Born to love not to hide - The story of a lord and his slave.

di dreamlikeview
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte uno. ***
Capitolo 2: *** Parte due. ***



Capitolo 1
*** Parte uno. ***


Incantami, seducimi,
illuditi, disperati,
arrenditi, ed ama ancora.
Insegnami, confondimi,
inseguimi, difenditi,
arrenditi ed ama ancora.
(Ama Ancora – Sonohra)


 

Due ragazzi erano destinati l’uno all’altro.
Un antico proverbio cinese dice che due persone, due anime gemelle, alla nascita sono legate da un filo, chiamato il filo dell’amore, che li lega in amore e amicizia, nonostante gli ostacoli, i due amanti sono destinati ad incontrarsi, a viversi, ad amarsi. E se questo fosse il caso di Harry Styles, il povero servo e Louis Tomlinson, bellissimo conte? 

*

Se c’è una cosa che Louis Tomlinson odia, è presentarsi ai ricevimenti.
Non sopporta quegli abiti eccessivi, o quelle false buone maniere che deve sempre tenere come facciata. Sì, perché le buone maniere servono solo come facciata.
E si sente in trappola.
Guarda fuori dall’immensa finestra che vede dal centro del grande salone del suo casato, dove è stato radunata tutta la nobiltà inglese compresa la famiglia reale, perché lui, l’erede dei Tomlinson, la grande famiglia imparentata alla lontana con i reali deve chiedere alla contessa Calder di sposarlo, altrimenti i genitori non gli perdoneranno quest’affronto. Ma lui non vuole.
Lui non ama quella donna. Quella donna non è lui.
Non ha quegli occhi verdi, che cambiano colore “a seconda dell’umore”, non ha quelle guance paffute e morbide nonostante la sua pelle sia vellutata, non ha la stessa morbidezza, non ha quei ricci morbidi, che solo a toccarli ti fanno rilassare, non è semplicemente lui. Il suo Harry.
Si guarda intorno con i suoi occhi azzurri come pochi, limpidi come il cielo d’estate, tormentati come il mare in tempesta, e non può far altro che sospirare, spostandosi i capelli castani spettinati, come al solito, dietro un orecchio perché è nervoso. Ha paura, certo, chi non ne avrebbe a trovarsi davanti a tutta la casata reale, di fronte a persone a lui sconosciute, miste ai suoi parenti e altra gente appartenente alla famiglia Calder? Solo un pazzo.
E Louis, dentro di sé, è pazzo, pensa.
E’ pazzo di quel riccio tutto sorrisi e carezze.
E, maledizione, vuole solo tenerlo tra le braccia, proteggerlo, amarlo. Perché, sì, Louis lo ama.
Non gli importa che sia un ragazzo, non gli importa che tutti lo odieranno dopo, non gli importa, vuole lui nella sua vita, non un matrimonio combinato, non una moglie e dei figli. Si accontenterebbe anche di una vita umile, in campagna. E diavolo quanto è cambiato. Fino ad un anno prima non avrebbe mai creduto di poterlo pensare. Non avrebbe mai creduto di poter pensare che una vita da contadino gli andasse bene, pur di stare con lui, dannazione.
Vuole liberarsi, vuole scappare, andare via, scappare con lui. Ma lui non è lì, lui lo ha lasciato. Se ne è andato, veloce come un battito di farfalla, quelle che gli piaceva osservare insieme al suo Harry.
I ricordi si affollano nella sua mente, vuole andar via, raggiungerlo, ma non sa dove sia.
Odia quel luogo, odia la sua assenza, odia ciò che deve fare.
La questione è una: la povertà o la nobiltà?
L’amore o un matrimonio combinato?
Harry o Eleanor?
La felicità o l’infelicità?
 
 

*

 
Era una fredda mattinata invernale, quando Louis, primogenito dell’importante famiglia Tomlinson, anni diciannove, vide per la prima volta Harry Styles. Il timido, riccio e dolce servo, appena giunto.
Fu un attimo, i loro sguardi si incrociarono, giusto un istante dopo che il padre gli ebbe detto che era il suo nuovo servo.
Il che significava che l’avrebbe visto spesso, e a Louis non dispiacque per nulla.
Era il ragazzo più bello che avesse mai visto in vita sua. Alto, più di lui sicuramente, gli occhi verdi e limpidi come due smeraldi, la bocca piccola, le labbra carnose, l’espressione di un cucciolo indifeso e le labbra tirate in un sorriso sereno, e Louis si chiese cos’avesse da sorridere un servo. Insomma, vivevano una vita orrenda, piena di maltrattamenti, povertà, ordini da eseguire, e cose simili, come poteva sorridere? E come poteva essere così maledettamente bello, lì davanti a lui?
Un semplice servo, poi. Immediatamente gli strappò un sorriso.
Ricordava tutti i servitori che aveva conosciuto nei suoi diciannove anni. Erano tutti.. strani. Erano tristi, deperiti, sporchi, brutti; quell’Harry invece aveva qualcosa che gli altri non avevano. E Louis doveva scoprire cos’avesse di diverso da tutti. Insomma, perché nessuno degli altri servi lo aveva fatto sorridere come aveva fatto quel ragazzetto appena arrivato nel casato?
E quale modo migliore se non tenerlo sempre accanto, come suo servo, come aveva detto suo padre?
“Louis William Tomlinson, piacere di conoscerti.”
 
 
Louis sospirò.
Era da un po’ che era tormentato da un pensiero: il ragazzo riccio che lavorava per lui.
Ogni mattina, sapeva che arrivava in camera sua sempre alla stessa ora, gli apriva la tenda della finestra, gli andava a preparare il bagno, e gli preparava i vestiti puliti. Poi usciva dalla stanza, tornando dopo diversi minuti con la colazione pronta, e poi con una dolcezza incredibile lo chiamava svegliandolo. E Louis puntualmente fingeva di dormire, per bearsi delle carezze delicate sulla guancia del piccolo Styles, piccolo sì, perché aveva scoperto che il riccio fosse più piccolo di lui di tre anni. Come poteva esserlo? Era il doppio di lui in muscolatura e altezza. E Louis, come una giovane fanciulla alla prima cotta, immaginava che quelle braccia forti lo proteggessero da tutto e tutti, per questo, nonostante fosse sveglio, restava con gli occhi chiusi. Come poteva piacergli un ragazzo? Era contro natura, gliel’avevano sempre insegnato, e invece, ora accanto al giovane Styles si sentiva bene, si sentiva completo. Come mai si era sentito in vita sua. Aprì leggermente gli occhi, trovandosi negli occhi azzurri..? Ma il giorno prima non erano verdi? Com’era possibile che avessero cambiato colore? Che stregoneria era mai questa?
Che Styles fosse uno stregone, e lui fosse vittima di un incantesimo?
Lo vide sorridere, e non appena incrociò i suoi occhi, arrossì, credendo di essere lui la causa di quel meraviglioso sorriso.
“Buongiorno, signorino Louis, avete dormito bene?” – chiese cordialmente, sorridendogli.
Louis odiava tutta quella cortesia, lui era un ragazzo, aveva diciannove anni, perché doveva farsi dare del voi da un suo coetaneo? Harry aveva sedici anni, e allora? Erano comunque coetanei.
Si stropicciò con fare stanco un occhio, trasmettendo al riccio tutta la tenerezza possibile, e lo vide sorridere ancora più. Quel sorriso inondava la stanza parzialmente luminosa – perché Harry aveva imparato che per non innervosire Louis di prima mattina, la camera doveva rimanere parzialmente buia se no non si abituava alla luce, non aveva dimenticato l’urlo che aveva lanciato involontariamente quando la prima volta che gli aveva aperto la finestra completamente, la luce aveva ferito quelle due gemme di cielo che il castano aveva al posto degli occhi – e Louis si accorse che quello era il sorriso più bello mai visto. Vedeva ai lati delle sue guance paffute un paio di fossette e ne fu attratto. Cosa gli stava succedendo?
“Po-potresti chiamarmi solo Louis, e darmi del tu? Mi sento vecchio, e tu hai la mia età, più o meno” – biascicò, con la voce impastata dal sonno, guadagnandosi un altro sorriso dal riccio.
Se avesse continuato così, la mascella gli avrebbe fatto male, ne era sicuro. Era impossibile sorridere così tanto senza provare dolore al viso.
“Da-davvero? P-posso?” – balbettò intimidito, facendo sorridere, stavolta Louis.
Il castano sorrise spontaneamente, come non faceva da tanto, tirando le sue sottili labbra in un sorriso dolce e incantatore, che rapì il più piccolo, e poi annuì. Sì, voleva trattarlo diversamente.
Sentiva qualcosa dentro di diverso. Si sentiva diverso da quando conosceva quel giovane.
Gli importava davvero che fosse un ragazzo? No.
Gli importava davvero che fosse un servo? No.
Gli importava cosa provasse? Sì, questo sì.
“Certo che puoi, avanti siediti e mangia con me, è troppo solo per me tutto questo!” – sorrise spontaneamente alzando le coperte per fare spazio al riccio sul suo letto.
Si rese conto che quel letto fosse troppo grande per una sola persona, e la voglia di avere qualcuno a dormire lì con lui fu tanta, ma era presto. Si conoscevano.. da quanto? Un mese?
Non poteva esporsi tanto, non subito almeno.
Dividere la colazione, tuttavia, gli sembrò l’idea migliore del secolo, Harry da parte sua non mosse un muscolo, troppo indeciso sul da farsi. Mica poteva davvero accettare?
Era comunque un suo superiore.
Il sorriso mutò in un’espressione triste, mesta. Come se in quel momento non sarebbe dovuto essere lì, perché non era giusto che il suo signore si togliesse letteralmente il cibo dalla bocca per lui.
E se poi il padrone l’avesse scoperto? Che ne sarebbe stato di lui?
Non poteva rimanere senza lavoro, non in quel periodo almeno.
“Ehi, Harry, che ti succede?” – chiese premuroso Louis, afferrandogli una mano, avvicinandolo al letto –“non ti va di fare colazione con me?” – gli fece gli occhi dolci, ed Harry non riuscì a non sorridere davanti a quello sguardo così dolce e penetrante, la voce da bambino capriccioso, e, quasi poteva vedere, il labbro inferiore sporgere quasi tremulo.
“N-no, non è questo, è-è che..”- balbettò in imbarazzo.
“Non sei abituato alla gentilezza? Nemmeno io. Sei il primo con cui mi capita” – sorrise sinceramente irradiando la mente di Harry con quel maledetto sorriso –“ma se proprio non vuoi che sia gentile, ti ordino di fare colazione con me.” – e rise. Una risata melodiosa, di cui nemmeno un canto di un usignolo poteva eguagliare la bellezza.
Harry adorava Louis.
Come poteva non farlo? Era l’unico nobile che non aveva la classica puzza sotto al naso, e lo trattava come un umano. E quell’ordine fu il più bello che gli avesse mai dato.
Il riccio, lentamente, si mise in ginocchio sul letto di Louis, restando a debita distanza da lui, mentre il castano si allungava verso il tavolo accanto al letto, per recuperare il vassoio e dividere la colazione con Harry.
Era un mese che lavorava per lui, e lo aveva sempre considerato una brava persona, ma adesso che erano l’uno di fronte all’altro, mentre consumavano insieme la colazione sul lussuoso letto a baldacchino di Louis, in quella stanza lussuosa, enorme, in cui Harry ogni volta si perdeva, capiva che in realtà quel ragazzo, quel nobile, quel signore fosse davvero diverso dagli altri nobili, sicuramente era gentile come pochi.
E “Hai il naso sporco!” – strillò divertito Louis, passando un dito sul naso del riccio che sussultò e rise imbarazzato, mentre il castano si beava della sua risata, delle sue fossette, dei suoi occhi socchiusi mentre rideva, delle sue labbra che si muovevano. Si beava semplicemente della presenza del giovane accanto a lui, e nemmeno se ne rendeva conto.
Era già stato rapito con uno sguardo, ma non era stato abbastanza furbo da evitare che il riccio lo facesse innamorare anche della sua risata.
 
 
Erano passati due mesi da quella mattina.
Tre mesi dall’arrivo di Harry al casato.
Tre mesi in cui Louis si sentiva meno solo, perché prima dell’arrivo di Harry si era sempre sentito solo al mondo, come se tutto quello che avesse non era abbastanza per essere felice.
Seppur viziato, Louis Tomlinson aveva qualcosa di diverso dagli altri nobili. Per lui i soldi e la nobiltà non erano mai stati davvero tutto, magari per la sua natura ribelle, o forse perché aveva una marcia in più rispetto agli altri “come lui”, lui si sentiva diverso e, purtroppo, solo.
Il riccio era non era solo un servo per lui, era anche un amico. Ad entrambi, piaceva la notte chiudersi nella camera di Louis e parlare fittamente, sussurrandosi parole segrete, che nessuno avrebbe mai ascoltato, che sarebbero rimaste impresse tra quelle mura, nelle loro orecchie. Dalle loro bocche non sarebbe mai uscita una singola parola sull’altro, come se un muto accordo fosse stato stretto, come un legame li avesse uniti, senza che loro se ne fossero accorti. E nascosti dalla luce del sole continuavano ad incontrarsi nella camera del più grande, che non negava mai la sua spalla al riccio. Più volte erano finiti per addormentarsi stretti tra le braccia dell’altro, in un groviglio di corpi impossibile da sciogliere.
Erano diventati intimi, nonostante fossero servo e padrone, loro non sentivano la differenza, perché insieme si completavano. Che gli importava della classe sociale?
Louis non avrebbe mai creduto di pensarlo, e invece dovette ricredersi quando si svegliò nel suo letto, con Harry che dormiva appoggiato sul suo petto, i ricci sparsi sulla camicia bianca di cotone finissimo e pregiato, il viso da bambino, la mano appoggiata sulla pancia, in quella posizione così intima, che se Louis non sapesse che la notte prima si erano addormentati così, solo perché il riccio aveva pianto a dirotto per la notizia della morte di sua madre, avrebbe pensato sicuramente di essere impazzito a far dormire un ragazzo su di lui. Passò una mano tra i capelli folti dell’altro, attento a non svegliarlo, l’ultima cosa che voleva era farlo tornare alla realtà, e vederlo piangere.
Era stato straziante non vedere quel meraviglioso sorriso che ogni giorno lo accompagnava da tre mesi, vedere quel bellissimo ragazzo distrutto dalla perdita di una persona cara, e si era fermato a riflettere che lui non avrebbe mai pianto così per qualcuno dei suoi familiari, perché semplicemente con loro non aveva un rapporto. La nonna la vedeva solo ai grandi ricevimenti di palazzo, i genitori non si curavano né di lui, né delle sorelle, e qualsiasi parente era troppo lontano da poter andare a trovare, era troppo lontano anche solo per potersi affezionare a lui. Forse, l’unica persona a cui si era legato davvero era Harry.
Quel servo riccio, bellissimo sia dentro che fuori, che ora dormiva tra le sue braccia e sembrava troppo lontano dalla realtà, troppo perso nei suoi sogni, troppo bello per essere vero.
Louis sorrise lasciandosi andare di nuovo contro il cuscino morbido e prese ad accarezzare delicatamente i capelli del più piccolo, era così piacevole accarezzarlo, ed era rilassante affondare la mano in quei ricci morbidi.
Si diede dello stupido da solo. Non poteva essersi invaghito di un ragazzo, di un suo servo. Non poteva permetterselo, i genitori non gliel’avrebbero perdonato. Non avrebbero accettato, e l’avrebbero mandato via.
Louis era ancora troppo immaturo per capire che un giorno tutto quello non gli sarebbe mancato per nulla, come diceva Orazio -che lui aveva studiato, perché la cultura, quando appartieni ad una famiglia nobile e sei l’ereditario conta molto- carpe diem.
E lui lo faceva semplicemente. Coglieva l’attimo con Harry, si godeva il tempo che gli era stato concesso di passare con un ragazzo che lo stava a poco a poco conquistando dal profondo.
Lentamente, le palpebre di Harry si sollevarono, rivelando i suoi occhioni verdi, ma un verde che andava nel grigio, rendendoli più scuri, velati di rosso a causa delle lacrime versate la notte prima, e le iridi azzurre di Louis li incrociarono. Entrambi i ragazzi sussultarono, perdendosi l’uno nello sguardo dell’altro, incapaci di proferire alcuna parola. Una mano di Louis si allungò fino alla guancia di Harry, e con il dorso l’accarezzò delicatamente, come se il riccio fosse qualcosa di prezioso da proteggere, da..
Amare..
Aveva davvero pensato da amare? Non poteva amarlo. Lui era un ragazzo, non poteva amare un altro ragazzo, giusto? Era contro natura, non gli era mai successo. Cercò di respingere quegli interrogativi, facendo di Harry il suo unico pensiero di quella giornata, pensando che doveva fare qualcosa per farlo star meglio.
“Come hai dormito, Harry?” – chiese premuroso, accarezzandogli la schiena.
“Meravigliosamente tra le tue braccia, sono così.. calde” – fece con la voce roca e impastata dal sonno, abbracciandolo socchiudendo gli occhi, provocando tanti piccoli brividi lungo la schiena del più grande. Il cuore di Louis perse un battito e il castano nemmeno se ne accorse, non lo sentì battere così forte nella cassa toracica, quando Harry lo abbracciò affondando il viso nell’incavo del suo collo, respirando il profumo della sua pelle, beandosi di quei sapori ed odori che essa emanava. Louis semplicemente rimase immobile, con un’espressione da ebete sul viso, e le braccia strette attorno alla schiena del minore.
“Ti va di fare un..” – tossì, cercando di darsi un contegno –“di accompagnarmi alla battuta di caccia, oggi? Mi annoio ad andare da solo.”
L’inverno stava ormai abbandonando l’Inghilterra, e i timidi raggi primaverili iniziavano a scaldare i corpi e i cuori delle persone. Louis poteva permettersi di portare con sé Harry ad una battuta di caccia leggermente,molto, inventata.
Harry si aprì in un sorriso radioso, ignorava che non c’era nessuna battuta di caccia, e dannazione avrebbe dovuto ricordarlo, perché lui era il servo del conte Louis, non poteva dimenticare le cose così facilmente, ma era la presenza di Louis a fargli perdere la cognizione del tempo.
Portò una mano chiusa a pugno a stropicciarsi gli occhi, sfregò la guancia contro la spalla di Louis, e lo sentì sussultare al contatto, e non potette trattenersi dal sorridere lasciando un bacio delicato e casto sulla sua spalla, prima di sciogliere l’abbraccio, facendo percepire a Louis uno strano senso di vuoto e nostalgia.
“Vengo, ma se poi tuo padre..?” – fece titubante.
“Sei il mio servo, Harry, decido io per te.” – ridacchiò avvicinandolo per schioccargli un bacio sulla guancia, facendolo arrossire all’inverosimile.
“M-mi consideri solo un servo allora..” – fece leggermente deluso.
Cosa si aspettava? Che Louis gli dicesse che fossero amici? Che gli dicesse che non gli importava se lui era un suddito e lui no? Si morse nervosamente le labbra, allontanandosi, senza aspettare risposta da lui, per prendergli i vestiti puliti, e preparargli il bagno, ma prima che potesse sparire dalla sua visuale, Louis lo raggiunse prendendolo per i fianchi, e avvicinandolo a sé, premette le labbra contro il suo collo, lasciandovi un dolce e casto bacio.
“Non sei solo il mio servo, sei il mio migliore amico, l’unico amico che ho, l’unica persona per la quale piangerei se dovessi morire prima di me.” – sussurrò contro il suo orecchio, lasciandovi un bacio delicato, mentre il cuore nel petto di Harry correva veloce come una carrozza trainata dai cavalli più veloci dell’intera contea, dell’intera Inghilterra.
“V-va be-bene” – balbettò imbarazzato il più piccolo. Ogni volta che Louis lo abbracciava o gli dedicava qualche attenzione in particolare, balbettava ed arrossiva, facendo nascere dentro al cuore del maggiore un senso di.. tenerezza e strambo amore che lo portava a sorridere, ad essere felice.
Ed Harry amava quel sorriso, voleva vederlo sempre. Amava la risata cristallina di Louis, le sue labbra che si muovevano veloci nell’atto della risata, e le mani che si muovevano veloci per il divertimento e l’imbarazzo del mondo. E proprio quando i loro occhi si incrociarono, entrambi si sentirono a casa.
Si scambiarono uno sguardo dolce, pieno di sentimento.
Louis doveva essere impazzito. Come poteva provare certe cose per un ragazzo? Per quel riccio?
Vero era, che il ragazzo gli era entrato dentro, nel cuore, lo aveva scaldato e colorato.
Perché in quegli occhi che cambiavano colore – e Louis era determinato a scoprire perché facessero così – aveva visto qualcosa che in altre persone non aveva mai visto, nemmeno in quelli di “quelli come lui”.
Negli occhi di Harry c’era amore, c’era voglia di vivere, c’era allegria, c’era tutto ciò che al mondo c’è di positivo. C’era bellezza.
 
 
“Lou, ti prego sono stanco!” – esclamò Harry, sfinito, lasciandosi scivolare contro la corteccia di un albero – “tanto ormai il cervo è scappato, non puoi riprenderlo, riposiamoci”  - supplicò.
L’estate era giunta, e Louis sempre più spesso decideva di uscire per le battute di caccia, costringendo Harry a seguirlo e a passare il tempo con lui. Non che al riccio dispiacesse, ma era davvero estenuante stare al suo passo. Per lui sarebbe stato più facile pulire mille cucine reali, piuttosto che correre dietro a Louis, che a sua volta correva dietro ad un cervo.
Era legale uccidere poveri animaletti?
“Sei proprio un pappamolle, Styles.” – sogghignò divertito, lasciandosi scivolare anch’egli contro la corteccia, prendendo dalla sacca una borraccia con dell’acqua. –“vuoi bere?” – chiese premuroso, porgendogliela. Harry scosse la testa, sorridendo.
Di certo, quando era arrivato al casato Tomlinson, sei mesi prima, non si sarebbe mai aspettato di finire così, innamorato del giovane Louis, così amico di Louis, così non suo servo.
Perché il rapporto che c’era tra di loro era tutto fuorché quello che c’era tra servo e padrone. Era un rapporto di amicizia e fiducia reciproca, basato su un grande segreto che nei loro cuori, entrambi celavano.
Si stavano innamorando, ma non riuscivano a vederlo, non ancora almeno.
Ma era un segreto così pericoloso, così assurdo per la loro situazione che andava tenuto nascosto, nessuno doveva scoprire il loro amore celato dietro sguardi e gesti, nessuno. Nemmeno loro stessi.
Non capivano la grandezza del loro amore, non potevano coglierne il frutto, ancora troppo acerbo per essere espresso a voce. Era come un fiore.
Il seme era stato piantato, pian piano sarebbe cresciuto, e sarebbe sbocciato. Come un frutto che dev’essere colto da un albero.
Per ora il seme era ancora seminato, in attesa di concime e il frutto ancora troppo acerbo per essere colto. Per il momento la loro, era solo una grandissima amicizia, che andava al di là della loro posizione sociale.
Louis bevve, e dopo alcuni istanti, propose di nuovo ad Harry di bere a sua volta e questo accettò, senza obiettare.
“Sì, grazie!” – esclamò Harry sorridendo, rubando dalle mani di Louis la borraccia, assaporando il sapore lasciato lì dalle labbra di Louis, così dolce, così puro, così.. suo.
Louis infilò una mano nei ricci di Harry e li scompigliò, rendendoli più ribelli del solito, più mossi erano, più lui si rilassava quando li toccava, e sorrideva quando il più piccolo faceva piccoli versi simili ai miagolii dei gatti, quando lui gli toccava i capelli.
“Ci pensi mai a cosa sarebbe accaduto, se non fossi stato un servo?” – chiese Harry a bruciapelo, mentre il più grande non staccava gli occhi da lui, dalle sue labbra piegate all’ingiù, dal suo naso a patata, dalla sua espressione corrucciata, dai suoi lineamenti non reali, ma ugualmente morbidi, dalle sue guance, e quelle fossette che vide quando entrambi si distesero in un sorriso.
“Non avrei potuto fare questo.” – dichiarò il conte, sporgendosi verso il riccio, posando un delicato e leggero, come il battito d’ali di una farfalla, proprio quella che quando i due giovani si ritrassero dal bacio, si posò sul naso del riccio, facendolo sorridere sia per il bacio che per il bizzarro evento con l’esserino.
Louis allungò una mano verso la sua guancia e l’accarezzò delicatamente. Harry chiuse gli occhi al tocco del ragazzo, beandosi di quel piccolo sfioramento, e involontariamente si passò la lingua sulle labbra per imprimere nella sua bocca il sapore di Louis e nella mente quel bacio inaspettato.
Harry tentò di dire qualcosa, ma Louis fu veloce, e rapido come un ghepardo balzò in piedi recuperando la sacca con le frecce.
“Sarà meglio andare, Harry.”
Prima di incamminarsi, notò che gli occhi di Harry, in un battito di ciglia mutarono colore dal chiaro allo scuro, e Louis non capì ancora cosa volesse significare quel cambio di colore.
 

*

 
Louis sorride quando in mente gli ritorna quella sorta di primo bacio scambiato con Harry, perché lui sa che è quello ciò che vuole. Vuole tornare ad avere diciannove anni, e non vuole lasciarlo andare via dalla sua vita, vuole tenerlo stretto a sé, vuole baciarlo, coccolarlo e amarlo come merita.
Cosa ci fa lì?
Perché è lì?
Perché tutti lo guardano come se stesse annunciando che l’Inghilterra ha vinto qualche battaglia? Perché sente un tremendo groppo alla gola come se volesse urlare, ma non lo fa?
Si sente ancora in trappola vuole scappare, vuole sparire da lì prima che sia troppo tardi.
Si morde nervosamente il labbro, indeciso ancora sul da farsi. E’ indeciso.
Non vuole deludere i genitori, ma per questo deve deludere se stesso e la persona che ama?
Qualcuno si schiarisce la voce.
Il padre sorride fiero.
“Mio figlio, Louis William Tomlinson deve fare un annuncio!” – proclama.
Il mondo di Louis si sgretola, e i ricordi gli affollano di nuovo la mente.
 

*

 
Dopo due mesi, la situazione era leggermente diversa.
Dopo quel bacio, avvenuto sei mesi dopo l’arrivo di Harry nel casato, i due ragazzi avevano ignorato l’evento, tornando ad essere due spensierati amiconi. Si incontravano ancora di notte, e parlavano, ma si nascondevano qualcosa.
Dopo sei mesi che si conoscevano, dopo diverse lune sorte e tramontate, ed altrettanti soli, i due celavano qualcosa nei loro cuori, qualcosa che premeva di uscire, qualcosa che li mandava fuori di testa, che li spingeva a distanziarsi spesso, per evitare di cedere a certi sentimenti sbagliati che li tormentavano.
Louis lo notava. Gli occhi di Harry erano costantemente scuri, quasi grigi e ne ignorava il motivo. Perché quegli occhi dovevano confonderlo in quel modo?
Harry era seduto ai piedi del grande letto, mentre Louis, se ne stava con le spalle contro i cuscini e guardava il ragazzo mentre nervoso si spostava i capelli da davanti al viso, nervosamente li scompigliava, e se li rimetteva dietro l’orecchio, poi alzava lo sguardo su di lui, ne incrociava gli occhi, e poi lo abbassava imbarazzato, senza proferir parola. E il castano iniziava a rompersi leggermente della situazione, e prendeva a sbuffare nervosamente. E Louis notava quello sguardo ancora più scuro del solito.
“Harry, ti calmi? Che hai? Sei nervoso!” – sbottò improvvisamente, facendo sobbalzare il minore che puntò lo sguardo nel vuoto. Doveva trattenersi. Avrebbero potuto ucciderlo, o peggio licenziarlo. Non poteva, non doveva avvicinarsi a Louis, doveva restare a distanza di sicurezza.
“No, niente, è stata una giornata pesante” – esalò, rassegnato. Per quanto potesse essere attratto dall’altro, non poteva.
“Vieni, che ti coccolo” – fece allora il più grande, allargando le braccia, ma Harry scosse la testa, spargendo i suoi ricci a destra e poi a sinistra.
Quanto sono belli quei ricci..
Vieni da me, Harry, non avere paura..
Louis si morse le labbra, capendo che non doveva pensare certe cose, non del ragazzo di fronte a lui.
Non perché fosse un servo, a lui non importavano queste frivolezze, non più da quando c’era Harry nella sua vita, ma perché era un ragazzo, non poteva provare qualcosa per un ragazzo.
Harry si mosse lentamente verso Louis e si lasciò andare tra le sue braccia, cercando calore in quelle, cercando di convincersi che quella non era una cosa positiva, non poteva sentirsi bene tra le braccia di Louis, del suo padrone, di un altro ragazzo.
Che avrebbe pensato di lui il padrone?
Che avrebbero pensato di lui gli altri servi?
Alzò lo sguardo dal petto del ragazzo, e gli fissò le labbra.
Dannazione, erano così invitanti, così belle..
Fammi essere il tuo primo e ultimo bacio, Harry– supplicò mentalmente Louis.
Era così maledettamente sbagliato, ma lo fece.
Premette le labbra contro quelle di Louis, come lui aveva fatto due mesi prima nel bosco. Appoggiò le braccia ai lati del corpo del ragazzo, e su di esse si fece forza, reggendosi alle coperte, premendo ancora le labbra contro quelle di Louis, che immobile, non reagì fino a che Harry non percorse con la sua bocca rossa e tutto il perimetro delle labbra dell’altro, spingendolo a socchiuderle per farsi dare accesso alla bocca. Louis portò le mani dietro la collo del minore affondandole nei suoi ricci così maledettamente invitanti e morbidi, avvicinando la testa del più piccolo a sé, per sentirlo. Fecero combaciare i petti, i bacini e le fronti, continuando a baciarsi. Le loro labbra presero a muoversi in una sincronia quasi perfetta, i loro respiri si fusero in un unico respiro, i cuori battevano all’unisono l’uno contro il petto dell’altro, finalmente completi, finalmente insieme.
Si staccarono solo quando entrambi sentirono l’ossigeno venir meno nei loro polmoni, e solo in quel momento si resero conto di ciò che era successo, di quanto lo desiderassero davvero, di quanto entrambi avessero bisogno della presenza dell’altro nella propria di vita, di quanto schifosamente fossero presi.
Harry si morse le labbra in evidente imbarazzo, mentre Louis si perse negli occhi del riccio, così limpidi, ora. Spostò una mano da dietro il collo del ragazzo alla sua guancia accarezzandola, lasciando l’altra a solleticare il collo del più piccolo con fare dolce, per niente malizioso.
“Hai gli occhi chiarissimi ora, prima erano scuri” – sussurrò –“mi piacciono i tuoi occhi che cambiano colore” – e gli stampò un altro bacio delicato sulle labbra, sorridendo.
“T-te ne sei accorto? Cambiano colore quando sono triste e quando sono felice.”
“Più chiari felice, e più scuri triste?” – chiese cauto il maggiore, mentre l’altro si apriva in un sorriso colmo di gioia ed annuiva felice, fiondandosi di nuovo sulla bocca dell’altro, lasciandovi delicati e dolci baci sopra, mordicchiandogli le labbra.
“E ora sei felice?” – domandò sussurrando Louis, ricambiando i baci del giovane Harry, che non la smetteva di tempestare il suo viso, le sue labbra e il suo collo di baci.
Dannazione, queste labbra saranno la mia fine..
Afferrò il viso di Harry tra le mani, portandolo all’altezza dei suoi occhi, proiettandoli gli uni negli altri, perdendosi ancora una volta entrambi in un mondo che portava il nome del partner.
“E’ sbagliato, è maledettamente sbagliato” -  si lamentò Harry con le labbra sopra quelle di Louis, sfregando i loro nasi l’uno contro l’altro, in un movimento così dolce che il cuore di Louis prese a battere più veloce se era possibile.
“Ma sei felice?” – chiese di nuovo Louis. Harry non rispose subito, affondò il viso sul petto di Louis, beandosi del suo profumo dolciastro, e sfregò la guancia contro di esso.
“Sì, Louis, sono felice, maledettamente, schifosamente felice. Non credevo che tu, un conte, un nobile, potessi ricambiarmi. So che è sbagliato, siamo due maschi, sono tuo servo, ma tu.. Louis, tu.. io..” – e le sue sicurezze vennero meno, l’emozione gli giocava brutti scherzi a volte, e perdeva il filo dei discorsi, apparendo così agli occhi di Louis ancora più dolce, tenero, da proteggere, da..
Amare.
Amare, sì, io ti amo, Harry.
“Ecco, insomma, che tu potessi ricambiare, in un certo senso, quello che provo per te.”
Il cuore di Louis prese a galoppare come un cavallo libero nella prateria, il ragazzo si sentì così leggero che se non ci fosse stato qualcosa a trattenerlo con i piedi per terra sarebbe levitato in cielo.
Se Harry Styles era uno stregone, l’incantesimo che aveva fatto su di lui, era indirizzato sicuramente al cuore, perché sentiva cose che non aveva mai sentito in vita sua per un’altra persona. Si sentiva così bene che avrebbe urlato al mondo quanto stesse bene in quel momento, che avrebbe scalato tutte le montagne esistenti, avrebbe superato tutti gli ostacoli che avessero incontrato, avrebbe fatto l’impossibile per sentire ancora il sorriso del riccio contro la sua pelle, di sentire quelle labbra morbide e gonfie contro le sue sottili. Si sentiva così bene, come non si era mai sentito in vita sua.
“Giurami che sarò il tuo primo e ultimo bacio, Harry” – pregò.
Inconsapevolmente avevano appena concimato il seme del loro amore, e avrebbero dovuto attendere per vedere se esso fosse cresciuto forte, bello e rigoglioso, o avrebbe perso vita al primo problema? Alla prima pioggia invernale, alla prima soffiata di vento?
Sarebbero riusciti a far resistere il loro amore a tutti i problemi che avrebbero incontrato sul loro cammino?
“Lo giuro.” – sorrise, fiondandosi di nuovo sulle sue labbra, assaporandole ancora.
Non lo sapevano, ma in quel momento pensavano solo alle loro labbra unite come se fossero state unite dalla lega più potente esistente al mondo, come se in quel groviglio di corpi che sul letto non ci fossero solo due ragazzi, due amici, ma due amanti che nel cuore di una notte scoprivano i loro sentimenti per la prima volta e li consumavano baciandosi come se non ci fosse stato un domani.
 
 
Erano passati due mesi da quel bacio, due mesi da quella specie di dichiarazione di sentimenti, due mesi di felicità per i due giovani amanti del casato Tomlinson. Erano sempre attenti a non farsi scoprire, e improvvisamente le battute di caccia di Louis erano aumentate a vista d’occhio.
Ma loro nel bosco non andavano per cacciare, ma per ripararsi da occhi indiscreti e consumare il loro amore tra baci, carezze e coccole delicate, invisibili. Per scambiarsi promesse con quei baci che sapevano di buono, sapevano d’amore, sapevano dell’altro. E a Louis piaceva mordere le labbra carnose e morbide di Harry, fino a sentirle completamente sue, fino a sentirlo gemere teneramente prima di baciarlo ancora e fare quella bocca sua. E ad Harry piaceva accarezzare la pancia morbida di Louis, e morderla lasciandogli tanti segni rossi, prove del suo passaggio e dell’appartenenza di Louis.
Perché entrambi sapevano di appartenersi. Fisicamente ancora no, ma sapevano che l’uno apparteneva all’altro, sapevano che nessuno dei due avrebbe mai fatto soffrire l’altro, almeno non intenzionalmente, sapevano che avrebbero fatto di tutto per vedere il sorriso del compagno, e sapevano che in qualunque caso, si sarebbero sostenuti a vicenda, qualsiasi cosa fosse capitata.
“Mmh, Haz?” – ansimò Louis contro il collo del riccio, percorrendolo con le labbra, mentre il minore che gli accarezzava la schiena tenendo le mani fredde sotto la sua casacca.
“Sì, Lou?” – sussurrò in risposta, in un ansimo più forte dovuto al morso che Louis gli aveva appena lasciato.
“Non lasciarmi mai..” – fu in quel sussurro che Louis espresse tutta la sua paura di perdere l’altro, paura di restare solo, paura di soffrire. Fu in quel momento che il padrone divenne schiavo del servo, e il servo padrone del signore, fu un quel momento che i ruoli si invertirono. Fu in quel momento che Louis aprì davvero il suo cuore per la prima volta in vita sua.
Louis stava donando ad Harry tutto se stesso, mettendosi a nudo come mai aveva fatto prima d’ora.
Senza accorgersene, gli stava donando tutto il suo cuore su un piatto d’oro.
“Mai.” – promise il riccio. Una promessa, una certezza.
Non avrebbe mai lasciato Louis, né ora, né mai, nemmeno se costretto. E sapeva che con quella promessa stesse prendendo sulle sue spalle la responsabilità di salvaguardare il fragile cuore dell’altro. Harry sapeva che Louis era sempre stato da solo, un po’ per quello che gli era imposto, un po’ per la paura innata di soffrire, dovuta a tutte le separazioni subite nel corso degli anni. Sapeva di dover mantenere quella promessa. E sapeva che il suo sentimento per il ragazzo non sarebbe appassito, non dopo quella promessa, non dopo quella dichiarazione.
“Grazie” – sospirò contro le sue labbra, accucciandosi tra le sue braccia, perché se c’era una cosa che a Louis piaceva da morire era il potersi accucciare tra le braccia di Harry, e restarci per lunghi istanti, per lunghi momenti, e da quelle farsi proteggere, farsi stringere e coccolare.
Non credeva che una cosa così bella potesse capitare proprio a lui, non ci credeva, era troppo sovrannaturale come cosa. Lui non lo meritava.
Era davvero così fortunato?
Meritava davvero una meravigliosa persona come Harry nella sua vita?
Poteva Harry aver portato la luce in quell’abisso che credeva vita?
Non lo sapeva, ma per il momento si godeva le braccia dell’altro, accucciandosi, lasciandosi stringere e proteggere, e con la guancia premuta contro il petto dell’altro, accarezzò una gamba del riccio, che fremette al contatto.
“L-Lou?” – balbettò.
“Harry, hai mai desiderato avere una persona in tutto? L’hai mai sentita così vicina a te, ma anche così lontana? Sei mai stato innamorato, Harry?” – chiese a bruciapelo, guardando il ragazzo dal basso.
“Sì, mi sono innamorato.” – confessò il riccio.
Il cuore di Louis si strinse in una morsa. Qualcuno aveva il cuore del suo Harry, qualcuno aveva quel cuore puro. Non pensò che potesse essere lui il possessore di quel cuore così… perfetto, non ci pensò nemmeno un attimo. E il suo sorriso sparì in un attimo.
Harry osservò il suo cambio d’umore, così repentino, così strano, ma capì subito il perché. Louis era anche dannatamente insicuro, e lui non aveva specificato di chi fosse innamorato.
“Louis, sono innamorato di te.” – aggiunse.
Louis immediatamente alzò lo sguardo in quello del riccio, incrociando i suoi occhi che in quel momento risplendevano di luce propria, erano luminosi come due stelle del firmamento, e gli sorrise immediatamente, suggellando le loro labbra in un bacio che da entrambe le parti trasmetteva gioia, amore, voglia di viversi per davvero, perché ora il fiore del loro iniziava a crescere, si potevano già notare le radici ben fissate nel terreno e il fusto che man mano usciva dal terreno, e si sviluppava sempre di più grazie a quei baci che non erano nientemeno che il concime di quel fiore che prima o poi sarebbe venuto fuori.
“E tu, Louis? Tu mi ami?” – chiese tra un bacio e l’altro il riccio, mordendogli il labbro, quasi tremante, quasi spaventato dall’idea di fargli male, di romperlo in qualche modo.
“Sì” – rispose –“sì, sì, sì, mille volte, sì, ti amo, Harry”
 
 
“Louis, guarda!” – esclamò divertito Harry mentre accarezzava i capelli di Louis e quest’ultimo era appoggiato sul suo petto. Erano in una radura, abbastanza distante dalla contea –“non è semplicemente bellissima?” – sorrise donandogli un bacio nei capelli morbidi, sorridendo.
“Ma cosa, Harry?” – chiese divertito il più grande.
“Quell’animaletto colorato!” – indicò una farfalla che si era posata su un fiore lì vicino a loro. Era autunno da poco, ed era ancora possibile vedere certi “animaletti” in giro.
“E’ una farfalla, Harry, e hai ragione, è bellissima”
“Una farfalla..” – sorrise –“sarebbe bello, no? Volare liberi senza problemi, come una farfalla”
“Harry, una leggenda dice che le farfalle vivono solo per un giorno, sarebbe un po’ brutto, morire intendo, no?” – fece guardandolo. Adorava la semplicità di quel dolce servo.
“Sì, ma avremmo visto tutte le cose belle, e poi ci saremmo potuti amare alla luce del sole e..” – Louis, dal basso, appoggiò un dito sulle sue labbra, sorridendo. Adorava i suoi viaggi di fantasia, ma lui preferiva la realtà, non poteva lasciarsi trascinare.
“Non possiamo, Harry, non possiamo” – sospirò rassegnato. Harry stizzito, gli morse amichevolmente il dito, e portò una mano sui suoi occhi, coprendoglieli.
“Chiudi gli occhi, e dimmi cosa vedi” – fece sussurrando.
“Buio, non vedo niente.”
“Louis, libera la mente, pensa alle cose belle, cosa vedi, ora?” – sussurrò ancora, strofinando il naso contro il suo orecchio.
Louis si concentrò, facendo come il servo gli diceva. Ecco che i ruoli si invertivano nuovamente. Il servo ordinava al padrone.
“Mmh.. me e te.. che corriamo.. tenendoci per mano. Senza impedimenti, siamo liberi, Harry..” – sorrise stringendosi maggiormente al più piccolo, respirando il suo profumo, inebriandosi di quello.
Harry si morse le labbra, evidentemente felice di quello che aveva sentito, scostò dal mano dagli occhi del ragazzo, e alzandogli lievemente la testa, tenendola tra le mani, si piegò in avanti unendo le loro labbra in un bacio delicato e pieno d’amore che fece scoppiare i loro cuori di felicità.
 
 
“Devi andare per forza?” – chiese Harry, leggermente intristito. In nove mesi che era lì non si era mai trovato nella situazione di dover passare il tempo senza il suo Louis, non sapeva cosa sarebbe accaduto in sua assenza, non sapeva cosa la signora Tomlinson gli avesse fatto fare, e aveva paura, dannatamente paura che sospettasse qualcosa su loro due, un solo sussurro, o una diceria, che tutto quello che erano sarebbe diventato vano, sarebbe sciamato via, il fiore sarebbe appassito.
“Sì, piccolo, mio padre vuole che assista, dice che un giorno toccherà a me, lo sai che non vorrei lasciarti solo, vero?” – disse dolcemente, avvicinandosi a lui e prendendolo per i fianchi, facendo combaciare i loro petti. In realtà, tra loro due non c’era uno più forte e uno meno forte. Entrambi erano la spalla dell’altro nei momenti tristi e bui, e questo era un momento in cui Harry era triste e sconsolato, Louis poteva vederlo nei suoi occhi cupi. Adorava il fatto che Harry non potesse nascondergli niente, perché quelli cambiavano le loro sfumature a seconda dell’umore, e permettevano al maggiore di capire i segreti dell’animo di Harry.
“Lo so.” – ammise il ragazzo –“ma non è mai successo, e poi.. insomma, se incontri un altro servo più bello di me?” – chiese con le gote arrossate per l’imbarazzo e la gelosia.
Louis gli diede un colpetto sul naso, e poi lo guardò dritto negli occhi, per rassicurarlo.
“Nessun servo, nobile, garzone, cavallo o altro, potrà mai prendere il tuo posto, Harry. Mettitelo in testa” – proclamò solenne –“nessuno ha i tuoi ricci” – infilò una mano nei suoi capelli –“né i tuoi adorabili occhi che cambiano colore” – e nel dirlo si perse nelle iridi del ragazzo che man mano si schiarivano –“né le tue labbra da baciare”- e le sfiorò in un gesto delicato –“né le tue guance paffute” – si avvicinò pericolosamente al riccio, restando ad un soffio da lui –“non sono semplicemente te.” – concluse unendo le labbra in un bacio dolce, delicato, che sapeva di futura nostalgia, presente amore e passata sofferenza.
“Chiaro?”
Harry annuì e le sue iridi di schiarirono leggermente.
“Mi mancherai, torna presto” – sussurrò baciandolo ancora, e ancora, e ancora, fino a che qualcuno non bussò sulla porta, chiamando Louis. Fecero, però, in tempo a staccarsi, prima di accogliere il servo del padre di Louis che lo andava a chiamare. Il castano si congedò dal riccio, salutandolo con un bacio sulla fronte, attento che l’altro servo non  lo notasse, e poi andò via con suo padre, partendo per andare a quella stupida riunione dei lord della Gran Bretagna.
Louis odiava quelle riunioni. Le odiava con tutto il cuore, perché durante quelle veniva messo sotto pressione, continuavano a parlargli dei suoi doveri, tra cui rientrava sposare con una contessa che lui nemmeno conosceva. Poi c’erano quelle cene terrificanti, dove attorno ad una tavola lunghissima tutti i nobili si sedevano e venivano serviti, lui era sempre troppo lontano da tutti e si ritrovava ad annuire ad ogni cosa, perché semplicemente non li sentiva. Poi rientrava nella stanza assegnatagli e veniva investito dalla malinconia, perché la consapevolezza di essere solo lo prendeva, e lo sconforto aumentava. Una luce accesa in lui, il suo Harry a casa.
Furono i giorni peggiori.
Senza Harry.
Senza chiacchierate, senza momenti dolci, senza baci.
Senza il suo servo che l’aveva conquistato.
 
 
Harry Styles era nel casato dei Tomlinson da dieci mesi, ed era un mese che non vedeva Louis Tomlinson. Perché? Era partito, il mese prima per una riunione con gli altri lord, e non erano ammessi servi. Sapeva che Louis, da quando lo conosceva, odiava certe formalità, ma non aveva potuto dire di no, perché sarebbe significato andare contro il volere di suo padre, e di certo, Louis non voleva deluderlo. Harry si premurò di lasciargli la stanza in ordine, immacolata e poi ritornò alle sue mansioni assegnategli dalla contessa. Ripulire le stalle.
Odiava le stalle. Era un mese che trascorreva il tempo lì, e puzzava. Non poteva accogliere Louis in quello stato, sapeva che sarebbe tornato in giornata. Ormai contava i giorni, nell’attesa del suo ritorno, per essere trattato come un umano. Non gli avrebbe detto che la signora Tomlinson lo aveva fatto frustare perché aveva rovesciato un pentolone d’acqua per il corridoio, non gli avrebbe detto che erano aumentate quando aveva aiutato la cuoca in cucina – perché Harry amava cucinare – non gli avrebbe detto che era stato trattato peggio di un cane, di un animale, solo perché era un servo.
O forse era lui abituato a lavorare solo per Louis che non capiva qual era la vera vita per un servo. Louis era troppo buono.
“Tu” – sputò acido un uomo entrato nelle stalle –“la padrona ti cerca, ne avrai combinata un’altra delle tue, non vedo l’ora di sfogarmi un po’ su di te, bel ricciolino”
Harry rabbrividì, ma non lo diede a vedere e annuendo uscì dalla stalla, prima di sentire la frusta dell’uomo schioccare e infrangersi contro il muro. Tremante, si avviò verso il casato, e appena fu dentro, fu investito da un terribile senso di sconforto. Se Louis non fosse tornato quel giorno?
Se fosse stato ancora lontano da lui?
E la signora avesse trovato qualcosa di male in tutto quello che faceva?
Tremava davvero, in un mese aveva avuto il trattamento che nei precedenti nove mesi non aveva ricevuto. Come poteva quella donna essere tanto diversa dal figlio?
Non vedeva l’ora di lasciarsi abbracciare dalle braccia forti di Louis, di essere trattato bene, di essere amato. Louis gli mancava incredibilmente. Più gli stava lontano, più sentiva la sua mancanza. Non credeva di affezionarsi così a qualcuno, in tutta la sua vita.
Nessuno durante quel periodo aveva mai notato i suoi occhi leggermente più scuri del solito, nessuno aveva mai notato le sue tristi espressioni, nessuno lo notava mai, a meno che non fosse stato Louis.
Solo lui si accorgeva di come stesse davvero.
Arrivò nelle stanze della donna, e con lo sguardo basso si inginocchiò per terra, in segno di rispetto.
“Oh, Harry. Per fortuna che sei arrivato, la mia stanza dev’essere rassettata, poi voglio che la stanza di Louis sia immacolata. Mio marito mi ha mandato una lettera, in serata arriveranno, ed è già pomeriggio inoltrato. Quindi, muoviti! Altrimenti le frustate aumenteranno.” – ordinò.
Harry rabbrividì ancora, ma dentro di lui si accese una luce immensa.
Louis stava arrivando. Louis quella sera sarebbe stato lì con lui. Louis l’avrebbe abbracciato e protetto. Louis stava tornando.
Sorrise annuendo, stranamente rinvigorito e si premurò di iniziare a sistemare le stanze della donna, di renderle perfette, e immacolate come lei le voleva, e poi tornò nella stanza di Louis, dove si respirava quel bellissimo profumo del ragazzo, dove c’era il loro amore impresso in ogni angolo, mobilia, lenzuolo. E quando la sera arrivò, aspettò con ansia l’arrivo del ragazzo continuando a rispettare gli ordini della donna, ma ogni volta che scrutava l’orizzonte non scorgeva mai la carrozza far ritorno.
Tremava, aveva paura che tutto quello che aveva subito durate la giornata fosse stato inutile.
L’ansia lo stava divorando, ma quando sentì il rumore degli zoccoli, che toccavano terra, e le ruote che veloci si muovevano sulla strada, il suo cuore perse un battito, e il sorriso tornò ad increspare le sue labbra. Non ci pensò due volte, abbandonò le stalle, e corse fuori nel cortile attendendo come un bravo servo l’arrivo del suo padrone. Aspettò che la carrozza percorresse tutto il vialetto, e quando si fermò si avvicinò, attendendo solo quel ragazzo. Il suo Louis.
Harry fu raggiunto dagli altri servitori, che si accostarono alla carrozza, e aprendola fecero uscire il conte Tomlinson, il padre di Louis. Il riccio lentamente si avvicinò, ansioso, salutò cordialmente il padrone e si diresse alla carrozza, porgendo una mano sporca e infangata a Louis, mordendosi le labbra per la vergogna di non aver avuto il tempo di rendersi presentabile, tant’erano le mansioni assegnategli.
Louis l’afferrò lo stesso, e scese dalla carrozza, sorridendo, felice di rivedere Harry.
Si trattenne dal saltargli addosso, perché erano in un cortile, perché avrebbero potuto vederli, perché Louis sapeva che Harry dovesse dirgli qualcosa, lo vedeva nei suoi occhi, ora scuri, nei lividi che aveva sul viso e nella mano sporca. Qualcosa era andato male durante la sua assenza, qualcosa era successo al piccolo Harry, qualcosa che riguardava sicuramente sua madre e le sue pessime maniere con i servi.
Louis lo sapeva, lo sapeva benissimo. Ricordava tutte le volte in cui la madre avesse trattato male qualcuno che non aveva fatto bene qualche lavoro. E sapeva che Harry era troppo fragile per sopportare quel tipo di dolori. E lo vedeva tremante, quando lo aiutava a scaricare i suoi bagagli, e lo vedeva dolorante quando camminava. Una volta giunti nelle stanze di Louis, il maggiore chiuse la porta, e guardò il riccio mentre tentava di ignorare il suo sguardo, mentre tentava di sfuggirgli.
“A-Allora i-io vado..” – balbettò avvicinandosi alla porta, ma Louis fu più veloce e lo prese per i fianchi impedendogli di avvicinarsi alla porta, non curandosi di sporcare gli abiti puliti. Harry avvertì una fitta di dolore al contatto con il maggiore, e tentò di dimenarsi.
“L-Louis.. t-ti prego..”
“Che è successo, Harry? Che è successo mentre non c’ero?” – gli accarezzò la schiena lentamente, mentre il più piccolo smetteva di tremare e si appoggiava alla sua spalla, lasciandosi andare alle carezze.
“I-io non posso, n-non voglio dirtelo.. L-Louis, v-va bene, s-sono solo un servo.. lo so..” – iniziò tremante, mentre il castano gli cospargeva il collo di baci, per tranquillizzarlo per fargli capire che lui era lì per lui, con lui, che non l’avrebbe lasciato ancora da solo, nemmeno se era in quello stato pessimo.
“Harry, sono io, Louis! Puoi fidarti di me..” – gli sussurrò ancora, tenendolo stretto in quella posizione romantica, intima, che solo loro conoscevano, protettiva, amorevole.. la loro posizione.
“Mi sei mancato, Louis, tantissimo, mi sei mancato..” – sussurrò Harry, tremante, cercando di divincolarsi dalla presa del ragazzo che lo teneva. Se fosse rimasto ancora accanto a lui gli avrebbe confessato tutto, e non voleva. Non voleva la sua pietà, o la sua compassione.
“Harry, cosa ti hanno fatto fare durante la mia assenza?” – chiese premuroso Louis, sentendo il mal odore del suo piccolo Harry. Di certo, non aveva fatto lavori facili.
“Le stalle” – ammise –“mi hanno spedito nelle stalle, poi la signora Tomlinson voleva che aiutassi anche in cucina, ma..” – deglutì –“quando ho fatto cadere la pentola mi ha fatto f-frustare e-e poi.. volevo aiutare la cuoca, a me piace tanto cucinare, e poi altre frustate.. e-e poi mi ha fatto andare ancora nelle stalle e-e altre frustate.. f-frustare p-per un mese, m-mi mancavi co-così tanto, L-Lou..” – confessò tutto tra le lacrime che, senza che il ragazzo se ne accorgesse, avevano iniziato ad uscire dai suoi occhi, inondando la perfetta camicia bianca, pregiata e pulita di Louis, che non se ne curò ancora. Lo alzò delicatamente prendendolo in braccio e lo depositò sul letto, iniziando ad accarezzarlo lentamente.
“Sta’ tranquillo, Harry, ci penso io a te, prometto che non avrai altre frustate, mai più. Non piangere, va bene?” – fece dolcemente, dandogli un bacio sulla fronte, alzandosi dal suo capezzale.
“D-Dove vai?” – chiese il riccio trattenendolo per una mano,  per paura che andasse via, o andasse dalla madre o da qualunque altro membro della sua famiglia o della servitù.
“A prepararti un bagno. Ne hai bisogno.” – sorrise il maggiore dolcemente, lasciandogli un bacio sulla fronte, facendolo arrossire. Si stupì anche lui stesso del suo gesto.
Non aveva mai preparato un bagno a qualcuno, nemmeno a se stesso.
E invece, in quel momento, per il piccolo Harry, lo stava facendo.
Conoscendo il riccio, aveva già portato un catino d’acqua lì in camera sua, e probabilmente lo aveva già posizionato sul piccolo focolare per tenerlo caldo in attesa del suo arrivo. E non appena andò nella stanza accanto, che solitamente usava per vestirsi e lavarsi, come volevasi dimostrare il catino era lì, tenuto al caldo sul focolare pronto ad essere usato.
Dannazione, come si prepara un bagno?
Si avvicinò all’acqua, e ne provò la temperatura, con un dito capendo fosse calda, lo afferrò saldamente per i manici e si avvicinò alla tinozza nella quale si lavava, la cosparse di oli profumati e sorrise soddisfatto guardando il risultato. Un po’ d’acqua era caduta a terra – non era pratico, non erano lavori adatti a lui, quelli – ma di certo era soddisfatto di quello che aveva fatto per Harry.
Un nobile che si sporca le mani, sono proprio perso per quel ragazzo.
Sorrise al pensiero, perché era dannatamente vero. Era perso per Harry, non riusciva ad immaginare la sua vita senza di lui, ora. Ritornò nella stanza adiacente, dove Harry lo attendeva, ancora immobile nella posizione in cui lo aveva lasciato prima, e lo prese di nuovo in braccio, portandolo nella stanza dov’era l’acqua calda ad attenderlo. Lo adagiò nella tinozza inginocchiandosi vicino e iniziando a massaggiargli le spalle, passandogli le mani sul viso per eliminare tutto quello sporco, gli passò le mani lungo il corpo, sentendolo gemere di dolore per i lividi, e si sentì in colpa, perché se non l’avesse lasciato da solo, niente sarebbe successo.
“Louis, vieni con me..? F-Fai il bagno con me..?” – chiese intimidito, allungando le braccia verso di lui, sorridendo come un cucciolo indifeso, e il maggiore non riuscì a dirgli di no.
Annuì lentamente, e sapeva, sapeva maledettamente bene che qualcosa sarebbe cambiato quella notte, qualcosa non sarebbe andato secondo i piani, qualcosa lo avrebbe sconquassato dentro, più di quanto non lo fosse già, qualcosa che non sapeva ancora cosa fosse, qualcosa che gli faceva avvertire uno strano calore nel petto e anche.. nelle sue parti basse. Qualcosa.. che lo spinse a togliersi i vestiti ed immergersi nella tinozza accanto ad Harry, che sorrise, e Louis vide finalmente i suoi occhi chiari, luminosi, felici.
Il più piccolo si avvicinò a lui e gli circondò i fianchi con le sue gambe, restando decisamente troppo vicino al padrone e lo baciò. Gli era mancato troppo, e non voleva attendere oltre.
Louis ricambiò immediatamente il bacio, avvicinando di più a sé il riccio, che si staccò dalle sue labbra e prese a tempestare il suo collo di baci, baci leggeri, infuocati, dolci, che gli provocavano brividi lungo tutto il corpo, facendogli emettere dei piccoli gemiti, che facevano sorridere il riccio contro la sua pelle.
“Ha-Harry”- sussurrò gemendo Louis, quando le labbra di Harry scesero lungo le clavicole, le spalle, il petto, mandandolo in estasi. –“m-mi fai impazzire..”
“E’ quello il mio obiettivo” – mormorò –“mi sei mancato, Louis, troppo”
“Anche tu, Harry, anche tu” – sussurrò il più grande, tra un gemito e l’altro –“mi sei mancato tanto..”
“Allora sta’ zitto, voglio solo.. amarti” – sussurrò il riccio, tappandogli la bocca con un bacio, riprendendo a dedicare attenzioni al corpo dell’altro che man mano si tendeva, irrigidiva, facendo sorridere Harry soddisfatto. Poi Louis prese in mano la situazione, capovolse le posizioni ed iniziò a dare attenzioni al corpo del più piccolo, sentendosi soddisfatto nel sentirlo gemere contro di lui, e man mano la stanza si riempì sempre di più dei loro gemiti, del loro amore, di loro e basta. I gemiti di dolore di Harry per i lividi divennero gemiti di piacere per i baci di Louis.
Il padrone si sottomise di nuovo al servo, quando Harry con una lentezza maniacale entrò in Louis, ed entrambi si fecero scappare un gemito più forte degli altri.
E mentre l’acqua si raffreddava, loro non sentivano il freddo, perché il loro amore li scaldava dentro, senza fargli sentire affatto il freddo che li circondava, non sentivano niente che non fossero loro due.  Erano persi in un altro mondo. Erano persi in loro stessi.
E quando vennero quasi insieme, in due gemiti strozzati, entrambi capirono il significato della parola amore. Era il ragazzo che avevano davanti.
I respiri accelerati, che si fondevano tra di loro, i cuori che battevano all’unisono, due anime unite in un’unica.
“Ti amo, Harry” – sussurrò Louis contro il petto di Harry. E meno male che doveva essere Louis ad occuparsi del riccio, la situazione si era capovolta, e il ragazzo non sapeva nemmeno come fosse stata possibile una cosa del genere. Gli accarezzò il petto, con fare lento e carezzevole.
Harry sembrò risvegliarsi da un mondo parallelo in cui si era perso. La paura e lo sconforto lo presero ancora una volta.
“Sono il tuo servo, non puoi amarmi.” – proclamò, tremante.
Louis tremò al solo pensiero di perderlo, e cercò i suoi occhi, in quel momento leggermente incupiti, gli accarezzò la guancia dolcemente, mordendosi le labbra.
“Sei il mio amore, posso amarti più di così.” – confessò, il maggiore. Gli rivelò tutti i suoi sentimenti in quel modo. Harry sorrise, i suoi occhi si schiarirono di nuovo e lo baciò ancora, dando vita ad un altro bacio pieno d’amore, e dolcezza, un bacio che li fece unire ancora una volta.
Si amarono tutta la notte, si amarono come se non ci fosse stato un domani, si amarono come se da quella nottata dipendesse tutta la loro storia d’amore, e poi si addormentarono all’alba, in un groviglio di corpi che nessuno avrebbe mai potuto scindere tant’era forte. I loro cuori si erano fusi l’uno dentro all’altro. Il loro amore era sbocciato, era una bellissima rosa rossa. Rossa come l’amore, come la passione.
Chi mai avrebbe potuto scindere quel legame forte che si era instaurato tra il padrone e il servo?




NO, JIMMY PROTESTED!

Oddio, no non è una long.
E' una one shot, solo che l'ho divisa in due capitoli, perchè era di 21 pagine, e Lu mi ha detto era troppo anche per me pubblicare una roba così lunga, ed io  non avrei mai costretto qualcuno a questo supplizio :3
Spero vi piaccia, anche perchè ci ho lavorato su... due settimane, due.
Non so, spero che non sia qualcosa di troppo scontato, ma sappiate che continua ecco.
Non mi dilungo, spero l'amiate quanto l'ho amata io.
A domani con la seconda parte!

P.s il mio pc è tornato in vita, il wifi anche, gli uccellini cinguettano, io sto guarendo, tutti siamo felici e Louis non sposerà Eleanor, ma Harold <3
*woosh*

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Capitolo 2
*** Parte due. ***




Ama ciò che sei, 
Ama finché puoi, 
Ama ancora.
(Ama Ancora - Sonohra)




Louis si lascia scappare un sorriso a quel ricordo.
La loro prima volta insieme. Era stata, forse, la cosa migliore mai capitatagli in tutta la sua vita. Quell’unione di corpi, quei sospiri, quei cuori all’unisono.. e quasi sente di nuovo l’eccitazione dentro di sé, sente di volere di nuovo quelle labbra sulle sue, di volere quel corpo dentro il suo, di volersi unite mente, corpo e cuore al riccio, vuole urlare a tutto il mondo quanto lo ami. Lo vuole, certo, ma non può.
Lui è un nobile, lui deve adempiere ai suoi doveri.
“Io, ecco..” – esordisce. Dopo i ricordi belli, arrivano inevitabilmente quelli brutti, orrendi, da dimenticare. Quelli che si annidano nella mente e nel cuore, e uccidono, distruggono, fanno piangere.
“Ho bisogno di un attimo per preparare il discorso” – ammette di fronte a tutti.
Sorrisi compiaciuti, comprensivi.
E’ giovane, è emozionato, credono.
Non sanno che dentro di lui un uragano di sentimenti lo porta via, lo fa star male. Non sanno che lui in quel momento pensa a tutto, tranne che al matrimonio, tranne che alla contessa.
Louis pensa solo a lui, il riccio che in un anno gli ha cambiato la vita, che l’ha resa migliore.
Occhi verdi, come la speranza.                        
Bocca rossa come l’amore.
Viso pallido come la purezza.
Esiste di qualcosa di più perfetto di quel ragazzo?
E dannazione, lo vuole, lo vuole con tutte le sue forze.

 

*

 
Dopo undici mesi, la cosa iniziò ad essere sospetta. Tutti i servi si chiedevano perché Harry Styles fosse favorito a non avere punizioni, ad essere trattato con riguardo, lui l’ultimo arrivato.
E le malelingue iniziarono a girare.
Harry ha stregato il padrone.
Harry usa il padrone.
Il padrone si diverte con i servi giovani.
Il padrone è un ragazzo molto confuso.
Harry e il padrone hanno una relazione.
Qualcosa c’è tra quei due.
E simili, forse anche di peggiori.
Harry si fa pagare di più andando contro la chiesa.
Il padrone paga il ragazzo per divertirsi un po’.
Harry è solo “la donna facile” del padrone.
E queste non impiegarono molto ad arrivare all’orecchio del padrone, del padre di Louis, che fece chiamare suo figlio, insieme al suo servo.
I ragazzi se l’aspettavano, sapevano che prima o poi una cosa simile sarebbe accaduta, per questo avevano già preparato la loro versione dei fatti. Erano talmente complici che sarebbero riusciti anche ad ingannare il più intelligente dei nobili, tra i quali il conte Tomlinson spiccava.
“Figliolo” – esordì guardando compassionevole il figlio –“spero che siano solo voci quelle che circolano su di te e..” – lanciò un’occhiata sprezzante ad Harry –“questo scarto della società.”
La rabbia di Louis ribollì dentro di lui, strinse i pugni talmente forte da far sbiancare le nocche, serrò la mascella, e rivolse uno sguardo indignato al padre, per poi addolcirlo e posarlo su Harry, che non facendo accorgere l’uomo, proiettò i suoi occhi in quelli di Louis, e in quelli il maggiore non trovò altro che fierezza. Niente tristezza per quello che aveva detto il padre, e la sua espressione si addolcì, tornando a rivolgere attenzioni al padre.
“Sono solo voci, padre.” – sorrise –“Harold è una persona seria, e lo conosco molto bene. Non posso nascondere che siamo amici.” – alzò le spalle –“avevo bisogno di un confidente, e lui è stato così leale e fedele al suo padrone che mi ha solo aiutato.” – proferì, serio come mai in vita sua.
Il padre gli rivolse un sorriso soddisfatto, fiero di suo figlio.
“Bene, allora non ho niente da dire, l’importante è che i ruoli di servo e padrone siano rispettati, lo sai, Louis.”
Il giovane annuì, mordendosi una guancia internamente. Non era mai stato bravo a mentire, e ora lo faceva con una naturalezza degna di un delinquente.
“Certo, padre, sempre rispettati.”
Lo sguardo dell’uomo si posò su Harry, per diversi istanti, quasi studiandone i comportamenti. Gli occhi del riccio brillavano, come se fosse fiero di Louis, di quello che aveva detto, di come aveva mascherato la loro relazione, di come avesse mentito spudoratamente al padre per il loro bene.
“E tu, giovane servo, hai qualcosa da dire?” – chiese, facendo accapponare la pelle di Harry.
“I-io, n-no, e-ecco, è-è tutto c-come, L-L, cioè il signorino Louis dice.” – riuscì a dire tra un tremito e l’altro.
“Fedele alla parola del padrone. Bene, non ho altro da chiedervi.” – esordì, sorridendo. Strano che sorridesse. Che avesse capito qualcosa? –“potete andare, e Styles, allo stalliere servirebbe aiuto nelle stalle, te ne occupi tu?” – chiese.
Louis scagliò un’occhiata preoccupata ad Harry. Ricordava cosa fosse accaduto al più piccolo quando aveva lavorato nelle stalle e non voleva che ricapitasse.
“S-sì, sì signore!” – accettò, abbassando ancora la testa in segno di rispetto. 
L’uomo sorrise, e i due si congedarono da lui, uscendo dal salone, chiudendosi subito dopo la porta alle spalle.
Entrambi tirarono un sospiro di sollievo, e si scambiarono uno sguardo preoccupato. Entrambi avevano capito cosa sarebbe potuto accadere nelle stalle. Attento che non li vedesse nessuno, Harry prese la mano di Louis e ne accarezzò il dorso con il pollice.
“Andrà tutto bene, sei stato impeccabile. Nessuno sospetterà nulla.” –gli sorrise dolcemente –“ci vediamo stasera, avrò bisogno di un bagno” – ridacchiò e accorto, lasciò un bacio all’angolo della bocca del più grande, per poi lasciargli la mano e andare nella direzione delle stalle, dove avrebbe trascorso più dell’intero pomeriggio.
Lavorò duramente, e nel frattempo pensava come organizzare la sua festa per il compleanno di Louis, che sarebbe giunto di lì a poche settimane. Se voleva che Louis passasse un dopo festa degno di lui, doveva ingegnarsi prima, e pensare a tutti.
Harry si lasciò andare contro il muro.
Avrebbero dovuto dirglielo che sarebbe stato completamente solo e che non doveva semplicemente aiutare lo stalliere. Non ne poteva più.
Si passò una mano sulla fronte, eliminando il sudore che aveva accumulato, e sospirò. Se davvero il padre di Louis aveva capito qualcosa durante quella convocazione, era tutta colpa sua, non poteva tornare in camera di Louis, rischiare di farsi vedere. Non poteva mettere in pericolo il ragazzo.
Quello che rischiava di essere frustato era lui, però, non Louis.
Si morse nervosamente le labbra, era dannatamente combattuto. Andare da Louis o tornare nelle stanze fredde e spoglie che gli erano state assegnate? La risposta nel suo cuore era palese, ma il suo cervello era combattuto. Quando finì il lavoro, il sole era ormai calato da un pezzo, la luna splendeva nel cielo, e le stelle brillavano su di lui. Voleva dannatamente guardarle insieme a Louis. Solo con lui.
Si decise e si incamminò verso il palazzo, silenzioso come un gatto, veloce come una gazzella, attento a non essere visto da nessuno. Non voleva di certo mettere nei guai se stesso e il suo Louis, insomma.
Raggiunse le stanze di Louis, ma una donna lo aveva visto, ed era corsa a chiamare qualcuno, Harry se ne era accorto, quando aveva sentito dei passi forti alle sue spalle.
Louis lo attendeva in camera.
Era preoccupato, perché il sole era ormai tramontato da un pezzo, e lui aveva sistemato una coperta sul grande balcone dal quale si vedevano le stelle, e loro due si sarebbero sistemati lì, per osservarle, abbracciati e stretti l’uno all’altro, dopo ovviamente un lungo bagno durante il quale si sarebbero amati per tutto il tempo che volevano, perché loro, nascosti da tutti, erano liberi di amarsi.
Erano un ossimoro vero, erano liberi nel buio, nel nascondersi.
Quando tre tocchi brevi e due lunghi colpirono la sua porta, Louis parve rilassarsi, e gli aprì immediatamente, afferrandogli una mano e tirandolo dentro, baciandolo facendolo scontrare con la porta chiusa immediatamente dopo il suo ingresso.
“Mi hai fatto preoccupare, non farlo mai più” – sibilò con le labbra premute contro le sue.
“Credo mi abbiano visto, non sono sicuro. Per favore, facciamo finta per un po’ che sto recuperando quello che non ho fatto nel pomeriggio, non voglio andare nelle stalle di nuovo..” – lo supplicò baciandolo ancora, e ancora e ancora, spingendolo ad annuire.
Non appena sentirono pugni pesanti sulla porta, si affrettarono a staccarsi, Louis si recò nella stanza dove era solito vestirsi ed Harry aprì la porta.
“Harry, cosa ci fai nelle stanze del signorino Louis?” – chiese una guardia. Il ragazzo tirò un profondo respiro, prima di rispondere con sicurezza.
“Sono venuto per preparare il bagno e il letto al signorino Louis, sono stato tutto il giorno nelle stalle, potete chiedere al padrone, non avevo finito ancora il mio lavoro. Ho quasi finito, stavo per andare via.”
“Plausibile. Ti teniamo d’occhio, Styles.” – esordì la guardia, facendo rabbrividire il riccio. Per quella sera gli era andata bene, probabilmente. Non sarebbe stato più così fortunato. Evidentemente gli occhi erano tutti puntati su di lui.
“Harry!” – strillò Louis dalla stanza adiacente –“dove diavolo hai messo i miei vestiti? Stupido servo, torna qui!”
Harry trattenne una risata, sapeva che stava solo bluffando per lasciarlo libero in qualche modo.
“Come vedete, il signorino Louis è piuttosto nervoso al momento. Posso congedarmi e raggiungerlo o devo disubbidire al padrone?” – chiese innocente, mentre la guardia cercava ancora qualche scusa per sorvegliarlo.
“Insomma! Smettila di chiacchierare e vieni qui!” – strillò ancora il castano. La guardia nel sentirlo urlare in quel modo si convinse che il riccio non mentisse, e si scusò con il suo padrone con un solo urlo e andò via da quella stanza. Harry richiuse la porta tirando un sospiro di sollievo, e si diresse dal più grande.
“Mio signore” – mormorò entrando, trovandolo appoggiato contro un muro con l’espressione divertita dipinta sul volto –“purtroppo i vostri abiti sono andati perduti.. sono stato distratto.” – confessò.
“Vieni qui, che ti punisco” – rise il più grande, chiedendogli di avvicinarsi allungando la mano verso di lui. Harry l’accettò e si fece strada verso di lui. Fece aderire le sue spalle al muro e lo baciò con passione. Si lasciarono scivolare contro il muro, baciandosi ancora. I vestiti volarono via e i loro gemiti sostituirono le loro parole che si stavano scambiando qualche minuto prima.
“Se non ti conoscessi, prima avrei creduto che facessi sul serio”
“Oh, io facevo sul serio” – gli morse il labbro –“ma forse non ho specificato che mi servivano i tuoi di vestiti, da toglierti per amarti come meriti.” – sorrise contro le sue labbra, baciandolo ancora.
Finirono la nottata di passione sul balcone sotto le stelle, forse godendosi uno degli ultimi momenti che avrebbero vissuto insieme.
“Harry, la vedi quella stella lì, quella che brilla più di tutte?” – chiese  mentre entrambi erano distesi sul balconcino a guardare le stelle, dopo aver consumato il loro amore anche in quel luogo, fregandosene del freddo invernale che gli entrava nelle ossa, loro insieme avrebbero sconfitto tutto.
“Sì, è meravigliosa, secondo te è qualcuno che ci guarda? Qualcuno che ci vuole bene?” – chiese speranzoso il ragazzo, alzando  leggermente il busto dal petto di Louis.
“No, io credo che rappresenti te.” – sorrise dandogli un bacio –“la stella più luminosa del firmamento.”
“L-Louis..” – deglutì per l’imbarazzo, sorridendo ancora. –“b-beh anche tu sei una stella.” – ne indicò una vicina a quella indicatagli da Louis. –“siamo belli vicini, no?”
“Bellissimi, davvero bellissimi.”
 
 
Era giunta la sera del compleanno di Louis.
Il padre aveva organizzato un grande ricevimento, e Louis aveva dovuto partecipare per forza, visto che la festa era in suo onore, ma non sapeva che Harry avesse un’altra sorpresa per lui.
Qualcosa di magari meno sfarzoso, meno grande e immenso, ma qualcosa l’aveva organizzato, e gli aveva anche fatto il regalo. Aveva davvero pensato a tutto.
Louis era dannatamente bello lì, in mezzo a tutti quei nobili, ed era bello anche quando aveva dovuto ballare con delle donne, facendo morire di gelosia il più piccolo che gli scoccava occhiate cariche di risentimento, perché dannazione quanto vorrei essere io si ripeteva il più piccolo, mordendosi nervosamente il labbro, mentre serviva a tavola tutti i nobili invitati.
La mezzanotte era rintoccata, e i commensali erano andati via. Louis si era ritirato nella sua stanza, ed Harry era rimasto a sistemare il salone con gli altri servi, poi quando si era reso che le guardie erano troppo impegnate ad occuparsi di scortare i nobili alle carrozze si dileguò, arrivando nella stanza di Louis, presumibilmente mentre il ragazzo era impegnato a fare il bagno. Aveva calcolato tutto.
Era un ottimo calcolatore, lui.
Una volta nella stanza, raccolse i fiori da sotto il letto di Louis, e li sparse per tutta la camera. Li aveva presi quella mattina al mercato, per fortuna c’era una bancarella che ne vendeva sempre, anche durante l’inverno. Da sotto il cuscino estrasse il pacchetto fatto male da lui, e se lo rigirò tra le mani. Sperava che a Louis piacesse, si era impegnato tanto per farlo.. e poi da sotto al tavolo tirò fuori un dolce preparato da lui per il suo Louis. Voleva che quello che era il primo compleanno di Louis che passavano insieme fosse indimenticabile.
“Giuro, un giorno ucciderò mio pad-” – iniziò bloccandosi, non appena uscì dalla camera da bagno, e vide tutto quello che il riccio avesse preparato.
“Buon compleanno, Louis” – sorrise intimidito il riccio, vedendo il più grande con gli occhi sgranati, avvolto in un telo bianco, che metteva in evidenza la sua pelle leggermente abbronzata, e i suoi muscoli poco accennati.
“Ma qua-, co-, insomma p-perché? P-Per me?” – balbettò, e il riccio annuì. Si avvicinò a lui e gli porse la mano. Fece un inchino, sorridendo e:
“Mi concedete questo ballo, mio signore?” – fece chinando il capo, tenendo la mano tesa davanti a sé.
“I-Io, n-non c’è la mu-sica. E-e.. oh, al diavolo.” – gli fece un inchino e afferrò la sua mano, lasciando che il riccio lo avvicinasse al suo corpo, facendolo aderire saldamente, stringendolo per i fianchi al suo petto.
Harry si schiarì la voce, e iniziò ad imitare la musica suonata dai musici durante le danze suonate alla festa di Louis, e il castano restò sorpreso che la voce di quel ragazzo riuscisse a prendere quelle note e a riprodurle quasi perfettamente. Presero a danzare come due invitati ad un ricevimento, fregandosene di tutto e di tutti, e insieme, in quella stanza che ormai sapeva troppo di loro, festeggiando insieme il ventesimo compleanno di Louis.
“Questo è per te!” – fece Harry felice come una pasqua vedendo il sorriso costante di Louis, porgendogli il pacchetto mal impacchettato –“è il mio regalo per te, l’ho impacchettato io.”
Louis felice lo scartò e ne estrasse un piccolo ciondolo di legno, fatto a mano, e leggermente informe, ma adorabile. –“è il mio cuore, ed è tuo.” – fece Harry con un sorriso spontaneo sulle labbra.
Louis quasi pianse di gioia, capendo cosa significasse quel ciondolo in quel momento.
Era Harry che gli regalava spontaneamente il suo cuore, sigillando il loro amore.
Quello fu uno degli ultimi momenti felici, uno degli ultimi momenti in cui la rosa del loro amore risplendeva ancora.
 
 
Un altro mese era passato. Dodici mesi durante i quali la vita del giovane Louis Tomlinson aveva subito un cambiamento radicale. Da viziato conte che non trovava il suo spazio, che non sapeva se continuare a vivere in quel baratro buio in cui era caduto, o cambiare qualcosa, era diventato buono, altruista e soprattutto aveva imparato ad amare. Per destare i sospetti su di lui ed Harry aveva iniziato a trattare bene tutti i servitori e le guardie, aveva iniziato a sorridere a tutti, e a essere meno impulsivo nelle risposte. Tutti erano felici di questo, tranne il conte Tomlinson. Lui non accettava che il figlio sorridesse alla servitù, non era buona educazione. Non accettava che si sellasse il cavallo da solo, dovevano essere gli altri a farlo per lui. Doveva scoprire cosa fosse capitato al figlio e doveva scoprirlo presto. Se c’entrava in qualche modo Styles, sapeva già che fine avrebbe fatto il giovane.
Aveva iniziato a sorvegliare ristrettamente il ragazzo, e i due ragazzi se ne erano accorti, per questo limitavano le effusioni e avevano preso a non vedersi più di notte nella camera di Louis, ma Harry fingeva di tornare nelle stanze dei servitori, e dopo che l’orologio rintoccava la mezzanotte, il più grande usciva di soppiatto e andava da lui, un paio di baci e via, di nuovo ancora da soli.
Louis provava freddo di notte, come mai l’aveva provato in vita sua, senza le braccia di Harry a proteggerlo, si sentiva povero, come se avesse perso il tesoro più prezioso di tutta la sua intera esistenza. Si sentiva solo come non mai.
Era una mattina, le guardie erano in giro per il paese per riscuotere le tasse, e i due amanti erano nella camera del più grande. Louis aveva finto di essere malato, pur di non andare ad una festa nella contea vicina, che si sarebbe tenuta quella sera con suo padre, e si guardavano sospirando.
“Mi manchi così tanto, Harry..” – fece accarezzandogli la guancia, avvicinando i loro visi. Erano entrambi stanchi di quella situazione, entrambi non sopportavano più non potersi toccare, baciare, abbracciare, nemmeno toccarsi.
“Anche tu mi manchi, Louis” – sorrise triste, appoggiando la guancia contro la mano del più grande, guardandolo negli occhi. Era così tanto che non riceveva un contatto con lui, che si accontentava anche di una semplice carezza.
“Vorrei così tanto amarti alla luce del sole, amore mio, ma non possiamo, dobbiamo nasconderci, e.. mi sento così maledettamente in colpa per quello che ti sto infliggendo, non meriti di soffrire per colpa mia e-e..” – iniziò balbettando Louis, ma Harry lo fermò prima che le lacrime aumentassero, prima che potesse singhiozzare. Lo fece appoggiare contro il suo petto, e lo strinse forte, cullandolo.
“Louis, ehi, non piangere” – infilò il naso nei suoi capelli, respirando il suo profumo, inebriandosi di quello. –“dobbiamo essere forti. Lo sai meglio di me che siamo nati per amarci, e non per nasconderci, no? Prima o poi riusciremo a farcela. Io ti amo, davvero.” – fece il riccio, accarezzando lentamente la schiena dell’altro, facendogli capire che nonostante tutto lui c’era, non se ne andava, lui restava.
“Voglio fare l’amore con te, Harry, non ce la faccio più, ti voglio, ti voglio così tanto che sento di esplodere, vorrei urlare tutto a tutti, ma non posso, non posso..” – singhiozzò ancora, reprimendoli contro il torace del compagno, che accarezzandolo e abbracciandolo, pian piano lo faceva calmare.
“Louis, ehi, calmo, calmati, va tutto bene, sono ancora qui con te, sono tuo, Louis.” – fece posandogli un bacio dolce sul collo.
“No, sono un essere orribile, sono.. sono.. non ti merito, i-io..” – iniziò, ma non finì la frase, non voleva ammetterlo, dirglielo, non voleva spezzargli il cuore con quella notizia. Non voleva, né poteva. Non a lui che gli aveva fatto tanto bene, gli aveva donato tanto amore.
“Tu, Louis?”
Alzò lo sguardo dal suo petto.
Quello era il momento, doveva. Non poteva illuderlo. Non poteva ancora vivere nella menzogna.
Lo sapeva da un mese ormai, ma no, non poteva.
Non voleva illuderlo, ma non riusciva a dirglielo.
Combatteva ogni giorno quella battaglia contro se stesso. E alla fine lui perdeva, cedeva alle braccia del più piccolo, e non concludeva nulla.
“Niente, io ti amo più della mia stessa vita, ricordalo, Harry, per favore.”
“Lo ricorderò sempre.” – sorrise suggellando le loro labbra in un bacio pieno di dolore, di disperazione, di nostalgia, di amore e dolcezza. Un mix che simboleggiava la loro forza, ma anche la loro debolezza.
Il loro amore era un ossimoro, poteva accorgersene chiunque avesse un cuore aperto all’amore.
Povertà contro ricchezza.
Servitù contro nobiltà.
Verità contro menzogna.
 
 
Accadde tutto in fretta.
Troppo in fretta.
I due ragazzi erano finalmente liberi, nel senso lato della cosa. Il padre aveva diminuito i controlli, accortosi che Harry non fosse una minaccia, ma quando due giovani erano così innamorati, presi l’uno dall’altro, quando due ragazzi erano così innamorati, come si poteva vietare loro l’amore? Come si poteva impedire loro di cercarsi anche solo con uno sguardo? Come si poteva privare loro dei loro momenti di intimità? Come potevano essere così crudeli?
Un giorno, i due giovani rientravano da una cavalcata che il giovane Louis aveva voluto fare, nonostante fosse inverno inoltrato, stretti mano nella mano, tutti poterono vederli, ma non fu quello a sconvolgere tutti. Fu il bacio che si scambiarono poco fuori dalla cittadina, che tutti poterono vedere, ammirare. Uno scambio di anime, uno scambio di corpi, uno scambio d’amore che tutti interpretarono come il demonio, come una cosa contro natura, come il male in persona. Donne iniziarono ad urlare, nemmeno ci fosse la guerra alle porte, la gente copriva gli occhi dei bambini, perché non potevano le creature candide vedere certe scelleratezze, le persone erano inorridite, e le guardie sopraggiunsero in pochi istanti. Immediatamente i due, persi in un mondo tutto loro, in un mondo pieno di gioia, in un mondo in cui potevano essere solo se stessi e liberi, furono brutalmente separati. Ed entrambi si resero conto di cosa fosse successo.
Harry guardò terrorizzato verso Louis, sbiancando come se tutto quello che avevano costruito fino a quel momento fosse crollato come un mucchietto di ossa al vento, mentre Louis lanciò un’occhiata piena di dispiacere ad Harry, chiedendogli scusa con quello, perché, dannazione, era colpa sua se erano stati beccati a baciarsi, era colpa sua se ora rischiava. Doveva fare qualcosa, immediatamente.
Entrambi furono scortati al casato, e portati al cospetto del conte Tomlinson, che una volta appresa la situazione, guardò deluso il figlio.
“Louis, mi avevi detto che non c’era niente tra voi due, come mai siete stati visti fare, certe cose in pubblico, ma non vi vergognate?!” – tuonò adirato.
Louis non si smosse per nulla, mentre Harry rabbrividì.
“Padre, calmatevi, posso spiegare tutto” – fece sicuro mettendo su un ghigno degno di un delinquente professionista abituato a mentire.
L’uomo gli fece un cenno con la mano, incitandolo ad andare avanti.
“Vedete, padre, avevo solo voglia di provare qualcosa di diverso, lo sapete, no? Per svagarmi un po’ prima del matrimonio”  - Harry impallidì sentendo le parole di Louis –“insomma, come potrei avere una relazione con un ragazzo, per di più un servo!” – e rise, rise come Harry non lo aveva mai sentito ridere, e sentiva qualcosa rompersi nel suo petto –“andiamo, non sarebbe da me, mi conoscete!” – sorrise malefico –“è solo un servo, volevo solo provare qualcosa di diverso, dico davvero. So perfettamente che tra una settimana esatta dovrò chiedere alla contessa Eleanor Calder di sposarmi, e la settimana dopo sposarla, lui era solo un divertimento.”
Il padre sembrò rassicurarsi, e annuì ammorbidendo di nuovo l’espressione.
“D’accordo, d’accordo. Sei giovane, in fondo, lo sono stato anche io” – sorrise –“va bene, figliolo, però non fare più certe cose. Insomma, non fa bene all’immagine della contea, va bene?”
Louis annuì sorridendo ancora in quel modo che ad Harry faceva venire i brividi, non lo riconosceva nemmeno più, voleva solo sparire, essere risucchiato dal marmo, voleva solo non vedere più quell’immagine del ragazzo che amava, non voleva più sentire la sua risata così cattiva, quello sguardo così profondo, ma sprezzante, sentiva un groppo in gola, e voleva piangere.
“Certo, padre, non accadrà più nulla di sconveniente.”
“Mi fido di te, figliolo, ovviamente non posso tenere più qui il tuo servitore, ma ne prenderò un altro al più presto. Harry, tu prepara le tue cose, entro domani mattina lascerai la contea.”
Harry abbassò lo sguardo, in segno di rispetto, rassegnazione e tristezza.
“Come volete, padrone” – disse con la voce rotta. Cosa si aspettava che Louis lo difendesse? Che cercasse di tenerlo accanto?
Non gli aveva detto nemmeno che doveva sposarsi.
“Posso congedarmi e andare? Lascerò la contea al più presto.”
“Certamente, andate entrambi” – acconsentì. I due giovani si diressero fuori, Harry tirò la porta, facendo uscire prima Louis, e poi lo seguì chiudendosi la porta alle spalle. Non si soffermò a parlare con il più grande, corse direttamente nelle stanze dei servitori, raccattando le poche cose che gli appartenevano.
Voleva solo andare via da lì, voleva solo sparire. Non voleva più vedere Louis Tomlinson, non voleva più avere a che fare con quella contea, con quelle persone, con nessuno. Non sapeva dove sarebbe andato, non sapeva che lavoro avrebbe fatto ora, ma tutto sarebbe stato meglio di rimanere lì, dov’era stato illuso, maltrattato, usato. Dov’era stato solo il gioco preferito del giovane Louis, dove si era innamorato.
Era stato troppo bello per essere vero che un nobile lo amasse, che un nobile lo avesse trattato bene. Dannazione, era stato a letto con lui, avevano diviso il letto, avevano fatto il bagno insieme, Louis gli aveva preparato il bagno.. lanciò a terra tutto, lasciandosi scivolare contro il muro, e rannicchiandosi su se stesso, e iniziando a piangere. Non poteva davvero soffrire per uno come Louis.
Uno perfetto, bellissimo, dolcissimo, ma cattivo come Louis.
“Non è giusto, non è giusto” – singhiozzò contro le sue ginocchia, stringendo le braccia intorno ad esse, sperando di sprofondare nella terra sporca, sperando che Louis arrivasse e lo proteggesse da tutto quel dolore, perché l’unico che poteva proteggerlo era lo stesso che gli aveva inflitto quel grande dolore.
“Non ho mai avuto niente nella mia vita, mai, e l’unica cosa bella che avevo mi è stata portata via così, non è giusto, non è giusto” – continuò con i singhiozzi, senza sapere che qualcuno poco distante da lui lo ascoltava. Passarono solo pochi istanti, un paio di braccia forti lo avvolsero completamente, e sentì qualcosa di caldo e accogliente sotto la guancia. Le sue lacrime furono raccolte da una camicia bianca, la solita camicia bianca pregiata che lui conosceva benissimo, cercò di dimenarsi da quella presa, cercò di liberarsi, ma più si muoveva, più lui lo teneva stretto.
“Calmati, calmati, Harry, va tutto bene, calmati” – gli sussurrò –“ti prego, andrà tutto bene, non piangere, mi dispiace, non le pensavo davvero quelle cose, calmati ora.” – cercò di rassicurarlo –“ti prego, Harry, non fare così” – sussurrò ancora, stringendolo tra le braccia.
“No, lasciami in pace, l’ho visto nei tuoi occhi, eri sincero, maledettamente sincero! Ti sei divertito, vero?” – non seppe quale forza lo spinse a liberarsi della presa di Louis, ad alzarsi da terra, e guardare il ragazzo con disprezzo, come non l’aveva mai guardato prima.
“Harry, ti prego, lo sai che ti amo, dentro di te lo sai. Ti prego, calmati, non roviniamo tutto così, per favore..”- lo supplicò, cercando di puntare i suoi occhi in quelli del riccio, che però gli sfuggivano sempre, e non riusciva a capire come fossero in quel momento, probabilmente scuri. Sapeva che quando il riccio soffriva diventavano scuri. Sospirò tirandosi su, cercando di afferrarlo per le spalle, per guardarlo, e supplicarlo di perdonarlo per quello che era stato costretto a dire.
“Se mi avessi amato, mi avresti detto che ti dovevi sposare. Avresti cercato almeno di farmi restare qui, no? Invece no! Sei stato un bastardo!” – urlò, subito dopo se ne pentì, ricordando che quello non fosse più il suo Louis, ma una brutta copia, un ragazzo che gli somigliava, ma che non era davvero lui. Quello sguardo, quella voce, quelle parole gli avevano fatto più male di mille coltellate.
“Mio signore, scusate, andrò via subito” – fece rassegnato abbassando la testa, lasciandosi scappare altre mille lacrime, che non avrebbe voluto versare davanti a Louis, non davanti a lui.
“Credevo fossimo nati per amarci, a quanto pare mi sbagliavo. Siamo diversi, saremo sempre diversi. Non potremo mai somigliarci, nemmeno se voi fingete che io sia il vostro amore.” – raccattò di nuovo le sue cose, ficcandole dentro ad un piccolo lenzuolo tenendolo per i quattro lembi a mo’ di sacco, in modo da poter infilare dentro i suoi averi. –“è stato meraviglioso, dico davvero, quanto di più bello sia capitato nella mia vita, ma era ovvio che fosse solo finzione, menzogna.” – fece un sorriso triste –“e anche se sono deluso, io..” – si abbassò verso di lui –“non mi pento di niente, Louis, non lo faccio. Ti-Vi ho amato davvero. Con ogni fibra del mio corpo, con ogni battito del mio cuore, con ogni piccolo gesto che facevo. Io vi ho amato, Louis, e non si può mentire a se stessi, no?” – scosse la testa, sorridendo ancora in modo triste –“addio, siate felice, lo meritate” – un ultimo bacio, l’ultimo che si scambiarono. Un semplice sfioramento di labbra, un bacio a stampo, casto, delicato come le ali delle farfalle, leggero come una piuma, lacerato come il loro cuore in quel momento.
Louis assorbì tutte le parole di Harry, e prima che il riccio si dileguasse, senza fare mai più ritorno, perché sapeva che quella fosse l’ultima volta in cui si sarebbero visti in tutta la loro vita, gli afferrò un polso, nell’atto estremo e disperato di trattenerlo, e approfondì quel bacio, cercando di trasmettere tutta la sua sofferenza al ragazzo, cercando di far capire che soffrisse tantissimo anche lui, che non fosse l’unico a morire dentro in quel momento, che si era sentito male a dover dire quelle cose, non sperava che il riccio gli credesse, ma lo sentì rispondere al bacio. Un bacio pieno di passato amore, presente sofferenza, e futuro atroce dolore. Harry lasciò cadere il lenzuolo piegato a sacco, e allungò le braccia intorno al collo di Louis, infilando le mani nei suoi capelli morbidi e baciandolo con tutto l’amore che aveva dentro di sé.
“Ti prego, resta, sii il mio amante, non posso fare a meno di te, ti prego, Harry, ti nasconderò nelle mie stanze, ti prego, non lasciarmi, avevi giurato, avevi giurato di non lasciarmi mai, ti sto supplicando, Harry..” – mormorò contro le sue labbra, quasi in lacrime. Non voleva rinunciare a lui, non voleva che il riccio stesse male, non voleva stare male, non voleva che andasse via. Lo voleva al suo fianco, voleva solo provare ancora la felicità che aveva provato in quell’anno con il riccio, voleva assolutamente continuare a stare con lui, non voleva rinunciare all’amore. –“ti prego, ti amo, ti amo, ti amo” – sussurrò ancora, baciando ripetutamente le sue labbra, nell’atto di farlo restare, di convincerlo.
“Scappa con me.” – fece Harry, cedendo all’amore, credendo alle sue parole –“se mi ami davvero, scappa con me.” – ripeté –“abbandona tutto, vieni via con me. Andremo nel mio paese d’origine, lontano da qui, o in qualsiasi altro luogo tu voglia, visiteremo il mondo, ricordi? Abbiamo bisogno solo del nostro amore per andare avanti. Se siamo davvero nati per amarci, vieni via con me.”
“Non posso, i-io non posso, ho dei doveri..” – mormorò Louis –“resta qui”
“Se restiamo non abbiamo futuro. Decidi, Louis, vuoi me o la tua nobiltà?”
Il castano restò in silenzio. Harry attese una risposta, e comprese che non avrebbe mai abbandonato la sua vita da nobile per lui, per uno stupido servo. Rise ironico staccandosi da lui, e afferrando di nuovo il suo sacco, gli rivolse un’occhiata scura, delusa, ferita.
“Addio, Louis, siate felice.”
E scomparve dietro la porta, lasciandosi dietro un Louis deluso da se stesso per non essere riuscito a trattenere la cosa più bella della sua vita, triste per averlo perso, arrabbiato con se stesso.
“Resta, amore mio, resta..” – singhiozzò cadendo per terra sulle sue ginocchia, senza avere la forza di rialzarsi da lì. Restò lì in lacrime, mentre Harry andava via, lasciandolo solo nella sua solitudine, nel suo sconforto, con solo mille ricordi che facevano male, che lo uccidevano.
Louis aveva perso tutto, a causa sua.
La rosa rossa del loro amore era appassita, senza che nessuno dei due se ne fosse accorto, senza che nessuno lo volesse. Questa era appena morta.

 

*

 
Una lacrima gli scappa dal viso, al ricordo della fine della loro storia, ma con un gesto veloce la scaccia via. Lui ha scelto la nobiltà, lui ha scelto una vita infelice, è colpa sua se ora soffre, se ora Harry è triste. E’ colpa sua e lo sa. Sa tutto, si prende le sue responsabilità, ma rimpiange la sua scelta.
Davvero credeva di poter essere felice lontano da Harry?
Davvero credeva che sarebbe stato facile dimenticare l’amore?
O è maledettamente stupido, o è solamente un codardo.
Ed entrambe sono plausibili. Come può sposare una donna? Una che non ha le fossette e gli occhi che cambiano colore di Harry? Come può sposare qualcuno che non è Harry? Come può lasciare la cosa più bella della sua intera, dannata esistenza ed essere infelice?
Come può non lottare per la felicità?
A volte, fare la scelta giusta e difficile, e si tende a seguire la via più facile, quella con meno problemi e più sofferenza. Cancellare l’amore, abbatterlo definitivamente. Si può?
Louis non è convinto. Non riesce nemmeno a pensare di dover passare una vita infelice, lontano da lui.
Come può solo lontanamente immaginare che esista qualcosa di migliore del suo Harry?
Come ha fatto ad essere così stupido?
Come ha fatto a credere che la nobiltà fosse la scelta migliore?
Come può solo pensare di stare lontano da lui?
Come può.. sposarla?
Scuote la testa, ormai ha fatto la sua scelta, deve farlo. Ormai non può tornare indietro.
Che figura ci farà la contea?
Che figura ci farà suo padre?
Come reagiranno gli altri?
No, non può. Harry rimarrà sempre il miglior ricordo della sua vita, il più bello, il più felice, forse anche quello più triste, ma ormai ha deciso. Lui è andato via, ha deciso di andare. Lo ha supplicato di restare, ma lui è andato via.
Chi è ora che non ha amato davvero?
Davvero, Louis, davvero, è stato lui a non amarti con tutto se stesso?
Tossisce, si schiarisce la voce, e si alza in piedi. Sono tutti riuniti lì, e aspettano solo che lui parli, che dica tutto, che si esprima, che chieda la mano della contessa.
“Padre, madre” – inizia chinando il capo –“e voi tutti, conti, marchesi e nobili, ho un annuncio importante da fare” – sorride fintamente, senza gioia, senza amore. –“io, Louis William Tomlinson” – deglutisce. Non riesce. Tutti pendono dalle sue orecchie, tutti vogliono sentire quelle parole importanti –“vorrei chiedere alla qui presente contessa Ha-” – tossisce, sta sbagliando le parole, ha sbagliato nome –“Eleanor, Eleanor Jane Sty-” – e si blocca ancora. quel dannato nome non lo lascia non lo abbandona –“Calder, ovviamente è Calder” – borbotta –“di diventare..” – e si blocca ancora, non ci riesce, non vuole, non può.
Siamo nati per amarci, non per nasconderci.
Amarci. Non nasconderci.
Amare, non nascondere.
Ama, Louis, amami, non nascondermi.
Ama.
Scuote la testa, non può, non vuole. Lui è suo. Deve ritrovarlo.
“No, io non posso” – sospira rassegnato –“non posso, chiedo scusa a tutti voi, io non posso sposare la contessa Calder, non posso, non posso fare questo ad una persona.” – confessa.
I genitori lo guardano sconvolti, i commensali sgranano gli occhi, la contessa Calder si fa rossa di vergogna.
“Io sono innamorato di una persona che non è qui.” – appoggia entrambe le mani sul tavolo –“non posso distruggerlo così, non posso.” – proferisce serio. Si alza da tavola e si allontana da tutti.
“Louis Troy Austin William Tomlinson” – tuona il padre –“tu non ti muovi da qua, chiedi alla contessa Calder di sposarti, altrimenti l’eredità passerà a una delle tue sorelle.”
“Non mi interessa, anzi, molto meglio, spero che loro imparino il significato dell’amore, prima che sia tardi.” – parla come se fosse stato rapito da qualche essere sovrannaturale, nessuno lo riconosce.
Perché è cambiato così?
Tutti lo guardano senza dire nulla, inorriditi.
Come si può rinunciare a tutto (potere, nobiltà, denaro), per una cosa sciocca come l’amore?
Come fa quel ragazzo ad alzarsi in quel modo, e mancare di rispetto a tutti i presenti?
E’ inconcepibile.
Louis avanza ancora, uscendo quasi dalla porta principale del salone. Le guardie sono lì davanti, sa che non può uscire senza permesso, sa che è impossibile che qualcuno lì dentro capisca, ma sa che deve andare via, deve raggiungere Harry ovunque egli sia, deve farlo per il suo bene, quello del riccio e del loro amore.
Il loro sentimento è la cosa più forte che abbia mai provato sulla sua pelle, non vuole lasciarlo andare facilmente. Non ora che ha capito, a distanza di qualche settimana, che non può stare senza Harry. Si sente vuoto, perso, spaesato.
Vuole solo trovarlo e abbracciarlo, sentendosi di nuovo bene, felice e completo.
“Louis, se esci da quella porta, ricordati di non tornare mai più, nemmeno nella contea. Ci hai disonorati tutti. Non meriti più di essere considerato mio figlio. Se te ne vai, sparisci per sempre.”
“Sarà fatto.” – dice solo. Il padre con un gesto, consente alle guardie di far uscire il figlio da lì, segnando così la divisione del ragazzo dai suoi familiari.
Louis non sente dolore. Si sente solo finalmente libero, finalmente può respirare, finalmente sa di aver preso la decisione giusta, anche se è stata la più difficile, la peggiore, ma anche migliore mai presa.
Esce dal salone, e poi dal casato.
Respira a pieni polmoni l’aria che lo circonda.
Si sente bene, libero, ora deve solo sentirsi felice e completo. Deve raggiungere Harry, ma realizza solo in quel momento che non sa dove egli abitasse prima di giungere nella contea. Non sa nulla, ora sente una sorta di sconforto, che però non lo rende triste, ma più motivato. Scava nella mente, di sicuro il riccio gli ha parlato di dove viveva quando era un infante, sa che da qualche parte nella sua memoria c’è quel racconto. Deve solo essere bravo e ricordare come gli ha riferito.
Nel posto dove vivevo c’erano dei grandi campi di grano, era su una collina! Portavo sempre le mucche al pascolo, perché vivevamo solo di quello, e allora io le portavo nel prati lontani, perché c’erano i prati, e poi tanti fiori, un mare di fiori, belli come te, Louis! – risata– e poi – balbettii, frasi sconnesse– un fiume, un grande fiume dove facevo sempre il bagno con mia sorella. Ed era pieno di pesci! A volte li abbiamo pescati e portati alla mamma! Lei li cuoceva sul fuoco – altre risate– era un  bel posto dove vivere, solo che eravamo poveri, allora.. mia sorella è rimasta lì, si era sposata. Ma mia madre ed io siamo venuti qui alla ricerca di lavoro.
Sorride ancora, ricordando la voce di Harry, profonda e roca, ma divertita ed eccitata come quella di un bambino che inizia a scoprire il mondo, e Louis non può far altro che sorridere e tentare di capire in che luogo dell’Inghilterra esista un luogo del genere. Ci pensa, e ripensa, ma non sa. Non è mai stato una cima in quel campo. E non sa cosa pensare. Si da dello stupido per non essersi mai applicato più del dovuto. Poi ricorda. Nella biblioteca c’è un libro che in ogni pagina raffigura tutta la Gran Bretagna, e lui sa che deve rientrare nel casato, e sa anche come fare. Sicuramente alle cuoche non è ancora arrivata la notizia del suo rifiuto al titolo di nobile, non possono dirgli niente né impedirgli di entrare dalle cucine, per questo si dirige all’entrata delle cucine, ma non trova nessuno. Sorride, contento di non dover dare spiegazioni, e sgattaiola dentro. Percorre le cucine e entra nelle stanze dei servi. E’ il modo migliore per non dare nell’occhio e arrivare alla biblioteca per quel dannato libro, percorre con circospezione tutte le stanze che lo separano dalla grande sala colma di libri e si addentra dentro. Seppur non sia mai stato un buon lettore, gli è sempre piaciuta quella sala, è colma di libri.
Cerca in tutti gli scaffali, su tutte le mensole e poi lo trova. Lo prende e lo porta al grande tavolo di legno posto al centro della sala e si siede iniziando a sfogliare quelle pagine in cui sono descritti, se non tutti, la maggior parte dei paesini e paesaggi inglesi del periodo.
Sfoglia delicatamente tutte le pagine, cercando in quelle un luogo che somigli vagamente alla descrizione fatta da Harry, perché lui vuole trovarlo, deve trovarlo, sa che è lì, e quel posto è rappresentato in quel libro. Deve solo avere la pazienza di trovarlo. 
Dopo ore di lavoro, di ricerca, finalmente trova un posto somigliante, un paesino molto lontano dalla contea, il nome è Holmes Chapel. Sorride spontaneamente, chiude il libro si alza in fretta, corre lontano da quella sala, ripercorre tutte le stanze dei servi, in quelle ancora l’ombra di un amore morto che deve rinascere. Prende dalla cucina qualche provvista per il viaggio e la sua borraccia, perché sa che è molto lontano.
Con quel nome nella testa, esce dal casato, stranamente senza farsi vedere, raggiunge le stalle, velocemente sella il suo cavallo e rapidamente corre via nella notte.
Esce dalla contea quando è già notte inoltrata, e non conosce la strada da percorrere, ma sa che deve percorrerla. Deve arrivare in quel paesino, deve ritrovarlo. Non può permettersi di non andare, né di restare lì, non dopo l’affronto compiuto. Sa che deve muoversi, perché Harry potrebbe andare via da dov’è, che potrebbe decidere di viaggiare, perché dannazione, lui sa che Harry ama viaggiare e quindi si mette in viaggio sul suo cavallo.
Attraversa tanti paesini, in ognuno chiedendo indicazioni sul paesino che deve trovare, in ognuno nessuno l’ha mai sentito nominare, in ognuno si scoraggia sempre un po’ di più.
Viaggia quattro giorni e tre notti prima di trovare, finalmente qualcuno che conosce quel paesino.
E’ un uomo anziano, che parla di quel luogo con una strana luce negli occhi, magari vi ha abitato.
L’uomo lo aiuta, gli da qualche provvista, perché le sue sono esaurite e gli riempie di nuovo la borraccia, ha almeno tre giorni di cammino da quel paese all’altro, e Louis ringrazia.
Non ha mai avuto questi problemi durante un viaggio, ma gli piace. Adora questa nuova vita. Cede i suoi abiti da cerimonia come ringraziamento, l’uomo non sa che farsene, ma capisce che Louis non ha denaro, e li accetta, dandogli dei comuni abiti del figlio ormai partito per cercare fortuna.
Louis si ferma per la notte, l’uomo l’ha invitato perché non è prudente viaggiare di notte, e Louis ormai è stanco, sono tre notti che non dorme e decide di accettare.
“Quindi, eri un conte? Davvero?” – chiede l’uomo mentre sono seduti intorno ad una piccola tavola, intenti a consumare una misera cena.
“Sì, lo ero, prima di dire di no davanti a tutti, anche davanti alla famiglia reale che non avrei chiesto alla contessa Calder di sposarmi perché sono innamorato di..” – tossisce, non vuole che qualcun altro lo consideri il demonio –“un’altra persona” – conclude con un sorriso.
“Oh, giovanotto sei stato molto coraggioso, o molto stupido” – e scoppia in una risata divertita, dando una pacca sulla spalla al ragazzo.
“O molto innamorato” – borbotta Louis, sorridendo.
“Dev’essere una persona speciale, se hai rinunciato a tutto questo per lei. E dimmi, com’è?”
Louis sorride, chiudendo gli occhi, riportando davanti a sé l’immagine di Harry.
“Ha gli occhi verdi, ma è un verde particolare, quasi.. verde prato e smeraldo insieme, oh sono gli smeraldi più belli e preziosi che abbia mai visto.. e cambiano colore, quando è triste sono scuri, quasi grigi, quando è felice invece sono di un verde così chiaro che va anche nell’azzurro.. ha i capelli ricci e scuri, sono morbidissimi, e profumati, un angelo.” - l’uomo sorride. Prima d’ora, non aveva mai visto un ragazzo così innamorato al punto da rinunciare a tutto –“ma sono stato uno stolto, l’ho fatto andare via, ho fatto una decisione sbagliata, ma voglio rimediare, davvero.” – confessa, torturandosi le mani con l’aria mesta e afflitta, che ha sostituito il suo sorriso.
“Allora devi solo raggiungerla. Forza, riposa, domani ti metterai in viaggio molto presto.” – sorride dolcemente, invitando il ragazzo a distendersi su un piccolo giaciglio. Il ragazzo ringrazia, sorridendo e si distende, non è di certo il letto della sua stanza, ma almeno è al caldo, accanto ad un focolare e non al freddo fuori.
Sospira, e chiude gli occhi. E’ più che determinato a cercare Harry, deve trovarlo, vuole abbracciarlo, stringerlo, sentirlo suo ancora e ancora, per tutta la vita.
Con quei pensieri, il sorriso sulle labbra si addormenta, sognando quei due occhi verdi, quei capelli ricci, quel viso d’angelo, quel meraviglioso ragazzo, che l’ha spinto ad andare contro suo padre, contro tutti. Deve ritrovarlo, deve stringerlo tra le braccia, deve, certo, ma non può ancora. Non prima di essersi fatto perdonare, ovviamente. Vuole rimediare a tutte le parole dette, vuole rimediare al cuore spezzato. Ha ammesso le sue colpe, ha rinunciato a tutto, eppure è così insicuro, ha paura che Harry lo mandi via, che tutto ciò che ha fatto sia stato inutile, che Harry non lo voglia più nella sua vita. Ma cerca di non pensarci, spera che tutto vada a buon fine, che finalmente possa tenerlo tra le braccia, di nuovo. Dorme, fa bei sogni, e l’ansia lo abbandona, sorride dormendo e non vede l’ora che i tre giorni di viaggio passino, per ritrovarlo. Non sa nemmeno se è il posto giusto, ma spera lo sia, perché altrimenti non saprebbe più come fare.
 
La mattina dopo si prepara alla partenza. Saluta l’uomo, e salta sul cavallo.
Sorride guardando il cielo. Il sole splende e lui sorride. Non c’è niente che vada male, non quella mattina.
Il suo viaggio ha inizio, sprona il cavallo, e parte.
Passano i tre giorni di viaggio, ha seguito la mappa che il buon uomo gli ha dato, e finalmente, stanco e provato, giunge nel piccolo paesino. Spera con tutto il cuore che sia quello che il luogo giusto. Appena arrivato, smonta da cavallo, e afferrando una delle redini, si addentra nel paesino. E’ come gli ha detto Harry, su una collina, pieno di campi di grano e pascoli, e un fiume alle pendici della collina. Sorride. E’ un piccolo angolo di paradiso secondo lui, peccato vi sia la povertà. Peccato che sia in inverno e non possa ammirare i fiori. Chiude gli occhi, e come Harry gli ha insegnato immagina, e rivede i paesaggi del libro. E’ sicuro di essere nel luogo giusto, ma non sa se vi troverà Harry.
Ora che ci pensa, non sa nemmeno come trovarlo, non sa quale fosse la sua casa. Non gli resta che sperare in un colpo di fortuna, che possa fargli incontrare qualcuno che lo conosca o almeno che sappia indicargli casa sua.
Sospira, rendendosi conto che quello è stato un viaggio inutile, che ha solo il fine di fallire, perché non conosce praticamente niente della vita precedente del ragazzo.
Ha freddo, sono tre giorni che non si scalda a parte per dei piccoli fuocherelli accesi manualmente – è Harry che gli ha insegnato a farlo, e lo ringrazia mentalmente – e non ce la fa più. E’ solo, perso in un paese che non conosce, infreddolito, e stanco. Non sa che fare, un po’ si pente di non essere restato a casa sua, ma a lui non importa, è lì per Harry. Sfinito, si accascia sulle ginocchia, e sviene senza preavvisi.
 
Non sa quanto tempo è passato. Sa solo che quando apre gli occhi, si trova in una stanza nella quale c’è un focolare, acceso, e sente di nuovo gli arti caldi. Si guarda intorno, spaesato.
Non sa dove si trova, sa solo che è svenuto poco dopo essere entrato nella città.
Sente delle voci, ma non ha il coraggio, né la forza di alzarsi da quel giaciglio. Però, sorride. Delle persone lo hanno aiutato nonostante non sappiano che prima fosse un nobile, e pensa di doverle ringraziare, magari quando avrà le forze. Sente dei passi e si chiede se sia il caso di alzarsi o fingere di dormire ancora. E’ indeciso.
Poi opta per restare a letto. Quella coperta è davvero calda, e non si sogna nemmeno di provare ancora il freddo pungente di prima.
Qualcuno si avvicina a lui, è una donna. Ha i tratti del viso dolci e in braccio ha una bambina. Gli sorride cordiale, prima di salutarlo.
“Oh finalmente ti sei ripreso! Ero in pena, ti ho trovato ed eri quasi morto per il freddo, ti senti meglio?” – parla velocemente in un modo che lui ha già sentito, gli ricorda il modo di parlare di Harry, solo che la voce è femminile e meno roca. Sospira. E’ davvero un caso perso.
“Sto.. bene, credo, grazie mille, io sono Louis” – si presenta, senza specificare il cognome, sorridendo alla donna gentile, dai lunghi capelli mori e, può giurarci, ha gli stessi occhi di Harry, verde smeraldo.
“Io sono Gemma” – sorride –“sei arrivato qui da lontano?” – chiede con una punta di preoccupazione nella voce.
Louis annuisce, senza aggiungere il suo luogo di provenienza.
“Sì, cerco una persona a dire la verità”
“Oh posso aiutarti, se vuoi, conosco tutti qui in paese!” – un barlume di speranza nel buio dello sconforto. Qualcuno che sa, qualcuno che conosce.
“C-Cerco Harry, Harry Styles” – si morde labbra nervoso, non sa se sia stata una buona idea smascherarsi subito, ma la voglia di sapere, la voglia di rivederlo sono più forti di lui.
“Harry Styles?” – ride –“è mio fratello, è al mercato ora, se aspetti un po’ tra poco ritorna”
Louis sgrana gli occhi. Non ci crede. Lo ha trovato, ha avuto un colpo di fortuna.
Si lascia andare in un sorriso spontaneo e la guarda, con esso ringraziandola.
“Sei un suo amico?” – chiede curiosa la donna.
“Una specie, insomma, lavorava per me, ma poi..”
Lei si blocca, e lo guarda.
“Sei quel Louis? Louis Tomlinson?” – chiede immediatamente, quasi come se le abbiano dato una pugnalata. Louis sbianca, e annuisce.
“Non ci credo, il conte! Sei il conte di cui mio fratello è innamorato? Quello per cui soffre?” – chiede adirata.
Il ragazzo abbassa la testa, mortificato. Sa che lei ha ragione, è consapevole di tutto, ma è per quello che è andato lì, per farsi perdonare, per recuperare tutto.
“Sì, sì, sono io. E’ tutta colpa mia, me ne prendo le responsabilità, davvero. Ma sono qui, sono andato via, ho rinunciato a tutto per lui, lo amo davvero.” – si morde le labbra –“ho detto che non avrei detto alla contessa Calder di diventare mia moglie, che non avrei fatto questo a lui, non potevo.” – sospira –“voglio davvero lui, non riuscivo nemmeno a respirare senza di lui, viaggio da sette giorni, più o meno, non sapevo nemmeno se questo fosse il luogo giusto, sono andato ad intuito ricordando quello che Harry mi ha raccontato.” – prende un respiro –“se non lo amassi davvero, non sarei qui.”
Qualcosa si infrange per terra, un rumore che fa sobbalzare entrambi i ragazzi.
Louis alza lo sguardo verso la porta, e incontra quegli occhi che gli sono mancati come l’ossigeno. Sa che ha sentito tutto, è tipico di Harry ascoltare per non disturbare e interrompere. Gli occhi sono scuri, ma pian piano li vede schiarirsi, segno che è felice che lui sia lì. E come potrebbe non esserlo?
Harry lascia cadere tutto per terra, il cuore gli salta nel petto nel vederlo, e dannazione, batte troppo velocemente. Non ha con sé cose nobiliari, non ha niente.
Ha davvero lasciato tutto per lui?
Per un servo?
E’ scappato?
Corre verso di lui, e gli salta letteralmente al collo, non si aspettava che lui fosse lì, in quel momento. Non si aspettava che Louis venisse da lui, non era nemmeno nei suoi sogni più fantasiosi, e invece si ricrede, deve ricredersi, perché Louis è lì tra le sue braccia, finalmente.
“Mi sei mancato, mi sei mancato tantissimo” – sussurra stretto al suo collo –“troppo, troppo, ho sentito tutto, non devi farti perdonare nulla, ti amo, Louis, come prima, più di prima, come ti amerò sempre.”
Si morde le labbra, sorridendo, baciandogli ogni centimetro di pelle che trova, fino ad arrivare alle labbra, suggellarle alle sue e baciandolo con tutta la passione che dentro di sé cova.
Gli è mancato troppo.
“Anche tu, Harry, anche tu” – sussurra il più grande, stringendolo forte, come desiderava da giorni –“non andrò mai più via, mai, mai più, ti amo”
“Ma.. perché..?” – chiede insicuro –“per me..?”
“Perché, qualcuno mi ha detto, che siamo nati per amarci, non per nasconderci”
Ed Harry da vita ad un nuovo bacio, pieno di amore, passione, nostalgia.
Un bacio di passato dolore, presente amore, futura felicità.
La rosa del loro amore è rifiorita, più forte, brillante e profumata di prima, e probabilmente, loro si ameranno per sempre, perché è questo il loro destino: sono nati per amare, non per nascondere.
 

*

 
Il proverbio era corretto. Il filo aveva unito i due ragazzi, nonostante gli ostacoli, le prove, si erano legati in amicizia ed amore, e alla fine si erano ritrovati, facendo sbocciare il loro amore.
Questa era la storia di Harry Styles, il giovane servo che aveva involontariamente cambiato un nobile viziato, e di Louis Tomlinson, il nobile viziato che aveva cambiato volontariamente stile di vita abbandonando tutto solo per amore. 
E come tutte le favole dicono, entrambi vissero felici e contenti, insieme, felici anche nella povertà.









NO, JIMMY PROTESTED!

Ma salve salvino! 
Come promesso, ecco la conclusione della mia lunghissima shot.
Davvero, spero vi sia piaciuta, perchè ho amato con ogni mia fibra questa storia. Non solo perchè mi sono basata un po' su quello che penso davvero di Haz e Lou, perchè l'amore contrastato ce l'hanno anche nella realtà, ma anche perchè in tutti e due ho lasciato un pezzetto di me, come sempre. E poi è c'è quell'aria di antico che le ho dato ambientandola non proprio ai giorni nostri.
Ebbene. Spero vi sia piaciuta.
Ringrazio tutti coloro che l'hanno letta, preferita, ricordata, seguita e recensita.
E vi ringrazio per l'immenso supporto che mi date.
Ringraziamo anche Harry e Louis per sottoporsi sempre alle mie idiozie e...
Alla prossima pella gente!
*woosh*


Desclaimer: Non guadagno niente da questi scritti, a parte un po' di soddisfazione personale se vengono apprezzati, Harry Styles e Louis Tomlinson non mi appartengono, purtroppo, e nessuna delle loro azioni è stata descritta al fine di offenderli in qualche modo.

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