Say You'll Always Be There

di smarties89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***
Capitolo 25: *** 25 ***
Capitolo 26: *** 26 ***
Capitolo 27: *** 27 ***
Capitolo 28: *** 28 ***
Capitolo 29: *** 29 ***
Capitolo 30: *** 30 ***
Capitolo 31: *** 31 ***
Capitolo 32: *** 32 ***
Capitolo 33: *** 33 ***
Capitolo 34: *** 34 ***
Capitolo 35: *** 35 ***
Capitolo 36: *** 36 ***
Capitolo 37: *** 37 ***
Capitolo 38: *** 38 ***
Capitolo 39: *** 39 ***
Capitolo 40: *** 40 ***
Capitolo 41: *** 41 ***
Capitolo 42: *** 42 ***
Capitolo 43: *** 43 ***
Capitolo 44: *** 44 ***
Capitolo 45: *** 45 ***
Capitolo 46: *** 46 ***
Capitolo 47: *** 47 ***
Capitolo 48: *** 48 ***
Capitolo 49: *** 49 ***
Capitolo 50: *** 50 ***
Capitolo 51: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1 ***


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Saaaaaaaaaaalve a tutti :D Eccomi qui, a tormentarvi di nuovo!!! Allora, prima di tutto ringrazio la mitica CHARA per la meravigliosa copertina *.* Grazie grazie grazie!!!
Dunque, alcuni avvertimenti...gli aggiornarmenti non saranno frequentissimi all'inizio, 1-2 capitoli alla settimana...sorry D: La storia sarà fatta di diversi salti temporali, per riportare più episodi della vita dei protagonisti durante gli anni...
Ok, credo di aver detto tutto...fatemi sapere che ne pensate...e grazie a tutti!
Buona lettura :D





Los Angeles 1981
 
 
“Tanti auguri Chris!”
 
“Grazie Steven!” una ragazza magrolina con lunghi capelli coloro cioccolato abbracciò un ragazzo biondo sorridente. “Saul dov'è?”
 
“Sarà in ritardo come sempre...oh, eccolo là!” Steven, il biondino, salutò con la mano un ragazzo mulatto con una testata di riccioli neri che, con aria svogliata, camminava per la strada per raggiungere i suoi amici. “Muoviti, cazzone, o faremo tardi a scuola!”
 
“Arrivo Adler, non urlare a quest'ora del mattino...buon compleanno, honey!”
 
“Grazie Saul! Come mai quelle occhiaie?”
 
“Ieri sera Melissa è venuta a dormire da me...dormire, in realtà non abbiamo dormito molto! A un certo punto Ola ha cominciato a dare pugni nel muro per farci smettere!”
 
Steven e Saul scoppiarono a ridere, mentre Christine, avviandosi verso la scuola, scosse la testa esasperata.
 
Christine aveva 15 anni, uno in meno dei due ragazzi, e abitava in un tranquillo quartiere di Los Angeles con i suoi genitori. Era una ragazza timida, che aveva pochi amici e amava trascorrere le sue giornate a fare passeggiate nel parco e a fare fotografie, la sua più grande passione.
Poi aveva conosciuto i suoi vicini di casa, Steven e Saul, due ragazzi che andavano nella sua stessa scuola e con cui frequentava gran parte dei corsi, dato che erano ripetenti; inizialmente per lei fu difficile stringere amicizia con due persone così diverse da lei, ma poi imparò a vedere oltre la superficie da folli due ragazzi dal cuore d'oro, che non perdevano occasione per difenderla dai ragazzi più strafottenti e a farle compagnia quando era più sola.
Quel giorno era il suo quindicesimo compleanno e i due ragazzi le avevano fatto gli auguri con degli abbracci da orso.
 
“Chris, stasera dobbiamo festeggiare!” urlò Saul, correndo per raggiungerla, dato che ormai era parecchi passi più avanti di loro.
 
“Stasera? Ma domani c'è scuola!”
 
“Torniamo a casa presto! Andiamo a bere qualcosa, dai!” aggiunse Steven.
 
Quei due matti fecero i loro migliori occhi da cuccioli smarriti a cui Christine proprio non sapeva resistere. Rise, per poi accettare la loro proposta. Si salutarono prima di entrare in due classi diverse: la lezione successiva, però, l’avrebbero avuta insieme.
La lezione di storia che stavano seguendo Steven e Saul era noiosissima e il riccio iniziò a scarabocchiare una chitarra su un foglio: quella era la sua grande passione, da un anno a questa parte. Lui e Steven suonavano in un gruppo, i Tidus Sloan: Saul era chitarrista e Steven batterista. Facevano qualche serata ogni tanto, ma avevano sempre problemi con i cantanti, che andavano e venivano in continuazione…non trovavano nessuno davvero all’altezza.
 
“Saul…” lo chiamò a bassa voce Steven.
 
“Eh…”
 
“Dobbiamo comprare un regalo di compleanno a Chris…”
 
“Sì, ma che cosa? Io sono al verde…”
 
“Io avevo pensato a una macchina fotografica nuova…quella che ha è scassatissima…”
 
“Steve, ti ho appena detto che sono senza soldi e tu mi dici di comprarle una macchina fotografica???”
 
“Potremmo farci prestare i soldi dalle nostre nonne…tanto fra un mese finisce la scuola e poi ci troviamo qualche lavoretto estivo per restituirli…”
 
“Non lo so se Ola me li presta…”
 
“Ola adora Chris, vedrai che te li darà…”
 
La mattinata proseguì tranquilla per i due ragazzi e per Christine; i tre tornarono poi a casa insieme e vennero braccati da nonna Ola, che li aspettava sulla porta di casa.
 
“Christine, ragazza mia, tanti auguri di buon compleanno!”
 
La ragazza abbracciò quel donnone, che era diventata praticamente anche sua nonna e le trasmetteva tanto tanto amore. “Grazie Ola. Come stai?”
 
“Sto bene, cara, sto bene! Ma vieni in casa, ti ho preparato la torta ai mirtilli!”
 
“La mia preferita! Grazie Ola!”
 
“Uffa, nonna, perché a me non prepari mai le torte?”
 
“Saul, è il tuo compleanno oggi? No! Quando lo sarà ci penseremo…”
 
“Che palle…” borbottò il riccio dando un calcio a una pietra.
 
“Come hai detto?” Ola lo guardò minacciosa: odiava le parolacce e cercava in tutti i modi di rendere suo nipote un ragazzo civile…certo, non era compito facile. Assomigliava così tanto ai suoi genitori, degli artisti, dei ribelli…in quel momento erano in Inghilterra per lavoro e il ragazzo era rimasto lì con lei. Sapeva quanto ne soffriva e cercava in tutti i modi di farlo stare bene: lo amava con tutta se stessa.
 
“Posso venire anche il, Ola?”
 
“Sì, Steven, vieni…su entrate!”
 
I ragazzi si accomodarono sullo sgangherato divano del salotto di nonna Ola, che servì la torta accompagnata da del the.
 
“Come festeggerai il compleanno, Christine?” chiese Ola.
 
“Questa sera andiamo in qualche locale, nonna…”
 
“Saul, non mi sembra di averlo chiesto a te…Christine ha la lingua per parlare. E comunque…cercate di non fare ubriacare questa ragazza!”
 
“Non preoccuparti, Ola…loro sono tanto gentile con me!” Chris sorrise ai suoi due amici, che ricambiarono felici.
 
Christine rimase lì ancora mezz’oretta per poi dire a tutti che doveva andare a casa. “Scusatemi, ma i miei mi avevano detto che sarebbero tornati prima dal lavoro oggi per festeggiare il mio compleanno.”
 
“Va bene, cara, ciao. E stai attenta questa sera.” Si raccomando Ola abbracciandola.
 
“Chris, ti passiamo a prendere a casa alle 9!”
 
“Va bene, Steve! Ciao ragazzi, a stasera!” Chris chiuse la porta di casa.
 
Ola tornò in salotto dai due e li guardò con le braccia incrociate sul petto e l’aria minacciosa. “Cercate di non portarmela sulla cattiva strada! Christine è una brava ragazza e merita di essere trattata con i guanti!”
 
“Nonna, non ti agitare che ti sale la pressione!”
 
“SAUL!!!”
 
“Ola, ti dovremmo chiedere un favore…”
 
“Dimmi, Steve…”
 
“Vorremmo fare un regalo a Chris ma non abbiamo i soldi…”
 
“Cosa volevate prenderle?”
 
“Una nuova macchina fotografica…”
 
“Mhm…” Ola borbottò qualcosa per poi aprire l’anta di un mobile pieno di piatti, bicchieri, vasi e vasetti. Da uno di questi prese un po’ di banconote e li diede al nipote.
“Usateli con criterio…e se scopro che li utilizzate per qualcos’altro vi sculaccio fino a quando avete i capelli bianchi!”
 
“Nonna, con il lavoretto che farò quest’estate te li restituirò tutti!”
 
“Sì sì…e ora andate, nipoti degeneri! Forza, smammare!!!”

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Capitolo 2
*** 2 ***


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“Ok, dove andiamo a prendere ‘sta macchina fotografica?”

 

“Steven, andremo in un grande magazzino che vende roba elettronica, no??? Cazzo, non ci vuole un genio!”

 

“Ma non abbiamo molti soldi…”

 

“Andiamo a vedere quanto costano, poi decidiamo cosa fare…”

 

I due ragazzi entrarono in un grande magazzino e iniziarono a guardare i prezzi delle macchine fotografiche; ma tutti erano davvero troppo alti per le loro finanze e quindi uscirono scoraggiati.

Iniziarono a vagare, per poi finire davanti a un negozio di cose usate che mostrava in vetrina una bellissima macchina fotografica.

 

“E’ perfetta, Saul!”

 

“Sì, Steve, ma magari non funziona…”

 

“Entriamo a chiedere!”

 

Il commesso gliela mostrò e gli disse che era un’ottima macchina fotografica praticamente nuova, dato che il precedente proprietario l’aveva venduta proprio perché la usava sporadicamente. Contrattando un po’ sul prezzo, dato che anche quello sforava, alla fine riuscirono a comprare il fatidico regalo per Christine.

Soddisfatti del loro acquisto, i due ragazzi si recarono nel piccolo parco che c’era dietro la loro scuola, dove andavano sempre a farsi le canne con i loro compagni. Steven aveva un po’ di erba e perciò si misero lì su una panchina a sfumacchiare e parlare tra loro.

 

“Ehi Saul, hai mai pensato a Christine come…diciamo…qualcosa di più di un’amica?”

 

“Intendi a scoparmela?”

 

“Sì, anche…”

 

“Beh, non posso negare che sia carina…che abbia le curve al posto giusto…ma è una verginella, Steve, e una così vorrebbe sicuro qualche storia seria e cagate del genere. Molto meglio Melissa che si fa scopare senza complicazioni…”

 

“Uff, io ho bisogno di scopare…Lucy mi ha liquidato…”

 

“Ci credi, la trattavi di merda…non stai pensando a portarti a letto Chris, vero?”

 

“Non saprei…”

 

“Adler, giuro che se lo fai ti taglio l’uccello…siamo amici con lei, non la devi toccare…”

 

“Uff, lo so lo so…senti, ho fame…hai ancora dei soldi?”

 

“Sì, qualcosina…andiamo a prenderci un hamburger e poi andiamo a prendere Chris?”

 

“Andata!”

 

Così, dopo aver comprato un hamburger farcito di qualsiasi cosa, i due andarono a prendere Christine.

La ragazza li aspettava guardando fuori dalla finestra e, appena li vide, corse fuori; i due la squadrarono da capo a piedi, dato che era davvero carina con quel vestitino nero, gli anfibi e il giubbotto di jeans.

 

“Ehi, ragazzi! Che c’è, sto male vestita così?”

 

“Male?? Bimba, sei splendida!” le disse Saul abbracciandola e rimanendo colpito dal suo profumo che quella sera era diverso dal solito…era un misto di vaniglia e qualcosa più fresco.

 

La osservò mentre abbracciava Steven e ripensò al precedente discorso con Steven: non aveva mai visto Chris come qualcosa di diverso da un’amica…e nemmeno doveva farlo da quel momento, dato che non voleva rovinare la loro amicizia.

Dopo i saluti, si avviarono verso un piccolo pub che stava in fondo alla loro strada; Steven e Saul erano degli habitué, là dentro, ma Chris era la prima volta che ci andava.

I suoi genitori la tenevano molto in gabbia, e ovviamente non erano felici della sua amicizia con quei due capelloni rockettari; quella sera, nonostante le promesse di tornare a casa presto, i genitori di Chris non erano tornati, lasciandole solamente un biglietto di auguri sul frigo. Lei, a sua volta, ne aveva lasciato uno con scritto che usciva con delle compagne di scuola.

Per fortuna c’erano Steven e Saul, altrimenti il suo compleanno sarebbe stato davvero orribile.

Si sedettero a un piccolo tavolino e, quando arrivò la cameriera, una tipa tutta tette che i ragazzi squadrarono senza il minimo di pudore, Chris si trovò in difficoltà sul cosa ordinare.

 

“Bimba, devi bere qualcosa di alcolico, dobbiamo festeggiare!” disse Steven.

 

“Ma io berrei anche una coca…”

 

“Ma che coca…baby, tre birre grandi, grazie!” ordinò Saul  per tutti.

 

Appena arrivarono le birre, Steven mise sul tavolo il pacco regalo per Chris.

 

“Chris, questo è il nostro regalo di compleanno!”

 

La mora si aprì in un sorriso radioso. “Per me? Ragazzi, ma non dovevate!!”

 

“Aprilo, dai!” la incoraggiò Saul.

 

La ragazza scartò con foga il pacchetto e le si illuminarono gli occhi quando vide la macchina fotografica.

 

“Ragazzi, è bellissima! Cavolo, la mia è scassatissima, me ne serviva proprio una nuova!”

 

“Altrimenti chi ci fa le foto quando facciamo i concerti?” scherzò Saul.

 

“D’ora in avanti sarai la nostra fotografa ufficiale!” aggiunse Steven.

 

“Cavolo, chissà quanto l’avete pagata…”

 

“E’ usata, ma ci hanno assicurata che è stata usata pochissimo…”

 

“Si vede, Saul, è in ottime condizioni! Dio, grazie mille, voglio collaudarla subito!”

 

La ragazza si alzò e iniziò a fare foto ai due amici, che si misero a fare smorfie e posizioni una più sciocca dell’altra.

Quando si fece tardi, Chris disse che doveva tornare a casa; mantenendo una certa distanza di sicurezza da casa sua, salutò quei suoi amici speciali e così buoni con lei per il regalo e per averle fatto passare uno dei migliori compleanni della sua vita.

 

La ragazza entrò in casa canticchiando, raggiungendo la cucina dove sentiva i suoi parlare; spuntò sulla porta  e fece una foto di sorpresa.

 

“E quella macchina fotografica dove l’hai presa?”

 

“Me l’hanno regalata le mie amiche, mamma…”

 

“Quelle con cui sei uscita stasera?” Chris annuì ancora.

 

“Scusaci tesoro se siamo tornati tardi…ma abbiamo avuto un contrattempo…” disse suo padre.

 

“Che è successo?” Chris aveva notato le espressioni serie dei suoi e si stava allarmando.

 

“Christine, tuo padre è stato promosso al lavoro…”

 

“Beh, è una buona notizia, no?”

 

“Sì, sì certo, tesoro…però…”

 

“Però cosa? Papà, parla…”

 

“Sono stato trasferito…dobbiamo trasferirci a San Francisco.”

 

“Cosa?” Christine sbarrò gli occhi a quella notizia così inaspettata.

 

“Purtroppo sì…partiamo fra due settimane, tesoro…” aggiunse sua madre.

 

La ragazza si sedette su una sedia, sull’orlo delle lacrime.

 

“Dovrò lasciare la scuola…i miei amici…”

 

“Ci dispiace tanto…” disse sua madre.

 

“Non voglio andare via di qui…finalmente dopo tanto tempo ho trovato degli amici sinceri…per favore, mamma…”

 

“Non abbiamo scelta, Christine, mi dispiace. Ora vai a letto, è tardi, e domani c’è scuola.”

 

Senza aggiungere una parola, la ragazza si chiuse in camera sbattendo la porta; si buttò sul letto ancora vestita, con sempre in mano la sua macchina fotografica. Non voleva lasciare Steven e Saul…quei due matti che le avevano reso la vita migliore.

Si mise a piangere, accoccolandosi sul letto; solo alle prime luci dell’alba cadde in un sonno breve e tormentato.



Ciaoooo a tutti!!! Vorrei solo ringraziare le meraviglie che hanno recensito e che hanno messo la storia tra le seguite :D Spero abbiate gradito anche questo capitolo :) Ancora Buona Pasqua, un bacione!

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Capitolo 3
*** 3 ***


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Quando suonò la sveglia, a Chris sembrava di aver dormito dieci minuti: era distrutta. Si guardò allo specchio e si rese conto che non era distrutta solo dentro di sé, ma anche fisicamente: occhiaie profonde, capelli arruffati, viso pallido come uno straccio.

Decise di buttarsi sotto la doccia, nella speranza di riprendersi un po’; si vestì tentando con un po’ di trucco di darsi una parvenza di normalità e legò i capelli in una coda alta.

Scesa in cucina, vide che i suoi erano già usciti e le avevano lasciato un biglietto e la colazione pronta. Sospirò, ripensando al fatto che fra due settimane si sarebbero dovuti trasferire: nuova città, nuova scuola, nuove persone.

I suoi genitori erano due architetti di fama nazionale e spesso gli venivano commissionati lavori in città lontane; non era infatti la prima volta che la famiglia si trasferiva: avevano vissuto a New York fino a quando lei aveva 10 anni, poi erano stati due anni a New York, uno a Toronto e ora da tre vivevano a Los Angeles.

All’inizio per lei era stata dura, ma poi aveva conosciuto Saul e Steven…e ora le si spezzava il cuore a dovergli dare quella notizia. Guardò l’ora e si accorse di essere in ritardo, così volò in bagno a lavare i denti e in camera a prendere lo zaino.

Quando aprì la porta i suoi due amici erano già lì ad aspettarla sfumacchiando una sigaretta.

 

“Chris, sei in ritardo…”

 

“Lo so, Saul, scusate…”

 

“Che brutta cera, ragazza…dormito male?” chiese Steven.

 

“Sì…vi devo dire una cosa ragazzi…”

 

“Parla, Chris, mi sto preoccupando…” disse Steven, ansioso.

 

“Ieri sera i miei mi hanno detto che fra due settimane ci dobbiamo trasferire a San Francisco…”

 

“Cosa? Non ci credo!” urlò Saul sbarrando gli occhi.

 

Christine annuì, mentre una lacrima le solcava una guancia.

 

“Ma non possono farti una cosa del genere, cazzo…non si rendono conto che finalmente, dopo tanta fatica, qui ti sei ambientata bene? Sanno che tu sei una ragazza timida, cazzo qui finalmente avevi trovato degli amici…e che amici aggiungerei…” cercò di sdrammatizzare Steven.

 

“Mi dispiace ragazzi…sappiate però che non vi dimenticherò mai, ok? E che San Francisco non è dall’altra parte del mondo quindi appena potrò vi verrò a trovare!”

 

“Anche noi ti verremo a trovare, piccola…” Saul la abbracciò come un orso, tentando di imprimersi nella mente il suo fantastico profumo, che solo la sera prima aveva scoperto ma che le sarebbe mancato come l’aria.

 

Le due settimane successive Christine le passò con i suoi due amici; quando i genitori erano al lavoro, dopo scuola andavano da lei e la aiutavano a incartare tutte le sue cose.

Due sere prima della partenza la band dei ragazzi, i Tidus Sloan, che aveva trovato un cantante provvisorio, fecero una serata nel pub dove, poche settimane prima, avevano festeggiato il compleanno di Chris.

La ragazza, inventando la scusa che avrebbe dormito da un’amica per un pigiama party d’addio, andò al concerto e poi avrebbe dormito a casa di Saul e Ola, la quale l’avrebbe coperta in caso di strani sospetti dei genitori. Ma ciò non preoccupava molto Chris, dato che i suoi genitori non erano mai stati molto apprensivi e interessati a dove lei andasse realmente e con chi.

Quella sera la mora aveva indossato una minigonna di jeans, un paio di ballerine nere e una maglietta nera di pizzo e trasparente sulla schiena; quando arrivò al pub, armata di macchina fotografica con cui avrebbe fotografato la band, i ragazzi avevano già montato tutto e stavano facendo una sorte di sound check.

 

“Ciao Chris!” Saul la salutò con la mano, per poi scendere con un balzo dal palco e darle un bacio sulla guancia. “Sei bellissima…”

 

La mora arrossì, per i complimenti e per come lui si stava presentando in quel momento, a torso nudo e con i pantaloni aderenti di pelle: era un po’ magro, ma il fisico era bello, e forse con un po’ di allenamento sarebbe diventato ancora più bello.

 

“Hai portato la macchina fotografica, mitica! Ti va di farci qualche foto anche durante il sound check?”

 

“Certo, Saul, volentieri!”

 

Così la ragazza, dopo aver salutato Steven con la mano, si mise a fare foto, e continuò anche durante il concerto; ma questo non andò esattamente come i ragazzi avevano sperato: il pubblico, oltre a essere misero, non era interessato a loro, nonostante non fossero male.

Alla fine del concerto, dopo aver smontato tutto, Saul e Steven raggiunsero Chris, che li aveva aspettati sorseggiando una coca. Il biondo aveva gli occhi tristi e l’espressione sconsolata e disse subito che se ne tornava a casa, dato che proprio di festeggiare non ne aveva voglia. Saul, invece, era incazzato nero e Chris lo convinse così a tornare a casa.

Si incamminarono in silenzio e, sempre in silenzio per non svegliare Ola, entrarono in casa e salirono in camera del riccio; Ola aveva preparato il letto per Christine e un materassino gonfiabile sul pavimento per il nipote.

Sempre senza dire una parola, Saul andò in bagno a mettere il pigiama e si buttò sul materassino.

 

“Ti va di parlarne?” gli chiese Chris a un certo punto.

 

“Non c’è nulla da dire…”

 

“Sì invece” Chris scese dal letto e si sedette per terra, vicino a lui. “Siete stati bravi, davvero…la gente non capisce un cazzo…tu sei bravo, Saul, tu hai un dono che davvero in pochi hanno. E farai strada, lo so…quindi non buttarti giù, ok?”

 

Gli mise l’indice sotto il mento per tirare su il suo viso e guardarlo in quegli occhi neri come la notte, così belli e profondi, e che forse non aveva mai visto così da vicino. Saul le fece un timido sorriso e lei gli accarezzò lievemente il viso, solleticata da quei primi accenni di barba che gli stava nascendo.

 

“Dormiamo insieme, ti va?” domandò ancora Chris, spiazzando non poco il chitarrista. “Sempre che Melissa non se la prenda…”

 

“Lascia perdere Melissa…” disse sbrigativo Saul, prendendole la mano e alzandosi.

 

Chris andò a mettere il pigiama che quella mattina aveva dato a Saul da portare lì a casa sua e andò ad accoccolarsi accanto a lui, che la fece appoggiare sul suo petto. Il suo corpo era caldo e si sentì al sicuro come forse le era mai successo tra le braccia di qualcuno.

Era la prima volta che dormiva con un ragazzo e mai avrebbe dimenticato quella notte.




Ciaoooo a tutti! Volevo solo avvisarvi che l'aggiornamento di Home di ieri sera e questo di oggi saranno gli ultimi fino a sabato...D: Sorry! Grazie a tutte le meraviglie che hanno messo la storia tra le seguite e hanno recensito :) Un bacio!

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Capitolo 4
*** 4 ***


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Chi non muore si rivedeeeeeeee!! Buonsalve, finalmente sono tornata :D E vi prometto che domani arriverà anche il nuovo capitolo di Home!!! Buona lettura, un bacio
 



1983

 

Christine stava preparando i bagagli per quel week end a Los Angeles, dove doveva andare con i suoi genitori che avevano un convegno. Aveva approfittato dell’occasione per andare a ritrovare i suoi amici, che non sentiva da tanto e non vedeva da ancora più tempo.

In realtà, non si erano mai più visti, solo sentiti alcune volte al telefono, in occasione degli auguri di compleanno, di Pasqua, di Natale; ma ora erano 7 mesi che non si sentivano: quell’anno i ragazzi non avevano chiamato per farle gli auguri di compleanno e lei non li aveva più cercati.

A San Francisco era stato difficile ambientarsi, all’inizio; le cose erano un po’ migliorate quando aveva fatto amicizia con alcune compagne e quando, due mesi prima, aveva iniziato a frequentare un ragazzo, Daniel. Aveva la sua età ed era un tipobravo e gentile; ma non aveva rinunciato a quel fine settimana a LA nemmeno per stare con lui. Il ragazzo non era stato molto felice di quella decisione, ma alla fine si era dovuto rassegnare.

Chris non stava più nella pelle dall’emozione e, scesa dal treno, disse subito ai suoi che sarebbe andata alla sua vecchia scuola per vedere se incontrava qualche vecchio amico.

La scuola era sempre uguale, lo stesso squallido edificio giallo sporco di due anni prima; accanto, però, dove prima c’era un campetto da calcio, ora c’erano della rampe dove dei ragazzi facevano strane acrobazie con le BMX.

Chris si avvicinò per vedere se riconosceva qualcuno e rimase allibita quando riconobbe uno di quei matti in sella alle bici come Saul: era sempre uguale, stessi ricci ribelli, occhi profondi, sorriso splendente.

 

Saul!” lo chiamò, ma non la sentì. “Ehi, Saul!” provò ancora a voce alta.

 

Lui si voltò e la guardò un attimo perplesso, come se non la riconoscesse; ma si illuminò pochi istanti dopo, aprendosi in un sorriso radioso.

 

Chris!” si avvicinò alla rete che circondava il campetto e che li separava. “Che ci fai qui?”

 

Sono qui per il fine settimana…”

 

Aspetta, che saluto gli altri e ti raggiungo!”

 

Christine vide Saul salutare i suoi amici, i quali si lasciarono scappare qualche battutina allusiva su quella bella ragazza che era andata a cercarlo. Lui si voltò un po’ timoroso verso di lei, sapendo quanto quelle cose l’avessero sempre imbarazzata; ma la vide passeggiare in tondo nell’attesa e calciare qualche piccolo sasso che trovava sul suo cammino.

L’aveva riconosciuta praticamente subito: del resto, mai si sarebbe potuto dimenticare di lei. Era bella come se la ricordava, forse ancora di più: le sue forme si erano modellate del tutto e stavano da dio sul suo corpo snello e slanciato. I capelli erano sempre fluenti e color cioccolato, lunghi e con grandi boccoli sulle punte. Chissà se anche il suo profumo era sempre lo stesso…

 

Eccomi, scusa l’attesa…”

 

Figurati!” gli sorrise felice e gli si avvicinò. “Ciao Saul…”

 

Lui la strinse a sé, scoprendo con piacere che, sì, anche il suo profumo non era cambiato…vaniglia e qualcosa di fresco che mai era riuscito a identificare. “Come stai, bimba?”

 

Sto bene, sai…e tu? Ti vedo in forma!”

 

Molto in forma! Che mi racconti? Io ho tante cose da dirti!”

 

Vieni, dai ti offro un gelato, così ci sediamo e chiacchieriamo quanto vogliamo!”

 

Andata!”

 

Saul la condusse a un piccolo chioschetto e, dopo aver preso un mega cono gelato, si sedettero a un tavolino.

 

Raccontami tutto, forza!” disse Chris sorridente.

 

Beh, non c’è proprio molto…intanto ora non sono più Saul, bensì Slash!”

 

E perché mai?” ridacchiò Chris.

 

Me l’ha dato un amico di famiglia, perché non sto mai fermo, sono sempre in movimento! D’ora in poi, chiamami Slash!”

 

Va bene…Slash!”

 

I due risero, poi lui aggiunse: “Abbiamo messo su una nuova band!”

 

Davvero? Con Steven? Come sta?”

 

Sta bene, sempre pazzo uguale…”

 

Come te, del resto…” scherzò la mora.

 

Diciamo di sì. Ci chiamiamo Road Crew e spacchiamo abbastanza…”

 

Fantastico! Da quanto siete in ballo?”

 

Quattro mesi…e non stiamo andando male, sul serio…certo, ci sono band migliori in giro…mai sentito parlare degli Hollywood Rose?”

 

In realtà no…”

 

Ecco, loro spaccano cazzo…il loro cantante, un certo Axl Rose, ha le palle…e anche il loro chitarrista ritmico, Izzy Stradlin…”

 

Che razza di nomi!”

 

Credo siano nomi d’arte…comunque, questa sera suoniamo in un locale vicino al Sunset! Ti va di venire?”

 

Certo che mi va! Devo chiamare l’hotel per lasciar detto ai miei che rientro tardi, però…”

 

Chiama da casa mia…intanto saluti mia nonna!”

 

La cara Ola…come sta?”

 

Benone, come sempre…lei non invecchia di un giorno!”

 

Non vedo l’ora di rivederla!”

 

Saul rimase in silenzio per qualche istante, per poi aggiungere: “E se invece dormissi da me? In memoria dei vecchi tempi!”

 

Chris ci pensò un attimo: se Daniel l’avesse saputo non ne sarebbe stato felice…però se non glielo avesse detto lei, lui non l’avrebbe mai scoperto. E poi sarebbe stato come due anni fa, una semplice notte tra amici. Così accettò.

 

Fantastico, andiamo allora!”

 

Si avviarono verso casa del riccio, dove videro subito Ola in giardino ad annaffiare i fiori.

 

Nonna, guarda un po’ chi ti ho portato!”

 

Nipote degenere, non urlare che ti sentono fino in Europ…Christine, bambina mia!” la donna posò l’innaffiatoio in terra e la raggiunse per abbracciarla stretta stretta.

 

Chris pensò che le era mancato da morire l’affetto che quella nonna acquisita le trasmetteva ogni santo giorno; era meravigliosa, avrebbe dato oro perché fosse davvero sua nonna, e si chiese come aveva fatto a vivere due anni senza di lei.

 

Mamma mia, come sei cresciuta…e ti sei fatta ancora più bella! Quanti anni hai?”

 

17, Ola…uno in meno di Saul…”

 

Giusto giusto! Ma entra, ti offro il the!”

 

Tutti e tre entrarono in casa e iniziarono a chiacchierare; Ola si fece raccontare tutto della vita di Chris, e lei iniziò a parlare tantissimo non omettendo nessun dettaglio…icioè, n realtà omise il fatto che ora aveva un ragazzo, ma forse era meglio così.

 

Ola, stasera Chris verrà a sentire il nostro concerto! Va bene se poi viene a dormire qui? Il suo albergo è molto lontano!”

 

Certo Saul, certo…hai già avvisato i tuoi genitori, Chris?”

 

No, Ola, infatti volevo chiederti se potevo fare una telefonata!”

 

Ma certo, cara. Il telefono è in cucina, vai pure!”

 

Chris andò di là e Slash la seguì con lo sguardo; Ola, da brava nonna attenta qual’era, aveva notato lo sguardo perso del nipote. Christine era diventata davvero una splendida ragazza e sapeva che anche suo nipote se ne era accorto.

 

Saul!” lo chiamò a voce alta, facedogli fare un salto per lo spavento.

 

Che c’è, nonna?”

 

Lo sai che devi starle lontano, vero? Lei è preziosa, non merita di essere una delle tante!”

 

Saul si sentì subito punto sul vivo e si alzò dalla poltrona, troncando bruscamente il discorso. Ola sorrise tra sé e sé sperando che quella bella amicizia non finisse per la stupidità di quel nipote degenere. 

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Capitolo 5
*** 5 ***


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Quando arrivarono al pub dove si sarebbero esibiti, questo era vuoto essendo solamente le 7. Slash prese Chris per mano per portarla nel piccolo stanzino puzzolente che fungeva da backstage e mostrare a Steven chi era tornato.

Spalancò la porta, trovando i suoi tre compagni di band a sfumacchiare svogliatamente una canna.

 

“Cazzo, Hudson, finalmente! Ma dove sei stato?” domandò un moretto.

 

“Tranquillo, Bob! E’ che ho incontrato una persona che non vedevo da tanto tempo…Steve??” il riccio richiamò l’attenzione del biondo che dava le spalle alla porta e non si era degnato di voltarsi.

 

“Cosa v…Chris!!!!” il batterista si alzò di scatto dalla scassata poltrona su cui sedeva e si fiondò sulla mora. “Cosa ci fai qui?”

 

“Sono qui per il week-end con i miei. Sono venuta a cercarvi alla scuola e ho beccato Saul! Come stai, Steven? Ti trovo in forma!”

 

“Molto in forma, baby, molto in forma! Ma tu! Fatti guardare…” le fece fare un giro su se stessa tenendole la mano. “Dio, ti sei fatta ancora più gnocca!”

 

“Adler!” lo rimproverò Slash, accompagnato dalle risate di Christine.

 

“Grazie Steve! Anche tu sei carino come ti ricordavo!” disse affettuosamente la ragazza, abbracciando ancora il suo amico.

 

“Seh seh, Adler muoviti dobbiamo fare il sound-check!” sbottò scazzato Slash.

 

“Lo so, guarda che aspettavamo solo te, sai! Scusalo, è un po’ bisbetico. A dopo, piccola!” Steven baciò la guancia dell’amica e uscì sul palco.

 

Slash li guardava come se dovesse incenerirli, e Chris gli si avvicinò perplessa. “Ehi, tutto ok?”

 

“Sì…sì, tutto ok…ti va di metterti sotto a un tavolo a guardarci?”

 

“Certo…intanto mi prendo un hamburger! A più tardi, e spaccate tutto!”

 

Slash la guardò uscire dalla stanza, piantando i suoi occhi neri sulle sue chiappe, perché era un porco immane…ma dio, lei era così bella…

Scosse il capo, cercando di scacciare quei pensieri e uscì sul palco a fare le prove.

 

Dopo un paio d’ore, lo spettacolo iniziò; Chris era sistemata al tavolo più vicino al palco e sorseggiava una birra. Dopo il sound-check la band l’aveva raggiunta e, fatte le presentazioni con i membri che non conosceva, avevano bevuto qualcosa tutti insieme. Il locale si era riempito e per i ragazzi erano saliti sul palco, pronti a iniziare.

Il loro repertorio era fatto di canzoni molto note e loro non erano male; Chris esultava, applaudiva e urlava per incoraggiarli.

La band stava facendo una pausa quando le si avvicinarono due ragazzi: uno aveva lunghi capelli rossi e lisci ed era bello da star male, l’altro capelli neri alle spalle, aria misteriosa e vestiti improponibili.

 

“Scusa, bambolina, possiamo sederci qui? Non c’è altro posto nel locale…”

 

Chris si limitò a scrollare le spalle, gesto che i due interpretarono come affermativo.

 

“Sei la ragazza di uno di loro? Ti ho visto che ti scatenavi…”

 

“Il batterista e il chitarrista sono miei amici…”

 

“Sì, Slash e Steven…li conosciamo…sono bravi...ma non quanto noi ovviamente…”

 

Chris sbuffò per la presunzione di quel tizio.

 

“Ma accidenti, dove sono finite le buone maniere…mi chiamo Axl…Axl Rose…”

 

La ragazza spalancò gli occhi sentendo quel nome e ricordando quello che gli aveva raccontato Slash riguardo lui e la sua band.

 

“E io sono Izzy Stradlin…”

 

Ecco, e lui era il chitarrista! Ora capiva tutto…

 

“Christine, molto piacere” strinse frettolosamente le mani ai due, per poi tornare a guardare il palco, dove i musicisti si erano nuovamente sistemati.

 

Da lassù, Slash aveva visto subito quei due tipi al tavolo di Chris…e li aveva anche riconosciuti: Axl Rose e Izzy Stradlin. Sperava per loro che tenessero giù le manacce dalla sua amica, nonostante si rendesse ben conto che non ne aveva alcun diritto.

Quello che il suo cervello gli diceva quella sera non gli piaceva per niente, cazzo! Doveva essere l’alcool che aveva ingerito a enfatizzare tutto quello che provava…sì, sicuramente era l’alcool!

Dopo tre canzoni, il concerto si chiuse con una buona reazione del pubblico; come le aveva detto Slash, Chris li aspettò lì al tavolo, nella speranza che quei due sconosciuti se ne andassero. Ma a quanto pare sembravano stare molto bene lì, dato che avevano ordinato un’altra birra e non davano segno di volersi schiodare.

 

“Axl Rose, è un onore trovarti al mio tavolo!” Slash era arrivato, facendo fare un salto per la sorpresa a Chris, che non si era accorta del suo arrivo. Era felice che fosse lì e che avesse subito marcato il suo territorio.

 

“Slash, amico” il rosso si alzò e gli diede una pacca sulla spalla. “Complimenti, bel concerto.”

 

“Grazie…” rispose truce il riccio.

 

“Oh, ma c’è anche Steven!” il ragazzo era comparso alle spalle di Slash. “Stavo dicendo che siete stati bravi stasera…”

 

“Come sempre, Rose…” ribatté Steven.

 

Chris si rese subito conto che tra loro non scorreva buon sangue e che era meglio levare le tende.

 

“Slash, andiamo? Sono un po’ stanca…”

 

“Abbiamo avuto l’onore di conoscere la vostra splendida amica…” Izzy parlò per la prima volta andando a toccare quello che sospettava essere un nervo scoperto.

E si rese conto di aver fatto centro quando vide il riccio irrigidirsi.

 

“Oh, sì…davvero un onore aver passato la serata con questa sventola!” calcò la mano Axl.

 

Chris, rossa come un peperone, si alzò dal tavolino e prese la borsa in chiaro segnale che voleva andarsene al più presto.

Ma Axl non aveva ancora finito. “Perché non ce ne andiamo a bere qualcosa io e te, bambolina?”

 

E fu un attimo: Slash si era lanciato su di lui e lo aveva preso per il colletto della t-shirt. “Stalle lontano, Rose, lei non è roba per te.”

 

“Ah sì? E per chi lo sarebbe, Hudson, per te?” Slash lo allontanò con uno spintone e, presa Chris per mano, se ne andò da lì.

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Capitolo 6
*** 6 ***


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Prima di uscire dal locale, disse a Steven di raggiungere gli altri e di inventarsi una qualche scusa per la sua dipartita. Una volta fuori, Chris si beò dell’aria fresca, così contrastante con la puzza di fumo, alcool e sudore che c’era nel pub; Slash la teneva ancora per mano e camminava a passo spedito, tanto che lei faticava a stargli dietro.

 

“Saul, puoi rallentare un pochino? Sono senza fiato…” Slash obbedì, senza però voltarsi nemmeno verso di lei.

 

Chris decise di non dire nulla fino a quando fossero stati a casa, nella speranza che lui si riprendesse e tornasse a essere il solito burlone di sempre. Ma anche quando erano in camera da letto, lui si chiuse in bagno a mettere in pigiama e poi andò a sistemarsi sul suo materassino per terra sempre senza aprire bocca.

Chris si andò a sedere accanto a lui, esattamente come aveva fatto due anni prima, e gli mise una mano su un braccio.

 

“Saul, mi vuoi dire cos’hai?”

 

“Non lo so cos’ho…cazzo, non lo so…è che…ho perso la testa quando ho visto Rose che ci provava con te…non deve, lui non ti deve toccare!”

 

“Saul, non sei il mio ragazzo…” Io ce l’ho già un ragazzo…ma quello preferì ometterlo.

 

“Lo so, ma tu sei preziosa e lui ti voleva solo per una scopata…e per fare un dispetto a me…”

 

Chris sorrise per la sua dolcezza e gli prese una mano. “Ma sono qui, e quindi puoi stare tranquillo.”

 

Lui sorrise a sua volta, stringendo un po’ di più la mano morbida e piccola della ragazza.

 

“Che ne dici se dormiamo insieme come due anni fa?”

 

“Chris…io…non so…”

 

“Eddai! Lo sai che se no mi sento sola…”

 

Slash decise di accontentarla e si sdraiò nel letto accanto a lei; era un po’ rigido, nervoso, dato che non sapeva bene come avrebbe reagito il suo corpo accanto a lei.

 

“Sei teso…”

 

“Un po’…è che…”

 

“E’ che?”

 

“E’ che…non è come due anni fa… cioè, io sono cresciuto, tu pure e…e sei diventata così bella che…che ad averti qui non so se riesco a…” cercava disperatamente delle parole per terminare la frase, ma Chris lo precedette.

 

“Saul, io ho un ragazzo…” per il riccio fu come un pugno allo stomaco. “Scusa se non te l’ho detto prima ma…mi vergognavo…”

 

“Sta tranquilla…digli che devi trattarti come una regina o gli taglio le palle!”

Chris fece una risatina nervosa, per poi appoggiarsi meglio sul suo petto, beandosi del calore del suo corpo e del suo petto muscoloso esattamente come due anni prima.

 

“Come si chiama?”

 

“Chi?”

 

“Il tuo ragazzo…”

 

“Daniel…”

 

“E’ una brava persona o un coglione come me?”

 

Chris si tirò un po’ su appoggiandosi a un gomito per guardarlo in faccia. “Nessuno sarà mai come te Saul…”

 

Slash la guardò negli occhi, chiedendosi come fossi possibile che un angelo come lei fosse lì insieme a lui, un cazzone di prima categoria. Le sfiorò con le dita una guancia, mettendole dietro l’orecchio un ciuffo di capelli che le era caduto sul viso; sentiva l’impulso irrefrenabile di baciarla, si sentire il sapore e la morbidezza di quelle labbra che, dio, da quella mattina in cui l’aveva rivista non riusciva a non desiderare.

Chris restituì la carezza, percorrendo con un dito tutto il profilo del viso del riccio, che chiude gli occhi per bearsi di quel tocco; Chris lo vide schiudere le labbra carnose e sentì una stretta allo stomaco che nemmeno lei sapeva cosa fosse.

Si sdraiò di nuovo per non farsi vedere con le guance rosse per l’imbarazzo; sentì Slash abbracciarla e sistemarla meglio addosso a lui.

 

“E dimmi…con questo ragazzo hai già…”

 

“Cosa, Saul?” domandò retorica Chris, sospettando dove volesse arrivare.

 

“Ecco, sì…andati…diciamo…oltre al bacio?”

 

“No…” rispose nascondendo imbarazzata il viso nel suo petto. “Non credo di essere ancora pronta…e non so se lui è quello giusto…forse…”

 

“Forse cosa?”

 

“No, nulla…”

 

Cosa sperava di sentirle dire? Che voleva che fosse con lui la sua prima volta? Che era lui il ragazzo speciale con cui voleva perdere la verginità? Si diede del coglione, consapevole del fatto che lui non sarebbe mai stato adatto per un angelo come lei.

 

“Beh, è una cosa importante…ed è giusto che tu aspetti il momento giusto!”

 

“Detto da uno che se ne scopa 5 diverse a settimana!” scherzò Chris, facendo scemare l’imbarazzo che era sceso per quel particolare terzo grado.

 

Slash si tirò su per guardarla in faccia e fece un sorrisetto sghembo. “Che ci vuoi fare, sono uno stallone, io!”

 

Chris rise e gli diede un lieve pugno sul petto. “Ma smettila! Cerca di fare il bravo, stallone, io voglio dormire!”

 

La ragazza si accoccolò meglio contro di lui e chiuse gli occhi; Slash la guardò, ripensando alle parole di sua nonna: ‘lei è preziosa, non merita di essere una delle tante’.

Ma lui lo sapevo che, no, lei non sarebbe mai potuta essere una delle tante.

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Capitolo 7
*** 7 ***


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Chris aprì gli occhi, colpita da un raggio di sole che faceva capolino dalla finestra. Si stiracchiò, cercando di non muoversi troppo e di svegliare Slash e si alzò; si fermò davanti al letto e lo guardò mentre dormiva: era a pancia in su, con una mano sotto la testa e il capo voltato verso sinistra. I ricci ricadevano scomposti sul cuscino e le labbra erano leggermente dischiuse; Chris non potè pensare ad altro, se non che fosse bellissimo. Così, presa la sua macchina fotografica dalla borsa, ancora quella che i ragazzi le avevano regalato due anni prima. La sera prima, al concerto, non aveva fatto nemmeno una foto, troppo in ansia per la vicinanza di quei due, Axl e Izzy; ma, in quel momento, Slash era talmente meraviglioso che non si poteva non immortalarlo. Iniziò a fare foto da diverse angolazioni, favorita anche dal fatto che il riccio, a un certo punto, forse disturbato dai flash o dai rumori, si era girato a pancia in sotto, bofonchiando parole sconnesse.

Smise di fotografarlo pochi istanti prima che lui aprisse a sua volta gli occhi.

 

“Da quanto sei in piedi?” le chiese con voce impastata.

 

“Poco…”

 

“Vieni qui, dai…” Slash le fece cenno di tornare nel letto, e Chris obbedì, ritrovandosi subito tra le sue braccia. “Non andartene…”

 

“Devo, Saul…”

 

“Cerchiamo di sentirci e vederci più spesso…”

 

“Lo avevamo detto anche l’altra volta…ma sai che non lo faremo…”

 

“Già…” rispose il riccio sconsolato, accarezzandole lievemente una guancia morbida. “Mi mancherai da morire…”

 

“Anche tu, Saul…” Chris si sistemò meglio, ancora più vicino a lui, non accorgendosi che, con quel movimento, i loro visi si erano ritrovati a pochi millimetri.

 

Slash guardò le labbra rosee della ragazza e non riuscì a trattenersi dal sfiorarle con le sue di labbra; fu un bacio lieve, appena accennato, dato che temeva la reazione della ragazza. Ma lei non si scostò, anzi, mise una mano dietro al suo collo per avvicinarlo ancora di più a lei; Slash la baciò ancora, mordicchiandole lievemente il labbro inferiore per farle dischiudere le labbra e poterla assaporare davvero. Le loro lingue presero ad accarezzarsi dolcemente, con lentezza, per imprimere dentro di loro quei sapori e quelle sensazioni che, chissà, forse non avrebbero mai più provato.

Fu Chris a staccarsi da lui per prima, rossa in viso e con lo sguardo basso per l’imbarazzo.

 

“Devo andare…” gli disse semplicemente.

 

Slash annuì senza parlare, nemmeno dopo che lei gli diede un bacio a fior di labbra e, dopo aver preso le sue cose, uscì dalla camera.

Scese di sotto, sperando di andarsene il più velocemente possibile da quella casa, ma venne bloccata da Ola che aveva preparato la colazione con la sua torta preferita.

 

“Ola, non dovevi…” le disse, commossa.

 

“Bambina, chissà quando ti rivedrò. Volevo salutarti a modo mio, ecco…”

 

Dove aver mangiato come un bufalo, Chris chiamò un taxi per tornare in hotel dai suoi. Abbracciò la cara Ola, promettendole di sentirsi presto.

Una volta sulla macchina, da sola, Chris sentì clade lacrime scorrerle sulle guance: non voleva andarsene da lì. Le dispiaceva lasciare Ola, non aveva nemmeno salutato Steven…e poi c’era lui. Non avrebbe mai pensato che si sarebbero baciati…in quel modo. Forse lui baciava tutte, in quel modo, forse lui era così, passionale, carnale, incredibile. Lei non aveva molta esperienza, aveva baciato un solo ragazzo prima di Daniel, ma con nessuno dei due era mai stato così; Slash aveva il fuoco dentro di sé e sapeva trasmetterlo agli altri tramite quelle labbra incredibilmente carnose e attraenti.

Scosse violentemente il capo, tentando di eliminare dalla sua mente quelle immagini. Tornata in hotel, trovò i suoi che la aspettavano nella hall per andarsene.

 

“Chris! Come è andata con le tue amiche?” le chiese sua madre.

 

“Tutto bene, mamma…ci siamo divertite…”

 

“Ne sono felice. Ah, ha chiamato Daniel stamattina…”

 

“Oh…”

 

“Richiamalo un attimo prima che partiamo…”

 

Chris annuì e chiese di poter usare il telefono dell’albergo.

Si sentì uno schifo quando Daniel mostrò tutto il suo entusiasmo per il fatto che l’avesse richiamato…talmente uno schifo che accettò la sua proposta di andare da lui quella sera, dato che i suoi avevano una cena, e nonostante si sarebbe ritrovata distrutta per il viaggio.

Nel tragitto verso San Francisco, dormicchiò, sognando di essere ancora con Slash che la baciava, la accarezzava e la stringeva a sé. Arrivata a casa, doveva avere la faccia sconvolta, dato che i suoi le chiesero se si sentisse bene e se fosse successo qualcosa a Los Angeles.

 

“No, state tranquilli, è tutto a posto. Va bene se mi faccio una doccia e vado da Daniel?”

 

“Certo, tesoro…vai pure, ma non fare troppo tardi.” Si raccomandò suo padre.

 

Così, dopo essersi fatta una doccia, cambiata e truccata per nascondere le occhiaie, prese il bus per andare da Daniel.

Il ragazzo la accolse con entusiasmo, facendo sentire Christine ulteriormente una merda; lui era così gentile con lei, la coccolava, le faceva regali, non insisteva se lei non voleva andare oltre al bacio…era perfetto, quello che tutte le ragazze avrebbero desiderato. Tutte…ma lei a quanto pare no.

Cercò di rilassarsi tra le sue braccia, ma inevitabilmente pensava alle braccia di Slash. Cazzo cazzo cazzo…doveva fare qualcosa per togliersi il suo amico dalla mente e concentrarsi sul suo ragazzo. Così, quando lui iniziò a baciarla dolcemente, lei non si oppose, anzi, approfondì ancora di più quel bacio e portando le piccole mani ai bordi della maglietta per sfilargliela.

 

“Chris…sei…sei sicura?”

 

“Sì, Daniel…voglio fare l’amore con te…” per dimenticare un altro…

 

Così, quella sera Christine perse la sua verginità con un ragazzo che, lo sapeva bene, non era quello con cui avrebbe davvero voluto che accadesse.

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Capitolo 8
*** 8 ***


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Giugno 1985

 

Quando Chris, dopo due anni, mise di nuovo piede a Los Angeles, si sentì rinascere; quel suo trasferimento sarebbe definitivo, almeno per un po’, e già si pregustava il sapore della libertà che presto avrebbe avuto.

In quei due anni passati a San Francisco, Christine si era diplomata e, dopo aver lavorato per un annetto come cameriera per mettere da parte un po’ di soldi, era partita per la città degli angeli dove si era iscritta all’università. Aveva deciso di prendere una strada del tutto diversa da quella dei suoi genitori, evitando architettura, ingegneria e similari iscrivendosi a medicina: il suo sogno era quello di diventare pediatra.

I suoi genitori, tanto per cambiare, non avevano potuto accompagnarla durante il suo trasferimento, così le avevano spedito già tutte le cose nel suo appartamento nel campus dell’università, appartamento che condivideva con una ragazza che ancora non aveva conosciuto.

Quando entrò nella sua nuova casa, vide un mucchio di scatoloni impilati nel salottino, scatoloni che non erano tutti suoi.

 

“Eccoti, finalmente sei arrivata!” si voltò sentendo quella voce e una bella ragazza bionda con un sorriso radioso le andò incontro. “Sì, questi scatoloni sono anche miei, anche se ti assicuro che l’80% sono tuoi!” strizzò l’occhio a Chris quando la vide arrossire.

 

“Scusami, mi spiace per il disordine…”

 

“Ah, ma figurati! Non sono una che si scandalizza, credimi!” e Chris non ebbe difficoltà a farlo, dato che la ragazza sembrava una tipa tutto pepe, rockettara e estroversa. “Io comunque, mi chiama Amanda Birxx, ma tutti mi chiamano Mandy!”

 

La mora strinse la mano a quella ragazza dall’aria così simpatica. “E io mi chiamo Christine Davis, ma chiamami Chris!”

 

“Bene, Chris…ti va una birra mentre disfiamo i bagagli?”

 

“Ma sì, perché no…fa così caldo qui dentro! Da dove vieni, Mandy?”

 

“New York…e tu?”

 

“Beh, io sono di LA ma da 5 anni vivo a San Francisco…sono tornata qui per studiare medicina!”

 

“Wow, medicina! Io studio design di moda, ma per guadagnare qualcosa faccio la fotomodella…il mio sogno comunque è diventare stilista!”

 

Chris continuò a chiacchierare con Mandy mentre entrambe sistemavano i loro bagagli; la mora era felice di avere come coinquilina una tipa tranquilla e alla mano e sperava sarebbero diventate amiche.

 

“Senti, Chris, questa sera io vado a sentire il concerto della band del mio ragazzo…ti va di accompagnarmi?”

 

“Certo, volentieri! Come si chiama questa band? E’ famosa?”

 

“Guns ‘N Roses…non sono ancora famosi, ma sono piuttosto bravi e spero ce la facciano…ah, tieni, ho trovato il volantino della serata!”

 

Chris lo prese e quasi si sentì mancare quando vide due tipi a lei ben noti: Slash e Steven. Si sedette sul letto, tenendo con due mani il volantino e non staccando gli occhi da lì.

 

“Che hai, ti senti bene?”

 

“Mandy, io li conosco questi due…” glieli indicò e la bionda li riconobbe subito come Slash e Steven. “Come fai a conoscerli?”

 

“Andavamo a scuola insieme quando stavo qui a LA…eravamo diventati amici e loro erano gli unici che avevano voglia di stare con me. Io ero molto timida e silenziosa all’epoca e non legavo con nessuno…non so bene cosa abbia in comune con quei due matti, ma qualcosa ci ha legato…soprattutto con Slash…”

 

Mandy osservò lo sguardo sognante di Chris e colse subito che c’era qualcosa sotto. “Avete avuto una storia e tu sei ancora innamorata?”

 

“No!” rispose la mora, forse con troppa enfasi. “No…c’era stato solo un bacio, ma noi siamo sempre stati amici e non ci potrà essere nient’altro!”

 

Mandy storse il naso a quella convinzione di Chris, ma decise di lasciar stare.

 

“Come stanno comunque?” chiese ancora la mora.

 

“Stanno bene…sono in questa band che spacca parecchio a LA, sono abbastanza conosciuti qui in città. Sono però 5 disgraziati, Chris, ti avviso…vivono di lavoretti saltuari e stanno tutti in un magazzino vicino al Sunset…”

 

“Mhm…ma non mi importa come vivono, loro hanno sempre amato la musica e so che sono disposti a tutto per sfondare…dì un po’, tu non sarai mica la ragazza di Axl o Izzy?” Chris aveva riconosciuto pure loro e si era stupita non poco nel vedere che tutti, ora, facevano parte della stessa band.

 

“No, per carità…Axl? Gnocco da far paura, ma rompicoglioni all’inverosimile! Izzy? Troppo silenzioso e misterioso per me…sto con il bassista, un certo Duff! Devi conoscerlo, Chris…”

 

Dallo sguardo perso della bionda, capì che era completamente partita per quel ragazzo, che, da come aveva visto sul volantino, era molto alto e con capelli chiari cotonati. Molto carino, comunque, anche se mai come il suo Saul…

Non vedeva l’ora di rincontrarlo, anche se da un lato ne aveva paura…in quei due anni erano cambiate tante cose, lei era cambiata, non era più la ragazzina inesperta e timida di due anni prima. Aveva fatto di tutto per dimenticare Slash: dopo pochi mesi aveva lasciato Daniel e da lì si era susseguita una serie di fidanzati più o meno importanti, con cui stava per qualche mese per poi lasciarlo…perché nessuno era come lui.

Non sapeva se sarebbe riuscita a comportarsi normalmente con lui…lei sapeva che non lo vedeva più come un amico, ma non aveva intenzione di dover interrompere tutti i legami con lui per una cotta.

 

“Allora, ti va di accompagnarmi stasera?” la voce di Mandy interruppe i suoi pensieri.

 

“Certo, più che volentieri!!”

 

“Ottimo! Allora, io direi che ora potremmo andare a sbrigare le pratiche per l’iscrizione all’università, poi veniamo qui, ci prepariamo e per le 9 andiamo al Troubadour!”

 

Mandy aveva un sorriso a trentadue denti, sorriso che contagiò Chris, la quale acconsentì con entusiasmo.

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Capitolo 9
*** 9 ***


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Mandy e Chris erano prontissime per la serata; la bionda era entusiasta e aveva fatto indossare all’amica un tubino di pelle aderentissimo e cortissimo. All’inizio Chris non era per nulla convinta, dato che quell’abito la rendeva estremamente sexy e provocante, ma poi si lasciò convincere da Mandy che si giocò la carta del colpo al cuore che avrebbe avuto Slash vedendola.

Mandy, dal canto suo, aveva optato per una maglia nera forata e del tutto trasparente, sotto alla quale aveva messo un reggiseno push-up luccicante e pantaloni di pelle dorati: davvero molto appariscente, ma nel complesso stava molto bene, grazie al fisico statuario che si ritrovava.

Le ragazze presero un taxi per arrivare al Troubadour dove c’era già parecchia gente in coda per entrare.

 

“Wow, non immaginavo fossero così conosciuti!” si stupì Christine.

 

“Sì, lo sono…non hanno ancora fatto molti concerti, ma sono bravi e la gente lo riconosce il talento!”

 

Mandy andò dal buttafuori e gli mostrò subito il pass che il suo ragazzo le aveva dato, e così entrarono nel locale senza problemi. Là dentro faceva un caldo terribile e il fumo aveva già creato uno strato di nebbia soffocante; in più, c’era un gran vociare, unito alla musica che stava mettendo il dj e di conseguenza non si sentiva nulla di nulla.

Mandy prese la mano di Chris per portarla nel backstage; appena imboccarono un corridoio laterale, la musica si placò, come la cappa di fumo.

 

“Dio, si soffoca qui dentro!”

 

“Mandy, noi guarderemo il concerto nel backstage?”

 

“Penso di sì, ora vediamo che dice Duff!”

 

Mandy bussò alla porta e subito un ragazzo altissimo e con i capelli biondi cotonati aprì.

 

“Mandy, piccola!” la bionda gli saltò al collo e i due si baciarono in un modo non proprio casto.

 

“Ho portato un’amica…” disse dopo essersi staccata dal suo ragazzo.

 

“Hai fatto bene! Io sono Duff, piacere!”

 

“Christine, piacere mio!”

 

Le due ragazze erano entrate in quell’affollato backstage, dove insieme ai musicisti c’erano due ragazze e decine di bottiglie e mozziconi di sigarette e non solo sparsi qua e là.

 

“Ragazzi, Mandy ha portato un’amica!” urlò Duff per farsi sentire.

 

“Speriamo almeno che sia gnocca…” senza nemmeno voltarsi, Slash disse quella frase: si trovava su una ragazza bionda, sdraiata sul divano e con cui non stava avendo una conversazione propriamente verbale.

 

Chris lo inquadrò subito: la ragazza era praticamente nuda e Slash aveva la faccia direttamente sprofondata nel suo seno. La mora sentì lo stomaco contrarsi a quella vista, ma che cosa si aspettava del resto?

I suoi pensieri furono interrotti da Steven, che la riconobbe per primo.

 

“Chris? Sei proprio tu?”

 

La ragazza potè vedere Slash alzare la testa di scatto e guardarla, allibito, come se si trovasse di fronte a un fantasma. Chris lo fissò alcuni istanti, per poi abbracciare il batterista che le si era avvicinato.

 

“Sei bellissima, ragazza! Che fai qui a LA?”

 

“Farò l’università qui! E la mia coinquilina è proprio Mandy!”

 

“Che bello, ma quindi resterai qui per un po’!” Chris sentì un moto di dolcezza verso il sorriso felice di Steven, che non aveva intenzione di nascondere la sua gioia per il ritorno dell’amica.

 

“Sì, a data da destinarsi, diciamo!”

 

“Allora verrai a tutti i nostri concerti!”

 

“Senza dubbio Steve!...ciao, Axl…” Chris salutò freddamente il rosso che si era avvicinato e le aveva messo un braccio intorno alla vita con nonchalance.

 

“Christine…ti vedo decisamente meglio rispetto a due anni fa…” senza pudore, la squadrò dalla testa ai piedi, soffermandosi sulle gambe e sul seno.

 

“Tu invece sei sempre uguale, Axl…”

 

Tutti fecero una risatina per la risposta che la ragazza aveva dato ad Axl: tutti, in fondo, temevano il rosso e i suoi scatti d’ira e si cercava sempre di non farlo arrabbiare. Lo videro infatti stringere la mascella, per poi aprirsi in un sorrisetto strafottente e rispondere con sicurezza: “Lo prendo come un complimento, bambolina…”

 

“Oh, senza dubbio lo è…” aggiunse ironica Chris.

 

“Sapevo che eri rimasta ammaliata dal mio fascino…Hudson! Non vieni a salutare la tua amica?” urlò a un certo punto il rosso.

 

Chris sentì il cuore martellarle nel petto mentre lo osservava alzarsi dal divano e allontanare da sé la mano della bionda, che aveva tentato di fermarlo prendendolo per la maglietta. Le si piazzò davanti, indeciso sul cosa fare, limitandosi poi a darle un bacio sulla guancia; il suo profumo le aveva invaso le narici e pensò che era sempre uguale a come lo ricordava.

Ma lui…lui non era sempre uguale; lui era cambiato tantissimo e rimase ammaliata dai suoi capelli più lunghi e dal suo fisico più muscoloso. Se poteva anche solo pensare di considerarlo di nuovo solamente un amico, si sbagliava di grosso.

 

“Come stai, Chris?”

 

“Bene, Saul, e tu?”

 

“Tutto bene…sono contento tu sia qui a sentirmi…sai, sono cambiate tante cose in questi due anni…” glielo disse con dolcezza, come se desiderasse tornare a due anni prima, quando il loro rapporto era solamente un’amicizia bellissima, in cui ci si confidava tutto. Ma con quel bacio era cambiato tutto, avevano provato sensazioni che non si potevano ignorare…e lo sapevano entrambi.

 

“Se vuoi, poi possiamo parlarne un po’…”

 

Slash annuì: stava per dire qualcosa ma venne interrotto da un tizio che annunciò ai ragazzi che era ora di cominciare. Così, imbracciati gli strumenti, i 5 uscirono sul palco.

 
 

Slash si mise al suo posto, cercando di liberare la mente come sempre faceva quando prendeva in mano la sua chitarra…ma quella sera era accaduta una cosa troppo assurda per rimuoverla temporaneamente dal suo cervello.

Mai e poi mai avrebbe pensato di rivedere Chris…dopo la sua visita di due anni prima si erano persi completamente, non si erano più visti né sentiti…ed entrambi sapevano il perché.

Quella benedetta mattina lui l’aveva baciata e ciò che aveva provato era stato uno schiaffo in pieno volto…per mesi aveva pensato e ripensato a quel bacio, a quanto lei fosse bella, dolce, morbida. Non aveva riprovato con nessuna quello che aveva provato con Chris anche solo per un bacio.

Poi erano nati i Guns ‘N Roses, si era trasferito i quella topaia con i suoi compagni di band, aveva iniziato la sua vita all’insegna della coca, delle donne…del rock.

Per carità, era ciò che aveva sempre sognato e lo aveva aiutato a dimenticare Chris…ma ora quel cassettino della memoria, e anche del cuore, si era riaperto…e sapeva che i casini sarebbero iniziati molto presto.

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Capitolo 10
*** 10 ***


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Appena i ragazzi furono usciti sul palco, entrò nel backstage una ragazza con i capelli castani a caschetto, vestita solo con un bustino, mutandine e collant a rete.

 

Mandy!”

 

Adri! Dov’eri?”

 

Ho staccato dal lavoro tardi e sono arrivata solo adesso…hanno cominciato da tanto?”

 

No no, sono saliti sul palco solo ora!”

 

Ottimo! Pam, che fai lì? Preparati!”

 

La ragazza si era rivolta alla bionda, quella che era con Slash, la quale non si era ancora alzata dal divano e stava sfumacchiando una sigaretta. “Arrivo, Adriana, non ti agitare!”

 

La moretta sbuffò, per poi guardare Chris e avvicinarsi a lei con un bel sorriso. “Piacere, io mi chiamo Adriana…”

 

Ciao, io sono Christine, piacere!”

 

E’ la mia coinquilina al campus dell’università…nonché, amica di vecchia data di Slash e Steven!”

 

Ma sei quella Christine? Steven mi ha parlato tanto di te!”

 

Sei la sua ragazza?” chiese Chris curiosa.

 

Diciamo di sì…”

 

E io sono la ragazza di Slash…piacere, Pamela…” con aria strafottente, la bionda si era alzata dal divano e si era parata davanti a Chris, che ricambiò la stretta. “E così, tu saresti una loro vecchia amica, eh?”

 

Sì…andavano a scuola insieme prima che mi trasferissi a San Francisco…”

 

A me, invece, Slash non ha mai parlato di te…”

 

Sarà perché te e Slash vi limitate a scopare, Pam…” le rispose Adriana, zittendola.

 

Vieni, Chris, guardiamo il concerto…” Mandy prese sottobraccio la mora, che era ancora impalata lì in mezzo al backstage, indecisa su cosa dire e fare. “Non fare caso a Pam, è una stronza…” le sussurrò all’orecchio.

 

Le due si sistemarono accanto alla porta che dava sul palco e Chris rimase a bocca aperta sentendoli suonare: erano grandiosi. Non aveva mai sentito suonare qualcuno così: erano bravi, sapevano stare sul palco…erano delle bestie, riuscivano a far urlare a squarciagola la gente, a far tremare le pareti del locale. Chris fece un passo in avanti, come per avvicinarsi al palco, a loro, e Mandy la guardò sorridendo, vedendo come anche lei fosse rimasta colpita allo stesso suo modo, la prima volta che gli aveva sentiti.

Le canzoni si susseguirono una dopo l’altra, fino ad arrivare a Rocket Queen, che venne annunciata da Axl; quella sera, per la prima volta, avrebbero avuto due ballerine al loro fianco durante quella canzone. Adriana e Pam entrarono sul palco, iniziando a ballare sensualmente intorno ai ragazzi e Chris sentì un moto di gelosia scuoterle lo stomaco vedendo la bionda strusciarsi senza pudore su Slash.

Lui voltò un attimo il capo verso di lei, sentiva che lo stava osservando, che lo stava marchiando con i suoi splendidi occhi…e non potè non sentirsi una merda quando vide un lampo di tristezza negli occhi della sua amica.

 

Che succede, Chris?” le chiese Mandy, vedendola voltarsi e rientrare nel backstage. “Ti conosco appena, ma mi sono resa conto che c’è qualcosa che non va tra te e Slash…”

 

Chris si lanciò cadere sul divano sfondato del backstage. “Sai, due anni fa sono stata qui a LA un week end…io e Slash abbiamo dormito insieme e…c’è stato un bacio…”

 

Solo un bacio?”

 

Ero ancora vergine all’epoca…però io non ho mai dimenticato quel bacio e…credo di essermi innamorata di lui, ma non si può perché noi siamo amici…e poi lui magari non vuole e…”

 

Chris!” Mandy la fermò dato che stava parlando a vanvera senza riuscire a fermarsi. “Calmati, ok? Credo che abbiate solamente bisogno di parlare…”

 

Ma c’è Pamela…e Slash vorrà sicuramente passare la serata con lei…”

 

Non dire sciocchezze! Vedrai che anche lui ha voglia di stare un po’ con te e di parlare…sai, con Pam ci va a letto quando…non c’è niente di meglio, diciamo…non stanno insieme come ha detto lei…è solamente gelosa di te, perché ha visto che reazione ha avuto Slash quando sei arrivata. Vedrai che avrà solo voglia di stare un po’ con te, questa sera…”

 

Chris ci sperava con tutto il cuore: non voleva che lui le dichiarasse amore eterno, le bastava tornare ad essere amici come quando lei viveva lì, voleva che lui le parlasse della sua musica, dei suoi sogni che forse si stavano realizzando. Voleva condividere tutto con lui...e avrebbe accettato il fatto che lui no potesse darle qualcosa di più.

Il concerto finì e i ragazzi, sudati e mezzi nudi, rientrarono nel backstage; Chris potè vedere che erano uno più bello dell’altro, un concentrato di ormoni e sesso. Ovviamente il suo sguardo si fermò un po’ più a lungo sul petto di Slash, che fece finta di niente, avvicinandosi poi a Pamela che si era appena accesa una sigaretta e sfilandogliela dalle carnose labbra per fare un tiro.

 

Ehi, Chris, ti siamo piaciuti?” Steven, con accanto a sé Adriana, si era avvicinato all’amica, ansioso di avere un parere.

 

Siete stati grandiosi, Steve! Davvero, spettacolari!”

 

Sapevo che ti saremmo piaciuti! Dobbiamo festeggiare, allora!!!” Chris decise di smettere di piangersi addosso e di godersi la serata, e si fece contagiare dall’entusiasmo di Steven.

 

Bambole, ci facciamo una doccia e poi andiamo al magazzino a fare una di quelle feste che non dimenticherete tanto facilmente!” esclamò Axl, prima che i cinque si avviassero verso il bagno.

 

Una volta che i musicisti erano pronti, si avviarono tutti verso il magazzino: gli strumenti sarebbero andati a prenderli il giorno dopo con più calma e meno folla nel locale.

Slash rimase per tutto il seppur breve tragitto appiccicato a Pam e Chris si sentiva sempre peggio, anche perché anche Mandy e Adriana erano appiccicate ai loro uomini e lei si era ritrovata da sola, a camminare alcuni passi più indietro degli altri. Sospirò, pensando che forse era stato un errore madornale andare a quel concerto.

 

Chris, c’è qualcosa che non va?” Steven le era apparso vicino e le aveva fatto fare un salto. “Scusa, non volevo spaventarti…ma ti ho visto qui da sola e…”

 

Non c’è nulla, Steve…stai tranquillo…”

 

E’ per Slash, vero?” Chris lo guardò sbarrando gli occhi. “So quello che è accaduto due anni fa…”

 

E’ una cosa che devo dimenticare…”

 

Lui non l’ha dimenticato, Chris…è che…sono cambiate tante cose da allora, noi siamo cambiati e di certo non in meglio…”

 

A me basterebbe recuperare il rapporto di amicizia che c’era tra noi…”

 

Anche lui, credimi…lascia che si sblocchi un attimo, è insicuro come te in questo momento…”

 

Si fermarono davanti a un magazzino, come avevano fatto gli altri; Chris guardò il batterista in viso, gli sorrise e lo abbracciò. “Da quando sei così saggio, Adler?”

 

Ehi, io sono sempre stato saggio!”

 

Sì, come no…ma in che razza di topaia vivete, eh?”

 

Lo so, è uno schifo…ma quando sfonderemo vedrai in che ville di lusso abiteremo!”

 

Chris rise. “Sono sicura che sarà così! Ricordatevi di me quando sarete ricchi, ok?”

 

Contaci bambola! Entriamo in casa, ora, dai…la festa deve iniziare!” 






Piccola nota per CHARA...non odiarmi se mi è uscita una Adriana simpatica ;);)
Ringrazio tutti coloro che leggono, seguono e recensicono!
Un bacio

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Capitolo 11
*** 11 ***


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Chris non era mai stata a una festa di quel genere: in nemmeno un'ora il magazzino si era riempito di gente di ogni tipo, da quella più tranquilla a quella decisamente poco raccomandabile. Le ragazze facevano a gara per attirare l'attenzione dei mucisti: alcuni di loro, come Slash e Izzy, non disdegnavano le loro premure, mentre Axl, Steven e Duff se ne stavano con le loro donne spalmate su una qualche superficie a fare più che espliciti preliminari.
In altre parole, contando che sia Mandy che Adriana che Erin, la ragazza del cantante che Chris aveva conosciuto lì al magazzino, erano tutte impegnate, l'unica disponibile sembrava Pam, seduta su un tavolo a bere birra guardando nera in volto Slash che limonava senza scrupoli con una moretta tutta tette. Chris sentiva dentro di lei la stessa rabbia della bionda, con cui forse avrebbe potuto chiacchierare...come è che si dice, mal comune mezzo gaudio...ma preferì mantenersi alla larga da lei e sfogarsi con l'alcool.
Ogni tanto vagava qua e là per il magazzino, senza mai perdere Slash di vista che, dal canto suo, non mancava di lanciarle qualche occhiata ogni tanto, come per...controllarla?
Venne avvicinata più volte da qualche tizio che ci provava spudoratamente e, dopo che ebbe rifiutato l'ultimo che praticamente non si reggeva in piedi, sentì una voce alle sue spalle. “Dovresti smetterla di fare la verginella...prova a sganciarla un po' e smetterla di piangerti addosso...”
 
“Non mi sembra di essere l'unica che si sta piangendo addosso, Pam...”
 
“Ragazzina, io Slash me lo posso prendere quando mi pare, sono stata chiara?”
 
“Beh, in questo momento lui mi pare decisamente impegnato con qualcuna che non sei te...”
 
La bionda le lanciò uno sguardo di fuoco e, dopo averle messo in mano il suo bicchiere, si avviò ancheggiando verso la scassata poltrona dove Slash ci dava dentro; Chris la vide prendere la moretta per un braccio e allontanarla dal riccio, su cui si accomodò. Le lanciò uno sguardo esultante prima di tuffarsi su di lui; Chris cercò di mandare giù la rabbia, aiutandosi con il contenuto del bicchiere di Pam...whisky puro: una bomba.
Strinse gli occhi cercando di mandare giù e di non vomitare lì in mezzo alla casa, anche se probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto; trovò una bottiglia sul tavolo dove fino a poco prima stava Pam e se ne versò dell'altro nel bicchiere, mandandolo giù tutto d'un fiato. Lo stomaco le bruciava ma finalmente l'alcool iniziava a fare effetto: la testa era più leggera, i suoni ovattati e la musica più coinvolgente.
Si avviò verso la parte di magazzino vicina allo stereo dove un po' di gente ballava; si unì alle danze, scatenandosi e ballando con chi capitava.
 
Slash, dal canto suo, non si era perso un movimento della ragazza: l'aveva osservata tutta la sera mentre vagava a disagio per il magazzino e beveva per sciogliersi un po'. Aveva visto la conversazione con Pam e aveva fatto due più due quando la bionda si era lanciata su di lui scacciando a malo modo l'altra poveretta e aveva visto Chris scolarsi quel whisky come fosse aranciata; e la stava guardando anche ora, mentre ballava in pista, avvinghiata a un capellone dall'aria strafatta che le aveva messo senza tanti problemi le mani sul culo.
Allontanò Pam e si alzò dalla poltrona per andare da lei...finalmente. Non sopportava vedere qualcuno che la toccava così...lei era pura, delicata, non meritava di essere sporcata da un coglione...da lui stesso.
Diede uno spintone al ragazzo e prese Chris tra le braccia: la ragazzo lo osservò con gli occhi vuoti, segno evidente che era ubriaca persa, ma non si oppose quando la prese in braccio e la portò verso la sua stanza. Una Pam imbizzarrita gli si avvicinò tentando di farsi notare.
 
“Slash...”
 
“Vai via, Pam. Non è il momento.” le rispose lui, prima di chiudersi la porta della sua stanza alle spalle.
 
La sua camera, sua e di Izzy, era un vero disastro: vestiti ovunque, mozziconi si sigaretta, qualche residuo di coca sul comodino. Poggiò Chris un attimo e, sempre tenendole un braccio intorno alla vita per sorreggerla, buttò a terra tutti i vestiti che stavano sul suo letto; la fece coricare e poi si avviò verso la piccola finestra, che aprì leggermente per far entrare un po' d'aria. Chris sembrava essersi appisolata e lui diede una rapida sistemata alla stanza per renderla presentabile: non voleva che lei vedesse come si fosse ridotto.
Una volta finito, si sedette sul bordo del letto e portò una mano alla sua guancia: era morbida come se la ricordava. La sfiorò leggermente, come se temesse di farle del male e si bloccò con la mano a mezz'aria quando la vide aprire gli occhi.
 
“Saul...” disse sottovoce.
 
“Sono qui, bimba...come ti senti?”
 
“M-male...devo vomitare...”
 
Slash la tirò prontamente su e prese da sotto il letto un catino: di certo non era la prima che qualcuno, o lui stesso, vomitava nella sua camera, quindi si era attrezzato.
Chris vomitò anche l'anima e il riccio non si allontanò mai da lei, scostandole premurosamente i capelli e calmandola quando la vedeva agitarsi.
 
“Scusami...” gli disse uno volta che era di nuovo sdraiata. “Non ci vediamo da due anni e quasi ti vomito addosso.”
 
Slash ridacchiò. “Stai tranquilla, sono qui apposta... a questo servono gli amici, no?”
 
Vide Chris annuire distrattamente, forse perchè non erano ancora del tutto sobria o forse perchè in quella parola, amici, proprio non si riconosceva più.
 
“Saul, io...”
 
“Non dire nulla, ok? Ora cerca di riposarti, domani parleremo di tutto quello che vuoi. Ora dormi...o domani avrai un mal di testa lancinante.”
 
“Mi sa che lo avrò comunque...” Chris ridacchiò e Slash la osservò attentamente, facendola arrossire. “Che c'è?”
 
“Mi è mancata la tua risata, sai?”
 
Chris si limitò ad abbassare il capo tentando di nascondere il viso rosso per l'imbarazzo. “Vai a festeggiare, ora, non perdere tempo con me...”
 
“Preferisco stare qui...”
 
“Davvero?”
 
“Davvero...”
 
“Allora...ti va se...”
 
“Sì, mi va...”
 
Non era stato necessario che Chris parlasse: anche lui moriva dalla voglia di stendersi accanto a lei e respirare a pieni polmoni il suo profumo, vaniglia con qualcos'altro di più fresco.
La ragazza gli si accoccolò tra le braccia, sprofondando quasi subito nel sonno; Slash rimase sveglio a lungo, non tanto per il rumore che proveniva dall'altra stanza quanto per il rumore dei suoi pensieri...tutti quei pensieri riguardanti la splendida donna che aveva tra le braccia...pensieri che, dopo aver dormito per due anni, si risvegliavano più acuti che mai.

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Capitolo 12
*** 12 ***


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Quando il mattino seguente Chris aprì gli occhi, si accorse subito di avere un dopo sbronza con i fiocchi. La bocca era talmente impastata che quasi non riusciva ad aprirla e la testa le doleva come non mai. Senza svegliare Slash, si alzò dal letto, in cerca di una sottospecie di bagno per darsi una sciacquata al viso: non si sarebbe stupita, comunque, se non ci fosse stato, il bagno, là dentro.

Aperta la porta della stanza del riccio, si trovò davanti uno spettacolo davvero allucinante: gente che dormiva ovunque, sul pavimento, sotto al tavolo, seduta su una sedia; il pavimento, dove non era ricoperto di corpi, era pieno di bottiglie vuote, mozziconi di sigaretta…qua e là c’era anche qualche pozza di vomito. Trattenendo un conato, Chris si avviò a lunghi passi verso quello che ipotizzava essere il bagno, facendo la gimkana tra le persone e i rifiuti; il bagno non era in condizioni migliori rispetto al resto della casa, contando che c’era anche un tizio nella vasca da bagno. Sembrava dormire di lungo, quindi decise comunque di fare pipì, stando ben attenda a non appoggiarsi al water, da cui avrebbe potuto prendere chissà quali malattie. Si sciacquò il viso e le mani ed uscì, lasciando il ragazzo sempre addormentato nella vasca. Una volta fuori, si trovò davanti Axl Rose, a petto nudo e con dei boxer neri; involontariamente Chris fece correre lo sguardo sul suo fisico statuario, per poi chiudere gli occhi per evitare di dargli altre chances per prenderla in giro.

 

“Già sveglia?”

 

“Sì…e anche tu, vedo…”

 

“Sono un tipo piuttosto mattiniero, in effetti. Ti va di andare a fare colazione al bar?”

 

“Perché no…anche se non sono molto presentabile…” Chris, infatti, indossava ancora il vestito di pelle con cui aveva anche dormito, senza sapere bene come.

 

“Poco male, al bar qui all’angolo sono abituati a vedere gente in stati peggiori.”

 

Poco dopo, i due erano seduti a un tavolino del bar a sfogliare il menù; Chris ordinò un caffè nero bollente e un muffin, Axl del succo d’arancia e uova strapazzate con bacon.

 

“Come è andata con Slash?”

 

“Non abbiamo fatto nulla, se è questo che stai insinuando…”

 

“Non insinuo nulla, so solo che ho visto Pam andarsene come una furia dopo che vi siete chiusi in camera.”

 

“Io ero ubriaca, ci siamo messi a dormire.”

 

Axl annuì riprendendo a mangiare e Chris pensò che forse aveva smesso con l’interrogatorio. “Sei innamorata di lui, vero?”

 

Alzò gli occhi di scatto dal suo caffè, guardando il rosso che aveva un sorrisetto strafottente stampato in viso: da prenderlo a sberle.

 

“Non sono affari tuoi, Axl…”

 

“Siamo dei disgraziati, Christine…non te ne sei ancora accorta? Beviamo, ci droghiamo, scopiamo a destra e a manca. Slash non è il principe azzurro che cerchi e forse è meglio se ti limiti a considerarlo un amico…”

 

“Te lo ripeto, non sono affari tuoi!” Chris posò una banconota sul tavolo e si alzò di scatto andandosene da lì.

 

Era decisa a tornare il magazzino e cercare Mandy, per poi tornare al campus; con Slash ci avrebbe parlato in seguito.

Entrata, si stupì nel vedere che nei venti minuti che era stata via tutta la gente se ne era andata: c’erano solo Duff e Mandy con in mano due tazze, Izzy che dormicchiava sul divano e Steven e Adriana vicino a lui.

 

“Slash, stai tranquillo, vedrai che sarà solo uscita un attimo…” sentì dire da Duff.

 

“Ma lei non è di qui, non conosce queste zone…e se qualcuno le avesse fatto del male?”

 

“Slash è pieno giorno!” aggiunse Mandy.

 

“Ehm ehm…” Chris tossicchiò per farsi notare, quando si rese conto che stavano parlando di lei.

 

Slash corse praticamente verso di lei. “Dov’eri, si può sapere?”

 

Chris si spaventò per il tono violento del suo amico, e fece un passo indietro spaventata.

 

“Saul, stai calmo, non vedi che la spaventi?” Axl fece la sua comparsa nel magazzino.

 

“Era con te, figlio di puttana?” Slash si scagliò sul rosso, facendo avvicinare gli altri musicisti pronti a sedare una rissa. “Che cazzo le hai fatto? Se l’hai toccata anche solo con un dito, io…”

 

“Non ti agitare, Hudson, abbiamo solo fatto colazione!”

 

Slash si allontanò da Axl e prese Christine per mano, per trascinarla nella sua stanza.

 

“Lasciami, mi fai male!” tentò di protestare, ma lui in tutta risposta strinse la presa e si chiuse la porta alla spalle facendola sbattere. “Ma che ti prende, si può sapere?”

 

Già, che gli prendeva? Una fitta acuta di gelosia si era fatta sentire vedendola rientrare seguita da Axl…se poi ripensava allo spavento di non averla trovata a letto…tutto ciò era diventata incazzatura bella e buona.

 

“Che mi prende? Mi prende che sei scomparsa dal letto e non avevo idea di dove fossi finita!”

 

“Non ho 10 anni e se me ne voglio tornare a casa senza avvisarti, credo di essere libera di farlo!”

 

“Non dopo che ti ho salvata dal farti praticamente violentare in preda all’alcool! E che ti ho fatta dormire nel mio letto, costringendomi a sacrificare la mia serata!”

 

Chris rimase a bocca aperta per la faccia tosta del riccio. “Costretto?? Non ti ho costretto a fare un cazzo! Nessuno ti aveva chiesto aiuto, hai fatto tutto di tua spontanea volontà! Mi dispiace averti fatto perdere tempo prezioso per scopare con la tua Pam!”

 

“Cosa c’entra Pam, adesso…”

 

“Ma vaffanculo, Saul!” Chris fece per aprire la porta, ma Slash la richiuse con uno scatto secco.

 

La imprigionò tra il suo corpo e la porta, poggiando le mani all’altezza delle spalle della ragazza, che lo guardava con gli occhi smarriti e il respiro affannoso. Slash pensò che era così bella, fragile, pura…lo aveva già pensato la sera prima che non meritava di essere sporcata da un coglione qualsiasi…un coglione come lui.

Non sapeva con quale coraggio le avrebbe detto che era diventato un drogato, che sniffava, che ogni tanto si bucava, che beveva…un vero cazzone, che l’avrebbe fatta solo soffrire. Ma vederla lì, a 10 centimetri dal suo corpo, tutta spettinata e col viso stravolto per la nottata precedente…non si trattenne e si tuffò sulle sue labbra, così rosse e invitanti, esattamente come aveva fatto due anni prima…era da allora che desiderava rifarlo.

Chris poggiò le mani sul suo petto per allontanarlo senza troppa convinzione: il cervello le era andato completamente in pappa anche solo vedendolo così vicino a lei.

Slash sorrise sulle sue labbra quando la sentì intrecciare le dita tra i suoi capelli e diventò ancora più audace, succhiandole il labbro inferiore e intrufolando la lingua nella sua bocca. Si baciarono con passione, cercando di recuperare in quei pochi istanti il tempo perduto.

Slash le fece fare un mezzo giro su loro stessi e, senza staccarsi dalle sue labbra, la spinse verso il letto; Chris vi si sedette, sdraiandosi lentamente , sovrastata dal corpo del chitarrista…ma riuscì a rendersi conto appena in tempo di quello che stava accadendo.

 

“Saul…no…” lui, in tutta risposta, iniziò a baciarle e mordicchiarle il collo. “Saul, fermati…” il suo tono era diventato più forte e lui si fermò. “Aspetta, ti prego…abbiamo bisogno di parlare…io ho tante cose da dirti…”

 

Slash si tirò indietro i capelli, espirando dalla bocca e cercando di placare quel folle desiderio di lei che lo aveva travolto in pochi istanti. “Sì…hai ragione…senti, io oggi pomeriggio devo lavorare. Ti va se ci vediamo questa sera? Ti porto a mangiare la pizza più buona di LA!”

 

Slash le fece un sorriso a trentadue denti, cercando di smorzare il disagio che era inevitabilmente calato tra di loro; il riccio temeva di aver fatto una cagata e di aver perso ogni possibilità di recuperare con lei. Ma per fortuna la vide aprirsi in un sorriso e annuire convinta, accettando la proposta.

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Capitolo 13
*** 13 ***


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Sull’autobus che le stava riportando al college, Chris non spiccicò una parola; Mandy la guardava con la coda dell’occhio, preoccupata…non sapeva bene cosa fosse accaduto tra i due quella notte e quella mattina, quando si erano chiusi in camera. Ma sapeva quanto a Chris brillassero gli occhi quando guardava Slash…e quanto Slash, la sera prima, avesse seguito ogni singolo movimento della ragazza.

Mandy avrebbe voluto fare qualcosa, ma temeva di essere invadente contando che conosceva Chris appena; avrebbe aspettato che fosse lei a parlargliene.

E il momento arrivò, non appena si chiusero la porta del loro appartamento alle spalle. “Stasera esco con Slash…”

 

Mandy la guardò sorridendo e si sedette sul piccolo divano nero del salottino, facendole segno di accomodarsi accanto a lei; Chris obbedì: non vedeva l’ora di parlare con qualcuno, stava per scoppiare.

 

“Raccontami tutto, forza…”

 

“Beh, è partito tutto da una specie di…confronto con Pam, ieri sera…Slash stava praticamente scopando con una tipa su una poltrona, io lo guardavo e Pam mi ha insultata, dicendomi di non fare la verginella, bla bla bla…le ho risposto dicendole che anche lei stava guardando Slash incazzata esattamente come me…e lei cosa ha fatto?” la voce di Chris era più acuta del solito e tremava, come se stesse per scoppiare a piangere. “E’ andata da lui, ha cacciato quella tizia e gli ha ficcato la lingua in bocca!”

 

“Pam, purtroppo, è fatta così…ma a Slash non gliene frega nulla di lei…”

 

“Poi ho cominciato a bere, mi sono messa a ballare con un tizio talmente sbronzo che non stava in piedi…non che io fossi messa meglio, comunque…”

 

“Chris…”

 

“Non farmi la predica, per favore…comunque Slash è venuto a prendermi, mi ha portato in camera sua e…”

 

“Ti prego, non dirmi che avete sesso…”

 

“Abbiamo solo dormito…però…”

 

“Però?”

 

“Non ti allarmare…stamattina ci siamo baciati…”

 

“Dopo che lui ti ha rimproverato come se fossi la sua ragazza…”

 

“Non ha nessun diritto di farlo!”

 

“Era solo preoccupato, Chris…poi ha visto Axl con te e ha perso la testa. Si sa che Axl ha il vizietto di rubare le donne ai suoi amici…”

 

“Mandy, io non sono la donna di nessuno!”

 

Mandy mosse la mano come per scacciare un insetto. “Che c’entra! Slash tiene a te e non vuole vederti con uno stronzo come Axl…comunque, Chris…io li conosco da poco, i ragazzi, e non so come fossero prima…ma ora sono tutt’altro che bravi ragazzi. Credimi, Duff per primo…”

 

“Lo so…me lo ha detto Axl e me lo ha detto Saul stesso…dio, non so cosa fare…” Chris si presa la testa tra le mani. “Lui mi piace, il bacio di questa mattina è stato bellissimo…però ho troppa paura di soffrire e di rovinare per sempre il nostro rapporto…”

 

Mandy le mise una mano su una spalla e le sorrise. “Senti, tu stasera esci con lui, parlate, confidatevi come facevate anni fa. Vedrai che si chiariranno tante cose…”

 

Chris annuì. “Sì, è l’unica cosa da fare…mi aiuti a decidere che cosa indossare?”

 

Mandy si alzò con uno scatto dal divano. “Volentieri! Andiamo!” concluse tendendo una mano alla mora per farla alzare.

 

 

 

Intanto, al magazzino…

“Man, posso?” Duff aveva bussato alla stanza di Slash, che era chiuso dentro dalla tarda mattinata, da quando Chris e Mandy erano andate via. Non aveva pranzato e ora, a metà pomeriggio, il biondo aveva deciso di interrompere il suo isolamento e capire qualcosa di quello che stava accadendo.

 

“Entra, Michael…”

 

“Come stai?” gli chiese sedendosi sul letto, dove Slash era coricato a fissare il soffitto con le mani sotto la testa.

 

“Tralasciamo i convenevoli…che vuoi sapere?”

 

“Tutto…cosa hai fatto stanotte, che è successo stamattina e cosa c’è tra te e quella ragazza…”

 

Slash sbuffò, cercando di formulare nella sua mente una risposta. Optò per la totale sincerità…dopotutto davanti aveva Duff, non una persona qualunque. “Siamo amici da quando abbiamo 15 anni. Lei poi si è trasferita a San Francisco ed è tornata qui due anni fa per un fine settimana…in quell’occasione dormimmo insieme e…”

 

“Avete scopato…”

 

“No, Michael…ma sempre a quello pensi?! Ci siamo solo baciati. Non ci siamo mai più visti né sentiti fino a ieri sera…quando è arrivata nel backstage c’era Pam…io…io non sapevo cosa fare…”

 

“Non dare la colpa a Pam, sappiamo tutti che non ti frega un cazzo di lei…”

 

“Lo so…poi alla festa qui a casa, Chris era ubriaca, si è messa a ballare con un tizio…io non ci ho più visto e l’ho portata via.”

 

“Sei geloso, amico…”

 

“Non dire stronzate! Comunque, stanotte abbiamo solo dormito…”

 

“Se non fossi geloso, perché la scenata ad Axl stamattina?”

 

“Sappiamo tutti che Axl ha il vizio di ciullare le donne degli altri…”

 

“Ma Chris non è la tua donna…” Duff sogghignò dicendo quella frase: il suo amico si stava scavando la fossa da solo.

 

“Oh, McKagan, quando sei così pignolo mi stai sul cazzo! Non ti racconto più niente!!”

 

“Dai, scusami…avete scopato stamattina?”

 

“No, cazzo, come te lo devo dire! N-O-N A-B-B-I-A-M-O S-C-O-P-A-T-O!” scandì bene il riccio. “Ci siamo solo baciati, questa mattina…mentre lei mi mandava a cagare perché le ho fatto il culo…”

 

“Ha fatto bene contando che non sei il suo ragazzo!”

 

“La smetti di ripeterlo??? Comunque stasera ci vediamo per parlare…”

 

“Capito…che intenzioni hai con lei?”

 

“Non lo so…ti giuro, non ci capisco una sega…”

 

“Strano!”

 

“Ma fottiti!...cazzo, lei mi piace, l’ho pensata tanto in questi ultimi due anni e rivedermela lì davanti, così bella, morbida…non me la ricordavo così…”

 

Duff lo guardò come se avesse davanti un alieno. “Chi sei tu??? Esci da questo corpo!!!” il biondo scrollò Slash prendendolo per le spalle.

 

“Ma smettila, man!!” entrambi scoppiarono a ridere. “Per nessuna ragazza ho mai sentito quello che sento per lei…e proprio per questo so che devo starle lontano. Sono uno stronzo, un pezzente…cosa avrei da offrirle?”

 

“A lei questo non importa, Saul…”

 

“Lo so, ma la farei soffrire. Parliamoci chiaro, Michael…beviamo come spugne, ci droghiamo, scopiamo a destra e a manca…non sono esattamente il principe azzurro che Christine cerca…”

 

“Ti ci vedo con una calzamaglia!”

 

“Ovvio che sì, risalterebbe il mio enorme gingillo!!!”

 

“Ma vaffanculo, Saul!!!”

 

Slash rise, dando poi una pacca sulla spalla all’amico e sorridendogli: non erano tipi da parole dolci, ma non per questo la loro amicizia valeva di meno. Sapevano che ci sarebbero sempre stati, l’uno per l’altro, per qualsiasi motivo e in qualsiasi occasione.

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Capitolo 14
*** 14 ***


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Chris era nervosa: di certo non era la prima volta che usciva con un ragazzo…ma non era mai uscita con qualcuno come…lui. Mandy l’aveva aiutata a scegliere cosa indossare e alla fine aveva optato per un vestitino nero fiorato senza maniche, leggings neri e ballerine. Semplice, ma efficace. Aveva inoltre raccolto i capelli in una treccia che le ricadeva su una spalla e Mandy l’aveva anche truccata.

 

“Stai tranquilla, andrà tutto bene…”

 

“Cosa devo dirgli?”

 

“Non prepararti discorsi o che altro…ci penserai al momento cosa dire. Voi due siete sempre stati amici, quindi dovrebbe venirvi naturale…”

 

“In teoria…”

 

Le preoccupazioni di Chris aumentarono quando vide che erano le 8 passate e che Slash probabilmente la stava già aspettando davanti al cancello del college. Salutò la coinquilina, che le fece l’in bocca al lupo, e si avviò a passo rapido per il vialetto.

Lo vide subito: era seduto su una panchina e fumava una sigaretta. I pantaloni di pelle gli fasciavano le gambe e il giubbottino di jeans senza maniche gli dava un non so che di estremamente sexy. Con questo pensiero, si avvicinò a lui, dandosi dell’idiota e della masochista per quello che stava pensando: stava cominciando male, molto molto male.

 

“Chris!” appena la vide, Slash si alzò di scatto e gettò la sigaretta. “Sei bellissima” le diede un bacio su una guancia, godendosi il familiare profumo della ragazza e il suo respiro leggermente affannoso…forse per la camminata o forse per l’emozione.

 

“Anche tu…” gli rispose timidamente la mora.

 

“Ti ringrazio. Andiamo? La pizzeria non è molto lontana…”

 

Chris annuì e i due si avviarono in silenzio. I primi minuti furono decisamente imbarazzanti per entrambi, ma fu il riccio poi a rompere il silenzio.

 

“Voglio che mi racconti tutto quello che hai fatto in questi due anni…tutto, da quell’ultima sera in cui…in cui ci siamo visti…” stava per dirle in cui si erano baciati, ma forse era meglio rimandare lo scottante argomento per dopo.

 

“Vuoi sapere di Daniel?”

 

“Chi, scusa?”

 

“Lo sai chi, Saul…”

 

Certo che lo sapeva: voleva che gli dicesse come era andata con quel tizio, se stavano ancora insieme oppure se aveva qualcun altro, a San Francisco…se tutti gli stronzi che potevano averla toccata anche solo con un dito si erano resi conto dell’immensa fortuna che avevano.

 

“Stai ancora con quel Daniel?”

 

“No…ci siamo lasciati dopo poco…”

 

“E hai più avuto altri ragazzi?”

 

“Sì, ne ho avuti!” Chris gli rispose seccamente. Glielo aveva già detto: non aveva motivo di fare il geloso dato che non era la sua donna…e allora dove voleva andare a parare?

 

“Ci hai fatto sesso?”

 

Chris si bloccò nel bel mezzo del marciapiede, allibita. “Scusami, ma che domande sono? Ho 19 anni, credo di essere libera di fare cosa voglio e di avere tutti i ragazzi che voglio…te l’ho già detto ieri sera, Saul, non sei il mio ragazzo e non hai diritto di farmi la predica! Se vuoi andare avanti così per tutta la serata, io me ne torno a casa…”

 

Chris si stava già voltando per andarsene, ma Slash la prese per un polso e la fermò. “Scusami, sono un coglione. Non andare via…ti prego…”

 

Chris si voltò e sprofondò per un istante nei suoi occhi, così scuri e profondi, abissi dove chissà cosa era celato.

 

“Non volevo farti la predica, perdonami.”

 

Tenendola per mano, Slash riprese a camminare con lei a fianco, che continuava a fissare per terra, nervosa. “Ho fatto l’amore con Daniel la sera stessa che sono tornata a San Francisco, dopo che mi avevi baciata. Ero confusa, non mi rendevo ancora conto di cosa era accaduto…fatto sta che non facevo altro che pensarti. Poi avevo lasciato Daniel e…e di ragazzi ne sono passati parecchi, in questi anni. Non riuscivo mai a trovare qualcuno davvero speciale…qualcuno come te. Io sono innamorata di te, Saul Hudson, ma sono disposta a reprimere questo sentimento per non perderti, preferisco essere solo tua amica piuttosto che non poter più stare insieme a te.”

 

Si erano di nuovo fermati, ma nessuno dei due se ne era accorto. Erano immobili, uno di fronte all’altra; Chris era un fiume in piena, non era riuscita più a trattenere quelle parole che aveva dentro da due fottutissimi anni. Era un rischio esporsi così, lo sapeva…ma sapeva anche che se non si fosse confidata non sarebbe più riuscita a guardarlo come se nulla fosse.

Le cose erano cambiate, punto.

Slash era rimasto in silenzio, cercando di riordinare quelle emozioni e di placare il suo cuore che batteva come un folle. Cosa doveva dirle, che per lui era la stessa cosa, ma che non sarebbero mai potuti stare insieme? Con che faccia le avrebbe detto che era un drogato, alcolizzato, senza un dollaro in tasca e un cazzo da offrirle?

Non disse nulla di tutto ciò: si avvicinò a lei, carezzandole una guancia morbida e un po’ arrossata per l’imbarazzo della confidenza appena fatta.

Sapeva che era la cosa più sbagliata di tutte, sapeva che non doveva farlo…ma la baciò, prendendo il suo viso tra le mani, cercando trasmetterle tutto quello che provava ma che mai sarebbe riuscito a dire a voce. Quando Chris schiuse le labbra, le loro lingue si incontrarono, iniziarono ad avvolgersi, ad accarezzarsi, in un modo molto più lento e dolce rispetto alla foga con cui si erano baciati quella mattina, contro la porta della stanza del riccio.

Si staccarono per mancanza di fiato, rimanendo abbracciati, a guardarsi.

 

“Non sono lo stesso di 2 anni fa, Chris…”

 

“Lo so, ma non mi importa. Tu sei sempre Saul, sei sempre la splendida persona che ho conosciuto anni fa e che mi aveva salvata dalla solitudine.”

 

“Non meriti un coglione come me…ho i miei vizi, non ho un soldo in tasca…non voglio che mi vedi ubriaco o fatto o…”

 

“Io voglio vederti sempre, quando hai bisogno di qualcuno accanto, quando hai bisogno di aiuto…voglio starti vicino, voglio recuperare tutto quello che abbiamo perso in questi anni…”

 

Slash scosse il capo: era una follia, lo sapeva…l’avrebbe fatta soffrire, avrebbe sofferto anche lui…e avrebbe rovinato uno dei pochi rapporti veri e saldi della sua vita. Ma lei era lì, così bella, così dolce, così…tutto.

E non potè fare altro che baciarla, ancora, e ancora.

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Capitolo 15
*** 15 ***


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Alla fine, a mangiare la pizza non ci erano andati. Si erano seduti su una panchina, in un parco che c’era lì vicino, e non avevano fatto altro che chiacchierare, baciarsi, accarezzarsi. Avrebbero voluto fermarsi, prima di rendere le cose ancora più difficili, ma nessuno dei due aveva la forza per farlo.

 

“Se ci vedesse Ola, mi farebbe a pezzi…” disse a un certo punto Slash, pensieroso.

 

“Perché mai?”

 

“Mi ha sempre detto che tu sei troppo…perfetta per stare con uno come me…io ti farei solo soffrire…”

 

Chris scosse il capo, senza sapere neppure lei cosa rispondere. Si limitò a dare un lieve bacio a fior di labbra a Slash, che però la tenne stretta a sé per approfondire quel contatto. Sembrava non averne mai abbastanza, nonostante fosse fottutamente sbagliato.

 

“Mi piacerebbe tanto salutarla, la cara Ola…”

 

“Potremmo andare ora, ti va? Intanto scrocchiamo qualcosa per cena…ho una fame!”

 

Si sentì chiaramente lo stomaco di Slash brontolare e Chris rise di gusto. “Il solito approfittatore, Hudson! Andiamo!” la ragazza si alzò dalla panchina e tese una mano al riccio, che prontamente la afferrò.

 

Presero ma metropolitana per raggiungere il quartiere dove viveva Ola; la adocchiarono subito che innaffiava le piante in giardino.

 

“Nonna, da quando fai giardinaggio di notte?”

 

“Nipote degenre, cosa urli che sono le dieci di sera! Ma cosa ci fai qui?”

 

“Ti ho portato una persona, nonna…” disse Slash sorridendo e entrando nel piccolo ma curato giardino di Ola.

 

La donna fissò per alcuni istanti Chris, senza riuscire a metterla a fuoco.

 

“Ola, sono Christine…”

 

“Christine? Signore mio santissimo e benedetto, quanto sei cambiata! Fatti abbracciare, bambina!”

 

Le due si strinsero e Chris potè finalmente riabbracciare quella che aveva sempre considerato sua nonna; le voleva bene perché l’aveva sempre fatta sentire accolta e amata, forse come non si era mai sentita nemmeno con la sua, di famiglia.

 

“Ma entriamo, forza. Avete cenato?”

 

“No, nonna…” rispose Slash, che non aspettava altro che quella domanda.

 

“E figuriamoci, nipote degenere, se tu non venivi qui giusto per mangiare!”

 

Chris ridacchiò, vedendo il riccio abbassare il capo mortificato: era incredibile come tutta la sua sfacciataggine sparisse in un decimo di secondo davanti a Ola. Si voltò verso di lui e gli carezzò una guancia, ricevendo in risposta un sorriso, quel sorriso che aveva sempre e solo riservato a lei.

 

“Su, sedetevi…vedi cosa c’è nel frigorifero…” Ola infilò la testa nel frigo e trovò dei wurstel. “Hot dog vanno bene?”

 

“Da quando hai in casa la roba per fare gli hot-dog, nonna? Non me li facevi mai quando stavo qui!”

 

“Cosa credi, che gli anziano mangino solo minestrina?! Fammi parlare con Christine, Saul…stai buono!” la donna si rivolse alla ragazza, a cui riservò un tono di voce dolce e materno. “Bambina, cosa ti porta a Los Angeles?”

 

“Sono qui per fare l’università, Ola. Medicina.”

 

“Medicina? Che meraviglia!! Vedi, Saul??? Dovresti prendere esempio da lei, anziché andare a strimpellare in giro quella chitarra e vivere come un barbone! Sei già stata a casa sua, Chris?”

 

“Sì, Ola, e credimi…stanno in una bellissima casa!”

 

Slash guardò riconoscente la ragazza, che gli sorrise: immaginava che Ola non sapesse in che condizioni vivesse il nipote, altrimenti era certa che sarebbe andato a prenderlo per le orecchie.

 

“Se me lo dici tu, mi fido! Tu dove abiti, invece?”

 

“Al campus…sono in un appartamentino con un’altra ragazza!”

 

“Bene bene…verrai a trovarmi spesso, vero?”

 

“Certo, Ola, contaci!”

 

“Nonna, ho fame…”

 

“SAUL! Dicevamo, Christine??”

 

Continuarono a chiacchierare mentre Ola preparava gli hot-dog; i due ragazzi mangiarono con gusto, finchè Ola disse: “Stanotte resterete a dormire qui, vero? E’ tardi, tornerete a casa domani. Vado a preparare un letto per Christine.”

 

E, senza che i due potessero dire nulla, Ola era già sparita di sopra.

Christine si avvicinò a Slash, gli mise l’indice sotto il mento e gli alzò il viso per guardarlo negli occhi. “Ti va se dormo qui?”

 

“Certo che mi va…però è meglio se non dormiamo nello stesso letto…potrei non resistere…”

 

“Concordo con te…” Chris sorrise e diede un bacio sulle labbra a Slash, che ricambiò prontamente mettendole una mano dietro il capo.

 

 

Ola scese le scale che portavano al piano superiore, e potè vedere benissimo i due che si baciavano con passione: aveva capito tutto dal primo sguardo che i due si erano rivolti, ma sperava di sbagliarsi. Non aveva cambiato idea, sul fatto che suo nipote non era quello giusto per lei. Era sempre stato uno spirito libero, tale e quale a sua madre, mentre Chris era…pura, innocente. Sospettava che Saul non avesse al momento uno stile di vita sano e retto…non lo aveva mai avuto, e adesso che abitava con i suoi compagni di band probabilmente lo aveva ancora meno.

Amava suo nipote, con tutto il cuore, ma come non era mai riuscita a placare sua figlia, difficilmente ci sarebbe riuscita con lui; lo avrebbe lasciato commettere i suoi sbagli, era intelligente, un giorno avrebbe capito…sperando solo nel buon dio che non gli accadesse qualcosa.

Fece rumore prima di entrare in cucina, così che avessero il tempo per allontanarsi l’uno dall’altra; li vide subito appena entrò in cucina, rossi in viso e impacciati, ma fece finta di nulla.

 

“E’ tutto pronto di sopra. Christine, vai pure…Saul, tu resta un attimo qui che ti do delle cose da portarti a casa.”

 

“Buonanotte, Ola!”

 

“Notte, cara…”

 

Aspettarono di sentir chiudere la porta della stanza del riccio, dove Chris era andata, per guardarsi negli occhi. Saul capì subito che Ola aveva scoperto tutto, lo lesse nel suo sguardo, sguardo che conosceva meglio di qualunque altro.

 

“Nonna, senti…”

 

“No, sentimi tu, Saul. Te lo avevo già detto anni fa di stare attento…sei grande, non posso più dirti cosa fare, ma posso darti dei consigli. Stai attento…rischiate di farvi molto male entrambi con questa relazione. Io non voglio nemmeno immaginare quello che combini, prego solo dio che non ti accada nulla. Ma non coinvolgere gli altri nella tua cerchia…so che ami suonare e spero davvero voi possiate farcela e sfondare…ma stai attento. Christine è una brava ragazza, non giocare con i suoi sentimenti…”

 

“Lei mi piace davvero, nonna…io vorrei…provarci sul serio.”

 

“Mi fa piacere sentirtelo dire…ma, ripeto, stai attento. Se si farà male lei, te lo farai anche tu…e non voglio che tu possa…fare sciocchezze, diciamo…si sa cosa gira al giorno d’oggi, droghe di ogni genere…”

 

“Nonna” Saul si alzò e la abbracciò. “Stai tranquilla, ok? Ci andrò con i piedi di piombo…e stai tranquilla anche per le droghe…nessuno di noi le ha nemmeno mai provate! E ti prometto che starò attento…per tutto…”

 

“Dio, sei come tua madre…siete pazzi furiosi uguali. Ha chiamato ieri, ti saluta…chiamala ogni tanto…”

 

“Sì, nonna…”

 

“Ora vai a dormire. Notte amore mio…” Ola abbracciò ancora il nipote e lo guardò mentre usciva dalla cucina.

 

“Ah, dimenticavo…Saul!”

 

“Sì, nonna?”

 

“Se sento anche solo un minimo rumore, dì pure addio ai tuoi gioielli di famiglia!!!”

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Capitolo 16
*** 16 ***


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Alcuni giorni dopo, i Guns si dovevano esibire al Rainbow: era stato un miracolo che fossero riusciti a ottenere una serata lì. E’ vero, stavano andando piuttosto bene, ma non avevano ancora un contratto, tanto meno un manager o una casa discografica alle spalle; uno dei titolari del locale doveva un favore ad Axl e si era sdebitato concedendogli il lunedì sera, serata che di solito ben pochi si cagavano.

 

“Certo che già che c’eri potevi farti dare un’altra serata!!”

 

“Hudson, è già un miracolo  che riusciamo a suonarci. Magari non verranno in molti, ma è pur sempre un inizio…” rispose Axl, scuotendo pigramente le spalle.

 

“L’importante è che diamo il meglio di noi, ragazzi!” Disse Duff alzando al cielo una lattina di birra. “Brindiamo a noi e alla serata al Rainbow, sicuramente la prima di una lunga serie!!”

 

Tutti brindarono allegramente e, alla bevuta, seguì una bella sniffata.

Erano tutti svaccati chi sul divano chi per terra a sfumacchiare una canna, quando Slash disse: “Gentaglia, io vado a prendere Chris! Ci vediamo direttamente al Rainbow, ok?”

 

“Tienilo nelle mutande, per favore!!”

 

“Fanculo, Adler! E pensa per te e Adriana che sembrate due conigli!” Slash vide ancora il dito medio del suo batterista prima di uscire dal magazzino e chiudersi la porta alle spalle.

 

L’appartamento di Chris distava circa un quarto d’ora a piedi e decise di fare una passeggiata, così da far scemare l’euforia che la coca gli aveva dato: l’ultima cosa che voleva era farsi vedere fatto da Chris. Ebbe un leggero moto d’ansia pensando alla festa post concerto di quella sera: durante quelle feste la droga girava come pane e lui era un mago nell’arte dello scroccare…anche perché i soldi in tasca per comprarsela c’erano di rado.

Per quella sera, poi, aveva un altro progetto: sperava davvero di poter passare un po’ di tempo da soli con Chris. La notte che avevano dormito a casa di Ola, se ne erano rimasti ciascuno nel proprio letto: l’attrazione tra loro era fortissima e adesso che erano partiti, sarebbe stato impossibile fermarsi.

In quei giorni si erano visti tutti i pomeriggi e tutte le sere, comportandosi come due veri fidanzatini che passeggiavano, andavano al mare e al cinema; si erano fermati a qualche carezza un po’ più audace del riccio, ma nulla di più. Slash si sentiva sereno e tranquillo con lei, come non gli era mai accaduto con nessuna donna; la desiderava, certo, ma avrebbe rispettato i suoi tempi : doveva essere speciale, la loro prima volta…Slash voleva che per Chris fosse la più bella di tutte. Naturalmente non era facilissimo, e anche solo a sentire il suo profumo si ritrovava con un erezione da manuale, ma poteva resistere…

Si accorse di essere arrivato a destinazione e si piazzò davanti al cancello del campus, in attesa della sua Chris.

 

“Ehi, bello, hai da accendere?”

 

Slash si voltò di scatto sentendo quella voce e vide davanti a lui una figura a lui ben nota. “Mandy! Ciao!” le disse, porgendole l’accendino.

 

“Come stai, riccio?”

 

“Bene bene. Dove te ne vai?”

 

“Da Adriana…poi verremo al Rainbow insieme!”

 

“Ah ah…Chris è pronta?”

 

“E’ in ritardo e mi ha detto di dirti di andare in casa nostra…”

 

“Ma teoricamente non è vietato per gli estranei entrare nel campus?”

 

“Teoricamente…ma praticamente no! Vai, su…ti sta aspettando!”

 

Slash la salutò con un bacio su una guancia e corse dentro, in cerca dell’appartamento, che sapeva essere il numero 28; era piuttosto in vista, quindi lo trovò rapidamente.

Bussò leggermente alla porta e vide la porta aprirsi leggermente e Chris sbucare.

 

“Saul! Entra! Perdonami, sono in ritardo!” Slash si chiuse la porta alle spalle, per poi voltarsi e vedere Chris avvolta in un micro asciugamano che lasciava poco spazio all’immaginazione e i capelli ancora umidi che le cadevano disordinati sulle spalle.

 

“Non ti preoccupare…anzi, sono ben felice di trovarti così…” scherzò Slash, avvicinandosi a lei ghignando.

 

“Approfittatore che non sei altro!” Chris si finse indignata, buttandogli però poi le braccia al collo e baciandolo con enfasi.

 

Si baciarono a lungo, con il chitarrista che allungava parecchio le mani al di sotto dell’asciugamano di Chris, che lo lasciò fare; la sua mano leggermente ruvida e callosa passò da un gluteo a sfiorare la sua intimità.

Slash stava perdendo la testa, sentendo anche la ragazza respirare più profondamente e interrompere il bacio, troppo concentrata su quello che lui le stava per fare; il riccio inserì un dito nella sua intimità, così calda e umida da farlo andare fuori di testa. Chris gemette mentre lui muoveva ritmicamente il dito dentro e fuori; stavano cedendo entrambi, sapevano che stavano arrivando a un punto di non ritorno…fu lei ad aver la forza di bloccarlo.

 

“Saul…aspetta…fermati, ti prego…”

 

Facendo uno sforzo immane, Slash scostò la mano da lei e si allontanò. “Ok…scusa…ci andremo piano…”

 

“No, in realtà…volevo chiederti se stasera dopo in concerto ti andava di venire a dormire qui…Mandy si fermerà da Duff…e allora…pensavo che forse…ecco…potevamo…sì insomma…” Chris stava quasi balbettando: doveva semplicemente invitarlo a dormire da lei, perché era così difficile.

 

“Ehi…” Slash le si avvicinò e le prese il viso tra le mano. “Certo che mi va di stare un po’ con te…vengo volentieri questa sera…”

 

“Ma se tu vuoi fermarti a festeggiare con gli altri, non importa…”

 

“Chris, ti ho detto che va bene…sta tranquilla, ok? Sono felice di venire…”

 

La mora gli sorrise e lo abbracciò stretto stretto: Slash sentì il cuore stringersi a quel gesto. Sapeva sempre farlo sciogliere con la sua dolcezza e la sua semplicità e si dava sempre dello stronzo e dell’egoista immane per il suo non essere capace di lasciarla andare, di non farla soffrire.

 

“Vado a vestirmi, ora, così andiamo!”

 

Mezz’ora dopo, i due uscirono e, dopo aver comprato due hamburger a un chioschetto, camminarono fino al Rainbow. Gli altri erano appena arrivati e stavano scaricando gli strumenti da uno scassatissimo pick up che si erano comprati per trasportare gli strumenti.

 

“Hudson, muovi il culo e vieni ad aiutarci!”

 

“Taci, Stradlin, e fammi finire di mangiare il mio panino!”

 

Slash stava per dare un’altra morsicata all’hamburger, quando una mano, veloce come un razzo, glielo strappò dalle mani.

 

“Ehi, ma cosa…” Si voltò e vide Steven che stava masticando un gigantesco boccone del suo adorato panino. “Cazzo, Adler, è la mia cena!”

 

“Io sono a stomaco vuoto da pranzo! Comunque tienitelo pure, fa davvero cagare…”

Steve gli tese il panino, ma Slash lo rifiutò.

 

“Ora non lo mangio più il panino tutto cosparso della tua bava! Tienitelo pure!”

 

Il riccio si voltò indignato verso gli altri, trovandoli piegati in due dal ridere. “Ma che cazzo ridete, voi?? Maledetti…” imprecando tra sé e sé prese chitarra e amplificatore e entrò nel locale.

 

Piano piano, entrarono anche gli altri e si sistemarono del backstage, dove ammazzarono il tempo pre-concerto bevendo birra e fumando canne. Chris era seduta sulle gambe di Slash e i due tubavano come piccioncini, sotto gli occhi curiosi di tutti i loro amici, stupiti nel vedere Slash così preso da una ragazza.

Arrivò il momento del concerto e i ragazzi imbracciarono gli strumenti per salire sul palco. Chi aveva la sua donna lì con sé, le si avvicinò per un bacio di in bocca al lupo.

 

“Spacca tutto, Saul…” sussurrò Chris all’orecchio del chitarrista.

 

“Ti dedico ogni singola canzone che suoneremo stasera…e non vedo l’ora di essere solo con te, più tardi…non hai idea di cosa ti farò…” Slash le fece l’occhiolino allontanandosi da lei e vedendola arrossire vistosamente.

 

Mandy e Adriana le si avvicinarono curiose e la fissarono con un sorrisetto ambiguo.

“Sì, stasera dormiremo insieme e penso che…sì, che faremo quello che dobbiamo fare…”

 

“Sei agitata?” le chiese Mandy, ora più seria.

 

Chris annuì abbassando il capo. “Io non ho l’esperienza che ha lui…e se faccio una figuraccia?”

 

“Ma figurati se fai una figuraccia! Fatti guidare da lui e andrà tutto bene!”

 

“Adri ha ragione, Chris…e ora rilassati e goditi il concerto!” concluse Mandy, la cui voce si dissolse nelle prime note di It’s so easy.

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Capitolo 17
*** 17 ***


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Finito il concerto, che era stato strabiliante come al solito, i ragazzi rientrarono nel backstage, abbracciandosi ed esultando per aver spaccato anche quella volta.

 

“Cazzo, siamo stati grandi! Come minimo John ci deve concedere il sabato sera, altro che lunedì! Abbiamo fatto pienone!” urlò Duff, forse rivolto alle ragazze, forse a se stesso…ma a nessuno importava, in quel momento contava solo quanto fossero stati grandi.

 

Chris li guardava mentre si abbracciavano, si davano pacche sulle spalle, ridevano…erano bellissimi, incredibili…sapevano fare musica e i discografici sarebbero stati dei pazzi se si fossero lasciati scappare un’occasione così. Sperava davvero che presto qualcuno si sarebbe accorto di loro, perché erano sprecati per i soli pub decadenti di LA.

 

“Bimba! Vieni qui!” Slash la prese in braccio facendola volteggiare e lasciandole un lieve bacio sulle labbra. “Come siamo andati?”

 

“Benissimo, siete stati bravi come al solito!”

 

“Quindi mi merito un premio!” aggiunse sfacciato il riccio, baccandosi uno sguardo di fuoco da Chris.

 

“Andiamo a festeggiare, gente! Tanto stasera offre il locale per tutti!” urlò Axl e tutti uscirono da quel claustrofobico backstage.

 

Iniziarono a scorrere fiumi di birra, vodka e Jack; chi più chi meno si dava da fare con una qualche ragazza: Mandy e Duff erano spalmati su un divanetto, Steven e Adriana contro il muro, Izzy stava cercando di tacchinare una biondina tutta tette e Axl se ne era andato per raggiungere Erin.

Chris era nervosa e stava bevendo parecchia birra per sciogliersi un po’; fu Slash a fermarla. “Ehi, non esagerare…voglio che te la ricordi, questa serata!”

 

“Scusa è che…sono un po’…”

 

“Agitata?” Chris annuì, diventando rossa come un peperone. “Stai tranquilla, piccola…andrà tutto bene. E comunque non sei costretta a fare nulla che non ti vada!”

 

“Lo so…che ne dici se andiamo, intanto?”

 

Slash acconsentì; scolò il Jack che aveva nel bicchiere, salutò tutti gli amici e, presa Chris per mano, la condusse fuori dal locale.

 

“Prendiamo un taxi, che dici?” propose la ragazza.

 

“Ecco, io…” Slash non aveva un dollaro in tasca…aveva qualche spicciolo che di certo non sarebbe bastato a pagare il taxi. Si vergognava come un ladro a dirglielo, si vergognava come un ladro con lei per essere così…si ripeteva come un mantra che lei meritava di meglio, molto di meglio, ma lui era così stronzo da volerla tenere con sé.

 

“Non ti preoccupare, pago io!” Chris gli sorrise tranquilla, come se il fatto che non avesse manco i soldi per il taxi non le potesse importare di meno.

 

E probabilmente era davvero così, in quel momento…ma Slash sapeva che era tremendamente sbagliato.

Salirono poco dopo su un taxi che, in poco tempo, li condusse al campus. Furtivi, cercando di non farsi notare, entrarono nell’appartamentino di Chris e Mandy; Slash si guardò intorno, trovandolo accogliente, pulito e ordinato. Tutto l’opposto del loro magazzino, in poche parole.

 

“Vuoi bere qualcosa?” gli chiese Chris.

 

“Hai una coca? Ho la gola secca!”

 

Chris annuì, per scomparire in cucina e arrivare con due bottigliette di coca e due cannucce. Chris si buttò sul divano, togliendosi le dolorose scarpe col tacco, mentre Slash si guardava intorno, concentrandosi sulle fotografie che le ragazze avevano messo per arredare la loro casa.

Slash si concentrò in particolare su alcune foto, dove c’erano lui, Chris e Steven.

 

“E queste?”

 

Chris si alzò e lo raggiunse. “Le ho ritrovate poco tempo fa in una scatola. Le avevo messe tutte via, insieme alla macchina fotografica che mi avevate regalato…ricordi?”

 

“Certo che ricordo!”

 

“Vieni con me…” Chris si avviò verso un’altra stanza, che poi Slash scoprì essere la sua camera da letto, e osservò in silenzio la ragazza mentre tirava fuori da sotto il letto una scatola rossa.

 

La aprì ed estrasse la macchina fotografica. “Eccola qui, ancora intatta!”

 

“Certo che ti avevamo comprato un bel catorcio!”

 

Chris rise. “Ma che dici, funzionava benissimo!”

 

“Ci eravamo fatti prestare i soldi da Ola…io e Steven non avevamo un dollaro all’epoca…oddio, non che ora sia tanto diverso!”

 

“Guarda qui…” Chris gli porse un plico di foto di alcuni concerti dei Tidus Sloan.

 

“Non ci posso credere! Le hai tenute tutte!” Slash le osservò entusiasta, facendo qua e là qualche commento su persone o luoghi. “Mi sembra passato un secolo da allora…”

 

“Sì, anche a me…”

 

“Come mai aveva messo via la macchina fotografica? Sei sempre stata brava a fare foto…”

 

“Beh, mi faceva male vederla…ci ho provato a San Francisco, ma non ce la facevo proprio a usarla senza di voi, lontano da voi. Quella era la macchina per fare le fotografie insieme…è la nostra, non la mia.”

 

Slash sorrise, stupendosi di come fosse capace di sciogliersi davanti alla dolcezza della ragazza; le si avvicinò gattonando sul pavimento sul quale si erano seduti e le mise una mano su una guancia, accarezzandola lievemente. Si stupì quando Chris gli mise una mano tra i capelli e unì le loro labbra quasi con forza.

In pochi istanti il loro bacio divenne sempre più approfondito e, quando si staccarono, avevano entrambi il fiato corto e gli occhi lucidi di desiderio.

 

“Non dobbiamo fare nulla che tu non voglia…” le disse Slash.

 

“Ma io lo voglio…lo voglio davvero.”

 

Slash non rispose, limitandosi a prenderle le mani e ad aiutarla ad alzarsi. La fece sedere sul letto e le sfilò la canotte di paillettes fucsia che aveva indossato per il concerto; la vide arrossire per l’imbarazzo e la baciò per tranquillizzarla. La spinse dolcemente sul materasso, portandosi sopra di lei e iniziando a baciarle il collo, le spalle, e portandosi sempre più giù, verso il seno coperto da un raffinato reggiseno di pizzo lilla. Glielo abbassò facilmente grazie alla mancanza di spalline e prese tra le labbra un capezzolo roseo, scatenando un gemito in Chris che inarcò la schiena, facendo scontrare i loro bacini.

Slash stava perdendo la testa, ma voleva che quel momento fosse speciale per Chris, ma anche per lui; la slacciò il reggiseno e tornò a baciarle le labbra mentre glieli stringeva dolcemente con le mani.

Sentì Chris tirarsi su, sfilargli la maglietta e sbottonargli i jeans; il riccio sorrise per quell’audacia improvvisa e le tolse a sua volta i pantaloni lasciandola con una culottes anch’essa di pizzo lilla. Tornò su di lei, baciandola ancora, sempre con più desiderio e passione; sentiva le mani di Chris sulla schiena, sulle sue spalle, per poi scendere giù e arrivare ad accarezzare il suo membro già duro da sopra la stoffa. Slash si lasciò scappare un gemito, che cercò di sedare sul suo splendido seno, mentre portava una mano verso la sua intimità.

Le scostò le mutandine inserendo subito due dita in lei e strappandole un urletto di piacere che lo eccitò, se possibile ancora di più.

Continuò a muovere le dita, godendosi la vista di Chris che gemeva sempre più forte e non riusciva più a stare ferma con il bacino; tolse quindi la mano per sfilarle gli slip e togliere a sua volta i suoi, che per l’occasione aveva deciso di indossare.

Si sdraiò nuovamente su di lei e la penetrò delicatamente, godendosi quel piacere incredibile; cercarono di sedare i loro gemiti baciandosi, ma quando i movimenti di Slash divennero più forti, si ritrovarono ben presto a gemere senza limiti, sfogando quel desiderio che avevano represso per anni e che finalmente potevano soddisfare.

 

“Oddio, Saul…” disse a un certo punto con la voce rotta. “Sto per…” si interruppe, sconquassata dall’arrivo dell’orgasmo.

 

“Vieni, piccola…vieni…” e Chris venne, probabilmente nell’orgasmo più soddisfacente della sua vita, cullata da quelle parole così eccitanti di Slash.

 

Anche lui venne, pochi minuti dopo, svuotandosi in lei e accasciandosi sul suo corpo, ansimante.

 

“Grazie…” le disse, una volta ripreso fiato.

 

“Per cosa?”

 

“Per questo…per essere qui con me, nonostante tu sappia meglio di me che meriti di più.”

 

“Io è qui che voglio stare, del resto non mi importa…”

 

Si accoccolò a lui, che intanto si era sdraiato sul letto e, chiusi gli occhi, si lasciarono andare tra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 18
*** 18 ***


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Buonsalve a voi :) vi avviso che questo capitolo sarà rosso, quindi preparate il ghiaccio...godetevi questo momento, perchè dal prossimo capitolo le cose si complicheranno D: Buona lettura, fatemi sapere che ne pensate ;)


Chris aprì gli occhi, disturbata da un odioso raggio di sole che le colpiva il viso. Si stiracchiò cercando di non disturbare troppo il sonno di Slash, che comunque non dava il minimo segno di volersi svegliare.

Si alzò, iniziando a cercare sul pavimento almeno l’intimo e, una volta indossato, andò in bagno; qui si sciacquò il viso e, poggiate le mani sul bordo del lavandino, si guardò a lungo nello specchio.

Era successo…finalmente aveva fatto l’amore con Saul…era stato incredibile, molto di più di quello che aveva sempre immaginato. Lui era stato così dolce, ma allo stesso tempo passionale…e lei così impacciata, così…imbranata. Sbuffò, prendendo poi una spazzola e iniziando a pettinare i lunghi capelli che, fra l’amplesso della sera precedente e il sonno, erano diventati un cespuglio incolto.

Uscita dal bagno, ritornò nella camera da letto dove, sul pavimento, giacevano ancora le fotografie che aveva mostrato la sera prima al riccio. Le raccolse e, presa la scatola, andò in salotto. Guardò ancora una volta quelle fotografie, che il tempo aveva già un po’ sbiadito, e sorrise pensando a come erano cambiate le cose in quegli anni. Forse aveva sempre provato qualcosa per Slash, anche prima del loro bacio…aveva sempre attirato la sua attenzione, nonostante nemmeno si parlassero…e poi quando erano diventati amici la sua vita aveva preso una piega diversa. Chissà…il cuore gioca davvero scherzi strani, a volte. Mettendo le fotografie nella scatola rossa, la sua attenzione cadde su un altro plico fermato da un elastico: le foto che aveva fatto a Saul mentre dormiva. Erano a casa di Ola…era la mattina dopo il loro bacio. Lo aveva fotografato mentre dormiva, forse per ricordare sempre quella notte o forse per avere sempre il suo viso davanti al naso, viso che sembrava quello di un bambino piccolo ed innocente quando dormiva. Dio, era così bello…così bello e adesso, forse, anche suo. Ok, forse suo era una parola un po’ grossa, contando chi fosse e come fosse il soggetto in questione. Ma ci avrebbe provato, anche a costo di soffrire…altrimenti se ne sarebbe pentita per tutta la vita.

Rimise le foto del chitarrista nella scatola, decisa a non fargliele vedere e a custodirle come suo segreto. Andò in cucina e si mise a preparare la colazione: volevo viziarlo quella mattina.

Fortuna che Mandy era una brava cuoca, amante soprattutto di dolci, e il giorno precedente aveva preparato una crostata e una torta al cioccolato; ne tagliò due abbondanti fette di ciascuna torta e le sistemò in un piatto. Poi passò al caffè, nero e bello forte come piaceva a Saul; prese ancora due bicchieri in cui versò del succo d’arancia e sistemò il tutto su un vassoio.

Si avviò lentamente verso la camera da letto, cercando di non fare danni e rovesciare tutto; posò il vassoio sul comodino e si sedette sul letto, avvicinando una mano al viso di Slash e accarezzandolo leggermente.

Il riccio mugugnò un po’, per poi girare il capo in modo da appoggiare la guancia sulla mano di Chris.

 

“Buongiorno, bello addormentato.”

 

Slash bofonchiò qualcosa per poi aprire lentamente gli occhi e fare un sorriso bellissimo: il fatto che Chris fosse la prima cosa che lui vedesse al mattino, rendeva quella giornata già diversa. Richiuse gli occhi un attimo, dandosi del finocchio…di solito la prima cosa che faceva quando apriva gli occhi era fumare una sigaretta o bersi una birra, che, certo, gli rendevano la giornata migliore.

Ora, invece, gli bastava una fottutissima ragazza.

Era proprio andato.

 

“Ciao…” le disse riaprendo gli occhi. “Sento odore di caffè…”

 

“Ti ho portato la colazione a letto!”

 

“Cosa hai fatto?” Slash sbarrò leggermente gli occhi, troppo stupito per quel gesto così semplice, ma allo stesso tempo così dolce.

 

Si insultò di nuovo, stavolta dandosi dello stronzo: lei era così…perfetta.

 

“Non tocca all’uomo portare la colazione a letto alla propria donna?”

 

“Non credo sia una regola fissa…” ridacchiò Chris, allungandosi un po’ sul letto e sfiorando il petto nudo del chitarrista. “Se vuoi, comunque, puoi ricompensarmi in qualche modo…”

 

“Ah sì?” in un istante, Slash fu sopra di lei e la baciò con passione.

 

Presto, Chris sentì l’erezione di Slash premere nel suo interno coscia e, prendendo tutto il suo coraggio, lo fece spostare.

 

“Che fai?” le chiese, ma Chris gli fece segno di stare in silenzio.

 

Si alzò in piedi e si sfilò il reggiseno e le mutandine, sotto l’occhio attentissimo di Slash, che non si perdeva un suo movimento; lo vide leccarsi le labbra, come a pregustare quello che di lì a poco sarebbe accaduto e Chris sentì il suo viso diventare rossissimo. Fece un profondo respiro e, preso coraggio, si inginocchiò sul bordo del letto, avvicinando le sue braccia al petto di Slash e prendendo a baciarlo. Gli baciò il collo, le spalle, beandosi dei brividi che vedeva formarsi sul suo corpo; una sua mano scese verso il basso e iniziò ad accarezzare il suo membro, così duro e imponente.

Sentì Slash mantenere il respiro e poi espirare bruscamente mentre tirava indietro il capo, estatico.

Sollevata dalla sua reazione, Chris scese con le lebbra sempre di più, fino ad arrivare al suo punto più sensibile, che iniziò a leccare su tutta la lunghezza. Il riccio si lasciò scappare un gemito gutturale, gemito che divenne più forte quando lei lo prese tutto in bocca a iniziò a succhiare con enfasi.

Si lasciò coccolare da lei per un po’ finchè, troppo vicino al limite, non la scostò.

Le prese il viso tra le mani, baciandola con una passione incredibile; la fece sdraiare per poi portarsi sopra di lei e buttarsi sui suoi seni sodi. La sua mano era già arrivata verso il basso e due sue dita erano già laggiù, a stuzzicarla e a darle un piacere incredibile.

 

“Scopami, Saul…” gli disse a un certo punto, quando davvero non desiderava altro che sentirlo dentro di lei.

 

Slash non se lo fece ripetere sue volte e la penetrò con una spinta secca. Chris rimase senza fiato, nonostante il piacere che l’aveva invasa fosse allucinante e bellissimo.

Lui si muoveva con foga, come se dalle sue spinte dipendessero le loro vite…ma, cazzo, era così…fottutamente fantastico.

Chris si ritrovò a urlare senza nemmeno rendersene conto, soprattutto quando raggiunse l’orgasmo, che la lasciò senza fiato.

Slash si mosse ancora, incitato dalle mani della ragazza sui suoi glutei, e passò poco che venne anche lui, stringendo le labbra e gli occhi: Chris pensò che era bellissimo, in quel momento.

Rimasero uniti ancora per qualche istante, finche il riccio esclamò: “Ora ho ancora più fame!”

 

Chris rise. Si accomodarono, poi sul letto e iniziarono a mangiare la loro colazione: sembravano due fidanzatini, che si imboccavano, ridacchiavano e non facevano altro che baciarsi.

Forse potevano sembrare un po’ ridicoli, ma nessuno dei due si era mai sentito bene come in quel momento.

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Capitolo 19
*** 19 ***


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Settembre  1986

Erano passati quasi tre mesi da quel giorno, mesi in cui Slash e Christine avevano portato avanti la loro storia, tra alti e bassi, come del resto accadeva in tutte le storie.

Accadeva abbastanza sovente che Slash arrivasse da Chris ubriaco o fatto…e allora in quelle occasioni nemmeno sembrava lui, era euforico, un attimo dopo incazzato, e appena Chris glielo faceva notare, la ragazza si ritrovava a sentirsi rispondere male e maltrattare. Ma era disposta anche a questo, pur di stare con lui…anche perché quando era pulito, tra di loro andava meravigliosamente: Saul era dolce, premuroso, dimostrava di tenerci davvero a lei. Chris sapeva fin dall’inizio come sarebbe stato, ma si era resa conto che, nonostante i problemi, ne valeva la pena…che il gioco valeva la candela, insomma.

Quel sabato di settembre era l’ultimo prima dell’inizio delle lezioni all’università; i ragazzi avevano deciso di organizzare una festicciola al magazzino dedicata a Mandy e Chris.

 

“Chi ci sarà questa sera alla festa?” domandò Chris a Mandy, mentre terminavano di vestirsi prima di andare al magazzino.

 

“Solita gente, penso…”

 

“Avrei preferito una cosa più tranquilla…mi bastava passare la serata con Saul…”

 

“Lo so, anche a me con Duff…è più una scusa per fare un po’ di casino tutti insieme, vediamola così…”

 

Chris sbuffò e Mandy le mise delicatamente una mano su una spalla. “Se non vuoi andare, ce ne possiamo anche stare a casa…”

 

“No…no, andiamo…almeno stiamo un po’ con loro, dato che da lunedì siamo impegnate tutto il giorno in università.”

 

“Va tutto bene con Saul?”

 

“Sì…sì, va tutto bene…a parte…”

 

“La droga e l’alcool, lo so…”

 

“Non sono cose di poco conto, Mandy…”

 

“Lo so, però lo abbiamo già detto un mucchio di volte, no? Ne vale la pena…sono ragazzi meravigliosi, sanno come farci sentire speciali…ma hanno i loro vizietti…”

 

“Io voglio far smettere Saul…”

 

“Non sarà facile, Chris…”

 

“Ci voglio provare. Lo amo e non voglio vederlo uccidersi con le sue mani…”

 

Mandy sorrise e abbracciò la sua amica. “Dovrebbe leccarsi le dita ad avere una ragazza splendida come te al suo fianco.”

 

Chris le sorrise. “Andiamo, dai…” presero le borse e le giacche e uscirono.

 

Presero un autobus, che le portò in pochi minuti vicino al magazzino; fecero l’ultimo pezzo a piedi, sentendo sempre più forte la musica che arrivava a tutto volume dal magazzino. Svoltato l’angolo, Chris e Mandy videro davanti al magazzino Izzy e Duff, che fumavano una sigaretta parlottando tra loro.

 

“Ehi, ragazzi!” Mandy li raggiunse con una corsetta e buttò le braccia al collo al suo ragazzo. “Ciao amore. Jeff…”

 

“Ohi, Mandy…”

 

“Che fate qui, ragazzi?” chiese Mandy, avvicinandosi a Chris che intanto li aveva raggiunti a causa dei tacchi alti.

 

I due ragazzi si irrigidirono subito ed entrambi guardarono Chris, nervosi. “Ehm, ecco…volevamo…sì, volevamo fumare una sigaretta…” balbettò Duff.

 

“E da quando fumate solamente fuori?” Mandy capì subito che qualcosa non andava e le occhiate che i due ragazzi continuavano a lanciare a Christine la stavano insospettendo non poco.

 

“No, è che…la musica era troppo forte…Slash l’ha messa a tutto volume!” aggiunse Izzy.

 

“Ah, quindi Saul è dentro…vado un attimo da lui, allora…”

 

“NO!” Izzy e Duff risposero in coro e la loro voce era troppo alta e un po’ stridula per essere normale.

 

Chris si voltò verso di loro, insospettita, e li fissò. “Che succede, ragazzi? Cosa non mi state dicendo?” Si stava fingendo tranquilla e rilassata, ma un moto d’ansia le stava già torcendo lo stomaco.

 

“Nulla, Chris…è che…sta suonando, ecco…Slash sta suonando...anzi, sta producendo…e quando produce sai che non bisogna disturbarlo…” tentò ancora Duff. Izzy, invece, aveva già esaurito le sue poche scuse.

 

Chris lanciò un’occhiata a Mandy e la vide perplessa quasi quanto lei. Guardò ancora gli altri due, che forzarono un sorriso e alzarono le spalle come lasciarle intendere di non preoccuparsi e di lasciar perdere.

Ma la mora non gli diede ascolto e spalancò la porta del magazzino, entrando. Dentro era piuttosto buio, dato che le persiane erano tutte chiuse; allungò quindi una mano verso l’interruttore  che sapeva essere vicino alla porta…e la scena che si trovò davanti le gelò il sangue nelle vene.

Slash era seduto sul divano e, inginocchiata davanti a lui, una tizia gli stava facendo un pompino.

Chris si mise una mando davanti al viso, sconvolta, e iniziò a indietreggiare lentamente; ma urtò qualcosa che, cadendo, fece molto rumore.

La ragazza, che riconobbe subito come Pam, alzò la testa e fece un ghigno quando la vide. Anche Slash tirò su il capo e aprì gli occhi guardando la bionda.

 

“Pam, piccola, perché ti sei ferm…Chris!!” quando il riccio la mise a fuoco, con difficoltà a causa di tutta la merda che si era calato quel pomeriggio, la chiamò. “Chris, amore…io…”

 

La mora fece un singhiozzo, per poi portare una mano davanti alla bocca e aprire la porta per uscire dal magazzino.

 

“Merda…merda, cazzo, cazzo…levati, Pam…” Slash allontanò bruscamente la ragazza per raggiungere Chris.

 

La porta del magazzino era ancora aperta, e volò fuori. Duff e Izzy lo guardarono un istante, abbassando il capo come se quello che era accaduto fosse colpa loro, e poi entrambi spostarono la loro attenzione su Mandy che, poco distante da loro, urlava il nome di Chris.

Slash si mise a correre, per raggiungere la mora che era già in fondo al vicolo che portava a casa loro.

 

“Ti ammazzo, Hudson…” sentì dire da Mandy quando le passò vicino, ma la ignorò continuando a correre verso la sua ragazza.

 

Chris sentì dei passi dietro di lei e, vedendo chi la stava seguendo, si mise a correre; ma Slash era più veloce e la fermò prendendola per un polso.

 

“Lasciami!”

 

“Chris, io…”

 

“Lasciami, bastardo!”

 

“No, prima ascolti quello che ti voglio dire!”

 

“Non c’è niente da dire, Saul, niente…solo che mi sono fidata di te, mi sono concessa a te completamente, mi sono innamorata follemente di te…e tu mi ripaghi andando con un’altra…sei uno stronzo…con me hai chiuso!”

 

Chris fece per andarsene, ma Slash la trattenne ancora. “No, Chris, ti prego aspetta…”

 

“Non voglio sentire le tue stupide scuse, non me ne frega niente!” Chris strattonò il polso per liberarsi. “Lasciami…”

 

“Io ti amo, Chris…è colpa…è colpa di quella merda, io…io manco me ne rendevo conto, è lei che mi è saltata addosso…”

 

“Sono tre mesi che sopporto senza aprire bocca i tuoi cambi di umore, il fatto che mi rispondi male quando sei fatto o ubriaco. Ora basta, ora hai davvero superato ogni limite…”

 

“Chris, ti prego…”

 

“No, dovevi pensarci prima, Saul. Mi dispiace. E’ finita.”

 

La voce di Chris era dura, come forse non aveva mai sentito; sapeva che aveva ragione e quindi la lasciò e lei corse via, svoltando poco dopo l’angolo e scomparendo così dal suo campo visivo.

Slash si lasciò cadere in ginocchio e lanciò un urlo liberatorio: l’aveva persa…era stato talmente coglione da averla fatta scappare da lui. Si sentiva una merda, aveva sbagliato tutto fin dall’inizio…sapeva che sarebbe andata così, si conosceva, lui era fatto così. Non si perdonava per questo perché l’aveva fatta soffrire…non poteva pensare che lei stesse piangendo per lui, che soffrisse per lui.

Si rialzò in piedi per tornare al magazzino a devastarsi e a dimenticare; mentre camminava quasi non vide nemmeno Mandy che correva per cercare di raggiungere la sua amica.

Slash non guardò nessuno in faccia, semplicemente andò nella sua stanza, dove si chiuse a chiave, a distruggersi, a rovinarsi, a bloccare quel fottutissimo dolore che gli toglieva il respiro.

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Capitolo 20
*** 20 ***


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Salve a tutti :) Mi scuso per gli aggiornamenti sporadici, ma la sessione esami è arrivata ed è un delirio D: Bene, vi avviso che nel prossimo capitolo ci sarà un salto temporale di ben due anni! Buona lettura, fatemi sapere che ne pensate :) Un bacio!!!


Gennaio 1987

 

Slash guardò a bocca aperta l’uomo che aveva di fronte: davvero gli aveva detto quello che aveva sentito, o era solo frutto della sua immaginazione?

No, non lo era, perché i fogli che il rosso teneva in mano e che lui sfiorò con il timore che si potessero disgregare in pochi secondi, erano veri…li sentiva, sotto le sue dita, come sentiva la gioia crescere dentro di sé perché quelli non erano fogli qualunque: era un contratto.

Quella sera avevano suonato in un anonimo pub del Sunset, dove da un paio di mesi avevano il sabato come serata fissa: facevano sempre il pienone e la voce che un nuovo gruppo diverso dal solito fosse sulla piazza, aveva attirato talent scout dalle case discografiche.

Ma loro erano diversi in tutto: la loro musica era qualcosa di mai sentito prima, come il loro carisma, la loro rabbia, la loro follia…erano ingredienti pericolosi, ma allo stesso tempo necessari.

E tutto ciò Tom Zutaut lo aveva capito e, dopo aver parlato con i suoi superiori, avevano deciso di ingaggiare quella band di pazzi. Gli avrebbero dato non pochi problemi, ma Zutaut aveva fiuto per queste cose…e infatti nemmeno quella volta avrebbe sbagliato.

Comunque quella sera di inizio ’87, dopo il concerto, il talent scout era andato nel backstage e aveva portato il contratto ai ragazzi.

La loro gioia fu davvero incontenibile e, dopo essersi accordati con l’uomo di riportare il contratto firmato lunedì alla Geffen, i ragazzi si lanciarono sulle loro donne, rimaste in silenzio nel backstage, osservando quello storico momento.

Chi di loro amava davvero i loro uomini e non era lì solo ‘di passaggio’, sapeva bene quello che significava per loro: avevano faticato, sputato sangue…ma alla fine avevano ottenuto quello che volevano, che desideravano da sempre. Mandy strinse a sé Duff, che non riusciva nemmeno a parlare, Steven si strinse ad Adriana, Axl ad Erin…Izzy si accese la canna che si era fatto poco prima. E Slash…Slash si perse per alcuni minuti nei suoi pensieri: tutti sapevano cosa gli stesse passando per la testa in quel momento. Ma nessuno disse nulla, dato che Christine era diventata un argomento tabù.

 

Quando il mattino successivo Mandy tornò al campus, trovò Christine già sveglia e immersa nello studio. Pochi giorni dopo sarebbe iniziata la sessione esami per entrambe; ma mentre Mandy si ritagliava almeno le serate e i week-end per stare con il suo ragazzo, Chris si era totalmente annullata per lo studio. Ad essere sinceri, era da settembre che si era annullata per tutto…non usciva praticamente mai, si limitava ad andare a lezione, a volte a fare qualche passeggiata, ma poi tornava a casa e si accoccolava sul divano a guardare film.

All’inizio la bionda aveva provato a smuoverla, a proporle uscite, ma era tutto inutile; anche dopo mesi lei continuava a chiederle di accompagnarla quando aveva qualche appuntamento che non riguardavano i Guns, ma Chris preferiva sempre restare a casa a studiare.

 

“Già sui libri?”

 

“Già…Mandy sono le 10 del mattino, non è l’alba!”

 

“Contando che ieri sera sono andata a letto presto, non aveva senso dormire fino a tardi…”

 

“Come vuoi…” Mandy si tolse le scarpe e si sedette al tavolo della cucina, dove Chris stava studiando. “So che non ne vuoi parlare, ma ti devo dire una cosa importante…”

 

La bionda voleva raccontarle del contratto dei Guns; non parlavano mai dei ragazzi, di quello che facevano, e tantomeno di Slash. Come Christine era un argomento tabù nella band, Slash era un argomento tabù tra quelle mura.

 

“Sai che non voglio sapere nulla di quello che riguarda lui…”

 

“Non riguarda solo lui, riguarda tutti…la Geffen Records li ha messi sotto contratto.” Mandy parlò senza darle tempo di ribattere ancora, e vide chiaramente sul suo viso comparire una espressione di sorpresa, seguita da un sorriso.

 

“Sul serio?” Mandy annuì e pensò che sembrava la Chris di una volta: il suo viso si rilassò per alcuni istanti e sembrò di nuovo piena di vita e di gioia per quello che stava succedendo al suo Saul.

 

Ma Saul non era più suo e il sorriso sul viso di Christine scemò rapidamente, quando probabilmente si rese conto che non avrebbe potuto condividere con lui quel momento così meraviglioso.

 

“Sono felice per loro, se lo meritano…”

 

“Lunedì vanno a firmare alla Geffen e alla sera faranno una festa al magazzino…perché non vieni anche tu?”

 

Chris fece una risatina ironica. “Come potrei? Il fatto che sono felice per loro non cambia quello che è successo…”

 

“Chris, tu non sei più la stessa da quando…”

 

“Lo so, ma non mi importa. Ora l’unica cosa che mi interessa è lo studio e raggiungere il mio obiettivo. Tra l’altro…ho deciso di partecipare al bando di concorso per i due anni di volontariato in Africa.”

 

“Cosa?? No!” pochi giorni prima Chris le aveva raccontato di aver letto questa comunicazione nelle aule dell’università: consisteva in due anni di volontariato in Kenya con Medici senza frontiere. Le avrebbero dato dei crediti all’università, permettendole di non dover fare il tirocinio e 5 esami.

 

Mandy sapeva che poteva essere un’esperienza incredibile per Christine, che avrebbe imparato un sacco di cose e fatto solo del bene…ma da brava egoista non riusciva ad accettare che la lasciasse sola.

 

“Mandy, non è detto che mi prendano…ci sono solo 10 posti e centinaia di studenti. Devo dare più esami possibile in questa sessione, dato che guardano la media dei voti…”

 

“Spero non ti prendano…”

 

Chris sorrise e abbracciò la sua amica. “Lo so…per questo ti adoro.”

 

 

Le due ragazze passarono la giornata a studiare, decidendo poi di concedersi per la serata un bel film sul divano, con tanto di pigiamone, coperta e tisana.

Erano già le 11 di sera quando il telefono squillò; le due ragazze si guardarono per un istante, perplesse; alla fine Christine si alzò e andò in cucina a rispondere.

 

“Pronto.”

 

“Ciao Chris…”

 

Quella voce: la ragazza si sentì mancare sentendola. Era la sua, non c’erano dubbi…l’avrebbe riconosciuta tra mille.

 

“Ti prego, Chris, non mettere giù…”

 

“Dimmi, Saul…”

 

“Ti…ti volevo dare una notizia…”

 

Chris sapeva cosa voleva dirle: lui ci aveva sempre tenuto a raccontarle le cose belle, e a volte anche brutte, che gli accadevano.

 

“La Geffen Records ci ha messo sotto contratto!” Slash si sentì un cretino in quel momento: aveva chiamato la ragazza che, da bravo coglione, aveva tradito per dirle questa novità. Eppure, era stato più forte di lui…aveva provato a vincere quell’istinto, ma mentre cercava di farlo aveva già composto il numero.

 

Lei doveva saperlo…e non da chissà chi, ma da lui. Era lui che voleva e doveva darle questa notizia. Avrebbe voluto condividere con lei quel momento, quella svolta che finalmente era arrivata; ma lei non c’era più.

 

“Sono felice per voi…”

 

“Avrei voluto potertelo dire personalmente…”

 

“Saul…”

 

“Lo so, lo so. Mi accontenterò di avertelo detto per telefono. Tu…tu dovevi saperlo…volevo condividere con te la felicità che in questo momento non riesco nemmeno esprimere a parole.”

 

Chris non rispose: le lacrime le scendevano già copiose sulle guance e la voce non sarebbe uscita.

 

“Ho capito, ti lascio in pace. Solo una cosa ancora…”

 

“Dimmi…”

 

“Perdonami, Chris…accetto il fatto che tu non torni più da me…ma mi distrugge l’idea che tu mi porti rancore.”

 

“In bocca al lupo per tutto, Saul. Buonanotte.” Christine era stata molto incerta su cosa rispondergli: avrebbe voluto chiudere il telefono, prendere un taxi e andare da lui…o ancora chiudere in telefono e basta…alla fine l’aveva salutato, gelida, come se lui fosse stato uno qualunque.

 

Mai sarebbe stato uno qualunque.

 

“Buonanotte, Chris” rispose infine Slash rassegnato, ed entrambi misero giù.

 

Mandy fece capolino sulla porta della cucina. “Chi era?”

Chris scoppiò in lacrime e passarono parecchi minuti prima che fosse in grado di raccontare alla sua amica quello che era accaduto.

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Capitolo 21
*** 21 ***


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Marzo 1989

Quando Christine mise i piedi giù dall’aereo, un moto d’ansia la invase. Erano passati quasi due anni dall’ultima volta che era stata a Los Angeles, da quando quel settembre del 1987 era partita per il Kenya con MSF. Erano passati due lunghi anni…anni in cui lei era radicalmente cambiata, perché è impossibile non cambiare quando ti ritrovi a contatto con certe realtà. Aveva conosciuto la miseria più assoluta, laggiù, aveva fatto tante volte i conti con se stessa, con la sua fortuna di essere nata in un paese come l’America e di avere di tutto e molto molto di più. Si era resa conto, appena arrivata là, che il suo dolore per quello che era accaduto con Slash era una bazzecola in confronto a quello che aveva davanti agli occhi: centinai di bambini, soli, malati, che potevano contare solo su quei 20 medici o quasi medici che erano andati lì a fare volontariato.

Aveva conosciuto il dolore e la disperazione nel vedersi un bambino morire tra le braccia, ma anche la gioia di vederli guarire, sorridere, abbracciarti.

Era stata un’esperienza che avrebbe portato per sempre nel cuore e che mai avrebbe potuto dimenticare.

Tornare nel suo mondo le faceva paura…aveva vissuto quasi del tutto isolata, a parte un telefono con cui sentiva ogni tanto i suoi genitori e le lettere che ogni mese lei e Mandy si mandavano. Mandy le scriveva lettere chilometriche, dove la aggiornava su tutto quello che accadeva, compreso quello che accadeva ai Guns; era stata Chris stessa a chiederglielo, a un certo punto. Aveva voluto sapere come stessero andando, se avessero ingranato, e aveva potuto leggere da sé dagli articoli di giornale che l’amica le aveva spedito, che stavano andando alla grande. Non poteva essere più felice per loro, se lo meritavano e dopo tanti sforzi ce l’avevano finalmente fatta.

All’aeroporto ci sarebbe stata proprio Mandy stessa, a prenderla, e non vedeva l’ora di riabbracciarla; la vide da lontano, che si guardava in giro cercandola, temendo forse di non riconoscerla perché troppo cambiata.

Chris sorrise vedendo che lei era sempre uguale, come se quei mesi non fossero passati.

 

“Chris!!!” appena la vide, Mandy urlò il suo nome, incurante delle occhiate perplesse delle persone intorno.

 

“Mandy!” anche la mora le corse incontro e si abbracciarono strette. “Quanto mi sei mancata!!”

 

“Anche tu! Hai fatto buon viaggio?”

 

“Un po’ stordita per il fuso orario, ma tutto bene!”

 

“Andiamo a casa, allora!”

 

Le due uscirono dall’aeroporto e salirono in taxi, dirette al campus; Mandy non aveva cercato nessun’altra coinquilina, aveva aspettato che Chris tornasse.

 

“Qui non è cambiato nulla!” le disse, una volta là. “Disordinato come quando sei partita!”

 

Chris rise di gusto. “Vado a farmi una doccia e poi ci mettiamo a parlare un po’, ok??”

 

“Certo! Ordino cinese!”

 

Un’ora dopo, le due erano sedute sul divano a mangiare e chiacchierare: Chris stava raccontando del suo lavoro, di quante cose avesse imparato e di come si fosse resa conto che quella era davvero la sua strada.

“E’ stata un’esperienza incredibile…difficile, perché soprattutto all’inizio passavo le serate a piangere al pensiero della disperazione che regna in quei luoghi e che io potessi fare ben poco…ma forse è stato proprio questo ad aiutarmi ad andare avanti e a cercare di fare del mio meglio!”

 

“Sono contenta per te, Chris…davvero…diventerai una pediatra fantastica!”

 

“A te come vanno gli esami?”

 

“Bene, a gonfie vele! Sono perfettamente in pari!”

 

“E con Duff?”

 

“Anche con Duff va tutto alla grande…a parte i…soliti vizietti diciamo…” lo sguardo di Mandy si incupì un poco.

 

“Che succede??”

 

“Beh, ecco…i ragazzi stanno avendo un grandissimo successo, hanno fatto tantissimi concerti, l’album vende migliaia di copie…ma loro…loro stanno degenerando.”

 

“Cosa intendi?”

 

“Intendo che sono sempre strafatti, Slash, Steven e Izzy soprattutto. Duff beve ma mantiene sempre un certo controllo. Axl si sa porre dei limiti…”

 

“Slash sta tanto male?”

 

“Si buca, Chris…e non è come due anni fa che lo faceva saltuariamente, ora ne è totalmente dipendente. Non sanno più cosa fare…il problema è che rischiano di mandare a monte tutto quello che hanno costruito fino ad ora.”

 

Chris si passò le mani sul viso. “Sapevo si sarebbe ridotto così…”

 

“Devi aiutarlo, Chris…”

 

“Cosa dovrei fare, scusa?”

 

“Vai da lui, parlagli, digli che sta facendo una stronzata…!”

 

“Io…io non lo so, Mandy…”

 

“Duff mi ha detto che ti vorrebbe parlare, chiederti una mano per aiutare Slash a uscirne o almeno a darsi un limite.”

 

“Ma porca puttana, Mandy, manco sono arrivata e subito mi vuoi buttare sulle spalle questa responsabilità?” Chris si alterò subito, stupendo non poco la bionda: non era da lei scattare così.

 

“Io non ti voglio buttare sulle spalle questa responsabilità, è che…tu sei davvero l’unica a cui potrebbe dare ascolto…”

 

Chris si alzò dal divano, iniziando a camminare avanti e indietro, e con la voce tremante disse: “Io non l’ho dimenticato, Mandy. Sono stata due anni dall’altra parte del mondo, ma non ho dimenticato quello che mi ha fatto…non ho dimenticato lui e il dolore per non poterlo più avere vicino né come amico né come nient’ altro non mi ha dato pace! E ora, dovrei ricominciare tutto da capo…”

 

“Forse se provate a rinstaurare un’amicizia…avere di nuovo te vicino per lui sarebbe solamente positivo…tu non hai idea di come ha reagito quando te ne sei andata, Chris…” la mora non rispose, ma Mandy continuò. “Sparì per tre giorni. Nessuno sa di preciso dove fosse andato, fatto sta che tornò talmente fatto e con le braccia talmente martoriate, Chris, che tutti si stupirono che fosse ancora vivo. Poi sono partiti per il tour di promozione di Appetite e allora si è un po’ ripreso…ma per lui è stato un colpo tremendo…”

 

“Stai cercando di farmi sentire in colpa, Mandy?”

 

“No, voglio solo farti capire che lui ha bisogno di te…e che solo tu lo puoi aiutare!”

 

Chris sospirò. “Non lo so, Mandy…ci devo pensare…ora scusami ma sono stanca…vado a letto.”

 

“Buonanotte, Chris…e scusami, non volevo essere brusca.”

 

“Lo so, sta tranquilla. Buonanotte.”

 

Chris prese la valigia e si chiuse in camera; quella notizia riguardante Slash era stata una doccia fredda…non che si aspettasse che fosse diventato un santo, per carità…ma che fosse così una situazione disperata.

Una parte di lei voleva aiutarla, l’altra aveva una paura fottuta di soffrire ancora…

Era ridicolo che, dopo tutto quello che aveva vissuto, avesse paura per delle cose semplici come quella. Ma il suo cuore aveva ancora delle ferite che non si erano del tutto rimarginate…e forse non si sarebbero mai rimarginate del tutto.

Decise di mettersi a letto, troppo stanca per pensare: la notte le avrebbe portato consiglio…o almeno così sperava.

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Capitolo 22
*** 22 ***


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Quella notte non le portò consiglio…come non glielo portò quella dopo, e quella dopo ancora. Chris si chiuse in camera per tre giorni, proprio come quando, due anni prima, era successo il disastro con Slash. Passava le giornate a studiare, uscendo dalla sua camera solo per i pasti e per chiacchierare un po’ con Mandy.

La bionda l’aveva lasciata stare, aveva già affrontato una situazione simile e aveva compreso che tentare di farla ragionare non sarebbe servito a nulla. Quando sarebbe stato il momento, sarebbe uscita da quella stanza da sola.

E quel momento finalmente arrivò, la sera del quarto giorno, durante la quale Chris finalmente disse: “Voglio parlare con Duff di quello che sta accadendo…”

 

Non aveva specificato cosa stava accadendo e a chi, era chiaro come il sole…fare quel nome e dire cosa gli stesse accadendo faceva troppo male per sentirselo dire a voce alta.

 

“Vuoi che gli chieda di venire qui questa sera?”

 

“Sì…per favore…”

 

Mandy le fece un timido sorriso e, alzatasi, andò a telefonare al suo ragazzo, tornando pochi istanti dopo. “Sarà qui per le 9:30.”

 

“Grazie Mandy…e scusami per come mi sono comportata in questi giorni.”

 

Mandy mise una mano su quella di Chris, appoggiata sul tavolo e chiusa a pugno, chiaro segno di nervosismo. “Stai tranquilla. Avevi bisogno di riabituarti a stare qui. Del resto sono passati due anni!”

 

“Mi sembra che non siano passati nemmeno due mesi da quando sono andata via…sembra che tutto sia rimasto qui ad aspettarmi.”

 

“Chris, i problemi non spariscono, nemmeno quando scappi da loro…”

 

“Lo so…” Chris non disse altro, e nemmeno Mandy, che capiva quanto la mora fosse in difficoltà.

 

Dopo cena le ragazze si sistemarono in salotto con birra, patatine e pop-corn in attesa di Duff, che arrivò puntualissimo.

 

“Chris, come stai ragazza?” i due si abbracciarono.

 

“Michael, sei sempre uguale, non sei cambiato di una virgola!”

 

“Nemmeno tu! Come è stato in Africa?”

 

“Scioccante…davvero…però è una esperienza che ti riempie la vita.”

 

“Posso solo immaginarlo…ma vedo delle birre fresche…”

 

“Eccotene una già stappata, amore…” Mandy uscì dalla cucina con tre bottiglie di birra aperte.

 

“Ah, ecco perché ti amo, piccola!” i due si scambiarono un dolce bacio e Chris li osservò con un pizzico di invidia…anche lei e Saul erano così…

 

Mangiucchiarono a disagio un po’ di patatine, finchè Chris introdusse il discorso: “Senti, Duff…immagino tu sappia perché ti ho chiesto di venire qui…”

 

“Sai, Chris, io sono giorni che chiedo a Mandy di poterti parlare, ma lei non voleva pressarti troppo, eri appena arrivata, avevi bisogno di riambientarti…sapevo bene che aveva ragione quindi ho cercato di avere pazienza, però…”

 

“Va così male?”

 

“Sì, Chris…”

 

La mora sentì gli occhi riempirsi di lacrime, ma cercò di resistere.

 

“Doug, il nostro tour manager, ha provato a mandarlo in una clinica, ma non è servito a niente…” continuò Duff.

 

“Non si deve costringere le persone a fare queste cose…è solo peggio…”

 

“Lo so, ma stava davvero male e le abbiamo provate tutte.”

 

Chris annuì distrattamente. “E ora che avete intenzione di fare?”

 

“Doug vuole portarlo da qualche parte a fare una vacanza…”

 

“Una vacanza??”

 

“Già…per isolarlo da tutto e tutti…”

 

“Credete sia una buona idea?”

 

“Non lo so…io credo che solo…”

 

“Sì, solo io posso fare qualcosa.” Chris lo interruppe bruscamente, per poi pentirsi vedendo Duff quasi mortificato. “Scusa, Michael…è che…tutti mi dite che solo io posso fare qualcosa per lui…il problema è che non ho la minima idea di cosa fare!”

 

Calde lacrime iniziarono a scorrerle sulle guance, per la frustrazione, la rabbia e il dolore…si sentiva così impotente.

 

“Stai tranquilla, Chris…io penso che anche solo vederti possa farlo stare meglio…”

 

“Vivete ancora al magazzino?”

 

“No, ognuno di noi vive per conto suo...”

 

Chris si alzò e andò a prendere carta e penna. “Scrivimi il suo indirizzo…”

 

Duff glielo scrisse. “So che si farà aiutare da te, Chris…”

 

“Lo spero anche io, con tutto il cuore…senti, sta…sta con qualcuna?”

 

“No…cioè, ne cambia una ogni sera…ma è così da quando tra voi due è finita…” Duff rimase un istante in silenzio. “Gli manchi infinitamente, Chris…ed è da quel momento lì che ha cominciato a devastarsi con le droghe…”

 

Chris annuì ancora, asciugandosi le lacrime. “Domani andrò da lui, Duff…ti chiamo se ho bisogno di aiuto. Vado a letto, ragazzi, buona notte.”

 

 

Il mattino dopo, Chris si alzò presto, si vestì di tutto punto e uscì, diretta verso casa di Saul. Aveva dormito pochissimo quella notte, ma il nervosismo non le dava un secondo di pace. Aveva il terrore che lui la cacciasse, o che fosse con qualche donna, o ancora peggio di trovarlo fatto.

Il viaggio in taxi fu piuttosto lungo soprattutto a causa dell’intenso traffico: sembrava che tutti si fossero messi d’accordo per prolungarle quell’agonia.

Il taxi si fermò davanti a un palazzo molto bello e forse fin troppo elegante per uno come Slash. Fortuna volle che trovò il portone aperto; nell’atrio, guardò l’interno dell’appartamento del riccio e fece le scale a piedi per cercarlo. Si fece ben 6 piani di scale a piedi, ma finalmente trovò la sua porta; nel campanello c’era un bigliettino, dove era scritto con un pennarello ‘S.Hudson’.

Chris si ritrovò a sorridere, nonostante fosse talmente agitata che pensava avrebbe vomitato da un momento all’altro.

Ma si fece coraggio e suonò.

Non rispose nessuno e quello le fece temere che lui non fosse a casa, opzione che non aveva nemmeno preso in considerazione dato che erano solo le 10 del mattino. L’alba per uno come lui.

Suonò ancora e potè sentire qualcuno urlare da dentro: “Arrivo, un attimo, cazzo!”

Slash spalancò la porta, a torso nudo e con dei pantaloni della tuta, e Chris non potè non pensare che in quei due anni era diventato ancora più bello.

 

“Ciao, Saul…”

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Capitolo 23
*** 23 ***


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“Ciao Saul…”

 

Il riccio chiuse gli occhi per alcuni secondi, pensando che non fosse reale, che fosse una delle tante allucinazioni che le speedball gli provocavano; ma quando spalancò di nuovo gli occhi, lei era ancora lì, davanti a lui, in carne ed ossa.

Non avrebbe mai pensato di trovarla che suonava alla sua porta, nemmeno nei suoi sogni più lieti…non sapeva nemmeno che fosse tornata dall’Africa. Si era ormai rassegnato al fatto che non l’avrebbe rivista mai più. E invece…

 

“Christine…”

 

“Posso entrare?” Slash si limitò a spalancare la porta e a farla entrare.

 

La casa era un disastro, con una forte puzza di chiuso e di fumo, ma la mora non disse nulla né si guardò in giro…già la situazione era tesa, ci mancava solo che lo mettesse in imbarazzo. Si bloccò quindi in mezzo al corridoio, tenendo il capo chino.

 

“Sei tornata…non lo sapevo…”

 

“Pochi giorni fa…”

 

“Stai bene?”

 

“Sì, Saul…sto bene…e tu?”

 

Il riccio alzò le spalle, facendo una risatina ironica. “Beh, stiamo vendendo milioni di album, tutte le band che ho sempre ammirato ci vogliono in tour con loro…cosa dovrei volere di più?”

 

Lo disse con una tale tono di disprezzo, che sembrava gli facesse schifo tutto quello che era riuscito a ottenere in appena due anni...c'era dell'altro sotto, dell'altro che non lo rendeva conpletamente fiero e felice di quello che stava facendo.

 

“Devi essere fiero di ciò che avete fatto e state facendo…”

 

“Fiero? Fiero di cosa, Christine? Di essere un tossico di merda?”

 

“Saul, io…”

 

“Certo che tu arrivi, dopo essere scappata per due anni e hai ancora delle pretese…perché è questo che hai fatto, sei scappata! Come l’ultimo dei vigliacchi…e mi hai lasciato qui, a sprofondare nella merda, mentre tutto intorno a noi cresceva, cresceva a dismisura.” Il tono di voce di Slash era acuto, quasi stridulo, come in preda a un attacco isterico. “E noi, noi non avevamo idea di come affrontare quello che ci stava accadendo…barcate di soldi, di fans, di proposte…e noi i soliti 5 cazzoni, senza nemmeno un conto in banca dove mettere i nostri soldi, una casa, una vita normale…”

 

“Ma è tutto quello che hai sempre desiderato e piano piano le cose si imparano ad affrontare…”

 

“Sì, lo è…ma credimi se ti dico che è una cosa più grande di noi e che non è facile e immediato imparare a gestirla…”

 

Chris annuì ancora, in difficoltà.

 

“E tu. tu che non c’eri, che eri dall'altra parte del mondo…tu non hai idea di quanto mi hai fatto male lasciandomi, Chris!!”

 

“Io ho fatto male a te? Prova a pensare quanto tu hai fatto soffrire me, Saul!” non voleva litigare, ma sentendolo dire quelle cose proprio non era riuscita a trattenersi. "Io sarò scappata come l'ultima dei viglioacchi, ma perchè l'ho fatto secondo te? Perchè stavo male!!! Male! Il dolore non mi faceva respirare, Saul, e avevo bisogno di andare via per superare questa cosa!

Il riccio non rispose, e Chris continuò, più calma. “Senti, Saul…io sono venuta qui per aiutarti, ma per essere trattata così me ne vado!”

 

“Aiutarmi? E chi te lo ha detto che ho bisogno di aiuto?” le urlò mentre Chris si stava già avviando verso la porta.

 

“Tutti, cazzo, tutti! Guardati, Saul…vivi qua dentro come l’ultimo dei reietti…guarda come sei conciato, drogato fino al midollo. Non sei più il ragazzo che ho conosciuto e amato! Ti volevo dare una mano, aiutarti a uscirne, magari, ma per essere trattata così, tanto vale che me ne vada…”

 

La mora uscì sul pianerottolo, ma Slash la bloccò per un braccio. La strinse a sé e la bacio sulle labbra, con violenza quasi da farle male. Lei rimase immobile ed inerte attaccata a lui per alcuni istanti, per poi abbracciarlo e stringerlo a sé.

 

“Mi sei mancata come l’aria, piccola…”

 

Lei avrebbe voluto dirgli qualcosa, qualsiasi cosa, ma a quanto pare la fortuna non era dalla loro, quel giorno, perché furono interrotti da una voce.

 

“Che fai ancora lì, Hudson? Abbiamo l’aereo fra un’ora, porca puttana…”

 

Chris si voltò e vide un tizio con i capelli corti biondo cenere, robusto e con il viso antipatico.

 

“Doug, non parto più…” rispose Slash, scigliendo l'abbraccio e prendendo Chris per mano.

 

“Col cazzo, ho già prenotato tutto. Tu adesso ti vesti, prendi le tue fottutissime valigie e vieni a Maui con me.”

 

“A Maui?” chiese Chris perplessa. “Cosa vai a fare a Maui?”

 

“Slash, da quando ti tieni così a lungo le puttanelle della tua serata e te le baci pure sul pianerottolo?”

 

Fu un istante: il chitarrista lo prese il bavero della giacca e lo schiacciò contro il muro. “Non osare mai più rivolgerti a lei in questo modo, Goldstein, sono stato chiaro?”

 

Chris corse verso di lui e lo prese dolcemente per un braccio. “Saul, calmati. Senti, tu parti, ne parliamo quando torni.”

 

“Ma sono tre settimane…”

 

“Sono passati due anni, non saranno tre settimane a fare la differenza.” Gli diede un lieve bacio sulle labbra. “Vai ora, da bravo.”

 

Si salutarono e Slash rientrò in casa seguito da Doug, che non mancò di tirare un’occhiataccia a Chris. La mora sospirò, incerta sul cosa fare: forse avrebbero perso l’attimo a non parlarsi ora…forse non ci sarebbe più stata un’occasione simile. Gli aveva detto di stare tranquillo, ma quelle tre settimane sarebbero state eterne.

Sbuffò, mentre scendeva le scale, per la sfortuna che avevano avuto nell’essere interrotti da quel Doug Goldstein…da quel che aveva letto sui giornali doveva essere il tour manager dei Guns, ma non ne era sicura.

Uscita da quel palazzo, si avviò verso una piccola tavola calda per bere qualcosa; chiese anche di poter usare il telefono.

 

“Duff, sono Christine…”

 

“Ehi, Chris…sei stata da Slash?”

 

“Sta partendo per Maui…”

 

“Cosa? Di già? Dovevano partire tra 10 giorni…”

 

“Ah, non lo so, avranno anticipato…”

 

“Probabile…ormai Doug fa tutto di testa sua…cazzo…”

 

“Voglio andare a Maui, Duff…”

 

“Eh?”

 

“Voglio concludere il discorso che abbiamo iniziato e non ho intenzione di perdere altro tempo…”

 

“Ti procuro il nome del villaggio dove vanno. Ti chiamo a casa più tardi.”

 

Due ore dopo, Christine era sul taxi diretta all’aeroporto; sarebbe andata a Maui, avrebbe parlato con Slash e trascorso quelle tre settimane con lui. Era già scappata una volta, non aveva intenzione di farlo di nuovo.

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Capitolo 24
*** 24 ***


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Il giorno dopo, verso l’ora di pranzo, Christine era già a Maui e stava facendo il check-in. Le era partita una fortuna per prenotare una misera stanza singola in quel posto lussuosissimo, pieno di fanatici del golf; si chiese cosa c’entrasse Saul in quel luogo…probabilmente lo aveva scelto quel Doug Odioso Goldstein. Una volta terminata tutta la inutile burocrazia, si avviò verso la sua stanza, sotto l’occhio attento di tanti uomini, ospiti del villaggio, che la squadravano come se non avessero mai visto una donna in vita loro.

Posò la valigia e si cambiò, mettendo subito costume e prendisole: faceva un caldo fottuto, in quel posto, era già in un bagno di sudore.

 

“Dio, ma chi me l’ha fatto fare…” si disse, per poi ricordare che l’aveva fatto per lui, perché lo amava come non aveva mai amato nessuno.

 

Sarebbe stata quella la sua maledizione: amarlo incondizionatamente, nonostante l’avesse fatta soffrire in passato e nonostante, lo sapeva l’avrebbe fatta soffrire ancora.

Certo che partire con quella prospettiva non era esattamente il massimo…ma se lo sentiva e, si sa, l’istinto femminile non sbaglia mai.

Inforcò gli occhiali da sole e iniziò a vagare per il villaggio, in cerca di Saul: quel posto era gigantesco, una vera e propria città e non sarebbe stato semplice trovarlo.

Ma era arrivata fin lì e di certo non l’avrebbe fermata una bazzecola come quella.

Sulla spiaggia non lo vide e, nonostante fosse molto vasta, vagò fra i vari ombrelloni e le varie sdraio mezze vuote in quel momento delle giornata: era l’1 del pomeriggio e dire che faceva caldo era un eufemismo. La sabbia che si infilava nelle infradito sembrava fuoco puro.

Sbuffando, Chris continuò la sua ricerca che, grazie al cielo, non durò ancora molto. Si era infatti avvicinata ai bungalow super lusso del villaggio, delle specie di ville in miniatura, sembravano finte da quanto erano perfette e lussuose; e lo vide in mezzo a un prato, dietro a una di queste casette, svaccato su una sdraio. Indossava un costume a pantaloncino ed era nascosto dietro un giornale.

Probabilmente sentì dei passi, perché esclamò, senza comunque abbassare il giornale:

 

“Come mai già qui, Doug??”

 

“Non sono Doug…”

 

Lo vide irrigidirsi e tirare giù il giornale, per fissarla come se fosse un’allucinazione, di nuovo. Ma era pulito da quasi 48 ore…pulito, si era fatto solo qualche sniffata di coca e le allucinazioni non doveva in teoria averle.

 

“Chris???”

 

“Lo so, mi prenderai per pazza…” gli disse, sedendosi sul bordo della sdraio. “Ma io non resistevo tre settimane ancora…sono…”

 

“Sono già passati due anni, sì…” concluse lui, sorridendole. “E non c’era altro tempo da perdere…”

 

“Esatto…sono venuta qui per parlare e…e non lo so per cosa, in realtà…”

 

La vide arrossire e le sorrise: aveva dimenticato quanto fosse timida e dolce e quanto amasse vederla arrossire perchè esternava troppo le sue emozioni. Dio, come cazzo aveva fatto a dimenticarlo? Forse…forse quelle quantità indecenti di droga e alcool che usava erano proprio per dimenticare tutto. Era stato troppo male, due anni prima, dopo averla persa perché era un coglione di prima categoria. Ancora non se lo perdonava.

 

“Vieni, andiamo dentro…”

 

Slash e Chris si alzarono e entrarono nella casetta, che si dimostrò ancora più bella all’interno di quanto non fosse da fuori. “Vuoi qualcosa da bere?” le chiese.

 

“Sì, grazie…”

 

Slash le porse del succo di frutta e si sedette accanto a lei sul letto. Chris sorseggiò la bibita guardando il pavimento, troppo imbarazzata per dire o fare qualsiasi cosa. Era bastato che si sfiorassero che l’elettricità che c’era tra loro era venuta a galla, prepotente come non mai.

Slash deglutì rumorosamente: non sapeva se sarebbe riuscito a trattenersi. Quel suo profumo, sempre lo stesso, vaniglia con qualcosa di più fresco, gli arrivò alle narici, inebriandolo come aveva sempre fatto. Seguì la linea della sue gambe lasciate scoperte dal corto vestitino e pensò che in quegli anni era diventata ancora più bella, più donna.

Mandò a fanculo il suo buon senso e, in un secondo, le fu addosso.

Chris non si fece pregare e, buttando per terra i bicchieri, incuranti di sporcare tutto, si coricarono sul letto a sfilarsi quei pochi indumenti che avevano.

Si ritrovarono a fare l’amore, a ricercare quelle sensazioni che solo insieme riuscivano a provare; Slash non fu dolce, né lento…fu brutale, pieno di rabbia e di dolore per la lontananza che c’era stata tra loro per due anni.

Le spinte di Slash era forti, forti quasi come le urla di Chris, che sentiva l’orgasmo sempre più vicino.

 

“Saul…” pronunciò il suo nome con la voce spezzata, un istante prima di venire.

 

“Ti amo, Chris…” Slash spinse ancora, per poi liberarsi in lei con un gemito gutturale e liberatorio.

 

 

Proseguirono così, quelle tre settimane. Le trascorsero a fare l’amore, lunghe passeggiate sulla spiaggia, bagni in mare…vennero anche fotografati dai paparazzi e apparvero su numerosi giornali scandalistici, come avrebbero scoperto una volta tornati a LA.

Parlarono molto: Christine raccontò a Slash della sua esperienza in Africa, di quanto fosse stata sconvolgente ma allo stesso tempo di quanto l’avesse arricchita.

Slash le raccontò, con più calma, quello che le aveva urlato in faccia la mattina che lei era andata a casa sua: di come il successo gli avesse cambiato la vita, di come fosse difficile da affrontare…ma anche di quanto era diventati famosi, di come fossero richiesti in tutto il mondo, nonostante avessero pubblicato solamente due album.

 

“Non mi sarei mai immaginato che sarebbe andata così…la fama, tu che te ne sei andata…io non sapevo cosa fare. Gli unici momenti di pace me li dava la droga…”

 

“Saul, ne puoi uscire, lo sai…”

 

“Io non so se ce la faccio, Chris…”

 

“Fatti aiutare da me…”

 

Slash annuì, poco convinto…e Chris si rese subito conto che non sarebbe andata bene, nemmeno quella volta.

Quando quelle tre settimane finirono, infatti,  tutto tornò come prima.

I Guns partirono subito dopo il ritorno di Slash in tour con gli Aerosmith, con cui sarebbero stati via per 7 mesi.

 

“Mi dispiace, piccola…” le disse Slash, al momento dei saluti. “E’ così complicato…”

 

“Lo so…volevo aiutarti, ma tu devi voler farti aiutare…non posso fare tutto da sola.”

 

“Forse…forse non è il momento giusto per noi.”

 

Chris si limitò ad alzare le spalle, troppo rassegnata e disperata per poter dire qualsiasi cosa. Vederlo salire su quell’aereo la uccise per l’ennesima volta e promise a se stessa che quella storia sarebbe finita una volta per tutte.

Non avrebbe più permesso a Slash di passare come un uragano quando gli faceva comodo, per poi andarsene e portarsi via ogni volta un pezzo di cuore.

I primi giorni dopo la partenza, Mandy e Chris passarono gran parte del loro tempo insieme; saltarono le lezioni per andare a fare shopping, al mare, a fare gite. Erano disperate per la partenza dei ragazzi. Avevano bisogno di consolarsi, Chris soprattutto, e insieme potevano trovare un po’ di svago.

Ma poi la loro vita tornò nell’apatia più totale, soprattutto quella di Chris.

Mandy, infatti, due mesi dopo partì per raggiungere la band e passare con loro gli ultimi 5 mesi di tour.

 

“Duff mi ha chiesto di raggiungerlo.” Spiegò la bionda a Chris. “E ho deciso di fare i corsi di questo semestre da non frequentante per stare con lui.”

 

“Fai benissimo, Mandy. Lo farei anche io, se potessi…”

 

“Ma puoi! Tu e Slash potreste parlarvi, chiarire e…”

 

“Di nuovo? Ho fatto chilometri per raggiungerlo a Maui e parlargli…a cosa è servito?”

 

“A capire che vi amate ancora e che non smetterete mai di farlo!”

 

“Vorrei poter vivere ancora l’amore con questa prospettiva da favola, Mandy…ormai non ci credo più…”

 

“La vita vi permetterà di stare insieme, prima o poi…”

 

“Non so più cosa pensare, Mandy…per una cosa o per l’altra finiamo per rincontrarci, ma poi arriviamo sempre ad un niente di fatto…”

 

“Fidati, Chris, un giorno lui tornerà da te per non andarsene più.”

 

La mora alzò le spalle, senza sapere cosa pensare. Sperava che Mandy avesse ragione, di poter vivere a un certo punto una vita serena e tranquilla con lui.

Qualcosa, comunque, le diceva che le loro strade si sarebbero incrociate ancora, molte e molte volte.



* si protegge dall'arrivo di oggetti appuntiti* Lo so, mi odiate D: Ma doveva andare così...il prossimo capitolo arriverà lunedì o martedì, sorry...D: Grazie a tutti, un bacione

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Capitolo 25
*** 25 ***


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Febbraio 1990

 

Era quasi passato un anno…un altro fottutissimo anno lontano da lei.

Slash si era pentito ogni fottuto giorno di quel fottutissimo anno di quello che aveva fatto…di come l’aveva liquidata, senza farsi troppi scrupoli, prima di partire per il tour con gli Aerosmith. Era stato un egoista, uno stronzo, che non era capace di rinunciare ai suoi vizi per l’unica donna che avesse mai amato.

Tornati dal tour con gli Aerosmith, Alan Niven li aveva spediti a calci in culo in sala registrazione: dovevano comporre, era già troppo che non pubblicavano. Il loro successo aumentava di giorno in giorno, ma si sa…la fama è una cosa labile, va alimentata, soprattutto all’inizio…che poi loro sarebbero rimasti nei cuori dei fans anche nelle decadi successive e nonostante il loro scioglimento, beh, quello ancora non lo potevano sapere.

In ogni caso, Los Angeles presentava tentazioni troppo grandi per dei cazzoni come loro e per questo decisero di spostarsi a Chicago…non che lì le cose andassero meglio, comunque. Riuscivano a ritrovarsi in sala registrazione per pochissime ore al giorno e la loro vena creativa andava e veniva…soprattutto andava, in quei giorni.

E le cose non sarebbero migliorate, dato che Slash, quella sera di febbraio, ricevette una telefonata shoccante che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.

 

“Saul, devi venire subito a Los Angeles…la nonna sta molto male…” la voce di Ola Senior era funerea, tanto che lui si chiese se sua nonna non fosse già morta e aspettassero che fosse a LA per dirglielo.

 

Non indugiò un secondo, comunque: amava troppo sua nonna per non poter nemmeno provare a salutarla un’ultima volta e dirle quanto la amava. Lo aveva cresciuto lei, praticamente: a causa del lavoro, sua madre era sempre in giro e la cara Ola lo aveva tirato su con un amore e una pazienza infiniti.

Sul jet privato che lo stava riportando di volata a LA, si chiese quanti dispiaceri le aveva dato, tornando a casa ubriaco, a volte fatto…oppure per non esserci proprio tornato, a casa.

Era stato uno di quegli scavezzacollo che solo una nonna può amare incondizionatamente.

Come troppo spesso gli accadeva, soprattutto nei suoi momenti bui, pensò a Christine: aveva il diritto di saperlo, lei voleva molto bene a nonna Ola e, anche se negli ultimi anni si erano perse di vista, lui sapeva che non l’aveva mai dimenticata.

Era giusto chiamarla per darle la notizia…no, invece, non era giusto, perché lui era uno stronzo a cercarla solo quando si sentiva solo e sapeva che nessuno altro gli avrebbe potuto dare conforto.

Ma si sa, gli stronzi non si smentiscono mai e, appena atterrato a Los Angeles, la chiamò: sperò solo che fosse a casa.

 

“Pronto” la voce di Chris era assonnata e imprecò quando si accorse che erano quasi le due di notte.

 

“Sono Slash…” perché si era presentato col suo soprannome? Lei era una delle poche che ancora lo chiamava Saul…una delle poche che conosceva davvero Saul.

 

“S…Saul?” il riccio sorrise, sentendosi chiamare per nome da lei. Dio, stava così bene il suo nome tra le sue labbra. Fanculo.

 

“Scusami l’ora, ma ti devo dare una brutta notizia…”

 

“Oh mio dio, stai male?” la ragazza, ora, era del tutto sveglia, Slash lo capì dalla voce. Perché si preoccupava sempre così per lui? Era un fottutissimo stronzo, maledizione.

 

“No, non io…mia nonna sta molto male, mia madre mi ha chiamato di tornare a Los Angeles di corsa…”

 

“Ola…” la sua voce tremò leggermente. “In che ospedale si trova?”

 

“Al Saint George…”

 

“Arrivo subito!” Chris mise giù senza dargli il tempo di aprire bocca, di dirgli che non era necessario, di non correre là per lei…o forse per lui…

 

Si sentì in ogni caso più tranquillo, sapendo che in ospedale avrebbe trovato Christine. Era la sua ancora di salvezza, lo era sempre stata e lo sarebbe stata anche quella volta.

 
 

Sul taxi che la portava all’ospedale, Chris piangeva: non poteva crederci che Ola stesse per morire, una persona così buona non meritava di andarsene così giovane.

L’ultima volta che l’aveva sentita era stato via lettera, mentre era in Africa. Aveva avuto un terribile momento di sconforto e la prima persona a cui aveva pensato era stata lei. Le aveva scritto qualcosa come 8 pagine e la cara Ola le aveva risposto una settimana dopo; le aveva parlato di lei, del fatto che avesse avuto alcuni problemi al cuore che però sembravano passati…nessuna delle due aveva parlato di Saul, si erano limitate a 'chiacchierare' delle loro vite. Ola era molto fiera del fatto che Chris avesse avuto il coraggio di andare a fare volontariato in Africa e le aveva detto di chiamarla non appena tornata a LA.

Ma Chris non l’aveva fatto: Saul, l’università, la famiglia che la reclamava dopo anni di assenza glielo avevano fatto passare di mente. E quella dimenticanza se la sarebbe sentita sulla coscienza per tutta la vita.

Pensò poi a Saul…adorava sua nonna e di certo questa perdita lo avrebbe distrutto…e si sapeva cosa faceva Slash quando provava troppo dolore, quando non riusciva a esternare un sentimento, un emozione, nemmeno con la sua chitarra. 

Le venne quasi da ridere ripensando a quello che quasi un anno prima si era detta: le loro strade si sarebbe incrociate ancora…certo, sarebbe stata meglio una situazione più felice, ma non si era sbagliata nemmeno quella volta.

Sapeva quanto fosse immerso nel tunnel della droga, Mandy le raccontava tutto: Duff le aveva spiegato tutte le loro difficoltà nel comporre, nel ritrovarsi insieme in sala, nel riuscire anche solo ad avere una conversazione da sobri.

Stava andando tutto a rotoli, e Chris temeva che questa tragedia avrebbe solo peggiorato la situazione.

Era talmente immersa nei suoi pensieri che nemmeno si era accorta che il taxi si era fermato.

 

“Siamo arrivati, signorina…” le disse il taxista e lei, dopo essersi scusata e aver pagato, scese.

 

Slash era davanti alla porta dell’ospedale, che fumava una sigaretta con una tale necessità, come se quello che inspirava fosse ossigeno e non fumo.

Appena la vide, gettò il mozzicone a terra e corse verso di lei, buttandole le braccia al collo e scoppiando in lacrime.

 

“Non deve morire, non deve!”

 

“Saul, calmati, ti prego…”

 

“Sono mesi che non la chiamo e non la vado a trovare…” si staccò da Chris, guardandosi in giro smarrito. “Sono uno stronzo, uno STRONZO!”

 

A quell’urlo, alcune persone si voltarono a guardarlo, ma né lui né Christine ci fecero caso. La ragazzo gli carezzò lievemente una guancia e gli chiese: “Sei già andato da lei?”

 

Lui scosse il capo. “Non credo di farcela, da solo…”

 

“Non sei da solo, ci sono io…” Slash la guardò in viso, sentendosi finalmente al sicuro: lei c’era, era lì con lui…ora tutto sarebbe andato forse non bene, ma almeno meglio. “Dai, andiamo.”

E, presolo per mano, entrarono nell'ospedale.

 

 


Ciaoooooooooo :D Scusate l’assenza, sempre colpa degli esami maledetti D: Il prossimo capitolo arriverà giovedì o venerdì, promesso!! Grazie a tutti quelli che seguono, leggono e recensiscono!!! Smack!!!

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Capitolo 26
*** 26 ***


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Entrarono nell’ospedale tenendosi per mano e guardandosi intorno smarriti, senza sapere dove andare o cosa fare.

Fu Slash a vedere poco distante suo fratello, che stava parlando a un telefono pubblico.

 

“C’è mio fratello…” disse a Chris, camminando verso il ragazzo che, appena vide Slash, disse qualcosa al suo interlocutore e chiuse la telefonata.

“Saul!!” i due si abbracciarono stretti.

 

“Ash! Dov’è la nonna?”

 

“Al terzo piano, stanza 367…temo che questa volta non ce la farà, sai…” Chris vide scendere calde lacrime lungo le guance del ragazzo e provò un forte moto di tenerezza.

 

“Ok, noi andiamo su…vieni anche tu?”

 

Il ragazzo scosse il capo. “Non ce la faccio…”

 

“Ok, come vuoi…senti, lei è Christine, una mia carissima…amica…vuoi che rimanga con te?”

 

“No, Saul, tranquillo…io esco a fumarmi una sigaretta. Andate su, ora…”

 

Il riccio diede una pacca sulla spalla al fratello e, riprendendo Chris per mano, si avvicinò all’ascensore. Chris lo sentiva stringere sempre di più la sua mano e capì come fosse disperato in quel momento; appena saliti in ascensore, la ragazza lo abbracciò e lo sentì abbandonarsi nelle sue braccia, troppo sconvolto per dire qualsiasi cosa.

Appena si aprirono le porte, si trovarono davanti Ola Senior.

 

“Saul! Grazie a dio sei qui…ha appena chiesto di te…” la donna aveva gli occhi rossi e gonfi e la sua voce tremava.

 

Slash le diede un bacio sulla fronte, per poi andare verso la camera di sua nonna, sempre tenendo Christine per mano. Ma fu sulla soglia della porta che lei si bloccò.

 

“Devi andare da solo, Saul…” gli disse dolcemente.

 

“No…ti prego vieni con me…”

 

“No, è il vostro momento, dovete restare voi due da soli. Però me la saluti, vero?”

 

“Le dirò che sei qui fuori…” Slash prese un profondo respiro ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle.

 

Chris si sedette fuori, cercando di trattenere le lacrime: non doveva farsi vedere così da Saul, sarebbe stato ancora peggio. Doveva essere forte…per lui.

Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma a un certo punto le si sedette accanto Ola senior.

 

“Tu devi essere Christine…”

 

“Sì, signora…”

 

“Mia mamma mi ha parlato tanto di te. Ha sempre detto che sei una ragazza molto intelligente, premurosa…so che sei stata due anni in Africa…”

 

“Sì, a fare volontariato…”

 

“Certo certo…diceva anche che sei l’unica che riesca a stare accanto a mio figlio, l’unica a cui lui dia retta…”

 

“Su questo si sbagliava temo…ci ho provato più volte ad aiutarlo, ma non ci sono riuscita…”

 

“Non è colpa tua, Christine…ci abbiamo provato tutti ad aiutarlo, ma non ce lo ha mai permesso…”

 

Calò il silenzio tra loro, rotto solo a un certo punto dalla porta della stanza di Ola, dalla quale uscì uno Slash distrutto. Chris si alzò e gli andò vicino, prendendolo per mano senza dire una parola; uscirono dall’ospedale e, sempre in silenzio, iniziarono a camminare. Non avevano una meta precisa, ma di certo non interessava a nessuno in quel momento.

 

“Sai, mi ha detto che se ti faccio soffrire mi prende a calci nel sedere anche dal paradiso…”

 

Chris fece un debole sorriso, cercando ancora di trattenere le lacrime…ma prima o poi sarebbero sgorgate, non avrebbe resistito ancora molto.

 

“Non le ho detto che ho già commesso questo errore tante volte, non volevo deluderla ancora una volta…”

 

“Saul” Chris si bloccò in mezzo al marciapiede e gli si parò davanti per guardarlo negli occhi. “Senti, non devi vivere con il senso di colpa perché hai fatto degli errori. Tutti li facciamo, siamo umani, ma i nostri famigliari ci amano anche per questo e non smetterebbero di farlo per nessun motivo. Tua nonna ti adorava, e di certo il suo amore per te non è diminuito perché non la chiamavi spesso o non la andavi a trovare. Lei era fiera di te, per quello che sei riuscito a fare con la tua musica e per la persona che sei…perché sotto lo Slash che ormai è sulla bocca di tutti e su tutti i giornali c’è molto altro. E io ho avuto l’onore di scoprirlo. Fallo uscire di più, Saul, non chiuderti dietro la maschera della celebrità solo perché sei spaventato. E allora sì che tua nonna sarà incondizionatamente fiera di te, anche da lassù.”

 

“Tu sei troppo buona con me, Chris…non me lo merito…”

 

“Certo che te lo meriti…io per Saul ci sarò sempre…”

 

Il chitarrista le sorrise e le carezzò una guancia leggermente. “Senti, vai a casa a dormire qualche ora. Io vado un po’ da mio fratello e poi vengo da te per pranzo, ok?”

 

“Sicuro che te la senti? Non farai…sciocchezze, vero?”

 

“No, sta tranquilla…ci vediamo da te fra qualche ora.”

 

Si salutarono e Chris chiamò un taxi per tornare al suo appartamento. Si buttò sul letto ancora vestita, troppo distrutta per fare qualsiasi cosa e, nonostante i mille pensieri che le vorticavano per la testa, si addormentò.

 

Dopo che Chris fu salita sul taxi, Slash tornò all’ospedale e salì alla camera della nonna; vide subito un gran via vai fuori e dentro dalla stanza e il cuore iniziò a battergli all’impazzata per l’agitazione. Vide sua madre, abbracciata stretta a suo fratello e che singhiozzava…e allora capì. Sua nonna se ne era andata.

Sua madre gli si avvicinò, vedendolo impalato in mezzo al corridoio, e lo abbracciò.

 

“La nonna ti adorava, Saul, non dimenticarlo mai. Il funerale è domani pomeriggio, va bene?”

 

Slash annuì e se ne andò; non doveva farlo, sarebbe dovuto restare lì con sua madre e suo fratello…ma ormai se lo era detto tante volte, era uno stronzo di prima categoria, e in quel momento voleva solo farsi. Chiamò quindi un taxi e si fece portare sul Sunset, dove dopo poco tempo rimediò qualcosa; decise quindi di prendere un altro taxi e andare al suo appartamento, nel quale non entrava più da mesi, stando a Chicago. Una volta lì, si bucò subito: ne aveva bisogno, era sull’orlo del crollo, i suoi nervi non avrebbero retto ancora per molto…aveva visto sua nonna negli ultimi istanti della sua vita e l’unica cosa che lui era riuscito a dirle era stato…niente. Assolutamente niente. Si era limitato a frignare come un bambinetto mentre lei gli diceva quanto fosse fiera del fatto che si fosse costruito una carriera suonando, che lo amava con tutta se stessa e che la sua vita era con Christine. Dio, sua nonna aveva capito tutto ancora prima di lui...come del resto era sempre stato.

Fu una gioia quando sentì l’eroina scorrergli nelle vene e, finalmente, dimenticare per almeno alcune ore quella terribile nottata.

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Capitolo 27
*** 27 ***


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Slash aprì gli occhi il giorno seguente a causa della luce che entrava dalle finestre e, come uno zombie, si diresse in bagno: la vescica gli stava esplodendo e voleva guardare in che condizioni era la sua faccia, dato che al pomeriggio ci sarebbe stato il funerale.

Un cadavere. Il fottutissimo cadavere di un fottutissimo tossico.

Merda, non poteva presentarsi così al funerale. Si buttò quindi sotto la doccia, cercando di sistemarsi un po’; si ricordò improvvisamente che aveva promesso a Christine di andare da lei a pranzo e quindi, buttandosi rapidamente addosso l’accappatoio, volò in camera a guardare l’orologio. Le 2…cazzo, era tardissimo, e alle 3.30 ci sarebbe stato il funerale.

Decise quindi di chiamarla dopo che si era asciugato e vestito e che sarebbe andato a prenderla per andare insieme al funerale…magari con lei accanto sarebbe riuscito a non andare ogni mezz’ora in bagno a farsi.

 

 

Chris si alzò verso le 11 del mattino e, a pezzi, si buttò sotto la doccia; si mise poi a preparare qualcosa di rapido per il pranzo, dato che Saul sarebbe andato lì da lei.

Ma quando vide che il tempo passava e che di lui non c’era nemmeno l’ombra, iniziò a preoccuparsi; avrebbe voluto chiamarlo, ma non conosceva il numero di casa di sua madre e sapeva che quello del suo appartamento non si trovava sull’elenco telefonico. L’unico numero che aveva era quello di casa di nonna Ola…magari c’era qualcuno a quell’ora, pensò. Avrebbero dovuto prendere gli abiti e le altre cose per il funerale, forse…ma sì, tanto valeva tentare.

Compose il numero che ancora sapeva a memoria e attese, sperando che qualcuno rispondesse.

 

“Pronto” le sue preghiere erano state esaudite!

 

“Sì, pronto…parlo con Ola?”

 

“Sì, chi parla?”

 

“Signora, sono Christine, l’amica di Saul…ci siamo conosciuti in ospedale questa notte…”

 

“Oh, Christine! Ricordo, certo…dimmi pure!”

 

“Saul è lì?” la mora sentì Ola senior restare in silenzio, probabilmente per l’angoscia che in quel momento le stava nascendo nel cuore.

 

“No…gli è successo qualcosa?”

 

“No, no certo che no! E’ solo che…ecco…sì, volevo sapere a che ora era oggi il funerale…”

 

“Oh, è alle 3.30, cara…Saul sarà felice che vieni. E’ nel cimitero del quartiere dove viveva mia mamma, lo conosci?”

 

“Certo che lo conosco! A…a dopo, allora…”

 

Chris mise giù, sentendo un peso sul petto…chissà dove era Saul in quel momento. Non aveva detto nulla a sua madre perché sapeva che le avrebbe fatto venire una gran ansia. Almeno sapeva a che ora era il funerale e si sarebbe presentata là, nella speranza che il riccio ci fosse.

Così, si vestì rapidamente e prese la metro per raggiungere il quartiere dove viveva Ola, e dove aveva vissuto anche lei.

Era molto presto, appena le 2 del pomeriggio, quindi si mise a girovagare per il suo vecchio quartiere. Erano anni che non tornava là, ma non era cambiato nulla…le venne un forte senso di malinconia, ripensando ai suoi ultimi anni a Los Angeles, quando andava ancora a scuola con Saul e Steven.

E ora era tutto così diverso…loro erano cresciuti, si erano persi e ritrovati tante di quelle volte…lei e Saul avevano rischiato di perdersi per sempre, ma il destino sembrava destinare loro così tante sorprese…come se cercasse in ogni modo di farli stare di nuovo insieme. Loro non collaboravano, però, e per un motivo o per l’altro finivano per riperdersi.

Certo che era proprio strana la vita…sembrava prenderli per il culo…

 

“Merda!!!” si ritrovò a imprecare ad alta voce, senza un motivo preciso.

 

In realtà, il motivo c’era eccome ed era un maledetto chitarrista che aveva complicato, e non poco, gli ultimi anni della sua vita. L’ansia la invase di nuovo, chiedendosi cosa ne fosse stato di lei quella notte…forse aveva sbagliato ad uscire di casa, magari lui adesso era là ad aspettarla…

Troppo tesa per stare ferma, riprese a camminare, dirigendosi verso il piccolo cimitero del quartiere. Mancavano 40 minuti all’inizio del funerale e ancora non c’era nessuno. Sarebbe impazzita…doveva trovare il modo di rilassarsi.

 

“Scusi, ha una sigaretta?” un uomo di mezza età che passava di lì si fermò, guardandola con una sigaretta a mezz’aria. La squadrò per bene da capo a piedi, per poi decidersi ad annuire e ad estrarre dalla tasca dei jeans un pacchetto di sigarette ancora sigillato.

 

Lo aprì e lo tese a Christine che ne estrasse una: era una vita che non fumava, avevo provato una volta con Slash e Steven quando ancora erano dei ragazzini e alla prima tirata tossì come una matta.

Il tizio, perplesso, se ne andò senza dire una parola, mentre Chris si sedette su una panchina a pochi metri dall’ingresso del cimitero: se fosse arrivato Saul, lo avrebbe visto.

Ma fu in realtà lui a vederla per primo e silenziosamente si mise alle sue spalle.

 

“Da quando fumi?” Slash aveva visto la nuvoletta di fumo disperdersi nell’aria.

 

Chris fece un salto per lo spavento e si voltò. “Fumo perché ho bisogno di rilassarmi…che cazzo di fine hai fatto?”

 

“E da quando usi un tale linguaggio?” il riccio rispose con un’altra domanda, mentre faceva il giro della panchina e andava a sedersi accanto alla ragazza.

 

“Da quando tu sei così stronzo da passare la notte prima del funerale di tua nonna a fare chissà che!!!” Chris urlò quelle parole, ma lo fece involontariamente: il sollievo di vederlo lì davanti a lei vivo la portò a reagire in quel modo infelice. “Scusami, non volevo…”

 

“No, hai ragione…scusa se non sono venuto da te, ma sono andato al mio appartamento e mi sono addormentato. Quando ho aperto gli occhi erano le due del pomeriggio…”

 

Chris annuì. “Ho chiamato a casa di tua nonna per sapere che eri lì…”

 

“Hai detto a mia madre che ero sparito?”

 

“Certo che no, non le servono altre preoccupazioni in questo momento. Le ho detto che ho chiamato per sapere a che ora c’era il funerale…”

 

Chris vide Slash tirare un sospiro di sollievo. “Grazie…”

 

La mora alzò le spalle senza sapere cosa dire e tirando un’ultima boccata a quelle sigaretta prima di gettare il mozzicone a terra. Non le era servita a nulla, anzi…

Slash era sul punto di dire qualcosa quando videro arrivare il carro funebre seguito da Ola Senior, Ash e alcuni parenti e amici.

Entrarono nel cimitero, in silenzio e, come il giorno prima, Saul tenne tutto il tempo Chris per mano; la mora lo accontentò, beandosi della sua vicinanza e cercando di trasmetterle tutta la sua presenza in quel momento di infinito dolore.

Il funerale stava per terminare, quando vide Slash iniziare a sudare e ad agitarsi, spostandosi da una gamba all’altra, incapace di stare fermo.

 

“Stai male?” gli chiese sottovoce Chris.

 

Lui scosse il capo, poco convinto, per poi lasciare la mano di Chris ed allontanarsi un pochino; andò verso l’uscita del cimitero e, una volta fuori, si diresse alla panchina dove prima lui e Chris si erano seduti. Prese dalla tasca una bustina di polvere bianca e ne mise una striscia sul bordo della panchina, per poi chinarsi e sniffarselo. Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi e di lasciare che la coca facesse il suo effetto: non gli sarebbe bastata, ma per ora poteva funzionare da palliativo.

Tornò da Chris, che non si era mossa da dove si trovava. “Sono andato a pisciare…” le disse sottovoce.

 

Lei annuì guardandolo negli occhi, e non gli disse nulla nonostante avesse capito subito che non si era allontanato per quello.

Quando il funerale terminò, Chris andò sulla tomba della cara nonna Ola; posò un fiore che aveva portato e le fece una silenziosa promessa: non avrebbe permesso che Slash si rovinasse in quel modo con le sue mani, aveva lasciato correre troppo…le cose sarebbero cambiate, a costo di fargli il lavaggio del cervello. Sapeva che lei era l’unica che poteva riuscirci, ormai, e l’avrebbe fatto per lei, per Ola…glielo doveva.

Si alzò e raggiunse il gruppo di persone che stava lasciando il cimitero; Saul, appena la vide arrivare, si fermò per aspettarla e le tese la mano, sorridendole.

Chris sperava con tutta se stessa di farcela…doveva, doveva a tutti i costi.

 

 

 

Holaaaa ;) Aggiornamento lampo prima della mia morte per gli esami di domani e di giovedì D: Spero di riuscire a postare nel fine settimana, altrimenti da martedì 18 ritornerò super attiva, magari anche con qualcosa di nuovo. Grazie a tutti coloro che seguono, leggono e recensiscono! Un bacio

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Capitolo 28
*** 28 ***


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Alla sera, Christine si fece riaccompagnare a casa da Slash: quando glielo aveva proposto, aveva notato che gli occhi del riccio si erano illuminati al pensiero di chissà quale idea perversa. La verità era che Chris voleva parlargli della sua idea, del fatto che volesse aiutarlo in prima persona ad uscire dalle sue dipendenze.

 

Senti, Saul...” iniziò titubante, una volta a casa. Mandy non c'era, probabilmente era al lavoro. “Ti vorrei parlare di una cosa...”

 

L'avevo intuito...”

 

Sì?”

 

Beh, un po' ti conosco, Chris...e so che tu non fai mai cose avventate. Come il fatto di invitarmi qui da te...ammetto che inizialmente mi son fatto qualche viaggio mentale, ma poi mi sono reso conto che mi sbagliavo. Tu sei troppo...giusta...per fare una cosa così, per farmi venire qui solo per un po' di sesso...”

 

Chris non rispose a quel discorso un po' contorto del riccio, e decise di cambiare subito discorso cercando di arrivare al dunque senza troppi giri di parole. “Saul, io voglio aiutarti ad uscire dalle tue dipendenze. So che ci hanno già provato in tanti, ma...cazzo, ho la presunzione di penare che forse sono l'unica che ti può aiutare”

 

Non è presunzione...è la pura verità...” Chris alzò gli occhi che teneva incollati al pavimento dall'inizio del discorso e se lo ritrovò lì, a due palmi dal naso. “Sei davvero l'unica che mi può aiutare, l'unica per cui farei questo sforzo di...diventare pulito...”

 

E' qui che sbagli...tu non devi farlo per me, ma per te!” la ragazza si scostò da lui, iniziando percorrere la stanza a lunghi passi e a gesticolare, frustrata. “Porca miseria, come fai a non rendertene conto, eh? Perchè ti devi uccidere così, con le tue mani...perchè non pensi ai fans, alla musica, a quante cose tu hai ancora da fare in questo mondo? Io ti voglio aiutare, ma sei tu che prima di tutto ti devi voler fare aiutare. Se tu mi dici che lo vuoi, allora io mi dedicherò anima e corpo a questa cosa...”

 

Lo voglio...aiutami, Chris...” la mora gli corse incontro e lo abbracciò. Il profumo del chitarrista le invase prepotente le narici e, dio, si sentì così bene tra le sue braccia. Era il suo posto, lo sapeva...lo aveva sempre saputo.

 

Ma sapeva anche che se voleva portare a termine il suo compito non doveva andare così...ancora...di nuovo.

Sciolse il loro abbraccio, poiché più rimenava lì più sarebbe stata dura dire quello che ancora aveva in mente.

 

Però dobbiamo trattenere fuori tutto, Saul...”

 

Tutto cosa?”

 

Tutto...noi...quello che c'è stato, quello che probabilmente ci sarà sempre. Io credo che solamente mantenendo un rapporto di amicizia possiamo raggiungere il nostro scopo...”

 

Lo sguardo del riccio si era incupito leggermente, ed ora era lui che non staccava gli occhi dal pavimento. Sapeva però che aveva ragione...lui non era bravo nelle relazioni e non poteva farla soffrire di nuovo, non ora che finalmente si stavano riavvicinando per davvero.

Sarebbe stata dura, certo, ma almeno l'avrebbe avuta vicino, in un modo o nell'altro.

 

Va bene...” disse infine, con fatica immane.

 

Ne sono felice...” gli disse sorridendo.

 

Mi manderai in una clinica?”

 

No...almeno, non penso...però domani potremmo andare a parlare con un mio insegnante che si occupa di queste cose, va bene?”

 

Sono nelle tue mani, puoi fare di me quello che vuoi!”

 

Addirittura? Attento, stallone, potrei approfittarne...” Chris gli fece l'occhiolino e il riccio sentì lo stomaco contorcersi al pensiero di quello che avrebbe voluto farle là, in quel momento, su quel fottutissimo divano da quattro soldi.

 

Come vorrei che lo facessi davvero...” ovviamente, esternò i suoi pensieri anche quella volta. Lui non era bravo a contare fino a 10 prima di parlare, e Chris lo sapeva. Sapeva, quindi, che doveva sempre prendere con le pinze quello che usciva da quel forno che era la sua bocca.

 

Non ci pensare nemmeno, caro...ricordi cosa abbiamo detto poco fa, vero?”

 

Potrei avere la memoria a breve termine...”

 

Chris rise, dandogli un lieve pugno su un braccio. “Pizza?” domandò prendendo in mano il telefono.

 

Andata!”

 

Mentre cenavano, Mandy tornò all'appartamento e si stupì non poco nel vederli così tranquilli a cenare come due vecchi amici. Ok, teoricamente lo erano...ma praticamente non erano mai stati solo amici.

 

Mandy! C'è ancora della pizza, se la vuoi!” le disse Chris.

 

No grazie, ho mangiato un hot dog venendo a casa. Mi dispiace tanto per tua nonna, Slash...”

 

Grazie, Mandy...”

 

La bionda si sedette a tavola con loro e prese un po' di coca-cola dal bicchiere di Chris. “Come sta Duff?”

Mandy fece quella domanda con un tono di voce così apatico, che Slash e Chris si guardarono perplessi.

 

Sta bene...ma c'è qualcosa che non va?”

 

Chiedilo a lui...”

 

Mandy, che succede? Non mi hai detto che c'erano problemi tra te e Duff...”

 

Teoricamente non ci sono...ma il fatto che mi telefona qualcosa come una volta alla settimana di certo non mi fa sentire molto bene...”

 

Chris mise una mano su quella della bionda. “Oh, Mandy, stai tranquilla...sicuramente è stato tanto indaffarato con la musica...non ti preoccupare per nulla.”

 

Slash non parlò, sapendo che di certo non erano occupati. Almeno, non lo erano a fare musica...a sbronzarsi e calarsi qualsiasi cosa allora sì.

 

Perchè non lo raggiungi a Chicago?” le domandò Slash: sapeva che Duff amava Mandy e non voleva che il suo amico mandasse all'aria la sua storia per quel periodo di merda che la band stava passando.

 

Dici che dovrei?”

 

Beh, io ho intenzione di rimanere qui un paio di mesi...per ripulirmi...”

 

Mandy spostò lo sguardo su Chris, che sorrideva serena per quella sua piccola vittoria. “Forse hai ragione, dovrei andare a Chicago...chiamo subito per prenotare un volo, ok?”

 

Tutta eccitata, la ragazza si alzò e si mise subito al telefono.

 

Duff non l'ha tradita, vero?” quel dubbio aveva assalito Chris fin dal primo istante e deciso di chiedere conferma al riccio.

 

Che io sappia no. Duff la ama davvero, per quello penso sia stupido che mandino tutto all'aria...non voglio fare gli stessi errori che ho fatto io...”

 

Calò un silenzio imbarazzato, interrotto poi dal rumore della sedia di Slash, che si stava alzando. “Hai carta e penna? Vorrei scrivere due righe di spiegazione agli altri...Mandy gli darà la lettera!”

 

Buona idea, te li vado a prendere!”

 

Mandy tornò in cucina entusiasta. “Ho prenotato! Parto domani pomeriggio! Ho già chiamato il capo per farmi dare un po' di ferie...mi licenzierà, prima o poi...”

 

Lo stai facendo per una buona causa, no?” domandò retorica Chris, tornando con carta da lettera e una penna.

 

Lo spero. A chi scrivete?”

 

Ti do una lettera da consegnare agli altri, ti dispiace?”

 

Per niente! Fermati a dormire qui, se ti va...” Mandy potè vedere Chris irrigidirsi a quella proposta e si domandò cosa avesse detto di sbagliato.

 

Grazie, Mandy, penso che il divano sarà comodissimo. Ora mi metto a scrivere, se non vi dispiace.”

 

No no, figurati! Chris, mi aiuti a sistemare delle cose nella mia stanza?”

 

La mora alzò gli occhi al cielo per quel patetico tentativo della sua amica di portarla di là per farle l'interrogatorio, che, infatti, non tardò ad arrivare.

 

Che ti prende?” le chiese, una volta chiusa la porta.

 

Chris le spiegò tutto per filo e per segno: della sua decisione di ripulirsi e della loro scelta di rimanere amici. Mandy capì e abbracciò stretta la sua amica, sapendo quanto le costasse fare quel sacrificio.

Ma la bionda lo sapeva...ci sarebbe stato anche per loro il tempo per poter stare finalmente insieme, senza problemi. Erano fatti l'uno per l'altra e niente poteva davvero separarli.





Ciaoooooooo :) Eccomi con un aggiornamento lampo post-esame (ancora uno lunedì e poi LIBERTAAAAAAA!!!)...ma dicevo...sì, ecco, capitolino di passaggio...nel prossimo ci dedicheremo un po' all'altra compietta della storia, per poi tornare sul nostro riccio preferito e la sua disintossicazione. Bene, ho parlato troppo...spero abbiate apprezzato il capitolo! Fatemi sapere :) Un bacione!!!!!!!!!!
 Un bacioneGraz
CCc 

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Capitolo 29
*** 29 ***


Mandy era tesa: non aveva chiamato Duff per avvertirlo del suo arrivo e non riusciva a pensare ad altro se non che lo avrebbe beccato a letto con qualcuna. Non sapeva se avrebbe sopportato una tale visione…le avrebbe spezzato il cuore in mille pezzi.
Ma doveva correre questo rischio: voleva salvare la relazione tra lei e Duff. Si amavano e sapeva che ne valeva la pena.
Quando arrivò a Chicago prese un taxi che la portò all’appartamento che avevano affittato per quei mesi: Slash le aveva infatti dato tutte le indicazione che le servivano per arrivare. Il palazzo era piuttosto bello e molto grande, e si stupì del fatto che non lo avessero ancora demolito, contando che tipi fossero.
 
“Aspetta, Mandy, ancora non hai visto l’interno…” si disse mentre cercava sul citofono l’interno 37.
 
Suonò e una voce che identificò come quella di Axl rispose; quando la bionda pronunciò il suo nome, sentì il rosso indugiare un istante, per poi aprirle urlandole che stavano al 6° piano. Salì sull’ascensore e, con il cuore che batteva a mille, attese che le porte si aprissero; pensava di trovarsi davanti Axl, dato che le aveva risposto, e invece…
 
“Michael!”
 
“Mandy, amore mio!” i due si abbracciarono stretti e si baciarono con foga. Non si vedevano da tanto e avevano una tremenda voglia di sentirsi finalmente vicini, soprattutto dopo le difficolta degli ultimi tempi.
 
Erano talmente presi dai loro baci, che nemmeno si accorsero che l’ascensore, con dentro ancora la valigia e la borsa di Mandy, venne chiamato da qualcun altro.
La bionda si voltò di scatto. “Cazzo, la mia roba!”
 
“Tranquilla piccola, vado io!”
 
Duff prese così le scale, cercando di inseguire l’ascensore, mentre Mandy se la rideva alla grande.
 
“Mandy! Ciao piccola!”
 
“Ciao Bill, come stai?”
 
“Bene…ma, Duff?”
 
“Hanno chiamato l’ascensore con tutta la mia roba sopra!”
 
“Stavano limonando, Bill, capiscili!” Izzy uscì sul pianerottolo e abbracciò con calore la ragazza. “Ciao nanerottola!”
 
“Non hai perso il vizio di chiamarmi nanerottola, eh?”
 
Izzy si limitò a farle l’occhiolino, per poi mettersi a ridere osservando Duff che arrivava dalle scala con la roba di Mandy.
 
“Cazzo, proprio a pianoterra era arrivato sto stronzo di un ascensore!” cercò di dire con il fiatone.
 
“Fuma fuma, McKagan…che manco 4 rampe di scale riesce a fare!”
 
“Fottiti Axl!”
 
Con Mandy piegata in due dalle risate per quel simpatico siparietto, entrarono in casa; si stupì di come l’appartamento fosse relativamente in ordine e si rilassò un pochino…forse non era tutto un disastro come aveva immaginato.
Si accomodarono in salotto, dove offrirono una birra ghiacciata a Mandy.
 
“Steven dov’è?”
 
“A casa di qualcuna…ogni sera una diversa…” disse tranquillamente Izzy, ma Mandy notò come i tre, soprattutto Axl, si erano irrigiditi. C’era qualcosa che non andava, era chiaro.
 
Si ricordò della lettera che le aveva dato Slash e iniziò a frugare nella borsa. “Ho una cosa per voi, ragazzi…”
 
La porse al suo uomo. “Che cos’è?”
 
“Una lettera di Slash…leggila ad alta voce, Michael…”
 
Il bassista annuì e aprì la busta, tirando fuori un foglio. Duff si schiarì la voce e iniziò:
“Ciao stronzi. Probabilmente penserete che sono un finocchio a scrivervi una lettera…probabilmente non ne ho mai scritta una nella mia vita, ma credo che sia una buona occasione per iniziare. Non è vero, non ne scriverò mai più perché odio riportare su un maledetto foglio di carta certe cose, ma questa volta devo farlo.
Non tornerò a Chicago per un po’…ho deciso di ripulirmi e, cazzo, penso che questa possa essere davvero la volta buona! E’ Christine che mi ha convinta e mi assisterà lei giorno e notte e…fate bene a darmi di nuovo del finocchio, perché me lo sto dicendo da solo ma…credo che lei sia davvero l’unica a potermi aiutare a farlo.
E poi, devo farlo per mia nonna…l’ho vista nei suoi ultimi attimi di vita e ciò mi ha portato ad avere una crisi con i controcazzi. Mi sono fatto per tutta la notte e come risultato sono arrivato al funerale con la faccia di un fottutissimo tossico sconvolto…Ola mi avrebbe preso a calci in culo per un’ora, e avrebbe fatto bene. Quindi credo sia giusto anche per lei che faccia questa cosa…mi farò sentire io quando sarà il momento, voi continuate con i lavori…appena mi rimetterò in forma renderò le vostre schifosissime basi dei fottutissimi capolavori con i miei assoli.
Vi voglio bene stronzi. Slash.”
 
Duff terminò la lettura e nessuno aprì bocca; tutti conoscevano abbastanza Slash per rendersi conto di quanto era stato difficile per lui far uscire quelle parole. Lui era bravo con la musica, ma con le parole era sempre stato imbranatissimo. Nessuno di loro lo avrebbe detto a chiare lettere, ma erano felici di quel gesto…e capivano le motivazioni del loro riccio. Avrebbero dovuto seguire tutti il suo esempio…
 
“Bene, noi lo aspetteremo anche per un anno, quello stronzetto!” concluse Izzy con la sua pacatezza. Lui sì che era un mago con le parole…non a caso i suoi testi erano a dir poco incredibili.
 
Mandy vide che era calato un po’ di imbarazzo e cercò quindi di sdrammatizzare chiedendo a Duff di mostrarle il bagno così che potesse rinfrescarsi un po’. Si fece una bella doccia e poi andò in camera del biondo, dove gli avrebbe finalmente parlato.
Si accoccolò sul letto accanto a lui e il suo profumo le fece girare per un momento la testa; ma non doveva cedere, non ora, e perciò iniziò subito il discorso.
 
“Michael, io sono venuta fino qui a Chicago per quello che è accaduto tra noi nelle ultime settimane…”
 
“Piccola, fammi parlare, lascia che ti spieghi…lo so, sono stato uno stronzo a non chiamarti e a sparire così…ma qui andava tutto di merda. Non riuscivamo a comporre un cazzo di niente perché Steven o Slash o Izzy erano troppo fatti. Axl non veniva mai in sala registrazioni, e io…io bevevo come una spugna…mi piazzavo nel bar qui di fronte e ci passavo le mie giornate, per poi tornare a casa e collassare. A volte manco arrivavo al letto, mi fermavo al divano…”
 
Mandy sentì gli occhi riempirsi di lacrime vedendo quanto era sincero Duff in quel momento e quanto davvero avesse sofferto…aveva visto la stessa cosa in Slash e capì che la situazione era davvero complessa.
 
“Ora ci sono io qui e non me andrò finchè le cose non andranno meglio!”
 
Duff la abbracciò e la baciò con tutto se stesso: voleva trasmetterle tutto ciò che provava in quel momento e dato che nemmeno lui era tanto bravo con le parole pensò che così fosse il modo migliore. Si alzò poi di scatto, per prendere dal suo armadio qualcosa; Mandy lo vide ravanare in un cassetto e tirare fuori…no, non era possibile.
 
“Sposami, Mandy…” Duff si era riseduto accanto a lei e aveva aperto una piccola scatola, svelando un semplice anello d’oro con un piccolo diamantino.
 
La bionda aveva perso ogni facoltà, di parola, di pensiero o di movimento…in quel momento c’era solo l’uomo che amava davanti a lei che le chiedeva di sposarlo. Tutto il resto non contava.
E non potè fare altro che dire di sì.

 
 



 
Ciaooo :D Eccomi qui, finalmente libera dagli esami! Quindi aggiornerò con più regolarità, lavorando nel frattempo anche a qualcosa di nuovo. Dunque, questo capitolo non doveva essere tutto dedicato a Mandy e Duff, ma come sempre han fatto tutto loro! Fatemi sapere se vi è piaciuto ;) Grazie a tutti, un bacio!!!!

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Capitolo 30
*** 30 ***


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Il pomeriggio seguente Chris e Slash andarono dal dottore che avrebbe aiutato il riccio a disintossicarsi; al mattino, la ragazza gli aveva parlato spiegandole il suo piano: lei non voleva chiuderlo in una clinica, perché lo conosceva troppo bene e sapeva che l’avrebbe vista come una galera in cui lei lo aveva costretto ad andare. Non voleva che in un momento di debolezza Slash le rinfacciasse che lo aveva spedito in quel postaccio.

Perciò, approfittando del fatto che Mandy sarebbe andata a Chicago da Duff, lei decise di trasferirsi momentaneamente nella stanza della sua coinquilina e adibire la sua alla disintossicazione del riccio; lì il medico avrebbe potuto visitarlo e dargli tutto quello di cui aveva bisogno per superare i primi tremendi giorni che si prospettavano davanti a lui…anzi, a loro.

Sì, a loro, perché Chris sapeva che quella disintossicazione l’avrebbe vissuta in prima persona insieme a lui; il medico glielo aveva detto: non sarebbe stato facile, perché nei primi momenti di astinenza viene fuori davvero ogni lato peggiore delle persone…è l’inferno, prima di poter vedere di nuovo un po’ di paradiso. L’aveva messa in guardia, ma Christine gli aveva detto che lei doveva stargli accanto, glielo aveva promesso, e nemmeno sotto tortura si sarebbe allontanato da lui. Il medico, fortunatamente, era una persona molto alla mano, con cui Chris era stata a stretto contatto i primi sei mesi che aveva passato in Africa: avevano imparato a conoscersi e l’uomo sapeva che era una ragazza con la testa sulle spalle e che mai avrebbe fatto qualcosa del genere senza un motivo davvero serio.

Così, gli diede appuntamento per quel pomeriggio alle 5. Slash era nervoso, si torturava continuamente le mani; l’astinenza si stava avvicinando a passi da gigante e lui ne era terrorizzato. Chris si accorse che qualcosa non andava, e gli domandò:

 

 

“Saul, il medico è molto bravo e gli ho spiegato la situazione…non ci saranno problemi…”

 

“Non è quello…so che tu non lasci nulla al caso, ma…ma io sono quasi in astinenza e ho…ho una paura fottuta…”

 

“Non devi, ci sono io…” gli carezzò lievemente una guancia e provò un desiderio così forte di baciarlo, che pensò di non resistere. Ma resistette anche quella volta, ringraziando il cielo…o forse no…

 

“Signor Hudson, è un piacere conoscerla!” entrati nell’ufficio, il medico li accolse con un gran sorriso e il riccio si stupì nel vedere un uomo così giovane e cordiale.

 

Forse se li aspettava tutti cupi e incazzati come quella volta che era stato in una clinica in…nemmeno se lo ricordava dove fosse quel posto. Meglio dimenticare.

 

“Piacere mio, dottore.”

 

“Ti va se ci diamo del tu…Slash?”

 

“Con piacere…ehm…”

 

“Mark, mi chiamo Mark!”

 

“Perfetto Mark!”

 

“Ciao Christine…” disse ancora il medico alla ragazza.

 

“Professore…”

 

“Accomodatevi!”

 

I ragazzi si sedettero davanti alla scrivania del dottore, che iniziò a parlare. Spiegò a Slash come sarebbe andata la cosa, i medicinali che gli avrebbe somministrato e tutto quanto; si accorse subito che stava andando in astinenza, lo vide dagli occhi cerchiati di viola del chitarrista e dal sudore che iniziava a scorrere copioso.

 

“Io direi che possiamo iniziare subito, che dite?”

 

“Va bene…”

 

“Ragazzi, volevo dirvi una cosa…è una situazione molto strana questa…non so nemmeno dirvi se sia legale o meno, non ho idea…ma è il mio lavoro e quando una studentessa, tra l’altro brillante come Christine, mi chiede aiuto non posso rifiutare. Ovviamente non fatene parola con nessuno, d’accordo?”

 

I due gli dissero che, certo, avrebbero mantenuto quel segreto per loro…del resto, a chi potevano andare a dirlo? Non gliene fregava un cazzo degli altri, in quel momento c’erano solo loro e la salute di Slash.

Il medico gli disse di andare in camera e mettersi a letto, cercando di stare il più rilassato possibile; lui sarebbe andato a visitarlo qualche ora dopo. Così tornarono nell’appartamento di Chris, dove cominciò la disintossicazione.

 

Furono giorni di inferno, per entrambi. Slash non dormiva e non mangiava e Chris con lui: sentiva un peso sul cuore troppo forte per fare qualsiasi cosa, si sentiva quasi in colpa nel vedere come lui stesse male…ma si rendeva conto che era giusto, che lo stava facendo per lui e che quando fosse stato pulito le cose sarebbero finalmente cambiate.

E le cose cambiarono per davvero, inizialmente: Slash rimase un intero mese lì con Christine: quando stette meglio, i due uscivano, andavano al mare, a fare gite…a Chris sembrava di essere tornata indietro nel tempo, quando si erano messi insieme e passavano ogni singolo istante della loro giornata insieme.

Slash si sentiva sereno come non lo era da tempo…forse proprio da quei mesi in cui erano stati insieme. Christine si dimostrava sempre un’amica meravigliosa e, anche se a volta l’istinto di baciarla era incredibilmente forte, doveva rispettare la sua volontà…anche perché pure lui sapeva bene che era la cosa migliore. Il suo equilibrio era ancora precario e i colpi di testa non erano ammessi, se non voleva mandare a monte il lavoro di Chris e di quel medico così gentile e disponibile.

Era inizio aprile quando Chris, tornando al suo appartamento dove al mattino presto aveva lasciato uno Slash profondamente addormentato, gli disse:

 

“Guarda qui…” gli porse una busta da cui lui estrasse due biglietti per Chicago. “Credo che tu sia pronto.”

 

“Non lo so, Chris…è che…”

 

“No, tu sei pronto, lo so, lo vedo…e io verrò con te…”

 

Il riccio sentì quel peso di una tonnellata che aveva sullo stomaco scivolare via. “Sul serio?”

 

“Certo…beh, se ti va!”

 

“E me lo chiedi?” Saul la abbracciò con slancio, facendola girare sospesa a mezz’aria e strappandole una di quelle splendide risate che gli avevano sempre scanldato il cuore. “Ho bisogno di te, lo sai…”

 

“E io sono qui, lo sai…”

 

Si guardarono a lungo negli occhi: si stavano trattenendo, entrambi se ne rendevano conto. La schiena di Chris era irrigidita e Slash muoveva continuamente le dita, come per sedare quel desiderio incontrollato di prenderla, baciarla e fare l’amore con lei fino al giorno dopo. Ma sapeva che no, non doveva andare così. Si limitò quindi a darle un bacio sulla fronte e a ringraziarla; era così sincero in quel momento che Chris sentì gli occhi inumidirsi per la gioia di averlo finalmente lì, pulito e sobrio: era ciò che aveva desiderato per anni e, anche se non era più suo, era felice. E ciò le bastava. Non si poteva avere troppe cose contemporaneamente, no?

A Chicago, Slash fu accolto con grande entusiasmo dai suoi compagni di band e subito si misero a provare, comporre e registrare.

Chris, intanto, passava le sue giornate con Mandy: lei e Duff avevano deciso di sposarsi a settembre di quell’anno, dato che poi all’iniziò del ’91 i ragazzi sarebbero probabilmente partiti in tour. La mora sentì il panico montarle dentro a quella notizia: sapeva cosa voleva dire il tour e le tentazioni ad esso legate.

Mandy se ne accorse e le disse: “Io andrò con loro…vieni anche tu…”

 

“Non posso, Mandy…”

 

“Perché? Potresti aiutare Slash a rimanere pulito…”

 

“Eh certo, rimanendo sempre tra i piedi come una sorella rompicazzo? Tra noi non c’è più stato nulla, Mandy, io non posso fare come te che sarai la moglie di Duff. Io non sarei…nulla…”

 

“Sai bene di essere qualcosa di più di ‘nulla’…”

 

“Sì ma non potrei sopportare di vedere Saul passare da una donna all’altra, magari bere e non so che altro…io sono venuta qui con lui perché aveva ancora bisogno di me ma non posso reggergli la coda per sempre…deve imparare a rimanere sobrio da solo…”

 

“Chris, lo sai come va in tour…”

 

La mora perse la pazienza e iniziò a urlare: “Lo so! Lo so, cazzo, come va in tour! Pensi che non ne sia terrorizzata? Pensi che non abbia paura che questo mese possa essere buttato nel cesso in 30 secondi? Ma io non posso viere per sempre attaccato a lui, Mandy…non stiamo insieme, non ci sarà più nulla tra noi e io…io voglio ritornare a vivere, Mandy. Mi sono annullata per lui in questi anni e mi sono accorta che vederlo felice, sano e sereno anche se senza di me…potrebbe bastarmi.”

 

“Sai che non ti basterà mai…” le rispose dolcemente la bionda.

 

“Deve…ogni volta che ci mettevamo insieme finiva sempre male. Non è giusto né per me né per lui.”

 

“Ok, calmati ora, tesoro…” Mandy la abbracciò dato che Chris era scoppiata a piangere. “Allora, ti va se andiamo a scegliere un bell’abito? La testimone della sposa deve essere la più bella!”

 

“Davvero mi vuoi come testimone?”

 

“E chi altro potrei scegliere?!”

 

Le due si abbracciarono. “Ti voglio bene, Mandy…”

 

“Anche io, Chris, tanto…”




Perdonate il colossale ritardo, ma il tempo mi è sfuggito dalle mani in questi giorni D: Ciao a tutti, comunque! Spero che il capitolo vi sia piaciuto...il prossimo arriverà a inizio settimana prossima! :) 
Grazie a chi segue, legge e recensisce!
Un bacio ;)


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Capitolo 31
*** 31 ***


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Settembre 1990

 

Il grande giorno di Mandy e Duff era finalmente arrivato. Quegli ultimi tre mesi erano stati estremamente caotici ed impegnativi per tutti: i ragazzi avevano continuato a comporre e ormai a breve sarebbero entrati in sala registrazione per incidere un doppio album, che sarebbe uscito all’inizio dell’anno nuovo. In primavera sarebbe partito il tour.

Mandy si era barcamenata tra esami e preparativi del matrimonio, sempre affiancata dalla fedele Christine.

Quando il grande giorno giunse, tutto era perfetto: la cerimonia si sarebbe tenuta al pomeriggio sulla spiaggia, dove poi avrebbero fatto un semplice ricevimento e una festa tra amici e parenti stretti. Chris era a casa di Mandy, quella mattina: avevano dormito nella casa dove Duff e Mandy sarebbero andati a vivere insieme, mentre gli uomini erano a casa di Axl.

La mora si alzò presto ed uscì sulla grande terrazza di quella splendida villa per respirare a pieni polmoni l’aria fresca; era una giornata splendida, limpida e soleggiata…quello che ogni sposa desidera. Quel matrimonio l’aveva portata più volte a chiedersi se sarebbe potuta andare in modo diverso con Slash…forse sarebbe potuto essere il loro, di matrimonio…cazzo, perché si ritrovava a pensare certe cose? La portavano solamente a deprimersi. Doveva essere felice, quel giorno…lo doveva alla sua migliore amica, che non aveva mai visto così euforica come in quelle ultime settimane.

 

“Chriiiiis!”

 

La mora sentì l’urlo acuto della sua amica fin sul terrazzo e sbucò con la testa in salotto. “Mandy, sono qui!”

 

“Un bubbone!”

 

“Cosa?”

 

“Mi è uscito un bubbone sul mento!”

 

Chris si avvicinò alla bionda, notando il piccolo brufolo che le era effettivamente comparso sul naso. “Mandy, è invisibile!”

 

“Invisibile? Dio, è un vulcano!!! Dio, Duff scapperà a gambe levate!”

 

Chris non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere.

 

“Che razza di amica che ride delle mie disgrazie…”

 

“Tesoro, stai tranquilla…si vede appena e con un po’ di trucco sarà tutto invisibile!”

 

Mandy non sembrava convinta, ma dovette effettivamente ricredersi quando, alcune ore dopo, era perfettamente truccata e pettinata. Era il turno di Chris per prepararsi, quando suonò il campanello; la mora andò ad aprire e, quando si trovò davanti Steven, sentì un moto d’ansia…non era normale che fosse lì.

 

“Steve! Che ci fai qui?”

 

“Ti devo dire una cosa, Chris…puoi uscire?”

 

“E’ successo qualcosa a Duff?”

 

“Duff? Ma figurati, quella checca è già là pronta in fibrillazione…”

 

“E allora?”

 

“Vieni fuori…” Chris chiuse la porta dell’appartamento ed uscì nel giardino. Steven si voltò verso di lei e proseguì. “Slash porta una ragazza al matrimonio…”

 

Chris si irrigidì, ma cercò di non scomporsi più di tanto. “Chi è?”

 

“Una tizia che ha conosciuto ha Chicago…si chiama Reneè…”

 

“Ah ah…certo, non c’è problema. Poteva almeno parlarmene…”

 

“Non pensava venisse, lo ha deciso all’ultimo…”

 

“Mandy lo sa?”

 

“No, lo sa solo Duff…”

 

“Ok, glielo dirò io…” Chris girò le spalle per tornare dentro, ma Steve la bloccò prendendola per un polso.

 

“Non sei costretta a far finta che non ti importi, Chris…”

 

“Steve, davvero, è tutto a posto…”

 

“L’ho detto a Slash che è un coglione, che tu sei quella giusta per lui, ma…”

 

“Ma abbiamo capito che è meglio lasciar perdere ed evitare di farci del male gratuito…” lo interruppe la mora. “Scusa, ora devo andare a prepararmi. Ci vediamo più tardi.”

 

Chris rientrò senza voltarsi più verso Steven…si stava trattenendo. Aveva voglia di piangere, urlare, rompere qualcosa.

 

“Tutto a posto?” le chiese Mandy, una volta tornata in cucina adibita a salone di bellezza.

 

“Sì sì. Steven voleva solo avvisarci che Slash porterà una ragazza con sé al matrimonio.”

 

“Cosa?” Mandy si alzò di scattò dalla sedia, facendo allontanare spaventata la parrucchiera che le stava facendo i boccoli con il ferro.

 

“Lo ha saputo solo ieri, per quello non ti ha avvisato. Duff comunque lo sa.”

 

“Mio dio, non ci posso credere…”

 

“Cosa ti stupisce tanto?”

 

“Christine, smettila di fare quella a cui non gliene frega nulla, dai!”

 

“Mandy, ti prego…va bene così, ok? È giusto così…è quello che dovrei fare anche io.”

 

“Su quello hai pienamente ragione…anzi, oggi ti presenterò un paio di amici molto gentili e simpatici…comunque, sei davvero sicura di stare bene?”

 

Chris si alzò dalla sedia in cui era sprofondata e le andò davanti, prendendole le mani. “Mandy, tesoro, oggi è il tuo giorno. Solo tuo. E niente e nessuno lo potrà rovinare, ok? E di certo non sarà la sciacquetta che Slash si è portato al matrimonio. Quindi tu cerca di non pensare a niente altro che non siate te, Duff e questa splendida giornata…sono stata chiara??”

 

 

E andò così, fortunatamente: Mandy, nonostante altre lamentele durante i preparativi, dimenticò tutto quanto appena mise piede sulla spiaggia e vide Duff all’altare.  Erano perfetti, erano meravigliosi e Chris avrebbe mentito se avesse detto che non li invidiava nemmeno un pochino. La mora aveva raggiunto la sua postazione come testimone accanto all’altare sfilando sulla passerella tra gli invitati: era splendida nel suo abito monospalla color corallo, i tacchi alti e i capelli raccolti in uno chignon disordinato. Aveva visto gli occhi si Saul seguire ogni suo movimento e aveva notato subito la ragazza al suo fianco: un’aspirante attrice, come avrebbe scoperto più tardi, indubbiamente bella e indubbiamente oca. E questo l’avrebbe scoperto a sue spese troppo presto.

Infatti, durante la festa in spiaggia che aveva seguito la cerimonia e il ricevimento, Chris sbandò contro la sua rivale. Aveva alzato un po’ il gomito quella sera...o meglio, non era mai stata una gran bevitrice e dopo due cocktail la testa le girava già come un mappamondo. Era al bar per ordinare il terzo, che urtò la ragazza.

 

“Scusami!” le disse con una vocina estremamente acuta ed irritante. “Oh, ma tu sei la testimone…Catherine, giusto?”

 

“Christine, in realtà…” la mora era disgustata, e non si preoccupò di nasconderlo.

 

“Oh, sì, che sciocca. Io sono Reneè, piacere…Slash mi ha detto che siete amici di vecchia data.”

 

La mora strinse la mano di Reneè con riluttanza, cercando di non mandare al diavolo le regole base dell’educazione, nonostante la frase amici di vecchia data le avesse causato un moto di nausea che le aveva sconquassato lo stomaco.

Avrebbe detto qualcosa se il riccio non fosse apparso. Era imbarazzato, ma non voleva darlo a vedere…solo Chris in quel momento poteva capirlo e avere la presunzione di dire che lo conosceva davvero.

 

“Ciao Chris…”

 

“Saul…”

 

“Cucciolo, io e la tua amica ci siamo già presentate!”

 

“Cucciolo?” Chris non riuscì a trattenere quel commento ironico, scoppiando poi in una risata isterica. “Scusate, non volevo…” si tuffò nel drink finalmente pronto, cercando di sedare la ridarella che l’aveva colta per quel ridicolo soprannome.

 

Slash disse qualcosa a Reneè, la quale liquidò Chris con un sorriso disgustato e si allontanò da lì.

 

“Chris, io…”

 

“Non mi devi dare nessuna spiegazione, Saul…abbiamo deciso che tra noi non ci dovrà più essere nulla di più che amicizia e ciò implica il frequentare altre persone. Certo, preferirei che queste persone non mi infastidissero, però…” Chris scoppiò di nuovo a ridere.

 

“Sei ubriaca…”

 

“E allora?”

 

“Chris, ti prego…”

 

“Devo andare, Mandy mi sta chiamando. Buona serata, Slash.”

 

Il riccio la osservò andare via: non lo chiamava mai Slash. Saul. Sempre e solo Saul. Lei del resto era l’unica a conoscerlo, a sapere cosa ci fosse sotta la finta scorza dura della rockstar. Forse il chiamarlo con il suo soprannome indicava la fine…di tutto.

Il chitarrista sospirò: era prevedibile. Loro non sarebbero mai potuti essere solo amici.

Mai.

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Capitolo 32
*** 32 ***


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Dicembre 1990

 

In quei tre mesi che erano passati dopo il matrimonio di Duff e Mandy, tante cose erano cambiate: prima di tutto, le ragazze avevano lasciato l'appartamento del campus. Mandy lo aveva lasciato per ovvi motivi e Chris si era trasferita in un piccolo appartamentino lontano dall'università. Aveva infatti deciso di dare gli esami da non frequentante così da poter fare un tirocinio retribuito al pronto soccorso di un piccolo ospedale. Non aveva chissà quale compito speciale, ma si iniziava a fare le ossa e riusciva a pagarsi da sola tutte le spese extra.

La sua vita era diventata quindi subito molto intensa e ciò le aveva permesso di non avere tempo per pensare; e quello non era che un bene, dato che le cose a cui pensare erano molte.

Stare senza Mandy l'aveva mandata in crisi, inizialmente: si sentiva particolarmente sola, soprattutto quando alla sera tornava dal lavoro in quella casa vuota. E poi c'era Saul...Mandy la teneva aggiornata e Chris aveva saputo che continuava a frequentare quella Reneè: non si erano mai più sentiti dopo quello che era accaduto al matrimonio e Chris tentava in tutti i modi di evitare i luoghi che lui era solito frequentare.

Aveva inoltre saputo che c'erano problemi nei Guns a causa di Steven. Il batterista, infatti, ci dava sempre più dentro con la droga e molte volte era troppo fatto per registrare; Axl stava dando in escandescenza, dato che l'album doveva essere pronto per l'inizio del nuovo anno ed erano davvero molto indietro.

Mancavano due giorni a Natale e Chris era al pronto soccorso; stava preparando il materiale per fare il solito giro di pazienti, quando una infermiera la chiamò.

 

Christine, c'è bisogno di te fuori! Arriva un'ambulanza con un'emergenza!”

 

La mora mollò tutto e seguì la donna fuori, dove l'ambulanza stava arrivando a sirene spiegate. Tirarono giù la barella, dicendo: “Maschio, 25 anni, overdose da eroina e alcool.”

 

Christine guardò il giovane e si sentì mancare. “Steven!! Oh dio mio...”

 

Cosa sei, una sua fan? Non è il momento, ragazza! Vai dentro e prepara subito una flebo!”

 

Chris, sentendo il tono brusco del dottore, si riscosse dallo shock in cui era caduta e corse dentro, preparando quello che era stato chiesto. Dopo di che, fortunatamente, lei non poteva fare molto altro non essendo ancora medico a tutti gli effetti, quindi potè andarsi a prendere un caffè.

Si avvicinò a lei Carolina, una ragazza di due anni più grande di lei che era infermiera: erano le più giovani lì al pronto soccorso e avevano legato subito. Grazie a lei, Chris era riuscita ad ambientarsi più facilmente. Le aveva anche raccontato del suo legame con Slash e con i Guns n' Roses, dato che Carolina era un fan accanita e aveva visto le foto di lei e Saul anni prima su alcuni giornali di gossip.

 

Ehi, ho saputo che hanno portato qui Steven Adler...”

 

Già...non me lo hanno neanche fatto vedere...” Chris aveva le lacrime agli occhi. “Appena l'ho riconosciuto il dottor Douglas mi ha cacciato di malo modo...”

 

Sai come è fatto...appena le acque si saranno calmate potrai andare a fargli visita...”

 

Sai che gli è successo?”

 

So che è andato in overdose di eroina e che aveva in corpo quantità allucinanti di alcool...le sue condizioni sono piuttosto critiche, al momento...”

 

Mio dio...devo...devo chiamare gli altri, magari non sanno nulla...”

 

Sì, avvisali...senti il mio turno è finito, ti chiamo più tardi per sapere come va, d'accordo?”

 

Sì, vai a casa tranquilla, Carol...a dopo!” Chris la baciò sulla guancia e si avvicinò al primo telefono pubblico.

 

Inserì una moneta e digitò il numero di casa di Mandy.

 

Pronto?”

 

Mandy, sono Chris!”

 

Chris, che bello sentirti! Ma...ma che succede? Stai piangendo?”

 

Hanno portato qui Steven in overdose...sta molto molto male...”

 

Oh mio dio...non avevo idea...Duff è ancora in sala registrazioni, lo chiamo subito! Veniamo appena possibile in ospedale, d'accordo?”

 

Ok, allora ci vediamo qui. Ciao.”

 

Chris mise giù per poi avviarsi verso la camera di Steven: c'era un gran via vai e la mora, dato che il suo turno era finito e non aveva altro da fare, sedette sulle poltroncine della sala d'attesa e aspettò.

Un'ora dopo, sentì la caposala dire che le sue condizioni erano stabili, che era cosciente ma che andava tenuto sotto controllo per almeno 48 ore. Quando notò Christine le chiese cosa facesse ancora lì.

 

Conosco Steven personalmente...sia lui che i suoi compagni di band...”

 

Lo so...credi che non li legga anche io i giornali di gossip?” le fece un dolce sorriso. “Vai a salutarlo ma, mi raccomando, non farlo affaticare troppo.”

 

Chris le fece un sorriso pieno di riconoscenza ed entrò nella stanza del batterista, che richiuse alle sue spalle. Lo vide girare la testa verso di lei e gli occhi brillare, nonostante fosse collegato all'ossigeno e avesse decine di fili attaccati al corpo.

 

Chris...” mormorò debolmente.

 

Ssssh, non devi affaticarti.” gli prese una mano, che lui cercò di stringere con la poca forza che aveva.

 

Mi hanno cacciato dai Guns...”

 

Che cosa?”

 

Mi hanno cacciato...perchè non riuscivo a suonare. Non solo Axl, tutti gli altri erano d'accordo...”

 

Per questo ti sei distrutto così?”

 

Volevo uccidermi...niente ha più senso senza la band, senza i miei fratelli...” Steven chiuse gli occhi e Chris iniziò a piangere silenziosamente: non era possibile, non poteva essere accaduto davvero. Magari Steven stava solamente delirando per i medicinali presi...magari...“Da Axl potevo anche aspettarmelo...ma da Slash...lui mi ha deluso profondamente...”

 

La mora sentì che respirava affannosamente. “Steve, devi riposare adesso. Più tardi torno qui da te, d'accordo?”

 

Lui si limitò ad annuire, per poi richiudere gli occhi e voltare leggermente il capo dall'altra parte. Chris uscì dalla stanza, dove incontrò subito lo sguardo della caposala, che non disse nulla vedendola piangere.

La mora andò nello spogliatoio dove prese le sue cose per andare a casa. Fuori l'aria fredda la riscosse dalla specie di torpore in cui era caduta: non ci poteva credere che Steven fosse stato cacciato.

Per droga.

Era assurdo, in una band come i Guns 'n Roses dove l'eroina, la coca e l'alcool erano pane quotidiano. Doveva capire che cazzo stava succedendo: Mandy non ne sapeva ancora nulla, quindi doveva essere una cosa dell'ultimo minuto.

Aveva bisogno di sapere.

Fu per quello che ingoiò il rospo che aveva lì da tre mesi e, preso un taxi, diede l'indirizzo dell'appartamento di Saul. 

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Capitolo 33
*** 33 ***


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Slash imprecò quando sentì il campanello. Era svaccato nel letto sfatto, una canna nella mano destra e una bottiglia di Jack vuota per metà in quella sinistra.
Era chiuso lì dentro da ore, precisamente da quando era andato via dalla sala registrazione dopo la cacciata di Steven.
Lui era lì a farsi milioni di scrupoli, Axl era andato a festeggiare in un night. Dettagli.
Non aveva la minima intenzione di alzarsi, ma sembrava che quel qualsiasi figlio di puttana si fosse incollato al campanello…e il fottutissimo mal di testa causato da alcool e stress non poteva far altro che aumentare.
Così si alzo, avviandosi alla porta strascicando i piedi attraverso il corridoio del suo appartamento, che sembrava più che altro un porcile.
 
“Chi cazzo è?” sbraitò aprendo la porta e pietrificandosi vedendo chi fosse.
 
“Posso entrare?” gli domandò l’ultima persona che aveva immaginato di vedere in quel momento: Christine.
 
“Perché?”
 
“Come perché?! Porca puttana, Saul, posso avere la presunzione di pensare che dopo tutto quello che è successo non ho bisogno di tante motivazioni per entrare in casa tua?” Chris stava urlando e il chitarrista rimase basito davanti al suo tono aggressivo: mai in tutti quegli anni si era rivolto a lei in quel modo.
 
Nonostante, in tutti quegli anni, lui se lo fosse meritato davvero tante volte.
Si limitò comunque a spalancare la porta del suo appartamento all’unica persona che, esclusa la cara vecchia Ola, poteva esercitare su di lui un simile effetto.
Christine si guardò intorno senza nascondere un moto di disgusto verso le condizioni di quella casa.
 
“Lo so, dovrei prendermi una domestica…” blaterò il riccio, mentre raccoglieva un paio di calze sparse sul pavimento.
 
“Non so qui per parlare di questo…se tu sei felice di vivere in questo macello sono cazzi tuoi…”
 
“Da quando usi questo tipo di linguaggio?” Perché non so mai contare almeno fino a 5 prima di parlare? Aggiunse poi nella sua mente.
 
Vide la mora diventare rossa in viso e sbraitare: “Sentimi bene, Saul, non sono venuta qui per farmi fare la predica da te, sono stata chiara? Sono qui per un motivo molto più serio per il quale dovresti vergognarti e non avere il coraggio nemmeno di mettere il naso fuori casa!”
 
“Ma di cosa stai parlando?”
 
“Di cosa sto parlando?! Sto parlando di quello che hai fatto a Steven, maledizione!”
 
Slash si irrigidì di colpo. “Come fai a saperlo?”
 
“Lavoro al pronto soccorso del St. George Hospital e poche ore fa lo hanno portato lì in fin di vita!”
 
“I-in fin di…di vita?”
 
“Sì…overdose di eroina e quantità di alcool in corpo impressionanti…”
 
“Merda…” Slash si sedette sul divano del soggiorno e si prese la testa fra le mani.
 
“Ma ti rendi conto di quello che hai fatto?”
 
“Non è colpa mia…”
 
“E di chi sarebbe? Sentiamo…”
 
“Axl…da tempo minacciava Steven che se non si fosse ripulito lo avrebbe cacciato…”
 
“E voi gli avete dato man forte, ovviamente…”
 
“Cosa dovevamo fare? Non riusciva più a suonare nulla…”
 
“Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Ti rendi conto del fatto che tu ti bucavi esattamente come lui fino a 3 mesi fa? Tu rendi conto che bevi come una spugna?”
 
“Ora io sono pulito…”
 
“Non c’entra, voi dovevate aiutarlo, non cacciarlo…e gli altri, allora? Izzy si buca quanto e più di voi…Duff ha in corpo più alcool che sangue…Axl potrà avere la forza di volontà di smettere di drogarsi quando e come vuole, ma la sua follia è totalmente fuori controllo. Come fai a non rendertene conto?”
 
Chris tentava in tutti i modi di trattenere le lacrime: non doveva scoppiare a piangere, non in quel momento.
 
“Piccola, io…”
 
“Non chiamarmi piccola…”
 
“Mi dispiace…”
 
“Per cosa?”
 
“Per come ti ho trattata…”
 
“Saul, non è il momento. Ci sono cose ben più importanti…”
 
“Mi dispiace per aver invitato Reneè al matrimonio, per averti messa in imbarazzo e averti fatto sentire così male…”
 
“Stavamo parlando di Steven…non so qui per le altre cose, ormai è acqua passata.”
 
“Per me no…”
 
“Ma per me sì, Saul!” il tono di voce della mora si era di nuovo alzato. “Per me sì, ormai è tutto finito, fra noi due! Amore, amicizia…tutto! E dopo quello che hai fatto a Steven mi rendo davvero conto che forse non ti ho mai conosciuto davvero!”
 
“Non dire così, ti prego…”
 
“E’ il tuo migliore amico…vi conoscete da quando siete ragazzini…come hai potuto fargli una cosa del genere?!”
 
“Ti prego, non mi parlare così!” Slash stava piangendo, ma Christine era fuori di sé e nulla avrebbe potuto impietosirla in quel momento.
 
“Sei una persona orribile, Saul, un senza palle che non è capace di affrontare le situazioni se non andando dove tira il vento. Hai perso me e hai perso anche Steven. Una persona come te merita di rimanere da sola, nella vita! Ti auguro tante belle cose con la tua Reneè del cazzo!” Chris aprì la porta di casa e si voltò ancora una volta a guardarlo prima di sbattere la porta.
 
Il riccio cadde a terra in ginocchio, singhiozzando. Non poteva essere accaduto davvero. La sua Christine non era mai stata così aggressiva. In realtà, lei non era più sua da tanto tempo. E ora l’aveva persa, insieme a quello che era il suo più caro e vecchio amico.
Si rialzò ed andò in camera da letto, dopo aprì l’armadio e tirò fuori una scatola che conservava sul fondo. La aprì ed estrasse una bustina con della polvere bianca, una siringa e un cucchiaio. Non si bucava da mesi, aveva resistito nonostante i problemi e le difficoltà.
Ma in quel momento aveva bisogno di sfuggire dalla realtà…solo per quella volta.
Non aveva nemmeno il coraggio di ammettere con se stesso che, ormai, era già di nuovo nel tunnel della dipendenza.




Ciaoooo a tutti :) Lo so, mi state odiando per questo capitolo all'insegna della depressione D: Non è molto lungo, ma credo sia comunque piuttosto intenso :P Nel prossimo capitolo ci sarà un salto temporale piuttosto lungo...grazie a tutti coloro che seguono, leggono e recensiscono! Un bacio :D

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Capitolo 34
*** 34 ***


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Novembre 1992

 
Erano passati due anni da quella vicenda. Anni in cui erano successe tante cose, che avevano cambiato le vite di tutti loro, ancora una volta.
I Guns ‘N Roses erano nel loro storico tour lungo più di due anni in giro per il mondo, lo Use Your Illusion Tour. Dopo la dipartita di Steven, il batterista era stato sostituito da un certo Matt Sorum, avevano registrato un doppio album, che rimase in cima alle classifiche di tutto il mondo per settimane, e partirono per il tour.
Solamente un anno dopo, anche Izzy se ne andò. Dopo la vicenda del loro ormai ex batterista, aveva deciso di ripulirsi: era stata una vigliaccata, la loro, e forse l’essere pulito l’avrebbe fatto sentire meno in colpa.
Sciocchezze, se lo sarebbe portato sulla coscienza per tutta la vita.
Nella band le cose stavano andando a catafascio, tanto che decise di andarsene, di lasciare: i Guns non era più quelli di una volta, quelli dell’epoca di Appetite. Ormai era tutto un business, un giro di soldi, a cui si sentiva di non appartenere; lui voleva fare musica, nulla di più. La fama, gli stadi strapieni di gente, i palchi lunghi decine di metri a lui non importavano; ultimo, ma non ultimo, le dipendenze dei suoi compagni: stare in quell’ambiente non gli avrebbe fatto bene, non gli avrebbe permesso di rimanere pulito.

Si sentì in colpa per mesi, chiuso nella sua casa a Lafayette, paese dove era nato e cresciuto, ma i Guns erano comunque andati avanti…lo spettacolo doveva continuare.
Ingaggiarono un certo Gilby Clarke, che imparò decine di canzoni in pochi giorni, e che, Izzy stesso ebbe modo di scoprirlo, era una persona d’oro.
Slash aveva ricominciato a farsi, come e più di prima; nell’estate del 1992 si era sposato con Reneè che comunque non era andata in tour con lui. Il riccio, ovviamente, non cambiò stile di vita dopo il matrimonio: continuava a cambiare donna ogni sera e le sue dipendenze non erano diminuite.


La band si trovava in Nord America quando Duff e Mandy, ancora insieme e innamorati come il primo giorno, dichiararono che la settimana successiva, sarebbero dovuti andare a Los Angeles per un paio di giorni. Fortunatamente non era in programma nessun concerto, solamente un settimana di riposo e di riavvicinamento per quella band che, nonostante fosse all’apice del successo, dietro le quinte si stava separando come gli atomi di una bomba atomica.*
 
“Che cazzo avete da fare, si può sapere? Se non ricordo male è proprio McKagan uno di quelli che voleva questa specie di vacanza!” Axl, come sempre, doveva polemizzare su tutto quello che i suoi compagni dicevano. Fu Mandy, grazie al cielo, ad utilizzare i suoi toni schietti, ma sempre pacati.
 
“Bill, l’abbiamo saputo solo oggi…è un’occasione particolare, e non posso mancare…”
 
“Si può sapere, di grazia, di cosa si tratta?” chiese ancora il cantante..
 
Mandy arrossì e involontariamente si voltò a guardare Slash, che in ogni caso si stava facendo i cazzi suoi analizzando con interesse il suo pacchetto di Marlboro.
 
“C’entra Hudson?” a quelle parole del rosso, Slash alzò gli occhi.
 
“In cosa c’entrerei, io?”
 
“Cazzo, Rose…te non sei capace a farti i cazzi tuoi, eh…”
 
“Michael, ti prego…” Mandy intervenne prima che Axl potesse dire qualsiasi cosa: toccava a lei il ruolo di paciere, negli ultimi tempi. Tutti si scaldavano per un nonnulla, le cose stavano andando ogni giorno sempre peggio…e lei si ritrovava sempre in quel ruolo scomodo.
 
Ciò che la motivava a farlo era Duff, il suo amato marito, sempre più debole e distrutto dall’alcool; si odiava per non avere la forza di farlo smettere, ma solo di bere a sua volta per ridurgli il più possibile le dosi di alcool e di bloccare sul nascere i litigi, che portavano solo a sbronze peggiori.
 
“Dobbiamo andare a una laurea…” aggiunse ancora Mandy, tenendosi vaga.
 
“Di chi?” chiese curioso Gilby.
 
“Un’amica…”
 
Sentendo quelle parole, Slash si alzò, lasciando cadere lo stesso pacchetto di sigarette che poco prima osservava con innaturale interesse: non era scemo, aveva capito benissimo perché Mandy era così imbarazzata e perché non volesse scucirsi più di tanto. Andò quindi a rifugiarsi nella sua stanza, davvero troppo lussuosa per un coglione come lui e il cui arredamento avrebbe presto fatto una brutta fine.


Fu solamente dopo cena, a cui il chitarrista non si presentò, che Mandy decise di andare a parlargli.
 
“Posso entrare?” gli chiese dopo aver bussato più volte e aver atteso a lungo che qualcuno aprisse.
 
“Se McKagan è d’accordo…”
 
Mandy scosse il capo a quella sciocca affermazione e, senza dire nulla, entrò. Si sedette su una comoda poltroncina, mentre il riccio prendeva un bottiglia di Jack e ne versava un po’ in due bicchieri.
 
“Da quando bevi nei bicchieri di cristallo?”
 
“Da quando c’è una signora nella mia stanza…”
 
“Allora sei un gentiluomo con le tue amanti…”
 
“Alle mie amanti non offro proprio un cazzo, il Jack non si spreca. Lo offro a te perché non sei una qualunque…”
 
Mandy sorrise per la logica disarmante di quel ragionamento e afferrò il bicchiere che lui le porgeva.
 
“Forza, sputa il rospo…”
 
“Perché pensi che abbia per forza qualcosa da dirti?”
 
“Sono un tossico, Mandy, ma non sono completamente rincoglionito. Quante volte in due anni sei entrata qui dentro da sola per parlarmi?”
 
“Ok ok, ora parlo…hai presente della laurea a cui io e Michael dobbiamo andare la prossima settimana?”
 
“E’ quella di Christine, vero?” Slash rispose a quella domanda con un’altra domanda.
 
“Come hai fatto a capirlo?”
 
“Non sei mai stata brava a nascondere le cose.”
 
Mandy sorrise, mentre il riccio si diresse verso la finestra, prendendo un sorso di whisky dal bicchiere. Gli era costata una gran fatica pronunciare quel nome. Non usciva dalle sue labbra da due anni, anche se dalla sua testa e dal suo cuore non se ne era mai andato. Non l’aveva più rivista da quel giorno in cui lei si era recata a casa sua dopo aver cacciato Steven; Mandy non gli aveva mai più detto nulla di lei e lui non aveva mai domandato nulla. Ora però voleva sapere: come stava, cosa faceva, se stava con qualcuno…ne sentiva il bisogno, come l’aria che respirava.
 
“Come sta?” domandò a Mandy, sempre guardando fuori dalla finestra.
 
“Sta bene…”
 
“Parlami di lei…”
 
“Riguardo a cosa?”
 
“A tutto…”
 
Mandy si schiarì la voce, imbarazzata. Slash non aveva più saputo nulla di lei e avrebbe dovuto dirgli cose che sicuramente non gli sarebbero piaciute. Ma non aveva più nessun diritto su Christine, quindi avrebbe dovuto accettare tutto senza fiatare.
 
“Beh, che ti posso dire…la prossima settimana finalmente si laurea e verrà trasferita dal pronto soccorso del St. George dove in questi anni ha lavorato nel reparto pediatrico, dove inizierà a fare pratica.”
 
“Sta con qualcuno?”
 
“Sì…” Mandy vide la schiena di Slash irrigidirsi, ma non aprì bocca. “Convive da quasi un anno con un certo Simon, un mio vecchio amico che aveva conosciuto al matrimonio mio e di Duff. Sono felice insieme…” nemmeno lei sapeva perché lo aveva detto…forse per farlo sentire in colpa. Solo lei probabilmente sapeva quanto Chris avesse sofferto per colpa sua.
 
“Se lo merita…”
 
“Sì, hai ragione…” Mandy si alzò, rendendosi conto che il discorso era finito lì. “Buona notte, Saul…”
 
“Notte…”
 
Slash aspettò di sentire la porta chiudersi prima di lanciare il bicchiere di cristallo ormai vuoto contro il muro.




*parole utilizzate dallo stesso Slash nella sua biografia.


Buonsalve, finalmente sono riuscita ad aggiornare! Non odiatemi per questo capitolo praticamente interrotto a metà...il seguito arriverà mercoledì o giovedì e vedrete cosa accadrà! Grazie a chi legge, segue e recensice :D
Un bacio

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Capitolo 35
*** 35 ***


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All’aeroporto di Los Angeles, Slash indossò gli occhiali da sole e tirò su il cappuccio della felpa: non doveva farsi riconoscere. Era lì in incognito: nemmeno i suoi compagni sapevano dove fosse. A parte Duff…il suo povero bassista era stato praticamente torturato dal riccio perché gli dicesse dove Christine viveva.
Sì, perché Slash aveva deciso di presentarsi sulla porta di casa sua, due giorni prima della sua laurea. Aveva bisogno di vederla, sentire la sua voce anche solo per un momento…le aveva comprato un regalo per la sua laurea e glielo voleva dare di persona. Ok, di certo il motivo della sua visita non era solo il regalo, ma poteva funzionare come scusa efficace se il suo ragazzo gli avesse aperto la porta.
Salì su un taxi e diede l’indirizzo a uno svogliato taxista, che fortunatamente non guardò mai nello specchietto retrovisore per osservare il suo passeggero; una volta a destinazione, scoprì che Chris viveva in un bel quartiere della città, semplice ma elegante e che il numero civico corrispondeva a un alto palazzo.
Arricciò il naso: lei aveva sempre amato le case con il giardino, chissà perché era finita in quel palazzo enorme e così insignificante.
Il destino gli diede una mano facendogli trovare il portone aperto e permettendogli di fare tutte le scale a piedi in cerca della sua porta.
Maledì più volte il suo vizio di fumare che lo obbligò a fare un paio di pause e trovò ciò che cercava solo al dodicesimo piano del palazzo. Il campanello riportava una targhetta dorata con su scritto C. Davis- S. Dorrity.
Che razza di cognome! Pensò il riccio mentre avvicinava inesorabilmente il dito al pulsante.
Premette e camminò in tondo sul pianerottolo mentre aspettava che qualcuno aprisse: era incredibilmente nervoso e non aveva idea di quello che sarebbe potuto succedere, della reazione di Christine...o di quel Simon.
La porta si spalancò: “Sì?” domandò la ragazza, vedendo una figura incappucciata che le dava le spalle.
Slash si beò per un istante di sentire quella voce meravigliosa, che aveva allietato le sue giornate in così tanti momenti, in così tante occasioni; si girò di scatto e, nonostante gli occhiali e il cappuccio, Chris lo riconobbe subito.
 
“Saul…” dio, da quanto non si sentiva chiamare così? Solo lei e la cara Ola usavano il suo nome di battesimo.
 
“Ciao Chris…”
 
Come cazzo aveva fatto senza di lei in quegli anni? E perché era così coglione da chiederselo solamente quando la vedeva dopo lunghi periodi di assenza? Sapeva di essere un cretino, ma non pensava fino a questi punti.
 
“Cosa ci fai qui?” chiese la mora, visibilmente scossa per quella visita inaspettata.
 
“Posso entrare?” l’unica risposta possibile alla domanda che lei gli aveva posto era quella: cosa ci faceva lì? Avrebbe voluto dire tante cose, tante belle parole…ma non sarebbero servite a molto.
 
Lei, in ogni caso, si scostò dall’uscio e gli fece cenno di entrare. “Simon è via fino a domani per lavoro…” 

Di nuovo il destino che dava una mano!
 
“Ah ah…” rispose lui fingendo disinteresse ed entrando in casa.

Si guardòi in giro senza nascondere minimamente la sua curiosità. “Vuoi qualcosa da bere?” chiese le mora ad un certo punto.
 
“Hai una birra?”
 
“In questa casa non beviamo alcolici…”
 
“Una coca andrà benissimo…”
 
Chris andò in cucina, mentre Slash vagava per l’appartamento: era modesto ma carino e ben arredato. Quel Simon aveva buon gusto…o forse, semplicemente, era stata Christine ad arredarlo così bene.
 
“Ora mi dici che ci fai qui?” Il riccio si voltò, trovando Chris in piedi in mezzo al soggiorno con una lattina in mano.
 
Lui la prese, stampandosi un falso sorriso di sicurezza sul viso: in quel momento era tutt’altro che sicuro. “Volevo portarti di persona il mio regalo per la tua laurea…” le porse un pacchetto quadrato fasciato con carta rossa.
 
“Come hai avuto il mio indirizzo?”
 
“Ho torturato un po’ il povero Michael…non dire nulla a Mandy, lei non ha nessuna colpa.”
 
“E’ andata bene che non hai beccato Simon…”
 
“Ma io volevo solo farti le mie congratulazioni…”
 
Rimasero impalati, l’uno davanti all’altra, per secondi infiniti. In pochi istanti era venuta fuori tutta l’elettricità, la chimica, l’attrazione che c’era sempre stata.
E in un secondo Slash le fu addosso, baciandola con una foga tale da mozzare il respiro ad entrambi. Chris non ci pensò due volte e si lasciò baciare da quell’uomo, che tanto aveva pensato e amato in quei due lunghi anni.
In un istante, si ritrovarono sul divano, a spogliarsi a vicenda, con foga, con necessità, scoprendo che non avevano dimenticato nulla, di loro: Slash conosceva ogni angolo del suo splendido corpo, con una pelle così morbida e con quel profumo di vaniglia insieme a qualcosa di più fresco che la aveva caratterizzata sin dalla loro adolescenza. Anche il corpo del chitarrista non era cambiato, muscoloso al punto giusto, tonico, con quella pelle morbida e bollente che aveva sempre acceso in Chris un fuoco indomabile.
Erano passati 10 anni. Dieci anni in cui non avevano fatto altro che inseguirsi e incontrarsi per pochi istanti…e entrambi sapevano che sarebbe stato così anche quella volta.
 
“Quanto mi sei mancata…” le sussurrò il chitarrista, baciandole lievemente le labbra mentre entrava in lei.
 
Christine si sentiva così bene in quel momento, tra le sue braccia, su quel divano, che aveva voglia di piangere. Perché doveva essere così complicato con lui?
Ma staccò la mente quando Slash iniziò a muoversi più velocemente e sentiva il piacere crescere sempre di più fino a raggiungere l’orgasmo, a cui il riccio arrivò dopo alcune spinte.
Nessuno dei due aprì bocca negli istanti successivi: era un momento speciale e non si doveva spezzare con le parole…soprattutto contando che sarebbe durato incredibilmente poco.
Saul uscì da Chris e, coricandosi sul divano, tirò la ragazza su di sé così che potesse stare comoda.
 
“E’ un sogno o sta succedendo davvero?” chiese la mora a un certo punto.
 
Lui non le rispose, facendo una breve risata. “Sei pronta per il grande evento?” cambiò discorso.
 
“Sì…credo di sì…finalmente dopo tanto studio ho raggiunto il mio scopo!”
 
“Non dubitavo che ce la facessi, sai…”
 
“Tu non c’eri nei miei momenti bui, Saul…” Chris le disse dolcemente, quelle parole, ma Slash percepì chiaramente la frecciatina che gli stava mandando.
 
“Chris, io…”
 
“Ti prego, non roviniamo questo momento con parole di circostanza e promesse che tanto non manterremo. Non ci siamo riusciti per 10 anni, dubito che ci riusciremmo ora…tu sei sposato e io ho un compagno…”
 
“Però siamo qui, sul tuo divano, dove abbiamo appena fatto l'amore…”
 
“Come avevamo fatto a Maui o altre volte, Saul…non sarà un po’ di sesso a cambiare le cose, né a farmi decidere di lasciare Simon…non ora che finalmente ho trovato un po’ di stabilità.”
 
Slash si irrigidì a quelle parole: gli stava forse dicendo che era felice con un uomo che non era lui? No, non gli stava dicendo quello, altrimenti non sarebbero stati nudi, l’uno sull’altro, su un divano.
Semplicemente Christine aveva trovato stabilità, tranquillità e un uomo che le dava sicurezza…tutto quello in cui Slash non era mai riuscito.

“Perché non apri il mio regalo?” le disse cercando di cambiare discorso.
 
Christine si alzò dal corpo di Slash e, incurante della sua nudità, prese il pacchetto che aveva poggiato sul mobile lì accanto.
Lo scarto lentamente per poi estrarre una scatolina di velluto sempre rosso, da cui estrasse un braccialetto in oro bianco da cui pendeva una piccola chitarra.
 
“E’ bellissimo, grazie…”
 
“Guarda dietro la chitarra…”
 
“C’è una data…14 marzo 1981…che cos’è?”
 
“Non ricordi? E’ il giorno che ci siamo conosciuti…la prima volta che tu ti sei seduta al tavolo mio e di Steven a mensa…”
 
“Oddio!” Christine scoppiò a ridere. “Come facevi a ricordarlo?”
 
“Li ricordo tutti i momenti speciali…e poi ci sono le nostre iniziali…”
 
“Ho visto…è bellissimo, Saul, non ti dovevi disturbare!”
 
“E’ un’occasione particolare…già non potrò assistere alla cerimonia di dopodomani. Almeno questo te lo dovevo…”
 
“Guarda che puoi venire, se vuoi!”
 
“Dopo quello che è successo oggi e contando che ci sarà anche il tuo ragazzo? No, meglio di no…”
 
“Forse hai ragione. In ogni caso, il regalo più bello di tutti me lo hai già fatto tu…e non intendo il bracciale…”
 
“Cioè?”
 
“Essere qui…e poter passare l’intera giornata insieme. Almeno questa giornata, poi torneremo alle nostre vite. Ti va?”
 
“Non chiedo di meglio, piccola…”

 


 
 
Ciao a tutti :D Allora, vi aspettavate qualcosa di simile? Non cantate vittoria, comunque…il percorso è ancora lunghetto D: Il prossimo capitolo arriverà lunedì! Grazie a tutti coloro che seguono, leggono e recensiscono!!! Un bacione

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Capitolo 36
*** 36 ***


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“Mandy!!!”
 
“Chris!!”
 
Era la sera precedente la laurea di Christine e Mandy e Duff erano arrivati a Los Angeles.
 
“Come stai, ragazza?” le chiese Duff abbracciandola.
 
“Un po’ tesa…ma felice!”
 
“Bene…Simon?” domandò Mandy.
 
“Arriverà fra un paio d’ore, dopo cena. Ho ordinato indiano, per voi va bene?”
 
“Benissimo, adoro l’indiano!”
 
“Lo so, Mandy, per quello l’ho scelto!” Chris fece l’occhiolino alla sua amica. “Vi mostro la vostra stanza, fatevi una doccia se volete!”
 
La coppia si sarebbe fermata per due notti a casa di Chris e Simon: lo spazio c’era ed era inutile che si pagassero un hotel. Inoltre le due ragazze avrebbero avuto un po’ di tempo per stare insieme.
Mentre i due amici si sistemavano, Christine apparecchiò la tavola, pensierosa…non sapeva se confessare quello che il giorno prima era accaduto con Slash, oppure tenerlo per sé. Duff probabilmente sospettava già qualcosa, contando che era stato lui a rivelare al riccio il suo indirizzo.
Inoltre sarebbe stata l’unica occasione per sputare il rospo, dato che poi sarebbe arrivato Simon.
Dio, si sentiva una merda per quello che gli aveva fatto: Simon era un bravissimo ragazzo, la amava e lo dimostrava ogni giorno in tanti modi. Lei…lei lo amava, a modo suo. Si era ormai rassegnata all’idea che non avrebbe mai amato nessuno come Saul, ma non poteva passare la sua vita da sola o in attesa di quella testa matta.
Non rimpiangeva, comunque, quello che aveva fatto; si toccò il bracciale e lesse l’incisione dietro la chitarra: lei e Saul erano uniti da un filo invisibile, e sarebbe sempre stato così.
 
“Eccoci!” la voce squillante di Mandy interruppe i suoi pensieri. “A che ora arriva il fattorino? Muoio di fame!”
 
“Dovrebbe arrivare per le 8…pazienta ancora un pochino, dai!”
 
“Sei la solita cicciona, amore mio!” Duff prese in giro la moglie, per poi abbracciarla e darle un bacio sulla fronte.
 
Li invidiava, lo aveva sempre fatto, perché anche lei e Slash sarebbero potuti essere così. Ma il destino sembrava avere altro in serbo per loro…o forse semplicemente erano troppo sciocchi per riuscirci.
 
“Chris? Pronto??” Mandy le aveva detto qualcosa, ma la mora si era di nuovo persa nei suoi pensieri.
 
“Scusa, ero nel mio mondo…”
 
“Un mondo tutto riccioli e chitarre, vero?”
 
Christine si irrigidì a quella battuta di Duff. E anche Mandy lo rimproverò intimandogli di chiudere quel forno che si ritrovava al posto della bocca.
 
“Non sgridarlo, Mandy…in effetti ho qualcosa da dirvi…”
 
“Dopo cena, ora parliamo d’altro!” propose Mandy, sapendo quanto il discorso ‘Saul’ turbasse sempre la sua amica.
 
Dopo l’arrivo del fattorino e aver gustato un’ottima cenetta indiana, i tre si accomodarono sul divano con una birra in mano.
 
“L’altro ieri Slash è stato qui…” disse di punto in bianco Christine, dato che gli altri due non avevano ancora avuto il coraggio di introdurre l’argomento.
 
“Qui? Qui a casa tua?”
 
“Sì, Mandy, qui a casa mia…”
 
“E Simon?”
 
“Simon era già partito…”
 
“Come ha avuto il tuo indirizzo, scusa? Non vi sentite da due anni!” domandò Mandy, accalorandosi, notando solo dopo alcuni istanti Duff diventare rosso e chinare il capo. “Non ci credo! Sei stato tu, McKagan!”
 
“No, Mandy, non prendertela così…conosciamo tutti Saul e le sue doti persuasive. Probabilmente lo ha esasperato così tanto che Duff gli ha confessato tutto per evitare di spaccargli la faccia!”
 
Tutti e tre ridacchiarono, anche Mandy che, sentendo le parole dell’amica, si era calmata.
 
“Come hai fatto a indovinare, eh?” domandò Duff a Christine.
 
“Lo conosco molto bene, quel disgraziato…molto, molto bene…purtroppo…”
 
“Come è andata con lui?” chiese Mandy curiosa.
 
“Bene…cioè, credo…”
 
“Avete parlato?”
 
“Sì, un po’…mi ha raccontato dei Guns, della dipartita di Izzy e di come le cose stiano andando male…”
 
Duff non disse nulla: gli faceva troppo male parlare di quelle cose e dirle ad alta voce era come renderle reali. Mandy gli prese una mano, intrecciando le loro dita: lei c’era e lui non doveva mai dimenticarlo.
 
“Poi…abbiamo fatto sesso…”
 
“Cooosa?”
 
Chris abbassò il capo: sapeva che Mandy l’avrebbe sgridata per quel colpo di testa, e probabilmente aveva più che ragione.
 
“Lo so, ho fatto una stronzata. Ma lui mi ha baciata e io…io non ce l’ho fatta…”
 
“E ora cosa farai con Simon?”
 
“Nulla…”
 
“Non ti senti in colpa??”
 
“Sì…ma non me ne pento. Guarda, per la laurea mi ha regalato questo…con le nostre iniziali…” Chris si tolse il bracciale e lo porse all’amica, che continuava a essere particolarmente scettica riguardo a quello che la mora stava raccontando.
 
“Cosa indica la data?”
 
“E’ il giorno in cui ci siamo parlati per la prima volta.”
 
“Santo cielo…” commento Mandy. “Perché ti deve tormentare così, me lo spieghi? Spiegamelo anche tu, McKagan, perché hai un amico così coglione???”
 
“Mandy…” cercò di calmarla Christine, vedendola alzarsi in piedi e gesticolare animatamente.
 
“No, Mandy un cazzo, Christine!!! Perché dovete fare così, eh??? Perché dovete farvi del male? Perché DEVI farti del male così…non è andata bene le altre volte, perché sarebbe potuta andare bene questa?”
 
“Io non ho pensato che andasse bene, Mandy…sapevamo entrambi che sarebbe durato tutto solamente un giorno e una volta andato via tutto sarebbe tornato come prima. Ma…ma non ho un ma, perché nemmeno io so il motivo per cui è successo.”
 
“Sì che lo sai, Chris, e lo sappiamo tutti.” Con sorpresa delle due donne Duff aveva preso la parola. “Perché vi siete sempre amati, dal primo giorno in cui vi siete incontrati. Ma diciamocelo…la colpa principale è di Slash, incapace di assumersi le sue responsabilità e troppo codardo per ammetter che sei la donna della sua vita e che ti ama come mai amerà nessuna donna. Forse vi serve solo un po’ di pazienza, forse Slash deve crescere prima di rendersi conto di tutto ciò.”
 
Chris si asciugò le lacrime che le erano cadute a quelle parole del biondo bassista. Era la verità, lo sapeva…conosceva abbastanza Saul per rendersi conto che le cose stavano davvero così. E conosceva abbastanza bene anche se stessa.
Il loro discorso venne interrotto dal rumore della chiave che girava nella porta.
 
“Amore, sono a casa!”
 
Chris si passò una mano sul viso e si alzò dal divano per andare incontro al suo compagno. “Simon!” lo abbracciò e gli diede un lieve bacio a stampo. “Mandy e Duff sono già qui!”
 
I tre, che già si erano conosciuti alcuni mesi prima, si salutarono con entusiasmo.
 
“Allora, pronta per domani?” chiese Simon alla mora, abbracciandola.
 
“Un po’ tesa…vi va se vi ripeto il discorso che dirò ai professori domani?”
 
“Certo che sì!” esclamò Mandy.
 
“Dammi tempo di fare una doccia, amore, e arrivo!” Simon portò la valigia in camera da letto e si chiuse in bagno.
 
Mandy approfittò di quell’ultimo momento di privacy per dire alcune cose all’amica, ed esprimere ancora una volta il suo scetticismo verso Slash: “Chris, Simon è un bravo ragazzo. E so che comunque tu lo ami. Lui potrebbe renderti felice…non è giusto che sacrifichi la tua vita nella speranza che Slash torni, che ti sposi e che possiate vivere felici e contenti. Lui non è il principe azzurro, e lo ha dimostrato talmente tante volte che mi chiedo come tu non abbia perso una volta per tutte la pazienza…pensaci, non buttare tutto nel cesso per lui, ok?”
 
Chris la guardò, con un mezzo sorriso: la bionda non aveva mai approvato quel tira e molla tra lei e Saul, e come amica non poteva darle torto. Le promise comunque che ci avrebbe pensato bene e che sapeva che Simon era un bravo ragazzo che l’avrebbe resa felice.
Si era raccontata talmente tante bugie nella sua vita che stava iniziando a crederci quasi anche lei.
I suoi pensieri furono di nuovo interrotti da Simon e il discorso ‘Saul’ cadde, di nuovo.

 




 
Salve a tutti! Capitolo di passaggio, in cui non succede nulla di che…nel prossimo avremo un nuovo salto temporale piuttosto lungo: stiamo per arrivare alle ultime battute della storia, anche se non so quanti capitoli ancora verranno fuori.
Grazie a tutti, un bacione ;D

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Capitolo 37
*** 37 ***


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Maggio 1994
 
Erano le 11 del mattino: Christine sospirò pesantemente mentre si metteva nel letto. Aveva fatto il turno di notte e, a causa di un’emergenza, aveva staccato alle 10 del mattino, anziché alle 7. Dire che era a pezzi era un eufemismo, non solo fisicamente ma anche psicologicamente: quella notte nel reparto di pediatria dove lei lavorava erano arrivati ben 4 bambini coinvolti in un tamponamento a catena e in gravi condizioni.
Era pediatra da due anni e aveva visto qualsiasi cosa, ma ogni volta arrivava a casa stremata.
Sul suo cuscino trovò un biglietto di Simon, che era uscito per andare al lavoro: ‘Ci vediamo stasera. Ti amo, S.’
Sorrise, riponendo il biglietto sul comodino, si sdraiò e crollò addormentata dopo pochi istanti.
Fece un salto nel letto quando sentì il telefono squillare: chi cazzo poteva essere? Tutti sapevano che aveva il turno di notte e che quindi a quell’ora dormiva…poteva essere un’emergenza o qualcuno che aveva svegliato numero…in quel caso, l’avrebbe insultato come un cane!
Si allungò sul letto, per raggiungere il telefono che stava sul comodino di Simon.
 
“Pronto!” la sua risposta fu brusca e, probabilmente, poco educata.
 
“Chris! Oh, grazie a dio ci sei!” Era Mandy e il tono di voce era agitatissimo.
 
“Mandy! Che succede?”
 
“Michael…lui…” non riuscì a finire la frase, perché scoppiò in singhiozzi.
 
Chris sentì il cuore accelerare nel petto…che cavolo era accaduto? “Mandy, parla…mi sto preoccupando…”
 
“Lui…sta molto male…”
 
“Cos’ha?”
 
“Ti prego, vieni qui…non ce la faccio da sola…”
 
“Qui dove? Ma siete ancora a Seattle?” i due, infatti, subito dopo la fine del UYI tour nel luglio del ’93 erano andati a vivere a Seattle, per allontanarsi dalla vita caotica di LA.
 
“Sì, al Northwest Hospital and Medical Center…vieni, ti supplico…ti pago io il volo…”
 
“Ma non è il volo il problema…io…” Chris rimase in silenzio un istante: non poteva abbandonare Mandy in quel momento. La bionda c’era sempre stata per lei e ora toccava a lei. “Fammi fare qualche telefonata. Ci vediamo il prima possibile.”
 
“Grazie Chris…davvero, non so che farei senza di te…”
 
“Sto arrivando, sta tranquilla…”
 
Per prima cosa, Mandy chiamò l’aeroporto: c’era un volo per Seattle nel pomeriggio e lo prenotò subito. Dopodichè chiamò l’ospedale per chiedere ferie: fortuna volle che, non essendo periodo di vacanze, le concessero senza problemi una settimana: l’ultima telefonata fu all’ufficio di Simon.
 
“Qui Simon Dorrity, chi parla?”
 
“Simon, sono io…”
 
“Cucciola, va tutto bene?”
 
“No. Mi ha appena chiamato Mandy…Duff sta molto male e mi ha chiesto di raggiungerla a Seattle.”
 
“Cazzo! Che gli è successo?”
 
“Non lo so, quasi non riusciva a parlare. Comunque ho preso ferie dall’ospedale e parto nel pomeriggio. Riesci a raggiungermi?”
 
“Certo! Sistemo un paio di cose e se lo trovo prendo un volo stanotte o domani mattina.”
 
“Grazie, tesoro…è al Northwest Hospital and Medical Center!”
 
“Ok, ci vediamo là il prima possibile.”
 
“Grazie davvero, Simon…”
 
“Ci vediamo presto, piccola. Ti amo.”
 

“Anche io, ciao”
 
Le ore successive furono estremamente frenetiche per Chris: preparò rapidamente una valigia con un po’ di tutto, non sapendo per quanto si sarebbe fermata là. Fece ancora una telefonata ai genitori e poi chiamò un taxi per andare all’aeroporto.
Arrivata a Seattle, chiamò un altro taxi per arrivare all’ospedale; il tragitto fu piuttosto lungo, dato che si trovavano ai due lati opposti della città, e Chris si lasciò andare alla stanchezza, dormicchiando per quasi un’ora. La svegliò il taxista e, dopo aver pagato, scese dall’auto; corse dentro e, dopo aver chiesto informazioni, si diresse nel reparto dove Duff era ricoverato.
 
“Chris!” Mandy non riuscì a trattenersi vedendola ed urlò nonostante fossero in un ospedale.
 
“Sono qui, tesoro, sono qui…” le sussurrò mentre l’abbracciava. Era scossa dai singhiozzi e Chris notò solo quando sciolsero l’abbraccio quanto fosse sconvolta: gli occhi era rossissimi e le occhiaie violacee.
 
“E’ colpa mia, Chris…mia perché non ho mai avuto la forza di fermarlo.”
 
“Spiegami che ha…”
 
“Ha avuto una pancreatite…praticamente il pancreas gli si è ingrossato come un pallone da football ed è esploso. Il pancreas ha rilasciato degli acidi che gli hanno praticamente ustinato gli organi interni.”
 
“Ma quando è successo?”
 
“Stamattina…ci siamo svegliati intorno alle 9 e lui ha iniziato a lamentarsi per dei dolori in tutto il corpo. Dolori che diventavano sempre più insopportabili…allora ho chiamato un’ambulanza.”
 
“E’ fuori pericolo?”
 
Lei scosse il capo, cercando di trattenere altri singhiozzi. “Ora è stabile, ma la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro.”
 
Christine annuì: sapeva bene quanto certe malattie fossero imprevedibili. “Hai contattato la band?”
 
“Sì. Hanno detto tutti che facevano in modo di arrivare il prima possibile.”
 
“Arriverà anche Simon…”
 
Mandy annuì, per poi crollare su una sedia in quella sala d’aspetto dove aveva messo le radici da quella mattina. “E’ colpa mia. Dovevo impormi e farlo smettere…ormai ridurgli le dosi non bastava più dopo tutti questi anni. Ormai il suo fisico era a un punto di non ritorno…”
 
“Non è colpa tua. Tu ci hai provato, ma comunque era lui che doveva voler smettere. Ricordi Saul? Per lui è stato lo stesso con l’eroina…”
 
“Ma tu lì ti eri imposta di farlo disintossicare…io non l’ho mai fatto!”
 
“Mandy, non è colpa tua. Ok, io mi sarò imposta, ma tanto lui ha ripreso poco tempo dopo…quindi…”
 
La bionda alzò le spalle, senza sapere bene cosa dire. Forse, semplicemente, insieme alle lacrime aveva esaurito anche le parole.
Erano lì in quella sala d’aspetto, appoggiate l’una all’altra da chissà quanto tempo, quando videro avvicinarsi due figure: Gilby Clarke e…Slash.
 
“Mandy! Come sta?” le domandò Gilby, abbracciando la bionda. Mandy spiegò a grandi linee ai due quanto era accaduto, mentre Chris rimaneva seduta al suo posto, osservando Slash con la coda dell’occhio.
 
Non si vedevano da due anni, da quando si era laureata, e fu felice di vedere che non era cambiato di una virgola. Anzi, possibile che fosse ancora più sexy?
Si diede della sciocca per quei pensieri così fuori luogo in quella situazione.
 
“Ah, Gilby, ti presento Christine, la mia migliore amica.”
 
“Christine, certo…tanto piacere…” la risposta del chitarrista fece capire che non era un nome nuovo quello che sentiva, ma tutti evitarono ulteriori commenti: non era né il luogo né il momento.
 
Loro erano lì per Duff, e basta.
 
“Mandy, piccola, cosa possiamo fare?” chiese Slash a un certo punto, interrompendo un silenzio imbarazzato.
 
“Nulla…solo aspettare…”

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Capitolo 38
*** 38 ***


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Era quasi l’alba quando Christine, con la schiena completamente bloccata per essersi assopita su una sedia della sala d’aspetto, decise di andare a cercare un telefono. Voleva provare a chiamare Simon, per vedere se era ancora a casa o se era già partito per Seattle…una parte di lei avrebbe preferito che rimanesse a Los Angeles, dato che con Slash lì sarebbe stato tutt’altro che semplice.
Dall’altra aveva bisogno di un’ancora di salvezza per non colare a picco: su Mandy, giustamente, in quel momento non poteva contare e le rimaneva solo Simon. Averlo con lei le avrebbe impedito di avvicinarsi troppo e pericolosamente al chitarrista.
Con passo strascicato, si avvicinò al telefono pubblico; si toccò i jeans in cerca di spiccioli ma, maledizione, non aveva nulla in tasca e la borsa era rimasta in sala d’aspetto. Stava per andare a prenderla, quando una voce la bloccò.
 
“Ti servono monete?”
 
Non le servì voltarsi: quella voce l’avrebbe riconosciuta anche tra cento anni in mezzo a una folla urlante.
Le stava porgendo una mano con sopra alcune monetine che Chris prese con fare incerto.
 
“Grazie…” le inserì subito nel telefono, grata di avere una buona scusa per girarsi di nuovo e non dover mostrare a Saul le sue guance color porpora.
 
Digitò il numero di casa sua, rimanendo in attesa di sentire la voce di Simon; ma il suo compagno non rispose, segno che era già in viaggio per Seattle.
Mise giù e il telefono le restituì parte delle monete inserite, che rese al chitarrista.
 
“Tieni...”
 
“Non ti ha risposto nessuno?”
 
“No…Simon deve essere già in viaggio.”
 
“Verrà qui?”
 
“Sì.”
 
Slash tentò di rimanere impassibile davanti a quella poco gradita notizia: già era in crisi per il suo migliore amico, avere quel damerino davanti al naso non avrebbe di certo aiutato.
 
“Sei preoccupato per Michael, vero?” domandò lei ad un certo punto.
 
Cazzo, perché sapeva sempre leggergli nella mente? Ok, quella non era una cosa così difficile da indovinare ma, accidenti…proprio mentre anche lui lo stava pensando!
 
“Non riesco a immaginare il fatto che potrebbe andarsene…”
 
Chris sentì un groppo in gola, vedendolo così: aveva la voce roca e sembrava sul punto di piangere. Sapeva quanto bene voleva a Duff e vederlo lì, in fin di vita, per tutti quei cazzo di vizi che non erano riusciti a debellare, lo distruggeva.
“Ce la farà, Saul…è forte. Vedrai che andrà tutto bene!”
 
“Non se lo meritava…”
 
“Nessuno si merita cose simili.”
 
“Io me lo meritavo più di lui…”
 
“Non dire sciocchezze, su!”
 
“Invece sì…io sono molto peggio di lui. Cosa ho fatto di buono nella mia vita? Niente…una delle poche cose preziose che avevo sono riuscito ad allontanarla da me per colpa della mia stupidità. Almeno Duff è sempre stato fedele a Mandy, l’ha sposata e le è vicino ogni giorno!”
 
Chris lo afferrò per le spalle e lo scosse violentemente, come se volesse risvegliarlo da un brutto sogno. “Ma che cosa stai dicendo, Saul?! Tu non hai fatto nulla di buono nella tua vita? Stronzate! E la tua musica, allora? Non pensi a tutti i fans che si emozionano ogni giorno sentendo i tuoi assoli?...a me, che non riesco a vivere senza la mia dose giornaliera di November Rain.”
 
Slash alzò la testa a quelle parole, e la fissò negli occhi. Chris spiegò: “Sì, è la mia canzone preferita in assoluto. Quando sento i tuoi assoli…dio, mi viene la pelle d’oca! E’ una scarica elettrica che mi parte dal cervello e arriva sino alla punta dei piedi. E dici che tutto ciò è niente? No, credimi…tu hai fatto molto, moltissimo per la gente con la tua musica. Il fatto che tra noi non è andata…beh…forse non era destino…”
 
Il riccio le prese le mani e notò subito il braccialetto che le aveva regalato alla sua laurea, quello con il ciondolo a chitarra e incise le loro iniziali e la data del loro primo incontro. “Lo hai ancora…”
 
“Non lo tolgo mai…”
 
Erano lì, in mezzo al corridoio dell’ospedale che si tenevano per mano e si guardavano negli occhi, quando una voce li interruppe.
 
“Christine!” la mora si voltò e riconobbe subito Simon.
 
Fece scivolare via le mani da quelle del riccio e camminò verso il suo compagno. I due si unirono in un abbraccio, che Slash osservò sentendo lo stomaco stringersi per la gelosia. Ok, due anni prima Chris aveva tradito quel Simon con lui, ma non riusciva comunque ad accettare il fatto che la baciasse, accarezzasse, facesse l’amore con lei.
Tenendosi per mano, i due si avvicinarono al chitarrista e Chris, palesemente in imbarazzo, fece le presentazioni.
 
“Slash, lui è Simon…Simon, lui è…”
 
“Lo so bene chi è…” rispose duro l’uomo, facendo spalancare gli occhi al riccio. “Chi non ti conosce del resto? Complimenti, sei un grandissimo chitarrista.”
 
“Grazie, Simon.” I due si strinsero la mano a lungo, troppo a lungo, studiandosi attentamente.
 
Chissà se Simon sapeva di quello che c’era stato tra loro, pensò Slash. Di certo non sapeva del tradimento di due anni prima.
Senza aggiungere altro, tornarono nella sala d’attesa, dove nel frattempo era arrivata anche parte della famiglia di Duff: sua madre aveva seri problemi di salute e per quello avevano impiegato più tempo del previsto per arrivare.
Christine salutò la famiglia di Duff e si sedette di nuovo vicino a Mandy.
 
“Ciao Mandy…”
 
“Simon…” i due si abbracciarono. “Grazie per essere qui, non dovevi fare tutta questa strada.”
 
“Figuriamoci, hai bisogno di noi, ora…”
 
Si sentì chiaramente uno sbuffo: nessuno ci fece caso più di tanto, solo Christine, che fulminò Slash con lo sguardo. Il riccio non era riuscito a trattenersi: quel damerino di merda parlava come se fosse amico di Mandy e compagno di Chris da sempre, mentre invece era solamente l’ultimo arrivato.
Alcol…aveva bisogno urgente di alcol.
Scusandosi, disse che andava a prendere una boccata d’ria perché faceva troppo caldo in quell’ospedale. In effetti, non era del tutto una palla: si grondava di sudore, là dentro. Ma in realtà il suo scopo era cercare un bar e trangugiare generose quantità di Jack per far sparire dalla sua mente l’immagine di Christine e Simon insieme.
Fece il giro dell’isolato, ma era troppo presto perché qualche bar fosse aperto. Si stava per arrendere quando ne vide uno.
 
“Una bottiglia di Jack, per favore…”
 
“Mi spiace, ma vendiamo alcolici solo dopo le 5…”
 
“Ma sono le 4.30! E comunque…da qualche parte saranno le 5, no?”
 
“Mi dispiace, signore, ma non posso proprio…”
 
Sbuffando, il riccio uscì dal locale; quando tornò all’ospedale, vide Simon davanti all’ingresso, seduto su un gradino. Decise di tirare dritto, per evitare ogni tipo di conversazione con quel tizio, ma fu lui a fermarlo.
 
“Slash…posso parlarti un attimo?”
 
“Certo, dimmi…”
 
“So cosa c’è stato tra te e Christine. O meglio, lo so a grandi linee, lei non mi ha mai raccontato nulla. So solo che, i primi tempi che stavamo insieme, più volte l’ho beccata a guardare alcune vecchie fotografie…forse non le ricordi, dato che stai dormendo, in tutte quante…però vedevo il suo dolore e mi rendevo conto che non mi avrebbe mai amato quanto ama te. Ma poi è cambiata, le fotografie sono rimaste chiuse nel suo cassetto e non l’ho più vista osservarle. Permettile di essere felice…io la amo davvero e non la farò soffrire.”
 
Slash era a dir poco stupito per quelle parole e capì che il damerino, per quanto gli stesse sul cazzo, era una brava persona e teneva davvero a Chris. “Simon, tu te la meriti sicuramente più di quanto la meriti io. L’unica cosa che voglio è che lei sia felice e, davvero, ve lo auguro con tutto il cuore.”
 
“Grazie, amico…”
 
“Entriamo, dai…andiamo da Mandy e Duff…hanno bisogno di noi…”

 
 




 
Salve a tutti JLo so, capitolo un po’ strano, con tanta carne al fuoco! Il prossimo concluderà “la vicenda Duff” e in quello dopo ancora ci sarà un nuovo salto temporale. Il nuovo capitolo arriverà mercoledì o giovedì…grazie a tutti coloro che leggeranno e lasceranno due righe :D Un bacione

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Capitolo 39
*** 39 ***


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Trentasei ore dopo, Duff aprì gli occhi. Mandy era lì, al suo fianco: era rimasta lì a lungo, a parlargli, a raccontagli qualsiasi cosa le veniva in mente. Sperava che il suono della sua voce lo aiutasse a ritornare da lei, da loro.

Quando avvenne il miracolo, c'erano davvero tutti. Matt, che si trovava in Canada da dei famigliari, era volato lì il prima possibile ed era là da alcune ore. L'ultimo fu Axl che, con il suo solito ritardo, era arrivato a fianco del caro Izzy: i ragazzi non lo vedevano da circa un anno, da quando aveva sostituito Gilby che si era rotto un polso in alcuni concerti .

Slash non vedeva né sentiva Axl dall'ultimo concerto di luglio del '93 in Argentina; il loro rapporto non si era chiuso granchè bene e, come presto avrebbero scoperto, non sarebbe nemmeno mai migliorato.

Anche in quell'occasione, il rosso mostrò la sua presunta superiorità, arrivando con Doug Goldstein e un paio di altri leccapiedi: non aveva senso che fossero lì, lì ci doveva essere la famiglia vera e quella acquisita del bassista. Non uno stuolo di imbecilli che servivano solo per rendere grandiosa l'entrate di Mr Rose, anche quando questa avveniva in un ospedale. Fortuna volle che un lampo di genio li fece rimanere tutto il tempo un po' in disparte.

Quando Mandy uscì dalla stanza di Duff chiamando a squarciagola un medico, tutti si alzarono in piedi temendo il peggio. Christine corse verso di lei e la bionda le urlò: “Si è svegliato! Michael si è svegliato!”

 

Tutti si abbracciarono con calore e gioia: sarebbe ancora potuto accadere di tutto, ma sapere che dopo due giorni il loro amico si era finalmente risvegliato, li fece sentire un po' più sollevati. Forse il peggio era passato.

Christine abbracciò Mandy, i famigliari di Duff, Gilby, Izzy, Axl e anche Slash: il loro fu un abbraccio semplice, senza nulla di più che tanto sollievo per il loro caro amico.

 

Hai visto, amore, che è andato tutto bene?” dopo tutti gli altri, Chris si era buttata nelle braccia del suo compagno e aveva iniziato a piangere di sollievo.

 

Slash sentì le parole che l'uomo le aveva sussurrato all'orecchio; ma si impose di non voltarsi, di non guardare gli occhi di Chris per capire se era davvero felice tra le braccia di quell'uomo. L'amava abbastanza per lasciarla andare.

Dopo che il medico ebbe visitato Duff, parlò con i famigliari e gli amici per spiegare come stata la situazione.

 

Il signor McKagan ora sta bene. I suoi parametri sono buoni e possiamo dire con certezza che il peggio è passato. Potrà condurre una vita normalissima, ma dovrà eliminare completamente l'alcool dalla sua vita. Un solo goccio potrebbe ucciderlo. Posso consigliarvi delle ottime cliniche, dei bravi medici che si occupano di queste cose...ma dovrà rimanere senza alcool per poter vivere.”

 

Era stato schietto e sincero, quello che un medico doveva essere. Ormai l'alcool era un veleno letale per Duff e avrebbe dovuto abolirlo completamente dalla sua vita.

Christine guardò Mandy annuire con vigore: la conosceva più che bene e sapeva che avrebbe fatto di tutto per aiutare il marito e per impedire che facesse qualche cazzata.

Il medico diede loro il permesso di entrare a salutarlo, pochi alla volta e senza stancarlo troppo. Entrarono prima Mandy, sua suocera e le sorelle di Duff; poi fu la volta dei fratelli. Toccò poi a Slash, Axl, Gilby, Matt e Izzy e infine a Christine e Simon.

 

Piccola, io vado all'aeroporto a cercare un volo per LA...domani pomeriggio ho una riunione importante.” disse Simon a Chris, quando finalmente riuscirono ad uscire dall'ospedale per prendere un po' d'aria.

 

Ti dispiace se resto ancora un paio di giorni? Non voglio lasciare Mandy...”

 

Lo immaginavo, piccola, e non c'è alcun problema. Lo sai.” Chris lo baciò riconoscente a fior di labbra. “Chiamami quando sei all'aeroporto per tornare a casa.”

 

Pochi istanti dopo, Simon salì sul taxi e se ne andò. Mandy tirò un sospiro di sollievo: si sentiva incredibilmente stronza, ma avere Simon e Slash nella stessa stanza per ore era stato allucinante. Sempre l'ansia di dire qualcosa di sbagliato, di ingannarsi e rivelare il tradimento di due anni prima, sempre lo sguardo del riccio addosso ogni volta che Simon la sfiorava...tutto sommato all'angoscia per Duff.

 

Cazzo!” urlò a un certo punto, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Aveva le mani nei capelli per la frustrazione e non le fregava nulla se qualcuno l'avrebbe presa per pazza. Quella situazione l'aveva fatta uscire pazza.

 

Un paio di ore dopo, Christine e Mandy, su pressione dei medici e dello stesso Duff, uscirono dall'ospedale ed andarono a casa McKagan per fare una doccia e riposare qualche ora.

 

Dio, mi sento come se un tir mi avesse travolto...” disse Mandy, buttandosi sul divano.

 

Anche io...ma grazie a dio è andato tutto bene.”

 

Sì, non so cosa avrei fatto senza Michael...” Christine si sedette accanto alla sua amica e la abbracciò.

 

Ora non pensarci più. I medici han detto che si riprenderà. Dovrà smettere di bere, ok, ma quella non è che una cosa positiva.”

 

Hai ragione, da domani contatterò qualche medico. Ti va se ordiniamo due pizze? Non mangio da due giorni e finalmente mi è venuta fame!”

 

Andata!”

 

Le due telefonarono e ordinarono due pizze e due coca-cola, per poi rimettersi sul divano a parlare.

 

Quando devi tornare a LA?”

 

Quando non hai più bisogno di me, Mandy...”

 

Ma io ho sempre bisogno di te!” le due risero.

 

Sciocchina! Pensavo di fermarmi un paio di giorni, per darti una mano a sistemare tutto...”

 

Simon non se la prenderà?”

 

Ma no...”

 

Chris...”

 

Cosa?”

 

Che hai?” eccola lì: nonostante la stanchezza, l'angoscia e tutto quello che era successo in quei due giorni, Mandy riusciva ancora a leggerle dentro come fosse un libro aperto.

 

Saul non mi ha nemmeno salutata quando è andato via.” Simon e Christine erano stati gli ultimi ad entrare nella stanza di Duff e, il tempo di uscire, tutti i Guns se ne erano già andati.

 

Avranno avuto fretta...”

 

Poteva aspettare almeno 5 minuti...”

 

Sarà stato Doug a mettergli fretta...”

 

Abbiamo parlato un po', io e Saul...”

 

Che ti ha detto?”

 

Era preoccupatissimo per Duff e diceva che lui è una brava persona e che non se lo merita quello che gli è accaduto. A differenza sua che non è capace a tenersi stretto nemmeno le cose che ama.”

 

Ogni riferimento è puramente casuale, eh?” disse con ironia la bionda.

 

Chris alzò le spalle. “Invece, ho notato tensione tra Axl e i suoi e gli altri membri...Saul, Matt e Gilby...”

 

Le cose non vanno, Chris. Duff me lo dice sempre. Perchè secondo te si devastano di alcool e chissà che altro da mattino a sera? Devono registrare un nuovo album, ma Axl non si presenta mai in sala registrazione, oppure arriva con 4-5 ore di ritardo. Pare inoltre che abbia anche intenzione di licenziare Gilby.”

 

E perchè mai?”

 

Non l'ha mai considerato un vero membro della band, a quanto mi diceva Duff, e ha trovato un altro tizio, un suo amico, un certo Paul, per sostituirlo.”

 

Ora capisco...non ci posso credere...”

 

Già...per noi che li abbiamo visti nascere e decollare è davvero un trauma. Io sono dell'idea che siano 5 coglioni...anzi, diciamo pure 4 perchè Axl sta facendo il cazzo che vuole! Loro dovrebbero smetterla di sottostare alle sue pretese e farsi le loro ragioni! I Guns non sono di Axl, sono di tutti e 5!”

 

Mandy, i Guns non esistono più da quando Steven se ne è andato. La dipartita di Jeff, poi, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non fossero stati nel bel mezzo di un tour mondiale di dimensioni epiche, il gruppo si sarebbe sciolto in quel momento!”

 

Forse è vero...spero che le cose si mettano meglio...”

 

Non lo so, con Axl in questo ruolo di dio sceso in terra sarà dura.” Mandy annuì distrattamente alle parole della mora, per poi uscirsene con un:

 

Come è stato avere Slash e Simon nella stessa stanza?”

 

Sempre senza peli sulla lingua, tu, eh?”

 

Non girarci attorno e rispondimi!”

 

Difficile...il suo sguardo mi marchiava ogni volta che Simon mi si avvicinava o sfiorava. E' stato snervante.”

 

Simon non sa del tradimento...”

 

Certo che no! Altrimenti dubito sarebbe stato così tranquillo!”

 

Mandy rise, beccandosi un'occhiata di fuoco dalla mora. “Lo so, non c'è nulla da ridere!” si alzò di scatto sentendo poi il campanello suonare. “Le pizze sono arrivate, finalmente!”




Buonsalve a voi :D Vi avviso che nel prossimo capitolo c sarà un altro salto temporale e che affronteremo un episodio molto importante della vita del nostro Saulie! Inoltre, sempre riguardo a lui, ho pubblicato una one shot, se vi va di leggerla: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2022368&i=1 .
Fatemi sapere che ne pensate :) Grazie a tutti coloro che seguono, leggono e recensiscono!
Smack <3







 

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Capitolo 40
*** 40 ***


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1996
 
Erano le tre del mattino quando Saul rientrò a casa. Non arrivava da una notte di baldoria, anzi…arrivava da una notte di rabbia, incazzatura e una jam di merda fatta con quelli che erano i suoi compagni di musica e vita.
Era dalla fine del UYI tour che cercavano di trovarsi tutti insieme in sala registrazione per poter buttare giù qualcosa…peccato che Axl fosse sempre assente o che, le rare volte che si presentava con 3-4 ore di ritardo, bocciasse tutto quello che gli altri avevano buttato giù in quei tempi morti. Come se non bastasse, quando arrivava il rosso nemmeno cantava.
Gilby era stato rimpiazzato da un cretino qualunque, amico di Axl, e che non c’entrava davvero un cazzo con il sound della band. Rimanevano quindi Duff, Matt e lui: il bassista era ormai pulitissimo, completamente astemio e lontano da ogni genere di droga, anche leggera, e loro due erano talmente stronzi da bere e farsi davanti a lui. Slash si chiese più volte come facesse l’amico a resistere…forse quando c’è davvero in ballo la vita, allora riesci finalmente a capire che è il momento di smettere. Lui l’avrebbe capito qualche anno dopo, quando il suo cuore gli avrebbe finalmente presentato il conto di anni di abusi.
Quando varcò la soglia, quella sera, si sentiva uno schifo: quella sera, Axl non si era presentato e lui ad un certo punto aveva deciso di togliere le tende.
Reneè era fuori casa per un paio di giorni, dato che aveva un provino a New York, ma ne fu quasi felice: non aveva alcuna voglia di parlare o dare spiegazioni.
Stava troppo male.
Si buttò sul letto, senza nemmeno cambiarsi, e si assopì. Quando aprì gli occhi erano le 5 del mattino e si sentiva così depresso, che avrebbe voluto che tutto scomparisse.
Pensò seriamente di togliersi la vita: non si era mai sentito così, mai prima d’ora…ok, alcune volte c’era andato vicino, a passare a miglior vita, ma mai volontariamente.
Iniziò a vagare per la sua camera da letto in cerca di qualcosa con cui farla finita, ma non c’era nulla; non aveva nemmeno roba in casa: se la sarebbe potuta sparare tutta e farla finita così, con il suo vizio peggiore.
Si sdraiò di nuovo sul letto, fissando il soffitto. Iniziò a pensare a tutta la sua vita, stava valutando se valesse la pena continuare oppure no.
Pensò ai suoi compagni di band: a Steven, che non vedeva e sentiva da anni, da dopo la bastardata che gli avevano fatto cacciandolo dalla band. A Izzy, che era stato il più coraggioso di tutti a prendere, andarsene e ripulirsi completamente. A Duff, che due anni prima ci era quasi rimasto secco e che ora era diventato un’altra persona. A Matt, che come lui era ancora un cazzone di prima categoria. Ad Axl, di cui aveva perso completamente la fiducia dopo la brillante idea del contratto sul nome della band: nulla aveva più senso. Dopo 10 anni dalla creazione della band che aveva toccato la vetta più velocemente di tutti i grandi gruppi della storia, erano colati a picco.
E non aveva più alcun senso andare avanti.*
Doveva mollare. Ma continuava a essere incredibilmente vigliacco, a non avere il coraggio di lasciare l’unica cosa certa che aveva nella sua vita. Anche se certa, ormai, non lo era più da parecchio.
E fu in quel preciso istante che gli venne in mente lei, l’altra cosa che pensava essere certa e che invece aveva lasciato andare da bravo imbecille.
Conservava il suo numero in un cassetto, su un bigliettino che gli aveva dato Duff dopo tanta insistenza da parte del riccio; ma nonostante ciò non l’aveva mai chiamata.
Non si preoccupò che fossero le 5 del mattino, in quel momento non aveva cognizione né del tempo né dello spazio.
 
“Pronto…”la voce strascicata della donna indicava che stava dormendo profondamente.
 
“Christine…”
 
“Saul!”il riccio sentì il cuore fare un balzo nel petto: l’aveva riconosciuto! Dio, quanto era speciale quella donna. “Ci sei?”
 
Il riccio era rimasto in silenzio sentendo la sua voce.
 
“Pronto? Saul?”
 
“Ci sono…” le rispose con un filo di voce, sentendola già preoccupata.
 
“E’ successo qualcosa? Sono le 5 del mattino!”
 
“Io…voglio lasciare i Guns ‘N Roses…”
 
“Cosa?”ora Christine era del tutto sveglia. Quando era squillato il telefono aveva pensato a un’emergenza in ospedale; poteva non aver sentito il cercapersone e allora l’avevano chiamata.
 
Invece no: era la persona che meno di tutte si sarebbe aspettata e, proprio per quel motivo, sentire la sua voce la spaventò a morte. Doveva essere successo qualcosa di grave, e l’ultima affermazione del riccio le fece comprendere che ci aveva azzeccato. Aveva acceso l’abat-jour e si era messa a sedere sul letto; Simon si era voltato verso di lei, chiedendole cosa volesse Slash a quell’ora. Ma lei lo ignorò: in quel momento c’era solo il suo chitarrista.
 
“E’ tutto una merda…non abbiamo più nulla in comune. Non riusciamo a comporre, a registrare, a suonare per 10 minuti tutti insieme. Io…io però ho paura. Cosa farò senza i Guns ‘N Roses? Sto male…vorrei farla finita.”
 
“No!!! Ma che dici? Non pensarci nemmeno…”
 
“E’ che…non so cosa fare…mi sento così solo…”
 
“Oh, Saul…”
 
“Ti prego, vieni qui…ho bisogno di te…”
 
“Adesso? Ma sono le 5 del mattino, non so se…”
 
“Ti prego…” la interruppe, e lei non seppe resistere.
 
“Dimmi il tuo indirizzo, dieci minuti sono da te.”
 
Christine rimase in silenzio alcuni istanti mentre Slash le dettava l’indirizzo e poi mise giù. Si alzò dal letto e prese da una sedia lì accanto i vestiti che aveva indossato quel pomeriggio.
 
“Dove stai andando, scusa?” le chiese Simon.
 
“Da Saul…”
 
“Perché?” Chris si fermò sulla porta della camera e, sospirando, si voltò a guardarlo. Non aveva pensato minimamente al suo uomo: appena aveva sentito che Slash aveva bisogno di lei, era partita in quarta, rimuovendo tutto il resto.
 
Sapeva che era sbagliato, ma era più forte di lei.
 
“Sta molto male, ha addirittura pensato di suicidarsi.”
 
“E sua moglie?”
 
“Non lo so, non sarà a casa…”
 
“Non mi va che ci vai…”
 
“Simon, io…”
 
“Io un cazzo, Christine! Mi hai sempre messo in secondo piano, dopo di lui. E sei anche capace di uscire di casa all’alba, per andare da quel tossico di merda, a farti scopare per bene!”
 
“Non ti permetto di parlarmi così, chiaro? Lo conosco da quando abbiamo 15 anni, tra noi c’è sempre stato un legame…speciale. E se lui ha bisogno di me, io di certo non gli dico di no per la tua gelosia.”
 
“La mia non è gelosia! E’ il fatto che tu ami più lui di me: è sempre stato così!”
 
“Ti è sempre andato bene, però…” Chris era troppo arrabbiata per trattenersi.
 
“Certo! Ti amo e mi sono sempre accontentato di essere la tua ruota di scorta. Ma ora basta…se vai da lui adesso, tra noi è finita.”
 
Christine sospirò. “Perché mi devi mettere alle strette così?”
 
“Mi sono stufato. Ora è il momento di scegliere…o me o lui…”
 
La mora sospirò ancora, questa volta più profondamente: lei sapeva già chi avrebbe scelto. Era sempre stato così e non sarebbe cambiato quella mattina.
 
“Mi dispiace, Simon. Domani, mentre sei al lavoro, verrò a prendere le mie cose.”
 
Chris non attese risposta dal suo ormai ex compagno e chiuse la porta della camera da letto. Andò in bagno, si vestì, si sciacquò il viso e raccolse i capelli in una coda disordinata; era in condizioni pietose, ma quello era il suo ultimo pensiero.
E comunque, Slash l’aveva già vista in condizioni ben peggiori.
Prese la borsa, le chiavi della macchina e uscì; aveva il cuore che batteva a mille per tanti motivi: stava per rivedere Saul dopo ben due anni, aveva appena lasciato il suo fidanzato…insomma, un pasticcio dopo l’altro.
Ma a Simon ci avrebbe pensato con calma, ora le importava solo di Saul. Sperava che non avesse fatto qualche sciocchezza nel mentre e continuava a passarle davanti agli occhi la scena di lui a terra e magari in fin di vita.
Il viaggio fu più breve del previsto, anche grazie all’assenza di traffico per l’ora mattutina; quando citofonò all’elegante palazzo dove viveva, temeva che nessuno le aprisse. Che avrebbe fatto in quel caso? Doveva chiamare la polizia? Un’ambulanza?
I suoi pensieri catastrofici furono interrotti dal rumore del portone che si apriva e tirò un sospiro di sollievo.
Fece le scale a piedi, non sapendo a che piano abitava, e dopo 4 piani trovò una porta spalancata. Immaginò fosse l’appartamento del riccio ed entrò.
 
“Saul?” lo chiamò, mentre si chiudeva la porta alle spalle.
 
“Sono qui…” sbucò da una stanza vicino all’ingresso e si fermò davanti a lei.
 
Era a petto nudo, con uno sgualcito pantalone della tuta e i capelli legati in una coda; le occhiaie sotto gli occhi erano violacee e lo sguardo spento e vuoto.
 
“Ehi…come stai?” gli chiese abbracciandolo.
 
“Cosa devo fare?”
 
“Quello che ti senti…va così male?”
 
“E’ andato tutto a catafascio. Ormai non ha più senso andare avanti.”
 
“Senti, non devi prendere una decisione adesso…hai tutto il tempo che vuoi per pensarci. Ora, se ti va, ci sediamo sul divano e parliamo un po’.”
 
“Ti va di ascoltare le mie stronzate?”
 
“Mi va di ascoltare qualunque cosa tu dica, Saul…”
 
“Ti amo, Christine…ti ho sempre amato.”
 
“Lo so…anche io ti amo…”
 
Slash la prese per mano e la condusse in salotto, dove si sedettero sul divano. Iniziarono a parlare di tante cose, alcune più serie altre più frivole; lo fecero con una naturalezza incredibile, come se non si vedessero o sentissero da due giorni e non da due anni.
Erano passate quasi tre ore quando Saul, mentre Chris stava sorseggiando una coca-cola, disse:
 
“Ora chiamo Doug…ho deciso di lasciare…”




 
 
*queste informazioni sono fedelmente tratte dalla biografia di Slash.
 
 

Buonasera a tutti voi :D Vi avviso che non mancano tanti capitoli alla fine…ancora non so quanti, ma credo all’incirca 4-5. E, come avrete compreso, ci avviamo anche verso il lieto fine <3 Bene, grazie a tutti coloro che seguono, leggono e recensiscono!
Smack :D

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Capitolo 41
*** 41 ***


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Due giorni dopo la telefonata di Slash a Doug, si scatenò una guerra mediatica: la dipartita del chitarrista dei Guns N’ Roses era su tutti i giornali, musicali e non, e sotto casa del riccio si era concentrato uno stuolo di giornalisti che non vedeva l’ora che il ragazzo uscisse per tempestarlo di domande.
Slash evitò il più possibile di mettere piede fuori casa: della spesa e altre cose di prima necessità si occupava Chris, che non si era più mossa da lì. Aveva preso alcuni giorni di ferie dall’ospedale perché non se la sentiva di abbandonare Saul in un momento così delicato; il riccio ringraziò, probabilmente per la milionesima volta nella sua vita da stronzo, il fatto di averla accanto a lui, a impedirgli di andare a fondo ancora una volta.
I telefoni di casa Hudson era staccati da quasi 5 giorni: Slash non aveva parlato con nessuno, né con i suoi compagni di band né tantomeno con la Geffen Records.
Nel tardo pomeriggio del 5° giorno di ‘isolamento’ Chris uscì per andare a prendere i vestiti a casa sua e comprare qualcosa da mangiare. Non era un volto nuovo ai giornali, dato che anni addietro era stata la donna di Slash, e quindi venne subito assaltata dai giornalisti che la riempirono di domande a cui lei però non rispose.
Stava salendo in auto quando da un taxi con i vetri oscurati scese una figura a lei e ai giornalisti ben nota: Duff McKagan. Il biondo, senza dire nulla, salì velocemente sulla macchina della ragazza e chiuse le porte.
 
“Cristo, Duff, mi hai fatto venire un infarto!”
 
“Dove vai?”
 
“A fare la spesa e a prendere i miei vestiti.”
 
“E Slash?”
 
“Saul è in casa…vuoi andare da lui?”
 
“Ora metti in moto e vai dove devi andare…intanto parliamo un po’.”
 
La mora obbedì, un po’ innervosita dal tono freddo e severo del bassista.
 
“Non avrei mai pensato di venire a sapere della dipartita dalla band del mio migliore amico dalla stampa!”
 
Ecco perché era così incazzato, si disse Christine. E d'altronde non aveva tutti i torti: lei aveva detto più volte a Slash di chiamare almeno Duff e Matt, ma lui non aveva voluto; si era limitato a staccare il telefono e ignorare tutti.
 
“E’ turbato quanto te, Michael, credimi…”
 
“Lo so, ma…dio, che senso ha ora per me rimanere nei Guns, eh? Se ne sono andati tutti…”
 
“Tu devi fare quello che ti senti, senza farti influenzare dalle scelte degli altri.”
 
Duff annuì distrattamente, guardando fuori dal finestrino. Arrivarono dopo poco davanti alla casa dove Chris viveva con Simon: con quello che era accaduto non era più andata a riprendersi la roba e ora era arrivato il momento.
 
“Ci metterò un po’…devo portare via tutte le mie cose.” Disse a Duff.
 
“E perché mai?”
 
“Io e Simon ci siamo lasciati.”
 
“Oh…ecco perché eri a casa di Slash.” Duff scese dall’auto e la seguì in casa. “Ti do una mano…”
 
“Grazie…”
 
Si misero al lavoro, parlando solamente per organizzarsi nell’imballare la roba.
 
“Sai…” disse a un certo punto Christine. “Cinque giorni fa Saul mi ha telefonato, alle 5 del mattino. Mi ha detto che era in crisi con la band e che non sapeva cosa fare, aveva solamente voglia di uccidersi, tanto senza di voi nulla avrebbe avuto più senso. Ho cercato di calmarlo e, quando mi ha chiesto di andare da lui, non ho esitato. A Simon la cosa non è piaciuta…mi ha rinfacciato di essere sempre stato messo in secondo piano, che io ho sempre amato Saul più di lui. E mi ha dato un ultimatum: se quella notte fossi andata da lui, non sarei più dovuta tornare a casa. E così ho fatto…per l’ennesima volta ho buttato nel cesso tutte le mie certezze per Saul. A quanto pare è la mia maledizione…”
 
“Io la definirei più una benedizione, sai? Slash è stato un emerito cretino con te, in tutti questi anni, ma credimi…non ha mai smesso di amarti. E me lo ha ripetuto tante volte, davvero. Ma quando io gli dicevo di provare a riavvicinarsi, lui diceva sempre di no perché ti avrebbe fatto solo del male. E questo credo che sia vero amore, Chris…”
 
“Secondo te ora le cose cambieranno?”
 
“Non lo so…nonostante conosca Saul da quando abbiamo 18 anni, è sempre capace di stupirmi.”
 
“Non dirlo a me…”
 
Il discorso si chiuse lì, anche perché ormai avevano preparato tutto e dovevano solo più caricare le borse in macchina. Chris lasciò un biglietto a Simon e poi si chiuse alle spalle la porta dell’appartamento e soprattutto la vita insieme a lui.
Dopo una rapida spesa nel supermercato lì vicino, i due rimontarono in auto diretti a casa di Slash.
 
“Pronto?” gli domandò Chris, una volta parcheggiata l’auto e in procinto di affrontare quegli squali di giornalisti.
 
“Ci sono abituato!”
 
Camminarono più veloce che poterono, ciascuno con due valigie in mano, e, quando riuscirono a chiudersi alle spalle il portone del palazzo, tirarono un sospiro di sollievo.
 
“Saul!” urlò Chris una volta rientrata in casa. “Guarda chi ti ho portato.”
 
Il riccio sbucò dalla camera da letto e impallidì visibilmente davanti al suo amico Duff: sospettava fosse incazzato per il fatto che non lo avesse chiamato.
 
“Ciao, Hudson. Non sapevo non avessi più un telefono, altrimenti ti avrei mandato un piccone viaggiatore.”
 
“So che sei incazzato, man, ma ti posso spiegare…”
 
“Cosa mi devi spiegare? Che ho saputo che hai lasciato i Guns da un giornaletto di merda?”
 
“Ehm…io vado a disfare le valigie.” Disse Chris, scomparendo in camera per lasciare i due a parlare da soli.
 
Si accomodarono in cucina e Slash offrì una coca a Duff. “Mi dispiace non averti chiamato, man…è che è stata una cosa così, che nemmeno io mi aspettavo. Ho persino pensato di suicidarmi…”
 
“Lo so, Chris me lo ha detto. Come stai adesso?”
 
“Non lo so…non ci capisco un cazzo. Tra l’altro dovrò anche andare a parlare con quelli della Geffen.”
 
“Mi hanno chiamato chiedendomi di rintracciarti…per questo mi sono posizionato sotto casa tua, in attesa che sbucasse qualcuno. E quando ho visto Christine le sono piombato in macchina senza darle tempo di aprire bocca.”
 
Slash fece una risatina. “Come l’hanno presa?”
 
“Male…il fatto che te ne vai distrugge completamente i Guns ‘N Roses. Anche perché sanno che io e Matt ti seguiremo.”
 
“Non siete costretti a farlo.”
 
“Lo so. Forse il fatto che hai lasciato tu ci da il coraggio di imitarti.”
 
“Axl?”
 
“Axl non ha fatto una piega. Ma se lo conosco almeno un pochino, credo che una volta a casa, da solo, senza nessuno che lo guardava, si sia sentito tremendamente in colpa. Ma tanto non lo ammetterebbe manco sotto tortura.”
 
“Tipico di Rose. Mi dispiace, comunque, di non averti chiamato. Scusami.”
 
“Non importa. So cosa stai provando e so che è la decisione più difficile della nostra vita.”
 
“Sì…ma è arrivato il momento di prenderla, questa decisione.”
 
“Lo so…e dimmi un po’…come va con Chris?”
 
“Ti dicessi che non ne ho idea nemmeno riguardo a quello? Quella notte che è venuta qui ci siamo detti che ci amiamo, ma non è successo nulla, nemmeno un bacio.”
 
“Devi fare ordine nella tua vita e mettere una volta per tutte la testa a posto, Saul. Lei ha sacrificato ancora la sua vita per te. Non deluderla di nuovo.”
 
“Lo so. Per questo ho deciso di chiederle di sposarmi.”

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Capitolo 42
*** 42 ***


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“Lo so. Per questo ho deciso di chiederle di sposarmi.”

 
Duff guardò sbalordito il suo amico, che però aveva pronunciato quelle parole con una sicurezza quasi inquietante.
 
“Man, ti devo ricordare che tu sei già sposato?”
 
“Oh…” il riccio si grattò il capo, perplesso. “Per un attimo me ne ero scordato…”
 
“A proposito…ma dove cazzo è Reneè in un momento come questo?”
 
“Ha un provino a New York. Doveva essere l’altro ieri ma glielo hanno posticipato e ha deciso di fermarsi là.”
 
“Sa dei Guns?”
 
“Non lo so, io ho staccato il telefono se ben ricordi!”
 
“Meglio che non torni, o si troverà qui Christine…”
 
“Tanto starà via ancora 4 o 5 giorni.”
 
“Sei molto dispiaciuto, vedo…”
 
Slash gli fece un bel dito medio, per poi sospirare. “Devo andare alla Geffen, vero?”
 
“Sì, Saul…”
 
“Ok, andrò domani…”
 
“Vuoi che ti accompagni?”
 
“No…mi accompagnerà Christine.”
 
Duff andò via poco dopo e Slash andò in camera da letto, dove Chris era sdraiata sul letto e lì accanto le valigie aperte ma ancora piene. La mora notò il suo sguardo.
 
“Sai, sono venuta qui convinta di poter svuotare le mie valigie e mettere i vestiti nell’armadio…poi l’ho aperto e ho realizzato che tu hai ancora una moglie, nonostante ora non ho idea di dove sia.”
 
“E’ a New York…Chris, senti, io non amo più mia moglie. Forse non l’ho mai amata davvero e voglio divorziare da lei perché…perché io voglio sposare te.”
 
Christine lo guardò con gli occhi spalancati. “Scusa?”
 
“Hai capito bene. Io ti amo e voglio passare la mia vita insieme a te, invecchiare, avere dei figli.”
 
“Saul, tu sei sposato con un’altra donna! Come puoi farmi una proposta simile adesso?”
 
“E’ tutta la vita che ci rincorriamo…perché non possiamo farlo?”
 
“Saul, senti…tu ora sei in un momento difficile della tua vita. Sei confuso e devi ragionare con calma. Anche io ti amo e voglio passare la mia vita con te, ma prima devi mettere ordine nella tua vita. La band, tua moglie…e poi forse potremmo sposarci.”
 
“Quindi è un sì?” Slash si lanciò sul letto accanto a lei.
 
“Forse…” gli rispose con un sorrisetto allusivo, mentre lui si allungava per baciarla.
 
Fu un bacio lento, dolce, in cui le loro lingue si intrecciarono e giocarono , riassaporando quei sapori e quelle sensazione che provavano solo quando stavano insieme. Slash in un istante le fu sopra, ma Christine, con tutta la forza di volontà che aveva, lo fermò. “No, Saul, sei sposato…”
 
“Ma…” tentò di dire, ma lei gli mise il dito indice sulle labbra.
 
“Arriveremo anche a questo.”
 
Con tanta fatica e un’erezione da manuale, Slash si alzò dal letto e si passò le mani nei ricci incolti. “Vado a fare una doccia fredda, va…”
 
Christine non riuscì a non ridere. “Va bene. Io preparo la cena.”
 
Mangiarono della semplice pasta al pomodoro e delle polpette con patate fritte e poi si piazzarono sul divano davanti alla tv a fare un po’ di zapping.
 
“Che cosa vuoi vedere?” domandò la mora a Saul, che però non le rispose. Fissava lo schermo senza però vederlo davvero. “Saul, che c’è?”
 
“Domani devo andare alla Geffen…”
 
“Beh, doveva arrivare questo momento prima o dopo, no?”
 
“Mi cago in mano all’idea di vedere Axl…”
 
“Ma no, dai…”
 
“So già che mi sputerebbe merda addosso per essermene andato!”
 
“Forse dovrebbe farsi un esame di coscienza…”
 
“Stiamo parlando di Axl Rose, Chris…”
 
“Giusto! Me ne dimentico sempre!” disse scherzosa la mora, facendogli l’occhiolino.
 
“Mi accompagni?”
 
“Non me lo devi nemmeno chiedere!”
 
Così, il mattino seguente di buon’ora Slash e Christine uscirono di casa per andare alla Geffen; erano pochi i giornalisti rimasti, la maggior parte aveva desistito. Ma quelli più coraggiosi si lanciarono a capofitto sui due, protetti però dalla guardia del corpo del chitarrista che era stata chiamata per l’occasione.
Slash era teso per l’incontro con quelli della Geffen, ma cercava di non darlo a vedere…Chris, in ogni caso, gli teneva saldamente la mano per ricordargli che era lì con lui.
Troppo velocemente, arrivarono alla Geffen e la prima persona che videro lì nell’atrio fu proprio Doug Goldstein.
 
“Chi non muore si rivede…” gli disse con la sua solita arroganza.
 
“Sono qui per firmare quello che devo e andarmene.”
 
“Slash, parliamone con calma…”
 
“Non voglio parlare di un cazzo, Doug. Ho preso la mia decisione, fine della storia. Ora andiamo parlare con David Geffen o chi per lui.”
 
Doug sospirò: era da giorni che non si schiodava da lì, aveva fatto quasi la muffa sulle sedie dell’ingresso. Aspettava ogni giorno che il riccio sbucasse e gli dicesse: ‘Amico, ho cambiato idea!’. Axl gli telefonava tre o quattro volte al giorno per sapere se Slash si era presentato, ma ogni volta gli dava sempre la stessa risposta.
Ora finalmente era arrivato, ma non sembrava essere tornato sui suoi passi…anzi, sembrava più convinto di come l’avesse mai visto in tutti quegli anni.
Rassegnato, Doug lo portò nell’ufficio di David Geffen; l’uomo fu molto cordiale con lui, non gli disse nulla per fargli cambiare idea. Sapeva bene come comportarsi con persone come lui: tutte le band squilibrate come la loro arrivava a un capolinea, prima o dopo. Ok, per loro forse era arrivato un po’ troppo ‘prima’, ma comunque gli aveva fatto fare più soldi che la maggior delle band da lui scritturate.
Gli andava bene così, quindi: sapeva anche che non c’era modo di fargli cambiare idea. Gli piazzò così sotto il naso dei documenti, che il riccio lesse svogliatamente e firmò.
Era la fine di un’era, tutti là dentro lo sapevano: Doug, che non aveva idea di cosa dire ad Axl, David Geffen, che a scene del genere aveva assistito centinaia di volte, e Slash stesso, che si cagava addosso all’idea di cosa avrebbe fatto ‘domani’.
Uscì dall’ufficio senza salutare e tirò un sospiro di sollievo nel vedere che Christine era rimasta lì davanti alla porta, senza spostarsi di un millimetro da dove l’aveva lasciata. La prese per mano e uscì da quell’enorme palazzo che era la Geffen Records.
Slash aveva chiuso definitivamente un capitolo della sua vita, forse il più importante di tutti: i Guns ‘N Roses.

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Capitolo 43
*** 43 ***


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Fu più difficile del previsto, per Slash, rimettere in ordine la sua vita.

Prima di tutto, dal punto di vista legale: il chitarrista, forse per inesperienza o ingenuità o semplicemente troppo logoro per preoccuparsene, non si prese cura della situazione e non fece nulla per proteggere i suoi diritti. I suoi legali gli domandarono se voleva citare il gruppo per danni per portare via il più possibile ma lui rifiutò, in buona fede; la verità è che rifiutava di riconoscere quanto fosse diventata folle e instabile la relazione tra lui e quello che erano i Guns.

Reneè era tornata troppo presto da New York e si era lanciata sul suo povero, tormentato marito per consolarlo; Christine, invece, aveva affittato un piccolo bilocale vicino all’ospedale, così sarebbe potuta andare al lavoro a piedi.

Prima che andasse via dopo i loro giorni di isolamento Slash le fece un regalo: si era fatto portare da Junior, la sua guardia del corpo, un computer nuovo. Si stavano diffondendo piuttosto rapidamente in quegli anni e il riccio aveva visto Reneè utilizzarlo per comunicare via e-mail con varie persone per i suoi provini in giro per l’America.

 

Perché mi hai regalato un computer?”

 

Possiamo comunicare tramite e-mail…per telefono, con Reneè qui, potrebbe essere complicato…”

 

Christine scosse il capo, forse perplessa o forse delusa per quel suo modo gentile di liquidarla: si sarebbero sentiti tramite e-mail, o che accidenti erano, ma chissà quando e se si sarebbero rivisti.

La guardia del corpo la accompagnò a casa e, improvvisandosi tecnico informatico, le montò tutto quanto e le fece vedere come mandare le e-mail.

Quando lui se ne andò, Christine si mise alla scrivania per prendere confidenza con quella macchina infernale: in ospedale si poteva chiedere di averne uno nel proprio ufficio, ma a lei non era mai interessato più di tanto.

Ma dopo pochi istanti, il campanello di casa sua iniziò a suonare all'impazzata e Chris fu costretta ad alzarsi e andare ad aprire.

 

Certo che fa piacere scoprire da qualcun altro che hai cambiato casa!”

 

Mandy, come hai avuto il mio indirizzo?”

 

Ho obbligato Duff a chiamare Slash...non essendo a casa sua, non avevo idea di dove trovarti!”

 

Quindi Duff ti ha raccontato tutto...”

 

Ah ah..mi girano un po' le palle che ti sei confidata prima con lui che con me, ma capisco che fosse una situazione estrema.”

 

Decisamente estrema, credimi. Manco riuscivo a uscire di casa per fare la spesa da quanti giornalisti c'erano davanti al portone!”

 

Beh, era prevedibile. Sei stata tu, quella imprevedibile questa volta...”

 

Che intendi?”

 

Non facevi un colpo di testa simile più o meno da...beh, da quando sei partita per andare d lui a Maui! Anzi no, quando hai fatto sesso con lui in casa del tuo fidanzato!”

 

Mandy, puoi smetterla?”

 

Sto semplicemente cercando di dirti che non puoi continuare così, Christine! Hai mandato all'aria l'unica cosa stabile che c'era nella tua vita.”

 

Sentimi bene, Mandy...sono anni che non fai altro che rimproverarmi per il mio vivere in funzione di Saul, perdonarlo, seguirlo, aspettarlo. Ora basta! A 30 anni credo di essere in grado di prendere le mie decisioni da sola! Ok, sarò stata stupida in tutti questi anni ad aspettarlo a braccia aperte, ma credimi...è meglio soffrire un po' di più che sposare un uomo che non ami veramente e rovinare la vita ad entrambi. Io e Saul siamo fatti l'uno per l'altra e io lo aspetterò, a costo di aspettarlo tutta la vita!”

 

Mandy non rispose: era rimasta stupida dall'attacco d'ira della sua amica, però poteva capirla. “Guarda che io lo dico solo per il tuo bene, Chris...”

 

Lo so, e ti ringrazio infinitamente per questo. Però tu...tu non puoi capire. Hai sposato l'uomo che hai sempre amato, hai la famiglia che volevi. Io purtroppo non ancora e sono disposta a lottare per averla.”

 

Mandy abbracciò la sua amica. “Scusami se a volta sembro insensibile, ma ti ho già visto piangere così tante volte per lui.”

 

Ora è diverso. Mi ha detto che mi ama, che vuole passare la sua vita con me...e mi ha chiesto di sposarlo.”

 

Cosa? Si è bevuto il cervello?”

 

Gli ho dovuto ricordare che ha già una moglie!” Mandy fece una breve risata scuotendo il capo. “Comunque gli ho risposto di sì, ma non ora...gli ho detto di sistemare una volta per tutte la questione Guns, di divorziare e poi allora ci penseremo.”

 

Quando vi vedrete?”

 

Non lo so. Però mi ha regalato un computer per comunicare via e-mail.”

 

Anche Duff ha iniziato a utilizzarlo. A quanto pare è molto comodo!”

 

Sì, ma devo un po' prenderci la mano.”

 

La bionda annuì distrattamente. “E Simon l'hai più sentito?”

 

Christine scosse il capo. “Gli ho lasciato un biglietto quando sono andata a prendermi la roba, ma nient'altro.”

 

Mandy annuì ancora, osservando un punto fisso davanti a lei.

 

Che hai?” le domandò Chris osservando la sua espressione persa.

 

Ti devo dire una cosa...”

 

Spara...”

 

Sei la prima a cui lo dico, non ne ho nemmeno parlato con Michael...”

 

Sei incinta?” ipotizzò Chris allargandosi in un sorriso.

 

Ho un ritardo di due settimane. Ultimamente non stavamo granchè attenti, dato che ci piacerebbe avere un figlio. Ma ora che c'è la possibilità me la faccio sotto.”

 

Ma è una notizia fantastica!” le due amiche si abbracciarono. “Diventerò zia!”

 

Ora stai calma, che non è ancora detto!”

 

Me lo sento, me lo sento...ora sai cosa devi fare? Alzare il tuo bel culetto sdo dal mio divano, andare a casa, parlare con Duff e fare un bel test di gravidanza!”

 

Se è un modo gentile per cacciarmi, bastava dirlo!” scherzò la bionda, alzandosi e avviandosi alla porta. “Ti chiamo più tardi per darti la bella notizia.”

 

Dopo che Mandy fu andata via, Christine tornò al computer; aprì la casella di posta e vide subito che le era arrivato un messaggio.

 

12 agosto 1996, h. 19.43

Ciao Chris! Spero che tu riesca a leggere questo messaggio, perchè vuol dire che il tuo computer funziona! Reneè mi ha chiamato poco fa dall'aeroporto dicendomi che fra un paio d'ore sarà a casa...non so che darei perchè tu fossi qui.

Allora ti piace questa idea delle e-mail? E' un modo rapido e veloce per comunicare!

Rispondimi, mi raccomando!

Tuo,

Saul.

 

Christine rispose subito alla mail e ricevendone pochi istanti dopo un'altra, e un'altra ancora.

Iniziò così la loro 'corrispondenza', che durò molto di più di quanto entrambi avessero voluto e sperato, ma che comunque li faceva sempre sentire vicini e parte delle loro vite.

 

 
 

Buonsalve! Breve capitolo di passaggio per introdurre il prossimo dove, tramite una serie di e-mail, vedremo che combinerà il caro Saulie tra il 1996 e il 1998. Grazie a tutti coloro che seguono, leggono e recensiscono! Smack :D 

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Capitolo 44
*** 44 ***


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Salve a tutti! Come anticipato nelle note del precedente capitolo, qui troveremo una serie di e-mail che Saul scrive a Christine tra il 1996-1997...è un modo per avere una panoramica di quello che il riccio ha combinato dopo la dipartita dai Guns 'N Roses. Non sono sicura che questa storia piaccia ancora, dato che ho notato un brusco calo di visite e recensioni...confido nel fatto che sia colpa delle vacanze estive ;) In ogni caso, grazie a chi leggerà e lascerà un commentino! Buona lettura :)



05 ottobre 1996, h.03.27 am

 

Ciao Chris! Come stai? Scusa se non ti scrivo da alcuni giorni, ma…sono in Giappone! Sì, lo so, è fottutamente incredibile. Nile Rodgers, con la formazione originaria degli Chic, mi ha chiesto di venire qui per due settimane per suonare con loro! E’ fantastico e credo sia proprio quello che mi ci voleva…l’amarezza è ancora tanta, dai, e vedere tutto quello che si dice in giro e che pubblicano sui giornali mi fa davvero incazzare. Avevo bisogno di staccare un po’ la spina.

Ci sentiamo presto, ok? Augurami in bocca al lupo per i concerti!!!

Tanti baci.

Tuo,

Saul.

 

 

 

02 gennaio 1997, h.01.56 am

 

Ciao piccola…lo so, sono uno stronzo perché non ti ho nemmeno mandato gli auguri di buon Natale e buon anno. E’ che è successo di tutto in queste ultime settimane. Comincio dal principio: sai che ti avevo raccontato che ero in tour con Nile? Ecco, uno degli ultimi giorni Bernard Edwards, suo migliore amico e musicista in tour con noi, è stato trovato morto per polmonite! Ti giuro, è stato uno choc pazzesco per tutti, perché mai e poi avremmo immaginato una cosa simile! Siamo tornati subito in America e poi ci siamo visti l’ultima volta al funerale.

Qualche giorno dopo, sono stato poi chiamato da niente meno che Quentin Tarantino per incidere la colonna sonora del suo nuovo film ‘Curdled’. Ovviamente ho accettato subito, sai che sono un suo fan! Il film, tra l’altro, dev’essere grandioso: racconta la storia di una squadra di pulizie che, quando i medici legali hanno finito di raccogliere le prove, puliscono la scena del crimine. Si ritrovano a riordinare dopo i misfatti di un serial killer che colpisce donne ricche e una ragazza della squadra inizia a essere ossessionata dal killer, tenendo addirittura un quaderno d’appunti! Beh, poi non ti svelo altro, devi guardare il film! Il copione è fichissimo, davvero. Ho anche conosciuto Angela Jones! Ha la parte della protagonista principale…sai che mi è sempre piaciuta, da quando ho visto Pulp Fiction! Fra una settimana ci sarà il party di presentazione a Miami…spero di non combinare qualche casino, come mio solito.

Tu come stai, piccola? Come hai passato le feste?

Scusami ancora per essere sparito, sai che comunque sei sempre nei miei pensieri.

Ti amo.

Tuo,

Saul.

 

 

18 febbraio 1997, h.06.12 am

 

Ciao piccola. Come vedi è l’alba, ma in realtà non sono ancora andato a dormire! In realtà, sono appena tornato da un bel giro sul Sunset…con tutto quello che in campo musicale ho fatto negli ultimi mesi, sono riuscito a mettere da parte i Guns. Anche la stampa pare si stia dimenticando di me…però, la mia domanda al momento è ‘E adesso?’…che cazzo farò adesso? Mi piacerebbe mettere insieme un gruppo, girare, fare qualcosa insieme, però devo trovare le persone giuste e non è per nulla semplice. La prossima settimana io e Reneè andiamo in Irlanda a trovare Ronnie Wood e la sua famiglia. Non muoio esattamente dalla voglia, contando che Reneè mi rompe continuamente i coglioni che non mi stacco mai dalla chitarra…come un bambino dal suo giocattolo preferito, dice! Conferma che non ha capito una beneamata sega di quello che sto facendo. Sta cosa è davvero frustrante.

Va sempre peggio, e io non so che cazzo fare.

Aiutami…

Tuo,

Saul.

 

 

11 marzo 1997, h. 02.38 am

 

Ciao Chris. Ti sto scrivendo dalla mia casa nuova. Reneè ha voluto cambiare casa; abbiamo ricevuto i soldi dell’assicurazione per i danni della casa distrutta dal terremoto, ti ricordi? Ecco, lei ha subito voluto sperperare tutto in una casa nuova, in stile spagnolo, costruita negli anni ’20 e…costosissima! L’unica cosa che mi ha attirato è stata la camera oscura del terzo piano: è dotata di lunghi cassetti e su ciascuno c’è una piccola etichetta con nomi di donne sopra! Chiara dimostrazione di qualche servizio fotografico illecito! Quanto è eccitante sta cosa??

L’altra cosa che mi ha convinto a comprare la casa è il seminterrato, perfetto per farci uno studio! Ho già chiamato gente qualificata e non baderò a spese. Sarà il mio rifugio! Ti va di venire a vederlo, quando sarà finito!

Ti terrei tanto.

Mi manchi da impazzire, voglio vederti.

Tuo,

Saul.

 

 

2 maggio 1997, h.00.09 am

 

Lo so, mi odi. È un mese e mezzo che non ti scrivo, ma ti posso spiegare. E’ successo un pasticcio con Reneè e…abbiamo divorziato. Praticamente sono stato 10 giorni a casa di un amico: l’avevo conosciuto all’inizio dei Guns, poi ci siamo persi di vista e l’ho ritrovato una sera in un locale sul Sunset. Sono andato da lui, abbiamo suonato un po’ e mi sono trasferito lì per 10 giorni, pensando solamente alla musica. Quando ho ricordato di avere una moglie, sono tornato a casa. Reneè era incazzata nera e si è incazzata ancora di più quando ha visto che non avevo nessuna intenzione di chiarire…le ho solo chiesto il divorzio. Le cose andavano male da un bel pezzo…anzi, forse non erano mai davvero andate. Il procedimento è stato rapido e indolore, per fortuna. Le ho dovuto lasciare la casa, ma non avendo figli non devo nemmeno passarle gli alimenti. Dubito che ci rivedremo, ma meglio così.

Assurdo come in pochi mesi siano finite due delle più durature relazioni della mia vita, vero?

Spero di non perdere anche te…voglio vederti, ti va?

Tuo,

Saul.

 

 

15 agosto 1997, h. 10.56 pm

 

Ciao piccola! Non hai idea di dove mi trovi!!! Sì, sono in tour con una nuova band! E’ un gruppo fantastico e ora siamo in Europa! Domani sera ci esibiremo a Budapest. Abbiamo cominciato così, quasi per scherzo, ma poi abbiamo continuato a ricevere proposte su proposte e ormai ci muoviamo in continuazione.

E’ quello che cercavo da tanto, tanto tempo: gente semplice con tanta voglia suonare solo per il puro gusto di fare musica.

Ti devo lasciare, ora. Ti scrivo appena torno a LA.

Ti amo.

Tuo, Saul. 

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Capitolo 45
*** 45 ***


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Ottobre 1997

Christine aprì gli occhi presto, quella mattina, dato che il suo turno iniziava alle 8. Non era una bella giornata: c’erano tante nuvole e sembrava che dovesse scendere un bell’acquazzone. Prima di andare a farsi una doccia, accese il computer e controllò la casella di posta.
Nulla.
Da quasi due mesi il nulla più assoluto. Non era la prima volta che, in quell’anno e mezzo di comunicazione via mail, Saul spariva per settimane; anzi, accadeva di frequente ed era sintomo o di problemi, o di qualcosa di davvero interessante che stava realizzando.
Ma quel giorno non era un giorno qualunque: era il suo trentesimo compleanno, ed era più che convinta che lui le scrivesse per farle gli auguri. Invece niente.
Si lavò, si vestì e bevve rapidamente del caffè. Stava per uscire di casa quando suonò il telefono.
 
“Pronto”
 
“Auguriiiiiiiiii!!!”le voci di Mandy, Duff e i borbottii incomprensibili della piccola Grace, la loro bambina, si fusero in un urlo assordante.
 
Christine sorrise: quei tre erano sempre capaci di rendere la sua giornata migliore. Erano stati la sua ancora di salvezza in quell’anno e mezzo, lontano da un Saul che non faceva altro che dirle che la amava e che aveva voglia di vederla…per poi sparire per giorni e giorni. Il suo grande amore, poi, era Grace: era una bambina splendida, che assomigliava in un modo pazzesco a Duff e che riempiva di vizi e regali.
 
“Grazie ragazzi.”
 
“Stai andando al lavoro?”
 
“Sì…stacco alle 4.”
 
“Ok. Vieni a cena da noi stasera? Una cosetta tranquilla, solo noi 4.”
 
“Non lo so, Mandy…sarò stanca e poi domani lavoro.”
 
“Fatti cambiare turno, così puoi andare al pomeriggio! I trenta non si possono non festeggiare, avanti!”
 
Christine sapeva che niente e nessuno avrebbe potuto persuadere Mandy a lasciar perdere, così accettò.
 
“Fantastico! Ci vediamo alle 8!”
 
“Ok ok! Ciao, a stasera!”
 
La giornata passò lenta, senza emergenze o problemi vari. I colleghi le portarono una piccola torta con candeline in pausa pranzo e improvvisarono una rapida festa nell’ufficio della mora.
Erano le 4 passate quando arrivò a casa. Varcò la soglia del palazzo e il portiere la fermò.
 
“Signorina Davis, c’è un pacco per lei.” L’uomo le porse una grande scatola azzurra con un fiocco blu.
 
“Grazie, John.”
 
“Di nulla. Buon compleanno.”
 
Lo salutò con un sorriso ed entrò in ascensore. Sfilò la piccola busta incastrata nel fiocco e lesse: ‘Questo è il nostro regalo. E’ per questa sera. Ti vogliamo bene. Mandy, Grace e Duff.’
Cercò di ignorare il moto di delusione che sentiva nello stomaco: aveva sperato che fosse Saul a mandarle quel pacco, e non i suoi migliori amici.
Aprì il pacco e tirò fuori uno splendido abito rosa pallido, aderente, con le spalline larghe e un’apertura lunga e stretta sotto al collo, che lasciava intravedere la parte superiore del seno. Era sensuale, ma molto fine.
Nel pacco c’era anche una scatola più piccola, con dentro un paio di scarpe di vernice aperte in punta dello stesso rosa.
Sorrise, pensando a cosa si erano inventati i suoi amici: era da tempo che non la vedevano vestirsi con un bell’abito e con qualcosa di sexy, e glielo avevano fatto notare più volte. Ora avevano rimediato regalandogliene uno e facendoglielo indossare per una semplice cena tra amici.
Si rese conto che dopotutto aveva voglia di festeggiare. Ok, i trenta le facevano non poca paura, contando che si era sempre detta che a trent’anni avrebbe voluto essere già sposata e con figli. E invece era ancora lì, sola, a inseguire un uomo che sembrava proprio non volersi farsi prendere…gli anni passavano, il suo orologio biologico si avvicinava a…
Scosse il capo per interrompere quei pensieri apocalittici. Compiva 30 anni, non 70! Accidenti, non era mica una vecchia zitella decrepita. Zitella sì, ma decrepita no!
Ridacchiò tra sé e sé, avvicinandosi al computer per accenderlo.
Avvicinò la mano al pulsante, per poi bloccarsi a mezz’aria: no, non avrebbe permesso a Saul di rovinare il suo trentesimo compleanno, né con una mail piena di scuse né con una che ancora non le aveva mandato.
Si buttò sotto la doccia e, dopo essersi rilassata a lungo, uscì, pronta per un po’ di restauro: asciugò con cura i capelli, formando dei grandi boccoli sul fondo e fermando i due ciuffi che le ricadevano sul viso dietro il capo. Si truccò leggermente e poi indossò l’abito che le stava d’incanto: Mandy ci aveva visto giusto.
Prese in mano le scarpe, provando già dolore solamente a guardarle. Adorava le scarpe col tacco, ma le metteva pochissimo e le rare volte che lo faceva tornava a casa quasi sulle ginocchia dal male. La cosa positiva era che quella sera sarebbe stata tranquillamente con le gambe sotto al tavolo, quindi nessuno sforzo.
Quando guardò l’orologio erano già le 8 meno 10 e, contando che ci voleva mezz’ora per arrivare a casa dei McKagan, era in un fottutissimo ritardo.
Appena mise piede nel vialetto, Mandy spalancò la porta.
 
“Chris! Stavo già per chiamare la polizia!”
 
“Come?”
 
“Temevo avessi fatto un incidente! Il giorno del tuo trentesimo compleanno! Doppia sfiga!”
 
“Mi prendi per il culo, Mandy?”
 
“No! Dio, come ti sta bene questo abito!” la bionda le fece fare una giravolta su se stessa.
 
“Anche tu stai benissimo!” ed era vero: Mandy aveva una semplice gonna a tubino nera, una camicetta fucsia scollata e scarpe dello stesso colore. Era una favola.
 
“Vieni, andiamo di là, che la cena è già in tavola!”
 
Le fece posare la borsa e il coprispalle e la condusse nella grande sala da pranzo dove erano soliti organizzare feste e cene.
Mandy aprì la porta. Quello che accadde dopo fu talmente rapido che Christine non ebbe il tempo di rendersene conto: la bionda accese la luce e un piccolo gruppo di persone sbucò da sotto un tavolo urlando a squarciagola “Sorpresa!”.
 
“Non ci posso credere!” Christine si coprì il viso con le mani, osservando gli invitati che applaudivano e le cantavano ‘tanti auguri’. “Sei pazza!” disse ancora rivolta a Mandy e abbracciandola.
 
C’erano tutte le persone che amava di più: sua mamma e suo papà, alcuni dei suoi colleghi più stretti, un paio di amici di Mandy e Duff che aveva conosciuto a casa loro e…Saul.
Mandy vide lo sguardo dell’amica posarsi su di lui e le strinse lievemente il braccio. “Lo so, avrei dovuto dirtelo. Non uccidermi, ok? Poi ti spiego tutto.”
 
Chris non ebbe il tempo di rispondere perché tutti gli invitati si fiondarono su di lei per farle gli auguri. Probabilmente non avrebbe avuto nemmeno la prontezza mentale per farlo, dato che in quel momento era troppo sconvolta. Non lo vedeva da quasi due anni e notò che i segni dei suoi tremendi vizi si notavano…eccome se si notavano. Si era fatto crescere un po’ di barba, che gli dava un’aria trasandata; sotto gli occhi aveva delle occhiaie, probabilmente perenni oramai, e non sorrideva. O meglio, sorrideva con le labbra, ma non con gli occhi.
Christine conosceva bene quella differenza, sul viso del suo chitarrista.
Per ultimo le si avvicinò e, senza dire nulla, la abbracciò; Chris rimase impalata per alcuni istanti, senza ricambiare l’abbraccio. Lui se ne accorse e si allontanò un po’ da lei, per guardarla negli occhi.
 
“Tanti auguri, amore mio…”
 
“Non dire quelle parole…”
 
“Quali?”
 
“Lo sai bene, Saul.”
 
Lui annuì, ben consapevole che si meritava quell’atteggiamento così gelido e distaccato. “Ti va se dopo la festa parliamo un po’? Ho tante cose da dirti.”
 
“D’accordo. Ora lasciami stare, però…vorrei godermi la mia festa.”
 
Slash si allontanò di scatto, come se gli avesse dato uno schiaffo.
Le festa proseguì, con un gustoso buffet e tante risate; Christine non se lo sarebbe mai aspettata, ma si stava divertendo un sacco, grazie a tutte le persone che le volevano bene e che a grandi linee sapevano della storia tra lei e Slash. Avevano notato il non proprio amichevole scambio di battute e facevano a gara per farla ridere e non farle pensare a lui.
Il riccio se ne stava in disparte, a trangugiare alcool al tavolo delle bevande.
 
“Vuoi essere talmente ubriaco da non riuscire nemmeno a guardarla in faccia?” gli disse Duff, avvicinandosi al suo amico e facendogli fare un salto.
 
“Man, mi hai spaventato.”
 
“Cosa stavi guardando?” domanda retorica, ovviamente. Aveva già notato più volte che Slash fissava in continuazione la sua Chris, e che tutti i maschi della sala facevano a gara per ballare e scherzare con lei.
 
“Smettila, Michael.”
 
“Sai che è incazzata nera, vero?”
 
“Secondo te per quale motivo ho voluto organizzare questa festa?”
 
“Forse era meglio una cenetta intima…”
 
“Non avrebbe mai accettato di uscire da soli. Qui, invece, ho avuto voi come copertura.”
 
“Stai attento a quello che le dirai. Non credo che tu abbia altre occasioni dopo questa. Solo perché ti ha perdonato decine di volte non vuol dire che si ancora disposta a farlo.”
 
“Lo so, man, lo so. Infatti so benissimo come giocare le mie carte. Devo solo aspettare la fine della festa.”

 
 



Lo so, mi odiate perché, tanto per cambiare, ho interrotto il capitolo a metà :D Prometto che nel prossimo ci sarà il confronto tra Christine e Slash!!! Il nuovo capitolo arriverà lunedì o martedì ;) Grazie mille a tutti, un bacio!!!

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Capitolo 46
*** 46 ***


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Salve a tutti! In questo capitolo avremo finalmente il confronto tra Chris e Slash...preparate i fazzoletti, ok? ;) Comunque, volevo avvisarvi che mancano all'incirca 4, massimo 5 capitoli alla fine (lo so, l'ho già detto altre volte, ma questa è la volta definitiva :P) e che il nuovo capitolo arriverà domenica! Grazie mille a tutti quanti e buona lettura :)



La festa finì troppo rapidamente per Christine, che aveva passato tutta la sera con un peso sullo stomaco al pensiero di parlare con Slash più tardi. Il riccio aveva trascorso la serata accanto al tavolo degli alcolici e non l’aveva persa di vista un secondo; Chris aveva notato i suoi sguardi rabbiosi quando lei ballava con qualcuno, o semplicemente rideva e scherzava, ma più lo vedeva reagire così più lei faceva l’oca giuliva con gli uomini presenti. Non era di certo un comportamento da lei, anzi…ma vederlo rodere un po’ le dava non poca soddisfazione. Che poi, nemmeno lui fosse rimasto casto e puro in sua attesa...tutt’altro!
Quando anche l’ultimo invitato se ne andò, Chris si buttò su una poltrona accanto a Mandy, che era a pezzi.
 
“Grazie al cielo compi trent’anni una volta sola!” scherzò la bionda, mandando un bacio volante a Duff che stava sparecchiando dall’altra parte della sala.
 
Christine rise. “Nessuno ti ha costretta a organizzare una festa così grande, sai…”
 
“In realtà, sì…”
 
“Che vorresti dire?”
 
“Te lo spiegherà qualcun altro…” bofonchiò Mandy, alzandosi dalla poltrona e andando verso il marito.
 
Christine si voltò per vedere dove stava andando la sua amica e incrociò subito lo sguardo di Saul che, vedendola finalmente da sola, fece per raggiungerla. La mora si girò di scatto, con la salivazione azzerata e il cuore che batteva come un ossesso: era arrivato il momento fatidico.
 
“Piccola, possiamo parlare 5 minuti?”
 
“Non chiamarmi piccola…” lo zittì bruscamente Chris, alzandosi. “Comunque ok, andiamo fuori.”
 
Camminò lesta verso la porta, seguita da Slash che sembrava un cagnolino e dallo sguardo attento dei coniugi McKagan, che speravano con tutto il cuore che quella storia finisse una volta per tutte, in un modo o nell’altro.
Una volta fuori, Chris venne investita dalla fresca aria notturna e si pentì di non aver preso lo scialle; Slash si accorse del tremore che lo aveva scossa e le chiese se aveva freddo.

“Un po’…” rispose lei.
 
Il riccio annuì a disagio e si accese una sigaretta.
 
“Me ne dai una?” gli chiese, stupendolo non poco.
 
“Da quando fumi?”
 
“Quando sono nervosa una sigaretta mi aiuta a distendermi…”
 
“Quindi sei nervosa…” le disse porgendole la sigaretta e facendogliela accendere. Si diede del coglione quando il suo sguardo si incantò per pochi istanti sulle labbra di Christine, rosse e arricciate intorno alla sigaretta, e incredibilmente sensuali.
 
“Tu no?” rispose lei, inspirando una boccata di fumo.
 
“Sì, perché ho il terrore di averti persa per sempre questa volta.”
 
Christine lo guardò e all’improvviso scoppiò a ridere: non era una risata divertita, anzi, vi si poteva sentire dentro tutta la frustrazione e il dolore che aveva provato per lui in quegli anni. “Assurdo che tu ti ponga questo problema dopo 10 anni di inseguimenti e tira e molla! La droga e l’alcool ti hanno proprio fottuto del tutto il cervello!”
 
Slash, che si stava sentendo male vedendo la reazione della donna, rimase in silenzio, accusando il colpo e sapendo più che bene quanto lei avesse ragione.
“Chris, ascolta…io non pretendo nulla da te, di certo non sono nella posizione migliore per farlo. Ti prego solamente di ascoltarmi e di lasciarmi spiegare…”
 
“Non mi devi spiegare nulla, Saul…” la voce della ragazza era ferma, ma gli occhi erano già lucidi e solo dio sapeva come avrebbe fatto a trattenersi dal non scoppiare a piangere.
 
“Allora ascoltami soltanto, senza considerare le cose che ti dico come delle giustificazioni. Ti sto solamente…raccontando…”
 
“Ok” disse Christine, sedendosi poi su una panchina. “Ti ascolto…raccontami.”
 
“Vedi, dopo che ho lasciato i Guns e tu sei andata via, ho realizzato davvero quanto mi fosse crollato il mondo addosso. Vagavo tutte le notti per il Sunset, cercando dei musicisti con cui fare jam. Ne ho trovati parecchi, con alcuni sono addirittura andato in tour e ciò mi ha fatto riscoprire l’amore per la musica…solo musica, senza nulla di tutto l’entourage che avevano i Guns ‘N Roses negli ultimi tempi. Dopo il passaggio del primo tornado è arrivato il secondo: il divorzio. Sai bene che non amavo Reneè e quindi del divorzio in sé non mi è importato più di tanto…è che mi sentivo un fallito. Coi Guns avevo fallito, come marito avevo fallito…con te avevo fallito, nonostante tu rimanessi la mia ancora di salvezza a cui mi sono aggrappato in questi ultimi due anni. So che sono stato un idiota a farti promesse che non sono mai riuscito a mantenere, ma appena mi si presentava l’occasione per scappare e andare on the road, la coglievo. Sai che non riesco ad essere un tipo sedentario senza ricadere nella dipendenza…nell’eroina…Però non potevo mancare il giorno del tuo trentesimo compleanno: ho chiesto a Duff e Mandy di organizzare una festa, perché sapevo che se ti avessi chiesto di uscire a cena con me avresti detto di no…”
 
Slash si fermò, dando tempo a Christine di assimilare tutto quello che aveva detto fino ad ora.
 
“Ecco cosa intendeva Mandy, prima…” borbottò più a se stessa che al chitarrista. “Saul, ascolta…io capisco tutto quello che mi hai detto, davvero…lo capisco perché ti ho visto come stavi quando hai lasciato i Guns ‘N Roses. Capisco anche il fatto che tu abbia cercato rifugio in tante altre cose, per non pensare a quello che era accaduto con quella che era la tua famiglia da 10 anni. Però non dovevi illudermi, né riempirmi di promesse che non potevi mantenere…tanto meno ripetere di amarmi o chiedermi di sposarti. Non si fa così…non mi dovevi trattare così, come se fossi una bambola di pezza che potevi giostrare come più ti andava. Te l’ho lasciato fare tante volte, e forse da un lato è colpa mia se ora tu pensavi di poterlo fare ancora. Ma ormai non sono più una ragazzina, ho trent’anni, ed è arrivato il momento che io prenda in mano la mia vita, una volta per tutte…senza di te…”
 
Per Slash fu come uno schiaffo, una botta, un colpo molto forte, che lo lasciò stordito per alcuni istanti. “Ti prego, Christine…dammi un’altra chance…l’ultima, te lo giuro…”
 
“Porca puttana, Saul, ma come fai a non capire!” la ragazza si era alzata in piedi e ormai le lacrime sgorgavano senza pietà. “Ho sacrificato la mia vita per te! Ogni cosa! Non sono mai riuscita ad avere una relazione…normale, perché tu sbucavi sempre mandando a monte tutto. Ero giovane, sciocca e ti permettevo di farlo…ma adesso sono stanca…davvero…”
 
Christine fece per andare verso la casa, ma prese una storta a causa dei dolorosi tacchi e si fermò per togliere le scarpe. Slash ne approfittò per avvicinarsi e prenderle il braccio per bloccarla. “Ti supplico, Chris, non abbandonarmi.”
 
Lei alzò il viso e lo guardò, in quegli occhi neri come la pece in cui si era sempre persa; ma quella volta era troppo delusa e amareggiata per riuscirci. Saul pensò che fosse bellissima in quel momento, così impaurita e allo stesso tempo arrabbiata, con il trucco colato per il pianto e i capelli ormai spettinati.
 
“Tu mi hai abbandonata, molte volte, e non ti sei mai posto nessun problema al riguardo.”
 
Scostò il braccio dalla presa del chitarrista, rimpiangendo per un istante la pelle bollente e ruvida del chitarrista sulla sua, morbida e fredda.
Si allontanò lungo il vialetto, con le scarpe in mano e nessuna aria di voler tornare sui suoi passi.

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Capitolo 47
*** 47 ***


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Slash rimase impalato in mezzo al giardino, fino a quando la macchina di Christine non sparì dalla sua vista. Sospirando, rientrò in casa, dove Mandy e Duff stavano sistemando gli ultimi residui del party; nessuno dei due lo notò, accorgendosi solo della presenza del riccio quando prese una bottiglia di spumante mezza vuota, scolandosi il rimanente.
 
“Ti ha dato picche, eh?” gli domandò Duff, posando il sacco dell’immondizia che aveva in mano.
 
“Non credo fosse così difficile da immaginare…” aggiunse Mandy, mordendosi poi subito la lingua per il poco tatto. “Scusami, Saul, è che…”
 
“Lo so, non devi scusarti…hai più che ragione. Tu che la conosci bene, Mandy, pensi che ci sia ancora una qualche minima chance per me?”
 
“Non lo so, Saul…detto in tutta franchezza, non voglio che Christine soffra ancora per te. Quindi se non hai intenzione di impegnarti sul serio, questa volta, lascia perdere…”
 
“E se invece volessi cambiare davvero?”
 
“Allora devi dimostrarle che la tua è una scelta definitiva, non una redenzione temporanea che finirà tra una settimana.” Disse Mandy, sparendo poi in cucina.
 
Duff guardò il suo amico, che si grattava i ricci ribelli perplesso, e andò in suo aiuto. “Corteggiala, falle vedere che sei lì per lei, che non te ne vuoi andare a nessun costo. Lascia perdere le parole, usa i fatti…di parole ne hai già usate talmente tante.”
 
“Christine non è una che si fa incantare facilmente…”
 
“Lo so, però tutte le donne sono sensibili a certe piccole attenzioni…contando che tu poi a lei non gliele hai mai riservate, potrebbero funzionare. Basta che poi al momento clou non te la dai a gambe.”
 
“Non lo farò…nemmeno per la musica. Almeno, finchè Christine non avrà capito che ho intenzioni serie.”
 
“Così mi piaci, man!” concluse Duff, dandogli una bella pacca sulla spalla.
 


I mesi successivi Slash non si risparmiò: aveva iniziato provando con le telefonate, ma quando vedeva che Christine non aveva intenzione di rispondere al telefono, probabilmente proprio per timore che fosse lui, iniziò a lasciarle messaggi nella segreteria. Non insisteva perché le rispondesse o la richiamasse, semplicemente le dava il buongiorno, la buonanotte, le chiedeva se le erano piaciuti i fiori.
Sì, i fiori, perché ogni giorno lui gliene mandava un mazzo. O a casa o in ospedale, ed entrambi parevano più delle serre che delle stanze normali.
Il fioraio li lasciava sempre alla reception del reparto di pediatria e i colleghi più stretti di Chris, che sapevano almeno a grandi linee quello che era accaduto, la incoraggiavano a dargli un’altra chance.
Ma la ragazza non era convinta: certo, le facevano piacere quelle piccole attenzioni, i fiori, le telefonate, i bigliettini nella buca delle lettere che ormai riceveva da quasi due mesi…però era sempre Saul e la faccenda era complicata.
Quel giorno in particolare, il 53° di regalini e cose simili (sì, aveva contato ogni singolo giorno e lo aveva segnato sul calendario), Christine si sentiva particolarmente in crisi: forse era per il lavoro, dato che c’erano state diverse emergenza in un’unica notte e tutte finite nel modo peggiore; forse era l'arrivo imminente del ciclo, che la rendeva più incline alle lacrime del solito…o forse era sempre e solo Saul, che non faceva che complicare la sua esistenza, in bene e in male.
Appena finì il turno alle 9 del mattino, senza passare nemmeno a casa, andò da Mandy; sapeva di trovarla già sveglia dato che la piccola Grace non era mai stata una dormiglione e quindi comprò due cornetti e due cappuccini per fare colazione insieme.
Suonò il campanello e, quando la bionda aprì, fece un grande sorriso, di chi la sapeva lunga.
 
“Immaginavo saresti passata, sai…del resto non ci vediamo da un po’.”
 
“Cosa mi nascondi?” domandò Chris, entrando in casa.
 
“Nulla, perché?”
 
“Sono le 9 del mattino, io mi presento qui e tu non mi chiedi nemmeno perché…”
 
“Guarda che so che sei in crisi. Non mi hai chiamato per una settimana, e ciò accade solo quando hai qualcosa che non va.”
 
Christine alzò gli occhi al cielo per l’esasperazione. “Duff ti ha detto tutto?”
 
“Non solo lui, contando che Slash viene qui quasi tutte le sere da più di un mese…”
 
“53 giorni, sì…”
 
“Esatto, viene qui a sfogare il suo turbamento per il fatto che continui a ignorarlo.”
 
“Mandy, ti prego…”
 
“Chris, sai bene che sono sempre stata la prima a scoraggiare questo tira e molla tra te e Slash…ma credo che le cose siano cambiate…che lui sia cambiato.”
 
“Dio! Quante volte abbiamo già sentito queste parole, eh?”
 
“Non urlare che Grace si è riaddormentata 10 minuti fa. Siediti a fare colazione e parliamone con calma.”
 
Christine tacque, gustandosi in silenzio il cappuccino schiumoso e la brioche cioccolato e panna anti-depressione. Si sentiva incredibilmente frustrata e non riusciva a non esprimere a voce tutto quello che le passava per la testa.
“Perché devo sempre trovarmi in queste situazioni? Perché quel maledetto giorno del 1981 lui non mi ha semplicemente ignorato come faceva con tutte le ragazzine sfigate della scuola? Non poteva andare dalle cheerleader che gliela avrebbero sganciata dopo 5 minuti? No! Da me! Dalla stronza di turno, che ha persa la testa per un capellone rockettaro che ha avuto pure il culo di diventare una rockstar strafamosa, strapagata, strasexy…ma cosa ho fatto di male per meritarmi uno così? Senza offesa, Mandy, ma le rockstar sono una delle peggiori categorie di uomini esistenti sulla terra. Poi ci sono tipi più o meno centrati come Duff…ma la maggior parte sono psicopatici come Saul che sanno solo rovinarti la vita.”
 
Christine non aveva preso fiato durante quel monologo; Mandy l’aveva ascoltata in silenzio, continuando a mangiare il suo cornetto e con un mezzo sorriso sulle labbra. “Però lo ami…”
 
“Cristo, ma come si fa ad amare uno con così tanti difetti? Tossico, alcolizzato, che ti ha fatto passare le pene dell’inferno per più di dieci anni? Perché lo amo, perché!!!!”
 
“Non si decide chi amare. Si ama e basta. Pensi che per me sia stato facile essere ragazza e poi moglie di una rockstar per cui l’alcool era l’unica ragione di vita, dopo la musica? Pensi on abbia mai vacillato e che non mi sia mai maledetta per essermi innamorata di lui? Tante volte me lo sono detta, mi sono detta che forse avrei fatto meglio a lasciarlo e cercarmi una persona normale, con molti meno problemi e casini nella vita. Ma è andata così. E non mi pento di nulla. Come so che tu non ti penti di nulla di quello che è accaduto con Saul.”
 
“Che merda l’amore…”
 
“No, non lo è. Chris, Slash è l’uomo della tua vita. È chiaro. Si vede nei vostri occhi, che si illuminano ogni volta che vi guardate. Nell’elettricità che scorre tra i vostri corpi quando vi incontrate. Nel fatto che nonostante tutto voi siete ancora qui, che vi inseguite come sempre…e se lo avete fatto fino ad ora vuol dire che non è una cotta passeggera o un capriccio. E’ amore, Christine, e non te lo devi lasciare sfuggire. Non questa volta che lui c’è, davvero, e per sempre.”
 
Christine sbuffò, scolandosi il cappuccino ormai praticamente freddo. “Perché quando parlo con te mi si chiariscono sempre le idee?”
 
“Non sono io che te le chiarisco! Sei tu che sai già cosa vuoi, ma hai troppa paura per fare il primo passo senza l’approvazione di qualcuno. Ora vai da lui, levati dalla mia vista!”
 
Mandy si alzò in piedi, imitata subito da Christine.
 
“Sciò! Aria!” le disse ridendo la bionda e aprendole la porta.
 
“Vado vado!” rispose ridendo a sua volta Chris. “Grazie, tesoro. Non so che farei senza di te.”
 
Le due si abbracciarono con calore, per poi salutarsi.
Christine saltò in macchina e partì rapida verso l’appartamento del chitarrista, che sapeva trovarsi poco lontano da casa McKagan. In 5 minuti, infatti, la raggiunse e fu felice di non aver avuto nemmeno il tempo per pensare a cosa dirgli. Avrebbe suonato il campanello, lui le avrebbe aperto e poi…poi avrebbe improvvisato.
Si diede un’occhiata nello specchietto, imprecando per il suo aspetto poco fresco e per le occhiaie violacee che le stavano spuntando sotto gli occhi come risultato della notte in ospedale. Decise di fregarsene, contando che Slash in quegli anni l’aveva vista in tutti i modi possibili e immaginabili. E che doveva solo ringraziare di vederla ancora.
Arrivò alla sua porta e, dopo un profondo respiro, suonò; lui aprì velocemente, rimanendo non poco stupito alla visione di Christine.
 
“Chris…”
 
“No, non dire nulla. Lasciami parlare o dubito che io possa farcela. Non interrompermi, ok?”
 
“Ok, promesso.”
 
“Perfetto…beh, in realtà non so bene cosa dirti. Sono esattamente 53 giorni che immagino questo incontro, ma non pensavo avvenisse quindi…senti, io…io ti amo, e non è un segreto. Non è un segreto quello che c’è tra di noi, non lo è mai stato. Sei stato uno stronzo per dieci anni, io un’idiota di prima categoria ad aspettarti…ma siamo qui…e, come ha detto una persona che amo, se dopo tutte quelle che abbiamo passato siamo ancora qui, ci sarà un motivo. E questo motivo è l’amore. In questi 53 giorni mi hai dimostrato di essere cambiato e io voglio fidarmi…l’ho già fatto decine di volte, e decine di volte è andata male. Ma questa andrà bene, me lo sento…sento che questa è volta definitiva. E poi…” Chris si interruppe per riprendere fiato. “E poi non so davvero che altro dire…”
 
Slash le sorrise, uno di quei sorrisi belli, sinceri, commossi, che riservava solo alle persone speciali, le persone che lo meritavano davvero. La avvolse nelle sue braccia muscolose e Chris nascose il viso nel suo collo, inspirando quel profumo meraviglioso che le era sempre rimasto nelle narici. Saul chinò il capo e la baciò sulle labbra, lievemente, aspettando una reazione della ragazza; Chris in tutta risposta allacciò le braccia intorno al suo collo e approfondì il bacio, permettendo così a Slash e a se stessa di riassaporarsi dopo tanto tempo.
 
“Vieni, rientriamo.” Le disse lui a un certo punto, una volta terminato il bacio.
 
Per mano, entrarono in casa e si chiusero la porta alle spalle…e con lei tutto il male che si erano fatti in quegli anni, pronti per una nuova vita insieme.
 

 


 
Buonsalve! Come vedete, ci stiamo avvicinando alla fine…ci saranno ancora tre capitoli: due parleranno di importanti episodi della vita di Slash, e il terzo sarà l’epilogo. Grazie a tutti coloro che seguono, leggono e lasciano un commento! Baci

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Capitolo 48
*** 48 ***


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2000
 
Stavano festeggiando l’inizio del nuovo millennio quando Slash chiese a Christine si sposarlo. Erano a casa di Duff e Mandy a festeggiare e, allo scoccare della mezzanotte, lui tirò fuori uno splendido anello con un diamante e le fece la proposta.
Stavano insieme da due anni, ormai, ed erano finalmente una coppia.
Felici. Erano felici, dopo tanti casini, problemi, difficoltà.
Dopo la loro riappacificazione nel novembre del 1997, aveva iniziato la loro relazione, andandoci piano, con i piedi di piombo, come se fosse la prima volta che stavano insieme, quando vuoi assaporare ogni istante e ogni piccola cosa come se fosse una novità.
Poi si era trasferita a casa di Saul ed era iniziata la loro convivenza, che stava andando a gonfie vele, tanto da arrivare finalmente al matrimonio.
Programmarono tutto per il settembre di quell’anno, ma a quanto pare il destino non era ancora del tutto dalla loro parte.
Quel giorno di giugno, Slash era in giro per un breve tour con alcuni musicisti che aveva conosciuto mesi prima; lei non aveva potuto seguirlo per motivi di lavoro, ma grazie a dio il tour sarebbe durato soltanto un mese.
Era in ufficio a compilare alcune cartelle cliniche, quando suonò il cellulare: Saul. Felice di sentirlo, rispose con entusiasmo.
 
“Ciao amore mio!”
 
“Christine?”
 
“Chi parla?” la mora si irrigidì subito sentendo che non era la voce del suo uomo.
 
“Sono Dan, il suo tecnico della chitarra.”
 
“Oh, ciao Dan, non ti avevo riconosciuto. Va tutto bene?”
 
“Ehm…ti chiamo per questo…”
 
Il cuore di Christine iniziò a battere all’impazzata: aveva capito che qualcosa non andava dal primo momento che non aveva udito la voce di Saul al telefono. Aveva rimosso i pensieri negativi, dandosi dell’apocalittica come sempre…ma ora si stava preoccupando seriamente. “Sputa il rospo, Dan…”
 
“Slash si è sentito male, questa mattina…l’hanno portato in ospedale.”
 
Christine si alzò di scatto in piedi. “Oh mio dio…che gli è successo?”
 
“I medici non hanno ancora detto nulla, aspettano di parlare con i famigliari.”
 
“Certo certo. Dove siete?”
 
“A Pittsburgh.”
 
“Prendo il primo volo che trovo, Dan. Digli che arrivo il prima possibile.”
 
“Ok…se si sveglia glielo dico. Stai tranquilla.”
 
Dalle parole del ragazzo, Chris capì che Slash non era cosciente. Dio, cosa poteva essergli successo?
Non poteva permettersi di andare nel panico: doveva fare ancora un mucchio di cose e non doveva agitarsi.
Prima di tutto chiamò il primario del reparto, gli spiegò la situazione e chiese dei permessi dal lavoro, permessi che ovviamente l’uomo gli concesse.
Poi chiamò Ola, la madre di Saul, la quale si trovava a New York e quindi più vicina di lei al ragazzo; Ola mantenne la calma come sempre e fu lei a calmare Christine: con un figlio come Slash, del resto, non potevi fare altro che avere i nervi saldi oppure saresti morto di infarto dopo una settimana.
Tenne a mente quelle parole e se le ripeté come un mantra mentre chiamava un taxi e metteva in borsa tutte le sue cose; controllò di avere la carta di credito, il carica batterie per il cellulare e prese un cambio di intimo e una t-shirt che teneva sempre di scorta in ufficio.
Mentre usciva a gambe levate, chiamò Mandy.
 
“Tesoro, mi cogli in un momento difficile.” Chris sentì chiaramente Grace che sbraitava come un’ossessa. “Ti richiamo quando l’ho calmata, ok?”
 
“No, Mandy, è un’emergenza. Sto andando a Pittsburgh: hanno ricoverato Slash in ospedale.”
 
“Cosa? Che cazzo è successo?”
 
“Non lo so. Mi ha chiamato prima Dan, il suo tecnico, per avvisarmi. Ora sono appena salita in taxi, sto andando all’aeroporto.”
 
“Chiamo Duff, gli dico di raggiungerti subito.”
 
“Non preoccuparti. Ci sentiamo dopo.”
 
“Chiamami quando sei là, ok?”
 
Christine non le rispose: si sentiva un groppo in gola e le lacrime avevano iniziato a scendere copiose.
 
“Chris? Ci sei?”
 
“Sì…sì, ci sono.”
 
“Stai calma, ok? Non sappiamo ancora che è successo. Vedrai che non è nulla.”
 
“Sì, hai ragione. A dopo, allora.”
 
“Ciao tesoro.”
 
Chris chiuse la comunicazione e appoggiò la testa al sedile, cercando di respirare profondamente e non farsi prendere dal panico. Ma il cellulare non voleva darle tregua perché iniziò a suonare come un matto: prima la chiamò Ola, dicendole che aveva trovato un volo e che sarebbe stata a Pittsburgh fra solamente un’ora, e poi Duff, che le domandava di comprare anche per lui un biglietto aereo per andare laggiù insieme. Lui stava arrivando in auto all’aeroporto.
Furono fortunati e trovarono un volo che partiva un paio d’ore dopo. Christine fu felice di non essere sola, che ci fosse il caro Duff a darle un po’ di supporto. Provarono a chiamare il cellulare di Slash e quello di Ola prima di imbarcarsi, ma non rispose nessuno, lasciandoli ancora di più con l’angoscia.
Il volo fu fortunatamente breve: Chris si assopì e si sveglio di scatto quando l’aereo poggiò poco delicatamente terra.
 
“Siamo arrivati, Duff…” gli disse sottovoce: da un lato non vedeva l’ora di sapere che cosa era successo, dall’altra aveva una paura fottuta. E se fosse successo il peggio, mentre erano in viaggio? Dio, non se lo sarebbe mai perdonata di non essere arrivata in tempo nemmeno per…salutarlo.
 
Quei pensieri le fecero venire di nuovo le lacrime agli occhi, lacrime che si asciugò di fretta mentre Duff le stringeva lievemente un braccio per farle sentire la sua vicinanza.
Nel taxi diretto all’ospedale, Chris accese il telefonino sperando di trovare un avviso di chiamata di Dan o di Ola, che l’avevano cercata mentre volava; ma purtroppo niente, e ciò la mandò nel panico più totale.
Arrivarono all’ospedale dopo un tempo indefinito ed entrarono di corsa; chiesero informazioni alla reception e, fortunatamente, la tizia riconobbe Duff e gli diede il numero della stanza: terapia intensiva.
Merda.
Ola, Dan e altre persone erano sedute nel corridoio; la donna gli corse incontro e abbracciò Christine, senza dire una parola.
 
“Avete già sentito i dottori?”
 
Ola annuì con gli occhi lucidi.
 
“Ola, parla! Ti prego…” la voce di Christine era spezzata dal groppo che aveva in gola: voleva solamente svegliarsi da quell’incubo, voltarsi, e vedere Saul nel letto accanto a lei che dormiva sereno.
 
Invece no, era più che sveglia, era la fottutissima realtà.
 
“Il suo cuore, a causa dell’alcool, si è ingrossato tantissimo e il sangue non circola come dovrebbe. Miopatia cardiaca, si chiama. Potrebbe avere dalle 6 settimane ai 6 mesi di vita, Chris…”
 
La ragazza sbarrò gli occhi: tutto si fece ovattato intorno a lei, come se fosse in un sogno. Le parole di Ola le risuonavano nella testa: dalle sei settimane ai sei mesi di vita, dalle sei settimane ai sei mesi di vita, dalle sei settimane ai sei mesi di vita…
Sentì ancora la voce di Ola che la chiamava, ma sembrava che fosse lontana chilometri e che la distanza tra loro due aumentasse sempre di più.
Poi tutto divenne nero.

 
 
 
 
Capitolo allegria portami via, lo so!!! Ma sappiamo tutti come sono andate realmente le cose, no? Quindi possiamo tranquillizzarci :D Come già detto, mancano pochi capitoli alla fine, penso 3, a meno che non aumentino nel tragitto! ;)
Il prossimo capitolo penso arriverà sabato o domenica :)
Grazie a tutti, un bacione!

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Capitolo 49
*** 49 ***


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Quando Christine aprì gli occhi, si sentì come se un tir l’avesse investita, non una, non due ma ben tre volte. Tutto intorno a lei era talmente bianco da farle male agli occhi e per un istante si chiese se non fosse morta e se quello non fosse l’aldilà, il paradiso, o qualunque altra cosa ci fosse dopo la morte.
Ma si ricordò subito tutto, non appena tentò di alzare un braccio e sentì una forte puntura nell’incavo: aveva una flebo e lei era in ospedale. Ma non per se stessa, per Slash. Doveva essersi sentita male per la stanchezza, la disperazione e…qualcos’altro. Ricordava di aver parlato don Ola prima di svenire, ma cosa le aveva detto la donna?
Si spremette le meningi alcuni secondi e poi tutto le tornò alla mente, come una bella doccia gelata: i medici avevano dato a Slash dalle 6 settimane ai 6 mesi di vita.
Certo che la vita era proprio una stronza: lei e il chitarrista si erano inseguiti per anni ed ora che finalmente stavano insieme, convivevano e dovevano sposarsi dopo due mesi, capitava una tale disgrazia.
Voltò la testa e sul comodino vide il cellulare: prima di tutto guardò l’ora e si accorse di essere rimasta incosciente, o semplicemente addormentata e stremata, per quasi 4 ore; solo dopo notò che aveva un mucchio di chiamate e di sms da parte di Mandy, la quale le diceva che aveva saputo tutto da Duff e se aveva bisogno di qualcosa. Imprecò, per poi rimettere il cellulare dov’era.
Voleva fare solamente una cosa, adesso: vedere il suo uomo, dato che in quelle ore poteva essere accaduto di tutto. Si tolse poco delicatamente l’ago dal braccio, si mise le scarpe e uscì un po’ traballante dalla stanza; scoprì subito che l’avevano messa proprio accanto alla stanza del suo uomo e che lì fuori, in corridoio, c’erano ancora tutti quanti.
 
“Chris!” Ola si alzò in piedi, seguita subito da Duff e da qualcun altro che lei nemmeno conosceva.
 
“Sto bene, sto bene. Saul?”
 
“Si è svegliato poco fa, i medici lo stanno visitando.” Rispose Michael.
 
Chris fece un triste sorriso, dicendosi che forse lei e Saul avevano aperto gli occhi contemporaneamente: forse avevano sentito la loro presenza reciproca, o forse era un segnale…o forse semplicemente erano anime gemelle. Lo erano sempre state.
Quei pensieri si interruppero di colpo, come una bolla di sapone che scoppia, quando il medico uscì dalla stanza.
 
“Il signor Hudson sta meglio” disse con quella pomposità che Chris odiava in tanti suoi colleghi. “Le sue condizioni al momento sono buone.”
 
“I suoi parametri vitali?” domandò Christine.
 
Il medico la guardò e fece un’espressione ironica, domandandosi silenziosamente cosa ne potesse capire quella ragazza di certe cose. La mora lo notò e aggiunse subito, con tono risentito: “Sono una collega.”
 
“Oh…in questo caso…” il medico si lanciò quindi in strane spiegazioni, estranee a tutti i presenti, Christine esclusa. “Un paio di persone possono entrare a salutarlo, ma non stancatelo troppo.”
 
Annuirono e, con un muto consenso di tutti, Chris entrò.
Vedere Slash là, su quel letto d’ospedale, con decine di fili che lo attaccavano alle macchine le strinse il cuore: ma doveva tenere duro e non farsi vedere piangere.
Il riccio aveva il capo voltato dall’altra parte, a guardare fuori dalla grande finestra, e, probabilmente sovrappensiero, trasalì sentendo la porta aprirsi.
 
“Amore mio…” le disse appena la vide. “Perdonami…non ne faccio una giusta…”
 
Nonostante si fossa imposta di resistere, a quelle parole Chris cedette e scoppiò a piangere, per poi abbracciare il suo uomo, anche lui in lacrime.
 
“Ti hanno già detto tutto?”
 
“Tutto…anche che mi restano massimo sei mesi di vita.”
 
“Ce la farai, Saul. Ti porterò in capo al mondo, se serve…”
 
“Disdici il matrimonio.”
 
“Nemmeno per sogno, Saul. Io e te ci sposeremo a settembre.”
 
“Può darsi che ci arrivi a settembre. Ma non voglio lasciarti vedova dopo due settimane. Se non lo farai tu, ne parlerò con Duff e se ne occuperanno lui e Mandy.”
 
“Saul, ti prego…”
 
“No.”
 
Chris non tentò di dissuaderlo oltre, sapendo che lo stava facendo per lei, che se lui se ne fosse andato lei si sarebbe dovuta rifare una vita con qualcun altro.
Ma Chris non poteva accettare di arrendersi, nossignore. Non avrebbe lasciato andare l’amore della sua vita così, come se nulla fosse. Perciò si fece forza, e gli disse: 
 
“Ascoltami bene, Saul. Sono un medico quindi so cosa sto dicendo. Conosco bene questa malattia e so che può essere mortale. Ma ci sono delle possibilità: dovrai stare a riposo, eliminare alcool, droga, fumo…tutto. Ridurre al minimo gli sforzi e cercare di far ripartire il cuore. Io ti aiuterò, ma tu dovrai anche aiutarti da solo. Ci stai?”
 
Slash si sentiva disperato: scoprire di avere pochi mesi di vita è probabilmente tra le cose più shoccanti che un uomo possa sentirsi dire. Ma vedere Christine così risoluta fece rinascere in lui una speranza: forse c’era una possibilità, e in ogni caso valeva la pena di tentare, dato che non aveva nulla da perdere.
Perciò decise che avrebbe lottato, per Christine, per i suoi genitori, i suoi amici e la sua musica…ma soprattutto per se stesso, perché non voleva negarsi la possibilità di vivere e invecchiare con la donna che aveva sempre amato.
 
“Quindi il matrimonio non dobbiamo annullarlo, ma solo posticiparlo di qualche mese.” Disse il chitarrista sorridendo.
 
Christine lo abbracciò, felice nel vederlo così convinto. “Ti amo, Saul Hudson, e ti farò guarire…fosse l’ultima cosa che faccio.”
 


 
I mesi successivi non furono facili per nessuno: Christine si mise in aspettativa dal lavoro in ospedale per poter seguire Slash di persona. Per prima cosa, appena si rimise un po’ in sesto, lo trasportarono a Los Angeles, in ospedale, dove rimase ancora un paio di settimane. Gli installarono un defibrillatore nel cuore tramite un’incisione sotto l’ascella, che avrebbe regolato il ritmo del suo quando batteva troppo forte o troppo piano.
E poi venne la riabilitazione.
Slash dovette rimanere per 4 mesi a riposo totale, concedendosi solamente un tempo limitatissimo di leggera attività fisica per rimettere in funzione il cuore…se il cuore avesse ripreso la sua normale attività, lui sarebbe guarito e avrebbe potuto avere una vita normale. In caso contrario…beh, nessuno ci voleva pensare.
Per Chris fu dura tenerlo 4 mesi a letto, da cui si alzava solo per andare in bagno e per fare 10 minuti di passeggiata al giorno. Slash era tremendamente insofferente: voleva muoversi, andare, suonare…e invece era segregato in casa.
Tanti amici andarono a fargli visita: Duff, che era lì praticamente tutti i giorni, Matt Sorum, Gilby Clarke, Steven Adler, con cui riprese finalmente i contatti e rinsaldò l’amicizia distrutta con l’espulsione del batterista dai Guns N’ Roses dieci anni prima. Venne perfino Izzy Stradlin, stupendo non poco tutti quanti; nessuno sapeva dove si trovasse, con chi e cosa facesse…ma questa non era una novità.
Dopo quei mesi da incubo, finalmente la bella notizia: il cuore di Slash aveva ripreso a funzionare benissimo e ormai era fuori pericolo. Ovviamente doveva dimenticarsi alcool, droghe e similari…poteva concedersi giusto una, due sigarette al giorno. E per i primi tempi limitare gli sforzi.
Arrivati a casa dopo la visita, Christine e Slash si abbracciarono felici e ben presto si ritrovarono sdraiati sul divano in preda alla passione: erano mesi che non si batteva chiodo, e il riccio non ne poteva davvero più.
Stava spogliando Christine quando lei lo bloccò: “No. Non devi affaticarti troppo.”
 
Slash mise il broncio come un bambino di dieci anni. “Ma io ho voglia!”
 
“Anche io, ma la tua salute è più importante!”
 
“Io credo che dovremmo comunque fare una prova: tanto non ho intenzione di vivere una vita senza sesso con te!”
 
Chris scoppiò a ridere, per poi far stendere Saul sul divano. “E se invece…” gli si mise sopra, portando subito le mani ai jeans del chitarrista. “Mi occupassi io di tutto quanto e tu dovessi rimanere solamente qui, sdraiato, in balia del piacere che ti darò?”
 
A Slash vennero i brividi sentendo il fiato caldo della donna sul collo e la sua voce roca e sensuale; era eccitato come un ragazzino e, al diavolo, se il cuore avesse ceduto almeno sarebbe morto felice.
 
“Non potrei chiedere di meglio.” Concluse lui, prima di baciare di nuovo Christine, perdersi in lei e scoprire con sommo piacere che il suo cuore avrebbe retto senza problemi la sua, sperava, intensa attività sessuale.

 
 
 


Salve a tutti :) Come anticipato, le cose si sono sistemate e il caro Saulie è di nuovo più attivo che mai, eheheheh! Bene, vi avviso che il prossimo capitolo, che arriverà mercoledì o giovedì, sarà il penultimo! Grazie a chi legge, segue e recensisce! Un bacione!

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Capitolo 50
*** 50 ***


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Era l’inizio del 2002 quando Slash venne a sapere che il suo amico Randy Castillo era morto: si conoscevano da anni, dato che si erano incontrati nel circuito metal negli anni ’80 tramite amici comuni. Era uno dei batteristi più richiesti e aveva suonato con decine di musicisti e cantanti famosi.Inoltre era un tipo genuino, tranquillo e coi piedi per terra.
Slash stava raccontando tutto ciò a Christine, con le lacrime agli occhi per il dispiacere.
 
“Era malato?” gli domandò la donna.
 
“Sì…ero in New Mexico con gli Snakepit e scoprii che aveva un tumore. Lo vidi poco dopo, in condizioni terribili dato che era sotto chemioterapia. L’ho incontrato l’ultima volta poche settimane prima che stessi male ed era un’altra persona: mi aveva detto che il tumore era regredito e che stava molto meglio. Non posso credere che sia peggiorato così di colpo…”
 
“Mi dispiace davvero tanto…quando è il funerale?”
 
“Dopodomani. Mi accompagni?”
 
“Certo che ti accompagno, amore mio…”
 
 
Così, due giorni dopo andarono al funerale. Davanti all’ingresso del cimitero videro Matt Sorum e i tre si salutarono con un abbraccio.
 
“Come state ragazzi?” chiese il batterista. “Triste occasione per incontrarsi…”
 
“Davvero. Mi dispiace molto per Randy.”
 
“Anche a me. Senti, Slash, a tal proposito…ho in mente un progetto. Ti va se alla fine ne parliamo davanti a un caffè?”
 
“Va bene, volentieri.”
 
Poco dopo videro arrivare anche Duff con Mandy.
La cerimonia funebre fu breve, ma molto sentita e commovente. La famiglia di Randy erano persone come si deve e mantennero tutto il tempo una gran dignità.
Dopo aver salutato e fatto le condoglianze alla moglie e ai figli, i 5 andarono in un caffè lì vicino, curiosi di sentire quale fosse l’idea di Matt.
 
“Sentite, avevo pensato a una cosa…che ne dite di un evento di beneficienza in onore di Randy? Potremmo suonare insieme, chiamare qualche altro musicista e fare una raccolta fondi.” Spiegò Matt.
 
“Mi sembra un’ottima idea…Slash?” chiese Duff.
 
“Sì, mi piace. E’ da dopo la miopatia che non salgo su un palco, credo che dopo un anno e mezzo sia arrivato il momento.”
 
“Perfetto. Allora mi occupo io di tutto e poi vi faccio sapere.” Concluse il batterista.
 
 
Così due mesi dopo, ovvero nell’aprile di quell’anno, si tenne lo spettacolo in onore di Randy. Era il primo show di Slash da quasi due anni ed era molto nervoso.
 
“Come sto?” chiese alla sua donna, impalato davanti allo specchio ad ammirarsi.
 
“Sei bello come sempre, amore mio…anche se forse è quasi ora di chiudere sotto chiave quei pantaloni di pelle. Non hai più vent’anni.”
 
“Nemmeno morto! Piuttosto vado in giro nudo! E tu, piuttosto? Con quel microvestitino? Stai per farmi partire il defibrillatore!” scherzò il riccio, abbracciando la sua donna e lasciandole languidi baci sul collo.
 
Christine rise di gusto. “Smettila! Scemino!”
 
“A proposito…quando hai detto che mi sposi? Questo anello sta per fare la muffa!”
 
“Abbiamo detto fine anno. Che ne pensi?”
 
“Penso che se potessi ti sposerei stasera stessa, ma va bene fine anno.”
 
Si scambiarono un ultimo bacio, pronti ad affrontare quell’evento mondano. Non avevano mai amato gli eventi di quel genere e quindi si erano sempre limitati ad andare a semplici premiazioni del chitarrista o similari.
Quella sera lo spettacolo fu strabiliante e per Slash, Duff e Matt suonare di nuovo insieme fu qualcosa di magico. Tutti se ne accorsero, i tre interessati e il pubblico; Christine era così fiera del suo uomo, di vederlo così felice e sorridente su quel palco, che non riuscì a trattenere le lacrime.

Slash non chiuse occhio quella notte: erano quasi 10 anni che così tanti membri dei Guns non suonavano insieme, ma la chimica c’era ancora…eccome se c’era.
Erano le 9 del mattino quando suonò il telefono; fu Chris a rispondere.
 
“Chris, sono Duff!”
 
“Ehi, Duff, tutto ok?”
 
“Sì, grazie! C’è Saul?”
 
“Te lo passo subito!” Chris portò il telefono al chitarrista che era ancora sulla terrazza, dove aveva passato quasi tutta la notte sveglio a meditare.
 
“Pronto, man.”
 
“Ehi, Slash…senti ieri sera è stato grandioso. E intendo veramente grandioso…”
 
“Lo so, anche per me…è tutta la notte che ci penso…” il bassista non rispose, e Slash continuò. “Duff, io credo che dovremmo fare qualcosa. Provarci almeno…e fanculo se tutti ci paragoneranno ai Guns N’ Roses.”
 
“Hai ragione…sì, ok, facciamolo!” rispose il biondo senza pensarci nemmeno troppo: era chiaro che anche lui avesse la stessa idea.
 
 
E così iniziò l’avventura Velvet Revolver, nonché motivo che portò a rimandare di nuovo il matrimonio. Fu dura all’inizio, in particolare la ricerca di un cantante; avevano ingaggiato Dave Kushner, un amico di Duff, come chitarra ritmica, e poi iniziarono i provini per un cantante.
Di certo i loro tre nomi insieme destarono non poco interesse, soprattutto quando ebbero l’infelice idea di mettere un articolo su una rivista di musica. Arrivarono migliaia di registrazioni, alcune veramente pessime.
Le più esilaranti, certe volte Slash le portava a casa e le faceva ascoltare a Christine, e i due si ritrovavano a sganasciarsi dal ridere tutta la sera.
Fu poi per caso che Slash e Duff sentirono cantare Scott Weiland, cantante degli Stone Temple Pilots.
 
“Cazzo, lui sarebbe perfetto…” disse il riccio.
 
“Proviamo a chiedergli se è interessato…”
 
Scott disse di no, dato che era impegnato con la sua band, che però abbandonò per vari motivi poco dopo. Allora tornarono all’attacco, portandogli anche un demo: Scott lo prese, ma disse di non essere sicuro di volersi unire a loro, dato che aveva di mezzo un disco solista e una caterva di problemi personali.
Ma alla fine, la sua voce stava così bene sul demo di Set Me Free che era impossibile non accorgersene.
Così nacquero i Velvet Revolver.
Slash non si sentiva così soddisfatto da tanto tempo; la sera che Scott dichiarò di voler far parte della loro band, tornò a casa camminando quasi a un metro da terra.
Si susseguirono mesi difficili, di ricerca di un manager, di lotte con la stampa per il ritorno dei 3/5 dei Guns ‘N Roses, di denunce dal loro ex-cantante…ci vollero tanto tempo e tanta pazienza ma finalmente l’8 giugno del 2004 uscì il loro primo album: Contraband.
Sarebbe seguito un tour di promozione dell’album, e il riccio non vedeva l’ora di tornare on the road dopo così tanto tempo. Sperava anche che Christine lo avrebbe seguito, almeno per la prima parte in America…ma prima c’era ancora una cosa di mezzo.
Sì, perché se dal punto di vista musicale era stato messo tutto ‘in ordine’, lo stesso non si poteva dire di loro due. Continuavano la loro vita insieme e tutto andava a gonfie vele, ma il matrimonio era ancora lì, rimandato a data da destinarsi.
Saul sapeva che era doloroso per Christine, che comunque non diceva una parola solo per non mettere lui in difficoltà: vedeva quanto era felice e sereno e voleva lasciarlo crogiolarsi in quel momento di gioia.
Però aveva una mezza idea, in mente…ma, come era accaduto qualche anno prima per il trentesimo compleanno della ragazza, anche questa volta aveva bisogno di aiuto. E sapeva che lo avrebbe trovato, come sempre, in Mandy e Duff.

 


 

Ciaoooo! Scusate il ritardo, dovevo aggiornare ieri ma non ce l’ho fatta D: Dunque, come già detto questo è il penultimo capitolo, il prossimo sarà l’epilogo e arriverà lunedì. Grazie di cuore a tutti coloro che seguono, leggono e recensiscono :D
Alla prossima!! 

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Capitolo 51
*** Epilogo ***


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“Quando ti vedo piombare a casa mia alle 9 del mattino mi viene mal di pancia…” disse Duff, ancora in pigiama, che guardava sulla porta il riccio, tutto sorridente e sveglio come un grillo.
 
“Stanotte ho meditato e ho avuto un’idea geniale.”
 
“Anche io stanotte ho meditato…cercando di far dormire Grace, però!”
 
“Oh…sei stanco, man?”
 
“Vedi tu…ho lasciato dormire Mandy dato che è stata in piedi lei la notte scorsa…però siamo distrutti.”
 
“Ti prometto che se mi aiuti a fare questa cosa, poi io e Chris teniamo Grace per due giorni interi in cui voi potete dormire ventiquattr’ore su ventiquattro.”
 
“Affare fatto! Sputo il rospo, adesso…”
 
“Vorrei ci fosse anche Mandy…il suo aiuto è indispensabile.”
 
“Si stava facendo una doccia, vado a chiamarla, e poi mi cambio anche io. Fai il caffè, intanto. La roba sai dove sta.”
 
Duff sparì e il riccio, giulivo come un bambino la mattina di Natale, fece il caffè e si lanciò anche nella cottura di bacon e uova. Doveva pur farsi perdonare per quell’improvvisata mattutina, no?
 
Un quarto d’ora dopo, i coniugi McKagan comparvero in cucina, stupendosi per il ben di dio che il riccio aveva preparato.
 
“Era il minimo che potessi fare, Hudson!” scherzò Duff.
 
“Ciao, Slash.” Mandy abbracciò il riccio e si accomodò a tavola, iniziando subito a mangiare. “E’ tutto squisito, grazie. Comunque, spiegaci pure.”
 
“Allora, come ben sapete io e Chris siamo stati costretti a rimandare il matrimonio, no…e adesso con il nuovo album e il tour di mezzo è difficile organizzarlo. Per questo pensavo a un qualcosa di molto intimo, solo io, lei e i testimoni…so che lei ci tiene molto che ci sposiamo, quindi voglio farlo. E poi così in piccolo è anche la cosa che più di tutte preferisco.”
 
“Mi sembra un’ottima idea, Saul…” disse Mandy, masticando. “E non vedo l’ora di aiutarti con i preparativi!”
 
“Sapevo di poter contare su di te, Mandy. Inoltre, inutile dirlo, ma voi due sarete i testimoni.”
 
“Grazie, man!” Duff gli diede una pacca sulla spalla. “Mi sembra un’ottima idea…per una volta.”
 
“Fottiti, Michael!”
 
I due continuarono a battibeccarsi per un po’, mentre Mandy rideva sotto i baffi alla visione di quei due così grandi e grossi ma allo stesso tempo così bambini.
Era felice dell’idea che Saul aveva avuto: a lui non lo avrebbe mai confidato, ma Christine era molto triste per la storia del matrimonio, e aveva anche iniziato a pensare che Slash non volesse impegnarsi ‘ufficialmente’. Invece ora si dimostrava quello che Mandy aveva sempre ripetuto all’amica: che il riccio la amava davvero e che, sposati o no, avrebbe trascorso con lei tutta la sua vita.
Decisero di andare a celebrare il matrimonio in un posto quasi dimenticato da dio, dove nessun giornalista o curioso li avrebbe disturbati: la Polinesia. Mandy e Duff ci erano già stati qualche anno prima e assicurarono a Slash che se voleva un posto riservato, era quello che faceva per lui.
Si divisero poi i compiti: Mandy avrebbe chiamato il villaggio turistico, doveva aveva soggiornato nelle precedente vacanza. Prenotò due suite e chiese la disponibilità di un reverendo che li potesse sposare; disse poi di preparare un bel gazebo sulla spiaggia, dove si sarebbe svolta la cerimonia e che avrebbero cenato sempre lì, sulla spiaggia. Prenotò poi il volo per la settimana successiva.
Ordinò poi a Duff di andare a ordinare le fedi, mentre Slash e Mandy si occupavano del vestito: quello fu il procedimento più complesso, anche se conoscevano molto bene i gusti di Christine. Impiegarono alcuni giorni per la ricerca, favoriti dal fatto che, a causa delle ferie di alcuni colleghi, Chris aveva tutti i giorni doppio turno in ospedale e, quando tornava a casa alla sera, faceva appena in tempo a salutare il suo uomo prima di crollare addormentata per la stanchezza.
Quando l’isteria stava per prendere possesso dei due, trovarono l’abito giusto: era un semplice abito lungo fino ai piedi e liscio, con le maniche a tre quarti di pizzo che partivano da sotto le spalle e una striscia sottile di pizzo che scorreva sopra la scollatura.
 
“Il sogno di ogni donna è trovare l’abito da sposa giusto…” disse Mandy, mentre tornavano a casa con il vestito ben piegato in una scatola. “In questo caso, è una questione di vita o di morte!!!”
 
Quella sera, vedendo che tutto era finalmente pronto, che gli abiti, sia quello di Chris che quello di Slash, e i fiori freschi erano stati spediti al villaggio in Polinesia, il riccio parlò del viaggio a Christine.
 
“Siamo stati un po’ lontani, ultimamente…tu lavori 12 ore al giorno, io sono sempre in studio con i ragazzi. Credo che tre settimane di relax ci spettino, non credi?”
 
Christine acconsentì, ben felice di potersi rilassare un po’ e ringraziando anche la ‘fortuna’ che aveva permesso al suo uomo di prenotare proprio quando rientravano i colleghi dalle ferie. Non poteva sapere che, giorni prima, lui aveva chiamato il primario dell’ospedale e si era proprio informato riguardo a queste cose, di modo da non avere spiacevoli inconvenienti.
 
Due giorni dopo, mettevano già i piedi nella sabbia bianca e bollente della Polinesia; era un vero e proprio paradiso e Slash si sentì così felice nel vedere la perfezione di quel luogo, che non vedeva l’ora fosse il giorno successivo per poter finalmente sposare la donna che amava.
Alla sera, quando Chris dormiva già come un sasso, distrutta dal jet-lag e dal viaggio, Slash chiamò Duff e Mandy, i quali erano appena atterrati e stavano arrivando, in incognito, al villaggio. Sereno, Slash andò a dormire dato che il mattino dopo si sarebbe dovuto svegliare presto e dare subito alla macchia.
E così fu.
Quando Christine aprì gli occhi alle 9, quella mattina, non trovò il riccio accanto a lei, ma solo un biglietto sul cuscino. ‘Ti sto preparando una sorpresina…ti amo, S.’
Incuriosita, Chris si alzò dal letto stiracchiandosi e aprendo l’enorme finestra della suite per respirare quell’aria così diversa da quella a cui era abituata. Si sentiva rinata e…aveva anche uno strano presentimento che le faceva battere più veloce il cuore.
In realtà, i battiti aumentarono di colpo quando, uscita dal bagno, si ritrovò nella sua stanza tre persone.
 
“Mandy?” il tono della mora era a dir poco stupito.
 
“Ciao Chris!”
 
“Che ci fai qui?”
 
“Lo vedrai. Ora le mie amiche qui devono farti un restauro completo, perciò non fare domande e abbia pazienza.”
 
Chris non disse nulla, tranquillizzata dal fatto che Slash stesso, nel biglietto, le aveva anticipato una sorpresa. Di certo, però, poteva immaginare quello che quel giorno sarebbe accaduto.
Le fecero un semplice chignon basso, circondato da piccoli fiorellini bianchi e la truccarono leggermente; prima di iniziare il trucco e il parrucco, Mandy le aveva fatto indossare un body color carne senza spalline, ma dell’abito nemmeno l’ombra.
La bionda mandò via le due giovani che avevano reso Chris più bella del solito e si preparò per il momento clou.
 
“Tesoro…oggi non è un giorno qualunque…e io sono qui per un motivo ben preciso.”
 
“Non ti seguo, sai…”
 
Mandy abbracciò la sua amica, immensamente felice per lei e immaginando la sua gioia vedendo quello che Slash aveva in serbo per lei.
Prese la scatola che conteneva l’abito e gliela porse. “Aprila!”
 
Chris la aprì, un po’ intimorita, per poi sbiancare alla vista dell’abita da sposa. “Oddio…ma…è quello che penso?”
 
Mandy annuì, mentre la mora tirava fuori l’abito e se lo poggiava sul corpo. “E’ meraviglioso…ma…ma è per me?”
 
“Oggi ti sposi, Christine…”
 
Un capogiro la colse: voleva sentirsi dire quelle parole da anni…ma così inaspettatamente, dio, era qualcosa di sconvolgente. Sconvolgente, ma allo stesso tempo così bello, che fu inevitabile per lei sorridere e iniziare a saltare di gioia.
Mandy rise di cuore vedendo la reazione dell’amica e la aiutò subito a indossare l’abito.
 
“Sta accadendo davvero?” chiese ancora Chris, incredula.
 
“Sai, Slash è venuto da me e Duff a chiederci aiuto per organizzare un matrimonio lampo, in cui c’eravate solo voi due e i testimoni. La vostra vita è diventata estremamente caotica, negli ultimi tempi, ma lui non aveva più pazienza per aspettare.”
 
“Ho tanta voglia di piangere per la felicità…”
 
“Lo so, ma non farlo perché se no ti cola il trucco.”
 
“Mi sto trattenendo per questo!”
 
Risero entrambe, per poi avviarsi. “E’ ora…” disse infatti Mandy.
 
Christine si sentiva come in un sogno, mentre percorreva la spiaggia a piedi nudi, avvolta nel suo splendido abito e con il bouquet in mano.
Era quasi il tramonto e il sole proiettava una splendida luce arancione sul mare cristallino polinesiano.
E poi lo vide, lì, sulla spiaggia bianca, sotto a un gazebo: Saul era bellissimo, in un semplice abito di lino grigio, la camicia bianca un po’ sbottonata e le converse nere ai piedi. Le sorrideva e gli occhi gli brillavano, vedendo quanto fosse bella e perfetta per lui.
Lo raggiunse a passo rapido, deciso, perché quello era ciò che voleva davvero, quello per cui aveva aspettato più di dieci anni.
E, osservando la perfezione di quel momento e dell’uomo che aveva di fronte, si disse che era la cosa migliore che avesse fatto nella sua vita, quella di aspettarlo.



 
 
 
THE END
 




E finalmente, siamo arrivati alla fine di questa lunghissima storia (dovevo postare domani, ma il capitolo era pronto…perché indugiare? :P)! E’ stato un vero parto, dato che 51 capitoli non sono pochi, ma mi ritengo soddisfatta del lavoro, eheheheh! Ma bando alle ciance, e passiamo ai ringraziamenti: un grazie di cuore a tutte le persone che hanno messo la storia tra le seguite, le preferite e le ricordate. Un grazie gigante alle fedelissime che hanno sempre recensito e che mi hanno sempre fatto così tanti complimenti da farmi arrossire <3 Grazie poi anche a chi ha letto in silenzio!!
Vi avviso che c’è in cantiere una nuova storia (ahivoi :D), ma che penso inizierò a postare fra una settimana circa così da portarmi un po’ avanti!
Grazie ancora a tutti quanti!
Alla prossima :D
Smarties

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