Io non credo più all'amore [Provvisorio]

di wdolcemurty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** 1. Un mese prima ***
Capitolo 3: *** parte 3 ***



Capitolo 1
*** Premessa ***


Quella mattina mi sveglio così, di getto, la testa che gira come una ruota panoramica. Intorno a me solo la debole luce del mattino. Dovevano essere le sette del mattino. E’ proprio questo sottile getto di chiarore nella stanza buia che mi rivela la presenza di qualcuno accanto a me. Lo osservo curiosa. Ho la bocca impastata di alcool, e non ricordo nulla della sera precedente, tranne qualche vago ricordo che galleggia come una nuvola nella mia testa.

I capelli neri come la pece gli ricadono sul viso pallido e bellissimo, dal naso perfettamente dritto e le labbra carnose, di quelle che ti verrebbe voglia di baciarle appena le vedi. E’ proprio questo il mio impulso, in questo momento. Baciarlo. Ma chi, poi? Un perfetto sconosciuto.

Ad un tratto ho un brivido. Mi tiro le gambe fino al mento e mi accorgo di essere completamente nuda, spoglia, senza niente che copra le mie nudità. Brutto segno. Mi rannicchio e continuo a fissare il tipo davanti a me, finché non si sveglia.

Sono immersa in quell’oceano profondo che vive nei suoi occhi. Non so per quanto tempo restiamo così ma, dopo un suo sorriso sghembo, so solo che i secondi passano, così come i minuti e i centimetri che dividono i nostri visi, finché finalmente bacio quelle labbra così morbide e calde.

Improvvisamente la nebbia che mi inondava la mente si dissolve. Inizio a ricordarmi tutto quello che ha preceduto quest’attimo. Mi tocco le labbra, lo guardo, e gli occhi mi si riempiono di lacrime.

E lui sorride, come al solito, sadico e stronzo com’è solo lui.

-Bastardo…- gli sussurro. Sento la sua mano accarezzarmi una coscia, e un brivido mi percorre la schiena, contro la mia volontà. Maledetto cervello, perché risponde ad ogni sensazione che provo?

Poso la mia mano sulla sua, e per un attimo sul suo volto compare un largo sorriso di vittoria, ma muta subito quando sente il dolore che con le dita gli sto procurando tirandogli la pelle. Ma non emette nessun grido di dolore. No, i ragazzi sono forti, mai che gridassero per qualcosa del genere.

Mi alzo immediatamente da quelle lenzuola bianche, completamente sgualcite e per niente in ordine, raggruppate solo fra le sue gambe, nascondendo le sue nudità. Mi rivesto con velocità sovraumana, senza notare che anche lui si è alzato e sta indossando un paio di boxer neri. Ci guardiamo per una decina di secondi, e vedendo soltanto il sorriso sulle sue labbra gli dico:

-Vaffanculo, Jared- Vaffanculo a te, a tutto il mondo e a chi ha inventato l’alcool. Avevo giurato a me stessa che non sarei mai più stata sua, no dopo tutto quello che mi aveva fatto.

-Perché?- gli chiedo, supplicante, cercando di non far filtrare il mio dolore fra le parole. Missione fallita.

Lo vedo alzare le spalle e sorridere. Neanche una parola esce dalle sue bellissime labbra; Dio quante volte le ho baciate, con passione, dolcezza…E le ho anche odiate, oh si, quanto le ho odiate, soprattutto quando si allargavano in un sorriso seducente, proprio come quello che mi ritrovo davanti in questo momento.

In boxer mi si avvicina e io rimango immobile. Diavolo, perché il corpo non mi risponde? Perché i suoi occhi azzurri hanno la capacità di ipnotizzarmi in quel modo?

Intanto il mio respiro si sta facendo irregolare, mentre i secondi passano come se fossero ore. Quando finalmente è a un centimetro da me, io chiudo gli occhi, per non guardare ciò che sta per succedere. Ma non succede. Apro lentamente le palpebre e lo vedo trattenere le risate, con un paio di slip neri in mano.

-Li hai scordati a casa mia, l’altra notte- con le guance rosse, sia per la rabbia che per l’imbarazzo, le afferrai e me ne andai sbattendo la porta.

Appena fuori da quella casa che ormai conosco a memoria mi prendo la testa fra le mani, piena di dolore.

Perché mi fai questo? Perché ti ostini a farmi star male? Perché sei così stramaledettamente stronzo?

Potresti dirmi che è finita, che tra noi non c’è niente, e invece no, continui a portarmi a letto, sapendo benissimo che non so resisterti. Sei perfettamente consapevole che io ti amo, lo hai sempre saputo, fin da quando ci siamo conosciuti, e tu hai sempre usato il mio amore come uno straccio con il quale si lava il cesso.

Questo non è l’amore che immaginavo, non lo è più. Ora basta, signor Leto. Sono stufa di soffrire per colpa tua. Vaffanculo saranno le uniche parole che mi sentirai dire.

D’ora in avanti avrò un'unica e sola frase in mente.

Io non credo più all’amore.

 

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Capitolo 2
*** 1. Un mese prima ***


Un mese prima. Una serata come le altre in un locale come gli altri. Bhe, non proprio come gli altri, visto che mi trovo in uno dei più rinomati di New York, dove vedere una star è cosa abituale.

Mi avevano fatto entrare senza esitazioni, ma soprattutto per timore, visto che sono una dei medici legali più rinomati della città.

Pensavo di trascorrere una serata tranquilla, forse ballare un po’ con qualche stella del cinema e con le mie amiche, ma non pensavo minimamente che proprio quella sera avrei segnato la mia rovina.

Seduta al bancone, chiacchiero con naturalezza con una mia collega su un caso che sto seguendo. Riguardava una ragazza di diciassette anni stuprata e assassinata da una settimana, trovata morta in una camera d’albergo del Royalton, a Manhattan.

-…Devo ancora esaminare meglio quella sostanza gialla che ho trovato nella trachea, non vorrei che…- ma vengo interrotta dalla mia amica, Erica.

-Uffa Fra, sempre a parlare di lavoro! Questa sera ci dobbiamo divertire!- e ride.

In effetti ha ragione, sono uscita soprattutto per rilassarmi e non pensare per almeno una sera al lavoro. Rido con lei.

-Vero, quindi altri due Long Island, per favore- il barista ci sorride e torna poco dopo con i nostri cocktail.

Mentre sorseggio noto molti personaggi famosi, ma non ne sono molto stupita, anzi mi sembra più che normale. Erica inizia a flirtare con il barista, un ragazzo sulla ventina dai capelli biondi ossigenati, ma non appena capisce che lui rimarrà per tutta la serata dietro al bancone si gira verso la folla che sta ballando.

Un tipo per niente carino, almeno per me, ma con la muscolatura ben definita le si avvicina e le offre da bere. Lei è completamente cotta, così sbuffo e mi volto dall’altra parte, girando la cannuccia dentro il bicchiere e sorseggiando ogni tanto il drink. Senza neanche accorgermene il portafogli di Gucci mi scivola sotto la sedia dalla borsa. Appena finisco il cocktail ne ordino un altro, e sono sul punto di pagare quando non trovo più i soldi.

-Mi scusi- dico al barista, un po’ spazientito. Inizio la ricerca nella borsetta, ma non lo trovo, così mi arrendo. Quella sera sarei rimasta sobria, non c’erano altre soluzioni.

-Tenga- dice una voce al barman. Un volto che avrò visto un milione di volte mi sorride e mi porge il mio portafogli. –Ti era caduto sotto la sedia-

Lo prendo e lo rimetto al suo posto, chiudendo meglio la borsa per evitare che la cosa succeda un’altra volta.

-Grazie- riesco solo a dire. Il ragazzo si siede accanto a me, così io non posso che ammirarlo. I capelli neri lunghi quasi fino alle spalle, con qualche punta rossa, gli danno un aria mortalmente sexy, soprattutto quella piccola frangia che incornicia i suoi occhi blu ghiaccio, che hanno il potere di ipnotizzare chiunque. –Io sono Jared, piacere-

La prima cosa che il mio cervello elabora è che seduto accanto a me c’è Jared Leto. In un secondo momento realizza che lui sta parlando proprio con me. Mi riprendo in un battito di ciglia e sorrido.

-Francesca- dico in risposta, prendendo il drink che mi ha pagato e offrendoglielo.

-Ti spetta, lo hai pagato tu- lui sorride. Dio, ma lo sa che effetto fa sulle persone quando sorride?

-Te lo offro. Adesso arriva il mio- e proprio in quel momento arriva un martini. Mentre porta il bicchiere alle labbra, rimango per un attimo spaesata, ma poi bevo anche io. Due drink di fila su di me non fanno un buon effetto, soprattutto se sono molto alcolici, come quello che sto bevendo, così inizio ad essere un po’ brilla.

Appena Jared finisce, sempre guardandomi con un sorriso, mi chiede, con voce seducente:

-Vieni?- io felice come una pasqua accetto e lo seguo in mezzo alla pista.

La musica a palla non fa che diminuire la mia lucidità, così completamente presa dal ritmo inizio a ballare vicino a lui, ridendo come una pazza.

Vedo Erica avvinghiata in un abbraccio soffocante con il tipo di prima, ma non me ne preoccupo, anzi direi che non ci faccio molto caso perché in quel momento mi sto strusciando su Jared, che mi prende per i fianchi e guida i miei movimenti, rendendoli ancora più sensuali di come avrei potuto fare io. In effetti non sono una brava ballerina.

La musica continua a gridare, e la luce si abbassa ancora di più, ma riesco ancora a vederlo abbassare il volto sul mio collo. Sento dei brividi in tutto il corpo appena lui mi sfiora con le sue labbra.

Sento il collo pulsare non appena si stacca, ma non mi importa, perché ho un enorme impulso di sostituire al posto del mio collo le mie labbra. Lui mi precede, così mi bacia.

Sento il sapore del Long Island e del martini farsi tutt’uno appena le nostre lingue si incontrano, il che è un sapore delizioso che mi ricorderà per sempre lui e i suoi baci. I suoi maledetti baci.

Dopo un eterno quarto d’ora in cui non ci siamo staccati neanche un secondo, smetto di baciarlo, ma solo sulle labbra. Gli do piccoli baci sul viso perfetto.

Lo sento ridere leggermente, poi con la mano calda mi percorre tutta la schiena, dapprima sulla camicetta, poi quando la ripercorre al di sotto.

Quando ormai non ho più fiato lo guardo negli occhi, nei suoi bellissimi occhi blu mare.

-Andiamo di la- mi dice poi. Frastornata dall’alcool annuisco e andiamo a sdraiarci su un piccolo divanetto, lontano dalla mischia.

Prima di sederci prendiamo altri due drink; non penso molto in quel momento, la mia testa è già partita di suo con i primi due bicchieri, con il terzo sarà solo peggio.

Infatti sono una persona che non regge poi così tanto l’alcool, forse un bicchiere ogni tanto non mi fa un grande effetto, ma i coktail superalcolici si. E anche tanto.

Appena finisco di bere, completamente ubriaca, mi siedo in braccio a lui, senza aspettare che lui finisca di bere, e lo bacio vorace. Lo sento ridere, ma risponde lo stesso al bacio, stringendomi più di quando faccia già io.

Per quanto mi ricordo non credo di aver mai fatto nulla del genere con uomo, ma soprattutto con uno sconosciuto. Va bene, è un attore molto famoso che tutti conoscono, ma la cosa non cambia. E’ sempre una persona che conosco da poco, diciamo che non la conosco affatto, e io prima di andare a letto con qualcuno devo conoscerlo bene…

Al diavolo. Mi scoperò Jared Leto questa sera.

 

 

Grazie mille per i commenti, spero che questo pezzo vi piaccia!:)

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Capitolo 3
*** parte 3 ***


Il mattino dopo mi ricordo solo di qualche particolare, che si può riassumere in queste parole.

Locale

Bere

Portafogli perso

Ragazzo fico

Portafogli ritrovato

Musica

Baci

Bere

Baci

Macchina

Sesso

La testa mi fa malissimo, e la cosa peggiore è che non so dove sono. Mi trovo nuda in un letto candido, al centro di una stanza arredata modernamente, con le pareti scure e il pavimento di moquette nera. Alle pareti qualche quadro dark e delle locandine di film. Dietro al letto c’è una finestra che inonda di luce la stanza.

Ributto la testa sul cuscino, cercando di capire che cosa ho fatto la sera precedente, ma anche per far passare i postumi della sbornia.

Poi un pensiero mi fulmina.

Quella notte ero stata con Jared Leto. Il cantante. L’attore. Proprio lui.

Sento il rumore di una doccia, ma cerco di non pensarci e riprovo ad addormentarmi, come mio solito. Non mi importa di essere a casa di altri, è mio principio cercare di riaddormentarmi almeno per un quarto d’ora prima di alzarmi.

Passano dieci minuti e sento qualcuno entrare nella stanza, ma non posso vederlo, avendo gli occhi chiusi.

Mi rigiro fra le lenzuola, ma inavvertitamente mi si scopre mezza schiena, dalla natica in su, e sento freddo. Così mi alzo, scompigliandomi i capelli.

Ai piedi del letto, con un asciugamano avvolta sulla vita c’è Jared, ancora umido di doccia, che mi sorride. –Ben svegliata-

Rispondo al sorriso, sbadigliando senza riuscire a trattenermi.

-Una piccola precisazione. Dove siamo?- lui trattiene le risate e intanto si veste, senza badare alla mia presenza. Ha davvero un fisico pazzesco, avevo sentito che aveva dovuto prendere 30 chili per una parte in un film, ma li aveva persi subito. Ne ho la prova davanti agli occhi.

-Siamo a Manhattan, a casa mia, nei pressi del Royalton- la risposta mi rasserena, così sarei potuta arrivare a lavoro in poco tempo, essendo il mio studio a un paio di isolati da dove mi trovo.

Mi alzo dal letto e cerco i vestiti. Con stupore li trovo sotto il letto, ma mancano gli slip e il reggiseno.

Combattendo con il mio imbarazzo, gli chiedo.

-Jared?- lui si volta, guardandomi dall’alto al basso, evidentemente stupito di trovarmi ancora avvolta nelle lenzuola. Questo mi mette un po’ a disagio.

-Si?-

-Sai per caso dov’è la mia biancheria?-

Lui sorride e fa cenno di guardare verso l’alto. Non l’avevo notato, ma al soffitto c’è una specie di lampadario. E proprio lì finisce la mia ricerca. Sopra di esso ci sono il mio reggiseno e i miei slip; evito di immaginare come sono finiti là sopra.

Calcolo velocemente la distanza fra il letto e il soffitto, ma è troppa per la mia altezza. Tento lo stesso di prenderli, saltando come una bambina.

La mia goffaggine prende però il sopravvento e metto un piede in fallo. Evito di cadere per terra solo grazie a Jared, che mi prende appena in tempo.

Scoppiamo a ridere.

-Potresti…?- chiedo, imbarazzata, appena mi fa scendere dalle sue braccia.

-Avresti dovuto chiedermelo prima. Sono stato io a lanciarli lì, in fondo-

Sorrido, ricordando in quel momento la passione di quella notte.

Lo vedo salire sul letto e con un balzo afferrare la mia biancheria. Scende e me la porge.

-Mmm…La perla…Bel completo- io recupero il tutto, sorridendo per il suo complimento.

Lui va ad infilarsi le scarpe, un paio di All Star nere, mentre io velocemente mi rivesto.

Sono le 9 del mattino, devo andare a lavoro, quella mattina avrei avuto un sacco di casi di cui occuparmi, ma quello che più mi interessa da una settimana a questa parte è quello della ragazza assassinata nel Royalton.

L’aveva trovata una donna delle pulizia, durante il suo solito giro nelle stanze. Era stata rinvenuta nuda sopra il letto, con braccia e gambe divaricate a mo’ di stella, i vestiti strappati buttati sotto il letto e le mutandine sulla maniglia della porta.

La causa della morte era uno colpo d’arma da fuoco alla tempia, il foro d’entrata era contornato da polvere da sparo, cosa che indicava che era stata uccisa con un colpo ravvicinato.

Non avevo trovato tracce di sperma, ma dalle abrasioni in tutto il corpo si vedeva che era stata violentata.

Finalmente sono vestita e posso andare a lavoro. Lui ha le mie stesse intenzioni, forse avrebbe dovuto avere un’intervista da qualche parte.

-Dove devi andare? Ti do un passaggio in limousine-

-Oh, non ti disturbare, lavoro a qualche isolato da qui- lui alza il sopracciglio. Dio come sta bene!

-Eddai, lasciati dare un passaggio. Sei mai stata in una limousine?-

Rispondo al suo sorriso, scuotendo la testa. Così attendo che lui chiami l’autista per venirci a prendere.

-Ci vorranno quindici minuti, ti va di fare colazione?-

Il mio stomaco risponde da sé e con lui che ride andiamo nella cucina. Sono davvero affamata, quella notte dovevo aver fatto davvero tanto movimento fisico.

-Non so tu, ma sono vegetariano e ho solo cereali e latte- mi annuncia aprendo l’anta di un mobile della piccola cucina.

-Perfetto- L’ideale sarebbe stato qualcosa di più energetico, ma anche una tazza di latte può andare.

Mi alzo per aiutarlo, ma con un sorriso mi fa segno di sedermi.

-Allora che lavoro fai?- mi domanda mentre mi porge un bicchiere pieno di latte. Lo prendo appena rispondo –Devo dirlo per forza?-

Incuriosito, Jared mi guarda con un piccolo sorriso mentre sorseggia il suo bicchiere.

-Se vuoi provo ad indovinare- finisco in un sorso di bere e rido a mezza voce, divertita e convinta che non indovinerà mai.

Già i miei non ci avevano creduto quando comunicai la mia decisione di diventare medico legale, la definivano una carriera troppo forte per una donna. Tse. Ci sono dei miei colleghi che quando compiono le loro prime autopsie sono bianchi come cenci. Io personalmente quando eseguii la mia fu tutto normale; certo un poi di voltastomaco lo ho avuto anche io, ma mai fino al punto di voler vomitare o interrompere il mio lavoro.

Poso il bicchiere sul tavolo. Jared mi è seduto di fronte.

-Mmm, vediamo…Vesti abiti firmati e frequenti locali rinomati. O sei una ladra, ma ne dubito, oppure fai un lavoro molto importante- ci pensò su per un minuto, senza staccare gli occhi dai miei –Giornalista non credo, nemmeno vicepresidente di qualche azienda. Sei un medico-

Spalanco la bocca, stupita. Il suo ragionamento mi aveva stupita, e non poco.

-Bingo!- esulta soddisfatto.

-Non esultare, non hai fatto esattamente centro-

Ci alziamo ed andiamo a sederci sul divano in salotto.

-Non visiti i malati?- io sorrido scuotendo la testa.

-Io visito i morti-

Ora tocca a lui spalancare la bocca, così scoppiamo a ridere come dei ragazzini. Poi improvvisamente si getta a braccia larghe sul divano, facendo il finto morto. Era davvero un ottimo attore, sembrava davvero un cadavere.

Capendo il suo obbiettivo, faccio finta di essere nel mio studio e gli tolgo la maglietta che indossa.

-Mmm, chissà se batte ancora il cuore…- mi metto a cavalcioni su di lui e appoggio l’orecchio sul suo petto, sentendo immediatamente la sua mano infilarsi sotto la mia maglietta.

-Chissà se respira ancora…- sposto la testa verso il suo volto, appoggiando le labbra sulle sue. Lui spalanca gli occhi e ancora una volta mi mozzano il fiato per quanto sono intensi.

Restiamo a fissarci finché non approfondiamo il bacio, ma questo accade solo per alcuni minuti, poiché suona il citofono e siamo costretti a ricomprci.

Scendiamo le scale con il sorriso sulle labbra. Lui è costretto a mettersi gli occhiali da sole e il cappello, per evitare di essere riconosciuto.

Appena sotto il portone ci aspetta con una porta aperta la sua sinuosa limousine. Entro dentro e rimango senza parole per la spaziosità.

Appena Jared mette piede dentro e si accomoda accanto a me, il vetro dell’autista si abbassa, mostrando un uomo sulla quarantina con i baffi neri.

-Dove andiamo oggi, signore?-

-Portaci allo studio legale di Manhattan, Fred-  Leggermente stupito lo chauffeur mi lancia uno sguardo curioso e abbassa nuovamente il finestrino.

-Ci vorranno una ventina di minuti- mi comunica Jared, con un sorrisetto malizioso sulle labbra.

Intuisco che vuole continuare quello che avevamo iniziato sul divano, così appena si avvicina lo bacio. Mi sdraio sui lunghi sedili e lui su di me.

Quando lui inizia a togliermi il reggiseno io mi fermo un attimo, a disagio. Dopotutto siamo in una macchina e poco più avanti c’è l’autista!

-Mai fatto in una limousine? Ti garantisco che Fred non sentirà e vedrà niente e nemmeno fuori-

Un po’ più rassicurata sorrido e riprendiamo i preliminari, finché non facciamo l’amore sopra quei sedili morbidi.

Nonostante tutto manca ancora qualche minuto, così ho il tempo per rivestirmi. Lui tutto sommato ha ancora addosso la maglietta e i jeans neri, che aveva abbassato solo fino alle ginocchia. Io sono totalmente nuda.

Appena la limousine si ferma sono esitante nel parlare. Cosa siamo noi due? Cosa da una notte e via, oppure possiamo ancora uscire insieme?

Lui sembra capire i miei pensieri, perché mi porge un foglietto, con il suo numero scribacchiato sopra. Mi fa l’occhiolino. –Ci sentiamo!-

Sorridendo scendo dalla macchina e lo saluto.

 

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