Un'accoppiata non convenzionale.

di ShioriKitsune
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fratello maggiore vendesi. ***
Capitolo 2: *** Fughe, alcol e baci rubati. ***
Capitolo 3: *** Quando la situazione si fa strana, scappa. ***
Capitolo 4: *** Tutta colpa dei popcorn! ***
Capitolo 5: *** Cos’è l’Armageddon in confronto ad una con i capelli rosa? ***
Capitolo 6: *** Buon compleanno Bee! ***
Capitolo 7: *** E se il ramen fosse davvero la soluzione a tutti i problemi? ***
Capitolo 8: *** Il noioso cliché del punch corretto ***
Capitolo 9: *** Momenti sbagliati su tutta la linea. ***
Capitolo 10: *** Se il passato bussa alla tua porta, sbattigliela in faccia e vattene in vacanza. ***
Capitolo 11: *** Obbligo o verità? ***
Capitolo 12: *** Beccato! ***



Capitolo 1
*** Fratello maggiore vendesi. ***


Heeello!
Sono sincera: non mi aspettavo tutto questo successo. Sono onorata ed estremamente felice, e con immensa gioia pubblico il secondo capitolo.
Spero di continuare a ricevere i vostri pareri e di non deludere le vostre aspettative! ^_^

* * * * * * *

Capitolo due: fratello maggiore vendesi.

 

«Naruto? Naruto?!».
Il biondo mugugnò, muovendo appena la testa e voltandosi dall’altro lato. Il letto, quella mattina, sembrava scomodo e freddo..
Il.. letto?
«Naruto, che diavolo ci fai rannicchiato sul pianerottolo?».
Uzumaki saltò in piedi, guardandosi intorno stranito e sgranando gli occhi alla vista del pivellino della porta accanto.
 
Quindi, alla fine, ho davvero dormito sul pianerottolo..
 
«Konohamaru, perché non ti fai gli affari tuoi?», borbottò, con ancora la voce impastata a causa del sonno. Tirò su col naso, stropicciandosi gli occhi. «Quando avrai la mia età, capirai».
«Beh», iniziò il ragazzino, appoggiandosi al muro. «Di certo non sarò così idiota da restare chiuso fuori».
Naruto strinse i pugni, lanciandogli uno sguardo minaccioso. Stava per dirgli che rimanere fuori era stata – più o meno – una sua scelta, ma si rese conto che questo l’avrebbe fatto sembrare ancora più stupido. Sospirò. «Comunque sia, che ci fai a casa mia? È domenica, non c’era bisogno che tu mi svegliassi».
Konohamaru sorrise, mostrando il sacchetto che, fino a quel momento, aveva tenuto nascosto dietro la schiena. «Ti ho portato la colazione!».
L’altro lo aprì appena, giusto per sbirciarci dentro, ed una zaffata di odore dolciastro lo colpì in pieno, ricordandogli tutti gli avvenimenti della sera prima.
 
Sto per vomitare.
 
Aprì la porta di casa così in fretta che si sorprese della sua coordinazione cervello-occhio-mano, per volare nel bagno e piegarsi sulla tazza.
 
Non mi ubriacherò maipiù.
 
Il ragazzino lo seguì, aggrottando la fronte. «Qualcuno ieri sera ha bevuto troppo o sbaglio?».
Naruto tossì, sentendosi svuotato e nuovamente senza forze. «Va via», biascicò. «O sfogherò la mia frustrazione sulla tua testa vuota».
«Certo», commentò lui ridacchiando. «Come se, in quelle condizioni, riuscissi a fare anche un solo passo nella mia direzione».
L’Uzumaki voltò la testa di scatto, stringendo le mani attorno al bordo freddo della tazza per sorreggersi e rimettersi in piedi. «Konohamaru, inizia a scappare..».
Ma l’inseguimento durò così poco che lo stesso Konohamaru non riuscì nemmeno a farsi beffe del compagno più grande, inciampato al primo ostacolo e rotolato di lungo ai piedi del divano. «Sei proprio un idiota».
 
Stavolta lo ammazzo sul serio.
 
I pensieri omicidi di Naruto furono interrotti da un rumore di passi sulla porta che, ricordò, era rimasta aperta.
 
Dannato ed inutile ragazzino, non si preoccupa neanche di chiudere la porta.
 
Alzò il viso, ritrovandosi a fissare le scarpe di Sasuke.
In quel momento quasi si sentì avvampare, ricordando ciò che poche ore prima era successo.
Aveva baciato Sasuke. Non Sakura, o Hinata, o qualsiasi altra ragazza sulla faccia del pianeta: Sasuke! Era pronto ad una sfuriata e a qualche pugno, magari, ma si sarebbe giustificato con la più banale e antica delle scuse: “mi dispiace, amico, ero ubriaco”.
Certo, come se sarebbe bastato.
 
Baka!
 
, si apostrofò, cercando il coraggio di alzare lo sguardo e incrociare quello di un Sasuke dall’aria vagamente divertita. Per un secondo, gli passò di mente ciò che aveva deciso di dirgli. «Cos’hai da ridere?».
Sasuke piegò gli angoli della bocca in un ghigno. «Se fossi al posto mio, anche tu rideresti di te stesso».
L’Uzumaki aggrottò la fronte. «Ti sembra tanto divertente vedermi in questo stato?».
Gli occhi dell’Uchiha brillarono di una luce sadica. «Oh, dobe, non sai quanto».
Naruto sbuffò, tornando ad appoggiare la guancia sul pavimento e chiudendo gli occhi. «Bene, se devi ridere di me smamma». Poi alzò il capo, come colto da un’improvvisa urgenza. «Oh, anzi, mi aiuteresti ad arrivare al letto?».
Sasuke s’irrigidì. Doveva sollevarlo, e questo implicava un contatto fisico.. che avrebbe preferito evitare per i prossimi mille anni.
Ma, d’altro canto, quel mezzo scemo gli faceva pena. Alzò gli occhi al cielo, afferrandolo da un braccio. «Se mi vomiti addosso, giuro che la pagherai».
L’Uzumaki sghignazzò, allettato all’idea di vedere la smorfia di disgusto estremo – seguita da uno sguardo omicida che avrebbe fatto rabbrividire chiunque – dipinta sulla faccia del suo amico. «Ho già dato», lo informò, godendosi almeno parte di quella smorfia.
Casa di Naruto non era poi così grande, ma all’Uchiha quello sembrò il viaggio più lungo del mondo: il biondo proprio non voleva saperne di darsi una spinta, riversando su di lui tutto il peso del suo corpo. Ma, perlomeno, Sasuke si tolse la soddisfazione di fargli sbattere la testa. «Ops».
Naruto gli lanciò un’occhiataccia, ma proprio non aveva la forza per rispondergli.
«Lo dico sempre che chi non è in grado di reggere l’alcol non dovrebbe bere».
«Stai zitto, teme», mugugnò.
Arrivati nella camera da letto, il moro adagiò con ben poca gentilezza l’amico sul materasso, non rendendosi conto che il braccio di Naruto era ancora agganciato al suo collo.
Cadde così sopra l’Uzumaki, ad un centimetro dal suo viso.
Per un secondo, come la sera precedente, rimase immobile. Come se un istinto primario a cui non riusciva a dare un nome lo spingesse a non ritrarsi al contatto ma, anzi, a cercarlo.
Ovviamente, durò meno di un battito di ciglia. Si ritrasse, vagamente stizzito.
Naruto aveva trattenuto il respiro per tutto il tempo e, nel momento in cui l’Uchiha si era rialzato, gli era tornato in mente il discorso che aveva deciso di fargli poco prima.
«Sasuke, io..-».
Lo interruppe con un gesto della mano. «Non c’è niente da dire. Sono solo passato a controllare che non fossi ancora fuori come un barbone. Ora devo andare».
Naruto aggrottò la fronte, sentendosi colpito. Come se l’atteggiamento di Sasuke fosse un affronto personale. «No, aspetta, voglio solo dirti perché-».
«No, Naruto», lo bloccò nuovamente l’altro con tono severo. «Non m’interessa».
L’Uzumaki serrò le labbra.
Okay, era imbarazzante anche per lui, ma non parlandone avrebbero attribuito alla cosa un’importanza che non meritava.
Perché non la meritava.. vero?
Gli venne voglia di darsi uno schiaffo.
 
No che non merita importanza. Insomma, è Sasuke! Ed è stato uno sbaglio.
 
«Sasuke, non vorrei che le cose si complicassero per uno stupido b-».
L’Uchiha si voltò, dandogli le spalle, fissando fuori dalla finestra con sguardo torvo e braccia conserte. Era fermamente deciso a non parlare dell’accaduto. «Perché dovrebbe complicarsi qualcosa? Hai ancora i postumi della sbornia, dobe. Dormi».
Naruto stava per rispondergli a tono, ma Konohamaru fece il suo ingresso nella stanza. Aprì la bocca per dire qualcosa – con ogni probabilità qualcosa di stupido – ma la richiuse quando percepì la tensione nell’aria. Arricciò il naso. «Che succede?».
Sasuke si voltò di scatto verso il piccoletto. «Niente, Konohamaru-kun. Ricordavo a Naruto quanto fosse idiota».
Qualcun altro avrebbe sorriso a quell’affermazione, ma Uchiha era sempre mortalmente serio. «Comunque, stavo andando via. Ci vediamo, Uzumaki».
Non si voltò né gli lanciò un’ultima occhiata prima di attraversare velocemente la stanza in una lunga falcata e chiudersi la porta d’ingresso alle spalle.
 
Qual è il tuo problema, Uchiha?
 
«Sbaglio o avete discusso?», domandò schiettamente il ragazzino, sedendosi ai piedi del letto.
Naruto alzò un sopracciglio, incuriosito dalla perspicacia del ragazzo. Non che lui e Sasuke avessero realmente discusso..
 
Basta fare la cosa più grande di quella che è!
 
«Sbagli come sempre, testa vuota», lo apostrofò con un ghigno. «Ora vattene, voglio riposare».
Konohamaru gli fece una linguaccia. «La prossima volta che ti sorprenderò a dormire fuori al freddo, stai sicuro che non ti sveglierò».
 
***
 
Sasuke aprì la porta di casa sua, sfilandosi le scarpe e gettandosi pigramente sul divano del soggiorno. Era convinto che avrebbe trovato suo fratello Itachi ad oziare come al solito, ma di lui non c’era traccia.
«Un po’ di pace», sospirò felicemente, chiudendo gli occhi e portandosi una mano sulla fronte.
Non capiva perché Naruto volesse per forza parlare di quel bacio.
Bacio. Naruto.
Il solo collegare quei due concetti gli faceva venire i brividi. Che il suo amico fosse un idiota dalle proporzioni cosmiche lo aveva capito ormai tempo addietro, ma non avrebbe mai pensato che un goccetto di troppo gli avrebbe fatto completamente perdere il poco senno che gli restava.
 
Idiota.
 
Sasuke voleva solo far finta che non fosse mai successo. In fondo, cos’avrebbe mai potuto dirgli Naruto per giustificarsi? “Ero ubriaco, mi dispiace”. Beh, non era sufficiente. Anche a lui era capitato di ubriacarsi, ma non aveva mai baciato un suo amico.
Non che avesse amici da baciare, ecco.
Buttò fuori l’aria dal naso in uno sbuffo esasperato.
«Cretino di un dobe».
«Con chi parli, Sasuke-kun?».
L’Uchiha più giovane rotolò letteralmente giù dal sofà. Sgranò gli occhi, puntandoli sulla figura sorridente di suo fratello maggiore, appoggiato come se niente fosse alla spalliera del divano.
 
Da quanto tempo è qui?
 
«Che diamine, Itachi!», si lamentò, rimettendosi a sedere e facendo spazio al nuovo arrivato.
«Se tu parli da solo e non ti accorgi di me, la colpa non è di certo mia».
Sasuke ridusse gli occhi in due piccole fessure, fissando un punto davanti a sé per evitare di perdere la pazienza. «Allora, cosa vuoi?».
Il maggiore gli circondò le spalle con un braccio. «Fare due chiacchiere con il mio fratellino, ovviamente!».
«Non se ne parla», borbottò l’altro.
«Oh, andiamo, otouto», sorrise Itachi. «Mi mancano i tempi in cui mi correvi in contro, pregandomi di passare ogni minuto del mio tempo con te».
Sasuke arrossì, incrociando le braccia e sporgendo il labbro inferiore in un’espressione indignata. «Ero solo un bambino. Ed ero sempre solo e annoiato».
Finse di pensarci su. «Non vedo cosa sia cambiato, allora!», lo punzecchiò, bloccando un pugno diretto alla sua spalla destra. «Te lo ricordi quando, con quel faccino entusiasta e sorridente, mi dicevi: “nii-san, nii-san, gioca con me ti prego!”», continuò facendogli il verso, mentre Sasuke serrava i pugni e chiudeva gli occhi.
 
Calmati, Sasuke. Uccidere è reato.
 
«Itachi, ti ammazzo», lo minacciò con un’apparente calma, sottolineando le sue parole con un sorriso sadico. «Perché non evapori?».
«Perché», iniziò il maggiore, appoggiando le spalle allo schienale e la testa su una mano. «Sono curioso di sapere cos’ha fatto Naruto per guadagnarsi uno spazio nella tua testa».
Il minore degli Uchiha sgranò gli occhi. «C-cosa?».
«Stavi parlando di lui quando hai detto “cretino di un dobe”, no?», domandò con estrema naturalezza, nonostante conoscesse già la risposta.
«Sì, b-beh, io-», si bloccò, scuotendo la testa. «Che diavolo t’importa? Sono affari miei».
Itachi ghignò. «Allora c’è qualcosa da sapere!».
 
Non ci credo, l’ha fatto di nuovo.
 
Sasuke si trattenne dall’assumere l’espressione che era solito sfoggiare quando suo fratello lo prendeva in contropiede, facendogli ammettere qualcosa a dispetto della sua volontà.
 
Se stringo gli occhi è finita.
 
«Dovresti smetterla di passare le giornate a cercare di psicanalizzarmi», sospirò, decidendo di rivelare almeno un po’ della verità. Magari sarebbe riuscito a convincerlo e farlo andare via..
«L’ho nominato perché, quando stamattina sono andato a casa sua, era ancora reduce della sbornia di ieri sera ed era una visione ridicola. Se ci fossi stato, avresti capito».
Itachi alzò un sopracciglio, momentaneamente distratto da quella notizia. «Naruto si è ubriacato? Dio, avrei voluto esserci».
Sghignazzò per qualche secondo, chiedendo dei dettagli che gli furono negati. Poi tornò a fissare Sasuke. «Bene. Vai avanti, otouto».
L’altro lo fissò criptico. «È tutto qui».
«No», si ostinò il maggiore. «Non è abbastanza da meritarsi un tuo commento solitario, ti conosco meglio delle tasche dei miei jeans».
Sasuke lo guardò inespressivo. «I tuoi jeans non hanno tasche, fratello».
«Questi sono dettagli irrilevanti. E stai perdendo tempo».
Sbuffò. «Insomma, non hai niente di meglio da fare? Uscire con qualche ragazza o incontrare qualcuno dei tuoi stupidi amici.. Dov’è Shisui quando serve?».
Itachi sospirò tristemente. «È partito per qualche giorno, affari di famiglia. Senza di lui mi annoio così tanto.. tormentare l’otouto è il mio secondo passatempo preferito».
«Visto che ti piace ricordare i tempi andati, che ne dici di tornare al tuo solito “Adesso non ho tempo. Sarà per la prossima volta, fratellino”? Quella si che era una bella frase».
«Non mi pare ti piacesse tanto sentirla. Ma, forse, ti manca il mio tenero buffetto sulla fronte..».
Sasuke lo fulminò con lo sguardo, ritraendosi istintivamente. «Non ci provare».
Il maggiore ghignò.
«Sai, ieri ho conosciuto una ragazza».
 
Oh, finalmente si è deciso a cambiare discorso. Sarà meglio assecondarlo.
 
«Davvero?».
L’altro annuì. «È molto carina. Non è tanto alta ma è formosa, ed i suoi capelli sono corti e biondi. Si chiama Naruto».
Il più piccolo aprì la bocca, pronto a lasciarsi andare ad una serie di insulti per l’evidente presa in giro del fratello, ma un pensiero più preoccupante lo fece zittire.
 
Le sue stupidaggini sono troppo mirate. Perché sembra sempre sapere tutto?
 
Serrò le labbra. «Non difenderò Naruto dalle tue prese in giro», borbottò. «E poi non fa ridere».
«Ma non era una battuta», gli comunicò Itachi, guardandolo di sottecchi. «Otouto, avevi uno stupido sorrisetto dipinto sul volto mentre ti lamentavi di quanto fosse cretino il tuo dobe – il che è una ripetizione, voglio farti presente. L’ultima volta che ti ho visto sorridere in quel modo, avevi cinque anni e professavi il tuo immortale amore per me».
Sasuke saltò in piedi, diventando dello stesso colore di un pomodoro. «Itachi!».
 
Perché deve sempre riportarmi alla mente quell’episodio?
 
Il piccolo Uchiha, a soli cinque anni, aveva deciso che non avrebbe amato nessuno più di quanto amava suo fratello, promettendogli eterna fedeltà. Con il passare del tempo, si era accorto di quanto quell’infatuazione per il suo eroe d’infanzia fosse stata stupida, e più Itachi si rendeva conto che il ricordo lo imbarazzava, più si divertiva a raccontarlo a tutti.
«Coraggio, fratellino, è una cosa così tenera! Ma mi trovo costretto a farti presente che hai infranto il tuo giuramento di fedeltà».
Sasuke socchiuse le palpebre. «Stai parlando sul serio?», domandò scocciato.
«Beh, ho sempre sospettato che tu fossi.. dell’altra sponda, ecco. Prima ti sei innamorato di me, poi hai iniziato a farti crescere i capelli, po-».
«Ehi, baka! Anche tu hai i capelli lunghi!», gli urlò il fratello, puntandogli un dito contro.
«Ma io sono sexy comunque e trasudo testosterone da tutti i pori, caro il mio piccolo otouto».
Sasuke lo fulminò con un’occhiataccia. «Hai finito di prendermi in giro? Non sono dell’altra sponda. E non capisco perché tu lo abbia anche solo pensato», borbottò offeso, incrociando le braccia al petto.
«Ehi, paperella, guarda che non c’è niente di ma-».
L’altro sgranò gli occhi, furibondo, contemplando l’idea di ucciderlo seduta stante. «Smettila di darmi questi nomignoli da femmina!».
Se avesse potuto, Itachi avrebbe iniziato a ridere fin quando non gli fossero esplosi i polmoni. Ma, conoscendo il fratello, gli sarebbe saltato alla gola sul serio se non si fosse dato una regolata. Fece qualche tentativo di calmarsi, prendendo profonde boccate d’aria, poi assunse l’espressione da “qualsiasi cosa dirai, io manterrò questa faccia”.
«Bene, vorrà dire che ho sbagliato io. A volte capita anche ai migliori». Fece spallucce, stendendo le gambe sui cuscini del divano e accendendo il televisore. «Ah, visto che stai uscendo, perché non vai a comprare la cena?».
 
Chi ti ha detto che sto uscendo?
 
Sasuke sospirò. «Vedrò di fermarmi da qualche parte sulla strada del ritorno».
 
Stupido d’un fratello.
 
***
 
Ecco cosa succede a dormire fuori al freddo per una notte intera.
 
“Naruto-kun, stai bene? È dalla festa che non ho tue notizie.
-Sakura. “
 
Naruto fissò con gli occhi gonfi il display del cellulare, lasciandolo cadere malamente sul pavimento e girandosi dall’altra parte del letto.
 
No, non sto bene. Sono bloccato a letto con la febbre da tre giorni e nessuno, a parte te, si è preoccupato di constatare se fossi vivo o morto. Neanche quella testa vuota di Konohamaru. Neanche Sasuke. Ma di lui non m’importa, cioè, voglio dire.. che palle!
 
Ormai s’impappinava con i suoi stessi pensieri.
Sospirò, soffiandosi il naso e infilando la testa sotto le coperte.
«Morirò solo».
Che nessuno si fosse preoccupato di lui non era una bugia. Né un sms, né una visita. Niente di niente.
L’Uzumaki si morse l’interno della guancia, sentendo una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
 
Non è possibile che io senta la sua mancanza. È vero che non siamo mai stati senza sentirci così a lungo, ma non tollererei il fatto che.. oh.
 
Un borbottio sommesso interruppe i suoi pensieri, facendolo sospirare di sollievo.
 
È tutto okay, era solo fame.
 
Facendo uno sforzo che gli sembrò sovraumano, scostò le coperte e posò i piedi per terra.
La testa gli girava, ma se non avesse mangiato subito sarebbe svenuto dalla fame.
 
Posso farcela. Devo solo infilare il ramen nel microonde..
 
Ma quando arrivò in cucina, sgranò gli occhi dalla sorpresa.
C’era un sacco di roba da mangiare in diversi sacchetti, accompagnata da un bigliettino che sembrava essere stato aggiornato più volte.
 
“La mamma ha insistito perché ti portassi del cibo. Ora stai dormendo, quindi non ti sveglierò.
-Konohamaru”
 
Poi, subito sotto.
 
“Stai ancora dormendo? Ti ho portato qualcosa da mangiare anche oggi. So che divorerai tutto non appena sveglio, ma mi sembra strano che tu non ti sia ancora alzato dal letto. Ho controllato che respirassi ancora, sai com’è”.
 
E ancora.
 
“Naruto, ho paura di svegliarti perché potresti farmi del male – visto che non sei stato tu a chiederlo. Ma è il terzo giorno che entro in casa e tu dormi, non hai toccato cibo e inizio ad avere paura. Se quando torno sei ancora nel letto, chiamerò il pronto soccorso.
Anzi, prima ti darò un pugno in testa”.
 
Naruto sorrise dolcemente, confortato dalle attenzioni di Konohamaru e sua madre. I tre pasti che gli aveva portato avevano un’aria deliziosa, e per una volta non avrebbe mangiato solo ramen.
Si domandò perché, anche se ogni tanto si era alzato, non fosse mai andato in cucina a cercare cibo. Non era da lui.
Stava per iniziare a mangiare, quando notò alla fine del biglietto di Konohamaru un'altra nota, ma la calligrafia era diversa.
 
“Dobe, è il tuo ultimo anno, smettila di fare tutte queste assenze. I professori ti giustificano solo perché ho fatto vedere loro una foto di te malato, con il pigiamino arancione e il cappello da notte. Te l’ho scattata ieri mattina mentre dormivi e credo che la mostrerò a tutti. Ops, già fatto. Qualche ragazza ha anche detto che sei tenero.
Ah, è stata un’idea di Itachi, che ti saluta”.
 
Naruto inclinò la testa per leggere l’ultima frase.

 
Ma siete tutti a corto di carta?
 
Trattenne il respiro.
Sasuke era entrato in casa, gli aveva scattato una foto – e quindi gli si era avvicinato parecchio, tanto da notare il pigiama arancione – e lui non se n’era neanche accorto.
Patetico.
Serrò i pugni, ancora quella sensazione alla bocca dello stomaco.
 
Solo che stavolta non credo sia fame.

 

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Capitolo 2
*** Fughe, alcol e baci rubati. ***


Salve a tutti!
Questo è il secondo tentativo che faccio nello scrivere una long fic su Naruto. Il primo non è andato a buon fine, ma a questa ci tengo davvero tanto e spero che venga apprezzata ^_^
Non ho selezionato la voce OOC, ma se dovessi accorgermi che i personaggi vanno TROPPO fuori, la metterò in futuro.
Se apprezzate, fatemelo sapere con un commentino. Mi renderebbe davvero felice!
 

* * * * * * *


Capitolo uno: fughe, alcol e baci rubati.
 

Stavolta ci lascio le penne.
 
Naruto Uzumaki, correndo a perdifiato, si sistemò il copri fronte stringendo i lembi della stoffa dietro il capo, mentre con sguardo impaurito si voltava per dare un’occhiata alle sue spalle.
 
Sakura-chan mi truciderà. Oh, sì che lo farà.
 
Un kunai gli passò affianco, sibilando e conficcandosi nell’albero di fronte a lui. S’irrigidì e sgranò gli occhi, terrorizzato.
«Sakura-chan, così mi ammazzi sul serio!».
Un cespuglio rosa si stava avvicinando correndo come una furia, il viso contratto in un’espressione che prometteva una dolorosa vendetta.
«È proprio quello che voglio fare, baka!», gli ringhiò contro, mentre il suo viso iniziava ad assumere sfumature violacee.
«Per favore, parliamone», squittì il biondino, che nel frattempo aveva ricominciato a correre.
Beh, non era stata colpa sua se, accidentalmente, le sue labbra erano finite su quelle di Uchiha Sasuke, l’uomo per il quale da sempre la ragazza professava il suo amore.
Ma era stato uno sbaglio! Un terribile, rivoltante, imbarazzantissimo sbaglio.
«Mi hanno spinto, te lo assicuro!».
«Al diavolo tu e le tue scuse!», continuò lei, guadagnando terreno a passo di carica. «La prima a baciare Sasuke-kun sarei dovuta essere io! Hai rovinato tutto!».
Naruto era terrorizzato. Conosceva quella strega e avrebbe preferito buttarsi a capofitto in una missione di grado S, piuttosto che passare un secondo in compagnia di lei arrabbiata.
E, distratto da quel pensiero, beccò in pieno il tronco che probabilmente gli avrebbe fatto da tomba.
 
Diritto nelle fauci del nemico!
 
Piagnucolò. «Sakura-chan, ti prego, abbi pietà. Fammi male, ma giusto un po’».
Sakura Haruno digrignò i denti. «Tu.. tu meriti la morte!».
L’Uzumaki chiuse gli occhi, stringendosi la testa tra le braccia.
 
Morire per mano della donna che amo. È proprio vero che amoreè sinonimo di tragedia.
 
«Muori come ninja traditore di Konoha, razza di idiota ruba-fidanzati!».
La mano di Sakura si alzò, preparandosi a sferrare il colpo che sarebbe arrivato in
Tre..
Due..
Uno..
 
***
 
Una secchiata d’acqua gelida fece risvegliare Naruto di colpo, con il cuore a mille per l’agitazione. Le lenzuola, così come il pantalone del suo pigiama, erano completamente fradice.
Inizialmente si guardò intorno ad occhi sbarrati, cercando il colpevole e preparandosi a sputare fuori una catena di insulti che avrebbe fatto impallidire chiunque. Poi, assumendo un’espressione da “oh, sono davvero un idiota”, ricordò che quella piccola richiesta era stata fatta di sua volontà.
Guardò i numeri  stilizzati sulla sveglia del comodino che - come ogni mattina - non aveva sentito, rotolando giù dal letto ed esclamando un sonoro “Merda”.
«Sei sicuro che sia il metodo migliore per farti alzare dal letto, Naruto?». 
Konohamaru, il suo piccolo e fastidioso vicino di casa, storse la bocca. «Ho paura che un giorno io possa non essere così veloce e beccarmi un pugno».
Il biondino sospirò, passandosi una mano tra i capelli bagnati. «Tu assicurati di essere abbastanza rapido e non ti succederà mai niente», borbottò.
Le loro abitazioni erano quasi collegate da un piccolo balcone che il ragazzino si divertiva a scavalcare senza neanche fare troppi sforzi.
Fin da quando si era trasferito in quel quartiere di Tokyo, Naruto aveva trovato irritante il perpetuo irrompere del ragazzino in casa sua, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ma, con il tempo, ci aveva fatto l’abitudine. In fondo, un po’ di compagnia non guasta quando si è perennemente soli.
Konohamaru abitava con sua madre nell’appartamento affianco al suo: si conoscevano ormai da sette anni, e per Naruto era diventato come un fratellino minore da accudire, tormentare e sfruttare se necessario.
Il ragazzo storse il naso, incrociando le braccia al petto. «Asciugati, prima di beccarti un malanno. Ora devo andare. Oh-», si bloccò all’improvviso, con ancora la mano sulla maniglia della porta. «Farneticavi qualcosa a proposito di te che muori come ninja traditore di Konoha. Di che diavolo parlavi?».
L’Uzumaki alzò un sopracciglio, stropicciandosi gli occhi. «Solo uno strano sogno. Ora va’, prima di fare tardi».
«Come fai sempre tu?».
Naruto assottigliò gli occhi riducendoli in una fessura. Gli lanciò contro una ciabatta, ma il ragazzino era già fuori dalla porta.
Sorrise appena, in risposta al suo ghigno rumoroso. «Stupido marmocchio».
 
Per chissà quale miracolo, riuscì ad uscire di casa in tempo. Forse, ma proprio forse, quel metodo non era poi un totale disastro. Peccato che non sapeva se sarebbe morto prima d’infarto o di raffreddore.
Infilò le mani in tasca, portando lo zaino su una spalla sola. I suoi capelli erano un groviglio informe a cui non era riuscito a dare un garbo, utilizzando il tempo a disposizione per lavarsi e indossare qualcosa di asciutto.
Aveva appena voltato l’angolo, quando in lontananza scorse la zazzera bluastra di Uchiha Sasuke.
«Teme! Ohe, aspettami».
Sasuke, come sempre, lo ignorò. Continuò a camminare a passo lento e con le spalle curve, annoiato all’idea di dover dividere l’aria con quegli idioti della sua sezione. Sospirò.
«Baka! Ti ho detto di fermarti!». Il biondo iniziò a correre nella sua direzione e, una volta arrivato, lo bloccò con una mano sulla spalla. «Ti diverti così tanto ad ignorarmi?».
L’Uchiha scrollò le spalle. «Ormai è un’abitudine, non me ne accorgo nemmeno».
Naruto ridusse gli occhi in due fessure, puntandogli un dito sul petto. «I-dio-ta», sillabò.
L’altro sbuffò, aggirandolo per ricominciare a camminare. «Sbaglio o stamattina sei più petulante del solito?».
Sghignazzò. «Il risveglio mi ha dato una scarica di adrenalina. E poi ho fatto davvero un sogno strano».
Portò le mani dietro la testa, incrociandole, ed iniziò a camminare al fianco di Sasuke.
Rimase in silenzio per qualche secondo, poi parlò. «A questo punto, tu dovresti chiedermi con una certa dose di entusiasmo: “Davvero, Naruto? E cosa hai sognato di così interessante? Ti prego, racconta, sono tutto orecchi”».
Silenzio.
«Te lo racconterò comunque».
Sasuke alzò gli occhi al cielo. «Ci avrei scommesso».
«Allora», iniziò, sgranando gli occhi a causa dell’eccessivo entusiasmo. «Noi abitavamo in questo villaggio chiamato Konoha. E frequentavamo un’accademia per diventare ninja».
L’Uchiha alzò un sopracciglio, fermandosi. Finalmente, Naruto era riuscito a spiazzarlo. «Ninja?».
«Ninja! E c’eravate tu, – beh, nel sogno non sei apparso, ma ti abbiamo nominato – Sakura-chan, ed io. E Sakura-chan voleva uccidermi perché-».
Si bloccò di colpo, abbassando lo sguardo in un moto automatico di imbarazzo. «B-beh», balbettò, ritrovando l’entusiasmo. «Non è importante il perché. Allora io correvo e lei m’inseguiva lanciandomi kunai, io andavo a sbattere contro un albero e poi-».
«Oh, ti prego, finiscila», borbottò l’altro ricominciando a camminare.
Naruto mise il broncio. «Ehi, ma è stato un sogno così divertente. Potrei scriverci qualcosa in proposito, magari».
«Scordati di inserirmi in una cosa del genere».
L’Uzumaki afferrò dal collo l’Uchiha, grattandogli la testa con il pugno dell’altra mano. «Andiamo, musone, perché per una volta non ti lasci andare ad una risata?».
La risposta dell’altro fu secca. «No».
«Un risolino?».
«No».
«Un sorriso appena accennato?».
«Nemmeno».
Sbuffò. «Sei così antipatico anche con Itachi?».
All’udire il nome del fratello maggiore, Sasuke sorrise appena. «Certamente».
Naruto roteò gli occhi. «Allora sei proprio un caso perso».
Ma dentro di sé esultò soddisfatto perché era riuscito a strappargli una parvenza di sorriso.
Arrivarono davanti al cancello dell’istituto, e subito una massa di ragazze adulanti li investì.
«Naruto-kun! Ti stavo aspettando! Ti ho portato la colaz-».
«Oh, Naruto-kun, quest’acconciatura scomposta ti rende ancora più be-».
«Naruto-kun! Hai bisogno che ti passi i compit-».
Il biondo lanciò un’occhiata spaventata al compagno. «Filiamocela», mimò con le labbra.
Afferrò Sasuke dal polso, trascinandolo all’interno dell’edificio, al sicuro.
Rise nervosamente. «Sono così.. petulanti. E, oh, mi spaventano. Come hai fatto a sopportarle così a lungo?».
Sasuke incrociò le braccia al petto, appoggiandosi al muro. «Non l’ho fatto».
Tutti a scuola avevano timore di Uchiha Sasuke.
Non che lui avesse mai fatto materialmente qualcosa per guadagnarsi quella reputazione; bastava guardarlo in faccia per capire di essere indesiderati. Ci era passato anche Naruto, ma non si era mai lasciato influenzare dalla facciata dura dell’amico.
Lui, al contrario, da quando aveva salvato la ragazza più popolare della scuola, Sakura Haruno, da un pirata della strada impazzito, era diventato così ricercato che tutti volevano essere suoi amici e tutte volevano uscire con lui.
In passato, quella sarebbe stata una manna dal cielo.
Dopo la morte dei suoi genitori, si era sempre sentito solo e abbandonato dal mondo. Aveva sempre desiderato un affetto, qualcuno che lo apprezzasse.
Ma quella gente sembrava volergli bene solo per convenzione. Solo perché, in quel momento, lo facevano tutti.
A Naruto non importava di così effimeri rapporti, ma si dimostrava comunque gentile e amichevole con tutti, era la sua natura.
La campanella suonò e i corridoi iniziarono a riempirsi di studenti.
«Andiamo in classe», borbottò Sasuke, per niente elettrizzato all’idea.
Quel posto non gli dava nessun tipo di stimolo: a diciannove anni, probabilmente si sarebbe potuto laureare senza alcun problema. Il suo quoziente intellettivo era nettamente al di sopra della media, e i ragazzi della sua età lo annoiavano e irritavano.
Ma Naruto era l’eccezione.
..Ogni tanto.
L’Uzumaki lo bloccò. «E se non lo facessimo?».
«Dobe, già sei una capra. Non dovresti anche saltare le lezioni, non ti diplomerai mai».
Naruto sospirò, passandosi una mano sulla fronte. «Una lezione in più non mi renderà un genio, ti pare?».
«Ti prego, neanche un miracolo potrebbe farlo».
Si raddrizzò, stizzito, ma recuperò l’allegria subito dopo. «È un sì?».
«No».
«Sasuke..».
L’altro gli rivolse un’occhiataccia.
«Potrei aver parlato con Itachi, che avrebbe potuto darmi – solo a scopo preventivo, s’intende – delle tue adorabili foto di quand’eri bambino. Sai, il primo bagnetto, la prima pappa, il cambio di pannolino..».
Sasuke si strinse nelle spalle. «Sai che non m’interessa se le fai vedere in giro».
«Ma insomma!», sbottò il biondo, serrando i pugni. «Neanche ricattarti è divertente. Cosa posso dirti per convincerti a saltare la scuola con me?», ammise infine con sguardo implorante e le spalle curve, abbattuto per l’ennesimo fallimento.
L’Uchiha finse di pensarci su. «Vediamo», cominciò, massaggiandosi il mento. «Potresti iniziare col promettere che non mi disturberai per una settimana intera, che mi rivolgerai la parola solo se necessario e che non ti presenterai a casa mia in piena notte solo perché hai finito il ramen e non sai cosa fare».
Naruto curvò le spalle ancora di più. «Impossibile», borbottò con voce monocorde.
«Allora nulla».
Si era quasi arreso, pronto – anche se mogiamente – ad entrare in classe e affrontare la lezione, quando una voce femminile alle loro spalle li fece voltare di scatto.
«Sasuke-kun!».
 
Oh no, quella pazza di Ino.
 
Sasuke sgranò gli occhi, terrorizzato, e si voltò di scatto. Se c’era qualcuno che lo spaventava davvero, quella era Ino Yamanaka.
Era ossessionata da lui fin dal primo anno. Ma non come tutte le altre ragazze che avevano avuto una cotta per Sasuke: lei era una vera e propria stalker.
Lo seguiva sotto casa, gli mandava fiori e centinaia di sms al giorno ed era costantemente aggiornata sullo svolgersi della sua vita. Come se davvero seguisse da vicino ogni suo movimento. E non le importava degli sguardi intimidatori di Sasuke o delle velate minacce di morte delle sue altre fan; lei persisteva e continuava a sbandierare il suo amore ai quattro venti, giurando agli dei che un giorno sarebbe stato suo.
«Mi hai convinto», bisbigliò concitato. «Devo scappare da qui, subito. Se dovessimo separaci, tra dieci minuti a casa tua».
Naruto non ebbe il tempo di rispondere che il suo amico se l’era già filata.
 
Lo ritrovò appoggiato alla porta del suo appartamento, impegnato nel riprendere fiato. Quando vide Naruto si guardò intorno allarmato, lanciando persino un’occhiata verso la rampa delle scale. «Sei sicuro che nessuno ti abbia seguito?».
«Fidati amico, sono diventato bravo nel seminare folle di ragazzine».
«Ma quella è molto più pericolosa di una folla».
Sghignazzò. «Se ti sentisse suo padre saresti un uomo morto».
Sasuke gli lanciò un’occhiataccia. «Beh, sei contento adesso? E ora muoviti ad aprire questa maledetta porta».
Si stravaccarono sul divano, facendo partire la consolle e sputandosi addosso variegati e più o meno coloriti insulti per tutto il resto della mattinata, fin quando Sasuke non gettò il joystick tra i cuscini del divano sfondato, alzandosi per stiracchiare i muscoli.
«Sei un perdente, dobe. Ho vinto ventisei partite su ventisette. Come puoi fare così schifo?».
Naruto sbuffò, agitando le mani per sciogliere le dita intorpidite. «Meglio dell’altra volta, quando le ho perse tutte quante», borbottò.
La vibrazione del cellulare catturò la sua attenzione. Si allungò sul divano per sfilarlo dalla tasca dei jeans, poi aprì curioso il nuovo messaggio.
 
“Ehi, Uzumaki! Stasera party a villa Haruno, ci vieni?”
 
Aggrottò la fronte.
Le feste non erano proprio il suo ambiente. Non che fosse mai stato invitato ad una festa prima d’allora..
«Ehi, Sas’ke?».
«Che vuoi?».
Naruto si alzò, aprendo il frigorifero per prendere una lattina di fanta. «Ti va di andare ad una festa, stasera?».
«Scordatelo», borbottò l’altro.
Avrebbe dovuto aspettarsi quel rifiuto. In fondo, Sasuke non era per niente un tipo da festa, non lo era mai stato. Anche quando lo guardava da lontano, prima che diventassero amici, si era sempre accorto che l’Uchiha non era un grande estimatore della vita sociale.
L’unica persona con cui l’aveva visto parlare, eccetto se stesso, era suo fratello Itachi.
«Immaginare una serata divertente ti fa così schifo?», domandò esasperato il biondo, senza però nascondere un sorrisetto.
«La mia idea di divertimento differisce dalla tua, dobe».
Naruto curvò le spalle, arrendendosi. «E va bene, ci vado da solo. Ti libererai di me per una sera».
«Oh, allora c’è un risvolto positivo in tutto questo!», commentò con tono affilato e sarcastico l’altro. «Adesso vado, Itachi sarà a casa tra poco. Se scopre che ero da te, si lamenterà del mancato invito».
Il biondo gli fece un cenno con la mano. «Ti pentirai di aver rinunciato alla mia compagnia!».
Sasuke alzò gli occhi al cielo, chiudendosi la porta alle spalle.
 
 
 
 
Forse ho bevuto troppo.
 
La testa gli vorticava in un susseguirsi di immagini, suoni e odori sconnessi tra loro, ed il suo equilibrio era talmente precario che a stento riuscì a non cadere di faccia per terra.
Uzumaki Naruto, a quasi diciannove anni, si era preso la sua prima, vera, colossale sbronza.
«Ehi, amico, ti stai divertendo?».
Il biondino annuì. «Suppongo di sì», biascicò, lasciandosi cadere sul divano di pelle nera disposto al lato destro della grande stanza.
La luce era soffusa, la musica fin troppo alta, quasi assordante.
 
Mi scoppia la testa.
 
Aveva la vista così offuscata che non riusciva a capire chi fosse colui che gli stava rivolgendo la parola. Cercò di stringere gli occhi per mettere a fuoco la figura che non smetteva di muoversi. «Sei Akamaru, vero?».
Il ragazzo scoppiò a ridere. «Akamaru è il mio cane, baka! Io sono Kiba. Hai presente?».
«Mhm».
«Ehi, Naruto.. stai bene?».
«Mhm».
Kiba aggrottò la fronte. «Si vede che non sei abituato alle feste, pivello. Non esagerare!».
 
Troppo tardi.
 
«Naruto?».
Il biondo fece lo sforzo sovraumano di aprire un occhio. Era steso di lungo sul divano, e si rese conto che forse provare a dormire era stato anche peggio.
«S-Sakura-c-chan?».
Doveva smetterla di cercare di sputare fuori qualche parola, era un tentativo pietoso.
«Naruto, sei proprio un idiota!».
La ragazza dai capelli rosa gli rivolse un sorriso, stringendo tra le mani un bicchiere pieno di qualcosa dai colori accesi. Si accomodò accanto a lui, accavallando le gambe, e Naruto si portò automaticamente una mano alla bocca.
«S-Sakura, puoi allontanare quel.. quel..».
«Oh», la ragazza spalancò appena gli occhi con fare civettuolo, poi allontanò il bicchiere. «Va meglio?».
Annuì.
Lei si schiarì la voce. «Sai, Naruto. Speravo che tu venissi, stasera».
«Davvero?», mormorò, sperando solo di non vomitarle in faccia. «C-come mai?».
«Perché volevo ringraziarti per bene per ciò che hai fatto quel giorno».
«Ah».
Naruto si bloccò, aprendo anche l’altro occhio.
 
Oh no, oh no. Non è il momento, Sakura-chan.
 
Sentì la mano di Sakura farsi strada sulla sua coscia ed il suo respiro sulla guancia. «Prima d’allora non ti avevo mai notato, Uzumaki. Voglio recuperare il tempo perso».
 
Oh no.
 
«Ehm, Sakura-chan, non c-credo che..-».
La ragazza gli posò un dito sulle labbra. «Non preoccuparti, Naruto, sarà piacevole».
 
Indubbiamente, ma..
 
Si alzò di scatto, facendo rotolare la ragazza sull’altro lato del divano.
«Scusa, Sakura-chan, ma non mi sento molto bene».
Chinò il capo, iniziando a camminare velocemente tra i corpi sudaticci che affollavano il centro della stanza, cercando disperatamente la porta che l’avrebbe condotto fuori, verso l’aria fresca e pungente della sera.
Quando finalmente la musica iniziò a diventare un rumore di sottofondo, capì di essere sulla strada giusta. Subito dopo, spalancò la porta e cadde disteso sull’erba bagnata dalla rugiada del giardino.
«Sono un idiota», sussurrò, imprecando verso se stesso.
Rimase così, fermo, cercando di regolarizzare il respiro e di fermare la testa che proprio non voleva saperne di stabilizzarsi.
«Morirò su questo prato..».
«Beh, potresti».
Una voce familiare gli diede la forza di alzare la testa. Sasuke si ergeva davanti a lui, con le mani appoggiate ai fianchi e le gambe divaricate. «E tu che diavolo ci fai qui?», mugugnò, cercando di farsi forza sulle braccia per tirarsi su.
«Mi hai mandato un SOS, testa quadra», borbottò alzando un sopracciglio e mostrandogli lo schermo del cellulare.
Naruto aggrottò la fronte. «No, io non..».
«Sasuke-kun! Sasuke-kun, sei arrivato!».
I due sussultarono. «Ino?».
La ragazza corse ad aggrapparsi al braccio dell’Uchiha. «Sapevo che, se ti avessi mandato un sms dal telefono di Naruto, saresti venuto subito!».
Sasuke rivolse a Naruto uno sguardo assassino. «Come hai potuto farti sfilare il cellulare da lei?».
«Non me ne sono nemmeno accorto!».
«Sei un incosciente! Tu mi farai uccidere, baka!», sibilò.
«Scusa, Sasuke, io non-».
«Niente scuse!».
Sarebbe stata una situazione tragica, in un’altra occasione. Ma, con l’aiuto dell’alcol, Naruto riusciva a vedere solo il lato comico dell’espressione del suo amico.
L’Uchiha si voltò verso la ragazza dalla lunga coda bionda. «Ciao Ino. Sono felice di vederti. Mi dispiace di non aver risposto ai tuoi sessantadue messaggi, ma non ho credito. Ora che sono qui, potresti andare a prendere un bicchiere d’acqua per il mio amico? Credo non si senta molto bene».
Ino, felice che Sasuke si fosse rivolto a lei con un tono quasi gentile, si affrettò a sorridere e annuire. «Certo, Sasuke-kun! Torno in un baleno».
La ragazza corse via sorridente, e per un secondo i due rimasero immobili.
Sasuke continuò a guardare nella sua direzione, ma il suo corpo era pronto a scattare. «Ascolta», iniziò, fin troppo calmo. «Quando te lo dico, alzati e inizia a correre più veloce che puoi».
«Ma Sasuke, io..».
Lo sguardo che rivolse a Naruto fu in grado di zittirlo. Il biondo deglutì, recuperando tutta la forza che gli era rimasta.
«Ora!».
I due schizzarono in avanti, con Sasuke che tirava dalla manica della maglietta un Naruto che non riusciva a smettere di ridere.
«Smettila! Ci sentirà!», sibilò lanciando sguardi sadici all’indietro.
Ma anche lui doveva ammettere che la situazione sfiorava il comico.
Continuò a trascinarlo fin quando non arrivarono alla porta di casa di Naruto.
Si fermò a riprendere fiato su quel pianerottolo per la seconda volta in meno di ventiquattro ore. «La prossima volta che decidi di andare ad una festa e ubriacarti, ti prego di lasciare a casa il cellulare. O, ancora meglio, ignorerò i tuoi sms. Potrai pure morire».
Naruto continuò a ridere come se quella fosse la situazione più divertente del mondo. «Sas’ke.. la tua faccia!», mormorò tra gli spasmi. «La tua faccia!».
Sasuke gli piantò un pugno al centro esatto della testa. «Smettila di ridere, idiota».
«Coraggio, Teme, aiutami ad alzarmi. Non credo di farcela ad arrivare al letto».
L’Uchiha, alzando gli occhi al cielo, lo sollevò dal colletto. «Dove sono le chiavi?».
«Nella tasca dei jeans».
Chinò lo sguardo, tastando le tasche del jeans del compagno. «Qui non ci sono».
Naruto sbuffò. «La tasca.. la tasca di dietro, forse».
Sasuke si bloccò per un attimo. Ma poi, sospirando, infilò la mano nella tasca posteriore del pantalone di Naruto.
E qualcosa scattò in loro in quell’esatto momento.
Afferrò le chiavi, ritirando in fretta la mano e sentendosi avvampare internamente. Per sua fortuna, era così buio che non c’era speranza che Naruto se ne accorgesse.
Ma fu qualcos’altro a farlo rimanere ancor più di stucco.
L’Uzumaki gli aveva posato una mano sulla guancia, afferrandogli il mento, e dopo un interminabile attimo di silenzio, aveva mormorato: «Grazie per esserci stato anche stavolta, Sasuke».
Poi, senza che neanche si rendesse conto di ciò che stava facendo, posò delicatamente le labbra sulle sue.
La reazione di Sasuke fu immediata.
Si tirò indietro, sgranando gli occhi. «Dobe, che diavolo fai?», grugnì, lanciandogli le chiavi.
Naruto lo aveva appena baciato?
Il biondo aggrottò la fronte. «Non..».
“Non” cosa? Non riusciva più neanche a ragionare.
Sasuke gli lanciò un ultimo sguardo, poi schioccò la lingua e si affrettò ad allontanarsi.
Naruto si sfiorò le labbra con due dita, abbassando lo sguardo sul mazzo di chiavi che stringeva nelle mani. Sapeva che non avrebbe avuto la forza di infilarle nella serratura.
Chiuse gli occhi, lasciandosi scivolare con le spalle contro la porta.
Non gli importava di dormire sul pianerottolo, al freddo e ubriaco.
Un solo pensiero riusciva a mettere a fuoco quella mente atrofizzata dall’alcol.
 
Perché diavolo ho baciato Sasuke?


 

* * * * * *

 

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Capitolo 3
*** Quando la situazione si fa strana, scappa. ***


Fatemi gli auguri, perchè venerdì ho compiuto gli anni e questo è il primo capitolo che scrivo da maggiorenne (?) u.u
A parte gli scherzi, ecco il terzo capitolo. Sono felice di tutti i vostri commenti e delle visualizzazioni, davvero non me lo aspettavo. GRAZIE!
Ho cercato di accontentare qualcuno con una certa immagine, spero apprezziate u.u

Continuate a recensire e sarò sempre felice. <3



* * * * * * *

Capitolo tre: quando la situazione si fa strana, scappa.

 

La campanella trillò per il primo avviso, ed una massa di studenti annoiati incominciò a dirigersi verso le proprie aule.
Sasuke, a passo lento, quasi aveva voglia di saltare la scuola per la seconda volta in una settimana.

Da quando in qua ascoltare quei vecchiacci ti infastidisce tanto?

Sospirò.
La verità era che, senza quella testa quadra rompiscatole di Naruto, un po’ si annoiava. In fondo, il dobe era l’unico che gli rivolgesse la parola.
A parte Ino, ovviamente.
«S-Sasuke-kun?».
Quella vocina balbettante lo fece voltare di scatto. Una ragazza mingherlina, con dei lunghi capelli neri e il viso in fiamme dall’imbarazzo, lo guardava implorante. «Che è successo, Hinata?».
Lei abbassò il viso, arrossendo – se possibile – ancora di più. «N-niente, è c-che sai.. b-bhe».
Sasuke inclinò il capo. «Piano, una parola alla volta».
Hinata Hyuga fece una pausa, prese un profondo respiro, e poi sputò fuori la frase – probabilmente – più lunga che avesse mai detto: «Sasuke-kun, siccome Naruto è assente da un po’ di giorni, mi chiedevo cosa gli fosse successo. So che siete amici, quindi avevo pensato che tu potessi dargli questo da parte mia! Anzi, non dire che sono stata io a mandarlo!».
Chinò il capo, sporgendo in avanti le braccia che stringevano un pacchetto. Sasuke la guardò con un sopracciglio alzato, vagamente sorpreso dal “coraggio” che aveva dimostrato pronunciando quella frase così lunga senza incepparsi e con un tono di voce abbastanza alto. «Certo, Hinata. Passerò da lui dopo le lezioni».
Dopo quella risposta, tornò la ragazzina impacciata di sempre. «G-grazie mille S-Sasuke-kun. S-sei gentile».
 
Certo, gentile è il mio secondo nome.
 
«Non c’è di che».
Afferrò il pacchetto, infilandolo nella tracolla. «Adesso devo andare, ci si vede in giro».
 
La lezione, come prevedibile, si dimostrò altamente noiosa.
Il professore di letteratura parlava, parlava così tanto che era difficile stargli dietro perfino per Sasuke, che quel giorno era lì soltanto fisicamente. Picchiettò la matita sul quaderno, appoggiando la testa sull’avambraccio.
 
Che noia.
 
Gli sarebbe piaciuto scambiare quattro chiacchiere con quel tale, Shikamaru. Sembrava uno dei più in gamba dell’istituto, magari avrebbero potuto trattare argomenti interessanti, insieme. Ma, ovviamente, non considerava nemmeno l’ipotesi. Lui - come diceva sempre suo fratello – doveva passare la vita a fare l’orso.
Mise il broncio.
 
Non è colpa mia se non vado d’accordo con nessuno.
 
Nessuno eccetto Naruto.

Sfilò il cellulare dalla tasca dei pantaloni, aprendo la fotografia che gli aveva fatto qualche mattina prima.
D’istinto, sorrise.



 

Il dobe, nonostante la febbre alta, dormiva come se fosse piena estate. Dapprima si concentrò sulla sua faccia da scemo, poi lo sguardo gli cadde sul suo petto. Ogni muscolo era delineato come se fosse stato scolpito da un cesellatore eccessivamentefissato con la precisione.
Sasuke sgranò gli occhi, lasciando andare il telefono con una faccia disgustata.
 
Ma a cosa diavolo sto pensando?
 
Probabilmente Naruto gli aveva mischiato la febbre.
 
Il resto delle lezioni passò velocemente, e quando Sasuke si fiondò fuori dall’aula si trovò faccia a faccia con un ragazzetto dalla faccia scema e gli occhi inespressivi, che gli bloccò il passaggio con un sorrisetto sul viso e le braccia incrociate.
«Sasuke Uchiha».
Sasuke aggrottò la fronte, sospirando. «E tu saresti?».
«Sai».
Alzò un sopracciglio. «So cosa?».
Faccia-da-scemo socchiuse le palpebre. «Non meriti la fama da intelligentone che ti precede. Sai è il mio nome».
L’Uchiha ghignò. «Che razza di nome hai?».
«Beh, pensa al tuo», borbottò l’altro, affilando lo sguardo.
«Non m’importa quale sia il tuo nome. Sei nuovo, vero? Non ti ho mai visto qui. Quindi, d’ora in poi sarai Faccia-da-scemo. Ora dimmi cosa vuoi e sparisci, non ho tempo da perdere».
Sai serrò la mascella.
Aveva sentito dire che quell’Uchiha era davvero arrogante e antipatico, ma non pensava fino a quel punto. La voglia di prenderlo a pugni in faccia cresceva dentro di lui. «Mi hanno detto di chiedere a te di Naruto Uzumaki».
Sasuke, improvvisamente, iniziò a prestare più attenzione alle sue parole. «Che vuoi da Naruto?».
L’altro si strinse nelle spalle. «Fa parte del comitato di benvenuto e mi deve un giro della scuola».
Questa era un’informazione nuova per l’Uchiha.
 
Da quando Naruto si occupa di queste cose?
 
Sbuffò. «Naruto è a casa malato, arrangiati da solo».
«Ma Sakura Haruno ha detto che-».
Al nome della ragazza, Sasuke – che aveva già cominciato ad incamminarsi verso l’uscita – si voltò per metà. «Non dar retta a ciò che dice quella strega dai capelli rosa. È pazza e insopportabile. E anche vagamente inutile».
«Ripeti ciò che hai detto, Uchiha!». La ragazza si annunciò con un pugno in testa al malcapitato, che si morse la lingua per non imprecare.
Lui e Sakura non erano mai andati molto d’accordo. Lei era stata una stalker degna di Ino Yamanaka durante il primo ed il secondo anno, e Sasuke non l’aveva mai digerita granché. Ma da quando era diventata reginetta del ballo, all’inizio del terzo anno, era diventata quasi impossibile da tollerare.
«Sei inutile e insopportabile, Haruno. Posso ripetertelo anche per dieci volte senza fermarmi».
La ragazza digrignò i denti, ma non rispose alla provocazione. «Perché non sei un po’ più simile a Naruto, baka? Eppure, stando così vicini, dovresti aver imparato come si comporta un galantuomo».
Sasuke alzò un sopracciglio e, infischiandosene delle parole della ragazza, le mostrò il dito medio e riprese a camminare in direzione delle scale.
«Dove vai?», strillò lei. «Fa’ le veci di Naruto! Non possiamo lasciare questo novellino da solo!».
«Te lo scordi che io faccia una cosa del genere».
«Sasuke Uchiha, giuro che se non lo fai scatenerò Ino contro di te, dandole il tuo numero e dicendole dove abiti!».
L’Uchiha si pietrificò dal terrore.
 
Ino che conosce il mio numero di telefono. Ino che sa dove abito. Ino che mi spia dalla finestra. Ino che scassina la porta..
No, non posso permetterlo.
 
Si voltò, assumendo un’espressione di sorridente paura che stonava con il suo solito modo di porsi. «Vieni, faccia-da-scemo, sarò la tua guida per qualche minuto».
 
Io la ammazzo. Giuro che la ammazzo. Farmi perdere tempo con questo idiota..
 
«Ma io non voglio stare con questo tizio», si lamentò Sai, rivolgendosi a Sakura che, gentilmente – tanto gentilmente che metteva paura – gli rispose: «Sai, caro, Sasuke è l’unico che può farlo in questo momento. Ti prego di seguirlo senza fare storie, quando vuole sa essere di ottima compagnia».
Sai deglutì, annuendo. Quel suggerimento aveva tutta l’aria di essere un ordine.
Sasuke afferrò faccia-da-scemo dal lobo dell’orecchio, trascinandolo ed ignorando l’Haruno che, in lontananza, gli urlava: «Se infanghi il nome del comitato di benvenuto di questa scuola, io ti uccido!».
Una volta fuori dalla sua portata, si rivolse al ragazzo. «Non ti aspetterai mica che io ti porti a fare il giro di quelle aule, vero? Sono tutte uguali. Ho altro da fare quindi, se non ti dispiace..».
«Sasuke-kun!».
 
No, non può essere. Cos’ho fatto di male per meritare una giornata del genere?
 
«Scusami, Ino, non ho tempo. Devo occuparmi di questo tizio».
La ragazza si illuminò in viso. «Oh, ma se non ti va posso farlo io al posto tuo!».
L’Uchiha si voltò di scatto verso di lei. «Lo faresti davvero?».
«Ma certo, Sasuke-kun! Avrai modo di sdebitarti».
 
In debito con Ino.
 
Solo il pensiero gli dava i brividi, ma non aveva nessuna voglia di badare a quel marmocchio. Le sorrise, posandole una mano sulla spalla. «Grazie, Ino», mormorò solenne, scappando prima che lei potesse anche solo pensare di trattenerlo ancora.
 
Una volta uscito da scuola, si fermò al bivio.
Tornare a casa o andare a trovare Naruto?
Indugiò, guardandosi intorno come a sperare che qualcuno risolvesse quell’enigma al posto suo. L’ultima volta che aveva parlato con l’Uzumaki avevano quasi discusso per quella cosa. Aveva paura che l’amico potesse di nuovo provare a tirar fuori l’argomento, cosa che per il momento doveva assolutamente essere evitata.
Poi, ricordando il pacchetto che Hinata lo aveva pregato di consegnare, decise di andare comunque da Naruto, sperando magari di trovarlo addormentato.
Entrò in casa senza nemmeno bussare: ovviamente, possedeva un doppione delle chiavi.
«Dobe?».
 
Troppo silenzio.
 
Alzò un sopracciglio.
Il cibo era stato divorato, e i pochi avanzi erano sparsi sul tavolo della cucina. Cucina che, in quel momento, sembrava più un porcile che altro.
Sasuke assunse un’espressione disgustata, scuotendo la testa e avviandosi verso la camera da letto.
 
Che sia uscito?
 
«Naruto?».
«WAAAAAAAAAAAAAAA!».
L’Uchiha fece un salto indietro, inciampando e finendo di lungo sul letto disfatto, mentre Naruto, ormai sul pavimento, piangeva – letteralmente - dalle risate.
«Teme! Avresti dovuto vedere la tua faccia!».
Il cuore di Sasuke batteva all’impazzata per lo spavento. Ma, quando riuscì a calmarsi, assunse un ghigno che prometteva una dolorosa vendetta. Le sopracciglia arcuate, i pugni stretti e la mascella serrata, non facevano altro che sottolineare il concetto.
«Vedo che ti senti molto meglio, tanto da architettare questi stupidi scherzi», constatò con voce bassa e minacciosa.
Naruto, smettendo di ridere, iniziò a pentirsi del suo gesto. Si rialzò, sgranando appena gli occhi. «S-sasuke, non mi sento ancora bene», cercò di giustificarsi, portando i palmi aperti delle mani davanti a sé. «Volevo solo ridere un po’».
Ma l’Uzumaki non fece in tempo a dire altro, impegnato com’era a schivare i colpi del teme. Gli venne di nuovo da ridere.
Sasuke non era un tipo a cui piaceva essere preso in giro. Beh, non piaceva a nessuno ovviamente, ma lui era estremamente permaloso e odiava mostrarsi debole o preso alla sprovvista. Per questo Naruto si divertiva un sacco a metterlo in difficoltà con questi piccoli e stupidi scherzi.
«Dai, teme! Abbi pietà di uno in convalescenza!».
«Uno in convalescenza non passa il tempo a spaventare la gente. Uno in convalescenza dovrebbe stare a letto».
Naruto sghignazzò, facendo un passo indietro per non beccarsi un pugno in faccia ma, con quella mossa azzardata, si trovò bloccato contro il muro.
L’Uchiha era almeno dieci centimetri più alto di lui e, armato di quell’aria minacciosa, sembrava ancora più grande. «Implora pietà!», ghignò, scatenando l’ira del biondo.
«Io non imploro nessuno!».
L’Uchiha si allontanò con un mezzo sorriso. «Ti risparmio, ma solo perché sei invalido. O meglio, solo perché sei convalescente: sei sempre cerebralmente invalido, tu».
Naruto schioccò la lingua. «Idiota», borbottò.
«Cosa?».
«Non ho detto niente!».
Per tutto il tempo, Naruto aveva avvertito una stretta allo stomaco. Ma cosa diavolo gli stava succedendo? La vicinanza con Sasuke gli trasmetteva sensazioni strane, sensazioni nuove.
Prima di quel bacio, nulla era mai stato così bizzarro.
 
Ho rovinato per sempre il nostro rapporto?
 
Non sapeva cosa ci fosse nella testa del suo amico, ma era sicuro che qualcosa tra di loro era cambiata.
Sospirò.
Chinò il capo. «Sas’ke..».
L’altro, di spalle, serrò la mascella. «Non incominciare».
«Dovremo parlarne prima o poi. Altrimenti la cosa diventerà ancora più strana. Non è stato nulla, solo un bacio».
Sasuke si voltò si scatto. «Solo un bacio? E ti sembra poco? Siamo amici, Naruto. E siamo maschi. Entrambi. Almeno credo».
Naruto abbassò le palpebre, ignorando l’ultima affermazione dell’Uchiha. «E allora? È successo, non c’è bisogno di attribuire tutta quest’importanza alla cosa».
«Infatti, non ce né bisogno. E non dobbiamo parlarne più, dimentichiamolo».
L’Uzumaki annuì.
 
Perché abbassi gli occhi come una femminuccia ferita? Naruto, idiota, testa quadra, razza di scemo! Che cavolo ti sta succedendo?
 
«Mi chiedo perché, se la cosa non è importante come dici, tu voglia evitare l’argomento a tutti i costi».
 
Ma cosa stai combinando? Che significa questa frase?
 
L’Uchiha sembrò sorpreso. Alzò un sopracciglio, voltandosi verso di lui. «Che vuoi dire?».
«Voglio dire», iniziò Naruto, alzandosi e avvicinandosi all’amico. «che, visto che sembri così nervoso quando parliamo di questo, forse gli hai dato più importanza di quanto pensi».
 
Io mi dissocio da questo corpo. Tu, razza di rotella di pesce senza cervello, smettila subito!
 
Sasuke sgranò appena gli occhi. «Cosa stai cercando di dirmi, dobe? Che a me sia piaciuto?».
Come sempre, l’Uchiha era senza peli sulla lingua. Gettava lì quelle frasi a cui rispondere era quasi impossibile.
 
Ma che diavolo prende a Naruto? Cosa sta dicendo?
 
Il moro era confuso. Non riusciva a comprendere l’atteggiamento dell’Uzumaki e non riusciva a comprendere perché, alle parole del biondo, il suo cuore avesse smesso di battere per un millesimo di secondo.
Naruto stava reggendo il suo sguardo come mai aveva fatto prima d’allora. Era fermo, deciso. Ciò che Sasuke si chiedeva era: dove vuole arrivare questo dobe?
 
«Forse, per decidere, dovresti riprovare».
E, per la seconda volta, le labbra di Naruto si posarono su quelle di Sasuke che, per la seconda volta, lo spinse via bruscamente.
«Devi smetterla di farlo!», gli urlò contro.
Nemmeno lui sapeva cosa l’avesse spinto. Quella volta aveva potuto dare la colpa all’alcol, ma come si sarebbe giustificato in quel momento?
 
Forse, giustificarmi non serve a nulla.
 
«Mi dispiace», disse semplicemente l’Uzumaki. «Mi dispiace. Puoi andare via, per favore? Voglio stare da solo».
Le labbra dell’Uchiha ancora bruciavano. Il suo corpo aveva aspettato quel contatto, bramandolo. E adesso gli era stato brutalmente sottratto. Ancora.
 
Non posso davvero voler baciare Naruto.
 
Il dobe aveva chinato il capo, arrabbiato, confuso e deluso nello stesso tempo. Gli aveva chiesto di andar via, e questo Sasuke non lo avrebbe accettato.
Nessuno gli diceva cosa fare, né quando farlo.
Così, a dispetto di ciò che entrambi si sarebbero aspettati, lo afferrò dal polso e lo attirò a sé, catturando di nuovo le sue labbra in un bacio diverso dai precedenti.
Era caldo, sentito, voluto.
Le loro lingue s’intrecciarono, imparando a conoscersi con facilità, mentre le mani di Sasuke s’infilarono tra i capelli morbidi e spettinati dell’Uzumaki.
 
Non pensavo sarebbe stato così.
 
Le dita di Naruto si avvolsero automaticamente attorno al suo collo, avvinghiandosi quasi. Come se avesse agognato quel momento, adesso faticava a pensare con lucidità.
 
Sasuke.. è Sasuke. Solo Sasuke. E io sono.. Ahhh.
 
Le labbra dell’Uchiha scesero sulla pelle del collo del biondo, segnandola con piccoli e umidi baci. Quella per lui era una novità. Quelle sensazioni, quella brama di avere di più.. Non riusciva a fermarsi.
Ma era Naruto, il dobe! Naruto..
Si staccò  da lui, guardandolo con espressione stranita. «Naruto..».
Il biondo fece per avvicinarsi nuovamente, ma questi glielo impedì.
Fece un passo indietro. «Cosa sto facendo?», sussurrò quasi tra sé. «Scusa, Naruto, io.. Devo andare».
All’Uzumaki scese il cuore nelle scarpe. «Sasuke, aspetta!».
L’altro afferrò la tracolla, l’aprì e gli lanciò un pacchetto. «Da parte di Hinata», lo informò, a dispetto della richiesta della ragazza. «È lei che dovresti baciare».
L’Uchiha strinse i pugni.
 
Non so cosa mi stia prendendo. Non riesco più a fare il punto della situazione. La mia testa è un turbinio di emozioni e sensazioni che.. oh, ma come diavolo penso?
 
Naruto prese a volo il pacchetto, guardandolo.
Non era un segreto che Hinata avesse un debole per lui. E a lui era sempre piaciuta.
Allora perché quella frase detta da Sasuke gli sembrava così dannatamente sbagliata?
 
Sei una checca, Uzumaki. Una checca. Fattene una ragione.
 
Quella voce nella sua testa non era utile per niente. Serrò le labbra in una linea sottile, incrociando per un secondo gli occhi di Sasuke.
«Forse hai ragione».
Si stupì delle parole pronunciate, perché non aveva pensato di farlo. Erano uscite da sole.
Abbassò lo sguardo, mordendosi l’interno della guancia.
Sasuke, anche se non l’avrebbe mai ammesso, si sentì ferito da quelle parole. Alzò il mento, orgoglioso, e si aggiustò la tracolla sulla spalla. «Bene».
L’Uzumaki aspettò di sentire la porta sbattere, prima di dare un pugno contro il muro.
 
Maledizione.
 
Quella non era una cosa facile da gestire.
Aveva voglia di imprecare o rompere qualcosa, ma si limitò a sedersi sul divano, guardando con occhi vacui il pacchetto accanto a lui.
Dopo qualche minuto si decise ad aprirlo, scoprendo due biglietti del cinema, più un cioccolatino e un foglio di carta pasticciato.
Non è da me invitare un ragazzo ad uscire, ma so che volevi vedere questo film e..
Naruto-kun, ti piacerebbe vedere questo film con me?
Naruto, se avessi del tempo libero, potremmo andare insie
Guarisci presto, Naruto-kun. So che volevi vedere questo film e avevo due biglietti in più, puoi andarci con chi preferisci.”
Naruto sorrise appena. Hinata era così timida, eppure così dolce. Gli sarebbe piaciuto amarla.
Solo che, in quel momento, i suoi sentimenti erano confusi e stravaganti.
Deglutì a vuoto.
Era sicuro che, da quel momento in poi, le cose tra lui e Sasuke sarebbero andate peggiorando. Probabilmente non si sarebbero più rivolti la parola.
Ma quel bacio l’aveva fatto sentire vivo, per la prima volta.
 
Perché deve andare in questo modo?
 
Nonostante tutto, non riusciva ad accettarlo. E sapeva che neanche l’Uchiha l’avrebbe accettato così facilmente.
 
L’unica cosa che posso fare è smettere di pensarci.
 
Sospirò.
 
Certo, come se fosse possibile.

 

* * * * * *

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Capitolo 4
*** Tutta colpa dei popcorn! ***


Ed eccoci arrivati al quarto capitolo!
Sono sempre più felice dei risultati ottenuti da questa longshot, sapete? E' una vera soddisfazione, voi che mi seguite siete una soddisfazione.
Anche se adesso sembra tutto estremamente demenziale, prometto che la trama prenderà forma a breve.
Commentate in tanti, cinque secondi rendono una scrittrice felice!

* * * * * * *

Capitolo quattro: tutta colpa dei popcorn!


Appuntamento. Hinata. Oh, come ho potuto accettare?
 
Naruto guardò l’orologio sul suo polso: mancava mezz’ora alle ventuno, e non sapeva perché fosse uscito così presto.
 
Ho ancora un margine di tempo sufficiente per scappare da qui, tornare a casa e dirle che mi sono sentito male.
Sì, posso farlo.
Ma, accidenti.. non sarebbe per niente carino..
 
Sbuffò, scompigliandosi i capelli con la mano.
Era per questo che, di solito, arrivava sempre in ritardo: in quel modo non avrebbe avuto di certo tempo per ripensamenti e paranoie.
Il giorno dopo l’aver ricevuto il biglietto della Hyuga, aveva deciso che uscire con una ragazza gli avrebbe solo fatto bene, magari resettando quel suo cervello ultimamente deviato.
“È  solo un appuntamento”, si era detto, mordendosi l’interno della guancia. “Ed Hinata è perfetta”.
Così, l’aveva chiamata dicendole che gli sarebbe piaciuto se l’altro biglietto l’avesse preso lei.
 
Respira, Uzumaki.
 
«Ehi, dobe, che ci fai qui tutto solo?».
Naruto sgranò gli occhi.
Si voltò di scatto, ritrovandosi faccia a faccia con Sasuke.
Era una settimana intera che l’Uchiha non gli rivolgeva la parola e lo evitava. Durante le lezioni, si era preoccupato soltanto di fare in modo che l’altro si accorgesse di essere ignorato di proposito, non rispondendo alle sue domande anche se postegli in modo diretto.  
Inoltre, non un accenno a quella cosa.
Allora perché adesso si rivolgeva a lui come se niente fosse?
Sasuke si strinse nelle spalle, le mani in tasca e il viso sereno.
Più sereno del normale.
Naruto inclinò il capo, soffermandosi a guardarlo per qualche minuto più del dovuto. La curva delle sue labbra, quella sera, era estremamente invitante..
 
Oh, ti prego!
 
«Sono qui per..», si bloccò di colpo, mordendosi la lingua. Era come se sentisse che dire a Sasuke di Hinata fosse sbagliato. S’impappinò con le parole per qualche attimo. «Beh, ero di passaggio», borbottò. «M-mi sono fermato a guardare le locandine».
 
Se Hinata arriva entro due minuti, sono fottuto.
 
Incrociò lo sguardo dell’amico, nervoso. «Tu, invece?».
L’Uchiha inclinò il capo, studiandolo. «Ero qui in giro». Fece una pausa.
Anche lui era stato molto vago nel rispondere, ma questa non era di certo una novità.
Naruto sorrise appena, lanciandosi sguardi alle spalle come se fosse un fuggitivo.
 
Questa conversazione ha un che di imbarazzante..
 
«Dobe, ti ricordi che avevamo parlato di quel film interessante? Ecco.. ti va se lo guardiamo? Cioè, è sabato sera e non ho niente da fare..», fece spallucce, lasciando la frase a metà.
Naruto lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.
 
Perché a me? Perché?
 
Dire di no a Sasuke era come sancire la propria condanna a morte: sarebbe tornato a non rivolgergli la parola per chissà quanto tempo.
Inoltre, l’Uzumaki non voleva dirgli di no.
«Certo», acconsentì con un sorriso.
 
Ma che diavolo combini? E Hinata?
 
Sul volto dell’Uchiha balenò per un breve istante l’ombra di un sorriso, e  Naruto fu costretto a distogliere lo sguardo prima di arrossire.
«Ti aspetto dentro, compro i biglietti».
L’Uzumaki annuì, osservando il suo amico entrare nel cinema e perdersi tra la folla.
Non appena fu certo di non essere a portata d’occhio, si accasciò su se stesso prendendo un profondo respiro.
 
Idiota senza speranza!
Baka senza possibilità di riabilitazione!
Sono fottuto davvero, oh sì che lo sono.
 
«N-Naruto-kun?».
Il biondo si voltò di scatto, a occhi sgranati. «Hinata-chan, sei arrivata prima!».
La ragazza arrossì non appena lo sguardo di Naruto si posò su di lei. Chinò il capo, sorridendo imbarazzata. «E-ecco, non volevo che tu aspettassi molto».
I capelli le coprivano quasi completamente il volto e metà del busto, fungendo da barriera protettiva tra lei  ed il mondo esterno.
Stringeva la borsetta con due mani e, da quando era arrivata, non aveva alzato lo sguardo dall’asfalto neanche una volta.
 
Che cosa faccio adesso?
Oh, accidenti, perché le meteoriti non cadono mai nel momento del bisogno?
 
Naruto ridacchiò nervoso, passandosi una mano tra i capelli. «Hinata, che ne dici di iniziare ad entrare? Abbiamo già i biglietti, quindi puoi accomodarti. Io devo fare un salto in bagno».
Non le diede il tempo di rispondere che, in modo estremamente poco sospetto, volò verso la fila allo sportello. Sasuke aveva appena ritirato i biglietti e una paura folle investì Naruto.
 
E se la sala è la stessa?
 
«Come mai ci hai messo tanto, testa quadra?».
«Sono dovuto correre in bagno. Sai com’è..», balbettò, constatando con sollievo che la sala di proiezione era diversa da quella in cui sarebbe dovuto essere con Hinata.
«Bene, entriamo? Il film inizierà tra cinque minu-».
«Certo!», lo interruppe il biondo, senza neanche dargli il tempo di terminare la frase. «Vado a comprare i popcorn, ci vediamo dentro».
Sasuke gli lanciò uno sguardo carico di sospetto, lasciandosi andare ad una rara ostentazione delle sue emozioni con un’alzata del sopracciglio. «Va tutto bene?».
 
Oh merda.
 
«Sì, teme. Tutto okay. Ho fame».
L’Uchiha scrollò le spalle, avviandosi verso la sala.
 
Non riuscirò mai a uscirne vivo, lo so. E se approfittassi di questi secondi per buttare giù un testamento?
 
Il biondo corse da Hinata, lasciandosi andare sulla poltrona di pelle rossa come se fosse il primo traguardo raggiunto.
«Scusa, c’era un sacco di gente».
«Non preoccuparti, Naruto-kun. Il film non è ancora iniziato».
Naruto annuì, cercando di fermare la sua gamba, a cui era preso un irritante tic. Hinata gli lanciò una timida occhiata da sotto la lunga frangetta. «N-non essere nervoso».
 
Se solo sapessi perché lo sono..
 
«È che non mi sento molto be-».
Lo sguardo di Naruto si spostò sul ragazzo dai capelli corvini che si guardava intorno con aria stizzita.
Sgranando gli occhi, si appiattì contro lo schienale della poltrona e cercò di respirare il meno possibile, come se anche quello potesse essere un dettaglio rivelatore della sua presenza.
«Naruto-kun, perché stai-».
«Hinata, avvicinati un secondo», sussurrò il biondo, non avendo la minima intenzione di voltarsi in una qualsiasi direzione.
Hinata non se lo fece ripetere due volte. E quando il suo viso fu abbastanza vicino, Uzumaki catturò le sue labbra in un innocente bacio.
 
So che non è corretto nei confronti di Hinata, ma se Sasuke mi scoprisse..
Inoltre, avevo bisogno di labbra femminili e..
Dio, perché è così disgustoso?
 
Quando Hinata si allontanò, imbambolata, Naruto vide con la coda dell’occhio Sasuke allontanarsi con un inserviente.
Sospirò rilassato, non era ancora stato scoperto.
Poi, fu costretto ad affrontare il fatto che aveva appena baciato Hinata Hyuga.
«Scusa Hinata, mi sono lasciato trascinare dal momento e..».
Lei era pietrificata, così rossa che L’Uzumaki per un momento si chiese se non stesse per svenire. Inclinò il capo, preoccupandosi. «Hinata?».
Lei sgranò i grandi occhi chiari, scuotendo piano la testa. «No, non devi scusarti, io.. C-cioè, sono felice che tu.. c-cioè che noi.. i-insomma».
«Popcorn?».
La Hyuga sembrò inizialmente confusa dal cambio di argomento. «Oh, sì, c-certo».
«Vado».
L’Uzumaki si precipitò fuori, appoggiandosi al muro per un secondo.
L’aver baciato una ragazza, dopo così tanto tempo dall’ultima volta, non gli aveva fatto l’effetto sperato.
«Ma che cavolo..», borbottò, camminando a capo chino verso la sala Sasuke. «C’è qualcosa di assurdo in tutto questo».
Quando prese posto accanto all’amico, il film era appena iniziato. Sasuke non lo guardò nemmeno. «E i popcorn?».
 
Merda.
 
«C’era troppa fila», sbuffò l’Uzumaki, appoggiando la testa contro il palmo della mano.  «Ci andrò dopo».
«Sai, credo di aver intravisto Hinata mentre ero alla ricerca di un cavolo di inserviente», commentò vago l’altro.
Il biondo deglutì. «Davvero?».
«Sì, era in compagnia di un ragazzo. Presumo fosse un appuntamento, ma non sono riuscito a capire chi fosse. I capelli di Hinata sono peggio di un muro di cemento». Fece spallucce.
«Mhm..».
Silenzio.
«Naruto?».
«Sì?».
«Sta’ fermo con quella maledetta gamba».
L’Uzumaki si bloccò, mettendo il broncio. Aveva una disperata voglia di iniziare a fare domande a profusione. Cose del tipo: “Perché mi hai evitato per una settimana intera?”, “Perché adesso te ne esci e, tutto sorridente, fai finta che non sia successo nulla?” e, più importante di tutte “Perché mi hai baciato e sei fuggito?”.
«Sasuke, ascolta..».
«Fa’ silenzio, il film è iniziato».
Il biondo roteò gli occhi. Poi, lanciando un’occhiata all’orologio, si accorse che era con Sasuke da più di quindici minuti. Doveva correre subito da Hinata..
«Ehm, vado a vedere se la fila per i popcorn si è dimezzata. Torno subito».
L’Uchiha annuì con la testa, guardandolo allontanarsi con la coda dell’occhio.
 
Sei proprio un dobe.
 
L’inesistente fila per prendere i popcorn, fece guadagnare a Naruto qualche altro secondo prima di precipitarsi di nuovo nella sala Hinata.  
«Scusa Hinata-chan, c’era davvero tanta gente e poi non sapevo quali prendere. Ti piacciono questi o preferisci quelli dolci?».
«A me vanno be-».
«Preferivi quelli dolci? Nessun problema, vado subito a prenderli». Fece per andare via, poi si bloccò e, tornando indietro, afferrò il cestino di popcorn che aveva dato alla ragazza. «Glieli riporto, questi».
 
Mi verrà una colite nervosa e passerò la notte in bagno, lo sento.
 
Buttò il cestino in grembo a Sasuke, rischiando di far cadere tutto per terra. Il moro lo fulminò con uno sguardo gelido. «Un punto per la rapidità, ma ti stai perdendo tutto il film con questo tuo fare avanti e dietro».
Naruto sospirò, esausto, sapendo che dei due film non avrebbe carpito nemmeno parte della trama.
 
Continuò quell’avanti e dietro per altre cinque o sei volte, fin quando il primo film, insala Hinata, non terminò.
L’accompagnò fuori – dopo aver detto al teme di dover correre in bagno – e aspettò che lei gli dicesse qualcosa per lo schifo di serata.
«N-Naruto-kun, mi ha fatto piacere passare d-del tempo con te».
 
Ma davvero?
 
«Sì, anche a me Hinata-chan».
La ragazza arrossì.
«Adesso d-devo andare, ma spero d-di.. sai, che potremo d-di nuovo..».
Ma l’Uzumaki non si sarebbe mai aspettato che, quella ragazza così timida e che a stento riusciva ad esprimere un pensiero coerente, prendesse l’iniziativa e lo baciasse sulle labbra.
Rimase di sasso, totalmente impreparato a quel contatto.
La Hyuga si staccò quasi subito, sorridendo e correndo via a testa bassa.
 
Oh, Naruto, idiota, che diavolo hai combinato?
 
Incrociò Sasuke mentre usciva dalla sala. «Non ti riassumerò il film in cinque parole, se era quello che stavi per chiedermi», lo informò, infilando le mani in tasca.
Naruto socchiuse le palpebre. «Al diavolo il ramen in scatola», borbottò, massaggiandosi la pancia.
Uscirono dal cinema, camminando fianco a fianco verso casa Uchiha.
«Dobe, perché diavolo mi stai seguendo?».
Naruto fece spallucce. «Di solito accompagni tu me. E poi è presto e casa mia è un casino».
«Se vuoi dormire da me, sappi che Itachi è in casa e non ti risparmierà. Sai, dopo il tuo scherzetto delle dita nell’acqua calda..».
L’Uzumaki venne percorso da un brivido di paura. L’ultima cosa che voleva era scatenare la vena crudele di Uchiha Itachi.
Dopo tante angherie subite, aveva deciso di vendicarsi con un piccolo scherzetto letto online. Ma, nonostante non avesse nemmeno funzionato, il più grande dei fratelli Uchiha gli aveva promesso sul suo nome che gliel’avrebbe fatta pagare.
Arrivarono di fronte all’imponente cancello – niente a che vedere con il grezzo monolocale del biondo – e si fermarono.
«Quindi?», domandò Sasuke.
Naruto aggrottò la fronte. «Quindi?».
 
Sembra quasi la chiusura di un appuntamento romantico.
Oh, che schifo, è Sasuke!
Beh, però..
..Basta!
 
«Resti o no?».
«Oh». Naruto sembrò deluso dal tono scocciato della sua domanda. «No, tuo fratello mi fa paura».
Sasuke sghignazzò appena. «Bene, ci vediamo domani».
«Sasuke aspetta».
Il moro si fermò sulla porta, senza voltarsi.
«Come mai hai deciso di rivolgermi di nuovo la parola?».
Fece spallucce. «Non sei stato solo tu a comportarti da.. beh. Hai capito. Non rivolgerti la parola è da immaturi».
Naruto annuì lentamente, infilando le mani in tasca. Sapeva che porre altre domande sarebbe stato inutile, in quel momento.
«Ah, dobe?».
«Eh?».
«Com’è andato il tuo appuntamento con Hinata?».
L’Uzumaki quasi non perse la mascella. «Tu.. come? Quando? Ed io che.. teme!».
Sasuke sghignazzò, infilando la chiave nella serratura. «Mi hai preso per te, forse? Non sono un idiota, e ho capito subito che facevi avanti e dietro. Inoltre, la testa gialla e spettinata che stava baciando Hinata poteva appartenere solo a te».
 
Mi.sono.ucciso.per.niente.
Al diavolo tutti, dattebayo.
 
Naruto serrò i pugni. «Se l’avevi capito perché non l’hai detto subito? Mi avresti evitato di impazzire», mormorò a denti stretti, con gli occhi ridotti a due fessure.
«Mi divertiva vederti così agitato, ho ereditato il sadismo da Itachi. E poi non mi andava di farti restare tutta la sera a fare l’innamorato con la Hyuga».
 
Eh?
 
L’Uchiha gli rivolse una strana occhiata, alla quale Naruto non riuscì ad attribuire un nome. «Non stavo facendo l’in-».
«Buonanotte, testa quadra!».
Sasuke si chiuse la porta alle spalle, appoggiandovisi.
 
Ma che razza di frase m’è uscita fuori?
Mi sto facendo contagiare da quell’idiota, maledizione.  
 
Il moro arrivò in salotto, trovando suo fratello disteso sul pavimento. Alzò un sopracciglio. «Che diavolo stai combinando, stupido nii-san?».
Itachi aprì un occhio soltanto. «Ti aspettavo, otouto. Volevo i dettagli della tua serata piccante».
Il più piccolo degli Uchiha ringhiò. «Smettila con questa storia».
«E tu smettila di far finta che Uzumaki non ti piaccia, almeno con il tuo fratellone!».
Sasuke diventò verde dalla rabbia. «Basta, non voglio ascoltare le tue stronzate. Vado a dormire e spero di trovarti morto, al mio risveglio».
Itachi rimase interdetto per un attimo, poi ghignò. «Ti voglio bene anche io!».
 
***
 
Lo sapevo. Sapevo che sarebbe successo questo.
 
Naruto, seduto sul gabinetto, iniziò ad imprecare contro l’imprecabile.
La sua pancia emetteva rumori strani e inquietanti.
 
Lo ucciderò, sul serio..
 
Una volta liberatosi – sapeva che avrebbe abbracciato la tazza almeno un altro paio di volte – tornò in cucina e si buttò sul divanetto, sbuffando. Aveva combinato un bel casino con Hinata, e nemmeno lui sapevo come avrebbe potuto rimediare. Se fosse stata Sakura, sarebbe stato più facile mettere le cose in chiaro. Ma Hinata..
 
Inoltre non c’è nulla da mettere in chiaro. Insomma, è.. complicato. È complicato.
Sì..
 
La vibrazione del cellulare attirò la sua attenzione.
Aprì il messaggio e, per poco, non gli caddero le braccia.
 
Ma cos’è oggi, il primo aprile?
 
Un’altra notizia gli avrebbe sconvolto l’esistenza, quella sera. Una visita inaspettata che avrebbe preferito evitare..
Con quasi le lacrime agli occhi dalla disperazione, rilesse il messaggio con la speranza di aver capito male. Ma le parole non erano di certo mutate.
 
“Yo! Yo!
Visita a sorpresa, fai una grossa spesa.
Se un amico vuoi ospitare il frigo pieno fai trovare! Ma siamo più di uno, credo una decina, non vorrai mica sistemarci in quella sudicia cantina?”
 
Le parole uscirono da sole, come un lamento.
«Una.. decina?».
 
Una decina.
Tra meno di ventiquattro ore, avrò ucciso una decina di persone.
 
Oh, no. Ho pensato in rima!


* * * * * * *

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Capitolo 5
*** Cos’è l’Armageddon in confronto ad una con i capelli rosa? ***


Salve a tutti!
Prima di tutto, volevo ringraziarvi perché il primo capitolo ha superato le 500 visualizzazioni. Sono commossa.
E le recensioni! Dio, vi adoro. Non ho mai ricevuto tante recensioni, mi sento realizzata.
Vi prego, non smettete ç_ç

In questo capitolo faccio entrare in scena due nuovi personaggi che io adoro, spero piacciano anche a voi!
Scrivere questo capitolo mi ha divertito particolarmente, non so perché, tant'è che quasi non volevo fermarmi!
Aspetto i vostri commenti!

Ah, ultima cosa.
Forse sembrerò ignorante in materia (ebbene, lo sono), ma spesso leggo in alcune one shot o fan fiction "# classificata al concorso ***". Ecco, com'è che si partecipa a questi concorsi? Mi piacerebbe davvero provare!
Bene, ho finito. Un grazie a chi mi risponderà, recensirà, metterà nei preferiti o semplicemente leggerà.
Alla prossima!
 

* * * * * * *
 

Capitolo cinque: Cos’è l’Armageddon in confronto ad una con i capelli rosa?
 

Spesa, fare la spesa.
Diamine, sono una frana con queste cose.
 
Naruto mugugnava imbronciato, spingendo il carrello tra i corridoi affollati del supermercato. Buttava al suo interno qualsiasi cosa gli capitasse a tiro, non preoccupandosi minimamente di controllare se fosse roba  quantomeno mangiabile.
 
Appena arriva, giuro che lo uccido.
Ma come gli passa in mente di venire a festeggiare a casa mia?
 
Dopo il messaggio in rima di Killer Bee, l’Uzumaki si era affrettato a telefonargli intimandogli di stare alla larga da casa sua.
Ma l’uomo, appellandosi al fatto che fosse il suo compleanno e non sapesse come trascorrerlo, aveva convinto il più piccolo a cedere.
Così, erano giunti ad un patto: lui ed i suoi amici non sarebbero rimasti per più di una sera e Naruto gli avrebbe organizzato una vera e propria festa di compleanno.
Sospirando, afferrò una scatola di palloncini multicolore e l’aggiunse alla spesa.
Killer Bee, per quanto grande potesse essere, aveva l’entusiasmo e gli atteggiamenti di un bambino.
Era anche per quello che a Naruto piaceva.
Arrivato alla cassa, si sentì picchiettare una spalla.
«Ehi, Sakura-cha-», si girò sorridente, ma il sorriso gli morì sulle labbra quando si rese conto che la ragazza quasi fumava dalla rabbia. I suoi occhi si riempirono di paura e iniziò a balbettare. «Qualsiasi cosa abbia fatto, non è come sembra».
«Baka!», urlò lei, dandogli un pugno in testa. «Sei uscito con la Hyuga? Ne parla mezza scuola, e si dice in giro che vi siate anche baciati. È vero?».
 
Forse dovrei scappare.
 
«Senti, Sakura-chan, Hinata-chan mi aveva chiesto se..-».
«Allora è vero?», gridò lei, sgranando gli occhi e preparandosi a colpirlo di nuovo.
 
Forse dovrei scappare adesso.
 
«Sì è vero, ma non vedo cosa ci sia di ma-».
La tempia di Sakura iniziò a pulsare pericolosamente, mentre la sua palpebra veniva colta da un improvviso tic.
«Uzumaki Naruto, tu sai che Hinata Hyuga è la ragazza che più odio a scuola? E che siamo rivali – anche se lei fa sempre l’innocentina e non ammette apertamente che cerca di essere migliore di me in tutto – fin dall’età di tre anni, quando lei osò dare una festa di compleanno più figa della mia?».
Il suo tono era troppo calmo. Naruto iniziò a sudare freddo.
«N-non ne ero a conoscenza», balbettò il biondo, «Ma n-non capisco c-cosa c’entri io in t-tutto que-».
«Farmi soffiare il ragazzo che avevo puntato da lei. Come credi che reagiranno le persone a questa notizia? Non farà per niente bene alla mia reputazione e tra poco ci sarà il ballo di primavera, Naruto-kun. Tu non vuoi che io non sia rieletta reginetta, vero? Non vuoi che la tua vita diventi un inferno, vero?».
Se Naruto avesse potuto buttarsi a terra e piangere dalla paura, probabilmente l’avrebbe fatto.
Quella ragazza gli dava seriamente i brividi.
«Non.. credo», biascicò, gli occhi fissi sul viso apparentemente sereno della ragazza.
Lei si aprì in un sorriso. «Bene! Per rimediare mi aspetto che tu mi inviti al ballo davanti a tutti, Naruto-kun. Domani».
 
Io.. cosa?
 
«M-ma io non avevo intenzione di andare al ballo, ecco..».
Sakura ridacchiò. «È il nostro ultimo anno. Non vorrai mica saltare il ballo dei diplomandi?».
«In realtà..».
«Infatti, non vuoi».
 
Maledizione, non ho vie di fuga.
 
L’Uzumaki deglutì a vuoto, sentendo l’impulso di spiaccicarsi il palmo aperto sulla fronte.
L’Haruno non aspettò altri cenni d’assenso. «A domani, Naruto-kun! Mi raccomando!».
Così dicendo, andò via con una ritrovata spensieratezza.
 
Sono fottuto.
Di nuovo.
Non lo sto pensando un po’ troppo spesso, di recente?
 
***
 
«Sasuke? Sasuke, mi stai ascoltando?».
La mano di Sai schioccò più volte davanti agli occhi dell’Uchiha.
Lui sbatté le palpebre, aggrottando la fronte. «No, pensavo ad altro. Che diavolo.. perché mi stai seguendo?».
Il ragazzo dalla pelle pallida ridusse gli occhi in due piccole fessure. «Stavo parlando da dieci minuti».
«E cosa vuoi, faccia da scemo?».
«Nulla, è che..». Sai si fermò, abbassando lo sguardo. Sasuke alzò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto. «Sei l’unica persona che conosco e ho pensato che..-».
«Oh no. Oh no, toglitelo dalla testa, non diventerò tuo amico!».
Shimura mise il broncio. «Perché no?».
«Perché io non ho amici», brontolò Sasuke ricominciando a camminare.
«Naruto è tuo amico o sbaglio?».
L’Uchiha dovette bloccarsi un attimo per evitare di schioccare la lingua.
 
Da quando in qua gli amici si baciano?
 
«Uzumaki è una palla al piede. Una piattola che, una volta appiccicatasi addosso, è impossibile da scacciare».
Sai alzò le sopracciglia, vagamente divertito. «Davvero? Eppure sembrate davvero ottimi amici».
 
Ah sì?
 
«Questo non cambia il fatto che non diventerò amico di un pivello come te».
«Hai una reputazione da tenere alta o cosa?», borbottò l’altro, afflitto. I ragazzi più grandi erano sempre così antipatici?
«Niente del genere. È che sei una faccia da scemo».
Gli occhi del ragazzino s’illuminarono. «È solo per questo? Allora non ci sono veri problemi! Inizierò a chiamarti senpai, senpai Sasuke!».
 
Questo è un incubo o cosa?
 
«Se lo fai in pubblico ti uccido lentamente», lo minacciò a denti stretti l’Uchiha.
 
Perché questo scemo doveva capitare a me?
 
«Agli ordini, senpai!».
«Smettila».
«Ma hai detto solo che non devo farlo in pubblico!».
«Siamo nel corridoio di scuola, questo ti sembra un luogo privato?».
«Quindi vuol dire che potremo uscire insieme dopo scuola? E mi insegnerai tutte quelle cose che s’insegnano ai compagni più giovani?».
A Sasuke venne voglia di prendersi a schiaffi.
Ma, come se lo stesse chiamando, un piacevole imprevisto interruppe la conversazione con faccia da scemo.
«Sasuke! Sasuke, Sasuke! Sasuke!».
Naruto arrivò correndo e chiamando il suo nome a gran voce. Alcuni studenti si voltarono a guardarlo, aggrottando la fronte.
L’Uchiha sospirò. «Sono qui, dobe, non urlare. Che ti è successo?».
L’Uzumaki si lasciò scivolare con la schiena contro il muro, chiudendo gli occhi e iniziando a piagnucolare. «Sono nella merda! Sakura-chan vuole che-».
Spalancò di scatto gli occhi, fissando lo sguardo su un Sai vagamente confuso. «E tu chi sei?».
Mentre Shimura, tutto contento, gli tendeva la mano per presentarsi, Sasuke scosse il capo, vagamente divertito. «La tua presenza a scuola è così saltuaria che non hai nemmeno incontrato questo scemo qui. È arrivato circa tre settimane fa».
Il biondo mise il broncio. «Io sono Uzumaki Naruto. Tu sei?».
«Sai!».
«So cosa?».
Al ragazzino venne voglia di scavare una fossa e lasciarsi essiccare al suo interno. «Siete tutti così scontati in questa città?».
Naruto aggrottò la fronte, confuso, poi scrollò le spalle. «Dicevo che sono nella merda. Sakura-chan..-».
Per la seconda volta s’interruppe, ma a causa di un colpo di genio.
Si voltò lentamente verso il ragazzo nuovo.
«Tu, qualunque sia il tuo nome!».
«Sai, mi chiamo Sai. S-a-i. Tre lettere, una parola sola. Non è difficile».
«In ogni caso..», borbottò il biondo, afferrandogli le mani. «Mi faresti un favore?».
«Non riesci a ricordare il mio banalissimo nome e mi chiedi di farti un favore?».
«Ti pagherò».
Silenzio.
«..Che favore?».
Mentre a Sasuke quasi non scendeva la classica gocciolina del “perché a me?”, Naruto iniziò ad illustrare a Sai il suo piano.
«..Se tu inviti Sakura-chan al ballo prima di me, davanti a tutti, non potrà rifiutare. Sarebbe scortese e lei tiene troppo alla sua reputazione per sentirsi dire che è stata sgarbata con il ragazzo nuovo».
Shimura, alzando un sopracciglio, cercò di fare il punto della situazione. «Mi stai pregando – anche a costo di pagarmi – di invitare Sakura Haruno al ballo prima di te?».
L’Uzumaki annuì con entusiasmo.
«E perché non le dici semplicemente che non ti va di andarci?».
«Perché mi fa paura. E mi renderebbe la vita un inferno. Tu non la conosci..», un brivido lo percorse.
Sai sospirò. «Beh, è una ragazza carina. Penso si possa fare anche gratis».
Fece spallucce e Naruto quasi non lo strozzò in un abbraccio. «Grazie Sei!».
«È Sai».
Il ragazzino sospirò, sciogliendo l’abbraccio killer. «Adesso devo andare. Ciao Naruto, ciao senpai!».
Il biondo aspettò che Sai si fosse allontanato del tutto, prima di voltarsi verso un annoiato Sasuke con un sorriso sul volto. «Senpai?».
«Zitto. Non dire nulla o ti uccido».
 
Ti conviene ascoltarmi, dobe. Ultimamente, ogni scusa è buona per metterti le mani addosso.
.. Per picchiarlo, intendo.
Oh, ma che diamine..
 
Naruto ridacchiò. «È un tipo a posto, in fondo».
«Lo dici solo perché ti sta facendo un favore che nessun altro sarebbe disposto a farti, in questa scuola?».
«..Solo perché tutti conoscono Sakura».
Sasuke piegò l’angolo della bocca in un ghigno. «Ti stai approfittando di lui».
«Teme! Se la metti così sembra una cosa davvero brutta».
«Ma lo è. Sei una brutta persona, dobe», ghignò l’Uchiha.
«Zitto, senpai».
Sasuke non parlò. Gli bastò affilare lo sguardo perché Naruto capisse che se ci teneva alla testa doveva davvero stare zitto.
Sospirò. «Mi piacerebbe continuare a prenderti in giro e ridere delle tue disgrazie, se non avessi le mie a cui badare».
Naruto, che era entrato a scuola solo per far finta di essere un normale studente all’uscita, cercava in tutti i modi di nascondersi dietro l’amico per evitare di essere visto da qualche docente che, sicuramente, gli avrebbe fatto la predica.
Ma quando qualcuno lo afferrò dall’orecchio, si rese conto che era troppo tardi.
«Uzumaki Naruto, quale onore. Non la vedo da circa una settimana».
«Kakashi-sensei..», miagolò il biondo, cercando di sorridere nel modo più convincente che poteva. «Ecco.. è c-che sono stato poco bene e.. e..».
Kakashi Hatake era l’insegnante che più dava filo da torcere a Naruto.
Ed era anche quello che, in fondo, stimava di più.
Inoltre, era estremamente curioso di sapere cosa nascondesse sotto la fascia che gli copriva mezzo volto e che non toglieva mai.
Il sensei gli diede uno scappellotto dietro la nuca. «Stai per compiere diciannove anni, smettila di fare l’idiota. Domani ti aspetto a lezione, altrimenti ti scatenerò contro i cani».
E no, quella non era una metafora.
Sasuke non aveva fatto altro che ghignare per tutto il tempo. Quando Naruto lo raggiunse, per poco non lo fulminò con lo sguardo. «Potevi anche confermare la mia malattia, sai?».
«Chi, io? Nah. Vederti correre per sfuggire dai cani di Kakashi-sensei sarebbe uno sballo».
L’Uzumaki serrò i pugni, riducendo gli occhi in due piccole fessure. «Tu, teme che non sei a-».
Sasuke gli scoccò un sorriso, uno di quelli che era raro vedergli fare.
E a Naruto, per un secondo, mancò il respiro.
 
Oh, baka, non puoi continuare così..
 
Si schiarì la voce, abbassando lo sguardo e sperando che Sasuke non si fosse accorto del rossore che gli aveva colorato le gote.
«Non mi stavi parlando dei tuoi innumerevoli problemi?».
L’Uzumaki alzò il capo di scatto, spalancando gli occhi e tornando quello di sempre. «Killer Bee vuole portare i suoi amici a casa mia per festeggiare il suo compleanno», borbottò.
Sasuke alzò un sopracciglio. «Ci entrano più di due persone, in quel buco?».
«È questo il punto, ma proprio non posso dirgli di no, è un caro amico che ha bisogno di un favore..».
«Perché non la fai a casa nostra? È molto più grande della tua».
Naruto e Sasuke si voltarono di scatto.
«Nii-san?».
Itachi scompigliò i capelli corvini del fratello. «Ciao, otouto. Non stavo origliando, lo giuro».
Il più piccolo degli Uchiha aggrottò la fronte. «Che ci fai qua?».
 
“«Sto aspettando che tu ti dichiari alla bionda”».
È questa la tua risposta, te lo leggo negli occhi.
Nii-san, prima o poi ti faccio fuori sul serio.
 
Deglutì, nervoso, e Itachi per poco non gli scoppiò a ridere in faccia. «Passavo da queste parti e vi ho intravisti. Comunque, Naruto-kun, puoi davvero usare casa nostra».
 
Perché Nii-san vuole morire così giovane?
La casa invasa da quei pazzi degli amici di Killer Bee?
Sarò io a dover pulire tutto, poi..
Che diamine!
 
Naruto sgranò gli occhi, entusiasta. «Dici sul serio, Itachi-san?».
Lui annuì. «Certo, Sasuke sarà felice di fare da cicerone. Vero, otouto?».
Sasuke inspirò violentemente dal naso.
 
Cicerone? Chissà, potrei fare anche l’intrattenitore.
Magari esponendo il cadavere mutilato di Itachi al pubblico?
Però.. guarda come sorride quel dobe all’idea..
 
Espirò. «Certamente», borbottò.
L’Uzumaki si aprì in un enorme sorriso. «Grazie! Adesso ho risolto anche questo problema. Ma se la festa va fatta da voi dovremmo darci una mossa. Killer Bee ed i suoi amici arriveranno intorno alle otto, questa sera».
 
I due Uchiha si guardarono, il secondo che quasi non gettava le mani al collo del primo in un efficiente tentativo di omicidio.
«Allora ci vediamo a casa tra venti minuti», esclamò un sorridente Itachi.
 
Dovrò tenermi Naruto, Killer Bee, gli invitati e Itachi – più i suoi strampalati amici che non dimenticherà di invitare –  a casa per tutta la notte.
Cos’ho fatto di male per meritare questo?
 
***
 
«L’ho fatto per te, otouto!», si giustificò Itachi, schivando i vari oggetti acuminati che suo fratello gli lanciava contro. «Potrai stare con Naruto tutta la notte».
Sasuke ringhiò, contemplando l’idea di lanciargli contro uno di quegli affilati coltelli della cucina. «Ancora con questa storia? Itachi smettila, non sono gay e non mi piace Naruto. Piuttosto, perché non imponiamo un veto sugli amici che hai intenzione di invitare?».
Per la prima volta, Itachi assunse un’espressione seria e affilò lo sguardo. «Veto?».
«Scordati quel pazzo di Deidara. L’ultima volta ha fatto esplodere il microonde e la volta prima ha dato fuoco alle sedie per farci un falò».
«Ma..».
«Niente ma».
Il più grande degli Uchiha incrociò le braccia al petto. «Se non mi fai invitare Deidara, dirò davanti a tutti che hai baciato Naruto!».
Sasuke sgranò gli occhi dalla sorpresa, diventando rosso.
Itachi, dopo un momento di silenzio, iniziò a ridere così tanto da doversi piegare su se stesso. «Allora è vero? E io che l’avevo buttata lì così..».
«Nii-san..».
Nemmeno il tono minaccioso del piccolo Uchiha era in grado di fermare la cascata di risate di suo fratello maggiore.
«Itachi se dici qualcosa a qualcuno sarò felice di restare figlio unico. È successo per sbaglio!».
«Per sbaglio, certo!», gongolò Itachi, asciugandosi le lacrime dagli occhi. «Non lo dirò a nessuno».
Sasuke sospirò. «Bene».
«..Se lasci venire Deidara».
 
Nulla di avventato.
Non fare nulla di avventato.
 
«Se quel tuo amico pazzo fa esplodere qualcosa, lo caccio fuori a calci!».
E così dicendo, sconfitto e umiliato, Sasuke Uchiha salì al piano di sopra per farsi una doccia.
 
***
 
Naruto eseguì il suo trionfale ingresso a casa Uchiha facendo quasi cadere tutto ciò che si era meticolosamente raccomandato di non rompere.
«Ho mandato un messaggio a Killer Bee con il nuovo indirizzo. Non finirò mai di ringraziarti, Itachi-san!».
Itachi sorrise benevolo. «Approfitterò della tua festa per invitare qualche amico. Spero che a Bee non dispiaccia».
Il biondo scosse la testa, ricambiando il sorriso. «Sono sicuro di no».
Si guardò intorno, notando che la bella casa era già quasi pronta. Aggrottò la fronte. «Potevate aspettarmi per preparare».
L’Uchiha ghignò. «Quando otouto è nervoso diventa un maniaco del controllo. L’ho lasciato fare per non sentirlo».
 
Perché Sasuke dovrebbe essere nervoso?
 
«A proposito, dov’è Sasuke?».
Itachi fece spallucce. «In camera sua a farsi bello, probabilmente. Sali pure».
L’Uzumaki annuì, conosceva la strada.
Afferrò il pomello, annunciandosi. «Teme, stavo pensando che per la musica lascerò fare a quel tipo amico di Itachi, com’è che si chia-..oh».
Non aveva preventivato che, aprendo la porta, avrebbe trovato Sasuke, di spalle, intento ad infilarsi i boxer.
Sgranando gli occhi, richiuse la porta con un gesto secco. «S-scusa!».
 
Oh no, questa visionemi perseguiterà a vita.
 
Sapeva che, se fosse successo prima di quella sera, probabilmente si sarebbe semplicemente fatto una risata e l’avrebbe preso in giro.
 
O forse no.
 
Deglutì, chiudendo gli occhi e cercando di regolarizzare il respiro.
Il fisico di Sasuke era così dannatamente perfetto, scolpito.
Si ritrovò a chiedersi perché avesse chiuso la porta.
 
No, non è vero, non ho mai pensato una cosa del genere!
 
La voce di Sasuke, dall’altra parte del muro, lo distolse dal turbinio di pensieri che aveva in testa. «Puoi entrare ora».
Quando aprì di nuovo la porta, lo fece con lentezza e quasi imbarazzato.
Ma l’Uchiha era quasi completamente vestito e quindi sospirò, rilassandosi.
«Dicevo che per la musica avevo pensato a quell’amico di Itachi e..».
Abbassò lo sguardo.
 
Che diavolo mi succede adesso? Perché non riesco a guardarlo in faccia?
E perché mi trema la voce?
Merda, merda, merda..
 
Sospirò, stringendo i pugni.
Che fosse arrivato il momento di ammettere a se stesso la verità?
Si morse l’interno della guancia. «Sasuke, ascolta un attimo una cosa..».
L’Uchiha si voltò verso di lui, inclinando il capo.
 
Forza, Naruto. Sei pronto a fare la figura dello scemo?
 
«Teme, io..».
Ma, in quel momento, un botto simile ad un’esplosione fece accorrere entrambi alla finestra.
«Oh no», borbottò Sasuke, portandosi una mano sulla fronte. «È già arrivato».
Naruto, ancora teso per via di quello che stava per dire, ci mise un po’ a rispondere. «È già arrivato chi?».
«Il tipo che ha una strana ossessione per le bombe e per mio fratello. E ultimamente anche per me», tremò, facendo scorrere un vetro. «Deidara, idiota, non farmi esplodere casa prima che arrivino gli ospiti».
Il biondo, scendendo dalla macchina, ghignò. «Oh, Sasuke-kun, di me ci si può fidare, lo sai».
Sasuke ridusse gli occhi in due fessure, scuotendo il capo. «Come no..».
Naruto serrò le labbra.
 
Questo tizio strano ha un’ossessione per Sas’ke?
 
Gli era antipatico a pelle. E a causa sua non era riuscito a parlare a Sasuke..
Fece un passo avanti, riprovandoci. «Sasuke..».
«Parleremo dopo, dobe. Quel tipo da solo con i fornelli non lo lascio. Coraggio, andiamo di sotto».
L’Uzumaki provò a trattenerlo, ma lasciò cadere il braccio lungo il fianco.
 
Parleremo dopo, ha detto.
Beh, forse è meglio così..
 
Il rumore di qualcosa che andava in frantumi, seguito dalle grida di Sasuke e dalle risate di Itachi, gli fecero pensare che forse quel Deidara era davvero un pericolo pubblico. Sorrise appena, stringendosi nelle spalle.
 
Devo solo tirare avanti per tutta la sera. Ci sarà Bee, non lo vedo da tanto, sarà divertente.
E dopo..
 
 «..Deidara, ti ficco un petardo su per il-».
Il biondo sorrise, chiudendosi la porta della stanza di Sasuke alle spalle.
 
..Che la festa abbia inizio!

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Capitolo 6
*** Buon compleanno Bee! ***


Ed eccoci arrivati al sesto capitolo, quanto sono felice!
Userò questo spazio per dire una cosa: chi mi legge da un po', sa che rispondo alle recensioni di domenica, dopo aver pubblicato i capitoli, perché così ho un'idea più chiara di ciò che devo scrivere. Non è perché me la tiro o cose del genere, anzi. Vi ringrazierei mille volte se potessi.
Dico questo perché mi sono accorta che una recensione è stata cancellata, e non vorrei fosse stato per questo motivo. Nel caso, ci tengo a precisare che non sono il tipo che non risponde alle recensioni, solo che lo faccio con un po' di ritardo.
Bene, scusatemi per il papiro.
Godetevi il capitolo!

 

* * * * * *

Capitolo sei: Buon compleanno Bee!


«Arriverà a momenti».
«Ne siamo sicuri?».
«Sì, l’ho solo mandato a comprare una sciocchezza dietro l’angolo per perdere tempo..».
«Oh, baka, ma è Bee.. potrebbe perdersi!».
Naruto si posò il palmo della mano sulla fronte, nervoso. Quella festa era stata più faticosa del previsto, e Killer Bee stava anche tardando.
Per far sì che Itachi riuscisse ad andare perfino a comprare una torta prima dell’arrivo del festeggiato, Motoi, il miglior amico di Bee, l’aveva mandato ad un negozio di intimo con la scusa di regalargli un paio di boxer con su disegnata un’ape. Il negozio, in teoria, non era lontano da casa Uchiha.
Peccato che Bee fosse capace di perdersi anche in mezzo quadrato di spazio.
Naruto, cercando di rilassarsi, lanciò un’occhiata  in perlustrazione. Molta della gente lì presente neanche l’aveva mai vista, ma poteva riconoscere alcune facce. Darui, per esempio. Gli fece un cenno di saluto con la mano prima di tornare a guardarsi intorno alla ricerca di una persona specifica.
Non vedeva Sasuke da quando gli ospiti erano arrivati. L’aveva perso tra la folla e non aveva avuto il tempo di cercarlo.
 
Perché avresti dovuto cercarlo?
 
Sospirò.
Beh, forse non avrebbe dovuto, ma aveva iniziato un discorso con lui e lo avrebbe portato a termine. Anche se ciò avrebbe significato andare contro la vocina nella sua testa che gli diceva che era sbagliato.
L’Uzumaki era così perso nei suoi pensieri che nemmeno si accorse dell’arrivo di un ragazzo dalla chioma rossa e lo sguardo spento.
Il biondo ne ebbe timore in un primo momento, ma ricordò che Itachi gli aveva detto che avrebbe invitato un paio di suoi amici. Quel tizio doveva essere uno del suo gruppo.
Naruto sorrise. «Cerchi Itachi?», urlò, sopra la musica.
Il rosso scosse la testa. «Sto cercando quell’idiota di Deidara, il biondo. Credo che tu l’abbia visto».
L’Uzumaki avvertì l’irresistibile impulso di stringere gli occhi. Quel Deidara gli stava sullo stomaco. «Sì, credo sia da qualche parte con Sasuke..».
«Il fratello scemo di Itachi?».
Naruto rimase in silenzio per qualche secondo, sgranando appena gli occhi. «B-beh, suppongo di..».
«Oh, accidenti», sbuffò l’altro, mostrando per la prima volta una mezza emozione: la seccatura. «È fissato con quel pivello, ultimamente. Vuole per forza riuscire ad entrare nelle sue grazie».
 
Entrare nelle grazie di Sasuke! HA!
 
«Non ti sta molto simpatico?».
Il rosso scrollò le spalle. «Nessuno mi è simpatico, eccetto un po’ Itachi e l’uomo bomba. Tu sei il compagno di Sasuke?».
All’Uzumaki quasi non cadde la mascella. «Dio, no! No, assolutamente.. no! S-sono, un..», fece una pausa, accorgendosi di aver avuto una reazione esagerata. Un solo “no”, sarebbe stato sufficiente. «..sono un suo compagno di classe».
L’altro alzò un sopracciglio. «Era quello che intendevo».
«Oh».
Silenzio.
 
Questa conversazione sta diventando imbarazzante, ‘ttebayo.
 
«Per caso ti piace Sasuke?».
Il biondo diventò esageratamente rosso. «Tu, la smetti di fare queste domande facilmente fraintendibili ad uno che nemmeno conosci? Anzi, non so nemmeno come ti chiami!».
«Sasori».
«Bene, Sasori. Smettila di dire sciocchezze».
«Sciocchezze?».
«Sì, sciocchezze».
Ancora silenzio.
 
Che tipo strano questo Sasori.. siamo sicuri che non sia un serial killer dai modi gentili?
 
«È inutile che neghi, l’ho capito che hai una cotta per lui».
Il biondo strabuzzò gli occhi. «C-cosa? Che stai dicen-».
«Stai arrossendo e abbassi lo sguardo. Inoltre, anche io sto con un uomo. Non ci vedo nulla di male», ammise Sasori, scrollando le spalle.
Naruto aggrottò la fronte. «Davvero?».
«Perché credi che stia cercando quello scoppiato di Deidara?».
 
Questo tizio sta con il biondo psicopatico?
E come gli viene di confessarlo così apertamente ad uno che conosce da meno di cinque minuti?
 
«Vuole convincere il pivello a fargli da modello per una scultura. E poi ha in programma di farla esplodere. L’ultima volta, quando ha raffigurato Itachi, ha distrutto l’appartamento in cui vivevamo. Ovviamente, sono stato costretto a pagare i danni, quindi voglio evitare che succeda ancora».
L’Uzumaki rimase interdetto per qualche secondo, poi si costrinse a scuotere la testa. «E da quanto tempo.. tu, cioè voi.. beh..».
«Da quanto tempo stiamo insieme? Circa cinque anni».
Naruto ne sembrò sorpreso, era davvero tanto tempo. «E lo tenete segreto a tutti?».
«Assolutamente no», confessò Sasori, aggrottando un sopracciglio. «Perché dovremmo? Non c’è nulla di male nell’amare qualcuno dello stesso sesso. Non che io ami Deidara, ovviamente. Mi limito a sopportarlo.. e a scoparci».
Il biondo per poco non si strozzò con la sua saliva. «Non m’interessa».
Per la prima volta, Sasori sembrò piegare lievemente gli angoli delle labbra, il suo equivalente di un sorriso. Aveva detto che non amava Deidara, ma era chiaro che fosse l’esatto contrario.
«Ora credo che continuerò a cercarlo, prima che faccia esplodere la casa ad Itachi. Ci becchiamo in giro, biondino».
Naruto era rimasto immobile e rispose quando Sasori si era già avviato. «Mi chiamo Naruto!».
Il rosso gli alzò il pollice e si perse tra la folla.
 
Oh, accidenti, che razza di situazione.
E se lo dicesse a..
No, non lo farà.
..Ma se lo facesse?
 
Naruto si lasciò cadere sul divano, stringendosi le ginocchia al petto e appoggiandovi sopra il mento. Non gli restava far altro che aspettare Bee e dare inizio a quella festa. Dopo avrebbe potuto finalmente parlare a Sasuke.
Ormai era come un pensiero fisso, eppure non sapeva nemmeno minimamente cos’avrebbe dovuto dirgli.
 
“Sasuke, penso che tu mi piaccia”?
“Sasuke, quei baci per me hanno significato qualcosa”?
“Sasuke, credo proprio di essere gay”?
No, maledizione, no. Non va bene..
 
La vibrazione del cellulare lo distolse dai suoi pensieri. Quando aprì l’sms, si rese conto di aver dimenticato di aggiustare una particolare situazione: la situazione Hinata.
“Naruto-kun, non ho più avuto tue notizie dall’uscita.. stai bene? Ci hai ripensato? Io, ecco, se tu non vuoi niente di serio.. beh, ne riparliamo. Divertiti alla festa”.
All’Uzumaki venne voglia di prendersi a schiaffi in faccia.
Hinata era una brava ragazza, approfittarsi di lei era stato sbagliato. Avrebbe dovuto fare qualcosa per mettere in chiaro le cose senza ferirla.
Magari, dicendole la verità..
 
Cosa diavolo ti passa per la testa, Naruto?
Tu non..
Beh, forse però..
 
L’idea non era così male, esaminandola. Hinata era buona, avrebbe capito. Ed era discreta.
Il biondo sospirò, aveva un peso in meno di cui farsi carico.
Pochi minuti dopo, qualcuno diede l’allarme. «Arriva Bee! Spegnete le luci e la musica!».
«Non capisco il senso di tutto questo. Killer Bee sa benissimo che gli è stata organizzata una festa, è stato lui ad organizzarla! Non mi dire che si sforzerà anche di fare l’espressione sorpresa».
Naruto perse due battiti.
«Sasuke? Dov’eri finito?».
Si voltò di scatto, ma dell’amico riusciva a vedere soltanto l’ombra.
«Cercavo di tenere a bada Deidara. Poi è arrivato Sasori e il mio lavoro da baby-sitter è terminato. Mi cercavi?».
«Beh, è che questa è casa tua e io..», sospirò. «Lascia perdere. Tornando al tuo discorso, e conoscendo Bee, credo proprio che farà finta di essere stupito. È fatto così».
Sentirono un rumore di chiavi nella porta. Sasuke si irrigidì. «Chi gli ha dato le chiavi di casa mia?».
«Itachi, suppongo».
Silenzio.
«Prima o poi resterò davvero figlio unico», grugnì, maledicendo suo fratello in ogni lingua da lui conosciuta.
Quando la porta si spalancò, ci fu un respiro trattenuto di gruppo prima che Bee cercasse di accendere la luce. «Accendo io la luce, di questa bella casa, chissà cosa ci trovo, forse una sorpresa?».
Dopo il respiro trattenuto, ci fu un sospiro rassegnato collettivo.
«La luce non si accende, l’interruttore è rotto, fate un po’ di chiaro oppure me la faccio sotto!».
Tutti quanti, ridendo, iniziarono a tirare fuori torce e accendini e poi, quando fu abbastanza chiaro da far sì che lui vedesse almeno in parte ciò che era stato preparato, in coro urlarono: «Buon compleanno Killer Bee!».
«Oh Cielo, non me lo aspettavo!», recitò Bee, per la prima volta senza parlare in rima, mentre Sasuke, alle spalle di Naruto, brontolava rabbiosamente qualcosa contro Deidara ed i fili scoperti della corrente.
«Naruto, ti dispiace venirmi ad aiutare? Devo andare a controllare l’interruttore in cantina e non posso farlo da solo, ma non so dove sia Itachi..».
L’Uzumaki si affrettò ad annuire. «Non c’è problema, andiamo».
L’Uchiha afferrò una torcia, guidando il biondo attraverso i corridoi dell’enorme casa in cui vivevano solo lui e suo fratello. Magari, un giorno, avrebbe detto a Naruto di scegliersi una stanza e vivere con loro..
 
.. o anche no.
 
Scesero una rampa di scale buia e scricchiolante, fin quando non si trovarono nel buco che fungeva da cantina, dove erano posizionati tutti gli interruttori della corrente.
Sasuke sembrava sapere dove mettere le mani, quindi Naruto non capì l’utilità della sua presenza fin quando l’Uchiha non gli chiese di fargli luce mentre lui aveva le mani occupate.
«Come mai ti intendi di queste cose?», domandò il biondo quasi spontaneamente.
«Io e Itachi viviamo soli da quando avevo cinque anni. Certe cose le ho imparate per necessità».
Avrebbe dovuto aspettarsi una risposta così: Sasuke non era il tipo che si sprecava nei dettagli superflui.
«Io non so farlo», ammise.
Il raggio della torcia illuminò per un secondo il mezzo sorriso di Sasuke. «Se vieni qui potrei anche insegnartelo».
Fino a quel momento Naruto era rimasto seduto sulle scale per fare luce dall’alto, ma non si fece ripetere la proposta due volte, anche se se ne pentì subito dopo essersi alzato.
 
Questo è un buco, ed è così buio.. oh, merda. E se gli parlassi adesso?
 
L’Uchiha muoveva abilmente le mani tra fili e interruttori, parlando e usando termini tecnici che l’Uzumaki non si sforzò nemmeno di comprendere, ma non ci mise molto a capire che l’amico non lo stava ascoltando affatto.
«Dobe? Ci sei?».
Naruto scosse la testa. «Scusa, non stavo ascoltando».
«A che pensi?».
 
Adesso, Naruto. Adesso o mai più.
 
Il biondo si schiarì la voce. «Sasuke, io..».
L’Uchiha voltò il capo per cercare di guardare l’altro ma, in quel buio, non si accorse di averlo troppo vicino. Così tanto che i loro nasi si sfioravano.
A Naruto mancarono le parole.
Era troppo, troppo vicino. E non sapeva se sarebbe riuscito a trattenersi.
Avvertiva il respiro dell’altro sulle sue stesse labbra dischiuse e sentiva che si sarebbe mosso tra tre,
due,
uno..
Sbatté gli occhi più volte, rendendosi conto che la corrente era tornata e la luce si era riaccesa. Naruto si ritrovò a fissare con bramosia le labbra del suo amico, ma sapeva bene di aver perso l’ennesima occasione. Eppure, Sasuke era ancora fermo nella stessa posizione di prima.
«Sasuke, stavo venendo ad aiutarti ma vedo che hai risolt-.. oh».
La voce di Itachi ruppe definitivamente l’incantesimo. Sasuke chinò il capo, interrompendo il contatto visivo, mentre Naruto fece un passo indietro.
Itachi, dall’alto, sembrava sentirsi in colpa. «Scusate, non pensavo che-».
«Nulla, non devi pensare e basta», borbottò Sasuke, salendo in fretta le scale. «Dì a Deidara che se la casa salta in aria, muore anche lui. Quindi non provasse più a lasciare i fili scoperti, o anche solo a toccarli».
Il minore degli Uchiha si allontanò con le mani in tasca e, non appena fu abbastanza lontano, Naruto si permise di sospirare.
Itachi lo guardò dispiaciuto. «Scusa, Naruto, non volevo interrompervi. Ora che finalmente voi..».
Naruto sgranò gli occhi. «No, Itachi-san, non è..-».
 
“Non è” cosa? Stavi per baciare Sasuke e si vede lontano un miglio che sei gay, se n’è accorto pure quel Sasori. Itachi non ne resterebbe affatto sconvolto.
 
Si lasciò cadere seduto sulle scale che portavano alla cantina, sorreggendosi la faccia con il palmo della mano. «Io.. non lo so. Sasuke è.. ambiguo. Non so cosa vuole e non so cosa fare..».
Il maggiore degli Uchiha si sedette al suo fianco, mettendogli un braccio intorno alle spalle in segno di conforto. «Conosco mio fratello, ma non è questo il punto. Se sei sicuro di ciò che provi, anche se fatichi ad ammetterlo.. beh, provaci. In fondo, cosa potrebbe succedere di male? Ti dirà di no e poi se ne scorderà, tornando a darti del dobe alla prima buona occasione».
Naruto sospirò.
 
Se lui dicesse di no, sarei io a cambiare. Sentirsi rifiutato sarebbe doloroso..
 
«..ma fidati, non penso proprio che lui dica di no».
 
Cosa?
 
«Come ho già detto, conosco mio fratello».
Itachi si alzò, costringendo Naruto a fare lo stesso. «Torniamo alla festa, Bee si sta chiedendo dove tu sia finito».
L’Uzumaki annuì. «Grazie, Itachi-san».
L’Uchiha si limitò ad ammiccare, e Naruto si accorse di essere più rilassato.
 
***
 
«Naruto Yo, Naruto, amico, yo yo! Non ci si vede da una vita, come te la giochi la partita?».
«Partita?», Naruto alzò un sopracciglio. «Che partita?».
«Intende chiederti come ti vanno le cose», spiegò Motoi, interpretando le rime dell’amico.
«Oh, beh, va tutto alla grande».
Killer Bee – Naruto lo sentiva – era pronto a lanciarsi in un fiotto di chiacchiere e rime che nessuno avrebbe compreso fino in fondo, ma fu bloccato da Darui che annunciava l’arrivo della torta.
Itachi era riuscito a procurarsi una delle torte preferite da Bee, una ricetta italiana, e a piazzarci sopra il numero esatto di candeline, rigorosamente blu.
 
Killer Bee è davvero un bambino non cresciuto.
 
Pensò con affetto l’Uzumaki, mentre osservava Deidara che litigava con Itachi per avere l’onore di accendere le candeline.
Incrociò lo sguardo di Sasuke, appoggiato al muro dall’altra parte della stanza, che lo osservava a braccia conserte, una strana espressione sul volto. Il biondo distolse lo sguardo, decidendo di non pensarci fino alla fine della festa.
Hidan, un altro degli strambi amici di Itachi, animò la ricorrenza con la musica fino a quando i vicini, scocciati, mandarono la polizia. Così, furono costretti tutti ad andarsene poco prima dell’alba.
«Grazie Naruto, grazie Itachi, grazie fratello di Itachi», mormorò Bee, con gli occhi quasi lucidi, stringendo tutti e tre in un caloroso abbraccio. «La festa migliore della mia vita, ne è valsa la fatica, yo!».
L’Uzumaki e il maggiore degli Uchiha sorrisero. «È stato un piacere», confessò Itachi, accompagnando alla porta gli ultimi rimasti con la promessa di un incontro non troppo avanti nel tempo.
Sasuke aveva già cominciato a raccogliere i bicchieri usati e buttarli in grandi buste per la spazzatura che si trascinava dietro a mo’ di rimorchio, brontolando qualcosa sul fatto che, conoscendo Itachi, arrivati a quel punto se ne sarebbe andato a dormire.
«Bene, ragazzi, sono davvero stanco. Otouto, puliamo doman-», si bloccò, lanciando uno sguardo a Naruto. «Anzi, visto che siete in due, mi aspetto che togliate almeno tutto il disordine, prima di andare a dormire».
Naruto colse il suo sguardo e sperò di non essere arrossito. Annuì. «Buonanotte Itachi-san».
Il maggiore degli Uchiha scompigliò i capelli del fratello minore, che non rispose al saluto, e salì le scale che portavano alle camere da letto. Poco dopo, udirono la porta chiudersi alle sue spalle.
Naruto e Sasuke rimasero in silenzio, a raccogliere bicchieri e fazzoletti, per circa un quarto d’ora.
 
Cosa stai aspettando, idiota? Non avevi deciso di parlargli?
 
«Sasuke?».
L’altro non si voltò. «Mh?».
«Devo dirti una cosa».
Silenzio.
Naruto sentì il suo cuore iniziare a battere freneticamente, mentre dalla sua mente sparivano tutte le parole che aveva avuto intenzione di usare.
 
Fallo come ti viene. Basta pensarci troppo.
 
«Sasuke, credo che tu mi piaccia».
L’Uchiha si bloccò per un secondo che a Naruto parve infinito, prima di ricominciare a buttare cose. «Anche tu mi piaci, dobe».
«Intendo che mi piaci piaci. Non come amico. Io, ecco..», la sua voce si smorzò e abbassò il capo, ma si costrinse a continuare. «Io credo di essere gay».
 
L’ho detto. L’ho detto davvero?
No, non posso averlo detto sul serio.
No, no, non l’ho detto..
Oh Dio, perché non muoio adesso?
 
Sasuke rimase in silenzio per un po’. «Non m’interessa», disse semplicemente.
L’espressione di Naruto cambiò, mentre le braccia gli ricadevano lungo i fianchi.
 
Cosa?
 
«A me piacciono le donne. Mi dispiace di averti dato un’impressione sbagliata».
Naruto serrò le labbra. «Non mi sei sembrato attratto dalle donne. Sasuke, tu..».
«Io cosa, Naruto? No, non ci provare. Non sono un frocetto come te».
Quella parola fece male all’Uzumaki più di mille coltellate.
Per la prima volta, sentì il suo cuore spaccarsi.
E faceva male.
Sasuke gli dava ancora le spalle, non si era degnato nemmeno di voltarsi.
 
Itachi-san si sbagliava, è stato un errore, non avrei dovuto..
Voglio andare a casa.
Voglio stare solo.
 
«Non importa», disse l’Uzumaki, cercando di nascondere il tremolio nella voce. Lasciò cadere il sacco della spazzatura, indietreggiando verso la porta. «Non importa, dimentica tutto. Ci vediamo a scuola più tardi».
Naruto sapeva che non ci sarebbe andato.
E che forse non ci sarebbe andato nemmeno i giorni seguenti.
Si chiuse la porta di casa Uchiha alle spalle, mentre una lacrima solitaria gli rigava la guancia.
 
***
 
Cosa ho fatto?
 
Sasuke sospirò, lasciandosi cadere sulla poltrona e chiudendo gli occhi.
 
Gli ho detto una cosa orribile, una cosa che nemmeno penso. Perché l’ho fatto?
 
Sapeva benissimo perché: era spaventato.
Spaventato da Naruto e da tutto ciò che provava quando era con lui. Spaventato di ciò che sarebbe potuto succedere se si fosse lasciato andare, spaventato dalla gente e dalle conseguenze a cui sarebbe andato in contro.
Ma non poteva permettersi di perdere Naruto.
 
Mi scuserò, farò qualcosa per rimediare.
Spero solo che non sia troppo tardi.

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Capitolo 7
*** E se il ramen fosse davvero la soluzione a tutti i problemi? ***


Prima di tutto, ci tengo a scusarmi ENORMEMENTE per non aver aggiornato per ben due settimane di fila. Mi sentivo in colpa ogni giorno, ma lo studio per cercare di evitare di prendere debiti ha - pultroppo - avuto la precedenza.
Questo è un capitolo di passaggio, perché il prossimo sarà uno dei miei preferiti. gne eh. <3
Spero ci sia ancora qualcuno che mi segue e apprezza la mia storia.
Lasciate un commentino se vi va!



* * * * * *

Capitolo sette: E se il ramen fosse davvero la soluzione a tutti i problemi?

 

Quello stesso giorno, Naruto – come previsto - non si presentò a scuola.
Sasuke sedeva in disparte, in un angolo della mensa, addentando distrattamente una mela. Non riusciva a smettere di pensare a ciò che era successo poche ore prima, alla sua reazione esagerata e all’espressione delusa dipinta sul volto dell’Uzumaki.
Serrò la mascella, piantando lo sguardo sul pavimento.
 
È colpa sua, se l’è cercata. Dire certe cose..
 
Ma nemmeno quei pensieri riuscivano a liberarlo dal senso di colpa.
«Senpai? Che ci fai qui tutto solo?».
 
No, non è assolutamente il momento per questo.
Né il giorno.
Né il secolo.
 
«Cosa vuoi, faccia da scemo? Sono impegnato, se non te ne sei accorto».
Sai aggrottò la fronte, guardandolo di traverso. «Non mi pare che tu stia facendo qualcosa».
«E chi lo dice?».
«Beh, ti sto guardando».
Sasuke alzò gli occhi al cielo. «Se mi stessi guardando sul serio, ti accorgeresti che sto facendo almeno tre cose: respiro, sono seduto a mangiare una mela e cerco disperatamente di far finta che tu non esista».
Il ragazzo fece finta di non averlo neanche sentito. «Senti, senpai, ho bisogno di un consiglio».
L’Uchiha, scocciato e desideroso di toglierselo dai piedi, si voltò verso di lui.
«Ma come diavolo ti sei conciato?».
Lo squadrò dalla testa ai piedi, alzando un sopracciglio alla vista del suo completo elegante con tanto di papillon.
Sai sorrise. «Naruto mi aveva chiesto di domandare a Sakura-chan di venire al ballo con me e io, ecco», fece una pausa, grattandosi la testa. «Non ho mai chiesto ad una ragazza di uscire, non so come funzionino queste cose.. ho pensato che, vestendomi elegante..».
Sasuke piegò gli angoli della bocca nella cosa più simile ad un sorriso che conoscesse. «Non hai preso la cosa un po’ troppo sul serio?».
L’altro sembrò arrossire. «No, però..».
«Ti piace Sakura».
«Cosa? No, no! Lo faccio solo perché Naruto..-».
«Certo».
Silenzio.
Sai spostò lo sguardo a destra e a sinistra, poi si sistemò il papillon e si schiarì la voce. «Adesso vado».
S’incamminò verso il tavolo al centro della mensa dal quale Sakura lanciava occhiate furenti, agitando convulsamente il piede.
Arrivò a metà strada, poi tornò verso Sasuke a capo chino.
«Non ho preparato un discorso».
«Ce n’è bisogno?».
Prese un profondo respiro, voltandosi..
..per poi tornare nuovamente sui suoi passi.
«E se dovesse dirmi di no? Davanti a tutta quella gente.. sarebbe un’umiliazione e la mia reputazione ne risentirebbe. Forse sarei costretto a cambiare scuola, giro di amicizie, città magari».
Sasuke sbuffò.
 
Se questo potesse davvero fare in modo che tu lasciassi la città, pagherei volentieri Sakura per dirti di no.
 
«Vado davvero adesso».
Ancora silenzio, Sai non accennava a muoversi.
«Senpai?».
Sasuke alzò lo sguardo.
Il ragazzino si lasciò andare ad una risatina isterica. «Non è che potresti farlo tu per me?».
 
Ma questo è idiota o cosa?
 
«No».
«Bene, chiedevo soltanto». Prendendo l’ennesimo respiro, Sai iniziò a camminare spedito verso la ragazza.
Sasuke, per evitare che quell’idiota tornasse indietro, decise di allontanarsi. Ovviamente, rimanendo in zona per gustarsi la scena.
Così, quando Sai si voltò e non trovò l’Uchiha, fu costretto a proseguire.
Arrivò davanti all’Haruno, totalmente assorta in discorsi che un uomo non avrebbe mai compreso fino in fondo e si schiarì la voce.
L’attenzione, adesso, era concentrata su di lui: tutti, eccetto la furia dai capelli rosa, si erano accorti della sua presenza.
La mensa sembrava essersi ammutolita.
Sai deglutì nervosamente. «Ehm.. S-Sakura-chan?».
La ragazza si voltò. La sua espressione inizialmente era dura, ma per apparenza fu costretta a sorridere al nuovo ragazzo. «Ciao Sai, dimmi».
Sasuke incrociò le braccia al petto, appoggiandosi alla parete e sghignazzando mentalmente.
Sai mormorò qualcosa a fior di labbra che nessuno riuscì ad udire ma, traducendo il labiale, sembrava avesse recitato una qualche specie di preghiera.
«Sakura, volevo chiederti se tu volessivenirealballoconme».
 
Eh?
 
L’Haruno sorrise ancora. «Scusa, non ho capito. Puoi ripetere?».
 
Faccia da scemo sta per svenire, non voglio perdermelo per niente al mondo.
 
«Ho detto, vorrestivenirealballoconme?».
Questa volta la ragazza si lasciò andare ad una smorfia. «Se parli così a bassa voce, non ti sentirò mai».
Sai era diventato tutto rosso. Strinse i pugni lungo i fianchi, serrando gli occhi.
«Sakura-chan, ti ho chiesto se vorresti venire al ballo con me!».
Silenzio.
Perfino Sasuke, che di solito restava impassibile davanti a tutto, aveva schiuso le labbra in un’espressione stupita.
 
L’ha davvero gridato in quel modo?
 
Sakura era rimasta a bocca aperta.
Dire di no davanti a tutta quella gente l’avrebbe messa in una posizione scomoda. Avrebbe perso la fama di quella gentile e disponibile con tutti.
Anche se fuori conservava un sorriso, all’interno urlava maledizioni contro Naruto.
«Certo, Sai. Verrò volentieri al ballo con te».
Il ragazzo riaprì gli occhi quasi di scatto, guardandola meravigliato. «Davvero?».
Lei annuì.
Sai si domandò come mai, anche se sul suo volto aleggiava un sorriso, la sua tempia pulsava pericolosamente.
Si lasciò andare ad un sospiro. «Grazie».
L’intera mensa si lasciò andare ad un applauso.
Da quel momento in poi, Sai avrebbe ottenuto la popolarità che tanto ricercava.
 
***
 
Naruto guardò l’orologio, tirando un sospiro di sollievo.
L’accordo con Sai era che, se qualcosa fosse andato storto, l’avrebbe chiamato entro mezzogiorno.
Si distese sul divano a pancia in giù, mentre Konohamaru imprecava giocando ai videogame.
«Quando e dove hai imparato a dire tutte quelle parolacce, pulce?», borbottò il biondo, tirandosi il cuscino sopra la testa.
«A scuola, ovviamente», rispose il piccoletto, cacciando la lingua.
«Scuola, giusto. Dove dovresti essere in questo momento, no?».
«Senti chi parla».
Sospirarono all’unisono.
Konohamaru lasciò il joystick sul pavimento, buttandosi a peso morto su Naruto. «Allora, ti decidi a dirmi cos’hai? È tutta la mattina che non sorridi. Non hai neanche mangiato il ramen, questo mi fa presagire il peggio».
L’Uzumaki abbassò lo sguardo. Raccontare tutto a quel pivello era fuori discussione. «Ho soltanto sonno, nulla di grave».
«Andiamo, Naruto, non prendermi in giro. Ti conosco da un sacco di tempo, lo capisco quando qualcosa non va come dovrebbe. È per via di Sasuke?».
Il biondo sgranò gli occhi. «Cosa c’entra Sasuke?», borbottò, rendendosi conto che il suo cuore perdeva battiti al solo sentirlo nominare.
 
Che cosa disgustosa.
 
Konohamaru sospirò, rimettendosi seduto e incrociando le gambe. «Naruto ho quattordici anni, non quattro». Lo sguardo che lanciò all’altro era pieno di consapevolezza  e muto rimprovero per aver dubitato in lui. «Non c’è niente di male nel provare attrazione per un altro ragazzo».
 
E questa è la terza persona.
Inizio a pensare di avercelo scritto in faccia. Un “GAY” a caratteri cubitali, proprio sulla fronte.
Che cavolo!
 
Sbuffò, mettendosi seduto a sua volta. «Come l’hai capito?».
Il ragazzino si strinse nelle spalle. «Lo guardi come io guardo Moegi», borbottò, arrossendo un po’. «E quando gli sei accanto trattieni il fiato. E sorridi sempre. E ti brillano gli occhi».
Naruto diventò paonazzo, assestandogli un colpo di cuscino in faccia e cercando di minimizzare il suo imbarazzo con una risatina. «Quando sei diventato così melenso? E chi è Moegi?», domandò ghignando.
Konohamaru abbassò lo sguardo, tormentandosi le dita. «Una ragazza del mio corso».
«Le hai detto che ti piace?».
«No, e tu?».
L’Uzumaki sospirò. «Sì. E sono stato rifiutato».
L’altro aggrottò la fronte. «Non è possibile».
Il biondo gli lanciò un’occhiata.
«Beh, a Sasuke piaci. Si vede da lontano un miglio».
 
La stessa cosa che ha detto Itachi.
 
«Allora perché mi ha dato del “frocetto”?», sputò aspramente, tornando a nascondere la testa sotto il cuscino.
Konohamaru sembrò pensarci un attimo. «Perché ammetterlo per lui sarebbe una debolezza, e quel tizio si ostina a voler mantenere una fredda e irritante compostezza nei confronti del mondo intero. Come se avesse paura di modificare, anche solo di poco, lo status quo. Credo sia una persona esageratamente insicura».
Naruto alzò un sopracciglio. «Ma ti senti quando parli?».
Il piccoletto stava per rispondergli per le rime, ma il campanello suonò.
Rimasero entrambi fermi per un secondo, indecisi sul da farsi. Poi, correndo nella camera da letto, Naruto ordinò a Konohamaru di aprire la porta e dire, nel caso fosse stato Sasuke, che non era in condizione di ricevere visite.
Ma quando il ragazzino aprì la porta, tirò un sospiro di sollievo. «Puoi uscire, Naruto. È solo un inquietante uomo-maschera».
A Naruto quasi non cadde la mascella.
 
Uomo - maschera? Conosco solo un uomo maschera qui, e quello è..
 
«Kakashi-sensei!», recitò con un tono tra il terrorizzato e l’implorante, piegandosi in un mezzo inchino esageratamente formale e obbligando Konohamaru a fare lo stesso.
«Ma non è il mio sensei, perché devo chinarmi anche io?», sussurrò stizzito.
Il maestro Kakashi stava fulminando Naruto con lo sguardo, le braccia incrociate al petto e un silenzio carico di sottintesi.
L’Uzumaki avvertì l’impulso di fuggire. Dal basso della sua posizione, il sensei sembrava ancora  più minaccioso.
«Uzumaki, ti avevo detto di non assentarti più o sbaglio?», domandò con quella sua voce bassa e severa.
Naruto iniziò a sudare freddo. «Vede, sensei, è che non mi sentivo molto bene e quindi..».
Kakashi gli assestò uno scappellotto sul capo. «Basta scuse, razza d’idiota!», lo apostrofò, tuonando.
 
Questo mi procurerà un bernoccolo, me lo sento.
 
«Per avermi disobbedito, andrai in contro a severi provvedimenti. Prima cosa, alla prossima assenza ti boccio. Non m’importa se stai morendo o se non riesci a fare un passo fuori dal bagno. Se dovessi assentarti un’altra volta, puoi dire addio alla possibilità di salvarti il culo».
Naruto deglutì a vuoto.
«Seconda cosa, ti affibbierò un insegnante di sostegno che ti aiuterà a recuperare e, fidati, sarà molto più severo di me. Terza cosa..».
Inclinò il capo, puntandogli un dito contro. «Servirai il punch al ballo».
L’Uzumaki assunse un’espressione esterrefatta, tirandosi indietro come se gli avesse appena confessato un crimine. «Cosa? Il punch? Siamo diventati americani, per caso? Non avevo neanche intenzione di venirci a quel maledetto ballo», piagnucolò.
 
Oh no, se Sakura dovesse vedermi mi farebbe fuori.. Povero me.
 
Kakashi sollevò un sopracciglio. «E perché credi che te lo faccia fare, allora? È una punizione, non un premio».
Il biondo si accasciò su se stesso, sospirando.
 
Se proprio devo morire al ballo, tanto vale vivere la vita a pieno in questi ultimi sette giorni..
Devo fare scorta di ramen.
 
L’uomo dai capelli argentei sorrise soddisfatto sotto la maschera. «Domani ti presenterò il tuo nuovo insegnante, vedi di non tardare».
E andò via senza sprecarsi in altre chiacchiere inutili.
«Sono fottuto», mormorò Naruto, resistendo alla tentazione di prendere a testate il muro.
Konohamaru serrò le labbra, massaggiandosi il mento. «So cosa ti serve».
L’Uzumaki alzò lo sguardo disperato, piantandolo in quello del marmocchio che si aprì in un sorriso raggiante. «Se ti offrissi un ramen non confezionato, per pranzo?».
 
La giornata sembra già più luminosa..
 
***
 
Sasuke camminava verso casa con le mani nelle tasche e la testa tra le nuvole.
Capitava di rado che percorresse la strada da solo, senza l’incessante chiacchiericcio del dobe. Calciò un sasso, pensando a cos’avrebbe potuto fare per porre rimedio alla situazione.
 
Non puoi fare niente, ormai è andata. Prima o poi gli passerà e tornerà a rivolgerti la parola.
 
Eppure, anche se sapeva che sarebbe potuto succedere, quella soluzione non lo soddisfava.
Non quella volta.
 
È da codardi aspettare che lui si dimentichi perché non ci rivolgiamo la parola e non affrontare le mie colpe. Inoltre, non penso che gli passerà facilmente..
 
La strada era silenziosa ma, ad un certo punto, udì una risata che non poteva essere confusa.
E, una volta girato l’angolo, si trovò faccia a faccia con Naruto.
Serrò le labbra, mentre i loro sguardi s’incrociavano.
Rimasero entrambi immobili, scrutandosi in cagnesco.
Cos’avrebbe dovuto fare?
 
***
 
Questa è sfiga.
 
L’Uzumaki sapeva che, se fosse rimasto a fissarlo ancora a lungo, probabilmente l’avrebbe preso a cazzotti. Doveva allontanarsi da lì e, per fortuna, Konohamaru era rapido nell’inquadrare le situazioni.
Il ragazzino sorrise appena al moro, facendogli un cenno con la mano che non fu ricambiato.
L’Uchiha aveva occhi solo per Naruto, come se stessero comunicando senza parlare, scambiandosi insulti ancor più pesanti di quelli che avrebbero potuto dirsi a voce.
Dopo un minuto che parve infinito Sasuke si mosse, passandogli affianco come se fosse stato un estraneo come tanti, sparendo dietro l’angolo.
Naruto rimase immobile per un secondo.
 
Non si è scusato, ma non è il momento di essere debole. Sei un uomo, Naruto, non una femminuccia dalla lacrima facile. Andasse al diavolo quell’Uchiha orgoglioso.
 
Konohamaru sospirò, dandogli una pacca sulla schiena e trascinandolo con sé.
«Magari di ramen te ne offro due, che ne dici?».
Il biondo sorrise, sospirando e annuendo.
 
Sarebbe un mondo decisamente migliore se il ramen fosse davvero la soluzione per tutti i problemi.

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Capitolo 8
*** Il noioso cliché del punch corretto ***


Ed eccoci qui con l'ottavo capitolo!
Beh, forse questo non fa ridere come gli altri ma serviva un po' di serietà, ecco.
Inoltre, vorrei conoscere le vostre opinioni sul colpo di scena finale e sull'avvenimento di poco prima, eh eh.
Commentate in tanti, mi rendereste tanto felice :3
Sto pubblicando alle 2 e mezza di notte, me lo merito.. no? ù_ù

Ringrazio chi continua a seguirmi con costanza!
Bacini :*


* * * * *


Capitolo otto: Il noioso cliché del punch corretto.
 

Il maledetto giorno del ballo era sfortunatamente  arrivato.
Naruto indugiava davanti all’armadio, borbottando imprecazioni contro il maestro Kakashi e tutti i Kami, più qualche Dio di altra religione.
Non era mai stato ad un ballo studentesco, né mai aveva pensato di doversi vestire elegante per una qualsivoglia occasione.
 
Una volta sono stato ad un matrimonio.. ma ho solo indossato dei jeans puliti.
Perché devono obbligarmi a mettere il papillon? Devo solo servire da bere, in fondo..
 
Sospirò, richiudendo le ante con uno scatto.
Ovviamente, non possedeva nulla di adatto. Chiedere a Konohamaru, che era alto la metà di lui, sarebbe stato ridicolo.
L’unico a cui poteva chiedere era..
 
No.
Non mi abbasserei mai a chiedergli un favore, non dopo aver accertato il suo totale disinteresse.
 
Il biondo incrociò le braccia al petto, lasciandosi cadere passivamente tra le lenzuola sfatte. Poi si girò su di un fianco, tenendo lo sguardo basso.
Dopo l’incontro casuale, era passata quasi una settimana senza che i due s’incontrassero o si cercassero. Naruto, dal canto suo, aveva deciso che non avrebbe ceduto. Non questa volta.
Ma non riusciva del tutto a reprimere quel sentimento che, nel profondo, gli spezzava il cuore in tanti piccoli e affilati frammenti.
Gli mancava, Dio se gli mancava.
E più le ore passavano, più si rendeva conto che quella faccenda era piuttosto seria.
Per qualche giorno, aveva anche pensato che fosse una sciocchezza, una cotta momentanea che sarebbe svanita nel giro di pochi mesi.
Che quel sentimento non ricambiato sarebbe finito per appassire, come un fiore a cui non si donano le giuste cure.
Ma, al contrario, esso sembrava essere diventato addirittura più forte. Cresciuto in malo modo, a causa del dolore. Ma le sue radici stavano arrivando in profondità.
 
Qualcosa da cui non posso sfuggire.
 
Naruto si rimise diritto, prendendosi la testa tra le mani.
Quel nuovo se stesso non gli piaceva affatto.
 
***
 
«Quasi mi vergogno del fatto che tu sia mio fratello, otouto».
Itachi Uchiha sostava sulla soglia della camera di Sasuke, le braccia strette al petto e un’espressione severa dipinta sul volto. «Sei testardo peggio del nonno».
Il più piccolo alzò un sopracciglio nel sentir nominare il vecchio Uchiha. «Quel pazzo megalomane? Accidenti, era da parecchio che non mi paragonavi a lui», sentenziò, con una punta di velato sarcasmo nel tono di voce. «Posso quasi dire che mi era mancato».
Sasuke era disteso a pancia in giù sul letto accuratamente rifatto.
Tutto in quella stanza dava l’impressione che, ad abitarla, fosse un complessato maniaco del controllo.
E idiota, avrebbe aggiunto qualcuno.
«Beh, Madara Uchiha non era molto diverso da te. Solo che lui aveva le sue buone ragioni per litigare con la gente».
Dopo che, dalla fine della festa di Bee, Itachi non aveva più avuto notizie del biondo amico dell’otouto, aveva obbligato Sasuke – quasi con la forza – a raccontargli tutto.
Anche le ultime parole che gli aveva rivolto.
Il piccolo sbuffò. «Cosa vuoi saperne tu? Non ti sei mai trovato in una situazione del genere».
 
Razza di scemo che vuol sempre sapere tutto. Perché ancora gli rivolgo la parola?
Oh, sì. Perché se non lo facessi mi farebbe male.
E non che io non sappia difendermi, ma in questo momento proprio non mi va di alzarmi dal letto..
 
«Forse no», sentenziò l’altro. «Ma almeno io ho la decenza di ammettere le cose, anche quando mi stanno scomode».
E, con queste ultime parole, si chiuse la porta alle spalle lasciando suo fratello da solo.
Sasuke rimase interdetto per qualche secondo.
Il suo corpo era quasi scattato in avanti come a volerlo seguire, ma una forma di pigrizia più forte della brama di vendetta aveva preso il sopravvento. Così si era accasciato di nuovo sulla morbida superficie del materasso, limitandosi a borbottare insulti a bassa voce.
Ma Itachi conosceva bene il suo otouto.
«Sai, credo proprio che tu sia una passiva. Una femminuccia che vuole essere corteggiata», disse ad alta voce, dall’altra parte della porta. «Ora mi spiego le tue manie per la pulizia, l’ordine e l’aspetto. E oltre ad essere una femminuccia, sei una mammoletta. Una piccola codarda che non sa assumersi le proprie responsabilità».
 
Figlio di..
 
Gli istanti che seguirono quella dichiarazione di guerra furono confusi. Sasuke si alzò di scatto dal letto, spalancando la porta con un calcio e assestando un pugno nello stomaco del nii-san.
Itachi, incapace di tenersi il colpo, lo centrò con uno schiaffo in pieno viso, allontanandosi con un ghigno dipinto sulle labbra. «Che c’è, ti rode? Non è forse la verità?».
 
Mantieni.
La.
Calma.
 
«Naruto, lui sì che è un uomo. Infischiandosene delle conseguenze, ha fatto ciò che riteneva giusto. Tu, fingi tanto che del giudizio della gente non t’importi nulla, e invece.. hai paura?».
Il minore ringhiò, facendo partire un calcio che Itachi riuscì a bloccare.
«Avanti, ammettilo. Ammetti che la tua è solo fifa!».
«Taci!».
Un altro colpo, un’altra parata, un ringhio di dolore da parte di uno dei due.
Non capitava da molto che se le dessero così di santa ragione.
«Allora dimmi, cos’è che ti frena? E non te ne uscire con la storia del “non mi piacciono i maschi”, otouto».
«Devi smetterla, Itachi!», Sasuke, ansimante, si fermò di colpo. «Devi smetterla di voler controllare ogni  situazione della mia vita, di volermi psicanalizzare o.. cose del genere. Non sono più il bambino traumatizzato a cui sono morti i genitori, il bambino insicuro che ha bisogno del nii-san. Sono un uomo adesso e so badare a me stesso. E se voglio stare da solo, significa che mi basto io! Smettila di preoccuparti per me, non ce n’è più bisogno. Pensa alla tua vita, piuttosto».
Il sorriso scomparve dal volto del maggiore, che abbandonò la sua posa d’attacco.
Non replicò, né fermò Sasuke quando fece per tornare in camera sua, sbattendosi la porta alle spalle.
Semplicemente rimase lì, seduto dalla parte opposta, ad ascoltare il respiro di suo fratello che cercava di calmarsi.
Passarono minuti, forse ore, ma Itachi non si mosse di lì.
Sapeva cosa stava succedendo all’otouto in quel momento e, per quanto possibile, voleva essere un sostegno.
Sasuke era sì spaventato, ma non del giudizio della gente.
Sasuke era spaventato di poter volere bene a qualcuno, di poter amare.
Perché la gioia di un secondo non sarebbe stata in grado di rendere sopportabile il dolore che avrebbe patito quando la felicità gli sarebbe stata strappata via.
Il giorno aveva fatto spazio alla luce della luna quando il più grande si decise a bussare.
Ma, in risposta, ebbe solo un ringhio minaccioso che gli intimava di andarsene.
L’otouto sbagliava quando pensava che lui volesse controllarlo. In realtà, voleva solo proteggerlo. Per lui era ancora un bambino, forse lo sarebbe sempre stato. Forse, non avrebbe mai davvero smesso di avvolgerlo nella sua ala.
Itachi si schiarì la voce, decidendo che era arrivato il momento di alzarsi. Sì accostò alla porta, chinando il capo. «Non importa quali scelte farai d’ora in avanti, cercherò di non mettermi in mezzo. Ma otouto..», fece una pausa, indeciso se continuare la frase oppure no. Poi si lasciò andare ad un mezzo sorriso. «..ricorda che ti vorrò bene per sempre, anche se dici di non aver bisogno di me».
Sasuke avvertì i passi di suo fratello che si allontanavano dalla stanza, lasciandosi andare ad un sospiro di sollievo.
Era così che agiva: prima gli faceva perdere le staffe, poi lo costringeva a sentirsi in colpa grazie ai suoi modi gentili.
Inoltre, insinuava in lui i dubbi. Dubbi che l’avrebbero tormentato fino a quando non avrebbe avuto il coraggio di fare una scelta.
 
Nessuno può sapere quale sarà la scelta giusta.
Tutto ciò che mi resta è tentare.
 
***
 
Questa festa è una noia mortale.
 
Naruto versava punch ormai da ore.
Alla fine, aveva semplicemente indossato un jeans e una camicia trovata per sbaglio in una scatola che aveva perfino dimenticato di avere.
Sbadigliava annoiato, sperando in una svolta. Un’irruzione armata, magari. O qualche studente ubriaco che si cacciava nei guai.
Per fortuna, non aveva ancora visto Sakura.
Alzò lo sguardo, trovandosi di fronte un’imbarazzatissima Hinata.
 
Oh, accidenti.
Sulla scala de “le cose che non dovevano succedere”, questo è decisamente un livello tre.
 
«Hinata-chan!», la salutò cordialmente, sperando che il suo nervosismo non trapelasse attraverso il sorriso forzato.
Lei ricambiò il sorriso, facendogli un cenno con la mano. «N-non pensavo di trovarti qui».
 
Beh, nemmeno io pensavo di trovarmi qui. È una giustificazione sufficiente?
 
L’Uzumaki s’infilò una mano tra i capelli, scompigliandoseli. «Beh, è stato Kakashi-sensei a costringermi. Sai, per recuperare crediti. E da lunedì mi affibbierà anche un insegnate di sostegno», roteò gli occhi. «Roba noiosa».
La ragazza sorrise, e Naruto si permise di pensare che, se fosse stato un qualsiasi altro uomo – per intendersi: se fosse stato un uomo attratto dalle donne – ci avrebbe provato con lei senza pensarci due volte.
Sospirò, scostando lo sguardo dal suo per un secondo, mentre il senso di colpa veniva a galla poco alla volta. «Senti, Hinata.. devo parlarti di una cosa».
Lei inclinò il capo, arrossendo appena. «D-dimmi pure, Naruto-kun».
 
Adesso, Naruto. Adesso o mai più.
Dille la verità e non ci rimarrà male.
Almeno, non così tanto..
 
Prese una boccata d’aria. «La verità è che io.. ehi, e tu che stai facendo?».
Un pivello dai capelli a spazzola – doveva essere del terzo anno – con la sua combriccola, era nascosto alle spalle dell’Uzumaki, stringendo tra le mani una bisaccia di metallo che puzzava tremendamente di alcool. Il biondo alzò un sopracciglio. «Davvero? Volete correggere il punch? Non vi sembra un po’ troppo banale anche per voi?».
I quattro si guardarono in viso, l’entusiasmo che ormai andava scemando. «L’abbiamo visto in un film e sembrava così divertente..», borbottò uno di loro.
Naruto sospirò. «E va bene, fate pure».
Quattro paia di occhi, più quelli di Hinata, erano puntati su di lui. «Cosa?».
«Beh, io..-».
«Non dovresti essere qui proprio per impedire che il punch venga corretto?».
«Ah sì?».
«Già».
Silenzio.
«Beh, vorrà dire che farò finta di non aver visto nulla».
I ragazzini si consultarono tra loro, poi esplosero in un grido d’esultanza. «Sei grande, Naruto!».
 
Più che altro, sono davvero annoiato. E voglio far pentire Kakashi-sensei di avermi costretto a venire qui.
 
Quando il ragazzino dai capelli a spazzola finì di versare il contenuto della fiaschetta, si allontanarono tutti e quattro con un sorriso soddisfatto. E Naruto si ritrovò di nuovo solo con Hinata. «Scusa», borbottò, cercando di riprendere il filo del discorso. «Hinata, io non voglio ferirti. Davvero, è l’ultima cosa che desidero. Sei la ragazza più meravigliosa che io abbia mai incontrato e sarei felicissimo di dire al mondo che usciamo insieme, se non fosse che..».
Deglutì a vuoto, il cuore che gli pompava a mille. Era la prima volta che lo ammetteva senza che qualcuno lo forzasse a farlo. Chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo.
«..se non fosse che credo di essere innamorato di Sasuke».
Aveva avuto paura di guardare negli occhi Hinata. Paura di leggervi sconcerto, ribrezzo, scherno.
Ma tutto ciò che trovò fu un aperto e rassicurante sorriso. «Va bene».
Il biondo sbatté le palpebre. «”Va bene”? Solo questo? Niente insulti o.. risate?».
«N-non riderei mai di te, Naruto-kun, né di nessun altro probabilmente».
 
Ma cosa..?
 
«Sei stato coraggioso nell’ammetterlo, ti ammiro per questo. Inoltre, penso che tu e Sasuke potreste essere una bella.. coppia. Lui sembra allegro solo in tua compagnia».
L’altro si sforzò di sorridere, abbassando lo sguardo.
 
Ah sì?
 
Quando poi lo rialzò, pronto a dire qualcosa, fu costretto a sgranare gli occhi.
Fece automaticamente un passo indietro, pentendosi di non aver lasciato nessun testamento o dichiarazione delle volontà.
La scala de “le cose che non dovevano succedere” aveva raggiunto il livello uno:
Sakura Haruno era arrivata.
 
Pensa in fretta.
Dove puoi nasconderti? Un posto in cui lei non possa trovarti.. quale?
Magari.. magari l’Alaska. O il polo sud, dove sono i pinguini.
O magari in una campagna piena di insetti, lei ha paura degli insetti, non verrebbe mai a cercarmi.
Oh, c’è Sai con lei. Accidenti, sembra allegro.
Effettivamente, anche lei sembra..
Oh no, mi ha visto!
Merda.
Si sta avvicinando.
Sorride.
Sorride molto.
Le manca poco per essere a portata di collo.. ma non oserà fare una figura del genere davanti a  tutti.
..Vero?
 
«Naruto-kun!».
 
Respira. Non far vedere che hai paura.
 
«S-Sakura-chan, ehi! Sei davvero bella staser-».
«Risparmia i convenevoli».
Deglutì.
«Sai..».
«Sono qui».
Il ragazzo spuntò alle spalle dell’Haruno con il solito sorriso stampato sul volto.
«No, dicevo “sai, Naruto”..».
«Oh, mi dispiace. Pensavo mi stessi chiamando».
«Non importa. E ora lasciami parlare con Naruto, Sai-kun..».
Il ragazzo annuì, allontanandosi. Per tutta la durata di quello scambio di battute, l’Uzumaki era rimasto immobile, gli occhi sgranati.
Quando l’attenzione della ragazza tornò su di sé, si concesse il lusso di provare un brivido di terrore.
«Questa me la pagherai, Naruto. Farmi andare al ballo con uno sfigato appena trasferito? Oh, altroché se me la pagherai. La sconterai amaramente, pentendoti di aver chiesto a Sai di accompagnarmi al posto tuo – sì, mi ha raccontato tutto. Quel tipo proprio non vuole saperne di star zitto. E dopo che te l’avrò fatta pagare, Naruto, io..-».
«Sakura-chan? Sakura-chan, balliamo?».
Il viso di Sakura, da nero di rabbia si trasformò in quello gaio di una ragazza che non vede l’ora di lanciarsi tra le braccia del suo amato.
 
Certo che sa fingere proprio bene.. oppure è affetta da bipolarismo?
 
«Non finisce qui», mormorò prima di voltarsi e sorridere allegramente. «Arrivo, Sai-kun!».
E qualche secondo dopo Naruto rimase solo, incapace anche solo di sbattere le palpebre.
 
Quella mi fa davveropaura.
 
Tornò alla sua postazione, servendo il punch corretto e aspettandone gli effetti.
Passarono due ore, ma non successe nulla di speciale.
Mancava qualche minuto alla mezzanotte, l’evento stava per terminare e lui sarebbe potuto tornare a casa a vegetare. Non che volesse diventare un orso anti-vita sociale, ma quel ballo non lo capiva. Era un’inutile serata in cui tutti si vestivano eleganti, e quella cosa proprio non riusciva a farsela piacere.
Sbuffò, osservando con faccia da pesce lesso alcune coppiette che si sbaciucchiavano negli angoli bui della sala. Arricciò il naso, facendo una smorfia.
 
Patetici.
Disgustosi.
Ridicoli.
..Però almeno loro-
 
«Uzumaki».
Una voce alle sue spalle lo fece voltare, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Era il maestro Kakashi. 
«Puoi andare a casa, il tuo lavoro è finito. Ci vediamo lunedì».
Naruto annuì, scocciato dal fatto che nessuno si fosse accorto che il punch era stato corretto. Chissà, magari il successivo lunedì si sarebbe beccato una sgridata coi fiocchi..
Infilò le mani nelle tasche dei jeans, lasciandosi alle spalle quella palestra addobbata a festa.
Arrivato a casa, si prese qualche secondo per prendere le chiavi e infilarle nella serratura, girare e..
«Dobe».
Naruto sgranò gli occhi.
Sasuke era seduto sulla scalinata adiacente alla porta d’ingresso, le gambe larghe e i gomiti appoggiati sulle ginocchia.
 
Da quanto tempo è lì?
Come.. come ho fatto a non vederlo?
 
Il biondo sentiva il cuore battergli freneticamente.
La voce dell’Uchiha era bassa, ma a lui risultò limpida e profonda.
Anche quella gli era mancata.
«Che ci fai qui?».
L’altro si alzò, raggiungendolo. Ogni passo che il moro faceva nella sua direzione, era una contrazione dello stomaco dell’Uzumaki.
Abbassò lo sguardo.
«Volevo parlarti».
 
Di cosa?
Oh, l’ho solo pensato.
Non riesco a muovermi..
 
«Di cosa?».
«Di quello che ti ho detto l’ultima volta a casa mia. Non dovevo, è che..-».
«Non devi giustificarti, è colpa mia. Io..».
«Naruto, fammi finire».
Trattenne il fiato.
«Sono stato un teme», sorrise appena, ripetendo il nomignolo affibbiatogli dall’altro. «Un vero idiota. Non lo penso sul serio, ma avevo paura. Paura di lasciarmi andare.. Sai come sono fatto».
L’Uzumaki era a serio rischio infarto. Era rimasto con la mano sul pomello della porta, le labbra dischiuse e un’espressione sorpresa.
«Ma vedi, qualcuno.. qualcuno mi ha aiutato a capire che sbaglio a rimuginare troppo. Che dovrei semplicemente pensare positivo. E la verità è che..».
Sasuke si avvicinò pericolosamente all’altro, sfiorandogli la guancia con la punta delle dita. «Anche tu mi piaci, dobe».
Cos’era quello? Uno scherzo di pessimo gusto?
No, non poteva esserlo. Negli occhi scuri dell’Uchiha non c’era macchia. Erano limpidi, sinceri.
 
Quindi è questo ciò che si prova quando si è felici?
Non male..
Ma potrebbe ancora migliorare.
 
E prima che Sasuke potesse aggiungere altro, il biondo catturò le sue labbra in un bacio.
Un altro, l’ennesimo. Eppure sembrava il primo.
Un gusto nuovo, totalmente diverso dagli altri.
Quello era il loro primo vero bacio.
Le mani dell’Uchiha s’infilarono tra i capelli di Naruto, per poi scendere e percorrere il profilo della sua schiena nello stringerselo addosso, mentre quelle dell’Uzumaki erano serrate contro il petto dell’altro.
Aveva tanto aspettato quel momento che quasi non gli sembrava vero.
Infilò la lingua nella bocca dell’altro, mordendogli piano il labbro inferiore.
Quel semplice gesto bastò ad accendergli dentro una fame che non aveva mai provato, non così forte almeno.
I due si guardarono per qualche attimo, leggendosi dentro.
 
So cosa vuoi..
Sei un così prevedibile dobe.
-Come se tu avessi altro in mente, teme.
 
Sasuke spalancò la porta già aperta con la mano, spingendo Naruto dentro casa. Le luci erano tutte spente e probabilmente non sarebbero mai state accese.
Il biondo infilò le mani sotto la maglia dell’Uchiha, tastandone la consistenza, assicurandosi che fosse reale.
Poi s’impadronì di nuovo della sua lingua.
Ma fu proprio quando il moro si accingeva a sbottonare la camicia dell’Uzumaki che un imprevisto li colse alla sprovvista.
La luce accesa li fece sobbalzare, costringendoli – come in un riflesso involontario – a tirarsi indietro.
Naruto scrutò la stanza alla ricerca dell’intruso, e quando i suoi occhi misero a fuoco la figura fu come se una secchiata di acqua gelida gli fosse stata rovesciata addosso.
«Suigetsu?».

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Capitolo 9
*** Momenti sbagliati su tutta la linea. ***


Lo so, lo so, NON DITEMI NULLA.
Che ci crediate o no, stavolta la colpa del ritardo non è mia.. Sono stata senza internet per una settimana. Vi rendete conto? Q_Q (chi mi ha aggiunto su facebook lo sa). Il capitolo pronto da sabato scorso ed io che non sapevo come pubblicarlo (ho anche provato dal cellulare, ma mettere i codici HTML era impossibile <_<)
Questo per dire che aggiornerò comunque domani o al massimo lunedì, per rimettermi in pari v.v
Beh, spero che l'attesa sia ripagata.
Grazie a chi recensisce, legge e inserisce tra i preferiti e seguiti. Senza di voi non sarei qui a scrivere.
Inoltre, grazie perl le 1000 visualizzazioni del primo capitolo, sono onorata. *-*

P.S. se vi va di leggere qualcosa di stupido, ho iniziato una nuova fic.. la trovate sul mio profilo u.u
Buona lettura!


* * * * *


Capitolo nove: Momenti sbagliati su tutta la linea.
 

Un ragazzo dai capelli argentei se ne stava comodamente spaparanzato sul divano dell’Uzumaki, un braccio sulla spalliera e l’altro appoggiato sul ginocchio accavallato.
Sasuke aggrottò la fronte, studiando quel volto sconosciuto.
Che diavolo ci faceva quello strano tipo a casa di Naruto? E, per di più, come era riuscito ad entrare?
Si schiarì la voce, notando solo in quel momento che l’amico – amico? – era rimasto immobile, con ancora la mano sospesa a mezz’aria e lo sguardo perso nel vuoto.
«Naruto?», lo richiamò piano, sollevando le sopracciglia.
Questo, sbattendo le palpebre, si guardò intorno spaesato. Poi, tutt’un tratto, si alzò di scatto e cambiò espressione.
 
Non ho mai visto il dobe così serio..
 
«Che diavolo ci fai qui?», disse Naruto a denti stretti, puntandogli un dito contro.
L’altro si alzò, andandogli incontro. Non aveva rivolto neanche mezz’occhiata all’Uchiha, come se non esistesse. «Naruto, amico mio, non ci si vede da un sacco!».
Sasuke serrò la mascella, quel tipo non gli piaceva. Inoltre, aveva una voce acuta ed irritante.
Il biondo affilò lo sguardo. «Come sei entrato in casa mia?».
Suigetsu scrollò le spalle. «Abbiamo scassinato appartamenti insieme, so come si apre una serratura. Te lo sei già scordato?».
 
Eh?
 
Poi, come se si fosse accorto solo in quel momento della presenza di Sasuke, gli lanciò un’occhiata e alzò le sopracciglia. «Ops!», mormorò, portandosi una mano davanti alla bocca. «Forse non volevi che il tuo..», lo guardò dall’alto in basso con aria di sufficienza. «..amico? sentisse. Oh, accidenti, mi sento tremendamente in colpa», recitò, portandosi perfino una mano sul cuore.
Il moro si sentì colpito nell’orgoglio. Mai nessuno aveva osato guardarlo in quel mondo. In fondo, lui era pur sempre un Uchiha.
Il ragazzo dai capelli argentei inclinò il capo, lasciandosi andare ad un ghigno malizioso. «Anche se credo che “amico” non sia il termine più adatto. Non ti è passato il vizio, eh, Naruto?».
 
Ma cosa sta dicendo?
 
«Suigetsu».
Il tono di Naruto era gelido come mai prima d’allora, e rivolgeva all’altro uno sguardo carico di odio.
Come si dice, se le occhiate potessero uccidere..
L’intruso si limitò a sorridere, poi tirò fuori dalla tasca un pacchetto e lo lanciò tra le mani del biondo.
«Ce l’ho fatta. Ce l’abbiamo fatta! Beh, ci è voluto un po’ ma..-».
«Naruto, che diavolo..?».
L’Uzumaki aveva iniziato a sudare freddo. Guardava la piccola bustina gialla come fosse una bomba pronta a esplodere. E, quando parlò, la sua voce tremava appena. «Suigetsu, tu.. come..», deglutì a vuoto. «Dove.. dove l’hai trovato?».
Quello si strinse nelle spalle. «Conosci le mie fonti. Adesso siamo pari, giusto?».
Il biondo annuì. «Non pensavo che ti avrei rivisto, dopo l’ultima volta. E soprattutto non pensavo che avresti mantenuto la.. promessa».
«Mi conosci, bello. Mantengo sempre le promesse. Ora sei un po’ più contento di vedermi?», domandò con sarcasmo, incrociando le braccia al petto. «Comunque manchi a tutti, dovresti passare a trovarci una volta o l’altra. Ti sei rifatto una vita e hai dimenticato i vecchi amici? Karin non fa che chiedere di te. Sai, non ha dimenticato..».
 
Chi è Karin? E di cosa stanno parlando questi due?
 
Naruto s’irrigidì di nuovo. «Dovrebbe. Dovresti anche tu. Io l’ho fatto».
Suigetsu si strinse nelle spalle, poi sospirò. «Bene, credo non ci sia nient’altro da dire. Ti lascio al tuo amico», dichiarò, lanciando uno sguardo di sfida a Sasuke che per poco – ma davvero poco – non si mosse con l’intenzione di spaccargli la faccia.
«Aspetta», lo bloccò l’Uzumaki, quando l’altro era ormai sulla porta. «Se dovessi decidere di..-».
Lo bloccò con una mano, impedendogli di continuare la frase. «Nessun problema, lo sai. Ma ti costerà caro».
E ammiccò.
Ma fu un occhiolino carico di significati reconditi.
Naruto distolse lo sguardo, serrando la mascella, mentre l’altro si chiudeva la porta alle spalle.
«Non ci credo», si lasciò sfuggire in un sospiro, mentre gli angoli delle sue labbra si piegavano in un debole e incerto sorriso.
Sasuke si avvicinò a lui di scatto, strattonandolo. «Mi spieghi cosa diavolo è appena successo? Chi è quello, e di cosa stava parlando?». Fece una pausa, guardando le mani dell’altro. «E cosa c’è dentro quel pacchetto?».
L’Uzumaki alzò lo sguardo, incontrando i suoi occhi.
Non avrebbe potuto dirgli nulla.
Nemmeno parte della sua vita passata.
Non poteva permettere che Sasuke sapesse.
«Nulla».
 
Nulla?
Mi sta prendendo in giro.. Dev’essere così per forza.
 
«Nulla», ripeté quasi tra sé, infilando la busta nella tasca posteriore dei jeans.
Sasuke rimase in silenzio per qualche momento, studiandolo.
Naruto sembrava assente, rapito da chissà quali pensieri. Pareva addirittura un’altra persona.
«Ohe, Naruto!». Gli schioccò due dita davanti alla faccia, riportando l’attenzione su di sé. «Chi.è.Suigetsu?».
«Una vecchia conoscenza», si limitò a dire.
«Una vecchia conoscenza con cui scassinavi appartamenti?».
L’Uzumaki lo fissò, ma senza guardarlo davvero. «Questi non sono affari tuoi».
L’altro si rabbuiò. «Sì che lo sono».
«Ah sì? E su che basi? Non sai niente di..». Si bloccò, sospirando. «Stanne fuori, Uchiha».
 
Stanne fuori..Uchiha?
 
Per la prima volta in tutta la sua vita, Sasuke era stato ferito.
«Bene», sputò, guardandolo con ira.  «Come desideri».
Subito dopo Suigetsu, andò via anche Sasuke.
E Naruto non si voltò nemmeno.
 
***
 
«Usuratonkachi. Dobe. Testa di cazzo».
L’Uchiha camminava a passo spedito verso casa.
Il pochi minuti, la situazione si era completamente rovesciata: dichiarandosi al biondo, aveva pensato che le cose avrebbero trovato un qualche tipo di equilibrio, ma la calma apparente era durata meno di mezz’ora.
Giusto il tempo di assaggiare le sue labbra e farselo strappare via bruscamente.
 
Dannato figlio di..
 
Lo scrosciare di quel mantra carico di insulti fu bloccato da un rumore di passi alle sue spalle.
Sasuke si fermò, e poco dopo colui che lo stava pedinando si fermò con lui.
E, nella mente del moro, sembrava essersi già definita un’idea su chi potesse essere.
«Che cosa vuoi?», domandò alla notte, serrando i pugni.
Suigetsu ridacchiò. «Non volevo mettere in crisi la coppietta felice, dovevo solo consegnare una cosa a Naruto. Ma vedo che alcune delle mie parole ti hanno turbato, eh?».
L’Uchiha si voltò di scatto, ritrovandosi pericolosamente vicino a quell’idiota. La voglia di prenderlo a schiaffi si faceva sempre più forte..
«Non so cosa c’entri tu con Naruto, non so che tipo di.. passato, abbiate condiviso, ma ti disprezzo ad una prima occhiata. Sai, a pelle», concluse, con un ghigno sarcastico.
L’altro rise a sua volta. «Cosa c’è, sei forse geloso?».
Sasuke si preparò ad insultarlo, ma dalla sua bocca non uscì nulla.
Geloso?
Non ci aveva pensato.
No, non poteva essere gelosia. No..
Sentiva che c’era qualcosa di grosso sotto e voleva proteggere Naruto, tutto qui.
«Dimmi chi sei e cosa vuoi da lui», lo minacciò dopo un breve silenzio. «Non ho voglia di perdere tempo con te, perciò sbrigati».
L’altro, allontanandosi, incrociò le mani dietro la testa. «Io e Naruto ci siamo trovati quando eravamo entrambi dei reietti, abbandonati dalla società, senza nulla in tasca e nello stomaco», iniziò, fissando lo sguardo in quello pece dell’Uchiha. «Ci siamo aiutati, siamo diventati amici, ne abbiamo combinate di tutti i colori. Cose che un figlio di buona famiglia come te non potrebbe mai comprendere».
Ancora quello sguardo disgustato. Continuò come se nulla fosse. «E poi siamo caduti in un.. giro, diciamo così. Fino a quando Naruto non ha deciso di tirarsene fuori, cacciandoci dalla sua vita».
Lunga pausa.
 
Un “giro”? Che significa? Un giro di cosa?
 
«Però gli dovevo un favore. E prima di smammare, ha deciso di riscuoterlo. Ci ho messo un po’, - le richieste di quello scemo sono sempre difficili da accontentare – ma ce l’ho fatta. Gli ho portato quello che mi aveva chiesto».
«E cos’è che ti aveva chiesto?».
Suigetsu sorrise. «Questo non sarò io a dirtelo, ragazzino».
Al sentirsi dare del “ragazzino” da uno che poteva avere al massimo un paio d’anni in più a lui, Sasuke perse le staffe. «Stagli lontano».
«Oh, non temere. Ho già preso da lui tutto quello che potevo».
A quell’affermazione, l’Uchiha sgranò gli occhi.
 
Che cosa..?
 
L’altro rise. «Torna a casa, principessina. La mezzanotte è passata da un po’».
«Tu, brutto figlio di..-».
«Suigetsu».
Una voce bassa e roca fece voltare entrambi.
Era un uomo alto, dalla pelle chiara e lunghi capelli neri che gli incorniciavano il volto. Sasuke affilò lo sguardo, sentendosi gli occhi del nuovo arrivato addosso.
Indossava un lungo cappotto nero e se ne stava immobile a pochi metri da loro.
Quando incrociò lo sguardo del moro, questi sentì un brivido percorrerlo lungo la spina dorsale.
Pericolo.
«Orochimaru-sama, che ci fa lei qui?».
L’altro non rispose.
Da come Suigetsu si rivolgeva a lui, era chiaro che ne avesse timore.
Le sue iridi avevano qualcosa di animalesco, che le faceva spiccare anche nel buio della notte. L’Uchiha rimase immobile, osservando la scena.
Poco dopo, quello che si chiamava Orochimaru si avvicinò ai due. «Chi sei tu?», domandò, rivolgendosi a Sasuke.
«Nessuno», si mise in mezzo il ragazzo dai capelli argentei. «Solo un amico di Naruto».
Orochimaru annuì piano. «Hai un nome?».
 
No.
Non te lo dirò mai! Mi metti i brividi..
 
«Sasuke Uchiha».
 
Perché l’ho fatto?
Dannato orgoglio Uchiha!
 
Negli occhi di Orochimaru balenò un lampo di consapevolezza che, per un attimo, gli fece perdere quell’aria apatica che fino a quel momento aveva ostentato. «Uchiha, eh?».
Dopo che si furono studiati in silenzio, questi si voltò. «Andiamo, Suigetsu. È ora di tornare a casa».
L’altro annuì e si allontanarono in silenzio.
 
Ma che succede stasera? Tocca a me incontrare tutti i tipi strambi?
 
Sasuke ricominciò a camminare, perso nei suoi pensieri, e non si accorse che qualcuno gli aveva posato la mano sulla spalla.
 
Se è di nuovo quel tale, giuro che stavolta gli spacco la faccia.
 
Senza neanche girarsi per controllare, afferrò la mano che l’aveva toccato e, facendo pressione su precisi punti del braccio rovesciò il suo avversario in avanti, proprio come il maestro Kakashi gli aveva insegnato durante un allenamento in palestra.
«Ehi, oh, Senpai, che diavolo fai?».
Sai tossì, restando steso per controllare di essere tutto intero.
L’Uchiha alzò un sopracciglio.
«E tu che diavolo ci fai qui, faccia da scemo? È notte fonda!».
Dopo essersi massaggiato il fondoschiena, Sai si alzò zoppicante. «S-scusa», borbottò. «Ti ho visto mentre uscivo da casa di Sakura e ho deciso di..-».
Sasuke sgranò gli occhi, dimenticando tutti i dettagli seccanti di quella sera per concentrarsi su quell’esilarante novità. «Scusa, puoi ripetere?».
Sai sbatté le palpebre. «S-scusa», iniziò. «Ti ho visto mentr-».
«Non quella parte, cretino!», lo apostrofò, dandogli uno schiaffo alla base della nuca. «La parte di Sakura. Eri a casa sua?».
«Eh? Sì. Beh, l’ho riaccompagnata alla fine della serata e mi ha chiesto se volessi salire a bere qualcosa. Poi, cosa tira l’altra..».
«Avete fatto sesso?».
«Ehi, come sei diretto!». Sai arrossì. «No, però siamo.. ecco, arrivati in seconda base».
Sasuke non poté evitare di fare un fischio.
 
Non ci credo!
Ehi, un momento, da quando m’interessano i pettegolezzi?
 
«Almeno adesso quella piattola lascerà in pace Naruto», borbottò.
 
Anche se in realtà non m’interessa di quello che fa Naruto.
Non più.
 
Sospirò.
 
***
 
Il lunedì successivo, per la prima volta in vita sua Naruto arrivò a scuola in anticipo.
Il cortile era semi deserto, e di Sasuke neanche l’ombra.
Sbuffò, lasciando cadere la cartella e se stesso ai piedi di un sempreverde.
 
Sono stato un idiota, non ho neanche cercato di fermarlo o dargli almeno uno straccio di spiegazione..
Chissà cos’avrà pensato.
 
L’Uzumaki sapeva di aver sbagliato, lo sapeva benissimo.
Ma aveva paura.
Paura che Sasuke venisse a sapere del suo passato, paura che lo respingesse, che lo allontanasse.
Paura di restare di nuovo solo.
 
Anche se forse con il mio comportamento dell’altra sera ho prodotto quasi gli stessi effetti.
 
Quando alzò lo sguardo, l’Uchiha stava per entrare nell’edificio scolastico.
«Sas’kè!», lo chiamò, non ottenendo risposta.
Solo dopo si rese conto di aver gridato.
E soltanto dopo ancora qualche secondo si accorse che Ino aveva intercettato, grazie al suo far casino, la posizione dell’amico.
 
Maledizione!
Brutta strega, non osare avvicinarti a lui.
 
Ma, come se gli avesse letto nel pensiero, Ino gli alzò il medio e iniziò a seguire Sasuke, appioppandoglisi ad un braccio e facendolo sussultare.
 
Oh, aveva gli auricolari. Ecco perché non mi ha sentito.
 
La campanella suonò e Naruto ringraziò i Kami che quella bionda psicopatica non andasse in classe con loro.
 
***
 
L’Uchiha sedeva in seconda fila, con Naruto che gli stava dietro (nda: pervertiti, a cosa state pensando?). Quando il moro si rese conto che l’altro era in classe, aggrottò la fronte. «E da quando ti degni di venire a scuola?», domandò sarcasticamente, posando la cartella sul suo banco e infischiandosene della risposta dell’Uzumaki.
Era ancora arrabbiato con lui, non voleva parlargli. Così, si prefisse di ignorarlo.
«Pss!».

«Sasuke!».

«Pss! Teme!».
 
Maledetto, girati!
 
Ma Sasuke non aveva la benché minima voglia di farlo. Continuò a prendere appunti, mentre il maestro Gai parlava concitatamente della magnificenza della lettura giapponese e del bisogno che tutti avessero di studiarla meglio.
«Sas’ké! Girati!».
Nulla.
 
Bene, ho capito.
Ma guarda un po’ cosa mi tocca fare..
 
Strappò un foglio dal quaderno vergine di giapponese, cacciando la lingua e sforzandosi di scrivere qualche frase di senso compiuto. Non era mai stato bravo con quelle cose..
 
Sasuke, mi dispiace che Suigetsu abbia interrotto il nostro momen
Teme, c’era bisogno di andare via così arrabbiat
Mi dispiace di non poterti raccontare di Suigetsu. E mi dispiace che sia arrivato proprio mentre noi
 
Sospirò.
No, proprio non ne era capace. Inoltre, non riusciva a centrare il punto per cui doveva scusarsi..
Così, senza perdersi in inutili parole, scrisse sul bigliettino una sola parola.
 
“Scusa”.
 
Lo accartocciò, prendendo la mira e lanciandolo direttamente sulla sua testa.
Ribalzò per terra, attirando l’attenzione del moro che però non lo raccolse. Si limitò a guardarlo per un po’, prima di tornare a scarabocchiare sul quaderno.
Naruto rimase a bocca aperta.
 
Razza di stro-
 
Ne scrisse un altro, che fece la stessa fine del primo e poi un terzo che cercò di mirare più lontano.
Questo però recitava ben altra frase.
Si rese conto di non aver dosato bene la forza quando fu il maestro Gai a raccogliere il pezzo di carta. Sbatté le palpebre, aprendolo. «Oh, un bigliettino per me? Come siete carini! Rock Lee, pupillo mio, ammettilo: sei stato tu!», recitò con un sorriso che però scomparve quando lesse il contenuto del biglietto.
Alzò le sopracciglia. «No, di certo non è per me», s’imbronciò. «Uzumaki, era Uchiha il destinatario? Beh, potevi anche dirlo subito! Una lezione d’insulti farà bene a chi non ne conosce», borbottò, schiarendosi la voce e iniziando a leggere ad alta voce.
Naruto iniziò a sbiancare.
 
Oh no, non lo faccia, non lo faccia.. ma è impazzito?
Probabilmente non l’ha letto fino alla fine.. Oh merda, sono nella merda.
Siamonella merda!
 
«“Teme bastardo, figlio d’un cane, orgoglioso di un Uchiha, rimangio tutto quello che ho scritto nei primi due bigliettini. Ed io che stavo anche cercando di aggiustare le cose. Sei proprio testardo. E stronzo. Dovresti smetterla di ignorarmi. Comunque..”, oh qui c’è una cancellatura. Naruto, quell’insulto potevi lasciarlo. Mi piaceva!», gli alzò il pollice, mentre il biondino sperava con tutte le sue forze che un meteorite precipitasse e li schiacciasse tutti.
«”Comunque, quando l’altra sera sei..”.. oh». Gai si bloccò all’improvviso, diventando impercettibilmente rosso e iniziando a sorridere con aria stralunata (nda: come una fan girl, direi u.u). «Le cose si fanno interessanti..».
Sasuke, a quel punto, iniziò ad avvertire una brutta sensazione.
Sentì il sangue che si ghiacciava nelle vene ed ebbe la conferma della brutta sensazione quando, girandosi per fulminare Naruto, lo trovò nascosto tra il banco e la sedia, bianco cadaverico.
 
Devo fare qualcosa.
 
Per la prima volta nella sua carriera da insegnante, la classe pendeva dalle labbra del professore. Così, non appena questi aprì bocca per continuare a leggere, Sasuke ricorse al gesto più estremo del suo repertorio.
Voltandosi, diede per sbaglio una gomitata nello stomaco del povero malcapitato Rock Lee, che era seduto accanto a lui. Il sopracciglione emise un verso di dolore strozzato che catturò la totale attenzione di Gai.
L’Uchiha sorrise.
«Rock Lee, cosa c’è, stai bene? Oh caro, hai bisogno di andare in infermeria?».
Sasuke gli sfilò dalla tasca il bigliettino ma quello, troppo concentrato sul suo pupillo per accorgersene, non lo degnò di un’occhiata. «La lezione è sospesa, ragazzi! Accompagno Lee in infermeria. Voi raggiungete Kakashi in palestra, forza!».
Tutti gli studenti, borbottando, posavano lo sguardo prima sul professore che si allontanava con il loro compagno, poi su Sasuke. Dimenticarono però la cosa nel giro di qualche minuto.
L’Uzumaki fu ben accorto nel tenersi a distanza di sicurezza dall’Uchiha durante il tragitto fino alla palestra. Nello spogliatoio si nascose tra due ragazzi piazzati in modo che il moro non lo trovasse e solo quando fu costretto a rispondere all’appello sentì lo sguardo dell’Uchiha che gli mandava a fuoco la testa.
E a ragione, questa volta.
Deglutì a vuoto.
«Bene, razza di nulla facenti. Iniziate con dieci giri di corsa. Svelti! Scattare!», gridava Kakashi-sensei, con il megafono in una mano e il fischietto nell’altra.
Non passò molto prima che Naruto si sentisse colpire dalla mano di Sasuke.
«Ouch, teme!», borbottò, massaggiandosi la parte lesa. «Fa’ piano!».
L’altro lo guardava con occhi spiritati. «Sei cretino o cosa? Ti pare il caso di scrivere certe cose su un bigliettino, addirittura in classe?», arrossì appena, senza però abbandonare il cipiglio irritato.
«Scusa», mugugnò Naruto, correndo piano al fianco dell’altro.
E le sue scuse si riferivano a più cose.
Il moro sospirò.
Il nervoso per l’episodio appena passato stava svanendo, ma un altro genere di irritazione, misto ad un pizzico di delusione, stavano riprendendo possesso di lui. «Vuoi parlarmi di sabato sera oppure no?».
La risposta del biondo fu pronta e secca. «No».
Silenzio.
«Allora non abbiamo nient’altro da dirci».
Naruto sospirò, guardando il compagno che si allontanava.
E per la seconda volta non riuscì a fermarlo.
 
***
 
«Avete capito bene ragazzi, la preside ha accordato il permesso di mandarvi in gita!».
Kurenai, l’insegnante di lingua inglese, sorrise soddisfatta.
Gli studenti, stanchi dopo l’intenso allenamento di Kakashi, riuscirono in ogni caso a gioire della notizia.
«Davvero, sensei?».
«E dove ci portate?».
«Quando partiamo?».
«Sarà fantastico!».
La donna sorrise. «Calma ragazzi, calma. La nostra meta sarà Venezia, siete contenti?».
«Venezia? E dov’è?».
Sasuke sospirò, passandosi una mano sulla faccia.
 
Come hanno fatto questi idioti ad arrivare all’ultimo anno?
 
La professoressa spiegò meticolosamente ogni dettaglio a quelle capre, informandoli che la partenza era stata fissata per il mese successivo.
«Le stanze dell’hotel sono doppie, quindi ognuno di voi dovrà scegliersi un compagno – dello stesso sesso, sia chiaro».
Qualche lamentela scherzosa, dopodiché ognuno iniziò a proclamare il nome del partner.
Alla fine, una spiacevole sensazione s’impossessò dello stomaco dell’Uchiha, e fu Kurenai-sensei a dar voce a quel timore. «Bene, credo proprio che siate rimasti solo voi due. Uzumaki e Uchiha, voi sarete in stanza insieme».
Sasuke serrò la mascella.
 
Benvenuta, signora sfiga!
Proprio adesso che avevo deciso di tenerlo alla larga per un po’.. Che palle.
 
Ma la reazione di Naruto fu il completo contrario. Limitandosi a sospirare davanti all’insegnate, non riuscì a non piegare gli angoli della bocca in un sorrisino soddisfatto quando questa andò via.
Adesso era lui che fissava l’Uchiha in attesa che si voltasse.
 
Non so perché, ma sento che questa gita sarà molto.. interessante.


 

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Capitolo 10
*** Se il passato bussa alla tua porta, sbattigliela in faccia e vattene in vacanza. ***


Ed eccoci al decimo capitolo! Un solo giorno di ritardo, ma se vi dico che sto preparando della roba per il cosplay e che sono super impegnata, mi perdonate? ç_ç
Colgo l'occasione per spammare la mia nuova bambina, una ff crossover (però non serve conoscere per forza tutti i personaggi, per leggerla) a cui tengo molto. Mi farebbe piacere se qualcuno la cagasse un pochino Q_Q (Shinryaku! Che storia è questa?)

Vi ringrazio per essere ancora qui a leggere, recensire e darmi sostegno. Vi adoro!


* * * * *


Capitolo dieci: Se il passato bussa alla tua porta, sbattigliela in faccia e vattene in vacanza


 

Le successive quattro settimane passarono senza che Naruto e Sasuke si rivolgessero la parola.
 
Che novità.
 
Beh, un po’ l’Uzumaki si era abituato a quella strana altalena che era diventato il loro rapporto. Un giorno amici, l’altro amanti e quello dopo s’ignoravano a vicenda.
Troppo testardi per chiedere scusa o troppo timidi per fare il primo passo?
Quella volta però, non era solo una questione di scuse. Per la prima volta, l’Uchiha aveva toccato un tasto che, per il biondo, era ancora parecchio dolente.
Il suo passato.
Un passato diverso da quello che tutti si aspettavano guardando il suo sorriso. Un passato dal retrogusto amaro e dalle compagnie poco raccomandabili.
Naruto avrebbe preferito dimenticarlo e basta, ma si sa che i nodi vengono sempre al pettine.
Suigetsu si era presentato da lui con l’oggetto che, anni addietro, era diventato quasi un’ossessione: un piccolo ciondolo da donna, in cui era contenuta una foto di famiglia.
La famiglia Uzumaki.
Naruto sospirò, rigirandosi quel piccolo oggetto tra le dita. All’apparenza era un ninnolo come tanti altri, dorato e con delle fantasie floreali incise sulla superficie. All’interno, una donna dai lunghi capelli rossi stringeva tra le braccia un fagottino biondo e, alla sua sinistra, un uomo – biondo anch’esso – le baciava i capelli.
Non era qualcosa di cui si sarebbe vergognato, ma preferiva tenerlo per sé. Preferiva nascondere e dimenticare la storia che si nascondeva dietro quel piccolo pendente.
 
Tre anni prima.
 
«Allora hai deciso di partire?».
Karin incrociò le braccia al petto, tenendo lo sguardo basso.
Da quando era entrata a far parte di quella bizzarra famiglia, non aveva avuto occhi che per quel biondo dall’aria ribelle. Sapere che aveva scelto di lasciarli – di lasciarla – la faceva sentire tradita.
«Sì», borbottò lui, mettendo in una specie di valigia quei pochi abiti che possedeva. «Sono stanco di questa vita, voglio cambiare».
Lei serrò la mascella. «E te ne sei reso conto così, all’improvviso?».
«Non proprio. È che ho capito che non ho bisogno di fare queste cose, di vivere in questo modo a danno degli altri. Io non sono così».
Io non sono così.
Quelle parole rimbombarono nella testa della ragazza dai capelli scarlatti, seguite da una frase che Naruto non aveva detto, ma che gli si leggeva negli occhi.
Non sono come voi.
Karin lo sapeva, lui era diverso. Lui era buono. Ciò che aveva fatto era stato soltanto per riuscire a sopravvivere.
Per riuscire ad andare avanti.
Ma, senza volerlo, era finito in una spirale ancor più nera di quella dalla quale era riuscito ad uscire. Il dolore della morte dei suoi genitori, uccisi perché la loro presenza era scomoda a qualche alto capo di un’associazione criminale. Associazione che Minato – il padre di Naruto – era riuscito a far venire allo scoperto.
E poi, per vendetta, erano stati fatti fuori.
«E il tuo desiderio di vendicare la morte dei tuoi genitori?».
Naruto sorrise – se quello poteva essere definito un sorriso. Gli angoli delle sue labbra si piegarono all’insù, ma tristemente. «A che serve vendicarsi? A che serve spargere altro sangue? I miei genitori non torneranno indietro».
«Ma Suigetsu..».
«Suigetsu non riuscirà a prendere quel ciondolo. Non riuscirà ad entrare lì dentro. Considera nulla quella promessa».
Karin fece un passo avanti, afferrandogli una spalla. «E se dovesse riuscirci?».
Quella era la domanda che Naruto si era posto più di una volta.
“E se dovesse riuscirci?”
E se Suigetsu davvero fosse stato in grado di infiltrarsi nella tana del nemico, studiarne i punti deboli e, come prova, riuscire a riprendere il ciondolo della madre di Naruto?
«Se dovesse riuscirci, deciderò cosa fare. Ma digli di non rischiare la vita per me. Probabilmente nemmeno ci vedremo più».
A quelle parole, il cuore della ragazza sembrò frantumarsi in tanti piccoli pezzi. «Naruto, ti prego».
Quello squittio tremolante convinse il biondo a guardarla. Le posò una mano sulla spalla, gentilmente ma con distacco. «Non ci potrà mai essere nulla tra di noi, Karin. E quello che c’è stato.. dimenticalo. È stato un errore». Fece una pausa, guardandola come per assicurarsi che avesse recepito il messaggio. «Io non sono innamorato di te. Quindi, quando me ne andrò, non cercarmi».
Distrutta, sbriciolata in pochi attimi e da quattro parole in croce.
Si sforzò di deglutire, obbligandosi ad annuire. «Lo so».
«Bene».
E l’Uzumaki tornò a darle le spalle, escludendola dalla sua vista e dalla sua vita.
Si mise lo zaino in spalla, avviandosi verso la porta. «Allora.. buona fortuna».
Karin si conficcò le unghie nei palmi delle mani, imponendosi di restare al suo posto.
E, soprattutto, di non piangere.
«Anche a te.. Naruto-kun».
 
Presente.
 
Nonostante la sua partenza, il suo distacco da quella vita e l’abbandono di quella che, per un po’, era stata come una famiglia, Suigetsu aveva mantenuto la promessa che gli aveva fatto quando si erano conosciuti.
Un po’ per gioco, un po’ per dimostrare di essere forte. Ma Naruto aveva sempre pensato che non lo avrebbe fatto sul serio.
Era costretto a rivedere le sue convinzioni.
E, soprattutto, doveva parlargli.
 
Ma non adesso. Mi merito un po’ di vacanza, accidenti.
 
I suoi pensieri cambiarono direzione in un battito di ciglia, soffermandosi sul futuro prossimo e diventando più spensierati.
L’indomani sarebbero finalmente partiti per l’Italia!
L’Uzumaki aveva sempre desiderato vederla, e assaggiare la pizza di cui tanto aveva sentito parlare. Sì, c’era anche lì, ma era surgelata e dal gusto scadente.
Inoltre, avrebbe avuto l’opportunità di stare un’intera settimana in stanza con Sasuke.
Stretto contatto, 24h su 24. Poteva andare meglio di così?
Raccattando le ultime cose, la sua mente iniziò a fantasticare sugli ipotetici sviluppi di quella situazione.
Arrossì lievemente, ma fu costretto a risvegliarsi quando sentì suonare il campanello.
 
Chi diavolo sarà mai, a quest’ora?
 
Quando aprì la porta, sul suo viso si formò un cipiglio confuso. «E da quando tu bussi?».
Konohamaru aveva un’aria triste. Le mani nella tasca e lo sguardo basso ne erano una prova.
Naruto sbatté le palpebre. Non ricordava di aver mai visto quel marmocchio giù di morale. «Va tutto bene?».
«Sì», borbottò l’altro. «Sono solo annoiato al pensiero di dover rimanere da solo un’intera settimana. E soprattutto mi scoccia che tu potrai mangiare la pizza e io no».
Il biondo si lasciò andare ad una fragorosa risata, scompigliando i capelli del più piccolo. «Tutto qui? Oh, andiamo! Ti manderò una foto di me che addento, se ti va».
Konohamaru si aprì a sua volta in un ghigno, dandogli un pugno amichevole sul braccio. «Baka! Definisci “addentare”, non vorrei ritrovarmi sul cellulare foto compromettenti».
L’Uzumaki rimase immobile, mentre il vero significato di quella frase gli entrava nel cervello. Prima sbiancò, poi diventò rosso come un peperone. «Konohamaru Sarutobi!».
L’altro iniziò a sghignazzare. «Sembri mia madre adesso. E comunque.. non stai negando!».
Naruto sgranò gli occhi. «Ti uccido!».
E così, dopo l’ultima scazzottata della giornata, Naruto si preparò mentalmente per la settimana che lo attendeva, sorridendogli complice.
Peccato che invece, a Sasuke, quella stessa settimana alzava un bel dito medio.
 
***
 
«Io non so nemmeno una parola d’italiano», borbottava Choji, con il gomito appoggiato alla maniglia del trolley.
Shikamaru sbuffò. «Ma che ti frega dell’italiano, non è che devi parlare con qualcuno».
«Beh, devo pur sempre chiedere indicazioni per i ristoranti, non ti pare?».
L’altro sbuffò, roteando gli occhi.
«Pensi sempre a mangiare, Choji!», s’intromise una stizzosa Sakura, trascinandosi dietro una valigia enorme e rosa come i suoi capelli.
«E tu sei sempre così gentile, Sakura!».
Certo, solo con chi non la conosce”, pensò Shikamaru, distogliendo lo sguardo.
Poco a poco, iniziarono a presentarsi tutti gli alunni delle classi coinvolte nel viaggio di istruzione e davanti all’entrata dell’aeroporto si creò un grosso trambusto.
Sasuke, in disparte, si lanciava occhiate a destra e a manca, timoroso dell’arrivo di quella cozza di Ino Yamanaka.
Quando aveva saputo che anche la sua classe sarebbe andata in gita, per un momento aveva tentennato sul da farsi. Poi ricordò che avere l’opportunità di andare a fare un viaggio in Italia non era cosa di tutti i giorni, e così aveva deciso di andarci, ma tenendo le distanze. In fondo, non era chissà quale amante della compagnia inutile.
Ma era anche un altro il motivo che lo spingeva a guardarsi dietro come se fosse inseguito da un randagio bavoso: nemmeno Naruto era ancora arrivato.
 
Non sto aspettando il suo arrivo. Voglio solo tenermi alla larga da lui il più possibile.
 
Fin quando non sarete costretti a dividervi la stanza”, gli ricordò la vocina sadica nella sua testa, che zittì prontamente infilandosi le auricolari.
Dall’ultima volta che aveva parlato con il dobe, le cose erano leggermente cambiate.
Beh, più che leggermente.
La sua rabbia era cresciuta e così il suo orgoglio, e stentava a credere al fatto che soltanto un mese prima si era arreso a quello strano sentimento che provava per lui.
Non sarebbe più successo, Naruto non meritava la sua fiducia.
Ma, nonostante questo, la sua curiosità non era calata di molto. Voleva spiegazioni, voleva capire ciò che Suigetsu gli aveva raccontato. Voleva la verità.
Poi, tutt’a un tratto, l’immagine di un volto particolare gli annebbiò il cervello.
Quell’uomo dallo sguardo gelido, criptico. Gli metteva i brividi soltanto a pensarci.
Chi era? E che ruolo aveva avuto nel passato di Naruto?
Tutte quelle domande sarebbero rimaste senza risposta, perché di certo non sarebbe andato dall’Uzumaki a chiedere spiegazioni, di nuovo, per essere mandato al diavolo, di nuovo.
Magari, però, avrebbe potuto assumere un investigatore privato..
 
Tsk.
 
«Sasuke-kun!».
Quel timbro di voce ocheggiante e petulante poteva appartenere soltanto a due persone. E se la prima non era ancora arrivata..
«Che vuoi, Sakura?».
L’Haruno aveva avuto una cotta per lui per tutto il periodo delle medie e per i primi due anni delle superiori. Da quando però l’Uchiha l’aveva rifiutata, facendole fare una pessima figura davanti a tutta la scuola e costringendola a rinchiudersi nel bagno delle ragazze, a piangere, per cinque ore abbondanti, lei non gli aveva quasi più rivolto la parola, se non per costrizione o necessità impellenti.
Sembrò stizzita dal suo tono apatico, ma nascose il pulsare della vena sulla fronte con un sorriso ancor più inquietante. «Sai dov’è Naruto?».
 
Perché diavolo lo chiedi a me? Ho per caso la faccia di uno che sa dov’è Naruto? Cosa sono, la sua guardia del corpo?
 
«No».
La rosa rimase immobile, le sue risposte secche troncavano un qualsivoglia tipo di approccio. Prese un respiro profondo, ripetendo a se stessa che se Sasuke non le chiedeva dettagli – ad esempio “Perché cerchi Naruto?” o “Dovevi dirgli qualcosa di importante?” – non era per forza perché non gli interessava ciò che aveva da dire.
Illusa.
«Volevo ringraziarlo!».
«Ah».
Silenzio.
«Non mi chiedi perché?».
Anche un “Dovrei?” sarebbe stato meglio della secca risposta che sarebbe arrivata nel giro di qualche secondo.
«No».
La ragazza sospirò. «Riesci ad articolare una risposta composta da più di un monosillabo?».
«No».
 
“Non con te”, sarebbe meglio dire. Sparisci, piattola.
 
«Te lo dico lo stesso!».
 
Ma chi te l’ha chiesto?
 
«Mh».
Sakura si aprì in un sorriso felice. «Grazie a Naruto, adesso sto con Sai!».
 
Ma non m’intere- oh, aspetta, lo sapevo già. Perfetto, così non dovrò neanche sforzare di nascondere la faccia sorpresa, visto che non c’è.
 
«Mhm».
La rosa mandò al diavolo i suoi buoni propositi e digrignò i denti, sbattendo un piede per terra. «Oh, ma insomma, Sasuke! Non dici niente? Non sei nemmeno un po’ geloso?».
Beh, se era una reazione che Sakura voleva, l’avrebbe avuta.
L’Uchiha voltò il capo verso di lei, mentre la sua espressione si trasformava poco alla volta.
Da impassibile a confusa, da confusa a divertita, e poi scoppiò a ridere.
Il che, per lui, era abbastanza strano.
Quando Naruto arrivò, si trovò davanti quella scenetta che, se qualcuno gli avesse raccontato, non avrebbe mai dato per vera. Inclinò il capo, guardando prima Sakura e poi Sasuke. «Che succede qui?».
Lei serrò la mascella, offesa. «Chiedilo a quest’idiota!», gridò, girando sui tacchi e andando via come un toro infuriato.
Poco dopo l’Uchiha smise di ridere e si accorse della presenza del biondo. Affilò lo sguardo, tornando serio e infilandosi di nuovo gli auricolari.
L’altro, in risposta, sbuffò. «Hai intenzione di fare così per sempre?».
Nessuna risposta.
«Ohe, Sas’kè!».
Gli diede uno scossone, ma tutto ciò che ebbe in risposta fu uno sguardo truce e un gestaccio con le dita.
 
Sembra che far pace, stavolta, sarà più dura del previsto.
 
Dopo un altro tentativo andato a vuoto, si allontanò da lui per avvicinarsi al gruppetto della sua classe, seccato e leggermente meno entusiasta di qualche minuto prima.
Kiba gli gettò un braccio sulle spalle. «Ehi, Uzumaki, cos’è quell’aria triste? Stiamo andando a toccare con mano le bellezze italiane, intendi?».
A Naruto venne da ridere e, alzando lo sguardo, intercettò quello di Hinata a pochi passi da loro. Aveva sentito Kiba e stava sorridendo anche lei. Non con scherno, ma con velato affetto.
Il biondo ringraziò di averla come amica.
 
Dopo aver effettuato il check-in e tutti quei noiosissimi controlli di routine, riuscirono – dopo la bellezza di tre ore circa – a salire sull’aereo e prendere posto.
Ovviamente, la sfiga volle che Sasuke non ottenne il tanto bramato posto accanto al finestrino, ma quello all’estremità, dalla parte del corridoio.
 
Spero solo che in uno dei due posti di fianco non ci sia Ino.
 
Ma quando un biondo dobe arrivò con la pretesa di farlo passare, accompagnato da Sakura a cui era stato assegnato il posto al centro, vide Choji e Ino che si sporgevano dai sedili davanti e Kiba che, diviso da lui solo dalla corsia di passaggio, urlava rivolgendosi a Naruto, fu costretto a sgranare gli occhi.
 
Sono finito dritto all’inferno.
 
***
 
«..E così io le ho detto “Ehi, tesoro, va bene una botta e via, ma non sono tipo da storia seria”. Quella per poco non piangeva, ma che posso farci? Cioè, dico, mi hai visto?».
Sasuke stringeva con forza i braccioli della sua poltrona, lo sguardo sgranato e fisso su un punto imprecisato davanti a lui.
Erano passate solo quattro ore di volo e già non ne poteva più.
Kiba e Naruto non avevano smesso di chiacchierare un secondo; Choji ascoltava, interveniva a volte e faceva cadere le briciole dei panini che con regolarità tirava fuori sulle gambe dell’Uchiha; Shikamaru litigava con Sakura, che si ostinava a voler accendere il cellulare per chiamare Sai e poi c’era Ino, che lo fissava in silenzio dallo spazio tra un sedile e l’altro.
Forse quella era la cosa peggiore.
«Non ti sembra di aver esagerato, baka? Potevi essere più gentile, almeno», disse l’Uzumaki in risposta, continuando un discorso che Sasuke si stava forzando di ignorare.
Non gli interessava quello che avevano da dirsi, e poi cosa, non potevano farlo in un altro momento?
Sospirò, esasperato, quando incrociò – per la ventesima volta o giù di lì – lo sguardo ficcanaso della biondissima Yamanaka.
 
Quando finirà questo tormento?
 
Iniziava a pensare che, in mezzo a quegli svitati, non si sarebbe goduto il viaggio nemmeno un po’.
Si guardò intorno con nonchalance, cercando un posto libero – un qualsiasi altro posto libero – quando si sentì picchiettare sulla spalla destra. Si voltò lentamente, quasi pregando che a chiamarlo fosse Sakura e non Naruto.
«Teme, fammi passare. Devo andare a cercare la signora hostess per avere delle noccioline. Sai, le mie le ho finite».
Sasuke chiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro, e si alzò senza rivolgergli la parola. Decise, visto che era già in piedi, di fare un salto alla toilette per sciacquarsi la faccia e per darsi una pausa delle chiacchiere senza fine di quell’animale.
Ma quando fece per scostare la tenda divisoria che l’avrebbe condotto al bagno, si scontrò – letteralmente – con l’Uzumaki. Grugnì, infastidito da quel contatto indesiderato e fece per scansarlo, ma questi gli afferrò il polso costringendolo a fermarsi.
«Mollami subito», ordinò, fulminandolo con lo sguardo. Ma la stretta sembrò farsi, come per dispetto, ancora più salda.
Si guardarono negli occhi, sfidandosi a vicenda.
Se fosse stato per Naruto, l’avrebbe baciato in quello stesso momento, infischiandosene che qualcuno, entrando, avrebbe potuto vederli.
Se fosse stato per Sasuke, l’avrebbe pestato a sangue in quello stesso momento, infischiandosene che qualcuno, entrando, avrebbe potuto vederli.
Insomma non erano, come si dice, sulla stessa lunghezza d’onda.
Alla fine a spuntarla fu Sasuke. Strattonò il braccio, liberandosi dalla presa dell’altro e sbattendosi la porta del minuscolo bagno alle spalle.
 
Dannato idiota.
 
Se la prese con calma, sciacquandosi il viso e lavandosi le mani, guardandosi allo specchio e maledicendo quelle occhiaie che lo facevano somigliare troppo ad Itachi. Quando uscì, Naruto era ancora lì ad aspettarlo.
«Ma si può sapere che vuoi?».
L’Uzumaki incrociò le braccia al petto. «Saremo in stanza insieme, che ne dici di comportarci come persone normali?».
«Io mi comporto sempre così».
Il biondo aprì la bocca per controbattere, ma la richiuse subito dopo.
 
Touché, maledetto asociale.
 
«Bene. Allora che ne dici di comportarci come facevamo.. prima?».
I loro occhi si incontrarono per qualche secondo per poi rivolgersi altrove, imbarazzati.
A Naruto non piaceva quella situazione. Non voleva comportarsi con lui come “prima”. Prima che si rendesse conto di provare per l’Uchiha molto più di un semplice affetto.
Ma se lo sarebbe fatto andare bene, almeno per il momento. Una non-quasi-amicizia era pur sempre meglio di niente.
Sasuke mugugnò una qualche risposta che l’altro non riuscì ad afferrare. Inclinò il capo, confuso, mentre quello incrociava le braccia al petto e sbuffava. «Eh?».
«Ho detto», ripeté, fulminandolo con lo sguardo. «Che posso provare a tollerarti e rivolgerti la parola, se serve. Niente di più».
L’Uzumaki si aprì in un sorriso radioso. «Bene, è un buon’inizio. Affare fatto?».
L’altro osservò, con la fronte aggrottata, la mano che il biondo gli stava porgendo. Doveva stringerla?
«È così che si fa quando si sancisce un accordo, non te l’hanno mai detto?».
«Non ho mai sancito accordi».
«Beh, c’è sempre una prima volta». Dopo aver aspettato per altri pochi attimi che Sasuke si desse una mossa, Naruto gli afferrò la mano e l’agitò piano, un paio di volte.
E nessuno dei due avrebbe potuto negare di aver sentito la strana scossa d’elettricità che c’era stata nel momento in cui le loro dita si erano sfiorate.
Si guardarono negli occhi ancora una volta, prima che il moro ritraesse la mano.
Mentre si allontanava, tornando al suo posto, Naruto lo sentì borbottare qualcosa che somigliava ad un “«Però non ti allargare»”.
Dopo qualche secondo, lo raggiunse con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra.
 
Ti avrò, teme. Costi quel che costi.


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Capitolo 11
*** Obbligo o verità? ***


Sono ufficialmente tornata anche qui!
Aww, mi era mancata questa storia. Prometto di non assentarmi più per lunghi periodi, anzi, da oggi si riprende con gli aggiornamenti domenicali.
Vi ringrazio per il sostegno, per le recensioni alla quale risponderò subito, per tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite e le preferite, per tutti i complimenti e per essere qui semplicemente a leggere, anche dopo tutto questo tempo.
Chiedo scusa per gli eventuali errori, ma ho un po' di febbre e non sono sicuramente riuscita a beccarli tutti. Perdono!

* * * * *

Capitolo undici: obbligo o verità?


«Accidenti, non pensavo che l’Italia fosse così-».
«..Bagnata?».
L’intero gruppo – o quasi – si voltò per fulminare Naruto con uno sguardo.
«Beh», esordì Shikamaru, lasciandosi cadere su una poltrona decorata con motivi floreali. «Almeno alloggiamo in un bel posto. C’è anche il wi-fi gratuito».
Un sospiro collettivo si elevò al cielo.
Erano arrivati in Italia poche ore prima e proprio quando, esaltati, iniziavano a litigare su quale sarebbe stato il primo posto che avrebbero visitato, una goccia d’acqua cadde sulla fronte di Sakura.
Poi un’altra.
E un’altra ancora.
Fin quando non furono costretti a correre per raggiungere l’hotel prima di assumere le sembianze di tanti pulcini bagnati.
 
Troppo tardi. Assomiglio ad un pulcino bagnato da quando sono nato, dattebayo.
 
 L’Uzumaki incrociò le braccia al petto, sedendosi sul pavimento con un’espressione offesa dipinta sul volto.
«Non può piovere proprio quando arriviamo noi».
«Suvvia, Uzumaki, la pioggia non durerà più di una serata: domani mattina il tempo sarà bello e potremo iniziare a girare. Approfittiamo di questa sera per riposarci dal lungo viaggio e adattarci al nuovo orario».
Tutti gli sguardi si concentrarono su Kakashi-sensei, stranamente sorridente e a suo agio.
«Adesso vi chiamerò e verrete avanti, prenderete le chiavi delle vostre stanze e sparirete dalla mia vista. Tutto chiaro?».
Terrificante silenzio. Soltanto qualcuno ebbe il coraggio di deglutire.
«Perfetto allora!».
Man mano che le coppie venivano chiamate, nella hall restava sempre meno gente.
Sasuke, che fino a quel momento era rimasto in silenzio in disparte, si avvicinò di malavoglia al suo compagno. Questi sembrava impaziente di essere chiamato, tant’è che batteva perfino il piede sul pavimento.
«Possibile che entrambi abbiamo cognomi che iniziano con la U?».
L’Uchiha roteò gli occhi. «Sta’ zitto e aspetta il tuo turno, non sei un bambino».
Ma quando riuscirono ad avere la chiave e Naruto lo trascinò su al secondo piano quasi di corsa, gridando e rischiando di far cadere qualcuno perché nemmeno guardava dove metteva i piedi, – e tutto questo mentre ancora serrava il polso di Sasuke -  il moro fu costretto a ricredersi.
Naruto era la persona più infantile sulla faccia della Terra.
Non che questo gli dispiacesse, ecco.
«Sasuke! Siamo arrivati, è questa, è questa! Apri tu, dai dai! Oh anzi no, apro io, tu sei lento».
Quando spalancò la porta, entrambi rimasero a bocca aperta.
Il sorriso – o meglio, il ghigno soddisfatto - di uno arrivava fino alle orecchie.
La mascella dell’altro, caduta per la disperazione, sfiorava quasi il pavimento.
Al centro della piccola stanza dalle pareti color crema, troneggiava imperioso un letto a due piazze.
Un matrimoniale.
La mano che Sasuke si spiaccicò sulla fronte non fu solamente immaginaria.
«Adesso andiamo alla reception», esordì, iniziando a camminare. «E chiediamo a quegli idioti italiani di darci un’altra stanza».
Kakashi apparve all’improvviso, tant’è che l’Uchiha dovette nascondere il sussulto. «Mi dispiace, ragazzi, ma non troverete un’altra stanza. Ecco, qui sono tutte così!». Si grattò la fronte con l’indice, sorridendo imbarazzato.
Sasuke alzò un sopracciglio. «Che vuol dire che “sono tutte così”?».
«Vuol dire che questo è un hotel per coppie, fughe romantiche, roba di questo tipo.. comprendi?».
L’Uchiha sgranò gli occhi. «E per quale assurda ragione siamo finiti in un posto del genere? Scommetto che in questa città ci sono così tanti Hotel da far girare la testa. Forse siamo ancora in tempo a-».
Dato che aveva iniziato a straparlare e camminare avanti e indietro come un disperato in preda a qualche tipo di crisi, Kakashi, sospirando, lo afferrò dalla collottola nemmeno pesasse quanto un gattino e gli parlò con la calma che si usa con i malati di mente. «Perché questo era il posto più economico, Uchiha-kun. E siamo in gita scolastica, non in una vacanza di piacere. Le spese vanno ridotte al minimo».
Un’idea improvvisa balenò nelle iridi ossidiana di Sasuke.
Un’idea folle, folle quanto lui stesso era.
 
Pago io per tutti, ma non dormirò mai nello stesso letto del dobe.
 
Poi sembrò prendersi un momento per pensarci su, ed il luccichio nei suoi occhi si spense.
 
Probabilmente Itachi mi farebbe lo scalpo, meglio evitare.
Però posso sempre cambiare stanza e dividere il letto con qualcun altro.
 
Si schiarì la voce. «In questo caso, Kakashi-sensei, vorrei chiederle di-».
«Sasuke, corri! Vieni a vedere!».
L’Uchiha si rese conto solo in quel momento che Naruto non era lì con loro.
Brutto, bruttissimo errore.
 
Troppo silenzio, maledizione. Dovevo capirlo. Che diavolo avrà combinato lì dentro?
 
Si voltò appena, mentre la testa bionda spuntava dalla porta agitando qualcosa nella mano sinistra.
Qualcosa di piccolo e quadrato.
Estremamente sospetto.
Ghignò. «Guarda cos’ho trovato nel cassetto del comodino!».
E glielo lanciò.
La bustina contenente il profilattico atterrò direttamente ai piedi di Kakashi che – si vedeva lontano un miglio – stava cercando di trattenere una risata.
Vari colori si alternarono sul viso dell’Uchiha: dal rosso al verde, dal viola al giallo. Quando tornò in possesso delle sue facoltà mentali, sgranò gli occhi e si voltò verso il sensei. «Io non ci dormo nello stesso letto con quello».
L’Hatake ghignò. «Suvvia, non fare così. Tutti i ragazzi sono costretti a dormire nello stesso letto e nessuno si sta lamentando quanto te».
 
Perché nessuno di loro sarà costretto a dormire con qualcuno che ha baciato. Più di una volta.
Che cazzo.
 
«Non è possibile fare uno scambio?».
 
Anche Ino.
Va bene anche Ino.
 
«Ehi, Sasuke! Io sto dalla parte sinistra del letto!».
Kakashi si strinse nelle spalle. «A quanto pare il tuo compagno si è abituato a quest’accoppiata. Pazienza!».
L’Uchiha affilò lo sguardo, desiderando di prendere a schiaffi quella faccia sorridente.
 
Razza d’idiota ipocondriaco paradossalmente sorridente.
Brucia!
 
«Bene», sputò fuori, dirigendosi a passo di carica verso la stanza e sbattendosi la porta alle spalle.
Puntò il dito contro Naruto che, appena lo vide, lasciò ricadere tutto ciò che aveva trovato nel cassetto con un sussulto. Sasuke sgranò gli occhi. «Che c’è? Cos’altro hai trovato lì dentro?».
Per la prima volta nella sua vita, l’Uzumaki distolse gli occhi imbarazzato. «Niente!».
 
Bugiardo.
Bugiardo!
Ma forse non voglio saperlo davvero. Ugh.
Bleah.
 
«Non ti lascio la parte sinistra del letto. Anzi, non ti lascio nessuna parte del letto. Che ne dici di dormire sul tappeto? Cercherò di non pestarti».
Naruto mise il broncio. «Ma fa freddo!».
«Prenditi una coperta».
«Ce n’è soltanto una».
 
Ma che diamine?
 
Sasuke cercò con tutto se stesso di mantenere la calma. Di ricordarsi che erano soltanto pochi giorni, poi sarebbero tornati in Giappone e avrebbe ricominciato ad ignorare quell’idiota.
Se ripensava al momento in cui aveva ceduto a quello strano sentimento, prima dell’arrivo di quel tale, Suigetsu, quasi gli veniva il voltastomaco.
Lui che stringeva un legame? Accidenti, no. Non poteva e non doveva essere. Adesso era perfino grato a quella faccia da pesce e ai misteri che si portava dietro: gli aveva permesso di evitare di commettere l’errore più grande della sua adolescenza.
Sasuke Uchiha non era un rammollito sentimentalista. Se aveva baciato Naruto, era stato solo perché attratto da lui.
Si rese conto di non avere problemi a dichiararsi attratto dai ragazzi. Ma non avrebbe mai e poi mai tollerato di provare un sentimento nei confronti di qualcuno.
L’unico vero legame che aveva era Itachi, e non ne voleva altri.
Ma Naruto era in grado di scombussolare ogni suo pensiero e ogni sua azione.
Solo che non l’avrebbe mai ammesso.
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli. «Va bene, fai quello che ti pare ma non darmi noia».
Il sorriso dell’Uzumaki era luminoso e sincero, ma Sasuke non lo degnò di uno sguardo. Prese la sua valigia, iniziando a disfarla con lentezza. Dopo qualche minuto, quando la sensazione di essere osservato si faceva un po’ troppo pressante, alzò lo sguardo e trovò Naruto a fissarlo, a gambe incrociate, dall’altra parte del letto.
«Che vuoi?».
«Niente.. ho già disfatto la mia valigia e non so che fare».
«Va’ a giocare con i tuoi amichetti, su. Probabilmente verranno a chiamarti a breve».
«Verranno a chiamare anche te. Dai teme, siamo in vacanza! Non puoi davvero voler restare chiuso qui tutta la notte».
Sasuke gli lanciò un’occhiataccia. «Perché no? Sono stanco. E poi quegli idioti non sanno come divertirsi».
Sulle labbra del biondo nacque un ghigno. «Perché, tu sì?».
Alzò gli occhi al cielo. «Certamente».
«Allora devi venire per forza!».
L’Uchiha lo guardò, fingendo di pensarci un attimo. «No».
«Ma perché?».
Sbuffò. «Mi stai irritando più del solito, Usuratonkachi».
Naruto gonfiò le guance, pronto a ribattere, ma proprio in quel momento qualcuno bussò – se bussare poteva esser definito quel tentativo di sfondare la porta – ed entrambi si voltarono verso gli insulsi intrusi/amici.
L’Uzumaki spalancò la porta. Ino e Sakura, con un paio di birre in mano e dei vestiti troppo corti per essere stati davvero così in principio – cosa può fare un paio di forbici! – gli sorrisero e gli si aggrapparono alle braccia. «Naruto-kun, devi per forza provare la birra italiana!», esclamò Sakura. Ino ridacchiò, salutando Sasuke con la mano.
Strano che non gli fosse già saltata addosso.
Se questo fosse successo qualche settimana prima, probabilmente Naruto avrebbe avuto l’acquolina in bocca. Adesso era quasi convinto di essere gay, eppure quelle gambe gli facevano un certo effetto.
 
Beh, non sono sempre stato gay. O forse non lo sono neanche adesso.
Forse sono.. Sasuke-sessuale.
 
Poi ricordò che lui aveva rifiutato Sakura e che Ino era perdutamente innamorata di Sasuke, per questo iniziò a domandarsi se quello non fosse un presagio di morte.
Chissà, magari Sakura aveva intenzione di vendicarsi in qualche assurdo modo. Nessuno, a parte Hinata, era a conoscenza delle sue.. preferenze sessuali.
Il biondo però non lasciò che quei brutti pensieri lo scalfissero. Sorrise alle ragazze. «Dove l’avete presa?».
«Giù al bar. Qui possiamo prendere da bere anche alla nostra età, non è figo?».
Naruto ghignò. «Decisamente!».
Il dito di Sakura si posò delicato sul petto dell’Uzumaki. «Allora, non vieni di la a divertirti con noi?», sussurrò, socchiudendo le palpebre.
Sasuke voltò la testa per sentire meglio.
Ino imitò la sua compagna dai capelli color confetto. «Solo noi tre, ti va?».
 
Oh, questo è un po’ troppo..
 
«Beh, ragazze, ecco, io..».
 
Diamine, che faccio adesso? Un ragazzo etero non direbbe mai di no.
 
«Il fatto è che..».
E poi Sakura scoppiò a ridere. «Okay okay, basta così. Avevi ragione tu, Shikamaru!».
E qualcuno, ridendo a crepapelle, comparve da dietro l’angolo. Shikamaru, Choji e Kiba si trascinarono sghignazzando fino alla porta della stanza Uchiha-Uzumaki.
«Te l’avevo detto!».
Naruto spostava spasmodicamente lo sguardo da uno all’altra. «Detto cosa?».
 
Non avranno mica scommesso sul fatto che io..
 
«Che Naruto non pensa solo al sesso come Kiba. Lui c’è cascato in pieno, beccandosi pure uno schiaffo da Haruno per averle palpato il didietro».
Kiba rise sonoramente, massaggiandosi la faccia. Naruto sospirò.
«Siamo tutti in camera di Sakura e Ino, ci sono anche Hinata e Shino. Perché non vieni anche tu? O-», si corresse, lanciando uno sguardo all’interno della stanza. «..anche voi? Stiamo giocando ad obbligo o verità».
Sasuke schioccò la lingua, alzando gli occhi al cielo. «Poppanti».
Non avrebbe mai giocato a quell’inutile gioco con quelle inutili persone. Era ancora più penoso del punch che avevano corretto al ballo di primavera.
«Dovreste aggiornare il vostro repertorio. E smettetela di guardare telefilm americani».
Tutti gli sguardi furono su di lui. Perfino quello di Ino, che si tratteneva dal saltargli addosso per chissà quale miracolo divino.
Naruto gli fece il verso, poi incrociò le braccia al petto. «Allora come credi che dovremmo divertirci, signor so-tutto-io-voi-razza-di-perdenti-aggiornatevi?».
L’Uchiha gli lanciò un’occhiataccia che ebbe il potere di farlo rabbrividire.
«Questi sono problemi vostri».
Sakura, che ogni volta che si trovava davanti quell’Uchiha aveva voglia di picchiarlo a sangue, fu fermata da Shikamaru e Choji perché il suo volto aveva assunto un’espressione quasi demoniaca, con tanto di lingua biforcuta e capelli ritti sulla testa. «Permettetemi di ammazzarlo, il mondo sarà un posto migliore dopo!».
Kiba sbuffò. «Ha solo paura di perdere».
Non avrebbe dovuto dirlo.
Sasuke si alzò dal letto, raggiungendo gli altri in qualche falcata. «Cos’hai detto?».
«Che hai paura di fare la figura dello scemo con noi. Non è così?».
Gli occhi dei due lanciavano fiamme. Quelli dell’Uchiha però erano più terrificanti. «Sfidami, cane. A qualsiasi cosa. Dimostrerò che la mia superiorità non è solo apparente».
Tutti erano a bocca aperta, gli occhi che brillavano per l’eccitazione.
«Sasuk-».
«Bene, damerino. Se sarai in grado di fare quello che sto per dirti, riconoscerò che sei un tipo tosto».
«Ehm, Kib-».
«Zitto, Naruto!», urlarono i restanti in coro.
Kiba ghignò sadico. «Torniamo in camera, ti spiegherò la faccenda nei dettagli».
«Se riuscirò a portare a termine la missione, domani ti porterò in giro per Venezia con il collare, e farai anche ‘bau-bau’. Siamo intesi?».
Inuzuka schioccò la lingua. «Bene. Ma se vinco io..», si guardò intorno, pensandoci. Poi nei suoi occhi qualcosa brillò. «Se vinco io, dovrai andare in giro per l’hotel nudo».
Sasuke rimase a bocca aperta per qualche secondo.
Quel tipo non avrebbe umiliato un Uchiha in questo modo.
Ma era certo che non avrebbe mai perso. Gli tese la mano. «Andata».
L’altro l’afferrò. «Andata».
Tutti gli altri si erano appena garantiti, in ogni caso, uno spettacolo da non perdere per nulla al mondo.
 
Tre ore dopo.
«Allora, è tutto chiaro? Siete pronti?».
«Sì, ‘ttebayo!».
«Io mi oppongo. Perché devo portarmi dietro questo idiota?».
«Perché così è stato deciso, Sasuke-kun. Non puoi fare tutto da solo, potresti corrompere Kakashi-sensei con una mazzetta. E Naruto è stato scelto dal resto di noi per accompagnarti».
Sasuke ringhiò rabbioso. «È come sancire la mia stessa condanna!».
«Beh, tu hai detto di proporti qualsiasi cosa. Stai forse dicendo che ti tiri indietro?».
Il suo sguardo divenne più duro del marmo. «Mai».
«Allora buona fortuna, a quest’ora dovrebbe già essere a letto».
L’Uchiha lanciò un’occhiataccia a Naruto. «Andiamo, testa quadra. E cerca di non starmi tra i piedi».
Questi ghignò e alzò la mano, aspettandosi un cinque. La riabbassò, deluso, quando il moro gli passò accanto senza degnarlo di uno sguardo.
«Torneremo vincitori!».
Ma nessuno ci credeva veramente.
Non se con Sasuke c’era l’Uzumaki.
La condizione di Kiba era semplice: Sasuke si sarebbe dovuto infiltrare nella stanza di Kakashi mentre quest’ultimo dormiva e scoprire come fosse fatta la sua faccia senza la mascherina che portava praticamente sempre.
Mai nessuno l’aveva visto senza.
Non era qualcosa di troppo complicato, anche perché Sasuke era agile e silenzioso. Ma portarsi dietro quell’elefante di Naruto cambiava le carte in tavola.
L’Uchiha sospirò.
«Per prima cosa, dobbiamo scoprire qual è la stanza di Hatake».
Naruto annuì.
«Poi andremo alla reception e ruberemo la chiave di scorta».
Naruto annuì ancora.
«Dopodiché, senza fare il minimo rumore», lo fulminò. «entreremo, e mentre io gli sfilo la maschera tu lo fotografi. Tutto chiaro?».
Naruto annuì per la terza volta.
Sasuke affilò lo sguardo. «Mi prendi per il culo?».
«No», borbottò l’altro. «È solo che Kakashi-sensei è appena uscito».
L’altro sgranò gli occhi, seguendo lo sguardo del biondo. «E cosa aspettavi a sputare il rospo, razza d’idiota?».
Questo si strinse nelle spalle. «Beh, suppongo che in questo modo sarà più semplice infiltrarsi in camera sua e aspettare che torni. Magari ci nascondiamo nell’armadio».
«No. Ho un’idea migliore».
E quando Sasuke Uchiha ghignava, non ci si poteva aspettare nulla di buono.
«E.. sarebbe?».
«Semplice», esclamò l’altro, avviandosi verso la porta. «lo seguiamo».

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Capitolo 12
*** Beccato! ***


Salve salvino! Sono viva, sì. Stavolta ho una giustificazione QUASI valida: sono stata prima ad una fiera in città, poi al Romics e ho portato ben due cosplay u.u
E stavolta ho le foto, HA! Eccole u.u
Sasuke: https://fbcdn-sphotos-d-a.akamaihd.net/hphotos-ak-ash4/1377485_10200637360196898_1104512636_n.jpg
Naruto Sennin (dannate lenti gialle che mi hanno rovinato la vista https://fbcdn-sphotos-f-a.akamaihd.net/hphotos-ak-frc3/1238294_10200686875234743_1947710464_n.jpg

Bene, dopo aver pubblicizzato la mia mezza arte del cosplay, ecco il dodicesimo capitolo! <3
 
* * * * *

Capitolo dodici: Beccato!
 
«Sasuke».
«Non adesso».
«Ma teme..».
«Ho detto non adesso».
«Però-».
«Maledizione, testa quadra, cos’è che non ti è chiaro quando ti dico non adesso?».
Sasuke si voltò inviperito verso il suo compagno, che gli rivolse uno sguardo dispiaciuto ma al contempo implorante. L’Uchiha, rassegnato, sospirò. «Cosa, Naruto. Cosa vuoi?».
L’attenzione dell’Uzumaki fu catturata dalle labbra di Sasuke che si muovevano a formare il suo nome. Era raro che non lo apostrofasse con qualche carinissimo epiteto, e le volte che lo aveva chiamato per nome potevano essere contate sulle dita di una mano. S’impose di concentrarsi.
«Ho freddo», borbottò poco dopo.
Il moro alzò un sopracciglio. Quel biondo dobe era uscito a mezze maniche. «Così impari a non portarti niente da mettere addosso».
Naruto aggrottò la fronte. «Torniamo indietro!».
L’espressione di Sasuke non sarebbe potuta essere più chiara. «Sei forse impazzito? Perderemmo Kakashi».
«Lo aspetteremo in camera sua come da programma!».
L’altro buttò fuori l’aria dalle narici, assomigliando sempre più ad un toro su tutte le furie. «Potrebbe tornare chissà quando; inoltre non ho nessun interesse a restare chiuso dentro un armadio con te».
L’Uzumaki quasi mise il broncio. «Allora va’ da solo, io ho troppo freddo. Oppure dammi la tua felpa».
 
Lo uccido.
Lo uccido adesso.
No, mi serve.
Ma lo ucciderò dopo.
 
Sasuke esitò un momento, poi si sfilò la felpa e gliela buttò in faccia. «Adesso sta’ zitto».
Naruto si prese un momento per osservare i muscoli delineati delle sue braccia: non era palestrato, le curve erano giuste e naturali. Si domandò perché non si fosse lamentato prima per il freddo.
Infilò la felpa dalle maniche un po’ troppo lunghe, sentendosi una ragazzina alle prese con la sua prima cotta. Sarebbe tornato a casa e l’avrebbe infilata sotto il cuscino, tanto Sasuke non l’avrebbe mai chiesta indietro – se non per darle fuoco.
Il silenzio però non durò a lungo.
«Teme?».
Nessuna risposta.
«Sas’kè!».
 
Non ce la posso fare. È più forte di me.
Magari potrei dire che è caduto in un canale e ha sbattuto la testa contro una gondola.
 
Proprio quando l’Uchiha, stringendo i pugni, stava per attuare il suo piano diabolico, gli occhi di Naruto si spalancarono indicando qualcosa alle sue spalle. «Kakashi-sensei sta salendo su quella barca a forma di banana!».
Come distruggere una delle maggiori attrattive della città in poche parole.
Sasuke si voltò, digrignando i denti. «Merda! Così lo perderemo». Si guardò rapidamente intorno, notando un’altra gondola ferma, in attesa di passeggeri. Mosse un passo, poi si fermò esitante a bocca aperta.
 
Devo davvero salire su una gondola al chiaro di luna, espressione estrema del romanticismo, con.. con..
 
Deglutì.
 
Oh, al diavolo. Sempre meglio di camminare nudo per l’hotel.
 
«Corri dobe, dobbiamo seguirlo».
«Ehi, Sasuke, hai idea di quanto costi un viaggetto su quella cosa? Perché ha proprio l’aria di costare parecchio».
L’altro schioccò la lingua. Come se i soldi fossero un problema!
«Tu pensa a correre».
Non appena salirono sull’imbarcazione, il gondoliere dalla maglia a strisce domandò loro dove volessero andare.
«Segua l’altra gondola, per favore».
Quello, un po’ titubante, annuì e domandò gentilmente di prendere posto l’uno accanto all’altro.
Naruto aggrottò la fronte, mentre sperava con tutto se stesso di non soffrire di mal di mare. «Com’è che conosci così bene l’italiano?».
«Mi piace sapere e non sguazzare nell’ignoranza come fai tu, usuratonkachi».
E sbuffò, voltandosi dall’altro lato.
Al contrario di Naruto, che sembrava totalmente a suo agio, quella situazione lo stava mettendo in soggezione. Picchiettò nervosamente le dita sul legno della gondola, avvertendo un brivido di freddo lungo la schiena.
Ma mai e poi mai avrebbe chiesto quella che un tempo era la sua felpa preferita a Naruto. Era troppo orgoglioso per farlo.
Però non si allontanò quando il braccio del biondo sfiorò il suo, cercando conforto in quella debole fonte di calore.
Cinque minuti dopo, le cose sembravano essere arrivate ad una qualche specie di status quo. Sasuke continuava a chiedersi per quanto ancora sarebbe durato quel giro turistico, Naruto invece non faceva che spingersi sempre più verso l’altro. Qualche ulteriore minuto e gli sarebbe finito in braccio.
Ma quando il gondoliere iniziò a strimpellare e cantare in un modo che avrebbero dovuto definire illegale, l’Uchiha si rese conto che erano fottuti.
L’imbarcazione su cui viaggiava Hatake-sensei non era che qualche metro più avanti rispetto a loro, e il suo gondoliere non sembrava intenzionato a canticchiare.
Così, incuriosito da quell’insolito gracchiare, Kakashi si voltò nella loro direzione.
«Cazzo!».
Sasuke tirò giù Naruto così velocemente da fargli sbattere la testa.
«Ohe, teme, che diavol-».
La mano fredda di Sasuke gli tappò la bocca. «Ora più che mai è necessario che tu taccia, pezzo di scemo», fece una pausa, lanciando occhiate indietro come se fossero loro quelli inseguiti. «Kakashi sta guardando verso di noi per colpa di questo tizio che canta. Non voltarti assolutamente e fa in modo che non ti riconosca».
L’Uzumaki spalancò gli occhi, facendo di sì con la testa, e il moro si decise a levargli la mano dalla faccia. Si alzò il cappuccio della felpa di Sasuke, poi gli lanciò un’occhiataccia. «Credo che solo tu abbia una capigliatura del genere, al mondo».
L’altro affilò lo sguardo: il tono di Uzumaki non prometteva nulla di buono.
«Forse, se li bagnassi..».
Sasuke avrebbe detto che sarebbe stata meglio la morte, se ne avesse avuta la possibilità. Ma l’usuratonkachi aveva già messo la mano nell’acqua ed era così pericolosamente vicino alla sua testa..
«Non.osare».
Ringhiò, bloccandogli il braccio dietro la sua stessa schiena in una mossa di difesa personale improvvisata. In quel modo però, Naruto era fin troppo vicino.
«Teme, mi fai male», miagolò l’altro, cercando di divincolarsi. «Volevo solo rendermi utile».
Sasuke schioccò la lingua, lasciandolo andare. «Tu? Renderti utile? Ha-ha!».
Poi accadde tutto molto velocemente: l’Uzumaki gonfiò le guance, Sasuke lo sapeva, pronto a urlargli contro. Così, senza pensarci, lo afferrò e se lo tirò addosso, premendo le labbra contro le sue.
Durò meno di una manciata di secondi e lo allontanò da sé schifato.
 
Perché l’ho fatto?
 
Il ghigno di Naruto invece brillava nella notte più accecante di un faro.
Ebbe però il buon senso di non dire nulla.
Qualche minuto dopo fu il gondoliere a rompere il silenzio, informando i due che l’altra imbarcazione si era fermata.
«Bene», esordì Sasuke. «Ci lasci a qualche metro di distanza».
L’uomo annuì e accostò. Naruto fu il primo a scendere, rischiando più di una volta di cadere e seguendo con lo sguardo il sensei che entrava in un bar. Aggrottò la fronte. Aveva fatto tanta strada per prendersi una birra?
«Sono centocinquanta, ragazzi».
Sasuke annuì, estraendo il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans. Ma aveva fatto male i conti e solo in quel momento si accorse che aveva lasciato in albergo più soldi di quanto pensasse. Cercò di mantenere un’espressione impassibile, richiudendo il portafoglio e rimettendolo a posto.
«Accetta pagamenti in natura?».
L’espressione dell’uomo fu impagabile, e Naruto avrebbe dato un braccio per sapere cosa gli aveva appena detto il teme.
«Ovviamente non da me. Però sa, questo ragazzino», e afferrò Naruto dalle spalle, spingendolo un po’ in avanti. «può anche sembrare una ragazzina, certe volte. Non so se mi spiego».
Il gondoliere sembrava non credere alle sue orecchie. L’Uzumaki iniziava ad agitarsi.
«Non lo voglio indietro, può tenerselo. Quando se ne sarà stancato potrà semplicemente gettarlo in un cassonetto o cose del genere».
Alternò lo sguardo dall’uomo al dobe. «Non ha malattie veneree ed è gay fino alla punta dei capelli. Sarà divertente, glielo assicuro».
L’uomo si grattò il mento, poi estrasse il cellulare e compose un numero.  Qualche istante dopo, il sorriso di Sasuke scomparve. Afferrò Naruto per il braccio e iniziò a correre. «Sta chiamando la polizia, muoviti!».
Beh, se lo sarebbe dovuto aspettare.
«Teme, Kakashi-sensei è entrato nel-».
«Tornate qui, farabutti! Dovete pagare!».
L’Uchiha svoltò, infilandosi nel primo ingresso illuminato che vide. Il cuore gli batteva a mille a causa della corsa, e posò le mani sulle ginocchia nel vano tentativo di riprendere fiato. Alzò il viso di poco. «Che.. stavi.. dicendo?», ansimò.
Uzumaki si era buttato per terra, e si limitò a fare un cenno con la mano. «Volevo dirti che Kakashi è entrato qui ma non serve più. Ehi, cos’hai detto all’uomo-gondola?».
Il moro si schiarì la voce. «Nulla di importante».
«E allora perché ha chiamato la polizia?».
Schioccò la lingua. «Cosa vuoi che ne sappia io? Gli italiani sono strani».
Naruto non indagò oltre, limitandosi a scrollare le spalle. Solo in quel momento si rese conto che non aveva ancora studiato il posto in cui erano entrati e, quando i suoi occhi incontrarono l’insegna al neon posta prima del secondo ingresso – sorvegliato da un tizio grosso e spaventoso – spalancò la bocca e picchiettò sulla spalla di Sasuke.
«Che vuoi usuratonk-.. oh».
«Eh».
«E chi avrebbe mai immaginato che Kakashi sensei avesse questo tipo di interessi?».
«Dici che dovremmo entrare?».
Sasuke ghignò. «Certo, magari riusciamo a beccarlo ubriaco e sfilargli quella cosa dalla faccia sarà ancora più semplice. Così potremo tornare in albergo da vincitori. Inoltre, tu non dovresti avere problemi ad entrare qui, no?».
Il biondo socchiuse le palpebre. «Simpatico». Poi lanciò un’occhiata all’omaccione che li fissava. «Pensi che ci faranno entrare?».
«Certo. Siamo in Italia, basta avere diciotto anni per queste cose e noi ne abbiamo diciannove. Ce li hai i documenti, vero?».
L’altro annuì. «Bene, allora entriamo. E lascia parlare me».
Naruto sospirò, lanciando un ultimo sguardo all’insegna al neon.
 
“Il paradiso della pomiciata
Ritrovo gay - lesbiche – transessuali. Entrata gratuita, consumazione obbligatoria”
 
Mezz’ora dopo.
 
Sasuke colpì Naruto sulla testa. «Che stai combinando?».
Questi si massaggiò la parte offesa, mentre seguiva vagamente intimorito lo sguardo del barista che se lo stava mangiando con gli occhi. «C’è scritto consumazione obbligatoria, quindi consumo. Anche se quel tizio mi fa paura».
L’Uchiha si voltò, appoggiando i gomiti sul bancone e cercando il sensei tra la folla. «Non siamo qui per farti ubriacare. Non vorrei mai doverti vedere pomiciare con il tizio che ti fissa il culo da quando siamo entrati».
La sua era un’affermazione buttata lì che però, si rese conto, poteva essere facilmente fraintesa. Si schiarì la voce, evitando di incrociare lo sguardo del compagno e tornò a scrutare la pista da ballo.
Di Kakashi neanche l’ombra.
«Cosa vuoi da bere, splendore?», mormorò languido il barista, leccandosi le labbra con fare provocatorio.
Naruto si tirò indietro quasi istintivamente, tirando Sasuke per il braccio. «Non so cosa abbia detto, ma digli che voglio una birra».
Il moro sospirò, voltandosi. «Un bicchiere d’acqua».
L’italiano, che fino a qualche minuto prima aveva avuto occhi solo per l’Uzumaki, sembrò voler spogliare Sasuke con la sola forza del pensiero. «E per te invece? Magari ti andrebbe qualcosa da mangiare o.. da succhiare?».
L’Uchiha resistette all’impulso di spaccargli la faccia solo perché non voleva avere problemi. «Sono con il mio ragazzo, non darmi noia».
Il solo pensiero gli fece venir voglia di prendersi a schiaffi, ma Naruto non avrebbe capito e quella banale scusa serviva soltanto a non farsi infastidire.
.. E a non far infastidire il biondo dobe.
Lo sguardo dell’altro si fece ancora più stuzzicante. «Non ho problemi con le cose a tre, sai?».
Naruto scelse il momento giusto/sbagliato per voltarsi, e vedere in che modo quel barista stava squadrando Sasuke, il suo Sasuke, lo fece diventare rosso dalla rabbia.
«Sas’kè! Digli di non fissarti in questo modo».
L’altro alzò un sopracciglio. Naruto arrossì. «B-beh, ecco..».
Ma non fece in tempo a finire la frase che l’Uchiha spalancò gli occhi dalla sorpresa. «Kakashi! L’ho visto! Andiamo, sbrigati».
Sasuke si avviò e Naruto dietro di lui, che però si fermò e tornò indietro poco dopo. Afferrò il barista dal colletto della camicia parlando a pochi centimetri dalla sua faccia. «Se tu permettere di nuovo parlare lui, io spaccare tuo culo e non come tu pensare».
E lo mollò prima che l’altro potesse anche solo chiedere che diavolo avesse detto.
 
«Penso di averlo visto entrare in bagno».
«Quello degli uomini o delle donne?».
Sasuke lo fulminò con uno sguardo.
«Beh, chi ti dice che Kakashi non sia in realtà una donna? Quella maschera potrebbe nascondere il viso più femminile del mondo. Inoltre la sua voce ha qualcosa di strano e poi frequenta questi locali ambigui..».
Silenzio.
«Ma sei nato idiota o ci sei diventato?».
L’Uzumaki cercò una risposta abbastanza sagace, ma non gliene venne in mente neanche mezza.
Seguì il moro nel bagno degli uomini e si stupì di quanto poco testosterone ci fosse nell’aria. Sgranò gli occhi di fronte al tizio in gonnella che si passava il rimmel sulle ciglia e a quello che si infilava le calze a rete. Stava per dire qualcosa a voce troppo alta, ma Sasuke fu pronto a bloccarlo e spingerlo in una cabina dalla quale spiare Kakashi sarebbe stato abbastanza facile.
«Ti prego, non dirmi che dobbiamo vedere il nostro Sensei vestirsi da donna. Credo che non potrei sopportarlo», sussurrò l’Uzumaki. «L’immagine mi perseguiterebbe per il resto dei miei giorni».
Sasuke si limitava a spiare attraverso la fessura. Hatake non si era accorto di loro, ma sembrava essere in bagno per nessun motivo in particolare. Si guardava intorno con le mani in tasca, come se stesse aspettando qualcuno.
 
Per fortuna non ha intenzione di travestirsi.
 
«Pensi che sia qui anche lui per seguire qualcuno?».
«Non credo».
«Allora perché è qui?».
«Se stai zitto e aspetti magari lo scopriamo».
Sospiro, sbuffo, tic alla gamba.
«Dobe, devi stare fermo».
«Ma io mi annoio!».
La porta principale del bagno si aprì e un uomo – che di uomo aveva solo gli attributi – si avvicinò a Kakashi.
«Hatake Kakashi?».
Il sensei annuì. «Sono io».
«Sei quello che viene dal Giappone?».
«Sasuke, che cavolo stanno dicendo?».
«Zitto!».
Kakashi fece un passo avanti, estraendo un pacchetto dalla tasca. «Sono proprio io. Ho portato quello che mi hai chiesto».
E gli porse ciò che aveva in mano. L’altro lo rigirò tra le mani, poi lo infilò nella borsa. «Bene, ecco a te i soldi e l’erba. Passa una buona vacanza qui in Italia!». Gli mandò un bacio volante e se ne andò proprio come era venuto.
«Teme! Dimmi, dimmi, dimmi! Teme! Adesso! Teme! Tem-.. Ouch!».
Sasuke lo aveva colpito senza neanche guardare. «Non so bene cosa sia successo, ma Kakashi-sensei ha della buona roba addosso e credo dovremmo farcene dare un po’».
«Buona roba? Che intendi? Oh, Sasuke, ma che succede?».
Ma l’Uchiha non avrebbe perso tempo a spiegare a quell’idiota cose che non avrebbe compreso. Spalancò la porta del camerino dove si erano nascosti e poté godersi appieno la faccia semi sconvolta di Kakashi.
Incrociò le braccia al petto, pregustando una vittoria su tutta la linea.
«Bene bene bene, sensei. Cos’abbiamo qui?».

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