Some Nights

di Mon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Salve a tutti. Che dire, niente di speciale. Questa storia l'avevo in mente da un po', ne ho scritto un pezzo, ma poi non ero sicura di volerlo pubblicare. Ci ho pensato un bel po',  poi ho deciso di farlo.  La storia non è finita, quindi mi scuso già da subito con chi avrà voglia di leggerla se non riuscirò ad aggiornare con continuità.
Semplicemente spero vi piaccia. Qualsiasi commento è ben accetto, anche quelli negativi. 
A presto.
Mon.




Laura era sdraiata sul divano, una tazza di the fumante poggiata sulla pancia e stretta tra le mani per scaldarsele un po'; poteva non sembrare, ma in quel momento stava lavorando. Laura, infatti, era un critico musicale e quella era la sua posizione prediletta per riuscire a dare il meglio di sé, capire appieno il senso dell'album che stava ascoltando, per poi dare un giudizio, buono o cattivo che fosse.
Quel giorno era, però, successo qualcosa di insolito. Il suo capo le aveva affidato un nuovo cd da ascoltare, era un gruppo che le era sconosciuto, di cui lei aveva già sentito parlare nell'ambiente in cui lavorava, ma non aveva mai avuto l'occasione di riuscire ad ascoltare una loro canzone. Quell'occasione era capitata quel pomeriggio; era arrivata a casa incuriosita, soprattutto per i commenti che alcuni suoi colleghi avevano fatto, si era cambiata, si era preparata il the e si era sdraiata sul divano. Con il telecomando aveva acceso lo stereo e si era messa in ascolto. La prima traccia era semplicemente un'introduzione, ma subito Laura fu colpita dalla voce del cantante.
Quando questa finì, Laura ascoltò attentamente la seconda canzone: si chiamava Some Nights. Non poté fare a meno di apprezzare la voce che usciva dal suo stereo, così atipica, ma così bella. Chiuse gli occhi e rimase in ascolto fino alla fine della prima canzone, poi li riaprì. Un brivido le corse lungo la schiena ed era successo solo un'altra volta in tutta la sua vita, tanto tempo prima, che una voce riuscisse a farle provare quella sensazione: era stato quindici anni prima, quando si era innamorata della voce di Billie Joe Armstrong, il cantante dei Green Day.
Spalancò gli occhi e si mise a sedere sul divano. Si guardò attorno cercando con gli occhi il suo portatile: era appoggiato sulla sedia del tavolo che ornava la sua cucina. Si alzò di scatto e andò a prenderlo, lo accese e controllò il nome del cantante. Quando lo trovò, si compiacque di aver impiegato poco più di dieci secondi: il ragazzo si chiamava Nate. Cercò qualche altra informazione sul suo computer, mentre in sottofondo passavano le note di una canzone che aveva come titolo Carry On. Quando Laura ebbe finalmente trovato tutto quello che cercava, prese nuovamente in mano la sua tazza di the, si rimise sdraiata sul divano e ascoltò tutto il cd. Non succedeva quasi mai, se non con alcuni album particolari, ma dopo la prima volta, Laura ascoltò l'album per almeno altre quattro volte quel pomeriggio. Decise di alzarsi quando ormai fuori si era fatto buio ed era arrivata l'ora di mettere qualcosa sotto i denti.
Quelle canzoni le erano rimaste in testa, quella voce la sentiva risuonare nella sua testa, era come un tarlo che non riusciva a togliere. Aveva cominciato a preparare la sua insalata, aveva preso un petto di pollo e lo aveva messo sul fuoco a rosolare poi si era girata e aveva guardato lo stereo. Il cd era ancora dentro, l'unica cosa che bastava fare era premere il bottone del telecomando per poter far ripartire la musica. Decide si resistere a quella tentazione, ma era troppo forte. Non ci riuscì. Quella musica, quella voce l'avevano catturata troppo. Si asciugò le mani, prese il telecomando appoggiato sul divano e accese nuovamente lo stereo. La voce di Nate partì nuovamente e lei si ritrovò a battere un piede e a tagliare le carote a tempo di musica.
Sorrise; era questo che amava del suo lavoro. Tutta la sua giornata girava attorno alla musica, le piaceva scoprire nuovi gruppi, ascoltare sound sempre diversi, le piaceva poter dare un giudizio, lei, che con la musica era cresciuta, era diventata grande accompagnata da uno stereo e da un grande scaffale dove poter andare a pescare il cd preferito, a seconda dell'umore della giornata. Doveva, per questo, ringraziare sua madre, che l'aveva cresciuta a pane e rock'n'roll: Beatles, Rolling Stones, The Doors, The Clash e chi più ne ha più ne metta.
Per la sua vita non poteva immaginare altro se non qualcosa che avesse a che fare con la musica; suonava la chitarra, ma non era mai riuscita a trovare qualcuno con cui poter formare un gruppo. Tutti i suoi amici, delle medie e delle superiori, non erano così appassionati, nessuno aveva mai accettato l'idea di cominciare a suonare per poter condividere con lei quella passione. Laura, però, non si era persa d'animo; voleva lavorare con la musica e quindi aveva deciso di cominciare a scrivere di musica su qualche giornale locale. Scrivere era un'altra delle sue grandi passioni, quindi quel che aveva iniziato per gioco, piano piano l'aveva cominciato a prendere sul serio.
Era stata fortunata, perché qualcuno aveva notato i suoi scritti e l'aveva contattata per un importante giornale di musica. Lei ne era stata felicissima; aveva accettato un periodo di prova di un anno, dove era stata costretta a fare i lavori più diversi, ad esempio portare il caffè al capo, fare le fotocopie per i suoi colleghi più famosi, gettare la spazzatura e cose così. Poi le era stata data la grande occasione: andare ad un concerto dei Muse e recensire lo spettacolo. Non se lo era fatto ripetere due volte, aveva dato il meglio di sé, lavorando sull'articolo per tutta la notte; lo aveva riletto talmente tante volte da ricordarselo a memoria anche a distanza di cinque anni. L'articolo era piaciuto, era stato pubblicato e il lavoro le era stato assegnato in maniera definitiva. 


But I like to think
I can cheat it all
To make up for the times I've been cheated on
And it's nice to know
When I was left for dead
I was found and now I don't haunt these streets
I'm not the ghoast you want for me


Quel pezzo le piaceva tantissimo, lo aveva già imparato a memoria. Continuò a tagliare le carote da mettere nella sua insalata con il sorriso sulle labbra.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Eccomi! Allora, per prima cosa voglio ringraziare marty_Horanxx per la recensione e per aver aggiunto la storia tra le seguite. Grazie davvero. 
Nuovo capitolo, sono abbastanza ispirata in questi giorni, però non abituatevi troppo, non è normale che io aggiorni tutti i giorni. 
Spero che vi piaccia.
A presto.
Mon.

 



«Laura, sei pronta?»
Era la voce di Thomas, un suo collega, che la chiamava per la riunione. Dovevano decidere le prossime mosse editoriali, cosa avrebbero messo nel numero seguente della rivista, che sarebbe uscita in una ventina di giorni.
Laura si alzò dalla sedia e si diresse, con la sua cartelletta stretta tra le mani, nell'ufficio del capo. Il boss era seduto a capo tavola, braccia incrociate sul petto e schiena appoggiata contro la finta pelle nera della sua poltrona, e guardava i suoi dipendenti, tutti seduti composti sulle sedie, in attesa di ricevere ordini. Il capo era un uomo sulla cinquantina, capelli nero corvino, sempre ricoperti di uno spesso strato di gel, occhi azzurro ghiaccio che scrutavano ogni singolo dipendente.
Il boss si raddrizzò sulla sedia, appoggiò i gomiti sul tavolo e guardò la scaletta che aveva di fronte. «Bene...» disse, incrociando le mani e appoggiandovi sopra il mento. «Questo mese abbiamo parecchie cose in scaletta. La più importante è l'intervista con Bruce Springsteen. Chi la fa?»
Subito una mano si alzò; era quella di Jane. Lei era una fan accanita di Bruce Springsteen, le interviste e i concerti toccavano sempre a lei, ormai era un rituale e guai a chi cercava di rovinarlo: Jane era capace di uccidere.  
Dopo Bruce Springsteen, la seconda cosa più importante da inserire nel nuovo numero della rivista era la recensione del concerto dei Muse a New York. Subito si propose Anthony, grande appassionato della band; nessuno ebbe nulla in contrario e il capo assegnò il compito al ragazzo, felice come un bambino che scarta i pacchi la mattina di Natale.
«Adesso, in scaletta, avrei l'intervista con i Fun., quel gruppo di cui Laura ha fatto la recensione del cd. Chi vuole andare ad intervistarli?» chiese il boss, guardando il tavolo dei suoi collaboratori. Laura si girò verso i suoi colleghi e, vedendo che nessuno alzava la mano, decise di farlo lei.
«Posso andarci io. In fondo ho ascoltato il cd, l'ho recensito, posso anche fare loro un'intervista!» disse.
«Ok, se per i tuoi colleghi va bene, per me puoi andare tranquillamente.»
Laura si guardò attorno e si compiacque del fatto che nessuno aveva intenzione di andare a intervistare i Fun.. Il lavoro era suo.
Così, finita la riunione, lei si diresse immediatamente alla sua scrivania, accese nuovamente il computer, controllò per la terza volta quel giorno la sua casella di posta elettronica e poi si mise subito alla ricerca di più informazioni possibili sui Fun.. Scoprì che quei tre ragazzi, Nate, Andrew e Jack, avevano pubblicato un album qualche anno prima, con un'etichetta discografica diversa da quella che avevano in quel momento. Lei però non ricordava di aver mai sentito nessuna canzone, quindi accese YouTube e si mise alla ricerca. Trovò immediatamente alcune loro canzoni e non poté fare a meno di notare che il loro stile era cambiato; rispetto all'album precedente, adesso i Fun. sembravano una band completamente diversa. Ascoltò attentamente le vecchie canzoni e arrivò alla conclusione che preferiva Nate, Andrew e Jack nella nuova versione, quella di Some Nights e di We Are Young.
Prese tutte le informazioni possibili e le appuntò sul computer, poi si dedicò a finire il lavoro che aveva cominciato quella mattina, prima della riunione. Staccò come al solito intorno alle cinque di pomeriggio e decise di andare a prendere un caffè caldo in una caffetteria vicino al suo ufficio; se lo fece preparare e poi lo portò via, tenendolo in serbo per quando avrebbe dovuto salire in macchina. Laura, infatti, abitava nella grande e caotica San Francisco e sapeva benissimo che ci avrebbe impiegato parecchio tempo per rimettere piede nella sua tranquilla casetta di periferia. Il traffico a quell'ora era terribile e il suo caffè, insieme alla radio, le avrebbero tenuto compagnia.
Spinse il bottone del telecomando della sua macchina, appoggiò il suo caffè ancora caldo vicino al cruscotto in un apposito porta bicchieri, accese l'auto e partì. Era ormai talmente abituata a quel traffico che niente riusciva a farla più innervosire; se una volta avrebbe imprecato contro tutto e tutti, da quando aveva cominciato a lavorare per la rivista e a fare sempre tardi, piano piano aveva cominciato a farci l'abitudine. Aveva capito che era inutile imprecare, doveva semplicemente rassegnarsi a passare più di un'ora in macchina, in compagnia della radio e della sua musica. Mentre era ferma ad un semaforo decise di frugare tra i suoi cd in macchina e ciò che ne estrasse era un vecchio album dei Green Day, precisamente Dookie. Lo mise nello stereo e, prima di arrivare a casa, riuscì ad ascoltarlo praticamente tutto.
Laura arrivò nel cortile quando l'ultima canzone dell'album stava per cominciare; spense la macchina, cercò nella borsa le chiavi della porta d'ingresso ed entrò. La prima cosa che fece fu accendere lo stereo e la voce di Nate riempì il salotto di casa, andò poi in cucina e accese i fornelli, doveva cominciare a prepararsi la cena. Mentre canticchiava le parole di Why Am I The One cominciò a pensare alle domande che avrebbe potuto fare ai Fun. il giorno dell'intervista; aveva trovato tante informazioni, per questo era sicura di non poter sbagliare. Tagliando le carote e lavando l'insalata in modo da potersi preparare una grande e sostanziosa ciotola di verdura per cena, le vennero in mente alcune domande; cercò di ricordarsele e, non appena ebbe finito di preparare tutto, prese il suo piatto, una fetta di pane e si andò ad accomodare sul divano. Mentre il cd dei Fun. ricominciava da capo per l'ennesima volta, lei accese il computer sul tavolino, appoggiò la sua cena al fianco del pc e cominciò a scrivere. Rimase la davanti tutta la sera, leggendo e rileggendo le domande più volte, per essere sicura di non aver fatto errori nella cronologia, nelle date, nei nomi. Quando rilesse le domande per l'ultima volta era soddisfatta; era pronta per affrontare l'intervista. Appoggiò la testa allo schienale del divano e pensò che non vedeva l'ora di poter parlare con Nate, Jack e Andrew dal vivo. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Il giorno dell'intervista era arrivato; Laura indossava un paio di All Star rosse, un paio di jeans stretti e infilati nelle scarpe alte, una maglietta a maniche lunghe con la stampa di un vecchio album dei Beatles e una giacca di pelle nera. I suoi capelli lunghi, lisci e neri erano lasciati liberi di fare i ribelli e gli occhi erano contornati da un leggero trucco nero. 
Uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle, prese la macchina e si diresse verso il luogo dell'intervista, in uno dei teatri più importanti della città. I Fun. erano arrivati per promuovere il loro disco e in pochi giorni avrebbero anche tenuto un concerto, ormai sold-out.
Laura arrivò sul luogo dell'intervista, spense la macchina, tirò fuori il pass e si diresse verso l'ingresso del teatro. All'entrata la sicurezza la fermò, come succedeva sempre. Lei mostrò il suo pass e il bodyguard controllò sulla lista, quando trovò il suo nome, la fece passare, sorridendole. Lei ricambiò e si intrufolò nel teatro. Tanta altra gente era presente, tanti altri giornalisti che erano lì per riempire i Fun. di domande. Controllò la scaletta e vide che il suo nome era vicino al numero otto. Sbuffò. Avrebbe dovuto aspettare almeno due ore prima di poter finalmente parlare con Nate, Andrew e Jack. Prese il suo computer portatile dalla valigetta e lo accese, lo appoggiò sulle ginocchia e riprese un lavoro che aveva in sospeso da un po' di tempo.
Attenta a quello che stava facendo, non si rese conto del tempo che passava e quando sentì il suo nome, si drizzò velocemente, chiuse il pc, prese il suo blocchetto di appunti dalla borsa, la sua penna preferita e si diresse nella sala dove il gruppo stava rispondendo alle interviste.
Laura entrò; la stanza non era tanto grande, c'era un tavolo con sopra bottiglie d'acqua, di coca-cola e qualcosa da mangiare, tre sedie per Nate, Jack e Andrew, e una posizionata di fronte alle loro, per il giornalista che avrebbe dovuto intervistarli. I tre ragazzi non c'erano e Laura decise di sistemare le sue cose, in attesa che i tre tornassero. Appoggiò il computer sulla sedia e si chinò per concludere la frase che aveva lasciato in sospeso precedentemente e per chiudere tutto.
«Ciao! Sono Nate!» Una voce dietro di lei richiamò la sua attenzione dopo pochi minuti. Laura si mise in piedi e si girò, tendendo la mano al ragazzo. «Piacere, sono Laura!»
«Loro sono Jack ed Andrew...» disse sempre Nate.
«Lo so. Vi conosco...» rispose Laura, sorridendo e porgendo la mano ai due ragazzi.
I tre si sedettero, la ragazza fece altrettanto, posizionandosi di fronte a loro e prendendo il suo blocchetto di appunti tra le mani. Lo aprì, rilesse velocemente le domande e poi alzò lo sguardo verso i componenti del gruppo. Immediatamente incrociò lo sguardo di Nate, i suoi occhi verdi la stavano fissando. Gli sorrise.
«Ok, se siete pronti, possiamo cominciare.»
«Noi siamo sempre pronti!» rispose Jack.
Laura rise e attaccò con le domande; l'intervista durò circa mezzora e, al momento dei saluti, Nate si alzò dalla sua sedia e sparì. La ragazza era sorpresa di quell'atteggiamento; andare via senza nemmeno salutare prima della fine dell'intervista le sembrava un atteggiamento da super star, e a lei le super star non erano mai piaciute.
Guardò Andrew e Jack, entrambi alzarono le spalle. «Ti giuro che di solito non fa così!» disse Jack.
«Beh, non è che sia stato proprio carino!» rispose Laura, chiudendo il suo blocchetto di appunti e alzandosi dalla sedia. Si girò per sistemare le sue cose ed uscire dalla sala quando qualcuno le toccò una spalla. Roteò leggermente la testa e trovò vicino al viso un biglietto omaggio. Si girò definitivamente per vedere chi le stava allungando quella cosa e si trovò di fronte Nate. Il ragazzo le sorrise e disse: «Questo è per te. Voglio che tu venga al concerto di dopodomani. Ti invito io, però mi devi promettere che farai una bella recensione del concerto...»
Laura prese il biglietto e disse: «Non ti prometto niente, dipende da quello che riuscite a fare sul palco...»
Nate sorrise. «Ti leggo sulla rivista ogni tanto. Sei molto brava, sai essere obbiettiva, carina, ma allo stesso tempo spietata. Se qualcosa non ti piace non hai paura a scriverlo...»
Laura alzò un sopracciglio. «In fin dei conti è il mio lavoro. Mi pagano per questo...»
«Ragionamento che non fa una piega. Ti aspetto dopodomani allora...»
«Non mancherò!»
Salutò i tre ragazzi ed uscì dal teatro. Immediatamente si diresse verso il suo ufficio; doveva sistemare tutto quello che aveva scritto, tramutarlo in un qualcosa di leggibile da presentare al capo entro la mattina successiva. Sapeva che avrebbe fatto tardi e quindi sulla strada si fermò alla sua caffetteria preferita, prese un panino e un caffè e andò al lavoro. Mise piede nel suo ufficio e accese il computer. L'orologio sullo schermo segnava le tre di pomeriggio. In due ore non ce l'avrebbe mai fatta.
Aprì il documento di scrittura e cominciò a buttare giù le prime righe, mentre addentava il suo panino. Si concentrò e si accorse dell'orario che si era fatto solo quando uno dei suoi colleghi le toccò una spalla. Lei sussultò.
«Non è ora di andare a casa?» le chiese il ragazzo.
«Che ore sono?» fu la risposta di Laura.
«Sono quasi le dieci di sera...»
Lei sgranò gli occhi. «Cavolo! Ricontrollo, stampo, porto il lavoro sulla scrivania del capo e vado a casa. Promesso!»
Il collega le sorrise e si allontanò, salutandola. Laura rilesse tutto e, dopo aver sistemato le ultime cose, stampò l'intervista e la portò nell'ufficio del capo, appoggiandola sulla scrivania. Lasciò un bigliettino sopra di essa. 


Ho avuto la possibilità di andare a vedere il concerto dei Fun. dopodomani.
Se posso, nel prossimo numero inserisco anche la recensione del concerto, al fianco dell'intervista. Aspetto una sua risposta.  
Laura


 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Laura si stava guardando allo specchio; indossava le sue solite, inseparabili, All Star rosa, una maglia a maniche corte e il suo stupendo giubbotto di pelle, che la accompagnava ormai da quattro anni e che non aveva nessuna intenzione di cambiare. Era stato con lei a tanti concerti, a tante interviste, era una specie di porta fortuna, in più le dava quel tocco rockettaro che lei tanto amava. Il solito trucco nero, leggero, le ornava gli occhi, i capelli erano raccolti in una perfetta coda di cavallo. Era pronta per andare.
Uscì di casa e andò verso il teatro dove si sarebbe tenuto il concerto dei Fun. e quando arrivò dovette seguire la solita procedura. Era una delle cose che più odiava del suo lavoro; tutte le volte doveva far vedere il pass per poter entrare al concerto, il che significava dover mostrare tutti i documenti possibili che provassero che fosse veramente lei. Tutto questo perché le rockstar erano suscettibili e non volevano intrusi nel backstage. Tutte, nessuna esclusa.
Quando finalmente riuscì ad entrare dietro le quinte del concerto un ragazzo gentilissimo le chiese se era lei Laura; annuì e il giovane le disse di seguirlo. La condusse nel retropalco, dove Nate, Jack e Andrew si stavano preparando.
«Ciao!» salutò la ragazza. Il primo a girarsi verso di lei fu Jack.
«Ciao! Finalmente sei arrivata. Noi a momenti cominciamo!»
«Scusate! All'entrata mi hanno chiesto tutti i documenti possibili. Ho perso un po' di tempo lì. Vi chiedo scusa!»
«Fa niente! Non ti preoccupare!» disse Nate, avvicinandosi a Laura e dandole un bacio sulla guancia.
«Noi adesso andiamo. Mi raccomando, voglio una bella recensione!» continuò, mentre si allontanava verso l'entrata del palcoscenico. Le fece l'occhiolino e lei gli sorrise, salutandolo con un cenno del capo.
Una delle cose che, invece, Laura adorava del suo lavoro, era quella di poter andare ai concerti e poterli vedere da una posizione assolutamente privilegiata. Stare al fianco del palco e vedere allo stesso tempo la band che si esibiva e il pubblico che cantava tutte le canzoni a memoria era una delle cose che la emozionava maggiormente. Si gustò il concerto e fu piacevolmente impressionata dalla loro performance. I tre ragazzi suonavano insieme ad un gruppo di musicisti che lei non aveva visto precedentemente, probabilmente impegnati a sistemare le ultime cose sul palco.
Ebbe poi la conferma di quanto la voce di Nate fosse bella; se ne era rimasta colpita semplicemente ascoltando il cd, sentendo il ragazzo cantare dal vivo se ne innamorò definitivamente. Le piaceva il suo modo di reinterpretare le canzoni, le piacevano le tonalità a cui riusciva ad arrivare con estrema facilità e, doveva ammettere, aveva anche un bel modo di interagire con i fans sotto al palco. Non c'era niente che non fosse al posto giusto nella band, non c'era niente che andasse storto, insieme erano perfetti e riuscirono a mettere in piedi uno spettacolo che fu un successo.  
Quando ebbero finito, Laura li raggiunse nel retro palco. Vide Nate prendere un bicchiere con qualcosa di trasparente dentro e berlo tutto d'un fiato; apparentemente sembrava acqua, ma quando il ragazzo le chiese se voleva favorire, mostrandole una bottiglia di vodka, capì quale fosse il suo reale contenuto.
«No, no. Grazie. Io sto lavorando!»
«Noi abbiamo appena finito! Come ti è sembrato il concerto?»
«Niente da ridire! Siete molto bravi...»
«Tutto qui?» chiese Nate, avvicinandosi alla ragazza. Girò la testa verso il tavolo e prese una bottiglia di vino.
«Almeno un goccio di questo buon rosso lo prendi? Guarda che è gratis!» disse, sventolando la bottiglia vicino al naso di Laura.
La ragazza la guardò attentamente, leggendo l'etichetta. Non poteva dire di no ad un buon bicchiere di vino rosso, si sarebbe sentita in colpa. Decise di accettare, avvicinandosi al tavolo insieme a Nate, che prese un bicchiere e vi versò dentro un po' del contenuto della bottiglia. Laura assaporò con gusto, appoggiandosi al tavolo.
«Allora, cosa pensi veramente della nostra versione live?» chiese il ragazzo.
«Siete bravissimi! Avevo dei dubbi sull'interpretazione di certe canzoni, un conto è cantarle in studio, un altro è farle live. Ma mi avete piacevolmente sorpreso...» disse.
«Mi fa piacere!» disse Nate, avvicinandosi a Laura e versandole dell'altro vino nel bicchiere.
La ragazza aveva finito e sarebbe benissimo potuta andare a casa, ma Nate, Jack ed Andrew furono così cordiali con lei che decise di trattenersi con loro un po' di più, semplicemente per scambiare quattro parole con loro e conoscerli meglio. Nessuno si accorse del tempo che passava e soprattutto Laura smise di contare i bicchieri di vino che Nate continuava a riempirle e che lei, che non sapeva dire di no ad un buon vino rosso, continuava a bere.





Salve a tutti! Un saluto veloce e un ringraziamento ha chi ha la volontà di leggere i miei scleri. 
Allora, cosa ne pensate della storia?
Ho scritto questo capitolo, ma devo dire che ho qualche problema, in questi giorni mi manca un po' di fantasia. Sono ferma a metà del capitolo successivo e non so come andare avanti. 
Cercerò di aggiornare costantemente, ma non sono così sicura di poterci riuscire. Se mi assento per un po', abbiate pietà di me. 
A presto. 
Mon.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Laura si svegliò con un terribile mal di testa; si tirò le coperte sulla testa e si rigirò nel letto, affondando il viso nel cuscino. L'unica cosa che voleva in quel momento era rimettersi a dormire. Si maledisse per non riuscire a resistere ad un buon bicchiere di vino rosso, non era sicuramente la prima volta che le succedeva di ubriacarsi per non saper dire di no. Se il vino veniva chiamato il nettare degli dei un motivo doveva esserci sicuramente e Laura credeva di averlo scoperto già da tempo. 
Chiuse gli occhi per rimettersi a dormire quando sentì qualcosa muoversi vicino a lei. Li spalancò di colpo e il suo cuore mancò un battito; non aveva il coraggio di girare il viso e guardare. Richiuse gli occhi, respirò profondamente. Rimase ferma, immobile, per qualche secondo, poi, quando finalmente trovò il coraggio, aprì prima un occhio, mentre il secondo lo spalancò di colpo e si tirò velocemente a sedere sul letto, portandosi le mano davanti alla bocca.
La persona al suo fianco era Nate; si guardò intorno e il dolore alla testa aumentò quando vide i suoi vestiti e anche quelli del ragazzo sparsi per terra. Un lampo le attraversò la mente; anche se i ricordi della sera precedente erano parecchio offuscati dall'alcol, ricordava benissimo di essere uscita dal teatro insieme a Nate che le cingeva le spalle con un braccio. Ricordava che quando lei aveva detto di dover andare a casa, il ragazzo aveva insistito perché non prendesse la macchina in quelle condizioni. Si era fatta un po' pregare, ma poi aveva acconsentito ad essere accompagnata dall'autista della band. Aveva un altro ricordo e forse da quello era nato tutto il resto. Seduti in macchina, sui sedili posteriori, Nate aveva cominciato a dare piccoli bacetti sulla guancia a Laura, che, inizialmente, aveva opposto resistenza, poi aveva lasciato fare, e, girandosi verso il ragazzo, gli aveva dato un bacio sulle labbra. Non ricordava chi avesse detto all'autista di portare entrambi in albergo, ma ricordava lei che cingeva la vita di Nate con la testa appoggiata sulla sua schiena, quando il ragazzo aveva acceso la luce della stanza. Se si sforzava, riusciva a ricordare anche altri piccoli dettagli, ad esempio le loro labbra che si sfioravano, il ragazzo che le accarezzava la schiena, mentre le sfilava la maglietta e lei che passava le sue mani tra i morbidi capelli di lui. Ricordava anche il fatto di essere stata bene insieme a Nate, ma niente di più, tutto il resto erano ricordi sfuocati.
La testa le faceva male, ma trovò il coraggio di alzarsi dal letto; doveva farlo prima che Nate si svegliasse. In silenzio sgusciò fuori dal letto, raccolse le sue cose, si vestì e uscì dalla stanza. Sarebbe dovuta tornare a prendere la sua macchina al teatro e poi correre al lavoro; era già in ritardo. Chiamò un taxi, recuperò la sua auto e volò verso il suo ufficio. Arrivò intorno alle 10.30, sotto lo sguardo inquisitore di Thomas, il suo vicino di scrivania.
«Cosa ti è successo?» chiese il ragazzo.
«Ho un terribile mal di testa!»
«Come mai?»
«Lascia stare Tom! Piuttosto, hai un antidolorifico?»
Il ragazzo frugò nella sua valigetta e ne estrasse una piccola bustina; Laura fece per alzarsi, ma Thomas la precedette, andò al distributore di acqua, riempì un bicchiere di plastica, versò al suo intero il contenuto della bustina e lo portò a Laura, seduta alla sua scrivania, che si teneva la testa tra le mani.
Allungò il bicchiere alla ragazza e aspettò che lei bevesse, poi disse: «Ma tu, ieri sera, non dovevi andare a vedere il concerto dei Fun.?»
La ragazza si girò verso il collega e disse: «Infatti sono andata...»
«Allora perché sei ridotta così?»
«Ho fatto anche il post concerto...»
«Ok, recepito il messaggio. Hai bevuto come una spugna!»
«Si, ho bevuto e basta!»
Thomas alzò un sopracciglio. «Infatti io cosa ho detto?»
Laura guardò il collega. «Tom, devo lavorare!»
Quel giorno fu difficilissimo per Laura riuscire a concentrarsi sul suo lavoro, cercare di riscrivere tutte le sensazioni che aveva provato la sera precedente al concerto, senza pensare a quello che era successo dopo era praticamente impossibile. Cercò comunque di fare del suo meglio, visto che la sua recensione sarebbe finita in mano al capo che avrebbe dovuto valutare se pubblicarla o meno. Non poteva fallire; aspettò che l'antidolorifico di Thomas facesse il suo effetto, poi aprì la pagina di word del suo pc e cominciò a scrivere. Ci impiegò più tempo del previsto, ma doveva fare i conti con emozioni contrastanti e con quel maledetto cerchio alla testa che, nonostante l'antidolorifico, persisteva, ricordandole il pasticcio che aveva combinato la sera precedente.
Quando finalmente finì era ormai ora di tornare a casa; rilesse il lavoro un'ultima volta, lo stampò e lo portò nell'ufficio del capo. Fortunatamente lui non c'era già più, altrimenti avrebbe dovuto rendere conto del suo ritardo quella mattina e delle sue terribili occhiaie. Non aveva una scusa pronta e non era nemmeno troppo sveglia per poterne inventare una su due piedi. Fortunatamente il problema non si presentò; Laura lasciò il suo lavoro sul tavolo del capo ed uscì dall'ufficio. L'unica cosa che voleva fare in quel momento era andare a casa, appoggiare la testa sul suo cuscino e mettersi a dormire.





Salve a tutti! Cosa ne dite di questo capitolo?
Intanto ringrazio Dany_Ruess per aver recensito e per aver aggiunto la mia storia tra le preferite. Grazie millissime! E grazie, ovviamente, a chi legge i miei scleri.
Oggi ho avuto ispirazione perché sono felice. Ho preso i biglietti per il concerto dei Fun. a Ferrara, a giugno. Faccio i salti di gioia, conto i giorni che mancano. Non vedo l'ora!!
Va beh, mi sono dilungata troppo. 
A presto. 
Mon.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Erano ormai passati venti giorni da quella serata e Laura continuava la sua normale esistenza: lavoro, lavoro, lavoro e ancora lavoro. Non aveva nemmeno il tempo di pensare a quello che era successo perché il suo capo aveva deciso di affidarle un articolo sulle rock band degli anni Sessanta e Settanta e lei era sempre di corsa, tra ufficio, archivi storici, interviste a cantanti che un tempo facevano parte di questi gruppi. Era un lavoro che adorava e in più la teneva occupata praticamente tutta la giornata, così non aveva tempo di pensare a niente. 
La rivista con i suoi articoli, la recensione del cd e del concerto dei Fun., era uscita due giorni prima, Laura non aveva nemmeno comprato una copia, non aveva voluto rileggere quello che aveva scritto, non voleva guardare le foto che erano state scattate al concerto e che sicuramente erano state pubblicate al fianco dei suoi due lavori. Vederle avrebbe significato portare a galla ricordi che lei non aveva intenzione di rivivere. La polvere era stata messa sotto il tappeto, con la speranza che nessuno andasse a sollevarlo.
Speranza andata in frantumi una soleggiata mattina, intorno alle dieci. Laura era seduta alla sua scrivania, stava leggendo un articolo di una vecchia rivista, che intorno al 1968 girava negli ambienti frequentati dai giovani che volevano cambiare il mondo e che facevano parte di un movimento di contestazione che stava sempre più prendendo piede, ragazzi che ascoltavano la musica di Bob Dylan, dei Creedence Clearwater Revival, di Joan Baez e di Jimi Hendrix.
Il telefono sulla sua scrivania squillò e lei, mettendo una piccola x vicino al punto dove era arrivata a leggere, prese in mano la cornetta e la sollevò, portandola vicino all'orecchio. Dall'altra parte sentì una voce femminile, era quella della centralinista.
«Laura, c'è una telefonata per te. Te la passo?»
«È importante? Sto lavorando.»
«Non saprei, credo di si...»
La ragazza sbuffò e acconsentì a ricevere la telefonata; attese qualche secondo poi sentì il suo nome pronunciato dall'altra parte della cornetta da una voce impossibile da confondere.
«Ciao Laura. Disturbo?»
Era Nate. La ragazza ebbe un tuffo al cuore e deglutì prima di rispondere.
«Ciao Nate. No, non disturbi. Qualcosa non va nei miei articoli?» chiese, preoccupata.
«No, anzi. Ti chiamavo proprio per questo, per ringraziarti di quello che hai scritto. Mi sono piaciuti molto, sei stata carina, nonostante tutto...»
Un attimo di silenzio calò, da entrambe le parti della cornetta. L'unica cosa a cui Laura riusciva a pensare era al fatto che Nate avesse appena detto "Nonostante tutto". Tutto questo aveva un solo significato, cioè che lui si ricordava quello che era successo quella notte. Si sentì terribilmente in colpa, lei invece aveva solo ricordi sfuocati.
Deglutì nuovamente e trovò il coraggio di dire: «Allora ti ricordi?»
«Non sei facile da dimenticare...»
Laura abbassò lo sguardo, le sue guance avvamparono, non sapeva cosa rispondere. Respirò profondamente e riuscì solamente a sussurrare un grazie.
«Di niente, questa è solo la verità. Ti lascio lavorare, grazie ancora...» La salutò e mise giù il telefono.
Laura si prese la testa fra le mani e la scosse con forza. Non poteva credere a quello che aveva appena sentito. Nate le aveva davvero detto "non sei facile da dimenticare"? Si passò le mani sul viso, respirò profondamente e alzò la testa, fissando poi una foto di lei insieme a Billie Joe Armstrong appesa vicino al computer; era scattata due anni prima, quando lei era stata ad un concerto dei Green Day, durante il tour di 21st Century Breakdown.
Una voce al suo fianco attirò la sua attenzione. Era Thomas. «Tutto bene Laura?»
«Si, tutto bene. Credo...»
«Sicura?»
La ragazza annuì e cercò di concentrarsi nuovamente sul suo lavoro; era l’unico modo per cercare di allontanare dalla sua testa le parole di Nate. Prese la matita tra le mani, cercò la piccola x sul foglio e riprese a leggere. La sua testa, però, aveva deciso di non collaborare e il suo unico pensiero, l’unico che le frullava per la testa e che occupava ogni angolo del suo cervello, erano le parole che aveva udito poco prima. Cercò di fingere indifferenza, soprattutto perché al suo fianco aveva Thomas, capace di intuire quando qualcosa non andava. Si conoscevano da tanti anni e ormai lui aveva imparato a decifrare ogni minimo comportamento di Laura.
La ragazza non aveva intenzione di parlare di quello che era successo tra lei e Nate all’amico, non voleva essere giudicata, ci pensava già la sua coscienza a incolparla e a lasciarle un peso che non riusciva in nessun modo a togliersi di dosso. Si alzò dalla sua scrivania, prendendo il giornale che stava leggendo tra le mani.
«Dove vai?» chiese Thomas, seguendola con gli occhi, mentre lei si allontanava. Laura si fermò, respirò profondamente e si girò verso il collega.
«Ho bisogno di una boccata d’aria. Vado a finire il mio lavoro alla caffetteria qui vicino. Ho bisogno di rilassarmi un po’. Se passa il capo inventati una qualsiasi scusa, digli che sono uscita per un’intervista.»
Si girò senza aspettare una risposta da parte di Thomas e si diresse verso l’uscita. Quando mise la testa fuori dalla porta alzò gli occhi verso il cielo azzurro e respirò a pieni polmoni. Aveva assolutamente bisogno di staccare la spina.





Salve a tutti!
Cosa dire? Allora, questo capitolo è un po' interlocutorio, non succede molto, però se non lo avessi scritto, non avrebbe avuto senso quello che ho intenzione di far succedere dopo. Niente, tutto qui. Spero che vi piaccia. 
A presto.
Mon.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Laura mise piede nel suo ufficio e si guardò attorno; doveva riprendere in mano la sua solita vita. Non ne aveva molta voglia, soprattutto dopo essersi rilassata un’intera settimana al sole e al caldo delle Hawaii. 
Aveva bisogno di staccare e, dopo aver concluso il suo lavoro sulle band degli anni Sessanta, averlo mandato al capo e aver atteso la sua approvazione, aveva chiesto la possibilità di avere una settimana di ferie. Il suo capo gliele aveva concesse, Laura aveva cercato il primo aereo in partenza per le Hawaii, lo aveva prenotato, aveva preparato in fretta le valigie e si era imbarcata. Aveva passato una settimana al sole, al caldo, sdraiata su un lettino ad abbronzarsi, con un buon libro vicino a lei e buona musica nel suo iPod. Il cellulare era rimasto costantemente spento, non voleva essere rintracciata da nessuno, aveva solo bisogno di rilassarsi e di eliminare tutti i cattivi pensieri che le stavano affollando la testa.
C’era riuscita perfettamente; era tornata tranquilla, riposata e pronta per cominciare un nuovo lavoro. Quel giorno, infatti, c’era la solita riunione, quella per decidere cosa inserire nel nuovo numero del giornale. Si andò a sedere alla sua scrivania, poggiò la sua borsa e accese il computer. La prima cosa che fece fu controllare la posta elettronica; si spaventò quando lesse il numero di e-mail non visualizzate: più di cento. Si passò le mani sul viso e si chiese come era possibile che le fosse arrivata così tanta posta in una sola settimana; il primo pensiero che le passò per la testa fu quello di spegnere tutto e tornare alle Hawaii, ma il senso di responsabilità ebbe il sopravvento. Cominciò ad aprire alcune mail, partendo dalla più vecchia. Alcune erano di ringraziamento per il bell’articolo sugli anni Sessanta, uscito nel numero precedente della rivista, altre erano le classiche pubblicità che non facevano altro che intasare la posta elettronica, altre ancora riguardavano nuovi eventi nel mondo della musica. Lesse velocemente, soffermandosi sulla pubblicità di uno dei prossimi festival in programma sul territorio americano. Si sarebbe tenuto in Nevada e avrebbero partecipato un grande numero di artisti e gruppi, alcuni ancora da definire.
«Bentornata Laura!»
La ragazza si girò di scatto e vide Thomas che le sorrideva. «Grazie. Come stai?»
«Io tutto bene. Tu piuttosto? Quando sei andata in vacanza non avevi proprio l’aria di stare bene...»
«Tutto passato, adesso va molto meglio!»
«Mi fa piacere. È ora della riunione, vieni?»
«Arrivo!» rispose la ragazza, girandosi verso il computer, chiudendo la posta elettronica e alzandosi dalla sedia. Prese il suo block notes, una penna e seguì Thomas nella sala del direttore. Il capo, come sempre, era seduto sulla sua poltrona in finta pelle e guardava i suoi dipendenti con la schiena appoggiata allo schienale e le braccia incrociate sul petto. Quando tutti furono arrivati, il boss si alzò dalla sua posizione e appoggiò i gomiti sul tavolo, guardò la sua scaletta e poi alzò i suoi occhi azzurro ghiaccio verso i suoi collaboratori.
Cominciò a domandare chi volesse fare cosa; Laura però non riusciva a trovare qualcosa che la soddisfacesse. Il capo arrivò a circa metà della sua scaletta, alzò lo sguardo e disse: «Chi va in Nevada la prossima settimana per fare un’intervista ai The Killers?»
Laura alzò la testa, attenta. Si guardò attorno e nessuno dei suoi colleghi aveva espresso la volontà di andare. Si girò verso il capo e alzò la mano. «Io vado volentieri. È un festival giusto?»
«Esattamente Laura. Vai tu allora?»
La ragazza annuì, compiaciuta. Aveva sempre amato i The Killers e non vedeva l’ora di poter fare quattro chiacchiere in tranquillità con Brandon e compagnia.

***

Laura scese dalla sua macchina e si stiracchiò; aveva guidato per circa quattro ore, dalla California al Nevada, da San Francisco fino a Carson City, dove nei due giorni successivi si sarebbe tenuto il festival di musica e dove lei avrebbe dovuto incontrare i The Killers.
Aprì il baule della sua auto e scaricò la valigia che aveva portato con sé; all’interno c’erano un paio di cambi per i due giorni del festival e un completo elegante per la serata in cui avrebbe dovuto intervistare la band. Si sarebbe tenuto un rinfresco dopo l’esibizione dei vari gruppi e quello era il momento in cui lei avrebbe dovuto incontrare i The Killers. Era pronta, preparata alla perfezione. Non vedeva l’ora di cominciare l’ennesima avventura nel mondo della musica. Alzò gli occhi al cielo e respirò, sorridendo. Non poteva chiedere di meglio, amava il suo lavoro e quello era tutto ciò che contava. Il resto lo aveva messo alle spalle, non le importava più.
O almeno così credeva. 




Salve a tutti! 
Capitolo, anche questo, dove non succede molto. Dal prossimo, prometto che succederà qualcosa di più. Grazie a tutti quelli che continuano a seguire la storia, ero indecisa all'inizio se pubblicarla o no perché non credevo che potesse piacere. 
Grazie davvero, leggere le vostre recensioni non sapete quanto mi faccia piacere. Grazie, grazie, grazie.
A presto. 
Mon.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Laura si diresse verso il tavolo delle bevande; aveva appena finito l’intervista con i The Killers e aveva sete. Aveva ascoltato Brandon Flowers, Dave Keuning, Mark Stoermer e Ronnie Vannucci parlare per circa mezzora del loro nuovo album, del loro tour, delle aspettative per il futuro e del fatto che stessero già progettando la possibilità di produrre un nuovo disco. Laura aveva scritto tutto, nei minimi dettagli sul suo quaderno preferito, quello che si portava sempre dietro, ovunque andava, non la abbandonava mai. Era il compagno di tante avventure, quasi come la sua giacca di pelle, quella che stava indossando anche in quel momento. Sotto alla giacca, spuntava una camicia bianca, aveva una gonna stretta, che le arrivava poco sopra alle ginocchia, dello stesso colore e un paio di sandali con il tacco alto. I capelli erano raccolti e sorretti da una matita, in più quel giorno Laura aveva deciso di indossare gli occhiali e non le lenti a contatto. Un leggero trucco nero le contornava gli occhi, le labbra erano colorate di rosso. 
Arrivò vicino al tavolo delle bevande, prese un bicchiere e si versò un po’ di vino rosso, poi tirò fuori il suo cellulare e aprì la posta elettronica. Doveva avvertire il capo che tutto era andato per il verso giusto e che entro un paio di giorni sulla sua scrivania sarebbe stato depositato l’articolo pronto per essere inserito nel nuovo numero della rivista. Appoggiò il bicchiere vuoto vicino a lei e si mise a scrivere la mail; attenta a quello che stava facendo, non si rese conto che qualcuno si era avvicinato a lei. Sussultò quando sentì una voce che riconobbe subito.
«Ciao. Come stai?»
Alzò lentamente la testa e la girò verso la persona che aveva parlato. Il suo cuore fece un tuffo, Laura deglutì e poi rispose: «Ciao Nate, tutto bene. Tu?»
«Tutto benissimo, adesso...» disse il ragazzo, rivolgendole un enorme sorriso.
I due si fissarono qualche secondo poi Laura poggiò nuovamente gli occhi sul suo telefono per continuare a scrivere la mail che aveva interrotto.
«Cosa ci fai qui?» chiese Nate.
«Lavoro...» rispose, sbrigativa, Laura, senza alzare lo sguardo dal cellulare.
«Hai intervistato qualcuno?»
«Si, i The Killers. Tu che ci fai qui?»
«Noi suoniamo domani...»
Laura alzò lo sguardo dal telefono e lo rivolse a Nate; il ragazzo la stava fissando e le sorrise appena i loro sguardi si incontrarono. La ragazza lo distolse subito, ma non fece in tempo a concentrarsi nuovamente sulla sua e-mail perché sentì la bocca di Nate vicino al suo orecchio. Alzò leggermente la testa, quella vicinanza le aveva fatto accelerare il battito del cuore.
«Scusa, non resisto, te lo devo dire assolutamente...»
Laura deglutì e con un filo di voce riuscì a sussurrare: «Cosa?»
«Stasera sei molto sexy...»
Alla ragazza mancò il fiato. Nate si allontanò e la guardò mentre lei, con lo sguardo basso, cercava di nascondere il fatto di essere diventata rossa in viso. Sorrise e si avvicinò nuovamente a Laura, prendendole la vita e tirandola verso di sé.
«Lo so che non hai dimenticato quello che è successo...» disse il ragazzo, sempre sussurrando all’orecchio di Laura.
La ragazza si divincolò e guardò Nate negli occhi. Respirò profondamente e poi trovò il coraggio di confessare. «Vorrei che fosse così, Nate. Purtroppo però ho solo pochi ricordi di quella sera, e mi sento anche profondamente in colpa...»
Finalmente lo aveva detto, si era liberata di quel peso che si stava portando dentro da più di un mese. Il ragazzo non fu sorpreso, non fece una piega, continuò a sorridere. Laura fu contrariata da quella reazione, si aspettava per lo meno un po’ di delusione sul viso del ragazzo, invece niente. Si girò verso di lui e lo guardò dritto negli occhi.
«A che gioco stai giocando?» chiese.
«Sarebbe a dire?» domandò, di rimando, il ragazzo.
«Tu mi dici quelle cose, io ti rispondo che non mi ricordo niente e tu non ci rimani male?»
«Perché dovrei? Sono cose che succedono, fa parte del gioco...» Sorrise a Laura e si avvicinò a lei per l’ennesima volta. La tirò a sé, spostò una ciocca ribelle che era sfuggita dall’acconciatura della ragazza e che si era posata sul suo viso e gliela mise dietro l’orecchio. Sussurrò: «Un gioco a cui vorrei giocare ancora...»
Laura deglutì, avrebbe tanto voluto arrabbiarsi, avrebbe tanto voluto rispondere alle parole che aveva appena udito dalla voce di Nate, ma non ci riuscì. Sentì un brivido correrle lungo la schiena; se Nate avesse continuato con quel comportamento sarebbe stato molto difficile resistergli. Si allontanò da lui, riprese in mano il suo cellulare e, cercando di ignorare il ragazzo che la stava fissando, finì la mail da spedire al suo capo.
Quando la concluse non c’erano più scuse, non avrebbe potuto ignorare all’infinito la presenza al suo fianco, che nel frattempo si era versata un po’ di vino nel bicchiere. Si girò e Nate le porse il suo, anche quello pieno di quel meraviglioso nettare, a cui Laura non sapeva resistere. La ragazza lo prese tra le mani e guardò negli occhi Nate; i due si fissarono per qualche secondo poi lui avvicinò il suo bicchiere a quello di Laura e li fece cozzare piano l’uno contro l’altro.
«Io direi di brindare a noi...» disse il ragazzo.
Laura alzò un sopracciglio. «Non c’è niente da brindare...»
«Oh si, invece...» disse, avvicinandosi nuovamente alla ragazza e fermandosi a pochi centimetri dalle sue labbra. I due si guardarono, intensamente, poi Nate prese il bicchiere che Laura aveva tra le mani e lo appoggiò sul tavolo, successivamente fece lo stesso con il suo. Si girò nuovamente verso la ragazza e le prese la mano.
«La mia stanza è al terzo piano. Queste è il badge per entrare...» disse, mostrandole una tesserina.
«Andiamo?» concluse.




Ciao a tutti!
Che dire, questo è il nuovo capitolo, mi sono fatta attendere qualche giorno perché sono stata parecchio impegnata. Volevo ringraziare tutti, ho ricevuto un sacco di recensioni, che non mi aspettavo. Citare tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le preferite e tra le seguite diventa troppo lungo, e sono sicura che dimenticherei qualcuno. Quindi faccio un ringraziamento generale. Io davvero non pensavo che la mia storia potesse piacere a qualcuno. Grazie, grazie, grazie a tutti.
A presto.
Mon.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Laura si svegliò, rigirandosi nel letto; cercò di tirarsi le coperte fin sopra alla testa per provare a rimettersi a dormire, non aveva nessuna voglia di cominciare la giornata. Allungò una mano sul comodino per vedere dal suo cellulare che ore fossero e si rese conto che avrebbe potuto dormire almeno altre due ore: erano solo le 9.
Affondò nuovamente la testa nel cuscino e chiuse gli occhi, poi sentì qualcuno muoversi al suo fianco. Stavolta era consapevole di chi fosse la persona che dormiva nel suo stesso letto, sorrise e fece finta di dormire, aspettando che fosse lui a svegliarla. Si mosse leggermente e sentì Nate girarsi verso di lei; stretta nelle coperte sentì una mano passare lungo il suo braccio e poi labbra calde poggiarsi sulla sua guancia. Laura aprì un occhio, si stiracchiò e si girò con la pancia verso l’alto.
«Buongiorno...» disse il ragazzo.
«Buongiorno a te. Dormito bene?»
«Benissimo, tu?»
«Si, bene. Avrei preferito dormire ancora un po’, ma ormai sono sveglia, impossibile riprendere il sonno...» rispose Laura, sorridendo.
Nate, con un gesto veloce, si mise sopra di lei, puntellandosi con le braccia e guardandola negli occhi. «Se vuoi possiamo impiegare il tempo in maniera diversa...» disse, ammiccando. «Sai, nel caso non ti ricordassi...» continuò.
Laura allungò una mano e la mise sul viso di Nate, spostandolo. «L’errore di non ricordarmi l’ho fatto solo una volta e ti ho già chiesto scusa...»
«Sei perdonata, soprattutto dopo stanotte...»
La ragazza sorrise, compiaciuta, e lasciò che il ragazzo le baciasse il collo. Quella notte era stata fantastica, lei e Nate erano in piena sintonia, era parecchio tempo che Laura non stava così bene con una persona. Avevano fatto l’amore due volte, poi il ragazzo l’aveva stretta tra le sue braccia e l’aveva coccolata; Laura non avrebbe voluto essere in nessun altro posto, se non in quella stanza d’albergo insieme a Nate.
La ragazza lasciò che lui le baciasse tutto il collo, mentre lei le passava una mano tra i morbidi capelli e lungo la sua schiena. Fecero l’amore ancora e, solo, verso le 11, Laura decise di alzarsi dal letto.
Nate la trattenne per una mano, lei si girò e lui disse: «Non voglio che tu te ne vada!»
«Io devo lavorare e se non sbaglio, anche tu dovresti farlo!»
Il ragazzo sbuffò, passandosi una mano sul viso. «Ho il soundcheck tra meno di un’ora...»
«Allora datti una mossa, preparati e vai da Jack e da Andrew!»
Nate si alzò di malavoglia, andò in bagno a prepararsi e lo stesso fece Laura dopo di lui. Quando la ragazza uscì, pronta per iniziare la sua giornata lavorativa, lui la fissò.
«Cosa c’è?»
«Anche vestita così sei uno schianto!»
Laura fece un giro su sé stessa, sorridendo. Indossava un paio di jeans stretti, All Star rosa e una maglia a maniche corte, un po’ larga, con il viso di Jim Morrison stampato sopra. «Grazie...» disse.
Nate si avvicinò a lei, le prese una mano e chiese: «Vieni a vederci stasera?»
«Non mancherò!»
«Poi dobbiamo salutarci...» disse il ragazzo, abbassando gli occhi.
Laura prese il viso di Nate e lo sollevò leggermente, in modo da poterlo guardare dritto negli occhi. «Penso che anche tu sia consapevole di quanto possa essere difficile iniziare una relazione. Io sono sempre di corsa, dipende dall’evento, ma spesso sono in giro per l’America, e non solo. Tu fai altrettanto, come potrebbe funzionare?»
«Hai perfettamente ragione...»
«Lo so...» disse, tristemente, Laura, appoggiando le sue labbra su quelle di Nate e lasciandosi andare ad un tenero bacio.

***

«Si può sapere dove eri finito?» disse Andrew, appena vide arrivare Nate, quasi di corsa.
«Scusate, mi sono svegliato tardi!»
«Come al solito!» disse Jack, mentre accordava la sua chitarra.
«Certo che per aver dormito così tanto, non hai l’aria molto riposata...» continuò Andrew, guardando Nate e squadrandolo dalla testa ai piedi.
«Non ho dormito bene, e voi sapete che se non dormo bene divento intrattabile. Quindi, per favore, proviamo e vi chiedo di non fare più domande! Grazie!»
Andrew e Jack si guardarono, perplessi. Non riuscivano a capire cosa potesse essere successo per rendere il loro amico così intrattabile. Sapevano però, che quando Nate si comportava in quel modo, la cosa migliore da fare era lasciarlo perdere, lasciare che crogiolasse nel suo brodo. Sapevano che prima o poi avrebbe confessato il motivo. 




Salve a tutti. 
Un nuovo capitolo pronto per voi. Oggi scrivere è stato l'unico modo per provare a non pensare a troppi pensieri e ricordi che hanno deciso di venire a disturbare la mia giornata. L'umore è sotto i tacchi, spero che il capitolo non ne abbia risentito. Certo, mi rendo conto, non è uno dei miei migliori. 
Va beh, non voglio dilungarmi ancora, a voi credo non interessi. Grazie, grazie davvero per tutte le recensioni che mi lasciate. Non potete immaginare quanto mi fa piacere.
A presto.
Mon

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Laura era vicino al palco e guardava Nate esibirsi; non era la prima volta, ma per lei fu un momento magico. Guardarlo ed ascoltare la sua voce, di cui si era innamorata dal primo istante in cui l’aveva udita, e pensare a quello che era successo tra loro, le faceva correre i brividi lungo la schiena. 
In quel momento non voleva pensare al dopo, non voleva pensare al futuro, alla mattina successiva, quando lei e Nate avrebbero dovuto salutarsi. Era impossibile cominciare una relazione seria, stabile e duratura; lei girava l’America, sempre a caccia di interviste, sempre alla ricerca di notizie, novità da poter pubblicare sulla rivista, lui non solo girava tutti gli Stati Uniti, ma anche il mondo intero, insieme al suo gruppo. Lui faceva quello che aveva sempre sognato di fare, lei altrettanto, nessuno dei due avrebbe voluto rinunciare al proprio lavoro, e nessuno dei due avrebbe chiesto all’altro di farlo.
Per tutto questo era impossibile iniziare una storia, entrambi lo sapevano, entrambi erano consapevoli di quello. Si sarebbero goduti gli ultimi momenti insieme, quella notte, poi si sarebbero salutati.
Nate, dal palco cominciò ad cantare Stars, canzone che Laura conosceva, ovviamente, a memoria; cominciò a cantare anche lei, seguendo la voce di lui, e i loro sguardi si incontrarono quando il ragazzo, dal palco, intonò la frase: “And it’s crazy here without you”.
Già, sarebbe stato difficilissimo stare senza di lui, nonostante avessero passato solo poche ore insieme, Laura già sapeva che Nate le sarebbe mancato. Purtroppo però tutto ritornava al discorso precedente: entrambi erano troppo impegnati per riuscire a buttare energie anche in una storia troppo complicata fin dalle prime battute.
La ragazza scacciò tutti quei pensieri e si concentrò sul concerto, guardò i ragazzi esibirsi sul palco, guardò le prime file cantare tutte le canzoni a memoria e, alla fine, non poté fare a meno di emozionarsi. Si asciugò gli occhi e raggiunse Nate e compagni dietro le quinte.
Appena mise piede nel backstage Andrew la fissò, incredulo. «Laura? Cosa ci fai qui?»
«Ho lavorato e mi sono fermata a vedere il vostro concerto...»
Nate, nel frattempo, si era avvicinato a lei e le aveva dato un bacio sulla guancia, lei aveva ricambiato, cercando di non dare troppo nell’occhio; non voleva che gli altri ragazzi sapessero che tra loro c’era qualcosa.
«Chi hai intervistato stavolta?» chiese Jack.
Laura scosse il capo leggermente, cercando di dimenticare in fretta il bacio che Nate le aveva dato qualche secondo prima. «The Killers...»
«Bravissimi! Li abbiamo visti live anche noi ieri. Non sapevamo ci fossi anche tu...»
«Nemmeno io sapevo che voi c’eravate. Ho incontrato per caso Nate ieri sera...» rispose Laura, lanciando un’occhiata veloce al ragazzo, che si stava asciugando il sudore con un asciugamano. Rimase a fissarlo qualche secondo, non potendo fare a meno di notare quando fosse tremendamente attraente con i capelli bagnati e scompigliati. Non era certamente la prima volta che lo vedeva così, ma un brivido veloce le corse lungo la schiena. Distolse lo sguardo, tornando a concentrarsi su Jack ed Andrew, poco distanti da lei.
«L’intervista la pubblichi sul prossimo numero?»
«Ovviamente. Devo ancora sistemarla, ma entro pochi giorni devo farla avere assolutamente al mio capo!»
«La leggerò di sicuro!» disse Andrew, per poi continuare: «Mi piace un sacco come scrivi, mi piace il fatto che tu riesca a essere obiettiva, quando qualcosa non ti piace non hai paura a dirlo!»
«Perché me lo dite tutti? Cosa c’è di così strano? È il mio lavoro!»
«È il tuo lavoro e lo fai molto bene...» disse Nate, avvicinandosi a lei. Una volta che la ebbe raggiunta, si voltò verso i suoi amici e disse: «Io ragazzi me ne vado in albergo, sono stanchissimo! Ci vediamo domani.»
Laura si girò verso di lui, dando le spalle ad Andrew e a Jack, i loro sguardi si incollarono e, con un cenno quasi impercettibile del capo, si capirono. Nate l’avrebbe aspettata nella sua stanza.
La ragazza si girò nuovamente verso il resto del gruppo, sorridendo. Jack si avvicinò a lei e disse: «Non fare caso al fatto che non ti abbia salutato. Oggi è intrattabile. Stamattina è arrivato in ritardo e non ha fatto altro che rispondere male a tutti. Dice che non ha dormito, ma secondo noi c’è dell’altro, anche se non sappiamo bene cosa...»
Jack le sorrise e tornò dalla sua chitarra, per riporla nella sua custodia.
Laura sentì una fitta allo stomaco; sapeva benissimo perché Nate oggi aveva tenuto quel comportamento con i suoi amici, sapeva il motivo, la causa di tutto era lei, come sempre.
Si sentì in colpa, ma allo stesso tempo una leggera tristezza si impossessò di lei. Quello che provava Nate era lo stesso che provava lei. Entrambi sapevano che avrebbero dovuto salutarsi, ma nessuno dei due voleva davvero farlo.
Respirò profondamente, salutò Andrew e Jack, dicendo loro che doveva andare assolutamente a buttare giù una bozza dell’intervista, e raggiunse l’albergo dove Nate alloggiava.




Salve!!
Nuovo capitolo pronto, scusate se mi sono fatta attendere qualche giorno, ma sono stata parecchio impegnata. Anche i prossimi saranno giorni complicati, non so quando riuscirò a postare il prossimo capitolo, che ancora non ho scritto. Comunque, intanto godetevi questo, sperando ovviamente che vi piaccia. A me non convince, ma è l'unica cosa che sono riuscita a produrre oggi, mentre soffrivo sul divano per colpa dell'influenza. 
Va beh, non mi dilungo troppo. Enjoy the chapter!
A presto.
Mon. 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Laura bussò alla porta, cercando di fare il più piano possibile. Aspettò che Nate andasse ad aprire, tenendo lo sguardo basso e dondolandosi sulla punta dei piedi. Quando finalmente la porta si aprì, alla ragazza mancò il fiato per un attimo. Nate l’aveva accolta indossando solo un asciugamano legato in vita, i capelli erano bagnati; aveva appena finito di fare la doccia. Laura lo squadrò e lui si mise a ridere. «Cosa pensi di fare? Stai lì fuori o vuoi entrare?»
«Si, entro!» rispose, velocemente.
Nate si spostò da davanti alla porta, facendola passare, poi se la richiuse alle spalle. Laura appoggiò la sua borsa su una sedia poi si girò verso il ragazzo. Non fece in tempo a farlo che già si ritrovava stretta tra le braccia di Nate e lui avvicinò le sue labbra a quelle della ragazza.
«Sorpresa di vedermi così?»
Laura deglutì. «Non devo averci fatto una bella figura quando hai aperto la porta...» disse la ragazza, arrossendo e abbassando lo sguardo.
Nate le diede un tenero bacio sulla fronte e disse: «Non è vero. È la stessa mia reazione quando io vedo te...»
Il ragazzo prese il viso di Laura tra le mani e lo sollevò leggermente; i due si guardarono intensamente e lei si perse nel verde degli occhi di lui; era una di quelle cose di Nate a cui non sapeva resistere, insieme alla sua voce. Le labbra di lui si posarono su quelle di Laura; dapprima fu un semplice bacio delicato, poi Nate spinse Laura verso il letto. Lei si lasciò cadere e il ragazzo le andò sopra, puntellandosi con le mani e guardandola negli occhi.
«Posso toglierti questa bella maglietta di Jim Morrison?» chiese il ragazzo, sorridendo sornione.
Laura ricambiò il sorriso. «Se non lo fai mi arrabbio!»
Nate le sfilò la maglietta, scendendo poi a baciarle delicatamente la pancia, arrivando fino all’attaccatura dei suoi jeans. I suoi capelli bagnati sfioravano la pelle di Laura, che lasciò che il ragazzo le slacciasse i pantaloni e glieli togliesse. Quando Nate ebbe gettato i jeans sul pavimento tornò a guardare Laura negli occhi.
«Non ho intenzione di dormire stanotte...» disse lui. Fissò intensamente la ragazza e poi sussurrò: “Lay your clothes down on the floor, close the door, hold the phone, show me how no one’s ever gonna stop us now”
Laura venne percorsa da un brivido. Nate le aveva appena canticchiato all’orecchio un pezzo della sua canzone preferita. «Baciami!» rispose lei, prendendo il viso del ragazzo tra le mani e tirandolo verso il suo.
I due cominciarono a baciarsi, presto anche i restanti vestiti di Laura andarono a fare compagnia ai jeans della ragazza, sul pavimento, proprio come suggerito da Nate qualche istante prima. La stessa sorte toccò anche all’asciugamano che ancora il ragazzo teneva legato in vita. Fecero l’amore, una, due, tre volte, poi si addormentarono esausti.

***

Il sole filtrava attraverso le finestre e un raggio si andò ad appoggiare esattamente sul viso di Laura; lei girò la testa di scatto, poi aprì gli occhi. Aveva ancora sonno, non era certamente pronta per alzarsi. Si tirò a sedere sul letto; era leggermente indolenzita, ma sorrise. Si alzò e, cercando di fare il più piano possibile, si diresse verso la sua borsa, vi armeggiò dentro per poi trovare finalmente il suo cellulare e guardare l’ora. Erano circa le 9 di mattina. Ripose il cellulare nella borsa e tornò a letto, infilandosi nuovamente sotto le coperte e accoccolandosi vicino a Nate, che ancora dormiva. Era poggiato su un fianco, lo guardò respirare regolarmente, passò i suoi occhi lungo il profilo del suo viso poi respirò profondamente. Aveva cominciato a pensare a quello che sarebbe successo di lì a qualche ora. Si sarebbero dovuti dire addio.
Prese delicatamente un braccio di Nate e se lo mise attorno alla vita, stringendosi poi vicino a lui. Chiuse gli occhi, sperando di potersi riaddormentare, ma fu praticamente inutile; ormai era sveglia, quindi decise di rimanere in quella posizione, cercando di godersi gli ultimi momenti tra le braccia di Nate.
Quando il ragazzo aprì gli occhi, la prima cosa che Laura fece fu regalargli un sorriso. Nate parve apprezzare; si stiracchiò e sorrise alla ragazza di rimando. I due si fissarono per qualche secondo, senza dire nulla, poi Nate tirò Laura a sé e le diede un bacio sulla fronte. La tenne stretta, passandole una mano delicatamente sul suo braccio, mentre lei, con un dito, disegnava piccoli cerchi sulla pelle di lui.
«Mi piace quando mi fai le coccole...» disse Nate, dopo un po’.
«Potrei dire la stessa cosa...» rispose Laura, appoggiando la testa contro il petto del ragazzo e sfiorandolo con un bacio delicato.
Nessuno dei due voleva spostarsi da quella posizione, nessuno dei due voleva uscire da quel letto. Farlo avrebbe significato doversi salutare; nessuno di loro era pronto. Non si resero conto del tempo che passava, accoccolati l’una nelle braccia dell’altro. Ciò che li portò alla realtà fu il terribile suono del cellulare di Nate.
Il ragazzo imprecò, girandosi di scatto per prendere il telefono. Si mise a sedere sul letto e rispose.
«Cosa cazzo vuoi Andrew?» ringhiò il ragazzo.
Dall’altra parte ci fu un attimo di silenzio, poi la voce del tastierista si fece sentire, timida. «Nate, veramente è ora di andare...»
«Che ore sono?»
«Quasi le undici...»
«Fanculo! Mi preparo e arrivo!» disse, uscendo di scatto dal letto.
Laura sapeva che era arrivato il momento di salutarsi. Lo guardò mentre si vestiva, mentre buttava tutte le sue cose nella valigia velocemente, mentre lei era ancora nel letto, appoggiata con la schiena al morbido cuscino.
Quando Nate finì di fare tutto, si girò di scatto verso di lei, si avvicinò al letto e si chinò vicino al suo viso.
«Io odio questi momenti...» disse, avvicinandosi alle labbra di Laura.
«Nemmeno io li amo troppo... » rispose lei, sussurrando e guardando le labbra di lui.
Si baciarono intensamente e quando si allontanarono entrambi si scambiarono un sorriso.
«Non ti dimenticherò, mi dispiace che debba finire tutto qui...» disse Nate.
«Non sarà facile nemmeno per me dimenticarti, ma lo sai meglio di me, sarebbe impossibile tra di noi...»
«Lo so...» rispose, tristemente, il ragazzo.
I due si fissarono ancora per qualche istante poi Nate si girò, prese la sua valigia e si diresse verso la porta.
«Ciao Laura...»
«Ciao Nate...»




Ciao a tutti! Allora, eccovi il nuovo capitolo, uno di quelli che mi piace di più, anche se è un po' triste. 
Comunque, grazie a chi ha commentato, grazie a chi ha aggiunto la storia tra le preferite. Grazie davvero a tutti, sembro ripetitiva, ma non mi stanco di ripeterlo, perché non pensavo che questa storia potesse piacere a qualcuno. 
Vi annuncio che fino a lunedì sarà impossibile praticamente accendere il pc, ho tre giornate di fuoco. Sabato ho un pranzo con degli amici che mi terrà occupata tutta la giornata, domenica la comunione di mia cugina, ciò significa niente tempo per la storia. Spero lunedì di poter continuare. In tutti i casi, buon weekend a tutti.
Al prossimo capitolo. 
Mon.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Laura aveva ripreso la sua vita, sempre di corsa, sempre impegnata; dopo aver consegnato al suo capo l’intervista ai The Killers le era stato affidato un altro lavoro che richiedeva molto tempo, speso in ricerche ed interviste; doveva fare un articolo sui più importanti chitarristi della storia della musica e voleva farlo perfetto, in quel lavoro stava mettendo tutta sé stessa. 
Impegnata com’era ad inviare richieste per visitare gli archivi di case discografiche, giornali e riviste musicali, a smistare tutta la posta che le arrivava, a telefonare, e a correre da una parte all’altra dell’America per raccogliere più informazioni possibili, non aveva il tempo di pensare a niente; almeno durante il giorno. Era la sera il suo vero problema; quando arrivava a casa distrutta, nel suo appartamento, tanto accogliente, ma così vuoto, i suoi pensieri volavano subito all’unica persona che in quel momento li stava occupando: Nate.
Da quella mattina, nella stanza di quell’albergo in Nevada non si erano più visti né sentiti; erano ormai passate due settimane. Nonostante Laura avesse sempre creduto fermamente che il tempo e la lontananza cancellassero i sentimenti, adesso aveva cominciato a rivedere la sua tesi. Nonostante non avesse più contatti con Nate, la sua testa, i suoi pensieri, tornavano sempre a lui. In ogni istante in cui la sua mente era libera dal lavoro, lei non faceva altro che pensare ai momenti che avevano passato insieme. Più volte aveva preso in mano il cellulare, lo aveva fissato chiedendosi cosa sarebbe successo se avesse inviato un messaggio al ragazzo, poi però lo aveva gettato via, lontano da lei, per cercare di resistere a quella tentazione. Sapeva che se lo avesse fatto, poi se ne sarebbe pentita.
Quel mattino Laura si stava trascinando stancamente al lavoro quando il suo cellulare squillò. Era una casa discografica di New York che aveva accettato la sua richiesta per visitare gli archivi; le era stato detto che avrebbe dovuto stampare il permesso e presentarlo all’ingresso della casa discografica in una precisa data che le sarebbe stata comunicata via e-mail. Laura si riprese da quello stato di apatia mattutino che la accompagnava da ormai due settimane fino alle porte del suo ufficio.
Arrivò al lavoro, raggiunse velocemente la sua scrivania, accese il computer e scaricò le e-mail. Cercò quella della casa discografica e quando la trovò, sorrise alzando le braccia in segno di vittoria. Nella scrivania al suo fianco Thomas la guardò, alzando un sopracciglio.
«Mi fa piacere vederti così felice, da un po’ non succedeva...» disse il ragazzo.
«La casa discografica di cui ti avevo parlato ha accettato la mia richiesta. Tra quattro giorni devo essere a New York per poter accedere ai loro archivi!»
«Perché a te affidano sempre articoli così fighi da scrivere?» chiese Thomas, fintamente geloso.
«Non ne ho idea. Chiedi al capo!»
«Ho sempre detto che il boss ha un debole per te!»
«Ancora con questa storia! Thomas, lo credi solo tu!»
«Il giorno in cui annuncerai che ti sposi vedrai come ci rimarrà male!»
Sul viso di Laura sparì il sorriso. Thomas se ne accorse immediatamente e disse: «Scusami, ho toccato un brutto tasto. Non volevo, è che ultimamente non mi dici più niente...»
«Perché non c’è niente da sapere Tom. Vado dal capo a chiedere il permesso per andare a New York!» rispose Laura, alzandosi di scatto dalla sedia e dirigendosi verso l’ufficio del suo superiore.
Si mise a posto i capelli, si sistemò la giacca, bussò e attese di essere chiamata dentro.

***

Qualcuno bussò alla porta della stanza, ma non ottenne risposta. Guardò la persona al suo fianco e disse: «Io non so cosa sia successo, ma Nate in queste ultime settimane si comporta in maniera strana!» Era Andrew, la persona al suo fianco era Jack.
«È cambiato dopo il festival in Nevada. Che sia successo qualcosa la?»
«Jack, non essere ridicolo! Cosa può essere successo? È sempre stato insieme a noi, ce ne saremmo accorti, no?»
«Anche questo è vero...» rispose il ragazzo, alzando le spalle e bussando nuovamente alla porta della stanza. Finalmente questa si aprì e Nate comparve, passandosi una mano tra i capelli e guardando i due amici con gli occhi socchiusi.
«Cosa volete?» gracchiò.
«È ora di andare...» rispose Andrew. «Abbiamo un aereo che ci aspetta. Ti ricordi che abbiamo un concerto a New York?»





Salve!!!
Sono sopravvissuta ad una comunione e a due pranzi megacalattici in due giorni. Credo di essere ingrassata dieci chili, sono ancora ripiena come una porchetta, ma tutto sommato sono viva! Con le poche forze che mi restano ho provato a scrivere qualcosa. Spero possiate gradire come io ho gradito un bel piatto di tortelloni panna, spinaci e prosciutto. La fine del mondo.
Va beh, credo che del menù non vi interessi nulla, quindi mi dileguo silenziosamente. 
Al prossimo capitolo.
Mon.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Laura era atterrata a New York, con un volo diretto da San Francisco, aveva fermato un taxi e si era diretta immediatamente al suo albergo, aveva appoggiato le sue cose, poi si era subito avviata verso la casa discografica per cominciare il suo lavoro di ricerca. Il suo albergo non era lontano dalla sede della casa discografica, quindi decise di fare un giro per le affollate strade della Grande Mela. Era sempre stata affascinata da New York, grandi grattacieli, strade dritte che andavano a formare un perfetto reticolato e poi c’era Central Park. Tutte le volte che andava a New York non mancava mai di fare un giro nel grande polmone verde della città.
Era quasi arrivata alla casa discografica quando la sua attenzione venne richiamata da un pannello di metallo dove sopra erano appese tutte le locandine dei concerti che si erano o si sarebbero tenuti a New York in quel periodo. Passò lo sguardo velocemente e quando i suoi occhi si poggiarono su una particolare locandina, le mancò il fiato. Guardò la data ed era esattamente quel giorno: i Fun. avrebbero tenuto un concerto a New York. Improvvisamente tutti i suoi pensieri vennero cancellati, solo uno le cominciò a frullare nella testa: Nate. Erano nella stessa città, lo stesso giorno, perché non approfittare per vedersi?
Prese fuori il cellulare dalla sua borsa e cercò il numero del ragazzo, lo trovò, ma si fermò con il dito sospeso vicino al tasto verde. Improvvisamente l’idea di chiamarlo non le sembrava tanto geniale; rivederlo avrebbe comportato un altro addio e lei non era pronta a sopportare una cosa simile. Posò nuovamente il cellulare nella sua borsa e continuò la sua passeggiata. Camminava veloce e la sua mente sembrava vuota, l’unica cosa che le passava per la testa era Nate.
Arrivò davanti alle porte del grattacielo che ospitava la casa discografica, queste si aprirono e lei entrò, ringraziando che di lì a pochi minuti avrebbe cominciato il suo lavoro di ricerca e avrebbe cancellato tutti i pensieri dalla sua testa. Ci sarebbero stati solo lei e il suo lavoro.

***

Erano ormai le quattro e mezza di pomeriggio, Laura aveva finito il suo lavoro, almeno per quel giorno. Ci sarebbe tornata l’indomani per concludere definitivamente e poi tornare a San Francisco con una marea di informazioni che avrebbe dovuto trascrivere in un articolo. Si chiedeva come avrebbe potuto racchiudere tutto quello che aveva trovato in sole tre pagine di giornale, ma era un pensiero che adesso voleva eliminare; ci avrebbe pensato solamente quando si sarebbe trovata seduta davanti al suo computer con la pila di fogli sotto gli occhi.
Era un bel pomeriggio, abbastanza caldo, soleggiato; non poteva esserci momento migliore per fare un giro a Central Park e provare a schiarirsi le idee. Già, perché appena uscita dalla casa discografica la mente di Laura era tornata alla fonte di tutti i suoi problemi e di tutte le sue preoccupazioni: Nate.
Entrò nel parco e cominciò il suo giro, era sempre stata affascinata da quel posto, così in contrasto con il resto della città; entrare a Central Park era come entrare in un mondo parallelo: alberi verdi, un grande lago, animaletti di bosco che lo popolavano, poi bastava alzare gli occhi e tutto attorno si trovavano enormi grattacieli grigi a ricordare in quale città ci si stesse trovando in quel momento.
Camminava già da un po’, quando, dopo numerosi ripensamenti, decise di prendere una decisione definitiva. Frugò nella sua borsa, trovò il cellulare e cercò un numero in particolare nella sua rubrica. Quando lo trovò, rimase a contemplare lo schermo del telefono per qualche secondo, poi premette il tasto verde. Portò il cellulare vicino all’orecchio e rimase in attesa.
«Laura! Quanto tempo! Come stai?»
La voce del ragazzo era squillante, come sempre.
«Ciao Mike. Tutto bene, tu?»
Mike era una vecchia fiamma di Laura, lui lavorava per l’organizzazione di eventi e concerti, fino a qualche anno prima viveva e lavorava in California, poi si era trasferito a New York, quando gli era stato offerto un lavoro meglio pagato. Si erano conosciuti proprio perché entrambi lavoravano nel mondo della musica, spesso Laura chiedeva a lui le informazioni necessarie per sapere dov’era il luogo di un’intervista, dove si sarebbe tenuto un determinato concerto. Proprio per questo avevano cominciato a frequentarsi, erano usciti insieme per circa tre mesi, poi nessuno dei due aveva il tempo per impegnarsi in una relazione più seria e quindi avevano deciso di lasciare stare. Si erano continuati a vedere e a sentire solamente per questioni lavorative, poi Mike si era trasferito a New York e avevano perso tutti i contatti.
«Tutto bene, grazie! Senti, sono a New York per un lavoro e avevo bisogno di un’informazione...» disse Laura. Si sentiva in colpa per quello che stava per fare, ma era l’unico modo.
«Dimmi tutto!» rispose Mike.
«Sai per caso in quale albergo alloggiano i Fun.? Avrei bisogno di incontrarli per un’intervista...»
Ci fu un attimo di silenzio dall’altra parte del telefono, poi la voce del ragazzo tornò a farsi sentire. «Aspetta qualche secondo, cerco sul mio computer...» rispose.
Laura attese, silenziosa.
«Stanno sulla 64esima Est, vicino a Central Park.»
«Grazie mille!» rispose la ragazza.
«Senti...» disse Mike, immediatamente dopo. «Visto che sei a New York, è possibile vederci?»
«Mike, mi dispiace. Io stasera sono impegnata e domani torno verso San Francisco...»
«Ok, come non detto. Mi ha fatto piacere sentirti.»
«Anche a me e grazie ancora!»
Si salutarono.
Adesso a Laura non restava che andare in albergo, prepararsi e mettere in pratica il suo piano.





Salve a tutti!
Febbre e antibiotico mi fanno compagnia da ormai tre giorni. Ho provato a scrivere qualcosa, però chiedo già scusa se c'è qualche errore. Ho riletto, ma potrei aver perso qualcosa, non sono totalmente lucida oggi. Maledetta febbreeeeee!!
Va beh, che altro dire? Allora, lo so, sembro ripetitiva, lo dico tutte le volte, ma mi sento di doverlo fare. Grazie a quelli che hanno aggiunto la mia storia tra le seguite e a chi mi lascia sempre recensioni. Voi nemmeno vi immaginate quanto mi facciate contenta. Grazie infinite. Vi voglio bene, sul serio. 
A presto. 
Mon.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Laura era seduta sulle poltrone della hall dell’albergo; era arrivata da circa mezzora e si era accomodata vicino alla porta d’ingresso. Indossava un paio di decoltè nere, un paio di jeans stretti, una maglia a maniche corte con la bandiera americana stampata sopra, i capelli li aveva lasciati sciolti, un leggero trucco nero le ornava gli occhi e le labbra erano colorate di rosso. 
La ragazza stava attendendo il momento di rivedere Nate, tenendo la testa occupata giocando con il suo cellulare. Era impegnata nel saltare un ostacolo, quando si sentì chiamare. Non era certo la voce che voleva sentire quella che aveva appena pronunciato il suo nome, ma Laura alzò comunque gli occhi e incrociò quelli di una ragazza bionda, Emily. Anche lei faceva parte della band: oltre a Nate, ad Andrew e a Jack infatti c’erano Nattie, il bassista e Will, il batterista.
«Cosa ci fai qui?» chiese sorpresa Emily.
Laura non sapeva cosa rispondere, decise di dire semplicemente la verità. «Cercavo Nate...»
«Vuoi che te lo vado a chiamare?»
«No, tranquilla. Lo aspetto qui, grazie comunque...»
La ragazza sorrise, salutò Laura e si diresse verso le scale che conducevano alle stanze. Lei, invece, rimase lì, in attesa di Nate. Continuò a stare seduta, ma il giochino del suo telefono, improvvisamente, aveva perso interesse. Laura continuava a guardare lo schermo, ma con l’orecchio sempre vigile, in attesa di sentire la voce del ragazzo risuonare nella sala. Quando finalmente sentì la sua risata, alzò gli occhi e lo vide mentre scherzava con Jack. Il suo cuore accelerò, mentre Nate girò la testa, la vide e si bloccò, smettendo improvvisamente di ridere. I due si fissarono, poi Andrew entrò dalla porta, diede una pacca sulla spalla a Nate, che non rispose. Il ragazzo guardò l’amico poi rivolse lo sguardo verso il punto che lui stava fissando; fu sorpreso di vedere Laura, la salutò e poi si girò nuovamente verso Nate.
«Cosa succede?» chiese Andrew.
«Niente, vai a dormire. Ci vediamo domani!» rispose Nate, senza fare troppo caso alla presenza dell’amico. Gli diede una piccola pacca sulla spalla poi si diresse verso Laura. Lei si alzò in piedi e i due rimasero a fissarsi, uno di fronte all’altro.
«Ci vediamo domani. Buonanotte Nate, buonanotte Laura!» Era la voce di Jack.
Entrambi salutarono con un cenno della mano, senza smettere di fissarsi. Fu la ragazza a prendere l’iniziativa, quando si accorse che nella hall dell’albergo non c’era più nessuno. Si avvicinò a Nate e appoggiò le sue labbra su quelle del ragazzo, che rispose al bacio, mettendole una mano dietro la schiena e tirandola a sé.
«Cosa ci fai qui?» chiese Nate, quando decisero di allontanarsi, per prendere fiato.
«Ero qui per lavoro e ho scoperto che avevate un concerto oggi, ho chiesto a informatori dove alloggiavate. Avevo voglia di vederti...»
«Perché non ti sei fatta sentire?»
«Potrei farti la stessa domanda. Perché non lo hai fatto tu?»
«Importa qualcosa adesso? Conta che sei qui, non mi interessa il resto...»
«Nemmeno a me...»
Nate la prese per mano e la condusse su per le scale, fino alla sua stanza. Aprì la porta e fece entrare Laura, poi la seguì.
«Avevo paura che non avremmo mai più avuto la possibilità di stare insieme, così, come adesso...» disse, avvicinandosi alla ragazza. Laura appoggiò la borsa sulla sedia e poi mise le braccia attorno al collo di Nate.
«Anche io avevo paura, sono stata indecisa fino all’ultimo se passare o meno. Non volevo il ripetersi dei saluti, domani mattina...»
«Non pensarci adesso...» disse il ragazzo, appoggiando le sue labbra su quelle di Laura. Improvvisamente la ragazza dimenticò tutto e spinse Nate sul letto, poi si mise a cavalcioni su di lui, prendendo i bordi della sua giacca tra le mani e tirando il ragazzo un po’ verso di sé. Lui le baciò le labbra, spostandosi poi verso il collo, così Laura tolse la giacchetta al ragazzo, lui le tolse la maglia e poi le prese il viso tra le mani.
La guardò dritta negli occhi e disse: «Ti vedo e non riesco a resisterti, ed è sempre così, dalla prima volta che ti ho incontrato, all’intervista...»
Laura alzò un sopracciglio. «Quindi è per questo che mi hai invitata al concerto e poi mi hai fatto ubriacare? Per portarmi a letto con te?»
«No! Io ti ho invitata al concerto perché volevo rivederti. Tutto il resto è stata una conseguenza!»
«Non ha importanza, perché, se me lo avessi chiesto, sarei venuta a letto con te comunque, ubriaca o no!»
Nate sorrise, sornione. «Lo sapevo di piacerti!»
«Non ti immagini nemmeno quanto!» rispose la ragazza, prendendo il viso di Nate tra le mani e ricominciando a baciarlo.





Salve a tutti.
Avevo promesso a qualcuna delle mie splendide lettrici che entro martedì avrei postato qualcosa. Eccolo qui, ce l'ho fatta. Mi sono messa d'impegno e l'ho scritto. Oggi, tra l'altro, non è una gran bella giornata, sono un po' giù di morale, ma mi consolo pensando che tra esattamente 16 giorni vedrò i Green Day in concerto, 6 giorni dopo invece i nostri adorati Fun. E' l'unica cosa che oggi mi ha fatto sorridere.
Scusate, non voglio deprimervi, quindi scappo via. Enjoy the new chapter.
A presto.
Mon. 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Laura aprì gli occhi sentendo qualcosa che le solleticava una guancia; ancora assonnata si girò con la pancia verso il soffitto e guardò Nate al suo fianco.
«Buongiorno principessa...»
«Buongiorno. Che ore sono?»
«Quasi le nove...»
Laura si stiracchiò, sbadigliando. «È presto...» si lamentò, tirandosi le coperte sopra la testa.
«C’è un motivo perché ti ho svegliato presto...»
La ragazza si scoprì il volto di colpo, guardò Nate e alzò un sopracciglio, perplessa. «Sarebbe?» chiese.
«Ho avuto un’idea!» rese noto il ragazzo. Sembrava contento.
«Devo preoccuparmi? Quale?»
«Adesso te la spiego...» rispose, mettendosi a sedere sul letto. Laura appoggiò la schiena contro il suo cuscino e fissò Nate che teneva il suo tra le braccia.
«Abbiamo appurato che nessuno di noi due sa resistere all’altro, e mi sembra sia più che chiaro tutte le volte che finiamo a letto insieme...» cominciò. Abbassò lo sguardo, diventando leggermente rosso in viso. Laura non poté fare a meno si pensare a quanto fosse bello, timido e dolce. Non riusciva a trovargli difetti, forse a volte era un po’ stronzo, ma quel poco che bastava a non far perdere la pazienza alla ragazza. Decise di sporgersi verso di lui, passò una mano tra i morbidi capelli di Nate e poi gli diede un veloce bacio.
«Continua...» lo esortò.
«Ho pensato, magari se qualche volta uno dei due ha qualche giorno libero, perché non vedersi? Ovviamente senza nessun impegno, sul fatto di cominciare una storia seria siamo entrambi d’accordo che sarebbe complicato...»
Laura annuì. Alla ragazza l’idea non dispiaceva; non era un impegno serio, niente che avrebbe comportato preoccupazioni per quello che l’altro stava facendo mentre era in giro con il tour, niente a che fare con lunghe telefonate la sera per sapere come era andata la giornata dell’altro, niente cose sdolcinate da fidanzati.
«Accetto! Saremo come due amici che ogni tanto si vedono dopo un po’ di tempo...»
«Esatto! Però noi non è che andiamo solo fuori a cena a chiacchierare...» disse il ragazzo, sporgendosi verso Laura e dandole un bacio.
La ragazza lasciò fare, accomodandosi meglio sul letto. Quando però il ragazzo cominciò a baciarle il collo lei lo fermò.
«No ti prego. Devo andare a lavorare e se continui ancora a darmi questi baci io non resisto!» disse.
«Allora non resistere!» fu la risposta repentina di Nate, che continuava a baciare il collo di Laura.
La ragazza cercò di spostarsi, riuscendo a divincolarsi dalla stretta del ragazzo. Lui si girò verso di lei e la guardò. «Te ne vai così?»
Laura si sporse verso di lui e disse: «Io devo andare a lavorare e tu devi raggiungere gli altri. Se non sbaglio avete un tour da portare avanti!»
Nate sbuffò, scese dal letto e raccolse le sue cose. Entrambi si prepararono poi scesero le scale insieme. Arrivati in fondo, Laura si girò verso il ragazzo. «Se ci sono tutti gli altri, come lo spieghi che abbiamo sceso le scale insieme, di mattina, dopo che io ieri sera ero qui che ti aspettavo?»
Nate alzò le spalle. «Non mi interessa quello che pensano. Quello che faccio nella mia vita privata sono fatti miei. Facciamo finta di niente e poi me la sbrigo io.»
Laura annuì.
Quando sbucarono nella hall dell’albergo, seduti sulle poltrone dove Laura era stata la sera precedente, c’erano Andrew, Jack ed Emily. Nate li salutò, loro alzarono lo sguardo dai cellulari e guardarono l’amico. Laura lesse negli sguardi di tutti e tre la sorpresa di vederla insieme a Nate, decise però di fare finta di nulla e di salutarli, proprio come le aveva chiesto il ragazzo.
«Arrivo subito...» disse Nate, prima che gli amici potessero aggiungere qualcosa; accompagnò così Laura fuori dalla porta dell’albergo e li si salutarono.
«Il mio numero ce l’hai, vero?» chiese il ragazzo.
«Certo. Tu hai il mio, giusto?»
«Si...»
«Allora ci sentiamo. Appena uno dei due ha qualche giorno libero chiama l’altro...»
«Assolutamente si! Posso salutarti dandoti un bacio?»
«Perché me lo chiedi? Me la prenderei se non lo facessi!»
Nate si avvicinò così a Laura, la tirò a sé e la baciò, appassionatamente. Quando si allontanarono, la ragazza si incamminò, lasciando Nate a fissarla, finché non scomparve dalla sua vista.

***

«Mi spiegate cosa ci faceva qui Laura? Sta insieme a Nate?» chiese Emily, guardando perplessa i due amici al suo fianco.
«Non ne ho idea. Tu, Jack, sai qualcosa?» rispose Andrew.
«Ne so quanto voi...» disse Jack, alzando le spalle e guardando fuori dalla porta, per vedere se l’oggetto della loro conversazione stava rientrando.
Quando lo vide arrivare, immediatamente Jack puntò un dito contro di lui poi gli fece segno di avvicinarsi. Lui, Andrew ed Emily fissarono Nate, il ragazzo li guardò per qualche secondo poi sbuffò. «Allora, cosa c’è?»
«Cosa ci faceva Laura qui? E perché avete sceso le scale insieme? Cosa avete fatto?» Questo era Jack.
«Tu e Laura state insieme?» Questa era, invece, la voce di Emily.
Nate batté le mani, gli altri si zittirono improvvisamente. «Lo dirò adesso poi non ho più intenzione di ripeterlo. Io e Laura non siamo fidanzati, si è vero, andiamo a letto insieme, ma non siamo una coppia. Lei ha la sua vita, io la mia. Il caso è chiuso! Vado a fare colazione perché ho molta fame!» disse, girando le spalle ad Emily, Jack ed Andrew.
«Come no! Tutti dicono così, poi alla fine finiscono per sposarsi...» disse Jack, quando Nate era già troppo lontano per sentirlo. 





Salve a tutti!
Nuovo capitolo, avevo promesso che lo avrei postato ieri, ma non ce l'ho fatta, non era pronto. Spero possiate perdonarmi, anche perché non è nemmeno uno dei più belli, almeno, a me non piace tantissimo. 
Come sempre non posso fare a meno di ringraziare chi ha aggiunto la mia storia tra le preferite e tra le seguite. State diventanto tante e io ho perso il conto. Mi limito ad un ringraziamento generale, così non faccio torti a nessuno. Grazie, vi voglio bene, sul serio.
Al prossimo capitolo.
Mon.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Agosto.
Laura era seduta alla sua scrivania, il mento appoggiato sul palmo della mano, guardava fuori dalla finestra il sole che splendeva al di là dei vetri. Era una delle poche rimasta in ufficio in quella torrida estate. Stava lavorando ad un nuovo articolo per il numero di settembre della rivista, quel giorno però non riusciva a concentrarsi. Avrebbe voluto essere al sole, sulla spiaggia, con un gelato in mano a rinfrescarla, con l’idea di dormire un paio d’ore e poi andare a farsi un bagno nel mare della California. Quell’anno non poteva permetterselo; quei pochi giorni di ferie doveva tenerli per la prossima volta in cui avrebbe incontrato Nate. I due continuavano a rispettare il patto che avevano fatto quella mattina di tre mesi prima: appena uno dei due aveva un momento libero, telefonava all’altro. Era già successo cinque volte da quando avevano preso quella decisione.
La ragazza posò nuovamente gli occhi sullo schermo del suo computer, decisa a riprendere il lavoro che aveva interrotto, quando fu chiamata da Thomas, anche lui rimasto in ufficio insieme a lei, in quel lungo e caldo mese di agosto.
«Ciao Lau! Come va oggi?»
«Potrebbe andare meglio, si muore di caldo!»
«Noi oggi ce ne stiamo qua al freschino, benedetta aria condizionata!»
La ragazza rise e annuì, tornando a concentrarsi sul lavoro, mentre Thomas accendeva il suo computer. Cominciarono a lavorare, con il ragazzo al suo fianco anche Laura si focalizzò meglio su quello che stava facendo; si sentiva meno sola e meno sfortunata se lui era lì con lei in quella stanza. Cominciò a rileggere le righe che aveva scritto il giorno precedente, poi prese un documento dalla sua scrivania, lo aveva letto quella mattina, lo scorse velocemente. Le serviva un’informazione e sapeva benissimo che lì l’avrebbe trovata.
Il suo lavoro fu interrotto dal suono del suo cellulare; guardò lo schermo lampeggiare e lesse il nome di Nate. Lo prese tra le mani, si alzò velocemente dalla scrivania e andò fuori, sulla terrazza. Il sole scottava, erano quasi le undici del mattino, ma a lei non importava, voleva sentire la voce del ragazzo.
«Ciao!» rispose calorosa.
«Ciao principessa. Come stai?»
«Tutto bene, è un caldo pazzesco, ma si resiste. Sono in ufficio, almeno c’è l’aria condizionata!»
Nate rise poi disse: «Scusami se ieri sera non ho risposto alla tua chiamata...»
Laura rimase un attimo in silenzio. La sera prima, infatti, la ragazza era in casa da sola, come le succedeva spesso, seduta su uno sdraio, sulla sua terrazza, a guardare il cielo stellato con un bicchiere di vino rosso tra le mani. I suoi pensieri vagavano tra le cose più disparate e, l’infinità del blu, macchiato da quei piccoli puntini bianchi e luminosi, le aveva fatto venire in mente un concerto dei Fun., ed esattamente la canzone Stars. Le era passato per la testa quello sguardo che Nate le aveva lanciato, cantando un pezzo di quella canzone: “And it’s crazy here without you”. In un attimo di nostalgia, aveva così provato a chiamarlo. Lui non le aveva risposto. Per qualche secondo ci era rimasta male, poi si era detta che il suo era un pensiero che nemmeno la doveva sfiorare. Aveva spento il suo telefono ed era rientrata in casa, accendendo la tv. Era rimasta sveglia fino alle due di notte, a guardare stupidaggini che passavano sul suo schermo, poi era crollata, risvegliandosi il mattino successivo tutta rannicchiata sul divano.
«Non ti preoccupare...» disse, riuscendo però a risultare poco convincente. Si maledisse.
«Avevi bisogno di qualcosa?»
«No, tranquillo. Ero sola a casa, guardavo il cielo e avevo voglia di fare quattro chiacchiere con qualcuno. Avevo pensato a te, tutto qui...»
«Scusami, ma ieri sera abbiamo avuto un concerto e dopo sono successe le solite cose. Un po’ di alcol, insomma, sai anche tu come va a finire...»
Laura ebbe un’improvvisa stretta allo stomaco. Guardò il cielo azzurro imprecando in silenzio, non doveva permettere di farsi abbattere il morale da una cosa così. La promessa che si era fatta, era stata quella di non prendere troppo sul serio quel gioco che lei e Nate stavano facendo; era davvero solo un passatempo e tale doveva restare. Respirò profondamente.
«Tranquillo, nessun problema. Ci ha poi pensato la tv a farmi compagnia...»
«Ok. Allora se è tutto a posto, io vado. Ho un aereo da prendere. Ci sentiamo presto, va bene?»
«Certo...»
I due si salutarono; Laura rimase a fissare lo schermo del suo cellulare per qualche secondo, si morse un labbro e alzò nuovamente gli occhi al cielo. Strinse i pugni, provando a sfogare così la rabbia che provava, non verso Nate, lui non aveva fatto nulla. Provava rabbia verso sé stessa e per quello che le stava passando per la testa da qualche giorno.
Rientrò al fresco dell’ufficio; andò verso la sua scrivania, spostò la sedia e si sedette, appoggiando con forza il cellulare. Thomas si girò verso di lei e la guardò, alzando un sopracciglio. «Tutto bene Lau?»
«Niente va bene. Sono una stupida, ecco tutto!»
«Perché dici così?»
«Lascia stare Tom, sarebbe troppo lunga da spiegare...»
«Allora perché non me lo racconti davanti ad un buon aperitivo, quando usciamo dal lavoro?»





Mamma mia, sono imperdonabile! Sono sparita praticamente per una settimana, ma l'ispirazione è sotto i tacchi in questi giorni. Spero di essere riuscita a fare un buon lavoro, mi sono impegnata con tutta me stessa per scrivere qualcosa e non lasciarvi a bocca asciutta ancora. Spero che vi piaccia.
Grazie infinitissimissime (ho appena inventanto una nuova parola! XD) delle recensioni che mi lasicate. 
Al prossimo capitolo.
Mon.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Nate chiuse la telefonata con Laura e rimase a fissare lo schermo del cellulare che piano piano andava spegnendosi. Si maledisse per aver risposto così alla ragazza, si maledisse per non essere riuscito a risponderle la sera precedente. Gli sarebbe piaciuto scambiare due semplici parole al telefono con lei, mentre entrambi guardavano il cielo stellato; sarebbe stato come essere vicini, anche se a dividerli erano migliaia di chilometri. 
Scosse il capo; non doveva passargli nemmeno per l’anticamera del cervello una cosa del genere. Si erano fatti una promessa e non era certo lui che voleva rompere quel patto; si sarebbe sentito uno stupido, come si sentiva stupido in quel momento a pensare a quelle cose, a pensare a lei. Ripose il cellulare nella tasca dei pantaloni e tornò dagli amici, che lo aspettavano, insieme a tutte le valigie, a ricordargli che di li a poco sarebbero ripartiti per l’ennesima tappa del loro tour. Nate amava quello che faceva, girare l’America, girare il mondo insieme alla sua band, era quello che aveva sempre sognato di fare. Adesso, però, che più che un uomo, più che un cantante, si sentiva una trottola, aveva cominciato a sentire la mancanza di casa, di una giornata di puro relax, senza il pensiero di dover mostrare i documenti dell’aereo praticamente tutti i giorni, senza l’attesa delle valigie all’aeroporto, voleva dormire per più di una sera nello stesso letto, voleva sedersi a tavola con le persone che amava e chiacchierare con loro per ore. Amava quello che faceva, ma cominciava ad essere un po’ stanco di quella vita.
Negli ultimi giorni, da quando aveva visto Laura l’ultima volta, c’era un’altra cosa che gli mancava, ed era proprio lei. Si odiava per quello che pensava, ma avrebbe voluto passare una giornata intera con lei, avrebbe voluto svegliarsi con lei al suo fianco, fare colazione assieme e poi decidere sempre insieme cosa fare quel giorno, se andare a fare un giro in centro, per negozi, tenendosi per mano, oppure se andare a fare un semplice giro sulla spiaggia, tornare stanchi, cenare e poi mettersi seduti sulle sdraio, nel prato di casa, a guardare il cielo che si ricopriva di stelle.
Si ritrovò a sorridere pensando a quelle cose; scosse il capo e guardò gli amici; vide Jack allungargli il suo biglietto dell’aereo. Lo prese e abbassò lo sguardo. A lui si avvicinò Emily, mettendogli una mano sulla spalla. «Va tutto bene Nate?»
Lui la guardò, alzando leggermente la testa e annuì. «Si, va tutto bene...»
«Sicuro? Chi era al telefono?»
«Nessuno di importante...»
Emily conosceva Nate e dalle sue risposte aveva capito che l’unica cosa da fare era lasciarlo stare; non avrebbe risposto a niente, sarebbe andato avanti a monosillabi o con risposte vaghe. La ragazza conosceva Nate da tanti anni quanto bastava per sapere che quel suo comportamento nascondeva qualcosa; era sicura che prima o poi sarebbe scoppiato e avrebbe rivelato qual era il problema che lo attanagliava.
Salirono sull’aereo, Nate prese posto vicino al finestrino e guardò il paesaggio farsi sempre più piccolino sotto i suoi occhi. Guardando al di là dei vetri tutto ciò a cui riusciva a pensare era Laura.

***

«Sei proprio sicura che non hai voglia di venire a fare l’aperitivo con me?» chiese Thomas, uscendo dall’ufficio insieme a Laura.
«Tom, grazie dell’invito, ma non sono dell’umore giusto per poter parlare con qualcuno...»
«Se solo mi dicessi come mai sei cambiata dopo quella telefonata che hai ricevuto stamattina, io potrei provare a darti una mano...»
Laura sorrise. «Grazie, tu sei sempre gentile con me, io non ricambio praticamente mai. Sono una pessima amica, lo so!»
«Stai tranquilla. Vuoi almeno che ti accompagno a casa?»
«Grazie, ma no. Preferisco fare un giro sulla spiaggia, forse riesco a schiarirmi le idee...»
Thomas salutò così Laura, che si incamminò verso il lungomare. Aveva bisogno di fare una passeggiata mentre il sole cominciava a scendere su San Francisco; la serata era calda, altra gente camminava tranquilla, alcuni erano gli ultimi ritardatari che tornavano verso gli alberghi, dopo aver passato una giornata intera sotto il sole. Laura li invidiava, anche lei avrebbe voluto essere in vacanza, ma non poteva. O meglio, non aveva voluto. I giorni di ferie che le avanzavano li aveva voluti tenere per quando Nate sarebbe stato libero; lo voleva rivedere e sperava anche il più presto possibile. Da quando si erano salutati l’ultima volta qualcosa era cambiato, ma non riusciva a capire da cosa derivasse. In fondo, nulla di diverso era successo, se non che, essendo soli perché Nate, per una volta, era riuscito a divincolarsi dalla band, avevano deciso di scendere e fare colazione insieme. Si erano seduti allo stesso tavolo, avevano preso brioches, marmellata e cappuccino e avevano mangiato insieme. Non era mai successo e questo aveva fatto scattare qualcosa nella testa di Laura, qualcosa di sbagliato. Aveva cominciato a pensare a come poteva essere la sua vita se Nate avesse cominciato a farne parte seriamente, poi si era sentita una stupida. Sapeva benissimo che era difficile, lei lavorava, lui era in giro per il mondo; in più lei conosceva il suo carattere, sapeva che sarebbe stata gelosa di Nate, sarebbe impazzita senza poterlo avere sotto controllo. Era sicura che lui sarebbe andato a letto con altre donne, come era sicura che lui lo stava facendo adesso, mentre tra loro vigeva quel patto. Quando ci pensava, questo le provocava una fitta allo stomaco, ma non poteva arrabbiarsi, non ne aveva il diritto, Nate non era il suo fidanzato e poteva fare quello che voleva.
Guardò il mare calmo; avrebbe voluto essere tranquilla come lui in quel momento, ma non lo era. Sentire la voce di Nate quella mattina aveva accresciuto la volontà di vederlo, sapeva però che era impegnato, sapeva quali erano le prossime date del tour, sapeva benissimo che non sarebbe potuto accadere, almeno fino alla fine del mese di agosto. Mancavano ancora tre settimane.
Laura si chinò e prese una conchiglia; se la rigirò un po’ tra le mani e poi decise di tirarla in mare, un gesto che compì con tutta la sua forza. Aveva bisogno di sfogarsi.




Buonasera a tutti!
Allora, sono qui con un nuovo capitolo. Oggi avevo un po' di tempo e quindi ho provato a buttare giù qualcosa. Spero vi piaccia. Vi dico solo una cosa, non manca molto alla fine della storia. Nei miei piani ci sono ancora tre capitoli, forse quattro, poi la storia è finita. Non voglio tirarla troppo per le lunghe, non ne varrebbe la pena. 
Comunque, godetevi questo capitolo e spero che vi piaccia. Io adesso vado ad infilarmi sotto la doccia e a lavarmi i capelli. Devo essere pronta per domani, i Green Day mi aspettano.
Al prossimo capitolo.
Mon. 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Nate era seduto su una poltrona nella hall dell’albergo, erano circa le sette di sera; aspettava i suoi compagni di avventura per recarsi sul luogo del concerto, rigirandosi il cellulare tra le mani. Avrebbe tanto voluto provare a chiamare Laura, solo per sentire la sua voce, ma si sentiva uno stupido. Lei sicuramente aveva la sua vita, non aspettava di certo una telefonata di Nate come lui, invece, ne aspettava una di Laura. 
Guardava lo schermo del suo cellulare, quando si sentì chiamare dalla voce di Jack. Alzò lo sguardo, l’amico si sedette al suoi fianco.
«Nate, vuoi staccare gli occhi da quel telefono? Rassegnati, Laura non ti chiama...»
«Non sto aspettando una telefonata di Laura!» mentì.
«Oh si invece! Mi dici qual è il problema tra voi due?»
«Non c’è nessuno problema! Io ho la mia vita e lei la sua...»
«Allora chiamala tu. Giusto per sapere come sta...» disse Jack, alzando le spalle.
Nate si portò una mano davanti al viso, sventolandola e facendo il gesto tipico che sta ad indicare all’amico di essere pazzo.
Jack sorrise. «Perché no?»
«Perché non avrebbe senso. Tra noi vige un patto e non voglio essere io il primo a romperlo!»
Jack conosceva Nate, stava per cedere e per raccontare quello che stava succedendo. Provò ad insistere. «Ed è quello stupido patto che vi impedisce di stare insieme?»
Vide l’amico irrigidirsi sulla sedia. «Non è il patto, sono le nostre vite che ce lo impediscono...» rispose, spazientito, Nate. Abbassò lo sguardo.
«Nate, smettila! Guarda Andrew, lui ha una moglie, sta lontano per tanto tempo, ma quando torna a casa lei è li ad accoglierlo e lui è l’uomo più felice del mondo. Perché non vorresti esserlo anche tu?»
«Perché io potrei tornare a casa e non trovarla ad aspettarmi. Magari è stata mandata a Londra per un’importante intervista...»
Jack guardò l’amico, compiacendosi di quello che era riuscito a fare. Nate stava per cedere definitivamente. Affondò il colpo. «E se glielo chiedessi?»
Il ragazzo scoppiò a ridere, una risata fatta con gusto. Jack lo guardò, alzando un sopracciglio. «Si vede che non conosci Laura. È impossibile che lei rinunci al suo lavoro, e ne ha tutte le ragioni. A lei piace, non posso chiederle di smettere...»
«Nate, hai pensato che se tu sei in questo stato, magari anche lei è messa come te?»
Il ragazzo scosse il capo. «Non credo sia il caso di Laura, lei è diversa...» rispose, guardando un punto nel vuoto.
«Mi dici cosa ha di tanto speciale?»
«È Laura e basta. È la prima che è riuscita a tenermi testa in tante discussioni, persino sul basket. Perché Laura, oltre ad essere appassionata di musica, lo è anche di basket e ti ricordo che quello è il mio sport preferito!» rispose il ragazzo.
Jack guardava Nate parlare di Laura e si rese conto che non si trattava più di un semplice gioco. Nate si stava innamorando della ragazza, forse senza saperlo, o forse conoscendo benissimo i suoi sentimenti, ma la paura era più forte di tutto il resto.
«Chiamala, faresti la cosa giusta...» disse Jack, alzandosi dalla poltrona e mettendo una mano sulla spalla dell’amico.
Nate lo guardò allontanarsi poi prese il telefono e compose il numero di Laura. Si portò il cellulare vicino all’orecchio e aspettò che lei rispondesse. Cosa che, invece, non successe.

***

Laura rientrò a casa intorno a mezzanotte; accese la luce del suo appartamento, appoggiò la sua borsa sul divano, aprì il frigorifero e prese la bottiglia d’acqua. Nonostante fosse notte era ancora molto caldo e lei era appena rientrata dopo aver accettato l’aperitivo e la cena insieme a Thomas. Erano stati a mangiare il pesce in uno dei ristoranti sul lungomare di San Francisco; si era divertita, le aveva fatto bene stare in compagnia di Thomas, per qualche ora non aveva pensato alla persona che ormai attanagliava tutti i suoi pensieri: Nate.
Non voleva ricominciare a pensarci, quindi decise di accendere la televisione, guardare qualche programma stupido e lasciare che Morfeo arrivasse il più in fretta possibile a stringerla tra le sue braccia.
Riuscì ad addormentarsi solo verso le due e mezza del mattino, imprecando perché il giorno successivo doveva essere in ufficio alle 9 e si sarebbe dovuta svegliare alle sette. Le restavano poco più di quattro ore per riposare. 




Salve a tutti!
Allora questo è il capitolo che sono riuscita a buttare giù oggi. Mi devo ancora riprendere dal concerto dei Green Day, quindi scusate se non è perfetto. La mia ispirazione, così come la voglia di fare qualsiasi cosa, l'ho lasciata al palazzetto di Bologna insieme a loro. Mi hanno svuotato di qualsiasi energia, ma ho realizzato il sogno di una vita: vedere live la mia band preferita e in più il giorno del mio compleanno. Non potevo avere regalo migliore. 
Va beh, non voglio ammorbarvi con queste storie, quindi vi lascio in pace e torno nel mio silenzio.
Al prossimo capitolo.
Mon.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Laura si svegliò con il suono del suo cellulare, la sveglia le stava dicendo che era ora di alzarsi e cominciare la giornata. Si stiracchiò, allungandosi sul divano, aprì la sua borsa che era in fondo ai piedi e cercò il telefono. Quando finalmente lo trovò nel mezzo della confusione, spense la sveglia e si accorse di avere una chiamata senza risposta. Aggrottò la fronte, aprì la chiamata e vide il nome di Nate. Il suo cuore mancò un battito; lesse l’orario della chiamata persa e si accorse che era della sera precedente, mentre lei era fuori a cena con Thomas. Imprecò. 
Mise i piedi giù dal divano e andò in cucina per prepararsi la colazione, sempre fissando lo schermo del suo telefono, quel nome e l’orario della telefonata. Non poteva crederci, una volta che decideva di uscire insieme a Thomas, Nate le telefonava e lei non se ne accorgeva. Si rendeva conto che le 7 del mattino era un orario assurdo, non poteva chiamare adesso il ragazzo, non le avrebbe sicuramente risposto. Decise di aspettare, l’avrebbe fatto durante la pausa pranzo.
Fece una colazione veloce con un sacco di pensieri che le frullavano in testa, in più non aveva dormito molto ed era stanca. La sua giornata non era certamente iniziata nel migliore dei modi. Uscì di casa, prese la macchina e si diresse verso il centro di San Francisco; era già preparata psicologicamente a circa quaranta minuti di auto in mezzo al traffico, quella mattina però non riusciva a sopportare nemmeno quello. Arrivò in ufficio già arrabbiata; Thomas era seduto alla sua scrivania. Il suo sorriso radioso la infastidì ancora di più. Non voleva parlare con nessuno. Si sedette alla sua scrivania, salutando distrattamente il ragazzo; era persino arrabbiata con lui. Se non fosse stato per il suo invito, lei in quel momento avrebbe saputo cosa voleva Nate con quella telefonata.
Thomas si accorse che qualcosa non andava. «Laura, cosa c’è?»
«Niente! Non è successo assolutamente niente!»
«Posso dire che non ci credo. Ti posso aiutare?»
«No! Hai già fatto troppo. Grazie, ma me la cavo da sola!»
Thomas ci rimase male; Laura lo guardò con la coda dell’occhio, capendo immediatamente di aver esagerato. Non aveva, però, voglia di scusarsi, non in quel momento. Accese il suo computer e si mise a lavorare; era l’unica cosa che riusciva a tenerle la testa occupata, senza che questa vagasse per conto suo e la riportasse all’origine di tutti i suoi problemi: Nate, la prima sera che avevano passato insieme e che aveva dato il via a tutto, a quel patto che avevano deciso di stringere e che si stava rivelando sempre più un problema, almeno per lei.
Si alzò dalla sua scrivania solamente per uscire e andare verso la sua caffetteria preferita; era ora di pranzo e lei, seduta al suo tavolino, mentre mangiava il suo panino al bacon e beveva il caffé latte, aveva intenzione di chiamare Nate. Entrò e salutò i baristi che ormai la conoscevano, era lì praticamente tutti i giorni e questo succedeva ormai da due anni, ordinò il suo pranzo, attese che lo preparassero e poi si andò a sedere. Cercò il cellulare nella sua borsa e quando lo trovò, rimase a fissarlo per qualche istante.
Quando finalmente si fu decisa, cercò il numero di Nate e spinse il tasto verde, portò il cellulare vicino all’orecchio e attese. Ci fu bisogno di quattro squilli perché dall’altra parte Laura riuscisse a sentire finalmente la voce del ragazzo. Le era mancata.
«Laura?»
«Ciao Nate...»
«Mi fa piacere sentirti...»
«Anche a me. Ho trovato una tua chiamata stamattina, avevi bisogno di qualcosa ieri?»
«No, avevo solo voglia di parlare con te. Però non mi hai risposto...»
«Scusami, ero fuori con un amico. Non ho sentito il telefono...»
Dall’altra parte della cornetta ci fu un attimo di silenzio. «Con un amico?»
«Si, un collega di lavoro...»
Ancora un attimo di silenzio dall’altra parte della cornetta.
«Dove siete andati?»
«Abbiamo mangiato il pesce in un ristorante, tutto qui...»
«Ah, quindi siete usciti a cena. Era proprio un appuntamento!»
«No Nate, non era un appuntamento. Poi scusa, se anche lo fosse stato, dove sarebbe il problema?» chiese Laura, spazientita.
«Non ci sarebbe nessun problema, tu puoi fare quello che vuoi, così come io posso fare quello che voglio!»
Laura sentì una fitta allo stomaco; quelle parole le fecero male. Cercò però di sostenere la conversazione, non voleva essere la prima che rompeva il loro patto. «Esatto! Possiamo fare quello che vogliamo, allora perché mi hai riempito di domande, come se fosse un problema il fatto che io sia uscita a cena con Thomas?»
«Perché? Perché ho bisogno di parlarti Laura...»
«Dimmi...»
«No, ho bisogno di farlo a quattrocchi!»



Buonasera a tutti! Ho finito il capitolo adesso quindi ho deciso di pubblicarlo e di non farvi aspettare troppo. Allora, vi dico che manca ancora un solo altro capitolo più l'epilogo. Però volevo sapere una cosa; siccome sono troppo affezionata a Laura e Nate, da qualche giorno mi gironzolava per la testa una strana idea e cioè quella di fare un seguito di questa storia. Se io la pubblicassi, voi la leggereste? Avete ancora voglia di stare dietro ai deliri di una psicopatica (che ovviamente sarei io!)?
Fatemi sapere. Intanto godetevi il capitolo.
Alla prossima. 
Mon. 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Laura aveva parcheggiato la macchina vicino al luogo dove avrebbe dovuto incontrare Nate; era sabato mattina e San Francisco non era caotica come durante la settimana. La città era, quindi, tranquilla, tutto il contrario di quello che invece era Laura. Non sapeva perché Nate aveva voluto vederla a quattr’occhi, di mattina; per quanto volesse conoscere il motivo di quella visita strana, l’unica cosa che veramente le importava in quel momento era rivedere il ragazzo. Camminava veloce, con la sua borsa in mano, e quando arrivò davanti al bar dove lei e Nate si erano dati appuntamento, lo vide seduto. Lui era dall’altra parte della strada e Laura rimase a guardare il ragazzo per qualche secondo; fissandolo trovò l’argomento con la quale avrebbe rotto il ghiaccio. Nate, infatti, indossava una maglia della squadra di basket dei New York Knicks, squadra che a lei non era mai piaciuta. Attraversò la strada di corsa e arrivò al tavolo. «Che delusione Nate, la maglia dei Knicks!» disse, mentre prendeva posto di fronte al ragazzo, appoggiando la borsa sulla sedia al suo fianco. Lui alzò la testa e si abbassò leggermente gli occhiali da sole; la guardò e si chiese come facesse ad essere così sexy anche indossando un semplice paio di jeans, una maglietta a maniche corte e portando i capelli raccolti in una bella e lunga coda di cavallo. Si ritirò su gli occhiali e rispose alla provocazione della ragazza. «Che delusione Laura! Tifare per i Los Angeles Lakers!»
Lei sostenne lo sguardo del ragazzo. «Sempre meglio tifare per i Los Angeles Lakers che portare la maglia di quella squadra di perdenti!»
«Non sono una squadra di perdenti!»
«Bravo! Bel tentativo di autoconvincimento!» rispose la ragazza, sorridendo.
Nate non poté fare a meno di ricambiare il sorriso. «Possibile che con te non riesco mai ad averne una vinta?»
Laura alzò le spalle e allargò le braccia. «Non ci posso fare nulla!»
Il ragazzo si tolse gli occhiali da sole, appoggiò i gomiti sul tavolo e guardò Laura dritto negli occhi. «Mi fa piacere rivederti...»
«Anche a me...» disse la ragazza, sporgendosi verso di lui.
I due si fissarono per qualche istante, senza dire niente, poi fu Nate a continuare. «Dove vuoi andare oggi? Ho la giornata completamente libera, possiamo fare quello che vuoi!»
«Prima di tutto mi fai fare colazione, visto che oggi è sabato e per colpa tua mi sono dovuta alzare all’alba!»
«Scusami se avevo voglia di vederti!»
«Scuse accettate!» disse Laura, sorridendo sorniona, guardando Nate con la coda dell’occhio e poi girandosi verso la vetrina del bar. Chiamò il cameriere e ordinò una brioche e un cappuccino.
Nate la guardò fare colazione, mentre, delicatamente, spezzava la sua brioche, la fissò mentre, con gesti delicati, mescolava lo zucchero nella tazza e non poté fare a meno di guardarla mentre beveva il cappuccino; voleva riassaporare quelle labbra. Sapeva che quello non era né il luogo né il momento più adatto per baciarla, perciò, a malincuore, decise di attendere.
Quando Laura finì la sua colazione, Nate riprovò. «Allora, dove vuoi andare?»
Stavolta la ragazza fu disposta ad ascoltare. «Non lo so, dimmi tu dove vuoi andare, pensavo avessi un piano...»
«Io un piano ce l’avrei, anzi due, te li propongo, poi decidi tu...»
Laura appoggiò i gomiti sul tavolo, mise il mento sul palmo della mano e guardò Nate. «Spara!»
«Piano numero uno: ce ne stiamo in giro per San Francisco e, se vuoi, ti accompagno a fare spese, ovunque tu voglia andare...»
«Interessante... la seconda invece?»
«Ce ne andiamo in spiaggia e ce ne stiamo sotto il sole tutto il giorno...»
«Anche la seconda è bella, ma c’è un piccolo problema. Non ho il costume, quindi opto per la prima. Ti sei offerto, non ti lamentare se ti faccio fare il giro di tutta San Francisco!»
«Non dirò una parola!» rispose Nate, portandosi una mano vicino alla bocca e facendo il segno di chiuderla, gettando la chiave.
I due si alzarono e cominciarono il loro giro; Laura ne approfittò per comprarsi un nuovo paio di scarpe alte e una nuova maglia, blu, larga e con una tigre stampata sopra. Nate approvò l’acquisto.

***

Il sole cominciava a scendere su San Francisco; Laura era stanca dopo aver girato tutto il giorno per negozi. Guardò il suo orologio, segnava quasi le sette di sera. I due si stavano riposando seduti ad un bar, prendendo un aperitivo. «Ti va un giro sulla spiaggia?» chiese, dopo un po’, Nate.
«Sono distrutta, ma l’arietta fresca della sera potrebbe aiutare a riprendermi. Porto le buste in macchina poi andiamo.» rispose Laura.
Il ragazzo la accompagnò, poi insieme si diressero verso la spiaggia. Non c’era quasi nessuno, coloro che avevano passato la giornata sotto il sole avevano fatto ritorno ai loro alberghi. Adesso c’erano solo quelle persone che volevano godersi il fresco della sera, mentre guardavano il sole tramontare e colorare le acque dell’oceano Pacifico di rosso. Laura si tolse le scarpe, lo stesso fece Nate e insieme si incamminarono lungo la riva, vicino all’acqua, che, delicata, accarezzava loro i piedi.
«Questo momento della giornata è perfetto, questa atmosfera e questi colori mi fanno sempre emozionare. Vivo in un posto meraviglioso, non cambierei San Francisco con nessun’altra città al mondo!» disse Laura, guardando l’orizzonte colorato di rosso.
«Hai ragione, questo momento della giornata è bellissimo. Soprattutto se sei in compagnia della persona giusta...» disse Nate.
La ragazza si girò verso di lui, i due si guardarono. «È tutto il giorno che voglio farlo, ma in centro città non era il caso...» continuò Nate. Si avvicinò a Laura e le prese il viso tra le mani. La baciò. Lei rispose, sentendo le farfalle nello stomaco. Aveva aspettato quel momento tutto il giorno.
Quando si allontanarono, lui la prese per mano e, in silenzio, si incamminarono. Arrivarono di fronte ad un ristorante, con la veranda che dava sulla spiaggia e sul mare.
«Ti va se ceniamo insieme?» chiese Nate.





Buonasera! Eccomi qui con l'ultimo capitolo, poi mancherà solo l'epilogo (già scritto, deve solo essere pubblicato) e poi questa storia sarà conclusa. Mi dispiace un sacco, ci sono affezionata e se lo sono lo devo anche a voi. Mi avete fatto troppi complimenti, che tra l'altro non mi aspettavo, quindi posso solo dirvi un immenso GRAZIE! 
Detto ciò, i ringraziamenti definitivi li lascio per l'epilogo.
Siccome sono ispirata, ho cominciato a buttare giù qualche idea per il seguito e per l'ispirazione ringraziate i nostri carissimi Fun., che l'altra sera a Ferrara sono stati meravigliosi. Adoro la voce di Nate, adoro Jack e il suo modo di suonare la chitarra, adoro Andrew, Nattie, Emily (donna meravigliosa!) e Will. 
Va beh, mi sono dilungata troppo. Vado a rintanarmi nel mio angolino e continuo a scrivere. 
Alla prossima. 
Mon.

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Capitolo 21
*** Epilogo ***


Laura e Nate entrarono nel ristorante; il ragazzo si avvicinò al bancone e chiese un tavolo per due, specificando che ne preferiva uno in veranda. La cameriera li accompagnò e li fece accomodare.
«Aspetta...» disse Nate prima che Laura si sedesse.
Si avvicinò alla ragazza e spostò la sedia. «Prego principessa...»
La ragazza lo guardò, sorridendo e arrossendo in viso. «Grazie, come sei gentile stasera...»
Si sedettero; l’atmosfera era romantica, il sole era ormai un mezzo cerchio a filo dell’orizzonte, presto sarebbe sparito dietro la linea, lasciando il posto in cielo alla luna e alle stelle. Sulla tavola c’erano due candele, le cui fiamme ballavano al ritmo della leggera brezza marina che spirava, poi si aggiunse la bottiglia di vino rosso che la cameriera portò loro dopo l’ordinazione.
«È bellissimo qui. Ci passo spesso davanti, ma non ero mai entrata. Tu lo conoscevi?» disse Laura.
«No, però ho letto su internet che è uno dei migliori...»
Laura aggrottò la fronte. «Hai letto su internet? Quindi tutto questo era preparato?»
Nate sorrise. «Non lo so, vedremo...»
La ragazza sostenne lo sguardo di lui, che, impassibile, non disse altro, limitandosi a sorriderle.
I due mangiarono in tranquillità, con molta calma, godendosi quella bellissima atmosfera; il sole aveva definitivamente lasciato posto alla luna, che si rifletteva, bianca, sulle acque calme dell’oceano Pacifico.
Laura finì il suo dolce e alzò lo sguardo verso il cielo. «Guarda le stelle, non sembrano tanti piccoli diamanti?»
Nate sorrise. «Già, diamanti...»
Si alzò in piedi e, senza dire nulla, sparì all’interno del ristorante. Laura lo guardò; l’ultima volta che era sparito senza dire nulla era stato al loro primo incontro, all’intervista che lei aveva fatto ai Fun. al teatro di San Francisco. Era tornato poco dopo con un biglietto omaggio per il concerto. Era da lì che era partito tutto; la loro storia, se così si poteva chiamare, e tutti i suoi strani pensieri che nell’ultimo periodo le affollavano la mente. Quella giornata passata interamente insieme a Nate non aveva fatto altro che accentuare quei pensieri e quella voglia che da un po’ di tempo aveva: voleva che il ragazzo entrasse a far parte della sua vita definitivamente, e non solo in quelle poche occasioni in cui riuscivano a vedersi.
Si sentiva stupida a pensare a quello e si sentiva ancora più stupida perché non aveva intenzione di parlare a lui di questa cosa; a lei andava bene anche quella situazione pur di passare un po’ di tempo insieme a lui. Era troppo orgogliosa per provare a rompere quel patto che avevano fatto una mattina di qualche mese prima in una stanza d’albergo.
Si girò a guardare l’acqua del mare; il riflesso della luna si muoveva leggermente al ritmo di piccole onde che la leggera brezza marina faceva increspare sul mare. Sospirò.
Girò nuovamente lo sguardo solo quando si sentì chiamare; Nate era tornato. Laura sorrise leggermente, il ragazzo si sedette di fronte a lei. «Posso farti leggere una cosa?»
La ragazza annuì e Nate le allungò un foglio di carta. Laura lo aprì, sopra c’erano incise le parole di una canzone, la scrittura era quella del ragazzo. Cominciò a leggere.

For once there is nothing up my sleeve
Just some scars from a life that used to trouble me
I used to run at first sight of the sun
Now I lay here waiting for you to wake up


Laura alzò lo sguardo verso Nate dopo aver letto le prime quattro frasi. Lui le sorrise, lei rimase a fissarlo ancora per qualche istante poi poggiò nuovamente gli occhi sul foglio.
Più andava avanti e più capiva che quella era una canzone che Nate aveva scritto per lei; arrivata in fondo le lacrime le velarono gli occhi, rilesse l’ultima strofa, quella che le aveva fatto provare brividi lungo la schiena.

The city outside is nothing but a flicker now
You see our friends to bed, you turn out the lights
I start to think you’ll make a beautiful mother I,
I like to think I have everything I want from this life


Laura alzò lo sguardo, appoggiando il foglio sul tavolo, davanti a lei. Guardò Nate con gli occhi umidi. «È per me?»
«Se te l’ho fatta leggere...»
La ragazza appoggiò nuovamente lo sguardo sul foglio, poi lo alzò ancora. «Con questo cosa vorresti dirmi?»
«Voglio chiederti se vuoi entrare a far parte della mia vita, per sempre. Non voglio più stare senza di te...»
«Nate, ma come facciamo?» protestò la ragazza.
«Se mi ami, come io sono innamorato di te, un modo per stare insieme lo troviamo. Dimmi solo di si, il resto non importa!»
Laura sorrise e annuì. «Si! Sono innamorata di te, voglio stare con te, non so come faremo, ma va bene. Va bene qualsiasi cosa pur di stare insieme a te!»
Il ragazzo si alzò, prese per mano Laura e la condusse sulla spiaggia. Si fermò, tenne la mano della ragazza e si mise in ginocchio davanti a lei. Dalla tasca dei jeans tirò fuori un anello. Laura sgranò gli occhi.
«Ti amo Laura, ti amo come non ho fatto con nessuna prima d’ora. Tu guarda questo anello quando saremo lontani, poi alza gli occhi al cielo e guarda le stelle, pensando a me. Io farò lo stesso...»
«Lo farò, te lo prometto. Ti amo Nate...»
Alla luce pallida della luna i due si scambiarono il loro primo bacio da vera coppia; entrambi sapevano che sarebbe stata dura, ma sarebbe stato più difficile rinunciare a stare insieme che provarci, nonostante tutto quello che avrebbero dovuto affrontare.




 

Salve a tutte! Ebbene si, siamo arrivati alla fine. Ci ho messo un po’ a postare l’ultimo capitolo perché non me la sentivo di chiudere questa storia. Io sono una scrittrice molto, molto esigente. Non potete capire quante volte rilegga le cose e non mi piacciono mai; beh, questa storia è l’eccezione. Mi piace un sacco, è la mia migliore, quella che mi è riuscita meglio tra tutte quelle pubblicate e non. 
Lasciamo stare queste chiacchiere e veniamo a noi; voglio ringraziarvi tutte, una per una: Allergictotheuniverse, Blululle, Daawn, ehiruess, emmemira29, fun98, Hilary_, ho hey, JaneReader, like, princess_smile, stipedmesh, Tacchichan, belieber2000, Francy_d, Idreamnewyork, yellow26 e _Lovatic_. Grazie a tutte voi per averla seguita, per aver avuto tanta pazienza nel leggere i miei scleri ed essere arrivate fino alla fine. Un ringraziamento speciale va a jjk, nateswag e yourloveisalie_: grazie per le bellissime recensioni che mi avete sempre lasciato, nemmeno potete immaginarvi che piacere mi abbiano fatto. Se ho dimenticato qualcuna me ne scuso subito, siete in tante a leggere e potrei aver dimenticato qualcuna di voi. Perdonatemi. 
Niente, direi che con il mio sproloquio ho concluso. Voi sapete già che ho intenzione di fare un seguito di questa storia, non credo sarà mai bella come questa, ma io ci provo. Ho già trovato il titolo e ve lo anticipo: “We are not broken, just bent”. Se ne avete voglia io sono più che felice di continuare a leggere le vostre recensioni, se non ne avete voglia vi capisco benissimo.
Ho finito davvero. Solo un’ultima, piccolissima, cosa: GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE A TUTTE!
Mon.

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