Boulevard Of Broken Dreams

di Arya Destiny98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hello,my name is Gabe ***
Capitolo 2: *** Fuck you too,asshole ***
Capitolo 3: *** Your eyes surprise me every time,you know? ***
Capitolo 4: *** You're so naive,Abi ***
Capitolo 5: *** Castle Of Glass ***
Capitolo 6: *** Detention ***
Capitolo 7: *** I don't know what's happening to me ***
Capitolo 8: *** A stolen kiss ***
Capitolo 9: *** Love sucks ***
Capitolo 10: *** Sean's party ***
Capitolo 11: *** After the party ***
Capitolo 12: *** The truth ***
Capitolo 13: *** Jealous? I'm not jealous! ***
Capitolo 14: *** Chips and milkshake ***
Capitolo 15: *** I think I love her ***
Capitolo 16: *** The smell of the rain ***
Capitolo 17: *** Nightmares ***
Capitolo 18: *** Back to school ***
Capitolo 19: *** Dinner with the ... in-laws ***
Capitolo 20: *** Fear ***



Capitolo 1
*** Hello,my name is Gabe ***


Boulevard Of Broken Dreams

   CAPITOLO UNO

Hello,my name is Gabe

Gabriel’s POV

Scuola. Altrimenti detta purgatorio o casa di satana:è  lì che mi annoio sei ore al giorno dal lunedì al venerdì. Ed è lì che la mia vita ha iniziato a prendere una brutta piega. Ma prima di iniziare ad elencarvi le mie disgrazie lasciate che mi presenti. Mi  chiamo Gabriel Thomas,ho diciassette anni e un fisico invidiabile. Sono il  playmaker della squadra di basket,i Warriors. Be’,e allora?hai una vita fantastica!,diranno in molti. Invece no,non lo è. O almeno,prima forse sì,ma adesso … Tutto è cominciato il primo giorno del mio terzo anno di liceo. Inizialmente sembrava una mattina come le altre: la mia sveglia mi buttò giù dal letto alle sei in punto;mi feci una doccia e mi vestii. Salutai Lori e Josh (i miei genitori adottivi che,sì,io chiamo per nome) e uscii in strada. Indossai le cuffie del mio mitico ipod e sparai i Linkin Park a tutto volume. Se solo avessi controllato due volte prima di attraversare la strada forse non sarebbe successo niente. Una moto che schizzava a circa mille all’ora frenò a pochi centimetri da me,mancandomi per un soffio.  << Oh,mio Dio,scusa!Mi dispiace tanto,non so dove ho la testa! >>esclamò una voce esagitata,deformata da un grosso casco nero. Dato il mio carattere di merda (o meglio,il mio ex carattere di merda) mandai beatamente affanculo quel tale senza nemmeno guardarlo e continuai la mia marcia fino alla Marked high school,l’unica scuola superiore nel raggio di una ventina di chilometri a Tulsa,Oklahoma.                                                                   << Ehi,Gabe!Come va la vita,fratello? >> Peter Johnson,il mio migliore amico da quando avevamo cinque anni mi salutò battendomi il cinque. << Yay,siamo al terzo anno,bro!Un gradino sotto alla figaggine assoluta! >>continuò questi senza lasciarmi rispondere. Pitt era fatto così. << Senza contare che quest’anno avremmo Miss Fitzgerald come professoressa di educazione fisica. Non vedo l’ora che mi insegni la posizione del missionario. >> Bah,sempre il solito volgare. << Gabe,amore!Molla quel segaiolo per un secondo e vieni a salutare la tua ragazza! >>mi chiamò Lizzie da poco lontano. La raggiunsi e la baciai con trasporto. << Piccola,mi sei mancata. Ti sei divertita al campeggio delle cheerleader? >>le sussurrai quando ci staccammo. << Ovvio che no!La massima emozione è stata quando ho beccato Shelly Parker che si strusciava con Melinda Rosemberg. Davvero penoso a dire il vero. >>raccontò. Lizzie era la mia ragazza da più di tre anni e ormai mi ero quasi abituato al tono frivolo che ostentava nello spettegolare. Certe volte però mi faceva davvero incazzare. << Cos’hai alla prima ora? >>cinguettò attirandomi nuovamente a sé. << Trigo,credo. >> bofonchiai. Lei assunse un’ espressione da cucciolo smarrito. << Oh,no,io ho inglese. Volevo tanto tanto stare con te per un’ora intera. >> La campanella trillò e costrinse me e Liz a salutarci. << Bah,non so come fai a reggerla,Big G. è una … >>cominciò Pitt. Il solito coglione. << Guarda che stai parlando della mia donna. >>lo interruppi. Mi stavo scaldando.  << Scuuuuusa. >> fece lui con il pesante accento dell’Okie. Per fortuna di lì a poco avrebbe chiuso quella dannata boccaccia. Dopo essere entrato in classe mi sedetti dietro ad uno dei banchi dell’ultima fila,il posto d’onore per gli atleti, e spensi il cervello fino alla fine dell’ora. Camminando per il corridoio gremito di studenti andai a sbattere contro qualcuno. << Guarda dove metti i piedi! >> ringhiai,stizzito,prima di accorgermi che stavo urlando dietro ad una ragazza. Era bassa,con una felpa nera e un cappuccio tirato sulla testa. I suoi libri si erano sparsi per terra a causa dell’urto. << Scusa,non volevo. Dai,ti do una mano,eh? >> Ero un sacco dispiaciuto mentre l’aiutavo a riordinare la sua roba. << Grazie. >>fu il suo unico commento. Quando mi guardò in faccia la sua espressione si tramutò da semplice scocciatura ad una rabbia cocente. << Ah,ecco quello che manda a quel paese la gente che nemmeno conosce!Ma bravo il ragazzone palestrato! >> Mi strappò di mano uno dei libri che le avevo raccolto accompagnando il gesto con un’occhiata invelenita. Restai di sasso. Quegli occhi. Oh. Mio. Dio. Erano la cosa più bella e spaventosa che avessi mai visto. Non riuscii a spiccicare verbo mentre la ragazza mi oltrepassava senza più degnarmi di uno sguardo.

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Capitolo 2
*** Fuck you too,asshole ***


                                                        CAPITOLO DUE                                                                                       

                                                                   Fuck you too,asshole            
Abigail’s POV
Vaffanculo sveglia di merda. Ecco come comincia solitamente la mia giornata. Ma quella mattina fu diverso:era il mio primo giorno di liceo. Bleah. Il solo pensiero mi faceva venire un conato di vomito. Spensi la maledettissima sveglia e mi passai una mano fra i capelli mossi,sbadigliando. Guardai fuori dalla finestra: il cielo era plumbeo e minacciava di piovere. Ah,perfetto,pensai,il tempo va di pari passo col mio umore. Mi alzai di mala voglia e andai a farmi una doccia fredda. Eh già,non ci potevamo permettere l’acqua calda. << Abi!Muovi il culo,devo pisciare! >> strepitò mia sorella Zoey, piuttosto irritata. << Cazzi tuoi!Fattela addosso! >> la rimbeccai. Come sempre quando litigavamo,nostra madre urlò: << Piantatela di fare casino che sto cercando di dormire! >> Mi vestii in fretta senza badare a cosa mi ficcavo addosso e liberai il bagno .                   << Finalmente! >> sospirò Zoey a metà fra il sollevato e l’irritato. Io le feci una linguaccia degna di me. In corridoio mi piazzai davanti allo specchio e mi sistemai i capelli con le mani. Agguantai la mia borsa a tracolla,le chiavi della mia moto scassata e uscii in quella fredda mattina di settembre. Mentre mi accendevo una sigaretta riflettei su ciò che mi aspettava e rabbrividii interiormente pensando a quanta gente avrei dovuto vedere. Dopo quello che era successo appena tre mesi prima … Mi liberai del mozzicone senza curarmi di spegnerlo e partii a tutta birra con il mio mezzo rombante. Ero talmente persa nei ricordi che quasi non mi accorsi del ragazzo che attraversava la strada. << Ma porca … >> sibilai. Fortunatamente frenai giusto in tempo. Mi scusai con quel tale che per tutta risposta mi gridò:<< Ma vaffanculo,va’! >> e continuò per la sua strada. Dio,che rabbia.<< Vaffanculo a te,stronzo! >> gli risposi. Sicuramente non mi aveva sentito dato che teneva un paio di cuffie sulle orecchie. Digrignai i denti e andai a scuola. Il mio primo pensiero quando la vidi fu: che topaia!Parcheggiai la moto e mi tolsi il casco. Brr,faceva proprio freddo. Mi strinsi nella mia giacca di pelle e mi diressi all’interno dell’edificio cadente. << Gli studenti del primo anno mi seguano! >> annunciò un uomo stempiato che doveva essere il preside. Fui trascinata dalla marmaglia di matricole in un auditorium vecchio stile. Quando la folla ebbe preso posto il preside si lanciò in un lungo e noiosissimo discorso sui pregi della Marked High School e su quanto fosse felice di averci come allievi. Bah,per come la vedevo io di lì a due settimane ci avrebbe già odiati tutti. Anzi,probabilmente cominciavamo a stargli sul cazzo già in quel  momento. Al suono della prima ora ci congedò dopo averci assegnato l’orario delle lezioni e la combinazione del nostro armadietto. Camminando a testa bassa attraversai il corridoio principale e,quando speravo di avercela fatta senza problemi,andai a sbattere contro qualcuno (o meglio,quel qualcuno venne a sbattere contro di me). I libri mi caddero dalle mani,compresa la mia consunta copia de I Miserabili. << Guarda dove metti i piedi! >> ruggì quell’idiota. Aveva una voce familiare … Chissà perché dopo un istante sembrò percorso da una scossa elettrica.  << Scusa,non volevo. Dai,ti do una mano,eh? >> propose con tutt’altro tono. Raccolse educatamente un paio di miei libri mentre io prendevo il resto. Lo ringraziai,piatta. Non appena lo guardai lo riconobbi come il deficiente che mi aveva fanculizzato meno di un’ora prima e gli sclerai addosso per poi strappargli I Miserabili(cazzo,proprio quello doveva prendere!) dalle mani. Gli scoccai un’occhiata omicida e me ne andai a grandi passi. Ma quel tipo per caso si divertiva a trattare di merda gli sconosciuti?!Raggiunsi il mio armadietto e potei posare tutto l’ambaradam. Con un sospiro controllai l’orario: avevo laboratorio artistico. Pfui. Ciondolai in classe senza guardare nessuno, perciò non vidi subito che il mio compagno di banco era più grande della maggior parte di noi matricole. Gli lanciai uno sguardo sbilenco e quasi caddi dalla sedia. Di nuovo quel coglione!Ma cosa cavolo ci faceva in un corso del primo anno?Doveva essere al quarto o al terzo. E invece eccolo lì ad ascoltare la musica tranquillamente. Grrrr. Avevo una voglia pazzesca di prendere a pugni quel faccino da bell’imbusto. << Buon giorno,ragazzi. Io sono Mr Holland. >> si presentò l’insegnante scrivendo il suo nome sulla lavagna. Il mio odioso compagno di banco non diede segno di essersi accorto né di me né del prof. Qualcuno salutò. Altri si misero a parlare con gli amici producendo un delicato cicaleccio. Il professore non chiese il silenzio come mi aspettavo ma passò per i banchi a consegnarci dei  fogli. Avrei dovuto lasciare che lo stronzo venisse punito,ma all’ultimo secondo gli diedi una botta sul braccio. Sbatté gli occhi come un gufo e mi fissò con un’intensità che mi fece arrossire. Che cazzo mi prende adesso? Scossi la testa e gli indicai il prof in avvicinamento. Lui annuì e si tolse le cuffie senza perdere il contatto visivo. Noi sarei certo stata io ad abbassare gli occhi. Chi si credeva di essere quel pallone gonfiato?!Perché non la piantava di osservarmi?Aveva gli occhi azzurri e i capelli castano chiaro ribelli.  Una cosa che non avevo notato prima data la mia folle incazzatura … quel tipo era BELLO. Non come lo si dice di un attore carino o del tuo cantante preferito. Per “bello” intendo proprio FIGO. La mascella leggermente squadrata,il naso diritto,una lieve spruzzata di lentiggini sugli zigomi ,i capelli spettinati a regola d’arte … Oh mio Dio dovevo togliermi da quella situazione. << Wesley?Abigail Wesley c’è? >> Il prof che mi chiamava per l’appello mi salvò. << P- presente. >>esalai. Finalmente smise di scrutarmi. Allora perché mi sentivo ancora la faccia in fiamme?E perché avevo voglia di perdermi di nuovo in quegli occhi color del mare?

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Capitolo 3
*** Your eyes surprise me every time,you know? ***


                                      CAPITOLO TRE

                         Your eyes surprise me every time,you know?

Gabe’s POV

Mamma mia. Oh,mamma mamma mia. Che cosa pazzeschissima!Ero rimasto a nuotare nelle sue iridi grigio-verdi per un buon quarto d’ora!Ed era stata una cosa meravigliosa. Abigail. Si chiamava così. Che nome insolito … Per tutto il resto del giorno non pensai ad altro. << Gaaaaaabe! Gabe sei tra noi? >> Pitt mi sventolò una mano davanti al viso. << Sì,scusami bello. Sono solo un po’ stanco. >> borbottai. Lizzie mi strinse la mano. << Gabby,tesoro,stai male per caso?Sei pallido. >> Odiavo quando mi chiamava così. << No,Liz,sto bene. >> la liquidai con noncuranza. Eravamo seduti allo stesso tavolo in mensa,quello dei popolari. Mi guardai intorno in cerca … sapevo bene di cosa... cioè,di chi. Abigail. Scovai un cappuccetto nero ad un tavolo,tutto solo. Mi alzai. << Che fai,Gabe? >> chiesero Pitt e Liz in stereo. Io non li ascoltai e mi avvicinai a quella misteriosa ragazzina. << Ciao. >> esordii. Lei trasalì e mi guardò con circospezione senza ricambiare il saluto. << Ti dispiace se mi siedo qui? >>le chiesi. Che cazzo facevo?Perché ero lì?!Avevo una ragazza che era una delle più bonazze di tutta la scuola,ero popolare,avevo centinaia di amici su Facebook,eppure mi ostinavo a voler conoscere quella nullità. Abigail NON è una nullità!ruggì forte una strana voce da dentro di me che mi fece sobbalzare. << Che cos’hai? >> domandò,abbandonando l’espressione tetra per un nanosecondo. Sentire la sua voce era qualcosa di magico. << N- niente. Scusa,non dovevo venire qui. Ho fatto uno sbaglio. >> dissi con durezza mentre tornavo dai miei amici,lasciandola spiazzata. << Ma che cavolo ti sta succedendo,Gabe? >>s’alterò la mia ragazza quando mi sedetti di nuovo al mio posto. << Niente,amore,è solo che è la mia compagna di laboratorio e le ho chiesto se le andava bene che la cambiassi con un'altra persona. >>mentii tranquillamente. Tutto il tavolo si rilassò e riprese a chiacchierare come prima. Non mi voltai più verso Abigail. Andai all’ultima lezione della giornata(spagnolo) e poi mi imboscai in uno sgabuzzino con Lizzie mentre aspettavo l’ora degli allenamenti di basket. In quell’esatto momento Liz aveva la mano nei miei boxer. << Va- vacci piano Liz. Siamo a scuola. >> le ricordai,un po’ ansante. << E allora? >> sussurrò, maliziosa. Ok,quando è troppo è troppo,però. La spinsi via. << Ma che cazzo hai?Me lo dici?È da stamattina che ti comporti in modo strano e adesso ti lamenti pure se … >> << Basta!Io sono il tuo ragazzo,non un giocattolino che ti puoi scopare quando e dove vuoi!Sai che ti dico Elizabeth?Prendiamoci una pausa! >> la interruppi,incollerito e andandomene da lì.                                                                                                                                             << Thomas!Cosa cavolo ti prende,si può sapere?!Stai facendo schifo dall’inizio degli allenamenti! >> mi rimproverò l’allenatore all’ennesimo canestro mancato. << Mi scusi. Non sto molto bene. >>Non era una balla. Avevo quasi la nausea. << Signorina è ora che ti svegli!Sabato c’è la prima partita contro i Tigers,te lo ricordi? >>riprese. Sopportai un’altra ora di urlacci e lamentele al mio indirizzo e poi trotterellai negli spogliatoi. << Arriva Gabe lo sfigato! >> mi canzonò Pitt tra le risate dei miei compagni di squadra. Brontolai ininterrottamente come una pentola di fagioli mentre mi facevo la doccia e mi rivestivo. Uscendo dalla palestra con la borsa d’allenamento mi scontrai con una persona. << Tu! >> esclamò chi avevo urtato. Abigail. Ti pareva. << Io. >> dissi. << Ogni tanto ti capita di guardare dove stai andando? >>Non aveva un tono accusatore,solo un po’ esasperato. << Nah,è roba sopravvalutata. >> ridacchiai. Lei non mi imitò. Era la ragazza più seria che avessi mai incontrato. Dopo qualche istante mi ritrovai a guardarle le iridi. << I tuoi occhi mi sorprendono tutte le volte,lo sai? >> bisbigliai e,senza pensare,le posai una mano sulla guancia. Sembrava così piccola sotto al mio tocco. Si sottrasse al contatto così in fretta che temetti di averle passato una scossa. Scappò via da me correndo senza voltarsi indietro. 

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Capitolo 4
*** You're so naive,Abi ***


                                                CAPITOLO QUATTRO
                                                                             You’re so naive,Abi 

Abi’s POV
Quel farabutto. Quella montagna di merda di pipistrello. Come. Cazzo. Si. Permetteva. Prima veniva a sedersi al mio tavolo per circa quaranta secondi,poi mi fissava nelle palle degli occhi per altri quaranta  e pensava di potermi mettere le sue zampacce addosso. Be’ si sbagliava di grosso. Lo avrei evitato. Era uno schifoso gorilla carico di ormoni. Io non ci stavo a diventare la sua troietta. Restai a guardare il poster di Chris Martin,il leader dei Coldplay , appiccicato al soffitto della mia minuscola stanza,per circa un’ora. << Abi. >> mormorò Zoey da fuori camera mia. Aveva una voce così tesa che mi preoccupai all’istante. Spalancai la porta e la trovai a terra,il volto esanime,che sudava freddo. << Zy!Che ti è successo?!Porca puttana è ancora per la droga,vero? >> più che sgridarla ero in apprensione. L’aiutai a stendersi sul mio letto e le feci bere un bicchiere d’acqua. << Phil … non mi ha portato la mia dose giornaliera. >> Era rauca;mi fece paura. << Zy,da quanto tempo non ti fai? >> le sussurrai. Stavo per mettermi a piangere,ma non lo feci. Ero io quella forte in famiglia,pur essendo la più piccola. << Una settimana. Forse di più,non lo so. Ho finito i soldi che avevo racimolato lavorando allo Starbucks. >> Oh mio Dio. Come aveva fatto a finire così?Era una ragazza studiosa che voleva fare l’avvocato. Avevo sempre pensato che lei fosse una specie di supereroe che avrebbe salvato la nostra famiglia,invece era tutto il contrario. << Abi,ne posso uscire. Te lo prometto. >> sibilò strizzandomi una mano tra le sue. Era più o meno la decima volta che sentivo quelle frasi. Annuii e le baciai una guancia,troppo stanca per farle presente quel dettaglio. Andai in bagno e frugai nell’armadietto delle medicine finché non trovai la mia lametta e i batuffoli di ovatta. Tirai su la manica della felpa e contai. Quarantasette. Quarantasette tagli mi solcavano la pelle, altrimenti bianca latte ,del braccio sinistro. Presi in mano la lametta e la premetti su quel braccio già ricco di lacerazioni. Quando il sangue iniziò a sgorgare,di un rosso spaventoso,scoppiai a piangere forte. E continuai,continuai. Nessuno venne ad abbracciarmi. Nessuno venne a dirmi che sarebbe andato tutto bene. Smisi di frignare dopo un secolo,mi apprestai a sciacquare via il sangue rappreso e a sistemare tutto come se nulla fosse successo. Mi misi la giacca,presi le chiavi e scappai da quella casa degli orrori. Fumai una decina di sigarette seduta sulla mia moto coi freni semi rotti e stetti lì fino a quando non fece buio. Nel tornare (spingendo la moto dato che mi era finita la benzina)  vidi il profilo di un ragazzo che fumava con un piede appoggiato contro il muro di un edificio. Era alto,ben al di sopra del mio metro e sessantacinque. Aveva le spalle larghe,ma era asciutto,non extramuscoloso come tutti quegli atleti dopati. Nell’oscurità si notavano solo il barlume della stizza accesa e dei suoi occhi di ghiaccio. Avrei dato qualsiasi cosa pur di avvicinarmi e osservare con cura quel tale. Ovviamente non lo feci. Tagliai dritta verso casa mia con la sensazione di essere osservata. << SONO QUI! >> mi annunciai non appena misi piede nel mio trilocale puzzolente. Mia mamma era sdraiata sul divano e russava piano,con una bottiglia di vino ben stretta nella mano sinistra che penzolava verso terra. Salendo in camera notai che Zoey non era più sdraiata sul mio letto ma era in piedi a rimirare il mio poster di Chris Martin. Quel pezzo di carta era utile se volevi riflettere. << Ciao Abi. Scusami tanto per prima,non ero in me. Mi perdoni,sorellina? >>domandò allargando le braccia. Io mi ci fiondai al volo e la strinsi forte a me. Sapeva di Zoey,di casa,di famiglia. Non ricordavo l’ultima volta che qualcuno mi aveva stretta in quel modo. << Piccola. Sei così piccola e nessuno ti abbraccia mai. Costretta ad essere grande da una vita del cazzo. >> sussurrò baciandomi il capo e cullandomi dolcemente. Piansi di nuovo.  Non so per quanto rimanemmo abbracciate. << Dai,ti faccio un po’ di pasta,ti va? >> mi propose staccandosi e arruffandomi i capelli. Quasi credetti che sarebbe andato tutto bene. “Sei così ingenua,Abi” mi dissi sogghignando e ricordandomi della droga e dei tagli. Quella era solo la quiete prima della tempesta. 

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Capitolo 5
*** Castle Of Glass ***


                                                       CAPITOLO CINQUE
                                                           Castle of glass

Gabe’s POV
Take me down to the river bend 
Take me down to the fighting end 
Wash the poison from off my skin 
Show me how to be whole again …

“Gabriel!Abbassa quella musica!” urlò Lori dal piano di sotto. Ok,decisamente era troppo alta. Anziché abbassare,presi il telecomando e spensi definitivamente lo stereo. Il mio iphone continuava a ricevere messaggini. Uff,sicuramente era Lizzie che rompeva. “ Lori,io vado a correre,ok?” avvisai la mia madre adottiva con una mano già sulla maniglia della porta d’ingresso. “Va bene,ma non fare tardi!”si raccomandò. Quando ero confuso,fare jogging era l’unica cosa che mi aiutava. Ero il figlio di Josh e Lori da tre anni ma ancora non riuscivo a chiamarli papà e mamma. Non perché fossero delle cattive persone,anzi,erano dei genitori amorevoli che si prendevano sempre cura di me. È solo che … boh,non so,forse mi sentivo di rubarli al loro vero figlio,Aaron. Non credo di avervi già parlato di lui. È perché mi fa sentire male pensarci,ecco tutto. Aaron ha un grave ritardo mentale:a tredici anni ancora non parlava,se ne stava tutto il giorno seduto a terra a disegnare cose senza senso e non si lasciava toccare da nessuno a parte me. Ricordo quando lo conobbi. Lui aveva dieci anni e io quattordici. Era il mio primo giorno a casa loro e avevo una fifa blu perché non sapevo che accoglienza aspettarmi. Poi vidi quel mucchietto d’ossa venire verso di me e aggrapparsi alla mia gamba destra. Lori e Josh erano esterrefatti:Aaron non si prendeva tanta confidenza nemmeno con loro che erano i suoi genitori e tutto d’un tratto si appiccicava ad un perfetto sconosciuto. Roba da matti. Finalmente,però,mi sentii a casa. Sorrisi nel buio della sera mentre mi asciugavo il sudore dalla fronte e mi fermavo per fumare. Ero finito in un quartiere di Tulsa in cui non ero mai stato:era sporco e maleodorante. Accesi la Marlboro e mi appoggiai ad un muro,sfinito. Udii dei passi e il cigolio di un paio di ruote. Alzando lo sguardo vidi una ragazza che spingeva una moto:era bassa,aveva una giacca di pelle e un cappuccio nero tirato sulla testa. Abigail?! Cosa ci faceva lì da sola?Con mia immensa sorpresa voltò il viso verso di me e mi scrutò per un millesimo di secondo. Trattenni il fiato,ma lei non sembrò riconoscermi e continuò a camminare spingendo la moto. Wow. Vederla mi aveva messo addosso una voglia immensa di stringerla fra le mie braccia e di proteggerla. Ma che diavolo …?!Ok,basta, quel posto mi stava facendo venire le allucinazioni. Buttai il filtro,lo spensi con una delle mie Vans nere e me ne tornai a casa. “Disgraziato!Hai idea di che ore siano?!Non ti sei nemmeno portato dietro il cellulare!Mi spieghi come cavolo facevo a sapere che stavi bene?!”mi sgridò Lori puntandomi contro un cucchiaio di legno sporco di sugo. “Scusami,ho perso la concezione del tempo.” bofonchiai togliendomi le scarpe. “E io ho perso dieci anni di vita a causa tua!”ribatté. A questa uscita ridemmo entrambi come due scemi. Andai a farmi una doccia calda che mi fece letteralmente rinascere e poi scesi di nuovo in cucina per aiutare Lori ad apparecchiare la tavola per la cena. “Siamo a casa!” si annunciò Josh aprendo la porta. Un saltellante Aaron lo precedette e mi volò in braccio. “Ehi,campione! Com’è andata oggi,eh?” gli chiesi facendolo volteggiare in aria. Rise fortissimo intenerendoci tutti e tre. “Sei l’unico con cui lo fa.” commentò Josh. Io gli sorrisi e sorrisi al piccoletto che già scalpitava per essere posato a terra.               “ Aaron,tra poco si cena!” gli disse Lori. Lui non la guardò e salì le scale fino in camera sua. “Cos’hanno detto le maestre,caro?” Guardai i due mentre discutevano. “Non riesce a relazionarsi con gli altri,ha problemi ad essere toccato,solite cose,amore. Dobbiamo dargli tempo,quella scuola è sicuramente la migliore in circolazione per i bambini come lui.” Io sospirai. Lori mi mandò a recuperare il fuggitivo. “Ehi,Aaron!Piccola pulce pestifera?È l’ora della pappa.” gli dissi entrando nella sua stanza. Come mi aspettavo era seduto sul pavimento a disegnare. Scosse la testa e incrociò le braccia al petto.  “Ah,no?Be’ allora vorrà dire che giocherò ad Assassin’s Creed da solo dopo cena. Ci si vede,marmocchio.” L’unico modo per convincerlo a mangiare era promettergli delle ricompense. E se solo minacciavo di togliergliele … Saltò su in un baleno e mi seguì al piano di sotto. “E bravo il mio fratellino.” Gli scompigliai i capelli.                            “Gabe,tesoro,com’è andato il primo giorno?”mi domandò Lori dopo aver assicurato Aaron al suo speciale seggiolone. “ Bene tutto sommato. Ho rivisto Pitt e Lizzie.” snocciolai attaccando la mia cotoletta.                                   “ Ah,perfetto. Come sta la tua ragazza?” fece Josh. “ ‘Kay.”grugnii. Ero ancora incazzato per il suo comportamento del pomeriggio. I miei non indagarono;sapevano che se avessi voluto parlarne con loro lo avrei fatto.  “E a te,amore?Com’è andata oggi?” Lori deviò strategicamente il discorso su suo marito. “Abbastanza bene. Ho fatto un paio di operazioni, ma niente di serio.” Josh era un chirurgo pluripremiato. In quel periodo lavorava molto. Dopo aver sparecchiato portai Aaron in camera mia e giocammo ad Assassin’s Creed fino alle nove e mezza,orario del suo coprifuoco. Dopodiché mi stesi sul letto e ascoltai Castle Of Glass dei Linkin Park con l’ipod,dal punto in cui mi ero interrotto qualche ora prima.

 … Fly me up on a silver wing 
Past the black, where the sirens sing 
Warm me up in the novice glow 
and drop me down to the dream below 

Because I'm only a crack in this castle of glass 
Hardly anything left for you to see 
For you to see 

Bring me home in a blinding dream, 
through the secrets that I have seen 
Wash the sorrow from off my skin 
and show me how to be whole again 

Because I'm only a crack in this castle of glass 
Hardly anything left for you to see 
For you to see 

Because I'm only a crack in this castle of glass 
Hardly anything else I need to be 

Because I'm only a crack in this castle of glass 
Hardly anything left for you to see 
For you to see
Mi addormentai sulle ultime quattro note.

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Capitolo 6
*** Detention ***


                                    CAPITOLO SEI

                                                 Detention

Abi’s POV

Cosa c’è di peggio del primo giorno di liceo?Il secondo. Mi aspettava un’altra mattinata di merda. Oh,perfetto. Se solo avessi saputo cosa sarebbe successo di lì ad un paio d’ore sarei tornata di filato sotto le coperte. Invece,dato che non avevo il dono della preveggenza, (e nemmeno la benzina nella moto) andai a scuola a piedi. Una di quelle cheerleader con le tette rifatte per poco non mi tirò sotto con la sua Cabriolet rosa shocking. << Guarda dove vai,sfigata! >>mi insultò strombazzando col clacson. Le feci il medio e mi allontanai. Chi si credeva di essere quella?Miss America?Non credo proprio,cocca. Mi fumai una Lucky Strike e la finii un istante prima del suono della campanella. Notai con piacere che alla prima ora avevo arte. Ah,finalmente il mio corso preferito. In classe mi sedetti ai primi banchi. << Hola,ragazzi, io sono Mr Freeman. Ma vorrei che voi tutti mi chiamaste Jack. >> Sulle prime pensai che fosse un alunno che si spacciava per il professore:aveva un aspetto talmente giovanile!Non gli diedi più di venticinque anni. << Be’?Perché ve ne state lì seduti?Alzatevi,su,sistemiamo quest’aula! >> ci esortò. Chissà perché guardò me negli occhi mentre parlava. La cosa mi imbarazzò non poco. Tutta la classe era alquanto perplessa quando le fu ordinato di ammassare tutti i banchi in un angolo,ma lo fece lo stesso. << Oh,adesso sì che si ragiona! Forza sedetevi a terra,ragazzi. >> Tra borbottii di disappunto quei rammolliti si accomodarono sul freddo pavimento della sala. Io sorrisi sotto i baffi. << Bene!Allora,per prima cosa vi consegnerò un foglio sul quale disegnerete ciò che vi rappresenta in questo momento della vostra vita. Può essere davvero qualsiasi cosa,voglio che vi sbizzarriate e cerchiate gli artisti che ci sono dentro di voi!Buon lavoro! >> Io ero semplicemente estasiata per quella lezione. Alle medie era molto più tradizionale e già mi piaceva … figurarsi adesso che era così!Mi isolai dal gruppo di scemi,presi la matita che tenevo sempre dietro all’orecchio destro e iniziai  a disegnare. Ci misi tutta me stessa,come sempre. Sembrava quasi che la matita fosse un’estensione del mio braccio. Fui l’ultima a consegnare,proprio al suono della fine. Mr Freeman prese il mio disegno e gli scoccò un’occhiata piacevolmente stupita. << Tu sei Wesley,giusto? Abigail Wesley. >>  Annuii a conferma. << Dove hai imparato a disegnare così? >> chiese accennando ai miei quattro scarabocchi. << Da … da nessuna parte. Ho imparato da sola. >> dissi,arrossendo senza motivo. Spostai gli occhi alle mie Converse nere semi distrutte. << È sorprendente,Abi,davvero sorprendente. Ora puoi andare,non voglio farti arrivare in ritardo alla tua prossima lezione. >> sorrise complice. << Arrivederci,Mr Freeman. >> lo salutai con la testa fra le nuvole. << Jack. >> mi corresse con un sorrisetto birichino che mi fermò il cuore. << Arrivederci … Jack. >> Volteggiai in un’assurda bolla d’allegria che scoppiò non appena mi sedetti accanto al cafone-molestatore-extrapalestrato nell’aula di laboratorio. << Ciao,Abi. >> Come diavolaccio si permetteva di chiamarmi con un nomignolo?! << Come,prego? >> Alzai un sopracciglio con un’espressone che sperai fosse di educata incredulità. << Ho detto “ciao,Abi”,sei sorda per caso? >> Ah,faceva anche lo sbruffone?! << Non sono sorda. E per la cronaca tu non hai il diritto di chiamarmi “Abi”,chiaro? Sei uno sconosciuto,quindi io per te sono Abigail. >> sbottai mettendoci tutto il veleno possibile. Lui non si scompose,anzi,ridacchiò un poco. << D’accordo. Allora,ciao Abigail. >> ripeté il saluto. Non m’incazzai di nuovo perché avevo capito che ci godeva da matti a tirarmi scema. Perciò l’osservai con aria di sufficienza e risposi: << Ciao,atleta del cazzo di cui non so il fottutissimo nome e del quale non m’importa un’ emerita bega. >> << Wesley!Ti pare il linguaggio da tenere in una classe?! >> mi redarguì il professore. Oh,merda,non mi ero accorta di aver urlato. Arrossii di botto e chinai la testa. << Ha ha ha. >> mi prese in giro il cretino. << Vale anche per te,Thomas!Vi aspetto entrambi oggi pomeriggio in punizione. >> Oh,no. Oh,no no no. Un’ora in più con quella sottospecie di babbuino?!Sarei morta. << Per la cronaca,Wesley, io mi chiamo Gabriel Thomas. Gabe,per gli amici. >> Oh eccolo che cominciava a chiamarmi per cognome come se fossimo due compagni di bevute. << Bene,Thomas,in tal caso tu per me non sarai mai “Gabe”. >> Sopravvissi a quel supplizio solo grazie alla soddisfazione di avergli procurato una punizione. A pranzo presi un panino e sgattaiolai in bagno perché non avevo nessuna voglia di incontrare ancora l’energumeno. Merda,avevo finito le sigarette!Di pessimo umore andai all’ultima ora e poi mi diressi nuovamente a laboratorio. Prima di aprire la porta presi un grosso respiro. << Ah,Wesley,ci onori della tua presenza. Prego, accomodati, così posso spiegarvi quello che dovrete fare per il resto dell’ ora. >> Mi sistemai il più lontano possibile da Gabriel. << Se guardate bene sotto ogni banco di questa classe vedrete che sono pieni di gomme da masticare. Ecco,io voglio che siano puliti e scintillanti al mio ritorno. Tutto chiaro? >> Il prof sorrise beffardo,ci diede delle lamette di ferro e se ne andò dall’aula. Era uno scherzo. Doveva esserlo. Spostai lo sguardo sul deficiente:stava ispezionando il suo sottobanco,esattamente come voleva il prof. Oh,strano. Credevo fosse un totale imbecille. << Grazie per la punizione,eh. >> Commentò senza guardarmi. Arrossii. << Oh,non fraintendere,non sono arrabbiato con te. Ma mi devi un favore. >> Allora m’imbestialii. << Un favore?!Ma se è colpa tua! E poi non sono l’unica con un carattere difficile,caro mio. Vorrei ricordarti che solo ieri mattina mi hai mandata affanculo perché TU non stavi guardando dove andavi,per strada! >> Alzò gli occhi,come colpito  in testa da qualcosa. Mi bloccai anche io per la sorpresa. << Uh,oh … ehem … scusa. >> farfugliò ficcandosi sotto al banco ad una velocità record. Non gli risposi ma continuai a staccare cicche,chiusa nel mio mutismo. << Bene ragazzi per oggi basta. E a meno che non combiniate altre stupidaggini non dovrete più tornare qui. >> Sorrisi di sollievo,raccolsi la mia borsa a tracolla e me la svignai. << Aspetta!Abigail,cazzo,fermati! >> mi chiamò Gabriel. << Che c’è adesso? >> sbuffai. Mi voltai e mi presi un colpo dato che era più vicino di quanto pensassi. Andai a sbattere contro il suo torace muscoloso e,se non mi avesse stretta a sé,sarei capitombolata per terra. Il cuore mi batteva all’impazzata. Sentivo il suo fantastico odore annebbiarmi la mente,perciò feci un balzo all’indietro. << Ehm … che … che cosa vuoi da me,Gabriel? >> balbettai. << Niente,è solo che … volevo chiederti scusa per come mi sono comportato . >> Strabuzzai gli occhi,non credevo alle mie orecchie. << Ah. Va ... bene. Accetto le scuse. >> Imbarazzato si accese una sigaretta senza smettere di guardarmi. << Posso fregartene una? >> domandai di punto in bianco. Annuì e mi passò una Marlboro rossa. << Grazie. >> Si abbassò lentamente verso di me e accese la mia sigaretta con la sua. Lo ringraziai ancora. Ci sedemmo su una panchina,a debita distanza l’uno dall’altra. << Quanti anni hai,Abigail? >> << Qui – quindici. >>Ero stranita. Perché me lo chiedeva? << Oh. Non li dimostri. >> si fece pensieroso. << Perché,quanti me ne daresti? >>m’incuriosii. << Be’ … caratterialmente diciamo una ventina di più. Fisicamente dodici,credo. >>ridacchiò. Mi lasciai scappare un risolino anch’io. << E tu? >> feci dopo un attimo di silenzio. << Diciassette. Tra un mese. >>  << Ti facevo più grande. >>  Lui mi fece un sorrisino sghembo. << Hai il ragazzo,Abi? >> Ma che razza di domanda era?! << Ehm,no. >>risposi,evasiva. Proprio non mi andava di fargli sapere cos’era successo l’anno prima dato che era uno dei pochi a non esserne al corrente. << Oh,capisco. Ma hai già baciato qualcuno,vero? >> Cominciava a spaventarmi con quel tipo di domande. << S-sì,certo. >> Mi sarebbe venuta la tachicardia se avesse ripreso a chiedermi cose spinose. << Grazie per la sigaretta,Gabe,ma adesso devo proprio scappare. Ciao. >> Mi alzai e iniziai a camminare verso casa. << Abigail. >> disse con calma. << Sì? >> mi girai e incontrai i suoi occhi di ghiaccio. << Mi hai chiamato Gabe. >>mi fece notare. Uh oh. << Ciò significa che siamo amici? >> Riecco quel mezzo sorrisetto da infarto. << Una cosa del genere. >> sospirai. Voltandogli le spalle mi aprii in un immotivato sorriso da ebete.                                                                                                                                                           

Image and video hosting by TinyPic Disegno di Abi

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Capitolo 7
*** I don't know what's happening to me ***


                                          CAPITOLO SETTE      

                                                     I don't know what's happening to me

Gabe’s POV

 Ero riuscito a diventare suo amico. Finalmente ce l’avevo fatta. Avevo intravisto la vera Abigail Wesley. Era una ragazza dolce,gentile e spiritosa,solo che le era accaduto qualcosa di brutto. Ancora non avevo idea di cosa fosse ,ma presto l’avrei scoperto. Caspita,però,non mi era proprio passato per l’anticamera del cervello che Abi potesse essere il motociclista che avevo mandato a quel paese. Mi sentivo in colpa. Parecchio in colpa. Passò una lunga settimana in cui la mia squadra vinse la partita contro i Tigers,mi chiarii con Lizzie e iniziai a parlare di più con Abi. Ovviamente la mia ragazza era ultra gelosa di quella moretta dagli occhi a calamita. “Gabe,ma perché passi tanto tempo con quella?Ha due anni in meno di te e in più non è niente di speciale!” Pitt non capiva perché mi ostinassi con lei. “C’è tanto in lei,Pitt. Tante cose che nessuno sa.” gli spiegai. Lui sbuffò. “Mah,per me quella è una troietta che aspetta solo di essere montata.” ghignò,maligno. Lo presi per il collo e lo spinsi contro il muro. “Non azzardarti mai più!” gli abbaiai. Non sapevo da dove venisse tutta quella furia. “G – Gabe! La- lasciami,cazzo!” tossì Pitt. Mollai la presa,scioccato dalle mie stesse azioni. “Faresti meglio a darti una calmata King Kong,o perderai tutto.” gracchiò massaggiandosi il pomo d’Adamo. Dopo quella mia sbroccata non uscii più con Pitt e cominciai a vederlo sempre meno. Cosa cazzo mi prendeva?!Stavo dando di matto per … Abigail. Non ci capivo un tubo in quella faccenda.                                             

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Capitolo 8
*** A stolen kiss ***


                   CAPITOLO OTTO

                                  A stolen kiss

Abi’s POV

Gabriel iniziava davvero a seccarmi. Mi seguiva come un’ombra e più di una volta lo avevo beccato a fissarmi durante l’ora di laboratorio. Ok,devo ammettere che un po’ mi piaceva che uno dei ragazzi più carini della scuola sembrasse cotto di me. E un po’ mi piaceva anche lui. Sì,d’accordo,lo ammetto. Ma non era quello che cercavo. Non in quel momento.                         “ Abi,posso parlarti un secondo?” Era appena finita l’ora di arte e Mr Freeman mi richiamò in classe. “Sì,certo.” farfugliai. Per il nervosismo mi morsi il labbro inferiore quasi a sangue. Il prof chiuse la porta ed io deglutii. Avevo per caso fatto qualcosa di male? “ Mi piacerebbe tanto darti delle lezioni private.”disse. Il mio cuore perse un battito. Oh,cavolo.  Jack Freeman,l’uomo più sexy che avessi mai incontrato, mi stava chiedendo di uscire. Be’ tecnicamente non lo stava facendo sul serio … però … “Uh oh,sì,sa – sarebbe … interessante.” sputai fuori. Lui fece una risatina che mi scatenò un attacco di pelle d’oca. “ Mai come stare a guardare te che disegni.” sussurrò. Era una mia impressione o si era fatto più vicino? Affondai le mani nelle tasche della felpa con crescente disagio. “ Tu non ti rendi conto dell’effetto che hai sulle persone,vero?” Scossi la testa. Avevo le guance in fiamme. “Sei così modesta …” Delicato come una farfalla mi sistemò una ciocca ribelle dietro all’orecchio lasciando un segno bollente sulla mia pelle. In quell’attimo di follia cedetti ad un bisogno incontrollabile:mi allungai verso di lui e premetti le mie labbra sulle sue. Subito dopo,rendendomi conto della cazzata commessa, scappai fuori dall’aula inciampando in un ragazzo con la felpa del basket. “ Gabriel!” squittii alzandomi. Mi guardava con un’espressione rabbiosa,non da lui. “E sta’ un po’ più attenta a dove cammini!”mi spintonò. Si alzò a sua volta e si dileguò. Ero scioccata dal suo comportamento: dopo giorni passati a fare il carino adesso mi ringhiava contro. D’un tratto un  brivido di consapevolezza  mi attraversò: Gabriel ci aveva visti;mi aveva visto mentre baciavo il professore. E adesso?Sarebbe andato a sbandierarlo ai quattro venti oppure avrebbe tenuto la bocca chiusa?

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Capitolo 9
*** Love sucks ***


                       CAPITOLO NOVE

                                        Love sucks          

Gabe’s POV

Lizzie non sopportava che fossi ‘amico’ di Abigail. Mi stava col fiato sul collo in un modo intollerabile. “Eddai,Liz!Mollami un attimo!Non hai nessun motivo per essere gelosa.” Provai a calmarla. “Ah,sì?Credi che non mi sia accorta di come ti guarda quella?!” sbottò,stizzita. Io le circondai la vita con le braccia. “Lizzie,tesoro,non ti fidi di me?”Sfoderai i miei migliori occhi da Bambi e lei si sciolse come neve al sole. “Oh,amore,è ovvio che mi fido di te. È di quellache non mi fido”Ah,che pazienza ci voleva con quella ragazza. “Stai tranquilla,ok?Non le darei mai corda.” Lei sorrise, leggermente più rilassata, e mi scoccò un bacetto sulla guancia prima di entrare nell’aula di spagnolo. Corsi velocemente fino all’aula di laboratorio perché avevo paura di arrivare in ritardo ( proprio non ci stavo a ripetere il corso del primo anno una terza volta.) Due voci concitate all’interno della classe di educazione artistica mi distrassero:combattei con la curiosità per un paio di secondi,ma poi lasciai perdere ed appoggiai l’occhio alla serratura per sbirciare. In corridoio non c’era più nessuno dato che la campanella della seconda ora era suonata già da un po’. Mr Freeman era solo con una ragazza che mi dava le spalle,impedendomi di riconoscerla. Le stava accarezzando i capelli. Oho,stavo assistendo alla tresca di Jack Freeman con un’alunna probabilmente minorenne. Il pettegolezzo più succoso dell’anno. I due si scambiarono un bacio rapido (cazzo!)e,senza preavviso, la ragazza corse verso la porta per spalancarla addosso a me. Merda. Nello stesso istante in cui caddi a terra le feci lo sgambetto e quella mi volò praticamente tra le braccia. Un familiare profumo di fragole,fumo e saponette mi travolse. Quell’odore … lo avrei riconosciuto tra mille. Era essenza di  Abigail Wesley. “ Gabriel!” esclamò saltando in piedi come un petardo. No. Non ci potevo credere. Abi aveva appena baciato un professore che aveva almeno dieci anni più di lei. Una rabbia che non avevo mai provato s’impossessò di me e mi fece ribollire il sangue. “E sta’ un po’ più attenta a dove cammini!” urlai,infuriato. La spinsi via e me ne andai a grandi passi fregandomene del suo volto addolorato e incredulo. Uscendo da scuola provai una fitta di dolore acuto al petto.Avevo una ferita,una voragine che bruciava e minacciava di inghiottirmi. Corsi a casa mia e,grondante di sudore,mi arrampicai fino alla finestra della mia stanza per poi lasciarmi cadere pesantemente sul letto e scoppiare definitivamente a piangere come una femminuccia. Raccontai a Lori di avere l’influenza e lei mi lasciò rimanere a casa. Il giorno dopo non avevo nessunissima intenzione di vedere gente,perciò continuai la farsa del povero piccolo malato. Lizzie mi tempestava di messaggini preoccupati. Ma cos’avrei potuto dirle? “Amore,sto da cani perché Abigail ha baciato il prof di arte e non so nemmeno perché?”Nah,suonava assurdo persino a me. Vagando da una stanza all’altra e spostando oggetti senza nemmeno fare caso a ciò che combinavo,spaccai qualcosa. Oh,cazzo. Il vaso di Lori. Merda,merda,merda. Adesso come glielo spiego?!Mentre raccoglievo i cocci pensai intensamente a cosa mi facesse stare tanto male:Abigail non era la mia ragazza,io amavo Lizzie;eravamo a mala pena amici,io e quella strana quindicenne. E allora perché stavo così?!Perché avevo voglia di sotterrarmi in una buca e non uscirne mai più?Perché volevo squartare Mr Freeman pezzo per pezzo per averla baciata?Non poteva essere soltanto un comportamento da amico. 

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Capitolo 10
*** Sean's party ***


                               CAPITOLO DIECI

                                                   Sean’s  party

Abi’s POV                                                                   

“ Ma se ci scoprono?” mi preoccupai bloccandolo. Jack mi mise a tacere con un bacio non proprio … ehm … casto. “Non ci scoprono.” sussurrò scendendo con le labbra sul mio collo. Quasi mi lasciai scappare un gemito. Eravamo chiusi nello sgabuzzino dei bidelli da circa dieci minuti e non eravamo decisamente nelle condizioni adatte per essere visti. Iniziò a slacciarmi la felpa. “ Ehem,Jack non credo sia il caso di …”cominciai. Quando,però,le sue dita esperte arrivarono fin sotto  la mia maglietta dei Linkin Park persi del tutto la voglia di controbattere. Mi dovetti ficcare un pugno in bocca per non urlare. Il prof sorrise,chiaramente soddisfatto dell’effetto che stavano avendo le sue azioni,e passò alla zip dei miei jeans. Driiiiiiiin. La campanella ci fece sussultare entrambi. “Devo andare. Sono una pippa in trigonometria e se non seguo la lezione di oggi rischio di perdere l’anno.” mormorai passandogli una mano fra i capelli. Lui annuì e si scostò da me per concedermi il tempo di sistemarmi. “Ci vediamo dopo”lo salutai,un po’ mogia,con un bacetto a stampo. Uscii dallo sgabuzzino senza dare nell’occhio e mi confusi tra la folla di studenti con un sospiro. Ah,mi stavo cacciando in un bel guaio. Primo: Jack Freeman aveva dieci anni in più di me; secondo:era un mio professore;terzo: quell’idiota patentato di Gabriel Thomas sapeva della nostra … come definirla?Relazione?Bah,quello che era. Il giorno dopo il mio bacio rubato ,Mr Freeman era venuto a parlarmi. Pensai che volesse dirmi di stargli lontana perché ero un’adolescente con gli ormoni a palla ed era normale che mi fossi presa una sbandata per lui. Invece mi bloccò contro il muro e mi baciò così a lungo da mozzarmi il respiro. Da allora, ogni giorno,ci chiudevamo da qualche parte a pomiciare. E dire che dopo il casino dell’anno prima avrei dovuto imparare la lezione … Invece mi comportavo come una qualsiasi ragazzina stupida alla sua prima cotta. Delle volte mi ero sentita male per questa “cosa”. Avevo una paura fottuta di tantissime faccende che la riguardavano: paura che tutto andasse a puttane,paura che ci beccassero,paura di essere felice per poi rimanere di nuovo delusa.  Ma alla fine avevo mandato a farsi fottere tutto e mi ero buttata. Stupida,stupida,stupida! “Cazzo!Ma guarda dove …” avevo sbattuto contro qualcuno che mi aveva fatto cadere a terra. Alzando gli occhi chi vidi secondo voi?Ovviamente il genio del ‘ buttiamoci contro la gente nei corridoi’,Gabe Thomas. Oh,merda. I suoi occhi mi trasmisero qualcosa che mi fece impietrire:rabbia,rancore e una scintilla di … tristezza?Malgrado tutto ciò mi porse una mano per aiutarmi ad alzarmi. “Scusa,non volevo.” Borbottò. L’aria attorno a me si riempì del suo dolce profumo. Non era artificiale,come il dopobarba di Jack. Era il SUO profumo. Una cosa che mi faceva girare la testa sin dal giorno della punizione a laboratorio. Mi resi conto solo allora di quanto mi fosse mancato vedere il suo viso,sentire la sua voce … “Non sei più venuto”gi dissi,quasi accusandolo. Si scompigliò i capelli con fare spigliato. “Avevo della … roba da sistemare” Rimaneva sul vago e fissava un punto al di sopra della mia spalla. “Che genere di ‘roba’?”  “Niente che ti riguardi,Wesley. A proposito,sono in ritardo per inglese. Se mi vuoi scusare …” Mi sorpassò,tornando alla freddezza di sempre e lasciandomi lì,del tutto confusa. Dopo la noiosissima lezione di trigonometria un ragazzo con i capelli rossi mi fermò nel corridoio. “Ehi,ti aspettiamo sabato,eh!”esclamò ficcandomi in mano un foglietto giallo e strizzandomi un occhio. Esaminai il tagliando e scoprii che si trattava di un invito alla festa di un certo Sean Peters . “Oh,non ci penso nean …” iniziai,sul punto di strappare quella robaccia e gettarla in un cestino,ma la risatina da oca di Elizabeth Dare mi distrasse. Stava appiccicata a Gabe come una sanguisuga e gli sventolava un invito uguale al mio sotto il naso. “Gabby,amoruccio,ci andiamo?Ti preeeeeego!”miagolò strattonandolo per il bavero della camicia. “Eh,va bene Liz. Ci andremo insieme,contenta?” sospirò lui sogghignando. Non so perché accadde. All’improvviso stavo ringhiando come un cane rabbioso e mi mettevo l’invito nella borsa. Con il senno di poi avrei capito che fu la decisione più deficiente che potessi prendere.

CASA DI SEAN. SABATO. ORE 18:30

Non sarei dovuta andare a quella cazzo di festa. Avrei semplicemente dovuto stracciare quel maledetto invito e mandare affanculo quel tale di nome Sean che nemmeno conoscevo. Invece eccomi lì in una villa gigantesca piena di studenti ubriachi marci e fattoni. Bleah. Un tempo adoravo quel genere di cose. Mi faceva impazzire l’idea di essere invitata ai festini;non so perché,forse mi sentivo importante. Ma ora li vedevo come realmente erano:punti di ritrovo per animali che si radunavano per accoppiarsi e litigare fra loro. “Ehi,bella bimba ti va di venire di sopra con me?” un tale,sbronzo fradicio, mi stava incollato al culo da almeno un quarto d’ora e continuava a chiedermi se volessi trombarmelo. “Per l’ultima volta,cretino,io non farei sesso con te nemmeno se fossi l’ultimo uomo sulla Terra!”sputai fra i denti,minacciosa. Finalmente se ne andò. Stavo quasi per tornare a casa,dato che Gabe e Lizzie-scopameloni non s’erano visti,quando la porta d’ingresso si aprì e proprio quei due fecero capolino nell’atrio. Fregai un bicchiere di punch analcolico (pregando tutti gli dei che lo fosse davvero) e mi nascosi dietro al divano sul quale stavano per sedersi i ‘piccioncini’. “Lizzie,ti va di recuperare qualcosa da Lucas mentre io vado a prendere da bere?” sentii dire a Gabe. “Sì,vado subito tesoro.”chiocciò la scopameloni. Intanto che li aspettavo sorseggiai il punch al lampone. Era buono e ,fortunatamente,lo avevo salvato appena in tempo dall’abituale correzione alcolica dei liceali. Appoggiai la schiena al divano e sospirai,dandomi della cogliona. “Passami quella roba!Ne voglio anch’io!” fece Gabriel rivolto a chissà chi,di ritorno dal chiosco delle bibite. Un soffice tonfo mi avvisò che lui e la sua ragazza si erano accomodati sul divano. Del fumo si alzò da dietro di me. Un fumo dall’odore familiare … Oh,fantastico. Marijuana. Ma bene. Di lì a dieci minuti il gruppetto di fattoni attaccò a ridacchiare come un branco di iene. “No,ti giuro fratello ,non avevo mai visto un’arancia così arancione” blaterò Gabriel. Quasi mi strozzai col punch,trattenendomi a stento dall’ ululare dalle risate. “Ma tu lo sai che l’ottanta per cento delle persone non sa dire ‘li vuoi quei kiwi?’ velocemente?”continuò Gabe. Oddio. Non avrei resistito ancora per molto se continuava così. Mi immaginavo i suoi occhi ghiacciati,allungati dal piacere donato dalla droga … e provai uno stranissimo impulso di unirmi a lui nella sua felicità. Poi però tutto finì. “Lo sai che Hilary mi ha raccontato che Abigail Wesley si è scopata Andrew Philiphmore?” insinuò Lizzie. Mi cascò il mondo addosso. Oh,no. “Checcosa?!”sbottò Gabriel facendomi sobbalzare e versare metà del punch sui miei jeans preferiti. “Sì,sì,me lo ha detto l’altro giorno in bagno. A quanto pare lei è andata ad una festa a casa sua l’anno scorso e lo hanno fatto. E lui ha filmato tutto.” “Cazzate. Sono tutte balle secondo me. Hilary non è la tua amica che si fa di crack un giorno sì e l’altro pure?”s’alterò Gabriel. Incredibile. Mi difendeva a spada tratta di fronte a tutti i suoi amici. “E stai calmino!Che te ne frega?”Lizzie divenne sospettosa. “Niente. Non me ne frega niente”bofonchiò lui probabilmente accompagnando la risposta con un’alzata di spalle. Strinsi i denti per non piangere. Oltretutto sembrava che mi fossi pisciata addosso,grazie all’intervento del punch sui miei poveri pantaloni.  “Io vado fuori a prendere un po’ d’aria. Mi sa che sono sbronzo.” Biascicò Gabriel di lì a qualche minuto. Lo seguii con lo sguardo mentre barcollava fuori dalla villa passando per la portafinestra del salotto. Che faccio?Vado o non vado? Ma sì,dai,vado. Strisciando come un ninja per non farmi scoprire dalla combriccola di fumatori uscii anch’io. Gabe era seduto su una panchina a dondolo sulla veranda. In una mano aveva una bottiglietta di Heineken. Mi strinsi nella mia giacca di pelle e mi sedetti accanto a lui. Sulle prime non si accorse di me,ma quando capì chi ero sobbalzò e strabuzzò gli occhi. “A – Abi?Che ci fai qui?” A quella domanda mi irritai. Non potevo esserci andata per divertirmi?!Poi mi ricordai che era ubriaco,fatto e sicuramente non si ascoltava quando parlava. “Un amico di Sean mi ha invitata.” Lui sospirò e si appoggiò allo schienale del dondolo. “Tu sei qui con Lizzie?”chiesi,anche se sapevo già la risposta. “Ah ha.” Assentì scolandosi quello che restava della birra e gettando la bottiglia vuota dietro di sé. Prese a guardarmi negli occhi con un’intensità impressionante. “Sai,Abi,sei bellissima. La ragazza più bellissimissima che io abbia mai incontrato.” Borbottò. Oh,cavolo. “Gabriel sei ubriaco. Piantala.”alzai gli occhi al cielo. “No,non sto scherzando. Sei assolutamente stupenda” sussurrò avvicinandosi piano piano. Il suo fiato sapeva di alcol e erba. Mi ritrassi. “Finiscila!”esclamai. la mia non era vera irritazione,direi piuttosto … delusione. Delusione che fossero la birra e la cannabis a fargli dire quelle cose. Ma che cazzo …?!Basta!Dovevo togliermi quei pensieri cretini dalla testa. “Dai Abi.”mormorò mettendomi un braccio intorno alle spalle. Fui sul punto di staccarglielo a morsi quando fece una cosa del tutto inaspettata:mi baciò. Oh mamma. Era come baciare una bottiglia di birra. Una bottiglia di birra che ci sapeva fare però. All’inizio cercai di scollarmelo di dosso dandogli delle potenti botte sulla nuca. Non desistette,anzi, semmai raddoppiò l’intensità del bacio. Quando cominciavo ad arrendermi Lizzie irruppe in giardino. Non spiccicò verbo,ma mi staccò da Gabriel tirandomi per i capelli,mollò uno schiaffo degno di questo nome all’interessato e mi affibbiò un epiteto che definirei poco gentile. “Tu,porco bastardo!Mi sono fidata di te e tu vai in giro a ficcare la lingua in bocca alla prima troietta che passa?!Vaffanculo Gabriel Thomas!”sclerò schiaffeggiandolo nuovamente e sculettando via con aria di superiorità. Gabe fissò il punto in cui era sparita prima di vomitare in un cespuglio accanto a sé. I ragazzi testimoni di quello strano scontro ritornarono alle loro precedenti attività non appena i conati di Gabriel si conclusero. Io mi alzai,ancora sotto shock , e feci per andarmene. “Abigail. Ti prego,resta” esalò quell’idiota. “No,per stasera ne ho avuto abbastanza. Anzi,sai che ti dico?Ne ho avuto abbastanza per una vita intera.”dissi,dura e sprezzante. Me ne andai a grandi passi,quasi impettita sulle prime,curva e distrutta nelle vicinanze di casa mia. Mi buttai sul letto vestita senza nemmeno togliermi le scarpe e piansi. Sì,sul serio. Così,senza motivo, piangevo come una bambina. Non so per quanto rimasi accasciata su quel letto;alla fine mi si erano prosciugati gli occhi. “Abi. Stai male?”gracchiò mia madre vedendomi scendere in cucina con la faccia da zombie. “Sì. Voglio morire.”risposi fregando una lattina di Coca dal frigo e squagliandomela di nuovo in camera mia. Sorseggiando la bibita mi tornò in mente un’estate particolarmente calda,risalente a circa cinque anni prima:io,Zoey e la mamma eravamo andate in piscina. Allora ero solo una bambina,non sapevo niente dei casini che si sarebbero scatenati in futuro. Avevo una paura matta dell’acqua,perciò me ne stavo seduta sul bordo a dondolare  piedi appena sotto alla sua superficie. “Abigail,perché non entri con me?”chiese Zy. Aveva poco più di sedici anni,ma ne dimostrava una ventina. “Ho paura,Zy. Lo sai.”le ricordai,rabbrividendo al pensiero dell’acqua che mi circondava con le sue braccia gelide. “Aspetta qui.”mi disse. Quando fu di ritorno teneva in mano una lattina di Coca Cola. “La vedi questa?”fece. Io annuii. “Lo sai che cos’è?” “ Come no,Zy,è Coca.” Facevo parecchio la saccente da piccola. “No,Abi. Questa è forza liquida.”mi corresse posandomela in mano. Io alzai un sopracciglio, interrogativa. “Se la bevi potrai fare qualsiasi cosa.”mi assicurò . Io storsi il naso. “Non ci credo.” “Ti giuro che è vero. Abi,ti fidi di me?” Annuii. “Allora bevi,forza.”mi incitò. Tracannai le bollicine marroni e sentii una piacevole sensazione di calore dalle parti dello stomaco. Lanciai un grido di gioia e mi tuffai a bomba nella piscina azzurra. 

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Capitolo 11
*** After the party ***


                  CAPITOLO UNDICI

                                  After the party

Gabe’s POV

Nausea. Dolore immenso alla testa. Freddo. Fame . Sete. Mi svegliai con tutte queste sgradevoli sensazioni. Avevo la guancia sinistra premuta contro il freddo pavimento di un bagno. Mi stropicciai gli occhi e mi misi seduto:il mio organismo non gradì quel movimento repentino. Mi accasciai sul water ancora prima di accorgermene. “Ehi,amico. Bella festa ieri,eh?” biasciò un tizio dalla vasca da bagno. Io gli mostrai una mano con il pollice in su mentre finivo di vomitare l’alcol. “Bravo,amico. Questo è lo spirit …”non terminò la frase perché fu anche lui sopraffatto dai conati. Mi alzai e uscii da lì,cercando di mettere in ordine le idee. Prima cosa:ero a casa di qualcuno che non conoscevo. Seconda cosa:ero rimasto a torso nudo. Terza cosa:cazzo,era la mia maglietta preferita. Quarta cosa:la guancia destra mi doleva come se le avessi dato fuoco. Quinta cosa:stavo subendo i postumi di una grossa sbornia. Sbadigliai come un gatto e barcollai fino in cucina. A parte qualche ragazzo svenuto,la casa era deserta,per cui non ebbi problemi a prepararmi la colazione. “Scusa,amico.”grugnii mentre toglievo la maglietta a uno steso sul divano. Infilandomela scoprii che mi andava bene ma puzzava di sudore,vomito e metamfetamina. Ancora assonnato camminai fino a casa mia,un isolato più avanti. “GABRIEL JACOB THOMAS!Dove diavolo sei stato fino ad ora,si può sapere?!Sono le sette del mattino!”tuonò Lori,incazzata come una biscia. Non avrebbe ascoltato nessuna delle mie patetiche scuse nemmeno se avessi avuto la forza di farle. “Non uscirai mai più di qui,mi hai sentito?!E la paghetta te la puoi scordare per un mese!E …”Continuò la sua predica per ore prima di lasciarmi andare a fare una doccia. L’acqua bollente era un toccasana per i miei muscoli indolenziti. Dio solo sapeva come mi sarei sentito l’indomani agli allenamenti. Non volevo nemmeno pensarci. Uscendo dalla doccia notai una cosa che prima mi era sfuggita:sulla mia guancia destra erano comparse cinque dita bianche,tatuate sulla pelle gonfia e rossiccia. Emisi un verso di ripulsa quando mi ricordai chi era il responsabile di quel bel marchio e quasi stramazzai al suolo non appena mi resi conto del perché mi fossi meritato non uno,ma ben due schiaffi dalla mia ragazza. Ormai ex ragazza,temevo. Avevo. Baciato. Abigail. Cazzo. In un sol colpo mi ero giocato un’amica e una fidanzata. Probabilmente anche il mio migliore amico Pitt e tutti gli amici di Liz,tra cui il caro vecchio pusher Lucas Dewayne. Che schifezza. E in più mi sentivo di merda perché quei cinquanta secondi erano stati i più belli della mia vita. Sperai che fosse tutto un incubo,che le ultime ore me le fossi soltanto sognate. Ma purtroppo c’era più di una prova tangibile che mi dimostrava il contrario. Primo fra tutti il potentissimo mal di testa da dopo sbronza. “Gabe,tutto bene lassù?”mi chiamò Lori,preoccupata. “Sì,mamma,sto bene.” le urlai,quasi infastidito. Non connessi subito. L’avevo chiamata ‘mamma’ per la prima volta da quando lei e Josh mi avevano adottato. Oh,wow. Il bello era che era stato un riflesso involontario,non una cosa programmata nella quale non credevo. Quando emersi dalla doccia la trovai che mi fissava con una padella umida di schiuma in mano e gli occhi lucidi. “Oh,Gabriel”sospirò mettendosi a piangere. Io coprii la distanza che ci separava in pochi passi e la strinsi a me. “Gabe,tesoro mio. Allora io sono la tua mamma …”singhiozzò. “Certo,mamma,certo che lo sei.” Cantilenai mentre l’abbracciavo. Josh,probabilmente svegliato dal casino,scese di sotto e si sorprese nel vederci così. “Vieni anche tu,papà.”lo invitai. Lui aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di venire a circondarci entrambi con le braccia. E poi accadde. Chissà come mai qualcuno aveva deciso che quella domenica era il giorno dei miracoli. “Ehi!Io?”strillò una vocetta poco familiare,irritata. Tutti e tre ci voltammo verso il piccolo Aaron,in piedi davanti alle scale,con le braccine incrociate e una smorfia corrucciata dipinta sul faccino d’angelo. Lori svenne e Josh fu costretto a lasciarmi per sostenerla. “Cos’hai detto,pulce?!”Ero totalmente spiazzato. Lui tese le braccia scheletriche verso di me e ripeté,forte e chiaro: “IO!” Non so se mi misi a frignare prima di averlo preso in braccio o dopo. “Aaron,Aaron,Aaron.”canticchiai mentre lo facevo girare per la stanza. Lui rideva come un forsennato senza più riuscire a smettere. Alla fine Lori me lo strappò dalle mani e iniziò a tempestarlo di baci. “Lo sai dire ‘mamma’, pulcino mio?”Lo riempì di domande simili per tutto il resto della giornata ma lui seppe dire poco o niente. Ad un certo punto mi fissò intensamente con i suoi occhietti color nocciola,concentratissimo. “Gabe” mi disse,quasi come un ordine. Lori,cioè la mamma,scoppiava di felicità solo per il fatto che Aaron avesse capito chi fossi. “Domani porterò Aaron a fare delle analisi dal dottor Pinkman.”annunciò Josh dopo che il bambino si fu profondamente addormentato sul suo seggiolone dopo la cena. “Caro,secondo te …” sussurrò Lori lasciando in sospeso la frase. “Non lo so,amore. Solo il dottore ce lo dirà.” “Lo porto a dormire.”annunciò la mamma caricandosi il piccolo dormiglione sulle spalle,sbuffando. “Quanto pesa. Sta diventando grande.”commentò sulle scale. “Ehi,Gabe. Faresti il favore di avvisarci prima di stare fuori tutta la notte?Lori … la mamma si è preoccupata fino allo sfinimento”mi sgridò papà mentre lo aiutavo a lavare i piatti. “Scusa. Non avevo in programma di passare la notte da Pitt … mi sono addormentato sul divano e ho dimenticato di chiamare.” Mentii sperando che se la bevesse. Era abbastanza bravo a scoprire le mie bugie. Per fortuna ci cascò. Erano circa le nove quando mi resi conto che forse,dico forse,avrei dovuto scusarmi con Abi. Non con Lizzie per aver baciato un’altra,no. Con Abigail. Sapevo che se avessi anche solo formulato il pensiero di chiedere ai miei di uscire a quell’ora,un fulmine mi avrebbe incenerito lì su due piedi. Presi la saggia decisione di andare a dormire. Dopo quelli che mi  parvero pochi minuti un fastidioso ticchettio mi svegliò da un sonno leggero e nervoso. Tic. Tic. Tic. Grugnii di disappunto e mi tirai il cuscino sulla testa. Tic. Tic. Mi resi conto che quel rumorino molesto proveniva dalla finestra della mia stanza,perciò mi alzai e la spalancai. “Ah,era ora,cazzo!Sono qui sotto da mezz’ora a gelarmi le chiappe,Thomas!”sibilò una figura avvolta in una giacca di pelle nera, vecchio stile e troppo larga. Abi. Chissà come mai me l’aspettavo. “Cosa diavolo ci fai tu qui?!”borbottai,insonnolito. “Beh,non è molto gentile da parte tua trattarmi in questo modo dopo che la tua schifosa linguaccia ha fatto un giretto panoramico nella mia bocca!”sbottò,quasi dimentica del volume da conversazione civile. Aveva ragione,merda. “Va bene,adesso scendo!”Mi misi un paio di pantaloni della tuta,la giacca del basket e le Vans e scesi di sotto muovendomi come un ninja. “Finalmente!Credevo che ti fosse rimasto qualcosa bloccato nella lampo dei jeans.” Disse prontamente col suo solito(e adorabile) sarcasmo. Senza proferire parola camminai fino al cancello che delimitava la proprietà dei miei e lo saltai con facilità. Abi tentò di imitarmi,ma finì dritta distesa per terra. Ah,santo cielo,quella ragazza era un pericolo pubblico! “Ce la faccio da sola.” Si lagnò alla vista della mia mano protesa in suo aiuto. Io sbuffai roteando gli occhi verso il cielo e attesi che mi spiegasse cosa cavolo ci faceva lì a quell’ora. “Volevo mettere in chiaro una cosa.”annunciò spazzolandosi i jeans dalla polvere. Poiché non spiccicai verbo andò avanti. “Io sono impegnata,come certo saprai, e non mi va che la tua plateale cotta per me mi si ritorca contro.”disse,fredda. Io trasalii. “Io non ho una cotta per te.”blaterai,piuttosto incoerente. Non ce l’avevo no … oppure sì? “Se lo dici tu … Basta che la pianti di seguirmi e soprattutto non ripeti la scenetta di ieri sera,capito?”  Ricordavo ben poco della festa. Il particolare del bacio,però,era ancora abbastanza vivido. Rabbrividii e scattai: “Io non ti seguo!E non ho una cotta per te,scorbutica egocentrica ragazzina!Esci dalla mia vita e fattene una!” Me ne andai a grandi passi giurando a me stesso che non le avrei mai più rivolto la parola.

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Capitolo 12
*** The truth ***


                      CAPITOLO DODICI

                                          The truth

Abi’s POV

Brutta idea parlare con Gabe. Quel testone orgoglioso piuttosto che ammettere di essere infatuato di me mi aveva dato un ultimatum. O aveva ragione lui ed io ero solo una ragazzina egocentrica?In quel momento non sapevo trovare una risposta. Tornata a casa,leggermente irritata con il sesso maschile,presi il mio blocco dei disegni e iniziai a passare la matita su e giù. Il risultato mi lasciò sorpresa e ancor più infastidita:era un ritratto di Gabriel. Il giorno dopo,a scuola, l’idiota evitò accuratamente di avere contatti con me. Bene,meglio così. Ero seduta nell’aula di inglese quando accadde: “L’alunna Abigail Wesley e Mr Freeman sono convocati in presidenza.”gracchiò la voce del preside  Moore dall’altoparlante del corridoio. Gli sguardi di tutti si puntarono sulla sottoscritta. Avevo il cuore in gola. Ci avevano scoperti?Raccolsi la mia roba nella borsa a tracolla con nonchalance e scappai dalla classe. Raggiunsi l’ufficio del preside col fiato corto:una bidella mi disse di aspettare fuori mentre Mr Freeman faceva il suo colloquio. Non appena quella scomparve in segreteria mi fiondai ad appoggiare l’orecchio sulla porta. “L’ho fatta convocare qui,Jack, per via delle accuse di un alunno che rimarrà anonimo:questo ragazzo mi ha riferito di averla sorpresa in atteggiamenti intimi con una studentessa del primo anno. Lei sa che,in quanto professore, le è severamente proibito avere relazioni con gli scolari,anche se maggiorenni. Il fatto che la ragazza sia un minore la rende punibile per legge.” Dopo questo discorso per poco non mi venne un attacco di cuore. Cazzo. Gabriel aveva cantato. Merda,merda, merda. “E lei ha le prove?”farfugliò Mr Freeman. “Lo studente mi ha fornito una fotografia.”disse severo il preside. Aspetta … una foto? “Qui si vede nitidamente il suo viso e quello della ragazza in questione,la signorina Sally Owkins.” SALLY OWKINS?!Cosa cazzo stava succedendo?! “Questa volta passi,Mr Freeman. Mi limiterò a sollevarla dall’incarico e a raccomandare ad ogni scuola dell’Oklahoma di evitare di assumerla.”  Jack strisciò la sedia con un rumore sonoro e aprì la porta appena un nanosecondo dopo che fui schizzata su una sedia di plastica della sala d’aspetto. Passando mi rivolse un sorriso triste che stava ad intendere ‘ci vediamo dopo ’ e io gli lanciai un’occhiata che significava ‘muori schifoso pervertito’ . Lo lasciai completamente basito e presi il suo posto in presidenza. “Ah,salve signorina Wesley. L’ho fatta chiamare per discutere con lei della sua situazione scolastica” Oh no. Nervo scoperto. Chissà quante insufficienze avevo … “Mi dica tutto.” Borbottai. “Vedo che ha degli ottimi voti nelle materie umanistiche  e che ha una propensione innata per l’arte. Purtroppo nelle materie scientifiche c’è ancora parecchio da lavorare.” Mi spiegò in tono pratico. Io annuii. “Ho visto alcuni dei suoi lavori appesi nella bacheca della scuola:davvero sublimi. Sono certo che il Maryland Institute College of Art o la Rhode Island School of Design sarebbero più che lieti di conferirle una borsa di studio. Ciò che mi dispiace è che lei ha un cervello niente male e lo sentirei sprecato ad un’università specializzata solo in materie artistiche. Pensavo,che se riuscisse ad avere dei voti più che sufficienti quelle scientifiche, potrebbe puntare più in alto … Yale,per esempio.” Mi sorprese del tutto. I miei scarabocchi erano ‘sublimi’? Puntare a Yale?Un sogno. Sarebbe stato favoloso,una volta uscita da quella topaia,ritrovarmi in uno dei college più prestigiosi d’America. Purtroppo era quello che era:un sogno e niente di più. Yale era costosissima. Con lo stipendio da barista di Zoey riuscivamo a mala pena ad arrivare a fine mese. E per avere una borsa di studio che coprisse l’intera quota di iscrizione,più la mia permanenza al college per due anni consecutivi … insomma dovevi essere un super secchione. Io non lo ero affatto. Cioè,sventolavo allegra le mie A in inglese,letteratura,spagnolo, sociologia,laboratorio  e arte,ma mi toccava portarmi dietro anche le decine di D in trigonometria, biologia e chimica. In più c’era la mia stupenda F in educazione fisica per non essermi mai presentata alle lezioni. Pagella disastrata,praticamente. Ma per il college avevo tutto il tempo di recuperare(in fondo ero al primo anno). La cosa che più mi premeva era il motivo per il quale la preside mi aveva voluto parlare:perché avrebbe dovuto farlo se si trattava di insufficienze di poco conto per una matricola? “ Veniamo al punto,Abigail. Tra qualche giorno in questa scuola arriverà uno studente straniero,spagnolo per la precisione,e data la sua attitudine per la lingua pensavo di assegnarle l’incarico di fargli da tutor.  Si tratta di un ragazzo prodigio che ha ricevuto numerosissimi premi per la matematica. Sono due piccioni con una fava,no?Lei lo aiuterà ad inserirsi e in cambio lui le darà ripetizioni. È d’accordo?”  Un supercervellone europeo  (probabilmente anche muy caliente) che mi aiuta in trigo? “Assolutamente sì.” Convenni,cercando di trattenere l’eccitazione.  Il signor Moore mi regalò un sorriso increspato da piccole rughe e mi strinse la mano prima di congedarmi. 

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Capitolo 13
*** Jealous? I'm not jealous! ***


             CAPITOLO TREDICI

                   Jealous? I'm not jealous!

Gabe’s POV

“Gabe,non  puoi non andare a scuola!” mi ricordò la mamma. Uff. “E dai mamma,solo un  giorno!Ti prego!”mi lagnai. “Ragazzo mio,so che conti sulla borsa della Duke,ma una volta finita la tua brillante carriera nel mondo del basket cosa pensi di fare?” Sempre la solita storia. “Eddaiiii sono al terzo anno!Ho ancora un sacco di tempo per pensare al college …”biascicai. Non ci fu nulla da fare. Brontolando ininterrottamente feci colazione e camminai fino a scuola. E che palle però. Fortuna che c’erano gli ACDC e le Marlboro a farmi compagnia. Davanti alla Marked trovai una brutta sorpresa:Abi stava flirtando con un tizio ispanico. La vedevo parlargli con fervore e ogni tanto lo sentivo ridere. Lei mostrava i chiari segni del ‘ci sto provando’:si passava le mani tra i capelli,sbatteva le ciglia,si puntellava sulla punta della sua Converse sinistra e lanciava a quel tale sguardi roventi. Cioè,forse la mia immaginazione stava galoppando un po’ troppo, ma in quel momento mi importava soltanto dei sorrisi di apprezzamento di quello schifoso. Per poco non mi bruciai la mano con il mozzicone acceso della mia seconda sigaretta. Chi si credeva di essere quel … quel … La campanella mi risvegliò dal coma appena in tempo per veder sparire quei due nella folla di ragazzi urlanti. Ah,non potevo andare avanti così. C’erano un centinaio di cheerleader che avrebbero dato un braccio per uscire con me e io me ne stavo a farmi seghe mentali su quella stupida ragazzina. Doveva finire. “Gabe!Gabriel!”qualcuno mi chiamò. Era Adam,un mio compagno di squadra. “Ehi,Adam.”lo salutai. Lui corse verso di me,tutto trafelato. “Non crederai mai a quello che ho appena visto!”esclamò col fiatone. “Spara,rospo,non ho tutto il giorno.”gli dissi mentre entravo a scuola. “Lo spagnolo. Il ragazzo,quello nuovo. È una cosa stratosferica!L’ho visto stamattina presto allenarsi con i tiri al campetto … non ne sbaglia uno!” Era eccitatissimo e mi guardava con aspettativa. Cosa?!Possibile che fosse lo stesso tipo che … “E allora?”chiesi. Adam mi squadrò,stupito che non avessi capito. “Gabriel … Dallas si è rotto la gamba settimana scorsa,non te lo ricordi?Siamo a corto di un elemento per la partita di sabato!Se non troviamo in fretta qualcuno rischiamo di perdere a tavolino.” Mi pinzai l’attaccatura del naso fra il pollice e l’indice e chiusi gli occhi. “E va bene. Oggi pomeriggio gli fisso un provino.”sbuffai,di malavoglia. Adam mi sorrise e mi diede un pugno giocoso sul braccio. “Non te ne pentirai,capitano.” Zampettai fino a laboratorio con la testa fra le nuvole. Incrociai Lizzie,mano nella mano con Pitt. Non mi degnarono di uno sguardo e continuarono a ridacchiare. Quando sparirono a inglese mollai un calcio alla fila di armadietti alla mia sinistra:e così si era già trovata un altro,eh?E per giunta si trattava del mio ex migliore amico. Che stronzi. A lezione dovetti sopportare la vista di Abigail seduta nel banco accanto al mio che ciarlava con lo spagnolo. Aaaaaargh,non ne potevo più di essere … geloso?No,non sono geloso!,protestai mentalmente incrociando le braccia al petto. Col cavolo. Magari ero geloso di Liz ma non di Abigail. No. Questo mai.  “Thomas,mi faccia il piacere di rispondere quando le parlo”mi riprese il prof Holland. Cosa cazzo aveva detto?Boh. “Potrebbe ripetere la domanda?”bofonchiai sentendomi un idiota. Gli studentelli del primo anno risero. “Le ho chiesto se aveva intenzione di rimanere al corso del primo anno anche l’anno prossimo. E adesso vada fuori,mi ha scocciato.” Fece un gesto con la mano e mi indicò la porta senza staccare gli occhi dalle scartoffie con i progetti sugli orologi che teneva sulla cattedra. Umiliato, presi la cartella e me ne andai a grandi passi. Stupido vecchiaccio. “Hola hombre gallina. ¿Cómo estás?”* disse qualcuno alle mie spalle. Mi voltai e incrociai lo sguardo del ragazzo spagnolo. “No hablo tua lingua.” bofonchiai. Lui inclinò la testa di lato senza smettere di fissarmi. “ Io. Non. Parlo. Spagnolo. Capito? Non parl …” cominciai pronunciando le parole lentamente. “Ehi,amigo,ho sentito non sono sordo.”sogghignò con un leggero accento. Ah,cazzo,allora lo aveva fatto apposta! “Ma tu sai l’inglese!”abbaiai. “Certamente hombre gallina. Io sono nato qui. Mia madre è dell’Ohio.” Sbuffai e gli voltai le spalle. “Mi chiamo Nico. Nico Suarez.” Si presentò. Gli lanciai un’occhiata sospettosa prima di stringergli la mano. “Sì, Adam mi ha detto che ci sai fare con la palla.” Lui annuì. “Ero capitano della squadra di basket a Madrid.” Ma bene. Adesso mi voleva pure spodestare. “Ti ho fissato un provino. Oggi alle tre, in palestra. Fatti trovare lì.” Detto questo me ne andai fuori ad accendermi l’ultima Marlboro del pacchetto. Al suono della seconda ora feci ritorno al macello. Era una mia impressione o il tempo era accelerato? In un battito di ciglia erano già le tre. Quando arrivai in palestra c’era già tutta la squadra più l’allenatore. Il pivello europeo avrebbe fatto sfoggio delle sue ‘abilità’ di fronte ad una piccola folla di persone radunatesi sugli spalti. Tra loro c’era una festante Abigail. Fu la vista di lei che ammiccava a quel Nico a mettermi addosso una rabbia incontrollabile. “Muoviamoci!”esclamai pescando un pallone dal cesto e lanciandoglielo contro. Era di spalle,perciò ero sicuro che gli sarebbe arrivato in testa:con uno scatto fulmineo si voltò e afferrò la palla con una sola mano. La palestra trattenne rumorosamente il respiro. Qualcuno applaudì. Lo spagnolo mi regalò un sorrisetto di scherno. “Bien,amigo. Fatti sotto.”  Grugnendo mi sistemai di fronte a lui,in posizione di difesa. “D’accordo,fa vedere che sai fare.”sputai fra i denti. Premetto che non mi allenavo da un po’. Che ero infastidito dagli occhioni dolci di Abi per lui. Che … quello che volete. Nico mi sorpassò veloce come uno di quei vampiri sberluccicosi che piacevano tanto a Lizzie. No,che dico,più veloce. I due punti più rapidi della mia carriera sportiva. E non li avevo segnati io. Che schifezza. “Due a zero,hombre gallina.”sghignazzò passandosi una mano fra i ricci color teak. “È un provino,non una gara,Suarez.”sibilai,chiaramente offeso. E basta con ‘sta storia dell’hombre gallina. Non mi piaceva,sembrava un insulto:era uno di quei momenti in cui desideravo aver studiato spagnolo al posto di essermi fatto le canne coi miei amici e aver copiato in tutti i test. “Che ti prende Thomas?Ti fai battere da una signorina europea?”ragliò Pitt dagli spalti. “Amigo,fossi in te mi toglierei la gonna prima di dare della ‘signorina’ a qualcuno.”ribatté Nico piccato. A questa uscita tutti risero,me compreso. Dovevo ammettere che era forte per essere uno spagnolo. Pitt era livido di rabbia. Quando posai lo sguardo su Abi aspettandomi di vederla sganasciarsi  come gli altri notai che non lo stava affatto facendo. Mi resi conto solo in quel momento che non l’avevo mai vista ridere o sorridere. Mai. Chissà come si sarebbe illuminato il suo viso … Per non parlare della luce che le sarebbe apparsa negli occhi grigio-verdi. “Gabrièl,torniamo a giocare?”chiese Nico sornione. “Spagnolo,io mi chiamo Gabriel. Non Gabrièl. L’accento è sulla ‘A’.” borbottai. “Mio zio si chiama Gabrièl. Preferisci che ti chiami hombre ga …” “NO!Mi va bene così!”lo interruppi. Si spostò uno dei suoi ricci dalla fronte sempre ghignando. Il provino finì alla pari ed io fui costretto dall’allenatore ad accettare in squadra Suarez. Mentre uscivo dalla palestra udii la voce di Abigail che discuteva con qualcuno. “Oggi no. Non posso,scusa.” Disse con freddezza. Sentii il rumore di passi che si allontanavano. “ Chiquita* !Pensavo che io e te …” Era Nico. Tah,lo sapevo. “Oh,pobre Nico. Lo siento mucho.”* Lo disse in tono canzonatorio,perciò capii che si trattava di una frase sarcastica anche senza saperne il significato. Vidi lo spagnolo rimanere ad osservare come un cane bastonato la figura in giacca di pelle che si rimpiccioliva all’orizzonte.

*= TRADUZIONE: 1- “Ciao uomo gallina. Come stai?”; 2- Piccola; 3- “Oh,povero Nico. Mi dispiace tanto"

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Capitolo 14
*** Chips and milkshake ***


           CAPITOLO QUATTORDICI

                        Chips and milkshake
Abi’s POV

Quel giorno andai a scuola tutta eccitata. Non vedevo l’ora di conoscere il mio futuro insegnante di matematica. In sella al mio motorino arrivai in anticipo davanti alla Marked e rimasi lì a fumare e a fantasticare per circa un quarto d’ora. E poi eccolo:pelle abbronzata tipica degli europei,occhi verde muschio,capelli ricci castano scuro e un sorriso mozzafiato. Anche un leggero pizzetto sul mento. Wow,da urlo. “Hola, eres el estudiante español?*” chiesi,educata. Lui sorrise ancora. “Sì,chiquita. Io mi chiamo Nico e se vuoi possiamo parlare in inglese” mi strizzò l’occhio con aria complice facendo sussultare i miei ormoni. “C – certo,va … bene,sì. Io sono Abigail.”mi presentai balbettando. Oh cavolo. Speravo con tutta me stessa di non essere arrossita. Lui mi prese la mano e la baciò (?!). Che strano tipo. In quel momento vidi una chioma bionda luccicare al sole e sentii un paio di occhi color del mare puntati dritti su di me. Aha. Gabe capitava a fagiolo. “E da che parte della Spagna vieni?”domandai a Nico passandomi una mano fra i capelli lavati di fresco. Sperai che il profumo del mio anonimo shampoo alla fragola non gli desse fastidio. “Proprio dalla capitale,la grandiosa Madrid. Mia madre è dell’Ohio,però” Sbattei le ciglia come una stupida,mentre dentro ridevo  per la reazione che sicuramente stava avendo Gabriel. Certo,era un comportamento davvero meschino,ma d’altronde non mi ero ancora vendicata per il bacio gusto birra. Nico mi piaceva ogni secondo di meno:aveva l’alito puzzolente,era un tipo logorroico e troppo … ordinario. Cacchio,non avrei mai pensato di poterlo dire,però se qualcuno seguiva le mode non mi piaceva per niente. Ero sempre stata fuori dalle righe. “Oggi pomeriggio ti va di uscire con me?” si fece avanti lo spagnolo con estrema sicurezza. Io sbuffai. Avessi dovuto passare ancora venti minuti consecutivi con lui lo avrei strozzato. “Ehem,ci penserò Nico.”Proprio in quell’esatto istante la campanella della prima ora suonò e ci costrinse ad interrompere la conversazione. Dopo le lezioni ( a laboratorio stuzzicai ancora un po’ Gabe solo per crudele divertimento)  andai a vedere il provino di basket di Nico. Bah,non che m’importasse chissà quanto. Vedere Gabriel in pantaloncini e canottiera  … Cazzo. Che fisico. Pregai che non mi beccasse con la bava alla bocca;era già abbastanza presuntuoso. Cercai di mascherare le mie occhiate adoranti al suo indirizzo (odiavo doverlo ammettere) con sorrisetti falsi e cenni di saluto a Nico. Mi diedi della scema più volte perché sapevo che Gabe cominciava a piacermi troppo. Il mio cuore mi chiedeva ‘Allora?Dov’è il problema?’ ma il mio cervello era di tutt’altro avviso: ‘Mai fidarsi dei ragazzi. Lascialo perdere’. Aaargh,non ce la facevo più. Liquidai Nico con una sarcastica frasetta in spagnolo  alla fine del provino (che lui aveva passato) e me ne tornai a casa. “C’è qualcuno?”esordii nell’ingresso. “Sono in cucina.”rispose Zoey. Mollai la tracolla a terra e la raggiunsi. Giocava a solitario sul tavolo sudicio e aveva un aspetto più trasandato del solito. “Scuola?” “ ‘kay.” Borbottai. Mi sedetti accanto a lei. “Tu hai trovato lavoro?” le domandai in ansia. “No,sorellina.”commentò sconsolata. Con un gemito la lasciai lì e mi ritirai nella mia stanza a fare i compiti di chimica. Sdraiata come sempre sul mio letto a fissare Chris Martin riflettevo su Nico,Gabe e Jack. Cazzo,mi mettevo ancora a sogghignare se ripensavo a quando gliene avevo cantate quattro,al prof. Quel bastardo. Era venuto a cercarmi dopo il mio colloquio con il preside:io lo avevo fanculizzato,gli avevo detto di starmi lontano e gli avevo voltato le spalle. Ah,che bella sensazione era mandare affanculo chi se lo meritava. Nico era pesante. Non c’era feeling tra me e lui. Non avrebbe mai funzionato. Forse lo avrei usato per far ingelosire Gabriel … ma che andavo a pensare!Non si fa così!Poi mica dovevo lasciar perdere quel giocatore di basket dannatamente sexy?Aaaah,di nuovo. Mi coprii la faccia con il cuscino. “Basta,devo dimenticare Gabriel e le relazioni fisse. Solo divertimento,questa è la regola.”bofonchiai nella federa nera. Decisi che sarei uscita lo stesso con Nico. Se si lavava i denti lo avrei pure potuto baciare. Dopotutto era un figaccione. Così il giorno seguente lo invitai ad andare al centro commerciale di Tulsa. Lui accettò con entusiasmo;forse con eccessivo entusiasmo:andò a sbandierarlo ai quattro venti per tutta la giornata e la cosa arrivò anche alle orecchie di Gabriel. Bleah,stupidi europei. Il pomeriggio stesso eravamo seduti ad un tavolo dello Starbucks ed io avevo di fronte la mia merenda preferita:patatine fritte e frullato. Nico sorseggiava del succo alla pera con noncuranza. Aprii il coperchio del frullato leccandomi le labbra e vi immersi una patatina.  Lui mi guardò con una faccia disgustata mentre masticavo avida per poi ripetere l’operazione. “Ma,chiquita,che schifezze fai?!” disse storcendo il naso. “Perché tu lo sappia,le patatine nel frullato sono il miglior cibo di sempre.” Ah,nessuno capiva i miei gusti. Sia in fatto di musica che in fatto di vestiti. Perfino il cibo. Sospirai e continuai ad ingozzarmi fregandomene della sua espressione via via più schifata. Ad un tratto ecco spuntare Gabriel Thomas in compagnia di una ragazza del secondo anno che mi pareva si chiamasse Tanya. Lei lo trascinava da una vetrina all’altra e lui era parecchio scocciato. Alla fine lo obbligò a sedersi ad un tavolo poco lontano dal nostro. Io non persi l’occasione e misi la mia mano su quella di Nico facendolo sembrare a lui un gesto casuale,ma Gabe fraintese come avevo previsto. Il suo sguardo furioso saettò dallo spagnolo alla mia mano e infine a me per poi trasformarsi in uno imbarazzato quando incontrò i miei occhi. I suoi mi colpirono più del solito. Erano un misto di gelosia,imbarazzo ma anche qualcosa di più profondo che non riuscivo a decifrare. Possibile che per lui fossi più che una semplice cotta da liceale? Nah. Era grande. Figo. Popolare. Simpatico. Col culo che perdeva tempo a pensare a me in quel modo. Eppure … “Abigail,senti,non che tu non sia una bella chica,però non sei il mio tipo. Mi capisci vero?”sussurrò Nico dopo un secolo di silenzio. Che sollievo. Mi aveva risparmiato la rottura di bidonarlo. “Hai ragione,Nico. Io e te siamo solo amici.” Lui si alzò,pagò per tutti e due e se ne andò . Rimasi da sola a finire la mia merenda. Gabe non si scollò un attimo da Tanya anche perché, da quello che sentivo, lei era una vera rompipalle. Cestinai il bicchiere del frullato e lasciai Gabriel alle sue faccende. Feci un bel giretto nella libreria. Nessuno ha idea di quanto i libri riescano ad ipnotizzarmi. Ciondolai in quello spazio labirintico per un sacco di tempo senza comprare nulla (il mio budget era limitato). Alla fine decisi che sarei andata a cercare una t-shirt nella sezione ‘mega sconti’: si trattava di una specie di ripostiglio strapieno di abiti usati venduti ad un prezzo minimo. Lì dentro c’era una coppietta di ragazzi intenti a sbaciucchiarsi dietro ad un manichino. Roteai gli occhi verso il cielo. Ma non potevano trovarsi un altro posto?!Proprio in quel momento la porta del ripostiglio si chiuse con uno scatto sonoro. Oh no. Chi era quel cretino che ci aveva appena intrappolati?!Chi secondo voi? “GABRIEL!Cazzo!Adesso siamo chiusi qui!”strepitai prendendolo per il bavero della camicia e sbattendolo contro il muro. “Ma …”tentò di divincolarsi dalla mia presa con scarsi successi. La coppietta aveva smesso di limonare e sembrava interessata alla nostra lotta. “La porta è rotta,razza di zuccone!C’era un cartello scritto a lettere cubitali lì fuori!Come diavolo hai fatto a non vederlo?!”esclamai,strattonandolo. Lui mi posò le mani sui polsi. Il contatto mi scatenò sulla pelle un’elettricità inaudita. “Adesso calmati,capito?Ne usciremo.”mi disse con tono vellutato. Che stavo dicendo?Mah. “Ehi,scusate,non vorremmo interrompervi,ma avete appena detto che siamo chiusi qui?”chiese la ragazza avvinghiata al suo fidanzato. “Grazie a questo babbuino sì.”Scossi la testa,chiarendomi le idee,e lasciai andare Gabriel. Mi aspettavo che la ragazza urlasse. E invece prese le mani del tipo e cominciò a saltellare su e giù. “Will,tesoro,proprio come in O.C. !” squittì eccitata. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. “Becca,non siamo in uno stupido telefilm. Dobbiamo uscire di qui.” “Pienamente d’accordo.”sentenziai lanciando un’occhiata omicida a Gabe. Lui si fece piccolo piccolo contro la parete. “Avete una forcina?” chiese poi,tremante. La ragazza di nome Becca si avvicinò con Will al seguito e gliene porse una. Gabriel me la passò con sguardo carico di aspettativa. Che?! “Dai per scontato che io lo sappia fare?!”sbottai,stizzita. Certo,visto che abitavo in un quartiere malfamato di Tulsa allora dovevo essere sicuramente capace di forzare una porta. Ma che gentile. Lui arretrò e arrossì. “No … sì … è che …”farfugliò in preda al nervosismo. “Posso provarci io?L’ho visto fare in molti film,non deve essere poi così difficile.”propose Will lasciando la mano della sua ragazza. Si accovacciò e si mise ad armeggiare con forcina e serratura. Becca lo guardò con aria sognante e si sedette su uno scatolone chiuso. “Io sono Rebecca Crane. E lui è il mio ragazzo William Blackwood.”mi disse. Era una ragazzina minuta con luccicanti capelli biondi raccolti in due treccine ai lati del capo. I suoi occhi grigi avevano un che di ipnotizzante. Will era alto e ben piazzato,con i capelli mossi lunghi fino alle spalle e gli occhi neri onice. Gli opposti si attraggono,commentai fra me e me. “Abigail Wesley.”mi presentai brusca. Aveva tutta l’aria di una di quelle mastica- Bigbabol che andavano in giro in bicicletta e cantavano Greese. Inquietante. “Gabriel Thomas.”pigolò lui,ancora titubante. Forse temeva che gli sclerassi di nuovo addosso. Gli porsi una mano per aiutarlo ad alzarsi dato che, nella fretta di allontanarsi dal mio sguardo assassino, era scivolato lungo il muro. Lui la prese con riluttanza e si mise in piedi. “Ragazzi … ehem … la forcina si è spezzata.”balbettò Will,imbarazzato. Ah!Perché ero circondata da un branco di idioti?! “Oooooh non usciremo mai da qui!”piagnucolò Rebecca. Will si affrettò a stringerla tra le braccia. “Non preoccuparti,amore, troveremo il modo.” Passarono delle ore. Ad un certo punto l’annuncio di chiusura del centro risuonò nella stanzetta e Becca riattaccò a frignare. “Al posto di piangere che ne dici di raccontarmi come è finita la puntata del telefilm?Prima ti ho sentita che dicevi a Will di aver visto O.C. o robe simili …” fece Gabe quando non ne poté più del piagnisteo. Lei tirò su rumorosamente col naso. “Non me lo ricordo,io …” cominciò. Poi sembrò attraversata da un brivido. “Aspettate!I ragazzi sono usciti dai condotti di areazione.” Io mi misi una mano sulla fronte. Dio,ero davvero circondata da imbecilli. “Becca,nel mondo reale quei condotti sono troppo piccoli perché ci passi un cane,figuriamoci un essere umano.”sbuffai sedendomi. “E non ti sognare di rimetterti a piangere,sentito?Ne ho abbastanza delle tue idiozie da femminuccia fifona!” le abbaiai non appena vidi i suoi occhi riempirsi nuovamente di lacrime. “Non ti permettere di parlarle in questo modo!”ruggì Will. Io gli feci un verso sprezzante. “Altrimenti?Che fai?Spachi botilia e amazzi?” lo presi in giro. Aprì la bocca per dirmi chissà quale oscenità ma Gabe lo fermò. “Su,su,calmiamoci ok?Non vale la pena di litigare. Ci deve essere un’uscita d’emergenza o cazzate simili.”Will strinse i pugni ma non ribatté e andò a mettere un braccio intorno alle esili spalle di Becca. Tzè. Gabriel iniziò a perlustrare la stanza in cerca di una via d’uscita. Poiché non la trovò gemette e diede un calcio fortissimo alla porta. Il ragazzo era sì muscoloso,ma non avrei mai creduto che potesse buttare giù una porta. Quando quella cadde con un tonfo aprendoci la strada rimanemmo impietriti. Dopo circa due secondi esplodemmo di gioia e ci catapultammo fuori. “Siamo liberi!”ripetevo saltellando come una pazza. Gabe mi prese in braccio e mi fece volteggiare in aria. Io ridevo,felice di essere finalmente fuori da lì,e non mi accorsi subito di quello che stava facendo. Non appena me ne resi conto diventai bordeaux. “Ehem,po- potresti lasciarmi,Gabe?” sussurrai. Anche lui diventò rosso e mi appoggiò delicatamente a terra. “Scusa.” Will e Becca festeggiavano a modo loro con decine di bacetti nauseanti. Dovevo ammettere che un pochino li invidiavo. “Ragaaaaaazzi!Frenate l’entusiasmo,siamo ancora imprigionati.”gli feci notare,leggermente seccata. “Ma dai,Abigail!Restare chiusi una notte in un centro commerciale è il sogno proibito di tutti.” Becca mi fece una linguaccia e si aggrappò a William. “Mah,se lo dici tu.” Borbottai. Il mio stomaco sussultò. “Non so voi,ma io sto crepando dalla fame. Dico di mangiarci qualcosa al reparto alimentari.” Fece Gabriel. Possibile che si fosse accorto delle mie viscere brontolone?Nah,di sicuro aveva fame di suo. “Mi pare un’ottima idea.”rispose Becca massaggiandosi la pancia. Salimmo sulle scale mobili (ovviamente ferme per la notte) e ci dirigemmo al supermercato. Un mondo di biscotti al cioccolato tutti per me. Cazzarola!Razziai i ripiani di biscotti,crackers e EstaThe. Panini e schifezze cioccolatose mi riempirono presto le tasche. Quando tornai dagli altri vidi che anche loro non si erano risparmiati in quanto a refurtiva. Decidemmo di comune accordo di mangiare nell’area campeggio dove potemmo scegliere due tende omologate per 4 e dei sacchi a pelo comodissimi. Ci sedemmo tutti e quattro attorno ad un fuoco finto che però illuminava un sacco e mangiammo con gusto. “Ehi,vi va se giochiamo a ‘obbligo o verità’?”disse Becca tra le braccia di Will. Lui e Gabriel assentirono. “Abi?Dai non fare l’asociale!”ridacchiò Gabe dandomi una pacchetta sul braccio. “Bah,se proprio devo …” brontolai. “Ok,chi comincia?”fece Will. “Io.”disse Rebecca. Ci scrutò negli occhi tutti e tre prima di fare la domanda a Gabriel. “Obbligo o verità,Gab?” “ Verità.”sogghignò lui. Non so perché ma mi vennero le palpitazioni. “Mmm … vediamo … sei mai stato con una ragazza?”chiocciò lei,beffarda. Lui allargò il sorriso. “Cosa intendi?” “Hai mai fatto sesso?”Era una mia impressione o lì dentro si era fatto più caldo? Gabriel deglutì. “Beh,sì.” ammise evitando il mio sguardo. Wow,fantastico. Quindi se io avevo dato a Lizzie della ‘scopameloni’ voleva dire che … Mi trattenni dal ridere. Mi riusciva molto bene. “Ok,adesso è il mio turno.”Gabriel gonfiò il petto e mi guardò fisso. “Obbligo o verità?” Oddio e adesso?! Se scelgo obbligo mi farà fare qualcosa di orribile. E se scelgo verità mi chiederà se sono vergine o no. Merda che casino. “O- obbligo.”balbettai. Lui parve deluso,ma solo per un secondo. “Ti obbligo a dirmi se ti piace lo spagnolo” “No che non mi piace!Ha un alito che svernicia i ponti!”esclamai. Lui ridacchiò rilassandosi. Strano. “Will,obbligo o verità?”mi rivolsi al ragazzo ancora abbracciato a Becca. “Verità.” “Tu l’hai già fatto?”chiesi,curiosa. Will divenne rosso come un peperone. “N – no.” Rebecca lo baciò sul naso. “L’uomo perfetto.”sentenziò dolcemente. Lui parve rinfrancato. “Abigail,obbligo o verità?”domandò lui a me. Quella volta scelsi verità. “Sei innamorata di Gabriel?”.Ehem. E adesso? “Fine del gioco.”mormorò Gabe,freddo. Si alzò e se ne andò. “Ho detto qualcosa di sbagliato?Pensavo che voi steste insieme da abbastanza per …” “Noi non stiamo insieme,Will. Ora scusa,ma devo andare a vedere cos’ha quell’energumeno.”lo interruppi. Mi alzai e andai a cercare lo sfigato. Lo trovai seduto su una panchina. Presi posto accanto a lui. “Ehi.”mi salutò. “Ehi.”gli feci eco. “Perché sei scappato?Era una domandina innocente.”dissi,cauta. Incontrò il mio sguardo con difficoltà. “Il fatto è che a me importa della risposta.”bisbigliò. Il suo fiato dolce mi riempì le narici. Wow. Subito dopo lo abbassò sulle sue Vans nere. Mi accorsi che qualcuno non aveva spento la radio di un negozio di scarpe. Le note di Daylight dei Maroon 5 cominciarono a risuonare nell’aria. Gabe alzò la testa di scatto. “Vuoi ballare?”mi domandò inaspettatamente. Rimasi scioccata. “Uh oh,io … non ballo di solito.”mormorai. Lui mi prese le mani e mi fece alzare. “Adesso balli.” Fu un’esperienza assurda. Lui mi posizionò una mano sulla sua spalla e mi prese l’altra. Cominciammo a muoverci con leggiadria sul pavimento di marmo del centro commerciale. Era bellissimo poter stare fra le sue braccia forti. Mi fece girare un paio di volte su me stessa. Era davvero un ottimo ballerino. Non appena la canzone finì ci bloccammo,i respiri ansanti che si fondevano,i volti distanti meno di cinque centimetri. Fui io ad indietreggiare per prima. “Eh,non mi avevi detto che sapevi ballare.”sospirai,sistemandomi una ciocca di capelli dietro all’orecchio. Una nuova canzone attaccò:era dei Green Day ma non ne ricordavo il titolo. Gabe mi si avvicinò di nuovo. “Cosa vuoi veramente ,Abi?”sussurrò posandomi una mano sulla guancia. La mia pelle scottò. “Non ne sono sicura.” “Pensaci,so che lo sai.” Mi esortò,facendosi più vicino. E allora capii. Colmai la distanza fra di noi in meno di un istante e,quando le sue labbra incontrarono le mie per la seconda volta,mi ricordai il nome della canzone. Boulevard of broken dreams. Il viale dei sogni infranti. 

*= TRADUZIONE. "Ciao,sei lo studente spagnolo?"

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Capitolo 15
*** I think I love her ***


           CAPITOLO QUINDICI

                       I think I love her

Gabe’s POV

Non c’era mai stato bacio migliore di quello. Stupendo,pieno di tutto ciò che avevo sempre sognato,ma che non ero mai riuscito a trovare prima d’allora. Rimanemmo appiccicati finché le labbra non cominciarono a farmi male. Allora ci separammo,col fiato corto. “Doveva essere questo il nostro primo bacio.”le sibilai con tutta la dolcezza del mondo. Amavo quella ragazza. E ora ne ero certo:lo sapevo dal cuore che batteva tanto forte da uscirmi dal petto,dalla pelle che bruciava bisognosa di sentire il contatto con la sua,dal mio respiro assuefatto dal suo odore. La tenni fra le braccia per un secolo,così piccola e morbida. Lei con il viso affondato nella mia camicia,io con il mio nei suoi capelli profumati. Quando il mio sguardo cadde sul suo volto vidi che piangeva. Mi spaventai e le misi un dito sotto al mento per costringerla a guardarmi negli occhi. “Cos’hai piccola?” mormorai. “ Ho paura.”singhiozzò stringendomi più forte. “Di cosa?” “Di perderti. Le persone che amo se ne vanno sempre.” Mi confidò,la voce tremolante. La coccolai con tutto l’amore di cui disponevo. “Io non ti lascerò. Te lo prometto.” “Oh,Gabriel … non fare promesse che non puoi mantenere.” Rimasi in silenzio. “Ti do una verità. Ora io ci sono. Non me ne vado. Ok?”le misi le mani sulle spalle per rimarcare il concetto. E lei fece una cosa che non le avevo mai visto fare prima:sorrise. Fu come se il sole splendesse in piena notte. Mi si strinse il cuore alla vista dei suoi occhi lucidi illuminati dalla felicità. L’abbracciai ancora. “Ti prego,sorridi. Sorridi sempre.”la implorai. “Per te,tutte le volte che vorrai.”La baciai sulla fronte e poi mi ricordai che poco lontano c’erano Becca e Will. “Se non torniamo potrebbero pensare male.”ghignai. “Che pensino male,allora.”ridacchiò Abi. La sua risata sembrava il suono di mille campanelli. “Adoro quando sei contenta.”le dissi spostandole una ciocca di capelli dal viso. “Succede di rado. Anzi,credo che questa sia la prima volta dopo tanto tempo.”Si alzò in punta di piedi per baciarmi. Era davvero piccola se ci pensavo. Piccola. Mia. Poterlo pensare mi faceva impazzire. “ Perché fai quella faccia?”fece poi,sbigottita dalla mia espressione. “Pensavo al fatto che adesso … adesso sei MIA.” sussurrai,famelico. “Tu che ne sai scusa?” Faceva la finta offesa. Sempre più adorabile. “Cos’avevano detto,Becca?Che non stavano assieme?A me sembra piuttosto che non riescano a stare separati.”commentò una voce sprezzante da dietro di me. Will e Rebecca ci avevano sorpresi avvinghiati come edera e albero. Ooops. “Ehem,non stavamo insieme,prima.”precisai,rosso di vergogna. E se lei non avesse voluto stare con me? “Ah,i centri commerciali. Riescono ad unire tutti.” Sospirò Becca,estasiata. Abi sorrise e mi strizzò l’occhio. Cavoli,era normale che mi andasse il sangue alla testa?!Mi  prese per mano e mi fece seguire i ragazzi. Seduti intorno al fuoco finto ci stavamo piano piano assopendo. Becca già dormicchiava tra le braccia di Will. Anche Abi stava accoccolata nel mio abbraccio. “Gabe?” “Mmm?” Abi girò la testa per trafiggermi con i suoi occhi verdi. “Non è vero che ho fatto sesso con Andrew Philiphmore.” Sussurrò. Cercai di non darlo a vedere,ma ero profondamente sollevato. Si sistemò meglio e abbassò le palpebre con un sorriso quasi impercettibile. Cazzo,hai presente quando ti senti padrone del mondo?Ecco,io ero così in quel momento. Sprofondai fra le braccia di Morfeo con il desiderio che quella notte non finisse mai. “GABRIEL!Cazzo,svegliati scemo!Ci hanno beccati!”Abigail mi stava schiaffeggiando. A quanto pareva quello che c’era stato la sera prima non aveva ammorbidito il suo caratterino. “Che?” grugnii,non ancora del tutto sveglio. “Chi c’è?!” tuonò una voce in risposta. Mi resi conto di essere ancora nel centro commerciale. La luce che filtrava dalle finestre a vetrate era ancora quella dei lampioni,perciò dedussi che fossero più o meno le quattro del mattino. Non ebbi il tempo di scrollarmi di dosso il torpore del sonno che Abi mi tirò per la manica della felpa e mi trascinò fuori da un’uscita di sicurezza. Rebecca e William correvano a perdifiato poco avanti a noi,nella fredda notte di ottobre. “Se vi prendo …” urlò un poliziotto ciccione,sulle scale d’emergenza. Io ridacchiai e aumentai la velocità della corsa. “ Pe … penso che … li abbiamo … seminati.”ansimò Will quando fummo abbastanza lontani. “Cre … credo di sì.”fece Abi,piegata in due. Improvvisamente scoppiammo tutti e quattro a ridere come pazzi. Avevo le lacrime agli occhi e mi faceva male la pancia. “È meglio che adesso ce ne torniamo a casa.”concluse Will non appena ripreso il controllo della voce. Io annuii. “Mi sono divertito un sacco con voi,ragazzi. Dovremmo rifarlo,ogni tanto.”dissi. I tre mi scoccarono uno sguardo stranito. “Intendo uscire insieme,non rimanere bloccati in un centro commerciale.”precisai. Ridemmo di nuovo. Ci scambiammo i numeri di telefono (notai che Abigail non aveva il cellulare con sé) e poi ci salutammo. Mi chiesi come avrei fatto a tornare a casa,dato che all’andata mi ero fatto accompagnare in auto dalla sorella di Tanya. Abi doveva avere intuito che ero rimasto a piedi. “Ti accompagno a casa con la moto,non preoccuparti.” Fece scivolare la sua piccola mano nella mia. “Wow”  “Wow cosa?”chiese lei. Oh,merda,non mi ero accorto di averlo detto ad alta voce. “Tu.”La attirai verso di me per baciarla di nuovo. Il suo sapore era mille volte meglio del suo profumo,il che è tutto dire. “Sai che potrebbero arrestarci per atti osceni in luogo pubblico?”ammiccò,facendo un passo indietro. “Oh,correrò il rischio.” Lei alzò gli occhi al cielo,però non si oppose ai miei baci. “Dai,andiamo. Mi si stanno gelando le chiappe,Thomas.”sghignazzò,ripetendo la frase che mi aveva detto mille anni prima. Saltammo sulla sua moto nera. Ero un po’ incerto sul da farsi. Non ero mai salito su un mezzo che avesse meno di quattro ruote eccetto la bicicletta. “Tranquillo,devi soltanto stringerti a me e andrà tutto bene.”  “Allora nessun problema.”Le misi le braccia intorno ai fianchi. La sentii sussultare mentre accendeva il motore. Sperai non fosse una reazione di fastidio. Sfrecciando lungo le strade buie di Tulsa, aggrappato alla ragazza che amavo,mi sentii nuovamente come un dio. Si fermò di fronte a casa mia. Scesi dalla moto con un balzo e così fece anche lei. “Sono stata benissimo,malgrado l’antipatia di Becca.”ridacchiò. “Anche io.” La baciai sulla fronte,poi sulle guance arrossate,sulla punta del naso e infine sulle labbra. “Ciao,piccola. Ci vediamo domani.” Lei sembrava un po’ stordita,ma riuscì comunque a mormorarmi un ‘ciao’ e a barcollare fino alla sua moto per poi schizzare via. Sospirai e aprii la porta. Fui immediatamente investito da quel ciclone di mia madre. “DEFICIENTE!Ti sembra l’ora di ripresentarti?!È la terza volta in meno di un mese!Io ti ammazzo,sciagurato!” Oh cazzo. Mi ero dimenticato di avvisare. Eh,si ritornava alla routine gente!

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Capitolo 16
*** The smell of the rain ***


                           CAPITOLO SEDICI

                                           The smell of the rain

Abi’s POV
Mi sentivo … non lo so. Fluttuavo in una specie di nube che profumava di Gabriel. Con un sorriso da ebete entrai  nella casa silenziosa. Mamma dormiva come sempre sul divano. Le tolsi di mano la solita bottiglia di vino e le stesi addosso una coperta. Salii di sopra e trovai un bigliettino di Zoey sul mio letto. ‘Sono andata da Selena a Broken Arrow. Torno tra un paio di giorni. Ti ho lasciato un po’ di soldi per la spesa. Ti voglio bene. Zoey.’ Ah,maledizione. Proprio quando avevo bisogno di qualcuno che mi desse consigli. Mi sdraiai,stanca morta per le emozioni appena vissute, e caddi in un sonno profondo. Il sogno iniziò prima che me ne rendessi conto:ero in un posto familiare;la mia vecchia casa di Phoenix. Un uomo alto con una valigia mi scrutava. Chissà come mai ero così in basso. L’uomo si inginocchiò e mi posò una mano sulla spalla. “Abigail,io devo andare. Comportati bene,sii forte e bada a Zoey e alla mamma. Non farti frenare dal fatto che sei la più piccola. Io so che sei la più grande,qui.”mi indicò il cuore con l’indice. Mi diede un bacio sulla fronte e si alzò. Udii una voce che sembrava la mia ma che non lo era del tutto. “Papà!” Lui si voltò e mi fece un sorriso triste. Una lacrima gli rotolò sulla guancia prima che sparisse nella notte. Mi svegliai madida di sudore,ansante. Mi abbracciai al cuscino e piansi forte. Quando ripresi il controllo scesi di sotto a versarmi un bicchiere d’acqua. Avevo un male assurdo al petto. Quella era stata l’ultima volta che avevo visto mio padre:avevo sei anni. Era un sacco di tempo che non pensavo a lui. Il sogno mi aveva messo addosso un’angoscia insostenibile. James Wesley,mio padre,ci aveva abbandonati al nostro destino di punto in bianco nove anni prima. Mamma non aveva mai voluto spiegare a me e a Zoey il motivo della sua improvvisa partenza e io mi ero completamente dimenticata di averlo visto andarsene. Controllai l’orologio:le sei e mezza. Avevo ancora un’ora circa prima di dovermi preparare per andare a scuola. Il solo pensiero che di lì a poco avrei rivisto Gabe mi fece accelerare il battito cardiaco. Porca … Com’è che adesso mi scoppia la testa dalla voglia di rivedere quell’energumeno?! Speravo di non essere innamorata di lui. Rievocai le sensazioni che mi aveva fatto provare quando mi aveva baciata e stretta a sé. Rabbrividii anche se non avevo freddo. Oh,merda,sì che ero innamorata di lui. Mi stavo cacciando in un bel guaio. Salii di sopra a razzo per osservare con occhio critico la mia immagine riflessa nello specchio:i capelli castani erano tutti scompigliati dal sonno,quasi una balla di fieno. Avevo profonde occhiaie e,come se non bastasse,un paio di brufoli cagosi e gialli sul mento. Puah. Detesto i foruncoli. La mia pelle non era mai stata particolarmente grassa (come quella della maggior parte degli adolescenti),perciò i brufoli per me erano cosa rara e odiata a morte. Li schiacciai con il solo risultato di ritrovarmi un pomodoro al posto del mento. Ma dico io!Come diavolaccio avrei fatto a baciare Gabe con quella cosa sotto la bocca?!Maledissi il pus e l’adolescenza per circa cinque minuti,poi mi resi conto che era la prima volta che scleravo tanto per il mio aspetto. Quel ragazzo era un’autentica malattia per me!Fuori c’era aria di tempesta,cosa piuttosto naturale in quella piccola città sempre sommersa dalle nubi. Preparai la cartella e inciampai giù dalle scale. Immaginatevi la mia immensa sorpresa quando,cadendo di nuovo,mi ritrovai fra le braccia di un radioso Gabriel. “Ehi stellina. Buon giorno eh.”mi salutò con un sorrisetto sghembo . “Che .. che ci fai qui?!” Ero ancora disorientata.  “Che domande,sono venuto per andare a scuola con sua maestà.” Dio,il mio cuore non aveva mai battuto così. Proprio in quell’istante si scatenò il diluvio universale. “E se non ci andassimo a scuola?”proposi,strizzandogli l’occhio. Quel gesto lo fece impazzire. “Per me è perfetto.”Lo trascinai sotto l’acquazzone in sella alla moto,sgommando per tutta Tulsa,fino al posto che mi piaceva chiamare  “Ghetto”. Era un vecchio casermone in cima ad una collina verdeggiante, che in passato doveva essere una scuola o giù di lì. “Che posto è?”Gabe sembrava stupito che lo avessi portato lì. “ Il Ghetto. Io e mia sorella Zoey venivamo spesso qui quando diluviava. Per sentire l’odore della pioggia.” Gli spiegai,sedendomi sul patio. Gabriel prese posto accanto a me con aria interrogativa. “L’odore della pioggia?”chiese,quasi divertito. Mi misi di fronte a lui:si fece di colpo serissimo,facendomi perdere per un attimo la concentrazione. Gli misi le mani sugli occhi . “Adesso,inspira.”gli ordinai,in un sibilo. Non mi diede subito retta;prima cercò di spostare le mie dita sul suo naso,ma io lo bloccai. “No,Gabe,senti l’aria.”Trasse un profondo respiro. “Lo senti?Umido,aghi di pino,fango … e poi c’è quello che non riesci bene a definire. Quello che ti trasporta direttamente sulle nuvole da cui proviene. Pioggia.” “Lo sento.”sussurrò. Aprì gli occhi inondandomi  di quell’azzurro glaciale che tanto amavo. “È fantastico. Tu sei fantastica.” Mi strinse in un abbraccio dolcissimo,cullandomi piano. Con il capo sul suo grembo gli lisciai i capelli per delle ore. “Abi.”mormorò rompendo il silenzio. “Sì?” “Vorrei che sorridessi solo a me:non è il caso che qualcun altro si innamori del tuo sorriso.”Io sghignazzai. Che scemo. Ora che lo guardavo da vicino mi accorsi che due sottili cicatrici bianche gli solcavano la guancia sinistra. Gliele sfiorai con le punte dei polpastrelli. “Cosa ti è successo qui?” Il suo sguardo divenne d’improvviso freddo,assente e temetti di aver detto qualcosa di sbagliato. Fortunatamente si riscosse presto. “Niente. Sono caduto quand’ero piccolo.”rispose evasivo. Non me la raccontava giusta ma decisi di lasciar correre. “Abi.”mi chiamò di nuovo. “Mmm?” “Se ti chiedessi di diventare la mia ragazza tu che cosa diresti?” Oh mamma. Mamma . Sapevo cosa volevo rispondere. Però avevo paura. Una paura fottuta. “Se  me lo chiedessi … ritengo che direi di sì. Ma non me lo hai chiesto,quindi …” Non mi fece concludere la frase che già mi stava sollevando da terra. “Eddai,Gabe!Mettimi giù!”risi mentre mi stringeva,a mezzo metro da terra,nell’aria satura di umidità. Mi mise sul pavimento con estrema delicatezza e prese a baciarmi. Il suo sapore mi riempì la bocca in un istante. Quando lo riportai a casa era quasi ora di cena. Stavolta s’era ricordato di chiamare la madre,grazie a Dio. “Allora ciao,fidanzatino.”lo canzonai prima di lasciarlo. Mi baciò fino a non avere più fiato.“A domani … amore” 

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Capitolo 17
*** Nightmares ***


                                           CAPITOLO DICIASSETTE
                                     Nightmares

AVVISO AI GENTILISSIMI LETTORI: questo è un capitolo un po’ strano,diverso dagli altri. Ho inserito alcune parti in cui il narratore è esterno alla storia per farvi seguire gli avvenimenti da entrambe le prospettive;spero che vi piaccia. Il dialogo* sotto l’ho preso in prestito e modificato leggermente da “vorreisoloessereperfetta”,su tumblr. Grazie per l’attenzione,buona lettura ;)

Il bambino stava accucciato dietro al divano. Ansimava. Il freddo invernale della vecchia casa gli penetrava nelle piccole ossa e lo faceva rabbrividire. Le ferite sulla guancia procurategli dalla madre, quella mattina, gli pulsavano dolorosamente. Ad un tratto la porta si spalancò. Una sagoma scura barcollò verso di lui,gemendo e singhiozzando, e si abbandonò sul mobile consunto con un tonfo. “Lucinda,non sapevo che fossi in città!”tuonò una voce maschile che fece sussultare il piccolo. “Fanculo”gracchiò la donna. Il bimbo si strinse le ginocchia al petto,provando a calmare i battiti frenetici del suo cuoricino. “Brutta troia,non sai cosa ti aspetta!Hai fatto un errore a tornare qui.” L’uomo rimase sulla soglia a debita distanza da Lucinda. “Dovevo pur trovare un posto dove stare. Il bambino ha bisogno di cibo.” “Lui dov’è adesso,eh?Sei talmente andata che nemmeno sai dove cazzo è tuo figlio!”le ruggì contro. Lucinda si ritrasse su se stessa,balbettando frasi sconnesse. “Questa cosa deve finire!Fanculo te e la tua Coca,Luce. Non ho più bisogno di te,ormai.”Uno sparo risuonò nell’aria e il corpo della donna si accasciò al suolo. Il bambino strinse le palpebre fino a sentir male agli occhi. Pochi secondi dopo si udì un nuovo colpo e un altro corpo che cadeva. Poi tutto si fece nero.
Gabriel’s POV
Mi svegliai che mi stavo mordendo l’interno della guancia a sangue,con rivoli di sudore freddo che mi percorrevano la schiena. Niente era più spaventoso per me di quegli orribili incubi. Andai in bagno e mi sciacquai la faccia con l’acqua fredda,bevendone a secchiate,come se avesse potuto ripulirmi l’anima da quello schifo. L’angoscia mi pervase ed ebbi quasi voglia di rannicchiarmi in posizione fetale nella vasca da bagno e di soffrire sulla fredda ceramica bianca. D’improvviso presi la mia decisione:afferrai l’iphone,le Vans,un giubbotto pesante e scappai a rotta di collo verso il posto che mi sapevo più sicuro al mondo.
                                                     ***********
“Derek,sono … sono incinta.”mormorò la quattordicenne facendosi piccola piccola. Le sue mani pallide trovarono subito la pancia ,appena sotto il piercing all’ombelico,per il momento ancora piatta. Il ragazzo moro la guardò con timore. “Come incinta?!Cosa cazzo stai dicendo?!” “Ho un ritardo di tre settimane. E ho fatto il test. Sono incinta.”Lei tenne gli occhi bassi,coperti da una matassa di capelli castani profumati di shampoo alla fragola. “Come hai potuto farmi questo?Io credevo che prendessi la pillola!”urlò Derek,isterico. La ragazzina singhiozzò. “Derek,io non sapevo quello che facevo. Era la mia prima volta,cazzo!Sei stato tu a dirmi di non usare il preservativo!”Ormai le lacrime le avevano inondato il viso,facendole colare il trucco ben elaborato e mostrando la fanciullezza camuffata dei suoi tratti. Non era altro che una bambina. “Sei una stronza!Mi vuoi incastrare,vero?Siccome sono maggiorenne potrai denunciarmi in tribunale e riscuotere un bel po’ di soldini per la tua merda di catapecchia e quelle teste di cazzo con cui vivi!Sei contenta di avermi rovinato la vita,puttana?!”Derek non si era mai accanito in quel modo contro chicchessia. Era sempre stato un ragazzo posato,carismatico e paziente con le ragazze che si portava a letto. Ma quella piccola sfrontata credeva di farlo finire col culo per terra con un semplice ‘sono incinta’.Non era ammissibile per lui. “IO ho rovinato la vita a TE?!Non sei tu quello che ha un parassita nella pancia di cui non può prendersi cura!”strillò la ragazza,finalmente reagendo. Scansò Derek con una spinta e se ne andò per sempre dalla sua vita.
Abigail’s POV
Doveva essere proprio così?!Quei ricordi non potevano semplicemente scomparire dal mio cervello?Mi alzai e vomitai tutto ciò che avevo nello stomaco. Rievocare quel periodo della mia vita mi dava sempre la nausea. Lacrime e moccio sporcarono la mia federa sgualcita. Non ero più la quattordicenne di allora. Ero cambiata:niente più piercing,alcool,droga, festini e ragazzi. I miei quindici anni erano sopraggiunti come un uragano ed avevano spazzato via tutto il marcio;o almeno,la maggior parte. Dopo una giornata perfetta passata con il mio neoragazzo dovevano per forza tornarmi in mente le schifezze e la merda  per ripetermi che quello che stavo vivendo era mera illusione. Gabriel non sarebbe durato. Non era il mio angelo custode,anche se si chiamava come uno di loro. Era solo un ragazzo che aveva battuto la testa molto molto forte e aveva creduto di poter vivere una vita con Abigail Wesley. Ecco il suo errore. Infilai la giacca di pelle e montai sul motorino scassato,pronta ad andare da lui e a lasciarlo,per il suo bene.
                                                           **********
I ragazzi corsero nella notte,lei sulla moto,lui con la sola forza delle gambe. Si incontrarono a metà strada,alla fievole luce dei lampioni si studiarono,come animali tra di loro sconosciuti. Poi ci fu chiarezza e la ragazza lasciò cadere la moto a terra. Il ragazzo le si avvicinò fino a sfiorarle il volto con il proprio. Lei lo guardò con la tristezza negli occhi e gli disse le parole più brutte de mondo: “Gabriel,non possiamo stare insieme.”   Lui sulle prime rimase impietrito. Poi scosse la testa con forza.                                                                                         

 *“Dammi le mani.”le sussurrò. “No” “Perché no?”  “Ho paura.” “E quindi?” “Quindi … sono fredde.” “Vuoi lasciarmi,Abi?È questo che vuoi?” “Sì,ma no.” “Sì o no?” “Non lo  so,Gabe.” “Sei gelida,lo sai?” “Te l’avevo detto. Ma come lo sai se non mi hai ancora toccata?” “Non fuori. Dentro.”  “E fuori come sono?”  “Calda. Sei il Sole.” “Non è vero.” “Dammi le mani,Abi,te lo dimostrerò.” “No,perché poi cambi idea.” “Perché dovrei?” “Non voglio che tu te ne vada.” “Cambi discorso,ma comunque non lo farò,prometto.” “E io?” “E io che ne so,scusa?” “Lo sai.” “Non vuoi andartene. Hai solo paura di soffrire se rimani. Non scapperai.” “Non farmi andare via,ti prego.” “Nemmeno tu,tienimi stretto,ne ho bisogno.” “Anche tu,tienimi,ti prego.” “Lo farò.”  “Anche quando vorrò morire?”  “Ti darò una ragione per vivere o morirò con te.” “E quando griderò per il dolore fino a non avere più voce?” “Griderò con te e poi staremo in silenzio. Ad aspettare che le voci ritornino.” “E se non succede?” “Ci ameremo in silenzio.” “Allora mi ami.”  “Sì,ti amo.” “E io? Ti amo?”  “Non lo so. Non sono nella tua testa.”  “Prendimi le mani,Gabriel Thomas.” “Perché?”  “Perché non ho più paura.” “Allora mi ami?”  “Sì,ti amo. Con tutta me stessa.” “Perciò non mi lasci?Resti,vero?”  “Per sempre,Gabe.”  “Per sempre,Abi.”                    

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Capitolo 18
*** Back to school ***


                                            CAPITOLO DICIOTTO
                                                         Back to school

Gabe’s POV
“Abi,tesoro,andiamo?”domandai alla mia piccola ritardataria preferita. “Solo un attimo,devo trovare le chiavi del motorino.”sbuffò lei,più divertita che irritata. Trovati quei dannati pezzi di metallo salimmo sul motorino,pronti (n.d.a. :seh,come no XD) per il nostro primo giorno di scuola da fidanzati. “Hai paura?”mormorai ad Abi prima che ingranasse la frizione. “Paura io?Tzè.”brontolò. Roteai gli occhi,sapendo benissimo che era una balla, e indossai il casco stringendo le braccia attorno alla sua esile vita. Come la prima volta in cui mi ero arrischiato a compiere quel gesto, lei sussultò. “Che c’è?Ti dà fastidio?”La mia voce assomigliava a quella di Darth Vader. Lei si voltò e potei quasi sentire il calore propagarsi dalle sue guance in fiamme. “Non … non è questo.”pigolò in completo imbarazzo. Non l’avevo mai vista così. “Allora perché salti in aria tutte le volte che ti abbraccio così?” “È perché sei … TANTO vicino. È una cosa che mi fa … impazzire.”balbettò con difficoltà.  Cavolo,però,era più timida di quanto pensassi. Mi aprii in un sorrisetto compiaciuto e l’abbracciai più stretta,fremendo di contentezza quando la sentii scattare. “Calma,piccola.” Mi guardò con i suoi occhi da cucciolo e mi persi nella miriade di disegni geometrici delle sue iridi. Sentivo il suo cuore battere all’impazzata. E anche un’altra sensazione, piuttosto inopportuna … sciolsi l’abbraccio d’improvviso. “Ehem,fo – forse adesso è meglio se andiamo. Sai,non mi va di arrivare in ritardo.”farfugliai,inciampando nelle parole. Abi fece una risatina divertita e inarcò un sopracciglio per chiedermi cosa diavolo stavo combinando. Ehem,allarme rosso Gabe. “D-dai,su -  sul serio. A-andiamo.”Non appena Abigail si accorse di ciò che mi stava succedendo mi scoccò un’occhiatina di maliziosa malvagità. “Ahi ahi,playmaker,mi sa che qualcuno è pronto a fare canestro.”sogghignò,perfida. Scesi dalla moto e le voltai le spalle cercando di placare i miei bollenti spiriti e il rossore al viso. La mia ragazza mi sorprese saltandomi sulla schiena come un leoncino in agguato e  avvinghiandosi al mio collo. Era talmente piccola che quasi non mi accorsi della pressione del suo corpo. Mi diede un bacetto leggero sulla guancia. “Dai,Gabe,ti prendevo solo un po’ in giro.”si scusò,con la più dolce delle voci. “Ah,cavolo,sei il mostriciattolo più pericoloso dell’universo!” Aspettai che fosse scesa per attirarla a me. “Adesso non fai più la sbruffoncella,eh?”Lei alzò gli occhi al cielo e mise fine alla discussione. Fortunatamente a scuola ci arrivammo in perfetto orario. Scompigliati e ridacchianti,ma in orario. Ci tenemmo per mano mentre passeggiavamo in mezzo ad un branco di ragazzi e ragazze con la bocca spalancata. Abi contrasse le dita per il nervosismo. Io le strinsi,per farle capire che non aveva nulla di cui preoccuparsi. “Ci stanno fissando tutti,cazzo.” sibilò,agitata. “Non quel tipo laggiù. Nah,ora anche lui.”provai a sdrammatizzare. Lei mi fulminò con lo sguardo. Ci sedemmo nell’aula di laboratorio ( che realizzai essere l’unica lezione che avevamo insieme) e sopportammo un’ora di risatine e bisbigli. ‘Guarda guarda,Thomas si è messo con … come si chiama quella lì?’ ‘Wisley,Wasley boh.’ ‘Secondo te stanno assieme?’ ‘Che ne so,ho sentito dire che lei è una facile.’ Abi digrignò i denti per la frustrazione. Povera piccola. “Volete finirla di cianciare là dietro?!”sbottò il prof Holland riuscendo a porre fine a quel supplizio, prima che potessi mettermi a berciare addosso a quegli idioti . In corridoio ci scontrammo con le uniche persone che non avrei voluto vedere. Pitt e Lizzie,ovviamente. La mia ex divenne verde e Peter aprì gli occhi talmente tanto che temetti gli sarebbero caduti fuori dalle orbite. “Scusateci,dovremmo passare.”saltò su Abigail, sorprendendomi. Liz la squadrò come fosse un qualcosa rimasto appiccicato alla tavoletta del water,ma si scansò e ci fece passare. “Ahahahahahahaha, hai visto che faccia?!Muoio!”scoppiò dopo aver girato l’angolo e aver perso di vista quei due. “Ahahaha, hai ragione,sembravano due triglie lesse!”la imitai,contagiato dalla sua ristata cristallina. Stupenda e letale,proprio come piaceva a me. Le ore senza di lei furono parecchio dure. In compenso trovai un alleato inaspettato: a inglese,dei rompiscatole della mia squadra di basket  avevano cominciato a punzecchiarmi ed io ero lì lì per mollargli un cazzotto,quando un infuriato Suarez fece cozzare le loro teste. “Ma guarda questi cretini che non si fanno i fatti loro!”esclamò lo spagnolo. I deficienti balbettarono,atterriti, e schizzarono via massaggiandosi la fronte. “Ehi,grazie.”commentai. Nico mi strizzò l’occhio. “Figurati, Hombre Gallina.”ridacchiò passandosi una mano fra i ricci. Che fuori ,quello spagnolo. Non vi dico che orrore fu la pausa pranzo:io e Abi ci sedemmo ad un tavolo tutto nostro e fummo presi di mira dalla peggior feccia della Marked. “Senti Gabe,possiamo tagliare la corda?”mi chiese lei,a disagio. Io annuii e andammo a pranzare fuori. “Com’è andata la mattina?” domandò azzannando un panino al prosciutto. “Non male, Suarez mi ha difeso.”Mi accesi una sigaretta e trassi una grande boccata. “Davvero?Non l’avrei mai detto.”sorrise Abi. “Mpf... spagnolo del cavolo.” “Ehi,si dà il caso che sia il mio nuovo insegnante di matematica,caro il mio Gabe. È meglio che ti abitui alla sua presenza.”canterellò senza distogliere l’attenzione dal panino. “CHE COSA?!”sbottai facendo cadere la Marlboro. Abigail mi lanciò un’occhiataccia degna di nota. “Dai,finiscila,è solo un amico!” Vedendo che non mi ero per niente calmato mi saltò in braccio. “Gabriel,credi davvero che mi interessi quella sottospecie di cercopiteco con l’alito puzzolente?”Borbottai cose sconnesse in preda alla gelosia. “Mi piaci quando sei geloso.” Si sottrasse alla mia presa e mi fece una delle sue solite linguacce. Finalmente la giornata finì. Stanchi ma sollevati sgusciammo via da quel luogo di torture. “Abi,sai,c’è una cosa di cui vorrei parlarti.”esordii prima che mi lasciasse davanti a casa mia. “Oh oh,che ho combinato?” “Niente scemotta,volevo solo chiederti se ti andava di venire a cena a casa mia domani … forse è ora di presentarti ai miei.”Ci avevo riflettuto per un bel po’ e avevo deciso che ero pronto. “S- sul serio?Oh cavolo,non so se …”disse con difficoltà. “Abigail Wesley,i miei genitori ti adoreranno ,punto e basta. Se soltanto oseranno pronunciare una parola a tuo sfavore faranno i conti con me!”esclamai prendendole le mani. Lei scosse la testa ma si aprì in uno dei suoi migliori sorrisi. “Sei sicuro?” “Arcisicuro.”conclusi. 

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Capitolo 19
*** Dinner with the ... in-laws ***


                                                 CAPITOLO DICIANNOVE

                                                                                           Dinner with the… in-laws
Abi’s POV

Grande idea. Proprio una grandissima idea. Dannazione anche a te,Gabe! Dovevi proprio invitarmi a cena con i tuoi dopo neanche due mesi di fidanzamento?E se mi avessero trattata come una sciacquetta di bassa lega?Poi mi calmai e pensai lucidamente. Quelli erano i genitori del ragazzo più dolce del mondo,sicuramente sarebbero stati carini. Scelsi i vestiti meno disastrati del mio armadio,mi ravvivai i capelli,misi un filo di mascara e scesi giù per le scale. “Abigail?”mi chiamò mia madre. Strano che fosse sveglia a quell’ora. “Sì,che c’è?” “Dove stai andando tutta in tiro?”chiese. Aveva l’aria di una che non dorme da giorni. “Ehm … ceno dai genitori del mio … di un amico.”farfugliai,sorpresa e imbarazzata da tutto quell’insolito interessamento. “Ah,va bene.” Ci guardammo per un istante. I suoi capelli erano tali e quali a quelli di Zoey,di un biondo sporco e i suoi occhi erano color nocciola. Papà aveva gli occhi azzurri e i capelli neri. Non avevo alcun indizio sulla provenienza dei miei occhi verdi – grigi. “Sei diventata bellissima,Abigail. Ogni giorno somigli sempre di più a tuo padre.” Sospirò prima di tornarsene al suo posto sul divano. Caspita,che storia. Quella donna non era mai abbastanza sobria da articolare una frase di senso compiuto,figuriamoci una cosa del genere. Scossi la testa,sicura di essere io ad avere le allucinazioni e uscii di casa. Grazie alla mia fedele moto ci misi solamente dieci minuti  a raggiungere la casa di Gabe:una villa stratosferica con la piscina. Mamma mia,il mio appartamento doveva sembrargli un tugurio. Con il batticuore suonai al campanello. Venne ad aprirmi il mio ragazzo con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. “Era ora stellina,aspettavamo tutti te!”mi riprese fingendo irritazione.                “Scusa,volevo prepararmi per bene dato che qualcuno mi ha incastrata a venire.” Colta la frecciatina ridacchiò e mi strinse in uno dei suoi abbracci caldi. “Dai fifona,vedrai che li stenderai.” Era proprio quella la mia paura ma decisi di tacere e di seguirlo in sala da pranzo. La madre di Gabe era una donna alta e snella con un sorriso gioviale,il genere di persona che ti sta simpatica al primo sguardo;suo padre era un bell’uomo sulla trentina,i capelli molto corti e gli occhi scuri e penetranti. Infine c’era un piccoletto dai ricci biondi che si nascondeva dietro alla gamba di sua madre. “Salve,io sono Abigail .”mi presentai educatamente. Il signor Thomas mi strinse la mano per primo. “Ciao Abigail. Nostro figlio non fa altro che parlare di te.” Io arrossii e guardai Gabriel in cagnesco. Lui mimò la parola scusa con le labbra mettendosi una mano fra i capelli. “Sono così contenta di conoscerti,finalmente.”mi disse la signora Thomas. Quello che doveva essere il fratellino di Gabe uscì dal suo nascondiglio,mi scrutò attentamente e allungò le braccia verso di me. Io alzai un sopracciglio,confusa. “Credo che voglia che lo prendi in braccio.”mi informò il mio ragazzo,con una risata. Io sorrisi al ragazzino e lo sollevai a terra. “Gli piaci.”commentarono in stereo i signori Thomas. Fu una cena davvero perfetta. I genitori di Gabe erano persone fantastiche, si mostrarono molto interessati a qualsiasi stupidata mi venisse da dire. Quando accennai alla mia passione per il disegno, il signor Thomas si lanciò in una grande conversazione su come qualche anno prima avesse avuto una breve carriera da pittore di strada. A pensarci bene quei due mi sembravano infinitamente troppo giovani per avere un figlio grande come Gabriel. E lui mi aveva detto che il fratellino aveva tredici anni. Che l’avessero adottato?Non avevo mai chiesto a Gabe del suo passato,ogni volta che il discorso verteva su quell’argomento si dimostrava svogliato e diventava taciturno. Avrei dovuto parlargli,prima o poi. “Quindi pensi di andare ad un’università d’arte.”concluse Lori Thomas ( che mi aveva pregato di darle del tu)quando ormai la serata era agli sgoccioli. “Beh,sì anche se il mio sogno sarebbe Yale. Ovviamente non credo affatto di avere le capacità per superare la prova d’ammissione e nemmeno tutto il denaro per la quota di iscrizione e il soggiorno.”sputai fuori,in tutta sincerità. “Abigail non credere mai di non essere abbastanza. Sono sicura che  tu ce la possa fare,se Yale è veramente quello che vuoi.” Divenni di nuovo rossa di imbarazzo. “Assolutamente,ragazza mia,e poi i soldi li trovi.”mi incoraggiò Josh. Ero davvero commossa dal loro sostegno.             “Grazie infinite,ci proverò.” Da quando avevo annunciato di voler andare a Yale Gabriel si era rabbuiato. Dopo che ebbi salutato i suoi mi accompagnò fuori,chiuso in un mutismo che mi spaventava.“Gabe,amore,che cosa succede?” Lui mi lanciò un’occhiata strana. “Tu lo sai dove voglio andare io all’università?”chiese. Non avevamo mai toccato quell’argomento,perciò scossi la testa. “Sai,il mio sogno sarebbe quello di giocare a basket nell’NBA. Mi sto impegnando davvero tanto per far sì che i talent scout mi notino e mi diano una borsa di studio per … per la Duke.”balbettò l’ultima parola,quasi avesse paura che dirla gli avrebbe bruciato la lingua. “E allora?Qual è il problema?”Ancora non capivo. “Qual è il problema?Abi, già dovrò aspettare che tu esca dalle superiori per due anni prima di poter stare con te in modo fisso. Se tu andrai a Yale,beh … Yale è nel Connecticut mentre la Duke è nel North Carolina. Più di tre stati di distanza.”Oddio. Davvero non ci avevo pensato. D’un tratto fui colta da un’ondata di angoscia e persi il controllo. “Ah e ti darebbe tanto fastidio aspettarmi,non è così?Io dovrei fregarmene dei miei sogni mentre tu salti come una scimmia dietro ad un pallone?”gridai con le lacrime agli occhi. “Ma Abi,io non intendevo …” “Lascia perdere. Me ne vado.”Gli voltai le spalle scoppiando a piangere del tutto. Sapevo che non lo intendeva. Sapevo che aveva le intenzioni più pure del mondo. Perciò mi sentivo ancora peggio. Casa mia non mi era sembrata così lontana,all’andata. Il mio letto non mi era sembrato così freddo e duro,prima di lasciare Gabriel da solo su quella veranda. E io non mi ero mai sentita così stupida prima di aver urlato addosso al mio ragazzo senza motivo. Prima ancora che potessi formulare l’idea di tornare da lui a scusarmi suonò il campanello. Mi precipitai di sotto alla velocità della luce e volai fra le braccia di quello che aveva suonato. Gabriel ovviamente. “Scusa scusa scusa scusa.”mugolai con il viso nella sua camicia. Dio quanto profumava. “Abigail,io ti amo. Pensi davvero che potrei mai farti rinunciare ai tuoi sogni?” “No. Non l’ho mai pensato e mai lo penserò”dissi,decisa. Gabriel non avrebbe potuto. Lui era un ragazzo intelligente. “Vuoi entrare?”gli chiesi. La mia domanda lo rese nervoso. “N - non credi che sia presto?V-voglio dire …” Scoppiai in una grande risata. “Ma che hai capito scemo,pensavo di guardarci un film!”Alzai gli occhi al cielo e sospirai. Forse non proprio così intelligente.
 

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Capitolo 20
*** Fear ***


                                  CAPITOLO VENTI        

                                                       Fear

Gabe’s POV

Natale era alle porte e io e Abi avevamo appena festeggiato il nostro  secondo mese insieme. Non stavamo più nella pelle all’idea delle vacanze perché avevamo in programma di trascorrere una settimana nello chalet di montagna dei nonni di Rebecca,insieme a lei e a William. “Gabe,sei sicuro che i nonni di Becca non abbiano problemi ad ospitarci?”Era almeno la decima volta che Abi mi poneva quella domanda. “Sì tesoro,lei mi ha assicurato che per loro non ci sono problemi”sospirai mentre mettevo in valigia una giacca pesante. Abigail se ne stava seduta sul mio letto come un gatto intanto che  io preparavo la valigia,tutto contento. “Ci divertiremo da matti piccola,non preoccuparti. Piuttosto,hai chiesto ai tuoi se puoi venire?”Divenne per un attimo scura in volto. “Beh no,ma non credo che a mia madre e a mia sorella importi se sto via per una settimana.”borbottò. Non nominava mai suo padre,forse i suoi genitori erano separati. E la sua famiglia non sembrava curarsi  di lei. Mi resi conto in quell’istante che né io né lei eravamo inclini a raccontarci del nostro passato. Dovevo parlarle,prima o poi. “Beh è tutto pronto. Domani è l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze.”annunciai chiudendo la zip della sacca da viaggio. Mi accorsi che mi tremava la voce. Lei alzò un sopracciglio. “Cosa vuoi chiedermi Gabe?Sei così nervoso …” Perché sapeva leggermi dentro in quel modo?Ero davvero tanto trasparente? “Ehem … beh … ci sarebbe una cosuccia,domani sera.”borbottai con lo sguardo fisso sul pavimento. “Di che cosuccia parli?” Presi un grandissimo respiro e guardai negli occhi la mia ragazza. “Abigail Wesley … verresti al ballo d’inverno con me?” La  richiesta la scioccò più di quanto pensassi. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di decidersi a parlare. “Ba … ballo?Tu intendi quella cosa inquietante organizzata dalla scuola dove si va a ballare e limonare?!”Fece una faccia raccapricciata. “Sì,cioè, se la parte del ballare non ti aggrada possiamo passare subito a quella del li …”Mi lanciò un cuscino in piena faccia interrompendo la mia battutina. “Gabriel!Sai benissimo che non so ballare e che odio il 99 per cento della scuola. Se è solo una scusa per portarmi a letto …”Si stava scaldando. È incredibile come le ragazze fraintendano sempre tutto. “Ma cosa dici!Non farei mai una cosa simile!”esclamai tentando di arginare quel fiume in piena. “Ah,ti faccio così schifo che non verresti mai a letto con me?!”Tra un po’ le sarebbe uscito il fumo dalle narici,come nei cartoni animati. “No!Perché diavolo …”  “Mi hai stufato,me ne vado a casa.”Così dicendo prese la sua tracolla e si dileguò scoccandomi un’occhiata invelenita. Cosa cazzo avevo fatto adesso?Le avevo semplicemente chiesto di andare a ballare con me,che c’era di male?Avrei voluto andare a prenderla di peso e costringerla ad ascoltarmi,però temevo che avrei peggiorato la situazione. Ero incazzato con il sesso femminile,necessitavo di una bella corsetta. La musica al massimo  volume e i miei piedi che toccavano il terreno ad intervalli regolari,il cuore che mi batteva forte nel petto … tutte sensazioni che mi facevano riflettere e sentire più vivo che mai. Non quel giorno però. E proprio quando credevo che non potesse andare peggio … “Gabriel!Sei tu?”Una voce familiare mi raggiunse. Per un attimo sperai che fosse Abigail e voltai la testa in direzione della voce. “Ehi!Dammi una mano,imbecille,non stare lì a guardarmi impalato.” Elizabeth Dare,la mia ex, era seduta a terra e si teneva una caviglia. “Liz,cosa hai fatto?”Mi tolsi una cuffia e andai ad aiutarla a mettersi in piedi. “Stavo correndo e ho appoggiato male questo maledetto piede!”grugnì. Io alzai gli occhi al cielo e le misi un braccio attorno alle mie spalle. “Ti porto a casa tua.” Durante il tragitto ci scambiammo delle occhiate di traverso senza mai spiccicare parola. “Da quando corri?”le domandai,quando arrivammo a destinazione. “Non da molto. Mi hanno buttata fuori dalle cheerleader quando ho definito la scuola ‘un ricettacolo di teste di cazzo ’ e allora sto cercando un altro modo per rimanere in forma.”sbuffò risentita senza guardarmi. Mi stupii:le ragazze pon pon erano state la sua vita fin dalla terza media,ma dal suo tono non si sarebbe detto,piuttosto pareva che le odiasse a morte. “Ti mancano?” I suoi occhi erano azzurri come i miei,anche se di una tonalità più scura. Quando stavamo insieme adoravo contare le pagliuzze dorate che aveva vicino alle pupille e ritrovarmici di fronte fece riaffiorare un sacco di ricordi. Io e lei nell’estate tra la terza media e il primo anno di liceo che ci baciavamo per la prima volta,sulla ruota panoramica del Luna Park; tutti i dopopartita che avevamo festeggiato assieme distesi sul cofano della macchina di suo padre a bere;I San Valentino, i Natali,i  reciproci compleanni degli ultimi tre anni mi travolsero di colpo e dovetti trattenere un sospiro. Una volta quella ragazza era la mia gravità. Tutto ruotava attorno al suo sorriso,mentre ora … eravamo poco più che due estranei. “Certo che mi mancano. Ma le cose cambiano,Gabriel. Le persone cambiano e ti deludono.” Si staccò da me con una certa amarezza e zoppicò fino alla veranda di casa sua. “Grazie per avermi accompagnata. Stammi bene,Thomas.”L’incontro mi aveva scosso più del lecito. E se la mia vecchia vita fosse ciò che realmente desideravo ?Forse avevo corso troppo,forse io e Abigail ci conoscevamo da troppo poco. Due mesi. Due mesi non erano che un battito di ciglia e già le avevo detto di amarla. Non sapevo nulla di lei,del suo passato,e lei non sapeva nulla del mio. Potevano due persone amarsi in due mesi?Poteva qualcuno dimenticare di botto un amore durato anni per una cotta di sessanta giorni?Imprecai e mi diedi del coglione. Io amavo Abi e lo sapevo dal primo giorno in cui l’avevo vista,da quando mi aveva fatto la prima smorfia. Quando mi aveva sorriso mi ero sentito completo,perché i suoi sorrisi erano solo per me. Io custodivo un tesoro enorme,il suo cuore,e non me lo sarei lasciato scappare per nulla al mondo. Corsi fino a casa sua e bussai insistentemente alla sua porta. Non venne ad aprirmi nessuno. La spinsi, vidi che era aperta e mi precipitai su per le scale; la sua camera era deserta. Poi udii la sua voce provenire dal bagno. “Zoey!Zoey ti prego svegliati!”Era disperata,perciò spalancai la porta del bagno e vidi una scena spaventosa:Abigail era china sul volto esanime di una ragazza sulla ventina,la bagnava con l’acqua fredda e la stringeva a sé singhiozzando. Avevo già visto una cosa simile,tanto tempo prima. Mi si gelò il sangue nelle vene e per poco non mi venne un attacco di panico. Lucinda. La mia madre biologica. Io,bambino di sei anni, che le stringevo la mano mentre le posavo un panno umido sulla fronte,il suo volto grigio e inespressivo. “Gabiel,ti prego aiutami!Ti prego,ti scongiuro aiutami.”strillò Abi. La sua voce angosciata mi fece rinvenire. Tolsi il cellulare dalla tasca e composi il 911 alla velocità della luce. Dissi l’indirizzo e la gravità della situazione con il cuore che minacciava di uscirmi dal petto. In breve un’ambulanza si presentò fuori da casa Wesley e la sorella di Abi fu trascinata nel veicolo con una barella. Convinsi la mia ragazza ad andare  in ospedale in moto con me. “Cosa le è successo?!”urlai per farmi sentire attraverso il pesante casco. “Non lo so!Quando sono arrivata a casa  l’ho trovata così!”La strinsi forte tra le braccia,volevo che sapesse che l’amavo e che le sarei stato vicino. Restammo in sala d’attesa per quella che mi parve un’eternità. I miei genitori ci portarono cibo e coperte,ma Abi non toccò niente:se ne stava con le gambe raccolte al corpo e un’espressione di vuoto negli occhi verdi grigi. “La signorina Wesley?”Un dottore canuto con un naso adunco ci raggiunse alle quattro del mattino. “Sono io.”Alla vista di quanto fosse piccola Abigail l’uomo impallidì. “Io … sono terribilmente spiacente. De – devo informarla che sua sorella non ce l’ha fatta.”balbettò,la voce incrinata e gli occhi lucidi. Abi spalancò gli occhi. “No.”bisbigliò. Si precipitò oltre le porte automatiche della terapia intensiva sparendo alla mia vista. Le corsi dietro,ignorando le proteste del dottore e delle infermiere, e la trovai con la mano premuta contro il vetro della sala operatoria ,in lacrime. Sua sorella giaceva lì sul lettino coperta da una stoffa bianca. Sembrava quasi che dormisse, da tanto i suoi lineamenti erano distesi e in pace. “No,no,no,no,no,no.”continuava a dire Abi. Io la abbracciai ,ma lei mi spinse via. “È tutta colpa tua!Tutta!Se solo tu non mi avessi invitata a quello stupido ballo sarei tornata dritta a casa invece di andare a sbollire al parco!L’avrei trovata prima!L’avrei salvata!”gridò con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Io non sapevo che fare. La fissai,con la bocca spalancata. “Sai una cosa,Gabriel?!Vorrei tanto che fossi morto tu al suo posto.”sputò fra i denti. Andò via a grandi passi ed io mi lasciai cadere a terra. L’unica cosa che riuscivo a provare in quel momento era paura. Una paura talmente folle da farmi perdere i sensi.

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