Avventura: tutto quello che
volevo dall'estate... avevo appena finito il terzo anno di liceo classico e
sentivo di meritarmi delle vere vacanze avventurose... in fondo 17 anni si
hanno una volta sola. Solitamente le mie vacanze non erano mai avventurose, erano
sempre simili tra di loro, perlomeno quando non andavamo all'estero…
Una sera stavo allegramente
cazzeggiando sul divano del mio salotto mentre leggevo per l’ennesima volta
l’Iliade (non so cosa avesse quel libro che mi attirasse tanto, ma era un dato
di fatto che ogni tanto lo prendevo e cominciavo a leggerlo) quando
all’improvviso dalla finestra vidi passare un stella cadente. Mi alzai e andai
alla finestra.
-
Oh Stella! – esclamai. – Ti prego fa che quest’estate non sia
banale come le altre. -.
Sapevo che le mie speranze erano inutili, tuttavia posai
l’Iliade proprio davanti alla finestra e decisi di andare a dormire.
La mattina dopo mi alzai, ed
andai a fare colazione. Trovai i miei già alzati… erano le undici… tipico… solo
io mi potevo svegliare la mattina alle 11… mi sedetti per bere il mio tea,
quando vidi che erano entrati entrambi in cucina con sul viso l’espressione a
“abbiamo-una-sorpresa-per-te”: l’ultima volta che avevo visto quest’espressione
mi ero ritrovata con una tv a cristalli liquidi con alta definizione in camera,
e mi chiesi cosa stessero architettando quei due questa volta.
Cercai di continuare a bere
fingendo di nascondere la mia curiosità. Mio padre mi guardava. – Giulia…
abbiamo deciso di mandarti in vacanza studio! – esclamò gioioso.
Mezzo contenuto della tazza finì
sulla tavola, l’altra metà di traverso a me. Dopo che la tosse si fu placata e
che il tea ebbe finito di uscire dalla bocca e dal naso (che schifo!!!)
cominciai a chiedermi sorpresa come mia madre avesse potuto accettare di
mandarmi da sola in vacanza studio. Per quanto tempo? Per un mese a sentire mio
padre. Cominciarono a dirmi che non era una vacanza studio come le altre, che
l’avrei trovata diversa, ma che non c’erano dubbi mi sarei divertita
tantissimo.
Volevo andare a preparare subito
le valigie, ma mia madre aggiunse frettolosamente che non avevo bisogno di
nessun bagaglio, che mi era concesso di portare solamente uno zaino… quella
notizia mi rese timorosa… insomma con cosa mi sarei vestita? Sarei andata in
giro nuda??? No, assolutamente non sarebbe stato da me… in effetti non sarebbe
stato da nessuno, pensandoci bene.
La partenza era prevista per
quella sera stessa: mancava poco alla partenza e mi stavo osservando allo
specchio: ero come al solito: il viso da bambina, i capelli biondi scuri
piùccheliscissimi lunghi fino alle spalle, gli occhi marroni, il seno
abbondante, e il sedere all’insù (e ritenevo che questi due ultimi punti
fossero le mie disgrazie… ah no, dimenticavo l’altezza di appena un metro e
60…). Non ero magra, avevo una 48 ed ero orgogliosa di averla, in contrasto con
tutto il resto del mondo che sembrava essere impazzito per la mania di fare
diete e dimagrire… insomma, ero convintissima che la nostra cucina fosse una
delle migliori del mondo, perché non sfruttare questa fortuna??? Guardai la mia
immagine riflessa allo specchio: ero pronta a partire.
Era strano il bus su cui eravamo:
era rosso, e i seggiolini erano stranamente blu. Un pugno in un occhio in
pratica, ma decisi di non commentare al riguardo. Mi sedetti su un seggiolino
vicino al corridoio, per vedere meglio chi fossero i miei compagni di viaggio,
che, non so perché, avrei giurato di conoscere. Poi vidi salire sul bus un
ragazzo che dire bello sarebbe offenderlo. Era in pratica un dio: alto, i
capelli biondi lunghi fino alle spalle, le braccia forti e muscolose, gli occhi
azzurrissimi. Venne verso di me, sorridendo. Era un angelo che sorrideva.
-
Scusa, posso sedermi qui? – mi domandò.
Restai impalata con l’espressione
intelligente di un’ameba a fissarlo… veniva a sedersi proprio accanto a me… lui
paziente, sempre sorridendo ripeté la domanda. – Sì… certo… scusa. – mi alzai,
e proprio in quell’istante il bus partì facendomi cadere. Lui esplose in una
sonora risata e poi mi aiutò ad alzarmi. E ci sedemmo. – Ciao! – mi salutò. –
Io sono Achille. -.
Deglutii a sentir quel nome: non
era un dio, era un semi-dio. – Io… io… - non riuscivo a spiccicar parola. Per
presentarmi dovetti leggere il mio nome sul mio braccialetto della nomination…
peggio di così non poteva andare. – Io sono Giulia. – riuscii alla fine a dire
con un fievole sussurro. Lui allargò il sorriso. – Lo so. – mi disse. – L’ho
letto sul braccialetto, quando lo hai fatto tu. -.
Avvampai, e sentii che sulle mie
gote si poteva cucinare una bistecca… ma anche due o tre…
Per fortuna l’imbarazzo fu presto
rotto. – Achille! – ci voltammo verso il corridoio, per vedere un ragazzo che
sembrava più grande di noi, i capelli neri e gli occhi marroni, basso e di mole
grossa, con la faccia antipatica, tipica di uno che se la tira, e la voce
gracchiante. – Agamennone! – il tono di Achille si fece meno cordiale. – Ti
unisci a noi poveri comuni mortali per un campeggio estivo? – domandò
sarcastico.
-
Tu un povero comune mortale? – fece una voce armoniosa dietro
Agamennone. Apparteneva alla ragazza più bella che avessi mai visto. Era di
altezza giusta, magra e grassa nei punti giusti, capelli lunghi biondissimi,
occhi color del mare, sorriso che abbaglia, come quello di una pubblicità di un
dentifricio… ci mancava solamente solo il luccichio con la stellina… - Noi non
siamo poveri comuni mortali. – mi indicò. – A proposito tipa, tu chi sei? -.
Mi sentii molto offesa da questa
dichiarazione. Ma chi si credeva di essere quella? Elena di Sparta???
-
Elena, Agamennone, lei si chiama Giulia – fece le
presentazioni Achille. Sì, era Elena di Sparta… e si sarebbe scatenata una
guerra per una tale cornacchia scorbutica??? Proprio non capivo…
-
Ah… - Elena sembrava delusa.
Fummo raggiunti da una terza
figura. – Aghy! – esclamò. Aveva la voce acutissima. – Tuo fratello ci sta
tenendo il posto. – poi mi vide, sorridendo, più incoraggiante rispetto ad
Elena. Era alta, più alta di Elena, aveva i capelli e gli occhi neri, ed era
esile e magra, tuttavia sembrava una ragazza decisa. – Io sono Clitennestra. -.
-
Giulia. – ricambiai esitante.
-
Sì, si è già presentata la novellina. – fece Agamennone. – E
tu dimmi Achille cosa ci fai qui? Non hai la tua forza da dimostrare a nessuno?
Sei in crisi di egocentrismo? -.
Achille sospirò invocando
pazienza. – Stavo per farti la stessa domanda… poi mi sono ricordato che
ultimamente sei stato lasciato dalla ragazza… e infatti vedo che ti stai
rifacendo… - si riferiva ad Elena, ma lei non lo capì.
Agamennone avvampò. – Attento a
come parli, Achille… sono più grande di te, sono più ricco di te… -.
-
… dimentichi più antipatico. – lo interruppe Achille. – Va’ a
rompere a qualcun altro. Hai sentito Clitennestra? Tuo fratello vi sta tenendo
il posto, non sarebbe carino farlo aspettare… per fortuna che lui non può
lasciarti… -.
Agamennone contrasse ancora di
più i muscoli facciali. – Ti tengo d’occhio. – lo minacciò.
Achille sorrise, e il terzetto se
ne andò, con solo Elena, che da brava civetta salutò Achille in questo modo
-
Ciao Aki. – sorrise sbattendo le ciglia.
Achille la guardò. – Hai qualcosa
in un occhio Elena? – e questa era una provocazione troppo grossa per non essere
compresa, anche se si trattava di Elena, che se ne andò tenendo il muso…
- Che civetta. – commentai.
Achille sorrise. – Ti abituerai. – poi prese l’i-pod dallo zaino. – Vuoi
sentire un po’ di musica? – mi domandò. Annuii. E mentre ascoltavamo la musica
mi guardai intorno… ecco dove li avevo visti, erano i personaggi dell’Iliade o
comunque a questa legati: c’erano Odisseo e Nestore, Aiace insieme a Patroclo
appena dietro di noi, Fenice da una parte, Menelao, e anche Tersite tutto solo,
mentre in fondo Agamennone, Clitennestra, Elena e quella che riconobbi essere
Penelope… non c’era alcun dubbio, quell’estate non sarebbe stata affatto banale
come le altre…