Flame

di MayaVSRos
(/viewuser.php?uid=407315)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Non voglio più avere paura. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Salutando con la mano i suoi amici e la loro Golf Polo Grace svoltò a destra venendo completamente inghiottita dal buio confuso della notte reso ancora più cieco dalla fitta pioggia che come ogni anno perseguitava il suo compleanno; sorrise ancora una volta, era stata una splendida serata che cancellava magicamente gli ultimi otto anni separata dai suoi amici.
Stranamente qualsiasi altra ragazza avrebbe visto l'inizio di una nuova vita in una nuova città, senza famiglia, ne secolari legami, invece per lei era il contrario, dopo anni tornava a casa, la casa che aveva lasciato di corsa una notte a diciotto anni.
Abbassò lo specchietto retrovisore puntandoselo in viso e alzò gli occhi per cercare l'interruttore della luce, ripensò a suo padre, che di notte odiava guidare con quella luce accesa, al contrario di lei che senza si sarebbe sentita completamente al buio, il trucco era un po' sbavato, ma reggeva anche con tutta quella pioggia,  l'orologio segnava le 00.35, forse un po' troppo tardi, ma, incrociando le dita, i suoi non le avrebbero fatto storie proprio il giorno del suo compleanno.
Guardò attraverso la pioggia cercando di vedere casa sua, ma era impossibile, attorno a lei tutto era nascosto da quella pioggerellina odiosa che se la guardi da lontano sembra nebbia, troppo debole per restare neve a bassa quota, ma che ti bagna senza nemmeno che tu te ne renda conto.
Andava piano tenendo i fari della macchina alti a bucare il muro di pioggia-nebbia che aveva di fronte, ma tutto sommato non era un problema; le piaceva guidare, lo faceva da quando aveva 16 anni e per lei da una necessità era diventata un piacevole esigenza, e così non si faceva accompagnare a casa da amici o simpatizzanti, ma tornava a casa da sola.
Di notte, di lunedì sera, con la pioggia, e la faceva sorridere quando qualche ragazzo, o le amiche di sua madre la guardavano sconvolte elencando tutti i pericoli a cui una donna andava incontro viaggiando da sola, per quelle strade vuote, isolate, piene di "insidie".


Mancava a casa dei suoi da quando una sera tornando a casa aveva trovato una lettera di suo fratello, una lettera di addio, lei sapeva che quelle non erano parole di Damien, non sapeva dove fosse, ma sapeva che era vivo, << una gemella queste cose le sente >> si ostinava a ripetere, ma nessuno le aveva mai creduto, neppure sua madre, non avevano voluto cercarlo e questo li aveva separati, per sempre, o meglio così credeva...
Grace era partita per cercarlo, dove la portava il cuore, inutilmente, ma proprio quando aveva smesso di sperarci i suoi avevano deciso di crederle, e così ora tornava a casa.

Pessima scelta quella di tornare proprio il giorno del suo compleanno, perchè la sua vecchia cerchia di amici l'aspettava già con torta e palloncini, e lei non festeggiava più il suo compleanno da quando era partita.
Aveva cambiato molte abitudini a dir la verità da allora, forse un po' era cambiata anche lei.

Ma rivederli, aveva soffiato su di lei come un incantesimo riportandola indietro, rendendola leggera e il tempo era voltato, ora avrebbe trovato sua madre e suo padre a dormire abbracciati sul divano come sempre, si sarebbero alzati al suo ritorno e senza dire una parola si sarebbero messi a letto. Come sempre. Perchè per loro non era cambiato nulla, invece.
Lei aveva perso un fratello, loro non avevano perso nessuno, o almeno non lo davano a vedere.

Un brutto dosso interruppe il flusso dei suoi pensieri facendole dimenticare a cosa pensava, alzò gli occhi sulla strada e vide una persona. 
Due perfetti occhi verdi la fissavano da sotto le lunghe ciocche nere bagnate, guardavano lei, e la guardavano male, c'era un odio in quegli occhi che non aveva mai conosciuto; lei che fino ad oggi aveva avuto il diritto di odiare solo se stessa.
L'istinto agì prima del pensiero e il piede batte sul freno, l'auto si spense mentre le mani cercavano le sicure. Un battito di ciglia e l'uomo a torso nudo sotto la pioggia non c'era più.
La protagonista di un film sarebbe scesa dall'auto e il pazzo che credeva di aver visto ne avrebbe fatto la sua preda, Grace, invece, rimise in moto e corse a casa.
Non badò nemmeno all'ombra che, mentre lei partiva, ritornava nel bosco al limitare della strada.
Si fermò solo all'entrata del viale che l'avrebbe portata a casa sua e stupidamente cercò quegli occhi, un ombra nello specchietto retrovisore, ancora stupidamente puntato sul suo viso, la sorpresa d'incontrare un altro paio d'occhi verdi le fece sobbalzare, ma quegli occhi erano più scuri degli occhi spiritati di quel pazzo, si prese in giro tra se e se e rimise a posto lo specchietto, svoltato l'angolo l'aria cambiò, dai bocchettoni dell'auto l'odore di nebbia diventò improvvisamente puzza di bruciato e ad ogni metro verso casa i colori della notte lasciavano il posto a quelli del tramonto prima e a quelli di un incubo poi.

Le fiamme.

Le stesse che gli avevano portato via la sua prima vita, le stesse che secondo la polizia aveva appiccato Damien per darsi fuoco ora si stavano portando via quella nuova prima ancora che arrivasse.
Scese dalla macchina col cellulare tra le mani aggrappandosi ancora all'illusione che chiamare i soccorsi fosse possibile più che utile, con gli occhi resi ciechi dalle lacrime del fumo e del dolore, dentro di lei i mattoni dietro cui aveva murato la paura concentrandosi sulla ricerca, sulla speranza crollavano nel momento esatto in cui dietro di lei il ringhio di una creatura l'avvisava che presto altro dolore l'avrebbe investita.

Non sentì niente mentre la mano di quella cosa le attraversava il petto colpendola alle spalle, abbassò gli occhi mentre gli artigli della bestia le passavano dentro, li vide incenerirsi solo per un attimo e, mentre perdeva i sensi, penso a suo fratello, a come si sarebbe sentito sentendola morire.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Non voglio più avere paura. ***


- Grace. - una voce quasi tremante interruppe quella serie infinita di ragionamenti che correvano più veloci di un treno nella sua testa, alzò un

attimo gli occhi sopra gli occhiali da vista e non risposte.

- Ehm... So di disturbarti, ti chiedo scusa. - Alessandro, le ricordava un topo quando faceva così, con quegli occhi piccoli e aquosi e il viso a punta 

che terminava in un naso alquanro minuscolo, tremava di nervosismo costantemente e quando le rivolgeva la parola gli tremava anche la voce

sembrava avesse paura di lei, o almeno della sua reazione, ma in fondo lo sapeva, avevano tutti paura di lei quando era china tra i suoi lavori o sul 

suo microscopio, di nuovo non rispose. Sentì un enorme sospiro venir fuori dalla minuscola gabbia toracica del ragazzo che se ne stava ancora sulla 

porta con le braccia incrociate.

- Si... Signorina Eap, i fattorini stanno portando via il resto della roba, mi hanno chiesto di dirle se vuole tenere qualcosa. - Tirò fuori tutto d'un 

fiato e corse via lasciando la porta aperta dietro di se e Grace che ormai distolta dalla sue ricerche guardava quel rettangolo di luce rassegnata.

Per l'ennesima volta qualcosa a cui teneva, qualcosa che stava cercando veniva ostacolato e interrotto a causa di tutte quelle persone che non 

credevano in lei, questa volta però era stata avvisata, non c'erano stati sviluppi e quindi il suo reparto sarebbe stato sostituito con uno più 

remunerativo, presto a posto del suo laboratorio in cui studiava gli effetti di alcune piante sugli animali sarebbe stato sostituito da uno in cui si 

cercava un blu più blu del blu per un ombretto che facesse risaltare gli occhi blu. Sorrise amaramente, non avrebbe tenuto niente, perchè 

conservare qualcosa che le ricordasse il suo ennesimo buco nell'acqua? Si stiracchiò massaggiandosi con una mano la nuca e guardò l'ora, Iris

avrebbe timbrato il cartellino da un momento all'altro e l'avrebbe aspettata vicino alla sua auto, si infilò le scarpe sotto la scrivania e uscì senza 

chiudere nemmeno la porta a chiave, passò per gli spogliatoi arrotolando il camice per buttarlo in un cestino e recuperò borsa e soprabito attorno 

a lei si sentiva solamente silenzio.

Le parve strano, quanto tempo era passato da quando Ale era passato nel suo ex"ufficio"? Erano già andati via tutti?

Spense le luci e uscì all'aria gelida di Febbraio accompagnata solamente dal rumore dei suoi tacchi sul pavimento.

Fuori si gelava così si strinse ancora più forte nel cappotto immobilizandosi un attimo, respirò a pieni polmoni congelandosi anche dentro e 

cancellando dentro di se il suo lavoro e la sua aria viziata, era disoccupata da... guardò l'ora, solamente tre minuti e già le prudevano le mani per

il desiderio di far qualcosa.

Lo spazio fuori al suo exposto di lavoro era deserto tranne per due macchine e una bici ferme e vuote nel parcheggio, il buio riempiva ogni spazio

e il fatto che fosse così tardi e facesse così freddo lo rendevano ancora più tetro, dall'altra parte della strada l'aspettava la macchina di Kelly 

che l'avrebbe amorevolmente accompagnata a casa e lasciata sul pianerottolo, sarebbe corsa su per i tre gradini e con le mani intorpidite dal 

freddo aperto la porta e sarebbe rientrata nel calore familiare del suo bilocale, sarebbe corsa in cucina buttando le borse a terra in corridoio

e dopo aver messo l'acqua a bollire sul fuoco si sarebbe fiondata sotto la doccia a sciogliere il gelo che aveva dentro e fuori, e li avrebbe 

pianto, buttando via dolore e frustrazione sarebbe uscita fuori dall'acqua come ogni sera nuova e battezzata, si sarebbe rivestita dando le spalle 

allo specchio per non vedersi riflessa e sarebbe tornata in cucina.

Però ora intanto persa nei suoi pensieri stava congelando al buio, riprese a camminare, ma si accorse subito che sta volta i suoi passi avevano un 

eco, conosceva troppo bene le sue abitudini a tal punto da cogliere subito ogni anomalia circostante, con la coda dell'occhio girando lievemente

la testa si guardò alle spalle giusto in tempo per scorgere un ombra sollevarsi proprio di fianco alla porta che aveva varcato, accellerò il passo 

notando dietro di lei qualcosa di grande, un uomo, molto probabilmente male intenzionato, con gli occhi cerco una luce, una persona, qualcuno, 

qualcosa, ma nulla, continuò a camminare dritta sperando in niente, pensando a niente, il suo obbiettivo era attraversare la strada e raggingere

la macchina sperando che qualcunque cosa fosse quella cosa che la seguisse smettesse.

- Grrrace. - un ringhio gutturale e il suo nome la pietrificarono sul posto, le parve di sentire come una lama correrle su per la spina dorsale, 

lentamente come a giocare con lei, poi quella sensazione sparì e fu silenzio.

- G...Grace? - riconobbe quella voce e ne resto confusa per un attimo, "Alessandro", si voltò allarmata e spaventata per lui e lo vide ancora in 

camice che si tormentava le mani con lo sguardo basso, sorrise e si avvicinò a lui di un passo calmandosi, allora era lui prima, tirò un sospiro di

sollievo, il resto pensò di esserselo immaginato, d'altronde quando una ragazza passa tutto quello che ha passato lei qualche allucinazione ogni

tanto ci sta.

- Ale. - gli sorrise ancora avvicinandosi. - mi hai spaventata.

- S... Scusa. - rispose l'altro senza però alzare gli occhi, un altro passo verso di lui e dalla sua ombra vide salire come se il buio prendesse forma

l'incubo che soggiornava costantemente nel suoi sogni. Una figura umana con braccia e gambe più lunghe del normale, completamente coperta di

una pelle simile a quella dei serpenti, ma dell'aria putrida e melmosa, gli occhi senza pupille cangianti di blu e giallo erano fissi su di lei mentre 

una mano, la stessa che si era vista spuntare dal petto, con le dita che erano lame sfiorava la gola del suo amico, lui però non aveva paura, anzi 

sorrideva.

Quella scena era troppo surreale, troppo, il suo povero cuore non poteva sopportare, non poteva crederci, facendo di no con la testa cammino

all'indietro per uno, due, tre passi prima di voltarsi e correre, quello che però vide prima di girarsi annullo qualsiasi forma di speranza avesse

ancora in corpo, vide e nello stesso instante stento a crederci il viso di quello che lui credeva un amico contratto dall'ira cambiare fino a che

davanti a lei non ci fu più Alessandro, ma una creatura dal volto di roditore con due occhi grandi e rossi simili a quelli dei coleotteri puntare su

di lei, e dei coleotteri era anche la bocca, di umano restava il camice bianco che ora vestiva un demone.

Riprese a correre mentre dietro di lei la chiamavano con ringhi il suo passato e l'incredibile, ma non si fermò, sentiva l'aria gelida graffiargli 

la faccia entrarle dentro e bucarle i polmoni mentre dietro di lei il fiato di quegli esseri le bruciava sulla schiena, non ce l'avrebbe mai fatta 

a scappare ed era stanca di quelle cose strane che le succedevano intorno, si fermò, puntò i piedi e si preparò a morire, ma dietro di lei non 

c'era più nulla.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1755455