Life is automatic.

di GasPanic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stand by me- ***
Capitolo 2: *** Goodbye, I'm going home. ***
Capitolo 3: *** Slide away- ***
Capitolo 4: *** Going Nowhere ***
Capitolo 5: *** Songbird ***
Capitolo 6: *** Don't go away ***
Capitolo 7: *** Give me your autograph! ***
Capitolo 8: *** 'Cause I just wanna fly ***
Capitolo 9: *** Acquiesce; ***
Capitolo 10: *** Rock n'roll star. ***
Capitolo 11: *** Let me be the one that shines with you. ***



Capitolo 1
*** Stand by me- ***


27.06.1990

 

“Prossima fermata: Manchester” annunciò la voce metallica dell'altoparlante del treno. Io guardavo fuori dal finestrino, con lo sguardo perso. Vedevo il paesaggio che scorreva sotto i miei occhi, come il fiume dei ricordi della vita che mi lasciavo alle spalle. Guardai mio padre, che cercava disperatamente di far entrare un paio di libri in un borsone già palesemente pieno. Alcuni dei passeggeri si erano già alzati in piedi, pronti a balzare giù dal treno non appena si fosse fermato; altri ancora si allacciavano i giubbotti, o cercavano gli ombrelli. Già, perché nonostante fosse giugno inoltrato a Manchester pioveva. Perché in Inghilterra pioveva sempre, ed incessantemente.Sbuffai, tirando su la zip del mio patetico giubbotto. Mi mancava casa mia, mi mancavano i miei amici e mi mancava l'Italia. Almeno lì a giugno faceva bel tempo.
“Serve aiuto?” chiesi a mio padre, che tentava inutilmente di sollevare tre borsoni più grandi di lui.
“Un aiuto sarebbe gradito” mugugnò lui, non notando (o fingendo di non notare) l'impazienza sul mio viso. Ci facemmo strada a fatica per lo stretto corridoio del treno, e quando questo si fu fermato balzammo giù, come tutti gli altri anonimi passeggeri. O meglio, rotolammo giù, visto il carico che portavamo. Mio padre trasse un profondo respiro, con un sorriso a trentadue denti dipinto in faccia. Potevi vedere l'ottimismo nei suoi occhi, cosa che ovviamente a me mancava. “Ah, Manchester. Casa.” Mi guardai intorno. La stazione era piena di gente di tutti i tipi, dai ricchi signori d'affari ai barboni più trasandati che mai. Noi due ce ne stavamo là in mezzo, sotto ai nostri ombrelli, con i borsoni che si bagnavano sotto la pioggia essendo troppo grandi. “Papà, stai parlando come E.T. Muoviamoci, non vedo l'ora di stendermi a letto” biascicai. Il sorriso di mio padre si spense all'improvviso. “Mai una volta che ti accontenti di qualcosa, eh?” disse contrariato. Per tutta risposta alzai le spalle: sapevo perfettamente che aveva ragione.

“E'...questa?” mormorai fissando la casa malandata che mi si stagliava davanti. “Beh, con qualche lavoro qua e là non sarà poi così male” replicò mio padre, poco convinto. Il mio enorme borsone cadde sul selciato con un rumore sordo, non mi degnai nemmeno di raccoglierlo. Ero troppo impegnata a immaginare quella casa senza tutta quell'edera, e con un giardino un po' più decente. Non è chiedere tanto, no? “Non mi piace” aggiunsi dopo qualche minuto di silenziosa contemplazione. “Già, l'avevo capito, e chissà perché la cosa non mi stupisce”sogghignò mio padre, avanzando verso il vialetto invaso dalle erbacce. Estrasse la chiave dalla tasca e fece scattare la serratura. La porta si aprì cigolando, come nei film horror. Ma questo non era un film horror. Oppure sì? Mio malgrado, era tutto tristemente reale. La casa, la pioggia, Manchester. Ci mancava solo che i miei dischi si fossero rovinati.
La casa puzzava di chiuso. Mossi qualche passo nella penombra, mio padre doveva essere andato a cercare gli interruttori della luce.
Mi chiamo Maggie. Già, strano per un'italiana. Il fatto è che sia io, che mio padre ancor prima di me, siamo inglesi nati e cresciuti in Italia. Mia madre era italiana, quindi lo sono solo a metà. Ma dopo la sua tragica scomparsa tutto è cambiato. Fino a che, per un motivo e per l'altro, non ci siamo ritrovati a dover migrare nuovamente nella madrepatria, nella quale non avevo ancora messo piede (e francamente nemmeno ci tenevo). Ed eccoci qui, a Manchester, in un quartiere tutt'altro che ricco, Burnage. Era l'unica casa che eravamo riusciti a trovare a un prezzo ragionevole.
Scossi la testa, scacciando quei pensieri sgradevoli, e tornai ad aiutare mio padre, un po' più di buonumore stavolta.

Passarono i mesi. E io, avendo ancora diciassette anni, ai primi di settembre cominciai a frequentare la scuola superiore del quartiere. Non potevo chiedere di peggio. E' sempre orribile essere l'ultima arrivata, quella nuova. C'era poi la gravante della mia...Chiamiamola italianità. E io che come un'illusa mi illudevo di poter essere accettata. Mi sentivo sempre più sola. La mia unica compagnia era mio padre, che per giunta era sempre al lavoro. Un giorno però, accadde qualcosa di particolare.
Ero seduta in una panchina nel cortile della scuola, durante l'intervallo, come al solito da sola. Facevo dondolare le gambe avanti e indietro, quasi fossi una bambina di sei anni. Con lo sguardo perso nel vuoto, addentavo il mio sandwich al prosciutto. Ad un tratto vidi un'ombra oblunga stagliarsi su di me. Alzai lo sguardo. Era un ragazzo, all'apparenza poco più piccolo di me. Aveva folte sopracciglia e una zazzera di capelli castani tutti spettinati. Occhi chiari, leggero strabismo, labbra carnose. Un bel tipo, tutto sommato. Rimanemmo a squadrarci a vicenda per qualche secondo, prima che sfoderasse un disarmante sorriso da orecchio a orecchio. “Sei quella italiana?”
Rimasi interdetta per qualche secondo, cercando di indovinare le sue intenzioni. “Sì, sono io. Maggie Adams, piacere” risposi con un impeccabile accento mancuniano, tendendogli la mano. Finalmente qualcuno che si interessava alla mia persona. “Liam. Liam Gallagher.” disse a sua volta, stringendomi la mano.
“Suona molto come Agente 007 il modo in cui l'hai detto” gli feci notare ridendo. Lui scrollò le spalle, disinvolto.
“Maggie non è un nome italiano.” non era una domanda. Suonava proprio come un'affermazione.
“No, infatti. La mia famiglia è inglese, ma sono nata e cresciuta in Italia, sai..” calò il silenzio. Restammo lì impalati a guardare altrove, ognuno in una direzione diversa. Poi pensai bene di rompere il silenzio.
“Liam, giusto? Come mai sei venuto a parlarmi, se non hai niente da dirmi?” Non volevo attaccarlo, ero solo curiosa. Per fortuna lui sembrò capire.
“Ti ho visto lì tutta sola... Non è bello che le ragazze stiano sole. Così ho pensato di tenerti un po' di compagnia, tutto qui.” l'ombra di un sorriso comparve sul suo volto. Era veramente carino.
“Grazie..” fu tutto quello che riuscii a dire prima che suonasse la campanella, un istante dopo.
“Allora, ci si vede in giro” mi salutò lui incamminandosi verso quello che doveva essere il suo gruppetto di amici. “Sicuro!” gli gridai dietro, mentre lo guardavo allontanarsi. Che camminata strana che aveva. Tornando a casa, quel pomeriggio, mentre osservavo le prime foglie autunnali staccarsi dagli alberi e volare via, pensavo a Liam. Non per un motivo preciso, non lo conoscevo neanche così bene da poter dire che mi piaceva. Ma dopotutto, era stato la prima persona a interessarsi davvero a me da quando ero a Manchester. E gliene sarò per sempre grata. 

Hello Madchestahhh. Allora, siccome ero troppo in astinenza da fanfiction, e quelle precedenti (compresa l'altra che ho pubblicato oggi stesso) fanno un tantino defecare, ho deciso di scriverne un'altra di sana pianta. Al momento non mi sembra malaccio, anche se sono le due del mattino e sono poco lucida. (probabilmente tra poche ore mi pentirò amaramente di averla pubblicata). Ok, buona lettura, e vi ricordo che le recensioni sono sempre gradite :D Cheers!

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Capitolo 2
*** Goodbye, I'm going home. ***


Finalmente Ottobre arrivò, portando con se una nuova ondata di freddo e, per quanto mi riguardava, malinconia. Burnage dopotutto era un quartiere così squallido. E ascuola.. Lì andava sempre peggio. Avevo iniziato male, e stavo continuando ad andare male. In tutti i sensi. L'unica via d'uscita era quel ragazzetto smilzo, che portava il nome di Liam Gallagher. Era l'unico che sembrava accorgersi di me, della mia presenza. E in un certo senso, tutto ciò mi impedì di diventare pazza.
Driiiin.
La campanella mise fine a quella noiosissima lezione di storia. Il mio insegnante, il signor Ben, stava giusto borbottando qualcosa sulla guerra di Secessione quando venne interrotto dallo spostarsi frenetico delle sedie degli alunni. Tutt'altro che silenziosamente metà classe aveva già abbandonato l'aula, tra chiacchiere e risatine. Io, come al solito, ero l'ultima.

Maledetto vento, pensai mentre percorrevo il mio solitario tragitto verso casa. Non ero il genere di ragazza che tiene particolarmente ai suoi capelli o al suo abbigliamento, ma quel ventaccio mi dava fottutamente fastidio. Stavo giusto rimuginando su questo e quest'altro, quando per poco non mi venne un colpo. Liam Gallagher mi si piazzò davanti, così inaspettatamente che gli finii addosso.
“GALLAGHER!” ruggii rialzandomi. Quello mi guardò sghignazzando, senza dire una parola.
“Ti sembrano scherzi da fare? Mi hai fatto perdere un paio di anni di vita per lo spavento!” continuai afferrando lo zainetto, caduto anch'esso rovinosamente a terra. “Non volevo spaventarti” disse tra una risata e l'altra. Se fossi stata un maschio l'avrei riempito di botte. Era così irritante.
“Facciamo strada insieme?” chiese, mentre continuava a camminare come un vero e proprio scimmione, le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni della divisa scolastica. “Come vuoi...” risposi poco entusiasta. Mi aveva fatto davvero spaventare. Restando rigorosamente in silenzio, ci incamminammo, tra le foglie gialle che svolazzavano qua e là trasportate dal vento.
“Vivi qui?” chiese lui a un certo punto, accennando a una casupola di mattoni rossi, come tante in quel quartiere. Lo guardai con uno sguardo interrogativo, era serio? “No.. Casa mia è più avanti.” risposi pensierosa calciando un sasso. Doveva aver intuito che qualcosa non andava, a parte il suo pessimo scherzo, perché il suo sguardo si fece più curioso e indagatore. Mi stava letteralmente fissando. “Qualcosa non va?”
“Perché dovrei dirlo a te? Ti conosco a malapena”.
“Beh, è sempre meglio di niente” rispose lui con noncuranza.
Silenzio. “E va bene. Se proprio vuoi saperlo, avrei preferito rimanermene in Italia. Qui- e scusa se te lo dico- fa proprio schifo. Se non piove c'è vento, mai una fottuta giornata di sole! E poi la scuola-” presi fiato per poi riprendere a gettargli addosso tutte le mie lamentele- “La scuola è orribile. Ma che hanno, pensano che io sia un'appestata?”. Il suo viso si rabbuiò per un istante.
“Lo so che fa schifo, mica mi offendo. Mi sono stufato di vivere in questa città. L'unica cosa che mi piace è il fottuto Manchester City, che però perde sempre.” la leggera malinconia sul suo viso venne rimpiazzata nuovamente da quello sguardo spavaldo che contraddistingueva Liam Gallagher.
“A proposito del City, un giorno ti porto a vederlo. Ti va?”
“Fico! Sì, mi piacerebbe.” Risposi con un sorriso, il primo dopo mesi. “Beh, quella è casa mia” annunciai, indicando la mia malandata abitazione.
“Com'è che abitiamo a soli tre fottuti isolati di distanza e non ne sapevo niente?” disse Liam, infilandosi una sigaretta tra le labbra e rovistando nella tasca dei pantaloni in cerca dell'accendino.
“Davvero? Beh, ora lo sai.” gli risposi ridendo, mentre risalivo il vialetto. Giunta sulla soglia di casa mi voltai nuovamente. Non si era mosso di un centimetro. “E' stato un piacere, Liam. Grazie per avermi accompagnata. Ci vediamo lunedì a scuola”.
“Di niente... Ci becchiamo in giro”.
Mi chiusi la porta alle spalle e corsi alla finestra, giusto in tempo per vederlo svoltare l'angolo con la sua camminata da scimmione. Che tipo, pensai sorridendo.

 

Accadde la settimana seguente, all'uscita di scuola.
“Ehi tu, pel di carota”. Ebbi come l'impressione che fosse riferito a me. Feci finta di niente, ci ero abituata. Continuai a camminare, a testa alta, lo sguardo fisso davanti a me.
“Non mi hai stentito, stronzetta?” la voce era quella di un ragazzo. Mi voltai di scatto, cercando di individuare l'ennesimo idiota che si divertiva a prendermi in giro. Un tizio appoggiato al muro, vestito di nero e che fumava una sigaretta. Patetico.
“Dici a me?” gli gridai di rimando.
“Sì, dico a te. Porta quel tuo bel culo da scolaretta qua”. Pronunciò le ultime parole ridacchiando, scambiandosi sguardi d'intesa con i suoi stupidi amichetti. Mi domandai se avessero almeno la licenza elementare.
“Muori”. Bofonchiai dandogli le spalle. Ormai ero abituata a quel genere di persone, Burnage ne era piena.
Improvvisamente sentii una mano che mi afferrava la spalla. Mi si gelò il sangue.
“Non ti permettere di darmi le spalle, brutta sgualdrinella.” gracchiò quell'odiosissima voce di poco prima. Mi liberai velocemente dalla sua presa. “E tu non ti permettere di toccarmi, porco”. Ebbi giusto il tempo di pronunciare quelle parole, prima che successe.
In un milionesimo di secondo, non so come né perché, vidi Liam avventarsi su quel tizio, che era sicuramente più grande di lui.
Lo picchiava. Eccome se lo picchiava. Rimasi pietrificata dal terrore, guardando quei due che se le davano di santa ragione. Ero incapace di intendere e di volere. Me ne stavo lì impalata, con la bocca coperta dalle mani e gli occhi sgranati. Dovevo sembrare parecchio stupida. Ma dopo un periodo di tempo che sembrava interminabile decisi di fare qualcosa.
Liam, no!” fu tutto quello che riuscii a gridare, mentre in un atto di estremo coraggio mi avventavo sui due combattenti cercando di afferrare Liam per la maglietta. Questi era in svantaggio, ma non cessava di dare (e incassare) pugni.
Bastò un momento, uno sguardo, una lacrima. E in men che non si dica, non so come, stavo già trascinando via un Liam furibondo e scalciante dalla rissa.
“Non finisce qui, Hight! Prova di nuovo a toccarla e ti spezzo tutte le ossa, bastardo” lo sentii gridare.
Io camminavo a testa bassa, la vista offuscata dalle lacrime che scendevano a fiotti. Era stato terribile. Avevo davvero temuto che Liam si facesse male. Un uragano di sentimenti si fece strada in me. Provavo paura, dolore, gioia, tristezza, rabbia, amore, odio. Sentivo che stavo per scoppiare, quando realizzai che Liam era ancora lì, silenzioso. Zoppicava dietro di me, aveva bisogno di me.
Mi voltai, noncurante degli occhi gonfi di lacrime. “Liam, io...”
“E' tutto a posto. Tu stai bene?” Fece con una smorfia di dolore.
“Io sto... Liam, cazzo, non farlo mai più” singhiozzai.
“Io pensavo che ti facesse piacere, sai, quello era uno stronzo e...” si grattò la testa, confuso. Aveva un occhio nero e il labbro sanguinante. Eppure sembrava così disinvolto, come se fosse abituato.
“Sì, e te ne sono immensamente grata, ma mi hai fatto spaventare! Cioè... Potevi farti male, ed è tutta colpa mia e..” la mia voce si ruppe in un singhiozzo.
Liam mi cinse le spalle con un braccio. “E' tutto a posto”, mormorò.
“Grazie”. Fu tutto quello che riuscii a dire. Prendemmo la strada di casa, continuando a chiacchierare del più e del meno, ignari del fatto che le nostre disgrazie erano solo agli inizi. 

Salve! Devo dire che in questi giorni l'ispirazione non mi manca. Ho scritto questo capitolo così in fretta e furia, per far capire come si sviluppa il rapporto tra la nostra Maggie e Liam. C'è però da dire che questo è un capitolo di transizione (?), il bello arriverà dopo. Eh, sì, perché deve ancora entrare in scena Noel,sapete. Allora sì che la cosa si farà interessante! Ok smetto di tormentarvi. Recensite, pls :3 Cheers! Spero vi piaccia!

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Capitolo 3
*** Slide away- ***


ESPULSO??” il mio grido ruppe quel silenzio così pesante che si era venuto a creare tra me e Liam.
Erano passati due giorni dall'aggressione. Era un freddo pomeriggio di ottobre, e grandinava. Ce ne stavamo là, sotto il vecchio salice in fondo alla strada a chiacchierare, quando la pioggia ci aveva colto alla sprovvista. Liam mi aveva telefonato quella mattina. “Maggie, ti devo parlare”, aveva detto con voce cupa. Ma torniamo a noi. A quanto pare il preside non aspettava altro se non un passo falso di Liam per espellerlo, e quando gli si presentò l'occasione non poté farne a meno.
Mi strinsi nella mia giacca a vento, preoccupata. Lui alzò le spalle, fingendo noncuranza. Piantai gli occhi nei suoi. “E' tutta colpa mia.”
“Non dire cazzate, Maggie. Quel pezzo di merda ti avrebbe molestata. E' solo colpa sua.”
Mi scostò una ciocca rossiccia dalla fronte umida per la pioggia. “Non preoccuparti per me, me la spasserò come un matto senza compiti e stronzate varie”.
“C-cosa farai?” chiesi con un filo di voce.
“Non farò nulla. Anzi, forse se Peggy mi costringerà andrò a lavorare con Paul. Sai.. mio fratello”.
Silenzio. Come sarei riuscita a sopravvivere a quegli infernali giorni di scuola, sapendo che l'unica persona interessata in qualche modo alla mia vita non era nei paraggi? Mi morsi il labbro. Dovevo essere forte. L'avrei rivisto, dopotutto.

Una cosa era certa: dopo l'episodio di quel venerdì nessuno aveva più osato scocciarmi. Sicuramente sanno che anche se Liam non è a scuola può sempre andarli a trovare a casa loro, pensai trionfante, mentre passavo davanti a casa sua nel pomeriggio, diretta al negozio di dischi.
Casa Gallagher non era, come si suol dire, una casa di lusso. Era ridotta male quasi quanto la mia. Liam mi aveva raccontato che lui, i suoi fratelli e la madre tempo prima avevano dovuto cambiare casa, per sfuggire ai maltrattamenti di suo padre. E questa era la loro attuale abitazione. Mi feci strada lungo il vialetto di calcestruzzo, guardandomi intorno. Mi domandai se ci fosse qualcuno in casa.
Driiin.
Senza neanche rendermene conto avevo suonato il campanello. Fissavo il portoncino, se così si poteva definire, con gli occhi sgranati. Meno di un minuto dopo mi ritrovai faccia a faccia con un ragazzo un po' più grande di me, alto, robusto e con due occhi di ghiaccio.
Mi sorrise. “Cerchi Liam?”
“S-sono Maggie Adams, una sua compagna di scuola e.. tu sei Paul, giusto?” azzardai.
“Indovinato” disse, stringendomi la mano. “Prego, entra. Io nel frattempo vado a chiamarti quel nullafacente di mio fratello”. E in men che non si dica si avviò su per le scale. Mossi qualche passo incerto nell'atrio, decisa a non andare oltre. Stetti lì, in piedi su un tappeto rosso un po' rovinato, a guardarmi intorno.
“Paul, chi era alla p...” una donna irruppe nella stanza, con uno strofinaccio in mano e un grembiule legato intorno alla vita. I suoi capelli, che si stavano via via ingrigendo, erano legati in uno chignon dietro la nuca. Solo qualche ciuffo selvaggio le ricadeva sulla fronte. L'espressione di iniziale stupore alla mia vista si tramutò immediatamente in un sorriso dolce. “Oh.. Ciao cara. Sei un'amica di Liam?”
“Sì, signora. Mi chiamo Maggie. Lei deve essere Peggy, Liam mi ha parlato tanto di lei”. Mi sentii terribilmente in imbarazzo. Ero a casa di un ragazzo, senza essere stata invitata per giunta. Sarei voluta scomparire. Ed invece eccomi là, a conversare amabilmente con la madre di Liam Gallagher.
“Ah, e cosa ti ha detto?” chiese con una nota di curiosità nella voce. Stavo giusto aprendo bocca per risponderle, quando Liam si precipitò giù dalle scale talmente in fretta che rischiò di sbattere contro il muro. Paul lo seguiva, scuotendo la testa e sghignazzando.
“Allora, noi usciamo” annunciò Liam trascinandomi verso la porta.
“Ti voglio a casa alle sette, capito? Altrimenti ti taglio i viveri!” l'urlo di Peggy ci raggiunse mentre varcavamo il basso cancello. Liam non si degnò neanche di risponderle.
“Dove andiamo?” chiese, mentre continuava a camminare con quel passo che io amavo definire 'da scimmione'. “Al negozio di dischi. Voglio vedere se hanno tutti i dischi dei Beatles”.
“Fico. Ti piacciono i Beatles? Io dovrei averne qualc...” ma la frase gli morì in gola. Si fermò di colpo, scrutando nella direzione opposta a casa sua con la fronte aggrottata. Dovetti strattonarlo varie volte per farlo tornare in se.
“C'è qualcosa che non va?” chiesi preoccupata, la mano ancora serrata intorno alla manica di Liam.
“Noel. N-Noel...è tornato dall'America”. 
Lo guardai, confusa. Riuscivo a vedere le stesse emozioni riflesse nel suo viso. Osservavamo in silenzio quella sagoma farsi sempre più vicina, fino a che non riuscimmo a distinguerne ogni particolare. Non sembrava averci notati, camminava a testa bassa, con l'aria pensierosa. Noel non era più alto di Liam, ma neanche molto più basso. Come il fratello, portava i capelli abbastanza spettinati, ma non troppo lunghi. Chitarra in spalla, valigia appresso. Bene, un musicista! C'era qualcosa che mi affascinava in quel ragazzo, già dal primo sguardo.
“Ehi, Ourkid!” gridò Liam, quando il fratello fu abbastanza vicino da poterlo sentire. Il ragazzo parve risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti. Le sue iridi glaciali scorsero il lato opposto della strada, per poi soffermarsi sulle nostre figure in controluce. “Liam?” urlò lui di rimando, con un sorriso a trentadue stampato in faccia. Ora anche Liam sorrideva. E sebbene non stessi capendo assolutamente niente di quella situazione, mi accorsi che anch'io stavo sorridendo, mentre vedevo Liam attraversare precipitosamente la strada per andare ad abbracciare il fratello. “Mi fai male, cazzo!” fece Noel tra una risata e l'altra, cercando di divincolarsi dalla presa del suo fratello minore.
In un batter d'occhio mi decisi ad attraversare la strada. Se non altro, nel profondo speravo che Liam mi avrebbe presentato suo fratello. Come ho già detto, trovavo terribilmente affascinanti i musicisti.
“Lei è Maggie, una mia amica” disse Liam, cingendomi la vita con un braccio. Lo lasciai fare, ero troppo occupata ad arrossire per quella situazione per farci caso. Mi trovo nel bel mezzo di un incontro familiare, perfetto.
“Noel, piacere”. Mi strinse la mano con un sorriso.
“Piacere mio” balbettai, lo sguardo che andava dal suo viso alla sua chitarra. Rimanemmo a fissarci per qualche istante, in silenzio. Lo sguardo di Liam andava da me a Noel, e viceversa. Dopodiché decise che era meglio finirla lì. “Comunque noi stavamo andando da Sifter” disse, traendomi a se.
“Alla prossima, Noel!” feci in tempo a dire, prima che Liam mi trascinasse via, contrariato. Curiosamente, anche Noel, ormai alle nostre spalle aveva la stessa espressione. Mi voltai un'ultima volta, prima di voltare l'angolo. Non so come, ma ebbi l'impressione che il suo sguardo fosse ancora fisso su di noi.
“Si può sapere che ti prende?” chiesi a Liam, che tutto a un tratto si era rabbuiato.
“Non mi piace come ti guarda.” Non potevo crederci. Era geloso. Scoppiai a ridere.
“Eddai Liam, che ti importa? Non ha fatto niente di male. Si è solo presentato. Anche Paul l'ha fatto prima. Sei davvero geloso?” inarcai un sopracciglio.
“Mi da fastidio il suo comportamento da cazzone, tutto qui”, rispose cupo.
“Sta' tranquillo, William. Sei stato il mio primo amico qui a Manchester, e finora sei l'unico.” mormorai. E senza pensarci mi alzai in punta di piedi, il tanto giusto per arrivare a dargli un timido bacio sulla guancia. Al diavolo la timidezza.
Il suo viso si era rasserenato. Sentii la sua mano calda cercare la mia. Uno sguardo d'intesa, le nostre dita che si intrecciavano. E per la prima volta nella mia vita, mi sentivo veramente a casa.



Salve mads! Sono tornata con un terzo capitolo. Ok, vi avevo promesso un capitolo Noelliano (?), ma ho dovuto un po' tagliare perché altrimenti usciva un poema. Che dire... Non mi piace per niente, ma il mio giudizio non conta. La novità è che si stanno innamorando per così dire, o meglio, sono interessati l'uno all'altra. Però. Sì, c'è sempre un però. Anche Noel le interessa, e nei prossimi capitoli vedremo di approfondore quest'aspetto. Aspetto vostri commenti people! :)

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Capitolo 4
*** Going Nowhere ***


Sgranai gli occhi, con il suono martellante della sveglia nelle orecchie. Fissai il soffitto con gli occhi impastati per il sonno, che andavano a soffermarsi su ogni singola stellina fosforescente che vi era attaccata, pur conoscendone a memoria il numero e la bizzarra disposizione. Chiusi gli occhi ancora per qualche minuto, assaporando ogni singolo istante in cui le lenzuola e le coperte del mio letto avvolgevano il mio corpo in un abbraccio dal quale era impossibile sciogliersi. Rivissi gli istanti più significativi del sogno da cui ero appena bruscamente uscita, ma ancora una volta il filo dei miei pensieri fu interrotto dal fastidioso allarme della sveglia. Imprecai sottovoce, tastando con la mano sinistra per trovare quel maledetto aggeggio casinista nel caos del mio comodino. Silenzio.
Un' occhiata rapida ai lampeggianti numeri rossi della sveglia: le sette e mezza.
“Cazzo!” balzai in piedi, i capelli in uno stato penoso. Corsi a lavarmi i denti, infilai la divisa e in un batter di ciglia mi ritrovai a correre a perdifiato verso la fermata dell'autobus. Se c'è una cosa che detesto in questo mondo, quella è arrivare in ritardo. Ero così intenta a correre verso la mia destinazione che non mi accorsi di due cose. La prima, avevo una scarpa slacciata. La seconda, ancora peggiore, era che Noel Gallagher stava guardando fuori dalla finestra proprio mentre passavo lì davanti. E ti pareva che il karma non mi giocasse un colpo basso. Dopotutto, ero ancora la sfigata della scuola. Dunque, in un attimo mi ritrovai faccia a terra, caduta rovinosamente proprio davanti a casa di Liam. Sentii un dolore bruciante al ginocchio, e a fatica mi misi a sedere.
“Ehi, tutto bene?” Noel corse fuori, con uno sguardo preoccupato dipinto sul viso. Sentii le mie guance prendere fuoco, di male in peggio! “S-sì, credo di sì” balbettai timidamente, mentre lui mi tendeva la mano e mi aiutava a rialzarmi. Di sfuggita notai che il mio ginocchio sinistro sanguinava copiosamente, cosa che in qualsiasi altro momento mi avrebbe fatto impazzire, ma ora no. Non ora che ero persa in quegli occhi e in quel sorriso. “Maggie, giusto?”
“Sì... Ciao Noel” mormorai. Mi sentivo così dannatamente stupida. Che mi prendeva? Non era da me sentirmi così in imbarazzo. “Tutto ok? Correvi come una matta”
“Già, ma ormai credo di aver perso l'autobus.” risposi scrollando le spalle. In realtà mi ero rassegnata fin da principio. Insomma, per me era meglio restarsene a casa piuttosto che andare in un posto dove una buona parte delle persone mi detestava.
“E tu che ci fai già in piedi?” azzardai, notando che era vestito di tutto punto, con jeans, maglione e scarpe da tennis. “Sono rimasto sveglio tutta la notte” rispose grattandosi la nuca.
“A fare cosa?” chiesi inarcando un sopracciglio.
“Stavo scrivendo il testo di una canzone” disse lui, serio.
“Ah, fico. E di cosa parla?” Non potevo fare a meno di sommergerlo di domande inopportune. Trovavo quel ragazzo estremamente affascinante, sia per il suo passatempo di musicista (o era un lavoro?), e forse anche per il fatto che in qualche modo, seppur diversissimo, mi ricordava Liam.
“Beh, parla...Credo parli di Manchester.” aggrottò la fronte pensieroso. “Sono appena tornato e già me ne voglio riandare. Sai...ero negli States”, disse fieramente. “A fare il roadie. Per gli Inspiral Carpets”, aggiunse notando la mia espressione perplessa.
“Ma dai? Bello! Mi piacerebbe lavorare nel mondo della musica”, e in realtà non era proprio una falsità. Noel si portò una mano alla bocca per coprire uno sbadiglio, e in quel momento pensai che forse stavo diventando inopportuna.
“Beh, io vado, ti lascio riposare. A presto!” annunciai, girando sui tacchi. Mi stavo già avviando, zoppicante, verso casa mia, quando mi sentii afferrare a un polso e mi bloccai di colpo, rossa in viso, senza voltarmi.
“E' stato un piacere parlare con te.” mi sussurrò all'orecchio. Dovetti metterci tutta la mia buona volontà per rimanere immobile e sussurrare a mia volta un patetico “Anche per me”.
Noel lasciò la presa, e io mi incamminai velocemente. Uno sguardo fugace quando mi trovai a qualche metro di distanza. Mi sorrise, salutandomi con la mano, e io ricambiai, mentre il mio cuore faceva un salto nel mio petto. E pensai che dopotutto non era così stronzo come Liam voleva farmi credere.

“Mangia qualcosa. Si può sapere cos'hai? Sei più musona del solito oggi” mi canzonò mio padre a pranzo, mentre fissavo con aria assente i bocconcini di pollo fritto. “Questo non aiuta” gli risposi con un ghigno stampato in faccia. “E poi non sono musona!”
“Certo”, rispose lui sarcastico. “Hai programmi per stasera?”
“mmmh, no. Perché?”
“Così per curiosità” disse lui mentre addentava un enorme pezzo di pollo. “Devo tornare al lavoro tra mezz'ora, meglio che mi sbrighi.” Si alzò, strisciando rumorosamente la sedia. Mi alzai anch'io, che avevo finito, e cominciai a impilare i piatti sporchi. E passando davanti alla finestra, lo vidi. Liam se ne stava lì davanti a casa mia, con le mani ficcate in tasca, probabilmente a calciare qualche sassolino in attesa che mio padre se ne andasse. Un pensiero mi balenò in mente: la porta sul retro. Senza neanche curarmi dello stato pietoso dei miei capelli, mi precipitai fuori, appena in tempo per far allontanare Liam dalla porta principale. Non volevo che mio padre pensasse male: sapeva com'erano i ragazzi di Burnage, e tendeva a preoccuparsi parecchio.
“Cosa ci fai qui?” gli sussurrai appena mi fu di fronte.
“Nulla, volevo passare un po' di tempo con te” mi rispose fingendo noncuranza.
“Vieni” gli dissi trascinandolo verso la porta sul retro, “papà dovrebbe essere uscito”.
“Non vuoi che mi veda?” chiese serio.
“Non è questo... Non sai com'è mio padre. Impazzirebbe sapendoti qui” dissi, mentre continuavo a sbarazzare la tavola.
Per tutta risposta Liam si buttò sul divano. “Come mai non sei al lavoro?” continuai.
“Me la sono svignata.” rispose ridendo. “Quel fottuto stronzo di mio padre, lui sì che impazzirà” disse con un ghigno ben dipinto in faccia.
“Liam!” lo rimproverai. “Andiamo, non puoi comportarti così, pensa a Peggy” dissi cercando di trattenere una risata.
“Io faccio quello che voglio. Mamma l'ha capito... credo” calò il silenzio per qualche secondo.
“Il fatto è che.. Maggie, preferisco rimanere qui con te piuttosto che andare al lavoro. Lì è una fottuta noia. Insomma, solo quel deficiente di Paul si divertirebbe a scavare buchi!”
Scoppiai a ridere fragorosamente. In effetti aveva ragione, non doveva essere un gran divertimento.
“Mi interessa solo la musica... E' quello che voglio fare” continuò, questa volta serio.
“Vuoi seguire le orme di Noel?”
“E fare il roadie? Non se ne parla. Io diventerò una fottuta star, piccola” disse, con un leggero sorriso 'alla Gallagher' stampato sul viso. Io scoppiai a ridere, nuovamente.
“Beh, ti auguro di riuscirci, rockstar! Ma per adesso, rimani un diciassettenne nella vecchia Manchester”.
“Già” fece lui, scrollando le spalle. “Ma ci riuscirò, te lo prometto” disse avvolgendomi in un abbraccio da dietro.
“Vedremo” dissi sorridendo. Sorridevo, ma mi sentivo in colpa. Perché provavo dei sentimenti forti per Liam, ma al contempo provavo qualcosa anche per Noel. In quel momento ebbi una certezza: non sarei più stata sola come lo ero un tempo. Ed era tutto dovuto ai Gallagher.

Salve. Ho scritto questo capitolo in fretta, e non mi piace per niente. Ma domani tornerò a scuola e spero di poter continuare a scrivere comunque! Vabbé, tutte chiacchiere. Finalmente abbiamo sviluppi anche per quanto riguarde Noel! E questo è l'importante. Recensite se vi va! Cheers :)
P.S: la canzone di cui parla Noel è Going Nowhere

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Capitolo 5
*** Songbird ***


I mesi passarono velocemente. Li vedevo scorrere imperterriti dalla mia finestra, mentre i caldi colori delle foglie autunnali che ricoprivano i marciapiedi lasciarono ben presto spazio alla tipica desolazione invernale. Cielo sempre più grigio, freddo pungente, e naturalmente della neve neanche l'ombra. Sbuffai, tornando ad accovacciarmi nel mio cantuccio sotto la finestra, osservando per un istante l'alone di vapore che il mio respiro aveva lasciato sul vetro. Piantai gli occhi sul libro che tenevo in grembo, le gambe a penzoloni sui braccioli della poltrona. Chissà perché, ma adoravo stare in quella posizione, seppur scomoda.
Non vedevo Noel da due mesi, ormai. Era partito con gli Inspiral Carpets, chissà dove, e non avevo più avuto sue notizie. Non che mi interessi, tentai di autoconvincermi, scuotendo la testa per scacciare il pensiero di Noel che vi aleggiava costantemente. Per quale motivo, poi? Lo conoscevo appena. Probabilmente se l'avessi conosciuto meglio avrebbe perso quell'alone di mistero che tanto mi piaceva, e non l'avrei trovato così attraente. Sì, doveva essere quella la spiegazione più razionale.
Quanto a Liam... Beh, aveva cominciato a lavorare, costruiva staccionate. Improvvisamente l'immagine di un Liam imbronciato e intento a verniciare una staccionata mi balenò nella mente, e non riuscii a trattenere una mezza risata.


Fanculo man, lo faccio a modo mio” si lamentava il ragazzo,
lanciando un'occhiataccia al signor Brown, il suo datore di lavoro.
Poco più in là, Paul, infuriato, lo fulminava con lo sguardo,
affondando con forza la vanga nel terreno.
Fa' come vuoi ragazzo” proseguì il vecchio, burbero.
Ma rivolgiti a me in quel modo un'altra volta e puoi scordarti il lavoro”.
Menomale che il signor Brown non aveva gli occhi dietro la testa.
Se li avesse avuti, il dito medio che Liam gli rivolse gli sarebbe costato l'impiego.

Risi sommessamente, scuotendo ancora una volta la testa per poi tornare a concentrarmi sul mio libro su Cicerone. Sarebbe stata una lunga serata.

“Allora, sei pronta?” la voce di Liam mi raggiunse dal piano di sotto.
“Un attimo!” gridai, dando un ultimo colpo di spazzola alla mia lunga chioma ribelle. Guardai il mio riflesso nello specchio. Una ragazza minuta e un po' pallida, i capelli rossi sciolti sulle spalle, mi restituì lo sguardo. Un filo di matita delineava i miei grandi occhi grigi, ma oltre a questo, non c'era ombra di trucco sul mio viso. Che mi importava dopotutto, stavo andando allo stadio, mica a cena fuori.
Scesi le scale di corsa, avvolta nella sciarpa turchese che Liam mi aveva regalato qualche giorno prima. Udii un fischio di approvazione mentre gli passai accanto in cerca del giubbotto. Lo fulminai con lo sguardo. “Allora andiamo” annunciai spalancando il portoncino.
Fui investita da quell'aria gelida tipica di metà dicembre. Mi prese alla sprovvista, così che mi strinsi ancora di più nel mio piumino, affondando la testa nella soffice sciarpa.
Arrivammo allo stadio, dopo minuti di snervante tragitto in tram, durante i quali Liam non smise un attimo di raccontarmi tutte le peripezie dei giocatori del City, e chi più ne ha più ne metta. Anche Paul avrebbe assistito alla partita: lo avvistammo più in là, sul bus, che chiacchierava ,birra in mano, con un gruppo di amici. Ovviamente l'abbigliamento di quasi tutti i passeggeri consisteva principalmente in due colori, bianco e celeste.

Lo stadio era più grande di quanto mi aspettassi. A un certo punto sentii la mano calda di Liam stringere la mia, ghiacciata. “Attenta a non perderti” sussurrò, le labbra appena incurvate in un sorriso. Prendemmo posto poco lontano dal campo: potevo vedere benissimo i giocatori, che in quel momento stavano entrando in campo, nervosi. “Se perdiamo questa siamo fottuti” commentò Liam, accennando alle dodici sagome azzurre che andavano disperdendosi per il campo.
Il fischio di inizio sovrastò il brusio per un momento. La partita era cominciata.

“Vedi quello? E' Trevor Morley, cazzo” fece Liam indicando un puntino azzurro che sfrecciava dall'altra parte del campo. “E' la sua ultima partita con il City. Quello ha segnato anche contro il fottuto United!” proseguì entusiasta, mentre sul campo un certo Ian Bishop calciava una punizione.
“Dov'è che va?” chiesi addentando un hot dog.
“West Ham” rispose funereo, accompagnando il tutto con una faccia disgustata.
Ed ecco la prima occasione della partita: un gol di testa, del City. Liam mi agguantò un braccio balzando in piedi, così come tutti quelli che ci stavano attorno. Ma fu una falsa speranza: pochi secondi dopo si ritrovò a gridare i peggiori insulti all'arbitro, che aveva annullato il gol.
La stessa scena si ripeté poco meno di un quarto d'ora dopo, con un Liam che si alzava di scatto dimenticandosi delle patatine fritte che teneva sulle ginocchia, che naturalmente finirono rovinosamente a terra. Stesso entusiasmo iniziale, stessi insulti all'arbitro poco dopo.
“E' una vergogna, cazzo!” ribadì sconsolato, gettandosi sul suo seggiolino.
“Vedrai che ci saranno altre occasioni” cercai di rassicurarlo, mentre il Norwich prendeva un pericolosissimo palo che fece mettere le mani nei capelli a molti tifosi del City. Io stessa, senza rendermene conto, trattenni il fiato.
Fine primo tempo.
“Hey Maggie, come ti sembra la tua prima volta allo stadio?” mi chiese un sorridente quanto sconvolto Paul, approfittando della momentanea assenza del mio vicino per sedersi a fare due chiacchiere. “Beh, sicuramente quei gol non erano da annullare!” commentai concitata.
“Certo che non erano da annullare cazzo!” ruggì Liam dal suo angolino, con le mani ancora tra i capelli. Gli rivolsi uno sguardo, alzando un sopracciglio, e tornai a rivolgermi verso il suo fratello maggiore. “E tu da dove spunti fuori?” gli chiesi incuriosita, dato che non l'avevo visto per tutta la partita. Lui mi indicò un punto indefinito qualche fila più indietro.
“Liam, mamma ti ha detto che stanotte torna Noel?” chiese sporgendosi verso il fratello, con un sorriso sardonico stampato in volto. Come previsto, Liam si irrigidì di colpo, spalancando gli occhi.
“Oh, merda” commentò.
“Perché?” non riuscii a trattenermi dal fare quella domanda.
“Cos...Perché cosa?” mi fece eco lui, aggrottando la fronte.
“Hai detto 'oh merda'. Non sei contento di rivedere tuo fratello?” incalzai, con Paul che ridacchiava sommessamente al mio fianco.
“Cazzo, no! Appena scopre che gli ho manomesso la chitarra quello mi ammazza” rispose Liam, cupo.
A questo punto Paul non poté più trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata. “Non hai scampo, Weetabix!” sentenziò alzandosi. “Ci si becca dopo la partita” disse allegramente, con un occhiolino.
Un altro fischio diede inizio al combattutissimo secondo tempo. Maglie azzurre e altre gialle sfrecciavano qua e là. Sentivo i cori dei tifosi alle mie spalle, e le imprecazioni di Liam. L'odore dell'erba fresca, poco distante, e del panino al bacon che il mio vicino addentava avidamente. Freddo, caldo. Ansia, sorpresa, gioia, frustrazione. Un vortice di emozioni mi travolse, e ben presto mi ritrovai a gridare al fianco di Liam, ogni qualvolta un'azione si fosse rivelata promettente; o ancora a trattenere il fiato, quando gli avversari rischiavano di passare in vantaggio. Alzai nervosamente gli occhi sul tabellone.
Manchester City 0-0 Norwich City
All'ottantanovesimo, accadde l'inaspettato. E accadde così velocemente che non ebbi il tempo di realizzarlo. Vidi di sfuggita un giocatore del City che provava a tirare, davanti alla porta. Bloccato dal portiere, che con un salto andò a intercettarlo, dannazione. Ma no, ecco che la palla gli sfugge proprio davanti alla porta e...
GOOOOOOOOOL!” le nostre grida si unirono a quelle di migliaia di tifosi vestiti d'azzurro.
Gettai le braccia al collo di Liam, che quasi piangeva, stringendomi a se. Fu un attimo. Mi prese il viso tra le mani e premette le labbra contro le mie. Ma, -mi stupii di me stessa- non opposi resistenza, come una vocina lontana dentro di me mi imponeva di fare. Al contrario, la soffocai, ricambiando il bacio con altrettanta passione. Portai una mano dietro la sua nuca, quel momento era perfetto e per quanto mi riguardava poteva durare per sempre. Ma anche le cose più belle hanno una fine. Mi staccai, guardandolo negli occhi. Sorridemmo entrambi, consapevoli che quanto avvenuto avrebbe decisamente cambiato le cose tra di noi. “Wow” mormorò Liam, ignorando i fischi di approvazione che si erano sollevati in seguito all'appassionato gesto. Mi sentii avvampare, mentre Paul mi strizzava l'occhio, entusiasta. Non potevo sapere che in quello stesso istante fossi nei pensieri di qualcun altro oltre a Liam.

 

Louise di merda” imprecò il ragazzo calciando una lattina.
Dal lontano Maine Road giungevano le note di Blue Moon, l'inno del City,
cantato a squarciagola da tutti i tifosi.
Il City doveva aver vinto. Almeno una fottuta gioia l'avrebbe avuta.
Aveva litigato con la sua ragazza e stava tornando a casa. Poteva esserci di peggio?
No. Anzi, poteva esserci di meglio. Di colpo l'immagine di quella ragazza minuta,
Maggie, gli balenò nella mente. Sorrise, beffardo. Non avrebbe funzionato.
Non era interessata, lei... Era di Liam, quello bello e affascinante.
Fanculo” mormorò a se stesso prima di entrare in casa.
Uno sguardo più in là, le luci della casa di Maggie erano spente:
probabilmente in quel momento dormiva beata,

ignara di essere un così grande tormento per il secondo dei fratelli Gallagher.



Alloooooora, zalve.  Questo capitolo è stato difficile, molto difficile. L'ho iniziato 6 volte, tutte in modo diverso. Orribili. Però potrei utilizzarle per i prossimi capitoli. Anyway, so che questo è penoso, specie se non vi piace il calcio, ma ho cercato di renderlo abbastanza realistico anche se la scena del bacio sa di già visto, (lo so, sono poco originale ma questa cagatina è il massimo che sono riuscita a fare). Spero che apprezzerete,  comunque. Nel prossimo capitolo spero ci saranno novità. SPERO. LOL. 

Cheers (:

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Capitolo 6
*** Don't go away ***


Peggy spalancò la porta con un caldo sorriso.
“Prego cara, entra” cinguettò, facendosi da parte per lasciarmi passare. Fui travolta da un'ondata di calore che ben contrastava con il gelo che regnava all'esterno.
“Che sbadata, non ti ho nemmeno dato gli auguri”, continuò la donna scuotendo la testa.
“Tranquill..” boccheggiai, ancora scombussolata dal brusco sbalzo di temperatura.
“Beh, felice anno nuovo, Maggie!” fece schioccandomi un affettuoso bacio sulla guancia.
Ricambiai l'augurio con gioia. La osservai: sebbene fosse presto per dirlo, vedevo in quella donna una sorta di figura materna, protettiva; quella che tanto ostinatamente avevo cercato di trovare dal giorno della morte di mia madre.
“Santo cielo, ma stai gelando!” esclamò allarmata, vedendomi rabbrividire. “Vai, il camino è da quella parte. Io vado a controllare il forno”. Si allontanò strizzandomi l'occhio , senza darmi il tempo di replicare in qualche modo. Mi feci coraggio, mentre a grandi passi mi dirigevo verso la porta socchiusa del soggiorno. Forse ero stata un po' troppo tempestiva nell'accettare l'invito a pranzo di Liam per festeggiare il primo dell'anno? Beh, ormai ci sono, pensai mentre con un tocco delicato spinsi la porta, che lentamente, per un momento che mi parve interminabile si aprì cigolando su una piccola stanza illuminata, occupata prevalentemente da una tavola apparecchiata. In un angolo, sprofondato in una poltrona a leggere il giornale, Paul. “Heey, ma guarda chi c'è!”. Un sorriso sincero si allargò sul suo viso non appena mossi i primi passi incerti nella stanza.
“Ciaaao Paul!” lo salutai, abbracciandolo, sollevata di trovare lì lui e non Noel. “Buon anno, Maggie” disse, scompigliandomi affettuosamente i capelli. “Anche a te. Liam?” chiesi esitante, portandomi una ciocca ribelle di capelli ramati dietro l' orecchio.
Il fato volle che proprio in quel momento Liam entrasse nella stanza. “Che succede qui? Gira al largo, Paul” annunciò avanzando con quella sua buffa camminata e scoccando uno sguardo di fuoco al maggiore dei suoi fratelli. Poi, bruscamente mi cinse i fianchi con un braccio, facendomi voltare verso di lui, e premette le sue labbra sulle mie. “Buon anno anche a te, Liam” mormorai staccandomi, con le guance che avvampavano, sia per il calore che per l'imbarazzo. Paul aveva accuratamente distolto lo sguardo, concentrandosi forse un po' troppo morbosamente sulla sua rivista sportiva. Liam sorrise, intrecciando le sue dita con le mie.
“Forza, tutti a tavola!” annunciò allegramente Peggy, facendo il suo trionfale ingresso nella stanza con un grosso tacchino ben dorato tra le mani. Il solo odore fece risvegliare il mio stomaco: stavo morendo di fame.

 

“Pranzo ottimo Peggy, complimenti” dissi allegra mentre mi alzavo dalla tavola per sparecchiare.
“Noo, ma sei matta? Non voglio che sparecchi, sei un'ospite! Sta' seduta ora, arriva il dolce!” mi ammonì la donna, lanciando un'occhiataccia a Liam, che si sfregava avidamente le mani in attesa della torta. Non riuscii a trattenere una risata. “Weetabix, eh?”
“Oh, non ascoltare le stronzate di Paul” mugugnò offeso, mentre Paul dall'altra parte della stanza sghignazzava sotto i baffi. Ma in quel momento il suono del campanello mise fine a quel comico siparietto. “Vado io” sancì Paul, alzandosi di scatto.
Io e Liam rimanemmo lì accoccolati in silenzio, ad ascoltare i passi di Paul che raggiunto l'atrio si affrettavano verso il portoncino. CLACK. Una serratura che scatta, rumore di risate e vociare allegro. Liam si irrigidì di colpo. Un misto di stupore, rabbia e malcelata gioia si dipinsero sul suo volto; ora scrutava dubbioso la porta, la fronte aggrottata, in attesa.
“Liam, va tutto...” mormorai prendendogli la mano. Ma non feci in tempo a finire la frase. La porta si spalancò .
“Noel”. Liam diede voce ai miei pensieri, mentre entrambi osservavamo con gli occhi sgranati entrambi i suoi fratelli maggiori entrare nella stanza; l'uno con il solito sorriso gioviale dipinto in faccia, l'altro con la medesima fronte aggrottata del fratello minore. Per un istante calò il gelo. Lo sguardo di Noel andava da me a Liam e viceversa. Sembrava non capire il motivo della mia presenza. Dopo qualche secondo passato a squadrarsi in puro stile Gallagher, i due si abbracciarono con l'ombra di un sorriso sul volto, rinunciando, almeno in quell'occasione, alla maschera di arroganza che li avrebbe resi tanto famosi.

“E Louise?” chiese improvvisamente Liam, addentando un pezzo di torta, non senza un sorriso maligno sul volto. Noel lo fulminò con lo sguardo, per un istante notai la sua mano stringersi con troppa foga sulla forchetta, e le sue nocche diventare bianche. Che gli prendeva? “A casa” rispose infine, laconico, lanciando un'occhiataccia al fratello. Ma Liam non sembrò accontentarsi.
“Avete litigato di nuovo, eh?” incalzò ghignando sardonicamente, mentre con la mano libera prendeva la mia. Lo guardai sbigottita. Quello non era il Liam che conoscevo. Dove voleva arrivare?
Noel lasciò cadere la forchetta, spazientito. “Fatti i cazzi tuoi, seriamente. Non mi va di parlarne”. Liam aprì bocca per replicare, ma io gli strinsi con più forza la mano, costringendolo a guardarmi. “Liam...Basta” mormorai preoccupata, seguendo con la coda dell'occhio un Noel furente che lasciava la stanza a testa bassa. Eccoci nuovamente soli.
“Si può sapere che ti è preso?” sbottai sdegnata poco dopo. Liam si strinse nel suo immenso maglione di lana, lo sguardo basso.
“Allora?”
“Che c'è? Che ho fatto?” replicò lui infastidito.
“Che hai fatto?” tuonai puntando il dito verso la porta dietro la quale era appena scomparso Noel. “Ma non ti curi dei sentimenti degli altri? Sapevi benissimo che lui e Louise avevano litigato eppure hai preferito infierire. Senza motivo.”
“Non l'ho fatto senza motivo” biascicò Liam, tenendo lo sguardo ostinatamente basso.
“Sentiamo!”. Lo guardai con aria di sfida, in attesa di una risposta probabilmente insoddisfacente, le braccia incrociate sul petto.
“Lui...” cominciò passandosi una mano tra i capelli. “Ho visto come ti guarda, e non mi piace. Se mai ti dovesse toccare anche solo con un dito io...”
Agii d'istinto, premendo le mie labbra sulle sue. Un bacio improvviso, come quella volta allo stadio, come il nostro primo bacio. Il motivo non lo seppi mai con certezza nemmeno io, forse mi andava di farlo, forse con quel gesto volevo allontanare il pensiero di Noel, che i sospetti di Liam avevano appena contribuito a far insediare nella mia mente. O forse volevo solo farlo stare zitto.
Sulle prime Liam parve sorpreso, non si aspettava certo un gesto così repentino nel bel mezzo di una discussione. Ma poi accettò la situazione di buon grado, ricambiando il bacio con passione.
“Oh”. Noel osservava la scena, appoggiato allo stipite della porta. “Scusate”, fece semplicemente, lanciandoci un'occhiata sdegnata e girando sui tacchi.
Sul volto di Liam era dipinto un largo sorriso trionfante. Lo guardai di traverso, tormentandomi una ciocca di capelli. Sentii le guance avvampare, ma quello al momento era l'ultimo dei miei problemi.
Davvero Noel era interessato a me? Come poteva esserlo? Per quale ragione? E poi perché Liam si comportava così, esibendomi come un trofeo?
Mi fiondai verso la porta, senza pensarci, senza fermarmi a raccogliere le idee. Senza soffermarmi sull'espressione accigliata di Liam, che si alzava scompostamente dalla poltrona per tentare di fermarmi. Strappai letteralmente il cappotto dall'attaccapanni, posando la mano sul gelido pomello d'ottone del portoncino. Un'altra mano raggiunse la mia, bloccandola.
“Non andare” mugolò Liam, lo sguardo tetro che cercava insistentemente i miei occhi.
Scossi la testa, sull'orlo dell'esasperazione. Sapevo che non avrebbe capito, che avrebbe frainteso tutto. “Liam io... Sono confusa, cazzo. Torno a casa, ho bisogno di riflettere. Ringrazia Peggy da parte mia, mi dispiace che sia andata così...”. Le lacrime cominciarono a offuscarmi la vista. Liam aprì la bocca per ribattere, ma non ne uscì alcun suono. Un fugace bacio sulla guancia, e fui fuori, travolta dall'ondata di gelo tipica di una sera di inizio gennaio. Lacrime calde bagnavano copiosamente il mio viso gelato, mentre percorrevo a testa bassa il breve tratto di strada che mi separava da casa mia. Molto presto avrei imparato a convivere con liti, gelosia e arroganza. Ma non era questo il momento.  































Salve. Lo so che non aggiorno da un po', chiedo venia. E probabilmente questo capitolo non è all'altezza delle vostre aspettative. L'ho scritto di tutta fretta, ripreso in più punti... Va beh, accontentiamoci, va'. Spero vi piaccia comunque. Pubblicherò anche una nuova mezza idea di fanfiction su Noel che sta andando in porto, se vi va datele un'occhiata (:
Ho cambiato nickname, come avrete notato, mi piace di più, lo trovo più consono al fandom (e chissenefrega? LOL).  Ringrazio ancora una volta tutti coloro che hanno recensito, che recensiranno e che seguono la storia. Grazie a tutti! Cheers xx 

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Capitolo 7
*** Give me your autograph! ***


Nelle 48 ore successive, il telefono non cessò di squillare neanche per un momento. Maledissi Liam, per essere così insistente; maledissi me stessa, per essermi comportata come una bimba, e per continuare ad ostentare quel comportamento pur trovandolo incredibilmente fastidioso. Ragiona, Maggie, ragiona. Dischiusi gli occhi alla pallida luce del sole invernale, rigirandomi tra le coperte per scacciare quegli assillanti pensieri che ormai da due giorni infestavano la mia mente. Non che ci fosse molto di cui riflettere. Mi ero semplicemente comportata da stupida, ero la causa del mio stesso male. No, non poteva essere così semplice. Se da una parte questo ragionamento non faceva una piega, dall'altra pensavo che se c'era stato qualcosa ad indurmi ad un tale comportamento, lo dovevo trovare. Esci, smettila con queste paranoie. Dimentica tutto, stai con Liam. Forse avrei dovuto rispondergli... Ma come al solito, l'orgoglio ebbe la meglio. Prima o poi si sarebbe stancato, no? Rabbrividii, avanzando a piedi nudi in direzione del telefono. Un gesto brusco, e la casa ripiombò nel placido silenzio tipico della domenica mattina, rotto ogni tanto solo dal rumore di qualche rara auto di passaggio, o dallo spensierato cinguettio degli uccellini chissà dove là fuori. Sei fortunato che mio padre sia fuori per lavoro a Nottingham fino alla fine del mese, Gallagher, pensai seccata osservando la spina del telefono che giaceva abbandonata sul freddo pavimento di linoleum. Probabilmente avrei provato rimorso o senso di colpa, probabilmente lo feci. Ma i sentimenti che provavo erano così vari, e inscindibili che io stessa non riuscivo a capire come il mio cuore riuscisse a sopportarli.

All we seem to know is how to show the feelings that are wrong.

Questo è un avvertimento: se non ci parli subito comincerà a prendere seriamente in considerazione l'ipotesi che tu abbia una cotta per Noel” mi ammonì Paul, senza privarsi di quella vena allegra che tanto me lo rendeva simpatico. “Come se non l'avesse già fatto” bofonchiai, sistemandomi lo zaino in spalla. Mi ero fermata a parlare con il maggiore dei fratelli Gallagher, avendolo incrociato casualmente davanti a casa sua, mentre rientravo, a testa bassa, da una terribile e traumatica giornata scolastica. Il ragazzo mi rivolse un'occhiata allo stesso tempo rassegnata e amichevole, senza sapere cosa replicare. Ormai era diventato lui il mio confidente, dato che probabilmente gli altri due non li avrei mai capiti. Lo salutai con una certa fretta, il mio stomaco chiedeva pietà. Dopo un pasto veloce e decisamente cotto male, mi proposi di studiare per il resto del pomeriggio. Quale distrazione migliore dello studio, per tenere lontane le pene d'amore? Sfortunatamente, come al solito, il fato aveva qualcosa di diverso in serbo per me.


Maggie!” la voce di Liam mi raggiunse, allarmata, oltre il robusto portoncino di casa mia. Rimasi interdetta, non sapendo bene come comportarmi. “Apri cazzo, ti prego!”
Colsi una vena d'esaltazione e di gioia nella sua voce. Cosa poteva essere successo? Noel era stato rapito dagli alieni? Avanzai verso la porta, titubante, mentre dentro di me imperversava una specie di terza guerra mondiale tra l'impulso di spalancare la porta e baciare quello che potevo definire 'il mio ragazzo', e l'indecisione, che mi suggeriva di tenere il muso ancora per un po'.
Oh, al diavolo, pensai, spalancando il portoncino forse con troppo vigore. Evidentemente Liam non si aspettava che aprissi, perché per poco non bussò sulla mia faccia. Lo osservai con un sopracciglio inarcato, ostentando un esagerato scetticismo che effettivamente non mi apparteneva.
Lui mi guardò di rimando, fuori di se dalla gioia. Mi fissava, con un sorriso a trentadue denti che andava da orecchio a orecchio. “Smettila di fissarmi così, sembri un ebete”. Lo trassi a me, lasciandomi sfuggire una risata. Per una volta i sentimenti che provavo per Liam avevano avuto la meglio. “Mi sei mancata” sussurrò, staccandosi dalle mie labbra. “Mh. Come mai così felice?”, chiesi, riprendendo per un attimo il cipiglio stizzito che avevo ostentato fino a poco prima.
Morrissey!” esclamò, felice come un bambino. “E' un cantante.. E quindi?”
Per un attimo il sorriso scomparve dalle labbra di Liam, per poi ritornare subito dopo, come aprì bocca per replicare: “C'è un fottuto meet and greet giù alla Manchester University! Sai cosa significa?”
Scossi la testa. Dove voleva arrivare? Uno stupido autografo, e poi? “MORRISSEY!” Ripeté, allargando le braccia e rivolgendo gli occhi al cielo. “Non pensavo ti piacessero gli Smiths” sancii, incrociando le braccia sul petto. Liam nel frattempo si era già accomodato- o forse sarebbe meglio dire buttato- sul divano. “Sono degli idoli” disse più a se stesso che a me. “MA soprattutto Ourkid impazzisce per loro!”. Si alzò di scatto dal divano, sfregandosi avidamente le mani. “Cos'hai intenzione di fare?” scattai, sulla difensiva. Il suo sguardo si rabbuiò, poi quel barlume malizioso si riaccese nei suoi occhi. “Mi faccio fare l'autografo..”fece, pensieroso. “...e se vuole averlo, glielo vendo”. Gli colpii il braccio con una sberla, mentre si rotolava letteralmente dalle risate vedendo la velocità con cui il mio colorito era cambiato. “Certo che sei proprio uno stronzo!” sbottai, non senza un mezzo sorriso. “Vuoi thé?” gli chiesi dandogli le spalle, mentre rovistavo nello scolapiatti alla ricerca della mia tazza preferita. “No” replicò distrattamente, giocherellando con una ciocca dei miei capelli.

Dovreste darci un taglio con questa storia. Insomma, non avete più tre anni, cazzo”. Gridai per farmi sentire da Liam, cercando di sovrastare l'insopportabile brusio che regnava nella stanza. Mi sporsi in punta di piedi, cercando di individuare Morrissey in un punto imprecisato dall'altra parte della stanza, sicuramente nascosto da quell'enorme folla chiassosa. “Cazzo, nemmeno io lo vedo” si spazientì Liam, ignorando spudoratamente il mio consiglio. “Ti prendo in braccio?” chiese speranzoso. “Forse non è il caso” risposi intravedendo uno spiraglio attraverso il quale mi potevo facilmente intrufolare. “Da questa parte” dissi, tirandolo per una manica. Ci intrufolammo giusto in tempo; un ragazzetto magro e biondo, con il volto coperto di brufoli, si allontanava con aria soddisfatta dal tavolo cui sedeva Morrissey, che finalmente riuscivo a vedere. Un figo, non c'è che dire. Liam fece schioccare la lingua, soddisfatto. Quando finalmente arrivò il nostro turno, quasi dovetti trattenerlo per farlo stare un po' fermo. L'uomo che sedeva davanti a noi era indubbiamente affascinante. Sorrise, cordiale, con quel classico sorriso che le superstar 'educate' rivolgono ai loro fan. “Come ti chiami, signorina?” chiese, un pennarello nero sospeso a pochi centimetri dal foglio, in attesa. “M-Maggie” balbettai, avvampando. Liam al mio fianco guardava il musicista con occhi sgranati e pieni di meraviglia. Mi sorpresi del fatto che non avesse ancora aperto bocca. Ed eccolo lì, a mandare in frantumi le mie illusioni. “Morrissey, cazzo, non posso crederci! Sei il mio fottuto idolo da sempre, se quel coglione di Noel fosse qui rosicherebbe da matti!” vociò allegro. Morrissey continuò a guardarlo con un sorriso, pur avendo l'aria leggermente spaesata. Cercò il mio sguardo, a conferma che il mio ragazzo fosse matto, ed io per tutta risposta scoppiai a ridere. Chiacchierammo per dieci minuti buoni. La folla dietro cominciava a spazientirsi.

Scusi, può fare una dedica anche a Noel?” chiesi con un filo di voce, quando Liam si era ormai già avviato altrove, verso un ragazzo che apparentemente conosceva. Morrissey annuì, scarabocchiando qualcosa su un foglio, che immediatamente dopo mi porse. “Grazie mille” cinguettai felice, infilandomi il foglietto in tasca e seguendo Liam, non prima di aver rivolto un ultimo sorriso radioso a Morrissey. “Lui è Paul, ma tu chiamalo Bonehead” annunciò Liam, quando mi ritrovai al suo fianco. Un ragazzo dai capelli neri mi tese la mano, abbozzando un sorriso. “Maggie, piacere”. Poi la coda avanzò, e noi ne approfittammo per sgattaiolare fuori dalla sala conferenze, tra una risata e l'altra.

 

Il mattino seguente, mi ritrovai, per l'ennesima volta, davanti al portoncino sgualcito di casa Gallagher. Premetti con veemenza l'indice sul campanello, poi gettai un'occhiata nervosa all'orologio che avevo al polso: le dieci meno un quarto. Mi strinsi nel cappotto. Non sapevo se i brividi che attraversavano il mio corpo fossero provocati dal freddo, dall'emozione o dalla febbre, che mi era salita proprio quella notte. 'Stai al caldo', mi aveva raccomandato mio padre al telefono la notte prima, mentre in diretta telefonica gli facevo la telecronaca della mia temperatura che saliva vertiginosamente, fino a toccare i 39 C°. Ma non mi importava. Non mi importava se in quel momento la testa mi girava, se probabilmente avrei cominciato a delirare da un momento all'altro. Dovevo farlo, ora o mai più. Il portoncino si socchiuse, intravidi solo un'iride chiara che mi scrutava indagatrice. “Liam non c'è” annunciò poi Noel imperturbabile, spalancando poi la porta ed ergendosi di fronte a me in tutta la sua altezza. Non che fosse così alto, per carità.

Mi schiarii la gola. “Non sono qui per Liam” dissi poi risoluta, per quanto risoluta possa sembrare una ragazzina dai capelli rossi stretta in un cappotto di tre taglie più grande, e con la febbre alta per giunta. Per tutta risposta inarcò un sopracciglio, incuriosito, osservandomi frugare nelle immense tasche del cappotto. “Probabilmente Liam avrà cercato di vendertelo...” esordii, poco convinta. “Sì, l'ha fatto”, mi interruppe lui, senza l'ombra di un sorriso. “Beh..” continuai, rigirandomi il foglietto stropicciato tra le mani. “Ci ho pensato io. So che non è molto, ma è sempre un autografo...”. Gli porsi il foglietto, lo sguardo fisso sui miei piedi, le guance che avvampavano, la testa che girava. Maggie, che ti succede? Non ti sarai presa una cotta per Noel? La vista cominciò a offuscarsi. Alzai lo sguardo sul mio interlocutore, desiderosa di vedere la sua reazione, ma il sorriso che gli si era dipinto in volto non appena aveva visto il pezzo di carta che gli porgevo si tramutò repentinamente in una smorfia preoccupata, non appena i suoi occhi si posarono sul mio viso. Ricordo solo di essermi ritrovata tra le sue braccia, inerme, con un gradevole aroma di Early Grey nelle narici. Poi, il buio. 





































Eccomi qui con un altro capitolo! Allora, ci tengo a precisare che non so da dove mi sia venuta l'idea di inserirci anche Morrissey. Non lo so proprio. Comunque, credo che questo capitolo rispetto agli altri sia un po' lunghetto (o no?) ma non è così male, dai. Lascia un po' di suspence, o almeno spero. Vabbè, buona lettura a tutti! Spero vi piaccia. A presto, mads!

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Capitolo 8
*** 'Cause I just wanna fly ***


Ma che ne so, è svenuta così all'improvviso..” la voce di Noel mi raggiunse, ovattata, dalla stanza accanto. Dischiusi un occhio, confusa, provando a mettermi a sedere. “Ma che cazz...” mi guardai intorno, e sebbene la mia vista fosse ancora annebbiata e la testa tormentata dai capogiri, riuscii a distinguere un ambiente ben familiare. Senza pensarci balzai in piedi, forse troppo in fretta. Dovetti aggrapparmi a un mobile lì vicino per non cadere rovinosamente a terra. Brancolai nella penombra, riuscendo poi tra uno sbandamento e un altro a raggiungere la porta, che spalancai senza troppe cerimonie, nonostante la debolezza.
No... Senti, non dirlo a Liam, ok? No, è che... Ma figurati, è solo che voglio evitare un'altra fottuta lite senza senso”. Mossi passi incerti verso la porta socchiusa, in ascolto.
Ok, ok. Ah, e non una parola con Louise, morirebbe di gelosia.” Per quanto mi sforzassi, non riuscii a trattenere un mezzo sorriso. Ah, Noel, quanto sei complicato, sospirai, entrando timidamente nella stanza. Noel stava in piedi di fronte alla finestra, la cornetta del telefono stretta in mano. Non potevo vedere la sua faccia, perché mi dava le spalle, ma immaginai che sul suo viso fosse impressa la solita espressione... diffidente? Corruciata? Nemmeno io saprei come definirla, ma immagino si sia capito a cosa mi riferisco. Riagganciò, dopo un frettoloso 'ciao'. Non sembrava essersi accorto della mia presenza, finché non decisi di schiarirmi la gola, ancora saldamente aggrappata allo stipite della porta. “Paul?” chiesi a mezza voce, non appena lui piantò i suoi occhi stupiti sulla mia figura. La sorpresa venne presto rimpiazzata da un sorriso sardonico, “Mi sa che hai la febbre troppo alta, io sono Noel”.
Scemo” replicai, trattenendo a stento una risata. “Dicevo, era Paul al telefono?”
Perché dovrei dirtelo?”sorrise di rimando, incrociando le braccia sul petto. Mi guardai intorno, come se fosse una cosa ovvia. “Sai, è casa mia. Gradirei sapere con chi parli, dato che la bolletta la paghiamo noi”. Noel si grattò la testa, probabilmente pensando a una battuta per mettermi a tacere.
A proposito.. Perché siamo a casa mia?” incalzai, come se avessi realizzato solo in quel momento che io e Noel ci trovavamo niente poco di meno che nello studio- se così si poteva definire- di mio padre. Scrollò le spalle, senza smettere di fissarmi. Mi parve di rimpicciolirmi sempre di più sotto quello sguardo.
Beh, se ti avessi lasciata a casa mia chissà quanto avresti dormito, e c'era il rischio che Liam ti trovasse lì una volta tornato dal lavoro”- fece una pausa- “Così ho pensato di riportarti a casa tua, forse a mamma sarebbe venuto un infarto vedendoti priva di sensi.” Scrollò le spalle, continuando ad osservarmi senza battere ciglio. Sentii le guance avvampare, immaginando fugacemente un Noel che mi portava in braccio per tre fottuti isolati. Menomale che non ero cosciente. “B-beh, grazie, Noel” mormorai abbozzando un sorriso. Dio, quanto mi sentivo stupida. E quanto odiavo quel tremendo silenzio carico di imbarazzo!
Hai una birra?” chiese disinvolto, mentre scrutava con interesse una fotografia appesa al muro, che ritraeva una sorridente bimba dai capelli rossi che posava davanti al celeberrimo Colosseo.
Gettai uno sguardo sull'orologio. “Ma Noel... Sono le 11 del mattino!”
Scrollò le spalle, abbozzando un sorriso all'udire il mio tono scandalizzato. “Si vede che non hai vissuto qui a Manchester. E' la normalità”.
Se lo dici tu... Dovrei averne qualcuna in frigo, di sotto”. Poco convinta, abbandonai la mia postazione, vacillando. Accadde in meno di un secondo. Inciampai, mettendo le braccia in avanti nel disperato tentativo di attutire la caduta. Ma furono altre braccia ad impedirmi di cadere. Noel mi afferrò saldamente per la vita, aiutandomi a tirarmi su. Lo guardai meravigliata, e non riuscii a tratterere un 'Wow', sentendo, per l'ennesima volta, le guance in fiamme. “Grazie” accennai timidamente, portandomi una ciocca di capelli dietro all'orecchio. Noel sorrise brevemente, per poi tornare serio. “Dovresti tornare a letto...”
Mi sorprendi Gallagher, pensavo facessi il roadie, non l'infermiere!” ridacchiai, sorreggendomi a lui. “Dico sul serio. Stai male.”, continuò con un tono che non ammetteva repliche.
Ma io non ho sonno”.
Zitta”, replicò scortandomi in camera mia. Probabilmente stavo solo delirando, ma quella situazione era così... strana. Fottutamente strana.
Grazie per avermi portata a casa”, dissi con un filo di voce, adagiandomi sul cuscino. Noel se ne stava seduto sul bordo del letto, a guardarsi intorno con gli occhi sgranati. La mia stanza doveva piacergli parecchio, essendo tapezzata di poster dei Beatles e degli Stone Roses.
Grazie per l'autografo di Morrissey” mi fece eco lui, rigirandosi il foglietto ormai stropicciato tra le mani. “Prima non ho fatto in tempo a dirtelo che mi sei svenuta addosso. Insomma, lo so che sono bello, ma..” Lo zittii con una cuscinata in faccia. “Cazzo, Maggie, calmati un po'!” riprese, questa volta abbandonandosi a una sonora risata. Risi di rimando, felice nonostante l'influenza.

 

Vuoi che chiami un dottore?”
No, non c'è bisogno. I dottori mi spaventano, passerà.”, sancii rigirandomi nelle coperte. Non sapevo quanto tempo fosse passato. Avevamo chiacchierato e riso almeno per qualche ora, dimenticandoci del come e del perché fossimo in quella stanza e in quella situazione. Del resto, la cosa non importava a nessuno dei due. Noel si stava rivelando un tipo piuttosto simpatico e interessante. Questa non ci voleva.
Avevo pensato che magari conoscendolo non si sarebbe rivelato il mio tipo. Che sarebbe stato musone e noioso. Del resto, da come me lo descriveva Liam, cos'avrei dovuto aspettarmi? Ma mi sbagliavo. E se una parte di me era terribilmente felice di essersi trovata in errore, l'altra parte, quella razionale, gridava il nome di Liam. Già, Liam. Se ci avesse visti in quel momento sarebbe andato su tutte le furie. Come dargli torto? La sua -cosidetta- ragazza e il suo complicatissimo fratello.
Suoni?” mi chiese a un certo punto indicando la mia vecchia chitarra impolverata che giaceva in un angolino della stanza. Scrollai le spalle “a volte. Ma non sono brava, quindi l'ho un po' mollata”.
Prese in mano la chitarra, facendo vibrare le corde. Un suono terribile, che fece storcere il naso a entrambi. “Cazzo Maggie, ma l'hai mai accordata almeno?”, chiese scandalizzato incurvando però le labbra in un sorriso.
A dire il vero no” risposi ridendo. “Suonami qualcosa, mi hai detto che sei un grande musicista. Sentiamo”, lo sfidai. Lui accettò di buon grado, e imbracciando la chitarra (ovviamente dopo averla accordata non senza ostentare un'aria di superiorità) intonò:

Maybe, I don't really wanna know
How yout garden grows
'Cause I just wanna fly.
Lately, did you ever feel the pain
In the morning rain
As it soaks you to the bone?

Beh, per ora è solo questo, è una canzone a cui sto lavorando. Bella, vero?” chiese autoritario, scrutando attentamente il mio viso quasi per leggere in anticipo la mia reazione. Fui tentata di non dargli ragione, anche solo per il fatto che lui stesso me l'aveva presentata come 'bella canzone'. Ma dopo averla ascoltata, sebbene fossero solo pochi versi, ancora una volta non riuscii a trattenere un verso di stupore. “Oh. Oddio Noel, è meravigliosa.”
Sentii le lacrime pungermi gli occhi, e prima che potessi fare qualcosa per trattenerle eccole scivolare calde sul mio viso già madido di sudore.
Ehi. Cos'hai?” chiese avvicinandosi preoccupato. Scossi la testa, non lo sapevo nemmeno io. Forse stavo delirando, forse ero commossa, forse mi sentivo semplicemente in colpa perché mi stavo prendendo una cotta -e che cotta!- per Noel Gallagher, nonostante stessi già con suo fratello.
E poi lui aveva Louise. “Non è niente” risposi agitata, mentre asciugavo una lacrima con il dorso della mano. Noel mi scrutò nuovamente in volto, inquieto. I nostri visi erano vicinissimi. Potevo sentire il suo aroma di fumo, mischiato con odore di thè e alcohol allo stesso tempo. Era strano, ma mi piaceva. Torna sulla terra. Stai delirando, ordinai a me stessa, mentre mi costringevo a sprofondare nuovamente tra le coperte, esausta.

Beh, penso sia ora di andare” annunciò infine Noel, estraendo una sigaretta dal pacchetto e infilandola tra le labbra. “Guarisci presto, intesi?” fece strizzandomi l'occhio e chinandosi su di me per darmi un bacio sulla fronte. Inutile dire che quel contatto mi fece letteralmente impazzire. Ringraziai solo di essere debole per la febbre. “N-Noel..” biascicai, mentre usciva dalla stanza.
Mh?” chiese lui, girandosi nella mia direzione. “E' stato bello oggi. Anche se sto male.”
Già, anche per me..” rispose lui, sovrappensiero.
Tornerai?”
Se tu lo vuoi..”
Certo che lo voglio.”
Allora tornerò, promesso. Ma mi raccomando, Weetabix deve starne fuori”. Sempre quel tono autoritario.
Come vuoi tu”, feci arrendendomi.
A domani milady” sorrise con un cenno del capo.
A domani infermiere”, gli dissi osservandolo chiudersi la porta alle spalle. Nello stesso momento in cui la stanza sprofondò nel silenzio, io entrai, nuovamente, nel mondo dei sogni.

 

 






























Ok salveee. Ho aggiornato in fretta, mi andava di farlo.. Anche se so che non è un granché. Scritto sul filone dell'altro, questo è un capitolo completamente dedicato a Noel. Insomma, si dovranno conoscere prima o poi, no? Comunque. Le recensioni sono ben accette come sempre, grazie a tutti coloro che seguono la mia storia! Cheers xx

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Capitolo 9
*** Acquiesce; ***


Ma come previsto, Noel non tornò il giorno dopo. E neppure il giorno seguente. Rigirandomi inquieta tra le lenzuola madide di sudore, tentavo inutilmente di fare chiarezza nella mia testa. Un turbine improvviso di sentimenti mi colpì come un fulmine a ciel sereno. Ansia, senso di colpa, amore, rabbia, preoccupazione. Sprofondai con più forza nel cuscino; perché stava succedendo a me?

Ti senti meglio?”. Due iridi verdi-azzurre mi scrutavano preoccupate. Liam mi sfiorò le labbra con le sue, in un bacio delicato. Fui scossa da un brivido, ma questa volta non era causato dalla febbre.
Mi sei mancato”, dissi semplicemente, dando voce ai miei pensieri. Lui sorrise soddisfatto. “Già, ma non hai risposto alla mia domanda”. Scrollai le spalle. “Meglio di prima, sicuramente”.
Quel pomeriggio, dopo un'attenta riflessione sotto la doccia, ero precipitosamente corsa di sotto per telefonare a Liam. Ero ancora scossa per la giornata trascorsa con Noel, e per il modo in cui Liam si era comportato con il suo fratello maggiore. Ma la nostalgia era più forte di tutti i sentimenti negativi. Ed eccomi lì, tra le sue braccia, dopo tutti quegli interminabili giorni. 'Del resto, non ho motivo per sentirmi in colpa. Con Noel non è successo niente' rimuginai, mentre varcavo la soglia di casa, mano nella mano con Liam, diretta da Sifter.

L'aria fredda mi sferzò il viso, e puntualmente mi strinsi contro il mio ragazzo, che non sembrò dispiacersi. “Sai, mi hanno proposto un ingaggio in un gruppo. Hai presente Bonehead? L'hai visto il giorno che c'era Morrissey”. Annuii, interessata. “Hanno problemi con il loro cantante, e stanno pensando di licenziarlo” continuò, con un ghigno compiaciuto. “Accetterai?”
Che domande, piccola. Diventerò il nuovo Morrissey. O il nuovo Weller. O meglio, il nuovo Lennon”.
Boooom!” esclamai ridendo. “Non pensavo sapessi cantare”.
Infatti ora che ci penso, non penso di saper cantare. Ma mi arrangerò, vedrai. I ragazzi hanno fissato un provino per giovedì prossimo”.
Sono sicura che ce la farai”. Liam mi guardò di sottecchi, accennando un sorriso. “Anch'io”.

 

Il signor Sifter era un uomo non molto alto e un po' rotondetto. Aveva guance rosee e un'espressione sempre gioviale sul volto, cosa non comune in un posto come Burnage. Ogni tanto lo vedevi sparire tra gli scaffali colmi di vinili e dischi di ogni genere, per poi rispuntare un minuto dopo, o talvolta anche dopo mezz'ora.
Liam, ragazzo mio” lo salutò bonario- “Cosa posso fare per te?”
Liam scrollò le spalle. “Facciamo un giro”, rispose trascinandomi verso il più vicino scaffale di vinili anni '60. Scorsi quella distesa colorata di vecchi dischi, non senza meraviglia.
Scegline uno.”
Fu come risvegliarsi troppo bruscamente da un sogno. “Liam.. Cos..?”
Il ragazzo rise, osservando la mia espressione sbigottita. “Calma, piccola, hai la faccia di una che ha appena visto un fottuto fantasma. Dico sul serio, scegline uno”.

Scossi la testa, confusa e meravigliata. “Oddio, non lo so. Come faccio a scegliere?”. Sfiorai un paio di copertine variopinte. 'Buddy Holly', 'Bob Dylan'. Le targhette su cui erano scritti i nomi degli artisti mi parvero d'un tratto confuse.
Capito, sceglierò io”. La voce di Liam interruppe il filo dei miei pensieri- sebbene questi non avessero un vero e proprio filo logico.
Ti piacciono i Beatles, vero?” chiese porgendomi un vinile variopinto.
Spalancai la bocca, tentai di rispondere, la richiusi. “S-sergeant Pepper's?” boccheggiai un minuto dopo, afferrando l'oggetto. “Liam, sei serio?”
Il ragazzo aggrottò la fronte. “Certo che sono serio. Per chi mi hai preso?”
Ma è... troppo. Voglio dire.. è Sgt. Pepper's Lonely Hearts fottuto- Band!” risposi, rigirandomi il vinile tra le mani per accertarmi che fosse vero.
Mi sembri quasi una Gallagher, parlando in quel modo” rispose beffardo mentre si dirigeva alla cassa. “Niente furti questa volta?” udii chiedere Sifter, sarcastico. “Fanculo. Sto lavorando, ora”.

Perché?” non potei fare a meno di chiedere una volta fuori dal negozio, mentre sedevamo all'ombra di un salice nel vecchio parco giochi di Burnage. I raggi morenti del sole invernale tingevano di rosso il cielo, mentre le nostre ombre si proiettavano oblunghe fino a uno scivolo mezzo diroccato. Liam scrollò le spalle, come era solito fare. “Perché è questo che si fa, quando stai insieme a una ragazza, no?”. Si grattò la nuca, guardando con estremo interesse l'orizzonte.
Oh, Liam”, feci buttandogli le braccia al collo. Lui mi sollevò il mento con la mano. Le nostre labbra si incontrarono per la seconda volta in quella giornata, ma questa volta con più passione.
Grazie..” mormorai, poggiando la testa nell'incavo del suo collo, mentre insieme ci godevamo gli ultimi attimi di uno dei rari tramonti che non fossero rovinati dalla pioggia.
E in quel momento pensai che forse, Noel era già un ricordo lontano.

 

 

Louise giaceva di fianco a lui, profondamente addormentata.
La guardò con una nota di nostalgia. Gli mancavano i tempi felici trascorsi con lei.
Tirò un'ultima boccata di fumo, ed estinse per sempre quella sigaretta, sotto la sua scarpa.
Noel si alzò dal letto cigolante. Le luci di Londra filtravano attraverso la finestra.
Cosa era andato storto? Perché lui era ancora qui,
prigioniero di una relazione allo sfascio?
Qual era il suo posto nel mondo?
L'occhio gli cadde sulla chitarra, poggiata in un angolo della camera da letto.
Sì, era quello il suo destino. Sarebbe diventato grande.
E avrebbe spaccato la faccia a quello stronzetto di Liam.
Perché era geloso, e Liam questo cominciava a sospettarlo.

 

 


















Saaaaalve mads! Lo so che vi sono mancata. (anche no). Mi sono praticamente costretta a scrivere questo capitolo, e questo è il risultato. Spero di non avervi deluso c: Non esitate a recensire, mi raccomando! Cheers x

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Capitolo 10
*** Rock n'roll star. ***


Driiiiin.
La campanella, anche quel giorno, mise fine alle mie torture. Gettai noncurante il libro di matematica nella cartella, mentre i miei compagni di classe mi passavano accanto indifferenti, diretti verso l'uscita. Ma ormai ci avevo fatto l'abitudine. Ripensai a come tutto era cominciato. Probabilmente se non fossi stata un' emarginata dal primo momento, non avrei mai conosciuto Liam. E quel pensiero, subito mi diede sollievo. Camminai verso l'uscita trascinando i piedi, fissando le mattonelle che scorrevano sotto di essi. Mi ero svegliata con un presentimento strano quella mattina, chissà perché. Ma poi nel corso della giornata mi ero convinta che non sarebbe successo niente. E così fu, almeno fino a quando non mi ritrovai davanti alla scuola. E quasi senza volerlo scorsi una figura familiare. Era successo qualcosa di particolarmente eccezionale o stavo sognando? Osservai incredula Noel che avanzava con aria decisa nella mia direzione.
Che diavolo ci fai qui?” squittii perplessa, continuando a squadrarlo quasi per accertarmi che fosse reale.
E dire che mi aspettavo un 'Ciao'” replicò lui imperturbabile, la sigaretta infilata tra le labbra.
Beh, ciao.” aveva pronunciato solo una frase eppure mi stava già dando sui nervi. “Allora?” chiesi, incrociando le braccia sul petto. Lui mi osservò per qualche secondo, cercando di leggere qualcosa nel mio sguardo. “Che cazzo hai? Pensavo saresti stata contenta di vedermi”. Aggrottò la fronte, continuando ad osservarmi attentamente.
Contenta? Sei sparito per dei mesi, senza un cazzo di motivo! Ti diverti così, Gallagher?” arrossii, mentre alcuni studenti tutto intorno si giravano a vedere chi stesse facendo tutto quel baccano. Noel naturalmente non batté ciglio. “Impegni con la band. Che ti frega? Tu hai Liam.”
Booom, centro. “Mi ha dato fastidio il tuo comportamento” mi giustificai, poco convinta. “E se pensi di interessarmi in qualche modo, ti sbagli di grosso” aggiunsi, più per convincere me stessa che il mio interlocutore. Per tutta risposta fui investita da una boccata del suo fumo. Restammo qualche istante in silenzio, io a guardarlo in cagnesco, lui ad aspettare pazientemente che la mia rabbia sbollisse.

Comunque ti devo parlare, signorina ti-sbagli-di-grosso” annunciò, calpestando la cicca della sigaretta con una disinvoltura che mi irritò ancora di più. “Lo stai già facendo” gli feci notare nel tono più acido che riuscii a sfoggiare. E in men che non si dica, Noel mi stava già trascinando lontano da quel cortile affollato.

Avanti, che cosa mi devi dire di così importante?” protestai, abbandonandomi su una gelida panchina di ferro. Noel non rispose subito, soffermandosi a guardare pensieroso due anatre che si rincorrevano nel laghetto. “Louise mi ha scaricato.”
La notizia arrivò tanto inaspettata quanto inopportuna. Insomma, mi aveva trascinata fino a lì per dirmi questo? Quella Louise, che non avevo nemmeno conosciuto, adesso mi stava decisamente più antipatica. Ma, -e qui mi sentii una persona orribile- una parte di me, chissà quanto remota ed insignificante, si sentiva sollevata. Cercai di reprimere quella sensazione sul nascere.
Ah... Mi dispiace tanto, Noel”. Il mio tono si era finalmente raddolcito. Perché ero certa che Noel stesse soffrendo, d'altra parte lui mi era sempre sembrato molto innamorato. Gli circondai goffamente le spalle con un braccio. Mi sentivo proprio una stupida.
Capita. Non ce l'hai più con me?” chiese con un sorriso.
Certo che ce l'ho ancora con te, non farti illusioni!” replicai assumendo un finto cipiglio stizzito, ma senza nascondere una risata divertita. “Devi dirmi qualcos'altro?” chiesi poi esitante, dato che la sua espressione era tornata pensierosa.
Nuovamente, Noel prese tempo. “No, non ora. Sono sicuro che più avanti lo scoprirai da sola”. Quelle parole mi colpirono, e mi lasciarono con il fiato sospeso per qualche secondo. Cosa vorrebbe dire? Dovevo prenderla come una dichiarazione? Ma poi conclusi che era solo una delle trovate di Noel per farmi stare sulle spine.
Come siamo misteriosi, eh?”, dissi sfilandogli il pacchetto di Benson & Hedges dalla tasca aperta del giubbotto. Lui scrollò le spalle. “Fai pure, ricordati che mi devi una sigaretta però”.
Tirchio”, sancii mentre armeggiavo con un accendino difettoso.
Se Ourkid ci vedesse in questo momento, a fumare in riva a un laghetto, andrebbe su tutte le furie” rise Noel.
Scrollai a mia volta le spalle. “Mmh, no, non credo..” biascicai tra una boccata e l'altra. “Cazzo, ma sei o non sei la sua ragazza? Ormai dovresti sapere come è fatto.” Mi trafisse con i suoi occhi di ghiaccio, osservando la mia reazione. “Che intendi dire?” chiesi perplessa.
Che è un fottuto idiota, ecco cosa”. Certo che quando si metteva era proprio stronzo. Si alzò in piedi, io feci lo stesso.
Potrebbe dire lo stesso di te, sai. Anzi, ne sono più che sicura”.
Oh, ma io questo lo so già. Nessuno lo conosce bene quanto me, fidati”, dandomi un buffetto sulla guancia. Se Noel voleva farmi venire dei dubbi, ci stava riuscendo benissimo.
Inarcai un sopracciglio. Dove voleva arrivare? Ancora un attimo di silenzio.
Andiamo, va'. Non voglio che Liam ti scarichi per colpa mia. Anche se ammetto che sarebbe divertente”.
Stronzo”, dissi sferrandogli un debole pugno sul braccio. Ci incamminammo in silenzio, tra gli alberi spogli, il sole morente alle spalle. E sebbene cercassi di rinnegarlo con tutta me stessa, capii di aver trovato un amico.

18.08.1991
Fissai l'anta aperta dell'armadio, perplessa. Come mi sarei dovuta vestire? Liam mi aveva detto che avrebbero suonato in un nightclub. Storsi il naso, frugando tra una montagna di vecchie t-shirt. Ne pescai una a caso dal mucchio: una larga maglia nera con la faccia di Ian Brown stampata in bianco. Perfetta, pensai infilandola. Un' ultima occhiata allo specchio; la chioma rossa che mi ricadeva morbida sulle spalle, maglietta XL, shorts e converse. Per una volta in vita mia, mi piacqui. “Sei bellissima, piccola”, la voce di Liam mi raggiunse dalla soglia della porta. Se ne stava lì, scomposto, a fissarmi con aria maliziosa. “Ehi, bussare ti faceva tanto schifo?”
Lui rise, avvicinandosi col suo inconfondibile passo quantomeno bizzarro. Mi cinse i fianchi, facendomi girare, per poi baciarmi. Ricambiai appassionatamente, assaporando il gusto dolce di quelle labbra, nutrendomi di quell'inconfondibile aroma di fumo misto a birra. Lo spinsi leggermente, staccandomi. “Meglio fermarci qui, altrimenti al concerto non ci arriveremo mai.”
Liam si incupì per un attimo, poi sul suo viso tornò a dipingersi un sorriso malizioso. “Okay piccola, rimandiamo a dopo”. E afferratami la mano, mi condusse giù senza troppi complimenti, evidentemente impaziente di arrivare al locale.

Il Broadwalk era esattamente come me l'aspettavo: non molto grande, cupo, e saturo di fumo di sigaretta. I ragazzi ci aspettavano vicino a quello che supposi dovesse essere il palco, scazzati e con le birre in mano. “Ce ne avete messo di tempo!” esclamò Bonehead rivolgendo un'occhiataccia a Liam. “Quando anche tu avrai una vita sentimentale, Bonny caro, forse capirai” replicò questo, accendendosi una sigaretta. “Fai meno lo stronzo, Gallagher, non è il momento” si intromise Tony McCarroll, il riccioluto batterista che finora se n'era stato in disparte. “La volete smettere, tutti quanti?” fu il mio turno. Solo quando mi ritrovai quattro paia di occhi puntati addosso mi resi conto che dovevo aver urlato. Così decisi di togliere il disturbo, mentre i ragazzi si avviavano parlottando in quello che a malapena si poteva definire un backstage. Trovai posto in un tavolino, sul quale qualcuno aveva lasciato dei bicchieri vuoti e delle cicche di sigaretta. Fissai il palco vuoto. Dopo qualche minuto fece capolino un ometto basso e sudato, che annunciò con voce stridula i The Rain. Qualche applauso sparso. Un paio di bionde semi nude più in là strillarono compiaciute. E il gruppo fece la sua comparsa sul palco. Prima, seconda, terza canzone. Liam aveva veramente una voce rock, non c'è che dire.
E mia madre mi ha fatto tante storie perché venissi. Fanno fottutamente schifo”, annunciò una voce al mio fianco.
Noel, o la smetti di presentarti così senza preavviso o un giorno o l'altro mi avrai sulla coscienza” urlai, cercando di sovrastare il suono delle chitarre. Lui bevve un sorso della sua birra. “Comunque non fanno schifo”. Noel mi guardò scettico. “Sii oggettiva. Fanno cagare. Ma li hai sentiti i testi?”. Scrollai le spalle. Sapevo che aveva ragione, ma non gliel' avrei mai data per vinta. Per un fugace momento mi tornò alla mente la canzone che mi aveva suonato quella volta, Live Forever. Ma mi costrinsi a concentrarmi nuovamente sui The Rain, per quanto terribili potessero essere le loro canzoni.

L'ultima canzone finì con un sovrapporsi disordinato di chitarra, basso e batteria, senza uno schema preciso. Liam gironzolava per il palco, lanciando di quando in quando occhiate al numero esiguo di persone presenti in sala, o agitando distrattamente il suo tamburello. Tirò una boccata alla sigaretta, e scomparve dietro il tendone, senza dire una parola. La serata era finita. Noel si stava fumando l'ennesima sigaretta, pensieroso. Lo guardai di sottecchi, percependo ogni tanto il suo sguardo su di me, cosa che mi mise non poco in imbarazzo. Le bionde di prima erano sparite anch'esse nei 'camerini'. Così, senza neanche volerlo, mi ci avviai a passo di marcia. “Dove vai?”, mi raggiunse con un mezzo sorriso. “Nei camerini, è ovvio”.
Ti accompagno”. Lo guardai, inarcando un sopracciglio. “Okay”, acconsentii infine. Trovammo Bonehead che conservava la sua chitarra. “Dov'è Ourkid?” fece Noel. L'interessato fece un cenno col capo verso una logora porta di legno.

Hai finito di vivere, Gallagher!” ci accolse l'urlo di McCarroll, che proprio in quel momento si avventava selvaggiamente su Liam, ricoprendolo di pugni. Questi lo allontanò con altrettanta violenza, il tanto giusto da poter sferrare dei pugni mirati. A Liam sanguinava un labbro. A Tony sanguinava il naso. Rimasi pietrificata da quella scena, mentre Noel, tra un'imprecazione e l'altra, agguantava per la collottola il batterista. “Non permetterti più di toccare mio fratello, stronzo.” Altro pugno sul naso. Solo allora notai il povero Guigsy in un angolino, che osservava la scena con gli occhi sgranati. Ed erano presenti anche due di quelle bionde che avevo adocchiato durante il concerto. Per fortuna, la cosa si concluse lì. Erano tutti troppo esausti per continuare la rissa, ed io mi precipitai subito a soccorrere Liam, ora accasciato a terra col fiatone.
Sto bene, piccola” biascicò, il labbro che sanguinava copiosamente.
Ma che cazzo è successo?”- l'isteria si stava impadronendo di me, mentre con le mani tremanti estraevo dalla borsetta un fazzoletto di carta e lo porgevo a Liam. Questi scosse la testa.
Lascia perdere. E' McCarroll che è un cazzone”.
Mi hai spaventata a morte” replicai sull'orlo del pianto.
Scusa.” Una parola che non pensavo sapesse pronunciare. Mi sedetti accanto a lui, lasciando che le lacrime scorressero libere. Mi ero persino dimenticata delle bionde, di Noel, di tutto. Poggiai la testa sulla sua spalla, e rimanemmo così per un po'.
Stai bene?” chiese Noel, burbero, avvicinandosi al fratello. Liam annuì. “Ho sistemato McCarroll”.
Ci sarei riuscito anche da solo” replicò il minore. Lo guardai con disappunto. “Beh, il tuo labbro dice il contrario”, lo canzonò Noel.
Fanculo, Ourkid”.
Comunque i vostri testi fanno schifo”, sancì Noel, piantando gli occhi su di me.
Lo so, grazie tante. Pensi di saper fare di meglio?” chiese Liam, provocatorio.
Io non lo penso, io ne sono sicuro.” Noel incrociò le braccia sul petto, guardando il fratello con aria di superiorità.
Bene. Ne parlerò con i ragazzi. Entrerai nel gruppo, ourkid. Sei contento?”, tamponandosi con il fazzoletto ormai completamente imbevuto di sangue.
A una condizione.”- fece una pausa, dove il suo sguardo tornò a concentrarsi su di me per qualche secondo. “Che suonerete solo le mie di canzoni. Diventeremo qualcuno, stanne certo.”
Ci sto.” I due si strinsero la mano. Sui loro volti comparvero due sorrisi soddisfatti. Ancora non sapevo chi sarebbero diventati. Ma l'amore malcelato tra di loro era palese.


















Eccomiii. Ho scritto un capitolo extra large, perdonatemi. Ero troppo ispirata e non sono riuscita a farne a meno, e devo dire che sono abbastanza soddisfatta del mio operato. Detto questo, spero mi perdonerete. ç.ç E spero vi piaccia. Le recensioni sono sempre accette! Grazie a tutti coloro che seguono questa storia. :') Cheers

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Capitolo 11
*** Let me be the one that shines with you. ***


28.05.1992.

Sbuffai, appoggiandomi allo stipite del portoncino. Quella sera a Manchester faceva caldo, un caldo terribile. Il che era abbastanza insolito, sebbene maggio stesse per finire. Udii dei passi oltre la porta. Ed era ora, era la terza volta che suonavo il campanello. Ma finalmente la porta si spalancò, ed un sorridente quanto sudato Bonehead fece la sua comparsa davanti a me.
Volume un po' troppo alto, eh?” lo salutai con un sorriso, mentre lui si faceva da parte per lasciarmi passare. “Sei tu che sei sempre in ritardo”, replicò lui, seguendomi giù per quelle scale che ormai avevo imparato a conoscere così bene in quell'ultimo periodo.
La sala prove, se così si poteva definire, tecnicamente era il garage di casa di Bonehead. Ma dal momento che lui, come la maggior parte dei membri della band, non possedeva né patente né tanto meno una macchina, aveva saputo sfruttare quello spazio per uno 'scopo superiore'-come amava definirlo lui. Gli Oasis – sì, perché i The Rain erano diventati Oasis- provavano una volta a settimana, sempre di giovedì pomeriggio. E fu così che anch'io, avendo assistito all'entrata di The Chief nella band, diventai un'assidua frequentatrice del garage di Bonehead. Del resto, ero o non ero la ragazza di Liam? Ed eccolo lì, in piedi dietro al suo microfono, il volto atteggiato in quell'espressione spavalda e maliziosa che tanto lo contraddistingueva. “Ohh, ma guardate un po' chi si fa vedere!” vociò, non appena misi piede nella grande stanza così scarsamente illuminata.
Pensa che stavo per mandare Guigsy a cercarti” continuò imperterrito, mentre io mi abbandonavo come di consueto su un divanetto all'angolo. “Non scomodarti, tesoro mio” replicai con un ghigno, sovrastando la voce del povero bassista che farfugliava qualcosa in risposta a Liam.
Dai, muovetevi. Slide Away l'abbiamo fatta di merda, vedete di mettervi d'impegno” ordinò Noel, imperioso. Non sembrava avermi notato. Scrutai i suoi movimenti, con sguardo indagatore. Ma in fondo quello era il suo modo di comportarsi. Mettetegli in mano una chitarra, e si sentirà in dovere di comandare tutti, ignorando spudoratamente qualunque cosa non riguardi le sue fottute canzoni.
E Slide Away fu, con quei giri di chitarra che tanto mi piacevano. E la voce di Liam che quasi urlava dentro al microfono. Tutto era perfetto. Mimai le parole con le labbra; ormai sapevo a memoria una buona parte del repertorio degli Oasis, che comprendeva anche brani dei miei adorati Beatles e degli Who.


Now that you're mine
We'll find a way of chasing the sun.
Let me be the one that shines with you,
In the morning when you don't know what to do.

Non potei fare a meno di arrossire sentendo lo sguardo di Liam fisso su di me. Noel invece se ne stava in piedi in un angolino, attaccato all'amplificatore. Sembrava avere occhi solo per la sua chitarra. Incrociai per caso lo sguardo di Bonehead, che ricambiò con un'espressione che conoscevo bene; mi doveva parlare, non c'erano dubbi. Per quanto potesse sembrare strano, Bonehead era diventato il mio confidente numero uno, dal momento che Paul aveva lasciato Manchester per lavoro e ci sentivamo di rado. Noel si lanciò nelle ultime note della canzone, suonate con una passione che raramente gli avevo visto addosso. Il resto della band lo seguì senza scomporsi troppo, i volti contratti in una smorfia concentrata. Tutto doveva essere impeccabile, o Noel avrebbe rotto le palle per le successive due o tre ore.
Hey”. Liam si avvicinò rapidamente, la mano saldamente serrata attorno a una lattina di Guinness.
Neanche il tempo di replicare, che subito mi mise a tacere con un bacio dal forte retrogusto alla birra. “Vacci piano, Gallagher, quella lingua ti serve ancora. O altrimenti non potrai più cantare”.
Naa, per oggi ho cantato abbastanza” rispose, con una vena maliziosa nella voce.
Beh, Noel non sembra pensarla allo stesso modo”, accennando al chitarrista, che sbuffava contrariato alle spalle di Liam. Questi però non sembrò preoccuparsene. Almeno finché The Chief non perse veramente la pazienza. “Liam, cazzo!”
Arrivo”, biascicò Liam alzando teatralmente gli occhi al cielo. E in un lampo tornò al suo posto, pronto ad intonare per l'ennesima volta una delle canzoni scritte dal fratello.

Spara”, ordinai a Bonehead, una volta terminate le prove. Avevo approfittato della momentanea assenza dei fratelli, intenti a fumare in cortile o a fare chissà cos'altro.
Il chitarrista mi scrutò per qualche istante con un'espressione indecifrabile. “Non vorrei farti venire dei dubbi ma...” fece una pausa, appoggiandosi alla parete del garage coperta da scatole di uova. “Ma?” gli feci eco io, impaziente.
Noel si comporta in modo strano in tua presenza. Non hai notato la sua faccia quando Liam è venuto a...ehm...salutarti?”, pronunciando l'ultima parola con particolare esitazione. Io incrociai le braccia sul petto, avvertendo in quel momento un improvvisa ondata di calore. Quel posto era un forno o ero io che stavo andando a fuoco? Ad ogni modo il mio amico non sembrava curarsene. Continuai a fissarlo senza capire. “Sai com'è fatto. Cosa diavolo c'è di strano? Era solo innervosito perché ho distratto Liam”.
Oh, andiamo Maggie. Lui è geloso.”
Quell'ultima frase suonava così ridicola, persino alle mie orecchie, che non potei fare a meno di scoppiare a ridere in faccia al povero Bonehead. Che, per tutta risposta, continuò a fissarmi stralunato. “Guarda che sono serio”.
No, non lo sei. Dico, ma ti sei messo a leggere romanzi rosa per caso? Stiamo parlando di Noel Gallagher.” replicai, forse più per convincere me stessa che il chitarrista.
Per quanto possa sembrarti strano, anche lui ha dei sentimenti. Almeno credo..”
Non lo metto in dubbio, ma andiamo! Hai visto le bionde che gli girano intorno?”, alzai il tono di voce, certa di aver trovato una motivazione inattaccabile.
E' da quando sei arrivata a Manchester che ti ha messo gli occhi addosso, lo sanno anche i muri”, rispose lui perentorio.
Di colpo sentii le guance avvampare. “Stronzate, Bonehead, stronzate. Vecchia pettegola che non sei altro!”, esclamai sferrandogli un ridicolo pugnetto sulla spalla. Lui sorrise di rimando, rassegnato. Non avrei ceduto, non gli avrei dato ragione. Anche se forse nella parte più remota di me qualcosa si era mosso.

Accidenti Liam, ma quanto hai bevuto?”
Liam rise sguaiatamente, fissandomi con occhi vitrei. “Troppo, decisamente”, mi affrettai a concludere, cominciando ad escogitare un modo per farlo arrivare sano e salvo a casa. Dopotutto, quella specie di party post- prove a casa di Bonehead non era una novità, vista la tradizione mancuniana (e non solo) di bere come spugne finché si ha un fegato.
Gettai uno sguardo sull'orologio. Le undici e mezza. Se non fossi tornata a casa entro mezzanotte mio padre mi avrebbe uccisa. Tirai Liam per un braccio, ma lui si ostinava a rimanere accasciato lì, accanto al divano di Bonehead, come se niente fosse. “Liam, io devo tornare”.
Noooo, rimani ancora un po', è uno spasso qui”. Mi guardai intorno. Che cosa, di preciso, era uno spasso? Guigsy e Bonehead che giocavano a freccette? O McCarroll avvinghiato ad una bionda- comparsa magicamente dal nulla-? Alzai le spalle. “Lo sai, ho il coprifuoco”.
Liam mugolò come un bambino capriccioso, tirando la mia mano e costringendomi a chinarmi su di lui. Mi baciò con foga, a lungo. Quando mi staccai mi guardò con uno sguardo perso. Tutto effetto delle droghe o dell'alcohol, senza dubbio.
Mi congedai da Bonehead, brillo anche lui, con la promessa che si sarebbe preso cura del mio 'fidanzatino'. Detto questo, decisi coraggiosamente di affrontare il breve tratto di strada che mi separava da casa mia da sola. Per mia fortuna, non appena uscii in cortile fui investita da una folata d'aria fresca, un sollievo per la mia pelle bollente. Trassi un lungo respiro pensando che, dopotutto, casa mia era dietro l'angolo. Percorsi il breve tragitto a passo svelto, mantenendo lo sguardo rigorosamente basso.
Alzai gli occhi solo quando capii di essere arrivata in prossimità della mia casa, illuminata fiocamente dalla luce di un lampione che possibilmente contribuiva a conferirle un'aria ancora più tetra. “Oh, benissimo”, mormorai a me stessa notando che le luci erano già spente. Mio padre era già andato a dormire, il che significava che la mattina successiva mi sarei dovuta aspettare una bella predica. Ma non mi ero accorta della figura rannicchiata lì, vicino alla siepe, nella penombra. Non appena questa si mosse, io sobbalzai, imprecando sottovoce. Perché riconobbi in un istante quella sagoma. “Si può sapere cosa ci fai davanti a casa mia? Mi hai spaventato a morte!”
Il ragazzo si alzò barcollante, raggiungendomi sotto la luce bianca del lampione. Non mi ci volle molto per capire che anche Noel era sbronzo. “T-ti stavo aspettando” bofonchiò trafiggendomi con le iridi azzurre. “Sai che tutto questo è inquietante, vero?” commentai incrociando le braccia sul petto, senza muovermi di un millimetro. “Cosa?” The Chief mi guardò senza capire. Io scossi la testa; sarebbe stato inutile fare discorsi complicati visto lo stato in cui si trovava.
Noel, sei sbronzo.”
Cosa pensi di me?”, chiese facendo un passo avanti. Mi chiesi dove volesse arrivare.
"Beh, sei un ragazzo simpatico, intelligente..” cominciai, ancora spiazzata da quella domanda.
Fottutamente bello”, continuò lui. Scoppiai a ridere, mentre un vago sorriso si dipingeva anche sul suo volto. Sbronzo, certo, ma non quanto il fratello.
Noel gettò un'occhiata all'orologio, poi tornò a guardarmi malinconico. Improvvisamente realizzai tutto. Data, ora, ricorrenza. Combattendo la timidezza, avanzai di un passo, trovandomi praticamente a un palmo dal ragazzo. “Buon compleanno, Noel”. Le mie labbra sfiorarono la sua guancia. Noel non mosse un muscolo, forse per timidezza, forse per la sorpresa. Mi voltai rapidamente, decisa a porre fine a quell'imbarazzante situazione. Ma lui non sembrò accontentarsi.
Afferratami per il polso mi trasse a se senza troppi complimenti. E prima che potessi ribellarmi in alcun modo le sue labbra incontrarono le mie. Assaporai quel bacio così nuovo, così segretamente agognato, lasciando da parte l'orgoglio e i sensi di colpa. Almeno per qualche minuto. Perché molto in fondo, era quello che volevo anch'io. Passai una mano tra i capelli di Noel, che mi baciava avidamente. Ma se non ci fossimo fermati la cosa sarebbe andata preoccupantemente oltre.
Questo sì che è un compleanno” dichiarò lui a mezza voce, gli occhi ancora fermamente piantati nei miei. Sapevo che tutto ciò era sbagliato, ma per quanto ancora dovevo continuare a negarlo a me stessa? Quel bacio, quell'errore, era stato un errore fottutamente perfetto. Sorrisi al ragazzo, portandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio. Era stata un'azione fatale, spontanea. E ne avrei pagato le conseguenze. Ma non era quello il momento.
Buonanotte, Gallagher”.
“Notte”, mi fece eco lui, grattandosi la nuca con un'espressione indecifrabile.

Meno di un minuto dopo, mi chiudevo il portoncino alle spalle, senza il minimo rumore. Avrei voluto lasciar fuori proprio tutto. Ma eccolo lì, il senso di colpa, sempre pronto ad attanagliarmi lo stomaco. Mi abbandonai a peso morto sul letto, senza neanche degnarmi di indossare il pigiama. Non c'erano certezze, se non quella che quella notte l'avrei passata insonne. Una cosa la dovevo ammettere: Bonehead aveva fottutamente ragione.

 

E così l'avevo fatto.
Rimasi ancora per qualche minuto a fissare il portoncino
dietro al quale era appena scomparsa Maggie.
Era stato un gesto improvviso, non ero riuscito a contenermi.
Ma non mi ero pentito di averlo fatto. Ero sbronzo, sì, ma lucido abbastanza.
Pensai a come anche lei aveva ricambiato.
Ora dovevo solo riuscire a conquistarla del tutto.
Dopo quella notte ebbi la certezza che ci sarei riuscito sicuramente.

Saaalve a tutti. Allora, sono tornata con un nuovo capitolo. Innanzitutto ringrazio di cuore tutti coloro che seguono questa storia, ogni recensione mi riempie di gioia, veramente. In secondo luogo, beh, questo capitolo l'ho riscritto ben 4 volte. E tutte e 4 le versioni sono completamente diverse. Spero comunque che apprezzerete, ho dato una svolta drastica alla fic. C: Ma non è finita qui, nuovi guai sono all'orizzonte! *musichetta infernale*
Beh, detto questo non mi resta che salutarvi. A presto bella gente, attendo commenti e opinioni! Niente paura comunque, anche Liam avrà il suo momento di gloria. (?) Ok, dai. Love you all, cheers. X

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