E così una sigaretta mi uccise

di Hisana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** So call me killer ***
Capitolo 2: *** Liberare il mondo dal male ? ***



Capitolo 1
*** So call me killer ***


Mi chiamo Esme, Esme Chester, o almeno così ricordo prima che uccidessero il mio presente. Ero una normale ragazza di 23 anni che per vivere faceva la commessa, anche se avevo avuto più aspettative, ma con le aspettative non si paga ne l’affitto ne si mangia.
Avevo avuto un’infanzia nella norma ed avevo lasciato gli studi a 15 anni.
Il giorno in cui cambiai, ancora lo ricordo come se fosse ieri. Come al solito stavo andando a lavoro a piedi, naturalmente non potevo permettermi una macchina ed il lavoro non era tanto distante da casa. Sentivo che qualcuno mi seguiva o che qualcosa stava per accadere e voletti ascoltare quella vocina nel mio cervello che mi urlava –Sbrigati, accelera il passo- e così feci , ma riuscirono a raggiungermi ugualmente. M’incappucciarono, legarono e mi caricarono sopra un furgoncino. Pregai di morire perché non avevo idea di cosa mi avrebbero fatto.  Dopo un tempo che mi sembrò infinito, mi tolsero il cappuccio dalla testa e finalmente rividi la luce. Ero in un luogo molto buio illuminato solo da una lampadina sopra di me, avrei detto che fosse una cantina ma non c’avrei giurato. Alla fine i miei occhi incrociarono quelli dei malintenzionati. Il primo aveva degli occhi minacciosi, vestito quasi come un soldato, in tenuta militare, mentre il secondo sembrava più pacato e tranquillo vestito con jeans ed una maglietta nera.
-Benvenuta Esme-.  Parlò il ragazzo più tranquillo. Semplice frase ma forte contenuto.
-Come fate a sapere chi sono, chi siete, cosa volete da me e … dove sono ?-. Erano domande semplici e volevo delle spiegazioni.
-Ti abbiamo seguita per tempo, sappiamo dove abiti, con chi lavori , chi frequenti e tutto questo ad uno scopo.-
-E cioè ? –.
-Vogliamo che lavori con noi, o per meglio dire , con noi.-
-Voglio una sigaretta.-
-Come scusa?-
-Voglio una fottuta sigaretta.- Mi accontentarono. Se prima o poi sarei dovuta morire volevo prima fumare.
-Adesso ditemi cose volete che faccia.-
-Secondo te con questa cosa dovrai farci ? – Il ragazzo più minaccioso buttò, su un tavolo posto al centro della stanza, una pistola.
-Volete che uccida qualcuno ?-
-Per esattezza quel qualcuno è chi stupra o uccide altre persone, bisogna eliminare chi commette questi atti orribili. Adesso tu non mi dovrai dire se accetti, ma se lo fai prenderai quella pistola, la metterai nella tua borsa, tornerai a casa e la lascerai lì per poter tornare a lavoro. Alla fine della giornata riceverai per e-mail con la foto della persona che dovrai cercare ed eliminare. Però ricorda che se non accetti non vivrai a lungo.-
Non comprendevo ancora cosa stavo facendo ma mi alzai, presi la pistola ed uscii sotto gli occhi increduli di quegli uomini. Seguii tutte le loro istruzioni e la sera per e-mail mi arrivò la foto di un uomo con scritto –Soggetto numero1. Cercare, individuare, eliminare. MISSIONE 1.-
La mia missione, come la definivano, era quella di dare fuoco al diritto inviolabile della vita e quindi sentivo che stavo sbagliando ma allo stresso tempo agivo nel modo giusto.
Iniziai a cercare su internet, sui social network, fortunatamente sapevo come gestire un computer, e poi finalmente dopo due giorni di ricerche lo trovai.
Dopo essermi appuntata l’indirizzo su un foglietto decisi che dopo il lavoro l’avrei seguito per capire, come hanno fatto con me, abitudini e persone che frequentava. Era un normale giornalaio con un vizio: stuprare le donne, ma non le sceglieva, a lui bastava la bellezza e questo suo desiderio si accendeva. Sapevo che l’avrei dovuto eliminare ma avrei dovuto decidere quando. Mi dispiaceva solo di una cosa e cioè che avrebbe lasciato moglie e figli, ma una persona così meglio perderla che trovarla.
La sera, prima di rincasare, andava in un bar, avvicinava una donna e poi la invitava per una passeggiata in macchina che sarebbe diventata la sua più brutta serata di tutta la vita.
Decisi che per ucciderlo sarei dovuta essere io la vittima. Mi feci avvicinare e accettai l’invito che poneva ad ogni gentil donna. Arrivati al momento in cui lui avrebbe fatto la sua mossa da stupratore gli puntai la pistola alla testa.
-Dì le tue ultime parole stai prendendo un viaggio di sola andata per l’inferno-.
-Non mi uccidere ho moglie e figli ! –
-Io mi vergognerei ad avere un marito o padre come te ma comunque hai sprecato le tue ultime parole-.
Premetti il grilletto ed il proiettile gli trapassò il cranio e adesso quella persona che aveva arrecato tanta sofferenza era un corpo che avrebbe marcito all’inferno. 

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Capitolo 2
*** Liberare il mondo dal male ? ***


Cosa avevo fatto ?
Avevo appena ucciso un uomo e la cosa mi faceva sentire non contenta ma soddisfatta per aver completato un’azione difficile ma allo stesso tempo buona per il resto del mondo che non avrebbe più sofferto per un verme.
Avevo l’adrenalina addosso e dovevo tornare a casa.
Uscii dalla macchina, dopo aver pulito per bene le mie impronte per far sembrare tutto quello un suicidio e presi un taxi. Mi feci una doccia e subito dopo mi arrivò una telefonata da un numero sconosciuto.
-Pronto ?-
-Esme siamo noi.-
-Noi chi ? –
-Gli stronzi che ti hanno affidato la missione.-
-Ditemi.-
-Ne abbiamo un’altra ma sappi che è più complicata.-
-Ma perché non mi lasciate in pace, quel è il vostro problema ? State reclutando dei killer per riportare la pace nel mondo ? – Non capivo cosa volessero ancora da me, eppure avevo fatto ciò che volevano.
-Brava –sentii come una applauso- hai azzeccato la nostra idea, diciamo che è quello il nostro scopo in un certo qual modo.–
E adesso ? Ero un’assassina ? La mia vita l’avrebbero buttata al cesso per lasciare posto a quella di una killer ?
-E quindi il mio lavoro non è finito ? –
-Esatto-
-Immagino che tutte le informazioni sul nuovo così detto cliente me le mandiate per posta.-
-Vedo impari in fretta.- Sorrisi, per diventare come volevano dovevo immergermi nel ruolo.
-Ok.-
-Ma ricorda di non farti notare e quindi non trascurare le cose essenziali. – Attaccarono e io contemporaneamente.
Il nuovo personaggio si chiama Daniel Rodefix, muratore, con una fidanzata. Vive in una roulotte dall’altra parte della città, accidenti. Tendenzialmente psicopatico e tossico dipendente. Nulla di meglio da eliminare sapendo anche che la sua attività preferita è uccidere per droga. Immagino anche che magari sia un narcotrafficante. Bel lavoretto, non se lo potevano sbrigate da soli ?
Andai a dormire per riposare la testa da tutto il trambusto.
Mi svegliai stranamente di buon umore ed andai a lavoro. Mi attendeva un giovedì abbastanza leggero quindi appena staccai tornai a casa per cambiarmi. Ero vestita di nero dalla testa ai piedi con il cappuccio della felpa sulla testa. Mi sentivo una gangster davanti allo specchio e mi misi a ridere. Dovevo agire quasi esattamente come con l’altro coglione, ma sarei dovuta essere più cauta sapendo che Daniel aveva un arma sempre con se.
Avevo trovato il posto in cui lavorava e sapevo a che ora finiva e da quell’ora l’avrei seguito. Camminò fino alla macchina con diffidenza da chiunque gli passasse vicino. Arrivò in un bar e parcheggiò sul retro e da lì entrò. Io decisi di entrare dalla porta principale per non poter essere sospettata e iniziai a guardarmi in giro per vedere se lo trovavo. Nulla. Nel locale risuonava musica anni 70 e ragazze con molto poco addosso. Il barista era un tipo molto strano con capelli lunghi legati e vestiti da hippie. Aveva un sorriso dipinto in faccia che non spariva mai, chissà se fosse la presenza di ragazze.
Mi sembrava di essere osservata da tutti o era soltanto paranoia ed iniziai a pensare. Doveva esserci una stanza nel retro e quindi mi mossi nel locale con tutta tranquillità cercando di non farmi notare e alla fine la trovai. Una porta con su scritto “Accesso consentito solo ai dipendenti”. Si, dipendenti del locale o della droga ? Bella domanda a cui avrei dato presto una risposta.
Non volevo girovagare troppo perciò ordinai un drink e poi tornai in macchina, abbassai i finestrini e mi accesi una sigaretta in attesa di Daniel. Due ore dopo lo vidi uscire e stringere la mano ad un uomo, sentii anche un grazie e poi tornò in macchina. Feci in tempo a scattare un paio di foto per ricordarmi di dare un’occhiata all’uomo.
La mia macchina era distante due metri da quella di Daniel e la sua era illuminata da un lampione quindi riuscii a vedere mentre si faceva. Bravo, complimenti. Dovevo pensare a quando mettere fine alla sua ridicola vita fatta di bugie. Chissà se la fidanzata sapesse chi fosse Daniel o magari era una proprio come lui, amante della droga e delle pallottole facili. Ero troppo sovrappensiero per accorgermi che aveva messo in moto l’auto ma appena sentii che metteva la retromarcia il mio cervello mi urlò di aprire gli occhi e guardare dove andava. Così feci e lo seguii a debita distanza fino a quando non arrivò in una strada deserta che portava ad un piazzale in cui era parcheggiata una roulotte.
Lui parcheggiò e la porta di quella casa mobile si aprì. Uscì una ragazza non molto alta, bionda e con grandi tette. Ha buoni gusti questo coglione. Corse verso Daniel che stava chiudendo la macchina e gli iniziò ad inveire contro.
“Dove sei stato ? Ce l’hai la roba ? Perché ci hai messo tanto ? Ti sei messo a parlare con qualche puttana ?”.
Anche molto educata la ragazza. Vestita in pantaloncini cortissimi, top attillato e un paio di ciabatte. Daniel non gli badò ed entrò dentro la roulotte e lei lo seguì continuando ad urlare. Chiusa quella porta l’unica cosa che si sentiva era tristezza, non concreta che si poteva toccare ma come la tensione si poteva tagliare anche essa si sarebbe potuta cancellare o almeno allentare per far respirare quei due e farli affacciare alla vita per capire quanta ne hanno sprecata.
Era inutile continuare a pensare perciò tornai a casa in tutta tranquillità e ne approfittai per prendermi un gelato. Si, non faceva caldo ma ne avevo voglia.
Alzai lo sguardo ed il cielo era sereno, illuminato dalla luna e percorsi il tratto di strada a piedi per godermi quella serata.

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