Fragola e Tequila

di CharlotteisnotReal__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***



Capitolo 1
*** I ***


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I

 
Lost and insecure... you found me, you found me 
Lying on the floor... surrounded, surrounded 
Why'd you have to wait?... Where were you? Where were you? 
Just a little late... you found me, You found me


 
Michelle Miller è una ragazza di diciotto anni.
Non ha più una madre e non ha mai avuto un padre -o almeno così le piace pensare- in compenso, però, ha una sorella maggiore, Minerva, sempre al suo fianco ed un gatto nero di nome Salem pronti a darle tutto l'affetto di cui ha bisogno.
 
Thomas Matthew DeLonge è un uomo di trentasette anni.
Ha una madre che darebbe tutto per lui ed un padre che lo ha ama talmente tanto da avergli dato il suo nome, ma ha una moglie che lo rinnega e degli amici -meglio una seconda famiglia- che stentano a riconoscerlo.
 
Michelle non ha mai avuto tanto e quel poco che aveva se l'era sempre fatto bastare. Finché svegliandosi la mattina aveva il suo tè caldo, preparatole amorevolmente da Minerva, le unghie laccate di rosso ed un obbiettivo qualsiasi con cui fotografare paesaggi, volti e cose inanimate Michelle poteva dirsi felice.
 
Thomas, invece, aveva sempre avuto tutto. Soldi, fama, ricchezze... Eppure non era mai contento. Aveva viaggiato il mondo, suonato la chitarra fino a far si che i polpastrelli sanguinassero, aveva una casa da sogno e dei fan che lo amavano quasi quanto i suoi compagni d'avventura che ormai erano fratelli, ma mai aveva assaggiato anche solo lontanamente la felicità.
 
Michelle, quando pioveva, amava chiudersi in casa, appostarsi alla finestra e carezzare il morbido pelo del suo gatto beandosi del tintinnio dell'acqua a contatto col vetro e dello scrosciare di essa fra le foglie degli alberi di fronte al suo appartamento o sulla fredda strada.
 
Thomas, quando pioveva, di sentiva come se il mondo gli fosse crollato addosso -anche più del solito- e preferiva affogare i dispiaceri nell'alcol, dimenticandosi del bagnato della pioggia e concentrandosi più sulle voci di chi, come lui, era rintanato in un modesto bar della periferia di San Diego. 
 
Michelle odiava i bar, come odiava chi beveva. Odiava l'odore acre dell'alcol, odiava i bicchieri nei quali veniva servito, le bevande con cui andava mischiato e in quel momento odiava sua sorella, che l'aveva convinta ad uscire quel sabato sera, lasciando Salem da solo alla finestra. Ma più di tutto odiava sua madre per aver ceduto a quel vizio così troppo debole.
 
Thomas era –inconsapevolmente- un alcolizzato; un bevitore il quale non poteva resistere ai piaceri dell'alcol, ragion per cui stentava a capire gli astemi, per lui troppo occupati a disprezzare un bicchiere di birra per accorgersi di quanto gradevole possa invece esser. Forse più degli astemi poco poteva sopportare le giovani ragazzine -come le due che sedevano al bancone- che, la sera, uscivano a bere con la scusa del divertirsi, ma che in realtà si sentivano solo più grandi con un bicchiere fra le mani.
 
Michelle, in quel momento, solo voleva tornare a casa e dimenticarsi di quel sudicio barista che ci stava provando spudoratamente con lei e sua sorella , quando la sua unica preoccupazione sarebbe dovuta esser quella di servir drink; e avrebbe voluto dimenticare più che volentieri gli scomodi quanto alti sgabelli troppo appiccicati a quel freddo banco in marmo.
 
Thomas non si reggeva più, nonostante fosse già seduto, e, dopo aver inghiottito l'ultimo sorso della sua tequila poggiò stanco la testa su quel tavolo solitario, all'angolo dell'entrata, sperando solo che nessuno gli soffiasse il portafogli approfittando della situazione, e che il proprietario non si accorgesse di lui ad orario chiusura, così che avrebbe avuto un posto per quella notte.
 
 
Quando finalmente gli amici di Minerva arrivarono Michelle si sentì sollevata, e libera di potersene andare da quel locale per nulla morale, secondo lei.
 
Quando sentì una scia di profumo dal sapor di fragola avvicinarsi Thomas alzò il volto e fu allora ed in quelle condizioni che lei lo vide. 
 
Per quanto diversi potessero esser stati il destino aveva fatto si che si incontrassero, volendo che i loro mondi diventassero un tutt’uno.
 
Michelle lesse una disperata richiesta d'aiuto negli occhi di quell'uomo, dal viso fin troppo dolce e sbarazzino per esser sciupato così dall'alcol.  «Come ti chiami?». Chiese, sperando solo che l'uomo avesse la lucidità per rispondere.  «Tom». Rispose stanco e biascicante lui socchiudendo gli occhi che altro non volevano se non riposo.  «Io sono Mischa». Sorrise lei, porgendogli una mano.  «Hai bisogno di aiuto, Tom?». Chiese dolcemente quando l'uomo le ebbe afferrato la mano.  «Mi basta anche solo un prato dove dormire». Rispose lui, strofinandosi con la mano libera il naso arrossato. Quel gesto intenerì ancor di più la dolce Michelle, che prese in simpatia Thomas.  «Oh, questa notte dormirai su qualcosa di più comodo di un prato, contento?». Sussurrò ridacchiando, cercando di issare il braccio dell'uomo sulle sue esili spalle.  «Su, andiamo». Disse spronandolo ad alzarsi, tanto che Thomas cercò il più presto l'equilibrio, sicuro che la piccola figura di quella ragazzina non avrebbe potuto reggerlo un granché.
 
 
«Perché ti dai tanta premura per me?». Chiese Thomas, sotto il caldo della coperta che Michelle gli stava accuratamente sistemando sul tutto il corpo. «Perché non dovrei?». Rispose la ragazza, che nulla di male ci vedeva in ciò che stava facendo.
Stava semplicemente aiutando il prossimo, possibile fosse stato così raro nelle persone quell'altruismo? A quella domanda la ragazza non seppe rispondere, diede solo a Thomas la tazza di tè che aveva preparato per entrambi e lo lasciò riposare sul divano, andandosi a sedere sul davanzale della finestra accanto a Salem, al quale le sue carezze cominciavano a mancare.


Cullata dal dolce scroscio della pioggia Michelle si liberò di ogni brutto pensiero e stringendo forte a sé Salem sperò che l'indomani Minerva non desse i numeri...





 

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"Quando sentì una scia di profumo dal sapor di fragola avvicinarsi Thomas alzò il volto e fu allora ed in quelle condizioni che lei lo vide".


 
Charlie's:
HOLAAA!
E' la seconda volta stasera che posto qualcosa in questo fandon, e la cosa proprio non va bene! lol
Beh, ora non vorrei annoiarvi troppo anche perché per la maggiore ci ha pensato già la storia in sé, quindi mi fermo soltanto a dire che la fiction sarà breve. Avrà un massimo di dieci capitoli aggirati tutti sulle mille parole. 
La nostra Mischa sarà interpretata da Karen Gillan e la pestavolto di Mini è Rose McGowan, famosa per il ruolo di Paige Halliwell in Streghe (Charmed), mentre Salem è... Salem! :)
Spero questo prologo insolito vi abbia incuriosito!

A presto, Carlotta!







Qui vi lascio i link delle mie altre due storie, sempre su Tom :)

Hello Sanity

Remember It

 

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Capitolo 2
*** II ***


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II


Don't leave me hanging 
In a city so dead 
Held up so high 
On such a breakable thread


«Mischa!». Urlò infuriata Minerva, entrando nella camera della ragazza sbattendo la porta al muro. «Che diavolo ci fa un estraneo nel mio salotto?!». Continuò fuori di sé la ragazza, non lasciando a Michelle nemmeno il tempo di svegliarsi per bene. «Ma che ore sono?». Domandò spaesata la giovane, mentre la sorella si era gettata esasperata sul letto accanto a lei. «Sono le nove, ma non è questo il punto! Mischa, mi sta bene che tu mi porti in casa animali feriti, cani abbandonati, smarriti, ma non una persona che per quanto ne so potrebbe esser anche un assassino!». Sbottò la ragazza, gettandosi le mani sulla faccia. «Mi spiace Mini, io... Mi ricordava la mamma». Ammise poi, sperando che la sorella trovasse il tutto come una scusa plausibile.  «E va bene. -Acconsentì la ragazza, sapendo quanto fosse dolente e ancora aperta la ferita riguardante la loro mamma- Ma che questa sia la prima ed ultima volta». Si rivolse minacciosa alla sorella, che seguiva attentamente l'indice di lei spostarsi a destra e a sinistra, prima che entrambe scoppiassero a ridere. «Devo andare». Disse scoccando un bacio sulla guancia di Michelle. «Credo passerò la notte da Ben, ma voglio che quel tizio sparisca dal mio soggiorno entro mezzogiorno, chiaro?». Domandò autoritaria. «Agli ordini, signora!». Esclamò Michelle, balzando giù dal letto e correndo dietro alla sorella, che già era corsa alla porta d'entrata. «Lì c'è il tuo tè -disse indicando una tazza sul ripiano della cucina- Io scappo, a domani». Sussurrò poi, scoccando un'ulteriore bacio sulla guancia della minuta ragazza.
 
Michelle, ancora in pigiama, corse a recuperare la sua colazione andando poi a sedersi sulla poltrona accanto al divano. Per un attimo la ragazza si perse nel volto di quello sconosciuto.
 
Thomas aveva un viso paffuto, che ispirava simpatia, delle labbra sottili con un lieve accenno di barbetta chiara appena sotto il naso. Portava una cuffia sulla testa, che schiacciava i suoi capelli medio-lunghi contro la fronte, andando a coprirgli di poco gli occhi, leggermente vicini fra loro.
Gli occhi chiari della ragazza vagarono per la figura dormiente di Thomas, constatandone la massiccia forma. Quelle enormi spalle larghe e le braccia muscolose potevano anche incutergli un'aria sinistra, ma il suo viso lo tradiva, facendo si che la sua natura docile di mostrasse a chiunque.
 
«Cos'hai da fissare, pel di carota?». Domandò sghignazzando sotto i baffi Thomas, che ancora non aveva aperto occhio.
Michelle arrossì, colta in flagrante, per poi sviare la domanda, dandogli il buongiorno. «Ben svegliato! Allora, dormito bene?». Chiese premurosa, mettendo su il caffè per il suo ospite, sicura che gradisse solo quello; Thomas aveva proprio la faccia da dipendente dalla caffeina. Ed in effetti era così, a causa degli orari improponibili delle tournée Thomas era stato costretto a bere tanto di quel caffè che ora non poteva farne a meno. «Sì, ti ringrazio infinitamente».
 
 
«Allora sei un cantante...». Sussurrò sorpresa Michelle, stendendosi sull'erba accanto a Thomas.
Quel giorno il sole batteva forte su tutta la città e la ragazza si era offerta di accompagnare Thomas a fare una passeggiata, per alleviare i suoi postumi da sbornia, fin quando i due non finirono in un parco, a raccontarsi a vicenda.
 
«E dimmi un po', quanti anni hai?». Chiese curiosa la ragazza, fissando il cielo limpido sopra di lei. «Tu quanti me ne dai?». Domando sghignazzante Thomas, che perse subito il sorriso quando si sentì rispondere  «Tanti».
«Quindi per te trentasette anni sono tanti. - Constatò con finta aria pensierosa- E tu quanti anni avresti?». Domandò di rimando, intuendo a gradi linee quale sarebbe stata la risposta. «Diciotto». Sorrise Michelle, quasi come fosse felice di poter dare quella risposta. «Sei così piccola, e già ti credi grande!». Sorrise dell'ingenuità della ragazza Thomas, che in risposta ricevette un innocuo buffetto sulla spalla. «Non è vero!». Rispose gonfiando le guance lei, segno che di li a poco si sarebbe infuriata parecchio. «E come mai una ragazzina della tua età vive tutta sola in un appartamento a San Diego?». Domandò con fare scontato lui, non immaginando neppure lontanamente la risposta.
«I miei genitori non ci sono ed io vivo sola con mia sorella e Salem». Sussurrò a mal in cuore.
«E dove sono?». Domandò curiosamente Thomas, non capendo la risposta a quella domanda avrebbe potuto ferire la ragazza.
«Mia madre è in un centro riabilitativo, dopo gli alcolisti anonimo ha capito il suo problema ed ora combatte contro la depressione. - Sospiro pesantemente, liberandosi di quel macigno dal petto- Mentre mio padre semplicemente non c'è più. Ha preferito lasciare tutto e tutti pur di non affrontare i problemi della sua famiglia». Sorrise amaramente, certa che le lacrime presto avrebbero solcato il suo viso, ma così non fu, perché la sorpresa arrivò prima.
Thomas, inaspettatamente, le aveva stretto forte le mani fra le sue, infondendogli forza e coraggio, ed ora le sussurrava teneramente frasi di conforto. «Mi spiace, non avrei dovuto. Son stato proprio stupido». Ammise colpevole, scusandosi ripetutamente con la ragazza. «Non ti preoccupare... -Sorrise lei- Ora a grandi linee puoi immaginare perché io ti abbia portato a casa la scorsa notte, solo vorrei sapere perché ti sei ridotto in quello stato...». A quelle parole il sorrise sghembo sparì dalla faccia di Thomas, lasciando spazio solo ad un contrito cipiglio. «È una storia lunga, e non credo possa interessarti, te la racconterò, un giorno, se mai dovessimo rincontrarci. -Sorrise, lasciando da parte l'amarezza dei ricordi- Ora sarà meglio che ti riaccompagni a casa». Disse poi, alzandosi e porgendo una mano alla ragazza.
 
 
Si era fatto ormai mezzogiorno e Michelle mangiucchiava sola soletta il suo pasto, condividendo qualcosina con Salem, che beatamente attingeva dal piatto della ragazza, ignorando la scatoletta di pesce fresco appena svuotata nella sua ciotola. Michelle proprio non riusciva a ritrovare l'appetito, sentendo la mancanza di qualcuno, giustificandola con l'assenza della sorella, ma, quando il telefono di casa squillò, quel vuoto che Mischa sentiva non si riempì, anzi. Una fitta all'altezza delle costole la trafisse, quando, rispondendo alla domanda della sorella disse: «Sì, Tom se n'è andato».






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«Ma voglio che quel tizio sparisca dal mio soggiorno entro mezzogiorno, chiaro?». 




 
Charlie's:

Eccomi qua! Purtroppo sono di passaggio perché ho una miriade di faccende da sbrigare. Mi scuso per il colossale ritardo e ringrazio Layla per aver recensito lo scorso capitolo! :)
A presto, Carlotta. 

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Capitolo 3
*** III ***


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III  

 


I don't care what you're saying 
I don't care what you're thinking 
I don't care about anything 
Get ready, get ready cause I'm happening !


 

Michelle proprio non riusciva a dormire e nemmeno Salem, che risentiva dell'agitazione della sua padrona, sfogandosi con miagolii  sofferente rivolti alla luna. Minerva non c'era, e questo non aiutava il sonno della sorella minore, che proprio sola non riusciva a stare.
 
«Anche tu non riesci a dormire, Salem?». Domandò dolcemente la ragazza, carezzando il gatto nero accanto a lei. Salem miagolò, e Michelle prese quel miagolio come un cenno affermativo. «Già».
 
 
Era notte pesta, eppure Michelle ancora non dormiva e, mentre il forte tuonare della pioggia bagnava le strade di San Diego fuori dalla sua finestra, la ragazza prese l'inconscia decisione di afferrare il suo impermeabile giallo canarino e fiondare fuori dal suo appartamento.
 
 
Thomas si trascinava, confuso fuori dal bar, lo stesso della sera precedente e, arrancando un po' barcollò fino alla panchina più vicina e vi si sdraiò sopra, cercando di dormire, appena riparato dai lunghi e fitti rami di un albero dietro lui.
«Dio, come sei conciato!». Sentì sussurrare da una voce alle sue spalle, prima di esser goffamente trascinato giù dalla panchina e di perder i sensi.
 
Quando Thomas si risvegliò fu sorpreso di ritrovarsi al chiuso, sebbene quella non fosse la casa di uno sconosciuto era sorpreso di essersi risvegliato la dentro e per quanto si sforzasse, proprio non si ricordava di come ci fosse finito.
«Stai tranquillo, e dormi ancora un po'». Gli sussurrò la calda e dolce voce di Michelle, che udendo i rumori del risveglio del moro era corsa da lui. «Cosa ci faccio di nuovo qua?». Domandò spaesato Thomas, cercando di alzarsi dal morbido letto, ma provocando solo delle forti fitte di dolore nella sua testa.

«No, stai sdraiato! -Gli ordinò la ragazza, correndo subito da lui e sedendogli accanto- Hai una forte febbre e in più credo tu risenta della sbornia della scorsa notte». Esclamò lei, carezzandogli dolcemente fra fronte, per testare la temperatura corporea, spaventosamente alta, dell'uomo. «E com'è che mi ritrovo puntualmente qua dopo una sbronza?». Domandò sorridente Thomas, che ora sedeva poggiato alla testiera in ferro battuto del letto della rossa. «Facevo una passeggiata quando ti ho visto combinato peggio della scorsa sera e così ti ho caricato di peso e ti ho portato qui». Sorrise dolce la ragazza, porgendogli un infuso di tè. Thomas bevve un caldo sorso, per poi rivolgersi scettico alla rossa. «E tu mi avresti portato fin qui sulle tue spalle?». Domandò, alzando un sopracciglio. A quella buffa espressione Michelle scoppiò a ridere e, asciugandosi una lacrima che le solcava una guancia, ammise. «No, in realtà ti trascinavo. Ma ti assicuro che ho provato a sollevanti e che per un paio di metri son riuscita a reggermi!». Thomas rise del buffo gonfiore che le rosee guance di Mischa avevan preso e barcollante si alzò dal letto dirigendo di verso il salotto.

«Bene, sarà meglio che vada!». Esclamò, sotto lo sguardo confuso della ragazza.
«No! -Gridò lei- Hai un febbrone da cavallo, non posso lasciarti girovagare senza meta fra i bar della città!». Sbottò irritata poi, prendendo Thomas per un braccio e tirandolo in direzione della sua stanza. «Oh, andiamo, pel di carota! Non posso rimanere!». Esclamò poi, tirando il braccio al quale la ragazza si era ancorata, catapultandola involontariamente fra le sue braccia.
La distanza fra i due era minima, e le guance di Mischa presero a mimetizzarsi con le punte del suoi capelli, tanto l'imbarazzo. «Perché non vuoi restare?». Domandò titubante lei, sussurrando appena sul viso del moro.

«Perché dovrei?». Rispose altrettanto basso lui, ma con un cenno di malizia nella voce. «Perché te lo sto chiedendo, per favore». Rispose Mischa, inchiodando i suoi meravigliosi occhi cangianti in quelli scuri e profondi di Thomas, che si sentì come sovrastato da quei grandi e docili occhi. «Se la metti così...». Sussurrò Thomas, stringendo ancor di più la piccola Michelle fra le sue braccia, in un goffo abbraccio.
 
 
«Mischa, voglio uscire!». Si lamentò Thomas, costretto tutta la giornata fra le coperte. «Voglio fare una passeggiata e divertirmi!». Cantilenò infantile, tirando per il grembiule la povera Michelle, che cercava invano di fargli mangiare un brodaglia di pollo. «Ah, ma non ti viene mai un po’ di sonno?!». Sbottò esasperata lei, strappando dalle mani di Thomas i lembi della veste dalla quale la teneva. «Andiamo, piccola. Ho voglia di uscire!». Cercò di convincerla lui con il suo charm, ma nulla da fare, Mischa era impassibile.
 
Quando finalmente l’uomo crollo fra le braccia di Morfeo, Michelle uscì di casa. Aveva ormai preso una decisione, voleva a tutti i costi aiutare quel ragazzo e per farlo aveva bisogni di sapere chi fosse. Di lui sapeva già il nome e vagamente cosa gli era capitato, ma ciò non le bastava, aveva bisogno di materiale più concreto così decise che una bella ricerca le avrebbe potuto dare le risposte che tanto cercava.
 
Il vecchio e lento computer della biblioteca –nonché unico funzionante- fece fatica ad accendersi, ed ad accedere ad Internet, ma una volta riuscitoci la ragazza, ormai impaziente, non si fece alcuno scrupolo e, velocemente, fece sì che le sue dita scivolassero su quella usurata e mal funzionante tastiera; “Thomas DeLonge”.


 

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Mischa non volle credere ai suoi occhi; tutte quelle cattiverie dette, scritte e compiute le fecero ribrezzo.



 

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«Perché te lo sto chiedendo, per favore». 

 




 
Scusatemi per esser sempre meno presente, ma -come spiegato nell'aggiornamento di "Hello Sanity"- sto affrontando gli esami e non ho tempo se non per studiare! :/
Detto questo, ringrazio di cuore chi recensisce e chi segue/ricorda/preferisce la storia. Grazie mille, siete fantastiche! :)
Ora però devo scappare, spero che il capitolo vi piaccia.
A presto, Carlotta! <3

P.S.: Per errori/ripetizioni/etc chiedo scusa ma non ho avuto il tempo di rileggere :)

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