Ombre sulla Collina

di Lantheros
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un flebile vento mattutino ***
Capitolo 2: *** Una cena molto inusuale ***
Capitolo 3: *** La paura di perdere gli altri, la paura di perdere se stessi ***
Capitolo 4: *** Una piccola risata ***
Capitolo 5: *** La verità ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Un flebile vento mattutino ***


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Accadde poco prima del mattino d’inizio estate, in un giorno comune e simile a molti altri.


Fu il trambusto fuori dalla propria camera a svegliare la piccola Apple Bloom dal sonno, anche se si sarebbe dovuta comunque alzare da lì a poco, per recarsi a scuola. Era abituata a destarsi dolcemente insieme ai tipici rumori della fattoria e al rumore prodotto dai suoi famigliari che si preparavano al lavoro: il gallo avrebbe cantato, Bic Macintosh avrebbe trainato i carretti fuori dal capanno, mentre Applejack e Granny Smith avrebbero iniziato a trafficare in cucina per preparare la colazione. Un dolce profumo di mele si sarebbe diffuso per tutte le stanze della casa.

Ma quella volta fu diverso.


Si udì il gallo ma il cigolio del legno dei carretti o il tintinnare delle padelle sui fornelli erano assenti. Apple Bloom si stropicciò mollemente gli occhi e proruppe in un lungo sbadiglio. “Dovevo proprio avere il sonno pesante”, pensò. La porta della sua camera era chiusa e anche questo era inusuale. Scese dal letto e si avvicinò all’uscio, senza udire nulla a parte un brusio dalle stanze vicine. Varcò la soglia e non vide nessuno ma iniziò a seguire il vociare che aveva sentito prima, ora più chiaro. Si fece strada tra i corridori della casa fino a giungere alla stanza di Granny Smith, dove trovò il resto della famiglia: le davano le spalle e probabilmente non si erano accorti della presenza del piccolo pony.

“Buongiorno a tutti… che succede?”, esclamò Apple Bloom un po’ titubante.

Bic Macintosh si voltò di scatto mentre Applejack ebbe un sussulto, si passò rapidamente uno zoccolo sul viso e infine si girò a sua volta.

“Ehy, zuccherino, buongiorno anche a te!”, esclamò sorridendo, ma la sua voce era leggermente tremante e il sorriso appena accennato; gli occhi lucidi.

Big Macintosh non disse nulla ma anche i suoi occhi brillavano.

“Che succede?... Come mai siete tutti qui?...”, chiese lentamente Apple Bloom un po’ confusa.

I due ammutolirono e si guardarono reciprocamente per qualche istante.

Apple Bloom continuava a non capire, poi, all’improvviso, il suo volto si accese di gioia: “Nonna ha già preparato le frittelle alle mele?”.

“Ecco…”, tentennò Applejack.

“Non ditemi che non si è ancora svegliata?”, esclamò imbronciata la sorella.

“In effetti… la nonna sta dormendo”.

“Cosa? Ma il sole è sorto quasi del tutto! E fra poco dovrò andare a scuola!”.

“Zuccherino… Apple Bloom… la nonna è davvero molto stanca e non credo che potrà preparare la colazione oggi”, sussurrò Applejack con tono melanconico.

“Oh, andiamo! Svegliati pelandrona!”, esclamò il piccolo pony, saltando direttamente sul letto della nonna.

Sorella e fratello si scostarono di colpo, impreparati al balzo fulmineo della piccola, che atterrò di peso sul materasso. Fu lì che vide la nonna e il suo sguardo si arricchì di un certo stupore.

La vecchia Granny Smith era ancora sotto le coperte: gli occhi chiusi e un debole sorriso sul volto particolarmente rilassato. La finestra accanto al letto era aperta. Un flebile vento mattutino muoveva dolcemente le tende sopra di lei, mentre i raggi rossastri dell’alba si diffondevano gradualmente in tutta la stanza.

Per qualche istante si udì solo il cinguettare degli uccelli, vicino agli alberi di mele sotto casa.


“Vedi, Apple Bloom”, riprese Applejack con voce rotta, “la nonna sta dormendo… è davvero molto stanca e non credo che potrà preparare la colazione”.

Applejack era combattuta. Sapeva che la nonna, che tanto aveva amato, avrebbe potuto non svegliarsi più, un giorno o l’altro. Ne avevano anche parlato insieme, in passato, e ogni volta Applejack aveva sviato il discorso cercando di non pensarci. “Non cambiare discorso, bellezza!”, le aveva biascicato una volta, sghignazzando dalla sedia a dondolo, “Sono vecchia e decrepita! Ogni tanto fatico persino a grattarmi il muso, sai? Un giorno di questi, lo so, i miei muscoli non ce la faranno più e mi dovrò prendere la briga di abbandonare questo posto che tanto ho amato!”. Ai tempi la puledra sapeva benissimo che Granny Smith non stava scherzando, anche se aveva l’abitudine di prendere tutto alla leggera. Poi, nei suoi ricordi, comparve nuovamente il volto della nonna, questa volta serio e con una vena di tristezza: “Sai, cara”, aveva detto, “io ho fatto il mio tempo e questo posso accettarlo. Ho una famiglia splendida e buone prospettive per il suo futuro… ma se c’è una cosa che stritola il mio debole cuore in questo momento, è sapere che non potrò vedere la mia nipotina crescere. Dopotutto ho visto voi tutti crescere. La mia vita è stata colma di difficoltà ma anche di gioie, per cui non posso dirmi insoddisfatta. Soltanto… ogni tanto vorrei poter rimanere un po’ di più… solo per godermi ancora per poco la vostra compagnia”.

Quando percepì una lacrima sulla guancia, Applejack tornò al presente. La sorellina era ancora sul letto e fissava intensamente la nonna assopita. Il fratello faceva lo stesso, anche se con apparente distacco. In realtà sapeva benissimo quanto Big Macintosh stesse soffrendo in quel momento e quanto cercasse di non far trasparire nulla. Ora, però, era necessario spiegare alla piccola cosa era successo. Alla sua giovane età ancora non conosceva questo aspetto della vita e, sicuramente, nessuno gliene aveva mai parlato. Questo compito spettava ora a lei e alla sua famiglia. Ma cosa dirle? Come avvicinarla ad una tematica così delicata e così sconvolgente? Poteva forse dirle “La nonna ci ha lasciati? E’ andata in un posto migliore? Prima o poi tutti dobbiamo lasciare il luogo in cui viviamo?”. Scosse il capo e diresse lo sguardo verso il letto. “No”, pensò, “voglio che crescendo si faccia la propria idea a riguardo, ora sarebbe troppo piccola per affrontare con maturità una questione simile. Se penso che persino i pony adulti di solito non ci riescono…”.


La due sorelle si unirono intorno alla nonna.

“Hai visto, Apple Bloom? La nonna sta davvero dormendo”.

“E perché non si sveglia?”, chiese la piccola dopo una breve pausa.

“E’ un sonno molto profondo. Devi sapere che dormirà per molto, moltissimo tempo”.

“Molto quanto?”.

Applejack sentì una morsa al petto. Non era sicura di quanto fosse giusto ciò che le stava dicendo. Ma, su due piedi, non se la sentiva di confermarle che non avrebbe più rivisto la nonna. D’altra parte, non voleva nemmeno che pensasse che, forse, fosse andata via per sempre. Lei stessa non aveva mai avuto un’idea precisa a riguardo e non voleva condizionarla.

“Nessuno può dirlo con certezza, piccola, ma sarà un sonno molto lungo. Ne ha bisogno. E’ per il suo bene”, concluse. Vedendo che gli occhi della sorellina divenivano sempre più lucidi, aggiunse frettolosamente: “Ma non sarà per sempre”.

“Questo però significa che non potrò più giocare o parlare con lei fino a che non si sveglia”, bisbigliò Apple Bloom con tristezza.

“Purtroppo sì, zuccherino. Dovrai avere pazienza”.

Il piccolo pony squadrò nuovamente la nonna, poi si guardò in giro con occhi tristi. Applejack intuì che qualcosa non la convinceva. Non voleva raccontare bugie a sua sorella ma, in quell’istante, non desiderava nemmeno che soffrisse e, impreparata a quell’evento così improvviso, le era sembrata la cosa giusta da dire. Iniziò però ad avanzare in lei la preoccupazione che Apple Bloom potesse non credere alle sue parole. Poteva essere piccola ma i piccoli pony, certe volte, sanno essere più intuitivi degli adulti. In ogni caso, avrebbero dovuto affrontare di petto l’argomento ma, dal suo punto di vista, sarebbe stato meglio farlo quando Apple Bloom fosse stata un po’ più grande.

“Capisco”, concluse infine la sorellina con tono smorzato.

“Apple Bloom…”

“Ma non importa, se è per il bene della nonna, aspetterò… mi spiace che non potrò stare con lei nel frattempo ma voglio che stia bene”.

“Brava soldatina”, esclamò Applejack con un mezzo sorriso.

Fratello e sorella maggiori uscirono dalla stanza, lasciando Apple Bloom con la nonna e osservandoli dal corridoio. Iniziarono a discutere sottovoce e, infine, rientrarono.

“Ora, Apple Bloom, perché non lasci la nonna riposare?”, disse Applejack.

“Va bene… e poi devo andare a scuola…”.

“Penso che oggi potresti rimanere a casa con tuo fratello, mentre io non ci sono”.

“Ah… ok… e dove vai?”.

“Devo andare a Ponyville per informare gli altri che la nonna sta… dormendo”.

La piccola ci pensò su un attimo: “Così tutti sapranno che la nonna non può essere disturbata fino al risveglio?”, chiese.

“Esatto… e poi fra qualche giorno organizzeremo una… festa…”, esclamò la sorella maggiore con qualche esitazione.

“Una festa?”, chiese Apple Bloom un po’ confusa.

“Sì… è usanza fare una festa quando un pony cade in questo lungo letargo… in modo che tutti sappiano che dormirà a lungo e che non dovrà essere disturbata per il tempo necessario”, concluse frettolosamente.

Apple Bloom non parve convinta: “Beh, allora dovremmo chiedere a Pinkie Pie, sai che è la migliore con queste cose”.

“Uh… certo, beh, vedremo, tu rimani qui con tuo fratello, io intanto vado a far visita ai nostri amici”, ribadì Applejack.

Bic Macintosh e la sorellina accompagnarono Applejack all’uscio. Poco prima che uscisse, Apple Bloom esclamò ancora: “E ci saranno tanti invitati? Con i vestiti e tutto il resto?”.

“Certo, zuccherino, prepareremo una gran festa. Anche la nonna avrà il suo vestito e saranno tutti molto eleganti. La nonna si merita questo e altro, giusto?”, esordì Appljack con un sorriso.

“Giusto!”, confermò l’altra con maggior allegria.


Così il pony si avviò, lasciandosi momentaneamente alle spalle la sorella e ripassando a mente ciò che le aveva detto e se, nuovamente, avesse fatto la cosa giusta. Ma ora c’era qualcosa di più importante da fare.

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Capitolo 2
*** Una cena molto inusuale ***


Era già ora di cena quando Applejack rientrò a casa.

Apple Bloom e Big Macintosh avevano preparato un pasto alla bene e meglio, non essendo propriamente dei cuochi provetti. Lei ringraziò entrambi e i tre iniziarono a mangiare intorno al tavolo in cucina.

Fu una cena molto inusuale per la piccola Apple Bloom.

“E’ tutto a posto per domani?”, chiese il fratello con voce pacata, dopo un singolo ed ultimo boccone.

“Sì, ho avvertito tutti. Mayor ha indetto il… ha preparato la festa per il primo pomeriggio, nella piazza pubblica. Saranno presenti tutti i pony di Ponyville, per salutare la nonna”.

“Uao”, esordì Apple Bloom con stupore, “l’intera Ponyville verrà domani per la nonna?”.

“Certo, dolcezza, tua nonna era qui dalla fondazione e tutti quanti la conoscono e vogliono salutarla prima del lungo sonno!”, rispose la sorella sforzandosi di apparire quanto più allegra possibile.

Apple Bloom rimase a lungo in silenzio, come se nella sua mente si affollassero numerosi pensieri.

“La festa l’ha organizzata Pinkie, vero?”, chiese infine.

“Oh, no, credo che lo stile di Pinkie sia… inadatto per la festa di domani”.

“Che peccato”, bisbigliò Apple Bloom.

“Sarà una festa molto formale, elegante e non particolarmente movimentata. Forse non sarà il tuo genere ma alla nonna piacerà, ne sono sicura”, la rassicurò la sorella.

“Non è vero”, disse l’altra imbronciandosi, “alla nonna piaceva divertirsi e si è sempre divertita alle feste, anche quelle più strane!”.

Applejack sorrise: “Lo so, dolcezza, ma vedrai che le piacerà anche questa, non ti preoccupare”, concluse.

“Sai, Applejack?”, disse infine la piccola con voce addolorata, “la cena non è come le altre volte. E’… triste”.

La sorella maggiore rimase senza parole per qualche istante.

“Lo so, piccola mia, ma non devi preoccuparti. Devi solo… avere pazienza”.

La cena venne messa nel frigo.

Applejack preparò la sorella per dormire e la mise a letto, con la promessa che il giorno seguente, una volta tornata da scuola, sarebbero andati tutti alla festa per la nonna. La salutò con un bacio sulla fronte e chiuse la porta della stanza. Fuori la attendeva silenziosamente il fratello.

“Sei sicura che domani debba andare a scuola?”, sussurrò Big Macintosh.

“Sì, è meglio. Domani mattina verranno altri pony per Granny Smith e per organizzare tutti i preparativi. Ho anche informato Cheerilee”.

Lo stallone fece una lunga pausa.

“Perché non le dici la verità?”, chiese infine.

Applejack assunse un’espressione di sofferenza: “Non voglio prenderla in giro… è che… è così piccola. E poi, sinceramente, non sapevo cosa dirle”.

“Capisco. Ma non credi che domani…?”.

“Ho parlato ai pony. Ho chiesto di non fare riferimenti espliciti. Potremo darle l’addio comunque. E forse sarà anche meno triste, così”.

“Comunque prima o poi capirà. Anzi, potrebbe averlo già capito”.

“Lo so”, disse Applejack con preoccupazione, “ma, se possibile, vorrei che affrontasse la cosa con maggior maturità”.

“Nostra sorella è molto matura, Applejack”.

“Ah, lo so, lo so. Ma non è facile per me, soprattutto quando tutto accade così in fretta”, concluse scuotendo il capo.

Big Macintosh sbuffò mollemente: “Va bene, ora non pensiamoci e andiamo a dormire. Domani sarà una giornata piuttosto lunga”.

“Già”, sussurrò la sorella.


Quando i due furono a letto, Apple Bloom stava ancora fissando il soffitto. Una debole luce lunare filtrava dalle finestre, permettendo di scorgere con sufficiente chiarezza ogni angolo della casa e dei corridoi.

La piccola aveva mille pensieri per la testa ma faticava a concentrarsi su di essi per via di una pesantissima morsa che, come mai aveva provato prima, le stava cingendo il petto. Non sapeva cosa fosse ma, per lei, era semplicemente insopportabile. La sua mente e le sue emozioni cozzavano dolorosamente e non riusciva a fare chiarezza su cosa stesse realmente accadendo… e se le sue sensazioni fossero veritiere o meno.

Non riuscendo a dormire, decise di scendere silenziosamente dal letto. Spalancò lentamente la porta della sua camera e controllò che non ci fosse nessuno. Girò lo sguardo verso la stanza di Granny Smith e, dalla porta socchiusa, intravide la luna attraverso la finestra sul letto.

Con circospezione e senza chiedersi perché lo stesse facendo, entrò nella camera e si sedette vicino al letto. Osservò la nonna, immutabile nel dolce sorriso che vide inizialmente illuminato dai raggi dell’alba, questa volta solcato dalla flebile luce della luna.

Si appoggiò ai bordi del letto con le zampe anteriori. La nonna le parve così tranquilla. Sembrava davvero che dormisse. Poi, qualcosa la spinse a sfiorarle la fronte con lo zoccolo. I suoi occhi si inumidirono senza che potesse comprenderne il motivo. Afferrò un lembo delle coperte con i denti e le rimboccò intorno al collo della nonna.


La osservò ancora un poco, quella notte, prima di tornare al suo giaciglio e, finalmente, addormentarsi.

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Capitolo 3
*** La paura di perdere gli altri, la paura di perdere se stessi ***


L’intera piazza di Ponyville era letteralmente gremita da stalloni e puledre. I Pegasi si erano assicurati che il tempo fosse perfetto per l’evento, lasciando giusto qualche nuvola vaporosa ad arricchire un cielo azzurro come raramente si era visto.

Per tutto mattino i pony avevano lavorato per adornare la piazza con piccoli mazzi di fiori e drappi marroni e verdi, simbolo dei pony di Terra. Tutti i presenti indossavano vestiti eleganti, non esagerati o sfarzosi, semplicemente adeguati ad un evento pieno di significato. Rarity e vari sarti della città si erano adoperati affinché tutto risultasse all’altezza per uno degli abitanti più importanti per la storia dell’intera Ponyville. Al centro si ergeva un piccolo palco, su cui Mayor e i famigliari avrebbero tenuto l’addio, proprio di fronte a Granny Smith, che giaceva in un elegante loculo ricoperto di ornamenti e fiori (non troppi, perché, tutti sapevano, Granny Smith mal sopportava lo sfarzo esagerato). Per l’occasione, erano ovviamente giunti anche i parenti da Manehattan e Appleloosa.

Era davvero tutto pronto per incominciare: non appena Applejack avesse riportato Apple Bloom dalla scuola, la cerimonia sarebbe iniziata. Ma le due tardavano ad arrivare.

Dopo una crescente attesa, le sue amiche più care decisero di cercarle per capire se ci fosse qualche problema.

Cercarono dapprima presso la tenuta famigliare ma non c’era segno di anima viva. Decisero allora di controllare alla scuola e fu lì che trovarono le due sorelle, insieme a Cheerilee, in una precaria situazione.


Apple Bloom era rannicchiata in un angolo dell’aula, con le lacrime agli occhi: Applejack era seduta poco distante da lei con lo sguardo colmo di sofferenza. Cheerilee, più distante dalle due, si trovava allo stesso modo in evidente disagio.

“Mi hai mentito!”, urlò Apple Bloom tra i singhiozzi.

“Piccola… io…”, sussurrò Applejack.

“Sei una bugiarda!”, la interruppe la sorella.

Le amiche rimasero spiazzate.

“Cosa sta succedendo?”, chiese Rarity a Cheerilee.

“Mi dispiace”, rispose lei con rassegnazione, “è in parte colpa mia”.

“Cioè?”, esclamò stupita Twilight.

“E’ successo durante l’intervallo”, continuò Cheerilee, “quando Apple Bloom era con i suoi compagni… qualcuno deve averle detto che sua nonna era… si insomma, che era andata via per sempre, che non si sarebbe risvegliata come lei pensava”.

“Certe volte i bambini sanno essere così crudeli”, esclamò stizzita Rarity.

“Oh no, non credo che volessero ferirla apposta, ma non c’è dubbio che questa cosa l’abbia…”, i singhiozzi e le urla di Apple Bloom ebbero la meglio sul discorso: “La nonna non c’è più! Non è vero che sta dormendo, la nonna è andata via per sempre!”.

“Apple Bloom, ti prego”, incalzò nuovamente Applejack, con gli occhi sempre più umidi.

Ma Apple Bloom non sentiva ragioni e le sue lacrime cadevano copiose sullo zainetto che teneva stretto al petto, come ad aggrapparsi a qualcosa di confortante. Applejack non sopportava di vedere la sorella in quello stato ma non sapeva cosa fare, ne cosa dire. Girò lentamente lo sguardo verso le sue amiche e, quasi sull’orlo del pianto, sussurrò: “Ragazze...” e le puledre si diressero immediatamente intorno alle due.

Abbracciarono Applejack, che si sentì leggermente meglio, ma nessuna sapeva cosa fare con la piccola Apple Bloom, la quale continuava a singhiozzare e a ripetere la parola “nonna”, spezzata da vari singulti.

Twilight stava per dire qualcosa quando Fluttershy le mise uno zoccolo davanti al petto, per fermarla: “Lasciala stare”, disse timidamente, “si sta sfogando. Diamole un attimo”.

E aspettarono.


Dopo alcuni minuti, i singhiozzi di Apple Bloom diminuirono sempre di più, finché la piccola non riprese a respirare con maggior regolarità.

La sorella fece un passo verso di lei.

“Apple Bloom…”.

“Perché mi hai mentito?”, la interruppe bruscamente.

“Apple Bloom… io non volevo mentirti. Volevo che non soffrissi”.

Ci fu una lunga pausa.

“Quindi la nonna è andata via per sempre”, sussurrò la piccola, con una vena quasi rabbiosa.

“Oh, Apple Bloom, io…”.

“Smettila di far finta”, aggiunse Apple Bloom, “…io …non è che non l’avessi capito”.

“Cosa?”, chiese Applejack, sorpresa.

“Che la nonna… sì insomma, che non stava semplicemente dormendo. Non sapevo cosa fosse ma qualcosa dentro di me mi faceva stare male. Malissimo”.

“Certe volte”, disse lentamente Twilight, “la ragione semplicemente non vuole accettare ciò che il nostro cuore capisce immediatamente”.

Lo sguardo di Apple Bloom si riempì nuovamente di lacrime, ebbe qualche singhiozzo, ma non pianse: “Se la nonna non sta dormendo… se la nonna non c’è più… dov’è finita? Perché è andata via?”.

Le amiche si guardarono tristemente tra loro. Non sapevano cosa dire. Fu nuovamente Fluttershy a farsi avanti, trasportando con se l’innaturale aura di gentilezza e dolcezza che la pervadeva ovunque andasse:

“Mi ricordo ancora quando il mio primo animale mi lasciò”, disse con un sussurro, “fu davvero un evento molto triste. Io mi occupo di molti animali, mi prendo cura di loro. Mi hanno regalato molti momenti felici ma ho anche sofferto molto. Col tempo ho capito che tutto questo fa parte di un ciclo naturale, un ciclo che permette il rinnovarsi della vita… e che non mi dovevo attaccare al vuoto che i miei amici mi avrebbero lasciato… bensì alla gioia che avevo provato quando ero con loro”.

Apple Bloom ascoltò attentamente le parole dell’amica e, dopo qualche istante, il suo sguardo fu travolto come da un fulmine e poi si rattristò ancor di più.

“Questo significa”,  mormorò la piccola, “che anche voi un giorno ve ne andrete, che anche voi un giorno non ci sarete più…”.

Fluttershy si bloccò per un istante, atterrita dalla sensazione di aver peggiorato lo stato d’animo del piccolo pony.

“Applejack, Bic Macintosh, tutti quelli che conosco un giorno se ne andranno!”, disse Apple Bloom quasi urlando, “…e vuol dire che un giorno anche io andrò via per sempre…”, concluse, con voce strozzata.


Le amiche sapevano che un giorno tutti i pony, prima o poi, sarebbero entrati in contatto con questo aspetto della vita. Inizialmente avrebbero dovuto accettarlo e poi… affrontarlo. Ed ora, un piccolo pony si trovava d’innanzi a qualcosa di apparentemente terribile.

Applejack prese fiato, si avvicinò alla sorella e la strinse teneramente a sè, ponendo la fronte contro la sua.

“Ascolta, dolcezza”, disse, con tutto l’amore che riusciva a provare per lei in quel momento, “nella vita incontrerai decine, centinaia di pony e creature diverse. Molte di loro ti faranno sorridere ed esplodere di gioia, altre ti causeranno tristezza e dispiaceri. E un giorno, è vero, tutte dovranno affrontare un ultimo, grande passo. Quando qualcuno di caro se ne andrà, sentirai un vuoto e una tristezza enormi dentro di te. Ma quello che dice Fluttershy è assolutamente vero: non dovrai attaccarti alla loro assenza… al fatto che non ci sono più… ricorda invece tutti i momenti pieni di gioia e amore con cui hanno condiviso la loro vita con la tua”.

Apple Bloom continuava a singhiozzare ma la sorella cominciò a percepire una certa calma crescere dentro di lei.

“Ti ricordi i bei momenti che hai passato con Granny Smith, vero?”.

Apple Bloom la fissò negli occhi e annuì.

“Ora senti la mancanza della nonna, anzi la sua mancanza è terribile. E’ come se ci avessero strappato via una parte di noi stessi. E’ normale. Se così non fosse, vorrebbe dire che lei non era poi così speciale per te, non credi?”.

Annuì di nuovo.

“Lo so che non è facile, ma ricordati che la nonna ha passato dei momenti splendidi con te e sono proprio quei momenti ad aver reso speciale il vostro rapporto. Ora qualcosa l’ha allontanata da te ma non significa che tutto quello che lei ha fatto con te sia stato cancellato, anzi è come se fosse rafforzato. E’ per questo che devi ricordarti di lei come ciò che è stata, così vivrà nei tuoi ricordi”, concluse Applejack, carezzando dolcemente la chioma della sorella.

“Ci provo, Applejack”, riprese la piccola, ancora strozzata dai singhiozzi, “ma sto male lo stesso…”.

“Lo so piccola, non è facile. Diamine, se non è facile”, rispose Applejack chiudendo gli occhi.


Le altre, intanto, avevano praticamente fatto cerchio intorno alle due sorelle. I loro occhi erano umidi, mentre Pinkie Pie era decisamente in un pianto a dirotto, soffocato dai suoi stessi zoccoli sul muso.

“Sei più calma adesso, dolcezza?”, chiese gentilmente Applejack.

“Sì”, mormorò lei, “però c’è una cosa che non capisco… la nonna non c’è più: cosa le è successo? Cosa ci succederà quando…”. Non riuscì a terminare la frase e Applejack lesse una grande preoccupazione nei suoi occhi.

I pony erano colti da grande esitazione e, nuovamente, non sapevano esattamente cosa avrebbero potuto dirle. Fu Twilight, questa volta, a rompere il silenzio.

“Secondo molti libri che ho studiato”, disse sorridendo, “è comune a molti pony credere che, dopo questo drastico evento, le essenze di ognuno si liberino e trascendano a forme di energia attualmente sconosciute”.

Apple Bloom osservò il pony viola con aria interrogativa.

“Quello che la cervellona vuole dire”, esclamò Rainbow Dash con fare stizzito, “è che, secondo molti pony, dopo la partenza da questo mondo, ci sia l’arrivo in un altro!”.

“Davvero?”, chiese il piccolo pony asciugandosi le guance.

“Certo!”, berciò Rainbow Dash con energia, “Dove vivo io, quando la corsa è giunta al termine, si crede che il pony  gareggerà negli angoli più alti e remoti dei cieli di Equestria, nei punti dove nessun pegaso riuscirebbe mai ad arrivare, neanche con le proprie ali!”.

“Anche io, anche io so cosa succede!”, farfugliò Pinkie Pie, “E’ come una grande festa per introdurre il pony nel suo nuovo mondo! Come una nuova nascita! Immagina un luogo fantastico, dove tutti sono felici e ridono ogni giorno!”.

Apple Bloom iniziò ad ascoltare assorta le loro parole. L’idea che la nonna, e anche i suoi amici, non fossero realmente andati via per sempre, che non se ne sarebbero andati via per sempre, sembrò donarle un leggero conforto.

“Quindi… dopo si finisce in uno di questi luoghi?”, chiese infine.

Applejack sorrise e la strinse nuovamente a se.

“Vuoi che non ti menta e non ti mentirò. Nessun pony sa cosa ci sia al di là di tutto questo. Quello che le ragazze ti hanno detto potrebbe essere vero, così come potrebbe non esserlo. Non voglio darti una spiegazione di qualcosa che nemmeno io conosco. E probabilmente sei davvero più matura di quanto pensassi… matura a sufficienza per capire da sola. Ed è questo ciò che voglio. Che tu creda a ciò che senti dentro di te”.

La sorellina si strinse contro il suo petto.

“Non so dove sia nonna”, continuò Applejack, “non ho idea se sia a fare il tifo per i pegasi dei cieli o stia confezionando marmellata di mele per un party senza fine, non so se ora faccia parte di qualcosa di magico o se sia semplicemente andata via per sempre. La cosa che mi importa, ora, è il grande amore che sento per lei e il grande amore che lei ha provato per noi. Ciò che TU vorrai credere, piccola mia, spetta a te e te soltanto”, concluse con un sorriso.

“E mi raccomando”, aggiunse Rarity asciugandosi una lacrima e spalmandosi involontariamente il trucco su tutto il muso, “non voglio più sentire preoccupazioni riguardo a ciò che ti succederà”.

Apple Bloom abbassò lo sguardo e bisbigliò: “…Però fa paura”.

“Sarebbe strano il contrario”, continuò Twilight, “Tutto ciò che non si conosce incute timore. E’ perfettamente normale. Ma non puoi vivere nella paura di qualcosa che accadrà e che, in fondo, non sai nemmeno se sia brutto davvero. Se c’è una cosa che ho imparato sullo scorrere del tempo è che ogni istante è prezioso. Tutto ciò che ti accade ora è importante. Io stessa, lo ammetto, tendo a pianificare troppo il mio avvenire e, quando le cose vanno naturalmente in una direzione che non avevo previsto, tutto va a monte. Magari mi ero preoccupata per cose che nemmeno si sono mai verificate”.

“Questo però accadrà di sicuro, prima o poi”, disse la piccola.

“E’ vero ma, te lo ripeto, nessuno conosce la verità a riguardo, quindi non c’è un vero motivo per essere preoccupati. I tuoi gesti, le tue azioni, la tua personalità, sono a tutti gli effetti parte di qualcosa che rimarrà inciso per sempre. Nessuno può cancellare il fatto che tu sia esistita”.

“Capisco”, bisbigliò, “però mi fa ancora paura”.

“Tranquilla, dolcezza”, riprese Applejack, “è qualcosa che non si può superare dall’oggi al domani. Anzi, forse è qualcosa di cui tutti i pony, alla fine, continueranno ad avere un barlume di timore. E’ normale, come dice Twilight. La paura di perdere gli altri, di perdere se stessi… è sinonimo dell’amore che ci lega e che non vorremmo finisse mai”.

“Sapete”, bofonchiò Pinkie Pie con sguardo incredibilmente serio, “mi chiedo: se non finisse mai, che valore avrebbe? Sì, insomma, ogni tanto penso che, proprio perché una cosa può finire allora la si valorizza tanto. Se un party non finisse mai… dopo un po’ mi annoierei o non me lo godrei a dovere. Invece, è proprio perché so che dopo un po’ tutti dovranno tornare a casa che cerco di apprezzare al massimo ogni istante e ogni pony che mi sta intorno, prima che la festa finisca”.

Tutte guardarono Pinkie Pie con aria decisamente stupita.

“Sai, Pinkie”, esclamò Rainbow Dash con aria di sufficienza, “ogni tanto riesci davvero a stupirmi”.

“Sono la regina delle sorprese!”, urlò il pony rosa, con un pizzico di follia negli occhi.

“Appunto…”.

Apple Bloom sorrise timidamente.

“Brava soldatina”, disse Applejack, abbracciando calorosamente la sorella, “Ora che ne dici di asciugarti gli occhi, metterti quel bel vestito che Rarity ha fatto solo per te e andare a salutare la nonna?”.

Apple Bloom, si stropicciò le guance e guardò il suo nuovo vestito appoggiato alla cattedra lì vicino. Sorrise di nuovo.

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Capitolo 4
*** Una piccola risata ***


Dopo una lunga attesa, la cerimonia ebbe inizio.

Apple Bloom rimase a bocca aperta quando vide la mole di pony che si era accalcata in piazza. Erano così tanti che molti dovevano prender posto nei viottoli tra le abitazioni. Gli abiti e le decorazioni eleganti creavano una forte sensazione di solennità all’intero ambiente. La piccola, tuttavia, quando vide il loculo dove riposava Granny Smith, sentì un tuffo al cuore. Chiuse gli occhi e cercò di tenere a mente le parole che le sue amiche e sua sorella le avevano detto pochi istanti prima. Si strinse ad Applejack e fece mente locale agli attimi di gioia passati insieme alla nonna ma vi riusciva a fatica: il petto le doleva come non aveva mai fatto, lo stomaco era un nodo e le emozioni dentro di lei sembravano spazzare via ogni tentativo di razionalità.

Il discorso di Mayor prese il via e il pony cominciò a decantare la storia di Ponyville e dei suoi fondatori. Quando Apple Bloom udì il nome della nonna provenire dalla voce di Mayor, sentì un dolore così forte da spingerla in un nuovo pianto a dirotto.

Poco prima che le lacrime prorompessero dai suoi occhi, tuttavia, l’intera piazza venne letteralmente travolta da una voce squillante e quasi assordante.

“Cos’è questa robaaa?!?”, urlò Pinkie Pie, davanti al microfono di Mayor. Indossava l’abito da cerimonia che le aveva confezionato Rarity ma, in una zampa, teneva una manciata di palloncini colorati.

Lo stupore più totale si diffuse tra i presenti.

Rarity spalancò letteralmente la bocca e lo sguardo di Applejack si fece drasticamente preoccupato: “Oh… no, Pinkie, cosa stai facendo? Questo è davvero troppo…”, esclamò tra se e se.

Mayor, a metà tra lo stupore ed il panico, iniziò a biascicare verso Pinkie Pie, mentre brusii di disappunto iniziarono a levarsi da ogni angolo della piazza.

“Che cosa state facendo?”, urlo di nuovo il pony rosa, “Non è questo che Granny Smith voleva!”.

“Pinkie, scendi da lì!”, le urlò Applejack, mentre Rainbow Dash si preparava a spiccare il volo per placcare l’amica e tirarla giù dalla scena.

“No che non scendo! Granny Smith non voleva questo trattamento, me lo ha detto lei stessa!”.

“Come sarebbe a dire?”, chiese Applejack, tra il brusio crescente della folla.

Pinkie Pie si avvicinò di più al microfono.

“Me lo ricordo come se fosse ieri”, disse e sfilò il foular dal collo di Mayor, mettendoselo invece sulle spalle come usava fare proprio Granny Smith. Non solo: iniziò a parlare al microfono imitando in tutto e per tutto il tono di voce della nonna, ripetendo per filo e per segno ciò che le aveva detto: “Già, Pinkie Pie, non c’è altro pony di cui mi fidi in tutta Equestria, al di fuori di te, per questo genere di cose! Non so quando accadrà ma possano tutte le mie conserve di mele inacidirsi d’un botto se vorrò una celebrazione triste e priva di brio, quando non sarò più qui! Quindi, mi raccomando, voglio assolutamente che tu renda speciale l’avvenimento! Non dico che i pony debbano divertirsi come ad un party serale ma non voglio nemmeno vedere fiumi di lacrime o musi lunghi! Voglio essere ricordata con allegria e non con “buhuhuh, povera nonnina decrepita, che pena, che tristezza!”, hai capito??”.

La piazza era a bocca aperta.

“E quindi”, proseguì Pinkie con la sua voce originale, “sono qui per porre rimedio ad un disastro iniminimaginabile!” e, così dicendo, balzò giù e corse verso vari angoli della piazza, facendosi strada tra i presenti. Ad ogni angolo, prese a sollevare un telo a protezione di un tavolo, rivelando paste, torte e leccornie a base di mele; un vecchio grammofono con le canzoni, ormai d’altri tempi, che Granny Smith ascoltava dopo cena; barili di sidro della fattoria; le conserve di zap-apple e, per ultimo, urtò con le zampe posteriori un palo da cui si srotolò un grosso cartellone, in cui figurava Granny Smith nelle pose più simpatiche (e anche ridicole) in cui potesse mai comparire.

Quindi riprese possesso del microfono: “Ed ora, signori, è il momento di rendere questa cerimonia, una VERA occasione per salutare Granny Smith e non una valle di lacrime in cui saremmo affogati tutti!”, concluse con sguardo severo.

Ci fu una lunga pausa ed i presenti si guardarono tra loro con aria interrogativa.

Una piccola risata giunse dalla prima fila. Era Apple Bloom che rideva sotto i baffi. Quando aveva visto le immagini di Granny Smith, tra buffe smorfie e situazioni ridicole, le era balenata in testa una scena di cui non riusciva a liberarsi. La piazza era silente e quasi tutti udirono le sue parole: “In effetti… mi ricordo quella volta che, per prendere in giro la signorina Cheerilee, le abbiamo fatto credere che la nonna fosse sveglia, ma in realtà stava dormendo, poi ha preso una botta, si è svegliata di soprassalto ed ha agito come se niente fosse successo. La signorina Cheerilee è rimasta di sasso”, concluse con un’altra risata.

Ci volle qualche istante ma, prima titubanti e poi sempre più crescenti, altri pony si unirono alla timida risata di Apple Bloom. Quando il brusio di risate si levò sempre più grande, Pinkie Pie si sentì pervadere di emozione.

“Visto, nonnina?”, sussurrò Pinkie Pie lontano dal microfono, “Adesso anche loro hanno capito.”

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Capitolo 5
*** La verità ***


Era ormai sera.

L’intera cerimonia si stava concludendo, con i famigliari intorno al loculo di Granny Smith, in procinto di tornare definitivamente alla terra di cui aveva sempre amato i frutti e le opportunità. Tutta Ponyville, fino a quel momento, aveva parlato, mangiato, ascoltato vecchie canzoni, aveva narrato antiche storie di quasi una generazione passata, si era beata della compagnia degli altri e aveva ricordato la vecchia nonna in tutte le sue sfaccettature. Alcuni pony versarono anche molte lacrime ma quasi sempre con un sorriso sulle labbra: il sorriso di chi stava piangendo per gioie passate e non per sofferenze presenti.

Poco prima di separarsi per il ritorno alla terra della nonna, Applejack aveva abbracciato Pinkie Pie: “Grazie Pinkie,” aveva detto, con voce tremante per la commozione, “questa è sicuramente la miglior cerimonia che la nonna si sarebbe potuta aspettare”.


Quando il loculo fu al suo posto, la famiglia si riunì intorno alla pietra commemorativa.

Quello fu un momento sicuramente molto triste per tutti e, questa volta senza alcuna lezione da imparare, molti pianti liberatori e sofferenti trovarono sfogo.

Apple Bloom non piangeva ma sentiva dentro di sè un groppo al cuore, proprio come aveva percepito quando Applejack era venuta a consolarla a scuola.

Ogni membro porse un saluto a Granny Smith, dopodiché, lentamente e con rispetto, si ritirarono uno alla volta. Alla fine soltanto Applejack e la sorellina rimasero davanti al loculo. Osservarono entrambi la foto della nonna, incastonata sulla pietra commemorativa, immortalata in una posa decisamente buffa. Applejack sorrise timidamente.

“Vuoi restare ancora un po’?”, chiese la sorella maggiore.

“Tu vai pure”, rispose Apple Bloom, dopo una pausa, “se non ti spiace vorrei restare qui con nonna… da sola”.

“D’accordo, piccola, però fra poco sarà buio”.

“Non ti preoccupare”, la rassicurò, “non starò tanto”.

Applejack sorrise un’ultima volta e si allontanò dalla sorellina.


Il sole aveva ormai toccato le montagne e spandeva i suoi raggi vermigli per l’intero, stupendo paesaggio intorno a Ponyville, gli stessi raggi che Apple Bloom aveva percepito la mattina precedente, quando la nonna si era addormentata. C’era anche lo stesso vento, che ora muoveva dolcemente la sua chioma, anziché le tende della stanza. Alcuni uccelli cinguettavano tra gli alberi vicini.

Le ombre si fecero lunghe, evidenziando, per l’intera collina, la piccola figura di Apple Bloom e la sagoma della pietra di Granny Smith.


“Ciao nonna”, bisbigliò Apple Bloom rivolgendosi alla foto, “la giornata è finita. Hai visto che bella festa abbiamo fatto? Pinkie è stata davvero brava, proprio come desideravi tu. Lo so che volevi che non piangessi ma… mi spiace, non sono riuscita a resistere”. I suoi occhi si inumidirono per l’ennesima volta.

“Sai, le mie amiche mi hanno detto che dopo potrebbe esserci un nuovo mondo, qualcosa in cui potrai essere sempre felice”, continuò, con la voce leggermente tremante, “Mi hanno anche detto che non devo essere triste perché, qualsiasi cosa succeda, abbiamo passato dei bei momenti insieme e ci siamo volute bene… magari qualche volta non ci siamo capite o ci siamo dette cose che non volevamo, ma ci siamo volute bene”.

“Ora so che è normale che queste cose succedano, che accadrà a tutti e che non devo avere paura… che devo pensare solo al momento presente e alla gioia che ho passato con chi non è più accanto a me…”.

Il vento soffiò leggermente più forte, trascinando con sè qualche foglia. Apple Bloom non disse nulla per lunghi istanti. Il suo fiato si fece irregolare, i suoi occhi si chiusero.

Nella sua mente balenarono rapidamente mille immagini: Granny Smith mentre le faceva il bagno nella tinozza; mentre cucinava la torta di mele; intenta a parlare alle api per rendere più dolce il miele; quando mise in ridicolo se stessa e gli altri in modo così buffo; con l’elmetto in testa a fare la ramanzina ai barattoli di conserva; mentre la consolava dopo una brutta giornata a scuola…

Quasi senza rendersene conto, tirò fuori un piccolo libretto dallo zaino, che era andata a prendere tra la cerimonia commemorativa ed il ritorno alla terra. Lo aprì ed osservò alcune foto dei famigliari, che aveva avuto il permesso di prendere proprio una sera mentre sfogliava l’album dei ricordi con Granny Smith. Ad un certo punto le pagine si fermarono su una foto che ritraeva Apple Bloom sulle ginocchia della nonna, sorridente, entrambe accoccolate sulla sedia a dondolo.

Il suo petto sembrò esploderle, come se un dolore incontenibile e insopportabile dovesse fuoriuscirle all’improvviso. La sua voce si ruppe e il piccolo pony scoppiò in un pianto più intenso, più profondo e molto più sofferente di quanto avesse mai provato. Il libretto cadde per terra.

“Nonna…”, disse quasi senza voce, “la verità è che in questo istante non mi importa se tu sei tra i cieli con i pegasi, se stai confezionando marmellate per i pony che non ci sono più, se stai cogliendo le mele tra le nuvole o se sono soltanto bei sogni... la verità è che mi manchi tantissimo e l’unica cosa che vorrei è che tu fossi ancora qua e non dover ricordare i tempi passati ma poterli vivere ancora… e ancora… vorrei sentire di nuovo la tua voce, vorrei non salutare gli amici che se ne andranno e non vorrei abbandonarli a mia volta”.

Posò la fronte sulla foto incastonata nella pietra, la osservò intensamente, poi chiuse gli occhi e, tra i singhiozzi, aggiunse: “In questo istante vorrei soltanto riaprire gli occhi e trovarti di fronte a me”.

Quando li riaprì, la nonna le sembrò davvero di fronte a lei, sorridente e buffa, immortalata nella sua cornice fotografica, che la guardava con tenerezza.

Apple Bloom sorrise e pianse ancora un po’, in silenzio.

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Il sole era una piccola macchia rossastra sopra le montagne, il cielo violaceo e con i primi barlumi di stelle. Le ombre allungate si fusero in un tutt’uno con l’oscurità del crepuscolo.

“Scusami”, disse Apple Bloom, rivolgendosi ancora una volta alla foto della nonna, “so che non vorresti vedermi così triste. Ti prometto che cercherò di farmi forza.”

Raccolse il suo libretto, si mise lo zaino sulle spalle e, con una forza davvero grande per un pony così piccolo, si congedò verso casa.


Non sapeva se fosse a causa dello sguardo ancora umido o semplice suggestione ma, quella sera, alzando lentamente lo sguardo verso il cielo, le stelle le parvero danzare.

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