Come ai vecchi tempi

di shadow_sea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ultima notte su Omega ***
Capitolo 2: *** Archangel ***
Capitolo 3: *** Ricordi nella neve ***
Capitolo 4: *** Dark Star ***
Capitolo 5: *** Il Consiglio ***
Capitolo 6: *** Viaggio all'inferno ***
Capitolo 7: *** Horizon ***
Capitolo 8: *** Dissonanze ***
Capitolo 9: *** Un volto nel mirino ***
Capitolo 10: *** Furore ***
Capitolo 11: *** Allungo e flessibilità ***
Capitolo 12: *** Prima delle rapide ***
Capitolo 13: *** Missione solitaria ***
Capitolo 14: *** Primi contatti ***
Capitolo 15: *** Il rapimento ***
Capitolo 16: *** Al di là del portale ***
Capitolo 17: *** Ed è subito sera ***
Capitolo 18: *** O capitano, mio capitano ***



Capitolo 1
*** L'ultima notte su Omega ***


We Face Our Enemy Together



Breve premessa
Ci sono storie che non finiscono perché non si dimenticano e restano nei nostri cuori. A me è successo con Mass Effect, come immagino sia accaduto a tutti coloro che scrivono in questa sezione o che vagano fra queste pagine alla ricerca di un'avventura sui protagonisti di questo videogame.
E così, a distanza di un paio di anni dalla prima volta in cui mi sono timidamente affacciata su EFP, mi ritrovo a pensare ancora a Shepard e a Garrus, a Joker e a IDA e alle tante altre persone che hanno calcato i ponti della Normandy.
E c'è poi l'insoddisfazione eterna di un autore per ciò che si è scritto un tempo ma che non piace più, per ciò che si sarebbe voluto dire e non si è detto (magari per paura o per semplice dimenticanza), per ciò che si sarebbe potuto descrivere in modo più efficace senza riuscire a capire in quale modo.
Per tutti questi motivi ritorno ancora una volta come autrice: per correggere le mie storie e aggiungere nuovi capitoli, con l'obiettivo di ricordare e sognare insieme.
Non riscriverò tutto da capo, né cancellerò i vecchi capitoli, ma li aggiornerò soltanto, così che restino le recensioni preziose che mi hanno accompagnato in questo lungo viaggio. Spero che questa nuova versione delle mie storie sia più bella e coinvolgente e che vi possa emozionare.
Inizio con questo capitolo di apertura, completamente nuovo, e poi andrò avanti, mettendo fra asterischi il titolo di quelli che avrò revisionato.
Ammetto con sincerità che, rileggendomi, sono impallidita più volte, non solo per gli “orrori” ortografici e grammaticali, ma anche per l'ingenuità di alcuni brani, per le ripetizioni inutili, per la mancanza di stile e per tanti altri motivi.
E chiudo qui questa doverosa premessa, sperando (come sempre in queste occasioni) che qualcuno di voi trovi il tempo e la voglia di lasciare qualche parola di commento.


1. *L'ULTIMA NOTTE SU OMEGA*

Black Hawk Down - Ashes to Ashes



Allontanò l'occhio dal mirino non appena vide il nemico accasciarsi al suolo. Non aveva bisogno di controllarne la morte perché sapeva che il proiettile del fucile di precisione aveva perforato il cranio del ragazzo, l'ultimo superstite di quella bizzarra accozzaglia che le tre organizzazioni criminali di Omega dovevano aver assoldato per una manciata di crediti.
La constatazione dell'evidente peggioramento della qualità degli avversari non riusciva però a rassicurarlo. Sarebbe stato assurdo immaginare che quell'ultima decina di individui impreparati, vestiti con armature di scarto e dotati di armi antiquate potesse metterlo in seria difficoltà. I boss dei Sole Blu, del Branco Sanguinario e degli Eclipse non erano dei modelli di intelligenza, ma avevano abbastanza esperienza pregressa per sapere che quei disperati non avrebbero costituito una vera minaccia. E negli ultimi giorni lui aveva di certo ampliato in misura consistente il loro addestramento sul campo...
Ghignò con soddisfazione al complimento che si era fatto, posò il fucile contro la balaustra che si sporgeva sull'ampia sala sottostante e stiracchiò i muscoli delle gambe, intorpiditi dalla posizione accucciata che aveva costantemente mantenuto nell'ultima mezzora.
Si aspettava una pausa prima del nuovo combattimento, ma non sapeva immaginare quanto sarebbe durata questa volta. Era ormai una settimana che si esercitava più volte al giorno nel tiro a segno contro bersagli viventi e se all'inizio aveva avuto modo di riposare qualche ora fra uno scontro a fuoco e il successivo, nell'ultimo paio di giorni il nemico non gli lasciava abbastanza tempo.
La stanchezza fisica lo cominciava ad impensierire perché rallentava i suoi riflessi e intorpidiva le membra. In più, la scorta di stimolanti era agli sgoccioli, ma anche un turian ben addestrato non poteva fare a meno di dormire dopo giorni e giorni di veglia continua.

“Sei arrivato alla fine, Vakarian” si confessò senza provare alcuna paura. Sapeva che quella missione sarebbe stata l'ultima. Ci sarebbe voluto un bel manipolo di esperti per annientare Jareth, Garm e Tarak, mentre lui aveva cominciato quella folle avventura da solo e da solo l'avrebbe conclusa. Ma era quello il destino che aveva scelto per sé e non aveva rimpianti.
Aveva avuto una vita intensa, colma di soddisfazioni, la maggiore delle quali era stata l'uccisione di Saren. Quella morte valeva tutta la sua esistenza, anche se quel turian era da compatire più che da odiare: era stato manipolato e il vero nemico era ancora là fuori, anche se nessuno voleva credere alla sua esistenza.
Non avevano creduto a Shepard, considerandola una visionaria e ritenendo che il nemico da annientare fossero i Geth, ed era evidente che non avrebbero creduto a nessun altro. Quella storia era troppo grande per gente come lui. Il suo comandante si sarebbe forse aspettato di più dal vecchio Vakarian, ma lui aveva la coscienza a posto: aveva provato a diventare uno Spettro, ma il disgusto per la burocrazia e l'insofferenza verso l'ottusità del Consiglio della Cittadella avevano avuto la meglio sulle sue buone intenzioni.
- Mi spiace, Shepard. La galassia dovrà salvarla qualcun altro - sussurrò a bassa voce, attivando l'ultimo allarme che avrebbe segnalato l'arrivo di una nuova ondata di nemici. Poi salì le scale per riportarsi in posizione.

Apprendere la sua morte era stato uno shock e per parecchio tempo era stato incapace di assimilare la notizia.
Dopo la battaglia della Cittadella, l'Alleanza aveva ordinato a Shepard di pattugliare i cieli per eliminare le ultime sacche di resistenza geth, attribuendo a loro ed al loro defunto capo la responsabilità dell'attacco che aveva decimato migliaia di vittime. E il comandante non aveva avuto scelta: era salita a bordo della Normandy con un equipaggio formato da soli umani. Ma lui, così come Liara, Wrex e Tali, sapeva bene che si sarebbero incontrati nuovamente e che avrebbero combattuto ancora insieme contro i Razziatori. Non c'era stato bisogno di dirselo a parole. Era bastato un semplice sguardo.
Nel frattempo aveva redatto centinaia di rapporti inutili, dato che nessuno si prendeva la briga di leggerli, e aveva chiesto decine di autorizzazioni che nessuno gli firmava, tanto che aveva iniziato seriamente a dubitare che candidarsi a Spettro fosse stata una buona idea. E proprio in quei giorni era arrivata la notizia ufficiale della morte di Shepard, anche se lui non era riuscito a crederci crogiolandosi nel pensiero rassicurante che il Consigliere si fosse sbagliato: lei non poteva morire.
Era stato Joker a mandare in frantumi quelle speranze insensate, quando lo aveva invitato a sedersi in un bar, a due passi da dove si erano incontrati per caso sulla Cittadella. In quel locale fumoso gli aveva confessato il suo rifiuto di abbandonare la nave ormai condannata.
- Le barriere cinetiche erano andate giù dopo i primi colpi, lo scafo era tutto una falla, le armi erano fuori uso e avevamo diversi incendi a bordo. Avevamo ricevuto l'ordine di evacuare la nave e Kaidan stava portando tutti alle navette di emergenza, ma io non riuscivo a decidermi ad abbandonare la Normandy, pensavo di poterla ancora salvare... Se non fossi stato così stupidamente ottuso, il comandante sarebbe ancora in vita - aveva raccontato a fatica, con lo sguardo perso nel nulla. La disperazione del pilota era evidente, così come era chiaro il peso del suo senso di colpa, ma Garrus non era riuscito a trovare una sola parola di conforto. Aveva solo annuito, aveva poggiato sul tavolo il bicchiere con il vino di Palaven che non aveva neppure assaggiato e se n'era andato senza sapere dove.
Quando le gambe lo avevano portato allo spazioporto, per forza di abitudine, aveva preso la prima nave mercantile in partenza, senza curarsi di dove fosse diretta. E così si era ritrovato su Omega.
Passato il primo sgomento, rendendosi conto di non avere più alcuno scopo a cui dedicare i giorni a venire, aveva cominciato a guardarsi attorno e a osservare le condizioni in cui viveva la gente su quella stazione orbitante. Aveva finito per combattere la criminalità su Omega per spirito di giustizia, soddisfatto di poter dare piccole speranze alla gente comune. Ma anche quel compito era ormai terminato, dopo che la sua squadra era stata annientata a tradimento.
Scosse la testa con espressione accigliata: non era il momento opportuno per rivangare inutili ricordi. Doveva restare concentrato.

Se fino a due giorni prima aveva dovuto controllare una vasta zona, ora quell'ultima posizione che aveva conquistato gli garantiva la certezza della direzione da cui sarebbe provenuto il prossimo attacco, ma al contempo gli tagliava qualunque possibilità di fuga: arretrare ulteriormente era fisicamente impossibile ed avanzare avrebbe significato un suicidio certo, perché la mancanza di ripari che lui sfruttava per seminare morte con il fucile di precisione gli si sarebbe rivolta contro.
Forse i boss delle tre organizzazioni criminali che gli stavano dando la caccia avevano deciso di prenderlo per sfinimento ed era quello il motivo per cui si ostinavano a mandargli contro dei poveri incapaci: solo per tenerlo costantemente allerta. O forse quelle ondate, che potevano impensierire un veterano come lui solo per la numerosità dei componenti, erano un semplice diversivo che doveva distrarlo da un attacco strategicamente più efficace.
La questione non aveva però una reale importanza per Garrus perché, in un modo o nell'altro, era ben consapevole che la sua vita era ormai agli sgoccioli. Avrebbe solo fatto in modo di portare con sé, nel regno degli Spiriti, quanti più nemici possibile, per vendicare i compagni uccisi a tradimento.

L'unico rincrescimento che provava nel profondo dell'animo era quello di non poter mettere le mani su Sidonis, vero responsabile della strage della sua squadra.
Sapeva che non avrebbe avuto il privilegio di inquadrare nel mirino del fucile quel maledetto turian. Quel codardo doveva aver lasciato Omega subito dopo aver venduto l'intera squadra al nemico e avrebbe continuato a vivere quando tutti i suoi ex compagni erano ormai morti. E questi pensieri, insopportabili per Garrus, erano anche la vera ragione che lo manteneva allerta e vigile. L'unico motivo che lo spingeva a continuare a lottare era guadagnarsi la possibilità di vendicare i compagni uccisi.

Interstellar - Main Theme



Butler, Erash, Grundan Krul, Melanis, Mierin, Monteague, Ripper, Sensat, Sidonis, Vortash e Weaver. Erano quelli i nomi che aveva fatto incidere sul visore pochi mesi prima, ma se fosse sopravvissuto abbastanza avrebbe cancellato il nome del vigliaccio che li aveva traditi. Quegli uomini, compagni di tante battaglie, avevano rischiato la propria vita in molte occasioni, uniti da un comune interesse: combattere contro la criminalità dilagante su Omega.
Li aveva reclutati uno ad uno, dapprima quasi per caso, poi con intenzione.
Sidonis era stato il primo ad unirsi a lui nella lotta contro schiavisti, pirati o bande che si erano spinte troppo oltre, era stato il primo a condividere i suoi ideali di vendetta e la sua rabbia contro le ingiustizie.
Erano ancora agli inizi e allora Garrus era solo uno dei tanti turian che si aggirava nei bassifondi confondendosi fra la folla: non era ancora famoso, né gli avevano ancora affibbiato quel soprannome che gli sarebbe rimasto appiccicato addosso.
Un arcangelo con uno stuolo di cherubini attorno, che combatteva rabbiosamente in nome di ideali fuori luogo su quella stazione orbitante. La giustizia, il rispetto del prossimo, le più banali e basilari regole del vivere civile erano state cancellate dai ricordi, lì su Omega, o forse non erano mai esistite.
Aria T'Loak con i suoi scagnozzi ben addestrati ed equipaggiati garantiva un certo ordine sulla stazione, ma nulla di più. E il suo ordine era del tipo che nessuno poteva permettersi di danneggiare i suoi interessi o di interferire con le sue direttive. Se lo si faceva si era morti. Erano regole semplici e comprensibili per chiunque.
L'asari non si era schierata apertamente contro Archangel e la sua banda perché non c'era alcun conflitto diretto fra loro. Era una criminale molto più pericolosa delle bande mercenarie dei Sole Blu, degli Eclipse e del Branco Sanguinario, ma operava su vasta scala e non si sarebbe abbassata a commettere violenze contro civili senza importanza.
Da parte loro, Garrus e la sua squadra avevano inizialmente intrapreso azioni punitive contro criminali da quattro soldi, per vendicare torti subiti da loro stessi in prima persona o dai loro famigliari e per offrire una debole speranza ai troppi indifesi.
Poi le voci erano cominciate a circolare e il turian a capo di quel gruppo di giustizieri implacabili era diventato l'angelo custode dei derelitti e degli oppressi. La sua fama si era sparsa per tutta Omega e molte erano state le persone che avevano cercato aiuto e protezione per ottenere una giustizia che altrimenti sarebbe stata loro negata.

La mano di Garrus si strinse istintivamente sull'impugnatura del fucile non appena scattò uno dei tanti allarmi che aveva sparpagliato nella stanza sottostante poco prima.
Riprese posizione dietro la balaustra saettando lo sguardo in ogni direzione, cercando di capire quante persone gli avessero mandato contro questa volta.
“Ancora dei pivelli” realizzò svogliatamente socchiudendo le palpebre stanche dopo aver osservato il primo terzetto che era entrato nella sala senza la minima precauzione.
Aspettò che avanzassero ancora un poco, prima di prenderli di mira, sicuro che il resto del gruppo si sarebbe mostrato a breve.
Più d'uno non aveva neppure un'armatura completa ed era armato con semplici pistole vecchie di un decennio almeno. Se le rigiravano nervosamente fra le mani come se non sapessero bene cosa farci. Questa volta, però, il gruppo era molto numeroso e tre o quattro di loro erano equipaggiati addirittura con un bazooka. Il resto dei nuovi arrivati aveva dei fucili, di assalto o di precisione, oppure un mitra, ma Garrus dubitava che sapessero maneggiare quelle armi in maniera efficace.
La presenza di una giovanissima ragazza armata solo di un fucile a pompa gli fece scuotere la testa: o era una pazza senza cervello oppure non l'avevano avvertita che il nemico era armato di un fucile di precisione e di uno di assalto, oltre a numerose granate.
In ogni modo valutò che il prossimo scontro non sarebbe stato dei più semplici, anche sottraendo dal totale degli avversari quelli che non erano attrezzati in modo adeguato e quelli la cui esperienza si limitava al tiro a segno in un qualche poligono. Dalla sua postazione sopraelevata, che dominava agevolmente tutta la sala, notava subito i nemici che non mostravano alcuna capacità nel muoversi in un vero campo di battaglia.

Si rese conto del madornale errore che aveva commesso solo qualche minuto più tardi quando, con l'occhio appoggiato sul mirino, vide esplodere la testa dell'assalitore che aveva preso di mira prima che potesse premere il grilletto del fucile di precisione.
Scrutò allora il fondo della sala, immerso in una penombra che confondeva i contorni dei container accatastati contro i muri, e ad un certo punto fu quasi certo di aver notato un movimento.
Spostò rapidamente il fucile sulla destra ed esplose un singolo colpo, uccidendo uno dei nemici armato di bazooka. Per prendere la mira con accuratezza l'uomo era rimasto immobile troppo a lungo, con il capo che sporgeva dal riparo offerto da un tavolo quadrato di metallo. Il colpo del fucile di Garrus lo aveva centrato in pieno viso e gli scudi di protezione del casco non erano stati sufficienti a proteggere l'uomo, che era morto prima che potesse accorgersi di essere stato colpito.
Un paio di secondi dopo anche un ragazzo privo di alcuna protezione in testa, ma munito di un costoso visore, finì in terra senza neppure un lamento, accompagnato solo dal fracasso del fucile di precisione che dalle sue mani ormai aperte piombò sul pavimento.
Garrus lo inquadrò per capire la traiettoria dello sparo che lo aveva centrato alla nuca, poi spostò lentamente il mirino dirigendo l'attenzione ancora una volta verso il fondo della stanza, ma dalla parte opposta rispetto all'occasione precedente.
Di una cosa poteva essere certo: non aveva contato bene le persone che erano entrate nella stanza. Non sapeva se gliene fosse sfuggito soltanto uno, capace di muoversi da un lato all'altro dell'enorme sala con estrema velocità, o se fossero almeno due. In ogni caso qualcuno lo stava aiutando e lo faceva anche maledettamente bene.
“Ok, vediamo” si disse. Prese una delle ultime granate rimaste e la gettò nel centro della stanza, certo che quel diversivo avrebbe fatto gioco anche ai suoi insperati soccorritori.
Con l'occhio premuto contro il mirino, nella confusione che si scatenò all'improvvisa esplosione, individuò una femmina umana strizzata dentro un'improbabile tuta candida che le aderiva al corpo come una seconda pelle ed un salarian dall'aria familiare. Nello stesso momento un lampo di luce azzurra partì dal retro di una cassa appoggiata in terra fra quelle due persone, creando una singolarità biotica qualche decina di metri più avanti e mettendo allo scoperto la ragazza con il fucile a pompa.
Mentre quella poveretta veniva letteralmente fatta saltare in aria da un colpo esplosivo sparato dal salarian, Garrus capì che si trattava addirittura di un trio.
L'improvviso incendio investì buona parte del pavimento della stanza e segnò il momento in cui gli attaccanti vennero presi dal panico e cominciarono a fare movimenti rapidi ma disordinati, come trottole impazzite.
Ancora ignari della propria situazione, gli assalitori dovettero pensare che Archangel avesse minato l'area, senza rendersi conto che erano invece presi fra due fuochi.
Garrus decise che era meglio aumentare la confusione e, imbracciato il fucile d'assalto, sparò numerose raffiche contro il fondo della sala, stando però attento a mantenere un'altezza dal suolo non inferiore a un paio di metri, così da non rischiare di ferire i suoi alleati.
Poi cambiò di nuovo arma e usò il mirino del fucile di precisione per spiare le mosse del trio. Vide che la donna in tuta bianca ed il salarian fissavano attentamente un punto, poi li vide annuire e scattare velocemente in due direzioni opposte, mentre la terza persona, ancora nascosta alla vista, creava una nuova singolarità che iniziò a vorticare sopra un cumulo di vecchi mobili accatastati. In pochi secondi quattro persone persero il riparo e la vita, sotto i colpi esplosivi del salarian e quelli biotici della donna in tuta bianca.
“Due biotici e un piromane sono un aiuto di tutto rispetto” approvò Garrus, piacevolmente colpito dalla rapidità con cui i due alleati tornarono a nascondersi “E' una bella fortuna che quei tre combattano per me”.
Immaginò che si fossero fatti reclutare da una delle tre bande coalizzate solo per venire in suo aiuto, anche se non sapeva chi potesse volerlo fare, ora che tutta la sua squadra era morta.
“E a dirla tutta” ammise con sincerità “nessuno dei miei uomini sarebbe stato così furbo da utilizzare questo trucco, né sarebbe stato capace di combattere con tutta questa maestria”.
Gli era ormai chiaro che le azioni del trio venivano decise dal terzo uomo, l'ombra invisibile, che dimostrava un'esperienza di tutto rispetto, come fu sottolineato ancora una volta da un paio di colpi esplosi con un fucile di precisione: il primo annullò la barriera di protezione dell'armatura di un ragazzo, mentre il secondo lo colpì sulla parte sinistra del petto, perforandogli il cuore.
Istintivamente Garrus alzò un pollice all'insù, fissando il riparo che nascondeva il terzo uomo alla sua vista, così come era solito fare in un tempo ormai lontano, quando combatteva al fianco del comandante della Normandy e si voleva complimentare con lei per un colpo particolarmente preciso.
“Non ti distrarre, ora” si raccomandò, passandosi una mano davanti agli occhi, quasi a scacciare l'immagine di Shepard, mentre si accorgeva che l'ombra aveva usato uno scatto biotico per cambiare posizione e portarsi sulla sinistra della stanza, in una zona ormai libera dal nemico. Nonostante non avesse mai staccato lo sguardo, neppure questa volta Garrus era riuscito a distinguere la sagoma di quel combattente tanto elusivo.

Si innervosì per quel nuovo insuccesso e decise di dedicarsi allo studio degli altri due compagni, meno sfuggenti. Concluse che la biotica si muoveva sul campo di battaglia con una sicurezza arrogante, anche se forse questo giudizio era imputabile più al suo abbigliamento che alle sue reali movenze. Si chiese se indossava quella tuta attillata nella speranza di distrarre i nemici, ma su Omega gli umani erano in netta minoranza. Ciò che però lo costrinse a riportare lo sguardo sulla donna, di per sé poco interessante, fu il logo esagonale nero dorato che spiccava sul suo petto.
Non avrebbe mai scordato quel marchio, diventato sinonimo di ignominia e di orrore. Ricordò le tante occasioni in cui l'equipaggio della Normandy si era dovuto scontrare contro individui che, grazie agli esperimenti di quella organizzazione, erano stati trasformati in letali mostri mutanti privi di raziocinio e parola.
Passò ad esaminare il salarian e gli ci volle una manciata di secondi prima di riconoscerlo. “E' quel medico fuori di testa” concluse soddisfatto, ricordando un racconto che gli era stato fatto da uno degli uomini della sua squadra, portato in ospedale dopo un conflitto contro un manipolo dei Sole Blu.
- Ho un terribile mal di testa - aveva esordito Ripper entrando nella loro base segreta e spalmandosi sulla poltrona vicino all'ingresso. Garrus lo aveva fissato interdetto, fermando lo sguardo sulla gamba imprigionata nel tutore che avrebbe fatto rinsaldare l'osso fratturato poche ore prima.
- Non la piantava più di chiacchierare quel pazzo di un medico fuori di testa - aveva chiarito il ferito con un sogghigno - Ha smesso solo quando un paio di tossici sono entrati nel suo studio ad armi spianate strillando di volere una confezione di non so quale medicinale. Il dottore non li ha neppure guardati in viso e li ha stesi con due soli colpi, prima ancora che io capissi da dove diavolo avesse tirato fuori la pistola. Poi si è rimesso a cianciare su non so che cazzo di esperimento che non so chi stava conducendo su dei krogan...
- Mi servono dieci minuti di silenzio per riprendermi da quella valanga di chiacchiere - aveva concluso alzando gli occhi verso il soffitto e portandosi le mani contro le orecchie.
Era stato un altro compagno di lotta, forse Weaver, a fornire qualche ulteriore notizia su Mordin Solus, scienziato con ottimo addestramento militare grazie al periodo trascorso nelle forze speciali salarian.
- Ed è proprio questo il motivo per cui davvero pochi oserebbero dargli fastidio - aveva concluso in tono pieno di rispetto - E' capace di sparare prima che uno si renda conto che è armato... ma la sua arma più letale è notoriamente la parlantina. Non smette mai di cianciare o almeno di borbottare fra sé e sé, e lo fa a tambur battente, smozzicando le parole ed abolendo articoli e preposizioni per non perdere tempo prezioso. Un po' come se dovesse condensare tutti i discorsi della vita di una asari nella breve esistenza concessa ad un salarian.

“Non mi freghi stavolta” pensò Garrus tornando ad esaminare la situazione nella sala sottostante. Inserì una clip speciale nel fucile di precisione, poi usò quello di assalto per freddare con una rapida raffica l'ultimo uomo armato di bazooka che si era appena sporto dal suo riparo e tornò a cambiare l'arma, mettendo l'occhio al mirino e appoggiando delicatamente il dito sul grilletto del fucile di precisione.
Esplose il colpo stordente non appena intravide un movimento, sicuro che gli scudi dell'armatura dell'ombra fossero alzati, e si complimentò con se stesso nel notare che lo aveva centrato alla spalla. La sagoma restò immobile un secondo, poi istintivamente si toccò la parte colpita e scomparve nuovamente alla vista, ma Garrus aveva fatto in tempo a notare che si trattava di una femmina umana.
Sicuro finalmente sulla posizione occupata da quell'ombra sfuggente, le tenne il mirino puntato addosso e questa volta riuscì a vederla distintamente mentre faceva dei cenni con la mano sinistra, impartendo ordini ai suoi due compagni che si separarono e presero ad avanzare.
Fu a quel punto che la donna si guardò attorno poi, rassicurata dall'assenza di minacce immediate, alzò la testa dal riparo e guardò nella direzione di Garrus, probabilmente interdetta per il colpo che le era stato tirato addosso.
Nel mirino del fucile di precisione comparvero nitidamente due occhi verdi che rimasero inquadrati per meno di un secondo. Eppure quel poco tempo fu sufficiente a scombussolare il battito del cuore del turian.
Con l'occhio ancora incollato al mirino e l'esclamazione - Spiriti! - che ancora gli riecheggiava nelle orecchie, Garrus si fece quasi cadere il fucile di mano nel riconoscere il suo vecchio comandante.
Per quanto assurdo potesse sembrare, Shepard era lì: data per morta da un paio di anni, era riemersa da chissà quali luoghi misteriosi per salvargli il culo ancora una volta. Non c'era alcun dubbio.
Era lei, con quei suoi occhi verdi capaci di scrutare tutti i segreti dell'animo altrui, accompagnata, come sempre, dai più improbabili compagni di lotta che si potessero reclutare. Era lei che aveva gestito in modo impeccabile l'attacco, sfruttando al meglio le doti dei suoi alleati, guidandoli al successo con i soliti semplici gesti delle sue mani.
- Spiriti! - ripeté ancora una volta, proprio mentre i tre si mettevano a correre verso i gradini della scala che li avrebbe portati al suo livello.
Li vide spuntare a pochi metri da lui, con le armi ancora spianate. Fu Shepard la prima ad abbassare il fucile, mentre i due compagni posizionati ai suoi fianchi mantenevano una posizione di difesa.
Alla domanda - Archangel? - pronunciata da quella donna, Garrus rispose con il silenzio, alzando solo un dito. Mirò con attenzione all'uomo calvo che si era sporto da dietro una colonna al piano sottostante e lo prese in pieno. Poi si rialzò da terra appoggiandosi al fucile, si tolse il casco che celava le sue fattezze e si sedette sul primo ripiano a portata di mano.
- Shepard - rispose con voce tranquilla, come se si fossero lasciati appena un paio di ore prima.

I minuti successivi, carichi di stupore per essersi ritrovati, li passarono nel porsi rapide domande su quanto era avvenuto durante quei due anni di lontananza, ma presto dovettero tornare con la mente alla loro situazione attuale e pensare a come sgombrare la strada dagli assalitori e portarsi in salvo.
L'ondata successiva non tardò infatti ad arrivare. Era costituita da biotiche asari, ingegneri salarian e persino dei mech. Appartenevano tutti alla banda degli Eclipse, come ebbero modo di assicurarsi quando lo stesso Jaroth fece la sua discesa in campo, accompagnato da un enorme mech pesante, quello che Shepard aveva precedentemente sabotato durante il suo avvicinamento verso la posizione di Archangel.
Fu uno scontro duro, che Archangel da solo non avrebbe mai potuto vincere. Se il turian capì che solo l'arrivo di Shepard aveva potuto evitargli di finire i suoi giorni lì su Omega, da parte sua il comandante ebbe modo di notare quanto la presenza di Garrus le rendesse più semplice il combattimento. A differenza di quanto accaduto fino ad allora, non si preoccupò di dare direttive ai suoi compagni, ma una volta memorizzata la posizione del suo vecchio amico, seppe con certezza come si sarebbe potuta muovere senza rischiare di prendersi un colpo.
Quando tutto finì decisero che l'unico modo per trarsi fuori da quella posizione che li teneva parzialmente al sicuro, ma li intrappolava, era quello di dividersi. Shepard se ne andò con la donna in tuta bianca che rispondeva la nome di Miranda e lasciò lì Mordin.
Inizialmente i due furono troppo impegnati a tenere a bada i nemici, ma durante una breve pausa Garrus ebbe modo di scambiare un paio di frasi con lo scienziato, che affermò di conoscerlo di fama come Archangel.
Nonostante il complimento, sentì un'avversione istintiva verso quel dottore, anche se sapeva di dover evitare facili generalizzazioni: se pure non gli piacevano molto i salarian in generale, aveva imparato che non si poteva giudicare un individuo solo per la razza a cui apparteneva. Di sicuro gli umani gli andavano ancora meno a genio, tuttavia se avesse dovuto scegliere fra i suoi conoscenti quello che reputava il suo migliore amico, non avrebbe avuto alcun dubbio a fare il nome del comandante Shepard.
Il fatto che però quel tipo fosse uno scienziato e, a quanto aveva capito, anche il diretto responsabile della genofagia dei krogan, finì per aumentare notevolmente le analogie fra Mordin e Saleon e la sua iniziale repulsione si rafforzò.
Fu quasi sul punto di raccontargli che qualche anno prima aveva conosciuto uno scienziato salarian che si dilettava a usare cavie viventi per far crescere all'interno dei loro corpi degli organi supplementari da poter rivendere sul mercato nero, ma non ne ebbe il tempo perché con l'ultima ondata di nemici, costituita da un branco di varren inferociti, di vorcha e di krogan, arrivò anche Garm, il boss del Branco Sanguinario. Solo il ritorno tempestivo di Shepard e Miranda evitò che quel gigantesco krogan infuriato e con un potere di rigenerazione eccezionale avesse la meglio su di loro.
- Restano ormai soltanto i Sole Blu, probabilmente la banda più pericolosa delle tre - affermò Garrus, e la correttezza di quella dichiarazione risultò evidente fin dall'inizio della nuova battaglia.
Nessuno però rimase ferito e tutto sembrò andare per il meglio fino a quando, uccisa Jentha e tutti i suoi scagnozzi, il campo sembrò ormai libero. Mentre Shepard e i suoi compagni si guardavano attorno alla ricerca di eventuali superstiti, al di là della grande finestra apparve una gunship.
- Archangel! - gridò la voce di Tarak amplificata dall'altoparlante e subito dopo quel veicolo prese a mitragliare l'interno della sala mandando a terra il turian e annientando i suoi scudi protettivi.
Mentre il nemico continuava a gridare frasi di sfida e di scherno, Garrus riuscì a ripararsi dietro un'enorme fioriera. Ma il misero scudo offerto da quell'ammasso di metallo e di terra non poté nulla contro il razzo che seguì appena un istante più tardi.
Dopo aver sbattuto la faccia in terra, il turian capì che non ce l'avrebbe mai fatta a rialzarsi. Sentì sotto di sé il sangue, ma non provava ancora alcun dolore. Era completamente frastornato e fece fatica a ricordare dove fosse e cosa fosse accaduto. Incapace perfino di girarsi, restò con il lato destro del viso premuto contro il pavimento. Con l'occhio sinistro si assicurò che i suoi compagni fossero ancora vivi, mentre le prime ondate di dolore si propagavano ora per tutto il corpo. Forse perse i sensi perché si ridestò d'un tratto, sentendo la voce di Shepard che lo chiamava.
Provò a rispondere senza riuscirci e si contentò di aprire gli occhi, mentre istintivamente la sua mano cercava un contatto con il fucile di precisione che gli era caduto. Avvertì la cessazione del dolore causata dal medigel, o forse dalla morte imminente, e tentò più volte di porre la domanda che gli stava rodendo la mente, perché non voleva morire senza ottenere risposta, ma senza riuscirci. Artigliò l'aria come un naufrago, cercando di restare cosciente mentre la sua mente scivolava lontano.

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Capitolo 2
*** Archangel ***


Avvertenza
E' il secondo capitolo di questa storia, ma nella stesura originaria era il primo.


2. *ARCHANGEL*

Garrus Soundtrack - ME2



- Garrus, resta sveglio.
- Maledizione! Siamo quasi arrivati, tieni duro - Erano queste le frasi rabbiose che Shepard andava ripetendo da qualche minuto con voce tesa.
Il turian sentiva quelle parole, ma non riusciva a rispondere. La parte destra della sua faccia era andata distrutta: non sentiva più da quel lato e non riusciva ad articolare la mandibola.
La voce del comandante gli rimbombava nell’orecchio sano e il sapore metallico del sangue gli riempiva la bocca. Non soffriva per la ferita, grazie al medigel, e la necessità di ottenere una risposta all’unico interrogativo che avesse importanza in quel momento lo esortava a restare disperatamente aggrappato alla vita: doveva riuscire a formulare quella maledetta domanda.
“Spiriti, Shepard. Non mi importa un accidente di morire, ma prima devo sapere...” si ripeté ostinatamente, tentando nuovamente di parlare ed emettendo invece solo un rantolo gorgogliante, accompagnato da un fiotto di sangue bluastro “Devo aver perso i sensi dopo quel dannato razzo che mi è esploso in faccia. Non so come sia andata a finire la battaglia, ma siamo tutti vivi… Ora l'unica cosa che devo sapere è se sia morto quel maledetto bastardo al comando dei Sole Blu”.
- Non sforzarti di parlare, ma resta con noi - fu la sola risposta che Garrus ottenne alla domanda che non era riuscito a formulare.

Aveva ripreso conoscenza dentro la navetta da sbarco alle urla - Vai! Vai! Vai! - che il comandante aveva gridato a piena voce, dopo aver tirato un paio di energici pugni contro la paratia che isolava il vano di carico dalla cabina di pilotaggio.
Shepard continuava a parlare incessantemente rivolgendosi, a turno, a lui stesso, a Joker che era pronto al recupero della navetta sulla Normandy, e alla dottoressa Karin Chakwas che li attendeva al portellone della nave, munita di lettiga e medicinali di primo soccorso.
“La tua voce è diventata rauca a forza di lanciare ordini, comandante... se almeno mi dicessi quello che voglio sapere…” era il pensiero che passava ostinatamente per la mente di Garrus mentre ricambiava stancamente lo sguardo fisso su di sè.
Shepard non riusciva a distogliere gli occhi dal viso devastato del turian che stringeva fra le braccia, con la nuca appoggiata contro la sua spalla sinistra, nella stiva della navetta che si stava dirigendo verso la Normandy alla massima velocità possibile.
La battaglia contro le tre bande criminali che Archangel era riuscito a scatenare contro di sé su Omega si era finalmente conclusa, ma non prima che un razzo sparato dalla gunship di Tarak avesse colpito Garrus squarciando la sua armatura all’altezza del collo. Quel colpo gli aveva dilaniato la faccia, trasformandola in un ammasso di frammenti di placche ossee e brandelli di carne viva dai quali il sangue sgorgava incessantemente.
Quel sangue blu, denso e viscoso, continuava a colare tiepidamente sulle loro due armature, malgrado avessero usato tutto il medigel disponibile e nonostante gli sforzi disperati del comandante per fermare l’emorragia. La consapevolezza della gravità della ferita, unita all’angoscia per la sua impotenza, si trasformava in rabbia accecante, così come erano accecanti le lacrime di cui Shepard non aveva coscienza, quelle lacrime che le lavavano via dal viso il sangue della battaglia appena conclusa e finivano per gocciolare addosso al compagno ferito.

Non erano diverse dalle lacrime di tanti anni prima, su Akuze, quando aveva tenuto fra le braccia il suo capitano agonizzante, squassata dallo stesso miscuglio intricato di sentimenti. Con un colpo preciso, sparato con il bazooka, aveva colpito il divoratore già gravemente ferito nel mezzo dei tentacoli e finalmente quell’enorme corpo si era abbattuto al suolo.
Era corsa verso il capitano, accasciato contro la parete di un edificio della piccola colonia e aveva cercato di fermare il sangue che sgorgava dalla ferita infettata dal veleno sul suo fianco.
Il superiore le aveva stretto le mani fra le sue, facendo un gesto di diniego e lanciandole uno sguardo colmo di serena rassegnazione
- Sono fiero di te, Shepard. Hai fatto un ottimo lavoro – aveva poi dichiarato con un flebile sorriso, lanciando un’occhiata al corpo immobile del divoratore.
- Non può morire adesso, signore. Resista, la prego. I soccorsi non possono tardare.
- Sarei spacciato anche se fossero già qui, e tu lo sai bene. Piuttosto, hai capito perché tu sola sei ancora viva? - le aveva chiesto.
- Perché ho eseguito i suoi ordini, signore.
Lui aveva riso brevemente, nonostante il dolore.
- Non è per questo. Quali ordini potevo dare secondo te? E' avvenuto tutto troppo in fretta e nessuno di noi era preparato ad affrontare un mostro simile. Non è per i miei ordini se tu sei ancora qui. E' perché hai valutato correttamente la situazione e hai agito di conseguenza in modo rapido, senza farti prendere dal panico. I tuoi compagni hanno fallito... e io con loro.
- Lei si è sacrificato per salvare John...
- E non è neppure servito... anche se lo rifarei: non avrei potuto agire diversamente.
- E' questo il motivo se tutti noi l'abbiamo sempre considerata come un padre, più che come un semplice superiore.
- Diventerai un ottimo soldato - erano state le ultime parole del capitano, mentre il volto scolorava e il corpo si abbandonava senza più energie fra le braccia della ragazza in lacrime.

Shepard scacciò quell'immagine per tornare al presente. Si accorse che il respiro del turian si era fatto più lento e stentato, ma era ancora abbastanza regolare e ogni pochi secondi Mordin controllava le sue pulsazioni: deboli, ma continue.
Per una volta il salarian stava in silenzio, dopo che la sua interminabile diagnosi - Parametri di vita instabili. Valori critici. Medigel insufficiente per cura… Mandibola quasi divelta, orecchio destro distrutto, zona destra del cranio frantumata… Ricovero in infermeria urgente - era stata interrotta dalla voce gelida del comandante - Dove diavolo credi che stiamo andando? A ballare all’Afterlife? Tienilo vivo e taci...
Shepard tornò a rivolgersi al ferito - Vakarian, dannazione! Mi senti? Tieni duro. Tieni duro, testone di un turian. Non puoi morire ora, questo è un ordine!
Garrus aveva provato ancora una volta a chiedere di Tarak, inutilmente, poi si era abbandonato contro la spalla del comandante e aveva chiuso gli occhi, esausto e rassegnato.
“Non puoi averlo lasciato vivere, comandante, non dopo come mi ha conciato. La Shepard che conoscevo, quella che ho pianto per morta, non l’avrebbe lasciato in vita” fu il suo ultimo pensiero cosciente, mentre la sua mente scivolava verso un buio silenzioso e accogliente.

Riprese i sensi quando il suo corpo venne appoggiato su una barella. Guardò intorno a sé e riconobbe l’interno di una nave che rassomigliava a quella distrutta dai Collettori un paio di anni prima. “Questo scafo è più grande” osservò con vaga curiosità, perplesso dall'assenza di un qualsiasi logo dell'Alleanza. Il simbolo di Cerberus era invece ben visibile e i ricordi delle tante atrocità commesse da quella organizzazione generarono in lui un istintivo sentimento di rigetto.
Lo stesso logo inquietante spiccava inconfondibile anche sulla divisa del comandante che stava al suo fianco e correva accanto alla barella, ostinandosi ancora a gridare ordini a destra e a manca.
Una volta che la loro corsa si arrestò in una stanza chiara e luminosa che doveva essere l'infermeria, nel suo raggio visivo entrò il volto della dottoressa Chakwas. Provò a sorriderle, ma invece del sorriso di risposta si trovò a leggere sgomento e preoccupazione nei suoi occhi un po’ stanchi e segnati da qualche nuova ruga.
- E' una brutta ferita, peggiore di quanto mi aspettassi. E’ un miracolo che sia ancora vivo - furono le laconiche parole che pronunciò, come se lui non fosse presente. Applicò del sedativo e lavorò rapidamente per eliminare i frammenti di placche ossee ancora conficcate nel viso del turian, ricostruì i condotti sanguigni utilizzando tubi protesici e ripulì la ferita con altro medigel prima di suturare i lembi del vasto squarcio che infine fasciò. Solo a quel punto si rese conto che il ferito era cosciente e gli sorrise - Bentornato a bordo, Garrus.
- Comandante, vai a darti una lavata e a riposarti. Non puoi fare altro e qui dai impiccio - aggiunse poi con decisione, spostando la barella vicino ad un imponente macchinario. Nonostante la preoccupazione, Shepard sorrise fra sé, per nulla urtata dall'essere stata appena trattata come Mordin poco prima, quando la dottoressa lo aveva spinto fuori dall'infermeria in malo modo.
- No, non mi serve aiuto. E poi non sei vestito in modo appropriato - aveva proclamato cacciando il salarian fuori dalla porta e lanciando un'occhiata di disapprovazione anche a Shepard, ancora in tenuta da combattimento.
- In effetti non risulta che i germi di Omega accorcino i tempi di guarigione - ammise il comandante avviandosi a malincuore verso l'uscita, mentre la dottoressa si era già dimenticata di lei e si stava rivolgendo a Garrus - Adesso ti devo addormentare perché devo toglierti l'armatura e vedere come sei conciato. Tieni duro e vedi di non morire.
Era già uscita dall'infermeria quando il turian sollevò un braccio per prendere la mano della Chakwas, riuscendo finalmente ad articolare la domanda - Che ne è stato di Tarak? - prima di perdere i sensi sotto l'effetto dell'anestetico.

Una volta arrivata nella sua cabina, Shepard si lasciò scorrere addosso l’acqua tiepida della doccia, ipnotizzata dal liquido violaceo che si raccoglieva ai suoi piedi: il sangue rosso dei nemici e quello blu del turian scivolavano via dalla sua pelle mischiandosi fra di loro.
“La dottoressa ha ragione. Dovrei riposare, ma non riuscirei a star qui a far nulla, mentre Garrus lotta per sopravvivere” si giustificò lanciando l'asciugamano nel lavandino. Si vestì in fretta ed uscì dalla cabina con i capelli ancora bagnati.
Arrivata di fronte alla porta dell’infermeria, bussò con discrezione attendendo pazientemente un invito ad entrare, ma le giunsero solo alcuni fiochi brani di dialogo fra la dottoressa e il salarian, troppo a bassa voce perché potesse comprenderne il senso. Aspettò ancora un paio di minuti e poi tornò a bussare più forte, impaziente di avere notizie.
La dottoressa Chakwas uscì chiudendosi la porta alle spalle. Si appoggiò allo stipite e guardò con espressione partecipe il comandante.
- La ferita sotto la corazza era molto profonda e la perdita di sangue avrebbe probabilmente ucciso chiunque altro. Grazie anche a Mordin siamo però riusciti a compensare. Abbiamo utilizzato i migliori impianti cibernetici e Garrus dovrebbe recuperare le piene funzionalità, ma è presto per esserne sicuri. Per ora è sedato, perché appena torna in sé comincia a dire cose senza senso e si agita come un indemoniato. Ha ripetuto più volte una parola tipo talak, tarak o varak. Ha chiesto anche di te. Vai a farti una passeggiata, ti chiamerò appena ci saranno novità.
Detto questo, la Chakwas rientrò nell’infermeria e Shepard si diresse verso il ponte con l’animo leggermente più rilassato. Entrò e si accoccolò in silenzio sul pavimento, con le gambe piegate strette fra le braccia, al fianco della poltrona di Joker che la guardò e le disse - Hai veramente un aspetto orribile, comandante.
- La vita di Garrus è appesa a un filo. Devo affrontare una missione praticamente impossibile e il primo membro del vecchio equipaggio che riesco a ritrovare quasi mi muore fra le braccia…
- Non essere pessimista, comandante: hai già ritrovato il miglior pilota della galassia e ora c'è anche il turian con il palo fra le chiappe. Quello è un osso duro, non basterà il razzo di un cannone gigante a togliergli la vita.
Ci fu un lungo silenzio sul ponte, mentre tanti ricordi scorrevano nelle menti dei due vecchi amici, poi il pilota riprese a parlare - Certo che con il senno di poi... Potevamo anche immaginare chi fosse quell'Archangel: un turian che atterra su Omega per uccidere tutti delinquenti che trova in giro... E’ proprio una missione degna di quell'agente SSC insofferente ai regolamenti che osassero stare fra lui e i criminali a cui dava la caccia.
- Torno in infermeria - annunciò all’improvviso Shepard alzandosi bruscamente, probabilmente senza aver ascoltato una sola di quelle parole.
- Non ti ci vogliono, comandante.
- Pensi davvero che questo mi fermerà?

All By Myself



Questa volta Shepard non bussò alla porta: entrò, prese una sedia, la mise a fianco del letto su cui giaceva il turian e si sedette accavallando le gambe.
Dall’altro lato della stanza arrivarono le proteste di Mordin che però si smorzarono rapidamente dopo il commento rassegnato della Chakwas - Conosco quell’espressione, non riuscirai a smuoverla di lì.

Nella luce nitida dell'infermeria Shepard si prese del tempo per esaminare il volto del ferito là dove era rimasto libero dalla vasta fasciatura: non lo aveva mai guardato così da vicino, né con tanta attenzione. L'unico occhio rimasto libero dalle bende era chiuso, ma non era quello il motivo per cui le sembrò diverso dal solito. Fu la vista del visore, appoggiato su un tavolino vicino, a chiarirglielo, mentre il suo colore le ricordò il colore di quegli occhi ora chiusi, che ricordava azzurri come il cielo terrestre. Fissò gli zigomi pronunciati, sottolineati dal tatuaggio, e provò l'impulso di far scorrere la punta delle dita lungo quei segni misteriosi. Se ne vergognò e rimase immobile, ma continuò a studiare quel volto alieno, attratta dalla durezza dei tratti decisi. Le guance erano scavate ma non indifese, protette com'erano dalle lunghe mandibole ossee.
Anche la bocca appariva temibile. Priva di labbra, sembrava una fessura scolpita nella pietra. Forse a causa della sedazione, quella di Garrus era leggermente dischiusa, ma non per questo meno inquietante, dato che lasciava intravedere denti aguzzi da predatore.

- Per la prima volta credo di capire l'innata paura e repulsione che dobbiamo aver provato nel vedere il primo turian - ammise a bassa voce rivolgendosi in parte a se stessa e in parte alla dottoressa che si era avvicinata per regolare il flusso della flebo.
- Già - concordò lei - Il loro aspetto trasmette fierezza, implacabilità e un senso di sprezzo del pericolo non comune alla razza umana. Per questo sono sicura che guarirà perfettamente, nonostante le ferite riportate. Sembra che stia dormendo in questo momento, ma in realtà sta combattendo e non si arrenderà.
- Gli ho dato un ordine. Farà bene ad eseguirlo.
- Un turian non disubbidisce mai ad un ordine diretto del proprio superiore.
Shepard rise - No, ma Garrus non è un esemplare comune. Lui direbbe che non è un buon turian.
- Ricordo il nostro primo incontro sulla Cittadella - proseguì poi - Chiaramente irritato per l'intimazione del suo superiore a lasciar perdere l'indagine su Saren, era comunque deciso a proseguire, a dispetto dei suoi evidenti insuccessi. E me lo confermò a parole anche dopo, quando lo trovai nello studio della dottoressa Chloe Michel. Furono proprio quella sua decisione e sicurezza che mi spinsero a chiedergli di salire a bordo della Normandy.
- Mi sembra di ricordare che in quell'occasione fossi rimasta colpita anche dalla sua abilità con il fucile...
- Già. Non so come avrei fatto tutto ciò che ho fatto finora senza il suo aiuto... senza l'aiuto dei tanti amici che adesso non so neppure dove siano.
- Ci aiuterà ancora, ne sono certa. So che è inutile dirtelo, ma come ufficiale medico mi sento in obbligo di raccomandarti un po' di riposo. Stare qui non servirà a nulla perché lo terremo sedato per evitargli dolore.
- Lo so, dottoressa - rispose il comandante, senza dar segno di volersi alzare. La Chakwas si strinse nelle spalle, lanciò un'occhiata rassegnata a Mordin e appese il camice prima di uscire dalla porta per andare a godersi il suo turno di riposo.

Shepard fissò nuovamente il viso del turian nella speranza di riuscire a scorgere almeno un piccolo movimento, ma invano: solo le apparecchiature mediche attaccate al corpo le confermavano che era ancora in vita.
Quando Mordin si avvicinò per controllare le letture dei macchinari e per effettuare un ulteriore esame con il factotum, gli chiese - Posso parlargli?
- Non credo senta. Ma tua voce potrebbe aiutare.

Le prime frasi che Shepard pronunciò, continuando a fissare quel volto con le fattezze così diverse da quelle umane, risposero finalmente alla domanda del turian - Tranquillo, Garrus... pensa solo a guarire. Ho ucciso io stessa quel bastardo.
- Riesci a sentire la mia voce? Ho ammazzato Tarak. Ti ho vendicato - ripeté ancora avvicinandosi. Sperava che quel nome lo riscuotesse e di poter cogliere un rassicurante barlume di vita in quel corpo celato dal leggero lenzuolo: privo della solita armatura, le appariva vulnerabile, così emaciato e spigoloso. E sentiva anche che quella rassicurazione se l'era guadagnata, perché finalmente capiva che il dubbio sulla sorte di Tarak era stata la molla che lo aveva tenuto in vita durante il tragitto effettuato con la navetta da sbarco.

- Ascolta la mia voce: ho ucciso Tarak. L'ho ucciso perché se lo meritava, ma soprattutto per quello che ti aveva fatto - sussurrò ancora una volta. Fissò il volto immobile e si strinse nelle spalle sapendo che non era pronta ad arrendersi. Continuò a parlargli sottovoce perdendosi nei ricordi più lontani.
“La prima volta in cui ci siamo incontrati sulla Cittadella non avrei potuto immaginare che saresti diventato uno dei miei compagni più fidati. Avevamo uno scopo comune e abbiamo combattuto per ottenerlo: incastrare Saren, ucciderlo se necessario, distruggere la Sovereign. Sapevo che non ti saresti fatto scrupoli ad usare mezzi poco convenzionali o, addirittura, a sfidare le autorità e a disubbidire agli ordini diretti dei superiori per conseguire l’obiettivo che ci eravamo prefissi. Mi hai seguito su una nave sottratta all’Alleanza senza alcuna incertezza. E su Omega non hai detto neppure una parola sulla mia nuova divisa, nonostante Cerberus sia stato un nemico che abbiamo combattuto più volte insieme, inorriditi dai loro misfatti. Hai scelto di seguirmi senza chiedermi una parola di spiegazione, senza pronunciare una sola domanda. Shepard e Vakarian di nuovo insieme, come ai vecchi tempi”.

Si addormentò senza accorgersene, persa nelle visioni di eventi ormai lontani, e si riscosse con il sibilo della porta quando la Chakwas rientrò in infermeria. Dovevano essere passate alcune ore. Arrivata vicino al turian, la dottoressa sollevò il lenzuolo e controllò le bende, svolgendole in parte e mettendo a nudo la ferita sul petto e nel fianco. Shepard, che si era alzata per fare spazio alla dottoressa e per avere una visuale migliore, inghiottì a vuoto. Aveva visto molte ferite in tanti anni di combattimenti, ma quella di Garrus era veramente spaventosa: il danno si estendeva dalla faccia fino alla vita sottile, nonostante l’armatura che aveva indosso al momento dell’impatto. Forse erano state proprio le schegge strappate dalla corazza a fare un danno così esteso, dilaniando carne e muscoli, tendini e ossa.
- E’ spaventosa come sembra? - chiese a bassa voce, con il timore che il turian potesse svegliarsi proprio in quell’istante.
- Puoi stare tranquilla: ce la farà. Sta reagendo bene alle terapie. Anche tu dovresti riposarti. Non hai un bell’aspetto...
- Ci sarà tempo per riposare - avrebbe voluto rispondere, ma si limitò a lanciare un’occhiata più eloquente di qualunque frase. La dottoressa sorrise lievemente scuotendo la testa e se ne andò senza aggiungere altro, mentre Shepard riprendeva la sedia e questa volta la posizionava dalla parte opposta del corpo di Garrus, quella rimasta integra.

Dopo pochi minuti fu il medico salarian ad arrivarle vicino, ma si limitò a porgerle una grande tazza di caffè addolcito con latte condensato - Bevi. E’ caldo. Dà energia - le ordinò con gentilezza. Poi le drappeggiò una coperta sulle spalle e se ne andò borbottando qualcosa che suonava come - Mia paziente. Mia responsabilità.
Dopo aver finito il caffè, troppo dolce per i suoi gusti, Shepard appoggiò la tazza sul tavolino e scostò un lembo del lenzuolo, mettendo allo scoperto il braccio sinistro di Garrus. Appoggiò la mano destra su quella del turian, spiandone il viso per notare un possibile mutamento nell'espressione.
Non lo aveva mai toccato prima. Anche se ovviamente si erano scambiati delle strette di mano o pacche sulle spalle al termine di qualche azione particolarmente ben riuscita e forse si erano addirittura abbracciati in qualche rara occasione, in tutte quelle situazioni erano entrambi coperti da guanti e armature.
Era questa la prima volta in cui i suoi polpastrelli si posavano sulla pelle turian. Si sorprese trovandola leggermente più spessa di quella umana: un po’ ruvida, ma calda e morbida. La temperatura corporea era più elevata, come poté constatare dalla lettura di uno dei macchinari che ronzava debolmente, attaccato al soffitto sulla testa del ferito. Alla fine, con un misto di timore e curiosità, strinse la mano aliena fra le sue. Avvertì il profilo rigido delle ossa sotto la carne e sorrise fra sé nel constatare che le giunture apparivano familiari. Gli artigli erano invece differenti dalle unghie umane e sembravano capaci di arrecare ferite profonde: erano lunghi, piuttosto spessi e decisamente affilati. Sembravano fatti di puro metallo.

Trascorse le due ore seguenti su quella sedia dell’infermeria, con le dita serrate sulla mano di Garrus e gli occhi fissi sul suo volto devastato. A volte lasciava passare lunghi minuti in un silenzio assoluto, a volte parlava sperando che qualche frammento di una frase potesse arrivargli e spronarlo a guarire.
Gli raccontò sommariamente cosa aveva vissuto da quando si erano separati, senza però parlare della terribile sensazione provata mentre stava morendo: quell’esperienza era stata talmente devastante che tuttora si rifiutava di descriverla a chiunque.
La maggior parte dei suoi monologhi ricordarono avvenimenti vissuti insieme, battaglie combattute fianco a fianco e alcuni strani luoghi visitati nel corso delle loro tante avventure.
Mentre parlava si rese conto di quanto le fosse mancata la presenza del turian negli scontri che aveva combattuto da quando era tornata in vita: Miranda, Jacob e Mordin erano validi compagni, ma Garrus era unico. Sapeva come muoversi sul campo in armonia con lei, senza bisogno di parole.
Con la sua prodigiosa mira annullava eventuali imboscate o attacchi a sorpresa e le copriva sempre i fianchi, senza mai intralciarle i movimenti. Sapeva dove stare sul campo di battaglia, sapeva quando era necessario restare immobile in agguato e quando spostarsi furtivamente. E sapeva quando era opportuno caricare, prendendo il nemico alla sprovvista e seminando il panico.
- Devi guarire, Garrus Vakarian, e devi farlo in fretta. Ho bisogno di te. Per questa dannata missione ho bisogno di te addirittura più di quanto abbia bisogno di Kaidan... - gli confessò, approfittando di un momento in cui erano rimasti soli nell’infermeria. Poi sorrise e aggiunse - ma forse non vuoi che ti parli del tenente: non ti è mai piaciuto troppo, lo so, e non hai mai capito perché lo abbia scelto come mio compagno.

Quando i due medici rientrarono nell’infermeria, lanciandole una nuova occhiata preoccupata, lasciò andare la mano di Garrus e la ricoprì con il lenzuolo, poi si alzò stiracchiando i muscoli indolenziti.
- Va bene, vado a riposare. Avvertitemi immediatamente se c’è qualche cambiamento. Un’ultima cosa: appena riprende conoscenza ditegli che il bastardo è morto e che il colpo finale è stato il mio.

Si era dovuta arrendere ed era tornata alla normale attività di ogni giorno, sempre che si potesse mai parlare di normalità quando tutto l’equipaggio della Normandy era impegnato a trovare il modo per oltrepassare un portale dal quale nessun’altra nave aveva mai fatto ritorno. Ma nonostante l’importanza del compito e la concentrazione sui preparativi necessari, ogni tanto i pensieri del comandante tornavano al turian.
Così finì per parlare di Garrus in varie occasioni, e non solo con Joker, ma anche con tutti i nuovi membri dell’equipaggio che non lo avevano mai incontrato prima. Fu durante un incontro fra Shepard e Jacob in sala briefing che il turian comparve inaspettatamente sulla soglia della stanza, proprio mentre l’ufficiale Cerberus faceva il punto della situazione ed esprimeva le sue perplessità sulle possibilità che il ferito potesse riprendersi in tempi rapidi.

- Ho dormito a sufficienza e le gambe funzionano. Non vedo proprio perché dovrei starmene sdraiato come un invalido. Voglio dare un’occhiata a questa nuova nave. Ci sarà bisogno di calibrare le armi e devo parlare con il comandante - aveva dichiarato scendendo dal letto dell’infermeria, senza ascoltare le ovvie obiezioni di entrambi i dottori.
E fu così che Garrus arrivò alla sala briefing prima ancora che i due medici avvertissero il comandante, non volendo disturbare un colloquio che sicuramente riguardava la prossima missione della Normandy.

Il turian lanciò un’occhiata all’uomo di colore che stava parlando e lo interruppe - Shepard - esordì con voce tranquilla, come se si fossero visti fino a pochi minuti prima - Nessuno vuole darmi uno specchio. Quant’è grave?
Il comandante trattenne a stento una risata.
- Diamine, Garrus, sei sempre stato brutto… Mettici un po’ di trucco, e nessuno lo noterà - non poté astenersi dal ribattere, trattandolo con quel cameratismo affettuoso che annullò in un istante un eventuale imbarazzo per le troppe vicende accadute nel lungo periodo di lontananza.
- Non farmi ridere, maledizione. La mia faccia sta insieme a fatica.
Nell’ascoltare quelle battute, Shepard paragonò il volto che lui adesso mostrava a quello immobile e assente che le era rimasto davanti agli occhi per ore e ore. Se fino a quel momento avrebbe asserito che era impossibile leggere le emozioni sul viso di un turian, ora si rendeva conto del suo errore: la loro mimica facciale era semplicemente diversa da quella degli umani, ma con un po’ di pratica non sarebbe stato difficile interpretarla.
Fissò quindi con attenzione il viso di Garrus, prestando particolare attenzione quando si scambiarono qualche commento sulla loro situazione attuale.
- Lascia stare le mie cicatrici. Francamente, sono più preoccupato per te... Cerberus, Shepard? Ricordi gli esperimenti immorali che conducevano?
- E' per questo che sono felice che tu sia qui... Se dovrò gettarmi nel caos voglio qualcuno di fidato al mio fianco.
- Ti rendi conto che questo implica che anch'io verrò scagliato nel caos... Proprio come ai vecchi tempi. Quando avrai bisogno di me, sarò pronto a riprendere il servizio. Mi sistemerò e vedrò cosa posso fare con le batterie principali.
Una volta rimasta sola Shepard sorrise, soddisfatta nel constatare che quel vecchio amico confidava ancora in lei. Dalle sue parole e dall'espressione rilassata del viso era evidente che non era seriamente preoccupato dal marchio nero dorato sulla divisa che lei ora indossava, identico a quello che spiccava sulla fiancata della nuova Normandy.

Più tardi, mentre stava studiando la mappa galattica, si ritrovò a ripensare ancora una volta al viso di Garrus: il lato destro era deturpato dalle cicatrici recenti, nonostante l’impianto artificiale, eppure non le era apparso affatto alieno o sfigurato. Dopo averlo osservato a lungo durante il sonno indotto dai sedativi, si era resa conto di quanto fosse interessante e potenzialmente ricco di sfumature espressive. Se aveva apprezzato l'evidente tranquillità con cui il compagno aveva accolto la sua singolare alleanza con Cerberus, continuava a tornarle alla mente l'espressione divertita ed ironica che gli si era stampata sul volto quando avevano scherzato sulle sue nuove cicatrici. Ancora adesso, a mente fredda, quell'immagine riusciva ad allungarle le labbra in un breve sorriso.
Scacciò via quello strano pensiero, cercando di concentrarsi sul fatto che una volta attraccato sulla Cittadella avrebbe provato ad ottenere notizie sul tenente Alenko. David Anderson era sicuramente al corrente della sua posizione, anche se era improbabile che gliela rivelasse: per quanto fossero amici e si fidassero l’uno dell’altra, un Consigliere della Cittadella non avrebbe fornito informazioni riservate a qualcuno con indosso l’uniforme di Cerberus.

Nonostante avessero avuto poco tempo da passare insieme, provava una certa urgenza di avvertire Kaidan che era ancora viva. Era uno dei suoi pensieri costanti ed era felice che finalmente avrebbe avuto modo di farglielo sapere. Anderson si sarebbe rifiutato di darle informazioni sul tenente, ma era certa che avrebbe comunicato al tenente che lei era viva. Che cosa sarebbe successo in seguito era troppo arduo da prevedere, ma le era difficile immaginare un Kaidan che accettava serenamente il suo distacco dall'Alleanza, a meno che non fosse cambiato parecchio nel frattempo.
Si strinse nella spalle, sentendosi infastidita. Per lei erano passati pochi mesi da quando lo aveva visto l’ultima volta, pochi minuti prima che la SR1 venisse distrutta, mentre per lui erano passati due anni pieni. Non si faceva troppe illusioni sul fatto che quel ragazzo nutrisse gli stessi sentimenti di un tempo, ma sperava di riuscire a spiegargli le sue ragioni e a convincerlo ad unirsi al suo equipaggio: per il compito che doveva portare a termine aveva bisogno di persone valide e lui sarebbe stato un elemento prezioso.

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Capitolo 3
*** Ricordi nella neve ***


3. *RICORDI NELLA NEVE*

The Last of Us - All Gone (No Escape)



- Garrus Vakarian, il comandante desidera che si prepari e la raggiunga nell’hangar navette fra un’ora - annunciò una voce artificiale proveniente dagli altoparlanti posti all’interno della batteria primaria.
“Questa è la differenza più marcata fra la Normandy SR1 e la SR2” pensò il turian che era trasalito a quel suono inaspettato “Mi servirà qualche tempo per farci l’abitudine”.
- Grazie, IDA.
In realtà la voce risultava gradevole, ma quella presenza continua e vigile risultava inquietante. La IA era sempre attiva e i suoi terminali erano dappertutto. Sentire quell'occhio freddo e infaticabile perennemente puntato addosso gli faceva venire i brividi.
“Capisco come quel pazzoide di Joker non abbia resistito alla tentazione di spalmare del grasso sulle sue telecamere” si disse ridacchiando, mentre riassaporava con gioia il piacere provato nel ritrovare il pilota della vecchia Normandy alla guida della nuova.
- Come arrivo all’hangar navette? - chiese poi, effettuando gli ultimi controlli di routine sulle apparecchiature della batteria primaria prima di prepararsi per la missione.
- Prenda l’ascensore e selezioni il ponte numero 4 - fu la pronta risposta, seguita dall’informazione supplementare - L’armeria della Normandy si trova sul ponte 2, dalla parte opposta rispetto al laboratorio tecnico.
- Ok, grazie - rispose uscendo dalla stanza, diretto verso l’ascensore.

La visita all’armeria lo soddisfece pienamente: la generosità di Cerberus nel fornire le migliori e più avanzate attrezzature era degna di nota. Scelse un fucile d’assalto e una pistola, ma neppure per un attimo pensò di sostituire il suo vecchio fucile di precisione. Poi si munì di una quantità di clip termiche bastante per sparare quattro ore filate.
Controllò l'orario e si prese qualche minuto per chiacchierare con i membri dell’equipaggio che si aggiravano lì intorno notando, con una certa sorpresa, come nessuno di loro sembrasse turbato di ritrovarsi un turian fra i piedi su una nave Cerberus.
Si fermò ancora un poco, con l'aria di voler dare un'occhiata ai diversi dispositivi e macchinari. In realtà era curioso di ascoltare le frasi che venivano scambiate dal personale di bordo per farsi un'idea delle persone con cui avrebbe avuto a che fare. Quando però vide avvicinarsi una sagoma familiare, strizzata in una tuta bianca così aderente da non lasciare alcuno spazio all'immaginazione, si allontanò di soppiatto, facendo finta di non averla notata.
Si domandò se fosse un suo destino ineluttabile quello di incontrare sulle navi spaziali solo umane di un certo tipo, che gli ispiravano desideri irrealizzabili. Se sulla SR1 aveva provato più volte l'impulso di sbattere il cranio dell'artigliere capo contro le paratie metalliche, adesso avrebbe volentieri aperto il portellone di carico al passaggio di Miranda. Quelle femmine gli risultavano sommamente sgradevoli e si chiedeva incuriosito se quell'atteggiamento non finisse invece per risultare irresistibile agli occhi di un umano maschio. Avrebbe chiesto a Joker, decise in quell'istante, senza che neppure lo sfiorasse l'idea di rivolgere lo stesso interrogativo al comandante. Si sarebbe stupito se qualcuno gli avesse fatto notare che anche Shepard era una femmina umana.
Durante la passeggiata che lo portò verso il ponte ebbe modo di notare come, rispetto alla Normandy SR1, lo spazio a disposizione fosse molto maggiore e sfruttato meglio, specie nelle zone ad uso comune, che erano comode e arredate in maniera gradevole.
Era quella la prima volta in cui si prendeva del tempo per studiare la nave. Fino a quel momento si era limitato a familiarizzare con la batteria primaria e con tutte le apparecchiature che conteneva. Aveva anche deciso che, almeno per il momento, avrebbe dormito in quella stanza e si era tirato appresso un piccolo materasso e una coperta. Quando IDA gli aveva fatto notare che non ce ne sarebbe stato alcun bisogno perché lei supervisionava ininterrottamente ogni macchinario della nave, lui aveva semplicemente finto di non sentire.

Una volta arrivato sul ponte ebbe modo di assistere ad una delle tante piccole schermaglie fra il pilota e la IA e subito capì quanto dovesse soffrire Joker per un'entità che si frapponesse fra lui e la nave. La vecchia Normandy era stata la sua casa e il suo unico amore. La nuova Normandy appariva più complicata da gestire e di certo sembrava essere animata da una forte personalità.
- Neppure i sedili in vera pelle bastano a compensare questa... cosa - fu il commento insofferente del pilota - ma immagino che avendo a che fare con Cerberus questa... cosa... beh, sia il minore dei problemi che ci troveremo ad affrontare.
- E già che siamo in argomento - seguitò con ironia palese - non mi chiedi niente del comandante, Garrus? Hai visto la sua nuova uniforme e non ti sei preoccupato nemmeno un po’? - lo sfotté con un tono che però rivelava vaghi timori nascosti.
- L’ho vista su Omega e mi è bastato. Non so se sai che mi ha salvato la pelle, perché di certo lei non te l'avrà detto. Ma io l'ho vista in azione. E' tutto come ai vecchi tempi, Jeff, e non c'è proprio nulla da chiedersi - rispose bruscamente.
In realtà, però, doveva ammettere che l’uniforme di Cerberus lo aveva spiazzato un po’ all'inizio. Ricordava bene quanta rabbia avessero più volte provato nel parlare di quell’organizzazione ed il fatto che i suoi membri fossero anche dei palesi xenofobi non migliorava di certo la loro reputazione.
Ma Shepard era Shepard e se indossava quell’uniforme aveva certamente dei buoni motivi per farlo, si era detto, deciso a non perdere altro tempo su quella faccenda. Ed a quel punto era giunta la dichiarazione risolutiva del comandante e tutti i suoi dubbi residui erano stati annullati dalla sincerità con cui, ai suoi commenti su Cerberus, lei aveva replicato - E’ per questo che sono felice che tu sia qui, Garrus… Se dovrò gettarmi nel caos, voglio qualcuno di fidato al mio fianco.
Poi, con un sorriso sarcastico, aveva puntualizzato di non lavorare per Cerberus, ma con Cerberus. E lui si era dato dell'idiota: se solo fosse stato più pronto avrebbe capito immediatamente che la donna che aveva di fronte era pur sempre il leggendario Spettro ribelle che, violando tutte le possibili norme esistenti, aveva rubato la più prestigiosa nave spaziale della flotta dell'Alleanza pur di inseguire Saren.
- Ricordo un mio vecchio comandante che ha lavorato a lungo con i burocrati del Consiglio della Cittadella, ma non per loro - aveva replicato con un sorriso complice - e mi pare anche di ricordare che le sue scelte discutibili siano state coronate da pieno successo.

Quando Garrus uscì dall’ascensore non trovò nessuno sul ponte 4: mancava ancora un quarto d’ora all’orario prefissato, ma lui aveva anticipato i tempi di proposito, per poter dare un’occhiata attenta al nuovo mezzo di sbarco. Si accorse che non aveva nulla a che vedere con il vecchio Mako che usavano sulla SR1: la Kodiak era di certo più fragile e gli armamenti sembravano meno potenti, ma la snellezza dello scafo suggeriva una maggiore manovrabilità. Inoltre era in grado di volare.
Questa era la prima missione che veniva effettuata da quando si trovava a bordo, anche se poche ore prima l’equipaggio aveva notato un’insolita discesa solitaria del comandante sulla superficie di Alchera, il pianeta attorno al quale la Normandy stava orbitando da qualche ora, e Garrus era molto soddisfatto di essere stato convocato alla prima occasione utile. Nei lunghi mesi passati su Omega a dare la caccia ai criminali aveva rimpianto di non aver mai incontrato altri colleghi con cui si stabilisse quella speciale sintonia che esisteva fra lui e Shepard.
I membri della squadra che aveva radunato come Archangel si erano rivelati ottimi soldati, con una vasta esperienza e con abilità eccellenti, eppure... no, nessuno di loro era riuscito a trasmettergli la stessa sensazione di completezza e affiatamento. Combattendo al fianco di Shepard aveva imparato a fidarsi ciecamente del suo appoggio e a prendere rischi che in altre occasioni non avrebbe corso. Lei occupava sempre la posizione migliore per coprirgli le spalle e per evitare che venisse colto di sorpresa.
Ricordava come appena dopo pochi giorni la loro sintonia fosse diventata tale da non dover più ricorrere a comunicazioni verbali. Solo in rari casi avevano utilizzato un breve cenno del capo o della mano.
“Shepard e Vakarian...”. Al pensiero della prossima battaglia sentiva riacutizzarsi quella nostalgia profonda per il suo comandante che aveva tenuto nascosta anche a se stesso.

Così, quando vide la figura familiare di Shepard uscire dall’ascensore, non poté trattenere un sorriso di soddisfazione. Lei però non lo guardò neppure: si voltò, invece, a fronteggiare Miranda.
- Essere il secondo in comando non ti autorizza a mettere bocca sulla composizione delle squadre di sbarco. Questa conversazione è chiusa. Sono sicura che hai del lavoro da fare.
Subito dopo il comandante si scostò dal vano dell’ascensore per far passare Joker e un giovane ragazzo che Garrus non conosceva, mentre Miranda restava all'interno e risalì non appena i due uomini ne scesero.
Solo a questo punto Shepard guardò verso Garrus e un sorriso le illuminò il viso rabbuiato. Non disse una sola parola, ma gli tese il proprio fucile d’assalto affinché lui lo calibrasse. Il turian lo prese e lo regolò a lungo, con estrema attenzione. Quando lo restituì al comandante non poté fare a meno di accusarla, con uno sguardo indignato - Era in pessime condizioni, non me lo sarei aspettato da te, comandante.
- In tutta la galassia c’è una sola persona che ha il permesso di toccare le mie armi - gli rispose lei tranquillamente, riprendendosi il fucile e dirigendosi verso l’armadio delle munizioni - ma sembrava sparito nel nulla...
Garrus sentì un’improvvisa ondata di sangue affluirgli al volto e pregò gli Spiriti che Shepard non notasse il vivido colore blu del suo collo, analogo al rossore umano nei turian. Si sentì anche stupidamente fiero che nessun altro gli avesse sottratto l’esclusiva di quell’onore che lo riempiva tuttora di orgoglio.

Mentre salivano sulla Kodiak il comandante ordinò - No, Joker. Oggi viaggi nella stiva, insieme a Garrus e me. Fenris si occuperà di portarci sul pianeta.
- Oh... devo prendere le armi allora? - chiese il pilota in tono incerto. Erano parecchi mesi che non sparava neppure in un poligono di tiro e sapeva di essere arrugginito.
- Non ci avevo pensato, ma in effetti... ti farà bene un po’ di esercizio. Scegli l’arma che preferisci fra quelle che ho qui con me.
- Uhm... che tipo di nemici ci troveremo davanti? - chiese Joker indeciso fra pistola e fucile d’assalto.
- Alcune casse... - fu la risposta che ricevette, e i suoi due amici si scambiarono uno sguardo perplesso.
- Che voleva Miranda? - chiese Garrus incuriosito, mentre la navetta decollava.
- Sembrava non approvasse la scelta della squadra di sbarco.
- Davvero? Non capisco proprio perché… - rispose Joker tirando una leggera gomitata nelle costole del turian - E’ normale tirarsi appresso uno zoppo e un rottame che sta insieme solo grazie a rotoli di nastro adesivo…

Una volta che la Kodiak si appoggiò al suolo, Shepard rimase immobile davanti al portellone ancora chiuso, fissò i suoi compagni e solo dopo una lunga pausa silenziosa premette il pulsante di apertura della stiva.
Un chiarore biancastro accecante colpì improvvisamente gli occhi di Garrus e di Joker dal rettangolo luminoso che si era aperto sulla fiancata della navetta. I tre scesero e affondarono gli stivali in uno strato spesso di neve. Per qualche istante non riuscirono a vedere nulla oltre a un chiarore troppo intenso che li abbagliava.
Shepard ordinò a Fenris di tornare a bordo della Normandy, poi rimase in silenzio a fissare i suoi due compagni.

Fu Joker il primo a rendersi conto di quello che aveva di fronte: Shepard lo vide lasciarsi cadere in ginocchio nella neve senza dire una sola parola fissando la scritta sghemba NORMAN ben leggibile su un pezzo di paratia metallica conficcata nel suolo.
Restò lì, immobile, mentre un vento costante spazzava il terreno attorno alle sue gambe e qualche fiocco di neve si posava sopra la leggera armatura.
Il comandante gli strinse la spalla sinistra e lui sovrappose la sua mano destra su quella di Shepard, mentre i suoi occhi protetti dalla visiera del casco si inumidivano e le sue labbra si serravano in una linea sottile.
Pochi secondi dopo anche gli occhi del turian si abituarono al chiarore eccessivo e Shepard lo vide irrigidirsi prima di lasciar cadere il fucile dalle mani mormorando sottovoce - Spiriti - come se non osasse disturbare la quiete di quel luogo.

Per qualche istante che parve senza tempo nessuno disse una sola parola, girando lentamente lo sguardo attorno in quell'ambiente che richiamava l'atmosfera di un sogno, ma che evocava invece ricordi da incubo. Fu Shepard a riportare tutti alla realtà. - Quando sono scesa qui poche ore, fa ho posato quel piccolo monumento alla nostra vecchia nave – disse indicando una scultura poco lontana - Devo ancora raccogliere le medagliette identificative dei membri dell’equipaggio dispersi, ma volevo condividere tutto questo con voi.

Senza neppure scambiarsi una parola, i tre amici rimasero vicini, passando in rassegna tutti i resti sparpagliati disordinatamente sul suolo di quel pianeta inospitale con una lentezza esasperata e un’attenzione dolorosa. Si sentivano quasi dei profanatori di tombe nel frugare fra i detriti sepolti sotto uno strato di neve soffice che proteggeva con delicatezza i ricordi di due anni prima.
Si fermavamo ogni qual volta uno dei factotum individuava una medaglietta sepolta, nascosta sotto un container o fra i relitti dello scafo. Veniva ripulita e letta ad alta voce - solo il nome, senza neppure il grado - poi veniva aggiunta alle altre catenine già intorno al polso della mano sinistra del comandante.
- Nemico abbattuto, signore - esclamò Joker a un certo punto, per cercare di alleggerire quell'atmosfera densa di troppi ricordi che sembrava volerli soffocare. Si esibì in un perfetto saluto militare, fiero di aver frantumato con un solo colpo una cassa poco distante, ma dopo un breve sorriso stentato tutti tornarono di nuovo seri e silenziosi, mentre leggevano il nome di quel compagno caduto e ne rammentavano il viso.

Le soste più lunghe e penose furono quelle davanti alle postazioni che erano ancora riconoscibili nonostante i danni causati dalle esplosioni e dall’impatto sul suolo del pianeta ghiacciato: quegli ammassi contorti di rovine riportavano vivide alla memoria le immagini di alcuni visi, di alcune frasi, di alcuni gesti che pensavano di aver dimenticato e che ora li colpivano dolorosamente, con una intensità che li stordiva.
Joker rimase a lungo dietro i resti della poltrona del pilota, stringendone spasmodicamente fra le dita la spalliera, assurdamente integra in mezzo a quel disastro, mentre Garrus e Shepard si strinsero ai suoi fianchi in silenzio, guardando verso l’alto, nel tentativo di recuperare le emozioni provate nel fissare le stelle attraverso i vetri del ponte della SR1.
Quando sussurrò con voce spezzata - Non riuscivo ad abbandonare la mia bambina - Shepard capì che Jeff stava rivivendo le scene conclusive del disastro della Normandy e che si rivedeva morire davanti agli occhi il suo comandante sbalzato nello spazio dentro la tuta lesionata.
- Sei sempre stato un disastro - sussurrò in risposta, appoggiandogli una mano sulla spalla. Poi lo scosse gentilmente indicando un punto immaginario a mezz'aria - Ricordi? Era qui che luccicava quella spia. Abbiamo trascorso un’eternità silenziosa davanti a quella luce rossa, trattenendo il fiato, in attesa che Anderson la facesse diventare verde...
- Il furto della Normandy… una delle più grandi soddisfazioni della mia vita - rispose Joker, sorridendo.
- Ma rubare la nave a Cerberus potrebbe essere anche meglio - aggiunse Garrus, con un’occhiata maliziosa.
- E’ un suggerimento... interessante… - osservò lei restituendogli lo stesso sguardo, con un lieve sorriso appena accennato.

Pochi metri più avanti fu il turian a ricevere il sostegno silenzioso dei suoi due amici, quando riconobbe l’angolo che era solito occupare sulla SR1. Shepard e Joker videro le dita della sua mano scorrere lentamente e delicatamente sui resti contorti dei macchinari distrutti e sulle paratie spezzate, mentre la sua mente accarezzava i ricordi delle tante battute scambiate con Wrex e delle frasi taglienti di Ashley.

Fra il turian e il krogan si era stabilita da subito un’ottima sintonia fatta di ammirazione e di rispetto reciproco, gradevolmente conditi da facezie da caserma e da scambi di colpi fisici che avrebbero steso qualunque altro membro dell’equipaggio. Garrus superava indenne quegli scontri solo grazie all’agilità, perché un colpo diretto di Wrex gli avrebbe schiantato qualche osso, ma il turian era stato sempre oltremodo grato per quella preziosa possibilità di sfogare la tensione che solo il krogan era in grado di offrirgli, di nascosto dal resto dell’equipaggio e dal comandante, nell’angolo più appartato della stiva della Normandy.
Con Ashley, invece, i rapporti erano rimasti piuttosto tesi per molto tempo, fino a quando Shepard se li era portati appresso insieme e li aveva costretti ad agire a stretto contatto, abbandonandoli davanti all’entrata principale di un edificio pieno di mutanti, dicendo loro che sarebbe entrata dal retro.
In realtà non aveva fatto nulla del genere, come i due suoi compagni ebbero modo di notare una volta che, uccisi tutti i nemici, e festeggiata la vittoria con una reciproca pacca sulla spalla, se l’erano vista venire incontro con le armi ancora a tracolla e l’aria rilassata di chi fosse andata a farsi una passeggiata.
Da quel giorno il turian e l’umana avevano messo via i reciproci dubbi e perplessità e, se pure non si scambiarono mai confidenze o racconti di vita vissuta, riuscirono almeno a chiacchierare di armi e potenziamenti vari e in più di un’occasione Ashley aveva perfino passato i suoi fucili al turian perché glieli calibrasse.

E l'artigliere capo fu ancora nei loro ricordi quando lessero il datapad di Pressly, abbandonato nella neve, che testimoniava il suo lento ma inesorabile cammino verso l’accettazione delle razze aliene. All’inizio erano stati loro due i membri più xenofobi a bordo della SR1 e, poco dopo la comparsa a bordo di Wrex, Tali, Garrus e Liara, Joker e Shepard li avevano sorpresi a discutere animatamente fra di loro, paragonando la Normandy ad uno zoo.
- Viste le difficoltà della nostra missione direi che l’arca di Noè sarebbe un paragone più appropriato - aveva osservato il pilota in tono ironico, mentre Shepard aveva fatto notare in tono gelido che c’erano modi più produttivi per passare il tempo.

Verso est, in un piccolo avvallamento del terreno, trovarono i resti della postazione di Kaidan, e lì Shepard si fermò a ricordare tutte le volte in cui era rimasta a chiacchierare con quello strano ragazzo, tanto complicato, che l’aveva incuriosita fin dall’inizio. Non era stato facile entrare in sintonia con lui e spesso le era sembrato che le differenze fra di loro fossero troppo grandi perché la loro storia potesse avere un futuro. Ma le imprese difficili erano sempre state troppo allettanti e lei aveva insistito. Ora chissà dove si trovava…
Garrus invece rammentò con irritazione l’episodio che aveva determinato l’avversione che ancora provava per quel biotico: era salito nell’ascensore per un motivo che non ricordava e improvvisamente le porte si erano aperte lasciando entrare il comandante con il volto deformato da un’espressione di rabbia e il corpo vibrante di energia biotica.
Come reazione istintiva lui era uscito immediatamente dalla cabina e si era ritrovato di fronte Kaidan. Anche lui aveva un’espressione strana sul viso e non era stato difficile capire che fosse proprio lui la causa della rabbia di Shepard.

- Ma cosa le hai detto? - gli aveva chiesto con ira mal repressa.
- Non è affar tuo, Vakarian - gli aveva risposto il tenente in tono deciso.
- Ma la nostra dannata missione è affare anche mio - aveva ringhiato rabbiosamente - Il comandante è appena uscito da una prova che avrebbe messo in ginocchio chiunque. Cosa le hai detto, maledetto imbecille?
Shepard era un’umana e non avrebbe reagito come sarebbe stato logico. Garrus sapeva che su Virmire aveva solo fatto ciò che andava fatto, ma temeva che quel dannato biotico non fosse in grado di offrirle un qualunque sostegno. E la risposta di Kaidan aveva fugato i suoi dubbi residui.
- Ha sacrificato Ashley… - aveva risposto con voce spezzata - e io... beh, mi sento colpevole.
- Tu?… tu ti senti colpevole? - aveva gridato Garrus allibito - e magari glielo hai pure detto?
- …
- Pensi che lei abbia scelto di salvare il tuo bel faccino perché andate a letto insieme? - aveva gridato, assolutamente indifferente al fatto che qualcun altro potesse ascoltare quell'accusa.
- Non andiamo a letto insieme - era stata la pronta risposta in tono offeso - sarebbe contro i regolamenti…
- Tu non capisci niente, Kaidan. Lei è il comandante Shepard. Sul campo di battaglia è solo quello, non pensa a te, né a lei stessa. Non pensa a cose diverse dalla riuscita della missione. Sta combattendo contro tutti e tutto e pensi si fermerebbe per la tua inutile vita? Sei un idiota!
- …
- Kaidan, abbiamo una missione difficile. Pensa solo a quella. Ti chiedo solo di non peggiorare la situazione, visto che non sembri in grado di migliorarla - aveva aggiunto andandosene, arrabbiato come raramente gli era accaduto. Poi era andato ad acchiappare Wrex per portarselo nella stiva che usavano come palestra improvvisata: quella volta lo scontro era stato così intenso da causare la rottura di un paio di container.

Quasi al centro della distesa di rottami giaceva il Mako, sollevato sopra un montarozzo di neve e apparentemente intatto, come pronto a scavalcare un altro degli innumerevoli ostacoli che le sue ruote robuste avevano superato nei tanti pianeti su cui erano atterrati. I tre compagni gli si misero attorno, ricordando quanti Divoratori e quanti Geth quel suo cannone aveva abbattuto.
- E’ stato un fedele compagno di avventura - commentò Shepard, accarezzandone lo scafo - è grazie a lui che siamo riusciti ad arrivare in tempo sulla Cittadella.
- Wrex adorava questo mezzo, diceva sempre che rassomigliava a un krogan: lento e un po’ sgraziato, ma quando partiva nessuno lo poteva fermare… - aggiunse Garrus.

L’ultima medaglietta venne raccolta da Joker, ma questa volta Shepard non seguì il gruppo e si diresse verso un cumulo di macerie poco lontane.
Dopo aver letto il nome riportato sulla targhetta del soldato semplice, i suoi due compagni la cercarono con lo sguardo e, per un istante, entrambi la rividero al posto di comando, di fronte alla mappa galattica, assorta a fissare i sistemi solari che non venivano più visualizzati dagli schermi ora distrutti. Le si avvicinarono, ma rimasero a una certa distanza, per non disturbarla, aspettando che lei si sentisse pronta a dare l’ultimo addio alla sua vecchia nave.
- Andiamo - fu l’ultima parola che venne pronunciata su Alchera con un sussurro appena percettibile. I tre compagni si avviarono silenziosamente verso la navetta di Cerberus tornata a prenderli e risalirono a bordo della Normandy.

Qualche ora dopo, a sera inoltrata, la frase che risuonò improvvisamente negli altoparlanti della batteria primaria - Garrus, se non sei troppo impegnato, puoi venire da me? - fece trasalire il turian che era concentrato nella messa a punto del sistema di puntamento del cannone primario della nave.
Era la prima volta da quando era a bordo che il turian metteva piede nella cabina di Shepard: lanciò un’occhiata sbalordita all’enorme acquario (vuoto, però, notò con divertimento: non riusciva a figurarsi Shepard impegnata a sfamare degli stupidi pesci) che occupava buona parte della parete di sinistra e alla grande vetrina in cui dominava incontrastato un unico modellino di nave spaziale: la Normandy SR2.
- Che lusso, comandante! Ora capisco perché lavori con Cerberus e non con l’Alleanza - la prese affettuosamente in giro.
- Siediti, Garrus - lo invitò Shepard con espressione seria. Poi lo mise rapidamente al corrente di tutte le ultime novità, dei suoi progetti e dell’obiettivo finale della squadra che stava formando. Gli fece un resoconto scarno ed essenziale con tono distaccato.
- Il portale di Omega 4, comandante… - commentò alla fine Garrus - mi sembra un progetto ambizioso. Rubare la Normandy, fare atterrare il Mako su un fazzoletto di terra di Ilos e combattere contro Saren e la Sovereign potrebbe essere stata una semplice passeggiata al confronto.
- Non voglio farmi mancare nulla, lo sai - rispose Shepard con tono scherzoso, ma con un’aria assorta che esprimeva la consapevolezza delle difficoltà di quell’impresa meglio di qualunque commento.
Lo sguardo di Garrus si soffermò un attimo sulla fotografia del tenente Alenko, appoggiata vicino al terminale privato di Shepard. Le chiese se fosse riuscita a rintracciare i membri del suo vecchio equipaggio, ma lei scosse la testa con aria rattristata
- Non ho notizie di nessuno. Non sapevo neppure che Archangel fossi tu…
- Nemmeno del tenente sai nulla? - le chiese indicando la foto.
- No. E ovviamente non posso chiedere all’Alleanza. Nessuno mi direbbe nulla, dato che indosso la divisa di Cerberus - rispose con aria amareggiata.
“In combattimento ci servirebbe di certo, ma a livello personale a me non è mai piaciuto tanto, Shepard. Non va bene per te e non capisco cosa ti piaccia in lui. Mi è sempre sembrato insicuro e poco affidabile...” furono le riflessioni che passarono per la mente di Garrus che però si guardò bene dal pronunciarle a voce alta.
- Sarebbe bello riavere con noi almeno un po’ dei vecchi amici - disse invece - noi sappiamo come stanno realmente le cose e tu sai di poterti fidare di noi: ti abbiamo seguito su una nave rubata all’Alleanza e saremo pronti a rifarlo. Li cercheremo e li troveremo - la rassicurò con un sorriso, alzandosi dalla sedia su cui era rimasto seduto fino a quel momento.
- Garrus - lo fermò lei alzandosi nello stesso istante e prendendogli improvvisamente una mano - sono contenta che tu sia qui.
Lui fissò stupito la mano di Shepard che si era chiusa intorno alla sua. Era la prima volta che accadeva e si sentì a disagio, incapace di decidere come reagire. Aveva stretto molte mani umane sulla Cittadella, ma questo contatto era diverso: lei aveva appoggiato il palmo sul dorso della sua mano e lo aveva serrato con forza. Ma prima che facesse un qualsiasi gesto, la stretta delle cinque dita si era allentata improvvisamente e il comandante aveva ritratto la mano arrossendo imbarazzata.
- Sei l’unica amica che mi sia rimasta in questa dannata galassia, comandante, non potrei essere da nessun’altra parte - rispose allora con sincerità prima di andarsene.

Una volta rientrato nella batteria primaria si immerse nei suoi algoritmi di calcolo, sicuro che la soluzione al problema che si era posto fosse ormai a portata di mano. Forse già domani avrebbe potuto suggerire delle modifiche che avrebbero incrementato notevolmente la potenza del cannone principale della Normandy.
Shepard invece si preparò per andare a dormire perché l’indomani sarebbe stata una giornata faticosa: la nave avrebbe attraccato sulla Cittadella e lei avrebbe incontrato Anderson. Probabilmente avrebbe litigato con tutti i Consiglieri e anche con Udina.
Prima di addormentarsi si ripeté più volte, lentamente, l’ultima frase pronunciata da Garrus: erano le prime parole che le donavano una piacevole sensazione di calore e di sicurezza da quando si era risvegliata in quella dannata stanza del laboratorio medico di Cerberus.

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Capitolo 4
*** Dark Star ***


4. *DARK STAR*

You're so cool!



Approfittando del prolungamento della sosta della Normandy sulla Cittadella allo scopo di procurarsi equipaggiamenti utili per la nave e per i suoi uomini, Shepard aveva incontrato un altro dei possibili futuri membri dell'equipaggio suggeritole dall'Uomo Misterioso.
Nonostante l'approccio decisamente originale, aveva finito per provare simpatia per la strana ladra giapponese, che aveva promesso di aiutarla nella missione contro i Razziatori una volta rientrata in possesso della graybox del suo ragazzo, ucciso qualche tempo prima da Donovan Hock.
Per aiutarla a rubare quel dispositivo neurale, Shepard era stata costretta ad accettare l'invito ad un party di Donovan, che si sarebbe tenuto su Bekenstein, il pianeta esclusivo che veniva comunemente definito "più brillante dei diamanti, più costoso di un'operazione di chirurgia".
“Questo fazzoletto di stoffa deve valere un anno di paga” stimò il comandante una volta che le fu recapitato in cabina l'abito che Kasumi aveva ordinato per lei.
Dopo varie contorsioni degne di un acrobata, necessarie per riuscire a chiudere la lampo sulla schiena, fissò con aria critica l'immagine riflessa dallo specchio del suo alloggio.
- Ehi, rossa, me lo concedi un ballo? - chiese all'estranea che per tutta risposta sporse la lingua fuori dalle labbra.
- Cazzo, no. Non può funzionare! Non sono credibile... - esclamò strattonando il vestito in malo modo nel tentativo di allungarlo di almeno un paio di millimetri. Era decisamente troppo corto e aderente e lasciava completamente scoperte le sue gambe che ora traballavano incerte su un paio di pericolosi tacchi a spillo.
- Mi romperò una caviglia - ringhiò alla giapponese che era appena comparsa nello specchio alle sue spalle.
- Stai benissimo, ma dovresti sciogliere i capelli. Così hai l'aria di una maestrina... - rispose Kasumi con un sorriso divertito, mentre la sua agile mano già stringeva la bacchetta che fino ad un istante prima raccoglieva i capelli del comandante in un nodo sulla nuca.
- Restituiscimi subito quel fermaglio!
- Così è decisamente meglio... - approvò la ladra facendole l'occhiolino - magari potresti dare una piega a tutti quelle ciocche disordinate...
L'imprecazione lunga e colorita del comandante fu accompagnata da qualche istante di silenzio, mentre IDA doveva ricorrere ad extranet per trovarne il possibile significato.
- Ok, ok. Ho capito... Stai benissimo, anche così spettinata. Ti aspetto alla navetta...

Il comandante si girò dando le spalle allo specchio, annodò nuovamente i lunghi capelli color mogano avvolgendoli in un altro fermaglio ma continuò a sentirsi terribilmente a disagio. L'aspetto peggiore di tutta quella messinscena era l'impossibilità di nascondere un'arma sotto quei pochi centimetri quadrati di stoffa.
“E va bene, Shepard, ora piantala” si rassicurò “è solo uno stratagemma necessario per introdursi in casa Hock”. Cercò di dimenticare l’immagine estranea che aveva fissato pochi istanti prima, aprì la porta della sua cabina ed entrò nell’ascensore per andare a prendere posto nella navetta che l'avrebbe condotta su Bekenstein insieme a Kasumi.

- Porca miseria ladra! - imprecò uscendo dall'ascensore, mentre con le mani cercava di aggrapparsi alle sue porte per evitare una caduta rovinosa: uno dei tacchi a spillo era rimasto incastrato nella griglia del pavimento.
- Stupida griglia, si vede che non sei stata costruita per portare Cenerentola al ballo!
- Dove sono i miei comodissimi stivali in pelle, logori e graffiati? - ringhiò poi, girando su se stessa per recuperare la scarpa, mentre un paio di braccia robuste le si erano prontamente strette attorno alla vita per aiutarla a mantenersi in posizione eretta.
- Oh, oh… mi avevano detto che stavi andando in missione, comandante - disse la voce rauca e metallica di Garrus, che rimase a fissare Shepard con un'evidente espressione di sorpresa.
- Sì, è così - rispose lei strappando via la scarpa dalla grata e cercando vanamente di recuperare un tono autoritario - Spostati.
- Non così in fretta, aspetta un attimo - replicò Garrus, continuando a bloccare l'intero vano della porta - Voglio soltanto capire… Questa è la tua nuova armatura?
- Ti dona, sai? Però non capisco quanto possa riparare dai colpi… C’è un bel po’ di carne allo scoperto.
- Garrus… la pianti? Sono in ritardo. Devo andare - protestò in tono seccato soprattutto perché, quando si era chinata per disincastrare la scarpa dalla griglia, il vestito era risalito ancora più in alto.
Il turian interruppe quelle proteste - Facciamo un accordo: ti lascio andare se prometti che al ritorno mi accompagnerai al Dark Star... ovviamente con questa... uhm, armatura. Ho bisogno di una boccata d’aria diversa da quella che si respira sulla Normandy. Magari mi racconterai i particolari di questa vostra missione: secondo me saranno decisamente interessanti. Che ne dici?
- Togliti di mezzo, Vakarian, oppure... - rispose con aria minacciosa, tenendo ancora fra le dita della mano destra la punta della scarpa incriminata.
- ... oppure userai quel tacco per pugnalarmi - finì il turian per lei, ridendo e indietreggiando prontamente.

Nel breve periodo di tempo necessario per risalire dal ponte numero 4 a quello della batteria primaria, Garrus si chiese come gli fosse venuto in mente di fare quella proposta al comandante. Non che lui non gradisse uscire con il gentil sesso, anzi... solo che non era sicuro che un invito di quel genere fosse permesso dai regolamenti dell’Alleanza.
- Ma noi non siamo più nell’Alleanza - rassicurò se stesso a bassa voce, uscendo dall’ascensore, mentre un membro dell’equipaggio che passava lì davanti, proprio in quel momento, gli lanciava un’occhiata perplessa.
“Sono mesi che non esco con una donna e questo non è normale per un turian... Mi farà bene prendermi una serata di svago, sia pure con un’umana. Certo che, se Shepard fosse della mia razza, non ci limiteremmo a una bevuta amichevole... Non di questi tempi, con una guerra in corso e tanto stress da sfogare...” ridacchiò fra sé.

Il successo che aveva con il gentil sesso era rimasto a lungo inspiegabile anche a lui stesso, fino a quando la sorella minore non gli aveva detto chiaro e tondo che dipendeva dalla sua irrimediabile goffaggine. Poi si era messa a ridere e lui aveva dovuto insistere non poco per avere qualche ulteriore dettaglio.
- Spiriti, Garrus… ma ti sei mai visto? Quando ti avvicini a una donna perdi l’uso della parola: balbetti, dici frasi senza senso o fai delle gaffe terribili…
- Non sembrerebbe un approccio tanto efficace… - aveva replicato con aria perplessa.
- Con me non funzionerebbe. Però i turian in genere sono un po’ troppo disinvolti e sfrontati, troppo sicuri di sé. Tu, invece... con quell’aria imbranata e maldestra ispiri tenerezza. Le mie amiche dicono che provano una voglia irrefrenabile di abbracciarti e coccolarti - aveva concluso ridacchiando divertita.
- Mi considerano un orfano abbandonato?
- O forse un piccolo pyjack affamato - aveva risposto Solana, schivando il cuscino che il fratello le aveva appena lanciato contro.

Imbranato o meno, da quando frequentava Shepard la sua attività sessuale aveva subito un tracollo deciso: sulle navi turian la fraternizzazione fra l’equipaggio era comune, ma su quelle dell'Alleanza valeva la regola opposta.
Inoltre la Normandy non aveva mai ospitato una turian e lui era nettamente contrario ai rapporti interspecie: non perché ritenesse la sua razza superiore alle altre, ma semplicemente perché non trovava attraenti le femmine delle razze aliene. Nemmeno la tanto famosa Consorte gli era mai parsa degna di una seconda occhiata.

Dopo l’avventura sulla Normandy SR1 e la distruzione della Sovereign, per un brevissimo periodo era tornato su Palaven e aveva ripreso le sue abitudini, che comportavano un sano e frequente sfogo degli impulsi sessuali; poi però, nel tentativo di entrare fra gli Spettri, si era recato sulla Cittadella, dove difficilmente si incontravano femmine turian. Quel periodo, denso di frustrazioni e di vere incazzature, si era però concluso improvvisamente quando il Consigliere turian lo aveva chiamato nel suo studio per informarlo che Shepard era rimasta vittima di un incidente mortale a bordo della Normandy e che la nave stessa era andata distrutta.
Quella comunicazione lo aveva sconvolto più di quanto avrebbe immaginato. Nei giorni successivi gli era capitato frequentemente di intravedere l’uniforme N7 del suo comandante, di sentire il suono della sua voce o di percepire chiaramente il suo lieve profumo in mezzo alla folla sulla Cittadella. Ogni volta aveva reagito di slancio, dirigendosi verso quella figura, quel suono o quel profumo, incapace di credere che fosse effettivamente morta. Per qualche giorno si era cullato nell'illusoria certezza che il Consigliere si fosse sbagliato: lei non poteva essere morta, il comandante Shepard non poteva morire. Aveva aspettato fiduciosamente una smentita.
Poi, dopo un mese circa da quella notizia, aveva incontrato Joker sulla Cittadella e ogni speranza si era dissolta: il pilota l’aveva vista morire da dietro l'oblò della sua capsula di salvataggio.
Il giorno dopo era partito per Omega a bordo di una nave mercantile, senza avvisare nessuno e senza lasciare traccia di sé.
Da Omega in poi la condizione di castità assoluta era stata totale: era stato assorbito completamente dalla lotta contro la criminalità. Sulla stazione orbitante non mancavano femmine e la maggior parte di loro sarebbe stata felice di tenergli compagnia per la fama che in breve si era guadagnato o per una manciata ridicola di crediti, ma il pensiero di una serata trascorsa in compagnia femminile non gli aveva mai sfiorato la mente.

Si accorse di stare ridacchiando fra sé e sé, mentre effettuava automaticamente i controlli di routine sui macchinari della batteria primaria. Fino a quel momento non aveva indugiato su riflessioni di quel genere: c’era stato il periodo delle scartoffie sulla Cittadella, il reclutamento della squadra su Omega, la caccia ai criminali (con tutta la scarica di adrenalina che si portava appresso) e il successivo l’inganno di Sidonis, che aveva riempito la sua mente di pura rabbia. E c'era stata quell'ultima manciata di giorni in cui aveva scelto di sacrificarsi, perché non trovava più un senso per andare avanti, ma poi...
Poi l’aveva vista, come in una di quelle allucinazioni che aveva vissuto tante volte sulla Cittadella. Aveva visto il suo comandante defunto salvargli le chiappe quando era condannato dalla coalizione delle tre bande mercenarie di Omega. Ma questa volta era davvero lei, viva e identica a come la ricordava.
Aveva provato un’emozione così forte da stordirlo, ma aveva reagito con la disciplina a cui era stato addestrato per anni e anni nell'esercito turian: ricordava perfettamente i movimenti misurati con cui si era tolto il casco davanti a Shepard, rivelandole l’identità di Archangel, e il suo lento sedersi sul ripiano più vicino. Ma ora, nella serenità accogliente della batteria primaria, poteva riconoscere che quell’apparente indolenza nei suoi movimenti era stato dettata dall'opposizione istintiva alle vertigini e al subbuglio dell'animo sconvolto.
“Ora sono qui, a calibrare i sistemi offensivi su una nuova Normandy, in procinto di affrontare una missione disperata che potrebbe segnare la morte di tutto l'equipaggio e la disintegrazione dello scafo. Eppure provo un senso di appagamento completo, perché so di trovarmi esattamente dove devo essere” si rese conto soddisfatto, mentre richiudeva con delicatezza l'anta metallica dell'armadietto del sistema di puntamento di una delle armi secondarie.
“E anche se stasera mi toccherà una serata pudica e castigata, mi sentirò appagato come se stessi trascorrendo una notte di sesso sfrenato con la turian più attraente di tutta Palaven” concluse, mentre una risata gli sfuggiva inavvertitamente dalla bocca. Provò un breve attimo di imbarazzo nell’immaginarsi di dover rispondere a una domanda su quel suo ridacchiare senza motivo apparente e capì che gli sarebbe servito ancora qualche tempo per fare l'abitudine alla presenza della IA sulla nuova Normandy.

Madagascar-Main Theme


Una volta tornata in cabina, al ritorno della missione, Shepard attivò il comunicatore con il ponte - Joker, torniamo sulla Cittadella. Se tutto andrà bene domani avremo con noi un nuovo membro dell'equipaggio(1).
Ripensò a ciò che le aveva raccontato l'Uomo Misterioso a proposito del killer che avrebbe potuto incontrare e sperò che non avesse lo stesso carattere del mercenario che aveva reclutato dopo aver salvato Garrus, poco prima di abbandonare l'orbita di Omega. Zaeed non riusciva proprio a piacerle a causa di quella sua mancanza assoluta di qualsiasi principio morale che non riusciva a compensare l'innegabile esperienza sui campi di battaglia. Di sicuro non sarebbe mai stato lui l'uomo a cui avrebbe affidato la salvezza del suo posteriore. Per quel compito delicato si affidava al turian.
A parte Garrus e Joker, a bordo ora c'erano una ladra, un mercenario privo di scrupoli, un medico che aveva decretato l'estinzione dei krogan, un paio agenti di Cerberus e, se tutto fosse andato bene, a breve si sarebbe aggiunto un killer professionista: l'equipaggio si stava ampliando, ma le sue preoccupazioni stavano crescendo di pari passo.
Ma non aveva scelta e l'equipaggio della Normandy restava pur sempre meno inquietante della sua collaborazione con l'Uomo Misterioso. E poi non poteva fare la schizzinosa, visto che era estremamente difficile trovare qualcuno che non solo fosse in gamba, ma anche disposto a seguirla in quella missione suicida. I crediti dell'Uomo Misterioso erano un buon incentivo, almeno per buona parte di quelle persone, ma non potevano garantire la loro fedeltà. Gli unici dei quali sapeva di potersi fidare ciecamente non erano certo lì per soldi.
Scrollò le spalle e azionò il collegamento con il canale di trasmissione generale della Normandy. Avvisò che la nave avrebbe attraccato sulla Cittadella e accordò a tutto l'equipaggio il permesso di libera uscita.

Qualche ora più tardi buona parte del personale di bordo era sbarcato, dirigendosi in piccoli gruppi nei bar e ristoranti oppure in uno dei tanti cinema; solo Joker si era rifiutato di scendere sulla stazione. Garrus aveva acconsentito di buon grado ad accompagnare il comandante a fare spese nei principali negozi dell’agglomerato Zakera, particolarmente interessato ad un modello di mirino per il fucile di precisione che aveva avuto modo di provare nel poligono di tiro degli Spettri.
- I crediti sembrano l'ultimo dei problemi per Cerberus - aveva spiegato lei, mentre acquistava qua e là armi e potenziamenti vari, ottenendo ovunque dei consistenti sconti grazie alla sua fama e grazie alle sponsorizzazioni.
Dopo un’ora di shopping, il suono della frase Sono il comandante Shepard e questo è il mio negozio preferito della Cittadella, che lei continuava a registrare nei vari punti di vendita, risultò veramente fastidioso al turian che la prese risolutamente per un braccio impedendole di infilarsi in un nuovo negozio - Basta così, adesso. Si va al Dark Star.

- Certo che quando il nostro comandante decide di fare una cosa, va fino in fondo - riconobbe il turian lanciando uno sguardo preoccupato a Mordin, intento a chiacchierare con un agente SSC salarian appena fuori dal locale.
Nonostante le rassicurazioni del dottore - Condizioni di salute soddisfacenti, nessuna criticità da segnalare. Problemi minori non degni di nota - cominciava a preoccuparsi seriamente. Comprendeva lo stress a cui era sottoposta e il suo bisogno di trovare un illusorio sollievo nell'alcool, anche se lui avrebbe scelto un modo diverso di sfogarsi, ma non ricordava di aver mai visto qualcuno bere così tanto in così poco tempo.
Era riuscito a farle fare una pausa invitandola sulla pista dopo il terzo drink, che aveva ingollato ad appena due minuti di distanza dal secondo, e cioè dopo lo stretto tempo necessario al barista per versarglielo nel bicchiere, ma verso la fine del secondo ballo si era tanto turbato da accompagnarla lui stesso verso il bancone per offrirle un nuovo bicchiere.

Lady in Red


Si era reso subito conto di quanto rispondesse al vero la diceria, comune fra l'equipaggio della vecchia Normandy, secondo cui Shepard non sapeva ballare. Nemmeno lui era particolarmente esperto nei balli da discoteca, preferendo di gran lunga quelli classici, come il valzer e soprattutto il tango, ma al suo confronto sapeva di apparire abile come un ballerino professionista.
Ciò che però lo aveva sconvolto non era stata la sua inettitudine nel ballo, ma la naturalezza con cui gli si era accostata quando il ritmo concitato della musica era sfumato in un lento. Aveva ridacchiato divertita, probabilmente a causa della generosa dose di alcool che le scorreva in corpo, e aveva intrecciato le dita delle mani attorno al suo collo, senza rendersi conto dell'effetto che quegli avambracci nudi e tiepidi causavano, premendo lievemente contro i lati del suo collo turian.
Si mise a seguire i suoi movimenti con estrema morbidezza, lasciandosi trasportare per la pista come se fossero diventati un unico organismo. E sarebbe stato estremamente piacevole per Garrus godersi la sensazione di quel corpo morbido che si affidava fiduciosamente alla sua guida, se non fosse stato per quelle braccia che si ostinavano a sfiorargli la pelle sensibile sotto l'orecchio, come se Shepard non avesse idea che quello era uno dei punti più erogeni nei turian.
“No. Non lo sa davvero” si rese conto dopo aver scrutato l'espressione del viso del comandante “E d'altronde neppure io ho una vaga idea delle zone erogene in un'umana...”.
Pur rendendosi conto dell’innocenza del gesto, i lunghi mesi di forzata astinenza gli provocarono un’erezione impossibile da controllare e un imbarazzo notevole aggravato dall’assurdità della situazione: un’umana gli si era appoggiata addosso con una familiarità e una naturalezza sconcertanti e il suo corpo, invece di provare un moto di repulsione inevitabile, aveva candidamente protestato contro la condizione di castità a cui lo aveva costretto per mesi.

Cercò di distrarsi da quelle sensazioni concentrandosi sul ballo e sulla inaspettata sintonia con la quale lei seguiva i suoi passi, con morbidezza inaspettata e sorprendente eleganza, come se stessero danzando su un campo di battaglia. Ma alla lunga la sensazione di disagio al basso ventre divenne un vero dolore, a causa della costrizione prolungata e innaturale del suo sesso nella cavità riparata dalle placche ossee inguinali. Quella cavità, che aveva lo scopo di proteggere il suo membro dai colpi esterni, era assolutamente inadatta a contenerlo durante l'erezione.
Alla fine Garrus si decise a prendere le mani del comandante fra le sue e a spostargliele di lato, sulle spalle, con una smorfia di dolore evidente.
- Mi spiace. Non pensavo ti facesse ancora male - si scusò lei, riferendosi alla recente ferita riportata su Omega.
- Non mi hai fatto male, è solo che… Beh, è complicato… - rispose con gentilezza, capendo che gli sarebbe stato impossibile dare la spiegazione corretta.
Ma era ovvio che l’atmosfera magica precedente era andata a farsi benedire, così interruppe il ballo e le propose - Andiamo, ti offro un altro giro al bar - non senza aver colto un lampo malizioso negli occhi di Mordin che, conoscendo la fisiologia delle diverse specie della galassia, si era immaginato le sue attuali condizioni.

Uscì dal locale, osservò le merci di qualche negozio ed entrò in uno di souvenir, dove acquistò un paio di modellini di navi spaziali, con l'intenzione di farne regalo a Shepard. Poi, stanco della folla che si ammassava fuori e dentro i negozi e disturbato dalle continue pubblicità che rimbombavano per le vie da ogni angolo, tornò nel Dark Star.
Non si stupì nell'osservare la stessa scena che aveva accompagnato la sua precedente uscita dal locale: anche in quel momento il barista stava versando un mix di liquori nel bicchiere davanti a Shepard, fissandola con un misto di stupore e di inquietudine.
“Nonostante la lunga esperienza non avrà visto altre donne capaci di ingollare tutto quell’alcool e restare in piedi” si disse Garrus, anche lui davvero colpito da quella prestazione.
Quando però gli arrivò all’orecchio l'ordine biascicato - Versa altra roba nel… nel coso dove va la roba - decise che era arrivato il momento di prendere in mano la situazione. Nel tempo che gli fu necessario per girarsi ed avvicinarsi al comandante, la vide accasciarsi, come in una scena girata al rallentatore. Non sbatté sul pavimento: si afflosciò quasi con grazia e rimase lì immobile, con gli occhi chiusi e un vago sorriso stampato sulle labbra.

La mattina dopo Shepard si svegliò nella sua cabina e si rese conto di non ricordare assolutamente come ci fosse arrivata. Prese coscienza che qualcuno doveva averle tolto le scarpe “solo quelle” e l'aveva avvolta in una coperta che teneva nell’armadio.
Quando provò ad alzarsi sentì una fitta alla testa così forte che dovette appoggiarsi nuovamente sul cuscino. Il secondo tentativo lo portò a termine con successo, eseguendo movimenti cauti e misurati. Una volta seduta sul materasso notò un datapad con una grande tazza di caffè appoggiati sopra il comodino.

Potrebbe essere freddo, ma ne avrai bisogno.
Mi sono preso la libertà di arricchire l'arredamento della tua cabina… in nome dei vecchi tempi.
Buona giornata, comandante.
Garrus


Alzò gli occhi, incuriosita: la vetrina dei modellini ora conteneva anche le riproduzioni accurate della vecchia Normandy e della Sovereign.
Prese la tazza di caffè fra le mani e si avvicinò lentamente alla vetrinetta a piedi nudi, senza mai staccare gli occhi. Rimase lì, a fissare quegli scafi che avevano combattuto valorosamente fra loro, mentre tanti ricordi le passavano davanti agli occhi: per lei erano trascorsi pochi mesi dallo scontro sulla Cittadella e le immagini erano ancora vivide e rievocavano emozioni violente.
Tante cose erano cambiate nel frattempo, ma i vecchi tempi non erano dimenticati. Di certo Garrus li ricordava bene: quel semplice messaggio e i due modellini erano il regalo più bello che avesse mai ricevuto in tutta la sua vita.



Nota
(1) Non mi piace apportare modifiche alla struttura narrativa di ME, tuttavia questa volta farò una piccola eccezione e mi prenderò la libertà di reclutare Thane con un po' di anticipo.

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Capitolo 5
*** Il Consiglio ***


5. *IL CONSIGLIO*


Deus Ex: Human Revolution Soundtrack - Icarus




Una volta terminato il colloquio con il Consiglio della Cittadella, Shepard aveva dato la libera uscita a tutto l'equipaggio della Normandy.
Non era tornata a bordo, ma si messa a camminare per il Presidio senza una meta precisa. Nonostante la curiosità di scoprire tutti i nuovi modelli di armi e armature che erano stati sicuramente creati durante quegli ultimi due anni, provava il bisogno di lasciar sfumare la rabbia accumulata che aveva dovuto trattenere durante lo sgradevole colloquio con il trio Valern-Tevos-Sparatus.
Aveva esordito il Consigliere salarian con una frase del tipo - Abbiamo sentito molte voci riguardo al suo ritorno. Alcune di queste sono... preoccupanti.
Poi Tevos le aveva chiesto di spiegare le sue azioni e i tre Consiglieri avevano ascoltato il suo dettagliato resoconto sul rapimento della colonia umana su Freedom Progress da parte dei Collettori, ma la loro espressione aveva chiarito come non credessero affatto ad un coinvolgimento dei Razziatori.

- Maledetti idioti! - esclamò a quel punto, scagliando uno dei tanti sassi che aveva quasi distrattamente raccolto da terra durante la passeggiata e gettandolo il più lontano possibile nel laghetto del Presidio.
- Cosa c'è Shepard? Stai bene?
- Eccome no! Non si vede? Mai stata meglio! - ringhiò lei in risposta, senza neppure alzare lo sguardo su Garrus che si era avvicinato non appena l'aveva notata.
Era già da un po' di tempo che il turian si aggirava in quella zona a poca distanza dall'ufficio di Anderson. Aveva parlato con Joker non appena il comandante aveva lasciato la nave, ed entrambi si erano trovati d'accordo nell'immaginare che l'incontro con i Consiglieri sarebbe stato poco gradevole. Questo nel migliore dei casi, ma avrebbe potuto determinare addirittura l'arresto del loro comandante, se la situazione fosse degenerata. Solo la presenza di Anderson in seno al Consiglio li aveva rassicurati, ma alla fine Joker aveva suggerito a Garrus di andare a farsi una passeggiata nel Presidio.
- Sai com'è... in ricordo dei bei vecchi tempi. E magari per stendere gli agenti della sicurezza che volessero lasciare la nuova Normandy senza il suo comandante...
La vista di Shepard in piedi davanti al laghetto del Presidio, intenta a lanciarci oggetti dentro, non era affatto rassicurante, ma almeno per il momento sembrava che non fosse finita in stato di arresto.

- Come hanno commentato l'attacco alla colonia?
- I Sistemi Terminus sono fuori dalla nostra giurisdizione. I vostri coloni lo sapevano quando hanno lasciato lo spazio del Consiglio - recitò lei a memoria, provando a imitare il tono gelido ed autoritario usato da Sparatus.
- Uh uh... E questa osservazione utile e intelligente di chi sarebbe? - chiese Garrus incuriosito.
- Del tuo Consigliere, quello che viene da Palaven...
- Ma nessuno capisce che il punto fondamentale sono i Razziatori?
- Ah sì... i Razziatori: quella razza immortale di navi senzienti che io presumo sia in agguato nello spazio oscuro - replicò Shepard sottolineando il verbo presumo, infilando tutta l'ironia possibile in quella frase e tirando un nuovo sasso nel lago.
- Dà qua - rispose Garrus tendendo una mano per invitarla a passargli quelli rimasti. Li osservò con attenzione e ne mise da parte un paio.
- Questi non sono semplici sassi, sono fatti di metallo. Potrebbero addirittura essere dei pezzi della Sovereign, lo sai?
- Allora dovrei farli ingoiare ai Consiglieri, anziché gettarli nel laghetto...
- Nessuno ti ha creduto... Neppure stavolta, vero?
- I Razziatori sono soltanto un mito. Un mito che io insisto a perpetuare...
- Sparatus di nuovo?
- Dannato imbecille! Ma neppure i Consiglieri asari e salarian sono stati più ragionevoli. Tevos mi ha assicurato che credono nella mia buona fede, ma che questo non rende più veri i Razziatori. Anderson ci crede ed è seriamente preoccupato, ma mi ha fatto notare che in effetti non abbiamo prove. Nessun altro ha parlato con Vigil, né con la Sovereign.
- Eppure i suoi rottami sono ancora qui, sulla Cittadella - osservò Garrus rigirandosi fra le dita i due frammenti metallici.
- I Consiglieri ritengono, o vogliono convincersi, che si tratti semplicemente di tecnologia geth. Buona parte dei frammenti sono stati fatti sparire dai Custodi e altri sono stati trafugati con recuperi non autorizzati. Probabilmente Cerberus è riuscito ad aggiudicarsi le parti migliori... - concluse Shepard con ironia rabbiosa, facendo per tirare un nuovo sasso ma poi fermandosi e scoppiando in una breve risata nervosa per l'ingenua inutilità di quel gesto.
- Hai fatto tutto il possibile. Non ti avrebbero creduto neppure se avessi indossato l'alta divisa dell'Alleanza.
- Hanno insinuato che questa mia teoria dei Razziatori dimostra solo quanto sia fragile il mio stato mentale. Mi hanno accusato di essere stata manipolata, prima da Saren e ora da Cerberus. Hanno osato addirittura accusarmi di tradimento! - gridò a voce tanto alta che più di una persona si fermò a fissarli con aria perplessa, incerta se chiamare un agente della sicurezza.
- Se non ci fosse stato Anderson a spalleggiarmi non so come sarebbe finita... - concluse stancamente, lasciando cadere in terra i sassi che stringeva ancora fra le dita.
- Adesso più che mai capisco perché indossi quell'uniforme e perché ti sei alleata con l'Uomo Misterioso: non ti hanno lasciato altra scelta. E mi rendo conto di quanto debba essere stato difficile prendere questa decisione.
- No. Non puoi.
- Cosa non posso?
- Non puoi sapere quanto sia stato difficile. Nessuno può saperlo... - mormorò sottovoce, odiando le lacrime improvvise che non aveva fatto in tempo a trattenere.
Si girò di scatto per nasconderle. I turian non piangevano e sapeva che lo stava mettendo in imbarazzo, ma aveva troppa rabbia dentro e il ricordo dell'orrore provato su Akuze le era esploso con violenza nella mente, cogliendola impreparata.
- Mi dispiace se ho detto qualcosa di sbagliato, comandante... Ti va di tirare qualche colpo al poligono? Potremmo esercitarci un po'.

- Dove stiamo andando? - le chiese qualche minuto dopo, accorgendosi che si stavano dirigendo verso una zona riservata del Presidio.
- Se devo sparare, voglio mettere le mani sulle migliori attrezzature. Voglio provare gli ultimi modelli. E se trovi qualcosa che ti piace dimmelo e te la compro. Ho intenzione di sfruttare al meglio la generosità dell'Uomo Misterioso.
- Oh!... allora ti hanno reintegrato fra gli Spettri?
- Almeno quello sì... porco di un diavolo!
- Io però non lo sono...
L'occhiata stizzita che lei gli rivolse lo fece ridacchiare - Andiamo. Non vorrei essere nei panni del povero disgraziato che proverà a fermarci...
Ma non incontrarono nessuno e arrivarono senza intoppi all'interno del poligono riservato.

- Un pasto decente? - propose Garrus mentre uscivano da lì un paio di ore più tardi, dopo aver annotato su un datapad tutte le armi ed i potenziamenti che sarebbero entrati a far parte della dotazione della Normandy - Non voglio lamentarmi del rancio sulla tua nave spaziale, però...
- Però fa abbastanza schifo. Sì, lo so. Devo ricordarmi di prendere qualche ingrediente speciale per il sergente Gardner e una bottiglia di Serrice Ice per la dottoressa.
- Non voglio stare seduta a un tavolo. Il vostro cibo prevede qualcosa di simile a un panino? - chiese poco più tardi, una volta arrivati in un aggregato della Cittadella famoso per i ristoranti, adocchiando un negozietto minuscolo che vendeva kebab.

Flight – Man of Steel




- Anderson ti ha dato notizie su qualcuno dei nostri vecchi amici? - fu la domanda di Garrus, una volta che ebbe finito di mangiare, cercando di ripulirsi alla meglio la divisa dai residui di cibo.
Stavano gironzolando dentro un parco, a quell'ora quasi deserto, perché si erano entrambi seccati di venire fermati di continuo da giornalisti in cerca di un servizio speciale, da gente che richiedeva un autografo e da strani figuri alla ricerca di sovvenzioni per combattere per qualche causa bislacca.
- Ho saputo qualcosa solo su Kaidan: è stato promosso a comandante ed è ancora nell'Alleanza. Gli hanno assegnato una missione speciale, ma Anderson non poteva dirmi di più. Non finché lavorerò per Cerberus, mi ha confessato, anche se pareva dispiaciuto.
- Gli farà sapere che sei viva e che stai bene.
- L'ho pensato anche io. Solo che non sono sicura delle sue reazioni. Cerberus è uno dei peggiori nemici dell'Alleanza e Kaidan è... beh, è Kaidan. Tu lo conosci, no?
- Anche lui dovrebbe conoscerti... - cercò di rassicurarla, anche se non credeva affatto che il neo comandante sarebbe stato felice di quelle notizie su Shepard.
- Se riuscirò a incontrarlo proverò a spiegargli come stanno le cose. Per ora è inutile pensarci - tagliò corto lei.
- Anderson non ti ha detto altro?
- Di fare attenzione e di non fidarmi di Cerberus - fu la risposta, accompagnata da una smorfia.
- Immagino sapesse che è una raccomandazione superflua.
- Non mi sono mai fidata dell'Uomo Misterioso, anche se è lui che mi ha dato la possibilità di tornare a combattere. Mi ha riportato in vita e per farlo ha dovuto spendere abbastanza crediti da poterci comprare un intero esercito.
- Ma non voleva un esercito. Voleva te.
- Già...
- Sapeva che tu eri convinta dell'esistenza dei Razziatori, che li avevi combattuti e ne avevi perfino ucciso uno.
- Mi ha confermato che l'umanità si trova di fronte alla più grande minaccia della sua breve esistenza e che siamo in guerra, anche se nessuno vuole ammetterlo. Mi ha raccontato che sono scomparse molte colonie, tutte umane, e che lui ritiene sia opera di qualcuno che lavora per i Razziatori, come Saren e i Geth hanno già lavorato per la Sovereign.
- Ed è per questo che l'Uomo Misterioso ha deciso di combattere i Razziatori? Si è assunto il compito di essere il difensore degli umani?
- Non si è espresso in questo modo, ma sostanzialmente sì. Se aspettassimo una qualche reazione da parte dei politici sparirebbero tutte le nostre colonie nel frattempo. L'Alleanza non ha alcuna intenzione di sprecare risorse, ancora esigue dopo l'attacco della Sovereign, per verificare l'entità della minaccia dei Razziatori. Giustifica le sparizioni con semplici pirati e mercenari. E' più comodo e suppongo che gli dia un senso di falsa tranquillità.
A quel punto fece una pausa e poi, tutto d'un fiato, concluse - Durante il nostro incontro virtuale l'Uomo Misterioso mi invitò a vedere cosa fosse accaduto su Freedom Progress: se non avessi trovato nulla che collegasse i rapimenti ai Razziatori sarei stata libera di andarmene per la mia strada.
- E dopo Freedom Progress hai finito per accettare il suo aiuto. Deve essere stato tremendo rinnegare le tue convinzioni. Scusami, Shepard. Credo sia chiaro che non ti sto affatto criticando. Hai preso l'unica decisione possibile visto lo stato delle cose, ma so che deve essere stato terribile. Più terribile di quanto io possa immaginare, se ho capito il senso delle tue parole di poco fa.
- Ero stanca, Garrus. Stanca dei burocrati, dei politici, dei Consiglieri e di tutti coloro che non mi sono mai stati a sentire. Ho visto morire già troppa gente e so che siamo appena all'inizio.
Continuarono a camminare, con Shepard persa nei ricordi e Garrus che restava al suo fianco in silenzio. Avrebbe voluto che lei parlasse, liberandosi dai suoi stessi fantasmi, ma temeva che insistere troppo l'avrebbe spinta a rintanarsi ancora una volta in se stessa.

Arrivati alla curva in cui il viale alberato che stavano percorrendo girava sulla sinistra e si inoltrava fra grandi aiole di lavanda in piena fioritura, il comandante si fermò stringendo le mani sulla recinzione metallica che li separava dal bacino artificiale in cui si raccoglievano le acque limpide di una cascatella artificiale.
- Negli ultimi istanti di vita avevo accettato la morte e avevo pregustato la quiete senza tempo che mi avrebbe cullato fra le sue braccia. Non so in cosa credano i Turian, ma io desideravo solo un lungo riposo. Io... sentivo di essermelo meritato.
- Sono contento che tu sia viva, comandante. Senza di te questa guerra sarebbe persa in partenza.
- L'Uomo Misterioso mi ha assicurato che siamo dalla stessa parte, anche se abbiamo metodi diversi. Mi ha assicurato che Cerberus non è malvagia come io credo.
- Ma tu hai visto il lato oscuro di quell'organizzazione in troppe occasioni... - la incoraggiò, sperando di spingerla a raccontare.
- Hai incontrato tu stesso i mutanti, ma io ho assistito a ben altri orrori.

Era lì il punto oscuro, capì Garrus. Era quello il nocciolo della sofferenza nascosta di Shepard. Si rese conto di star trattenendo il fiato nella speranza di non turbare quell'istante di quiete apparente che poteva dissolversi di botto per mostrare il cataclisma sottostante.
Fissando la superficie piatta del laghetto artificiale pensò agli oceani di Palaven. Quando era ancora uno scolaro, durante una delle poche vacanze estive in compagnia dei genitori e di sua sorella, aveva trascorso una settimana a bordo di una grande nave che aveva costeggiato il continente. Il fondo largo di quella imbarcazione era di un robusto materiale trasparente e durante la navigazione aveva avuto modo di ammirare le forme di vita che abitavano quelle acque, mentre le lezioni quotidiane gli avevano insegnato a comprendere il senso di quello che aveva già notato o avrebbe notato nei giorni successivi. Era stata una vacanza entusiasmante, ma da quel giorno non era più riuscito ad ammirare le ampie distese di acqua salata del suo pianeta senza pensare alla quantità di esseri che l'abitavano e alle loro lotte, violente e silenziose, che ne determinavano la morte o la sopravvivenza.
E in quel momento stava provando la medesima sensazione mentre osservava di nascosto quello sguardo verde, all'apparenza tranquillo, che però celava di certo ricordi devastanti, forse ancora mai raccontati ad alta voce.

- Non ricorderai più quel caporale che abbiamo trovato su Ontarom. Si chiamava Toombs – fu la frase che Shepard pronunciò all'improvviso e che fece capire a Garrus che aveva vinto la sua battaglia personale contro la ritrosia del comandante.
- Immagino che ti riferisci all'uomo incontrato durante quella missione in una base piena di soldati mercenari. Quello che voleva giustiziare a sangue freddo uno scienziato impaurito. Un tuo compagno d'armi che credevi morto.
- Ho appena ricevuto un suo messaggio, sulla Normandy. Non so se i media abbiano già parlato dei miei rapporti con l'Uomo Misterioso o se Toombs si sia procurato in altro modo tali informazioni, ma si è premurato di avvertirmi che la sua missione personale consiste nell'uccidere quanti più agenti possibili di Cerberus e che i nostri rapporti passati non mi mettono al sicuro dalla sua sete di vendetta.
- E' stato gentile da parte sua avvertirti... - commentò ironicamente - Ma perché ce l'ha con Cerberus?
- Cosa sai di Akuze, Garrus?
- Molto poco. Come la maggior parte delle persone, credo. Ho idea che abbiano insabbiato le informazioni... So solo che lì era stanziata una colonia umana. L'Alleanza perse i contatti con la squadra dei pionieri e inviò un'unità di marine per investigare. Tu facevi parte di quella spedizione e solo tu tornasti indietro. I tuoi compagni vennero massacrati dai divoratori.
- E' un riassunto stringato e sostanzialmente corretto, ma in realtà non sono la sola superstite. E mancano anche alcune parti della storia, quelle più importanti, perché riguardano Cerberus.
- Ti proporrei di parlarmene davanti a una buona bottiglia di vino, se non avessi il terrore che potresti cambiare idea nel tempo necessario per arrivare a un bar.
- Ti avverto che non mi basterà una sola bottiglia. Se però prometti che pagherai tu le consumazioni, ti racconterò tutta la storia - ridacchiò divertita dalla sua battuta. Poi lo prese sottobraccio e si avviò verso l'uscita del parco.

Mentre camminavano così vicini, la mente di Shepard si perse nei ricordi di quanto aveva vissuto su Akuze. Non aveva mai raccontato per filo e per segno tutta la storia, anche se aveva stilato un rapporto abbastanza dettagliato sulla vicenda. Che fine avessero fatto quelle pagine era però ancora un mistero, dato che tutto era stato messo a tacere: l'Alleanza aveva emesso un comunicato scarno e i notiziari si erano concentrati sulla pericolosità delle strane creature, fino ad allora sconosciute, che erano state trovate su quel pianeta: i divoratori.
Garrus invece provava un certo imbarazzo per quella inaspettata familiarità. Non era a disagio, ma non ricordava di aver mai visto un turian ed un'umana che passeggiassero sottobraccio. I rapporti fra le loro razze non erano molto cordiali, con l'Incidente del Portale 314 ancora relativamente recente.
Fu a causa di quelle considerazioni e delle occhiate curiose che rivolsero loro i passanti occasionali durante l'attraversamento delle vie della Cittadella che si sganciò dal braccio del comandante con la scusa di mostrarle l'ultimo modello di scudo cinetico esposto nella vetrina di un negozio di armature.

Chora's Den




Un tavolino isolato: l'Antro di Cora, nel bene e nel male, era un locale che ancora si distingueva dagli altri.
- E' qui che abbiamo visto Wrex la prima volta. Te lo ricordi, Shepard?
- Difficile scordarsi quell'incontro, o uno come lui... Mi ha ammazzato Fist sotto gli occhi, anche se era disarmato e gli avevo dato la mia parola che non l'avrei ucciso...
- Wrex ha sempre avuto le idee chiare.
- Già. Stavo proprio ripensando a quel detto krogan che lo ha spinto ad unirsi all'equipaggio della Normandy: il nemico del mio nemico è un mio amico. Non fa esattamente al caso nostro, ma è pertinente, lo ammetto. L'Uomo Misterioso non sarà mai un mio amico, ma non vincerò questa guerra senza il suo supporto.
- Sembra sia arrivato il momento giusto per iniziare il tuo racconto - osservò Garrus finendo di versare l'ultimo goccio della birra batarian nel bicchiere del comandante, l'ultimo vino di Palaven nel suo e facendo un gesto al barista perché portasse due bottiglie nuove.
L'atmosfera fumosa dell'Antro di Cora svanì lentamente dalle immagini registrate dagli occhi di Shepard per essere soppiantata dall'interno rigoroso e funzionale della fregata Alsazia, così come il viso di Garrus fu sostituito da quello umano del capitano Rivia.

- Siamo qui per verificare cosa sia successo ai coloni. Sono ormai diversi giorni che le autorità non ricevono alcuna notizia. Non sono stati inviati segnali di soccorso, ma sono già due ore che stiamo sorvolando la zona e finora non abbiamo rilevato segni di vita. La colonia sembra deserta ed è nostro compito capire cosa sia successo e dove siano finiti i coloni. Stiamo parlando di una cinquantina di individui, in maggior parte tecnici e scienziati spediti qui per valutare l'entità delle risorse del pianeta.
- Che non sembra affatto ospitale, almeno per gli esseri umani - aggiunse il medico di bordo, dopo aver controllato ancora una volta le letture dei suoi apparecchi.
- Capitano, ti va bene se atterro nei pressi della colonia, sull'altopiano roccioso? Non mi fido ad atterrare su tutta quella sabbia. Ha un colore inquietante e magari è corrosiva per lo scafo - chiese con una certa ansia la voce del pilota dall'altoparlante fissato sulla paratia.

- Il capitano fece sbarcare quasi tutto l'equipaggio, lasciando a bordo solo una decina di persone. Non ero alla mia prima missione con quella squadra, ma ero l'ultima arrivata e li conoscevo ancora poco, tranne il capitano, il pilota e il caporale Toombs - raccontò Shepard con voce piatta, come se fosse del tutto disinteressata a ciò che stava dicendo. Ma il gesto nervoso con cui si rigirava fra le mani il bicchiere pieno, senza mostrare la minima intenzione di berne il contenuto, fece capire al turian che quell'atteggiamento era imposto e innaturale. Forse era il modo che le era più congeniale per lottare contro la violenza delle sue emozioni. Anche un turian avrebbe usato quell'artificio, si disse prestando attenzione ai lineamenti del suo viso.
- Ti piaceva quel capitano?
- Molto. Piaceva a tutta la squadra. Ascoltava sempre, perfino il pilota che era stato soprannominato Brontolo, come il nano scorbutico di una vecchia favola per bambini. Ascoltava tutti e poi prendeva la sua decisione, ma se non rispettavi quell'ordine ti faceva il culo, ringhiando peggio di un varren idrofobo. Sapevamo di casi in cui era ricorso perfino alla violenza fisica. E ti assicuro che picchiava come un krogan arrabbiato.
- E che tipo era Toombs?
- All'epoca aveva pochi anni più di me, ma era un informatico in gamba, molto in gamba. La sua particolarità principale era però quella di correre appresso ad ogni sottana... solo perché aveva la sottana. Era stato soprannominato Dongiò, abbreviazione di Don Giovanni.
- Non so cosa significhi.
- E' un personaggio della letteratura umana, noto per essere un inguaribile donnaiolo.
- E correva appresso anche a te? - chiese con una curiosità che apparve strana a lui stesso.
- Ovviamente. Fra l'altro era anche un mio superiore e sperava che i gradi lo aiutassero a far colpo.
- Invece non fu così?
- Ma certo che no! - fu la risposta un po' seccata. Poi Shepard fissò l'espressione incerta di Garrus e si mise a ridere - Non so come funzioni nella vostra società, ma se avessi dovuto dar retta a tutti quelli che volevano venire a letto con me a quell'epoca, non mi sarebbe rimasto tempo per imparare a diventare un bravo soldato.
Chiarì poi con una certa malizia - Ero giovane allora e pare che molti umani trovino irresistibile il binomio capelli rosso mogano-occhi verdi.
- Nelle nostre flotte la maggioranza dei soldati fraternizza liberamente.
- Vuoi dire che i turian maschi sono dei Don Giovanni?
- Immagino di sì, ma anche le femmine lo sono.
- Vuoi dire che sei andato a letto con mezzo del tuo equipaggio di un tempo? Con tutte le femmine? O magari anche con i maschi?
- Ferma lì, comandante: il nostro patto riguardava Akuze, non le abitudini dei turian. Di quelle parleremo un'altra volta, forse...

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Capitolo 6
*** Viaggio all'inferno ***


6. *VIAGGIO ALL'INFERNO*

A Giulia


Gravity


- Una volta atterrati notammo subito che la colonia umana doveva aver lavorato sodo - riprese il comandante, tornando a narrare la sua avventura su Akuze, unico vero motivo per cui lei e Garrus si trovavano seduti davanti ad un tavolino nell'Antro di Cora.
- C'era una decina di edifici di varie dimensioni che occupavano una metà dell'altopiano. Nessuno uscì dalle porte chiuse e il capitano ci divise in squadre per un sopralluogo: io capitai con Toombs, con un medico ed un bravo cecchino.
- L'edificio che ci era stato assegnato conteneva diversi computer. Da informatico esperto, Toombs si mise immediatamente all'opera per analizzarne il contenuto mentre io e gli altri cercavamo indizi che potessero suggerirci cosa fosse accaduto ma, a parte uno spesso strato di sabbia polverosa, tutto appariva perfettamente in ordine. Gli occupanti sembravano essere letteralmente scomparsi, senza alcuna traccia di lotta.

- Fu il medico a scoprire la botola che si apriva nel pavimento, ma mentre cercavamo invano il sistema per aprirla, venimmo contattati dalla voce del capitano che ci ordinò di interrompere ogni ricerca e di radunarci nel grande spiazzo scoperto che si trovava al centro del gruppo di edifici. Nello stesso istante Toombs premette un tasto del computer su cui stava trafficando e noi udimmo lo scatto della serratura della botola.
Si aprì sotto i nostri occhi, lasciando intravedere un breve cunicolo verticale che terminava in un corridoio illuminato.
- Il medico del mio gruppo, un tenente, diede quella notizia al comunicatore, ma il capitano ci rispose di lasciar perdere e di muoverci immediatamente. Anche altri membri della squadra avevano scoperto le botole e si erano resi conto che esisteva un sistema di passaggi sotterranei che collegavano gli edifici di superficie. Ripeté che dovevamo sbrigarci perché erano certi di aver intravisto degli individui all'opera nei locali sottostanti e nulla faceva supporre che avessero intenzioni pacifiche.

- Lasciammo stare la botola e uscimmo di corsa dall'edificio, ma dopo pochi metri ci rendemmo conto che Toombs non ci aveva seguiti. Tornai sui miei passi e lo chiamai, ma lui continuò a prestare attenzione solo al computer che aveva davanti. Non rispose e neppure sollevò lo sguardo. Solo quando alzai la voce mi fissò per un attimo, poi tornò ad occuparsi del monitor, ordinandomi di andarmene e rassicurandomi che ci avrebbe raggiunti entro pochi istanti, non appena avesse finito di scaricare i file. Ricordo le frasi che pronunciò allora, perché troppo spesso me le sono ripetute nel tentativo di superare i miei sensi di colpa.
- Qualcuno sta cancellando i dati, ma io voglio riuscire a salvare almeno qualcosa. Ci sono centinaia di rapporti scritti e foto. Non puoi neppure immaginare su cosa abbia messo le mani. Questa gente è da manicomio criminale.
- Rimasi a lungo sull'uscio, combattuta fra l'obbedienza al capitano e il desiderio di restare, perché non volevo lasciar solo un compagno, specie ora che sapevamo che nei sotterranei potevano esserci dei nemici in agguato.
- Fu il tenente medico a trascinarmi via, urlandomi che avevamo ricevuto un ordine preciso. Urlò anche contro Toombs, rifiutandosi però di aspettarlo.

- Da quel momento in poi la situazione precipitò in un batter d'occhio e noi ci ritrovammo a combattere contro un nemico che era armato molto meglio di noi e che ci aveva colto quasi alla sprovvista.
- Non avevamo notato che sui ripidi pendii dell'altopiano esistevano delle aperture nella roccia, nascoste da pannelli mimetici. Fu da quelle aperture che uscirono cinque navette armate di mitra e piccoli cannoni con cui il nemico sconosciuto prese a bersagliarci di razzi e granate. Nonostante il capitano ci avesse dato ordine di sparpagliarci intorno allo spiazzo, utilizzando gli edifici per nasconderci, le prime bordate uccisero all'istante una decina di compagni e altrettanti furono feriti.
- E una manciata di secondi dopo, mentre Rivia stava dando ordini al pilota dell'Alsazia ancora parcheggiata a terra, nel cielo comparve un incrociatore che sembrò emerso dal nulla. In realtà doveva essere rimasto celato dietro la luna di quel pianeta e aveva atteso che sbarcassimo, prima di attaccare. Le navette si diressero verso la nave madre che nel frattempo prese a far fuoco contro la nostra fregata.
- Puoi immaginare come gli scudi cinetici resistettero ben poco con la nave vulnerabile, ancora immobile sul suolo del pianeta. La vedemmo esplodere in pochi istanti e capimmo immediatamente che nessuno dei nostri compagni ancora a bordo era riuscito a mettersi in salvo. I brevi secondi di silenzio assoluto che sottolinearono il nostro sgomento vennero interrotti dagli ordini del capitano che non si era lasciato distrarre da quanto stava accadendo all'Alsazia e aveva notato come i cannoni dell'incrociatore stessero puntando noialtri.
- Ci ordinò di sparpagliarci, di cercare i compagni feriti e di scendere nelle botole degli edifici per trovare rifugio nei sotterranei. Nonostante fossimo tutti coscienti che stavamo rischiando di infilarci in trappola, non vedemmo altra possibile via di fuga ed eseguimmo l'ordine, pronti a barricarci ed ad opporre una strenua resistenza.
- Ci ritrovammo di sotto, in mezzo ad un disordine che dimostrava come quel luogo fosse stato abbandonato in tutta fretta. Io chiesi al capitano il permesso di cercare Toombs e, una volta ottenuto il suo assenso ed un paio di compagni, mi avviai nella direzione dell'edificio in cui lo avevo visto l'ultima volta. Ma non lo trovai e sperai si fosse nascosto. Lo chiamammo inutilmente fino a quando Rivia ci contattò nuovamente per ordinarci di dirigerci verso nord est e congiungerci con il resto della squadra.
- Eravamo non più di venti, tutti radunati intorno al nostro capitano che stava ascoltando con attenzione il resoconto degli uomini mandati a ispezionare le varie stanze. Alla fine decidemmo di entrare nella sala in fondo al corridoio, quella che nessuno aveva ancora ispezionato, ma che dalle mappe pareva essere l'ultima del complesso e la più grande.
- Fu lì, in quella grande stanza ovale, sotto la luce brillante di centinaia di faretti che la illuminavano come fosse l'ora centrale di una limpida giornata estiva, che assistetti alle scene che non riuscirò a dimenticare per il resto della mia vita. Lo spettacolo che mi si parò dinanzi agli occhi era degno di quei filmati contro la vivisezione che forse avrai visto in documentari di organizzazioni animaliste.
Giunta a quel punto della narrazione, Shepard strinse la mano destra in un pugno tanto serrato che le nocche sbiancarono. Quando ricominciò a parlare il tono della voce era così flebile che Garrus dovette avvicinarsi un poco per comprendere le sue parole.

- Sparsi per tutta l'area, in una disposizione ordinata e geometrica, c’erano tavoli e tavolini, mensole e banchi, letti e barelle, e su ciascuno di quei ripiani, grandi o piccoli che fossero, giacevano parti di resti umani, alcuni dei quali si muovevano debolmente. Quei corpi, quelle sezioni di corpi, erano vivi o almeno in uno stato che non poteva definirsi morte.
- Alcuni di noi uscirono di corsa da quella stanza, altri vomitarono, altri ancora dovettero sedersi in terra perché le gambe non erano più in grado di sorreggerli. Quell'orrore muto, perché nessuno dei resti lì dentro era capace di emettere un suono o un lamento, ha rappresentato la mia discesa negli Inferi. Nulla di quanto potrò mai vedere in futuro potrà uguagliare quelle atrocità.
- Avrei bisogno di molto tempo per descriverti esattamente ciò che ho visto quel giorno: i risultati che gli scienziati avevano ottenuto utilizzando apparecchi per l'esposizione al calore ed alle radiazioni, per l'inoculazione di sostanze chimiche e di gas, per l'asportazione o la cauterizzazione di tessuti, per ogni possibile operazione contro natura. Ma nessuna delle parole che potrei pronunciare riuscirebbe a trasmetterti l'orrore che ho provato allora e se tu fossi una asari mi rifiuterei di mostrarti quelle scene con l'unione. Perché non si può restare gli stessi dopo un'esperienza simile.
A questo punto Shepard smise di parlare. Chiuse gli occhi e restò appoggiata contro lo schienale della poltrona, con il viso pallidissimo e privo di qualunque espressione, come se la vita stessa si fosse ritratta dinanzi alle immagini che sicuramente le stavano ancora scorrendo davanti agli occhi chiusi.
- Mi dispiace di averti convinto a ricordare. Ci sono esperienze che non dovrebbero essere resuscitate.
- Quei ricordi sono indelebili e turbano spesso i miei sonni notturni. Non devi sentirti in colpa.
Nonostante quella rassicurazione, il comandante restò immobile e Garrus restò immobile a sua volta, senza sapere se lei avrebbe trovato la forza di andare avanti a spiegare il nesso con Cerberus, ma sicuro che farle rivangare quel passato lontano non era stata affatto una buona idea.
Allungò istintivamente la mano per poggiarla su quella ancora chiusa a pugno del comandante e stringergliela delicatamente fra le dita. Shepard aprì gli occhi, arrossì, e la ritirò lentamente, come se fosse imbarazzata di aver dimostrato una fragilità che mal si addiceva alla figura epica che le avevano cucito addosso.
- Il capitano se ne uscì con un'imprecazione pesantissima che non gli avevo mai sentito pronunciare e poi chiese ad alta voce con cosa cazzo avessimo a che fare - riprese a narrare, sempre a bassa voce e con tono neutro - I nostri due medici si guardarono l’un l’altro e confessarono di non essere in grado di comprendere cosa stavamo fissando. Parlarono genericamente di esperimenti con una o più sostanze probabilmente tossiche e corrosive, ma a loro sconosciute.
- A quel punto li vedemmo scambiare un'occhiata eloquente con il capitano e poi cominciare a staccare tutti i dispositivi che servivano a mantenere in una condizione di vita artificiale i tessuti organici sui diversi ripiani. Ognuno di noi imitò presto i loro gesti e poi uscimmo rapidamente in corridoio nella speranza di ritrovare un po' d'aria da poter finalmente respirare.
E a quel punto del racconto anche Shepard fece un respiro più ampio, come se si fosse tolta un peso dall'animo e allentò il pugno.
Un sorriso appena percettibile le si disegnò sulle labbra quando Garrus le prese nuovamente la mano fra le sue. Questa volta non la ritirò e lasciò che gliela stringesse per un istante. Ricambiò perfino quella stertta, ma poi tirò via la mano, imbarazzata dall’occhiata stupita del barista, venuto a controllare se desiderassero un paio di nuove bottiglie.

- Sapevamo di non poter ritenerci al sicuro - riprese a raccontare con un tono di voce che era tornato quasi normale - Sapevamo che non ci avrebbero lasciato vivere dopo quello che avevamo visto. Ciò che ancora non immaginavamo era il modo che avrebbero scelto per ucciderci.
- In molti abbiamo pensato che avrebbero continuato a bombardarci con l'incrociatore perché era la soluzione più semplice e rapida, ma i colpi della nave si erano interrotti non appena ci eravamo infilati sotto terra.
- Ci guardammo l'un l'altro con aria interrogativa e poi fissammo il capitano in attesa di un suo ordine. Rivia inviò una pattuglia di tre uomini in avanscoperta e quelli tornarono dopo pochi minuti dicendo di aver visto atterrare tre delle cinque navette da sbarco che quella gente aveva usato poco prima per rifugiarsi sull'incrociatore. Subito dopo i corridoi si riempirono di gas lacrimogeno e cominciammo a uscire come topi a cui abbiano allagato le tane.
- Non appena tornammo allo scoperto venimmo presi di mira. Gli uomini sbarcati dalle navette presero a sparare nella nostra direzione come se volessero cacciarci da lì, più che ucciderci. Solo due di noi vennero leggermente feriti dai colpi del nemico e furono colpi di rimbalzo.
- Il senso di quella strana manovra ci divenne chiaro quando il fuoco nemico ci costrinse ad abbandonare l’altopiano roccioso e a scivolare lungo i suoi ripidi pendii fino a raggiungere la distesa sabbiosa sottostante. Uno dei soldati della squadra, quello che si era calato più a est, venne sollevato in aria da una enorme massa che emerse improvvisamente sotto i suoi piedi. Quella gigantesca colonna di sabbia si aprì mentre ricadeva al suolo e ci apparve nitidamente davanti agli occhi il corpo allungato di un essere mostruoso sconosciuto: avevamo incontrato il nostro primo divoratore.
- E a questo punto posso anche sorvolare su molti particolari della battaglia disperata che si svolse nei minuti seguenti, perché tu sai bene di cosa si tratta. Noi allora non sapevamo nulla e non avevamo alcuna idea né sulla tattica da usare, né sulle capacità di quell'essere smisurato. Ma imparammo presto che un divoratore sputa veleno e che quel veleno corrode l'armatura che ti si scioglie addosso, mischiando la tua carne con il metallo fuso.
- E i nostri nemici, fermi al sicuro sull'altopiano roccioso, ci guardavano dall'alto come si guarda uno sciame di formiche, e sghignazzavano del nostro panico vedendoci correre disordinatamente nella sabbia alla disperata ricerca di un posto sicuro, mentre il capitano ci ordinava di sparpagliarci e di tenerci pronti a mirare nel centro dei tentacoli ogni qual volta il mostro fosse emerso dalla sabbia.
- Credo che i nemici avessero attivato appositamente gli altoparlanti perché il vento ci portasse le loro voci e sberleffi. Ricordo di aver notato alcuni di loro intenti a fare riprese video, mentre altri stavano usando attrezzature varie per fare non so quali rilevazioni.
- Non mi rimasero impressi nella memoria i loro visi perché erano troppo lontani, ma ricordo bene il logo esagonale nero dorato che spiccava sul lato delle navette da sbarco e quello, molto più grande, che ornava la prua del gigantesco incrociatore. Risplendeva nitidamente nel sole sfolgorante di quel pomeriggio terso, senza neppure una nuvola in cielo.

Nel silenzio pesante che seguì quella frase, Garrus ricordò i mutanti e provò a immaginare quanti e quali esperimenti Cerberus avesse condotto su umani fino a trasformarli in quegli esseri privi di raziocinio e guidati solo dalla necessità di uccidere. I suoi scienziati non avevano scrupoli morali a frenarli e non conoscevano alcuna etica. La conoscenza era l’unico obiettivo degno di interesse e a lei venivano tranquillamente sacrificate deontologia e coscienza.
Era proprio la filosofia di quell'organizzazione a rendere impossibile una reale alleanza fra loro e la donna che aveva di fronte. Eppure il mondo esterno non le aveva lasciato altra scelta se non quella di allearsi proprio con Cerberus: la salvezza della galassia era l’obiettivo a cui tutto andava sacrificato, perfino le proprie convinzioni più profonde.
- Oggi credo che nel personale della prima colonia atterrata su Akuze fossero già presenti alcuni uomini di Cerberus - continuò Shepard interrompendo i pensieri del turian che le sedeva di fronte.
- Credo che quegli agenti abbiano avvisato i capi dell'esistenza del mostro e che loro abbiano inviato lì altri scienziati. A quel punto i membri della colonia estranei a Cerberus sono stati messi in minoranza ed utilizzati per fare esperimenti di ogni genere, così come è sempre stato e sempre sarà in seno a quell'organizzazione.
- Eppure eccomi qui, di fronte a te, con indosso una divisa che reca quello stesso logo. Non posso spiegarti quanta fatica mi costi svegliarmi ogni mattina, né la pena di vivere con questi ricordi. Il Consiglio e l'Alleanza non hanno mai creduto alla minaccia dei Razziatori e mi hanno costretto a venire a patti con Cerberus perché non esiste nessun'altra possibilità e oggi, per concludere degnamente la serie di oscenità e schifezze, mi hanno accusato addirittura di tradim...
- Vieni, andiamo via - la interruppe Garrus a quel punto, alzandosi in piedi con tanta foga da rovesciare all'istante le bottiglie e i bicchieri che stavano sul tavolo. Nel tintinnio di vetri che andavano in frantumi, gettò un po' di crediti sul ripiano che colava vino e birra sul pavimento sottostante e prese Shepard per un braccio, tirandosela appresso per guadagnare rapidamente l'uscita del locale.
- Mi sa che ci hanno messo nella lista degli ospiti indesiderati - osservò lei con il fiato corto, non appena il turian rallentò un po' il passo, anche a causa del nutrito via vai di persone che si aggiravano a quell'ora sull'agglomerato della Cittadella.
- Hai un'espressione inquietante in viso, lo sai questo? - aggiunse pochi secondi dopo, cercando di bloccare del tutto quella folle corsa, perché non lo aveva mai visto così arrabbiato e sapeva che sarebbe stato capace di concluderla con qualche gesto insano.
- Non è che stiamo andando a prendere le nostre armi per sparare ai Consiglieri? - provò infine a scherzare per alleggerire la tensione, mentre piantava i piedi in terra decisa a non compiere un altro passo.
- Ci ho pensato ma, con la fortuna che hai, i nuovi sarebbero peggiori del trio attuale - ringhiò lui per tutta risposta e Shepard rimase a lungo incerta se quella frase fosse semplicemente scherzosa o sincera in modo inquietante, poi si strinse nelle spalle riprendendo a correre al suo fianco. In realtà non aveva molta importanza, dato che quella folle corsa era riuscita a farla sentire meglio.
- Siamo arrivati - fu la frase che pronunciò il turian, bloccandosi davanti alla porta di una palestra. Entrò e si fece dare due paia di guantoni. Mentre ognuno si infilava i propri Shepard osservò con un sorriso - Non credo di aver voglia di darti un pugno. Non dopo questa serata, almeno... - precisò ammettendo con se stessa che si sentiva piuttosto bene, nonostante l'incontro con il Consiglio e i ricordi di Akuze.
- Meglio così, visto che il tuo avversario sarà quello - rispose bruscamente Garrus indicandole il sacco appeso al soffitto che le stava di fronte e cominciando a prendere a pugni quello che aveva davanti a lui.

In tarda serata, dopo aver fatto una lunga doccia nella sua cabina ed essersi andata a prendere un po' di cibo di nascosto al sergente Gardner per poterselo mangiare in solitudine davanti alla luce dell'acquario, il comandante della Normandy aprì il suo terminale privato e cominciò a scrivere.

Eravamo ormai soltanto in otto quando uno dei nostri biotici, che era rimasto nascosto in uno egli edifici della colonia, riuscì a scovare un mezzo di superficie, una sorta di jeep cingolata, in una rimessa rimasta miracolosamente in piedi dopo il bombardamento. Una volta salito a bordo si mosse verso di noi, schivando gli ostacoli più grossi e cercando di cambiare continuamente direzione per evitare i colpi delle navette e dell'incrociatore. Per abilità o per fortuna quel mezzo cingolato non si ribaltò nel salto che dovette compiere per arrivare fino alla distesa sabbiosa. Il pilota ci raccolse tutti e, seguendo le istruzioni del capitano, si diresse verso un altro altopiano roccioso che distava un paio di chilometri.
Nessuno sperava davvero di arrivarci, ma Cerberus aveva smesso di far fuoco su di noi, probabilmente interessato a studiare le reazioni del divoratore, mentre quel mostro si dedicava ad attaccare le zone sabbiose che continuavano ad esplodere dietro il nostro mezzo, a causa delle mine che ci lasciavamo alle spalle e che colpivano con le munizioni una volta arrivati a distanza di sicurezza.
Non appena la jeep riuscì a portarci in cima, mordendo con i cingoli il terreno solido di un costone non troppo scosceso, ci rendemmo conto che quella zona rocciosa era piccola, troppo piccola per metterci al sicuro dal divoratore. Il mostro continuava a spuntare improvvisamente dalla sabbia che circondava la nostra postazione da direzioni diverse e ogni volta ci sputava addosso quel suo terribile veleno corrosivo. Ma non avvistammo nessun altro possibile riparo, solo infinite distese di sabbia e dune polverose.
Continuammo a morire, uno dopo l'altro, come insetti presi in trappola, perché non c'erano che pochi ripari offerti da miseri spunzoni di roccia: solo la rapidità dei nostri movimenti e una gran dose di fortuna poteva procrastinare la fine inevitabile.
- Forza ragazzi, resistete! Il pilota dell’Alsazia ha lanciato un segnale di soccorso. Dobbiamo solo stringere i denti ancora per un po’. L’Alleanza verrà a salvarci. Coraggio! - cominciò ad esortarci il capitano, vedendo come la stanchezza ci stesse vincendo e ci rallentasse ormai vistosamente.
- Non potete arrendervi! Non dategliela vinta! Una volta a bordo, uccideremo questo dannato mostro, ma soprattutto massacreremo quei cani - continuò a esortarci sperando di offrirci una motivazione sufficiente a tenerci in vita.
Ma dopo una mezzora eravamo rimasti solo in tre: il ragazzo che aveva trovato la jeep, il capitano ed io. E la nostra strenua resistenza non durò a lungo: per evitare uno schizzo di veleno il biotico si spostò sulla sua sinistra, su una porzione di terreno friabile che si sgretolò sotto i suoi piedi. Il capitano che gli stava ad appena due passi di distanza non riuscì a stringere la mano sul suo braccio teso.
Fissammo quel corpo che rimbalzava sulle rocce fino a quando toccò la sabbia e lì rimase immobile. Nel silenzio che seguì, con il mostro tornato invisibile, nascosto sotto lo strato di sabbia che copriva la superficie di quel pianeta, udimmo dei brevi gemiti soffocati.
Il capitano corse alla jeep e tornò verso di me stringendo fra le mani una fune robusta. La lanciò verso il soldato che però rimase immobile, nonostante l'estremità di quella fune fosse caduta ad appena un paio di metri di distanza dalla sua posizione.
- Forza, John, prendila! Ti tiriamo su! - lo esortò Rivia.
- Le vertebre, signore... sono andate. Io... non posso muovermi. Mi dispiace.
Ricordo bene l’espressione del viso del capitano mentre si girava a guardarmi: vi lessi dispiacere e una muta richiesta di scuse che non capii fino a quando non lo vidi calarsi lungo la corda.
Forse richiamato dalle nostre voci, il divoratore tornò ad emergere e la sua testa prese a volteggiare a qualche metro dal suolo, come se stesse cercando l'origine dei suoni. Si fermò per un istante, i tentacoli si aprirono e un potente getto di veleno centrò il biotico e colpì di striscio anche il capitano.
Riuscii a tirarlo su con la fune, mentre il mostro si occupava del corpo del biotico, ma mi bastò lanciare uno sguardo alla ferita sul suo fianco per capire che non sarebbe sopravvissuto.
Non mi accorsi che l'incrociatore di Cerberus aveva abbandonato il teatro di lotta, né delle due navi dell'Alleanza arrivate sulla scena, distratta dall'esplosione immane che dilaniò gli edifici della colonia. Quando i detriti, la sabbia e la polvere tornarono ad adagiarsi al suolo, capii che l'intero altopiano che aveva ospitato la colonia era stato cancellato dalla geografia di Akuze.
Ferma nel centro della spianata rocciosa, tenevo il corpo di Rivia fra le braccia e mi limitavo ad aspettare la morte. E poi, all'improvviso, capii che avevamo ancora una possibilità, sia pure disperata, e mi maledissi perché non ero stata abbastanza sveglia da pensarci prima.
- Avrei potuto salvare tutti voi - urlai più volte con rabbia verso il cielo mentre mi avviavo verso la jeep e i miei occhi erano costretti a vedere i corpi esanimi dei compagni di squadra, morti sull'altopiano. Bloccai i comandi del mezzo e avviai il motore, ingranai la marcia e rimasi con i piedi divaricati ben fermi al suolo e con un bazooka stretto fra le mani.
Aspettai con pazienza e trepidazione che il mostro emergesse dalla sabbia e che i suoi tentacoli si aprissero per permettergli di ingoiare la jeep che caracollava sulla sabbia e sparai al centro di essi. Bastò a togliere la vita al mostro, già ferito dai numerosi colpi che avevamo esploso in precedenza.
Non appena lo vidi abbattersi al suolo, restando con metà del suo corpo steso sulla sabbia, corsi indietro dal mio capitano. Era ancora in vita, ma non ce la fece a resistere a lungo. Quando una delle due navi dell'Alleanza atterrò vicino alla nostra postazione immaginai di essere la sola superstite dell'Alsazia.


Rilesse quanto aveva scritto, annuì e ordinò ad alta voce - Invia questo messaggio nella batteria primaria, IDA.
- Manca la firma.
- Non importa. E non ti avevo chiesto di leggerlo.
- La lettura e la registrazione di qualsiasi forma di comunicazione effettuata a bordo sono previste in modo automatico dai miei protocolli.
- I tuoi protocolli circa le mie forme di comunicazione sono cambiati da questo istante. Buonanotte, IDA.
- Certamente, Shepard. Buonanotte anche a te.

Il segnale acustico di un nuovo messaggio in arrivo non distolse subito Garrus dalle sue calibrature. Non alzò neppure la testa dall'apparecchiatura che stava regolando e continuò ad armeggiare a lungo con il sistema di puntamento fino a quando la voce di IDA gli assicurò che aveva raggiunto l'obiettivo che si era prefissato. Solo a quel punto si decise a dare una scorsa alla sua casella di posta.
Il comandante aveva mantenuto la sua promessa e gli aveva raccontato la fine della sua avventura su Akuze. Rimase colpito da quel messaggio non tanto per il contenuto (che pure dimostrava ancora una volta la sua capacità di prendere la decisione giusta al momento giusto), quanto dal suo significato. Quelle righe sancivano una volta di più una correttezza di comportamento che Garrus non si aspettava da individui appartenenti a una razza diversa dalla sua. A volte non se la aspettava neppure dai turian. Invece Shepard era stata di parola. Come sempre.
Si preparò per andare a dormire, ma si accorse di non riuscire a rilassarsi. Continuava a tornargli in mente l'immagine di un paio di occhi verdi che si riempivano di un liquido trasparente. Aveva notato altre volte quel fenomeno in un umano, ma solo in un paio di occasioni. In entrambi i casi quella reazione era stata probabilmente causata dalla paura, visto che stava puntando loro addosso un'arma. Ma nel caso di Shepard non poteva trattarsi di paura: in quel momento era arrabbiata a morte con il Consiglio.
Chiese a IDA se il pilota fosse ancora sul ponte e alla sua risposta affermativa si alzò dal materasso, deciso a ottenere chiarimenti. Ma arrivato sulla porta si bloccò: “Non è affatto una buona idea, questa. Non credo che Shepard gradirebbe che parlassi con Joker dei suoi occhi pieni di liquidi”.
Tornò sui suoi passi, chiedendosi quali parole chiave potesse usare per una ricerca extranet e alla fine capì che la soluzione all'enigma era a portata di mano.
- IDA, Come si chiama il fenomeno per cui gli umani perdono liquidi dagli occhi?
- Pianto - rispose prontamente la voce metallica. Poi, dopo un decimo di secondo, si sentì in dovere di aggiungere - Quei liquidi si chiamano lacrime.
- E a cosa è dovuto questo pianto?
Questa volta, però, interruppe la voce dopo pochi secondi, del tutto disinteressato alla valanga di termini anatomici a lui sconosciuti e alla descrizione dei meccanismi operanti nel corpo degli umani.
- Fermati, IDA. Intendevo sapere quali emozioni generano le lacrime.
Ascoltò con attenzione all'inizio, poi passò all'incredulità e alla fine decise che era una battaglia persa. Interruppe la spiegazione ancora in corso con un - Ok, grazie. Credo di aver capito - anche se l'unica cosa che aveva capito era che le lacrime potevano indicare uno stato d'animo e il suo esatto contrario.
Scosse la testa per la stranezza degli umani e decise che non si sarebbe mai affidato alle lacrime per capire cosa passasse per la testa del comandante Shepard. Poi si sdraiò sul materasso e si addormentò.

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Capitolo 7
*** Horizon ***


7. *HORIZON*

Far Cry 3 - Main Theme


Il tempo si era fermato per qualche istante quando la squadra di sbarco era risalita sulla Kodiak, dopo aver concluso la missione su Horizon, dove una delle colonie umane era stata attaccata dai Collettori.
I tre compagni avevano preso posto sulla panca all'interno della stiva, ognuno con lo sguardo perso in un dolore che non desiderava condividere con gli altri. Era stata Shepard ad interrompere per un attimo quel silenzio raccolto, tirando un paio di pugni decisi contro la paratia che separava la stiva di carico dalla cabina del pilota per impartire l’ordine di tornare a bordo della Normandy. Subito dopo il silenzio era tornato a regnare indisturbato.
Durante quel breve tragitto nessuno pronunciò una sola parola, mentre le recenti visioni delle capsule e dei corpi umani in stasi, immobilizzati ma ancora vivi, tormentavano le loro menti come tarli ingordi e l’ignoranza sulla sorte dei coloni rapiti dai Razziatori li spingeva a fare supposizioni e a nutrire speranze che sapevano insensate.
Sotto quella patina di sofferenza comune e condivisibile Garrus sapeva però identificare anche i nuclei di dolore che ognuno di loro tre si portava appresso come patrimonio esclusivo.
C’era la ferita aperta di Shepard, che trasudava rabbia e delusione, e poi l’ascesso velenoso suo e di Thane. Sorrise nervosamente riflettendo che una ferita esposta sembrava più dolorosa e grave, ma in realtà era più semplice da curare. I nuclei purulenti che lui e il drell celavano nel corpo corrompevano il loro sangue e, se la sottile membrana che isolava quel veleno si fosse rotta, l’organismo intero ne sarebbe rimasto infettato.

Una parte del dolore del comandante derivava dalla rabbia di non essere riuscita a difendere tutti i coloni. Era forte e coraggiosa, ma era pur sempre un’umana, e gli umani volevano salvare tutti e vincere le guerre senza vittime: quando questo non accadeva (e ovviamente non accadeva quasi mai) restavano amaramente delusi.
Ma c’era anche un altro motivo per cui Shepard si era rinchiusa nei suoi pensieri tenendo a distanza i compagni. L’incontro con il comandante Alenko doveva averla sconvolta: l'abbraccio iniziale si era rapidamente trasformato in una serie di parole velenose che l’innamorato di un tempo le aveva sputato addosso con rabbia appena repressa.
Garrus non aveva idea se Shepard amasse ancora quell’uomo, ma di certo aveva almeno sperato che salisse a bordo della Normandy per aiutarla in una missione che tuttora sembrava disperata. Invece era stata bruscamente respinta, solo per via di un logo sull’uniforme, come se un semplice simbolo potesse davvero cancellare gli anni passati e tutte le battaglie combattute assieme.
Ma sapeva che si sarebbe ripresa in fretta: avrebbe guardato davanti a sé lasciandosi alle spalle tutto quello che poteva interferire con la sua missione. Lo aveva sempre fatto in passato e lo avrebbe fatto in futuro. Lei era il comandante Shepard.

“Io non guarirò altrettanto facilmente e neppure Thane”. Non conosceva bene il drell e neppure la sua storia, ma era certo che i loro ascessi velenosi fossero arrivati al punto di rottura. Così era accaduto al suo, su Omega, quando si era sentito troppo stanco per continuare a combattere e aveva accettato di morire per mano di una stupida coalizione di mercenari. Invece era arrivata Shepard e gli aveva fatto ritrovare il coraggio e la voglia di andare avanti.
Eppure quel nodo velenoso era ancora lì e pulsava dolorosamente. Il desiderio di vendicare i compagni traditi da Sidonis avrebbe travolto la sua anima, prima o poi. Fra un giorno o un mese, magari fra un anno, non avrebbe più trovato la forza di continuare a vivere con quella rabbia impotente che lo consumava.

Di Thane non sapeva molto, a parte che si trattava di un killer professionista elegante e letale, probabilmente uno dei migliori di tutta la galassia, destinato a morire in pochi mesi per una malattia incurabile. Si era unito all'equipaggio della Normandy senza chiedere alcun compenso, per dare uno scopo ai suoi ultimi giorni e, forse, per ottenere una redenzione che non era sicuro di meritare.
Nonostante avessero alcuni tratti in comune, non avevano mai parlato fra di loro, accomunati dal desiderio di isolarsi dal resto dell'equipaggio: Garrus viveva rintanato nella batteria primaria, Thane nel supporto vitale.
Eppure era sicuro che il drell nascondesse un dolore del suo stesso genere. Lo aveva capito dal modo in cui aveva combattuto su Horizon, mostrando uno sprezzo per la propria incolumità che non derivava da incoscienza o da un'eccessiva sicurezza nelle proprie abilità. Quel modo di combattere era stato anche il suo su Omega: esprimeva la completa indifferenza verso la propria sopravvivenza. Lui e Thane erano stati privati dell’istinto di autoconservazione.
Il drell combatteva con la squadra e per la squadra, ma il valore che attribuiva alla sua vita derivava solo dall’importanza che assegnava alla missione e all’incolumità dei compagni. E questo capitava quando c’era un dolore definitivo che aveva eroso tutti gli altri sentimenti, quando un individuo diventava un involucro svuotato da qualunque speranza, persino da quella, labile, di un'improbabile redenzione. Quel dolore era il cancro che consumava entrambi e che ben difficilmente avrebbero mai condiviso con qualcun altro, come se l’unica dignità residua che restasse loro fosse sopportarne l'intero peso in completa solitudine.
Alzò lo sguardo per fissare il viso di Thane che, come al solito, appariva tranquillo e rilassato. I suoi grandi occhi scuri riflettevano il mondo esterno, ma non lasciavano passare i suoi pensieri, come fossero una barriera protettiva, analoga al suo visore, con sopra incisi tutti quei nomi a perenne memoria.

Una volta tornati sulla Normandy Shepard ebbe il suo bel da fare per tenere a bada la curiosità di chi ricordava l’allora tenente Alenko ed era forse sorpreso di non averlo visto salire a bordo, ma continuò a rispondere in maniera vaga a tutte le domande, fino a quando riuscì finalmente a raggiungere la sua cabina e a chiudercisi dentro, dicendo a IDA di non voler essere disturbata a meno di novità gravi e urgenti. Voleva del tempo tutto per sé, per poter ragionare freddamente su quanto aveva vissuto nelle ultime ore di quella terribile giornata.
Per una volta si erano trovati in una situazione di vantaggio sul nemico: erano venuti a conoscenza delle intenzioni dei Collettori abbastanza per tempo da arrivare sulla colonia nel momento dell'attacco. Avrebbe preferito poter contare sull'aiuto dell'Alleanza, ma l'Uomo Misterioso si era rifiutato di avvertirli nel timore di poter essere ostacolati, più che aiutati. Non era stato piacevole accettare quella condizione, ma aveva acconsentito. Però ora, a missione conclusa, rimpiangeva quella sua remissività perché non era stata in grado di salvare tutti i coloni, troppi dei quali erano stati rapiti dai Collettori. Neppure il ripetersi che una sua eventuale insistenza per ottenere il supporto dell'Alleanza sarebbe stata inutile, perché l'Uomo Misterioso non le avrebbe fornito le coordinate della colonia sotto attacco, riusciva a placare la sua rabbia silenziosa e impotente.
Archiviò a fatica quell'argomento e passò a riflettere sull'incontro con Kaidan. Si chiese quali reazioni si fosse aspettata da lui e perché si sentisse tanto ferita.
Non l'avevano stupita le sue accuse iniziali - Pensavo che fra noi ci fosse qualcosa, Shepard. Qualcosa di vero... Io ti amavo. Mi ha lacerato dentro il pensiero che fossi morta. Come hai potuto farmi una cosa simile? Perché non mi hai cercato? Perché non mi hai fatto sapere che eri viva?
Aveva compreso il dolore che doveva aver provato e aveva cercato di spiegargli che non era dipeso dalla sua volontà e che era rimasta incosciente per due anni, mentre Cerberus ricostruiva il suo corpo. Ma era bastato il nome di quell'organizzazione a farlo indietreggiare istintivamente, mentre il suo viso assumeva un'espressione sconvolta.
- Stai con Cerberus ora? - l'aveva accusata continuando ad arretrare, come se si trovasse di fronte a un orribile mostro.
Poi aveva aggiunto che l'Alleanza credeva che ci fosse proprio Cerberus dietro tutti quei rapimenti e che era quello il motivo per cui l'avevano inviato su Horizon: sapevano che avrebbe attaccato quella colonia.
Aveva provato a protestare che la situazione era ben diversa - Non lavoro per l'Uomo Misterioso. Condivido solo il suo obiettivo di distruggere i Razziatori.
Per tutta risposta Kaidan le aveva chiesto come potesse non rendersi conto di essere stata manipolata. Forse non aveva usato esattamente quel verbo, lo stesso utilizzato pochi giorni prima dai Consiglieri della Cittadella, ma il significato era esattamente quello. E anche le accuse successive erano state pressoché identiche a quelle di Tevos, di Sparatus e di Valern.
- Hai girato le spalle a tutto quello in cui credevamo. Hai tradito l'Alleanza. Hai tradito me.
Se le avesse tirato uno schiaffo in pieno viso l'avrebbe ferita meno. Erano state parole dure e inaccettabili, che dimostravano quanto poco la conoscesse davvero e quanto misera fosse la fiducia che riponeva in lei.
Era stato inutile protestare - Mi conosci. Sai che sto facendo tutto questo per un giusto motivo. Hai visto tu stesso che i Collettori stanno prendendo di mira le colonie umane. E lavorano con i Razziatori.
Kaidan aveva risposto che avrebbe voluto crederle, ma che non si fidava di Cerberus. L'Uomo Misterioso poteva aver usato la storia dei Razziatori per manipolarla. E magari c'era proprio lui dietro tutti quei rapimenti. Forse Cerberus lavorava con i Collettori.
E a quel punto Garrus doveva aver esaurito la sua poca pazienza ed era sbottato - Dannazione Kaidan! Sei così fissato su Cerberus da non vedere quale sia la vera minaccia!
- Stai lasciando che ciò che provi per il loro passato influenzi i fatti - aveva aggiunto allora, grata del sostegno del turian.
- Forse. O forse sei tu che ti senti in debito con Cerberus per averti salvato. Forse sei tu che ti lasci influenzare. Sei cambiata. Ma io so ancora dove riporre la mia lealtà: sono un soldato dell'Alleanza. Lo sarò sempre. Farò rapporto alla Cittadella. Lascerò che siano loro a decidere se credere o meno alla tua storia.
Una volta pronunciato quel discorso pieno di stupidaggini e di inutile retorica Kaidan si era voltato per andarsene. E nonostante tutto lei si era illusa di poterlo ancora convincere che era in errore.
- Avrei bisogno di qualcuno come te nel mio equipaggio, Kaidan. Sarà come ai vecchi tempi.
- No, non credo. Non lavorerò mai per Cerberus. Arrivederci Shepard e fa' attenzione.


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Dopo essersi ripetuta più volte quel disgraziato dialogo che non aveva portato a nulla di buono, decise di chiamare Garrus, per cercare di comprendere cosa diavolo avesse sbagliato su Horizon.
Appena varcata la soglia della cabina, il turian se la trovò davanti con due bicchieri di vino fra le mani e la richiesta di tenerle compagnia.
Prese il bicchiere, ma lo poggiò su un ripiano, poi si sedette sulla prima sedia a portata di mano - Tutta la compagnia che desideri, ma il brindisi lo eviterei volentieri perché i vostri intrugli umani hanno una vasta gamma di effetti poco piacevoli sui turian, che vanno dal vomitare in giro per la stanza al cadere svenuto sul pavimento…
Incoraggiato dalla certezza di aver colto l’ombra di un sorriso, proseguì in tono serio e deferente - Però puoi bere anche il mio, comandante: in caso di necessità ti porterò sul letto e ti toglierò le scarpe. Poi chiuderò la stanza e mi accerterò che nessuno venga a disturbarti.
Shepard rise divertita al ricordo dei postumi della sbornia al Dark Star, ma tornò subito seria mentre domandava a bruciapelo - Vakarian, dimmi perché hai accettato di far parte del mio equipaggio.
- Perché me lo hai chiesto.
- Non ci hai dovuto pensare neppure un attimo? Non hai avuto dubbi? Hai visto la divisa di Cerberus e non ti sei chiesto se fossi impazzita? Non hai pensato che avessi tradito l’Alleanza? - insistette lei, continuando a guardarlo dritto negli occhi, probabilmente per essere certa che lui rispondesse con sincerità.
- Comandante, dentro quella divisa c’eri tu. Quindi non mi sono fatto domande idiote.

Passò qualche secondo di silenzio, quindi Shepard si alzò dalla sedia pronunciando un - Va bene, ho capito - che era anche un congedo. Il turian però restò seduto, pensando a cos’altro potesse aggiungere, perché qualcosa gli stonava.
- Grazie Garrus, puoi tornare alla batteria primaria. E’ stata una domanda stupida - insistette lei, facendo così capire che voleva rimanere sola.
- Ascolta, Shepard: tu non volevi parlare con me. Mi sono espresso male: volevi parlare con me, ma non di me - affermò impulsivamente, pasticciando con le parole. Si alzò dalla sedia, le porse il proprio bicchiere ancora pieno e le chiese di tornare a sedersi.
- Non c'è bisogno di parlare di noi due. Sai bene che se fossi stato io a venirti a chiedere aiuto, divisa di Cerberus o meno, tu avresti accettato senza farmi domande. Avresti visto me, non l’uniforme, così come io ho visto il mio vecchio comandante, non quello stupido logo - le spiegò con calma.
Fece una pausa, guardandola scolarsi tutto il bicchiere in un solo sorso, le versò ancora del vino dalla bottiglia appoggiata sul tavolino e si rimise seduto.

- Però non poteva funzionare con Kaidan - aggiunse bruscamente, anche se non si sentiva affatto a suo agio a parlare dei comportamenti e usi di una razza aliena che, tranne poche eccezioni, non gli andava molto a genio, sotto diversi punti di vista.
Shepard ebbe un sussulto involontario, ma restò in attesa delle parole seguenti.
- Non deve essere stato facile per lui. Può anche darsi che gli fosse giunta voce che tu fossi viva, ma vederti spuntare lì all’improvviso, come una sorta di fantasma, deve averlo turbato parecchio. Quando si è reso conto che indossavi l’uniforme di uno dei più formidabili nemici dell’Alleanza e che gli stavi addirittura proponendo di unirsi al tuo equipaggio su una nave di Cerberus, beh... ha perso completamente la testa - le spiegò in tono che sperò suonasse convincente, anche se non era affatto sicuro di poter comprendere un cervello umano e, in special modo, un cervello strano come quello del comandante Alenko.
- Cosa ti aspettavi? - aggiunse retoricamente, fermando con un gesto deciso Shepard che aveva aperto la bocca per rispondere.
- Fammi finire. Kaidan non è riuscito a gestire tutte quelle realtà in un solo colpo, né a convivere con i sentimenti contrastanti che provava: gli hai tirato un pugno alla bocca dello stomaco. Al tuo uomo occorrerà del tempo per riprendersi, per elaborare quanto è accaduto e per trovare un certo equilibrio: si è trovato di fronte una persona in cui non ha saputo riconoscerti.
- Non sentirti in colpa per quello che hai detto o per il modo. Sono certo che nessun discorso l'avrebbe convinto a unirsi a noi. Temo che dovrai aver pazienza - concluse infine, sentendosi stremato dal lungo discorso e anche seccato per essersi dovuto immischiare.
“Mi sono ridotto a fare l’avvocato difensore di Kaidan...” pensò con un certo disgusto. Al posto di Shepard non avrebbe resistito a lungo prima di mollare un pugno al neo comandante, ma adesso doveva cercare di farle ritrovare una certa serenità affinché la loro missione disperata avesse una qualche probabilità di successo.

Dopo qualche minuto di silenzio lei cominciò a parlare, ma sottovoce, in tono monocorde e senza guardarlo, tanto che non Garrus non capì se si stesse rivolgendo a lui o se parlasse a stessa.
- Forse il tempo che ci è stato concesso sulla SR1 è stato troppo breve perché capissimo cosa realmente sentivamo l'uno per l'altra. Ho sempre pensato di aver amato Kaidan. E fino a poche ore fa avrei detto che lo amavo ancora, ma adesso non ne sono più sicura. Quella persona che ho amato forse non è mai esistita, o forse è cambiata in questi anni di lontananza.
- L’avrei voluto a bordo, però. E’ un bravo soldato. E poi non mi sono rimasti molti amici e ne sento la mancanza, qualche volta... - concluse stancamente.
- Hai già radunato degli ottimi elementi per questa nostra avventura disperata. E ne troveremo altri. E quanto al resto... esistono molti uomini che ti adorerebbero, se solo glielo permettessi... E dubito che tu non lo sappia - la rassicurò Garrus alzandosi dalla sedia e avviandosi verso l'uscita.
L’ultima frase pronunciata da Shepard gli giunse alle orecchie proprio mentre stava aprendo la porta - Ultimamente mi ritrovo a pensare che forse gli umani non vanno tanto bene per una come me. Tu cosa ne penseresti di un turian per esempio?…
Questa fucilata sparata a bruciapelo lo sconcertò assolutamente. Fece finta di non aver sentito ed uscì il più rapidamente possibile chiudendosi la porta alle spalle.
Poi, mentre si avviava verso la postazione della batteria primaria, si sorprese a pensare “Spiriti, comandante! Sei un’umana… Che idea assurda! Come si può trovare attraente un’umana?”.
Si ritrovò a girovagare per la nave, senza una meta precisa. Alla fine si fermò a guardare le stelle fredde e lontane che brillavano tranquille, con l’aspetto di sempre, al di là di uno dei finestrini vicino all’infermeria.
“Sono belle” pensò, senza capire che stava semplicemente cercando ostinatamente qualcosa di immutabile e saldo in un universo che sembrava sul punto di essere mandato in pezzi dall’esplosione di una supernova.
Provò a ripensare al tono con cui il comandante aveva pronunciato quella frase assurda. Era stato stupido a non girarsi per spiarne il volto. Magari avrebbe scorto un sorriso divertito e un po’ ironico, uno sguardo malizioso e canzonatorio... e si sarebbe tranquillizzato. Le avrebbe perfino dato corda. Invece era scappato come un codardo e ora si macerava nei dubbi.
Provò a figurarsi scenari irreali che in parte lo fecero sogghignare e in parte lo turbarono e lo riempirono di sgomento fino a quando il pensiero “Forse era solo ubriaca” lo tranquillizzò.

Si girò di scatto per tornare verso la batteria primaria e si scontrò contro Mordin, che aveva una pila di cartelle mediche fra le mani e non si era accorto della presenza del turian.
Nell’urto involontario si sparsero a terra tutti i datapad che finirono qua e là nel corridoio.
- Come mai qui? Cercavi me? - domandò il salarian mentre entrambi si chinavano a raccogliere le cartelle cadute.
Lui rispose - No, no. Stavo tornando alla mia postazione: devo sistemare la calibratura di uno dei cannoni della Normandy. Calibrare un cannone gigante è una passeggiata rispetto a quello che ho passato di recente: mi rilassa, mi dà qualcosa su cui concentrarmi.
- Interessante. Livelli ormonali fuori parametri standard. Non è segnale di rilassatezza - osservò il salarian analizzando Garrus con il suo factotum - Pensare a cannoni ti fa questo effetto? - chiese Mordin incuriosito, dopo aver studiato le letture.
- Magari sono i salarian a farmi questo effetto, dottore... - replicò Garrus che non riuscì a trattenersi dal pronunciare quella battuta idiota, così come gli capitava spesso quando era teso o preoccupato, mentre in realtà il suo unico desiderio impellente era quello di rifugiarsi nella batteria primaria.
Mordin lo guardò inclinando la testa di lato, poi la scosse energicamente - Ringrazio per apprezzamento. Non sono interessato - concluse entrando nell’infermeria.

Nel frattempo Shepard rimuginava su quello che aveva detto a Garrus mentre il turian stava uscendo dalla sua cabina. Si sentiva ancora stupita dalle sue stesse parole, nonostante la rilassatezza indotta dal vino, e continuava a chiedersi se fosse stato solo l’alcool a spingerla ad esprimere ad alta voce quel pensiero che non aveva mai formulato in maniera così chiara.
“E’ uscito senza dire nulla, anche se probabilmente ha sentito e ha capito benissimo. Ma domani, a mente sobria, entrambi potremo far finta di nulla…” provò a razionalizzare nel tentativo di calmarsi.
Poi si chiese cosa potesse mai pensare ora Garrus e se lo immaginò con gli occhi strabuzzati e la cresta ritta in testa. Scoppiò in un riso che era in parte sincero e in parte disperato, come una sorta di valvola di una pentola a pressione troppo arroventata.
“Devo confessarmelo: sono veramente ubriaca” fu la constatazione successiva, mentre continuava a ridere senza riuscire più a fermarsi, fino a quando le lacrime di rabbia cominciarono a scorrere copiose e il riso diventò un susseguirsi di singhiozzi.

Quando si risvegliò, qualche ora dopo, si accorse di essere ancora vestita e sdraiata di traverso sopra le coperte. La testa le pulsava in modo doloroso e si sentiva confusa e stordita. Dopo qualche secondo si rese conto dei colpi bussati alla porta e le venne il dubbio che non fosse quella la prima volta in cui qualcuno provava a svegliarla quella mattina.
Si alzò con lentezza, cercando di non acuire il dolore lancinante che le cerchiava il capo, e andò ad aprire. Si trovò davanti proprio Garrus che le mise in mano una tazza di caffè fumante mentre con l’altra mano le porgeva un paio di pasticche.
- Ho detto alla dottoressa Chakwas che avevi mal di testa, e la tua espressione mi fa capire che ho colto nel segno - le disse con un’aria divertita.
Poi proseguì - Non pensare a Horizon e guarda avanti: dobbiamo ancora finire di radunare un equipaggio, dobbiamo rinforzare difese e armamenti della Normandy e, tanto per non annoiarci, dobbiamo capire come si possa sopravvivere al passaggio dentro il portale di Omega 4.
- Poi, se riusciamo a passare indenni, dobbiamo solo sconfiggere i Collettori e… ahhhh, dimenticavo: dobbiamo stare attenti a non farci fregare dalle subdole manovre dell’Uomo Misterioso e a non inimicarci del tutto l’Alleanza… Come vedi, hai solo l’imbarazzo della scelta.
Pronunciata quest’ultima frase, Garrus uscì dalla cabina aggiungendo solo - Ci vediamo dopo, comandante.

“Ha ragione, abbiamo troppe cose da fare e troppo poco tempo per farle: devo restare lucida e concentrata. E l’incontro con Kaidan è troppo recente perché io capisca bene se provo ancora qualcosa per lui o se si tratta di un capitolo ormai chiuso” ragionò freddamente mentre si lavava per poi indossare un’uniforme pulita.
Mentre beveva le ultime gocce di caffè, decise che si sarebbe diretta verso il supporto vitale: su Horizon Thane si era dimostrato capace di interagire al meglio con Garrus e con lei. Sarebbe diventato il terzo uomo della sua squadra, ma prima voleva conoscerlo meglio.
Sapeva che non sarebbe stato semplice vincere la naturale ritrosia di quello strano drell e guadagnarsi la sua fiducia, ma tutta la sua carriera si fondava sulle vittorie riportate in imprese ritenute impossibili.
Prima di varcare la soglia il suo sguardo cadde sulla fotografia di Kaidan. Sorrise brevemente prendendola dal ripiano.
- Non hai capito nulla, razza di idiota - lo accusò in tono aspro - Ma non perderò del tempo giustificarmi con te: ho altre cose di cui occuparmi.
Voleva passare da Thane e poi da Grunt e Jack. E voleva anche reperire qualche ulteriore informazione sulle justicar, visto che una di quelle asari sarebbe potuta diventare a breve un altro membro del suo equipaggio.

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Capitolo 8
*** Dissonanze ***


8. *DISSONANZE*

Dies irae - Mozart



Quando varcò la porta della sua cabina, al ritorno della missione in cui aveva reclutato Tali, Shepard si diresse verso l’armadio per prendere l’uniforme che era solita indossare a bordo della nave, ma si bloccò passando davanti all’acquario che occupava buona parte della parete di sinistra. Rimase a fissare l'inatteso spettacolo che le si presentava davanti agli occhi con la testa inclinata da un lato e un’espressione perplessa sul viso, poi si avvicinò al comunicatore fissato sulla parete opposta.
- Garrus? - chiese mettendosi in contatto con la batteria primaria - cosa sai dei pesci che nuotano nella mia cabina?
- Come, scusa? Non credo di aver capito… - le rispose il turian, anche lui appena rientrato dalla missione, mentre continuava ad occuparsi della manutenzione delle armi che aveva usato quella mattina.
Shepard selezionò il canale di trasmissione con l’intero equipaggio a bordo della Normandy e scandì la frase - Qui Shepard: chi ha messo i pesci nell’acquario si presenti nel mio alloggio. Su-bi-to.
- Uhm… comandante... davvero non so nulla di pesci - fu la sola risposta che le arrivò, sempre dalla batteria primaria, mentre lei si chiedeva perché diavolo le fosse venuto in mente che potesse essere stato Garrus.
Non rispose, limitandosi a girare su stessa per fissare nuovamente l’acquario, questa volta con aria truce.
- Mica penserete che io mi occuperò di voi, spero… - dichiarò socchiudendo gli occhi con aria minacciosa.

Pochi secondi dopo sentì un lieve bussare e si avviò a passo deciso verso la porta della cabina, preparandosi a fronteggiare il responsabile di quell’omaggio indesiderato.
- Kelly? - chiese stupita, facendo un passo indietro affinché l’ufficiale potesse entrare.
- Non ti piacciono, Shepard? Non li trovi rilassanti? - domandò a sua volta la Chambers in tono incerto.
- No, affatto. Come diavolo ti è venuta in mente un’idea tanto stupida?
- La dottoressa Chakwas pensa che possano migliorare le tue condizioni di salute. E a questo punto Kelly si zittì e cominciò a indietreggiare, lanciando occhiate preoccupate all’aura blu che stava ricoprendo le mani del comandante.
- Io-non-sono-malata - scandì Shepard, avvicinandosi minacciosamente.
- La pet therapy, detta anche zooterapia, non è una vera e propria terapia medica - osservò la voce metallica di IDA - ma è notoriamente utile per migliorare le condizioni psicologiche ed emotive di individui in condizioni di stress.
Shepard diresse uno sguardo aggressivo verso l’altoparlante, mentre la voce continuava imperterrita - La pet therapy si dimostra particolarmente valida nei casi in cui il soggetto non dimostri una collaborazione spontanea con il proprio medico e…
- IDA… stacca i tuoi terminali dalla mia cabina o giuro che ti disattivo - ringhiò il comandante prima di voltarsi per fronteggiare Kelly.
- La nave mi offre nozioni mediche non richieste, la dottoressa esegue esami diagnostici superflui e la psicologa di bordo mi riempie la cabina di stupidi pesci. Vuoi spiegarmi?
Kelly fece un cenno affermativo con il capo pensando che quella giornata l’avrebbe ricordata a lungo: se la visita effettuata nel ponte inferiore della sala macchina le aveva procurato uno stato di stress non indifferente, la visione del comandante che le teneva addosso quegli occhi verdi come se il suo solo desiderio fosse quello di catapultarla fuori dal portellone della Normandy era decisamente più preoccupante.
- Nell’ultima settimana avrai perso almeno due chili e fai evidentemente fatica a dormire, come si nota dalle tue occhiaie - le rispose, sperando che il comandante avrebbe apprezzato la sua sincerità.
- E i pesci?
- Beh, nella pet therapy…
- Non voglio più sentire pronunciare quelle due parole! - la interruppe Shepard alzando l’indice della mano destra in segno di chiaro avvertimento.
Kelly fissò la luce blu che pulsava attorno a quel dito, deglutì e continuò - I pesci sono un ripiego, in realtà… Cani, gatti e cavalli sarebbero stati più utili, ma…
- Per favore… non continuare… - la interruppe Shepard a cui era passata fugacemente per la testa l’immagine di quegli animali a zonzo per la sua Normandy.
- In ogni caso mi sono consultata con Gardner e mi sono accertata che le specie ittiche scelte fossero commestibili.
- Stai scherzando? - esclamò il comandante spalancando gli occhi.
- No… Ho cercato di dire alla dottoressa Chakwas che non avresti gradito questi pesci nella tua cabina, ma lei ha insistito tanto… così alla fine ho pensato che potevi considerarli come… ehm… provviste alimentari?
Shepard la fissò per qualche secondo: Kelly aveva il viso teso eppure sembrava che stesse debolmente sorridendo. Le venne da sorridere a sua volta e in pochi secondi le due donne si trovarono a ridere apertamente. Ogni volta che il loro sguardo si incrociava venivano colte da un nuovo attacco di risate, fino a quando Shepard si asciugò le lacrime con la manica dell’uniforme e commentò con debole disappunto - Moriranno di fame, povere bestie.
Poi riattivò i terminali di IDA, mentre Kelly si avviava verso l’uscita, sollevata per essersela cavata così a buon mercato.
Una volta pigiato il pulsante di apertura della porta la Chambers si volse verso il comandante e le confessò - Come ti ho detto… i pesci sono solo un ripiego… la Chakwas puntava su quello… - indicando la mensola sulla parete opposta rispetto all’acquario, prima di slanciarsi fuori dalla cabina.
Venne raggiunta dall’esclamazione rabbiosa - Un topo! - che si propagò per l’intero ponte uno e stagnò a lungo nel vano dell’ascensore in cui Kelly si era prontamente rinchiusa.
- Trattasi di Phodopus sungorus, anche detto criceto siberian… - riuscì a precisare IDA prima che il suo terminale venisse nuovamente staccato.

Una volta che Kelly fu uscita, Shepard si diresse verso lo specchio del bagno per affrontare la sua immagine: anche se il criceto e i pesci la innervosivano parecchio, riusciva a capire le preoccupazioni della dottoressa.
No, non aveva un bell’aspetto. “Ho bisogno di una pausa” pensò: erano giorni che dormiva male e si limitava a mangiucchiare qualcosa svogliatamente. I risultati erano davanti ai suoi occhi e non erano incoraggianti.
Nei giorni precedenti aveva reclutato Jack dopo un intenso scontro a fuoco sulla nave-prigione Purgatory e aveva combattuto aspramente su Korlus, contro mercenari dei Sole Blu e contro dozzine di Krogan artificiali. Come risultato di quelle due operazioni si ritrovava una biotica isterica, vestita quasi solo di tatuaggi, sul ponte inferiore della sala macchine, e un grosso Krogan artificiale in una capsula sigillata nella stiva della Normandy.
E la justicar che prossimamente aveva intenzione di reclutare su Illium sarebbe stata una presenza non meno inquietante, almeno a quanto aveva imparato su di loro. Perfino Joker aveva commentato - Oh, e così avremo un altro pericoloso alieno a bordo, comandante. Grazie. Perché non puoi semplicemente collezionare monete o piastrine commemorative?
Oltre alle preoccupazioni legate alla pacifica convivenza fra i membri di quello strano equipaggio (Jack e Miranda avevano avuto un alterco condito da schianti biotici a bordo), c’erano i tanti problemi connessi con la missione principale e che andavano dal procurarsi le tante risorse ancora necessarie alla necessità di reclutare altri combattenti. E a tutto questo si era aggiunta una serie di contrattempi che derivavano da richieste inaspettate. Gran parte della squadra aveva bisogno di aiuto per risolvere questioni personali e lei desiderava accontentare tutte quelle richieste, anche perché il viaggio attraverso il portale di Omega 4 sarebbe potuto essere di sola andata. Ma non era solo questione di correttezza o di empatia: aveva bisogno di una squadra che potesse combattere nel miglior modo possibile, senza lasciarsi distrarre da problemi irrisolti.

La sera di qualche giorno prima, però, quando aveva chiesto a IDA di mostrarle la mappa galattica evidenziando tutte le destinazioni in programma, si era sentita prendere dallo sconforto: la Normandy avrebbe dovuto fare il giro dell’intera dannata galassia prima che lei riuscisse a spegnere tutte le stramaledette luci accese su quello schermo.
“Tutti mi vedono come il sacro simbolo di non capisco cosa e nessuno immagina che anche io possa sentirmi terribilmente stanca. Non riesco ad avere una vita quasi normale neppure fra uno scontro e un altro…” si era confessata sommessamente prima di mettersi a dormire, ripetendosi la formula magica che la faceva andare avanti sempre, quali che fossero gli ostacoli che si frapponevano fra lei e la conclusione della missione: “Ho perso tanti compagni in questa guerra. Li ricordo meglio di chiunque altro e non permetterò mai che le loro morti siano state vane”.

Quella stessa notte aveva sognato per la prima volta quel maledetto incubo che temeva più della mancanza di sonno.
Si era ritrovata a nuotare nel buio, senza capire quale liquido denso e colloso stesse attraversando il suo corpo, quando una prima mano le si era serrata sulla spalla, mentre una voce indistinguibile urlava il suo nome in tono disperato. Poi altre voci, tutte indistinte, e tante altre mani che le avevano afferralo le membra con forza angosciata, conficcandole le unghie dentro la carne.
Ogni volta, nel sogno, lottava per sostenere se stessa e quelle sagome vaghe, cercando di tenersi a galla in quel liquido viscoso; ma il corpo si appesantiva inesorabilmente, le forze si esaurivano e lei si inabissava con tutte quelle dita serrate addosso, che la frenavano inesorabilmente e la trascinavano con loro.
Si era svegliata con i polmoni contratti e doloranti e una fame d’aria che non era riuscita a placare prima di tre o quattro respiri profondi. Si era alzata dal letto sapendo che per quella notte non avrebbe più provato ad addormentarsi. Ma due giorni dopo quell'incubo si era ripetuto e poi ancora e ancora, fino a quando la necessità stessa di dormire le appariva ormai terrificante.

Cinema Paradiso



Quella sera non se la sentiva di correre il rischio di rivivere ancora quel sogno. Si passò una mano sotto gli occhi nell’inutile tentativo di cancellare le occhiaie, poi uscì quasi di soppiatto dal suo alloggio e si diresse verso il salone. Stava stappando una bottiglia di birra batarian quando sentì aprirsi la porta.
Alzò lo sguardo, sentendosi colpevole come un bambino che rovista di nascosto nel barattolo dei biscotti, ma tirò un sospiro di sollievo nel vedere che si trattava di Garrus: fra i tanti che potevano sorprenderla in flagrante, lui non rappresentava certo una minaccia.
- Mi tieni compagnia?
Garrus annuì prendendo una bottiglia con un liquido verdastro.
- Che roba è quella? - gli chiese incuriosita.
- Niente di buono per un’umana, ma un brindisi possiamo farlo lo stesso - le rispose strizzando uno dei suoi occhi celesti in segno di intesa.
- A Kaidan? - chiese il turian con curiosità, mentre le due bottiglie si toccavano lievemente emettendo un debole tintinnio.
- No, a un maledetto incubo che mi toglie la voglia di dormire - rispose lei aggiungendo - ma nemmeno io so a chi tu voglia brindare - certa che Garrus non fosse venuto lì solo per guardare le stelle dalla finestra panoramica, ma con la voglia di affogare qualcosa nell’alcool.
- A Sidonis… - spiegò lui guardandola in faccia, sorprendendosi nel vederla così pallida e smagrita, con gli occhi cerchiati e opachi. Negli ultimi giorni viveva rintanata nel suo alloggio e lui la incontrava solo in missione, quando indossava già il casco. - Ma questo è tutto quello che saprai. Non ho voglia di parlarne, comandante. Tienimi solo compagnia - aggiunse d’impulso, anche se avrebbe voluto raccontarle che forse aveva trovato quel maledetto traditore e che aveva bisogno del suo aiuto per incastrarlo.
I primi due brindisi furono accompagnati solo dal silenzio, mentre ognuno di loro rimuginava sui motivi che li avevano portati in quel salone, fissando distrattamente una nebulosa che occupava buona parte della grande finestra.
- Parlami di quello che ti preoccupa, comandante. Magari così evitiamo che io ti debba portare di peso fino nella tua cabina - la esortò Garrus dopo qualche altro minuto di silenzio, sedendosi comodamente sul divano e invitando il comandante a fare altrettanto.

- Questa dannata missione talvolta mi sembra impossibile: ho troppe cose da fare e poche persone su cui contare - confessò lei, perché l’alcool era riuscito a far breccia nella corazza che indossava abitualmente. Una volta pronunciata questa frase in un solo respiro, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e nascose il viso fra le mani aperte.
- Hai almeno un paio di assi segreti nella manica: un grosso Krogan guerrafondaio, e probabilmente fuori di testa, in una capsula di stasi, e una micidiale biotica che è fuori di testa, senza probabilmente, nella stiva… - fu la risposta in tono quieto e lievemente ironico.
Shepard alzò il viso sorridendo a sua volta, ma la sua espressione tornò subito seria e pensosa. Si alzò e andò a prendere un’altra bottiglia dal bancone bar, poi si diresse verso la grande finestra e posò la fronte sull’avambraccio appoggiato contro il vetro.
Per un attimo Garrus provò l’impulso di stringerla forte fra le braccia per rassicurarla e le si avvicinò fino quasi a sfiorarla. Poi il pensiero “Sei completamente ubriaco, Vakarian, lo sai? Lei è il tuo comandante… ed è pure un’umana…” lo paralizzò e il turian fece dietrofront e andò a versarsi un bicchiere di liquore.

- E se oggi pomeriggio facessimo qualcosa di assolutamente fuori dagli schemi, qualcosa di pazzesco, che non potremo mai dimenticare? - chiese dopo aver finito di bere, calcando bene gli accenti, in modo da farle comprendere che stava per proporle un’idiozia colossale. Sapeva solo di non volerla lasciare lì da sola, immaginando che si sarebbe ubriacata completamente, senza per questo sentirsi meglio.
- Va bene, Vakarian, cosa proponi? - fu la replica incoraggiante.
- Potremmo starcene qui sul divano a guardare un olofilm su questo grande schermo che non usiamo mai - le propose con tono divertito.
- Sono anni che non lo faccio! - esclamò Shepard dopo un istante di stupore silenzioso, meravigliandosi lei per prima che le cose stessero effettivamente in quel modo - Una serata passata a guardare un film… E' una cosa così banale… Magnifica!
Garrus non poteva sapere quale significato profondo potesse avere quell’invito per il comandante, ma non avrebbe potuto proporre niente di meglio. Per un breve istante lei si rivide adolescente, quando viveva di piccoli furti e sotterfugi, nascosta negli antri più bui di una squallida città terrestre, timorosa degli agenti di sicurezza quasi più che dei criminali dei bassifondi. Allora i cinema erano la sua unica gioia ed erano state proprio le storie osservate da quegli schermi che avevano determinato il suo riscatto da una vita di miseria e di degradazione e l'amore per le navi spaziali.

Shepard chiese a IDA di trasmettere sullo schermo gigante uno dei film d’azione più recenti e si sedette vicino a Garrus, sul morbido divano in pelle.
Via via che le immagini scorrevano sul video, si sentì avvolgere da una sensazione di rilassatezza che eliminò ogni tensione e tutte le preoccupazioni residue, fino a quando si addormentò inavvertitamente, appoggiandosi contro il fianco del turian e reclinando la testa sulla sua spalla.
Garrus continuò a guardare quanto avveniva sullo schermo, senza capire molto della trama, distratto com’era da quella strana situazione che lo metteva leggermente in imbarazzo, fino a quando Shepard fece un movimento brusco ed emise una specie di lamento, senza però svegliarsi.
In quella mossa improvvisa, la bacchetta che le tratteneva i capelli si impigliò in uno dei fermagli dell’uniforme del turian e un’improvvisa cascata rosso mogano gli si riversò sulla spalla e sul petto. Smise di guardare il film, sorridendo involontariamente nel vedere quanti fossero, stupito dalla loro inattesa lunghezza e dal profumo che emanavano.

Sollevò lo sguardo verso la finestra di fronte e il vetro gli restituì un’immagine inattesa: il comandante con i capelli sciolti sembrava poco più adulta di un’adolescente. Alzò la mano sinistra per sfiorarli. Era la prima volta in cui toccava dei capelli umani e sorrise affascinato: erano serici e morbidi, ma resistenti, nonostante fossero tanto sottili. Passò lungamente le dita in quella cascata stando attento a non svegliarla, poi non resistette all’impulso di risalire, come attraversando la corrente di un fiume incantato con le dita, fino ad arrivare a sfiorarle la cute vellutata.
Shepard emise un gemito e abbandonò il capo contro la mano aperta del turian, che istintivamente glielo sorresse fino a ritrovarsi la nuca del comandante appoggiata contro il petto.
Notò una lacrima segreta, annidata nell’angolo del suo occhio serrato nel sonno, ma non osò asciugarla per paura di poterla svegliare. Si sforzò invece di trovare una posizione comoda, che gli consentisse di sostenerle il capo senza sforzo e alla fine riuscì a rilassarsi contro lo schienale, con il gomito sul bracciolo del divano e il braccio sinistro ripiegato, per accogliere la testa di Shepard che continuava a dormire contro il suo petto, emettendo solo qualche lieve mormorio isolato.

Restò immobile, anche dopo che i titoli di coda smisero di scorrere sullo schermo, concentrandosi sui ricordi di Sidonis e pregustando la gioia che avrebbe provato nel premere il grilletto del suo fucile e nell’assaporare il contraccolpo dello sparo che avrebbe posto fine al dolore che lo attanagliava da mesi, fino a quando tornò al presente per l'improvviso spalancarsi della porta del salone.
Avvicinò l'indice della destra alla bocca per fare segno a chi stava entrando di non far rumore, ma il lieve sibilo della porta fu sufficiente a svegliare Shepard, che sussultò di sorpresa nel ritrovarsi fra le braccia di Garrus e arrossì vistosamente alla vista di Kasumi che, appena varcata la soglia, sgranò gli occhi con genuina sorpresa, prima di arretrare rapidamente con una risatina divertita.
Shepard mormorò - Mi spiace... mi sono addormentata - ritraendosi velocemente con aria turbata e il viso rosso quasi quanto i suoi capelli, ma Garrus si limitò a sorriderle, divertito dal suo evidente imbarazzo.
Qualche secondo dopo, però, fu il turian a scattare improvvisamente, alzandosi in piedi al nuovo dischiudersi della porta del salone.
Questa volta fu Jack a varcare la soglia per dirigersi decisamente verso il bancone bar, senza neppure dare un’occhiata in giro. Afferrò una bottiglia di liquore ed uscì dalla stanza senza pronunciare una sola parola o un vago gesto di saluto.
- Spiriti, comandante - esclamò Garrus appena rimasero di nuovo soli - forse sarebbe meglio vedere i film nella tua cabina.
Poi, mentre si stava sedendo nuovamente sul divano, notò un’espressione divertita sul suo viso e le lanciò un’occhiata interrogativa alla quale il comandante replicò maliziosamente - Mi chiedo se sia una proposta: nella mia cabina davanti alla tv non c’è un divano, ma il letto
- Se la mia compagnia ti fa venire così tanto sonno... - rispose, cercando di ritrovare un contegno dignitoso, nonostante tutto il suo collo fosse diventato intensamente blu.

Pochi minuti più tardi, dopo essersi legata nuovamente i capelli con un gesto rapido e sicuro, il comandante si avviò verso la porta del salone, ma Garrus si trattenne ancora nella stanza, con la scusa di lavare i bicchieri, ma in realtà per non doversi trovare insieme a lei dentro la cabina dell’ascensore.
Prima di varcare la porta Shepard si voltò verso il turian.
- Grazie, Garrus. E’ stata una bella serata.
- Sempre a tua disposizione, comandante - rispose lui senza alzare la testa dai bicchieri, sentendosi ancora un po’ a disagio e un po’ confuso.

Una volta arrivata nel suo alloggio, mentre si stava preparando per andare a dormire, Kasumi bussò lievemente alla porta di Shepard chiedendo il permesso di entrare.
- Ehi, Shep. Mi dici com'è baciare un turian?- esordì non appena varcata la soglia.
- Scusa?
- Beh, sai... Non hanno delle vere labbra. Non riesco a immaginare cosa si possa provare - insistette lei, per nulla turbata dal sincero stupore del comandante.
- Questo scherzo mi pare eccessivo, perfino per te.
- No, no. Non è uno scherzo, sono solo curiosa: non ci sono proprio notizie in proposito. Ho controllato anche su extranet.
- Sei impazzita, per caso?
- In realtà Kasumi ha ragione - intervenne IDA - Non sono noti casi di relazioni romantiche fra le razze umane e turian.
- Non sono noti perché non ce ne sono. Neppure su questa nave. E ora fuori da qui! - gridò contro Kasumi in preda ad un attacco di rabbia che non aveva alcuna voglia di controllare.
- E quanto a te, IDA... - continuò a ringhiare senza abbandonare con lo sguardo la lenta ritirata della ladra giapponese, apparentemente solo divertita dalle sue reazioni.
- La ascolto, comandante... - la incitò la IA con un tono che non nascondeva una certa curiosità.
- Voglio che i tuoi terminali maliziosi e ficcanaso restino lontani dalla mia persona!
- Questo non posso farlo. Ne andrebbe di mezzo la sicurezza di bordo - replicò lei con voce tranquilla. - Ma può ordinarmi di disattivarli per un limitato periodo di tempo – aggiunse poi, decidendo che le nozioni di psicologia umana di cui disponeva sconsigliavano di farle notare come i suoi terminali non potessero essere definiti né maliziosi, né ficcanaso.

Una volta che la quiete tornò ad albergare nella cabina, Shepard si rese conto di non riuscire a togliersi dalla testa l'immagine della bocca di Garrus e la curiosità di sapere cosa si sarebbe mai potuto provare nell'appoggiarci sopra le labbra. “Non ho alcuna intenzione di baciarlo, questo è ovvio” si rassicurò scuotendo il capo come se stesse cacciando un insetto fastidioso che si ostinasse a ronzarle attorno, ma dovette ammettere che non le riusciva di liberarsi da quei pensieri ostinati ed invadenti.
Dopo qualche minuto decise che il suo tempo era troppo prezioso per concentrarsi su questioni irrilevanti e si mise a raccogliere informazioni su Haestrom da diverse fonti extranet, soffermandosi ad analizzare le caratteristiche del suo dannato sole, che avrebbe causato notevoli problemi agli scudi protettivi delle armature non appena fossero sbarcati.

Una volta uscito dal salone Garrus era andato invece a farsi una doccia bollente nel bagno riservato al personale maschile. Non si era diretto immediatamente verso il letto, nonostante l'ora ormai tarda, perché era certo che non sarebbe riuscito ad addormentarsi. L'inspiegabile impulso di stringere il comandante fra le braccia, di passarle le dita fra i capelli, di annusare l’odore della sua pelle umana lo aveva sconcertato.
Più tardi, nella penombra accogliente della batteria primaria, ascoltando il rassicurante ronzio dei macchinari, i pensieri del turian scivolarono di nuovo verso la serata appena trascorsa, nonostante fino a quel momento si fossero invece focalizzati sulla gioia inaspettata di sapere che Sidonis non sarebbe più sfuggito alla sua vendetta. Nonostante quella rassicurante certezza, tornò a sentirsi irrequieto e si rigirò più volte cambiando posizione, ma senza trovarne una che gli consentisse di addormentarsi.
Alla fine si arrese e si tirò su a sedere sul materasso appoggiando la schiena contro la parete metallica. Aprì il portatile e si mise a lavorare ad un algoritmo di calcolo fino a quando gli occhi gli si chiusero da soli: scivolò nel sonno senza neppure rendersene conto.

IDA tornò a sbirciare nella batteria primaria ancora una volta con la sua piccola telecamera posizionata nell'angolo destro, regolò la temperatura ambientale, abbassò le luci al minimo e infine si ritrasse da quella stanza. Nello stesso tempo azionò i sensori nella cabina del comandante, ne avvertì il respiro regolare e si azzardò ad aprire un occhio anche in quell'ambiente, azionando la minuscola telecamera vicina all'acquario. Vide Shepard riversa sulla poltrona, con il capo appoggiato sulla scrivania, una mano ancora sul portatile e l'altra abbandonata lungo il fianco. Allora regolò la temperatura ambientale, abbassò le luci al minimo e infine si ritrasse anche da quella stanza, gustando quella minuscola variazione di tensione nei suoi circuiti interni che aveva imparato ad assimilare al lieve sorriso degli esseri organici..

Nota
Rispetto alla stesura originaria, ho cambiato il colloquio fra il comandante e Kasumi, alla luce dei suggerimenti che ho ricevuto. Questa nuova versione mi sembra migliore e ringrazio di cuore.

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Capitolo 9
*** Un volto nel mirino ***


9. *UN VOLTO NEL MIRINO*

The Fog



- Dovresti dormire almeno qualche ora durante la notte - fu il rimprovero che le rivolse la dottoressa dopo aver letto i risultati delle analisi sul suo factotum.
- Dubito ci siano esami diagnostici capaci di rilevare cosa faccio nei miei periodi di riposo - fu la pronta risposta.
- Indirettamente sì. E comunque, IDA ha ricevuto l'ordine di tenerti d'occhio.
- L'ordine? E da chi, di grazia?
- Sono l'ufficiale medico di bordo, Shepard. Non serve che io ti ricordi il regolamento, suppongo.
- Non siamo più nell'Alleanza, dottoressa.
- Sprecherai solo il tuo tempo se cercherai di convincermi che adesso lavoriamo per Cerberus.
Il comandante non rispose: sapeva che la Chakwas poteva essere di una risolutezza pari alla sua. Si limitò a scrollare le spalle e si avviò verso la porta dell'infermeria, ma venne fermata da una mano che le strinse una spalla.
- Tieni. Prendine una prima di andare a letto - le ordinò Karin in tono autoritario, spingendole un flacone nella mano destra.
Shepard lo fissò con evidente sospetto e lo tenne fra le dita come se si trattasse di un orribile ragno peloso - Non prendo medicine.
- Certo, lo so. Tranne stimolanti, droghe leggere studiate per biotici e antidolorifici all'occorrenza...
- Questa giornata si preannuncia molto meno buona di quanto sperassi.
- Credo che tu non abbia idea di quanto potrebbe ancora peggiorare...
- Dimmi cos'è.
- Un tranquillante, ovviamente...
- Non alterarti, però - aggiunse rapidamente nel notare come la mano attorno al flacone si fosse arricchita di una vivace aura bluastra - La sua caratteristica fondamentale è che impedisce di sognare.
In realtà faceva in modo che il sonno fosse così profondo da rendere estremamente difficili i risvegli notturni, anche in caso di incubi. Era un farmaco che si usava in pazienti affetti da turbe mentali, ma la Chakwas sapeva che non c'era alcun bisogno di essere più specifici di tanto.
Lanciò un'occhiataccia a Mordin che si era avvicinato per vedere di quale medicinale si trattasse, ma gli fu riconoscente quando lo vide annuire con approvazione.
- Ho capito. Qui in infermeria si respira un'atmosfera prossima all'ammutinamento, a meno che io non prenda queste pillole. So che non me la state raccontando giusta, ma eviterò di approfondire la questione.
- Atteggiamento ragionevole. Hai cose più importanti a cui pensare - concluse il salarian accompagnandola alla porta.

Una volta uscita da lì rimase incerta per qualche secondo. L'ora di pranzo era passata da un pezzo e non aveva voglia di sedersi tutta sola a quel grosso tavolo. Ma la Chakwas non avrebbe approvato che arrivasse fino all'ora di cena completamente a digiuno. Lanciò uno sguardo irato verso le telecamere spione che tenevano sotto controllo quella zona e fece un sospiro rassegnato. Andò nella cucina, si versò una tazza di caffè amaro e prese una fetta di un dolce dall'aspetto quasi commestibile.
Finì entrambi prima di arrivare sul ponte di comando, dove Kelly Chambers l'avvisò che Garrus aveva chiesto di lei.
“Non ora” decise all'istante, ricordando il disagio provato qualche sera prima, quando si era addormentata sul divano vedendo un film e si era risvegliata fra le sue braccia. Non lo aveva più incontrato di proposito da allora; cosa non difficile, dato che viveva confinato nella batteria primaria. Non lo avrebbe incontrato neppure adesso perché non era dell'umore giusto: aveva troppi impegni e troppe cose su cui riflettere. Per questo erano due notti che non dormiva. Per questo e per quel dannato incubo.
Sarebbe andata nella batteria primaria alla fine di quella giornata, ma nel frattempo avrebbe utilizzato il tempo necessario per arrivare a Nos Astra (dove aveva intenzione di fare nuovi acquisti, incontrare la justicar e aiutare Miranda con sua sorella) per decidere la migliore rotta da seguire sulla base delle richieste avanzate da Jack, Zaeed, Thane, Mordin e Jacob. Doveva inoltre occuparsi di Grunt, che sembrava diventare sempre più irrequieto.

- Quanto manca, Joker? - chiese non appena mise piede sul ponte.
- Ci vorranno ancora un paio di ore per arrivare nell'orbita di Illium secondo i calcoli di IDA, se ti fidi di lei...
- Tu no?
- Non credo che tu abbia richiesto espressamente all'Uomo Misterioso di installare una IA sui computer di questa nave. E io neppure. La vecchia Normandy se la cavava benissimo anche senza questa... cosa che mi ricorda quando il portellone non è chiuso o mi dà altre raccomandazioni superflue, come se fosse mia madre.
- Non fa solo questo...
- Lo so, lo so. Sa fare cose strabilianti e più rapidamente di qualsiasi organico. E' multitasking lei... Ma bisogna essere folli per installare su una nave spaziale una cosa che ha quasi distrutto la civilizzazione galattica. E bisogna essere folli anche per tenersela a bordo, comandante.
- Ok. IDA, mi dici come sei riuscita a farlo arrabbiare così tanto?
- Il signor Moreau ha falsificato deliberatamente i rapporti di manutenzione.
- Non li ho falsificati, solo aggiustati. Arrotondo sempre i tempi necessari, così facciamo bella figura finendo prima.
- Non è niente di grave. IDA può chiudere un occhio - concluse Shepard nascondendo un sorriso, mentre ricordava come Kasumi le avesse fatto notare che quei due sembravano una coppia sposata.

Pensare alla maliziosa ladra giapponese le riportò alla mente anche il colloquio su Garrus e sui baci turian e bastò questo a irritarla leggermente e a spingerla a occupare la mente con questioni più importanti. Si diresse alla mappa galattica e fece illuminare tutte le destinazioni che le erano state richieste dai membri dell'equipaggio e quelle suggerite dai messaggi dell'Uomo Misterioso. Dopo aver stabilito una rotta di massima, decise di utilizzare gli ultimi scampoli del tempo rimasto prima dell'attracco per scambiare qualche parola con Tali. Senza neppure chiedere conferme a IDA si diresse verso il ponte macchine, sicura che la quarian si trovasse in quella stanza, per studiare i sistemi propulsivi della nuova Normandy.

Anche Garrus si trovava lì.
- Oh! Anche tu! Sei qui per me, comandante? Solo adesso mi rendo conto di quanto mi siate mancati... Tu, lui, Joker... Di quanto mi sia mancato tutto questo - osservò la quarian con la sua voce dolcissima e squillante, girando intorno a se stessa come abbracciando tutto ciò che la circondava.
- Dovresti essere ancora più lusingata dalla visita di Garrus. E' difficile che rinunci al suo isolamento - rispose ridendo.
- Stavo proprio per salutare la nostra amica e tornare alle mie solite calibrature – rispose lui impugnando il fucile a pompa che la quarian gli aveva appena consegnato per farselo mettere a posto. Ma prima di varcare la soglia aggiunse - Comandante... dopo, se non hai troppo da fare, mi farebbe piacere se passassi nella batteria primaria.
- Certamente, ma temo che dovrai aspettare qualche ora. A breve devo incontrare una justicar e vorrei che foste voi due ad accompagnarmi. Sarà bello tornare ai vecchi tempi - concluse con un sorriso, mentre il turian si avviava.

Non appena Garrus entrò nel suo santuario personale rimase perplesso nel trovarci la dottoressa.
- Mi cercavi?
- Sono passata a salutarti. Ogni volta che ti invito in infermeria, trovi un modo cortese per rifiutare.
- E' che ci sono un mucchio di cose da fare e il tempo a disposizione è sempre troppo poco.
- Vale anche per me. Per questo sono qui. Fra te e Shepard è una bella lotta.
Alla sua espressione confusa chiarì - L'unica cosa che vi convince a passare in infermeria è una pallottola rimediata sul campo di battaglia... e neppure sempre.
- So che sono due notti che non chiudi occhio - continuò poi, cercando di condire quell'affermazione con un biasimo evidente.
Il turian prese mentalmente nota di chiedere a Joker come si potessero disattivare le telecamere di IDA, ma si limitò a rispondere - Non avevo sonno. Tutto qui. Mi sento bene, dottoressa.
- Ti senti bene ora, ma presto il tuo organismo troverà il modo per far capire alla tua testa dura che invece non stai affatto bene. Su questa nave ognuno fa il proprio lavoro per portare a termine questa maledetta missione e se tu e Shepard avete voglia di rendere le cose più complicate di quanto lo siano già per conto loro, beh... sappiate che non ve lo permetterò. Spero di essere stata chiara.
“Decisamente lo sei stata. Spiriti, non ti avevo mai visto così arrabbiata. E' solo per me o anche per Shepard?” si chiese mentre pensava a come potesse rabbonirla.
- Cosa vuoi che faccia?
- Prendi una di queste prima di andare a dormire. E vacci... A dormire, intendo - tagliò corto mettendogli un flacone in mano e uscendo dalla stanza.

Molossus



“Facile a dirsi, ma molto meno a farsi” ragionò in silenzio, mentre il volto di Sidonis gli tornava a comparire ancora una volta davanti agli occhi: lo vedeva incorniciato nel mirino del suo fucile.
Da quando aveva trovato una traccia che conduceva al nascondiglio di quel turian, ogni volta che chiudeva gli occhi per dormire quell'immagine gli si presentava con insistenza e ovviamente il sonno svaniva immediatamente, sostituito da una rabbia profonda che divorava ogni fibra del suo corpo.
Lo aveva incontrato in uno dei vicoli di Omega, uno di quelli che più rassomigliavano ad una fogna a cielo aperto, in un livello inferiore dell'Afterlife. Un krogan arrabbiato lo aveva appena caricato per sfogare i suoi istinti combattivi e per sfoggiare la sua potenza con un vorcha ed un paio di umani che lo accompagnavano. Le divise che indossavano mostravano la loro appartenenza al Branco Sanguinario.
- Cerchi guai, vero? Beh, li hai trovati. Userò quel tuo stupido cranio per bermici una birra - stava gridando quel krogan fra una risata e un'altra.
Li aveva attaccati prima ancora di riflettere sulla tattica migliore e la piccola banda di teppisti era rimasta così stupita da quell'azione inaspettata da perdere il vantaggio dovuto al numero. Aveva messo fuori gioco i due umani con un paio di colpi del fucile d'assalto prima che gli altri si riavessero dalla sorpresa. A quel punto Sidonis si era avventato sul vorcha e lui sul krogan.
I lunghi mesi passati a combattere con Wrex nella stiva della Normandy si erano rivelati preziosi, specie perché quel tipo aveva solo la stazza del suo vecchio amico, ma non la sua stessa agilità e potenza e neppure la medesima prontezza di riflessi.
- Tu devi essere pazzo - l'aveva apostrofato il turian alla fine di quel combattimento, mentre si tamponava una ferita alla spalla. Ma si era subito messo a ridere aggiungendo - Mi piacciono i pazzi che combattono per le cause perse. E grazie, comunque. Mi chiamo Lantar Sidonis. Non so se ti devo solo l'integrità delle mie ossa o addirittura la vita.
Gli aveva offerto una bevuta in un deprimente locale lì vicino e si erano ritrovati a chiacchierare sulle condizioni di Omega, sul suo squallore, sulle ingiustizie a cui assistevano ogni giorno senza essere in grado di intervenire, la maggior parte delle volte.
- Eppure qui, in questa fogna, ci sono degli aspetti che apprezzo - aveva asserito con fermezza, ricordando le sue esperienze sulla Cittadella.
- Mah... io non vedo un solo lato positivo in tutto lo schifo che ci circonda - aveva replicato Sidonis con aria disgustata.
- Non esiste nessuna dannata burocrazia in questa stazione, non esiste un singolo ostacolo che tuteli i criminali e impedisca di ottenere giustizia.
- Non capisco cosa intendi. Questo posto pullula di delinquenti che nessuno può toccare e che si prendono tutto ciò che vogliono.
- Ma io posso fare qualcosa per impedirglielo. E tu anche. E non dovremmo rendere conto a nessuno delle nostre azioni, non dovremmo fare rapporto a superiori con le mani legate, né compilare inutili scartoffie. Potremmo agire direttamente. Su Omega non c'è nessuna autorità riconosciuta, tranne quella che si può conquistare con le proprie forze. Insieme potremmo fare in modo che questi bastardi ci pensino due volte prima di uccidere gente innocente per la strada.
- Temo che i problemi di Omega siano troppo grandi per noi. In un batter d'occhio le nostre teste ci verrebbero staccate dal resto del corpo.
- E questo è il motivo per cui ci servirà una squadra. Cominciamo a combattere contro le bande criminali e vedrai che in breve tempo ci sarà altra gente, brava gente, che chiederà di unirsi a noi.
- Sei ottimista.
- No, Sidonis, non si tratta di ottimismo. Funziona esattamente così, te lo assicuro. Io l'ho già visto succedere.

Certo che l'aveva visto succedere. Era esattamente così che Shepard era riuscita a radunare attorno a sé i combattenti migliori per la sua missione contro Saren e i Razziatori, ma anche contro i Consiglieri e tutti i politici e i burocrati che non avevano voluto crederle. Il comandante gli aveva insegnato molto e, anche da morta, gli continuava ad indicare una strada che valeva la pena di essere percorsa.
Non sarebbe mai stato in grado di continuare la sua battaglia contro i Razziatori, ma poteva seguire le sue orme e i suoi insegnamenti, sia pure in piccolo, su quella stazione orbitante. Omega era il posto perfetto, con tanta povera gente che aveva bisogno non solo di aiuto in caso di bisogno, ma anche di poter credere in qualcuno capace di opporsi ai criminali. E così era nato Archangel.
Non l'avrebbe mai scelto per soprannome, ma alla fine ci si era affezionato.
Era stata una coppia non più giovane, in visita su Omega per riabbracciare il figlio, ad essersi rivolta a lui usando per la prima volta quello strano appellativo che lo aveva fatto sorridere.
Una volta che li aveva facilmente liberati dalle attenzioni di un Vorcha, tanto ingordo da essere disposto a ucciderli nonostante avesse già in mano tutti i loro crediti, quei due anziani lo avevano ringraziato con un calore che lo aveva commosso - Lei è un angelo, signore. Un vero angelo.
In quello strano modo in cui le notizie curiose e interessanti trovano modo di diffondersi ad una rapidità degna di un motore iperluce per semplice passaparola, Garrus era diventato Archangel: il difensore degli oppressi e degli emarginati, il tutore delle regole civili in una società corrotta ed il giustiziere capace di scatenare l'ira divina sui malviventi.
E ovviamente la sua fama si era sparsa anche fra le bande criminali. Non era passato molto tempo dall'inizio della sua nuova carriera di paladino degli indifesi, che aveva avuto modo di ascoltare un dialogo fra un batarian ed un salarian che lo aveva oltremodo divertito, oltre che reso orgoglioso di sé. I due, unici sopravvissuti di un sestetto che aveva preso di mira con il fucile di precisione all'interno di un magazzino pieno di merce rubata, si erano nascosti fra i container accatastati e lui aveva ascoltato le parole che si erano scambiati sottovoce, prima di metterli a tacere per sempre con un paio di colpi precisi che avevano centrato le loro teste.
- Ma in quanti siamo rimasti?
- Intendi in tutta la banda o qui dentro? Questo è un vero massacro.
- Già. Ed è imbarazzante. C'è un solo tizio là sopra. Lo sai, vero? Un tizio che ci sta sparando con un fucile di precisione. Ed è da giorni che ci sta addosso, ma per qualche strana ragione nessuno della banda è stato abbastanza furbo da riuscire a mettergli le mani addosso.
- Perché quello lassù non è semplicemente un tizio con un fucile. Quello è Archangel.

Cercò di scacciare quei ricordi lontani e tornò al presente. Aveva ancora un'ora prima della missione e doveva ritrovare la concentrazione necessaria. L'armatura era a posto e anche il fucile di precisione, oliato e calibrato a dovere, ma doveva ancora occuparsi dell'arma di Tali.
Ma fu proprio smontando quella che la sua mente prese a divagare ancora una volta. Anche Grundan Krul, quel batarian in grado di violare qualunque sistema esistente, era solito porgergli il suo fucile a pompa perché lo sistemasse. Era solito allungarglielo con un grugnito e un'occhiata che non sembrava affatto cordiale, ma Grundan, ormai, non avrebbe più avuto l'occasione di avvalersi della sua bravura. Lo aveva trovato già morto nella base in cui erano soliti radunarsi. Fra le dita stringeva la foto della sua unica figlia, quella che aveva avuto la sventura di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato e di finire uccisa, per errore, da un Eclipse.

Ora che aveva finalmente una pista che gli suggeriva dove poteva trovare Sidonis, i volti dei suoi vecchi compagni sembravano perseguitarlo, quasi volessero ricordargli ancora una volta il giuramento che aveva pronunciato ad alta voce dopo aver assistito alla morte dei suoi ultimi due compagni ancora in vita quando era tornato al rifugio.
La porta massacrata da un'esplosione e il sangue visibile sul pavimento dell'anticamera gli avevano fatto spianare il fucile di assalto ancora prima di entrare, ma lo aveva riagganciato al fianco non appena varcata la soglia, conscio della sua assoluta inutilità.
Mentre i suoi occhi saettavano rapidi da un lato all'altro di quella prima stanza, aveva inciampato con i piedi nella parte superiore del corpo di Vortash, il salarian esperto di esplosivi orgoglioso di aver militato nella Squadra Operazioni Speciali. Era rimasto coinvolto nella deflagrazione che aveva divelto la porta del rifugio e i resti del suo corpo imbrattavano le pareti attorno alla sua scrivania, ora ricoperte da una patina viscosa di sangue e brandelli di carne, e il pavimento, cosparso di pezzi del computer, datapad e frammenti ossei.
Neppure Butler, il mercenario innamorato del suo fucile di assalto, al punto da dargli un nome proprio, aveva avuto il tempo di rendersi conto di quanto stava accadendo: un colpo d'arma da fuoco gli aveva trapassato la testa e la sua mano non aveva fatto in tempo a stringere l'impugnatura del suo amato Revenge, che giaceva a pochi centimetri di distanza.
E poi aveva visto i fidanzatini, i due inseparabili. Due giovani umani provenienti da una colonia nei Sistemi Terminus, a cui erano state massacrate le famiglie da una banda del Branco Sanguinario. Erano arrivati su Omega guidati da un'identica fame di vendetta e si erano uniti alla sua banda non appena erano riusciti a incontrarla. Montague era ancora vivo e sembrava riposare fra le braccia di Mierin che stringeva in mano una confezione di medigel intatta: il buco che aveva inghiottito il suo occhio sinistro raccontava come non avesse fatto in tempo ad aprirla. Anche Monteague era stato ferito dalla stessa arma da fuoco e quel colpo al torace aveva causato un'emorragia interna: Nei suoi ultimi istanti di vita, con gli occhi pieni di lacrime e una mano serrata sul braccio del compagno, gli aveva rivolto una preghiera - Vendicaci, Garrus. Non permettere che chi ci ha fatto questo resti impunito.
Alla sinistra del corpo esanime di Grundan Krul aveva trovato Erash. Il turian teneva fra le dita della destra il ciondolo che sua moglie, rapita e poi uccisa dai Sole Blu nonostante il pagamento di un ricco riscatto, gli aveva regalato per il matrimonio. Con la sinistra stringeva un laccio emostatico con cui aveva cercato di fermare l'emorragia alla gamba. Era morto per un colpo di fucile alla nuca.
Voltandosi sulla sua destra, aveva visto altro sangue sulle pareti della stanza vicina e dietro una cassa aveva trovato i giullari del gruppo, i due umani strafottenti, ex militari, che non pronunciavano mai una frase senza condirla di facezie e battute. Ma Ripper e Weaver non dovevano aver riso affatto prima di morire: una granata aveva squarciato le loro armature all'altezza del ventre e le loro viscere erano sparse sul pavimento.
Alla sinistra della cassa, contro la parete di fondo, aveva individuato i corpi degli ultimi due compagni. Aveva passato le dita sulle palpebre di Melasin, un salarian ex agente SSC in cerca di una vendetta per la sorella rapita e venduta come schiava. Dopo mesi di lunghe ricerche, quando alla fine era riuscito a rintracciarla, non aveva potuto fare altro se non darle una degna sepoltura sul pianeta natale.
Ma Garrus non si era fermato davanti a quel compagno. Era corso oltre, senza neppure indagare sul modo in cui era stato ucciso, perché aveva avvertito i lamenti di Sensat. Il turian era sdraiato nel suo stesso sangue ed era chiaro che non gli restava più molto tempo.
Gli aveva porto una confezione di medigel che gli era stata strappata dalle dita e lanciata contro una parete. Poi Sensat gli aveva stretto il braccio tirandolo a sé con forza e facendolo cadere in ginocchio sul pavimento, con le gambe in mezzo alla pozza blu in cui la sua vita stava defluendo. Aveva tossito e sputato sangue. Poi erano arrivate le parole - Sapevano che eravamo qui. Qualcuno ci ha traditi. E non può che essere l'unico che manca. Prometti che lo ucciderai.
- Promettilo! Promettilo! - aveva continuato a urlare fino a quando Garrus aveva smesso di annuire in silenzio ed era finalmente riuscito ad articolare una frase, nonostante il blocco alla gola - Te lo prometto. Lo prometto a tutti voi.
- Spiriti, Garrus, proprio uno di noi - era stato il gemito finale di Sensat, ma lui non era riuscito a dare un senso a quelle parole fino a quando non aveva ripassato mentalmente tutti i nomi della squadra. Solo a quel punto aveva capito.
Sidonis, un turian. Era stato lui.
In ginocchio sul pavimento, stringendo un inutile fucile d'assalto fra le dita, Garrus era rimasto immobile a chiedersi il perché. Non erano mai stati una banda mercenaria e non avevano mai agito per soldi. I crediti necessari per l'equipaggiamento, il vitto e le spese di alloggio venivano da quello che portavano via a schiavisti, pirati e bande criminali.
Il lavoro della sua squadra non era mai stato troppo difficile: colpivano le spedizioni dei criminali, tendevano agguati nei loro magazzini e ne ripulivano i covi. Una volta individuato l'obiettivo, tendevano un'imboscata: si facevano trovare sul posto, armati con fucili da cecchini, e ripulivano la zona con precisione chirurgica, senza mai coinvolgere innocenti, senza mai colpire un solo civile.
Nonostante il dolore per la perdita dei suoi compagni, si era rialzato dopo pochi minuti, deciso a ritrovare il traditore. Lo aveva cercato per giorni, ripetendosi più volte il loro ultimo colloquio, quando Sidonis lo aveva chiamato con una ricetrasmittente.
- Lascia perdere qualunque cosa stai facendo e corri qui: ho bisogno di aiuto. Garm e i suoi stanno facendo una grossa operazione nel distretto di Kenzo.
- Quanto grossa?
- Più di quanto possa affrontare da solo, ma nulla che non possiamo risolvere insieme, Garrus. Sarà come ai vecchi tempi.
- Mi ci vorrà un po' per arrivare lì. Resisti.


Ma non era stato affatto come ai vecchi tempi: ai vecchi tempi, all'inizio della loro collaborazione, Sidonis non l'avrebbe mai tradito.
Quella chiamata era stata uno stratagemma per allontanarlo dal loro rifugio, per attirarlo lontano in modo che i mercenari potessero fare piazza pulita. Ma ancora non capiva perché Sidonis l'avesse fatto. Forse perché alla lunga i crediti avevano cominciato ad accumularsi e se questo, da un lato, aveva permesso loro di procurarsi equipaggiamenti migliori e la possibilità di colpire bersagli più impegnativi, dall'altro lato aveva fatto nascere domande nuove e generato una certa confusione negli obiettivi della squadra.

“Solo io non avevo perso di vista la nostra missione. Solo io, fra tutti. E questo mi aveva reso stupido e cieco” si rimproverò silenziosamente, gettando un'occhiata all'orologio e decidendo che era giunta l'ora di scendere alla navetta di sbarco. Si agganciò sulla schiena il fucile di precisione, prese nella mano destra quello di Tali e si avviò, mentre nella mente scorrevano i ricordi di alcune frasi che aveva sentito pronunciare nel rifugio, durante un pomeriggio lungo e pigro.
- Vorrei tornare su Palaven e ricominciare a vivere, magari vicino a mia madre che è rimasta sola.
- Sur'kesh è più bello.
- Lo dici perché non sei mai stato sulla Terra!
- Dove sia poco importa. Mi basterebbe una casa tutta mia. Mai avuta una...
Li aveva sgridati. Li aveva accusati di essere diventati pigri e indolenti e di essersi infiacchiti. Non capiva quell'impulso a sistemarsi e a vivere una vita agiata. Ma da quel giorno aveva notato come alcuni dei compagni avessero cominciato ad allontanarsi da lui. Solo Sidonis sembrava condividere il suo punto di vista ed esprimeva rammarico per quei lievi cambiamenti che non lasciavano presagire nulla di buono.
- Il nostro compito non è certo completo. Cosa prende a tutti? - gli aveva chiesto proprio un paio di sere prima, dividendo con lui una bottiglia di un vino di Palaven scovata in uno scaffale negli appartamenti privati dell'ultimo boss ucciso.
Invece era stato proprio lui a tradirli.
Aveva avuto l'assoluta certezza che fosse stato lui qualche giorno dopo il massacro, quando uno dei loro soliti contatti lo aveva informato che il turian aveva prelevato tutti i crediti depositati a suo nome e prenotato un posto su una nave in partenza da Omega poche ore prima dell'attacco.

- Grazie, Garrus - lo salutò Tali allungando la mano per prendere il suo fucile a pompa - Ma credo che tu abbia dimenticato il tuo vi...
- Spiriti!...
- Sei sicuro di star bene? - chiese Shepard, aggrottando la fronte con aria incerta. Il turian fissò la mano del comandante che si era stretta sul suo braccio con una forza eccessiva che poteva denotare nervosismo o, forse, collera per la sua stupida distrazione e annuì - Sì, comandante. Un minuto e arrivo - aggiunse correndo verso l'ascensore mentre malediva, alternativamente, se stesso e Sidonis.
Non udì le parole che si scambiarono le due donne, ma se le avesse sentite avrebbe dovuto ammettere che non avevano tutti i torti.
- Qualcosa non va. Non sono certa che sia una buona idea portarlo con noi.
- Tranquilla, comandante. Lo terrò d'occhio.
- E va bene, proviamo. Magari tirare qualche colpo lo farà star meglio.
- Mah, non so. Ne dubito. Scordarsi il visore? Mi sa che Garrus ha un problema serio, che non potrà essere risolto con del semplice e sano tiro a segno...

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Capitolo 10
*** Furore ***


10. *FURORE*

Ad Alice

Requiem for a Dream


Garrus non aveva scorto il ricognitore che lo aveva scagliato violentemente sul pavimento con una carica, facendolo atterrare proprio dietro alla cassa su cui si era appena arrampicato.
Prese semplicemente nota del fatto che un istante prima era in piedi, a prendere di mira la testa di un mech, mentre ora si trovava improvvisamente immobilizzato, steso pancia in terra, schiacciato dal peso dell’aggressore che gli era piombato sulla schiena. Il nemico gli aveva anche rigirato dietro il dorso il braccio con cui teneva il fucile, strappandoglielo con violenza dalla mano, e gli aveva sbattuto il casco protettivo contro le piastrelle del pavimento.
Immediatamente dopo l’atterramento inatteso, mentre si stava ancora chiedendo “ma c’erano biotici fra i nemici?”, un razzo esplose a circa un metro e mezzo d’altezza dal suolo, esattamente là dove si sarebbe trovato il suo torace se non fosse stato scaraventato in terra.
Il colpo, certamente sparato da un bazooka, mandò in frantumi la parete alla sua destra e la sua violenza fu tale da farlo scivolare di un metro buono lungo il pavimento di piastrelle, sempre bloccato nella stretta del nemico che gli spingeva il braccio destro contro la schiena con una mano, con l’altra gli impediva di alzare o di girare la testa, mentre con un ginocchio tentava di non fargli raggiungere la pistola pesante che teneva agganciata alla gamba sinistra.
Con la coda dell’occhio notò la mezza sfera di luce bluastra che lo ricoprì durante la scivolata, proteggendolo dalle fiamme e dai frammenti di metallo e di intonaco che schizzarono come proiettili impazziti tutto intorno.
“Spiriti, che casino!” pensò automaticamente, grato che l’aggressore fosse un biotico che, per riparare se stesso, aveva finito per proteggere anche lui da una fine quasi certa.
“Sarebbe stata una delle morti più idiote che avrei potuto scegliere” si rese conto imbarazzato, sentendosi un pivello alle prime armi, mentre cercava inutilmente di divincolarsi e di sganciare la pistola. Fu questo l’ultimo pensiero che riuscì a formulare prima che il ricognitore si alzasse in piedi, gli assestasse un energico calcio sul fianco sinistro, interrompendo il suo disperato tentativo di tirarsi su da terra e di sganciare l’arma.
Immediatamente dopo un’onda d’urto biotica lo fece rigirare su stesso e si trovò steso nuovamente sul pavimento, questa volta con la schiena verso il basso ed il ricognitore a cavalcioni sopra lo stomaco che lo fissava con due occhi di un colore verde ben noto.

- Cosa diavolo pensavi di fare, Garrus? - gli chiese in quello stesso momento Tali utilizzando il comunicatore, ma lui non fece neppure in tempo a pensare ad una risposta prima che gli arrivasse un messaggio molto più chiaro.
- Tu-adesso-la-fai-finita - sibilò infatti la voce di Shepard, resa quasi irriconoscibile dall’accento indurito e rabbioso che aveva usato per scandire quelle parole.

Il comandante stava vedendo rosso: era arrabbiata come raramente le era capitato in precedenza e sentiva il desiderio inconsulto di spaccare la faccia a Garrus o almeno di colpirlo con tanta forza da lasciarlo in terra privo di sensi.
- Cosa c’è, comandante? - chiese stupito, attivando il comunicatore e tentando goffamente di liberarsi da quella scomoda posizione, mentre con una mano cercava di recuperare a tentoni il fucile di precisione che era scivolato sul pavimento.
Shepard si spostò dal suo addome e lo strattonò con forza verso di sé, ponendo entrambi al riparo dal fuoco nemico dietro un’altra cassa lì vicino, mentre una nuova pioggia di colpi di una raffica di mitra sbriciolava l’intonaco pochi centimetri sopra di loro.
Shepard aspettò che il nemico ricaricasse l’arma, poi si sporse dal riparo e fece un gesto a Tali per ordinarle di mantenere la posizione restando al coperto. Infine si sfilò il casco con un gesto rabbioso e violento, tanto che il fermaglio che aveva sulla nuca finì sul pavimento e una massa color mogano le coperse parzialmente il viso.
Nel folto di quei capelli Garrus distinse l’espressione furibonda del suo comandante il cui volto era rischiarato da una minacciosa aura blu che le pulsava attorno violentemente. Gli occhi scintillavano per un’irritazione che lei non si preoccupava affatto di nascondere, le narici le vibravano sotto i respiri violenti e le labbra erano serrate in una smorfia di indignazione - Ci farai ammazzare tutti. Se vuoi continuare a combattere in questo modo puoi tornare sulla Normandy immediatamente - gli sibilò, con un tono duro e spigoloso che non gli aveva mai riservato in precedenza.
- Non capisco… - rispose, lanciandole uno sguardo perplesso.
- Vedi quanti dannati graffi di proiettili hai su quella cazzo di armatura? E’ dall’inizio della missione che ti tengo addosso i miei scudi biotici del cazzo e ho anticipato di un soffio un colpo che ti avrebbe disintegrato. Stai combattendo come una maledetta recluta idiota e io sto passando tutto il mio tempo a salvarti quell’inutile culo - concluse lei sputando le parole con tutta la rabbia di cui era capace.
- Io... Non me ne sono accorto... - si scusò il turian, stupito per l’intensità di quella rabbia e per l’inusuale gergo da caserma.
- Io sì, e anche Tali - fu la secca replica.
Garrus fissò negli occhi il comandante con espressione seria e poi rispose semplicemente - Ero distratto, non capiterà più.
- Bene - replicò il comandante sempre con tono adirato - Ci conto - aggiunse cercando di fermare in qualche modo i capelli e rimettendosi il casco. Poi alzò un pollice in direzione della quarian.

Da quel momento nessuno pronunciò più una sola parola nei comunicatori, nemmeno Tali che di solito era tanto allegra e ciarliera, e Garrus capì che durante gli scontri precedenti doveva aver fatto un vero disastro: le due donne si erano davvero preoccupate per il suo comportamento, di cui lui non si era minimamente reso conto.
Il resto della missione si svolse come ai vecchi tempi, con Garrus che sembrava aver ritrovato la piena concentrazione e Tali che faceva la sua parte in modo ineccepibile, violando le intelligenze artificiali e inviando i suoi droni a snidare i nemici nascosti.
Una volta recuperate le informazioni dai computer e preso tutti i materiali che potevano essere utili, si avviarono verso la navetta da sbarco che era rimasta posteggiata fuori dall’edificio ormai ripulito dai nemici.

“Sono stata dura” rifletté Shepard mentre saliva sulla Kodiak “ma quando ho visto quell’Eclipse che lo puntava con il bazooka ho rivissuto la scena di Tarak”.
Si accomodò sulla panca nella piccola stiva e continuò a ripensare alle sue reazioni “Non ammetto che Garrus combatta in modo tanto stupido, ma sono anche irritata con me stessa: non dovevo portarmelo appresso in questa missione, almeno non prima di sapere di cosa volesse parlarmi”.
A questo punto il silenzio un po’ pesante venne rotto da Tali, che era così felice per aver partecipato alla sua prima missione da quando era tornata a bordo della Normandy, da chiacchierare quasi ininterrottamente per tutto il tragitto, mentre faceva svolazzare allegramente per la cabina i nuovi droni che aveva costruito mentre era a bordo di una delle navi della Flotta Migrante, illustrando con fierezza le loro caratteristiche e lodandone l’efficienza.
La sua allegria era contagiosa e si ritrovarono a scherzare, come avevano sempre fatto alla fine di una missione conclusa felicemente, anche se ogni volta che gli sguardi di Shepard e di Garrus si incontravano ognuno leggeva un lieve turbamento negli occhi dell’altro.

Una volta attraccato alla Normandy, Tali fu la prima a lasciare la squadra uscendo dall’ascensore all’altezza della sala macchine, mentre Shepard non aspettò di arrivare al ponte della sala tattica o della sua cabina, ma scese dall’ascensore insieme a Garrus, all’altezza del ponte 3. Lo fermò appoggiandogli una mano sul braccio e gli comunicò - Passo da te stasera dopo cena, così mi racconti.
- D’accordo comandante. Su Illium hai fatto la cosa giusta, anche se forse in modo un tantino plateale: eri più arrabbiata di un varren idrofobo - le rispose con un sorriso insicuro.

Quella stessa sera Shepard ascoltò con attenzione il lungo racconto di Garrus sul tradimento di Sidonis, ma al turian non sfuggì l'esitazione che accompagnò la sua promessa di aiuto.
- Cosa c’è, comandante? Ti fai scrupoli a uccidere un bastardo? - la rimproverò con un tono duro che lei non gli aveva mai sentito usare. Non con lei, almeno…
- La Shepard che conoscevo non avrebbe esitato - concluse con asprezza anche maggiore.
“Ma il Garrus che conoscevo non mi avrebbe chiesto di essere complice di un assassinio a sangue freddo” pensò lei di rimando, sapendo che non avrebbe potuto rispondergli in modo tanto esplicito. Lo rassicurò - Dopo aver finito qui, la Normandy si dirigerà verso la Cittadella. Ti aiuterò a mettere la parola fine a questa brutta storia.
Quella frase, o forse il tono che aveva usato, non lo aveva però rassicurato. Appoggiato rigidamente ad un macchinario, Garrus continuò a fissarla con un’espressione mista fra provocazione e sfida aperta che la innervosì e la infastidì.
Lasciò la batteria primaria con la sola frase che poteva pronunciare sinceramente - Ti prometto che lo troveremo.

Ed era stato così: alla fine avevano trovato Sidonis. Ma la conclusione di quella missione non aveva soddisfatto nessuno dei due. Da quando erano tornati a bordo, un paio di giorni prima, si evitavano. E quando si erano scontrati in sala mensa, quella mattina, avevano borbottato una scusa senza neppure guardarsi e si erano defilati, portandosi via una tazza con dentro la colazione.
Ma non poteva durare. A bordo della Normandy a nessuno era consentito portarsi appresso rancori verso altri membri dell'equipaggio, come Jack e Miranda avevano imparato a proprie spese. Non era certo possibile che fosse proprio il comandante a contravvenire a quella regola che non ammetteva eccezioni.
Era quello il motivo per cui Shepard si stava ora avviando verso la batteria primaria con due piatti pieni di cibo in una mano e con una bottiglia di un vino di Palaven nell’altra.
“E se qualcuno dell’equipaggio mi vede, chi se ne importa…” pensò fra sé e sé, prima di fermarsi a ridere per la scarsa abilità con cui si muoveva per la nave, terrorizzata dalla possibilità di far piombare tutto sul pavimento.
Arrivata di fronte alla porta della batteria primaria dovette chiamarlo, dato che aveva entrambe le mani impegnate.
- Non ricordavo di aver ordinato la cena a domicilio, né di aver richiesto espressamente di essere servito dalla più affascinante cameriera del locale… Prego, si accomodi - la invitò Garrus, esibendosi in un’affettata riverenza.

Until The End


- Facciamo il punto della situazione, ti va? - gli chiese, dopo che entrambi ebbero finito la cena consumata in religioso silenzio.
- Hai portato un vino turian perché io fossi ubriaco e tu sobria, quindi tocca a te cominciare - le propose guardandola con un’ombra di sfida negli occhi azzurro cielo.
- Nell’ultima missione ti ho forzato la mano due volte: prima con Harkin e poi con Sidonis. Probabilmente avresti voluto uccidere entrambi, ed entrambi se lo meritavano - ammise con schiettezza.
- Bene, vedo che siamo pienamente d’accordo, almeno su questo primo punto. Prosegui pure... - la incoraggiò senza sorridere. Era evidentemente teso: lo si capiva dal tono della voce, dai gesti bruschi e dalla serietà cupa con cui la stava fissando.
Shepard si alzò e cominciò a camminare nervosamente per la stanza. Quando si fermò, appoggiandosi a una delle paratie, lo fissò con espressione pensierosa.
- Sei tornato a essere quel Garrus che ho incontrato sulla Torre della Cittadella. Eppure, dopo la faccenda di Saleon, eri cambiato. Mi sembrava avessi capito che le cose si fanno nel modo giusto. Fece una pausa per raccogliere idee e coraggio e proseguì - Posso comprendere la tua indignazione, ma ti sei lasciato sopraffare dalla rabbia e dai sensi di colpa, come farebbe un semplice assass...
Non fece in tempo a concludere perché il turian si alzò di colpo, interrompendola con rabbia - Passi Harkin, comandante Shepard, ma non dovevo lasciar andare Sidonis. Non avrei dovuto darti retta. I miei uomini non si meritavano questo.
- L’uccisione di Sidonis non ti sembra un’azione degna di me, ma Garrus Vakarian ha seguito uno Spettro e ha mollato l’SSC proprio perché c’erano troppe regole fra lui e i criminali. E adesso sai cosa succederà? - chiese retoricamente senza aspettare una risposta che comunque non sarebbe mai stata pronunciata - Adesso continuerò ad alzarmi ogni mattina sapendo che nessuno punirà mai Sidonis e che gli uomini che hanno creduto in me resteranno invendicati.
Si fermò davanti a lei, ad appena un passo di distanza, la guardò dritto negli occhi e l'accusò - Se qualcuno avesse ucciso tutto l'equipaggio della Normandy, il comandante Shepard non l'avrebbe lasciato andar via. L’avrebbe inseguito per tutta la galassia e l’avrebbe ucciso.
La donna non rispose, limitandosi a prender nota dello strano pensiero che le riempiva la mente. Di tutto quello che lui andava dicendo, sputandole addosso parole velenose con rabbia cieca, ciò che la feriva di più era di una banalità misteriosa e incomprensibile, eppure il suo cervello continuava a protestare “Chiamami Shepard, o comandante, ma non comandante Shepard. Suona terribilmente formale, come se fossimo tornati ad essere due estranei”.
- Ti devo molto. So bene che spesso mi hai addirittura salvato la vita, ma non riesco ad accettare che tu mi abbia fermato. So che non riuscirò mai a superare tutto questo, comandante Shepard. So che non sarò più me stesso nei giorni a venire - concluse in tono stanco.

“Se mi chiama ancora una volta comandante Shepard mi metterò a urlare” pensò lei con rabbia, mentre provava a raccogliere le idee e si preparava a rispondere.
- Hai finito, Vakarian? - domandò con una rabbia che non aveva nessuna voglia di nascondere - mi sembrava avessi detto che dovevo essere io a parlare...
- Sì, ho finito, comandante Shepard - replicò stancamente il turian, tornando a sedersi. Era profondamente ferito dal fatto che proprio lei lo avesse tradito in quel modo inaspettato. Non aveva più neppure voglia di continuare a gridare le sue ragioni.

- Garrus, il Sidonis che volevi morto non esisteva più: il turian che abbiamo incontrato sulla Cittadella era solo una pallida ombra di quello che era stato all’epoca della strage e ucciderlo ora non avrebbe riportato in vita nessuno dei tuoi compagni - cominciò a ragionare Shepard, sperando che lui avesse la pazienza di ascoltarla fino alla fine.
Gli si avvicinò un poco, cercando di costringerlo a guardarla negli occhi, e continuò - Non ci si fa giustizia da soli, non così a sangue freddo. Un comportamento del genere me lo aspetto dai delinquenti e da persone prive di coscienza e di principi morali (come Zaeed pensò, senza dirlo a voce alta), ma non da te. Devi fare le cose nel modo giusto - concluse poggiandogli una mano sul braccio e stringendoglielo leggermente.
Garrus ebbe un istintivo moto di ribellione e tirò via il braccio, come se quel contatto fisico gli risultasse insopportabile.
- Mi sembra di ascoltare mio padre - replicò girandosi su se stesso e mettendosi a fissare ostinatamente un macchinario della batteria primaria. Ancora oggi ricordava i rimproveri paterni che aveva ricevuto quando era corso da lui, accusandolo di aver liberato un sospettato che era implicato nel traffico di droga sulla Cittadella.
- Hai idea del tempo che abbiamo perso su quel tipo? Come hai potuto lasciarlo andare? - gli aveva urlato contro con furia cieca.
- Uso di maniere forti. Testimonianze estorte con la violenza. Scontri a fuoco. Questo è il modo per condurre un caso? Un comportamento del genere me lo aspetto dalle nuove matricole, ma non certo da te.

- So che non vai d'accordo con tuo padre, ma magari qualche volta avrà avuto ragione lui - osservò Shepard con voce tranquilla, riportandolo al presente.
- Ero nell'SSC, in servizio sulla Cittadella, e un giorno lo accusai di aver rilasciato un delinquente e che era troppo facile lanciare giudizi da dietro una scrivania, senza avere le idee su come fosse lì fuori, con la droga che scorreva a fiumi e le armi che spuntavano da ogni parte. Tutte le volte in cui riuscivo a interrompere un canale di traffici illeciti, ne spuntavano fuori altri due. Non potevo fare il mio lavoro solo compilando scartoffie!
- E tuo padre cosa rispose?
- Mi accusò di non rispettare le regole solo perché non le ritenevo giuste e cercò di spiegarmi lo scenario nel quale eravamo costretti a operare. Mi fece notare che eravamo le uniche forze dell'ordine sulla Cittadella, anche se ognuno di noi aveva un'idea differente su come avrebbe dovuto funzionare la società. Arrivò a dirmi che se compilare scartoffie era un compito troppo pesante per me, forse non ero tagliato per quel lavoro.
- Fai le cose in modo giusto, Garrus. Oppure non farle affatto - ripeté imitando il tono del padre.
- Ma tu sei cambiato da allora. Tuo padre sarebbe stato fiero di te quando hai accettato di consegnare Saleon alla giustizia, invece di ucciderlo su due piedi - gli fece notare allora, sentendo che la tensione cominciava a scemare - L'abbiamo dovuto uccidere lo stesso perché aveva tentato di fuggire, ma avevamo rispettato le regole: non ci siamo trasformati in assassini.
- Non lo, Shepard.... Forse avete ragione tu e mio padre. In questo momento non sono più certo di niente.
Fece una pausa breve ed emise un sospiro rumoroso, poi si girò verso di lei e ricominciò a parlare.
- Quando i mercenari uccisero tutti i membri della mia squadra, capii che era stata anche colpa mia. Perché non l'avevo previsto. Perché mi ero concentrato sui dettagli perdendo di vista lo scenario completo. Guardando i corpi dei miei compagni morti ricordo di aver pensato a mio padre e a tutte le discussioni che avevamo avuto. Ho ripensato a tutto quello che aveva provato a insegnarmi e a quanto avevo lottato per non starlo a sentire. E il prezzo che avevo pagato per quella scelta ottusa ora giaceva di fronte a me, sul pavimento.
- Non è stata colpa tua, Garrus. Sidonis ha tradito solo per paura e vigliaccheria, non per denaro. Non avresti potuto fare nulla per impedire quel massacro.
- Non lo so, ma grazie per averlo detto. So che ci credi.
- Certo che ci credo!
Garrus sorrise per l'enfasi con cui il comandante aveva sottolineato la frase. Anche a lui sarebbe piaciuto poterci credere in modo così convinto.
- Ti vorrei raccontare una cosa, se non hai troppo sonno.

Combat Simulator Tier 2


Si sedettero entrambi sul piccolo materasso dove Garrus era solito addormentarsi, con la schiena appoggiata contro la parete.
- Ricorderai bene la banda di disperati in cui ti eri intrufolata con i tuoi uomini per salvare Archangel. Quando entraste nella sala io sapevo che ero arrivato alla fine della mia strada. Non avevo alcuna speranza di fuga ed erano giorni che non dormivo. Tutto quello che avevo fatto da quando eri stata data per morta mi aveva portato lì, a quella fine stupida - cominciò a raccontare.
- Per quello chiamai mio padre. Quando entraste avevo appena chiuso il collegamento con la mia casa su Palaven.
Appoggiò anche la testa contro la parete e chiuse gli occhi, stupendosi di quanto gli venisse facile raccontare un piccolo ricordo personale e di quanto piacere provasse nel condividerlo con lei.
- Quando sentì la mia voce rimase di certo sorpreso, tanto che mi chiese: Garrus, sei tu? Cos'è tutto questo rumore?
- Risposi che stavo facendo pratica in un poligono e lui replicò che allora avrei fatto meglio a chiamarlo più tardi.
- Non credo che potrò farlo, papà. Ci sono troppi bersagli - recitò Garrus a memoria, mentre gli scappava un sorriso involontario nel sentire la breve risata di Shepard.
Aprì gli occhi e la fissò: lo stava guardando con evidente interesse e forse ne ne vergognò, perché il suo viso divenne rosso e lei cominciò a giocare distrattamente con il fermaglio dei capelli, fino a quando questi le si sciolsero sulle spalle.
- Vai avanti...
- Rimase zitto per qualche secondo, abbastanza a lungo da rendere chiaro come avesse inquadrato la mia situazione, poi commentò con una sola parola: Capisco.
- Adesso mi sentivo colpevole per averlo messo in imbarazzo. O almeno così pensavo, perché so che odia parlare dei suoi sentimenti. Non è proprio il tipo di lasciarsi andare a simili confessioni. Così me ne uscii con qualcosa di assolutamente stupido, tipo che volevo sentire la sua voce e sapere come stava. Sapevo che era andato in pensione.
- Mi rispose che stava bene e di non sprecare tempo a parlare di fesserie. Così presi coraggio e confessai che avevo pensato molto durante la nostra separazione e che capivo come avesse avuto ragione su un mucchio di cose, molte più cose di quanto io potessi immaginare allora. E aggiunsi che mi dispiaceva che avessimo litigato.
Notò che Shepard si stava mordicchiando nervosamente il labbro inferiore e si accorse di avvertire uno strano calore dentro il corpo nel rendersi conto che quella donna lo stava ascoltando con tutta la sua attenzione perché teneva sinceramente a lui. Avrebbe voluto allungare una mano fino al fermaglio che aveva riagganciato prontamente, per scioglierle i capelli e carezzarli piano, sussurrandole che andava tutto bene e che ora si sentiva rilassato. Forse era addirittura felice, anche se era difficile parlare di felicità con il sedere posato su una nave che da lì a qualche giorno sarebbe potuta andare in mille pezzi.
Gli scappò da ridacchiare a quegli strani pensieri fino a quando lei se ne uscì con un - Che ti prende? Piantala di fare lo scemo, vai avanti...
- Mi ripeté in tono brusco di lasciar perdere tutte quelle fesserie e mi chiese invece se i bersagli su cui stavo facendo pratica si muovessero rapidamente.
- Ma che cavolo, Garrus! Ma come fai a non amare un padre come quello? - gli chiese con un'espressione sinceramente irritata. Poi addolcì la voce e chiese – E tu? Cosa gli hai risposto?
- Per ora no. Non abbastanza rapidamente... Ma stanno imparando.
Sorrise di nuovo nel notare come l'approvazione per quella battuta le avesse cancellato dal volto ogni traccia di irritazione. Rennok era stato un buon padre, ma gli era occorso molto tempo per capirlo. E sapeva bene che se l'avesse rivisto avrebbe litigato ancora con lui.
- Cos'altro vi diceste?
- Mi chiese se avessi abbastanza munizioni. Poi mi raccomandò di usare tutto quello che avevo sottomano, senza smettere di colpire i miei bersagli fino a quando ciascuno di loro non fosse scattato, con quel leggero click che conoscevo bene. Le ultime frasi che pronunciò le so a memoria, perché ho continuato a ripetermele silenziosamente fino a quando non ho inquadrato i tuoi occhi nel mirino del fucile: Non ha importanza quanto le cose vadano a catafascio attorno a te. Fino a quando hai ancora una pallottola rimasta puoi ancora completare il lavoro. Hai capito? Finisci quello che devi fare lì e poi torna a casa, su Palaven. Abbiamo un mucchio di cose di cui parlare.

Smise di ricordare e guardò la donna ancora seduta al suo fianco. Aveva del liquido negli occhi. "Si chiamano lacrime" ricordò, mentre Shepard se le asciugava rapidamente con la manica dell'uniforme prima di alzarsi di scatto.
- Hai un motivo in più per aiutarmi in questa missione suicida, Vakarian. Devi tornare a casa - dichiarò come se gli stesse dando un ordine. Poi uscì dalla batteria primaria senza più voltarsi.

“Cosa diavolo mi prende?” si chiese nervosamente, fermandosi davanti all’acquario e fissando quegli inutili pesci a cui aveva cominciato ad affezionarsi.
Bevve un lungo sorso del vino che stava sul ripiano lì vicino e cercò di ricordare l'emozione che aveva provato quando aveva combattuto contro l’impulso di avvicinare il suo volto a quello di Garrus, di stringerlo a sé, di rassicurarlo che tutto sarebbe andato per il meglio e che avrebbe combattuto perché riabbracciasse suo padre.
- Per tutti i diavoli, Shepard - si disse svuotando il resto del bicchiere in un solo sorso e mettendosi a ridere come una ragazzina - devi essere completamente impazzita.

Nella batteria primaria Garrus aveva aperto il portatile, ma dopo aver sbagliato per la terza volta un banale passaggio, si era rassegnato a chiuderlo con un gesto irritato.
“Stasera non è aria” si disse, meravigliandosi un po’ di quell’agitazione insolita che lo distraeva. Si raggomitolò sul materasso e si tirò addosso la coperta.
Ma nei suoi occhi chiusi si ripresentò la scena vissuta poco prima e riavvertì lo strano impulso di sfilare il fermaglio che lei portava sulla nuca per passare le dita in mezzo a quei serici capelli. Rise da solo nel silenzio della stanza chiedendosi se stesse pensando seriamente di sciogliere i capelli del comandante Shepard per accarezzarglieli. Sorrise ironicamente di se stesso rassicurandosi - Certo che no, razza di idiota di un turian fuori di testa.
Si girò sull’altro fianco e si addormentò.


Nota
Nella prima stesura di questo capitolo avevo confessato che era stato uno dei più complessi da scrivere, sottoposto a infinite revisioni che non mi hanno mai convinto completamente. Ringrazio in particolare una lettrice, a cui dedico il capitolo, perché è a lei che devo questa nuova versione.

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Capitolo 11
*** Allungo e flessibilità ***


Premessa
Mi piaceva anche la versione originaria, ma non ho resistito alla tentazione di cambiare un po' questo capitolo, allungandolo e spezzandolo in due parti (la seconda parte la pubblicherò a breve). Ma soprattutto volevo renderlo più divertente, denso di ricordi e romantico. Per questo motivo voglio dedicarlo ad un'amica.


11. *ALLUNGO E FLESSIBILITA’*

A Simona

Rebellion


Quella sera Shepard si era portata la cena in cabina e si era fatta dare una mezza bottiglia di vino dal sergente Gardner. Di solito mangiava in sala mensa, così che chiunque passasse lì per caso, o vi giungesse spinto dalla fame, potesse fermarsi a chiacchierare un po’ con lei, se ne avesse avuto voglia.
Le era sempre piaciuto poter dialogare in modo rilassato con il suo equipaggio, convinta che le formalità fossero inutili, o addirittura dannose, per una squadra come la sua: il rispetto si conquistava in modo diverso.
Però si sentiva un po’ sola, lì in esilio volontario nella sua cabina, con solo i pesci ed il criceto a tenerle compagnia. Mappa galattica alla mano, decise i prossimi spostamenti, chiamò Joker per fornirgli la rotta e si versò il primo bicchiere di vino della giornata.
Adesso poteva andare a dormire con l’animo sereno, ma prima aveva assolutamente bisogno di una doccia calda e rilassante.

Stava ancora finendo di asciugarsi i capelli, dopo avere indossato la comoda felpa che usava per dormire, quando la voce di IDA le arrivò attraverso l’altoparlante.
- Shepard, sta succedendo qualcosa nella stiva di babordo. Poco fa è entrato Garrus e credo sia iniziato uno scontro fisico fra lui e Grunt. Si deve essere rotta la telecamera, perché non riesco più a ricevere alcuna immagine, ma dai microfoni giungono rumori inquietanti. Ascolta...
Un baccano sonoro di schianti ovattati e tonfi sordi si diffuse nel bagno della cabina: lei scattò in piedi gettando nel lavandino spazzola ed asciugacapelli, proprio mentre la voce divertita di Joker si univa all’appello della IA - Comandante, corri da Grunt prima che faccia a pezzi la mia nave.

Una volta varcata la porta della stiva trovò il krogan e il turian avvinghiati, mentre rotolavano sul pavimento scambiandosi calci possenti e colpi a mani nude. Grunt digrignava i denti emettendo sonori ruggiti mentre Garrus ringhiava di rimando: la stanza era satura dei loro versi e del rimbombo di oggetti sbatacchiati qua e là dai corpi dei due lottatori.
Lei schivò agilmente un cassetto che era schizzato via dal cassettone, mentre continuava a fissare incredula la scena che si stava svolgendo sotto i suoi occhi.
Era evidente che i due non l’avevano sentita entrare, perché stavano continuando a riempirsi di botte, con evidente impegno, mentre lei faceva scorrere uno sguardo attonito in giro per la stanza: la telecamera penzolava inerte dalla parete, dondolando appesa ad un singolo filo superstite, una lastra di cristallo della vecchia capsula di stasi era seriamente lesionata da una crepa che correva per tutta la sua lunghezza, il mobilio era finito fuori posto e tutti gli oggetti personali di Grunt erano sparpagliati sul pavimento, frantumati in pezzi di dimensioni variabili.
- Smettetela immediatamente voi due! - gridò a piena voce, dopo aver valutato rapidamente tutti i danni.
- Abbiamo altri nemici da combattere! - aggiunse con un tono di voce ancora più alto, cercando di sovrastare il frastuono di fondo.
A quel grido i due litiganti finalmente si divisero e si rialzarono scambiandosi un’occhiata sorpresa.
- Ciao, comandante - la salutò Grunt - non ti ho sentito entrare.
- Uhm... benvenuta Shepard, cosa desideri? - le chiese invece Garrus, spolverandosi tranquillamente l’uniforme con le mani e riagganciando placidamente un paio di fermagli che si erano aperti durante la colluttazione.
- Mi spiegate cosa state facendo? - domandò lei a sua volta, in tono adirato e preoccupato allo stesso tempo.
- Allenamento! - rispose Grunt con aria orgogliosa, gorgogliando per la risata che non riusciva a trattenere.
- Aiutavo il krogan a sfogare un po’ di tensione, in vista delle prossime battaglie - replicò invece Garrus senza riuscire a nascondere un sorriso divertito.
- E quella? - chiese Shepard, indicando con l’indice destro la telecamera penzolante.
- Ah ah ah - rise sonoramente il krogan - ho acchiappato il turian per un piede e l’ho sventagliato contro la parete. Mi sa che con la testa ha schiantato quella roba. Però ha detto che dopo la riaggiusta, vero Garrus? - gli chiese Grunt, tirandogli un amichevole pugno sulla spalla e mandandolo a sbattere contro la parete di fondo.
- Certamente. Non preoccuparti, comandante - rispose il turian, cercando di ritrovare l’equilibrio e di mantenere un’espressione dignitosa.
- C’è anche quella - aggiunse Shepard indicando la lastra lesionata di cristallo.
- Il turian m’ha fatto inciampare e c’ho sbattuto la fronte contro. La mia capsula non è mica tanto resistente... - rispose Grunt lanciando uno sguardo obliquo a Garrus che si giustificò - Non ce ne siamo preoccupati, immaginando che non servisse più...
Poi il turian si girò verso Grunt con aria minacciosa - E poi... non sono io che t’ho fatto inciampare, sei tu che non sei capace di vedere dove metti i piedi - precisò, prima di tirargli una violenta gomitata in pieno stomaco, senza che il compagno si scomponesse minimamente.
- Devi impegnarti un po’ di più, ossicino spolpato, a meno che tu non voglia farmi morire per il solletico - gli rispose Grunt gorgogliando la sua risata piena e profonda.
- Basta! Piantatela! Siamo sulla Normandy, non in un asilo infantile - ordinò il comandante, con il volto arrossato dall’ira e una inquietante luce biotica pulsante attorno alle mani.
- Ok, ok... comandante - rispose Grunt di malavoglia, col tono sconsolato di un bambino, vittima di un genitore troppo severo, che si veda sottrarre senza ragione il giocattolo preferito dalle mani. Garrus invece rimase semplicemente in silenzio a fissarla con espressione incerta.
- Tu - ordinò Shepard al krogan in tono duro - metti in ordine tutto questo casino e prepara le tue cose: domani mattina atterreremo su Tuchanka.
- E va bene - rispose Grunt con aria imbronciata, tirando su da terra un frammento che rigirò fra le grosse mani con espressione incerta. Sotto lo sguardo torvo di Shepard si limitò ad aprire un cassetto e a buttarcelo dentro, sollevando le spalle in un gesto di assoluto disinteresse.
- E tu… - aggiunse il comandante fulminando il turian con i suoi occhi verdi - vai a occuparti delle calibrature di un’arma qualsiasi dentro la batteria primaria, Vakarian. Fa’ che io non ti ritrovi nuovamente in questa stanza - continuò Shepard, indicandogli la porta d’uscita.
- Come desideri, comandante - fu la risposta che Garrus pronunciò in tono fin troppo educato, prima di passarle rigidamente davanti per uscire dalla stanza.

Mentre stava tornando verso la sua cabina, Shepard si rese conto che buona parte dell’arrabbiatura dipendeva dalla delusione che aveva provato nei confronti del turian. L’episodio in sé era stato abbastanza divertente e i danni trascurabili, ma non riusciva a digerire l’idea che fosse stato proprio il suo migliore amico a combinare tutto quel casino sulla sua nave.
Aveva numerosi problemi a mantenere una parvenza di disciplina a bordo: Grunt dava fuori di matto da giorni, prendendo a testate qualunque parete gli capitasse a tiro e pronunciando discorsi deliranti, mentre Jack e Miranda si scagliavano l’una contro l’altra ad ogni possibile occasione. Le mancava solo che ci si mettesse pure Garrus...

La mattina dopo, mentre stava uscendo dalla cabina diretta verso il ponte, per sapere quanto tempo mancasse ancora all’atterraggio su Tuchanka, lanciò un’occhiata al terminale privato e si accorse che durante la notte le era arrivato un nuovo messaggio di posta. Lo aprì e lesse

Comandante Shepard,
sulle navi turian gli scontri come quello a cui hai assistito ieri sera sono piuttosto comuni: servono per sfogare la tensione. Veniamo addirittura incoraggiati a combattere fra di noi, specie prima di battaglie impegnative.
E sulla vecchia Normandy, Wrex ed io facevamo lo stesso, al riparo da occhi indiscreti, nella stiva. Mi sono appena reso conto che forse non l'hai mai saputo, nonostante sia stata più di qualche cassa ad andare distrutta.
Spiriti! lì non c’era una dannata IA a fare la spia (ma IDA legge pure i messaggi privati?)
Se preferisci mi dedicherò unicamente alle mie innocue calibrature, come da tuo ordine, ma tu stai attenta al krogan: se non si sfoga ti demolisce la nave.
Garrus

“E ha ragione lui” ammise Shepard a malincuore “ma spero che questa visita su Tuchanka risolva la situazione. Quanto all’idea dei militari turian che si prendono a botte prima di scendere sul campo di combattimento... beh, questa me la dovrò far raccontare meglio...” aggiunse senza riuscire a trattenere un sorriso divertito.
Chiuse il terminale e, dopo essersi recata sul ponte per chiacchierare con Joker portandosi appresso una tazza di caffè amaro, passò davanti alla batteria primaria e schiuse la porta di quel tanto sufficiente a gridare dentro - Preparati, razza di squilibrato, scendi anche tu su Tuchanka.
Non fece in tempo a girarsi che il turian uscì già vestito di tutto punto. Mentre entravano insieme nell’ascensore per scendere nell’hangar navette Garrus si prese la soddisfazione di sussurrarle - Lo sapevo che non saresti andata senza di me - lanciandole uno sguardo ironico e divertito, che lei fece finta di non vedere.

Un paio di sere dopo, appena passato l'orario di cena, Shepard si avviò verso la stanza in cui il turian passava quasi tutto il suo tempo. Non era venuto a mensa, segno che si stava dedicando allo studio di un qualche algoritmo, ed era rimasta piuttosto delusa nel non vederlo arrivare. Aveva mangiato poco, ma aveva voluto festeggiare i successi ottenuti su Tuchanka bevendo una generosa quantità di vino. Era stato molto piacevole trovare il buon vecchio Wrex a capo di uno dei più potenti clan krogan del pianeta e constatare come i loro rapporti non avessero risentito affatto della prolungata lontananza. E poi era riuscita ad aiutare Mordin a ritrovare il suo assistente e ad occuparsi della crisi adolescenziale di Grunt.
- Garrus aveva suggerito di portarlo su Omega e di pagargli un paio di accompagnatrici - aveva raccontato Tali al resto dell'equipaggio durante la cena, inframmezzando le parole con le sue solite risate argentine e con generosi sorsi di un intruglio alcolico che stava sorbendo con una cannuccia - ma presto abbiamo scoperto che la faccenda era leggermente più complicata...
Aveva brindato con gli altri al racconto sul rito di passaggio, che aveva incluso l'uccisione di un maledetto divoratore, e agli altri piccoli successi ottenuti sul pianeta natale di Wrex e ora si sentiva particolarmente rilassata, con la testa leggera e senza preoccupazioni assillanti: era una sensazione davvero gradevole e poco usuale per lei, almeno in quegli ultimi giorni.

Leave Out All The Rest


Bussò preparandosi con rassegnazione a ricevere l’usuale accoglienza. L'occupante di quella stanza si sottraeva spesso a qualunque tentativo di conversazione con un - Puoi aspettare? Sono nel bel mezzo di alcune calibrature - che veniva dispensato imparzialmente, senza che neppure si prendesse la briga di alzare lo sguardo per verificare chi avesse osato varcare l’uscio del suo santuario privato.
Ma quella sera Garrus si dimostrò contento della visita, probabilmente perché era riuscito a risolvere il problema che gli aveva fatto saltare la cena e, acconsentendo alla preghiera del comandante, che voleva conoscere qualche altro aneddoto su Rennok, si mise a raccontare dei suoi primi tentativi di colpire un bersaglio con il fucile di precisione.
- Quando mio padre mi regalò quell'arma mi sentii assolutamente felice e quell'emozione continuò a sostenermi per qualche ora, nonostante non riuscissi a colpire neppure uno dei tanti bersagli che lui aveva posizionato per me in un'area rurale deserta, a pochi chilometri da casa. Però, dopo tre ore di di continui insuccessi, cominciai a scoraggiarmi e le esortazioni di mio padre smisero di avere alcun effetto. Gli chiesi se potevo fermarmi, anche perché le braccia avevano cominciato a farmi davvero male. Mi rispose che mi sarei potuto riposare solo dopo aver colpito i bersagli.
- Quanti anni avevi?
- Quattordici. A dodici anni avevo ricevuto il mio primo fucile, ma quello di quel compleanno era un modello veramente splendido, da vero cecchino.
- Mi sembra strano mettere un fucile in mano a un bambino di dodici anni.
- Sono un turian, Shepard. Su Palaven è del tutto normale.
“E' vero, è un turian. E' buffo che me l'abbia dovuto ricordare, ma in effetti mi era passato di mente” si rese conto all'improvviso. Sapeva solo che si trovava bene lì, a chiacchierare con lui, al punto da non ricordarsi di avere di fronte un alieno.
- Perché ridi? E' una storia buffa per un'umana? - le chiese incuriosito.
- No. E' che avevo scordato che tu sei un turian.
Lo vide ridere e si accorse che rideva proprio come i maschi umani, in fondo.
- Ti devo confessare che quando siamo sul campo di battaglia mi capita di dimenticare che sei un'umana. Combatti come una turian... e suppongo non serva che ti dica che è un complimento. Però è anche perché hai il casco...
- Non ho capito.
- I tuoi capelli... Beh, sono molto umani.
- Ah... Mi spiace. Li porto lunghi così posso legarli e non mi impicciano in combattimento.
- Già... capisco. Comunque ho detto solo che sono umani, non che sono brutti.
- Vuoi dire che ti piacciono?
- Beh, sì, certo... Cioè... Vuoi sentire il seguito della storia? - le chiese invece di rispondere sinceramente a quella domanda “Da impazzire, ma vorrei che te li sciogliessi” mentre il sangue gli affluiva lungo il collo donandogli quella imbarazzante tinta bluastra.
- Ok, vai avanti.
- Sparai di nuovo e mancai ancora una volta tutti i maledetti bersagli. Così mi fermai e gli chiesi perché ci ostinassimo ad insistere, dato che non riuscivo a fare alcun progresso. Mi rispose che era esattamente quello il motivo. Mi guardò con quell'aria severa che mi ha sempre messo in soggezione e disse una cosa tipo: Se ti fermassi, se ti arrendessi quando qualcosa diventa difficile, non riusciresti mai a combinare nulla di buono nella tua vita.
- Credo di averlo guardato con un misto di insicurezza e di stupore sincero, perché aggiunse con più dolcezza: Non ti sto punendo, Garrus. Il mio lavoro di padre non consiste nel renderti la vita facile, ma di insegnarti come diventare adulto. Forza, ragazzo, provaci di nuovo.
- Non ho mai conosciuto mio padre e forse è per questo che trovo bellissima questa tua storia. Mi sarebbe piaciuto averne uno come il tuo.
- Probabilmente vi sareste capiti meglio - la prese in giro, ma senza malizia.

- Raccontami qualcos'altro - gli chiese dopo qualche minuto in cui entrambi erano rimasti in silenzio, incerti sull'opportunità di prolungare ancora quell'incontro decisamente informale.
- Uhm... vediamo. Gli anni passati nell'esercito turian?
- Sì - rispose con entusiasmo genuino, ma dopo pochi minuti si rese conto che si distraeva così tanto da seguire a stento quei discorsi. La sua mente continuava a divagare e lei provò smarrimento nel rendersi conto che il suo sguardo si concentrava sulla gestualità delle sue mani e sulle espressioni del suo viso.
“Quanto diavolo ho bevuto a cena?” si chiese sentendosi confusa, mentre riusciva faticosamente a recuperare un brandello di frase relativa ad un lungo periodo di tempo che lui aveva trascorso in un campo di addestramento del quale lei si era ormai persa la localizzazione geografica.
Quando passò a raccontarle i dettagli della prima vera battaglia a cui aveva partecipato, provò vanamente a immaginarselo confuso in mezzo a tanti altri soldati della sua razza, sbarcati in massa su un pianeta ostile, armato di pistola, fucile di assalto e granate. Non ci riusciva: le sembrava inevitabile che lui non potesse mischiarsi alla comune marmaglia.
Garrus puntualizzò che i soldati del suo battaglione non venivano equipaggiati con il fucile di precisione e che lui si sentiva piuttosto frustrato perché poteva utilizzare la sua arma preferita solo al poligono di tiro e mai durante i combattimenti veri e propri.
- E non avevi neppure il tuo visore? - chiese lei a quel punto, incuriosita. Garrus sorrise alla strana domanda, scuotendo la testa in segno di diniego.
“Diavolo, non riesco a immaginarti senza” fu il pensiero che le attraversò la mente, mentre lo fissava con la testa un po’ inclinata. “E’ dello stesso colore dei tuoi occhi...” fu l’informazione supplementare, non richiesta, che partorì il suo cervello.
“Ok, falla finita. Cosa ti prende stasera?” chiese ancora a se stessa, provando nuovamente a concentrarsi sulle frasi di Garrus, che in quel momento le stava cercando di spiegare, con espressione divertita, le marcate differenze che esistevano fra turian e umani per quanto riguardava la preparazione in vista di uno scontro particolarmente impegnativo.
Quei discorsi le riportarono alla memoria le poche volte in cui Garrus aveva accennato alle lotte che si svolgevano sulle navi turian e alla promiscuità esistente a bordo, e questa volta si fece attenta, senza perdersi una sola parola.
Alla fine non riuscì a trattenersi dal chiedergli un’esplicita conferma - Vuoi dire che... sulle vostre navi l’equipaggio si azzuffa prima di andare in missione?
Anche dopo avere avuto l’assicurazione che i turian consideravano i combattimenti una naturale valvola di sfogo alla tensione e allo stress, Shepard non nascose la sua incredulità.
Garrus rise divertito di fronte a quella reazione, poi raccontò un episodio particolare in cui lui stesso era diventato protagonista di una preparazione di quel genere.

Sulla nave a cui era stato assegnato qualche anno prima aveva gareggiato in un incontro che alla fine si era risolto in un pareggio, perché se lui era migliore per l’allungo, la femmina avversaria era ben nota per la sua flessibilità.
In seguito, però, le confessò ridendo, avevano effettuato uno spareggio, in privato, testando in modo diverso l’allungo di lui e la flessibilità di lei.
“Per gli Spiriti! Perché ho raccontato questo episodio? A Shepard, poi... E’ a dir poco imbarazzante” pensò Garrus non appena concluse quella frase, fissando le pareti della stanza nel tentativo di evitare lo sguardo del comandante e chiedendosi con terrore se il suo collo fosse diventato di quel dannato colore blu, impossibile da nascondere sotto la semplice uniforme che indossava quella sera.
“Ma cosa diavolo dice?... Mi sta prendendo in giro?” pensò invece Shepard provando a capire se Garrus avesse fatto una delle sue solite battute. Dato che non riuscì in alcun modo a incrociare il suo sguardo, che lui faceva appositamente vagare su pareti e finestre capì che no, non stava affatto scherzando. Era visibilmente a disagio per quella confessione che gli era scappata di bocca.
“Questa poi...” si trovò a esclamare Shepard nella sua testa, mentre nascondeva frettolosamente dietro la schiena le sue mani, conscia che si erano illuminate di una luce blu talmente violenta che non sarebbe potuta passare inosservata.
“Oddio... Non ci credo. Sono gelosa!” si confessò in preda al panico, tentando vanamente di combattere l’assurda reazione istintiva di spaccare la faccia alla dannata femmina turian (tra l’altro ricognitore come lei) che si era portata a letto il suo Garrus.

Nessuno dei due fece caso al lunghissimo silenzio che aleggiò nella batteria primaria per un paio di minuti, tanto era il fragore che, per motivi del tutto diversi, rimbombava nelle loro menti. Alla fine fu Garrus a riprendersi per primo dall’imbarazzo e confessò, ridacchiando, che anche i rapporti sessuali erano una naturale valvola di sfogo alla tensione e allo stress per i turian.
Prima ancora che lui finisse la frase, Shepard si accorse di aver iniziato a parlare. La sua indole aveva prevalso, il vino le aveva sciolto la lingua e lei si trovò ad attaccare esattamente come quando, in uno scontro a fuoco, caricava con i suoi poteri biotici.
In genere aspettava pazientemente l’attimo in cui il nemico si sporgeva dal suo riparo. Appena questo avveniva lei scattava, prima ancora di avere piena coscienza delle sue azioni. La prontezza, la capacità di sfruttare in pieno qualunque debolezza inaspettata del nemico, erano le sue armi vincenti.
Anche in quell’istante, senza avere piena coscienza di cosa diavolo le stesse passando per la mente, sentì la sua voce che pronunciava distintamente la frase - Sembra che tu sia in preda a una certa tensione. Forse potrei aiutarti a sfogarla…
- Io…ehm… non credevo che avessi voglia di combattere, comandante - fu la replica perplessa di Garrus che ricordava perfettamente la scena di qualche giorno prima, nella stanza di Grunt.
E la risposta di Shepard chiarì in modo inequivocabile la mossa risolutiva concepita dal suo cervello - Perché non passiamo subito allo spareggio? Potremmo testare il tuo allungo… e la mia flessibilità…

E Garrus si sentì completamente disorientato, mentre mille pensieri gli saettarono disordinatamente nella testa come i lucidi frammenti in cui si disintegrava una paratia metallica sotto il colpo di un bazooka. Questa volta il comandante stava proprio di fronte a lui e l’espressione del suo viso rendeva piuttosto chiaro come non stesse affatto scherzando.
Stava sorridendo, questo era vero, ma quel sorriso non indicava divertimento e neppure scherno. Quella proposta era paurosamente e minacciosamente seria.
Garrus evitò di uscirsene con qualche esclamazione colorita e cercò di articolare qualche moncone di frase, in modo talmente confuso e scomposto che nessuno dei due riuscì mai a ricordarne con precisione un’intera sequenza.
Lui non seppe mai bene cosa avesse detto, lei non seppe mai bene cosa avesse ascoltato. Ma entrambi si accorsero confusamente che all’interno della batteria primaria aleggiava un’atmosfera di stupore inquieto, rafforzato dall’impossibilità di tornare sui propri passi facendo finta di nulla, e gradevolmente alleggerito dalla tenue speranza che la possibilità di un futuro condiviso potesse forse esistere.

Appena Garrus smise di parlare Shepard capì che era arrivato il momento di uscire da quella stanza. Si sentiva estremamente agitata: non riusciva a capacitarsi lei stessa di come diavolo avesse tirato fuori quella proposta. Eppure il lento e indifferente scorrere dei secondi successivi le fece capire chiaramente come quella frase fosse solo la conclusione necessaria e inevitabile di un processo evolutivo che lei non aveva mai voluto riconoscere, ma che era iniziato molto tempo prima.
Non era pentita: si sentiva addirittura sollevata.
Era abituata ad affrontare situazioni in cui aveva poco tempo per agire. Nelle fasi di un combattimento sapeva esattamente cosa fare, quando farlo e come, più per intuizione che per ragionamento: in battaglia non c’era tempo per pensare o per provare paura. Questa volta non stava combattendo contro un nemico, ma la sua mossa era stata il risultato di un’analisi del tutto simile.
Non le capitava mai di avere dubbi in uno scontro a fuoco: caricava l’avversario che si sporgeva imprudentemente dal proprio riparo e lo finiva in pochi secondi. In caso di necessità sapeva di poter contare sulla precisione dei colpi di Garrus per liquidare un nemico particolarmente difficile...
Ora però non era affatto sicura del modo in cui lui avrebbe reagito.
Non aveva bisogno di guardarlo per sapere che il turian era completamente confuso e frastornato: doveva uscire da quella stanza nel più breve tempo possibile, trovare il coraggio di guardarsi allo specchio senza arrossire, e dargli il tempo di riprendere fiato.

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Capitolo 12
*** Prima delle rapide ***


12. *PRIMA DELLE RAPIDE*

First Snow



Dopo che Shepard uscì silenziosamente, Garrus tirò un sospiro di sollievo nel ritrovarsi solo in quella stanza a lui tanto familiare. Restò immobile, apparentemente assorto a studiare il funzionamento di uno dei tanti macchinari della Normandy, ma in realtà i suoi occhi non vedevano assolutamente nulla: era solo il cervello a lavorare a pieno ritmo, cercando di mettere ordine nel groviglio di sensazioni contrastanti che lo stavano investendo.
“Spiriti! Non ricordo neppure cosa le ho risposto” riconobbe con una certa apprensione.
“Credo che tu sia impazzita, Shepard. Questa è follia allo stato assoluto…” fu la frase che le inviò mentalmente, mentre il suo cervello continuava a lavorare autonomamente e a perdersi in riflessioni varie per proprio conto.
“Considerazioni come queste non ci hanno mai fermato…” ammise dopo qualche secondo, ripensando alle tante decisioni che si erano trovati a prendere sui campi di battaglia, come quella del furto della prima Normandy. Lasciò cadere le spalle, come primo segnale di resa, sentendosi confuso e indeciso.
“Dovrei valutare la faccenda freddamente, senza annegare in un oceano di emozioni opposte. A dirlo sembra possibile, e perfino facile, ma non è così. Non è così che funziona la mia testa, almeno non in questo caso. E' che non me lo aspettavo e non ci avevo mai pensato. Mi hai colto alla sprovvista...”. Fece un paio di lunghi respiri e cercò di rilassarsi ma, non appena lasciò la mente libera di vagare, gli tornarono in mente immagini sparse e frammenti di frasi che gli chiarirono che no, non era stato affatto colto alla sprovvista.
Ricordò le lacrime che le scorrevano sul viso quando teneva fra le braccia il suo corpo ferito nella navetta dopo lo scontro su Omega, le dita tiepide con cui gli aveva serrato il dorso della mano dopo il colloquio su Kaidan, la rabbia cieca con cui lo aveva caricato nello scontro su Illium perché stava rischiando la vita come un idiota, la frase inquietante su un fidanzato turian che lui aveva frettolosamente attribuito al troppo vino…
Non era vero che non avesse minimamente intuito cosa stava accadendo, aveva semplicemente evitato di soffermarsi sul significato di alcune azioni e parole. Si comportava da sempre in quel modo, per quel che poteva ricordare, come se reputasse improbabile l'ipotesi che una femmina potesse trovarlo attraente. E questa volta la femmina in questione non era neppure una turian...

Ripensò allo stupore che aveva provato quando era poco più che adolescente, nel venire a sapere da sua sorella che alcune compagne del suo corso lo trovavano dannatamente seducente e che avrebbero fatto carte false per uscire con lui. All'inizio era stato sicuro che Solana lo stesse prendendo in giro, ma alla fine aveva finito per crederci, specie dopo che lei lo aveva accusato di essere perspicace come un grogtik, un mammifero di Palaven che mangiava unicamente foglie di fujlaba e passava tutta la vita attaccato, a capo in giù, ai rami di quegli alberi, alti decine di metri.
“Grogtik ritardato non avere capito” si accusò ridacchiando imbarazzato, prima di decidere che c'era ben poco da ridere. Prima di quella sera Shepard non gli aveva mai parlato in modo tanto chiaro ma, se faceva mente locale, si accorgeva che qualche segnale glielo aveva mandato. E che lui fosse un grogtik era probabile che lei non lo sospettasse neppure.
Si chiese se anche lui le avesse inviato un qualche segnale, non di proposito ovviamente. Magari addirittura per sbaglio... Già, doveva essere successo per sbaglio, perché lui non trovava attraenti le umane...

“Ma chi vuoi prendere in giro, Vakarian?”.
Era partito per Omega quando aveva appreso la notizia della sua morte, aveva rischiato di farsi venire un attacco di cuore quando l'aveva inquadrata nel mirino del fucile in mezzo al gruppo di freelancer assoldati dai mercenari e in più di un'occasione avrebbe voluto stringerle la vita fra le mani e farle poggiare il viso sul petto, per rassicurarla che lui era lì al suo fianco, come sempre.
Solo qualche sera prima, quando era entrata come una furia nella stanza di Grunt, con i capelli sciolti sulle spalle e solo una tuta leggera addosso, aveva provato un desiderio spasmodico di passare le dita in quella cascata color mogano prendendola in giro per le sue stupide preoccupazioni. E durante quel ballo al Dark Star il suo fisico aveva protestato vivacemente per il desiderio insoddisfatto di lei, di quel suo corpo umano.
Non era solo questione di trovarla attraente o meno. La situazione era molto più complessa e del tutto nuova per lui, perché non si era mai innamorato prima e quel che provava pensando a lei, soprattutto ora che le sue frasi lo avevano costretto a riflettere, era decisamente inquietante. Ma doveva esserlo anche per Shepard.
Non conosceva bene i costumi degli umani, ma il comandante non sfogava lo stress come gli individui della sua razza e, a parte Kaidan, non l'aveva mai vista in atteggiamenti amorosi con un maschio. Quindi non gli aveva proposto di trascorrere solo qualche ora insieme, come aveva fatto il ricognitore della nave spaziale su cui prestava servizio anni prima o parecchie decine di femmine della sua razza su Palaven.
Se qualcuno gli avesse predetto che un giorno si sarebbe innamorato, come era accaduto al padre quando aveva conosciuto la mamma, gli avrebbe riso in faccia, perché il sesso era un'attività sana e piacevole, ma legarsi stabilmente a qualcuno era una possibilità degna solo di storie fantascientifiche. Aveva altri obiettivi e cose più importanti a cui pensare nella sua vita. O almeno così aveva creduto fino a pochi minuti prima.
Adesso si rendeva finalmente conto che i suoi obiettivi di vita consistevano nell’aiutare Shepard nella missione contro i Razziatori, nello starle accanto su quella nave che gli era diventata più cara della casa su Palaven e nel vigilare che niente e nessuno potesse farle alcun male o ostacolarla. E sapeva che in mancanza di quegli obiettivi la sua esistenza gli sarebbe apparsa vuota e inutile. Lo aveva capito quando aveva appreso la notizia della sua morte e più tardi su Omega, dove l’unica molla capace di motivarlo era consistito nell’imitare l’operato del suo vecchio comandante.

Si prese la testa fra le mani, sedendosi su una sedia. Era ancora terribilmente insicuro, ma alcune piccole verità stavano prendendo forma e l’ammissione stessa di quello stato confusionale gli sembrava il primo passo indispensabile verso una realtà che non aveva voluto riconoscere. O forse non era stata proprio in grado di vederla, perché Shepard era pur sempre un’umana, anche se ultimamente faceva fatica a ricordarselo.
“Non so più niente, le mie sicurezze crollano e ogni mia convinzione si sgretola. E queste constatazioni, invece di preoccuparmi come dovrebbero, mi fanno venire voglia di correre nel tuo alloggio per dirti che va bene, che per te sono pronto anche a questa follia”.
Ma ovviamente non corse affatto fino al ponte uno, perché una decisione come quella non poteva essere presa alla leggera. Prima di chiudere gli occhi per provare a dormire (quella sera aveva raddoppiato la quantità delle pillole che gli aveva prescritto la Chakwas), provò a pensare a come suo padre, il turian che piaceva tanto a Shepard, avrebbe accolto quella notizia.
“Non credo che le piacerebbe più tanto” decise all'istante, ghignando con una sottile vena di malignità, figurandosi facilmente l'espressione del viso di Rennok e il genere di commenti che avrebbe pronunciato nel sapere che suo figlio frequentava una femmina umana che, per di più, era anche uno Spettro. Sua sorella, invece, sarebbe passata rapidamente da uno stato di assoluto stupore a frenetiche manifestazioni di una gioia esagitata e probabilmente l'avrebbe sottoposto ad un fuoco di fila di domande, le più varie e inaspettate. L'unica persona che avrebbe ascoltato con attenzione tutta la storia e l'avrebbe aiutato a prendere la decisione giusta sarebbe stata la mamma, se solo non fosse stata tanto malata.
“Perché c'è sempre una decisione giusta, che si distingue chiaramente dalle altre, ugualmente possibili, che però giuste non sono. C'è una decisione giusta anche in casi come questi, no?” provò a rassicurarsi. “Certo che c'è, Vakarian!” capì improvvisamente mentre le pillole cominciavano a fare il loro effetto e la mente gli si snebbiava. La decisione giusta era quella di preoccuparsi dei Razziatori. Trovare il modo di varcare il portale di Omega 4 e sterminare i Collettori sarebbe stata solo la prima tappa di quella lunga avventura. Un'avventura che avrebbe richiesto anni di combattimenti prima di ottenere l'inevitabile vittoria. Perché si poteva vincere qualunque nemico, perfino i Razziatori, sotto la guida del comandante Shepard.

Last Man



Quando il comandante raggiunse il suo alloggio, ci entrò rapidamente chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandoci la schiena contro, prima di lasciarsi scivolare sul pavimento. Avrebbe voluto versarsi un bicchiere di vino, ma capì che sarebbe stato meglio aspettare un po': le mani tremavano ancora per la tensione.
Sollevando lo sguardo inquadrò la foto di Kaidan. Fu sufficiente quel suo sorriso a farla decidere a rialzarsi da terra all'istante: la tenne fra le mani per il tempo necessario a capovolgerla a faccia in giù sul ripiano, con un gesto deciso che decretava la fine di quella disgraziata storia che ormai non la feriva più.
Grazie ad un ricognitore turian femmina, quella sera aveva finalmente compreso in pochi istanti che era Garrus l’unica persona che lei volesse al suo fianco, l'unica di cui avesse veramente bisogno. Lo aveva imparato subito sui campi di battaglia, ma aveva fatto molta più fatica a capirlo per la vita di tutti i giorni perché lui era un turian e lei... Beh, lei era una sciocca...
Ridacchiò fra sé, versandosi un bicchiere di vino e ascoltando interessata quel suo cuore che le stava battendo nel petto come se volesse uscire a farsi una passeggiata sui ponti della nave per conto proprio.
Si chiese se avesse già provato quelle stesse emozioni, di certo adatte ad una quindicenne, ma non al comandante di una fregata. Con Kaidan non c'era stato nulla del genere e neppure prima di lui, a quanto ricordava. Nel periodo di addestramento nell'Alleanza era stata troppo impegnata a recuperare lo svantaggio che aveva rispetto a tutti i suoi compagni di corso per potersi permettere una storia seria e durante l'addestramento N7 il tempo libero bastava a malapena a smaltire la fatica accumulata durante le lezioni pratiche e di teoria. In seguito era stata quasi sempre imbarcata su una nave e si sapeva che l'Alleanza non tollerava relazioni fra membri dell'equipaggio.
“Insomma, non hai alcuna esperienza degna di nota riguardo a storie romantiche” si confessò sentendosi abbastanza insicura. “E mica hai scelto di infilarti in una relazione normale. Ma figurati... Troppo facile, no? Così hai finito per infilarti nella situazione più incasinata possibile, giocando a fare la pioniera in un territorio del tutto inesplorato”.
Andò in bagno per lavarsi il viso e studiò l'immagine riflessa dallo specchio. Gli umani in genere la trovavano attraente, ma i turian avevano canoni estetici a lei ignoti. Se il rossore di Garrus riguardo all'argomento capelli le faceva immaginare che i suoi gli piacessero (era davvero così timido oppure cosa?) oggettivamente il suo fisico aveva ben poco in comune con quello delle femmine turian.
“Stai dando per scontato che Garrus sia almeno parzialmente interessato ad avere una storia con te, ma sai benissimo che non gli interessano le femmine di razze aliene. Ha detto più volte di non riuscire proprio a capire che senso abbiano le relazioni interspecie”.
Forse non lo avevano davvero, se si giudicava sulla base di individui standard. Ma lei era il comandante Shepard e lui era Garrus Vakarian. E non c'era Shepard senza Vakarian, questo lo sapevano tutti.
La casualità aveva voluto che nascesse turian invece che umano. Questa circostanza non toglieva e non aggiungeva nulla al loro rapporto. Se le avessero chiesto di descriverlo avrebbe parlato della sua abilità nel combattimento, della sua capacità di occupare il posto giusto al momento giusto sul campo di battaglia. Avrebbe affermato con convinzione assoluta che era la persona su cui sapeva di poter contare in ogni occasione, quella che non aveva mai guardato il colore della sua divisa per decidere di seguirla, quella che c'era sempre e che era sempre pronta a offrirle un sostegno, una parola gentile o un consiglio. E, più di ogni altra cosa, era la persona con cui poteva confidarsi aprendo il proprio cuore senza riserve, sicura che lui avrebbe dato l'anima pur di comprendere le sue emozioni e le sue motivazioni. Che fosse nato turian invece che umano non aveva alcuna importanza.
Ma non sapeva prevedere le reazioni di Garrus alla proposta inattesa che gli aveva fatto. Forse si era spinta più in là di quanto lui potesse arrivare, dato che in pratica gli aveva chiesto di dare un calcio a tutte le salde convinzioni che aveva nutrito fino a quel momento.
- Comunque vada questa storia che non sai neppure se davvero inizierà, puoi star sicura che tu e lui resterete comunque Shepard e Vakarian, così come è sempre stato fin dall’inizio. Magari fra qualche giorno riderete insieme su questa tua proposta, ma sai che l’avrai sempre al tuo fianco, pronto ad aiutarti in qualunque occasione.
Furono queste le parole che usò per rassicurare la donna con l'aria sperduta che la fissava dallo specchio. Poi aprì l'armadietto dei medicinali e ingoiò una dose doppia delle pillole che le aveva prescritto la Chakwas. Aspettando che cominciassero a fare effetto si mise a studiare le caratteristiche del pianeta sul quale si era schiantata l'astronave del padre di Jacob. Dopo quella missione avrebbe dovuto occuparsi delle richieste di Zaeed e di Jack e poi avrebbe potuto occuparsi a tempo pieno della loro missione principale.
Fu soddisfatta delle informazioni raccolte dopo un quarto d'ora di studi accurati. A quel punto si infilò nel letto e gli ultimi istanti di coscienza li passò meditando sul portale di Omega 4 e sui Collettori, ben sapendo che quella missione sarebbe stata solo la prima tappa di una più lunga avventura. Perché il nemico vero era ancora lontano, ma non troppo, e per ora solo lei e il suo equipaggio erano convinti dell’esistenza dei Razziatori.

Passarono interi giorni senza che Garrus o Shepard tornassero nuovamente sull’argomento e per tutto quel tempo il comandante si comportò come al solito.
Aveva una capacità innata e invidiabile nel tenere distinte le faccende personali dal lavoro, osservò Garrus mentre si trovava seduto nella stiva della Kodiak che li stava riconducendo sulla Normandy al ritorno da Pragia: in questo era una turian perfetta, addirittura migliore di lui, si trovò a riconoscere con una certa autoironia.
Negli ultimi giorni a lui era capitato di fissarla con uno sguardo incerto, cercando di capire se le intenzioni nei suoi confronti fossero cambiate, ma lei sembrava non se ne fosse neppure accorta: quando gli aveva rivolto la parola lo aveva trattato come un qualunque altro membro dell’equipaggio.
“Forse ci ha ripensato” si era ripetuto più volte in quell’ultima settimana, stupito nel non sentirsi affatto sollevato per quella possibilità.
L’unica volta in cui Shepard aveva scambiato con lui uno sguardo d’intesa carico di significato risaliva a quattro giorni prima: Jack e Miranda si erano casualmente ritrovate a pranzare insieme e ovviamente erano finite a discutere animatamente, nonostante la presenza del comandante.
A un certo punto, dopo l'ennesima punzecchiatura maligna, l'ufficiale di Cerberus era sbottato con rabbia - Io capisco la tua tensione e il tuo stress, Jack… ma non potresti trovare un modo diverso per sfogarti?
A quell’esclamazione Garrus era scoppiato a ridere e, per evitare di strozzarsi, aveva dovuto sputare nel piatto il boccone che stava masticando, mentre il comandante era rimasto impassibile e aveva freddamente invitato entrambe donne a darsi una calmata, usando quel particolare tono che non ammetteva repliche.
Poi però aveva chiesto in tono innocente - Garrus, voi turian come sfogate la tensione e lo stress? - con un’occhiata maliziosa e un’aria fintamente angelica che aveva finito per farlo strozzare del tutto.
A parte quell’episodio, non era accaduto nient’altro che potesse richiamare alla mente la loro ultima conversazione nella batteria primaria.

“Mi sentirei deluso e ferito se avessi cambiato idea” si rese conto Garrus, riponendo il suo equipaggiamento con la solita cura e attenzione ma, nonostante il desiderio di sapere come stessero le cose, non provava alcuna urgenza di riprendere l’argomento con il comandante. A se stesso poteva candidamente ammettere di provare una paura fottuta per tutta quella assurda storia.
“E’ un rischio che non so se voglio correre, Shepard: sei l’unica cosa che conti veramente per me in questa dannata galassia e sono terrorizzato dal disastro a cui probabilmente dovremmo assistere” aveva confessato a se stesso nel pieno di una notte in cui non era riuscito assolutamente a prendere sonno, nonostante le pillole della Chakwas.

I Surrender



Era sera tardi ormai e c’era un gran silenzio a bordo. Per una volta, Garrus non aveva alcun desiderio di dedicarsi alla calibratura dei sistemi offensivi della Normandy.
“Questa incertezza mi sta sfibrando” ammise con rassegnazione.
Chiese a IDA se ci fossero membri dell’equipaggio in giro per la nave, ma non c’era più nessuno con cui scambiare due chiacchiere idiote, tanto per passare il tempo. Perfino Joker era andato a riposare. Oltre al personale di turno, solo il comandante passeggiava ancora sui ponti, compiendo il suo solito giro di ricognizione prima di ritirarsi nel suo alloggio per la notte.
Sapeva che sarebbe stato inutile stendersi sul letto perché il sonno era sfuggito. Si sedette sul materasso e ripensò a quanto aveva osservato nella base di Cerberus su Pragia. Adesso riusciva a capire un po’ meglio la pazza tatuata che viveva isolata nella parte più buia della Normandy. La capiva, provava compassione per quello che aveva dovuto sopportare, ma non riusciva ancora a farsela piacere.
La porta che si aprì improvvisamente interruppe quelle futili considerazioni.

- La dottoressa mi ha detto che ti ha dato delle pillole per dormire. Non sapevo che soffrissi d’insonnia - esordì il comandante.
- Non soffro si insonnia. Non ho sonno. E’ diverso.
- E questa versione ha convinto la Chakwas?
- No. Ma non deve averla convinta neppure la tua, qualunque fosse - contrattaccò Garrus con un sorriso divertito, ricordando le parole della dottoressa.
- Tutta colpa dell'anima nera della Normandy – aggiunse poi, lanciando uno sguardo irritato verso le telecamere.
- IDA, ritirati dalla batteria primaria.
- Certo, Shepard.
- Non ci credo! Basta questo?
- A me sì. A te no... Non credo proprio - rise apertamente lei.
Era un'occasione insperata, quella di ritrovarsi a tu per tu con il comandante, e Garrus decise immediatamente di approfittarne, per chiarire una volta per tutte i loro rapporti futuri.

- Ho riflettuto su ciò che abbiamo discusso… Sfogare lo stress, alleviare la tensione… - iniziò a dire.
- Non avevo mai considerato i rapporti interspecie… Spiriti! Chiamarli così non aiuta. Ora mi sento perverso e cinico - continuò - Siamo pazzi anche solo a pensarci? Io non…
Fece una pausa. Fissò quegli occhi verdi che lo stavano guardando con attenzione, ma senza alcuna impazienza o trepidazione, a riprova del fatto che lei non aveva alcun dubbio. Ma la mente di Garrus si era rigirata la proposta del comandante sotto ogni possibile angolazione ed ora era pronta a fornire il suo responso.
- Ascolta, Shepard, so che potrai trovare qualcuno di più adatto a te - concluse con sicurezza, sapendo che quella era la scelta più ragionevole, quella che non avrebbe fatto correre alcun rischio al loro rapporto, quella che non avrebbe compromesso la loro missione e li avrebbe mantenuti al meglio delle loro condizioni psichiche e fisiche.
- Non voglio qualcuno di più adatto a me… Voglio te. Voglio qualcuno di cui potermi fidare - replicò lei con semplicità e assoluta sicurezza.

Bastò quella singola frase, che conteneva una sostanziale richiesta di aiuto e di appoggio, a decretare la resa incondizionata di Garrus, che fece un sorriso nervoso e commentò soltanto - Volevo solo essere sicuro che non ti fossi pentita. Dovevo darti l’occasione per tirarti indietro con eleganza - mentì spudoratamente, pur sapendo che lei non si sarebbe lasciata imbrogliare da quelle parole.
- Se tu hai voglia di andare avanti in questa insensata avventura non sarò certo io a battere in ritirata - aggiunse consegnando idealmente le sue armi e arrendendosi senza condizioni a quella volontà superiore.
- Abbiamo affrontato cose peggiori di questa - assentì Shepard con fiducia, prima di avviarsi verso la porta.
“Non ne sono mica tanto sicuro” fu il pensiero spontaneo di Garrus, mentre la guardava andar via dalla stanza, con un sorriso lieve sulle labbra, vagamente stupito che lei non si fosse neppure avvicinata per sfiorargli una mano o per accarezzargli il viso.
Una volta uscita dalla porta, Shepard si accorse che stava ancora sorridendo e si sforzò di tornare ad assumere un'espressione più consona al comandante di una fregata.
Era corsa fuori da quella stanza, in tutta fretta, per vincere il desiderio di accoccolarsi fra quel paio di braccia robuste e di appoggiare la guancia su quella sua spalla solida e accogliente. Sapeva che se fosse rimasta non sarebbe riuscita a resistere alla tentazione di confessargli la sua prossima missione, quella che avrebbe iniziato fra poche ore, quella che l'avrebbe costretta ad abbandonare la sua nave e il suo equipaggio.
E Garrus si sarebbe infuriato e forse avrebbe dovuto ricorrere alla sua autorità di comandante per vincere le sue proteste. E no, non sarebbe stato di certo un bel modo per iniziare quella bizzarra relazione interspecie...
Ma l'ammiraglio Hackett le aveva chiesto di mantenere il segreto e lei non poteva venir meno alla promessa data. E non poteva neppure aspettare di completare la missione principale, dato che l'ipotesi di una invasione ormai prossima dei Razziatori meritava tutta la sua attenzione e poneva in secondo piano i Collettori.
“Ci rifaremo quando tornerò” si promise solennemente prima di entrare nell'ascensore che l'avrebbe portata nel suo alloggio.

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Capitolo 13
*** Missione solitaria ***


13. *MISSIONE SOLITARIA*



Time - Pink Floyd


- IDA, sai se c’è qualche nov... - iniziò a chiedere Garrus, interrompendosi prima ancora di completare la frase. “E’ una IA: è da idioti sperare che la mancanza di notizie su Shepard dipenda da una sua dimenticanza”.
Restò in silenzio, mentre cercava inutilmente di ingannare il tempo con un problema di ottimizzazione che non riusciva a catturare la sua attenzione. Si girò di scatto accorgendosi dell’apertura della porta della batteria primaria e, per un secondo di durata infinita, sperò irrazionalmente di vedere apparire la figura del comandante.
- Non volevo disturbarti - si scusò Tali, accorgendosi del sussulto del turian - Mi rendo conto da sola di quanto sia stupido, ma speravo che potessi avere qualche notizia di Shepard - aggiunse in tono rassegnato.
- Abbiamo tutti le stesse informazioni: non sappiamo più nulla da 48 ore… no, da 49 ore e una manciata di minuti - le rispose lanciando un’occhiata al quadrante dell’orologio.
Poi le propose - Mi accompagneresti nel salone? Non mi va di andarci da solo, ma non riesco a concentrarmi e qui sto solo sprecando tempo.

Quando varcarono la soglia trovarono quasi tutto l’equipaggio riunito in quella stanza. La maggior parte era seduta in giro sui divani, tranne Grunt che passeggiava con furia ed evidente nervosismo; nei suoi improvvisi cambi di direzione spostava sedie, divani, tavolini e persone, tutto con la stessa noncuranza.
Ringhiò a Miranda quando la donna lo rimproverò per averle pestato un piede e ci mancò poco perché, a un suo nuovo rimprovero, le tirasse una delle sue testate in perfetto stile krogan. Solo l’intervento pacato di Samara evitò che lo scontro verbale si trasformasse in scontro fisico.
Dopo aver lanciato un altro sguardo di disapprovazione, che lasciò completamente indifferente Grunt, Miranda riprese a chiacchierare fitto fitto con Jacob.
Nessuno stava prestando particolare attenzione ai due ufficiali di Cerberus, che si erano appartati in un angolo e parlavano a bassa voce. Anche se non si distinguevano le parole, la loro espressione rivelava un forte stato di tensione e nervosismo.
Era molto probabile che stessero cercando di formulare un qualche piano alternativo nel caso in cui il comandante non dovesse rientrare dalla sua missione solitaria su Aratoht, pensò Garrus mentre li fissava leggermente incuriosito per poi sussurrare a Tali - Se quei due pensano che eseguiremo tranquillamente i loro ordini, credo che avranno una gran brutta sorpresa…
- Per quanto mi riguarda è assolutamente fuori discussione, dopo quello che Cerberus ha fatto ai quarian - gli rispose prontamente Tali, gettando un’occhiata malevola a entrambi.

Samara, dopo essersi frapposta fra Grunt e Miranda, era tornata a chiacchierare con Kasumi che la ascoltava con apparente interesse anche se il suo sguardo si spostava spesso su Jacob. Tutti sulla Normandy avevano capito il suo debole per l’ufficiale di Cerberus, ma lui non sembrava ricambiare in alcun modo l’interesse della ladra giapponese.
Jack era appollaiata sul bancone del bar e si stava scolando una bottiglia di un qualche intruglio umano alcolico in compagnia di Zaeed. Garrus lanciò a quei due uno sguardo di disapprovazione spontanea: lui non aveva nessuna intenzione di ubriacarsi, perché voleva essere pronto a combattere, se si fosse presentata questa necessità.
“Uno scontro all’ultimo sangue sarebbe sempre meglio che restare qui ad aspettare senza poter fare nulla. Questa forzata inattività mi sta logorando, così come sta logorando un po’ tutti” si rese conto, dopo aver fatto scorrere lo sguardo sui volti dei suoi compagni. Gli unici che sembravano rilassati, pur senza esserlo, erano la asari e il drell.
Samara si era saggiamente assunta il compito di vigilare sull’equipaggio, evitando che la situazione esplodesse, e Thane si era seduto nell’angolo più buio e isolato, con lo sguardo perso nel vuoto. Il suo viso era annebbiato da quell’espressione distante che rivelava il suo essersi perso nei ricordi di avvenimenti lontani.
Ma se non fosse stato irrequieto e ansioso, come tutti loro, sarebbe rimasto all’interno del supporto vitale, così come Garrus sarebbe rimasto nella batteria primaria. La sua presenza nel salone, in mezzo a quella folla che di solito evitava accuratamente, rivelava il suo stato di estremo disagio.
“In questo momento invidio moltissimo il suo solipsismo” si trovò a pensare Garrus con uno spasmo di desiderio. “Mi piacerebbe perdermi nel ricordo delle emozioni che ho provato nello stringere fra le mani il primo fucile che mi è stato regalato, nell’avvertire di nuovo quel sentimento misto di potere, euforia e timore… Per gli Spiriti! In realtà andrebbe bene qualunque ricordo che mi facesse distrarre da questa attesa snervante” si confessò infine con rabbia sterile.

Joker aveva lasciato il suo posto sul ponte e stava giocando a carte con Mordin. Garrus e Tali si avvicinarono incuriositi al loro tavolo e la quarian domandò al pilota - Tutto bene, Jeff? Mi fa una strana impressione vederti seduto qui invece che sulla poltrona del pilota…
- L’assenza del comandante era addirittura più inquietante delle sue lunghe soste silenziose dietro la mia poltrona. E poi quelle stelle così fisse… il silenzio dei motori… le lucine che non lampeggiano… Mi sono dovuto alzare. Tanto c’è IDA…
Lanciò un’occhiata in tralice alle carte che il salarian aveva disposto ordinatamente sul tavolo davanti a sé e sbottò - Merda! Ma come fai a vincere sempre?
- Gioco è semplice applicazione di calcolo di probabilità - fu la risposta del dottore che si mise a raccogliere la posta dal tavolo.
- Ma non dovevi fare uno dei tuoi maledetti esperimenti in laboratorio? - chiese ancora Joker lanciando uno sguardo triste alla montagna di crediti che aveva abbandonato le sue tasche.
- Esperimento rimandato. Troppo distratto. Avrei potuto sbagliare - rispose Mordin scuotendo la testa.

A questo punto Garrus si estraniò da quanto avveniva attorno a lui, colpito dal pensiero che tutto il loro mondo si era in realtà fermato da più di due giorni. La Normandy stava galleggiando nel limbo, limitandosi ad accogliere nel suo ventre un’improbabile accozzaglia di razze e di caratteri di ogni genere.
“Solo Shepard può tenere insieme questo strano equipaggio e senza di lei non siamo in grado di portare a termine nessuna missione, nemmeno la più banale, figurarsi l’attraversamento del portale di Omega 4…” si disse, mentre sogghignava malignamente nell’immaginarsi la sua reazione ad un ordine diretto di Miranda, di Jacob o dell’Uomo Misterioso in persona.
“E se prendessi una navetta e andassi a cercarla?” si chiese improvvisamente, con un briciolo di speranza di poter far qualcosa di diverso dal contemplare passivamente lo scorrere del tempo. Poi scrollò la testa rassegnato; gli ordini del comandante erano stati fin troppo chiari: Restate a bordo della Normandy, non uscite per nessun motivo dall’occultamento, ma tenetevi pronti a partire. Vi terrò aggiornati via radio.
Ma erano due giorni che non ricevevano alcun aggiornamento. Nell’ultimo messaggio ricevuto avevano appreso della liberazione della dottoressa Kenson e che Shepard si stava dirigendo con una navetta verso un laboratorio poco lontano in sua compagnia. Da allora più nulla ed ogni ipotesi appariva plausibile, anche la peggiore fra tutte.

- Sono passati più di due giorni dall’ultima comunicazione - fu la frase che Miranda pronunciò improvvisamente ad alta voce nel mezzo del salone.
Tutte le conversazioni si interruppero all'istante, mentre l’ufficiale di Cerberus continuava con voce ferma - Credo che dovremmo fare il punto della situazione ed elaborare un piano per procedere in qualche modo. Non possiamo limitarci ad aspettare che…
- Da quando la cheerleader di Cerberus ha assunto il comando? - fu la domanda rabbiosa di Jack che, senza attendere la conclusione del discorso, si era alzata in piedi sul bancone, agitando minacciosamente la bottiglia che teneva nella mano destra e fissando Miranda con uno sguardo che faceva temere un’esplosione biotica imminente. Zaeed le lanciò un'occhiata divertita e passò in rassegna i volti dei vari membri dell'equipaggio con curiosità palese, come se stesse studiando le loro reazioni.
- Non ho assunto il comando di niente, Jack. Sto solo dicendo che dovremmo prepararci ad ogni evenienza. Niente di più, niente di meno. Sono disposta a sentire ogni vostro suggerimento, ma è chiaro che non possiamo restare qui senza far nulla - continuò con un tono che voleva risultare conciliatorio e ragionevole, ma che ai più era suonato solo sgradevole e irritante.
- Non sappiamo dove sia Shepard e quindi non possiamo spostare la Normandy con il rischio di allontanarci - fu l’osservazione pacata di Samara che, dopo un paio di secondi, aggiunse - E non possiamo usare le navette, perché i Batarian si accorgerebbero della nostra presenza nel loro settore. A meno che tu non voglia recuperare il sistema identificativo dei Razziatori abbandonando qui il comandante, non vedo cos'altro possiamo fare se non aspettare.

Nel frastuono di grida e insulti che si levarono da parte di vari membri dell’equipaggio, si inserì la voce inattesa di IDA che si sparse dagli altoparlanti del salone facendo ammutolire tutti in una manciata di secondi.
- Rilevo la presenza di un asteroide in rotta di collisione con il portale di questo sistema. La violenza dell’impatto porterà alla distruzione del portale con una probabilità del 99,99%. L’impatto è previsto fra 62 minuti circa.
- Merda - fu l’immediato commento di Joker che si alzò dal tavolo abbandonando le carte e si avviò zoppicando verso la porta del salone continuando a ripetere ostinatamente - Merda, merda, merda.
Tutti gli altri membri dell’equipaggio si limitarono a fissarsi l’un l’altro con espressioni confuse ed incerte. Oltre Joker, solamente Tali comprese il vero significato della comunicazione della IA.
- La distruzione di un portale galattico è equiparabile all’esplosione di una supernova - osservò ad alta voce, rompendo il silenzio turbato del salone. Poi semplificò - In parole povere... la detonazione ucciderà tutte le forme di vita presenti in questo sistema e sbriciolerà la Normandy.
- Tutti ai propri posti - ordinò Miranda e questa volta nessuno sollevò obiezioni di sorta, ma ognuno si diresse rapidamente verso la propria postazione.
La voce di Joker che pronunciava la frase - Tenetevi pronti: dovremo entrare nel portale prima che questo venga distrutto o moriremo qui - rimbalzò per tutta la nave, rendendo ancora più reale ciò che ognuno aveva compreso: con o senza il comandante, stavano per lasciare quel sistema e restavano solo pochi minuti per evitare la distruzione della Normandy e la morte certa.

“Non riesco a credere che tutto questo sia reale” era il pensiero ostinato di Garrus, mentre fissava le spie lampeggianti nella batteria primaria, appoggiato a un macchinario, con il gomito del braccio destro sul piano del mobile e la mandibola appoggiata sopra le dita ripiegate.
“Sei sopravvissuta agli scontri contro Saren e la Sovereign. Sei sopravvissuta perfino alla distruzione della Normandy e ora finisce tutto così? Non c’è onore né gloria in una morte come questa...” rimuginava fra sé cercando di soffermare l’attenzione su quei concetti familiari di ‘onore’ e ‘gloria’ perché provava un sentimento strano che non riusciva a identificare e che, proprio per questo, lo turbava.
“Per gli Spiriti, Shepard! Perché non mi hai permesso di combattere al tuo fianco anche questa volta?” si ripeté per la centesima volta.
Dette un pugno contro la parete cercando di sfogare la rabbia, poi si mise a camminare per la stanza. Si fermò quando si rese conto che in tutta quella storia c’era qualcosa di strano, che non riusciva a spiegarsi.
- IDA, com’è possibile che un asteroide colpisca un portale con forza sufficiente da mandarlo in pezzi?
- Il suo comportamento anomalo fa supporre che sia mosso da un qualche sistema di propulsione e che sia dotato di un apparato di puntamento - fu la pronta risposta della IA.
“Quindi dietro tutto questo potrebbe esserci la mano del comandante” rifletté, grato di quel tenue filo di speranza.
- E cosa accadrà dopo la distruzione del portale? - chiese ancora.
- Questo sistema resterà isolato dal resto della galassia: gli altri sistemi saranno raggiungibili con una navigazione di molti mesi.

Quella risposta non forniva alcun indizio utile per immaginare cosa stesse accadendo in quel sistema o cosa stesse facendo Shepard, ammesso che fosse ancora viva, ma ora Garrus era certo che dietro a quella storia in qualche modo ci fosse il loro comandante.
“O stai cercando di impedire l’impatto o lo stai causando. Considerando il numero di morti, suppongo che tu stia provando a impedirlo, ma d’altra parte non capisco chi potrebbe desiderare la distruzione di un portale galattico, né per quale motivo”.

I minuti continuarono a scorrere e la tensione finì per contagiare tutti i membri dell’equipaggio: perfino Jack si trovò a scattare da una parte all’altra del ponte inferiore della sala macchine in preda ad un nervosismo che non dipendeva solo dal timore che la Normandy venisse distrutta con tutti loro a bordo.
Alla fine la biotica decise di salire al piano superiore e si avvicinò silenziosamente a Tali che stava fissando il riquadro dell’orologio.
- Quanto manca? - chiese a bassa voce, quasi per paura di disturbare la quarian di cui non poteva leggere l’espressione del viso.
- Fra una manciata di minuti dovremo attraversare il portale. Non manca più molto - rispose con lentezza Tali che stava lottando contro le lacrime che le appannavano la visiera.
Dopo questa frase la quarian restò in silenzio, si appoggiò all’angolo formato dalle due pareti più vicine, e si lasciò scivolare sul pavimento chinando il capo. Jack restò in attesa degli eventi: Tali era una delle poche persone a bordo che lei trovava piacevoli, ma sapeva che non c’era nessuna frase consolatoria da pronunciare.
Anche Ken e Gabby si limitavano a svolgere le solite operazioni di routine davanti ai loro terminali senza scambiarsi neppure una parola. Il ponte macchine era pervaso da un silenzio opprimente e la Normandy tutta si trovava in quella stessa situazione di sospensione.

Garrus aveva aspettato che mancasse un quarto d’ora all’impatto, poi era uscito dalla batteria primaria ed era andato sul ponte. Ora stava guardando distrattamente le stelle, seduto sulla poltrona alla destra del pilota della Normandy.
Joker non l’aveva neppure salutato ma, non appena aveva scorto il turian, aveva inserito il viva voce, in modo che un eventuale messaggio da parte del comandante finisse nel sistema audio della cabina e non solo nelle sue cuffie.
Quando Miranda fece la sua apparizione sul ponte dicendo - Credo sia ora di andare - Joker rispose seccamente - Abbiamo ancora 10 o 12 minuti di tempo.
Garrus le lanciò solo un’occhiata ostile e rimase muto.
- Possiamo attendere ancora 10 minuti e 43 secondi prima di superare il limite di sicurezza - precisò la voce metallica di IDA.
Miranda fece un cenno di assenso che né Garrus né Joker si presero il disturbo di guardare, poi si rivolse al turian - Sarebbe bene che tornassi nella batteria primaria, non sappiamo se ci sarà uno scontro a fuoco.
Il suo suggerimento cadde nel vuoto e il turian nemmeno si degnò di girare il viso. Alla fine Miranda scosse la testa con aria rassegnata e tornò verso la sala tattica.

La frase tanto attesa - Shepard a Normandy. Joker, mi ricevi? - risuonò sul ponte quando mancavano poco più di 5 minuti al conto alla rovescia che IDA faceva lampeggiare silenziosamente su uno dei quadranti davanti agli occhi di Joker e di Garrus.
Il pilota diede tutta potenza ai motori orientando la prua della nave verso la posizione di Shepard, mentre urlava nel trasmettitore comune a tutta la Normandy - Tutti ai propri posti, tenetevi pronti, passiamo a recuperare il comandante e poi attraversiamo il portale.
Il turian si alzò dalla poltrona emettendo un rumoroso sospiro di sollievo, poi si avviò lentamente verso la sua postazione nella batteria primaria.

Una volta entrato si abbandonò sulla prima sedia a disposizione appoggiando la testa contro il macchinario che aveva di fronte. Rabbrividì improvvisamente e si alzò per prendere la coperta abbandonata sul materassino, mentre richiedeva il controllo della temperatura.
- E' tutto nella norma - ripose la IA e poi, dopo qualche secondo di silenzio aggiunse - Da una rapida ricerca effettuata sulla fisiologia turian ho appreso che freddo e brividi sono reazioni comuni alla cessazione di stati di paura, attacchi di ansia o panico.
Garrus fece per protestare, ma poi rimase in silenzio: era inutile contestare una IA e poi... Poi era certo di avere provato un sentimento ancora sconosciuto. Poteva anche essere paura, non avrebbe potuto dirlo con certezza. Sapeva solo che non era stato piacevole e sperava di non doverlo mai più avvertire.

Appena salita sulla nave, Shepard corse a tutta velocità verso il ponte, pronunciando rapidamente l’ordine - Portaci lontano da qui, Joker.
- Puoi scommetterci le chiappe, comandante!
E lei si lasciò cadere pesantemente sulla stessa poltrona su cui era rimasto seduto Garrus fino a pochi istanti prima e finalmente si tolse il casco, abbandonandosi stancamente contro lo schienale e chiudendo gli occhi.
- Che giornata di merda! - esclamò con voce stanca.
Joker distolse lo sguardo dai comandi e fissò gli occhi cerchiati del comandante ed il suo volto esangue e provato, poi osservò con aria preoccupata - Credo sia meglio tu vada in infermeria e anche di corsa: hai un aspetto veramente orribile.
Si trovava ancora in infermeria quando seppe che l’ammiraglio Hackett chiedeva di salire a bordo perché desiderava parlarle in privato.

Una mezzora dopo, alla conclusione dell’incontro, il comandante convocò l’equipaggio in sala riunioni per raccontare sommariamente quanto era accaduto durante gli ultimi giorni.
Il suo rapporto fu breve e conciso, ma l’espressione del volto indicò che si sarebbe limitata a quel resoconto essenziale.
- La dottoressa Kenson sapeva che i Razziatori avrebbero invaso il settore Batarian e che solo la distruzione del portale poteva rallentarne l’avanzata verso gli altri sistemi della galassia. Aveva avviato un progetto per la sua distruzione mediante l’impatto con un asteroide. Un congegno dei Razziatori ha però indottrinato tutto il personale del laboratorio, compresa la dottoressa, così che i tecnici hanno interrotto il progetto e mi hanno imprigionato. Quando sono riuscita a liberarmi ho rimesso in movimento l’asteroide che ha distrutto il portale.
Dopo una breve pausa Shepard riprese a parlare al suo equipaggio che ascoltava in silenzio scambiandosi sguardi preoccupati: i Razziatori sembravano diventare un problema più grave e urgente di quanto avessero supposto fino a quel momento.
- Credo che la distruzione del portale ci abbia fatto guadagnare un po’ di tempo, ma la guerra contro i Razziatori ci sarà, inevitabilmente. Però ora abbiamo una missione più urgente da portare a termine e voglio che vi ci dedichiate completamente.
- La Normandy si sta dirigendo verso il relitto di un Razziatore. Una volta recuperato il sistema di riconoscimento dovremmo essere pronti a varcare il portale Omega 4. La fine di questa nostra lunga avventura si sta avvicinando rapidamente. Dovrete essere tutti preparati e concentrati.
Fece un respiro e proseguì con tono fermo - Ricordate bene queste parole: tutti voi, dal primo all’ultimo membro dell’equipaggio, avete semplicemente eseguito i miei ordini. Non sapevate dove stavo andando, né per quale motivo. Questa è l’assoluta verità e i diari di bordo la confermeranno. Nessuno potrà accusarvi di nulla, né prendere provvedimenti disciplinari contro di voi.

Completato questo discorso, la cui coda era risultata inquietante e piuttosto incomprensibile a tutti, il comandante si avviò verso l’uscita della sala riunioni, soffermandosi brevemente ogni volta che uno dei suoi compagni la bloccava per abbracciarla affettuosamente o per regalarle un saluto caloroso o un semplice sorriso di conforto e di riconoscenza per quanto aveva fatto per tutti loro fino a quel momento.

“Una doccia calda e poi un lungo sonno” si rassicurò con sollievo, mentre sentiva l’acqua calda scorrerle addosso alleviando la tensione e la stanchezza delle ultime drammatiche ore.
L’inatteso bussare alla porta la colse impreparata, mentre stava finendo di asciugarsi. Allacciò la cinta dell'accappatoio e legò i capelli umidi prima di aprire la porta, sperando non si trattasse di qualche imprevisto che richiedesse il suo intervento.
- Volevo solo essere certo che stessi bene - disse Garrus restando impalato sulla soglia, con un po’ di imbarazzo ed esitazione - Non voglio disturbarti, immagino che tu sia a pezzi…
- Dai, entra - rispose scostandosi per farlo passare - Non mi disturbi e mi farà bene parlare un po’. Ma devo stendermi o finirò per crollare in terra - gli confessò, con un sorriso stanco.
Garrus entrò nella stanza e si sedette su una sedia, mentre lei si rannicchiava sul letto abbracciando il cuscino.

- Trecentoquattromilanovecentoquarantadue - fu la prima parola che pronunciò a bassa voce.
- Come dici? - chiese il turian, dopo qualche secondo di silenzio confuso.
- Con la distruzione del portale ho condannato a morte trecentoquattromilanovecentoquarantadue batarian… - confessò lei con voce debole.
- Sai una cosa, Garrus? Non provo nessun senso di colpa: dovevo farlo. Forse sono veramente un mostro, un essere privo di sentimenti: eppure non potevo fare altro, credimi. Non ho rimpianti.
Il turian rimase in silenzio, provando a immaginare come si sarebbe sentito lui nello schiacciare un pulsante che uccideva oltre trecentomila anime in un colpo solo.
- Ma è stata una decisione che nessuno dovrebbe essere mai costretto e prendere - aggiunse il comandante – Tre-zero-quattro-nove-quattro-due… continuo a vedere quel maledetto numero impresso sul monitor di quel laboratorio.
Garrus si avvicinò a Shepard ancora rannicchiata sul letto in posizione fetale, con gli occhi chiusi. Studiò la sua espressione e quegli occhi sottolineati da due ombre nerastre: sembrava davvero esausta, ma non c’erano tracce di lacrime su quel viso tirato.
Ascoltò le sue parole successive, pronunciate in tono rassegnato - L’ammiraglio Hackett ha capito che non avevo scelta, ma non starà a lui decidere il mio destino.
- Non capisco di cosa parli... Quale destino?
- Pagherò per la distruzione di quel portale, Garrus. Mi faranno scontare a caro prezzo l'azione di oggi… Lo so. Le autorità faranno ricorso a tutti i possibili stratagemmi e alle manovre politiche più indegne per giustificare l’incidente del portale e io ci andrò di mezzo.
Garrus scosse la testa incredulo, ma lei continuò - E’ stato Hackett stesso a farmelo capire, anche se non si è espresso in modo tanto esplicito.

Il turian si sedette sul letto, a fianco del comandante e le passò gentilmente le dita sulla fronte, quasi volesse spianare rughe inesistenti di stanchezza, poi avvicinò la bocca al suo orecchio e sussurrò - Non pensare a questo, ora. Abbiamo una missione importante. Dei burocrati ci occuperemo a tempo perso, dopo il portale di Omega 4.
Lei sorrise annuendo debolmente, premendo la fronte contro la mano del turian. Con l’altra mano Garrus sfilò la bacchetta sulla nuca, sciogliendole i capelli che si sparsero sul cuscino. Ci passò le dita in mezzo con un sorriso: la sensazione era ancora più piacevole di quanto ricordasse. I capelli umidi sprigionavano un buon odore, un profumo sconosciuto che ricordava legno e muschio. Avrebbe voluto tuffarci il viso dentro, ma si limitò a massaggiarle la nuca e il collo, attento a non graffiare quella pelle delicata con gli artigli.
La sentì emettere una specie di lamento che non sembrava indicasse disappunto o dolore, ma chiese una conferma - Ti faccio male?
- No, anzi... Continua, ti prego. Non riesco a immaginare nulla di più piacevole in questo momento.
Le allargò un po’ l’accappatoio intorno al collo e continuò a massaggiare quella pelle morbida e delicata cercando di individuare le fibre muscolari, per sciogliergliele, felice di sentirla rilassare sotto quelle carezze caute.
- Lo sai tu come lo so io, ma è bene che qualcuno te lo ricordi: se i Razziatori avessero varcato quel portale nessuna specie avrebbe avuto scampo - affermò a bassa voce, continuando a premere delicatamente sulle fibre muscolari - Sarebbero comparsi istantaneamente in ogni sistema della galassia e ci avrebbero annientato. Ci hai regalato molti mesi, forse anni… Speriamo che qualcuno sappia come impiegare questo tempo.

Riprese a pettinarle i capelli con le dita e poi tentò, senza molto successo, di allentare un altro po’ l’accappatoio per riuscire a massaggiarle la schiena. Lei ridacchiò e si divincolò in modo da abbassare l’accappatoio fino alla vita, stendendosi sulla pancia e appoggiando il viso sulle braccia che aveva incrociato sopra al cuscino.
Garrus continuò con costanza e regolarità, effettuando movimenti lenti e delicati, fino a quando si accorse che il suo respiro era diventato profondo e regolare.
Solo allora trovò il coraggio di avvicinarsi tanto da intrufolare il viso fra i capelli sparsi sul cuscino, inspirando il loro profumo, poi avvicinò la bocca all’orecchio di Shepard e sussurrò - Le decisioni giuste non sono mai facili, lo abbiamo imparato tanto tempo fa.
La coprì sistemandole addosso la coperta e poi si rialzò con l'intenzione di spegnere le luci e di uscire dalla cabina per lasciarla riposare, ma una voce appena udibile, impastata dal sonno, lo bloccò.
- Per favore, resta qui con me.

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Capitolo 14
*** Primi contatti ***


14. *PRIMI CONTATTI*



Shellshock


Nell'attimo in cui il sonno si ritirò, lasciando la sua coscienza in bilico fra il sogno e la veglia, provò un attimo di smarrimento, conscia di un elemento estraneo nella realtà che la circondava.
Un istante dopo si rigirò su se stessa e incrociò il suo sguardo con quello di due occhi azzurro cielo.
- Meno male che soffri di insonnia - osservò Garrus, felice di poter finalmente cambiare la posizione in cui era rimasto immobile nell'ultima ora per non svegliarla.
- In realtà non so quanto dormano gli umani - precisò subito dopo con un leggero riso che gli vibrò nella gola.
- Porca miseria, è tardissimo! - rispose Shepard dopo aver dato un rapido sguardo all'orologio. Si alzò dal letto stringendosi addosso l'accappatoio e si precipitò verso la parete per premere il pulsante del sistema di comunicazione della nave.
- Joker, quanto manca al relitto del Razziatore?
- Tranquilla, comandante. Hai tutto il tempo che vuoi... Mancheranno almeno sei o sette ore a Mnemosyne. Goditi la compagnia.
Shepard tolse la mano dal pulsante come se avesse preso la scossa, ma non rispose a tono, sapendo che qualunque sua frase avrebbe solo peggiorato la situazione.
- Ma che cazzo! - esclamò però, fissando la telecamera vicino all'acquario con espressione inferocita.
- Tranquilla, IDA gli avrà anche precisato che ci siamo comportati da bravi bambini - fu il commento divertito di Garrus.
Si tirò su dal letto e le propose - Vado a prendere la colazione per tutti e due. Uh, e strada facendo passo in infermeria, così restituisco le pillole alla dottoressa. Tutte intendo, sia mie che tue. Erano mesi che non dormivo tanto...
Non stava facendo lo spiritoso. In realtà aveva passato una notte così serena e tranquilla da restarne stupito lui per primo.

La sera prima, all'invito di Shepard, era tornato ad avvicinarsi al letto e lei aveva spostato le coperte, invitandolo a sdraiarglisi accanto. Si era passato le dita sulla cresta, indeciso, fino a quando lei lo aveva afferrato per il braccio, tirandoglielo così forte da fargli perdere l'equilibrio. Poi aveva riso, rotolando di lato per evitare di finire schiacciata sotto il peso del suo corpo e aveva aspettato che lui si sistemasse a pancia in su sopra sul materasso, per avvicinarsi e appoggiare la testa sulla sua spalla, rannicchiandoglisi contro.
Erano rimasti così, in silenzio, entrambi consci del profumo della pelle dell'altro e delle differenze nei ritmi dei respiri: più rapido quello di lei, più lento e profondo quello di lui. Ma dopo qualche minuto Garrus aveva chiesto il permesso di cambiare posizione.
- Vorrei girarmi sul fianco, perché non riuscirei mai ad addormentarmi a pancia all'aria.
Shepard si era scostata di nuovo, aveva aspettato, e poi era tornata ad aderirgli contro, questa volta appoggiando la schiena contro il suo torace, così che lui si era trovato a respirare fra i suoi morbidi capelli sciolti. L'aveva racchiusa fra le braccia, in un abbraccio che sperava non fosse troppo stretto, né troppo blando, e aveva chiuso gli occhi, concentrandosi sulle strane sensazioni che provava.
Il corpo di Shepard, ancora avvolto nel leggero accappatoio, era morbido e soffice, ma non suggeriva un'idea di debolezza. Avvertiva il profilo delle sue ossa e la tensione dei muscoli ad ogni suo più piccolo movimento e si ritrovò a pensare alla sensazione che aveva provato da bambino, stringendosi addosso un cucciolo di klinklet che i suoi genitori si erano rifiutati di comprare al negozio di animali domestici.
- Non possiamo prenderlo, Garrus, mi spiace. Tuo padre sarà trasferito presto e servirebbero mesi per completare tutte le pratiche necessarie per fare entrare un animaletto alieno sulla Cittadella - gli aveva fatto notare sua madre, togliendoglielo gentilmente dalle braccia.
In realtà gli aveva mentito, ben sapendo già allora che Rennok sarebbe andato da solo, mentre il resto della famiglia sarebbe rimasto su Palaven, soprattutto per via della scuola. Suo padre, che non aveva una buona opinione dei sistemi educativi in vigore presso le altre civiltà galattiche, non avrebbe mai permesso che i suoi due figli venissero cresciuti come selvaggi.
Probabilmente sua madre gli aveva rifiutato quel cucciolo perché non aveva alcuna intenzione di badare a un klinklet, oltre che ai suoi due figli, specie in assenza del marito, anche perché quella bestiola era notoriamente bisognosa di cure e, soprattutto, di lunghe passeggiate per sfogare l'irruenza e la vivacità tipiche della sua razza.

Era stato con quei pensieri sul klinklet che non aveva mai avuto che Garrus era scivolato nel sonno senza neppure rendersene conto, aspirando il profumo di capelli umani, sfiorandone alcune ciocche con una carezza lieve delle dita e sorridendo al pensiero che un giorno le avrebbe confessato come, durante la prima notte passata assieme, l'avesse paragonata ad una bestiolina morbida e glabra.
Si era risvegliato più volte nelle ore seguenti, imparando che gli umani, a differenza dei turian, cambiano spesso posizione durante il sonno, e ogni volta aveva aspettato che il corpo di Shepard trovasse pace. Poi l'aveva ripresa fra le braccia e stretta lievemente contro di sé, così che se si fosse svegliata sarebbe stata conscia della sua presenza.

Il comandante, invece, aveva fatto un po' di fatica a prender sonno, per la novità di avvertire una superficie liscia e dura contro le scapole e le vertebre, ma presto si era abituata a quel contatto, fino a trovarlo piacevole e addirittura confortante. Si era addormentata senza accorgersene, grata di sentire la stretta di due braccia robuste, sicura che quella notte nessun incubo sarebbe comparso a rovinarle il riposo e finalmente dimentica degli avvenimenti dell'ultimo giorno.
Sarebbe dovuto trascorrere del tempo prima dell'attraversamento del portale ed ancora più tempo prima del processo. Ci avrebbe pensato domani, ora poteva rilassarsi e godersi un po' di quiete e di affetto.

Quando Garrus uscì dall'ascensore all'altezza del ponte uno con il vassoio per la colazione in mano, si scontrò contro il comandante che stava uscendo dal suo alloggio. Mantenne a stento le tazze in equilibrio e la guardò con evidente disapprovazione.
- Ho ricevuto l'ordine di farti mangiare. Dal tuo ufficiale medico...
- E sai bene che IDA ci spia - aggiunse, facendo un passo di lato per impedirle di svicolar via - Forza, torna dentro. Così mi racconti in anteprima contro chi ce la prenderemo questa volta.

Si erano seduti al tavolino e avevano mangiato e chiacchierato, senza che nessuno dei due notasse la stranezza della situazione nel suo complesso. Avevano dormito abbracciati e ora stavano facendo colazione insieme, come se fosse una loro routine quotidiana.
- Per poter varcare il portale di Omega 4 abbiamo bisogno di installare a bordo un sistema di identificazione che hanno solo i Razziatori. L'Uomo Misterioso mi ha fornito la posizione di un relitto che orbita intorno a Mnemosyne. Lì lavorava una squadra di Cerberus con cui ha perso ogni contatto, di recente - cominciò a raccontare Shepard bevendo una tazza di caffè e sbocconcellando svogliatamente un paio di biscotti.
- L'Uomo Misterioso... E tu ti fidi?
- Come mi fiderei del diavolo in persona, ma quel congegno ci serve e non saprei dove altro andarlo a cercare.
- E chi altri porterai con te?
Shepard ebbe un attimo di esitazione, fissò il viso di Garrus e si rese conto che non sarebbe riuscita a dare la risposta che aveva in mente restando seria. Cosi si alzò e gli voltò le spalle, come se stesse entrando in bagno, e solo allora rispose - Thane e Tali, direi.
- Cosa? Ma non pensarci neppure! - fu la replica immediata, che la fece ridere per il tono sconvolto. Si girò in tempo per vederlo balzare in piedi - Non ti lascio andare dentro un Razziatore da sola. Non dopo quello che mi hai fatto passare in questi ultimi giorni! - fu la sua affermazione successiva, pronunciata con un tono di voce un po' troppo alto.
- No? Bah, e va bene. Potresti venire tu al posto di uno di loro... - rispose allora, fingendo il tono infastidito che avrebbe usato con un bambino capriccioso - Ma vedrai che ti annoierai a morte...

Qualche ora dopo, mentre entrambi si trovavano sul ponte per dare un'occhiata al relitto alla deriva, la voce di IDA risuonò nell'abitacolo.
- Lo scafo è seriamente danneggiato. Solo alcune sezioni emettono deboli tracce di energia, compreso un campo di forza difensivo. Rilevo però un'altra nave a fianco del Razziatore. Consiglio prudenza.
- Si tratta di un veicolo geth - precisò Joker, dopo aver dato un'occhiata alle immagini del ladar che aveva scansionato e ricostruito il profilo di quello scafo.
- Ecco perché la squadra di Cerberus ha smesso di fare rapporto - commentò Shepard, mentre Garrus le sussurrava in un orecchio - Uhm, no, temo che tu ti sia sbagliata poco fa. Non credo che troverò il tempo di annoiarmi a morte combattendo dei Geth che si trovano a bordo di un Razziatore...

In effetti non era stata di una missione che si potesse definire noiosa. L'aggettivo appropriato era inquietante. Ovunque, a bordo, avevano trovato tracce evidenti di indottrinamento e dai diari scoperti qua e là avevano avuto modo di seguire il progressivo deterioramento delle funzioni intellettive della squadra di Cerberus. Quelle persone erano state infine trasformate in mutanti che la squadra di sbarco era stata costretta a sterminare prima di riuscire ad impossessarsi del congegno di riconoscimento dei Razziatori.
Non avevano trovato alcun superstite a bordo, a parte un Geth disattivato, ma ancora intatto, che ora era depositato sulla Normandy: nel nucleo della IA, dove erano alloggiate le funzioni più avanzate di IDA.
Tali non si era dimostrata affatto contenta di caricare quell'essere a bordo della loro nave e aveva ripetutamente criticato la decisione del comandante con proteste vivaci - Lascialo stare dove si trova, Shepard. Fallo esplodere con il relitto del Razziatore. Tu sai bene cosa sono quelle cose. Se dovesse entrare nei computer della Normandy... Non sono sicura che valga il rischio.
Ma, prima di disattivarsi, quel Geth aveva parlato a Shepard chiamandola per nome ed era la prima volta che lei assisteva ad un evento del genere. Fino a quel momento non sapeva neppure che quegli esseri avessero le capacità necessarie per comunicare con gli organici.
E poi quella IA aveva indosso un pezzo della sua armatura N7, a parziale riparazione di un danno alla corazza. Era impossibile che si trattasse di semplice casualità ed era incuriosita: sapeva bene come i Geth fossero incapaci di provare l'impulso che avrebbe spinto un organico a ornare la propria armatura con un trofeo sottratto ad un nemico ucciso, ma quel pezzo N7 sembrava suggerire che non fossero dei semplici automi privi di emotività.

Anche gli altri membri dell'equipaggio avevano esternato non pochi dubbi circa la decisione che aveva preso. Kelly si era fatta prendere da una crisi di ansia e aveva espresso la speranza che non decidesse di riattivarlo, Jacob avrebbe voluto addirittura scaraventarlo fuori dalla Normandy all'istante, usando il portellone di carico, e perfino Miranda avrebbe voluto liberarsene, ma per spedirlo all'Uomo Misterioso affinché lo studiasse.
“Ecco, questa è una cosa che non farò mai! A costo di smontarlo io stessa pezzo per pezzo” aveva pensato il comandante ascoltando quell'ultima proposta. Se mai un giorno i rapporti fra lei e Cerberus si fossero guastati, previsione piuttosto scontata, non voleva rendere quell'organizzazione ancora più pericolosa di quanto già non fosse.

Una volta meditato abbastanza a lungo da sentirsi sicura della decisione su cosa fare di quel Geth, scese nel nucleo IA e, dopo che IDA le assicurò di aver isolato i sistemi della nave e di aver eretto firewall addizionali per resistere a possibili tentativi di violazione, lo riattivò.
All'inizio fece fatica a capire il senso dello strano dialogo che ebbe luogo e che cominciò con uno scambio di frasi a prima vista incomprensibili.
- Riesci a capirmi?
- Sì.
- Hai intenzione di attaccarmi?
- No.
- Hai pronunciato il mio nome a bordo del Razziatore. Ci siamo già incontrati?
- Noi ti conosciamo.
- Vuoi dire che ho affrontato molti Geth.
- Non ci siamo mai incontrati.
- No, non di persona. Ma ho incontrato altri Geth.
- Siamo tutti Geth e non ti abbiamo mai incontrato.

Le battute seguenti le fecero comprendere come l'individuo che aveva di fronte era in realtà una pluralità di programmi geth attivi, 1183 per la precisione, che nel loro complesso costituivano un terminale, una singola piattaforma.
Fu a quel punto che IDA intervenne attraverso uno dei comunicatori posti nel nucleo, suggerendo il nome con cui avrebbero battezzato quella IA, che presto sarebbe andata ad aggiungersi al numeroso equipaggio della Normandy: Il mio nome è legione, poiché siamo in molti.
Da Legion Shepard apprese numerose informazioni, alcune delle quali decisamente inquietanti: tutti i dati che gli organici inviavano via extranet venivano regolarmente intercettati, così che i Geth conoscevano perfettamente le varie civiltà esistenti nella galassia ed erano informati in tempo reale su qualunque evento le riguardasse. Quella notizia, comunque, era stata una semplice conferma alle ipotesi che aveva già formulato in precedenza, basandosi sulla replica di Legion al nome proposto da IDA: Bibbia cristiana. Il Vangelo di Marco: capitolo 5, verso 9. Riconosciamo come adeguata tale metafora che le aveva già dimostrato quanto bene i Geth conoscessero la civiltà umana.
Rimase invece molto sorpresa nell'apprendere come all'interno della comunità geth fosse avvenuta una sorta di scisma che aveva dato origine agli Eretici.
- I Geth si creano il proprio futuro. Gli Eretici hanno chiesto alle Antiche Macchine di crearne uno per loro. Non fanno più parte di noi.
Capì quindi che fino ad allora aveva combattuto gli Eretici, ma mai i Geth, dei quali l'unica piattaforma presente nella galassia conosciuta alle specie organiche era quella che aveva di fronte in quel momento.
Fu sollevata nell'apprendere che Legion si trovava all'interno del relitto del Razziatore per studiarne l'hardware allo scopo di proteggere il futuro della sua specie e non per attaccare gli esseri organici della galassia, sui quali invece i Geth vigilavano da tempo.
Ciò che invece la preoccupò seriamente, al punto da spingerla a cambiare istantaneamente i suoi prossimi programmi di volo, fu la notizia di un virus creato allo scopo di forzare i Geth a venerare le Antiche Macchine. Quel virus li avrebbe costretti ad assumere la logica degli Eretici e li avrebbe quindi spinti a muovere guerra agli esseri organici.
- Dunque non siete alleati con i Razziatori?
- Noi ci opponiamo agli Eretici, ci opponiamo alle Antiche Macchine. Il comandante Shepard si oppone alle Antiche Macchine. Il comandante Shepard si oppone agli Eretici. La cooperazione favorisce gli obiettivi comuni.
- Mi stai chiedendo di unirti a noi?
- Sì.
Dopo un'emblematica stretta di mano che suggellava quell'inattesa alleanza fra IA e organici, Shepard promise - Non permetterò che facciano il lavaggio del cervello alla tua specie. Soprattutto non per venerare i Razziatori.
Subito dopo, appena uscita dal nucleo IA, ordinò a Joker di cambiare rotta e di dirigersi verso la stazione degli Eretici, all'interno dell'Ammasso di Phoenix, nel Mare delle Tempeste.
- Davvero un bel nome - commentò il pilota ironicamente - Direi che è del tutto appropriato alla nostra situazione attuale.


No Time for Caution


Questa volta Shepard non si lasciò commuovere dalle richieste di Garrus e nella stazione degli Eretici portò con sé Legion e Tali, per pentirsene praticamente all'istante, non appena messo piede sulla stazione, rendendosi conto di essersi infilata in un mare di guai. Si paragonò silenziosamente al barcaiolo alle prese con il noto problema di traghettare sull'altra sponda cavoli, capra e lupo, evitando che l'uno divorasse l'altro, mentre Legion le illustrava la possibilità di riscrivere il virus in modo da costringere gli Eretici ad adottare la logica dei Geth, suscitando così l'ostilità di Tali che paventava la possibilità che gli storici avversari dei Quarian diventassero ancora più forti e temibili.
Aveva accettato di distruggere quelle macchine per preservare le razze organiche, ma rivolgere contro di loro il virus, in modo da forzarle a cambiare atteggiamento con una sorta di 'lavaggio del cervello', le sembrò immorale. Avrebbe preferito poter parlare con il nemico per conoscerlo meglio prima di prendere una decisione così complessa sotto l'aspetto etico, ma Legion le fece capire come quella opzione non fosse possibile.
- Termineranno la vostra specie perché i loro Dei glielo ordinano. Non potete negoziare con loro. Potete solo terminarli o riscriverli - furono le frasi che usò per confutare i suoi dubbi.
Erano entrambe scelte che avrebbe desiderato poter evitare, ma capì che non esisteva una terza possibilità.
Finì per adattarsi a quella nuova situazione nel tempo necessario a completare la loro avanzata all'interno della stazione e, quando Legion le pose nuovamente l'interrogativo sul destino che avrebbe riservato agli Eretici, una volta eliminati tutti i nemici presenti nella stanza di controllo del nucleo, sapeva di aver già scelto l'opzione che le sembrava migliore.
Tuttavia fece qualche altra domanda, interessata a capire come funzionasse la società geth, la loro organizzazione e la maniera in cui prendevano decisioni comuni attraverso il 'Consenso' in rete, che consentiva loro di condividere pensieri e cognizioni alla velocità della luce.
Era una forma di democrazia vera, quella. Non la democrazia degli esseri organici, basata sulla diffusione e amplificazione di notizie ritenute utili da chi aveva il potere o voleva conquistarlo e sulla contemporanea assenza di informazioni riguardo eventi che si desiderava restassero segreti perché scomodi o dannosi agli interessi di chi controllava i media.

Chiese a Legion come mai non avesse alcuno scrupolo a sterminare o riscrivere la sua stessa gente e si sentì rispondere che ogni essere senziente ha il diritto di prendere le proprie decisioni, e quando Tali obiettò che quella sua convinzione mal si accordava con un possibile lavaggio del cervello imposto unilateralmente con la forza, il Geth rispose che la decisione finale spettava a Shepard perché il Consenso non era arrivato ad alcuna decisione definitiva, con 573 piattaforme a favore della riscrittura e 571 a favore della distruzione.
- Comandante Shepard, tu hai combattuto gli Eretici. Possiedi una prospettiva che a noi manca. I Geth ti affidano il loro destino.
La risposta a quell'interrogativo, qualunque fosse stata, avrebbe aggiunto altro peso a quello che già portava sulle spalle e la paura di poter sbagliare, perché incerta su ciò che sarebbe accaduto in futuro, la innervosiva.
- Se verranno riscritti la tua gente accetterà il loro ritorno? E loro vorranno tornare? - chiese ancora, sperando di poter rafforzare le motivazioni che la spingevano a utilizzare quel virus.
- Accetteranno il nostro giudizio e torneranno. Noi integreremo le loro esperienze. Saremo tutti più forti.
Era proprio la verità contenuta in quella frase finale a farle correre dei brividi lungo la schiena. E sapeva benissimo che era esattamente quello anche il motivo dell'ostilità di Tali. Ma lei ora doveva pensare ai Razziatori e la riscrittura degli Eretici rappresentava un ottimo mezzo per procurarsi altri alleati validi, in grado di combattere contro quel nemico tanto più forte di qualsiasi specie organica.

Era tornata a bordo da una manciata di minuti, quando si manifestarono le prime inevitabili conseguenze di quella sua scelta.
- Comandante, Tali è scesa a far quattro chiacchiere con Legion - la avvisò la voce di Jeff che, dopo una breve risatina esplicativa, aggiunse - Farai meglio a raggiungerli nel nucleo della IA.
Appena varcata la soglia vide la quarian che puntava la sua pistola contro il Geth.
- Shepard, per fortuna sei qui! Ho sorpreso Legion ad analizzare il mio factotum: voleva inviare i dati riguardanti la Flotta Migrante!
- I Creatori hanno effettuato test bellici e pianificano per attaccarci - obiettò lui - Abbiamo ritenuto necessario avvertire i nostri simili.
Le argomentazioni successive dei due contendenti misero in evidenza le similarità di fondo fra organici e IA, entrambi interessati alla difesa e conservazione della propria specie. Ma fu proprio su questa comune necessità che Shepard riuscì a far leva, riportando una fragile pace fra quei due membri dell'equipaggio, dimostrando loro come una guerra fra i loro popoli avrebbe lasciato entrambi indeboliti e quindi più facilmente vulnerabili ad un attacco dei Razziatori.

Sospirò rassegnata uscendo dal nucleo della IA. Era chiaro che, oltre al duo Miranda-Jack, in futuro le sarebbe toccato sorvegliare strettamente anche la quarian e il Geth. Ringraziò mentalmente la possibilità di disporre delle capacità di IDA che di certo avrebbe vigilato costantemente su ogni vano della Normandy, avvisandola prontamente in caso di emergenze inaspettate.
Rinunciò all'idea di bersi un bicchiere di vino per rilassarsi e optò invece per una visita alla Batteria Primaria, con l'intenzione di farsi consolare un po' da Garrus e di ottenere rassicurazioni e sostegno sulla decisione che aveva preso riguardo agli Eretici.
In realtà quella sua visita ebbe un effetto del tutto diverso e le procurò una preziosa scorta di buon umore.
Il turian infatti cominciò con l'ascoltare attentamente le sue motivazioni annuendo partecipe ma poi, quando Shepard arrivò a confessargli che aveva riscritto gli Eretici perché non se l'era sentita di causare un genocidio, sia pure di macchine, le chiese se ricordava in quale altra occasione avesse pronunciato quella stessa frase.
- Non ne ho idea, Garrus... Quando lo avrei fatto?
- Su Noveria, con la regina dei Rachni. Quell'insetto troppo cresciuto non riusciva a credere alle sue orecchie o alle sue antenne o fai tu a cosa, non ha importanza... Non te lo ricordi? E per dimostrarti la sua gratitudine ti promise che avrebbe composto una melodia in onore di quel tuo nobile gesto.
- E' vero! Adesso me lo ricordo...
- E ricordi anche il commento del nostro amico?
- No, non mi pare... Tu sì?
- E' per uscite come quelle che amerò sempre Wrex... - rispose Garrus con aria divertita.
Subito dopo incassò la testa nelle spalle e ingobbì la schiena per assumere l'aspetto di un krogan e, imitando il tono di voce del loro vecchio amico, recitò - Sei contenta adesso? Gli insetti scriveranno canzoni su di te. Ricorda queste mie parole...te ne pentirai!
- Stai insinuando che mi pentirò di non aver sterminato gli Eretici? - gli chiese un po' preoccupata, nonostante la risata che le sfuggiva dalle labbra a quella scenetta.
- E' molto probabile... ma sono sicuro che l'altra scelta sarebbe stata anche peggiore - la consolò con un sorriso divertito.
- E comunque ormai dovresti esserti abituata: non ti capita mai di fare scelte facili. E se mai ti si presentasse un'occasione simile, so bene che la scarteresti senza pensarci due volte... Troppo semplice! Non è per questo che ti sei scelta un fidanzato turian invece di un normalissimo umano?
- Sei veramente terribile... - commentò ridendo e scuotendo la testa.

Le faceva bene passare da Garrus. Quel turian riusciva sempre a sorprenderla perché, anche se non reagiva mai come si sarebbe augurata, l'effetto finale di quelle loro chiacchierate era addirittura migliore di quanto sperasse al momento di varcare la soglia del suo santuario privato.
Stava ancora sorridendo nel mezzo del corridoio della nave quando la voce di Joker la riportò al presente.
- Ehi, comandante, buone notizie. Sembra che il sistema di riconoscimento del Razziatore sia finalmente pronto.
Prima ancora che facesse in tempo a rispondergli, la voce di IDA precisò - Non è del tutto esatto, signor Moreau: il congegno è alimentato, ma causa una certa instabilità imprevista in altri sistemi. Consiglio analisi più accurate prima di provare ad alimentarlo.
- Non possiamo rimandare per sempre la missione. Quanto ci vorrà? - chiese allora, un po' impaziente di passare all'azione.
- Una scansione completa? Con questa roba chi può dirlo?... Forse faresti meglio a prendere la navetta per la prossima missione. Farò in modo che sia tutto pronto per il tuo ritorno - fu la risposta del pilota.
Annuì silenziosamente: era un'ottima proposta. L'incarico che aveva in programma appariva piuttosto semplice e inizialmente aveva meditato di restare a bordo della Normandy per sorvegliare i lavori e di affidarla a qualcun altro, ma la prudenza suggeriva di tenere al sicuro l'equipaggio, in vista dello scontro che avrebbero affrontato a breve al di là del dannatissimo portale. Attivò il primo comunicatore a portata di mano e diede l'ordine che tutti i combattenti si ritrovassero nell'hangar navette in pochi minuti. Poi si andò a preparare per la missione sul pianeta attorno al quale la Normandy stava orbitando.
- Joker, la nave è tutta tua... Abbine cura - ordinò salendo sulla Kodiak, dopo che tutti gli altri membri dell'equipaggio avevano già trovato posto a bordo.

Nota
Ho inserito questo capitolo dopo essermi resa conto che nella stesura originaria di questa storia mancava quasi del tutto la figura di Legion.

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Capitolo 15
*** Il rapimento ***


15. *IL RAPIMENTO*

A Skadex


Sunday Bloody Sunday



Nella Kodiak pilotata da Legion ci si muoveva a stento: erano tutti a disagio e terribilmente scomodi. Ciononostante nessuno faceva commenti sgradevoli o protestava, consci com’erano della necessità di quell’accomodamento temporaneo imposto dalle circostanze.
La stiva di carico accoglieva dodici membri dell’equipaggio, invece dei tre che componevano le usuali squadre di sbarco, e il risultato finale ricordava da vicino il sovraffollamento imposto alle sardine in scatola.
“Quelle almeno non hanno più bisogno di muoversi o di respirare questa aria viziata” sbuffò silenziosamente il comandante fra sé e sé, facendo finta di non aver sentito il colorito insulto di Jack Toglimi quel tuo culone flaccido di dosso, cheerleader del cazzo quando Miranda le era finita malamente addosso per aver incespicato nel fucile a pompa di Tali, subito dopo aver schivato il suo drone che stazionava a mezz’aria.
- Jeff, come va lì? - chiese per la terza volta da quando la Kodiak aveva abbandonato la nave madre per dirigersi sul pianeta sottostante.
- Tutto bene, comandante. IDA sta facendo ulteriori test per essere sicura che ogni cosa sia a posto. Se ci saranno novità te le comunicherò immediatamente - fu la pronta risposta che esternava un po’ di insofferenza verso tutte quelle richieste di rassicurazione.

Forse era stato per un eccesso di prudenza che aveva fatto imbarcare tutti sulla navetta, ma era seriamente preoccupata di dover installare il segnale di riconoscimento dei Razziatori nella Normandy. La missione in sé, invece, non appariva particolarmente impegnativa, specie se confrontata con quelle usuali. Avrebbero esplorato una vasta area, sopra e sotto la superficie del pianeta, per sottrarre agli Eclipse diversi depositi di materiali: tutti estremamente utili, almeno secondo le informazioni in possesso di Liara.
- Tutta la zona è pattugliata da mech, di cui molti pesanti. E ci sono anche numerose torrette - le aveva fatto sapere trasmettendole i dati raccolti attraverso i suoi soliti canali segreti - Un tale schieramento di forze fa pensare che custodiscano ingenti risorse, tutte di pregio.

Una volta avvistata la zona indicata dall'Ombra, Shepard fece atterrare la Kodiak dietro una cresta rocciosa per nasconderla e per proteggere lo scafo da un eventuale fuoco nemico.
- Dirigetevi lentamente verso l'entrata che porta nel sottosuolo procedendo in piccoli gruppi di due o tre persone, ma non sperate di poter arrivare indisturbati, perché di certo ci hanno avvistato non appena siamo entrati nell'atmosfera - avvisò i compagni non appena furono tutti scesi - Non voglio vedere eroi solitari e non voglio assistere ad azioni azzardate. Voglio tornare a bordo della Normandy senza un solo ferito. E mantenete costantemente aperto il canale di comunicazione con me.
Si attardò nei pressi della navetta per prendere mentalmente nota della composizione dei gruppi in cui l'equipaggio si stava organizzando e per assicurarsi che non si creassero situazioni a rischio.
Furono Garrus e Thane i primi ad avviarsi, dopo lo scambio di un rapido sguardo e di un breve cenno del capo. Sorrise vedendoli allontanarsi con circospezione, tenendosi al riparo, mentre ascoltava le loro elucubrazioni sulle caratteristiche di quel fucile di precisione ideale che ancora nessuno aveva realizzato.
- Forza piccoletto, andiamo. Così ti racconto un'altra di quelle storie che ti piacciono tanto, strada facendo - furono le parole che si sovrapposero alle considerazioni del drell e del turian nell'apparecchio ricetrasmittente, riportando la sua attenzione sul resto dell'equipaggio.
- Gli umani parlano troppo - fu il secco commento di Grunt, che però si accodò a Zaeed non appena quello smise di parlare.
La prospettiva di tenere con lei Jack e Miranda assieme, dato che nessun membro dell'equipaggio si sarebbe mai sognato di far coppia con una di loro, la spinse a chiedere a Jacob di farsi carico della sua collega. Poi ordinò a Kasumi di aggregarsi a quel duo.
- Così me li tieni d'occhio. E so che questo compito non ti peserà poi troppo - aggiunse con malizia nel comunicatore usando il canale privato con la giapponese.
- Legion e Samara con Mordin - ordinò immediatamente dopo attivando il comunicatore con quei tre compagni.
- E Tali con Jack - concluse formando l'ultimo gruppo e tirando un sospiro di sollievo. Era rimasta da sola, ma appositamente, perché non avrebbe partecipato attivamente a quella missione. Con i pensieri fissi sulla Normandy, sapeva che non avrebbe avuto la concentrazione necessaria per vigilare su un eventuale compagno di squadra.
Sarebbe restata nei pressi della Kodiak con la scusa di controllare che nessun nemico si avvicinasse troppo al loro mezzo e di coordinare le azioni delle cinque squadre di sbarco.
- Joker, aggiornami sulla situazione - chiese mentre si inerpicava sulla cresta rocciosa in modo da ottenere una buona visuale della zona.
- Nessuna novità degna di nota. Tutto sotto controllo, comandante. Stai tranquilla.
- No, non sto tranquilla affatto, Jeff. Vorrei vedere come ti sentiresti tu, a parti scambiate... - replicò con irritazione, senza però attivare il comunicatore con la Normandy.
Il successivo rapido scambio di insulti fra Jack e Miranda riportò la sua attenzione sul suolo desertico del pianeta.
- Ehi bambola, cosa cazzo combini? Badavi a non spezzarti le unghie?
- Ma taci! Macilento varren tatuato!
- Frankenstein genetico! Usali i tuoi poteri biotici, o quel mech ci sfonda... E poi chi lo sente il comandante?
- Sei patetica quando ti sforzi di parlare da adulta.
- Quando sei incazzata combatti meglio. Ti sto solo facendo un favore.
Non ebbe bisogno di intervenire per calmare le due donne, perché nel corso di quello scambio di insulti Tali aveva già risolto brillantemente la situazione violando una torretta vicina che prese a colpire il mech pesante: esplose dopo pochi secondi, grazie anche all'intervento congiunto di Jacob e Kasumi.
- Tali e Jack, dirigetevi verso l'edificio a ovest - ordinò Shepard a quel punto. Poi cambiò canale e dirottò l'altra squadra ben lontano dalla precedente - Miranda, voi andate verso l'entrata nord.
Mentre stava ancora dando quegli ordini, le giunse la voce di Garrus - Shepard, il bunker sotterraneo della zona sud è sgombro da nemici. Abbiamo trovato container pieni di elemento zero e parecchi moderni dispositivi biotici. Thane dice che un paio di questi ci farebbero comodo. Cosa ne facciamo?
- Caricate sulla Kodiak i dispositivi, ma lasciate stare le casse con l'eezo. Le caricheremo dopo - rispose brevemente. Poi passò a interessarsi degli altri compagni e si soffermò qualche istante ad ascoltare la voce di Zaeed, che stava raccontando a Grunt uno degli incarichi che aveva portato a termine prima di entrare a far parte dell'equipaggio della Normandy.
- Insieme a un mio amico ero stato ingaggiato per eliminare un batarian che aveva fregato una banda. Ma quella missione era in realtà una maledetta trappola per fotterci. Io e il mio amico fummo assaliti da una squadra di sicari: due batarian, un krogan e un hanar. La dannata medusa riuscì quasi a soffocarmi prima che riuscissi a ucciderlo. Per settimane ho dovuto portare un collare per quei suoi schifosi tentacoli. Impara a non sottovalutare un hanar, piccoletto. Sono più fetenti di quanto sembrino.
- Racconti un sacco di storie sceme, umano. Io sono stato creato per combattere e cercare il più forte - fu la risposta sbrigativa del krogan, ma lei, come Zaeed, sapeva bene quanto quel cucciolo troppo cresciuto adorasse ascoltare storie.
Il gruppo più silenzioso era quello di Samara, nonostante la presenza di Mordin. Sorrise d'un tratto, divertita al pensiero che l'ardat yakshi non sprecasse la sua solita preghiera Che tu possa trovare la pace fra le braccia della Dea per degli esseri inorganici. Ma presto il pensiero della Normandy la fece tornare seria e la spinse a interrogare ancora una volta il pilota della Normandy, sfidando la sua pazienza limitata.
- Tutto bene, comandante, ma dovresti smettere di chiamarci così spesso. Sembra che tutta questa tua ansia si sia trasmessa anche a IDA.
- Cosa vuoi dire?
- Si preoccupa troppo per delle stupide radiazioni che secondo me sono del tutto normali.
- Una IA non può soffrire di crisi d'ansia! - lo rimproverò immediatamente, sentendo aumentare le sue preoccupazioni e decidendo che sarebbe stato meglio abbandonare la missione.
- A tutto l'equipaggio. Ritiratevi. Lasciate qualunque cosa abbiate preso e tornate indietro al più presto - ordinò subito dopo, senza prestare attenzione alle occhiate sorprese di Thane e Garrus, che si trovavano lì vicino per aver appena caricato sulla Kodiak la cassa con i dispositivi biotici.
Non dette loro alcuna spiegazione, ma fece segno di raggiungerla sulla cresta rocciosa per dare una mano, imbracciò il fucile di precisione e si preparò a proteggere la veloce ritirata dei suoi compagni.
Ignorò le domande di Miranda e Jacob che arrivarono prontamente nel suo casco continuò a sparare con attenzione, aiutata dai suoi due compagni. Ma quando anche Tali e Zaeed unirono le loro voci a quelle degli altri per avere notizie, si limitò a ordinare - Smettete di perdere tempo a fare domande inutili, maledizione! Dobbiamo tornare alla Normandy.
Poi armeggiò con il sistema di comunicazione in modo da disattivare ogni canale tranne quello con la nave, nel timore di perdersi anche una sola delle frasi concitate che il pilota e la IA continuavano a scambiarsi.
- Ti sto dicendo che le tue rilevazioni sono sbagliate. Sono solo radiazioni... Rumore di fondo - stava affermando Joker in tono carico di rimprovero, ma la voce sintetica di IDA lo smentì dopo pochi secondi - Ho rilevato un segnale nascosto nei disturbi statici. Stiamo trasmettendo la posizione della Normandy.
Quella notizia fece perdere un paio di battiti al cuore di Shepard e fece domandare al pilota - Trasmettendo? E a chi?.... Oh, merda. Dobbiamo andarcene da qui!
Quando il comandante seppe che la nave improvvisamente comparsa dal nulla proprio di fianco alla Normandy apparteneva ai Collettori, sentì che le sue gambe si piegavano e non riuscì a mantenersi in piedi, scivolando lungo il crinale roccioso fino a cadere malamente in terra. Thane e Garrus scesero prontamente e l'aiutarono a rialzarsi, mentre la voce di IDA continuava impietosamente a martellare le orecchie del comandante, facendo il punto della situazione a bordo.
- Non ho più il controllo dello scafo. Il reattore a fusione principale è offline I sistemi di propulsione sono disattivati. Rilevo un virus nei computer della nave. Doveva essere contenuto nel segnale di riconoscimento dei Razziatori.
- Nel segnale di riconoscimento? Dannazione, perché non l'hai eliminato? - gridò Joker in un tono colmo di rimprovero che ribadiva la gravità della situazione, ma la successiva risposta della IA si interruppe improvvisamente a metà - Gli scudi cinetici sono abbassati. Tutti i sistemi difensivi principali sono offline. Il virus ha attaccato anche le comunic...

Da quell'istante in poi non fu più possibile ristabilire alcun collegamento con la Normandy. Garrus e Thane si trovarono a scambiarsi occhiate perplesse mentre sorreggevano il corpo del comandante, che pareva non riuscisse a mantenersi in posizione eretta.
- Penso io a lei. Tu copri la ritirata degli altri - ordinò il turian, cingendo le spalle di Shepard e aiutandola a risalire sulla navetta.
Appena si ritrovò all'interno della stiva, il comandante si lasciò scivolare sulla panca stringendo il casco fra le mani, con lo sguardo rivolto in terra, così che Garrus non riusciva a incrociarlo. Si chinò a sua volta per guardarla in viso, preoccupato dal colorito pallidissimo, e a gesti le chiese di riattivare il sistema di comunicazione del casco, ma senza che lei desse il minimo segno di aver compreso quella richiesta.
Per tutto il tempo necessario affinché Legion tornasse a occupare la cabina di pilotaggio e il resto dell'equipaggio risalisse a bordo, quasi tutti tentarono almeno una volta di mettersi in contatto con la Normandy, ma invano. Solo Shepard non fece alcun tentativo, certa che, se appena fosse stato possibile, sarebbe stata la prima ad essere contattata. Rimase seduta sulla panca, immobile, con gli occhi fissi sul pavimento della Kodiak e la testa stretta fra le mani.
Appena il portellone si richiuse e venne pompata aria nella stiva, tutti si tolsero i caschi, ma nessuno osò dire una sola parola. Il lungo silenzio inquieto venne interrotto dal comandante che annunciò - I Collettori hanno trovato la Normandy - rispondendo così alla domanda che nessuno aveva avuto il coraggio di formulare ad alta voce.
Non rispose alla domanda di Miranda - Ma com'è possibile? - né a quella di Garrus - Hanno attaccato la nave o l'hanno abbordata? - limitandosi a scuotere il capo, mentre Legion avviava i motori e la navetta da sbarco si staccava dal suolo del pianeta.
Era impossibile stabilire esattamente la posizione della Kodiak solo dalle immagini che provenivano dai monitor posti all'interno della stiva, ma tutti i suoi occupanti presero a scambiarsi occhiate colme di smarrimento via via che il veicolo procedeva senza inquadrare nient'altro se non lo spazio cosmico. Quando Legion arrestò il veicolo facendogli compiere un mezzo giro su se stesso, fu evidente ciò che tutti si erano immaginati: la Normandy era scomparsa nel nulla. Non c'era alcun segno di combattimento, né detriti alla deriva, ma quel vuoto privo di risposte riempì di smarrimento gli animi di tutti.
I minuti successivi trascorsero nel silenzio più assoluto e sembrarono dilatarsi a dismisura e rimanere sospesi, occupando tutto lo spazio disponibile e rendendo difficile perfino il respiro. All'interno della stiva il lieve ticchettio di un orologio sembrò rimbombare insistente come una campana a morto fino a quando Grunt smise di fissarlo con uno sguardo irritato e, emettendo un ringhio prolungato, ne schiantò il vetro con un pugno, mettendo fine a quel suono insistente e fastidioso.

Dovettero passare ancora svariati minuti, che tutti vissero come fossero intere ore, prima che la voce artificiale di IDA contattasse Shepard, informandola che la Normandy era salva, ma che l’intero equipaggio era stato rapito dai Collettori. A bordo era rimasto solo il pilota.
Il mormorio che si levò all'interno della navetta a quelle notizie, diffuse con il viva voce, venne zittito immediatamente dal comandante che ordinò seccamente - Dammi i dettagli, IDA.
- Non appena attivato il trasponder IFF, è partito un segnale automatico che ha permesso ai Collettori di localizzare la Normandy. Era un così virus sofisticato che non è stato possibile rilevarlo. Quando i Collettori hanno abbordato la nave e rapito l'intero equipaggio, ci restava solo una possibilità: sbloccare i miei database interdetti in modo da affidarmi lo scafo e consentirmi di prendere le contromisure necessarie.
- Adesso abbiamo una dannata IA libera a bordo? - intervenne a quel punto Miranda che rimediò solo un'occhiataccia dal comandante, ma nessuna risposta.
- Ho chiesto al signor Moreau di riattivare i motori e ho aperto i portelloni della nave mentre acceleravamo, in modo da eliminare tutti i nemici - proseguì la voce sintetica, mentre la sagoma della Normandy compariva finalmente sui monitor della stiva della Kodiak.
Fu un'esperienza insolita tornare a bordo di quello scafo completamente vuoto. Il brusio e le chiacchiere dell'equipaggio formavano il gradevole rumore di sottofondo che accoglieva ogni ritorno da una missione, ma adesso si udivano solo i brusii e i ronzii anonimi dei macchinari.
L'equipaggio si radunò in sala briefing, intorno a un Joker sopraffatto dai sensi di colpa e incapace di esprimere a parole la disperazione che provava. Rimase seduto sul bordo del tavolo a testa china e con le mani strette, senza guardare nessuno, fino a quando Miranda entrò nella stanza come una furia urlando - Tutti quanti? Hai perso tutti quanti... e hai quasi perso anche la dannata nave!
- Lo so, d'accordo? Io c'ero! - rispose allora con evidente irritazione, subito difeso da Jacob - Non è colpa sua, Miranda. Nessuno di noi se n'era accorto.
Anche il comandante sapeva che la responsabilità dell'accaduto non era certo del suo pilota. Gli chiese come si sentisse per confortarlo e fargli capire che comprendeva le sue emozioni.
- Ci sono un sacco di sedili vuoti qui... - fu la laconica risposta, talmente intrisa di disperazione che perfino la IA di bordo provò l'impulso di confortarlo.
- Abbiamo fatto tutto il possibile, Jeff - lo rassicurò, mentre Shepard notava con sorpresa come IDA fosse passata dall'usuale lei al più familiare tu.
- Già... Grazie, mamma.
- Credo sia giunto il momento di anticipare il nostro viaggio sul pianeta natale dei Collettori - decretò a quel punto il comandante, dando priorità assoluta alla liberazione dell'equipaggio rapito.
- Joker, torna sul ponte. Voi altri, ai vostri posti - aggiunse poi con una sicurezza che in realtà non provava - Facciamo rotta verso il portale.

Facciamo rotta verso il portale. Quella frase segnava la conclusione della lunga avventura della Normandy e stabiliva il punto del non ritorno.
Shepard era consapevole di aver preso quella decisione irrevocabile con l’animo turbato, mentre avrebbe voluto disporre di più tempo per analizzare freddamente la situazione, valutare dettagliatamente i pro e i contro, controllare ancora una volta se le fossero sfuggiti aspetti vitali di quella dannata missione che da tempo tutti chiamavano suicida.
Aveva dovuto deciderne l’inizio in pochi secondi, dietro la spinta di motivazioni generose e nobili, ma sapeva fin troppo bene che non bastavano motivazioni generose e nobili a decretare la vittoria in battaglia.
Si era rintanata nella sua cabina perché non riusciva a sopportare la vista dell’interno della Normandy: troppe sedie vuoti, troppo silenzio… un silenzio che urlava dolore e voleva vendetta.
Joker l’aveva appena avvisata che mancavano due ore al passaggio del portale: erano troppe e troppo poche. Ora non c’era più niente che lei potesse fare o programmare in mancanza di informazioni su cosa avrebbero affrontato. Non erano neppure disponibili ulteriori miglioramenti per la nave o per l'equipaggiamento personale. Doveva solo pazientare, ma non era mai stata brava in questo: non sapeva abituarsi ad attendere passivamente il dipanarsi degli eventi.
Decise di farsi una doccia, perché era un modo come un altro per lasciar passare il tempo.

Facciamo rotta verso il portale. Quella frase segnava la conclusione della lunga avventura della Normandy e stabiliva il punto del non ritorno.
Garrus sapeva che quella era l'unica decisione possibile, ma immaginava anche quanti fossero i dubbi che stavano dilaniando Shepard. Conoscendola, era consapevole che avrebbe desiderato poter ragionare a mente fredda, ma non le era stato possibile. Stava rischiando l'integrità dello scafo e la vita dell'equipaggio superstite, ma nessuno di loro avrebbe desiderato rinviare ancora quella missione.
Poteva però essere l'ultima missione che avrebbero mai combattuto, perché la nave si sarebbe potuta sbriciolare nel tentativo di attraversare il portale o perché le forze dei Collettori potevano sopraffarli.
Non provava un vero timore, ma era confuso da una sensazione strana, che non riusciva a riconoscere. Solo quando si rese conto che rischiava di non avere più l'occasione di stringere il comandante fra le braccia e di affondare il viso fra i suoi soffici capelli, capì che non rimaneva più molto tempo: era quella la prima e forse unica occasione per passare un po’ di tempo insieme prima che si scatenasse l’inferno.
Con l'animo in subbuglio e le idee ancora confuse, infilò nella tasca dell'uniforme il 'kit antistress' che Mordin gli aveva fatto recapitare nella batteria primaria, prese in mano la bottiglia di vino terrestre che aveva comprato sulla Cittadella per festeggiare degnamente con il comandante la sperata vittoria sui Collettori e si avviò verso l'ascensore.
Ma una volta arrivato davanti alla porta dell'alloggio del comandante si accorse che adesso aveva davvero paura. Non della prossima missione, ma di ciò che sarebbe accaduto durante quei minuti che si augurava di passare in compagnia della donna che amava. La possibilità che potessero trasformarsi in un incubo a occhi aperti era realistica e il 'kit antistress' del dottore lo impensieriva non poco per il suo contenuto che, oltre agli ovvi preservativi, annoverava pomate e pillole antistaminiche e un foglietto su cui era scritto a caratteri giganti: non ingerire alcun tipo di secrezione o fluido. Non sapeva molto sulle umane e sui rituali di corteggiamento terrestri, per cui continuò a rigirarsi fra le mani la bottiglia fino a quando la porta gli si spalancò di fronte, senza che lui avesse fatto nulla.
IDA, la IA appena liberata, aveva preso in mano la situazione e aveva deciso per lui.

Varcò la soglia automaticamente, mentre ricordava le troppe occasioni in cui nulla era andato per il verso giusto: non era mai riuscito a diventare un buon turian e non si era certo fatto onore nell'SSC, da cui era stato costretto a dimettersi. La sua caccia a Saleon si era conclusa solo dopo anni e solo grazie all'aiuto del comandante, ma troppe vittime erano morte nel frattempo per la sua incompetenza. E da ultimo aveva assistito allo sterminio dei suoi compagni su Omega, che tuttora rimanevano invendicati. E su Omega sarebbe morto, se non fosse stato per l'intervento provvidenziale del comandante.
Non aveva avuto una vita semplice e non ricordava un singolo successo personale, nonostante gli sforzi compiuti. L'ultimo colloquio avuto con il padre ne era la prova più evidente.
- Hai deciso di non lavorare più con noi e mi sta bene, ma non oltrepassare i limiti o ti sbatterò io stesso in cella. Mi hai capito? - lo aveva minacciato con irritazione palese.
- Forte è chiaro. Non preoccuparti, non sono più un tuo problema. Andrò dove potrò fare realmente la differenza - aveva risposto ostentando una sicurezza che non provava.
“Non ho fatto mai la differenza in nessun luogo” si confessò tutto d'un tratto, sentendosi inadeguato e indeciso sul da farsi. Non era stata una buona idea. Lei era il comandante Shepard e lui era un fallito... Un fallito che si illudeva che almeno una cosa potesse andare, una volta tanto, per il verso giusto.
Si rese conto che la stanza era vuota e fu tentato di tornare sui suoi passi, ma in quel momento il comandante uscì dal bagno. Garrus non trovò di meglio che pronunciare una delle frasi più idiote del suo repertorio - Ho portato del vino. Il meglio che ho potuto permettermi con il mio salario da vigilante.
“Spiriti! Che bell'inizio di conversazione...” si maledisse subito dopo, cercando un modo per rimediare a quell'approccio infelice. Cercò il pulsante dello stereo nella cabina perché, così gli aveva assicurato una volta Joker, un po' di musica poteva aiutare a sciogliere l'imbarazzo.
Dopo il primo istante di sorpresa per quella visita inaspettata, Shepard sorrise divertita, notando l'agitazione evidente del suo ospite che, nel tentativo di rendere più romantica l’atmosfera, finì per riempire la cabina di una chiassosa musica da discoteca. E le parole che pronunciò poco dopo le apparsero talmente impacciate che sarebbe scoppiata a ridere, se solo l'occasione fosse stata diversa.
- Se tu fossi una turian, loderei la tua vita o la tua frangia. Dunque i tuoi... ehm... capelli ti donano molto. E la tua vita è davvero ferma - furono le sue goffe frasi d'apertura, ma non lo lasciò proseguire molto a lungo prima di prendere in mano la situazione.
- Ora chiudi la bocca e smetti di preoccuparti - gli ordinò con decisione. Poi giustiziò rapidamente l'apparecchio stereo, grata della quiete che tornò a regnare nel suo alloggio.
- E' solo che... ho visto troppe cose finire male, Shepard. Il mio lavoro all'SSC... La storia di Sidonis... - Voglio che una cosa vada per il verso giusto. Una volta tanto...

Edward Mani di forbice - Colonna Sonora


- Calmati, Garrus. Ti preoccupi troppo. E parli troppo - lo rassicurò ancora, capendo esattamente come si sentisse e quanto fosse preoccupato.
Allungò una mano per sfiorargli il viso, poi gli si avvicinò ancora, fermandosi solo quando erano rimasti solo pochi centimetri fra di loro, non troppo sicura del significato delle immagini osservate nei filmati che le aveva procurato Mordin.
Chinò lo stesso la testa in una sorta di inchino appena accennato e magicamente Garrus smise di parlare, chinandosi a sua volta verso di lei, fino a quando le loro fronti si sfiorarono leggermente.
Si rilassò rendendosi conto che nella cultura turian quello strano gesto doveva avere il significato che lei gli aveva attribuito, o almeno uno molto prossimo. E dopo quel primo contatto, ne cercò uno più intimo, posando entrambe le mani ai lati del viso, seguendo il profilo delle placche con una carezza lieve, mentre le braccia di Garrus le cingevano delicatamente i fianchi.
Avrebbe voluto baciarlo, ma quella pratica non esisteva nella cultura turian e il foglietto contenuto nel 'kit antistress' che le aveva consegnato Mordin durante una delle sue ultime visite nell'infermeria non ingerire alcun tipo di secrezione o fluido non rendeva consigliabile quell'esperienza, specie in quel momento, visto quello che avrebbero affrontato a breve.
Come se le avesse letto nella mente, Garrus le appoggiò la bocca sulla fronte accarezzandole la pelle gentilmente e proseguì, seguendo l'arcata delle sopracciglia e scendendo a sfiorarle gli occhi chiusi. Poi spostò la bocca, seguendo il profilo del naso, e passò ad sfiorarle la pelle del viso e delle guance, soffermandosi a lungo sulle labbra chiuse. A quel punto fece mezzo passo indietro e le pose le tre dita sotto il mento per sollevarle leggermente il volto e incrociare il suo sguardo.
Gli bastò un'occhiata per capire che quella pratica turian era piacevole anche per un'umana e tornò a ripetere le stesse carezze, ma questa volta lasciando uscire il respiro dalla sua bocca socchiusa, così che la pelle di Shepard avvertiva ora anche il calore tiepido del suo fiato.
E quando la bocca di Garrus scese sul collo, indugiando a lungo sotto i lobi degli orecchi, Shepard gli afferrò le spalle fra le mani, sentendo che le gambe avevano perso la loro usuale solidità e non l'avrebbero mantenuta a lungo in posizione eretta.
Avvertendo il corpo del comandante che si abbandonava completamente a lui, perdendo qualsiasi rigidezza, Garrus la strinse ancora un poco, annullando lo spazio residuo fra i loro corpi, poi le passò una mano dietro la nuca, sfilò via il fermaglio che lasciò cadere in terra e le passò le dita fra i capelli. Con quei capelli fra le dita di una mano e l'altra mano dietro la schiena, tornò ad avvicinare il viso a quello del comandante e questa volta le accarezzò la pelle usando la bocca, il naso appena accennato e le mandibole, con strofinii delicati e insistenti misti a respiri tiepidi, fino a quando la sentì ansimare, come se facesse fatica a respirare.
Si scostò immediatamente, con un'espressione talmente preoccupata che Shepard rise brevemente. Ma quando provò a riavvicinarsi, rassicurato da quella rapida risata, si sentì respingere con delicatezza da dieci dita che gli si piantarono contro le placche pettorali e lo esortarono ad indietreggiare fino a quando la parte posteriore delle sue gambe urtò contro il bordo del letto. Vi si sedette e Shepard gli salì a cavalcioni accarezzandogli il viso con le mani, seguendo il profilo delle placche ossee, ma indugiando soprattutto sulla pelle nuda, dotata di un'elevata sensibilità, nonostante l'aspetto coriaceo. Così come Garrus aveva accarezzato il suo viso con la bocca, il naso, le mandibole e il fiato, Shepard gli accarezzò il volto con i polpastrelli e le labbra, respirando a sua volta con la bocca socchiusa. Quando si accorse che il turian aveva chiuso gli occhi, fece scendere le dita ai lati del suo collo, attenta a individuare i cordoli di tessuto cutaneo che proteggevano i recettori del piacere.
Fece scorrere le dita lungo quei bordi con estrema lentezza, deliziata dai piccoli gemiti che riusciva a strappargli e che la spinsero a sostituire il tocco dei polpastrelli con quello più morbido delle labbra, indugiando in una particolare zona ogni volta in cui il corpo di Garrus fremeva e lui le si abbandonava contro, stringendola con più forza fra le braccia.
Ma quando l’eccitazione che lui provava divenne evidente, si sentì sollevare da due braccia robuste che la stesero sul materasso. A quel punto entrambi tirarono fuori dall'uniforme il 'kit antistress' di Mordin, si scambiarono un'occhiata stupita e poi cominciarono a ridere.
- A te cosa ha detto? - chiese il turian.
- Razze diverse hanno modi diversi di reagire a stress. Attività sessuale è buon rimedio per turian e umani. Ma raccomando prudenza e attenzione a irritazioni - ripeté Shepard a memoria, asciugandosi le lacrime.
- Nessuna raccomandazione come questa? - chiese Garrus sbandierando il foglietto con sopra scritto non ingerire alcun tipo di secrezione o fluido.
- In effetti ho un foglietto identico - ammise lei arrossendo imbarazzata.
- Ok, che ne dici di licenziare IDA adesso?
- Subito dopo avermi avvertito che stavi entrando nella stanza ha disattivato i suoi terminali. Siamo soli - fu la risposta risolutiva che eliminò ogni ultima esitazione di Garrus, che cominciò a spogliarla dell’uniforme, tirando in giro per la stanza ogni pezzo di indumento che riusciva a sottrarle ed esplorando ogni piccola zona di pelle che portava allo scoperto. Non osò provare a mordicchiare quella carne morbida, come avrebbe fatto con una femmina della sua razza, ma intrufolò il viso in ogni avvallamento per seguire le tante piccole curve e i rilievi di quel corpo ancora ignoto.
Seguì le indicazioni che lei restituiva automaticamente, senza averne coscienza, comprendendo la semplicità di un fisico diverso dal proprio, pronto a rivelare ogni segreto se solo si aveva la volontà di ascoltarlo e capirlo.
Trovò facile spogliarla, se non fosse stato per quella specie di strana fascia che le aderiva strettamente attorno al petto. Improvvisamente gli tornò alla mente la sequenza di un filmato che Joker gli aveva mostrato: la fece gentilmente rotolare su un fianco e aprì facilmente i gancetti sulla schiena emettendo un borbottio soddisfatto.
- Perché ridi? - chiese poi, perplesso dalla sua breve risata.
- Quel capo di vestiario mette in crisi qualsiasi umano - fu la sua confessione.
- Ma io... sono... turiaaaaaaaaan! - rispose Garrus imitando l’accento di Grunt e facendo scoppiare Shepard in una risata interminabile.
Con sua sorpresa, quando riprese fiato, lei però sussurrò - Dai, smettila, così non ci riesco.
La guardò interdetto e poi chiese - Non riesci a far cosa?
- A... concentrarmi? - rispose lei, poco sicura di aver usato un termine comprensibile.
“Ti devi concentrare?” si domandò lui con sincero stupore, ma smise di parlare e ricominciò a baciarla e ad accarezzarla fino a quando fu lei a prendere l’iniziativa.
La assecondò, lasciando che gli prendesse i polsi nelle mani e lo spingesse gentilmente per farlo sdraiare sul materasso per poi cominciare a spogliarlo a sua volta, lasciando cadere gli indumenti a fianco del letto.
A quel punto Shepard si era ormai rilassata. Aveva studiato con attenzione il materiale che Mordin le aveva mandato e sapeva cosa aspettarsi: le poche differenze che avrebbe rilevato rispetto ai maschi umani sarebbero state modeste e di poco conto.
Quando gli si mise sopra, a cavalcioni, Garrus strinse le mani intorno ai suoi fianchi morbidi, tanto diversi da quelli ossei e spigolosi delle turian, e sorrise con espressione incoraggiante per rispondere alla domanda muta che quegli occhi verdi gli stavano ponendo.
- Sono qui - la rassicurò, come aveva fatto sempre nel corso dei loro primi combattimenti sui campi di battaglia. Non aggiunse altro, per paura di poter spezzare inavvertitamente la sintonia che si era ristabilita.

Il bisogno di concentrazione era un concetto che trovava assolutamente estraneo alla loro attuale situazione ma, da come lei aveva pronunciato quella frase, Garrus si fece l’idea che i rapporti fisici fra umani fossero nettamente più complessi che fra turian e cercò di comportarsi di conseguenza.
Lasciò agire solo il suo corpo, vietandosi di pronunciare una sola parola. Le sue mani la accarezzarono e la strinsero, trasmettendole il desiderio intenso che provava per lei, serenamente e tranquillamente, come si usava fra individui della sua razza.
In più occasioni la serrò contro il proprio corpo, facendo aderire la loro carne come se fossero diventati un unico organismo vivente, e furono quelle le sole occasioni in cui dovette effettivamente restare concentrato, attento ad evitarle ferite involontarie e abrasioni.

Lo scambio continuo di carezze di ogni tipo era l’aspetto basilare di un qualunque rapporto intimo fra turian. Il sesso era accettazione completa del corpo dell’altro, annullamento dei confini materiali fra la propria entità e quella del partner. Il tutto era spontaneo e naturale. Restare in silenzio o ‘concentrarsi’ era innaturale e non aveva senso.
Avrebbe provato a capire dopo, si disse, accorgendosi che il ritmo del respiro di Shepard era cambiato: la guardò con attenzione, provando un leggero dispiacere per non poterla fissare negli occhi che teneva ostinatamente chiusi.
Accompagnò il lieve inarcarsi della sua schiena con il movimento dei fianchi mentre le serrava la vita sottile fra le mani. Infine le strinse le braccia attorno al corpo esausto quando lei, dopo un rantolo rauco, gli si rannicchiò addosso.
- Se la prima volta è così, non riesco a immaginare cosa sarà fare l’amore con te quando avremo alle spalle un po’ di sano addestramento - gli sussurrò lasciandosi andare a una breve risata a cui Garrus si associò immediatamente, sollevato.

Poi tornò seria e rotolò sul fianco, con la testa appoggiata al braccio sinistro che teneva ripiegato, mentre con la destra gli accarezzava delicatamente il volto e il collo. Garrus lanciò un’occhiata rapida all’orologio sul muro e con un tocco delicato delle mani la invitò a stendersi sul materasso, poi ricominciò a baciarla come si usava fra i turian, fino a quando fu certo del suo rinnovato desiderio. Allora le salì sopra e cominciò a muoversi lentamente su quel corpo tenero e soffice, attento che lei non si ferisse inavvertitamente con le scaglie e le placche ossee: quelle sul petto e sull’addome erano piatte e arrotondate, ma temeva i bordi taglienti del carapace.
Shepard accompagnò i movimenti del turian seguendo il suo ritmo, mentre continuava ad accarezzarlo e a stringerselo contro, alla ricerca di ogni possibile contatto fisico.
- Stai attenta. Non possiamo permetterci che tu ti faccia del male. Di certo non oggi - si sentì in dovere di avvertirla, grato che lei avesse allentato la stretta delle braccia e delle gambe, anche se aveva ubbidito a malincuore.
Si lasciò sfuggire una breve risata nel catturare sul suo volto un’espressione sinceramente dispiaciuta dall'essere costretti a prestare costantemente estrema attenzione ad un atto che sarebbe dovuto essere spontaneo e naturale, ma ricordò la sua necessità di mantenere la concentrazione e si scusò - Mi spiace.
- Non mi è facile restare serio - le confessò un po’ avvilito.
- Ma tu puoi ridere quanto vuoi - gli comunicò Shepard, dopo un attimo di silenzio perplesso.
- Prima mi hai detto...
Lei lo interruppe - Vale per me, non per te - provò a chiarire lei con semplicità.

Nel momento in cui Garrus capì di essere libero di comportarsi come desiderava, si sentì finalmente rilassato. E fu così che dopo qualche secondo lei lo vide, e lo sentì, ridere come se non dovesse più fermarsi. Iniziò a ridere anche lei, senza nessun altro motivo oltre quello di associarsi alla sua risata inaspettata e persistente, fino a quando lui trovò il coraggio di domandarle a bruciapelo - ma davvero tu fai l’amore come io calibro il Thanix?
Shepard stava ancora provando a riaversi dalla sorpresa e a cercare di capire il senso di quella domanda inaspettata, quando si accorse che qualcosa stava cambiando. Garrus aveva smesso di ridere e perfino di sorridere, limitandosi a osservarla con uno sguardo diverso, quasi sorpreso.
Quando le sussurrò la preghiera - Guardami - smise di pensare, limitandosi a fissare il suo sguardo verde in quello celeste di lui, comprendendo all'istante quella richiesta.
Era il turian a non averne ancora compreso il senso, almeno fino a quando ricordò all’improvviso la frase di suo padre Cercherai i suoi occhi, con la quale aveva risposto laconicamente alle sue domande da adolescente curioso di sapere come si potesse capire di essersi innamorati.
Per la prima volta comprese la risposta paterna e in quell'istante seppe con certezza di essere davvero innamorato, così come accadeva raramente nella vita di un turian. Stava facendo l’amore per demolire le barriere, ma questa volta non si trattava solo di quelle puramente fisiche imposte dai loro corpi, e lo scambio di sguardi era necessario per l’obiettivo che lui doveva realizzare in quel preciso momento, senza poter rimandare: si perse in quel verde cercando l’essenza preziosa e nascosta di lei, per legarci la sua in modo che diventasse un tutt’uno, indistinguibile e inestricabile.
In quel momento provò l’eternità e la perfezione, perdendo le nozioni di inizio e fine, prima e dopo, est e ovest. Erano soli, unica origine di un universo che bastava a se stesso e li racchiudeva e proteggeva. Per qualche secondo provò la gioia dell’infinito, comprese il significato dell’eternità e finì quasi per odiare il suo corpo che gli imponeva inevitabilmente la fine di quella magia inattesa.
Quando quell'istante di perfezione sfumò, emise una sorta di singhiozzo e rotolò di lato, continuando a tenerla fra le braccia.
Provò inutilmente a iniziare una frase più volte e, quando alla fine arrivò a completarla, uscì comunque spezzettata e incerta - Non so dirti cosa ho provato... Non ero preparato a questo - ammise semplicemente.
Si riempì le narici del profumo di quella pelle umana e dei suoi capelli, sentendo che gli sarebbe risultato impossibile fare qualcosa che fosse appena più complesso del semplice continuare a respirare. Chiuse gli occhi sotto le carezze delle sue dita delicate, tanto diverse da quelle di un turian, e di quelle labbra morbidissime che scorrevano lungo le placche del suo viso.
- Non so se riuscirò a riprendermi prima dell’inizio della battaglia, ma questo ricordo sarà comunque un ottimo incentivo per sconfiggere i Collettori e restare vivo - le confessò poi, strappando inavvertitamente quell’incanto durato poco più di un’ora, perché Shepard ebbe un sussulto e lanciò uno sguardo preoccupato al quadrante dell’orologio sul muro.
La vide alzarsi di scatto, raccogliere i lunghi capelli fra le dita della mano sinistra per farne un nodo che fissò con un fermaglio che teneva nella destra.
- Preparati. E’ ora di muoversi - ordinò subito dopo senza neppure voltarsi a guardarlo, mentre si alzava in piedi per iniziare a vestirsi recuperando i vestiti sparsi tutto intorno.
Lui annuì e si tirò su a sua volta, recuperò gli abiti accanto al letto e si vestì rapidamente. Quando entrambi furono vestiti, mosse un passo in avanti per abbracciarla, ma la vide arretrare e scuotere la testa con una fermezza che lo bloccò sul posto.
- Sei pronto, Vakarian?
- Certamente, comandante.
- Resta concentrato. Ti voglio al mio fianco - fu la sua ultima frase prima di uscire dalla porta.

Ma il turian si attardò ancora qualche istante nella cabina. Fissò il letto disfatto con un sorriso: aveva l’aspetto di un campo di battaglia, a testimoniare l’impegno profuso. C’erano dei vistosi tagli nelle lenzuola e dal cuscino contro cui aveva appoggiato la schiena usciva dell’imbottitura: si sarebbero dovuti procurare della biancheria da letto turian, prese mentalmente nota, con divertimento.
In ascensore ripensò con fastidio alla storia del Thanix e sperò che lei non gli chiedesse il senso di quella battuta idiota. Si era reso conto che la parola concentrazione non era la più adeguata, forse, ma aveva un significato assolutamente chiaro. Fare l’amore con la prima ragazza turian incontrata al bar era nettamente diverso dal fare l’amore con Trinity.
“Ecco, mi ci mancava anche questo: ora comincio pure a chiamarla per nome...” notò un po’ stupito, mentre entrava nella batteria primaria per prendere le armi che aveva preparato prima di salire nell’alloggio del comandante.
Imbracciò il fucile di precisione e lo smontò e rimontò rapidamente, caricandolo e inserendo la sicura. Quando alzò gli occhi, il vetro del finestrino gli restituì il suo viso di sempre.
Nello stesso momento la voce di Joker avvertì l’equipaggio della Normandy - Ci avviciniamo al portale di Omega 4. Tenetevi pronti - e il comandante, in piedi accanto alla poltrona del pilota, gli ordinò - Procediamo pure.
La missione suicida era ufficialmente iniziata.


Nota
Nella sua prima versione la parte iniziale di questo capitolo non mi aveva soddisfatto. Grazie ai commenti di Skadex ho trovato il coraggio di cancellarla e riscriverla da capo. Spero di aver ottenuto un risultato migliore.
Ho cambiato anche l'incontro fra Garrus e Shepard. Nonostante nessuno avesse sollevato critiche, ritengo che fosse poco realistico. Spero che questa nuova versione vi piaccia.

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Capitolo 16
*** Al di là del portale ***


16. *AL DI LA’ DEL PORTALE*

Brothers In Arms



La battaglia si era finalmente conclusa.
Contro ogni previsione nessuno era morto, neppure le persone rapite dai Collettori poche ore prima dell'attraversamento del portale Omega 4. C’erano stati feriti, ma nessuno grave: in pochi giorni sarebbero tornati tutti alle proprie postazioni a bordo della Normandy.
Lo scontro era stato duro, anche più di quanto avessero previsto: ogni membro dell'equipaggio aveva provato almeno una volta la certezza che quella sarebbe stata l’ultima battaglia che avrebbe combattuto o che il compagno al proprio fianco fosse ormai irrimediabilmente condannato.
Shepard aveva ancora vivida nella mente la scivolata interminabile di Garrus sulla piattaforma, il tentativo disperato di raggiungere in tempo la sua mano, le dita del turian che si serravano con forza sul bordo, dopo averne rigato la superficie con uno stridore metallico, con tutto il corpo che già penzolava nel baratro sottostante.
“Dovevo essere terrorizzata all’idea di averti perso, ma non ho avuto il tempo di rendermene conto” realizzò mentre passava accanto al turian che non la notò neppure, indaffarato com’era a sistemare il fucile a pompa danneggiato che Grunt gli aveva messo fra le mani con un mugugno sconsolato.
Poi c’era stata l’esplosione che li aveva scaraventati sulle rocce: lei si era rialzata per prima ed era corsa immediatamente a liberare dalle macerie i corpi di Thane e Garrus che giacevano esanimi sul terreno.
Un ultimo lunghissimo salto per raggiungere il portellone della Normandy già in volo e poi via, con tutto l’equipaggio salvo a bordo della nave, diretti verso una zona sicura in cui potersi fermare per soccorrere i feriti ed effettuare le prime riparazioni urgenti.

“Si fa davvero molta fatica a credere che siamo tutti sopravvissuti…” riconobbe, sentendosi ancora stordita dal rapido susseguirsi degli ultimi eventi.
Da quando era tornata a bordo non si era mai fermata: aveva passeggiato instancabilmente da un ponte all'altro, lungo tutta la nave, soffermandosi a stimare i danni e a valutare le condizioni fisiche e mentali di ciascun membro del suo equipaggio.
Si era resa conto che tutti avevano il suo stesso sguardo incredulo, di chi avesse assistito a un miracolo e non riuscisse ancora a capacitarsene.
La sconfinata distesa di detriti di ogni forma e dimensione che occupava praticamente tutto lo spazio in cui la Normandy dormiva, con i motori spenti e gli schermi difensivi alzati, testimoniava quanti equipaggi fossero scomparsi nell’impresa che la sua squadra aveva appena portato a termine.
Sapevano tutti che nessuna delle navi che aveva varcato il portale di Omega 4 era mai tornata indietro, ma la quantità di resti che avevano avvistato era molto al di là di qualunque previsione e la forma degli scafi testimoniava l’incredibile numero di civiltà antiche e sconosciute che erano state annientate fin da tempi ormai remoti.
Eppure, nonostante una inevitabile curiosità, nessuno aveva voglia di perdere tempo ad indagare in quello strano cimitero di navi frantumate. Se anche si ritrovavano tutti vivi, c’erano molti feriti da curare e, soprattutto, avvertivano tutti l’urgenza di procedere alle riparazioni. Il desiderio comune più pressante era quello di riavviare i motori e di verificare se il portale che avevano attraversato poche ore prima avrebbe consentito anche il ritorno.

La nave era gravemente ferita: inciampavano ovunque in paratie divelte, in brandelli di pannelli del soffitto che le esplosioni avevano scagliato in giro e che si erano incuneati fra pavimento e pareti, in monconi di attrezzature strappate dai supporti che giacevano spezzate in frammenti quasi irriconoscibili. Sezioni contorte dei tubi dei condotti sporgevano qua e là, mostrando i fili spezzati contenuti all’interno. L’oscurità era interrotta dalle fioche luci di emergenza e da piccoli incendi, che ancora non erano stati spenti.
“La nave non è solo ferita, è devastata… ma vive” si ripeteva ancora in tono incredulo il comandante, mentre continuava a scrutare in giro e a prendere nota di tutto quello che era più urgente fare.
- Tutto l’equipaggio in sala riunioni - urlò in giro più volte, mentre completava il giro di ricognizione perché il sistema di comunicazione di bordo era ancora fuori uso.
- Le comunicazioni sono andate - spiegò sorridendo a Jacob che le aveva lanciato un’occhiata stupita e perplessa dopo aver ricevuto un suo strillo in pieno orecchio, senza che nessuno dei due si fosse accorto della presenza dell’altro in quella densa oscurità rumorosa.

Quando arrivò in sala riunioni erano già tutti presenti, accomodati alla meglio su quanto rimaneva del mobilio di quella stanza. Nessuno diceva una parola, ma si guardavano attorno distrattamente, con i pensieri rivolti a quanto avevano appena vissuto.
“Non sono semplicemente in attesa di ordini, sono sotto shock… esattamente come me” capì Shepard guardandosi intorno.
Solo Grunt era quello di sempre e stava usando la sua mole possente per rimettere a posto un pannello del salone. Bofonchiava e ringhiava ferocemente contro quel nemico inerte che stava però opponendo una strenua resistenza passiva, rifiutandosi cocciutamente di tornare al posto che gli sarebbe spettato. Osservò in silenzio la scena fino a quando l’intero equipaggio, seguendo il suo sguardo, si ritrovò a fissare il krogan che stava continuando a prendere a spallate e a testate quel povero pannello inerme.
- Ehm… Grunt? Potresti finire dopo, per favore?… - gli chiese alla fine con una voce che iniziò ferma e decisa, ma che si spezzò nel mezzo della frase per tramutarsi in una lunghissima risata travolgente e liberatoria.

Spezzata la tensione, si ritrovarono tutti a ridere come ragazzini a una festa, mentre si scambiavano pacche sulla schiena, pugni sulle spalle e abbracci reciproci. Il silenzio che regnava fino a pochi minuti prima aveva lasciato posto a una cacofonia di risate isteriche, di grida e di singhiozzi.
- Facciamo il punto della situazione - cominciò a dire Shepard una volta che la follia generale si fu un po’ quietata - la nave è in condizioni disastrose, ma il supporto vitale funziona.
- Non siamo in pericolo immediato, ma dobbiamo procedere alle riparazioni necessarie per riattraversare il portale e tornare indietro.
A questo punto fece una breve pausa e si guardò in giro alla ricerca della quarian.
- Tali, credo ci siano sezioni della Normandy che sono state così danneggiate da rendere preferibile isolarle dal resto della nave anziché provare a ripararne le falle nello scafo. La stiva, per esempio, è stata massacrata dai raggi dell’occhio e dai colpi che abbiamo dovuto sparargli contro. Penso sia meglio svuotarla di tutto quanto possa servire e isolarla.
Al cenno di assenso di Tali, la incaricò di occuparsi del problema e di farsi aiutare da chi ritenesse più opportuno. Nessuno poté vedere l’espressione della quarian al di là della visiera del casco, ma la sua vocina sottile rivelò la sua ilarità nell’effettuare la sua scelta – Vieni tu, Grunt. Non so bene il motivo, ma sono sicura che mi sarai di aiuto...
A questa sua uscita tutti i presenti scoppiarono di nuovo a ridere e ci vollero un paio di minuti perché tornasse il silenzio.

Il comandante passò in rassegna l’equipaggio e ordinò - Mordin in infermeria, ad aiutare la dottoressa; Joker pronto sul ponte se dovessimo effettuare un decollo di emergenza. Legion e Thane ai motori della nave; Kasumi e Miranda si occuperanno del sistema elettrico; Jacob al controllo dei pannelli esterni della Normandy; Samara e Jack agli scudi; Garrus, a te il controllo del sistema offensivo della Normandy.
- Voglio essere tenuta costantemente aggiornata su ogni novità, problema e progresso nelle varie riparazioni. Ovviamente IDA offrirà il suo supporto a tutti.
- Fermi. Aspettate. Tali e Grunt, anche voi. Devo parlarvi e voglio che mi ascoltiate con attenzione - aggiunse immediatamente dopo, vedendo che i compagni avevano cominciato a sparpagliarsi per raggiungere l'uscita della sala briefing.
Fece una pausa ad effetto e, quando fu certa di avere gli occhi di tutti addosso, fece un lungo respiro e sorrise - Prima che vi mettiate al lavoro, voglio che vi sia chiara una cosa: questa nave ora è nostra, a tutti gli effetti. L’ultimo colloquio con l’Uomo Misterioso ha messo in chiaro come la nostra collaborazione sia definitivamente conclusa. Se a qualcuno di voi questo non sta bene, potrà scendere dalla nave in qualsiasi momento lo desideri.
Indugiò con lo sguardo su Miranda che rispose prontamente - Nessun problema, Shepard.
- Un’ultima cosa: facciamo ancora fatica a crederci, ma i Collettori sono stati definitivamente spazzati via. Abbiamo portato a termine una missione ritenuta impossibile, ma voi tutti sapete che non erano loro la vera minaccia. La guerra che abbiamo iniziato non finisce ora. Noi non ci fermeremo fino a quando l'ultimo Razziatore non cadrà sotto i nostri colpi.

Finito questo discorso, accolto da grida e applausi, Shepard uscì prima degli altri, scavalcando pezzi di pannelli, segmenti di tubi spezzati e grovigli di fili. Si fermò dopo pochi passi guardandosi attorno con aria scoraggiata. Garrus, che era uscito dalla sala riunioni subito dietro a lei, si bloccò nel mezzo del corridoio nel leggerle in viso tanto sconforto.
Non riuscì a trattenere un sorriso - Rimettere in sesto la nave ti sembra un compito così difficile? Hai idea di quello che abbiamo appena affrontato?
Shepard lo guardò e sorrise a sua volta - E’ che mi trovo più a mio agio con una pistola in mano piuttosto che con un martello e un cacciavite.
- Vai a vedere come stanno i tuoi stupidi pesci e l’inutile criceto e lascia martello e cacciavite all’equipaggio, comandante - le rispose spingendola fermamente verso l’ascensore ancora miracolosamente in funzione.
- Ti raggiungerò più tardi in cabina, per metterti al corrente degli sviluppi o per qualsiasi altra cosa tu vorrai… - le sussurrò mentre le porte si stavano chiudendo.
- Un'ultima cosa, comandante - aggiunse all'improvviso, infilando le dita fra le ante in modo che tornassero a riaprirsi - noto con piacere che ascolti i miei suggerimenti: hai davvero fregato la Normandy al legittimo proprietario anche questa volta - concluse con una risata piena che fece ridere anche lei.

Silence-Larmes



- Diamine! - esclamò Garrus guardando il quadrante dell’orologio sul suo computer - Sono passate quasi quattordici ore dall’ultima volta che ho visto un altro membro dell’equipaggio. Forse dovrei concedermi una pausa.
Stirò i muscoli indolenziti del collo ed uscì fuori dalla batteria primaria. Era notte fonda e nessuno si aggirava sul ponte tre. Il silenzio avvolgeva tutto lo scafo, ma il frastuono assordante che aveva avvertito nelle ore precedenti aveva dato ottimi risultati: nella penombra delle luci notturne il ponte della Normandy aveva quasi riacquistato il suo solito aspetto. Bisognava avvicinarsi per notare come i pannelli dei macchinari e delle pareti fossero stati riassemblati a partire da frammenti di varie dimensioni e colori e sembravano il risultato di un lavoro patchwork.
- IDA - chiese a bassa voce - c’è qualcuno ancora sveglio?
- Ponte 2: Joker sul ponte, Mordin nel laboratorio medico e Shepard in sala tattica. Ponte 4: Tali in sala macchine. Legion sta lavorando ai pannelli esterni della nave - fu la pronta risposta.
- Grazie - rispose entrando nell'ascensore per scendere al ponte 2.

- Cosa combini? - chiese al comandante, vedendola intenta ad armeggiare sul suo terminale privato.
- Aspettavo di vedere se avresti mai smesso di lavorare. Poco fa sono passata da te e ti ho salutato…
- Uhm... Non me ne sono accorto - rispose il turian sorpreso.
- Ho notato... Mi hai risposto qualcosa tipo Puoi tornare dopo? Ora ho da fare, senza neppure alzare la testa - fu la precisazione successiva - Immaginavo non avessi fatto caso che fossi io, visto che di solito non si risponde così al proprio comandante.
Gli lanciò una finta occhiataccia e scoppiò in una vera risata - Sei arrossito! O come chiamate voi quel delizioso colore del tuo collo.
- Non riuscirai a mettermi in imbarazzo, comandante - rispose Garrus, sentendo di essere diventato ancora un po’ più blu.
- Hai fame? - gli chiese Shepard - Immagino che tu ti sia dimenticato anche di mangiare, no? Andiamo a vedere se rimediamo qualcosa in sala mensa - gli disse prendendolo per mano e tirandoselo appresso verso l’ascensore.

Vicino ai fornelli trovarono Tali che era andata lì per prepararsi qualcosa. Vedendo Garrus si offrì di cucinare qualcosa anche per lui, dato che le loro razze condividevano lo stesso cibo.
- Magari, Tali… ai fornelli sono un disastro - rispose Garrus con sollievo. Poi si sedette su una sedia e mosse ancora un po’ il collo nel tentativo di alleviare l’intorpidimento dei muscoli.
Shepard gli si pose alle spalle dicendo - Rilassati e dimmi se funziona, non ho mai provato a farlo a un turian…
Gli appoggiò le dita sulla fronte tirandolo a sé in modo che accostasse la nuca contro il suo petto e cominciò a massaggiargli delicatamente il collo con le dita, insistendo con malizia là dove sapeva che lui provava piacere.
Tali si girò a guardarli, incuriosita dalla frase del comandante, restò immobile un secondo senza dire nulla, poi tornò rapidamente ad occuparsi dei fornelli. Ma i piccoli sussulti delle sue spalle indicavano chiaramente che stava ridacchiando dietro la maschera.
- Cinque dita sono decisamente meglio di tre… - mormorò Garrus con piccoli gemiti di piacere.
Dopo qualche minuto arrivò anche Joker che li squadrò con aria divertita per una decina di secondi e poi si sedette dicendo - Comandante, avrei un dolorino proprio qui…
Shepard fece finta di premere il comunicatore con l’infermeria e disse in tono di comando - Mordin, qui a mensa serve un po’ di medigel.
Poi si voltò verso Joker e lo consolò con la frase - Magari ti cucino qualcosa, invece…
Il pilota la guardò in tralice e chiese a Garrus - Era una minaccia o sa davvero cucinare?

- Ok, comandante, sai cucinare - confermò Joker infilandosi in bocca l’ultima forchettata di spaghetti.
La cena era trascorsa così piacevolmente da far dimenticare a tutti che poco prima stavano ancora combattendo contro i Collettori, così come avevano dimenticato la stanchezza delle tante ore trascorse a risistemare la nave danneggiata.
Sembravano, e si sentivano, quattro amici che stavano trascorrendo una piacevole serata, godendosi la compagnia reciproca. Raccontarono aneddoti divertenti e risero al ricordo di buffi incidenti che erano capitati a loro personalmente o a qualche conoscenza comune.
Sbadigliarono più volte prima di doversi arrendere con rincrescimento: dovevano andare a dormire almeno per qualche ora. Erano veramente troppo esausti.
- Mi piacerebbe se una volta, in non so quale modo, potessi condividere una serata come questa con tutto l’equipaggio della Normandy - dichiarò Shepard sorridendo al pensiero.
- Chissà? Forse un giorno, in un futuro non troppo lontano. Niente è impossibile quando ci sei tu di mezzo - le rispose Tali ricambiando il sorriso.
- Credo che fra uno o massimo due giorni potremmo provare ad attraversare il portale: le riparazioni più urgenti dovrebbero venire completate in poche ore e le altre le termineremo con la nave in movimento - annunciò il comandante alzandosi dalla sedia.
- Quasi mi dispiace, Shepard - rispose la quarian, alzandosi a sua volta - In questo momento mi sembra di essere fuori del tempo e dello spazio, in un universo parallelo, dove tutto sembra possibile. Fuori da qui ritroveremo i soliti vecchi problemi, e sbatteremo ancora una volta la testa contro l’incomprensione e l’ottusità del Consiglio che non vorrà credere ai Razziatori.
- Alla fine saranno costretti a crederci, speriamo solo che non sia troppo tardi - osservò Garrus, pensando al momento in cui le autorità avrebbero messo sotto accusa il comandante.
Il pensiero dei Razziatori li riportò improvvisamente alla realtà: domani sarebbe stata una giornata dura ed era necessario riposare qualche ora. Si salutarono con un abbraccio affettuoso, poi Joker e Tali si avviarono verso gli alloggi dell’equipaggio, mentre Garrus aspettò che i due si allontanassero per interrogare Shepard con uno sguardo.
- Devo dormire, ma vorrei chiudere gli occhi sentendo le tue braccia che mi stringono - rispose lei alla domanda inespressa del turian.

Si sdraiarono sul letto e si addormentarono quasi subito, ma un paio di ore dopo Shepard si svegliò di colpo, in preda a quel senso di angoscia impotente che si prova quando si sogna di precipitare. Per lei quel sogno era ancora più terrificante perché riportava inevitabilmente alla memoria la lunga caduta nel vuoto dello spazio: addormentarsi pensando alla prossima battaglia contro i Razziatori non doveva essere stata la scelta migliore per fare dei sogni tranquilli.
Ascoltò il respiro lento del turian sdraiato al suo fianco e ne fissò la sagoma alla luce tenue delle stelle della galassia che brillavano oltre i vetri della grande finestra. Dormiva su un fianco, raggomitolato su se stesso, con le gambe leggermente ripiegate. Gli si avvicinò e lo abbracciò, cingendogli le spalle con il braccio sinistro e provando a intrufolare il destro sotto il cuscino su cui lui posava la testa. Riuscì a far aderire il petto e la pancia contro le placche dorsali stringendolo forte fra le braccia. Poi cercò di intensificare quel contatto rassicurante, intrecciando le sue gambe a quelle del turian, ma si bloccò di colpo non appena avvertì una stilettata contro lo stinco della gamba sinistra.
- Togliti di dosso - fu l’ordine che Garrus urlò improvvisamente con una voce che non sembrava neppure appartenergli.
- Spiriti! Togliti - ripeté con rabbia sorda, restando assolutamente immobile.
Appena lei si allontanò, accese la luce e tirò via lenzuola e coperte, restando a fissarla con uno sguardo rabbioso.
- Cosa succede? - gli chiese perplessa vedendolo alzarsi di colpo, entrare nel bagno e tornare con le braccia piene di medigel.
A quel punto si accorse che, sopra le ferite dell’ultimo scontro nella base dei Collettori, ne erano comparse altre che solo ora cominciavano a bruciare. Aveva lievi escoriazioni sul petto e sull’addome, un taglio sullo stinco destro e un altro al braccio sinistro.
Garrus applicò il medigel sulla gamba e sul braccio, poi passò al viso e infine iniziò a spalmarglielo sull'addome e sul petto, evitando di proposito di guardarla negli occhi, con i muscoli facciali che gli contraevano le mandibole atteggiate in una espressione irata.
Shepard non si mosse e non si lasciò sfuggire neppure un lamento, nonostante il turian la stesse medicando con movimenti talmente bruschi e sbrigativi da farle male: si sentiva una perfetta idiota.

- Mi spiace - mormorò con voce appena percettibile mentre fissava ipnotizzata il liquido rosso che si stava accumulando sulla spalla sinistra del turian. Una minuscola pozza di sangue si era raccolta in uno degli avvallamenti del carapace e si stava via via allargando. La fissò meravigliata, accorgendosi che quel laghetto aveva trovato una sua strada e stava iniziando a defluire.
Il suo sangue, proveniente dal taglio al braccio, seguiva un percorso adattandosi alla conformazione delle placche di Garrus, colmava un solco lungo tre o quattro centimetri e infine si arenava contro una piccola cresta.
Il turian intercettò lo sguardo di Shepard e voltò il viso per guardarsi la spalla.
Sul bordo di quella minuscola diga si formò una goccia viscosa che restò in bilico, catturando lo sguardo di entrambi mentre aumentava pian piano di volume. Quando infine cadde, sembrò lo facesse al rallentatore, come se si muovesse in una gravità inferiore. Il piccolo rumore che fece quando atterrò, allargandosi a tingere di rosso vivo il lenzuolo steso sopra il materasso, ruppe il silenzio smarrito che avvolgeva la stanza.
Garrus scagliò sulla parete il medigel che ancora aveva in mano e mormorò numerose imprecazioni in lingua turian prima di entrare nel bagno per farsi una doccia.
Shepard si sedette sul cuscino appoggiando la schiena contro la testata del letto, poi incrociò le gambe infilando la fronte fra le ginocchia piegate e cingendo il tutto fra le braccia, tentando vanamente di contrastare il tremito che la scuoteva.

Quando Garrus uscì dal bagno, si diresse verso l’armadio, prese un lenzuolo e una coperta pulita e le ordinò - Scendi - con l’evidente intenzione di far sparire dal letto ogni traccia di quell’orrore insopportabile.
Lei scosse la testa che teneva sempre serrata fra le ginocchia in segno di diniego: il suo corpo non le obbediva e lei non riusciva a muoversi, e il panico che provava aumentò ancora nell’immaginarsi che lui se ne sarebbe andato, lasciandola ad affrontare da sola il peso intollerabile di quello che gli aveva fatto.
Il tremito divenne talmente violento da non poter sfuggire allo sguardo di Garrus che ricordò di aver visto una reazione simile solo una volta prima di quel momento: il suo battaglione era stato mandato a combattere un gruppo di mercenari e alla fine dello scontro lui aveva puntato il fucile contro un umano nascosto dietro una cassa, intimandogli di buttare le armi e di alzarsi. Quello lo aveva fissato con la faccia piena di lacrime, tremando senza fare neppure un gesto e lui stava per colpirlo con il calcio del fucile quando il suo tenente gli aveva dato una pacca amichevole sulla spalla dichiarando - E’ innocuo, Vakarian. Se la sta facendo addosso dalla paura - con un tono carico di derisione e di disprezzo assoluto.

Garrus appoggiò la coperta e il lenzuolo sul letto, poi le si sedette di fronte, provando a districare quel nodo vibrante fatto di braccia e di gambe intrecciate per cercare di guardarla in viso.
- Aiutami a capire cosa ti succede - le disse quando riuscì finalmente a metterle le dita intorno al mento e a tirarle su la testa.
Lei sfuggì il suo sguardo, concentrandolo sul medigel, spiaccicato contro la parete di fianco, che stava scendendo verso il pavimento come una colla incolore densa e vischiosa.
- Ti fa male? - le chiese gentilmente.
Lei fece un cenno di diniego.
- Pensi di aver fatto male a me?
Lei annuì.
- Mi è difficile immaginare un’esperienza più devastante di quella che mi hai costretto a vivere stanotte. Lo sai?
Lei annuì con forza, emise un suono strozzato e cercò di scappare da quel letto, da Garrus, dal ricordo del sangue sul suo carapace, temendo e sperando che lui glielo avrebbe impedito.
Si ribellò lo stesso, istintivamente, quando si ritrovò imprigionata fra le braccia e le placche del petto del turian che però non allentò la stretta sussurrandole solo - Shhhhhh... tranquilla. Ho capito, Trinity.
- Trinity? - replicò lei ritrovando improvvisamente la voce dallo stupore di essere chiamata con quel nome di battesimo che nessuno usava mai, neppure lei stessa.
- Il comandante Shepard non avrebbe mai fatto una bestialità di questo calibro - le rispose lui in un tono che non era scherzoso.
- Mi spiace - ripeté di nuovo lei.
- Anche a me - rispose Garrus, dopo pochi istanti pensierosi, sdraiandosi sul materasso e tirandosela contro, mentre cercava di sistemare alla bell’e meglio il lenzuolo e la coperta.
Se la strinse addosso contro il petto e l’addome e lei sentì distintamente le lisce placche arrotondate premerle sulla carne della schiena, donandole una specie di confortante armatura protettiva.
Spinse la nuca contro il petto di Garrus, sentendo che lui a sua volta le infilava il naso fra i capelli e cominciò a piangere senza ritegno, scaricando dentro a quelle lacrime tutte le emozioni per quelle ultime giornate e tutte le angosce per quelle che sarebbero seguite.
- Non so cosa fare con tutte queste lacrime - le sussurrò lui dopo svariati minuti, incerto se dovesse semplicemente lasciarla sfogare o tentare qualche strategia per farla smettere.
- Hai un fazzoletto?
- Forse. Se solo sapessi cos’è... - rispose Garrus, prendendo mentalmente nota di chiedere delucidazioni a Joker l’indomani mattina e rilassandosi a sua volta nell’accorgersi che lei aveva cominciato a ridacchiare.

Qualche ora dopo, al risveglio, Shepard si trovò ancora raggomitolata contro il petto di Garrus che le sussurrò - Buongiorno - strofinando il viso fra i suoi capelli e mordendole delicatamente il lobo di un orecchio.
Il turian si era svegliato molto prima, ma non aveva osato muoversi. Era rimasto quietamente al fianco di Shepard, ripensando al disastro evitato per poco nel corso di quella lunga notte maledetta. Aveva stabilito che doveva farle un’ultima domanda per riuscire ad archiviare definitivamente quella storia, poi si era messo ad elaborare mentalmente un calcolo che avrebbe potuto sistemare parte dei problemi di uno dei macchinari nella batteria primaria, in attesa che lei si destasse.
- Perché mi sei venuta addosso stanotte? - le chiese cercando di usare un tono tranquillo e gentile, visto che non era riuscito a trovare una formulazione migliore di quella frase un po’ brusca.
- Non riuscirai a farmi dire che avevo bisogno di te - rispose lei prendendosi in giro da sola con una breve risata divertita.
- Non era questo il genere di risposta che volevo - sbuffò lui, seccato per non averle fatto capire cosa desiderava sapere - Perché ti sei svegliata?
- Ho sognato di cadere...
- Uhm... - fu l'unica risposta del turian che rimase in silenzio ancora per un po'.
- Non succederà più - aggiunse poi con sicurezza - non fino a quando mi terrai al tuo fianco.
- E’ una promessa impegnativa - lo prese in giro il comandante.
- Tanto non ho un posto migliore dove stare - ammise lui con un sorriso.
Shepard si rigirò in modo da trovarsi faccia a faccia con lui e annuì con una nuova sicurezza sul futuro, mentre fissava i suoi occhi in quelli del turian, che le sembravano sempre estremamente innocenti ed indifesi quando lui non indossava il suo inseparabile visore.
- Credo che potremmo concederci ancora qualche minuto di pausa, prima di rimetterci al lavoro - gli propose dopo qualche attimo di silenzio stiracchiandosi pigramente, per poi aggiungere con voce maliziosa - Tu che ne pensi?
- Penso che siamo ancora al di qua del maledetto portale… in un universo parallelo, fuori dal tempo e dallo spazio - fu la pronta risposta di Garrus, felice di non vederla trasformarsi da un momento all’altro nella figura del comandante della Normandy. Si chinò sul suo viso e cominciò ad accarezzarle la pelle con il viso.

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Capitolo 17
*** Ed è subito sera ***


17. *ED E’ SUBITO SERA*

A Federica, a cui dedico un piccolo cammeo su Thane

Goodbye Blue Sky


- Comandante, ho una trasmissione dell’ammiraglio Hackett: desidera parlarti in privato.
Questa frase, pronunciata da Kelly, segnò la fine del viaggio della Normandy. Shepard lo capì immediatamente e assentì con un breve cenno del capo prima di avviarsi verso il terminale nel suo alloggio.
Rimase immobile davanti allo schermo per qualche secondo, poi lo attivò e ascoltò la voce che le riferiva in tono monocorde le richieste del Comitato di Difesa dell’Alleanza, sperando di riuscire a farsi scivolare addosso quelle parole che entrambi aspettavano, dopo l’avventura nel sistema Batarian. Ma una notizia la ferì talmente da lacerare la forzata indifferenza che si era imposta.

Annuì senza parlare, limitandosi a fissare i suoi stivali di pelle e contemplando il lungo graffio frastagliato che dalla punta correva fino al bordo superiore della calzatura destra. Si chiese se fosse stato causato dalle rocce sporgenti o dagli artigli delle creature che si erano rifugiate nella caverna dell’ultimo pianeta su cui erano sbarcati il giorno prima.
L’ammiraglio attese pazientemente che Shepard sollevasse lo sguardo e solo allora si decise a formulare la domanda di rito, anche se quegli occhi verdi privi di espressione mostravano già l'ovvia risposta.
Il silenzio si protrasse così a lungo che Hackett immaginò di poter ascoltare il lieve ronzio di sottofondo dei macchinari della Normandy, e quando il liquido incolore cominciò a colmare quegli occhi ancora persi nel vuoto, senza che arrivasse una risposta, spinse con un gesto rabbioso il pulsante alla destra dello schermo, troncando così il collegamento. Poi chiamò le autorità di dovere, informandole in tono freddo e impersonale che il comandante aveva accettato senza riserve di dirigersi sulla Terra nel più breve tempo possibile, per sottoporsi al processo che avrebbe decretato la sua innocenza o colpevolezza per lo sterminio di centinaia di migliaia di vite Batarian.

- La Normandy sarà requisita.
Era stata questa la notizia che l’aveva frastornata e che ora Shepard continuava a ripetersi fissando il vuoto, vedendo scorrere nitidamente davanti agli occhi le tante immagini dei cieli ammirati dalle grandi finestre del ponte, alle spalle di Joker. Anche ora quelle stelle splendevano terse e impassibili in un cielo nero infinito.
Si accorse delle lacrime che si raffreddavano sul viso e le asciugò con rabbia: non avrebbe voluto mettersi a piangere davanti ad Hackett.
“E non piangerò di fronte al mio equipaggio” si ordinò rialzando la testa e assumendo, senza accorgersene, quell’espressione risoluta che le induriva i lineamenti nei momenti salienti di una battaglia.
- Shepard, prenditi tutto il tempo che ti serve per sistemare le cose in sospeso, se ne hai. Nonostante il pieno appoggio mio e di Anderson, questo processo si presenta sotto una pessima luce e non sarà breve - era stato il consiglio di Hackett, ma lei non voleva perdere tempo e rendere tutta la situazione più dolorosa di quanto fosse strettamente necessario. Aveva sempre odiato gli addii e l’addio alla sua nave era una delle prove più amare che la vita potesse proporle.

Aspettò ancora qualche minuto, poi fece un respiro profondo e infine ordinò - IDA, apri il canale di comunicazione con tutto l’equipaggio.
- Abbiamo un cambio di programma - cominciò a scandire con voce nitida - la Normandy si dirigerà verso la base dell’Ombra e infine nel sistema Sol, dove terminerà il suo viaggio. Abbiamo concluso tutte le missioni che ci erano state assegnate e, appena sbarcheremo sulla Terra, la nave verrà posta sotto il comando del Comitato di Difesa dell’Alleanza.
Fece una pausa, ingoiò le lacrime e proseguì con voce ferma - Comunicate a Joker o a IDA dove desiderate sbarcare.
- Ringrazio tutti voi. Siete stati un equipaggio eccellente. Sono fiera del lavoro che abbiamo svolto insieme in questi lunghi mesi - concluse chiudendo la comunicazione prima che un singhiozzo di pianto si insinuasse prepotentemente fra le sue parole.

Immediatamente dopo, appena chiusa la comunicazione, andò in armeria, staccò la sua pistola dal supporto e la infilò nella cintura dell’uniforme. Raccolse tutte le munizioni che riuscì a trasportare e si diresse sul ponte inferiore. Una volta arrivata lì, entrò nella piccola struttura che fungeva da poligono di tiro.
Allineò le clip, come soldati di fanteria schierati ordinatamente prima di una grande battaglia, e cominciò a svuotare metodicamente il caricatore dell'arma contro la sagoma appesa al muro, prendendosi ogni volta tutto il tempo necessario per mirare con precisione ai punti vitali, in uno stato di concentrazione estrema, come se da quel tiro al bersaglio dipendesse tutto il suo futuro.

Fu lì che Garrus la trovò, dopo averla cercata inutilmente sugli altri ponti della Normandy. La fissò a lungo, affascinato dalla cura con cui prendeva la mira, sparava e ricaricava la pistola, e dalla regolarità esasperata con cui ripeteva quegli stessi movimenti, interrompendosi solo per cambiare caricatore e ricominciare da capo. Non sembrava una donna. Non sembrava neppure un essere vivente: era un mech programmato che eseguiva le istruzioni senza pensare, senza consapevolezza, senza anima.
Ammirò l’eleganza innata dei suoi movimenti, la precisione dei tiri e la sicurezza dei gesti, ma capì che tutta quella stabile ripetitività era il suo modo per soggiogare il dolore lancinante che stava provando. Shepard aveva una sola Normandy. Era il centro di gravità della sua esistenza. L’equipaggio che la accompagnava poteva di volta in volta cambiare, ma quella nave e il suo pilota no. Erano la sua vita, la sua sola casa.
Aspettò qualche minuto, ma il comandante non voltò mai la testa, continuando a mantenere lo stesso ritmo immutabile, così che Garrus decise di uscire silenziosamente come era arrivato, senza disturbarla. Imbattendosi in Kelly e Tali, entrambe scese alla ricerca della comandante, se le tirò appresso intimando loro il silenzio più assoluto.
- Ha bisogno di stare un po’ da sola, andiamo – sentenziò con sicurezza, impedendo loro di entrare nell’hangar, senza lasciarsi impietosire dall’espressione tesa e preoccupata che leggeva nei loro occhi.

Nessuno ebbe modo di incontrare il comandante fino a quando la nave si fermò a breve distanza dalla base dell’Ombra. Solo a quel punto Shepard uscì dall’isolamento in cui si era rinchiusa e passò a trovare Joker, Tali e Garrus chiedendo loro se avessero voglia di fare una visita a Liara.
I tre amici accettarono volentieri, anche nella speranza di riuscire ad ottenere qualche chiarimento sull’inattesa interruzione del viaggio della Normandy, che poteva essere giustificata solo da un ordine delle alte sfere delle autorità galattiche.
Liara li accolse con gioia, abbracciando con forza quei vecchi amici con cui aveva condiviso tante avventure e superato molte situazioni pericolose, spesso ai limiti della loro stessa sopravvivenza. Tenne stretta a lungo Shepard e, quando alla fine la lasciò andare, non riuscì a trattenersi dall’esclamare - E’ così ingiusto e idiota, per la Dea. Ti accusano di genocidio, ma sei solo la vittima da sacrificare per mantenere una pace precaria fra le razze. Non riesco proprio a capacitarmi…
Ma venne interrotta da un brusco - Basta, Liara, non voglio parlare di questo. Sono venuta qui per salutarti e per vedere come te la cavi in questi nuovi panni. E volevo anche assicurarmi che non fossi diventata un’eremita asociale e scorbutica.
Quando Shepard passò al terminale per copiare alcuni file che potevano risultare utili nel corso del prossimo processo, i suoi amici ne approfittarono per appartarsi e scambiarsi informazioni sugli ultimi avvenimenti, certi che di tutta quella storia Liara ne sapesse anche più del comandante stesso.
Il resoconto dettagliato della asari mise in evidenza la gravità della sua posizione: avrebbe subito a breve un processo con lo scopo inconfessato, e inconfessabile, di salvare la precaria pace della galassia. Le autorità si sentivano in dovere di condannare fermamente il suo operato nel sistema Batarian e il sequestro della Normandy e la messa in stato di arresto preventivo facevano capire quanto serie fossero le accuse e quanto pesante potesse essere l’eventuale condanna.

- Se solo ce lo chiedesse... L’intero equipaggio la seguirebbe ovunque: abbiamo già rubato la Normandy una volta… - suggerì Joker a bassa voce, guardando incerto Tali e Garrus, che scossero entrambi decisamente la testa in segno di diniego.
- Questa volta la situazione è diversa. Non ci chiederà di disubbidire all’ordine perché lei per prima non può, né vuole, disubbidire - rispose la quarian e dal tono addolorato gli altri indovinarono le sue lacrime al di là della visiera.
- Ora capisco perché non vuole parlarne: non c’è proprio nulla da dire - aggiunse il turian, interrompendosi immediatamente non appena si accorse che il comandante si stava avvicinando.
- Se voi quattro avete finito di spettegolare - li apostrofò Shepard guardandoli con un’aria a mezzi fra l’ironico e il seccato - sarebbe ora di tornare a bordo e proseguire il viaggio.

I successivi giorni passarono quieti e tutti uguali. Da quando Shepard aveva parlato con Hackett non ricevettero più alcuna richiesta di aiuto: la galassia sembrava non avere più alcun problema in nessun sistema.
Ma nonostante quella parvenza di quiete, l'aspetto del comandante della Normandy diventava sempre più teso e i suoi occhi sembrarono ingigantirsi, cerchiati di nero sullo smunto volto cereo. Nessuno riusciva a farla parlare di argomenti che non fossero strettamente collegati alla Normandy e nessuno ricordava di averla vista mangiare qualcosa di recente.
La sesta sera dall'incontro con Liara, Shepard entrò in sala mensa durante l’ora di cena e Joker le allungò un piatto colmo, invitandola a sedersi e a tener loro compagnia, ma lei sorrise, scosse la testa, prese una bottiglia di vino dalla dispensa e tornò sui suoi passi.
Garrus la seguì con lo sguardo fino a quando uscì dal suo raggio visivo, poi si alzò in piedi scaraventando il tovagliolo sul tavolo con un gesto rabbioso e si diresse verso l’infermeria a passi decisi, gridando un - Adesso basta!
- Cosa puoi darmi per Shepard? - chiese alla dottoressa appena entrato nell'infermeria.
- Temo non ci sia niente che lei accetterà di prendere. Sono giorni che ci provo inutilmente - fu la risposta sconsolata.
- E' comunque sconsigliabile assunzione di droghe in organismi sotto stress acuto - aggiunse Mordin, sollevando gli occhi dal microscopio.
- Terapia medica non adatta. Terapie alternative possibili - aggiunse guardando Garrus che lo fissò incerto, non del tutto sicuro di aver compreso il messaggio.
- Vai da lei - chiarì il salarian, tornando a rivolgere lo sguardo al microscopio.

Vai da lei. Facile a dirsi... So bene che troverà un modo gentile per rimandarmi nella batteria primaria: non sono mai stato bravo con le parole” ragionò Garrus e subito dopo gli tornò alla mente l’immagine di sua sorella che gli cingeva le spalle ridendo - E’ proprio questa tua goffaggine così inusuale per un turian a renderti tanto attraente. Le mie amiche sono estasiate dal tuo impaccio: lo trovano dolce e seducente - gli aveva ripetuto una volta di più, mollandolo nel bel mezzo di un gruppo di sue compagne di scuola radunate intorno al bancone di un bar su Palaven, mentre lui prendeva vergognosamente coscienza che nessun collo di turian poteva essere più blu del suo in quel momento.
E non se l’era cavata meglio con Shepard, la prima volta nella sua cabina, pensò con imbarazzo. Era stata lei a trarlo di impaccio e a prendere l’iniziativa vedendolo insicuro e agitato, come al solito.
Era innegabile: aveva successo con il gentil sesso, almeno con quello turian, proprio per questa insicurezza e per la goffaggine. Ma questa volta la situazione era diversa: il comandante aveva davvero bisogno di lui... e lui non aveva la più pallida idea di come diavolo potesse aiutarla.

Quando bussò alla cabina, Shepard era sotto la doccia. Andò ad aprire dopo essersi avvolta l’accappatoio addosso e gli chiese bruscamente - Cosa c’è?
Garrus aprì la bocca e rimase a fissarla, senza chiuderla.
- Beh? - chiese ancora lei, guardandolo perplessa.
- I tuoi capelli… Che cosa hai fatto ai capelli?
- Sono solo bagnati.
- Ah… bagnati, dici. Sono… beh, non so…sono strani, non credo mi piacciano molto. Posso entrare? - chiese e, non ricevendo risposta, fece un paio di passi in avanti.
Il comandante si girò e tornò verso il bagno e Garrus la seguì. La vide prendere un paio di strani aggeggi dall'armadietto del bagno e ne approfittò per nascondere la bottiglia di vino, in bella mostra sul lavandino, dietro l'uniforme usata e appallottolata che stava in terra.
Osservò i suoi gesti, incuriosito dall’uso di un attrezzo irto di punte che lei faceva scorrere fra i capelli e ancora di più da quello di uno strano apparecchio che sbuffava aria calda.
- Posso fare io? - chiese.
Il piccolo specchio gli restituì un'espressione sorpresa di Shepard, che si girò verso di lui consegnandogli entrambi gli oggetti - Spazzola e phon, così si chiamano.
- Uhm… - disse guardandoli un po’ incerto - ti puoi sedere?
La vide prendere un piccolo sgabello e sedercisi sopra, allungando la mano verso il lavandino, là dove si sarebbe dovuta trovare la bottiglia.
- Dov’è?
- Cosa? - chiese a sua volta cominciando a passarle la spazzola fra i capelli. Poi accese il phon e lo diresse verso una grossa ciocca che teneva sollevata. Si accorse che il tutto era abbastanza semplice, una volta capito il meccanismo, ma a un certo punto decise che la spazzola era solo una seccatura e la tirò dentro il lavandino.



Where We're Going


Continuò ad asciugarle i capelli usando le dita fino a quando si ritenne soddisfatto del risultato.
A quel punto la prese in braccio direttamente dallo sgabello, senza badare alle sue deboli proteste, si sedette sul bordo del letto e la tenne in grembo, passando le dita di entrambe le mani fra i capelli e accarezzando la pelle della nuca e del collo con la massima attenzione possibile.
Poi scostò le coperte, la appoggiò sul letto e le sfilò l’accappatoio umido, seguendola immediatamente sotto le coperte, prima che lei potesse protestare. La racchiuse fra le braccia facendo aderire il suo petto contro la schiena di lei e continuò a massaggiarle la nuca e le spalle, con la faccia immersa nei suoi capelli, emettendo quel debole brontolio che ricordava le fusa di un grosso gatto.
- Non ne ho proprio voglia, Garrus - gli sussurrò Shepard dopo qualche minuto, avvertendo chiaramente l’eccitazione del turian contro il fondo schiena.
- Nonostante l’apparenza innegabile, nulla è più lontano dai miei desideri in questo momento - le rispose sinceramente - Dormi, per favore - aggiunse, maledicendo la spontaneità del tutto fuori luogo del suo corpo.
Continuò a massaggiarle le spalle fino a quando fu sicuro che si fosse addormentata e a tenerla stretta fra le braccia.

Quando aprì gli occhi il mattino dopo, Shepard si rese conto di essere sola nella stanza. Si alzò dal letto rapidamente, indossò un'uniforme pulita e si diresse al suo terminale privato per scorrere la corrispondenza arrivata nottetempo. Lesse tutto rapidamente, continuando a consultare nervosamente il datapad che teneva nella mano destra.
Fu così che la trovò Garrus, qualche minuto dopo, quando fece ritorno nella cabina.
Appoggiò il vassoio che teneva in mano sul tavolo e attese in silenzio qualche secondo, aspettando di ottenere la sua attenzione. Alla fine, rendendosi conto che lei sarebbe potuta andare avanti così per ore, le chiese - Cosa c’è che non va?
- Non so come ottimizzare gli spostamenti - rispose Shepard senza neppure alzare lo sguardo - Ho trovato alcuni passaggi comodi e sicuri per alcuni membri dell’equipaggio, ma per altri non vedo soluzioni rapide: dovrò portare la Normandy in giro per mezza galassia prima di riuscire a far sbarcare tutti.
Le si avvicinò, la costrinse a girarsi e, inclinando la testa di lato, assunse un’espressione ironica - Davvero non vedi l’ora di farti arrestare?
Il comandante non rispose e si sedette stancamente sul letto, tornando a consultare il datapad che aveva fra le mani.
“Ti dà qualcosa a cui pensare… per non rimuginare sul processo, sull’Alleanza, sul Consiglio…” realizzò Garrus che capiva fin troppo bene la situazione.
Riprese in mano il vassoio e si sedette anche lui sul letto, appoggiandolo fra loro due.
Gli occhi verdi del comandante inquadrarono una tazza di caffè, un bricco di latte, un piatto con le uova strapazzate, due barattolini di marmellata, tre diverse confezioni di biscotti e tre bottigliette di succhi di frutta, oltre a qualche altra vivanda sconosciuta. Non riuscì a trattenere un sorriso divertito - Non c'era nient’altro in dispensa? Mi spiace deluderti, ma berrò solo una tazza di caffè.
- Oggi no - fu la risposta decisa del turian che prese una tazza con un liquido denso e oleoso, inzuppandoci dentro un bastoncino poroso, e cominciò a sgranocchiare lentamente la sua colazione.

Una volta che Shepard ebbe finito di mangiare o meglio, una volta che Garrus si ritenne soddisfatto da quanto aveva mangiato, fece per alzarsi e tornare al terminale, ma lui la prese per una mano e se la fece sedere in grembo, scostando il vassoio con gli avanzi.
- Per il piano di volo potrai farti aiutare da IDA o da Joker, ma non avere fretta, comandante. Non so quando i Razziatori arriveranno, ma quando accadrà… lo scontro con i Collettori sembrerà una semplice passeggiata al confronto.
- Avrai una pausa dai combattimenti quando sbarcherai, ma odierai ogni ora che trascorrerai sulla Terra. La tua vacanza è ora, Shepard, qui con me, in questa manciata di giorni che ci separano dalla fine del viaggio - aggiunse in tono fermo.
- Non so cosa ci riserverà il futuro e non possiamo fare progetti di lungo periodo. Ma lascia che ti tenga compagnia. Farò in modo che tu abbia dei bei ricordi a cui pensare quando non mi sarà permesso di salvarti il culo nei prossimi scontri che dovrai sostenere da sola.

Con il passare dei giorni l’equipaggio della Normandy si andò assottigliando. Samara era tornata a Thessia, Tali aveva trovato un passaggio per la flotta migrante, Legion era in viaggio per il Velo di Perseo a bordo di una nave mercantile che lo aveva accettato a bordo solo dietro un compenso a dir poco esoso, Mordin era già tornato fra la sua gente su Sur’Kesh, mentre Grunt era rientrato nel clan Urdnot su Tuchanka. Molti altri erano sbarcati sulla Cittadella. Dopo abbracci e strette di mano, scambi di promesse e di sguardi commossi, quasi tutti i membri dell’equipaggio aveva lasciato la nave spaziale.
Il comandante li aveva salutati singolarmente, facendo visita ai loro alloggi prima dello sbarco. In alcuni casi si era fermata a lungo, come per Tali e Jack, ma il commiato più lungo e commovente aveva avuto luogo nel supporto vitale. Era entrata lì con l'animo gonfio di pena, per la paura che quella potesse essere l'ultima occasione di incontrare Thane.
Nonostante le loro esistenze apparissero molto diverse, sentiva che esisteva una profonda affinità fra loro due, per la mole di dolore con cui entrambi convivevano e per il peso che portavano sulle spalle, sia pure per motivi diversi. Erano stati messi entrambi alla prova in più occasioni e avevano dovuto fare scelte difficili e penose.
Ammirava profondamente quel drell dallo sguardo triste che non si era lasciato corrompere dalle tenebre in cui la vita lo aveva gettato, mantenendo intatto il suo spirito nobile e puro e si augurava di riuscire a restare anche lei integra nei giorni futuri, nonostante le innumerevoli prove che avrebbe dovuto superare.
- Ne sono certo, siha - l'aveva rassicurata Thane al termine di quel loro incontro.
- Non mi hai ancora detto cosa significa questo termine.
- E' il nome di un angelo guerriero della dea Arashu, Shepard: fiero e puro nella sua furia di giustizia, come tu sei la protettrice fiera e pura di questa nostra povera galassia - le aveva confidato facendola commuovere.

Solo Joker aveva deciso di restare a bordo fino all'attracco sulla Terra, meta finale di quel lungo viaggio. All’invito del comandante a sbarcare sulla Cittadella, poco prima dell'ultimo scalo previsto su Palaven, aveva risposto seccamente che la sua unica casa era sempre stata la Normandy. Di fronte al suo sguardo incerto, aveva continuato con maggiore enfasi - Comandante, tu, meglio di chiunque altro, dovresti capire che non posso accettare l'idea che qualcuno poco pratico metta le mani su questo gioiello, trattandola come una nave spaziale qualsiasi.
- Resterò sulla Terra, in attesa degli eventi. Con IDA stiamo preparando una strategia che possa salvaguardare la Normandy da interventi indesiderati - aveva aggiunto - Fidati di noi e consegnacela con fiducia: sai che nessuno potrebbe trattarla meglio.
Shepard era rimasta in silenzio ad ascoltare questa insolita tirata del pilota, poi aveva annuito - Grazie a tutti e due. Non so quanto tempo durerà il processo, né riesco a prevederne l’esito, ma sapere che vi occuperete della nave mi fa sentire un po’ più tranquilla.

Quando Garrus entrò nella cabina del comandante mancava poco meno di mezzora a Palaven. La trovò immobile, in piedi davanti alla finestra, con un bicchiere di vino in una mano e un piccolo apparecchio misterioso nell’altra. Al suono dell'apertura della porta lei si voltò con aria apparentemente tranquilla, ma i suoi occhi erano gonfi e arrossati.
- Brutti pensieri? - le chiese gentilmente, limitandosi ad accarezzarle il viso con una mano anche se avrebbe voluto stringerla forte fra le braccia.
- Quando comincerà l’attacco dei Razziatori? E da dove partirà? Non conosco la risposta a queste domande, Garrus. E invece di lasciarmi pensare a come potremmo prepararci per questa guerra, ammesso ci sia un modo di prepararsi, mi metteranno in stato di arresto. Potrò supplicare, discutere o imprecare fino a perdere la voce, ma nessuno mi ascolterà, nessuno capirà... - rispose il comandante in tono inizialmente irato e poi sempre più fioco e rassegnato.
La prese fra le braccia, facendole appoggiare la testa contro il petto e passandole le dita fra i capelli, con quel gesto gentile che la rasserenava e la calmava, poi sussurrò - Le battaglie contro politici e burocrati non fanno per noi, ma i Razziatori arriveranno e a quel punto saranno proprio loro a elemosinare il tuo aiuto. E’ la solita vecchia storia, comandante - le sussurrò nell’orecchio.
Poi proseguì con un tono che sperava suonasse fermo e risoluto, anche se lui continuava a porsi ancora molte domande e in cuor suo non era certo di aver deciso esattamente cosa avrebbe fatto - Mi hai ordinato di andare su Palaven per spiegare alla mia gente la gravità dell’imminente pericolo. So che questo compito è quasi senza speranze, ma ci proverò… in tutti i modi possibili. Lo farò io, così come mi aspetto che lo faccia anche tu. Non abbiamo scelta, non possiamo fare altrimenti. Troppe persone a noi care sarebbero morte invano se adesso ci arrendessimo.
Si scostò leggermente per guardarla negli occhi e assicurarsi di non ferirla anche lui, con le ultime parole che stava per pronunciare - Per questo fra pochi minuti lascerò la Normandy… E te. Sempre che tu non abbia cambiato idea.
- No, va bene così. Non ho cambiato idea - lo rassicurò Shepard senza abbassare lo sguardo - Però, prima che tu vada, vorrei chiederti un favore. Suonerà disgustosamente melenso e poco comprensibile a un turian…
- Sentiamo. Non mi viene facile negarti qualcosa quando il tuo viso assume quel colorito in perfetta armonia con la tonalità dei tuoi capelli.
- Vorrei una tua foto... Va bene? - gli chiese imbarazzata, mostrandogli l’apparecchio che teneva in mano.
- Spero non faccia la fine di quella di Kaidan - rispose prontamente, con un’espressione fra il divertito e l’ironico.

E fu esattamente quella l’espressione che rimase impressa sulla pellicola. Lei la guardò annuendo soddisfatta - Sì, direi che è perfetta così.
Poi gli prese il viso fra le mani. Erano asciutte e calde, notò il turian, ma erano percorse da un tremito involontario di cui forse neppure lei era cosciente.
- Odio gli addii, Garrus. Non mi piace dover combattere contro stupide lacrime e battiti di un cuore che va per conto suo. Non mi piace sentirmi aggrovigliare lo stomaco. Non capisco a cosa serva sottoporsi a queste inutili torture. Niente abbraccio e niente ultimo bacio - gli spiegò, cominciando a voltarsi prima ancora di aver finito la frase.
Poi si sedette al tavolino dandogli le spalle e aggiunse - Vai a finirti di preparare, ormai manca poco.

Garrus uscì lentamente dalla cabina ma, invece di andare a prendere i suoi bagagli, si diresse verso il ponte e si accomodò al fianco di Joker, sedendosi alla sua destra. Restarono entrambi muti, ognuno perso dietro i propri pensieri. Alla fine fu il turian a interrompere il lungo silenzio.
- Come ha reagito quando ti sei rifiutato di sbarcare sulla Cittadella? - chiese incuriosito, mentre guardava la superficie del suo pianeta natale attraverso la vetrata.
- Non le ho lasciato molta scelta. Poteva solo rassegnarsi o arrestarmi per insubordinazione - rispose Joker, lanciandogli uno sguardo beffardo.
- E tu? Che intenzioni hai? Rispetterai gli ordini del comandante?
- In teoria non è un mio diretto superiore - osservò Garrus con un sorriso, continuando a fissare la superficie di Palaven.
Joker gli lanciò un’altra occhiata e, nello stesso momento, spense i motori della nave e la lasciò fluttuare liberamente in un’orbita stazionaria, mentre si stiracchiava pigramente, allungando le braccia sopra la testa.
- Esatto. Non si tratterebbe di vera e propria insubordinazione, né tanto meno di ammutinamento...
Attese un paio di minuti e poi aggiunse - E’ ora che tu decida cosa fare della tua vita, Garrus. Prendi una navetta da sbarco oppure no? Non vorrei aspettare di fare le ragnatele...
- Vado nella batteria primaria. Riparti. Non serve che tu avverta il comandante - rispose il turian alzandosi rapidamente dalla poltrona.
- Ok, Vakarian, risposta esatta! - commentò Joker con un sorriso soddisfatto.

Garrus dette un'altra occhiata al pianeta natale, mentre i motori della nave cominciavano a far vibrare il pavimento, e finalmente si sentì avvolgere dalla sicurezza confortante che la sua vera casa era ormai la Normandy.
Al riavvio dei motori Shepard chiuse un attimo gli occhi, quasi per impedire che nuove lacrime sgorgassero, poi capì che le era necessario fare qualcosa, qualsiasi cosa. Si alzò dal tavolino, prese fra le mani la cornice che racchiudeva ancora la foto di Kaidan, la tolse e al suo posto inserì quella di Garrus, poi infilò il tutto all’interno della borsa che aveva già cominciato a preparare.
Prima di tirare la zip guardò l’immagine del turian ancora una volta, soddisfatta di aver colto quell’espressione che lo rappresentava così bene. Infine chiuse la borsa, diede un po’ di cibo ai pesci e al criceto e chiamò Kelly con il comunicatore in cabina - Mordin mi ha regalato una scacchiera, prima di lasciare la Normandy. Se sai giocare, ti va di passare un po' di tempo qui con me?

Non era mai stata brava in quel gioco che non comprendeva. I pedoni, gli alfieri, i cavalli, le torri... Non aveva ancora capito l’arrocco, non aveva capito come si facesse e neppure il motivo di quella strana mossa, ma poco importava. Voleva solo passare un po’ di tempo senza pensare al processo e senza dover immaginare tutte le domande idiote a cui avrebbe rispondere.
E non voleva pensare a Garrus, o meglio al fatto che quella notte sarebbe stata sola, per la prima volta dopo tante notti. Lo aveva mandato su Palaven perché era la decisione più saggia, ma si rendeva conto che le sarebbe mancato molto più di quanto avrebbe immaginato.
“Sto cercando di ritardare il momento in cui andrò a dormire e mi ritroverò sola e impaurita da un processo che non posso affrontare come un comune nemico. Posso scontrarmi contro un Razziatore con più coraggio di quello che riuscirò a trovare di fronte al Comitato di Difesa” si continuò a ripetere ma infine, all’ennesimo sbadiglio che Kelly nascose goffamente dietro una mano, si arrese e la congedò ringraziandola per la piacevole serata.

Fece una lunga doccia bollente sperando che sarebbe servita a rilassarla. Rientrò in cabina lanciando un’occhiata al letto e poi all’orologio: era davvero tardi e non aveva senso restare ancora alzata. L’indomani mattina avrebbe avuto un aspetto terribile, con profonde occhiaie nerastre e l’aria abbattuta, come se fosse reduce da una lunga malattia debilitante.
Mentre stava togliendosi l’accappatoio sentì un lieve bussare alla porta. Non fece in tempo a invitare il visitatore ad entrare, mentre nel frattempo cercava di riavvolgersi la spugna intorno al corpo e ad assumere una posa dignitosa, che si ritrovò a fissare la figura di Garrus che era rapidamente entrato, chiudendosi la porta alle sue spalle.

- Uhhhhmmmm - fu il primo suono che il turian emise con tono rauco - temo di aver disubbidito a un tuo ordine diretto - continuò con tono incerto, senza osare farsi avanti - so che i bravi turian non fanno queste cose - aggiunse fissando il pavimento con aria assorta.
- Tu... dovresti essere su Palaven - disse Shepard, senza riuscire a credere che lui fosse effettivamente lì, disertando un ordine semplice e preciso.
- Beh, sai... Joker. Parlare con lui... mi ha confuso. Io... non so - farfugliò indistintamente. Poi si avviò verso Shepard, sempre a capo chino, in una posa che poteva esprimere rincrescimento e, forse, anche una muta richiesta di perdono. Lei lo guardò sorridendo con tenerezza fino a quando lui non le arrivò a pochi centimetri di distanza.
- Ma dai, Shep... ma che senso aveva quel tuo stupido ordine? - le disse Garrus a quel punto, alzando la testa con aria di sfida e cambiando completamente tono - Sappi che starò con te fino a quando potrò: dopo ci sarà tutto il tempo per eseguire i tuoi comandi.
Shep?... da dove salta fuori questo diminutivo alla Kasumi?... e poi... stupido ordine?” si chiese stupefatta.
- Disubbidisci a un ordine e lo definisci pure stupido? - gli domandò, senza riuscire ancora a credere alle parole che aveva appena ascoltato.
Cercando di camuffare sotto l’accappatoio i tremiti che cominciavano a scuoterle le spalle per una risata che non sarebbe riuscita a reprimere a lungo, continuò con tono distaccato e formale - Non è questo il modo migliore per scusarsi con un suo superiore, ufficiale Vakarian.
- Comandante, tecnicamente lei non è un mio superiore - replicò prontamente Garrus - E non confidavo certo sulla mia oratoria per ottenere il suo perdono, Signora... - aggiunse, mentre se la stringeva contro il petto, insinuando il viso fra i capelli e cominciando a mordicchiarle leggermente il lobo dell’orecchio.


Nota
Questo capitolo doveva segnare la fine di questa avventura, ma ho deciso di aggiungerne ancora uno: voglio chiudere questa storia parlando di Garrus e dare la possibilità, a chi ne avesse voglia, di lasciare un commento finale.

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Capitolo 18
*** O capitano, mio capitano ***


18. *O CAPITANO, MIO CAPITANO*



L'attimo fuggente (Carpe Diem)


L'ultima mattina di viaggio della Normandy era iniziata nel solito modo per Shepard che, prima ancora di destarsi completamente, si era girata su se stessa, in modo da trovarsi con il viso contro il viso di Garrus. Gli aveva accarezzato la pelle del volto con i polpastrelli, seguendo il profilo delle placche e delle mandibole, con un sorriso lieve. Ma una volta aperti gli occhi aveva incontrato uno sguardo celeste diverso dal solito, triste e serio, e si era irrigidita di botto, svegliandosi del tutto nell'acquistare l'improvvisa coscienza di quale giorno fosse appena iniziato.
Scansò di colpo le lenzuola ed entrò nel bagno senza spiccicare parola fino a quando vide che Garrus era comparso sulla soglia.
- Vorrei restare sola - confessò allora, odiandosi per non essere capace di accettare l'aiuto che lui di certo voleva offrirle.
- Lo immaginavo, ma dovevo esserne sicuro - fu la sua risposta e lei si sentì riconoscente per il tono quieto e rilassato con cui aveva pronunciato quelle parole.
Si infilò sotto la doccia, anche se non ne aveva alcuna voglia, solo per dargli il tempo necessario per vestirsi e uscire dal suo alloggio, senza ritrovarsi costretta a scambiare con lui qualche altra frase o, peggio, a salutarlo in qualche modo.
Provò a immaginarsi mentre lo rassicurava con un Ci vedremo presto che poteva risultare completamente falso o mentre gli si aggrappava addosso senza riuscire a trovare la forza d'animo necessaria per allentare la stretta delle braccia e girargli le spalle. Non sarebbe riuscita a evitare le lacrime e la sua voce avrebbe tremato. E tutte quelle emozioni le avrebbero solo aggrovigliato lo stomaco e i pensieri, rendendola più vulnerabile a ciò che avrebbe dovuto affrontare a breve.
Lo ringraziò silenziosamente per il tatto e la comprensione, lasciandosi scivolare sul piatto doccia e godendosi le gocce tiepide che le scorrevano addosso su tutto il corpo.
Il turian si rivestì in fretta ma prima di uscire dalla stanza ispezionò attentamente il borsone che aveva portato lì qualche giorno prima, per non dover essere costretto a scendere nella batteria primaria per cambiarsi d'abito o per prendere il necessario per la toeletta mattutina.
Tirò fuori un datapad e un modellino dell'ultima Normandy, appena più piccolo di quello appeso nella vetrina, poi aprì la lampo della grande borsa che Shepard aveva cominciato a preparare. Tirò fuori una delle uniformi e la avvolse intorno al piccolo scafo, poi ripose l'involto sotto le altre, attento a non sgualcirle.
Si sedette sul letto e digitò un breve messaggio sul datapad.

Ti ho dovuto lasciar andar via a combattere da sola questa battaglia e, come al solito, non ho avuto il mio ultimo bacio e neppure l’ultimo abbraccio: Trinity, sei un vero disastro nei saluti...
Non guardare con rimpianto il modellino che ti ho messo in borsa. E’ il simbolo di una promessa, perché torneremo a bordo della tua nave e tutto tornerà come ai vecchi tempi.
Nei momenti difficili che affronterai da sola, ricorda che basterà mettere un piede davanti all’altro, con costanza, per arrivare a quel giorno.
Ti volevo lasciare anche il fazzoletto, ma poi ho cambiato idea... non voglio pensare che tu debba usarlo. Non quando non posso esserti vicino.
A presto,
Garrus

Infilò anche quello sul fondo del borsone di Shepard, poi prese il suo e uscì dall'alloggio, ma non si diresse nella batteria primaria: sapeva che non sarebbe riuscito a fare nessuna calibrazione.

- Che ci fai qui? - gli chiese Joker quando avvertì la presenza del turian alle sue spalle.
- Non mi vuole attorno.
- Nemmeno io, a dire il vero - gli rispose il pilota e Garrus rimase incerto a lungo se stesse dicendo sul serio oppure no. Ma mentre sedeva sul sedile sulla destra, notò l'espressione del suo viso e capì che non stava scherzando.
- Voglio solo vedere, non parlare - lo rassicurò, accomodandosi meglio sulla poltrona e studiando il pianeta natale del comandante, che al momento appariva ancora come un pallido puntino blu.
Shepard ci era nata, ma non la considerava casa. Era un semplice granello di polvere, non dissimile dai tanti altri sui quali nascevano, vivevano e morivano miliardi di esseri. Un granello di polvere immerso nella luce di una stella, anch'essa minuscola, a dimostrazione della piccolezza dei singoli individui, spesso ignari della loro follia.
Non era andato sul ponte per rimirare quel pianeta, perché quel pianeta non significava nulla per il comandante. Era andato lì per avere una visione della banchina di attracco prima che la nave atterrasse.
Ascoltò le frasi del pilota che chiese indicazioni al centro di controllo del traffico dello spazioporto terrestre ed eseguì le manovre necessarie con sicurezza e la solita abilità, anche se le sue mani tradivano un tremito nervoso che non riusciva a controllare.
Non dissero una sola parola durante l'atterraggio e neppure in seguito, ma i loro occhi si mossero all'unisono quando una spia lampeggiò, segnalando l'apertura del portellone. Poi spostarono entrambi lo sguardo sul monitor sopra le loro teste, per guardare quanto avveniva sulla banchina.
Avrebbe potuto essere scambiato per un comitato di benvenuto quel manipolo di soldati che aveva atteso la discesa del comandante lungo la passerella della Normandy e che si era esibito in un saluto militare. Shepard aveva un'espressione seria sul volto e la sua andatura decisa non tradiva le emozioni che sicuramente provava nel profondo del suo animo.
- Figli di puttana - sibilò a quel punto Joker alzandosi dal sedile e spostandosi in modo da poter guardare la scena direttamente, invece che attraverso lo schermo del monitor.
Anche Garrus si alzò e gli andò vicino, fissando la sagoma di quella donna che non sapeva quando avrebbe potuto riabbracciare. La vide accomodarsi rigidamente nel veicolo militare, posteggiato vicino alla banchina, che partì subito dopo, senza che lei avesse voltato una sola volta la testa per guardare la sua nave, perché quella visione le avrebbe spezzato il cuore.
- Bastardi figli di puttana - ripeté Joker asciugandosi un occhio con la manica dell'uniforme.
- Almeno ci permetteranno di farle visita, secondo te? - chiese poi spostando lo sguardo sul turian.
- No. E' escluso – rispose Garrus scuotendo il capo - Sono giorni che cerco un modo, ma non le permetteranno di vedere nessuno. Neppure Anderson o Hackett.
- Merda! Vorrei poter fare qualcosa per il comandante...
- Qualcosa possiamo farla. Tu occupati della nave. Sai quanto ci tiene...
- E tu cosa farai adesso?
- Andrò su Palaven a far capire alla mia gente che i Razziatori stanno arrivando e che dobbiamo prepararci alla guerra. Suppongo che mi toccherà parlare con mio padre, ma per Shepard posso fare questo e altro.


Nota
Questo capitolo segna la fine di questa prima storia. Spero che vi sia piaciuta e che abbiate apprezzato le modifiche apportate rispetto alla stesura originaria. Sono passata dagli 11 capitoli di partenza agli attuali 18 e ho corretto e modificato più o meno pesantemente tutto quanto avevo pubblicato. Se troverete un po' di tempo per scrivere le vostre impressioni ne sarò felice.
Mi servirà tempo per correggere la prossima storia ma, quando lo farò, metterò un asterisco all'inizio e alla fine del titolo dei diversi capitoli e li numererò, così come ho fatto qui. Non sono ancora sicura se inserirò qualche capitolo inedito, ma credo di sì perché vorrei iniziare con Garrus che organizza la resistenza su Palaven e vorrei dare più spazio a qualche altro membro dell'equipaggio della Normandy. Ovviamente sarei davvero molto felice di poter ricevere qualche suggerimento da parte vostra, che mi avete sostenuto sempre con dedizione e affetto.
Un sincero grazie di cuore a tutti voi.

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