L'imperdonabile di Allyn (/viewuser.php?uid=294111)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Odiami ***
Capitolo 2: *** Risveglio ***
Capitolo 3: *** Abbandono ***
Capitolo 4: *** Oblio ***
Capitolo 5: *** Limbo ***
Capitolo 6: *** Follia ***
Capitolo 7: *** Fuga ***
Capitolo 8: *** Verità ***
Capitolo 9: *** Ricordi e Rabbia ***
Capitolo 10: *** Amore e Sangue ***
Capitolo 11: *** Confessioni ***
Capitolo 12: *** L'impossibile ***
Capitolo 13: *** Sogni e Verità (Ruka x Kain) ***
Capitolo 14: *** Il metallo dannato ***
Capitolo 15: *** Il ritorno dopo l'attesa ***
Capitolo 16: *** Il suo segreto più dolce e forse il più imperdonabile (Penultimo capitolo) ***
Capitolo 17: *** Capitolo finale - L'imperdonabile Sacrificio ***
Capitolo 1 *** Prologo - Odiami ***
PROLOGO
Odiami
[Yuki]
Lo guardai, annegai in
quegli occhi cremisi per un tempo che mi parve interminabile. Lo
volevo, tanto quanto lui voleva me. Ma non potevano; imbrigliati in un
amore maledetto che non avrebbe mai visto la luce del sole, un amore
destinato a morire ancor prima di nascere, maledetto da quel giorno, il
giorno in cui avevamo deciso di peccare, insieme, di macchiarci della
colpa più grave. Io ero sua, lo ero da quando le sue labbra
si erano posate sul mio collo al tempo ancora umano, da quando i suoi
denti erano affondati nella mia carne pallida. Noi ci appartenevamo.
Negli sguardi, nelle carezze mai svelate, nei sussurri. Eravamo nostri;
anche il suo odio, anche quello, lo legava ancor di più a me.
Odiami
Perche anche io mi odio. Avrei voluto incontrarti in un'altra
vita, come due umani, come gli umani che eravamo. Liberi da vincoli di
sangue, da questa sete che ci affligge, che ci condanna. Ti avrei
sorriso, ti avrei baciato, mi sarei beffata del tuo carattere
scontroso, e tu mi avresti stretta a te...
Odiami
Perché ti desidero, perchè il sangue di
quell’uomo che chiamo fratello non mi soddisfa, mi lascia
incompleta, e odiami ancora, perché ogni volta che i miei
denti affondano nel suo bel collo perfetto io penso a te, penso alla
tua pelle, penso a quel tuo collo, ferito dal nero indelebile del
marchio che ti porti addosso.
Avrei voluto urlarlo, urlare tutto quello che celavo dentro di me. Ma
non potevo, ogni volta le parole mi morivano in bocca.
Abbassai lo sguardo. Mi sentivo sconfitta ancor prima di parlare,
sconfitta dai miei stessi pensieri. Lo sentivo, mi stava fissando, mi
trafiggeva, leggeva i miei segreti.
Mi feci coraggio e tornai a sostenere i suoi occhi. Erano crudeli, di
una bellezza tale da straziarmi l’anima, ben lontani dai miei
ricordi, lontani dalla dolcezza che mi riservavano. Ma andava bene
così...doveva odiarmi, per tutto quello che gli avevo fatto,
per quello che ci eravamo fatti.
Il tempo sembrava essersi fermato, in una notte senza luna, due nemici,
uno di fronte all’altra, muti, immobili attendevano
l’inevitabile, la preda e il suo cacciatore. Due nemici
naturali, sporcati dallo stesso veleno, dallo stesso odio millenario.
Senza dire una parola mi avventurai in quella che era stata la sua
stanza ai tempi del collegio Cross, mi seguì con i suoi
passi lenti, calibrati.
Chiuse la porta alle sue spalle.
Gli occhi cremisi ardevano anche nella penombra di quella stanza
abbandonata da tempo.
“Zero” Pronunciai il suo nome con estrema cura,
come se ogni lettera fosse preziosa. Allungai una mano per carezzargli
la guancia pallida, ma le sue dita bloccarono il mio esile polso ancor
prima che potessi avvicinarmi al suo bel viso tormentato. Era freddo
come l’inverno.
“Non toccarmi...” Intimò con rabbia.
Mi si sgretolava il cuore,ma era questo che desideravo, volevo che mi
facesse male, che mi odiasse...Volevo che si sentisse disgustato da me,
da una giovane donna tanto codarda da non saper decidere, da non saper
rischiare, così codarda da preferire una vita al fianco di
un uomo ormai lontano dal suo cuore, da un uomo che la tiene stretta a
sé come se fosse la fanciulla per lui più
preziosa al mondo, che sempre e per sempre la riempirà di
attenzioni, di affetto, di venerazione, che nelle notti più
buie le offrirà le sue vene, pur consapevole che il suo
sangue non riuscirà mai a placare del tutto la sua sete...
“Perché sei qui?” Mi domandò
grave, senza mai mollare la presa sul mio polso.
“Avevo bisogno di vederti...” Sussurrai
infliggendogli altro dolore. Avanzai un'altra carezza con la mano
libera, i miei polpastrelli bruciavano all’idea di toccarlo,
di sfiorare i suoi capelli lisci, candidi... Questa volta
sembrò esitare prima di bloccarmi, ma poi le sue dita
raggiunsero le mie, dividendomi dal suo viso.
“Ti ho detto di non toccarmi, con le stesse mani che hanno
toccato lui...” Sputò le
parole con dolore, e il suo sguardo, mi ricordò tanto quello
che mi rifilava da bambino, quando dopo le visite di Kaname si
rifiutava di toccarmi, o di farsi solo sfiorare da me.
Eravamo tanto vicini da poter sentire i nostri respiri contro la pelle.
L’odore di Zero mi costrinse ad avvicinarmi ancora, a
desiderare di posare dapprima le labbra, poi la lingua, e poi i denti
affilati contro la sua pelle diafana, contro il collo perfetto...volevo
il suo sangue...ero li per quello, ero li per farmi odiare ancora di
più, per odiarlo ancora di
più...perchè era lui, erano i suoi occhi a farmi
macchiare delle colpe più imperdonabili, a farmi tradire chi
avrei dovuto amare.
“Zero...” Sussurrai ancora il suo nome, prima di
posare un bacio sulla sua pelle integra, immacolata. Sentii un brivido
corromperla, macchiarla del mio stesso peccato.
“Perché...” Lo sentii sospirare, mentre
le sue mani allentavano la presa sui miei polsi, fino a portarli in
basso, fino a stringerli in un altro modo, un modo che ricordavo
lontano, dolce.
“Yuki...perchè tra noi...deve essere sempre
cosi...” Si arrese.
“Noi siamo condannati Zero, la nostra natura di vampiro
è di per sé già una condanna. Schiavi
di una sete che solo il sangue di chi amiamo riesce a placare,
destinati ad una vita quasi eterna...ma noi, Zero, io e te...Noi
abbiamo scelto la nostra condanna da soli, quell’ormai
lontano giorno, in cui decidemmo di compiere
l’imperdonabile”
...Facciamo
insieme la cosa più imperdonabile...
le parole che pronunciai
quel giorno mi risuonarono nella mente, mentre i miei denti affondavano
nella carne tenera, mentre il sapore del suo sangue mi riempiva la
bocca facendomi perdere la testa. Poi arrivarono le sue mani, le
intrecciò ai mie capelli, con foga, spinse la mia testa
contro di sé, lasciando che bevessi ogni suo ricordo, ogni
suo sentimento, che me ne riempissi il cuore, lo stomaco, le vene.
Scivolammo pian piano a
terra, in ginocchio, la schiena contro il muro, la mano che mi
sosteneva la testa, le mie lacrime che piano rigavano il mio volto...mi
sentivo completa...
Mi staccai da lui con dolcezza, due rivoli rossi scesero dai segni del
mio morso macchiandogli la camicia chiara, deturpando il disegno
geometrico del tatuaggio...
Poi arrivarono le sue labbra, bramose sulle mie. La sua lingua
lavò via il sapore del sangue e ne portò un
altro, quello di un desiderio più vorace.
“Perché?”
Questa volta la domanda la posi io...mentre il cuore sembrava
scoppiarmi in petto, mentre la colpa, il tradimento crescevano...
“Perché ti odio...” Mi
sussurrò in un orecchio, piano, crudele, tanto da darmi i
brividi.
“Allora odiami di più” Dissi in un
sospiro, cercando ancora le sue labbra, questa volta con foga. Ma Zero
interruppe il nostro bacio, per posare la sua bocca sulla mia guancia,
e poi lì, dove Kaname affondava i canini quasi ogni sera,
lì, sul mio collo candido posò il suo bacio
più dolce, umido, paziente.
Sentii il desiderio crescere ed esplodere in tormento. Avvinghiai le
mie dita alle sue ciocche morbide e arruffate e in un respiro dichiarai
la mia condanna: “Odiami di più...prenditi quello
che ti appartiene”
Zero mi esaudì,
affondò i denti e mi bevve, assetato come mai era stato,
bevve il mio sangue, gli occhi cremisi nascosti dalle palpebre
abbassate. Non ricordavo così tanta foga, neppure nei morsi
che mi aveva riservato quand’ero ancora umana.
“Che sapore ha il mio sangue?” Gli chiesi.
Si staccò riluttante e mi rispose, le iridi incandescenti,
inappagate.
“Sa di te...e sa
di lui...”
Una nuova lacrima mi rigò il viso.
“Ancora...” Mormorai guidandolo di nuovo verso la
ferita appena aperta.
Chiusi gli occhi, rimandando la mente a tutti i ricordi più
dolorosi, che di rado mi concedevo di riportare a galla. In ognuno di
questi c’erano il suo viso, le sue mani, la sua voce...
Rimanemmo così
per molti minuti, ondeggiando in un oblio fatto di sangue, fino a
quando ebbra di ricordi e di desiderio non riaprii gli occhi. Non
sentivo più la sua bocca sulla pelle.
Lo sguardo fisso su di me,
le iridi ormai viola, sazie.
“Di cosa sa il mio sangue?” Ripetei.
“Sa di me...sa di noi” Rispose stupito.
Annuii
“Perché?”
Mi pose ancora quella
domanda, alla quale non risposi, se non con i gesti. La mia sete si era
placata, ma il mio cuore palpitava, così come il mio corpo,
mi sentivo ubriaca di lui, ubriaca di noi, del nostro peccato, del
nostro sporco e vile segreto...volevo amarlo...volevo macchiarmi di
colpe ancor più grandi. lo baciai con disperazione, le sue
mani cercarono le mie, poi la mia schiena poi le gambe. Ci trascinammo
verso il vecchio letto.
“Cosa stiamo facendo?” Domandò con il
fiato corto, gli occhi allucinati, spalancati.
“L’imperdonabile...l’imperdonabile...”
Ripetei ancora. Sbottonandogli la camicia e portandolo sopra di me.
“Yuki” Mi chiamò più volte,
mentre le sue mani divenivano avide sulla mia pelle, ora
così sensibile, mentre mi spogliavano del vestito che“l’altro”
mi aveva regalato. Sussurrò il mio nome anche quando le sue
dita mi esplorarono con dolcezza.
Odiami
Pregai dentro di me,
piangendo, spogliandolo degli ultimi indumenti, portando quel corpo
snello e perfetto sopra il mio.
Mi baciò, come se ogni tocco delle sue labbra sulla mia
pelle potesse guarire le ferite che portavamo nel cuore. Ed io mi
lasciavo baciare, mi lasciavo fare cose che mai avrei voluto lasciar
fare ad altri.
Ma volevo di più, bramavo la sua anima, volevo il suo odio
dentro, volevo bruciare con lui...lo afferrai per le spalle,
avvinghiando le gambe alla sua schiena.
Mi guardò intensamente, affondammo l’uno negli
occhi dell’altra, per così tanti minuti che mi
parvero ore, mentre i nostri corpi nudi e accaldati si stringevano in
un abbraccio sempre più impaziente. Mi carezzò la
fronte con dolcezza, ed anche il suo sguardo divenne più
rassicurante.
Chiusi gli occhi, i capelli sparsi sul cuscino, il cuore che impaziente
mi martellava nel petto, carico del mio e del suo sangue...
“Ti odio Zero...ti odio...per tutto
questo...Odiami...odiami” Piansi sommessamente, mentre le mie
dita si stringevano alle sue, mentre il mio seno premeva contro il suo
petto.
“Anche io ti amo
Yuki” Rispose, mentre piano i nostri corpi si fondevano,
mentre lo stupore per le sue parole mi riempiva la mente e un nuovo
piacere risanava il mio corpo.
“Ti amo...Anche
se non devo...” Continuò a ripetermi, mentre i
suoi movimenti, così lenti, dolci, carichi d’amore
mi riempivano.
Lo strinsi forte a me, nascondendo il viso nell’incavo della
sua spalla, bagnandogli la pelle pallida, morbida, ora sudata, con le
mie lacrime... ed i suoi movimenti si fecero più forti, le
sue labbra premettero sulle mie, la lingua cercò la gemella,
le sue mani, le dita, le mie gambe strette attorno alla sua schiena
forte; ed in un attimo non c’eravamo più...
eravamo altrove, lontani, nostri.
Le mie, quelle gocce salate che non cessavano di rigarmi le guance
accaldate, erano lacrime di gioia...eravamo liberi e imperdonabili,
lì in quel letto spoglio, coperti da un vecchio lenzuolo,
imperdonabili mentre ci amavamo, mentre sospiravamo di piacere, mentre
i nostri corpi allacciati si muovevano in sincrono, ondeggiando verso
la condanna eterna.
“Ti amo Zero...” Gli dissi in un sospiro
più grande, mente un nuovo piacere mai provato mi costrinse
a baciarlo con più foga...ancora, e ancora e ancora....
Finche avessimo potuto odiarci così sarei stata
felice...perchè il suo odio più grande scaturiva
dalla colpa di cui si era macchiato, quella di amarmi, anche se non
poteva, anche se non avrebbe dovuto farlo...ma io volevo...volevo io
suo odio, perché l’amavo, nello stesso tremendo
imperdonabile modo.
Era
giusto così, che questo prologo finisse tra i capitoli di
questa fic...XD
spero che anche i capitoli
successivi siano di vostro gradimento!!!
un saluto affettuoso
Allyn
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Capitolo 2 *** Risveglio ***
Capitolo
1
Il
risveglio
Quando Yuki si
risvegliò Zero dormiva ancora. Un braccio
sotto il cuscino, l’altro abbandonato sul materasso spoglio,
la mano aperta, in
cerca di lei, anche nell’incoscienza del sonno.
Un sorriso
triste le affiorò sulle labbra graziose, ancora
memori dei baci imperdonabili di quella notte.
Lo
osservò in silenzio, non voleva svegliarlo, interrompere
quel suo quieto sognare. Era bello, tanto da scatenarle una terribile
fitta al
cuore; il volto disteso, i capelli lisci gli ricadevano morbidi su
quella pelle
diafana, e poi il collo, macchiato da quei due piccoli segni
lividi...testimoni
del loro folle gesto, piccoli traditori...
Era suo.
Si
avvicinò con prudenza, trattenendosi con una mano i lunghi
capelli castani, che altrimenti sarebbero scivolati sul suo corpo nudo
come
sottili fili di seta, svegliandolo...
“Zero...”
Sussurrò quel nome, piano, sicura di giungere in
qualche sogno lontano, mentre le sue labbra si avvicinavano caute al
bel collo
già segnato. Si fermò a pochi centimetri da
ciò che più desiderava, colpevole,
ancora...
Riluttante si
alzò dal letto, non era ancora l’alba, la notte
dominava padrona sui colori del cielo, tingendolo di un blu precario,
destinato
a scomparire con l’arrivo del sole. In quella stanza senza
tempo raccolse il
suo vestito e lo indossò in un unico e rapido gesto, la
stoffa fredda e
pregiata le dette i brividi, a contatto con quella sua pelle ancora
calda di
lui, del suo folle e vorace amore.
Lasciò
il collegio con una voragine nel petto, chiedendosi
cosa sarebbe successo da quel momento in poi, se le loro vite sarebbero
cambiate...se quella colpa tremenda di cui si erano macchiati li
avrebbe
portati verso un baratro nero...
Dovevano
dimenticare, dovevano abbandonare tutta quella gioia
all’oblio eterno, lasciare che rimanesse solo un vago e dolce
ricordo, dolce
come il suo sangue, dolce come il suo corpo.
Corse a
perdifiato, ogni passo sull’asfalto l’allontanava
da
quel letto, da quelle lenzuola macchiate del loro rosso più
vivido.
L’alba
sbocciò prepotente, ridonando nuovi colori al mondo
cupo, tetro e sanguinario della notte, il mondo dei vampiri.
Yuki giunse di
fronte al grande portone di mogano solo quando
il sole fu alto nel cielo. Le bruciavano gli occhi non tanto per il
fastidio
arrecatole da quella luce, da quei raggi troppo chiari, troppo candidi
per la
sua razza, gli occhi le bruciavano di lacrime...
Si
asciugò il viso con la manica del vestito, pronta ad
affrontare la sentenza più dura, lo sguardo gentile del
nobile fratello, il
purosangue Kaname Kuran.
Salì
le scale, salutando Ruka e Kain con un gesto distratto
della mano, tutto l’allarmismo che aveva colto nei loro occhi
sembrò placarsi
appena la videro.
“Nobile
Yuki... vi abbiamo cercato per tutta la città, dove
avete trascorso la notte?” Chiese la ragazza dai capelli
color del miele.
La giovane
purosangue posò lo sguardo verso il basso, verso
la complessa e intricata trama del pavimento di marmo.
“Principes...”
La richiamò Ruka, ma il rapido gesto di una
mano snella, aggraziata e forte allo stesso tempo, la zittì
ancor prima che
potesse terminare di pronunciare quell’appellativo che Yuki
odiava tanto.
Era giunto, in
un lampo, con il passo svelto e calibrato,
inondando l’aria con il suo profumo antico, buono. Aveva il
volto stanco, la
solita perfezione guastata da profonde occhiaie violacee che
contornavano
gli
splendidi e inquietanti occhi amaranto. Kaname Kuran.
“Ruka,
Kain...stanotte Yuki non è rientrata a casa, ma aveva
il mio permesso...perciò non preoccupatevi, potete
andare” Disse con
gentilezza, spostandosi i capelli scuri dietro le orecchie.
Kain si
allontanò sbuffando, apatico come sempre. La ragazza,
invece, rimase immobile di fronte ai due purosangue, guardava lui, poi
lei, poi
ancora lui, chiedendosi perché fosse tanto indulgente con
quella ragazzina
ingrata, con quella giovane donna che di nobile non aveva niente, se
non quel
sangue prepotente che le scorreva nelle vene, lo stesso dei Kuran. Ruka si chiese
perché non si arrabbiasse con
lei, perché non le urlasse contro la sua rabbia. Si sentiva
lontano un miglio
l’odore del suo tradimento, lo sentiva anche lei,
l’odore sporco del sangue di
un altro vampiro. Pensò che se fosse stata al suo posto non
l’avrebbe mai
tradito, mai, se solo le avesse dato
un’opportunità, lei che lo amava tanto,
che lo venerava da sempre come il più bello, il
più importante degli dei, il
suo Kaname.
Ma lui voleva
l’altra, voleva Yuki, da sempre, da quando era
ancora una bambina, e adesso capiva, la voleva così tanto da
esser disposto a
sopportare, a chiudere gli occhi di fronte all’evidenza.
Dopotutto non erano
poi così diversi, lei e il purosangue che amava, entrambi
disperati, entrambi
disposti a scendere a compromessi pur di star vicino
all’oggetto del loro
desiderio.
Sospirò
e si allontanò dai due fratelli, seguendo le orme di
Kain, il fedele amico d’infanzia.
Rimasero soli,
uno di fronte all’altra, senza dire una
parola. Nonostante avesse mantenuto lo sguardo basso, Yuki lo sapeva,
sapeva
che quegli ipnotici occhi amaranto la fissavano, la scrutavano, velati
da una
gentilezza pronta a nascondere la rabbia, l’odio...il suo
odio, a differenza di
quello di Zero le faceva paura.
“Dovresti
farti un bagno” Disse poi, afferrandole una ciocca
di capelli per portarsela con un gesto fluido, reverenziale, alle
labbra, e poi
al naso. Inspirò profondamente l’odore di quei
fili d’ebano, chiudendo gli
occhi, apprezzandone il bouquet floreale, misto ad altro, misto ad un
odore che
non sentiva da tempo. Respirò profondamente, scacciando via
dal suo olfatto
quella “nota” sgradevole. Lasciò che i
lisci capelli gli scivolassero via dalle
dita, poi sempre gentilmente le afferrò la mano esile,
tremava.
“Andiamo”
Mormorò trascinandola al piano inferiore, nelle
loro stanze senza finestre.
Yuki lo
seguì senza proferir parola, placidamente attendeva
la sua sentenza, e la punizione, che forse non sarebbe mai
arrivata. Era
sempre stato quello il suo modo di punirla, quell'incredibile e
costante
gentilezza. Ogni volta che i suoi occhi malinconici si posavano su di
lei, ogni
santa volta, lui la puniva, la costringeva a torturarsi.
Eppure,
c’era stato un tempo, in cui l’aveva amato, tempi
lontani, immersi in ricordi innevati. Era una ragazzina, eppure il
piccolo
cuore le palpitava nel petto, prepotente, smanioso di vederlo, di
rivedere quel
vampiro gentile che le aveva salvato la vita qualche anno prima.
Ricordava quei
tempi con affetto, con dolcezza, ricordava il
suo volto, quel giovane uomo era stato il sole della sua vita,
l’inizio dei
suoi ricordi.
Poi era arrivato
l’altro.
Chiuso nel suo
mutismo, ferito nell’anima, enigmatico,
arrabbiato...Zero, anche lui era solo un ragazzo, il collo sporco di
sangue,
gli occhi sbarrati, tanto fragile, che quella sera lontana, la sera del
suo
arrivo, mentre lo ripuliva da quel liquido porpora, pensò
che se non fosse
stata delicata, quel ragazzo dai capelli candidi si sarebbe frantumato
sotto le
sue piccole dita.
Zero Kiryu, il
ragazzo la cui famiglia era stata sterminata
da dei vampiri “cattivi”.
Li odiava, i
vampiri, Zero, li odiava con tutto se stesso,
tanto da scalfirsi con le unghie la pelle del collo, il punto in cui
quella
donna, la purosangue che l’aveva trasformato, aveva poggiato
le labbra e i
canini perfetti, condannandolo per sempre. Li odiava
così tanto da volersi
togliere la vita, quando il “germe” in lui era
cresciuto, facendo marcire tutto
il resto, rendendolo uguale ai mostri dei suoi incubi. Si era puntato
la
pistola alla testa, le dita salde sul grilletto, quel giorno, in cui i
canini
appuntiti avevano trafitto la pelle di Yuki. Ma lei lo aveva fermato,
lo aveva
costretto a combattere, era diventata la sua alleata, la sua compagna,
e lo
aveva trascinato in un oblio fatto di sangue, l’aveva
costretto a compiere
l’imperdonabile. Forse, fu in quel momento che il suo cuore,
scelse. Mentre i
denti di Zero penetravano la sua pelle ancora umana, mentre quegli
occhi viola
viravano in un cremisi maledetto, lei lo amava, lei lo desiderava, lo
voleva
vivo, più di ogni altra cosa al mondo.
Fu in quel
momento che il suo sole, Kaname Kuran smise di
brillare come un tempo, c’era altro nella sua mente, nello
stomaco, c’erano
lui e i suoi tormenti, c’era quel ragazzo con cui aveva
stretto un patto di
sangue, quel ragazzo che le aveva macchiato l’anima in modo
indelebile. C’era
Zero, colui con cui aveva compiuto l’imperdonabile. Ma gli
umani, la loro
mente, è debole, superficiale, vacilla facilmente, ed era
difficile ammetterlo,
anche di fronte all’evidenza...
Persa tra tutti
quei ricordi, tra tutti quei pensieri, Yuki
lasciò che Kaname la spogliasse, la liberasse di quel
vestito corrotto, aiutandola
a immergersi nell’enorme vasca da bagno. Lo lasciò
fare, come se fosse stata
una bambina, lasciò che le insaponasse la schiena, i polsi,
i piedi, i capelli,
che spostò con cura, rivelando il collo candido.
Sfiorò i segni lividi,
dapprima con le dita, poi con la spugna, che gli cadde dalle mani
tremanti.
“non
guardarmi...non guardare i segni che Zero mi ha lasciato
sul collo, ti prego...” Pensò la ragazza, mentre
Kaname senza dire una parola
rimaneva immobile, impietrito davanti a lei.
Poi accadde, si
sporse sul suo piccolo corpo, le maniche
della camicia arrotolate, i capelli lunghi, scompigliati, lo sguardo
non più
gentile...gli occhi cremisi, da vampiro...
Angolino
dell'autore :3
E' la mia prima fic a capitoli su Vampire Knight, non so bene cosa ne
verrà fuori, ma posso dire che ci metterò tutto
il mio impegno, nella speranza che vi piaccia...ho immaginato
un'evoluzione strana del triangolo Yuki-Kaname-Zero...perciò
beh commentate e seguite per sapere gli sviluppi! sarò lieta
di accettare consigli e RECENSIONI! Un morsino affettuoso VI ASPETTO
NUMEROSI!!
Allyn
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Capitolo 3 *** Abbandono ***
Capitolo
2
Abbandono
Lei non
c’era già più, l’aveva
lasciato nel sonno.
Codarda
Sprofondò
con la testa sul cuscino, inalando a pieni polmoni
l’odore di una notte intera passata insieme.
Si erano amati
con foga, si erano bevuti, consumati. Sorrise,
toccandosi il collo, ma la sua effimera gioia scomparve in un istante.
Lei non era
sua, era dell’altro, era dello sporco e viscido purosangue.
Avrebbe pianto,
avrebbe urlato, avrebbe preso a pugni il muro fino a rompersi tutte le
ossa
della mano, fino a distruggere quella stanza vuota, se solo fosse
servito a
qualcosa, se solo avesse potuto cambiare gli eventi.
Kaname Kuran;
aveva sempre vinto, lui e la sua razza, avevano
sempre vinto, gli avevano rovinato la vita, i vampiri... e lei, la Yuki
di cui
aveva tanto bramato il sangue, un desiderio così osceno da
risultare disgustoso,
lei doveva stare con quell’uomo
che camminava sul suo stesso asse temporale.
Si
sdraiò osservando il soffitto, ogni volta che chiudeva gli
occhi poteva rivederla, il suo bel sorriso, gli occhi scuri, i
capelli
lunghi, lisci, quelle labbra piccole, ma carnose, la lingua morbida,
avida del
suo sangue. Un brivido di piacere e desiderio lo percorse come una
scossa
elettrica. Non era sua, ma lo era stata, in quelle ore che gli erano
sembrate
poche, frettolose, ore che avevano corso veloci come minuti, come una
futile
manciata di secondi.
Un nuovo giorno
era ormai sorto, nuove nuvole oscuravano quel
sole da poco alto nel cielo. Per Zero era il momento di andare, era il
momento
di trasformasi nell’Hunter senza cuore, il mietitore dal
grilletto veloce. Si
rivestì, e agganciando ogni bottone di quella camicia
chiara, macchiata sul
collo, non poté non ripensare a lei, non sentire la voragine
nel petto
allargarsi, fino a divorargli il cuore.
Infilò
le compresse ematiche in una delle tasche interne del
cappotto scuro, non gli sarebbero servite quel giorno, nelle vene gli
scorreva
un sangue potente, un sangue che non avrebbe mai dovuto circolare in un corpo destinato a diventare cenere, un corpo destinato agli
spasmi
della follia, il corpo di un ex-umano prossimo al livello E.
Cos’aveva
da perdere? Niente.
Si
avventurò per i vicoli della città,
l’incarico
assegnatogli dall’associazione Hunter non avrebbe dovuto
essere poi così
impegnativo. Un altro simile, un altro “poveraccio”
caduto vittima di quel
sangue sbagliato, del “germe malato”dei vampiri.
Lo
trovò accartocciato sull’asfalto, gli occhi
sbarrati, da
folle. Di umano non aveva più niente, se non gli abiti,
tutto il resto
assomigliava più ad un mostro, ad un volto dentato,
perché era quella la
caratteristica predominante di quegli esseri, i denti. Aguzzi,
macchiati di
sangue ancora fresco, digrignati in una smorfia tanto orrenda da dare i
brividi.
Mirò
al cuore, e sparò. Un unico colpo, rapido, letale. Il corpo
del livello E si trasformò in polvere, volando via con la
prima folata di
vento.
Zero chiuse gli
occhi, ingoiando la saliva amara, cercando di
mettere a tacere quel cuore troppo rumoroso...
Si sedette per
terra, nel solito punto dove pochi istanti
prima era esistito l’altro, la sua immagine riflessa in uno
specchio futuro, se
non fosse stato per lei...
“Dannazione!”
Sbottò abbandonando la testa all’indietro. Non
riusciva
a togliersela dalla mente. Come avrebbe mai potuto? Era stata lei a spingerlo a combattere. L’aveva obbligato,
l’aveva tenuto in vita, con
il suo sangue, con la sua forza...e lui, lo aveva giurato, guardandola
negli
occhi, in quelle iridi color del cioccolato, le aveva promesso che
avrebbe
tentato, fino all’ultimo.
Ricordava
ancora, quelle parole lontane, una Yuki più
piccola, più dolce, più sua.
“..anche
se mi
odierai,continuerò, ancora e ancora..fino a sedare la belva
che alberga dentro
di te..la tua mente non ha ancora ceduto alla follia...Non ti
lascerò morire!
Odia pure i vampiri , Odia me..almeno significa che non ti dai per
vinto!”. Gliele
urlò quelle parole, gliele
incise nel cuore. Come avrebbe mai potuto odiarla? Lei...la sua ragione
di vita,
solo per lei, era ancora vivo solo per lei.
Si
alzò da terra quando le prime gocce di pioggia caddero da
quel cielo ormai pesante di nubi nere, cupe. Fece finta di non aver
pianto,
fece finta che quelle gocce più salate non gli
appartenessero.
“Perché
Yuki...perchè tra noi, deve
esser sempre così doloroso...” Sussurrò
impugnando la Bloody Rose e scomparendo
sotto la pioggia, con in testa un pensiero, un ricordo della notte
passata, una
carezza tra i capelli, nell’incoscienza del sonno, come
quando era bambino, come
quando con la sua voce rassicurante gli sussurrava che tutto sarebbe
andato
bene.
“Yuki,
me lo avevi promesso...” Le mormorò gentilmente
all’orecchio.
La ragazza
sentì il suo respiro tiepido solleticarle la
pelle, rabbrividì.
“Ti
avrei dato tutto il mio sangue, tutto, fino all’ultima
goccia, fino alla morte, se solo avessi voluto...”
Continuò baciandole il
collo, posando le labbra perfette sulla sua pelle umida.
“Yuki,
noi ci apparteniamo, da sempre...” La voce sempre
gentile, pacata.
La ragazza non
lo guardò, teneva lo sguardo basso sull’acqua
calma della vasca, gli occhi puntati su quella schiuma destinata a
dissolversi,
a sparire. Zero, doveva diventare per lei come quelle bolle di sapone,
un qualcosa
di incredibilmente bello, destinato a svanire con un rumore sordo,
senza
lasciar alcuna traccia della sua esistenza.
“Perché
non mi guardi più? Un tempo mi osservavi da lontano,
lo sguardo perso, dolce, adorante, le guance
infuocate...perchè Yuki? Perché mi
infliggi anche questo dolore?
Perché mi
neghi la vista dei tuoi bellissimi occhi?” Le prese il mento
tra l’indice e il
pollice, e delicatamente la obbligò a voltarsi.
Era bello, e
forte. Il volto livido dalla disperazione.
“Yuki...io
voglio farti felice” Pronunciò il suo nome
lentamente, assaporando ogni lettera.
“Tu
sei mia...hai giurato che non mi avresti mai lasciato
solo, mai. Hai giurato che saresti sempre stata tra le mie
braccia...” Quegli
occhi tristi, antichi, la distruggevano.
Perché?
Perché non faceva altro che creare dolore alle
persone che amava, perché nessuno di loro capiva, che dietro
ai suoi occhi tanto
dolci, non c’era altro che un mostro, c’era solo
l’anima egoista di un vampiro.
Aveva ferito Zero, aveva ferito Kaname, aveva ferito se stessa.
Mostro.
“C’è
soltanto un posto dove puoi e devi stare...ricordi?”
Sospirò rimandandole alla mente tempi lontani.
“Avresti
dovuto nutrirti del mio sangue, solo del
mio sangue...quello era il nostro patto, ti avrei tenuta
con me, per sempre, consapevole che una parte del tuo cuore gli
apparteneva. Ti
avrei perdonata, e accolta, avrei accolto tutto ciò che
desideravi offrirmi,
anche il male che mi procuravi. Quello era il prezzo che avresti dovuto
pagare,
un’eterna insoddisfazione, una sete che non avresti mai
potuto appagare ed
estinguere...quello era il prezzo che avevi deciso di pagare per stare
con me”
Disse tagliente come una lama.
“Vuoi
lasciarmi Yuki? Vuoi infliggermi altro dolore?”
Tornò
al solito tono gentile, paziente. Sempre più vicino alle
sue labbra.
A quelle parole
la ragazza
si svegliò dallo stato di torpore in cui era
caduta.
“No!”
Quasi gridò in preda all’orrore. L’idea
di ferirlo
ancora, di ferire quel vampiro tanto bello a cui doveva la vita, la
uccideva.
Non poteva abbandonarlo, non poteva lasciare che i suoi occhi si
intristissero
ancora, che quell’amaranto si spegnesse in una maschera di
sofferenza eterna.
“Nobile
Fratello...io...io non voglio lasciarti” Gli prese il
viso tra le mani, bagnandolo. Lui affondò nei suoi occhi
caldi, colpevoli,
inondati dalle lacrime.
“E
allora spogliami Yuki...” Disse sottovoce, guidando le sue
dita verso i bottoni della camicia.
Tremava.
Yuki
esaudì il suo desiderio lentamente, ogni piccola asola
lasciata sola, vuota, le provocava nella mente un dolore assordante, il ricordo di quei bottoni
quasi strappati via, la
pelle bianca di Zero sotto le sue dita, quella stessa notte, ormai
così lontana.
Kaname, le
baciò la fronte con tenerezza, per poi portare quel piccolo viso contro il suo petto.
“Batte
per te...Yuki, il mio cuore da mostro” Gli
confidò,
per poi guidarla verso il suo collo.
“Mordimi...”
Le ordinò, questa volta con poca gentilezza.
Angolo
dell’autore
Mi
sono
impegnata, spero che ciò trapeli da questo secondo
capitolo...ero molto
indecisa su come si sarebbe svolta la storia, ma una malvagia e insana
idea sta
pian piano prendendo forma nella mia mente J
Ho
cercato di dedicarmi un po’ a tutti e tre i personaggi
principali...bla bla bla
insomma, basta con questi discorsi...LEGGETE E FATEMI SAPERE!! J
SPERO DAVVERO CHE VI PIACCIA, commentate,
esprimete...ditemi se vi ha regalato qualche emozione, insomma
lasciatemi
qualcosa che testimoni il vostro passaggio! hahaha
Un
morsino
affettuosissimo a chi ha la pazienza di leggere ( e anche un
ringraziamento),
ci vediamo al prossimo capitolo
Allyn
|
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Capitolo 4 *** Oblio ***
Capitolo
3
Oblio
“Kaname...”
Balbettò combattuta, già sazia del sangue dell’altro.
La grande mano
del vampiro si insinuò tra i suoi capelli
umidi, afferrandole il capo e spingendola con più forza
verso il collo.
“Ti
prego...Yuki” Ansimò. I muscoli tesi, gli occhi
chiusi,
le labbra serrate in una smorfia di dolore.
Sapeva che
esaudire il suo desiderio sarebbe equivalso a
complicare ancor di più la situazione, a mandarla ancora una
volta su quel
campo di battaglia che era divenuto il suo cuore.
Si sentiva
lacerata, strappata, divisa tra quei due uomini
che le avevano cambiato la vita. Due uomini che, doveva ammetterlo a se
stessa,
amava, entrambi. In modo diverso, ma ugualmente urgente. Amava Kaname,
lo ammirava,
lo rispettava, quasi non riusciva a fare a meno della sua presenza, ma
non vi
erano più nel suo corpo la foga, la passione, il fuoco,
tutti quegli elementi che
avevano caratterizzato i primi anni della sua adolescenza. Zero si era
preso
tutto questo.
Aveva rapito la
sua parte umana, e mentre l’altro curava la
vampira, la nutrendola, aiutandola a compiere i suoi primi passi in
quel nuovo
e lontano mondo, Zero, invece, la tormentava...la richiamava a
sé come solo la
tentazione del peccato più grave può fare...
Si
era insinuato anche
in quella sua nuova vita. Non era riuscita a scappare da quegli occhi
cremisi,
dall’insaziabile bramosia del suo sangue. Così,
era giunta la rovina, così
il suo cuore aveva inevitabilmente deciso, cacciando via tutto il resto
come se
fosse stato un intruso spregevole.
Chiuse gli
occhi, ma una lacrima sfuggì lo stesso da quelle
palpebre abbassate. Poggiò le labbra tremanti su quel collo
così bello, su
quella pelle morbida ma antica. Trattenne i capelli scuri del sanguepuro con le
dita
bagnate, afferrandoli, forse con troppa foga.
Sentì
sussurrare il suo nome ancora una volta, poi lo morse
con decisione.
I sentimenti di
Kaname la travolsero come un’onda violenta.
Ira, gelosia, disperazione. Una miriade di pensieri e ricordi le
invasero la
mente.
Bevve ancora,
con avidità, con rabbia, distrutta dal senso di
colpa...aveva sbagliato, aveva tradito per l’ennesima volta.
Poi
arrivò una nuova ondata di emozioni e di...desiderio.
Lui la
desiderava, nello stesso ardente modo che aveva
percepito nel sangue di Zero. Quel vampiro austero,
dall’aspetto apparentemente
freddo, algido, la voleva, in un modo così intenso da
sembrarle quasi viscerale.
Kaname si
lasciò bere silenziosamente, le permise di stringergli
le spalle, di graffiargli la schiena, di infliggergli tutto il dolore
che
voleva, tutto, purchè continuasse.
Quando Yuki si
allontanò aveva il volto sporco di lacrime e
sangue, gli occhi lontani, umidi. Kaname sentì dentro di
sé un vuoto
incolmabile per quell’abbandono troppo rapido. Poi la rabbia.
“Pensi
ancora a lui?” Rantolò con un sorriso sadico
stampato
in volto.
Yuki non rispose.
“Sei
crudele...” Disse lui a denti stretti, afferrandole il
mento e leccandole via il sangue che le macchiava il volto.
Poi la
baciò.
Inizialmente la
ragazza rimase immobile, quasi subendo quella
morbida e dolce tortura, ma poi le labbra di Kaname si fecero avide,
come mai
lo erano state, e la cercarono, con movimenti esperti, gentili e rudi
allo
stesso tempo, tentando di risvegliare quelle due piccole gemelle
apparentemente
senza vita, che inaspettatamente, dopo qualche secondo presero a
muoversi... Inizialmente
incespicando, insicure, tremanti, per poi pian piano lasciarsi
trasportare,
ormai complici di quel gioco perverso, sporco di sangue, sporco di
contraddizione.
Le mani di
Kaname si spostarono dal suo viso al collo,
indugiarono per qualche secondo sui due piccoli segni lividi, poi si
mossero più
in basso, percorrendo prima le spalle, e poi la schiena bagnata di
Yuki. La voleva,
come l’aveva voluta Zero la notte precedente.
Senza smettere
di staccare le labbra da quelle di lei, la
sollevò dalla vasca e la adagiò con delicatezza
sul pavimento freddo del grande
bagno.
La ragazza
sgranò gli occhi per la sorpresa, il dolce tepore
dell’acqua calda era improvvisamente sparito, lasciando il
posto alla ceramica
gelida. Rabbrividì.
Kaname si
staccò da lei osservandola, lo sguardo enigmatico.
“Vuoi
andare in camera?” Le domandò chinandosi per
baciarle
la fronte.
Yuki si morse le
labbra, con tanta forza da ferirsi. Non
voleva niente, voleva urlargli che anche quel bacio al quale si era
arresa era
stato l’ennesimo errore, l’ennesima tortura che si
era inflitta, vittima della
sua natura, vittima di quel vampiro, di quel mostro dentro di lei che
non
pensava altro che al sangue. Ma non disse niente...non voleva deludere
quegli
occhi ora scarlatti.
“N-no...”Balbettò
trattenendo le lacrime. Kaname sorrise
sereno, poi si chinò per rimediare al danno
che si era fatta mordendosi.
Il suo amore per
Zero...Impossibile. Un sogno che non sarebbe
mai potuto divenire realtà. Era solo una condanna, un
miraggio che sarebbe
esistito per sempre nella sua mente, pronto a torturala. Lo sapeva, il suo posto era
lì, sul
pavimento freddo di quel bagno, accanto al Nobile Fratello, al sanguepuro, per
l'eternità...eppure, perché nonostante ne fosse consapevole, il cuore non le
dava pace? Perché non si arrendeva?
Serrò
le palpebre. Non voleva assistere, desiderava
sprofondare in un oblio nero, allontanarsi per un po’ dal
corpo, lasciare
lì il cuore, il sangue, la mente, e smettere di esistere,
per un po’, solo quel
tempo che bastava perché Kaname facesse di lei
ciò che voleva.
I suoi canini
penetrarono la carne di Yuki nello stesso
esatto punto in cui l’aveva morsa Zero. L’aveva
fatto di proposito, voleva
cancellare le tracce dell’altro dal suo corpo, voleva che
fosse sua, solo sua,
per sempre.
Al primo sorso,
Yuki sentì quel corpo steso sopra il suo
rabbrividire, forse di disgusto. Si chiese se nel suo sangue la
presenza di
quello di Zero fosse così forte.
Sentì
quelle dita flessuose stringere le sue più piccole e fragili con
forza, per poi rilasciarle piano.
“Ti
voglio Yuki...” Le confidò liberandosi del resto
dei suoi
indumenti.
“Voglio
prenderti come ha fatto lui...pensi che non lo sappia?
Pensi che non senta il suo odore sul tuo corpo? Ti ha stretta
così forte che
non se ne è andato neanche dopo un bagno...”
Sussurrò a
denti stretti.
“Pensi
che non sappia come ti ha toccata...” Continuò
poggiando le mani sul suo piccolo seno, per poi scivolare
più giù, sul
ventre piatto, bagnato.
Lei lo
fissò, colpevole.
“Come
posso perdonarti?” Proferì per poi tornare a
morderla
di nuovo. Portando le mani sui suoi fianchi.
“Sei
sempre stata...crudele” Disse poco prima di prenderla.
Yuki
sobbalzò per la sorpresa.
“Kaname...No”
Lo pregò divincolandosi.
Ma il vampiro
non fece altro che premere le labbra sporche di
sangue sulle sue, baciandola.
Sapevano di
Zero, sapevano del loro amore corrotto, sbagliato. Pianse, mentre il sanguepuro
si muoveva sul suo corpo come aveva fatto l’altro la notte
precedente, mentre
quelle mani la cercavano, la stringevano, mentre la sua bocca tornava a
lambirle il collo.
Le lacrime sul
volto della ragazza non cessarono di rigarle
le guance. Se solo avesse voluto l’avrebbe potuto fermare,
invece aveva
lasciato che tutto ciò accadesse. Era rimasta inerme,
immobile, vulnerabile.
“Amami
Yuki...ti prego” Pianse poi lui, fermandosi.
“Io
sono un mostro...” Sussurrò allontanandosi da lei,
lo
sguardo disperato celava una solitudine antica, un dolore millenario.
Fu di fronte a
quegli occhi, che Yuki non riuscì a fermarsi. Non
poteva continuare ad infliggergli altro dolore. Doveva prendere una
decisione Doveva
scegliere, e sapeva quel’era il suo posto, dopotutto glielo
aveva promesso...l'avea promesso anche a sua madre e suo padre, in quei ricordi annebbiati lontani. L'anatema dei senguepuro.
Aveva deciso, avrebbe lasciato che la sua mente, che il suo amore
impossibile
per Zero, per quegli occhi viola, annegasse
nell’oblio...Perchè la sua vita era stata promessa ad un altro, era stata
condannata dal suo stesso sangue, quello dei Kuran...
Allungò
le braccia verso quel corpo snello e fiero,
trattenendolo contro il suo.
“No,
fratello...Non fare così” Pronunciò
mollemente,
asciugandogli le lacrime.
“Perdonami
Zero...io sono un mostro...” Pensò. Mentre le sue
labbra cercavano quelle di Kaname, mentre le gambe si avvinghiavano
alla
sua schiena tremando, mentre con un sospiro lo accolse di nuovo,
piangendo.
Note
dell’Autore
Perdonatemi...perdonatemi
davvero per questo capitolo così triste... Aspetto i vostri
commenti...povera
Yuki, sono davvero cattiva... ps: mi dispiace per qualsiasi errore
nella stesura...ma ho scritto questa pazzia ad un orario improbabile
Allyn
|
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Capitolo 5 *** Limbo ***
Capitolo
4
Limbo
Il tempo scorre,
inevitabile. Trascina con sé gli eventi, relegandoli
alla memoria, come granelli di sabbia in una clessidra, nessuno conta
più
quelli sul fondo. Yuki lo fece, quella notte lontana aspettò
il sonno di
Kaname, per poi piangere, disperarsi, inumidire quelle lenzuola calde
dove aveva
consumato il suo ennesimo tradimento, cominciato sulle piastrelle di un
bagno
freddo, come ormai era il suo cuore. Contò i ricordi
affondati, quelli da
dimenticare. Un ultimo addio, per non cadere più in errore,
per non sentire più
il peso delle scelte, per non scalfire più il cuore di
nessuno.
Quel legame di
sangue che avevano stretto doveva esser
spezzato. Solo il silenzio e l’assenza sarebbero riusciti a
recidere tutto, a
calare un sipario su quella triste storia.
Forse, dopo una
vita di eternità, quando tutti i granelli di
sabbia fossero caduti, e la clessidra fosse rimasta vuota, solo allora,
alle
soglie della morte avrebbe potuto ricercare il suo volto, gli occhi
ametista,
lo sguardo. L’avrebbe trovati lì, ancora intatti,
neppure i millenni, avrebbero
potuto impolverare quelle iridi. Nella sua mente e nel suo cuore,
lontano dal
mondo avrebbe custodito il suo segreto, la sua colpa,
l’illecito amore di un
sangue non puro, di un sangue una volta umano.
Si sentiva
violata, massacrata, nel corpo, nell’anima.
Nonostante le mani di Kaname fossero state gentili e pazienti,
non era riuscita a non piangere, a non rivangare alla mente le belle
dita di
Zero, la fronte sudata contro la sua, i capelli argentei che si
confondevano
alle sue ciocche scure. Ricordava benissimo le labbra morbide, dolci,
quei baci
spezzati dai sospiri di piacere, i ti amo sussurrati, ripetuti come un
mantra
doloroso. Il loro corpi fusi assieme, allacciati, con forza, per non
spezzarsi,
per tener lontana la condanna, per tener lontano l’addio che
avrebbero dovuto
dirsi.
Erano stati
bambini e ragazzi insieme, avevano scherzato,
riso, battibeccato come due nemici, ma entrambi sapevano che qualcosa
stava
crescendo, che il filo rosso del destino aveva intrecciato le loro
vite, per
sempre. Quel l’intreccio era poi esploso, saldandoli insieme,
fondendoli, il
loro patto di sangue, il peccato, compiere insieme
l’imperdonabile. La
leggerezza dell’infanzia li aveva abbandonati, relegandoli ad
un futuro
dannato.
Passarono due
mesi, da quel giorno, da quel pavimento freddo,
da quelle mattonelle algide. Yuki non parlava più, le rare
volte in cui si
poteva udire la sua voce era in presenza di Kaname, alle cui domande
rispondeva
a monosillabi, con voce atona, spenta.
La si poteva
vedere vagare per le tante stanze di
quell’enorme e antica casa, come un fantasma in cerca di
pace, incatenato in un
limbo senza fine. Nei giorni di pioggia scendeva nel bel giardino sul
retro,
senza ombrello, coperta solo da una leggera sottoveste. Lasciava che le
lacrime
cadute dal cielo si confondessero alle sue, lasciava che la pioggia le
inzuppasse i capelli, che le lavasse via dal cuore il dolore. Erano
quelli i
giorni In cui Ruka e Kain correvano a prenderla, muniti di ombrello e
tanta
pazienza. Inizialmente cercavano di convincerla a rientrare in casa, le
parlavano di tazze di tè, di un bel camino caldo che
l’attendeva, ma la ragazza
rimaneva lì, scalza, lo sguardo perso chissà
dove. Allora Kain doveva prenderla
in braccio, afferrare quel corpicino esile, fragile, bagnato fradicio e
portarlo al coperto.
“Io
non capisco...” Esordì Ruka, dopo che Yuki si fu
addormentata. Kaname quella settimana sarebbe stato fuori per i suoi
affari.
“Cosa
non riesci a capire?” Domandò Akatsuki, osservando
il
volto della giovane Kuran, ora finalmente abbandonato al sonno.
Uscirono dalla
stanza chiudendo la porta alle loro spalle.
Kain si appoggiò al muro passandosi una mano tra i capelli
ramati. Si sentiva
una specie di balia, o meglio di carceriere. Odiava quella situazione,
ma pur
di star vicino alla bella vampira bionda avrebbe fatto di tutto.
“Ruka,
cosa non riesci a capire?” Ripetè sbottonandosi il
colletto della camicia grigia.
“Come
il Nobile Kaname possa stare accanto a quella
ragazza...” Sbottò tristemente.
“Lei
non merita tutta quella pazienza...tutto quell’amore,
quella devozione” Terminò la frase a labbra
strette, cercando di contenere la
rabbia.
“Non
si sceglie chi amare...” Le rispose, semplice, conciso,
fissando
una crepa sul vecchio pavimento.
Lui lo sapeva
bene. Conosceva intimamente il significato di
quelle parole. Ci aveva provato, più e più volte
a togliersi Ruka dalla testa,
ma la vecchia e bella amica d’infanzia invadeva ogni suo
pensiero, condizionava
ogni sua scelta. Dietro quell’aspetto da duro, da apatico, da
svogliato, celava
un fuoco. Kain Akatsuki ardeva silenziosamente, come la fiamma di una
candela,
sfortunatamente destinata a sciogliersi e spegnersi da sola,
perché lei amava l’altro.
Una storia vecchia, trita e ritrita, pensava, eppure viverla in prima
persona
era un dolore tale da straziargli il cuore, ma l’idea di
abbandonarla, di
allontanarsi dall’odore di quei boccoli color miele,
dall’ambra dei suoi occhi
era un dolore addirittura maggiore, uno strappo, uno squarcio
nell’anima. No,
preferiva soffrire in silenzio, e consolarla al calar del sole, quando
la
tristezza e lo sconforto per l’ennesimo rifiuto le riempivano
gli occhi di
lacrime. Sarebbe rimasto li, attendendo che il suo sguardo chiaro si
posasse su
di lui...
“Non
sai neppure di cosa parli, Akatsuki...cosa puoi saperne
tu dell’amore” Sbuffò sedendosi per
terra, poggiando la schiena contro il muro
freddo.
Il ragazzo
incassò quell’affermazione
senza troppi lamenti. Ruka era così, cieca anche di fronte
all’evidenza più
sfacciata.
Avvolto
nel cappotto scuro Kaname percorse
quelle vie bagnate dalla pioggia. I suoi passi leggeri ed eleganti
risuonavano
come ordinati tonfi sordi, su quell’asfalto consumato. Sapeva
che l’avrebbe
trovato lì, nascosto in qualche vicolo buio, magari
barricato in una vecchia
stanza da quattro soldi, ammobiliata solo con un letto e un armadio.
Montò
le scale del piccolo e angusto
condominio, sapeva già a quale piano fermarsi, quale porta
aprire, per trovarlo
gli era bastato seguire l’odore del suo sangue, lo stesso che
pochi mesi prima
aveva percepito mescolato a quello della sua amata Yuki.
Spalancò
la porta senza tante
cerimonie, gli occhi amaranto carichi d’odio lo inchiodarono,
feroci.
”Kiryu,
abbassa quell’arma...”
Sibilò, fissando la Bloody Rose che Zero gli aveva puntato
contro
“Kuran...cosa
ci fai qui?” Chiese con
un ghigno che rasentava la follia. “Abbassa
quell’arma...sono venuto per
parlarti di lei...” Gli spiegò chiudendo la
vecchia porta alle sue spalle A quelle
parole Zero lasciò che l’arma gli scivolasse dalle
mani, cadendo sul materasso
spoglio e macchiato.
“Non
è affar mio...” Rispose
guardandolo negli occhi. Sfidandolo.
“Quindi
non ti interesserà neppure
sapere che sta morendo...lentamente...” Pronunciò
quelle parole cercando di
nascondere il dolore dalla voce, ma fu inutile, perché gli
occhi di Zero si
spalancarono in uno sguardo terrorizzato.
“Sei
ancora sicuro che non sia affar
tuo?” Domandò avvicinandosi. Il pavimento di
linoleum vibrava instabile ad ogni
suo passo.
“Voglio
proporti un accordo...”
Sussurò.
Angolino
dell’autore:
ANCORA UNA VOLTA CONSIGLIO, PER CHI NON L'AVESSE FATTO, DI LEGGERE LA ONESHOT ODIAMI, IN QUANTO PROLOGO, IMMAGINO SERVA A CAPIRE MEGLIO QUESTA LONG-FIC Cari
lettori, non potrò mai ringraziarvi per la pazienza che
avete, e per il coraggio che dimostrate leggendo le mie fic...In cuor
mio posso
assicurarvi che cerco di impegnarmi al massimo per trasmettervi una
qualche
emozione. Dopotutto scrivere serve a questo no? A raccontare una
storia, e nel
più fortunato dei casi a trasmettere qualcosa...In ogni caso
questo quarto
capitolo include qualche parola anche per il povero Kain e la disperata
Ruka J...
In quanto a Yuki, la vediamo rapita da una sorta di
morte apparente, vive ma non vive...insomma, senza Zero respirare non
è più lo
stesso...aspetta solo che l’eternità passi il
più velocemente possibile...
Ps:
anche questa volta dramma assoluto ahahah, vabbè nutro
un particolare amore per la malinconia XD, perdonatemi.
Insomma fatemi sapere cosa ne pensate, le
vostre impressioni, le emozioni che spero di avervi regalato...OGNI RECENSIONE O COMMENTO è
SEMPRE BEN
ACCETTo, NON SAPETE QUANTI SORRISI RIUSCITE A
STRAPPARMI OGNI VOLTA!
*rotola felice* A presto con il capitolo numero 5!
Allyn
|
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Capitolo 6 *** Follia ***
Capitolo
5
Follia
Inizialmente
l’aveva preso per uno scherzo sadico, o per una
forma grave di pazzia, ma dopo aver scrutato negli occhi amaranto del
purosangue, Zero capì che non mentiva, che in quelle parole
albergavano solo
dolore e disperazione.
“Se la
ami, come credo...Non lascerai che si spenga” Gli
aveva sussurrato dopo avergli esposto il piano.
Quando giunsero
di fronte al cancello della grande villa in
stile vittoriano, Zero maledisse se stesso per aver acconsentito a
seguire
Kuran.
“Lei
ha scelto te...Ha sempre preferito te...” Gli aveva
detto scuotendo la testa, lasciando che i capelli grigi gli
solleticassero la
fronte. Quella era stata la sua prima risposta, alla richiesta di
Kaname;
d’altronde che cosa sarebbe cambiato per Yuki se lui fosse
andato a parlarle?
L’aveva lasciato dopo quella notte,
forse
l’aveva addirittura usato per far chiarezza nel suo cuore, e
finalmente
scegliere. E aveva scelto Kuran, la cosa più ovvia
dopotutto, tipico dei
vampiri. Ma le parole del moro l’avevano convinto ad andare,
a vedere con i
suoi occhi, quella Yuki, che gli aveva descritto come un’anima
vuota che vagava per i corridoi della sua antica dimora...Possibile
che sentisse la sua mancanza? Possibile che in fin dei conti si fosse
solo
rassegnata a quella vita, quando in realtà il suo cuore
ardeva solo per lui? Se
lo chiese più volte, mentre metteva piede nel campo nemico,
mentre le scarpe
consumate attraversavano a passi lenti il vialetto, per poi salire i
tre
gradini di marmo e attraversare il grande portone mogano.
L’atrio
era buio, la luce della sera spezzava in qua e in là
il grigiore delle mura, proiettando i suoi colori sul pavimento, e sul
mobilio
antico. Regnava il silenzio in quella grande casa tanto simile ad una
tomba.
Kain e Ruka salutarono con rispetto il purosangue.
Fossero stati
altri tempi, quelli del Collegio Cross, Zero si
sarebbe divertito guardando le loro facce sbigottite,
l’espressione stizzita
dalla sua presenza nel loro
territorio,
ma quei tempi erano giunti al termine, e di divertente non vi
trovò niente.
Kuran si tolse
il cappotto scuro poggiandolo su un’antica
poltrona in un angolo della grande stanza.
“Akatsuki,
Ruka, avete la giornata libera, andate pure a fare
un giro...” Sentenziò il purosangue, accompagnando
le sue parole stanche con un
molle gesto della mano.
Kain fece per
dirigersi verso l’uscita, quando Ruka non
incrinò il silenzio con la sua voce melodiosa.
“Nobile
Kaname, come potete pensare di rimanere da solo, in
presenza di un essere tanto meschino e ripugnante...”
Sbraitò la bella vampira
dagli occhi ambrati.
Zero
afferrò la sua Bloody Rose da sotto la giacca. La tenne
stretta senza sfoderarla.
“Ruka...Non
c’è bisogno...Kiryu oggi è qui in veste
di amico” Kaname
pronunciò quell’ultima
parola con troppa enfasi, tanto che l’altro ebbe un conato di
vomito.
La bionda scosse
la testa poco convinta, chiedendosi come il
Nobile sanguepuro potesse accettare la presenza di
quell’essere nella sua
dimora. Era lui il vampiro complice del tradimento di Yuki, era suo
l’odore che
la ragazza portava addosso, tra i capelli, sulla pelle candida,
quell’ormai lontano
giorno.
“Kana...”Chiamò
ancora una volta, prima di essere interrotta
dalla forte presa di Kain, che afferrandola per un polso la
trascinò fuori
dalla grande villa.
Una volta che le
porte si furono chiuse il silenzio tornò
padrone dell’aria.
“Bene...”
Sospirò, stravaccandosi sulla bella poltrona.
“Sono
stanco Kiryu, e penso che lo sia anche tu...”
Cominciò
a parlare tendendo gli occhi chiusi.
Zero
osservò quella figura snella ed elegante, sembrava
così
vulnerabile, in quel momento, eppure dietro quell’aspetto
così nobile,
raffinato, albergava un mostro.
“Lei
è al piano di sotto, adesso starà riposando...Non
fa
altro che dormire, tutto il giorno. Non mangia, non beve...”
Terminò la frase
toccandosi il collo. Era privo di segni, candido, immacolato.
“Lei...non
ha più..?” Chiese Zero, con una stretta allo
stomaco, due mesi senza sangue, era un tempo lunghissimo.
Kaname
riaprì gli occhi, le iridi amaranto sembravano
polverose, spente, quasi appannate. Fissò il nemico,
sconfitto.
“Dopo
quell’unica volta...Non ha più posato le sue dolci
labbra, e i suoi denti su di me...Così pochi giorni dopo ho
smesso di
morderla...come potevo...” Mugolò stringendo i
braccioli della sedia, fino a
conficcare le unghie da vampiro nell’imbottitura.
“Sai
cosa devi fare Kyriu...Il suo posto è qui, al mio
fianco, da sempre...e per sempre. Tu per lei sei solo
un’effimera distrazione,
lo sai...sei solo di passaggio Kiryu, un intoppo nel normale, e
naturale
scorrere degli eventi... ” Si rinfilò il cappotto,
dirigendosi verso l’uscita,
il passo lento, trascinato.
Zero strinse i
pugni fino a ferirsi, ricordava benissimo le
parole del purosangue, la sua sconcertante richiesta. Forse era vero,
forse no,
forse era davvero un intoppo, un errore dovuto al cuore troppo grande
di Yuki.
In ogni caso aveva accettato, la salute della piccola vampira, il suo
benessere...Avrebbe fatto di tutto per lei, anche fingere di non
amarla, come
gli aveva chiesto l’altro.
“Spezzale
il cuore
Kiryu, liberala dal tuo peso, in modo che io possa guarire le sue
ferite e
farla sentire completa...Lei è fatta per stare al mio
fianco...cosa potresti
offrirle te? Se non la sete di un uomo prossimo al livello
E?” Quelle parole
gli riecheggiarono
nella mente anche dopo che Kuran si chiuse la grande porta alle spalle,
andandosene.
Era la
verità. Cosa poteva offrirle Zero Kiryu? Le avrebbe
dato pure la sua vita, il suo sangue corrotto, ma dopo tutto
ciò? Cosa le
sarebbe rimasto, se non la precarietà di un ex umano
condannato alla
pazzia? Aveva
accettato, contro il suo
interesse, e per il bene di lei...Nonostante l’amasse
così tanto avrebbe dovuto
liberarla da quello che, come aveva sostenuto Kaname, era solo un peso,
che
l’avrebbe portata sul fondo di un mare dove pian piano
sarebbe annegata.
Camminò
per i lunghi corridoi di quella splendida e antica
magione, indugiando con lo sguardo sui vecchi dipinti appesi alle
pareti,
chissà quante volte anche gli occhi di Yuki si erano posati
su quelle tele,
chissà quante volte le sue belle e piccole mani avevano
sfiorato quei mobili, o
i suoi piedi si erano posati su quel pavimento.
Scese le scale,
raggiungendo il piano inferiore, le loro stanze
senza finestre.
Lasciò
che fosse l’olfatto a guidarlo di fronte alla porta
giusta, di fronte a quel bel legno intarsiato che lo divideva da lei.
Inghiottì
una manciata di pillole ematiche, doveva rimanere
lucido, evitare che il desiderio del sangue di lei lo allontanasse
dall’obbiettivo.
Fece un respiro
profondo e lentamente posò la mano pallida
sulla maniglia dorata aprendo la porta.
Giaceva per
terra, rannicchiata in un angolo, così piccola,
quasi spariva in quell’enorme stanza dalle pareti immense
alte cinque volte la
sua statura. Indossava una leggerissima sottoveste, i capelli lunghi,
scompigliati le ricadevano in ciocche disordinate sul viso, sulle
spalle, un
contrasto netto con il tessuto candido dell’abito.
“Yuki...”
Chiamò con
la voce roca per l’emozione, con quel cuore che batteva a
singhiozzi,
assordandolo.
La ragazza si
voltò osservandolo incuriosita.
“tu...”
Sussurrò placidamente.
Zero chiuse la
porta alle sue spalle, le mani tremanti,
insicure.
La ragazza si
alzò. Era scalza, i piccoli piedi nudi
contarono pochi passi, poi si fermarono a qualche centimetro da quelli
di Zero.
“Oh!”
Esclamò lei, puntando prima il pavimento, poi il volto
pallido del vampiro.
“Finalmente
la follia ha raggiunto la mia mente...” Sorrise
tristemente, avvicinando la mano al volto di Zero, che rimaneva
immobile,
sconvolto di fronte ai suoi occhi nocciola. Avrebbe voluto stringerla a
sé,
baciarla, amarla...ma non poteva. Lei gli fece una carezza timorosa.
“Yuk...”
La chiamò ancora, ma le parole furono interrotte da
un dito di lei, che cauto si posò
sulle
sue labbra sigillandole.
“Shh...Non
parlare, potresti sparire...” Sorrise ancora.
“Oh
Zero...Non ho neppure contato i giorni.
L’eternità...non
immaginavo fosse così estenuante. Così in
silenzio ho atteso questo momento, ho
atteso che la follia mi rapisse, sapevo che solo così avrei
potuto
rivederti...” Spiegò, convinta di parlare con
un’allucinazione, ma comunque
felice, in cuor suo non poteva credere che la sua mente riuscisse a
creare
immagini così vivide.
Era
così dunque. Era convinta di essere impazzita. La
disperazione negli occhi di Kaname trovava ora una valida
giustificazione agli
occhi del ragazzo.
Zero si
scostò dalle sue dita fredde.
“Oh,
perfino nella mia mente mi porti rancore...Dovevo
immaginarlo...” Si rabbuiò lei.
“Amo
solo te...lo sai? Solo te...” Ammise indugiando sui
quegli occhi viola.
“Perdonami
Zero...” Calde lacrime le ferirono il viso, pochi
secondi dopo le sue labbra premevano contro quelle di lui, gelide come
la
morte, pallide, anemiche, ma dolci, morbide, come mai lo erano state,
nemmeno
nei più vividi ricordi del ragazzo.
In quel preciso
istante Zero capì che in quella stanza il
folle era lui, che per tutto quel tempo aveva creduto che sarebbero
potuti
sopravvivere l’uno senza l’altra...
Angolino
dell’autore
GRAZIE
MILLE! Perché se siete giunti fin qui, vuol dire che 1) vi
siete letti tutto
questo capitolo 2) che avete letto anche gli altri 3) che penso abbiate
letto anche
il prologo ODIAMI ahaha In ogni caso ringrazio in anticipo chi
avrà la pazienza
di rendermi felice LASCIANDO TANTI BEI COMMENTINI...ahaha
Ingredienti
per il chap n°5 Un autore folle (me) I personaggi bellissimo
della M. Hino
(si inchina) Tanta
dolcezza, nell’immaginare
una Yuki devastata che cauta si avvicina ad uno Zero altrettanto
straziato,
convinta di esser pazza... Un Kaname lacerato, e forse più
folle degli altri
due...Tante turbe emotive... J
RECENSITEEEE SE VOLETEE
:p
Morsini
Allyn
|
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Capitolo 7 *** Fuga ***
Capitolo
7
Fuga
[Zero]
Stiamo
correndo a
perdifiato, in questa notte senza luna, piove, ma non ci importa.
Lei
sorride, come una
bambina, felice, ignara del caos che ci travolgerà, ignara,
o forse troppo
consapevole, così tanto da scegliere di godersi ogni momento
come se fosse
l’ultimo.
Le
tengo la piccola
mano, stretta, non voglio che scivoli via dalla mia, non voglio che le
mie dita
si stacchino dalle sue.
Lei è mia, lei
è il mio riscatto dall’oscurità,
lei, il mio tormento e la mia salvezza.
Yuki,
se avessi saputo
il male che il nostro amore ci avrebbe causato, forse quel giorno ormai
lontano
avrei premuto il grilletto, non avrei lasciato che le tue dolci parole
potessero convincermi.
Perché
con questa
nostra fuga firmiamo la nostra condanna.
Eppure,
guardandoti, le
guance rosse per la corsa, gli occhi enormi, le ciglia perfette nere,
pronte a
incorniciare il cioccolato liquido dei tuoi occhi.
Bagnata
da questa
pioggia che non cessa di cadere, quasi per protegger la nostra follia,
per
cancellare le nostre tracce, complice della nostra fuga.
Sei
bella come non mai
Yuki, nemmeno nei ricordi che vividi avevo conservato, in attesa della
fine, in
attesa di una vita senza di te.
Perciò
continuo a correre, continuo a combattere, come mi hai insegnato, con
te, ancora al mio fianco.
“Zero,
dove mi stai portando?” Chiese la ragazza, cercando di
non cadere.
Correvano da
molto, tra la gente, tra i vicoli di quella
città.
“Ricordi
il tizio con la benda sull’occhio?” Sorrise il
vampiro, trascinando Yuki per costringerla a seguire il suo passo.
Lei
annuì distrattamente, mentre con una mano cercava di
spostarsi i capelli fradici dagli occhi.
“Cross
mi ha detto dove si trova, ci ospiterà” Disse
sbrigativo.
Yuki
sobbalzò. Quant’era che non parlava con
l’uomo che per
tutti quegli anni gli aveva fatto da padre e da madre? Quel direttore
dall’aria
svampita, Kaien Cross quell’Hunter che fino
all’ultimo aveva creduto che tra
umani e vampiri potessero esister pace e armonia; giocando
l’aveva sempre
chiamato direttore, formalmente, come se tra loro non fosse esistito
alcun
legame, ma entrambi sapevano, entrambi condividevano
quell’affetto sincero,
quello di una figlia per un padre, e quello di un padre per una figlia.
“Sta
bene...E’ vivo e vegeto, anche se all’associazione
gli
impediscono di cucinare le sue schifezze” Esclamò
Zero, cercando di rispondere
alla domanda muta della giovane Kuran.
“E’
stato lui ad indicarmi Yagari, era preoccupato per
noi...come sempre” Continuò
Toga Yagari, se
lo ricordava Yuki, quell’uomo dal volto
sfigurato, l’Hunter senza pietà che per poco non
aveva ucciso Zero con un’arma
antivampiro, azione che si era rivelata poi il cruento tentativo di un
maestro
di risvegliare l’istinto di sopravvivenza
dell’allievo. Aveva un modo tutto suo
di amare Yagari.
Ad un tratto
Zero si fermò, la pioggia continuava a cadere, a
battere incessante sui tetti, sulle vetture parcheggiate,
sull’asfalto. Le dava
le spalle, poteva vedere la giacca fradicia alzarsi e abbassarsi
velocemente, a
ritmo con il suo respiro affannoso.
“Yuki”
La chiamò serio, senza voltarsi, ma sempre tenendole
la mano ben stretta.
“Sei
davvero sicura di quello che stai facendo? Puoi sempre
tornare indietro, se vuoi...Il posto dove stiamo andando è
molto lontano da
qui...E una volta preso quell’aereo tutto cambierà
per noi, per te...Sai vero,
che stiamo firmando la nostra condanna a morte?”
Terminò, sentendo già il vuoto
dell’abbandono, allentando la stretta attorno alla piccola
mano della ragazza,
per lasciarle la libertà di andarsene, se avesse voluto.
Sentì
le dita di lei scivolar via.
“Brava
Yuki...” Pensò senza alcun rancore.
Ma le braccia di
lei lo sorpresero ancora una volta, lo
stringevano, esili, ma forti allo stesso tempo. Lo cingevano in un
abbraccio
confortante, caldo.
“Io ho
scelto la mia condanna...ripeterei all’infinito ogni
singolo gesto, se servisse a riportarmi ancora una volta qui, tra le
tue
braccia. Verrò ovunque, scapperò ovunque assieme
a te...” Pronunciò
quelle parole, ostentando una
sicurezza che quasi gli fece paura.
Si
voltò per darle un bacio, un bacio umido di pioggia,
suggellando
così una promessa.
Corsero fino
all’associazione Hunter, dove un uomo coperto da
un cappello e un lungo impermeabile li attendeva con dei biglietti
aerei.
“Eccovi,
finalmente...” Li accolse, la voce familiare. Si
tolse il copricapo, lasciando che la pioggia gli lavasse il viso,
bagnandogli
gli occhiali da vista e i capelli chiari, lunghi lisci.
“Papà!”
Esclamò lei stringendo quella figura alta e snella.
“Mia
dolce Yuki” La accarezzò lui dandole un bacio
sulla
fronte.
“Zero,
partirete stasera, ho già avvertito Yagari... E’
una
follia, ma è naturale, voi due siete i miei preziosi
figliocci, dopotutto”
Cercò di scherzare, di rendere quell’addio meno
doloroso.
“Prenditi
cura di lei Kiryu...” Gli poggiò una mano sulla
spalla.
Il ragazzo
annuì determinato.
“Cross,
grazie, per tutti questi anni” Mormorò poi, lo
sguardo nostalgico.
“Ehi,
non è un addio! Via quei musi lunghi!” Rise, anche
se
le sue parole suonarono meno convincenti di quanto volessero essere.
I due ragazzi
ripresero la loro fuga, questa volta verso l’aeroporto.
Nessun bagaglio, se non la speranza.
“Dove
stiamo andando?” Domandò Yuki, la voce roca per la
stanchezza.
Zero le
allacciò la cintura.
“Molto
lontano” Le sorrise.
“Non
fare il misterioso...” Mugolò lei accoccolandosi
contro
la sua spalla.
La Hostess si
avvicinò incuriosita da quei due giovani
passeggeri dai tratti bellissimi, la pelle candida.
“Avete
bisogno di qualcosa?” Chiese gentilmente, indugiando
sui loro abiti, sulla leggera sottoveste di lei, sporca di un qualcosa
di
roseo, vino?
“No,
non si preoccupi” Rispose Zero, liquidandola.
“Ok,
per qualsiasi necessità, non esitate a chiamare, il
viaggio fino a Londra durerà un bel po’”
Gli
comunicò allontanandosi.
“Ah!
Così Yagari si è trasferito a Londra?”
Chiese Yuki, la
voce già impastata dal sonno.
“Non
ci sono mai stata...Che bello” Sussurrò prima di
addormentarsi definitvamente, esausta, ma sulle labbra un sorriso
felice.
Angolino
dell’autore:
fuga,
fuga, e ancora
fuga...in una delle mie città preferita, la bellissima
Londra!
Come
verranno accolti i
nostri due eroi? Yagari li butterà fuori a calcioni, quando
i due si
presenteranno ala sua porta? Dov’è finito Kaname?
Tutto nelle prossime
puntate...Ok, mi sento incredibilmente idiota, stile sceneggiatrice di
una qualche
fiction di serie B ahahah!
Un bacio a tutti
i lettori, e un bacio ancor più grande a chi
perderà tempo a RECENSIRE anche questo breve settimo
capitolo!!
Allyn
|
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Capitolo 8 *** Verità ***
Capitolo
6
Verità
[Yuki]
“E’
un sogno splendido.
No, è’ la realtà, la triste
realtà...finalmente sono impazzita. Le mie labbra
dolcemente premute sulle sue. Quanto tempo? Uno, due mesi,
l’eternità? Senza
poterlo toccare, senza poter mescolare il mio respiro al suo.
Ho
cercato invano di
cancellare i segni del tuo passaggio sulla mia pelle, ma questi se ne
stavano
là, indelebili, tatuati a caldo nei ricordi, scolpiti in
ogni singola mia
cellula.
Zero...Anche
se ora le
mie dita sfiorano il tuo viso, anche se le tue guance mi sembrano
calde, so, in
cuor mio so, che sei il mero frutto della mia follia.
Ma
non importa, se tutto ciò basterà a dar sollievo
al mio cuore
infranto, vuoto.
Non
importa se tutto questo mi allontanerà ancor più
dal mondo, dalla
realtà, non importa più niente, se non posso
averti”
Zero si
staccò da lei, quel tanto che bastò per guardarla
in
viso.
“Yuki!
Yuki, non sei impazzita” La scosse delicatamente
afferrandole i polsi gracili.
Lei lo
osservò confusa, l’aria stranita.
“Ze-Zero?”
Sillabò, le mani tremanti.
Il ragazzo
annuì serio.
Gli occhi di lei
si inondarono di lacrime.
“Non
sei pazza, Yuki...” Continuò a ripeterle lui,
stringendola a sé, carezzandole i capelli, quasi fosse stata
una bambina.
Si sentiva
finalmente completa, tra quelle braccia, il viso
contro il suo petto. Poteva percepire il battito accelerato di quel
cuore
complementare. Il suo Zero.
Era vero, reale,
come il dolore che aveva provato, come la
voragine nel petto, che pian piano stava sparendo.
Si
allungò sulle punte dei piedi, cercando di raggiungere
ancora una volta la sua bocca.
“Ti
amo” Mormorò prima di colmare il
divario tra le loro labbra, ma lui si voltò, evitando il suo
bacio.
“Non
posso” Le disse, guardando
altrove, il cuore già in pezzi. Lo sguardo impenetrabile,
fisso, freddo e
lontano.
Doveva ferirla,
doveva convincerla
che quello era il suo posto, e che lui...lui non la amava. Eppure,
nonostante
sapesse cosa fosse meglio per lei, non riusciva a lasciarla, ad
arrendersi alla
richiesta di Kuran.
Cosa poteva
offrirle se non il
baratro più nero della condanna?
“Zero...”
Lo chiamò lei, le lacrime
ancora lì, a rigarle il bel viso pallido.
“Tu...Non
mi vuoi più...” Si allontanò
da lui, afferrandosi le braccia e stringendosi più forte che
poteva, stava
crollando. Mai nella sua mente aveva pensato a qualcosa di simile.
Zero che non la
voleva.
Zero che la
rifiutava.
Chiuse gli
occhi, non aveva
intenzione di vedere oltre, quella era solo la sua mente, era solo
un’illusione
creata dalla sua follia, dal senso di colpa. Cercò
di convincersene.
Ma quando li
riaprì il ragazzo era
ancora di fronte a lei, l’espressione ancora più
triste.
“Yuki,
devi ascoltarmi...” Sospirò
sedendosi sul letto.
“Tu
devi dimenticarmi...” Le disse
atono.
La ragazza
crollò a terra, in
ginocchio. Le mani sul volto.
“Come...com’è
possibile...”
“Io
non ti amo più, non ti
voglio...devi scordarti tutto, noi, quella dannatissima notte, e vivere
insieme
al tuo sanguepuro...” Esalò, quasi gli avessero
stretto un cappio al collo.
“So di
averti lasciato senza una
spiegazione...so di essere fuggita via, tra le braccia del Nobile
fratello...pensavo che sarebbe stato meglio per entrambi, separarsi,
far finta
che non fosse mai accaduto niente...e invece...la tua presenza mi
scavava
dentro, non occupavi solo metà del mio cuore...lo occupavi
tutto, così come il
tuo sangue, occupava tutta la mia mente”
Piangeva,
straziata, le mani tra i
capelli, in ginocchio sul pavimento freddo. Se davvero le cose stavano
in quel
modo, non sarebbe riuscita a sopravvivere. Preferiva di gran lunga la
morte ad
un’intera eternità senza di lui.
Il ragazzo
chiuse gli occhi, come
poteva mentirle se quelle iridi cioccolato lo incatenavano?
Si
alzò, fece per andarsene, quando
la mano di lei gli afferrò i pantaloni. La sua stretta non
era particolarmente
forte, ma bastò per trattenerlo, inchiodandolo.
“Yuki...non
rendere le cose più
difficili, ti prego”
“Non
andartene...” Supplicò lei, la
voce flebile.
“Dimmelo
guardandomi negli
occhi...che non mi ami” Sussurrò, sempre
più piano.
Si era
già arresa a quella menzogna?
Come poteva pensare che quello che le aveva detto fosse vero? Forse era
davvero
pazza, per credergli?
“Stupida,
piccola, folle Yuki” Pensò
il ragazzo, mentre la razionalità andava a farsi benedire.
Come poteva?
Come avrebbe mai potuto?
Al diavolo Kuran, al diavolo i sanguepuro, al diavolo quel destino
crudele che
gli incombeva sulla testa, nelle vene.
Si
voltò e cadde in ginocchio di
fronte a lei, gli occhi viola, ora umidi di lacrime.
“Stupida...stupida...stupida
per
avermi creduto anche solo per un istante...”
Cantilenò stringendola con
entrambe le braccia, poggiando la fronte contro la sua, per poi
scivolare più
giù e baciarle il collo, quella pelle così
morbida che tanto gli era mancata.
Era stato
veramente un folle a poter
credere, anche per un solo istante di riuscire a realizzare
l’accordo preso con
il sanguepuro.
“E’
ormai inutile chiederti
perché...eh Yuki? Perché ogni volta è
così tra noi?” Sussurrò prima di
affondare i denti e bere il suo sangue.
Ancora, si erano
macchiati ancora
delle colpe più gravi, proprio come quella notte.
“Perdonami
Zero...” Ansimò la
ragazza, le dita conficcate nella sua schiena, e un sorriso
indecifrabile
stampato sul volto.
La ragazza si
lasciò bere, per un
tempo che le parve interminabile, per quanto le labbra e i denti di lui
la
mandassero in estasi, moriva di sete, moriva dalla voglia di invertire
i ruoli,
di rifocillarsi con quel nettare dal sapore tanto diverso da quello del
fratello.
Si
staccò dal ragazzo quasi con
violenza, lo guardò, specchiandosi nelle iridi cremisi,
posò un bacio sulla sua
bocca, il sapore di Zero intriso del suo sangue le metteva ancora
più sete.
Lo spinse a
terra, sdraiandolo sul
pavimento e bloccandolo con le ginocchia, quasi fosse stato la sua
preda.
Una preda anche
troppo vulnerabile,
perché il ragazzo conosceva quel tipo di fame, conosceva
quel mostro
insaziabile che ti divora dall’interno, trasformandoti quasi
in un animale
senza coscienza, se non quella del cacciatore.
Ma di Yuki
avrebbe amato anche questo
lato, più selvaggio, e forse più vero,
più simile al suo.
D’altronde
erano questo, loro, i
vampiri, bestie dall’aspetto umano.
Sorrise
soddisfatto quando le esili dita
di lei gli strapparono tutti i bottoni della camicia, quando le sue
unghie lo
ferirono, seguite dalle labbra, morbide, e da quella lingua avida che
leccava,
assaporava, bramava.
Si stava
torturando la sua piccola e
innocente Yuki, e stava torturando anche lui, che per tutti quei giorni
non
aveva pensato che a quel momento.
Ma la
lasciò fare, la lasciò
divertire, fino a quando, non giunse vicino al suo viso, gli occhi
grandi, spalancati,
color porpora avevano sostituito la dolcezza del cioccolato, i capelli
spettinati, le ricadevano sulle spalle, sulla fronte.
Assetata come
non mai, bella, come
non era mai stata.
Le morbide
ciocche scure gli ricaddero
addosso, mescolandosi alle sue, argentee, ugualmente lisce, e poi
eccole, prima
le sue labbra, che lente indugiarono sulla pelle ancora intatta, la
lingua,
umida, calda, e infine i denti.
Avida, come un
livello E.
Gli
portò le mani alla testa,
accompagnandola, poi sulle guance, piangeva di nuovo.
“Che
c’è Yuki?” Le chiese docilmente,
senza spostarsi di un millimetro, lasciandola bere.
“Perché
piangi?” Domandò ancora. Ma
lei non gli rispose, rimase avvinghiata al suo corpo, gli occhi
socchiusi. Poco
dopo, finalmente sazia si
accasciò sul
suo petto. L’aria stanca, soddisfatta.
“Mi
sei mancato veramente Zero... So
che può sembrarti strano, ma...adesso mi sento veramente
bene” Sorrise, pulendosi
le labbra sporche di rosso, per poi fiondarsi su quelle del ragazzo in
un bacio
indelicato.
“Dimmi
la verità, perché sei giunto
fin qua? Per dirmi tutte quelle menzogne?”
“Cosa
potrei offrirti Yuki? Se non
una vita maledetta, condannata dalla mia sete perenne, dal mio sangue
corrotto...”
“Io
placherò la tua sete,
sempre...come allora” Controbatté lei, lo sguardo
sicuro, lo stesso di quando vivevano
al collegio.
“Perché
stare con me, quando qui hai
tutto ciò che vuoi? Tu appartieni a questo mondo Yuki,
appartieni alla stirpe
dei Kuran, appartieni a lui...” Si fece serio in volto,
ricordando le parole di
Kaname.
“E’
stato lui a chiedertelo...vero?”
Si alzò arrabbiata. Fino a che punto si sarebbe spinto il
Nobile fratello pur
di trattenerla a sé... Doveva decidere, doveva smettere di
illudersi, il suo
amore non le sarebbe mai bastato per esser felice, per sentirsi
completa.
Doveva
scegliere, anche se tutto ciò
avrebbe deluso l’anima dei suoi genitori, anche se
ciò l’avrebbe condannata
all’odio di Kaname.
Anche se
ciò, sarebbe equivalso a
macchiarsi ancora delle colpe più gravi.
Era quella la
verità innegabile, lei
lo amava troppo per viver senza di lui, senza l’altro, quello
che ora rimaneva
steso a terra, poggiato sui gomiti, l’aria stanca, il collo
marchiato da due
segni lividi, due piccole ferite aperte ancora sanguinanti...
“Portami
con te Zero...” Esordì poi,
la voce inizialmente instabile, poi sempre più salda, mentre
gli ripeteva
quelle parole.
“Portami
via con te...”
Angolino
dell’autore:
Un
po’ in ritardo causa studio...chiedo perdono...spero che
questo capitolo sia di vostro gradimento! I due non ce
l’hanno fatta, si amano
troppo *w*, ma Zero, avrà il coraggio di sfidare
l’ira di Kaname e portar via
con sé la piccola e “assetata” Yuki? O
la lascerà lì, anche se a malincuore?
Alla
prossima. ;)
Anche
se non obbligatorie, naturalmente, le vostre recensioni
sono sempre moooolto
gradite, oltre a rendermi allegra, mi aiutano anche a migliorare...
Un
bacio a tutti i lettori
Allyn
|
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Capitolo 9 *** Ricordi e Rabbia ***
Capitolo 9
Ricordi e
Rabbia
Kaname
guardò la stanza vuota. Avrebbe dovuto immaginarlo;
avrebbe dovuto sapere, che prima o poi sarebbe successo, ma ancora non
riusciva
a crederlo, fino all’ultimo aveva sperato che lo spazio
occupato nel cuore di
Yuki fosse abbastanza da convincerla a rimanere al suo fianco, per
sempre.
Aveva confidato
nel ripudio che Zero nutriva per se stesso e
per i vampiri, ma non era bastato, l’amore per la sua Yuki era stato troppo forte, tanto da
sfidarlo, da portargliela
via.
Si
sdraiò su quello che era stato il loro
letto, tra le mani una rosa imprigionata nell’ambra,
costretta
per l’eternità a rimanere immobile, sola,
immortale in quella posizione, i
morbidi petali dischiusi per metà, incompleti, come
lui…
Qualcosa di
bello, perfetto, che non sarebbe cambiato mai,
nonostante il susseguirsi lento dei secoli; eterno e solo, come lui.
Ricordò
il giorno in cui gliela regalò, era ormai lontano, ma
alla sua mente il viso di Yuki era vivido, come in una fotografia,
sorridente,
caldo, le guance rosse per la vergogna mentre si rigirava imbarazzata
il bel
monile tra le dita.
Non sapeva, al
tempo, quanto quella rosa, fosse simile alla
loro condizione di vampiri, eterni, imprigionati in una
realtà nella quale non
è possibile sfiorire, ma neppure dischiudere totalmente i
propri petali; una
condizione tale per cui il cuore rimane sospeso, fino al momento in cui
qualcuno non se ne appropria, confiscando l’animo alla
solitudine, per poi
stringerlo in un bacio di sangue che scaccia via il dolore.
Per lui, Yuki
era stata la salvezza; si era ancorato a quell’idea
di amore, di felicità, quel sentimento l’aveva
tenuto in vita, l’aveva convinto
a non ricordare l’ormai remoto passato, quando c’era l’altra al suo fianco, quando
l’idea di liberare il mondo dalla
loro razza aveva preso posto nella sua mente.
Ma Yuki
l’aveva abbandonato, non era più necessario
adesso,
credere a quella salvezza che gli era sembrata possibile.
Eppure, lui
l’aveva amata, dal primo momento in cui l’aveva
vista, piccola, indifesa, tra le braccia di quelli che aveva
impropriamente
chiamato genitori, e che l’avevano amato, come un figlio.
Aveva promesso,
a se stesso, e agli occhi di Haruka e Juuri
Kuran, che l’avrebbe protetta, l’avrebbe stretta
tra le sue braccia per sempre.
E quella
sensazione di pace, di confortevole amore, gli aveva
scaldato il cuore antico, e con il passar degli anni si era dimenticato
della
verità, si era allontanato dal dolore di chi era realmente,
il capostipite dei
Kuran, risorto per mano di Rido.
Strinse quel
monile tra le dita, finché l’ambra solida non si
spezzò, sgretolandosi poi piano, per lasciar posto ai
morbidi petali della
rosa, che finalmente liberi, ma morti da tempo, caddero uno dopo
l’altro,
direttamente dal bocciolo senza aver avuto la possibilità di
schiudersi in un
fiore maturo e profumato.
Si
alzò dal letto, determinato a porre fine a tutto, al suo
dolore, e a quello degli uomini.
Da tempo pensava
che la sua razza non fosse altro che un
morbo, da eliminare, o almeno da contenere. Questo pensiero era stato
tramutato
in possibilità molto tempo addietro, quando lei, la donna
del suo passato, la
donna che gli aveva dato un nome si era sacrificata; aveva lasciato che
il suo
corpo diventasse il metallo,
l’essenza
destinata a divenir l’anima delle armi impugnate dagli
Hunter, un regalo agli
uomini, per potersi difendere dalla bestialità dei vampiri.
Cos’altro
gli rimaneva, se non quella nuova speranza di morte
e ancor prima di quella, la vile soddisfazione della vendetta.
Sarebbe divenuto
più forte, avrebbe perseguito il piano che
fin dall’inizio aveva tentato di realizzare divorando Shizuka
Hio, ma che aveva
dovuto abbandonare per amore della sua Yuki, abbagliato da una
possibile
felicità che si era dimostrata poi fasulla. Avrebbe ripreso
in mano quelle
redini folli, avrebbe cercato, stanato, quegli esseri antichi, quei
vampiri
perenni, ne avrebbe mangiato il cuore, l’anima, bevuto il
sangue...poi, una
volta completo si sarebbe cibato del “traditore”,
l’avrebbe dilaniato,
dissanguato, e infine si sarebbe preso anche lei. L’avrebbe
fatta sua, si
sarebbe appropriato del suo cuore, solo in quel modo sarebbero potuti
rimanere
assieme, per sempre, mentre la fornace li trasformava in
un’unica essenza, in
un unico metallo.
Rivangò
alla mente Artemis, l’arma di Yuki, quella falce
dall’aspetto
perfetto, lucente. Si domandò se non fosse stato un segno
del destino il fatto
che fosse proprio la sua amata “principessa” ad
impugnarla.
In Artemis
risiedeva anche un po’ dell’altra,
la donna che per tutti quegli ultimi anni aveva relegato in
un cassetto, ma che riemergeva nel sapore del suo sangue, che
riaffiorava
assieme ai ricordi nascosti nel liquido porpora che gli scorreva nelle
vene;
chissà se Yuki l’aveva sentita…Se lo
chiese, mentre, in quella notte più buia
del solito, si avventurava fuori dalla villa Kuran, un sorriso da
mostro
stampato sul volto.
Yuki
spalancò gli occhi spaventata, per un attimo,
nell’incubo
aveva visto il mondo andare in fiamme, Zero perire, trasformato in
cenere…
Cercò
di respirare piano, tenendosi una mano sul petto, con
la speranza di regolarizzare il cuore accelerato. Fuori pioveva forte,
l’acqua
cadeva dal cielo seguendo il vento, ticchettando incessantemente sul
vetro dell’unica
finestra in quella piccola stanza.
Si
tranquillizzò nel vedere Zero al suo fianco, nudo, coperto
alla meglio con una vecchia trapunta.
Si
chinò su di lui, adagiando la testa sul suo petto,
cercando di farsi cullare dal suo respiro tranquillo.
Sorrise felice,
ora serena. Niente li avrebbe più divisi, e
quella situazione, quell’atmosfera di dolcezza, di trasognata
quotidianità
anestetizzava le sue paure.
Si strinse ancor
di più contro quel corpo che amava tanto e
chiuse gli occhi addormentandosi di nuovo, sperando di sognare il suo
viso.
Note
dell’autore:
anche se
più breve rispetto al capitolo precedente, rieccomi,
a distanza di due giorni, un record, visti i miei ultimi mille
impegni…Ecco a
voi i piani di Kaname, totalmente impazzito, ma di pari passo con la
sua
morbosità!!!! Ahahaha Adorabile, folle purosangue! Spero che
gradiate, e che
abbiate anche apprezzato il precedente chapter, e le sue scenette
“lemon” ahaha
un bacio a tutti
i lettori pazienti, e un abbraccione extra a
chi avrà la voglia di farmi felice e RECENSIRE!
Allyn
|
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Capitolo 10 *** Amore e Sangue ***
Capitolo
8
Amore
e Sangue
[Yuki]
Corro
tra la folla, ho
perso la sua mano, lui non è più al mio fianco.
Dove
mi trovo? Zero,
dove sei finito?
Sento
un odore
familiare nell’aria, odore di sangue, il sangue dei Kuran, il
sangue del Nobile
Fratello.
Che
sia venuto a
prendermi? A strapparmi dall’imperdonabile
felicità che sto cercando di
inseguire fuggendo?
No,
non può essere,
perché ora lo vedo, lo sguardo perso, adorante. Non guarda
me, non cerca me.
Cerca altre labbra, cerca un altro collo, il collo di una donna
bellissima, di
una vampira come noi.
Sto
sognando, sto
ricordando le immagini di un tempo lontano, solo adesso nella mia mente
addormentata hanno preso forma.
Sto
vivendo i ricordi
di Kaname, i ricordi del suo sangue. Perché l’uomo
che ho amato, perché l’uomo
che ho chiamato fratello impropriamente, non è altro che uno
tra i vampiri più
antichi, il capostipite dei Kuran.
Riportato
alla vita da
nostro Zio Rido, grazie al sacrificio del primogenito dei miei defunti
genitori.
La
sua vita lontana, mi
scorre davanti. Accanto a lui c’era lei, le sue parole, i
suoi gesti
rassicuranti, le sue labbra...si amavano.
Chi
era quella donna misteriosa?
“Yuki...svegliati,
dormigliona!” Esclamò Zero, scuotendo
leggermente la ragazza.
Lei
mugolò qualcosa di indistinto prima di aprire gli occhi,
l’aria sollevata.
“Grazie
di avermi svegliata. Stavo facendo un incubo, o
meglio...” Si zittì strusciandosi gli occhi e
ripensando allo strano sogno. I
ricordi di Kaname le erano fluiti nella mente come un film, come un
racconto,
nella quale si era trovata immersa
“Un
incubo eh?”
“Si...Per
quanto ho dormito?” Si stiracchiò sorridendo,
ancora un po’ intontita.
“Per
quasi tutto il viaggio, siamo arrivati, Yuki” Le
carezzò
la testa, mentre l’aereo atterrava.
Era sera, quando
arrivarono, il sole era già calato da molto,
la temperatura era rigida, e la pioggia cadeva placida, bagnando ogni
cosa;
accarezzava i tetti, l’asfalto, gli ombrelli dei passanti.
Ma nonostante il
grigiore del tempo la città sembrava magica,
antica ed eterna. Un viavai di persone immerse in un mondo nuovo,
frenetico,
mentre i profili delle abbazie rimanevano calmi, attenti ad ascoltare
lo
scorrere delle ore e delle gocce d’acqua.
“E’
bellissimo!” Esclamò Yuki guardandosi intorno.
“Qui
è tutto così diverso, così lontano da
casa nostra. Vero,
Zero?” I capelli bagnati le incorniciavano il viso speranzoso.
“In
questo luogo potremo ricominciare...” La strinse lui,
forte, animato da una nuova fiamma, da un bagliore di salvezza che gli
ardeva
dentro. Inizialmente flebile, come una piccola candela, poi questo
timido barlume
era esploso, divenendo un sole abbagliante, luminoso come il sorriso
della
compagna.
Eppure, di
fronte a tutta quella luce non poteva non notare
le ombre, il buio della loro esistenza, l’orrore della loro
natura. Ridevano,
piangevano, vivevano, gli altri, gli umani, incuranti dei mostri
nascosti nella
notte. Incuranti di loro...
Zero
sospirò, consapevole, che in quel nuovo inizio insieme
permaneva la condanna del sangue; in qualsiasi posto, luogo, villaggio,
città,
anche in capo al mondo sarebbero rimasti per sempre vampiri.
Maledetti, per
l’eternità.
“Ehi
Kiryu! Fai sparire quel muso lungo!?” Scherzò la
ragazza, per poi stampargli un bacio sulle labbra.
“Non
chiamarmi per cognome,’tappa’” La prese
in giro lui,
posandole una mano sulla testa, evidenziando la differenza di altezza
tra loro.
“Sei
il solito antipatico...” Sbuffò lei, dandogli un
pugno
leggero sulla spalla, sinceramente divertita da quello scambio di
battute che
gli ricordava gli anni del collegio.
Erano liberi
adesso, dalle uniformi, che fossero della day
o della night class non importava,
erano liberi e basta, da tutto, da
tutti, dagli obblighi dettati dal sangue, due fuggiaschi.
“Andiamo”
Zero la prese per mano conducendola tra quelle
strade sconosciute, tra le voci della gente.
L’appartamento
di Yagari era situato in un vicolo
abbandonato, pieno di pozzanghere e dall’asfalto irregolare,
poco distante dal
centro città. Sembrava un piccolo mondo a parte, un qualcosa
di isolato, quasi
abbandonato.
Cercarono il
portone, era anonimo e dalle tinte scure. Bussarono,
ma non rispose nessuno. Rimasero lì, per molti minuti, sotto
una pioggia che
non cessava di cadere dal cielo plumbeo.
Una figura scura
li sorprese avvinghiati in un abbraccio,
entrambi seduti sullo scalino di marmo.
“Kiryu,
Cross! Entrate prima di prendervi un accidente!”
Brontolò Yagari, buttando per terra una sigaretta ridotta al
filtro e aprendo
il portone dell’edificio con uno scricchiolio.
I due lo
seguirono muti, salirono con lui le scale,
percorsero gli stessi passi di quegli scarponi di pelle zuppi
d’acqua, fino a
fermarsi di fronte ad una porta contrassegnata da un numero a due cifre.
“Benvenuti
nella mia dimora!” Li esortò ad oltrepassare la
soglia dell’appartamento, per poi accendersi
l’ennesima sigaretta.
Un rivolo di
fumo grigiastro pervase l’aria.
“Ehi
ragazzo! Giochi a fare il vampiro esiliato, adesso? O
sei semplicemente venuto fin qua per rompermi le scatole!”
Borbottò l’Hunter,
fissandolo con l’occhio buono.
Zero
ammiccò un sorriso, che di sorriso non aveva niente, se
non i denti candidi appena scoperti, i canini affilati si notavano
appena in
quel ghigno grottesco.
“Far
domande è lecito, rispondere, nel tuo caso, è un
obbligo...dato che questa è casa mia...e che Kaien mi ha
devastato l’anima al
telefono, con questa storia
dell’ospitalità” Sbottò
gettandosi di peso sul
divanetto di pelle.
Yuki
guardò il compagno, si vergognava terribilmente di tutta
quella situazione, e allo stesso tempo ne era felice, forse in quel
luogo
sarebbero stati al sicuro. Pensò che non fosse corretto, per
il momento
intromettersi in quel dialogo tra allievo e maestro.
“Penso
che il direttore ti abbia già spiegato le
dinamiche”
Si limitò a rispondere il giovane.
“Oh
certo, ad esempio che hai avuto la malsana idea di
fartela con la promessa sposa di Kuran!? Nonché figlioccia
di Cross, e quasi dimenticavo...vampiro
purosangue” Terminò la frase con una risata.
“Senza
offesa, Yuki” Aggiunse Yagari volando il cappello sul
pavimento assieme alla giacca fradicia.
“Fareste
meglio a spogliarvi anche voi...La casa è grande, ci
sono due bagni e due camere, questo è il soggiorno, e
più in là il cucinotto”
Indicò pigramente con le dita ossute, piene di cicatrici.
Yuki
annuì, correndo in bagno per cambiarsi.
“Dì
alla tua amichetta che per adesso potete abusare dei miei
abiti smessi. Cross vi spedirà a breve dei soldi. Ehi Zero,
prima che tu la
raggiunga...volevo chiederti: perchè?” Lo
fissò negli occhi, cercando la
ragione di quella follia in quelle iridi viola, in quello sguardo
freddo, lo
stesso di quando era ancora un bambino,
“Perché
la sua presenza non è mai stata piccola nel mio
cuore”
Rispose sincero, ricordando una vecchia conversazione con il maestro.
“Capisco”
Mormorò tirando avidamente dalla sigaretta, la
piccola brace ardeva nel grigiore scuro di quella sera londinese.
“In
ogni modo questa è la prova del fatto che non ti sei
ancora arreso...Bravo ragazzo! Solo che...potevi evitare di cacciarti
in un
casino simile. Kuran ti darà la caccia in ogni angolo del
mondo” Disse
amaramente.
“Stanotte
ho una missione, le chiavi le trovi in uno dei
cassetti dell’armadio, adesso mi faccio un pisolino. Domani
riparleremo di
questa storia, Kiryu...non combinare altri casini!” Disse per
poi spegnere la
sigaretta tra due dita umide di saliva e addormentarsi in pochi minuti.
Zero
sospirò. Il maestro non era cambiato per niente, sempre
pronto ad aiutarlo, a sacrificarsi per lui e per i suoi capricci, anche
se
tutta quella storia non poteva esattamente esser definita un capriccio.
Raggiunse Yuki,
la trovò ancora in bagno, avvolta in un
asciugamano di fortuna, i piedi nudi sul pavimento coperto di condensa.
Si
stava tamponando i lunghi capelli scuri nell’intento di
asciugarli.
“Quel
capellone di Yagari avrà pure un phon da queste
parti!”
Scherzò Zero, porgendole una maglia del maestro e rovistando
tra i cassetti
bianchi.
I pomelli dorati
sembravano consumati, e ogni anta aperta produceva
un inquietante cigolio.
“Se lo
dici tu ” Sospirò Yuki divertita.
Sorrise nel
trovare quello che cercava.
“Così
farai prima!” Le disse accendendo l’asciugacapelli
e
puntandoglielo contro.
Le
strappò la spazzola che aveva appena preso tra le dita,
obbligandola a sedersi di spalle e ad assecondare quel suo piccolo e
improvviso
capriccio.
“Ehi
Zero...mi piace, quello che stai facendo...”
Esordì lei,
pochi minuti dopo, le guance in fiamme, e una sensazione di pace a
riscaldarle la
mente e il cuore, mentre il ragazzo armeggiava con le sue ciocche
scomposte
dall’aria calda.
Yuki chiuse gli
occhi, ricordando le mani di Kaname, intente
ad asciugarle i capelli, a sistemarle le unghie, a vestirla, intente a
soddisfare ogni suo bisogno e azione quotidiana. Gesti che
l’avevano sempre
tremendamente imbarazzata, che la facevano sentire una bambola di
pezza, impotente
tra quelle grandi dita affusolate. Le mani di Zero erano diverse, il
modo in
cui la toccava non le appariva morboso, artificioso, anzi, le sembrava
di non
aver desiderato altro nella vita, se non il tocco delle sue dita sulla
pelle,
tra i capelli.
Si
stupì nel sentire sulla spalla un suo bacio umido, quasi
venuto in risposta a tutti quei pensieri e ricordi, poi la sua lingua
morbida,
calda, che le percorreva il collo. Un brivido più forte,
mentre il phon
soffiava la sua aria altrove, dalla parte sbagliata, un altro brivido
prima che
i denti di Zero affondassero senza preavviso nella sua pelle.
“Mi
piace anche quando fai così, Zero...”
Sussurrò,
reclinando la testa all’indietro, lasciando che le mani di
lui le cingessero la
vita insinuandosi sotto l’asciugamano.
I suoi canini
cancellarono il ricordo di Kaname, così come le
sue mani.
Poco dopo Zero
si staccò da lei con un sorriso soddisfatto,
il phon abbandonato sul pavimento. Con un bacio le pulì il
collo dalle tracce
di sangue. La ragazza sorrise, i capelli ancora leggermente umidi, non
le
importò di finire di asciugarli. Si voltò verso
Zero, che dal canto suo la
guardava compiaciuto, seduto alla meglio sul pavimento umido.
Yuki lo
travolse, gli occhi cremisi, si mise a cavalcioni su
di lui, importandosene ben poco che l’asciugamano la coprisse
o meno, o se nell’altra
stanza ci fosse Yagari addormentato sul divanetto.
Afferrò
il viso di Zero con tutte e due le mani, baciandolo
con foga, imprimendosi il suo sapore nella mente e sulla lingua, per
poi
buttarlo con il suo peso a terra, leccargli piano il collo, e
prendendosi ciò
che ormai era suo di diritto.
Affondò
i canini con molta meno gentilezza di quanto aveva
fatto il ragazzo, bevendo avida, ancora assetata per quei mesi passati
senza di
lui.
“Sei
diventata una vampira veramente brava, Yuki” Le
mormorò
il ragazzo osservandola, gli occhi chiusi, le labbra impegnate, il viso
arrossato, le mani che stringevano le sue. Chiuse gli occhi anche lui,
felice
per quel gesto, per quel loro scambio d’amore, ma triste allo
stesso tempo,
nell’immaginarsi ancora umano, nell’immaginare lei,
ancora umana. Cosa
avrebbero fatto, insieme in quel bagno? Di certo la loro passione non
sarebbe
esplosa in un reciproco dissanguarsi,
mordersi, bersi...si sarebbero consumati a vicenda in un altro modo,
possedendosi nell’altro modo che
conoscevano, l’unico che lo Zero umano avrebbe potuto
condividere con la sua
Yuki umana.
Una lacrima gli
rigò il viso. La ragazza aprì gli occhi
sorprendendolo,
staccandosi dal suo collo e pulendosi le labbra con la mano.
“Zero...”
Lo scosse con un bacio sulla fronte.
“Cosa
c’è che non va?” Gli chiese tristemente.
Lui la
osservò alzandosi a sedere, cercando di non incrociare
quello sguardo tornato nocciola.
“Zero,
dimmelo”
“Stavo
pensando...” Rise per quell’idiozia, ma dopotutto
quella era la sua Yuki, per lei non avrebbe mai avuto segreti.
“Pensavo
che se fossimo stati entrambi ancora umani, io non
ti sarei saltato addosso per affondare i canini nel tuo collo, ma
avremmo fatto
l’amore su questo pavimento, ci saremmo baciati, privi della
sete del nostro
sangue, solo questo. E invece, guardaci!” Si toccò
il collo e le mostrò la mano
macchiata del loro peccato color porpora.
“E
invece non siamo normali, siamo mostri, il corpo dell’altro
non ci basta. Io ti berrei fino ad ucciderti, tanto è il mio
desiderio, e tu,
mia dolce, piccola Yuki, tu faresti lo stesso...” Terminò la
frase con un bacio tormentato, gli
occhi umidi, li strizzò fino a sentir male, forse nella
speranza che una volta
riaperti potessero vedere un mondo diverso.
Anche Yuki
piangeva, mentre le sue labbra si scontravano in
una morbida danza con quelle di Zero.
Labbra dannate,
le loro.
Erano mostri, lo
sapeva anche lei...ma cosa potevano fare
ormai? Come poteva esser diversa la loro esistenza? Avrebbe voluto dire
a Zero
che fare l’amore con lui quella notte ormai lontana era stato
bello quanto bere
il suo sangue, e che anche in quel momento lo desiderava, in un modo
così
intenso da sembrarle atroce, ma nonostante questo la loro natura
persisteva, amore
e sangue si mischiavano tra loro maledicendoli.
Strinse forte a
sé quel ragazzo un tempo umano, baciandogli
la fronte, i capelli argentati, le palpebre, le guance...
“Zero...Ti
amo” Gli sussurrò all’orecchio.
“Anche
se ormai siamo due vampiri...io ti amo, e non smetterò
di farlo mai. Amo il tuo sangue, e amo il tuo corpo...amo la tua mente,
il tuo
caratteraccio, amo tutto di te...” Continuò.
“Anche
io, Yuki” Le rispose lui staccandosi da lei, cercando
di ricomporsi, asciugandosi le lacrime, traditrici di una debolezza e
di un
rancore ormai antichi.
La
invitò ad uscire dalla stanza per preparare qualcosa da
mangiare, “qualcosa di
commestibile”,
le aveva detto, cercando di scherzare, di tornare lo Zero di sempre.
Una volta solo
si era spogliato degli abiti ancora bagnati,
si era infilato sotto la doccia senza neppure guardarsi allo specchio,
e lì
sotto l’acqua tiepida aveva lasciato scivolare via lacrime e
tristezza.
Quando riemerse
dal bagno Yagari era già uscito, si chiese
quante ore dormisse, sicuramente poche, era quella la vita di un
Hunter, ma al
maestro era sempre andato bene così, amava il suo lavoro e
amava uccidere i
vampiri.
Sorrise, lo
sguardo truce.
Si
avviò verso il cucinotto, vestito di un paio di pantaloni
scoloriti e una maglietta di un vecchio gruppo rock, si promise che in
seguito
avrebbe chiesto spiegazioni al vecchio capellone, così,
tanto per farsi due risate.
Yuki si era
diligentemente buttata in un’impresa anche troppo
ardua per le sue scarse capacità di cuoca, quella che doveva
esser una frittata
di verdure, giaceva inerme su un grande piatto di ceramica.
A coronare il
tutto un sorriso compiaciuto dell’artefice.
“Eh?
Cosa ne pensi? Non trovi che sia un capolavoro?”
Esordì
la giovane, invitandolo a sedersi alla tavola apparecchiata per due.
Aveva il sorriso
di sempre, la sua Yuki, il suo, quello
umano, sì, di certo guastato dai piccoli e candidi canini,
ma ignorando quest’ultimi
era pur sempre il suo bel sorriso caldo, e ciò basto per
fargli accettare la
cena di quella sera.
Mangiarono
ridendo, prendendosi in giro, come sempre, come ai
vecchi tempi, quando sulla tavola dominavano i manicaretti del
direttore e le
sue pazzie, quando tutto era ancora da decidere. Si promisero di
visitare la
città il giorno successivo, se la pioggia fosse stata
clemente. Yuki aveva
letto di Londra a scuola, e in qualche libro che la sua compagna di
stanza le
aveva prestato. Un po’ di tristezza la pervase, ripensando a
Yori, l’aveva
abbandonata, era partita senza neanche salutarla, ma era meglio
così, per il
suo bene, era meglio che la perdesse, che lasciasse la sua vita nel
mondo degli
umani.
La camera dove
avrebbero dovuto dormire era abbastanza
spaziosa. Un letto ad una piazza e mezzo giaceva poggiato ad una parete
adornata da un vecchio poster raffigurante la bandiera britannica.
L’armadio
contro il muro sembrava avere un paio di secoli, ma l’odore e la consistenza del legno
convinsero Zero a
relegare quel mobile nella categoria delle imitazioni.
Non
c’era altro tra quelle quattro mura, se non un piccolo
comodino e un tappeto ai piedi del letto.
“E’
molto accogliente” Convenne Yuki, buttandosi sul
materasso ed allargando braccia e gambe fino ad occuparne tutta la
superficie.
“Tu
dormirai sul tappeto” Disse, chiudendo gli occhi.
Zero
alzò un sopracciglio, poco convinto delle nuove
disposizioni della compagna. Accese la piccola abatjour sul comodino, e
si
avventurò sul letto sovrastando Yuki.
“Tappeto”
Ripeté lei, ad un soffio dal viso del ragazzo, che
a quella parola alzò nuovamente il sopracciglio per
esprimere tutto il suo
dissenso.
“Io
dico Yuki, invece di tappeto...” Rispose sdraiandosi
completamente su di lei.
La ragazza
scoppiò a ridere.
“Non
ho intenzione di spostarmi...” Intimò.
“Ho
capito, ho capito” Mormorò lei, rotolando su un
fianco e
dando così modo a Zero di sdraiarsi.
Si guardarono,
per poi scoppiare a ridere, ebbri di
quell’intimità,
sicuri che nessuno dei due sarebbe fuggito quella notte abbandonando
l’altro.
Zero le prese le
mani, portandosele alle labbra. Erano
felici, nel bel mezzo di una Londra che
non conoscevano, senza un bagaglio, se non il peso del loro
imperdonabile
amore, che probabilmente, anzi, quasi sicuramente li avrebbe ben presto
condannati
a morte.
Yuki si
portò più vicino al ragazzo, colmando la distanza
tra
i loro respiri e baciandolo, per poi portare le dita sui vestiti troppo
larghi,
e sfilarglieli, un po’ imbarazzata.
Ma
l’imbarazzo lasciò ben presto il posto al
desiderio, un qualcosa
di molto simile alla bramosia del sangue, un qualcosa di ugualmente
viscerale,
ciò a cui aveva accennato Zero nella loro conversazione in
bagno.
Gli
baciò il collo, il petto, i muscoli tonici, per poi
risalire e cercare la sua bocca.
Zero
ricambiò, un altro tipo di fame lo stava divorando, ma
attendere era bello, un piacere struggente lo rendeva frenetico, vivo.
Si
intrufolò sotto la vecchia ed enorme t-short,
posò le dita
sulla pelle morbida di quel piccolo seno; la ragazza si
portò sopra di lui,
sfilandosi la maglia, e liberandosi dall’impiccio degli
abiti, cacciando via la
timidezza si lasciò guardare da quello sguardo viola,
toccare dolcemente, da
quelle mani che amava.
Gli dette un
altro bacio, più caldo, prima di unirsi al suo
corpo, prima di cominciare a muoversi su Zero come non aveva mai fatto
prima,
piano, dondolando, cercando le sue mani, sussurrandogli che lo amava,
per poi
lasciarsi travolgere da quell’amore diverso, tanto bello e
tanto buono come il
sangue, ma così lontano dalla maledizione della loro natura.
Amarsi
così, tra i sospiri, le mani di lui sui suoi fianchi
magri, le labbra di lei incollate alle gemelle in un bacio affannato,
amarsi così
li faceva sentire quasi umani.
Fragili, uniti,
allacciati, precari in balia del piacere, in
balia di un amore non corrotto dal sangue.
Note
dell’autore:
mi
scuso per l’incredibile
ritardo! Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, ho
dato
spazio alla parte più vorace e carnale dei nostri due
personaggi, cercando di
non diventare troppo Lemon, anche se, invece, penso di aver fatto
un’enorme
limonata...Oh! Dopotutto il capitolo si intitola amore e sangue! XD Ho
cercato
di descrivere quanto per questi poveri vampiri sia sottile la
differenza tra
amarsi dissanguandosi XD, e amarsi possedendosi, quanto soffra il
povero Zero
nell’immaginare un amore normale, privo della maledizione del
sangue...Insomma,
fatemi sapere, e naturalmente RINGRAZIO in
anticipo chi mi renderà
felice RECENSENDO questo capitolo...HOPE YOU ENJOY IT
un
bacione
Allyn,
curiosa al
massimo di sapere le vostre impressioni!!!!
|
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Capitolo 11 *** Confessioni ***
Capitolo
10
Confessioni
Le prime luci
dell’alba destarono Zero dal suo sonno. Flebili
raggi, di un sole velato, filtravano dalla finestra illuminando la
piccola
stanza; Yuki sembrò non esserne minimamente disturbata,
perché giaceva ancora
raggomitolata su un fianco, i capelli ribelli sparsi sul cuscino, gli
occhi
ancora serrati, vittima del dolce incantesimo di Morfeo.
Una volta seduto
sorrise, passandosi una mano tra le
scomposte ciocche argentate, cercando di ridare un ordine alla chioma
solitamente liscia. Si sentiva leggero, sospeso in un sogno, per un
attimo
credette di dormire ancora, perché la visione di lei, della
sua pelle chiara,
nuda, avvolta nelle pieghe morbide di quella trapunta rattoppata, non
gli
sembrava ancora reale. Per quanto tempo, per quante notti, chiudendo
gli occhi,
al ritorno dall’ennesimo incarico di Hunter, si era cullato
con quelle
immagini, con quei desideri che riteneva irrealizzabili? Ogni singola
ora, ogni
singolo istante, che aveva trascorso separato da Yuki, era stato
impiegato per
ricordarla, per immaginarla, e adesso lei era lì, sua, e lo
sarebbe rimasta per
tutto il tempo che il destino gli avrebbe concesso.
Riportò
alla mente ancora intontita dal sonno il ricordo
della notte appena passata, delle mani di lei strette alle sue spalle,
mentre
sussurrava il suo nome in un sospiro, il solletico dei suoi lunghi
capelli sul petto,
sul viso, e quei baci prima dolci, poi intensi, poi di nuovo dolci.
Riportò
alla mente il piacere, la voglia di non fermarsi per niente al mondo,
la voglia
di amarsi in quel modo fino allo sfinimento, fino a quando il cuore e
la carne
non si sono saziati del corpo dell’altro.
E
così era stato, il sottile corpo di Yuki si era accasciato
dolcemente sul suo, ancora allacciati, i cuori accelerati, rapidi,
complici. Le
aveva sussurrato di amarla, tante di quelle volte che non ne contava il
numero,
glielo aveva ripetuto fino a quando la stanchezza non si era abbattuta
sulle
sue palpebre.
Si
lasciò nuovamente cadere sul materasso, in un certo senso
ancora
stanco, nonostante avesse riposato nel migliore dei modi. La sua Yuki
non
accennava a svegliarsi, e in quell’istante Zero rise di se
stesso, e della sua
impazienza. Si sentiva come un bambino, emozionato, alla sola idea di
rivedere
il cioccolato degli occhi di lei, di rivedere quel viso animarsi,
ridestarsi da
quel sonno profondo.
Le
sfiorò una guancia col dorso della mano, poi la fronte,
liberandola dall’intreccio di quei morbidi fili ebano,
scoprendo la bellezza di
un volto giovane, rilassato, le ciglia lunghissime che quasi sfioravano
la
curva degli zigomi.
“Yuki...”
La chiamò posandole un bacio leggerissimo sulle
labbra dischiuse.
“Ho
sempre desiderato, vederti così, sentirti così
vicina...”
Ammise, sicuro di non essere udito, ma di giungerle magari come un eco
lontano
in qualche suo sogno.
Non seppe
spiegarsi il perché, ma le parole fluirono rapide,
forse perché protette dal sonno profondo di lei, forse
perché in quell’istante,
in cui tutto gli sembrò esser perfetto, capì che
era giusto svelare i suoi
misteri, i suoi segreti, anche se questi sarebbero stati uditi
solamente da
quelle pareti silenziose, custoditi per sempre in quella piccola camera.
Cominciò
a parlare quasi sussurrando, piano, la testa tra le
mani, lo sguardo basso, perso tra le lenzuola.
“La
prima volta che vidi Kuran provai un senso d’odio
incredibile, inizialmente lo detestavo per la sua natura di mostro...Un
vampiro, come la donna che mi ha condannato, poi, chiuso nella mia
stanza
ripensai a quel gesto. Le sue mani pallide che sfioravano il tuo viso,
in un
modo tanto dolce; quegli occhi amaranto, posarsi su di te, appropriarsi
di ogni
tuo lineamento, e poi, eccolo, il tuo sorriso felice, le tue labbra che
sfiorano la sua guancia. Lo odiavo, Yuki, perchè ero geloso,
perché non capivo
il tuo comportamento, non capivo per quale motivo tu non scappassi
dalle mani
di quell’immonda creatura. Ricordo ancora quella sera in cui
entrasti in camera
mia, allegra come non mai, cercasti di lodare la bontà di
quell’essere,
farneticavi riguardo una coesistenza pacifica, proprio come il
direttore...ricordo ancora le tue mani, le tue piccole e morbide mani,
quelle
che tante notti mi avevano carezzato gentilmente la testa, aiutandomi a
ritrovare il sonno; quelle mani si erano macchiate dell’odore
di lui, ricordo
ancora quando rifiutai il tuo tocco. Fece male Yuki, pensare che quelle
mani
che dolcemente tendevi verso il mio viso, fino a pochi minuti prima
avevano
stretto quelle del vampiro. Ma tu non capivi, non comprendevi il mio
dolore,
non riuscivi a realizzare che oltre al mio odio per quella razza,
c’era anche
la gelosia nei tuoi confronti. Tu eri un sole nel buio della mia vita,
un sole
splendente che ridonava i colori al mio mondo, che mi permetteva di non
perdere
la speranza, di non sprofondare nella pazzia, di incatenare dentro di
me il
germe che quella donna aveva iniettato nelle mie vene umane.
Crescevamo, ma i
tuoi occhi rimanevano per lui, sempre e comunque, il tuo cuore batteva
per
Kuran. Come potevo competere? Ti aveva salvata, indubbiamente ti amava,
ti
adorava, ti proteggeva. No, non potevo competere. Un inverno ormai
lontano ti
ammalasti, avevi la febbre alta, eri svenuta a scuola. Il direttore ti
aveva
delegata alle dolci cure di un bel sonno. Avrei voluto sedermi accanto
a te,
tenerti la mano per aiutarti a riposare, ma non ne avevo il coraggio,
preferivo
guardarti da lontano, un qualcosa di candido, perfetto, immacolato, che
non
avrei mai voluto sporcare. Era più facile, amarti
così, volerti bene in quel
modo distante, avrei sofferto meno, il giorno in cui saresti andata
via, o il
giorno in cui la follia del livello E mi avrebbe tenuto distante da te,
dal mio
sole splendente. Kuran arrivò anche quel giorno
d’inverno, avevo imparato a
tollerare la sua presenza, in quella casa, per volere del direttore, e
per il
tuo...Dovetti rimanermene in silenzio, quando con il suo passo viscido
entrò in
camera tua. Aspettai che se ne andasse, e mi sedetti fuori dalla tua
porta,
preoccupato. Rimasi così tanto in quella posizione,
attendendo che ti
svegliassi, così tanto che mi addormentai. Quando apristi la
porta, non riuscii
a dire niente, e me ne andai, senza darti una risposta, senza dirti che
ero
rimasto lì solo per rivedere il tuo viso sveglio, libero dal
rossore della
febbre. Quante volte Yuki, quante volte mi sono nascosto dietro una
maschera di
ghiaccio, dietro una freddezza che te minavi con i tuoi sorrisi
più radiosi.
Crescevamo, e con i nostri corpi cresceva il mio amore per te, cresceva
il
mostro dentro di me, cresceva quell’inumana sete...e crebbe
così tanto Yuki da
farmi commettere il gesto più atroce. Ma tu mi cercavi, mi
guardavi, ti
preoccupavi per me, anche quando mi allontanavo, anche quando ti
evitavo,
quando scappavo, tu mi ritrovavi sempre...ed io trovai il tuo collo,
morsi la
tua carne innocente, affondai i canini succhiando avidamente come un
mostro. Ti
volevo, il vampiro dentro di me bramava il tuo sangue, i miei desideri
si
fondevano, e trovavano la loro soddisfazione più vile in
quel gesto
animale...poi sono arrivati, come sempre, pronti a salvarmi, i tuoi
occhi, la
tua voce, la tua imperdonabile offerta, le tue mani che sganciavano i
bottoni
della giacca, che liberavano la pelle del collo per me, che scoprivano
le
piccole vene, il loro pulsare sordo. Ti offristi, vittima e guerriera,
volevi
combattere per me e con me, al mio fianco, tenermi in vita, nutrire il
mostro.
Come avrei potuto non amarti ancor di più di quanto
già non stessi facendo? E
così scivolammo nell’oblio più totale,
nella vergogna e nel peccato. Poi giunse
lui. Giunsero le tue paure, e i suoi denti, la verità
riemerse dalle memorie
perdute, riemerse nel sangue e dal sangue. Tu, stessa mia piccola Yuki,
eri un
mostro. Non riuscivo neppure a capire, la mia testa non comprendeva
quell’assurdità, non riusciva ad affiancare la
candida e pura visione che avevo
di te, della tua bontà, a quelle creature, a quei mostri
dalle sembianze umane.
Eppure tu eri lì, le braccia aperte, pronte a schermare il
fratello ritrovato,
per proteggerlo dalla mia pistola. Quanto dolore Yuki, mi
portò quella rivelazione,
e quanto dolore, nel vedere le mani di lui strapparti via dalle mie
braccia.
Non saresti più stata mia...quando mai lo eri stata? Io mi
ero solo preso con
la forza ciò che in realtà era sempre appartenuto
di diritto a Kuran. Lo
scontro con Rido, la sua morte, il nostro addio, quel primo bacio al
sapore di
sangue e morte, la mia vana promessa di sopravvivere ed ucciderti...la
mia
voglia di amarti. Quanto dolore mia piccola Yuki, quanto, anche quando
sei
tornata, anche quando mi hai chiesto di odiarti, anche quando capivi,
comprendevi, sapevi, e le tue mani incerte cercavano il mio collo, i
tuoi
canini penetravano la mia carne. Mi volevi, nello stesso tremendo modo
in cui
io desideravo te, come un mostro, come una donna, come un vampiro. Ed
è stata
bellissima quella notte, è stata l’imperdonabile
inizio di questa follia, della
nostra condanna a morte. Ed ogni mio sogno è sembrato
avverarsi, eri mia, mi
avevi scelto, mi amavi...Non so, cosa ci accadrà adesso, per
quanto mi sembri
di vivere in un sogno, una strana e nuova ansia mi attanaglia, ma ti
prometto
Yuki, che in questo oblio di sangue ti proteggerò, sempre, a
costo della mia
stessa vita...”
Forse le
pronunciò tutte quelle parole, sottovoce, come in
una confessione, o forse le pensò solamente. Non seppe dirlo
neppure lui, e non
seppe neanche legger niente nell’espressione indecifrabile di
Yuki, quando
questa riaprì gli occhi, rivelandogli il cioccolato tanto
bramato.
“Zero,
sei già sveglio?” Mormorò con voce
impastata,
stringendosi contro la sua figura magra, poggiando la testa sulla sua
pancia.
Il ragazzo
annuì, carezzandole la fronte.
“Che
ore sono?” Chiese lei, stiracchiando caoticamente le
gambe, per poi incrociarle a quelle del compagno.
“E’ancora
presto, per alzarsi...ma se proprio vuoi...”
Yuki gli rivolse
uno sguardo che Zero non seppe decifrare, ma
che comunque basto a zittirlo, poi si avvicinò suo collo,
per leccarlo piano,
con la punta della lingua.
“Scusami
Zero...” Sussurrò già colpevole, poco
prima che i
suoi denti affondassero nella carne.
Il ragazzo
sospirò, consapevole che la sete arretrata della
compagna doveva ancora esser soddisfatta. La lasciò bere,
debitore, lisciandole
i capelli con il palmo della mano, per scendere poi sulla sua schiena
scoperta,
nuda, sui suoi fianchi, ebbro di un desiderio più umano.
“Sei
bellissima, Yuki, anche così” Seppe dire, prima di
portarla sotto di sé, baciare quelle labbra sporche di
rosso, prima di farla
sua di nuovo, instancabile, affamato di quel corpo, di quel viso, di
quel
respiro.
Lei rise,
consapevole, complice.
“Kaname,
ti prego...” Lo implorò Ruka, in ginocchio di
fronte
al sanguepuro, gli occhi inondati dalle lacrime.
Un forte vento
spirava dal nord, portando con sé un cielo
voglioso di neve.
“Sei
stata un’ottima alleata Ruka, ma adesso è il
momento che
tu prenda la tua strada, ciò che sto per
compiere...”
Lei non lo
lasciò finire, si alzò di scatto, per stringere a
sé quel corpo perfetto che tanto aveva amato.
“Bevi
il mio sangue, maestro, fino all’ultima goccia, se
ciò
riuscirà a placare la tua rabbia, bevimi fino ad uccidermi,
se ciò servirà a
fermarti...” Gridò, ferendosi il collo con le
unghie curate.
Il moro
sospirò tristemente, consapevole dell’amore di
quella
vampira, ma consapevole che niente l’avrebbe fermato,
tantomeno la sua offerta.
I primi fiocchi
di neve cominciarono a cadere dal cielo, in
raffiche violente, che gli frustavano gli abiti, i capelli, i
pensieri...quei
pensieri fissi, tutti per lei, per la sua Yuki.
“Ruka...ti
ringrazio...ma non devi, hai una lunga vita
davanti a te, e faresti la mia felicità, se ti allontanassi
da me, per non
voltarti mai più, per fuggire dal dolore che potrei
arrecarti. Sei stata una
splendida alleata, davvero, ma quei tempi felici e lontani, sono giunti
a
termine, è il momento che le illusioni crollino, e che il
destino si compia...”
Esordì, svanendo in un lampo oscuro.
Ruka pianse
tutte le sue lacrime, china su quel marciapiede
già bianco di una neve sporcata dal suo sangue, che copioso
scivolava dalle
ferite che si era inflitta.
Kain si
precipitò da lei, come sempre, si chinò per
raccoglierla da terra, senza sforzo, per stringere tra le braccia il
suo corpo
esausto, annichilito.
“Devi
lasciarlo andare Ruka...i sanguepuro, sono creature
troppo distanti da noi, perché sia possibile
comprenderle” Seppe dirle, per poi
riportarla a casa.
Angolo
dell’autore.
So
sorry! Scusate il
tremendo ritardo...me chiede perdono, ma le università sono
note per infliggere
agli studenti lunghissimi periodi di stress preesame, in ogni caso,
grazie per
aver letto anche questo, forse troppo breve capitolo. Penso che sia
giusto, per
una volta lasciare un po’ di spazio a Zero e alle sue
confessioni. Una specie
di doveroso omaggio al suo personaggio triste e solo ahaha
Un
bacio a chiunque
abbia letto, e un abbraccione a chi sarà così
gentile da commentare!
Al
prossimo capitoletto
Ps:
viva questo Zero
superfocoso ahaha
Pps:
un ringraziamento speciale va a quelle anime pie che mi fanno sempre
felice con le loro recensioni, e con tutta la pazienza del mondo
perdono il
loro tempo a legger le mie storielle:
Panda_Ellie
Heart
Asterion
VKlove
I am The
Darkness_
__Astronomy__
_RosaSpina_
_Piccola
Yuki_
Violetta_
Grazie davvero, mi date
sempre quella voglia,
bellissima, di continuare a scrivere fan fiction <3
Allyn
|
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Capitolo 12 *** L'impossibile ***
Capitolo
11
L’impossibile
La
adagiò sul suo letto sfatto, poggiandole delicatamente il
capo sul cuscino. Era svenuta dopo pochi passi, la perdita di sangue,
il
dolore, il cuore infranto, per l’ennesima volta; uno straccio
troppe volte
rattoppato, prima o poi è
destinato a cadere
in brandelli.
Distrutta.
Aveva dato anima
e corpo in quegli anni, per lui, solo per
lui, sempre e solo per Kaname Kuran.
E lui, Akatsuki
Kain, il vampiro sciatto, nascosto nell’ombra
dell’indifferenza, l’aveva sempre osservata,
correre e cadere, e a sua volta
era poi corso e caduto per raccoglierla.
Da quando erano
poco più che bambini, aveva ricucito quel
cuore al tempo piccolo e ingenuo, nella speranza che un giorno, forse
per
riconoscenza, forse per puro amore, cominciasse a battere per lui, e
non per il
purosangue.
Era rimasto,
così, muto per anni, con questo sogno nella
mente.
L’avrebbe
accettato anche adesso, il cuore di lei, anche
sottoforma di tutti quei brandelli sanguinanti. Si sarebbe preso cura
di ognuno
di essi, con infinita pazienza, avrebbe rimesso insieme tutti i pezzi,
fatto
l’impossibile, anche questa volta.
La
guardò pallida, il volto bellissimo perso in
chissà quale
tormento onirico, perché Akatsuki ne era fermamente
convinto, Ruka non si
sarebbe data pace neppure in sogno.
Se solo avesse
posato il suo sguardo dorato su di lui, sul
suo silenzioso amore.
Voleva salvarla
da se stessa, da quel sentimento rivolto
verso l’uomo sbagliato.
Si
chinò sul suo corpo incosciente, le spostò i
capelli
ondulati dalla fronte, toccò con la punta delle sue grandi
dita le labbra morbide,
poi la baciò.
Lasciò
che le loro bocche collidessero mute come il suo
desiderio, poi si ritrasse.
“Perché
non vuoi vedermi, Ruka?”
Domandò consapevole di non essere udito.
Kaname ritrasse
la mano insanguinata da quel petto squarciato,
quel cuore di vampiro gli palpitava ancora tra le mani,
pensò a quanto la sua
specie fosse mostruosa, poi inghiotti quell’organo. Dette il
colpo di grazia al
sanguepuro, che prima di divenir cenere gli rivolse
un’occhiata quasi
riconoscente, l’eternità era un gran peso da
vivere.
Si
sentì più forte, e più maledetto di
quanto già non fosse,
ma ormai non vi era più speranza, il volto di Rose, la donna
di cui quella
pistola dannata portava il nome e l’essenza, era ormai
impresso nella sua
mente.
Avrebbe reso
giustizia ai loro sogni di libertà, a quell’utopia
che negli anni passati aveva preso posto nei loro cuori antichi e
stanchi,
avrebbe liberato il mondo dai vampiri.
Forse, ovunque
si trovasse, non l’avrebbe perdonato, lei che
per lui aveva sempre sognato un futuro felice e pieno d’amore.
Yuki era andata
via, distruggendo anche le ultime illusioni,
covate per così tanti anni erano riuscite a scaldare il suo
cuore, non rimaneva
alcuna speranza, non gli rimaneva niente.
Non sapeva
ancora dove cercarla, dove porre termine alla sua
esistenza, dove il loro peccato sarebbe finito tra le fiamme della
fornace, ma
di una cosa era certo, avrebbe fatto l’impossibile pur di
bruciare con lei, pur
di portarla con sé.
E
così quell’uomo dai capelli d’ebano
e gli occhi amaranto non pianse neanche una lacrima, mentre leccandosi
la mano
insanguinata progettava la sua fine.
“E’
bellissimo, Zero!” Esultò Yuki, il naso puntato
all’insù
verso quell’immensa torre dorata, e quell’orologio
imponente.
“Il
Big Ben è come un simbolo per questa
città” Le spiegò lui
paziente, mentre la ragazza percorreva con gli occhi l’enorme
struttura, per
poi indugiare sulla perfezione dell’altro edificio, sulle
linee quasi gotiche
delle finestre, le punte dei tetti, Il parlamento.
“Ancora,
voglio vedere ancora!” Saltellò felice, la gonna
scozzese che avevano comprato al mattino si muoveva con lei ad ogni
balzo,
rivelando il candore delle gambe snelle.
“Possiamo
visitare l’abbazia di Westmister...” Le propose,
gli occhi viola sul suo viso.
Lei
annuì, poi si avvicinò alla figura allampanata
del ragazzo
e gli scoccò un bacio sulle labbra.
“Sei
una guida turistica fenomenale, Zero...” Ammise felice,
per poi attaccarsi al suo braccio.
Lui sorrise, con
quel sorriso un po’ storto che a lei piaceva
tanto.
Come promesso,
il vampiro dai capelli argentei le mostrò gran
parte del centro di Londra, le descrisse i palazzi più
importanti, le
cattedrali più maestose. La giornata passò
rapida, le ore volarono via, e loro
si sentirono normali in quel trambusto cittadino, immersi nel vociare
caotico
di una lingua che non conoscevano. Si baciarono con trasporto, quando
le prime
gocce d’acqua li sorpresero nel bel mezzo di Trafalgar
Square, noncuranti degli
abiti zuppi, dei capelli fradici, e di trovarsi in un paese straniero,
nel bel
mezzo di una piazza con le labbra incollate, pronte a collidere
dolcemente.
Si sentirono
umani, mentre mano nella mano passeggiavano per
quelle vie dai nomi musicali, i tetti di Londra pronti a sfiorare il
cielo
coperto di nuvole.
Arrivarono a
casa che era sera, aprirono il portone dell’edificio,
si rincorsero per le scale come due bambini. Yuki non aveva mai visto
in vita
sua Zero in quel modo, così spensierato, libero, leggero.
Si baciarono
ancora sul pianerottolo, per poi aprire quella
porta un po’ vecchia e trovare lo sguardo gelido
dell’unico occhio di Yagari a
fissarli, incredulo.
“Buonasera”
Esordì l’Hunter.
“Mentre
voi eravate fuori a fare la coppietta innamorata,
Kaien mi ha chiamato...” Continuò scuro in volto.
“Kuran
è impazzito”
I due lo
fissarono increduli. Yuki andò a sedersi sul
divanetto, bianca in volto sembrava pronta a svenire da un momento
all’altro. L’ametista
degli occhi di Zero si era improvvisamente solidificata in uno sguardo
disperato. Quanto poteva durare la loro felicità, un battito
d’ali di farfalla,
questa era la risposta.
“Alcuni
dei purosangue più noti sono stati uccisi per mano di
Kaname, ancora non se ne comprende il motivo, ma pare che il vampiro
stia
puntando a sterminare tutti i suoi simili, nutrendosi del loro
cuore” Disse
accendendosi una sigaretta tra le dita ossute.
“No,
ha altro in mente” Lo interruppe Yuki. Il volto della
donna dei ricordi del fratello le era comparso nella mente
più volte, quella
fornace che ardeva, le lacrime di Kaname, il suo volto triste.
“E
sentiamo, cosa tramerebbe?” Chiese Yagari.
Ma la ragazza
non rispose, non ne era certa, ma il piano del
Nobile era un altro, una mente come la sua non si sarebbe persa solo
per
sterminare i loro simili, no, tutto quello gli serviva per raggiungere
uno
scopo ben preciso.
Yagari
tirò fuori il suo fucile dalla borsa, poi
cominciò a
lucidarlo con la manica della giacca, quasi sentisse dentro di
sé l’imminente
battaglia incombere.
Zero
sospirò sedendosi accanto a Yuki, non sapeva cosa sarebbe
successo, ma avrebbe fatto l’impossibile pur di proteggerla,
pur di proteggere
il loro amore.
La ragazza gli
prese la mano, nel cuore una nuova
inquietudine, e nuove domande stavano crescendo e maturando. Sapeva che
il
segreto di quel comportamento sconsiderato risiedeva nei ricordi del
suo
sangue, negli occhi di quella donna che si era gettata nella fornace,
in quel
sogno che ora le appariva quasi reale.
Angolino
dell’autore
Hello to
everyone! Sono così dispiaciuta per l’imminente
ritardo...ma
i capitoli arriveranno, promesso, nel contempo prendetevi questa
transizione
angosciosa... Un bacione a chi avrà la voglia di lasciarmi
una piccola
recensione. Kiss, scusate gli eventuali errori, ma l’ora
è tarda.
Allyn
|
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Capitolo 13 *** Sogni e Verità (Ruka x Kain) ***
Capitolo
12
Sogni
e Verità
Gli occhi dorati
di Ruka si aprirono, rivelando al suo
sguardo ancora debole e assonnato, il profilo di una stanza che non le
apparteneva.
Si
scostò i capelli chiari dalla fronte, era affaticata,
assetata come mai lo era stata. Si portò le mani alla gola
candida, gli occhi
socchiusi. Poi la sentì, una delle sue mani, incredibilmente
più calda rispetto
all’altra, quasi qualcuno l’avesse stretta, per
tutto il tempo del suo triste
sonno.
Lo vide, seduto
su una poltrona foderata di velluto rosso, accanto
al suo letto, un braccio abbandonato sulle coperte, il capo poggiato
sull’altro
braccio, il volto lontano, perso in un sogno.
Gli
sfiorò i capelli scompigliati, illuminati da incantevoli
sfumature ramate, non aveva mai notato quanto si intonassero a quella
sua
carnagione leggermente olivastra.
“Kain...”
Sussurrò dolcemente, non aveva mai pensato che
quelle ciocche ribelli fossero tanto morbide.
Si chiese se
fosse stato lui a portarla fin lì in braccio, e
a quel pensiero arrossì, notando che i drappeggi delle
tende, il pavimento a mosaico
appartenevano alla stanza del ragazzo.
Era bello, privo
di quell’espressione enigmatica che di
solito si portava stampata sulla faccia, era bello, ora, il volto
rilassato, le
labbra carnose leggermente dischiuse.
Si chiese
perché non avesse mai notato quei lineamenti
delicati, o l’odore della sua pelle, speziato ed invitante.
Ruka si
portò nuovamente la mano alla gola, le bruciava dalla
sete. Ricordò le sue dita, ferirsi, spargere il suo sangue
sull’asfalto,
supplicare quell’uomo, tanto lontano dal suo mondo, di berla,
di soddisfarsi
con quel liquido porpora. Ricordò il rifiuto di lui, il
cuore che le andava in
pezzi, mentre si allontanava per andare incontro al suo piano folle.
Poi il niente,
il nero dell’oblio più cieco.
Ed ora era
lì, nel letto di quell’amico di infanzia, quello
che l’aveva sempre raccolta, appoggiata in silenzio, sul suo
petto, Ruka, aveva
pianto innumerevoli lacrime, contro la stoffa della sua giacca
slacciata e mal
stirata aveva soffocato le grida di dolore in singhiozzi.
“Kain...”
Mormorò ancora, chinandosi su di lui.
“Per
quanto sei stato qui? In silenzio, aspettando che mi svegliassi?”
Domandò, notando la luce
fioca di una nuova alba.
“Per
quanto, aspettando che aprissi gli occhi...per vederti”
Continuò, le lacrime già ad
inondarle l’oro delle iridi.
Solo in quel
momento aveva capito, compreso, quanto la
vicinanza di quel ragazzo un po’ sciatto, un po’
diverso dal normale rigore
elegante dell’aristocrazia, fosse stata per lei essenziale,
in quegli anni
trascorsi ad amare un uomo irraggiungibile.
In
quell’istante, si rese conto che quegli occhi caldi erano
in ognuno dei suoi ricordi, che quello sguardo ardente come
l’elemento che
padroneggiava si era sempre posato sul suo viso, sui suoi capelli
lunghi, sulle
sue labbra, con amore, con preoccupazione.
Ruka si
avvicinò al suo collo, e lì posò un
bacio leggero, un
brivido la percorse da capo a piedi.
Non seppe
spiegare, quali furono i moti impazziti che le
ridestarono l’animo ferito, ma tutto, in quel fugace bacio le
sembrò perfetto,
come ritornare a casa dopo un lunghissimo viaggio in terre esotiche e
stupefacenti, ma tra culture che mai ti capiranno o potrai capire.
Era concreto,
reale, caldo di verità, non come l’idea delle
labbra di Kaname, o della sua pelle diafana, algida.
Il sangue di
quel giovane ardeva, fluiva, chiamava Ruka con
un’intensità tale da sconvolgerla.
Niente, le
sembrò così giusto, come assecondare la richiesta
muta dei suoi denti, di quel cuore che aveva preso a batterle
così forte in
petto tanto da assordarla.
“Perdonami,
Akatsuki, per aver tardato così tanto” La sua
voce si perse nel silenzio della stanza, un rumore sordo, di denti che
affondano nella carne, risuonò impercettibile.
Kain
aprì gli occhi, credeva di aver sognato quelle parole,
quelle labbra che gentilmente lo avevano carezzato, per poi morderlo
piano.
“Ruka...”
Rantolò, rimanendo immobile, lasciando che la
ragazza bevesse.
Era felice, ma
quella poteva esser solo un’illusione,
dopotutto aveva perso molto sangue, e le compresse ematiche non le
potevano
bastare, avrebbe fatto si che il suo animo non si scaldasse troppo, non
cadesse
in quel tranello tanto meraviglioso.
Lei amava l’altro,
non lui.
“Oh,
Ruka, bevi pure finché non starai bene, poi andremo a
cercare di salvare Kuran, se questo servirà a farti star
meglio” L’avvisò,
gentile e paziente come sempre.
Ruka
abbandonò il suo collo con violenza, prese il volto del
ragazzo tra le mani, e inchiodò il suo sguardo a quello di
lui.
“Salveremo
Kaname...ma...” Gli rispose, la bocca sporche di
rosso, il suo rosso, quello che Kain avrebbe voluto vederle sempre
sulle labbra
sottili, quasi disegnate.
Il ragazzo
abbassò lo sguardo, triste, consapevole che
l’illusione non sarebbe durata, ma la vampira
richiamò nuovamente i suoi occhi,
alzandogli il mento.
“Va
bene, Ruka, tutto quello che vuoi” Le riferì lui,
arrendevole.
“Sei
uno stupido, Akatsuki!” Lo rimproverò poi lei, per
baciarlo, per unire le labbra a quelle dell’amico.
Kain rimase
immobile, gli occhi spalancati, increduli,
osservavano le palpebre serrate di lei.
Poi, il suo
cuore si sciolse, per cominciare a battere
rapido, emozionato come non mai, cominciò a muovere le sue
labbra su quelle
della ragazza.
Ruka,
l’aveva sempre immaginato, Kain era come un fuoco
silenzioso, una fiamma latente, che una volta alimentata divampa come
impazzita, calda, bella e luminosa. Era così quel bacio,
caldo, accogliente,
meraviglioso.
Pianse, contro
il suo viso, rammaricandosi per tutto quel
tempo sprecato nell’inseguire un qualcosa di fittizio, forse
per paura di
buttarsi, di saltare con quell’amico fedele, verso qualcosa
di concreto.
Kain si
staccò da lei con il respiro corto, le guance bagnate
dalle lacrime della ragazza. Le sorrise, in un modo strambo, quasi
sghembo. Non
aveva mai sorriso così, quasi impacciato. Ruka
ricambiò di conseguenza, poi gli
baciò la fronte.
Il vampiro
carezzò con le dita il suo collo, spostando con
una delicatezza, quasi reverenziale, quei capelli ondulati,
lì posò un bacio
gentile.
“Posso,
Ruka?” Le chiese con la voce che gli tremava.
Quel gesto, che
per anni aveva considerato quasi un tabù, un
pensiero con il quale coccolarsi durante le notti più buie
stava divenendo
reale.
“Oh
Ruka, tu non immagini neanche, quanto io...” Si
interruppe.
“Lo
so...Sono stata una stupida, a non accorgermi, a non
capire...”
Il ragazzo si
fermò ad un centimetro da quella pelle chiara.
"Sei...sicura?
Perché se non son le mie, le labbra che
vorresti, ti prego...fermami...” Mormorò serio,
quasi triste.
Ruka
affondò le mani sottili nei suoi capelli ribelli, tanto
morbidi da farla sorridere, poi lo spinse gentilmente verso il suo
collo.
La sensazione
più bella la trovò impreparata. Strinse le mani
attorno alle spalle di Akatsuki, che nel contempo era salito sul letto,
per
sdraiarsi sopra di lei stringendola in un abbraccio, inglobandola in
quel suo
corpo tanto più grande.
Ruka sorrise di
gioia, mentre le mani di lui raggiungevano la
sua guancia, carezzandola.
Era bellissimo,
dieci, venti volte più bello di quanto aveva
provato quella lontana sera nella camera di Kaname.
Il vampiro
lasciò il suo collo solo dopo averle dato un bacio
gentile, ripulendo quelle due piccole ferite, poi sempre con quel
ghigno
sghembo e allegro sfiorò le labbra di Ruka.
Lei rispose a
quel gesto intimo, a quel contatto che non
avevano mai avuto, nuovo e incredibilmente giusto.
“Ti
amo, Ruka...” Le disse, posando la testa sul petto di
lei, lasciandosi cullare dal battito accelerato della ragazza,
finalmente
libero da quel peso che si portava nel cuore da anni.
“Ehi,
Akatsuki...” Arrossì lei, alzandosi sui gomiti, e
mettendosi seduta con la schiena contro la spalliera del letto.
Lui la
guardò con dolcezza.
“Io...è
bellissimo” Seppe dire, improvvisamente imbarazzata.
Kain non
riuscì a trattenersi, si avvicinò nuovamente al
viso
di lei, baciandole la punta del naso, le guance, la bocca.
“Io ti
ho desiderata per...non sai quanto” Le confidò
all’orecchio, in un sussurro che le fece venire i brividi.
“Per
quanto?”
“Da
sempre...” Le scostò il tessuto del vestito per
baciarle
la spalla.
“Anche
quando eravamo bambini?” Domandò lei, sospirando
per
il piacere che quelle labbra bollenti le regalavano, sulla sua pelle
quei baci
erano rinvigorenti, restituivano al suo corpo quel calore che per tutti
quegli
anni aveva tenuto lontano da sé, trincerandosi dietro un
comportamento algido e
distaccato.
“Io ti
adoravo...quando eravamo piccoli, ti guardavo sempre,
mi chiedevo cosa ci fosse in Kuran, di così speciale da
farti brillare gli
occhi” Continuò sfilandole
quell’indumento leggero e baciandola ovunque.
“Akatsuki...”
Lo richiamò flebilmente.
Lui
alzò lo sguardo, era languido, quasi perso.
“Io ti
voglio, Ruka” Ammise, un po’ colpevole, libero da
quella maschera che per anni aveva tenuto sul cuore.
Lei
cercò la sua bocca, la sua pelle, lo liberò dalla
camicia
stropicciata, baciò e carezzò le sue spalle, gli
addominali accennati.
Ad ogni tocco le
sue mani tremavano, ma quel tremito nervoso
e impaziente diminuiva ad ogni bacio di lui.
“Ti
voglio, Ruka” Glielo aveva sussurrato più volte,
con
quella voce roca, corrotta dal desiderio, con quel suo baciare caldo,
ardente.
E Ruka aveva
lasciato che la prendesse, dolcemente, si erano
stretti in un abbraccio torrido, ma gentile, lui non aveva mai smesso
di
guardarla, di baciarla, di carezzarla mentre si fondevano in modo quasi
umano.
La teneva
stretta a sé, seduto sul letto a gambe incrociate,
le mani attorno ai suoi fianchi, le braccia esili e candide di lei
strette al
suo collo, mentre si muovevano in sincrono, lontano da tutti, non
più amici, il
cuore di lei integro, senza cicatrici, finalmente.
Kain si
fermò, il battito come impazzito.
“Ruka...”
La chiamò, la fronte sudata poggiata contro quella
di lei, i suoi capelli lunghi erano ovunque, chiari come la luce di
quel
mattino, se li sentiva addosso, come mille sottili carezze.
“Akatsuki...”Rispose,
le guance accaldate, le braccia attorno
all’ampia schiena di lui. Non si era mai sentita
così bene, neppure quando
Kaname aveva affondato i canini nel suo collo, avvinghiata al corpo di
Kain si
sentiva completa, felice, leggera, libera da ogni sofferenza.
Non era stato
facile, lasciarsi andare, abbandonare la
vergogna, affrontare la paura e il piccolo dolore che aveva provato
quando il
ragazzo si era spinto in lei delicatamente.
Ma
l’avrebbe rifatto altre cento, mille volte con quel
vampiro che ora la fissava.
“Sei...felice?”
Appariva incerto, timoroso, il petto stretto
a quello di lei, così caldo.
“Mi
dispiace...di averti, beh...” Pareva impacciato, mentre
cercava di scusarsi.
“Akatsuki,
non devi scusarti di niente...”Gli disse lei
stringendolo più forte, portando le sue mani sui suo
fianchi, invitandolo a
riprendere da dove si era interrotto.
Lo amava,
indubbiamente, e rise di se stessa, per tutto il
tempo che aveva perso inseguendo Kaname. Erano invece quelle, le
braccia che la
facevano sentire protetta, erano quelle del suo migliore amico, di quel
ragazzo
taciturno, sempre silenziosamente presente. E lei lo amava, e amava
bruciare
con lui, amava il sapore di quel sangue che aveva placato in un istante
la sua
sete.
Fu bellissimo, e
tanto dolce, come aveva sempre sognato.
Kain la
guardò, era sua, ed era bellissima, accanto a lui, la
testa poggiata sulla sua spalla, sedevano vicini, entrambi con le
spalle contro
la spalliera del letto.
“Ehi
Ruka, sei ancora felice come prima?” Le chiese il
ragazzo, appropriandosi di una ciocca dei suoi capelli chiari.
“Oh,
ancora con questa domanda?” Lo brontolò lei.
Lui
evitò il suo sguardo, non poteva confessarle che era
terrorizzato, che aveva paura che da un momento all’altro lei
capisse di aver
fatto un errore enorme.
“Hai
paura che io sia pentita?”
Lui
annuì.
“Farei
l’amore con te altre mille volte...” Le guance
avvamparono, e la voce le tremò un poco nel pronunciare
quell’affermazione.
Lo amava, e
questa era una verità incontrastabile.
Kain sorrise
ancora in quel suo modo buffo e un po’
impacciato, poi la baciò.
“Salveremo
Kuran...” Le disse deciso.
Erano passati
due giorni da quando Yagari aveva informato
Yuki e Zero riguardo Kaname e la sua improvvisa follia, due giorni in
cui i due
ragazzi non erano usciti di casa.
Yuki si era
trincerata in un silenzio fatto di pensieri, non
riusciva a capire cosa le sfuggisse, eppure sapeva che da qualche
parte, nella
sua mente si celava la verità.
Zero la
osservava allontanarsi, preoccupato per il loro
futuro cercava di tenersi pronto ad ogni evenienza, che questa fosse
un’imminente battaglia o l’ennesima fuga.
Ad un tratto
l’Hunter che li ospitava irruppe in casa,
l’espressione furibonda. I due scattarono per la paura, tesi
com’erano
qualsiasi rumore o interruzione, del normale silenzio che si era
instaurato tra
loro, li faceva sobbalzare dal terrore.
L’uomo
gettò un mozzicone che gli pendeva da un angolo della
bocca in un portacenere, rovistò nelle tasche
dell’enorme cappotto scuro,
tirando fuori una sigaretta nuova di zecca e accendendosela si sedette
sul
divano.
“Cattive
notizie, ragazzi...” Esordì, soffiando una nuvola
grigiastra contro il viso di Zero, che per il fastidio socchiuse gli
occhi
senza dir niente.
Yuki li
raggiunse, per tutto il tempo era stata in camera, sdraiata
a pancia in su, sguardo spento sul soffitto, pensieri altrove, alla
ricerca di
qualche nesso logico che giustificasse il comportamento irragionevole
del
fratello.
“Cross
mi ha chiamato per aggiornarmi sui fatti. La strage
dei sanguepuro continua senza sosta, ma la cosa più bizzarra
è che due dei
vampiri alleati di Kuran sono andati a parlare al
direttore...”
“Ruka
e Kain” Gridò Yuki, in preda all’ansia.
Yagari la
guardò incuriosito.
“Erano
i due vampiri di alto lignaggio che vivevano con Kuran
e Yuki” Sbuffò Zero al ricordo dei due.
“Esatto,
quei due, si sono precipitati da Cross, dopo alcune
indagini, pare che Kuran intenda diventare sempre più
potente divorando il
cuore dei purosangue, sia allo scopo di accrescere il suo potere, sia
per
eliminare dalla faccia della terra la sua stirpe
maledetta...” Mormorò
perplesso.
“Io
non capisco che diamine frulli nella testa di questi
vampiri, son tutti pazzi!” Sbottò.
“Secondo
uno dei tizi alleati di Kuran, l’unica soluzione è
che Yuki lo incontri e lo faccia ragionare” Ammise poi
l’Hunter.
“Mai!”
Ringhiò Zero, i canini scoperti dalle labbra.
“No,
è la verità...” La voce flebile della
ragazza si era
fatta strada nella conversazione.
“Kaname...è
sicuramente distrutto dal dolore, il mio
abbandono...è la causa della sua follia...”
Sibilò.
“Io,
lo devo fermare...Prima che sia troppo tardi...”
Asserì.
Zero
scattò in piedi, gli occhi allucinati, la prese per le
spalle scuotendola.
“Sei
impazzita anche tu? Siamo scappati insieme, perché
potessimo vivere lontano dal vostro legame, e adesso vuoi
salvarlo?” Sbraitò
furioso.
“Lui,
dopotutto è mio fratello...”
Yagari
torturò la sigaretta tra le dita nodose, i vampiri gli
facevano schifo, il loro mondo malato, gli faceva schifo, fratello e
sorella
come amanti, nutrirsi di sangue, divorare cuori. Ogni giorno di
più si
convinceva di quanto quelle creature fossero ripugnanti, e lontane dal
suo
mondo umano, ma amava Zero come un figlio, e giurò
più volte a se stesso che
avrebbe aiutato quell’insolita coppia che ora stava
discutendo di fronte al suo
unico occhio buono.
“Yuki...lui
sta diventando sempre più forte per poi
ucciderci...non lo capisci?” Rantolò il giovane,
lo sguardo afflitto.
“C’è
dell’altro Zero...sento che c’è
dell’altro...” La
ragazza sembrava più che determinata a perseguire le sue
scelte.
Yagari
narrò loro gli eventi di quei giorni, come Kuran si
stesse spostando per le città alla ricerca di sanguepuro o
aristocratici da
sterminare, come su di lui fosse piombata una taglia da parte del
consiglio
degli Hunter, un vampiro così potente e folle sarebbe stato
un pericolo anche
per gli umani.
Zero e Yuki
andarono a letto tardi quella sera, in testa
mille pensieri e paure.
“Non
puoi lasciarmi di nuovo...” Sussurrò il ragazzo
guardandola tristemente.
“Non
voglio lasciarti Zero, voglio solo salvare mio fratello,
almeno questo...Mia madre e mio padre, non avrebbero mai voluto che
tutta
questa storia finisse così” Gli confidò.
“Ti
prego Yuki...dimenticalo” Le disse baciandola con foga,
quasi con rabbia.
“Io,
non posso...per quanto il mio amore sia solo per te, una
parte del mio cuore rimarrà per sempre legata a
quell’uomo, e non posso
permettere che gli Hunter o il consiglio degli anziani lo
uccidano”
Zero si
voltò dandole le spalle, era terrorizzato da quella
sua determinazione, avrebbe preferito lasciarsi Kuran alle spalle, o
fuggire
per il resto dell’eternità dai suoi occhi
amaranto, piuttosto che consegnargli
la sua amata Yuki su un piatto d’argento.
Anche se con
difficoltà si addormentò dopo qualche minuto,
stanco di tutti quei pensieri. Yuki gli carezzò la schiena,
e i capelli
argentei, dispiaciuta per aver ferito per l’ennesima volta i
suoi sentimenti,
ma sapeva che quella era la cosa giusta da fare, e una volta risolta
tutta la
situazione avrebbero potuto vivere finalmente una vita felice.
Si
addormentò anche lei, e la risposta a quei quesiti che la
tormentavano le venne in sogno.
Angolo
dell’autore:
Spero che gli
amanti del KainxRuka abbiano gradito! Chissà
cosa sognerà la nostra Yuki...e cosa succederà ai
nostri protagonisti, come
qualcuno ha notato mi sono divertita a riallacciarmi un po’
alla trama del
manga, spero di non tardare con il prossimo aggiornamento!
Un morsino, e
grazie a chi commenterà, vi adoro! <3
Allyn
|
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Capitolo 14 *** Il metallo dannato ***
Capitolo
13
Il
metallo dannato
Rose strinse le
mani di Kaname con dolcezza. I due si
guardarono, gli occhi antichi di entrambi non avevano più
segreti ormai da
confidarsi, un amore in grado di andare oltre il tempo e le parole.
Due esseri
immortali e perfetti, dal sangue maledetto e dai
desideri lontani da quelli umani.
Kaname le diede
un bacio sulla fronte, con una gentilezza
tale che quelle labbra belle ed eterne sembrarono carezzare un fiore.
“L’ho
trovato, Rose...una parte del mio corpo, tramite questo
esperimento, sembra reagire...”
“Kaname...Non
era necessario...”
“Molti
della nostra razza hanno creato troppi schiavi, accecati
dal potere, hanno perso il senno...gli uomini hanno
bisogno...” Mormorò lui
agitando una provetta su una piccola fiammella.
La donna
sospirò.
“Vedi,
una parte del mio corpo riesce ad interagire con una
lega metallica, dando vita a qualcosa in grado di bloccare le nostre
incredibili capacità rigenerative. Ciò che
può ucciderci siamo proprio noi
stessi...buffo no?” Il vampiro sembrava soddisfatto di quella
scoperta, ma allo
stesso tempo in quell’amaranto liquido nascondeva una
tristezza
incommensurabile.
“Per
oggi basta, Kaname...” La donna gli afferrò le
dita
affusolate, staccandole dolcemente dalla provetta, che ripose in un
sostegno di
legno.
“E’
tardi, andiamo a dormire...” Gli baciò la mano,
ora
libera dal peso di quelle ricerche.
Lo condusse
nella piccola camera di quella dimora
provvisoria.
Si erano
nascosti, l’ennesima caccia al mostro li aveva fatti
fuggire dal villaggio dove avevano vissuto per qualche tempo. Gli
esseri come
loro erano temuti. Non erano andati via per paura, ma per il dispiacere
di
sentirsi odiati, diversi, con un solo gesto della mano, e la
velocità di un
pensiero, avrebbero potuto ridurre in cenere centinaia di esseri umani,
eppure
non l’avevano fatto; a loro, dopotutto, piacevano, quelle
fragili e forti
creature.
Rose in tutta la
sua vita, fino al giorno dell’incontro con
Kaname, aveva vissuto nella convinzione che quegli effimeri esseri
fatti di carne
e sangue, così simili a loro nell’aspetto, fossero
perfetti, nella loro
imperfezione. Lei si sentiva un mostro, un involucro vuoto, rigido,
ossessionato
dalla sete, immortale. A differenza di molti suoi simili credeva nella
convivenza tra quegli esseri che vivevano di emozioni e sentimenti e la
sua
specie. Aveva vagato per secoli, in cerca di risposte.
Perché era nata così? Perché
la sua vita non era cessata quando il tempo aveva scandito novanta,
cento,
duecento anni? La sua pelle, il suo viso, il corpo, rimanevano giovani
e
freschi, come quella sete che la logorava dall’interno e che
più volte aveva
trattenuto. Poi era arrivato un giovane, un vampiro smarrito e senza
nome, un
sanguepuro. Era stata lei a chiamarlo così, a far cozzare
quelle lettere,
Kaname, lo aveva battezzato con una carezza, annegando nei suoi occhi
tristi e
soli.Da quel momento in poi la speranza di un futuro diverso prese
piede nel suo
cuore da mostro.
Rose chiuse la
porta alle loro spalle con un cigolio simile
ad un lamento, poi osservò il viso provato del compagno.
“Kaname...rilassati”
Gli diede un bacio sulla guancia liscia,
poi si spostò dolcemente sulle labbra.
“Rilassarmi?
Quando là fuori, donne, bambini, ragazzi,
vengono brutalmente sterminati da alcuni di noi, senza aver la
possibilità di
opporsi...siamo dei mostri” Sussurrò tristemente.
“Me lo
dicevi anche te...che siamo dei mostri” Continuò,
per
poi baciarla con foga, perdendosi nel sapore di lei.
“Farei
qualsiasi cosa, per dare un senso alle nostre vite,
per far si che la strage termini, che questo mondo non abbia
più paura di
noi...” Mormorò lei languidamente, mentre le mani
fredde di lui le toglievano
la tunica scolorita, scivolando sulla sua pelle perfetta, immacolata,
priva di
qualsiasi cicatrice, ruga o segno del tempo.
“...che
questo mondo non abbia paura di noi, o possa
difendersi...” Concluse lui, per poi stendersi sul piccolo
letto e portare Rose
su di sé, permettendole di spogliarlo.
“Sei
bellissima Rose...” Sorrise lui, carezzandole il ventre
piatto, la schiena liscia.
I suoi capelli
lunghi, quelle due ciocche sottili,
intrecciate per gioco spiccavano nella sua chioma liscia. Il vampiro le
afferrò, percorrendo quella trama morbida e precisa con i
polpastrelli, poi
sfiorò il suo viso, per condurlo verso il suo e baciarla
ancora.
Si amarono
scambiandosi sangue, sudore e sospiri. Con una
passione quasi umana, perdendosi l’uno nell’altra,
ondeggiando piano e forte.
Kaname le
baciò la schiena nuda, scoperta dal lenzuolo. Rose
giaceva distesa, prona su quel materasso, voltata, privava il compagno
del suo
sguardo.
“A
cosa stai pensando?” Le chiese lui, accoccolandosi su di
lei. La sua pelle setosa odorava di miele, il vampiro se ne
riempì le narici e
i polmoni fino ad esplodere, godendo di quella dolcezza.
“Kaname...anche
quando io non ci sarò più, ti prego, continua
quello che ti sei prefisso...sii felice...” Pianse piano, con
tristezza.
“Rose,
che ti prende...” Il vampiro l’afferrò
per le spalle
obbligandola a voltarsi. Gli occhi di lei erano pieni di lacrime.
“Rose,
Rose...” La scosse. Lei gli sorrise e lo baciò
senza
freni, travolgendo quelle labbra gemelle, lo baciò senza
dargli una risposta.
Si amarono di
nuovo, ma in modo diverso, c’era disperazione
nel modo in cui lo stringeva, nel mondo in cui gli mordeva il collo,
gli
baciava le guance afferrandogli i capelli.
Sussurrò
il suo nome un’ultima volta prima di inarcare la
schiena, e baciarlo sulle labbra con un sospiro, quel nome che gli
aveva dato
lei, il suo inizio.
Si
addormentarono insieme, abbracciati come accadeva la maggior
parte di quelle notti senza luna, il cielo cupo, a incombere sulle loro
vite e
su quelle della gente.
Kaname
aprì gli occhi, non entrava molta luce dall’unica
finestra di quella stanza, ma quel flebile bagliore bastò a
svelare l’assenza
di Rose.
La
chiamò invano, di lei non vi era traccia. Si
vestì rapido,
un peso sul cuore, lo costrinse a cercarla come un pazzo, tra le case
di quel
villaggio, tra la gente, che lo guardava diffidente.
Sapevano, e
tolleravano la loro presenza, finché non avessero
fatto qualche danno nessuno li avrebbe cacciati, quegli esseri
immortali e
mostruosi.
“Rose...”
Gridò, una nuova disperazione a corrompergli il
sangue.
Capì
che nelle parole di quella notte appena trascorsa, in
quel suo amarlo senza limiti, con dolore, c’era
dell’altro, c’era un messaggio
d’addio.
Si
ritrovò nella piazza del villaggio, una piccola folla si
era radunata attorno ad un enorme forno, quello per il pane del popolo.
Poi lo vide, il
corpo di lei steso sulla pietra fredda, il
petto squarciato, il sangue colante a corrompere la sua tunica chiara.
“No!”
Urlò raggiungendola. Ma lei non si mosse, rimase
inerte, bella, eterea, morta.
“Si
è strappata il cuore, per gettarlo in quella fornace, ha
detto che l’aveva fatto per noi, per assicurarci la
salvezza...poi senza cuore
in petto si è mossa ancora un po’, donandoci il
suo sangue...” Gli disse un
vecchio, ammirando quel viso perfetto, ora sereno.
“No,
Rose...”Pianse lui chinandosi e baciando le sue labbra
fredde, sfiorando la sua pelle, fino a quando questa non divenne cenere
e
cristallo.
“Avrei
dovuto farlo io...”Sussurrò, ricordando il suo
esperimento, quei pensieri che rapidi gli avevano affollato la mente.
“Voi,
vi farò dono del mio sapere, con quella fornace, create
delle armi...da oggi, grazie al sacrificio di quella donna, e grazie al
suo
sangue il vostro destino sarà simile al nostro, la
dannazione è quello che vi
aspetta...impugnerete quelle armi, il metallo nato dal suo sangue,
potrà ferire
le creature come me...difenderete gli uomini...”
Terminò quella frase con
tristezza, rivolgendosi a quel gruppo di persone
“elette” dalla sua Rose.
Le armi presero
forma, tra cui una falce, bellissima, come la
donna che era morta, riluceva sotto la luce della sera, ormai giunta.
Yuki la vide,
come aveva visto tutto, Kaname che piangeva, l’amore
per quella vampira di nome Rose, e adesso quella falce, la sua arma,
Artemis.
Sussurrò
quel nome, certa di non essere udita, ma lo sguardo
dell’uomo antico, lo stesso volto del Nobile fratello, si
posò su di lei,
curioso.
“Artemis,
dea della caccia, della castità e della luna...mi
pare appropriato per un’arma del genere...”
Mormorò.
Lei lo
osservò sconvolta, l’aveva vista?
Com’era possibile? Indugiò
su quel metallo scintillante, così vicino al volto di
Kaname, tanto da poterlo
ferire.
“Brami
già il nostro sangue, eh?” Disse lui dolcemente,
carezzando quell’arma affilata.
“Quella
donna può sentirti?” Gli chiese Yuki.
“Rose...lei
ormai non esiste più...queste armi adesso non
sono altro che armi...bramose, vogliono solo uccidere...”
A Yuki
sembrò che le belle guance del fratello fossero rigate
da lacrime mute.
“Fanciulla,
qual è il tuo nome?” Domandò poi.
Ma Yuki non fece
in tempo a rispondere che quell’insolita
visione si tramutò in altro.
Ancora Kaname,
il volto spento, i capelli più lunghi, gli
abiti ridotti a stracci consumati, mille e mille passi in quel mondo
vuoto e
solitario come il suo cuore immortale, fino al giorno in cui stanco di
quella
pena non chiuse il suo corpo in uno scrigno di pietra.
“L’eternità,
senza te non ha senso, Rose...” Mormorò prima di
finger di morire, affidando la sua mente all’oblio.
Il suo corpo
attese in un sonno lungo senza sogni, fino a
quando Rido, non offrì a quel mostro deperito il cuore
pulsante di un neonato.
Kaname Kuran, capostipite, vampiro purosangue rivisse in quel corpo
innocente,
il corpo del figlio di Juuri e Haruka Kuran.
Ritrovò
negli occhi della piccola sorella Yuki, se così la
poteva chiamare, quella gioia che da millenni non provava,
sentì di poter
vivere di nuovo, di avere un sogno in cui credere, che forse il tempo
di
ricongiungersi con Rose, divenire quel metallo, non sarebbe mai
arrivato.
Aveva la sua
Yuki, il suo viso
gentile, e una speranza.
Poteva tornare
ad essere felice, per
lei, e per Rose.
Yuki si
svegliò di soprassalto.
Il volto rigato
dalle lacrime, copiose e salate.
Tremava convulsamente, in quel letto ad una piazza e mezzo.
Non aveva mai
capito gli occhi tristi di Kaname, quell’amaranto
velato, antico come il tempo.
Non aveva
neppure compreso il dolore nascosto dietro
ogni suo silenzio, dietro ogni parola, dietro ogni segreto.
Non aveva capito
l’intensità del suo sentimento, il
suo modo gentile di proteggerla, di assecondarla in ogni scelta, la
premura nei
gesti, nelle carezze.
Era stato per
lei un fratello, senza pretese, se non
quella di voler vedere il suo sorriso, ma Kaname non era suo fratello,
era l’antico
vampiro vissuto millenni prima, quello che aveva visto il suo tesoro
morire per
gli uomini. Era stato per Yuki il primo dolce amore
dell’infanzia, un compagno
fedele e devoto...
Lei gli aveva
spezzato il cuore, aveva distrutto il
suo sogno, lo aveva disintegrato. Kaname voleva dunque morire,
liberando il
mondo dai purosangue, in modo tale che quella razza non potesse
più trasformare
gli uomini in vampiri, per poi divenire il nuovo metallo degli Hunter,
una
missione da terminare, quella tacita di molti secoli prima, quella che
Rose
aveva eseguito lasciandolo solo.
“Yuki...”
Zero la osservò nell’ombra notturna. Sembrava
persa
in una sorta di trance, gli occhi sbarrati guardavano il niente.
“Yuki!”
La scosse.
Le palpebre
coprirono lentamente le iridi cioccolato.
“Io
l’ho tradito...” Mormorò, le mani
strette attorno al
grembo.
“Che
cosa stai dicendo?” La osservò triste, il sonno
ormai
scomparso.
“Lui
vuole morire, Zero...capisci? Per colpa mia, vuole porre
termine alla sua esistenza” Riprese a piangere.
“Non
puoi fartene una colpa, Yuki”
“Oh si
che posso...io glielo avevo promesso, i suoi occhi
inchiodati ai miei, gli avevo promesso che sarei rimasta con lui in
eterno, che
non mi importava se le sue mani fossero sporche o meno di sangue, che
non mi
importava niente di niente, se potevo rimanere al suo
fianco...bugiarda...”
Si
raggomitolò su se stessa, il cuore contratto in una morsa.
“E’
colpa tua...E’ solo colpa tua...non doveva finire
così,
io sarei dovuta rimanere al suo fianco, come avrebbero voluto mia madre
e mio
padre” Singhiozzò sottovoce.
Zero la
guardò basito, in preda alla disperazione non si era
resa conto, di quanto quelle parole lo ferissero nel profondo,
dopotutto, lui
non l’aveva mai obbligata a fuggire, a ricambiare il suo
sentimento. Lui l’aveva
semplicemente amata in silenzio, ma era stata lei a compiere
l’imperdonabile,
era sempre stata lei a lasciarsi mordere, a permettergli di nutrirsi
con il suo
sangue al tempo umano, era sempre lei, quella che quella notte, la
più
imperdonabile di tutte l’aveva baciato con violenza, aveva
fatto l’amore con
lui su quel letto spoglio.
Quel suo ti
odio, riecheggiò altre tre volte, piano, e faceva
male, ogni volta di più. Un odiare diverso, un odiare forse
carico di rancore e
rimorso.
Il ragazzo
scattò, le inchiodò i polsi contro il cuscino, e
la obbligò a guardarlo negli occhi.
“Se mi
odi così tanto, vattene Yuki, torna da lui...se il
rimorso ti uccide...” Rantolò aspro e cattivo,
cercando di celare la ferita che
gli si era appena aperta nel petto.
La vampira smise
di respirare, aveva il viso di quel ragazzo
ad un centimetro dal suo, gli occhi viola la scrutavano, dentro, fino
in fondo
ai pensieri più nascosti, attendevano, quegli occhi, una
risposta.
“Devi
scegliere, Yuki...io, sono stanco...dici di amarmi, poi
lasci che Kuran ti porti via, poi torni, poi ti penti, e adesso, dopo
tutto
quello che abbiamo passato...questo...io sono stanco, se per te questo
è un
gioco, smetti immediatamente, se ami così tanto quel
purosangue, sei libera di
tornare da lui...”
La presa sui
polsi si era fatta più salda.
“T-tu
non capisci” Balbettò lei.
“Oh
Yuki, si che capisco...capisco che tu lo ami ancora...E
che io sono il più grande errore della tua
vita...” Le lasciò i polsi e si alzò
dal letto, la maglia stropicciata di Yagari gli stava troppo grande, e
per un
attimo, quel profilo magro agli occhi della ragazza sembrò
qualcosa di
estremamente fragile.
Come quando era
bambino, come quando non voleva che lei lo
toccasse dopo aver toccato l’altro, lo aveva nuovamente
ferito.
Pianse,
continuando a fissare le spalle di Zero, i capelli
argentei.
“Io me
ne vado, Yuki, al mio ritorno, spero di non trovarti
ancora qui...”
Avrebbe
preferito una coltellata, una pallottola della Bloody
Rose sparata direttamente in petto, piuttosto che quelle parole.
Zero si
sfilò la maglia, e la gettò sul pavimento,
dirigendosi verso il vecchio armadio, quella scarsa imitazione di un
pregiato
mobile d’epoca, pensò che l’amore che
Yuki nutriva per lui fosse come quell’oggetto,
un’illusione, un’imitazione di poco valore, un
falso. Con un ghigno addolorato
aprì le ante scricchiolanti alla ricerca dei vestiti, voleva
uscire, magari
avrebbe anche trovato qualche livello E contro il quale sfogare la
rabbia,
oppure si sarebbe abbandonato lui stesso alla follia del sangue, che
ragione
aveva per esistere e rimanere cosciente, ora che lei non era
più sua.
Combattere non
serviva più a niente. Lui e Kuran non erano
poi così differenti, le loro vite erano entrambe legate e
dipendenti da quella
di Yuki, e dalle sue scelte.
Sorrise di
sé, pensando che l’unica differenza tra lui e
Kuran, due mostri della notte, consistesse nel fatto che
l’altro avrebbe sempre
vinto, sempre...
Angolino
dell’autore:
malvagità
assoluta, lo so...qui tutto si rimette in gioco,
chi sceglierà Yuki? Il suo è solo un attimo di
dubbio e paura, o la
consapevolezza di amare Kaname le è giunta rapida e dolorosa
come un paletto
conficcato nel cuore? O forse il suo amore è ancora per
Zero? SONO ESTREMAMENTE CURIOSA DI CONOSCERE
LE
VOSTRE IPOTESI, immagino che le fan del Nobile stiano
già stappando lo
spumante, e le convinte Zeki stiano sbattendo la testa nel muro J
Un bacione,
cercherò di farmi presto viva con il prossimo
capitolo J
Kiss Kiss
Allyn, che dopo
questa stesura si sente malvagissima :D
|
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Capitolo 15 *** Il ritorno dopo l'attesa ***
Capitolo
14
Il
Ritorno dopo l’attesa
Yuki
balzò fuori dal letto, non poteva permetterlo, non
poteva perdere quell’uomo così importante.
Doveva
ammetterlo, al suo cuore corroso dal dolore, che
l’amava, che l’avrebbe amato per sempre, fino alla
fine dell’eterno, fino a
quando la terra non avesse smesso di ruotare attorno al sole.
La
verità le si palesò davanti agli occhi, chiara,
come era
sempre stata.
Il sole non era
ancora sorto, e la notte regnava sovrana,
illuminata da una pallida luna in un cielo limpido e scuro. Un silenzio
pesante
li divideva, un silenzio fatto di dubbi, paure, rabbia, rimorsi, eppure
c’era
altro, c’era attesa, in quel silenzio.
Lei lo
osservò, le dava le spalle, come quando erano ragazzi,
come quando lo guardava da lontano, lo seguiva, cercando di
raggiungerlo,
inutilmente.
“Zero...”
Sussurrò debolmente, baciandogli la schiena nuda,
percorrendo la pelle chiara con le labbra.
“Zero,
come hai potuto pensare anche solo per un attimo, che
io potessi...” Pianse cadendo in ginocchio, stringendosi alle
gambe magre di
lui, che si chinò raggiungendola sul pavimento.
“Io lo
amo...ma come un fratello al quale devo la vita, al
quale devo la mia esistenza...” Mormorò, mente il
vampiro raccoglieva con le
dita le sue lacrime.
Le
afferrò il viso per portarlo vicino al suo, scrutandola
con gli occhi viola, alla ricerca di una qualche menzogna.
“Io ti
amo, Zero, io ti ho scelto, e non tornerei mai
indietro, ripeterei mille, cento volte l’imperdonabile, per
te...”
“Come
posso crederti? Dimmi come posso crederti?”
“Puoi
solo fidarti di me...” Ammise lei.
“Io,
lo sai, che non ti lascerei mai...mai!” Continuò a
voce
più alta, le mani sul viso di lui, tra i suoi capelli
argentei, per imprimere
sui polpastrelli quella morbidezza.
“Ma io
devo...provare a salvarlo...” Mormorò colpevole,
mentre si stringeva al petto di quel ragazzo.
“Perchè,
Yuki, devi sempre render tutto così difficile!”
Cercò di scostarsi lui, deluso e ferito.
“Perché
lo è sempre stato, Zero...difficile”
Alla fine di una
debole lotta, l’orgoglio del vampiro perse, e
le sue braccia si trovarono a stringere ancora una volta quel corpo
così
piccolo e fragile.
“Perdonami...”
Singhiozzò lei piangendo.
“Come
sempre, Yuki” Si arrese all’evidenza, e le
baciò le
labbra bagnate di lacrime.
“Dopo
che avrai salvato...” Sussurrò lui, la fronte
premuta
contro il petto della ragazza, si sentiva incredibilmente stanco, di
tutto,
della loro natura, della loro situazione, di quel tormento che non
voleva
cessare.
“Rimarrò
con te...ti amerò per sempre, Zero...” Gli occhi
limpidi di lei cacciarono via anche quelle nuove paure, non vi erano
bugie,
false verità, menzogne.
Si baciarono, si
morsero, si graffiarono possedendosi, con un
po’ di forza e un po’ di dolcezza, come se ad ogni
sospiro più forte potessero
cadere e non rialzarsi mai più.
“Zero...”
Sussurrò lei stringendolo fino a fargli male,
chiedendogli di stringerla fino a farle male. Voleva le sue dita
impresse sulla
pelle, voleva le sue labbra, il suo respiro, voleva
quell’uomo con tutta se
stessa, fino alla fine dei loro giorni.
Zero si
risvegliò poche ore dopo, per scoprire Yuki ancora
addormentata, persa tra quelle lenzuola, il volto sereno di sonno.
Si
rivestì e lasciò la camera per sedersi al tavolo
della
piccola cucina, qualche minuto dopo uno Yagari ancora intontito dalla
notte lo raggiunse.
“Kyriu...caffè,
immediatamente!” Biascicò l’Hunter
sbattendo
la fronte sul legno del tavolo, e portandosi le mani tra i capelli
impazziti.
Il ragazzo si
trascinò fino al bancone della cucina e prese a
trafficare con barattoli e fornelli.
Poco dopo
sorseggiavano entrambi un buon caffè.
“Sai
che ti appoggerò sempre, ma credo che questa tua nuova
impresa sia realmente folle...” Il maestro sembrava realmente
preoccupato,
mentre con le dita si tormentava le ciocche scure.
“Io
amo Yuki...” Disse coraggiosamente Zero, affrontando lo
sguardo del suo interlocutore.
“E’
proprio questo il problema, dato che la ami la
accompagneresti ovunque, anche oltre le porte
dell’inferno...la loro razza,
Zero, ci sguazza tra le fiamme” Borbottò
guardandosi intorno alla ricerca del
suo pacchetto di sigarette.
“Yuki
mi ha spiegato il piano di Kuran, sapevi la storia del
metallo Hunter?”
“Kaien
me ne ha parlato stanotte al telefono...sembra che
stiano preparando una fornace” Si fece serio in viso.
“Yuki
vuole salvarlo da quella che lei considera una follia”
Ricordò le parole della ragazza, la voce leggera, mentre
stretta al suo petto
gli raccontava del sogno e del piano del fratello, della sua vera
identità, e
della antica vampira che gettò il suo cuore in una fornace
di pietra.
“E’
una pazza, lui non desidera altro che la vendetta, tutti
sappiamo quanto quei succhias...ehm, scusa Zero, quanto i vampiri siano
possessivi e vendicativi, sicuramente Kuran trama di
uccidervi” Yagari aveva
appena afferrato le sue amate sigarette e un pacchetto di vecchi
fiammiferi.
“Se
non vorrà ascoltare Yuki e proverà anche solo a
sfiorarla, beh, macchierò le mie mani di un peccato
piacevole...” Gli rispose
il giovane.
“Lo
inseguiremo, inseguiremo la sua scia di
sangue...sicuramente non se lo aspetta” La voce di Yuki era
risuonata nella
cucina silenziosa come un trillo tetro; indossava un paio di Jeans e
una
maglietta scura, alla cintura Zero notò Artemis, la sua arma.
“Me
l’ha restituita Yagari...” Sentenziò
sbrigativa,
lanciando un’occhiata riconoscente all’Hunter.
“Voi,
siete d’accordo?” Il vampiro era seriamente
sorpreso.
“Sapevo
che l’avresti seguita ovunque, immaginavo che il
legame tra lei e suo fratello fosse troppo forte, e che prima o poi
avrebbe
desiderato di fermarlo, armati avrete più
possibilità”
La brace della
sigaretta brillò tra le sue dita nodose.
“Sei
proprio sicura Yuki?” La ragazza sorrise poi
poggiò la
sua esile mano su quella di Zero.
“Si...”
Sarebbero
partiti nei due giorni successivi, Kain e Ruka li
avrebbero contattati tramite Kaien.
Avrebbero
scontato il prezzo del loro
peccato imperdonabile, solo in quel modo, forse avrebbero potuto vivere
una
vita felice, priva di rimorsi.
“Yuki
e Zero sono sulle sue tracce Ruka...” Sussurò Kain
quella notte, mentre la giovane vampira lo fissava dalla panchina di
una città
che non aveva mai visitato.
Erano passati
ormai due mesi da quando la giovane Kuran e
Kyriu avevano lasciato Londra, nel tentativo di fermare Kaname. Per ben
due
volte, sotto l’aiuto di Akatsuki e della compagna erano
riusciti ad avvicinarsi
al purosangue, ma senza ottener nessun risultato di valore, se non la
conferma
della sua follia omicida.
Altri aiuti
erano poi giunti da Hanabusa Aido e dalla sua
famiglia, mentre Shiki Senri e Rima sembravano esser diventati le due
personali
guardie del corpo di Kaname.
Quella notte si
sarebbe tenuto un ballo nella dimora di uno
dei più antichi purosangue, alcuni mormorii tra
l’aristocrazia invitata all’evento
sostenevano che Kuran si sarebbe presentato per mietere la sua ennesima
vittima.
“Stasera
ci saranno anche loro al ballo...credi che si
presenterà?” Mormorò la ragazza
fissando la chioma ramata di Akatsuki.
“Si
travestiranno, come sai è un ballo in maschera...Kaname
non perderà questa occasione, tra gli invitati ci sono altri
due purosangue, l’idea
è stata di mio cugino, spera che in questo modo Kuran non
rinunci a partecipare”
Le rispose.
“Io
non posso crederci...non posso credere che Kaname si sia
ridotto a tanto...Il collegio, le compresse ematiche, noi credevamo in
quel
progetto...perchè adesso...gli Hunter, la
fornace...” Ruka si portò le mani tra
i capelli, le lacrime pronte a pungerle gli occhi.
“Non
capiremo mai il loro mondo...Guarda Yuki, era riuscita a
fuggire con quell’ex-umano, eppure, il suo legame con il
fratello è così forte
da spingerla a rischiare la sua vita e quella
dell’amato...”
Kain si sedette
vicino alla compagna, cingendole le spalle
magre in un abbraccio.
Poco dopo Aido
li raggiunse, la chioma bionda risplendeva
sotto la luce bianca di un cielo illuminato dalla luna.
L’azzurro
degli occhi lucido, e sciupato da due vivide
occhiaie violacee; sembrava distrutto dentro e fuori, tutta quella
storia l’aveva
sconvolto, lui che da sempre aveva appoggiato il purosangue.
“Mancano
solo quattro ore al ballo...” Mormorò.
E le quattro ore
passarono, la sala era gremita di invitati,
sfarzosi addobbi pendevano dal soffitto altissimo e affrescato, una
piccola
orchestra suonava musica classica, e i lampadari di cristallo erano
stati
puliti e lucidati per l’evento.
Ruka indossava
una maschera rosa, abbinata al lungo abito
color perla, i lunghi capelli acconciati in un elaborato chignon,
avanzò tra la
folla, la mano incastrata a quella di Akatsuki, la camicia un
po’ sbottonata e
i pantaloni stropicciati sul fondo.
“Sei
bellissima” Le sussurrò lui per darle un bacio sul
collo
che la fece rabbrividire, allontanandola per un attimo
dall’ansia di quel ballo
maledetto.
“Eccovi”
La voce di Aido risuonò attraverso la maschera
scura.
“Dove
sono Kyriu e Yuki?” Sussurrò.
“Arriveranno
a breve” La ragazza tremava.
Pochi minuti
dopo l’orchestra intonò un valzer che Ruka e
Kain ballarono, tenendo d’occhio la sala. Il sanguepuro,
padrone della dimora,
stava salutando gli invitati, tra cui Hanabusa, che non lo perdeva di
vista un
solo secondo.
Un’ora
dopo fecero il loro ingresso Yuki e Kyriu, i capelli
argentei di lui spiccavano tra la folla.
Gli altri
vampiri si spostarono per farli passare.
La giovane Kuran
sembrava diversa, le lunghe ciocche castane
avevano lasciato il posto ad un nuovo taglio, un caschetto lungo, in
qua e in
là asimmetrico quasi fosse stata lei ad operare direttamente con un paio di
forbici poco
affilate.
“Zero...qualunque
cosa succeda stasera...sappi che ti amo”
Sussurrò lei, una parte del volto coperta dalla maschera
nera. Il ragazzo le
rivolse un sorriso dolce, poi la invitò a danzare.
Volteggiarono
tra le coppie e tra il vociare confuso degli
invitati.
“Credevo
che i tipi scorbutici come te non sapessero
ballare...” Gli disse lei.
“Quella
sera, al ballo della scuola, avrei voluto tenerti tra
le mie braccia...Adesso che sei con me...beh, posso anche permettermi
di
ballare, no?” Scherzò Kyriu, le labbra curvate in
un’espressione malinconica.
Si
avvicinò per baciarla, le loro labbra si scontrarono
piano, per ritrovarsi in una danza che ormai conoscevano bene, ma che
non
finiva mai di sorprenderli. Quando si divisero gli occhi di lei
sembrarono
colmarsi di terrore.
Yuki
indicò con la mano inguantata, un punto oltre le spalle
di Zero.
Il ragazzo si
voltò di scatto, per incrociare quegli occhi
cremisi, oltre la maschera scura.
Kaname Kuran era
arrivato, il Re impazzito.
ANGOLINO:
Per tutti gli
amanti del RukaxKain
à W il capitolo
sogni e verità! Ahaha sveliamo i
loro hot-moments (che razza di pervertiti...naaa poverini *w*)
Un bacione,
scusate per le poche righe, ma ultimamente ho
veramente poco tempo, spero abbiate ancora la pazienza di seguire o
recensire...grazie
mille a tutti. Come qualcuno avrà notato mi sono
direttamente collegata,
stravolgendo un po’ gli eventi, alla storia originale della
Hino.
Ps: spero di non
avervi annoiato con questo ultimo chapter.
PPs:Per i devoti
del Yuki x Zero: “Visto??? Ha scelto lui,
per una buona volta...scuoricina”
Kiss Kiss
Un bacione a
tutti!
Allyn
|
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Capitolo 16 *** Il suo segreto più dolce e forse il più imperdonabile (Penultimo capitolo) ***
Capitolo
15
Il
suo segreto più
dolce e forse il più imperdonabile
Il Re non si
tolse la maschera, si limitò a camminare verso
di loro, i capelli lisci a incorniciagli l’ovale del viso,
gli occhi cremisi
ardevano.
La musica
continuò a invadere l’aria, nessuno si era accorto
della sua presenza, solo Yuki e Zero, che ora lo fissavano incerti,
avanzare
piano.
Si
fermò a pochi metri da loro, il mantello nero sulle
spalle, un abito elegante sotto di questo.
“Mi
concederebbe un ballo, principessa?” Sussurrò con
quella
voce che Yuki ormai non udiva da mesi.
Zero
afferrò la ragazza per il braccio trattenendola, poi
rivolse lo sguardo viola al purosangue.
La mano di lui
ancora tesa ad afferrare l’aria.
Yuki si
voltò e guardò il compagno, gli occhi color
cioccolato ardevano anch’essi, desiderosi di un consenso.
“Lasciami...Zero”
Disse piano. E lui eseguì i suoi ordini, la
lasciò, con il cuore che gli esplodeva in petto, il sangue
pronto a ribollirgli
nelle vene.
La mano di
Kaname strinse dolcemente quella inguantata di
Yuki, per poi portarsela alla bocca e salutarla con un bacio.
Ballarono piano,
sotto lo sguardo vigile dell’ex-umano.
“Stasera...Dovrò
sporcarmi ancora una volta le mani...” La
voce di Kaname le trapassò le orecchie come una coltellata.
Poi arrivarono
le sue labbra, leggere, a sfiorarle il collo.
“Mi
sei mancata...anche se il tuo profumo si mescola a quello
di lui, è ancora così delizioso...Mia Yuki...o
forse dovrei dire solamente
Yuki” Sospirò tristemente.
La ragazza
sentì lo stomaco svuotarsi, e il cuore desiderare
di implodere, per il senso di colpa che l’affliggeva. Avrebbe
voluto vedere
quell’uomo, quell’amante, quel fratello, felice,
anche senza di lei, avrebbe
voluto vedere la tristezza abbandonare i suoi occhi cremisi, per esser
sostituita dalla gioia, ma sapeva che questa, era strettamente legata a
lei e
alla sua presenza nella vita di quell’antico vampiro.
Volteggiarono
lontano dagli occhi viola di Zero, Kain e Ruka
li osservavano in disparte, le mani di lei strette al grembo dalla
preoccupazione.
“Non
avverrà, questa notte...il culmine del mio dolore
esploderà domani, dolce Yuki, e quest’anima
dannata troverà la sua strada...mi
accompagnerai, in questo viaggio, vero?” Mormorò
sadico, mentre le dita magre
le sfioravano il viso in una carezza quasi impalpabile.
“Ti ho
amata come la speranza...Mia cara” Le sue labbra
fredde si posarono su quelle di lei in un bacio muto.
“Puoi...essere
felice Kaname, rinuncia a questa follia” La
ragazza lo strinse a sé.
“Anche
adesso...non posso sentire il tuo abbraccio” Si
allontanò lui.
Un grido irruppe
dai piani superiori.
“Devo
andare...ma presto ci rivedremo...per l’ultima
volta”
La figura di Kaname sparì nella notte in una nuvola di
sangue, mentre la folla
di vampiri si agitava per il grido di qualche secondo prima.
Yuki rimase ad
osservare il punto in cui Kaname l’aveva
salutata, poco dopo Zero la scosse per le spalle.
“Mentre
ballavate, il sanguepuro è stato ucciso...”
L’avvertì
Zero,
“Si
deve essere sdoppiato...uno dei due ha commesso
l’omicidio”
Imprecò Hanabusa livido.
“Mentre
ballavate, vi ha distratto...” Continuò.
“Fin
dove ti spingerai, Kaname...”
Mormorò Yuki inginocchiandosi per terra, gli occhi colmi di
lacrime rabbiose,
una mano a stringersi il ventre.
“Yuki...cosa
ti ha detto?” Le chiese Zero scuotendola.
“Niente...”
Rispose lei sedendosi sul grande letto della
camera d’albergo dove alloggiavano.
“Non
mentirmi” La rimproverò il ragazzo facendosi
più vicino.
“Domani...la
fornace sarà pronta, Kaname me lo ha
confermato...” Piangeva a dirotto, stringendosi nella camicia
da notte.
“Lo
fermerò, fosse l’ultima cosa al
mondo...” Si disse Yuki
rimandando alla mente i momenti felici della sua infanzia, quegli
attimi privi
di dolore e di follia.
“Domani
all’alba partiremo, so dove il Re attende silenzioso
il ritorno della regina che lo tradì...”
Sussurrò piano.
“E se
fosse una trappola, se volesse solamente ucciderti? Non
ci hai pensato, Yuki?”
“Se
anche fosse così, andrei lo stesso...non dovresti
seguirmi...sai?” Disse con gli occhi lucidi.
Ma Zero la
zittì con un bacio.
La ragazza
rispose a quel dolce ritrovarsi con foga, per un
attimo il cuore le sembrò stranamente pesante, mentre le
pulsava nel petto, per
quell’attimo che le parve eterno si sentì come
doveva essersi sentita Rose la
sua ultima notte con Kaname. Percorse con le labbra il collo candido di
Zero,
lasciando scie umide con la piccola lingua. Era assetata di lui, del
suo
sangue, del suo inebriante odore.
Lo morse, come
ormai era sua abitudine e sua gioia, bevve i
suoi sentimenti con avidità, penetrando la carne con i
canini, odiando con i
pensieri la loro razza maledetta.
Zero la
sdraiò sul materasso, le baciò la fronte, il
mento
liscio, dove un rivolo di sangue colava giù dalle labbra
rosse, le sfilò la
camicia da notte a forza di carezze e di piccoli morsi, su quella pelle
che poi
leccava piano. Si fece strada tra il suo seno ora più
rotondo, più pieno, e poi
su quel ventre che lei si coprì con le mani per poi prendere
il viso del ragazzo
tra le mani e portarlo verso il suo, rosso di desiderio.
Lo
spogliò frenetica, abbassandogli i pantaloni di quella
tuta di fortuna con la quale avrebbe dormito, lo cercò
velocemente, guidandolo
verso di sé, allargando un poco le gambe per avvinghiarle
alla schiena di lui.
“Ti
amo Zero...” Ansimò mentre si spingeva contro il
ragazzo
unendosi al suo corpo, le mani strette al bacino di lui, che la
guardò stupito
e appagato per il calore che lo avvolse.
“Yuki...”La
richiamò piano, con un sussurro all’orecchio,
mentre i suoi movimenti si facevano man mano più sostenuti.
Si chiese
cos’era, quel suo cercarlo disperatamente, quel suo
averlo fatto suo senza neanche spogliarlo completamente, come era
solita
fare...Aveva realmente così paura?
Con
l’aiuto di quelle mani esili, tremanti di piacere
lasciò
cadere la maglia a terra, i pantaloni gli scivolarono al di sotto delle
ginocchia, ma li ignorò completamente, quando la lingua di
lei trovò il suo
petto, il suo collo, la sua bocca.
“Mordimi
ora...” Sospirò, mentre con il bacino lo invitava
a
muoversi, ad amarla con più ardore.
Zero
eseguì quell’ordine, e il sangue di lei gli
fluì in bocca
caldo, buono, come le sensazioni che stavano provando i loro corpi
allacciati
Mostri e umani
allo stesso tempo, mentre quei due diversi
piaceri si mischiavano ed esplodevano in sospiri.
Yuki
inarcò la schiena e ricadde sulle lenzuola come un filo
d’erba appesantito dalla rugiada.
Un sorriso dolce
ondeggiava sul suo viso rosso di piacere,
mentre le sue dita si appropriavano dei capelli argentei di Zero, che
umidi di
sudore gli sporcavano la fronte come fili luminosi.
“Ti
amo...” Le disse accoccolandosi sul suo petto. Lei
annuì,
con quel sorriso ancora sul volto rilassato, un sorriso gentile, quasi
materno
su quel corpo ormai di donna.
Il ragazzo si
addormentò così, tra le braccia
dell’unica
donna che avrebbe mai potuto amare, amica d’infanzia, amore
illecito durante l’adolescenza,
unico desiderio di ogni notte oscura, passata a tormentarsi nella sua
stanza,
unica salvezza.
Quando si
svegliò Yuki non c’era più, al suo
posto un
lenzuolo stropicciato, l’odore del loro amore consumato.
La paura gli
attanagliò lo stomaco, rivisse mentalmente gli
ultimi momenti, il loro prendersi disperatamente, quel sonno agitato,
le mani
di lei che lo sfioravano durante la notte appena passata.
Avrebbe dovuto
immaginarlo, Yuki non avrebbe mai permesso al
fratello di ferirlo. Era andata da sola, testarda come era sempre
stata,
preferiva esser l’unica a morire, piuttosto che veder perire
anche lui.
“Stupida,
dannatissima Yuki” Imprecò, le lacrime agli occhi.
Cercò
di immaginare quale fosse il luogo dove Kaname la
attendeva silenzioso e letale, ma non gli venne a mente niente, se non
le
parole della ragazza la sera precedente.
“So
dove il Re attende silenzioso il ritorno della regina che
lo tradì...” Ripeté piano,
più volte come una filastrocca impazzita.
“La
villa dei Kuran, il palazzo del Re...” Mormorò.
Si
infilò gli abiti, carico la Bloody
Rose e corse fuori dall’albergo in un istante.
La villa era
bella come sempre, ma sembrava più antica, quasi
sola, con quel giardino dall’erba troppo cresciuta, e i
cespugli incolti. Yuki
oltrepassò la soglia di quella che un tempo aveva chiamato
casa, e condiviso
anni prima con i suoi veri genitori, e poi con quel fratello che aveva
vissuto
silenziosamente come un amante.
Gli stivali
zuppi di pioggia risuonarono sul pavimento di
marmo, lasciarono impronte umide che si mischiarono alla polvere.
In pochi mesi
quel luogo sembrava come morto, ammuffito,
senza le loro presenze a riempirlo.
Il Re la
attendeva, seduto sul suo trono, nella stanza più
remota del palazzo.
Scese ai piani
inferiori, per entrare in quella che da sempre
era stata la stanza dei ricordi dolorosi, le quattro mura che
contenevano il
sarcofago dove per secoli aveva riposato il capostipite dei Kuran, in
attesa
del risveglio.
Aprì
l’enorme porta di legno scuro, che cigolò sotto le
sue
dita esili.
Artemis sembrava
farsi più pesante ad ogni suo passo, come
una condanna letale appesa alla sua gamba.
Si fece forza,
stringendosi il ventre con una mano, poi
entrò.
Bello e
terrificante come un dio vendicativo. Sedeva sul
coperchio di quello che era stato il suo giaciglio di pietra per forse
un
millennio o più, il Re impazzito.
Le sorrise, e i
canini spuntarono oltre le labbra disegnate e
perfette. Era pallido, la pelle del volto le parve antica, polverosa
come
quella stanza.
I capelli gli
cadevano sugli occhi cremisi in rivoli di seta
disordinati.
“Fratello”
Lo salutò lei, chiudendo la porta alle sue spalle.
Lui la
fissò in silenzio, un sorriso triste, il suo, sorriso
triste a dipingere una maschera di dolore sul bel volto.
“Ti
ordino di interrompere questa follia...” Mormorò
avanzando verso di lui.
Ma Kaname non
rispose, si limitò a sfiorare con le dita
affusolate il coperchio della bara di pietra, con malinconia nostalgica.
“Rido,
non avrebbe mai dovuto svegliarmi dal mio
sonno...un’eternità
di buio mi avrebbe protetto da tanto dolore...”
Annunciò serio.
“Tu...puoi
essere felice...anche senza di me” Gli spiegò
Yuki.
“E
come?” Chiese innocentemente lui, alzando lo sguardo,
l’espressione
perplessa e stupita, alla ragazza ricordò un bambino
sinceramente curioso.
“Tante
persone ti amano, e ti hanno amato...io stessa ti amo
come un fratello...Ruka, Hanabusa...ti amano e morirebbero per
te...ferma
questa follia” Quasi gridò, la voce ora rotta dal
pianto.
“Oh,
Ruka...l’ho usata, quando era una ragazza sai?
Perché non
potevo avere il tuo
sangue...”
Bisbigliò duramente.
“E
anche dopo, quando avresti potuto essere mia, quando avevi
giurato che non mi avresti mai abbandonato...dopo che in silenzio per
mesi, ho
fatto finta di non vedere le ferite che l’altro infliggeva
sul tuo bel collo,
neanche allora sei stata mia...” Continuò
addolorato.
“Che
senso ha...adesso...vivere? Rose, tu capiresti?”
Domandò
fissando l’arma di Yuki.
“Rose...non
vorreb...” La ragazza fu interrotta dallo sguardo
truce di lui.
“Dov’è?”
Domandò.
La ragazza
tremò, nel ricordare il volto di Zero, il bacio
che gli aveva dato a fior di labbra per non svegliarlo mentre con una
carezza
da vampiro permetteva alla sua mente di riposare quelle ore in
più che le
avrebbero dato il tempo di fuggire senza di lui.
“Sono
venuta da sola...” Disse titubante.
“Oh
no...non sei da sola, mia dolce Yuki” Pronunciò
quelle
parole con un tono che alla ragazza parve stranamente gentile.
“Dimmi...Dove
credi che sia, il padre del bambino che porti
in grembo?” Sentenziò a voce altissima.
Il
suo segreto più
dolce e forse il più imperdonabile, svelato
duramente, come la più grave delle colpe.
Yuki pianse,
poggiando le mani su quel piccolo ventre di
giorno in giorno sempre più rotondo.
Angolino
dell’autore folle:
Siii un piccolo
Zerino!! Come reagirà Kaname, cosa accadrà?
Dov’è
finito Zero, il neopapà? Ahaha Kaien adorerebbe un nipotino!
Il
prossimo probabilmente sarà il capitolo finale...Spero
che questa
storia vi sia piaciuta, e che non vi abbia annoiato con
l’andar del tempo,
spero anche che il finale che verrà non vi deluda e che un
minimo vi trasmetta
una qualche emozione di ogni genere J
Aspetto ansiosa
i vostri commenti.
Un bacio a tutti
voi!
Allyn,
emozionata per il finale che dovrà scrivere e che ha
già in testa
|
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Capitolo 17 *** Capitolo finale - L'imperdonabile Sacrificio ***
CAPITOLO
FINALE
Capitolo
16
L’imperdonabile
Sacrificio
Mi portai le
mani al grembo, su quella pancia quasi
accennata, dolcemente rotonda. La sfiorai con le dita, attraverso il
tessuto
leggero del vestito, quasi volendo carezzare quel suo nascosto mistero.
Il mio segreto
più dolce, più imperdonabile, svelato dalle
sue labbra come una sentenza, come una condanna.
Guardai lacrime
bagnare il pavimento, una dopo l’altra,
scivolare copiose sul mio viso per poi cadere, gocce sorde sul marmo
freddo.
Alzai lo sguardo per incontrare gli occhi cremisi di Kaname ora
incerti, ora
lontani, lo fissai senza riuscire a decifrare alcuna emozione in quel
rosso
tanto familiare.
Ma oltre agli
occhi del fratello c’erano altri occhi, a fissarmi,
altre orecchie, testimoni di quel fardello nel mio grembo.
Zero mi
raggiunse a grandi passi, le iridi viola corrotte
dalle lacrime, il respiro corto, di chi ha corso senza tregua.
“Non
osare torcerle un capello, Kuran!” Gridò
sfoderando la
Bloody Rose.
Gli uomini della
mia vita, Kaname, il mio inizio, Zero il mio
presente.
Tutti e tre i
pezzi più importanti riuniti sulla scacchiera,
eppure guardandoci non avrei saputo dire chi fosse bianco e chi nero...
Se solo avessi
potuto, li avrei voluti avere entrambi
presenti nella mia esistenza, tasselli indispensabili di questo caotico
mosaico
di eventi e di speranze, però sapevo, o forse avevo sempre
saputo, in cuor mio
che questo sogno non sarebbe mai stato possibile da realizzare.
Mi avvicinai
cauta all’arma di Zero e la abbassai piano,
deviandone la mira verso il pavimento, allontanando quella traiettoria
mortale
dal cuore di Kaname.
“Rose...tu,
non mi faresti mai del male...” Sussurrò il
purosangue mettendosi in piedi e avanzando di un passo verso
l’arma.
“Non
avvicinarti, mostro!”Gridò l’altro
arretrando per
coprirmi con il suo corpo.
“Proteggi
lei, o quello che giorno dopo giorno sta crescendo
nel suo corpo?” Domandò il moro, l’aria
incuriosita.
Mi portai
nuovamente le mani al ventre, carezzando piano,
quasi volendo rassicurare quel piccolo ignoto ascoltatore.
Zero
fissò intensamente il suo interlocutore, poi me, infine
le mie dita, premute dolcemente sulla stoffa del vestito.
Realizzò,
l’informazione che prima aveva solo recepito e
subito accantonato per la foga di proteggermi.
“Non
lo sapevi?” Kaname sorrise senza sembrare allegro
“Yuki...”
La voce di Zero si fece instabile, la presa
sull’arma si fece più debole e quasi temetti che
svenisse da un momento
all’altro.
“Perché
non me l’hai detto?” Chiese.
“Non
volevo farti cadere in ansia...” Mormorai colpevole.
“E se
fossero gemelli?” Domandò serio il purosangue.
“Un
po’ vampiri, un po’ Hunter, si succhierebbero a
vicenda
la vita...come due mostri, come i mostri che siamo, come i mostri che
sono i
cacciatori..” Sembrava assorto mentre queste parole fluivano
rapide dalla sua
voce.
“Se
saranno gemelli, li amerò entrambi, e li terrò
lontani da
questo mondo folle, da questa maledizione di sangue e di
armi!” Gridai,
stringendomi le braccia attorno al corpo.
In quella stanza
fredda mi sentii gelare ancor di più, un
pensiero orrendo mi invase la mente.
“C’è
una speranza Kaname, c’è la possibilità
di poter viver
felici, lontani dall’orrore...” Quel bambino, o
quei bambini dentro di me ne
sarebbero stata la prova, tenendo il segreto avevo covato per tempo
l’idea che
quella vita nuova, nata dall’amore tra me e Zero sarebbe
stata la prova
definitiva di una speranza di felicità e di
normalità, un qualcosa che i mostri
come noi, che i vampiri non conoscevano.
“Non
essere ingenua Yuki...” Aveva il tono di voce antico,
lontano,
lo stesso che avevo udito nelle memoria frammentate che avevo vissuto
in quell’ormai
lontano sogno.
Zero che fino a
quel momento era rimasto immobile fu scosso
da un brivido, aumentò nuovamente la stretta sulla sua
pistola e parlò
lentamente, quasi ogni parola gli costasse un immenso dolore.
“Lui...ha
ragione, Yuki...”
Spalancai gli
occhi terrorizzata, Zero non credeva nel sogno
di felicità che io, come Kaien condividevo da anni? Zero non
voleva questo
bambino?
“Noi
Hunter, così come i vampiri, siamo esseri assetati di
potere e di forza, quei bambini, semmai fossero gemelli, cercherebbero
di
annientarsi nel tuo grembo, proprio come orrende bestie in lotta per il
territorio e per il sostentamento...Yuki, io...tu lo
sai...Ichiru...” La voce
gli venne meno, e il viola dei suoi occhi lampeggiò verso il
mio ventre
rotondo.
“Bestie?”
Balbettai inorridita.
“Loro,
lui, qualunque cosa ci sia qua dentro, è nostra, nata
dal nostro...amore...” Arrossì di rabbia e di
vergogna mentre pian piano l’istinto
di protezione materna si impadroniva dei miei sensi.
Come poteva Zero
non capire?
“Yuki...Noi
non siamo come gli esseri umani... Noi non siamo
normali, non siamo umani...noi non possiamo viver queste
gioie...” Era triste,
mentre pronunciava queste semplici parole. Fecero male come coltellate,
come
pugni dritti allo stomaco.
Noi non siamo
umani.
Nel suo sguardo
ametista e in quello porpora di Kaname rividi
tutto l’orrore della nostra specie, rivissi il dolore sordo
dei loro denti
affilati sulla pelle, la sete che chiamava, la gola, il palato ardere,
bramare,
desiderare il più lascivo dei piaceri, il sangue
dell’altro.
Ricordai quel
volere, quel possedere quasi animale, bestiale,
quella viscerale voglia di dissanguare l’altro di nutrirsi di
lui tanto è l’amore
che si prova.
Rividi il mio
riflesso di vampira allo specchio dopo il
risveglio, quel sentirsi diversa, sbagliata, le zanne appuntite formare
un
sorriso mostruoso, un sorriso folle, affamato di sangue.
No...avevano
ragione...forse, Kaname, dopotutto aveva
semplicemente scelto la strada più facile, quella indolore,
la morte, il
sacrificio, perché gli Hunter forgiassero armi
più potenti in grado di
debellare il mondo dall’infida razza dei vampiri.
Piansi
inginocchiandomi a terra, le mani tra i capelli, sul
viso, poi di nuovo al ventre.
Perché,
perché non siamo umani, perché i miei bambini, il
mio
bambino, non avrebbero mai potuto vivere una vita felice e normale?
Perché l’ossessione
del sangue sarà sempre qui a tormentarci?
Alla mente mi
arrivarono le immagini vivide di quel giorno a
casa di Yagari, le lacrime amare di Zero, quel pianto antico, testimone
della
nostra condanna, testimone del desiderio irrealizzabile di tornare ad
essere
umani, fragili eppure così leggeri, così liberi
dall’ossessione, dalla
maledizione di quel liquido porpora.
“Yuki...non
fare così ti prego...” Zero si
inginocchiò al mio
fianco cercando di staccarmi dal freddo pavimento di quella dimora.
Ma il corpo non
reagiva, le braccia e le gambe non avevano la
forza di muoversi.
Cosa sarebbe
cambiato?
Cosa? I miei
bambini si sarebbero succhiati la vita a vicenda
nel mio grembo, sarebbero nati già dannati, già
schiavi del sangue, e sarebbero
vissuti, forse solo uno di loro, per l’eternità,
infelici, come me, come Zero,
come Kaname, le ferite sul nostro collo perenni testimoni di un amore
malato,
innaturale.
“Yuki...”
La voce di Kaname si fece dolce.
Un bagliore
fioco rischiarò la stanza e proiettò ombre
danzanti sulle pareti.
Una sorta di
falò aveva preso vita all’interno della bara di
pietra, la fornace era pronta.
Per un istante
pensai che dopotutto la scelta di Kaname fosse
più che rispettabile, gettare il proprio cuore tra le fiamme
ardenti, creare un’arma
in grado di distruggere, porre fine alle sofferenze di questa vita
invivibile,
ma poi ricordai l’amore, ricordai le emozioni, i sentimenti,
rividi il volto di
quell’antica donna, rividi il suo, anche al centro
dell’inferno avrebbe potuto
ritagliarsi un po’ di felicità, e così
anche noi, anche Zero, avremmo provato a
sopravvivere in questo modo malato, mostruoso, grazie ai sentimenti,
grazie a
quel poco che di umano ci rimaneva.
“No...fratello...Rose,
non avrebbe voluto” Mi alzai in piedi,
le gambe avrebbero retto, le braccia l’avrebbero raggiunto,
l’avrebbero
fermato.
“Noi
dobbiamo amare, dobbiamo provarci... Ci salverà
dall’oblio,
ci salverà dall’orrore della nostra
natura...” Continuai.
Ma Kaname si
avvicinò a me senza parlare, Zero lo raggiunse
rapido come una saetta, la Bloody Rose carica.
Sentii il
metallo della pistola impattare contro la pelle
marmorea di mio fratello.
“Non
toccarla...” Zero fissava immobile il suo nemico.
“Non
ti permetterò di trascinarla con te tra le fiamme...solo
per vendet..” Ma io lo zittii con un dito.
Guardai prima i
suoi occhi viola, poi quelli cremisi di
Kaname.
“Ricordi
mamma e papà, ricordi Haruka e Juuri, loro ti
amavano, ci amavano e si amavano...ed erano felici...ricordi i loro
volti...c’è
speranza” Sussurrai quasi a me stessa, prendendo coraggio,
sperando per quei
bambini o per quel bambino nella mia pancia.
“Si,
Yuki...c’è speranza...” Sorrise
tristemente, con quell’espressione
antica, indecifrabile che avevo visto sempre sul suo volto fin da
bambina.
“Mente...”Sibilò
Zero, impugnando ancor più stretta l’arma.
“Oh
Rose...ti sento adesso...” Kaname chiuse gli occhi e un
rivolo di sangue scese dalla sua fronte macchiandogli il volto diafano.
Gridai di
orrore, quando una piccola crepa sottile infranse
il suo viso in modo impercettibile.
Dall’arma
di Zero uscirono rovi simili a quelli delle rose,
lunghi e scuri come braccia legnose, avvolsero il corpo del purosangue
in un
abbraccio gentile, senza dolore nonostante le numerose spine.
“Si,
lo so, è la scelta giusta...”Mormorò
Kaname carezzando
uno dei rovi.
“Lascia
quest’arma Zero...lascia che trovi pace...” Parlava
ad occhi chiusi, assorto e lontano.
Non capii
inizialmente cosa stesse facendo, non compresi,
finché non sentii Artemis scivolare via dalla sua custodia
come viva e cadere a
terra.
“Zero
lasciala...” Aiutai la mano tesa del vampiro a lasciare
la pistola, che si dissolse piano unendosi ad Artemis, fino a prendere
l’evanescente
forma di una donna sottile vestita di rovi e di stracci vaporosi.
“Non
credevo, ci fossi ancora...Sei venuta a prendermi...”
Dagli occhi chiusi di Kaname sgorgarono lacrime di sangue e sale.
Non si sarebbe
gettato nella fornace, no, aveva in mente
altro e io non sarei mai riuscita a fermarlo.
Sentii le forze
mancarmi, mentre la donna baciava le labbra
socchiuse del vampiro purosangue.
“A
presto, Rose...” La crepa sulla sua fronte si
propagò, ed
altre molto piccole andarono a incrinare le dita, il dorso delle mani,
il
collo.
“Fratello...”Balbettai
stringendolo a me, il volto bagnato
dalle lacrime.
Zero non capiva,
non sapeva, non conosceva quell’espressione
colma d’amore, quel sacrificio che molto anni prima aveva
compiuto Juuri Kuran
per me, e che ora si stava ripetendo.
“Questo
è per te...questo è per loro...per non provare
più
dolore...per non esser più mostri...Sii felice mia dolce
Yuki, e tu, Kyriu,
prenditi cura di loro...” Sussurrò prima di
baciarmi la fronte e diventare
cenere e Sangue.
Sentii le forze
mancarmi, sentii l’eco sordo del corpo di
Zero che cadeva a terra come morto, prima di chiudere gli occhi, la
vidi, la
figura evanescente di Rose raccogliere la cenere brillante di quello
che fino a
pochi secondi prima era stato Kaname Kuran. La vidi sorridere soffiando
sulla
cenere, sino a che questa non divenne una nuvola inconsistente e pian
piano la
sagoma allampanata di un uomo, che con la sua mano strinse dolcemente
quella di
Rose, solo allora decisi di abbandonarmi
all’oscurità, un sorriso triste e
riconoscente sulle labbra.
Epilogo
“Kaname,
Rose! Tornate qui!” Una giovane donna, forse troppo
giovane per essere madre, corse a perdifiato sulla collina, i lunghi
capelli
ebano mossi dal vento estivo, la pelle chiara baciata dal sole
accecante ormai
alto nel cielo azzurro.
Era bella,
eppure il suo sguardo color cioccolato nascondeva
una tristezza antica, o meglio una consapevolezza troppo adulta per
quei
lineamenti sottili, dolci di un’adolescenza finita da poco.
La donna
raggiunse i due bambini, li guardò entrambi
severamente, infine li abbracciò chinandosi alla loro
altezza, e scompigliando
loro i capelli scuri, annegando nei loro occhi viola, così
simili a quelli del
padre.
“Non
dovete allontanarvi così tanto...o potrei perdervi, e
voi siete la cosa più cara che ho al mondo”
Sorrise baciando la fronte a
entrambi.
“Scusaci
Mamma...” Borbottarono ricambiando l’abbraccio con
vigore, sporgendo le loro manine per stringere il corpo esile della
giovane.
Zero li
osservò da lontano, con dolcezza, quella dolcezza
libera e spensierata che non aveva mai pensato di poter provare nella
sua vita,
gli occhi viola persi nel contemplare quella ragazza ormai donna, e
quei due
bambini, i suoi bambini. Gemelli eterozigoti, maschio e femmina,
entrambi vivi,
entrambi sani, entrambi liberi.
“Yuki...”Mormorò
raggiungendoli.
Lei
ricambiò lo sguardo e tenendo per mani i due piccoli
fuggitivi lo raggiunse.
“Mi
sei mancata...” Sorrise lui baciandole le labbra con
gentilezza, per poi posarsi sul suo collo candido, liberandolo con le
dita
affusolate dai lunghi capelli scuri, lì su quella pelle
integra posò prima un
bacio umido, leggero. Yuki sospirò piano, quasi avesse
atteso quel gesto per
tutto il giorno, poi un morso piccolo, delicato la fece sussultare di
sorpresa,
sorrise ancora, quando i denti di Zero lasciarono la sua pelle, priva
di segni,
priva di ferite, ancora intatta, umana.
Guardò
il sorriso privo di canini del giovane marito
illuminargli il volto, i capelli argentei risplendere sotto quel sole
accecante,
i due bambini aggrappati alle loro gambe.
Liberi, felici,
umani...grazie al suo imperdonabile sacrificio.
"Ti
amo..." Sussurrò Yuki, annegando nel suo sguardo rivivendo
per un attimo quel loro passato antico, maledetto, eppure adesso quasi
evanescente come un brutto incubo.
"Anche
io..."Rispose lui, poggiando la fronte su quella della compagna,
consapevole di stringere a sè il suo amore più
imperdonabile, la sua follia più incredibile, il suo inizio,
la sua salvezza, ora sua...
Si sarebbero
amati per il resto dei loro giorni, giorni
limpidi, lontani dall’ossessione del sangue, fatti di vita,
di sudore, di un
amore che di mostruoso non avrebbe avuto più nulla, giorni
in cui Zero avrebbe
preso Yuki con dolcezza e con passione sulle loro lenzuola, giorni in
cui si
sarebbero addormentati insieme, senza il desiderio di mordersi, senza
macchie
sulla pelle, nell’anima, giorni, ore a guardare i loro
bambini crescere
felici...
Liberi, felici,
umani
“Grazie...”
Pensarono guardandosi negli occhi prima di
tornare a casa.
Fine.
Note
dell’autore.
Ed eccoci
giunti alla conclusione...piange come una bambina...spero che questa
storia vi
abbia lasciato qualcosa, come ha fatto con me, scriverla è
stato un piacere, un
piccolo viaggio dolce e malinconico, forse un po’ triste nel
finale... Spero sarete
presenti in altre mie Fic, e spero che questo finale non vi abbia
deluso,
scusate se in ritardo clamoroso.
Un bacio
enorme.
Ancora nella
speranza che vi sia piaciuto
Allyn.
Alla
prossima (piange ancora)
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