• Strange

di xstolemyheartx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** happy birthday, faith! ***



Capitolo 1
*** I ***











"Perché io e quelli che amo scegliamo persone che ci trattano come fossimo nulla?"
"Accettiamo l'amore che pensiamo di meritarci"
 
 
2:00 a.m. 
Sbattè la porta di casa, sicura che tanto nessuno l'avrebbe sentita in mezzo a quel frastuono.
Bradford era assorta nel silenzio e nella quiete più totale, non c'era anima viva. 
Il vento pungente faceva svolazzare alcune foglie dei giardini nei dintorni qua e la, ogni tanto creando qualche piccolo girotondo in mezzo alla strada. 
Già presa dai suoi mille pensieri osservava il buio attorno a sè, ogni tanto spezzato da qualche lampione acceso lungo il viale;
Quella notte non aveva fatto a meno di andarsene di casa: non sopportava più quella pressione, quei litigi, quegli urli che non le facevano chiudere occhio. I suoi non facevano che menarsi. O meglio, era madre che ce le prendeva, e tante volte il rumore degli schiaffi violenti raggiungeva la sua camera costringendola a tapparsi le orecchie e la sua immensa voglia di alzarsi e correre al piano di sotto per gridare di smetterla. 
Precisamente qualche minuto prima un altro litigio più violento dei precedenti l'aveva fatta svegliare di soprassalto. Stavolta non ce l'aveva fatta, se n'era dovuta andare. 
Suo fratello, Kyle, era abituato ormai alle solite urla che per lui erano quasi una ninna nanna. Per lei, erano mille sveglie che suonavano di prima mattina sempre più forte senza mai smettere, e quando quegli urli si trasformavano in percosse, quelle mille sveglie si trasformavano improvvisamente in mille lame che la trafiggevano l'una dopo l'altra senza darle tregua. Come avrebbe voluto andarsene per sempre.. fuggire, rifugiarsi in un posto dove niente e nessuno avrebbe potuto farle del male, insieme alle persone alle quali voleva bene. Non desiderava altro al mondo.
Forse Kyle era tra quelle il più importante. Fin da piccoli si erano sempre voluti un bene immenso: tra di loro c'era sempre stato quell'istinto di protezione l'uno verso l'altro, anche se ultimamente crescendo si stava un pò sbiadendo. Erano cambiati. Faith fino qualche anno prima era la solita ragazzina maldestra e chiacchierona che non stava un attimo zitta e parlava con chiunque le capitasse di fronte. Kyle invece si divertiva sempre a prenderla in giro quando combinava qualche disastro in casa. Ormai sua madre non si arrabbiava neanche più, ci era abituata.
"Cos'è stato quel rumore?" "E' stata Faith!" 
 
Sempre così. 
Negli ultimi anni invece, dopo aver scoperto di che situazione c'era in casa, insieme a suo fratello, era diventata sempre più chiusa e contemporaneamente anche Kyle. Parlavano molto poco e se c'era da discutere di qualcosa che riguardava tutti, cosa che capitava molto spesso, loro non aprivano bocca. Forse per paura di scatenare di nuovo l'ira del padre, o forse perchè semplicemente erano stufi di quella stupida famiglia che poi tanto non era.
C'erano poi dei momenti della giornata in cui finalmente, si sentiva in paradiso: quando andava a scuola o usciva di casa, o semplicemente leggeva uno dei suoi libri preferiti. Erano quelle piccole cose che la facevano sentire bene, la facevano sentire se stessa. Ma l'elemento fondamentale che la faceva sentire bene, o meglio la persona, era Niall, il suo vicino di casa nonchè compagno di banco al corso di scienze. 
Niall, già. Un nome, cinque lettere e un eterno mistero. Non l'aveva mai conosciuto fino in fondo, anzi, non sapeva niente di lui. Sapeva solo che era scontroso, non parlava mai con nessuno se non con i ragazzi della sua cerchia e non apriva bocca se non per sparare qualche parolaccia o qualche 'vaffanculo' a qualcuno... E lei negli ultimi tempi ne aveva ricevuti abbastanza. Doveva sempre avere l'ultima parola e se colui che gli si trovava di fronte provava a controbattere gli spezzava le ossa. 
Se gli voleva bene? No, affatto. Ne era innamorata. Era innamorata dei suoi occhi color ghiaccio, dei suoi capelli mori con delle sfumature bionde, del suo accento meraviglioso, del suo sorriso perfetto. Ma non lo sopportava, anzi, lo odiava a morte. Trovava il suo carattere a dir poco disgustoso e se avesse potuto l'avrebbe preso a schiaffi dalla mattina alla sera. Ah, che soddisfazione che avrebbe avuto. La stessa che avrebbe avuto nell'urlargli un "Ti amo, Niall James Horan."
Infine c'era sua madre. Sua madre, si. Quella povera vittima. Avrebbe tanto voluto prenderla e portarla via con sè il più lontano possibile da tutto e da tutti. specialmente da suo padre. Erano anni che la maltrattava, e anni che la donna se ne stava in silenzio e subiva per non far star male i figli. Peccato che loro sapessero già tutto.
 
 
Nuovo messaggio.
"Sorellina, dove sei? Mamma e papà sono andati a dormire, è tutto a posto. Puoi tornare. -Kyle x"
 
"No, grazie Kyle. Preferisco stare ancora un pò fuori.. -Faith x"
 
Tornare? Lei? Come no. 
Avrebbe passato la notte fuori, questo era poco ma sicuro. Infilò il cellulare in tasca, impostò il silenzioso e riprese a camminare guardandosi intorno. Erano pur sempre le due di notte, qualsiasi pazzo sarebbe potuto sbucare da un angolo e puntargli qualcosa contro, ma infondo cosa aveva da perdere? Fece spallucce tra sè e sè e svoltò l'angolo, tanto per cambiare strada. 
Da lontano, si sentivano delle voci e della musica altissima a quanto pareva provenire da una festa, probabilmente. Incuriosita, cominciò a camminare leggermente più veloce. C'era passata molte volte lì, ma non aveva mai visto tracce di feste o discote.. Un momento, c'era passata molte volte, ma non alle due di notte. Piano piano scovò delle luci che riflettevano su una folla piuttosto ristretta per poter essere una festa. Si incappucciò, infilò le mani in tasca e riprese a camminare con la stessa andatura di prima. Doveva assolutamente scoprire cosa c'era in quel posto e cosa nascondeva quella gente. 
Raggiunse l'angolo che svoltando avrebbe portato subito a quella piccola piazzetta. Si accucciò dietro ad un secchio dell'immondizia. «Cristo che tanfo. Bleah.» sussurrò, sicura che nessuno l'avrebbe sentita. Scrutando ogni singola cosa attorno a sè, notò un buco che si affacciava sulla folla. Da lì avrebbe potuto vedere tutto. Quel vicolo somigliava molto a un centro di raccolta per immondizia, perciò avrebbe trovato sicuramente qualcosa per arrivare fino a lì, bassa com'era. Raccattò dei pezzi di legno quasi tutti rovinati e qualche scatolone abbastanza rigido e li mise tutti in fila. Piano piano e sempre silenziosamente creò un piccolo rialzo che bastava per farla arrivare fino a dove voleva lei. Salì e si sistemò. «Bel lavoro Faith.» si disse compiaciuta.
Cominciò a scrutare ogni particolare di quelle persone e di ciò che gli stava intorno. C'erano alcolici, droga, canne ovunque. Alcuni sparsi per terra, altri in dei tavoli mezzi distrutti e alcuni occupati da gente che ci pomiciava sopra. Più osservava e più i conati di vomito aumentavano. In un angolo, vide tre-quattro ragazzi riuniti addosso ad un muro. In mezzo c'era qualcuno, e a quanto pare lo stavano calpestando. 
Okay, ora era troppo. Aveva visto abbastanza per quanto le riguardava. Scese giù, si sistemò e fece un respiro profondo. Se doveva rischiare quella notte, avrebbe rischiato come si doveva. Chiuse gli occhi, svoltò l'angolo e nel giro di pochi secondi si trovò in mezzo ad una folla impazzita piena di gente che barcollava a destra e a manca, urlava o imitava delle orgie. Che schifo. Si tolse quell'immagine dalla mente e continuò a farsi spazio, cercando di non guardare in faccia nessuno, evitare tutti e focalizzarsi su quel povero ragazzo. «Forza piccola, unisciti a noi!» le disse qualcuno, buttandoglisi addosso. Emanava una puzza di alchool tremenda. «Ma levati dalle palle, non ho tempo da perdere con le vostre stronzate.» Stranita, con una spinta lo rimandò in mezzo alla folla. Accelerò il passo per paura di essere rincorsa, quando finalmente riuscì ad uscire da quello schifo. Si voltò, guardò intorno a sè scrutando tutti gli angoli possibili, quando finalmente trovò cosa cercava. Corse incontro a quei ragazzi, e senza pensarci su gli si buttò addosso. «Lasciatelo stare!» «E tu chi cazzo sei, puttanella?» «Non osare chiamarmi in quel modo, hai capito?!» gli urlò contro, sfacciata. I due la presero per le braccia, la sollevarono e la buttarono per terra, addosso al ragazzo che fino a poco fa circondavano. Sbattè la nuca contro al muro. «Dio Cristo, emeriti bastardi.. io vi ammazzo!» urlò a fatica per il dolore. Si precipitò addosso a loro nuovamente e lanciò un calcio nella parti basse a colui che l'aveva insultata poco prima. Era piccola, bassa e indifesa, ma aveva grinta e rabbia da vendere. Così tanta che in quel momento non aveva fatto caso neanche a chi fosse il ragazzo a terra. Proprio non appena si voltò di scatto per vedere come stesse, incontrò quegli occhi. Il suo cuore ebbe un sussulto e sembrò quasi fermarsi. In quell'istante, poco dopo, si sentì il lontananza una volante della polizia. La ragazza si buttò a terra, in ginocchio, sapendo che ormai era finita, non c'era più nulla da temere. Sarebbero scappati via tutti per non essere presi, e così fu. Nel giro di dieci secondi, la piazzetta si svuotò e rimasero solo loro due in un angolo, a fissarsi. I loro occhi entravano in contrasto tra di loro, proprio come le loro personalità: erano due cose differenti.
«Niall?» chiamò con voce flebile. Lui si stranì e le lanciò un'occhiataccia. Si riprese lentamente e si tirò su, barcollando e ricoperto dal sangue. Faith gli venne subito incontro, alzandosi e aiutandolo a reggersi. «Reggiti su di me.» sussurrò. «Levati dalle palle.» «..Cosa?» Strabuzzò gli occhi. Aveva sentito bene o le orecchie le stavano giocando qualche brutto scherzo? «Ho detto levati dalle palle, sei sorda per caso?» «Ma Niall io..» «Vaffanculo Faith, nessuno te l'aveva chiesto.» Sputò sangue per terra e zoppicando leggermente si allontanò dalla ragazza. Faith abbassò lo sguardo, con le mani in mano. 
 



YOOOOOLOOOO.
salve a turuturututti.
è la seconda volta che cerco di scrivere questa fan fiction, e spero speriamente che ora qualcuno me la caghi.
si, so che siete tutti estremamente presi da danger e dark ma ci sono anch'io...cucù, settete! (?)
capitemi, sono tre ore che sto scrivendo.
non so già cosa dire, il myspace mi emoziona (wtf)
so che non è il massimo come primo capitolo, ed è troppo corto. ma fidatevi, ho molte idee fighe.
ora l'unica cosa che vi chiedo sono un pò di recensioni. se ne raggiungo almeno dieci continuo. okay? okay. ouo
viva i compromessi. (?)
alla prossima. icsdì.



kyle: logan lerman.



faith: chachi gonzales.

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Capitolo 2
*** II ***


 


 
A volte pochi giorni possono cambiare una vita intera e una passione travolgente come un uragano può trasformarsi in amore eterno.
 

Lo faccio o non lo faccio? Vado là o no? 
Okay.. forse è il caso di andare. Infondo dovrei fare la stessa strada con lui, no? Forza Faith, fatti coraggio e seguilo. Ha bisogno di te.
 
Faith scosse le spalle e timidamente cominciò ad avvicinarsi a lui. «Posso?» disse con un tono bassissimo: poteva sentirsi solo lei. Si schiarì la voce. «Ehm, posso?» Il ragazzo si voltò e quando se la rivide di fronte dovette usare tutte le sue forze per placare i suoi istinti omicida. Quando diceva una cosa era quella, perchè quella mocciosetta si ostinava a non capire? «Ancora tu? Ma vuoi toglierti dalle palle una volta per tutte?» «Siamo vicini di casa, dobbiamo fare la stessa strada, quindi pensavo che potremmo andare insieme.» propose, fingendo di non aver sentito nulla di ciò che Niall aveva detto. «Beh continua a pensare. Non ho affatto intenzione di andare a spasso con una stronzetta come te.» «Oh, perfetto. Allora andiamo.» Il ragazzo grugnì, e a quel punto perse la pazienza. «Ti ho detto che non voglio averti tra le palle, ti è chiaro o no?!» Con uno strattone la sbattè a terra. «Okay Niall.» Si alzò in piedi e si pulì i pantaloni. «Gran pezzo di stronzo, se non fosse stato per me tu ora saresti stato lì in fin di vita, o probabilmente già morto. Quale parte della frase non ti è chiara?» «E' proprio questo il punto. Dovevi lasciarli fare, e invece no, sei venuta come la solita rompi palle del mazzo. In che cosa ti credi di essere? In un film dove sei la supereroina e tutti ti leccano i piedi, eh? Sai, la vita è diversa cara Faith. Il mondo è diverso, questa società e diversa, e tu sei solo un piccolo essere ingenuo e insignificante.» sputò quelle parole con tutto l'acido e l'asprezza che aveva in corpo. «Vuoi che ti ricordi in che situazione vivo? Eppure credo che tu li senta gli urli e i pianti tutte le sere, vero? Vuoi che ti ricordi mio fratello che è appena uscito da una dipendenza dall'alchool? Vuoi che ti ricordi mio padre che un periodo andava a puttane? Andiamo, cosa altro devo sapere di questa società, eh?» Qualche lacrima cominciò a rigarle il volto, senza che neanche se ne rendesse conto. Odiava prendere quegli argomenti, erano in assoluto il suo punto debole. Parlarne era come versare lentamente del sale su una ferita. «Devo sperimentarne altre? Quanto altro ancora devo soffrire?» Si avvicinò a lui e con violenza gli diede uno spintone, mandandolo a sbattere contro il muro. «Tu non sai niente di me, non sai niente di cosa passo, ho passato e sto passando.» «..E passerai.» con un sorrisetto di strafottenza indicò due guardie dietro di sè. Per lui non c'era affatto da spaventarsi, ormai era abituato a certi tipi di cose, ma per Faith fu una sorpresa. Una tremenda sorpresa.
«Cos..Oh no, vi prego, non è colpa mia io non c'entro nul..» «Ha il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dica può e sarà usata contro di lei in tribunale.» Abbassò lo sguardo, mentre entrambi venivano ammanettati e portati via di lì. «Ops, povera Faith.» sussurrò passandole accanto, con evidente tono da presa in giro. Questa era una delle cose che più la mandava in bestia: nessuno, tantomeno uno come lui poteva permettersi di metterle i piedi in testa in quel modo. «Sta zitto.» ribattè con altrettanta acidità.
 
 
Tic, toc.
Vendetta.
Era l'unico sentimento che Niall potesse provare in quel momento. Tremenda, aspra vendetta. Vendetta contro se stesso, contro gli altri, contro la sua famiglia, contro Faith. Se solo non fosse stato per lei, ora si sarebbe trovato all'altro mondo, in un posto migliore di quello, insieme alle persone che amava, ma come solito la vita gli aveva riservato un'altra chance. Perchè? Perchè aveva voluto farlo? A cosa serviva lui in quello stupido mondo?
Non c'era mai niente che gli andasse bene, nemmeno se stesso. Si guardava allo specchio e aveva la tremenda voglia di sputarsi addosso e calpestare a sangue quella lurida faccia che si portava dietro. Nulla nella sua vita era andato mai bene, fin da prima della sua nascita, perchè si: la sua nascita era stata un tremendo errore.
 
 
14 years ago: 13 september 1999.
«Zia Caroline, dov'è la mamma?» continuava a chiedere il piccolo, tutto eccitato e in estasi per il suo quinto compleanno. Da quando si era svegliato la mattina non faceva che sorridere e saltellare per tutta casa chiedendo alla zia cosa stesse nascondendo per la grande serata. Era un bambino così ilare: riusciva a mettere di buonumore chiunque gli stesse attorno, semplicemente sfoderandogli uno dei suoi soliti sorrisoni. «Arriverà tra poco insieme al papà, verranno a momenti.» rassicurò la donna sorridendo. «E se non vengono?» controbattè lui, mettendo il labbro in sporgenza a mò di broncio. «Verranno, su. Ora va in giardino, ti aspettano i tuoi amici.» «Ma non è arrivato nessuno!» disse aprendo le braccia in segno di ovvietà. «Andiamo a vedere insieme? Scommetto che qualcuno è arrivato.» disse l'altra, porgendole una mano sorridente. «Quanto ci scommetti che non c'è nessuno?» «Quanto ci scommetti che sono arrivati?» «Tanto ho sempre ragione io!» disse facendole la linguaccia. La afferrò e cominciò a correre, costringendola a fare lo stesso. Appena arrivarono nel giardino, Caroline lo prese in braccio per permettergli di vedere bene oltre la siepe se stesse arrivando qualcuno. I suoi occhioni color ghiaccio presero a scrutare attentamente qualsiasi particolare, fino a che non scorsero un bambino familiare correre verso l'abitazione. «Agente 001 in arrivo! Sull'attenti!» dichiarò con tono autoritario. Caroline lo mise a terra provando a stare al gioco. «Corri agente, corri!» disse incitandolo. Il piccolo Niall sfrecciò verso il cancello e lo sorpassò con poche mosse, atterrando sul marciapiede lì di fronte. Per avere cinque anni era a dir poco abile. La zia sorrise nuovamente, scuotendo la testa mentre affettuosamente lo osservava correre. Era così piccolo e ignaro di tutto, così libero dai pensieri, ma era sicura che tutto ciò sarebbe durato ancora per poco. La situazione familiare non avrebbe mai portato nulla di buono a quel piccolo, ma era così presto. Così presto per diventare adulti, soffrire, affrontare problemi più grandi di lui. Perchè la vita aveva deciso di prendersi di petto proprio lui?
Improvvisamente una voce dall'interno dell'abitazione, fece sussultare la donna che dovette mettere da parte quei pensieri. «Caroline, ti vogliono al telefono, è per te!» «Arrivo!» 
Sicura che non avrebbero combinato nessun guaio, lasciò i due bambini a giocare e scherzare tra di loro e tornò in casa. Prese il cellulare. «Credo sia qualcosa di grave..» sussurrò l'altra. La donna cominciò a preoccuparsi. «Pronto?» «Casa Horan?» «Sì.» «La signora e il signor Horan hanno avuto un incidente stradale poco fa. Mi dispiace comunicarglielo ma purtroppo devo.. non ce l'hanno fatta.» «..Oh mio Dio.» sibilò, coprendosi la bocca. Il telefono le cadde dalle mani.  Sua sorella non ce l'aveva fatta, i genitori di Niall non ce l'avevano fatta. «Caroline? Caroline che è successo?» domandò in preda all'ansia la sorella.  Caroline cominciò a respirare a fatica dall'agitazione, non riusciva più a pensare a nulla. «D-dobbiamo portare via Niall, subito.» Fuggì di fuori e aprì il cancello con violenza. Non c'era anima viva. «Niall? Niall dove sei?!» Il bambino nel frattempo, ancora ignaro di tutto, era nascosto dietro al vaso, si era fatto piccolo piccolo e l'amico lo cercava. «Shhh, zia, fai silenzio o Luke mi scopre!» sussurrò facendole segno di tacere. La donna si girò, più veloce della luce e lo prese in braccio. «Niall, non è tempo ora per giocare, dobbiamo andare via.» «Cosa? Ma la festa non è ancora iniziata! Devono arr..» «Lo so tesoro, andremo a festeggiare da un'altra parte.. Kaitlin, corri, prendi la roba!» La sorella con le lacrime agli occhi dopo aver scoperto tutto al telefono, stava raccattando tutta la roba comprese borse e regali del bambino. «..Zia, posso chiederti una cosa?» domandò con voce flebile Niall, mentre veniva portato verso la macchina alla velocità della luce. «Certo tesoro.» «Perchè mamma e papà non ci sono?»
 
 
Lanciò un calcio alle sbarre, quasi ringhiando dalla rabbia che aveva preso il posto delle lacrime come sempre. Si accasciò addosso al muro e mise la testa tra le ginocchia, lasciandosi andare a quei ricordi. Si sentiva così debole, così improtetto. Era come se tutto ad un tratto fosse tornato a quattordici anni fa: un bambino solo, estraniato dal mondo, indifeso. Non aveva nessuno e sentiva di essere destinato a ciò. Forse perchè se lo meritava, o forse perchè semplicemente non riusciva a legarsi a qualcuno senza avere la paura di perderlo, come succedeva sempre. I suoi genitori erano morti, sua zia Caroline era morta di tumore, mentre il suo migliore amico, l'unico che lo potesse capire, era morto anche lui in un incidente stradale qualche anno prima che Niall entrasse a far parte dei suoi loschi giri pieni di droga, rapimenti e uccisioni. Era il suo unico modo di sfogare la rabbia repressa che mai aveva potuto tirare fuori. Solo che ora si odiava più di quanto avesse mai fatto.
Faith lo osservava attentamente, con quegli occhi quasi materni, con la voglia di aiutarlo, di stringerlo a sè e proteggerlo. Dopo quella sera aveva capito tante cose, pur senza sapere nulla, ma Niall era un ragazzo impossibile: non avrebbe mai esternato i suoi veri sentimenti. Quella corazza che si era creato era troppo forte per distruggerla e permetterle di farla entrare nel profondo del suo vero animo;
Le lancette nel frattempo continuavano a ticchettare in modo sempre più insistente,tanto che sembrava stessero producendo una breve melodia che si ripeteva continuamente. Era l'unico rumore che si potesse udire: in quella cella c'era il silenzio più totale. La tensione si poteva tagliare a fette.
Ogni tanto i due si scambiavano qualche sguardo intimidatorio, poi tornavano a farsi gli affari loro, come facevano ogni santissima volta a scuola durante l'ora di lezione. Faith non faceva che ripensare a ciò che era accaduto poco prima, a quanti disastri avesse potuto combinare in meno di un'ora. In fondo non era poi tanto cambiata, era rimasta la solita piccola combina guai. Come aveva potuto farsi arrestare? Cosa le era saltato in mente quando aveva svoltato l'angolo? 
Forse aveva ragione Niall. Era solo un piccolo essere ingenuo. Nonostante tutto però, non si arrendeva. 
Si alzò, scosse i pantaloni e si avvicinò al ragazzo, mal messo, sedendosi  nuovamente. Portò le gambe al petto. «Niall, è tutto a posto?» si azzardò a domandare. Non ebbe subito una risposta. Niall alzò la testa e fece un sorrisetto sarcastico. «Mai stato meglio.» Lei si avvicinò di più e si girò completamente verso di lui. «Avanti, racconta.» «Mi prendi in giro? Sei davvero convinta che io vada a sbandierare i cazzi miei a una come te?» «Cos'ho che non ti va a genio?» «Ma vaffanculo va.» «Intanto indicami la strada.» «..Ti piace rischiare eh?» «Sono qui apposta.» rispose facendo segno di ovvietà. Calò il silenzio, finchè Faith non riprese a parlare.
«Chi verrà a pagarti la cauzione?» «Nessuno, chi vuoi che venga?» «Non so, tua madre forse?» «Sì, mia madre. Proprio lei.. Non sai un cazzo, sta zitta.» A quelle parole, non si trattenne più. «Okay Niall, non so un cazzo e non capisco un cazzo, ma come vuoi che pretenda di capire se non mi dici nulla, te ne stai li muto e non parli? Se mi azzardo a chiederti che hai mi mandi a fanculo e fai lo scontroso, cosa dovrei fare?» Niall si alzò di punto in bianco e con violenza la sbattè all'angolo della cella. «Non devi azzardarti a parlarmi con quel tono, hai capito?» ringhiò. Suo padre, era identico a suo padre. Le stesse mosse, i stessi toni. Un brivido le percorse la schiena. Cominciò a tremare. Chiuse gli occhi, strizzandoli dalla paura e abbassò il viso aspettandosi il peggio. Il ragazzo a quel punto la lasciò andare, buttandola a terra. «Sei solo una mocciosa.» Lei di tutta risposta rimase in silenzio, forse per la prima volta nella sua vita.
«Faith Evans?» chiamò una delle guardie. «Sono io.» «I suoi genitori sono fuori, può uscire.» Esitò qualche istante prima di alzarsi, continuava a osservare Niall senza saper cosa fare. «..Signorina?» chiamò di nuovo. «Sì, scusi..» Si alzò e si avvicinò alle sbarre che vennero aperte. Si voltò verso di lui un'ultima volta. «I miei genitori pagheranno la cauzione anche per lui, può farlo uscire.» disse. Dopodichè se ne andò, senza guardare in faccia nessuno.

 



MIAO.
il mio gatto vi saluta. anche lui vi ama profondamente per le 19 recensioni, sappiatelo.
seriamente, è la prima volta che raggiungo questo numero e sono gasata fmjgnmg 
ho pubblicato il secondo dopo due giorni (anche se in realtà l'avevo finito ieri lol) perchè boh, mi andava. 

poi mi sembrava ingiusto lasciarvi così dopo il primo capitolo, quindi sono stata buona, giusto perchè sono i primi. ouo
perchè sappiatelo, ci saranno volte che non vedrete l'ombra di un capitolo manco dopo una settimana HAHAHAHA
sto già scrivendo il terzo, sono a metà circa, ma sono un pò in crisi. non ho le idee ben chiare, anzi..credo di non avercele. 
omg.
comunque, se raggiungo lo stesso numero di recensioni anche a questo capitolo non mi dispiace..  *tossisce* mica.. insomma, sapete com'è. *si strozza* (?)
dopo aver detto questo vi lascio a questa meravigliosissima gif che io AMO.
adios. ♥



 

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Capitolo 3
*** III ***


 





«Kyle, ho tanta paura.» sussurrò la piccola Faith da sotto le coperte. Era sull'orlo del pianto, come tutte le notti. Kyle era seduto in mezzo al letto con le gambe al petto e lo sguardo fisso verso il muro. «Andrà tutto bene.» rassicurò il bambino, forzando leggermente un sorriso. Somigliava quasi ad una smorfia di dolore. «Papà verrà anche questa volta, ci troverà svegli e ci darà le botte.» «Non succederà. Fidati di me sorellina.» sussurrò. «Vieni qua.» le fece segno di sedersi accanto a lui. Faith esitò qualche istante, impaurita dai passi del padre che continuavano ad avvicinarsi e allontanarsi ogni secondo, seguiti dalle urla. Tirò giù le coperte, saltò fuori dal letto e si fece coraggio correndo su quello del fratello che la accolse a braccia aperte. La bambina ci si tuffò, facendosi il più piccola possibile, quasi a voler sparire. La strinse a sè. «Andrà tutto bene, okay? Ci nasconderemo dentro l'armadio, in mezzo ai vestiti. Non ci troverà.» «Sei sicuro Kyle?» domandò con voce flebile. «Sicuro.» Le prese la mano e la strinse. Era in quei momenti che si sentiva protetta, desiderata.
Kyle scese e con cautela si avvicinò all'armadio. Aprì le ante lentamente e diede un'occhiata. Lo spazio era necessario dato che erano piuttosto bassi e mingherlini. Spostò una pila di vestiti verso sinistra e si infiltrò, provando a sistemarsi al meglio e fare spazio anche alla sorella. Si accucciò. «Vieni Faith, corri!» sussurrò, incitandola. La piccola si sporse leggermente per vedere dove fosse finito il fratello. «Dove sei?» «Sono qua, vieni!» Incuriosita da cosa avesse combinato là dentro, saltò giù dal letto e andò verso di lui. «Io non penso sia un buon piano.» disse, scrutando la situazione. 
Nel frattempo dei passi si stavano avvicinando alla stanza, senza che i bambini se ne accorgessero. «Fidati di me Faith.» Le tese la mano. Lei esitò qualche istante prima di afferrarla, fino a che non sentì il suono della porta aprirsi. A quel punto si fece catapultare all'interno e Kyle chiuse subito le ante. Fece segno alla sorella di non fare un fiato, o sarebbero stati spacciati. Faith si mise le mani davanti alla bocca e chiuse gli occhi: tremava dalla paura. Il bambino la strinse a sè, il più forte possibile. Volevano sparire.«Claire, dove sono i bambini? Dove diavolo li hai nascosti, eh?!» urlò. La donna dal piano di sotto non faceva che piangere e urlare dalla disperazione. «Claire!» Sembrava un mostro. La piccola gemette leggermente dalla paura. Non riusciva più a trattenersi, voleva fuggire via. Kyle chiuse gli occhi e si strinse di più alla sorella, convinto che in quel momento li avrebbe scoperti e fatti a pezzi. 
L'uomo cominciò a girare ovunque, in qualsiasi angolo della stanza, persino sotto ai letti o nella soffitta. Per ultimo, si avvicinò all'armadio. I battiti dei due bambini si fermarono improvvisamente. Prese un'anta, e la aprì.
 
 
Era passato un giorno preciso da quando aveva vissuto quella terribile esperienza, quel tremendo incubo. Ma se proprio vogliamo metterla su questo piano, da quel giorno gli incubi non erano mai cessati. L'ultimo gesto di Niall la tormentava, non le faceva chiudere occhio. Aveva di nuovo il terrore di essere presa dal letto, sbattuta al muro e maltrattata, come tredici anni fa.
 
"Faith di qua, Faith di là, Faith quell'altro, Faith sta attenta" Da quando  era tornata a casa Kyle non le aveva dato tregua: quasi quasi  sarebbe tornata volentieri in carcere solo per il piacere di non sentirlo più sbraitare, ma aveva cose più importanti delle quali occuparsi.  «Ti rendi conto in che situazione ti stai cacciando?» rimproverò il ragazzo, acciecato dall'ira. Poteva tollerare tutto, ma non che la sorella gli mentisse così spudoratamente. «Sì, me ne rendo conto, okay? Ma la vita non è la tua, piantala di immischiarti negli affari che non ti riguardano.» disse con acidità, usando quasi lo stesso tono che Niall usava con lei. «Come puoi dire che non mi riguardano? Sei mia sorella!» «Appunto: sono tua sorella, non tua figlia.» «Ma so molte più cose di quante tu ne possa immaginare.» «Contenta per te.» ribattè. Mise le ultime cose in borsa, chiuse la cerniera e se la mise in spalla. «Dove vai ora?» «Da Niall.» evidenziò il nome per infastidirlo. «Che cosa? Ma con chi ho parlato fino ad ora?!» «Non lo so, me lo chiedo anch'io.» Con l'intento di riuscire a farlo stare zitto finalmente, aprì la porta e fece per andarsene, ma guarda caso, venne bloccata. Maledizione. Cominciava davvero a  non sopportarlo più, aveva i nervi a fior di pelle.  Si voltò con calma, cercando di trattenere i suoi istinti omicida. «Faith, non voglio essere il fratello ultraprotettivo, ma per favore, se devi rischiare fallo usando il cervello. Tu non sai chi è Niall Horan.» «E non voglio saperlo. So abbastanza su di lui per essere in grado di gestirmi.» «No Faith, no. Chi te l'ha fatte quelle ferite? Chi ti ha sbattuto in carcere senza neanche provare a difenderti? Lui non ha sentimenti, capiscilo.» Lui non ha sentimenti. «E' qui che ti sbagli, Kyle, e di grosso.» Dopo averlo guardato un'ultima volta si girò e senza neanche aprir bocca si allontanò da casa. Perchè nessuno cercava di andare oltre l'apparenza di Niall? Perchè solo lei era riuscita ad arrivarci?
Ciò che le faceva male più di tutto era vedere Kyle non capire che lei teneva veramente a quel ragazzo, più di qualsiasi altra cosa. L'aveva trattata male così tante volte, lei si era ribellata, eppure lo amava ogni giorno di più: era sicura che sotto quella corazza che si era creato c'era una persona meravigliosa, forse la più bella che lei abbia mai incontrato, ma spettava a lui lasciarsi andare. Lei poteva soltanto aspettarlo a braccia aperte e se doveva lo avrebbe fatto anche per la durata di un'eternità. 
Se davvero credevano di poter fermare Faith Evans, allora non l'avevano mai conosciuta fino in fondo. 
Bussò alla porta. 
Silenzio. 
Bussò di nuovo. 
Silenzio.
Dei passi si avvicinarono, poi finalmente la porta si aprì. Si appoggiò allo stipite della porta un ragazzo, vestito con degli indumenti che da quel che si capiva usava solamente a casa. Faith alzò lo sguardo. Niall. Tirò un sospiro di sollievo: desiderava tutto tranne che fare strane presentazioni con la sua famiglia. Era già tanto avere a che fare con lui, figuriamoci con qualche altro messo alle stesse condizioni. «Non ti arrendi mai, vero?» «..Sono venuta per parlarti. Posso?» «Entra.» ordinò. Faith senza scomporsi minimamente dal suo tono, entrò in casa. Chiuse la porta. L'abitazione somigliava molto alla sua, era semplice, ma aveva un particolare: era vuota. Vuota di emozioni, di persone, di felicità. C'era solo buio, buio ovunque. Chissà perchè, ma qualcosa stranamente la riportava all'animo di Niall. «Ti piace vivere nell'oscurità?» domandò, per sdrammatizzare. «Stavo dormendo.» «Oh, capisco. Allora scusami di nuovo.»  Stupido, odioso sarcasmo. Il ragazzo la fulminò con uno sguardo. «Sei venuta qua per rompere o con qualche scopo?» «Te l'ho detto, ero venuta per parlarti. E beh sai, mi aspettavo che anche tu avessi da dire qualcosa, ma probabilmente non parlerai mai.» «Vedo che cominci a capire.» «E' l'abitudine.» fece spallucce. «..Comunque ero venuta anche per portarti le fotocopie di scienze. Le ho fatte qualche giorno fa, ma mi ero dimenticata di dartele. In mezzo c'è anche la relazione che ti sei dimenticato sotto al banco.» disse, mentre frugava nella borsa. Niall la osservava con un sopracciglio inarcato. Ma cos'era, un cyborg quella ragazza? Nemmeno sua madre a quei tempi era così precisa. 
Tirò fuori i fogli e glieli porse. «Che diavolo ne sapevi che avevo lasciato la relazione sotto al banco?» domandò, mentre sfogliava tutte quelle fotocopie che gli aveva dato. «Conosco come sei fatto e per evitare un due ho controllato che avessi preso tutto almeno quella volta.» «Perspicace.» «Lo so.» disse, facendo di nuovo spallucce. Ignorandola come sempre, si diresse in soggiorno e buttò la roba sul tavolo, dimostrando il suo evidente spirito da menefreghista. Faith lo seguì. «Come vanno le ferite dell'altra sera?» «Ma che cazzo di domanda è?» domandò, mentre si sbracava sul divano. «Come vanno le ferite dell'altra sera?» ripetè, come se non avesse assolutamente sentito nulla. In realtà stava semplicemente mettendo in atto una delle sue migliori armi, l'indifferenza. Per quanto poco lo conoscesse sapeva che lo infastidiva a morte quando lo ignoravano e Faith avrebbe continuato finchè il ragazzo non avrebbe capito che quel comportamento era inutile con lei. Ormai c'era troppo dentro, non poteva mollare. Non udendo risposta, tirò fuori dalla borsa un piccolo kit di pronto soccorso. «Ora che cazzo vorresti fare? La croce rossina?» «Togliti la maglietta.» ordinò lei. «Scordatelo.» «Ho detto togli quella maglietta e non controbattere.» A quelle parole il ragazzo perse la pazienza. Odiava gli ordini, odiava lei e odiava quelle sue stupide premure. Lui non aveva bisogno di nessuno, tantomeno di una come lei, o perlomeno era quello che voleva dimostrare. La afferrò per la maglietta con violenza e la trascinò a sè, gelandola con uno sguardo di ghiaccio. «Stammi a sentire tr..» Faith si tolse le sue mani di dosso e lo prese per le spalle, bloccandolo. «No, stammi a sentire tu. Non azzardarti neanche minimamente a usare certi toni con me, perchè come tu pretendi rispetto, lo pretendo anch'io, hai capito?» Niall la osservò in silenzio per qualche istante, poi tirò fuori uno dei suoi soliti sorrisetti strafottenti. «Se no?» La ragazza strinse la presa e affondo le unghie nella sua pelle. «Non sottovalutarmi, Niall.» «Oh, che paura!» «Sta zitto e togli quella stupida maglietta.» disse, fulminandolo con uno sguardo e ricomponendosi. Senza guardarlo minimamente in faccia riprese a preparare l'essenziale per curarlo. Niall si alzò e senza opporsi, stranamente obbedì. Apparentemente sembrava che si fosse arreso, ma nella sua mente sapeva che gliel'avrebbe fatta pagare con quel gesto. Sarebbe diventata nel giro di pochi secondi una delle sue stupide vittime. 
Buttò la maglietta a terra con violenza, con l'intento di attirare la sua attenzione. Lei non rispose a quella richiesta. «Mettiti seduto.» Non voleva mostrarsi debole, non doveva. «Cosa c'è, ti vergogni a guardarmi per caso?» domandò sogghignando. Si morse il labbro e si sedette il più possibile vicino a lei. Aspettava una risposta. Silenzio, di nuovo. Che cazzo le prende? Afferrò vari cerotti e finalmente si avvicinò al ragazzo. Okay Faith, fai un respiro profondo e alza lo sguardo. Con qualche esitazione, alzò il viso. Non arrossire, non arrossire. Niall continuava a sogghignare, osservando ogni particolare del suo viso. Non vedeva l'ora di coglierla nel sacco. 
Si avvicinò di più e scrutò il suo petto leggermente scolpito. Aveva ferite e graffi ovunque: passò una mano su questi ultimi. A quel tocco, il ragazzo diventò improvvisamente serio. Era sicura che non appartenessero alla sera precedente, ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa. 
 
«Schifoso essere inutile.» Si osservava allo specchio, con tutto il disprezzo che una persona potesse provare contro se stessa. Passò una mano sul suo petto. Lividi, ferite, sangue ovunque. Si macchiò leggermente l'avambraccio. Con disgusto continuò a farsi del male. Affondò le unghie nella pelle il più possibile e con violenza segnò altri quattro graffi, dai quali cominciò subito a colare sangue. Bruciavano, come il dolore che lo sopprimeva, come le ferite che nel tempo non si erano mai rimarginate, come la morte della sua famiglia. Bruciavano come l'amore che non aveva mai ricevuto.
 
 
«Niall, chi te li ha fatti?» sussurrò. «Non sono cazzi tuoi.» Faith lo guardò negli occhi. «Sai che non lo direi a nessuno.» «No, non lo so. Rimangono comunque cazzi miei.» «Per favore.» «Fai quello che devi fare e non scassare.» «..Come vuoi te.» Voleva la guerra? E guerra sia. Prese il disinfettante e ne versò un pò sopra un batuffolo. Cominciò a passarlo sopra le ferite ancora fresche, premendo. Niall a primo impatto sobbalzò dal dolore. «Maledizione, vaffanculo, sei una tro..» Lei alzò un sopracciglio e lo guardò. Ormai era tra le sue mani, qualsiasi mossa facesse era sbagliata. A suo rischio e pericolo. Strinse i denti. «Brucia?» «No, ma che dici?» Faith scoppiò a ridere. «Mi dispiace.» «Già, noto il dolore sul tuo viso.» disse sarcasticamente, riprendendo a osservarla con attenzione come poco fa. Se solo non fosse stata così diversa da lui, ci avrebbe persino fatto un pensierino. Ma forse era proprio questo che lo portava a pensare certe cose. Lei era diversa. 
Sobbalzò di nuovo. «Cristo, vuoi piantarla di farmi male?» ringhiò. «Ti sto semplicemente pulendo le ferite, non rompere.» Diede un'ultima occhiata poi sostituì il batuffolo ormai sporco. Prese dei cerotti. «Sei capace a metterteli da solo o ti serve la badante?» «Dammi qua.» disse, sfilandoglieli dalle mani. Ne aprì uno e buttò la carta per terra, come faceva sempre. Alla fine della giornata il soggiorno era sempre un disastro, e ovviamente chi puliva? Sempre lui. Non poteva minimanente contare su suo fratello: quello tornava a casa, si faceva fuori altre due lattine di birra, come se non bastasse quello che avesse già bevuto e poi si metteva a letto, ubriaco fradicio. Abitare da solo o con lui era indifferente, non cambiava nulla. Sotto questo punto di vista in effetti benediva davvero i suoi diciannove anni. In fondo stare da solo tutto il giorno senza nessuno che ti rompa non era affatto male. Diciamo non lo era stato fino a quel momento, poi era subentrata Faith. Stare da soli era impossibile. Una volta per i compiti, una volta per controllare come stesse, veniva sempre a suonare a quel maledetto campanello. Tante volte avrebbe voluto sbatterle la porta in faccia, anzi, sempre. 
Sistemò il cerotto sulla ferita. Metà gli si spezzò sulle mani mentre lo appoggiava. Faith lo guardò. «Hai la grazia di un elefante, Niall.» «E allora fallo tu che sei tanto brava, tieni.» disse, strappandoselo di dosso e tirandoglielo contro. Si fece uscire nuovamente il sangue, ma ormai non era una novità per lui. La ragazza con pazienza lo raccolse da terra e riprese dell'ovatta, mettendo a tamponare. «Tienilo così per favore.» «Tienicelo tu.» «La pianti di fare il bambino?» «Ma vaffanculo a te e il bambino.» le tolse la mano con arroganza e se lo trattenne da solo. Faith nel frattempo aveva preso i cerotti e li stava sistemando uno ad uno sul divano. Ne prese uno alla volta e glieli sistemò con cura su tutti i graffi e le ferite che aveva, ovviamente i meno gravi. Per il resto dovette fargli una fasciatura attorno alla vita per la quale impiegò almeno mezz'ora. Niall quando si trattava di certe cose era assolutamente negato, per non parlare di quando dovevano fare delle ricerche insieme a scuola o degli esperimenti al laboratorio. Faceva tutto lei, anzi. Doveva fare per lei e rimediare ai disastri che combinava il ragazzo. La storia si ripeteva continuamente. «Ora puoi rimetterti la maglietta.» disse, sospirando. «Quando dovrò toglierla tutta questa roba?» «Quando te lo dico io, ma non oggi perchè se ti trovo senza, non so che ti combino.» Lui fece una smorfia e si rimise la maglia, senza far un fiato. Faith nel frattempo stava rimettendo in ordine le cose e raccattando la roba da buttare via. La aiutò. «E da quando tu mi dai una mano?» «Da quando sei in casa mia?» «Quando facciamo i compiti a casa tua però non fai una mossa, eh simpaticone?» «E che ti aspetti? Sei tu quella intelligente, o sbaglio?» Faith gli porse le scartoffie, poi lo guardò negli occhi. «Non ho mai detto di esserlo, tu sei migliore Niall. Non so cosa ci vedi di sbagliato in te.» Il ragazzo distolse lo sguardo e si allontanò. «Non prendiamo questo argomento.» Lei lo seguì in cucina e si mise seduta di fronte a lui, vicino alla finestra. «Invece lo prendiamo.» «Se ho detto di no è no, chiaro?» ripetè a muso brutto.  La ragazza fece una smorfia da presa in giro poi alzò gli occhi al cielo. «Ti credi simpatica?» sputò lui di tutta risposta. «Più di te sicuro.» «Beh se è così puoi anche andartene.» «Dio, come sei permaloso, stavo solo cercando di rompere questa stupida tensione che c'è sempre tra noi due.» sbuffò. Non appena fece per rimettersi in piedi, Niall si mise di fronte a lei, bloccandole il passaggio. Serrò i pugni e li poggiò attorno a lei. «Tu non hai capito niente di me.» la fulminò con gli occhi. Faith gli prese il viso e lo avvicinò al suo. «E tu devi capire, Niall, che io ho capito più di quanto tu possa immaginare.» sussurrò. Erano così vicini. In quel momento era come se tra loro non ci fosse più rivalità, come se tutto fosse più semplice. Desiderava baciarlo con tutta se stessa, stringerlo a sè e non lasciarlo più andare via, ma non poteva. Appoggiò la sua fronte contro quella del ragazzo. «E chi cazzo sei, un'indovina?» sussurrò con lo stesso tono, per prenderla in giro. Faith sorrise e si staccò. «Mi piacerebbe, almeno potrei sapere cosa ti frulla in quella testa.» Si appoggiò sulle sue spalle possenti e scese giù. Amava prendersi gioco di lui, era un pò la sua forma di "vendetta". Non appena fece per dirigersi in soggiorno a prendere le sue cose, un rumore estraneo la fece bloccare in mezzo all'atrio. C'erano delle voci di fuori, proprio fuori dalla porta, ed erano molte.. e c'entrava in qualche modo Niall. Aveva potuto distinguere il suo nome nella conversazione. Il ragazzo si avvicinò. «Che cazzo fai lì in mezzo come una scema?» «Niall.. doveva venirti a trovare qualcuno?» sussurrò. «No. Stai diventando pazza per caso?» A quella risposta, cominciò ad andare in allerta. «Ti prego, parla piano. Di fuori c'è qualcuno, parlano di te.» «Ma che diavolo..?» Fece per avvicinarsi alla porta ed aprirla, ma proprio in quel momento uno sparo violento colpì la finestra del soggiorno, mandandola in frantumi. Erano tornati. Erano settimane che lo perseguitavano e non si sarebbero mai arresi finchè non l'avrebbero fatto fuori. Stava per aprire pronto ad andare a fare a botte, ma proprio in quel momento si ricordò di Faith. Non poteva lasciarla lì senza nessuno che la proteggesse, l'avrebbero massacrata e lui non poteva permettere che qualcun altro passasse sotto le loro mani. Un altro sparo colpì l'altra finestra. Chiuse la porta a chiave. «Faith, corri al piano di sopra, corri!» ordinò. Lei esitò. «Non se non vieni anche tu.» «Non posso lasciare tutto nelle mani di quei bastardi.» «Neanche la tua vita.» Si avvicinò e gli afferrò la mano saldamente. «Ti prego, Niall.»
La guardò negli occhi per qualche istante poi la spinse verso le scale. «Dobbiamo sbrigarci e prendere la macchina sul retro prima che me la facciano in mille pezzi.»  disse, mentre correvano di sopra. «E come facciamo?» «Troveremo un modo, ora dobbiamo nasconderci in soffitta.» La prese per un braccio e la trascinò nella sua stanza, poi chiuse quest'ultima a chiave. In tutta la sua vita, Faith non aveva mai visto la sua camera, mai, gliel'aveva sempre tenuta nascosta, il che la faceva insospettire più del dovuto. Ora però non era il momento di indagare, sapeva che avrebbe trovato il momento giusto prima o poi con le buone o con le cattive. Niall tirò giù un apertura dal soffitto e fece scendere delle scalette. Le fece segno di salire. Lei esitò qualche istante, poi si avvicinò. «Promettimi che sali anche tu.» «E secondo te che ci sto a fare qua?» Faith fece spallucce. Cominciò a salire gli scalini, fino a che non arrivò ad una piccola specie di stanzetta. Si trascinò sul pavimento e si sedette, guardando in basso. Lo incitò a raggiungerla. Niall lo fece, la imitò, poi tirò su le scalette e chiuse l'apertura con un lucchetto. «Credo che qui non ci arriveranno mai.» sussurrò Faith. «Appunto, quindi non sussurrare. Sai, quando lo fai sembri pazza.» «Io non sono pazza.» controbattè. Il ragazzo scosse la testa e si alzò. In fondo alla soffitta c'era una finestra, dalla quale filtrava la luce del sole che illuminava il tutto. La aprì con cautela e si affacciò. Vuoto. In lontananza c'era ancora la sua macchina fortunatamente viva e vegeta. Se volevano fuggire da la dentro e non rischiare la vita, dovevano trovare un modo di scendere da lì. «Niall, che fai?» «Cerco un modo per uscire.» disse. «Ovvero?» «..Te la senti di saltare da quest'altezza?» Faith lo fissò perplessa. «Mi prendi in giro?» «No, Faith, no. Non vedo altri modi per uscire, okay?» disse, spazientendosi leggermente. Aveva i nervi a fior di pelle. Dopo due ore con lei, ci era mancata solo quella banda di pazzi a completare la giornata. Cominciò a frugare in mezzo alle scartoffie e a tutta roba ormai decrepita, cercando una corda o qualcosa di simile. In quel momento sarebbe stata davvero pericolosa, ce l'avrebbe volentieri legata e buttata giù di sotto per quanto era su di giri. 
Improvvisamente si bloccò. Un altro flashback gli illucidì gli occhi: in un angolo, a terra, c'erano le lenzuola di sua madre. Si passò una mano tra i capelli e le afferrò con foga. Nonostante tutto rofumavano di pulito, dopo così tanto tempo: il solito odore era ancora impresso, sebbene fossero leggermente impolverate. Ricordava ancora come ieri quando le puliva e le stirava con tutta la cura del mondo, gli sembrò di ritornare indietro nel tempo di quattordici anni senza neanche accorgersene. Faith si avvicinò.  «Tutto bene?» domandò a bassa voce. Niall abbassò lo sguardo e le strinse a sè. «Sì.» sussurrò. «..Erano di qualcuno a cui tenevi, vero?» si accucciò accanto a lui. «Come fai a saperlo?» «Si vede da come le guardi.» «..Già.» Era forse la prima volta che le parlava con così tanta tranquillità. 
Un rumore assordante dal piano di sotto li interruppe, riportandoli alla realtà. Dovevano sbrigarsi. «Le useremo per scendere di sotto, aiutarmi a legarle, dobbiamo formare una catena.» disse, alzandosi. Faith sorrise leggermente e cominciò a dividerle una per una e ad aiutarlo. Nel giro di pochi minuti formarono una specie di treccia chilometrica che Niall legò ad una trave che sorreggeva il soffitto: era l'unico punto sicuro. Faith la lanciò dalla finestra e la osservò cadere sul giardino: la lunghezza era perfetta. «Scendo prima io.» disse il ragazzo. «..Sei sicuro?» «Non saresti in grado di difenderti da loro.» «E da quando ti preoccupi per me?» «Non mi sto preoccupando per te, l'avrei fatto per chiunque, okay? Non hai idea di cosa si prova a passare sotto le loro mani.» disse, mentre si avvicinava alla finestra. Si mise seduto e afferrando le lenzuola, con cautela si lanciò di sotto. «Sta attento.» «Non ho bisogno delle tue stupide rassicurazioni, pensa a pararti il tuo di culo.» Nel frattempo scendeva. Faith fece una smorfia. «Sempre il solito spaccone.» borbottò. Lo osservò scendere fino in fondo: non appena ebbe messo i piedi a terra fuggì verso la macchina. La ragazza si sbrigò ad uscire e afferrare le lenzuola. Non l'avrebbe mica lasciata sola, vero? Con foga cominciò a muoversi velocemente fino a che non riuscì a toccare terra. Tirò un sospiro di sollievo e cominciò a correre a perdifiato verso l'auto di Niall. Salì. «Allaccia le cinture, non andrò a venti all'ora.» disse il ragazzo con le mani al volante. Faith chiuse lo sportello e obbedì. «Sai, in realtà pensavo mi avresti lasciato da sola.» «..Quanto sei stupida.» commentò, scuotendo la testa. Mise in moto e partì a tutto gas. Lei cominciò a guardare dallo specchietto retrovisore ogni dieci secondi, per paura che li seguissero. «Niall, secondo te riusciranno a rintracciarci?» «Vedi non cominciare a fare domande o apro la portiera e ti lascio per strada, okay?» Abbassò la guardia e incrociò le braccia a mò di broncio. «..Okay.» «Magnifico.» «Però ora dove andiamo?» «Ma con chi ho parlato?» Faith voltò gli occhi al cielo: «Scusa tanto se voglio sapere che fine farò.» 
In quell'istante il suo cellulare cominciò a squillare all'impazzata. Lo afferrò. 
 
Kyle: 10 chiamate perse.
 
Sbuffò. Poteva continuare a chiamare quanto voleva, non avrebbe risposto neanche morta. Lo rimise in tasca. «Che fai, non rispondi?» «Non sono affari tuoi.» rispose impettita, con lo stesso suo tono. «..Giusto.» «E allora se è giusto non farmi certe domande.» «D'accordo, ma ora abbassa i toni.» «Non sei mia madre, okay?» «Con questo?» «Con questo smettila di darmi ordini.» «Sei tu che li dai a me veramente.» «Ah si? E quando l'ho fatto che non mi hai mai dato retta?» «Certo, ora fai l'innocente. Ma fammi il piacere.» «Qui sei te che fai l'innocente mio caro.» Possibile che passavano continuamente da momenti in cui si poteva parlare a momenti in cui si scannavano a vicenda nel giro di pochi minuti? «Si, okay, mandiamola così.» disse, lasciando cadere il discorso. Sembrava strano, ma proprio non aveva voglia di mettersi a competere con una mente così testarda come la sua in quel momento. Sapeva che altrimenti sarebbe andata a finire male e aveva già abbastanza problemi. Mentre osservava la strada cominciò a pensare a come fosse ormai ridotta la sua abitazione e cosa sarebbe successo quando sarebbe tornato suo fratello. Sotto al letto c'erano ancora le sue buone dosi di droga che nascondeva e tutti i soldi che aveva rubato insieme ai suoi compagni del giro. Sicuramente al suo ritorno non avrebbe trovato più nulla. Come avrebbe fatto a mantenersi? Di certo non poteva contare su Greg: lui sarebbe stato capace di vendere casa senza neanche accorgersene. Con la coda dell'occhio osservava Faith fissare il finestrino con lo sguardo perso nel vuoto. Non avrebbe mai avuto le palle di chiederle aiuto, l'orgoglio era più forte di lui. Girò lo sguardo verso il segnale del serbatoio della benzina, era a corto. Lanciò un calcio. «Maledizione, maledizione.» ringhiò. La ragazza si voltò di scatto.  «Che succede ora?» «La benzina, siamo a corto, dannazione.» «Stai scherzando spero.» «No, non sto scherando!» «E ora?»  Erano già in autostrada, non c'era anima viva. Nessuno avrebbe potuto fermarsi e aiutarli.
Niall senza pensarci due volte partì a tutto gas, svoltò con la macchina e si addentrò in mezzo agli alberi, fuori dalla strada. «Ma che diavolo fai?!» domandò la ragazza, slacciandosi le cinture. «Non abbiamo altra scelta.»


 


ciao pipol. ouo
finalmente sono riuscita a pubblicarlo, dopo tante pene. (?)
ci ho messo una vita a scriverlo, a farlo più lungo del solito e dettagliato.
sinceramente, spero vi piaccia, ma siete liberi di esprimere la vostra opinione.
ancora non è niente, verrà il bello tra un pò di capitoli, probabilmente dovrete aspettare un pò, ma verrà lol
non so se si è capito, ma odio scrivere i flashback. mi vengono malissimo.
però ogni tanto devo metterli o non si capisce 'na frappa. 
bien, ora vi lascio mie care.

vi faccio notare che sono passata da 20 recensioni a 9, faccio pena HAHAHAHA
se recensite vi regalo un biscotto, daidai. 
alla prossima. ♥
 

 

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Capitolo 4
*** IV ***




 

 

«Sei un'incompetente, ecco cosa sei, un incompetente!» sbraitava la ragazza, mentre scendeva dall'auto. Sbattè lo sportello con violenza continuando a borbottare tra sè e sè. Come aveva potuto essere così idiota da andare a finire in un bosco sperduto, oltretutto fuori mano dove nessuno avrebbe potuto trovarli? Patetico. 
Niall la imitò e si poggiò alla macchina a braccia conserte. «Ora che facciamo? Spiegamelo.» continuò lei. Il ragazzo la fulminò di nuovo con uno sguardo. Di solito nella sua cerchia, appena qualcuno faceva innervosire l'altro, se le davano. Ora doveva trattenersi e ciò non gli garbava neanche un pò. Il primo fosso che gli sarebbe capitato ce l'avrebbe buttata, su questo poteva contarci. «E non guardarmi in quel modo, siamo in..» «Lo so Faith, lo so! Non cominciare, dannazione.» esclamò, zittendola. «Ma cosa vuoi che faccia? Mi hai portato qui, senza acqua, cibo, nulla. Per di più abbiamo la benzina a corto e nessuno che ci possa aiutare.» «Ma cosa pretendevi? Volevi rimanere in mezzo all'autostrada a fare l'autostop?» «Beh lo preferivo.» «Certo, così il primo che capitava chissà dove ti portava. Ma quanto sei stupida.» disse, sbuffando. Tirò un calcio ad un ramo a terra. «A te non è mai fregato niente di me, quindi piantala di inventarti premure inesistenti.» «Ho per caso detto che mi importa di te infatti? In questo momento ti butterei dalla prima rupe che capita, figuriamoci.» «Idiota.» borbottò. 
Con la speranza di poter rintracciare qualcuno, afferrò il cellulare dalla tasca e notò le chiamate: nel giro di mezz'ora si erano raddoppiate. Come si vedeva che erano fratelli, non si arrendevano mai. Proprio in quell'istante ne ricevette una, sempre da parte di Kyle. Rispose subito. «Pronto?» «Faith!» Tirò un sospiro di sollievo al suono di quella voce. «Kyle, mio dio, finalmente. Tutto bene?» «Sì, tutto bene. Tu dove sei?» «Non lo so, sono con Niall e..» «Faith?» «Kyle mi senti?» «Faith che fine hai fat..» Si sentirono vari rumori ambigui, poi la linea cadde improvvisamente senza neanche darle il tempo di dire "a". «Pronto?» ripetè. Silenzio. «Pronto? Kyle mi senti?.. Pronto?» tolse il telefono dall'orecchio e lo guardò. Non c'era campo. Maledizione, doveva aspettarselo. Stizzita, sbattè un piede per terra con tutta la forza che aveva. Rimise il cellulare dov'era prima per evitare il rischio di farlo schiantare a terra dal nervoso. Niall la guardò inarcando un sopracciglio. «Non c'è campo, vero?» «Come sei perspicace.» Lui fece una smorfia. «Ora siamo ufficialmente fottuti.» «Come se prima non lo eravamo già. Tutto merito tuo.» «Certo, è sempre colpa mia, vuoi mettere?» «Certo!» «Beh allora, Miss 'so tutto io', comincia ad aiutarmi e chiudere quella stramaledetta bocca che ti ritrovi.» Si avvicinò alla macchina e aprì il bagagliaio: a quanto pare aveva una vasta scorta di cibo. Quando insieme ai suoi amici dovevano fare delle pedinazioni o fare lunghi viaggi solo per fare degli affari con dei spacciatori, si facevano sempre una scorta. Di solito rimanevano sempre di più in quei posti.. Faith gli venne accanto. «Quindi tu mi apresti portato qua perchè tanto sapevi che avremmo avuto il necessario?» «Sai, il cibo veramente non è stato il mio primo pensiero se devo dirla tutta. Tu che dici?» Gli porse uno scatolone pieno di bottigliette d'acqua e snacks. La ragazza lo osservò prendere il resto, poi chiuse il bagagliaio. Li poggiarono a terra. Di certo non potevano partire così, senza meta. «Ora?» Niall a quella domanda rivolse lo sguardo verso il cielo. «Si stanno avvicinando dei nuvoloni, io direi di trovarci un riparo.»Faith lo imitò. «Già. Entro stanotte pioverà.» «Il problema è dove?» «Beh, c'è sempre la macchina..» «Ovvio, perchè secondo te riusciremmo a dormire in quel buco?» «Almeno per stanotte potremmo provare ad arrangiarci, no?» «E' ancora pomeriggio, abbiamo tempo per cercare.» «Con gli scatoloni in mano.» «E' un problema?» disse riprendendo le sue cose in mano e cominciando a camminare. «..L'ho sempre detto che sei un incompetente.» lo imitò sbuffando. «Zitta e cammina.» «Ehi, aspettami però!» cominciò a correre, quando inciampò sul ramo con il quale poco fa Niall stava giocherellando. Sentendo quel tonfo quest'ultimo si girò. Scoppiò a ridere. La ragazza sospirò, irritata da quell'atteggiamento. «Non ci trovo un bel niente da ridere.» «Beh, perchè non ti sei vista.» Lasciò da una parte le cose e la raggiunse: la aiutò ad alzarsi. «Ti sei fatta male?» «No, sto bene.» ribattè, scansando con violenza la mano del ragazzo. Poteva risparmiarsela quella risatina da presa in giro. Lui gliela afferrò nuovamente. «Ti ho già detto che con me questi atteggiamenti non li usi.» «E io ti ho già detto che non devi trattarmi neanche tu in certi modi, quindi stiamo pari tesoro.» disse, sorridendo nel modo più falso possibile. «Sei odiosa.» Lei riprese lo scatolone tra le braccia. «Senti chi parla.» 
 
Camminarono per un'ora buona in mezzo a foglie, rami spezzati, piccole fosse da dover scavalcare e qualche incidente di percorso ogni quarto d'ora alla ricerca di un posto dove ripararsi e poter passare la notte, perchè a quanto pare nessuno sarebbe venuto in loro soccorso. Faith ogni tanto prendeva il cellulare e controllava se per mano di Dio magari sarebbe ricomparso un pò di segnale, ma non ce n'era ombra. I suoi genitori probabilmente a quell'ora saranno stati su tutte le furie e Kyle chissà cosa gli stesse raccontando. L'avrebbe protetta? Gli avrebbe detto la verità? Riponeva le sue fiducie nella prima ipotesi. Se suo padre scopriva che era uscita senza dir nulla l'avrebbe massacrata. Ma d'altro canto cosa avrebbe potuto dire? Non aveva fatto in tempo neanche a dirgli dov'era, figuriamoci se sapeva che era in un bosco sperduto perlopiù insieme a Niall. 
Non faceva che chiedersi come avrebbero passato quella nottata e come sarebbero andati avanti. Era nervosa. Avrebbe immaginato tutto tranne che di trovarsi da sola in quel modo insieme a quel ragazzo, un giorno. Voleva fuggire via. Non poteva sentirsi al sicuro, non con uno come lui che nascondeva mille segreti ed era continuamente scontroso. Poteva aspettarsi di tutto, era imprevedibile. Eppure cercava di non darlo a vedere. Di certo però, gli sarebbe stata alla larga il più possibile. Poteva accettare di aiutarlo con i compiti e andare alcune volte a casa sua, ma non di passarci delle giornate intere insieme. Da una parte dopo tutto sarebbe stata l'occasione ideale per spingerlo ad aprirsi di più. D'altro canto ci stava provando da mesi e mesi, perchè non tentare decisivamente questa volta?
Era improvvisamente un misto tra l'impaurito e lo spaesato. 
Niall la osservava ogni tanto sbuffando: era così testarda e lagnosa. Come avrebbe fatto a passare un'intera notte con lei? E chissà quanti altri giorni ancora? Al solo pensiero avrebbe preferito farsi uccidere da quella banda di pazzi. Nel frattempo, mentre camminavano, ripensava a ciò che era accaduto e continuava a chiedersi come fosse ridotta la casa ,come stesse Greg e se le cose di valore fossero sopravvissute. C'erano tutti i ricordi dei suoi genitori, specialmente di sua madre: erano una parte di sè, della sua vita. Li avrebbe fatti a pezzi se avesse scoperto che non c'erano più, a costo di rimetterci la pelle e ciò per il 90 % delle probabilità sarebbe accaduto, poteva scommetterci qualsiasi cosa. Non si sarebbero mai arresi, conoscevano come era fatto e bastava prendersi di petto un suo punto debole per attirarlo a loro e farlo fuori. Quello era il loro obiettivo. 
«Sta cominciando a piovere.» disse la ragazza, interrompendo il silenzio agghiacciante. Delle goccioline cominciavano a bagnarle la maglia. «E io che ti faccio?» «Ma che risposta è? Dobbiamo sbrigarci e basta, prima che ci laviamo.» «Come se sapessimo già che c'è qualche posto dove ripararci.» rispose lui scontrosamente come sempre. Faith sospirò. Era insostenibile una conversazione con lui, ma soprattutto era insostenibile lui stesso. «Si, in effetti hai ragione.» Voleva del filo da torcere? Eccolo servito. Niall la guardò alzando un sopracciglio. «Da quando mi dai ragione?» «Da quando mi sono stufata di stare a discutere con te. Niall, dobbiamo passare non so quanto tempo insieme e non possiamo comportarci sempre così, specialmente tu non devi farlo.» «Senti, patti chiari e amicizia lunga dolcezza. Tu non dare ordini a me, e io non dò ordini a te, altrimenti ognuno va per fatti propri e non mi sembra il caso per un'imbranata come te.» chiarì immediatamente. Faith fece spallucce. «Io so benissimo cavarmela da sola, imbranato ci sarai te.» «Oh, ma guarda guarda. Vogliamo provare?» disse, in tono di sfida. «Volentieri.» Si fermarono e si misero l'uno di fronte all'altra, guardandosi negli occhi. Era in quei momenti che avrebbero voluto uccidersi a vicenda. «Bene, allora incamminati stronzetta e fai buon viaggio.» «Altrettanto.»  Senza neanche indugiare minimamente si voltarono di spalle e ripresero a camminare in direzioni diverse. Faith si voltò un'ultima volta prima di intraprendere nuovamente il suo cammino: «Ah, e un'ultima cosa: vaffanculo!» «Ti concedo la precedenza baby!» disse lui, già in lontananza. La ragazza grugnì. Quanto lo disprezzava quando si comportava in quel modo, avrebbe voluto prenderlo a schiaffi senza mai smettere. 

Una folata di vento violenta le scompigliò i capelli tanto da mandarglieli dentro gli occhi. Il suono dei passi di Niall era già scomparso e lei ora era sola: si sentivano solo i suoi piedi pestare le foglie violentemente dalla rabbia. Non badava nemmeno a dove camminava. Aveva freddo, era nervosa e aveva paura. Era forse una delle poche volte che ne aveva e si sentiva tremendamente debole. Non poteva tornare indietro e correre da Niall dopo neanche cinque minuti, avrebbe dimostrato a lui che aveva ragione e detestava darla vinta così facilmente. Però ne valeva davvero la pena rischiare così solo per orgoglio? Ne valeva davvero la pena lasciarsi andare così al suo destino senza nessuno che la potesse aiutare se era in pericolo? Sospirò. Per togliersi quella serie di domande dalla mente cominciò a correre. Correva, correva a perdifiato come non aveva mai fatto. Il vento le pungeva sempre di più il viso e la pioggia aveva cominciato ad essere sempre più insistente: era come se la stesse aiutando a lavare via tutti quei pensieri dalla mente,a liberarla. I muscoli delle gambe le bruciavano così tanto che non ce la faceva più. Non era mai stata un asso nello sport, era evidente, ma minuta com'era se l'era sempre cavata. In quel momento però la paura era troppa. Lottava contro se stessa per reggersi in piedi e andare avanti. Continuò imperterrita, fino a che non cadde a terra senza neanche accorgersene. Un improvviso dolore lancinante le colpì la caviglia. Si girò per notare cosa fosse stato: era inciampata su un pezzo di tronco, di nuovo. Provò ad alzarsi: con il massimo della positivià penso che fosse stato solo un crampo, ma inaspettatamente cadde di nuovo, stavolta lanciando un urlo acuto che riecheggiò tra gli alberi. Nonostante tutto Niall non l'avrebbe mai sentita: era troppo distante dal punto in cui si erano divisi. Urlò di nuovo, questa volta il suo nome. Il ragazzo da lontano sentiva qualcosa riecheggiare, ma non riusciva a distinguere la sua voce. Si fermò in mezzo alla strada e ripensò a Faith. Forse era lei che si era cacciata in qualche guaio? «Niall!» urlò nuovamente, cercando di alzare sempre di più la voce. «Faith?» rispose lui con lo stesso tono. La ragazza non sentì nulla, continuava ad urlare per cercare di farsi sentire. Non riusciva ad alzarsi, tantomeno a muovere un muscolo. Era spaventata. Se nessuno fosse venuto? Se fosse rimasta lì per il resto del tempo e Niall se ne sarebbe andato? Delle lacrime che furono subito spazzate via dalla pioggia, cominciarono a rigarle il viso. «Ti prego, Niall.» sussurrò lievemente tra sè e sè.
Niall lasciò tutto e cominciò a correre, come se in qualche modo l'avesse sentita. Se non era in pericolo, pazienza, vuol dire che avrebbe solo controllato come stava, se era in pericolo, tanto meglio da una parte: voleva dire che il suo istinto non gli faceva brutti scherzi. Il fatto che però non sentisse più quelle urla, lo preoccupava, e per lui era una sensazione strana. Erano forse anni che non si preoccupava più per qualcuno, non sapeva neanche cosa volesse dire il verbo 'preoccuparsi'. «Faith!» urlava, mentre correva. Forse davvero si stava cominciando ad affezionare e ciò non riusciva ad accettarlo. «Faith, ti prego, dove sei?!» La ragazza che ormai strisciava a terra, cercando di recuperare lo scatolone, si fermò di botto. Sentendo quella voce lontana, molto lontana, improvvisamente vide un barlume di speranza farsi strada verso di lei: che Niall se ne fosse accorto? «Niall!» urlò nuovamente. Il ragazzo corse più veloce di prima: non aveva mai corso così tanto per qualcuno, neanche per sè stesso. «Faith, urla, ti prego!» La voce era sempre più vicina, tanto che riuscì a distinguere le parole. Cominciò a strisciare verso la direzione del suono. «Sono qua, Niall!» Afferrò il tronco dove poco prima era inciampata e provò ad alzarsi. Fu tutto inutile, il dolore era troppo lancinante. Il ragazzo riuscì a sentirla più chiaramente e fu capace di riconoscere che strada prendere. «Sto arrivando, stai ferma lì!» «E chi si muove.» mormorò lei. Di certo poteva far tutto tranne che muoversi. 
Il cuore le batteva a mille: un pò per la paura, un pò per Niall. Non riusciva davvero a credere che lui si fosse preoccupato per lei. Era la prima volta che accadeva, non l'aveva mai visto -anzi, sentito- così. «Faith, dove sei?» Il suono delle foglie pestate cominciava ad avvicinarsi sempre di più. «Sono qua!» 
Il ragazzo scavalcò un piccolo fosso e intraprese il cammino, che lo portò da lei. La strada era piena di ostacoli e  da lì capì come era finita nei guai. Sempre la solita. «Dove diavolo sei nasc..» non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò la ragazza di fronte stesa a terra. Corse verso di lei e non appena arrivò le si precipitò accanto. «Chi era l'imbranato, eh?» sottolineò a quel punto. Faith ignorò totalmente quell'affermazione, non era neanche sicura di averla sentita bene. Si buttò tra le sue braccia e riprese a piangere. Tremava ancora dalla paura. Niall sentì un sussulto dentro di sè.A quel gesto, gli occhi gli diventarono lucidi: era da quando era morta sua zia che nessuno l'aveva mai abbracciato. Nessuno aveva mai osato avvicinarsi a lui in quel modo. Lentamente, come un bambino alle prime armi, la circondò con le braccia. Piano piano la strinse a sè. «Scusa Niall, scusa. Sono un'imbranata, lo so, ma..» disse tra i singhiozzi. «Shh, è tutto apposto.» sussurrò lui. «Ce la fai a camminare?» «No, credo di..essermi rotta una caviglia.» spiegò con voce flebile, mentre si asciugava le lacrime. Lui con una leggera morza allo stomaco sciolse l'abbraccio. Si alzò e la prese in braccio a mò di sacco, attento a non farle male. Esitando, le scostò i capelli bagnati dal viso e la osservò in silenzio. La ragazza lo guardò negli occhi, ancora lucidi. «Grazie.» sussurrò. Il biondo non rispose e abbassò lo sguardo. «Ti porto al riparo.» La strinse a sè e cominciò a camminare il più veloce possibile. Si sentiva in debito con lei, sentiva che doveva proteggerla, che in qualche modo avesse bisogno di lui. In quel momento esisteva solo Faith, nessun altro. Non Greg, non la sua cerchia, non la droga, non le rapine. Lei. Lei e le sue manie, lei e le sue stranezze, lei e il suo sorriso e la sua battuta pronta sempre a presso. Aveva sempre sottovalutato la sua presenza, l'aveva sempre data per scontata, perchè quando non c'era si sentiva tremendamente abbandonato dal mondo intero: ora che aveva temuto di perderla, era come se la sua mente avesse cambiato definitivamente direzione. Tutto era superfluo, qualsiasi cosa. C'era solo ed unicamente lei e i suoi occhi innocenti che lo guardavano e imploravano aiuto, i quali lui non aveva mai notato così bene. 
Una parte di sè, aveva paura. Aveva paura di avvicinarsi a quel sentimento così grande, l'amore, l'altra parte ne aveva tremendamente bisogno e lui non faceva che respingerla. Era così abituato all'odio, al disprezzo, che niente avrebbe potuto indirizzare il suo cuore a qualcos'altro. Era improvvisamente spaventato da sè stesso, da ciò che stava cominciando a provare. Forse neanche lui si era mai conosciuto fino in fondo. «Niall, se vuoi posso provare a camminare, davvero io..» «E' tutto okay, Faith. Non pesi nulla.» «Non ti dò sempre fastidio?» «E' l'abitudine.» disse facendo spallucce. La ragazza fece lo stesso e si strinse contro il suo petto. Chiuse gli occhi e si soffermò sul suo battito, leggermente irregolare. Dentro di sè sorrideva. Niall la guardò e fece lo stesso. «Hai sonno?» «No.. sto bene.» «Troveremo qualcosa prima o poi.» Guardò il cielo. Era coperto dai nuvoloni e da lampi: ormai era tardo pomeriggio e il buio piano piano stava calando sempre di più. Dovevano sbrigarsi. «Gli scatoloni.. li hai presi?» «Sto andando a prenderli.» «Ti ricordi la strada?» chiese lei sorpresa. «Più o meno. Ora però sta zitta e non cominciare a fare domande.» sottolineò l'ultima frase con un velo di scontrosità. Ecco che ritornava sempre il solito. Faith per non rovinare il momento si accoccolò in silenzio tra le sue braccia e rimase ad osservare la pioggia cadere su di sè. 
 
Non appena arrivò al punto in cui aveva lasciato le sue cose, dopo circa mezz'ora di camminata sotto la pioggia e con il vento freddo che gli pungeva il viso, senza neanche qualcosa che lo coprisse, si sedette a terra sotto una quercia, con la ragazza tra le braccia. Era da un bel pò che dormiva e non aveva intenzione neppure di svegliarsi a quanto pare. Le accarezzò una guancia, lievemente. Dio, com'era bella: si sentiva uno stupido, un emerito stupido. Se n'era reso conto solo ora. Come aveva fatto a non accorgersene mai? Era stato sempre così impegnato a respingere tutto e tutti, a litigare, a rovinarsi la vita, che mai aveva fatto caso a lei e la sua semplicità, così bella. Sospirò e poggiò la testa contro il tronco. Faith si mosse leggermente e si strinse di più a lui. Non voleva aprire gli occhi, era ancora assonnata, ma recepiva tutto ciò che le era attorno. «Niall?» biascicò. «Si?» «Dove siamo?» «Sotto una quercia.. perchè parli ad occhi chiusi?» «Ho sonno.» rispose lei con ovvietà. Si alzò un poco e si avvicinò di più al suo viso, poggiando la testa nel suo incavo tra la spalla e il collo. Niall strinse la presa e poggiò la guancia contro la sua, racchiudendola in un piccolo guscio come a proteggerla. Faith avvertì un brivido percorle la schiena a quel tocco. Era in Paradiso tra le sue braccia, avrebbe voluto non staccarsi mai. «Niall?» chiamò nuovamente. «Sì?» Aprì gli occhi lentamente. «Sapevo che tu eri questo tipo di ragazzo.» Lui sulle prime non rispose, anzi, si staccò leggermente da lei e abbassò lo sguardo. «Io non sono questo.» ribattè. «Sì che lo sei.. e non replicare.» «No Faith, tu non hai capito niente.» «Allora spiegami.» «Non ora.» disse freddamente. Poteva pur essersi un minimo calmato nei suoi confronti, ma l'odio verso certi atteggiamenti non era cambiato. «D'accordo, un giorno lo saprò.» mormorò facendo spallucce. Se era riuscita a far calmare le acque, sarebbe riuscita anche in quello. Allontanò le braccia del ragazzo dal suo corpo e lentamente si sollevò. La testa le pulsava dal dolore, era stanca. Non ce la faceva più. 
Si guardò intorno: pioveva ancora, il terreno era ricoperto di fango e sopra di loro per causa dei nuvoloni che si erano formati, dominava l'oscurità. Ogni tanto veniva spezzata da qualche lampo che fortunatamente ancora non aveva colpito nessun albero. Era quasi buio, perciò il tutto appariva  persino tremendamente lugubre. Se non fosse stato per Niall, a quell'ora sarebbe già morta dalla paura. «Faith, guarda laggiù.» disse il ragazzo, indicando il vuoto verso la loro destra. O perlomeno, per lei c'era il vuoto. In fondo era visibile un piccolo camper, almeno ciò sembrava visto da lì. Faith guardò Niall alzando un sopracciglio. «Ma non c'è nulla.» «Ma come no? Non vedi quella figura bianca?» Lei scrutò nuovamente. Era pazzo Niall o era lei che cominciava a perdere colpi? «Ma stai bene?» «Maledizione Faith, a volte mi domando veramente se tu sia ritardata.» L'attirò a sè e le indicò ciò che vedeva in lontananza.«Ora lo vedi?»  Lei strizzò leggermente gli occhi, poi mise a fuoco la figura. «Oh, si!» Niall battè le mani prendendola evidentemente in giro. «Alleluia!» La ragazza di tutta risposta fece una smorfia. «Allora muoviamoci, no?» «E se c'è qualcuno là dentro?» «Tanto meglio!» In effetti non aveva tutti i torti: magari avrebbero trovato il modo di tornare a casa se qualcuno li avrebbe aiutati. «Allora aspettami qua, vado lì con la roba da mangiare, vedo com'è e poi torno a prenderti.» Faith acconsentì, seppur con una leggera disapprovazione. Il ragazzo la poggiò da una parte, poi si alzò. Prese lo scatolone mezzo bagnato tra le braccia. «Niall, sta attento per favore.» «Non ho bisogno delle raccomandazioni, non preoccuparti.» «Certo, certo. Poi inciampi e muori.» Niall fece le corna con la mano libera. «Non portare sfiga, grazie.» «Beh, se non vuoi delle raccomandazioni, qualcosa devo pur dirti no?» «Sta. zitta.» scandì, lanciandole poi uno sguardo d'intesa. Faith fece spallucce. Lo osservò allontanarsi, tenendo d'occhio qualsiasi suo movimento, fino a che non entrò nel camper.
A dire il vero si sentiva tremendamente stupido a non aver portato la ragazza. Se poi le sarebbe successo qualcosa, sarebbe stata tutta colpa sua, e per giunta sarebbe rimasto solo. Sperando nel meglio, piano piano salì dentro, cercando di non far troppo rumore. Si aspettò qualcuno che sbucasse fuori magari puntandogli qualcosa contro o dandogli una botta in testa, ma in realtà non successe nulla, perlomeno sulle prime. «C'è qualcuno?» azzardò a domandare. Si addentrò all'interno, alla ricerca di un interruttore, cosa che a quanto pare per il momento non esisteva. Il tutto appariva piuttosto lugubre, specialmente visto al buio, ma d'altro canto cosa non lo era lì? «Ehilà, c'è qualcuno?» ripetè. Silenzio, di nuovo. Conoscendo i giri che frequentava lui, qualcuno poteva essersi benissimo nascosto sentendolo avvicinare e probabilmente stava preparando qualche attacco a sua insaputa. Poggiò lo scatolone per terra con un gesto veloce per non dare tempo a qualsiasi persona là dentro di attaccarlo e si guardò intorno nuovamente, come aveva fatto fin da quando era entrato in quella roulotte malridotta. «Avanti, se ci sei esci fuori, non ho paura.» disse in tono provocatorio. In fondo c'erano due stanze, presunse: una per il bagno e una per la camera da letto. Se era solo una, sperava di presupporre male. Non ci teneva affatto a passare la nottata a dormire con Faith, piuttosto avrebbe preferito dormire sul divano. Anche se da quel che aveva visto di sfuggita non era proprio un granchè: saresti affondato non appena ti saresti seduto. Aprì una delle porte, quella più vicina. Come aveva pensato, era il bagno. Almeno lì c'era un interruttore. Accese la luce. Sulle prime, gli venne un conato di vomito. Era schifosamente sporco, c'era una puzza di acqua ristagnata terribile. Con una smorfia richiuse la porta: voleva evitare di entrare in quella specie di porcile. Ma a dire il vero, tutto era un porcile lì. Era senza ombra di dubbio da rimettere a posto. Aprì la seconda porta. Stavolta fece un respiro profondo. Dopo quello scempio cosa doveva aspettarsi? 
Rimase pietrificato. Una stanza da letto. Un letto matrimoniale. Fantastico. «Maledizione, questo è un incubo.» mormorò. L'unica cosa positiva era che fosse pulita. Le lenzuola erano un pò sporche di polvere, ma non c'era un odoraccio come nel bagno. 
Lui continuava a optare per il divano.
Richiuse anche quella stanza e si guardò intorno un'ultima volta, scrutando il tutto. C'era una finestra, che tanto finestra poi non era per quanto era sporca, delle tendine, un mini frigorifero, che non osò aprire, un piccolo divano, un lavandino e una credenza. Pareti e pavimento erano in legno, ormai rovinato probabilmente dal tempo. Scricchiolava in modo odioso ogni volta che si faceva qualche passo. Così se di notte sarebbe voluto fuggire da Faith, non avrebbe potuto. Meraviglioso.
 
 
Faith? Faith ci sei? cContinuava a sussurrare il ragazzo, dandole dei buffetti sulle guance per svegliarla. Erano ormai dieci minuti che era sdraiato vicino a lei e la osservava dormire: si ostinava a non aprire gli occhi, il che lo preoccupava. Aveva davvero il sonno così pesante quella ragazza? Ma cos'era, un antenato di un ghiro? Era stata una giornata piuttosto pesante, ma ora poteva anche alzarsi. Non era lei quella con grinta da vendere che non si stancava mai? «Faith?» chiamò nuovamente. Nessuna risposta.
Chissà se soffriva il solletico, pensò. Sorridendo maliziosamente cominciò a solleticarle la pancia, per poi provare in giro qua e là per il suo corpo. Non appena arrivò al collo, la ragazza si mosse violentemente, spostandosi dall'altra parte. Niall abbozzò una risata e continuò. «Ma và un pò vià.» biascicò lei stranita, scansandogli le mani. «Non me ne andrò finchè non ti alzi.» «Ti dò fastidio per caso? Sto dormendo, non ti faccio domande.. perciò che rompi?» «Vedi? Ne hai già fatte troppe.» «Appunto. Se mi fai dormire ti lascio in pace, mi sembra un buon p..» non riuscì a finire la frase che biascicando sempre di più ricadde in dormiveglia. «Non hai neanche visto il camper.» disse lui, dandole una leggera spinta.«Pazienza..» sussurrò. Si voltò nuovamente verso Niall, senza neanche accorgersene. Lentamente si avvicinò al suo petto e ci poggiò la testa. «Il tuo cuscino sta lì, non sono io.» 
Non rispose, si era addormentata di nuovo. Niall sospirò. Quanta pazienza.



 
myspace.
punciorno a tutti. o puonasera, o punpomericcio, come vi pare. ouo
anche questo capitolo finalmente è fatto. ci ho messo un pò, devo dirlo, però ce l'ho fatta lol
ho qualche idea per il prossimo ed è abbastanza figa, però mi serve qualcosa da aggiungere e..boh, non so cosa.
in questo capitolo faith mi rispecchia tanto.. ha sempre sonno. io ho sempre sonno. siamo perfette insieme. (?)
mentre scrivevo devo confessarvi che ho pianto, quando si abbracciavano. 
so di non essere normale, lo so. lol
però erano così dolci. cc
spero che vi sia piaciuto, non so che dirvi. ouo
alla prossima, e recensite fjkgn. zau.

p.s. leggo sempre le vostre recensioni e mi fanno tanto piacere, grazie mille davvero ♥

 

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Capitolo 5
*** V ***





 
«Amare significa avere a cuore la felicità dell'altro più della propria.»
 
 
«Prendetelo.» ordinò uno dei quattro, indicando con un cenno della testa l'uomo dentro il camper. Le luci erano accese e potevano intravedere ogni minima mossa. Erano tutti posti in zone diverse con una pistola in mano, in modo da circondarlo e non dargli via d'uscita. Due della cerchia senza neanche preoccuparsi di non fare rumore, si avvicinarono con violenza e spalancarono la porta. Si udì un tonfo, come di qualcosa appena rotto. Puntarono le pistole: tempo pochi secondi e sarebbe stato ridotto in polvere. L'uomo senza esitare minimamente tentò di scappare: chiedere spiegazioni? Roba da film. L'avrebbero ucciso ancora più facilmente. Peccato che anche quella mossa fu chiaramente superflua. Ricevette tre colpi: due dai ragazzi dentro e uno dal capo della cerchia, fuori. Cadde con un suono sordo a terra, con la faccia sul fango. 
Il piano era riuscito a meraviglia, con una velocità che neanche loro si aspettavano. Prima di concludere il tutto, si infilarono le pistole in tasca e trasportarono il cadavere dietro il camper. Lì, finirono il loro lavoro. «Credo che il grande Niall ora abbasserà la cresta.» disse uno di loro, sogghignando e lanciando un ultimo sparo. «Datemi carta e penna, ora.»
 
 
Plic, plic, plic.
Strizzò gli occhi, infastidita, e affondò la testa nel petto del ragazzo. Si mosse leggermente anche quest'ultimo. Aveva passato tutta la notte fra le sue braccia, e forse solo grazie a ciò era riuscita a chiudere occhio. In un qualche modo la faceva sentire al sicuro. Se solo si fosse trovata da sola sarebbe stata tutto il tempo con un bastone in mano dietro la porta, pronta a colpire chiunque si fosse avvicinato o scattare in allerta appena avesse sentito un rumore, quindi diciamo che Niall oltretutto aveva salvato anche la sua incolumità. Odiava ammetterlo, perchè sapeva benissimo cavarsela anche da sola, ma  non poteva negarlo.
Questione di pochi secondi, che scesero altre gocce. Faith sbuffò e si mise una mano sui capelli, mezzi bagnati e crespi per via dell'umidità, come a coprirli. Non servì a nulla. Altre gocce le caddero sulla mano. A quanto pare, l'ora della pacchia era finita. Poggiò una mano violentemente sul cuscino e si alzò, mettendosi in ginocchio in mezzo al letto. Guardò in alto: il soffitto in legno era tutto bagnato. Come diavolo aveva fatto la pioggia ad arrivare fino a lì? Un'altra goccia cadde. Grugnendo afferrò le coperte e se le mise in testa. Niall mugugnava nel frattempo, infastidito, eppure non si svegliava. Sotto quel punto di vista non erano affatto diversi. Con un braccio lo vide tastare la parte in cui stava dormendo lei poco fa, poi lo sentì sobbalzare. Probabilmente l'aveva vista.  «Ma che cazzo è?!» urlò, quasi spaventato. Faith scostò leggermente il lenzuolo e lo fissò  inarcando un sopracciglio. «Ma.. ma che fai? Mi hai fatto prendere un colpo, Cristo.» disse stizzito, passandosi una mano tra i capelli e sospirando. Oltre al fatto che non l'aveva sentita accanto a sè, aveva trovato persino le coperte rialzate da un essere ignoto davanti ai suoi occhi, appena sveglio. Era stato a dir poco traumatico. «Si può sapere cosa diavolo sono queste gocce che scendono continuamente?» domandò di seguito sempre con lo stesso tono di voce. Faith indicò il soffitto e Niall di tutta risposta alzò gli occhi. «Ma come diavolo..?» «Non lo so.» Caddero altre gocce. Niall esasperato prese le coperte e si mise sotto con la ragazza, che scoppiò a ridere. «Allora vedi che non sono pazza solo io?» «Io non sono pazzo, mi ci hai fatto diventare.» borbottò freddamente. «E ammettilo, ti ho fatto anche diventare più dolce.» sussurrò lei con tono da presa in giro, afferrandogli il naso. Il ragazzo le tolse la mano e fece una smorfia. «L'aggettivo "dolce" non fa per me, credo che tu lo abbia già capito da tempo.» «..Io invece credo che faccia per te, più di qualsiasi altro aggettivo esistente al mondo.» disse, costringendolo a guardarla negli occhi. Tante volte gli sembrava una di quelle paladine della giustizia che volevano portare pace e felicità ovunque, persino dove non dovevano, e ciò gli dava tremendamente fastidio da una parte. Lui non voleva essere cambiato: lui era Niall Horan, il membro di una delle cerchie più terrificanti di Bradford, il ragazzo dagli occhi color ghiaccio capace di pietrificarti con un solo sguardo, quello che rubava, uccideva, finiva in galera e poi ricominciava tutto da capo. Lui non era un fottuto ragazzo dolce, e se lo era, non voleva tirare fuori quell'insulsa parte di sè che aveva cominciato a far notare il giorno prima. I sentimenti per Faith non avrebbero mai dovuto cambiare nulla, mai. Non poteva permetterselo. «Ti ripeto che non lo sono.» «Ti sei svegliato con il piede storto?» «Tu che dici?» ribattè sarcasticamente. «Già, sempre colpa mia, vero?.» Lui sospirò. «Non è colpa tua, sono queste fottute gocce.» Negazione. Strinse i pugni. Non riusciva a trattenersi, non riusciva più ad essere cattivo con lei, perlomeno non come prima. Che diavolo gli succedeva? «No, Niall, hai ragione. Starò più attenta a non provocarti. Voglio tutto tranne che tu diventi di nuovo come prima. Fino a ieri si conviveva, ora stai ritornando il solito per causa mia, quindi vedrò di starti lontano il più possibile.» mormorò, togliendosi le coperte da dosso. Niall la osservò scendere dal letto zoppicando leggermente, la imitò per poi rimanere seduto lì a osservarla. Non sapeva davvero che fare: se dare retta al suo istinto e seguirla o se rimanere sulle sue. Come solito, scelse la seconda, ma non appena la ragazza fu fuori dalla stanza, se ne pentì amaramente.  Maledetto idiota. Si voltò verso la sua mano, la fissò per qualche istante, per schiaffarsela infine su una guancia, con violenza. Odiava se stesso con tutta l'anima, specialmente in quei momenti. Non aveva mai avuto una relazione seria con una ragazza, di solito le usava tutte per una botta e via, pescandole da locali che frequentava solitamente: ci passava una notte, poi le lasciava lì senza neanche preoccuparsene. A nessuna di esse aveva mai chiesto il nome, a meno che non glielo dicessero loro. Le trattava come delle stupide bambole usa e getta, ma a lui non importava. Avrebbe fatto volentieri lo stesso con Faith, peccato che per lei provasse qualcosa, qualcosa di molto forte che neanche lui riusciva a decifrare: era così grande da spaventarlo, ma ciò che lo spaventava più di tutto era il fatto di essersene reso conto tutto d'un tratto e questo non gli aveva dato tempo di assimilare. Non sapeva cos'era l'amore, cosa significasse sentirsi battere il cuore all'impazzata appena la vedeva o gli si avvicinava. Lui magari pensava di avere qualche problema di cardiopatia, ma niente gli avrebbe portato a pensare che si fosse potuto innamorare, e questo lo faceva sentire uno stupido, perchè semplicemente non riusciva a capire se stesso. Come poteva pretendere di capire e proteggere Faith se non riusciva nemmeno a comprendere come doveva comportarsi? Stupido essere inutile. Fece una smorfia, probabilmente l'ennesima in quei venti minuti da quando si era svegliato, e si alzò dal letto. Sebbene sapeva non fosse il momento adatto per nessuno dei due, si diresse fuori dalla stanza, raggiungendo Faith. Stava tirando fuori le cose dallo scatolone e le stava sistemando nelle credenze. Chiuse la porta, per farsi sentire. «Devo aiutarti?» domandò. «Ho finito.» rispose, scuotendo la testa e riponendo due bottigliette d'acqua vicino al lavello. Lui si avvicinò lo stesso, prese gli ultimi due snacks da dentro lo scatolone e poi lo buttò da una parte. Faith glieli prese dalle mani e li sistemò. «Grazie..hai fame?» chiese. «Beh, sì.» Lei annuì e prese della roba da mangiare, per poi poggiarla sul tavolo. Niall si sedette, mentre la ragazza rimase in piedi. Versò del latte e dei cereali dentro una ciotola e cominciò a girarli, assorta tra sè e sè. Lui la osservava senza aprir bocca. Di nuovo si trovava in bilico tra la sua parte che voleva chiedere scusa e l'altra che gli diceva di non farlo.  In fondo lì nessuno li avrebbe visti, era una cosa tra lui e lei, perchè si preoccupava tanto della sua stupida dignità?Fece un sospiro.  «Non mang..» «Senti Faith, mi dispiace.» disse tutto d'un fiato, interrompendola. 
La ragazza sulle prime rimase con il boccone a bocca aperta, sconcertata. Aveva detto davvero "mi dispiace"? Aveva davvero sentito bene? Niall Horan che chiede scusa? «Magari riprendi a masticare.» mormorò lui, indicando. Faith a quelle parole si riprese e si pulì la bocca. «I-io..» «Ti ho semplicemente detto mi dispiace, non ti ho fatto una confessione e tantomeno chiesto di sposarti.» Ovviamente tutte cose che non voleva fare, no. «Ma..è la prima volta che ti sento chiedere scusa.» «Si, e sarà l'ultima. Accetti le mie scuse sì o no?» «..Sì, cer..» «Perfetto.» concluse, senza neanche darle tempo di finire la frase. «..Sei veramente strano.» borbottò. «Me l'hanno detto in molti.» Faith lo guardò qualche istante. Un istante in cui dal suo sguardo riuscì a capire cosa provava e il dolore nascosto in quelle parole. «..Ti và di parlare?» azzardò a chiedere. «No, anzi..» si alzò. «Mi è passata anche la fame.» «Ora che ho fatto?» domandò lei quasi sibilando dallo stupore di quel gesto. «Non hai fatto niente, sono io che ho fatto troppo.» Gettò la sua colazione sul tavolo con violenza e tornò in stanza, sbattendosi la porta dietro le spalle. Sarebbe stato così semplice lasciarsi andare, se solo non avesse avuto un certo tenore di vita da mantenere. Ogni volta che se la trovava di fronte aveva un'irrefrenabile voglia di dirle tutto, di sfogarsi, di dirle che in realtà lui non la odiava, ma la amava più che mai, eppure non poteva. Non poteva per mille motivi, ma il principale era perchè l'avrebbe messa in pericolo e non poteva rischiare di perdere un'altra persona alla quale teneva. Lei aveva il diritto di vivere una vita serena, una vita felice, una vita piena di amore, tutto ciò che lui non avrebbe mai potuto dargli.
 
Faith continuava a pestare quelle foglie insistentemente con tutta la rabbia possibile, con la gamba ancora sana. Non capiva davvero dove avesse sbagliato con quel ragazzo. Da quando l'aveva conosciuto aveva sempre cercato di essere docile, generosa, si era sempre presa cura di lui, aveva persino  cercato di provocarlo qualche volta per cacciargli delle parole di bocca, e fino a quel momento aveva davvero pensato di essere giunta ad un cambiamento, ma si era illusa. Era ritornato quello di prima, il solito Niall freddo, scostante e acido. Come doveva comportarsi per farlo cambiare? Che doveva fare? Le aveva davvero provate tutte. Non era una strizzacervelli o altro e non poteva capire come funzionavano certe cose, ma poteva comprendere come si sentiva. Poteva comprendere il suo dolore, perchè sapeva che quel ragazzo non era felice, lo notava dal suo sguardo.  Lo sguardo che ogni mattina lei vedeva nei propri occhi. Vederlo riflesso nei suoi era come una pugnalata, ma forse quest'ultima sarebbe stata più indolore. Ogni giorno si poneva sempre la stessa domanda: perchè si doveva soffrire così tanto? Perchè la vita era stata così ingiusta con loro due? Talvolta pensava davvero che fosse stato il destino che in qualche modo li avesse indirizzati sulla stessa strada per farli incontrare, ma altre volte ci rifletteva meglio e giungeva alla conclusione che tanto a Niall importava poco e nulla, o perlomeno era quello che voleva far notare. Il punto era che Faith non poteva sempre arrivare ad intuito per capirlo, voleva dei fatti, delle parole. Voleva che lui dopo un anno insieme sapesse dimostrare che un cambiamento c'era stato. Non poteva trattarla con le mani d'oro il giorno prima e poi scansarla il mattino successivo. 
Tirò un calcio con ancora più rabbia ad un ramo a terra, che andò a sbattere contro una parete del camper. Niall udì la botta da dentro. Si avvicinò alla finestra e scostò leggermente la tenda. Faith era di fuori che tirava calci a qualsiasi cosa incontrasse. Sembrava frustata, arrabbiata. Dai suoi gesti quasi faceva trapelare che ce l'avesse con se stessa. Per lui ormai erano familiari quei comportamenti, non erano affatto una sorpresa: le volte che aveva fatto a mille pezzi tutto nella sua stanza erano innumerabili, per non parlare di quando prendeva a cazzotti Greg appena sentiva una parola sbagliata uscire dalla sua bocca, semplicemente per lo sfizio di sfogarsi su qualcuno. 
La ragazza sussurrò qualcosa tra sè e sè e poi si avvicinò al retro della roulotte, a braccia conserte. Non fece in tempo a chiudere la tenda e allontanarsi che udì un urlo. Senza neppure esitare si precipitò subito fuori dalla stanza e come un razzo corse di fuori. Se li avessero trovati? Se si fosse cacciata di nuovo nei guai? Ormai ogni minima mossa poteva farla finire in mani sbagliate. Corse più veloce. Svoltò l'angolo fino a che non fu costretto a frenare su se stesso: a terra c'era qualcosa, o meglio qualcuno. Cominciò a sudare freddo dallo spavento, poi si accorse di un uomo. Un uomo squartato. Si appoggiò da una parte facendo una smorfia di disgusto. Si sentiva quasi mancare. Aveva visto certe cose abbastanza volte per non scandalizzarsi troppo, ma ovviamente non era una cosa da tutti i giorni. Vedere un cadavere ridotto in quelle condizioni faceva sempre un certo effetto. Sopra di esso era poggiato un biglietto, scritto in una calligrafia familiare. Si avvicinò leggermente per poterlo decifrare. "Ti aspettiamo per darti il bentornato" Rabbrividì. Avrebbe dovuto immaginarlo.
Il gps.
Guardò la ragazza che era a terra sotto ad una quercia in preda a dei conati di vomito. Le si avvicinò.  «Faith?» chiamò, toccandole una spalla. «Portalo via di lì.» disse quasi a stento. «Prima porto via te.» Doveva portarla al sicuro da lì, il più presto possibile. La prese in braccio e con premura ma allo stesso tempo con il terrore addosso la trasportò nella loro stanza, dentro il camper. La poggiò sul letto. «Ora calmati, vado a prepararti qualcosa di caldo.» sussurrò, rimboccandole le coperte. «No, tu non vai da nessuna parte. Non sono malata.» borbottò passandosi una mano sulla fronte. Lui la ignorò e in fretta e furia si diresse alla porta della roulotte per chiuderla a chiave. Non sarebbe servito a nulla, ma perlomeno se avessero dovuto sfondare la porta, avrebbe avuto il tempo di preparsi per difendersi. Sperava che in quell'affare decrepito almeno ci fosse una stupida pistola. Eppure non ci contava poi tanto. Si guardò intorno poi afferrò il cellulare dalla tasca. Perchè non ci aveva pensato prima? Perchè non l'aveva distrutto lo stesso giorno che erano arrivati lì? Maledizione. Lo buttò a terra e ci pistò sopra con violenza. Era l'unico modo per togliersi dai piedi quelle sottospecie di sanguisughe. Non l'avrebbero mai lasciato in pace, mai. Continuò finchè non lo vide in mille pezzi. Di certo non gli faceva piacere, dopo tutti i soldi che ci aveva speso sopra, ma valeva di più la vita di Faith che quella di uno stupido cellulare, se si voleva considerare un paragone accettabile. Non appena ebbe finito il lavoro raccolse gli ormai resti di quel che era stato un telefono e li gettò dalla finestra tutti assieme, come se finalmente si fosse tolto di dosso qualcosa che doveva sparire al più presto. 
 
Ti servirà, se troverai qualsiasi modo di disimpostarlo, sei morto Horan.
 
Sospirò e richiuse tutto velocemente. «Niall..» sentìva chiamare dalla loro stanza, con voce quasi morente. Non era lei la tipa coraggiosa? Si precipitò da lei come se niente fosse. Accostò la porta dietro le sue spalle. «Che succede?» «Devo farti la stessa domanda veramente.» Ma guarda caso. Il biondo alzò gli occhi al cielo e si morse il labbro inferiore. E ora che gli avrebbe raccontato per nascondergli la verità? Non poteva dirle tutto, sarebbe stato costretto a spiegarle anche il perchè di quel gps e lei non doveva saperlo. Ma soprattutto non doveva sapere che li avevano trovati. «Nulla.. è.. beh..» cominciò a balbettare. Stavolta non aveva davvero scusanti valide. «Niall, non provare a mentirmi, conosco quello sguardo. Che succede?» «Nulla, davvero Faith, non lo so neanch'io. Perchè me lo chiedi?» «Cos'erano quelle botte?» «..Beh, il mio cellulare.» «E che diavolo gli hai fatto?» «L'ho rotto. Non valeva niente.» disse con nonchalance, facendo spallucce. Stava cercando di apparire il più normale possibile anche se gli rimaneva piuttosto difficile. Faith scrutava qualsiasi sua mossa, qualsiasi suo sguardo sospetto. «Si, certo. Il ragazzo che sta attaccato al cellulare dalla mattina alla sera che di punto in bianco lo butta a terra e lo fa a pezzi. Sapevo che non eri del tutto normale, ma non immaginavo fino a questo punto.» «Capita.» fece spallucce di nuovo. La ragazza prese un cuscino e glielo tirò addosso. «Piantala di fare spallucce o ti salto addosso.» «Devo prenderla come una cosa positiva?» «Non direi.» L'altro accennò una risata. 
 
10: oo p.m.
 
Era ormai mezz'ora che fissava le fiamme ardere di fronte a sè, con lo sguardo perso nel vuoto. Aveva le guance surriscaldate, eppure era come se non si fosse accorto di nulla. Ogni tanto si girava verso il camper e lo guardava con aria sospetta ma allo stesso tempo con la paura che qualcuno fosse potuto sbucare fuori armato. Ne erano capaci, e lui non aveva nulla per difendersi, nulla se non quelle fiamme, nelle quali ci si sarebbe buttato spontaneamente pur di toglierseli dai piedi. Però c'era Faith che aveva bisogno di lui e non avrebbe mai potuto lasciarla sola. 
Per quanto le potesse stare antipatica a volte, era diventata la ragione di tutte le azioni che compiva ogni giorno. Voleva marinare la scuola? No, ci andava perchè c'era lei e doveva proteggerla. Voleva andarsi a fare due canne?  No, la doveva vedere quasi sempre per le ripetizioni e se solo avesse avuto un momento di svalvolo chissà che le avrebbe combinato. Voleva farsi del male? Uccidersi? No, non poteva, lui faceva parte di lei e se solo avesse azzardato a togliersi la vita, Faith avrebbe perso sè stessa. Lui lo sapeva, lui l'aveva sempre saputo, e non avrebbe mai voluto farla innamorare. Ci aveva provato, ci aveva riprovato eppure niente era servito. Lei tornava di nuovo con il suo amore che ardeva più che mai. Non aveva mai conosciuto ragazze simili. Per tutte, quando era "no", era un no categorico e se la filavano, con Faith invece dirle di no sembrava invitarla a combattere. E combatteva, con tutte le forze disponibili. Spesso credeva davvero che averla incontrata fosse stato un bene, ma dall'altra una maledizione. Una bellissima maledizione. Lei l'aveva spinto ad amare, a cambiare, a essere ciò che non voleva più essere, ma ciò che infondo aveva sempre voluto davvero. L'aveva spinto ad innamorarsi, e innamorarsi per lui equivaleva cacciarsi nella peggiore delle trappole che avesse mai potuto sfuggire, ma ormai c'era troppo dentro, non avrebbe più potuto uscirne. 
Un rumore di foglie calpestate si avvicinò sempre più lentamente verso di lui, da dietro. Il ragazzo si voltò. Una figura minuta si avvicinava in controluce del fuoco: Faith. «Ehi, che fine avevi fatto?» «Sono andata a chiamare Kyle, e finalmente sono riuscita a trovare qualche tacca di linea per parlarci.» disse accennando un sorriso. Leggermente infreddolita si andò a sedere vicino a lui, tirandosi giù le maniche della maglietta fino alle mani. «Ha detto che verrà a cercarci, insieme alla polizia, così prenderanno anche il cadavere.» «Oh, gli hai detto del cadavere?» Lei annuì. Fantastico, ora poteva definirsi nella merda senza strani giri di parole. «Grazie tante.» sputò con acidità. «Di cosa, scusa?» «Ma ti rendi conto di quello che fai? Potrei finire in carcere, vuoi capirlo? Se dovessero essere tor..» Forse aveva detto troppo. «..Beh, lascia stare. Tanto ci sono abituato.» disse grugnendo tra sè e sè. Faith si avvicinò di più a lui. «Niall, che sta succedendo?» domandò, insospettita. «Niente, non cominciare a fare domande.» «Vorrei sapere cosa succede, perchè se permetti ci sono di mezzo anch'io.» «A volte mi chiedo se tu sia ritardata o cosa, Faith. Secondo te perchè non te lo dico? Perchè è troppo divertente per una sfigata come te?» Faith gli prese le mani e ignorò le sue parole. «Io non ho paura, Niall. Non se ci sei tu. Dimmelo.»  «E se io non ci fossi? Se in un momento qualsiasi potresti finire nei guai?» «Non succederà, perchè se saremo sempre insieme ce la caveremo.» «Non ci sarò sempre, Faith.» «Parli come se stessi per morire, ma non è così. Dovremo essere uniti in qualsiasi momento della giornata. Troveremo un modo di tenerci in contatto, avremo tempo di pensarci, ma ora parla. Cosa hanno combinato?» Lui sospirò. «Faith, ci sono così tante cose che devi sapere e non sai.» disse mentre abbassava il viso. Sciolse la presa della ragazza. «Ho tempo.» I suoi occhi erano desiderosi di sapere come non mai. Erano anni che aspettava che parlasse e vedere che finalmente stava riuscendo a farlo aprire era una conquista. Un'enorme conquista. «Sei sicura di voler sapere tutto? Non sono cose da niente, avrai paura anche a starmi vicino.» Infondo era quello che aveva sempre voluto lui, no? «No, te lo prometto. Non lo dico così per dire, dico sul serio, Niall. Potesse cadermi un fulmine sulla testa, io te lo prometto. Sono qua per aiutarti da sempre e continuerò ad esserci.» Niall la guardò negli occhi, così in fondo che riuscì a intravedere quel velo di sincerità così profondo che c'era nelle sue parole. Sapeva che poteva fidarsi, lo aveva sempre saputo, ma la paura di perderla era tanta. Nonostante tutto la prese per mano e la fece alzare, portandola sull'erba. Si sdraiò e le fece segno di fare lo stesso. «Perchè ci siamo messi qui?» sussurrò la ragazza, poggiando la testa sul suo petto. «Perchè devo farti vedere una cosa..» Le circondò le spalle con un braccio, mentre l'altro l'alzò verso il cielo. 
 
«Niall, la vedi quella stella?» «Quale stella?» domandò il piccolo. Lei si voltò, le prese il braccio con delicatezza e lo alzò verso la stella più luminosa nel cielo. «Quella stella.» Niall dopo qualche breve istante la individuò, ma era ancora un pò confuso. «Cos'è?» sussurrò. «E' la mamma. La mamma che ci guarda da lassù.» 
 
«La vedi quella stella?» Indicò un puntino tra milioni, il più luminoso. «Ce ne sono molte..» «La più luminosa, guarda.» «Oh, sì.. Cosa sarebbe?»  Lui deglutì, poi accennò un debole sorriso pieno di malinconia. «Quella è..è mia madre.» l'ultima parola venne quasi sussurrata. Faith si mise una mano sulla bocca, ma non osò alzare il viso. «Cosa vuol dire che è tua madre?» In realtà l'aveva capito, ma solo in quel momento, e si sentiva una stupida. Le aveva sempre dato tutti i modi possibili per farglielo capire, ma lei era stata così ottusa da non arrivarci.
 
«Chi verrà a pagarti la cauzione?» «Nessuno, chi vuoi che venga?» «Non so, tua madre forse?» «Sì, mia madre. Proprio lei.. Non sai un cazzo, sta zitta.»
 
Come aveva fatto a non accorgersene prima? Come? 
Niall fece un profondo sospiro prima di cominciare a parlare. Erano anni che non prendeva quell'argomento e al solo pensiero di ripercorrere certi ricordi, si sentiva peggio che mai. «Mia madre morì quattordici anni fa.. Era il giorno del mio compleanno, il mio quinto compleanno. Il 13 settembre del 1999. Ricordo pochissimi particolari di quel giorno, so solo che mia zia non ci vedeva più dalla disperazione e mi portò il più presto possibile via di lì. Lasciai tutti i miei amici, la mia scuola, la mia casa, le mie cose, per trasferirmi qua a Bradford. Anni dopo venni a sapere cosa era successo.» Faith si strinse di più contro il suo petto, fissando il buio della foresta di fronte a loro. Aveva iniziato a raccontare da appena pochi secondi e già aveva gli occhi lucidi. «..I miei avevano avuto un incidente. Si erano scontrati contro un camion che..li aveva travolti. Quel giorno piansi, piansi così tanto che non dovetti più farlo fino ad oggi, avevo esaurito tutte le lacrime a disposizione. Tutto quel tempo avevo vissuto con mia zia, con i miei cugini, ma poi ognuno di loro mi abbandonò, partendo dalla zia. Lei morì di tumore.. al..al cervello.» balbettò, facendo un altro profondo respiro. Stava trattenendo le lacrime con tutte le sue forze. «E fu probabilmente da quel momento che divenni un'altra persona, un altro me. Uno che non riconoscevo neanch'io quando mi guardavo allo specchio, neanche tutt'ora. Ero solo, completamente solo. A scuola ero preso di mira dai bulli, ero l'orfano senza madre e senza padre. Tutto il quartiere ne era a conoscenza e nessuno si risparmiava mai di rinfacciarmelo. Non ho mai avuto una vera  e propria fidanzata.. sai, le prime cotte adolescenziali. Beh, io non so neanche cosa sono. Mi schifavano tutte, mi scansavano.» Faith lo interruppe, sentendosi chiamata in causa. «Ma io..» Niall sorrise debolmente riprendendo a parlare. Aveva capito cosa voleva dire, ma stava aspettando il momento giusto per parlare di lei. «C'era con me solo mio fratello Greg, lui era più grande, ma pensava solo a drogarsi e bere. Bere fino allo sfinimento. Eppure io lo vedevo così felice, spensierato, senza problemi. Volevo una vita come la sua, volevo vivere e pensai che forse condurre il suo stesso tipo di vita mi avrebbe portato finalmente alla felicità. Così cominciai a seguirlo, a fare ciò che faceva lui. Partii dalle prime sigarette, dai primi alchool, fino a finire alla prima canna, e mano a mano sempre peggio. Divenni più scontroso, più chiuso, cambiai completamente abbigliamento. Fino a che non conobbi una cerchia di ragazzi. Non so come ma sentivo che loro mi avrebbero accolto, mi avrebbero dato una seconda casa, e così fu. Loro erano una cerchia di malviventi, come me più o meno. Conducevano rapine di qualsiasi tipo, uccidevano per rubare persino, si erano fatti tutte le prostitute della città quasi e conoscevano i migliori spacciatori di droga. Spesso facevamo dei viaggi chilometrici solo per questi ultimi che ci offrivano la roba migliore del mondo.. e beh, dovresti provare per credere.» Faith si era fatta seria, ma allo stesso tempo aveva gli occhi che le bruciavano. Di lì a poco sarebbe scoppiata a piangere. Solo ora capiva quanto veramente soffrisse quel ragazzo: tutto ciò che aveva immaginato, che aveva visto in lui, era solo una parte del tutto. «Pian piano divenni dipendente, lo sono tutt'ora. Nessuno mi volle mai aiutare, figuriamoci mio fratello. Così continuai questa vita. Una misera, schifosa vita, nella quale finii in carcere cinque o sei volte. Una volta mi avevano beccato con una prostituta, l'altra a spacciare, l'altra ancora avevo ucciso un impiegato di una banca. Ma nonostante tutto sono riuscito ad uscire e se ti preoccupa non sono ricercato.» Ci fu qualche istante di silenzio, poi riprese. «Mi sono sempre fatto del male, ho sempre odiato me stesso. Quei graffi che mi hai curato me li sono fatti da solo, con le mie mani. Mi mettevo di fronte allo specchio, ci sputavo contro, poi cominciavo ad insultarmi, a tirarmi roba addosso con tutta la violenza possibile, e provavo compassione, sai? Mi facevo pena, me la faccio tutt'ora.» Faith affondò il viso nella sua maglia, mentre le sue lacrime avevano finalmente cominciato a rigarle il viso a quelle parole. Niall le accarezzò i capelli dolcemente, con un tocco così lieve che sembrava avesse paura di romperla. «..Poi sei arrivata tu. La ragazza dalle mille domande, dalle mille risorse, quella che sa sempre cosa dire e con il sorriso sempre stampato sul viso. Quella che illuminava le mie giornate e che continua a farlo.» Le alzò il viso con l'indice, con delicatezza, per constringerla a guardarlo negli occhi. «Tu non sai quanto meravigliosa sei, Faith. Tu..tu mi hai insegnato cosa vuol dire amare, tu mi hai fatto accorgere che io ho ancora un cuore che batte, delle labbra per ridere, degli occhi per vedere oltre l'apparenza. Quel giorno che ti sei fatta male temevo di averti persa del tutto. Temevo che non ti avrei più rivista, e quando ti ho trovato e eri tra le mie braccia io ho sentito di aver ritrovato la mia metà, la parte più importante di me stesso, quella che mi completa. Sentivo che tutto quel tempo ero stato un idiota, che avevo sempre sottovalutato te e la tua presenza, sentivo cosa provavi tu, sentivo il tuo cuore battere contro il mio petto. Sentivo che tu eri mia. Mia e di nessun altro, e che a me sarebbe spettato d'ora in poi il compito di proteggerti.» Faith si avvicinò al suo viso e gli gettò le braccia al collo, con il viso rigato dalle lacrime come non mai. Non era solo la sua storia, l'aver scoperto finalmente chi era, ma a ciò si erano aggiunte anche le sue bellissime parole, i suoi sentimenti, l'aver scoperto dopo tanto ciò che realmente provava nei suoi confronti. Sentimenti che mai avrebbe immaginato, per nulla al mondo. Per una volta nella sua vita si stava sentendo importante per qualcuno, come una principessa, una principessa appena incoronata e lui aveva appena incoronato il suo cuore, i suoi sentimenti, il suo sogno di sempre. «Niall..» disse a stento tra i singhiozzi. «Shhh, non devi parlare. Hai parlato già troppo tutti questi anni e io non posso far altro che ringraziarti. Me ne sono reso conto tardi, lo so, ma farò il possibile per non trattarti più male. A volte non riesco a controllarmi, è in parte la dipendenza, in parte lo stress e perdo il lume della ragione, ma..» Faith lo zittì, scuotendo la testa. Sciolse l'abbraccio e poggiò la sua fronte contro quella del ragazzo. Singhiozzando ancora un pò, cominciò a parlare. «N-Niall io..non so che dire. Tu sei una persona così meravigliosa, sei così perfetto, sei un.. un angelo e pensare che la gente di abbia ridotto così mi fa semplicemente schifo. Vorrei prenderli e buttarli tutti al rogo. Tu sei speciale, tu hai dei sentimenti qua dentro che nessuno ha e non è vero che sono stata io a impararti ad amare. L'hai sempre fatto, io ho semplicemente indebolito quella corazza che ti eri creato anche se ancora c'è da lavorare..» si asciugò gli occhi e respirò profondamente. Niall sorrise, stavolta con tenerezza. «..Ma lo faremo insieme. Distruggeremo chi ti ha distrutto, tu ti rialzerai migliore di prima, diventerai chi hai sempre voluto essere e io sarò al tuo fianco in qualsiasi tua scelta. Combatteremo anche contro questa dipendenza, ti porterò via da quella casa, ma dovrai fidarti di me. Dovrai lasciarti andare.» «No, Faith.. non così in fretta. Abbi pace. C'è in gioco la tua vita.» «La vita di entrambi.. e moriremo davvero se non proviamo insieme.» «Perchè continui a negare l'evidenza? Perchè ti ostini a starmi accanto nonostante io abbia ucciso, sia andato a puttane e quant'altro? Io sono Niall Horan, Faith, non sono chi pensi che io sia.» «Tu non sei Niall Horan, sei Niall James Horan, il ragazzo di cui mi sono innamorata.»

 
 
myspace.
sssalve. ouo
finalmente, dopo tanto, ce l'ho fatta a pubblicare il capitolo. ci ho messo parecchio, i know, ma ci ho messo impegno.
non so se vi possa piacere, se vi sembra tutto un pò veloce magari per confessioni o cose varie, ma d'altro canto sti due si conoscono da una vita
e la storia la devo incentrare su altro, quindi devo sbrigarmi. (?)
probabilmente vi aspettavate il bacio, ma non l'ho messo perchè devo trovare un momento fjgnfh per infilarcelo. (pare brutto)
pooi. passiamo al secondo punto del noioso myspace.
beh, non c'è un secondo punto, ecco.
io ci provo a dare il mio massimo per questa ff, perchè ci tengo davvero molto, anche se a volte mi sembra di poter fare più, ma non ci riesco.
sono la solita tipa che punta troppo in alto per i suoi limiti, ma vabbeh sono fatta così. 
vi ringrazio per le recensioni, davvero, siete fantastici rfnjry ♥
volevo chiedervi infine se sotto la vostra recensione mi scrivete i nick di twitter, così appena aggiorno vi avverto c:
alla prossima. c:
 

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Capitolo 6
*** VI ***




 
"One day when the sky is falling I'll be standing right next to you."


6.00 a.m.
L'intera foresta era illuminata dalla luce fioca dell'alba. I danni del temporale ora erano chiari ed evidenti: metà degli alberi si ritrovavano senza qualche ramo, per colpa dei fulmini, la roulotte era ricoperta di foglie decadute e acqua sporca, mentre il parabrezza copriva del tutto la vista. Come se non bastasse.. il motore era andato. Quel vecchio camper serviva giusto per tenerli al riparo, ma fino ad un certo punto. D'altro canto chiunque avrebbe potuto sfondare la porta ed entrare, che ci voleva? Un gioco da ragazzi. Niall lo sapeva bene. 
I due giorni successivi prima del ritorno furono all'insegna della monotonia, tensione e silenzio perenne. Nessuno dei due sapeva cosa fare o cosa dire, perciò giravano senza meta per il camper oppure per i dintorni. Tutto era estremamente noioso e monotono. Continuavano a chiedersi quando finalmente sarebbero potuti tornare a casa, non ne potevano più. Avevano bisogno di cambiarsi, farsi una doccia, di mangiare qualcosa di caldo, di avere un letto pulito su cui dormire. Quel porcile gli era arrivato alla nausea, a Faith saliva il vomito solo ad entrare dentro la loro stanza. Il tanfo rendeva l'aria irrespirabile.
Quella notte come solito, nessuno dei due era riuscito a dormire: lei non faceva che rimuginare sulla conversazione che avevano avuto, mentre Niall non aveva fatto che riflettere sulle parole della ragazza.
 
«..Ma lo faremo insieme. Distruggeremo chi ti ha distrutto, tu ti rialzerai migliore di prima, diventerai chi hai sempre voluto essere e io sarò al tuo fianco in qualsiasi tua scelta. Combatteremo anche contro questa dipendenza, ti porterò via da quella casa, ma dovrai fidarti di me. Dovrai lasciarti andare.» «No, Faith.. non così in fretta. Abbi pace. C'è in gioco la tua vita.» «La vita di entrambi.. e moriremo davvero se non proviamo insieme.» «Perchè continui a negare l'evidenza? Perchè ti ostini a starmi accanto nonostante io abbia ucciso, sia andato a puttane e quant'altro? Io sono Niall Horan, Faith, non sono chi pensi che io sia.» «Tu non sei Niall Horan, sei Niall James Horan, il ragazzo di cui mi sono innamorata.»
 
 
Loro non potevano, non insieme. Quella era una sua battaglia, non la loro. Non sapeva più come dirglielo. Le aveva promesso che non l'avrebbe più trattata male e avrebbe mantenuto la parola, ma con quella ragazza non c'era niente da fare: non le capiva le cose, se non con le cattive maniere. Non poteva mettere in gioco la sua vita, sapeva quanto pericoloso fosse, e se c'era qualcuno che doveva rischiare era lui. In fondo che aveva da perdere? 
 
Una musica flebile interruppe il silenzio. Faith addrizzò le orecchie, si alzò dal letto e cominciò a seguire il suono. Aveva riconosciuto il suo cellulare, ma non ricordava dove l'avesse cacciato. Perchè era così tremendamente sbadata? Accese la luce della cucina e corse verso il tavolo, dove un piccolo affare illuminato continuava a vibrare. A quanto pare, fortunatamente, con il bel tempo era ritornata anche la linea. «Kyle?» «Faith!» esclamò lui dall'altro capo. «Ehi, tutto bene?» «Più che bene! Forse ci siamo quasi, abbiamo girato tutta la notte per la foresta ma devo dire che è immensa.» «Dio mio, dici sul serio?» urlò dalla felicità. «E dove siete di preciso? Riesci a dirmelo?» «Vorrei, ma è tutto uguale..siamo passati poco fa davanti a un tronco che bloccava il passaggio, ho rischiato di inciampare, ma tralasciamo.» rispose sospirando. 
 
Continuò imperterrita, fino a che non cadde a terra senza neanche accorgersene. Un improvviso dolore lancinante le colpì la caviglia. Si girò per notare cosa fosse stato: era inciampata su un pezzo di tronco, di nuovo.
 
«Okay, tornate indietro e fermatevi lì.» «Cosa?» «Ho detto fermatevi lì, al tronco, tornate indietro! E non muovetevi!» Non gli diede neanche il tempo di rispondere che riattaccò. Niall stava appena uscendo dalla stanza, svegliato dalle urla, quando Faith gli saltò addosso. «Ci hanno trovati! Kyle è qui!» esclamò con il sorriso stampato in faccia. Il ragazzo ancora assonnato sorrise e strinse l'abbraccio. Era così ingenua e semplice. Lui era abituato a certe cose, sapere che stavano venendo a prenderli non lo toccava affatto.Certo, il pensiero che finalmente sarebbero tornati a casa lo rendeva più felice che mai, perlomeno non sarebbe più stato costretto a vivere là dentro, ma l'altra parte di se stesso continuava a non voler muoversi di lì. Sarebbe finito tutto e sarebbe ricominciato l'inferno. Purtroppo la pace nella sua vita non era mai durata tanto, se c'era stata. 
 
 

Faith non si era azzittita un attimo durante il viaggio. Parlava, parlava, parlava e raccontava di come erano stati, di quello che avevano visto e del fatto che non vedevano l'ora di ritornare a casa, come se fosse stata un'esperienza da ricordare. Diciamo che alcune sfaccettature di essa lo erano, ma per il resto era meglio rimuovere dalla mente il più presto possibile. 
Niall ancora non capiva bene come il poliziotto non si fosse insospettito minimamente di lui, come non gli avesse chiesto nulla del cadavere e ciò non lo confortava affatto. Poteva suonare strano, ma era così. Aveva scrutato più volte il suo volto come a cercare qualcosa di familiare: ormai non si fidava più di nessuno, chiunque della cerchia avrebbe potuto ingannarlo e farlo cascare in qualche tranello. Kyle era più che sicuro che quello fosse un uomo serio, ma a lui non sembrava affatto. Il cadavere era rimasto lì. Nessuna domanda. Nessun interrogatorio. Nessun sospetto. C'era qualcosa sotto. Aveva fissato lo specchietto retrovisore tutto il tempo scrutando qualsiasi suo sguardo e sua mossa, e lui l'aveva visto. Non aveva neppure fatto in tempo a girare gli occhi: si erano fulminati a vicenda. Perchè mai un poliziotto l'avrebbe dovuto guardare così male in quelle circostanze?
C'era da farsi due domande al proposito, però non aveva intenzione di riferir nulla a Faith. Lei dal canto suo, ormai neanche insisteva più di tanto su qualcosa, tanto sapeva che prima o poi glielo avrebbe detto. Doveva solo aspettare, cosa che fino a tempo fa non era capace di fare. Le continue attese, le continue cose in sospeso di Niall, avevano lasciato qualche segno positivo perlomeno; appena erano tornati a casa, nonostante fossero stati tutto il tempo insieme quei giorni, l'uno non faceva che pensare all'altro, impegnati nelle faccende. Greg non aveva neppure messo piede dentro la loro abitazione, perciò a Niall era spettato tutto il lavoro più pesante da svolgere: per terra c'erano ancora sparsi i pezzi di vetro, le finestre erano rotte, tanto che si poteva scavalcarle senza problemi, sembravano quasi una seconda entrata, la maggior parte dei quadri erano sparsi sul pavimento anche essi in frantumi, alcuni mobili erano da buttare direttamente, per colpa della sparatoria, per non parlare della porta. Anche quella era da cambiare. Dove abrebbe trovato i soldi? E soprattutto, come avrebbe fatto a vivere là dentro, sapendo che durante la notte o durante il giorno chiunque sarebbe potuto entrare senza preavviso? Con quella situazione, non era al sicuro neanche un pò. D'altro canto non lo sarebbe stato neanche in normalissime circostanze: Bradford era messa davvero male sotto quel punto di vista. Tutte le notti c'erano delle rapine, delle uccisioni, spacciatori in giro, prostitute per le strade, gente ubriaca. Conosceva benissimo quei giri. Non c'era sfaccettatura negativa di quella città che lui non conoscesse. Erano ormai tre giorni che era in astinenza da tutto ciò, non ce la faceva più. Aveva bisogno di una sigaretta sulle labbra, di una lattina di birra, di girare di notte per la città respirando l'aria fredda che lo liberava da qualsiasi pensiero. Era come se lo svuotasse, se gli liberasse la mente, e lui aveva tremendamente bisogno di questo. Aveva bisogno di togliersi dalla mente Faith, le loro discussioni, le loro confessioni e quant'altro, ma specialmente i problemi che avevano ripreso a far parte della sua vita. 
Faith dal canto suo, non sapeva davvero che fare. Erano ormai ore che sistemava la stanza sua e di Kyle, ridotta un disastro, che spolverava, che rispondeva alle telefonate da parte di tutti quelli che conosceva, persino dai parenti e ad ognuno rispondeva sempre la stessa cosa:"sto bene, grazie, ma ora devo riposare", quando in realtà di riposare non ne aveva proprio la minima idea, anzi. Non ne aveva proprio tempo. Doveva ancora farsi una doccia, mettere a scaldare la cena per loro due, e preparare le cose per la scuola. Pensare che stava ancora a 'Caro amico'. Quando avrebbe mai finito? 
Dio, era così stanca di quella misera vita. Aveva davvero pensato che perlomeno quel giorno avrebbe avuto un pò di pace, invece era ricominciato tutto da capo, senza il minimo preavviso e si ritrovava a fare le stesse cose di sempre. I genitori fuori, Kyle a studiare e lei a pulire e sistemare. Ma cos'era, la donna della pulizie o un'adolescente con diritto a qualche libertà? Sbuffò. Chissà come le era potuto venire in mente di potersi svagare un tantino. Quella specie di 'vacanza' le aveva fatto perdere il lume della ragione.
«Faith?» chiamò una voce maschile dall'altra parte della stanza. Partì un altro sospiro. «Che c'è?» rispose cercando di apparire il più tranquilla possibile. «Hanno suonato alla porta.» «E và ad aprire, scusami tanto. Ho da fare io.» «Anch'io e non posso sconcentrarmi.» La ragazza grugnì. «Allora scusi tanto vostra maestà.» disse con acidità buttando per terra la pila di vestiti che aveva poco fa sulle mani. Scese le scale velocemente e si diresse alla porta. Chiunque fosse stato, gliel'avrebbe sbattuta in faccia. Aprì. Di fronte a lei una figura minuta le sorrise. «Ciao Faith.» La sua compagna di banco. Come si vedeva che era tornata alla solita routine. «Ciao Grace.» ricambiò l'espressione. «Come stai? Ho saputo dell'acc..» «Sto bene, sto bene, non preoccuparti.» «Oh, bene.. sono venuta per portarti gli appunti per il lavoro di scienze che ti sei persa negli ultimi giorni, poi se mai li passi a Niall.» disse, porgendole dei fogli raccolti dentro una cartellina. Faith li prese. «Oh.. grazie mille Grace, sei stata gentilissima.»  «Di nulla, ci si vede a scuola.» sorrise di nuovo e si allontanò. «Okay, a domani!» richiuse la porta, fissando ciò che le aveva appena dato con una smorfia. Mugugnò qualcosa poi li buttò sul divano. Altro lavoro da fare, come se non bastasse. Perchè tutte a lei? Perchè? 
Non appena fece per risalire le scale, il campanello trillò di nuovo. Strinse i pugni e risoluta si riavvicinò alla porta. «Sì?» Una donna sulla settantina era di fronte a lei con quella che sembrava una teglia, ricoperta di carta stagnola. La loro vicina di casa. «Buongiorno Faith, come stai? Ho saputo ciò che è successo.. stai bene?» domandò leggermente allarmata. Da quando le era morto il marito in un incidente stradale era sempre sola e qualsiasi cosa accadesse a qualsiasi persona, lei entrava in allerta. D'altro canto, povera donna, che le rimaneva da fare. «Bene signora Stuart, grazie dell'interesse.» sorrise debolmente, sebbene fosse ancora stizzita. «Posso darti questo dolce? L'ho fatto con le mie mani. Sai, sapevo che saresti tornata, sei una brava ragazza e mi sarebbe piaciuto farti un piccolo pensiero.» disse, porgendoglielo. Faith lo prese con cura. «Oh, grazie tante, davvero. E' stato un pensiero davvero carino da parte sua.» Si preoccupava di più quell'anziana per lei, che i suoi genitori quasi. «Ma figurati tesoro, è un piacere.» rispose, sorridendole con tenerezza. La trattava come una nipote e Faith non faceva a meno di intenerirsi ogni volta che la vedeva. Si scambiarono un breve abbraccio, poi la signora Stuart se ne andò. Faith richiuse la porta e poggiò il dolce sul tavolo. Fece un profondo respiro, guardò l'entrata minacciosa e poi si diresse verso le scale. Era sicura che avrebbero risuonato, era sicurissima. Il conto alla rovescia era appena iniziato. 
Non appena salì l'ultimo scalino della rampa...Stavolta, era la volta buona che cacciava via qualcuno a calci. «Okay, ora davvero basta, chiunque sia ce lo mando. Mi avete veramente rotto tutti.» borbottava mentre scendeva a due a due e andava ad aprire. Con violenza spalancò la porta e si trovò di fronte Niall. Era intento a giocherellare con un sasso a terra. «Senti Niall, non è il momento, dimmi quello che mi devi dire e vattene perchè ne ho fin sopra i capelli.» Il ragazzo alzò lo sguardo e rise. «Me ne sono accorto.» «E allora potevi anche non bussare.» «Che hai mangiato stamattina, pane e simpatia?» «Ma quanto sei simpatico.» Si guardarono qualche istante, poi lui si avvicinò. «..Posso entrare?» Faith si scostò leggermente per permettergli l'accesso. «Entra.» 
Si chiuse la porta dietro di sè e lo seguì, andandosi a sedere sul divano. Niall si mise vicino a lei. La guardò un attimo con fare scrutatorio, poi sorrise. «Stai messa male eh.» «Parla per te.» disse, dandosi una sistemata ai capelli. Lui le fermò la mano. «Stavo scherzando.» Di tutta risposta lei abbassò lo sguardo, come ad ignorare le sue parole, poi si mise a gambe incrociate. «..Che dovevi dirmi?» Niall fece un sospiro: non sarebbe stato facile tirar fuori il suo lato più sfacciato con Faith. «..Devo chiederti un favore.» «Vai, ti ascolto.» «Non è facile.. ecco, vedi..» Si passò una mano tra i capelli e sospirò nuovamente, con fare improvvisamente nervoso. «..Greg se n'è andato di casa, credo, non ho più nessuno. Casa è mezza distrutta, non posso dormire lì, ma questo è il problema minore.. non ho..» la guardò negli occhi. «..mi servono dei soldi.» «Da me?» «Sì.» Si odiava quando faceva in quel modo, ma non riusciva ad esporre le cose in altra maniera. Non era nel suo essere. «E.. dove andrai a vivere?» «Devo solo mettere a posto casa con quei soldi, poi penso da solo a me stesso, come ho sempre fatto.» «..Userai i soldi delle rapine, vero?» Niall annuì, aprendo le mani in segno di ovvietà. «E quei soldi non ti bastano per ristrutturare casa?» «Non te li avrei chiesti, tu che dici?» Non del tutto convinta, fece spallucce.  «Quanto ti serve?» «..Quanto hai?» Lei abbassò subito lo sguardo, pensosa. Sapeva perfettamente dove i suoi tenevano i risparmi e sapeva perfettamente anche che nessuno doveva azzardarsi a toccarli. L'ultima volta, con Kyle, non era finita bene, anzi. Peggio. Suo padre era sempre stato severo su certe cose, per non parlare dell'argomento quattrini. Era spudoratamente avaro. Ogni sera controllava la loro cassaforte, che ormai era diventata la sua, e contava ogni singolo spicciolo con la massima cura. Se ne mancava uno, solo uno, si scatenava l'ira di Achille. Eppure Niall aveva bisogno d'aiuto, glielo leggeva negli occhi, non poteva abbandonarlo a sè stesso così. Aveva promesso che gli sarebbe sempre stata accanto, e doveva mantenere la parola anche a costo di finire in ortopedia per percosse. Cosciente di ciò che stava per fare, con il cuore in gola, gli fece segno di seguirla. 
Lo portò nella stanza dei suoi. Prese la cassaforte da dentro l'armadio, la poggiò sul letto e immettendo la combinazione, la aprì. Dentro c'erano vari e gioielli e dei mazzi di banconote. Con le lacrime agli occhi, afferrò due di questi ultimi e richiuse il tutto.  Glieli porse. Le mani le tremavano. «..Grazie.» Li prese leggermente esitante, poi la guardò. «Tutto bene?» Lei scosse la testa come a voler lasciar perdere e si asciugò le guance velocemente. Fece per prendere la cassaforte per rimetterla al suo posto, quando Niall le afferrò il polso. «No, dimmi che succede, Faith. Se vuoi io posso ridarteli, davvero, me la..» Faith si avvicinò a lui e gli prese il viso tra le sue piccole mani gelide. «..Fanne buon uso, hai capito?..Ti prego.» sussurrò. Il ragazzo annuì debolmente.. «..Perchè fai così?» domandò con lo stesso tono di voce. «..Tu dammi solo ascolto.» sibilò, continuando a trattenere le lacrime. Avrebbe avuto tempo per piangere. 
 

La sera stessa, Faith si ritrovava a fissare il cielo stellato, ai piedi della finestra, avvolta in una coperta e nei suoi pensieri. Era così impaurita e sola. Non vedeva l'ora che tutto ciò fosse finito, che finalmente il padre gliele avesse suonate di santa ragione e che si fosse trovata magari in un letto d'ospedale, ma perlomeno con la certezza che tutto era finalmente giunto a termine, che quella pessima giornata era solo un brutto ricordo da cancellare. 
In tutti i suoi anni di vita, mai aveva aspettato che il padre la menasse in quel modo, mai. Ormai era semplicemente arresa. Arresa al suo destino, alla sua fragile esistenza. In quei momenti, tante domande le fluttuavano nella sua mente, ma una rimaneva sempre impressa: perchè era nata? A che scopo? Per rimanere sola? Per soffrire? Che spreco. Al posto suo poteva benissimo nascere una bellissima ragazza, con una bellissima vita e mille amici attorno, e invece no. Dio aveva dato al mondo lei, quell'inutile creatura con degli obiettivi inesistenti nella vita. Strinse le ginocchia contro il petto, infreddolita. Non voleva chiudere la finestra, non doveva. Tutti dovevano sentire se possibile cosa le combinava quell'uomo. Tutti dovevano sentire le urla, le grida dentro se stessa che imploravano di mollarla, le botte. Tutti dovevano sapere che quello non era un padre, era un mostro. E sua madre? Sua madre era una donna da buttare, in tutto e per tutto. Ormai era una persona finita, non aveva più le forze per far nulla, figuriamoci per difendere i suoi figli. Forse provava un minimo di compassione per Kyle, il primogenito, ma per lei.. per lei non c'era abbastanza spazio, o forse non c'era mai stato. 
Aveva sempre cercato di essere quella ragazza solare, docile, simpatica con tutti e ci riusciva, chiunque poteva confermarlo, ma dentro moriva. Moriva dalla voglia di gridare al mondo quanto stesse soffrendo, quanto avesse paura di tornare a casa ogni volta, quanto volesse fuggire via. Necessitava di essere protetta da qualcuno, capace di capirla. Aveva sperato fino all'ultimo che quel qualcuno fosse nascosto in Niall, eppure ora non ci sperava più tanto. Forse nemmeno lui era disposto a starle così vicino come desiderava lei. Ma d'altro canto cosa doveva aspettarsi? La sua era una vita da cani. Ancora non capiva come fosse riuscita a sopravvivere fino a quel momento. Voleva sparire.
Non appena si mosse leggermente, udì dall'esterno il rumore della porta aprirsi. Era tornato a casa. Ora sarebbe andato di sopra, avrebbe salito le scale, sarebbe giunto in camera e avrebbe cominciato a contare i suoi insulsi soldi. Ma tanto neanche avrebbe avuto tempo di aspettare che li controllasse, si sarebbe accorto subito che mancavano tre quarti del tutto, e a quel punto sarebbe stata la fine. Cominciò a tremare. Non aveva più controllo nè del suo corpo nè della sua mente, era in preda al panico. Continuava a ripetersi di stare calma, di non aver paura, ma era così contraddittorio. Come poteva non aver paura di fronte ad una situazione simile. Probabilmente quella sera ci sarebbe andato di mezzo anche Kyle, chissà, ma di solito a lui non toccava mai il servizio che faceva a lei. Lei era sempre.. speciale. Per questo nove volte su dieci andava a finire in ospedale. 
Improvvisamente udì dei rumori provenienti dalla finestra di Niall. Istintivamente corse sul davanzale, tremolante. Doveva fuggire, doveva chiedere aiuto a qualcuno. «Niall!» sussurrò. Non aveva nemmeno fiato per parlare dalla paura. «..Niall! Niall, rispondimi ti prego!» Non l'avrebbe mai sentita da lì, era troppo distante, ma non poteva nemmeno urlare. Suo padre era nella stanza accanto. Alzò leggermente il tono di voce: «Niall!»
Alcune lacrime cominciarono a rigarle il viso. Non aveva via di scampo.  «Ti prego!» sussurrò nuovamente. 
Maledizione. 
Fissò il vuoto sotto di sè e decise di fare una pazzia. Tanto che aveva da perdere? Si mise a sedere sul davanzale e portò le gambe al di fuori, a ciondolare. L'unica alternativa era saltare, non aveva altra scelta. Si tolse le coperte di dosso, legò gli estremi uno ad uno fino a che non formò una perfetta treccia. Attaccò un estremo alla finestra e spinse il resto giù. La lunghezza non era molta, ma bastava per poter attudire un minimo la caduta a terra. Non appena fece per afferrarla e scendere giù, la porta della stanza si spalancò violentemente, andando a sbattere contro il muro. Strinse i pugni e chiuse gli occhi, abbassando il viso, aspettando il peggio. «Cosa stai facendo, eh? Scappi?! Scendi giù di lì, muoviti!» urlò l'uomo, dietro di sè. Lei oppose resistenza sulle prime. «Ho detto scendi!» ringhiò. Faith lasciò la presa delle coperte e si voltò verso di lui, scendendo dal davanzale. Teneva sempre lo sguardo basso. «Guardarmi negli occhi quando te lo chiedo: dove sono i soldi?» Non rispose. «Ho detto guardami negli occhi!» disse avvicinandosi a lei. «I-io n-non lo so.» balbettò. Non riusciva a guardarlo in faccia, la paura era troppa. 
Niall dall'altra parte aveva cominciato a sentire tutto. 
L'uomo si avventò su di lei e la sbattè al muro prendendola per la maglietta. «Guardami quando te lo chiedo, non te lo ripetò più. Dove sono i soldi?!» Silenzio, di nuovo. «Ho detto dove sono!» Lei alzò leggermente il viso, abbastanza per guardarlo negli occhi. Non poteva più continuare a mentire, ma non poteva neanche scontare la pena per aver fatto del bene ad una persona che se lo meritava. Quei soldi a lui servivano solo per arricchirsi e fare fortuna. Era disgustoso. «L-li ho dati ad un mio amico, ne aveva bisogno.» «Cosa cazzo hai fatto tu?!» urlò di nuovo, sbattendola a terra. Proprio in quel momento che sapeva sarebbe cominciato il peggio, le parole di Niall le ritornarono in mente insieme ai ricordi.
 
..Volevo una vita come la sua, volevo vivere.. 
 
Tremava come una foglia, ma lentamente si rialzò. Voleva vivere. Per tutti quegli anni non aveva mai reagito, sentiva che ora era il momento giusto. Ne aveva fin sopra i capelli. Sua madre, suo fratello, lei, tutti erano state vittime di lui. Tutto ciò non poteva continuare a lungo. E chissà, forse ci avrebbe rimesso la pelle, ma perlomeno si sarebbe tolta la soddisfazione di vendicarsi. Fino a pochi minuti fa non faceva che cercare una via di fuga, ma ora, ora aveva capito che doveva affrontare una volta per tutte quella paura che la perseguitava da sempre. «Avanti, menami.» disse a voce alta, sebbene tremasse ancora. «Oh, ora che fai, provi a vendicarti?» disse, ridendo. Lei rimase immobile a fissarlo, con lo stesso sguardo minaccioso di prima. «Sei un lurido schifoso.» Il padre diventò di nuovo serio e si scaraventò su di lei, dandole uno schiaffo, così forte da farle voltare il viso dall'altra parte. «Non ti azzardare neanche a parlarmi così, stronzetta.» La sbattè a terra e le diede calci ovunque, fino a che non le mandò la testa contro un mobile. Cominciò a urlare. Le mancava il respiro dal dolore. 
Niall udendo ciò, senza neanche indugiare, sobbalzò dalla sedia e corse fuori dalla stanza. Quelle erano le sue urla, le avrebbe riconosciute ovunque. 
In men che non si dica fu dentro il giardino degli Evans che correva a perdifiato verso la loro porta. 
Non poteva crederci. Era stato sempre così impegnato a uscire tutte le sere a fare rapine e farsi qualcuna che non aveva mai notato cosa quell'uomo facesse a sua figlia. Era la prima volta che sentiva qualcosa del genere, ma poteva giurare qualsiasi cosa che quelle erano delle grida di disperazione, delle grida stanche, stanche di soffrire.
Continuava a sentirla urlare ed era come se mille lame lo stessero trafiggendo. 
Cominciò a suonare ininterrottamente al campanello. Nessuno rispondeva. Perchè, dannazione? Perchè? Dov'era Kyle? Dov'era sua madre? Lanciò un calcio alla porta. «Maledizione, aprite questa cazzo di porta!» urlò, quasi ringhiando. Si passò una mano tra i capelli, disperato. «Aprite!» Premette così tante volte il campanello che rischiò gli rimanesse sulle mani. Non appena la voglia di sfondarla si fece strada dentro di sè, si aprì. Una donna sulla cinquantina, lo guardava come se nulla fosse. «Dov'è stata fino ad ora? eh? Ma non la sente sua figlia?» disse cominciando a urlare, entrando dentro casa con fare maleducato. Lei rimase lì a guardarlo correre di sopra, con lo sguardo perso nel vuoto, poi chiuse la porta. «I ragazzi..» mormorò a bassa voce. 
Niall si precipitò al piano superiore. Non sentiva più le urla, quel silenzio lo fece rabbrividire. Aprì tutte le stanze ansioso, preso dal panico, fino a che non giunse a quella giusta: di fronte a lui, una scena raccapricciante lo fece indietreggiare leggermente. Faith era distesa a terra, il viso ricoperto di ferite e le braccia ricoperte di lividi. Non dava segni di vita e l'uomo di fronte a sè sembrava soddisfatto di ciò. I sensi di colpa cominciarono a divorarlo per non essere corso lì prima, quando aveva cominciato a sentire la litigata. 
La prese e la sbattè nuovamente al muro, per poi avvicinarsi a lui.  «E così è questo il tuo amichetto, eh? Beh, godetevi i vostri momenti felici.» Prima di uscire dalla stanza, lo buttò a terra e con un calcio lo mandò dritto accanto a lei, poi si chiuse la porta dietro le spalle. Niall alzò lo sguardo e tastò le dita della ragazza che si muovevano leggermente, a scatti. Non sapeva come era riuscito a non reagire a quel gesto, ma sapeva solo che ora gli importava solo di Faith e di nessun altro. Ora il suo orgoglio andava messo in secondo piano.
Si issò in ginocchio e si avvicinò al suo viso. I suoi occhi erano spenti, non aveva le forze di tenerli aperti. «Faith, io ho fatto il possibile, nessuno mi apriva..» sussurrò, accarezzandola. «Perchè non me l'hai mai detto?» Lei non rispose, si limitò a lasciarsi andare, ormai stanca. «P-portami via di qua.» biascicava. «Ti porto via, subito, ti porto via.» le disse, baciandole la fronte come a tranquillizzarla. Dopodichè, la prese in braccio e uscì dalla camera, tenendosela stretta al petto con fare protettivo. Passò davanti a suo padre, a suo fratello, a sua madre, tutti lo guardavano portarla via, ma nessuno sembrava reagire. Forse perchè nessuno aveva mai capito quanto soffrisse e quanto avesse bisogno di fuggire da là dentro.



 
myspace.
okay, dopo circa due settimane ce l'ho fatta.
scusate il ritardo ma non avevo idee e poi neanche il tempo e la voglia lol come solito.
allora, ho da dirvi alcune cose.
ho deciso di apportare una modifica alla storia. niente di tragico, don't worry.
fino ad adesso io scrivevo sempre "capitolo 1" "capitolo 2" ecc. invece, ho cambiato e messo i numeri romani, 
perchè ho pensato di fare che tutti questi capitoli erano un prologo e cominciare la vera storia dal prossimo.
la vera storia infatti consiste in ben altro. in questi capitolo avete conosciuto faith, la sua situazione e idem per niall,
quindi avete conosciuto i personaggi e le dinamiche della storia. 
dal prossimo comincia il bello.
cioè, non proprio dal prossimo, ma più o meno si comincerà tra questo o l'altro capitolo. 
non so se come idea vi possa piacere, ma tanto per voi non cambia nulla, alla fine la storia continua lol
spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
non ho voluto mettere tutta la dinamica di quando tornavano a casa e blabla,
ho preferito fare un flashback all'inizio e poi ricominciare il capitolo da quando stavano già a casa 
da un bel pezzo.
ora che vi ho annoiato un pò con le mie chiacchiere mi dileguo, spero recensiate in tanti fjnhtj
e grazie ancora, siete mfdjnkhbj (?) ♥

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Capitolo 7
*** happy birthday, faith! ***



 




1st December.
 
«Buon compleanno sorellina!» esclamò il moretto, lanciando addosso alla ragazza un cuscino che poco prima era a terra. Quest'ultima si mosse leggermente poi si infiltrò sotto le coperte. Non gliene era mai importato molto del suo compleanno, anzi, a dir la verità non gliene importava proprio dei compleanni. Li riteneva stupidi. Fondamentalmente, riteneva stupido dover festeggiare il passare degli anni. Cosa c'era di bello? Invecchi, non c'è niente di emozionante. Regali, feste, auguri, per cosa? Per poter togliere dalla lista un anno in meno. 
Aveva cominciato ad avere questa concezione di compleanno circa a dieci anni, quando vide sua madre in totale depressione, davanti ad una tv, il giorno del suo compleanno, e lei le chiese: «Mamma, è il tuo compleanno, perchè non sei felice?» e lei, con i suoi occhi spenti, simili a due fessure dalla stanchezza, si voltò, la guardò e sorrise con la malinconia di chi non è più motivato a continuare a vivere. «Perchè dovrei esserlo tesoro?»  
Aveva rimuginato su quella frase mesi e mesi, fino a che anche lei aveva cominciato a rispondere la stessa cosa a chi glielo chiedeva. Perchè doveva essere felice? La loro era una vita povera, priva di gioia. Fino a qualche mese fa era lei a portare gioia in casa, la voglia di vivere, ora non riusciva a far più neanche quello.
Niall se ne era andato di casa poche settimane prima, non aveva avuto più tracce di lui. Niente messaggi, niente chiamate, niente lettere, niente di niente. Sparito.  
La sua abitazione era circondata dai muratori ogni ora e lei se ne stava a lì tutti i pomeriggi ad osservarla ristrutturare con i soldi per cui aveva pagato un conto amaro, in silenzio. La malinconia e la tristezza si facevano sentire ogni giorno, sempre più forti. Non riusciva a trovare più le forze per alzarsi e andare a scuola, non riusciva più a trovare un modo per sorridere, per andare avanti. Niall lo era. Ma Niall se ne era andato, portandosi dietro tutto ciò che le era rimasto di più prezioso. In lei non c'era più niente. 
Quando si guardava allo specchio vedeva lo spettro di se stessa, una cosa informe lì davanti con gli occhi spenti, i lividi ovunque e il corpo esile, piccolo, che faceva fatica a reggersi in piedi. Mangiava a malapena, guardava sempre fuori dalla finestra, non riusciva a studiare. Era una ragazza finita, in tutti i sensi. Solo ora riusciva a capire come la madre si sentisse, quale fosse veramente il lato negativo dell'esistenza di quella famiglia. Prima era sempre stata così impegnata a sorridere, a cercare di mettere di buonumore chi le fosse intorno, nonostante suo padre la maltrattasse continuamente, ma da quella sera, quando Niall l'aveva presa, portata a casa sua e curata, quando gli aveva raccontato la sua vita, aveva cambiato totalmente il modo di vedere le cose. Si era vista la vita passare davanti quel giorno. 
Era traumatizzata, e solo una persona avrebbe potuto salvarla. Ma ora che lei aveva bisogno di lui, lui non c'era.
Kyle le tirò contro il cuscino, nuovamente. «Dai Faith, sveglia, o faremo tardi a scuola.» Ormai c'era abituato, il giorno del suo compleanno faceva sempre così, ma ora era cambiata radicalmente. Ora non si limitava più a parlare e parlare su quanto i compleanni fossero inutili e a rimanere col broncio, ora  non mangiava più, stava in silenzio, in disparte, da sola vicino alla finestra. Doveva fare qualcosa e quel giorno l'avrebbe reso indimenticabile. «Non ho voglia di andare a scuola.» biascicò la ragazza, raggomitolandosi ancora di più. «Ma che novità.» «Kyle, per favore, dì a mamma che sto a casa..» «No, è il giorno del tuo compleanno, e oggi uscirai da quel letto, non accetto scuse.» Si avvicinò alla finestra e la aprì di botto. Il freddo pungente invase la stanza in meno di cinque secondi. Persino qualche piccolo fiocco di neve entrò posandosi sul pavimento e sciogliendosi in altrettanta fretta. Faith sgattaiolò fuori dalle coperte maledicendo il fratello e corse in bagno, chiudendosi dentro. L'unico posto dove non poteva arrivare il vento. Kyle rise. «Non ridere, o giuro che esco fuori e ti faccio a pezzi! Chiudi quella finestra!» «Solo se prometti che ti vestirai e verrai a scuola!» «Però entro alla seconda ora!» «Affare fatto!» Ridendo di nuovo chiuse la finestra e accese il condizionatore impostando l'aria calda, per poter riscaldare la stanza. Faith sospirò come ad essersi tolta un peso e uscì dal bagno, avviandosi all'armadio. «Mai avuto un risveglio più traumatico di questo.» borbottava.
Come solito dovette vestirsi nel modo più pesante possibile e si infilò magliette, maglioni, sciarpe, di tutto, pur di non ammalarsi. A Bradford faceva sempre freddo quel periodo, poi con la neve era meglio non parlarne. Neanche si preoccupò di sistemarsi i capelli o guardarsi allo specchio. Di solito erano piuttosto docili, perciò con una passata di mano li sistemò. Infilò il cappello, un paio di guanti, poi uscì di corsa con lo zaino in spalla. Kyle già la aspettava di fuori a braccia conserte. 
Quella mattina come deciso non andarono insieme, presero due strade opposte. Faith si diresse al solito bar lì vicino per far colazione e distrarsi un pò, Kyle andò dritto a scuola. Sarebbe stata forse la prima volta che facevano la stessa strada per andare a scuola da soli, ma c'è sempre una prima volta, no? 
 
Niall nel frattempo, su richiesta di Kyle qualche giorno prima, era tornato a Bradford. Ci era voluto un pò per convincerlo, non voleva rientrare così di botto nella vita di Faith, ma quando era venuto a sapere che lei non mangiava più ed era caduta in una forma di depressione, non ne fece a meno di cacciar fuori le valigie ancor prima di chiudere la chiamata. Il giorno del suo compleanno si avvicinava inoltre, non poteva permetterle di passarlo così.
Quei giorni era stato a casa di un suo amico, uno dei spacciatori di fiducia della sua cerchia se vogliamo dirla tutta, e purtroppo, aveva ricominciato a far uso di droghe e a fumare. Il tipo, sapeva tutto di lui. Sapeva di Faith, sapeva che era innamorato, sapeva le sue debolezze e l'aveva costretto a ritornare se stesso, perchè in qualche modo era cambiato, era diventato una persona gestibile quando prima non lo era, e a quelle persone i tipi gestibili non piacevano. Ma nel momento in cui entrava in ballo Faith, niente poteva costringerlo a cambiare idea, niente e nessuno. In effetti ci volle un'intera serata e qualche scazzottata per convincerlo a lasciarlo andare, ma nonostante tutto era riuscito a scamparla e ripartire con il primo aereo per Bradford. 
Trovò alloggio a casa di uno dei suoi amici, dove poteva essere sicuro che lì non sarebbe mai arrivato nessuno dei suoi nemici. Era una specie di villa, ovviamente costruita con rapine su rapine, sperduta in uno dei quartieri meno malfamati della città, ma anche uno dei più deserti. Non ci andava mai nessuno in quel posto e forse avrebbe trovato un luogo per cui vivere anche a Faith, un luogo dove poter evadere dalla sua vita. Il massimo che poteva darle. 
 
Era passato circa un quarto d'ora da quando si era rinchiusa dentro quel bar a fissare fuori dalla vetrina la neve scendere. Le piaceva stare da sola a pensare, in silenzio, raggomitolata su se stessa. Pensare ai ricordi, a Niall, alle sue parole, alla sua voce, ai suoi occhi nei quali ci si perdeva e alle sue labbra sottili e rosee che aveva sempre desiderato sfiorare con le sue. Un desiderio che poteva sembrare così piccolo, eppure così grande e irraggiungibile. Le mancava. Le mancava da morire, e non per modo di dire. Si sentiva morire davvero senza lui. Lui era stato sempre il centro del suo mondo, il motivo per andare avanti, e ora che non aveva più lui, che le rimaneva? Nulla. E ritornava alla solita vita di sempre, di pochi anni prima. La vita di una ragazza sola, maltrattata, con la voglia di sparire. 
Sentiva ancora sulla sua pelle le mani soffici di Niall passarle delicatamente la pomata per le ferite. Sentiva ancora il suo sguardo fisso addosso, mentre dormiva. Le sue dita passarle morbide tra i capelli, fino a giungere alle mani, che intrecciava con le sue e stringeva a sè. Erano due amanti non ammessi, due amanti lontani, eppure così vicini, per la paura dell'uno di perdere l'altro, per la paura di soffrire di nuovo e rimanere soli. 
Si avvicinò alla tazza di caffè di fronte a sè, ancora fumeggiante nonostante il tempo trascorso e si lasciò riscaldare un minimo da quel caldo che emanava. Non aveva bevuto nulla ancora, aveva continuamente sensi di nausea l'uno dopo l'altro. La sola vista del cibo le faceva schifo. 
Alzò lo sguardo e cominciò a osservare la gente entrare e uscire, fermarsi a mangiare e parlare, oppure semplicemente rimanere in silenzio a leggere un giornale, poi si guardava. Lei non aveva nulla, come sempre. Era vuota. Non aveva da leggere, non aveva con chi parlare, non voleva mangiare. Lo spettro di se stessa. 
Affondò il viso nella sua sciarpa. 
In quella fredda giornata si sentiva più sola che mai. Continuava a chiedersi di Kyle, di cosa avesse organizzato, di sua madre e suo padre, se magari avessero pensato a qualche regalo da farle o semplicemente a farle gli auguri, ma poi ci ripensava meglio e concepiva che in realtà a nessuno importava di lei là dentro. Probababilmente neanche si ricordavano che era nata quel giorno. Fece una smorfia e poggiò la testa alla vetrina silenziosamente, riprendendo ad osservare le strade affollate di gente che correva a destra e manca. Chi andava a scuola, chi era in ritardo, chi andava a lavoro con una cartella in mano o una ventiquattr'ore. 
Perchè anche lei non poteva avere una vita semplice, priva di pensieri, felice? Perchè lei era così sola e trascurata? Perchè tutti se ne fregavano? Cosa aveva sbagliato?
Una lacrima le rigò una guancia, ancora irritata dal lungo pianto della sera precedente e dal freddo pungente. Proprio in quel momento, qualcosa le vibrò in tasca. Nessuno le mandava un messaggio da una vita. Incuriosita, lo prese e non appena focalizzò bene lo schermo, il suo cuore perse un battito. 
 
Niall.
Buon compleanno principessa.
 
Lo strinse al petto e affondò il viso tra le ginocchia, iniziando a singhiozzare senza freni. Dopo così tanto tempo, dopo giorni passati a piangere, finalmente le aveva scritto. Le aveva scritto il primo messaggio di auguri che da anni non riceveva. L'aveva chiamata principessa. 
In quel momento sapeva di avere gli sguardi straniti delle persone addosso, eppure non le importava. Piangeva, piangeva come se non ci fosse un domani. Piangeva di dolore, di felicità, di malinconia. Piangeva con la voglia di evadere. E lui, sorridendo, era appena entrato nel bar, con il cuore in mano vedendola in quello stato. Non avrebbe mai immaginato di trovarla lì, ma il destino aveva voluto che si incontrassero subito. Non quella sera, non alla festa, ma lì. In quel bar, il loro bar. Si avvicinò in silenzio, e nello stesso modo si sedette accanto a lei, con lo sguardo puntato sulle sue guance, rigate dalle lacrime. 
In quell'istante, senza preavviso, sentì delle labbra soffici, delicate, posarsi sulla sua tempia come una carezza. Le riconobbe subito, non le servì nemmeno pensarci, e quando alzò lo sguardo e vide di fronte a sè quei due occhi color ghiaccio, tutto prese un senso. Tutto riprese vita, persino il suo cuore. Sentiva che aveva ripreso a battere, non più lentamente come prima, ma forte, forte come non mai, pieno di amore e di voglia di vivere. Le lacrime cominciarono a scendere come fiumi, mentre gli saltava al collo, abbracciandolo. «Mi manchi, mi manchi tanto.» singhiozzava, stringendosi a lui il più forte possibile. Niall sentiva delle lame traffigerlo sempre più profondamente ad ogni suo singhiozzo. Era aggrappata a lui come un'ancora, un qualcosa che doveva essere salvato e che non aveva intenzione di staccarsi e lui la accoglieva tra le sue braccia, pronto ad aiutarla in qualsiasi modo. «Sono qua, sono qua, è tutto a posto.» Un brivido le percorse la schiena. «Non lasciarmi più, ti prego.» balbettava. «Non lo farò, te lo prometto. Giuro che non lo farò mai più.» Ed era più sincero che mai. Non l'avrebbe più lasciata, costi quel che costi. 
Non avrebbe mai immaginato che andarsene avrebbe provocato qualcosa di simile e ora che se ne era reso conto, niente l'avrebbe più costretto a lasciarla sola, ma di una cosa era certo: quella dipendenza doveva finire. Odiava il fatto che la sua lontananza la facesse soffrire così tanto, odiava il fatto che la causa di ciò fosse lui.
Non meritava di soffrire. Non poteva essere un altro peso nella sua vita. 
«Niall..» sussurrò. «Sì?» Lei si asciugò le lacrime con una manica e alzò il viso per guardarlo negli occhi, tenendo la stoffa della sua maglietta serrata in dei pugni, come se in qualche modo potesse sfuggirle. «Portami con te, non voglio andare a scuola.» «Sai, dovrei andarci anch'io.» «Tanto non ci vai mai.» «Potrei sempre ricominciare insieme a te.» «..Beh, non oggi.» Niall sorrise e le diede un bacio lieve sulla guancia. «Posso vedere uno dei tuoi soliti sorrisi ora?» «..Non ce la faccio.» balbettò, sul procinto di riscoppiare a piangere. Lui la prese per i fianchi e la attirò più forte a sè. «Ce la puoi fare.» «..No, davvero, N..» «E' il giorno del tuo compleanno, io voglio che tu sorrida.» 
Si guardarono negli occhi, poi la ragazza provò ad abbozzare un sorriso, anche se ne uscì una smorfia. Niall rise. E a quel punto, udendo quella risata melodiosa e allo stesso tempo così contagiosa, sorrise, come non aveva mai fatto nel giorno del suo compleanno. Il ragazzo con un'espressione soddisfatta le prese le mani piccole e gelide, ancora impegnate a stringergli la maglia. «Lo vedi che ce l'hai fatta?» «E' solo grazie a te.» A quelle parole, un'altra lama affondò. No, non doveva essere grazie a lui. Non poteva. «Ne saresti stata capace anche da sola.» «Ti sbagli, Niall, ti sbagli di grosso.» «Non contraddirmi, okay? Ce l'avresti fatta anche da sola, e ora vieni con me.» disse, sciogliendo la presa. «Dove andiamo?» «Ti porto in un posto.» Lei curiosa, si alzò insieme a lui e lo seguì. Niall lasciò dei soldi sul bancone, per il caffè, poi uscirono dal bar. Faith provava a prendergli la mano, ma lui evitava in tutti i modi: non sopportava certe smancerie, specialmente in pubblico. Per quanto si fosse affezionato a lei, rimaneva sempre molto distaccato. Era forse uno dei suoi peggiori difetti. Salirono in macchina, parcheggiata proprio lì di fronte, e il ragazzo mise in moto, partendo. 
Lei lo guardava ogni tanto con la coda dell'occhio, sorridendo. Non era mai stata più felice: per quanto il dolore la sovrastasse, buttandola giù, quel pizzico di felicità le dava la voglia di rinascere. Non le importava se Niall fosse freddo, se a volte la evitava, a lei bastava averlo vicino, poterlo vedere tutti i giorni: quei piccoli gesti che la rimettevano sempre di buonumore.
«..Posso sapere dove stiamo andando?» azzardò a chiedere. «Non la pianterai fino a che non te lo dico, vero?» Faith annuì. «Beh.. Andiamo a casa di un mio amico. Ha una villa a circa un quarto d'ora da qua.»  Cosa? No, no. Già aveva a che fare con lui, figuriamoci con un altro dei suoi amici mezzi schizzati. «E che andiamo a fare a casa del tuo amico?» «Ti mostro il posto, poi deciderai se venire o meno a vivere con noi per un pò.» Lei deglutì rumorosamente. «N-Niall, io non vorrei dirtelo, ma.. non..» «Non ti fidi?» «Non che non mi fidi di te, non mi fido dei tuoi amici.. insomma, so come eri prima di conoscerci e non voglio immaginare come siano loro.» Niall lasciò una mano al volante e con l'altra le afferrò la mano, abbozzando un sorriso. «Andrà tutto bene. Gli ho già parlato vagamente di te..» Andiamo Niall, non mentire, l'hai assillato.  «..e conosce già alcune delle tue abitudini. Ti darà i tuoi spazi, è un tipo riservato, non preoccuparti. Non si immischierà.» Eppure lei non era tranquilla neanche un pò. «Ma Niall..voi avete le vostre abitudini, io ho le mie. Che ne so di cosa combinate. Non voglio entrare a far parte di tutto ciò, non voglio che tu mi ci metta dentro. Io stavo cercando di tirar fuori te se non sbaglio.» disse, sciogliendo la presa bruscamente, sebbene non avesse voluto farlo di proposito. Lui la guardò, trattenendosi. Dio, quegli atteggiamenti gli facevano perdere il lume della ragione. «E io sto cercando di tirar fuori te ora, quindi vedi di far poco la stronza.» ribattè con acidità. Faith si sentì trafiggire. Stupida, stupida, stupida. Lei e i suoi stupidi istinti. «..Mi dispiace.» sussurrò. «Ti dispiace?» 
Accostò la macchina improvvisamente e le afferrò le braccia con violenza, come a volerla smuovere da quello stato di trans. E in effetti era così, quello era il suo obiettivo. «Faith, a te non dispiace, tu non sei così. Tu controbatti sempre, tu mi mandi anche a quel paese se vuoi. Reagisci!» Lei abbassò lo sguardo, impaurita. Aveva paura che persino lui potesse farle del male. «Faith, reagisci o vuoi ammettere di essere stronza? Eh?» La scosse. Faith a quel gesto non si rivoltò.. scoppiò a piangere. «Io non sono una stronza..» mormorava tra le lacrime. Il ragazzo allentò la presa a quella reazione: non poteva crederci. Era completamente persa, disperata, nel vero senso della parola. Non c'era rimasto niente della Faith di tanto tempo fa. Aveva bisogno d'aiuto, un serio bisogno d'aiuto. «Non farmi male.» balbettò, iniziando a singhiozzare. «Dio, Faith..» sospirò e la prese a sè, attirandola al suo petto. Tremava come una foglia. Era diventata così piccola e indifesa in così poco tempo. Non era più la solita ragazza sorridente, gioiosa, sempre positiva, piena di grinta, era un'altra, un'altra che non riconosceva e che faceva paura persino a lui. «Io non potrei mai farti del male.» sussurrò. «Io voglio solo aiutarti.. non avrei mai pensato che avresti reagito così.» «Scusa..» disse, continuando a balbettare. «Piantala di chiedermi scusa. Non c'è motivo, okay? Tu sei migliore di me e di chiunque altro e se c'è qualcuno che sbaglia, sono loro, non te.» Eppure per lei quelle parole erano inutili. Si sentiva la colpa di tutto.
 
 
Il campanello suonò, rumorosamente.
Dylan balzò in piedi dal suo letto e barcollante si diresse alla porta. Si diede una veloce sistemata ai capelli e aprì. 
Di fronte a lui, il suo amico e la moretta bassina, di cui tanto parlava, ma della quale non ricordava bene neanche il nome. Ragazze e amore lo annoiavano troppo per potergli permettere di concentrarsi su dei discorsi come quelli di Niall. Vederla dal vivo comunque era una conquista. 
«Ciao Niall, ciao..ehm..» Niall fece per dirgli la risposta, ma lui lo bloccò. «Andiamo Nialler, non sono così ritardato, ci sono quasi. Eccolo..eccolo..» «Dylan, non facciamola lunga, si chiama..» «Ah! Si chiama Faith! Ho azzeccato?» esclamò soddisfatto. La ragazza sorrise. «Piacere.» gli tese la mano. L'altro la strinse. «Lo sapevo, che geniaccio. Piacere mio, Dylan..entrate pure.» Sorrise e gli fece ingresso, scostandosi dalla soglia. Faith entrò con la precedenza di Niall, poi si chiuse la porta alle spalle. I due intanto avevano preso subito a confabulare tra di loro, a scherzare e darsi qualche spinta giocosa. Lei rimase in un angolino, ancora vicino alla soglia, a guardarsi intorno. Voleva fuggire via, nonostante fosse appena entrata. «Scusatemi..» azzardò ad interromperli. Dylan si voltò, mentre Niall si era diretto in cucina per spizzicare qualcosa. «Posso sapere dov'è il bagno?» «Oh, al piano di sopra. Prima porta a sinistra, in fondo al corridoio.» «Okay, grazie mille.» sussurrò, incamminandosi a sguardo basso. Il ragazzo la guardò stranito, poi raggiunse l'amico. Era veramente una tipa curiosa. «Ehi fratello, sicuro che sia la Faith che mi hai descritto?» domandò, quasi ridendo. Lui scosse la testa. «Comincio ad avere qualche dubbio.. è cambiata da quando me ne sono andato.» «..Cambiata come?» chiese, stranamente incuriosito.  «Beh.. prima era solare, era positiva, era piena di energie, nonostante ciò che ti ho raccontato.. ora sembra che lentamente stia cadendo nella depressione più totale, a meno che non ci sia già finita.. Non reagisce a nessuno stimolo. Piange, piange e basta.» «..Che ne dici se le diamo un sonnifero e la mettiamo a dormire?» «Non so se le farebbe bene.» «Oh, io penso di sì. Dormirà un pò e intanto io e te penseremo al da fare.» «Amico, non è una stronzata. Ha bisogno di aiuto, non di un peggioramento.» «Pensi che sia qua per ammazzarla o intossicarla con qualcosa? Spiegami.» «No, è che.. voglio prendermi cura di lei come si deve.» «Wohoo, Niall Horan che si preoccupa per una ragazza. Evento da segnare, gente.» «Ma piantala.» disse, dandogli uno spintone amichevole. Risero.
Faith ri-scese giù poco dopo e Dylan come stabilito gli offrì una tazza di tè, con dentro sciolto un sonnifero. 
Si sedette su uno sgabello e Niall le si mise accanto, pronto a sorreggerla quando sarebbe caduta nel sonno più totale. 
«Allora, Faith, mai provata una canna?» domandò il moretto, scherzando. 
Il biondo fece per alzarsi e menarlo, al che l'altro scoppiò a ridere. La ragazza li guardava leggermente stordita. 
«Stavo scherzando, non preoccuparti.» mormorò. Lei fece spallucce e continuò a bere. Si sentiva così in imbarazzo là dentro, non le era mai capitato qualcosa di simile. 
Niall le stava appiccicato come una cozza, Dylan la osservava continuamente: temeva che nascondessero qualcosa e aveva un pò di paura. 
Ad un certo punto sentì una gran botta di sonno pervaderla, aveva la vista sdoppiata. Poggiò la tazza sul tavolo e barcollando da seduta, cadde sulla spalla del ragazzo, che la afferrò, prima che cadesse. «Sono tanto stanca..» biascicò. «Sssh, dormi, dormi.» sussurrò. Non ebbe il tempo di pensare a cosa avessero combinato, che già era caduta vittima del sonno. Dylan soddisfatto, raggiunse i due e fece per prenderla per farla sdraiare. A quel punto Niall lo fulminò con un solo sguardo e la strinse più forte a sè, come una mamma che proteggeva il suo cucciolo. 
La prese in braccio e la mise delicatamente sul divano, mettendole sulle spalle il suo giacchino per non farle prendere freddo. L'amico lo guardava stralunato, ma allo stesso tempo sorpreso: quando mai quel ragazzo aveva fatto una cosa simile? Era la prima volta che ce lo vedeva ed era come se davanti a lui ci fosse una persona totalmente diversa. 
I suoi occhi di fronte a lei gridavano amore, come i suoi gesti che seppur non così sdolcinati, profondi. Non era mai stato un tipo aperto e spontaneo, perciò quelle piccole cose per lui erano un traguardo. Era come aver raggiunto finalmente la punta di un monte. 
«La ami?» chiese Dylan, tutto d'un tratto. Niall alzò lo sguardo e lo fissò come se avesse appena ricevuto una pallonata in faccia: quella domanda lo spiazzò totalmente. «Cosa?» «Hai capito bene. La ami Niall? Ami quella ragazza?» «Io...» Guardò un istante il suo viso angelico mentre dormiva rannicchiata su se stessa, le sue piccole mani nascoste nelle maniche. 
 
 
Si voltò verso di lui un'ultima volta. «I miei genitori pagheranno la cauzione anche per lui, può farlo uscire.»
 
«Faith, corri al piano di sopra, corri!» ordinò. Lei esitò. «Non se non vieni anche tu.» «Non posso lasciare tutto nelle mani di quei bastardi.» «Neanche la tua vita.» Si avvicinò e gli afferrò la mano saldamente. «Ti prego, Niall.»
 
Si buttò tra le sue braccia e riprese a piangere. Tremava ancora dalla paura. Niall sentì un sussulto dentro di sè.A quel gesto, gli occhi gli diventarono lucidi: era da quando era morta sua zia che nessuno l'aveva mai abbracciato. Nessuno aveva mai osato avvicinarsi a lui in quel modo. Lentamente, come un bambino alle prime armi, la circondò con le braccia. Piano piano la strinse a sè. «Scusa Niall, scusa. Sono un'imbranata, lo so, ma..» disse tra i singhiozzi. «Shh, è tutto apposto.» sussurrò lui. 
 
«Senti Faith, mi dispiace.» disse tutto d'un fiato, interrompendola.
 
Niall stava appena uscendo dalla stanza, svegliato dalle urla, quando Faith gli saltò addosso. «Ci hanno trovati! Kyle è qui!» esclamò con il sorriso stampato in faccia. Il ragazzo ancora assonnato sorrise e strinse l'abbraccio. Era così ingenua e semplice.
 
Faith si avvicinò a lui e gli prese il viso tra le sue piccole mani gelide. «..Fanne buon uso, hai capito?..Ti prego.» sussurrò. Il ragazzo annuì debolmente.. «..Perchè fai così?» domandò con lo stesso tono di voce. «..Tu dammi solo ascolto.» sibilò.
 
 
I soldi. Il padre. Solo in quel momento ripensandoci aveva capito, lei non gliel'aveva mai detto. Era tutto collegato.
Lei aveva rischiato la vita per lui.
Lei l'aveva aiutato mettendo se stessa in secondo piano.
Di nuovo.
«Niall, ci sei?» fece l'amico, richiamandolo sul pianeta Terra. Niall alzò il viso. «Credo di sì.. credo di amarla.» 
L'altro sorrise. «Immaginavo.. allora vieni con me e troviamo un modo per farla riprendere, forse ho qualche idea.» «Del tipo?» «Siediti.» gli indicò uno sgabello di fronte al tavolo. Si misero l'uno di fronte all'altro, come se dovessero discutere di un affare. Quando c'era da decidere qualcosa, era sempre così.
«Hai detto che non reagisce più a nessuno stimolo da quando te ne sei andato, giusto?» «Esatto.» «...Quindi se tu il suo punto debole, ma anche il suo punto su cui sorreggersi.» «A quanto pare.» rispose sospirando. Dylan annuì e si perse un attimo nei suoi pensieri, per poter elaborare cosa fare e cosa non. Niall lo guardava interrogativo, ma allo stesso tempo un pò spaventato. Chissà che gli passava per la testa. Era sempre stato un tipo lunatico. 
«E.. l'hai mai baciata?» «No, mai. E non intendo farlo.» «Invece lo farai.» «Ma cosa..? Questo sarebbe il tuo piano geniale?» sbottò, aprendo le braccia di fronte alla sua stupidità. «No, ascoltami. Non ho finito.» «Beh, sentiamo allora.» «Mi hai detto che è una ragazza con molta grinta, una che ribatte sempre e ora non lo fa più. Allora agiremo su tutti i suoi punti deboli, anzi, tu lo farai, e dovremo farla arrabbiare. Arrabbiare a morte.» «E..come intendi fare?» «Uscirete insieme, organizzerai qualcosa di romantico..» «Ma io non sono..» sbuffò bloccandolo. Dylan continuò imperterrito come se non l'avesse sentito. «..la bacerai, poi non appena capiterà l'occasione.. SBAM, la tradirai con quella che odia di più.» concluse con enfasi. Ma la risposta di Niall fu contraria alle sue aspettative. «Tu sei un cretino.» «Andiamo Nialler, un piano migliore di questo dove lo trovi?» «Non hai capito un cazzo di come sta messa quella ragazza. Lei, rischia di cadere in depressione, se dovesse vedermi baciare un'altra, quella che odia di più oltretutto, non so come potrebbe andare a finire, non so la reazione che avrebbe. E' troppo rischioso.» «Sei tu che non hai capito un cazzo. Tu la aiuterai a riprendersi dopo averla baciata, perchè io sono sicuro che dopo quel bacio ritornerà la solita Faith di sempre, perlomeno un pò. E quando ti vedrà tradirla, e vedrà il suo sogno infrangersi davanti ai suoi occhi..» «..ricomincerà a piangere, a chiudersi in camera e non mangiare.» «No, si arrabbierà con te. Rifletti: tu pochi giorni prima ti confessi, la baci e poi di punto in bianco baci un'altra. Cosa potrebbe fare? Correre da te e menarti, perchè chiunque lo farebbe.» fece, gesticolando. 
Il biondino non era del tutto convinto ancora. Faith era troppo debole per poter sopportare qualcosa di simile. «Niall, devi rischiare per il suo bene.» «No, sto solo rischiando di perderla. Agire sul suo punto debole in questa situazione è come spingerla a smettere di vivere.» «..Ascoltami bene. O rischi, o rischi. Non hai vie di scampo.» «Io non ce la farei mai a baciare un'altra dopo di lei. Non riuscirei a farle così male.» «E allora che intendi fare?» «Io penso che le serva solo stare un pò di tempo con me, e nessun altro.» «E tu credi che basti?» «Vedremo.. Forse ho qualche idea.» «Ovvero?» «Hai ancora il sacco da boxe in cantina?» «Penso di sì.» «Bene, tiralo fuori.» «..Ma Faith non è in grado di..» «Faith è in grado. Ce l'ha col mondo intero, ha bisogno di sfogarsi e lo sta facendo buttandosi giù e piangendo. Io devo cambiare il suo punto di vista, e so come fare. Mi serve solo la casa libera e ciò che ti ho detto. Entro domani.» Dylan alzò il sopracciglio. «Agli ordini capo.» rispose poi ironico.
 
 
9.00 p.m.
 
Un telefono continuava a trillare. Si rigirò nel letto.
Trillava ancora, sempre più forte. Strinse il cuscino tra le mani. 
Sentiva che doveva rispondere, ma non aveva il coraggio.
Il suono si avvicinava sempre di più, le martellava le orecchie. Due mani gelide gliele coprirono come a proteggerla, ma a quel punto il respiro le venne a mancare.
Calò il buio.
Solo il telefono era illuminato da una piccola luce flebile, retto da una mano. Una mano che non riusciva a riconoscere. Una mano forte, che sapeva sarebbe stata in grado di poterla distruggere. E più quella mano stringeva l'oggetto, più le mani che la proteggevano da quel suono si andavano sgretolando, come un muro ormai decadente. Cercava di sorreggerle, eppure non ci riusciva. Non riusciva ad afferrarle. E sapeva che quando sarebbero cadute lei sarebbe rimasta sola. Aveva paura, non sentiva più il suo corpo, stava per cadere. E le gambe tremavano. E le mani si sgretolavano sempre di più. E un freddo gelido la immobilizzò, come se fosse appena stata costretta ad aspettare la sua fine. 
Il suono ritornava, mentre chi la proteggeva scompariva, e.. 
 
Urlò.
Niall sentendola balzò su se stesso, come fece lei non appena aprì gli occhi. 
Aveva il fiato appiccato, la fronte imperlata da sudore freddo e tremava. 
Nelle sue mani stringeva ancora un lembo delle lenzuola, seppur con una stretta molto fragile. 
Le immagini del sogno le viaggiavano ancora nella mente come se fossero reali, come se ciò fosse appena accaduto: il telefono, le mani, lo squillo, il buio opprimente. Li sentiva vicini a lei.
Si guardò intorno. Era a casa di Dylan, dove era sempre stata fino a quel pomeriggio, ed erano le nove spaccate. Non ricordava nulla precisamente, sapeva solo di essersi addormentata e di aver dormito fino a quel momento.
La sua stanza era buia pesta, ma soprattutto era sola e ciò la spinse a tremare ancora più violentemente. Aveva paura. Non capiva il motivo, non se ne capacitava, ma aveva bisogno di qualcuno accanto a sè in quel momento.
Più cercava di togliersi quelle immagini dalla mente, e più ritornavano.
Fin da piccola, ogni volta che aveva gli incubi, si svegliava e andava da Kyle, raccontandogli tutto. E lui ascoltava, in silenzio, talvolta sorridendo di fronte alla sua paura così evidente eppure così infondata. Poi la abbracciava e la accoglieva nel suo letto.
Ora non c'era nessuno disposto a fare ciò. Niall dormiva, che importava a lui? Figuriamoci poi a Dylan. Un estraneo.
Non appena fece per rimettersi sotto le coperte arresa e ancora tremolante, un filo di luce illuminò la stanza. Proveniva dalla porta. Faith alzò lo sguardo e vide Niall sulla soglia che la guardava preoccupato. «Faith, che è successo?» domandó. Lei scosse la testa come a voler lasciar perdere e si sdraiò tra le lenzuola, per nascondere il suo tremore.
Il ragazzo non era del tutto convinto. Entrò dentro, si chiuse la porta alle spalle e la raggiunse, sdraiandosi accanto a lei sotto le coperte. Notò che il materasso tremava sotto di lei ed il cuscino era leggermente bagnato dal sudore. Sorrise. «Hai fatto un incubo?» sussurrò. Faith lo guardò ancora spaventata, come un cucciolo abbandonato per strada. «Sì.» «E che hai sognato?» domandò curioso mentre la avvicinava al suo petto, circondandole le spalle con un braccio. «Un telefono che squillava, una stanza buia. Faceva freddo e c'era qualcuno che..che voleva proteggermi da quel suono, tappandomi le orecchie, ma poi è arrivata una mano.. una mano che sorreggeva il telefono. E più lo stringeva e più le mani che mi proteggevano, si sgretolavano. Fino a che non se ne sono andate del tutto e sono rimasta.. sola..» sussurrò. «Ti ha spaventata così tanto?» «..era tutto così reale. Avevo paura Niall, ne avevo davvero. Sentivo tutto ciò sulla mia pelle.» Aveva ripreso a tremare. Niall la strinse più forte e le baciò la fronte. «Beh ora ci sono io, è tutto apposto, okay? Non devi tremare e non devi aver paura. Nessuno si avvicinerà a te.» le disse sull'orecchio. Faith affondò la testa nel suo petto e inspirò il suo profumo, perdendosi in una scia di tranquillità. «..Resta con me.» Lui sorrise di nuovo e la accarezzò. «Non me ne vado, promesso.. ma tu devi ricambiare il favore.»  «E cosa dovrei fare?» domandò inarcando un sopracciglio. «Devi promettermi che tra cinque minuti ti alzerai, prenderai uno dei tuoi vestiti migliori e verrai con me.» «Cosa? E dove?» «Sorpresa.» sussurrò, dandole un bacio sulla guancia. Faith si raggomitolò su se stessa. Tanto valeva godersi quei cinque minuti.
 


ciao pimpiii. 
questa volta ce l'ho fatta.
non ci ho messo dieci giorni, ma una settimana. fuck yeah. B| (come se cambiasse tanto)
allora, veniamo a noi.
questo capitolo è particolare, soprattutto l'ultima parte.
vi invito a rifletterci (?) e a ricordarvela per il prossimo capitolo e i prossimi ancora.
perchè è da ciò che parte tutto, diciamo.
nel prossimo capitolo ci sarà la festa di compleanno, blabla, ma ci saranno anche tante cose fkjng infatti ouo
poi non vi anticipo niente. ee
 
all'inizio avevo intenzione di attuare l'idea di dylan, poi ci ho ripensato, perchè niall ha ragione. lei si deprimerebbe, non si rimetterebbe. lol
poooi. un'ultima cosa che devo dirvi, è che, ho creato un trailer della ff.
è un pò struppio, cioè, tanto struppio, ma io non li so usare quei programmi complicati, capitemi.
ci ho messo un pomeriggio, se solo ci ripenso mi viene da vomitare. (?)
e poi mi sa che ho finito le cose da dire, vi ho detto tutto.
a parte che da ora comincia la vera storia, perchè il prologo è finito, ma questa già la sapevate. 
la mia prof dice sempre che non si inizia un periodo con la e, e infatti è vero, ma io lo inizio sempre con la e perchè è carino. ouo
dalla serie: cambiamo le regole grammaticali perchè noi può.
però vabbeh, io lo leggo ovunque, talvolta anche nei libri sta cosa di iniziare il periodo con la e, quindi... quindi niente. quindi io ho le mie teorie.
ora che ho chiacchierato abbastanza mi dileguo. 
recensite eh. ouo
sono passata da 10 recensioni a 7. finirò a due. (?) HAHAHAHAHAHA

bye. 

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