Ciao, sono Amber Reed, la fotografa. - Storia di una Donna che viveva nel Dimenticatoio

di Virginia Of Asgard
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (Pagina 73;) E questa, è la mia vita, e così cominciai a vivere. ***
Capitolo 2: *** Pagina 73; Fine introduzione - l'inizio dell'esistenza di Amber Reed. ***
Capitolo 3: *** Pagina 115; Un progetto da scoprire: Il Subconscio di Amber Reed. ***



Capitolo 1
*** (Pagina 73;) E questa, è la mia vita, e così cominciai a vivere. ***


Psycho Virgin:
Questa storia ha come unico e solo scopo, quello di dare sfogo alle mie fantasie più assurde. Tratta semplicemente di una storia ambientata in un fantomatico universo alternativo, in cui nell’odierno Duemilatredici, i Beatles hanno sui trent’anni (John,31;Paul,29;Ringo,31;George,28.), al picco del loro debutto come solisti e come artisti di fama mondiale
Questa storia parlerà del legame particolare che verrà a legarsi tra queste due metà, John Winston Lennon e   Amber Charlotte Reed; Questa storia è stata tratta da un mio recente sogno, e il mio sogno voleva che John Lennon, oltre ad essere un attivista,pacifista e meraviglioso artista ad ogni effetto, fosse anche un filosofo ed un fotografo professionale. Quindi ci saranno queste due nuove costanti che modificheranno un po’ la vita di John, portandomi a dover aggiungere il carattere “OOC” alla storia. Abbiate pazianza! E come piccolo particolare che la differenzierà, avrà al posto dei titoli ad ogni capitolo, una piccola frase tratta dal libro mio ispirato e personale,
“Il Guerriero della Luce” del mio scrittore preferito d’eccellenza, Paulo Coelho. Quindi dedico a lui questa piccola Long, perché ogni suo libro è per me una perla di saggezza che mi aiuta a crescere ed andare avanti.
Davvero, non esistono scrittori migliori.
 

A Paulo Coelho e ai suoi meravigliosi libri!
Ai ragazzi del corso di dinamica mentale;
A quella vita che Amber Reed ha sempre desiderato, ma che non ha mai avuto,
Perché in fondo a tutte noi, c'è una Amber Reed, pronta a nascondersi dalla gente,
Nel suo dimenticatoio.

 
 
P.S. premetto che il libro sarà ogni qualvolta aperto a caso, e prenderò ispirazione per ogni capitolo dalla frase che comparirà dal libro.
P.S. del P.S.
Amber Reed: Zooey Deschanel
Silvye Quinn: Amanda Seyfried
John Lennon: John Lennon.

 

Pagina 73;
 
˜ *˜
Il Guerrireo della Luce sa che tutti hanno paura di tutti.
Questa paura si manifesta generalmente in due forme:
Attraverso l’aggressività, o attraverso la sottomissione.
Perciò,quando si trova davanti a qualcuno che gli ispira timore, il guerriero ricorda che l’alto ha le sue stesse insicurezze. Ha superato ostacoli simili, ha vissuto gli stessi problemi. Ma sta affrontando la situazione in modo migliore.
Perché? Perché si serve della paura come motore, non come freno.

Allora il guerriero apprende dall’avversario, e si comporta nella stessa maniera.

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Ciao, Sono Amber Reed, La fotografa.
[e questa, è la mia vita!]
Storia di una Donna che viveva nel dimenticatoio.

˜Una storia tratta da un sogno˜
 
 
ATTENZIONE:
questa storia è un’utopia!


 
                                                  

 
Ciao, sono Amber Evey Reed, e sono originiaria dello United Kingdom, precisamente Manchester.
Sono nata il ventinove di febbraio, quindi, tecnicamente, compio gli anni ogni quattro anni. È un punto a mio favore, invecchio più lentamente di altri!
Sapete, voi, chi è Amber Reed?
E aspete, voi, che cosa piace, ad Amber Reed?
Amber Reed ha appena Ventunanni, Amber Reed ha i capelli corti mossi e neri, le punte dei suoi capelli, però spaziano dal viola al blu, al rosa; Amber Reed non si piace: è troppo magra, bassa, ha le gamne a X, ha il seno troppo grande, il busto troppo corto, le gambe troppo lunghe; Amber Reed ama farsi Piercing, ne ha uno sul lato sinistro del labbro, un anellino nero, chiuso da una pallina di altrettanto colore; Ne ha un altro sul soppracciglio sinistro, nero anche quello, ed in fine ne ha uno sulla narice destra – un anellino nero, anche quello – senza contare le miriadi di buchi alle orecchie, pieni di anellini neri. Amber Reed è una ragazza Dark, canta in una band di Sympohonic Metal, ora lei vive a New York, e, sapete, oggi farà il suo primo servizio fotografico ad una modella poco famosa: Silvye Quinn, una ragazza dalla bellezza sublime, una ragazza da un caratterino acido ed orgoglioso, la sua migliore amica dai tempi del Liceo.
Ah! Dimenticavo! Ad Amber Reed piaccono gli uomini coi capelli lunghi e disordinati, la barba e l’aria da intellettuali o artisti, Ad Amber Reed piace il Metal ed il Rock, Amber Reed legge un libro a settimana, la lettura è la cosa più bella che esista, Amber Reed dipinge – ha fatto il liceo artistico – e disegna, Amber Reed è un’appassionata di belle Arti,musica, cinema, storia, scultura, architettura, poesia, e soprattutto Filosofia e Fotografia.
Questa è Amber Reed, questa, sono io.
Questa è la ragazza del dimenticatoio.

Questa è la ragazza che si sta guardando allo specchio, decisamente disturbata, non le piace ciò che vede.

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«Mmmh…» pensai concentrandomi sul mio volto; « dovrei farmi un altro Piercing!» pensai guardandomi, portai due dita verso il setto nasale; «Magari qui!» pensai ad alta voce; Fatto ciò andai nel mio guardaroba, e tirai fuori una maglia viola, dei Jeans neri ed attillati, un pancotto nero, e dei Dottor Martean’s Verde Pino.
Presi la mia Genesis II, una Chinon Italiana dall’età di circa sette anni. Una Macchina fotografica piuttosto giovane, pensai.
Tornai allo specchio a guardarmi nuovamente, mi voltai ed osservai il mio fondoschiena «Sei davvero orribile, dovresti chiederti perché i ragazzi non ci provano!» esclamai rivolta al mio fondoschiena orribile.
La casa pareva essere più vuota del solito, e quella meravigliosa giornata primaverile di un Aprile che fino a poco prima sembrava essersi prospettato un po’ troppo uggioso, per essere Aprile, sarebbe stata la giornata delle foto.
Sospirai rassegnata, ed uscii. 
Mi sarei dovuta incontrare con Silvye davanti al parco, a due passi dal mio piccolo appartamentino.
Camminavo parallela ad un fiume, ed osservavo la gente camminare di fretta perché in ritardo al lavoro, o ad un’appuntamento, la gente in ogni caso era sempre in agitazione. Da quando l’uomo aveva inventato il tempo, non c’era più pace nel mondo.
“Farò tardi a scuola”,”Ho l’autobus tra un minuto, maledizione!”,”dovevo essere lì ieri, ed invece…”,”se non mi sbrigo, sono morto!”,”Mi faranno una lavata di testa!” e così via dicendo. Erano le frasi tipo di ogni persona, le frasi che ognuno di noi conserva in un cassetto all’interno del cervello, pronto ad utilizzarle in caso di ritardi temporanei.
Guardavo la gente e mi sentivo oppressa, sentivo gli occhi addosso a me, perché ero diversa da tutti loro. Solo perché c’era qualche catena in più sui miei jeans, solo perché indossavo dei guanti neri senza le dita, ad Aprile, solo perché avevo la faccia perforata da ferri.
Deglutii, e continuai il mio cammino, interrompendolo distrattamente però, capitando addosso ad un povero disgraziato.
Il tipico incontro, con le persone più speciali, si fa casualmente, ad un bar perché ci si sente soli, alla fermata di un autobus, nell’attesa che non ritardi più del dovuto, per strada quando si ha fetta, sbattendoci addosso distrattamente.
Aiutai l’uomo ad alzarsi « Mi scusi! Mi scusi tanto, io non volevo, ero…ero di fretta » farfugliai distrattamente, mentre aiutavo un uomo dai capelli lunghi e mossi, sul castano chiaro, un uomo on dei tondi occhiali da vista, un naso arcuato e delle sottili labbra e delle gran basette, un uomo che avevo già visto, da qualche parte.
«Santo cielo! Voi maledetti ragazzi d’oggi! Dove l’avete lasciata, la testa? Nell’iPod??» commentò cinico, sistemandosi la giacca bianca distrattamente e frettolosamente. «Mi scusi, io…» tentai di giustificarmi, ma venni interrotta da altre lamentele ed imprecazioni dell’uomo. «Si può sapere che ci facevi nel mezzo di un marciapiede con la testa per terra, ed il cervello nello spazio?» continuò fissandomi con aria di rimporvero. Avrà avuto sulla trentina d’anni, forse trentacinque o anche trentotto anni. Era in ogni caso, molto più grande di me, ma non così tanto da potersi pemettere frasi diffamartorie verso “i giovani d’oggi” ! «Io…stavo andando a fare un servizio fotografico, sa, è il mio primo servizio ed ero un po’ agitata e distratta…» sussurrai timidamente. L’uomo innarcò la testa e mi fissò; « Sei una fotografa?» mi domandòp tutt’untratto come interessato; Annuii timidamente «sono alle prime armi, ecco…» L’uomo mi porse la mano «Io sono John Lennon, molto piacere!» esclamò stringendomi la mano. Restai fulminata all’istante: Ecco dove l’avevo già visto!! A suonare con i Beatles, e a ptotestare pacificamente contro la guerra! Ecco dove l’avevo visto!!
«A…Amber Reed» risposi alla stretta, arrossendo violentemente per l’imbarazzo. «Lei è davvero…?»
Domandai senza finire la domanda, non ce n’era bisogno. L’Uomo,John, annuì lentamente, con un sorriso beffardo sul volto. «Ora ti prego, non metterti a strillare, per Diana, è già tanto se riesco a girovagare per New York indisturbato, essendo scambiato per un sosia qualunque o una persona somigliante a John Lennon, quindi non urlare, ragazzina, intesi?» questa volta fui io ad annuire lentamente. Era davvero John Lennon, maledizione!! Era davvero un ex Beatle, un attivista, un cantante, un poeta, un pittore, un filosofo ed un fotografo di fama mondiale! Era davvero lui, in carne ed ossa, ed io, Amber Reed, ci avevo sbattuto contro, distrattamente.
«E così sei una fotografa alle prime armi, eh?» domandò affiancandomi ed iniziando a fare la strada con me, a quanto pare non aveva dove andare, o di che fare.
«Sai, anche io sono un fotografo, potrei insegnarti tranquillamente qualche trucchetto, sai?» disse fissandomi insistentemente, mi sentivo a disagio, dovevo in contrarmi con Silvye, ed ero arrivata al punto d’incontro predefinito.
«Sarebbe davvero magnifico, Signor Lennon!» dissi sorridendo timidamente. «Meraviglioso, ragazza! E non darmi del lei, dannazione!» esclamò fissando il cielo, si poteva benissimo vedere quanti sogni nascondessero quei piccoli occhi bruni, nascosti da degli occhialetti tondi e scuretti. «Senti, Amber, ma non ti hanno fatto male, tutti quei buchi?» domandò tutt’untratto fissandomi i Piercing neri, sorrisi divertita, avevo sentito troppe volte quella domanda.
«La prima volta si, ma dopo che ne fai un altro er un altro ancora, non fa più male, però posso assicurarti che la scaga è la stessa ogni volta che un ago sta per trapassarti la pelle!» esclamai ridacchiando timidamente, avevo fatto disgustare John Lennon, intento a farsi venire i brividi per ciò che avevo appena detto, sorrisi nuovamente, quell’uomo era…esilarante e carismatico.

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Capitolo 2
*** Pagina 73; Fine introduzione - l'inizio dell'esistenza di Amber Reed. ***


Pagina 73;

˜ *˜
Il Guerrireo della Luce sa che tutti hanno paura di tutti.
Questa paura si manifesta generalmente in due forme:
Attraverso l’aggressività, o attraverso la sottomissione.
Perciò,quando si trova davanti a qualcuno che gli ispira timore, il guerriero ricorda che l’alto ha le sue stesse insicurezze. Ha superato ostacoli simili, ha vissuto gli stessi problemi. Ma sta affrontando la situazione in modo migliore.
Perché? Perché si serve della paura come motore, non come freno.

Allora il guerriero apprende dall’avversario, e si comporta nella stessa maniera.

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Ciao, Sono Amber Reed, La fotografa.
[e questa, è la mia vita!]
Storia di una Donna che viveva nel dimenticatoio.

˜Una storia tratta da un sogno˜


ATTENZIONE:
questa storia è un’utopia!


N.d.A.: questa è la seconda parte, ho dovuto tagliare il prologo in due capitoli, essendo qualcosa di sproporzionatamente lungo (rispettivamente tre pagine e mezzo di word), non volendovi annoiare in un unico e lungo monologo che funge unicamente da introduzione, ho deciso di tagliarlo, ed ecco a voi la seconda parte della vita di Amber Reed.

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––Pagina 73; Fine introduzione - l'inizio dell'esistenza di Amber Reed.



«Abbie!» mi sentii chiamare da dietro, mi voltai e vidi Silvye arrivare di fretta, e scusarsi per il ritardo. Anche lei allora era una ritardataria.
   Silvye era alta un metro e settanta, aveva lunghi capelli mossi color del bronzo dorato, due grandi occhi castani e lunghissime ciglia nere e folte, due sopracciglia arcuate, ad ala di gabbiano, che le conferivano quell’aria maliziosa da cattiva racazza, e delle labbra carnose a dir poco perfette, Silvye era magra ed aveva ogni singola curva al proprio posto, per non parlare di come riuscisse ad evidenziare ogni curva, senza sembrare una poco di buono, o volgare.
John rimase biasito, nel vedere quella donna, la guardava assorto, perso nelle meraviglie del suo fisico e della sua estrema e ricercata perfezione, a John batteva nuovamente il cuore, e non solo. Da quando aveva lasciato Yoko Ono, per rimanere solamente lui e la sua arte, non aveva più visto una donna per cui valesse la pena riattivare i principi del rimorchio, fino all’arrivo di Silvye, che sembrava essere la perfezione tanto ricercata da lui, in tutti quegli anni. John sembrava essere appena caduto dal suo mondo, per tornare sulla terra, ed entrare nel mondo della Dea bellezza.
   Questa volta madre natura aveva fatto un ottimo lavoro, pensò!
«Ciao Syl! Permettimi di presentarti una persona molto specia…»
non feci in tempo a finire la frase, che John si fece avanti frettolosamente, e con un melanconico bacia-mano, si era presentato utilizzando il suo vero nome con tanto di secondo nome, che aveva sempre odiato.
«Io sono John Winston Lennon, molto piacere, Madmoiselle!» esclamò ponendo le sue attenzioni alla ragazza, che ricambiò presentandosi e ridacchiando imbarazzata.
« E’ lei, la donna alla quale devi fare il servizio fotografico, Amber?» mi domandò tutt’un tratto ponendo la sua attenzione su di me, per un secondo, ma Syl non mi lasciò nemmeno il tempo di rispondere. Mi sentivo in imbarazzo maggiormente.
Mi sentivo fuoriluogo, mi sentivo come invisibile o inutile. Era una sensazione orribile.
«Sì signore! Sono io, sai sono una modella da poco!» esclamò completamente fiera di essere la più bella del pianeta. Vi chiederete che cosa ci fa una racgazza timida ed introversa, brutta e priva di autostima, con un essere così solare ed estroverso come Silvye, beh, la verità è che siamo rimaste amiche anche dopo il liceo, anche dopo aver preso due strade diverse, io al College, lei a fare la modella per varie aziende modaiole.
«Ma è fatta allora!» esclamò John voltandosi verso di me; ricambiai con un sorriso piuttosto timido, come sempre d’altronde; « E’ fatta, vi assumo nel mio studio, è perfetto! Amber, tu avrai lezioni e spunti su come migliorare le tue techinche, e Silvye, sarò il tuo trampolino di lancio!» esclamò John Lennon, tutto eccitato per l’iniziativa che si prospettava perfetta per provarci spudoratamente con Syl, per poi portarsela a letto, al più presto.
Vedete, ci sono davvero pochi momenti nella vita in cui ci si può sentir male per la bellezza di un’altra persona, ecco, io mi sentivo così ogni volta che ero con Silvye. Ogni volta che ero in sua presenza, gli uomini guardavano unicamente lei, ed io non esistevo per nessuno. L’unico motivo per la quale venivo fissata, era perché ero strana. Diversa.
Mi sistemai una ciocca di capelli timidamente, mentre John e Syl avevano preso a discorrerre animatamente e a dirigersi verso lo studio fotografico e musicale di John Lennon, una leggenda vivente.
Era chiaro che Syl non sapesse chi fosse John Lennon, era chiaro che a lei piaceva musica d’altro genere, lei ascoltava Diana Ross, oppure Michael Jackson, Madonna, cose così.
Anche io, nel mio piccolo, ero appassionata di Michael Jackson[1], lui era davvero un grande, peccato vivesse a Los Angeles, dall’altra parte dell’America.
Era chiaro che ora mai tutta l’attenzione era – nuovamente ed unicamente – su Silvye. Ero abituata, ormai, a certe cose. Fortuna che odiavo essere al centro dell’attenzione, altrimenti la sofferenza per essere brutta ed insignificante sarebbe raddoppiata, con la presenza di Syl.
   Lo studio di John Lennon era un enorme palazzo bianco con enormi bandiere che raffiguravano simboli pacifisti e messaggi di pace, con un gran giardino all’entrata, con tanto di fontanella e piccolo ruscello con ponticello in stile orientale. Probabilmente era stata un idea di Yoko Ono, visto che miliardi di ciliegi Giapponesi in fiore, circondavano il piccolo ruscello, portando alla mente un piccolo giardino Zen. In effetti vi erano alcune pietre tonde e levigate, poste in equilibrio, l’una sopra l’altra, e simboli portanti dello Ying e lo Yang, come le due fantomatiche carpe giapponesi, una bianca ed una nera, che nuotavano sincronizzate nel fiume.
In un attimo mi tornò in mente quanto fosse ossessionato, John, da Yoko. Era diventato talmente ossessionato da firmarsi non Più John, ma John&Yoko.
Era davvero qualcosa di inspiegabile, come avesse potuto lei, lasciarlo per un altro uomo. Era stata davvero infame, considerando il fatto che dopo dell’accaduto, John era caduto in profonda depressione, ed era sparito dal mercato per qualche anno.
John Lennon era un artista di gran livello, ed anche se ero portata a generi di musica totalmente differenti come il Death Metal, o il Symphonic Metal (come la mia Band), beh John Lennon mi piaceva.
 
Sapete una cosa? Ad Amber Reed non dispiace la musica di John Lennon.
Ma la volete sapere un’altra cosa? Amber Reed odia con tutto il suo cuore le persone subdole e false, e Silvye era una di quelle. Certo ancora non lo potevo sapere, ero troppo ottusa, per accorgermene.
Non aveva perso un solo attimo per scordarsi della mia esistenza e tra l’altro anche il mio nuovo datore di lavoro aveva fatto lo stesso, ma non cel’avevo con lui. Quell’uomo aveva troppo, troppo carisma, aveva un’aurea talmente magnetica e potente, da affascinarmi totalmente.
In ogni caso ero rimasta sola. Probabilmente ero venuta con loro solo per cortesia ed educazione da parte di Mister-Carisma.
Cosa Amber Reed può trarre da questa situazione? Adesso ho un lavoro. Adesso… ho solamente un lavoro. Almeno avrò più soldi, almeno potrò dedicarmi alla mia arte.
Ma non sapevo una cosa, però. Non sapevo che la situazione sarebbe peggiorata e sprofondata, rinchiudendo Amber Reed in un angolo buio chiamato dimenticatoio.

 
Fine Introduzione.



[1] Ho deciso che non solo John è ancora vivo, ed ha trent’anni, ma anche Michael Jackson, essendo mio idolo, anch’esso. E,anzi! Avrà anche un piccolo ruolo, nella mia storia, come non solo lui, ma molti altri come Elvis oppure Kurt Cobain, o Janis Joplin, insomma :D

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Capitolo 3
*** Pagina 115; Un progetto da scoprire: Il Subconscio di Amber Reed. ***


 

Pagina 115;
Il Guerriero della Luce guarda la vita con dolcezza e decisione.
Egli è davanti a un mistero di cui, un giorno, troverà la risposta.
Spesso e volentieri dice fra sé e sé : “Ma questa vita sembra una Follia”.
Ha Ragione.
Concentrato sul miracolo del quotidiano, Egli nota di non essere sempre in grado di provvedere le conseguenze dei propri atti.
A volte agisce senza avere la coscienza di ciò che sta facendo: salva senza sapere che sta portando al salvamento, soffre senza conoscere il motivo per cui è triste.
Sì, questa vita è una follia.

Ma la grande sapienza del guerriero della luce consiste nello segliere bene la propria follia.

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Ciao, sono Ambre Reed, la fotografa
*
 Storia di una donna che viveva nel dimenticatoio

"Una storia tratta da un sogno"

ATTENZIONE: questa storia è un'utopia!

 





Una o Due Settimane dopo…

 
Avevo imparato ad inquadrare bene il mio obbiettivo, avevo imparato a focalizzare i punti di fuga delle prospettive utilizzando l’obbiettivo, avevo imparato a fare un primo piano decente, ed avevo imparato che il mio posto nella mia vita intera, sarebbe sempre stato secondario e precario.
Ed – dulcis infundo – John e Syl erano usciti a cena circa quattro volte.
Quella mattina primaverile mi ero alzata col sole, alle sei. Sbuffai, la sola idea di dover tornare in studio a fotografare ed elogiare Silvye non era molto allettante. Ma c’era un lato positivo, un punto a mio favore: C’era anche John.
Mi guardai allo specchio, sbuffando svogliatamente.
«Che Palle.» commentai guardandomi, allora portai una mano sulla frangia nera e violetta. «Mmmh, forse dovrei toglierla!» pensai a voce alta, in effetti non stavo proprio benissimo, e magari se l’avessi tolta e mi fossi vestita più “femminilmente”, sarei riuscita ad attirare di più l’attenzione di Mister-Carisma.
Non che mi interessasse più di tanto. Volevo solamente che per un pochino, non esistesse unicamente Silvye, ma che esistesse anche Amber Reed!
Corsi in cucina, e presi delle forbici, stavo per tagliare brutalmente i miei capelli. «Cazzo no!» mi dissi poi, lanciando le forbici sul letto; «Se devo farlo, vado da un Parrucchiere esperto, che diamine!» commentai rivolta allo specchio. Sbuffai un’altra volta, ed aprii l’armadio.
Vi erano un sacco di vestiti di H&M, Silvye ci aveva lavorato come commessa, prima di diventarne la modella; Quindi ero piena di abiti, gonne ed altri gingilli femminili che non avevo mai usato, se non per qualche occasione la sera, ma non era mai servito a nulla.
«Micio, micio, micio!» iniziai a chiamare la mia gatta di nome – e di fatto – Micia, nome dovuto ad una provvisoria mancanza di fantasia; La mia gatta era un miscuglio di varie razze, aveva macchie di pelliccia che spaziavano dal color terra di siena bruciata, al bianco, al nero, al rosso. Era una splendida palla di grasso e pelo, con nessuna utilità al mondo, se non tenermi compagnia. Vivevo con un gatto, completamente sola, a ventunanni.
Il perfetto ritratto di una fallita, pensai. Sospirai, ero una vera e propria fallita, non c’era nulla da fare.
Tirai fuori una maglietta degli Asking Alexandria e degli jeans corti, delle converse viola e verde acido, ed i miei inmancabili guanti senza dita. Macchina al collo, borsa in spalla, partii alla ricerca del tram.
*
 
«Hey Amber!» mi salutò cordialmente Helena, la portinaia. Aveva circa venti sei anni, era l’unica con la quale avevo legato, li dentro. In comune avevamo il Death Metal e la passione per il rock n’ roll. Un validissimo motivo per instaurare un’amicizia! «Helena!!» esclamai io, salutandola con forse troppa estasi. Estasi, mi venne in mente l’estasi di santa teresa. Che epnsieri assurdi, Amber!
«Hey, guarda che c’è John in studio!» asserì Helena sottovoce. Spalancai gli occhi, ultimamente non era mai in studio, c’ero solamente io, presa a photoshoppare e a fare i più noiosi lavori di grafica pibblicitaria che potessero esistere al mondo. Ma non oggi! Oggi c’era anche lui.
Ed io ero vestita come una barbona che tentava di imitare una metallara!
 Ma ciò significava Silvye tra i piedi. Scossi la testa violentemente «come sono messi i capelli??» domandai preoccupata, Helena scoppiò a ridere «Tesoro, hai più colori in testa tu, che una scala cromatica!» esclamò piuttosto divertita; «per non parlare di tutto quel ferro che hai in faccia, ma quando vai in aeroporto non ti fermano??» continuò a ridere rendendo la cosa meno divertente per me. In effetti mi fermavano, però ora tutti i piercing erano di un materiale chiamato Teflon, se non erro: un materiale plastico anallergico, motivo in più per la quale non sarebbe suonato prorpio nulla.
«Oh! Oh! Scusami! Scusami, era più forte di me! Sei perfetta così, anzi! Aspetta che ti spruzzo un po’ del mio preziosissimo Chanel Numero Cinque!» esclamò tutt’un tratto, curvandosi e sparendo dal bancone, per poi riapparire con una boccetta rettangolarre di profumo, che iniziò a spruzzarmi, facendomi tossire più volte. « Ora vai, il tuo Johnny ti attende!» disse con finti occhi sognanti, la mandai a quel paese. Amichevolmente.
Salii al terzo piano, nello studio di John. Sentii delle voci cinguettare, anzi, ne sentii una sola: Syl. Era arrivata prima di me.
Ottimo, faccio pure la figura della ritardataria! Mi sono svegliata alle sei del mattino per il cazzo!
Pensai, mentre il cuore aumentava di un battito. Ero stranamente in imbarazzo, ora che c’era il rischio che John e Syl diventassero una coppia, proprio non me la sentivo di fare da terza incomoda della situazione!
Ma era una corce che avrei dovuto sopportare.
L’ennesima.
Bussai timorosamente, mentre i miei occhi cadevano lungo il design architettonico, del palazzo di Mister-Carisma.
La porta si aprì davanti ai miei occhi, Silvye sorrideva felicemente.
«Buongiorno Morticia!» esclamò abbracciandomi. Ecco, dovete sapere che, per prendermi palesemente – ma pur sempre amichevolmente – per il culo, Syl mi paragonava a Morticia Adams. Fortuna che avevo tutta la collezione delle puntate della Famiglia Adams, a casa, tenute con cul loro cofanetto a forma di bara!
Percui lo presi, per l’ennesima volta, come un complimento.
«C…ciao Syl» asserii, scostandomi da quell’abbraccio.
«Salve capo!» esclamai a John, imitando il saluto militare, mentre veniva verso di noi, per rubare Syl, probabilmente.
«Oh, siamo di buon’umore vedo! Molto bene, perché oggi abbiamo un fottio di lavoro da fare!» esclamò John sorridente.
«Ah, Amber, ti dovrei parlare di un progetto che ho per te, se non ti dispiace!» disse poi, rivolgendosi a me.
Mi pietrificai all’istante. Aveva davvero un gran progetto, solo per me? Oh, questa notizia mi fece andare totalmente sudigiri. Sorrisi ed annuii a John, mentre nel mio stomaco si scatenava la terza guerra mondiale.
Dovetti ammettere che in quel preciso istante la mia mente iniziò a vagare con l’immaginazione, per tentare di rendere ipoteticamente reale, il mio nuovo compito, solo per me.
*
Quella giornata era venuta un’altra modella in studio, era una ragazza africana, dalla particolarità sopraffine. Aveva difatti, una caratteristica davvero insolita: al posto dei normali occhi castani o neri, tipici dei popoli africani, Maya – così si chiamava – aveva due grandi iridi color verde acceso.
Il tema del servizio era incentrato sulla solidarietà ed era contro il razzismo e l’omofobia; ecco perché Silvye e Maya erano state fotografate – da me medesima – mentre compivano azioni come baciarsi, o altro.
Era perfetto! Veramente perfetto! Il messaggio arrivava forte e chiaro, e le foto sarebbero state pubblicate su grandi cartelloni ingiro per la strada, ad annunciare l’imminente manifestazione di coloro che erano contro a quei fenomeni orribili.
Anche io ci avrei partecipato, era certo! Essendo bisessuale, quando lo dissi ai miei, non reagirono per nulla bene; Anzi, mi tagliarono i fondi, in quanto fermi religiosi, ed io fui costretta a ‘separarmi’ dalla mia fidanzata dell’epoca, Rina.
A volte mi capitava di pensarci, a lei, ed ai suoi bei capelli verdi. Mi facevano impazzire, era stata la mia prima cotta, da allora non la rividi più. E da allora non ebbi più altre relazioni, mi chiusi talmente tanto in me stessa, che ancora oggi fatico a parlare con un uomo o una donna che mi potrebbero interessare.
Sapevo di non essere abbastanza per nessuno, capite? E questa certezza mi mandava in pappa il cervello, e tutti i sentimenti che provavo, restavano perennemente imprigionati dentro me stessa. Volevo urlare, piangere, ma sapevo che non avrei avuto proprio nessuno con cui farlo. Ecco perché lo facevo da sola.
Uscire dagli schemi, infrangerli, distruggere la maschera che mi ero creata, e far fuoriuscire chi ero veramente. Peccato che non lo sapessi più nemmeno io. Era così tanto tempo che fingevo, che ora mai avevo dimenticato chi ero veramente.
«Hey va tutto bene, ragazza?» la voce di John mi fece sussultare, probabilmente avevo assunto quello sguardo cupo e malinconico, che avevo, quando andavo in trance per i miei pensieri più brutti.
«Certo» sussurrai fingendo un sorriso. Lo sguardo di John si fece investigativo. «Tu hai proprio bisogno di ubriacarti, ragazza mia! Non so che cazzo di problemi ti stiano tormentando, ma una cosa è certa: hai bisogno di una pausa dal mondo!» esclamò John, sicuro delle sue parole, che infine erano semplicemente la verità, dettata dai suoi parametri, naturalmente. «Esatto John, diglelo! Ogni volta che le chiedo di uscire la sera, per divertirci, lei mi propina scuse assurde! Convincila tu!» sentii Syl, incalzare sull’argomento, dai divanetti dello studio, mentre discuteva con Maya del più e del meno.
«Ragazzi, non fa niente, ci sono problemi più importanti del mio stato d’animo!» asserii imbarazzata. Solo allora potei notare quanto John mi fosse vicino. Era terribilmente magnifico, sentirlo così, vicino a me.
«Se ti predi per i problemi più grandi, poi finirai per dimenticarti di te stessa!» si aggiunse Maya, come se non bastasse. Scossi la testa imbarazzata, fingendo un sorriso. «Non ho tempo per le serate alcoliche, non sono più al liceo!»
«Fottiti del tempo, cazzo! Quanti anni hai? Diciannove, venti? La tua cazzo di vita non dev’essere sprecata così! Vivi la tua fottuta gioventù, finché sei in tempo, Amber!» John mi mise le mani sulle spalle, squotendomi animatamente. Mi sentii un’idiota, e anche una sfigata nerd, che se ne sta rintanata in casa dalla mattina alla sera.
«Allora è deciso, Syl, questa sera andiamo tutti ad ubriacarci in onore di Amber!» concluse John, sorridente. Cacciai un sospiro di sollievo, almeno lo facevano in mio onore, il ché implicava che io non sarei venuta.
Preferivo ubriacarmi da sola, in casa mia. Dio quanto sono misantropa!
«No, hey principessina! Non credere che siccome lo facciamo in tuo onore, allora non verrai! Questa sera alle nove e mezza, davanti all’Hotel bianco, pieno di damerini!» esclamò John entusiata. Probabilmente tutto questo attivismo creativo, lo stava stressando amaramente. Si vedeva che non vedeva l’ora di tornare ai bei vecchi tempi, dandosi all’Alcool e allo sballo più totale.
«Non mancare, ci tengo!» sentii sussurrare John, mentre il mio sguardo si incrociava con il suo. Rabbrividii, aveva la sua mano, sul mio braccio, in segno di amicizia, naturalmente, ed aveva una smorfia decisa ma allegra. La sua aurea sprigionava purezza e follia allo stesso tempo. Mio Dio! Nessuno poteva vantarsi di avere un’aurea magnetica tanto quanto quella di John Lennon. Era davvero soprprendente, come fossi attratta da lui, e dalla sua aurea.
Era una sensazione a dir poco alchemica.



Ok, Salve!
Sarà un anno che non aggiorno!
Percui non mi aspetto alcun Boom di recensioni, spero solo che questa storia vi incuriosisca,
sennò non avrò alcun motivo di continuarla T.T

p.s. Amber Reed è un personaggio ispirato alla scrittrice.


Je vis pour elle_

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