Falling di Little Fanny (/viewuser.php?uid=4868)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***
Capitolo 1 *** Parte 1 ***
Titolo: Falling
Fandom: Doctor
Who
Personaggi: Tenth
Doctor (The Duplicate), Rose Tyler
Rating: PG13
Genere: romantico,
comico
Parte: 1/2
Avvertimenti: post
Journey’s end, Pete’s World
Riassunto: Era
un Signore del Tempo, per amor del cielo. Lui si mangiava un Dalek a
colazione, faceva pranzo con un Cyberman e per il dopo cena mandava in
scena la tragicommedia dell’Angelo Piangente. Non poteva
farsi mettere al tappeto da un paio di pattini. Ne andava della sua
stessa reputazione.
Note: scritta
per la big damn table con prompt 19.
Bianco.
Disclaimer: La
storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti
alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è
scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.
Falling
“John!
Vieni?” lo esortò Rose facendogli cenno di
raggiungerla.
John
si guardò attorno: tutti sembravano divertirsi, non pareva
ci fossero pericoli imminenti. Si sistemò meglio il
cappellino sulla testa e tirò su la cerniera della giacca,
in modo che non uno spiffero potesse penetrare la cortina di tessuto.
Sollevò il volto al cielo, dove le nuvole iniziavano ad
addensarsi in un grigiore che preannunciava neve. Inspirò
l’aria a pieni polmoni: era fredda e frizzantina.
C’era proprio la condizione giusta per avere una bella
nevicata con i fiocchi.
Magari,
se avesse continuato a tentennare lì sul posto la neve
sarebbe venuta in suo soccorso. O il Torchwood. Si
disse, sfregandosi con foga le braccia già intirizzite dal
freddo. Il
Torchwood sarebbe stata la scusa perfetta. Non c’era niente
di meglio che una catastrofe imminente per salvarlo da quella
situazione.
“John?”
lo chiamò nuovamente Rose, sbuffando appena il suo nome in
una nuvoletta di fumo.
L’uomo
guardò la ragazza che lo attendeva con un sorriso
incoraggiante sul volto e le gote arrossate dal freddo.
John
si fece coraggio e tentò qualche passo traballante in
direzione della pista. Raggiunse, con uno sforzo ragguardevole la
balaustra e ci si aggrappò a peso morto.
“Come
va?” gli domandò Rose, dopo averlo raggiunto con
passo aggraziato.
L’uomo
sollevò un sopracciglio che a suo parere parve esaustivo a
rispondere alla domanda della ragazza e, difatti questa
ridacchiò sotto i baffi, zittendosi subito dopo per aver
ricevuto un’occhiata non troppo amichevole.
“Vuoi
una mano?” chiese sorniona, mentre John arrancava verso il
cancello che lo divideva dal mondo infernale del ghiaccio.
“No,
grazie, Rose. Me la cavo benissimo da solo.”
“Come
vuoi tu.” Ribatté la ragazza, prima di fare una
piroetta sul posto e buttarsi in mezzo alla mischia.
John
maledì la sua lingua da orgoglioso Signore del Tempo. Ex
Signore del Tempo.
Precisò la sua mente puntigliosa. Umano
con la mente da Signore del Tempo e, da quello che aveva potuto vedere,
sembrava che, quest’umano, non avesse affatto il senso
dell’equilibrio.
John
mise un pattino sul ghiaccio, rilasciando un sospiro di sollievo quando
la gamba non mostrò particolari segni di spostamento
improvviso. Tenendosi ben aggrappato alla balaustra e facendo leva su
quel piede già sul ghiaccio, che sembrava un punto
abbastanza stabile, si fece coraggio e portò anche
l’altra gamba sulla lastra liscia. Ondeggiò appena
ma, con un colpo di reni e facendo forza con le braccia
riuscì a mettersi dritto.
Fiero
del proprio operato sollevò il volto dai propri pattini che
sì, avevano un intreccio di stringhe a dir poco sublime, ma
non era nulla di particolare se confrontato al sorriso della sua Rose e
ricercò il volto della ragazza. Era bellissima con il
cappellino in testa che lasciava sfuggire solo qualche boccolo biondo.
Le sue gambe, fasciate da un paio di jeans, si muovevano sicure sui
pattini; le sue movenze erano aggraziate, come se la sua mente stesse
seguendo una musica tutta sua.
John
fece per andarle incontro, muovendo piano le lame sulla lastra
ghiacciata, ma precipitò a terra travolto da
un’orda di bimbi impazziti.
“John?
Tutto bene?” gli domandò Rose, raggiungendolo
velocemente.
L’uomo
mugugnò una risposta da sotto il corpo di un bambino
rotondetto che la ragazza si affrettò a spostare, ammonendo
poi lui e i suoi amici per quella corsa sconsiderata.
“Ah,
è inutile che ci provi, Rose.” Sospirò
John, mettendosi faticosamente seduto sul ghiaccio. “Si
stanno divertendo, non ti ascolteranno di certo.”
“Ma
dovrebbero imparare la buona educazione.” Si
impuntò la ragazza offrendogli una mano per rimetterlo in
piedi.
“Era
quello che facevi tu alla loro età?”
ribatté John, indicandole i ragazzini che sfrecciavano tra
gli altri pattinatori, facendo mirabolanti gare di slalom.
Rose
arrossì e borbottò qualcosa che si perse tra la
stoffa della sua sciarpa, facendo ridere John di gusto e rischiando di
mandarlo a terra. Di nuovo.
“Ehi,
stai attento!”
“La
fai facile te, sembra che tu abbia vissuto tutta la tua intera vita sui
pattini.”
“Tu
invece mi ricordi un orso.”
“Gentile.”
“È
sempre un piacere.”
John
le fece una linguaccia, trovando la stessa espressione sul volto della
ragazza. Scoppiarono a ridere entrambi, ma, questa volta, lui si
ancorò per bene al braccio della compagna, memore della
caduta precedente.
“Ecco,
aggrappati qui.” Disse Rose, trascinando il ragazzo fino al
bordo della pista. Lo scollò dal proprio braccio e gli fece
posare una mano sulla balaustra, mentre lei si chinava veloce ai suoi
piedi per sistemargli meglio i pattini.
“Prima
volta, eh?”
“Già.”
Confermò lui, grattandosi la nuca con la mano sbagliata,
rischiando di cadere di nuovo per terra.
Rose
si rialzò strabuzzando gli occhi, mentre il mezzo Signore
del Tempo recuperava il poco equilibrio che aveva e la guardava col
volto imbarazzato.
“Davvero?”
John
annuì con la testa, provocando una leggera oscillazione del
proprio corpo. Avrebbe
dovuto dare un’occhiata nel proprio orecchio: gli pareva che
il controllore del proprio equilibrio fosse leggermente difettoso .
“Ci
sei rimasta male?” domandò John con una vocina
piccina.
“Beh,
no. Solo che non me lo aspettavo.” Ammise la ragazza,
mostrandogli i movimenti giusti da fare. “Ho sempre pensato
che tu fossi un asso in tutto. Credevo che tu sapessi fare ogni
cosa.”
“Oh,
Rose. Non sono così infallibile. Anche i Signori del Tempo
hanno un limite.”
“Non
lo credevo possibile.” Rispose la ragazza, arrossendo per il
pensiero che le si era formato in testa. John la osservò
inclinando il volto di lato e arrossì anche lui, quando lo
stesso pensiero attraversò la sua mente.
“E
poi dici che sono io quello che pensa sempre al ses-”
“Shhh!”
lo apostrofò Rose, piazzandogli svelta una mano sulla bocca.
“Cosa?”
“Non
si parla di queste cose in pubblico.” Sbottò la
ragazza sentendo le proprie guance scottare.
“No?”
rispose lui a metà strada tra l’ingenuo e il
malizioso.
“No!
Siamo inglesi.” Spiegò Rose considerando il caso
chiuso.
John
alzò le spalle, stupendosi ancora una volta di quanto non
sapesse cogliere tutta la stranezza del genere umano nonostante i suoi
più di novecento anni di vita.
“Hai
capito?” disse Rose, strappandolo dai propri pensieri.
“Che
non si parla di sesso in pubblico. Sì, ho afferrato il
concetto finale, non ho capito il procedimento, ma ho compreso che
l’ipotesi di partenza dell’essere inglesi fa
passare tutto il resto in secondo piano. Quindi credo sia un assioma,
giusto?”
Rose
si batté una mano sulla faccia, divenuta di una
tonalità tendente al bordeaux allorché una
mandria di ragazzini li superò con risatine al loro
indirizzo.
“Ho
sbagliato qualcosa?” domandò l’uomo, non
riuscendo ad afferrare il motivo dell’improvviso imbarazzo
della compagna.
“No,
tesoro.” Sospirò la ragazza, prendendogli una mano
tra le sue. “Hai spiegato perfettamente il senso.”
John
annuì soddisfatto ed abbassò il volto per posare
le sue labbra screpolate dal freddo su quelle morbide della compagna.
Si gustò il dolce calore della bocca della ragazza che si
aprì subito ad accogliere la sua lingua e si godette la
morbidezza di quei fili dorati stretti tra le sue dita. Avrebbe
approfondito ancora il bacio, se non fosse stato per Rose che,
prudentemente, lo aveva allontanato da sé prima che
giungessero al punto di non ritorno. John si staccò di
malavoglia dalla sua bocca invitante ed accennò a un
movimento in avanti, finendo, inevitabilmente, al suolo.
“Non
una risata.” La ammonì, guardandola dal basso
mentre il cappellino con il pom-pon gli ostruiva la visuale completa
della ragazza che si mordeva le labbra pur di accontentarlo.
“E
non dirlo a nessuno.” Si fece promettere ancora,
allorché fu di nuovo in piedi ed al sicuro tra le braccia
della compagna.
“Nessuno,
tranquillo.” Promise Rose, mentre i suoi occhi divertiti
urlavano il contrario.
“E
adesso spiegami come si fa ad andare con questi cosi.”
sbottò John infastidito per l’assurdità
della situazione.
Era
un Signore del Tempo, per amor del cielo. Lui si mangiava un Dalek a
colazione, faceva pranzo con un Cyberman e per il dopo cena mandava in
scena la tragicommedia dell’Angelo Piangente. Non poteva
farsi mettere al tappeto da un paio di pattini. Ne andava della sua
stessa reputazione.
Si disse, tentando di farsi un discorso di incoraggiamento.
“John?”
lo richiamò Rose già a pochi metri da lui,
vedendo che il suo allievo non la stava minimamente ascoltando.
“Ancora il discorso di incoraggiamento con i Dalek che ti
portano il the?”
L’uomo
sorrise, scoprendo ancora una volta quanto Rose ormai lo conoscesse
bene.
“Li
mangio a colazione, non mi portano il the.”
Puntualizzò lui, mentre la ragazza liquidava la faccenda con
un movimento della mano.
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Capitolo 2 *** Parte 2 ***
Titolo: Falling
Fandom: Doctor
Who
Personaggi: Tenth
Doctor (The Duplicate), Rose Tyler
Rating: PG13
Genere: romantico,
comico
Parte:
2/2
Avvertimenti: post
Journey’s end, Pete’s World
Disclaimer: La
storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti
alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è
scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.
Era un Signore del Tempo, per amor del cielo. Lui si mangiava un Dalek
a colazione, faceva pranzo con un Cyberman e per il dopo cena mandava
in scena la tragicommedia dell’Angelo Piangente. Non poteva
farsi mettere al tappeto da un paio di pattini. Ne andava della sua
stessa reputazione.
Si
disse, tentando di farsi un discorso di incoraggiamento.
“John?”
lo richiamò Rose già a pochi metri da lui,
vedendo che il suo allievo non la stava minimamente ascoltando.
“Ancora il discorso di incoraggiamento con i Dalek che ti
portano il the?”
L’uomo
sorrise, scoprendo ancora una volta quanto Rose ormai lo conoscesse
bene.
“Li
mangio a colazione, non mi portano il the.”
Puntualizzò lui, mentre la ragazza liquidava la faccenda con
un movimento della mano.
“Ora,
mio caro Signore del Tempo, vedi di ascoltarmi. Non vorrai che sulla
tua biografia il Torchwood scriva che sei stato sconfitto da un paio di
pattini, vero?”
“Ma
non è colpa mia!” tentò di difendersi
lui, indicando vagamente le proprie gambe traballanti ed in precario
equilibrio. “Deve essere un corpo difettoso. Cioè,
io sono un maestro a camminare sui bordi del marciapiede. E quelli di
Alpha Euler sono davvero difficili, hanno dei buchi spazio-temporali in
alcuni punti e se ci cadi finisci dall’altra parte della
strada. E poi ho anche fatto lo spazzacamini sui tetti di Londra. No,
non nei primi del ‘900, troppa gente che correva su e
giù. E cantavano! Sì, sì, deve essere
proprio un corpo difettoso. Solo che non capisco cosa ci sia di
diverso… Ecco! Ci sono! La precarietà sul lavoro
di Donna si è ripercossa sul mio equilibrio. È
sicuramente così. Deve essere così.”
Disse lui, sempre più convinto.
Rose
annuì con la testa, come faceva sempre quando lui arrivava
ad una spiegazione che non stava né in cielo né
in terra.
“Sì,
certo. E non potrebbe essere che non hai mai avuto tanto senso
dell’equilibrio?”
“Donna
di poca immaginazione…” borbottò John
sottovoce, facendo alzare alla ragazza gli occhi al cielo.
“John?
Vuoi imparare o no?”
“Ma
certo, mia cara Plushenko in gonnella.”
“In
realtà sono più una Lambiel sui pattini, hai mai
visto le mie trottole?” disse Rose ammiccante mentre si
dirigeva verso il centro della pista e si esibiva in una veloce
sequenza di trottole con annesse varianti.
“Complimenti!”
si congratulò John, stupito dalla bravura della compagna.
“Non sapevo di questa tua passione per il
pattinaggio.”
“Seconda
alle gare di ginnastica del liceo, non ti ricordi?” rispose
la ragazza tornando dal suo uomo che la aspettava posato alla
balaustra, battendole le mani euforico.
“Certo,
Rose. Non potrei mai dimenticare.” Rispose John prendendola
per un braccio e tirandola verso di sé per rubarle un bacio
a dispetto della gravità che lo voleva sdraiato sul ghiaccio.
La
ragazza rispose al bacio più che volentieri e poi si
gettò tra le sue braccia, nascondendo il proprio volto
nell’abbraccio dell’ex Signore del Tempo.
“Andiamo?”
gli disse, lasciando a malincuore le sue braccia.
John
annuì ed afferrò con presa salda la mano che gli
veniva offerta.
“Ma
così cadremo.” Le disse, stringendo con
più forza la mano mentre sentiva già il suo corpo
oscillare pericolosamente. “Non sono capace di
andare.”
“Rilassati
e lasciati trasportare, ok? Se sei tanto bravo con
l’equilibrio come dici di essere vedrai che imparerai in un
battibaleno!”
John
annuì, accennando i primi passi sul ghiaccio che si
risolsero in un mezzo capitombolo.
“Non
devi tentare di camminare!” lo sgridò Rose
sorridendo della goffaggine del compagno. “Devi lasciarti
scivolare.”
“La
fai facile te! Sembra di camminare sul sapone!”
“Uhm…
trovato!”
“Cosa?”
“Hai
presente quando mamma passa il lucido sul marmo?”
“Sì,
è una vera tortura. Quelle pattine sono così
fastidiose. E poi a me ha rifilato quelle con un coniglietto rosa! Ma
ti rendi conto? Cioè… se il Torchwood scoprisse
metà delle cose che tua madre mi obbliga a fare mi rovino la
reputazione. Ci ho messo secoli per diventare la Tempesta Imminente.
Non posso passare alla storia come la Tempesta Imminente con le pattine
dai coniglietti rosa! Non sarei affatto incredibile. E poi la Guerra
del Tempo perderebbe il suo fantasmagorico significato, non sarebbe
più un evento sussurrato con timore reverenziale tra i
nemici, ma una battaglia a colpi di cuscini!”
“Davvero
sono dei coniglietti rosa? Io ho sempre pensato che fossero dei
maialini.”
“Rose…
non sei di alcun aiuto.”
“Ah,
sì. Scusa. Dicevo… il lucido sul marmo e
sì, le tue pattine con i coniglietti rosa sono le nostre
protagoniste della giornata.”
“E
perché?”
Rose
sbuffò spazientita.
“Ok.
Mi cucio la bocca.” Ribatté John, mimando il verso
di chiudersi le labbra con le mani.
La
ragazza annuì divertita e riafferrò la mano del
compagno.
“Hai
presente come ti devi muovere per non far arrabbiare la
mamma?”
“Sì,
non devo mai scendere dalle pattine. Altrimenti ci tocca andare a cena
da lei ogni sera. Ed è una vera tortura! Sono diventato
esperto, comunque, no?”
“Sì,
sei davvero bravissimo e infatti ti ricordo che è un pezzo
che mamma ci aspetta per cena…”
“Oh,
no! Questa sì che è una catastrofe! Altro che non
saper pattinare!”
Rose
gli schioccò le dita davanti agli occhi, richiamando la sua
attenzione.
“Eh?
Cosa?” rispose John, quasi prendendo un colpo dallo spavento.
“Concentrati,
John. Coraggio. So che hai un universo intero dentro quella testa e so
anche quanto questa definizione sia letterale con te, ma ti prego,
cerca di concentrarti.”
“Io
lo farei, Rose. Ma se tu mi dici: Jackie e cena in una stessa frase
permetterai che possa andare in un attacco di panico ed iniziare a
blat-”
Nessuno
seppe mai cosa John stesse per aggiungere, perché Rose
fermò il suo blaterare impazzito con un bacio mozzafiato.
“Ok…
sto zitto…” sussurrò John a corto di
fiato e ancora felicemente soddisfatto dal bacio appena ricevuto. Si
passò una mano tra i capelli, catalogando il bacio in terza
posizione tra i dieci migliori baci che Rose gli aveva regalato, e
lasciò che un sorriso inebetito si facesse largo sul suo
volto.
“Allora,
ti ricordi come ti muovi con le pattine?” ritentò
Rose, pazientemente.
“Sì.
Allora, sposto il peso da una parte e dall’altra, faccio
scivolare i piedi perché devo mantenermi ancorato al
pavimento, ma non premo troppo. È un po’ come
pattin- Ah! Ecco perché mi hai detto delle
pattine!”
Rose
annuì soddisfatta della propria idea.
“E
allora vedi che la colpa non è mia se non so stare in
equilibrio?” continuò John, portando i livelli
della pazienza di Rose ai minimi storici. “È tutta
colpa di questi maledetti pattini infernali. Secondo me è
tutto un tranello organizzato dai Cyberman per prendermi in
contropiede.” Strepitò John iniziando a guardarsi
attorno con gli occhi accesi da una nuova sfida.
“John?”
tentò di richiamarlo Rose, posandogli una mano sul braccio.
“Dove
siete, vili marrani. Vi nascondete da me, Sir John-Dottore e la sua
compagna?” domandò ancora, alzando un pugno al
vento all’indirizzo di un nemico invisibile.
“John?”
lo chiamò la ragazza ancora, mentre le passava in mente che
era meglio sentirlo strepitare di sesso che di Cyberman in mezzo a una
pista da pattinaggio.
“John?
Stai dando spettacolo. Ti prego di-”
“Moderare
i toni?” concluse la frase lui, voltandosi verso la compagna
che aveva il volto abbassato al culmine dell’imbarazzo.
“Ah. Ho capito: è quella cosa degli
inglesi.”
Rose
si trovò ad annuire inconsciamente, mentre John tirava fuori
carta e penna e si segnava cosa gli inglesi trovano appropriato e non.
La ragazza sbirciò il block notes e trovò the
con latte e non con il limone tra
l’appropriato.
“Ti
stai facendo una lista?”
“Sì,
certo. So tante cose sul genere umano, ma essere un vero inglese
è un fatto molto più complicato.”
Rispose lui pratico, rimettendo il blocco prendi-appunti nelle tasche
del cappotto, ormai sporco di ghiaccio.
“Allora,
maestra, la mia lezione?”
“Beh…
ora che hai capito il meccanismo non ti resta che metterlo in
pratica.” Riassunse Rose pragmatica, offrendo nuovamente un
appiglio al proprio allievo.
John
accettò di buon grado la mano tesa e lasciò che
le loro dita si intrecciassero, mentre provava a lasciar scivolare il
proprio corpo. Riuscì a fare qualche metro, trainato da una
paziente Rose prima di farsi prendere dall’euforia di esserci
riuscito e sbilanciare il proprio peso all’indietro. Cadde
letteralmente come un sacco di patate, riuscendo comunque per un soffio
ad impedire che Rose lo seguisse nella sua caduta.
“John?
Tutto bene?”
“Credo,
Rose, che arriverò ad odiare questa tua domanda ora della
fine della giornata.” Rispose lui tirandosi faticosamente in
piedi, mentre con una mano si massaggiava il fondoschiena dolorante.
“Ma
è una cosa cortese.”
“Ho
già appurato che non sono rosso…”
“Ma
sei sexy!” lo interruppe Rose posandogli un bacio sul naso.
“Trovi
sexy il fatto che io non riesca a stare in piedi per più di
due minuti?”
“No,
sciocchino. Ti trovo sexy sempre.” Ammise candidamente Rose,
stampandogli un bacio a schiocco sulla guancia.
“E
parlare di essere sexy è bene?”
“Cosa?”
John
roteò gli occhi: era difficile capire quei benedetti inglesi!
“Ah!
Quella storia degli inglesi…” esclamò
la ragazza, avendo finalmente compreso il filo dei pensieri
dell’altro. “Uhm… beh… sexy
è bene.”
John
se lo segnò velocemente sul proprio taccuino prima di
prestare nuovamente tutta la propria attenzione alla sua insegnante
privata.
“Ora,
prova a concentrarti sul lasciarti andare. Sposta il peso da una parte
e dall’altra, cercando di non sbilanciarti troppo. Pensi di
farcela?”
“Sì,
credo.”
John
annuì con la testa, mentre si formulava tutto il processo
del pattinaggio.
“Forse
è meglio se provo ad andare da solo. Con le braccia tese ai
lati dovrei riuscire a bilanciarmi meglio.”
“Bravo,
ottima intuizione.” Si congratulò Rose facendosi
da parte per concedergli maggiore spazio. “Io sono appena
dietro di te. Così se cadi ti prendo.”
“Ti
conviene lasciarmi cadere o ti fai male il doppio con il mio peso piuma
addosso.” Scherzò John prima di lanciarsi a testa
china in quella nuova missione.
Fece
i primi passi bene: aveva capito il processo, gli mancava la giusta
tecnica, ma piano piano Rose poteva vedere che l’ex Signore
del Tempo stava acquisendo più familiarità con
quelle lame infernali. Anche il suo equilibrio era migliorato dai primi
giri sulla pista che l’uomo aveva percorso ancorato alla
balaustra. Nel giro di due o tre lezioni, o anche nove o dieci, sarebbe
addirittura riuscito a fare un giro di pista senza mulinare le braccia
al vento. Rose sorrise dell’immagine che le si era formata in
mente, ma quell’attimo di distrazione fu sufficiente
perché dei ragazzini si infilassero tra lei e il suo
allievo, zigzagando attorno a loro. John, come previsto, perse
l’equilibrio, ma la ragazza lo acchiappò
velocemente sotto le ascelle, riuscendo a mantenerlo parzialmente in
piedi.
Rose
lo guardò dall’alto della propria posizione di
salvataggio e vide negli occhi del proprio compagno una gratitudine e
una gioia immensa, come se quella caduta evitata fosse il simbolo di
qualcosa di ben più grande. La ragazza sentì i
suoi occhi riempirsi di lacrime di felicità,
così, senza motivo alcuno. Sentiva solo che era bellissimo
poter essere lì, in bilico sul ghiaccio, ma ancora insieme,
ancora loro due.
“Grazie.”
Sussurrò John, ancora fermo in quella scomoda posizione,
restio a mettersi di nuovo in piedi, come se non volesse spezzare la
magia di quel momento.
Rose
sorrise e lo baciò, facendo perdere ad entrambi il poco
equilibrio che ancora avevano. Precipitarono sul ghiaccio in un
intreccio confuso di braccia e di gambe, ridendo felici come due
ragazzini.
“Rose?
Che dici, torniamo a casa?” le propose l’ex Signore
del Tempo, rassegnato ormai all’idea di ritrovarsi sempre ed
immancabilmente sdraiato sul ghiaccio.
“Stanco
di pattinare?”
“No…
più che altro stanco di cadere! Il mio fondoschiena urla
pietà.” Scherzò John, facendosi
sollevare per l’ennesima volta da terra.
“E
allora sarà il caso di fare un bel massaggio quando saremo a
casa.” Propose Rose ammiccante, dirigendosi verso
l’uscita della pista ancheggiando leggermente.
“Massaggio?”
ripeté John senza capire. “Ah! Quel tipo di
massaggio!” esclamò poi, facendo voltare tutti
nella sua direzione. Tutti tranne Rose che fissava la punta dei propri
pattini al culmine dell’imbarazzo. Poi, vedendo che il
compagno non aveva accennato a muoversi, fu costretta a tornare
indietro e, afferratagli bruscamente la mano lo trascinò a
bordo pista conscia che ogni singolo sguardo era fisso su di loro.
“John…”
smozzicò a bassa voce.
“Ah,
sì. La storia degli inglesi.” Intuì
subito lui, borbottando una scusa tra le labbra. “Che dici se
cambiamo nazionalità? Potremmo essere francesi…
no, mi sa che non scorre buon sangue. Uhm… italiani! Fanno
un’ottima pizza e- No, forse non è il caso: la
pasta di tua madre è il piatto più tremendo che
io abbia mai assaggiato. E ti giuro che nella mia vita ho mangiato
all’incirca qualsiasi cosa! Mi sa che non ci farebbero
neanche valicare la frontiera con le doti culinarie che tua madre si
ritrova! Potremmo se no essere-” si interruppe, voltandosi
verso Rose che paziente lo stava trascinando fuori dalla pista. Si
lasciò guidare dalla sua mano e dal suo sorriso.
“Potremmo
essere John Smith e Rose Tyler, abitanti dell’universo. Che
ne dici?”
“È
perfetto John.” Rispose la ragazza, commossa.
“È tutto davvero perfetto.”
Fine
Note
finali: Tutta
questa storia è frutto di una mia esperienza diretta. Solo
che io, a differenza di Rose, mi sono quasi distrutta il braccio e la
mano per mantenere in piedi il mio allievo personale. In compenso
però, non ho fatto alcun volo!
Dopo
la nota sulla mia esperienza distruttiva devo specificare che Plushenko
e Lambiel non sono miei, non li conosco anche se ammetto di aver fatto
più di qualche puntatina per vederli pattinare. Ma
l’emozione di vedere Lambiel pattinare nell’Arena
vuota è qualcosa di magico!
Il
titolo ha il duplice significato: sia nel senso di cadere che nel senso
di innamorarsi (dall’inglese falling
in love).
E
per finire devo dire che Rose e John mi ispirano storie ad alta dose di
melassa. Che ci volete fare, sono così carini!
Ora
concludo ringraziando chi è riuscito a giungere fin qui a
leggere i miei sproloqui e anche chi lascerà una traccia del
proprio passaggio!
Alla
prossima!
P.S.
Prima o poi riuscirò a finire i 100 prompt!
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