'altra abitudine che Castiel avrebbe dovuto assolutamente perdere, oltre a quella di spuntare dal nulla e causare infarti e fissare in modo disturbante qualsiasi persona con quei suoi dannati occhioni blu, era sicuramente quella di essere troppo diretto, davvero troppo.
«Cos'è questo?» riprese Castiel, sfogliando quel dannato diario.
Rispetto dello spazio personale pari a zero ed evidentemente il rispetto della privacy rasentava lo stesso livello.
Maledetto Castiel.
«Dammi qua, togli le tue mani pennute da questo coso!» sbottò nervoso Dean strappando letteralmente dalle mani di Castiel, solo perché questo gliel'aveva concesso, il diario guadagnandosi un'occhiata truce ed estremamente esilarante da parte dell'angelo.
«E' di tuo padre.» disse ovvio Cas, forse in quei cinque secondi che aveva passato a rimuginare aveva letto quasi tutta il diario, magnifico.
«Senti apprezzo il fatto che ti sia preoccupato per me» iniziò Dean – lo apprezzava davvero ma non ne era abituato - «ma lasciami in pace, non ho bisogno di te Cas.» continuò. Forse era stato brusco o forse no, non gli importava.

In uno sfiorarsi di ciglia, il tempo di pensare a come mandar via Cas nel modo più dolce che Dean Winchester potesse conoscere, l'angelo non sedeva più al suo tavolo.




[*] Avevamo immaginato che la frase "Gli angeli vegliano su di te" dall'episodio 13 della quinta stagione, fosse stata ripetuta più volte da Mery, magari quando il piccolo Dean riusciva a non farsi male al parco giochi o nei mille incidenti in cui un bambino può andare in contro.

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Capitolo 2
*** Only if for a night - seconda parte. ***


Titolo: Only if for a noght.
Autori: beautiful mind e blindingx
Fandom: Supernatural.
Personaggi: Dean Winchester, Castiel, Sam Winchester, Mary winchester, Famiglia Winchester.
Coppia: Dean/Castiel.
Capitoli: 2/2.
Raiting:
giallo.
Diclaimer: Nè Dean nè Castiel - e nessun altro personaggip - ci appartiene, purtroppo!



Only if for a night.





Decisamente poco brillo rispetto alle sue aspettative salì in macchina e accese il motore.
Partì cercando di non badare troppo all'aspetto tetro che aveva quel posto e, soprattutto,cercò di non pensare a quanto fosse stato sgarbato con Castiel.
Era stato uno stronzo colossale.
Si sentì terribilmente in colpa,come al solito.
Castiel era una di quelle cose belle che gli erano capitate nelle vita, quelle cose che nel suo caso si contavano sulle dite di una sola mano.
Castiel era la sua salvezza, la sua luce.
Si sentiva un idiota a pensare quelle cose ma era così, lo ammetteva. Castiel era la sua luce.
Per questo ogni volta che lo trattava male, ad ogni discussione dove puntualmente era quello che mandava a quel paese - ovviamente mai in modo gentile - e Castiel lo fissava dispiaciuto, come
se davvero fosse sempre stato lui la causa dei litigi, si sentiva dannatamente in colpa.
E come ogni volta, anche allora accostò la macchina in un luogo abbastanza appartato, spense il motore e non prima di aver battuta la testa sullo sterzo sbuffando, chiamò Cas.
«Castiel» pronunciò semplicemente nella sua mente.
Sospirò il suo nome nei suoi pensieri, delicatamente, chiudendo per un attimo gli occhi.
«Dean»
Il cacciatore, che stavolta aspettava che l'angelo apparisse da un momento all'altro, si voltò verso di lui.
«Castiel.»
L'angelo sgranò gli occhi -azzurri, splendidi, puri-e inarcò un sopracciglio.
«Sono venuto perché mi hai chiamato. Mi dispiace che ti sia arrabbiato. Non avevo intenzione di-»
«Si, lo so, Cas-» lo interruppe Dean, sapendo cosa l'angelo stava per dire. Poi riprese a parlare.
«Vedi, Cas, io ti volevo dire, beh, ti ho chiamato per -» Dean si stava maledicendo per la sua
incapacità nel dire le parole "Ras-ti-chiedo-scusa". Pronunciava dei acutissimi incantesimi
in latino o in enochiano, non poteva essere davvero così difficile chiedere scusa.
Soprattutto a Castiel.
Per un momento pensò a tutto quello che l'angelo aveva fatto e tutto quello che aveva passato per lui. Così abbassò lo sguardo, sperando che Castiel gli leggesse la mente, ma sapeva che l'angelo non l'avrebbe fatto.
Non lo faceva mai, perché si fidava ciecamente di Dean.
I due restarono per qualche minuto in silenzio, incorniciati dal buio del vicoletto dove l'Impala era ferma.
Dean sentiva gli occhi di Castiel su di lui. Ma non era un peso, non lo era mai a dire il vero.
La presenza dell'angelo era diventata un'abitudine per Dean, come sbadigliare al mattino.
Prima che provasse di nuovo a raccogliere le parole e chiedere scusa all'angelo, quest'ultimo poggiò
delicatamente la sua mano su quella sul ginocchio di Dean, accostandosi alla mano del cacciatore lì posata.
«Cos'ho sbagliato Dean? Cos'ho fatto che non va?» gli sussurrò, fissandolo negli occhi.
E a quello Dean non si sarebbe mai abituato.
Lo sguardo di Castiel, proiettato nei suoi occhi in quel modo, gli scavava l'anima. Gliela inondava e la devastava e poi la riempiva di serenità e di pace, ogni volta che i loro sguardi si incrociavano semplicemente. Ogni volta che immergeva se stesso in quei due pozzi blu.
Gli occhi dell'angelo erano calamite paradisiache.
Cas, in assenza di una risposta da parte del cacciatore, gli sfiorò la mano, incrociando le dita
con le sue. Lo fece senza avere paura di un'eventuale reazione brusca dell'altro.
E infatti Dean accompagnò la danza che le loro dita avevano intrapreso,sorridendo.
Amava Castiel. Lo amava tanto come non aveva mai amato nulla al mondo.
«Cas, non devi scusarti. Io sono quello che deve farlo, sono stato uno stronzo»
Aveva smesso di cercare una spiegazione a quel sentimento irrazionale - amare un angelo,un soldato del signore - perché di irrazionalità si trattava secondo lui e non solo perché si era innamorato
di una creatura celeste, ma per tutto quello che provava quando i due erano insieme.
Il realizzare di amare un angelo – maschio poi, Dean ci pensava continuamente - il sapere che lui ricambiava quei sentimenti e poi il primo bacio, la prima volta che fecero l'amore - e la seconda,e la terza - non erano cose facili da realizzare.
Non lo erano neanche da spiegare, perciò i due decisero di tenere la cosa per sé.
«Non dovevo insistere al bar, è colpa mia» si scusò Castiel, abbassando lo sguardo.
Dean in quel momento avrebbe abbracciato così forte da stritolarlo.
Continuava a chiedersi come facesse ad essere così meravigliosamente amabile in ogni cosa,
come facesse a ridurre il cuore e la mente del cacciatore in un uragano sbronzo.
Slegò le dita da quelle dell'angelo, poggiandole sulla sua guancia ruvida di un filo di barba.
«Castiel» si fece coraggio e si rituffò nei suoi occhi «non devi scusarti di nulla. Tu sei, beh, sei un angelo»
Castiel rimase impietrito dal contatto col cacciatore, dovette tirare un respiro profondo per rimanere calmo.
Era pur sempre un angelo e abituarsi a certe cose per lui non era facile.
Aveva affrontato gli arcangeli, demoni ed ogni sorta di creatura malvagia eppure affrontare i sentimenti, le emozioni e le sensazioni umane restava la cosa più ardua per lui,i insieme al comprendere quelle cosa che gli esseri chiamavano "ironia" e "sarcasmo".

«Vorrei chiederti cos'hai ma ho paura che potresti arrabbiarti di nuovo.» disse l'angelo con uno sguardo disarmante.
Castiel era un bambino rinchiuso in un copro di un uomo, Dean ne era ogni giorno più sicuro.
Il cacciatore aprì la sua giacca per tirarne fuori il foglio piegato dalla tasca, porgendoglielo.
«Cos'è?» chiese interdetto, molto probabilmente Castiel stava pensando “Io gli ho chiesto cos'ha che c'entra questo foglio”, perspicacia angelica insomma.
«Aprilo.» disse Dean semplicemente senza staccare gli occhi dalle mani veloci e sicure di Cas.
Si aspettava di vedere il solito sguardo confuso e perso del suo amico – questa definizione facilitava soltanto le cose in quanto amici proprio non lo erano o almeno non più – di vedere quel blu sempre pacifico agitarsi come il mare colpito da una tempesta ma tutto ciò non accadde.
Dean non aveva mai visto Castiel così sicuro di sé.
«Io questo lo conosco ma non riesco a capire cosa c'entri con il tuo stato d'animo, Dean.»
«Cos-cosa?! Come fai a conoscere questo disegno? Era nascosto nei diari di papà.» sbottò sconvolto mentre la verità si affacciava prepotente nella sua testa ma non voleva crederci, davvero no.
Castiel gli mostrò il disegno a sua volta indicando con la mano affusolata le piccole ali disegnate accanto ad un soggetto del disegno.
«Avevo un angelo che mi controllava? Già a quell'età?!» perché quel fottuto pennuto non gli rispondeva?
«Cas.» se non avesse sputato il rospo con le buone Dean l'avrebbe sicuramente preso a pugno, rompendosi una mano magari «Castiel!» tuonò nel silenzio di quel vicoletto.
«Cas ti prego.» continuò il cacciatore in un sussurro, non voleva essere burbero «Per favore, dimmi che non eri tu. Dio ti ha mandato a controllarmi? Tutto questo è un piano del Signore? Per tenermi d'occhio?» l'esasperazione di Dean era palpabile nell'aria fredda di quella sera.
«Dean calmati.»
«Calmarmi?»
Sul serio, calmarsi? Sapeva dire solo questo quell'angioletto svampito?
«Ho trovato un diario che non ha raccontato altro di una famiglia felice ed unita e di me, bambino che parlavo da solo nemmeno fosse pazzo ma in realtà parlavo con te?!» la sua voce da un sussurrò divenne quasi un grido.
Dean voleva solo ritornarsene nel bar e bere qualcosa di molto più pesante seguito da tante birre e addormentarsi su quel tavolo senza essere disturbato da nessuno, davvero.
«Non mi ricordo nemmeno com'eri. Chi era il tuo tramite? Magari eri il mio vicino e nemmeno lo sapevo!»
«I tuoi vicini a quel tempo non avevano figli.» rispose Castiel come se quella fosse l'unica e sola cosa che preoccupasse Dean. «Mi fanno paura i tuoi occhi.» aggiunse poi l'angelo.
«Sì fai bene Castiel, sono in modalità “se gli sguardi potessero uccidere”» rispose il cacciatore ben conscio che Cas non avrebbe colto quella sottile minaccia «Puoi spiegarmi?» aggiunse ormai distrutto.
«Non avevo nessun tramite, potevi vedermi nella mia forma angelica, un'energia luminosa.» iniziò Castiel.
«Com'era possibile?» chiese perplesso Dean. Aveva ancora tutti e due suoi occhi e vedeva più che egregiamente.
«Eri un bambino Dean, eri puro.» rispose l'angelo e il suo discorso, per quanto assurdo, non faceva una piega «Dopo la morte di tua madre ho lasciato che mi dimenticassi.»
«Mi hai lasciato. Perché Castiel?»
«Ho dovuto. Non eri più un bambino, non dopo quello che è successo. Avrei tanto voluto salvarla, aiutarti ma era troppo tardi. Così l'ultima cosa che feci per te fu quando mi chiamasti la sera dell'incendio.»
«Me lo ricordo.» disse Dean con lo sguardo perso nel passato. Indimenticabile quella notte. «Sam piangeva e lo facesti addormentare, ti pregai e... mi addormentai.» era difficile per Dean parlare. «Poi quando mi svegliai tu non c'eri più.»
«Nonostante fossi rilegato in paradiso non ti ho mai perso di vista e-»
«E cosa? Mi hai fatto da guardia del corpo? Perché sappi che hai fatto un lavoro di merda» Cas era gelido.
«Lascia che ti spieghi Dean , non era facile dirti una cosa del genere perché è nata questa cosa ed io -» quel fiume di parole travolse in pieno lo stesso angelo che non riuscì a dare un senso compiuto alla frase.
«Vaffanculo Castiel. Vaffanculo tu e il Paradiso» Dean stavolta aveva le mani sul volante e lo sguardo che puntava un punto immaginario davanti a sé.
Castiel, con il respiro che si frantumava, sparì di nuovo in un soffio.
Dean guidò fino al motel. Era così in collera che a stento respirava per paura di esplodere da un momento all'altro.
Chiuse violentemente lo sportello dell'Impala dietro le sue spalle - pentendosene un secondo dopo - e piombò nella camera che lui e suo fratello avevano affittato. Sam dormiva beato sul divano,ma l'arrivo di Dean lo svegliò di colpo.
Al rumore del chiudersi della porta aprì di scatto gli occhi, ritrovandosi il fratello maggiore davanti, con uno sguardo cagnesco. Cercò di prepararsi mentalmente al dramma che incombeva :«Dean ma che ca-»
Il maggiore dei Winchester iniziò immediatamente ad urlare e Sam non riuscì a finire la sua frase.
«Dannazione Sam, ti avevo chiesto di essere lasciato in pace. Ti avevo chiesto solo questo!E tu invece mi mandi quel pennuto dei miei stivali. Perché nessuno mi da retta? Cazzo!»
Era furioso Dean.
Sam notò che aveva gli occhi persi, si agitava come aveva fatto poche volte. 
«Cos'hai letto,Dean?» gli chiese in modo secco, passandosi una mano sul viso, era sicuro che suo fratello avesse trovato qualcosa in quello scatolone.
Sam sera preoccupato.
«Lo vuoi proprio sapere?» disse esasperato lanciandogli contro il diario azzurro «Eccoti servito. Per una volta, una sola volta ti avevo chiesto di lasciarmi perdere.» continuò Dean mentre Sam, accomodatosi sul letto, sfogliava quelle pagine ingiallite emozionato.
«Poi, dannazione Sam! Cas era l'ultima persona che dovevi mandarmi dietro. Stava andando tutto così- » si fermò prima di aggiungere altro.
«Te la sei presa con lui ingiustamente. Lo capirà, Dean.» cercò di rassicurarlo Sam ma di tutta risposta Dean, borbottando sommessamente aggiunse un “Credo di aver bisogno di starmene da solo” prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle.
Sam aveva capito tutto e lo lasciò semplicemente andare.

 

 

*°*°*°

 

 

 

«Litigato col fidanzato?»
Perché le persone non pensavano agli affaracci propri?
«Quel gigante è mio fratello e comunque mi dica solo se è disponibile un'altra stanza, grazie.» rispose Dean alla signora di mezza età nascosta alle spalle del bancone.
«Ecco a lei.» con un sorriso tirato gli porse le chiavi e Dean le afferrò come una furia per recarsi nel suo rifugio per quella notte.
Era indeciso se pregare – si Dean poteva solo supplicare Cas di perdonarlo per ogni stronzata che faceva e gli si ritorceva contro – oppure starsene lì ancora arrabbiato e consumare la moquette a suon di passi da gorilla incazzato.
Vero che lui era una testa calda però Castiel gli aveva tenuto nascosto quel piccolo particolare dove si conoscevano già da prima che nascesse quasi!
E Dean era un tipo che voleva sapere tutto e subito. Niente giri di parole, niente se e ma, la nuda e cruda verità.
Ma nonostante quella piccola omissione, Dean non riusciva a dubitare nemmeno un attimo del legame – di quell'amore – che li legava, non dopo tutto quello che avevano passato insieme.
Stanco ormai di tutto, di pensare e anche di respirare e portare avanti la sua insulsa vita - era melodrammatico certe volte il cacciatore - si gettò sgraziatamente sul materasso che cigolò sotto il suo peso.
Affondò letteralmente il viso nel cuscino per poi mettersi sul fianco e appoggiare l'avambraccio destro sulla fronte.
“Prova a dormire” penso tra sé “almeno provaci” e stranamente sentì subito gli occhi pesanti.
Forse la giornata di merda, forse il semplice bisogno fisiologico di ogni essere umano ma aveva davvero sonno.
Così chiuse gli occhi e non prima di sentire una brezza leggere sulla guancia, si addormentò.
Lo inondarono luci di ogni colore e sfumatura possibile.
All'improvviso un suono forte e stridulo si trasformò in un fischio leggero, come quello del vento.
Si era addormentato o si era fatto di LSD? Si sentiva stonato ma stranamente aveva il respiro leggerissimo. Finalmente iniziò a mettere a fuoco le immagini.
Pareti azzurrine e una luce calda che veniva filtrata dalle persiane bianchissime. Parquet chiaro, lucidissimo, un leggero profumo di lavanda arieggiava in quella stanza.
Dean ci mise poco a capire dove si trovava. Si trovava in piedi nella sua vecchia cameretta.
Ma che cazzo?
Gabriel era tornato in vita o cosa?
Ancora un po' stralunato, solo allora si accorda che il piccolo se stesso era steso a terra a colorare.
Non mosse neanche un passo, non voleva terrorizzare il bimbo biondo che gli stava davanti, ovvero lui, e stava ancora decidendo se il tutto fosse strano o inquietante o cos'altro.
Ma in realtà tutto quello che riusciva a percepire in quella stanza era serenità.
«Nessuno ti può vedere qui, Dean. Questo è un ricordo» disse all'improvviso la voce inconfondibile di Cas.
Dean si girò di scatto, sicuro di trovarsi l'angelo alle spalle ma così non fu. Rivoltatosi lo vide alle spallo del mini-Dean, con la testa appena inclinata e un sorriso accennato sulle labbra.
«Mi è sempre piaciuto quel disegno sai?» disse, indicando a Dean il pezzo di carta.
Dean fece per avvicinarsi nonostante avesse capito di che disegno si trattasse.
I colori erano brillanti e più vivi. Sorrise anche lui.
«Castiel. Io non ricordo nulla di tutto questo però.» Dean si voltò verso l'angelo in attesa della sua risposta. Castiel lo guardò diritto negli occhi, sfiorandogli con le dite la fronte.
«Questo ricordo è mio. Ed è una delle cose più belle e care che abbia, Dean» gli disse con leggerezza. Dean sentì il cuore in gola, sarebbe potuto scoppiare a piangere come una femminuccia.
Dannato pennuto sentimentale.
Il piccolo Dean sollevò appena il disegno, alzando lo sguardo verso il soffitto.
«Questo sono io. Questa è la mamma con Sammy e papà, e questo sei tu. Spero ti piaccia, io ti immagino così.»
Il piccolo tornò a cimentarsi con i pastelli e Dean sentì le arterie stringersi e il cuore esplodere.
Era Castiel. Era sempre stato lì, per lui.
«Castiel...»
«Non è il momento per le scuse, Dean. E poi,è anche un po' colpa mia. Ma adesso aspetta.» Castiel rivolse lo sguardo alla porta che dava sul corridoio. Dean riuscì a sentire nella voce del suo compagno una nota mista tra impazienza ed eccitazione. Proprio come i bambini.
Poco dopo capì cosa intendeva Cas.
Mary era appena entrata nella stanza con il suo solito sorriso meraviglioso, proprio come Dean la ricordava.
Aveva in una mano una fetta di torta che diede al piccolo,entusiasta del piccolo premio ricevuto.
«E' bellissima, Dean.»
«Lo so.»
E quello fu troppo, fu il limite.
Il cacciatore sentì il battito cardiaco accelerare, non era sicuro neanche di riuscire a respirare correttamente. Avrebbe voluto abbracciarla, stringerla e restare lì per sempre, congelato in quella luce, in quel paradiso. L'avrebbe stretta forte al petto e le avrebbe riempito di baci le guance rosee.
Avrebbe speso ore a far scivolare le sue dita tra i capelli biondi e magari dirle quanto coglione fosse Castiel – e lei avrebbe chiesto chi fosse questo Castiel che rendeva felice il suo bambino - o quanto sfigato fosse diventato Sammy e lei avrebbe riso.
E sarebbe stato felice, illusione o meno.
Gli occhi gli bruciavano. Cercò di trattenere le lacrime ma quelle, dispettose ,scivolarono veloci sul suo viso.
Castiel deglutì appena.
C'erano cose che neanche un angelo poteva guarire. Il dolore,l'affetto,la nostalgia. Ma era affascinato da quelle sensazioni, quei sentimenti. La prova di quanto gli essere umani fossero creature stupende.
Prese la mano di Dean e la strinse forte. Dean fece lo stesso, senza rivolgergli lo sguardo.
«Dean,dobbiamo andare» gli sussurrò.
«Castiel...t-ti prego.» il cacciatore singhiozzava con il viso tra le mani.
L'angelo si morse un labbro.
Avrebbe voluto fare qualsiasi cosa per far stare meglio il suo Dean. Magari abbracciarlo ma era paralizzato anche lui. Riusciva a sentire il dolore che Dean aveva segregato in tutti quegli anni infondo all'anima. Il suo Dean.
Ma era o non era il suo angelo?
Per lui aveva fatto di tutto, e avrebbe continuato su quella strada. Lo avrebbe salvato da quell'altro Inferno, forse più terribile di quello ultraterreno. Lo avrebbe salvato perché il cacciatore gli rendeva bella la vita. Con i suoi sentimenti, i suoi difetti, con le sua ironia che non comprendeva mai, con le parole dolci e quelle oscene che gli diceva nel letto, con la sua anima. Dean Winchester ed ogni sua parte rendevano Castiel vivo.
E Castiel era un angelo e gli angeli una vita nemmeno ce l'hanno.
Così lo abbracciò, sentendo il suo peso aggrapparsi alle spalle.
Sentì le dita del suo umano stringere il trench.
«Va tutto bene Dean.»
La stanza all'improvviso venne investita lentamente da una luce argentata.
Nonostante ciò Dean spalancò gli occhi per immortalare quell'ultima immagine e registrare
le ultime parole che Mary gli rivolse.


«Avrai mica un angioletto come migliore amico, Dean?!»


*°*°*°

Aprì gli occhi lentamente.

Quando realizzò tutto quello che era successo di scattò si alzò e tirò un lungo respiro.
Era vivo. Il suo cuore batteva in modo regolare e ci vedeva perfettamente.
Ed era vivo.
«Era tutto vero?» chiese senza neanche voltarsi, sapendo già che Castiel era proprio dietro di lui.
Gli si avvicinò e si sedette accanto a lui. Poggiò la testa sulla spalla del cacciatore.
«Si. Era il mio ricordo, come ti ho detto Dean. Ti giur-»
«Ti credo Castiel. E non so che dirti. Mi dispiace per come ti ho trattato. Ma mi è sembrato tutto così assurdo. Ma ora capisco. Capisco tutto. E sai perché? Mi sono, insomma, mi sono...mi sono di te. Capito no?» farfugliò mentre le sue lentiggini venivano messe in risalto dal rossore comparso improvvisamente sulle gote.
Buon Dio, quanto amava quelle lentiggini Castiel.
«Ed è come se ti avessi visto crescere e cambiare. Ma tu non mi hai mostrato la bellezza degli angeli» disse d'un fiato «mi hai dimostrato che tu sei la cosa più bella che tuo Padre abbia mai creato. Sei l'essere più meraviglioso del cosmo e fanculo se sembro una ragazzina, ti a-. Io ti...andiamo hai capito no? Dal primo momento in cui ti ho visto, tu e il tuo dannato trench-coat. E non mi importa di nulla se è strana questa cosa. Non mi interessa che tu sia in realtà una specie di lampadina o cos'altro.»
Castiel rimase impalato. Lo fissava con la bocca semi aperta e gli occhi quasi impauriti.
Dean, che nel frattempo aveva il fiatone, non poteva neanche immaginare cosa avesse provocato a Cas.
L'angelo, che aveva passato secoli a studiare ed osservare i sentimenti degli essere umani, a cercare di comprenderli in ogni loro aspetto, a capire se si potesse prevenirli o curarli, ne era stato trascinato nei loro abissi.
Si sentiva strano. Suppose si trattasse di felicità.
Il cacciatore a quel punto si aspettava una qualche osservazione idiota da parte dell'angelo.
«Dean Winchester, io ti amo.» scandì Castiel, con gli occhi calamitati a quelli di Dean.
Se proprio doveva sprofondare, tanto valeva farlo per bene, pensò l'angelo.
Stavolta fu Dean a rimanere sbalordito.
Il suo angelo aveva avuto il fegato di dire quelle tre paroline che a lui risultavano tanto difficili
«So che provi lo stesso per me ma hai il romanticismo di una forchetta.» il cacciatore stava per rispondere a tono quando Cas lo fermò sul tempo « E sì, ho appena fatto del sarcasmo» disse fiero,con un sorriso compiaciuto sul suo viso.
Il sorriso di Castiel. Quell'espressione da bimbo.
Gli prese il viso tra le mani e lo baciò. L'angelo ricambiò, navigando con la mano tra quei capelli biondi, avvicinandosi di più al cacciatore.
Sentirono il solito vuoto all'altezza dello stomaco e la puntuale scarica di brividi attraversare la spina dorsale di entrambi.
E le labbra di Castiel erano così belle, irregolari e rosa. Eppure Dean ne aveva provate tante di labbra ma quelle del suo angelo non le batteva nessuno. Si lasciavano torturare, erano sempre così inermi. Poteva morderle e quelle erano lì ad aspettare un altro morso. Cercavano di tenere il suo ritmo, ci provavano.
Dean allora rincarava la dose, non le dava tregua. Era sempre un buon momento per baciare Castiel e le sue labbra sacre.
Il cacciatore lo strinse forte tra le sue braccia, non sarebbe mai andato via da lui, mai. Gli avrebbe legato le ali.
Fece stendere l'angelo sul letto e si mise a quattro zampe su di lui. Si avventò sul suo collo e con le labbra ne sfiorò ogni centimetro.
Castiel cinse il torace del suo Dean - suo, suo e suo- facendo aderire perfettamente i loro corpi.
«Sei bellissimo Dean, proprio come tua madre.» gli sussurrò all'orecchio.
Dean lo zittì e gli sfilò il trench.
«Adesso basta parlare, pennuto.»


 

 

 



Il lenzuolo verdastro copriva a malapena i loro corpi stesi e le loro gambe intrecciate.
Castiel con il viso appoggiato al petto di Dean, sfiorava con devozione i contorni del cacciatore.
Dean lo fissava, ammirandone il profilo perfetto.
C'era qualcosa che non ritenesse perfetto di quel coglione?
L'angelo d'un tratto sbuffò : «Dovrei andare, mi staranno cercando» sospirò senza però muoversi dalla sua posizione.
Dean, seccato, si mise a sedere lasciando che Castiel poggiasse la testa sul cuscino.
«Che palle! Potresti restare almeno una volta? Mi sento una troietta a volte sai?» ironizzò.
L'angelo gli rivolse uno degli sguardi più belli del suo repertorio mettendosi a sedere e pronto ad alzarsi.
«Lo sai che tornerò a controllare. Veglio sempre su di te.»
Dean lo bloccò per un braccio e si ristese con lui sul materasso investendolo con tutto il peso del suo corpo. Lo strinse di nuovo poggiando le labbra sulla sua spalla tenera.
«Non andare Castiel. Lascia che stanotte sia io a vegliare su di te.»
 



Only if for a night.
And the only solution was to stand and fight,
And my body was loosing all the sattelites,
But you came over me like some holy life,
And I know the whole story,
You’re the only light.

 

FINE




Note: 
Salve, ho bestemmiato anche a Pasqua per colpa di questa OS- ho litigato in modo molto violento con i codici HTML.
Bando alle ciance - visto che p la sesta volte che scrivo sta cacchio di nota - eccoci qua con l'ultima parte di "Only if for a noght" e speriamo vivamente che vi sia piaciuta e come sempre se ci sono errori di qualsiasi genere e specie animale(?) ditecelo!
Ci rivedremo molto presto con tante altre cose destiellose solo se però recensite, dobbiamo sapere se il nostro operato piaccia o meno no?
Non siate cattivi, è Pasqua! Per ogni commento un ovetto di cioccolato!
Un bacio, M&V.



 

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