Il mattino dopo mi ricordo solo di qualche particolare, che si può
riassumere in queste parole.
Locale
Bere
Portafogli
perso
Ragazzo
fico
Portafogli
ritrovato
Musica
Baci
Bere
Baci
Macchina
Sesso
La testa mi fa malissimo, e la cosa peggiore è che non so dove sono. Mi
trovo nuda in un letto candido, al centro di una stanza arredata modernamente,
con le pareti scure e il pavimento di moquette nera. Alle pareti qualche quadro
dark e delle locandine di film. Dietro al letto c’è una finestra che inonda di
luce la stanza.
Ributto la testa sul cuscino, cercando di capire che cosa ho fatto la
sera precedente, ma anche per far passare i postumi della sbornia.
Poi un pensiero mi fulmina.
Quella notte ero stata con Jared Leto. Il cantante. L’attore. Proprio
lui.
Sento il rumore di una doccia, ma cerco di non pensarci e riprovo ad
addormentarmi, come mio solito. Non mi importa di essere a casa di altri, è mio
principio cercare di riaddormentarmi almeno per un quarto d’ora prima di
alzarmi.
Passano dieci minuti e sento qualcuno entrare nella stanza, ma non posso
vederlo, avendo gli occhi chiusi.
Mi rigiro fra le lenzuola, ma inavvertitamente mi si scopre mezza
schiena, dalla natica in su, e sento freddo. Così mi alzo, scompigliandomi i
capelli.
Ai piedi del letto, con un asciugamano avvolta sulla vita c’è Jared,
ancora umido di doccia, che mi sorride. –Ben svegliata-
Rispondo al sorriso, sbadigliando senza riuscire a
trattenermi.
-Una piccola precisazione. Dove siamo?- lui trattiene le risate e intanto
si veste, senza badare alla mia presenza. Ha davvero un fisico pazzesco, avevo
sentito che aveva dovuto prendere 30 chili per una parte in un film, ma li aveva
persi subito. Ne ho la prova davanti agli occhi.
-Siamo a Manhattan, a casa mia, nei pressi del Royalton- la risposta mi
rasserena, così sarei potuta arrivare a lavoro in poco tempo, essendo il mio
studio a un paio di isolati da dove mi trovo.
Mi alzo dal letto e cerco i vestiti. Con stupore li trovo sotto il letto,
ma mancano gli slip e il reggiseno.
Combattendo con il mio imbarazzo, gli chiedo.
-Jared?- lui si volta, guardandomi dall’alto al basso, evidentemente
stupito di trovarmi ancora avvolta nelle lenzuola. Questo mi mette un po’ a
disagio.
-Si?-
-Sai per caso dov’è la mia biancheria?-
Lui sorride e fa cenno di guardare verso l’alto. Non l’avevo notato, ma
al soffitto c’è una specie di lampadario. E proprio lì finisce la mia ricerca.
Sopra di esso ci sono il mio reggiseno e i miei slip; evito di immaginare come
sono finiti là sopra.
Calcolo velocemente la distanza fra il letto e il soffitto, ma è troppa
per la mia altezza. Tento lo stesso di prenderli, saltando come una
bambina.
La mia goffaggine prende però il sopravvento e metto un piede in fallo.
Evito di cadere per terra solo grazie a Jared, che mi prende appena in
tempo.
Scoppiamo a ridere.
-Potresti…?- chiedo, imbarazzata, appena mi fa scendere dalle sue
braccia.
-Avresti dovuto chiedermelo prima. Sono stato io a lanciarli lì, in
fondo-
Sorrido, ricordando in quel momento la passione di quella
notte.
Lo vedo salire sul letto e con un balzo afferrare la mia biancheria.
Scende e me la porge.
-Mmm…La perla…Bel completo- io recupero il tutto, sorridendo per il suo
complimento.
Lui va ad infilarsi le scarpe, un paio di All Star nere, mentre io
velocemente mi rivesto.
Sono le 9 del mattino, devo andare a lavoro, quella mattina avrei avuto
un sacco di casi di cui occuparmi, ma quello che più mi interessa da una
settimana a questa parte è quello della ragazza assassinata nel Royalton.
L’aveva trovata una donna delle pulizia, durante il suo solito giro nelle
stanze. Era stata rinvenuta nuda sopra il letto, con braccia e gambe divaricate
a mo’ di stella, i vestiti strappati buttati sotto il letto e le mutandine sulla
maniglia della porta.
La causa della morte era uno colpo d’arma da fuoco alla tempia, il foro
d’entrata era contornato da polvere da sparo, cosa che indicava che era stata
uccisa con un colpo ravvicinato.
Non avevo trovato tracce di sperma, ma dalle abrasioni in tutto il corpo
si vedeva che era stata violentata.
Finalmente sono vestita e posso andare a lavoro. Lui ha le mie stesse
intenzioni, forse avrebbe dovuto avere un’intervista da qualche
parte.
-Dove devi andare? Ti do un passaggio in limousine-
-Oh, non ti disturbare, lavoro a qualche isolato da qui- lui alza il
sopracciglio. Dio come sta bene!
-Eddai, lasciati dare un passaggio. Sei mai stata in una limousine?-
Rispondo al suo sorriso, scuotendo la testa. Così attendo che lui
chiami l’autista per venirci a prendere.
-Ci vorranno quindici minuti, ti va di fare colazione?-
Il mio stomaco risponde da sé e con lui che ride andiamo nella cucina.
Sono davvero affamata, quella notte dovevo aver fatto davvero tanto movimento
fisico.
-Non so tu, ma sono vegetariano e ho solo cereali e latte- mi annuncia
aprendo l’anta di un mobile della piccola cucina.
-Perfetto- L’ideale sarebbe stato qualcosa di più energetico, ma anche
una tazza di latte può andare.
Mi alzo per aiutarlo, ma con un sorriso mi fa segno di sedermi.
-Allora che lavoro fai?- mi domanda mentre mi porge un bicchiere pieno di
latte. Lo prendo appena rispondo –Devo dirlo per forza?-
Incuriosito, Jared mi guarda con un piccolo sorriso mentre sorseggia il
suo bicchiere.
-Se vuoi provo ad indovinare- finisco in un sorso di bere e rido a mezza
voce, divertita e convinta che non indovinerà mai.
Già i miei non ci avevano creduto quando comunicai la mia decisione di
diventare medico legale, la definivano una carriera troppo forte per una donna.
Tse. Ci sono dei miei colleghi che quando compiono le loro prime autopsie sono
bianchi come cenci. Io personalmente quando eseguii la mia fu tutto normale;
certo un poi di voltastomaco lo ho avuto anche io, ma mai fino al punto di voler
vomitare o interrompere il mio lavoro.
Poso il bicchiere sul tavolo. Jared mi è seduto di fronte.
-Mmm, vediamo…Vesti abiti firmati e frequenti locali rinomati. O sei una
ladra, ma ne dubito, oppure fai un lavoro molto importante- ci pensò su per un
minuto, senza staccare gli occhi dai miei –Giornalista non credo, nemmeno
vicepresidente di qualche azienda. Sei un medico-
Spalanco la bocca, stupita. Il suo ragionamento mi aveva stupita, e non
poco.
-Bingo!- esulta soddisfatto.
-Non esultare, non hai fatto esattamente centro-
Ci alziamo ed andiamo a sederci sul divano in salotto.
-Non visiti i malati?- io sorrido scuotendo la testa.
-Io visito i morti-
Ora tocca a lui spalancare la bocca, così scoppiamo a ridere come dei
ragazzini. Poi improvvisamente si getta a braccia larghe sul divano, facendo il
finto morto. Era davvero un ottimo attore, sembrava davvero un
cadavere.
Capendo il suo obbiettivo, faccio finta di essere nel mio studio e gli
tolgo la maglietta che indossa.
-Mmm, chissà se batte ancora il cuore…- mi metto a cavalcioni su di lui e
appoggio l’orecchio sul suo petto, sentendo immediatamente la sua mano infilarsi
sotto la mia maglietta.
-Chissà se respira ancora…- sposto la testa verso il suo volto,
appoggiando le labbra sulle sue. Lui spalanca gli occhi e ancora una volta mi
mozzano il fiato per quanto sono intensi.
Restiamo a fissarci finché non approfondiamo il bacio, ma questo accade
solo per alcuni minuti, poiché suona il citofono e siamo costretti a
ricomprci.
Scendiamo le scale con il sorriso sulle labbra. Lui è costretto a
mettersi gli occhiali da sole e il cappello, per evitare di essere
riconosciuto.
Appena sotto il portone ci aspetta con una porta aperta la sua sinuosa
limousine. Entro dentro e rimango senza parole per la spaziosità.
Appena Jared mette piede dentro e si accomoda accanto a me, il vetro
dell’autista si abbassa, mostrando un uomo sulla quarantina con i baffi
neri.
-Dove andiamo oggi, signore?-
-Portaci allo studio legale di Manhattan, Fred- Leggermente stupito lo chauffeur mi
lancia uno sguardo curioso e abbassa nuovamente il finestrino.
-Ci vorranno una ventina di minuti- mi comunica Jared, con un sorrisetto
malizioso sulle labbra.
Intuisco che vuole continuare quello che avevamo iniziato sul divano,
così appena si avvicina lo bacio. Mi sdraio sui lunghi sedili e lui su di me.
Quando lui inizia a togliermi il reggiseno io mi fermo un attimo, a
disagio. Dopotutto siamo in una macchina e poco più avanti c’è
l’autista!
-Mai fatto in una limousine? Ti garantisco che Fred non sentirà e vedrà
niente e nemmeno fuori-
Un po’ più rassicurata sorrido e riprendiamo i preliminari, finché non
facciamo l’amore sopra quei sedili morbidi.
Nonostante tutto manca ancora qualche minuto, così ho il tempo per
rivestirmi. Lui tutto sommato ha ancora addosso la maglietta e i jeans neri, che
aveva abbassato solo fino alle ginocchia. Io sono totalmente nuda.
Appena la limousine si ferma sono esitante nel parlare. Cosa siamo noi
due? Cosa da una notte e via, oppure possiamo ancora uscire insieme?
Lui sembra capire i miei pensieri, perché mi porge un foglietto, con il
suo numero scribacchiato sopra. Mi fa l’occhiolino. –Ci sentiamo!-
Sorridendo scendo dalla macchina e lo saluto.
|