L'imperdonabile

di Allyn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Odiami ***
Capitolo 2: *** Risveglio ***
Capitolo 3: *** Abbandono ***
Capitolo 4: *** Oblio ***
Capitolo 5: *** Limbo ***
Capitolo 6: *** Follia ***
Capitolo 7: *** Fuga ***
Capitolo 8: *** Verità ***
Capitolo 9: *** Ricordi e Rabbia ***
Capitolo 10: *** Amore e Sangue ***
Capitolo 11: *** Confessioni ***
Capitolo 12: *** L'impossibile ***
Capitolo 13: *** Sogni e Verità (Ruka x Kain) ***
Capitolo 14: *** Il metallo dannato ***
Capitolo 15: *** Il ritorno dopo l'attesa ***
Capitolo 16: *** Il suo segreto più dolce e forse il più imperdonabile (Penultimo capitolo) ***
Capitolo 17: *** Capitolo finale - L'imperdonabile Sacrificio ***



Capitolo 1
*** Prologo - Odiami ***


PROLOGO

Odiami

[Yuki]


Lo guardai, annegai in quegli occhi cremisi per un tempo che mi parve interminabile. Lo volevo, tanto quanto lui voleva me. Ma non potevano; imbrigliati in un amore maledetto che non avrebbe mai visto la luce del sole, un amore destinato a morire ancor prima di nascere, maledetto da quel giorno, il giorno in cui avevamo deciso di peccare, insieme, di macchiarci della colpa più grave. Io ero sua, lo ero da quando le sue labbra si erano posate sul mio collo al tempo ancora umano, da quando i suoi denti erano affondati nella mia carne pallida. Noi ci appartenevamo. Negli sguardi, nelle carezze mai svelate, nei sussurri. Eravamo nostri; anche il suo odio, anche quello, lo legava ancor di più a me.

Odiami
Perche anche io mi odio. Avrei voluto incontrarti in un'altra vita, come due umani, come gli umani che eravamo. Liberi da vincoli di sangue, da questa sete che ci affligge, che ci condanna. Ti avrei sorriso, ti avrei baciato, mi sarei beffata del tuo carattere scontroso, e tu mi avresti stretta a te...

Odiami
Perché ti desidero, perchè il sangue di quell’uomo che chiamo fratello non mi soddisfa, mi lascia incompleta, e odiami ancora, perché ogni volta che i miei denti affondano nel suo bel collo perfetto io penso a te, penso alla tua pelle, penso a quel tuo collo, ferito dal nero indelebile del marchio che ti porti addosso.

Avrei voluto urlarlo, urlare tutto quello che celavo dentro di me. Ma non potevo, ogni volta le parole mi morivano in bocca.
Abbassai lo sguardo. Mi sentivo sconfitta ancor prima di parlare, sconfitta dai miei stessi pensieri. Lo sentivo, mi stava fissando, mi trafiggeva, leggeva i miei segreti.
Mi feci coraggio e tornai a sostenere i suoi occhi. Erano crudeli, di una bellezza tale da straziarmi l’anima, ben lontani dai miei ricordi, lontani dalla dolcezza che mi riservavano. Ma andava bene così...doveva odiarmi, per tutto quello che gli avevo fatto, per quello che ci eravamo fatti.
Il tempo sembrava essersi fermato, in una notte senza luna, due nemici, uno di fronte all’altra, muti, immobili attendevano l’inevitabile, la preda e il suo cacciatore. Due nemici naturali, sporcati dallo stesso veleno, dallo stesso odio millenario.
Senza dire una parola mi avventurai in quella che era stata la sua stanza ai tempi del collegio Cross, mi seguì con i suoi passi lenti, calibrati.
Chiuse la porta alle sue spalle.
Gli occhi cremisi ardevano anche nella penombra di quella stanza abbandonata da tempo.
“Zero” Pronunciai il suo nome con estrema cura, come se ogni lettera fosse preziosa. Allungai una mano per carezzargli la guancia pallida, ma le sue dita bloccarono il mio esile polso ancor prima che potessi avvicinarmi al suo bel viso tormentato. Era freddo come l’inverno.
“Non toccarmi...” Intimò con rabbia.
Mi si sgretolava il cuore,ma era questo che desideravo, volevo che mi facesse male, che mi odiasse...Volevo che si sentisse disgustato da me, da una giovane donna tanto codarda da non saper decidere, da non saper rischiare, così codarda da preferire una vita al fianco di un uomo ormai lontano dal suo cuore, da un uomo che la tiene stretta a sé come se fosse la fanciulla per lui più preziosa al mondo, che sempre e per sempre la riempirà di attenzioni, di affetto, di venerazione, che nelle notti più buie le offrirà le sue vene, pur consapevole che il suo sangue non riuscirà mai a placare del tutto la sua sete...
“Perché sei qui?” Mi domandò grave, senza mai mollare la presa sul mio polso.
“Avevo bisogno di vederti...” Sussurrai infliggendogli altro dolore. Avanzai un'altra carezza con la mano libera, i miei polpastrelli bruciavano all’idea di toccarlo, di sfiorare i suoi capelli lisci, candidi... Questa volta sembrò esitare prima di bloccarmi, ma poi le sue dita raggiunsero le mie, dividendomi dal suo viso.
“Ti ho detto di non toccarmi, con le stesse mani che hanno toccato lui...” Sputò le parole con dolore, e il suo sguardo, mi ricordò tanto quello che mi rifilava da bambino, quando dopo le visite di Kaname si rifiutava di toccarmi, o di farsi solo sfiorare da me.
Eravamo tanto vicini da poter sentire i nostri respiri contro la pelle. L’odore di Zero mi costrinse ad avvicinarmi ancora, a desiderare di posare dapprima le labbra, poi la lingua, e poi i denti affilati contro la sua pelle diafana, contro il collo perfetto...volevo il suo sangue...ero li per quello, ero li per farmi odiare ancora di più, per odiarlo ancora di più...perchè era lui, erano i suoi occhi a farmi macchiare delle colpe più imperdonabili, a farmi tradire chi avrei dovuto amare.
“Zero...” Sussurrai ancora il suo nome, prima di posare un bacio sulla sua pelle integra, immacolata. Sentii un brivido corromperla, macchiarla del mio stesso peccato.
“Perché...” Lo sentii sospirare, mentre le sue mani allentavano la presa sui miei polsi, fino a portarli in basso, fino a stringerli in un altro modo, un modo che ricordavo lontano, dolce.
“Yuki...perchè tra noi...deve essere sempre cosi...” Si arrese.
“Noi siamo condannati Zero, la nostra natura di vampiro è di per sé già una condanna. Schiavi di una sete che solo il sangue di chi amiamo riesce a placare, destinati ad una vita quasi eterna...ma noi, Zero, io e te...Noi abbiamo scelto la nostra condanna da soli, quell’ormai lontano giorno, in cui decidemmo di compiere l’imperdonabile”

...Facciamo insieme la cosa più imperdonabile...

le parole che pronunciai quel giorno mi risuonarono nella mente, mentre i miei denti affondavano nella carne tenera, mentre il sapore del suo sangue mi riempiva la bocca facendomi perdere la testa. Poi arrivarono le sue mani, le intrecciò ai mie capelli, con foga, spinse la mia testa contro di sé, lasciando che bevessi ogni suo ricordo, ogni suo sentimento, che me ne riempissi il cuore, lo stomaco, le vene.

Scivolammo pian piano a terra, in ginocchio, la schiena contro il muro, la mano che mi sosteneva la testa, le mie lacrime che piano rigavano il mio volto...mi sentivo completa...
Mi staccai da lui con dolcezza, due rivoli rossi scesero dai segni del mio morso macchiandogli la camicia chiara, deturpando il disegno geometrico del tatuaggio...
Poi arrivarono le sue labbra, bramose sulle mie. La sua lingua lavò via il sapore del sangue e ne portò un altro, quello di un desiderio più vorace.

“Perché?” Questa volta la domanda la posi io...mentre il cuore sembrava scoppiarmi in petto, mentre la colpa, il tradimento crescevano...
“Perché ti odio...” Mi sussurrò in un orecchio, piano, crudele, tanto da darmi i brividi.
“Allora odiami di più” Dissi in un sospiro, cercando ancora le sue labbra, questa volta con foga. Ma Zero interruppe il nostro bacio, per posare la sua bocca sulla mia guancia, e poi lì, dove Kaname affondava i canini quasi ogni sera, lì, sul mio collo candido posò il suo bacio più dolce, umido, paziente.
Sentii il desiderio crescere ed esplodere in tormento. Avvinghiai le mie dita alle sue ciocche morbide e arruffate e in un respiro dichiarai la mia condanna: “Odiami di più...prenditi quello che ti appartiene”

Zero mi esaudì, affondò i denti e mi bevve, assetato come mai era stato, bevve il mio sangue, gli occhi cremisi nascosti dalle palpebre abbassate. Non ricordavo così tanta foga, neppure nei morsi che mi aveva riservato quand’ero ancora umana.
“Che sapore ha il mio sangue?” Gli chiesi.
Si staccò riluttante e mi rispose, le iridi incandescenti, inappagate.

“Sa di te...e sa di lui...”
Una nuova lacrima mi rigò il viso.
“Ancora...” Mormorai guidandolo di nuovo verso la ferita appena aperta.
Chiusi gli occhi, rimandando la mente a tutti i ricordi più dolorosi, che di rado mi concedevo di riportare a galla. In ognuno di questi c’erano il suo viso, le sue mani, la sua voce...

Rimanemmo così per molti minuti, ondeggiando in un oblio fatto di sangue, fino a quando ebbra di ricordi e di desiderio non riaprii gli occhi. Non sentivo più la sua bocca sulla pelle.

Lo sguardo fisso su di me, le iridi ormai viola, sazie.
“Di cosa sa il mio sangue?” Ripetei.
“Sa di me...sa di noi” Rispose stupito.
Annuii
“Perché?”

Mi pose ancora quella domanda, alla quale non risposi, se non con i gesti. La mia sete si era placata, ma il mio cuore palpitava, così come il mio corpo, mi sentivo ubriaca di lui, ubriaca di noi, del nostro peccato, del nostro sporco e vile segreto...volevo amarlo...volevo macchiarmi di colpe ancor più grandi. lo baciai con disperazione, le sue mani cercarono le mie, poi la mia schiena poi le gambe. Ci trascinammo verso il vecchio letto.
“Cosa stiamo facendo?” Domandò con il fiato corto, gli occhi allucinati, spalancati.
“L’imperdonabile...l’imperdonabile...” Ripetei ancora. Sbottonandogli la camicia e portandolo sopra di me.
“Yuki” Mi chiamò più volte, mentre le sue mani divenivano avide sulla mia pelle, ora così sensibile, mentre mi spogliavano del vestito che“l’altro” mi aveva regalato. Sussurrò il mio nome anche quando le sue dita mi esplorarono con dolcezza.
Odiami

Pregai dentro di me, piangendo, spogliandolo degli ultimi indumenti, portando quel corpo snello e perfetto sopra il mio.
Mi baciò, come se ogni tocco delle sue labbra sulla mia pelle potesse guarire le ferite che portavamo nel cuore. Ed io mi lasciavo baciare, mi lasciavo fare cose che mai avrei voluto lasciar fare ad altri.
Ma volevo di più, bramavo la sua anima, volevo il suo odio dentro, volevo bruciare con lui...lo afferrai per le spalle, avvinghiando le gambe alla sua schiena.
Mi guardò intensamente, affondammo l’uno negli occhi dell’altra, per così tanti minuti che mi parvero ore, mentre i nostri corpi nudi e accaldati si stringevano in un abbraccio sempre più impaziente. Mi carezzò la fronte con dolcezza, ed anche il suo sguardo divenne più rassicurante.
Chiusi gli occhi, i capelli sparsi sul cuscino, il cuore che impaziente mi martellava nel petto, carico del mio e del suo sangue...
“Ti odio Zero...ti odio...per tutto questo...Odiami...odiami” Piansi sommessamente, mentre le mie dita si stringevano alle sue, mentre il mio seno premeva contro il suo petto.

“Anche io ti amo Yuki” Rispose, mentre piano i nostri corpi si fondevano, mentre lo stupore per le sue parole mi riempiva la mente e un nuovo piacere risanava il mio corpo.

“Ti amo...Anche se non devo...” Continuò a ripetermi, mentre i suoi movimenti, così lenti, dolci, carichi d’amore mi riempivano.
Lo strinsi forte a me, nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla, bagnandogli la pelle pallida, morbida, ora sudata, con le mie lacrime... ed i suoi movimenti si fecero più forti, le sue labbra premettero sulle mie, la lingua cercò la gemella, le sue mani, le dita, le mie gambe strette attorno alla sua schiena forte; ed in un attimo non c’eravamo più... eravamo altrove, lontani, nostri.
Le mie, quelle gocce salate che non cessavano di rigarmi le guance accaldate, erano lacrime di gioia...eravamo liberi e imperdonabili, lì in quel letto spoglio, coperti da un vecchio lenzuolo, imperdonabili mentre ci amavamo, mentre sospiravamo di piacere, mentre i nostri corpi allacciati si muovevano in sincrono, ondeggiando verso la condanna eterna.
“Ti amo Zero...” Gli dissi in un sospiro più grande, mente un nuovo piacere mai provato mi costrinse a baciarlo con più foga...ancora, e ancora e ancora....

Finche avessimo potuto odiarci così sarei stata felice...perchè il suo odio più grande scaturiva dalla colpa di cui si era macchiato, quella di amarmi, anche se non poteva, anche se non avrebbe dovuto farlo...ma io volevo...volevo io suo odio, perché l’amavo, nello stesso tremendo imperdonabile modo.


Era giusto così, che questo prologo finisse tra i capitoli di questa fic...XD

spero che anche i capitoli successivi siano di vostro gradimento!!!

un saluto affettuoso 

Allyn

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Capitolo 2
*** Risveglio ***


Capitolo 1

Il risveglio

Quando Yuki si risvegliò Zero dormiva ancora. Un braccio sotto il cuscino, l’altro abbandonato sul materasso spoglio, la mano aperta, in cerca di lei, anche nell’incoscienza del sonno.

Un sorriso triste le affiorò sulle labbra graziose, ancora memori dei baci imperdonabili di quella notte.

Lo osservò in silenzio, non voleva svegliarlo, interrompere quel suo quieto sognare. Era bello, tanto da scatenarle una terribile fitta al cuore; il volto disteso, i capelli lisci gli ricadevano morbidi su quella pelle diafana, e poi il collo, macchiato da quei due piccoli segni lividi...testimoni del loro folle gesto, piccoli traditori...

Era suo.

Si avvicinò con prudenza, trattenendosi con una mano i lunghi capelli castani, che altrimenti sarebbero scivolati sul suo corpo nudo come sottili fili di seta, svegliandolo...

“Zero...” Sussurrò quel nome, piano, sicura di giungere in qualche sogno lontano, mentre le sue labbra si avvicinavano caute al bel collo già segnato. Si fermò a pochi centimetri da ciò che più desiderava, colpevole, ancora...

Riluttante si alzò dal letto, non era ancora l’alba, la notte dominava padrona sui colori del cielo, tingendolo di un blu precario, destinato a scomparire con l’arrivo del sole. In quella stanza senza tempo raccolse il suo vestito e lo indossò in un unico e rapido gesto, la stoffa fredda e pregiata le dette i brividi, a contatto con quella sua pelle ancora calda di lui, del suo folle e vorace amore.

Lasciò il collegio con una voragine nel petto, chiedendosi cosa sarebbe successo da quel momento in poi, se le loro vite sarebbero cambiate...se quella colpa tremenda di cui si erano macchiati li avrebbe portati verso un baratro nero...

Dovevano dimenticare, dovevano abbandonare tutta quella gioia all’oblio eterno, lasciare che rimanesse solo un vago e dolce ricordo, dolce come il suo sangue, dolce come il suo corpo.

Corse a perdifiato, ogni passo sull’asfalto l’allontanava da quel letto, da quelle lenzuola macchiate del loro rosso più vivido.

L’alba sbocciò prepotente, ridonando nuovi colori al mondo cupo, tetro e sanguinario della notte, il mondo dei vampiri.

Yuki giunse di fronte al grande portone di mogano solo quando il sole fu alto nel cielo. Le bruciavano gli occhi non tanto per il fastidio arrecatole da quella luce, da quei raggi troppo chiari, troppo candidi per la sua razza, gli occhi le bruciavano di lacrime...

Si asciugò il viso con la manica del vestito, pronta ad affrontare la sentenza più dura, lo sguardo gentile del nobile fratello, il purosangue Kaname Kuran.

Salì le scale, salutando Ruka e Kain con un gesto distratto della mano, tutto l’allarmismo che aveva colto nei loro occhi sembrò placarsi appena la videro.

“Nobile Yuki... vi abbiamo cercato per tutta la città, dove avete trascorso la notte?” Chiese la ragazza dai capelli color del miele.

La giovane purosangue posò lo sguardo verso il basso, verso la complessa e intricata trama del pavimento di marmo.

“Principes...” La richiamò Ruka, ma il rapido gesto di una mano snella, aggraziata e forte allo stesso tempo, la zittì ancor prima che potesse terminare di pronunciare quell’appellativo che Yuki odiava tanto.

Era giunto, in un lampo, con il passo svelto e calibrato, inondando l’aria con il suo profumo antico, buono. Aveva il volto stanco, la solita perfezione guastata da profonde occhiaie violacee che contornavano gli splendidi e inquietanti occhi amaranto. Kaname Kuran.

“Ruka, Kain...stanotte Yuki non è rientrata a casa, ma aveva il mio permesso...perciò non preoccupatevi, potete andare” Disse con gentilezza, spostandosi i capelli scuri dietro le orecchie.

Kain si allontanò sbuffando, apatico come sempre. La ragazza, invece, rimase immobile di fronte ai due purosangue, guardava lui, poi lei, poi ancora lui, chiedendosi perché fosse tanto indulgente con quella ragazzina ingrata, con quella giovane donna che di nobile non aveva niente, se non quel sangue prepotente che le scorreva nelle vene, lo stesso dei Kuran. Ruka si chiese perché non si arrabbiasse con lei, perché non le urlasse contro la sua rabbia. Si sentiva lontano un miglio l’odore del suo tradimento, lo sentiva anche lei, l’odore sporco del sangue di un altro vampiro. Pensò che se fosse stata al suo posto non l’avrebbe mai tradito, mai, se solo le avesse dato un’opportunità, lei che lo amava tanto, che lo venerava da sempre come il più bello, il più importante degli dei, il suo Kaname.

Ma lui voleva l’altra, voleva Yuki, da sempre, da quando era ancora una bambina, e adesso capiva, la voleva così tanto da esser disposto a sopportare, a chiudere gli occhi di fronte all’evidenza. Dopotutto non erano poi così diversi, lei e il purosangue che amava, entrambi disperati, entrambi disposti a scendere a compromessi pur di star vicino all’oggetto del loro desiderio.

Sospirò e si allontanò dai due fratelli, seguendo le orme di Kain, il fedele amico d’infanzia.

Rimasero soli, uno di fronte all’altra, senza dire una parola. Nonostante avesse mantenuto lo sguardo basso, Yuki lo sapeva, sapeva che quegli ipnotici occhi amaranto la fissavano, la scrutavano, velati da una gentilezza pronta a nascondere la rabbia, l’odio...il suo odio, a differenza di quello di Zero le faceva paura.

“Dovresti farti un bagno” Disse poi, afferrandole una ciocca di capelli per portarsela con un gesto fluido, reverenziale, alle labbra, e poi al naso. Inspirò profondamente l’odore di quei fili d’ebano, chiudendo gli occhi, apprezzandone il bouquet floreale, misto ad altro, misto ad un odore che non sentiva da tempo. Respirò profondamente, scacciando via dal suo olfatto quella “nota” sgradevole. Lasciò che i lisci capelli gli scivolassero via dalle dita, poi sempre gentilmente le afferrò la mano esile, tremava.

“Andiamo” Mormorò trascinandola al piano inferiore, nelle loro stanze senza finestre.

Yuki lo seguì senza proferir parola, placidamente attendeva la sua sentenza, e la punizione, che forse non sarebbe mai arrivata. Era sempre stato quello il suo modo di punirla, quell'incredibile e costante gentilezza. Ogni volta che i suoi occhi malinconici si posavano su di lei, ogni santa volta, lui la puniva, la costringeva a torturarsi.

Eppure, c’era stato un tempo, in cui l’aveva amato, tempi lontani, immersi in ricordi innevati. Era una ragazzina, eppure il piccolo cuore le palpitava nel petto, prepotente, smanioso di vederlo, di rivedere quel vampiro gentile che le aveva salvato la vita qualche anno prima.

Ricordava quei tempi con affetto, con dolcezza, ricordava il suo volto, quel giovane uomo era stato il sole della sua vita, l’inizio dei suoi ricordi.

Poi era arrivato l’altro.

Chiuso nel suo mutismo, ferito nell’anima, enigmatico, arrabbiato...Zero, anche lui era solo un ragazzo, il collo sporco di sangue, gli occhi sbarrati, tanto fragile, che quella sera lontana, la sera del suo arrivo, mentre lo ripuliva da quel liquido porpora, pensò che se non fosse stata delicata, quel ragazzo dai capelli candidi si sarebbe frantumato sotto le sue piccole dita.

Zero Kiryu, il ragazzo la cui famiglia era stata sterminata da dei vampiri “cattivi”.

Li odiava, i vampiri, Zero, li odiava con tutto se stesso, tanto da scalfirsi con le unghie la pelle del collo, il punto in cui quella donna, la purosangue che l’aveva trasformato, aveva poggiato le labbra e i canini perfetti, condannandolo per sempre. Li odiava così tanto da volersi togliere la vita, quando il “germe” in lui era cresciuto, facendo marcire tutto il resto, rendendolo uguale ai mostri dei suoi incubi. Si era puntato la pistola alla testa, le dita salde sul grilletto, quel giorno, in cui i canini appuntiti avevano trafitto la pelle di Yuki. Ma lei lo aveva fermato, lo aveva costretto a combattere, era diventata la sua alleata, la sua compagna, e lo aveva trascinato in un oblio fatto di sangue, l’aveva costretto a compiere l’imperdonabile. Forse, fu in quel momento che il suo cuore, scelse. Mentre i denti di Zero penetravano la sua pelle ancora umana, mentre quegli occhi viola viravano in un cremisi maledetto, lei lo amava, lei lo desiderava, lo voleva vivo, più di ogni altra cosa al mondo.

Fu in quel momento che il suo sole, Kaname Kuran smise di brillare come un tempo, c’era altro nella sua mente, nello stomaco, c’erano lui e i suoi tormenti, c’era quel ragazzo con cui aveva stretto un patto di sangue, quel ragazzo che le aveva macchiato l’anima in modo indelebile. C’era Zero, colui con cui aveva compiuto l’imperdonabile. Ma gli umani, la loro mente, è debole, superficiale, vacilla facilmente, ed era difficile ammetterlo, anche di fronte all’evidenza...

Persa tra tutti quei ricordi, tra tutti quei pensieri, Yuki lasciò che Kaname la spogliasse, la liberasse di quel vestito corrotto, aiutandola a immergersi nell’enorme vasca da bagno. Lo lasciò fare, come se fosse stata una bambina, lasciò che le insaponasse la schiena, i polsi, i piedi, i capelli, che spostò con cura, rivelando il collo candido. Sfiorò i segni lividi, dapprima con le dita, poi con la spugna, che gli cadde dalle mani tremanti.

“non guardarmi...non guardare i segni che Zero mi ha lasciato sul collo, ti prego...” Pensò la ragazza, mentre Kaname senza dire una parola rimaneva immobile, impietrito davanti a lei.

Poi accadde, si sporse sul suo piccolo corpo, le maniche della camicia arrotolate, i capelli lunghi, scompigliati, lo sguardo non più gentile...gli occhi cremisi, da vampiro...

Angolino dell'autore :3
E' la mia prima fic a capitoli su Vampire Knight, non so bene cosa ne verrà fuori, ma posso dire che ci metterò tutto il mio impegno, nella speranza che vi piaccia...ho immaginato un'evoluzione strana del triangolo Yuki-Kaname-Zero...perciò beh commentate e seguite per sapere gli sviluppi! sarò lieta di accettare consigli e RECENSIONI! Un morsino affettuoso VI ASPETTO NUMEROSI!!

Allyn

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Capitolo 3
*** Abbandono ***


Capitolo 2

Abbandono

Lei non c’era già più, l’aveva lasciato nel sonno.

Codarda

Sprofondò con la testa sul cuscino, inalando a pieni polmoni l’odore di una notte intera passata insieme.

Si erano amati con foga, si erano bevuti, consumati. Sorrise, toccandosi il collo, ma la sua effimera gioia scomparve in un istante. Lei non era sua, era dell’altro, era dello sporco e viscido purosangue. Avrebbe pianto, avrebbe urlato, avrebbe preso a pugni il muro fino a rompersi tutte le ossa della mano, fino a distruggere quella stanza vuota, se solo fosse servito a qualcosa, se solo avesse potuto cambiare gli eventi.

Kaname Kuran; aveva sempre vinto, lui e la sua razza, avevano sempre vinto, gli avevano rovinato la vita, i vampiri... e lei, la Yuki di cui aveva tanto bramato il sangue, un desiderio così osceno da risultare disgustoso, lei  doveva stare con quell’uomo che camminava sul suo stesso asse temporale.

Si sdraiò osservando il soffitto, ogni volta che chiudeva gli occhi poteva rivederla, il suo bel sorriso, gli occhi scuri, i capelli lunghi, lisci, quelle labbra piccole, ma carnose, la lingua morbida, avida del suo sangue. Un brivido di piacere e desiderio lo percorse come una scossa elettrica. Non era sua, ma lo era stata, in quelle ore che gli erano sembrate poche, frettolose, ore che avevano corso veloci come minuti, come una futile manciata di secondi.

Un nuovo giorno era ormai sorto, nuove nuvole oscuravano quel sole da poco alto nel cielo. Per Zero era il momento di andare, era il momento di trasformasi nell’Hunter senza cuore, il mietitore dal grilletto veloce. Si rivestì, e agganciando ogni bottone di quella camicia chiara, macchiata sul collo, non poté non ripensare a lei, non sentire la voragine nel petto allargarsi, fino a divorargli il cuore.

Infilò le compresse ematiche in una delle tasche interne del cappotto scuro, non gli sarebbero servite quel giorno, nelle vene gli scorreva un sangue potente, un sangue che non avrebbe mai dovuto circolare in un corpo destinato a diventare cenere, un corpo destinato agli spasmi della follia, il corpo di un ex-umano prossimo al livello E.

Cos’aveva da perdere? Niente.

Si avventurò per i vicoli della città, l’incarico assegnatogli dall’associazione Hunter non avrebbe dovuto essere poi così impegnativo. Un altro simile, un altro “poveraccio” caduto vittima di quel sangue sbagliato, del “germe malato”dei vampiri.

Lo trovò accartocciato sull’asfalto, gli occhi sbarrati, da folle. Di umano non aveva più niente, se non gli abiti, tutto il resto assomigliava più ad un mostro, ad un volto dentato, perché era quella la caratteristica predominante di quegli esseri, i denti. Aguzzi, macchiati di sangue ancora fresco, digrignati in una smorfia tanto orrenda da dare i brividi.

Mirò al cuore, e sparò. Un unico colpo, rapido, letale. Il corpo del livello E si trasformò in polvere, volando via con la prima folata di vento.

Zero chiuse gli occhi, ingoiando la saliva amara, cercando di mettere a tacere quel cuore troppo rumoroso...

Si sedette per terra, nel solito punto dove pochi istanti prima era esistito l’altro, la sua immagine riflessa in uno specchio futuro, se non fosse stato per lei...

“Dannazione!” Sbottò abbandonando la testa all’indietro. Non riusciva a togliersela dalla mente. Come avrebbe mai potuto? Era stata lei a spingerlo a combattere. L’aveva obbligato, l’aveva tenuto in vita, con il suo sangue, con la sua forza...e lui, lo aveva giurato, guardandola negli occhi, in quelle iridi color del cioccolato, le aveva promesso che avrebbe tentato, fino all’ultimo.

Ricordava ancora, quelle parole lontane, una Yuki più piccola, più dolce, più sua.

“..anche se mi odierai,continuerò, ancora e ancora..fino a sedare la belva che alberga dentro di te..la tua mente non ha ancora ceduto alla follia...Non ti lascerò morire! Odia pure i vampiri , Odia me..almeno significa che non ti dai per vinto!”. Gliele urlò quelle parole, gliele incise nel cuore. Come avrebbe mai potuto odiarla? Lei...la sua ragione di vita, solo per lei, era ancora vivo solo per lei.

 

Si alzò da terra quando le prime gocce di pioggia caddero da quel cielo ormai pesante di nubi nere, cupe. Fece finta di non aver pianto, fece finta che quelle gocce più salate non gli appartenessero.

“Perché Yuki...perchè tra noi, deve esser sempre così doloroso...” Sussurrò impugnando la Bloody Rose e scomparendo sotto la pioggia, con in testa un pensiero, un ricordo della notte passata, una carezza tra i capelli, nell’incoscienza del sonno, come quando era bambino, come quando con la sua voce rassicurante gli sussurrava che tutto sarebbe andato bene.

 

 

“Yuki, me lo avevi promesso...” Le mormorò gentilmente all’orecchio.

La ragazza sentì il suo respiro tiepido solleticarle la pelle, rabbrividì.

“Ti avrei dato tutto il mio sangue, tutto, fino all’ultima goccia, fino alla morte, se solo avessi voluto...” Continuò baciandole il collo, posando le labbra perfette sulla sua pelle umida.

“Yuki, noi ci apparteniamo, da sempre...” La voce sempre gentile, pacata.

La ragazza non lo guardò, teneva lo sguardo basso sull’acqua calma della vasca, gli occhi puntati su quella schiuma destinata a dissolversi, a sparire. Zero, doveva diventare per lei come quelle bolle di sapone, un qualcosa di incredibilmente bello, destinato a svanire con un rumore sordo, senza lasciar alcuna traccia della sua esistenza.

“Perché non mi guardi più? Un tempo mi osservavi da lontano, lo sguardo perso, dolce, adorante, le guance infuocate...perchè Yuki? Perché mi infliggi anche questo dolore? Perché mi neghi la vista dei tuoi bellissimi occhi?” Le prese il mento tra l’indice e il pollice, e delicatamente la obbligò a voltarsi.

Era bello, e forte. Il volto livido dalla disperazione.

“Yuki...io voglio farti felice” Pronunciò il suo nome lentamente, assaporando ogni lettera.

“Tu sei mia...hai giurato che non mi avresti mai lasciato solo, mai. Hai giurato che saresti sempre stata tra le mie braccia...” Quegli occhi tristi, antichi, la distruggevano.

Perché? Perché non faceva altro che creare dolore alle persone che amava, perché nessuno di loro capiva, che dietro ai suoi occhi tanto dolci, non c’era altro che un mostro, c’era solo l’anima egoista di un vampiro. Aveva ferito Zero, aveva ferito Kaname, aveva ferito se stessa.

Mostro.

“C’è soltanto un posto dove puoi e devi stare...ricordi?” Sospirò rimandandole alla mente tempi lontani.

“Avresti dovuto nutrirti del mio sangue, solo del mio sangue...quello era il nostro patto, ti avrei tenuta con me, per sempre, consapevole che una parte del tuo cuore gli apparteneva. Ti avrei perdonata, e accolta, avrei accolto tutto ciò che desideravi offrirmi, anche il male che mi procuravi. Quello era il prezzo che avresti dovuto pagare, un’eterna insoddisfazione, una sete che non avresti mai potuto appagare ed estinguere...quello era il prezzo che avevi deciso di pagare per stare con me” Disse tagliente come una lama.

“Vuoi lasciarmi Yuki? Vuoi infliggermi altro dolore?” Tornò al solito tono gentile, paziente. Sempre più vicino alle sue labbra.

A quelle parole la ragazza  si svegliò dallo stato di torpore in cui era caduta.

“No!” Quasi gridò in preda all’orrore. L’idea di ferirlo ancora, di ferire quel vampiro tanto bello a cui doveva la vita, la uccideva. Non poteva abbandonarlo, non poteva lasciare che i suoi occhi si intristissero ancora, che quell’amaranto si spegnesse in una maschera di sofferenza eterna.

“Nobile Fratello...io...io non voglio lasciarti” Gli prese il viso tra le mani, bagnandolo. Lui affondò nei suoi occhi caldi, colpevoli, inondati dalle lacrime.

“E allora spogliami Yuki...” Disse sottovoce, guidando le sue dita verso i bottoni della camicia.

Tremava.

Yuki esaudì il suo desiderio lentamente, ogni piccola asola lasciata sola, vuota, le provocava nella mente un dolore assordante, il ricordo di quei bottoni quasi strappati via, la pelle bianca di Zero sotto le sue dita, quella stessa notte, ormai così lontana.

Kaname, le baciò la fronte con tenerezza, per poi portare quel piccolo viso contro il suo petto.

“Batte per te...Yuki, il mio cuore da mostro” Gli confidò, per poi guidarla verso il suo collo.

“Mordimi...” Le ordinò, questa volta con poca gentilezza.

 

Angolo dell’autore

Mi sono impegnata, spero che ciò trapeli da questo secondo capitolo...ero molto indecisa su come si sarebbe svolta la storia, ma una malvagia e insana idea sta pian piano prendendo forma nella mia mente J Ho cercato di dedicarmi un po’ a tutti e tre i personaggi principali...bla bla bla insomma, basta con questi discorsi...LEGGETE E FATEMI SAPERE!! J SPERO DAVVERO CHE VI PIACCIA, commentate, esprimete...ditemi se vi ha regalato qualche emozione, insomma lasciatemi qualcosa che testimoni il vostro passaggio! hahaha

Un morsino affettuosissimo a chi ha la pazienza di leggere ( e anche un ringraziamento), ci vediamo al prossimo capitolo

Allyn

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Capitolo 4
*** Oblio ***


 

Capitolo 3

Oblio

“Kaname...” Balbettò combattuta, già sazia del sangue dell’altro.

La grande mano del vampiro si insinuò tra i suoi capelli umidi, afferrandole il capo e spingendola con più forza verso il collo.

“Ti prego...Yuki” Ansimò. I muscoli tesi, gli occhi chiusi, le labbra serrate in una smorfia di dolore.

Sapeva che esaudire il suo desiderio sarebbe equivalso a complicare ancor di più la situazione, a mandarla ancora una volta su quel campo di battaglia che era divenuto il suo cuore.

Si sentiva lacerata, strappata, divisa tra quei due uomini che le avevano cambiato la vita. Due uomini che, doveva ammetterlo a se stessa, amava, entrambi. In modo diverso, ma ugualmente urgente. Amava Kaname, lo ammirava, lo rispettava, quasi non riusciva a fare a meno della sua presenza, ma non vi erano più nel suo corpo la foga, la passione, il fuoco, tutti quegli elementi che avevano caratterizzato i primi anni della sua adolescenza. Zero si era preso tutto questo.

Aveva rapito la sua parte umana, e mentre l’altro curava la vampira, la nutrendola, aiutandola a compiere i suoi primi passi in quel nuovo e lontano mondo, Zero, invece, la tormentava...la richiamava a sé come solo la tentazione del peccato più grave può fare...

 Si era insinuato anche in quella sua nuova vita. Non era riuscita a scappare da quegli occhi cremisi, dall’insaziabile bramosia del suo sangue. Così, era giunta la rovina, così il suo cuore aveva inevitabilmente deciso, cacciando via tutto il resto come se fosse stato un intruso spregevole.

Chiuse gli occhi, ma una lacrima sfuggì lo stesso da quelle palpebre abbassate. Poggiò le labbra tremanti su quel collo così bello, su quella pelle morbida ma antica. Trattenne i capelli scuri del sanguepuro con le dita bagnate, afferrandoli, forse con troppa foga.

Sentì sussurrare il suo nome ancora una volta, poi lo morse con decisione.

I sentimenti di Kaname la travolsero come un’onda violenta. Ira, gelosia, disperazione. Una miriade di pensieri e ricordi le invasero la mente.

Bevve ancora, con avidità, con rabbia, distrutta dal senso di colpa...aveva sbagliato, aveva tradito per l’ennesima volta.

Poi arrivò una nuova ondata di emozioni e di...desiderio.

Lui la desiderava, nello stesso ardente modo che aveva percepito nel sangue di Zero. Quel vampiro austero, dall’aspetto apparentemente freddo, algido, la voleva, in un modo così intenso da sembrarle quasi viscerale.

Kaname si lasciò bere silenziosamente, le permise di stringergli le spalle, di graffiargli la schiena, di infliggergli tutto il dolore che voleva, tutto, purchè continuasse.

Quando Yuki si allontanò aveva il volto sporco di lacrime e sangue, gli occhi lontani, umidi. Kaname sentì dentro di sé un vuoto incolmabile per quell’abbandono troppo rapido. Poi la rabbia.

“Pensi ancora a lui?” Rantolò con un sorriso sadico stampato in volto.

Yuki non rispose.

“Sei crudele...” Disse lui a denti stretti, afferrandole il mento e leccandole via il sangue che le macchiava il volto.

Poi la baciò.

Inizialmente la ragazza rimase immobile, quasi subendo quella morbida e dolce tortura, ma poi le labbra di Kaname si fecero avide, come mai lo erano state, e la cercarono, con movimenti esperti, gentili e rudi allo stesso tempo, tentando di risvegliare quelle due piccole gemelle apparentemente senza vita, che inaspettatamente, dopo qualche secondo presero a muoversi... Inizialmente incespicando, insicure, tremanti, per poi pian piano lasciarsi trasportare, ormai complici di quel gioco perverso, sporco di sangue, sporco di contraddizione.

Le mani di Kaname si spostarono dal suo viso al collo, indugiarono per qualche secondo sui due piccoli segni lividi, poi si mossero più in basso, percorrendo prima le spalle, e poi la schiena bagnata di Yuki. La voleva, come l’aveva voluta Zero la notte precedente.

Senza smettere di staccare le labbra da quelle di lei, la sollevò dalla vasca e la adagiò con delicatezza sul pavimento freddo del grande bagno.

La ragazza sgranò gli occhi per la sorpresa, il dolce tepore dell’acqua calda era improvvisamente sparito, lasciando il posto alla ceramica gelida. Rabbrividì.

Kaname si staccò da lei osservandola, lo sguardo enigmatico.

“Vuoi andare in camera?” Le domandò chinandosi per baciarle la fronte.

Yuki si morse le labbra, con tanta forza da ferirsi. Non voleva niente, voleva urlargli che anche quel bacio al quale si era arresa era stato l’ennesimo errore, l’ennesima tortura che si era inflitta, vittima della sua natura, vittima di quel vampiro, di quel mostro dentro di lei che non pensava altro che al sangue. Ma non disse niente...non voleva deludere quegli occhi ora scarlatti.

“N-no...”Balbettò trattenendo le lacrime. Kaname sorrise sereno, poi si chinò per rimediare al danno che si era fatta mordendosi.

Il suo amore per Zero...Impossibile. Un sogno che non sarebbe mai potuto divenire realtà. Era solo una condanna, un miraggio che sarebbe esistito per sempre nella sua mente, pronto a torturala. Lo sapeva, il suo posto era lì, sul pavimento freddo di quel bagno, accanto al Nobile Fratello, al sanguepuro, per l'eternità...eppure, perché nonostante ne fosse consapevole, il cuore non le dava pace? Perché non si arrendeva?

Serrò le palpebre. Non voleva assistere, desiderava sprofondare in un oblio nero, allontanarsi per un po’ dal corpo, lasciare lì il cuore, il sangue, la mente, e smettere di esistere, per un po’, solo quel tempo che bastava perché Kaname facesse di lei ciò che voleva.

I suoi canini penetrarono la carne di Yuki nello stesso esatto punto in cui l’aveva morsa Zero. L’aveva fatto di proposito, voleva cancellare le tracce dell’altro dal suo corpo, voleva che fosse sua, solo sua, per sempre.

Al primo sorso, Yuki sentì quel corpo steso sopra il suo rabbrividire, forse di disgusto. Si chiese se nel suo sangue la presenza di quello di Zero fosse così forte.

Sentì quelle dita flessuose stringere le sue più piccole e fragili con forza, per poi rilasciarle piano.

“Ti voglio Yuki...” Le confidò liberandosi del resto dei suoi indumenti.

“Voglio prenderti come ha fatto lui...pensi che non lo sappia? Pensi che non senta il suo odore sul tuo corpo? Ti ha stretta così forte che non se ne è andato neanche dopo un bagno...” Sussurrò  a denti stretti.

“Pensi che non sappia come ti ha toccata...” Continuò poggiando le mani sul suo piccolo seno, per poi scivolare più giù, sul ventre piatto, bagnato.

Lei lo fissò, colpevole.

“Come posso perdonarti?” Proferì per poi tornare a morderla di nuovo. Portando le mani sui suoi fianchi.

“Sei sempre stata...crudele” Disse poco prima di prenderla.

Yuki sobbalzò per la sorpresa.

“Kaname...No” Lo pregò divincolandosi.

Ma il vampiro non fece altro che premere le labbra sporche di sangue sulle sue, baciandola.

Sapevano di Zero, sapevano del loro amore corrotto, sbagliato. Pianse, mentre il sanguepuro si muoveva sul suo corpo come aveva fatto l’altro la notte precedente, mentre quelle mani la cercavano, la stringevano, mentre la sua bocca tornava a lambirle il collo.

Le lacrime sul volto della ragazza non cessarono di rigarle le guance. Se solo avesse voluto l’avrebbe potuto fermare, invece aveva lasciato che tutto ciò accadesse. Era rimasta inerme, immobile, vulnerabile.

“Amami Yuki...ti prego” Pianse poi lui, fermandosi.

“Io sono un mostro...” Sussurrò allontanandosi da lei, lo sguardo disperato celava una solitudine antica, un dolore millenario.

Fu di fronte a quegli occhi, che Yuki non riuscì a fermarsi. Non poteva continuare ad infliggergli altro dolore. Doveva prendere una decisione Doveva scegliere, e sapeva quel’era il suo posto, dopotutto glielo aveva promesso...l'avea promesso anche a sua madre e suo padre, in quei ricordi annebbiati lontani. L'anatema dei senguepuro. Aveva deciso, avrebbe lasciato che la sua mente, che il suo amore impossibile per Zero, per quegli occhi viola, annegasse nell’oblio...Perchè la sua vita era stata promessa ad un altro, era stata condannata dal suo stesso sangue, quello dei Kuran...

Allungò le braccia verso quel corpo snello e fiero, trattenendolo contro il suo.

“No, fratello...Non fare così” Pronunciò mollemente, asciugandogli le lacrime.

“Perdonami Zero...io sono un mostro...” Pensò. Mentre le sue labbra cercavano quelle di Kaname, mentre le gambe si avvinghiavano alla sua schiena tremando, mentre con un sospiro lo accolse di nuovo, piangendo.

 

Note dell’Autore

Perdonatemi...perdonatemi davvero per questo capitolo così triste... Aspetto i vostri commenti...povera Yuki, sono davvero cattiva... ps: mi dispiace per qualsiasi errore nella stesura...ma ho scritto questa pazzia ad un orario improbabile

Allyn

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Capitolo 5
*** Limbo ***


Capitolo 4

Limbo

Il tempo scorre, inevitabile. Trascina con sé gli eventi, relegandoli alla memoria, come granelli di sabbia in una clessidra, nessuno conta più quelli sul fondo. Yuki lo fece, quella notte lontana aspettò il sonno di Kaname, per poi piangere, disperarsi, inumidire quelle lenzuola calde dove aveva consumato il suo ennesimo tradimento, cominciato sulle piastrelle di un bagno freddo, come ormai era il suo cuore. Contò i ricordi affondati, quelli da dimenticare. Un ultimo addio, per non cadere più in errore, per non sentire più il peso delle scelte, per non scalfire più il cuore di nessuno.

Quel legame di sangue che avevano stretto doveva esser spezzato. Solo il silenzio e l’assenza sarebbero riusciti a recidere tutto, a calare un sipario su quella triste storia.

Forse, dopo una vita di eternità, quando tutti i granelli di sabbia fossero caduti, e la clessidra fosse rimasta vuota, solo allora, alle soglie della morte avrebbe potuto ricercare il suo volto, gli occhi ametista, lo sguardo. L’avrebbe trovati lì, ancora intatti, neppure i millenni, avrebbero potuto impolverare quelle iridi. Nella sua mente e nel suo cuore, lontano dal mondo avrebbe custodito il suo segreto, la sua colpa, l’illecito amore di un sangue non puro, di un sangue una volta umano.

Si sentiva violata, massacrata, nel corpo, nell’anima. Nonostante le mani di Kaname fossero state gentili e pazienti, non era riuscita a non piangere, a non rivangare alla mente le belle dita di Zero, la fronte sudata contro la sua, i capelli argentei che si confondevano alle sue ciocche scure. Ricordava benissimo le labbra morbide, dolci, quei baci spezzati dai sospiri di piacere, i ti amo sussurrati, ripetuti come un mantra doloroso. Il loro corpi fusi assieme, allacciati, con forza, per non spezzarsi, per tener lontana la condanna, per tener lontano l’addio che avrebbero dovuto dirsi.

Erano stati bambini e ragazzi insieme, avevano scherzato, riso, battibeccato come due nemici, ma entrambi sapevano che qualcosa stava crescendo, che il filo rosso del destino aveva intrecciato le loro vite, per sempre. Quel l’intreccio era poi esploso, saldandoli insieme, fondendoli, il loro patto di sangue, il peccato, compiere insieme l’imperdonabile. La leggerezza dell’infanzia li aveva abbandonati, relegandoli ad un futuro dannato.

 

 

Passarono due mesi, da quel giorno, da quel pavimento freddo, da quelle mattonelle algide. Yuki non parlava più, le rare volte in cui si poteva udire la sua voce era in presenza di Kaname, alle cui domande rispondeva a monosillabi, con voce atona, spenta.

La si poteva vedere vagare per le tante stanze di quell’enorme e antica casa, come un fantasma in cerca di pace, incatenato in un limbo senza fine. Nei giorni di pioggia scendeva nel bel giardino sul retro, senza ombrello, coperta solo da una leggera sottoveste. Lasciava che le lacrime cadute dal cielo si confondessero alle sue, lasciava che la pioggia le inzuppasse i capelli, che le lavasse via dal cuore il dolore. Erano quelli i giorni In cui Ruka e Kain correvano a prenderla, muniti di ombrello e tanta pazienza. Inizialmente cercavano di convincerla a rientrare in casa, le parlavano di tazze di tè, di un bel camino caldo che l’attendeva, ma la ragazza rimaneva lì, scalza, lo sguardo perso chissà dove. Allora Kain doveva prenderla in braccio, afferrare quel corpicino esile, fragile, bagnato fradicio e portarlo al coperto.

“Io non capisco...” Esordì Ruka, dopo che Yuki si fu addormentata. Kaname quella settimana sarebbe stato fuori per i suoi affari.

“Cosa non riesci a capire?” Domandò Akatsuki, osservando il volto della giovane Kuran, ora finalmente abbandonato al sonno.

Uscirono dalla stanza chiudendo la porta alle loro spalle. Kain si appoggiò al muro passandosi una mano tra i capelli ramati. Si sentiva una specie di balia, o meglio di carceriere. Odiava quella situazione, ma pur di star vicino alla bella vampira bionda avrebbe fatto di tutto.

“Ruka, cosa non riesci a capire?” Ripetè sbottonandosi il colletto della camicia grigia.

“Come il Nobile Kaname possa stare accanto a quella ragazza...” Sbottò tristemente.

“Lei non merita tutta quella pazienza...tutto quell’amore, quella devozione” Terminò la frase a labbra strette, cercando di contenere la rabbia.

“Non si sceglie chi amare...” Le rispose, semplice, conciso, fissando una crepa sul vecchio pavimento. 

Lui lo sapeva bene. Conosceva intimamente il significato di quelle parole. Ci aveva provato, più e più volte a togliersi Ruka dalla testa, ma la vecchia e bella amica d’infanzia invadeva ogni suo pensiero, condizionava ogni sua scelta. Dietro quell’aspetto da duro, da apatico, da svogliato, celava un fuoco. Kain Akatsuki ardeva silenziosamente, come la fiamma di una candela, sfortunatamente destinata a sciogliersi e spegnersi da sola, perché lei amava l’altro. Una storia vecchia, trita e ritrita, pensava, eppure viverla in prima persona era un dolore tale da straziargli il cuore, ma l’idea di abbandonarla, di allontanarsi dall’odore di quei boccoli color miele, dall’ambra dei suoi occhi era un dolore addirittura maggiore, uno strappo, uno squarcio nell’anima. No, preferiva soffrire in silenzio, e consolarla al calar del sole, quando la tristezza e lo sconforto per l’ennesimo rifiuto le riempivano gli occhi di lacrime. Sarebbe rimasto li, attendendo che il suo sguardo chiaro si posasse su di lui...

“Non sai neppure di cosa parli, Akatsuki...cosa puoi saperne tu dell’amore” Sbuffò sedendosi per terra, poggiando la schiena contro il muro freddo.

Il ragazzo incassò quell’affermazione senza troppi lamenti. Ruka era così, cieca anche di fronte all’evidenza più sfacciata.

 

 

 Avvolto nel cappotto scuro Kaname percorse quelle vie bagnate dalla pioggia. I suoi passi leggeri ed eleganti risuonavano come ordinati tonfi sordi, su quell’asfalto consumato. Sapeva che l’avrebbe trovato lì, nascosto in qualche vicolo buio, magari barricato in una vecchia stanza da quattro soldi, ammobiliata solo con un letto e un armadio.

Montò le scale del piccolo e angusto condominio, sapeva già a quale piano fermarsi, quale porta aprire, per trovarlo gli era bastato seguire l’odore del suo sangue, lo stesso che pochi mesi prima aveva percepito mescolato a quello della sua amata Yuki.

Spalancò la porta senza tante cerimonie, gli occhi amaranto carichi d’odio lo inchiodarono, feroci.

”Kiryu, abbassa quell’arma...” Sibilò, fissando la Bloody Rose che Zero gli aveva puntato contro

“Kuran...cosa ci fai qui?” Chiese con un ghigno che rasentava la follia. “Abbassa quell’arma...sono venuto per parlarti di lei...” Gli spiegò chiudendo la vecchia porta alle sue spalle A quelle parole Zero lasciò che l’arma gli scivolasse dalle mani, cadendo sul materasso spoglio e macchiato.

“Non è affar mio...” Rispose guardandolo negli occhi. Sfidandolo.

“Quindi non ti interesserà neppure sapere che sta morendo...lentamente...” Pronunciò quelle parole cercando di nascondere il dolore dalla voce, ma fu inutile, perché gli occhi di Zero si spalancarono in uno sguardo terrorizzato.

“Sei ancora sicuro che non sia affar tuo?” Domandò avvicinandosi. Il pavimento di linoleum vibrava instabile ad ogni suo passo.

“Voglio proporti un accordo...” Sussurò.

 

Angolino dell’autore:

ANCORA UNA VOLTA CONSIGLIO, PER CHI NON L'AVESSE FATTO, DI LEGGERE LA ONESHOT ODIAMI, IN QUANTO PROLOGO, IMMAGINO SERVA A CAPIRE MEGLIO QUESTA LONG-FIC Cari lettori, non potrò mai ringraziarvi per la pazienza che avete, e per il coraggio che dimostrate leggendo le mie fic...In cuor mio posso assicurarvi che cerco di impegnarmi al massimo per trasmettervi una qualche emozione. Dopotutto scrivere serve a questo no? A raccontare una storia, e nel più fortunato dei casi a trasmettere qualcosa...In ogni caso questo quarto capitolo include qualche parola anche per il povero Kain e la disperata Ruka J... In quanto a Yuki, la vediamo rapita da una sorta di morte apparente, vive ma non vive...insomma, senza Zero respirare non è più lo stesso...aspetta solo che l’eternità passi il più velocemente possibile...

Ps: anche questa volta dramma assoluto ahahah, vabbè nutro un particolare amore per la malinconia XD, perdonatemi.  Insomma fatemi sapere cosa ne pensate, le vostre impressioni, le emozioni che spero di avervi regalato...OGNI RECENSIONE O COMMENTO è SEMPRE BEN ACCETTo, NON SAPETE QUANTI SORRISI RIUSCITE A STRAPPARMI OGNI VOLTA! *rotola felice* A presto con il capitolo numero 5!

Allyn

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Capitolo 6
*** Follia ***


Capitolo 5

Follia

Inizialmente l’aveva preso per uno scherzo sadico, o per una forma grave di pazzia, ma dopo aver scrutato negli occhi amaranto del purosangue, Zero capì che non mentiva, che in quelle parole albergavano solo dolore e disperazione.

“Se la ami, come credo...Non lascerai che si spenga” Gli aveva sussurrato dopo avergli esposto il piano.

Quando giunsero di fronte al cancello della grande villa in stile vittoriano, Zero maledisse se stesso per aver acconsentito a seguire Kuran.

“Lei ha scelto te...Ha sempre preferito te...” Gli aveva detto scuotendo la testa, lasciando che i capelli grigi gli solleticassero la fronte. Quella era stata la sua prima risposta, alla richiesta di Kaname; d’altronde che cosa sarebbe cambiato per Yuki se lui fosse andato a parlarle? L’aveva lasciato dopo quella notte, forse l’aveva addirittura usato per far chiarezza nel suo cuore, e finalmente scegliere. E aveva scelto Kuran, la cosa più ovvia dopotutto, tipico dei vampiri. Ma le parole del moro l’avevano convinto ad andare, a vedere con i suoi occhi, quella Yuki, che gli aveva descritto come un’anima vuota che vagava per i corridoi della sua antica dimora...Possibile che sentisse la sua mancanza? Possibile che in fin dei conti si fosse solo rassegnata a quella vita, quando in realtà il suo cuore ardeva solo per lui? Se lo chiese più volte, mentre metteva piede nel campo nemico, mentre le scarpe consumate attraversavano a passi lenti il vialetto, per poi salire i tre gradini di marmo e attraversare il grande portone mogano.

L’atrio era buio, la luce della sera spezzava in qua e in là il grigiore delle mura, proiettando i suoi colori sul pavimento, e sul mobilio antico. Regnava il silenzio in quella grande casa tanto simile ad una tomba. Kain e Ruka salutarono con rispetto il purosangue.

Fossero stati altri tempi, quelli del Collegio Cross, Zero si sarebbe divertito guardando le loro facce sbigottite, l’espressione stizzita dalla sua presenza nel loro territorio, ma quei tempi erano giunti al termine, e di divertente non vi trovò niente.

Kuran si tolse il cappotto scuro poggiandolo su un’antica poltrona in un angolo della grande stanza.

“Akatsuki, Ruka, avete la giornata libera, andate pure a fare un giro...” Sentenziò il purosangue, accompagnando le sue parole stanche con un molle gesto della mano.

Kain fece per dirigersi verso l’uscita, quando Ruka non incrinò il silenzio con la sua voce melodiosa.

“Nobile Kaname, come potete pensare di rimanere da solo, in presenza di un essere tanto meschino e ripugnante...” Sbraitò la bella vampira dagli occhi ambrati.

Zero afferrò la sua Bloody Rose da sotto la giacca. La tenne stretta senza sfoderarla.

“Ruka...Non c’è bisogno...Kiryu oggi è qui in veste di amico” Kaname pronunciò quell’ultima parola con troppa enfasi, tanto che l’altro ebbe un conato di vomito.

La bionda scosse la testa poco convinta, chiedendosi come il Nobile sanguepuro potesse accettare la presenza di quell’essere nella sua dimora. Era lui il vampiro complice del tradimento di Yuki, era suo l’odore che la ragazza portava addosso, tra i capelli, sulla pelle candida, quell’ormai lontano giorno.

“Kana...”Chiamò ancora una volta, prima di essere interrotta dalla forte presa di Kain, che afferrandola per un polso la trascinò fuori dalla grande villa.

Una volta che le porte si furono chiuse il silenzio tornò padrone dell’aria.

“Bene...” Sospirò, stravaccandosi sulla bella poltrona.

“Sono stanco Kiryu, e penso che lo sia anche tu...” Cominciò a parlare tendendo gli occhi chiusi.

Zero osservò quella figura snella ed elegante, sembrava così vulnerabile, in quel momento, eppure dietro quell’aspetto così nobile, raffinato, albergava un mostro.

“Lei è al piano di sotto, adesso starà riposando...Non fa altro che dormire, tutto il giorno. Non mangia, non beve...” Terminò la frase toccandosi il collo. Era privo di segni, candido, immacolato.

“Lei...non ha più..?” Chiese Zero, con una stretta allo stomaco, due mesi senza sangue, era un tempo lunghissimo.

Kaname riaprì gli occhi, le iridi amaranto sembravano polverose, spente, quasi appannate. Fissò il nemico, sconfitto.

“Dopo quell’unica volta...Non ha più posato le sue dolci labbra, e i suoi denti su di me...Così pochi giorni dopo ho smesso di morderla...come potevo...” Mugolò stringendo i braccioli della sedia, fino a conficcare le unghie da vampiro nell’imbottitura.

“Sai cosa devi fare Kyriu...Il suo posto è qui, al mio fianco, da sempre...e per sempre. Tu per lei sei solo un’effimera distrazione, lo sai...sei solo di passaggio Kiryu, un intoppo nel normale, e naturale scorrere degli eventi... ” Si rinfilò il cappotto, dirigendosi verso l’uscita, il passo lento, trascinato.

Zero strinse i pugni fino a ferirsi, ricordava benissimo le parole del purosangue, la sua sconcertante richiesta. Forse era vero, forse no, forse era davvero un intoppo, un errore dovuto al cuore troppo grande di Yuki. In ogni caso aveva accettato, la salute della piccola vampira, il suo benessere...Avrebbe fatto di tutto per lei, anche fingere di non amarla, come gli aveva chiesto l’altro.

“Spezzale il cuore Kiryu, liberala dal tuo peso, in modo che io possa guarire le sue ferite e farla sentire completa...Lei è fatta per stare al mio fianco...cosa potresti offrirle te? Se non la sete di un uomo prossimo al livello E?” Quelle parole gli riecheggiarono nella mente anche dopo che Kuran si chiuse la grande porta alle spalle, andandosene.

Era la verità. Cosa poteva offrirle Zero Kiryu? Le avrebbe dato pure la sua vita, il suo sangue corrotto, ma dopo tutto ciò? Cosa le sarebbe rimasto, se non la precarietà di un ex umano condannato alla pazzia?  Aveva accettato, contro il suo interesse, e per il bene di lei...Nonostante l’amasse così tanto avrebbe dovuto liberarla da quello che, come aveva sostenuto Kaname, era solo un peso, che l’avrebbe portata sul fondo di un mare dove pian piano sarebbe annegata.

Camminò per i lunghi corridoi di quella splendida e antica magione, indugiando con lo sguardo sui vecchi dipinti appesi alle pareti, chissà quante volte anche gli occhi di Yuki si erano posati su quelle tele, chissà quante volte le sue belle e piccole mani avevano sfiorato quei mobili, o i suoi piedi si erano posati su quel pavimento.

Scese le scale, raggiungendo il piano inferiore, le loro stanze senza finestre.

Lasciò che fosse l’olfatto a guidarlo di fronte alla porta giusta, di fronte a quel bel legno intarsiato che lo divideva da lei.

Inghiottì una manciata di pillole ematiche, doveva rimanere lucido, evitare che il desiderio del sangue di lei lo allontanasse dall’obbiettivo.

Fece un respiro profondo e lentamente posò la mano pallida sulla maniglia dorata aprendo la porta.

Giaceva per terra, rannicchiata in un angolo, così piccola, quasi spariva in quell’enorme stanza dalle pareti immense alte cinque volte la sua statura. Indossava una leggerissima sottoveste, i capelli lunghi, scompigliati le ricadevano in ciocche disordinate sul viso, sulle spalle, un contrasto netto con il tessuto candido dell’abito.

“Yuki...” Chiamò  con la voce roca per l’emozione, con quel cuore che batteva a singhiozzi, assordandolo.

La ragazza si voltò osservandolo incuriosita.

“tu...” Sussurrò placidamente.

Zero chiuse la porta alle sue spalle, le mani tremanti, insicure.

La ragazza si alzò. Era scalza, i piccoli piedi nudi contarono pochi passi, poi si fermarono a qualche centimetro da quelli di Zero.

“Oh!” Esclamò lei, puntando prima il pavimento, poi il volto pallido del vampiro.

“Finalmente la follia ha raggiunto la mia mente...” Sorrise tristemente, avvicinando la mano al volto di Zero, che rimaneva immobile, sconvolto di fronte ai suoi occhi nocciola. Avrebbe voluto stringerla a sé, baciarla, amarla...ma non poteva. Lei gli fece una carezza timorosa.

“Yuk...” La chiamò ancora, ma le parole furono interrotte da un dito di lei, che cauto si posò  sulle sue labbra sigillandole.

“Shh...Non parlare, potresti sparire...” Sorrise ancora.

“Oh Zero...Non ho neppure contato i giorni. L’eternità...non immaginavo fosse così estenuante. Così in silenzio ho atteso questo momento, ho atteso che la follia mi rapisse, sapevo che solo così avrei potuto rivederti...” Spiegò, convinta di parlare con un’allucinazione, ma comunque felice, in cuor suo non poteva credere che la sua mente riuscisse a creare immagini così vivide.

Era così dunque. Era convinta di essere impazzita. La disperazione negli occhi di Kaname trovava ora una valida giustificazione agli occhi del ragazzo.

Zero si scostò dalle sue dita fredde.

“Oh, perfino nella mia mente mi porti rancore...Dovevo immaginarlo...” Si rabbuiò lei.

“Amo solo te...lo sai? Solo te...” Ammise indugiando sui quegli occhi viola.

“Perdonami Zero...” Calde lacrime le ferirono il viso, pochi secondi dopo le sue labbra premevano contro quelle di lui, gelide come la morte, pallide, anemiche, ma dolci, morbide, come mai lo erano state, nemmeno nei più vividi ricordi del ragazzo.

In quel preciso istante Zero capì che in quella stanza il folle era lui, che per tutto quel tempo aveva creduto che sarebbero potuti sopravvivere l’uno senza l’altra...

 

Angolino dell’autore

GRAZIE MILLE! Perché se siete giunti fin qui, vuol dire che 1) vi siete letti tutto questo capitolo 2) che avete letto anche gli altri 3) che penso abbiate letto anche il prologo ODIAMI ahaha In ogni caso ringrazio in anticipo chi avrà la pazienza di rendermi felice LASCIANDO TANTI BEI COMMENTINI...ahaha

Ingredienti per il chap n°5 Un autore folle (me) I personaggi bellissimo della M. Hino (si  inchina) Tanta dolcezza, nell’immaginare una Yuki devastata che cauta si avvicina ad uno Zero altrettanto straziato, convinta di esser pazza... Un Kaname lacerato, e forse più folle degli altri due...Tante turbe emotive... J

RECENSITEEEE  SE VOLETEE :p

Morsini

 Allyn

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Capitolo 7
*** Fuga ***


Capitolo 7

Fuga

 

[Zero]

Stiamo correndo a perdifiato, in questa notte senza luna, piove, ma non ci importa.

Lei sorride, come una bambina, felice, ignara del caos che ci travolgerà, ignara, o forse troppo consapevole, così tanto da scegliere di godersi ogni momento come se fosse l’ultimo.

Le tengo la piccola mano, stretta, non voglio che scivoli via dalla mia, non voglio che le mie dita si stacchino dalle sue.

Lei  è mia, lei è il mio riscatto dall’oscurità, lei, il mio tormento e la mia salvezza.

Yuki, se avessi saputo il male che il nostro amore ci avrebbe causato, forse quel giorno ormai lontano avrei premuto il grilletto, non avrei lasciato che le tue dolci parole potessero convincermi.

Perché con questa nostra fuga firmiamo la nostra condanna.

Eppure, guardandoti, le guance rosse per la corsa, gli occhi enormi, le ciglia perfette nere, pronte a incorniciare il cioccolato liquido dei tuoi occhi.

Bagnata da questa pioggia che non cessa di cadere, quasi per protegger la nostra follia, per cancellare le nostre tracce, complice della nostra fuga.

Sei bella come non mai Yuki, nemmeno nei ricordi che vividi avevo conservato, in attesa della fine, in attesa di una vita senza di te.

Perciò continuo a correre, continuo a combattere, come mi hai insegnato, con te, ancora al mio fianco.

 

“Zero, dove mi stai portando?” Chiese la ragazza, cercando di non cadere.

Correvano da molto, tra la gente, tra i vicoli di quella città.

“Ricordi il tizio con la benda sull’occhio?” Sorrise il vampiro, trascinando Yuki per costringerla a seguire il suo passo.

Lei annuì distrattamente, mentre con una mano cercava di spostarsi i capelli fradici dagli occhi.

“Cross mi ha detto dove si trova, ci ospiterà” Disse sbrigativo.

Yuki sobbalzò. Quant’era che non parlava con l’uomo che per tutti quegli anni gli aveva fatto da padre e da madre? Quel direttore dall’aria svampita, Kaien Cross quell’Hunter che fino all’ultimo aveva creduto che tra umani e vampiri potessero esister pace e armonia; giocando l’aveva sempre chiamato direttore, formalmente, come se tra loro non fosse esistito alcun legame, ma entrambi sapevano, entrambi condividevano quell’affetto sincero, quello di una figlia per un padre, e quello di un padre per una figlia.

“Sta bene...E’ vivo e vegeto, anche se all’associazione gli impediscono di cucinare le sue schifezze” Esclamò Zero, cercando di rispondere alla domanda muta della giovane Kuran.

“E’ stato lui ad indicarmi Yagari, era preoccupato per noi...come sempre” Continuò

Toga Yagari, se lo ricordava Yuki, quell’uomo dal volto sfigurato, l’Hunter senza pietà che per poco non aveva ucciso Zero con un’arma antivampiro, azione che si era rivelata poi il cruento tentativo di un maestro di risvegliare l’istinto di sopravvivenza dell’allievo. Aveva un modo tutto suo di amare Yagari.

Ad un tratto Zero si fermò, la pioggia continuava a cadere, a battere incessante sui tetti, sulle vetture parcheggiate, sull’asfalto. Le dava le spalle, poteva vedere la giacca fradicia alzarsi e abbassarsi velocemente, a ritmo con il suo respiro affannoso.

“Yuki” La chiamò serio, senza voltarsi, ma sempre tenendole la mano ben stretta.

“Sei davvero sicura di quello che stai facendo? Puoi sempre tornare indietro, se vuoi...Il posto dove stiamo andando è molto lontano da qui...E una volta preso quell’aereo tutto cambierà per noi, per te...Sai vero, che stiamo firmando la nostra condanna a morte?” Terminò, sentendo già il vuoto dell’abbandono, allentando la stretta attorno alla piccola mano della ragazza, per lasciarle la libertà di andarsene, se avesse voluto.

Sentì le dita di lei scivolar via.

“Brava Yuki...” Pensò senza alcun rancore.

Ma le braccia di lei lo sorpresero ancora una volta, lo stringevano, esili, ma forti allo stesso tempo. Lo cingevano in un abbraccio confortante, caldo.

“Io ho scelto la mia condanna...ripeterei all’infinito ogni singolo gesto, se servisse a riportarmi ancora una volta qui, tra le tue braccia. Verrò ovunque, scapperò ovunque assieme a te...”  Pronunciò quelle parole, ostentando una sicurezza che quasi gli fece paura.

Si voltò per darle un bacio, un bacio umido di pioggia, suggellando così una promessa.

Corsero fino all’associazione Hunter, dove un uomo coperto da un cappello e un lungo impermeabile li attendeva con dei biglietti aerei.

“Eccovi, finalmente...” Li accolse, la voce familiare. Si tolse il copricapo, lasciando che la pioggia gli lavasse il viso, bagnandogli gli occhiali da vista e i capelli chiari, lunghi lisci.

“Papà!” Esclamò lei stringendo quella figura alta e snella.

“Mia dolce Yuki” La accarezzò lui dandole un bacio sulla fronte.

“Zero, partirete stasera, ho già avvertito Yagari... E’ una follia, ma è naturale, voi due siete i miei preziosi figliocci, dopotutto” Cercò di scherzare, di rendere quell’addio meno doloroso.

“Prenditi cura di lei Kiryu...” Gli poggiò una mano sulla spalla.

Il ragazzo annuì determinato.

“Cross, grazie, per tutti questi anni” Mormorò poi, lo sguardo nostalgico.

“Ehi, non è un addio! Via quei musi lunghi!” Rise, anche se le sue parole suonarono meno convincenti di quanto volessero essere.

I due ragazzi ripresero la loro fuga, questa volta verso l’aeroporto. Nessun bagaglio, se non la speranza.

“Dove stiamo andando?” Domandò Yuki, la voce roca per la stanchezza.

Zero le allacciò la cintura.

“Molto lontano” Le sorrise.

“Non fare il misterioso...” Mugolò lei accoccolandosi contro la sua spalla.

La Hostess si avvicinò incuriosita da quei due giovani passeggeri dai tratti bellissimi, la pelle candida.

“Avete bisogno di qualcosa?” Chiese gentilmente, indugiando sui loro abiti, sulla leggera sottoveste di lei, sporca di un qualcosa di roseo, vino?

“No, non si preoccupi” Rispose Zero, liquidandola.

“Ok, per qualsiasi necessità, non esitate a chiamare, il viaggio fino a Londra durerà un bel po’”  Gli comunicò allontanandosi.

“Ah! Così Yagari si è trasferito a Londra?” Chiese Yuki, la voce già impastata dal sonno.

“Non ci sono mai stata...Che bello” Sussurrò prima di addormentarsi definitvamente, esausta, ma sulle labbra un sorriso felice.

 

 

Angolino dell’autore:

fuga, fuga, e ancora fuga...in una delle mie città preferita, la bellissima Londra!

Come verranno accolti i nostri due eroi? Yagari li butterà fuori a calcioni, quando i due si presenteranno ala sua porta? Dov’è finito Kaname? Tutto nelle prossime puntate...Ok, mi sento incredibilmente idiota, stile sceneggiatrice di una qualche fiction di serie B ahahah!

Un bacio a tutti i lettori, e un bacio ancor più grande a chi perderà tempo a RECENSIRE anche questo breve settimo capitolo!!

Allyn

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Capitolo 8
*** Verità ***


Capitolo 6

Verità

 

[Yuki]

“E’ un sogno splendido. No, è’ la realtà, la triste realtà...finalmente sono impazzita. Le mie labbra dolcemente premute sulle sue. Quanto tempo? Uno, due mesi, l’eternità? Senza poterlo toccare, senza poter mescolare il mio respiro al suo.

Ho cercato invano di cancellare i segni del tuo passaggio sulla mia pelle, ma questi se ne stavano là, indelebili, tatuati a caldo nei ricordi, scolpiti in ogni singola mia cellula.

Zero...Anche se ora le mie dita sfiorano il tuo viso, anche se le tue guance mi sembrano calde, so, in cuor mio so, che sei il mero frutto della mia follia.

Ma non importa, se tutto ciò basterà a dar sollievo al mio cuore infranto, vuoto.

Non importa se tutto questo mi allontanerà ancor più dal mondo, dalla realtà, non importa più niente, se non posso averti”

 

 Zero si staccò da lei, quel tanto che bastò per guardarla in viso.

“Yuki! Yuki, non sei impazzita” La scosse delicatamente afferrandole i polsi gracili.

Lei lo osservò confusa, l’aria stranita.

“Ze-Zero?” Sillabò, le mani tremanti.

Il ragazzo annuì serio.

Gli occhi di lei si inondarono di lacrime.

“Non sei pazza, Yuki...” Continuò a ripeterle lui, stringendola a sé, carezzandole i capelli, quasi fosse stata una bambina.

Si sentiva finalmente completa, tra quelle braccia, il viso contro il suo petto. Poteva percepire il battito accelerato di quel cuore complementare. Il suo Zero.

Era vero, reale, come il dolore che aveva provato, come la voragine nel petto, che pian piano stava sparendo.

Si allungò sulle punte dei piedi, cercando di raggiungere ancora una volta la sua bocca.

“Ti amo” Mormorò prima di colmare il divario tra le loro labbra, ma lui si voltò, evitando il suo bacio.

“Non posso” Le disse, guardando altrove, il cuore già in pezzi. Lo sguardo impenetrabile, fisso, freddo e lontano.

Doveva ferirla, doveva convincerla che quello era il suo posto, e che lui...lui non la amava. Eppure, nonostante sapesse cosa fosse meglio per lei, non riusciva a lasciarla, ad arrendersi alla richiesta di Kuran.

Cosa poteva offrirle se non il baratro più nero della condanna?

“Zero...” Lo chiamò lei, le lacrime ancora lì, a rigarle il bel viso pallido.

“Tu...Non mi vuoi più...” Si allontanò da lui, afferrandosi le braccia e stringendosi più forte che poteva, stava crollando. Mai nella sua mente aveva pensato a qualcosa di simile.

Zero che non la voleva.

Zero che la rifiutava.

Chiuse gli occhi, non aveva intenzione di vedere oltre, quella era solo la sua mente, era solo un’illusione creata dalla sua follia, dal senso di colpa.  Cercò di convincersene.

Ma quando li riaprì il ragazzo era ancora di fronte a lei, l’espressione ancora più triste.

“Yuki, devi ascoltarmi...” Sospirò sedendosi sul letto.

“Tu devi dimenticarmi...” Le disse atono.

La ragazza crollò a terra, in ginocchio. Le mani sul volto.

“Come...com’è possibile...”

“Io non ti amo più, non ti voglio...devi scordarti tutto, noi, quella dannatissima notte, e vivere insieme al tuo sanguepuro...” Esalò, quasi gli avessero stretto un cappio al collo.

“So di averti lasciato senza una spiegazione...so di essere fuggita via, tra le braccia del Nobile fratello...pensavo che sarebbe stato meglio per entrambi, separarsi, far finta che non fosse mai accaduto niente...e invece...la tua presenza mi scavava dentro, non occupavi solo metà del mio cuore...lo occupavi tutto, così come il tuo sangue, occupava tutta la mia mente”

Piangeva, straziata, le mani tra i capelli, in ginocchio sul pavimento freddo. Se davvero le cose stavano in quel modo, non sarebbe riuscita a sopravvivere. Preferiva di gran lunga la morte ad un’intera eternità senza di lui.

Il ragazzo chiuse gli occhi, come poteva mentirle se quelle iridi cioccolato lo incatenavano?

Si alzò, fece per andarsene, quando la mano di lei gli afferrò i pantaloni. La sua stretta non era particolarmente forte, ma bastò per trattenerlo, inchiodandolo.

“Yuki...non rendere le cose più difficili, ti prego”

“Non andartene...” Supplicò lei, la voce flebile.

“Dimmelo guardandomi negli occhi...che non mi ami” Sussurrò, sempre più piano.

Si era già arresa a quella menzogna? Come poteva pensare che quello che le aveva detto fosse vero? Forse era davvero pazza, per credergli?

“Stupida, piccola, folle Yuki” Pensò il ragazzo, mentre la razionalità andava a farsi benedire.

Come poteva? Come avrebbe mai potuto? Al diavolo Kuran, al diavolo i sanguepuro, al diavolo quel destino crudele che gli incombeva sulla testa, nelle vene.

Si voltò e cadde in ginocchio di fronte a lei, gli occhi viola, ora umidi di lacrime.

“Stupida...stupida...stupida per avermi creduto anche solo per un istante...” Cantilenò stringendola con entrambe le braccia, poggiando la fronte contro la sua, per poi scivolare più giù e baciarle il collo, quella pelle così morbida che tanto gli era mancata.

Era stato veramente un folle a poter credere, anche per un solo istante di riuscire a realizzare l’accordo preso con il sanguepuro.

“E’ ormai inutile chiederti perché...eh Yuki? Perché ogni volta è così tra noi?” Sussurrò prima di affondare i denti e bere il suo sangue.

Ancora, si erano macchiati ancora delle colpe più gravi, proprio come quella notte.

“Perdonami Zero...” Ansimò la ragazza, le dita conficcate nella sua schiena, e un sorriso indecifrabile stampato sul volto.

La ragazza si lasciò bere, per un tempo che le parve interminabile, per quanto le labbra e i denti di lui la mandassero in estasi, moriva di sete, moriva dalla voglia di invertire i ruoli, di rifocillarsi con quel nettare dal sapore tanto diverso da quello del fratello.

Si staccò dal ragazzo quasi con violenza, lo guardò, specchiandosi nelle iridi cremisi, posò un bacio sulla sua bocca, il sapore di Zero intriso del suo sangue le metteva ancora più sete.

Lo spinse a terra, sdraiandolo sul pavimento e bloccandolo con le ginocchia, quasi fosse stato la sua preda.

Una preda anche troppo vulnerabile, perché il ragazzo conosceva quel tipo di fame, conosceva quel mostro insaziabile che ti divora dall’interno, trasformandoti quasi in un animale senza coscienza, se non quella del cacciatore.

Ma di Yuki avrebbe amato anche questo lato, più selvaggio, e forse più vero, più simile al suo.

D’altronde erano questo, loro, i vampiri, bestie dall’aspetto umano.

Sorrise soddisfatto quando le esili dita di lei gli strapparono tutti i bottoni della camicia, quando le sue unghie lo ferirono, seguite dalle labbra, morbide, e da quella lingua avida che leccava, assaporava, bramava.

Si stava torturando la sua piccola e innocente Yuki, e stava torturando anche lui, che per tutti quei giorni non aveva pensato che a quel momento.

Ma la lasciò fare, la lasciò divertire, fino a quando, non giunse vicino al suo viso, gli occhi grandi, spalancati, color porpora avevano sostituito la dolcezza del cioccolato, i capelli spettinati, le ricadevano sulle spalle, sulla fronte.

Assetata come non mai, bella, come non era mai stata.

Le morbide ciocche scure gli ricaddero addosso, mescolandosi alle sue, argentee, ugualmente lisce, e poi eccole, prima le sue labbra, che lente indugiarono sulla pelle ancora intatta, la lingua, umida, calda, e infine i denti.

Avida, come un livello E.

Gli portò le mani alla testa, accompagnandola, poi sulle guance, piangeva di nuovo.

“Che c’è Yuki?” Le chiese docilmente, senza spostarsi di un millimetro, lasciandola bere.

“Perché piangi?” Domandò ancora. Ma lei non gli rispose, rimase avvinghiata al suo corpo, gli occhi socchiusi. Poco dopo, finalmente sazia  si accasciò sul suo petto. L’aria stanca, soddisfatta.

“Mi sei mancato veramente Zero... So che può sembrarti strano, ma...adesso mi sento veramente bene” Sorrise, pulendosi le labbra sporche di rosso, per poi fiondarsi su quelle del ragazzo in un bacio indelicato.

“Dimmi la verità, perché sei giunto fin qua? Per dirmi tutte quelle menzogne?”

“Cosa potrei offrirti Yuki? Se non una vita maledetta, condannata dalla mia sete perenne, dal mio sangue corrotto...”

“Io placherò la tua sete, sempre...come allora” Controbatté lei, lo sguardo sicuro, lo stesso di quando vivevano al collegio.

“Perché stare con me, quando qui hai tutto ciò che vuoi? Tu appartieni a questo mondo Yuki, appartieni alla stirpe dei Kuran, appartieni a lui...” Si fece serio in volto, ricordando le parole di Kaname.

“E’ stato lui a chiedertelo...vero?” Si alzò arrabbiata. Fino a che punto si sarebbe spinto il Nobile fratello pur di trattenerla a sé... Doveva decidere, doveva smettere di illudersi, il suo amore non le sarebbe mai bastato per esser felice, per sentirsi completa.

Doveva scegliere, anche se tutto ciò avrebbe deluso l’anima dei suoi genitori, anche se ciò l’avrebbe condannata all’odio di Kaname.

Anche se ciò, sarebbe equivalso a macchiarsi ancora delle colpe più gravi.

Era quella la verità innegabile, lei lo amava troppo per viver senza di lui, senza l’altro, quello che ora rimaneva steso a terra, poggiato sui gomiti, l’aria stanca, il collo marchiato da due segni lividi, due piccole ferite aperte ancora sanguinanti...

“Portami con te Zero...” Esordì poi, la voce inizialmente instabile, poi sempre più salda, mentre gli ripeteva quelle parole.

“Portami via con te...”

 

 

Angolino dell’autore:

Un po’ in ritardo causa studio...chiedo perdono...spero che questo capitolo sia di vostro gradimento! I due non ce l’hanno fatta, si amano troppo *w*, ma Zero, avrà il coraggio di sfidare l’ira di Kaname e portar via con sé la piccola e “assetata” Yuki? O la lascerà lì, anche se a malincuore?

Alla prossima. ;)

Anche se non obbligatorie, naturalmente, le vostre recensioni sono sempre moooolto gradite, oltre a rendermi allegra, mi aiutano anche a migliorare...

Un bacio a tutti i lettori

Allyn

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Capitolo 9
*** Ricordi e Rabbia ***


Capitolo 9

Ricordi e Rabbia

 

Kaname guardò la stanza vuota. Avrebbe dovuto immaginarlo; avrebbe dovuto sapere, che prima o poi sarebbe successo, ma ancora non riusciva a crederlo, fino all’ultimo aveva sperato che lo spazio occupato nel cuore di Yuki fosse abbastanza da convincerla a rimanere al suo fianco, per sempre.

Aveva confidato nel ripudio che Zero nutriva per se stesso e per i vampiri, ma non era bastato, l’amore per la sua Yuki era stato troppo forte, tanto da sfidarlo, da portargliela via.

Si sdraiò su quello che era stato il loro letto, tra le mani una rosa imprigionata nell’ambra, costretta per l’eternità a rimanere immobile, sola, immortale in quella posizione, i morbidi petali dischiusi per metà, incompleti, come lui…

Qualcosa di bello, perfetto, che non sarebbe cambiato mai, nonostante il susseguirsi lento dei secoli; eterno e solo, come lui.

Ricordò il giorno in cui gliela regalò, era ormai lontano, ma alla sua mente il viso di Yuki era vivido, come in una fotografia, sorridente, caldo, le guance rosse per la vergogna mentre si rigirava imbarazzata il bel monile tra le dita.

Non sapeva, al tempo, quanto quella rosa, fosse simile alla loro condizione di vampiri, eterni, imprigionati in una realtà nella quale non è possibile sfiorire, ma neppure dischiudere totalmente i propri petali; una condizione tale per cui il cuore rimane sospeso, fino al momento in cui qualcuno non se ne appropria, confiscando l’animo alla solitudine, per poi stringerlo in un bacio di sangue che scaccia via il dolore.

Per lui, Yuki era stata la salvezza; si era ancorato a quell’idea di amore, di felicità, quel sentimento l’aveva tenuto in vita, l’aveva convinto a non ricordare l’ormai remoto passato, quando c’era l’altra al suo fianco, quando l’idea di liberare il mondo dalla loro razza aveva preso posto nella sua mente.

Ma Yuki l’aveva abbandonato, non era più necessario adesso, credere a quella salvezza che gli era sembrata possibile.

Eppure, lui l’aveva amata, dal primo momento in cui l’aveva vista, piccola, indifesa, tra le braccia di quelli che aveva impropriamente chiamato genitori, e che l’avevano amato, come un figlio.

Aveva promesso, a se stesso, e agli occhi di Haruka e Juuri Kuran, che l’avrebbe protetta, l’avrebbe stretta tra le sue braccia per sempre.

E quella sensazione di pace, di confortevole amore, gli aveva scaldato il cuore antico, e con il passar degli anni si era dimenticato della verità, si era allontanato dal dolore di chi era realmente, il capostipite dei Kuran, risorto per mano di Rido.

Strinse quel monile tra le dita, finché l’ambra solida non si spezzò, sgretolandosi poi piano, per lasciar posto ai morbidi petali della rosa, che finalmente liberi, ma morti da tempo, caddero uno dopo l’altro, direttamente dal bocciolo senza aver avuto la possibilità di schiudersi in un fiore maturo e profumato.

Si alzò dal letto, determinato a porre fine a tutto, al suo dolore, e a quello degli uomini.

Da tempo pensava che la sua razza non fosse altro che un morbo, da eliminare, o almeno da contenere. Questo pensiero era stato tramutato in possibilità molto tempo addietro, quando lei, la donna del suo passato, la donna che gli aveva dato un nome si era sacrificata; aveva lasciato che il suo corpo diventasse il metallo, l’essenza destinata a divenir l’anima delle armi impugnate dagli Hunter, un regalo agli uomini, per potersi difendere dalla bestialità dei vampiri.

Cos’altro gli rimaneva, se non quella nuova speranza di morte e ancor prima di quella, la vile soddisfazione della vendetta.

Sarebbe divenuto più forte, avrebbe perseguito il piano che fin dall’inizio aveva tentato di realizzare divorando Shizuka Hio, ma che aveva dovuto abbandonare per amore della sua Yuki, abbagliato da una possibile felicità che si era dimostrata poi fasulla. Avrebbe ripreso in mano quelle redini folli, avrebbe cercato, stanato, quegli esseri antichi, quei vampiri perenni, ne avrebbe mangiato il cuore, l’anima, bevuto il sangue...poi, una volta completo si sarebbe cibato del “traditore”, l’avrebbe dilaniato, dissanguato, e infine si sarebbe preso anche lei. L’avrebbe fatta sua, si sarebbe appropriato del suo cuore, solo in quel modo sarebbero potuti rimanere assieme, per sempre, mentre la fornace li trasformava in un’unica essenza, in un unico metallo.

Rivangò alla mente Artemis, l’arma di Yuki, quella falce dall’aspetto perfetto, lucente. Si domandò se non fosse stato un segno del destino il fatto che fosse proprio la sua amata “principessa” ad impugnarla.

In Artemis risiedeva anche un po’ dell’altra, la donna che per tutti quegli ultimi anni aveva relegato in un cassetto, ma che riemergeva nel sapore del suo sangue, che riaffiorava assieme ai ricordi nascosti nel liquido porpora che gli scorreva nelle vene; chissà se Yuki l’aveva sentita…Se lo chiese, mentre, in quella notte più buia del solito, si avventurava fuori dalla villa Kuran, un sorriso da mostro stampato sul volto.

 

Yuki spalancò gli occhi spaventata, per un attimo, nell’incubo aveva visto il mondo andare in fiamme, Zero perire, trasformato in cenere…

Cercò di respirare piano, tenendosi una mano sul petto, con la speranza di regolarizzare il cuore accelerato. Fuori pioveva forte, l’acqua cadeva dal cielo seguendo il vento, ticchettando incessantemente sul vetro dell’unica finestra in quella piccola stanza.

Si tranquillizzò nel vedere Zero al suo fianco, nudo, coperto alla meglio con una vecchia trapunta.

Si chinò su di lui, adagiando la testa sul suo petto, cercando di farsi cullare dal suo respiro tranquillo.

Sorrise felice, ora serena. Niente li avrebbe più divisi, e quella situazione, quell’atmosfera di dolcezza, di trasognata quotidianità anestetizzava le sue paure.

Si strinse ancor di più contro quel corpo che amava tanto e chiuse gli occhi addormentandosi di nuovo, sperando di sognare il suo viso.

 

 

 

Note dell’autore:

anche se più breve rispetto al capitolo precedente, rieccomi, a distanza di due giorni, un record, visti i miei ultimi mille impegni…Ecco a voi i piani di Kaname, totalmente impazzito, ma di pari passo con la sua morbosità!!!! Ahahaha Adorabile, folle purosangue! Spero che gradiate, e che abbiate anche apprezzato il precedente chapter, e le sue scenette “lemon” ahaha

un bacio a tutti i lettori pazienti, e un abbraccione extra a chi avrà la voglia di farmi felice e RECENSIRE!

Allyn

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Capitolo 10
*** Amore e Sangue ***


Capitolo 8

Amore e Sangue

[Yuki]

 

Corro tra la folla, ho perso la sua mano, lui non è più al mio fianco.

Dove mi trovo? Zero, dove sei finito?

Sento un odore familiare nell’aria, odore di sangue, il sangue dei Kuran, il sangue del Nobile Fratello.

Che sia venuto a prendermi? A strapparmi dall’imperdonabile felicità che sto cercando di inseguire fuggendo?

No, non può essere, perché ora lo vedo, lo sguardo perso, adorante. Non guarda me, non cerca me. Cerca altre labbra, cerca un altro collo, il collo di una donna bellissima, di una vampira come noi.

Sto sognando, sto ricordando le immagini di un tempo lontano, solo adesso nella mia mente addormentata hanno preso forma.

Sto vivendo i ricordi di Kaname, i ricordi del suo sangue. Perché l’uomo che ho amato, perché l’uomo che ho chiamato fratello impropriamente, non è altro che uno tra i vampiri più antichi, il capostipite dei Kuran.

Riportato alla vita da nostro Zio Rido, grazie al sacrificio del primogenito dei miei defunti genitori.

La sua vita lontana, mi scorre davanti. Accanto a lui c’era lei, le sue parole, i suoi gesti rassicuranti, le sue labbra...si amavano.

Chi era quella donna misteriosa?

“Yuki...svegliati, dormigliona!” Esclamò Zero, scuotendo leggermente la ragazza.

Lei mugolò qualcosa di indistinto prima di aprire gli occhi, l’aria sollevata.

“Grazie di avermi svegliata. Stavo facendo un incubo, o meglio...” Si zittì strusciandosi gli occhi e ripensando allo strano sogno. I ricordi di Kaname le erano fluiti nella mente come un film, come un racconto, nella quale si era trovata immersa

“Un incubo eh?”

“Si...Per quanto ho dormito?” Si stiracchiò sorridendo, ancora un po’ intontita.

“Per quasi tutto il viaggio, siamo arrivati, Yuki” Le carezzò la testa, mentre l’aereo atterrava.

Era sera, quando arrivarono, il sole era già calato da molto, la temperatura era rigida, e la pioggia cadeva placida, bagnando ogni cosa; accarezzava i tetti, l’asfalto, gli ombrelli dei passanti.

Ma nonostante il grigiore del tempo la città sembrava magica, antica ed eterna. Un viavai di persone immerse in un mondo nuovo, frenetico, mentre i profili delle abbazie rimanevano calmi, attenti ad ascoltare lo scorrere delle ore e delle gocce d’acqua.

“E’ bellissimo!” Esclamò Yuki guardandosi intorno.

“Qui è tutto così diverso, così lontano da casa nostra. Vero, Zero?” I capelli bagnati le incorniciavano il viso speranzoso.

“In questo luogo potremo ricominciare...” La strinse lui, forte, animato da una nuova fiamma, da un bagliore di salvezza che gli ardeva dentro. Inizialmente flebile, come una piccola candela, poi questo timido barlume era esploso, divenendo un sole abbagliante, luminoso come il sorriso della compagna.

Eppure, di fronte a tutta quella luce non poteva non notare le ombre, il buio della loro esistenza, l’orrore della loro natura. Ridevano, piangevano, vivevano, gli altri, gli umani, incuranti dei mostri nascosti nella notte. Incuranti di loro...

Zero sospirò, consapevole, che in quel nuovo inizio insieme permaneva la condanna del sangue; in qualsiasi posto, luogo, villaggio, città, anche in capo al mondo sarebbero rimasti per sempre vampiri.

Maledetti, per l’eternità.

“Ehi Kiryu! Fai sparire quel muso lungo!?” Scherzò la ragazza, per poi stampargli un bacio sulle labbra.

“Non chiamarmi per cognome,’tappa’” La prese in giro lui, posandole una mano sulla testa, evidenziando la differenza di altezza tra loro.

“Sei il solito antipatico...” Sbuffò lei, dandogli un pugno leggero sulla spalla, sinceramente divertita da quello scambio di battute che gli ricordava gli anni del collegio.

Erano liberi adesso, dalle uniformi, che fossero della day o della night class non importava, erano liberi e basta, da tutto, da tutti, dagli obblighi dettati dal sangue, due fuggiaschi.

“Andiamo” Zero la prese per mano conducendola tra quelle strade sconosciute, tra le voci della gente.

 

L’appartamento di Yagari era situato in un vicolo abbandonato, pieno di pozzanghere e dall’asfalto irregolare, poco distante dal centro città. Sembrava un piccolo mondo a parte, un qualcosa di isolato, quasi abbandonato.

Cercarono il portone, era anonimo e dalle tinte scure. Bussarono, ma non rispose nessuno. Rimasero lì, per molti minuti, sotto una pioggia che non cessava di cadere dal cielo plumbeo.

Una figura scura li sorprese avvinghiati in un abbraccio, entrambi seduti sullo scalino di marmo.

“Kiryu, Cross! Entrate prima di prendervi un accidente!” Brontolò Yagari, buttando per terra una sigaretta ridotta al filtro e aprendo il portone dell’edificio con uno scricchiolio.

I due lo seguirono muti, salirono con lui le scale, percorsero gli stessi passi di quegli scarponi di pelle zuppi d’acqua, fino a fermarsi di fronte ad una porta contrassegnata da un numero a due cifre.

“Benvenuti nella mia dimora!” Li esortò ad oltrepassare la soglia dell’appartamento, per poi accendersi l’ennesima sigaretta.

Un rivolo di fumo grigiastro pervase l’aria.

“Ehi ragazzo! Giochi a fare il vampiro esiliato, adesso? O sei semplicemente venuto fin qua per rompermi le scatole!” Borbottò l’Hunter, fissandolo con l’occhio buono.

Zero ammiccò un sorriso, che di sorriso non aveva niente, se non i denti candidi appena scoperti, i canini affilati si notavano appena in quel ghigno grottesco.

“Far domande è lecito, rispondere, nel tuo caso, è un obbligo...dato che questa è casa mia...e che Kaien mi ha devastato l’anima al telefono, con questa storia dell’ospitalità” Sbottò gettandosi di peso sul divanetto di pelle.

Yuki guardò il compagno, si vergognava terribilmente di tutta quella situazione, e allo stesso tempo ne era felice, forse in quel luogo sarebbero stati al sicuro. Pensò che non fosse corretto, per il momento intromettersi in quel dialogo tra allievo e maestro.

“Penso che il direttore ti abbia già spiegato le dinamiche” Si limitò a rispondere il giovane.

“Oh certo, ad esempio che hai avuto la malsana idea di fartela con la promessa sposa di Kuran!? Nonché figlioccia di Cross, e quasi dimenticavo...vampiro purosangue” Terminò la frase con una risata.

“Senza offesa, Yuki” Aggiunse Yagari volando il cappello sul pavimento assieme alla giacca fradicia.

“Fareste meglio a spogliarvi anche voi...La casa è grande, ci sono due bagni e due camere, questo è il soggiorno, e più in là il cucinotto” Indicò pigramente con le dita ossute, piene di cicatrici.

Yuki annuì, correndo in bagno per cambiarsi.

“Dì alla tua amichetta che per adesso potete abusare dei miei abiti smessi. Cross vi spedirà a breve dei soldi. Ehi Zero, prima che tu la raggiunga...volevo chiederti: perchè?” Lo fissò negli occhi, cercando la ragione di quella follia in quelle iridi viola, in quello sguardo freddo, lo stesso di quando era ancora un bambino,

“Perché la sua presenza non è mai stata piccola nel mio cuore” Rispose sincero, ricordando una vecchia conversazione con il maestro.

“Capisco” Mormorò tirando avidamente dalla sigaretta, la piccola brace ardeva nel grigiore scuro di quella sera londinese.

“In ogni modo questa è la prova del fatto che non ti sei ancora arreso...Bravo ragazzo! Solo che...potevi evitare di cacciarti in un casino simile. Kuran ti darà la caccia in ogni angolo del mondo” Disse amaramente.

“Stanotte ho una missione, le chiavi le trovi in uno dei cassetti dell’armadio, adesso mi faccio un pisolino. Domani riparleremo di questa storia, Kiryu...non combinare altri casini!” Disse per poi spegnere la sigaretta tra due dita umide di saliva e addormentarsi in pochi minuti.

Zero sospirò. Il maestro non era cambiato per niente, sempre pronto ad aiutarlo, a sacrificarsi per lui e per i suoi capricci, anche se tutta quella storia non poteva esattamente esser definita un capriccio.

Raggiunse Yuki, la trovò ancora in bagno, avvolta in un asciugamano di fortuna, i piedi nudi sul pavimento coperto di condensa. Si stava tamponando i lunghi capelli scuri nell’intento di asciugarli.

“Quel capellone di Yagari avrà pure un phon da queste parti!” Scherzò Zero, porgendole una maglia del maestro e rovistando tra i cassetti bianchi.

I pomelli dorati sembravano consumati, e ogni anta aperta produceva un inquietante cigolio.

“Se lo dici tu ” Sospirò Yuki divertita.

Sorrise nel trovare quello che cercava.

“Così farai prima!” Le disse accendendo l’asciugacapelli e puntandoglielo contro.

Le strappò la spazzola che aveva appena preso tra le dita, obbligandola a sedersi di spalle e ad assecondare quel suo piccolo e improvviso capriccio.

“Ehi Zero...mi piace, quello che stai facendo...” Esordì lei, pochi minuti dopo, le guance in fiamme, e una sensazione di pace a riscaldarle la mente e il cuore, mentre il ragazzo armeggiava con le sue ciocche scomposte dall’aria calda.

Yuki chiuse gli occhi, ricordando le mani di Kaname, intente ad asciugarle i capelli, a sistemarle le unghie, a vestirla, intente a soddisfare ogni suo bisogno e azione quotidiana. Gesti che l’avevano sempre tremendamente imbarazzata, che la facevano sentire una bambola di pezza, impotente tra quelle grandi dita affusolate. Le mani di Zero erano diverse, il modo in cui la toccava non le appariva morboso, artificioso, anzi, le sembrava di non aver desiderato altro nella vita, se non il tocco delle sue dita sulla pelle, tra i capelli.

Si stupì nel sentire sulla spalla un suo bacio umido, quasi venuto in risposta a tutti quei pensieri e ricordi, poi la sua lingua morbida, calda, che le percorreva il collo. Un brivido più forte, mentre il phon soffiava la sua aria altrove, dalla parte sbagliata, un altro brivido prima che i denti di Zero affondassero senza preavviso nella sua pelle.

“Mi piace anche quando fai così, Zero...” Sussurrò, reclinando la testa all’indietro, lasciando che le mani di lui le cingessero la vita insinuandosi sotto l’asciugamano.

I suoi canini cancellarono il ricordo di Kaname, così come le sue mani.

Poco dopo Zero si staccò da lei con un sorriso soddisfatto, il phon abbandonato sul pavimento. Con un bacio le pulì il collo dalle tracce di sangue. La ragazza sorrise, i capelli ancora leggermente umidi, non le importò di finire di asciugarli. Si voltò verso Zero, che dal canto suo la guardava compiaciuto, seduto alla meglio sul pavimento umido.

Yuki lo travolse, gli occhi cremisi, si mise a cavalcioni su di lui, importandosene ben poco che l’asciugamano la coprisse o meno, o se nell’altra stanza ci fosse Yagari addormentato sul divanetto.

Afferrò il viso di Zero con tutte e due le mani, baciandolo con foga, imprimendosi il suo sapore nella mente e sulla lingua, per poi buttarlo con il suo peso a terra, leccargli piano il collo, e prendendosi ciò che ormai era suo di diritto.

Affondò i canini con molta meno gentilezza di quanto aveva fatto il ragazzo, bevendo avida, ancora assetata per quei mesi passati senza di lui.

“Sei diventata una vampira veramente brava, Yuki” Le mormorò il ragazzo osservandola, gli occhi chiusi, le labbra impegnate, il viso arrossato, le mani che stringevano le sue. Chiuse gli occhi anche lui, felice per quel gesto, per quel loro scambio d’amore, ma triste allo stesso tempo, nell’immaginarsi ancora umano, nell’immaginare lei, ancora umana. Cosa avrebbero fatto, insieme in quel bagno? Di certo la loro passione non sarebbe esplosa in un reciproco dissanguarsi, mordersi, bersi...si sarebbero consumati a vicenda in un altro modo, possedendosi nell’altro modo che conoscevano, l’unico che lo Zero umano avrebbe potuto condividere con la sua Yuki umana.

Una lacrima gli rigò il viso. La ragazza aprì gli occhi sorprendendolo, staccandosi dal suo collo e pulendosi le labbra con la mano.

“Zero...” Lo scosse con un bacio sulla fronte.

“Cosa c’è che non va?” Gli chiese tristemente.

Lui la osservò alzandosi a sedere, cercando di non incrociare quello sguardo tornato nocciola.

“Zero, dimmelo”

“Stavo pensando...” Rise per quell’idiozia, ma dopotutto quella era la sua Yuki, per lei non avrebbe mai avuto segreti.

“Pensavo che se fossimo stati entrambi ancora umani, io non ti sarei saltato addosso per affondare i canini nel tuo collo, ma avremmo fatto l’amore su questo pavimento, ci saremmo baciati, privi della sete del nostro sangue, solo questo. E invece, guardaci!” Si toccò il collo e le mostrò la mano macchiata del loro peccato color porpora.

“E invece non siamo normali, siamo mostri, il corpo dell’altro non ci basta. Io ti berrei fino ad ucciderti, tanto è il mio desiderio, e tu, mia dolce, piccola Yuki, tu faresti lo stesso...”  Terminò la frase con un bacio tormentato, gli occhi umidi, li strizzò fino a sentir male, forse nella speranza che una volta riaperti potessero vedere un mondo diverso.

Anche Yuki piangeva, mentre le sue labbra si scontravano in una morbida danza con quelle di Zero.

Labbra dannate, le loro.

Erano mostri, lo sapeva anche lei...ma cosa potevano fare ormai? Come poteva esser diversa la loro esistenza? Avrebbe voluto dire a Zero che fare l’amore con lui quella notte ormai lontana era stato bello quanto bere il suo sangue, e che anche in quel momento lo desiderava, in un modo così intenso da sembrarle atroce, ma nonostante questo la loro natura persisteva, amore e sangue si mischiavano tra loro maledicendoli.

Strinse forte a sé quel ragazzo un tempo umano, baciandogli la fronte, i capelli argentati, le palpebre, le guance...

“Zero...Ti amo” Gli sussurrò all’orecchio.

“Anche se ormai siamo due vampiri...io ti amo, e non smetterò di farlo mai. Amo il tuo sangue, e amo il tuo corpo...amo la tua mente, il tuo caratteraccio, amo tutto di te...” Continuò.

“Anche io, Yuki” Le rispose lui staccandosi da lei, cercando di ricomporsi, asciugandosi le lacrime, traditrici di una debolezza e di un rancore ormai antichi.

La invitò ad uscire dalla stanza per preparare qualcosa da mangiare, “qualcosa di commestibile”, le aveva detto, cercando di scherzare, di tornare lo Zero di sempre.

Una volta solo si era spogliato degli abiti ancora bagnati, si era infilato sotto la doccia senza neppure guardarsi allo specchio, e lì sotto l’acqua tiepida aveva lasciato scivolare via lacrime e tristezza.

Quando riemerse dal bagno Yagari era già uscito, si chiese quante ore dormisse, sicuramente poche, era quella la vita di un Hunter, ma al maestro era sempre andato bene così, amava il suo lavoro e amava uccidere i vampiri.

Sorrise, lo sguardo truce.

Si avviò verso il cucinotto, vestito di un paio di pantaloni scoloriti e una maglietta di un vecchio gruppo rock, si promise che in seguito avrebbe chiesto spiegazioni al vecchio capellone, così, tanto per farsi due risate.

 

Yuki si era diligentemente buttata in un’impresa anche troppo ardua per le sue scarse capacità di cuoca, quella che doveva esser una frittata di verdure, giaceva inerme su un grande piatto di ceramica.

A coronare il tutto un sorriso compiaciuto dell’artefice.

“Eh? Cosa ne pensi? Non trovi che sia un capolavoro?” Esordì la giovane, invitandolo a sedersi alla tavola apparecchiata per due.

Aveva il sorriso di sempre, la sua Yuki, il suo, quello umano, sì, di certo guastato dai piccoli e candidi canini, ma ignorando quest’ultimi era pur sempre il suo bel sorriso caldo, e ciò basto per fargli accettare la cena di quella sera.

Mangiarono ridendo, prendendosi in giro, come sempre, come ai vecchi tempi, quando sulla tavola dominavano i manicaretti del direttore e le sue pazzie, quando tutto era ancora da decidere. Si promisero di visitare la città il giorno successivo, se la pioggia fosse stata clemente. Yuki aveva letto di Londra a scuola, e in qualche libro che la sua compagna di stanza le aveva prestato. Un po’ di tristezza la pervase, ripensando a Yori, l’aveva abbandonata, era partita senza neanche salutarla, ma era meglio così, per il suo bene, era meglio che la perdesse, che lasciasse la sua vita nel mondo degli umani.

La camera dove avrebbero dovuto dormire era abbastanza spaziosa. Un letto ad una piazza e mezzo giaceva poggiato ad una parete adornata da un vecchio poster raffigurante la bandiera britannica. L’armadio contro il muro sembrava avere un paio di secoli, ma l’odore  e la consistenza del legno convinsero Zero a relegare quel mobile nella categoria delle imitazioni.

Non c’era altro tra quelle quattro mura, se non un piccolo comodino e un tappeto ai piedi del letto.

“E’ molto accogliente” Convenne Yuki, buttandosi sul materasso ed allargando braccia e gambe fino ad occuparne tutta la superficie.

“Tu dormirai sul tappeto” Disse, chiudendo gli occhi.

Zero alzò un sopracciglio, poco convinto delle nuove disposizioni della compagna. Accese la piccola abatjour sul comodino, e si avventurò sul letto sovrastando Yuki.

“Tappeto” Ripeté lei, ad un soffio dal viso del ragazzo, che a quella parola alzò nuovamente il sopracciglio per esprimere tutto il suo dissenso.

“Io dico Yuki, invece di tappeto...” Rispose sdraiandosi completamente su di lei.

La ragazza scoppiò a ridere.

“Non ho intenzione di spostarmi...” Intimò.

“Ho capito, ho capito” Mormorò lei, rotolando su un fianco e dando così modo a Zero di sdraiarsi.

Si guardarono, per poi scoppiare a ridere, ebbri di quell’intimità, sicuri che nessuno dei due sarebbe fuggito quella notte abbandonando l’altro.

Zero le prese le mani, portandosele alle labbra.  Erano felici, nel bel mezzo di una Londra che non conoscevano, senza un bagaglio, se non il peso del loro imperdonabile amore, che probabilmente, anzi, quasi sicuramente li avrebbe ben presto condannati a morte.

Yuki si portò più vicino al ragazzo, colmando la distanza tra i loro respiri e baciandolo, per poi portare le dita sui vestiti troppo larghi, e sfilarglieli, un po’ imbarazzata.

Ma l’imbarazzo lasciò ben presto il posto al desiderio, un qualcosa di molto simile alla bramosia del sangue, un qualcosa di ugualmente viscerale, ciò a cui aveva accennato Zero nella loro conversazione in bagno.

Gli baciò il collo, il petto, i muscoli tonici, per poi risalire e cercare la sua bocca.

Zero ricambiò, un altro tipo di fame lo stava divorando, ma attendere era bello, un piacere struggente lo rendeva frenetico, vivo.

Si intrufolò sotto la vecchia ed enorme t-short, posò le dita sulla pelle morbida di quel piccolo seno; la ragazza si portò sopra di lui, sfilandosi la maglia, e liberandosi dall’impiccio degli abiti, cacciando via la timidezza si lasciò guardare da quello sguardo viola, toccare dolcemente, da quelle mani che amava.

Gli dette un altro bacio, più caldo, prima di unirsi al suo corpo, prima di cominciare a muoversi su Zero come non aveva mai fatto prima, piano, dondolando, cercando le sue mani, sussurrandogli che lo amava, per poi lasciarsi travolgere da quell’amore diverso, tanto bello e tanto buono come il sangue, ma così lontano dalla maledizione della loro natura.

Amarsi così, tra i sospiri, le mani di lui sui suoi fianchi magri, le labbra di lei incollate alle gemelle in un bacio affannato, amarsi così li faceva sentire quasi umani.

Fragili, uniti, allacciati, precari in balia del piacere, in balia di un amore non corrotto dal sangue.

 

 

Note dell’autore:

mi scuso per l’incredibile ritardo! Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, ho dato spazio alla parte più vorace e carnale dei nostri due personaggi, cercando di non diventare troppo Lemon, anche se, invece, penso di aver fatto un’enorme limonata...Oh! Dopotutto il capitolo si intitola amore e sangue! XD Ho cercato di descrivere quanto per questi poveri vampiri sia sottile la differenza tra amarsi dissanguandosi XD, e amarsi possedendosi, quanto soffra il povero Zero nell’immaginare un amore normale, privo della maledizione del sangue...Insomma, fatemi sapere, e naturalmente RINGRAZIO in anticipo chi mi renderà felice RECENSENDO questo capitolo...HOPE YOU ENJOY IT

un bacione

Allyn, curiosa al massimo di sapere le vostre impressioni!!!!

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Capitolo 11
*** Confessioni ***


Capitolo 10

Confessioni

 

Le prime luci dell’alba destarono Zero dal suo sonno. Flebili raggi, di un sole velato, filtravano dalla finestra illuminando la piccola stanza; Yuki sembrò non esserne minimamente disturbata, perché giaceva ancora raggomitolata su un fianco, i capelli ribelli sparsi sul cuscino, gli occhi ancora serrati, vittima del dolce incantesimo di Morfeo.

Una volta seduto sorrise, passandosi una mano tra le scomposte ciocche argentate, cercando di ridare un ordine alla chioma solitamente liscia. Si sentiva leggero, sospeso in un sogno, per un attimo credette di dormire ancora, perché la visione di lei, della sua pelle chiara, nuda, avvolta nelle pieghe morbide di quella trapunta rattoppata, non gli sembrava ancora reale. Per quanto tempo, per quante notti, chiudendo gli occhi, al ritorno dall’ennesimo incarico di Hunter, si era cullato con quelle immagini, con quei desideri che riteneva irrealizzabili? Ogni singola ora, ogni singolo istante, che aveva trascorso separato da Yuki, era stato impiegato per ricordarla, per immaginarla, e adesso lei era lì, sua, e lo sarebbe rimasta per tutto il tempo che il destino gli avrebbe concesso.

Riportò alla mente ancora intontita dal sonno il ricordo della notte appena passata, delle mani di lei strette alle sue spalle, mentre sussurrava il suo nome in un sospiro, il solletico dei suoi lunghi capelli sul petto, sul viso, e quei baci prima dolci, poi intensi, poi di nuovo dolci. Riportò alla mente il piacere, la voglia di non fermarsi per niente al mondo, la voglia di amarsi in quel modo fino allo sfinimento, fino a quando il cuore e la carne non si sono saziati del corpo dell’altro.

E così era stato, il sottile corpo di Yuki si era accasciato dolcemente sul suo, ancora allacciati, i cuori accelerati, rapidi, complici. Le aveva sussurrato di amarla, tante di quelle volte che non ne contava il numero, glielo aveva ripetuto fino a quando la stanchezza non si era abbattuta sulle sue palpebre.

Si lasciò nuovamente cadere sul materasso, in un certo senso ancora stanco, nonostante avesse riposato nel migliore dei modi. La sua Yuki non accennava a svegliarsi, e in quell’istante Zero rise di se stesso, e della sua impazienza. Si sentiva come un bambino, emozionato, alla sola idea di rivedere il cioccolato degli occhi di lei, di rivedere quel viso animarsi, ridestarsi da quel sonno profondo.

Le sfiorò una guancia col dorso della mano, poi la fronte, liberandola dall’intreccio di quei morbidi fili ebano, scoprendo la bellezza di un volto giovane, rilassato, le ciglia lunghissime che quasi sfioravano la curva degli zigomi.

“Yuki...” La chiamò posandole un bacio leggerissimo sulle labbra dischiuse.

“Ho sempre desiderato, vederti così, sentirti così vicina...” Ammise, sicuro di non essere udito, ma di giungerle magari come un eco lontano in qualche suo sogno.

Non seppe spiegarsi il perché, ma le parole fluirono rapide, forse perché protette dal sonno profondo di lei, forse perché in quell’istante, in cui tutto gli sembrò esser perfetto, capì che era giusto svelare i suoi misteri, i suoi segreti, anche se questi sarebbero stati uditi solamente da quelle pareti silenziose, custoditi per sempre in quella piccola camera.

Cominciò a parlare quasi sussurrando, piano, la testa tra le mani, lo sguardo basso, perso tra le lenzuola.

“La prima volta che vidi Kuran provai un senso d’odio incredibile, inizialmente lo detestavo per la sua natura di mostro...Un vampiro, come la donna che mi ha condannato, poi, chiuso nella mia stanza ripensai a quel gesto. Le sue mani pallide che sfioravano il tuo viso, in un modo tanto dolce; quegli occhi amaranto, posarsi su di te, appropriarsi di ogni tuo lineamento, e poi, eccolo, il tuo sorriso felice, le tue labbra che sfiorano la sua guancia. Lo odiavo, Yuki, perchè ero geloso, perché non capivo il tuo comportamento, non capivo per quale motivo tu non scappassi dalle mani di quell’immonda creatura. Ricordo ancora quella sera in cui entrasti in camera mia, allegra come non mai, cercasti di lodare la bontà di quell’essere, farneticavi riguardo una coesistenza pacifica, proprio come il direttore...ricordo ancora le tue mani, le tue piccole e morbide mani, quelle che tante notti mi avevano carezzato gentilmente la testa, aiutandomi a ritrovare il sonno; quelle mani si erano macchiate dell’odore di lui, ricordo ancora quando rifiutai il tuo tocco. Fece male Yuki, pensare che quelle mani che dolcemente tendevi verso il mio viso, fino a pochi minuti prima avevano stretto quelle del vampiro. Ma tu non capivi, non comprendevi il mio dolore, non riuscivi a realizzare che oltre al mio odio per quella razza, c’era anche la gelosia nei tuoi confronti. Tu eri un sole nel buio della mia vita, un sole splendente che ridonava i colori al mio mondo, che mi permetteva di non perdere la speranza, di non sprofondare nella pazzia, di incatenare dentro di me il germe che quella donna aveva iniettato nelle mie vene umane. Crescevamo, ma i tuoi occhi rimanevano per lui, sempre e comunque, il tuo cuore batteva per Kuran. Come potevo competere? Ti aveva salvata, indubbiamente ti amava, ti adorava, ti proteggeva. No, non potevo competere. Un inverno ormai lontano ti ammalasti, avevi la febbre alta, eri svenuta a scuola. Il direttore ti aveva delegata alle dolci cure di un bel sonno. Avrei voluto sedermi accanto a te, tenerti la mano per aiutarti a riposare, ma non ne avevo il coraggio, preferivo guardarti da lontano, un qualcosa di candido, perfetto, immacolato, che non avrei mai voluto sporcare. Era più facile, amarti così, volerti bene in quel modo distante, avrei sofferto meno, il giorno in cui saresti andata via, o il giorno in cui la follia del livello E mi avrebbe tenuto distante da te, dal mio sole splendente. Kuran arrivò anche quel giorno d’inverno, avevo imparato a tollerare la sua presenza, in quella casa, per volere del direttore, e per il tuo...Dovetti rimanermene in silenzio, quando con il suo passo viscido entrò in camera tua. Aspettai che se ne andasse, e mi sedetti fuori dalla tua porta, preoccupato. Rimasi così tanto in quella posizione, attendendo che ti svegliassi, così tanto che mi addormentai. Quando apristi la porta, non riuscii a dire niente, e me ne andai, senza darti una risposta, senza dirti che ero rimasto lì solo per rivedere il tuo viso sveglio, libero dal rossore della febbre. Quante volte Yuki, quante volte mi sono nascosto dietro una maschera di ghiaccio, dietro una freddezza che te minavi con i tuoi sorrisi più radiosi. Crescevamo, e con i nostri corpi cresceva il mio amore per te, cresceva il mostro dentro di me, cresceva quell’inumana sete...e crebbe così tanto Yuki da farmi commettere il gesto più atroce. Ma tu mi cercavi, mi guardavi, ti preoccupavi per me, anche quando mi allontanavo, anche quando ti evitavo, quando scappavo, tu mi ritrovavi sempre...ed io trovai il tuo collo, morsi la tua carne innocente, affondai i canini succhiando avidamente come un mostro. Ti volevo, il vampiro dentro di me bramava il tuo sangue, i miei desideri si fondevano, e trovavano la loro soddisfazione più vile in quel gesto animale...poi sono arrivati, come sempre, pronti a salvarmi, i tuoi occhi, la tua voce, la tua imperdonabile offerta, le tue mani che sganciavano i bottoni della giacca, che liberavano la pelle del collo per me, che scoprivano le piccole vene, il loro pulsare sordo. Ti offristi, vittima e guerriera, volevi combattere per me e con me, al mio fianco, tenermi in vita, nutrire il mostro. Come avrei potuto non amarti ancor di più di quanto già non stessi facendo? E così scivolammo nell’oblio più totale, nella vergogna e nel peccato. Poi giunse lui. Giunsero le tue paure, e i suoi denti, la verità riemerse dalle memorie perdute, riemerse nel sangue e dal sangue. Tu, stessa mia piccola Yuki, eri un mostro. Non riuscivo neppure a capire, la mia testa non comprendeva quell’assurdità, non riusciva ad affiancare la candida e pura visione che avevo di te, della tua bontà, a quelle creature, a quei mostri dalle sembianze umane. Eppure tu eri lì, le braccia aperte, pronte a schermare il fratello ritrovato, per proteggerlo dalla mia pistola. Quanto dolore Yuki, mi portò quella rivelazione, e quanto dolore, nel vedere le mani di lui strapparti via dalle mie braccia. Non saresti più stata mia...quando mai lo eri stata? Io mi ero solo preso con la forza ciò che in realtà era sempre appartenuto di diritto a Kuran. Lo scontro con Rido, la sua morte, il nostro addio, quel primo bacio al sapore di sangue e morte, la mia vana promessa di sopravvivere ed ucciderti...la mia voglia di amarti. Quanto dolore mia piccola Yuki, quanto, anche quando sei tornata, anche quando mi hai chiesto di odiarti, anche quando capivi, comprendevi, sapevi, e le tue mani incerte cercavano il mio collo, i tuoi canini penetravano la mia carne. Mi volevi, nello stesso tremendo modo in cui io desideravo te, come un mostro, come una donna, come un vampiro. Ed è stata bellissima quella notte, è stata l’imperdonabile inizio di questa follia, della nostra condanna a morte. Ed ogni mio sogno è sembrato avverarsi, eri mia, mi avevi scelto, mi amavi...Non so, cosa ci accadrà adesso, per quanto mi sembri di vivere in un sogno, una strana e nuova ansia mi attanaglia, ma ti prometto Yuki, che in questo oblio di sangue ti proteggerò, sempre, a costo della mia stessa vita...”

Forse le pronunciò tutte quelle parole, sottovoce, come in una confessione, o forse le pensò solamente. Non seppe dirlo neppure lui, e non seppe neanche legger niente nell’espressione indecifrabile di Yuki, quando questa riaprì gli occhi, rivelandogli il cioccolato tanto bramato.

“Zero, sei già sveglio?” Mormorò con voce impastata, stringendosi contro la sua figura magra, poggiando la testa sulla sua pancia.

Il ragazzo annuì, carezzandole la fronte.

“Che ore sono?” Chiese lei, stiracchiando caoticamente le gambe, per poi incrociarle a quelle del compagno.

“E’ancora presto, per alzarsi...ma se proprio vuoi...”

Yuki gli rivolse uno sguardo che Zero non seppe decifrare, ma che comunque basto a zittirlo, poi si avvicinò suo collo, per leccarlo piano, con la punta della lingua.

“Scusami Zero...” Sussurrò già colpevole, poco prima che i suoi denti affondassero nella carne.

Il ragazzo sospirò, consapevole che la sete arretrata della compagna doveva ancora esser soddisfatta. La lasciò bere, debitore, lisciandole i capelli con il palmo della mano, per scendere poi sulla sua schiena scoperta, nuda, sui suoi fianchi, ebbro di un desiderio più umano.

“Sei bellissima, Yuki, anche così” Seppe dire, prima di portarla sotto di sé, baciare quelle labbra sporche di rosso, prima di farla sua di nuovo, instancabile, affamato di quel corpo, di quel viso, di quel respiro.

Lei rise, consapevole, complice.

 

 

“Kaname, ti prego...” Lo implorò Ruka, in ginocchio di fronte al sanguepuro, gli occhi inondati dalle lacrime.

Un forte vento spirava dal nord, portando con sé un cielo voglioso di neve.

“Sei stata un’ottima alleata Ruka, ma adesso è il momento che tu prenda la tua strada, ciò che sto per compiere...”

Lei non lo lasciò finire, si alzò di scatto, per stringere a sé quel corpo perfetto che tanto aveva amato.

“Bevi il mio sangue, maestro, fino all’ultima goccia, se ciò riuscirà a placare la tua rabbia, bevimi fino ad uccidermi, se ciò servirà a fermarti...” Gridò, ferendosi il collo con le unghie curate.

Il moro sospirò tristemente, consapevole dell’amore di quella vampira, ma consapevole che niente l’avrebbe fermato, tantomeno la sua offerta.

I primi fiocchi di neve cominciarono a cadere dal cielo, in raffiche violente, che gli frustavano gli abiti, i capelli, i pensieri...quei pensieri fissi, tutti per lei, per la sua Yuki.

“Ruka...ti ringrazio...ma non devi, hai una lunga vita davanti a te, e faresti la mia felicità, se ti allontanassi da me, per non voltarti mai più, per fuggire dal dolore che potrei arrecarti. Sei stata una splendida alleata, davvero, ma quei tempi felici e lontani, sono giunti a termine, è il momento che le illusioni crollino, e che il destino si compia...” Esordì, svanendo in un lampo oscuro.

Ruka pianse tutte le sue lacrime, china su quel marciapiede già bianco di una neve sporcata dal suo sangue, che copioso scivolava dalle ferite che si era inflitta.

Kain si precipitò da lei, come sempre, si chinò per raccoglierla da terra, senza sforzo, per stringere tra le braccia il suo corpo esausto, annichilito.

“Devi lasciarlo andare Ruka...i sanguepuro, sono creature troppo distanti da noi, perché sia possibile comprenderle” Seppe dirle, per poi riportarla a casa.

 

 

Angolo dell’autore.

So sorry! Scusate il tremendo ritardo...me chiede perdono, ma le università sono note per infliggere agli studenti lunghissimi periodi di stress preesame, in ogni caso, grazie per aver letto anche questo, forse troppo breve capitolo. Penso che sia giusto, per una volta lasciare un po’ di spazio a Zero e alle sue confessioni. Una specie di doveroso omaggio al suo personaggio triste e solo ahaha

Un bacio a chiunque abbia letto, e un abbraccione a chi sarà così gentile da commentare!

Al prossimo capitoletto

Ps: viva questo Zero superfocoso ahaha

Pps: un ringraziamento speciale va a quelle anime pie che mi fanno sempre felice con le loro recensioni, e con tutta la pazienza del mondo perdono il loro tempo a legger le mie storielle:

Panda_Ellie

Heart

Asterion

VKlove

I am The Darkness_

__Astronomy__

_RosaSpina_

_Piccola Yuki_

Violetta_

 Grazie davvero, mi date sempre quella voglia, bellissima, di continuare a scrivere fan fiction <3

Allyn

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Capitolo 12
*** L'impossibile ***


Capitolo 11

L’impossibile

La adagiò sul suo letto sfatto, poggiandole delicatamente il capo sul cuscino. Era svenuta dopo pochi passi, la perdita di sangue, il dolore, il cuore infranto, per l’ennesima volta; uno straccio troppe volte rattoppato, prima o poi  è destinato a cadere in brandelli.

Distrutta.

Aveva dato anima e corpo in quegli anni, per lui, solo per lui, sempre e solo per Kaname Kuran.

E lui, Akatsuki Kain, il vampiro sciatto, nascosto nell’ombra dell’indifferenza, l’aveva sempre osservata, correre e cadere, e a sua volta era poi corso e caduto per raccoglierla.

Da quando erano poco più che bambini, aveva ricucito quel cuore al tempo piccolo e ingenuo, nella speranza che un giorno, forse per riconoscenza, forse per puro amore, cominciasse a battere per lui, e non per il purosangue.

Era rimasto, così, muto per anni, con questo sogno nella mente.

L’avrebbe accettato anche adesso, il cuore di lei, anche sottoforma di tutti quei brandelli sanguinanti. Si sarebbe preso cura di ognuno di essi, con infinita pazienza, avrebbe rimesso insieme tutti i pezzi, fatto l’impossibile, anche questa volta.

La guardò pallida, il volto bellissimo perso in chissà quale tormento onirico, perché Akatsuki ne era fermamente convinto, Ruka non si sarebbe data pace neppure in sogno.

Se solo avesse posato il suo sguardo dorato su di lui, sul suo silenzioso amore.

Voleva salvarla da se stessa, da quel sentimento rivolto verso l’uomo sbagliato.

Si chinò sul suo corpo incosciente, le spostò i capelli ondulati dalla fronte, toccò con la punta delle sue grandi dita le labbra morbide, poi la baciò.

Lasciò che le loro bocche collidessero mute come il suo desiderio, poi si ritrasse.

“Perché non vuoi vedermi, Ruka?” Domandò consapevole di non essere udito.

Kaname ritrasse la mano insanguinata da quel petto squarciato, quel cuore di vampiro gli palpitava ancora tra le mani, pensò a quanto la sua specie fosse mostruosa, poi inghiotti quell’organo. Dette il colpo di grazia al sanguepuro, che prima di divenir cenere gli rivolse un’occhiata quasi riconoscente, l’eternità era un gran peso da vivere.

Si sentì più forte, e più maledetto di quanto già non fosse, ma ormai non vi era più speranza, il volto di Rose, la donna di cui quella pistola dannata portava il nome e l’essenza, era ormai impresso nella sua mente.

Avrebbe reso giustizia ai loro sogni di libertà, a quell’utopia che negli anni passati aveva preso posto nei loro cuori antichi e stanchi, avrebbe liberato il mondo dai vampiri.

Forse, ovunque si trovasse, non l’avrebbe perdonato, lei che per lui aveva sempre sognato un futuro felice e pieno d’amore.

Yuki era andata via, distruggendo anche le ultime illusioni, covate per così tanti anni erano riuscite a scaldare il suo cuore, non rimaneva alcuna speranza, non gli rimaneva niente.

Non sapeva ancora dove cercarla, dove porre termine alla sua esistenza, dove il loro peccato sarebbe finito tra le fiamme della fornace, ma di una cosa era certo, avrebbe fatto l’impossibile pur di bruciare con lei, pur di portarla con sé.

E così quell’uomo dai capelli d’ebano e gli occhi amaranto non pianse neanche una lacrima, mentre leccandosi la mano insanguinata progettava la sua fine.

 

“E’ bellissimo, Zero!” Esultò Yuki, il naso puntato all’insù verso quell’immensa torre dorata, e quell’orologio imponente.

“Il Big Ben è come un simbolo per questa città” Le spiegò lui paziente, mentre la ragazza percorreva con gli occhi l’enorme struttura, per poi indugiare sulla perfezione dell’altro edificio, sulle linee quasi gotiche delle finestre, le punte dei tetti, Il parlamento.

“Ancora, voglio vedere ancora!” Saltellò felice, la gonna scozzese che avevano comprato al mattino si muoveva con lei ad ogni balzo, rivelando il candore delle gambe snelle.

“Possiamo visitare l’abbazia di Westmister...” Le propose, gli occhi viola sul suo viso.

Lei annuì, poi si avvicinò alla figura allampanata del ragazzo e gli scoccò un bacio sulle labbra.

“Sei una guida turistica fenomenale, Zero...” Ammise felice, per poi attaccarsi al suo braccio.

Lui sorrise, con quel sorriso un po’ storto che a lei piaceva tanto.

Come promesso, il vampiro dai capelli argentei le mostrò gran parte del centro di Londra, le descrisse i palazzi più importanti, le cattedrali più maestose. La giornata passò rapida, le ore volarono via, e loro si sentirono normali in quel trambusto cittadino, immersi nel vociare caotico di una lingua che non conoscevano. Si baciarono con trasporto, quando le prime gocce d’acqua li sorpresero nel bel mezzo di Trafalgar Square, noncuranti degli abiti zuppi, dei capelli fradici, e di trovarsi in un paese straniero, nel bel mezzo di una piazza con le labbra incollate, pronte a collidere dolcemente.

Si sentirono umani, mentre mano nella mano passeggiavano per quelle vie dai nomi musicali, i tetti di Londra pronti a sfiorare il cielo coperto di nuvole.

Arrivarono a casa che era sera, aprirono il portone dell’edificio, si rincorsero per le scale come due bambini. Yuki non aveva mai visto in vita sua Zero in quel modo, così spensierato, libero, leggero.

Si baciarono ancora sul pianerottolo, per poi aprire quella porta un po’ vecchia e trovare lo sguardo gelido dell’unico occhio di Yagari a fissarli, incredulo.

“Buonasera” Esordì l’Hunter.

“Mentre voi eravate fuori a fare la coppietta innamorata, Kaien mi ha chiamato...” Continuò scuro in volto.

“Kuran è impazzito”

I due lo fissarono increduli. Yuki andò a sedersi sul divanetto, bianca in volto sembrava pronta a svenire da un momento all’altro. L’ametista degli occhi di Zero si era improvvisamente solidificata in uno sguardo disperato. Quanto poteva durare la loro felicità, un battito d’ali di farfalla, questa era la risposta.

“Alcuni dei purosangue più noti sono stati uccisi per mano di Kaname, ancora non se ne comprende il motivo, ma pare che il vampiro stia puntando a sterminare tutti i suoi simili, nutrendosi del loro cuore” Disse accendendosi una sigaretta tra le dita ossute.

“No, ha altro in mente” Lo interruppe Yuki. Il volto della donna dei ricordi del fratello le era comparso nella mente più volte, quella fornace che ardeva, le lacrime di Kaname, il suo volto triste.

“E sentiamo, cosa tramerebbe?” Chiese Yagari.

Ma la ragazza non rispose, non ne era certa, ma il piano del Nobile era un altro, una mente come la sua non si sarebbe persa solo per sterminare i loro simili, no, tutto quello gli serviva per raggiungere uno scopo ben preciso.

Yagari tirò fuori il suo fucile dalla borsa, poi cominciò a lucidarlo con la manica della giacca, quasi sentisse dentro di sé l’imminente battaglia incombere.

Zero sospirò sedendosi accanto a Yuki, non sapeva cosa sarebbe successo, ma avrebbe fatto l’impossibile pur di proteggerla, pur di proteggere il loro amore.

La ragazza gli prese la mano, nel cuore una nuova inquietudine, e nuove domande stavano crescendo e maturando. Sapeva che il segreto di quel comportamento sconsiderato risiedeva nei ricordi del suo sangue, negli occhi di quella donna che si era gettata nella fornace, in quel sogno che ora le appariva quasi reale.

 

Angolino dell’autore

Hello to everyone! Sono così dispiaciuta per l’imminente ritardo...ma i capitoli arriveranno, promesso, nel contempo prendetevi questa transizione angosciosa... Un bacione a chi avrà la voglia di lasciarmi una piccola recensione. Kiss, scusate gli eventuali errori, ma l’ora è tarda.

Allyn

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Capitolo 13
*** Sogni e Verità (Ruka x Kain) ***


Capitolo 12

Sogni e Verità

 

Gli occhi dorati di Ruka si aprirono, rivelando al suo sguardo ancora debole e assonnato, il profilo di una stanza che non le apparteneva.

Si scostò i capelli chiari dalla fronte, era affaticata, assetata come mai lo era stata. Si portò le mani alla gola candida, gli occhi socchiusi. Poi la sentì, una delle sue mani, incredibilmente più calda rispetto all’altra, quasi qualcuno l’avesse stretta, per tutto il tempo del suo triste sonno.

Lo vide, seduto su una poltrona foderata di velluto rosso, accanto al suo letto, un braccio abbandonato sulle coperte, il capo poggiato sull’altro braccio, il volto lontano, perso in un sogno.

Gli sfiorò i capelli scompigliati, illuminati da incantevoli sfumature ramate, non aveva mai notato quanto si intonassero a quella sua carnagione leggermente olivastra.

“Kain...” Sussurrò dolcemente, non aveva mai pensato che quelle ciocche ribelli fossero tanto morbide.

Si chiese se fosse stato lui a portarla fin lì in braccio, e a quel pensiero arrossì, notando che i drappeggi delle tende, il pavimento a mosaico appartenevano alla stanza del ragazzo.

Era bello, privo di quell’espressione enigmatica che di solito si portava stampata sulla faccia, era bello, ora, il volto rilassato, le labbra carnose leggermente dischiuse.

Si chiese perché non avesse mai notato quei lineamenti delicati, o l’odore della sua pelle, speziato ed invitante.

Ruka si portò nuovamente la mano alla gola, le bruciava dalla sete. Ricordò le sue dita, ferirsi, spargere il suo sangue sull’asfalto, supplicare quell’uomo, tanto lontano dal suo mondo, di berla, di soddisfarsi con quel liquido porpora. Ricordò il rifiuto di lui, il cuore che le andava in pezzi, mentre si allontanava per andare incontro al suo piano folle.

Poi il niente, il nero dell’oblio più cieco.

Ed ora era lì, nel letto di quell’amico di infanzia, quello che l’aveva sempre raccolta, appoggiata in silenzio, sul suo petto, Ruka, aveva pianto innumerevoli lacrime, contro la stoffa della sua giacca slacciata e mal stirata aveva soffocato le grida di dolore in singhiozzi.

“Kain...” Mormorò ancora, chinandosi su di lui.

“Per quanto sei stato qui? In silenzio, aspettando che mi svegliassi?” Domandò, notando la luce fioca di una nuova alba.

“Per quanto, aspettando che aprissi gli occhi...per vederti” Continuò, le lacrime già ad inondarle l’oro delle iridi.

Solo in quel momento aveva capito, compreso, quanto la vicinanza di quel ragazzo un po’ sciatto, un po’ diverso dal normale rigore elegante dell’aristocrazia, fosse stata per lei essenziale, in quegli anni trascorsi ad amare un uomo irraggiungibile.

In quell’istante, si rese conto che quegli occhi caldi erano in ognuno dei suoi ricordi, che quello sguardo ardente come l’elemento che padroneggiava si era sempre posato sul suo viso, sui suoi capelli lunghi, sulle sue labbra, con amore, con preoccupazione.

Ruka si avvicinò al suo collo, e lì posò un bacio leggero, un brivido la percorse da capo a piedi.

Non seppe spiegare, quali furono i moti impazziti che le ridestarono l’animo ferito, ma tutto, in quel fugace bacio le sembrò perfetto, come ritornare a casa dopo un lunghissimo viaggio in terre esotiche e stupefacenti, ma tra culture che mai ti capiranno o potrai capire.

Era concreto, reale, caldo di verità, non come l’idea delle labbra di Kaname, o della sua pelle diafana, algida.

Il sangue di quel giovane ardeva, fluiva, chiamava Ruka con un’intensità tale da sconvolgerla.

Niente, le sembrò così giusto, come assecondare la richiesta muta dei suoi denti, di quel cuore che aveva preso a batterle così forte in petto tanto da assordarla.

“Perdonami, Akatsuki, per aver tardato così tanto” La sua voce si perse nel silenzio della stanza, un rumore sordo, di denti che affondano nella carne, risuonò impercettibile.

Kain aprì gli occhi, credeva di aver sognato quelle parole, quelle labbra che gentilmente lo avevano carezzato, per poi morderlo piano.

“Ruka...” Rantolò, rimanendo immobile, lasciando che la ragazza bevesse.

Era felice, ma quella poteva esser solo un’illusione, dopotutto aveva perso molto sangue, e le compresse ematiche non le potevano bastare, avrebbe fatto si che il suo animo non si scaldasse troppo, non cadesse in quel tranello tanto meraviglioso.

Lei amava l’altro, non lui.

“Oh, Ruka, bevi pure finché non starai bene, poi andremo a cercare di salvare Kuran, se questo servirà a farti star meglio” L’avvisò, gentile e paziente come sempre.

Ruka abbandonò il suo collo con violenza, prese il volto del ragazzo tra le mani, e inchiodò il suo sguardo a quello di lui.

“Salveremo Kaname...ma...” Gli rispose, la bocca sporche di rosso, il suo rosso, quello che Kain avrebbe voluto vederle sempre sulle labbra sottili, quasi disegnate.

Il ragazzo abbassò lo sguardo, triste, consapevole che l’illusione non sarebbe durata, ma la vampira richiamò nuovamente i suoi occhi, alzandogli il mento.

“Va bene, Ruka, tutto quello che vuoi” Le riferì lui, arrendevole.

“Sei uno stupido, Akatsuki!” Lo rimproverò poi lei, per baciarlo, per unire le labbra a quelle dell’amico.

Kain rimase immobile, gli occhi spalancati, increduli, osservavano le palpebre serrate di lei.

Poi, il suo cuore si sciolse, per cominciare a battere rapido, emozionato come non mai, cominciò a muovere le sue labbra su quelle della ragazza.

Ruka, l’aveva sempre immaginato, Kain era come un fuoco silenzioso, una fiamma latente, che una volta alimentata divampa come impazzita, calda, bella e luminosa. Era così quel bacio, caldo, accogliente, meraviglioso.

Pianse, contro il suo viso, rammaricandosi per tutto quel tempo sprecato nell’inseguire un qualcosa di fittizio, forse per paura di buttarsi, di saltare con quell’amico fedele, verso qualcosa di concreto.

Kain si staccò da lei con il respiro corto, le guance bagnate dalle lacrime della ragazza. Le sorrise, in un modo strambo, quasi sghembo. Non aveva mai sorriso così, quasi impacciato. Ruka ricambiò di conseguenza, poi gli baciò la fronte.

Il vampiro carezzò con le dita il suo collo, spostando con una delicatezza, quasi reverenziale, quei capelli ondulati, lì posò un bacio gentile.

“Posso, Ruka?” Le chiese con la voce che gli tremava.

Quel gesto, che per anni aveva considerato quasi un tabù, un pensiero con il quale coccolarsi durante le notti più buie stava divenendo reale.

“Oh Ruka, tu non immagini neanche, quanto io...” Si interruppe.

“Lo so...Sono stata una stupida, a non accorgermi, a non capire...”

Il ragazzo si fermò ad un centimetro da quella pelle chiara.

"Sei...sicura? Perché se non son le mie, le labbra che vorresti, ti prego...fermami...” Mormorò serio, quasi triste.

Ruka affondò le mani sottili nei suoi capelli ribelli, tanto morbidi da farla sorridere, poi lo spinse gentilmente verso il suo collo.

La sensazione più bella la trovò impreparata. Strinse le mani attorno alle spalle di Akatsuki, che nel contempo era salito sul letto, per sdraiarsi sopra di lei stringendola in un abbraccio, inglobandola in quel suo corpo tanto più grande.

Ruka sorrise di gioia, mentre le mani di lui raggiungevano la sua guancia, carezzandola.

Era bellissimo, dieci, venti volte più bello di quanto aveva provato quella lontana sera nella camera di Kaname.

Il vampiro lasciò il suo collo solo dopo averle dato un bacio gentile, ripulendo quelle due piccole ferite, poi sempre con quel ghigno sghembo e allegro sfiorò le labbra di Ruka.

Lei rispose a quel gesto intimo, a quel contatto che non avevano mai avuto, nuovo e incredibilmente giusto.

“Ti amo, Ruka...” Le disse, posando la testa sul petto di lei, lasciandosi cullare dal battito accelerato della ragazza, finalmente libero da quel peso che si portava nel cuore da anni.

“Ehi, Akatsuki...” Arrossì lei, alzandosi sui gomiti, e mettendosi seduta con la schiena contro la spalliera del letto.

Lui la guardò con dolcezza.

“Io...è bellissimo” Seppe dire, improvvisamente imbarazzata.

Kain non riuscì a trattenersi, si avvicinò nuovamente al viso di lei, baciandole la punta del naso, le guance, la bocca.

“Io ti ho desiderata per...non sai quanto” Le confidò all’orecchio, in un sussurro che le fece venire i brividi.

“Per quanto?”

“Da sempre...” Le scostò il tessuto del vestito per baciarle la spalla.

“Anche quando eravamo bambini?” Domandò lei, sospirando per il piacere che quelle labbra bollenti le regalavano, sulla sua pelle quei baci erano rinvigorenti, restituivano al suo corpo quel calore che per tutti quegli anni aveva tenuto lontano da sé, trincerandosi dietro un comportamento algido e distaccato.

“Io ti adoravo...quando eravamo piccoli, ti guardavo sempre, mi chiedevo cosa ci fosse in Kuran, di così speciale da farti brillare gli occhi” Continuò sfilandole quell’indumento leggero e baciandola ovunque.

“Akatsuki...” Lo richiamò flebilmente.

Lui alzò lo sguardo, era languido, quasi perso.

“Io ti voglio, Ruka” Ammise, un po’ colpevole, libero da quella maschera che per anni aveva tenuto sul cuore.

Lei cercò la sua bocca, la sua pelle, lo liberò dalla camicia stropicciata, baciò e carezzò le sue spalle, gli addominali accennati.

Ad ogni tocco le sue mani tremavano, ma quel tremito nervoso e impaziente diminuiva ad ogni bacio di lui.

“Ti voglio, Ruka” Glielo aveva sussurrato più volte, con quella voce roca, corrotta dal desiderio, con quel suo baciare caldo, ardente.

E Ruka aveva lasciato che la prendesse, dolcemente, si erano stretti in un abbraccio torrido, ma gentile, lui non aveva mai smesso di guardarla, di baciarla, di carezzarla mentre si fondevano in modo quasi umano.

La teneva stretta a sé, seduto sul letto a gambe incrociate, le mani attorno ai suoi fianchi, le braccia esili e candide di lei strette al suo collo, mentre si muovevano in sincrono, lontano da tutti, non più amici, il cuore di lei integro, senza cicatrici, finalmente.

Kain si fermò, il battito come impazzito.

“Ruka...” La chiamò, la fronte sudata poggiata contro quella di lei, i suoi capelli lunghi erano ovunque, chiari come la luce di quel mattino, se li sentiva addosso, come mille sottili carezze.

“Akatsuki...”Rispose, le guance accaldate, le braccia attorno all’ampia schiena di lui. Non si era mai sentita così bene, neppure quando Kaname aveva affondato i canini nel suo collo, avvinghiata al corpo di Kain si sentiva completa, felice, leggera, libera da ogni sofferenza.

Non era stato facile, lasciarsi andare, abbandonare la vergogna, affrontare la paura e il piccolo dolore che aveva provato quando il ragazzo si era spinto in lei delicatamente.

Ma l’avrebbe rifatto altre cento, mille volte con quel vampiro che ora la fissava.

“Sei...felice?” Appariva incerto, timoroso, il petto stretto a quello di lei, così caldo.

“Mi dispiace...di averti, beh...” Pareva impacciato, mentre cercava di scusarsi.

“Akatsuki, non devi scusarti di niente...”Gli disse lei stringendolo più forte, portando le sue mani sui suo fianchi, invitandolo a riprendere da dove si era interrotto.

Lo amava, indubbiamente, e rise di se stessa, per tutto il tempo che aveva perso inseguendo Kaname. Erano invece quelle, le braccia che la facevano sentire protetta, erano quelle del suo migliore amico, di quel ragazzo taciturno, sempre silenziosamente presente. E lei lo amava, e amava bruciare con lui, amava il sapore di quel sangue che aveva placato in un istante la sua sete.

Fu bellissimo, e tanto dolce, come aveva sempre sognato.

Kain la guardò, era sua, ed era bellissima, accanto a lui, la testa poggiata sulla sua spalla, sedevano vicini, entrambi con le spalle contro la spalliera del letto.

“Ehi Ruka, sei ancora felice come prima?” Le chiese il ragazzo, appropriandosi di una ciocca dei suoi capelli chiari.

“Oh, ancora con questa domanda?” Lo brontolò lei.

Lui evitò il suo sguardo, non poteva confessarle che era terrorizzato, che aveva paura che da un momento all’altro lei capisse di aver fatto un errore enorme.

“Hai paura che io sia pentita?”

Lui annuì.

“Farei l’amore con te altre mille volte...” Le guance avvamparono, e la voce le tremò un poco nel pronunciare quell’affermazione.

Lo amava, e questa era una verità incontrastabile.

Kain sorrise ancora in quel suo modo buffo e un po’ impacciato, poi la baciò.

“Salveremo Kuran...” Le disse deciso.

Erano passati due giorni da quando Yagari aveva informato Yuki e Zero riguardo Kaname e la sua improvvisa follia, due giorni in cui i due ragazzi non erano usciti di casa.

Yuki si era trincerata in un silenzio fatto di pensieri, non riusciva a capire cosa le sfuggisse, eppure sapeva che da qualche parte, nella sua mente si celava la verità.

Zero la osservava allontanarsi, preoccupato per il loro futuro cercava di tenersi pronto ad ogni evenienza, che questa fosse un’imminente battaglia o l’ennesima fuga.

Ad un tratto l’Hunter che li ospitava irruppe in casa, l’espressione furibonda. I due scattarono per la paura, tesi com’erano qualsiasi rumore o interruzione, del normale silenzio che si era instaurato tra loro, li faceva sobbalzare dal terrore.

L’uomo gettò un mozzicone che gli pendeva da un angolo della bocca in un portacenere, rovistò nelle tasche dell’enorme cappotto scuro, tirando fuori una sigaretta nuova di zecca e accendendosela si sedette sul divano.

“Cattive notizie, ragazzi...” Esordì, soffiando una nuvola grigiastra contro il viso di Zero, che per il fastidio socchiuse gli occhi senza dir niente.

Yuki li raggiunse, per tutto il tempo era stata in camera, sdraiata a pancia in su, sguardo spento sul soffitto, pensieri altrove, alla ricerca di qualche nesso logico che giustificasse il comportamento irragionevole del fratello.

“Cross mi ha chiamato per aggiornarmi sui fatti. La strage dei sanguepuro continua senza sosta, ma la cosa più bizzarra è che due dei vampiri alleati di Kuran sono andati a parlare al direttore...”

“Ruka e Kain” Gridò Yuki, in preda all’ansia.

Yagari la guardò incuriosito.

“Erano i due vampiri di alto lignaggio che vivevano con Kuran e Yuki” Sbuffò Zero al ricordo dei due.

“Esatto, quei due, si sono precipitati da Cross, dopo alcune indagini, pare che Kuran intenda diventare sempre più potente divorando il cuore dei purosangue, sia allo scopo di accrescere il suo potere, sia per eliminare dalla faccia della terra la sua stirpe maledetta...” Mormorò perplesso.

“Io non capisco che diamine frulli nella testa di questi vampiri, son tutti pazzi!” Sbottò.

“Secondo uno dei tizi alleati di Kuran, l’unica soluzione è che Yuki lo incontri e lo faccia ragionare” Ammise poi l’Hunter.

“Mai!” Ringhiò Zero, i canini scoperti dalle labbra.

“No, è la verità...” La voce flebile della ragazza si era fatta strada nella conversazione.

“Kaname...è sicuramente distrutto dal dolore, il mio abbandono...è la causa della sua follia...” Sibilò.

“Io, lo devo fermare...Prima che sia troppo tardi...” Asserì.

Zero scattò in piedi, gli occhi allucinati, la prese per le spalle scuotendola.

“Sei impazzita anche tu? Siamo scappati insieme, perché potessimo vivere lontano dal vostro legame, e adesso vuoi salvarlo?” Sbraitò furioso.

“Lui, dopotutto è mio fratello...”

Yagari torturò la sigaretta tra le dita nodose, i vampiri gli facevano schifo, il loro mondo malato, gli faceva schifo, fratello e sorella come amanti, nutrirsi di sangue, divorare cuori. Ogni giorno di più si convinceva di quanto quelle creature fossero ripugnanti, e lontane dal suo mondo umano, ma amava Zero come un figlio, e giurò più volte a se stesso che avrebbe aiutato quell’insolita coppia che ora stava discutendo di fronte al suo unico occhio buono.

“Yuki...lui sta diventando sempre più forte per poi ucciderci...non lo capisci?” Rantolò il giovane, lo sguardo afflitto.

“C’è dell’altro Zero...sento che c’è dell’altro...” La ragazza sembrava più che determinata a perseguire le sue scelte.

Yagari narrò loro gli eventi di quei giorni, come Kuran si stesse spostando per le città alla ricerca di sanguepuro o aristocratici da sterminare, come su di lui fosse piombata una taglia da parte del consiglio degli Hunter, un vampiro così potente e folle sarebbe stato un pericolo anche per gli umani.

Zero e Yuki andarono a letto tardi quella sera, in testa mille pensieri e paure.

“Non puoi lasciarmi di nuovo...” Sussurrò il ragazzo guardandola tristemente.

“Non voglio lasciarti Zero, voglio solo salvare mio fratello, almeno questo...Mia madre e mio padre, non avrebbero mai voluto che tutta questa storia finisse così” Gli confidò.

“Ti prego Yuki...dimenticalo” Le disse baciandola con foga, quasi con rabbia.

“Io, non posso...per quanto il mio amore sia solo per te, una parte del mio cuore rimarrà per sempre legata a quell’uomo, e non posso permettere che gli Hunter o il consiglio degli anziani lo uccidano”

Zero si voltò dandole le spalle, era terrorizzato da quella sua determinazione, avrebbe preferito lasciarsi Kuran alle spalle, o fuggire per il resto dell’eternità dai suoi occhi amaranto, piuttosto che consegnargli la sua amata Yuki su un piatto d’argento.

Anche se con difficoltà si addormentò dopo qualche minuto, stanco di tutti quei pensieri. Yuki gli carezzò la schiena, e i capelli argentei, dispiaciuta per aver ferito per l’ennesima volta i suoi sentimenti, ma sapeva che quella era la cosa giusta da fare, e una volta risolta tutta la situazione avrebbero potuto vivere finalmente una vita felice.

Si addormentò anche lei, e la risposta a quei quesiti che la tormentavano le venne in sogno.

Angolo dell’autore:

Spero che gli amanti del KainxRuka abbiano gradito! Chissà cosa sognerà la nostra Yuki...e cosa succederà ai nostri protagonisti, come qualcuno ha notato mi sono divertita a riallacciarmi un po’ alla trama del manga, spero di non tardare con il prossimo aggiornamento!

Un morsino, e grazie a chi commenterà, vi adoro! <3

Allyn

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Capitolo 14
*** Il metallo dannato ***


Capitolo 13

Il metallo dannato

Rose strinse le mani di Kaname con dolcezza. I due si guardarono, gli occhi antichi di entrambi non avevano più segreti ormai da confidarsi, un amore in grado di andare oltre il tempo e le parole.

Due esseri immortali e perfetti, dal sangue maledetto e dai desideri lontani da quelli umani.

Kaname le diede un bacio sulla fronte, con una gentilezza tale che quelle labbra belle ed eterne sembrarono carezzare un fiore.

“L’ho trovato, Rose...una parte del mio corpo, tramite questo esperimento, sembra reagire...”

“Kaname...Non era necessario...”

“Molti della nostra razza hanno creato troppi schiavi, accecati dal potere, hanno perso il senno...gli uomini hanno bisogno...” Mormorò lui agitando una provetta su una piccola fiammella.

La donna sospirò.

“Vedi, una parte del mio corpo riesce ad interagire con una lega metallica, dando vita a qualcosa in grado di bloccare le nostre incredibili capacità rigenerative. Ciò che può ucciderci siamo proprio noi stessi...buffo no?” Il vampiro sembrava soddisfatto di quella scoperta, ma allo stesso tempo in quell’amaranto liquido nascondeva una tristezza incommensurabile.

“Per oggi basta, Kaname...” La donna gli afferrò le dita affusolate, staccandole dolcemente dalla provetta, che ripose in un sostegno di legno.

“E’ tardi, andiamo a dormire...” Gli baciò la mano, ora libera dal peso di quelle ricerche.

Lo condusse nella piccola camera di quella dimora provvisoria.

Si erano nascosti, l’ennesima caccia al mostro li aveva fatti fuggire dal villaggio dove avevano vissuto per qualche tempo. Gli esseri come loro erano temuti. Non erano andati via per paura, ma per il dispiacere di sentirsi odiati, diversi, con un solo gesto della mano, e la velocità di un pensiero, avrebbero potuto ridurre in cenere centinaia di esseri umani, eppure non l’avevano fatto; a loro, dopotutto, piacevano, quelle fragili e forti creature.

Rose in tutta la sua vita, fino al giorno dell’incontro con Kaname, aveva vissuto nella convinzione che quegli effimeri esseri fatti di carne e sangue, così simili a loro nell’aspetto, fossero perfetti, nella loro imperfezione. Lei si sentiva un mostro, un involucro vuoto, rigido, ossessionato dalla sete, immortale. A differenza di molti suoi simili credeva nella convivenza tra quegli esseri che vivevano di emozioni e sentimenti e la sua specie. Aveva vagato per secoli, in cerca di risposte. Perché era nata così? Perché la sua vita non era cessata quando il tempo aveva scandito novanta, cento, duecento anni? La sua pelle, il suo viso, il corpo, rimanevano giovani e freschi, come quella sete che la logorava dall’interno e che più volte aveva trattenuto. Poi era arrivato un giovane, un vampiro smarrito e senza nome, un sanguepuro. Era stata lei a chiamarlo così, a far cozzare quelle lettere, Kaname, lo aveva battezzato con una carezza, annegando nei suoi occhi tristi e soli.Da quel momento in poi la speranza di un futuro diverso prese piede nel suo cuore da mostro.

Rose chiuse la porta alle loro spalle con un cigolio simile ad un lamento, poi osservò il viso provato del compagno.

“Kaname...rilassati” Gli diede un bacio sulla guancia liscia, poi si spostò dolcemente sulle labbra.

“Rilassarmi? Quando là fuori, donne, bambini, ragazzi, vengono brutalmente sterminati da alcuni di noi, senza aver la possibilità di opporsi...siamo dei mostri” Sussurrò tristemente.

“Me lo dicevi anche te...che siamo dei mostri” Continuò, per poi baciarla con foga, perdendosi nel sapore di lei.

“Farei qualsiasi cosa, per dare un senso alle nostre vite, per far si che la strage termini, che questo mondo non abbia più paura di noi...” Mormorò lei languidamente, mentre le mani fredde di lui le toglievano la tunica scolorita, scivolando sulla sua pelle perfetta, immacolata, priva di qualsiasi cicatrice, ruga o segno del tempo.

“...che questo mondo non abbia paura di noi, o possa difendersi...” Concluse lui, per poi stendersi sul piccolo letto e portare Rose su di sé, permettendole di spogliarlo.

“Sei bellissima Rose...” Sorrise lui, carezzandole il ventre piatto, la schiena liscia.

I suoi capelli lunghi, quelle due ciocche sottili, intrecciate per gioco spiccavano nella sua chioma liscia. Il vampiro le afferrò, percorrendo quella trama morbida e precisa con i polpastrelli, poi sfiorò il suo viso, per condurlo verso il suo e baciarla ancora.

Si amarono scambiandosi sangue, sudore e sospiri. Con una passione quasi umana, perdendosi l’uno nell’altra, ondeggiando piano e forte.

Kaname le baciò la schiena nuda, scoperta dal lenzuolo. Rose giaceva distesa, prona su quel materasso, voltata, privava il compagno del suo sguardo.

“A cosa stai pensando?” Le chiese lui, accoccolandosi su di lei. La sua pelle setosa odorava di miele, il vampiro se ne riempì le narici e i polmoni fino ad esplodere, godendo di quella dolcezza.

“Kaname...anche quando io non ci sarò più, ti prego, continua quello che ti sei prefisso...sii felice...” Pianse piano, con tristezza.

“Rose, che ti prende...” Il vampiro l’afferrò per le spalle obbligandola a voltarsi. Gli occhi di lei erano pieni di lacrime.

“Rose, Rose...” La scosse. Lei gli sorrise e lo baciò senza freni, travolgendo quelle labbra gemelle, lo baciò senza dargli una risposta.

Si amarono di nuovo, ma in modo diverso, c’era disperazione nel modo in cui lo stringeva, nel mondo in cui gli mordeva il collo, gli baciava le guance afferrandogli i capelli.

Sussurrò il suo nome un’ultima volta prima di inarcare la schiena, e baciarlo sulle labbra con un sospiro, quel nome che gli aveva dato lei, il suo inizio.

Si addormentarono insieme, abbracciati come accadeva la maggior parte di quelle notti senza luna, il cielo cupo, a incombere sulle loro vite e su quelle della gente.

Kaname aprì gli occhi, non entrava molta luce dall’unica finestra di quella stanza, ma quel flebile bagliore bastò a svelare l’assenza di Rose.

La chiamò invano, di lei non vi era traccia. Si vestì rapido, un peso sul cuore, lo costrinse a cercarla come un pazzo, tra le case di quel villaggio, tra la gente, che lo guardava diffidente.

Sapevano, e tolleravano la loro presenza, finché non avessero fatto qualche danno nessuno li avrebbe cacciati, quegli esseri immortali e mostruosi.

“Rose...” Gridò, una nuova disperazione a corrompergli il sangue.

Capì che nelle parole di quella notte appena trascorsa, in quel suo amarlo senza limiti, con dolore, c’era dell’altro, c’era un messaggio d’addio.

Si ritrovò nella piazza del villaggio, una piccola folla si era radunata attorno ad un enorme forno, quello per il pane del popolo.

Poi lo vide, il corpo di lei steso sulla pietra fredda, il petto squarciato, il sangue colante a corrompere la sua tunica chiara.

“No!” Urlò raggiungendola. Ma lei non si mosse, rimase inerte, bella, eterea, morta.

“Si è strappata il cuore, per gettarlo in quella fornace, ha detto che l’aveva fatto per noi, per assicurarci la salvezza...poi senza cuore in petto si è mossa ancora un po’, donandoci il suo sangue...” Gli disse un vecchio, ammirando quel viso perfetto, ora sereno.

“No, Rose...”Pianse lui chinandosi e baciando le sue labbra fredde, sfiorando la sua pelle, fino a quando questa non divenne cenere e cristallo.

“Avrei dovuto farlo io...”Sussurrò, ricordando il suo esperimento, quei pensieri che rapidi gli avevano affollato la mente.

“Voi, vi farò dono del mio sapere, con quella fornace, create delle armi...da oggi, grazie al sacrificio di quella donna, e grazie al suo sangue il vostro destino sarà simile al nostro, la dannazione è quello che vi aspetta...impugnerete quelle armi, il metallo nato dal suo sangue, potrà ferire le creature come me...difenderete gli uomini...” Terminò quella frase con tristezza, rivolgendosi a quel gruppo di persone “elette” dalla sua Rose.

Le armi presero forma, tra cui una falce, bellissima, come la donna che era morta, riluceva sotto la luce della sera, ormai giunta.

Yuki la vide, come aveva visto tutto, Kaname che piangeva, l’amore per quella vampira di nome Rose, e adesso quella falce, la sua arma, Artemis.

Sussurrò quel nome, certa di non essere udita, ma lo sguardo dell’uomo antico, lo stesso volto del Nobile fratello, si posò su di lei, curioso.

“Artemis, dea della caccia, della castità e della luna...mi pare appropriato per un’arma del genere...” Mormorò.

Lei lo osservò sconvolta, l’aveva vista? Com’era possibile? Indugiò su quel metallo scintillante, così vicino al volto di Kaname, tanto da poterlo ferire.

“Brami già il nostro sangue, eh?” Disse lui dolcemente, carezzando quell’arma affilata.

“Quella donna può sentirti?” Gli chiese Yuki.

“Rose...lei ormai non esiste più...queste armi adesso non sono altro che armi...bramose, vogliono solo uccidere...”

A Yuki sembrò che le belle guance del fratello fossero rigate da lacrime mute.

“Fanciulla, qual è il tuo nome?” Domandò poi.

Ma Yuki non fece in tempo a rispondere che quell’insolita visione si tramutò in altro.

Ancora Kaname, il volto spento, i capelli più lunghi, gli abiti ridotti a stracci consumati, mille e mille passi in quel mondo vuoto e solitario come il suo cuore immortale, fino al giorno in cui stanco di quella pena non chiuse il suo corpo in uno scrigno di pietra.

“L’eternità, senza te non ha senso, Rose...” Mormorò prima di finger di morire, affidando la sua mente all’oblio.

Il suo corpo attese in un sonno lungo senza sogni, fino a quando Rido, non offrì a quel mostro deperito il cuore pulsante di un neonato. Kaname Kuran, capostipite, vampiro purosangue rivisse in quel corpo innocente, il corpo del figlio di Juuri e Haruka Kuran.

Ritrovò negli occhi della piccola sorella Yuki, se così la poteva chiamare, quella gioia che da millenni non provava, sentì di poter vivere di nuovo, di avere un sogno in cui credere, che forse il tempo di ricongiungersi con Rose, divenire quel metallo, non sarebbe mai arrivato.

Aveva la sua Yuki, il suo viso gentile, e una speranza.

Poteva tornare ad essere felice, per lei, e per Rose.

 

Yuki si svegliò di soprassalto.

Il volto rigato dalle lacrime, copiose e salate. Tremava convulsamente, in quel letto ad una piazza e mezzo.

Non aveva mai capito gli occhi tristi di Kaname, quell’amaranto velato, antico come il tempo.

Non aveva neppure compreso il dolore nascosto dietro ogni suo silenzio, dietro ogni parola, dietro ogni segreto.

Non aveva capito l’intensità del suo sentimento, il suo modo gentile di proteggerla, di assecondarla in ogni scelta, la premura nei gesti, nelle carezze.

Era stato per lei un fratello, senza pretese, se non quella di voler vedere il suo sorriso, ma Kaname non era suo fratello, era l’antico vampiro vissuto millenni prima, quello che aveva visto il suo tesoro morire per gli uomini. Era stato per Yuki il primo dolce amore dell’infanzia, un compagno fedele e devoto...

Lei gli aveva spezzato il cuore, aveva distrutto il suo sogno, lo aveva disintegrato. Kaname voleva dunque morire, liberando il mondo dai purosangue, in modo tale che quella razza non potesse più trasformare gli uomini in vampiri, per poi divenire il nuovo metallo degli Hunter, una missione da terminare, quella tacita di molti secoli prima, quella che Rose aveva eseguito lasciandolo solo.

“Yuki...” Zero la osservò nell’ombra notturna. Sembrava persa in una sorta di trance, gli occhi sbarrati guardavano il niente.

“Yuki!” La scosse.

Le palpebre coprirono lentamente le iridi cioccolato.

“Io l’ho tradito...” Mormorò, le mani strette attorno al grembo.

“Che cosa stai dicendo?” La osservò triste, il sonno ormai scomparso.

“Lui vuole morire, Zero...capisci? Per colpa mia, vuole porre termine alla sua esistenza” Riprese a piangere.

“Non puoi fartene una colpa, Yuki”

“Oh si che posso...io glielo avevo promesso, i suoi occhi inchiodati ai miei, gli avevo promesso che sarei rimasta con lui in eterno, che non mi importava se le sue mani fossero sporche o meno di sangue, che non mi importava niente di niente, se potevo rimanere al suo fianco...bugiarda...”

Si raggomitolò su se stessa, il cuore contratto in una morsa.

“E’ colpa tua...E’ solo colpa tua...non doveva finire così, io sarei dovuta rimanere al suo fianco, come avrebbero voluto mia madre e mio padre” Singhiozzò sottovoce.

Zero la guardò basito, in preda alla disperazione non si era resa conto, di quanto quelle parole lo ferissero nel profondo, dopotutto, lui non l’aveva mai obbligata a fuggire, a ricambiare il suo sentimento. Lui l’aveva semplicemente amata in silenzio, ma era stata lei a compiere l’imperdonabile, era sempre stata lei a lasciarsi mordere, a permettergli di nutrirsi con il suo sangue al tempo umano, era sempre lei, quella che quella notte, la più imperdonabile di tutte l’aveva baciato con violenza, aveva fatto l’amore con lui su quel letto spoglio.

Quel suo ti odio, riecheggiò altre tre volte, piano, e faceva male, ogni volta di più. Un odiare diverso, un odiare forse carico di rancore e rimorso.

Il ragazzo scattò, le inchiodò i polsi contro il cuscino, e la obbligò a guardarlo negli occhi.

“Se mi odi così tanto, vattene Yuki, torna da lui...se il rimorso ti uccide...” Rantolò aspro e cattivo, cercando di celare la ferita che gli si era appena aperta nel petto.

La vampira smise di respirare, aveva il viso di quel ragazzo ad un centimetro dal suo, gli occhi viola la scrutavano, dentro, fino in fondo ai pensieri più nascosti, attendevano, quegli occhi, una risposta.

“Devi scegliere, Yuki...io, sono stanco...dici di amarmi, poi lasci che Kuran ti porti via, poi torni, poi ti penti, e adesso, dopo tutto quello che abbiamo passato...questo...io sono stanco, se per te questo è un gioco, smetti immediatamente, se ami così tanto quel purosangue, sei libera di tornare da lui...”

La presa sui polsi si era fatta più salda.

“T-tu non capisci” Balbettò lei.

“Oh Yuki, si che capisco...capisco che tu lo ami ancora...E che io sono il più grande errore della tua vita...” Le lasciò i polsi e si alzò dal letto, la maglia stropicciata di Yagari gli stava troppo grande, e per un attimo, quel profilo magro agli occhi della ragazza sembrò qualcosa di estremamente fragile.

Come quando era bambino, come quando non voleva che lei lo toccasse dopo aver toccato l’altro, lo aveva nuovamente ferito.

Pianse, continuando a fissare le spalle di Zero, i capelli argentei.

“Io me ne vado, Yuki, al mio ritorno, spero di non trovarti ancora qui...”

Avrebbe preferito una coltellata, una pallottola della Bloody Rose sparata direttamente in petto, piuttosto che quelle parole.

Zero si sfilò la maglia, e la gettò sul pavimento, dirigendosi verso il vecchio armadio, quella scarsa imitazione di un pregiato mobile d’epoca, pensò che l’amore che Yuki nutriva per lui fosse come quell’oggetto, un’illusione, un’imitazione di poco valore, un falso. Con un ghigno addolorato aprì le ante scricchiolanti alla ricerca dei vestiti, voleva uscire, magari avrebbe anche trovato qualche livello E contro il quale sfogare la rabbia, oppure si sarebbe abbandonato lui stesso alla follia del sangue, che ragione aveva per esistere e rimanere cosciente, ora che lei non era più sua.

Combattere non serviva più a niente. Lui e Kuran non erano poi così differenti, le loro vite erano entrambe legate e dipendenti da quella di Yuki, e dalle sue scelte.

Sorrise di sé, pensando che l’unica differenza tra lui e Kuran, due mostri della notte, consistesse nel fatto che l’altro avrebbe sempre vinto, sempre...

 

Angolino dell’autore:

malvagità assoluta, lo so...qui tutto si rimette in gioco, chi sceglierà Yuki? Il suo è solo un attimo di dubbio e paura, o la consapevolezza di amare Kaname le è giunta rapida e dolorosa come un paletto conficcato nel cuore? O forse il suo amore è ancora per Zero? SONO ESTREMAMENTE CURIOSA DI CONOSCERE LE VOSTRE IPOTESI, immagino che le fan del Nobile stiano già stappando lo spumante, e le convinte Zeki stiano sbattendo la testa nel muro J

Un bacione, cercherò di farmi presto viva con il prossimo capitolo J

Kiss Kiss

Allyn, che dopo questa stesura si sente malvagissima :D

 

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Capitolo 15
*** Il ritorno dopo l'attesa ***


Capitolo 14

Il Ritorno dopo l’attesa

Yuki balzò fuori dal letto, non poteva permetterlo, non poteva perdere quell’uomo così importante.

Doveva ammetterlo, al suo cuore corroso dal dolore, che l’amava, che l’avrebbe amato per sempre, fino alla fine dell’eterno, fino a quando la terra non avesse smesso di ruotare attorno al sole.

La verità le si palesò davanti agli occhi, chiara, come era sempre stata.

Il sole non era ancora sorto, e la notte regnava sovrana, illuminata da una pallida luna in un cielo limpido e scuro. Un silenzio pesante li divideva, un silenzio fatto di dubbi, paure, rabbia, rimorsi, eppure c’era altro, c’era attesa, in quel silenzio.

Lei lo osservò, le dava le spalle, come quando erano ragazzi, come quando lo guardava da lontano, lo seguiva, cercando di raggiungerlo, inutilmente.

“Zero...” Sussurrò debolmente, baciandogli la schiena nuda, percorrendo la pelle chiara con le labbra.

“Zero, come hai potuto pensare anche solo per un attimo, che io potessi...” Pianse cadendo in ginocchio, stringendosi alle gambe magre di lui, che si chinò raggiungendola sul pavimento.

“Io lo amo...ma come un fratello al quale devo la vita, al quale devo la mia esistenza...” Mormorò, mente il vampiro raccoglieva con le dita le sue lacrime.

Le afferrò il viso per portarlo vicino al suo, scrutandola con gli occhi viola, alla ricerca di una qualche menzogna.

“Io ti amo, Zero, io ti ho scelto, e non tornerei mai indietro, ripeterei mille, cento volte l’imperdonabile, per te...”

“Come posso crederti? Dimmi come posso crederti?”

“Puoi solo fidarti di me...” Ammise lei.

“Io, lo sai, che non ti lascerei mai...mai!” Continuò a voce più alta, le mani sul viso di lui, tra i suoi capelli argentei, per imprimere sui polpastrelli quella morbidezza.

“Ma io devo...provare a salvarlo...” Mormorò colpevole, mentre si stringeva al petto di quel ragazzo.

“Perchè, Yuki, devi sempre render tutto così difficile!” Cercò di scostarsi lui, deluso e ferito.

“Perché lo è sempre stato, Zero...difficile”

Alla fine di una debole lotta, l’orgoglio del vampiro perse, e le sue braccia si trovarono a stringere ancora una volta quel corpo così piccolo e fragile.

“Perdonami...” Singhiozzò lei piangendo.

“Come sempre, Yuki” Si arrese all’evidenza, e le baciò le labbra bagnate di lacrime.

“Dopo che avrai salvato...” Sussurrò lui, la fronte premuta contro il petto della ragazza, si sentiva incredibilmente stanco, di tutto, della loro natura, della loro situazione, di quel tormento che non voleva cessare.

“Rimarrò con te...ti amerò per sempre, Zero...” Gli occhi limpidi di lei cacciarono via anche quelle nuove paure, non vi erano bugie, false verità, menzogne.

Si baciarono, si morsero, si graffiarono possedendosi, con un po’ di forza e un po’ di dolcezza, come se ad ogni sospiro più forte potessero cadere e non rialzarsi mai più.

“Zero...” Sussurrò lei stringendolo fino a fargli male, chiedendogli di stringerla fino a farle male. Voleva le sue dita impresse sulla pelle, voleva le sue labbra, il suo respiro, voleva quell’uomo con tutta se stessa, fino alla fine dei loro giorni.

Zero si risvegliò poche ore dopo, per scoprire Yuki ancora addormentata, persa tra quelle lenzuola, il volto sereno di sonno.

Si rivestì e lasciò la camera per sedersi al tavolo della piccola cucina, qualche minuto dopo uno Yagari ancora intontito dalla notte lo raggiunse.

“Kyriu...caffè, immediatamente!” Biascicò l’Hunter sbattendo la fronte sul legno del tavolo, e portandosi le mani tra i capelli impazziti.

Il ragazzo si trascinò fino al bancone della cucina e prese a trafficare con barattoli e fornelli.

Poco dopo sorseggiavano entrambi un buon caffè.

“Sai che ti appoggerò sempre, ma credo che questa tua nuova impresa sia realmente folle...” Il maestro sembrava realmente preoccupato, mentre con le dita si tormentava le ciocche scure.

“Io amo Yuki...” Disse coraggiosamente Zero, affrontando lo sguardo del suo interlocutore.

“E’ proprio questo il problema, dato che la ami la accompagneresti ovunque, anche oltre le porte dell’inferno...la loro razza, Zero, ci sguazza tra le fiamme” Borbottò guardandosi intorno alla ricerca del suo pacchetto di sigarette.

“Yuki mi ha spiegato il piano di Kuran, sapevi la storia del metallo Hunter?”

“Kaien me ne ha parlato stanotte al telefono...sembra che stiano preparando una fornace” Si fece serio in viso.

“Yuki vuole salvarlo da quella che lei considera una follia” Ricordò le parole della ragazza, la voce leggera, mentre stretta al suo petto gli raccontava del sogno e del piano del fratello, della sua vera identità, e della antica vampira che gettò il suo cuore in una fornace di pietra.

“E’ una pazza, lui non desidera altro che la vendetta, tutti sappiamo quanto quei succhias...ehm, scusa Zero, quanto i vampiri siano possessivi e vendicativi, sicuramente Kuran trama di uccidervi” Yagari aveva appena afferrato le sue amate sigarette e un pacchetto di vecchi fiammiferi.

“Se non vorrà ascoltare Yuki e proverà anche solo a sfiorarla, beh, macchierò le mie mani di un peccato piacevole...” Gli rispose il giovane.

“Lo inseguiremo, inseguiremo la sua scia di sangue...sicuramente non se lo aspetta” La voce di Yuki era risuonata nella cucina silenziosa come un trillo tetro; indossava un paio di Jeans e una maglietta scura, alla cintura Zero notò Artemis, la sua arma.

“Me l’ha restituita Yagari...” Sentenziò sbrigativa, lanciando un’occhiata riconoscente all’Hunter.

“Voi, siete d’accordo?” Il vampiro era seriamente sorpreso.

“Sapevo che l’avresti seguita ovunque, immaginavo che il legame tra lei e suo fratello fosse troppo forte, e che prima o poi avrebbe desiderato di fermarlo, armati avrete più possibilità”

La brace della sigaretta brillò tra le sue dita nodose.

“Sei proprio sicura Yuki?” La ragazza sorrise poi poggiò la sua esile mano su quella di Zero.

“Si...”

Sarebbero partiti nei due giorni successivi, Kain e Ruka li avrebbero contattati tramite Kaien.

Avrebbero scontato il prezzo del loro peccato imperdonabile, solo in quel modo, forse avrebbero potuto vivere una vita felice, priva di rimorsi.

 

 

“Yuki e Zero sono sulle sue tracce Ruka...” Sussurò Kain quella notte, mentre la giovane vampira lo fissava dalla panchina di una città che non aveva mai visitato.

Erano passati ormai due mesi da quando la giovane Kuran e Kyriu avevano lasciato Londra, nel tentativo di fermare Kaname. Per ben due volte, sotto l’aiuto di Akatsuki e della compagna erano riusciti ad avvicinarsi al purosangue, ma senza ottener nessun risultato di valore, se non la conferma della sua follia omicida.

Altri aiuti erano poi giunti da Hanabusa Aido e dalla sua famiglia, mentre Shiki Senri e Rima sembravano esser diventati le due personali guardie del corpo di Kaname.

Quella notte si sarebbe tenuto un ballo nella dimora di uno dei più antichi purosangue, alcuni mormorii tra l’aristocrazia invitata all’evento sostenevano che Kuran si sarebbe presentato per mietere la sua ennesima vittima.

“Stasera ci saranno anche loro al ballo...credi che si presenterà?” Mormorò la ragazza fissando la chioma ramata di Akatsuki.

“Si travestiranno, come sai è un ballo in maschera...Kaname non perderà questa occasione, tra gli invitati ci sono altri due purosangue, l’idea è stata di mio cugino, spera che in questo modo Kuran non rinunci a partecipare” Le rispose.

“Io non posso crederci...non posso credere che Kaname si sia ridotto a tanto...Il collegio, le compresse ematiche, noi credevamo in quel progetto...perchè adesso...gli Hunter, la fornace...” Ruka si portò le mani tra i capelli, le lacrime pronte a pungerle gli occhi.

“Non capiremo mai il loro mondo...Guarda Yuki, era riuscita a fuggire con quell’ex-umano, eppure, il suo legame con il fratello è così forte da spingerla a rischiare la sua vita e quella dell’amato...”

Kain si sedette vicino alla compagna, cingendole le spalle magre in un abbraccio.

Poco dopo Aido li raggiunse, la chioma bionda risplendeva sotto la luce bianca di un cielo illuminato dalla luna.

L’azzurro degli occhi lucido, e sciupato da due vivide occhiaie violacee; sembrava distrutto dentro e fuori, tutta quella storia l’aveva sconvolto, lui che da sempre aveva appoggiato il purosangue.

“Mancano solo quattro ore al ballo...” Mormorò.

E le quattro ore passarono, la sala era gremita di invitati, sfarzosi addobbi pendevano dal soffitto altissimo e affrescato, una piccola orchestra suonava musica classica, e i lampadari di cristallo erano stati puliti e lucidati per l’evento.

Ruka indossava una maschera rosa, abbinata al lungo abito color perla, i lunghi capelli acconciati in un elaborato chignon, avanzò tra la folla, la mano incastrata a quella di Akatsuki, la camicia un po’ sbottonata e i pantaloni stropicciati sul fondo.

“Sei bellissima” Le sussurrò lui per darle un bacio sul collo che la fece rabbrividire, allontanandola per un attimo dall’ansia di quel ballo maledetto.

“Eccovi” La voce di Aido risuonò attraverso la maschera scura.

“Dove sono Kyriu e Yuki?” Sussurrò.

“Arriveranno a breve” La ragazza tremava.

Pochi minuti dopo l’orchestra intonò un valzer che Ruka e Kain ballarono, tenendo d’occhio la sala. Il sanguepuro, padrone della dimora, stava salutando gli invitati, tra cui Hanabusa, che non lo perdeva di vista un solo secondo.

Un’ora dopo fecero il loro ingresso Yuki e Kyriu, i capelli argentei di lui spiccavano tra la folla.

Gli altri vampiri si spostarono per farli passare.

La giovane Kuran sembrava diversa, le lunghe ciocche castane avevano lasciato il posto ad un nuovo taglio, un caschetto lungo, in qua e in là asimmetrico quasi fosse stata lei ad operare  direttamente con un paio di forbici poco affilate.

“Zero...qualunque cosa succeda stasera...sappi che ti amo” Sussurrò lei, una parte del volto coperta dalla maschera nera. Il ragazzo le rivolse un sorriso dolce, poi la invitò a danzare.

Volteggiarono tra le coppie e tra il vociare confuso degli invitati.

“Credevo che i tipi scorbutici come te non sapessero ballare...” Gli disse lei.

“Quella sera, al ballo della scuola, avrei voluto tenerti tra le mie braccia...Adesso che sei con me...beh, posso anche permettermi di ballare, no?” Scherzò Kyriu, le labbra curvate in un’espressione malinconica.

Si avvicinò per baciarla, le loro labbra si scontrarono piano, per ritrovarsi in una danza che ormai conoscevano bene, ma che non finiva mai di sorprenderli. Quando si divisero gli occhi di lei sembrarono colmarsi di terrore.

Yuki indicò con la mano inguantata, un punto oltre le spalle di Zero.

Il ragazzo si voltò di scatto, per incrociare quegli occhi cremisi, oltre la maschera scura.

Kaname Kuran era arrivato, il Re impazzito.

 

ANGOLINO:

Per tutti gli amanti del RukaxKain à W il capitolo sogni e verità! Ahaha sveliamo i loro hot-moments (che razza di pervertiti...naaa poverini *w*)

Un bacione, scusate per le poche righe, ma ultimamente ho veramente poco tempo, spero abbiate ancora la pazienza di seguire o recensire...grazie mille a tutti. Come qualcuno avrà notato mi sono direttamente collegata, stravolgendo un po’ gli eventi, alla storia originale della Hino.

Ps: spero di non avervi annoiato con questo ultimo chapter.

PPs:Per i devoti del Yuki x Zero: “Visto??? Ha scelto lui, per una buona volta...scuoricina”

Kiss Kiss

Un bacione a tutti!

Allyn

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Capitolo 16
*** Il suo segreto più dolce e forse il più imperdonabile (Penultimo capitolo) ***


Capitolo 15

Il suo segreto più dolce e forse il più imperdonabile

Il Re non si tolse la maschera, si limitò a camminare verso di loro, i capelli lisci a incorniciagli l’ovale del viso, gli occhi cremisi ardevano.

La musica continuò a invadere l’aria, nessuno si era accorto della sua presenza, solo Yuki e Zero, che ora lo fissavano incerti, avanzare piano.

Si fermò a pochi metri da loro, il mantello nero sulle spalle, un abito elegante sotto di questo.

“Mi concederebbe un ballo, principessa?” Sussurrò con quella voce che Yuki ormai non udiva da mesi.

Zero afferrò la ragazza per il braccio trattenendola, poi rivolse lo sguardo viola al purosangue.

La mano di lui ancora tesa ad afferrare l’aria.

Yuki si voltò e guardò il compagno, gli occhi color cioccolato ardevano anch’essi, desiderosi di un consenso.

“Lasciami...Zero” Disse piano. E lui eseguì i suoi ordini, la lasciò, con il cuore che gli esplodeva in petto, il sangue pronto a ribollirgli nelle vene.

La mano di Kaname strinse dolcemente quella inguantata di Yuki, per poi portarsela alla bocca e salutarla con un bacio.

Ballarono piano, sotto lo sguardo vigile dell’ex-umano.

“Stasera...Dovrò sporcarmi ancora una volta le mani...” La voce di Kaname le trapassò le orecchie come una coltellata.

Poi arrivarono le sue labbra, leggere, a sfiorarle il collo.

“Mi sei mancata...anche se il tuo profumo si mescola a quello di lui, è ancora così delizioso...Mia Yuki...o forse dovrei dire solamente Yuki” Sospirò tristemente.

La ragazza sentì lo stomaco svuotarsi, e il cuore desiderare di implodere, per il senso di colpa che l’affliggeva. Avrebbe voluto vedere quell’uomo, quell’amante, quel fratello, felice, anche senza di lei, avrebbe voluto vedere la tristezza abbandonare i suoi occhi cremisi, per esser sostituita dalla gioia, ma sapeva che questa, era strettamente legata a lei e alla sua presenza nella vita di quell’antico vampiro.

Volteggiarono lontano dagli occhi viola di Zero, Kain e Ruka li osservavano in disparte, le mani di lei strette al grembo dalla preoccupazione.

“Non avverrà, questa notte...il culmine del mio dolore esploderà domani, dolce Yuki, e quest’anima dannata troverà la sua strada...mi accompagnerai, in questo viaggio, vero?” Mormorò sadico, mentre le dita magre le sfioravano il viso in una carezza quasi impalpabile.

“Ti ho amata come la speranza...Mia cara” Le sue labbra fredde si posarono su quelle di lei in un bacio muto.

“Puoi...essere felice Kaname, rinuncia a questa follia” La ragazza lo strinse a sé.

“Anche adesso...non posso sentire il tuo abbraccio” Si allontanò lui.

Un grido irruppe dai piani superiori.

“Devo andare...ma presto ci rivedremo...per l’ultima volta” La figura di Kaname sparì nella notte in una nuvola di sangue, mentre la folla di vampiri si agitava per il grido di qualche secondo prima.

Yuki rimase ad osservare il punto in cui Kaname l’aveva salutata, poco dopo Zero la scosse per le spalle.

“Mentre ballavate, il sanguepuro è stato ucciso...” L’avvertì Zero,

“Si deve essere sdoppiato...uno dei due ha commesso l’omicidio” Imprecò Hanabusa livido.

“Mentre ballavate, vi ha distratto...” Continuò.

“Fin dove ti spingerai, Kaname...” Mormorò Yuki inginocchiandosi per terra, gli occhi colmi di lacrime rabbiose, una mano a stringersi il ventre.

“Yuki...cosa ti ha detto?” Le chiese Zero scuotendola.

“Niente...” Rispose lei sedendosi sul grande letto della camera d’albergo dove alloggiavano.

“Non mentirmi” La rimproverò il ragazzo facendosi più vicino.

“Domani...la fornace sarà pronta, Kaname me lo ha confermato...” Piangeva a dirotto, stringendosi nella camicia da notte.

“Lo fermerò, fosse l’ultima cosa al mondo...” Si disse Yuki rimandando alla mente i momenti felici della sua infanzia, quegli attimi privi di dolore e di follia.

“Domani all’alba partiremo, so dove il Re attende silenzioso il ritorno della regina che lo tradì...” Sussurrò piano.

“E se fosse una trappola, se volesse solamente ucciderti? Non ci hai pensato, Yuki?”

“Se anche fosse così, andrei lo stesso...non dovresti seguirmi...sai?” Disse con gli occhi lucidi.

Ma Zero la zittì con un bacio.

La ragazza rispose a quel dolce ritrovarsi con foga, per un attimo il cuore le sembrò stranamente pesante, mentre le pulsava nel petto, per quell’attimo che le parve eterno si sentì come doveva essersi sentita Rose la sua ultima notte con Kaname. Percorse con le labbra il collo candido di Zero, lasciando scie umide con la piccola lingua. Era assetata di lui, del suo sangue, del suo inebriante odore.

Lo morse, come ormai era sua abitudine e sua gioia, bevve i suoi sentimenti con avidità, penetrando la carne con i canini, odiando con i pensieri la loro razza maledetta.

Zero la sdraiò sul materasso, le baciò la fronte, il mento liscio, dove un rivolo di sangue colava giù dalle labbra rosse, le sfilò la camicia da notte a forza di carezze e di piccoli morsi, su quella pelle che poi leccava piano. Si fece strada tra il suo seno ora più rotondo, più pieno, e poi su quel ventre che lei si coprì con le mani per poi prendere il viso del ragazzo tra le mani e portarlo verso il suo, rosso di desiderio.

Lo spogliò frenetica, abbassandogli i pantaloni di quella tuta di fortuna con la quale avrebbe dormito, lo cercò velocemente, guidandolo verso di sé, allargando un poco le gambe per avvinghiarle alla schiena di lui.

“Ti amo Zero...” Ansimò mentre si spingeva contro il ragazzo unendosi al suo corpo, le mani strette al bacino di lui, che la guardò stupito e appagato per il calore che lo avvolse.

“Yuki...”La richiamò piano, con un sussurro all’orecchio, mentre i suoi movimenti si facevano man mano più sostenuti.

Si chiese cos’era, quel suo cercarlo disperatamente, quel suo averlo fatto suo senza neanche spogliarlo completamente, come era solita fare...Aveva realmente così paura?

Con l’aiuto di quelle mani esili, tremanti di piacere lasciò cadere la maglia a terra, i pantaloni gli scivolarono al di sotto delle ginocchia, ma li ignorò completamente, quando la lingua di lei trovò il suo petto, il suo collo, la sua bocca.

“Mordimi ora...” Sospirò, mentre con il bacino lo invitava a muoversi, ad amarla con più ardore.

Zero eseguì quell’ordine, e il sangue di lei gli fluì in bocca caldo, buono, come le sensazioni che stavano provando i loro corpi allacciati

Mostri e umani allo stesso tempo, mentre quei due diversi piaceri si mischiavano ed esplodevano in sospiri.

Yuki inarcò la schiena e ricadde sulle lenzuola come un filo d’erba appesantito dalla rugiada.

Un sorriso dolce ondeggiava sul suo viso rosso di piacere, mentre le sue dita si appropriavano dei capelli argentei di Zero, che umidi di sudore gli sporcavano la fronte come fili luminosi.

“Ti amo...” Le disse accoccolandosi sul suo petto. Lei annuì, con quel sorriso ancora sul volto rilassato, un sorriso gentile, quasi materno su quel corpo ormai di donna.

Il ragazzo si addormentò così, tra le braccia dell’unica donna che avrebbe mai potuto amare, amica d’infanzia, amore illecito durante l’adolescenza, unico desiderio di ogni notte oscura, passata a tormentarsi nella sua stanza, unica salvezza.

 

Quando si svegliò Yuki non c’era più, al suo posto un lenzuolo stropicciato, l’odore del loro amore consumato.

La paura gli attanagliò lo stomaco, rivisse mentalmente gli ultimi momenti, il loro prendersi disperatamente, quel sonno agitato, le mani di lei che lo sfioravano durante la notte appena passata.

Avrebbe dovuto immaginarlo, Yuki non avrebbe mai permesso al fratello di ferirlo. Era andata da sola, testarda come era sempre stata, preferiva esser l’unica a morire, piuttosto che veder perire anche lui.

“Stupida, dannatissima Yuki” Imprecò, le lacrime agli occhi.

Cercò di immaginare quale fosse il luogo dove Kaname la attendeva silenzioso e letale, ma non gli venne a mente niente, se non le parole della ragazza la sera precedente.

“So dove il Re attende silenzioso il ritorno della regina che lo tradì...” Ripeté piano, più volte come una filastrocca impazzita.

“La villa dei Kuran, il palazzo del Re...” Mormorò.

Si infilò gli abiti, carico la Bloody Rose e corse fuori dall’albergo in un istante.

La villa era bella come sempre, ma sembrava più antica, quasi sola, con quel giardino dall’erba troppo cresciuta, e i cespugli incolti. Yuki oltrepassò la soglia di quella che un tempo aveva chiamato casa, e condiviso anni prima con i suoi veri genitori, e poi con quel fratello che aveva vissuto silenziosamente come un amante.

Gli stivali zuppi di pioggia risuonarono sul pavimento di marmo, lasciarono impronte umide che si mischiarono alla polvere.

In pochi mesi quel luogo sembrava come morto, ammuffito, senza le loro presenze a riempirlo.

Il Re la attendeva, seduto sul suo trono, nella stanza più remota del palazzo.

Scese ai piani inferiori, per entrare in quella che da sempre era stata la stanza dei ricordi dolorosi, le quattro mura che contenevano il sarcofago dove per secoli aveva riposato il capostipite dei Kuran, in attesa del risveglio.

Aprì l’enorme porta di legno scuro, che cigolò sotto le sue dita esili.

Artemis sembrava farsi più pesante ad ogni suo passo, come una condanna letale appesa alla sua gamba.

Si fece forza, stringendosi il ventre con una mano, poi entrò.

Bello e terrificante come un dio vendicativo. Sedeva sul coperchio di quello che era stato il suo giaciglio di pietra per forse un millennio o più, il Re impazzito.

Le sorrise, e i canini spuntarono oltre le labbra disegnate e perfette. Era pallido, la pelle del volto le parve antica, polverosa come quella stanza.

I capelli gli cadevano sugli occhi cremisi in rivoli di seta disordinati.

“Fratello” Lo salutò lei, chiudendo la porta alle sue spalle.

Lui la fissò in silenzio, un sorriso triste, il suo, sorriso triste a dipingere una maschera di dolore sul bel volto.

“Ti ordino di interrompere questa follia...” Mormorò avanzando verso di lui.

Ma Kaname non rispose, si limitò a sfiorare con le dita affusolate il coperchio della bara di pietra, con malinconia nostalgica.

“Rido, non avrebbe mai dovuto svegliarmi dal mio sonno...un’eternità di buio mi avrebbe protetto da tanto dolore...” Annunciò serio.

“Tu...puoi essere felice...anche senza di me” Gli spiegò Yuki.

“E come?” Chiese innocentemente lui, alzando lo sguardo, l’espressione perplessa e stupita, alla ragazza ricordò un bambino sinceramente curioso.

“Tante persone ti amano, e ti hanno amato...io stessa ti amo come un fratello...Ruka, Hanabusa...ti amano e morirebbero per te...ferma questa follia” Quasi gridò, la voce ora rotta dal pianto.

“Oh, Ruka...l’ho usata, quando era una ragazza sai? Perché non potevo avere il tuo sangue...” Bisbigliò duramente.

“E anche dopo, quando avresti potuto essere mia, quando avevi giurato che non mi avresti mai abbandonato...dopo che in silenzio per mesi, ho fatto finta di non vedere le ferite che l’altro infliggeva sul tuo bel collo, neanche allora sei stata mia...” Continuò addolorato.

“Che senso ha...adesso...vivere? Rose, tu capiresti?” Domandò fissando l’arma di Yuki.

“Rose...non vorreb...” La ragazza fu interrotta dallo sguardo truce di lui.

“Dov’è?” Domandò.

La ragazza tremò, nel ricordare il volto di Zero, il bacio che gli aveva dato a fior di labbra per non svegliarlo mentre con una carezza da vampiro permetteva alla sua mente di riposare quelle ore in più che le avrebbero dato il tempo di fuggire senza di lui.

“Sono venuta da sola...” Disse titubante.

“Oh no...non sei da sola, mia dolce Yuki” Pronunciò quelle parole con un tono che alla ragazza parve stranamente gentile.

“Dimmi...Dove credi che sia, il padre del bambino che porti in grembo?” Sentenziò a voce altissima.

Il suo segreto più dolce e forse il più imperdonabile, svelato duramente, come la più grave delle colpe.

Yuki pianse, poggiando le mani su quel piccolo ventre di giorno in giorno sempre più rotondo.

 

 

Angolino dell’autore folle:

Siii un piccolo Zerino!! Come reagirà Kaname, cosa accadrà? Dov’è finito Zero, il neopapà? Ahaha Kaien adorerebbe un nipotino! Il prossimo probabilmente sarà il capitolo finale...Spero che questa storia vi sia piaciuta, e che non vi abbia annoiato con l’andar del tempo, spero anche che il finale che verrà non vi deluda e che un minimo vi trasmetta una qualche emozione di ogni genere J

Aspetto ansiosa i vostri commenti.

Un bacio a tutti voi!

Allyn, emozionata per il finale che dovrà scrivere e che ha già in testa

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Capitolo 17
*** Capitolo finale - L'imperdonabile Sacrificio ***


CAPITOLO FINALE

Capitolo 16

L’imperdonabile Sacrificio

Mi portai le mani al grembo, su quella pancia quasi accennata, dolcemente rotonda. La sfiorai con le dita, attraverso il tessuto leggero del vestito, quasi volendo carezzare quel suo nascosto mistero.

Il mio segreto più dolce, più imperdonabile, svelato dalle sue labbra come una sentenza, come una condanna.

Guardai lacrime bagnare il pavimento, una dopo l’altra, scivolare copiose sul mio viso per poi cadere, gocce sorde sul marmo freddo. Alzai lo sguardo per incontrare gli occhi cremisi di Kaname ora incerti, ora lontani, lo fissai senza riuscire a decifrare alcuna emozione in quel rosso tanto familiare.

Ma oltre agli occhi del fratello c’erano altri occhi, a fissarmi, altre orecchie, testimoni di quel fardello nel mio grembo.

Zero mi raggiunse a grandi passi, le iridi viola corrotte dalle lacrime, il respiro corto, di chi ha corso senza tregua.

“Non osare torcerle un capello, Kuran!” Gridò sfoderando la Bloody Rose.

Gli uomini della mia vita, Kaname, il mio inizio, Zero il mio presente.

Tutti e tre i pezzi più importanti riuniti sulla scacchiera, eppure guardandoci non avrei saputo dire chi fosse bianco e chi nero...

Se solo avessi potuto, li avrei voluti avere entrambi presenti nella mia esistenza, tasselli indispensabili di questo caotico mosaico di eventi e di speranze, però sapevo, o forse avevo sempre saputo, in cuor mio che questo sogno non sarebbe mai stato possibile da realizzare.

Mi avvicinai cauta all’arma di Zero e la abbassai piano, deviandone la mira verso il pavimento, allontanando quella traiettoria mortale dal cuore di Kaname.

“Rose...tu, non mi faresti mai del male...” Sussurrò il purosangue mettendosi in piedi e avanzando di un passo verso l’arma.

“Non avvicinarti, mostro!”Gridò l’altro arretrando per coprirmi con il suo corpo.

“Proteggi lei, o quello che giorno dopo giorno sta crescendo nel suo corpo?” Domandò il moro, l’aria incuriosita.

Mi portai nuovamente le mani al ventre, carezzando piano, quasi volendo rassicurare quel piccolo ignoto ascoltatore.

Zero fissò intensamente il suo interlocutore, poi me, infine le mie dita, premute dolcemente sulla stoffa del vestito.

Realizzò, l’informazione che prima aveva solo recepito e subito accantonato per la foga di proteggermi.

“Non lo sapevi?” Kaname sorrise senza sembrare allegro

“Yuki...” La voce di Zero si fece instabile, la presa sull’arma si fece più debole e quasi temetti che svenisse da un momento all’altro.

“Perché non me l’hai detto?” Chiese.

“Non volevo farti cadere in ansia...” Mormorai colpevole.

“E se fossero gemelli?” Domandò serio il purosangue.

“Un po’ vampiri, un po’ Hunter, si succhierebbero a vicenda la vita...come due mostri, come i mostri che siamo, come i mostri che sono i cacciatori..” Sembrava assorto mentre queste parole fluivano rapide dalla sua voce.

“Se saranno gemelli, li amerò entrambi, e li terrò lontani da questo mondo folle, da questa maledizione di sangue e di armi!” Gridai, stringendomi le braccia attorno al corpo.

In quella stanza fredda mi sentii gelare ancor di più, un pensiero orrendo mi invase la mente.

“C’è una speranza Kaname, c’è la possibilità di poter viver felici, lontani dall’orrore...” Quel bambino, o quei bambini dentro di me ne sarebbero stata la prova, tenendo il segreto avevo covato per tempo l’idea che quella vita nuova, nata dall’amore tra me e Zero sarebbe stata la prova definitiva di una speranza di felicità e di normalità, un qualcosa che i mostri come noi, che i vampiri non conoscevano.

“Non essere ingenua Yuki...” Aveva il tono di voce antico, lontano, lo stesso che avevo udito nelle memoria frammentate che avevo vissuto in quell’ormai lontano sogno.

Zero che fino a quel momento era rimasto immobile fu scosso da un brivido, aumentò nuovamente la stretta sulla sua pistola e parlò lentamente, quasi ogni parola gli costasse un immenso dolore.

“Lui...ha ragione, Yuki...”

Spalancai gli occhi terrorizzata, Zero non credeva nel sogno di felicità che io, come Kaien condividevo da anni? Zero non voleva questo bambino?

“Noi Hunter, così come i vampiri, siamo esseri assetati di potere e di forza, quei bambini, semmai fossero gemelli, cercherebbero di annientarsi nel tuo grembo, proprio come orrende bestie in lotta per il territorio e per il sostentamento...Yuki, io...tu lo sai...Ichiru...” La voce gli venne meno, e il viola dei suoi occhi lampeggiò verso il mio ventre rotondo.

“Bestie?” Balbettai inorridita.

“Loro, lui, qualunque cosa ci sia qua dentro, è nostra, nata dal nostro...amore...” Arrossì di rabbia e di vergogna mentre pian piano l’istinto di protezione materna si impadroniva dei miei sensi.

Come poteva Zero non capire?

“Yuki...Noi non siamo come gli esseri umani... Noi non siamo normali, non siamo umani...noi non possiamo viver queste gioie...” Era triste, mentre pronunciava queste semplici parole. Fecero male come coltellate, come pugni dritti allo stomaco.

Noi non siamo umani.

Nel suo sguardo ametista e in quello porpora di Kaname rividi tutto l’orrore della nostra specie, rivissi il dolore sordo dei loro denti affilati sulla pelle, la sete che chiamava, la gola, il palato ardere, bramare, desiderare il più lascivo dei piaceri, il sangue dell’altro.

Ricordai quel volere, quel possedere quasi animale, bestiale, quella viscerale voglia di dissanguare l’altro di nutrirsi di lui tanto è l’amore che si prova.

Rividi il mio riflesso di vampira allo specchio dopo il risveglio, quel sentirsi diversa, sbagliata, le zanne appuntite formare un sorriso mostruoso, un sorriso folle, affamato di sangue.

No...avevano ragione...forse, Kaname, dopotutto aveva semplicemente scelto la strada più facile, quella indolore, la morte, il sacrificio, perché gli Hunter forgiassero armi più potenti in grado di debellare il mondo dall’infida razza dei vampiri.

Piansi inginocchiandomi a terra, le mani tra i capelli, sul viso, poi di nuovo al ventre.

Perché, perché non siamo umani, perché i miei bambini, il mio bambino, non avrebbero mai potuto vivere una vita felice e normale? Perché l’ossessione del sangue sarà sempre qui a tormentarci?

Alla mente mi arrivarono le immagini vivide di quel giorno a casa di Yagari, le lacrime amare di Zero, quel pianto antico, testimone della nostra condanna, testimone del desiderio irrealizzabile di tornare ad essere umani, fragili eppure così leggeri, così liberi dall’ossessione, dalla maledizione di quel liquido porpora.

“Yuki...non fare così ti prego...” Zero si inginocchiò al mio fianco cercando di staccarmi dal freddo pavimento di quella dimora.

Ma il corpo non reagiva, le braccia e le gambe non avevano la forza di muoversi.

Cosa sarebbe cambiato?

Cosa? I miei bambini si sarebbero succhiati la vita a vicenda nel mio grembo, sarebbero nati già dannati, già schiavi del sangue, e sarebbero vissuti, forse solo uno di loro, per l’eternità, infelici, come me, come Zero, come Kaname, le ferite sul nostro collo perenni testimoni di un amore malato, innaturale.

“Yuki...” La voce di Kaname si fece dolce.

Un bagliore fioco rischiarò la stanza e proiettò ombre danzanti sulle pareti.

Una sorta di falò aveva preso vita all’interno della bara di pietra, la fornace era pronta.

Per un istante pensai che dopotutto la scelta di Kaname fosse più che rispettabile, gettare il proprio cuore tra le fiamme ardenti, creare un’arma in grado di distruggere, porre fine alle sofferenze di questa vita invivibile, ma poi ricordai l’amore, ricordai le emozioni, i sentimenti, rividi il volto di quell’antica donna, rividi il suo, anche al centro dell’inferno avrebbe potuto ritagliarsi un po’ di felicità, e così anche noi, anche Zero, avremmo provato a sopravvivere in questo modo malato, mostruoso, grazie ai sentimenti, grazie a quel poco che di umano ci rimaneva.

“No...fratello...Rose, non avrebbe voluto” Mi alzai in piedi, le gambe avrebbero retto, le braccia l’avrebbero raggiunto, l’avrebbero fermato.

“Noi dobbiamo amare, dobbiamo provarci... Ci salverà dall’oblio, ci salverà dall’orrore della nostra natura...” Continuai.

Ma Kaname si avvicinò a me senza parlare, Zero lo raggiunse rapido come una saetta, la Bloody Rose carica.

Sentii il metallo della pistola impattare contro la pelle marmorea di mio fratello.

“Non toccarla...” Zero fissava immobile il suo nemico.

“Non ti permetterò di trascinarla con te tra le fiamme...solo per vendet..” Ma io lo zittii con un dito.

Guardai prima i suoi occhi viola, poi quelli cremisi di Kaname.

“Ricordi mamma e papà, ricordi Haruka e Juuri, loro ti amavano, ci amavano e si amavano...ed erano felici...ricordi i loro volti...c’è speranza” Sussurrai quasi a me stessa, prendendo coraggio, sperando per quei bambini o per quel bambino nella mia pancia.

“Si, Yuki...c’è speranza...” Sorrise tristemente, con quell’espressione antica, indecifrabile che avevo visto sempre sul suo volto fin da bambina.

“Mente...”Sibilò Zero, impugnando ancor più stretta l’arma.

“Oh Rose...ti sento adesso...” Kaname chiuse gli occhi e un rivolo di sangue scese dalla sua fronte macchiandogli il volto diafano.

Gridai di orrore, quando una piccola crepa sottile infranse il suo viso in modo impercettibile.

Dall’arma di Zero uscirono rovi simili a quelli delle rose, lunghi e scuri come braccia legnose, avvolsero il corpo del purosangue in un abbraccio gentile, senza dolore nonostante le numerose spine.

“Si, lo so, è la scelta giusta...”Mormorò Kaname carezzando uno dei rovi.

“Lascia quest’arma Zero...lascia che trovi pace...” Parlava ad occhi chiusi, assorto e lontano.

Non capii inizialmente cosa stesse facendo, non compresi, finché non sentii Artemis scivolare via dalla sua custodia come viva e cadere a terra.

“Zero lasciala...” Aiutai la mano tesa del vampiro a lasciare la pistola, che si dissolse piano unendosi ad Artemis, fino a prendere l’evanescente forma di una donna sottile vestita di rovi e di stracci vaporosi.

“Non credevo, ci fossi ancora...Sei venuta a prendermi...” Dagli occhi chiusi di Kaname sgorgarono lacrime di sangue e sale.

Non si sarebbe gettato nella fornace, no, aveva in mente altro e io non sarei mai riuscita a fermarlo.

Sentii le forze mancarmi, mentre la donna baciava le labbra socchiuse del vampiro purosangue.

“A presto, Rose...” La crepa sulla sua fronte si propagò, ed altre molto piccole andarono a incrinare le dita, il dorso delle mani, il collo.

“Fratello...”Balbettai stringendolo a me, il volto bagnato dalle lacrime.

Zero non capiva, non sapeva, non conosceva quell’espressione colma d’amore, quel sacrificio che molto anni prima aveva compiuto Juuri Kuran per me, e che ora si stava ripetendo.

“Questo è per te...questo è per loro...per non provare più dolore...per non esser più mostri...Sii felice mia dolce Yuki, e tu, Kyriu, prenditi cura di loro...” Sussurrò prima di baciarmi la fronte e diventare cenere e Sangue.

Sentii le forze mancarmi, sentii l’eco sordo del corpo di Zero che cadeva a terra come morto, prima di chiudere gli occhi, la vidi, la figura evanescente di Rose raccogliere la cenere brillante di quello che fino a pochi secondi prima era stato Kaname Kuran. La vidi sorridere soffiando sulla cenere, sino a che questa non divenne una nuvola inconsistente e pian piano la sagoma allampanata di un uomo, che con la sua mano strinse dolcemente quella di Rose, solo allora decisi di abbandonarmi all’oscurità, un sorriso triste e riconoscente sulle labbra.

 

Epilogo

 

“Kaname, Rose! Tornate qui!” Una giovane donna, forse troppo giovane per essere madre, corse a perdifiato sulla collina, i lunghi capelli ebano mossi dal vento estivo, la pelle chiara baciata dal sole accecante ormai alto nel cielo azzurro.

Era bella, eppure il suo sguardo color cioccolato nascondeva una tristezza antica, o meglio una consapevolezza troppo adulta per quei lineamenti sottili, dolci di un’adolescenza finita da poco.

La donna raggiunse i due bambini, li guardò entrambi severamente, infine li abbracciò chinandosi alla loro altezza, e scompigliando loro i capelli scuri, annegando nei loro occhi viola, così simili a quelli del padre.

“Non dovete allontanarvi così tanto...o potrei perdervi, e voi siete la cosa più cara che ho al mondo” Sorrise baciando la fronte a entrambi.

“Scusaci Mamma...” Borbottarono ricambiando l’abbraccio con vigore, sporgendo le loro manine per stringere il corpo esile della giovane.

Zero li osservò da lontano, con dolcezza, quella dolcezza libera e spensierata che non aveva mai pensato di poter provare nella sua vita, gli occhi viola persi nel contemplare quella ragazza ormai donna, e quei due bambini, i suoi bambini. Gemelli eterozigoti, maschio e femmina, entrambi vivi, entrambi sani, entrambi liberi.

“Yuki...”Mormorò raggiungendoli.

Lei ricambiò lo sguardo e tenendo per mani i due piccoli fuggitivi lo raggiunse.

“Mi sei mancata...” Sorrise lui baciandole le labbra con gentilezza, per poi posarsi sul suo collo candido, liberandolo con le dita affusolate dai lunghi capelli scuri, lì su quella pelle integra posò prima un bacio umido, leggero. Yuki sospirò piano, quasi avesse atteso quel gesto per tutto il giorno, poi un morso piccolo, delicato la fece sussultare di sorpresa, sorrise ancora, quando i denti di Zero lasciarono la sua pelle, priva di segni, priva di ferite, ancora intatta, umana.

Guardò il sorriso privo di canini del giovane marito illuminargli il volto, i capelli argentei risplendere sotto quel sole accecante, i due bambini aggrappati alle loro gambe.

Liberi, felici, umani...grazie al suo imperdonabile sacrificio.

"Ti amo..." Sussurrò Yuki, annegando nel suo sguardo rivivendo per un attimo quel loro passato antico, maledetto, eppure adesso quasi evanescente come un brutto incubo.

"Anche io..."Rispose lui, poggiando la fronte su quella della compagna, consapevole di stringere a sè il suo amore più imperdonabile, la sua follia più incredibile, il suo inizio, la sua salvezza, ora sua...

Si sarebbero amati per il resto dei loro giorni, giorni limpidi, lontani dall’ossessione del sangue, fatti di vita, di sudore, di un amore che di mostruoso non avrebbe avuto più nulla, giorni in cui Zero avrebbe preso Yuki con dolcezza e con passione sulle loro lenzuola, giorni in cui si sarebbero addormentati insieme, senza il desiderio di mordersi, senza macchie sulla pelle, nell’anima, giorni, ore a guardare i loro bambini crescere felici...

Liberi, felici, umani

“Grazie...” Pensarono guardandosi negli occhi prima di tornare a casa.

 

 

 

Fine.

 

 

Note dell’autore.

Ed eccoci giunti alla conclusione...piange come una bambina...spero che questa storia vi abbia lasciato qualcosa, come ha fatto con me, scriverla è stato un piacere, un piccolo viaggio dolce e malinconico, forse un po’ triste nel finale... Spero sarete presenti in altre mie Fic, e spero che questo finale non vi abbia deluso, scusate se in ritardo clamoroso.

Un bacio enorme.

Ancora nella speranza che vi sia piaciuto

Allyn.

Alla prossima (piange ancora)

 

 

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