Family Buisness

di VeraNora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Game On! ***
Capitolo 2: *** No Fear. ***
Capitolo 3: *** We'll make it. ***
Capitolo 4: *** Bonds. ***
Capitolo 5: *** Trust. ***
Capitolo 6: *** Obey me. ***
Capitolo 7: *** I'll deserve it. ***
Capitolo 8: *** Balance. ***
Capitolo 9: *** Behind the mask. ***
Capitolo 10: *** Light my Fire. ***
Capitolo 11: *** My Immortal. ***



Capitolo 1
*** Game On! ***


Ringrazio Mammaesme, per essersi offerta di supervisionare di nuovo il mio lavoro.
Ringrazio Chiara, che mi ha concesso di poter usufruire della sua  arte.
Ringrazio  voi, se vi vorrete impegnare a leggere anche qusta mia storiella.


Damon fissò il camino spento del salotto di casa Salvatore. Da ore cercava di placare la tempesta di pensieri che si era scatenata nella sua mente; il volto di Jessica si insinuò in quella tormenta causandogli dolore fisico. Strinse i pugni cercando la forza per reagire… per agire.
Era successo tutto in fretta, ma lui aveva l’impressione di trovarsi in quello stato da secoli. Pensò a come era cominciato quell’incubo e con amarezza si rese conto che l’apocalisse era arrivata travestita da sogno.
 
Erano state tre settimane incredibili: aveva ritrovato Stefan; Elena era diventata un vampiro ed aveva passato gli ultimi 15 anni a cercarlo;  il suo rammarico più grande, quello d’aver rovinato la vita a Jessica uccidendo sua madre, si era rivelato essere solo uno scherzo della mente… della sua mente! Era così abituato a sentirsi un mostro che l'idea di aver salvato qualcuno, gli era sembrata inaccettabile. Aveva costruito una propria storia in cui lui era il cattivo e la madre di Jessica la sua ultima vittima. Ma la giovane, aiutata da uno strano destino, era riuscita a ridargli indietro, pezzo per pezzo, l’amore, un fratello e la serenità.
Damon stava assaporando il gusto sconosciuto della pace, della felicità: tra le braccia stringeva l’amore della sua vita ed a casa lo attendeva suo fratello.
Era pronto ad esistere, libero dall’inferno che aveva segnato la sua esistenza… ma l’inferno non voleva liberarsi di lui.
Aveva raccontato ad Elena la verità appena scoperta sulla notte in cui scappò di Mystic Falls. Lei non si era sorpresa quanto lui nell’apprenderla: Damon era molto di più di quel che lui stesso pensava di essere. Anche vent’anni prima. Se lei avesse avuto il coraggio di ammetterlo, la forza per accettarlo, forse si sarebbe risparmiata vent’anni di dolore, ma solo in quel momento capiva che era stato tutto necessario per completare il dipinto di un destino un po’ contorto, ma che aveva i colori dell’eternità.
Il suono del cellulare separò il vampiro da un bacio giocoso, tenero… dato per suggellare quel bisogno d’amore e d’amarsi. Guardò il telefono, il nome di sua figlia lampeggiava sul display. Rispose alla chiamata, convinto fosse un ultimo scherzo di quella lunga giornata. La voce dall’altra parte del telefono lo catapultò in un terrore che lo avrebbe accompagnato finché non avesse saputo Jessica al sicuro.
«Ma chi l’avrebbe mai detto… Damon papà…» aveva detto la voce dell’ultimo demone della sua vita: Rebekah.
Rimase in sospeso, a cercare di non soccombere alla paura: “no, ti prego! Sto sognando… è un incubo” pensò, incapace di reagire.
«Ma come… dopo così tanto tempo, non hai niente da dire? Avanti, Damon, ti ricordavo più loquace…»
lo canzonò l’originale.
«Rebekah… cosa vuoi? Che ci fai con il cellulare di Jessica
riuscì a malapena a dire.
«Oh, sai… io e la ricciolina stiamo facendo un po’ di conoscenza»
ironizzò.
«Giuro che se le torci un solo capello…»
ringhiò lui.
«Cosa farai, Damon? Verrai a torcermi il collo
«Cosa vuoi
«Lo sai cosa voglio… ridatemi Klaus, e la ricciolina tornerà incolume a giocare all’allegra famigliola
«Non… noi, non… lo sai che è disperso nell’oceano
«Che peccato… vorrà dire che equilibrerò la situazione in un altro modo…»
«Non farle del male… troveremo un modo…»
la supplicò.
«Così mi piaci… avete una settimana di tempo… se per allora, riavrò indietro mio fratello… la ragazza sarà salva…»
«Fammici parlare! Voglio sentirla
«Non ti fidi di me
«Voglio solo sentirla…»
ripeté, cercando di mantenersi calmo. Ci fu una pausa e Damon tese l’orecchio per cercare di carpire qualche segnale, poi la voce di Jessica risuonò nell’apparecchio:
«Hey D.! Inizio a capire perché sei scappato da questo posto…»
La voce di Jessica tremava leggermente, ma non c’era traccia di paura.
Il vampiro la immaginò seduta, con l’espressione fiera, per non darla vinta a Rebekah.
“Almeno è viva… è ancora viva” pensò.
«Sì, beh… tranquilla… ti salverò
la rassicurò.
«Lo so… non ho paura…»
rispose lei, con voce più ferma.
«Ok, basta
proruppe l’Originale, strappando di mano alla ragazza il telefono.
«Hai una settimana…»
disse, terminando la chiamata.
Damon fissò il cellulare e sentì la rabbia montargli dentro. Elena gli si avvicinò posando le mani sulle sue spalle, lui si sciolse come neve al sole e cadde a terra in ginocchio. Lei si accucciò accanto a lui e gli prese il viso tra le mani.
«Damon… la salveremo»
gli disse, sicura.
«Come
sospirò lui.
«Troveremo il modo… non le succederà niente
incalzò lei.
Aveva già visto quella sicurezza vibrare in quegli occhi neri, tanto tempo prima, in una vita che in quel momento stentava a ricordare: Stefan aveva mandato all’aria il loro piano per uccidere Klaus, li aveva fregati.
 
L’onda delle emozioni riportò Damon a quella sera: si stava versando da bere con mano tremante di rabbia, la stessa che gli prese il posto del sangue nelle vene. Cercò di ingoiare, insieme al whiskey, il sapore amaro del tradimento. Elena lo guardava intimorita, confusa. Gli chiese cosa fosse andato storto. Quella domanda lo accese di un nuovo livore: si rese conto di non avere una risposta. Aveva pensato a tutto, aveva studiato il piano nei minimi particolari,  era sicuro che niente sarebbe andato storto, invece… prima che riuscisse a piantare il paletto di quercia bianca nel petto dell’ibrido, Stefan era arrivato a rovinare tutto: salvò Klaus all’ultimo momento e poi sparì insieme a Katherine, che si era prestata a sostituire Elena in quella grande sceneggiata.
Stefan lo aveva lasciato lì… “li” aveva lasciati lì. Lui ed Elena sarebbero rimasti a subire l’ira di Klaus mentre suo fratello era chissà dove, chissà con chi.
Ripensò all’attimo di esitazione che gli era costato tutto, un solo un istante: si era fermato il tempo di guardare il ‘grande nemico’ perire sotto di lui. Si era concesso solo un secondo per realizzare che avrebbe salvato tutti: la sua Elena, suo fratello e tutte le persone che non gli avevano mai dimostrato nulla, se non disprezzo ma che, lo stesso, sentiva di dover proteggere.
La vittoria sarebbe stata un suo merito e lui avrebbe potuto, finalmente, lottare ad armi pari. Avrebbe avuto anche lui un’impresa da eroe da poter giocare a suo favore per conquistare il rispetto e l’amore degli altri.
Ma non c’era mai stato nulla di equo nella sua esistenza, e la bilancia cosmica non si sarebbe di certo riassettata in quell’occasione. Quando suo fratello rovinò tutto sentì il suo impero di cristallo esplodere in mille pezzi. Una nuova ondata di frustrazione tornò ad agitarglisi dentro e non si trattenne dallo scagliare la bottiglia di whiskey nel camino; a contatto con il fuoco acceso, il liquido ambrato si trasformò in una lingua di fuoco che durò poco, quasi quanto l’esitazione di Damon nell’uccidere Klaus.
Elena gli si avvicinò, provò a parlargli e gli toccò un braccio, ma lui si scostò con rabbia: non voleva sentire le sue mani addosso, aveva fallito, non meritava quella ricompensa.
Elena sospirò e con più sicurezza e lo costrinse a guardarla, gli prese il viso tra le mani e lo rassicurò:
«Ce la faremo! Ce la facciamo sempre! Fidati di me…»
Guardò il bel viso di lei, fiero e vibrante di una forza che non era abituato a vedere  sfoggiata per lui. Avrebbe voluto crederle, ogni parte del suo corpo avrebbe voluto abbandonarsi a quelle parole… ma rimaneva il fatto che avevano perso Stefan: non era riuscito a riportarlo indietro dal suo baratro.
«Non riavremo più Stefan indietro… lo hai capito questo?»
sospirò lui. Quelle parole la colpirono nel profondo:  capì che il terrore di Damon era di aver fallito la missione di riportarle indietro Stefan. Lo aveva messo nella condizione di lottare per suo fratello e per lei, in egual misura. Non si era resa conto, fino a quel momento, di averlo caricato anche della sua battaglia.
Il nero degli occhi di lei si solidificò in contrappunto all’azzurro liquido degli occhi di lui.
«Ed allora lo lasceremo andare… dobbiamo lasciarlo andare!»
affermò, Elena. Nel suo tono c’era una nota di terrore a farle tremare la voce, ma il calore di quella sicurezza fu una carezza all’anima tormentata del vampiro.
 
Come quella volta, in quel lontano passato, la forza che nascondeva sottopelle, le sbocciò sul viso, vibrò forte scuotendolo. Si decise a reagire, a pensare a cosa fare. Indurì la mascella, si alzò da terra ed un nuovo fuoco si accese dentro di lui. Avrebbe salvato sua figlia o sarebbe morto provandoci. Non c’era più tempo da perdere: chiamarono tutti a raccolta per capire come agire.
 
Il suo breve viaggio in quell’amarcord fu interrotto dall’arrivo di Caroline e Liz: lo riportarono indietro da quel naufragio di pensieri.
Le due donne rimasero in piedi, accanto al resto degli invitati di quell’anomalo briefing per salvare Jessica.
Stefan e Meredith si tenevano per mano, poco distanti da Damon. Jeremy, Bonnie e la piccola Jenna sedevano sul divano, mentre Elena camminava nervosamente per il salotto, senza, però, uscire dall’orbita del suo fidanzato. In ognuno di loro si agitava lo spettro di quanto successo vent’anni prima: anche allora Rebekah era venuta a distruggere il loro mondo. Scacciarono l’orrendo pensiero che uno stesso epilogo potesse ripetersi ed attesero che fosse Damon a parlare, a decidere il da farsi.
«Avete trovato qualcuno a casa degli Smith?»
domandò lui, senza voltarsi.
«A casa degli Smith…»
 provò a dire l’ex sceriffo, ma le parole le morirono in gola.
«Cosa, Liz?»
incalzò lui, impedendosi di girarsi e leggere la risposta nel volto della sua amica.
«Damon…»
fece Liz, con un filo di voce.
«Liz… devi dirmelo…»
«A-abbiamo trovato il padre… Sean… morto: collo spezzato»
Il vampiro chiuse gli occhi cercando di non agitarsi. Le dita di Elena gli vennero in soccorso, scorrendo sui nervi tesi delle sue spalle, infondendogli coraggio.
«Ma Jessica? Lei… lei non era lì, vero?»
si informò, con voce tremante.
«No… di lei nessuna traccia… abbiamo… abbiamo trovato solo questa»
rispose l’ex sceriffo. Il vampiro si voltò lentamente e quando vide la borsa a tracolla della figlia, ebbe un sussulto. La mano di Elena trovò la sua stringendola forte.
«Non c’è traccia nemmeno della zia… sparita… probabilmente è con loro»
aggiunse Caroline.
«Forse posso utilizzare qualcosa dentro la borsa per rintracciare Jessica»
propose Bonnie. Gli occhi di tutti si fissarono sulla strega.
«No, Bon! Sei troppo debole per questi incantesimi!»
la redarguì, Jeremy.
«Se mi faccio aiutare da Jenna, sarà meno faticoso! È diventata piuttosto brava, Jer…»
lo rassicurò lei.
«Sì, papà… sono brava a ritrovare le persone!»
disse entusiasta la bambina, rimasta, fino a quel momento, seduta in silenzio accanto alla madre.
L’uomo non riuscì ad obiettare e guardarono tutti verso Damon che annuì.
«Rebekah vuole indietro Klaus… sappiamo tutti che è impossibile esaudirla… dobbiamo trovare un modo per portarle via Jessica, dobbiamo metterla al sicuro… poi ci occuperemo di lottare contro Rebekah…»
propose lui. Caroline aprì la tracolla di Jessica e tirò fuori un portafogli, dei taccuini, due confezioni di gomme da masticare, una bottiglietta d’acqua, un libricino dalla copertina verde e logora, un quadernetto blu, delle penne, un mazzo di chiavi e una bomboletta di spray al peperoncino.
«C’è qualcosa che potrebbe essere particolarmente legata a Jess, Damon?»
chiese Bonnie. Lui toccò tutti gli oggetti posati sul tavolino scuotendo la testa. Le sue dita indugiarono sul libro “Via col Vento”.
«Forse… questo…»
azzardò.
«No… non va bene… non vogliamo rischiare succeda come con la rosa, vero?»
obiettò, Elena.
«Non hai niente di lei… di particolarmente importante?»
gli chiese la strega.
«A Denver ho una casa piena di oggetti importanti… ma qui… così…»
«Potremmo andare a prenderli»
gli propose, Stefan.
«Perderemmo troppo tempo»
rispose.
«Cos’è questo?»
La voce della piccola Jenna ruppe quel clima di teso silenzio, calato nel salotto. La bambina stringeva tra le mani una catenina d’argento con un ciondolo a forma di stella, in mezzo era incastonata una pietra d’ametista.
«Quella… quella è la collana di Jess»
Disse Damon, allungando la mano.
«Io… gliel’ho regalata al suo 5° compleanno… in realtà non gliel’ho proprio regalata… l’ho trovata in una tasca della borsa che avevo preso dall’auto di sua madre la notte… la notte in cui la portai con me…»
«La notte in cui le salvasti la vita»
lo corresse, Elena. Lui le sorrise ed annuì. Ancora faticava ad accettare quella versione.
«Sì… stavo buttando via un po’ di cose, ci preparavamo ad un nuovo trasloco e… l’ho trovata. Ho pensato che potesse essere appartenuta a sua madre… L’ha indossata sempre da allora… non l’ha mai tolta. Lei… lei non se n’è mai separata…»
«Meglio per noi lo abbia fatto oggi… questa può aiutarci a trovarla!»
disse Bonnie, tendendo la mano per farsela consegnare.
«Mi serve una cartina di Mystic Falls, quattro candele e del sale… se sono ancora qui lo scopriremo subito…»
Stefan corse a cercare il necessario per l’incantesimo, tornò e consegnò tutto a Bonnie. La strega aprì la cartina, ci versò sopra il sale e mise le candele sui punti cardinali e le accese passandoci sopra le mani. Si inginocchiò accanto alla figlia che la guardava sorridente e le disse:
«Hey, Jen… ti ricordi come si fa?»
La piccola annuì con vemenza, i grandi occhioni neri brillarono di felicità. Bonnie chiuse gli occhi con il ciondolo schiacciato tra i palmi e Jenna poggiò le sue manine su quelle della madre. Alcuni istanti dopo la fiamma delle candele iniziò a tremare, si spensero ed il fumo si fece denso, disegnando delle spirali che si diressero verso il cumulo di sale al centro della cartina. Madre e figlia iniziarono a parlare nella loro strana lingua ed il sale accumulato iniziò a diramarsi sulla mappa, tracciando un percorso: da casa Salvatore fino al cimitero di Mystic Falls.
«Cosa… cosa significa?»
chiese il vampiro, terrorizzato.
«Non quello che pensi tu, Damon… se Jessica fosse morta non ci sarebbe stata una traccia da seguire… se il sale ha delineato un percorso, allora è viva… solo che…»
«Cosa?»
«Damon… qualcosa mi impedisce di vedere chiaramente dove si trova… il cimitero è un punto morto… più di così non riesco ad avvicinarmi a lei… ma sicuramente si trova in quest’area!»
spiegò, indicando con il dito tutta l’area dei boschi intorno al cimitero.
«Bene! Abbiamo solo ettari di terreno da controllare!»
sbottò il vampiro.
«È un punto di partenza…»
fece notare, Elena.
«Siamo in tanti, ci divideremo per zone e setacceremo i boschi…»
aggiunse Jeremy. Bonnie annuì e proseguì:
«Ed io proverò a chiedere agli spiriti un po’ di potere per essere più specifica…»
«Io chiederò a qualcuno del dipartimento i video delle telecamere esposte intorno all’area indicata… magari abbiamo fortuna e riusciamo a capire da che parte è stata portata tua figlia»
disse Liz.
«Io e Meredith ci occuperemo della parte ovest, tu ed Elena controllerete la parte est, Jer e Caroline occupatevi della parte sud… se non troviamo tracce… saremo tutti insieme quando ispezioneremo la parte nord»
sentenziò Stefan.
«Se la troviamo… cosa dobbiamo fare?»
domandò Elena.
«Intanto scopriamo dov’è… al resto ci penseremo dopo! Sapere dove la tiene in ostaggio ci fornirà un vantaggio…»
disse Meredith.
«Sì, se sappiamo dove si trova potremo pensare ad un piano per tirarla fuori! Al momento brancoliamo nel buio»
concordò Stefan.
«Dobbiamo anche far credere a quella stronzetta bionda che ci stiamo prodigando per recuperare Klaus… abbiamo una settimana di tempo… cerchiamo di usarla a nostro favore!»
sentenziò Jeremy, poi aggiunse:
«Questa volta non ci troverà impreparati»
Damon li guardò darsi da fare per salvare una ragazza che avevano conosciuto relativamente per poco e provò un senso di gratitudine per ognuno di loro: aveva dimenticato la sensazione di poter contare su un gruppo di persone per risolvere i problemi. Spostò lo sguardo su Elena, ancora ferma accanto a lui, intenta a stilare un piano di difesa con gli altri: si accorse in quel momento che le loro mani erano ancora intrecciate. Un nuovo senso di fiducia si instillò in lui “i giochi sono aperti!” pensò.
Avrebbe salvato sua figlia, ora ne era sicuro.

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Capitolo 2
*** No Fear. ***


Jessica salutò Damon poco distante dalla casa in cui l’attendevano suo padre biologico e la sorella di quella madre che non aveva mai conosciuto e da cui era stata salvata.
«Jess…»
iniziò il vampiro.
«D., smettila! Va bene così… passerò del tempo con loro ma ci vedremo! Sempre che tu non abbia intenzione di partire alla scoperta del mondo, con la tua fidanzata…»
lo bloccò lei.
«Non essere sciocca… lo sai che non andrò da nessuna parte. E poi credo che Elena sia stanca di viaggiare…»
ribatté lui.
«Sì. Lo penso anche io… comunque ci sentiremo spesso… se dovessero essere noiosi, poi, ti chiamerò tante di quelle volte al giorno che sarai costretto ad ignorare le mie chiamate!»
scherzò lei. Damon chiuse gli occhi e scosse la testa.
«Come se ignorare le tue chiamate, potesse servire a qualcosa! Troveresti comunque il modo di rompere le scatole!»
«Hey, sei stato tu ad insegnarmi la sottile arte dello sfinimento… io sono stata solo un’ottima allieva!»
I due si guardarono e scoppiarono a ridere. Lui avrebbe sentito la sua mancanza, ma entrambi avevano una famiglia da recuperare. La giovane lo abbracciò e, dopo avergli posato un bacio sulla guancia, si diresse verso la grande casa gialla che stava in fondo alla strada. Damon osservò per un po’ i ricci castani  rimbalzare al ritmo dei passi veloci della ragazza, sorrise e tornò dalla sua fidanzata.
 
Jessica percorse il vialetto a passo spedito, arrivata sul portico si bloccò. Si voltò per assicurarsi che Damon non stesse osservando quel momento di tentennamento. Non vide nessuno e si sentì libera di lasciarsi andare: si poggiò all’asse di legno del porticato ed espirò profondamente.
Non aveva ancora pensato seriamente a quello che stava per succedere. Avrebbe passato del tempo con le persone da cui discendeva, avrebbe avuto modo di scoprire se la persona che era diventata dipendeva solo da Damon o c’era qualche tratto peculiare degli Smith o dei Gerthridge.
 
La prima volta che li incontrò, mesi prima, aveva avuto modo di vedere qualche foto di sua madre. La somiglianza estetica era notevole: capelli ricci, occhi verdi, corporatura esile. Dal poco che era riuscita a scoprire del suo carattere, però, non doveva avere molto altro in comune con Ally Jane Smith: quella donna era stata una drogata, con problemi mentali, depressa. Aveva condotto una vita dissoluta, preso strade sbagliate e non aveva avuto la forza di riprendersi in mano la sua vita nemmeno dando alla luce una figlia.
Niente, in quella descrizione, pareva avvicinarsi a Jessica. Lei era sempre stata una bambina sveglia, vispa, appassionata, intelligente,  forte e decisa.
Caratterialmente, sembravano agli antipodi.
Ma suo padre naturale?
Sean Gerthridge: un uomo comune, un meccanico. Aveva scambiato poche parole con lui, ma il modo in cui aveva continuato a cercarla insieme a sua zia, il modo in cui aveva reagito scoprendo la verità sulla figlia… lui sembrava avere qualcosa in comune con lei.
 
Si era presentata a casa Smith una sera di primavera. Quando Diana Smith, la sorella di sua madre, aprì la porta, rimase pietrificata. Boccheggiò senza riuscire ad articolare nessuna parola. Jessica le sorrise e disse:
«Suppongo tu mi abbia riconosciuta…»
La zia si portò le mani alla bocca e calde lacrime iniziarono a sgorgarle dagli occhi. La giovane rimase immobile, senza sapere cosa fare. Un uomo spuntò alle spalle della donna.
«Diana? Chi è alla porta?»
Chiese, sporgendosi a guardare sull’uscio. La tazza di tè che reggeva in mano, si schiantò a terra.
«Suppongo che quella ricostruzione mi somigli più di quanto non voglia ammettere…»
ironizzò imbarazzata, Jessica.
«C-come… c-ome… t-tu…»
balbettò, Sean. La giovane fece un gran respiro ed allargò le braccia.
«La storia è davvero lunga e complicata… se mi fate entrare cercherò di spiegarvi tutto»
propose. L’uomo e la donna annuirono con vemenza e la fecero entrare. Si accomodarono in salotto, la ragazza si guardò intorno: era tutto molto ‘normale’.
«Allora… voi due… vivete insieme?»
domandò. Diana annuì.
«Mmmh… e state anche insieme?»
«Cosa? No? Noi…»
farfugliò la zia.
«Hey! Non giustificatevi… avete passato vent’anni a cercarmi, sarebbe normale…»
«Sì, abbiamo passato vent’anni a cercarti… questo ci ha uniti come famiglia… siamo come fratello e sorella, niente di più…»
spiegò tranquillo il padre.
«Scusate… volevo solo rompere il ghiaccio…»
si scusò, Jessica. Attese qualche attimo e decise di affrontare il discorso, senza chiacchiere di circostanza.
Raccontò loro per sommi capi che un uomo la trovò la notte in cui sua madre morì e la crebbe come una figlia. Quando fu abbastanza grande da capire che lui non era il suo vero padre, decise di fare delle ricerche che l’avevano portata a loro. Spiegò che era veramente felice di aver ritrovato la sua famiglia biologica, ma, in quel momento, aveva bisogno capissero che le serviva del tempo.
«Se avrete la pazienza di aspettare qualche mese… ci sono delle cose che devo capire io prima, solo allora potrò rispondere alle vostre domande… è tutto molto complicato…»
disse loro.
«Lo so che vi sto chiedendo tanto… ma ci sono delle cose che non posso dirvi ora…»
concluse.
«Ti abbiamo cercata per vent’anni… ora che ti abbiamo trovata, qualche mese in più non farà la differenza…»
la rassicurò Sean. La ragazza sorrise a quell’uomo dal viso rotondo e gentile che la guardava adorante.
«No…  no, Sean! L’abbiamo appena ritrovata! Non possiamo lasciarla andare così!»
proruppe la zia.
«Non mi perderete… ma se non mi concederete il tempo di sistemare un po’ di cose, potrei sparire davvero… per sempre…»
disse con durezza, Jessica, aggiungendo:
«Ascoltate… vi lascerò il mio numero e ci sentiremo ogni giorno… ma ho bisogno che collaboriate… se ci tenete come dite, mi consentirete di mettere a posto la mia vita e poi…»
«E poi?»
incalzò la zia.
«E poi tornerò qui, da voi…»
«Per sempre?»
chiese il padre.
«Oramai mi avete trovata… quello è per sempre…»
rispose serafica.
 
Ed ora era lì, pronta a mantenere la sua promessa. Avrebbe raccontato loro di Damon, di come la salvò da morte certa, del viaggio intrapreso e di quei vent’anni di vita passati a contatto con il mondo soprannaturale. Avrebbe scoperto di più sulla donna che le aveva dato la vita e che gliel’avrebbe tolta, non fosse stato per l’uomo che sentiva come l’unico padre a cui dover dare credito.
Si mise una mano sul petto e cercò di far calmare i battiti accelerati del cuore. “Non essere codarda! Hai riunito la famiglia di vampiri più cocciuta della storia… che sarà mai conoscere le tue radici!” si disse mentalmente. Scosse la testa, si schiarì la gola, prese coraggio e suonò il campanello.
Dopo qualche istante il viso gentile del padre si affacciò da dietro la porta e Jessica non poté fare a meno di notare una strana espressione di tensione comprometterne la delicata rotondità. Le sorrise e le fece cenno di entrare.
«Scusa il ritardo… ho perso un po’ di tempo con… sai… la mia famiglia… l’altra…»
si scusò, imbarazzata e un po’ stranita da quella strana accoglienza. “Un minuto fa te la stavi per fare sotto, ed ora pretendi striscioni e fiori? Avrà paura anche lui! Rilassati Jess!” pensò usando la voce di Damon.
«Non… non preoccuparti… sì… è tutto ok, va tutto bene… vieni… Diana è in salotto…»
la tranquillizzò il padre. La invitò a seguirlo e la condusse dalla zia. La donna stava seduta sul divano; accanto a lei, con un’espressione divertita e maliziosa, c’era una ragazza bionda, molto bella.
«S-salve… ehm… Jes… Rose Lea Smith!»
si presentò, Jessica. La ragazza bionda sorrise e si prese del tempo prima di alzarsi ed avvicinarsi alla giovane.
«Lo so chi sei… Jessica Salvatore…»
disse la bionda, provocandole un sussulto.
«Io… tu… come fai a sapere il mio nome?»
domandò confusa.
«Oh! Sono un’amica di… Damon… i tuoi parenti, qui, mi stavano giusto raccontando di quanto strano sia stato il vostro destino…»
Jessica strinse gli occhi e guardò i suoi parenti naturali. L’espressione sui loro volti iniziò ad essere riconoscibile agli occhi della giovane: paura.
«Ah, sì? E a che punto della storia sono arrivati?»
domandò.
«Diciamo che mi stavano per raccontare come ha fatto un vampiro a crescere una bambina senza dare nell’occhio…»
«Mmmh…»
«Cosa?»
«Niente… è che “i miei parenti qui” ne sanno più di me, a quanto pare… dato che nemmeno io ero arrivata a quel punto della storia…»
L’espressione ghignante della misteriosa bionda si fece cattiva mentre si avvicinava di un altro passo alla ragazza la quale provò a celare il senso di terrore che le stava attanagliando le viscere.
«Oh, beh… ho una fervida immaginazione… e poi te l’ho detto… sono una vecchia amica di Damon»
«In queste ultime settimane ho avuto modo di conoscere un po’ di amici di mio padre… con chi ho l’onore di parlare?»
«Rebekah Mikaelson»
disse l’originale. Gli occhi di Jessica si spalancarono. Di fronte a sé aveva colei che era stata la causa dell’inferno di Elena.
«Devo dedurre, dalla tua espressione che, la mia fama mi precede… meglio così… mi risparmierai la parte in cui ti devo convincere che è meglio non sfidarmi…»
la canzonò, Rebekah. La ragazza trattenne il fiato e cercò di pensare razionalmente, senza farsi sopraffare dal panico.
«Cosa vuoi da me?»
le chiese, cercando di apparire più tranquilla di quanto non fosse in realtà.
«Da te? Niente… credo tu non abbia ciò che mi serve… ma sei un’ottima moneta di scambio per ottenerlo… quindi… che ne dici se io e te facciamo una chiamata al tuo paparino, muoio dalla voglia di sentirlo!»
«Credevo avessi detto che siete amici…»
«Beh… dipende da che tipo di definizione dai alla parola “amico”»
«Sicuramente la mia definizione non comprende il ricatto e la minaccia…»
rispose duramente, la giovane.
«Vedo che hai preso la stessa linguaccia lunga dal tuo paparino adottivo… chissà se ti ha trasmesso anche la sua stupidità nel voler fare lo spavaldo con le persone sbagliate! Sai… una volta mi sono divertita  a torturalo… la parte più esilarante è stata la manipolazione mentale: gli ho fatto credere che la sua adorata Elena fosse lì per lui, per salvarlo! Impagabile la sua espressione delusa nell’apprendere che era tutta un’illusione! Ma tranquilla… non ho intenzione di fare lo stesso con te. Userò, invece, esempi pratici… vediamo se abbassi la cresta!»
Jessica non ebbe il tempo di capire a cosa si riferisse che la vampira scattò ed arrivò dietro le spalle di Sean, rimasto in piedi in un angolo. Rebekah gli prese la testa tra le mani e gli spezzò il collo. Un urlo morì in gola alla giovane che guardò inerme la vita abbandonare gli occhi di quel padre che non avrebbe più avuto modo di conoscere. Fissò il corpo esanime a terra, rannicchiato come un ammasso di vestiti smessi. Il cuore accelerò il battito e le sembrò di sentire il rimbombo di quei colpi fino in testa. Era successo tutto così velocemente che faticò a realizzare fino in fondo l’accaduto.
«Ora… pensi di continuare con questo atteggiamento, o puoi fare a meno anche di una zia?»
la minacciò la bionda. Diana si lasciò sfuggire un gemito mentre fissava terrorizzata il cadavere del cognato.
«Ok! Ok! Cosa vuoi che faccia!»
esclamò la ragazza.
«Solo una chiamata… faremo due chiacchiere con Damon e poi, io, tu e la cara zia, andremo in un posto e passeremo un po’ di tempo insieme… quando avrò ottenuto ciò che voglio… potrete passare il resto dei vostri mortali giorni a parlare di questa magnifica esperienza…»
Jessica si morse l’interno del labbro e si costrinse ad ignorare il cadavere di Sean, si portò una mano al collo, staccò la catenina regalatale da Damon per il suo 5° compleanno, camuffando il gesto come uno spasmo d’ansia ed aprì la tracolla. Prese il cellulare da una delle tasche della borsa e fece scivolare, al suo posto, la collana. Porse il telefono a Bekah. L’Originale si avvicinò alla giovane e la soggiogò:
«Voglio che ti sieda accanto a tua zia, starai in silenzio finché non sarò io a dirti di parlare!»
Jessica obbedì. La bionda compose il numero ed attese la risposta.
La telefonata gettò nel panico Damon e quando chiese che gli passasse la figlia, Jessica sentì di doverlo rassicurare, doveva fargli capire che se la sarebbe cavata. Rebekah passò il telefono alla ragazza e lei rispose con più naturalezza possibile: «Hey D.! Inizio a capire perché sei scappato da questo posto…» gli aveva detto, senza riuscire a soffocare quel lieve tremore dovuto all’agitazione. Lui le promise che l’avrebbe salvata: quella era l’unica certezza che aveva. Usò quella ritrovata sicurezza per rispondere in maniera più calma e convincente: «Lo so… non ho paura…».
Quello scambio di battute innervosì l’Originale, che strappò il telefono di mano a Jessica.
Terminata la chiamata la vampira distrusse il cellulare.
«Nel caso in cui ti venisse in mente di fare qualche sciocchezza…»
commentò. La ragazza si voltò a guardare la zia che continuava a stare seduta, con gli occhi pieni di lacrime, tremante. Bekah doveva aver soggiogato anche lei, provò a sorriderle ed approfittando della distrazione della loro aguzzina articolò una  frase muta “ce la caveremo, ci salveranno”. La donna annuì senza troppa convinzione.
«Bene… qui abbiamo finito… possiamo andare»
«Dove?»
volle sapere la giovane.
«Lo scoprirai quando ci saremo arrivate… adesso alzatevi e seguitemi!»
ordinò la vampira e loro eseguirono il comando. Jessica lanciò un ultimo, breve, sguardo all’uomo che aveva pagato con la vita la spavalderia della ragazza. Si sentì vicina a Damon e al suo tormento di essere la causa dei mali scatenati dalle sue decisioni: ora più che mai capì come doveva essersi sentito il più delle volte. “Non è stata colpa tua, lo sai… l’avrebbe ucciso lo stesso… probabilmente ucciderà anche Diana… non è colpa tua! È lei che è una psicopatica” si disse. Non trovò nessun tipo di conforto in quelle rassicurazioni, però. Allontanò momentaneamente ogni tipo di emozione: aveva bisogno di essere forte, non poteva lasciarsi andare, non poteva darla vinta a Rebekah. Prese la mano della zia e cercò di infonderle un po’ di quel coraggio che era riuscita a raccogliere.
 
Damon fissava il buio, steso nel letto. Elena gli dormiva accanto. Ogni volta che provava a chiudere gli occhi vedeva il volto di Jessica in diverse versioni: terrorizzato, ferito, disperato… morto.
Scosse la testa, non poteva pensarci, non doveva pensarci! L’avrebbe salvata, sarebbe riuscito a metterla in salvo… doveva farlo! «Questo è quello che fai, Damon… tu salvi le persone…» gli aveva detto Elena, poco prima che il mondo tornasse a bruciare nel fuoco dell’inferno.
«Dovresti provare a dormire un po’»
La voce della vampira arrivò improvvisa a tirarlo fuori da quell’uragano di terrore.
«Vale lo stesso per te»
ribatté lui. Elena accese l’abat-jour e si girò a cercare il viso del suo uomo.
«Avremo bisogno di tutta la forza necessaria per riuscire a trovare e salvare Jessica… un po’ di riposo ti serve!»
«Lo so… lo so… è solo che… quando provo a chiudere gli occhi…»
«Damon… Jess è forte, se la caverà… Rebekah non le torcerà un capello, è la sua unica carta contro di noi»
«Lo è?»
chiese lui. Lei lo interrogò con lo sguardo.
«Se vuole colpirmi… se vuole ricattarmi… ora ha un’intera schiera di persone che può uccidere affinché io obbedisca… Jess è sacrificabile»
le spiegò, inorridendo lui stesso per quel pensiero orribile. La vampira gli mise una mano sul petto e si avvicinò al viso di lui.
«Noi le serviamo per recuperare Kalus… e mi farei ammazzare seduta stante se facesse del male a Jess… credo lo stesso valga per te…»
«Due su sette…»
«Moriremmo tutti, piuttosto… siamo una famiglia, Damon! Cerca di abituarti in fretta all’idea!»
Il vampiro espirò cercando di placare i pensieri che vorticavano frenetici, lei lo baciò teneramente.
«Dobbiamo essere i primi a credere che vinceremo! Non possiamo pensare al peggio sin da ora… fidati di me…»
lo supplicò. Lui la  strinse a sé.
«Ti amo»
le sussurrò. Si incastrarono in un abbraccio,  nella pace scaturita da quel contatto, riuscirono ad addormentarsi. La notte di Damon fu inaspettatamente priva di incubi, ma un senso di angoscia lo accompagnò nei suoi sogni grigi.
Quando il sole sorse a ridestarlo, ci fu una frazione di secondo in cui pensò di aver immaginato tutto.
Sperò si trattasse di un nuovo scherzo della sua mente, incapace di accettare che le cose potessero semplicemente andare bene, ma negli occhi di Elena vide la stessa angoscia che lo aveva guidato quella notte. Lei provò a sorridergli e lui le accarezzò il viso.
Scesero in salotto, trovando la banda già riunita. Si erano messi tutti in moto per decidere il da farsi: Stefan, Caroline e Meredith studiavano la cartina per decidere come muoversi. Liz stava visionando i video delle telecamere di sicurezza poste nell’area intorno ai boschi e Bonnie, insieme alla piccola Jenna, cercava incantesimi nei grimori.
«Buongiorno!»
li accolse Care, porgendo loro due tazze di sangue.
«Buongiorno… cos’è questa task-force?»
chiese intontita, Elena.
«Beh… non c’è tempo da perdere… prima sottraiamo Jessica alle grinfie di quella psicopatica, prima potremo farle il culo!»
esclamò la bionda. Damon la guardò interdetto, tra tutte le persone in quella stanza, l’ultima da cui si sarebbe aspettato tanta passione per salvare sua figlia, era Caroline. Con Jess non avevano iniziato nel migliore dei modi, eppure era riuscita a far breccia anche in lei. Pensare alla capacità della giovane di conquistare le persone gli procurò un dolore in fondo all’anima. Scosse la testa e si avvicinò al fratello.
«Quanto tempo credi ci impiegheremo?»
si informò.
«Dipende da quanto siamo fortunati con la ricerca… potremmo metterci un paio d’ore, così come potremmo impiegare un paio di giorni…»
rispose, Stefan.
«La fortuna… quella puttana non è mai stata una mia fan!»
commentò sarcasticamente il più grande dei Salvatore. Meredith gli mise una mano sulla spalla e lo rassicurò:
«Faremo più in fretta possibile…»
«Hey… ho trovato qualcosa!»
esclamò Liz.
«Dicevi della fortuna?»
ironizzò, Elena. Tutti corsero intorno all’ex sceriffo che girò il computer e mostrò loro il filmato in cui si distinguevano tre donne: una bionda, una ragazza dai capelli ricci ed una donna sui sessant’anni. Camminavano in direzione sud-est del bosco.
«Da quella parte… ci sono…»
iniziò a dire, Bonnie.
«Le grotte»
finì per lei Damon. Poi aggiunse:             
«Bene… voi perlustrerete in maniera veloce il resto della foresta, per non lasciare niente al caso. Quella stronzetta bionda è capace di averlo fatto apposta a passare davanti alle telecamere… io ed Elena inizieremo a dare un’occhiata alle grotte, quando avrete la certezza che non sono da nessun’altra parte, raggiungeteci»
«Credi sia il caso di dividerci?»
chiese, Caroline.
«Dobbiamo… non faremo niente di stupido… ma se Jessica è in quelle grotte, dobbiamo scoprirlo subito»
le rispose.
«Io chiederò agli spiriti un po’ di potere extra… magari riesco a lanciare un incantesimo di protezione»
comunicò la strega. Tutti annuirono.
«Dov’è Jeremy?»
si informò, Elena.
«Sono qui!»
la voce del fratello risuonò forte alle loro spalle. Si voltarono e videro l’uomo tenere in mano un cofanetto di legno.
«Sono andato a recuperare qualcosa che potrebbe esserci utile»
disse, posando il contenitore sul tavolino. Il gruppo gli si riunì intorno, a cerchio. Lui sollevò il coperchio e osservarono con stupore cosa c'era al suo interno.

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Capitolo 3
*** We'll make it. ***


Il silenzio calato nel salotto fu interrotto dalla candida voce della piccola Jenna.
«Cos’è, papà?»
domandò, tirando i Jeans di Jeremy. L’uomo abbassò gli occhi sulla figlia e sorridendo le rispose:
«È la nostra possibilità di  sconfiggere il nemico, Jen…»
La bambina annuì  e tornò a fissare lo strano oggetto adagiato sul velluto dell’interno del cofanetto.
«Dove lo hai preso?»
volle sapere Damon.
«L’ho recuperato nella grotta quando… Ric…»
Si fermò a mettere in ordine i concetti, non gli capitava spesso di pensare a quella notte ed alle sue conseguenze e quando lo faceva, era doloroso. Si morse il labbro inferiore, espirò e proseguì:
«Tornai alla grotta mentre tutti stavano al capezzale di Elena. Io non potevo… era troppo difficile. Andai ad assicurarmi non fosse solo un brutto incubo. Ovviamente era tutto reale, il cadavere di Alaric ne era la prova… vederlo buttato lì a terra, come fosse spazzatura, mi mise a disagio. Nonostante i brutti risvolti era stato quanto di più vicino ad un padre avessi avuto. Decisi di dargli una degna sepoltura, nello spostare il corpo, il paletto gli scivolò dall’interno della giacca…»
«E a lui chi l’ha dato?»
ribatté il vampiro.
«Che vuoi dire?»
chiese Stefan.
«Quando l’ho chiuso nella grotta il paletto lo avevo io… lo riportai a casa quella sera… come ha fatto a riprenderselo?»
Rispose Damon. Tutti si guardarono confusi.
«Magari Rebekah…»
Azzardò  Elena.
«A che pro? Non ha senso…»
obiettò il fidanzato.
«Beh, forse è stato proprio Ric… quando lo abbiamo intrappolato si trovava qui vicino… avrà approfittato dell’assenza di tutti e lo avrà trovato… in fondo era tuo amico, sapeva come ragionavi per nascondere le cose…»
«Sul serio, Stefan? Ancora con questa storia?»
«Devi ammettere che nascondere la moonstone nella cesta del sapone è stato…»
Stefan lasciò in sospeso la frase.
«Geniale! È stato geniale!»
proruppe Damon. I fratelli Salvatore si guardarono un attimo prima di scoppiare a ridere. Quell’attimo di normalità parve stridere nel contesto, ma la spontaneità di quella ritrovata complicità sembrò infondere una nuova carica in tutti. Riuscire a trovare il tempo per ridere e prendersi in giro in un clima così teso, apparve come un segno di buon auspicio. Il momento passò e, di quell’ondata di buon umore, restò solo il ricordo.
«Quindi il piano è trovare Rebekah ed ucciderla?»
disse Caroline.
«L’idea è quella…»
asserì l’ormai non più piccolo Gilbert. Ma il più grade dei Salvatore obiettò:
«Non possiamo ucciderla…»
«Damon… non ti farai venire scrupoli di coscienza proprio ora…»
«No, Jer… nessuno scrupolo… ma se uccidi un originale, uccidi tutta la sua blood line…»
Il vampiro lasciò che la sua affermazione si facesse strada nella mente di tutti, finché sui loro volti non comparve un’espressione di consapevolezza. Il piano presentava una falla: il sangue di Rebekah aveva trasformato Elena.
«Se sarà necessario per salvare Jessica…»
provò a dire la vampira.
«Non osare finire la frase!»
la bloccò Damon. Sentì il peso di quei vent’anni di tormento diventare energia pura: tutta la rabbia, la frustrazione, la solitudine provate, si trasformarono in carica per affrontare quella situazione. Non si sarebbe arreso agli eventi, non quella volta. Jessica si era fatta in quattro per consentirgli di essere felice, non avrebbe permesso al karma di rovinare i piani della figlia.
«Sono stanco di dover scegliere il male minore. Per una volta nella vita voglio vincere a modo mio… se c’è una cosa che ho imparato in queste ultime settimane, è che basta organizzarsi e tutto diventa possibile. Salverò Jessica e nessuno morirà! Men che meno tu! Stavolta vinceremo la battaglia su tutti i fronti… nessun compromesso!»
concluse. Jeremy si sedette pesantemente sul divano dietro di lui e si afferrò la testa con le mani.
«Ed io che ho conservato quell’aggeggio nella speranza di poter vendicare mia sorella… che idiota…»
sospirò. Bonnie gli andò vicino ed affondò una mano nei capelli del marito.
«Non dire così… forse posso fare qualcosa…»
L’uomo sollevò la testa per guardare il volto della strega. La interrogò con lo sguardo.
«Magari riesco a trovare un incantesimo per impedire il legame con la sua blood line… forse riusciremo ad usare quell’arma senza rischiare di uccidere tutte le persone generate da Rebekah…»
spiegò Bonnie.
«Bon… non sei abbastanza forte per occuparti di queste cose…»
«Non è vero… sento di essere più forte ultimamente… e Jenna può aiutarmi…»
«Lasciamo fuori nostra figlia, per favore…»
«Ma io voglio aiutare!»
esclamò la piccola. I genitori la guardarono in un misto di apprensione e divertimento.
Jenna era stata precoce con i suoi poteri e giorno per giorno, diveniva più forte, più potente. Ogni volta che aiutava la madre in qualche piccolo incantesimo, sembrava acquistare nuova energia. Jeremy accarezzò la testa alla piccola.
«Jen… lo so  che vuoi aiutare… ma questa volta non puoi. Sei troppo piccola… se ti succedesse qualcosa, io morirei di dolore! Vuoi che il tuo papà pianga?»
le disse con amore. Jenna scosse la testa in senso di diniego e saltò al collo del padre.
«No, ti prego… non piangere… farò la brava! Te lo prometto!»
Damon osservò quella scena e cercò di non pensare a quanti abbracci simili gli aveva dato Jessica nel corso degli anni. Tutte le volte che l’aveva consolata o aveva usato il suo amore per farsi promettere di non cacciarsi nei guai. “Cosa non darei per poterla stringere così, ora. Cosa non darei per saperla al sicuro!” pensò. Elena lo osservò e capì i suoi pensieri, gli prese la mano ed avvicinandosi gli sussurrò in un orecchio:
«Ce la faremo… hai ragione tu… questa volta è tempo di vincere!»
I due fidanzati si guardarono e nei loro occhi iniziò ad ardere la voglia di rivalsa.
«Jer, ho bisogno di Jenna per andare alla casa delle streghe…»
disse esitante Bonnie.
«C-cosa? Perché?»
«Ho bisogno di appoggiarmi alla sua energia per comunicare con gli spiriti… da sola non potrei sopravvivere…»
«Ma hai detto di sentirti più forte…»
obiettò il marito. La strega abbassò lo sguardo e non rispose.
«Non è per l’energia che ti serve la piccola, vero?»
intervenne Damon. Gli occhi di tutti si rivolsero al vampiro.
«Lei è la tua garanzia che gli spiriti non ti uccideranno non appena metterai piede là dentro…»
affermò lui. Bonnie non poté fare altro che annuire.
«Di che diavolo state parlando? Perché gli spiriti dovrebbero farti fuori?»
esclamò, Jeremy. La moglie deglutì e cercò le giuste parole per rispondere.
«Non ne conosco la ragione precisa… ma sono arrabbiati per qualcosa che ho fatto… ma non so cosa. Ho provato ad indagare senza riuscire a sapere nulla…»
spiegò.
«E Jenna in che modo ti garantirebbe la salvezza?»
incalzò il marito.
«Sei sposato con una strega ed ancora non hai capito quanto queste ci tengano ai legami di sangue? Non oseranno fare del male a tua moglie se c’è la piccola ad assistere… l’ultima cosa che farebbero è rompere una discendenza…»
disse Damon.
«Puoi venire con noi se vuoi… ma ho bisogno di nostra figlia»
Jeremy guardò in direzione del vampiro, quasi per chiedergli il permesso di poter sorvegliare sulla sua famiglia.
«Non essere stupido! Siamo vampiri, uno di noi vale per tre… perlustreremo l’area in un attimo… andate! Ci vediamo alle grotte… sono certo di trovarle lì»
lo rassicurò il vampiro. I coniugi Gilbert e la loro bambina si congedarono.
«Ora che facciamo?»
Chiese Stefan.
«Ora andiamo a riprenderci mia figlia! Tu e Meredith date una rapida occhiata alla cripta e all’area intorno al cimitero… Care, Liz, voi  potreste occuparvi delle gallerie dei Loockwood… io ed Elena inizieremo dalla grotta dei graffiti…»
«Ma in quella grotta non possono entrare i vampiri…»
fece notare Elena.
«Ragione in più per escluderla come probabile prigione…»
le rispose.
«Resta da capire come salvarla da Rebekah… avrà preso delle precauzioni, immagino»
suppose Caroline.
«Intendi dire che può averla soggiogata?»
domandò sua madre.
«Beh… non mi è sembrato avesse della verbena addosso…»
osservò la figlia.
«E non ne ha… non ho mai creduto le sarebbe servita…»
commentò con amarezza Damon.
«Hey… tutto quello che ci serve è mettere fuori gioco Rebekah… poi penseremo a Jess…»
lo tranquillizzò la fidanzata.
«Come mettiamo fuori gioco quella psicopatica? Non siamo sicuri Bonnie riuscirà a convincere gli spiriti a separare il legame tra lei e i vampiri che ha generato!»
ribatté lui.
«Oh… mio… dio!»
esclamò Caroline. Il gruppo si voltò a guardarla incuriosito.
«Il pugnale!»
Nessuno parve capire cosa volesse dire la vampira bionda.
«Il pugnale con la cenere di quercia bianca! Con quello la metteremo a dormire e nessuno correrà alcun rischio… mai più!»
spiegò lei.
«Se ne hai uno nella tua borsa potrei anche abbracciarti!»
disse Damon. Lei sorrise maliziosa e rispose:
«No… non nella borsa…»
Il vampiro spalancò la bocca provando inutilmente a dire qualcosa.
«Io e Tyler ci occupammo di sgomberare la casa di Klaus e… beh… trovai la sua scatola di pugnali…»
iniziò a spiegare Caroline.
«Hai la scatola di pugnali di Klaus?»
si stupì Stefan.
«Beh… no… ne ho solo uno… l’ho preso di nascosto… Tyler voleva liberarsi di quella roba, diceva che portava sfortuna… mi chiedo se non avesse avuto ragione…»
Damon scattò ad abbracciare la bionda interrompendo le sue elucubrazioni.
«Uno sarà sufficiente per liberarci dell’unico nostro problema!»
sospirò il vampiro. Care rimase immobile mentre gli altri cercarono di camuffare i sorrisi che quel gesto così inaspettato aveva causato.
«Beh… fortuna nella sfortuna… direi»
commentò imbarazzata. Il vampiro la liberò dall’abbraccio rendendosi conto dell’anomalia della situazione. “Chi se ne frega! Probabilmente ha salvato il culo a tutti, un abbraccio è anche poco!” si disse. Caroline fece un sorriso impacciato.
«Ok… allora lo vado a recuperare… ci vediamo qui tra mezz’ora»
affermò. Damon annuì.
«Noi iniziamo a perlustrare la nostra zona… se dovessero esserci delle novità, avvertimi…»
comunicò Stefan.
«Vado anche io… dite a mia figlia che la aspetto al pozzo dei Loockwood»
si accodò Liz.
«Certamente… a dopo…»
rispose Damon. Il fratello gli diede una pacca sulla spalla e con lo sguardo disse più di quanto sarebbe riuscito a fare con le parole;  si sorrisero con complicità.
Rimasti soli, Damon ed Elena si guardarono in silenzio. Attesero l’arrivo di Caroline covando pensieri troppo complessi per esprimerli ad alta voce. Il tempo sembrava non passare mai e quella situazione divenne snervante. La vampira decise di mandare al diavolo le sue elucubrazioni e si avvicinò al suo uomo, mise una mano su quel viso teso che, solo poche ore prima, stava fiorendo di una serenità mai conosciuta prima.
Il tocco delle sue dita aveva il dono di infondere una strana pace nell’animo del vampiro. Era sempre stato così, ma in quel momento di particolare tensione, sentì l’effetto amplificarsi.
Lei sorrise e gli sussurrò:
«Come ti senti?»
Lui corrugò la fronte.
«Non lo so… credo di essermi preso una pausa da me stesso… ho bisogno di essere lucido e se iniziassi a pensare a determinate cose, ad esempio a come mi sento… non so se…»
«Se hai bisogno di lasciarti andare per un attimo… lo sai che puoi, vero? È naturale…»
«Lo so… ma non posso… non ora…»
«Ok… aspetteremo che sia tutto finito allora…»
Lui la guardò, e la vide forte e sicura, così diversa dalla ragazza spaventata che aveva conosciuto eppure, in qualche modo, uguale. Pensò al loro primo incontro dopo quello  che le aveva fatto dimenticare. Lui era una persona diversa, ancora nella spirale dell’amore malato per Katherine, e lei aveva appena iniziato a frequentare Stefan.
 
A quel tempo si divertiva con gli effetti speciali. La vide entrare in casa, la osservò muoversi cauta. Usò il corvo che gli aveva fatto compagnia per anni per distrarla e spaventarla. Non era sua intenzione infastidirla, ma era curioso di vedere la sua reazione. Quando lei si voltò, sbattendogli contro, la guardò covando il latente desiderio che lo riconoscesse, eludendo il soggiogamento. Ovviamente non accadde e una parte di lui provò dolore per questo, ma era in una fase oscura della sua esistenza e si costrinse ad ignorare quel pizzico all’anima.
«Mi scuso se sono entrata… la porta era… aperta…»
si scusò lei.
«Tu devi essere Elena… Io sono Damon, il fratello di Stefan»
si presentò lui.
 
La donna che gli stava di fronte ora, era solo una versione più forte e più vissuta di quella ragazzina che non lo riconobbe scientemente. Qualcosa nel suo corpo, però, aveva reagito… ma nessuno dei due poteva saperlo allora. Gli scappò un sorriso. Lei strinse gli occhi ed inclinò la testa.
«Cosa?»
volle sapere.
«Niente… mi distraggo pensando a tante cose… alcune mi fanno sorridere…»
glissò lui. Prima che Elena potesse indagare, Caroline tornò agitando un oggetto avvolto da un panno logoro e impolverato.
«Ecco la nostra chance di vittoria!»
esclamò. Poggiò il pugnale sul tavolo ed espirò soddisfatta.
«Diamine!»
imprecò Elena. Gli altri due la guardarono straniti.
«La cenere di quercia bianca… ci serve anche quella o il pugnale è inutilizzabile!»
La tensione tornò ad indurire il viso di Damon.
«Sono bionda ma non stupida! Ho preso anche quella!»
disse Caroline, estraendo dalla tasca dei jeans una boccettina di vetro. Sollevò una mano verso il vampiro.
«Un abbraccio è più che sufficiente per oggi!»
scherzò lei. Risero e per la seconda volta quell’oasi di tranquillità li caricò di nuova energia.
 
Rebekah si fece seguire da Diana e Jessica fino alle grotte, nascoste nella parte bassa del bosco intorno al cimitero. Fece percorrere loro quei cunicoli tortuosi e stretti e le condusse, infine, in uno strano antro. Qualche candela ed una fiaccola lo illuminavano in maniera blanda. Jessica osservò quel posto e fu assalita da una strana sensazione: i graffiti sulle pareti, due altarini e varie ciotole e ampolle impolverate e piene di ragnatele, le diedero l’impressione di trovarsi in una specie di luogo di culto.
«Starete qui in attesa che i vostri amici mi portino ciò che cerco… o morirete se dovessero disattendermi»
le soggiogò l’Originale.
«Ed ora sedetevi da qualche parte…»
Le due donne, tenendosi ancora per mano, trovarono posto in un angolo.
«Passeremo qui la notte?»
chiese Jessica.
«Ti aspettavi un 5 stelle?»
«Mi sarei accontentata di un letto»
rispose dura. Rebekah si avvicinò alla ragazza, si piegò sulle ginocchia in modo da avere il proprio viso a pochi centimetri dal suo.
«Accontentati di avere ancora un parente in vita ed un cuore che batte… ok?»
la minacciò. L’espressione della ragazza si fece dura. Ingoiò una brutta risposta, temendo di poter causare la morte anche della zia, che continuava a stringerle la mano tremante.
«Brava ragazza»
ironizzò la vampira, dandole un buffetto sulla faccia. Si alzò e si guardò intorno soddisfatta. Allargò le braccia, espirò e disse:
«Ci siamo quasi!»
Jessica scosse la testa e tornò ad esaminare quel luogo così inquietante. Abituata la vista all’oscurità che vi regnava,  si rese conto di cose sfuggitele poco prima: la grotta era più grande di quel che sembrava. C’erano zone d’ombra che dovevano corrispondere a delle cunette; in alto, nelle pareti, c’erano alcune crepe da cui filtrava la luce lunare “non siamo così tanto sotto terra, allora” pensò. Riprese l’ispezione quando il riverbero della fiamma della fiaccola fece luce su un  punto che catalizzò l’attenzione della giovane: c’era qualcun altro in quel posto... un corpo… giaceva a terra, immobile.
«C-chi c’è lì?»
balbettò, temendo fosse un altro cadavere. Rebekah si voltò a guardare Jessica ed un ghigno malefico le si stampò in faccia.

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Capitolo 4
*** Bonds. ***


Rebekah rimase in silenzio, con un ghigno cattivo a tagliarle il bel viso, fissando la ragazza e provò un sadico piacere nel vedere il terrore emergere in quegli occhioni verdi. Jessica sentì il cuore accelerare il battito: poco distante da dove era seduta con sua zia, c’era un qualcuno. L’oscurità che regnava nell’antro le impediva di capire se fosse un uomo, una donna, qualcuno che conosceva. Tutto quel che era riuscita a scorgere fu la sagoma di un corpo sdraiato su un fianco, niente di più. Tornò a guardare nella direzione del misterioso ospite sperando che la fiaccola tornasse ad illuminarlo fornendole qualche dettaglio in più.
«Chi è?»
ripeté, tenendo gli occhi fissi sul corpo.
«Solo una precauzione»
rispose l’Originale. Il tono divertito di quelle parole provocò un brivido nella ragazza che non riusciva a togliere gli occhi dalla sagoma distesa nel buio.
«È… è vivo? »
chiese con timore.
«Lo sarà finché mi sarà utile...»
disse sarcastica la vampira. La giovane riuscì finalmente a tornare a guardare la sua carceriera: il ghigno malefico continuava a snaturarne gli altrimenti delicati tratti. Quell’espressione così oscura si insinuò nella testa di Jessica, solleticando le sue paure.
“Che stai facendo, Jess? Le stai concedendo un vantaggio! Ricorda la prima regola! «Certi uomini godono a vedere la paura negli occhi delle persone. Se gli dai questa soddisfazione,  avranno già vinto». Ok, non è un uomo, ma il principio del cacciatore è lo stesso… non soccombere alla paura, non permetterle di spaventarti!” risuonò la voce di Damon nella sua testa.
La giovane si fece animo. Doveva reagire, non poteva cedere! Doveva resistere finché fossero venuti a salvarla “finché D. non mi verrà a salvare” pensò, “perché lui mi salverà, me lo ha promesso” si ripeté.
«Non capisco una cosa…»
iniziò a dire, catturando l’attenzione di Rebekah.
«Perché rivuoi indietro Kalus?»
domandò. La maschera cattiva della bionda, si tramutò in sorpresa.
«Che domanda è?»
replicò.
«Una domanda semplice…»
ribatté Jessica.
«Direi che è una domanda stupida, piuttosto. Nicklaus è mio fratello ed io lo rivoglio indietro…»
«Sì… ma perché ora… perché dopo vent’anni…»
«Per voi umani il tempo è un concetto così complesso… per me è relativo, un dettaglio… un trascurabile dettaglio!»
«No, no… non intendevo dire “perché dopo tanto tempo”… volevo sapere proprio “perché”… cioè, non so molto di te se non dettagli che avrei preferito ignorare… ma, da quel che ho capito, la tua relazione con Klaus era complessa… ti ha messo a ‘dormire’ solo perché intralciavi i suoi piani… più di una volta! Hai avuto vent’anni di tempo per pensare a te, alla tua vita, hai pure avuto la tua vendetta su Elena… cosa ti ha impedito di andare avanti? »
Quelle argomentazioni parvero scuotere l’Originale che, per un breve istante, tentennò. “Brava! Continua così! Insisti!” la incitò la voce di Damon. Ogni volta che pensava usando la voce di suo padre, si sentiva caricata di una nuova forza, quasi come se lui fosse sul serio lì ad assicurarle che sarebbe andato tutto bene. La vampira, però, si riprese subito dalla sua defaillance ed il suo volto tornò a vestirsi di cattiveria.
«Cosa dovresti saperne tu di famiglia?»
la canzonò Rebekah.
«Sei cresciuta con un vampiro, un reietto in fuga dal fratello e dalla donna che ha, praticamente, condannato a morte. Come potresti capire cosa mi spinge a rivolere indietro mio fratello?»
Le parole della vampira colpirono duramente Jessica che, a stento, riuscì a mantenersi calma. Non fosse stato per la mano tremante della zia, stretta saldamente alla sua, si sarebbe scagliata contro quella sputasentenze meschina e cattiva. Ritrovò la calma e cercò di mantenere la lucidità. Sorrise e scosse la testa.
«Cos’hai da ridere?»
volle sapere l’Originale.
«Niente… è solo che mi fa ridere la tua difesa…»
rispose la ragazza.
«La mia … cosa?»
«La tua difesa! Il tuo modo di evitare una domanda attaccandomi. Sono un’orfana, mio padre adottivo non è stato uno stinco di santo, un sacco di cose brutte sono avvenute per una decisione sbagliata… mi sorprende tu non abbia usato anche la carta “ho spezzato il collo al tuo padre biologico”, onestamente… ti è sfuggito dalla lista o pensavi di usarla più avanti?»
«Attenzione ricciolina… ho molte carte nel mazzo, non credo tu voglia scoprire sul serio come le userò»
ribatté freddamente, spostando lo sguardo sulla zia che strinse più forte la mano alla nipote.
Jessica chiuse gli occhi, abbassò gli angoli della bocca ed annuì.
«Certo, certo… c’è ancora la carta “ucciderò tua zia” da usare…»
«Oh, c’è anche la carta “ti strapperò via il cuore, se non stai zitta”»
la minacciò Rebekah.
«E come pensi di convincere la mia famiglia ad aiutarti, poi? Con me fuori dai giochi dubito qualcuno di loro si presterà al tuo ricatto»
«Beh… potrei giocare la carta “ti farò fare la fine di Elena, se non stai zitta” ed userò il tempo che ci vuole a farti completare la transizione per convincerli ad esaudirmi, o ti vedranno morire due volte»
«Qualsiasi mossa farai, gli impedirò di accontentarti… uccidimi, trasformami… non permetterò che mi usi in nessun modo!»
affermò freddamente la giovane. Rebekah scoppiò a ridere.
«Ma bene! Abbiamo un vero cuor di leone con noi… avrei dovuto intuirlo dalla capigliatura! Beh… lascia che ti dica una cosa: immolati pure per la causa… ma pensa a Damon… pensa alla disperazione in cui lo getterai per l’eternità… anzi, sai che c’è?»
disse scattando a prendere Jessica per il collo. La sollevò da terra senza sforzarsi e se l’avvicinò al viso.
«Forse mi soddisferebbe di più sapere lui ed il suo gruppetto di imbecilli, disperati ed infelici, che riavere indietro Klaus!»
concluse velenosa. Sul bel viso dell’Originale comparvero vene scure,  gli occhi azzurri le si iniettarono di sangue e due lunghe zanne le spuntarono dalla bocca.
«Ed io sarei quella che non ne sa niente di famiglia, eh?»
disse con voce strozzata Jessica.
«Beh… ti dico cosa so: la mia famiglia ci proverà a riavermi indietro, senza bisogno di minacciare o ricattare nessuno… Fai la tua mossa… rinuncia a Klaus per la tua vendetta e passa il resto della tua eternità a farti compagnia con quella!»
finì, mantenendo lo sguardo fiero. Rebekah fece una smorfia di rabbia e poco dopo il suo volto tornò normale.
«Per stasera sono finite le chiacchiere… visto che non vuoi dormire, ci  penserò io a mandarti tra le braccia di Morfeo»
asserì prima di sbattere la testa riccioluta di Jessica contro la parete. Diana si portò le mani alla bocca soffocando un urlo; la ragazza, invece, non si rese conto di nulla. Sentì solo un velo nero calarle in testa e poi… oblio…
 
Damon ed Elena si separarono da Caroline. La bionda raggiunse la madre nel terreno dei Loockwood, mentre i due fidanzati si recarono verso le grotte dei graffiti, nella parte bassa del bosco dietro il cimitero.
«Come pensi di usarlo?»
chiese Elena, indicando il pugnale che Damon si era infilato nell’interno della giacca.
«Spero di riuscire a passarlo a qualche umano…»
rispose lui, nervoso.
«Damon… ed il discorso fatto stamattina?»
«Vale quel che ho detto: voglio vincere alle mie condizioni»
«E le tue condizioni prevedono il suicidio?»
ribatté lei, quasi urlando. Si fermarono e lui cercò di evitarne lo sguardo, ma lei si fece avanti e lo costrinse a guardarla negli occhi.
«Damon… guardami! Come hai detto tu “nessuno morirà, men che meno tu!”. Non sono disposta a perderti… non sono disposta a perdere! Basta sapersi organizzare, no?»
«Infatti… spero di riuscire ad organizzare di passare il pugnale a qualche umano…»
ironizzò lui.
«Smettila!»
sibilò la vampira, lasciando il viso del fidanzato. Lui sospirò, le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla.
«Non c’è tempo per pensare anche a questo… farò di tutto per vincere su tutti i fronti, come ho detto a casa! Ma se le cose dovessero andare male…»
«Non succederà! Noi ce la faremo!»
Lui guardò quegli occhi neri brillare di speranza, e si sentì bruciare dentro. Le prese il visto tra le mani e la baciò.
«Appena finita tutta questa storia, ti butterò nel mio letto e non ti lascerò più andare!»
le disse con un filo di voce. Si strinsero in un abbraccio ed Elena affondò le mani nella schiena di lui.
«Allora vediamo di risolverla in fretta!»
gli sussurrò all’orecchio. Proseguirono verso il bosco ed arrivarono al punto dove, anni prima, grazie al fantasma di Mason scoprirono una grotta sulle cui pareti era raccontata la storia degli Originali, con tanto di informazioni per ucciderli. Sfortunatamente era un luogo protetto da qualche sorta di incantesimo che impediva ai vampiri di entrare. Scesero nei cunicoli e camminarono adagio, tendendo l’orecchio, nella speranza di cogliere la voce di Jessica. Come prevedibile, nella grotta non c’era nessuno.
«Forse dovemmo dividerci»
propose Elena.
«Non ci penso proprio… resteremo uniti ed aspetteremo gli altri…»
«Damon… ci separeremo solo il tempo di trovare Jessica… appena uno di noi scopre dove si trova tornerà ad avvertire l’altro…»
«No, Elena! Resteremo insieme! In due possiamo sperare di battere un vampiro di 1000 anni e più, separati sarà un po’ più difficile… fine della storia!»
La vampira aprì la bocca per ribattere, ma non trovò niente da dire. Proseguirono la perlustrazione dei cunicoli, cercando di fare meno rumore possibile. Improvvisamente si bloccarono. I loro sensi in allerta carpirono qualcosa: sangue, sudore…
«Muffins?»
si lasciò sfuggire Damon. Elena lo guardò confusa. Anche lei aveva sentito le stesse cose, poi, improvvisamente, tutte quelle tracce sparirono nel nulla. I due fidanzati si guardarono spiazzati. Continuarono a camminare nella direzione da dove avevano percepito quegli odori misteriosamente scomparsi. Entrambi ebbero la sensazione che stessero risalendo in superficie ma non fecero parola l’uno all’altra di quei pensieri: se erano vicini, dovevano far meno rumore possibile. A conferma del fatto che non dovevano trovarsi così in profondità, il telefono di Elena iniziò a vibrare. Prese con cautela il cellulare e lesse il messaggio di Stefan: “Nessuno alla cripta e al cimitero. Stiamo venendo da voi, anche lo sceriffo e Caroline non hanno trovato niente dai Lockwood”. Fece leggere l’sms al fidanzato e rispose: “Ok… forse abbiamo trovato una traccia: seguite il cunicolo ad est dalla grotta dei graffiti”. Mentre si accingeva a riporre  il cellulare nei Jeans, non centrò la tasca e l’apparecchio cadde rumorosamente a terra. Guardò terrorizzata Damon che le intimò di stare ferma e zitta e restarono in attesa.
 
«Jessica…»
La voce di Damon echeggiò lontana.
«Jessica Salvatore
Il tono si fece sempre più duro.
«Fammi entrare! Ora
Jessica iniziò a riconoscere sia il tono che il contesto in cui aveva sentito quelle parole.
 
Era il giorno del suo 5° compleanno e lui non aveva accennato alla cosa neanche per sbaglio. L’aveva svegliata, le aveva fatto fare le valigie e l’aveva messa in macchina. Dopo ore di viaggio l’aveva portata in una casa, l’aveva fatta entrare e le aveva detto:
«Ora invitami dentro
Lei si era rifiutata. Il giorno stava finendo e lui non si era ricordato del suo compleanno. Non le aveva dato nemmeno un bacio, o un abbraccio, l’aveva solo portata in giro come uno dei bagagli che aveva preparato.
 
«Non farmelo ripetere! Fammi entrare subito
La giovane si guardò intorno e riconobbe il corridoio della loro prima vera casa, a Brooklyn.
«No
Sentì la sua voce da bambina rispondere a quella del vampiro.
La Jessica adulta iniziò a camminare lentamente, sfiorando con le mani le pareti grigie del corridoio.
“Sto sognando… sto sicuramente sognando” pensò.
«Jess… sono davvero deluso»
Le scappò un sorriso al pensiero di quel che avrebbe risposto da lì a poco, ed infatti la bambina replicò:
«Tu sei tiluso? Io sono tiluso! E sono pure arrabbiata
Arrivò finalmente nel punto in cui quel ricordo si stava manifestando. Un Damon sempre uguale, ma più triste di quanto non ricordasse stava in piedi fuori dalla porta. Le mani poggiate sullo stipite ed un’espressione tra il confuso ed il preoccupato gli tirava la faccia. La sua versione bambina era in piedi poco distante da lui oltre la soglia di casa, rigida, con i pugni chiusi,  evidentemente arrabbiata.
Il vampiro chinò la testa, espirò e si piegò sulle ginocchia, in modo da avere il volto della piccola all’altezza del suo. Abbandonò il tono duro per usare quello dolce, del padre apprensivo che solo nelle occasioni più intime era solito sfoggiare e, quasi sempre, quando doveva chiederle scusa.
«E perché sei arrabbiata
le chiese.
«Non te lo dico… se non lo sai mi arrabbio di più
rispose la piccola, mentre grossi lacrimoni iniziavano a sommergerle gli occhi.
La Jessica adulta, la spettatrice di quel sogno-ricordo, sentì le emozioni provate in quella situazione tornare tutte a galla ed anche i suoi occhi si inumidirono.
«Non sarà mica perché pensi che mi sia dimenticato del tuo compleanno, vero
domandò apprensivo Damon. La bambina iniziò a singhiozzare incapace di trattenersi oltre. Il viso del vampiro si fece morbido ed un tenero sorriso gli affiorò sulle labbra.
«Jessica… ma secondo te potrei mai dimenticare il tuo compleanno? Non ti sei resa conto che questa casa è tua? È il mio regalo per te… e non è tutto… se mi farai entrare ti darò il vero regalo
la rassicurò lui. La bambina si asciugò gli occhi e lo guardò diffidente.
«Davvero
«Ma certo
«Allora… entra…»
lo invitò, tirando su con il naso. Damon espirò, si sollevò ed entrò in casa. Si avvicinò alla figlia e la prese in braccio. Lei teneva gli occhi bassi, un po’ imbarazzata. Lui le sollevò il mento con un dito e la costrinse a guardarlo negli occhi.
«Non potrei mai dimenticare il giorno più importante della mia vita! Mai! Te lo ricorderai da ora in poi
Lei annuì con energia e gli si strinse al collo, lui ricambiò l’abbraccio.
La rimise a terra, si accucciò accanto a lei e si sfilò dalla tasca dei jeans una scatolina.
«Ecco qui il tuo regalo…»
disse mentre apriva il contenitore. Al suo interno, poggiata su una spugnetta grigia, c’era una collanina d’argento con un ciondolo a forma di stella, al centro aveva incastonata una pietra di ametista. La bambina spalancò gli occhi e la bocca.
«Ti piace
chiese lui.
«Tantissimo! La posso mettere?»      
«Certo che puoi! È tua
«Non me la toglierò mai più D.! Promesso!»
esclamò la piccola.
La Jessica adulta che stava sognando quel momento, si portò una mano al collo e con dolore pensò alle circostanze che l’avevano portata a separarsene. Il suo sogno-ricordo iniziò a tremare e una successione di immagini confuse iniziarono a bombardarle la mente: Damon con il volto sporco di sangue, Elena disperata, Stefan immobile con la bocca spalancata, il volto di suo padre biologico un attimo prima di morire.
Tornò improvvisamente al suo sogno e quando il vampiro allungò una mano per accarezzare la testa alla bambina che guardava adorante il suo regalo, lei sentì dolore nel punto in cui la mano di lui si posò.
 
«Jessica…»
la chiamò una voce nuova.
«Jessica…»
ripeté quella voce che iniziò ad essere riconoscibile: Diana.
 
«Stai bene? Jessica...»
sussurrò ancora una volta. La ragazza aprì lentamente gli occhi. Dalle crepe sulle pareti della grotta, fasci di luce bianca filtravano illuminando meglio quel luogo: la notte era passata. Si alzò adagio e sentì una fitta attraversarle la testa, si portò una mano nel punto in cui il dolore era partito.
«Piano… fai piano! È stato un brutto colpo…»
le disse la zia, sostenendola con tocco delicato ma deciso. La giovane scosse la testa riccioluta e provò ad articolare una domanda.
«C-cosa… quanto ho… che cosa…»
«L’hai fatta arrabbiare e ti ha sbattuto la testa contro la parete… hai passato tutta la notte svenuta, ho temuto per te… ora è andata via… mi ha detto di restare qui immobile…»
la aggiornò la zia.
«Perdonami… devo averti spaventata a morte… non volevo… è che certe volte sono un po’ troppo istintiva…»
«Non preoccuparti per me… ammiro il tuo coraggio… ma tu stai bene?»
«Sì, sì… è solo un taglietto»
la rassicurò. Si guardò intorno: l’impressione che aveva avuto la sera prima sull’ampiezza della grotta si rivelò essere giusta. La sua mente corse al corpo adagiato nell’ombra, si voltò nella direzione in cui giaceva ma non vide nulla.
«Lo ha spostato… ha detto che le aveva causato già troppe noie senza che tu sapessi chi fosse…»
«Tu… tu lo hai visto?»
si affrettò a chiedere. Diana scosse la testa in senso di diniego.
«Era buio e lei è stata veloce…»
«E non è più tornata da allora?»
«Oh, no… non lo ha portato fuori di qui… lo ha messo lì»
Diana indicò una delle cunette che si intravedevano nelle zone d’ombra della grotta.
«Lei è andata via poco fa…»
proseguì la zia.
Jessica colse la palla al balzo e si alzò di scatto. Non fu una mossa intelligente: il mondo sotto i suoi piedi iniziò a traballare e la fitta di dolore parve dividerle il corpo a metà. Le ginocchia le si piegarono e si aggrappò alla parete in pietra per non finire a terra.
«Jessica!»
esclamò apprensiva la zia.
«Tranquilla, sto… sto bene… mi sono alzata solo troppo in fretta…»
«C-cosa vuoi fare? Rimettiti a sedere…»
«Ha ordinato a te di stare immobile, non a me… voglio vedere chi è la persona che mi vuole nascondere…»
«Magari nemmeno la conosci…»
«Ragione in più per scoprire perché me la vuole nascondere…»
Continuando a rimanere poggiata alla parete azzardò qualche passo. Finalmente trovò l’equilibro e si mosse sicura verso la cunetta indicata dalla zia, un rumore, però, la mise in agitazione. Si bloccò guardando in direzione dell’entrata e sentì il cuore battergli così forte che temette le sarebbe esploso nel petto.
Non arrivò nessuno; chiuse gli occhi e fece un gran respiro, cercando di trovare la forza per proseguire la sua missione. Riaprì le palpebre e si ritrovò davanti il viso della bionda. Sussultò per l’apparizione inaspettata ed indietreggiò goffamente: mise il piede su alcuni sassi e perse l’equilibrio, cadendo.
«Andavi da qualche parte?»
chiese ironica Rebekah.
«N-no… volevo… volevo sgranchirmi le gambe…»
farfugliò Jessica.
«Se non vuoi che ti sgranchisca io come si deve, farai bene a star seduta immobile come la tua brava zia… intesi?»
la minacciò la vampira. La ragazza annuì e si voltò verso Diana che la guardava terrorizzata.
«Ecco qui… che non si dica che non so trattare bene i miei ospiti!»
esclamò l’Originale, lanciando tra le gambe della giovane una busta di carta marrone. Jessica la prese con cautela e l’aprì sospettosa. Il profumo di due muffin ai frutti di bosco le invase violento le narici causandole un gorgoglio allo stomaco: “da quanto tempo non mangio?” pensò. Alzò lo sguardo sulla sua carceriera, confusa.
«Cosa? Sarà una settimana lunga… e voi umani avete bisogno di  mangiare per sopravvivere, no?»
la canzonò Bekah. La ragazza si morse l’interno del labbro e guardò Diana, le porse la busta e la zia si affrettò a prendere il dolce divorandolo. “Non devo essere la sola a digiuno” si disse. Guardò il suo muffin ed iniziò a pizzicarne la crosta, mangiandolo con calma. Non avrebbe concesso alla sua aguzzina di farsi vedere affamata, non voleva doverle essere grata. La vampira la osservò stupita e divertita ma, prima che potesse commentare la sua spavalderia, un rumore attirò la sua attenzione. Si voltò e tese l’orecchio, quello che carpì la mise in agitazione. Guardò male prima Diana e poi Jessica.
«Non osate muovervi da qui!»
le soggiogò prima di schizzare via veloce. Le due donne rimasero da sole a guardarsi confuse.
“Arriva la cavalleria!” pensò Jess, emozionata e felice.
 

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Capitolo 5
*** Trust. ***


Damon ed Elena si guardarono a lungo, tesi, in silenzio. Il vampiro si indicò le orecchie per suggerire alla fidanzata di stare in allerta: se loro avevano percepito delle tracce, anche se dissolte nel nulla poco dopo, era plausibile che il rumore causato dalla caduta del cellulare di Elena fosse giunto alle orecchie sbagliate.
Elena annuì e si concentrò, ma non le parve di sentire nulla. Si chinò a raccogliere il telefono e tornò a fissare il volto di Damon pensando che, forse, quel piccolo incidente non aveva causato conseguenze. Improvvisamente lui girò di scatto la testa da un lato, in modo anomalo e cadde a terra. Lei seguì il tutto senza avere il tempo di realizzare cosa stesse succedendo. Dove poco prima brillavano gli occhi di ghiaccio del fidanzato, ora c’era il viso che aveva accompagnato i suoi incubi per anni: Rebekah.
Quell’incubo dalle fattezze angeliche guardava Elena con un’espressione a metà tra il divertito ed il sorpreso.
«Da quanto tempo…»
disse melliflua l’Originale. Elena si irrigidì e non fu in grado di dire nulla. Deglutì meccanicamente: le si era seccata la bocca. Provò a reprimere la paura che lo stare così vicina a colei che l’aveva uccisa vent’anni prima le provocava e cercò di assumere un’espressione fiera.
«Oh… devo supporre che non mi abbraccerai?»
le chiese ironica Rebekah e, prima che la vampira potesse dire qualcosa o reagire in qualche modo, scattò e spezzò il collo anche a lei.
 
Jessica si voltò sorridendo verso la zia.
«P-perché quell’espressione?»
domandò Diana.
«Credo sia arrivata la mia famiglia!»      
rispose entusiasta. La donna parve confusa.
«C-come fai a dirlo? Questo posto è irrintracciabile, Jessica… lo ha detto lei… mentre eri svenuta… credo ci sia una sorta di incantesimo che rende impossibile trovarlo…»
«Conosco mio padre… non c’è magia al mondo che potrebbe impedirgli di trovarmi e salvarmi!»
ribatté decisa la giovane.
«N-non… io… i-io non volevo dire che..»
farfugliò la zia.
«Lo so… ma credimi… mio padre è lì fuori… lo sento!»
Jessica fissò il punto in cui era sparita Rebekah convinta che da lì a poco avrebbe visto il volto di Damon sorriderle.
 
La speranza di Jessica svanì nel nulla quando sulla soglia della grotta apparve la sua sequestratrice. Sentì la delusione bruciarle negli occhi, ma si costrinse a non piangere. L’Originale si portava qualcuno in spalla, entrò nell’antro e scaraventò il corpo a terra, vicino ai piedi delle sue prigioniere. Jessica riconobbe Elena e, preoccupata, si sporse in avanti per assicurarsi stesse bene. Le liberò il volto dai lunghi capelli e la pelle fredda della vampira le causò un sussulto: “non essere stupida, Jess! È un vampiro… è morta!” pensò. Le venne in mente la prima volta in cui accarezzò il viso dormiente di Damon, senza riuscire a spiegarsi perché fosse così freddo e perché non respirasse: un sorriso involontario le tirò la bocca.
«Cos’hai sempre da ridere?»
domandò nervosa Bekah. La ragazza sollevò la testa riccioluta verso l’Originale e si rese conto che qualcosa la agitava. La sua mente volò alle parole pronunciate poco prima dalla zia «…Questo posto è irrintracciabile, Jessica… lo ha detto lei… mentre eri svenuta… credo ci sia una sorta di incantesimo che rende impossibile trovarlo…».
La giovane si stampò un ghigno in faccia e tacque, la vampira si irritò ancora di più.
«Allora? Cosa ci trovi di tanto divertente?»
insisté.
«Nulla… è solo che… credevi sul serio di poter impedire alla mia famiglia di trovarmi?»
rispose Jessica.
«E chi ti dice che io non l’abbia rapita in superficie per avere qualcun altro con cui ricattare quella banda di idioti?»
«Naaah! Sarai pur veloce, ma non così! E poi sei uscita in seguito ad un rumore, giusto? Suppongo tu non abbia trovato solo Elena lì fuori…»
Jessica non finì la frase realizzando che non sapeva che fine avesse fatto Damon. Si riprese subito, non poteva avergli fatto del male, gli serviva vivo… ma esitò il tempo necessario affinché Rebekah riprendesse il comando di quella situazione. Il bel viso della vampira tornò ad essere una maschera maligna.
«Cosa c’è? Ti sei resa conto che sono tornata con un solo trofeo?»
la canzonò.
«Dov’è lui? Che gli hai fatto?»
si affrettò a chiedere la giovane. Provò a mantenere un tono calmo, ma non le riuscì molto bene.
«Ha avuto quel che si merita…»
Jessica la guardò freddamente, doveva recuperare il vantaggio che la sua preoccupazione per Damon le aveva tolto. L’Originale guardò Elena, inclinò la testa di lato e commentò:
«Direi che adesso ho tutte le carte in regola per vincere questa partita… non speravo tanto!»
Scoppiò a ridere.
«Non puoi combattere contro tutti…»
«Non avrò bisogno di combattere…»
«C-che vuoi dire?»
«Oh… sono sicura che se ci pensi, quella tua testolina, saprà fornirti una risposta più che adeguata…»
rispose serafica Rebekah. La giovane rimase in silenzio a guardare il suo nemico gongolare. Elena iniziò a ridestarsi, aprì lentamente le palpebre e l’immagine sfocata di una cascata di ricci le invase gli occhi.
«J-Jess…»
farfugliò.
«Hey… giuro che non volevo rovinarvi la luna di miele…»
provò a scherzare Jessica. La vampira mise finalmente a fuoco il viso della ragazza e scorse subito il taglio sulla fronte: spalancò gli occhi e si mise a sedere di scatto.
«Cosa ti ha fatto?»
chiese agitata, posandole una mano sulla ferita. La giovane socchiuse gli occhi e scostò la testa.
«Niente… è solo un taglietto…»
«Per ora…»
intervenne Rebekah. Elena si voltò a guardarla furente.
«La pagherai cara!»
le ringhiò contro.
«E chi dovrebbe farmela pagare? Il tuo fidanzato e la sua allegra combriccola?»
ribatté velenosa.
«Lascia che ti spieghi la situazione qual è: voi due sarete la mia merce di scambio… ed una di voi due servirà a provare che faccio sul serio»
concluse con freddezza. Elena guardò confusa Jess, la quale, però, sembrava aver intuito le intenzioni dell’Originale.
«Andrà tutto bene»
le disse poco prima di abbracciarla.
«Credo non siate stati così furbi da assumere della verbena, vero?»
volle sapere l’aguzzina, interrompendo quel momento di intimità. La domanda mise la pulce nell’orecchio alla vampira che iniziò a capire dove volesse andare a parare. Di fronte a quell’espressione così eloquente Rebekah fece una risata soddisfatta e disse:
«Quello che pensavo…»
Si avvicinò ad Elena e la soggiogò:
«Adesso ti metterai in piedi di fronte all’entrata. Resterai ferma, immobile, qualsiasi cosa accada!»
La vampira sentì il suo corpo muoversi senza che fosse lei a comandarlo. L’Originale si rivolse a Jessica soggiogando anche lei:
«Tu ti metterai accanto a lei e quando ti darò l’ordine, le pianterai questo paletto nel cuore, senza esitazione alcuna!»
Le porse un pezzo di legno appuntito, tirandolo fuori dalla giacca. Gli occhi di Jessica si riempirono d’orrore ma si alzò ed andò a posizionarsi accanto ad Elena, stringendo in mano il paletto. Le due si scambiarono un’occhiata: la vampira le sorrise provando a farle capire che non si doveva preoccupare.
La eco di un urlo oltre la soglia della grotta catturò la loro attenzione.
«Bene! Giusto in tempo…»
esclamò sarcastica Rebekah.
 
Stefan e Meredith incontrarono Liz e Caroline all’entrata della grotta dei graffiti.
«Da quanto siete qui?»
chiese il vampiro.
«Siamo appena arrivate»
rispose l’ex sceriffo.
«Notizie di Jeremy e Bonnie?»
«No… ho provato a chiamarli ma non rispondono… gli ho mandato un messaggio con le coordinate che mi ha mandato Elena…»
«Notizie di Jessica?»
«No… ma sembra che abbiano scorto una traccia…»
«Non perdiamo altro tempo allora»
proruppe Caroline. I quattro si guardarono ed annuirono. Imboccarono il cunicolo ad est della grotta e proseguirono adagio, cercando di essere discreti. Anche loro ebbero la sensazione di risalire in superficie ma prima di potersi confidare, Meredith inciampò su qualcosa. Puntarono la torcia elettrica sul punto in cui si trovava disteso e privo di sensi, Damon.
Stefan si fiondò ad assicurarsi non fosse qualcosa di irreparabile, ma prima che potesse girarlo lui riprese conoscenza.
«Hey… Damon… stai bene?»
si informò il fratello.
«Quella stronza… le strapperò via il cuore e me lo mangerò a colazione!»
imprecò il vampiro.
«Stai meglio di quel che sembra…»
commentò Stefan. Il maggiore dei Salvatore scosse la testa e si guardò intorno.
«E-Elena… dov’è Elena?»
Meredith puntò la torcia negli angoli bui, ma non c’era nessuno.
«Maledizione!»
urlò battendo un pugno a terra.
 
«Damon! Calmati! Abbassa la voce! La tireremo fuori dai guai… come abbiamo sempre fatto!»
lo consolò il fratello. Gli occhi di cielo di Damon si stagliarono in quelli verdi di Stefan e ritrovò la calma: doveva rimanere lucido.
«Ok, andiamo… ma prima… Liz…»
L’ex sceriffo si avvicinò.
«Sì?»
«Speravo di poter affidare l’onere a Jeremy… ma visto che ci siete solo voi e tu sei l’unico umano… ho bisogno che te ne occupi tu…»
«Certo… cosa ti serve?»
«Il pugnale… serve un umano per colpire un originale oppure…»
«Sì, certo! Dammelo pure… ci penserò io mentre voi la distrarrete…»
si affrettò a dire Liz, allungando la mano. Il vampiro rovistò nelle tasche interne della giacca ed iniziò ad agitarsi non trovando nulla. Si alzò e strappò la torcia dalle mani a Meredith e fece luce a terra: niente.
«No, no, no!»
sibilò.
«Cosa…che succede?»
chiese Stefan.
«Il pugnale… è sparito…»
«Credi lo abbia preso Rebekah?»
«No… è stata una vampira molto più testarda!»
«E-Elena? Credi lo abbia preso lei?»
La mente di Damon passò in rassegna tutte le occasioni in cui la sua ragazza aveva preso decisioni azzardate mettendosi in pericolo di vita. Senza una ragione precisa si focalizzò sul ricordo di quando decise, con l’aiuto di Rose, di andare a casa di Slater, per scoprire come rintracciare Klaus e consegnarsi a lui.
 
Rose aveva chiamato Damon, informandolo del piano suicida di Elena.
Non era un buon momento: Jeremy si era cacciato nei guai facendosi intrappolare nella cripta da Katherine.
Lasciò Stefan ad occuparsi della faccenda e corse a Richmond. Trovatala, provò a convincere Elena ad andare via con le buone, ma lei si oppose.
«Avanti… ce ne andiamo
le intimò
«No
rispose lei.
«Ho detto che ce ne andiamo
insisté lui, con un tono più deciso.
«Non vado da nessuna parte con te
ribatté lei.
«Tu non prenderai più nessuna decisione da ora in poi
«Quando avrei mai preso una decisione? Tu e Stefan lo fate sempre per me! Questa è la mia decisione
Damon non riuscì a capire quella cocciutaggine, non riuscì a trovare il senso a quella sua opposizione.
«Chi ti salverà mentre prendi le tue decisioni
«Non mi stai ascoltando, Damon… io non voglio essere salvata… non se questo significa che Klaus ucciderà ogni persona che amo
Quelle parole colpirono il vampiro che si ritrovò a capire cosa spingesse la ragazza a ragionare in quel modo… in fondo era quello che avrebbe fatto lui: si sarebbe sacrificato per le persone che amava. Il problema, però, era che lui amava lei e quindi non poteva accettare il suo sacrificio. Indurì la mascella e la minacciò:
«Porta il tuo culo fuori di qui prima che lo faccia io caricandoti sulle spalle
Le afferrò un braccio e la strattonò. Lei si oppose ed esclamò:
«No
Elena sferrò un pugno che Damon bloccò con una sola mano. Lei sentì tutta la forza del vampiro vibrare introno alle proprie nocche: riusciva a bloccarla senza farle male.
Le si avvicinò continuando a stringerle la mano e, a pochi centimetri dal suo naso, sibilò:
«Non lo fare mai più
Il ghiaccio di quello sguardo arse di un fuoco che parve lambire la pelle della ragazza a cui mancò il fiato per un istante. C’era qualcosa nel suo modo di proteggere chi amava che la spaventava. Il pensiero che stesse agendo proprio come lui le passò lesto la mente, durò un momento, ma fu sufficiente per aprirsi un varco in quella corazza.
Lui rimase a guardarla,  sorpreso di cogliere in quel mare nero pece una scintilla che non seppe interpretare ma che, per la prima volta, non era odio o disprezzo… bensì qualcosa di più simile al rispetto.
 
Damon abbandonò i ricordi e tornò al presente. “Quell’abbraccio, prima… deve essere stato allora” si disse, pensando a quando lei indugiò troppo sotto la sua giacca.
«No… non “credo”… lo so! Se usciremo vivi da questa storia ne avrò anche per lei!»
affermò, digrignando i denti. Corrugò la fronte e si incamminò, deciso a vincere la sua battaglia e mettere in punizione la sua ragazza.
 
Jeremy, Bonnie e la piccola Jenna arrivarono alla casa delle streghe. Era da tempo che la strega non tornava in quel posto, ma non sembrava essere cambiato molto, nemmeno il tempo pareva averlo logorato più di tanto. La manina della bambina si insinuò in quella della madre che abbassò la testa per guardarla.
«Hai paura?»
chiese amorevolmente. La piccola scosse la testa in senso di diniego.
«Brava la mia Jen!»
la lodò Jeremy, accarezzandola.
I coniugi si guardarono e con espressione seria si scambiarono un cenno d’intesa: avrebbero protetto la piccola da qualsiasi cosa. La grande mano dell’uomo si chiuse intorno a quella minuta ed ancora libera della figlia e si incamminarono verso la struttura bianca, abbandonata nelle sterpaglie.
Giunti sulla soglia la strega chiuse gli occhi ed espirò, prese coraggio ed entrò, seguita dal marito e dalla bambina. Non appena furono all’interno la porta alle loro spalle si chiuse rumorosamente, come se fosse stata sbattuta da un inesistente vento. Nelle orecchie di Bonnie ed in quelle di sua figlia si insinuarono bisbigli di voci indistinte; la piccola guardò i genitori cercando conforto.
«Li senti anche tu, Jen?»
domandò la madre. La piccola annuì.
«Sono gli spiriti… non devi aver paura… ok?»
Non appena finì di dire quella frase qualcosa le tolse letteralmente il fiato. Si portò le mani alla gola mentre gli occhi parvero uscirle fuori dalle orbite. Cadde in ginocchio ritrovandosi vicino gli occhioni marroni di sua figlia. Provò a dire qualcosa ma sentì la gola chiudersi come stretta da mani invisibili.
«Bon! No! Fermi! Fermatevi!!!»
urlò Jeremy.
«Mamma! Mamma!!! Che succede!!! Mamma! Smettetela!»
strillò disperata Jenna. Qualcuno parve rispondere alla supplica della piccola: Bonnie riprese a respirare.
La bambina si avvicinò adagio alla madre che stava carponi sul vecchio pavimento, tossendo e riprendendo fiato. Prima che la figlia riuscisse a toccarla, però, la strega fu colpita nuovamente da una forza invisibile. Si raddrizzò sulla schiena, buttò indietro la testa e spalancò le braccia. Gli occhi ruotarono indietro, mostrando solo il bianco dei bulbi oculari. Jeremy scattò verso la moglie ma la figlia lo fermò.
«No, papà! Sta parlando con loro!»
esclamò, indicando un punto oltre la madre. L’uomo si fermò e si guardò intorno: dal nulla iniziarono ad emergere sagome indistinte, via, via sempre più definite.
«T-tu… t-u li vedi… Jen?»
farfugliò. La bambina annuì.
«E senti anche cosa dicono?»
le chiese.
«Tu no, papà?»
Jeremy scosse la testa.
«No, piccola mia… riesco solo a vederli…»
«Chi sono papà?»
«Streghe e stregoni…»
«Quella che parla con la mamma chi è?»
«Lei è Sheila… la tua bisnonna…»
rispose lui, osservando lo spirito dell’anziana donna prendere le mani di Bonnie.
«Jenna… cosa le sta dicendo?»
sussurrò alla figlia.
«Dice che…»
iniziò la bambina
«Cosa, Jen?»
incalzò Jeremy.
«Non capisco papà… le sta dicendo che non ha compiuto il suo dovere e che moriranno tutti… ma… chi morirà? E che cosa non ha fatto mamma?»
disse innocentemente la piccola. Jeremy guardò la figlia e poi la moglie.
«Non lo so… non lo so davvero…»
sospirò l’uomo, continuando ad assistere a quell’anomalo colloquio.

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Capitolo 6
*** Obey me. ***


Bonnie si sentì risucchiata in un’altra dimensione, si guardò intorno e vide dozzine di uomini e donne dall’aspetto antico. Un’energia sconosciuta la invase e sentì il potere di millenni di magia attraversarle il corpo.
«Bonnie…»
la chiamò una voce familiare. Dal gruppo di persone intorno a lei, avanzò una donna. Si avvicinò eterea e serena, le sorrise e la strega non si trattenne dal piangere. Di fronte a lei c’era sua nonna: Sheila. Provò a  parlarle, ma non riuscì ad emettere nessun suono. L’apparizione si inginocchiò davanti alla nipote.
«Non saresti dovuta venire qui…»
disse preoccupata Sheila. Si voltò a guardare Jeremy e Jenna, immobili poco distanti da loro.
«Sei stata imprudente… ma portare la tua famiglia è stata una mossa furba... la piccola è bellissima, ed ha molto potere per la sua età…»
osservò sorridente lo spirito.
«Perché sei qui, Bonnie?»
«I-io… mi serve aiuto… i-io…»
farfugliò la strega. La nonna scosse la testa.
«Non avrai nessun aiuto mia cara… tutto quello che ho potuto fare l’ho fatto a suo tempo…»
«Ma… non capisci! Devo aiutare Elena!»
«Capisco perfettamente, invece… ma non sei nella posizione di fare richieste…»
Bonnie corrugò la fronte e la interrogò con lo sguardo. Lo spirito allungò una mano sul viso della nipote e disse:
«Non hai compiuto il tuo dovere e sei stata punita… ora moriranno tutti e questa storia finirà...»
L’espressione della strega si fece confusa.
«N-nonna… cosa stai dicendo? Di quale dovere parli?»
«Lo sai di cosa parlo… ricorda cosa ti raccontavo quando eri piccola… ricorda la storia… non ci sarà pace tra gli spiriti se…»
Sheila si interruppe per guardarsi  intorno, come a voler controllare che non  ci fossero orecchie indiscrete. Tornò a fissare la nipote con un’espressione spaventata.
«Non c’è più tempo Bon… gli spiriti non possono più garantirci la segretezza…»
«C-cosa? N-no… tu… tu mi devi spiegare… tu devi dirmi tutto!»
«Piccola mia… non posso… non c’è tempo…»
«Ma… nonna… se non mi dici cosa sta succedendo…»
«Non posso parlare più… ma te lo mostrerò!»
concluse lo spirito, afferrando le mani alla nipote.
Bonnie fu percorsa da un’energia elettrica che le attraversò il corpo. Un fiume di parole le inondò la mente: un intero romanzo, mai letto, le si riversò  in testa. Improvvisamente ogni tassello parve trovare il suo posto nell’enorme ed ingarbugliato puzzle che era diventata quella situazione e molte domande che covava in sé da tempo, trovarono le loro risposte. Satura di informazioni, guardò lo spirito di sua nonna iniziare a sbiadirsi.
«Nonna…»
sussurrò.
«Fai la cosa giusta bambina mia… e forse troveremo tutti la pace!»
esclamò Sheila, prima di svanire nel nulla.
Il corpo di Bonnie si scaricò di tutta la potenza che l’aveva saturato durante il colloquio con lo spirito di sua nonna e cadde a terra, stremato.
Jeremy le corse accanto, seguito dalla figlia che si tenne dietro le larghe spalle del padre, con una mano premuta sulla bocca, terrorizzata.
«Bon! Hey… tesoro…»
la chiamò il marito. La strega mosse lentamente la testa ed aprì lentamente le palpebre.
Le parve di risvegliarsi dal coma in cui cadde vent’anni prima.
«La mia punizione…»
sospirò.
«C-cosa? Quale punizione?»
chiese preoccupato l’uomo.
«I-io… la punizione…»
ripeté Bonnie, sollevandosi adagio. Jeremy attese che la moglie riacquistasse lucidità. La piccola Jenna le si avvicinò cauta e le scostò una ciocca di capelli dal viso.
«Mamma…»
«Sto bene piccola mia… devo solo… devo capire un po’ di cose…»
la rassicurò. La marea di informazioni passatele dallo spirito di sua nonna, trovò finalmente ordine nella sua testa e tutto le fu improvvisamente chiaro. La strega afferrò il polso del marito ed esclamò:
«Oh mio dio, Jer! Dobbiamo correre dagli altri! Dobbiamo sbrigarci!»
«Vuoi spiegarmi…»
iniziò lui.
«Non possiamo perdere tempo… ti racconterò tutto mentre siamo in viaggio! Ma dobbiamo muoverci!»
lo interruppe lei.
«O-ok… portiamo Jenna al sicuro…»
«No! Lei deve venire con noi! Avrò bisogno del suo potere»
«Bonnie…»
«Amore, lo so! Ma quando ti avrò raccontato tutto capirai che non possiamo fare altrimenti… ora andiamo!»
asserì, alzandosi da terra.
«Sei pronta ad aiutarmi, Jen?»
«Sì, mamma! Sono prontissima!»
«Bene… andiamo!»
La famiglia uscì in fretta da quella casa abbandonata.
 
Rebekah si piazzò dietro Elena e Jessica fregandosi le mani. La vampira e la ragazza erano state soggiogate a restare immobili ed attendere gli ordini dell’Originale.
«Se la costringerai a farmi del male, moriranno nel tentativo di ucciderti, ma non ti aiuteranno! Lo sai, vero?»
disse Elena.
«Se ti farà del male… dipenderà solo da loro…»
rispose Bekah, con un filo di eccitazione a farle tremare la voce.
«Come pensi di affrontare da sola 3 vampiri ed una strega?»
chiese Jessica.
«Ho il mio piano… non temere… ed ora… osservate attentamente…»
sussurrò l’Originale, indicando alle due ragazze il varco della grotta. A Jessica quasi si fermò il cuore quando il volto di Damon apparve dal nulla.
«D.!»
esclamò. Il vampiro non parve sentirla e si girò a parlare con il resto delle persone che lo seguivano.
 
Damon, Stefan, Meredith, Caroline e Liz camminarono a lungo senza trovare nessun indizio, nessuna traccia.
«Sei sicuro sia la direzione giusta?»
domandò il fratello.
«È l’unica direzione possibile…»
rispose scoraggiato.
«Eri svenuto… non puoi esserne certo…»
gli fece notare Liz.
«No… no… deve essere per forza da questa parte… l’avreste incontrata altrimenti!»
ribatté lui.
 
Proseguirono un altro po’ e si ritrovarono di fronte alla parete che determinava la fine del cunicolo.
Il vampiro espirò ed indurì la mascella, si voltò verso i suoi compagni ed un brivido gli percorse la schiena. Ebbe la netta sensazione che qualcuno lo chiamasse per nome.
 
«N-non capisco… D.! Hey! Siamo qui! Girati!»
urlò a squarciagola la giovane, mentre la sua carceriere scoppiava in una risata.
«Non può sentirti… né vederti! Vedi… questo posto è incantato, solo io posso decidere se renderlo visibile o accessibile…
disse in un tono divertito. Si rivolse ad Elena e proseguì:
«Non so come abbiate fatto a rintracciarlo, onestamente…»
«Abbiamo una strega potente su cui contare»
rispose secca la vampira. Rebekah rise di nuovo.
«Bonnie Bennet? Strega potente? Mi sorprende che sia riuscita a svegliarsi dal suo coma!»
commentò sprezzante. Elena corrugò la fronte in un’espressione stranita.
«Ti sei tenuta parecchio aggiornata sulle nostre vicissitudini…»
osservò.
«So molto più di quel che vorrei, a dire il vero… compreso il tuo periodo nel paese delle meraviglie!»
commentò sarcastica.
Quelle informazioni le diedero una strana sensazione alla quale Elena non riuscì dare una spiegazione.
«D.!»
urlò di nuovo Jess. Il vampiro tornò a guardare verso di lei.
«Non può sentirti!»
la canzonò Rebekah.
«D.! Andiamo! Girati! Siamo qui!»
continuò imperterrita la giovane. Damon iniziò a muovere le mani in aria, come se le stesse facendo scorrere su una parete invisibile.
 
«Cosa?»
chiese Stefan.
«Niente… è solo che…»
Damon lasciò la frase in sospeso, tornando ad esaminare la parete di fronte a lui.
«Evidentemente non sono qui… andiamo! Non abbiamo tempo da perdere!»
propose Meredith.
«No… no…  c’è qualcosa…»
disse, facendo scorrere le mani sulla parete. La sensazione sotto i suoi polpastrelli gli causò un sussulto. Non seppe spiegarsi cosa lo mettesse a disagio, però.
 
«D.! Ti prego!»
urlò ancora una volta Jessica.
«Ti prego! Smettila di urlare!»
la minacciò Rebekah!
«D.! Andiamo!»
«Ok! Speravo di giocare ancora un po’… ma se insisti…»
disse esasperata Rebekah.
 
Improvvisamente la parete si dissolse sotto il tocco di Damon, aprendosi su uno scenario inaspettato: Elena e Jessica erano in piedi, immobili di fronte a loro. Gli occhi del vampiro corsero sui volti delle due donne che amava di più al mondo e si riempirono di luce prima di adombrarsi trovando, in mezzo ai loro, anche il volto di Rebekah.
«Da quanto tempo!»
esclamò l’Originale.
Damon sentì la rabbia esplodergli dentro e si caricò per attaccare la vampira, ma si scontrò contro una barriera invisibile.
«Mi facevi così sprovveduta? Vi ho concesso di vederci perché la ricciolina, qui, la smettesse di trapanarmi le orecchie… ma non vi concederò di entrare…»
«Lasciale andare… ora!»
ringhiò il vampiro.
«Certo… come no! Restituitemi mio fratello...»
«Non è possibile e lo sai…»
«Quel che so è che … come hai detto Elena? Ah, sì… “avete una strega molto potente su cui contare”… usatela!»
sibilò Rebekah.
«Bonnie non ha più i poteri di una volta…»
intervenne Stefan.
«Ma ha rintracciato questo posto… questa grotta! E serve  molto potere per questo!»
«Un semplice incantesimo di localizzazione e la tua distrazione le hanno facilitato il compito direi!»
ironizzò Damon.
«Di cosa stai parlando?»
sbottò l’Originale.
«Le telecamere a circuito chiuso dello store prima del cimitero vi hanno riprese in questa zona della città…»
Rebekah corrugò la fronte e fece un’espressione sorpresa. Superò Elena e Jessica e si avvicinò al varco della grotta, leggendo sul viso di Damon la veridicità delle sue parole.
«Come sapevate dove cercare?»
domandò ansiosa. Il vampiro non rispose, si limitò a sogghignare.
«Ti ho fatto una domanda!»
sibilò, ma lui restò in silenzio.
«Rispondimi, ora!»
lo soggiogò.
«Il ciondolo di Jessica ci ha dato un’idea su dove cercare…»
rispose meccanicamente. Rebekah sorrise e fece qualche passo indietro.
«Ora capisco… beh… vi consiglio di trovare una soluzione, in fretta!»
«Rebekah… Klaus è disperso nell’oceano! È impossibile recuperarlo! Cerca di ragionare! Hai avuto la tua vendetta con Elena… rinuncia a tuo fratello e rifatti una vita!»
provò a convincerla Stefan.
«E me lo dici proprio tu? Tu che ti sei offerto a Klaus pur di trovare una cura a tuo fratello? Tu che hai passato gli ultimi vent’anni a seguirne le tracce? Con che coraggio mi parli di rinunciare?»
«Allora te lo dico io di rinunciare! Lascia stare Klaus e pensa a… non so… ad andare ai balli e flirtare con i quarterback della squadra del liceo! Sbaglio o hai un debole per loro?»
«Non credo tu sia nella posizione adatta per fare del sarcasmo, Damon!»
«Non sto facendo del sarcasmo… sto cercando di farti capire che non otterrai nulla… e che se avessi speso gli ultimi vent’anni per pensare a te stessa, non avresti questa fissa per tuo fratello… poi… sbaglio o ne hai altri due in giro per il mondo? Perché non stai con loro?»
«E chi ti dice che anche loro non siano d’accordo con me nel rivolere indietro Nicklaus?»
«Io non li vedo qui, a tenere in ostaggio tre persone…»
ribatté Damon.
«Ti assicuro che saranno felici quando riunirò tutti!»
«Credi? Non è stato lui a mettere a dormire Kol per un centinaio di anni e te per altri 40? Ed Elijah? È stato proprio lui il primo a volerci aiutare a sconfiggerlo!»
«Perché non conosceva la verità!»
«E quale sarebbe la verità, Rebekah? Che vi ha portati in giro per il mondo chiusi in delle scatole finché non gli è stato utile riportarvi indietro? No… i tuoi fratelli non sono qui e non stanno provando a riavere indietro Klaus perché loro hanno capito che senza di lui stanno meglio! Perché non lo puoi capire anche tu?»
Le parole di Damon colpirono duramente Rebekah.
«Ah sì? Pensi che senza famiglia si possa stare meglio? Credi sul serio che potresti rinunciare a tuo fratello… a tua figlia… alla tua ragazza?»
«Bekah… non fare idiozie… se c’è anche una remota possibilità di riavere indietro Klaus, facendo del male alla mia famiglia, la perderesti di sicuro…»
«Hai ragione… bisogna alzare la posta…»
La vampira scattò alle spalle di Jessica e si morse un polso, il sangue iniziò a colare dalla ferita.
«Ferma! Non farlo!»
urlò Damon.
«Ma come… io ti sto offrendo una scappatoia…»
L’Originale mise il polso in bocca a Jessica obbligandola a berne il sangue che sgorgava dalla ferita.
Gli occhi di ghiaccio del vampiro si riempirono di orrore : “no! No! Jessica no!” pensò disperato.
«Non fare quella faccia, Damon… in fondo è grazie a me se ora puoi stare con la tua Elena!»
«Ti prego! Fermati! Farò tutto quello che vuoi… ma… non farle questo! Lei non se lo merita… per favore!»
la supplicò.
«E dovrei fidarmi di te… perché?»
«H-hai appena fatto l’unica cosa che ti darà la certezza che lo farò!»
Damon disse quella frase sull’onda di un ricordo: non l’aveva detta lui, ma Stefan.
 
Il fratello ed Elena lo avevano convinto a collaborare per liberare Katherine dalla cripta in cui la credevano rinchiusa ma, alle sue spalle, si erano organizzati per mandare in fumo il suo piano. Lo avevano distratto per poter ritrovare il grimorio seppellito con il loro padre. Damon scoprì l’inganno ed arrivò proprio quando Stefan recuperò il ricettario di incantesimi.
«Beh… ma chi l’avrebbe detto»
esclamò, fissando i due traditori. Elena gli puntò addosso la torcia elettrica.
«Gli eventi hanno preso una piega inaspettata…»
commentò.
«Non posso permetterti di farla tornare… mi dispiace…»
ribatté Stefan.
«Anche a me… per aver pensato, anche solo per un secondo, di potermi fidare di te…»
replicò lui.
«Tu non sei in grado di fidarti di qualcuno… il fatto che sei qui significa che hai letto il diario e che volevi sbrigartela da solo…»
osservò il fratello.
«Certo che me la sarei sbrigata da solo! Perché posso fidarmi solo di me stesso! Lo hai reso perfettamente chiaro tanti anni fa, Stefan…»
disse con ovvietà. Spostò il suo sguardo su Elena e provò una strana fitta di dolore.
«Ma tu… tu mi hai preso in giro…»
Qualcosa in lui si ruppe nel momento stesso in cui lesse la vergogna negli occhi di lei. Si era fidato di lei ed anche lei lo aveva tradito. Scaraventò via quello strano malessere e tornò alla sua missione: Katherine.
«Che farai ora?» chiese a Stefan «Perché se provi a distruggerlo, le strapperò via il cuore»
«Non la ucciderai…»
«Posso fare di meglio…»
sibilò prima di scattare dietro ad Elena. Si morse il polso e costrinse la ragazza a berne il sangue.
«Ora dammi il libro, Stefan… o le spezzerò il collo e noi due avremo una fidanzata vampiro
«Lasciala andare prima…»
«Il libro
«Non te lo darò finché non sarà qui con me, al sicuro…»
«Il problema è che non credo che me lo ridarai
ringhiò, incapace di credere di nuovo al fratello.
«Hai fatto l’unica cosa che ti dà la certezza che lo farò…»
Damon indicò con la testa il libro, Stefan glielo mostrò e lo lanciò ai suoi piedi. Elena continuava ad essere prigioniera della sua presa. La nebbia che gli aveva offuscato la mente, iniziò a diradarsi ed il battito del cuore della ragazza pulsava poco sotto la sua mano. Ogni fibra del suo essere tornò presente in quella situazione e sentì l’orrore del suo gesto prendere possesso dei suoi pensieri. La follia di quell’amore malato lo aveva spinto a far rischiare ad Elena di essere condannata ad  un’eternità miserabile. Affondò la testa nei capelli di lei cercando il coraggio per lasciarla andare. Nella sua testa le chiese perdono mille volte, ma dalla sua bocca non uscì nessun suono. “Lei ti ha tradito! Non sei tu quello che deve chiederle scusa!” si disse. La lasciò andare e si affidò alla sua rabbia per non sopperire al dolore che quel gesto gli aveva procurato.
 
In quel momento capì il terrore di Stefan… capì la gravità del gesto compiuto anni prima e, purtroppo, capì anche la disperata determinazione di Rebekah…
«Farò di tutto per riportarti Klaus… ma non farle  questo…»
ribadì con voce tremante. L’Originale inclinò la testa da un lato e tolse il polso dalla bocca di Jessica.
«Vedi, Damon…»
iniziò, liberando dalla presa la giovane.
«Io lo so che farai di tutto… ma so anche che cercherai prima una soluzione alternativa…»
«No! No! Ti do la mia parola… faremo di tutto per ridarti tuo fratello!»
esclamò lui, timoroso.
«Non ho molte ragioni per fidarmi della tua parola…»
rispose Rebekah, avvicinandosi al varco.
«Sento di doverti dimostrare che non scherzo… prima che voi arrivaste… ho dato un ordine alla tua bella bambina… un comando che lei dovrà eseguire, senza esitazione, nel momento stesso in cui io glielo ordinerò»
Gli occhi di Damon corsero su Jessica: la giovane, con la bocca ancora sporca di sangue, iniziò a tremare.
«Quindi… Jessica…»
continuò l’originale. Il vampiro notò che la figlia stringeva in mano qualcosa, mise a fuoco un paletto di legno.
«Jessica…»
sospirò lui. La ragazza aumentò il tremore, gli occhi di ghiaccio di lui andarono a cercare Elena: la vampira lo guardò sorridendo mentre grosse lacrime le rigavano il viso. Articolò un muto “Ti amo” e, prima che potesse realizzare appieno cosa stesse accadendo, Rebekah ordinò alla giovane:
«Colpisci, ora!»
La ragazza sollevò il braccio e calò il letale colpo, senza esitare.

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Capitolo 7
*** I'll deserve it. ***


Damon stava seduto sul letto della camera del motel. Poche altre ore di viaggio e sarebbero arrivati a Mystic Falls. Dopo vent’anni sarebbe tornato al luogo da cui era scappato in una notte disperata, una notte che avrebbe sconvolto per sempre il suo destino. Fissava la porta della stanza e pensava che, una volta varcata la soglia, sarebbe tornato in quel mondo che a tratti lo terrorizzava: “amico, torna indietro… sei ancora in tempo!” disse una voce nella sua testa “Jessica mi impedirebbe di tirarmi indietro, comunque” si rispose. Prima di continuare quella conversazione mentale, Elena uscì dal bagno abbottonandosi la camicetta di lino. La guardò, bellissima, serena… sua!
Ogni notte, da quando si erano riuniti, si ritrovavano a fare l’amore ed ogni volta lui stentava a credere che fosse vero: che gli occhi che si aprivano languidi a fissare il suo volto in estasi fossero reali, che le mani che gli navigavano il corpo stessero sul serio toccando i suoi punti di piacere, che le labbra che baciava appartenessero davvero alla donna che pronunciava parole sognate  per tutta la sua esistenza… che il corpo in cui si insinuava stesse davvero fremendo con lui, dondolando e sussultando in quella particolare danza di cui scandivano il ritmo a suon di gemiti.
Si sentì invadere dal bisogno di stringerla; voleva solo aggrapparsi a lei e chiudere il mondo con i suoi mostri fuori. Lei si accorse che qualcosa preoccupava il suo ritrovato amore: inclinò la testa di lato e sorridendo gli chiese:
«Che hai
Lui continuò a rimirarla, pensando a quanto bella fosse, a quanto desiderasse non aver sprecato così tanti anni lontano da lei. Elena si avvicinò lenta, gli si sedette accanto ed attese una sua risposta. Il vampiro sorrise, chiuse gli occhi e scosse la testa.
«Pensieri… niente di che…»
rispose. Lei poggiò la testa sulla spalla di lui e sospirò.
«Non ti devi preoccupare… il peggio è passato…»
sussurrò prendendogli la mano. Damon assimilò quelle parole e desiderò crederle senza riserve, ma aveva delle ombre dentro che glielo impedivano. Le baciò i capelli e disse:
«È proprio il passato il problema…»
Elena sollevò la testa e fissò gli occhi in quelli di lui: nuove nuvole erano arrivate a coprirne l’azzurro cielo.
«Damon… »
«Lo so! Lo so! Quel che è fatto è fatto… il destino è ineluttabile e blablabla… ma… non posso non pensare al mio errore… non posso semplicemente passarci sopra… non… io non…»
«Non devi passarci sopra… devi solo accettare che le cose sono andate così. Jessica ti ama e sembra intenzionata a farlo nonostante tutto… perché non puoi accettare questo amore e basta? Perché non puoi pensare semplicemente che siete più forti di tutto il male che c’è là fuori? Certe cose accadono per una ragione… devi solo aspettare di capire quale sia…»
«Stai parlando ancora di me e Jess, giusto
scherzò lui.
«Sto parlando di te e delle persone che ti amano…»
disse lei, decisa. Damon chinò la testa e poggiò la propria fronte a quella della sua fidanzata e sospirò.
«Credo di dovermici solo abituare…»
«Beh… è una fortuna che abbiamo tutto il tempo dell’universo a nostra disposizione
ribatté lei. Elena si alzò di scatto e batté le mani in un gesto di impazienza, scimmiottando Jessica.
«Andiamo! Non perdiamo altro tempo
lo incitò. Lui scosse la testa e si alzò lentamente.
«È inquietante quanto sai imitarla bene! Forse mi dovrei preoccupare…»
Elena gli scoccò un sorriso e recuperò la borsa poggiata sulla scrivania, preparandosi ad uscire. “Non ancora…” pensò lui, le sfilò il foulard che pendeva dalla cinghia e lo passò intorno al collo di lei, usandolo per tirarla a sé.
«Cos…»
iniziò a dire la vampira, prima che lui le impedisse di parlare baciandola. Damon si abbandonò in quel semplice bacio, si inebriò dell’odore di lei e si saziò del suo sapore. Per un breve istante tutte le preoccupazioni furono spazzate via: era rimasto solo lui che baciava l’amore della sua tormentata vita. “Se solo potessi restare così, per sempre…” si disse.
Lei aprì lentamente le palpebre godendo del viso di lui, tramutato per un breve istante, spoglio della tensione, dei rimpianti e del tormento di una vita spesa ad amare troppo, più di quanto potesse concedersi e, spesso, più di quanto gli altri meritassero.
«Farò in modo di meritarmelo…»
asserì lei. Il vampiro aprì gli occhi confuso.
«Il tuo amore: passerò il resto dei miei giorni a meritarmelo…»
gli spiegò. L’espressione di lui si fece più confusa. Lei gli posò una mano sulla guancia e sorrise.
«Mi hai amata anche quando non avresti dovuto, quando non lo meritavo. Mi hai amata anche quando ti davo solo disprezzo e diffidenza... tutta la tua sofferenza è anche colpa mia… voglio solo rimediaremeriterò il tuo amore… fosse l’ultima cosa che faccio!»
ribadì. Damon provò a dire qualcosa, ma quella dichiarazione lo aveva spiazzato. Lei si sollevò sulle punte e lo baciò di nuovo.
«Ed ora andiamo…»
gli sussurrò, uscendo dalla stanza. Lui si voltò a guardarla sparire nella luce del giorno e gli parve di sentire il battito del proprio cuore riportarlo alla vita a cui era stato strappato secoli prima.
 
Damon cadde sulle ginocchia. Era successo tutto così in fretta che la memoria di quell’ultimo giorno prima di rimettere piede a Mystic Falls, gli sembrò troppo lunga per combaciare con quanto appena accaduto. Fissò la figlia indietreggiare dopo aver inferto il colpo ed un senso di irrealtà gli bloccò la capacità di pensare o dire niente.
 
Jeremy salì in macchina, si mise alla guida ed attese che la moglie iniziasse di dare le sue spiegazioni. Bonnie assicurò la figlia al sedile posteriore, prese posto accanto al marito e cercò di trovare la calma per provare a spiegare tutto quel che aveva scoperto.
«Bon…»
«Aspetta! È difficile… da dove comincio…»
fece lei ansiosa.
«Perché non inizi dalla tua punizione?»
propose lui. La strega lo guardò confusa, come se non si aspettasse di sentirgli dire quella frase.
«Cosa?»
chiese lui.
«Come sai della punizione?»
«Beh… Jenna ha sentito cosa diceva Sheila… e tu ne hai parlato appena finito il colloquio con tua nonna…»
«L’ho fatto?»
Jeremy annuì.
«Beh… il mio coma…»
«Che c’entra?»
«Quella è stata la mia punizione… non è stato l’incantesimo per l’anello diurno di Elena a stremare il mio corpo… sono stati gli spiriti ad approfittare di quel mio momento di vulnerabilità per indurmi il coma…»
«C-cosa? E perché?»
«È stato il loro modo per impedirmi di fare magie… per punirmi dal non aver compiuto il mio dovere di strega…»
«Che sarebbe?»
«Mantenere l’equilibrio della natura…»
Jeremy la guardò confuso.
«E in che modo non avresti rispettato il tuo dovere?»
«Questa è la parte difficile da spiegare…»
rispose lei, fissando la strada.
 
Jessica fece qualche passo indietro, tremante. Guardò il paletto che poco prima stringeva tra le mani, conficcato nella carne della vampira che si era voltata a guardarla confusa, spaesata.
«C-chi… t-tu… c-cosa…»
farfugliò Rebekah. Guardò Elena che stava in piedi, poco distante da lei.
«E-Elena…E-El-e-na…»
disse mentre il suo corpo iniziava a raggrinzirsi ed il sangue nelle sue vene a seccarsi.
«Jess! Il pugnale! Devi usare il pugnale!»
urlò Elena alla giovane che continuava a tremare guardando l’Originale mummificarsi.
«Jessica! Devi usare il pugnale che ti ho dato prima! Il paletto non la ucciderà!»
ripeté alla ragazza che parve ridestarsi dallo shock. Jessica si infilò la mano sotto la camicia ed estrasse il pugnale che Elena le aveva passato quando l’aveva abbracciata, prima.
La mano le tremava forte, guardò Rebekah, la cui pelle stava tornando ad essere più colorita, e senza indugiare oltre la colpì nel petto con quello strano pugnale. La vampira cadde all’indietro, grigia e fredda come una statua di marmo. La giovane restò immobile, con il fiato grosso. Elena sentì il suo corpo liberato dall’ordine dell’Originale e si mosse incerta verso la ragazza.
«S-stai… stai bene?»
si informò. Jessica annuì, continuando a fissare il corpo essiccato di quella che era stata la sua carceriera.
«Lei è… è… io… io… l’ho uccisa?»
domandò con voce spezzata.
«No… no… l’hai solo… ehm… addormentata. Finché avrà quel pugnale nel petto resterà così…»
la rassicurò Elena.
«Jessica…»
la chiamò con un filo di voce Damon. La ragazza lo guardò e corse ad abbracciarlo
«C-come… cosa… come hai fatto a non venire soggiogata?»
volle sapere lui, stringendosi forte la figlia contro il petto. La giovane scosse la testa.
«I-io… io non lo so…»
«Hai della verbena addosso? L’hai assunta in qualche modo?»
le chiese.
«N-no… non che io sappia… non bevo e non mang… oh…»
si interruppe.
«Cosa?»
Incalzò il vampiro.
«I… i muffins…»
«Eh?»
«Rebekah… ci ha portato dei muffins… magari c’era della verbena dentro!»
«Che motivo avrebbe avuto di fornirti della verbena se il suo scopo era tenerti prigioniera e ai suoi ordini?»
osservò lui.
«Magari non lo sapeva…»
proruppe Liz. Tutti si voltarono a guardarla chiedendo spiegazioni con gli sguardi.
«I-il sindaco… ultimamente c’erano stati dei casi ‘strani’… il Consiglio ha pensato di introdurre la verbena negli ingredienti di vari menu… forse Rebekah ha preso quei muffins in qualche bar appoggiato dal Consiglio…»
azzardò. Damon scosse la testa, cercando di allontanare i pensieri negativi che gli attraversavano la mente. Prese il viso della figlia tra le mani e fece scorrere il pollice sul taglio sulla fronte, lei fece una smorfia di dolore.
«Non è niente… non morirò di certo!»
ironizzò lei.
«Oh… farai bene a restare in vita per almeno un giorno… a meno che tu non voglia diventare il mio tormento per l’eternità!»
ribatté lui.
«Per quanto l’idea di rimanere giovane e bella per sempre mi alletti… credo che passerò!»
scherzò lei, aprendosi in un sorriso che si scontrò con le lacrime che iniziarono a sgorgarle dagli occhi. Lui l’abbracciò di nuovo e finalmente trovò il coraggio di alzare gli occhi su Elena.
L’idea di averla persa ancora non l’aveva abbandonato e temeva fosse tutto uno scherzo della sua mente, ma lei era lì, in piedi, sorridente. Si liberò dall’abbraccio con la figlia e le si avvicinò.
«Non credere la passerai liscia per avermi sottratto il pugnale…»
la rimproverò con poca convinzione. Lei scosse la testa e gli si lanciò al collo.
«Certe cose accadono per una ragione… devi solo aspettare di capire quale, ricordi?»
rispose, ancora stretta a lui. Damon fu percorso da un brivido al pensiero che quelle stesse parole le aveva appena ricordate nel flash che lo aveva strappato dal momento in cui aveva temuto di veder morire  la sua amata.
«Bella scusa…»
scherzò.
«Che ne dite di andarcene da questo posto?»
propose Caroline.
«Sì… andiamo via… questo posto mette i brividi»
la assecondò Meredith. Gli altri annuirono, Jessica si avvicinò a Diana che aveva assistito a tutta quella tragedia, rannicchiata nel suo angolo. Si inginocchiò di fronte alla donna ancora scossa.
«Stai bene?»
La zia non riuscì a parlare, ma gli occhi spalancati e le lacrime che scendevano copiose, risposero per lei. La giovane si voltò verso i vampiri e chiese:
«Potreste farle dimenticare tutto?»
«Certo… non c’è problema…»
rispose Stefan.
«C-cosa? D-dimenticare?»
balbettò spaventata.
«Zia… Sean è morto sotto i tuoi occhi e le ultime 24 ore sono state da incubo… loro possono aiutarti ad affrontare meglio la cosa…»
«No! No! Voglio ricordare ogni singolo istante di questa storia… ho solo te adesso… questo è il tuo mondo… ed io non voglio che mi tagli fuori… ce la farò ad affrontare tutto… devo… io devo solo dormire un po’!»
«Ok… ok… ma se dovessi cambiare idea…»
«Non lo farò!»
affermò decisa la donna.
«Allora andiamo via!»
disse Jessica, aiutando la zia ad alzarsi. Il gruppo si preparò ad uscire quando Jessica li bloccò esclamando:
«Aspettate! Non possiamo andare via!»
Tutti la guardarono confusi, lei si rivolse a Diana.
«La persona che quella pazza ha nascosto nella grotta… non possiamo lasciarla lì!»
le ricordò.
«Persona? Che persona?»
si informò Damon.
«Non lo so… c’era un corpo e lo ha nascosto… ha detto che era una ‘precauzione’. Chiunque sia non possiamo abbandonarlo qui!»
gli rispose, prendendo la torcia ed avvicinandosi alla cunetta. La illuminò ma non trovò nessuno.
«Ma… non capisco…»
«Cosa?»
domandò avvicinandosi, Elena.
«Non… qui non c’è nessuno…»
rispose.
«Sei sicura di averla vista mettere qui il corpo?»
chiese alla zia. La donna annuì.
«S-sì… così mi è sembrato…»
rispose incerta.
«Magari l’ha messo in quella accanto…»
disse Jessica, spostandosi verso la cunetta successiva. Illuminò la buca e la torcia le cadde dalle mani per lo spavento. Indietreggiò di qualche passo, inciampando. Elena le impedì di rovinare a terra sostenendola.
«Che c’è?»
domandò allarmata. Anche Damon accorse a vedere a cosa fosse dovuto lo spavento della figlia.
«Lì… lì… c’è un… c’è…»
farfugliò la giovane. Elena raccolse la torcia e fece luce nella cunetta e quando illuminò quel che aveva spaventato Jessica, comprese il suo stato di shock: sdraiato a terra, con un pugnale ficcato nel petto, c’era Kol.
«Ma che diavolo…»
esclamò Damon. La vampira fece luce nella fossa accanto mossa dall’istinto e non si sorprese nel trovare, pugnalato e pietrificato, anche Elijah.
«C-chi… c-cosa sono?»
si informò Jessica.
«Quello è Kol e lui è Elijah… gli altri fratelli di Rebekah…»
rispose Elena, indicando i corpi essiccati.
«Quella stronzetta psicopatica…»
commentò Damon.
«Credi sia stata lei a fargli questo?»
domandò la fidanzata.
«Chi altri se no?»
«Ma… a che pro?»
intervenne Stefan.
«Magari non l’hanno aiutata con Klaus e si è vendicata… ha pensato di recuperarlo da sola e di metterli a dormire in attesa di riuscire nel suo piano… e poi gli avrebbe detto “Tadan! Ho recuperato il fratellone!”»
suppose il fratello.
«Seriamente, Damon?»
«Più o meno… ascolta, Stefan… non ha importanza! Abbiamo vinto, loro sono a nanna e possiamo tornare alla nostra vita!»
«Aspetta… vuoi lasciarli così?»
chiese Jessica.
«Perché? Rebekah ti ha fatto tanta simpatia che vuoi verificare se è una caratteristica famigliare?»
La ragazza fece roteare gli occhi e sbuffò.
«Dico solo che se li ha… ehm… messi a dormire evidentemente erano contrari al suo piano… magari…»
«No! Jess, ho già combattuto con una testona compassionevole che si è fatta venire scrupoli di coscienza sulla famiglia di Klaus… non ripeterò lo stesso errore!»
la bloccò Damon.
«Hey! La “testona” sarei io?»
esclamò Elena.
«Hai sul serio bisogno che ti risponda?»
ribatté lui. La vampira aprì la bocca senza avere nulla da dire, quindi la richiuse e mise il broncio strappando un sorriso a Damon.
«Andiamo via e basta… più lontani dai Mikaelson stiamo, meglio è… credimi!»
disse porgendo la mano alla figlia. Jessica esitò un attimo, lui le scoccò un sorriso storto e lei si convinse.
«Ma… il corpo?»
domandò Caroline.
«Cosa?»
fece Damon.
«Jess… hai detto che c’era un corpo… di una persona…»
«Non erano i corpi dei fratelli?»
intervenne Elena. Jessica ci pensò su ed effettivamente qualcosa non quadrava.
«Non ho visto chi era… so solo che c’era un corpo… ma non ti so dire se fosse uno di questi due...»
«Aspettate… state forse insinuando che c’è qualcun altro di cui dovremmo preoccuparci?»
chiese il vampiro esasperato. Il gruppo si scambiò occhiate confuse, Damon sbuffò ed allargando le braccia disse:
«Ma certo! Figuriamoci se le cose possono essere semplici per una volta! Faremo così: portiamo a casa gli umani, aspettiamo la strega e vediamo di prepararci a combattere…»
«Magari non è un nemico…»
azzardò Meredith.
«Magari no… ma a casa mia chi scappa e si nasconde non è meritevole di fiducia»
«Damon ha ragione… non ci possiamo fidare e non possiamo farci cogliere impreparati… chiunque fosse in quella buca, non aveva motivo di scappare…»
concordò Elena.
«Può darsi fosse spaventato…»
suggerì Caroline.
«Star qui a fare ipotesi non risolverà il mistero… mettiamo al sicuro Jessica e sua zia… poi ci penseremo»
ribadì il maggiore dei Salvatore. Tutti d’accordo si preparano ad uscire da quelle grotte.
«Come mai tanta fretta?»
risuonò una voce nel buio. Stefan puntò la torcia elettrica in direzione della fonte del suono, illuminando un volto familiare e inaspettato. 

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Capitolo 8
*** Balance. ***


Jeremy ascoltava la storia di sua moglie e la sensazione d’urgenza lo assaliva man mano, facendogli premere sull’acceleratore: dovevano arrivare dagli altri subito!
«Non… non posso credere che… è tutto così assurdo!»
commentò quando Bonnie si prese una pausa per bere.
«Lo so… anche io fatico a credere a molte cose, ma così tutto, o quasi, si spiegherebbe!»
ribatté lei. L’uomo la guardò un istante prima di tornare a fissare la strada.
La storia che gli aveva raccontato la strega partiva dall’ultimo scontro con Klaus, vent’anni prima.
 
Bonnie aveva ricevuto una visita dall’ibrido il quale l’aveva minacciata dicendole che, se gli fosse successo qualcosa, tutti coloro che discendevano dalla sua blood-line sarebbero morti con lui, compresa sua madre.
Quando lei ne aveva essiccato il corpo, si era assicurata che nulla potesse distruggerlo e, facendolo disperdere in mare, si era assicurata la salvezza dei suoi amici e di sua madre.
Gli  spiriti, però, avevano pianificato di sbarazzarsi degli Originali e delle loro blood-lines, ripulendo il mondo da un errore, un abominio: i vampiri.
Alaric era stato creato apposta per adempiere a quel compito e lei, rinchiudendolo in una grotta, era andata contro i piani delle streghe e non riuscendo ad impedire la morte di Elena, aveva firmato la propria condanna.
 
«C’è solo una cosa che non mi è chiara: perché ti sei risvegliata dal coma se il loro intento era di metterti fuori uso?»
«Non tutti gli spiriti erano d’accordo con il piano di eliminare i vampiri dalla faccia della terra. Anche se sono fondamentalmente predatori assetati di sangue, non tutti hanno fatto della loro esistenza una missione di morte. Rendere i lupi mannari letali per i vampiri fu il loro modo di stabilire un equilibrio, per creare un deterrente: un essere soprannaturale, senza nemici in natura, tenderà ad essere…»
«Spietato… come Klaus…»
completò la frase per lei Jeremy. Bonnie annuì.
«Già… Klaus è stato l’incidente di percorso… la creatura che nessuno si sarebbe aspettato potesse nascere… nella sua natura ibrida c’era la possibilità di essere un esempio, un modello… ma lui ha optato per la crudeltà ed il predominio… quando si è messo a creare ibridi ha definitivamente sfidato le leggi della natura dando via alla rivoluzione tra gli spiriti…»
«Ma l’abbiamo comunque messo fuori gioco… perché accanirsi così a far fuori tutti gli altri?»
intervenne lui.
«È questo che ha creato lo scontro... anche gli spiriti si sono divisi… c’era chi appoggiava l’idea di eliminarli tutti e chi, invece, voleva concedere loro una possibilità… ma io credo ci sia di più… non so come spiegarlo… c’è qualcosa di tutta questa storia che ancora non torna…»
«Cosa intendi dire?»
chiese confuso.
«Quello che sta più a cuore alle streghe è l’equilibrio… voglio dire, mi hanno mandata in coma perché secondo loro avrei interferito con ciò… ma… in che modo eliminare i vampiri dall’equazione potrebbe garantirlo?»
«Credi che sia una scusa per camuffare un altro scopo?»
«Sì… credo ci sia dell’altro dietro… penso che ci sia qualcun altro che tesse la trama… nonna non è riuscita a dirmi tutto, ma me lo ha fatto capire… è stata lei ad ottenere che mi risvegliassi dal coma, grazie al suo intervento sono potuta tornare… e non è stato un caso, affatto!»
«Non starai dicendo che…»
«Sì, Jer… è esattamente quello che credo! Ed ora sbrighiamoci… se i miei sospetti sono fondati non abbiamo tempo da perdere...»
Jeremy schiacciò sull’acceleratore e strinse le mani sul volante, il cuore iniziò a battergli più forte.
«Sappiamo dove andare?»
si informò la moglie.
«Stefan mi ha mandato le coordinate… spero solo di arrivare in tempo…»
rispose lui.
«Jenna… sei pronta ad aiutare mamma?»
domandò  Bonnie, rivolgendosi alla bambina. Jenna era rimasta seduta in silenzio, con gli occhi sgranati, rapita da quella storia così simile alle favole raccontatele per farla dormire. La piccola annuì con vigore: l’emozione di poter essere d’aiuto le impedì di parlare.
«E tu? Sei sicura di farcela? Il colloquio con gli spiriti non ti ha fatto molto bene…»
si preoccupò Jeremy.
«Starò bene… e con un po’ di fortuna non avrò bisogno di usare molto potere…»
«Ah, beh… se è della fortuna che abbiamo bisogno, mi sento più tranquillo…»
commentò sarcastico lui. La strega gli accarezzò il collo per rassicurarlo, ma in cuor suo covò lo stesso pensiero.
 
Il volto di un ragazzo dai tratti duri risplendeva sotto il fascio bianco di luce della torcia elettrica che Stefan stringeva in mano.
«Amico… che ne dici di abbassare quella cosa?»
lo invitò quel volto dal passato. Caroline avanzò lentamente.
«T-Tyler?»
lo chiamò, incredula.
«Hey Caroline…»
rispose Tyler sorridente.
«C-cosa ci fai qui?»
volle sapere la bionda.
«Beh… ho sentito che eravate in città ed ho deciso di venire a salutare… felice di saperti vivo!»
concluse rivolgendosi a Damon. Il vampiro fece un cenno con il capo ed istintivamente si parò davanti a Jessica, senza spiegarsi il perché.
«Elena! Sono contento tu ti sia… ripresa…»
continuò l’ibrido, sempre sorridente. Anche lei ebbe la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato in quella situazione e si avvicinò al fidanzato, chiudendo il muro per proteggere la ragazza.
«Ragazzi… che avete?»
chiese Caroline, notando lo strano comportamento dei suoi amici.
«Nulla… è solo che mi sembra strano vederlo qui… ora…»
commentò Damon.
«Già… giusto oggi… e giusto in queste grotte…»
concordò Elena. Meredith e Stefan intuirono i pensieri degli altri due vampiri e si avvicinarono loro, lentamente.
«Andiamo, ragazzi! È Tyler!»
esclamò confusa, Caroline.
«Care… vieni qui…»
suggerì cauta Liz. Tyler scoppiò a ridere.
«Andiamo gente! Ha ragione Caroline… sono io! Di che vi preoccupate?»
disse mellifluo.
«Interessante la tua maglia»
notò Damon.
«Ti piace? Te la presto se vuoi!»
ribatté l’ibrido.
«No, grazie… mi piacciono i vestiti puliti e non sporchi di terra e sangue…»
replicò il vampiro. Il viso di Tyler si fece serio.
«Ho sempre pensato che il tuo acume fosse sprecato per questa banda di ragazzini… vedo che non hai perso il tuo smalto!»
ironizzò.
«Tyler… ma che…»
«Non ora, tesoro…»
Quelle parole spaccarono il cuore di Caroline a metà.
«Mi hai appena chiamata… “tesoro”?»
«Non lo so… l’ho fatto “tesoro”?»
«K-klaus?»
balbettò lei, prima che lui la afferrasse per il collo.
«Da quanto tempo!»
sibilò lui, prima di farsi scudo con il corpo della vampira.
«Caroline!»
esclamò spaventata sua madre. Meredith le cinse le spalle e la trattenne dal mettersi in pericolo.
«Ok… è stato bello giocare insieme… ma è arrivato il momento di fare sul serio!»
ringhiò Tyler-Klaus, facendo spuntare le zanne affilate dalla sua bocca.
«Dov’è quella maledetta strega?»
chiese, facendo scorrere gli occhi sul gruppo compatto.
«Bonnie non ti sarà d’aiuto»
replicò Stefan. Il corpo che conteneva l’anima del loro nemico scoppiò in una tetra risata.
«Bonnie Bennet… quella…»
Prima di poter finire la frase l’ibrido cadde a terra urlando e tenendosi la testa tra le mani. Il gruppo guardò la scena senza capire. Bonnie spuntò dal buio tenendo le mani tese in avanti, al suo seguito Jeremy con in braccio la piccola Jenna. Tyler-Klaus svenne dopo alcuni istanti di tortura e la strega abbassò le mani, ponendo fine al suo incantesimo. Fece due passi con le gambe molli ed il marito accorse a sostenerla.
«S-sto bene… dobbiamo occuparci di lui… non resterà così a lungo…»
farfugliò.
«O-occuparci di lui? Che vuoi dire? È Tyler!»
esclamò Caroline.
«No, non lo è!»
rispose duramente Liz.
«Da qualche parte c’è Tyler… ha ragione Caroline, non possiamo fargli del male…»
disse Bonnie.
«Cosa proponi?»
domandò Elena.
«La grotta…»
intervenne Damon. Tutti lo guardarono senza capire.
«Mi pare di aver capito che è magica… no? Rinchiudilo lì in qualche modo… almeno finché non sapremo come agire…»
spiegò.
«M-magica?»
si incuriosì la strega.
«Per questo non riuscivi a rintracciare Jess… la grotta è una specie di depista-streghe… credo…»
«Damon… non esistono grotte magiche… qualcuno deve aver aiutato Rebekah…»
«Che vuoi dire?»
Tyler-Klaus iniziò a mugugnare.
«Vi spiegherò tutto dopo, portatelo nella grotta, lo bloccherò lì il tempo necessario per scoprire che cosa sta succedendo!»
ordinò Bonnie. Stefan e Damon trascinarono il corpo dell’ibrido dentro l’antro, la strega afferrò la mano della figlia ed iniziò a pronunciare i suoi incantesimi: un’ondata di luce risalì l’entrata della grotta, accecando momentaneamente tutti. Riacquistata la capacità di vedere si accorsero che Bonnie giaceva a terra, svenuta.
«Sta bene?»
si preoccupò Elena.
«Sì… è solo molto provata… ha bisogno di riposarsi un po’…»
rispose Jeremy, chino sulla moglie.
«Portiamola a casa… mettiamo al sicuro Jessica e sua zia. Torneremo qui dopo…»
propose Damon. Tutti annuirono, Stefan prese Bonnie in braccio e si prepararono ad andare via, Caroline rimase immobile, in piedi di fronte all’entrata della grotta.
«Care…»
la chiamò Meredith. La vampira si voltò verso di loro.
«Vi aspetterò qui…»
disse in un filo di voce.
«Caroline… torneremo subito… non devi…»
«No, Stefan! Devo! Resterò qui a controllare che nessuno venga a salvarlo… e se si dovesse svegliare, dovrà darmi delle risposte… perché al momento sono parecchio confusa…»
ribatté lei, con gli occhi colmi di lacrime. Stefan guardò l’amica e capì che non era il caso di insistere.
 
Le era stato accanto quando la sua storia con Tyler finì e conosceva a memoria tutte le sue lacrime. «Non era più lui… ma non so spiegarmelo…» era solita ripetergli ed ora, forse, avevano scoperto che aveva ragione.
 
Stefan annuì.
«Faremo presto…»
la rassicurò. La bionda forzò un sorriso e tornò a fissare il corpo del suo ex-fidanzato, steso a terra.
 
Arrivati a casa Salvatore, Stefan adagiò Bonnie sul divano del salotto. Jeremy poggiò la piccola Jenna, accanto alla madre e rimise il paletto di quercia bianca nel cofanetto, ancora aperto sul tavolo in salotto. Diana si guardò intorno, spaesata.
«Vuoi andare a dormire?»
le chiese la nipote. La donna scosse la testa.
«Credo non dormirò a lungo… ho bisogno solo di sed… questo…»
si interruppe, indicando qualcosa sul tavolino. Diana si avvicinò e fece scorrere le dita sul ciondolo lasciato sulla cartina geografica.
«Questo era di Ally…»
disse, prendendo il gioiello in mano.
«M-me lo ha regalato D.»
la informò Jessica. La donna guardò prima la nipote e poi il vampiro con aria interrogativa.
«L’ho… io l’ho trovato nella borsa che ho recuperato dalla sua auto… la notte in cui… beh… quanto le hai raccontato di quella notte Jess?»
«Abbastanza… ma non tutto, D.»
«Beh… temo dovremo rimandare a quando tutta questa storia sarà finita…»
asserì lui.
«Glielo aveva regalato nostro padre il giorno del suo sedicesimo compleanno…»
continuò Diana, senza curarsi dell’affermazione di Damon.
«Da allora non se lo era mai tolto… la prendevo in giro, perché non si abbinava con tutti i suoi vestiti… a volte litigavamo anche… mi diceva che ero gelosa perché papà non lo aveva dato a me… sapete… era di nostra madre… a lei lo aveva regalato sua madre… questa era la tradizione, passarlo alla primogenita… suppongo mio padre fosse di un diverso avviso…»
concluse, tornando dal suo mondo di ricordi.
«Perdonatemi… certo… rimandiamo… ci sono cose più importanti da fare…»
si scusò. Jessica le si avvicinò e le prese la mano che stringeva il ciondolo.
«È tuo… lo puoi tenere tu…»
«N-no… non è giusto…»
«Hai più ricordi tu legati a questo ciondolo che io… quando sarà il momento, potrai passarlo a me… è come se fossi la tua primogenita, no?»
Diana scoppiò in lacrime.
«Scusa! Credevo ti avrebbe fatto felice…»
si affrettò a dire la giovane.
«Lo sono! Lo sono!»
la rassicurò la zia, accarezzandole il viso.
Quella scena ricordò a Damon di quando riportò ad Elena la collana di Stefan, il giorno del suo diciottesimo compleanno: il fratello era sparito e lei aveva bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi.
 
«Credevo ti avrebbe resa felice…»
le disse, porgendole il ciondolo.
«Sono felice»
asserì lei, sorridente.
«Ti dispiace
gli disse, invitandolo ad allacciarle la collana.
«Oh… sicuro…»
rispose. Erano poche le cose che poteva fare per farla sorridere in quei giorni, ma con quel dono era riuscito a riaccenderle una luce negli occhi, a renderla felice: aveva compiuto il suo dovere di innamorato devoto.
 
“Deve essere una cosa di famiglia riportare indietro gingilli ai legittimi proprietari” pensò ironicamente. Elena parve cogliere i suoi pensieri e gli lanciò un’occhiata d’intesa, poi si rivolse al fratello e gli domandò:
«Puoi dirci cosa è successo?»
«Ho il mal di testa al solo pensiero…»
«Dimmi solo che non c’entrano vendette e streghe…»
intervenne Damon. La risposta sul viso di Jeremy fu più eloquente di qualsiasi parola.
«Odio le streghe e le loro rappresaglie! Presenti escluse!»
esclamò esasperato il vampiro. L’uomo iniziò a raccontare loro quanto aveva appreso dalla moglie durante il viaggio dalla casa delle streghe alle grotte: tutti ascoltarono sconvolti e in ansia.
A racconto finito una serie di domande occupò i pensieri di tutti. Ognuno di loro sentiva che c’era qualcosa che sfuggiva, un particolare che non tornava: nessuno, però, riusciva a cogliere quale. Jessica decise di esternare i suoi dubbi:
«Sapete cosa non capisco? Perché Bonnie è stata risvegliata dal suo coma?»
«Già… e cosa c’entra tutto questo con Klaus?»
si accodò Damon.
«E cosa c’entra con Rebekah!»
aggiunse Elena. Il gruppo la guardò confuso.
«Perché avrebbe fatto tutto questo se aveva già Klaus?»
spiegò.
«L’anima di Klaus… non il suo corpo…»
precisò Stefan.
«Ok… ma se è vero che aveva una strega ad aiutarla… a cosa le serviva minacciare noi? Perché non ha semplicemente usato lei per recuperare suo fratello?»
insisté Elena.
«Perché anche lei è stata usata…»
proruppe Bonnie, ripresa dal suo malore. Si sollevò adagio sul divano e si mise seduta, Jenna continuava a dormirle accanto.
«Non avete ancora capito? Quella non era Rebekah… Klaus ne ha solo usato il corpo…»
Gli altri la fissarono in silenzio, in attesa che proseguisse la spiegazione.
«La strega lo ha aiutato a trasferirsi nel corpo di Tyler vent’anni fa … lo ha aiutato con la grotta ed ha trasferito la sua anima nel corpo della sorella e di nuovo in quello di Tyler quando avete pugnalato Rebekah…»
«Resta da capire perché aveva bisogno di noi… perché non ci ha pensato lei?»
ribadì Elena.
«Perché non può… l’incantesimo per disperdere il corpo in mare l’ho fatto io: una strega non può disfare l’incantesimo di un’altra… le serviva colei che lo ha lanciato per invertirlo…»
«Continuo a non capire… se quel che dici è vero… perché non farlo 15 anni fa? Quando ti sei svegliata dal coma? Perché aspettare tanto?»
intervenne Stefan.
«Questa è la parte che non riesco a spiegarmi… ci deve essere un motivo… un ragione precisa se ha agito proprio ora… deve essere successo qualcosa che ci sfugge!»
rispose la strega.
«Un attimo…»
proruppe Damon.
«Per fare tutte queste cose, la strega, doveva stare con Rebekah?»
volle sapere.
«Beh, lo scambio delle anime richiede vicinanza… sì… per la grotta, invece, può aver semplicemente lanciato l’incantesimo prima…»
«Allora abbiamo un bel problema…»
commentò il vampiro.
«Nella grotta c’eravamo solo noi… chi avrebbe dovuto permettere all’anima di Klaus di uscire dal corpo di Rebekah e rientrare in quello di Tyler?»
fece notare lui. Il silenzio piombò sul gruppo.
«Hey… dov’è il paletto di quercia bianca?»
chiese Stefan, vedendo il cofanetto sul tavolo vuoto.
«Non lo avevi tu, Jeremy?»
disse Bonnie.
«No, l’ho rimesso al suo posto quando siamo tornati… tanto era inutile…»
«Hey… dov’è Diana?»
esclamò Jessica, non vedendola più in salotto. Nella testa di Damon scattarono una serie di sinapsi che illuminarono le zone d’ombra di tutta quell’assurda storia.
«Oh… merda!»
imprecò. 

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Capitolo 9
*** Behind the mask. ***


Caroline rimase seduta a fissare il corpo di Tyler, in attesa che si svegliasse per poter chiarire un po’ di cose con l’anima che lo abitava. Aveva scoperto da poco, infatti, che Klaus ne aveva preso il possesso già vent’anni prima e che il tempo trascorso insieme, quindi, era stato una bugia, una menzogna. Una parte di lei era totalmente distrutta da quella scoperta, ma un’altra, più nascosta, più interna, era felice: la sua storia d’amore non era finita. L’ibrido diede segni di ripresa e lei si drizzò sulla schiena.
«Ben svegliato…»
disse freddamente. Tyelr-Klaus si voltò a guardarla e, per un breve istante, la vampira si illuse che fosse di nuovo solo il suo ragazzo, senza ospiti non graditi ad occuparne il corpo.
«Mi era mancato svegliarmi così, tesoro…»
rispose lui, spazzando via le speranze di Caroline.
«Sei abituato a svegliarti con il cervello in pappa e sigillato in una grotta?»
replicò piccata. L’ibrido si sollevò mettendosi a sedere, lentamente.
«Intendevo dire con te ad augurarmi il buongiorno»
Lei scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. Tyler-Klaus si guardò intorno, scorse il corpo di Rebekah: si alzò e le andò vicino.
«Povera sorellina…»
«Se l’è cercata»
proruppe Caroline.
«In realtà non lo ha fatto…»
disse lui sovrappensiero, accarezzando il volto essiccato di Rebekah. La vampira ci mise un attimo a capire a cosa si riferisse.
«E-eri tu?»
balbettò, scioccata da quella notizia.
«Beh… mi serviva qualcuno per mettere in atto il mio piano e la mia sorellina era nei paraggi… non ci avrei fatto una bella figura ad utilizzare il corpo  di Tyler, non trovi? E poi… avrei perso l’effetto sorpresa se mi fossi semplicemente presentato con queste sembianze… un po’ troppo muscoloso per i miei gusti, comunque… ma ci si accontenta, no?»
«Sei squallido…»
«Non mi sembravi tanto dispiaciuta quando…»
«Smettila!»
lo interruppe lei, trattenendo le lacrime.
«È già abbastanza doloroso sapere di aver passato gli ultimi 12 anni a chiedermi dove avevo sbagliato… non serve davvero che mi ricordi di aver approfittato della situazione per i primi 8!»
concluse, con la voce spezzata da un pianto che lottava per trattenere. Tyler-Klaus chinò la testa e la scosse.
«Certo… perché qui si tratta solo di te… dimentico sempre questo particolare!»
commentò lui. Caroline spalancò la bocca, incredula.
«Scusami?!? Vorresti anche farmi credere di essere tu la parte lesa?»
ribatté lei, tra il confuso ed il sorpreso. Lui sollevò il viso per guardarla negli occhi.
«Credi fosse questo il mio piano? Credi io abbia premeditato di vestire i panni di un altro così a lungo?»
«Avresti potuto scegliere un’altra persona… avresti potuto lasciare il corpo di Tyler! Invece sei rimasto, hai fatto finta di essere lui! Hai vissuto come lui… usufruendo della sua vita: amici, famiglia… me!»
sibilò lei, sollevandosi da terra.
«Già! Che bello! Una marea di gente che amava Tyler… una donna che progettava una vita insieme a lui… deve essere il sogno di tutti venire amati per quello che si appare e non per quello che si è!»
«Cosa ne dovresti sapere tu di amore?»
«So che ho provato a farmi bastare il tuo per un altro, per 8 anni… so di essermi illuso ogni secondo che ti saresti accorta che non ero colui che baciavi… so di aver sperato ogni volta che alla fine di ogni tuo “ti amo”, non ci fosse il nome di Tyler… so che nei progetti che stilavi entusiasta per il nostro futuro… io non ero compreso… anzi, ero l’esempio per dimostrare che tutto il male del mondo non avrebbe separato te ed il tuo playmaker!»
inveì lui. La vampira elaborò quello sfogo e per un attimo le parve di poterlo capire, ma le vicissitudini delle ultime ore la fecero ridestare da quel momento di empatia. Scosse la testa e si lasciò sfuggire un sorriso sprezzante.
«Ah… me l’avevi quasi fatta… il povero ed incompreso Klaus… sai… dopo tanti anni potresti anche cambiare registro!»
«Non mi aspetto certo tu capisca…»
«Cosa dovrei capire? Che hai passato la tua vita a rendere l’esistenza degli altri miserabile? Che hai messo la tua famiglia dentro delle bare quando ti hanno intralciato? Cosa, esattamente, dovrei capire?»
«Lascia fuori la mia famiglia…»
«Perché dovrei? Hai usato tua sorella finché ti è servita ed ora giace lì, senza nemmeno sapere il perché… magari era riuscita a rifarsi una vita senza di te intorno e tu l’hai presa ed usata a tuo… oh! Aspetta… ma certo! Che stupida! Hai messo anche lei in quelle fosse in attesa di poterla utilizzare? Hai sostituito questa grotta alle bare… ma la storia è sempre la stessa! Come funziona? Elijah è il vestito della domenica, Kol quello del sabato sera e Rebekah… lei… lei deve essere il vestito d’emergenza… quello da  usare in caso di pericolo… vero?»
«D-di che diavolo stai parlando?»
fece lui confuso, incapace di seguire il filo logico di quelle invettive.
«Andiamo, Klaus! Parlo di…»
Prima che potesse finire la frase, però, Caroline cadde a terra, urlante, schiacciandosi le mani sulla testa. Tyler-Klaus non capì cosa stesse accadendo finché non vide spuntare dal cunicolo buio Diana.
«Finalmente!»
esclamò impaziente. La donna gli scoccò un’occhiata scocciata ed aspettò che la vampira perdesse i sensi.
 
Damon continuava a ripensare a tutti i pezzi di quell’assurda storia che iniziavano ad incastrarsi. C’era ancora qualcosa che non gli tornava ma il più delle connessioni erano fatte. Il problema era dargli un ordine preciso. Nella mente del vampiro, infatti, tutte le informazioni si accavallavano: spezzoni di frasi, pensieri, immagini sbiadite di ricordi che tornavano a galla senza una ragione. Quello che più lo tormentava era il ricordo di qualcosa a cui aveva prestato attenzione ma che, al momento, non riusciva a far riaffiorare con chiarezza. “Delle scuse… sono sicuro che fosse una richiesta di perdono…” si disse, senza riuscire a dare una logica a quel pensiero.
«Dobbiamo correre alle grotte… Caroline è da sola!»
esclamò Stefan, riportando indietro il fratello dalle sue elucubrazioni.
«Sì, non c’è tempo da perdere!»
concordò Liz.
«No! Gli umani resteranno qui! Non possiamo preoccuparci anche per voi!»
si oppose Damon.
«Cosa? Io verrò con te!»
proruppe Jessica.
«Te lo puoi scordare! Ti ho appena tratta in salvo… non tornerai lì a rischiare la vita!»
«Ho sangue di vampiro in circolo! Se mi succede qualcosa sarò ancora qui, dopo!»
«Ed è proprio per quello che non devi nemmeno pensare a venire con noi! Anzi, se insisti ancora ti rinchiudo in cantina!»
sibilò lui, avvicinandosi minaccioso. La ragazza guardò il volto determinato del padre e capì che non l’avrebbe convinto.
«Ed ora muoviamoci… abbiamo una strega da far fuori…»
disse agli altri.
«Un attimo!»
li bloccò la giovane.
«Jess… non sfidarmi!»
«No, D.! Ascolta… se Diana è una strega… lo sono anche io!»
Quelle parole colpirono Damon che la guardò confuso. Dove voleva andare a parare?
«Hai detto “niente umani”… beh… sono una strega…»
spiegò lei.
«No che non lo sei!»
obiettò lui.
«Ha ragione Damon…»
intervenne Bonnie, sollevandosi adagio dal divano.
«Non sei mai entrata in contatto con i tuoi poteri… al momento discendi solo da una strega... questo non fa di te una di noi. I poteri di una strega devono essere attivati dal primo incantesimo, dopodiché questi crescono, giorno per giorno… il processo è più rapido man mano che si fa pratica»
spiegò la strega.
«Cioè… avrei dovuto fare qualche incantesimo per liberare i miei poteri e diventare, quindi, una strega a tutti gli effetti?»
«Sì… al momento sei solo una potenziale strega… niente di più…»
Gli occhi di Jessica si illuminarono.
«Allora è perfetto!»
esclamò.
«Cosa?»
domandò Damon.
«Sì dà il caso che il mio primo incantesimo lo abbia fatto anni fa… quando mi sono messa a cercare zio Stefan!»
rispose entusiasta.
«Mi pareva di aver capito che avessi contattato una strega!»
ribatté lui.
«E l’ho fatto! Ciò non toglie che l’abbia aiutata… ecco perché mi parlava del mio potenziale di energia!»
«A-aspetta… lei ha usato la tua energia?»
si intromise Bonnie. La giovane annuì.
«Fammi provare una cosa…»
disse la strega, afferrandole la mano. Jessica rimase immobile mentre Bonnie con gli occhi chiusi si concentrò, iniziando a mormorare i suoi strani incantesimi: la strega si sentì invadere da un’onda elettrica che le fece vibrare il corpo, ricaricandolo. Un attimo dopo tutte le lampadine del salotto esplosero contemporaneamente. Bonnie spalancò gli occhi, liberò la mano alla ragazza ed indietreggiò barcollando. Jeremy corse a sorreggerla.
«S-sto bene… sto più che bene…»
lo rassicurò, scostandolo. Sentiva ancora le vibrazioni del potere di Jessica percorrerle il corpo.
«Che diavolo era quello?»
chiese preoccupato Damon.
«Potere!»
rispose la strega, continuando a fissare Jessica.
«Bene! Allora posso venire anche io!»
cinguettò la giovane, sorridente.
«No! Non mi importa se puoi mandare in black-out tutta Manhattan… resterai qui! Al sicuro!»
«Ma D.!»
«Non si discute!»
«D-Damon… potrebbe esserci utile…»
azzardò Bonnie, ancora scossa dall’enorme potere di Jessica. Il vampiro le gettò uno sguardo di fuoco.
Elena intercettò le preoccupazioni del fidanzato e si fece avanti.
«Damon… la proteggeremo… ad ogni costo!»
Gli occhi del vampiro tremarono guardando il bel viso della sua amata.
L’avrebbero salvata ad ogni costo, ma lui non era disposto a pagare più nessun prezzo.
«D.! Non puoi proteggermi per sempre…»
sussurrò Jessica.
«Questo non significa che non ci proverò!»
ribatté lui, duramente.
«Damon… ci serve quanto più potere possibile… e Jenna è troppo piccola… l’energia di Jessica mi ha rinvigorita, ed era un incantesimo semplice…»
«Siamo una squadra di vampiri…»
la interruppe.
«Contro una strega che può mettervi al tappeto tutti, in un colpo solo! L’incantesimo sulla grotta era davvero potente… e se il potere di Jessica è solo in parte un assaggio di quello di Diana…»
Bonnie lasciò la frase in sospeso. Damon indurì la mascella, strinse i pugni e si allontanò ingoiando rabbia.
Elena guardò il gruppo e fece intendere che ci avrebbe pensato lei: raggiunse il vampiro nel corridoio e lo fermò prendendogli un braccio. Lui si irrigidì ma non si voltò verso di lei.
«Damon…»
«È tutto sbagliato, Elena! Non mi importa se da sola può sterminare un’armata! Lei… lei non può rischiare…»
«Faremo in modo di tenerla al sicuro…»
«E come? Hai sentito Bonnie… Diana può metterci al tappeto con una sola mossa… cosa dovrebbe impedirle di fare del male a Jess?»
ribatté, voltandosi finalmente a guardarla, rivelando due occhi colmi di terrore.
«È sua nipote, Damon… non le farà del male…»
provò a rassicurarlo.
«Questo non le ha impedito di farla prendere in ostaggio o di uccidere il suo padre biologico! Perché lei dovrebbe fare la differenza? Ed anche se decidesse di non farle del male, conosco mia figlia! Si farà ammazzare piuttosto che dargliela vinta! E lei non può… lei…»
«Ha del sangue di vampiro in circolo… è questo che ti tormenta?»
concluse per lui.
«Lei deve avere la vita che merita… una vita normale!»
Elena gli prese la mano, se la poggiò sul petto mentre metteva la propria sul viso di lui.
«Fidati di me… andrà tutto bene. Ce la faremo, supereremo tutto questo… e Jessica starà bene… credimi!»
Il potere del tocco di lei andò a smuovere le paure di Damon, portando luce dove si stava addensando l’oscurità. Lei era in grado di fargli credere che tutto era possibile solo guardandolo negli occhi… era in grado di farlo sperare quando speranza non ce n’era solo accarezzandolo. Lei era la sua oasi di pace in quel tormentato inferno.
«Se sarà necessario, morirò per lei…»
asserì lui.
«Anche io!»
concordò lei.
«Quindi vengo anche io!»
esclamò Jessica, spuntando da dietro l’angolo dove aveva origliato tutto.
«Cosa ti ho sempre detto sull’origliare, Jess?»
la rimproverò.
«E cosa ti ho sempre risposto? “Non accetto paternali da un vampiro con il super udito”!»
replicò lei.
«Ed ora sbrighiamoci! Caroline iniziava a starmi simpatica… non vorrei le succedesse qualcosa prima di aver saputo qual è il suo colore preferito!»
li incitò, battendo le mani. Damon ed Elena si scambiarono una rapida occhiata concludendo il loro tacito accordo: la salvezza di Jessica prima di tutto, prima di loro.
Il gruppo si riunì e si prepararono ad andare via. Gli esclusi da quell’ultima missione, approfittarono degli ultimi istanti per salutarli.
«Cerca di tornare da noi…»
supplicò Jeremy, stringendo la moglie. La strega guardò la piccola ancora addormentata sul divan, lontana da quell’inferno, al sicuro nel mondo dei suoi sogni di bambina.
«Farò di tutto per potervi riabbracciare… ma se…»
«Sssh… non voglio nemmeno pensarci…»
la interruppe.
«Ma devi! Se dovesse succedermi qualcosa… abbi cura di Jenna, e fai in modo che sia forte e felice! E ricordale sempre quanto bene le voglio… sempre!»
singhiozzò Bonnie. Il marito la baciò e calde lacrime rigarono il viso di entrambi.
«Riportami mia figlia…»
disse Liz, afferrando il braccio di Stefan. Negli occhi stanchi dell’ex sceriffo brillava la luce di un pianto che si rifiutava di essere sfogato.
«Starà bene, Liz… te lo prometto!»
la rassicurò il vampiro. I due si abbracciarono.
«Siamo pronti?»
proruppe Damon. Meredith, Stefan, Bonnie e Jessica annuirono. Elena prese la mano al fidanzato e gliela strinse.
 
Diana avanzò, superando il corpo di Caroline svenuto a terra.
«Ce ne hai messo di tempo!»
osservò Tyler-Klaus.
«È già tanto che quegli imbecilli si siano distratti il tempo necessario perché mi defilassi… ho temuto di dover ricorrere alla carta della stanchezza per liberarmi di loro…»
rispose la donna, guardandosi intorno.
«Non mi avevi detto che tua nipote non aveva poteri?»
chiese l’ibrido.
«Così credevo…»
rispose, fissando il viso del ragazzo che conteneva l’anima di Klaus.
«Se si è data alla magia avremo un bel problema…»
osservò lui.
«No, non credo ci sia questo pericolo… sono ancora convinti che non abbia subìto il soggiogamento per via dei muffins che ci hai portato»
«I muffins?»
domandò confuso.
«A quanto pare gira della verbena in città… e quella banda di creduloni si è convinta che è grazie a quella nell’impasto dei muffins se la ragazza è rimasta immune alla compulsione»
spiegò la strega.
«Ma a casa mi ha obbedito!»
«Era solo spaventata! Non credo sia mai stata soggiogata: non conosce la differenza»
«È cresciuta con un vampiro… mi pare difficile credere a questo…»
«Fidati … se avesse saputo distinguere tra il soggiogamento ed il timore di vedere la sua ritrovata zietta morire, come il suo inutile padre, si sarebbe comportata diversamente»
Le parole di Diana furono dure e crudeli, stranirono l’ibrido.
«A proposito di questo… perché me lo hai fatto uccidere? Mi era parso di capire che foste legati… credevo lo avresti protetto con qualche incantesimo»
«Avrebbe mandato all’aria il mio piano! È da vent’anni che subisco i suoi discorsetti sui rimorsi, sul pentimento! Ho atteso questo momento a lungo e quando finalmente Jessica si è presentata alla nostra porta, lui che ha fatto? È ripartito con i discorsi sul ripensarci e sull’essere ancora in tempo per rimediare!»
«Di cosa diavolo parli, strega?»
domandò Tyler-Klaus, confuso dal singolare sproloquio.
«Niente… niente… non capiresti…»
si affrettò a dire lei.
«Mi spiegherai dopo… adesso liberami!»
le intimò. Diana scoppiò a ridere.
«Non posso… l’incantesimo per rinchiuderti lo ha fatto Bonnie Bennet… senza di lei non posso liberarti… ma… posso entrare io…»
«E farci compagnia raccontandoci storielle sulla nostra adolescenza? Grazie, ma ne faccio a meno! Trova il modo per farmi uscire da qui… subito!»
ringhiò lui.
«Farti uscire? E perché dovrei? Sei esattamente dove devi stare… ed io ho tutto quel che mi serve per portare a termine il mio piano…»
«Strega…avevamo un patto! E di che piano continui a blaterare?»
inveì.
«Cosa ne sai tu di patti! Tutto quello che hai fatto nella tua vita è stato giocare alle tue regole, raggirando chiunque… e per quanto riguarda il mio piano… scoprirai presto di cosa si tratta. Allora potresti perdere tutto l’interesse nello scoprire i dettagli!»
«Strega… non appena sarò fuori da questa grotta ti strapperò il cuore dal petto… lo farò lentamente, affinché tu ti goda ogni secondo prima della fine della tua miserabile esistenza!»
la minacciò, innervosito da quello strano comportamento.
«Non cambi mai, vero? Tu sei il più potente… il più temuto… mi dispiace per te, ma questa volta finirò quello che ho iniziato tanto tempo fa… non fallirò!»
ribatté lei, ghignando.
«Stai vaneggiando, strega!»
esclamò, esasperato.
«Tu dici… Nicklaus?»
Negli occhi di Diana brillò una luce che illuminò la mente di Klaus. L’ibrido indietreggiò inciampando nel corpo di Rebekah.
«M-madre...»
balbettò, mentre la strega si avvicinava con un ghigno sulla faccia.

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Capitolo 10
*** Light my Fire. ***


Il gruppo viaggiava spedito verso le grotte e la sensazione che qualcosa fosse sfuggito loro era forte.
Bonnie rimuginava sulla storia che sua nonna le aveva messo in testa, percepiva una zona d’ombra su cui non riusciva a fare luce: «Non avrai nessun aiuto mia cara… tutto quello che ho potuto fare l’ho fatto a suo tempo…» erano state le sue parole. Ovviamente si riferiva al suo risveglio dal coma, ma lei continuava a chiedersi il perché di quel favore. “Non può essere solo perché gli spiriti si sono divisi... deve esserci un’altra ragione… ci deve essere un motivo, ma quale?” pensò senza darsi pace.
Elena continuava a non trovare la connessione tra l’essere strega di Diana, e Klaus nel corpo di Tyler. “Perché hanno aspettato tutto questo tempo per agire? Cosa è cambiato?” si chiese. La risposta le venne automatica guardando la ragazza dai capelli ricci seduta a fianco a lei. “In che modo è utile? Non sapeva nemmeno di essere una strega!” pensò, ma tenne per sé i suoi dubbi. Damon, alla guida, aveva assunto la sua espressione corrucciata, tipica di quando si rintanava nei suoi pensieri cercando di sopravvivere al suo stesso pessimismo. Non gli serviva che riversasse anche quel sospetto nella sua mente, evidentemente già sovraffollata di congetture. “Terrò al sicuro Jessica a costo della mia vita finché non avrò capito in che modo è collegata a tutto ciò” si promise, prendendo d’istinto la mano alla giovane che si voltò a guardare la vampira, sorridente.
Jessica era eccitata per quella storia ed anche molto preoccupata. Sapeva che Damon sarebbe morto piuttosto che saperla in pericolo e lei lo doveva proteggere. Doveva proteggerlo dal suo modo di amare: totale e senza limiti. Lei voleva essere il suo limite. «Se sarà necessario, morirò per lei…» aveva detto lui ad Elena. “Ma lui non può morire… non deve… non ora che sono riuscita a farlo felice! Costi quel che costi, lui vincerà!” si disse poco prima che Elena le prendesse la mano. La guardò sorridendo e pensò “Salverò anche te… tu dovrai badare a lui dopo”.
Damon rimase incastrato in un pensiero. Se lo portava da casa, da quando avevano scoperto della scomparsa di Diana e della sua natura soprannaturale. Era un strega ed anche Jessica lo era… o meglio, non avrebbe dovuto esserlo, ma avendo lei fatto degli incantesimi in passato aveva sbloccato le sue abilità che, a detta di Bonnie, erano davvero potenti. La sua mente si arrovellava intorno ad un’immagine sbiadita, qualcosa che aveva stretto tra le mani, a cui aveva prestato attenzione. “Forse non è importante, forse è solo un modo per non pensare a quello che sta per succedere” cercò di convincersi, ma il suo istinto lo spinse a non arrendersi nel solleticare quell’idea.
«Ho una curiosità»
esordì Jessica, interrompendo il silenzio in cui tutti erano stati risucchiati per dedicarsi al rumore dei propri pensieri.
«Quell’affare… il paletto di…»
«Di quercia bianca»
le venne in soccorso Elena.
«Sì… quello… che peculiarità ha? Perché lo tenevate come una reliquia?»
domandò.
«Solo con quello si può uccidere un Originale…»
rispose Damon.
«Cioè?»
«Cioè… solo con il legno ricavato dall’albero della quercia bianca si può eliminare, in maniera definitiva un originale. Qualsiasi altra arma è inutile: quei pugnali, ad esempio, servono solo a dar loro una morte apparente. Se si colpiscono con quel paletto, invece, muoiono e bruciano…»
spiegò il vampiro. Jessica si prese del tempo per pensare alle parole del padre.
«E perché Diana lo ha preso?»
chiese, tornando dalle sue elucubrazioni.
«C-che vuoi dire?»
le fece Elena.
«Cosa dovrebbe farsene? Se non ho capito male sta collaborando con Klaus, a cosa le dovrebbe servire un’arma contro gli Originali?»
«Forse vuole usarlo per minacciarci… se pugnala Rebekah, muore Elena…»
intervenne Bonnie.
«Cosa? Che significa?»
esclamò Jessica.
«Se uccidi un Originale, muore con lui tutta la sua blood-line, tutte le persone che ha creato… e Rebekah ha dato il suo sangue ad Elena…»
spiegò la strega. La ragazza si prese altro tempo per assimilare anche quel concetto.
«Ma… non dovrebbe lavorare per loro? I discorsi che ha fatto Rebekah… voglio dire, Klaus nel corpo di Rebekah, non mi sono sembrati tipici di chi sacrificherebbe la propria famiglia per ottenere qualcosa… non credo Klaus farebbe uccidere così sua sorella, nemmeno per riavere indietro il suo corpo!»
obiettò Jess. Quell’osservazione diede da pensare a tutti.
«Magari sta facendo il doppio gioco…»
suggerì Damon.
«Per conto di chi? Cosa ne ricaverebbe?»
fece notare la giovane. L’interrogativo si insinuò nelle menti già occupate del gruppo.
«Oh mio dio! Ma certo!»
esclamò all’improvviso Bonnie.
«Come ho fatto a non pensarci prima… chi considera i vampiri un errore a cui rimediare? Chi ha già provato in passato ad eliminarli tutti? Chi ha creato Alaric per lo scopo?»
li interrogò.
«E-Esther?»                  
disse Elena, prima di continuare:
«M-ma non è possibile… lei è… morta…»
«Lo era anche mille anni fa, questo non le ha impedito di tornare indietro a finire il suo lavoro…»
osservò la strega.
«Questo che vuol dire? Che Diana non è una strega?»
chiese Damon, nella cui mente iniziò ad accendersi una lampadina.
«No, no… è una strega… ma non lavora per Klaus... oppure glielo ha fatto credere puntando ad altro: l’eliminazione degli Originali»
«Ma… il corpo di Klaus è disperso in mare... se non lo recuperiamo non le servirà a nulla uccidere Tyler…»
ribatté Jessica.
«A meno che…»
La conclusione a cui giunse Bonnie, le impedì di finire la frase. Improvvisamente tutto le fu chiaro.
 
Diana-Esther si avvicinò al varco della grotta, continuando a ghignare, osservando il figlio nel corpo di Tyler.
«S-sei sempre stata tu?»
farfugliò inorridito.
«Non essere sciocco, Nicklaus… mi sono fatta avanti adesso, onde evitare un altro fallimento. Quella stupida donna si è fatta intenerire dagli occhioni della nipote! Già sua sorella aveva mandato a monte tutto, vent’anni fa: non permetterò  anche a lei di fare lo stesso… non ora che sono ad un passo dalla meta…»
rispose lei.
«P-perché? Perché lo fai?»
«Lo sai perché. Ho commesso un errore, devo rimediare»
«Questo sono per te i tuoi figli? Un errore a cui rimediare?»
sibilò l’ibrido. La strega si piegò sulle ginocchia per mettersi al livello del figlio, ancora seduto a terra dopo essere inciampato nel corpo di Rebekah.
«Vi ho amati tantissimo… è stato il troppo amore a spingermi a trasformarvi in mostri… bestie… devo ripulire il mondo da questo errore… solo così troveremo tutti la pace… non capisci?»
disse lei, in tono amorevole. Si sollevò e varcò la soglia della grotta, distese le braccia verso l’ibrido che venne spinto da una invisibile energia verso la parete. La donna estrasse dall’interno della giacca un oggetto che rese ancora più chiara la lucida follia di quel che stava per fare: il paletto di quercia bianca.
«E come pensi di fare? Ucciderai questo corpo… non me… non tutte le persone che ho creato!»
le urlò contro. Diana-Esther scoccò un’occhiata all’ibrido ed il sorriso che represse gli diede i brividi. Gli occhi di Tyler-Klaus corsero al corpo di Rebekah, disteso poco distante dalla strega. Tornò a guardare la madre con le sembianze di quella donna a cui si era affidato anni prima, e sperò di non aver avuto la giusta intuizione.
«Questo è il tuo piano? Trovare i miei fratelli ed ucciderli?»
chiese inorridito.
«Nicklaus… sto organizzando questo momento da anni… credi davvero mi sarei ridotta a metterlo in atto all’ultimo momento?»
Le parole della strega confusero ancora di più l’ibrido, ma quando lei tese le mani verso le cunette in ombra in cui lui stesso aveva nascosto Tyler, capì quanta premeditazione c’era dietro a quella situazione, e si sentì stupido per non aver avuto nessun sospetto. Trascinati da corde invisibili, i corpi essiccati di Elijah e Kol si posizionarono accanto a quello di Rebekah. Gli vennero in mente le parole di Caroline poco prima: nelle sue invettive aveva parlato dei suoi fratelli come vestiti da usare, ora capiva a cosa si riferisse la vampira.
«Il mio corpo è al sicuro, disperso nell’oceano… anche se ucciderai loro, io resterò qui… passerò il resto della mia esistenza a trovare un modo per vendicarli, puoi starne certa!»
inveì.
«Oh… risparmia il tuo livore… ho pensato anche a te…»
asserì lei, serafica. Tyler-Klaus corrugò la fronte incapace di capire il senso delle parole di Esther.
«Vent’anni fa avevo già trovato il modo per fare a meno del tuo corpo… purtroppo le cose non sono andate secondo i piani… ma il destino ha fatto sì che tutto tornasse al proprio posto…»
«D-di che diavolo parli?»
«Di questo»
rispose lei, tendendo verso il figlio un oggetto che brillò, illuminato da un fascio di luce filtrato dalle crepe della grotta.
«C-cos’è?»
chiese l’ibrido.
«Questo è ciò che legherà la tua anima al corpo che ti abita… il sangue che scorre nelle sue vene sarà il tuo…»
spiegò lei, mentre un ghigno soddisfatto le si allargava sul viso. Dei rumori giunsero alle sue spalle, distraendola dal suo momento di gloria.
«Arrivano gli altri invitati…»
commentò.
 
«A meno che?»
incalzò Damon, ancora in attesa che Bonnie finisse la sua frase.
«I-il ciondolo…»
sussurrò lei.
«Di che stai parlando?»
domandò Elena.
«Il ciondolo di Jessica!»
esclamò la strega.
«Quando hai detto di averglielo regalato?»
chiese a Damon.
«A-al suo 5° compleanno… ma che c’entra?»
«Ed il tuo compleanno è a luglio?»
«S-sì… cioè… no… io sono nata ad agosto, ma abbiamo sempre festeggiato il giorno in cui D. mi ha… salvata…»
«La notte in cui è andato via… ma certo…»
borbottò tra sé e sé.
«Vuoi farci capire qualcosa?»
la esortò il vampiro.
«Sai quando mi sono risvegliata io dal coma?»
ribatté lei.
«So solo che ci sei rimasta per… oh… non… non vorrai dire…»
«Sì, Damon! È quello che voglio dire…»
«Ma… ma in che modo quel ciondolo dovrebbe essere legato a tutta questa storia?»
«Ora capisco cosa volesse dire nonna… non riuscivo a spiegarmi perché gli spiriti avessero deciso di rinunciare alla mia punizione così, di punto in bianco… ora è chiaro! Il mio coma avrebbe impedito il ritrovamento del corpo di Klaus e finché il ciondolo è rimasto fuori dai giochi, l’equilibrio era ristabilito»
«Bonnie, sono lieto che nella tua testa sia tutto chiaro… ma se volessi far capire anche a noi, sarebbe cosa gradita!»
proruppe Damon, innervosito.
«Quel ciondolo non è un semplice cimelio di famiglia… deve essere un talismano… come quello…»
«Come quello di Emily?»
intervenne il vampiro. Bonnie annuì prima di proseguire la sua spiegazione:
«Sì… deve aver canalizzato delle energie utili a qualche tipo di incantesimo che, se posto in essere, metterebbe a rischio l’equilibrio della natura. Deve essere qualcosa di molto potente se mi hanno risvegliata… volevano che impedissi questa cosa…»
«Come avresti potuto impedire tutto ciò? Senza offesa ma svieni per ogni incantesimo che superi la difficoltà dell’accensione di una candela!»
osservò Damon.
«Ritrovandoti…»
disse Elena, rispondendo più ai suoi pensieri che non alla domanda del fidanzato.
«Non ti ci mettere pure tu a dire cose senza senso!»
«Ma certo!»
si intromise Jessica.
«Non capisci D.? Quando mi hai dato il ciondolo, la mia natura di strega deve aver riattivato qualcosa… per questo l’hanno svegliata dal coma, per far sì che ci trovasse! Che mi trovasse! Che idiota che sono! Gliel’ho pure consegnato… mi aveva convinta con la sua storiella strappa lacrime!»
«Resta solo da capire in che modo il ciondolo può mettere in pericolo l’equilibrio della natura… non esiste talismano capace di disfare un incantesimo come quello che ho fatto al corpo di Klaus…»
affermò la strega, pensierosa.
«Beh… lo scopriremo a breve… spero…»
disse il vampiro, fermando la macchina. Raggiunsero Stefan e Meredith, arrivati poco prima e li aggiornarono in fretta sulle loro scoperte.
Il gruppo riunito scese nelle grotte e si diresse verso quella in cui aveva lasciato rinchiuso il corpo di Tyler.
Arrivarono e trovarono Caroline svenuta a terra. Stefan corse ad accertarsi che l’amica stesse bene: la sollevò e la trascinò contro la parete e Meredith provò a farla rinvenire.
«Tu!»
esclamò Jessica, rivolta a Diana, in piedi all’interno della grotta.
«Oh… la mia adorata nipotina…»
la canzonò la donna. Il gruppo notò i corpi distesi poco distanti da lei e videro  il paletto di quercia bianca stretto nella sua mano.
«Anche se li fai fuori, resterà Klaus… e noi non ti aiuteremo a recuperarne il corpo!»
affermò Bonnie. Diana-Esther scoppiò a ridere.
«Come stavo spiegando a Nicklaus… non sarà necessario: grazie al ciondolo che Jessica mi ha gentilmente consegnato, potrò legare la sua anima al corpo di Tyler… ed il gioco sarà fatto!»
«Ed uccideresti così un innocente?»
si scandalizzò la ragazza.
«Tyler un innocente? È un mostro come gli altri… un errore peggio degli altri!»
Le parole rabbiose dette dalla strega fecero intuire a tutti chi si nascondesse dentro al corpo di Diana.
«Esther…»
«Bonnie… sono contenta tu ti sia ripresa… senza di te, non avrei potuto portare a termine il mio piano… grazie per esserti impegnata così tanto per ritrovare Damon… se solo avessi saputo che la piccola Rose era con lui… è stata una piacevole sorpresa scoprire che aveva salvato sia lei che il talismano…»
Improvvisamente nella mente di Damon scoppiò il ricordo che non era riuscito a mettere a fuoco per tutto quel tempo. “La lettera! La lettera d’addio di Ally! Ma certo!” pensò.
…Questo mondo è un posto orribile, porta solo dolore e sofferenza… io non resisto! Non ne posso più… e la piccola Rose sorride ingenua, lei non sa! Non sa che mostri ci sono là fuori! Io la devo salvare! Le devo impedire di venire divorata! Perdonatemi… devo salvarla… devo salvarmi!
Così aveva scritto la madre di Jessica prima di suicidarsi. “I mostri di cui parlava non erano fantasia… ha provato a sfuggire a questo destino… ha provato a sottrarre Jessica da tutto ciò…” e mosso da questo pensiero proruppe:
«Ma quel talismano non funzionerà…»
«Cosa vorresti dire?»
chiese la strega, infastidita dal tono sicuro del vampiro.
«Se la storia che Diana ha raccontato a casa è vera, che il ciondolo viene tramandato da madre in figlia… questo non funzionerà se ad usarlo non è la legittima proprietaria... che si dà il caso sia Jessica»
spiegò tranquillamente lui.
«Diana è la primogenita…»
«Ma il ciondolo non è stato tramandato a lei… c’è una ragione per questo, vero? Qualcosa che riguarda l’impossibilità di procreare di Diana?»
«Cosa ne sai tu?»
«Solo che una donna di oltre sessant’anni, venti dei quali vissuti con un uomo, non ha mai procreato…»
Damon attese conferma della sua storia e la trovò nell’espressione del viso di Diana-Esther.
«Voi streghe siete ossessionate dalla discendenza… lei non poteva garantirne una e, di conseguenza, non poteva tramandare il potere del talismano… per questo suo padre lo diede a sua sorella…»
concluse.
«Non ha importanza… Jessica lo ha regalato a sua zia, definendosi la sua primogenita!»
Ribatté la strega.
«Giusto… non devo fare altro che ucciderti quindi»
disse prima di scattare ad aggredirla. Diana-Esther lo bloccò stendendo una mano: il corpo di Damon fu percosso da una serie infinita di microesplosioni. Il vampiro cadde in ginocchio urlante e dolorante. Elena partì all’attacco a sua volta, seguita da Stefan e Meredith, ma la strega li  mise K.O. nel medesimo modo. I vampiri si contorcevano da dolore a terra, Jessica li guardò inorridita, mentre dai loro nasi cominciò ad uscire del sangue.
«Basta! Fermati! Li ucciderai!»
urlò.
«In un modo o nell’altro è la fine che faranno, mia cara! Non lo hai ancora capito?»
«Ma che razza di mostro sei? Pensi di essere migliore di loro e stai per uccidere i tuoi figli?»
«I miei figli sono già morti… secoli fa! Questi sono solo i loro involucri portatori di morte e disperazione! Hanno sparso il male nel mondo, dando vita ad altre creature abominevoli come loro, hanno creato una razza spietata ed assetata di sangue! Ovunque vadano, la morte li segue!»
«Non puoi generalizzare così! Non fosse stato per Damon io sarei morta… lui mi ha salvata!»
«Il minimo che poteva fare considerando tutte le vite che ha strappato…»
Nel pronunciare l’ultima frase la strega aumentò il dolore causato ai vampiri che alzarono il volume delle loro urla.
«Basta! Basta!»
la supplicò invano la giovane.
«Prendimi la mano»
le sussurrò Bonnie. Jessica eseguì l’ordine e strinse le sue dita intorno alla mano della strega che chiuse  gli occhi ed iniziò a mormorare le sue frasi magiche. Damon, Elena, Stefan e Meredith sentirono subito il sollievo che quel contro incantesimo forniva loro, attenuando il dolore.
«Ma bene… vedo che hai scoperto come canalizzare la tua energia…»
osservò Diana-Esther.
«Purtroppo non vi basterà…»
concluse, scagliando contro di loro un nuovo attacco magico. Jessica e Bonnie vennero investite da un’onda elettrica che strappò loro un urlo di dolore, Damon trovò la forza di sollevarsi e provò ad aggredire nuovamente la strega, ma questa lo bloccò.
La ragazza guardò verso Bonnie e si accorse del sangue che le usciva dagli occhi, dal naso e dalle orecchie.
«B-Bonnie… B-Bonnie»
balbettò. Provò a liberarle la mano, ma un’energia invisibile glielo impedì.
Diana-Esther sussurrò un incantesimo e le crepe sul soffitto della grotta si allargarono fino a farlo franare completamente. Il semi-buio in cui erano immersi cedette il posto alla luce solare che illuminò tutto.
«Creature della notte che camminano alla luce del sole… ecco un’altra cosa a cui porre rimedio…»
Improvvisamente i corpi dei vampiri iniziarono a sfrigolare, toccati dai fasci di luce solare. Si spostarono tutti verso le poche zone d’ombra rimaste nella grotta. Solo Damon rimase immobile dove la strega lo aveva costretto con la sua magia. Il suo corpo continuò a surriscaldarsi finché delle fiamme iniziarono a lambirne gli arti. Straziato, urlò spalancando le braccia. Elena guardò inorridita quella scena e si scagliò contro Esther, ma la strega bloccò anche lei sotto al sole. Damon si voltò verso la sua amata e vide il fuoco avvolgerle il corpo.
Lei trovò la forza di sorridere e il dolore del vampiro fu lenito dalla potenza di quel gesto: le immagini di tutte le loro risate scorsero una dopo l’altra nella sua testa, come un ultimo film prima di addormentarsi. Poi le fiamme divamparono incenerendo ogni ricordo: due fenici nel loro ultimo canto.

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Capitolo 11
*** My Immortal. ***


A Mammaesme, il mio angelo, la mia  guida,
A Chiara, che con i suoi disegni mi ha ispirata ed ha reso la mia storia completa,
A Voi, che mi avete seguita nonostante i miei 'scherzetti',
GRAZIE inifinite!
Spero di avervi fatto compagnia e di non avervi deluso in questa mia conclusione.


Damon aprì gli occhi avvolto da una luce bianca ed una sensazione di sollievo. Guardò alla sua sinistra e trovò il viso di Elena, addormentato, sereno. Sorrise e si cullò di quella bellezza così particolare, così simile al suo primo tormentato amore eppure così diversa. Diversa nel modo di guardarlo, sin dal primo incontro, quello vero: maliziosa e curiosa. Diversa nel modo di sorridergli: dolce e genuina. Diversa nel modo di parlargli: diretta e schietta… a volte troppo sincera, altre troppo poco. Diversa nel modo di amarlo: spaventata ed insicura da umana, quanto testarda e decisa da vampira.
“Non poteva finire che così…” pensò “Non poteva che finire… però non fa male” si disse.
Avevano passato vent’anni ognuno nel proprio inferno ed ora… la pace.
Elena aprì gli occhi ed il sorriso di lui si allargò ancora di più, lei ricambiò e la vita gli esplose nel cuore.
«Allora è questa?»
le chiese.
«Cosa?»
rispose confusa lei.
«La pace… la morte…»
disse lui. Elena si guardò intorno, perdendosi in quel bianco e silenzioso nulla.
«Immagino di sì»
Damon si mise su un fianco, allungò una mano e le toccò il viso.
«Mi va bene…»
asserì. La vampira lo fissò interrogandolo con lo sguardo e lui spiegò:
«Ti posso parlare… ti posso toccare… se questo è morire… mi va bene…»
Lei gli si avvicinò e lo baciò.
«Sì… va bene anche a me…»
concordò lei. Negli occhi di lui, però, comparve un’ombra.
«Pensi a Jessica?»
gli domandò. La risposta era ovvia.
«Non sono riuscito a salvarla… non sono riuscito a portare a termine il mio compito…»
«Sì, invece… lei non è qui… ce la farà…»
lo confortò.
«Piove…»
gli fece notare poi.
«Cosa?»
«Sta piovendo…»
ripeté lei. Damon tornò a sdraiarsi sulla schiena, senza capire quando gocce fredde iniziarono a picchettargli il viso.
«Piove…»
ribadì Elena. Lui chiuse gli occhi e sorrise.
«Mi piace… ho sempre pensato che lavasse via il brutto del mondo…»
Dicendo questa frase riaprì gli occhi sotto una pioggia battente.
 
Il terrore invase Jessica, inerme di fronte a quell’orribile spettacolo: Damon ed Elena erano diventati  due palle di fuoco.
Osservò le fiamme avvolgere i corpi dei vampiri e vide i loro volti svanire divorati dal rosso e blu di quel mortale falò. “È morto… sono morti” pensò, contrapponendo a quell’incandescente spettacolo,  il ghiaccio che le gelò il sangue nelle vene. Chiuse gli occhi:  grosse lacrime scesero copiose mentre tentava di allontanarsi mentalmente dall’idea di aver perso suo padre e la sua fidanzata. Un’ondata di energia la invase ed il dolore  fu spazzato via da una rabbia improvvisa e lucida. Spalancò gli occhi e la luce nella grotta iniziò ad affievolirsi: grosse nuvole nere iniziarono ad addensarsi nel cielo offuscando il sole. I letali raggi sparirono e una pioggia battente arrivò a spegnere il fuoco dal  corpo dei vampiri che caddero a terra.
 
Jessica posò il suo sguardo su Diana-Esther che guardava scossa quanto appena successo.
«Io non lo so da che pulpito ti permetti di giudicare chi è mostro e chi non lo è. Prima di considerare i tuoi figli delle bestie, ti sei mai fermata a pensare che sei stata tu a renderli tali? Ti sei mai chiesta se a loro questa vita andava bene? Gli hai mai chiesto se per loro andava bene rinunciare alle loro possibilità umane per divenire delle creature dipendenti dalla sete di sangue? Oppure credi che i figli siano qualcosa che puoi fare e disfare a tuo piacimento? Se loro sono dei mostri, tu sei colei che li ha generati! Sei tu che dovresti essere eliminata per prima! Sei tu che dovresti sparire dalla faccia della terra!»
urlò rabbiosa. Il legame con Bonnie si fece più saldo e la giovane si sentì un tutt’uno con la mente della strega riuscendo a coglierne incantesimi e formule. Il suo istinto attinse da quelle nuove nozioni agendo per lei facendole pronunciare parole mai sentite prima: Diana cadde in ginocchio mentre l’anima di Esther al suo interno iniziò a lacerarsi. La donna iniziò ad urlare di dolore,  ma Jessica continuò a pronunciare incantesimi che colpirono il corpo della zia spezzandone le ossa e squarciandone la carne. L’anima che ne aveva abitato il corpo fu risucchiata via ed esplose: invisibile e silenziosa.
«B-ba-a-sta… p-per-per favore…»
balbettò Diana, sopraffatta dal dolore. Jessica proseguì nella sua vendetta attingendo dalla mente di Bonnie, totalmente in preda al potere della ragazza, gli incantesimi più dolorosi. La zia continuò ad urlare risvegliando qualcosa in Damon che sollevò la testa, confuso.  Il suo immortale corpo faticava a guarire impedendogli di trovare la forza di reagire. Scosse la testa cercando di capire cosa stesse accadendo e mise a fuoco il volto della figlia su cui ribollivano vene nere, che sembravano strisciare come serpenti  impazziti. La ragazza parlava una lingua non sua e negli occhi le si leggeva l’odio; si voltò verso Diana e la vide soccombere ai colpi magici che Jessica le lanciava.
«J-Jess… J-Jess… f-fer-fermati…»
farfugliò, stremato. La giovane non parve sentirlo e continuò a torturare la zia.
«J-Jessica…»
ripeté, cercando di alzare il tono. La ragazza lo ignorò nuovamente. Chiuse gli occhi e si fece forza.
«Jessica Salvatore, basta!»
tuonò. La voce di Damon arrivò alle orecchie della ragazza che si voltò a guardare il vampiro, temendo fosse tutto frutto di un’ultima, disperata, allucinazione. Gli occhi di ghiaccio di suo padre brillavano spalancati, spiccando tra le ferite da ustione che, lentamente, si rimarginavano.
«P-papà…»
sospirò prima di svenire. Bonnie sentì il potere di Jessica defluire dal suo corpo, svuotandolo. Si preparò a svenire a sua volta, spossata da tanta energia, invece si sentì rinvigorita… risanata. Guardò la giovane stesa ai suoi piedi e si chinò a controllare che stesse bene: battito regolare.
«S-sta… sta bene…?»
ansimò Damon. La strega annuì e lui cadde sulla schiena. Si voltò a guardare Elena, sdraiata poco distante da lui, a pancia in giù. Si trascinò sui gomiti accanto alla vampira e la voltò, temendo di averla persa. Il volto dell’amata reagì alla pioggia che iniziava a cedere e lui approfittò di quelle ultime gocce per confondervi il suo pianto di gioia. Le baciò il viso e sussurrò il suo nome finché lei non aprì gli occhi: debole ma viva.
Jessica riprese conoscenza in tempo per assistere a quella scena.
Il cielo si schiarì ed un raggio di sole colpì i due vampiri. La ragazza fu colta dal terrore, si irrigidì ed urlò:
«No! Non di nuovo!»
«Calmati! L’incantesimo di Esther non c’è più… i loro anelli funzionano di nuovo… il sole non gli farà nulla…»
le spiegò Bonnie. La giovane si calmò e prese fiato.  Si sollevò adagio ed andò ad abbracciare Damon ed Elena mentre la strega si avvicinò a Diana che giaceva svenuta nella grotta. Controllò anche le sue funzioni vitali: battito debole ma presente. Sospirò e cadde sulle ginocchia.
«È… è finita…»
disse in un filo di fiato.
«È finita!»
ripeté, rivolta agli altri nella grotta. Stefan, Meredith e Caroline si avvicinarono piano a Damon ed Elena, ma prima che potessero godere della vittoria una voce risuonò alle spalle della strega:
«Non proprio…»
«K-Klaus…»
«Già…»
disse l’ibrido sollevandosi, finalmente libero dall’incantesimo della madre.
«La strega è mia…»
sibilò.
«Non la puoi uccidere…»
gli intimò Bonnie.
«Non voglio ucciderla… voglio farla soffrire per tutto il tempo che le resta da vivere…»
«No… tu non le farai niente»
proruppe Jessica. Tyler-Klaus la guardò e rise.
«E come pensi di impedirmelo di preciso?»
«Hai visto cosa ho fatto a tua madre? Diciamo che potrei liberare il corpo di Tyler alla stessa maniera!»
lo minacciò.
«Mi ha mentito, mi ha costretto a vivere in questo corpo solo per poter far fuori me e i miei fratelli! La deve  pagare!»
ribatté lui, con rabbia.
«E pagherà… ma alle mie condizioni! E poi… lo rivuoi indietro il tuo corpo o no?»
«Cosa?»
intervenne allarmato Damon.
«Ho intenzione di porre fine a questa storia una volta per tutte… e lo farò come dico io!»
rispose duramente Jessica.
«Restituiremo a Klaus il suo corpo, dopodiché lui e la sua famiglia dimostreranno di meritare lo sforzo smentendo le parole di quella psicopatica della loro madre… e soprattutto restituiremo a Tyler la sua vita…»
«Jess…»
«D.! Non sto chiedendo il permesso a nessuno… io e Bonnie recupereremo il corpo, userà la mia energia per fare quel che deve e poi ognuno si dedicherà alla propria vita… ma prima, voglio sentire cos’ha da dire lei…»
concluse, indicando con un cenno del capo Diana.
 
Decisero di spostarsi a casa Salvatore, dove poter sistemare Diana e procurarsi un po’ di sangue per i vampiri feriti, troppo provati dalla loro quasi-morte. Recuperarono anche i corpi di Elijah, Kol e Rebekah: Klaus li avrebbe risvegliati a tempo debito, spiegando loro la situazione.
Giunti alla pensione Jeremy, Jenna e Liz si riunirono ai loro famigliari. Vedendo Tyler-Kalus con loro, Diana svenuta tra le braccia di Stefan e le pessime condizioni in cui erano ridotti Damon ed Elena si accavallarono con le domande.
«Che ci fa lui qui?»
chiese l’ex sceriffo alla figlia.
«Cosa ci fa lei qui!»
domandò Jeremy alla moglie.
«Ed ancora non avete visto la sorpresa che abbiamo in macchina…»
commentò sarcastico Damon.
«Che vuoi dire? E cosa è successo a te e ad Elena?»
fece Liz.
«Con calma… una cosa alla volta…»
li invitò Meredith, placando gli animi. Sistemarono in una stanza Diana e si premurarono di far bere del sangue a tutti i vampiri. In attesa che la zia di Jessica riprendesse conoscenza, la dottoressa fece a turno col fidanzato per raccontare i dettagli di quell’assurda storia.
«E tu stai bene?»
si preoccupò la piccola Jenna, accarezzando il viso della madre.
«Sì, piccola mia…»
«Sul serio Bon… stai bene? Sembra essere stata dura…»
«Ed è stato così, Jer… ma… non so spiegartelo… i poteri di Jessica… mi hanno… è come se mi avessero ricaricata!»
«C-che vuoi dire?»
chiese lui.
«Che sto bene! Bene davvero!»
«Forse sono stati gli spiriti a ridarti i tuoi poteri…»
azzardò Jessica.
«No… sei stata tu… è come… è come se mi avessi ceduto parte della tua energia…»
«Beh… fantastico! Quando tutta questa storia sarà finita te la regalerò tutta!»
esclamò entusiasta.
«Cosa?!?»
fece sbalordito Damon.
«Senza offesa… ma ho già il mio bel da fare ad essere semplicemente un’umana… non mi interessa tutta questa cosa delle streghe… non… io… voglio solo essere normale…»
rispose candidamente.
«E lui? Perché dovrebbe ottenere qualcosa? Non mi sembra giusto… ha anche ucciso tuo padre!»
disse Liz, indicando Tyler-Klaus.
«Dopo aver conosciuto sua madre non mi sento di biasimarlo… e per quel che riguarda Sean… vorrei sentire prima cosa ha da dire Diana…»
«Jess…»
iniziò a dire Damon, ma fu interrotto: la donna  iniziava a mostrare segni di ripresa. Il gruppo si avvicinò al letto in attesa che aprisse gli occhi. Dopo un primo momento di confusione la zia dovette rispondere alle domande della nipote.
«Ti garantirò la sopravvivenza finché mi dirai la verità…»
le intimò Jessica.
«Q-quale verità?»
ribatté Diana, timorosa.
«Tutta… a partire da mia madre… raccontami la storia, o giuro che ti lascio alla vendetta di Klaus»
minacciò. La donna,  spaventata da quell’ipotesi,  raccontò la sua storia.
«La nostra famiglia discende da Soraya, una strega amica di Esther… quando Ayana si rifiutò di riportare in vita Henrik, fu lei a proporle l’incantesimo per rendere gli altri figli… immortali. Il suo pentimento per aver creato i vampiri legò indissolubilmente le nostre famiglie, che si impegnarono a far sì che tale piaga venisse eliminata dalla faccia della terra… strinsero un patto… quando Klaus venne a chiedermi aiuto per trasferire la sua anima in un altro corpo mi offrì l’occasione perfetta per portare a termine il piano… avrei dovuto usare Sean… il talismano avrebbe legato l’anima di Klaus al suo corpo e…»
«Avresti ucciso così mio padre? Già allora ti importava così poco della sua vita?»
la interruppe Jessica.
«Si era offerto lui… voleva salvare Ally…»
«N-non capisco… salvarla?»
«Finché non avessimo rispettato il patto stretto con Esther, saremmo state condannate ad una maledizione: saremmo sopravvissute un solo anno alla nostra primogenita…»
«C-che stai dicendo? Tu sei la primogenita e mia madre era più piccola di te di dieci anni!»
«Io sono nata difettosa… non posso procreare… non valgo niente… se mia madre fosse morta prima di mettere alla luce una bambina sana…»
«Avrebbe interrotto la vostra discendenza e quindi il patto…»
finì per lei Damon. La donna annuì asciugandosi le lacrime, poi proseguì il suo racconto:
«Sean ad Ally erano molto innamorati:  quando sei nata tu sono stati al settimo cielo, prima di rendersi conto di cosa avrebbe significato per lei… prima che Klaus si presentasse alla nostra porta, avevano organizzato di farla finita insieme a te… per sfuggire a questo destino, per interrompere la maledizione...»
«N-non capisco… Klaus non è entrato nel corpo di Sean!»
«No… Ally si rifiutò categoricamente di condannarlo… così quando Klaus le propose di usare il corpo di Tyler, lei acconsentì… e fece l’incantesimo senza dire niente a nessuno. Non so cosa accadde poi… credo non abbia trovato il coraggio di uccidere un ragazzo… non sapeva che fosse un ibrido, probabilmente… così pensò di mettere fine a questa faccenda come aveva progettato con Sean, non includendolo però… non ritrovando il corpo della piccola ed il talismano abbiamo sempre mantenuto una flebile speranza che la tua natura magica ti avesse salvata… e quando ti sei presentata alla nostra porta, con il talismano al collo… beh…»
«Avete pensato di finire quello che avete iniziato vent’anni fa…»
«Sì… ma Sean non voleva… e tu somigli così tanto ad Ally: ha provato a convincermi che era sbagliato… che la morte di Ally ci doveva insegnare qualcosa… e poi… tu … le somigli così tanto…»
La donna si schiacciò le mani sul viso ed iniziò a piangere disperata.
«Io… io ho provato a chiedere che questa storia finisse… ho cercato un altro modo… ma lei… lei…»
«Lei ha preso il tuo corpo…»
concluse per lei Jessica. Il pianto della donna si fece più intenso e la giovane sentì il cuore stringersi. Si voltò verso Tyler-Klaus che aveva ascoltato inorridito quella storia di odio e gli disse:
«Come vedi sta già pagando… non ha più una famiglia, è sola al mondo… »
«Ha te»
rispose lapidario lui.
«No… non mi ha… la mia famiglia è questa … non ho niente in comune con loro, con il loro odio…»
Le parole dure della giovane fecero sollevare la testa alla donna che la guardò disperata.
Damon guardò la figlia e si meravigliò di tanta durezza “La sta proteggendo… le sta concedendo di vivere” si disse, capendo le intenzioni di Jessica. Tyler-Klaus, infatti, accettò di non vendicarsi ulteriormente sulla donna.
 
Epilogo:
 
Quando Damon ricevette la chiamata di Jessica che annunciava il suo ritorno dalla missione per recuperare il corpo di Klaus, erano passati due mesi. Lei, Bonnie e l’ibrido si mantennero in contatto con il resto del gruppo per telefono. Il vampiro rinsaldò il suo rapporto con Stefan nei ritagli di tempo che si concedeva dall’amore di Elena. Faticava, il più delle volte, a godersi quella serenità, incapace di credere che tutto potesse andargli, semplicemente, bene.
Il mattino dell’arrivo della figlia, stava seduto sul letto, ansioso e preoccupato al contempo.
«Hey»
disse Elena. Gattonò sul letto e si mise seduta dietro di lui: gli cinse il petto con le braccia ed incrociò le gambe intorno alla sua vita.
«Hey…»
replicò lui, accarezzandole le mani.
«Sei preoccupato?»
«No… perché dovrei… mia figlia sta tornando con quello che è stato il nostro nemico numero uno per… quanto tempo?»
«Ha importanza? È finita… quello conta!»
«Sei sicura? Perché ogni volta che sembrava finita…»
«Ssshhh…»
lo zittì lei. Si affacciò da sopra la sua spalle,  gli voltò il viso e lo baciò teneramente.
«Abbiamo vinto… le uniche battaglie che dovrai affrontare sono quelle con me… se non mantieni la tua promessa…»
gli disse, guardandolo languida.
«Quale promessa?»
la stuzzicò lui. Elena sorrise e si mosse fluida intorno al suo corpo, finendo a cavalcioni su di lui che fece scorrere le mani lungo le sue cosce toniche, fermandole sui fianchi.
«Oh… mi pare prevedesse un letto, noi due… e l’eternità imprigionati tra le lenzuola…»
gli rispose con malizia. Damon fece pressione con le mani sui fianchi, facendo aderire il loro piacere in fermento. A lei scappò un gemito e lui sorrise soddisfatto, le prese il viso tra le mani e la baciò con passione. Si lasciarono andare nel letto: le loro mani si mossero per liberarli dai vestiti e le loro labbra perlustrarono ogni centimetro di pelle, con perizia. Si mossero l’uno nell’altra in un crescendo di desiderio, travolti dalla voglia di scambiarsi la pelle e di saziarsi del sapore dell’altro. Fecero l’amore con forza e dolcezza esplodendo di piacere simultaneamente, riconoscendo i segnali dei loro corpi, conversatori muti in quel linguaggio intimo e privato. Rimasero occhi negli occhi a lungo e la felicità si stese tangibile in mezzo a loro.
A poco meno di un’ora dall’arrivo di Jessica, Elena scese in salotto,  trovò Stefan che le chiese:
«Glielo hai detto?»
La vampira scosse la testa in segno di diniego.
«Elena… sarà una furia se lo scoprirà da solo…»
«Lo so… ma…»
«Che succede?»
domandò Meredith, raggiungendo il fidanzato.
«Elena non ha detto ancora niente a Damon…»
rispose il vampiro.
«Elena… è meglio prepararlo…»
la riprese la Fell.
«Lo so! Ci ho provato… è solo che… non è così facile come sembra!»
obiettò Elena.
«Nessuno dice che sia semplice… ma tu glielo devi dire!»
«Dirmi cosa?»
proruppe Damon, spuntando dal corridoio e facendo sussultare i tre. Nessuno rispose.
«Allora?»
insisté.
«Ahm… Damon… siediti…»
lo invitò Stefan. Il vampiro fece un’espressione incuriosita e preoccupata.
«Che sta succedendo?»
si preoccupò lui, insospettito dalle loro espressioni.
«Elena…»
la esortò Meredith. La vampira annuì e mordendosi il labbro iniziò:
«Damon… ti devo dire una cosa… riguardo… Jessica…»
«Sta bene?»
esclamò preoccupato.
«Sì… sì… più che bene… ma forse è il caso che tu lo sappia ora…»
«Sapere cosa? Che succede?»
Elena quindi rivelò al vampiro la notizia che lo gettò in uno stato di confusione e rabbia.
«Lei cosa? No! No! Non esiste! Non esiste! Mi avete capito? No! »
inveì.
«Damon… non puoi impedirglielo!»
cercò di calmarlo Elena.
«Eccome se posso! Vedrai se posso!»
Prima che potesse continuare il suo sfogo, il campanello della pensione suonò.  Stefan andò ad aprire: Caroline, Liz, Jeremy e la piccola Jenna erano arrivati ad attendere il ritorno degli altri.
«Che succede qui?»
volle sapere Caroline, notando lo strano atteggiamento degli amici.
«Gli ho… detto di… Jess…»
spiegò Elena.
«Oh… capisco…»
«Aspetta! Lo sai anche tu?»
«Lo sappiamo tutti Damon…»
disse Jeremy. Il vampiro spalancò gli occhi e boccheggiò, incredulo. Andò a versarsi da bere e sperò di ubriacarsi abbastanza per affrontare la figlia.
Quando suonò il campanello la seconda volta, Elena si fiondò ad aprire mentre Caroline e Stefan tennero a bada Damon. Pochi istanti dopo nel salotto si presentarono Tyler, Bonnie, Jessica e Klaus. La piccola Jenna e Jeremy corsero ad abbracciare la strega, Caroline lasciò il braccio di Damon per raggiungere Tyler già in corsa verso di lei. La sollevò e la fece girare stringendola e baciandola.
«Finalmente…»
sospirò lei.
«Ti amo tanto, Care…»
le confessò lui, continuando a baciarla.
«Per me nessun abbraccio?»
fece timidamente Jessica, rivolta al padre. Il vampiro la fissò indurendo la mascella.
«Mi è stato detto che non sei in carenza di abbracci…»
rispose tentando di mantenere la calma.
«D., io…»
«Ci penso io, tesoro…»
la bloccò Klaus, causando un moto di rabbia in Damon che Stefan faticò a camuffare.
«Damon… lo so cosa stai pensando…»
iniziò l’ibrido.
«No… non lo sai! Fidati…»
«Ascolta… può sembrarti sbagliato… ma credimi… non le farei mai del male…»
«No, Klaus? E cosa pensi di fare? Cosa farai quando lei inizierà ad invecchiare e tu no? Allora come pensi di affrontare il fatto che la donna che dici di amare non potrà più stare con te?»
«D., ne abbiamo già parlato… quando sarà il momento mi lascerà andare…»
intervenne Jessica.
«Ma ti stai ascoltando Jess? Quando ti innamori non puoi lasciar andare un bel niente! Credi sarà facile?»
«No, D.! Non sarà facile! Non lo è già ora… certo che se ti ci metti pure tu a remarci contro!»
«Jessica… lui è un ibrido, immortale… tu un’umana!»
«Lo so… lo sappiamo…»
ribatté lei serafica. Si avvicinò a Damon e gli mise una mano sul petto, lui si irrigidì.
«D., è successo… mi sono innamorata… non l’ho previsto, non l’ho programmato… finché sarà possibile ci starò insieme… e quando sarà il momento…»
«Cosa?»
«La soggiogherò a non amarmi più…»
disse Klaus, avvicinatosi anche lui.
«E mi dovrei fidare perché…»
«Perché me ne sono innamorato anche io… e l’unica cosa che voglio è saperla felice…»
«E ti arrenderai a perderla… tu!»
«Sì, Damon... Jessica… mi ha insegnato cos’è l’amore, la compassione… posso vivere in eterno felice della sola certezza che una creatura così delicata e speciale mi abbia concesso l’onore di amarmi…»
E nel pronunciare quella frase, tese la mano al vampiro ancora arrabbiato. Jessica lo supplicò con lo sguardo e lui non poté fare a meno di notare quella nuova luce nei suoi occhi.
«E tu sei disposta a rinunciare a questo amore?»
«No… ma non sono disposta nemmeno a rinunciare alla mia vita… lo amerò finché potrò… almeno io dimenticherò quello che provo… lui vivrà in eterno senza potermi avere…»
Damon alzò gli occhi su Elena e pensò a cosa sarebbe successo a loro due se gli eventi avessero preso un’altra strada. Ricordò cosa lo spinse a lasciarla quella notte di vent’anni prima: “la sua felicità a costo della mia” si era detto prima di allontanarsi verso quel destino contorto e beffardo.
Rivolse il suo sguardo di ghiaccio a Klaus che stava con la mano ancora tesa e gliela strinse.
 

THE END... 

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