Fairytale

di Wren
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Prologo

Dove muore un sacco di gente, il patetismo è alle stelle, Touya pensa troppo, non si parla molto del protagonista e non succede nulla di interessante, ma daltronde questo doveva essere solo un prologo! *eccheccazz*

*

Cera una volta un notte stellata.

Non un solo rivolo di nube tagliava il cielo ed un brillante quarto di luna sorrideva col suo fare enigmatico, come se già avesse saputo quale straordinaria storia stava per avere inizio da qualche parte laggiù, sulla terra degli uomini.

In uno sperduto villaggio, tanto piccolo da non aver meritato neppure un nome, da una capanna di paglia e stracci, tenuti in piedi per miracolo da qualche trave scricchiolante, si alzò il primo pianto di un bambino e tutte le stelle, udendo quel suono, presero a tremare per lemozione.

Questo sarà un bambino speciale! sentenziò lanziano del villaggio, leggendo i segni del cielo. Perché lintera volta celeste sta festeggiando la sua nascita! Farà grandi cose, vivrà avventure straordinarie e un giorno diventerà Re!

I genitori del piccolo gioirono molto di quella profezia, perché erano molto poveri e temevano che non sarebbero riusciti a rendere felice il loro bambino.

Il padre prese il bimbo in braccio e lo portò fuori dalla capanna, mostrandolo con orgoglio a tutto il mondo.

Sei già uno splendido principino, Shaoran!

*

Passarono alcuni mesi da quel giorno, ma nulla sembrava lasciar pensare che la vita del piccolo Shaoran sarebbe potuta essere poi così straordinaria.

Carestia e Pestilenza colpirono il regno ed il piccolo villaggio ne fu devastato. Luomo fece del suo meglio per proteggere la sua famiglia, ma sua moglie, già debole di costituzione, si ammalò e nessuno fu in grado di curarla.

Promettimi che farai tutto ciò che è in tuo potere per far sì che il nostro piccolo Shaoran possa incontrare il destino che gli è stato predetto... gli chiedeva sempre.

Poco dopo la donna morì, lasciando il marito solo con il bambino e quella promessa.

Quella notte luomo portò nuovamente il bambino sotto il cielo stellato e crollò sulle proprie ginocchia, distrutto dalla disperazione.

Vi prego! Se la profezia è vera, fate che si compia presto! Non sopravvivremo così per molto ancora!

Perché ti disperi, buon uomo?

Il poveretto si ritrovò davanti un giovane cavaliere in groppa ad un maestoso destriero. Le bardature del cavallo riccamente ornate e i preziosi abiti che indossava il giovane ne testimoniavano le nobili origini.

Mio signore... cominciò luomo, sperando che quella fosse la risposta alle sue preghiere. ...mia moglie è morta e presto temo che morirà anche mio figlio! Quindi pregavo le stelle affinché mio figlio si salvasse e potesse un giorno diventare Re, come gli era stato profetizzato alla nascita!

Il cavaliere a quelle parole si stupì, ma fu lesto a nascondere la sua sorpresa ed immediatamente rispose alluomo.

Da a me il tuo bambino, mi curerò io di lui! Vivo alla corte del Re e certamente sarà più facile che la profezia si avveri, se verrà con me!

Che poteva fare il poveruomo? Per quanto amasse il figlio, sapeva che unoccasione del genere non si sarebbe mai più ripresentata. Lidea di perdere anche il piccino dopo sua moglie gli straziava il cuore, ma si fece forza e, dopo un ultimo abbraccio , consegnò suo figlio al cavaliere.

Senza aggiungere più nulla, il ragazzo spronò il cavallo e luomo rimase immobile dovera a guardarlo allontanarsi col suo bambino. Non seppe mai se quando scomparvero dalla sua vista fu perché erano ormai troppo lontani o perché le lacrime gli avevano offuscato gli occhi.

*

Touya cavalcava in direzione del palazzo, incerto su cosa fare di quel bambino.

Era stato senza dubbio il destino a farglielo incontrare proprio mentre rientrava a casa per via della morte di suo padre. Si trovava lontano da casa da molto tempo, impegnato in una complicata trattativa con il regno vicino quando gli era giunta la notizia.

Re Clow era morto, lunga vita al nuovo Re.

Il principe Touya era stato educato a tenere per sé le proprie emozioni, ma in quel luogo così lontano da casa, completamente solo ed improvvisamente orfano aveva sentito unimmensa tristezza posarglisi sulle spalle.

Era partito il prima possibile, perché non poteva lasciare il regno senza reggente per troppo tempo in quei tempi oscuri e soprattutto doveva occuparsi della sua sorellina ancora in fasce. Per quanto si fidasse di Yukito, già mago di corte nonostante la giovanissima età ma prima di tutto suo amico dinfanzia, non riusciva a sentirsi tranquillo per la piccola Sakura finché non lavesse vista coi propri occhi.

Ed ora eccolo al galoppo sulla strada verso casa, lui che stava per diventare Re con in braccio un bambino destinato, a quanto pareva, a diventare Re a sua volta. Forse non tutti avrebbero dato tanto peso ad una profezia allapparenza tanto assurda, ma Touya conosceva il peso del destino e delle predizioni ed aveva imparato a dar loro il giusto peso.

Quel bambini sarebbe diventato Re, dunque... ma come avrebbe fatto?

Non essendo nobile, non cera che una possibilità, ne era sicuro: avrebbe conquistato il trono con la forza. E questo Touya non poteva permetterlo, non voleva vedere il regno sconvolto da un colpo di stato, perciò concluse che doveva fare qualcosa con quel piccolo futuro pericolo.

In principio ponderò seriamente lidea di abbandonarlo nel cuore di una foresta alla mercé di qualche bestia selvatica, ma scartò quellinfima soluzione. Seppur certo che quel bambino un giorno avrebbe commesso chissà quali scelleratezze, per ora restava una creatura innocente ed indifesa e Touya non aveva intenzione di alzare un dito contro di lui. Per ora.

Depennata leliminazione fisica del problema, il principe decise che il miglior modo per impedire al bambino di far danni in futuro era tenerlo costantemente docchio.

Quando giunse ai cancelli del palazzo arrestò il cavallo e scese davanti alla casa del guardiano.

Principe! Siete tornato finalmente! E un piacere rivedervi, specialmente ora... lo salutò luomo con un sorriso carico di affetto.

Touya sentì una fitta al cuore, come se tutta non riuscisse più a trattenere la tristezza di quei giorni. Conosceva Fujitaka fin da quando ricordava, sempre presente se cera bisogno di lui, sempre pronto a dare un consiglio o un sorriso incoraggiante a lui o a Yukito. Si fidava di quelluomo e lo considerava alla stregua di un secondo padre.

Fujitaka... Devo chiederti un grosso favore...

Gli raccontò ogni cosa.

Dellincontro con il padre disperato, del bambino, della profezia, delle sue preoccupazioni ed infine delle sue intenzioni a riguardo.

Vorrei che ti occupassi di questo bambino. Così potrò tenerlo docchio ed impedire che si compia il suo destino.

Fujitaka laveva ascoltato paziente, cogliendo dietro alle parole sicure di un vero Re, la stanchezza e la sofferenza di un ragazzo troppo giovane per così tanti oneri. Sarebbe stato felice di aiutarlo per quel poco che poteva.

Farò in modo che cresca nel migliore dei modi e farò di tutto per impedire che diventi un pericolo per voi. e detto questo prese il bambino dalle braccia del principe, impegnandosi con quel gesto ad occuparsene da quel momento in avanti.

Touya annuì grato e se ne andò dalla casa del guardiano, diretto verso il palazzo, dove presto avrebbe preso il posto di suo padre e sarebbe diventato Re.

Fujitaka, rimasto solo col piccino, parve accorgersi solo in quel momento di cosa fosse il fagotto che teneva al collo. Sarebbe stato in grado di fare da genitore a quel bambino?

Era ancora roso dal dubbio quando qualcosa di molto piccolo gli afferrò stentatamente la camicia. Fujitaka abbassò lo sguardo sul bambino che lo guardava con gli occhi spalancati pieni di dubbi. Il guardiano sollevò il piccolo un poco, come se volesse guardarlo dritto negli occhi.

E così sei già sospettato di alto tradimento... gli disse scherzosamente. Gli cadde locchio su una piccola scritta ricamata sul cencioso abito del bambino. ...Shaoran?

Il bambino gli rispose con un grande sorriso, felice ed assoluto come solo quello dei bambini riesce ad esserlo.

Fujitaka sorrise a sua volta ed in cuor suo seppe che tutto sarebbe andato bene.

***

continua

Ma non doveva essere una storia Shaoran-centric? Almeno per ora?

Beh nei prossimi capitoli arriveremo a saturarci le palle di Shaoran, trust me!XD

...questo prologo fa cagare...

***

Cross-posted con

FANFIC SHRINE => http://rosed.altervista.org

La Strada dei Sogni => http://community.livejournal.com/dreamlane

The Fangirl Within => http://fengtianshi.livejournal.com

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Capitolo 1

Dove, se Hitsuzen vuole, si parlerà un poco di più del protagonista, della sua smielevole infanzia, di quell’irrinunciabile sentimento chiamato Ammmore, di quanto teneramente possa sbocciare nel cuore di due bambini cresciuti insieme e, se avanzerà tempo, della giusta sfiga che doveva loro capitare per forza, altrimenti che ci scrivo una storia a fare!?

.

“Papà! Papà!”

Fujitaka abbandonò sul tavolo la mappa del giardino reale e si alzò dalla sua sedia. Dopo pochi istanti la porta principale della casa venne spalancata e si sentirono dei cassettini affrettati sul pavimento di legno.

“Papà!”

“Sono qui, Shaoran...”

Il guardiano andò in contro al figlio e lo tirò su in braccio non appena il bambino non l’ebbe raggiunto correndo.

“Non indovinerai mai cosa ho scoperto oggi!”

Fujitaka sorrise compiaciuto. Shaoran era un bambino intelligente e curioso e non vi era giorno in cui non tornasse a casa annunciando pieno di meraviglia di aver scoperto qualcosa di nuovo ed inaspettato. Una volta era uno stagno nel quale vivevano dei lucenti pesci bianchi come perle, la volta dopo un albero talmente curvo su sé stesso che aveva assunto l’aspetto di uno strano animale a quattro zampe, la volta ancora successiva aveva trovato una piccola grotta talmente nascosta che era sconosciuta persino a lui stesso, che del grande giardino avrebbe dovuto conoscere tutto. E pensare che aveva soltanto dieci anni.

“Cos’hai trovato? Una città in miniatura nascosta sul fondo di un lago?” gli domandò sistemandoselo meglio tra le braccia.

“No! Ho trovato una bambina!”

Di tutte le risposte possibili, quella era veramente l’ultima che Fujitaka si aspettasse. Il suo sguardo perplesso fu la felicità di Shaoran, il quale amava moltissimo riuscire a stupire il padre coi racconti delle sue esplorazioni. Quella di oggi era poi la più incredibile di tutte.

“Dietro al palazzo c’è una terrazza grande grande! Di solito non c’è nessuno, però oggi ci si è affacciata una bambina! Non sapevo che ci fossero altri bambini qui!” raccontò Shaoran elettrizzato per la scoperta.

“E avete parlato?” gli chiese Fujitaka, cominciando già a capire di chi si trattasse.

Shaoran abbassò lo sguardo diventando all’improvviso tutto rosso.

“Mi ha chiesto come mi chiamavo... ma io ero così sorpreso che sono scappato via... confessò a mezza voce.

Fujitaka ridacchiò e mise a terra il bambino, dandogli un’affettuosa arruffata ai disordinati capelli castani.

“E’ maleducazione non rispondere quando qualcuno ci fa una domanda... specialmente se si tratta di una signorina!” gli disse senza alcuna nota di rimprovero nella voce.

“...dovrei tornare a dirle come mi chiamo?” domandò Shaoran incerto.

Dipende... ti farebbe piacere conoscere quella bambina?”

“Sì!”

Shaoran rispose così in fretta e con così tanto impeto che strappò un’altra risatina a suo padre.

“Allora che aspetti?”

Il bambino uscì dalla casa in fretta e furia, lasciando Fujitaka ai suoi pensieri. Non poteva che essere una persona soltanto, non vi erano altre bambine a palazzo. Forse qualche preoccupazione avrebbe dovuto farsi viva in lui, ma il guardiano non era il tipo d’uomo che si fasciava la testa prima di rompersela e ben presto tornò a concentrarsi sul proprio lavoro.

.

Shaoran attraversò la distesa d’erba ben curata che separava casa sua dal palazzo il più velocemente che le sue gambe gli permisero.

E se non fosse più stata là?

E se non l’avesse più rivista?

Si diede dello stupido fifone almeno un milione di volte prima di raggiungere il terrazzo, col cuore che gli batteva all’impazzata. Guardò in alto sperando di scorgere il visino sorridente della bambina, ma non c’era assolutamente nessuno affacciato sul giardino. Una delusione immensa cadde sul bambino e lui fu certo di non essersi mai sentito più triste prima di quel momento.

“Sei tornato?”

La sorpresa fu tale che Shaoran fece un salto indietro e finì per terra. La bambina non si trovava più lassù in alto, ma era poco lontano da lui nel giardino. La vide correre preoccupata verso di lui, per aiutarlo ad alzarsi.

“Io... Io stavo... Io sono...” balbettò Shaoran facendosi tirare in piedi dalla bambina.

Lei lo guardava un po’ perplessa per tutta la sua agitazione e Shaoran decise che stava facendo la figura dello scemo e non gli piaceva l’idea che la bambina si facesse quell’impressione.

“Shaoran!” esclamò con molta più convinzione. Salvo che nemmeno stavolta la bambina capì cosa stesse dicendo e lui si diede una sberla sulla fronte.

“Il mio nome è Shaoran!” ripeté.

Sul viso di lei si accese un sorriso felice e senza preavviso gli gettò le braccia al collo.

“Sei tornato davvero allora! Sono scesa in giardino di nascosto perché volevo chiederti scusa! ...no beh, in realtà anche perché volevo conoscerti... Non avevo mai visto altri bambini oltre a me qui!” raccontò lei tutta contenta.

“Nemmeno io!”

“Devi esserti sentito tanto solo allora! Perché anche io mi sentivo tanto tanto sola... anche quando il fratellone e Yukito-san e tutti gli altri erano con me... a me sembrava di essere sola...”

Shaoran scoprì che il faccino triste di quella bambina lo faceva stare anche peggio di come si era sentito poco prima, quando pensava che non l’avrebbe più rivista.

“Anche io... Anche se il mio papà c’è sempre, mi capita spesso di sentirmi solo...

La bambina gli afferrò la mano e lo fissò con i suoi grandi occhi verdi illuminati da una determinazione sconfinata.

“Allora vuoi diventare mio amico? Così non saremo più soli!”

“Sì! Mi piacerebbe moltissimo!”

La bambina rise di felicità e gli strinse la mano.

“Io sono Sakura! Diventiamo amici, Shaoran!”

.

Yukito sapeva.

L’aveva capito immediatamente.

La principessa Sakura era sempre stata una bambina allegra e solare, sempre pronta a compiere un gesto gentile per chiunque ne avesse bisogno, sempre con un sorriso sulle labbra. Ma ogni volta che sorrideva, Yukito si sentiva invadere da una tremenda tristezza, perché gli sembrava un sorriso... incompleto.

Quel giorno la vide tornare dal giardino che il sole era già basso sull’orizzonte e le chiese dove fosse stata per così tanto tempo. Il sorriso con cui gli rispose era così vero che gli venne voglia di piangere.

“Ho giocato…” aveva risposto la principessina, facendo la misteriosa e lanciando occhiatine al giardino ormai alle sue spalle.

Yukito aveva alzato lo sguardo ed aveva visto in lontananza un bambino che correva verso casa. Ed aveva capito.

Yukito sapeva, ma non ne aveva mai fatto parola con Touya, il che rappresentava un doppio tradimento essendo lui il suo Re e la persona per lui più importante. Avrebbe dovuto parlargliene, perché lui avrebbe voluto saperlo.

Non gli aveva detto nulla perché aveva preferito dare una chance al futuro... per il bene del sorriso di una piccola principessa. Forse quel bambino era davvero destinato a portare la disgrazia sul regno e Touya dovrebbe sapere, farebbe solo del bene a tenerlo lontano dalla sua sorellina. O forse no, e Yukito voleva credere.

Così lasciò passare gli anni osservando in silenzio Sakura che rientrava dal giardino ogni giorno, mentre cresceva e diventava grande, finché un giorno si rese conto che il sorriso della principessa era cresciuto con lei e si era illuminato di qualcosa di nuovo.

.

A quindici anni, si sa, una ragazza riesce ad essere molto più perspicace di un ragazzo, e mentre Sakura aveva già accolto con cura e tenerezza il sentimento che si era dischiuso (tra i petali del tempo?) nel suo cuore, Shaoran ancora non riusciva a capire cosa fosse quella sensazione, come di uno stormo di farfalle imprigionate nel suo stomaco, che lo agitava e gli mozzava il fiato ogni volta che era con la principessa. Era cominciato poco a poco, ma cresceva sempre di più, ad ogni sorriso, ad ogni sguardo, ogni volta che la vedeva comparire di corsa dalle imponenti porte del palazzo ed ogni volta che lei lo salutava perché il sole stava già calando e non poteva trattenersi oltre. Il ragazzo credeva che un giorno il suo cuore sarebbe esploso da tanto batteva quando lei gli era accanto, eppure non capiva cosa fosse cambiato in lui da quando entrambi erano bambini.

“Allora andiamo, Shaoran? Mi avevi promesso che mi avresti mostrato un posto fantastico per il nostro picnic!”

“Sì beh... è un posto molto bello... a me piace molto. Spero che piacerà anche a te!”

“Se piace a te allora piacerà sicuramente anche a me!”

Sakura sorrise in quel suo modo speciale, riservato a lui soltanto, e Shaoran si sentì ancora una volta completamente scombussolato. Prese il cestino del pranzo che la principessa teneva tra le mani, non voleva certo che fosse lei a portare quel peso sia pure leggero, e si diresse in tutta fretta verso il luogo che aveva scelto.

Sakura in pochi passi di corsa lo raggiunse e gli afferrò un braccio, tenendoselo stretto mentre lo seguiva. Amava sentire Shaoran vicino a sé. Il ragazzo dal canto suo, non che non apprezzasse tale vicinanza, anzi... però era talmente intensa che rischiò di inciampare sui propri piedi ben più di una volta durante il viaggio e sarebbe di sicuro caduto se la ragazza non l’avesse tenuto in piedi ogni volta che incespicava.

Entrarono nel bosco di cedri e Shaoran cercò di concentrarsi di più sulla strada, osservando attorno a sé i piccoli segni noti a lui soltanto che gli indicavano il percorso da seguire. Di tanto in tanto Sakura indicava piena di entusiasmo un buffo animaletto che sbucava da sotto una radice, un fungo dall’eccentrico cappello o una pianta con le foglie dalla forma contorta e domandava a Shaoran di cosa si trattasse e lui era più che felice di fermarsi per raccontarle quale meraviglia avesse appena scoperto.

“Ci siamo quasi!” annunciò Shaoran fermandosi. Davanti a loro c’era un muro verde di rami di salice.

Sakura lo osservò a bocca spalancata perché vedere tutte quelle fronde sottili che piovevano verso il basso come una gigantesca cascata era uno spettacolo davvero eccezionale. Shaoran la prese per mano e si addentrò in mezzo ai rami e condusse Sakura al di là della barriera di piante.

C’era una radura completamente circondata di salici, al cui centro gorgogliava in mezzo ai massi ed all’erba una piccola sorgente.

Se Sakura era rimasta già impressionata dall’esterno, ora era assolutamente senza parole. Era come una grande stanza verde con un tetto azzurro.

Un luogo tutto per loro.

“Grazie!”

In preda all’entusiasmo si gettò al collo di Shaoran e lo abbracciò forte forte come era solita fare da bambina (con gli anni aveva smesso perché le era stato insegnato che certe cose non stavano bene...) e cominciò a ridere contenta, ripetendo “Grazie! Grazie!”.

Shaoran non sapeva davvero cosa fare. Era talmente felice e talmente imbarazzato allo stesso tempo che prese a girargli la testa ed alla fine ricambiò l’abbraccio, adducendo come scusa con sé stesso che, se non l’avesse fatto, avrebbe rischiato di cadere definitivamente quella volta.

Freneticamente come l’aveva abbracciato, così Sakura si staccò dall’abbraccio, recuperando il cestino dalle sue mani e cominciando a sistemare sul soffice tappeto verde una grande tovaglia bianca e diverse vettovaglie.

“Non vedo l’ora di mangiare tutte queste cose buone in questo posto bellissimo con te!” esclamò felice mentre ancora lavorava.

Shaoran pensò che prima o poi avrebbe dovuto farci l’abitudine a quel tuffo al cuore o sarebbe morto decisamente troppo giovane.

Si accomodarono accanto alla sorgente, praticamente al centro della radura, e cominciarono a mangiare parlando di questo o quello, ma per lo più godendosi in silenzio quel pomeriggio dorato.

“Vuoi assaggiare questo, Shaoran?” domandò ad un tratto Sakura, porgendogli una polpettina infilzata su di un bastoncino.

Shaoran la prese ringraziando e la assaggiò.

Era tutto buonissimo quello che Sakura aveva portato, ma la polpettina aveva un sapore diverso, come se avesse qualcosa in più, che la rendeva speciale. Lo disse a Sakura e lei rise contenta offrendogli un intero piatto di polpettine.

“Le ho fatte io!” gli disse mentre lui mangiava di gusto.

Shaoran la guardò sorridere in un modo diverso, un modo che non aveva mai notato prima.

“Le ho fatte apposta per te, con tutto il mio amore... ed il volto della principessa divenne di un bel rosso acceso.

E in quell’istante Shaoran capì. In un attimo soltanto comprese quello che gli era stato impossibile vedere negli ultimi anni, ed era così chiaro nella sua mente che fu esattamente come se l’avesse sempre saputo.

Pur non riuscendo ad allontanare il rossore che gli era salito sulle guance, riuscì a parlare senza esitazione alcuna.

Anche io ti amo, Sakura.”

.

Touya se ne accorse che era ormai troppo tardi.

Prima era nato il sospetto, poi i dubbi si erano accumulati l’uno sull’altro finché non erano diventati una mezza certezza. Poi quel giorno aveva visto Sakura tornare da una delle sue gite fuori da palazzo con un’espressione sognante, viso arrossato e gli occhi che brillavano e si rese conto che avrebbe dovuto agire già molto tempo prima, anche a costo di basarsi su di un infimo sospetto soltanto.

Aveva cominciato già da tempo a sospettare che i suoi timori sul ragazzino che aveva affidato a Fujitaka fossero infondati per quanto riguardava l’eventualità che divenisse un usurpatore e di questo era sollevato. Però, che fosse destino o meno, non avrebbe mai permesso ad un ragazzino qualunque di portarsi via la sua preziosa sorellina.

Il Re attraversò l’atrio del palazzo quasi in passo di marcia ed avvicinò il capitano della guardia.

“Seishiro... manda a chiamare Fujitaka immediatamente!” ordinò con tono grave.

Era tempo di prendere provvedimenti.

.

.

.

…continua…

Gioia e tripudio, si è parlato di Shaoran in questo capitolo!

...ok ammetto che è di una smielevolezza disarmante, chiedo venia, non so gestire due ragazzini non complessati e/o traumatizzati ed innamorati senza scadere nella zuccherosità! ç__ç

Forza e coraggio che nel prossimo comincia un po’ di movimento (ed era ora!) ed incontrerete il vero motivo per cui sto scrivendo tutto questo!XD

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


No, non mi ero scordata di questa storia...
Spiacente per voi!XD






Capitolo 2
Dove assistiamo ad un ricordo riguardante Seishiro, poi l’Autrice si beve definitivamente il cervello, abbandona la pseudo serietà con cui aveva tentato di trattare questa storia, Shaoran finisce in un paese assurdo e ne sperimenta in prima persona il sistema legale. E poi fa il suo ingresso Kurogane.







Shaoran mandò giù d’un sol fiato le poche gocce che erano rimaste nel suo bicchiere ed accasciò la testa sul bancone della taverna.
Era trascorso all’incirca un mese da quando si era visto costretto ad abbandonare la sua casa e il regno. Da quando era stato separato da Sakura…
Non si era mai fermato, aveva proseguito il suo cammino a testa china, col cuore gonfio di ricordi che gli rallentava il passo. Doveva continuare a viaggiare, senza ai voltarsi indietro, o la tentazione di fare ritorno si sarebbe fatta troppo violenta da sopportare.
Lui non poteva più tornare.

Seishiro-san era il Capitano della Guardia Reale, lo era fin da quando Shaoran aveva memoria. All’apparenza sembrava tutto fuorché un guerriero, con quel suo sorriso cordiale e un paio di occhiali sempre calcati davanti agli occhi, che gli conferivano un’aria più intellettuale che militaresca, eppure una volta, da bambino, Shaoran l’aveva visto all’opera e ne era rimasto impressionato.
Un piccolo drappello di sicari si era introdotto nei giardini del palazzo e il bambino vi era incappato per caso durante una delle sue esplorazioni. Era ancora piccolo, non capiva cosa ci facessero là quegli sconosciuti, ma non sospettò che avessero cattive intenzioni finché gli uomini non lo videro e, rendendosi conto di essere stati scoperti, cercarono di chiudergli la bocca per sempre.
Shaoran aveva chiuso gli occhi spaventato quando l’avevano attaccato, ma nessun colpo l’aveva raggiunto, perciò aveva riaperto titubante gli occhi. Davanti a lui stava Seishiro col sorriso impeccabilmente scolpito sul suo volto nonostante la spada sguainata. Gli uomini che l’avevano aggredito erano a terra e, prima che Shaoran avesse tempo di muovere un muscolo, furono raggiunti dagli altri. Il Capitano si era mosso con tale forza e rapidità che gli assassini non avevano avuto modo di reagire.
Seishiro si era voltato verso di lui e gli aveva domandato con estrema gentilezza se stesse bene e Shaoran aveva fatto cenno di sì senza ricordarsi di chiudere la bocca, spalancata dallo stupore.
Da allora il bambino aveva cominciato a ronzare attorno al Capitano con curiosità, cercando di non farsi notare nel timore di essere mandato via. Seishiro se ne era accorto immediatamente ed invece di cacciarlo, con una risata, l’aveva invitato a farsi avanti.
Il Capitano aveva preso in simpatia il ragazzino ed aveva preso ad insegnargli i rudimenti della lotta, della scherma e del duello. Shaoran era un allievo capace e volenteroso ed aveva continuato ad essere il suo maestro negli anni a venire, fino al giorno in cui si era presentato davanti alla porta della sua casa con un’espressione mortalmente seria. Shaoran, abituato a vederlo sorridere affabilmente in ogni occasione, aveva compreso che non si trattava di una visita di piacere.
“Vieni con me Shaoran…” gli disse con un tono velatamente imperativo.
“Dove dobbiamo…?”
“Raccogli quanto ti serve per un viaggio e seguimi.”
Shaoran si era voltato verso suo padre, il quale a sua volta fissava il Capitano con un’espressione tanto addolorata quanto consapevole. Si era avvicinato al figlio e gli aveva appoggiato una mano sulla spalla, stringendola.
“Fa’ come dice…”
Shaoran aveva infilato in una sacca dei vestiti, alcuni utensili, delle provviste, ed aveva agganciato alla cintura la rudimentale spada che aveva imparato a maneggiare. Fece per uscire dalla soglia, ma Fujitaka lo raggiunse ancora una volta e lo abbracciò. Il ragazzo ricambiò il gesto disperato del padre senza fare domande e quando lui lo lasciò andare vide un’immensa tristezza nei suoi occhi e pensò che quell’immagine gli sarebbe rimasta incisa nella mente per sempre.
Seguì Seishiro-san fino alle stalle, presero dei cavalli e partirono.
Shaoran si guardò indietro e pensò a Sakura ed il pensiero di lei gli si conficcò nel cuore come una spina, senza che lui ne capisse il perché.
Cavalcarono per ore, sempre in silenzio, Seishiro in testa e Shaoran alle sue spalle, troppo in soggezione per fare domande. Infine giunsero alla strada maestra che conduceva ai confini del regno e laggiù si fermarono.
“Da qui in poi proseguirai da solo.” gli comunicò il Capitano.
Shaoran lo guardò senza capire ed aspettò che gli fosse spiegato meglio il significato di tutto quello che gli stava capitando.
Seishiro non per nulla contento del compito che gli era stato imposto, ma un ordine restava un ordine. Guardò con rammarico il ragazzo che era diventato col tempo suo allievo e ne ebbe un po’ compassione.
“Sei stato esiliato, Shaoran.”
“Cosa??? Ma… Perche…?”
“Il perché non conta. E’ un ordine del Re.”
Il ragazzo era esterrefatto. Tutto avrebbe potuto immaginare, tranne quello. Non aveva fatto nulla! Doveva trattarsi di un errore! Lui non poteva andarsene, doveva aiutare il padre nel suo lavoro, doveva incontrare Sakura e…
Sakura! Non poteva andarsene senza rivederla almeno un’ultima altra volta.
“Seishiro-san, con tutto il rispetto, non posso permetterle di mandarmi via!” e tirando le redini de cavallo, l’aveva fatto voltare per tornare indietro.
Prima che la cavalcatura potesse prendere velocità, Shaoran sentì un colpo terribile alla spalla e cadde dalla sella. Seishiro lo fissava con aria minacciosa, avvicinandosi.
“La prossima volta ti ucciderò, Shaoran. Non costringermi a farlo.” ed il ragazzo seppe all’istante che l’uomo avrebbe mantenuto quell’impegno senza ripensamenti.
“Ma…Io…non posso andarmene…” tentò disperato, senza la forza di alzarsi da terra.
“Mi dispiace.” ed il Capitano diceva sul serio, nonostante il cipiglio mortalmente serio che mostrava.
“…che posso fare per poter tornare?” domandò Shaoran.
“Per ora non c’è nulla che tu possa fare. Parti e vattene dal regno. Diventa forte ed un giorno, chissà… troverai la tua occasione per tornare, se è questo che vuole il Destino.”
Seishiro osservò il ragazzo per un lungo istante, poi spronò il cavallo in direzione del palazzo.
“Addio, Shaoran.”

Dopo giorni di viaggio attraverso regioni disabitate, montagne percosse da venti impietosi e foreste battute da feroci predatori, finalmente Shaoran aveva ritrovato un piccolo sprazzo di civiltà. Il villaggio che l’aveva accolto era solo un avamposto di confine, piccolo e povero, senza troppi edifici e con un esiguo numero di abitanti, ma anche in quel poco che offriva erano evidenti i segni di una cultura completamente diversa da quella a cui il ragazzo era abituato.
Era giunto in un altro regno.
La taverna nella quale aveva trovato rifugio era accogliente e l’oste estremamente gentile persino con lui che era un perfetto sconosciuto. Aveva pagato per avere una cena, ma alla fine la stanchezza e la nostalgia l’avevano portato a concludere la serata al bancone con un boccale (di dimensioni relativamente normali, ma a lui che non era abituato a bere sembrava enorme) pieno di una bevanda alcolica che non aveva mai visto prima, dal vivace colore giallo ed un aroma di limone. Ed ora che l’aveva finito, nonostante gli sembrasse le palpebre pesanti come macigni e la testa avesse da tempo cominciato a vorticare, sentiva il suo spirito vivo ed indomito come mai era stato.
“Non è giusto!” tuonò, dando un pugno al bancone.
“Ah… qualcuno qui ha avuto una giornata pesante…” commentò l’oste con un sorriso amichevole in direzione del nuovo arrivato evidentemente alticcio.
“Una giornata?” Shaoran si avvicinò con passo ciondolante all’uomo. “Una giornata??? Lei non ne ha idea! E’ più di un mese che vago come un selvaggio perché quel… quel… cavolo di Re mi ha mandato via senza nemmeno due paroline di spiegazione!”
“Caspita… un bel guaio davvero…” lo consolò l’oste dandogli una pacca di simpatia sulla spalla.
“Davvero…” sbuffò il ragazzo risprofondando nella depressione. “Non ho potuto nemmeno dire addio a Sakura…”
L’oste drizzò le orecchie.
“Sakura? E chi sarebbe questa ragazza?” domandò sospettoso. “…tua sorella?”
“No…” Shaoran si risollevò con la passione che gli ardeva negli occhi. “Sakura è l’amore della mia vita!”
L’aveva praticamente gridato, tanto che l’intera locanda ora lo fissava insieme all’oste. La cosa strana è che lo fissavano tutti molto male.
“GUARDIE!!!” strillò improvvisamente l’oste in preda al panico, stordendo la già molto provata testa del ragazzo.
Improvvisamente attorno a lui si fece un gran baccano ed una gran confusione, anche se lui era troppo rintronato dall’alcol per capire cosa stesse succedendo. Poi sentì delle mani afferrarlo con violenza e si ritrovò incatenato e trascinato via prima di avere il tempo di dire “Eh?!”.

“Silenzio in aula!” risuonò la voce decisa dell’uomo seduto sullo scranno.
Il fervente vociare della sala si spense all’istante, facendo piombare sul povero Shaoran, incatenato come il peggiore dei farabutti, un silenzio carico di tensione.
L’uomo che aveva zittito la piccola folla dei presenti indossava ampi abiti bianchi, aveva lunghi capelli argentei e dei profondi occhi violetti che erano intenti in quell’istante esatto ad osservare il ragazzo con aria di sufficienza.
“Io sono il Giudice Yue. Dimmi, ragazzo… sai perché sei stato condotto alla mia presenza?” gli disse con voce tagliente.
“Beh… veramente… no!”
Il giudice si accigliò.
“Non prendermi in giro, reati di tale dissolutezza non possono esser stati compiuti senza il preciso intento di ledere i sacri principi del Regno di Eagle!”
“Vi giuro, vostra eminenza, che non ne so nulla davvero!”
“Ragazzo! Stai giocando col fuoco! Ci sono molti testimoni pronti ad affermare sotto giuramento che hanno sentito distintamente la blasfemia che hai pronunciato nella taverna!”
“Ma non ho detto nulla di male! Ne sono sicuro!”
“Non mentire! Hai forse tu affermato di amare una certa ragazza di nome Sakura? Osi forse negarlo?”
Shaoran arrossì come un pomodoro e si ripromise di non andarci mai più così pesante con gli alcolici.
“Non lo nego, vostra grazia, ma non vedo come questo…”
“Non lo neghi nemmeno??? Cosa mi tocca sentire! Erano anni che non mi ritrovavo davanti un individuo di simile bassezza morale!”
“…eh?”
“Ragazzo, questa corte ti riconosce colpevole e ti condanna al carcere a vita nelle segrete della capitale! Guardie! Portatelo via!”
“…EH?”
Due soldati lo afferrarono per le braccia incatenate e lo sollevarono di peso, trascinandolo fuori dal tribunale.
“Certo che…” commentò uno con tono divertito, mentre caricavano Shaoran su carro e vi assicuravano le catene. “…erano anni che non succedevano più cose del genere… Gli etero sono stati dichiarati fuorilegge e banditi dal regno di Eagle più di trent’anni fa!”
“EHHH????”

La cella puzzava di paglia marcia, una pioggerellina continua di gocce d’umidità piombava giù dal basso soffitto di pietra e dopo una settimana là dentro Shaoran era convinto che non avrebbe resistito un giorno di più. Non tanto per le infime condizioni della prigione, quanto per la compagnia.
“Ah! Me misero! Un altro giorno lontano dalla mia miss! Ma il mio amore non si spegnerà certo per così poco!”
Shaoran avrebbe cominciato a sbattere la testa contro il muro se sono non fosse stato sicuro che la sua situazione non sarebbe affatto migliorata. Il ragazzo che era in cella con lui non faceva altro da mattina a sera, se non invocare la sua “miss”, piangendone la lontananza, ma professando l’incorruttibilità del suo immenso amore per lei.
“Senta, Sorata, capisco la sua situazione, mi creda che la capisco perfettamente… ma non pensa che il suo atteggiamento sia controproducente?” tentò per l’ennesima volta di zittirlo.
“Il mio ardente sentimento non si spegnerà per le ingiuste leggi di questo paese! Il mio amore non conosce ostacoli e non teme nulla! Continuerò a gridarlo al mondo senza alcun indugio!” rispose sempre più convinto Sorata.
“Temo però che se continua così, non rivedrà la sua miss molto presto…”
“Ahimè lo so! Ma non posso trattenermi! Mascherare tutta questa passione equivarrebbe ad un tradimento! E dato che mi è impossibile fuggire dal tunnel che ho scoperto sotto la cella, non mi resta che lamentare il mio dolore! Oh miss! Spero che il mio cuore ti raggiunga!”
Shaoran drizzò le orecchie ed afferrò di scatto la spalla del compagno di cella, costringendolo ad interrompere le sue lamentazioni.
“Ha detto che c’è un tunnel sotto la cella???”
“Beh sì… uno dei sassi del pavimento viene via e sotto c’è un passaggio… per me è troppo piccolo perciò me ne dimentico sempre…”
“E per me? Dice che io potrei farcela?”
Sorata parve pensare alla possibilità solo in quel momento, lo squadrò dall’alto in basso girandogli attorno.
“Beh… credo che si possa tentare!”
Il ragazzo controllò velocemente che non ci fossero guardie nei paraggi, poi si chinò a terra, infilò le dita nelle fessure tra le pietre del pavimento e ne sollevò una molto larga e piatta. Al di sotto di essa si poteva scorgere quello che pareva un canale di scolo delle fogne.
“Prego!” disse Sorata facendo spazio a Shaoran.
Il passaggio in effetti era molto stretto, ma trattenendo il fiato e grazie all’aiuto di Sorata che dall’altro lo spingeva, Shaoran riuscì a lasciarsi cadere nell’acquitrino melmoso che stava là sotto.
“Scappa in fretta Shaoran! Preso si accorgeranno che non ci sei e ti inseguiranno ovunque! E guardie della capitale si vantano che nessun prigioniero è mari fuggito da queste prigioni!”
“Sorata… io…” per un attimo Shaoran si sentì in colpa a lasciare l’altro in balia del suo destino, ma d'altronde non c’era nulla che lui potesse fare per aiutarlo.
“Non dimenticherò il suo gesto!” e dopo un piccolo inchino, prese a correre alla cieca nei condotti bui della fogna.

La guardia fece il suo titubante ingresso nel cortile. Riferire notizie a Sua Eminenza era un lavoro rischioso anche in condizioni normali, chi era latore di cattive nuove normalmente non veniva accolto con molta simpatia. Forse oggi Sua Eminenza era di buon umore…
“Perché osi disturbare la mia quotidiana passeggiata?” venne redarguito il soldato non appena il Sovrano si accorse della sua presenza.
“Ecco… ci sono notizie dalle prigioni…” iniziò la guardia sudando freddo.
“…sì?” lo invitò a proseguire Sua Eminenza con lo sguardo già stretto in due sottili fessure adirate. “…è… ecco… vedete, il fatto è che… un prigioniero… è… fuggito, Vostra Magnificenza…” il soldato deglutì.
“Cosa? COSA? Nessuno fugge dalla mia prigione! NESSUNO! Qualcuno porti via quest’uomo e lo metta alla gogna! Chiamate i cavalieri! Chiamate l’esercito! Inseguite il criminale!”
E mentre attorno a lui tutta la corte si mobilitava, chi per eseguire gli ordini, chi per allontanarsi il più possibile dall’iracondo Sovrano, Fei Wang Reed, Re e Gran Sacerdote di Eagle, ritrovò la sua compostezza pur non perdendo la sua rabbia. Si accarezzò le basette e la barba già pensando alla tremenda punizione che sarebbe toccata all’intrigante che aveva osato fuggire dalla sua prigione. “Nessuno fugge dalle segrete di Eagle… Nessuno.”
Nella calma serafica che quella certezza gli aveva donato, si permise infine di indulgere in quelle rassicuranti parole che rappresentavano la forza e la sicurezza su cui si basava il suo potere.
“Va tutto secondo i miei piani...”

Shaoran corse a perdifiato senza sapere esattamente dove andare, svoltando ora a destra ora a sinistra, sperando che prima o poi avrebbe ritrovato la luce. Sopra di lui vedeva passare molte uscite coperte da una graticola, ma sembravano ancora gli interni del palazzo della capitale, segno che era ben lontano dall’essere salvo.
Continuò a correre finché non gli mancò la terra sotto i piedi e cadde a faccia in giù nell’acqua profonda. La fogna finiva in un fiume sotterrane e Shaoran doveva esserci finito dentro.
“Se seguo la corrente…” si disse il fuggiasco. “…probabilmente uscirò da qualche parte…”
Shaoran pregò intensamente di non uscire proprio davanti ad un drappello di guardie armate poco amichevoli.
Seguire la corrente non era semplice, perché le acque erano molto tranquille, ma dopo un tempo che gli parve infinito, quando gambe e braccia cominciavano ad indolenzirsi e sentiva l’umidità penetrargli fino alle ossa, finalmente vide una luce.
Poco dopo il fiume sbucò fuori da un arco di pietra in piena campagna, non c’era anima viva là attorno per sua fortuna. Shaoran si trascinò fuori dall’acqua e si distese sull’erba a riprendere fiato. Era salvo.
All’improvviso dalle vicine torri della città giunse un ritmico suono di allarme e si udirono fin da laggiù le grida infuriate delle guardie.
Shaoran dimenticò immediatamente la stanchezza e saltò letteralmente in piedi.
Era salvo, ma per continuare ad esserlo doveva scappare.

Le campane della capitale suonavano l’allarme ed il loro scampanio si diffondeva come un’ondata di marea lungo le valli circostanti, fino sulle colline a nord. In cima ad una altura si era fermato in ascolto un cavaliere .
La brezza gli gonfiava il mantello scuro, nero come del resto erano neri i suoi abiti, l’armatura, il suo destriero ed i suoi capelli corti e ribelli. I suoi occhi cremisi fiammeggiavano in direzione del castello dal quale l’allarme giungeva ed un ghigno soddisfatto gli si dipinse sul viso. Alto sopra le colline, si udì il grido di un rapace ed una piccola saetta scese dal cielo in picchiata, per planare poi e posarsi sul braccio proteso del cavaliere. Era uno straordinario falco dal piumaggio bianco dorato, con due (sì, due!) scintillanti occhi celesti nei quali sembrava aleggiare un’innata tristezza.
“Ci siamo…” mormorò il cavaliere, carezzando con dolcezza la testa dell’animale prima di lasciarlo tornare in volo, dopodiché spronò il cavallo e partì alla volta della capitale.
Dopo due anni Kurogane tornava a Eagle.



…continua…





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