Il dolore della maschera

di phoenix_esmeralda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un cuore docile ***
Capitolo 2: *** Povertà e fedeltà ***
Capitolo 3: *** Un lavoro come un altro ***
Capitolo 4: *** Tanto vicino, quanto lontano ***
Capitolo 5: *** L'esistenza di un segreto ***
Capitolo 6: *** Arresto ***
Capitolo 7: *** A maschera spezzata ***
Capitolo 8: *** Riavvolgendo il passato ***
Capitolo 9: *** Una regina ***



Capitolo 1
*** Un cuore docile ***


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Il dolore della maschera




 - 1 -

“Quante volte crediamo di dare

e diamo il di più!

Invece l’amore vero è un taglio sul vivo,

è dare la vita”

(Un piccolo gesto d’amore)

Un cuore docile


 

 
Asbell svolta nel corridoio e per poco non si scontra con il busto di gesso che capeggia accanto alla finestra; oggi la velocità a cui si muove si addice ben poco alla vigente regina di Violarte.  
Di norma non è solita permettere al suo nervosismo di trapelare, ma le basse insinuazioni della cognata, lasciate cadere ogni giorno con maestria, la stanno portando allo sfinimento.
Apre la porta dei suoi appartamenti e si dirige verso la camera da letto, i lunghi boccoli scuri le sbatacchiano disordinatamente sulle spalle mentre entra come una furia.
Kristan c’è. Sta leggendo seduto sul letto e le rivolge un’occhiata incuriosita.
- Di nuovo Thenna? – domanda, cogliendo nel segno.
Asbell respira profondamente; non è mai stata una persona rancorosa, ma la cognata sobilla con tanta frequenza il suo malumore da rendere quasi irrealizzabile una civile convivenza.
- Se solo potessi allontanarla...
- Non è il momento adatto, non fai che ripeterlo. Daresti l’impressione di temerla.
Asbell lo sa: lo ribadisce ogni giorno a sé stessa da settimane, ma questo non semplifica la sua situazione.
- Mi fa sentire maledettamente... stupida. Non fa che criticarmi in pubblico per delle inezie di cui a nessuno importa, ma una volta che ci ha posto sopra l’attenzione, ecco che ingigantiscono all’improvviso e mi fanno sembrare una sovrana indegna.
- Questo è eccessivo – commenta lui, con tranquillità – Se sono inezie, nessuno ci fa davvero caso. Ti senti giudicata, solo perché sei tu per prima a sentirti insicura.
Lei spera che Kristan abbia ragione, lo spera ogni volta che contrappone alle sue ansie una delle sue risposte ragionevoli.
- Ho bisogno di rilassarmi – sospira.
In un istante sfila l’abito da mattina e osserva la reazione del giovane. Gli occhi grigioverdi di lui si soffermano  sulla stoffa accasciata sul pavimento, poi si sollevano verso la sua biancheria intima.
- Massaggio con l’olio profumato? – domanda.
- Anche. Ma non solo.
Lui si alza e si spoglia con grazia, obbediente e docile come sempre. Con Kristan, Asbell non s’imbatte mai in qualche sgradevole sorpresa: è presente, affidabile, solido e quieto come la risacca. E questo è uno dei motivi per cui l’ha scelto come cortigiano. Il suo essere così privo di slanci lo rende prevedibile, innocuo; la mite malinconia che lo caratterizza fa di lui una persona seria, invariabilmente composta.
Mentre le mani calde del ragazzo le ammorbidiscono i muscoli, i suoi pensieri inseguono fuggevolmente il ricordo di un corpo ribelle e appassionato, forte come l’acciaio e inquieto come il vento.
No: scegliere un amante fra i suoi pari, in passato, non era stata una scelta azzeccata. Asservita alla passione, era venuta meno ai suoi doveri per seguire gli umori bizzosi di un uomo indomabile. Quando i suoi consiglieri le avevano alacremente suggerito di tagliare i rapporti con l’amato per scegliersi un compagno di divertimenti meno pericoloso, si era inchinata ai suoi doveri di sovrana. Ma il suo cuore era rimasto là, fra le braccia indocili del conte Arras.
Asbell si costringe a lasciare Arras là, dove lo ha relegato da ormai diversi mesi, e a tornare nel suo letto.
Si abbandona alle carezze di Kristan e nel fare l’amore con lui trasforma rabbia e frustrazione in energia pura.
 
- Hai bisogno di me questa sera?
Asbell è talmente spossata da faticare ad aprire gli occhi.
- Ceniamo insieme in camera – riesce a dirgli – Non voglio essere costretta a vedere Thenna anche ai pasti.
Lui annuisce, mentre si riveste.
- Oggi pomeriggio tuo cugino mi ha chiesto di scortarlo al villaggio, se non hai bisogno di me vorrei accompagnarlo.
Asbell sospira pensando a Doni, l’irrequieto cuginetto dodicenne.
- Non sentirti in obbligo, Kristan.
- Lo faccio volentieri.
Già, lui fa ogni cosa volentieri, sembra che nulla gli pesi mai, che ogni richiesta gli sia di poco affanno. Che si tratti di portare Doni al villaggio, di aiutarlo a studiare, di fare lavori di fatica o di venire a letto con lei... tutto viene accolto con la medesima condiscendenza.
È per questo che l’ha scelto.
Perché non potrebbe mai innamorarsi di un ragazzo così.


************************ - Note dell'Autrice - ***********************

Salute a tutti voi! Benvenuti in questo primo capitolo e, se siete giunti fin qui, grazie per averlo letto fino in fondo.
Questa storia nasce dal contest "A volte l'amore è crudele" e ringrazio Cloe901s per avermi dato l'opportunità di coniare questa
storia. Spero che i personaggi de "Il dolore della maschera" possano pian piano coinvolgervi.
Un bacione a tutti!

phoenix_esmeralda

 

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Capitolo 2
*** Povertà e fedeltà ***


 - 2 -
Povertà e fedeltà


 

 
- Non capisco perché debba per forza accompagnarmi qualcuno, sono capace di arrivare al villaggio da solo!
Kristan sorride al borbottio imbronciato di Doni e si assicura di stare al passo con la sua cavalcatura.
- Vogliono solo che tu sia al sicuro, nessuno pensa veramente che non saresti in grado di andare a fare acquisti senza scorta.
Doni sbuffa e dà un leggero colpo di staffe al cavallo per accelerare l’andatura – È una vera scocciatura. Per fortuna oggi mi scorti tu, fra tutti sei l’accompagnatore migliore che poteva capitarmi, Kristan.
Quelle parole, che per Doni rappresentano un sincero apprezzamento, hanno l’effetto di amareggiarlo.
Kristan è consapevole del ruolo ambiguo che ricopre a palazzo, una parte scomoda che lo mette spesso in una posizione imbarazzante. Come amante della sovrana gli sono dovuti rispetto e deferenza, nessuno può obiettare circa la sua presenza alla tavola reale o la sua partecipazione agli eventi pubblici, ma l’estrazione sociale della sua nascita è un marchio tatuato troppo in profondità perché chiunque in quel palazzo possa scordarsene.
Kristan è nato povero, poverissimo, in un decennio flagellato da carestie e pestilenze e condotto da sovrani incapaci di tamponare gli effetti devastanti della fame.
Aveva dodici anni quando vide la principessa Asbell per la prima volta, scortata nella rituale visita ai villaggi che la famiglia reale era tenuta a compiere ogni anno. Allora era una ragazzina di dieci anni, piccola di statura, secca e scurissima di capelli. Si guardava intorno con aria frastornata e, nonostante la giovanissima età, era palese che ai suoi occhi non sfuggisse nulla dell’orrore che le si parava di fronte.
- Padre, dobbiamo fare qualcosa per queste persone. Vivono in catapecchie, sono pelle e ossa... non possiamo permettere che rimangano in questo stato.
- Se non hanno da mangiare non è colpa nostra Asbell, questa gente deve imparare a darsi da fare, non possiamo sperperare i soldi delle casse per mantenere chi non sa guadagnarsi il pane.
Non era previsto che Kristan sentisse quella conversazione, ma si trovava a pochi passi da loro e non poté fare a meno di ascoltare.
- Padre... io non credo che sia questo il problema. Queste persone vivevano di agricoltura e la siccità ha devastato i campi, ci sarebbe bisogno...
Con un gesto secco il re aveva zittito la principessa: si era reso conto all’improvviso della presenza di Kristan e, accennando a lui, aveva intimato ad Asbell di tacere.
Ma Kristan non aveva mai scordato quella conversazione, le parole della principessa avevano acceso in lui la speranza che le cose non fossero destinate a rimanere per sempre in quello stato: esistevano sovrani in grado di guardare la realtà con occhi nuovi.
Forse non avrebbe patito la fame per sempre, si era detto. Forse non avrebbe continuato a veder morire gente a lui cara, giorno dopo giorno. Forse... forse.
Aveva da poco compiuto diciotto anni, quando giunse la notizia di un nuovo rialzo di tasse che mise in ginocchio chi, con sacrifici dolorosi, aveva appena cominciato a risollevarsi. Per suo padre fu un colpo basso, rimase un’intera mattinata a fissare un punto nel muro con la vacuità di sguardo di chi non sa più da che parte gettarsi.
Così Kristan, in preda a un impulso improvviso, era uscito di casa e aveva iniziato a correre verso il palazzo. Non aveva un cavallo, ma era allenato dal duro lavoro fisico e impiegò solo un paio d’ore ad arrivare alla reggia. Non aveva la certezza che un contadino, uno nelle sue condizioni poi – vestito di stracci, spettinato e sudato – sarebbe stato ricevuto dalla principessa, ma ci provò comunque. Quando le guardie all’entrata lo fermarono, disse che doveva parlare con Asbell. Per tutta risposta, loro alzarono gli occhi al cielo e scossero la testa, come se per la principessa fosse un’abitudine naturale, nonché disdicevole, quella di ricevere straccioni.
Lasciarono che venisse annunciato e nel giro di mezzora si trovò di fronte ad Asbell in persona. Si gettò ai suoi piedi senza esitare e le raccontò dello stato in cui versava la gente del villaggio, dell’angoscia in cui li aveva gettati l’annuncio della nuova tassa, dell’impossibilità di continuare a vivere in quelle condizioni. Implorò il suo aiuto e avrebbe continuato a supplicarla per tutto il pomeriggio, ma a lei bastò sentire solo il primo accenno della sua richiesta, poi gli fece segno di alzarsi.
- Non ho ancora compiuto sedici anni e questo mi esclude dalle riunioni del Consiglio – gli spiegò con premura - Ma fra quattro mesi entrerò nella maggiore età e la mia parola sarà legittima a tutto diritto. Per ora ho le mani legate, ma hai la mia promessa che non appena entrerò a far parte del Consiglio, quella tassa verrà abolita. Ti prego di avere fiducia in me.
Kristan ne aveva avuta. Ne aveva avuta talmente tanta che quando, sei mesi dopo, giunse la notizia della revoca della tassa e della restituzione di tutto il denaro versato in quei primi mesi, non provò stupore, solo una sconfinata gratitudine. Rivedeva nella mente il volto deciso della principessa, gli occhi azzurri fissi nei suoi mentre lo ascoltava e il cuore gli rimbombava in petto per l’orgoglio di averla come sovrana. Fu allora che sorse in lui quell’infatuazione che l’avrebbe accompagnato per molti mesi, uno di quegli innamoramenti che vivono di ammirazione e sogni impossibili, pura devozione rivolta a un oggetto irraggiungibile.
Nel giro di un paio d’anni tuttavia, il re morì e il trono passò ad Ascaton, fratello maggiore di Asbell. Sotto il suo governo le condizioni del popolo migliorarono lentamente; sarebbe stato certamente un buon sovrano se un incidente di caccia non lo avesse portato a una morte prematura, mettendo al comando dell’intero regno Asbell stessa. Divenne regina all’improvviso, dal giorno alla notte, una possibilità che non si era mai lontanamente contemplata. Kristan esultò.
Quando, un anno dopo, venne a sapere della ricerca di un cortigiano per la sovrana, non prese in considerazione l’idea di candidarsi; possedeva le caratteristiche espresse come preferenziali dalla regina: un corpo asciutto e allenato, capelli scuri, una statura maggiore di Asbell stessa; ma neppure nei suoi sogni più arditi si sarebbe  mai visto nei panni dell’amante della regina.
Tuttavia qualcosa gli fece cambiare idea: voci lasciate cadere tra i mercanti che facevano affari con i nobili facevano intendere che Thenna, cognata di Asbell e moglie del defunto re, reclamasse il diritto al trono e stesse cercando il modo di spodestare l’attuale regina. Addirittura si temeva un attentato. Questo mosse gli animi: si formarono gruppi, fazioni e poi voci sotterranee, appuntamenti sussurrati, incontri segreti... Lo Schieramento della Regina prese forma: una fazione composta da uomini appartenenti ad ogni ceto ed ogni villaggio di Violarte, contadini, nobili, abitanti della reggia, disposti a tutto pur di mantenerla sul trono. Kristan fu tra i primi ad entrare a farne a parte, fu tra i primi a proporsi alla sua difesa.
Fu questo a condurlo alle porte del palazzo e a inserirsi fra i candidati: il desiderio di proteggere Asbell.
Alla reggia gli fu illustrata, insieme agli altri aspiranti, la necessità di avere a Palazzo un cortigiano docile, pronto a soddisfare i desideri della regina senza bizze o pretese: un amante indisciplinato sarebbe stato cacciato nel giro di pochi giorni. Kristan registrò ogni indicazione e la fissò nel suo cuore.
Furono presentati a palazzo in quarantatre, la metà di loro venne immediatamente scartata perché non ritenuta sufficientemente arrendevole.
Fu Asbell stessa ad esaminare i restanti e Kristan si avvide che lo riconobbe all’istante. Lo scelse dopo il primo sguardo generale ai pretendenti e lui fu certo di saperne il motivo: non per l’indubbia obbedienza che le avrebbe offerto, ma perché lui era povero e la paga da cortigiano era alta. La sua famiglia avrebbe goduto finalmente di un po’ di agiatezza. Fu per quest’ennesima prova di bontà della regina che Kristan divenne il suo amante.

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Capitolo 3
*** Un lavoro come un altro ***


 - 3 -
Un lavoro come un altro

 

- Asbell.
Asbell solleva la testa dal ricamo con un sussulto: era assorta nei suoi pensieri a tal punto da non accorgersi dell’ingresso della cugina nel salone.
- Ho bisogno di parlarti – le bisbiglia Rilla, facendole capire con un’occhiata che la conversazione deve ritenersi privata. Asbell gira lo sguardo per il salone, dove molte dame, come lei, stanno ricamando i copri sedili che andranno a rivestire le poltrone della sala della colazione.
- Andiamo a scaldarci vicino al fuoco – suggerisce. La giornata primaverile è stata piuttosto calda, cosicché nessuno ha sentito la necessità di avvicinarsi al grosso camino in pietra.
Quando si trovano fuori portata d’orecchio, Rilla le si accosta fingendo di aggiustarle una ciocca di capelli – Ho sentito uno stralcio di conversazione fra Thenna e il capo dei gendarmi – sussurra - Non posso giurarlo, ma da quel che ho ascoltato ho quasi la certezza che stiano tramando per rovesciarti dal trono. Non sono più solo cattiverie messe in giro sul tuo conto Asbell, temo sia in atto una cospirazione vera e propria. Devi riuscire a capire cosa sta succedendo.
La notizia non la sorprende, ha sempre saputo che prima o poi Thenna sarebbe arrivata a questo; tuttavia il cuore le cede un istante alla rivelazione di un timore che diventa realtà.
- Incaricherò qualcuno di indagare – mormora, allungando le dita verso il calore delle fiamme.
- Fallo, ma accertati che sia affidabile.
Asbell annuisce e si stacca dal caminetto.
- Grazie, Rilla.
Mentre si dirige alle sue stanze, ringrazia l’intuizione che l’ha colta quella mattina, quando ha istruito la governante perché le servisse la cena in camera; dopo quello che le ha detto Rilla non potrebbe reggere un pasto pubblico.
Fa un bagno caldo e lascia che la cameriera le spazzoli i capelli a lungo, mentre cerca di rilasciare la tensione: credeva di essere preparata alla notizia di una cospirazione, eppure ora si sente spaventata, insicura, pericolosamente in bilico.
Finalmente Kristan appare nel vano della porta, elegante nell’abbinamento oro e nero che ha scelto per la cena. Asbell si sorprende ogni volta di quanto sia piacevole la sua figura: il giovane ha un viso regolare e ben equilibrato, capelli scuri corti e una pelle naturalmente olivastra, su cui contrastano gli espressivi occhi grigioverdi. Ma a renderlo così gradevole, più che l’accostamento di questi elementi, è la flessibilità con cui si muove, caratteristica di chi ha trascorso molta della sua vita all’aria aperta e che Asbell ha distinto raramente in chiunque altro.
- Sono in ritardo? – le domanda, preoccupato di averla fatta attendere. Non ricorda un solo giorno in cui lui abbia disatteso le sue aspettative
- Ho appena finito di prepararmi – lo rassicura.
Lo osserva pensosamente mentre cenano, riflettendo sul compito che intende affidargli. Non ha mai dubitato della lealtà di Kristan, ma da molto tempo vede sul suo viso una malinconia difficile da sradicare. Forse è stata una sciocca a credere di poter fare di quel giovane libero e pulito il suo amante.
- Sei riuscito ad andare a trovare la tua famiglia oggi, mentre eravate la villaggio?
Kristan sussulta, come se l’avesse colto in fallo – Sono passato solo un istante a salutare, mentre Doni valutava alcuni cavalli. L’ho lasciato in buone mani.
- Non intendevo metterlo in dubbio.
È sempre così Kristan: perfetto, ma perennemente timoroso di mancarle in qualcosa e profondamente, pervasivamente triste.
 

Il giardino emana quell’odore che solo una sera di primavera può evocare, il profumo di umidità mista a petali in fiore impregna l’aria come una spugna imbevuta. Kristan si inebria di quella fragranza mentre cammina dietro ad Asbell; benché si trovi a palazzo già da sei mesi, gli viene ancora spontaneo cederle il passo e rimanere almeno mezzo metro alle sue spalle.
Stasera la signora è taciturna e lui si domanda se finirà per confidarsi o se terrà stretti nel suo cuore i pensieri che la tormentano. Vorrebbe appianare le sue sopracciglia corrugate e restituire a quella bocca un sorriso privo di tensioni, ma Asbell è piegata ogni giorno sotto il carico di un governo che non ha cercato. La vita che conduce la impensierisce, la spaventa: non era pronta a diventare regina, sola e priva di sostegno, e pur tuttavia sta facendo del suo meglio per migliorare le condizioni del popolo. Il potere la sfianca, ma al villaggio gli effetti benefici del suo governo si stanno già facendo sentire; Kristan crede in lei, ora più che mai.
E se prima, quando viveva al villaggio, il suo animo ardeva dell’infatuazione accesa dalla sovrana che aveva salvato la sua famiglia, ora, che respira accanto a lei ogni giorno ed ogni notte e che quel sogno lontano è diventato carne viva sotto le sue dita, non ha potuto impedire al suo cuore di cancellare i sentimenti che provava per una fanciulla idealizzata e produrne di nuovi, più concreti e vividi, per la donna vera che gli cammina di fronte.
Il solo pensiero di essere arditamente innamorato della sovrana lo paralizza e, tuttavia, il suo sentimento perdura e diviene ogni giorno più resistente e sfaccettato.
Asbell si gira verso di lui e gli tende una mano – Finisci sempre per darmi le spalle – sussurra divertita, lo tira verso di sé stringendo le dita fra le sue, così come ha fatto sei mesi or sono, quella prima notte a palazzo. Kristan chiude gli occhi e ricorda come si era sentito allora, quando si era ritrovato nelle stanze della sovrana nelle improbabili vesti di amante. Quella notte che, fra tutte, era stata la più felice, perché aveva potuto illudersi di toccare realmente la sua regina.
 
Era entrato nei suoi appartamenti in preda a un’ansia divorante: non bastava essere stato scelto dalla sovrana, gli avevano detto, avrebbe anche dovuto soddisfarla pienamente. Lo avevano tenuto a mollo per ore, finché i segni di sporco sulla sua pelle, dovuti ad anni di duro lavoro, erano completamente svaniti. Gli avevano tagliato unghie e capelli, l’avevano vestito con abiti eleganti, profumato e indottrinato: doveva essere docile e obbediente, accontentare la signora in tutto, non avanzare alcun tipo di pretesa. Se quella notte non fosse piaciuto alla sovrana, sarebbe stato immediatamente rimpiazzato.
Per questo era andato incontro a quella notte con il cuore in gola: non bastava l’ansia di essere faccia a faccia con la donna a cui doveva la vita, non era sufficiente immaginare di essere il suo amante... no. Avrebbe anche dovuto fornire prestazioni spettacolari, di cui lui non riusciva a figurarsi capace.
Quando Asbell aveva appoggiato gli occhi su di lui, si era accorta all’istante del fascio di nervi in tensione che gli stava di fronte. Gli aveva sorriso tendendogli la mano, stringendo fra le sue, dita colme di calore.
- Ti hanno spaventato a morte, vero? Non so come possano credere che terrorizzare i miei amanti serva a migliorare la situazione.
Lo aveva portato nel salottino delle sue stanze private e si era seduta sul tappeto di fronte al caminetto. Kristan era troppo teso per imitarla e si era fermato davanti al fuoco fingendo di scaldarsi.
- Stai tranquillo – gli aveva detto lei, piano – Non ti valuterò in base ad una sola notte e nessuno ti manderà via domattina. Ti prego, voglio solo che tu ti senta a tuo agio.
Lui aveva annuito, ma l’emozione che gli chiudeva la gola non aveva accennato a lasciarlo.
- Togliti la maglia.
Con il respiro mozzo, Kristan si era sfilato la camicia e l’aveva lasciata cadere su uno scranno mentre, terrorizzato, aveva cercato segnali di qualunque tipo sul volto della sovrana.
Se non le piacessi?, si era domandato, sentendosi vulnerabile come mai prima di quel momento.
Ma lei aveva sorriso, facendogli cenno di sederlesi accanto. Le aveva obbedito quasi senza respirare, finché le mani di Asbell sulle sue spalle l’avevano fatto sussultare.
- Cerca di rilassarti. So che tutto questo per te rappresenta un cambiamento enorme, ma quando sei con me puoi stare tranquillo.
Gli aveva massaggiato i muscoli contratti con pazienza, continuando a rivolgergli parole gentili che gli avevano scaldato il cuore e sciolto pian piano ogni tensione. Quando l’aveva sentito più rilassato, gli aveva parlato di ciò che desiderava da lui con calma, chiaramente.
- Consideralo un lavoro come un altro – aveva detto con semplicità – Sei alle mie dipendenze né più né meno di ogni altra persona che lavora a palazzo; per questo ti chiedo di essere onesto con me come faresti con qualunque altro principale. Se c’è qualcosa che non va, io te lo dirò chiaramente e allo stesso modo dovrai comportarti tu: sentiti libero di parlarmi di tutto ciò che ti disturba. Io cercherò di essere esplicita nelle mie richieste, ma tu potrai obiettare qualora le trovassi irragionevoli. È un contratto di lavoro in tutto e per tutto... vorrei che fosse chiaro.
Quel ragionamento, così stranamente razionale per il contesto in cui veniva a cadere, aveva avuto lo strano potere di metterlo a suo agio. Lo aveva autorizzato ad accantonare la sua ansia per pensarsi come un semplice dipendente in una giornata di lavoro.
- Questo significa che non devi obbedirmi ad ogni costo – aveva specificato lei – Non sono intenzionata a costringerti a... fare l’amore con me se non ti senti bene, se sei di umore pessimo o se sei troppo stanco. Non ho intenzione di trattarti come un oggetto... non ne ho davvero l’intenzione! Ci terrei che lo comprendessi.
- Ho capito – aveva risposto finalmente lui.
Si era voltato a guardarla e all’improvviso la vicinanza della regina aveva risvegliato in lui un’emozione intensa che era andata oltre la paura e l’apprensione.
- Un’altra cosa – aveva bisbigliato lei, intuendo i suoi pensieri – Vorrei che non mi baciassi sulla bocca.
Kristan aveva sbarrato gli occhi, sorpreso e spiazzato; era rimasto immobile, perché all’improvviso, se non poteva baciarla, non aveva più idea di come iniziare.
Lei aveva sorriso, consapevole del suo smarrimento, e aveva accostato il viso al suo collo aspirando il profumo che gli avevano appiccicato addosso durante la lunga preparazione a quella notte. Quando le labbra di Asbell avevano toccato la sua pelle, tutto il resto era stato consequenzialmente semplice.
Quella notte il suo cuore aveva sfiorato l’emozione più simile all’euforia che avesse mai conosciuto. Poi, dal mattino dopo, tutto era cambiato.

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Capitolo 4
*** Tanto vicino, quanto lontano ***


 - 4 -
Tanto vicino, quanto lontano



 

 
Quando tornano in camera da letto, Asbell si sfila l’abito restando con la sola sottoveste; poi gli si avvicina e gli toglie la camicia. Anche quando non fanno l’amore, le piace dormire scaldata dalla sua pelle nuda; Kristan immagina che la faccia sentire meno sola: dopo la morte del re, la regina vedova si è trasferita presso sua sorella e in seguito all’incidente di Ascaton, Asbell si è ritrovata completamente isolata.
Si coricano con un sospiro di stanchezza ed è allora che lei finalmente parla.
- Kristan, sei infelice qui?
Lui è stupito, non si aspettava una domanda del genere.
- Ti sto osservando da diverse settimane – prosegue lei, senza dargli tempo di ribattere – E non posso fare a meno di notare la tua malinconia. So che ti sforzi di essere gradevole in ogni momento, ma i tuoi occhi rimangono tristi anche quando cerchi di farmi credere il contrario. Se questa vita ti rende infelice non intendo costringerti a restare, probabilmente avevi altre aspirazioni che non rinchiuderti per anni nella mia camera da letto e se in qualche modo il nostro rapporto ti svilisce...
- Non mi sento svilito, signora, affatto – interviene lui, prima che il discorso si faccia troppo complicato – Non sono infelice.
Lei scuote la testa, affatto convinta – Se il problema sono i soldi, continuerò comunque ad aiutare la tua famiglia, non devi preoccuparti: posso lasciarti un compenso vitalizio in virtù del compito che hai svolto a palazzo. Kristan, posso sostituirti senza problemi, per me avere un nuovo amante non farebbe alcuna differenza, quindi sentiti libero di andartene se questa vita non ti soddisfa.
Le sue parole gli affondano nella carne come uncini affilati.
Chiude gli occhi, stringe i denti, sprofonda le dita nel materasso e aspetta silenziosamente che l’ondata di dolore si faccia meno intensa.
Se c’è qualcosa che ha compreso, in questi mesi, è la sofferenza tagliente e spietata che sa procurare un improvviso fiotto di indifferenza.
Non ha mai preteso che la signora lo amasse, ma in qualche modo ha comunque sperato di suscitarle una qualche forma di affetto, di complicità... di legame.
Posso sostituirti senza problemi, per me avere un nuovo amante non farebbe alcuna differenza.
Una frase detta per rassicurarlo, che trasforma il materasso su cui è disteso in una coperta di chiodi acuminati.
- Non è necessario sostituirmi, io non voglio andarmene – dice, con tutto il coraggio che gli resta.
Asbell si gira su di un fianco e sorride scompigliandogli i capelli.
- Ti prego, dimmelo quando sarai stanco di me.
Alla fioca luce del caminetto riesce a distinguere gli occhi di lei: azzurri e trasparenti come l’innocenza e al contempo così ingenuamente feroci. Ci sono istanti in cui la odia per il dolore che gli procura, istanti, come questo, in cui gli sembra impossibile che lei non capisca.
D’impulso le appoggia una mano dietro la nuca e l’attira a sé, cercando le sue labbra; ma Asbell con uno scatto piega la testa. Kristan rimane impietrito, rendendosi conto di ciò che ha tentato di fare.
- Scusami – bisbiglia – Ero distratto. Ma l’angoscia gli stringe la gola e per un lungo istante crede che non riuscirà a restare in quel letto.

 
Quando si era svegliato, il mattino dopo quella prima notte, si era sorpreso di trovare Asbell seduta sul letto, perfettamente desta. Nelle mani stringeva un ritratto che lui aveva confusamente notato sul comodino la sera prima; solo in quel momento si era concentrato sull’immagine e aveva riconosciuto l’uomo che per mesi era stato amante della signora, suscitando scandali e malignità.
Arras, aveva pensato Kristan e, con un brivido d’orrore, aveva riconosciuto in quel nome le parole mormorate da Asbell quella notte, mentre faceva l’amore con lui.
Lei si era girata di scatto e aveva notato il suo sguardo confuso sul ritratto del giovane conte.
- Sono stata costretta a lasciarlo – gli aveva spiegato a mezza voce – Ma non riesco a fare a meno di lui. Per questo quando viene la notte e il buio cancella i contorni dell’uomo nel mio letto, io posso fingere che lui sia ancora con me. Per questo non posso baciarti, Kristan... Un bacio è talmente esclusivo... non potrei fingere che sia il suo.
Kristan, che non aveva mai conosciuto la gelosia prima di quel momento, si era sentito serrare la gola da un sentimento sconosciuto. Sapere che la signora amava Arras non era mai stato un problema, finché lui era rimasto un povero abitante del villaggio. Ma ora che si trovava nel letto con la sovrana, la presenza del conte era una peso doloroso sul suo petto: la gola gli si era chiusa all’improvviso, schiacciata da una nausea opprimente.
- Perdonami – aveva sussurrato lei – Ciò che voglio davvero è fingere di essere ancora con lui la notte. Allontanarmi per qualche istante dai doveri del mio ruolo, per tornare fra le sue braccia. Faresti questo per me, Kristan?
Avrebbe mai potuto rifiutarsi?
Volontariamente aveva indossato il cilicio, offrendosi a un martirio senza tregua. Mentre Asbell aveva tratto conforto e sollievo, giorno dopo giorno, da quella finzione, Kristan si era lentamente ripiegato su di sé, schiacciato dal dolore di una gelosia ogni istante più asfissiante.
Mille volte si era sentito morire, facendo l’amore con una donna che non faceva mai l’amore con lui, una donna che lo amava ad occhi chiusi per non accorgersi di chi aveva nel letto. Ogni notte si era fatto violenza per non baciarla e si era costretto a non parlare per non infrangere, con la sua voce, l’illusione in cui Asbell amava cadere.
Non c’era peggior dolore, per un cuore innamorato, che toccare il corpo di una donna senza averne l’anima. Questo era il tormento che portava nell’animo, il tormento che Asbell pensava di poter sopire offrendosi, senza alcun rammarico, di prendere un nuovo amante.

 
Kristan le bacia il collo che lei gli ha porto nel rifiutargli il bacio, ma in questo momento non ha sufficiente cuore da sopportare il peso della finzione, così poco dopo si lascia scivolare stancamente al suo fianco.
- C’è qualcos’altro di cui mi vuoi parlare, vero? – le chiede in un sussurro.
Lei annuisce con lentezza.
- Ho quasi la certezza che Thenna stia cospirando per prendere il mio posto... e ho bisogno di qualcuno di veramente affidabile che faccia qualche indagine per mio conto. Se aumentassi la tua paga, saresti disposto a svolgere questo lavoro per me?
Se aumentassi la tua paga...
Kristan deve fare uno sforzo per non scoppiare a ridere. Aumentare la paga a lui, che è arrivato a palazzo solo ed esclusivamente per proteggerla, che da mesi sta tessendo, nel nascondimento, una rete di salvezza predisposta, in caso d’emergenza, ad attivarsi
- Lo farei volentieri, Asbell.
- Non intendo forzarti... sei una persona gentile, ma non voglio che tu ti senta costretto.
Una persona gentile... È questo l’unico motivo per cui crede che l’aiuterebbe? Per la docilità che lo caratterizza? Per la sua innata predisposizione ad obbedire?
Kristan sorride amaramente. Se Asbell avesse prestato attenzione, forse si sarebbe resa conto che la persona che aveva avuto l’ardire di entrare a palazzo e supplicarla di abolire una tassa voluta dal re, non poteva essere di indole tanto mansueta.
Ma lei non ha mai dubitato della sua remissività, neppure per un istante ha sospettato che potesse essere il prezzo quotidianamente pagato per poter restarle accanto.
- Troverò le informazioni che ti servono, se c’è una cospirazione in atto lo scoprirò.
Lei annuisce e gli sfiora la guancia con una mano.
- Allora grazie.

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Capitolo 5
*** L'esistenza di un segreto ***


 - 5 -
L’esistenza di un segreto



 

 
Affidandosi a Kristan, Asbell si aspettava che il giovane si muovesse cautamente nel tempo, organizzando una struttura d’azione che impegnasse diverse settimane e che solo nel corso di un paio di mesi avrebbe fruttato informazioni valide.
Ma niente di tutto questo si verifica.
Già due giorni dopo aver ricevuto l’incarico, Kristan le fa capire, tramite un’occhiata a tavola, di avere notizie fresche.
Asbell trascorre l’intero pomeriggio nella frenesia di rientrare in camera - l’unico luogo che ritiene sicuro - ad ascoltare le novità. La celerità del suo giovane amante la sorprende: non le è mai sfuggita la malagrazia con cui gli abitanti del palazzo tollerano la presenza di Kristan e non riesce a capire quali alleanze possa aver stretto per arrivare a un risultato in tempi tanto brevi.
Tuttavia è piacevole,  riflette, che una volta tanto Kristan riesca a sorprenderla.
Stabilisce che la cena venga servita nei suoi appartamenti, nella speranza di poter carpire quanto prima le informazioni agognate, ma quando lei e il giovane siedono a tavola risulta subito evidente come la presenza della cameriera sia eccessivamente ingombrante.
Trovare un altro argomento di conversazione le risulta così ostico che finiscono per cenare nel silenzio quasi completo.
- Hai voglia di riposare un po’ sul terrazzo? – Suggerisce Kristan, quando la cameriera inizia a portare via le stoviglie.
Asbell si alza immediatamente e il suo scatto rovescia il piattino del sale. Rivolge al giovane uno sguardo imbarazzato, mentre scivola dietro al tavolo e si dirige oltre la vetrata.
- Non credevo  che mi sarei agitata così tanto – confessa, una volta all’aperto – Invece ho i nervi a fior di pelle.
- Non è necessario, non credo che tu sia in vero pericolo.
- No?
Kristan si appoggia di schiena al bordo della balaustra, nella luce del crepuscolo i suoi occhi grigioverdi rilucono di bagliori olivastri.
- Thenna e i suoi sostenitori stanno cercando un cavillo legale per spodestarti. Il tuo punto di forza in questo momento è l’onestà che hai sempre palesato verso il popolo... Sei amata e sostenuta dai tuoi sudditi proprio per questo: per l’integrità e la generosità che hai dimostrato in questi due anni di regno. I tuoi avversari ritengono che basti trovare una pecca nel tuo governo per farti cadere in disgrazia.
- Una pecca? Intendi dire... qualcosa di illegale?
Lui annuisce. È talmente tranquillo... Come se giudicasse irrealizzabile il proposito di Thenna. Kristan ha beneficiato delle decisioni che lei ha preso a favore del popolo, è sempre stato uno dei suoi seguaci più fedeli e nutre nella sua onestà la più incrollabile fiducia.
Asbell si morde un labbro per evitare un gemito di sconforto, ma il giovane legge perfettamente le emozioni sul suo volto.
- Che succede?
Lei tace, non sa come dirgli la verità. Kristan tuttavia non è uno sciocco, ha compreso cosa la turba.
- Signora... Thenna potrebbe trovare qualcosa di incriminante nei tuoi confronti?
Nessuna risposta.
Kristan la scruta intensamente, i suoi occhi attenti sembrano esaminare ogni angolo del silenzio in cui è precipitata.
- Quindi... c’è qualcosa?
Asbell gli dà le spalle. Non sopporta di deluderlo, ma non può tacergli la verità... verrà comunque a galla molto presto.
- Se controlla i conti di palazzo, troverà degli ammanchi.
- Ammanchi? Vuoi dire... che ti sei impadronita illegalmente di denaro che non ti spettava?
Risponde solo con un cenno della testa, se dovesse provare a parlare scoppierebbe in lacrime.
- E possono risalire a te?
Asbell si stringe le braccia al petto, respira profondamente.
- Sono l’unica a possedere le chiavi dei forzieri oltre al tesoriere... Arriveranno subito a me. Non è solo questione di perdere la fiducia del popolo... è un reato che compromette la mia posizione sul trono. Le lacrime ora le solcano il volto senza ritegno, mentre il silenzio stavolta rivela lo sbigottimento di Kristan.
Asbell si muove all’improvviso, rientra nel salone dove la cameriera ha finito di ripulire e si dirige in camera, l’istinto la spinge a fuggire dagli occhi limpidi del suo amante e dalla delusione che gli ha arrecato.
Si abbandona sul letto presa dalla disperazione e i suoi occhi corrono al ritratto di Arras. Neppure lui avrebbe accettato il suo comportamento. Oh, ne verrà a conoscenza ben presto!
La disprezzerà come tutti gli altri.
 
Kristan entra nella camera e la trova lì, accasciata sul letto, lo sguardo rivolto al ritratto di Arras.
Vederla ancorata a lui persino in quel momento è l’ennesimo pugno allo stomaco, un dolore cui è abituato ma che non per questo lo strazia con minore crudeltà.
Ci sono io qui con te adesso, ci sono io!
- Asbell... non è ancora tutto perduto. Forse non controlleranno i conti, forse non se ne accorgeranno.
È solo quando si avvicina che nota le sue lacrime.
Le prende una mano e la stringe forte, vuole disperatamente che senta la sua presenza.
- Mi dispiace – mormora lei con un tremito nella voce – So che avevi fiducia in me.
- Ne ho ancora, mia signora. Se hai preso quei soldi avrai avuto validi motivi. Tu non sei una persona avida, non ti sei mai interessata ai lussi estremi, non hai mai dato prova di vanità né di leggerezza. Qualunque cosa tu abbia fatto con quel denaro avrà ben avuto ragione d’essere.
Legge lo sgomento nei suoi occhi, quando alza il viso su di lui.
- Kristan... devi andartene da palazzo – sussurra – Quando la verità verrà alla luce, non voglio che tu corra il rischio di restare coinvolto.
Lui sussulta. Andarsene ora? È proprio per restarle accanto in un momento come questo che ha accettato di diventare il suo amante. Solo per essere lì in quell’esatto momento, ha sopportato a denti stretti la gelosia stridente, si è lasciato torturare dall’indifferenza di Asbell, si è lasciato straziare dalla sua gentile lontananza.
- Non me ne andrò. Non adesso sicuramente. Resto con te.
Gli occhi azzurri di lei si spalancano all’improvviso, la sorpresa le asciuga le lacrime.
Kristan non riesce a comprendere cosa l’abbia a tal punto sbalordita, finché non si rende conto di ciò che ha fatto.
L’ha contraddetta.
Le ha disobbedito.
Non è stato docile e mansueto, per dirla tutta. L’emergenza della situazione l’ha distratto e non ha elaborato un modo più diplomatico per dissentire dalla sua volontà.
- Ti prego, lasciami restare – aggiunge, più conciliante.
- Ne riparleremo – sussurra lei.
Questo è sufficiente a rassicurarlo. Non gli ci vorrà molto per stendere la rete di protezione e metterla in salvo. Non gli interessa che abbia preso dei soldi illecitamente, la sua fiducia in lei non può offuscarsi con tanta facilità. Asbell è la sovrana che intende mantenete sul trono per il bene dell’intero popolo. Asbell è la donna di cui è innamorato e che non può in alcun modo tradire.

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Capitolo 6
*** Arresto ***


 - 6 -
Arresto


 

 
Ci vogliono tre giorni prima che arrivino alla verità su di lei. Quando entrano nelle sue stanze nel tardo pomeriggio senza farsi annunciare, Asbell sa che sono venuti a prenderla.
Thenna non è fra gli accusatori ovviamente, non si espone mai di persona. È l’amministratore di palazzo a mostrarsi, titubante e vergognoso, insieme al capo dei gendarmi e al responsabile della sicurezza interna. Fuori dalle stanze rimangono un paio di guardie armate, che Thenna riesce a malapena a intravvedere.
- Perdonate signora, mi è stato richiesto un controllo interno della tesoreria ed è risultato un ammanco. – Comincia l’amministratore, in tono flebile - Certamente si è verificato un errore di calcolo, ma non comprendiamo quale. Manca una cifra importante dalla tesoreria e nonostante abbia ripetuto i conti più volte... ecco...
- Signora, siete momentaneamente sotto arresto – lo interrompe brutalmente il capo dei gendarmi – Non risultano segni di scasso, il denaro è stato sottratto da chi possedeva la chiave ed è già stata verificata l’innocenza dell’amministratore di palazzo. Dobbiamo ritenere che vi siate impadronita indebitamente della cifra mancante.
Asbell ha riflettuto a lungo in quei giorni su come giustificare le sue azioni, ma la paura e l’orrore hanno paralizzato il suo ingegno e alla fine, oggi, si ritrova a subire passivamente quell’arresto.
- Naturalmente verranno fatti ulteriori controlli, ma finché non ci saremo accertati della verità, resterete confinata nelle vostre stanze per ordine del Consiglio. A meno che non vogliate confessare immediatamente.
Non ricevendo risposta, Dogan, il capo dei gendarmi, le si avvicina e le afferra violentemente un polso affondando le unghie nella sua carne.
- Devo interpretare il vostro silenzio come un’opposizione? – ringhia.
- Scostati da lei, maiale!
L’uomo sobbalza a quell’insulto e rimane sbalordito quando Kristan lo strattona tirandolo indietro.
- Stanne fuori, pezzente! – lo apostrofa. Per dimostrargli quanto ritiene irrilevante la sua presenza, il capo dei gendarmi si volta ancora verso Asbell per rimetterle le mani addosso, ma con sua sorpresa uno spintone lo fa cadere a terra.
Le guardie irrompono nelle stanze in un istante, mentre l’uomo, sbigottito, si alza lentamente in piedi.
- Sbattetelo fuori da palazzo – abbaia – Immediatamente!
Asbell, frastornata, vede il corpo di Kristan interporsi fra lei e le guardie.
- Non mi sbatterete fuori, né ve la prenderete con la vostra signora! Non ha nulla a che vedere con l’ammanco di denaro, sono stato io a prendere quei soldi!
Per un lungo, unico istante, il silenzio attutisce ogni respiro. Asbell impiega parecchi secondi a capire cosa stia cercando di fare Kristan.
Apre bocca per ribattere, ma lui, sempre dandole la schiena, le stringe una mano intimandole di tacere.
- Ho rubato la chiave alla signora, mi sono introdotto nella tesoreria e poi ho rimesso ogni cosa al proprio posto. La nostra sovrana non ha mai saputo nulla né credevo che nessuno si sarebbe mai accorto di tale mancanza.
Dogan fa un passo verso di lui, preso alla sprovvista.
- Tu... cosa? E per quale motivo...? – Sibila, digrignando i denti. Voleva arrestare lei, per Asbell è chiaro, e ora Kristan sta cambiando le carte in tavola.
- Ho acquistato una casa. Posso dimostrarlo, ho la documentazione nelle mie stanze. La signora è innocente.
- Allora andiamo, forza!
L’uomo afferra Kristan per il braccio e lo strattona in avanti, le altre guardie gli si affiancano spintonandolo fuori dalla porta. La rabbia del capo dei gendarmi è palpabile come schiuma densa: stava riuscendo nell’impresa di spodestarla e ora Kristan si sta autoaccusando in presenza di testimoni. Sta mandando tutto in fumo.
Asbell rimane immobile per lunghi istanti, mentre i passi delle guardie, di Kristan e dell’amministratore, si allontanano lungo il corridoio. È senza fiato.
Sapeva che Kristan le era grato per l’aiuto che gli aveva offerto anni prima, ma è  storia vecchia, è stato... solo il suo dovere.
All’improvviso il suo corpo ritrova energia, scatta in corridoio e percorre in un istante la distanza fra le sue stanze e quelle del giovane. Trova il capo dei gendarmi, della sicurezza interna e l’amministratore attorno ai documenti che attestano quanto affermato da Kristan.
Come ha fatto?
Kristan non può aver acquistato realmente una casa. La paga che gli ha passato finora non si avvicina minimamente alla cifra mancante in tesoreria.
Sono dei falsi. È tutto quanto falso.
E in quei giorni, in cui lo ha visto così poco a palazzo, era questo che stava facendo: stava preparando una strategia di salvezza per lei.
- Le prove sono incriminanti – afferma il capo della sicurezza interna – Dovremo accertarci che quanto vediamo qui attesti la verità, ma al momento il ragazzo è in arresto.
Il capo dei gendarmi è rabbioso: le accuse si sono rivolte contro la vittima sbagliata e Thenna non lo ricompenserà per questo. Afferra brutalmente i polsi di Kristan e li incatena dietro la schiena; il giovane non reagisce, tiene gli occhi bassi come se si vergognasse, come se fosse realmente colpevole: è un attore incredibile.
- Molto bene, la giustizia farà il suo corso – ringhia Dogan – Straccione e ladro! Non avresti mai dovuto entrare a palazzo! – Gli allunga  rabbiosamente un pugno nello stomaco e Kristan si piega in due con un gemito. Asbell sussulta, mentre lo raddrizzano a forza e lo trascinano fuori dalle stanze, verso le prigioni sotterranee.
Sta per protestare, per dire qualunque cosa, quando Kristan alza uno sguardo rapidissimo verso di lei e le sorride.
Quel sorriso la gela. Non è un sorriso triste, non è preoccupato per il destino che lo attende.
Per la prima volta, Kristan sembra davvero soddisfatto.
 
La cella in cui lo conducono è la più inospitale del palazzo: scura, claustrofobica, senza finestre e tuttavia gelida nonostante l’avanzata primavera. Ora che ha mandato a monte la ricompensa certa di Dogan, Kristan intuisce che l’ira del capo dei gendarmi si riverserà su di lui.
Non si stupisce quando ordina a un paio di guardie di tenerlo immobile; fa in tempo solamente a serrare i denti strettamente prima che una scarica di pugni gli si abbatta sul petto e sullo stomaco. L’uomo non lo colpisce al viso per non dover giustificare in seguito l’atto brutale, ma le sue percosse sono morse stritolanti che gli tolgono il respiro e gli torcono le budella, lo lasciano in preda ai conati, in affamata ricerca d’aria. Per un lungo istante teme che Dogan non riuscirà a fermarsi, che la sua ira finirà per ucciderlo quella sera, in quella lurida cella. Poi l’uomo fa un passo indietro, sogghigna e gli allunga un calcio nell’inguine. Le guardie lo lasciano di colpo e Kristan cade in ginocchio, ripiegato su se stesso, i polsi ancora legati dietro la schiena.
Il dolore è talmente pervasivo da togliergli l’udito per lunghi istanti; solo quando i suoi polmoni ricominciano a respirare si accorge che Dogan sta ridendo.
- Stai cercando di fregarmi, vero stronzetto? Ma te la farò pagare cara, credimi! Non ti salverà nessuno dall’impiccagione!
Gli liberano le mani e lo lasciano così, accasciato su se stesso, nauseato dal dolore che a poco a poco si fa meno acuto e più pulsante.
Quando il clangore della porta gli segnala l’allontanamento delle guardie, si raddrizza lentamente e si lascia cadere con la schiena contro il muro. Gli sfugge un gemito quando i muscoli registrano il cambio di posizione, ma i suoi pensieri stanno già correndo altrove, attraversano i corridoi, salgono le scale e arrivano fino a là, alla camera di Asbell.
A occhi chiusi, Kristan riesce a visualizzarla: contempla la sua figura minuta, i lunghi boccoli che le scendono sul viso mentre, seduta sul suo letto, osserva impotente il posto vuoto accanto a lei.
La foto di Arras è sul comodino, ma questa sera lei non la guarda. Perché questa sera Asbell sta pensando a lui.
Kristan sorride. Probabilmente ci rimetterà davvero la vita: Dogan e Thenna impiegheranno tutte le loro forze per farlo impiccare. Eppure lui è sereno.
Ricorda lo sguardo che si sono scambiati prima che le guardie lo portassero via. Gli occhi di Asbell erano sconvolti, addolorati e lo guardavano. Stavano vedendo lui e solamente lui.
Quell’ultimo sguardo fra loro è stato più intimo di qualunque cosa abbiano mai fatto a letto.
 

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Capitolo 7
*** A maschera spezzata ***


 - 7 -
A maschera spezzata


 

 
Kristan non solleva la testa neppure al clangore della porta che si richiude: questo inizialmente la spaventa. La luce flebile della candela le permette di distinguere i contorni del corpo accasciato contro il muro, ma non riesce a comprendere se sia ferito.
Lo è certamente, pensa, non ha mai avuto il sonno così pesante.
È solo quando si china su di lui e gli tocca un braccio, che il ragazzo dà cenno di accorgersi della sua presenza.
- Asbell? – sussurra faticosamente – Cosa ci fai qui?
È sconcertata da quella domanda.
- Credevi davvero che non avrei trovato il modo di venire?
- Non devi stare qui... Diranno che siamo cospiratori, che ti sto coprendo!
- È quello che stai facendo, in effetti.
Lui si solleva con un gemito e cerca i suoi occhi.
- Devi allontanare i sospetti da te – bisbiglia, come se la voce fosse uno sforzo che non riesce più a produrre – Devi fingerti indignata, rinnegarmi... Sono un traditore e devi comportarti con me di conseguenza.
- Perché? – Asbell non riesce a capire, i suoi pensieri annegano nel disorientamento – Finirai sulla forca, Kristan, perché vuoi arrivare a questo? Per un favore che ti feci? Era il mio dovere, solo il mio dovere... non merito tanta gratitudine!
Mentre parla, abbassa la candela vicino al suo corpo e gli solleva la maglia. Al tremore della fiamma, i lividi appaiono informi, evanescenti. Scuote la testa trattenendo un lamento.
- Sanno perfettamente che stai mandando all’aria il loro piano, ti faranno passare l’inferno!
Lui le cerca la mano; le dita con cui stringe le sue sono gelide, ma rassicuranti come un tempo.
- Asbell... sei la sovrana migliore che il nostro popolo possa avere in questo momento. Thenna distruggerebbe tutto ciò che la mia gente ha ottenuto fino ad ora, mentre tu... tu faresti del bene a tutti. Devi restare al governo di questo paese, devi continuare per la strada che hai intrapreso. – Prende fiato e le sue dita le accarezzano il dorso della mano – Io invece non sono niente, lasciami fare questo per te... per tutta la mia gente.
Lei chiude gli occhi per impedirsi di piangere. Kristan non sa neppure perché quei soldi siano spariti, non le ha mai domandato nulla, non ha mai dubitato; è disposto comunque a morire per lei.
Con un movimento secco, lascia scivolare dalla spalla sinistra la sacca che ha portato con sé; appoggia a terra la candela ed estrae un contenitore con dell’acqua e una coperta.
Kristan accoglie l’acqua con un sospiro di sollievo e beve avidamente, ma quando Asbell si accoccola contro al muro accanto a lui coprendo entrambi, ha un moto di ribellione.
- Non vorrai restare ancora qui a lungo,vero? Devi andartene, te l’ho già detto.
- Rimango un po’ – replica lei, mestamente – Non ce la faccio a dormire in camera questa notte... Non faccio che guardare il tuo lato del letto e pensarti qui a causa mia: è insopportabile.
- Allora fa che diventi sopportabile – ribatte lui, la voce ancora graffiata ma secca – Ti ci dovrai abituare, se vuoi continuare a stare al governo di questo popolo.
Lei non si scosta; il fianco che le appoggia contro è gelato, ma non rifiuta la sua vicinanza: la ritrosia di Kristan è pura forza di volontà, perché il suo corpo ha bisogno di compagnia e conforto.
- Non ti riconosco più – gli sussurra – Sei arrivato a palazzo tremando come un cucciolo e come tale mi hai assecondato per tutti questi mesi; dove nascondevi tutta questa forza?
- Mi dispiace averti ingannata – le dice, senza guardarla in faccia – Non sono così docile come mi sono sempre mostrato; cercavo solo di non farmi cacciare. Volevi un amante mansueto e questo sono stato, il mio scopo era restarti vicino per impedire che ti si facesse del male, questo è l’unico motivo per cui mi sono offerto per questo ruolo. E non ero, fra i candidati, il solo ad essere lì con quell’obiettivo... Tutti sanno che Thenna sta cercando il modo di prendere il tuo posto e non c’è molta gente disposta ad accettarlo; ti segue un’intera schiera di persone a te devota Asbell, nel popolo e fra i nobili.
La sorpresa la ammutolisce. È al governo da soli due anni e in questo tempo ha cambiato poche cose e pasticciato molto, si sente costantemente manchevole, inadeguata e disorganizzata, attaccata da molti fronti e sul filo precario del disastro. Ma lo scenario che le delinea Kristan stravolge l’intero quadro delle sue prospettive.
- Perché non me ne hai mai parlato?
- Non sapevo quando sarebbe stato il momento giusto, né in che modo avresti accolto la notizia... Temevo mi avresti cacciato.
- Cacciato? – È sbigottita – Forzavi la tua natura per me e ora sei imprigionato al mio posto, forse hai ragione: cacciarti prima sarebbe stata la prospettiva migliore per te. La tua devozione mi spaventa, Kristan. Non sono sicura di meritarla, né di esserne degna.
- Forse non è solo devozione.
Le sue parole impiegano qualche istante ad acquisire un senso, si fanno strada dentro di lei provocando uno schianto attutito, in qualche luogo profondo del suo animo. Kristan non sta più parlando della fazione schierata dalla sua parte, ora fa riferimento semplicemente a se stesso.
- Da quanto tempo non è solo devozione? – domanda piano, senza respirare. Il silenzio della cella le rimbomba nelle orecchie.
- Da quando mi hai promesso aiuto e me lo hai dato veramente. Quando mi hai assunto ero già oltre la devozione. – Una breve pausa in cui lei intravvede un sorriso amaro sulle sue labbra – Sono stato geloso del ritratto di Arras fin dal primo giorno.
Per qualche istante Asbell ode solo l’affanno dei loro respiri. Sbatte le palpebre nel tentativo vano di mettere a fuoco una realtà che le sta sfuggendo, poiché nulla di ciò che ha creduto negli ultimi mesi era realmente come lo vedeva.
- Mi dispiace, Kristan.
- E di cosa? Ho fatto ciò per cui ero venuto, sono soddisfatto.
- Soddisfatto di una condanna a morte? – Si ribella – Dici che non sei nessuno, ma hai una famiglia che ti rivorrebbe indietro vivo!
- La mia famiglia conosceva il vero obiettivo del mio incarico, è dalla tua parte tanto quanto me ed è disposta ad accettare il mio sacrificio se questo può servire all’intero popolo. Devi ascoltarmi Asbell, se vuoi realmente che io sia contento: devi rinnegarmi pubblicamente, scaricare su di me ogni colpa e poi cercare un nuovo amante. Fra gli aspiranti si presenterà Helois: scegli lui, è il mio successore in questo incarico.
- Un nuovo amante? – È allibita.
- Prenderà il mio posto – conviene, poi scorge l’espressione costernata di lei e sorride debolmente  – Non fare quella faccia... Per te sostituirmi non è un problema, ricordi? Avere un nuovo amante non farebbe alcuna differenza. Sono parole tue.
Sì, sono parole sue e risentirle le fa accapponare la pelle.
- Pensavo che fossi infelice del tuo ruolo – bisbiglia – Volevo solo che ti sentissi libero di andartene, nel caso fosse ciò che desideravi. – Prende un lungo respiro, rendendosi conto dell’effetto che quella frase deve aver prodotto su Kristan – Non sono così insensibile da vivere accanto a una persona per sei mesi e restare indifferente.
Si appoggia a lui e cerca le sue mani – Perdonami, non era mia intenzione ferirti. Sei... una persona talmente buona...
- Non sono buono – Ribatte lui, facendola sussultare – Hai un’immagine di me falsata! Non sono quello che hai visto per mesi, non sono... il tuo cagnolino docile! – Raddrizza la schiena e si volta verso di lei – Se ti ho assecondata, è stato solo per restarti accanto. Se fossi stato io... se fossi stato davvero io, non avrei mai accettato di fare l’amore con te fingendomi un altro, non avrei mai e poi mai acconsentito a... – Si ferma e i suoi occhi, così scuri nella penombra, le si incollano al viso. Le appoggia una mano dietro la nuca e la tira verso di sé, appoggiando le labbra alle sue.
Asbell sussulta, ma la bocca di Kristan apre la sua, la divora. Sente la sua lingua, sente la sua forza, è un bacio che va a fondo, fino alle viscere. Invece di combattere, si ritrova trascinata da una forza che le fa perdere ogni cognizione di sé, come un vortice che accelera man mano che la risucchia.
Quando si stacca non ha più fiato né lucidità.
- Questo sono io – bisbiglia lui – Sono quello che ti ha strappato dalle labbra l’ultimo bacio di quell’Arras. Per mesi mi hai vietato di sfiorarti per mantenere su di te la sua impronta, ma oggi che sono libero di essere me stesso ti ho disobbedito. Quindi rinnegami e vattene.
Asbell sta ancora ansimando. La coperta è riversa a terra, la fiammella della candela oscilla pericolosamente: la cera si è quasi sciolta del tutto e sa che se non se va ora, si ritroverà a percorrere le prigioni nel buio completo.
Si sporge verso Kristan e lo abbraccia con tutta la forza che riesce a trovare, affonda il viso tra i suoi capelli e lì vi depone un bacio.
- Grazie. Grazie di cuore.
Poi si alza a fatica, afferra la candela ed esce dalla cella.
 

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Capitolo 8
*** Riavvolgendo il passato ***


 - 8 -
Riavvolgendo il passato



 

 
Asbell se ne va portando via con sé la luce, quella della candela e quella che gli si è accesa nel cuore.
Va bene così.
Ora ha la certezza di aver lasciato in lei almeno un’infinitesimale parte di sé: per gratitudine, per rabbia o per rimpianto, Asbell non lo scorderà.
Si avvolge nella coperta che accenna al profumo di lei, chiude gli occhi e rivive il bacio che le ha imposto.
Imposto...
Sorride, pensando al modo in cui ha risposto al suo approccio.
Rivivrà quei minuti infinite volte nei prossimi giorni, saranno i ricordi che lo accompagneranno alla morte.
 
Asbell si accascia davanti al caminetto della sua stanza, rinfocola le fiamme e rimane ipnotizzata a fissarne il saettare dei bagliori. Il loro calore pian piano scioglie il gelo delle prigioni, un gelo da cui Kristan non potrà difendersi.
Che sciocca è stata, cieca e superficiale! Ora che conosce i sentimenti del giovane, la sua mente torna indietro e si sofferma su tutti quei dettagli che avrebbero dovuto rivelarle la verità e che invece solo in questa notte, questa oscura orribile  notte, acquisiscono un senso.
Il ritratto di Arras ribaltato a faccia in giù sul comodino, più e più volte. E lei, ingenuamente, che pensa di dover cambiare un supporto difettoso.
La tristezza negli occhi di Kristan, sempre, costantemente, anche quando sarebbe stato normale vederlo allegro, anche quando il resto del suo corpo rideva.
Le volte in cui si svegliava all’improvviso e lo scopriva a osservarla. E quella bizzarra notte in cui, dopo aver fatto l’amore, aveva scorto sul viso di lui la scia luccicante di una lacrima.
Mi bruciano gli occhi, si era giustificato; anche se la spiegazione l’aveva lasciata perplessa.
Sciocca, sciocca che sono!
Con un gemito, Asbell si rammenta di due mesi prima, in quella stanza, sdraiati sul letto nudi.
- Domani è il tuo compleanno – gli aveva detto – Esprimi un desiderio.
Lui stava fissando il soffitto assorto, i pensieri distanti da lei.
- Non ho desideri, da quando vivo qui non mi manca nulla.
- Allora vuoi fare qualcosa di particolare? Vuoi tornare a casa, vuoi... non saprei, ci sarà qualcosa no?
Si era immaginata chissà che cosa: che domandasse un cavallo tutto per sé, o qualcosa per i suoi fratelli più piccoli. Ma lui, senza perdere quell’espressione pensosa, aveva sussurrato – Mi piacerebbe che tu per una volta facessi l’amore con me.
Così aveva detto, in un soffio. Poi si era riscosso e Asbell aveva capito che era sul punto di rimangiarsi ciò che gli era sfuggito.
- Ho capito – l’aveva interrotto, perché pensava davvero di averlo fatto – Hai ragione. Io... non ci avevo pensato, ma per un uomo deve essere davvero mortificante quello che ti sto chiedendo. Non intendevo ferire il tuo orgoglio.
- Il mio orgoglio è al tuo servizio – aveva replicato lui, scuotendo la testa – Dimentica la mia richiesta, ti prego.
Ma lei non l’aveva fatto. Il giorno dopo era uscita dalla vasca da bagno avvolta in un telo e si era diretta da lui in camera; l’aveva raggiunto e, lasciando cadere a terra la stoffa, l’aveva abbracciato guardandolo dritto negli occhi.
- Questo è il mio regalo di compleanno? – aveva sussurrato lui e non si era tirato indietro.
Avevano fatto l’amore proprio lì, su quel tappeto davanti al caminetto, alla luce del fuoco. Si era approcciata a lui, credendo di offrire un risarcimento al suo orgoglio ferito... ma poi, quel pomeriggio, per la prima volta aveva respirato l’odore di Kristan, aveva giocato con la sua pelle, aveva ascoltato le sfumature della sua voce e, anche se non gli aveva permesso di baciarla, non aveva mai chiuso gli occhi.
Asbell ricorda bene l’emozione di quella notte, sa che da quel momento le cose sono iniziate a cambiare. Sa che da allora è la pelle di Kristan che ha desiderato, il suo corpo, il suo respiro. Dopo quella volta, anche se Kristan non l’ha mai saputo, ha fatto sempre più l’amore con lui e sempre meno con Arras.
Si prende il volto fra le mani, dilaniata.
Kristan, perché non mi hai detto quello che provavi?
Rammenta  un’altra sera: lei che, rientrata all’improvviso nelle sue stanze dopo un oltraggio subito da Thenna, scivolava a terra scoppiando in lacrime. Kristan che le si accoccolava accanto – Cosa succede?
- Non sei pagato per fare l’amico del cuore! – L’aveva aggredito, vergognandosi dello stato in cui si trovava.
- Ma posso farlo gratuitamente.
E l’aveva fatto, come nessun altro.
Aveva trascorso lunghe ore ad ascoltarla, a sostenerla, a consigliarla. C’erano state numerose notti in cui, in preda allo sconforto, si era aggrappata a lui.
Era lì solo per me, per proteggermi.
Era lì perché mi amava.
Come può perdonarsi di essere stata tanto frivola?
Lasciava cadere di bocca parole leggere come nuvole senza avvedersi di come lo straziavano sotto pelle, fra le viscere, fino al cuore.
E, con l’animo sanguinante, lui le ha dato comunque se stesso. Ricorda l’energia con cui l’ha difesa, il tono con cui si è opposto a suoi accusatori, la forza con cui si è posto fra lei e Dogan.
Asbell si alza in piedi barcollando e raggiunge il comodino, afferra il ritratto di Arras osservando i tratti di quel volto ostinato e ribelle che per mesi l’ha ossessionata.
- Tu e io gli abbiamo fatto troppo male – bisbiglia. Ha osannato quell’immagine come un talismano per lunghe settimane: all’inizio con fervore, poi con malinconia, infine con la familiarità dell’abitudine; ma agli occhi di Kristan questo non aveva fatto alcuna differenza.
Asbell ritorna al camino e getta il ritratto nel fuoco. Lo saluta senza rimpianto, perché la sua testa è già affollata di nuove immagini.
Kristan le ha chiesto di cercarsi un nuovo amante, di scegliere quell’Helois; le ha rivelato che un intero schieramento di uomini di tutte le classi sociali è dalla sua parte e intende mantenerla al governo.
È il momento di sfruttare quella situazione per volgerla a suo vantaggio.

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Capitolo 9
*** Una regina ***


 - 9 -
Una regina



 

 
Il rumore lontano di una porta che si apre lo fa sobbalzare. È troppo presto perché gli vengano a portare il pasto, è troppo presto perché chiunque in realtà sia già sveglio.
Nel corso dei giorni, Kristan ha imparato a distinguere il momento della giornata dall’odore dell’ambiente circostante: l’umidità si fa pregnante verso sera, ristagna la notte, diventa più fredda al mattino. È rinchiuso da tre settimane ormai e da altrettanto tempo il suo corpo non conosce più calore di sorta: il gelo si è impadronito dei suoi arti, delle sue ossa, rendendolo rigido e dolorante. La luce in quei sotterranei arriva smozzicata anche in pieno giorno, il cibo che gli allungano è scarso e freddo; Kristan si alza spesso in piedi, fa movimento come può in quello spazio angusto. Asbell non è più venuta dopo quella prima notte, prendendo in parola i suoi suggerimenti, ma in qualche modo deve essere riuscita a ottenergli una certa clemenza perché nessuno gli ha più messo le mani addosso da allora.
Dogan lo tormenta come può, passando ogni giorno dalle prigioni ad aggiornarlo circa la sua situazione e prospettandogli un futuro fosco. La sua colpevolezza è stata attestata quando le guardie si sono recate dal precedente proprietario della  villa che Kristan ha confessato di aver acquistato con i soldi trafugati: l’uomo, un nobile, ha ammesso di aver venduto l’immobile prendendo soldi in contanti e credendo che il giovane li avesse guadagnati legalmente lavorando per la sovrana.
Kristan ha trattenuto un sospiro di sollievo davanti a Dogan, ma in segreto ha ringraziato il cielo che la tresca non fosse stata scoperta: la villa appartiene tuttora a Gideon Rayn, il nobile incontrato dai gendarmi. Il contratto di vendita è falso come il resto dei documenti, ma Dogan non può sospettare che il vecchio nobile sia membro di uno schieramento sotterraneo a protezione della sovrana. Credeva di tormentarlo, quando gli ha comunicato che Asbell si è scelta un nuovo amante, un giovane di nome Helois che ora dorme nelle sue stanze e ha preso il suo posto in tutto.
Lui è rimasto zitto, senza reagire, ma nell’oscurità della sua solitudine ha combattuto contro sentimenti contrastanti: vuole sentirsi sollevato per la giovane sovrana, per la protezione che Helois le offrirà. E si sente in effetti sollevato, quando si concentra. Ma appena i pensieri sfuggono al suo controllo più serrato, si trasformano in immagini vacue dove Asbell abbraccia, parla, riposa accanto a un altro. Allora stringe i denti e raccoglie le sue emozioni fino a dar loro un senso più accettabile.
Ma Asbell gli manca. Il tempo in cui le dormiva accanto, le parlava quotidianamente, la consolava, la scaldava le sembra ora il frutto di un sogno ormai smarrito.
È esistito realmente quel tempo? Ora non gli importerebbe di starle accanto mentre ama un altro, gli basterebbe guardarla.

 
Al rumore del portone seguono dei passi che sostano proprio di fronte alla sua cella; quando la serratura scatta, Kristan alza la testa sorpreso e sbatte le palpebre incredulo.
- Helois...? Cosa fai qui?
-  Una delle guardie è un membro dello Schieramento, Asbell ha ottenuto le chiavi e la sospensione della sorveglianza per una manciata di minuti, giusto il tempo di farti uscire. Vieni con me.
Kristan si alza a fatica, la notte ha reso i suoi muscoli rigidi come assi.
- Se scappo sospetteranno di te, veniamo dallo stesso villaggio.
- Andiamo via insieme, ci rifugeremo da Kissa per qualche tempo, finché le cose non cambieranno.
Kristan non capisce come e cosa potrebbe cambiare, ma la voglia di lasciarsi alle spalle quella cella è talmente vasta da indurlo a seguire l’amico senza fiatare. Sbalordito, si rende conto che Helois conosce le segrete alla perfezione, come se ne avesse studiato a memoria una mappa e lo conduce senza esitazione verso il tunnel sotterraneo che, dal retro delle prigioni, porta direttamente alla sparuta foresta che separa il palazzo dal villaggio più vicino.
- Non sorprenderti, non è stato così semplice cercare gli alleati giusti all’interno del palazzo, Asbell non era sicura di chi potesse realmente fidarsi, anche se noi avevamo i nomi dei membri dello Schieramento. Fare le cose in così poco tempo è stato rischioso, ma la tua condanna era ormai segnata, non potevamo aspettare ancora a lungo.
Mentre parla, Helois si muove agilmente lungo il tratto dissestato del tunnel, facendogli strada con un tizzone ardente.
Nonostante la fatica, per Kristan quel tragitto è una benedizione: potersi muovere liberamente è un dono di cui non si era mai reso conto prima della prigionia. E al termine del tunnel, proprio sulla soglia che dà nella foresta ingrigita dall’alba, Asbell lo sta aspettando.
Quando la scorge è talmente sbalordito da suscitarle una risata.
- Pensavi che non sarei venuta a salutarti? – Ironizza, ma un istante dopo gli butta le braccia al collo e lo stringe come se qualcuno potesse strapparlo via da lei.
Sentire di nuovo quel corpo contro il suo gli trapana il cuore.
- Cosa stai facendo? – le bisbiglia – Ti avevo detto di dimenticarmi. Se già sospettano un complotto, dopo la mia fuga ne avranno la certezza... Non potrei mai fuggire senza il tuo aiuto.
- Diranno che sono stato io – interviene Helois – Che mi sono fatto assumere solo per poterti liberare. Asbell non dovrà reggere questo gioco a lungo, solo qualche giorno ancora, poi la verità verrà alla luce.
Kristan si stacca delicatamente, cercando un chiarimento, e lei annuisce.
- I soldi che ho sottratto alla tesoreria servono per la bonifica dell’area che intermezza il tuo villaggio con altri due. Se riusciamo a risanare quella zona, anche le malattie che ancora devastano i paesi dovrebbero diminuire, quei terreni saranno divisi in tre parti e donati alle popolazioni che potranno coltivarli a loro piacimento, ricavandone nutrimento a un costo di tasse molto basso. Il Consiglio non era d’accordo con il mio progetto, lo considerava uno sperpero di finanze... così ho parlato da sola con chi avrebbe portato avanti i lavori, ho pagato un anticipo perché iniziassero a studiare il terreno... Pensavo che se i lavori di bonifica fossero iniziati, poi sarebbe stato più difficile bloccarli, considerata la loro effettiva utilità... Non è stato un comportamento onesto, ma se avessi dato retta al Consiglio non avrei mai ottenuto nulla: è lui a detenere il maggior controllo delle finanze. Ma ora... – fa una pausa – Ora grazie ad Helois ho potuto incontrare di nascosto molti nobili dello Schieramento che mi hanno assicurato il loro favore. Fra pochi giorni rivelerò pubblicamente di essere stata io a prendere quel denaro e di averti chiesto di coprirmi, spiegherò le ragioni del mio agire e la maggior parte della popolazione si schiererà dalla mia parte, nobiltà inclusa. Quando questo avverrà, il Consiglio si troverà messo alle strette.
- Questo è molto rischioso, Asbell – mormora lui, in un soffio.
- Lo so, ma lo sarebbe stato in ogni caso. I miei uomini hanno già studiato il terreno e sono pronti a iniziare i lavori, ora ho la certezza che nessuno li potrà fermare.
Lui è diviso, combattuto tra l’ansia per lei e la fierezza nei confronti della sua sovrana.
- Se riuscirai nel tuo intento, farai qualcosa di veramente grande. Non ho mai dubitato che le tue azioni nascondessero ragioni più che valide, ma questo va oltre ogni aspettativa.
Lei sorride e in quel momento Helois fa loro un cenno – Ti aspetto poco più avanti Kristan, salutala con calma.
Quel gesto lo mette in imbarazzo, ha ripensato a lungo alle cose dette ad Asbell la prima notte in cella... Nell’oscurità delle prigioni, nella desolante certezza di non avere un futuro, quelle parole gli sono scivolate di bocca con una fluidità sorprendente. Ma ora non sa più come comportarsi, non sa cosa dire né come salutarla.
È lei invece a spezzare il silenzio e nei suoi occhi azzurri non legge alcuna esitazione.
- Kristan, volevo assicurarti che fra me ed Helois non c’è mai stato nulla... di fisico. Ha dormito ogni notte nelle sue stanze, il nostro rapporto è stato circoscritto fin dal principio all’intenzione di incontrare le persone che mi interessavano e di portarti fuori di prigione.
Il sollievo lo investe come una folata di vento che lo alzi da terra all’improvviso. Di punto in bianco il suo spirito è dieci volte più leggero.
- Volevo che tu lo sapessi – continua lei – Perché quando tutto questo sarà finito e sarai scagionato da ogni accusa, vorrei che tu tornassi da me. Sempre... se lo desideri naturalmente.
- Tornare ad essere il tuo amante?
- Non solo il mio amante. Non necessariamente solo quello.
Lui scuote la testa, ora è confuso.
- Io non...
Asbell lo interrompe accostandoglisi all’improvviso, si appoggia alle sue spalle e si alza a baciarlo. Non è un bacio sbrigativo né casto; lo prende alla sprovvista e lo lascia con il fiato mozzo.
- Mi pento di tutti i baci che non ti ho dato – gli mormora lei, senza scostarsi.
Kristan fatica a mettere insieme i pezzi: non vuole sbagliarsi, non vuole illudersi.
- Non sono arrendevole, adesso lo sai.
- Non mi piacciono le persone arrendevoli.
- E non volevi qualcuno... da amare.
- Non volevo qualcuno che mi distraesse dai miei incarichi... e tu non sei così. Tu mi sostieni, Kristan, in ciò che devo fare... ogni giorno. Io ho bisogno di te. Tu sei... perfetto per me.
- Ma noi non possiamo...
Lo stringe forte quasi a voler spezzare le parole che deve ancora pronunciare.
- Dimmi che tornerai – gli mormora – Al resto penseremo più avanti.
- Toglierai quel maledetto ritratto di Arras?
- L’ho bruciato.
- Stai scherzando!
- No.
La guarda per capire  se lo stia prendendo in giro ed è in quel momento che si accorge, che ha la sicurezza, che sia innamorata di lui. Quando è accaduto?
- Sarò dalla tuo parte assieme a tutto lo Schieramento e quando stabilirai che è arrivato il momento... tornerò.
Lo bacia ancora e stavolta Kristan riesce a fermare quel momento e a viverlo come se il tempo non scorresse; la sente vicina, la sente vera, sa che sta baciando lui e lui soltanto. Definitivamente.
 
Quando il giovane scompare dietro gli alberi, Asbell s’incammina verso il palazzo. Non ha voglia di ripercorrere il tragitto sotterraneo, farà una passeggiata lungo i campi e fingerà di rientrare dalle scuderie; se anche qualcuno arrivasse a sospettare della coincidenza fra la sua assenza e la fuga di Kristan, la verità verrà comunque a galla prima che i sospetti possano prendere piede.
Le emozioni che stanno nascendo nel suo cuore sono inaspettate, sconosciute; quando è diventata regina era solo spaventata, il senso d’inadeguatezza l’aveva permeata sopraffacendola insieme alla portata del suo ruolo. Si era fatta forza andando avanti a tentoni, proseguendo nella direzione che credeva giusta, ma senza un piano, senza un’organizzazione, nel continuo terrore di sbagliare e di venire tacciata di debolezza, di sventatezza, di superficialità. Per questo le accuse di Thenna avevano il potere di scombussolarla, per questo, mentre si fingeva sicura e intoccabile, nelle sue stanze piangeva ogni giorno.
Ma questa mattina d’improvviso le cose cambiano: lo Schieramento sostiene il suo governo, appoggia il suo metodo e combatte per lei. E un uomo che si è lasciato tormentare pur di starle accanto, che ha sfiorato la morte pur di proteggerla, presto sarà nuovamente al suo fianco.
Asbell avanza verso casa canticchiando, il passo leggero e tranquillo. Non è più il trascinarsi esitante di una bambina spaventata il suo: oggi a Palazzo sta tornando una regina.


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E così... anche questa storia è giunta alla fine della pubblicazione.
Spero che possa esservi piaciuta almeno un pochino e... se vorrete farmelo sapere ne sarò contenta!
Ringrazio le 7 persone che l'hanno messa tra le Seguite, in particolare Valeromanzi che recensisce anche se non ne ha voglia! ;)
Un salutone a tutti!

phoenix_esmeralda

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