Alice in Wonderland (XXI century version)

di cherrycherry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nella tana del Bianconiglio ***
Capitolo 2: *** La casetta del Bianconiglio ***
Capitolo 3: *** Una conversazione poco chiara con l'uomo sopra il fungo ***
Capitolo 4: *** In trappola nel giardino ***
Capitolo 5: *** Prigioniere nello specchio ***
Capitolo 6: *** Fuga nella notte ***
Capitolo 7: *** Ritorno ***
Capitolo 8: *** 24 hours ***
Capitolo 9: *** Sen ***
Capitolo 10: *** "USCITA 1" ***
Capitolo 11: *** Explosion [Lepre di Marzo e Cappellaio Matto] ***
Capitolo 12: *** Explosion [Rebels in action] ***



Capitolo 1
*** Nella tana del Bianconiglio ***


Salve a tutti! Voglio precisare che questa fic non è un tentativo di rendere mia la favola di Charles Lutwidge Dodgson, bensì la mia versione di come andrebbe se Alice fosse una ragazza moderna, di quest’epoca che non conosce più l’immaginazione come un tempo...
BUONA LETTURA!!!

Minacciava di piovere, quel giorno di novembre. Il cielo plumbeo e tuoneggiante non prometteva proprio nulla di buono, se non un grande acquazzone di lì a poco...
Ma alla ragazza interamente vestita di nero non importava. Non aveva preso con sé l’ombrello quando era uscita per andare a scuola, solo la sua giacca di pelle troppo grande, unica cosa che aveva per coprirsi.
Mentre camminava senza fretta alcuna verso la sua meta, pensava che in fondo non gliene fregava proprio nulla dello studio, che sua madre era una povera scema perché non le aveva permesso di frequentare l’istituto d’arte, e che se non le piaceva il suo modo di truccarsi, con gli occhi cerchiati di matita scura e le unghie corvine con il franch di stelline bianche, poteva benissimo fare a meno di guardarla. Già, e anche che il suo nome, Alice, le faceva venire la nausea!
Di certo non andava ad immaginarsi che a scuola non ci sarebbe mai arrivata...

Successe tutto in un istante: un ragazzo di qualche anno più grande di lei -forse sui diciassette anni- le attraversò la strada rischiando di investirla.
Alice perse qualche secondo cercando di riprendersi, quando si rese conto che il suo blocco di schizzi -quello che teneva stretto in mano- le era scivolato via restando impigliato alla sacca che il ragazzo portava a tracolla.
“Ehi!! -si mise a gridare furiosa raccogliendo le sue cose e andandogli dietro correndo a perdifiato- Ehi, tu!!! Aspetta!!”
Ma niente! L’altro non voleva saperne di darle retta! -oppure non l’aveva nemmeno sentita, chissà!
Nonostante avesse il fiato corto e non capisse dove il Tipo la stesse conducendo, si riscoprì ad osservarlo: al contrario di lei era completamente vestito di bianco -anche le scarpe!!
Indossava una lunga giacca con l’immagine di un coniglio stampata sulla schiena e dei pantaloni simili a jeans come tessuto, ma non avendo la possibilità di toccarli non ne era sicura. Portava una tracolla candida di forma quadrata nonostante fosse chiaramente di stoffa, visto che una delle punte del suo blocco si era incastrata in un filo scucito.
Alice continuava a correre stupendosi di quanta resistenza avesse il ragazzo, fino a che lui svoltò in un vicolo facendosi perdere di vista.
Anche lei poco dopo svoltò l’angolo, ma tutto era deserto e immobile.
“Che cazz...?” cominciò perplessa guardandosi intorno. Un piccolo cunicolo vicino al muro lercio attirò la sua attenzione. Fece qualche passo in quella direzione e si accucciò per sbirciarne l’interno. Per un istante vide una macchia bianca sparire nel buio e poi più nulla.
Non c’era alternativa: il ragazzo era passato di lì!
Si fece coraggio, prese un bel respiro e piano piano cominciò a calarsi in quella che sembrava più che altro una conigliera.
Troppo tardi si rese conto di stare precipitando nel buio e nel vuoto.
Serrò gli occhi e le mascelle sperando di non sentire troppo male nello schianto che avrebbe di lì a poco avuto, ma con suo grande stupore non accadde nulla.
Riaprì prima un occhio e poi anche l’altro, inutilmente: era buio pesto!
Ebbe l’impressione di essere sospesa nell’aria, se non fosse stato che dopo alcuni minuti di caduta libera delle piccole falene fosforescenti attaccate alle pareti attorno a lei -un cunicolo di circa 2x2 metri- illuminarono il luogo quanto bastava perché Alice riuscisse a vedere gli scaffali pieni di libri e carte geografiche e storiche scorrerle affianco.
Con un suono sordo atterrò di sedere su un cuscino. Vagò con lo sguardo per capire dove si trovasse, ma quel luogo non aveva nulla di familiare.
Davanti a sé vide un lungo corridoio e il ragazzo bianco che correva lungo ad esso. Non perse ulteriore tempo e riprese il suo inseguimento fino alla fine del corridoio, ma con orrore dovette constatare che era sola nella stanza con al centro il tavolino di cristallo a tre zampe.
“Ma porca miseria!!” sbraitò andando a grandi passi verso l’unico mobile lì presente. Sopra vi era un piccola chiave, come quelle dei diari segreti che le avevano regalato per i suoi sette e nove anni. La esaminò curiosa: era proprio piccolina, tutta d’oro.
Nella stanza c’erano diverse porte e lei ne esaminò di ognuna la serratura per vedere se fosse effettivamente adatta alla chiavetta. E infatti una ce n’era, ma era troppo piccola per lei: la si poteva considerare una di quelle porticine per far uscire il gatto in giardino... Però la chiave entrava perfettamente nella toppa.
Vi sbirciò cercando vanamente di infilarci la testa. Ciò che vide la lasciò di stucco: di fronte a lei si stendeva un grandissimo prato verde. Rimase pensierosa sul da farsi. “Quella strega della prof la definirebbe una situazione kafkiana!” rifletté a voce alta. Solo allora notò l’ampolla apparsa misteriosamente sul tavolino.
Richiuse con cura la porticina e andò ad esaminarla.
BEVI c’era scritto sul vetro.
Alice ci pensò su un istante. “Cosa dovrei fare a questo punto? Sicuramente è un sogno, ma è troppo interessante per svegliarmi! Se io seguissi le indicazioni, dovrei bere quest’affare rischiando di morire intossicata, ma in fondo nei sogni non si muore mica!”
Detto ciò, bevve tutto d’un fiato il liquido al sapore di cola.
Chiuse gli occhi e fece un lungo sospiro sconsolato nel constatare che non accadeva nulla, ma appena riaprì gli occhi scoprì di avere davanti a sé un panorama diverso da prima: una delle zampe del tavolo ora le appariva davanti dieci volte più grande di lei.
Lo scoprirsi improvvisamente alta non più di venti centimetri sconvolse Alice. Era vero che ora era abbastanza piccola da passare dentro la porta, ma la chiave... era sopra il tavolo!
“NOOO!!!!!” urlò. Prendendo a calci il cristallo del tavolino... tavolone... “Come ho potuto fare un errore del genere?? COME?!” sbraitò ormai in preda ad un crisi isterica che la portava a prendere a calci tutto ciò che trovava, fino a che...
Quell’ultima cosa che il suo piede aveva colpito era certa che fino ad un istante prima non ci fosse: un pasticcino con la scritta MNAGIA.
Senza esitazioni, sicura per una qualche misteriosa ragione che quel pasticcino fosse la sua salvezza lo ingoiò in un boccone.

FINE PRIMO CAPITOLO

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Capitolo 2
*** La casetta del Bianconiglio ***


“Mmh... -mugolò masticando il pasticcino- Crema!”
Non fece in tempo a terminare le sue constatazioni, che si rese conto del cambiamento che stava avvenendo nel suo corpo: lentamente, stava crescendo, sempre di più, sempre di più!
“E-ehi! Adesso basta! Ehi!” protestò andando a sbattere con la testa sul soffitto. Si mise su un fianco rannicchiandosi il più possibile, ma sapeva che entro poco sarebbe stata così alta da rimanere schiacciata. Disperata si mise a gridare: “AAAAAAH!!!!! AIUUUUUUTOOOOOOOOO!!!!!!! AAAAAAAAAH!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
“Cosa caspita urli?! Mi vuoi assordare per caso?” era stato il ragazzo vestito di bianco a parlare, misteriosamente apparso dal nulla ai piedi di Alice. “Ma guarda te che cretina!”
Le si avvicinò al piede destro, grande ormai quanto lui, soffermandosi a pensare un istante. Dopodiché dalla tracolla estrasse un paio di guanti bianchi e un ventaglio. “Metti i guanti e fatti aria col ventaglio!” ordinò prendendo la chiavetta dal tavolino e infilandosela nella tasca posteriore dei pantaloni.
“Mettermi i guanti?? E come dovrei fare? Sono troppo piccoli!” ribatté la ragazza, ma non ricevette alcuna risposta. Così decise che valeva la pena di tentare.
Infilò i guanti uno per indice e si sventolò il ventaglio davanti alla faccia: in men che non si dica ritornò della sua solita statura.
Il ragazzo senza darle il tempo di parlare si riprese in malo modo i guanti e il ventaglio, e si avviò velocemente lungo il corridoio dietro ad una delle porte fino a poco prima chiuse seguito a ruota dall’altra.
“Perché ti ostini a venirmi dietro?” chiese senza degnarla di un’occhiata.
“Perché non so come andarmene di qui! Mi sono capitate un casino di robe strambe e non voglio rischiare la pelle in questo posto assurdo! E poi tu hai una cosa che mi appartiene...” aggiunse cercando il suo blocco degli schizzi attaccato alla tracolla dell’altro, senza purtroppo trovarci più nulla.
“Intendi questo per caso?” fece il ragazzo porgendole l’oggetto che aveva provocato tutta quella bizzarra avventura.
“Proprio quello! Ma... da dove l’hai tirato fuori?”
Il ragazzo ignorò la domanda e continuò a camminare fino a che arrivarono ad una casetta a due piani dal muro grigiastro e scrostato. Prese la famosa chiavetta di prima ed aprì la serratura con un paio di giri sotto lo sguardo perplesso di Alice che non capiva come quella chiave potesse aprire due serrature completamente diverse.
“Va’ al piano superiore, la prima porta a sinistra è quella della mia camera. Sul tavolo ci sono una boccetta, un paio di guanti e un ventaglio. Prendi tutto e aspettami qui davanti alla porta.” Le ordinò sparendo in un’altra stanza.
Lì per lì Alice rimase sorpresa dal suo tono -non era mica la sua domestica!!- poi decise che avendole permesso -anche se non glielo aveva propriamente detto!- di restare con lui gli avrebbe fatto questo favore.
Salì le scale quasi correndo tanta era la sua curiosità. Aprì come le era stato detto la prima porta a sinistra e ciò che vide la lasciò meravigliata. Il letto, coperto da una trapunta azzurro polvere, era enorme, occhio e croce due piazze e mezzo. Inoltre, dalle pareti completamente spoglie a parte il ritratto di una bambina sui dieci anni seduta vicino ad un drago dalle scagli verdi, era come se trasudasse qualcosa di inquietante che procurava in Alice brividi freddi lungo la spina dorsale.
La ragazza preferì far finta di nulla e dal tavolino prese ciò che le era stato ordinato, ma quando fece per uscire si ritrovò davanti alla bambina del quadro che la fissava perplessa.
“Ciao.” Disse la piccola sorridendo appena.
“Ciao...” rispose Alice dubbiosa superandola per tornare davanti alla porta d’ingresso.
“Mi chiamo Marianna! Tu sei la terza Alice, vero?” insisté la bambina seguendola giù per le scale.
“La terza? In che senso? Io sono Alice e basta!”
“Oh. Non avrei dovuto dirlo. Ora il Signore si arrabbierà...”
Alice non poté chiedere di cosa stesse parlando che le apparve davanti il ragazzo vestito di bianco. “Era ora! Datti un mossa che sono in ritardo! Se non arrivo in tempo dalla Duchessa, sono morto!” sbraitò seccato mettendo il materiale portatogli da Alice nella tracolla e tirandosela dietro dopo averla afferrata per la manica. La ragazza fece appena in tempo a vedere Marianna salutarla con la manina dai primi gradini delle scale, che la porta si chiuse sbattendo con violenza.
“Lasciami!!” protestò strattonando via la manica dalla presa del ragazzo che con un sospiro continuò a camminare senza neppure girarsi. “Senti, io voglio andare a casa... Sono stufa di questo posto del cavolo! Se tutto questo è un sogno pretendo di svegliarmi! Subito!!”
Lo sguardo di lui la fece tacere all’istante. “Stammi a sentire! Se non vuoi venire con me non c’è problema: segui il sentiero appena percorso al contrario e resta a casa mia. Quando torno ti farò accompagnare da Guglielmo...”
“Chi sarebbe questo Guglielmo?”
“Il drago del quadro... Lo hai visto il quadro in camera, vero?”
“Certo! Non c’era appeso altro al muro!” disse sarcastica. Nessuna risposta. “E invece la bambina chi è?” continuò allora.
“La bambina era Marianna.” Rispose scandendo bene quel ‘era’.
“Che vuol dire era?”
“Che è morta!”
Alice non osò più aprire bocca: aveva visto e parlato con un fantasma come se fosse stata la cosa più naturale del mondo!
“Così... -iniziò lei tanto per rompere il pesante silenzio che era calato tra loro- Stiamo andando dalla Duchessa...”. Silenzio. “Abita molto distante da qui?”
“Si. Comunque prima devo andare a prendere una cosa...”
Le porse un pasticcino mangiandone uno a sua volta. Pochi secondi, ed entrambi diventarono piccoli come coccinelle.
Si avvicinarono ad un fungo sopra al quale stava un signore di mezz’età vestito elegantemente con un completo turchino ed una lunga pipa in bocca, che pareva così preso dai propri pensieri da non accorgesi della loro presenza.

FINE SECONDO CAPITOLO

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Capitolo 3
*** Una conversazione poco chiara con l'uomo sopra il fungo ***


“Salve!” esclamò il ragazzo avvicinandosi al signore vestito completamente di azzurro.
“Giorno!” fece Alice alle sue spalle.
L’uomo lanciò loro un’occhiata infastidita e borbottò: “Voi chi siete? Non vi ho mai visto da queste parti!”
“In effetti è da tanto che non ci vediamo...” rispose di rimando il più giovane.
Solo allora l’uomo parve capire. “Così sei tu! L’ultima volta che ti sei fatto vedere da queste parti, avevi un paio di orecchie assai ridicolo... E questa ragazzina sarebbe...?”
“Si.”
“Ah. Quindi state andando dalla Regina!”
“Non dalla Duchessa?” domandò Alice che di tutto quel discorso non ci capiva più nulla.
“Prima dalla Duchessa, e poi dalla Regina! -rispose il ragazzo seccato- Dicevamo?”
“Non hai proprio cuore, mio caro!”
“Non è questo il punto...”
“No? E quale, dunque?”
“Anche tu vuoi continuare a vivere in questo posto, giusto?”
“Eppure non credo che sia l’unico motivo per cui lo fai, dico bene?”
“Può darsi...”
Per un istante, ad Alice parve di vedere un accenno di sorriso seppur triste sul volto del ragazzo. Solo allora se ne rese conto: non lo aveva mai visto sorridere prima!
“Ebbene, cosa vuoi questa volta?”
“Una parte di fungo, una per tipo!”
“Serviti! Un lato per aumentare l’altezza e l’altro per diminuirla!”
“Un lato di che?” intervenne la ragazza sempre più confusa.
“Del fungo! -sbraitò offeso il signore in azzurro- È la terza volta che mi tocca ripeterlo! Vergogna! Tsk!” e si voltò senza più badare a loro per riprendere a fumare la sua pipa.
Così, il ragazzo prese due parti del fungo e se ne andò senza salutare.

“Scusa se te lo chiedo, ma di cosa stavate parlando prima?” chiese Alice seguendolo verso il folto del bosco.
“Nulla di importante...”
“In fondo un po’ mi dispiace di averlo fatto arrabbiare, quel signore...” continuò lei.
“Lascia stare: se la prende sempre per nulla!”
“E poi non è affatto vero che aveva detto tre volte del fungo!”
Il ragazzo non rispose nulla e continuò a camminare in silenzio per una decina di minuti fino a che i due si ritrovarono davanti ad una casa alta circa un metro e venti al centro di un piazzale. Probabilmente, se fosse stata della sua statura originale, pensò Alice, l’avrebbe trovata troppo piccola anche se ad abitarla ci fosse stato un bambino, ma visto che le sue dimensioni erano pari a quelle di un coccinella le sembrò spaventosamente grande.
“Tieni...” fece il ragazzo porgendole un confetto rosa, ma lei lo rifiutò voltandosi dall’altra parte.
“Non intendo più cambiare dimensioni! Sono stufa marcia di essere prima grande e poi piccola! Non ho alcuna intenzione di entrare lì dentro! No, no e no!!” protestò.
“Hai finito?” domandò educatamente l’altro aspettando che lei smettesse, mandandola ancora di più in bestia.
“Perché nessuno qui mi prende sul serio?! Perché non sono a casa, o a scuola o in un qualunque altra mazza posto lontano da qui?! AAARRRGH!!!”
“Fa’ come vuoi... Se cambi idea io sono nel giardino, quello dietro alla porticina, hai presente?” concluse ignorando la sua sfuriata e porgendole ugualmente il confetto. Dopo che Alice l’ebbe preso di mala voglia si diresse senza alcuna fretta verso la casa e vi sparì all’interno dopo una breve conversazione con una specie di valletto.
“Non mi importa nulla di seguirti! Me la so cavare benissimo anche da sola, sai?” urlò alla porta ormai chiusa. Ma in fondo non ne era poi così convinta!
Si sedette ostinata sull’erba a gambe incrociate, lo sguardo corrucciato e il confetto rosa stretto nel pugno.
“Non ho bisogno di nessuno, io!” ripeteva di tanto in tanto a mezza voce. Non si aspettava che l’avrebbe mollata lì veramente, e, poiché dopo alcuni minuti Alice vide che non arrivava nessuno, sconfitta, ingoiò il confetto e si diresse verso la casa.
Bussò con foga alla porta finché dalla soglia non apparve un uomo tarchiato con gli occhi grossi e dilatati come un brutto rospo.
“Desidera?” chiese gentilmente.
“Devo entrare. Dovrebbe esserci una persona che mi aspetta!” Rispose Alice senza riuscire a nascondere un po’ di stizza.
“Non credo! La Duchessa non attende nessuno ora, e chi attendeva è già arrivato e se n’è anche andato!” “Forse non stiamo parlando della stessa persona! Io devo entrare! Altrimenti non posso raggiungere il giardino!” “Perché no?” “Perché non so dove accidenti sia questo cavolo di giardino!” “E allora come pretendete di raggiungerlo?”
Lei fece per rispondere a tono ma un piatto volante tramortì il valletto colpendolo sulla nuca, così lei ne approfittò per entrare.
L’aria era così densa e calda che ad Alice venne meno il fiato e cominciò a tossire come se stesse per soffocare. Nel frattempo attorno a lei volavano padelle e posate, tanto vicine al suo viso che per poco non rischiò di essere colpita.
Senza preavviso si sentì afferrare per la vita e trasportare via, ma era talmente confusa e le bruciavano così tanto gli occhi, che non capiva più nulla. Sentiva un grugnito misto al lamento di un neonato in lontananza, poi più nulla se non il sole sul viso e il frusciare dell’erba. Eppure si ostinava a non voler aprire gli occhi.
“Alice! Alice! Acc... Alice!!!”
Mugugnò qualcosa e aprì lentamente prima un occhio e poi anche l’altro, trovandosi davanti al ragazzo vestito di bianco... o forse sarebbe più corretto dire che si trovava sotto a lui... ^///^
“Tutto bene?” la interrogò lui preoccupato.
“Si. Comunque sarebbe meglio se ti spostassi!” fece notare Alice sorridendo appena imbarazzata.
“Ha ragione lei! Quella posizione è un po’... equivoca!” suggerì una voce femminile poco distante.
Mia sorella la troverebbe perfetta per uno dei suoi amati dischi jazz, pensò Alice alzandosi in piedi aiutata dal ragazzo.
Era stata una giovane donna a parlare, vestita con un abito viola aderente e pieno di lustrini; i capelli, più lunghi davanti che dietro, erano corvini e tra le ciocche spuntavano due curiose orecchie grigie da gatto. Da dietro si poteva ammirare una lunga ed elegante coda dello stesso colore delle orecchie che ondeggiava morbidamente.
“In quella casa sono tutti matti! Avete visto la domestica? Non fa che lanciare pepe e stoviglie in aria! E il bimbo? Una cosa pazzesca: sembra un porcellino! Aah! -sospirò- Non credo che la Duchessa verrà alla partita di croquet quest’oggi, Bianconiglio caro!”
“Bianconiglio?!” le fece eco Alice senza capire.
“Sarebbe il mio nome...” borbottò il ragazzo offeso e imbarazzato distogliendo lo sguardo.
Alice non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere come un’ossessa. “Ahahahahahahaha!!! Bianconiglio! Ihihihihihihihihi!!! Che nome assurdo!!!!! Ahahahahahah!”
“Che maleducata a ridere come un’isterica del nome degli altri! Vabbè -sospirò ancora la ragazza-gatta con un gesto eloquente della mano dalle lunghe unghie affilate- io ora vado! Se mi volete sono alla partita di croquet in giardino! Byebye baby!” fece l’occhiolino e, così com’era venuta, sparì.
Intanto Alice seguiva il Bianconiglio che si era rimesso in marcia senza riuscire a smettere di ridere. Quando però lei si accorse della sua espressione rabbuiata smise e gli si parò davanti seria.
“Che c’è?” sbottò quasi seccata.
“Tsk! Cretina!” rispose il ragazzo senza degnarla di uno sguardo.
“Ehi, aspetta un attimo! Quella tipa con le orecchie strane scherzava prima, vero?”
“No, non scherzava! Si, ho un nome idiota! No, non mi fa ridere!” sbraitò scostandola per poterla superare.
“I-io... -la ragazza si sentiva davvero mortificata- non avevo capito... pensavo che fosse... che ne so, un soprannome per il modo in cui ti vesti! -altra gaff!- Cioè, no... non intendevo dire questo!”
“Parla meno e pensa di più, che magari la prossima volta fai una figura migliore!” ribatté secco lui interrompendo il suo balbettare...
Alice non si era mai sentita così in colpa e non sapeva come fare per scusarsi!


FINE TERZO CAPITOLO

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Capitolo 4
*** In trappola nel giardino ***


Continuarono a camminare in silenzio per diversi minuti prima che Alice, che se ne stava qualche passo più indietro, trovasse il coraggio di proferire parola. “Sei ancora arrabbiato?” domandò seriamente pentita.
“Non sono mai stato arrabbiato” rispose il ragazzo con tono piatto.
Con il cuore un po’ più leggero, la giovane la giovane gli trotterellò affianco sorridendo appena.
Superarono un sentiero ghiaioso che portava direttamente sulla soglia di una casupola gialla tutta a buchi, come se fosse stata un grosso pezzo di groviera. Sembra un opera d’arte moderna! rifletté tra sé Alice.
“Di chi è quella cosa?” chiese allora indicando l’oggetto della sua curiosità.
“Della Lepre di Marzo…”
“Ah… Che?! E chi sarebbe? Un artista suonato?”
“In un certo senso tutti gli artisti sono un po’ matti!” fece notare lui. “Che figo!! Andiamo a dare un’occhiata!!”
“Va’ tu se vuoi! Io devo sbrigarmi…”
“Da sola nella casa di un matto?! Neanche per sogno! -ribatté sdegnata- Che roba è ‘sto odore?”
“Tè!” rispose semplicemente il ragazzo.
“A quest’ora? Ma se non sono neanche le undici!”
“Ti sbagli! –disse il Bianconiglio guardando l’orologio che aveva al polso- Sono le cinque meno dieci!”
Alice rimase stupita: non si era accorta di come corresse veloce il tempo, né aveva sentito i morsi della fame a mezzogiorno. “E come farò quando riuscirò finalmente a tornarmene a casa?”
“Una vola nel giardino non sarà più un tuo problema…!”
La ragazza non capì cosa significasse quell’affermazione, ma non osò chiederglielo per paura di offenderlo di nuovo inconsapevolmente.
Si ritrovarono così davanti ad una cavità scavata in un tronco d’albero e senza esitazioni entrarono. Erano di nuovo nella sala con il tavolino di cristallo al centro!
“Accidenti! -esclamò la ragazza sorpresa- Siamo ancora qui! Questo posto davvero troppo figo!!” Il Bianconiglio porse un guanto ad Alice mettendosene uno a sua volta e fece ad entrambi aria con il ventaglio. Quando finalmente furono della dimensione giusta, aprirono la porticina ed entrarono nel giardino, in cui c’era un grande viavai di persone vestite nei modi più strani: c’erano valletti ottocenteschi accanto a degli uomini e delle donne punk con delle coloratissime creste di capelli, damigelle vestite elegantemente e soldati in divisa con il fucile e la baionetta, ninfe dalla pelle diafana e figli dei fiori con i pantaloni a zampa di elefante.
“Incredibile…! Ma da dove vengono tutte queste persone?” domandò la ragazza guardandosi attorno sempre più meravigliata. Si voltò verso il ragazzo in attesa di una risposta, ma quando vide la sua espressione cupa si preoccupò. “Cos’hai? Non ti senti bene?”
“Non ho proprio nulla!” rispose brusco avviandosi con foga verso un gruppo di guardie medioevali.
Alice, che era rimasta un po’ indietro tra la folla, non riuscì a capire cosa i ragazzo dicesse loro; li vide solo inchinarsi al Bianconiglio e dirigersi fino ad un palanchino coperto bisbigliando tra loro e lanciando occhiate preoccupate in giro.
“Che diavolo sta succedendo?” fece nervosamente la ragazza all’altro. Aveva capito subito che qualcosa non andava; forse c’era un infiltrato o un qualche tizio pericoloso in giro, non ne aveva idea…
“Resta qui. Non ti allontanare per nessuna ragione, capito?” disse lui ignorando la domanda e correndo verso la portantina ad un cenno di una guardia.
Nel frattempo, al fianco di Alice era comparsa dal nulla la donna-gatto vestita di viola e lustrini. “Brutta storia, questa! –commentò puntellandosi la guancia con il polpastrello, l’aria assorta- Sembra quasi che gli dispiaccia, non trovi?”
“Eh? Di chi stai parlando?” ma la donna-gatto era già sparita.
Uno squillare di trombe fece avvicinare tutti i presenti ed in men che non si dica Alice fu costretta ad aprirsi un varco tra la folla a suon di spintoni per non essere schiacciata.
La tenda rossa della portantina si scostò lentamente lasciando intravedere poco per volta una figura femminile dai lunghi capelli rossi, con in testa una piccola corone d’oro decorata con rubini. Anche i suoi occhi erano rossi, rossi come il sangue. La Regina di Cuori.
Il Bianconiglio se ne stava in disparte, in mezzo ad un piccolo gruppo di persone dall’aspetto molto importante… Alice pregò che guardasse verso di lei almeno una volta, anche perché non sapeva come comportarsi: non aveva mai partecipato ad una partita di croquet, sebbene non le sembrava di assistere ad un partita…
La donna si alzo in piedi e tutti si inchinarono con delle riverenze più o meno profonde. “Buon pomeriggio a tutti! –disse in tono solenne- Sono contenta che siate venuti in tanti oggi, ad assistere, o partecipare, a questa partita di croquet! –fece una pausa ad effetto osservando che tutti la seguissero con attenzione- Che i giochi abbiano inizio!” pronunciò quest’ultima frase guardando negli occhi Alice, che fremette sotto quello sguardo di porpora.
Tutti applaudirono e si dispersero per il giardino andando a recuperare il loro materiale da gioco, solo la regina non fece una piega, rimanendo sola davanti alla ragazza che era come paralizzata. Ad un suo cenno due guardie presero Alice per le spalle e la condussero in una tenda.
Il ragazzo vestito di bianco era già lì.


FINE QUARTO CAPITOLO

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Capitolo 5
*** Prigioniere nello specchio ***


Eccolo qua!! Finalmente ho scritto il capitolo FONDAMENTALE della storia! Qui finalmente la trama si stacca completamente dalla favola di Dodgson e si arriva al punto cruciale della faccenda: chi è veramente la Regina di Cuori? Perché il Bianconiglio ha portato Alice da lei? LEGGETE E COMMENTATE!!!!! Un bacio a tutti!!!


“Che diavolo succede?! -chiese Alice spaventata- Che volete da me?!” cercò vanamente di liberarsi.
“Calmati! Non ho intenzione di farti nulla!” intervenne la regina con tono carezzevole sedendosi su un cuscino di velluto accanto al ragazzo vestito di bianco che se ne stava a testa china ostinatamente in silenzio.
Le guardie lasciarono la presa su Alice di botto che cadde su di un altro cuscino, anch’esso rosso, davanti ai due.
“Ma guarda... -cominciò pensierosa la donna- sei molto diversa da quelle che ti hanno preceduto! E anche più grande... Certo non ti saresti mai messa a seguire un coniglietto, giusto?” sorrise appena ad Alice.
“Un coniglietto? Chi mi avrebbe preceduto? Non ci capisco niente!!” frignò senza capire.
“Vieni con me...” sussurrò la regina alzandosi e prendendo per mano l’altra. Il ragazzo venne loro dietro senza una parola.
Uscito dalla tenda, il piccolo gruppo si diresse lontano dal fracasso generale per addentrarsi in una bassa costruzione di mattoni nascosta dalla folta edera. L’interno era buio e Alice si sentiva un po’ in imbarazzo nello stare a mano con una persona importante che nemmeno conosceva, ma preferì non dire nulla al riguardo.
Si ritrovarono poco dopo davanti ad una porta in legno di forma rettangolare dall’aspetto sinistro. Probabilmente non veniva aperta da moltissimi anni, perché quando il ragazzo la aprì cigolò fastidiosamente sollevando parecchia polvere.
La stanza in cui entrarono poi era ancora più buia; a stento si distinguevano le sagome di alcuni mobili dall’aspetto antico e uno specchio coperto da un lenzuolo bianco.
“Cos’è questo posto?” chiese Alice prima di riuscire a trattenere le parole, ma la donna non parve essersi infastidita a quella domanda, al contrario rispose: “È la stanza dello Specchio! Qui ci vivono le due Alici, e non intendo due pesci, che sono venute in questo mondo prima di te...”
“Prima di me? Allora... quando Marianna aveva detto che io ero la terza si riferiva a questo...” disse più a sé stessa che alla regina.
Lo sbattere della porta alle sue spalle la fece girare di scatto: era sola, ed stata chiusa dentro!
Inutili furono i suoi tentativi di prendere a spallate la porta, in quel modo riuscì solo a procurarsi un brutto livido.
Sconfitta, solo allora si ricordò di quello che poco prima le era stato detto: qui ci vivono due Alici...
Le pareva strano visto che non aveva notato nessuno. Che si stessero nascondendo dentro un qualche armadio? Improbabile...
Provò quindi ad esaminare lo specchio, più per curiosità che per altro. Tirò via il lenzuolo che lo copriva lasciando che scivolasse a terra, ed aprì le due ante con il fiato sospeso.
Guardò il suo riflesso sull’anta di sinistra perplessa: non ricordava di avere i capelli biondi, né di indossare un abitino a quadretti! Si portò una mano al volto, ma quella che sarebbe dovuta essere la sua immagine si limitò a piegare la testa da un lato osservandola con circospezione.
“Oh!” esclamò ad un certo punto la bambina nello specchio -che sembrava essere alta come lei per via dello specchio sollevato da terra- portandosi entrambe le mani sulla bocca.
Alice fece un balzo indietro a quel gesto improvviso. “Ma che cazz...?!” sbottò appoggiando la schiena ad una cassettiera impolverata.
“Che succede?” chiese una vocina proveniente dall’anta destra dello specchio. Una bambina castana con i capelli caschetto sbirciò Alice con curiosità. “Ciao!” sussurrò.
Entrambe occhio e croce non sembravano avere più di undici anni, ed entrambe parevano uscite da un libro di storia.
“Tu sei un’altra Alice?” chiese timidamente la bambina castana.
“Si... anche voi vi chiamate Alice, vero?”
“Si!” sorrise.
“Non parlarle! Potrebbe averla mandata la regina per tagliarci la testa!” esclamò la bambina bionda agitata.
“Sciocchina! La regina non ci vuole tagliare la testa! Quel periodo le è passato ormai!” rispose l’altra bambina.
“E allora perché siamo qui? Perché voi due siete chiuse in quello specchio?”
“Ci ha imprigionato la Regina... -rispose la bionda- Io sono stata la prima! Avevo seguito il coniglio bianco invece di restare con mia sorella e la mia gattina Dina... Rimpiango tanto quel giorno!”
“Io invece sono caduta dentro alla buca del ragazzo-coniglio credendo di trovare un rifugio sicuro dalle bombe! Poi è stato lui a dirmi di cercare il giardino...”
“Il coniglio bianco e il ragazzo-coniglio... non saranno mica la stessa persona?” mormorò Alice pensierosa.
“Si, -spiegò l’Alice bionda- solo che con il passare del tempo si è trasformato a seconda di chi doveva portare dalla Regina... Oh, cosa è costretto a fare il mio povero coniglietto! E povera la mia Dina tutta sola!” singhiozzò.
“Non avrei mai inseguito un coniglietto, -rifletté la ragazza più grande tra sé- perché un coniglio potrebbe attirare solo una bambina piccola, e seguendo questo ragionamento una bambina che vive circondata dalla guerra non seguirebbe un animaletto, ma preferirebbe fidarsi di un personaggio curioso come un ragazzo-coniglio...”. Alice cominciava finalmente a capire.
“Io volevo avvertire la mia nonna che suonavano le sirene delle bombe perché lei è sorda, ma non sono riuscita ad arrivare a casa sua in tempo: il bombardamento era già iniziato...!” mormorò l’Alice castana sedendosi sul pavimento all’interno dello specchio.
“Ma perché la Regina ci vuole catturare?” domandò Alice improvvisamente.
“Per via del nostro cuore! Quando riuscirà a chiuderci tutte e tre nello specchio ce lo toglierà senza che noi potremmo fare nulla, così riuscirà a restare bella e giovane per sempre!”
“...e controllerà tutti gli abitanti di questo paese che senza di noi non esisterebbe!” concluse l’altra bambina.
“Però... -iniziò la più grande- il signore vestito di azzurro aveva parlato con il Bianconiglio... aveva detto che lo faceva per continuare a vivere in questo posto, ma che forse c’è anche un altro motivo...”
Le altre due si guardarono perplesse. “Non ne sappiamo nulla!” rispose l’Alice bionda.

In quel momento si sentirono dei passi fuori dalla porta venire nella loro direzione. Tutte e tre trattennero il fiato e rimasero immobili.
“Nessuno può rinchiudermi in uno specchio!” ringhiò Alice afferrando un soprammobile di vetro ed impugnandolo come una mazza da baseball preparandosi ad aggredire chiunque avesse osato varcare la soglia. La porta si aprì lentamente e Alice scattò in avanti cercando di colpire alla testa il nuovo arrivato, che però la afferrò per i polsi bloccandola. “Cosa credi di fare con questo?” chiese il Bianconiglio guardandola stupito.


FINE QUINTO CAPITOLO

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Capitolo 6
*** Fuga nella notte ***


Salve a tutti!!!!!!!!! Ecco l’attesissimo SESTO CAPITOLO!!! (almeno dalle mie friends... spero... ^///^)
Comunque, comunque... c’ho messo tantissimo a scriverlo (ne ho fatte tre diverse versioni ed è stato un dramma per me scegliere il migliore! T.T)
Vorrei precisarvi un paio di cose prima della lettura, visto che mi sono state fatte alcune osservazioni:
1- Questa storia non è scritta benissimo, lo so, però voglio che sappiate che è solo una traccia per il fumetto che sto realizzando con le mie amiche (per questo è ricco di discorsi diretti!)
2- Il personaggio di Marianna si ispira a come il Bianconiglio chiama ad un certo punto nel libro Alice (anche nel cartone lo fa!), quindi ho immaginato che una certa Marianna fosse esistita sul serio in questa storia, e che lui (il Bianconiglio) lo avesse detto quasi senza pensarci
3- Anche Guglielmo è tratto dal libro (è la lucertola che cerca di tirare fuori Alice quando è bloccata nella casa del Bianconiglio...)


Rimasero immobili a fissarsi un istante, in silenzio, poi Alice mollò la presa e fece alcuni passi indietro andando a sbattere contro lo specchio.
“Che altro vuoi da me?” chiese gelida lei senza guardarlo. “Sei venuto a rinchiudermi nello specchio?”
“Eh? No! -si difese il ragazzo avvicinandolesi cautamente- E non ho intenzione di lasciarti qui!”
“Sei tu, Coniglietto?” domandò l’Alice bionda sbirciando da dietro la spalla della ragazza.
I due si fissarono un attimo, prima che lui comprendesse ciò che l’altra aveva combinato. Si fiondò verso di lei e richiuse con foga lo specchio. “Ma che ti è saltato in mente?” sbraitò.
“Perché l’hai chiuso così? E le due Alici?”
“Non hai ascoltato una sola parola! È attraverso lo specchio che la Regina riesce a controllare questa stanza senza il bisogno che sia io a farla entrare!”
Alice rimase di stucco senza capire.
“Dobbiamo andarcene! Non c’è tempo da perdere!” afferrò la ragazza per il polso ma lei lo ritirò rifiutandosi di seguirlo.
“Come faccio a sapere che non mi stai portando da lei, invece? Come posso fidarmi ancora di te? Non ho alcuna intenzione di seguirti!” disse seriamente la ragazza che stringeva ancora in mano il soprammobile di vetro.
In neanche due secondi li Bianconiglio se la caricò di peso sulla spalla e corse fuori lungo il corridoio buio. Uscirono nel giardino illuminato solo da un quarto piccolissimo di luna, il ragazzo ansimando appena, Alice dimenandosi a più non posso.
“Non hai solo un nome da pesce, ma ti agiti pure come un pesce!” borbottò lui. “Stupido, idiota, vigliacco!! Ti detesto, sei un coniglio!!!” urlò a squarciagola Alice.
“Si, lo so! E non urlare! Non vorrai svegliare tutti quanti, vero?”
Alice non osò più fiatare e si lasciò portare a mo’ di sacco fino alla casa del Bianconiglio dove fu costretta a scendere per permettere al ragazzo di aprire la porta.
“Aspettami qui e se senti arrivare qualcuno dal bosco nasconditi e non farti vedere per nessun motivo, chiaro?” le disse piano lui per evitare di essere sentito. Sparì all’interno della casa senza accendere la luce e la ragazza, rimasta sola, si guardò intorno incerta sul da farsi.
Uno scricchiolio tra i rami la fece girare di scatto ed istintivamente si appiattì contro la porta (chiusa) stringendosi il più possibile nella giacca nera sperando di riuscire a mimetizzarsi.
“Ehilà! Cosa ci fai da queste parti? Non eri con la Regina?” era stata la donna-gatta a parlare, apparsa misteriosamente al fianco della ragazza.
“I-io? -rispose allarmata- Ma io non sono Alice!”
“No?”
“No! Ecco... io sono... Heidi!” disse il primo nome che le era venuto in mente. Solo dopo le tornò in mente chi fosse Heidi.
“Ti sorridono i monti?”
“Già! E le caprette mi fanno ciao!”
“Strano! Non sapevo che ci fossero dei personaggi dei cartoni giapponesi da queste parti!” le stava pure dando corda!
“Eh! In effetti sono sola... Però non mi dispiace, anzi: adoro la solitudine! Starei delle ore sulle soglie delle porte di notte completamente sola!” mormorò sperando che recepisse il suo chiaro invito ad andarsene.
“A me invece non... Ehi, aspetta un attimo! Se io non ho mai nominato Alice, prima, come facevi a sapere che ti avevo scambiato per lei?”
“Mi hai scambiato per lei? Oh, ma lo sai che ti si rovinano gli occhi se li sforzi stando al buio?” cambiò discorso l’altra presa dal panico.
“Io sono una gatta e al buio ci vedo benissimo, cara!”
“Andiamo, Heidi! -fece il Bianconiglio apparso da dietro l’angolo della casa- Il nonno ti aspetta!”
La prese per mano e la trascinò sul retro senza che la donna-gatta potesse dir loro nulla. “Cretina! Cosa ti è saltato in mente di dire di essere Heidi?!”
“Piantala di dirmi che sono cretina! Sei pesante, non ti sopporto più!”
“Bene! Tanto non ci rivedremo!”
Alice si fermò di botto a bocca aperta. “Scusami, non volevo dirlo! Ti prego non lasciarmi! Non m’importa se mi dici che sono cretina e non ha più importanza se prima mi hai consegnata alla Regina, ma ti prego: non lasciarmi!”
Lui non rispose e la strattonò fino ad una specie di grotta a pochi metri dalla casa. Dall’interno si sentiva provenire un suono cupo e regolare, come il respiro di una qualche bestia enorme.
“Che diavolo...?” cominciò Alice, ma un enorme drago uscì alla luce della luna facendole morire in gola ogni parola.
“Buonasera! -il drago fece una mezza riverenza e rimase a guardare i due- Mi dispiace, ma è tanto tempo che non vengo cavalcato e non posseggo più una sella... Dovrai salire a pelle, signorina!” concluse poi con voce profonda.
“Forza, sali!” le ordinò il ragazzo mentre il drago si chinava per permetterle di montare a cavalcioni sulla sua schiena.
Lei obbedì issandosi con un po’ d’impaccio e cercando di mettersi tutto sommato comoda, ma rimase perplessa vedendo che il Bianconiglio non la seguiva. “E tu non vieni?” chiese.
“No, Guglielmo non ce la farebbe ad arrivare fino alla Porta sul Cielo con tutte e due, e poi dopo il tuo passaggio anche lì si attiverà il sigillo della Regina che chiuderà la Porta definitivamente...”
“Ma non puoi mollarmi così! E a te che succederà? È ovvio che sei stato tu a liberarmi, lo capiranno subito! E poi la tizia con le orecchie strane mi ha visto qui!” protestò lei.
“Non preoccuparti: non mi succederà nulla. Tu vai e scordati di tutto!”
“No, non voglio!! Io ti...” non fece in tempo a finire la frase che Guglielmo spiccò il volo ad un velocità pari a centocinquanta chilometri orari in verticale. Pochi secondi ed Alice si ritrovò nel vicolo vicino alla sua cartella, ma della buca nella quale era caduta il giorno prima non c’era traccia...

To be continued!


FINE CAPITOLO SESTO

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Capitolo 7
*** Ritorno ***


SALVEEEEEE!!!!!!!!!!
Ringrazio tutti i lettori che hanno lasciato una recensione! (e anche di più di una, perché c’è chi mi ha inviato ben DUE commenti!) [thank you so much!]
Questo capitolo in realtà doveva essere l’ultimo, ma visto che la mia piccola mente perversa ha trovato una continuazione, questo sarà solo l’inizio della seconda parte della storia! [non è vero!! In realtà il Bianconiglio le ha fatto una scenata terrificante perché non mi ha lasciato finire la frase nello scorso capitolo, e ora l’autrice si sente in dovere di rimediare! Nd: Alice ^///^’]
Buona lettura!!


Ma che diavolo sta succedendo? pensò Alice guardandosi intorno. Accanto a lei giacevano la cartella e il suo blocco da disegno, abbandonati sulla strada. Perché sono qui? Dove sono finiti il Bianconiglio e Guglielmo?
Cercò con lo sguardo il passaggio da cui era arrivata per la prima volta nel Paese delle Meraviglie, ma non trovò nulla: era scomparso.
Si alzò in piedi, ma le gambe le tremavano terribilmente, così ricadde in ginocchio, lo sguardo perso nel vuoto. Recuperò le sue cose lentamente, quasi non le importasse di lasciarle là o portarle via.
In quel momento la pioggia cominciò a scrosciare e la ragazza fu costretta a scappare sotto un porticato poco distante, ma quando arrivò al coperto era già fradicia. Per fortuna lo zaino era a prova d’acqua e nulla del suo contenuto venne danneggiato.
“Ehi! Che ci fai qui? -una ragazza dai capelli fucsia le si era avvicinata senza che Alice nemmeno se ne fosse accorta- Non dovresti essere a scuola? Non dirmi che anche tu adesso marini le lezioni!”
Era una sua compagna di scuola e una sua amica, Hann le pareva si chiamasse, ma aveva le idee troppo confuse per cercare di ricordare meglio.
Si avviarono sotto l’ombrello (fucsia anche quello) fino al parco pubblico dove solitamente giravano le coppiette di innamorati e i vecchietti, ma questa volta, a causa del brutto tempo, era deserto.
“Allora, che succede? Quella faccia sconvolta non si addice ad una Yankee* come te!” sbottò Hann vedendo la sua espressione cupa.
“Non lo so... mi è successa una cosa strana e ora è come se mi fosse crollato il mondo addosso! Tutto questo mi sembra così irreale, come se fossi stata via per tanto tempo e poi mi avessero ricatapultata qui in un istante...!”
L’altra rise di gusto e si sedette su una panchina asciutta sotto ad un grande albero. Non capiva cosa provasse Alice in quel momento e mai avrebbe potuto farlo.

Passarono i giorni, ma la pioggia non ne voleva proprio sapere di fermarsi, ed Alice passava il suo tempo a scuola (almeno lì riusciva a distrarsi) o a casa da sola, perché la madre era partita per lavoro e non sarebbe tornata prima di un mese e mezzo.
Pian piano i suoi ricordi di ciò che le era successo cominciavano a sbiadire e delle persone che aveva incontrato, di tutti coloro che aveva conosciuto, non rimanevano che alcuni schizzi, disegnati in velocità prima di andare a dormire.
Ma il quinto giorno, mentre tornava da scuola, Alice vide una bambina dall’aria familiare. Era minuta e indossava un vestitino verde con un grembiulino bianco legato in vita; sembrava fin troppo pallida e non portava nulla di più pesante dei suoi indumenti di cotone per coprirsi dal freddo autunnale.
La ragazza proseguì diritta facendo finta di niente, ma ben presto si rese conto di essere seguita proprio da quella bizzarra bambina.
Arrivata sulla soglia di casa si fermò per cercare le chiavi nella tasca e fu proprio in quel momento che la bambina la chiamò: “Alice! Lo so che puoi vedermi: prima mi hai guardato negli occhi!”
Alice si voltò stupefatta a quelle parole. “E tu chi saresti?” chiese.
Sul volto della bambina apparve un’espressione improvvisamente triste. “Sono Marianna e per colpa tua il Signore sta per morire!”
In un secondo Alice ricordò tutto e subito fu assalita dai sensi di colpa per aver abbandonato il Bianconiglio e le due Alici al loro destino. “E cosa posso farci io? Il passaggio per tornare da loro è sparito e non c’è alcun modo per tornare indietro!”
“A dire il vero un modo c’è... ma non sei costretta a seguirmi se non ti va, anzi: potrebbe essere molto rischioso per te!”
“Non me ne frega niente!! Hai detto che il Bianconiglio sta per morire, no? E allora io lo salverò! [^.^ ihihihi! È proprio una vera Yankee! Nd: cherrycherry] Dimmi solo come posso fare...!”
“Seguimi...” sussurrò l’altra e si incamminarono sotto il cielo nuvoloso, in silenzio, verso una meta sconosciuta da Alice.

FINE SETTIMO CAPITOLO

*Yankee è il termine con cui vengono definiti dai giapponesi i teppisti.

NOTE: nel prossimo capitolo ci sarà un nuovo personaggio maschile di una certa rilevanza, ma io e la mia disegnatrice (quella con cui cercherò di fare anche il fumetto di Alice in Wonderland) non siamo riuscite a trovargli un nome decente! VI PREGO AIUTATECI VOI CHE SIAMO DISPERATEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!! ToT

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Capitolo 8
*** 24 hours ***


Ciao a tutti!!!
Quasi non ci credo: siamo già all’ottavo capitolo!! Pazzesco!
Il titolo è in inglese e significa ventiquattro ore (ma fin qui c’eravamo arrivati tutti, no?); non so il perché di questa scelta...
Mi sono resa conto solo ora che non ho mai fornito particolari sull’aspetto fisico del Bianconiglio e di Alice! Ebbene, visto che molti di voi sicuramente si saranno già fatti un’idea personale di loro due, sarò breve e scriverò solo le cose fondamentali: il bianconiglio è moro con gli occhi verdi! (Tutto qui? Ti sei sprecata! E io che mi aspettavo chissà che discorsone! Nd: Bianconiglio imbronciato)
Quanto ad Alice... Createvela come preferite, però ricordate: ha la frangia che le copre metà viso e un neo sotto l’occhio destro!
Comunque... mi raccomando: leggete tutto il capitolo che alla fine ringrazio chi mi ha seguito fino ad ora! Inoltre da questo capitolo risponderò anche alle vostre eventuali domande!
BACI E SALUTI AT ALL!!!!!


Le due camminavano in silenzio sotto il cielo poco promettente: stava per piovere e Alice non aveva neppure l’ombrello (e quando mai ce l’ha?!).
La ragazza se ne stava alcuni passi dietro al fantasma che procedeva tranquillo sollevato di un paio di centimetri dal terreno. Era consapevole di essere l’unica a vedere Marianna, eppure faceva finta di nulla ignorando gli sguardi perplessi che le persone le lanciavano, notando una ragazza che camminava sola soletta per le vie malfamate della città.
“Manca ancora molto?” borbottò tra i denti per non farsi sentire da altri se non dalla bambina. Non ricevette risposta, cosicché non fu sicura di essere stata udita.
Si ritrovarono dopo poco davanti ad una casa dall’aria tetra il cui uscio era sbarrato da pesanti travi di legno. “Seguimi...” disse Marianna passando attraverso ad esse senza batter ciglio.
L’altra rimase interdetta un istante prima di allungare una mano per vedere se anche lei riuscisse a superarlo con tanta facilità. “Maledizione!” imprecò a mezza voce sentendo il legno umido e freddo sotto le dita.
“Scusami, -era Marianna apparsa improvvisamente alle sue spalle- mi ero scordata che tu non mi puoi seguire per di là!” concluse con un mezzo sorriso voltandosi e facendole strada fino al lato opposto dell’edificio. Qui le pareti erano ancora più scrostate e grigie e l’unico modo per entrare era scavalcare un basso recinto e rompere il vetro di una finestra.
“Che posticino accogliente...!” commentò Alice inarcando un sopracciglio.
“Io lo trovo un po’ troppo desolato, a dire la verità...”
La ragazza la ignorò e oltrepassò il recinto in pochi minuti. Afferrò un sasso di medie dimensioni e lo scagliò con forza contro in vetro, che si infranse in piccoli pezzi.
Facendo attenzione a non tagliarsi con le schegge rimaste sulla cornice della finestra, scivolò agilmente all’interno, troppo agilmente perché fosse solo la prima volta...
La più piccola già l’aspettava all’interno e appena la vide arrivare le fece strada in una stanzina vuota e polverosa.
“Po**a pu****a!!!” urlò Alice coprendosi la bocca con le mani inorridita vedendo le macchie di sangue schizzate sulle pareti e sul materasso abbandonato per terra. Dovevano avere qualche anno, quei segni, eppure facevano ancora impressione. “Ma che diavolo è successo?!”
Marianna non disse nulla e strappò un pezzetto del materasso sporco di sangue per porgerlo ad Alice che lo rifiutò disgustata. “Non ti avvicinare con quell’affare in mano! Per l’amor del cielo mi fa senso! Va’ via!!!” gridò istericamente indietreggiando sempre di più verso il muro.
“Questo è il sangue di chi non riesce a sopravvivere nel labirinto. -cominciò il fantasma- Il passaggio a cui sei di fronte è diverso dagli altri, perché è l’unico che nessuno può sigillare. Il solo modo per entrarci però è morire...”
“N-no... io... io non voglio morire! Non voglio!” protestò l’altra.
“Quando verrai marchiata sul polso da questo avrai ventiquattro ore per tornare attraverso questo stesso portale, oppure morirai definitivamente... Te la senti di farlo?”
“No... ma non ho alternativa!” sussurrò Alice porgendole il polso destro affinché la marchiasse.
Successe tutto in una manciata di secondi: appena il pezzo di stoffa la sfiorò, Alice si sentì risucchiare verso il basso per essere subito circondata da una fortissima luce, e poi il buoi, e poi soltanto un grande freddo...
Aprì gli occhi e si ritrovò circondata da alte siepi verde scuro come fossero state mura... Il labirinto... umido di nebbia e freddo come la pietra, silenzioso e sinistro...
Sopra la sua testa, la ragazza vide una specie di bandierina rossa che galleggiava a mezz’aria con la scritta USCITA 2.
Ora non doveva far altro che trovare l’uscita 1 che dava sul il giardino, recuperare il bianconiglio e poi tornare lì...



Note: Ciao!!!
Voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno mandato un suggerimento per il nome del nuovo personaggio, in particolare LaTerrestreCrazyForVegeta e non è la prima volta che mi aiuta!, Berenice, redarcher (ne hai trovati di nomi, eh! Grazie, grazie, grazie!) e gli esterni.
Ringrazio inoltre Kabubi per tutti i commenti che mi ha scritto (ARIGATOU!!!).
Per redarcher: lo so che ho scritto dei capitolucci corti, ma purtroppo non riesco a stare molto al computer e devo essere veloce altrimenti mi passa l’ispirazione! (comunque apprezzo la sincerità...!) (tra l'altro questo capitolo è anche più corto degli altri!).
Per Kabubi: anche io avevo notato che i giapponesi trovano molto simpatici gli americani... (sono gelosa!! ^o^); comunque ho scoperto leggendo Fruits Basket che per i nostri amici giappo il termine Yankee è come dire teppista... Che altro posso aggiungere? Beh, grazie ancora!

Ecco! Alla fine ho scritto più note che storia! Ehehe! ^///^ Al prossimo capitolo, allora!!


FINE CAPITOLO OTTAVO

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Capitolo 9
*** Sen ***


Salve gente!!!
Ecco finalmente il nono capitolo di Alice in Wonderland!
Come volevasi dimostrare ho ritardato la comparsa del nuovo personaggio perché alla Disegnatrice non piacevano i nomi che ci avevate suggerito... (infatti lo scorso capitolo era anche più corto degli altri!)
Pazienza: io vi sono in ogni caso grata dell’aiuto! [è contenta perché alla fine la Dise gliel’ha data vinta e le ha permesso di usare il nome che aveva proposto fin dall’inizio! -.- nd: Bianconiglio] [parli della Dise come se fosse una tiranna! è.é nd: Alice]
Ehm! Dicevo... ah, sì! Sen, appunto! Non c’è un motivo particolare per cui ho scelto proprio questo nome, però mi sembrava carino!
E allora... ecco a voi il nono capitolo!!!!! BACI A TUTTI!!!!!


Alice decisa s’incamminò verso un’apertura laterale tra le pareti di foglie alla sua destra, fermandosi di botto quando si ritrovò sbarrata la strada. Tornò allora sui suoi passi, ma dopo pochi metri si chiese se fosse davvero venuta da quella direzione.
Un fruscio alle sue spalle la fece voltare di scatto: il percorso che aveva appena seguito, quello che era bloccato, ora non esisteva più. Al suo posto c’era solo una nuova parete verde scuro.
“Accidenti... -mormorò tra i denti la ragazza guardandosi attorno spaesata- E adesso? Che faccio? Oddio, sto parlando da sola!” esclamò appoggiandosi con la schiena alla parete, il viso tra le mani.
Prese un profondo respiro, si girò e con le palpebre serrate e le braccia a proteggersi il viso provò a sfondarla, riuscendo solo a essere respinta sull’erba gelata che fungeva da pavimento, coperta di graffi.
Rimase seduta con le gambe incrociate per calmarsi dalla frustrazione. Fu in quel momento che notò un qualcosa di piccolo e rosa sgattaiolare in fretta per un sentiero che fino a poco prima Alice fu sicura non ci fosse.
Decise di seguirlo di nascosto per cercare di capire cosa fosse (e se magari sapesse anche come uscire da quel labirinto sinistro). Lo vide svoltare a destra appena in tempo per corrergli dietro facendo il minor rumore possibile.
Improvvisamente il cosino rosa si fermò e osservò Alice che lo sbirciava da dietro le foglie del muro. Ora che non si muoveva più zigzagando come se fosse ubriaco, la ragazza poté osservarlo meglio: era grande circa come due suoi pugni e la sua consistenza era simile ad un budino gelatinoso.
L’esserino emise un pigolio e prese la forma di un piccolo gatto facendo qualche passo verso Alice con quella sua nuova forma.
Lei ridacchiò divertita e uscì del tutto allo scoperto accucciandosi per poterlo osservare più da vicino. “Ciao!” salutò allungando una mano per permettergli di annusarla, ma al contrario, il cosino la osservò perplesso e vedendo che era vuota pigolò deluso prendendo la forma di una monetina simile ad una sterlina, solo più grande.
“Mi spiace, non ho monetine con me! Però se mi dici dov’è l’uscita posso procurarmene una!” disse Alice frugandosi nelle tasche alla ricerca di qualche spicciolo.
A quelle parole il cosino cominciò a gonfiarsi e ad ingigantirsi fino a diventare un enorme palla rosa ringhiante. Alice spaventata indietreggiò, e quando lui fece per seguirla fuggì a gambe levate.
Svoltò così tante volte da non ricordarsi più il punto da cui era partita, e quando si fermò un istante a riprendere fiato scoprì con suo grande orrore che il cosone rosa (era il doppio di lei ormai) era ancora alle sue calcagna.
Presa dal panico corse senza badare a dove stesse andando fino a che non sbatté contro qualcosa cadendo sull’erba. “Ehi, tutto a posto?” le chiese un ragazzo biondo inginocchiandosi per vedere come stava.
La prima cosa che notò Alice furono i suoi occhi, azzurri e così chiari che l’iride si distingueva appena. Era vestito come un qualunque ragazzo del ventunesimo secolo, con una giacca di pelle nera simile alla sua, una canotta dello stesso colore e i blue-jeans, eppure non sembrava per nulla preoccupato del mostro rosa che ormai era di fronte a loro.
Lei lo guardò indecisa sul da farsi. “Io sto bene... scusami: non ti avevo visto!” borbottò imbarazzata.
“Figurati!” le sorrise. Si voltò verso il coso rosa piegando la testa da un lato e aggrottando le sopracciglia. “Ma guarda! -gli si avvicinò tranquillamente- Se non sbaglio ci siamo già incontrati un paio di anni fa...”
Il coso ritornò delle sue normali dimensioni e saltò sul braccio del ragazzo pigolando e strusciandosi sulla sua manica. “Dai, calmati, piccoletto! -rise tornando poi verso Alice- L’ho trovato diverso tempo fa mentre giravo per il labirinto. È carino, vero?”
“Insomma...” farfugliò lei poco convinta. Quel dannato affare non le piaceva neanche un po’ perché l’aveva fatta spaventare, e lei detestava le cose che la spaventavano. “È da tanto che sei qui?” osò chiedere Alice dopo alcuni minuti di pesante silenzio.
“Cinque anni, credo, ma sai com’è... qui il giorno e la notte non esistono! Chi può dirlo quando finalmente potremo andarcene?” si strinse nelle spalle.
La ragazza quasi si sentì mancare a quelle parole: lei non aveva cinque anni per tornare! Riuscire a salvare il Bianconiglio in ventiquattro ore a quel punto pareva una cosa impossibile!
Notando il suo sconforto, il ragazzo (doveva avere pressappoco diciassette anni) sospirò e dalla tasca prese una boccetta contenente un fluido scuro mezza vuota dall’odore pungente.
“Vedrai che con questo starai un po’ meglio! Ma gardati, sei coperta di graffi!” sussurrò. Se ne versò una goccia sulla punta del dito e afferrandole una mano spalmò quella specie di unguento sui tagli che si rimarginarono in pochi secondi. Esitò un secondo prima di medicarle anche il viso, ma ben presto ebbe finito, il coso rosa sempre attaccato a mo’ di ventosa sul braccio.
“Grazie... -mormorò lei con un mezzo sorriso- Nemmeno mi conosci eppure ti preoccupi per me...”
L’altro sorrise accarezzando la ‘testa’ (la parte superiore del corpo...) al cosino rosa. “Lo faccio volentieri! Era talmente tanto tempo che non trovavo un essere vivente che non cercasse di uccidermi... Sai, qui è sempre così: benché non ci sia il bisogno di mangiare e dormire, si invecchia come nel nostro mondo ed è pieno di mostri che vogliono torturarti per divertirsi...”
Nostro hai detto?” fece stupita Alice.
“Si... io e te, a dispetto delle altre creature che puoi trovare da queste parti, siamo umani... Tu sei umana, no? Anche se hai quell’affare sul polso... A proposito! Io mi chiamo Sen!”
“Alice...” gli strinse la mano.


FINE CAPITOLO NONO


NOTE: lo so, lo so! Ho aggiornato la fic solo tre giorni fa, e molti di quelli che la seguono si sono ritrovati con due capitoli da leggere! Beh, approfittatene finché sono ispirata, che quando vado in crisi posso restare ferma anche per un mese!!
Per redarcher: Ti giuro che non ho mai letto Angel Sanctuary! Di nome lo conosco, ma in realtà non so neppure di cosa tratti... e poi questa storia che se entro un tot non si torna nel proprio corpo si muore non è così rara! Comunque non eri l’unica che immaginava il Bianconiglio biondo! (però a me i tipi “angelici” non piacciono molto, così l’ho fatto moro XD ). Sono contenta che tu stia continuando a seguire la mia storia, grazie mille! T_T
Per Berenice: grazie infinite di continuare a commentare la mia fic! Mi sto affezionando a tutte (e tutti) voi: vorrei che Alice in Wonderland non finisse mai!!!

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Capitolo 10
*** "USCITA 1" ***


Prima dei ringraziamenti ufficiali a fine pagina, mi sento in obbligo di ringraziare la miticissima Dise(gnatrice) di tutta la pazienza che ha sempre con quella scrittora (non sono abbastanza brava per definirmi una scrittrice) della sottoscritta! Quindi, ARIGATOU!!!!!
Un grazie enorme anche a L., la mia correttrice/compagna_di_banco che continua a segnalarmi gli errori e a leggere i miei pastrocchi! ARIGATOU GOZAIMAS!!!


“Alice? -fece Sen perplesso- Allora sei quella che stanno aspettando tutti!”
“Come? In che senso?”
“Quando sono arrivato, prima di essere chiuso qui dentro, un tipo strano era convinto che fossi una specie di sostituto di Alice ed insisteva che dovessi raggiungere il Giardino con lui... Ovviamente io sono rimasto un po' perplesso, sai essere scambiato per una ragazza non è il massimo! -mentre lui continuava imperterrito il suo monologo, l'altra rideva a crepapelle come non faceva da tempo- Per non parlare della Regina e della faccia che ha fatto quando mi ha visto! Era così arrabbiata! Davvero spaventosa! Poi il tipo strano mi ha detto che per andarmene dovevo attraversare il labirinto e io come uno stupido gli ho anche creduto!” qui s'interruppe sistemandosi meglio la spada al fianco...
Già, la spada... Come aveva fatto Alice a non accorgersene?
“E quella?” domandò la ragazza perplessa indicando l'oggetto in questione con diffidenza.
“L'ho trovata! Non hai idea di quante cose nasconda questo posto! Mostri, fantasmi, e tantissimi oggetti abbandonati! Però probabilmente tu questo non puoi saperlo... A giudicare dal colore del marchio che hai sul polso non sei stata qui più di un'ora...”
“E tu? Come fai a sapere queste cose?” domandò Alice ad un certo punto. Se come sosteneva era veramente chiuso nel labirinto da cinque anni non poteva conoscere tutte quelle cose!
“Le ho imparate con il tempo... Te l'ho detto, no? Era da tanto tempo che non vedevo un altro essere umano, ma ciò non significa che non ce ne siano mai stati altri! -fece una breve pausa ad effetto prima di continuare- Di spiriti con quel marchio ne vengono spesso, non so il perché e non ci tengo neanche a venirne a conoscenza sinceramente, però a quanto pare questo passaggio è l'unico di cui possono servirsi i morti o i quasi-morti.”
Alice rimase in silenzio per un po', pensierosa. Se anche lui era riuscito ad entrare, voleva dire che quel posto, il Paese delle Meraviglie, poteva essere raggiunto da chiunque!
“No! -proruppe Sen come se le avesse letto nel pensiero- Solo chi possiede delle caratteristiche simili alla persona che è veramente attesa... te in questo caso! Avevo dodici anni quando sono scivolato nella buca, all’incirca l’età che avevano anche le altre Alici se non sbaglio... Però, -continuò- perché sei venuta attraverso questo portale? Io sono passato attraverso un buco nel terreno!”
“Anche io, la prima volta, sono passata di lì! Poi però sono dovuta scappare perché la Regina voleva rinchiudermi in uno specchio e strapparmi il cuore! Sono tornata solo per salvare un amico che mi ha aiutata a fuggire e che ora sta per morire a causa mia!”
Questa volta fu Sen a rimanere in silenzio. Non ne fu sicura, ma Alice ebbe l’impressione che fosse rimasto un po’ deluso.
All’improvviso le foglie delle pareti del labirinto assunsero un colore simile al blu e anche l’erba mutò: lentamente cominciò ad afflosciarsi come se stesse morendo.
“Ma che diavolo...?” sbottò Alice guardandosi intorno senza capire.
“Tranquilla, succede sempre! Ogni dodici ore il labirinto si trasforma... è grazie a questo che riesco a capire se è giorno o notte!”

I due ragazzi e il cosino rosa (sempre sul braccio di Sen) girarono per un po’ in silenzio fino a che Alice scorse qualcosa sul terreno. Fece qualche passo in quella direzione trovando ai propri piedi una grande spada dal fodero argentato con dieci smeraldi sistemati in due file parallele verticali.
“Accidenti! -esclamò Sen- È bellissima! Però ti faccio notare che è decisamente troppo grande per te!”
Lei la sollevò non senza fatica e la esaminò più da vicino facendola scivolare fuori dal fodero. “In realtà è leggerissima! -disse provando un affondo- Solo la custodia...”
Fodero!” la corresse.
“Si, si... solo il fodero è assurdamente pesante!”
La bella lama argentea rifletteva il cielo bianco, ma quando Alice provò a sfiorarla divenne improvvisamente verde e si sollevò dalle sue mani avanzando a mezz’aria per i corridoi del labirinto. I due, stupiti, ci misero alcuni secondi a reagire e a seguirla correndo.
Ad ogni svolta, Alice e Sen rischiarono di perdersi a causa del labirinto che si trasformava cercando in ogni modo di tagliar loro la strada.
In pochissimi minuti una bandierina blu con la scritta lampeggiante ‘USCITA 1’ comparve davanti a loro e subito uscirono sotto il cielo stellato della notte. Sen prese a ridere a crepapelle. “Non posso crederci! Non mi sembra vero!” rideva e correva per il prato fiorito e scosso appena dalla brezza serale. Quando riuscì a calmarsi si rese conto che Alice non era più con lui...

“Ehi! -la chiamò vedendola poco distante- Ehi, aspettami!”
Quando la raggiunse notò che aveva recuperato la spada e l’aveva agganciata alla cintura assieme al fodero.
“La prima volta che sono venuta qui -iniziò la ragazza- ci sono stata per delle ore eppure al mio ritorno non era passato neppure un minuto! Invece questa volta ho l’impressione che starò veramente via per diverso tempo da casa! Però... forse questo non sarà un problema se dovessi fallire e non riuscissi a ritrovare l’uscita 2 in tempo!”
“Non dirlo neanche per scherzo! Io verrò con te e ti giuro che non permetterò a nessuno di fermarti!!” (un cavaliere! Che cariiinooooo!!! ^///^ nd: donna-gatta).
Si guardarono negli occhi un secondo, poi Alice sorrise e insieme a lui si mise in cammino verso quella che lei ricordava essere la casa della Lepre Di Marzo, l’unico punto di riferimento.


FINE CAPITOLO DECIMO

Note: allora? Che ve ne pare di Sen? Io lo trovo trooooppo puccioso! ^///^
Ammetto che l’ultimo commento, quello della donna-gatta, non c’entra nulla, ma non sapevo a quale altro personaggio far esprimere i miei pensieri. ^o^
Comunque... avrei un domanda per Kabubi: ma il capitolo 9 ti è piaciuto oppure no? Non ho capito bene cosa intendevi nella recensione... ç.ç E poi... cos’è una Viera? O.O’
Vabbè, sono contenta comunque di tutte le letture che ho visto! BACI E A PRESTISSIMO AT ALL!!!!!

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Capitolo 11
*** Explosion [Lepre di Marzo e Cappellaio Matto] ***


Salve a tutti! Confesso di essere rimasta un po’ delusa dall’ultimo capitolo: mi avete inviato un solo commento! Cattivi!!! ToT
Pazienza, pazienza... Almeno la mia cara compagna di banco L. apprezza e già questo mi rende felice!! :’3
[Comunque grazie a Kabubi che è l’unica a recensire, e a tutti quelli che hanno messo questa fic tra i preferiti! ARIGATOU! - inchino - ]

Alice e Sen procedevano fianco a fianco verso la casa dall’aspetto formaggesco e man mano che si avvicinavano riuscivano ad avvertire sempre più il forte odore di tè.
“È più lontana di quanto pensassi!” borbottò il ragazzo ad un certo punto. Erano già diversi minuti che camminavano, e la casa non sembrava avvicinarsi nonostante i due continuassero a proseguire sempre diritti.
“Ma che cavolo!! -sbraitò Alice esasperata senza preoccuparsi di non alzare troppo la voce- C’è sicuramente un trucco, o un’illusione... che ne so?!”
Improvvisamente il Cosino Rosa iniziò a pigolare agitandosi sul braccio di Sen, sotto lo sguardo perplesso dei due ragazzi. Di lì a poco si udirono degli strilli farsi sempre più vicini fino a sfumare in un forte botto a pochi metri da loro seguito da varie imprecazioni.
Si avvicinarono incuriositi trovandosi davanti ad una ragazza dai capelli scuri vestita come un personaggio dei cartoni giapponesi (she’s my friend! XD Nd: donna-gatta) e con un cerchiello con attaccate un paio di orecchie da coniglio, inginocchiata a terra. Vicino a lei giaceva un tubetto di tempera verde scuro e una piccola tela macchiata di quello stesso colore. “Dannazione! Con questo buio ho sbagliato il colore! Doveva essere blu, non verde! Stupido tubetto!! X’0
“Tutto bene?” le chiese Sen facendo qualche passo verso di lei che si voltò con gli occhioni lacrimosi.
“N-no...! Buaaaaaaaaaaaaaaaah!!!!!!!” [pianto a dirotto]
“Ti prego, non piangere!” la supplicò Alice raccogliendo i pezzi di quello che una volta poteva essere un tubetto di colore e una specie di scatoletta a cui era collegato il tappo (del tubetto!), mentre il ragazzo l’aiutava ad alzarsi.
“Grazie... Voi... siete stati così gentili che... VI INVITO A PRENDERE IL TÈ!!!!! XD” cinguettò improvvisamente felice spintonandoli verso la casa dall’aspetto formaggesco dopo aver recuperato in fretta e furia tutto il suo materiale.
Non sapevano neppure loro come, ma in meno di un minuto Alice e Sen si ritrovarono a sorseggiare tè all’interno di quella che sembrava una comunissima casetta, se non fosse stato per l’arredamento dalle forme più strane...

“Così voi due giravate da queste parti perché vi siete persi e cercavate il castello, dico bene?” fece la ragazza mora servendo un’altra dose di tè agli ospiti e ad un ragazzo vestito con uno smoking e un cappello a cilindro nero che non aveva aperto bocca da quando i tre erano entrati in casa. [non è che ci stava aspettando? No, perché uno che se ne sta vestito in questo modo assurdo sulla soglia della porta con lo sguardo svagato non promette nulla di buono!! Nd: Alice circospetta]
“Già!” sorrise Sen che a differenza di Alice pareva completamente rilassato. “Ma chi pensate di prendere in giro? -sbottò quest’ultima (Alice) scattando in piedi- Mi sono accorta perfettamente che in questo tè c’è qualcosa di strano!”
“Che??? -urlò la ragazza mora scandalizzata- Stupido fratello, hai messo di nuovo la vodka nel tè, vero?! X’0 Ma che figure mi fai fare? ToT
“Dai! Non prendertela! Va tutto beeeeeeeeneeeee!” intervenne Sen (completamente ubriaco). [poverino!! XP nd: donna-gatta sempre in mezzo alle scatole anche se non c’entra nulla] [.........! nd: fratello della tipa strana]
“Chiedo umilmente scusa da parte di questo stupido! [indicando il fratello] Ti preparerò subito un tè speciale per farti stare meglio! ^.^ ” canticchiò lei sparendo in un’altra stanza per riapparire subito dopo con un nuovo infuso fumante. [che velocità! Nd: Alice]
“Allora... dicevamo? Ah, già! Dovete andare al castello!”
“Esatto!” esclamò Sen che appariva già molto più lucido dopo qualche sorso.
“Bene, bene! Perché anche noi dobbiamo andare là! Sì, dobbiamo andare a liberare un paio di prigionieri che domani saranno giustiziati!”
I due ragazzi rimasero perplessi dalla notizia rivelata con tanta naturalezza, ma nessuno dei due osò commentare, così lei continuò. “Dobbiamo portarli fuori dalle prigioni prima che quella brutta str***a della Regina possa ucciderli! Quella bas***da non deve assolutamente toccare i nostri compagni rivoluzionari, no no no, non deve! Altrimenti saremo costretti a farle diventare il suo flaccido c**o viola! BWAHAHAHA!!!!!”
Il cielo fuori dalla casa tuonò e, dopo un fulmine accecante, la ragazza dal cerchiello con le orecchie da coniglio apparve in tutta la sua mostruosità: i codini, fino a poco prima mollemente legati, ora se ne stavano ritti e appuntiti, il suo sguardo dolce e servizievole divenne sottile e sinistro, e tra le mani stringeva un martello enorme apparso misteriosamente dal nulla.
Il fratello sospirò e senza una parola, ignorando la risatina isterica della ragazza trasformata, sparì dietro una porticina per uscirne anche lui trasformato come l’altra, coi capelli color paglia ritti sotto il cappello, un enorme bazooka sulla spalla e una decina di bombe attaccate alle cintura.
“Noi siamo la Lepre di Marzo...” iniziò la ragazza.
“...e il Cappellaio Matto! La nostra missione...” continuò il ragazzo che parlava per la prima volta.
“...è quella di salvare i compagni ribelli...” (Lepre)
“...dalle grinfie della Regina per poter...” (Cappellaio)
“...con un colpo di stato...” (Lepre)
“...distruggere il suo regno!!” (Cappellaio)
“Che figata!!! XD ” intervenne Alice eccitatissima e per nulla spaventata dalle mostruose armi in loro possesso.
“Davvero lo trovi figo?” chiese timidamente la Lepre di Marzo tornata normale in un secondo.
“Maccerto!!!” [ma è cretina? o.O’ Nd: Sen] [ehi, tu!! Solo io posso darle della cretina!! è.é nd: Bianconiglio]
“Una cosa non mi è ben chiara... -fece Sen perplesso- Com’è che avete dei nomi così strani?”
Cappellaio (anche lui ora di nuovo normale) indicò il cappello sopra la sua testa senza una parola. [non mi riferivo a quello... da dove viene il matto? Nd: Sen] [secondo te? Ma l’hai visto quell’affare che ha sulla spalla quand’è trasformato? Nd: Alice] [è un bombarolo, il mio caro fratellino! Spesso mi presta le sue bombe a mano per realizzare meglio i miei quadri! È sempre così generoso, lui! Il suo unico problema è che è fin troppo taciturno...! nd: Alice] [O.O’ nd: Alice, Sen e Cosino Rosa sconvolti]
“Mah! -rispose lei- M’ispirava! Ehehe! XP Comunque partiamo fra poche ore... se volete potete venire con noi!”
“Si! Anche noi dobbiamo salvare una persona!” disse seriamente Alice. “A proposito: noi siamo Alice, Sen e Chewing Gum*!”
Continua............!


FINE CAPITOLO UNDICESIMO

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Capitolo 12
*** Explosion [Rebels in action] ***


Kyaaaaaaaaaaaaaaaaah!!!!!!!!!!!!! XD
Ciaooooo!!!!!!!!!!!!!
Appena mi sono collegata ad EFP e ho visto i vostri commenti......................
WAAAAAH!!!!! Come sono felice!!! Grazie, grazie e ancora grazie!!! ^o^
Ho apprezzato anche i consigli (ma soprattutto i complimenti) di Shark Attack, ma non solo i suoi: eviterò non di strafare in faccine e parentesi quadre! (le avevo messe principalmente per aiutare la Disegnatrice nelle espressioni dei personaggi, ma vabbè... Ce la farà sicuramente anche da sola!! XP )
Molto bene, eccovi il nuovo capitolo! Un bacio a tutti i miei fan: V.V.T.B. [ringraziamenti alla fine]


Lo strano gruppetto partì verso il castello nel Giardino poco dopo un’ora, nella quale i due fratelli (la Lepre e il Cappellaio) si erano appartati in un angolino per preparare quelli che avevano definito i loro piani di cui nessuno doveva venire a conoscenza per alcun motivo.
Nessuno osava fiatare, un po’ per non attirare troppo l’attenzione di un qualche essere presente nei dintorni, un po’ semplicemente per una mancanza di argomenti.
Di tanto in tanto il Cosino Rosa emetteva un flebile pigolio per poi stringersi di più addosso al braccio di Sen, e, puntualmente, Alice e la Lepre gli lanciavano occhiatacce omicide senza particolari motivi.
“Da qui in poi entreremo nella galleria sotterranea che porta fin sotto la porta della servitù di corte. Non passeremo attraverso l’albero per raggiungere il Giardino dall’esterno come Alice ha fatto la prima volta: sarebbe un rischi completamente inutile!” sussurrò la Lepre ai compagni.
Aspettò qualche secondo per accertarsi di non essere stata udita da altri che non fossero loro, e continuò: “Purtroppo non avremo aiuti esterni... Gli altri sono stati tutti presi nel giro di quest’ultima settimana. E inoltre... non sappiamo se la porta di servizio sia sorvegliata o meno.”
Ne seguì un silenzio teso, denso delle mute riflessioni di ognuno su quanto appena detto. (a parte il Cappellaio che aveva come sempre un’aria svagata)
“Non avete degli intrusi o delle spie da qualche parte a palazzo?” chiese improvvisamente Sen. “Tu fantastichi un po’ troppo, ragazzino! -fu la secca risposta della Lepre- In ogni caso una volta ce n’erano! Però come ho già detto sono stati presi... e giustiziati...”
Continuarono la loro marcia imperterriti, incuranti dei sinistri richiami degli uccelli notturni, fino a che giunsero ad un tunnel scuro che scendeva ripidamente in una specie di scala in legno. Di lì in poi, per riuscire a vedere i gradini, furono costretti ad usare una torcia trovata in una piccola nicchia.
Diverse volte Sen (nonostante tutto ancora un poco intontito dal tè corretto con vodka) rischiò di cadere addosso ad Alice scivolando sul legno umido, ma per fortuna il Cappellaio aveva sempre la prontezza di afferrarlo per il colletto della giacca in tempo.
Arrivarono in una specie di stanza rettangolare sul fondo delle scale; un’unica porta si stagliava di fronte a loro, e, a guardia di essa, c’erano due bambini sugli undici anni. Benché d’aspetto fossero identici in maniera quasi inquietante, le loro espressioni erano molto diverse: uno, quello dall’aspetto più maturo, aveva le sopracciglia aggrottate e uno sguardo minaccioso, l’altro, dall’aria più infantile, sembrava invece spaurito e li studiava con timore.
“Che volete? Andate via! Non lavorate qui e comunque a quest’ora non può entrare nessuno!” sbottò quello dei due più sicuro di sé.
“Ma noi dobbiamo entrare assolutamente! -si lamentò Alice- Guardate che vi riempio di botte se non vi levate da mezzo!” “Dai, non esagerare, Al!” fece Sen in tono conciliante trattenendola. [AL?!? Dannato, come osi chiamarla così?! TI AMMAZZO!!!!! è.é Nd: Bianconiglio geloso]
“Possiamo trattare...” intervenne l’altro bambino ignorando l’occhiataccia lanciatagli dal fratello.
“D’accordo! Cosa volete, cari? Caramelle? Cioccolatini?” propose Sen con un irritante sorrisetto accondiscendente stampato in viso.
“Una tazza di tè?” aggiunse la Lepre tirando fuori da chissà dove un teiera e due bustine di tè inglese.
“Dovreste rispondere ad una domanda! -proruppe il bambino che per primo aveva parlato ignorandoli completamente- Ma siccome come cosa è piuttosto banale, ho deciso che dovrete completare tre proverbi!”
“Posso sceglierli io? Eh? Posso, posso?” domandò il fratello tutto eccitato.
“Come vuoi!” gli rispose facendogli affettuosamentepat-pat sulla testa.
“Allora... allora............!”
“Datti una mossa!” borbottò seccata Alice.
“Ecco, si! L’erba del vicino...?”
“...È sempre più verde! Banale!” rispose Alice.
“Giusto! Uhm, vediamo... Chi troppo bene spera...?”
“...Male patisce! XP” disse questa volta la Lepre.
Il bambino, con gli occhioni sempre più lacrimosi e il labbro tremante, fu zittito dal fratello prima che sparasse qualche altro facilissimo proverbio. “Ne ho uno io! Persona sospettosa...?”
Gli altri si fissarono perplessi: nessuno aveva mai sentito nulla del genere! Solo il Cosino Rosa si mise a pigolare e a indicare il Cappellaio.
“Tu sai la risposta, fratellino?” chiese la Lepre spalancando gli occhi, ma l’unico segno che ricevette fu un leggerissimo cenno del capo da parte di lui.
“E quale sarebbe?” gli chiesero tutti accerchiandolo. Lui si limitò a sospirare.
“...Vede il male in ogni cosa!” disse allora con sicurezza la Lepre.
“E va bene, avete vinto! Passate, sciò!” borbottò il bambino aprendo la porta aiutato dal fratello. Nel passare Alice gli fece la linguaccia sotto lo sguardo attonito di Sen, che però non disse nulla.

I cinque, una volta attraversata la porta, si trovarono in un corridoio fiocamente illuminato dove vi erano le stanze della servitù.
“Di’ un po’, -fece Alice avvicinandosi al Cappellaio- ma tu come facevi a conoscere quel proverbio? E come ha fatto lei (indicando la Lepre) a capirti?”
“Non lo so neppure io, a dire il vero, però ci capiamo sempre!” disse per lui la sorella.
E la questione parve morire lì, anche se Alice non ne era del tutto convinta.
Proseguirono fino a che dei passi poco distanti li fecero arrestare improvvisamente costringendoli a nascondersi in una stanza vuota. Attesero alcuni minuti, ma non accadde nulla, così la Lepre e il Cappellaio tirarono fuori delle pergamene che appoggiarono sul pavimento cosicché anche gli altri potessero vederle.
“Noi dovremmo essere qui, -fece la Lepre indicando un punto su di una cartina- e qui sono le prigioni. -indicò un altro punto- Ora, stando attenti ai soldati di ronda, dovremmo attraversare il piano nobile e scendere per una decina metri fino alle celle. Dopodiché basterà mettere fuorigioco la guardia e far esplodere un paio di sbarre... L’unico problema sarà la fuga... -fece un pausa per studiare la reazione degli altri, poi riprese- Non c’è la minima possibilità che non ci scoprano, quindi è di primaria importanza avere un via di fuga che non sia quella da dove siamo venuti. -prese un secondo foglio su cui era schizzato a matita una specie di muro con un enorme buco simile ad uno di quelli prodotti da un’esplosione- Questo è il piano di fuga progettato da lui! (indicando il Cappellaio)”
“Dobbiamo far saltare in aria una parete, insomma... Scusa, ma non mi sembra chissà che genialata!” bofonchiò Sen, subito atterrato da una martellata sulla testa. (da parte della Lepre trasformata... Povero!!! T.T)

Così decisero di mettersi in azione e di dirigersi silenziosamente fino alle scale che li avrebbero al piano nobile. Per fortuna non incontrarono nessuno ed arrivarono alle scale discendenti delle prigioni indisturbati.
Purtroppo la porta che dava alle scale era sbarrata e Sen fu costretto ad abbatterla a colpi di spada pur di non usare delle granate, che sicuramente avrebbe tradito la loro presenza. All’interno di quell’ennesimo corridoio era così buio che dovettero procedere a tentoni fino ad un’ultima pesante porta dalla quale, se si sbirciava attraverso uno spioncino all’altezza degli occhi, si poteva intravedere un soldato stravaccato su una sedia sgangherata intento a lucidare la propria arma.
“Ok, calma! -bisbigliò la Lepre- Adesso dobbiamo essere veloci a tramortire la guardia e liberare tutti i prigionieri! Alice, -si voltò verso di lei- non sai usare la spada, quindi è inutile che tu usi quella che hai trovato, che tra l’altro non è neanche tua, perciò ti ho procurato una cosuccia!”
Le mise davanti una grossa mazza da baseball [e questa da dove l’ha tirata fuori? Nd: Sen] e con un sorriso gliela porse. “A te l’onore di colpire la guardia! Vedi di non ucciderla, che il sangue mi fa un po’ impressione!”
[che?! Ma se hai quel martello enorme da schizzoide come fa a farti impressione il sangue?! Nd: Alice]
Presero posizione e al tre sfondarono la porta con un unico potente colpo. La guardia, disorientata ci mise un po’ a capire ciò che stava succedendo, e quando scattò in piedi ormai era troppo tardi: la ragazza lo aveva già preso in piena faccia mandandolo a gambe all’aria privo di sensi.
Senza perdere tempo si mise alla ricerca della persona per la quale era venuta sbirciando all’interno delle celle senza curarsi degli altri prigionieri.
Le ci vollero alcuni minuti, perché le porte da controllare erano molte, ma quando finalmente lo vide non riuscì a trattenersi e sfondò la serratura con un paio di colpi di spada.
Il Bianconiglio giaceva su un mucchietto di paglia con gli occhi socchiusi e lo sguardo vuoto. Alice corse da lui cercando di scuoterlo senza ottenere alcuna reazione. Allora corse ad affacciarsi alla porte della cella chiamando Sen che accorse preoccupato.
“Aiutami! Non ce la faccio a trasportarlo: pesa troppo per me!” lo supplicò cercando di trascinarlo.
“È per lui che sei venuta?” domandò l’altro senza fare una piega.
“Si, certo! Ma ora aiutami, Sen!”
Il suo nome pronunciato da lei riuscì a svegliarlo da quella specie di trans in cui era caduto, e subito accorse aiutandola a trasportarlo nel corridoio. Lì già li aspettavano la Lepre e il Cappellaio attorniati da una decina di persone che Alice non aveva mai visto.
“Non rimane che far esplodere la parete e darsela a gambe ognuno per i fatti propri prima che arrivino altre guardie!” stava spiegando il Cappellaio, ma appena vide arrivare gli altri due ragazzi si fermò preoccupato. “Accidenti, è messo peggio di quanto pensassi! -borbottò accigliato osservando il Bianconiglio- Meglio se io e la Sorellina vi accompagniamo... anche perché non conoscete la strada nel labirinto per tornare a casa!”
I due annuirono grati e si prepararono a correre appena la granata fosse esplosa. Tutti andarono a ripararsi nel posto più vicino e, quando avvenne l’esplosione, tutti si precipitarono fuori correndo a perdifiato. [ma non eravamo sottoterra? Nd: Alice] [non sottovalutare la potenza delle mie bombe! BWAHAHAHAHA!!!!!!!!!!! Nd: Cappellaio]
Nella calca, Alice e Sen rischiarono di perdersi, ma per loro fortuna la Lepre li guidò lontano dagli altri, verso l’entrata del labirinto, seguita a ruota dal Cappellaio.
Vi entrarono superando la scritta luminosa ‘ENTRATA 1’ e sfrecciarono rapidi per i corridoi di foglie, che stranamente erano floridi come di giorno.
Il Cosino Rosa, che non si era staccato un istante dal braccio di Sen, fu il primo ad accorgesi che Alice aveva dei problemi nel muoversi, così si mise a pigolare a più non posso per attirare l’attenzione degli altri.
Il marchio sul polso della ragazza pulsava dolorosamente e man mano che avanzavano sentiva le forze vanirle meno, ma, appena le gambe non la ressero più, prontamente la Lepre se la caricò in spalla con una forza nettamente superiore a quella che avrebbe avuto se non fosse stata trasformata.
Varcarono il cancello appena in tempo, giusto cinque minuti prima dello scadere delle ventiquattro ore. Marianna era ancora lì ad aspettarli. Erano esausti, ma ce l’aveva no fatta...

to be continued........................................................!


Allora? Come vi è sembrata?
Questa volta sono stata brava: ho fatto un capitolo un po’ più lungo (anche se ci ho masso un’eternità a scriverlo) e le faccine con le parentesi quadre sono molto scarse! Mi complimento con me stessa! [grazie, cherrycherry, sono troppo buona! Nd: me dopo aver bevuto il tè preparato dal Cappellaio Matto XD]
Appena detto... ecco già un’altra parentesi con relativo emoticos! Povera me! Ma in fondo chissenefrega! Sono contenta di essere già arrivata al capitolo 12! Ebbene, ringrazio tutti coloro che mi hanno recensito: Kabubi, LaTerrestreCrazyForVegeta, Shark Attack, sarainwonderland e tutti i miei lettori!
UN SUPERMEGAIPER BACIONE!!!!!!!!!!!!!!!!!!! CIAOOOOOO!!!!!!!!!!


FINE CAPITOLO DODICESIMO

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