Aggiornami, piccola Clarice. Gli agnelli hanno smesso di gridare?

di Bellatrix_Black_51
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Ending ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Sette anni erano passati, dal suo ultimo contatto con il dottor Lecter.
 
Era una bugia.
 
Nonostante fosse entrata a pieno titolo a far parte dell'FBI, Clarice Starling continuava ad avere contatti con Hannibal il Cannibale Lecter.
O come lei preferiva chiamarlo, il dottor Lecter.
Non aveva mai avuto intenzione di togliergli il più che meritato titolo di dottore, e almeno davanti a lei si era comportato come da titolo. Ogni sua parola, ogni sua confessione, era stata ascoltata e analizzata in ogni sua sfaccettatura. Tono di voce, espressione del viso, e perfino movimento degli occhi, erano rimasti salvati in quello che il dottor Lecter chiamava "il castello della memoria".
Spesso le parlava, e le aveva parlato, di quel castello, in una delle decine di lettere che faceva recapitare ad un indirizzo non troppo lontano da casa dell'agente, dove ella andava a controllare quasi quotidianamente la posta.
Ogni mese, almeno, si scamiavano per corrispondenza lettere. Da parte di lui, ognuna era profumata diversamente.
Diverso timbro postale, diverso francobollo. Nulla in quelle lettere sembrava ripetersi allo stesso modo, se non per un solo particolare.
Il dottor Lecter sembrava aver adottato l'abitudine di terminare i suoi discorsi, con un "Aggiornami, piccola Clarice. Gli agnelli hanno smesso di gridare?". Clarice sentiva la voce del dottor Lecter, bassa e arrochita dal silenzio, leggere il contenuto della lettera, e sussurrare con voce più bassa e quasi dolce le ultime parole.
Ma l'agente Starling non si era mai chiesa a cosa fossero dovute quelle lettere, quelle particolari attenzioni da parte di un uomo che le aveva fornito le informazioni necessarie a catturare il cosiddetto Buffalo Bill, ma che aveva approfittato della vicenda per evadere dal manicomio.
Ma, per qualche strana ragione, aveva continuato a fare in modo che lei avvertisse la sua presenza, costantemente. Aveva fatto in modo che l'agente Clarice Starling non dimenticasse mai la sua voce, nè i suoi occhi che la guardavano, studiandola.
Ogni giorno che passava, l'agente Starling si domandava dove fosse finito quell'uomo. Che genere di spostamenti avesse fatto, dal momento che era abbastanza certa che ogni francobollo presente sulle buste non fosse del posto nel quale egli risiedeva.
Quanto alle impronte, era certa che un uomo come il dottor Lecter avrebbe provveduto a non lasciarne. Dal canto suo, non una prova poteva essere imputata contro di lui. Il suo nome non compariva, se non nella prima lettera che le aveva mandato meno di un anno dopo la cattura di Buffalo Bill.Le aveva chiesto di non essere chiamato per nome, solo lui avrebbe scritto quello di lei.
Dopodichè, aveva bruciato la lettera, come ordine del dottore.
Lei stessa, non ne sapeva il motivo. Probabilmente, ancora si sentiva speciale per le attenzioni che le aveva riservato quando lei gli parlava dalla cella di massima sicurezza del manicomio criminale di Baltimora.
Forse, semplicemente dopo mesi di corrispondenze segrete, all'agente Starling iniziava a far piacere il fatto di poter considerate quel particolare rapporto con il dottor Lecter un privilegio solamente suo.
O almeno, questo era quello che sospettava. Non era certa di nulla, in quel periodo della sua vita, durato sette lunghi anni.
 
 
 
Mia cara Clarice. E' da un po' che non ho più tue notizie. Dopo essere tornato a sentire la tua voce, a seguito della cattura di Billy, il nostro rapporto ha avuto... Una pausa, se vogliamo chiamarla così.
So di aver promesso che non sarei tornato a cercarti. Oh, a dire la verita, non l'ho fatto. Sei tu ad aver trovato me, Clarice. Di nuovo, oserei dire.
Sai, recentemente ho letto che hanno rinunciato a cercarmi, a causa della scarsità di indizi sulla mia sistemazione, e sulle possibili vittime che abbia fatto. 
Sono un osso troppo duro per voi, agente Starling?
­­E se ti dicessi che mi manca sentire le tue domande ingenue a proposito di serial killer? E le tue confessioni riguardo al tuo passato?
Perdona la brevità di questa lettera, agente Starling. L'aereo annebbia e confonde le mie idee, fino a farmi dubitare della possibilità di mandarti mie notizie.
Ti manderò le prossime lettere all'indirizzo che tu vorrai, di modo da evitare intercettazioni, nel caso tu volessi denunciarmi alla tua amata FBI.
Rispondimi all'indirizzo che ti ho lasciato nella busta, e non scrivere il mio nome nelle prossime lettere.
Mi fido di te, agente Starling.
Il tuo vecchio amico, H.
 
P.S.: Aggiornami, piccola Clarice. Gli agnelli hanno smesso di gridare?



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Ragaaaaaaazzi, sono tornata! E stavolta con una coppia molto nota, che in questo periodo mi sta prendendo fin troppo!

Beh... Oltre a dedicarla a Cherolain, che mi ha dato in buona parte lo spunto per iniziare a scriverla, onestamente non so cosa scrivere, come sempre u.u

Spero sia piaciuto il primo capitolo, aggiornerò il prima possibile :P



 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ricevette la lettera di Lecter un lunedì mattina. Ardelia Mapp l'aveva svegliata alle dieci del mattino, dopo che l'agente Starling aveva passato l'intera notte a monitorare gli spostamento di un furgoncino sospettato di contenere armi illegali, che si era rivelato un semplice quarantenne che era stato cacciato via dalla moglie assieme ai suoi effetti personali.
Alle sei del mattino l'agente Starling, ancora vestita, si era addormentata sul proprio letto. I suoi sogni, erano popolati dalla voce del dottor Lecter, da un anno a quella parte. E anche quella notte, quegli intensi occhi macchiati di rosso le fecero visita, provocandole intensi brividi e accelleramenti cardiaci come ogni notte.
Al risveglio, si era trovata attorcigliata nelle coperte e nella giacca dell'FBI, madida di sudore e con i capelli scompigliati.
Aveva guardato Mapp con un'espressione dapprima sconvolta, poi semplicemente sorpresa.
-Una lettera per me?- Domandò, incredula, prendendola e tastando il contenuto. Se ci fosse stata una bomba ad orologeria se ne sarebbe accorta. Ma non fece in tempo a riprendersi da quel sospetto che vide la grafia sulla lettera. Sussultò, ricordando quando, tempo prima, aveva letto il questionario che aveva dato al dottor Lecter durante le indagini su Buffalo Bill. 
Rimase alcuni secondi in silenzio, ad osservarla, posando poi lo sguardo sulla coinquilina afroamericana. 
-Ardelia... Puoi scusarmi?- Disse, guardandola alcuni istanti. La ragazza, che la conosceva bene, riconobbe la preoccupazione, l'ansia nel suo sguardo. E forse, ma desiderava sbagliarsi, la nostalgia.
-Clarice, sono a casa mia se ti serve qualcosa- 
Uscì dalla stanza, lasciandola solo con quella lettera.
L'agente si alzò, tenendo la busta da lettera in mano, pensierosa sul da farsi.
Non si era firmato in alcun modo, ma l'indirizzo scritto a lettere chiare, con quella grafia elegante, non lasciava dubbi. 
L'aprì, avvertendo immediatamente il profumo nella lettera.
Non sapeva riconoscerlo, eppure era qualcosa di dannatamente familiare. Poi le venne in mente, lanciando un'occhiata verso il proprio riflesso allo specchio. Era il profumo che solitamente indossava. Quello che lui aveva ben identificato, la prima volta che si erano visti, dicendo che quel giorno non l'aveva messo.
Un sorriso le solcò involontariamente il volto, per un solo istante, prima che si rendesse conto dell'espressione assunta e la mascherasse. Davanti a cosa, non lo sapeva neanche lei, dal momento che sapeva che nessuno aveva installato telecamere nella sua stanza, nè tantomeno vi erano presenti a testimoniare la nascita e immediata morte di quel sorriso sincero.
La lesse, sdraiandosi sul letto e leggendo ogni frase, ogni parola di quella lettera con attenzione, come se qualcosa potesse sfuggirle tra un carattere e un altro.
  
Il tuo vecchio amico, H.
P.S.: Aggiornami, piccola Clarice. Gli agnelli hanno smesso di gridare?
 
Socchiuse gli occhi, avvicinando a sè la lettera per sentirne di nuovo il profumo. 
Dalla busta cadde un minuscolo foglio di carta, sul quale era scritto un indirizzo del sud america.
Poi si alzò, raggiungendo una scrivania e prendendo dei fogli di carta da un cassetto. Sedette sulla sedia, e prese a scrivere una risposta, cancellandone alcune parti e riscrivendole. Le sue mani tremavano, e poco le importava di che ora fosse, in quel momento. 
Si alzò dalla sedia una volta terminato di scrivere quello che aveva in mente, e raggiunse il comodino del letto. 
Terzo cassetto.
Aprì, e si rese conto che da un anno a quella parte, non un grumo di polvere si era depositato su quelle cassette che contenevano ogni sua conversazione col dottor Lecter. Per qualche inspiegabile motivo, infilò le cuffie alle orecchie, e avviò la riproduzioni.
Tremò nel sentire di nuovo la voce di quell'uomo, mentre, tornando a sedersi, procedeva col trascrivere la bozza della lettera in bella copia.

 
Dottor Lecter,
Ho scritto l'indirizzo al quale può scrivermi in un biglietto all'interno della busta. Non è più tra i dieci criminali latitanti più ricercati perchè per ora non ha fatto alcun danno, che noi sappiamo. Quindi, è meglio per lei, e anche per me, se non lascia traccia del suo passaggio in alcun luogo. Mi capirà, se le dico che nel caso lei dovesse dare segno della sua presenza, il caso si riaprirebbe e ogni lettera che ci siamo scambiati andrebbe nelle mani dell'FBI. Lei sarebbe rintracciato, e io cacciata dall'FBI.
Non posso dire anche io lo stesso di lei, dottore. I miei sogni sono popolati dalla sua voce e dai suoi occhi, da un anno a questa parte... Dalla sua ultima chiamata, dottore, quando entrai a pieni titolo nell'FBI. Ma ora mi chiedo... Perchè tornare a contattarmi? Adesso che può avere la libertà, può sfuggire all'FBI, si permette di rischiare che io porti questa sua lettera al dipartimento di polizia, rilevi le sue impronte e venga a conoscenza della sua posizione attraverso l'indirizzo che mi ha consegnato?
Ma lei sa che io non la denuncerò, non è così? O è forse un altro il motivo che la spinge a cercare di parlare con me?
Le ultime notizie da parte dell'FBI che lei può e deve sapere sono trasmette ai notiziari, o sui giornali. Sa che da me non può sapere nulla di più.
Non le crederei, dottor Lecter, se mi dicesse ce sente la mia mancanza. Ed è perchè, lei lo sa bene, chi compie orrori come ne compie lei non è in grado di sentire la mancanza di qualcuno, o preoccuparsi seriamente per il suo bene.
Quindi la domanda è ancora una volta questa.
Perchè, dottor Lecter?

 
Sospirò, piegando la lettera senza lasciare una firma che identificasse che fosse lei ad aver scritto il tutto. Ma lui si sarebbe reso conto che era l'agente Starling, non tanto per la grafia, quanto per il contenuto. Quelle domande, così razionali e materiali che tentavano di nascondere l'agitazione dell'essere tornata in contatto con lui...





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Graziè, graziè :3 Cherolain, credo di adorare il tuo tempismo che mi impedisce di far colare a picco le fan fiction appena iniziate U.U

Spero sia piaciuto il nuovo capitolo, forse piuttosto lungo, ma sospetto che da ora in poi i capitoli assumeranno più o meno tutto questa lunghezza :DD

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Italia, Roma.
 
Lecter ritornò nella propria abitazione, dopo una mattinata per le vie affollate della capitale italiana. Aveva acquistato a buon prezzo diverse armi storiche, vendute da un negozio di antiquariato nei pressi del centro, e alcune bottiglie di Nero d'Avola. Controllò la cassetta delle lettere una volta entrato nel portone che precedeva il suo appartamento, e potè ben notare, piacevolmente sorpreso, che Clarice aveva inviato la propria risposta, e i suoi contatti in Sud America avevano fatto un buon lavoro nel mandarla all'indirizzo che aveva loro consegnato tempo addietro.
Aprì con le chiavi la cassetta, e prese la lettera, ben consapevole che la busta esterna, aggiunta in Sud America, copriva qulla interna mandata originariamente da Clarice. 
Entrò nel proprio appartamento pochi minuti dopo, e da lì, posati i nuovi acquisti, si avviò direttamente verso il proprio studio. Poteva concentrarsi, in quella stanza illuminata solo da due candelabri a tre braccia posati su una scrivania in mogano.
Lì si sedette, posando la lettera sulla scrivania e aprendo con poca cura la busta esterna.
Si soffermò poi sulla scrittura di Clarice. Le lettere erano allungate verso l'alto, e il dottore dedusse che dovevano essere state scritte con una certa fretta, molto probabilmente poco prima di aver imbucato la lettera, nella paura che qualcuno, trovando lo scritto in un cassetto, venisse a conoscenza dell'ipotetico nascondiglio di Hannibal Lecter.
A questa probabile premura dell'agente Starling, un sorriso, insolitamente spontaneo e sincero, attraversò come un'ombra il volto del dottor Lecter.
Lentamente, avvicinò la busta da lettere al naso, forse illudendosi che un po' del profumo di lei fosse rimastro impregnato in quei fogli.
Aprì la lettera, sfiorandone la superficie, quasi immaginando di toccare la pelle di lei. 
Lesse le sue parole, immaginando Clarise mentre scriveva. Mentre si sistemava un ciuffo di capelli che le era sceso davanti gli occhi, mentre guardava, pensierosa, nel vuoto, pensando a cosa scrivere.
Aveva un foglio già pronto sulla scrivania, sapendo bene che entro una settimana le avrebbe scritto nuovamente.
Prese una penna a sfera, iniziando a scrivere direttamente sul foglio pronto, sapendo bene che non avrebbe commesso errori, nel trascrivere la propria risposta.
 
 
Mia cara Clarice, 
i tuoi dubbi sono più che motivati, così come il tuo voler mantenere segrete le novità dell'FBI. Ma non è per questo che mi sono fatto vivo, Clarice. Non è l'interesse per le notizie dell'FBI che mi ha spinto a cercarti... A dire la verità, sono abbastanza lontano dall'FBI da non poter esere rintracciato facilmente, e da non poter rintracciare facilmente l'FBI. A questo riguardo, puoi stare tranquilla, mia cara Clarice. Non ho intenzione di fare nulla che possa danneggiarti in alcun modo. Ma lo sai già, non è così?
I tuoi sogni... Influisco così tanto sul tuo inconscio da comparire regolarmente nei tuoi sogni? Ne sono onorato, Clarice. Ma adesso rispondi tu ad una mia domanda. 
Anche il tuo papà, a distanza di diversi anni dalla sua morte, compariva nei tuoi sogni? La sua voce, i suoi occhi, popolavano le tue notti come la mia voce e i miei occhi le popolano adesso?
Rispondimi con sincerità, sono davvero curioso di scoprire ciò che riguarda il defunto guardiano notturno e la sua importanza nella tua vita. 
Il motivo, Clarice? Sai che non te lo dirò fino a che non sarà ora, e lo farò di mia volontà, indipendentemente dalle tue domande.
Vorrei inoltre novità su di te. Della tua vita privata so poco, e mi piacerebbe saperne di più, se vuoi rendermi partecipe. Ho sempre immaginato casa tua come una sorta di tempio all'FBI. Una camera tappezzata di articoli di giornale riguardanti il caso che stai seguendo, una mappa del centro dei crimini su un'intera parete cosparsa di segni che stanno ad indicare data e luogo esatto di ogni infrazione. 
E ti immagino a passare i momenti liberi della tua giornata in quella stanza, a spremerti le meningi su quella che potrebbe essere la soluzione a quel caso. Immagino le tue mani passare sulla mappa, alla ricerca di qualcosa che possa collegare le date e i luoghi a qualcosa che già sai. Immagino i tuoi occhi blu osservare così attentamente ogni file segreto dell'FBI da farti male. A meno che tu non sia meno dedita all'FBI di quanto lo eri quando conoscesti me. E' così, Clarice?
 
Il tuo vecchio amico, H.
 
P.S.: Aggiornami, piccola Clarice. Gli agnelli hanno smesso di gridare?
P.S.2: Ti consiglio di mettere queste lettere al sicuro, dove nessuno possa leggerle. Non vorrai che qualcuno dei tuoi legga una corrispondenza così... Intima, non è vero?

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Sto aggiornando troppo, troppo in fretta ._. Ma mi piace U.U
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Rientrò dall'ufficio dell'FBI che erano le dieci del mattino. Erano passate tre settimane da quando aveva inviato la lettera clandestina al dottor Lecter. Dopo una settimana, ogni giorno controllava la cassetta delle lettere dell'indirizzo che aveva fornito a lui, quasi febbrilmente, in attesa di una risposta. L'indirizzo era la casa abbandonata da due vecchi amici di Clarice, che lei sapeva trasferiti in Canada per alcuni anni.
Quasi ogni giorno, da quando aveva mandato la sua lettera all'indirizzo che l'uomo le aveva fornito, ascoltava le registrazioni dei propri colloqui con lui. Ogni giorno, e ogni sera prima di addormentarsi. Li ascoltava prima di dormire, e la sua mente li ripeteva nel sonno.
E ogni giorno, sperava di vedere la sua lettera nella cassetta della posta. Riguardo all'FBI, poteva fare poco. Oramai la prima lettera era andata bruciata, e non aveva giustificazioni per quello. Così, la sua unica possibilità era di mantenere segrete le loro conversazioni. Magari, avrebbe potuto giustificare il tutto, se fosse stata scoperta dai suoi colleghi, adducendo a qualche ricerca di informazioni. L'avrebbero al massimo potuta accusare di aver preso iniziative per conto proprio, ma non di aver ceduto informazioni preziose ad un serial killer.
Un Serial Killer... A lei non sembrava questo. Non le era mai sembrato un serial killer, nelle loro conversazioni private. Le era sembrato solo... Un dottore. Che l'ascoltava, e l'aiutava. Dopotutto, parlando con lei l'aveva aiutata non sono con Buffalo Bill, ma l'aveva ascoltata mentre parlava degli agnelli che urlavano.
Quella mattina Clarice raggiunse la casa, e sentì le budella attorcigliarsi nel vedere la lettera dell'uomo. La prese con noncuranza, sperando di non essere stata seguita, ed entrò in casa.
Non sentì nemmeno la voce di Mapp che la salutava. Entrò nella propria porzione di casa, e aprì con foga la busta mentre raggiungeva il salotto e versava nel proprio bicchiere del cointreau.
Rivide gli occhi dell'uomo ad ogni frase, che la scrutavano come facevano quando parlavano faccia a faccia. Un brivido le attraversò la schiena quando le nominò suo padre, paragonandolo a sè stesso. Aveva ragione. Anche di lui, ricordava ogni parole e ogni espressione, e le palesava durante i sogni. Ma... L'agente Starling sapeva che non erano la stessa cosa. 
Sapeva bene che quello con cui si stava scambiando lettere, altro non era che un mostro, che non conosceva la pietà o il senso di colpa.
No... Quella era ciò che l'FBI le aveva insegnato. Quello che lei aveva visto, non era un mostro.
Come aveva già fatto una volta, prese un foglio sul quale scrivere una brutta copia della lettera, e impugnò la penna.
 
 
Dottor Lecter,
Vuole la verità? Si, anche la voce e gli occhi di mio padre popolavano i miei sogni, esattamente come lei. Ma sono certa che non sia la stessa cosa. La sua voce e i suoi occhi nei sogni mi provocano brividi, sudore freddo. Mi sveglio la mattina attorcigliata nelle coperte, e sfinita. Con mio padre... Non lo ricordo. Ma non era così, non mi svegliavo con una sensazione simile addosso. Non mi svegliavo con quell'agitazione, e con il battito cardiaco accellerato. Quelli che mi provoca lei, dottor Lecter, sono incubi.
Allora non le chiederò il motivo, a patto che lei mi assicuri che me lo dirà.
Della mia vita privata, cosa vuole sapere? Un agente dell'FBI non ha una vita sociale, o "privata" così esaltante. 
Non vivo da sola, ma assieme ad una collega, che è anche la mia migliore amica. Non sa nulla delle nostre conversazioni, non ha da preoccuparsi di lei. 
Tra due settimane partirà, starà via un mese per le feste invernali, e per un lavoro di due settimane altrove.
Io, dal canto mio, passerò il Capodanno al mio solito: Con un bicchiere di spumante, a festeggiare il nuovo anno e a guardare i fuochi. Il Natale... Non lo so ancora. Qualcosa troverò da fare, come ho fatto ogni anno. Forse, rimarrò nel mio studio a spremermi le meningi su qualche caso ancora irrisolto (Si, ha perfettamente indovinato quanto riguarda il mio studio privato, dottore). 
C.S.
 
P.S.:A prescindere dal contenuto delle lettere, Dottor Lecter, nel caso in cui si venisse a conoscenza della nostra corrispondenza, passerei dei guai.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 
Ufficio dell'FBI, Clarice entrò nel seminterrato nel quale erano accatastati tutti i documenti sui più pericolosi latitanti d'america.
Non volle chiudere la porta a chiave dietro di sè, o avrebbe fatto nascere sospetti sul proprio conto.
Cercava alla lettera L, nel tentativo di trovare quanto poteva esserle utile su di lui. Voleva informazioni, voleva conoscerlo meglio di chiunque altro.
Indaffarata com'era nelle ricerche, e nel fruscio dei fogli che si succedevano, non avvertì la presenta di una persona alle proprie spalle, e quando sentì una mano sulla spalla, quasi sbattè il capo contro il mobile nel quale stava cercando. Si voltò, rendendosi conto che accanto a lei c'era Frederick River. 
Frederick era una recluta nel periodo in cui anche lei stava facendo l'addestramento per essere inserita nell'FBI. Dopo la risoluzione del caso "Buffal Bill" da parte di lei, Frederick aveva dovuto aspettare due anni prima di un caso simile, che gli aveva permesso di entrare a pieno titolo tra gli agenti dell'FBI.
-Clarice, che ci fai qui sotto?-
-Cerco delle informazioni, Fred. E sai che non voglio essere chiamata per nome, qui dentro- Rispose lei, sollevando un minimo il capo per guardare la figura che aveva accanto. L'uomo, che aveva due anni più di lei, guardava insistentemente le scartoffie tra le quali aveva le mani Clarice.
-Cosa cerchi? Posso aiutarti- Disse, in tono cortese.
-N...No, va bene così. Cercavo cataloghi sul dottor Lecter, ma temo abbiano dato via tutto, non è vero?- Disse, evasiva, guardandolo e alzando le sopracciglia, con quella che voleva sembrare un'aria innocente.
-Ancora con questa storia? Il Cannibale è un caso chiuso per ora, se mangerà qualche altro disgraziato, sarà un problema nostro.-
-Il dottor Lecter è...-
-E' un mostro, non un dottore-
-Ha le lauree necessarie per essere chiamato dottore, Fred. Ora dì quello che hai da dire, o prenditi quello che devi prendere, e non parlare con me-
Una risata da parte di Frederick. -Primo giorno di ciclo, non è così agente Starling?-
Per lo meno, pensò Clarice, si degnava di chiamarla con un po' di rispetto.
-Fà un piacere a tutti e stai zitto, Fred.-
-Nessuno riesce a capire come tu abbia fatto a parlargli senza essere diventata un suo pasto, sai? Davvero, se lo chiedono tutti. Dicono anche che hai allontanato le guardie della sua cella, quando lo sei andata a trovare dopo averlo fatto spostare non-so-dove -
Clarice si voltò, nascondendo il rossore in volto tenendolo in ombra mentre tornava a cercare le carte di cui aveva bisogno.
-Sono solo stata sincera, Fred. E le ho allontanate per fargli credere di potersi fidare di me- Mentì, aspettando con ansia la sua risposta per paura di non essere creduta.
Sentì nuovamente un accenno di risata da parte del collega, adesso impegnato nel frugare in un cassetto basso alla ricerca di scartoffie.
Lui storse il naso, insoddisfatto dalla conversazione.
-Ci vediamo, agente Starling- Disse, salendo le scale con dei fogli in mano e sparendo dalla visuale.
Clarice si alzò, constatando che probabilmente era stato tutto spostato per problemi di spazio.
Arresa, e notato l'orario ormai tardo di quel 31 dicembre, uscì dagli uffici dopo aver firmato il permesso.
Salì in macchina, sostanto per un istante davanti alla cassetta delle lettere dove sarebbe stata la lettera di Lecter.
Vuota.
Si rese conto che erano passate ormai quasi tre settimane dall'ultima lettera che aveva inviato a Lecter, e, nel vialetto di casa, iniziava a rendersi conto del fatto che non sarebbe dovuto essere un problema per lei, smettere di sentirlo.
Arrivò sulla soglia di casa che ormai erano le undici di sera, e mentre infilava le chiavi nella serratura i fuochi d'artificio di prova dei ragazzi del vicinato iniziavano a farsi sentire.
La porta si aprì come suo solito accompagnata da un cigolìo. L'agente Starling la richiuse alle proprie spalle, facendo poi alcuni passi nel buio fino ad entrare nella propria parte della casa.
Fece per accendere la luce della lampada che teneva sul mobile del salotto, ma sussultò, notando con la coda dell'occhio un'ombra insolita davanti alla finestra.
-Ti aspettavo, Clarice. Devo ammetterlo, mi sei mancata-
Un brivido le attraversò la schiena, dalle scapole all'osso sacro.


 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Clarice si gelò, ritirando la mano dalla sua posizione davanti all'interruttore della luce. 
I brividi non si fermarono, mentre osservava la sua figura in controluce.
Sapeva che lui poteva vederla. La luce della luna attraverso i grandi vetri delle finestre illunava la stanza, e probabilmente anche lei.
-Cosa ci fa qui?-
Domandò, con un filo di agitazione nella voce. Si avvicinò al dottor Lecter, con una mano sulla fondina della pistola.
-Una... Piccola sorpresa, Clarice. Avevi detto che saresti stata sola a capodanno, e ho fatto in modo che tu non lo fossi. Potresti versare due bicchieri di spumante piuttosto che uno, non credo sia un grande spreco-
L'uomo sorrise nell'oscurità, voltandosi nella sua direzione. Clarice accese la lampada dietro di sè, di modo da permettere anche ai propri occhi di vedere il suo interlocutore.
Hannibal Lecter, con il quale aveva parlato fino a quattro anni prima attraverso un vetro e delle sbarre, in quel momento era davanti a lei, nella sua abitazione, che le offriva la possibilità di passare assieme il capodanno.
Se qualcuno le avesse raccontato una cosa del genere, sarebbe scoppiata a ridere.
Sentì gli arti quasi paralizzati, nel trovarsi davanti a lui, senza nulla a dividerli... O meglio, a proteggerla dal dottor Lecter.
Ma se qualcuno avesse voluto proteggerla, avrebbe dovuto proteggerla da sè stessa, e dai suoi passi che istintivamente si avvicinavano a colui che sarebbe potuto essere il suo carnefice.
-Togli la mano dalla pistola, Clarice. Sai che non ti costringerei ad usarla in nessun caso- 
L'agente Starling non rispose, ma obbedì, spostando la mano dalla fondina.
-Dottor Lecter, se la trovassero qui passeremmo dei guai entrambi. Se avesse lasciato anche una sola impronta digitale io potrei...-
-Potresti fuggire dai tuoi colleghi diventati nemici, lontano. Falsificare qualche documento, sfuggire al carcere, mia piccola Clarice-
il dottor Lecter le sorrise, avvicinandosi di pochi passi nella sua direzione, nel tentativo che, sapeva bene, l'avrebbe spinta ad avvicinarsi ulteriormente.
C'erano due metri di distanza tra loro due, e i passi di lei non si fermavano, seppur diventando più piccoli.
-Ma non ho lasciato alcuna impronta, nello scassinare la serratura di casa tua, Clarice-
Lei rimase alcuni secondi ad osservarlo, con un'espressione che somigliava quasi a gratitudine.
La tensione di quel momento era palpabile nell'aria, tra loro due.
-Perchè è qui, dottor Lecter?- Domandò l'agente Starling, spostando gli occhi chiari prima verso la finestra, poi verso di lui.
-Avevo voglia di parlare con te.- Rispose semplicemente lui, posando gli occhi nei suoi, in quel modo ostinato e indiscreto al quale lei non si era mai abituata, parlando con lui a Baltimora.
Dopo alcuni istanti di silenzio, Clarice si avvicinò ulteriormente.
-Posso farle una domanda, dottor Lecter?- Domandò poi, a voce bassa, quanto bastava per farsi sentire da lui.
-Chiedi, Clarice- Rispose lui, usando lo stesso tono della donna, senza interrompere il contatto visivo che sembrava ormai tenerli incollati l'un l'altro.
-Perchè non mi ha stordita e... Fatto quello che fa alle sue vittime?- 
-Vedi Clarice, le mie vittime sono per lo più persone che meritano di morire. Ed inoltre, se permetti la metafora, il dessert va sempre servito per ultimo- 
-Non gliela permetto, dottor Lecter- Replicò grintosa Clarice, facendo pochi passi nella sua direzione. Sentiva le proprie gambe molli come burro, e quel tono di voce, che voleva apparire deciso e forte la faceva sembrare quasi comica per via del tremorìo della voce che tradiva l'emozione.
-Io non... non sarò una suo portata in qualche pranzo domenicale-
Altri passi fece lui, chiudendo la distanza. Clarice si sentiva in uno dei suoi incubi, al quale credeva di essere ormai talmente abituata da non avvertirlo più così spaventoso.
Tremò mentre le dita del dottor Lecter andavano a sfiorare la sua guancia. 
-Non è esattamente questo che intendevo, Clarice- Sorrise l'uomo.
Lasciò scorrere le dita fin sotto al collo, trattenendo il respiro per diversi secondi. 
-Soffri di tachicardia, Clarice?- Domandò, ormai a pochi centimetri di distanza dal suo volto. -Hai un battito cardiaco piuttosto accellerato, o sbaglio?-
-dottor Lecter, io...- Abbozzò lei, fin troppo vicina al volto di lui. 
-E vorrei ti rendessi conto che hai due pupille davvero enormi, in questo momento.- Aggiunse, sollevandole il mento con le dita.
Lentamente, la donna socchiuse gli occhi mentre le dita di lui attiravano il suo volto al proprio. E, lentamente, lui avvicinava il proprio volto a quello di lei. 
Accorciava ogni istante la distanza che separava le labbra dell'agente dell'FBI, così rosee e femminili, dalle proprie, che avevano avuto su di sè più sangue umano che labbra di donna.


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Piccola nota a proposito delle pupille "dilatate" dovute alla dopamina, neutrotrasmettitore del "piacere"

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Sentì il respiro debole del dottor Lecter sulle proprie labbra. Per un istante, nella sua mente, avvertì l'impulso di mettergli le braccia al collo e stringere il proprio corpo contro il suo. Passare la notte con lui, e amarlo come lei non sapeva fare.
Poi riaprì gli occhi, notando che quelli del serial killer erano socchiusi, puntati solo su di lei.
Nei suoi studi di psicologia, Clarice sapeva cosa poteva significare. Trasporto emotivo, dicevano i libri. Ma lui era Hannibal Lecter, molto probabilmente psicopatico. Lui, le emozioni sapeva solo fingerle.
Clarice si allontanò di colpo, battendo i pugni sul suo petto robusto, sapendo bene che non gli avrebbe fatto male.
L'uomo reagì, fermandole i polsi con le proprie mani e bloccandola davanti a sè.
Non più lontana nè più vicina di quanto fosse pochi secondi prima.
Puntò gli occhi azzurri in quelli di lei, senza lasciare trasparire alcuna emozione. Ma il dottor Lecter sapeva di stare provando qualcosa, ed era qualcosa di molto simile alla delusione, per quanto potesse riconoscerla.
-Agente Starling, la sua fedeltà all'FBI sta vacillando, a quanto pare- 
Disse queste parole a denti stretti, senza però stringere la presa sui polsi per evitare di crearle fastidi.
Clarice non rispose una parola, saettando lo sguardo da un'occhio all'altro del dottor Lecter, cercando di capire cose avrebbe fatto. Sapeva che, qualsiasi cosa lei avesse fatto, lui non le avrebbe fatto alcun male. Ciò che l'aveva portata a quella deduzione era oscuro anche a lei.
Riflettè, in pochi secondi, su quella strana situazione nella quale si era messa, tenendo lo sguardo negli occhi dell'uomo.
Sarebbe stata cacciata dall'FBI solo se avessero trovato le lettere. Lui non sarebbe potuto uscire allo scoperto e accusarla di avergli spedito delle lettere, o avrebbero trovato il modo per localizzarlo e catturarlo. E un bacio non avrebbero potuto dimostrarlo in alcun modo.
Si rese conto di aver smesso di respirare, e lo sguardo che aveva perso negli occhi azzurri del dottore era sprofondato nel vuoto.
Clarice Starling si sollevò sulle punte, e spinse le labbra contro quelle del dottor Lecter.
Mai avrebbe potuto immaginare che uno tra i più ricercati assassini al mondo avesse labbra talmente dolci. Nè avrebbe potuto sospettare che fosse capace di reagire ad un bacio, lui che dava l'impressione di non sapere neanche cosa fossero.
Sentì le labbra di lui muoversi sulle proprie, per poi schiudersi. Così fece lei. Inclinò leggermente il capo, mentre avvertiva l'umido contatto della lingua dell'uomo sulla propria. Si avvicinò di più, lasciando che il proprio seno toccasse il petto del dottor Lecter.
Volle godersi quella sensazione, che le aveva provocato un tuffo al cuore, il più possibile.
L'uomo interruppe lentamente il bacio, sfiorandole con le labbra la guancia. Posò la punta del naso sulla sua pelle, sentendo il suo profumo con l'intenzione di ricordarlo.
Posò poi le labbra sul suo collo, lasciandole un bacio soffice appena prima della spalla.
-Deve... Deve andare via, dottor Lecter-
Clarice aprì gli occhi, mentre lui allontanava il volto dalla sua pelle.
-Sai che non è quello che vuoi, Clarice- Si limitò a rispondere, a voce bassa. 
-Tu vuoi di più, Clarice, tu vuoi... Che ti prenda, adesso, sul tuo letto, per chissà quanto tempo-
Clarice rabbrividì, rendendosi conto di quanto vere fossero le sue parole. Ma decise di mentire.
Se avesse detto la verità, l'FBI non l'avrebbe saputo, ma lei si. Avrebbe ammesso con sè stessa che sarebbe stata disposta a sacrificare il suo lavoro, l'unica cosa che la legasse a suo padre, per quel... Mostro.
-No, dottor Lecter. Voglio l'FBI- Mentì, interrompendo il contatto visivo e guardandosi i piedi.
-Non è guardando quelle scarpette da campagnola a buon mercato che potrai mascherare la verità, Clarice-
La donna alzò gli occhi, guardando i suoi.
-Vada via o chiamo la polizia, dottor Lecter- Sussurrò, con voce rotta, rendendosi conto che i suoi occhi iniziavano a farsi lucidi.
Un fuoco d'artificio illuminò il cielo, poi altri lo seguirono, ma entrambi erano troppo occupati per dargli importanza.
-Non posso lasciarti andare, Clarice.-
Le mani di lui attorno ai suoi polsi si erano strette.
Si avvicinò alle sue labbra, baciandole lentamente per pochi secondi, mentre una lacrima andava a scorrere lungo il volto di lei. 
Il dottor Lecter baciò anche quella, passandole un dito sulla guancia per cancellarle l'ombra della lacrima.
-Buon anno, Clarice- Disse, allontanandosi poi da lei, e dirigendosi alla porta.
Clarice sentì la porta chiudersi, e si lasciò cadere in ginocchio a terra, mentre calde lacrime le rigavano le guancie. 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Clarice si svegliò, quel mattino del 1 di gennaio, sulla sua poltrona. La sera precedente sembrava un sogno per lei, e il ricordare ogni cosa che era successa le provocò una stretta al cuore.
Non poteva parlarne con nessuno, neanche con Mapp. Avrebbe dovuto tenere quella notte dentro di sè, nasconderla a chiunque. E, forse, dimenticarla.
Sapeva che non avrebbe potuto. Si sfiorò le labbra con la punta delle dita, senza riuscire a credere di averle fatte combaciare in modo così perfetto con quelle del dottor Lecter.
Sapeva che, dopo averlo visto andare via, come una bambina era scoppiata in lacrime. E il motivo non lo capiva neanche lei.
Il bicchiere sul tavolino davanti a lei era vuoto, ma l'ombra del cointreau che arrivava quasi al bordo era ben visibile. Probabilmente, il mal di testa del risveglio era dovuto a quello.
Accanto al bicchiere però, qualcosa che non riconosceva come proprio. Era una scatolina, rossa come il sangue, di forma rettangolare. Si sollevò con le braccia, e l'aprì incuriosita.
Vide al suo interno un biglietto piegato in due. Lo scostò, e osservò ciò che c'era sotto. 
Una collana probabilmente di oro bianco, con un pendente a forma di goccia con incastonata un'acquamarina, dello stesso colore degli occhi di Clarice.
Non ci mise molto ad immaginare chi le avesse lasciato un regalo del genere, e aprì il biglietto senza pensarci due volte.
 
Non posso lasciarti andare, Clarice. E neanche tu vuoi che io lo faccia.
 
Poche parole, profondamente incisive per la donna che si trovò a tenere il biglietto tra le dita tremanti, e la collana nell'altra mano.
Aveva paura di indossarla. Per il genere di lavoro che faceva, possedere un oggetto di valore portava spesso e volentieri il rischio di perderlo. E sentiva di non potersi permettere di perdere quel regalo, da parte del dottor Lecter.
La indossò, e guardò lo specchio. Sollevò i capelli, per ammirare l'effetto, poi li lasciò cadere sulle spalle.
Sorrise, rendendosi conto di quanto bene il dottor Lecter ricordasse il colore dei suoi occhi, per indovinare con precisione il colore della pietra da mettere.
Poi tornò un'ombra nei suoi occhi, e non fece altro che riempirsi un'altro bicchiere di cointreau, stavolta fino a metà.
Sedette sulla poltrona, non prima di aver preso alcune registrazioni delle conversazione con il dottor Lecter, e aver messo le cuffie alle orecchie.
Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dai ricordi e dalla voce dell'uomo. Da quei brevi colloqui che le lasciavano sempre, per qualche inspiegabile ragione, l'amaro in bocca. Solo in quel momento aveva capito il motivo.
"Tu vuoi di più, Clarice, tu vuoi... Che ti prenda, adesso, sul tuo letto, per chissà quanto tempo" Le sue parola, l'avevano turbata. Non aveva mai pensato, o voluto pensare, ad un'eventualità del genere, ma in quel momento assieme ai dati ottenuti dall'FBI, nel pensare a lui altre immagini si sommavano a quelle. Immagini prodotte dalla sua mente, tanto piacevoli quanto impossibili. 
Chiuse gli occhi, in balìa di fantasie di cui non avrebbe dovuto tener conto a nessuno, se non a sè stessa.
 
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Capitolo più corto degli altri, preferisco vederlo come un "capitolo 7.2" piuttosto che un capitolo 8 xD Grazie alle nuove recensitrici *w*

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Erano passati pochi giorni da quella notte. Meno di due settimane, certamente.
Clarice era appena tornata da una lunga nottata passata a seguire le orme di alcuni presunti terroristi latitanti. Era andata a buon fine, nonostante uno di loro fosse fuggito.
Gli altri quattro erano stati portati alla centrale, e lì lasciati a chi era di turno. L'agente Starling era tornata a casa poco dopo gli accertamenti necessari sui sospetti.
Mapp non sarebbe tornata a casa prima di alcuni giorni, probabilmente quel finesettimana. Clarice aveva quindi la possibilità di passare del tempo nella metà di casa appartenente alla coinquilina afroamericana, estremamente ordinata.
Da meno di due settimane, faceva il possibile per evitare di entrare nel proprio salotto. Solo la luce accesa della lampada, le riportava alla mente quanto era successo la notte di capodanno. E non poteva permetterselo.
Non c'era alcun caso importante, in quel momento. Nessun ricercato urgente, nè serial killer in giro.
Fermò l'automobile davanti all'indirizzo che aveva dato a Lecter, intravedendo, nel passare, un foglio di carta spuntare fuori.
Sentì un tuffo al cuore, scendendo dalla macchina qasi dimenticando il freno a mano, e prese la lettera. Riconobbe immediatamente la grafia, e il tragitto per tornare a casa le sembrò più lungo che mai.
L'aprì sulla soglia della porta, senza neanche spogliarsi, e raggiunse il proprio studio.
Adesso, ogni parola che leggeva, sapeva di qualcosa di buono, che non avrebbe voluto dimenticare.
 
 
Mia cara Clarice,
Sei davvero certa, che quelli che ti provoco, siano incubi?
Sei certa che il pensarmi ti provochi paura? Che il fatto che il tuo subconscio ti palesi me, nel sonno, significhi che quello che suscitano in te i miei occhi e la mia voce, sia paura?
Perchè, mia dolce Clarice, il tuo sonno non mi è sembrato così disturbato e fastidioso, la notte tra il 31 dicembre e il 1 gennaio. Cosa sognavi? Sono davvero curioso di saperlo, e di sapere la natura degli altri sogni che hai fatto su di me.
Nei tuoi sogni ti uccidevo, Clarice? Sai che non farei nulla per danneggiarti. Non avrei il coraggio di farti qualcosa di male.
Ma è probabile che tu non la pensi allo stesso modo, nonostante le prove che ti abbia dato.
Sai, mia piccola Clarice, sei molto bella mentre dormi. E delicata come quando sei sveglia non vuoi dimostrare di essere. Spero ti sia piaciuto il mio regalo. Sai, l'ho fatto fare apposta per te, non ce ne sono di simili. Sopratutto per la tua iniziale, che ho fatto incidere sul metallo. 
Sai, mi è sempre piaciuta la tua iniziale. La C...
Così armoniosa e perfetta, fino alla sua interruzione brusca. Sembra voler continuare, ma non lo fa, in quel modo così improvviso che non ti impedisce di andare avanti con lo sguardo e ricominciare, fino ad una nuova interruzione.
Mi ricorda noi, Clarice. Va tutto così bene, è tutto così lineare, che un'interruzione brusca ci passa sotto gli occhi come se nulla fosse, per farci ritornare poi alla regolarità di una corrispondenza che sembra ormai familiare.
 Il tuo vecchio "amico", H.
 
P.S.: Aggiornami, Clarice. Gli agnelli hanno smesso di gridare?
 
La donna piegò la lettera, e prese il foglio che la busta conteneva per leggere l'indirizzo.
Di nuovo quel maledetto indirizzo del Sud America.
Prese la collana che teneva al collo, e guardò l'acquamarina. Voltata questa, notò la sua iniziale sull'oro bianco, incisa meravigliosamente. Abbozzò un sorriso, carezzandone la superficie, e afferrò un foglio per scrivere una risposta al dottor Lecter

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


 
Parigi, Francia.
Aveva affittato una casa al centro, il dottor Lecter. Amava trattarsi bene, come sempre.
Nessuna compera quel giorno, non era affatto uscito dalla casa se non per fermarsi a ritirare le lettere nella cassetta della posta.
Aveva intenzione di tornare in America, da Clarice. Se fosse stato un'altro, quella sera di capodanno l'avrebbe rapita. Portata con sè, cambiato nome e identità assieme a lei. Avrebbe curato quel quasi insano bisogno di procurare orgoglio ai suoi defunti genitori attraverso il suo lavoro. E... L'avrebbe fatta stare bene.
Non sapeva spiegarsi quell'atteggiamento nei suoi confronti. Non voleva... Mangiarla.
Aveva della ceralacca sul fuoco, già pronta per sigillare la lettera che avrebbe mandato a Clarice.
Clarice...
Si rese conto di quanto melodioso fosse il suo nome, e quanto piacevole fosse anche il solo pronunciarlo. Ripensò ai suoi occhi chiari che diventavano lucidi, e quella lacrima che le rigava la guancia. Poi alle sue labbra.
Aprì la lettera che la donna gli aveva mandato, e prese a leggere in silenzio, alla luce fioca di una lampada.
 
 
Doctor Lecter
Non so cosa mi provochino i suoi occhi, ma in buona parte è paura. Rispetto, suggestione. Ma anche paura. 
Il fatto che al nostro primo incontro mi abbiano fatto tutte quelle raccomandazioni su quanto lei possa essere pericoloso, e l'averla subito dopo vista così tranquillo nel parlarmi, mi ha sviata.
Lei è un assassino, dottor Lecter. Lei uccide e mangia le sue vittime, come se niente fosse. Lei non ha emozioni, non prova senso di colpa nel strappare con i denti il volto di una persona. 
Allora, mi chiedo, come può essere interessato al contenuto dei miei sogni su di lei? Cosa ne ricaverebbe, se le descrivessi in ogni minimo particolare i miei sogni? Ne sarebbe "felice"? Ne trarrebbe "soddisfazione"? Le farebbe "piacere"? Io credo di no, dottor Lecter.
Non credo le cambierà nulla venire a sapere del contenuto dei miei sogni, e a me non cambierebbe nulla riferirglielo.
 Quindi, non farei nulla di male a confessarle il contenuto dei miei sogno, dalla notte di capodanno ad ora.
Sogno di fare l'amore con lei, dottor Lecter. In qualche modo, dopo aver sentito il sapore delle sue labbra, il mio subconscio ne desidera ancora.
Ma non io. So che il mio unico obiettivo è l'FBI, e dei semplici sogni non mi porteranno via ciò per cui ho studiato e lavorato per anni.
La collana... E' molto bella, dottor Lecter. La ringrazio. 
Ma io credo che sarebbe meglio evitare di continuare a scriverci, dottor Lecter. Non voglio si ripeta quanto successo a capodanno, e non voglio che l'FBI scopra queste corrispondenze. Mi sento sporca, adesso, come se stessi tradendo assieme al mio lavoro, anche mio padre.
E lei sa bene quanto importante fosse mio padre, per me. Io... Non posso permettermi di avvicinarmi così a lei, dottor Lecter. 
Non posso e... Non voglio. 
 
La sua maledettamente confusa C.S.
 
P.S. Nessuno deve venire a sapere di quanto successo, dottor Lecter. Nessuno.

 
 
Il dottor Lecter posò la lettera, sorridendo tra sè.
E così, l'aveva confusa. Era riuscito a farle venire dei dubbi sull'FBI, e sulla sua fedeltà a quell'istituzione.
"Sogno di far l'amore con lei, dottor Lecter". Sorrise, rendendosi conto di quanto intima e sincera fosse quella confessione da parte della donna. Non era vero, non desiderava l'FBI. Clarice Starling voleva lui, consciamente e inconsciamente. Con ogni parte della sua mente e del suo corpo. 
E Hannibal Lecter era certo che non sarebbe riuscita a resistere a quel desiderio, se l'avesse incontrato di nuovo. E lo avrebbe fatto, in qualche modo.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Clarice Starling uscì dall'ufficio dell'FBI che erano quasi le undici di notte.
Un nuovo caso, affidato ad un suo collega piuttosto che a lei. 
Si chiedeva il motivo, ma non riusciva a trovarsi una risposta. Sospettava di aver messo dei dubbi ai suoi superiori, con il proprio comportamento che temeva di aver reso troppo strano. Il fatto è che si sentiva in colpa del proprio comportamento.
Ma aveva promesso a sè stessa che avrebbe smesso. 
Nel tragitto in macchina sfiorava la collana con una mano, per poi inchiodare di botto in un parcheggio abbastanza largo. Fermò l'auto, mettendo il freno a mano.
La sua risposta... L'ultima risposta del dottor Lecter.
Uscì dalla macchina, prendendo la busta e aprendola lì, sul sedile del guidatore.
Mentre leggeva, gli occhi si facevano lucidi.
 
 
Mia piccola confusa Clarice,
Ti viene mai in mente, che l'unico desiderio dei tuoi genitori non fosse la tua realizzazione professionale?
Pensi mai che, magari, ciò che loro vogliono sia la tua felicità, e vederti così distrutta per un dubbio del genere potrebbe far male più a loro che a te?
Mia piccola Clarice, so di non poter sapere cosa penserebbero i tuoi genitori. Ma dai tuoi discorsi ho notato che volessero solamente la tua felicità, e non fossero così legati all'avere un lavoro prestigioso come un posto nell'FBI. Non lo pensi anche tu, Clarice?
Non ti darò un'interpretazione dei sogni che mi hai confessato di aver fatto, ma ti ringrazio ancora una volta per la sincerità. Non è da tutti, confessare una cosa del genere, e lo sai. E' questo che mi piace di te, mia dolce Clarice.
Sei di una sincerità disarmante, perfino per me. Non hai paura di dire la verità, per quanto scomoda sia, a chi sai che può capirti. 
Ma non puoi confessare ai tuoi colleghi di me, non è vero? E' perchè loro non possono capirti? Perchè temi che la tua carriera venga macchiata di sporco per aver detto la verità a tutti?
A chi vuoi dimostrare di non avere niente di cui vergognarti? A te stessa, ai tuoi genitori, o ai tuoi colleghi, Clarice?
Spesso la legge non segue la tua giustizia. Sei tu a seguirla, e sei tu a sapere cosa è giusto per te, e cosa è sbagliato. Non loro.
Hai un talento raro, ed è il senso di giustizia. Molti di loro non ce l'hanno, e pretendono di contaminarti con la loro "giustizia" fatta di luoghi comuni.
Mia dolce Clarice, non voglio esagerare, ma temo di conoscerti meglio di quanto ti conoscano loro. Non credo siano molti a poter capire cosa intendo con "gli agnelli hanno smesso di gridare", oltre a me e a te. O sbaglio?
Spero tu ci rifletta, finchè vorrai. Dopo che avrai pensato abbastanza, il mio numero è sul foglio che ho lasciato nella busta.
Chiamami, non aspetto altro, mia piccola agente Starling.
 
Il tuo affezionato confidente, H.
 
P.S.: Aggiornami, piccola Clarice. Gli agnelli hanno smesso di gridare?
P.S.2: "La sua maledettamente confusa C.S."? Non è estremamente romantico, per firmarsi in una lettera? 
 
 
Sorrise istintivamente, posando la lettera nella tasca della giacca e raggiungendo casa, assicurandosi di non perdere il foglio con il numero di telefono.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Clarice Starling era sdraiata a pancia in su sul suo letto.
Le coperte erano sfatte, ed aveva indosso solo una leggera vestaglia sopra la biancheria.
Rileggeva la lettera alla leggera luce di una lampada sul comodino.
-Dottor Lecter...- Sussurrò, mordendosi il labbro inferiore e carezzando la sua grafìa.
Aveva paura di perdere tutto. Ma in fondo... Cos'era tutto?
L'FBI, il suo lavoro. Era tutto quello che aveva, ciò a cui aveva dedicato la vita per i suoi genitori.
Ma le parole del dottor Lecter erano dannatamente vere. Suo padre... Suo padre voleva fosse felice, non che facesse solo ed esclusivamente il suo lavoro. 
Aveva lavorato, studiato così tanto, per ottenere il posto all'FBI che quasi non aveva pensato a cosa davvero desiderasse. Si era impegnata così tanto in quell'obiettivo, che non si era concessa un istante per riflettere su quello che davvero voleva.
Prese il telefono, e il foglio contenuto nella busta.
Chiamò, noncurante dell'ora nel luogo in cui si trovava il dottor Lecter.
Chiuse a chiave la porta, per evitare che Mapp entrasse, e attese.
Il numero... Squillava.
-Clarice-
La voce del dottor Lecter la fece sussultare tra sè, mentre socchiudeva gli occhi, concentrandosi su di essa.
-Dottor Lecter- Rispose. Non voleva usare quel tono di voce, così... Dolce.
-Da quanto ti è arrivata la lettera, Clarice?-
-Da... Poche ore-
-E credi di essere già arrivata ad una conclusione? O vuoi un aiuto per raggiungerla?- Il tono dall'altra parte del telefono era divertito quasi.
Clarice si passò una mano sulla fronte.
-Credo di volere il suo aiuto, dottor Lecter. Io... Non so cosa pensare, adesso- 
-Lo so. Cosa stai facendo adesso?- 
Quelle domande che sembravano venute fuori dal nulla erano tipiche del dottor Lecter. Clarice sorrise.
-Sono sdraiata sul mio letto. E' mezzanotte, qui-
-Dimmi a cosa stai pensando in questo momento, mia piccola Clarice- Disse lui, a voce bassa. La stessa alla quale aveva rivelato i suoi ricordi a Baltimora.
-Che se fossimo ancora a Baltimora, quattro anni fa, non avrei problemi a dirle esattamente i miei pensieri. Ma adesso...-
-Perchè adesso no? Temi di piacermi meno, e hai paura che, se mi confessassi di aver fatto qualcosa di dubbia moralità, io possa venirti a cercare?-
-No, questo no. Io... Sento che non mi farebbe alcun male, dottor Lecter- Rispose lei, in un sussurro. 
-E hai ragione- La rassicurò lui. -Nulla di ciò che mi dirai adesso potrebbe influire in alcun modo su qualsiasi cosa ti riguardi. Allora, Clarice. A cosa stai pensando?-
-Al fatto che ha ragione. Su tutto, come sempre, dottor Lecter. Ho seguito l'FBI perchè credevo mio padre sarebbe stato fiero di me, ma adesso... Adesso mi chiedo:"In questo momento, cosa direbbe lui?"-
-Secondo te, Clarice, un padre che vede la propria figlia in difficoltà, dilaniata tra due scelte, cosa potrebbe dirle? "Devi seguire l'FBI"? O piuttosto, ti spingerebbe a fare ciò che ti fa stare meglio?-
Lecter sorrise dietro il telefono. 
-Lui ha sempre voluto la mia felicità- Rispose l'agente Starling, mordendosi il labbro inferiore, di nuovo.
-E cosa ti ha resa più felice, mia dolce Clarice. Il giorno in cui sei diventata membro dell'FBI, o il tuo ultimo capodanno?-
 
 
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


-Io... Credo l'entrare nell'FBI, dottor Lecter- La risposta di Clarice era stata data con un filo di voce, come a vergognarsene.
Ci fu un istante di silenzio, dall'altra parte del telefono.
-Adesso interromperemo la comuncazione, mia bella Clarice. Tu mi richiamerai, e dirai apertamente che scegli l'FBI. Va bene?-
-N..Si- Clarice aveva schiuso gli occhi, guardando la coperta posata sul proprio petto. 
Sentì il suono tipico dll'interruzione di una chiamata. 
Aspettò alcuni secondi, sentendo inspiegabilmente, di nuovo, gli occhi lucidi.
Richiamò.
-Clarice- Sentì la sua risposta.
-Io voglio l'F...- Si interruppe. Si rese conto di quanto avrebbe sentito la mancanza di quell'uomo, e nonostante l'ansia che le provocava l'avere quel contatto clandestino con lui, voleva continuasse. L'FBI avrebbe dovuto capire, tutto quanto. Che Hannibal Lecter non le avrebbe mai fatto nulla di male, e nel suo modo di pensare aveva perfettamente ragione. E lei... Lei sentì che sarebbe andata in capo al mondo per non perdere quel contatto con lui. Avrebbe fatto qualunque cosa perchè i suoi colleghi dell'FBI capissero quello che stava succedendo dentro la sua testa...
-Continua, mia piccola Clarice.-
-Non posso, dottor Lecter. Non posso lasciarla andare- Si sentì dire, maledicendo sè stessa e la sua dannata indecisione.
-Perchè no?-
Non lo sapeva neanche lei. Sapeva che non avrebbe mai voluto smettere di parlare con lui.
-Perchè... Perchè ha ragione, come sempre. Lei mi conosce meglio di chiunque altro e... Ho bisogno di lei.-
L'ultima frase, l'aveva pronunciata a voce bassa. Talmente bassa che aveva il dubbio che lui non l'avesse sentita.
Il dottor Lecter non rispose a propria volta. Una sensazione... Strana, che non sapeva descrivere.
-Lo so, Clarice.- Si limitò a rispondere, non sapendo che altro dire.
Non avrebbe detto lo stesso, con o senza di lei a fargli compagnia sarebbe cambiato poco. L'importante era che stesse bene, e sapeva che, se l'avesse protetta lui, nessuno le avrebbe fatto alcun male.
-Voglio vederla, dottor Lecter- Disse, a voce bassa.
-Dimmi quando e dove, io sarò lì- Un tono di voce sincero, non artefatto come l'aveva sempre avuto. Il dottor Lecter si accorse che la sua voce era uscita da sola, e quelle parole erano... Sincere.
Insolitamente e maledettamente sincere.
Clarice non rispose, pensando a quando avrebbe potuto incontrarlo. Mapp non sarebbe partita prima di due settimane... Ma se l'avesse fatto venire a casa sua, in qualche modo avrebbe rischiato di essere scoperta.
-Non.. Non lo so. Mapp parte tra due settimane, ma...-
-Se tu non sai che sarei venuto a casa tua, sei innocente Clarice- Rispose l'uomo.
-Se mi dovessero testare alla macchina della verità...- 
-Se non dovessero avere abbastanza fiducia in te da doverti sottoporre alla macchina della verità, Clarice, ti ci sottoporrai. Se dovessero venire a sapere che menti... In quel caso sarai catalogata come una delle mie vittime, e cambierai identità- Rispose lui. 
Come fosse un piano già prefissato, un'eventualità che aveva già considerato...
Era un geniale calcolatore, il dottor Lecter.
Clarice sorrise tra sè, poi un dubbio si fece strada nella sua mente.
-Perchè... Perchè mi protegge, dottor Lecter?- domandò.
Ora, il dottor Lecter si rese conto che era il suo turno di  dire la verità.
-Perchè sei speciale, mia dolce Clarice, e se adesso tuo padre non può proteggerti come meriti, lo farò io-
-Sta tentando di sostituirsi a mio padre?-
-Non mi permetterei mai. Voglio solo alleviare per quanto possibile la sua mancanza-
La donna sorrise, tra sè.
-Grazie, dottor Lecter-
-E' un piacere, mia dolce Clarice-

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


 
Era passata meno di una settimana. Clarice seguiva ormai la comparsa del nuovo serial killer in un modo che sembrava quasi febbrile, a proprio dire. Ai suoi colleghi questo interesse di Clarice Starling sfuggiva, molto probabilmente a causa del fatto che, non avendo assegnato all'agente Starling casi di rilevante importanza, avesse voglia di impegnarsi la mente con qualcosa di più impegnativo.
La donna quel giorno, dopo essere tornata dagli uffici dell'FBI, sedeva nella propria stanza impegnata con il nuovo caso. Si trattava di una serie di tre omicidi, con le stesse caratteristiche.
A ognuna della vittime, solitamente donne di mezza età, veniva tolto un organo, e il cadavere veniva lasciato sul ciglio della strada dove probabilmente era stato ucciso.
Nello studiarli, Clarice ripensava a chi avrebbe potuto fare delitti del genere, e il motivo per il quale avrebbe potuto farlo.
Per pochi istanti nella sua mente passò l'eventualità di stare dando la caccia al dottor Lecter. Effettivamente, pensava, il motivo sarebbe potuto essere la voglia di tornare a mangiare carne umana.
Non volle dare peso alla propria supposizione. Non indagò sulla vita privata delle vittime per non confermare a sè stessa il fatto che sarebbero potute essere persone che lo meritavano, a parere del dottor Lecter.
Cercò attraverso altre piste, quindi. Non le avrebbe permesso di fare carriera, ovviamente, ma l'avrebbe tenuta impegnata per un po' di tempo, in modo da non pensare a quello che sarebbe potuto accadere, meno di due settimane dopo, quando avrebbe rivisto il dottor Lecter.
E avrebbe potuto chiedergli aiuto, dopotutto. 
Chiuse gli occhi, facendo il punto della situazione per tentare di rendersi conto del genere di assassino seriale che stavano cercando.
Poi inarcò il sopracciglio, sfiorando il telefono. Certo, avrebbe potuto studiarlo per conto proprio. O avrebbe potuto chiamare il dottor Lecter, con la scusa di un aiuto per il caso, solo per parlare con lui.
No, non l'avrebbe fatto. Non sarebbe arrivata a quel punto, così infantile, per sentire la voce di quell'uomo.
E sopratutto, aveva intenzione di acquistare un nuovo cellulare e un nuovo recapito telefonico per parlare con lui, senza rischiare di essere intercettata.
Abbassò la testa. Tutto quello che stava facendo, in quel periodo, sembrava portarla a remare contro l'FBI. Ogni volta che pensava a lui si trovava nella posizione di immaginare un modo per tradire l'istituzione, e nascondere ciò che faceva.
E se... Se si fosse presa un periodo di pausa? Qualcosa di simile a delle ferie, e avrebbe detto che ne voleva approfittare per visitare l'Europa. Magari sarebbe stata con lui, per quel periodo. Magari...
E se fosse lui il serial killer appena nato, che uccideva donne solo per sviare le proprie tracce e indirizzarli erroneamente verso un misogino represso?
Si morse il labbro, prendendo i pochi appunti che aveva messo da parte fino a quel momento e trasferendosi nella propria camera da letto.
Erano quasi le sette di sera, e L'agente Starling non aveva alcuna voglia di cucinare. Avrebbe ordinato qualcosa, o avrebbe cenato assieme a Mapp, che di lì a un ora sarebbe tornata a casa.
Prese il telefono, e digitò il numero che aveva imparato a memoria.
-Sta diventando un appuntamento, Clarice.-
-Dottor Lecter, lei non dorme mai?- Domandò, sorridendo.
Stava... Bene, mentre parlava con lui.
-Dormo poco, Clarice. Non amo rimanere inattivo, preferisco tenermi occupato piuttosto che dormire.-
-Con "tenermi occupato" intende andare a caccia?-
-Al momento no. E se anche lo facessi, non lo verrei a dire a te che puoi venirmi ad ammanettare, non credi?-
Clarice rise.
Una risata, cristallina e serena le sfuggì dalle labbra rosee.
-Non ti ho mai sentita ridere, Clarice.- Le fece notare il dottor Lecter. -Mi piace- Aggiunse.
-Volevo chiederle un... Piccolo aiuto, se non le dispiace- Cambiò argomento lei, come se attraverso il telefono l'uomo potesse notare il rossore che si era diffuso sul suo volto.
-Chiedi pure, mia piccola Clarice- 
-Ho un caso. Nel senso, il caso non è mio, ma sto cercando informazioni.-
-Descrivimi i casi, i luoghi e le condizioni in cui sono state rinvenute le vittime-
-Stavo per farlo dottor Lecter. Ricorderà che non sono poi così male nel mio lavoro- Ribattè lei, abbozzando un sorriso.
-Dimmi tutto allora, agente Starling-
-Sono stati rinvenuti tre cadaveri, fino ad ora- Iniziò a dire. Il suo tono di voce si era fatto deciso, quasi professionale. -Donne, tra i trentacinque e i cinquanta. Bianche. Ad ognuna di loro è stato asportato un organo, in modo particolarmente grossolano, quindi non da un esperto. Alla prima, trovata sul ciglio di un'autostrada a 4km da Tacoma, vero Olympia, è stato preso il fegato. La seconda, sulla stessa autostrada, solo a due km da Olympia, è stato prelevato il cervello, dopo averle fracassato il cranio, probabilmente con un martello. La terza, stavolta in direzione di Seattle, è stata trovata senza il cuore.-
Fece una pausa, posando con un rumore di fogli gli appunti che aveva in mano. -E' molto probabilmente un misogino, o una misogina, ma la causa non so se vada imputata a...-
-Non è una donna, Clarice. Non per sfiducia nei confronti delle donne, ma i casi in cui una parte del corpo viene asportata è tipica degli uomini.-
-E' vero, ha ragione. Quindi... Probabilmente uomo, bianco, e anche lui sulla mezza età. Non ha spostato i corpi, quindi non posso sapere o immaginare la sua statura, ma il fracassare un cranio prevede una buona forza fisica...-
-La gravità può fracassare una testa Clarice-
-G...Giusto. Da qui... Da qui non so che strada prendere. Non credo conoscesse le sue vittime, ma è probabile che abiti a Tacoma vista la zona in cui opera, non è così, dottor Lecter?-
La porta si aprì di botto, e Clarice sussultò, guardando Ardelia Mapp affacciarsi.
-Clarice hai già cen..- Iniziò a dire, per poi fermarsi. 
Clarice incontrò il suo sguardo, e non disse una parole.
-Credo ci siano problemi, piccola Clarice. Fammi un colpo di telefono se ne avrai bisogno, e sarò lì.- Disse l'uomo, dopo aver sentito la voce e il successivo tono scandalizzato della coinquilina di Clarice, per poi chiudere la comunicazione.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


-Ardelia...-
-Clarice, dimmi che mi hai sentita arrivare e hai deciso di farmi uno scherzo- Replicò la sua coinquilina afroamericana, chiudendo la porta della camera da letto di Clarice e avvicinandosi al letto sul quale la ragazza era sdraiata.
L'agente Starling sospirò, abbassando lo sguardo.
-Porca puttana, Clarice! Dimmi... Dimmi come! Perchè!L'FBI ha...-
-Abbassa la voce, Ardelia.- L'agente Starling si trò a sedere sul letto, invitandola con un gesto della mano a sedersi vicino a lei.
-Spiegami- Rispose l'amica, in attesa di sentirla parlare. Mentre la guardava, rivedeva la Clarice Starling così occupata dalla ricerca di informazioni sul cannibale Hannibal Lecter, durante il caso Buffalo Bill, e non si stupì se quel mostro era riuscito a manovrarla.
-Quattro mesi fa mi ha mandato una lettera. E... Ardelia, sapevo che l'FBI non avrebbe scoperto niente dalla lettera sulla sua posizione. Io... Ho pensato di poter avere informazioni da lui, e... Poi... Abbiamo continuato a parlare- 
Clarice abbassò gli occhi. Non voleva dire di capodanno... Non voleva descriverle quella sensazione, così strana per lei che non avrebbe saputo spiegare.
-Vi siete visti, Clarice?- 
Ardelia aveva sempre avuto quest'innata capacità di fare esattamente le domande a cui le persone non volevano rispondere.
-Si.-
-Quando?-
-A Capodanno.- Clarice puntò lo sguardo azzurro nella sua direzione, giocherellando con la collana che le aveva regalato lui. Gliela indicò. -Me... Me l'ha regalata lui- Disse, arrossendo.
-Cosa ha fatto a capodanno, Clarice?-
-Abbiamo... Parlato- Mentì, grattandosi appena il naso.
-Non avete solo parlato, Clarice. A forza di stare con te riconosco quando una persona mente o meno. Cosa è successo?-
-Io... Io l'ho... Lui mi ha...- Clarice posò il capo sulla testiera del letto, chiudendo gli occhi. 
-Ardelia, non avrei mai immaginato che un serial Killer fosse capace di baciare. Non in quel modo-
L'amica non rispose, senza però smettere di guardarla. 
-Clarice lui non ti ha baciata. Lui ha... Preso solo un assaggio di quello che potrebbe essere il suo pranzo di pasqua!- Sbottò Ardelia, sperando vivamente che quello fosse solo un brutto scherzo architettato da Clarice per farla spaventare. Ma negli occhi dell'amica, non vide alcun divertimento.
-Non mi farebbe mai nulla di male, Ardelia. Lui... Lo conosco. Non lo farebbe mai-
Sussurrò, ravviandosi i capelli. 
-Come puoi dire di conoscere uno psicopatico, Clarice? Conosci il suo passato? Sai come e perchè è quello che è?- 
-Sono... Sono sicura che ci sono buone ragioni.- Si giustificò l'agente Starling. -Hai visto anche tu come quattro anni fa è sparito dalla circolazione senza venirmi a cercare. Credi sarebbe stato difficile per lui entrare in questa casa e uccidermi nel sonno? Ma non lo ha fatto-
La ragazza sospirò, abbassando gli occhi, nel riflettere.
Mai avrebbe cambiato idea sul Cannibale Lecter. Ma Clarice sembrava così sicura, così decisa... E sapeva quello che faceva, in ogni caso.
-Clarice, ti viene mai in mente che potrebbe essere lui il nuovo serial killer in circolazione? E' abbastanza intelligente da sviarci utilizzando un modus operandi tipico di qualche psicopatologia particolare, in modo da allontanarci dal pensare che sia lui.- 
-Non.. Ci ho mai riflettuto. Non ci ho mai pensato, a dire la verità. Io non credo, venire così vicino all'FBI sarebbe un gesto folle...-
-Anche il venire dentro questa casa la notte di capodanno per vederti, lo sarebbe.-
Clarice si arrese, rendendosi conto che aveva ragione.
-Ma qualcuno l'avrebbe avvistato, non pensi?- Rispose. Voleva escludere in qualsiasi modo che l'assassino seriale fosse lui.
-Ascoltami, Clarice- 
Mapp prese una mano dell'agente Starling, e la tenne tra le proprie nel ricominciare a parlare.
-Io non dirò nulla all'FBI, ma voglio che tu mi tenga aggiornata. Qualsiasi cosa non vada bene o non ti convinca, qualunque sua parola di troppo, voglio saperlo. Se non avrò tue notizie per più di cinque giorni consecutivi, spiffero tutto.- 
L'avviso, con un tono di voce autoritario, ma intinto di rassicurazione.
Clarice sorrise, lanciando all'amica un'occhiata riconoscente. Le si avvicinò, e la strinse in un abbraccio.
-Clarice, spero tu sappia cosa stai facendo- Disse, a voce bassa.
l'agente Starling annuì, abbozzando un sorriso. 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Era da poco passata una settimana da quella confessione. Mapp chiedeva continuamente informazioni sul dottor Lecter. Chiedeva se Clarice sapesse dove si trovava, se aveva un indirizzo, o il suo numero di telefono da poter rintracciare.
Non le aveva mai dato il numero di telefono, nè uno degli indirizzi ai quali aveva spedito le lettere, ma senza negare di esserne a conoscenza.
Voleva... Proteggerlo, in un certo senso. Proprio come lui sembrava voler proteggere lei.
Ardelia era partita quella mattina presto, e Clarice l'aveva accompagnata all'aereoporto, ma al suo ritorno a casa non si era addormentata.
Chiamò il dottor Lecter, per informarlo. Prima non gli aveva detto nulla, nè lo aveva sentito in alcun modo.
il telefono squillava, e mentre Clarice si stava preparando per la risposta della segreteria telefonica, lo sentì rispondere.
-E' già partita la tua collega, Clarice?-
-Buongiorno anche a lei, dottore- Clarice sedette sulla poltrona del salotto.
Lui sorrise, dietro la cornetta. -Buongiorno, Clarice. La tua collega è già partita?-
-Si, e... Sa-
Sentì un istante di silenzio.
-Cosa sa?-
-Le ho detto tutto. Ormai mi aveva sentito dire il suo nome, e...-
-E non hai tenuto conto della possibilità che avvisasse qualcuno di tenere d'occhio casa tua, non è vero?- 
Aveva un tono quasi indurito, forse stupito dall'incoscienza e la fiducia che Clarice dava a chi gli stava attorno.
-Non lo farà... Lei è la mia migliore amica, dottor Lecter, e non...-
-Agente Starling, cosa farai se per un tuo eccesso di fiducia questa conversazione dovesse essere rintracciata? E se mi vedessero entrare in casa tua, dopo l'avvertimento della tua amichetta, non credi che fermerebbero anche te?-
-Se lo facessero, verrei con lei, dottor Lecter. Lontano da tutto e da tutti- Disse, con voce bassa, nel vago tentativo di calmare la voce dell'uomo che sembrava.. Irritato? Possibile che uno come lui provasse irritazione per qualcosa che non lo riguardava direttamente?
-Dammi un'ora e sono da te, mia dolce Clarice- rispose lui, interrompendo di botto la conversazione.
Clarice sorrise. Avrebbe ripreso il servizio nell'ufficio dell'FBI quella sera, sul tardi, per seguire un caso. 
Un'ora...
Si alzò, decisa a sistemare quel poco che poteva prima che arrivasse.
 
Si rese conto che era arrivata ad ordinare solo le carte che aveva sparse nello studio, anche se in modo abbastanza caotico da essere opera sua.
Sentì aprire la porta, e sorrise.
-Prima o poi romperà la serratura, se continua a scassinarla- Lo avvisò, affacciandosi dalla stanza e guardandolo chiudere la porta dietro di sè.
Indossava un cappello e come sempre era vestito in modo impeccabile, con una camicia nera e una giacca beige sopra di essa.
-Come se non fossi abituato a forzare serrature in modo assolutamente discreto-
Replicò il dottor Lecter, raggiungendo la stanza come se ormai conoscesse quella casa da sempre.
Clarice scomparve di nuovo oltre la porta, abbozzando un sorriso nell'immaginare quante volte sarebbe potuto essere entrato nella sua abitazione.
Entrò nella stanza. C'era una luce soffusa, dovuta ad una lampada al neon che dava una poco intensa luce dalla scrivania dove era solita mettersi a sedere. Accanto a quella principale, ce n'era un'altra, che solitamente usavano lei e Mapp nello studiare casi assieme.
Un ingombrante computer occupava la scrivania. La spia sulla tastiera indicava che era acceso, ma in standby.
-Ammetto di aver immaginato più luce in una stanza del genere- Disse l'uomo, avvicinandosi alle spalle della donna.
Sentì il suo profumo, e non potè fare a meno di scostarle i capelli dal collo.
La donna non si voltò, sapendo ciò che l'aveva portato a fare quel gesto. Quando a Baltimora lo aveva incontrato, le aveva detto che aveva un buon olfatto, e in poco aveva elencato perfettamente le lozioni che la giovane agente Starling usava. Ma mai aveva accennato al fatto che ogni persona, al di là dei profumi che era solita usare, aveva un odore proprio e inconfondibile.
Sentì il suo respiro sul collo, e inclinò appena il capo di lato per agevolarlo. 
-Mia piccola, dolce Clarice- Disse piano, al suo orecchio.
Con la punta della lingua sfiorò il suo collo. La donna sorrise, nel notare quell'insolito imbarazzo dell'uomo nello spostare le mani dalle sue spalle alla sua vita, fino ai suoi fianchi. 
-Dottor Lecter- Sorrise lei, rendendosi conto di stare tremando sotto le mani di lui.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


 
Clarice si stava lentamente abbandonando al suo tocco e a lui. Sentiva il desiderio, che prima non immaginava di provare, che come un'alta marea la sommergeva.
Posò le spalle contro il suo petto, tirando indietro la testa e avvicinandosi al suo corpo. Quasi ad invitarlo a prenderne di più.
Lui sorrise, sfiorandole i capelli con la punta delle dita e concentrandosi sul collo praticamente perfetto di lei.
La sua lingua sfiorava la sua pelle. Desiderava assaggiare il suo sapore, solo per pochi istanti. Quanto bastava per raccogliere quanto poteva dal suo corpo e sentirlo sulla lingua il più possibile.
Clarice si voltò lentamente, costringendolo in qualche modo ad interrompere la piacevole sensazione che provava, per carezzare il collo di lui.
Si sentiva... Eccitata, nonostante poco e niente sapesse di quella sensazione. Lo baciò, spingendo il bacino contro il corpo del Dottor Lecter.
-Ti fidi davvero così tanto, Clarice?-
Sussurrò, interrompendo il bacio per guardare i suoi occhi azzurri.
-Non dovrei?- Domandò la donna, forse con un po' più di sicurezza, lasciandosi cingere i fianchi dalle mani dell'uomo.
L'uomo sorrise, sfiorandole il decollète con le dita.
-No, agente Starling, non dovresti- Sorrise, posando le labbra sul suo collo, e mordendola.
Affondò i denti nella sua pelle, facendole male, senza stringere abastanza da ferirla. 
Clarice chiuse gli occhi, trattenendo un gemito che voleva essere a metà tra il piacere e il dolore. 
Lasciò la morsa dei denti sul suo collo, lasciandole un vivace segno rosso. Era... Sua. Clarice Starling era sua.
-Spero tu abbia un buon fondotinta o una sciarpa, Clarice- Sorrise lui, quasi ammirando la propria opera alla fioca luce dello studio.
Clarice ricambiò il sorriso, toccando il punto ancora bruciante in cui il dottor Lecter aveva affondato i denti.
-Provvederò a nasconderlo, dottor Lecter- Disse. Si sentiva... Sua. Completamente persa, e in balìa delle mani dell'uomo.
Se solo lui avesse voluto, l'avrebbe presa in quel momento, nel suo studio, quasi come uno sfregio all'FBI e all'istituzione che serviva.
-Non dovevi mostrarmi ciò che hai sul caso, agente Starling?- Domandò, con un sorriso sibillino sul volto.
-..Eh... uh... Ah!Si, si... Sono qui- 
Disse l'agente Starling, allontanandosi controvoglia dal dottor Lecter e aprendo un cassetto. Gli mostrò una pila di fogli, contenenti informazioni e dati su luoghi degli omicidi e sulle vittime. Lui li prese dalle sue mani, e sedette su una delle due sedie presenti, sfogliandoli e guardando le immagini dei corpi.
-Avete ingrandimenti su questo?- Domandò, indicandogli un oggetto a pochi metri dal corpo.
Clarice si avvicinò, osservando ciò che indicava l'uomo. Sembrava un cacciavite, a prima vista. 
-Possibile che nessuno l'abbia notato?- Domandò, inginocchiandosi accanto alla sedia di lui e guardando l'immagine.
-Dovremmo ingrandirlo, se possibile tornare sul luogo per analizzarlo. E' anche possibile che qualcuno dei nostri lo abbia perso, ma...-
Il dottor Lecter si voltò a guardarla. Si rese conto di come lo sguardo sognante di poco prima si era tramutato in uno studio approfondito di ciò che vedeva. 
-Quanto si vede che siete del'FBI, Starling.- Disse, posando i fogli. -Se ci fossero impronte digitali potreste incastare il serial killer in un attimo, eppure continuate a volervi complicare il caso ignorando ciò che vedete-
La provocò, in attesa della sua reazione. 
Clarice si mordicchiò il labbro, guardando la foto. -Stasera li avviso- Disse, voltandosi nella sua direzione.
-Stasera inizi il turno?- Domandò il dottor Lecter, rendendosi conto che era poco più che mezzogiorno.
La donna annuì, alzandosi, e lui fece lo stesso posando i fogli nel cassetto dove lei li aveva presi.
-Ha fame, dottor Lecter?- Domandò, voltandosi e tornando tra le sue braccia.
Un pensiero istintivo, che non avrebbbe mai fatto di propria volontà, portò le sue mani sul petto del dottor Lecter. Spostò la sua giacca, e la posò sulla sedia, poi sbottonò l'inizio della sua camicia.
-In questo momento sto morendo di fame, Clarice- Sorrise lui. 
Posò le mani sui suoi fianchi, avvicinandola a sè.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


 
Clarice non ricordava con perfezione come fossero andate le cose.
Avevano raggiunto il letto già seminudi, seminando abiti per tutta la strada dallo studio alla sua camera da letto, tra un bacio e un morso.
Aveva avvertito il suo corpo ormai nudo contro il proprio, e quel calore che non si aspettava lui le sapesse dare la costrinse più stretta a lui.
Lentamente, si erano ritrovati sotto le coperte l'uno dentro l'altra, prede della passione.
Lo aveva stretto forte, per quelle ore. Lo aveva graffiato, morso, così come lui aveva morso il corpo di lei. Sapeva di aver urlato il suo nome, o forse di averlo sussurrato con trasporto mentre si sentiva tutt'uno con l'uomo.
Vennero probabilmente assieme, e lei sorrise sopra di lui.
Lo baciò, e rimase lì tra le sue braccia diversi minuti. Finchè il telefono non squillò.
Ancora nuda andò a rispondere, ascoltando le parole dall'altra parte della cornetta. Si immobilizzò, e la sua espressione si fece di granito.
-Si... Si Fred, arrivo subito. Non preoccuparti- 
Disse, per poi attaccare. 
-Avevano trovato l'oggetto, solo non mi avevano informata. Sono state rilevate delle impronte digitali.-
Lo guardò, sdraiato sul suo letto, e sorrise.
-Devo andare, hanno detto di avere bisogno di me. Se vuole ci vediamo domani, dottor Lecter- 
Lui rise, prendendo a rivestirsi. -Mi fai quasi sentire un oggetto, Clarice-
La donna si voltò avvicinando il volto a quello di lui. -Nessuno la considera più una persona, dottore-
Lecter le afferrò i fianchi e la spinse sul letto, affondando i denti su un suo fianco. Quando lasciò la presa, si accorse che sul corpo della donna i segni dei suoi morsi erano quasi ovunque.
Sorrise, passandovi il dito sopra.
La donna posò la mano su quella di lui, e se la portò al volto, baciandone il palmo.
-Vado a farmi una doccia, resterò lì fino a stasera. Domani... La chiamo-
Lo baciò quasi teneramente sulle labbra, allontanandosi poi per permettergli di riverstirsi.
 
entrò negli uffici dell'FBI, alla ricerca di Fred. Lo incontrò alla macchina dei caffè.
-Agente Starling, aspettavo proprio te... Vieni, devo mostrarti una cosa-
Si fece seguire nel seminterrato, in una stanza particolarmente illuminata. Alcune carte erano appese al muro, ritagli di giornale e appunti erano sparsi sulle mensole.
-Cosa c'è? Per cosa mi avete fatta chiamare?- Domandò, avvicinandosi all'uomo che stava digitando qualcosa sul computer.
-Sono state rilevate delle impronte digitali sul cacciavite, Agente Starling. Ci sono circa venti punti simmetrici al dito indice di Hannibal Lecter.
Clarice non rispose. Smise di respirare per un istante e semplicemente annuì.
-Credete che siamo di nuovo a contatto con lui?- Domandò, con la voce che si era improvvisamente fatta roca.
-Probabilmente si- Si sentì rispondere subito.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Tornò a casa alle 4 di mattina. Aveva passato il tempo in ufficio, e in servizio a ripensare. Chiaramente, chiunque si sarebbe accordo che era sovrappensiero, dal momento che più di una volta aveva dimostrato di non ascoltare un parola di quello che le veniva detto.
Pensava e ripensava a quello che le avevano detto. L'assassino di quelle donne era il Dottor Lecter, che meno di un'ora prima della notizia era nel suo stesso letto.
Guidando verso casa, poco ci mancò che sbagliasse corsia, un po' per la stanchezza un po' per i pensieri che occupavano la sua mente.
Lui voleva essere scoperto. 
Perchè?
Clarice accostò davanti la porta di casa, ed entrò in preda all'ansia. Non l'avrebbe chiamato. Il turno successivo sarebbe iniziato alle 3 del pomeriggio successivo.
Avrebbe... Cercato informazioni. Magari trovato qualcosa che dimostrasse che lui non era mai stato lì, che quella fosse solo una dannata coincidenza.
Che quelle impronte digitali non fossero nulla.
Raggiunse il letto, e dalla tasca estrasse il telefono. Rimase alcuni secondi a guardarlo, valutando il proprio bisogno di dormire e la necessità di avere certezze. 
Ad ogni modo, pensò, non sarebbe riuscita a dormire col sospetto di essere stata tradita da lui.
Non un istante si era potuta godere la sensazione di... Di aver fatto l'amore con il dottor Lecter. Chiuse gli occhi, ripensando a quanto accaduto circa sedici ore prima.
Le sue mani su di lei, il suo corpo contro il proprio. 
I suoi baci, che sembravano sul momento così appassionati e sinceri...
Solo una bugia.
Posò il telefono sul letto, chiudendo gli occhi. 
Gli aveva dato fiducia, e se quello che i test delle impronte digitali avevano scoperto fosse stato vero...
Ma si rifiutava a crederci.
Non è così, vero Clarice? Ti ha mentito, ti ha portata a letto e continui a non voler credere a ciò che è stato testato da un computer.
Sentiva la voce della ragione che la ammoniva. Quella voce, suonava come quella del dottor Lecter stesso.
E adesso, mia piccola e dolce Clarice, ti senti tradita dall'ultima persona di cui ti saresti dovuta fidare, che ti ha convinto a fidarti.
Non voleva, non poteva crederci. Aprì il telefono, e digitò il numero.
-Clarice-
-E' stato lei?- Aveva domandato, senza pensarci due volte.
-Sono state trovare le sue impronte digitali su quel cacciavite, dottor Lecter. E' stato lei?-
Hannibal Lecter sorrise tra sè, nel suo appartamento di Tacoma.
-Le impronte sul cacciavite hanno dato i loro frutti- Commentò, senza emozioni nella voce.
-Mi dica che è andato semplicemente a guardare la scena del delitto. La prego dottor Lecter, mi dica che non è stato lei-
-Credevo fossimo andati oltre il "lei", Clarice.- 
-Le ho fatto una domanda specifica-
-Se è quello che vuoi sentirti dire, ti dirò che non sono stato io e che sono semplicemente andato a guardare la scena del delitto-
Clarice strinse i denti, serrando a pugno la mano che teneva il lenzuolo del letto.
-Mi dica la verità!- Sbottò, a voce alta.
Sentì un istante di silenzio dall'altra parte del telefono, sospettando che la telefonata si fosse interrotta.
-Cosa vuoi che ti dica, Clarice? Sai che sono stato io-
Clarice non parlò nè si mosse, ma sentì qualcosa urlare dentro di sè, e le viscere contrarsi.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Il dottor Lecter la sentì trattenere il respiro. Non aveva risposto, e per un istante, uno solo, sentì di doverle delle spiegazioni.
Poi ci ripensò, considerando l'eventualità che dovesse essere lei a chiederne.
-Perchè, dottor Lecter?- Domandò la donna. Aveva uan voce nasale, più di quanto l'avesse poco prima. Lecter capì che, molto probabilmente, nuove lacrime le stavano solcando il bel volto.
-Ognuna di loro se lo meritava, Clarice. La prima, era Amanda Klost. Madre di un bambino di tre anni, prostituta a tempo pieno. Avresti dovuto vedere suo figlio, ha lividi ovunque.- 
-Non stava a lei giudicarla.-
-L'FBI cosa stava facendo per lei? O forse non ne sapevate nulla? La seconda era Francis Delina. Sieropositiva e addetta al traffico di droga in un racket-
Aveva ragione, Lecter sapeva di averne. Ma Clarice, la sua Clarice, dava troppo peso ad uno stupido distintivo. Uno stupido pezzo di metallo sul petto dei più pomposi e inutili individui americani. Ma non l'avrebbe capito.
-Per favore, dottor Lecter...- Si limitò a dire lei, senza concludere la frase.
-Puoi non essere d'accordo, Clarice. Te lo concedo. Ma...-
-Ha mangiato gli organi che ha asportato?- Domandò poi.
Lecter si limitò a sorridere. Sorrise perchè quello che le avrebbe detto, le avrebbe fatto piacere. 
-No. Non assaggio carne umana da più di sei mesi- 
-Perchè?-
Non le rispose, perchè un motivo vero non lo aveva neanche lui.
-Vuoi che sparisca, Clarice?- Chiese, a voce bassa. Come se, in base ad una sua risposta, lui avrebbe cambiato i propri piani.
-Quello che ho detto giorni fa vale ancora, dottore-
-Ripetilo- Sentì le sue labbra rispondere quello che non aveva pensato di dire.
-Non posso lasciarla andare, dottor Lecter. Non dopo... Ieri-
L'uomo non rispose.
-Le indagini devono essere svolte, e nessuno di voi sa dove mi trovo in questo momento, mia piccola Clarice-
L'agente Starling aveva risposto un "mh..." poco convinto.
-Rimarrò in America fino a che non saranno ad un passo dal prendermi, poi partirò nuovamente- L'avvisò, con un tono di voce che sembrava completamente immerso nei propri piani. 
-Puoi venire con me- 
Lo aveva detto come se fosse stata una concessione che avrebbe potuto farle, piuttosto che come un proprio desiderio. Si affrettò a correggersi.
-Se... Vuoi, puoi venire con me. A me farebbe piacere- 
Non sentì alcuna risposta da parte di lei, ma il suo respiro era chiaramente udibile.
Rimasero alcuni secondi in silenzio. Lui aspettando la risposta di lei, lei riflettendo.
-Dottor Lecter, ci vediamo domani a mezzanotte, qui- Stabilì la donna. -A domani-
-A domani, mia piccola Clarice- Rispose l'uomo, sentendola chiudere la comunicazione.
Abbassò gli occhi posando il telefono, e chiuse gli occhi lasciandosi trascinare da quella stanza del proprio Palazzo della Memoria.
Quella stanza, in cui ogni quadro raffigurava Clarice Starling. In cui un letto era disfatto come lui lo aveva lasciato abbandonando la casa della donna.
In cui la sua anima sembrava trovare davvero la pace.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


 
Lo avrebbe visto dopo meno di due ore. Clarice chiamò Ardelia mentre in macchina raggiungeva la propria abitazione.
Infilò gli auricolari alle orecchie, e attese.
-Clarice? Santo cielo, mi hai fatto stare in pensiero.-
-Sono passati due giorni, Ardelia. Ho novità-
-Ti ha fatto qualcosa? Detto, ti ha...-
-No- Rispose Clarice, mettendo a promemoria di non mostrarsi a torso nudo davanti ad Ardelia o ad altri per almeno due settimane, in attesa che i segni rossi che le avevano procurato i morsi e i baci del dottor Lecter svanissero.
-Ma... Ardelia, è stato lui.-
-Lui? Te... Te lo ha detto?- Domandò.
-Dopo che gliel'ho chiesto, ha detto di si. Sono state trovate le sue impronte su un cacciavite vicino ai corpi... E...-
-Oh, piccola, mi dispia...-
-Ha detto di voler aspettare la fine delle indagini per trasferirsi. Ha anche detto... Mi ha anche detto di andare con lui.-
ci fu un istante di silenzio, nel quale Clarice sapeva la domanda che Ardelia stava trattenendo a fatica.
-Io... - Accostò con l'auto davanti casa, e rimase lì a parlare. -...Io so di non poter fare a meno di lui. Lui... Sa tutto di me.-
-Anche io so tutto di te...-
-Non così tanto. Non... Così bene-
-Ci sei andata a letto?- 
L'agente Starling non rispose, pensando ai modi possibili per eludere la domanda.
-Ardelia...-
-Sei una stupida, Clarice- Rispose l'amica. Sentì un sospiro da parte di lei. -Sai meglio di me cosa devi fare-
Clarice abbassò gli occhi. Non voleva, non voleva assolutamente perdere il dottor Lecter...
-Si, Ardelia- Si ritrovò a mentire -Lo lascerò stare-
Interruppe la comunicazione, ed entrò in casa.
 
-Sono in anticipo, Clarice. Non credo ti dispiaccia-
Sentì la sua voce una volta chiusa la porta alle proprie spalle. Si morse un labbro, e l'agitazione la prese. 
Non era quello che provava fino a poco prima. 
Stavolta era... Paura?
Si avvicinò alla propria stanza, dove sapeva si trovava anche lui.
-Dottor Lecter- Chiamò, entrando. Lui era in piedi, davanti alla scrivania. Non si voltò a guardarla.
Si fida di me, pensò Clarice.
-Di cosa volevi discutere faccia a faccia, Clarice?- Domandò, voltandosi lentamente. Fece alcuni passi verso di lei, e la donna si trovò ad indietreggiare.
La raggiunse in pochi passi, e inclinò il capo nel guardarla.
-Perchè lo ha fatto se non per mangiarle, dottor Lecter? E non mi dica che è stato per giustizia, non posso crederle- Disse Clarice, rendendosi conto di avere le spalle al muro.
L'uomo si limitò ad allungare la mano verso il foulard che Clarice teneva attorno al collo per nascondere il segno rosso del suo morso.
Sorrise, ammirando per l'ennesima volta la propria opera.
Guardò i suoi occhi, e se fino ad un istante prima aveva intenzione di avvicinarsi ulteriormente, rinunciò.
Quegli occhi non erano quelli che lo guardavano fino a due giorni prima.
-L'ho fatto per farti prendere una decisione, Clarice. O me, o l'FBI.- 
Confessò, guardando i suoi occhi senza esternare alcuna emozione.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


 
Clarice non rispose, osservandolo.
Era spiazzata. Spiazzata dalle sue parole, spiazzata dalla decisione che doveva prendere in quel momento. 
Spiazzata dal trovarsi davanti lui, che avrebbe dovuto vedere andare via per sempre dalla sua vita dopo essersi preso tutto di lei.
Continuò a non rispondere, andando a sedersi sul proprio letto.
-Non può mettermi davanti ad una scelta del genere, dottor Lecter-
Lui non si mosse dalla propria posizione, se non per voltarsi nella sua direzione.
-Mi pare di averlo appena fatto, agente Starling-
Clarice abbassò gli occhi, per rialzarli un istante dopo.
Li puntò in quelli di lui, assottigliandoli, come se stesse pensando a qualcosa.
-Voglio aspettare, dottor Lecter. Se l'FBI non dovesse riuscire a catturarla, se nuove prove dessero un'altra pista... Non sarebbe colpa sua, dottor Lecter-
Lui rispose al suo sguardo con fermezza. Quasi non sembrava neanche sbattere le palpebre.
-E se dovessero catturarmi, Clarice?- Domandò, abbozzando un sorriso e avvicinandosi a lei.
Si inginocchiò davanti a lei, cercando il suo sguardo, che non riusciva a trovare.
-Se dovessero catturarla, dottor Lecter, lei penserà alla sua sopravvivenza immagino. Ma potremmo fare il possibile per alterare le prove e anticiparli. Si renderanno conto che potrebbe essere qualcuno che voleva dare a lei la colpa, e smetteranno di cercarla. Lasci tracce in una città europea, e crederanno che lei sia lì.-
Disse quel piano senza respirare tra una parola e l'altra, tanto che sentì il fiatone.
Lui guardò i suoi occhi.
-Sai che è impossibile da fare, Clarice- La rimbeccò, carezzando con un dito la coscia sinistra della donna.
-Vale la pena di provare- Rispose lei, avvicinando il volto a quello del dottor Lecter.
Lo baciò con trasporto, sentendo le mani di lui allargarsi sulle sue gambe.
Lo tirò verso di sè, su di se, su quel letto sistemato che stavano sgualcendo di nuovo.
Sorrise debolmente, aprendo gli occhi e cercando quelli di lui.
-Se fosse possibile, dottor Lecter, l'amerei- Disse, con voce appena udibile.
-Se potessi, mia dolce Clarice, anche io ti amerei- Rispose, con un soffio sulle sue labbra.
Clarice Starling gli posò le labbra sul collo, e morse.
Morse forte, senza paura di ferirlo.
Lo sentì contrarre i muscoli, ma non mollò la presa se non dopo diversi secondi.
Attese, osservando il suo collo in attesa che comparisse il segno rosso.
Ben presto lo vide, soddisfatta.
il dottor Lecter la guardò, piacevolmente stupito.
Si mise di lato, spingendola sopra di sè.
-Può passare la notte qui, se vuole- 
Azzardò Clarice, inarcando un sopracciglio.
-A che ora devi tornare all'FBI domani?- L'uomo posò una mano sul suo capo per farla posare sul proprio petto, approfittandone per sentire il profumo dei suoi capelli.
-Per mezzogiorno- Clarice abbozzò un sorriso. Si rese conto di stare... Bene, lì.
-Andrò via alle otto di mattina, allora-.
Clarice non sembrava realizzare appieno quello che stava facendo. Le sembrava tutto un meraviglioso sogno.
Lo guardò negli occhi, alcuni istanti.
-Dottor Lecter...-
-Dimmi, Clarice-
-Smetti di uccidere. Fermati. Se mi ami, fermati. E non rischieremo nulla-
La fissò in silenzio, alcuni secondi. Poi sollevò il capo per incontrare le sue labbra.
-Come vuoi, mia piccola Clarice. Mi fermerò.-

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


 
Si svegliò alle 7 del mattino del giorno dopo, abbracciata a lui.
Sorrise, accoccolandosi sul suo petto e richiudendo gli occhi, mentre una mano di lui andava a sfiorarle i capelli. 
-Buongiorno, Clarice- 
Sussurrò, guardandola alzare la testa intontita.
Sorrise divertito, dandole un bacio sulla fronte e alzandosi. -Devo andare. Ci... Vediamo- Disse, mentre sentiva la mano di lei, cercare quella di lui oltre il bordo del letto. La prese, e sorrise.
-Fammi uno squillo e verrò da te. Quando vuoi-
Poi, Clarice ricordava solo la porta che si richiudeva.
 
Si svegliò poche ore dopo, con in mente l'idea di recarsi direttamente all'ufficio dell'FBI. Sorrise ripensando alla sera precedente, socchiudendo gli occhi e capendo come mai il dottor Lecter si concentrasse tanto sull'olfatto.
Sentiva sul cuscino, e su di sè, il suo profumo. Abbracciò le coperte e affondò il naso tra esse, cercando di immagazzinarne il più possibile.
Con il suo profumo che le inebriava la mente, Clarice volle ricomporsi, facendo mente locale. 
Se avessero trovato il dottor Lecter, avrebbero trovato anche le sue lettere. 
Se lo avessero catturato, e avessero trovato le sue lettere, lei sarebbe rimasta senza lavoro e senza di lui.
Sospirò. Non si sarebbe mai immaginata di fare una cosa del genere, ma si giustificò con sè stessa adducendo al fatto che avrebbe rischiato tutto.
Uscì di casa, pregando un dio in cui non credeva, di farle risolvere quella situazione il prima possibile, e nel miglior modo possibile.
 
Raggiunto l'ufficio, si sentì chiamare.
Era Frederick, che voleva indicarle i nuovi indizi sul caso.
-Starling, ho bisogno di una mano. Non... Riesco a capirci nulla, è tutto così caotico- Clarice non rispose, aggrottando le soprcciglia e seguendolo ad un computer.
-Qui è stata mandata una segnalazione di qualcuno che crede di aver visto il Cannibale. Parigi, dicono. Ma... Meno di sette giorni fa era a Tacoma, a quanto ci risulta.-
Clarice si mordicchiò il labbro.
-Quando è arrivata la segnalazione da Parigi?-
-Stamattina, molto presto-
Clarice non rispose, pensierosa. Cercava un modo per spostare gli occhi dal dottor Lecter, e...
-E' possibile che sia un misogino che vuole spingerci ad incolpare il dottor Lecter? Pensaci, Fred... E' un genio, non lascerebbe mai cadere involontariamente qualcosa vicino alla vittima-
Disse, guardando il collega.
Frederick annuì, sedendosi sulla poltrona a braccia incrociate. 
-In tal caso, siamo lontani anni luce dal serial Killer.- Sbuffò. Clarice sbuffò assieme a lui, per poi uscire dall'ufficio scusandosi.
Uscì ed entrò in macchina, chiamando il telefono del dottor Lecter.
-Sei fuori pericolo- Avvisò, sentendo rispondere.
-Non cantare vittoria troppo presto, piccola Clarice- 
-Devo andare ora... Ma sappi che sono abbastanza sicuri che non sia stato tu, amore mio- Le ultime parole furono dette dopo alcuni istanti di esitazione.
In fondo, che diavolo, stavano combattendo assieme. Fianco a fianco, contro l'FBI e tutto il resto del mondo. Poteva fidarsi.
-Vai  pure. Ci sentiamo dopo- 
La comunicazione si interruppe, e Clarice sorrise mettendo il telefono in tasca e rientrando nell'ufficio.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Clarice tornò dall'ufficio dell'FBI, e immediatamente chiamò l'uomo. Era stanca, certo. Erano pur sempre le dieci di sera... Ma la voglia di vederlo sovrastava ogni cosa.
Il telefono non squillava, e il collegamento si chiuse con un bip.
Aggrottò le sopracciglia, e non fece in tempo a posare il telefono che squillò.
-Agente Starling, sono Frederick. So che ha da poco staccato dall'ufficio, ma abbiamo scoperto che è stato Lecter a compiere quegli omicidi.-
Clarice non rispose. Si rese conto di aver trattenuto il respiro per un secondo. Cercò di controllare la voce, che sapeva avrebbe iniziato a tremare dalla prima sillaba pronunciata.
-Sapete dove si trova?- Domandò, facendo il possibile per non permettere alla propria voce di tremare. Sentì di esserci riuscita, almeno per quella frase.
-Si, è a Takoma. Ci stiamo preparando per andarlo a prendere.- Rispose il ragazzo. Clarice avvertì il tono di chi sta per aggiungere qualcosa, così lo anticipò.
-Fatemi sapere quello che riuscite a trovare, allora- 
Tirò indietro i capelli sulla testa, mordendosi il labbro.
-D'accordo, Agente Starling. Le faremo sapere- Rispose, chiudendo la chiamata.
Clarice lanciò il telefono lontano, sentendo il tonfo con il quale cadde sul pavimento e si tolse la batteria.
Si alzò per rimetterla, nel caso l'uomo l'avesse chiamata.
Perchè... Perchè lui l'avrebbe chiamata. Non sarebbe sparito a quel modo. Sarebbe passato a casa sua, a prenderla, e a tentare di portarla via.
E lei... Lei aveva creduto alla sua promessa. Ci credeva, che lui avrebbe smesso di uccidere per lei.
Si, certamente sarebbe arrivato. A breve, l'avrebbe raggiunta.
Sarebbe entrato scassinando la serratura, l'avrebbe sorpresa con un bacio e le avrebbe detto di preparare le valigie per andarsene assieme. In Europa, in Asia. 
Al diavolo l'FBI e i suoi colleghi. Al diavolo anche Ardelia.
Suo padre non voleva che lei diventasse come loro. Suo padre... Voleva che lei fosse felice. 
E lei si rese conto che assieme ad Hannibal Lecter sarebbe stata felice.
Si accorse che gli istanti dopo essere stata sua, sul suo letto, tra le coperte, era felice. Felice di amarlo, felice di stare tra le sue braccia.
E avrebbe scelto lui, in quel momento.
Immersa in questo pensieri, non si era resa conto del tempo che era passato.
Un'ora.
Beh, pensò, probabilmente stava per arrivare. Non sapeva esattamente quanto tempo ci volesse da Tacoma a Washington... Ma era piuttosto sicura che ci volesse più di un'ora. O meglio, desiderava ci volesse più di un'ora.
Si sdraiò sul letto che ancora profumava di lui. Lo aspettava, lo avrebbe ancora aspettato. Pensò di cominciare a preparare le valigie, ma non lo fece. Se qualcuno dell'FBI fosse passato prima di Hannibal Lecter e avesse visto la valigia, Clarice avrebbe dovuto inventare una buona scusa, e in quel momento non aveva voglia di impegnarsi per mentire.  
Attese. E passò un'altra ora.
Le arrivò una chiama, e sussultò.
-agente Starling... Dormiva?-
Era Frederick. Clarice si sentì morire.
-No, aspettavo le novità. L'avete arrestato?- Domandò. Non doveva dimostrare di sapere che lui non era lì...
-Non era nella casa, ma abbiamo trovato le sue impronte su alcuni mobili e fogli- 
Lo stomaco di Clarice si rigirò per un istante. 
-E... Nulla che possa dire dove sia diretto?- Con tutta l'anima, sperava a casa propria a portarla via.
-E' probabile che abbia preso un biglietto per l'Asia. Abbiamo fatto dei controlli sulle linee aeree... C'è stata una prenotazione tempestiva di un'ora fa sul volo per l'Asia. Partirà tra tre ore.-
UNA prenotazione? Qualcosa, nel petto di Clarice, lanciò un urlo a metà tra l'umano e il bestiale. 
-Non credete sia meglio andare a vedere?- La sua voce si era fatta decisa. Dannatamente e crudelmente decisa.
-Stiamo per andare. Agente Starling... Domani mattina ci vediamo in ufficio alle otto. Vada a dormire.-
-Andrò. Buona fortuna, Fred.-
-Buonanotte, Agente Starling-
Clarice chiuse la comunicazione e si alzò per prendere un bicchiere di Vodka. Uno sbuffo d'aria sotto la porta fece muovere qualcosa, e la donna lo vide con la coda dell'occhio.
Si avvicinò, e raccolse da terra un biglietto con sopra una grafia elegante, che avrebbe riconosciuto tra mille.
 
"Perdonami, mia piccola Clarice"
 
Appallottolò il biglietto nella mano. Non versò una lacrima, nel gettarlo nel cestino.
Ma qualcuno avrebbe dovuto spiegare all'FBI quel profondo taglio sulla mano e ad Ardelia lo specchio rotto.
Quel qualcuno avrebbe anche dovuto spiegare a Clarice perchè gli agnelli avessero ricominciato a gridare.
 
 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


 
Clarice rifletteva. Era passata un settimana. Non una notizia, l'FBI non aveva rintracciato notizie utili sul dottor Lecter. E Clarice ne sapeva ancora meno.
Ardelia era tornata da due giorni, e insolitamente l'aveva trovata sul divano con un drink in mano. Immediatamente si era seduta accanto a lei e l'aveva abbracciata.
-Possibile che l'unica volta che cedi è quella in cui non dovresti?- Domandò, nell'inutile tentativo di farla ridere.
-Ardelia, me lo aveva promesso...-
-Va bene che sei tu a studiare psicologia, Clarice... Ma a quanto ne so, fidarsi della promessa di uno psicopatico non è la miglior cosa da fare- Disse.
Sempre con il tono da sorella maggiore che aveva nei confronti dell'amica di sempre. Clarice non rispose, prendendo il bicchiere con la mano sana, e bevendone un lungo sorso, quel tanto che bastava per farle arricciare il naso.
Mapp non disse una parola, sospirando, e rimanendo assieme a lei sul divano.
Clarice, a due giorni di distanza dal ritorno di Ardelia, pensava.
Pensava a lui, alle sue promesse. Alle mani sul proprio corpo che Clarice già immaginava stessero per diventare una piacevole abitudine.
Alla felicità dell'averlo su di sè, dentro di sè.
Alle sue labbra, e ai suoi occhi.
Dopo una settimana, si concesse di piangere.
L'aveva lasciata sola.
In balìa dei suoi colleghi, dell'FBI. In balìa di tutti coloro che le avevano remato contro. L'aveva lasciata in balìa degli agnelli che non la smettevano di gridare.
Il telefono squillò, e un numero sconosciuto comparve sul piccolo schermo. Tentò di tornare ad avere una voce accettabile prima di rispondere.
-Agente Starling- Disse, rispondendo.
-Clarice- 
Il suo cuore si fermò, e un'ondata di odio e rancore le strinse in un pugno le viscere.
-Mi manchi, Clarice-
-Non mancherò di farle avere mie notizie, dottor Lecter- Disse, freddamente.
-E io non mancherò di cercarne. Ti prego di perdonarmi per come sono andato via, la settimana scorsa. Avrei dovuto...-
-Avrebbe dovuto prendermi e portarmi con lei- Sibilò la donna. 
-Lo so. Io...-
-Lei è un bastardo senz'anima, dottor Lecter- 
Sentì la risata dell'uomo, che la gelò.
-Non sei la prima a dirmelo, Clarice, nè sarai l'ultima.-
La donna non rispose per diversi secondi.
-Mi aveva promesso...-
-Non ho mangiato nessuno, per ora. Non ho infranto nessuna promessa- La voce dell'uomo era seria, posata. Era sicura di sè, così artificiosa da far venire i brividi.
-Ora le farò io una promessa, dottor Lecter- Rispose la donna. -Io le prometto che da questo momento in poi, le darò la caccia.- Sibilò.
-Allora spero che ci divertiremo, mia piccola Clarice- Il dottor Lecter sorrise, dall'altra parte del mondo, e chiuse la comunicazione.
Clarice chiuse gli occhi versando tante di quelle lacrime che si addormentò sentendosi totalmente svuotata di ogni cosa.
Dopo quell'istante, per anni, non sentì più parlare di lui.
 




______________________________________________________________________
Penultimo capitolo... Il prossimo sarà conclusivo u.u
 

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Capitolo 26
*** Ending ***


 
8 Anni dopo

 
Clarice Starling siede educatamente al tavolo dell'ultimo piano della residenza a Buenos Aires, uno squisito edificio Beaux-Arts vicino all'ambasciata francese. 
Davanti a lei, Hannibal Lecter è intento a mettere in entrambi i piatti della carne con contorno di formaggi e insalata.
La donna indossa un abito da sera rosso che non arriva più in basso di metà coscia. si piedi indossa degli stivali neri.
L'uomo ha una camicia nera e dei pantaloni dello stesso colore. Delle macchie rosse e rotonde si possono intravedere sul suo collo. 
Della musica si sente in sottofondo: Ad un orecchio attento è la composizione "If love now Reigned" di Re Enrico VIII.  
Parlano in italiano, lingua che Clarice apprezza particolarmente, più del francese e dello spagnolo, per via della libertà nelle sfumature musicali della lingua. 
Con una mano sfiora la collana che ha attorno al collo. In oro bianco, ha un pendente a forma di goccia azzurro, che si abbina perfettamente agli occhi della donna. Va a sfiorare col polpastrello il retro del pendente, alla ricerca dell'incisione della propria iniziale.
Tutti e due portano una fede al dito, anch'essa in oro bianco, perfetta per le dita di entrambi.
Il dottor Lecter illustra con un perfetto italiano, l'identità del loro pasto. 
Era un membro importante della politica di un paese europeo in combutta con mafia e corruzione. Si diverte nel raccontare come l'aveva seguito in un vicolo e con una balestra lo aveva colpito alla base della testa, dove si trovava il cervelletto.
Clarice ride, sinceramente divertita. 
Terminano il pasto parlando ora in spagnolo, ora in francese. Le coppe di vino rosso sul tavolo sono vuote, e la musica cambia in un valzer viennese.
Lecter si alza e le tende la mano, per invitarla a ballare. La donna prende la sua mano, e, al centro della sala, si intrattengono su quelle note.
Rimangono lì, a ballare su un valzer di dieci minuti e un lento di cinque. 
Poi, senza preoccuparsi di sparecchiare, si ritirano nella camera da letto.
Adesso, Clarice è sicura di dormire un sonno senza urla di agnelli a svegliarla.



______________________________________________________________________________
                
Fine.

Volevo ringraziare Carol ( <3 ), Alex_Piton, Kay33, Daphne, Elisa, Yolima e Matteo. 

Non avrei superato il terzo capitolo se non avessi assillato loro per un commento personale, o non avessi ricevuto le loro recensioni :))
E grazie a tutti coloro che la leggeranno. Spero vi sia piaciuta.
Morrigan7

          

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