Bad Touch Trio

di FairyQueen_Titania
(/viewuser.php?uid=194595)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Appartamento n. 3 ***
Capitolo 2: *** 2. Gilbert, il Magnifico Lui. ***
Capitolo 3: *** 3. Antonio, ricordi. ***
Capitolo 4: *** 4. Francis, quando una rana e un bruco... ***
Capitolo 5: *** 5. Dov' è lo sposo?! Questo è un giorno di rivelazioni! ***
Capitolo 6: *** 6. Quello che non ti ho detto. ***
Capitolo 7: *** 7. Incontra la tua anima gemella: due cuori e una villa al mare. ***
Capitolo 8: *** 8. Come annullare disperatamente un matrimonio ***
Capitolo 9: *** 9. Se parcheggi in divieto di sosta... ***
Capitolo 10: *** 10. Casse di pomodori con sorpresa ***
Capitolo 11: *** 11. Diario del Magnifico me: C' è un russo sotto al vischio ***
Capitolo 12: *** 12. Diamo il benvenuto ai fratelli Kirkland ***
Capitolo 13: *** 13. Aria di famiglia ***



Capitolo 1
*** 1. Appartamento n. 3 ***


long su bad trio
Bad Touch Trio
Appartamento n.3




Image and video hosting by TinyPic

Alle 10:30 di un grigio sabato mattina come tanti altri l' appartamento numero tre del terzo piano era immerso nel silenzio più discreto. In cucina c' erano ancora il caos di piatti e ingredienti della cena preparata la sera prima mentre nel salotto, al contrario, regnava un perfetto ordine già visibile nella penombra. Su una mensola della libreria ricca di libri le foto di tre ragazzi  immortalati nelle pose più assurde e più varie facevano mostra di sè. Attraversando il corridoio un leggero ronfare proveniva dalla prima porta socchiusa sulla destra.
La sveglia sul comodino suonò emettendo un bip continuo, Francis si rigirò nel letto arrancando con la mano destra verso la fonte di quel rumore irritante.
 Bip, bip, bip. Non la trovava.
Finalmente, dopo qualche minuto di vani tentativi di metterla a tacere, cadde di nuovo il silenzio.
Che poi, si chiese, perchè diavolo aveva puntato la sveglia? Si girò dall' altro lato dando le spalle all' oggetto indeciso se alzarsi  o no. Si fosse ricordato almeno il perchè!
Il suo cervello macinava.
Doveva preparare la colazione? Troppo tardi.
Il pranzo? C' erano gli avanzi della sera prima.
Forse doveva andare al lavoro? Impossibile perchè il suo turno non iniziava mai a quell' ora.
Si stava riaddormentando quando la porta della sua stanza si aprì con un tonfo secco e la voce gracchiante di Gilbert gli perforò le delicate orecchie come un trapano.
-Ci butta fuori di casa...o cazzo, cazzo, cazzo... sveglia Francis! Cazzo... si sposa! Com' è che si sposa?- l' albino andava correndo in mutande per la stanza aprendo le tende e tirandogli le lenzuola e non ultimo, gracchiando frasi sconnesse.
Francis si mise seduto sul letto con uno scatto e lo guardò ancora assonnato saltare verso la stanza di fronte e ripetere lo stesso teatrino.
-E che schifo!- lo sentì sbottare- Tonio vestiti e butta fuori questo tizio!
Francis si alzò indolente dal letto ricordandosi perchè avesse puntato la sveglia. Guardò il dispay e sbiancò.
-Mon dieu! Siamo in un mostruoso ritardo!- scappò verso il bagno urlando di sbrigarsi. Quando abbassò la maniglia lo trovò occupato- fammi entrare o non riuscirò a farmi bello in tempo per la cerimonia!
Sentì il clic della chiave, la porta finalmente aprirsi, la testa di Gil fare capolino sull' uscio:- Sbrigati a farti bello.
Francis si infilò subito sotto il getto della doccia, Gil davanti allo specchio si aciugava i capelli bagnati con un asciugamano:- Antonio?- domandò
-Che?
-Antonio?!- chiese più forte.
-Non l' hai svegliato tu?
-L' ho svegliato ma non l' ho visto alzarsi.
Gilbert uscì fuori dal bagno sbuffando, "ma guarda cosa deve fare la mia magnifica persona", pensava bloccandosi a metà del corridoio giusto in tempo per vedere Antonio salutare il tizio che aveva dormito con lui la notte precedente.
-Vatti a lavare che si è fatto tardi- gli disse infilandosi nella propria camera
Il castano fece come gli era stato detto raggiungendo Francis sotto la doccia. Il biondo sorrise ammicando:- Antonio...
Il ragazzo tirò indietro la testa scoppiando in una sonora risata:- Non c' è trippa per gatti, amico. Ho già dato e anche parecchio.
Francis aggrottò le sopracciglia e gli insaponò la testa iniziando a lavargli capelli:- Dovresti smetterla di vivere così. Non ti fa bene.
-Cosa c' è di diverso da quello che fate tu o Gilbert?
-Io non mi porto gente a letto a tutte le ore del giorno- puntualizzò il biondo- e nemmeno Gilbert. E in ogni caso quando ci capita di incontrare qualcuno lo facciamo perchè siamo attratti davvero da quella persona. Io amo le donne o gli uomini con cui vado a letto.
-Non puoi amare uno che hai appena conosciuto e che non vedrai più- puntualizzò Antonio.
-Antonio- Francis si limitò a sospirare lasciando l' altro nella doccia.

Francis, Gilbert e Antonio si conoscevano ormai da tra anni, un numero che nella loro vita, proprio da quando avevano iniziato a frequentarsi, ricorreva piuttosto spesso. Si erano conosciuti nel locale notturno in cui lavoravano ed era stato immediatamente un colpo di fulmine. Erano diventati subito amici e sembravano conoscersi da tempo. Tra loro non c' erano mai stati segreti, giudizi o inibizioni e praticamente subito avevano deciso di andare a vivere insieme. Dopo molto girare, avevano trovato un piccolo appartamento vicino al centro di stoccolma.
Terzo piano, numero tre. Si erano guardati in faccia e si erano fatti un sacco di risate. Era perfetto per loro. L' unico problema, per così dire, era la coppia che abitava di fronte a loro, ovvero il grosso svedese proprietario dell' appartamento e sua moglie.
No, non sua moglie a dire il vero. Il suo compagno, forse. Ma di questo i tre non ne erano nemmeno sicuri. Il fatto era che lo svedese, un tipo che sembrava sempre arrabbiato e sul punto di pestarti, condivideva la propria casa con n ragazzo finlandese, che al contrario pareva gentile e indifeso. Tutto poteva sembrare normale, non fosse che lo svedese, Berwald, si ostinava a chiamare l' altro ragazzo, Tino, moglie.
Ecco. Era questo il fatto.
E quei due quel sabato mattina si sposavano.
A Gilbert sembrava una cosa incredibile, non faceva altro che chiedersi com' è che Tino non avesse paura di quel gigante.
Oltre ad affittargli la casa, Berwald -architetto con la fissa dle fai da te- gli aveva anche messo a disposizione i mobili rigorosamente acquistati all' Ikea.
E chi rompe paga, li aveva redarguiti facendogli venire un groppo alla golla.
Soldi, ovviamente, li aveva rassicurati Tino. Berwald di norma non pestava nessuno.

-Ci sbatterà fuori di casa!- urlava Gilbert in preda al terrore mentre intimava a Francis di pigiare sul dannato accelleratore.
-C' è traffico, Mon cher- gli fece notare l' altro.
-Chi se ne frega! Se avesse guidato il Magnifico me a quest' ora saremmo già arrivati. Quello se arriviamo tardi ci butta fuori di casa e ci pesta.- L' albino si fermò un secondo recuperando apparentemente la calma- non che io abbia paa, eh. Lo dico per voi, non vorrei venirvi a trovare all' ospedale.
-Non ti preoccupare, Berwald è una persona tranquilla- sorrise Antonio.
Quando misero piede in chiesa, tutti trafelati, la sposa era già all' altare.
I tre ragazzi storsero il naso avanzando lentamente verso i primi banchi.
-Ma quindi Tino si vestita da sposa?- chiese Antonio facendosi largo tra due vecchiette.
-Mi sembrava che ci tenesse alla sua... uhm... virilità- disse Gilbert dubbioso.
Dopo qualche secondo Francis fece:- Io l' ho accompagnato a comprare lo smoking bianco.
Si guardarono tutti e tre mentre una nonnina palpeggiò il sedere di Francis ghignando.
-Madame- fece dopo qualche secondo, con un sorriso amabile sul volto- potrebbe togliere la mano dal mio fondoschiena?
-E' bello sodo- si giustificò la nonnina.
-Tu diventerai così- gli sussurrò Antonio in un orecchio.
Francis fece finta di non sentire e chiese:- Chi si sposa.
-Albert e Maddalena, no?- disse lei con ovvietà
-Ma certo- acconsentì il ragazzo sgusciando via assieme agli altri due.
Gilbert si schiaffò una mano sulla faccia:- Come cazzo abbiamo fatto a sbagliare chiesa.
-Io sono solo andato all' indirizzo scritto sul biglietto
-Fammi vedere- disse Antonio, poi sospirò- questo è l' invito a un altro matrimonio.
-Ma perchè si sposano tutti ora? Cos' è, la stagione degli amori?- gridò Gilbert
-Dobbiamo tornara a casa, prendere l' invito giusto e andare finalmente in chiesa- ricapitolò Antonio sedendosi sui sedili posteriori della piccola auto.
-Secondo me dovremmo iniziare a selezionare i matrimoni a cui andare e quali no- ponderò Gilbert- è troppo dispendioso.
-A parte che a questo ci dovremmo andare per forza, non puoi fare una selezione dei matrimoni- iniziò scandalizzato Francis- sono tutti riti d' amour, nessuno è meno importante dell' altro.

I tre, insomma, erano un gruppetto strano ma piuttosto affiatato e ben assortito, problematici forse per chi vi aveva a che fare. Antonio era uno spagnolo particolarmente allegro e spensierato. Francis un francese che aveva come credo supremo l' amore in tutto le sue forme ed espressioni, Gilbert, infine, un tedesco particolarmente chiassoso ed egocentrico.
In comune avevano la voglia di divertirsi e far baldoria, un innato egoismo e la voglia di essere giovani. Poi c' era qualcosa che li teneva uniti ma che nessuno, neppure loro, avrebbero potuto sapere descrivere o definire. Si erano, semplicemente, cercati e trovati.

-Devo farmi una doccia!- urlò Francis non appena varcarono la soglia dell'appartamento.
Antonio lo afferrò per la collottola prendendo nello stesso tempo l' invito:- Te lo scordi.
-Ma sono tutto sudato!- si lagnò l' altro.
-Andiamo!-urò Gilbert alla fine.
Al comune arrivarono solo alla fine della cerimonia. Una volta al ristorante lo sposo si avvicinò al loro tavolo accompagnato dal consorte.
-Non vi ho visti in sala.
-C' eravamo!- disse Gilbert con foga alzandosi e facendo cadere la sedia per terra.
-Non ne dubitiamo- si intromise Tino- Ber- aggiunse rivolgendosi al compagno- c' era un sacco di gente, è normale che tu non li abbia visti.
-Mh.
-E' vero, è vero- annuirono con foga i tre ospiti.
-Ah, dobbiamo dirvi una cosa- aggiunse poi Tino sorridendo dispiaciuto- ecco... noi... noi avremmo deciso di vendere l' appartamento.
-Vi trasferite?- chiese Antonio dispiaciuto.
-Il vostro appartamento- puntualizzò lo svedese.
-Il vostro appartamento cosa?- chiese Gilbert con stizza visto che aveva iniziato a perdere il filo del discorso.
-Abbiamo venduto il vostro appartamento- disse lapidario Berwald.
-...
Francis svenne.
Dopo una concitata rianimazione del francese, si potè riprendere un discorso.
Tino era sempre più dispiaciuto:- Scusate ragazzi ma era una proposta molto conveniente. C' è un russo che ha comprato praticamente tutto il palazzo. Gli unici appartamente che rimangono dei vecchi proprietari sono il nostro e quello dell' austriaco al piano di sopra.
-Tsè, guarda caso- soffiò Gilbert incrociando le braccia.
-Ma è una bravissima persona- si affrettò a rassicurarli Tino- ci ha assicurato che non vi caccerà via.
-E potete tenere i mobili- aggiunse Berwald come se quella fossa la cosa più importante tra tutte.
-Grazie- rispose Antonio.
-Ecco, guardate, si avvicina. Ve lo presento così vedrete che ho ragione- affermò Tino per poi tornare indietro con un ragazzo alto e dal sorriso infantile.
-Non sembra cattivo- sussurrò Antonio.
-Ciao a tutti, io sono Ivan il vostro nuovo padrone- si presentò il ragazzo.
-... di casa- aggiunse Francis.
-Da, di casa- confermò il russo con uno sguardo strano- spero che diventeremo amici. Sapete, io mi sono sempre sentito molto solo in Russia.


-E' pazzo!- urlava Francis facendo su e giù nel bagno degli uomini- E' pazzo.
-Inquietante- rincarò Gilbert appoggiandosi al lavello- ma il Magnifico me non ha paura... kesesesese.
-Non vedo dove sia il problema onestamente. A me non sembra tanto male. E poi abbiamo ancora la nostra casa.


Quel matrimonio era stato un miscuglio di nazionalità, c' era gente proveniente da tutto il mondo. C' era il russo proprietario dell' immobile e le sue sorelle, un danese casinista con cui Gilbert aveva subito fatto amicizia, un norvegese che di tanto in tanto picchiava il ragazzo e poi il suo fratellino che si portava n uccello sul dorso della mano. C' era un polacco vestito di rosa e poi un estone, un lituano e un lettone che sembravano tenersi a debita distanza dal russo. Da qualche parte qualcuno diceva che vi fosse persino un canadese ma nessuno del trio lo aveva visto.






---------------
Ciao a tutti, questa è la mia prima ff, spero che vi piaccia e di ricevere i vostri commenti. Il primo capitolo è piuttosto introduttivo anche se per certi versi piuttosto in media res, già inizia a sorgere qualche domanda.
Non avete idea di quanto ci ho impiegato tra html e immagine, è stato assurdo O_O
Bè, che dire... spero vi piaccia.

Disclaimer: Hetalia e i suoi personaggi non mi mi appartengono. Non scrivo a scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. Gilbert, il Magnifico Lui. ***


c.2 bad trio
Bad Touch Trio
Gilbert
Il Magnifico lui





Image and video hosting by TinyPic


15 Novembre 2011
Diario del Magnifico Me.
Kesesese....
Oggi ho sabotato il toast con le verdure di quello stupido austriaco. Assieme a Francis ho teso un' imboscata al fattorino e mentre Francis lo distraeva ho messo la salsa piccante nel toast.
Kesesese... gli è andata a fuoco la lingua.
Lo so perchè abbiamo piazzato delle microspie nel suo appartamento, solo nella cucina e in un altro paio di stanze. Non voglio sapere cosa fa in camera da letto... ammesso che faccia qualocsa.
Casa sua ha uno stile antiquato e ci sono un sacco di vecchi strumenti musicali, in pratica è adatto a un vecchio tirchio come lui. Però devo ammettere che è molto luminoso e che il pianoforte a coda nella sala enorme che fa da ingresso è parecchio scenico. Gli deve essere costato parecchio. Poi ha libri e spartiti dappertutto, in questo ingresso due pareti sono occupate da librerie massicce, una da una grossa vetrata, la quarta invece non riesco a vederla da dove è piazzata la microcamera.
Comunque non si sposerà mai, poco ma sicuro. Chi lo vorrebbe uno così?

Quel riccone si è anche preso una cameriera... e poi risparmia sulle mutande. Tch.
Ora devo andare, Antonio ha cucinato la paella.

Gilbert sorrise nel leggere la sua ultima impresa, poi chiuse a chiave la porta e accostò le tende alle finestre della propria stanza, accese la lampada sulla scrivania e prese una pagina pulita stirandola ben bene con le mani. Sospirò irritato prima di iniziare a scrivere.

20 Novembre
Caro diario oggi sono giù di tono. Mi sento seguito da una presenza inquietante. Che resti tra noi ma... mi fa paura. Non dirlo a nessuno, eh! Mi fa paura quasi quanto l' idea di essere dimenticato. Non dire a nessuno nemmeno questo.
Lo so che sono bello, giovane, aitante, ingegnoso, intelligente, simpatico, modesto, altruista eccetera eccetera...
Sono così magnifico che persino la cosa più magnifica impallidirebbe al mio confronto, però a volte vorrei essere un pochino -giusto un po'- meno magnifico perchè mi rendo conto di attirare gente strana.
Insomma... guarda chi sono i miei coinquilini!
Il suo nasone spunta ovunque. E' la prima cosa che vedi. Come diavolo si può pretendere di passare inosservati con un naso grosso come il suo?!
Parlo del russo, diario. L' ho già detto che è inquietante?
Si è trasferito al quarto piano e il giorno stesso in cui è arrivato si è autoinvitato a cena da noi. Era venuto per chiedere lo zucchero, è entrato, ha sentito odore di roba da mangiare e si è seduto a tavola sorriderndo come un baccalà.
"Allora mangio qui 'sta sera, da?" ha detto.
Ho provato a ribellarmi con tutte le mie forze ma lui ha messo il broncio dicendo che ero molto scortese col nuovo proprietario dell' appartamento.
Bastardo, bastardo, bastardo. Non nego che mi ha solleticato la magnifica idea di avvelenarlo.
Quel "da" è una maledizione, ci scommetto. Rafforza l' ascendente -e il timore- che incute nella gente. Non alla mia magnifica persona.
Diario, ho l' impressione forte che, per dirla in due parole, siamo nella merda.


20 Novembre bis
Questa è una tragedia! E' venuto al locale. Al lo-ca-le! Quando me lo sono visto seduto al bancone ho buttato a terra la bottiglia di rum che avevo in mano. Ovviamente Sadiq la vuole ripagata. L' ho fatta mettere in conto al russo, kesesese, in fondo è colpa sua se si è rotta.
-Che diavolo ci fai qui?!- forse ho urlato un po' troppo forte perchè nonostante la musica a palla un botto di gente si è girata a guardarmi. Mi sono guardato in giro sorridendo per ammaliare i presenti con il mio magnifico fascino e far dimenticare l' accaduto. Ho anche salutato qualcuno con la mano come fa la regina Elisabetta.
Lui ha sorriso. Quando mai non lo fa? Quando?
-Sono venuto a trovarti- mi dice, poi si è messo con quell' aria da cane bastonato- mi sentivo solo. Non conosco nessuno.
-Nemmeno me! Nemmeno me. Vai via, sciò, smamma.
Lui ha sorriso, di nuovo:- Dammi una vodka.
In testa gliela stavo dando la vodka, con un colpo magnificamente assestato sulla sua testa bacata, ma Sadiq mi guardava e allora ho dovuto versargliela nel bicchiere.
-Sai, sono molto timido- e giù tutto il bicchiere in una volta sola
-Non si direbbe, idiota
-Perchè mi offendi, Gil?
-Non chiamarmi Gil. E smamma. Quanti anni hai? Ce l' hai l' età per stare qui? Quella anagrafica almeno, perchè su quella mentale avrei qualche dubbio, kesesese.
-Ho vent' anni- mi dice fiero di sé.
-Senti- inizio sentendo una cliente chiamarmi dall' altro lato del bancone- io devo lavorare, non ho tempo di farmi una chiacchierata.
-Allora ci vediamo domani a pranzo. Ti passo a prendere a ti porto in un bel posto.
Lo guardo andar via, mi auguro di aver sentito male perchè l' attimo dopo inizio a bestemmiare e a inveire contro quel grassone.
"Ho le ossa grandi", mi aveva risposto durante la cena quando gliel' ho detto per la prima volta.


21 Novembre
Non mi sono fatto trovare a casa. O meglio, ho passato la giornata  nascost a dormire sotto le coperte.


23 Novemre
Ho dormito due giorni, come i ghiri. Non mi sono nascosto. Oggi però il russo è venuto, lo ha fatto sempre in questi giorni, è schifosamente ostinato, e ad aprirgli è stato Antonio.
NOTA: Ricordarsi si ammazzare Antonio.
Antonio gli ha detto che "sì, Ivan, Gil è a casa, dovrebbe essere in camera sua. Accomodati pure"
-Gil- era una mia impressione o da sotto quattro strati di coperte e un piumone stavo sentendo quella voce?- non sei venuto a pranzo con me- si siede sul letto che affonda. Affonda!- sei stato scortese, potevo avvertirmi che stavi male.
Tossisco, tossisco tantissimo. Sono un attore magnifico:- Sto male, malissimo. Sono contagioso, forse sto morendo. Meglio se te ne vai.
Si sporge su di me, sento il suo respiro contro i ciuffi di capelli che escono dalle coperte:- Non essere esagerato, avrai solo un po' di febbere.
Mi tolgo le coperte di dosso e mi sposto, mi guardava stupito, mettendomi seduto dal lato opposto del letto. E sì, ho un matrimoniale, diario. La mia magnifica persona ha bisogno di spazio per muoversi.
-Non sto male- urlo, gli punto il dito contro- ti sto evitando, idiota di un russo!
-Perché?- chiede con tranquillità, come se non avesse colto il fatto che il mio intento fosse stato quello di ferirlo e possibilmente farlo scappare a gambe levate.
-Perchè... perchè tu sei poco magnifico per un tipo magnifico come il sottoscritto. Kesesese.
-Ma non penso proprio. Ho anche un sacco di soldi.
Ecco, la gente così, che crede di essere importante solo perchè ha i soldi che gli escono dal culo, mi fa schifo:- Sei poco magnifico, specie dopo una sparata del cazzo come questa. Non me ne fotte niente dei tuoi soldi.
-Pensavo che per te fosse una cosa importante- si giustifica- intendo... una buona posizione sociale, un bel conto in banca... fanno gola a un sacco di gente.
-Non a me. Io me le voglio guadagnare queste cose.
-Lavorando in un locale notturno di dubbia moralità?
-Sì!
Che può saperne lui o la gente che ci giudica, in genere, di quello che facciamo io, Antonio e Francis? Che diavolo ne sanno? Perchè la gente ha la pessima abitudine di puntare il dito. Io studio storia, ma ovviamente Ivan questo non può saperlo, come non può sapere il fatto che non vedo mio fratello da due anni e che mi manca da impazzire. O che Francis studia all' Accademia di Belle Arti e segue anche un corso di fotografia o che Antonio non va d' accordo con i suoi ma che fa agraria per potere dirigere al meglio, un giorno, le sue proprietà in Spagna. Ammesso che ci ritorni. Ammesso che ognuno di noi riesca a ritornare a casa.
La verità è che cerchiamo la felicità e un poco di tranquillità perchè alle spalle abbiamo lasciato passato, terra e famiglia ritrovandoci assieme in una città che ci ha accolto, più o meno sbandati e pieni di problemi.
Lo sai qual' è il nostro sogno più grande, quello che abbiamo in comune e che va oltre i nostri singoli desideri? Quello di aprire un locale, uno vero, uno bello che abbia il sapore dell' amicizia e della famiglia.
-Non mi giudicare- gli dico senza rendermi conto che ci siamo alzati in piedi
-Tu sei il primo che lo fa, Gilbert- mi dice-pensi che voglia comprarti ma ti sbagli. Ti sbagli di grosso.
Alza i tacchi richiudendosi la porta della mia stanza alle spalle.
Il discordo con quello stupido russo ha fatto riaffiorare vecchi ricordi e piccole ferite che tento a non considerare. Se non ci pensi non fanno male, no?
Ora vado, Francis sta gridando come una checca isterica perchè Antonio ha finito tutta l' acqua calda. Kesesese.
Quanto siamo scemi...


24 Novembre
Una pazza si aggira per il palazzo con una padella in mano. Ho un bernoccolo enorme sopra la testa e credo che c' entri qualcosa quell' autriaco cretino perchè la padellara urlava qualcosa di insensato a proposito di un toast e del "signor Roderich"
Devo indagare.
NOTA: Sabato mattina dobbiamo andare a fare la spesa. Comprare assolutamente:
-La pinzetta per le sopracciglia perchè Francis inizia ad avere una foresta in mezzo agli occhi
-Preservativi perchè se no rischiamo di ritrovarci Antonio incinto o più probabilmente padre
-Ritirare le mie foto formato gigante
-Andare al club di lana e ricamo per prendere guanti e cappello.


25 Novembre
Il russo non si è visto. Nel senso che non mi pedina più. L' ho incrociato sulle scale ma ha fatto finta di non vedermi. Non che mi dispiaccia, solo che mi chiedo come sia possibile non vedere il Magnifico Me. Avrebbe dovuto inventarsene una migliore. Antonio ha mischiato bianchi e colorati e ora abbiamo tutte le mutande rosa.
NOTA: Ricordati di nuovo di uccidere Antonio.


26 Novembre
Antonio è tornato a casa con un occhio nero, di nuovo. Non vuole dirci che diavolo sta succedendo. Non mi piace il genere di vita che fa, finirà per cacciarsi ne guai. Seriamente, non quelli in cui ci mettiamo di solito. Io e Francis questa sera abbiamo deciso di parlargli.






----------------
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Vi ringrazio per il caloroso sostegno che mi avete dato con il primo, spero di non deludervi. Questo e i prossimi due capitoli saranno dedicati singolarmente ai tre protagonisti, poi spero di poterli allungare e iniziare a intrecciare meglio la storia. Nel caso di Gilbert, ma solo per questa volta, ho usato il diario. Lo trovo adatto al personaggio, spero di non aver fatto una scelta sbagliata. Il linguaggio molto colloquiale e vicino al parlato, così come la differenza di tempi verbali è una cosa voluta per cercare di rendere l' immediatezza con cui si scrive un diario. Ricordo che la storia è a rating arancione, ciò vale sia per il linguaggio non proprio pulito che per certe scene.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. Antonio, ricordi. ***


c. 3 bad trio
Bad Touch Trio
Antonio
(ricordi)


Image and video hosting by TinyPic

Estate 2008, Spagna

-Quindi sei bisessuale...-il padre di Antonio fece spalluce come se la cosa fosse di poco conto- non fa niente- disse dopo una breve pausa soppesando le parole- tanto le ragazze ti piacciono- alla fine abbozzò un sorriso convinto di avere trovato la soluzione al problema e si rilassò prendendo il cucchiaino sul tavolo per mangiare il gelato al pistacchio. La moglie, al suo fianco, invece aveva un aspetto stanco. Antonio si era confidato con lei, giorni addietro, e Isabella, nonostante fosse consapevole del carattere rilassato e tranquillo del marito, non pensava certo che lui avrebbe preso alla leggera persino una cosa come quella. Lei, il cucchiaino sul tovagliolo non lo sfiorava neppure.
Antonio era irritato, sembrava che suo padre non capisse o peggio negasse l' evidenza:- Mi piacciono le ragazze- confermò- ma anche i ragazzi.
Suo padre era un uomo che prendeva tutto, come dire, con filosofia, sembrava che nulla potesse scalfirlo. Antonio da quando era nato non lo aveva mai visto andare nel panico, restava calmo e trovava una soluzione per tutto.
-Sposerai una ragazza infatti. Non vedo dove sia il problema, se ti piacciono sia maschi che femmine puoi benissimo innamorarti di una lei come la gente normale.
Antonio si alzò in piedi, i pugni sul tavolo, la sedia che dietro di lui tremava leggermente:- E se mi innamorassi di un ragazzo?!
Sua madre lo guardava in silenzio, poi passò i grandi occhi verdi sul marito e il grande soggiorno illuminato dalla luce del sole che penetrava attraverso le ampie vetrate, non le sembrava poi più così luminoso o così grande. Per la prima volta vide Ferdinando stringere i pugni e farsi paonazzo benchè il tono di voce rimanesse normale e tuttavia severo:- Sposerai una donna- sibilò- se no ti giuro Antonio, ti giuro che ti manderò in una scuola correttiva.
-Correttiva?- domandò il ragazzo arretrando, incredulo- correttiva?
 Antonio allora era pieno di ideali e di belle parole.
Antonio allora era innamorato e credeva nell' amore:- l' amore non si corregge! E'... e basta.
Ferdinando si alzò a sua volta, Isabella ne seguì il movimento tenendogli il braccio temendo che alzasse le mani sul figlio. Era furioso.
-Che stai cercando di dirmi, Antonio?!- urlò
-Che sono innamorato di un ragazzo!
Il braccio di Ferdinando scappò dalla mani della moglie e uno schiaffo si abbattè sulla guancia ambronzata del figlio:- Tu sei malato! Cristo santo, ma che ho fatto di male? - si allontanò da loro per chiudere le porte bianche, non voleva che cuochi e camerieri sentissero quella diatriba familiare. Prese il cellulare sul grosso comò- Ora chiamo il parroco- annunciò- ti correggeremo.
-Scordatelo- aveva ringhiato
Antoniò sentì sua madre mettersi a piangere, tirargli la camicia e urlare il suo nome, implorando di smetterla, di fare il bravo ragazzo. La scostò e si allontanò dalla stanza mentre sentiva suo padre gridargli dietro:- Non sei più mio figlio, Antonio! Hai capito? Non sei più mio figlio se non fai quello che ti dico!
Era andato tra i campi di pomodori a quell' ora deserti, il sole cocente gli picchiava sulla testa, con le infradito ogni tanto incespicava tra la terra. Si sentì afferrare per il braccio e si ritrovò davanti il volto stanco di sua madre. Quanto era bella la sua mamma? Con gli ochi verdi e i capelli raccolti, quarant' anni ben portati grazie alla vita agiata che conduceva. Solo le mani erano un poco callose perchè le piaceva andare nei campi, a differenza di suo padre che aveva sempre preferito dirigere dall' altro. Prese le mani della donna nelle sue, un po' callose e con le unghie sporche di terra, come quelle di lei. Tale madre tale figlio.
-Non ti mettere contro papà- lo pregò- avresti vita difficile. La gente, Antonio, la gente è perfida. Ti additeranno e ti chiameranno nei modi peggiori. Non potrai avere figli, una famiglia normale- la sua voce, quella voce da cui di solito uscivano solo belle risate, ora tremava.
Antonio restava in silenzio e lei continuava:- Ti caccerà di casa e ti toglierà tutto e io non potrò difenderti, Antonio- e iniziò a piangere aggrappandosi al petto del figlio- io non potrò difenderti, tesoro mio. Lo sai che non ne sono mai stata capace. Non so fare niente, niente. Ha fatto sempre tutto tuo padre.
-E alla fine dei conti sei d' accordo con lui- terminò per lei
-Non è questo. Vorrei che ti sposassi con una brava ragazza... c' è quella belga... Sophie... si chiama così, vero? Non ti piaceva? Sarebbe tutto più facile, è solo questo. Ci si può innamorare di chiunque.
La allontanò da sè e le diede un bacio sulla guancia:-No, non è vero.  Me ne vado, mamma.

Antonio strabuzzò gli occhi chiedendosi per un attimo dove fosse. Vide degli scatoloni e delle bottiglie di acqua e alcolici impilate su alcuni scaffali. Era lo sgabuzzino sul retro del locale. Francis e Gilbert lo portavano sempre lì quando era troppo ubriaco o troppo fatto per tornarsene a casa sulle proprie gambe. Doveva essersi addormentato e non era stato affatto piacevole visto che aveva sognato quella sua dannata estate, quella in cui tutta la sua vita era cambiata. Da ragazzino vizziato al sole luminoso di Spagna a puttana nella fredda Stoccolma. Si ricordava che aveva scelto la meta a casaccio. Aveva preso la carta del mondo e una matita, chiuso gli occhi e scelto a caso. Ed era uscita Stoccolma. Ovviamente non era stupido ed aveva svuotato il piccolo contro bancario che i suoi gli avevano aperto.
Uscì dallo sgabuzzino ancora assonnato e si ritrovò in mezzo alla baldoria del locale. C' era un sacco di gente che si muoveva al ritmo di una musica martellante, le luci psichedeliche che gli confondevano i sensi, ballerine e ballerini in abiti succinti che ballavano. A a un piano inferiore c' era il pub, un posto più tranquillo dove ci si poteva sedere per bere qualcosa. Intravide Francis passare con un vassoio di liquori, Gilbert si muoveva dietro al bancone. Si guardò ancora intorno e andò al bagno per darsi una ripulita. I bagni puzzavano di vomito, una macchia colorata si stendeva sul pavimento -liquore caduto a qualcuno. Spalancò una delle porte e vide un ragazzo intento a fumare, tossì un paio di volte e la richiuse. Andò allo specchio e si lavò la faccia, si diede un paio di buffetti sulle guance e riuscì di nuovo fuori. Doveva guadagnarsi qualcosa e il posto migliore per abbordare qualcuno era il pub o il bancone. Poteva trovarci qualche zitella a corto di sesso o qualche professionista stressato dal lavoro. L' ultima cliente aveva sborsato 1748 corone (quasi 200 euro) e un bell' orologio. Ammirò il rolex arancione che portava al polso, era molto giovanile, doveva valere un bel po'. Decise di tenerlo ancora un poco prima di rivenderlo a qualcuno. Francis e Gilbert non apprezzavano il suo lavoro ma era quello che gli permettava di pagare affitto e bollette e di non fargli mancare niente. Poteva persino passarsi qualche capriccio come il grosso scooter nero che aveva comprato il mese precedente o i vestiti firmati che indossava ogni tanto. Stava ancora muovendosi verso il pub quando vide Sophia con alcune amiche. Era sorpreso, Che ci faceva a Stoccolma?
-Sophi- sussurrò sgranando gli occhi
Si fermarono in mezzo alla pista guardandosi imbambolati in mezzo agli spintoni.
-Che ci fai qui?- le chiese
-Io... io... io sono... mio... fratello- balbettava squadrandolo in ogni minimo dettaglio e senza arrivare a una conclusione.
All' improvviso Antonio si sentì spingere indietro, accadde tutto velocemente. Una mano lo trascinò fuori dal locale e gli assestò un pugno sull' occhio destro.
Non ebbe il tempo di massaggiarselo e imprecare per il dolore che una voce conosciuta gli penetrò nelle orecchie. Tenne chiuso l' occhio colpito aprendo bene l' altro. Dio, non gli sembrava vero, non lo vedeva da una vita.
 Non pensava che lo avrebbe rivisto a dire il vero.
Un "che diamine vuoi da mia sorella?" gli ronzava nelle orecchie, mentre la figura di Chris gli si avvicinava di nuovo. Si spostò colpendolo allo stomaco. Chris cadde a terra e lo spagnolo lo fissò accigliato:- Non voglio un cazzo da tua sorella.
L' olandese gli afferrò la gamba buttandolo sull' asfalto:- Giuro che questa volta ti ammazzo.
Iniziarono a darsele di santa ragione e in fondo Antonio non capiva bene nemmeno il perchè. Dei ragazzi li divisero e mentre Chris gli gridava contro che lo avrebbe ammazzato, un giorno, Antonio gli dava del figlio di puttana specie perchè gli aveva rovinato la serata. Altro che soldi, per quella sera se lo poteva scordare.
Tornò a casa e si buttò nel letto di Francis. Di solito era lì che dormivano tutti e tre quando non uscivano la sera. Però non aveva intenzione di aspettarli sveglio, preferiva rimandare la paternale al mattino successivo.

-Mon dieu! Antonio, che hai fatto all' occhio?! Te lo volevo chiedere ieri sera ma ti avrei svegliato. Parla mon cher, che è accaduto?- più o meno Francis lo accolse in cucina così quando si svegliò, col mestolo a mezz' aria e il piatto con le frittelle sul punto di posarsi sul tavolo.
Gilbert entrò qualche minuto dopo grattandosi la pancia e sbadigliando, anche lui la sera prima aveva notato l' occhio nero -e ovviamente se lo era subito appuntato sul diario:- Che diavolo è questo casino di prima mattina?- aveva chiesto
-Dobbiamo parlare dell' occhio nero- gli ricordò il francese sbattendo piatto e mestolo sul tavolo e sedendosi.
-Niente- fece Antonio
-Mentire non è una cosa molto magnifica. Anche un paio di settimane fa avevi l' occhio nero- si sporse a guardarlo- anche se forse era il sinistro.
Antonio sorrise:- la volta scorsa ho sbattuto contro il tavolo.
-L' occhio? Contro il tavolo?- domandò Francis servendo la colazione agli altri due
-Eh sì, avevo appena finito... diciamo un servizio e quando mi stavo rialzando sbam, ho sbattuto.
-E questa volta invece?- chiese Gil riempiendosi la bocca con un cornetto al cioccolato
-Ho- Antonio arricciò le labbra e aggrottò le sopracciglia crucciato- fatto a botte- concluse.
-Mein Gott... munch... munch...e perfè?
-Gil non parlare a bocca piena- sospirò Francis
-Non lo so.
-Bugia!- ululò Francis- non mentirci Antoniò, tra noi c' est amitiè, amour...- si portò un tovagliolo alle labbra con fare drammatico- mi deludi, mon ami... così poco ci vuoi bene? Dov' è finito l' amour? E l' intimità della nostra meravigliosa amicizia?
-O-ok... basta Francis, ti supplico.
-Nessuno può sottrarsi alla scena madre di Francis kesesese
-Vero, eh?- fece l' interpellato con una certa soddisfazione.
-Ho incontrato la ragazza con cui mi ero messo l' estate in cui sono andato via di casa. E suo fratello. Forse credeva che volessi sedurla di nuovo, che ne so... insomma mi ha fatto un occhio nero- spiegò alla spicciolata
-E tu non volevi sedurla vero?- si accertò Francis
-Ma sei scemo? No! Certo che no! L' avevo appena incontrata quando lui è saltato fuori.
-Antonio- riflettè Gilbert- non ci hai mai parlato più di tanto di quell' estate. Solo accenni. Ad esempio, scusa... chi era il ragazzo che ti piaceva?
-Suo fratello- borbottò incrociando le braccia sul tavolo e nascondendovi la testa.
-Mon Dieu... ma allora anche tu sei stato innamorato, mon cher!
-Non ho capito- disse Gilbert inzuppando un biscotto nel caffèlatte.
-Ho conosciuto prima lei- iniziò a raccontare Antonio con la testa ancora sul tavolo- ci siamo conosciuti al bar del paese in cui andavo in villeggiatura, avevamo dei campi di pomodori nelle vicinanze. Lo sapete come sono, non mi creo problemi a fare amicizia con la gente. C' erano lei e una sua amica, una seria, con gli occhiali. Forse un poco frigida. Insomma... mi sono avvicinato al tavolo e le ho invitate a fare un giro e sapete, no? Da cosa nasce cosa. Era bello stare con lei, poi era carina, simpatica... bionda.
-Sembra una bella storia d' amour. Avete consumato, mon ami?
-Francis- si lagnò Antonio alzando la testa- pensi solo a quello. E poi dici a me.
Gilbert svuotò la tazza, poi fece:- Non hai risposto, kesesese
Antonio roteò gli occhi al cielo:- Sì, l' abbiamo fatto. Parecchio.
-Quando entra in scena suo fratello?- chiese Francis
-Ora, entra ora. E comunque non sapevo che fossero fratelli. L' aveva portato un ragazzo nella mia compagnia. Sophi non c' era, non uscivamo sempre assieme perchè alla sua amica stavamo sulle palle. Diceva che eravamo troppo allegri.
-Un bacchettona- affermò Gilbert
-Esatto. Ho conosciuto lui, Christoffel... Chris... e non lo so. Mi ha attirato subito. Non lo so. Per la prima volta ho considerato di poter fare qualcosa con un ragazzo e quell' estate mi sono messo in testa di fare di tutto. Di tutto. Volevo provare. Sophi per una settimana non è stata in paese, andava a fare una specie di campeggio con quella sua amica quindi io mi sono appiccicato a Chris. Ve l' ho detto, mi attirava ma era un osso duro- sorrise- diceva di essere dannatamente etero.
-Quando ne parli... sembri felice- gli fece notare Francis
-Non lo sono- Antonio si alzò- è stato il primo ragazzo con cui ho scopato- buttò lì con veleno
-Non dire così, mon cher...
-Sì invece. Volevo lasciare Sophi e guarda che scopro? Che sono fratelli quando lui finalmente conosce il ragazzo con cui usciva sua sorella. Sorpresa! Bello vero? E tutto va a puttane- concluse- avevo anche parlato con mio padre- rise amaro e sentì un paio di lacrime accarezzargli le guance. Francis lo abbracciò immediatamente, subito dopo Antonio sentì sussurrare Gilbert di non lasciare fuori il Magnifico se stesso ritrovandosi appiccicato anche lui.
-Avevo parlato con mio padre... volevo lasciare lei, trasferirmi ad Amsterdam. E poi quel pomeriggio tutto va a farsi fottere... e scelgo a caso... Stoccolma.







-------------
Questo capitolo è più serio, come vedete non sarà solo una storia leggera, anzi, ci saranno anche momenti più seri e importanti. Spero vi sia piaciuto. Chris è il nome che ho scelto per i Paesi Bassi anche se ce ne erano un altro paio che mi sarebbero piaciuti, Sophie quello per Belgio. Lo so, è scontato ma amen. Poi spiegherò perchè una è belga e l' altro olandese.
Il linguaggio dei ragazzi è volutamente colloquiale e riproduce il più possibilie il parlato.
Il padre di Antonio è uno rilassato, che fa tutto semplice, pensa di potersi imporre sul figlio e su tutti in genere nonostante l' apparenza calma e sorridente, per questo all' inizio, diciamo che prende bene il fatto che il figlio sia bisessuale, perchè lo vede come un non problema risolvibile.
Ora vi lascio e mi raccomando... recensite!!! I vostri commenti, belli o brutti, mi fanno capire dove sbaglio eventualmente e mi spronano a scrivere tanto.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. Francis, quando una rana e un bruco... ***


c.4 corretto bad trio
Bad Touch Trio
Francis
Quando una rana e un bruco...

Image and video hosting by TinyPic

Alle 5:45 di una domenica mattina come tante il telefono di casa Beilschmidt-Carriedo-Bonnefoy squillò imperioso. Antonio diede un calcio a Gilbert stringendosi più forte al cuscino, quello era il suo modo per dire "vai a rispondere" ma l' albino si degnò a malapena di soffocare il gemito per il calcio appena ricevuto e dare le spalle all' amico. I due stavano tranquillamente occupando il letto a baldacchino di Francis, di sicuro il francese la notte precedente aveva fatto conquiste. Dopo qualche minuto trascorso a mugugnare, a cercare a tentoni la sveglia perchè forse non era il telefono ma era quella maledetta che rompeva di prima mattina, e infine a nascondere la testa sotto il cuscino, finalmente il trillo cessò. I due sospirarono appena sorridendo beati per la gioia di farsi riabbracciare da Morfeo quando il telefono nuovamente squillò e squillò e squillò tanto che ad Antonio, affacciatosi sulla porta per seguire a ruota Gilbert, la cornetta parve sul punto di staccarsi dall' apparecchio e sbraiatare.
-Pronto?!- gridò Gilbert irritato- chi osa disturbare il sonno del Magnifico Me?
-Mon Dieu! Gilbert!- il grido isterico e disperato di Francis costrinse Gilbert ad allontanare la cornetta dall' orecchio. Il ragazzo guardò Antonio che a sua volta lo fissava preoccupato perchè sì, anche lui aveva udito distintamente l' urlo belluino dall' altro capo del telefono. Lo spagnolo allora, onde salvare i padiglioni auricolari di entrambi, premette il vivavoce, poi disse:
-F-Francis?
-Antoniò!!! Mon ami. Mon ami, Antoniò... Gilbert... ci sei?
-Ja. Che hai da frignare?
Le urla di Francis se possibile aumentarono. I due amici già se lo immaginavano, un poco preoccupati a dire il vero, stringere il fazzoletto bianco tra i denti e disperarsi scuotendo la zazzera bionda. Pardon, la sua meravigliosa chioma bionda.
-Calmati- impose Antonio- calmati e dicci dove sei che mi stai facendo venire un infarto.
Il tono della voce del biondo parve smorzarsi un momento, giusto il tempo di dire:- Örebro- mentre gli altri due rimanevano di stucco.
-Che ci fai... ad Örebro?- chiese Gilbert. Non è che fosse proprio dietro l' angolo, ecco.
- Je suis désespérée.  L' amour a joué une mauvaise blague. Je suise marié- urlò ancora più forte- JE SUIS MARIE AVEC UNE CHENILLE! (trad. sono disperato. L' amore mi ha giocato un brutto scherzo. Io sono sposato. Io sono sposato con un bruco!)
-Pervert. Smettila di agitarti in questo modo! Damn...- Gilbert e Antonio si guardarono stupiti, la mandibola che per poco non gli cadeva a terra mentre Francis perseverava nella sua scena madre. E loro, per inciso, non stavano capendo un tubo mentre in sottofondo sentivano rumori e insulti di ogni genere. Ogni tanto Francis si interrompeva per sbottare irritato un "dannato bruco" oppure "teppistello" e via dicendo. La persona a cui erano indirizzati ovviamente rispondeva a tono.
-Francis!- gracchiò a un certo punto la voce di Gilbert, stufo di quel teatrino- smettila e parla in una lingua umanamente comprensibile.
-Oui- acconsentì l' altro sospirando più calmo- ieri sera temo di aver alzato un po' il gomito.
-Un po', stupid frog. Ti stavi tracannando un barile di alcolici.
-Taci, bruco- sibilò il biondo- Francis Bonnefoy non declina mai una sfida.
-Ehm... noi saremmo ancora qui- sospirò Antonio esasperato passandosi una mano sulla faccia.
-Ah... oui... dicevo- riprese Francis- io e il signorino qui presente abbiamo bevuto un po' troppo ieri sera...
-Ma chi cazzo è questo qui?- sbottò Gilert
-Questo qui a tua sorella!- si sentì urlare dall' altro capo del telefono
-Non parlare così ai miei amici, teppistello!
-Ah sì? Se no che fai?
Avevavo ricominciato.
Gilbert e Antonio avevano sentito qualcosa schiantarsi a terra. Si auguravano vivamente che non fosse Francis.
-ORA BASTA!- urlò l' iberico- Madre de dios! Francis, spiegaci l' essenziale. Non abbiamo tutta la mattinata.!
-Mon cher- fece il biondo con voce suadente- mmm... ti piace comandare eh?
-Francis!- fecero i due coinquilini in coro mentre un pervert appena sibilato aleggiò nell' aria.
-Oui, oui. Io e il qui presente teppistello, non so come, siamo finiti a Örebro.
-E questo il Magnifico me lo aveva capito
Antonio strinse il braccio di Gilbert, poi lo mollò aprendo le braccia sconsolato come a dire "non ti ci mettere anche tu"
-E ci siamo sposati.
-...
-Gil... Tonio...?
-...
-Sono morti, frog?
-Ma non!... Non credo almeno.
-Ragazzi...?
Una risata fragorosa scoppiò nelle orecchie dei due novelli sposi.
Dopo qualche minuto e qualche insulto poco educato di un francese e di un inglese parecchio arrabbiati e confusi, finalmente si potè riprendere il discorso.
-Come diavolo hai fatto?- domandò Gil- con un inglese poi.
-Ehi che vorresti dire?- a parlare il citato inglese
-Niente di che... ma Francis non ha mai avuto un rapporto idilliaco con gli inglesi.
-La cosa è reciproca- sbuffò l' altro
-Come avete fatto a sposarvi?- domandò Antonio
-Non lo so, non lo so- rispose con veemenza Francis- fatto sta che questa mattina al risveglio mi sono ristrovato con una fede al dito e un contratto di matrimonio sul comodino. E ovviamente con questo orrendo bruco accanto.
-Bruco s- Arthur, questo il nome del bruco inglese, non ebbe il tempo di finire la frase che Francis lo interruppe:
-E mi ha deflorato- buttò lì.
-C-che?! Dannato pervertito vinofilo che diavolo stai dicendo?! Non sparare cazzate semmai è il...- Arthur si interruppe bruscamente, conscio del segreto vergognoso che stava rivelando. Francis a quel punto abbassò la voce di qualche ottava, malizioso:
-E' il...?- volle sapere- continua, mon cher
-Un cazzo! Non è un cazzo! Fuck you frog!
Gilbert e Antonio sentirono i passi dell' altro allontanarsi furiosi e una porta sbattere.
-In effetti- fece lo spagnolo dopo qualche momento- non penso proprio che quello ad essere stato deflorato sia stato tu.
E giù a ridere tutti e tre come scemi.
-E allora... il Magnifico Me a questo punto che dovrebbe fare?
-Dovete venire a prendermi, è ovvio. Non so nemmeno come sono arrivato qui.
-Ok, dammi l' indirizzo del posto. Tra due... tre ore al massimo siamo lì.
-Non correte- si raccomandò Francis- però è meglio due ore. Due. O qui mi viene una crisi di nervi coi fiocchi... Mon Dieu...

Durante il tragitto di ritorno, in automobile Gilbert e Antonio avevano avuto modo di conoscere il loro nuovo cognato. E decisamente no, non era stata simpatia a prima vista.
Quando finalmente arrivarono a casa, Francis e gli altri due si afflosciarono esausti sui divani. Gilbert guardò meglio l' amico per poi scoppiare in una risata sguaiata e fragorosa:- Per caso è diventato di moda ritornare a casa tutti pesti? Kesesese.-
Francis sbuffò togliendosi la giacca strappata e palpandosi il labbro gonfio, a rincarare la dose si ci mise anche Antonio:
- Deve essere stata una notte selvaggia, amigo!

-Ridete, ridete pure alle mie spalle.
-Veramente ti stiamo ridendo in faccia, kesesese.
E giù a ridere ancora fino a che gli animi non si furono di nuovo calmati. Antonio, riprendendosi dalle ultime risate disse:
-Ora mi spieghi come hai fatto a ritrovarti sposato, per di più con un inglese e a finire a duecento chilometri da Stoccolma. Insomma... ti avevo solo chiesto di andare al club di cucito a ritirare i guanti che ci ha confezionato tua cugina visto che ieri mattina non ci siamo arrivati.

Francis aggrottò le sopracciglia cercando di fare mente locale. Come ci era arrivato a Örebro non se lo ricordava proprio. E nemmeno come si era potuto sposare con quel bruco a dirla tutta!
-Forse mi ha rapito- ipotizzò più rivolto a se stesso che agli altri due.
-Qui se c' è qualcuno che rischia di essere rapito non sei tu, amico- gli fece notare Gilbert ghignando
-Che hai fatto ieri da quando sei uscito di casa?- incalzò Antonio
-Ho litigato con quel teppista- si impuntò Francis- è il nuovo presidente del club di cucito, lana e ricamo. Ha aggiunto il ricamo, quel dittatore. Puà
-Ma perchè avete litigato?- domandò esasperato Antonio
-Perchè come sempre quando vedo delle dolci donzelle non posso fare a meno di comportarmi come un cavaliere, mon cher- sorrise Francis afferrando una rosellina dal vaso al suo fianco- Quel tizio ha iniziato a dirmi di smetterla, che stavo interrompendo la lezione e allora me ne sono stato buono in un angolo vicino a Sesel... a sfotterlo- ridacchiò.

-Ci stai provando con una delle ragazze del club?!- sbottò Arthur avvicinandosi al francese.
-Seducendo è la parola esatta mio povero bruchetto.
-Bruchetto a chi?
-A te. A te e a te.
-Pervertito d' un francese. Lo so che sei francese! Sento la tua puzza fino a qui.
-Ah sì? E io sento odore di scones bruciati fin dentro al naso!
Sesel si mise in mezzo ai due cercando di calmarli:- State dando spettacolo ragazzi. Basta, perfavore. Specie tu Arthur. E Francis è mio cugino.
-Arthur?- Francis sbattè le palpebre per un paio di volte, poi assottigliò lo sguardo- Kirkland?- domandò sospettoso.
-S... aspetta...- ad Arthur nello stesso momento sovvenne la medesima cosa che probabilmente stava frullando nella testa di Francis- Bonnefoy...- sibilò
-Oui.
-Vi conoscete?- domandò Sesel
-Oui cheri. Riconoscerei quelle orrende sopracciglia dovunque. Abbiamo frequentato assieme la scuola media per qualche mese durante il mio breve soggiorno in Inghilterra. Era un vero teppistello.
-Arthur è un bravissimo poliziotto- sorrise Sesel
-Chi? Lui?- Francis scoppiò a ridere facendo diventare paonazzo l' inglese.
Alla fine della lezione Arthur si avvicinò a Sesel invitandola molto goffamente a bere qualcosa per ringraziarla, ecco la scusa adoperata, della gentilezza che gli aveva dimostrato da quando era arrivato a Stoccolma. Francis, ovviamente, captando aria di appuntamento si era auto invitato.

-Ma si può sapere perchè ti sei messo in mezzo?- domandò Antonio alla fine del racconto.
-Non posso permettere che la mia cuginetta sposi quell' inglesaccio- fece Francis scandalizzato
-Non hai tutti i torti. Ma lo avete visto?- rincarò Gilbert- quel tizio si agita troppo
-Non te ne è mai fragato niente di cosa combinasse tua cugina- gli fece notare Antonio- e tu di solito sei uno che gli appuntamenti li combina.
Francis si alzò irritato:- Mi sta antipatico, d' accord?
-Siete sposati!- urlò Gilbert dal salotto- farai venire a vivere la tua mogliettina qui? Kesesese

Francis si buttò sul letto esausto ed esasperato, notando che era sfatto urlò:- Potevate almeno rifarlo!
In verità doveva ammettere a se stesso che il bruco non gli dispiaceva poi tanto. Cioè... era scontroso e irascibile e aveva delle sopracciglia assolutamente antiestetiche, tuttavia se ne sentiva attratto per qualche motivo cosmico a lui sconosciuto.
Ma da lì ad essere sposati ce ne passava di acqua sotto ai ponti!
Frugò nella tasca dei pantaloni e ne tirò fuori il famigerato contratto di matrimonio. Doveva assolutamente sapere chi era il deficiente che lo aveva celebrato. Lesse la firma in calce:
-Yao Wang.
Non se lo ricordava proprio. Chi poteva essere così stupido da celebrare un matrimonio tra due tizi che sono visibilmente ubriachi?!
Afferrò il cellulare cercando il numero di Arthur nella rubrica. Lo aveva salvato sotto il nome di "Bruco", il telefono squillò un paio di volte, poi finalmente sentì la voce dell' altro.
-Stavo per telefonarti, idiot.
-Ah sì? A quanto pare ti ho preceduto- fece una risatina.
-Che vorresti dire scusa?
-Che sei tonto.
-Io giuro che ti ammazzo
-Non, non, non- Francis agitò l' indice per aria, tra il divertito e l' irritato- finiresti in prigione. Sei un poliziotto, poi.
Sentì sbuffare, poi Arthut chiese:- Hai chiamato per litigare?
-Non. Ho chiamato perchè non ci tengo ad essere sposato con un teppista come te... a meno che...
-A meno che... cosa?
-A meno che tu non decida di assolvere ai tuoi doveri coniugali, mon cher.
Francis poteva immaginare l' inglese farsi paonazzo. Arthur dal canto suo gli urlò nell' orecchio un:- Scordatelo, dannato pervert! Domani ci vediamo per annullare questo stramaledetto matrimonio!






-----------------------
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Per le frasi in lingua ho utilizzato Google traduttore quindi sono di sicuro sbagliate, scusatemi. Inoltre non riuscivo a fare il bianco della bandiera francese e ho optato per un grigio molto chiaro. Fate finta che sia bianco, vi prego XD Infine ho utilizzato il flashback per il racconto dell' incontro tra Arthur e Francis per questo si usa la terza persona, diciamo che il racconto iniziato da Francis sfuma in quello del narratore.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. Dov' è lo sposo?! Questo è un giorno di rivelazioni! ***


BAD TRIO 5
Bad Touch Trio

Dov' è lo sposo?! Questo è un giorno di rivelazioni!






Casa Beilschmidt-Carriedo-Bonnefoy.
I tre proprietari dell' appartamento dormivano della grossa arrotolati sotto strati rossi di coperte nell' enorme letto di Francis. Gli inquilini di quella casa non si svegliavano mai presto la mattina. Mai. Poteva cascare il mondo ma se non erano almeno le undici dal letto non si alzavano proprio. Ancora erano le 10:30.
Forse era perchè lavoravano la notte, forse perchè, semplicemente, erano pigri o perchè fuori le giornate sembravano tutte uguali e particolarmente fredde.
Alle 10:31 la Marsigliese risuonò per la stanza addormentata. Antonio, come era solito fare quando qualcuno o qualcosa rischiava di interrompere il suo sonno, diede un calcio a uno dei due coinquilini affinchè provvedesse. Lo sfortunato che pescò un calcio alla coscia fu ancora una volta Gilbert il quale si girò sullo stomaco infilando la testa sotto il cuscino.
Francis, l' unico che dormiva completamente nudo sia d' estate che d' inverno, tirò fuori il braccio da sotto le coperte zittendo il cellulare.
Il bip-bip di un messaggio risuonò qualche minuto dopo.
I tre ancora non sapevano che quella mattina la sveglia era già suonata per ben tre volte. Era suonata quella elettronica di Francis alla 9:30, quella che faceva pio-pio di Gilbert, più o meno una mezz' ora dopo e infine quella di Antonio che intonava le note di un bel tango latino.
Il francese, ormai disturbato definitivamente dal suono del telefonino, si decise ad aprire gli occhi.
La prima cosa che si trovò davanti fu il braccio di Gilbert sulla testa, poi un grosso cartello con scritto a caratteri cubitali "SI SPOSA IL PICCOLO MATTIEU!"
-Mon Dieu!!!- Francis si alzò di scatto strattonando Gilbert e Antonio per farli svegliare, aprì le tende gridando come un ossesso che il suo pupilllo si sposava e che loro erano in mostruoso ritardo. Mostruoso.
Gilbert e Antonio gli furono dietro dopo qualche minuto di smarrimento.
-Questa scena mi sembra vagamente familiare- proferì Antonio guardando Gilbert che era balzato giù ruzzolando per terra per iniziare a muoversi in giro per casa assieme all' altro.
-Antonio alzati!- lo rimbeccò l' albino.
Lo spagnolo sospirò infilandosi nel bagno assieme agli altri due.
Non c' era proprio verso di alzarsi presto e almeno una volta, che fosse una, riuscire ad arrivare puntuali a un matrimonio. Probabilmente sarebbero arrivati in ritardo anche al loro.
Nel giro di qualche minuto il bagno fu il caos più totale. Il tubetto col dentifricio era schiacciato e senza tappo, abbandonato sul bordo del lavello, il dentifricio stesso era schizzato un po' dappertutto, il bagnoschiuma vuoto era finito nel cestello col bucato sporco mentre la pinzetta per le sopracciglia, quella nuova, finì irrimediabilmente nel water.
-Io non la uso, eh.- chiarì immediatamente Francis
 
-Dov' è il regalo?- domandò poco dopo Gilbert sistemandosi la giacca di fronte allo specchio
Antonio si portò l' indice alle labbra guardandosi intorno per poi fare spallucce.
Gilbert si ammirava di fronte allo specchio:- Kesesese, sono troppo figo, non trovi?
-Sublime- fece Antonio ridendo
-Sublime, sì. Sì- fece Gilbert, come ispirato- SUBLIME! Mi piace. Sublime- ripetè qualche volta dirigendosi in salotto.
Francis, si era messo una spruzzata di profumo e con un sorriso uscì dal bagno.
-Guido io- fece Gilbert afferrando le chiavi all' ingresso che il biondo stava per prendere
-Come vuoi. Il regalo?
-...
Vi fu qualche minuto di silenzio.
-Il regalo?- domanò questa volta allarmato Francis.
Gilbert e Antonio aggrottarono le sopracciglia guardando il soffitto, in trepidande concentrazione. Dove poteva essere?
-Non possiamo andare senza regalo!- urlò il francese- e nemmeno arrivare in ritardo!
-Regalo in busta?- propose il tedesco.
-E con l' altro...?- domandò Antonio
-Lo ricicliamo per il prossimo matrimonio. Non è una trovata geniale?
Francis aprì la bocca per dirsi scandalizzato, che i regali non si riciclavano, che sarebbe stata un' offesa a un rito d' amore e blablabla ma Antonio che lo conosceva bene lo guardò in tralice subito dopo aver constatato a quanto ammontava il capitale nel proprio portafogli. Al francese non rimase che star buono anche se indignato.
-Il biglietto con l' indirizzo- urlò dal pianerottolo- quello giusto possibilmente-
-Preso- disse Antonio chiudendosi la porta  alle spalle.

I tre parcheggiarono il maggiolino sgangherato in un parcheggio ad angolo con l' altra strada e corsero in chiesa riuscendo ad arrivare con solo mezz' ora di ritardo.
Stranamente però la cerimonia non era ancora iniziata. O forse era finita? e fu questo che si chiese Gilbert domandando poi ai due amici:- Ma siete sicuri che l' orario è questo? E la chiesa?
-L' orario non è questo- puntualizzò Francis- siamo in ritardo di mezz' ora ma non mi risulta che i matrimoni durino così poco, poi gli invitati sono ancora tutti qui.
Antonio guardò l' invito confermando che la chiesa era quella, vide Tino e Berwald e chiese informazioni a loro per poi ritornare dicendo lapidario:- Lo sposo non si trova.
-Scheiße!- sbottò Gilbert nascondendosi dietro ad Antonio
-Che diavolo fai? Dobbiamo trovare Mathieu- fece Francis irritato
-Non hai visto? C' è quel maledetto di un russo. Sono sicuro che è qui per me!
Il russo in questione si era messo a parlare animatamente con un ragazzotto biondo con gli occhiali.
-Dov' è tuo fratello, Alfred?- domandò Ivan con una faccia che non prometteva nulla di buono e un grosso rubinetto alla mano.
-Non ne so niente, stupido comunista!
-Tch. Americani. Lo sapevo che mia sorella non doveva sposare quel codardo di tuo fratello.
-Ehi, nasone... mio fratello non è un codardo. E' timido ma non codardo- il pugno di Alfred era pericolosamente vicino alle labbra di Ivan
-Non scherzare con me, americano- sputò con disprezzo Ivan stringendo il pugno di Alfred nella mano sinistra- se tuo fraello non salta fuori e sposa Yekaterina giuro che appena lo trovo lo ammazzo- Ivan fece un sorrisino socchiudendo gli occhi prima di allontanarsi.
I tre amici avevano assistito alla scena prima da lontano, poi nascosti dietro a un grosso vaso di fiori vicino ai due.
-Ma dove diavolo può essersi cacciato?- sbottò Gilbert
-Non è da Mathieu- notò Francis affranto
-Andiamo a cercarlo- propose Antonio.
Yekaterina intanto aspettava ancora all' interno dell' auto che aveva fatto diversi giri dell' isolato. Sospirò lamentandosi per il dolore alla schiena.
I tre ragazzi dopo un girovagare per la chiesa e i dintorni si intrufolarono nella canonica. Il prete dormiva della grossa su una poltroncina con un paio di gatti acciambellati in grembo.
Gilbert si sedette sconsolato su una sedia, poi un rumore venne dal ripostiglio.
Dapprima spavantati, poi si avvicinarono guardinghi alla porticina.
-C-Chi è la? Rispondi! E' il Magnifico Gilbert che te lo chiede!
-Mattew- fu la flebile risposta.
-Mathieu!- urlò Francis aprendo la porta per abbracciare il giovane amico- che ci fai lì dentro?
Mattew indicò lo specchio sulla porta- mi stavo sistemando la cravatta quando l' altro sacerdote mi ha chiuso dentro... per sbaglio. Magari non mi ha visto.
-Ok, ok. L' importante è averti trovato- fece Francis spingendolo verso la chiesa- anche perchè Ivan vuole farti la pelle.
-C-che?
-Sì, hai capito bene. Pensa che tu non voglia sposare Yekaterina. A proposito, non sapevo che la tua fidanzata fosse la sorella di quel pazzo! Ma in che famiglia ti sei andato ad infilare?!
-Io... io sono innamorato di Kat- disse timidamente il ragazzo.
La porta della canonica si spalancò all' improvviso:- Kolkolkol. Finalmente ti ho trovato, americano.
-S-sono canadese- balbettò Mattew.
Ivan parve calmarsi un attimo e sorrise:- Ma tuo fratello è americano.
-Io sono più grande di un paio di anni. Sono nato a Toronto prima che ci trasferissimo a New York- sospirò il ragazzo.
-Ah- la faccia di Ivan assunse nuovamente un' espressione seria- questo non cambia le cose. Volevi lasciare mia sorella suall' altare dopo averla disonorata gettando altro fango sulla mia famiglia, da.
-N-no.
-No!- fu la veemente risposta di Francis- lo avevano chiuso nel ripostiglio.
A interrompere la lite vi fu il sacerdote che si era appena svegliato:- Allora- parlava molto lentamente- lo vogliamo celebrare questo matrimonio?
-Oui.
-Padre Heracles- disse Antonio- non sapevo che lei potesse già celebrare.
Ma il sacerdote era già diretto spedito verso l' altare senza neppure ascoltarlo. Per la prima volta sembrava avere fretta.
-Andiamo- sospirò Ivan accennando un sorriso sollevato- è la volta buona che mi libero di una della mie sorelle. Gilbert- chiamò prima di andare a prendere la sorella per accompagnarla finalmente all' altare- siediti vicino a me. Ti ho perdonato.
-Che?!
-Kolkol
-Ok! Ti farò l' onore di avere la mia meravigliosa persona al tuo fianco per un giorno- rispose immediatamente il tedesco, appena un poco sulle spine.
La cerimonia era appena incominciata da pochi minuti quando un omino con i capelli scuri salì sull' altare facendo un inchino e scusandosi prima di afferrare il sacerdote per il colletto e trascinarselo via.
-Herakles-san...
-Don Kiku...- biasciò l' altro
-Cosa... cosa stavi facendo?
-Celebravo un matrimonio
-Lo vedo questo. Ma non puoi.
-Tu non arrivavi.
-Io... io....
-Dov' eri?- inquisì l' altro
-Sono stato da Sadiq.
Il quasi Don Herakles raramente perdeva la pazienza, quando ciò avveniva parlava appena un pochino meno lentamente. Sentire il nome di Sadiq Adnan era uno di quei rari casi.
-Ah! Sei stato da quel peccatore impenitente.
-Calmati, su. Cerco di portarlo sulla retta via.
Un gatto bianco passò tra le gambe di Herakles mentre il suo colorito si faceva leggermente arrossato:- Sei arrivato in ritardo per colpa sua. 
-Herakles-san è nostro dovere occuparci di tutti i peccatori.
-Non di Sadiq.
-Anche di Sadiq- sospirò l' altro sacerdote- e comunque ciò non toglie che tu non possa ancora celebrare matrimoni. Tra un mese, quando sarai un sacerdote a tutti gli effetti potrai farlo anche tu.
E così il matrimonio di Mattew e Yekaterina fu finalmente celebrato.
Padre Kiku e il quasi padre Herakles si occupavano della parrocchia del quartiere dove vivevano Antonio, Gilbert e Francis. Gestivano anche l' oratorio promuovendo varie attività, tra cui il famoso club di ricamo, anche se a dire il vero quello decisamente più attivo era Don Kiku. Herakles se la prendeva molto più comoda, non disdegnando svariati pisolini nel corso della giornata. Avrebbe proprio voluto celebrarlo lui quel matrimonio e mostrare a Kiku quanto fosse bravo. Probabilmente tutta questa buona volontà sarebbe finita molto presto non appena avrebbe avuto il dovere di celebrare messe, matrimoni e quant' altro e tutto si sarebbe fatto più faticoso costringendolo magari, per sbaglio, ad addormentarsi tra una preghiera e l' altra.
All' uscita della chiesa Francis notò un paio di folte sopracciglia piuttosto familiari.
-Mon Dieu!- si schiaffò una mano sulla fronte ricordandosi di una cosa. Quel giorno aveva l' appuntamento col bruco per annullare il loro matrimonio. Tirò fuori il cellulare dalla tasca, come avendo un presentimento, e vi trovò la chiamata persa dell' inglese e un messaggio che recitava così "Dovevamo vederci in prima mattinata! Fuck you stupid frog!"
Il francese si avvicinò al ragazzo e quando gli fu alle spalle si schiarì la voce per attirare l' attenzione:- Bonjour!
Arthur aguzzò le orecchie e si girò lentamente con gli occhi ridotti a due fessure:- Good Morning un cazzo, idiot! Mi hai dato buca.
Francis sorrise:- Oh, non pensavo ci tenessi così tando ad avere un appuntamento con me.
Arthur lo afferrò per la manica della giacca allonandosi dalla calca: Non ci tengo infatti- ringhiò- ti ricordi cosa dovevamo fare, vero?
-Un menage a trois, mon cher?
-No! Smettila di fare il pervertito!
Francis sbuffò:- Sei troppo teso, mon cher. Dovresti rilassarti. Mi sono svegliato tardi, comunque. Non l' ho fatto apposta.
-Non lo hai fatto apposta? Mi stai prendendo in giro, vero? Cosa diamine ti costava essere responsabile per una, e dico una, volta nella tua vita?
-Io sono sempre responsabile- Francis aggrottò le sopracciglia, poi per confermare la verità delle sue parole aggiunse- mi occupo di Gilbert e Antonio!
Arthur non replicò passandosi una mano sul viso stanco.
-A proposito- chiese Francis- che ci fai qui?
-Sono un invitato al matrimonio, idiot.
-Questo lo avevo capito. Sei un invitato della sposa? Io sono un carissimo amico di Mathieu, è il mio pupillo- disse Francis orgoglioso.
-Mi stupisco che non sia un pervertito come te.
-Non mi hai risposto.
-Hey Arthur!- il ragazzo che prima della cerimonia parlava con Ivan si fiondò tra i due mettendo un braccio intorno alle spalle dell' inglese con fare caloroso- ti avevo perso di vista. Che fai qui? Eh? Che fai?
-Togliti Alfred. E non fare casino- lo riprese l' inglese.
Alfred, che non aveva avuto risposta, tese una mano verso Francis presentandosi:- Ciao, io sono Alfred Jones, l' eroico fratello dello sposo! Ahahahaha
-Ah...oui... tuo fratello è un bravo ragazzo.
Francis posò lo sguardo su Arthur visibilmente in imbarazzo. Non sapeva bene perchè ma in qualche modo si sentiva deluso.
-Io vado, scusatemi- si congedò il francese sentendo in sottofondo il chiacchiericcio fastidioso dell' americano.
La sala scelta dagli sposi era molto spaziosa ed elegante, arredata con un gusto classico e colori chiari. Una volta arrivati in sala Gilbert si rivolse irritato al russo:-Hai intenzione di starmi appiccicato ancora per molto?!
-Ivan sorrise al suo indirizzo:- D...- si interruppe bruscamente quando vide qualcosa o qualcuno. Gibert notò che il ragazzo stava fissando una bella giovane con i capelli lunghi e un fiocco scuro sulla testa- ehm... scusa Gil. Io vado, ci vediamo dopo, eh?
Gilbert vide il ragazzo allontanarsi e prendere posto al tavolo vicino a quello degli sposi, la ragazza di prima si sedette al suo fianco attaccandosi al suo braccio. Era forse la fidanzata?
-Chi se ne frega. Certo che però... mollare così su due piedi l' essere fantastico e super figo che sono... che stupido russo.
I tre ragazzi si sedettero al loro tavolo, non molto lontano dagli sposi anche questo e dal quale si poteva godere una bella visuale della sala. Gilbert era piuttosto arrabbiato, odiava non essere al centro dell' attenzione e Ivan lo aveva appena messo da parte. Francis, dal canto suo, era troppo giù di tono per stare a sentire le sue ciarle su quanto fosse magnifico. Antonio fino a quel momento sembrava l' unico che si stesse divertendo. Arrivò al tavolo dopo una ventina di minuti da quando avevano servito gli antipasti, l' espressione allegra e soddisfatta.
-Che hai da sorridere a quel modo?- chiese Gilbert
-A parte il fatto che questo è un matrimonio e quindi un giorno di festa, ho appena guadagnato 874 corone ( nota: a quanto ho capito sono quasi cento euro).
L' albino si limitò ad una smorfia di disapprovazione, non voleva nemmeno sapere come li avesse guadagnati.
-Persino a un matrimonio, Antonio- disapprovò Francis- a quello di Mathieu per giunta! Dovresti vergognarti!- il francese alzò un po' troppo la voce e il suo attegiamento non era dei più amichevoli. Lo spagnolo da parte sua indurì lo sguardo irritato a sua volta:- Io non ho un lavoro con un' entrata fissa- gli ricordò
-Perchè sei troppo pigro per lavorare onestamente e preferisci fare la puttana- affermò il biondo
-Tu non vieni pagato ma non ti comporti poi così diversamente, Francis
-E-ehi... ragazzi- cercò di intervenire Gilbert senza risultati
-Io cerco l' amore, Antonio. Tu cosa cerchi a parte i soldi? Vendi il tuo corpo. Ne vai fiero? Se potessi ti venderesti l' anima.
Antonio assottigliò lo sguardo:-Hai passato il limite, Francis. Non devi giudicarmi. Nessuno deve giudicarmi! Se hai i cazzi tuoi non prendertela con me. Valgo meno perchè ho opinioni diverse dalle tue? Col mio corpo ci faccio quel che cazzo voglio. Come è una mia fottuta decisione quella di cercare l' amore o no. Non ci credo all' amore, hai capito? Quindi non rompere. E se ti da tanto fastidio quello che faccio puoi anche risparmiarti di essermi amico. Fottiti- sibilò tra i denti alzandosi e lasciando i due amici al tavolo.
Gilbert era rimasto immobile, incapace di fare qualcosa mentre i suoi due migliori amici litigavano. Sul tavolo era calato il silenzio.
Antonio uscì fuori nel giardino. Quei due con i loro dannati giudizi lo facevano sentire una merda e più sporco di quanto già non si sentisse. Facevano tutto facile loro. Non credeva che Francis pensasse quelle cose di lui. Sapeva che disapprovava ma non che pensasse delle cose così terribili sul suo conto. Non aveva capito niente.
-Antonio
L' ibericò si girò e una nuvoletta di fumo gli arrivò in faccia.
-Madre de Dios- gemette- anche tu ora...
Christoffel lo guardava indolente appoggiato allo stipide del grosso portone di ingresso, la pipa portata alle labbra.
-Che ci fai qui? Vuoi pestarmi?- domandò lo spagnolo sedendosi sui gradini.
-Non oggi. Matt è mio amico, non voglio rovinargli il matrimonio.
Rimasero qualche minuto in silenzio poi Chris ricominciò a parlare:- Ti ho visto uscire dal bagno. Ho sentito... dei versi.
Antonio non rispose.
-Eri con una donna- l' olandese rise- non ti smentisci mai. Anche ai matrimoni.
-Mi ha pagato- soffiò e Chris lo guardò spalancando impercettibilmente gli occhi. Non sapeva perchè glielo avesse detto, forse voleva giustificarsi.
Il ragazzo si chinò alla sua altezza soffiandogli una nuvoletta di fumo sul viso, tirò fuori qualcosa dalla tasca dei pantaloni e Antonio si ritrovò con il suo portafogli buttato sulle gambe.
-Che vuol dire?- domandò senza capire davvero.
-Che ti scopo- e Chris sorrise mentre Antonio sbarrava gli occhi e si sentiva umiliato.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6. Quello che non ti ho detto. ***


c. 6 bad trio
Bad Touch Trio
Quello che non ti ho detto


Image and video hosting by TinyPic


-Costo caro- aveva risposto Antonio guardando Chris in tralice.
L' altro lo guardò severo, come suo solito:- Non ne dubitavo- rispose riprendendosi il portafogli e sollevandolo per il braccio.
Camminarono sulla ghiaia del giardino fino a un macchina nera sportiva.
Antonio sorrise:- Sei diventato un pezzo grosso, Chris?
-Diciamo che non me la passo male, entra.
Antonio diede uno sguardo all' edificio che ospitava il ricevimento, per un attimo pensò che forse stava facendo qualche cazzata. Pensò alle parole di Francis e gli si strinse il cuore, aprì lo sportello ed entrò nell' auto. Stava cadendo nella rete per l' ennesima volta, forse voleva caderci, forse semplicemente era ancora innamorato perso di Chris. Antonio sorrise, Francis sarebbe stato fiero di lui. Era da un po' che non faceva sesso per amore.
Gilbert vide Antonio allontanarsi e sbuffò ritenendo che quel ragazzo non cambiava proprio mai. Giusto un attimo prima l' iberico aveva litigato con Francis per quel motivo e guarda che faceva... continuava imperterrito con il suo "lavoro".
Fece per rientrare quando si trovò Francis alle spalle, il biondo aveva le labbra chiuse in una linea dura:- Ero venuto a chiedergli scusa- disse- ma a quanto pare...
-Francis... ascolta un mio consiglio, e lo sai quanto siano preziosi i consigli del Magnifico... Antonio poteva anche risparmiarsi certe cose durante il matrimonio di Yekaterina e... - si interruppe un secondo- e con chi diamine si è sposata?!- sbottò.
-Con Mathieu. Siamo gli invitati dello sposo, Gil!- sospirò esasperato il biondo
-Ah sì, con quello. Dicevo... poteva evitare insomma, però anche tu, cazzo. Lo hai attaccato in maniera esagerata senza motivo. Antonio è grandicello ormai e può fare quello che vuole. Proprio noi che siamo i suoi migliori amici non dovremmo dirgli certe cose. Non è una cosa molto magnifica. Siamo come fratelli, no?
Il francese annui:- Ma se i fratelli sbagliano bisogna farglielo notare.
-Ja, ma ci sono modi e modi per farlo. E tu ti sei incazzato a quel modo con Antonio perchè avevi la luna storta, ammettilo.
Francis si limitò a un dispiaciuto e flebile "oui"
-Lo sai perchè Antonio si comporta in questo modo. Lo sai meglio di me. L' altra sera stava da schifo per quel dannato olandese. Se l' avessi davanti gli spaccherei il muso con il mio gancio eccezionale.
-Più tardi mi scuserò con Antonio.
Gilbert annuì soddisfatto:- Sono... sublime, ja. Ho fatto un ottimo lavoro, non è vero? Sono un paciere eccezionale, kesesese.
Francis sorrise all' indirizzo del tedesco incamminandosi nuovamente verso la sala.

Era ormai sera inoltrata quando l' ultimo bacio di Christoffel si consumò sulle labbra di Antonio. Di solito l' iberico non baciava mai i suoi clienti, lo aveva promesso una volta a Francis perchè i baci più di ogni altra cosa sono l' atto più innocente del mondo anche se possono essere dolci, selvaggi, passionali...
Sono l' atto che più di ogni altro manifestano l' amore in ogni sua forma, nella maniera più elementare e allo stesso tempo profonda.
Eppure quel giorno aveva baciato Chris un' infinità di volte. Desiderava le sue labbra, le sue mani, il suo corpo, la sua mente, l' anima... desiderava tutto di lui. Voleva che lo amasse di nuovo in quel suo modo riservato e arrogante, selvaggio e dolce insieme.
Antonio si rilassò sui cuscini, Chris si era acceso la fedele pipa. Rimasero un poco in silenzio, Antonio guardava ora il suo corpo, ora quello dell' olandese. Puntini rossi, graffi e piccoli ematomi li riempivano:- Non è cambiato niente- disse. Il loro legame era sempre stato così, un amore al limite dell' insofferenza e della sopportazione reciproca. Era strano. Antonio tre anni prima si era messo in testa che voleva a tutti i costi che Chris fosse suo e solo suo. L' iberico era capriccioso e per certi versi egoista anche se poi rideva, scherzava, lo prendeva in giro, lo coccolava.
Chris da parte sua odiava la gente come Antonio, quello spagnolo era troppo viziato per i suoi gusti e sempre secondo i suoi gusti, non aveva alcun pudore. Troppi abbracci, troppi baci, troppe risate, troppo tutto. L' olandese era riservato e severo, arrogante e indipendente quel tanto da non volere appartenere a nessuno mentre lui aveva capito bene che lo spagnolo lo voleva marchiare.
Nonostante tutto questo tra loro c' era qualcosa. C' era un' attrazione che probabilmente si nutriva di quella stizza reciproca e che si trasformava in desiderio di prevalere sull' altro. Il loro campo di battaglia privilegiato era sotto le coperte. Il sesso diventava una specie di lotta non troppo gentile per vedere chi alla fine avrebbe prevalso. Anche ora, dopo tre anni, era stato così.
-E' cambiato tutto, Antonio- fece Chris aspirando una boccata di fumo.
-Che fai qui a Stoccolma?
-Sono un avvocato. Mi occupo degli affari di una grossa compagnia, tra qualche mese riparto. Spero di concludere in fretta.
"Anche ora che ci sono io?" avrebbe voluto chiedere il castano che invece si limitò a fare un cenno affermativo col capo.
Chris si alzò e Antonio guardò la schiena perfetta del' altro, il fisico statuario muoversi nella stanza e andare verso i pantaloni sul pavimento.
Quando si girò aveva in mano il portafogli:- Quanto vuoi?- chiese sorridendo, con gli occhi sottili.
Antonio lo guardò un momento sorpreso e ferito. Si era illuso che Chris lo stesse trattando diversamente da una prostituta.
-Facciamo così- iniziò allora- ti offro un pacchetto. Quattro scopate a 604358 corone (settecento euro). Lo so che ti piace scopare con me.
Chris rise gettando la testa all' indietro:- Sei pieno di te come sempre. Non è che invece sei tu quello che vuole venire a letto con me?
Antonio si alzò a sua volta avvicinandosi a lui, avvicinò il proprio viso a quello dell' altro e sorrise in maniera apparentemente vivace:- E tu... e tu Chris perchè sei venuto a letto con me?- sembrava l' Antonio spensierato di sempre.
L' olandese si allontanò:- Non sai quanto lo odio il tuo sorriso. E la cosa più falsa che possa esistere.
-Non è vero- si impuntò l' altro
-Adesso sì. E comunque... dimmi un po' Antonio... guardaci. Io, il figlio di un normalissimo fioraio, sono un avvocato di successo, mentre tu, il ragazzino viziato che credeva di poter fare quello che voleva, sei una puttana. Ti ho scopato e ora ti sto pagando. Come ti senti?
Antonio fece spallucce, indifferente:- Posso tornare a casa quando voglio. E guadagno bene, signor avvocato. E poi chi ti dice che non mi diverta?- sorrise ampiamente facendo andare su tutte le furie l' olandese.
-Prendi sempre tutto così... alla cazzo... è... è assurdo, dannazione. Non sei cambiato. Ridi, ti diverti, non hai pensieri nè responsabilità, fai sempre quello che vuoi. Non ti tocca niente. Niente!
Antonio si fece serio e si girò per rivestirsi, indossò boxer e magliatta, Chris scosse la testa e fece altrettanto prima di tirare il portafogli sul tavolo:- Prenditi quello che vuoi.
Antonio lo guardò dritto negli occhi:- Tu- disse fronteggiandolo- tu mi tocchi. Tu mi scalfisci e mi fai impazzire. Tu mi cambi.
Christoffel rimase interdetto per qualche minuto, poi disse:- Ma non credo proprio. Hai preso per il culo sia me che Sophi. Era distrutta quando siamo ritornati a casa.
-Dannazione- Antonio si passò una mano tra i capelli- non sapevo che eravate fratelli! Non lo sapevo! E non volevo prendere per il culo proprio nessuno. Avevo conosciuto tua sorella e mi era piaciuta. Punto. Non era amore, questo è ovvio, in un paio di settimane non lo era. Quando ti ho conosciuto lei non c' era. Non c' era! L' avrei lasciata non appena fosse ritornata, se poi è andato tutto a puttane non è colpa mia. Hai fatto tutto tu, anzi, voi. Avete fatto e detto tutto voi senza farmi spiegare. Che pretendi?
-Che pretendo? Di mia sorella era impossibile che ti innamorassi in un paio di settimane ma di me sì? Che razza di discorso è? Mi hai detto che mi amavi Dio solo sa quante volte.
-E tu invece mai.
-Sì, mai, infatti. Dò peso alle parole che dico.
-E io no? - Antonio sospirò- ero innamorato. Non so più in che lingua dirtelo.
Chris si voltò andando verso la cucina:- Facciamo quel pacchetto da quattro- disse alla fine- E non metterti più quelle mutande rosa.
Antonio si guardò i boxer e rise, davveroe di cuore, grattandosi la testa prima di seguirlo nell' altra stanza, una mano ben tenuta ad afferrargli un lembo di maglia:- Ho messo insieme bianchi e colorati.

-Ehi, francese
Francis si voltò lentamente e guardò prima Arthur, poi nelle vicinanze:- Oh, non c' è il tuo amico?
L' altro indicò la calca intorno alla torta e Alfred in mezzo ai due sposi con un sorriso smagliante:- Sta facendo le foto.
-Oui.
-Al... forse è ora che tu ti tolga... e... e io e Kat facciamo una fato... una... soli- si sentì pigolare Matt da lontano mentre tra loro
vi fu qualche secondo di silenzio imbarazzato. Arthur non si spiegava perchè. In fondo non doveva dare spiegazioni a nessuno di quello che faceva, benchè meno a quel tizio.
Che era suo marito.
Ma per un dannatissimo sbaglio!
-E' il tuo ragazzo?- chiese Francis
-E...a...ehm... più o meno.
Il francese aggrottò le sopracciglia:- Che vuol dire più o meno, non lo sai?- poi fece un risolino- dovrei saperlo, visto che sono tuo marito, mon cher.
Arthur sbiancò:- Non osare! Non osare dirglielo!
-Un marito vale più di un fidanzato- lo canzonò Francis.
-No,no, no. Idiot! Non prendermi in giro, lo sai che è stato un... un casino, un errore. UNA TRAGEDIA!
Arthur si accorse di aver attirato qualche sguardo di troppo, quindi afferrò il braccio del francese trascinandoselo in giardino.
-E' diventata una moda quella di trascinarmi ovunque, Angleterre?
-Non. Chiamarmi. Angleterre.
-Sei inglese.
Una logica schiacciante. Per Francis, ovviamente.
Arthur respirò profondamente. Gli sarebbe venuto l' esaurimento, se lo sentiva.
-Però non mi spiego perchè hai dato un appuntamento a Sesel- continuò Francis
-Volevo ringraziarla.
-Non me la bevo, bruco
Arthur si guardò intorno grattandosi il collo:- Volevo capire se... sì... se insomma, potessi stare con una ragazza.
-Che discorso sciocco. Bisogna stare con chi ci attrae, con chi ci dà qualcosa. L' americano ti dà qualcosa?
"A parte il pisello" pensò mentalmente.
-Senti, non sono affari tuoi.
-Ci stavi provando con la mia cuginetta anche se eri impegnato e... piccolo particolare- gli mostrò la fede che portava al dito- siamo sposati, sveglia!
-Damn... vuoi che non lo sappia?! Non mi fa piacere, idiot. Non mi fa affatto piacere! E comunque io e Alfred non stiamo propriamente insieme.
-Una storia di sesso-concluse Francis
-No! Non ci ho fatto sesso, stupido pervertito! Siamo colleghi e qualche mese fa abbiamo iniziato a uscire insieme.
Perchè diavolo si stava giustificando, insomma?! Arthur in quel momento si odiava.
-Strano che tu non ci abbia fatto sesso visto che uscite già da un po'.
Arthur si passò una mano sulla faccia:- Ma pensi solo a quello? E che diamine!
Francis si avvicinò all' altro sorridendo in un misto di dolcezza e ironia:- Oui, mon cher- gli diede un bacio a fior di labbra prima di allontanarsi- dovremmo rifare l' amore una volta o l' altra- rise- sai com' è, ero troppo ubriaco per ricordarmi la prima notte di nozze.
Arthur rimase immobile per qualche istante, inebetito da tanta sfrontatezza. Parlava del sesso come se fosse una partita a carte da ripetere ogni tanto. Forse era lui che si creava troppi problemi. Mise un' ulteriore distanza col francese puntandogli il dito contro:- Ehi, frog, non permetterti più hai capito?! Non ci sarà un' altra volta nemmeno tra un milione di anni. Tch, pervertito d' un francese idiota- borbottò.
Francis fece spallucce:- Dicono tutti così. Meglio se rientriamo adesso.
-Sì. Ah... domani non posso perchè ho da fare ma dopodomani, dopodomani- ripetè per sottolineare il concetto- ci vediamo per annullare il coso.
-Matrimonio.
-Sì, quello.
-Facciamo a mezzogiorno?
-Certo, ma anche all' una! O perchè non vederci quando gli uffici chiudono?!
-Immagino sia troppo tardi per te- concluse il francese accarezzandosi dubbioso il pizzetto.
-Alle dieci. Non un minuto prima, non un minuto dopo.- Arthur era stato categorico e Francis gemette dandogli mentalmente del dittatore.

Il matrimonio intanto proseguiva più o meno bene. Qualcuno aveva nuovamente perso di vista lo sposo ma quello non era un gran problema visto che Alfred sosteneva che Mattew a volte aveva la pessima abitudine di nascondersi.
Il problema era un altro ma riguardava solo una persona che ignara della calamità che stava per abbattersi sulla sua testa, si stava servendo tranquillamente al buffet.
-Ciao Toris.
L' interpellato saltò per aria:-S..signor Ivan... cosa posso fare per lei?
Ivan sorrise affabile:- Oh, niente di che. Mi serve un marito per mia sorella.
Toris guardò Natalia alle spalle di Ivan, l' aria assassina di chi ti vuole fare la pelle. Il castano sbiancò. Anni addietro aveva avuto un debole per la sorellina minore del suo capo, poi, dopo che lei gli aveva rotto gentilmente le dita e aveva tentato di ucciderlo un paio di volte, ci aveva rinunciato decidendo di vivere serenamente -per quanto fosse possibile con un datore di lavoro come Ivan Braginski- e a lungo.
Ivan si girò visto che il suo segretario continuava a guardare alle sue spalle:- Ho qualcosa addosso?- chiese
Ma dietro di lui non c' era più nessuno.
Toris lanciò un urletto e per poco, ma solo per poco, non svenne.
Ivan ritornò a guardarlo:- Ti dicevo... un marito per Natalia. Non dovrebbe essere difficile trovarlo, da?
-M... mi prende in giro?
-Kolkol
-Lo troverò senz' altro!- si affrettò a rispondere il giovane segretario. Quell' uomo emanava un' aura maligna senza pari.
Ivan si incamminò per andare via, si girò appena dicendo:- Hai una settimana di tempo. Se non lo trovi la sposerai tu- e se ne andò sorridendo allegro lasciando il povero Toris nella disperazione più nera. A quel punto gli conveniva emigrare dalla Svezia.






------------------------
Ciao a tutti, ne aprofitto per dire grazie a tutti quelli che seguono questa storia e a chi soprattutto ha la bontà di recensire, non sapete quanto mi rendano felici i vostri commenti e consigli. Yekaterina, ma penso si sia capito, è Ucraina. Tra un po' dovrebbe entrare in scena Romano, è reclamato a gran voce.
In Svezia si usa la corona, non l' euro, io me ne ero scordata inizialmente. Spero di non combinare danni col cambio anche se uso il conversore online. Non me ne intendo molto di corone svedesi ^^
A Gilbert verrà dato il dovuto spazio più avanti, Russia gliene farà vedere delle belle.
Vorrei chiedervi un consiglio infine. Secondo voi varrebbe la pena scrivere una Francia x Fem!Uk? Pensavo proprio di creare una fic avente come tema un possibile matrimonio tra questi due (con altre coppie tipo PrRus, GerIta e Spamano in cui però anche Russia e le Italie sarebbero al femminile). Ciò che mi blocca è il gender bender perchè credo che la fic sarebbe molto carina (insomma parliamo di Francia e Inghilterra sposati). Non saprei, insomma, se usare le versioni normali o le rispettive di Nyotalia.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7. Incontra la tua anima gemella: due cuori e una villa al mare. ***


c. 7 bad trio
Bad Touch Trio
 Incontra la tua anima gemella: Due cuori e una villa al mare



Toris si affannava alla scrivania ricolma di carte e documenti stropicciati. Si distese sulla poltrona guardando il disordine sul tavolo e gemette. Oh, di solito era tutto così ordinato... e invece no, invece questa volta no. Sulla scrivania dell' ufficio aveva ammassato i curricula dei possibili mariti per quella svitata di Natalia. Si alzò iniziando a fare un poco di ordine. A destra i pretendendi ancora rimasti, a sinistra quelli che erano sfumati. Dopo un ora riflettè nuovamente sulla possibilità di lasciare la Svezia e ritornarsene a casa. La fila di destra si era decisamente assottigliata riducendosi ad appena una decina di fogli scarsi. Si passò una mano tra i capelli castani. Doveva ascoltare Feliks quando gli diceva che, tipo, non era una buona idea lavorare per uno totalmente fuori come Braginski.
Sospirò bevendo un altro sorso di camomilla. Gli appuntamenti tra Natalia e i probabili pretendenti non erano andati affatto bene. La sorellina del capo aveva litigato col primo ragazzo che le era stato presentato, un cubano a cui aveva tranciato di netto il sigato al ristorante. Il secondo appuntamento, con uno svizzero che faceva il banchiere e con un carattere orrendo, si stava concludendo con uno spargimento di sangue, il terzo, con un norvegese, era stato di una noia mortale. Nessuno dei due aveva spiccicato parola per tutta la serata. Qualcuno era scappato ancor prima di sedersi e ordinare.
Toris prese l' identikit del pretendente successivo. Erano stati tutti selezionati da un computer molto sofisticato anche se il povero segretario aveva l' impressione che fossero stati pescati a casaccio.
Lesse il nome del tipo: Gilbert Beilschmidt. Era un tedesco un po' fuori dagli schemi e con un ego smisurato a quanto risultava dalle carte. Non era brutto, forse un po' troppo egocentrico.
Toris sperava ardentemente che sapesse difendersi bene. E che finalmente fosse il marito giusto per quella pazza.
Guardò meglio la foto ed ebbe l' impressione di averlo già visto da qualche parte.
-Ah... al matrimonio di Yekaterina... mmm... ma lo sposo c' era? Non ricordo proprio.
Fece spallucce e compose il numero di telefono.
-Pronto?!- all' altro capo rispose una voce dal timbro strano, un po' gracchiante- questa è la casa del magnifico me e degli altri due, ma sono meno importanti del sottoscritto quindi non vale la pena nominarli, kesesese. Chi è?
-Ah... ecco... buongiorno. Mi scusi il disturbo, è lei il signor Beilschmidt?
-Mmm... dipende. Perchè hai chiamato? Soldi?
-N-no!
-Vuoi pestarlo?
-Non mi permetterei mai!
-Debiti di gioco?
-Ho detto che non voglio soldi!
-Ha messo incinta tua sorella/moglie/cognata/cugina/zia...?
-No- sospirò
-Bè, in ogni caso quello sarebbe stato più probabilmente Francis, kesesese. Comunque sia, hai l' onore di parlare con il fantastico e unico me! Spara.
-Prego? Oh... insomma... è lei Gilbert Beilschmidt, sì o no?!
-Se non vuoi soldi, pestarmi, vendicarti, farmi le feste in generale, sì, sono io. Altrimenti...
-Ah, meno male. Telefono dall' agenzia di incontri "Due cuori e un villa la mare". Lei è stato appena sorteggiato tra migliaia di uomini nel... mondo, sì, nel mondo... per tentare di sedurre la bellissima Natalia. Se riuscirà nell' impresa vincerà una villa al mare.
-E' un cesso?
-Cosa?
-Ho detto... è un cesso? La tizia.
-No. Ho appena detto che è bellissima.
-Non lo so, non c' è qualche fregatura sotto? Chessò... magari la villa è ipotecata.
-Nessuna fregatura. E' un competizione onestissima organizzata con i fondi europei. Già in molti hanno fallito nell' impresa. Bè... forse non è poi così affascinante come diceva il suo curriculum.
-Che cosa? Io sono il più affascinante degli esseri. Certo che quella tizia si innamorerà di me. Prepara le chiavi della villa, kesesese.
Alla fine della telefonata Toris tirò un sospiro di sollievo. Per lo meno lo aveva convinto ad incontrarla. Non gli piaceva utilizzare certi mezzucci ma era questione di vita o di morte.

Antonio quella sera si era presentato al locale decisamente presto. Ancora la serata vera e propria non era iniziata, c' era qualcuno seduto al pub e il dj che provava qualche pezzo, insomma una calma relativa, tanto che Sadiq era ancora seduto ad un tavolo ad angolo a parlare con Padre Kiku. Di norma il turco si metteva al suo tavolo preferito, il più appartato del locale, a pomeriggio inoltrato per controllare gli ordini delle forniture, i conti e roba simile. Una volta a settimana Don Kiku lo andava a trovare per convincerlo a dedicarsi ad affari più onesti. Era risaputo infatti che Sadiq non si curava molto se quello che avveniva all' interno del suo locale fosse legale o meno. Ovviamente anche lui aveva i suoi limiti. Insomma, se una prostituta voleva venire nel suo locale per abbordare qualcuno, chi era lui per dire no? Attirava un certo tipo di clientela.
Oppure, se ogni tanto invitava qualche piccolo spacciatore nella sala VIP, ecco, anche lì, dov' era il problema?
Padre Kiku, Padre Heracles e Sadiq si conoscevano da una vita e il sacedote giapponese non poteva accettare che il suo amico conducesse quel genere di vita portando magari alla perdizione altre pecorelle innocenti. Ecco che puntuale si presentava per la predica settimanale senza schiodarsi per almeno tre ore buone.
Kiku, quel giorno, parlava ancora con un Sadiq visibilmente stanco e disperato. Antonio ridacchiò nel vedere il turco con la testa a penzoloni sulla mano e gli occhi che volevano chiudersi.
Con la coda dell' occhio vide padre Heracles entrare nel locale a passo spedito, per quanto il termine potesse adattarsi al sacerdote che di certo non sarebbe mai stato uno stacanovista. Antonio aveva l' impressione che avesse il viso un poco arrossato, si immaginò del fumo uscirgli dalle orecchie. Heracles e Sadiq si odiavano praticamente, tuttavia era stato inevitabile passare insieme l' adolescenza in un modo o nell' altro, anche se per quanto ne sapeva, avevano sempre litigato. Di sicuro il greco era venuto a prendere il giapponese. Lo spagnolo sentì le grida di Sadiq in lontananza.
-Sei sempre tra i piedi!
-Sono venuto a prendere Kiku. Credi che mi faccia piacere entrare in questo posto?
-E allora ritornatene a casa! Nessuno ti ha invitato, non vedi che sto parlando con Kiku? E' stato lui a venire a trovarmi.
-Perchè è troppo buono.
-No, perchè è mio amico! Mio.. amico- scandì bene il turco.
-E...ehm... ragazzi... perfavore. Ecco! Volete vedere un trucco giapponese? Guardate le mie dita...

-Ohi Antonio, come mai così presto?- lo apostrofò Francis da dietro il bancone.
Lo spagnolo gli mise sotto il naso un giornale spiegazzato.
-Cerchi lavoro?- domandò sorpreso il biondo
-Eh già... ma sembra proprio che per me non ci sia niente. Sono tutti troppo... troppo!- Antonio si scompigliò i capelli scuri con un sorriso dispiaciuto- io non ho mai... lavorato- ammise- seriamente intendo. A parte raccogliere pomodori. Ma qui non c' è nessuno che raccoglie pomodori.
-Ah, oui.- Francis ogni tanto tendeva a dimenticare che l' amico di sempre era cresciuto nella bambagia- e come mai questo cambiamento improvviso?- domandò anche se già conosceva il nome di quel cambiamento.
-Sai com' è... sono quattro giorni esatti che esco di nuovo con Chris... e insomma, stiamo bene. Io sto bene, almeno. Forse anche lui.- Antonio aveva iniziato a farsi serio, il sorriso dispettoso sulle labbra che pian piano spariva- Non mi sembra giusto continuare a fare quallo che faccio. Mi sento un traditore. Voglio dimostrargli che può fidarsi del mio amore.
Francis rise e si allungò sul bancone abbracciandolo:- Mon petit, mon petit... hai preso proprio una bella sbandata.
-Già... però fino a quando non trovo qualcos' altro devo continuare così- affermò dispiaciuto il moro.
-Antonio, non dire fesserie. Io e Gil lavoriamo, per un po' possiamo pensare a tutto noi.
-No- Antonio era stato categorico- grazie ma no, Francis.
-Aaaah, mon ami... sei dannatamente testardo.
Antonio, anche se non sembrava, era il più orgoglioso dei tre. Non che Gilbert non lo fosse, per carità, ma quello di Antonio era un orgoglio più serio e cieco, più altezzoso. Il tedesco era più scanzonato anche nel suo essere egocentrico, il suo orgoglio era in realtà un egocentrismo particolarmente spiccato, per questo era anche più spaccone. Questo era lo stesso motivo per cui era anche più semplice metterlo nel sacco.
In quel momento Gilbert entrò nel locale con un sorrisetto che aveva tanto da dire, infatti non ci mise molto a raccontare ai due amici della chiamata ricevuta durante la mattina.
-Mi puzza un po' di bruciato- si limitò a commentare Francis.
Poco dopo il tedesco fece il suo ingresso nel locale anche Ivan. Il russo si appostò al bancone sorridendo.
-Vodka- ordinò
Quattro bicchieri di vodka e un' ora dopo il russo era ancora lì.
-Ehi...senti... non hai intenzione di stare qui tutta la sera vero?- domandò Gilbert
-E perchè no? Da qui posso guardarti meglio. Se vuoi puoi portarmi un' altra vodka.
-Ma tu non ti ubriachi mai?
Ivan rise e Gilbert rimase immobile per qualche istante. Lo aveva visto sorridere tante volte, e a dirla tutta non era ancora sicuro se quel sorriso fosse vero o meno, ma ridere... ridere ancora non lo aveva mai visto. Aveva una bella risata, rumorosa, cristallina. Era tutta un' altra storia.
-Ma che diamine...?- si domandò dandosi una manata sulla fronte-stupido russo- sbottò andando a prendere dell' altra vodka.
Ivan non si stancava mai di guardare Gilbert, di sentirlo parlare e cianciare a sproposito. Quel ragazzo lo attirava. Era bianco come la neve della sua adorata Russia ma allo stesso tempo era un' esplosione di vita e di luce proprio come i girasoli per cui aveva un debole.
Ecco perchè era riuscito ad ottenere il foglio con i suoi turni da Sadiq e si presentava al locale ogni volta che c' era lui.

Verso le tre inoltrate Antonio stava sbadigliando sonoramente seduto al bancone. Per quella sera aveva fatto abbastanza conquiste, troppe per i suoi gusti, ma almeno aveva guadagnato abbastanza bene. Guardò il rum nel suo bicchiere prima di aspirarne a fondo l' odore e berlo tutto in un sorso. Dio, quanto si faceva schifo. Si augurava che Chris non venisse a sapere della sua avventura notturna. Non che non lo immaginasse a dire il vero ma lo spagnolo aveva già deciso di mentirgli, di dirgli che non aveva fatto sesso con nessuno che non fosse stato lui. Avrebbe davvero voluto che questa fosse la verità. Forse non era un buon modo per guadagnarsi la sua fiducia. Sbuffò quando dovette girarsi sentendo chiamare il proprio nome. Un ragazzetto moro e dall' aria crucciata lo stava guardando.
-Ehi, idiota! Ti ho chiesto se sei Antonio Carriedo.
Lo spagnolo sorrise aprendo le braccia in un gesto teatrale:- In p- si bloccò aggrottando le sopracciglia. Stava per rispondere "in persona, per servirti" ma poi ci aveva ripensato- ehm... cosa vuoi da lui?- domandò invece.
-Devo parlarci- rispose stizzito l' altro
-Vuoi ammazzarlo di botte... che so... ti deve dei soldi, ha messo incinta qualcuno...
-Senti idiota, sono cazzi miei. Sai dov' è sì o no?
Antonio lo guardò per qualche minuto con la mano poggiata pigramente sotto il mento. Lui e Gilbert avevano preso l' abitudine di non rivelare subito la propria identità se qualche sconosciuto chiedeva di loro. Ne avevano combinate davvero troppe e inevitabilmente si erano attirati qualche risentimento. Lo stesso valeva per Francis che però, a quanto pare, non doveva tenere più di tanto alla propria vita se rispondeva immediatamente "Oui, Francis Bonnefoy, desidera?". Per questo motivo una volta si era ritrovato all' ospedale con la gamba ingessata. Il tizio che gliela aveva fatta evidentemente doveva avere scoperto che avevano l' abitudine di barare leggermente al gioco.
-Che cazzo hai da guardare?!
Le labbra di Antonio si piegarono in un sorriso. Il ragazzo era davvero imbarazzato, le sue guance si erano fatte rosse come...
-Un pomodoro!- strillò Antonio
-Che diavolo ti sei fumato?!
-Oh, ma quanto sei carino. Sembri proprio un pomodoro! Come ti chiami niño?
-Io... io...- il ragazzo si guardava intorno spaesato. Ma che aveva in testa quel tizio? Poi riprese l' aria arrabbiata di prima e disse:- Io devo parlare con Carriedo!
-Bene- Antonio sorrise- sono io. Sono Antonio Fernandez Carriedo.
Il ragazzo lo afferrò per la maglia, l' ispanico deglutì per un istante. Ma che gli era venuto in mente di dire il proprio nome a quel ragazzino?! Era tutta colpa dei pomodori.
-E non potevi dirmelo prima?- lo apostrofò l' altro prima di lasciarlo andare.
-Scusa. Dimmi, che posso fare per te? Anzi no... il tuo nome.
-Lovino- borbottò
Antonio si avvicinò a lui tendendo l' orecchio:- Come scusa? Non ho sentito.
-Lovino. Lovino! Mi chiamo Lovino, idiota!
-Lovinito... è un nome davvero carino.
-Lovino, non Lovinito! Non storpiare il mio nome bastardo!
Antonio smise di sorridere per un attimo:- E tu non chiamarmi bastardo. Non è molto educato sai?
-C... che cosa?- Lovino indietreggiò. Quel tizio era veramente strano. E a dirla tutta in quel momento non gli sembrava poi così amichevole.
-Però...- continuò Antonio ritornando a sorridere- ti permetterò di chiamarmi come vuoi... se, ovviamente, mi permetterai di fare altrettanto. Che ne dici... Lovinito?
Il ragazzo sbuffò incrociando le braccia al petto:- Fai come diavolo ti pare.
-Bene- Antonio appoggiò nuovamente il mento sulla mano. La serata forse si stava facendo interessante- seconda domanda: cosa posso fare per te, niño?
-Devi... devi... devi venire a letto con me!- buttò velocemente.
Antonio aveva gli occhi sgranati. Cioè... ma non c' era pià pudore. Cos' è? Era diventata una moda quella di essere così diretti?
-E... perchè di grazia? Non mi sembri il tipo da avere problemi con i ragazzi... o le ragazze.
-Sì... no... cioè... devi insegnarmi.
-Cosa?
-Voglio fare il gigolò.
Antonio arcuò le sopracciglia. Quel ragazzino era totalmente fuori di testa:-Si può sapere quanti anni hai?
-Ne ho venti.
-Bene- Antonio scese giù dallo sgabello pronto ad andare via- sei troppo piccolo.
-Che vuol dire? Ehi bastardo... - Lovino seguì Antonio per tutta la lunghezza del locale fino a quando non furono fuori- che diamine stai dicendo? Tu quanti cazzo di anni avresti?
-Ventiquattro. Ho ventiquattro anni.  E scusami, ma non ho intenzione di sverginare un moccioso. Ma per chi mi hai preso?
Il ragazzo deglutì:- Adnan mi ha detto che potevo rivolgermi a te.
Antonio si passò una mano tra i capelli, era schifosamente stanco:- Quel cretino... senti, non prendo "allievi", ok?  Perciò sciò, vai via.
Antonio si mise le manin in tasca e se ne andò, Lovino rimase fermo dov' era e urlò:- Tanto se non sarai tu sarà qualcun altro!!!
Lo spagnolo si fermò, si voltò guardandolo con uno sguardo di fuoco, percorse la distanza che li separava in poche falcate e lo spinse contro il muro, le mani poggiate ai lati della testa, il viso a pochi centimentri da quello dell' altro, il tono della voce che sembrava un ringhio basso e gutturale:- Vuoi scopare? Vuoi scopare, ragazzino? Bene... e allora esci con quelle della tua età, trovati una ragazza, baciala, falle dei complimenti e soprattutto... e soprattutto... fai l' amore con lei.- respirò a fondo, poi chiese, arrabbiato Ti servono soldi?!- 
Lovino non aveva il coraggio di parlare, si sentiva come paralizzato. Accennò un no con il capo.
-E allora cosa?! Questo non è un giochino divertente. Ti chiameranno puttana. La gente di chiederà quanto costi- sbattè nuovamente le mani contro il muro facendo sussultare il più piccolo- è la via di fuga dai problemi più schifosa che ci sia e se ci entri non ne esci più.- sospirò infine
Antonio ansimava, abbassò le braccia appoggiando la testa sulla spalla di Lovino. Il minore si sentiva spaesato, come se lo avessero fatto girare su una ruota a una velocità altissima. Lui sapeva perfettamente tutte quelle cose.

L' indomani Gilbert si guardò allo specchi soddisfatto:- Sono proprio...
-Una meraviglia- sbuffò Antonio sfogliando una rivista sul letto.
-Cos' è ? Facciamo dell' ironia?- chiese l' albino.
-Mon cher... non fai altro che ripetere quanto sei bello e figo e meraviglioso da ieri... cioè, lo fai sempre... ma qui si esagera- rispose Francis appoggiando il proprio bicchiere di vino sul tavolino.
-Però non capisco una cosa...- ponderò Gilbert guardando i due amici- non capisco perchè anche voi vi siete messi in tiro.
Francis e Antonio si guardarono prima di balzare giù dalla poltrona e dal letto.
-Noi verremo con te, mon petit!
-Ti faremo da guardie del corpo!
-Ma voi siete scemi. Quando mai per un appuntamento si rischia di morire?
-La faccenda puzza- fece Francis- insomma, rifletti, quando mai un' agenzia matrimoniale fa queste cose... e soprattutto si mette a regalare ville?
-Infatti non regalano proprio un bel niente- puntualizzò Gilbert stizzito- è un premio. E poi è una cosa organizzata con i fondi europeri. E' normale che abbiano telefonato al magnifico.
-Di solito i fondi europei servono per cose... ecco... più serie- fece notare Antonio.
Gilbert allargò le braccia esasperato dall' ottusità dei due compari:- E questa non lo è?

Il ristorante in cui doveva tenersi l' incontro era piuttosto lussuoso ed elegante. Vi erano lampadari enormi e nella grande sala dominavano le tinte del giallo e dell' oro. Toris si fece immediatamente avanti a ricevere Gilbert guidandolo ad un tavolo al centro della sala. Francis e Antonio si accomodarono a quello più vicino che con incredibile stupore dei camerieri sembrava avvicinarsi sempre di più al tavolo della coppia.
Francis aveva raccomandato a Gilbert di presentarsi con una certa galanteria, di non far troppo lo spaccone e soprattutto di non parlare a sproposito. In effetti il tedesco si era limitato a presentarsi dicendo nome e cognome. Più che altro perchè era rimasto scioccato. Ma quella non era la fidanzata del russo?!
-Natalia- aveva risposto di rimando la ragazza. Vi fu qualche minuto di gelido silenzio, Toris da un tavolo vicino li guardava e deglutiva chiedendo una tazza abbondante di camomilla. Gilbert si guardava in giro pensando di trovarsi su una Candid Camera, o peggio, temendo di vedersi spuntare all' improvviso il russo da qualche angolo. Si alzò dal tavolo avvicinandosi a Toris.
-Ma mi prendi per il culo?- domandò a voce bassa.
-No, perchè?- il castano era saltato sulla sedia. Forse aveva scoperto che non c' era nessuna agenzia di incontri e soprattutto nessuna villa al mare.
-Quella è la fidanzata di un russo poco raccomandabile- rispose il tedesco
Toris scivolò sulla sedia sospirando di sollievo:- Non preoccuparti. Vai pure, è solo sua sorella.
"Solo", borbottò il tedesco ritornando a sedersi, come se non avesse detto niente.
-Io- iniziò la giovane guardando Gilbert in maniera indifferente- io voglio sposare mio fratello.
Il tedesco sputò il vino che stava bevendo, Antonio scoppiò a ridere mentre Francis si spiaccicava una mano sulla faccia.
-E...ehm... originale- fece il tedesco, poi si volse ai due compagni facendo capire che la tipa non doveva avere tutte le rotelle al loro posto. Ovviamente a quel punto era evidente che lei e Ivan erano fratelli.
-Voglio sposare mio fratello- ripetè lei.
-E l' ho capito. Ma allora toglimi una curiosità... che diavolo ci fai qua?
Natalia passò le unghie sul tavolo facendole stridere con un rumore assordante, i suoi occhi sembravano enormi, impazziti:- Mi vuole trovare un marito.
-Sm-smettila!- Gilbert si guardò intorno cercando di individuare Toris. Aveva come l' impressione che quel piccoletto lo avesse fregato. O per lo meno ci aveva provato. Si allentò il colletto della camicia, improvvisamente faceva decisamente caldo. Non voleva morire.
-Lo voglio sposare!- urlò lei sbattendo forchetta e coltello sul tavolo come una bambina capricciosa che vuole a tutti i costi qualcosa. Improvvisamente si calmò e il suo sguardo si fece triste- ma lui non mi vuole. Sai che vuol dire questo?
-N...no- a Gilbert veniva indubbiamente da piagere mentre il tavolo di Francis e Antonio ormai era praticamente attaccato al loro.
-Devo sposarmi con un altro. Almeno lo farò felice.
-Che cosa?- Toris non credeva alle sue orecchie, era uscito da sotto il tavolo di Francis e Antonio sotto il quale si era nascosto per sentire bene la conversazione, la tazza di camomilla malamente tenuta ferma tra le mani- lo farà davvero? Senza fare storie?!- il segretario stentava a crederci.
I tre ragazzi si guardarono stupiti. Certo che di gente strana in giro ce ne era veramente tanta.
-E' una stupidaggine!- sputò Gilbert. Toris si girò verso di lui mentre rompeva la tazza di camomilla che aveva in mano. Che voleva fare quello stupido?
-Non puoi sposare un tizio a caso solo per far felice tuo fratello- continuò il tedesco.
-Oui, cheri. Un matrimonio è un atto d' amour, va fatto con il cuore. Non devi prenderlo alla legger...- Francis si interruppe-...a- forse al momento non era la persona più adatta per fare un discorso del genere- potresti ritrovarti sposata con un bruco con delle orrende sopracciglia senza che tu nemmeno te ne accorga- continuò però imperterrito e un poco inacidito.
Antonio da parte sua si astenne da qualcunque commento.
-In fondo, molto infondo- riprese il tedesco- non c' è niente di male a voler bene al proprio... fratello. Sposarlo è impossibile però... credo.
Antonio e Francis guardavano l' amico stralunati. Era come se parlasse da solo con gli occhi rossi fissi sul tovagliolo e le parole che uscivano a stento.
-Ha sentito?- si intromise Toris- non può sposare il suo amato fratello.
-Però può sempre cambiare pagina e cercare l' amour. Questo non glielo vieta nessuno- sorrise il francese.
Natalia parve pensarci su qualche momento, poi:- Io voglio sposare mio fratello- ripetè come una macchinetta rotta, poi guardò Gilbert- prima però lo devo fare innamorare di me. Tu- continuò indicando il tedesco- diventerai il mio fidanzato.
-Che cosa?!- urlarono i presenti in coro
-No, no e poi no. Il magnifico me non si piega a certe sceneggiate- sbraitò il tedesco alzandosi.
Toris nel frattempo pensava che le cose non stavano andando proprio come le aveva pianificate ma forse quella storia del fidanzamento era già un traguardo importante.
-E tu- continuò l' albino rivolgendosi proprio al segretario- mi hai fregato alla grande. Non c' è nessuna villa!
-Ti pago!- disse il castano praticamente implorandolo.
-Voi siete tutti pazzi- rispose il tedesco prima di andar via con i due amici. Se non che un paio di pugnali che gli passarono di striscio accanto alla guancia conficcandosi poi contro il muro non lo fecero desistere dall' impresa.
-Ti consiglio di pensarci- affermò cupamente Natalia.


4 Dicembre 2011
Diario del Magnifico Me.
L' ho già detto che siamo nella merda?

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8. Come annullare disperatamente un matrimonio ***


L' Odissea nella Burocraziade
Bad Touch Trio
Come annullare disperatamente un matrimonio



Image and video hosting by TinyPic


Francis al suono prolungato della sveglia si beccò un calcio in pieno stomaco da un dormiente ma fin troppo attivo Antonio. Ancora insonnolito e con un dolore assai fastidioso, si alzò dal letto arrivando a passi lenti fin dentro la cucina bestemmiando interiormente contro un orribile inglese. Qualche minuto dopo Antonio e Gilbert gli furono dietro. Il primo si sedette buttando la testa sul tavolo simil morto, il secondo lo fronteggiò tirando fuori dallo scaffale la sua tazza preferita con la bandiera tedesca e un pulcino coronato che faceva l' occhiolino. Rimase un attimo a guardarlo, con gli occhi semichiusi, una mano poggiata sul lavello e l' altra a reggere la tazza. Francis si fermò dallo spadellare ai fornelli e lo fissò intensamente, poi il tedesco parlò:- Cos' è questa storia che ci alziamo alle 8:30 del mattino, eh?
-Io dovevo alzarmi a quest' ora, voi potevate benissimo restare a dormire- puntualizzò il biondo.
-Siamo una famiglia- biascicò Antonio con le labbra praticamente contro il tavolo e la voce impastata di sonno.
-E poi la tua sveglia fa casino- precisò Gilbert- e non ultimo- continuò sedendosi a tavola- chi diavolo ci avrebbe preparato la colazione?!
-Ah, ma oui, certo, che begli amici...

Francis prese il maggiolone come al solito con la riserva che lampeggiava rossiccia e minacciosa sotto i suoi occhi azzurri.
-Merde- sbottò.
In effetti era anche colpa sua perchè tutti e tre avevano la pessima abitudine di non fare benzina finchè, per l' appunto, non fossero stati in una catastrofica riserva. La verità era che il maggiolone scassato, ma compagno di tante avventure, e diciamolo pure, anche di fughe andate a male proprio per la simpatica abitudine di rimanere a secco nei momenti meno opportuni, era tuttavia una vera sanguisuga.
Gilbert, quando rimaneva a piedi, gli dava puntualmente un calcio alla ruota destra -ci aveva anche disegnato una "x" per indicare bene il punto- e bestemmiava come un pazzo definendo il rossiccio e arrugginito compagno "donna dai pessimi costumi", utilizzando ovviamente espressioni ben più colorite. E allora sembrava fatta apposta, una vendetta per l' insulto, che il maggiolone lasciava più a piedi lui che gli altri.
Antonio doveva rientrare maggiormente nelle grazie di quel ferro vecchio perchè in confronto a loro sembrava un miracolato -non che si fosse risparmiato qualche scarpinata chilometrica fino al benzinaio più vicino-
Lo spagnolo infatti lo lucidava per ben benino ogni domenica e gli dava affettuose pacche sulla carrozzeria consunta chiamandolo col nomignolo affettuoso di "Bezzi". Nome che a Francis faceva accapponare la pelle.
Il francese dovette dunque fare benzina, ovviamente il minimo indispensabile per arrivare all' ufficio del comune e tornare. Passò davanti al negozio di un fioraio indeciso se comprare dei fiori al bruco, ci pensò un momento accarezzandosi il pizzetto biondo, alla fine optò per una rosellina striminzita giusto per non venir meno alla sua galanteria.

Quando scese dall' auto, con classe invidiabile, Arthur lo aspettava davanti all' edificio battendo spazientito un piede a terra.
-Era ora! Sei in ritardo!
Francis guardò l' orologio e aggrottò le sopracciglia:- Sono le 10.
-Sono le dieci e due minuti.
Ora Francis aveva deciso. La rosa se la teneva per sè e al diavolo la galanteria.
-Entriamo- disse. Mentre attraversavano i corridoi domandò:- Come sei venuto?
-In autobus. Ho l' auto dal meccanico- bofonchiò l' altro profondamente ferito dal fatto che la sua bella e soprattutto nuova automobile avesse deciso di far cilecca proprio oggi che poteva vantarsene con quella rana vinofila.
-Bene mon cher, questo è il destino!- decantò allora Francis mettendogli un braccio intorno al collo prontamente allontanato da Arthur- ti darò un passaggio fino alla meson!
-Ne faccio volentieri a meno. Non salirò MAI su quel trabiccolo con cui sei arrivato. Dì un po' ... ma la revisione l' ha mai fatta?
-Ovviamente- disse orgoglioso Francis gonfiando il petto come un tacchino- fatta e passata a (quasi) pieni voti.
I due dopo aver attraversato un grosso androne con un mucchio di gente in attesa e altrettante file, imboccò un piccolo corridoio.
-Sei sicuro che la strada sia questa?- domandò Arthur- forse dovremmo chiedere all' ingresso.
-Nah. Non preoccuparti, una mio amico mi ha spiegato dov' era. E poi non hai visto quanta gente?
-Uhm- acconsentì l' inglese poco convinto. Non c' era niente da fare, del pervertito proprio non riusciva a fidarsi.
Finalmente arrivarono di fronte a una porta, priva in verità di targhetta. Bussarono e aprirono. Un ragazzo dall' aria apatica li accolse con un "'giorno" appena accennato.
-Lascia parlare me- sibilò Arthur dando una gomitata al biondo, pestandogli un piede e mettendoglisi davanti per entrare per primo all' interno dell' ufficio. Francis si massaggiò in successione lo stomaco e il piede, emettendo per il secondo un versetto stridulo e saltellando sul posto in maniera poco elegante. Ma quella mattina lo volevano tutti morto o cosa?
- Buongiorno- incominciò intanto Arthur- cercavamo il signor Yao Wang.
Il ragazzo disse:- Non lo conosco.
-Che? Ma non è possibile!- si allarmò Francis.
In realtà l' impiegato non aveva la minima idea di chi fossero i suoi colleghi per il semplice fatto che non si era mai premurato di parlare con loro se non lo stretto indispensabile. Figurarsi se ricordava le loro facce.
-Calmati, idiot... noi abbiamo un... ecco... problema matrimoniale.
-Ah. Ora capisco. Questo è l' ufficio di leva.
-Questo è l' ufficio di leva- ripetè un pennuto con un accento strano e un papillon al collo che proprio in quel momento era entrato dalla porta alle loro spalle- idioti- aggiunse giusto per cortesia.
Arthur si girò immediatamente verso Francis e il francese ebbe l' impressione che l' altro stesse ringhiando.
-Per le licenze matrimoniali dovete andare dall' altra parte della città.- continuò il ragazzo
-Smammate- aggiunse l' uccello
-Mr Puffin...- sospirò l' impiegato
-Thanks- l' inglese afferrò il braccio del biondo tirandoselo dietro con mal grazia. Ignorò l' uccello che parlava, insomma, chi era lui per giudicare? Credeva agli elfi e alle fate, eh! Alla fine si diede a una serie di lamentele nei confronti del compagno di sventura:- Meno male che dovevo fidarmi di te!- sbraitò una volta fuori- Damn... solo a me poteva capitare una cosa del genere. Da quando ti ho conosciuto me ne sono capitate di tutti i colori!
Francis era più confuso che altro se non per il fatto che aveva appena sentito un uccello parlare. Ed era anche maleducato. Non si sarebbe meravigliato più di niente. Si riprese un poco non appena sentì la voce di Arthur e rispose:
-Ma che diamine stai dicendo? Ci siamo visti sì e no tre volte!
-Appunto. Le rare volte in cui ci siamo incontrati è successo qualcosa. Secondo me tu porti jella.
-Jellato sarai tu di tuo, già si vede come Madre Natura non sia stata generosa con te!
-Ripetilo se hai coraggio!- urlò Arthur alzando i pugni
-Vuoi fare a botte?!- ululò Francis a sua volta.
-Scusate- li interruppe un vigile che passava dalla zona- potreste smetterla con tutto questo baccano? O volete essere denunciati per rissa e schiamazzi?
-No... non è come sembra- disse Arthur allarmato.
-Oui- Francis lo abbracciò sorridendo- stavamo solo avendo un piccolo diverbio coniugale. Perdoni se ci siamo un po' lascianti andare. Ora andiamo a fare la pace, uhm?- terminò Francis facendo l' occhiolino all' uomo e tirandosi dietro Arthr fino all' auto.
-Non far credere cose strane alla gente, frog!
-Volevi finire in prigione? E poi ho solo detto la verità, siamo sposati mon amour. Entra dentro Bezzi e andiamo.
-Che cosa?- ma era impazzito del tutto? Cos' era quella richiesta sconcia?!
Francis non si era accorto minimamente di aver chiamato l' auto con l' orrendo nomignolo. Dannato Antonio, doveva essere proprio contagioso.
-Entra nel maggiolone- spiegò.
Arthur sbuffò:- Lo faccio solo perchè non ho scelta. E non dire più una cosa del genere... sembra... sembra...
-Un invito erotico? -domandò Francis ridendo.
Dopo un' ora abbondante di tempo trascorso imbottigliati nel traffico cittadino, ma soprattutto, dopo un' ora abbondante di insulti e litigi per ingannare l' attesa, i due arrivarono finalmente da quel benedetto lato della città.
-Io qui non ci sono mai stato- disse Francis
-Io sì.
-E quindi? Dov' è l' ufficio?
A dire il vero Arthur non ci era stato poi così tante volte in quella zona di Stoccolma, figurarsi se sapeva dove fosse un ufficio di cui prima di allora non gliene era fregato niente. Però non avrebbe dato al francese la soddisfazione di vederlo in difficoltà, era una questione di principio. Si guardò intorno e finalmente in fondo alla strada gli sembrò di vedere un grosso edificio grigiastro. Doveva essere sicuramente il posto che cercavano. Era grigio, quindi già questo fatto denotava una certa serietà, poi era al centro della zona e per finire svettava rispetto agli altri intorno.
-Vai dritto per tutta questa strada- imperò allora l' inglese.
Francis fece come gli era stato detto, solo, non si capacitava del fatto che in quel tratto di strada non ci fosse nessuna auto tranne che il maggiolone scassato, la gente, sostanzialmente, camminava a piedi e li guardava anche male.
-Arthur... sei sicuro che sia la strada giusta?- chiese titubante.
-Zitto e cammina- fece l' altro iniziando ad avere qualche dubbio.
I due parcheggiarono esattamente davanti l' edificio, non ci fu neppure bisogno di scendere perchè Francis lesse:- The Party- poi sotto- la discoteca più hot del momento.
Si girò verso l' altro ragazzo rosso in viso per la vergogna:- Quindi...
Arthur non lasciò all' altro la possibilità di continuare che ululò:- Mi sono sbagliato d' accordo? Non ricordo dov' è questo maledetto ufficio!
-Mon Dieu, tu non lo sai, non è che non te lo ricordi!- gli fece notare esasperato Francis.
L' attimo dopo un vigile bussò al finestrino dell' auto. Ed era il secondo nella giornata.
-E' una lite coniugale!- sbottò Arthur
-Non è affar mio- disse l' uomo guardando male l' inglese- ma siete in una zona a traffico limitato, qui non potete stare e da quel che mi risulta vi siete fatti tutta la via in auto. Qui c' è  la multa.
Francis sorrise:- la dia al bruco al mio fianco, è colpa sua.
L' inglese si morse le labbra, strappò la multa dalle mani del vigile e incrociò le braccia al petto. Lo aveva detto lui, che il francese portava jella. E no! Non era assolutamente colpa sua se ora aveva pure una multa da pagare!
Dopo aver saputo dal vigile dove si trovava l' edificio comunale che cercavano dovettero farsi un' ora di fila all' entrata perchè Arthur voleva essere assolutamente certo di trovarsi nel posto giusto. L' inglese aveva ingannato il tempo spiegando a una signora il punto croce e impedendo all' amico (che parolone, si erano appena conosciuti!) di abbordare qualche madre di famiglia particolarmente avvenente.
Avevano appurato di essere nel posto giusto anche se allo sportello sbagliato, l' impiegata infatti gli aveva detto che:-sì, signori, qui si trova l' ufficio per le licenze matrimoniali, è al primo piano ma bastava chiedere allo sportello informazioni a destra-  Quello in cui per farla breve non c' era la fila.
-Forse dovreste mettere una "I" un poco più visibile e meno scolorita!- aveva berciato Arthur dirigendosi verso le scale e gettando uno sguardo assassino alla grossa palma che copriva la scritta "informazioni".
Francis lo seguiva rassegnato, quella giornata si stava rivelando più lunga e faticosa del previsto.
-Buongiorno, cerchiamo Yao Wang!- urlò quasi l' inglese entrando di botto dentro un piccolo ufficio.
Le due impiegate grassocce lo guardarono con disapprovazione finchè non videro il sorriso accondiscendente di Francis che disse:- Perdonate l' intrusione, madame. Ci dispiace molto disturbare il vostro duro lavoro ma avremmo bisogno di una gentilezza. Sapeste per caso indicarci l' ufficio del signor Wang?
Una delle due si alzò avvicinandosi ai due giovani e poggiando la mano ingioiellata sulla spalla di Francis. Una bella, bella spalla. La donna arricciò le labbra tinte di un rosso cupo e sospirò per l' emozione. Quando le ricapitava di vedere un giovanotto così ben messo?
-Vede- incominciò guardandolo da capo a piedi- il nostro collega oggi non c' è. Mi pare che sia a un funerale.
-Oh, ci dispiace molto- fece Francis
-Possiamo avere l' indirizzo?- chiese Arthur in ansia.
La donna lo guardò stizzita e con aria di sufficienza, non gli rispose.
Francis allora disse:- Per noi sarebbe importante parlargli.
-Oh... ma allora le dò l' indirizzo- rispose l' impiegata allontanandosi verso la scrivania mentre l' altra celere le passava un pezzo di carta.
-E io che avevo chiesto?- borbottò l' inglese sempre più frustrato.
-E' il fascino maschile. Sono troppo bello e raffinato, nessuno può resistermi- fece Francis una volta usciti dall' ufficio- tu invece...- terminò storcendo il naso.
Una volta in auto Arthur lesse l' indirizzo. Per fortuna non era lontano da dove si trovavano. In un quarto d' ora furono là.
-Ma come faremo a riconoscerlo?- domandò a un certo punto l' inglese.
-Bho... chiederemo in giro. Magari riusciamo a trovare il padrone di casa, quello non dovrebbe essere difficile.
Ed infatti trovarono una donna di mezz' età accovacciata su una sedia in un angolo, tutti, indistintamente cercavano di parlarle.
Dopo aver fatto le condoglianze Arthur le domandò se per caso ci fosse un certo Yao Wang. Lo donna, al sentire il nome orientale balzò in piedi e chiese cupa:- Perchè lo cercate? E perchè proprio qui?
-Dovremmo parlargli- rispose Francis allontanandosi di mezzo passo.
-Ah... e cercate qui quel bastardo!- urlò quella che scoprirono essere la vedova del defunto- Avete un bel coraggio sapete?! A venire in casa mia e pronunciare quel nome. Andatevene! Andatevene!
Francis e Arthur si guardarono intorno imbarazzati. Ma che diavolo aveva combinato quel tizio? Avevano attirato molti sguardi e tutti di disapprovazione.
-Ora chiamo mio fratello. Amilcare!- chiamò la donna e a quel nome un energumeno peloso si presentò davanti a loro.
-Sono un poliziotto, sa? Non provi a mettermi le mani addosso!- ordinò Arthur.
Ma Amilcare si avvicinava implacabile scrocchiando le dita e con la ferma internzione di fargli la pelle.
-Non credo che tu l' abbia intimidito- gli sussurrò Francis prima di caricarselo all' improvviso sulle spalle e togliere le tende veloce come la luce.
-Dimmi se ci segue!- urlò ad Arthur che sembrava un sacco di patate sulle sue spalle.
-LASCIAMI IDIOTA!- gridò quello di rimando dandogli dei pugni sulla schiena.
Dopo una sequela infinita di "lasciami!" e insulti vari Arthur per poco non si strozzò:- Corri più veloce che Amilcare ha preso il motorino!
-Merde, merde, merde... certo che anche tu... cerca di mangiare di meno!
-Cazzate. Io faccio una dieta sana.
-Quella inglese?
-Certo!
-Ora si spiega tutto.
-Non fare dello spirito e cerca di seminarlo. E... dannazione, non toccarmi il culo!
-E allora come faccio a tenerti?
I due non conoscevano il perchè di quella tragica sceneggiata, fortunatamente, non sapevano bene come, erano riusciti a seminare Amilcare infilandosi in una stretta traversa. Arthur guardò l' orologio:- Gli uffici hanno chiuso- sentenziò lapidario
Francis rispose: -Potremmo aspettare il turno del pomeriggio. Tanto da qui non possiamo andarcene subito. Dobbiamo riprendere il maggiolone che abbiamo lasciato davanti alla casa di quegli spostati. Intanto possiamo mangiare, no?
Dopo un pranzo sostanzioso e dopo avere finalmente recuperato l' auto, Francis e Arthur si diressero nuovamente verso l' ultimo ufficio in cui erano stati nella speranza di potere finalmente trovare il disperso Wang per lo meno al turno pomeridiano.
L' auto si fermò dopo un paio di metri.
Dietro di loro potevano sentire i rumori del traffico che avevano appena bloccato, le macchine che gli suonavano dietro, i conducenti che li insultavano e i ragazzini in scooter che li sorpassavano ridendo.
-In effetti- ponderò Francis mentre Arthur imprecava e scomodava i santi dal cielo- era durata un po' troppo.
-Come diamine è che siamo rimasti a piedi?!
-Io l' ho fatta la benzina!
-Non si direbbe, sai?
-Questa auto consuma un sacco, che credi?
-E allora cambiala!
-Ma starai scherzando?- fece Francis stupito e scandalizzato, quella era la più grossa fesseria che avesse mai sentito. Cambiare il maggiolone, quale assurda idea. -E' come sostituire un fratello perchè il nostro ci crea troppi problemi. Insomma, io mica mi sono liberato di Tonio e Gil!
Pochi minuti dopo Arthur disse sovrappensiero:-Io lo sostituirei mio fratello.
-Non andate d' accordo?
-Per niente. E' un prepotente fatto e finito. Ma comunque... dobbiamo accostare l' auto al marciapiede.
-E andare a cercare benzina- terminò Francis.
Quattro chilometri dopo trovarono un rifornimento. Altri quattro chilometri di ritorno ed erano piuttosto distrutti, sudati, con i piedi doloranti e le maniche della maglie tirate sulle braccia,  Francis, mandando a quel paese l' eleganza si era legato persino in vita la giacca chiara che aveva indossato quel giorno. La sua bellissima giacca chiara che si era anche sporcata di benzina.
All' ufficio le due donne della mattina si mostrarono mortificate:- Dovete scusarci ma abbiamo fatto confusione... ma sa, con i nomi orientali ci si confonde. Abbiamo scambiato Wang con Chang, il collega che aveva avuto una relazione col defunto. Immaginate la moglie quando lo ha scoperto.
-Ne abbiao una vaga idea- mormorò Arthur memore delle urla isteriche della donna e del simpatico Amilcare.
I due giovani si erano ormai afflosciati su un paio di sedie all' interno della stanza col caffè schifoso della macchinetta gentilmente offerto dalle due impiegate per farsi perdonare.
-Ma quindi Yao Wang che fine ha fatto?- chiese Francis ormai afflitto e con un tono lamentoso.
-E' ritornato al suo paese.
Non avevano più neanche la forza di mostrarsi sorpresi e delusi, Arthur chiese, rassegnato:- E noi come facciamo ad annullare il nostro matrimonio?
-Oh-oh. E' una faccenda spinosa- disse l' impiegata bionda accanto a quella della mattina- non è semplice annullare un matrimonio. Ci vogliono dei validi motivi, delle prove. Certo, se Wang fosse stato qui sarebbe stato un filino appena più facile ma neanche troppo alla fine, come vi ho detto non è semplice.
Arthur si girò verso di Francis:- Quindi dovrò restare sposato con te per sempre?
Al posto del francese intervenne l' impiegata bionda:- Esiste pur sempre il divorzio.
-No.
-Che cosa?!






------------------------
Ciao a tutti, finalmente ecco il nuovo cap., spero vi piaccia. Chi avrà detto no al divorzio? Eheheh, un poco di suspance ci vuole, più avanti si vedrà. Vi anticipo che tra un paio di capitoli ( o al prossimo, devo ancora decidere) abbiamo l' entrata in scena di altri due nuovi personaggi.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9. Se parcheggi in divieto di sosta... ***


9 bad trio
Se parcheggi in divieto di sosta...




-Ti portano via la macchina idiota!-sbottò Arthur
-Mon Dieu!- urlò Francis che in quel momento sembrava la copia sputata dell' urlo di Munch- devo riprendere il Maggiolone!- il francese stava per fiondarsi alla velocità della luce verso il suo obiettivo, non fosse che Arthur lo afferrò per la camicia sibilando:-Dove diavolo credi di andare?
-Da Bezzi- disse fieramente l' altro
-No, invece, idiot! Spiegami perchè cazzo non vuoi divorziare. Perchè?!- Arthur buttò fuori l' ultima parola con un urlo esasperato e quasi supplichevole.
Francis iniziò ad agitarsi squotendo il capo biondo:- No, no, no. Non voglio.
-Questo l' ho capito ma voglio sapere un fottuto perchè!- l' inglese era partcolarmente arrabbiato, i suoi occhi verdi saettavano d' ira mentre le mani erano saldamente attaccate alla camicia dell' altro. Un po' e solo un po' Francis ebbe un vago senso di timore.
-Modera i toni, Angleterre. Mi sembri un pirata uscito dalle peggiori taverne- fece a un certo punto Francis allontanandosi dall' altro e recuperando un certo contegno- Se proprio lo vuoi sapere sono contrario al divorzio. Non in generale, ma al mio sì.
Ad Arthur per poco non cadeva la mascella per terra, poi si riprese e disse:- preferisci un matrimonio senza amore quindi?
Francis rimase in silenzio, allora Arthur continuò:- Sarebbe la peggiore delle prigioni. E anche se non divorziassimo non sarebbe un vero matrimonio, saremmo comunque separati e allora non cambierebbe niente. Io non ti amo Francis.
Le parole dell' inglese furono una specie di morsa al cuore, facevano male da morire e Francis non si spiegava fino in fondo perchè si fosse intestardito a quel modo con quel ragazzo. Ciò che aveva detto su un possibile divorzio non era una bugia, tuttavia era anche consapevole che il loro era un caso un po' particolare.
Il francese allora alzò lo sguardo sull' altro, uno sguardo serio e deciso che di solito non gli apparteneva:- Mi dispiace Arthur ma la mia decisione non cambia.- gli fece un mezzo sorriso- e sappi che combatterò per te.
L' altro rimase di sasso. Ma che stava dicendo quell' idiota? Cos' erano tutte quelle smancerie?
-L' amore è una cosa seria!- lo attaccò allora dopo quell' attimo di stasi.
-E lo vieni a dire a me?
-Se è un capriccio...
-Non lo è- tagliò corto il francese- non scherzo mai su queste cose.
Arthur sospirò:- Dimmi almeno il perchè...
-I miei genitori vivono un matrimonio felice che ha resistito a tutto. A tutto, Arthur. Mi hanno insegnato a credere nell' amore con le loro parole e con il loro esempio. Persino i miei nonni mateni erano il modello perfetto della felicità coniugale e sono cresciuto con l' idea che ci si sposa solo una volta e quella volta è con il vero amore. Non posso credere che tutto questo sia una menzogna e non voglio deluderli.
-Tutto questo non ha niente a che fare con noi, lo sai vero? Il nostro matrimonio è stato un errore, non eravamo in noi quando lo abbiamo fatto. Deluderai i tuoi con questo matrimonio assurdo, quello sì, che si regge su basi sbagliate. Perchè non lo capisci?
-No Arthur- Francis era irremovibile e gli diede le spalle- vado a riprendere l' auto- poi si girò nuovamente verso di lui con un sorriso sghembo su volto-vieni?
L inglese incrociò per un momento le braccia al petto. Quel tizio era proprio testardo, le sue parole da un orecchio gli erano entrate e dall' altro gli erano uscite. Lui personalmente non ci credeva al matrimonio, affatto, i suoi genitori erano stati un pessimo esempio, specie suo padre, quindi dal suo punto di vista quella che gli era capitata era una tragedia. Nonostante tutto si sentiva lusingato, nessuno gli aveva mai detto cose del genere, nè soprattutto, si era ostinato a combattere per lui, a non volerlo perdere. Arthur sbuffò:- Aspettami, frog.

Chris guardava lo spiazzo vuoto in cui pochi minuti prima era certo vi fosse la sua macchina, la sua bella, nuova e costosa macchina. Fissava il pezzo di strada pensoso e accigliato, con una mano a reggere il mento, Antonio invece si era allontanato di qualche metro, chissà, forse si sarebbe ritrovato a dover scappare a gambe levate.
L' olandese intanto si domandava perchè aveva acconsentito a far guidare Antonio e perchè soprattutto lo aveva lasciato da solo a cercare un parcheggio. Era ovvio che avrebbe messo la sua auto in sosta vietata.
"Tu vai a prendere il numero per la fila che io cerco parcheggio", gli aveva detto sorridendo.
E Chris aveva borbottato che non gli sembrava una buona idea.
Il "fidati" finale dello spagnolo doveva averlo messo nel sacco, altrimenti non riusciva a spiegarsi la cosa. Forse si stava rammollendo, era stato sempre un tipo inflessibile, soprattutto con quella testa matta di Antonio.
Lo spagnolo lo aveva pregato di accompagnarlo in banca per dare una controllatina al suo conto e visto che Francis aveva preso Bezzi e che aveva avuto la bella idea di prestare lo scooter a Gilbert si ritrovava ad aver bisogno di un passaggio.
Chiedere un passaggio a qualcuno al suo paese però non significava rubare le chiavi dalle mani del conducente e mettersi al posto di guida. E guidare come un pazzo cantando canzoni strampalate finchè non ti si secca la gola.
Era quello che aveva fatto Antonio.
Ora Chris voleva solo ammazzarlo.
Per di più aveva scoperto che lo spagnolo aveva il conto se non proprio rosso, almeno arancione.
-Non puoi spendere come se fossi un riccone- lo aveva ripreso Chris per tacere immediatamente dopo, esattamente quando Antonio lo aveva guardato con un sorriso colpevole e accondiscendente al tempo stesso visto che in effetti i soldi non gli mancavano, per lo meno non a casa visto che ora doveva mantenersi da solo.
Il fatto è che avevano avuto decisamente troppi matrimoni e da quando usciva con Chris, Antonio aveva limitato di molto le ore di "lavoro".
Chris si girò verso l' altro ragazzo:- Io ti ucciderei- aveva detto furente- Porco cazzo, Antonio, come fai a essere sempre così menefreghista?
-Non l' ho mica fatto apposta- fece stizzito l' altro- e poi non ho visto il cartello!
-Ce l' hai sopra al naso!- rispose esasperato l' olandese indicando il cartello circolare proprio di fronte allo spiazzo in cui prima c' era l' auto.
Antonio si infilò le mani nelle tasche e sospirò:- Senti... ascolta, non l' ho fatto apposta, davvero. Ora la andiamo a riprendere, penso a tutto io, fidati.
Eccola, la parola, quel fidati che Antonio diceva in una maniera così candida e sincera che sembrava che davvero potesse fidarsi, che quella fosse la cosa più vera e sicura di questo mondo.
Ma non era così e Chris lo sapeva bene. Antonio aveva perennemente la testa per aria, era incapace di prendersi delle responsabilità e cura di se stesso o degli altri. Quel ragazzo era un disastro completo, ancora si chiedeva come facesse a vivere da solo in una città straniera senza l' aiuto dei suoi genitori che non gli avevano mai fatto mancare niente cercando di rendergli sempre la vita facile.
In realtà conosceva benissimo la risposta a quella domanda, Antonio vendeva se stesso. Incapace com' era di vivere nel mondo senza essere avvolto da uno spesso strato di bambagia era inevitabile, quella era stata l' alternativa migliore per lui.
Eppure più lo guardava e più si rendeva conto di non potergli stare lontano. Antonio era troppo allegro e ottimista per non esserne contagiati, Antonio era dannatamente vivo e faceva essere vivo anche lui, come se gli trasferisse la propria energia, gli ricordava troppo una persona, forse era per questo che non riusciva ad allontanarlo per davvero.
-Andiamo a prendere questa macchina- borbottò alla fine affiancando lo spagnolo che da parte sua rispose con un sorriso.
-Tu non preoccuparti, non ci vorrà nulla. Ehi, dopo ci prendiamo una crepes, ok?
-Ti sei spolverato un pacco di patatine mezz' ora fa.
-Sì, ma le patatine sono salate, tu non hai voglia di qualcosa di dolce?

Il Magnifico non ce la faceva più. Quel primo appuntamento con Natalia era stato davvero sfiancante. Non che avesse paura, eh!
Giusto un po' di inquietudine forse.
Per tutto il giorno le aveva fatto da autista girando negozi che erano uno più assurdo dell' altro. Quella donna aveva un gusto dell' orrido non indifferente, ne era sicuro. Ancora non poteva crederci! Era carico di buste che contenevano coltelli, completini sadomaso e fruste. Ci credeva che Ivan non voleva sposarla. Chi avrebbe voluto?!
Lui no di certo.
Una ciliegina sulla torta assai poco confortante giusto per dare un ulteriore tocco di follia al tutto era che Toris li seguiva come uno stalker scattando foto e facendo video. Almeno avesse avuto la decenza di essere un po' più discreto! Con quell' impermeabile stropicciato sembrava il fratello minore del tenente Colombo.
Ora che ci faceva caso però era da un' ora buona che non vedeva Toris. Che fosse diventato all' improvviso un investigatore provetto? Aveva dei seri dubbi.
Gilbert si guardò intorno ma l' unica cosa che vide fu Natalia che gli camminava accanto con un coltello nuovo di zecca in mano. Il tedesco iniziava a preoccuparsi, lo avrebbero arrestato di sicuro.
Iniziò a macchinare tutta una serie di scuse a sua discolpa nel caso fosse finito nel dipartimento di polizia.
Avrebbe detto di essere stato rapito da quella psicopatica, poco ma sicuro. E che lei oltre a minacciare lui teneva in pugno anche i suoi amici... ah sì! E Toris era suo complice. Ecco, così poteva andare. Natalia gli aveva detto "o collabori o ti faccio un buco nel petto. Il mio complice sta pedinando i tuoi amici... e non è uno che scherza!"
-Kesesese... sono un genio- Gilbert aveva appena finito di complimentarsi con se stesso quando si ritrovò davanti un Ivan dall' aria minacciosa che teneva il povero segretario per la collottola, nell' altra mano reggeva una specie di tubo, dietro di lui a completare il quadro lo scooterone di Antonio era distrutto.
Gilbert gridò, buttò le buste per terra e dopo un attimo di smarrimento e terrore corse verso il russo.
Gli veniva da piangere, e ora chi glielo diceva ad Antonio?!
-Che cazzo hai fatto, idiota?!
Ivan fece spallucce, sorridendo come sempre:- Scusami, ero un po' arrabbiato.
-Un po'? Un po'? E tu questo me lo chiami un po'? Hai sfasciato uno scooter!  E se eri tanto incazzato che facevi?!
-Credo che me la sarei presa col proprietario del mezzo- fu la candida risposta.
Gilbert guardò Toris che piagnucolava, di nuovo lo scooter, poi Ivan e infine Natalia, l' unica che a giudicare del luccichio degli occhi era felice di vedere il biondo.
-Voi non siete normali. Siete pazzi da legare. Ma siete caduti tutti e due dal seggiolone per caso? E' una tara di famiglia, mi sembra evidente.
-Non dare del pazzo al mio amato fratellone- Natalia puntò il coltello contro il collo del tedesco, il ragazzo deglutì, l' aiuto venne inaspettato da Ivan il quale afferrò il braccio della sorella e lo allontanò dall' albino.
-Natalia- iniziò Ivan severo senza che sul suo viso ci fosse traccia del placido sorriso sfoggiato fino a poco prima- sarò chiaro una volta per tutte: io non ti sposerò e tu dovrai lasciare in pace Gilbert. Non lo sposerai, nè tanto meno gli farai del male, se dovesse accadergli qualcosa ti riterrò la prima responsabile e tu non vuoi il mio odio, vero Natalia?
La ragazza spalancò gli occhi che presero velocemente ad arrossarsi, scosse con veemenza la testa:- N... no- ne uscì un balbettio sconnesso, fissò ancora per un attimo il fratelllo prima di scappare via.
-Toris era venuto a mostrarmi le foto che aveva scattato al fidanzato che aveva trovato per mia sorella e come potrai ben immaginare non sono stato affatto contento- Ivan guardò Gilbert per poi regalare un' occhiataccia al castano.
-La smetti di fare il bambino viziato? Ma quanti anni hai? Vuoi crescere una buona volta? Non te lo ha insegnato nessuno che non puoi avere tutto quello che vuoi, che non te ne puoi andare in giro a rompere le cose con un rubinetto e che soprattutto le persone non sono oggetti? Smettila, tu campi col terrore psicologico sugli altri. Poi ti comporti come se tra noi ci fosse qualcosa. Non è così! E che diamine!
Gilbert alzò i tacchi per tornare a casa e mentre lo faceva inveiva contro un tale armadio russo.
Ivan si rivolse a Toris:- Ha detto delle cose molto brutte vero?
-Ehm... sì
-Credi che dovrei comprargli uno scooter nuovo?
Toris pensò che forse il suo capo non aveva ben chiaro il problema anche se in fondo l' idea dello scooter era già qualcosa.
-Mi sembra una buona idea signore.
-Mh. Sceglilo tu, questa volta però cerca di fare un buon lavoro, non posso essere sempre comprensivo, no?- un sorriso tranquillo era tornato sulle labbra del russo.

I coinquilini dell' appartamento numero tre erano tornati a casa piuttosto tardi. I tre ragazzi erano afflosciati sul divano dopo aver trascorso l' ora precedente a raccontarsi gli avvenimenti di quella giornata. Sia Francis che Gilbert temevano di dare le terribili notizie ad Antonio ma lo spagnolo sorprendentemente si era dimostrato piuttosto calmo nonostante Bezzi fosse in una vecchia rimessa del comune e il suo scooter un cumulo di macerie.
-Domani la vado a riprendere. Quando sono arrivato mi hanno detto che ormai era tardi- disse Francis riferendosi all' automobile.
-Che giornata assurda- sospirò Antonio- per tutto il tempo in cui sono stato con Chris ho avuto l' impressione di essere seguito.
-Io ne sono sicuro, di essere stato seguito intendo- chiarì Gilbert
-Almeno ti sei liberato di Natalia- lo rincuorò Francis.
Gilbert ebbe un brivido:- Quella mi ammazza per vendetta. Bè... almeno ormai il russo non dovrebbe più darmi problemi, dovrebbe aver capito l' antifona.
Antonio annuì allungando i piedi sul tavolino:- Hai fatto bene a parlargli chiaro, è un tipo veramente pericoloso- lo spagnolo non potè fare a meno di ripensare al suo povero scooter. Gli mancavano solo due rate.
-E' innamorato- sospirò Francis
-Ha uno strano modo di dimostrarlo- fece stizzito l' albino.
-L' amore ci rende irrazionali- spiegò il francese- e poi suvvia... il pericolo ha il suo fascino!
-Come no- bofonchiò Gilbert.






CIAO a tutti, scusate il ritardo ma sono molto impegnata. Il capitolo non è dei più lunghi ma spero vi sia piaciuto. Proprio ieri ho notato che un sacco di persone seguono questa storia, vi ringrazio tanto però mi piacerebbe sapere che ve ne pare, se vi piace o  se c' è qualcosa che non va. Non siate pigri ragazzi =D
Vi anticipo che ci saranno delle sorprese in un paio di coppie, diventeranno addirittura dei quadrilateri, penso che una già si intuisca ma ovviamente non posso rivelarvi di più, vi ho incuriosito?
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10. Casse di pomodori con sorpresa ***


bad trio nuovo
CASSE DI POMODORI CON SORPRESA.



Image and video hosting by TinyPic


Certe volte Antonio si sentiva come seguito, ma quando si girava non vedeva proprio nessuno alle sue spalle, quindi liquidava la cosa come una semplice impressione, frutto magari delle notti passate in bianco o dei telegiornali che davano sempre cattive notizie.
Con Chris le cose andavano magnificamente, gli sembrava di toccare il cielo con un dito.
Non è che l' olandese gli avesse detto che lo amava e a dire il vero i loro contatti più intimi  si limitavano al letto  -e ad altri posti più o meno adatti ad amoreggiare in vario modo- tra loro non esistevano baci o abbracci che non fossero quelli che Antonio sporadicamente gli rubava al di fuori delle lenzuola.
Tuttavia non riusciva proprio a lamentarsi della situazione, sapeva che Chris era piuttosto riservato e non gli era mai passato per la testa che l' altro potesse non volerlo. Il biondo era sempre stato così e ad Antonio per il momento andava bene, in quel preciso momento della sua vita era sicuro  di poter amare per tutti e due se fosse stato necessario.
Quando rientrò al palazzo, notò che la portineria era stata ridipinta di rosa. Strabuzzò gli occhi avvicinandosi al bancone.
-O... ehm... c' è nessuno?- chiese titubante.
 Era strano che Ivan amasse un colore così... assurdo, per certi versi.
Non era un rosa pallido, tenue, delicato, e neppure un leggero color salmone. Era rosa, proprio rosa, come quello utilizzato per fare le case delle bambole o in genere i giochi per le bambine.
Da sotto il bancone spuntò all' improvviso una testa bionda e uno sguardo diffidente si parò sotto gli occhi dell' iberico. Il ragazzo gli mostrava appena metà del viso fino al naso, per il resto si nascondava completamente dietro il banco.
-Ehm... salve- fece Antonio sorridendo cordialmente.
-Mh... 'giorno. Desidera?
-Io, no... ecco, sono un inquilino del palazzo. Mi chiedevo cosa fosse successo- continuò indicando il casotto di legno ridipinto.
Il biondo, nel notare la cordialità di Antonio, si fece più tranquillo e balzò in piedi con uno scatto rapido che fece balzare indietro lo spagnolo per lo spavento.
-Non è, tipo, un colore totalmente favoloso?!- chiese il giovane aprendo la porta della casetta.
Antonio annuì incerto con un sorriso stentato.
Il ragazzo gli strinse energicamente la mano facendo su e giù col braccio:- Io mi chiamo Feliks. Tipo, sono, diciamo, il nuovo portiere. Ho fatto delle modifiche totalmente fashion qui all' ingresso.
Antonio rise:- Lo vedo, sì- il ragazzo sembrava a posto e simpatico- spero che ti troverai bene qui e se hai bisogno chiedi pure. Io sono Antonio, terzo piano appartamento tre, abito con altri due ragazzi. Passa quando vuoi.
Feliks lo guardò ammirato e annuì energicamente ringraziandolo:- Se vuoi posso, tipo dirti dove ho comprato il colore. Magai vuoi, come dire, cambiare look alla tua casa.
Antonio si diresse verso l' ascensore:- Tipo, ci penserò- disse. Quando le porte si chiusero alle sue spalle si guardò allo specchio sorridendo ebete, sì Feliks era proprio simpatico. Ah, ma che bravo ragazzo! Certo che aveva proprio un modo strano di parlare.
-E... aspetta, ho detto.. tipo?!- gridò Antonio- non sarà mica, tipo contagioso?
Una volta a casa -un poco scosso ma tutto sommato tranquillo- il moro trovò Francis che armeggiava in cucina. Aveva ripreso Bezzi qualche giorno prima, aveva fatto il pieno -che Gilbert aveva prontamente consumato per scappare da un assalto di Ivan beccandosi anche una multa per eccesso di velocità- e... non vedeva Arthur da allora.
L' inglese non si era più fatto vivo, era come se di annullare il matrimonio non gliene fregasse più niente. Francis si sentiva particolarmente amareggiato e furioso. Si sentiva frustrato, voleva vedere a tutti i costi quello sciocco bruco. Sbattè uno sportello con forza e mescolò velocemente la cipolla nella padella sbuffando.
-Ohi, tutto ok?- chiese Antonio.
-In salotto c' è lo stereo rotto- rispose invece il francese.
-Franciiis- lo chiamò l' altro.
Il biondo si girò di scatto:- E' assurdo! Non è che sto perdendo il mio fascino? Di solito sono io a rifiutare la gente, a dover elegantemente fuggire da pretendenti troppo insistenti. Ma che è successo, ora? Cos' ha che non va quel ragazzo?
Antonio fece mente locale prima di sospirare un "Aaah" che fece comprendere all' altro che aveva finalmente capito il suo problema. L' iberico spostò la sedia sedendosi, seguito a ruota da Francis e due bicchieri di vino. La cipolla intanto bruciava facendo bestemmiare ulteriormente il francese e spingendolo a spegnere il fornello.
-Dovresti chiamarlo- suggerì Antonio- mi sorprende che tu non l' abbia fatto. Di solito non ti tiri mai indietro.
Francis svuotò il proprio bicchiere:- No, no, no- piagnucolò- quel bruco non merita le mie attenzioni. Così gliela darei vinta. Scommetto che non aspetta altro!- dichiarò, accorato.
-Ma come, non eri tu che dicevi che- Antonio si schiarì la voce riportando fedelmente la frase dell' amico- l' amore vero non si fa fermare nè dall' orgoglio, nè dalla paura e nè dalla gelosia. Il vero amante affronta e abbatte gli ostacoli sul suo cammino.
Francis sorrise:- Sei un buon allievo. Per premiarti posso darti un bacetto.
-Gracias, ma sono costretto a declinare. E ora forza, dimostrami che il tuo è un amore vero!

Gilbert rincasò sentendosi particolarmente stanco. Il russo se ne stava altamente fregando di tutto quello che gli aveva detto dei giorni passati. Per lui era come se non fosse accaduto niente, come se l' albino non lo avesse preso a male parole intimandogli di lasciarlo in pace una volta per tutte.
 Era testardo e del resto come poteva dargli torto? Non si poteva resistere alla sua magnifica magnificenza, questo lo capiva benissimo anche lui, tuttavia avrebbe dovuto controllarsi.
L' unica cosa positiva di tutta quella storia è che Antonio aveva avuto uno scooter nuovo. Per il resto lui ci aveva rimediato una bella multa, una visita dal meccanico perchè Bezzi aveva fuso il motore, una lavata di capo da parte dei suoi amici e... bè, per lo meno dopo che Ivan era riuscito a raggiungerlo -e superarlo- col suo macchinone, gli aveva offerto il pranzo perciò aveva potuto mangiare come un maiale a spese di Braginski.
 Ovviamente la colpa di tutto era di Ivan, se non si fosse messo in testa che dovevano per forza mangiare insieme, lui non sarebbe dovuto scappare- Gilbert l' aveva definita una fuga strategica.
L' umore di Gilbert era nero. Come se non bastasse aveva pure litigato col nuovo portiere che aveva osato dargli del brutto incompetente. Brutto. Incompetente. Ma scherziamo?!
L' albino rientrando era inciampato in una latta di colore rosa, aveva bestemmiato tirando giù tutti i santi dal cielo.
-Hai, tipo, problemi?- aveva chiesto il portinaio.
-Certo che ho ei problemi! Uno è un enorme armadio russo... e... e cazzo! Chi diamine ha lasciato questa fottuta latta di colore in mezzo all' ingresso? Questo rosa schifoso ha macchiato i miei magnifici jeans.
-L' ho lasciato io in mezzo! Dovresti tipo guardare dove metti i piedi, racchione. Oltre a essere brutto sei un incompetente, non capisci totalmente niente di moda.
Gilbert era allibito:- Ma che... io non sono brutto! Sono un essere magnifico. Sono una creatura cel..
-Ehm, signor Beilshimidt- lo interruppe Toris facendo capolino alle sue spalle- le farò ripagare i pantaloni, d' accordo? Chiedo scusa da pare di Feliks, non lo ha fatto a posta, sa, è nuovo.
Il biondo lo guardò accigliato, Toris dovette coprirgli la bocca con le mani per soffocare un "non se ne parla totalmente"
Gilbert, decisamente troppo stanco per fare ancora storie, annuì alzando i tacchi incurante di quei due che confabulavano.
Arrivato di fronte l' appartamente alzò le braccia e il viso verso l' alto per stirare i muscoli. L' attimo dopo spalancò gli occhi soffocando un urlo di dolore. Guardò meglio davanti a sè. Davanti alla porta di casa sua c' era una grossa cassa di legno con scritto "SPAGNA" - "ESTREMAMENTE FRAGILE"- "ALIMENTI"
Si massaggiò la coscia tirando un sospiro di sollievo, per poco quel coso non colpiva i suoi cinque metri.
Passato il dolore gli venne una fitta allo stomaco. Seriamente, gli veniva anche da piangere. Avrebbero mangiato pomodori per un mese!
-Antonio!- gridò entrando- ci sei?
-Siamo in cucina- urlò l' interessato.
-E' arrivata la cassa di tua mamma.
Francis e Antonio corsero alla porta come due bambini ansiosi di aprire la loro sorpresa, Gilbert li aspettava all' ingresso. La madre di Antonio ogni due o tre mesi inviava al figlio roba varia proveniente dalla Spagna, di solito erano soprattutto cose da mangiare tipiche del loro paese. I pomodori non mancavano mai e insieme alla cassa arrivava anche una lettera.
-Oh, chissà cosa ci avrà mandato questa volta la maman?- chiocciò Francis.
Provarono a spingere la cassa all' interno dell' appartamento ma non passava dalla porta.
-Dobbiamo aprirla qui- affermò Gilbert.
-Vado a prendere un piede di porco- fece Antonio.
Francis si abbassò all' altezza della cassa:- Aspetta, mon petit, non ce n' è bisogno- affermò accigliato. Qualcuno l' ha già aperta.
Antonio tornò indietro ripercorrendo il corridoio a passo di marcia. Chi avava osato scassinare il regalo di sua mamma?
Gilbert si allontanò, non che avesse paura, per carità, era solo per precauzione, intanto Antonio sollevava il coperchio della cassa. Strabuzzò gli occhi.
-Che cazzo hai da guardare idiota?
Lovino era accovacciato stretto tra i cibi inviati dalla signora Carriedo con un pomodoro in mano e sporco di succo.
-L... Lovino?
L' italiano sorriso soddisfatto e si alzò uscendo:- Vedo che ti ricordi di me, bastardo.
-Mon Dieu, Tonio, ci vuoi spiegare, si vout plait?
-E' un tuo parente?- chiese Gilbert.
-Ma secondo te mia mamma mi manda la gente via posta?- sbottò Antonio prima di rivolgersi al più piccolo- che ci facevi lì dentro?
-Ero venuto a trovarti- borbottò l' altro- solo che avevo fame. E sai- ghignò- quando ho letto sulla cassa "alimenti" non ho resistito alla tentazione.
-Mon Dieu- sospirò esaspetato Francis alzando gli occhi al cielo- ci si è infilato dentro.

Lovino era seduto sul divano di casa Carriedo-Beilshmidt- Bonnefoy, si guardava intorno con aria apparentemente accigliata. Era imbarazzatissimo. Lo spagnolo lo fissava senza espressioni particolari con le braccia incrociate al petto, gli altri due si erano defilati forzatamente in cucina. Tra uno sbattere di sportelli e una spadellata poteva sentire chiaramente i loro bisbigli concitati. Era probabile che stessero origliando. Ovviamente visto che loro non parlavano non potevano sentire nulla.
-La finisci di fissarmi?- sbottò Lovino a un certo punto.
-Oh- Antonio parve risvegliarsi dallo stato catatonico in cui era caduto, sciolse le braccia rilassandosi sul divano e sorridendogli- scusami. E che non mi è mai capitata una cosa del genere.- tacque per un momento, riflettè ancora e lo guardò seriamente tendendo la mano- potresti darmi la lettera?
-Che?
-La lettera- ripetè
-Ah sì- Lovino si alzò dal divano tirando fuori dalla tasca dei jeans una busta spiegazzata- non l' ho aperta- precisò.
-Ovviamente- sorrise l' altro, poi domandò:- Hai detto che sei venuto a trovarmi. Come hai saputo il mio indirizzo?
Lovino divenne rosso come un pomodoro e si morse le labbra, all' improvviso il tavolino del salotto era diventato l'oggetto più interessante del mondo- ti ho pedinato- borbottò.
Antonio si alzò in piedi con uno scatto facendo arretrare Lovino dall' altro lato del divano, l' iberico, a dispetto di ciò che pensava l' italiano era esultante:- Lo sapevo! Non ero impazzito- e si mise a ridere.
-Ma sei scemo?!- gridò l' italiano- mi hai fatto prendere un colpo!
-Scusa, scusa- Antonio si riaccomodò sulla poltrona, ancora rideva. Dio, quel ragazzino era proprio assurdo. Si era messo persino a seguirlo!
-E allora- ricominciò- a cosa devo questa visita inaspettata?
Lovino deglutì a fondo, in effetti non lo sapeva nepure lui, quel giorno aveva deciso di vederlo e lo aveva fatto senza pensare troppo alle conseguenze, a cosa gli avrebbe detto o almeno ad inventare una scusa. Certo, queste non erano cose che si dicevano così, su due piedi.
Il ragazzo sentì la puzza di qualcosa che bruciava sul fuoco, una voce che diceva:- Cazzo, e non toccarmi il culo, Francis.
e l' altra giustificarsi:-Mon cher, ma così non sento!- poi dopo qualche minuto- c' è puzza.
-Io mi sono lavato, eh! Non incominciare.
-Non tu, sciocco.- evidentemene la voce doveva aver collegato il fetore ai fornelli ed era corso a rimediare al danno gridando come un pazzo:- Merde! E' la seconda volta che mi si brucia la cipolla oggi!
Antonio, consapevole di quel casino, lo guardava sempre sorridendo, come se nulla fosse. Semplicemente, li ignorava, sperando che il suo ospite facesse altrettano.
-Se fate bruciare anche una fottuta cipolla immagino che gran cuochi che siate- affermò l' italiano.
-Le apparenze ingannano, niño. Francis è un ottimo cuoco e io non me la cavo male.
-E il crucco?
Antonio fece un sorriso tirato memore delle -grazie al cielo- rare volte in cui Gilbert si era messo ai fornelli. Fosse stato per lui avrebbero mangiato sempre wurstel e patate -bruciate per giunta.
-Non parliamone, eh?- Antonio si avvicinò a Lovino sedendosi sul suo stesso divano, il più piccolo si allontanò a disagio.
-Che vuoi farmi bastardo?
Antonio lo guardò stranito:- Assolutamente niente. E poi, scusa, anche se fosse non eri tu quello che voleva imparare il mestiere? Sai, è un po' difficile se non ti tocco. Chiarisco subito che non è mia intenzione però.
-E... e allora?
-Niente, Lovinito- Antonio si sedette meglio sul divano portando le mani dietro la testa- se non vuoi dirmi perchè sei qui va bene. Però hai fatto un gesto molto carino. Certo, avrei preferito che non ti infilassi nella cassa mandatami da mia madre facendo fuori tutti i pomodori... ma vabbè.
-Allora non mi manderai via?- borbottò l' altro
-Non ti mando via a patto che tu capisca che non ti insegnerò un bel niente... se proprio vuoi, ti spiego come si cucina la paella. Poi mettiti in testa che tra noi non ci potrà essere niente, nel caso avessi strane intenzioni.
Lovino si fece improvvisamente triste, Antonio lo stava ferendo profondamente, guardò il moro con aria assente:- E io allora che ci sto a fare qui?
Lo spagnolo si girò a guardarlo sbigottito. Gli fece una tenerezza immensa. Sorrise abbracciandolo forte:- Ma possiamo diventare amici, Lovi!
L' italiano si agitò in quella stretta spontanea e senza malizia, non era esattamente quello che voleava, ma la speranza è sempre l' ultima a morire:- Lasciami bastardo! E non pensare che tu mi piaccia! Non farti strane idee!

In cucina intanto...
-Ma come sono carini!- cinguettò Francis.
-In pratica Antonio si è fatto un nuovo amico. Tch, fosse per lui avremmo in casa cani e porci.
-Non essere così drastico, Gil.- Francis scartò un cioccolatino che era sul tavolo- il nostro Antonio è estremamente espansivo. Sai che ha fatto amiciza col nuovo portiere?
-Che cosa?! Quello stramboide mi ha rovinato i pantaloni!
Francis fece spallucce dando un' occhiata ai jeans blu e rosa dell' amico:- Ti stanno proprio bene sai?- ridacchiò.
-E' ovvio. Al magnifico me sta bene tutto. Non sfigurerei neppure con un sacco di patate addosso. E...ehi! Mi stai prendendo per il culo?!
Francis, incurante degli improperi dell' altro, afferrò il cordless, arricciò le labbra, indeciso se chiamare Arthur o meno, poi affermò solennemente:- Benchè sia contrario ai miei principi, oggi... mangeremo cinese!- e digitò il numero del ristorante all' angolo gettando un' occhiata afflitta ai fornelli. Quel giorno non c' era proprio verso di cucinare.








CIAO, scusate se posto dopo così tanto tempo, spero che siate ancora interessati a seguire la storia. Perdonatemi per eventuali errori (e per il mio francese schifoso) ma ho ricontrollato il capitolo molto sommariamente per mancanza di tempo, altrimenti rischiavo di postare nel millemilamai.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11. Diario del Magnifico me: C' è un russo sotto al vischio ***


bt 11
DIARIO DEL MAGNIFICO ME (la vendetta): C' E' UN RUSSO SOTTO IL VISCHIO



Image and video hosting by TinyPic


17 Dicembre 2012
Gutentag, mio strabiliante diario. Sai che giorno è oggi? Oggi è venerdì 17. E' un giorno infausto sai? Un venerdì 17 di tanti anni fa mi si è strappata la maglietta dei Red Hot Chilli Peppers (quella che ho comprato al mio primo concerto!) per scavalcare il cancello della scuola. Ero arrivato in ritardo e lo avevano chiuso. Vedi? Il fatto che io sia arrivato in ritardo dimostra che il 17 è un giorno sfortunato.
Mi viene un dubbio...

Aspetta un secondo, diario, devo controllare il calendario. Non muoverti da qui.
Kesesese, lo sapevo. Il giorno in cui il russo si è presentato per la prima volta a casa nostra era un 17. Me lo ricordo, non perchè io tenga a lui o che altro, ma perchè prima c' era stato il matrimonio di non mi ricordo chi.
Nel caso non lo avessi capito, oggi me ne starò a casa. Non posso rischiare che una creatura fantastica come il sottoscritto -credo che la mia nascita sia stata un evento epocale- rischi la vita.
Vado a chiudere le finestre e a dare la tripla mandata alla porta. Credi che dovrei metterci anche un mobile dietro?

Antonio sbadigliò sonoramente, si era appena svegliato.
-Ohi, Gil... che stai facendo con la dispensa?
-La metto dietro la porta così nessuno può entrare.
-... e nemmeno uscire, suppongo.
-Esatto!
Lo spagnolo andò in cucina, per nulla scalfito dall' idea bislacca dell' amico. Buttò un occhio al calendario, era venerdì 17. Gilbert lo aveva segnato di rosso e ci aveva pressato sopra uno stampino con un teschio comprato appositamente per quello scopo. Il ragazzo fece spallucce:- Vorrà dire che me ne tornerò a dormire.
Ogni scusa era buona per oziare, in fondo.

Diario del magnifico me, è ancora venerdì 17.
Il fatto che questo giorno porti sfiga è dimostrato dal fatto che Francis è incazzato nero.
 Non credo che c' entri nulla il fatto che l' ho chiuso fuori di casa mentre era uscito a fare la spesa, che è rimasto sul pianerottolo per un ora a gridare -dice lui, ma non credo che lo abbia fatto veramente, se lo avesse fatto lo avremmo sentito-  e a suonare il campanello.
...
Bè il campanello l' ho sentito ma non potevo certo andare ad aprire. Poteva essere la morte in persona -oppure il russo, che poi è lo stesso- e se avessi guardato dallo spioncino chissà cosa sarebbe accaduto.


-Tu sei stupido- bofonchiò Francis premendosi una fetta di carne sull' occhio sinistro.
Vash, l' inquilino del piano di sopra, lo aveva gonfiato di botte perchè stava facendo troppo casino, dopo di che aveva concesso al francese la possibilità di spiegarsi, gli aveva fatto usare il cellulare per chiamare Antonio e farsi aprire pretendendo in cambio i soldi spesi per la chiamata.

Diario del Magnifico me, sempre venerdì 17.
Antonio inizia a girare per casa come una tigre in gabbia, vorrebbe uscire per vedere il suo ragazzo -o quel che diavolo è- ma non può perchè ho chiuso accuratamente porte e finestre. Non voglio che si facciano del male, non sanno a cosa potrebbero andare incontro uscendo di casa. Mi rendo conto che dei cervelletti piccoli come i loro non possono arrivare ad una conclusione talmente geniale da essere compresa solo da menti superiori come la mia.

-Liberatemi!- Francis e Gilbert arrivarono in bagno allarmati, ciò che videro erano le gambe di Antonio che si agitavano attraverso la piccola finestra del bagno. Aveva cercato di scappare da lì.

19 Dicembre
Mio caro diario, appuntati una cosa: non bisogna mai andare al supermercato nei giorni di festa. Tralasciando il fatto che Antonio si è perso al centro commerciale e abbiamo dovuto farlo venire alle casse con un annuncio ai microfoni, passando anche sopra al fatto che i parcheggi erano talmente pieni che abbiamo dovuto mettere Bezzi in un parcheggio a pagameto che ci è costato un sacco di soldi e che era a un chilometro di distanza dal centro, non posso certo scordarmi di come una vecchia grassona mi abbia tolto da sotto al naso gli ultimi pacchi di wurstel tedeschi.

Francis si presentò alle casse con un sorriso dispiaciuto:- A... ehm... mi scusi signorina, ho perso il mio Antonio.
La ragazza lo fece avvicinare solerte, gli sorrise di rimando per rassicurarlo:- Non si preoccupi, lo ritroveremo immediatamente. Ora facciamo un annuncio, quanti anni ha suo figlio?
-Ventiquattro.
Nel frattempo mentre una voce femminile pregava il signor Antonio Fernandez Carriedo di dirigersi assolutamente alle casse del supermercato all' interno del complesso commerciale, Gilbert rubava i wurstel dal carrello di una signora, un ragazzino lì accanto vedendolo si mise ad urlare al ladro così che il tedesco dovette giustificare l' accaduto di fronte al corpo di vigilanza.

20 Dicembre
Fondamentalmente, sono distrutto. Francis ha incominciato il conto alla rovescia per festeggiare il Natale -ha incominciato da un bel po' ma ho cercato di ignorarlo con tutte le mie forze-. Questo sai perfettamente cosa significa: l' appartamento è addobbato a festa manco fosse la casa di Babbo Natale, praticamente manca poco che usciamo noi per fare spazio a tutte la varie cazzate che Francis ha accumulato e continua ad accumulare negli anni.
Non fraintendermi, diario, lo sai anche tu che al magnifico me piace il Natale solo che Francis esagera.
Credo che lo faccia per scacciare la nostalgia che in qualche modo ogni anno sembra sul punto di far crollare ognuno di noi.
E' inevitabile, a tutti piace passare il Natale in famiglia.
 Francis da questo punto di vista è il meno sfortunato, ha una famiglia veramente unita e i suoi parenti trovano sempre il modo di venire a trovarlo. E poi si sentono praticamente ogni giorno.
Un po' , e stai attento perchè ho detto un po', lo invidio. Io non vedo mio fratello da...uhm... credo che siano almeno un paio d' anni, il Natale non lo passiamo più insieme invece da molto più tempo.

Ora basta parlare di queste cose così tristi, il magnifico me non può deprimersi! Deve tenere alto l' umore!


24 Dicembre
I genitori di Francis passeranno il Natale con noi, spero che non si portino dietro anche quella sua zia con l' alito che puzza sempre di aglio. Il bastardo ha istaurato la dittatura del Natale, non hai idea di quanti pacchi la mia sublime magnificenza abbia dovuto portare su e giù per le scale. Come se non bastasse a partire da... cazzo... manca un' ura, dieci minuti e tre secondi all' inizio della maratona per cucinare il cenone. Io e Antonio siamo stati arruolati.
Diario, Francis ha appena iniziato a strillare perchè si è accorto che Antonio ha rotto tutte le uova cercando di nasconderle nel secchio della biancheria sporca, la situazione è più tragica del previsto.
Vado, non sai quanto ti apprezzi. In queste pagine consunte lascio ai posteri le mie memorie.
Glorificatemi,
vostro Magnifico Gilbert Beilshmidt.


Il 25 Dicembre l' appartamento numero tre era pieno zeppo di gente. Si era creato talmente tanto calore che non sembrava più nemmeno di essere in inverno, lentamente infatti tutti avevano abbandonato giacche e maglioni pesanti per restare con qualcosa di più leggero. La gente chiacchierava riunendosi in gruppetti più omeno grandi, le note delle canzoni Natalizie riempievano incessantemente l' aria da almeno un' ora. Antonio, dall' arrivo di Lovino, venti minuti prima, era seduto sul divano in mezzo a un Chris apparentemente disinteressato e a un italiano che guardava in cagnesco l' olandese, Francis faceva la spola tra i vari gruppetti per offrire cibo e scambiare due chiacchiere, Gilbert si muoveva altrettanto velocemente dell' amico per sfuggire a un russo ingombrante.
Quando il campanello suonò per l' ennsima volta e Francis andò ad aprire, rimase di sasso.
-Arthur?
-No, la fata turchina- sbottò l' altro spiaccicandogli addosso un paio di regali
Francis sorrise:- Non hai resistito alla tentazione di vedermi, vero, mon chenille?
Arthur voltò il viso dall' altro lato:- Se non la smetti di dire cazzate me ne vado.
-Ma oui, mon cher, accomodati.
Francis si era fatto di lato per fare accomodare l' altro, cingendogli poi la vita con un braccio.
Arthur si bloccò in mezzo al corridoio e si voltò verso di lui tirandogli una delle guance con forza e facendo di conseguenza gemere il francese:- Tieni quelle zampe a posto, dannato vinofilo.
-Ah...ouuui...Ar...lasciaam- il britannico era sadico, non tanto però da far soffrire la rana anche a Natale quindi lasciò la presa seguendo l' altro in quella mischia di gente. Non negava che tutta quella folla gli metteva addosso una certa inquietudine, non era abituato a stare in mezzo a così tanta gente, inoltre non conosceva nessuno. Che avrebbe fatto? Se ne sarebbe rimasto fermo e solo in un angolo fino a quando la polvere non lo avesse coperto completamente?
Inaspettatamente percepì il tocco della mano di Francis che afferrava la sua, il francese si girò un attimo verso di lui sorridendogli, Arthur fissò interdetto prima le ampie spalle del ragazzo e poi le loro mani. All' improvviso si sentiva più sicuro.
-Idiot- sussurrò accennando un sospiro.
-Che hai detto, chenille?
-Ho detto di non chiamarmi così, frog!
-Ma oui! Vieni con me, ti presento la mia famiglia
-Che cosa?!- l' inglese urlò cercando invano di puntare i piedi.

Gilbert si era rinchiuso nello sgabuzzino delle scope, sghignazzò per la genialità della sua trovata. Aveva perso di vista il russo appena pochi attimi prima, quindi ne aveva approfittato per scappare definitivamente. Si accucciò sul pavimento e tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni rossi -Francis aveva insistito affinchè li avessero tuti e tre uguali.
L' idea era quella di telefonare a uno dei suoi due compari, dirgli di cercare Ivan e di riferirgli che se ne era andato a festeggiare con degli amici tedeschi in visita.
-Kesesese, sono geniale-
Lo schermo del telefonino illuminò l' ambiente, Gilbert urlò spostandosi contro al muro e toccandosi il petto. Il cuore gli batteva a mille ed era certo di avere schivato un infarto che altrimenti lo avrebbe lasciato stecchito sul colpo.
-Ciao, Gil
-Che diavolo ci fai tu qui?!
Ivan era accucciato accanto a lui e gli sorrideva affabile.
-Ti aspettavo
-Ma sei completamente idiota? Mi hai fatto venire un colpo. E poi questo ti pare il posto in cui aspettare qualcuno?
Ivan fece spallucce:- Bè, sei venuto lo stesso.
-Sei un demone- sibilò l' albino. Ora lo sapeva, la magia esisteva, era evidente che il russo gli avesse letto nel pensiero altrimenti non si spiegava la sua presenza lì dentro.
-Il fatto è che sei estremamente prevedibile- spiegò il ragazzo- ma anche divertente, eh- ci tenne a chiarire.
Quello era un colpo basso, nonchè una pugnalata al suo orgoglio e alla sua magnificenza:- Io non sono affatto prevedibile, sono un essere geniale. I miei piani sono infallibili.
-Talmente infallibli che ci troviamo entrambi in uno sgabuzzino per le scope.
Il tedesco si alzò indignato e fece per aprire la porta, cercò di fare forza in ogni modo ma niente.
-Cazzo...
Si girò verso Ivan alle sue spalle. Non voleva assolutamente restare chiuso lì dentro con lui, iniziò a battere i pugni contro il legno:- Aiuto! Aiuto! Sono rimasto chiuso dentro! Aprite, idioti!
L' albino sentì un brivido lungo la schiena e si fermò. Girandosi vide il dito indice di Ivan percorrergli delicatamente la schiena:- Che bello, staremo un poco insieme!
-AIUTO!

Antonio si allentò la camicia. Per quanto il divano potesse essere comodo aveva voglia di alzarsi e sgranchirsi un po' le gambe. Non era esattamente la serata che si era aspettato, si sentiva una specie di prigioniero e indubbiamente i suoi carcerieri non avevano un carattere facile.
Stava per alzarsi con la scusa di andare a prendere da bere, in effetti aveva la gola secca, quando Chris mutò espressione. La pipa per poco non gli cadde dalle labbra, il suo sguardo seguiva il movimento di un punto ben definito all' interno della stanza.

-Che c' è?- domandò Antonio.
L' altro parve non sentirlo nemmeno, si accigliò prendendo una boccata dalla pipa, poi si alzò all' improvviso:- Sto arrivando- affermò risoluto.
Antonio lo vide sparire tra gli invitati e fece per seguirlo ma la presa di Lovino lo fermò.
-Vuoi lasciarmi solo, bastardo?
-Eh? Io... io no, però...
-Dio, quanto sei appiccicoso, magari deve andare a pisciare. Lascialo campare un po'
Lo spagnolo sorrise e gli fece segno di alzarsi:- Andiamo in cucina a recuperare un po' di sangria. Sto morendo di sete.

Chris picchettò con l' indice sulla spalla di un ragazzo biondo, quando quello si girò per poco non gli venne un infarto. Allora, aveva ragione!
-Che ci fai qua?- domandò l' olandese.
L' altro rise:- Ohi, ciao anche a te Chris.
-Scusa, ciao. Che ci fai qui, Mathias?-
-Bevo, rido e sto in compagnia!
-Dio, quanto sei stupido. Che ci fai a Stoccolma, intendevo.
-Sono arrivato giusto ieri per passare le feste con Ber e Tino. E tu?
-Lavoro.
Il danese si guardò intorno:-Ah, ma questo non mi pare per niente lavorare.
-Bè, ogni tanto devo pur distrarmi, no?
-Te lo concedo.
-Quindi sei venuto a questa festa con Berwald e Tino?- si assicurò l' olandese.
-Certo, mica mi imbuco alle feste.
Chris inarcò le sopracciglia e l' altro rise.
-Va bene, ok, ogni tanto lo faccio- ammise
Da quanto tempo non lo vedeva? Chris sorrise istintivamente.
Il volto di Mathias invece si fece serio, quasi triste:-Da quanto tempo è che non vienti a Copenaghen?
-Parecchio- affermò lapidario Chris
Mathias arricciò le labbra in un' espressione mesta:- Già. Quanto sei stronzo. Ci andiamo a fare un giro?- propose immediatamente.
L' olandese annuì.

Gilbert e Ivan stavano in silenzio da qualche minuto, il tedesco aveva innalzato un muro di secchi, scope e strofinacci tra loro, poi il russo tirò fuori dalla tasca qualcosa e la mise malamente attaccata su un chiodino arrugginito a muro.
Gilbert fissò il mucchietto verde con diffidenza:-Che diavolo è?
Ivan, se possibile, sorrise ancora di più:- vischio.- dichiarò candidamente.
-Che cosa?!
Il russo smantellò il piccolo muro improvvisato allungandosi sull' albino.
-E...no... no, eh! Stammi lontano... che diav...
Ivan sospirò sulle sue labbra, Gilbert osservava i ciuffi color cenere aspettando un bacio che però non arrivò.
Il russo chinò il capo prima di allontanarsi nuovamente nel suo angolino.
Gilbert lo guardava spiazzato:- Ma che diavolo ti è preso?
-Scusa, non volevo spaventarti.
-E' da quando ci siamo conosciuti che mi spaventi. Anzi, che cerchi di spaventarmi, perchè il magnifico me non ha paura di niente, kesesese...- Gilbert tacque un attimo per poi riprendere con la solità vivacità- intendevo... perchè non mi hai baciato?
Ivan alzò gli occhi stupiti sull' altro:- Hai paura di me. Non bacio qualcuno contro la sua volontà.
Gilbert parve riflettere qualche minuto:- Sei inquietante- iniziò- e tua sorella fa persino più paura di te. Ti comporti come una specie di stolker e fai praticamente quello che vuoi sbattendotene degli altri. Credo che ti piaccia fare terrorismo psicologico con quel povero disgraziato del tuo segretario. Nonostante tutto, per qualche arcano motivo a me sconosciuto, non mi sembri tanto male.
Il tedesco gattonò verso di lui ghignando:- Dammi questo dannato bacio.
Ivan sorrise prendendogli il viso tra le mani, Gilbert si rilassò chiudendo gli occhi, sentì pima un tocco lieve sulle labbra, poi la lingua di Ivan farsi spazio nella sua bocca e intrecciarsi alla sua. Non si sarebbe mai aspettato così tanta dolcezza.

Dieci minuti dopo Gilbert cercava di sbottonare la camcia del russo mentre l' altro tentava di infilare le mani sotto i pantaloni.
Quando la porta dello sgabuzzino si aprì all' improvviso i due si bloccarono. Era proprio il caso di dire che erano stati beccati con le mani nellla marmellata.
-Fratellone...- sibilò Natalia
Ivan e Gilbert restarono pietrificati.
-Io...- iniziò Ivan tirando fuori le mani dai pantaloni di Gilbert- sono rimasto chiuso... qui dentro... e... e... - tacque- mi viene da piangere- mormò afflitto alla fine.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12. Diamo il benvenuto ai fratelli Kirkland ***


12 btt
Diamo il benvenuto ai fratelli Kirkland



Image and video hosting by TinyPic


Arthur si rigirò inquieto nel letto. Benchè vivesse da solo, quando aveva affittato il bilocale già arredato, era stata l' unica cosa che avesse comprato sostituendo il lettino singolo che c' era prima con uno decisamente più comodo a una piazza e mezza.
Quando era arrivato a Stoccolma -ormai erano quasi tre anni- assieme all' ebbrezza di avere una casa sua e alle promesse allettanti di una vita da scapolo, finalmente indipendente, nel suo cuore si era fatta largo una certa tristezza e una buona dose di nostalgia. Da quel momento in poi sarebbe stato veramente solo e la sua casa desolatamente vuota. Nessuno con cui litigare, nessuno a cui scompigliare affettuosamente i capelli, nessuno di cui lamentarsi.
Aveva ritenuto inutile affittare un appartamento più grande o addirittura comprare casa. Prima di tutto non sapeva per quanto tempo sarebbe rimasto in Svezia -si sentivo così British dalla testa fino ai piedi- e poi era da solo. Una segreta speranza gli sussurrava quanto sarebbe stato bello conoscere una bella e dolce ragazza, innamorarsi e mettere su famiglia.
Riempire finalmente tutto quel vuoto che esisteva da tempo dentro di lui, ancor prima di lasciare l' Inghilterra.
Eppure in tre anni non aveva legato veramente con nessuno. In effetti non aveva mai avuto chissà quanti amici.
 Alfred, arrivato qualche mese prima, era stato una ventata d' aria fresca che però così come era arrivata se ne era anche andata.
Arthur fissò il soffitto, l' americano doveva essere a New York da almeno una settimana. Aveva deciso di partire e ritornare indietro alle sue radici, dalle persone che amava e che lo aspettavano pronte ad accoglierlo a braccia aperte nella sua caotica città. Arthur anche volendo, obiettivamente, non avrebbe potuto fare nulla per fermarlo. In effetti non sapeva neppure se il ragazzo fosse ritornato realmente a New York. Prima di partire gli aveva confidato in gran segreto che anche gli eroi a volte sbagliano, che si scusava e che lo vedeva più come un amico, un fratello che altro.
-C' è una persona- aveva iniziato durante un' uscita di servizio mentre fissava assorto la strada affollata di fronte a lui- c' è una persona che ho fatto soffrire tanto. Davvero, davvero tanto.- aveva fatto un mezzo sorriso- non è molto eroico vero?  Ho pensato che avrei potuto stare lontano da lei ma in realtà credo che ci siano persone da cui sia impossibile staccarsi, che ci attirano come calamite. Per me questa persona è così. E' la mia calamita. Non voglio che passino gli anni e poi un giorno chiedermi cosa stia facendo, avere dei rimpianti insomma. Arthur capisci cosa intendo?
L' inglese aveva annuito, poi, dopo interminabili minuti di silenzio, l' americano era ritornato a ridere come uno scemo dicendogli quanto quell' atmosfera così seriosa poco si adattasse allo spirito di un eroe.
Arthur ripensando a quel giorno allungò il braccio verso l' alto aprendo di fronte al viso la mano sinistra, l' anello dorato scintillava al suo dito fiero dell' amore che in teoria avrebbe dovuto rappresentare.
 L' inglese sorrise, sarebbe stato bello se quell' anello avesse rappresentato qualcosa di reale, un matrimonio vero, un amore vero... magari con una ragazza, ecco. Riabbassò il braccio sul letto infastidito e sospirò.
-Dannato francese- sibilò aggrottando le folte sopracciglia.
Francis era ciò che di più lontano potesse assomigliare a una ragazza. Si era mai vista una ragazza col pizzetto?
-Tch... ma tu guarda...
Francis era un grosso problema.
Francis poteva diventare il suo rimpianto più grande.
Francis, fondamentalmente, lo confondeva e Arthur non era abituato ad essere così confuso. Non che non lo fosse mai stato, ma era ua confusione di tipo diverso e solitamente era da imputare ai suoi fratelli. Con loro non sapeva mai come comportarsi, si sentiva sempre a disagio, a volte temeva di sbagliare qualcosa.
La confusione che gli provocava il francese invece era ben altra cosa. Non sapeva se odiarlo o...no, amarlo era decisamente una parola troppo grossa. Ma non sapeva neppure se gli stesse antipatico o meno!
Con Francis dondolava sempre su un' altalena emotiva di alti e bassi, di emozioni costantemente travolgenti e spinte al massimo. E questo, paradossalmente, lo divertiva...
... e lo inquietava!
La rana in qualche modo sembrava veramente occupare il vuoto dentro la sua anima afferrando elegantemente e con fare sfacciato anche spazi che non gli appartenevano. Era qualcosa di diverso rispetto ad Alfred.
Con l' americano ci era andato decisamente con i piedi di piombo, forse troppo, ora capiva che nessuno dei due voleva realmente quella relazione. Con Francis una parte di lui sembrava volersi lasciare andate. Quel ragazzo risvegliava un pezzettino del suo carattere nascosto sotto spessi strati di britannico autocontrollo.
 Forse certe volte non sbagliava a chiamarlo teppista.
Francis lo coinvolgeva, gli metteva addosso un senso di sicurezza e di protezione mai sperimentato. Si sentiva meno solo, aveva l' impressione che il francese gli avrebbe sempre dato una mano ogni volta che avesse cercato il suo aiuto.
Era prematuro affermare cose del genere, tuttavia erano sensazioni fatte di pelle e di istinto più che di una vera e approfondita conoscenza.
Arthur nascose la testa sotto il cuscino, poi un rumore forte e delle voci concitate lo fecero saltare sull' attenti. Tese l' orecchio e si alzò avvicinandosi alla porta, la socchiuse ma non poteva vedere nulla. Sentiva ancora delle voci. Ebbe un brivido, erano quasi familiari ma non poteva essere, sarebbe stato assurdo.
Si guardò intorno alla ricerca di un' arma, la pistola d' ordinanza era bella che conservata in centrale nel suo ordinatissimo armadietto, quindi l' unica cosa che gli venne in mente di prendere fu una gruccia dall' armadio.
Fece dei respiri profondi, coprì la gruccia con una maglia. Poteva vagamente somigliare a una pistola così?
Era terrorizzato, tuttavia un poliziotto non si tirava mai indietro e lui personalmente si sentiva un degno rappresentante della categoria.
Attraversò il brevissimo corridoio fiondandosi nella stanza all' ingresso gridando:- Fermi tutti! Qui sotto c' è una pistola!
Arthur boccheggiò.
Ian, seduto al tavolo della cucina col sigaro tra le labbra e il giornale alla mano, alzò svogliatamente lo sguardo su di lui prima di proferire un indignato:- Cristo, quanto sei idiota.
Jack, il maggiore dei gemelli si alzò dal pavimento dal quale stava raccogliendo i cocci di un vaso rotto per corrergli incontro e abbracciarlo:- Cavolo Art, da quanto tempo!- l' inglese si fece stringere nell' abbraccio senza fare una piega, non riusciva a muoversi. Era troppo stordito e... confuso, dannazione! Adocchiò il più  piccolo dei gemelli guardarlo storto dalla parete di fronte a cui si era appoggiato.
-Eric- Jack si girò verso il fratello che aveva assunto l' espressione apatica che lo contraddistingueva un giorno e sì e l' altro pure- vieni a salutare Artie.
Il ragazzo dal canto suo girò la faccia dall' altro lato prima di raggiungere Ian e chinarsi all' altezza della sua spalla per sbirciare cosa stesse leggendo l' altro.
Il rosso, senza neppure guardare il padrone di casa disse:- Arthur, questo giornale è una merda- lo girò per guardare la data- è vecchio di una settimana. Ma che cazzo... non ti interessa sapere che succede su in questo mondo?
Arthur sorvolò sulla domanda di Ian, e poi certo che gli interessava cosa accadeva nel mondo ma normalmente dopo aver letto il giornale lo dimenticava puntualmente al lavoro. Invece il biondo aggrottò le sopracciglia guardandosi intorno e cercando di ignorare il braccio di Jack ancora intorno al collo e lo sguardo assassino di Eric.
Mancava qualcosa. Mancava decisamente qualcosa.
-I mobili!- gridò rendendosi conto che al centro della stanza vuota era rimasto solo il piccolo tavolo e una sola sedia, quella su cui appunto era seduto Ian.
-Stavamo aspettando che ti svegliassi per prendere anche la stanza da letto- spiegò Jack sorridendo
-Do... dove sono i mobili?
Eric gli regalò uno sguardo compiaciuto e un mezzo ghigno, poi col pollice indicò la finestra alle proprie spalle. Arthr corse ad affacciarsi. Una ditta di traslochi si stava portando via i mobili.
-Che diavolo...? Perchè?!- chiese esasperato prima di urlare dalla finestra e precipitarsi giù per le scale a fermare quei tipi.

-Capo- fece uno degli operai dopo aver ascoltato le parole concitate di Arthur- qui c' è un tizio in mutande che dice che abbiamo sbagliato.
Arthur divenne rosso come un peperone mentre il capo dei traslocatori si avvicinava sghignazzando:- E allora?- domandò
-C' è un errore- ripetè l' inglese con tutto il contegno, poco a dire il vero, di cui era capace in quel momento- questi mobili non devono andare da nessuna parte. Non sono neppure miei!
-E ci credo! Se non può comprarsi nemmeno un paio di pantaloni da mettersi addosso, non vedo proprio come possa comprarsi quattro mobili.
Arthur sbuffò:- Sono dovuto scendere di corsa! Mi sono appena svegliato.
L' uomo guardò l' orologio che aveva al polso, poi Arthur:- A mezzogiorno?
-Sono stato a una festa! E poi mi scusi, e che diavolo, quando mai si lavora di 26?!
Il capo degli operai fece spallucce:- Soldi. Ci hanno pagato bene- poi indicò un ragazzo dai capelli rossicci affacciato alla finestra- ecco, quel tizio ci ha dato l' incarico.
Ian fece un cenno di saluto con la mano. Arthur scommetteva un piatto di scones che quel bastardo si stava godendo la scena ed Eric non doveva essere da meno.
-Mi scusi- l' inglese vide Jack avvicinarsi a loro a passo spedito- guardi, ci scusi veramente. Pensavamo di fare un favore a nostro fratello ma...- fece spallucce mostrando un sorriso dispiaciuto- potere scaricare di nuovo tutto?
L' uomo sbuffò:- E va bene ma i soldi non tornano indietro, noi la nostra parte l' abbiamo fatta.
Jack annuì ringraziando e scusandosi di nuovo.
Arthur si girò verso il ragazzo:- Grazie- sospirò. In qualche modo Jack trovava sempre le parole giuste per risolvere ogni situazione, a volte erano le più semplici. Forse era in generale il suo attegiamento e i suoi modi che ispiravano una fiducia istintiva.
Quando rientrarono in casa, trovarono Ian nella mdesima posizione in cui Arthur lo aveva lasciato, cioè seduto sulla sedia. Eric invece sembrava più interessato a guardare il lavoro dei traslocatori.
-Tch, in tre anni non sei nemmeno riuscito a comprarti quattro mobili- lo rimproverò il maggiore
-Evidentemente non ne sentivo il bisogno- rispse Arthur- saprò pur io che diamine fare della mia vita, no?
-Ragazzi smettetela. Ci siamo appena rivisti, non è il caso di litigare- si intromise Jack.
-Come no?- chiese Eric voltandosi verso il gemello- ad Arthur saranno mancate le liti tra fratelli.
Il silenzio cadde immediato nella stanza, poi il biondo chiese:- Che ci fate qui?
-Sembra che tu non sia contento di vederci- fece laconico Eric facendo sospirare esasperato il gemello.
-Io non avevo un cazzo da fare- iniziò Ian- e visto che per me un posto in cui vivere vale l' altro ho pensato di venire a trovare il mio caro fratellino. I marmocchi si sono voluti fare un anno di studio all' estero.
Arthur si convinse che il ragionamento non faceva una piega, era tipico di Ian e del resto suo fratello poteva permettersi certi capricci visto e considerato il suo tenore di vita. Era un ex calciatore di un' importante squadra nazionale, aveva fatto anche dei buoni investimenti quindi di soldi ne aveva.
-Non avete intenzione di stare qui, vero?- si informò il biondo.
-Certo che no, idiota. Non ci entreremmo. Ho comprato un appartamento per tutti e quattro.
-Ah, bene...
 ...
Cosa?!-


Arthur stava facendo la strada che lo separava da casa di Francis pigiando costantemente sull' accelleratore. E dire che di solito era così prudente! Forse scappare via come un coniglio mollando i suoi fratelli nel bel mezzo di una conversazione non era stato molto da gentleman, non educato, non eroico, non...
-E chi cazzo se ne frega!- sbottò parcheggiando sotto casa del francese.
Entrò come una furia ignorando il tappeto rosa con coniglietti bianchi all' entrata, ignorando persino la canzoncina di Jingle Bells che risuonava nel piccolo ascensore e persino il polacco al suo fianco che guardava inorridito l' accostamento di colori - maglietta giallo fluo e giacca verde pisello- che aveva adotttato quella mattina.
-Ma tipo- lo sentì dire quasi arrivati al terzo piano- potevi usare un po' di rosa, no?
L' inglese suonò per un quarto d' ora buono prima che qualcuno si degnasse di aprirgli. Che quel qualcuno fosse Francis e che si toccasse lo stomaco borbottando di uno spagnolo viziato e dormiglione, gli parve un miracolo del cielo.
-Ah, meno male che sei tu- disse l' inglese entrando- abbiamo un problema!
Francis lo guardò sollevano le sopracciglia:- Abbiamo?- chiese scettico.
-Sì, idiot! Abbiamo!- sbottò Arthur
-Bien- sospirò il francese- andiamo in cucina e parliamone di fronte a un' abbondante colazione.
Arthur annuì cercando di calmarsi.
-In questa casa c' è uno schifo- borbottò facendosi largo tra bicchieri, mutande, piattini e chincaglierie di ogni genere.
-Scusa, mi sono appena svegliato. E non ho intenzione di ripulire tutto da solo- chiarì alzando la voce di qualche ottava e rivolgendo lo sguardo verso il corridoio anche se non sperava sinceramente che Gil e Antonio si svegliassero tanto facilmente.
-Parla mon cher- disse il biondo dopo aver messò caffè, biscotti e cornetti sul tavolo.
-Ma fai sempre colazione così?- domandò l' inglese fissando tutto quel ben di dio.
-Oh- Francis si alzò prendendo una torta dal ripiano della cucina- mancava la crostata. Comunques sì, qui facciamo sempre una colazione piuttosto abbondante. Non trovi che la tavola sia più allegra?
Arthur annuì pensando a come lui al massimo bevesse un caffè di corsa quando e se ne aveva il tempo.
-Arthur- lo richiamò Francis- dimmi che è successo.
Il britannico cercò di raccogliere le idee, tirò fuori dalla tasca della giacca il loro certificato di matrimonio. Ricordò che Eric lo aveva tirato fuori da uno dei cassetti della cucina mentre cercava un panno per asciugare i bicchieri che aveva lavato. Aveva aperto uno dei primi cassetti adocchiando l' unico foglio spiegazzato che vi giaceva. Eric non lo avrebbe mai, mai preso e infatti stava per richiudere il cassetto ma il gemello, curioso com' era, lo aveva afferrato aprendolo immediatamente.
-E' un certificato di matrimonio- aveva affermato stupito.
Arthur glielo aveva strappato dalle mani facendone una palla di carta e iniziando ad affermare con veemenza che non era assolutamente suo.
-E la fede al dito?- aveva buttato lì con noncuranza Ian.
A quel punto era scappato. Si era infilato le prime cose che aveva trovato e si era chiuso la porta alle spalle.
Arthur guardò Francis mettendogli sotto il naso il documento:- Questo per ora è meglio se lo tieni tu.
-Ma io ho già il mio
-Perfavore
Il francese fece tanto d' occhi:- Ti senti bene, Angleterre?
-Certo, idiot! Il fatto è che sono venuti i miei fratelli, dannati ficcanaso... e hanno scoperto che mi sono sposato. Non posso mica dirgli che sto con un uomo! O che mi sono sposato per sbaglio! Sai che prese per il culo da qui ai prossimi cent' anni!
Francis sorrise dispiaciuto accarezzando la mano dell' inglese con la propria:- Ho capito, mon Angleterre.
-E non chiamarmi...
-Oui, oui. Cosa pensi di fare?
-Io... non lo so- ammise l' altro
-Facciamo così. Adesso terminiamo di mangiare così ci addolciamo la giornata, i dolci tirano sempre su il morale va bene? E poi penseremo ad una soluzione. Vedrai che ci tiriamo d' impiccio- Francis gli fece un sorriso rassicurante.
Nonostante la rabbia, la tristezza e più in generale l' umore sotto le scarpe, Arthur non potè che ricambiare fermandosi ad osservare più attentamente i lineamenti del suo interlocutore. In quel momento niente gli sembrava poi così tragico o impossibile e al contrario ogni cosa sembrava potersi risolvere da sè.
-Eppure- pensò ad alta voce manifestando un dubbio- è una cosa che non ti riguarderebbe. Potresti lasciami nella merda volendo.
Il francese rise:- Che modo volgare di parlare, mon cher. Sei proprio un teppistello. Ascolta: Uno, Francis Bonnefoy non lascia mai un amico in difficoltà. Due: ti ho sposato, mon cher, ho fatto un giuramento solenne. Nella buona e nella cattiva sorte- decantò teatrale- la mia vita è legata indissolubilmente alla tua, quindi se permetti questo è anche un mio problema. E per finire tre...
Il campanello suonò proprio in quel momento. Francis si diresse alla porta un po' crucciato, Arthur si afflosciò sulla sedia toccandosi il petto. Gli stava scoppiando.
-Tre... cosa?- gemette esasperato.

L' inglese si affacciò all' ingresso. Non appena vide i suoi fratelli parlare con Francis si nascose nuovamente in cucina spiaccicandosi letteralmente contro il muro. Voleva scappare. Come erano arrivati fino a lì?!
-Ti abbiamo seguito, idiota!- affermò Ian rispondendo involontariamente alla sua domanda- esci fuori, ti ho visto!
-Che bambino, si nasconde- affermò Eric fissando con aria apatica una foto sul mobile all' ingresso.
-Non mi stavo nascondendo!- berciò Arthur arrivando a passo di marcia- quando ci siete voi in giro la privaci va a farsi fottere.
-Alla faccia del gentleman...- fece Eric
-Suvvia- intervenne Francis con fare bonario- Arthur è un po' stressato. Le feste per le forze dell' ordine sono sempre un periodo più pieno di lavoro. La gente sembra impazzire delle volte.
Ian ignorando il francese oltrepassò i due andandosi a sedere su una poltrona. Francis ricordava vagamente i due fratelli maggiori di Arthur, all' epoca li aveva visti qualche volta fuori dalla scuola e aveva pensato che quel ragazzo fosse un gran figo. Però non vedeva la ragazza, doveva esserci anche una sorella da qualche parte.
-Arthur- iniziò Ian- sono incazzato nero. Ti sposi e non ci dici niente. Dovresti vergognarti.
Il biondo si chiese quando mai gliene fosse fregato qualcosa della sua vita.
-Voglio assolutamente vedere la pazza che ha avuto il coraggio di mettersi con te!- affermò risoluto.
A ecco, ora si spiegava tutto.
-Deve essere una cozza- continuò il rosso con quell' aria di superiorità che lo caratterizzava- altrimenti non mi spiego cosa ci abbia potuto trovare in uno come te.
-Ian, non essere ingiusto- affermò Jack- deve essere di sicuro una persona speciale se Arthur l' ha scelta.
-Oh sì- confermò Francis- è molto speciale. Lo è assolutamente. E' una creatura meravigliosa.
-Non... non esagerare frog- gemette l' inglese. Il vinofilo non perdeva mai l' occasione di tessere più o meno implicitamente le sue lodi ma forse si era scordato che non aveva uno straccio di moglie da presentare ai suoi fratelli. Ora quelli probabilmente si aspettavano una creatura degna di una favola.
-E allora?- chiese Jack- dov' è la tua mogliettina?
-Ragazzi- Arthur si girò verso la voce femminile che proveniva dal corridoio e vide una figurina arrivare a passi svelti verso di loro- fate silenzio, ok?- chiese gentilmente- Tonio e Gil dormono ancora.
-Eccola!- gridò Francis allungando le braccia verso la nuova arrivata e guardandola con occhi spiritati- ecco la moglie!
-Francis ma che stai dicendo?
-Vero che sei la moglie di Arthur?- domandò il francese a denti stretti indicando il diretto interessato.
La ragazza aggrottò le sopracciglia confusa, guardò prima Francis, poi quell' Arthur dall' aria disperata, infine i tre ragazzi. Cercò con tutta se stessa di capire la situazione. Il rosso sembrava un predatore pronto a divorarli tutti, poi c' erano i gemelli, uno tutto sorridente e l' altro in disinteressata attesa.
-S...sì- capitolò alla fine- sono la moglie di... Arturo.
Ian scoppiò a ridere:- Arturo?
Jack corse ad abbracciarla:- Che bello! E' un piacere conoscerti, noi siamo i tuoi cognati. E' un peccato che Grace non sia qui! Sai, è appena scappata con una brasiliana.
Arthur spalancò gli occhi. Sua sorella delle volte era proprio avventata.
Eric sbuffò chiedendosi come avesse fatto Arthur a sposarsi con una bella ragazza come quella.
Arthur poi guardò Francis e la ragazza riconoscente notando con un certo dispiacere che il francese si era tolto la fede dal dito. Lo aveva fatto per lui, ne era sicuro perchè quella mattina l' aveva vista.
-Cos' è questo casino?- domandò Gilbert seguito da Antonio- avete disturbato il mio magnifico sonno- Toh- continuò l' albino guardando Francis e Arthur- c' è il marit-
Il biondo aveva avuto la prontezza di riflessi di tappargli la bocca e trascinarsi entrambi gli amici in cucina:- Vi offrò qualcosa- disse sorridente rivolgendosi agli ospiti.








CIAO a tutti, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Credo che sia il primo che vede come diretto protagonista un personaggio esterno al trio. Ho inserito anche i fratelli Kirkland ad eccezione del Galles come vedete. L' idea mi è venuta vedendo l' immagine che ho messo a inizio capitolo, mi ha fatto venire in mente anche i caratteri dei personaggi anche se spero di rendere Scozia secondo l' idea che c' è di lui nel fandom. Personalmente lo adoro.
Secondo il mio punto di vista il ragazzo che sorride tutto allegro nell' immagine è Irlanda del Nord, il nome che ho scelto per lui è Jack.
Il gemello è ovviamente l' Irlanda. Il nome è Eric.
Specifico che i nomi in effetti non credo siano irlandesi, li ho scelti ad istinto in realtà, mi piacevano e li ho trovati adatti.
La ragazza vi dico subito che è fem!Spain perchè sì, amo Antonio in tutte le salse. Tranne quando gli fanno fare la parte di scemo del villaggio in certe fic.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13. Aria di famiglia ***


c nuovo btt
Aria di famiglia



Image and video hosting by TinyPic



La situazione sembrava sempre più disperata. Era come se una nuvola enorme di sfiga si fosse concentrata sulla loro casa. Francis in cucina aveva sibilato ai due amici di stare al gioco: Carmen e Arthur erano sposati. Punto.
Poi gli avrebbe spiegato tutto con calma.
L' ora successiva fu terrificante.
I fratelli Kirkland sembravano non volersene più andare. Jack, il più giulivo tra tutti, stava riempiendo i due sposi di domande.
In un primo momento Carmen e Arthur si guardarono incerti rispondendo con brevi monosillabi, poi il carattere vivace e spigliato della spagnola aveva preso il sopravvento finendo per monopolizzare la conversazione insieme al maggiore dei gemelli.
-Ma è da molto che siete sposati?- domandò Jack
-No, ma che. Nemmeno... uhm un mese- buttò lì la ragazza
Jack guardò prima la cognata e poi il gemello con aria sognante:- Ah, come avrei voluto esserci. Non è vero Eric? Non sarebbe stato bello esserci?
Il ragazzo dal canto suo fece un mezzo cenno, poco convinto tra l' altro, col capo, voltandosi poi ad osservare con interesse la televisione spenta.
-Ma raccontami tutto. Cioè, come vi siete conosciuti? Artie non mi ha mai parlato di te. Eppure ci sentiamo per telefono. Lo chiamo una volta a settimana minimo. Vero Artie che ti chiamo?
-Uhm... sì.
Jack era una suocera.
Antonio ridacchiò sotto i baffi per poi rigirarsi tra le mani il cellulare. Stupido Chris, era sparito all' improvviso e non si era nemmeno degnato di chiamarlo. Dove diavolo era finito? Era esasperante.
Gilbert tracannava impunemente caffè e mangiava come un animale:- Non vi dispiace vero? Non ho ancora mangiato. Il Magnifico deve tenersi in forma.- aveva domandato fregandosene delle occhiate ammonitrici di Francis.
-Eh, se no poi deperisce!- aveva detto Antonio ridendo. Lo spagnolo aveva sorseggiato il caffè limitandosi a un pezzo di dolce. Il pranzo non era lontano.
-A cosa ti riferisci?- aveva sbottato il tedesco- non certo ai miei cinque metri!
Antonio se possibile rise ancora di più. Ian li guardava scettico, sollevò un sopracciglio in segno di disapprovazione. Ma quanto erano stupidi?
-Figurati- fece l' iberico
Persino Jack si era fermato dalle sue ciarle per osservarli incuriosito come fossero animali strani e interessanti. Davvero divertenti quei ragazzi. Scommetteva proprio che lì non ci si annoiava.
-E allora?- incalzò poi rivolto a Carmen e ad Arthur
-Artu....Arthur è un tipo... riservato. Molto- iniziò la spagnola- penso che non volesse deludere la sua famiglia. So che ci tiene molto a voi.
Jack fece un sorriso mesto:- E' bello sentire queste cose.
Carmen incrociò involontariamente lo sguardo di Ian. La stava letteralmente fulminando:- Oh sì- iniziò il maggiore dei Kirkland- ci tiene immensamente. Mi complimento, conosci tuo marito molto bene. E dì, perchè non voleva deludere i parenti? Sei mica una sgualdrina?
Carmen spalancò gli occhi verdi. L' aria si era fatta sempre più tesa. Vide Antonio alzarsi, pronto probabilmente a fare qualche sciocchezza. La spagnola trattenne il cugino per l' orlo della maglietta.
-Dejarme*- le sibilò a denti stretti.
-Siediti Carriedo- la voce di Arthur tuonò inaspettata- Ian, non permetterti di usare certi termini con Carmen. Tu non la conosci. Se sei venuto qui per per insultare puoi anche alzare i tacchi e tornartene in Scozia.
-Era solo una domanda innocente- puntalizzò l' altro- dettata da semplice curiosità. Del resto mi pare ovvio. O tua moglie è una sgualdrina, una criminale o peggio un trans o non vedo il motivo di tanta apprensione nel non farne parola ad anima viva. Mi sono domandato lecitamente quale scabroso segreto nascondesse.
-Nessun segreto- chiarì il biondo- per il resto, sai perfettamente che i nostri rapporti sono tesi. Qualunque cosa io faccia tu trovi sempre di che dire. Perciò sono stato zitto e mi sono sposato. Punto. Non volevo rovinare il giorno del mio matrimonio con le solite dispute familiari.
Ian gli riservò uno sguardo indecifrabile, poi ironicamente disse:-Molto nobile da parte tua, Arthur. E dire che ti facevo un codardo.
-Ragazzi, perfavore- gemette Jack
-Non ti preoccupare, ho finito- gli disse Ian, poi sorridendo ferino continuò- da ora in poi me ne starò zitto e tranquillo ad ascoltare-
Nella stanza era calato il silenzio. Sembrava che Ian volesse banchettare usando come portate del pasto tutti i presenti.
Antonio guardava lo scozzese con astio, Gilbert aveva smesso di mangiare all' improvviso per poi ricominciare lentamente, con gesti quasi studiati. A interrompere il silenzio fu una parola di Francis che diede di nuovo via libera alla parlantina di Jack.
Alla fine della mattinata gli inquilini dell' appartamento numero tre erano esausti. Si riversarono tutti in cucina, Arthur compreso, per cercare di preparare il pranzo.
Tutti avevano i nervi a fior di pelle. Ian Kirkland era un uomo destabilizzante, di questo ne erano certi tutti quanti.
Arthur si accasciò sulla sedia:- Mi dispiace- affermò mogio.
-Non preoccuparti mon cher- Francis fece una risatina forzata- a noi piace il brivido dell' avventura, non mes amis?
Antonio annuì con un mezzo sorriso seppur riluttante. Nonostante gli attriti con suo padre, la famiglia era sacra e il fatto che quel deficiente avesse offeso sua cugina non gli andava per niente giù.
Gilbert assunse l' aria più spavalda che aveva:- Noi tre non ci facciamo intimidire da niente. Kesesese. Ti assicuro che abbiamo avuto a che fare con ossi ben più duri di tuo fratello. Lo staneremo e aggiungeremo un' altra magnifica esperienza al nostro curriculum di cattivi ragazzi di tutto rispetto.
Arthur annuì:- Grazie- poi si rivolse a Carmen- ti ringrazio infinitamente. E... mi dispiace di averti messa in mezzo. Nemmeno ti conosco. Mi scuso per le parole di quell' idiota di Ian.
La spagnola fece un sorriso ampio:- De nada, Arturo. Se posso rendermi utile sono contenta. Per quanto riguarda tuo fratello... bien**, di sicuro è un bastardo con la B maiuscola ma non mi scompongo più di tanto. E poi sono sicura che non sei tanto male come marito- scherzò allegra scatenando l' ilarità generale. Arthur dal canto suo era diventato rosso come un peperone esibendosi in una sequela di borbottii sconnessi

Antonio non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi Carmen davanti alla porta di casa. La ragazza era arrivata alla fine della festa del giorno prima. Carmen lo aveva chiamato sul cellulare pregandolo di scendere all' entrata. La sorpresa era stata davvero grande.
-Sono stata parecchio indecisa sull' entrare o meno- aveva spiegato dispiaciuta di fronte allo stupore del cugino.
Carmen e Antonio avevano un ottimo rapporto, la mora era più grande di un paio di anni ed erano cresciuti praticamente insieme, quasi in simbiosi, alla stragua di fratello e sorella. I loro padri erano fratelli e ogni domenica era abitudine pranzare insieme così come quella di trascorrere le estati nella casa di villegiatura al mare.
Carmen aveva accettato l' omosessualità del ragazzo di buon grado, non gli aveva voltato le spalle e probabilmente era la persona in famiglia che era stata più vicina ad Antonio all' epoca della rottura con i genitori.
-Saliamo a casa- aveva detto il moro prendendo le valigie.
Si erano chiusi nella stanza di Antonio attraversando l' appartamento ormai silenzioso.
La spagnola aveva avuto modo di salutare Francis in procinto di andare a letto, Gilbert non era in casa. Si erano già visti in passato. Carmen durante le precedenti visite aveva già avuto modo di conoscere i due ragazzi. A dire il vero era come se li conoscesse ancor prima del loro primo incontro, era impossibile del resto visto che Antonio le raccontava ogni singola cosa della sua vita, descrivendogli minuziosamente le sue giornate come se di fronte a lui avesse una specie di diario umano. Per questo motivo sapeva anche della cotta di Francis per un inglese che a detta di tutti era scorbutico e pieno di sè e del fatto che questi non aveva un buon rapporto con la propria famiglia. Ovviamente non conosceva tutti i dettagli, c' erano cose che per ovvi motivi il cugino non le raccontava.

Antonio si sedette sul letto e la abbracciò forte respirando l' odore dei suoi capelli:- E allora? Mi volevi fare una sorpresa per le feste o devo aspettarmi il peggio?
Carmen si spostò per guardarlo:- Non proprio il peggio- disse abbozzando un sorriso- però... ti spiacerebbe ospitarmi per un po'? Giusto il tempo di trovarmi un' altra sistemazione.
Antonio strabuzzò gli occhi e Carmen iniziò a spiegare cosa era successo di tanto grave da spingerla a lasciare la terra d' origine.
-Come sai ero riuscita a diventare l' assistente del professor Soler Diaz. E' un uomo molto interessante... e... e bello...
-Oddio non dirmi...
Carmen annuì:- Ho avuto una relazione con lui. Una volta ci hanno visti e sai com' è... le voci girano in fretta. Lui è sposato. Poteva venirne fuori uno scandalo. Anche per la nostra famiglia quindi qualcuno doveva andarsene. Indovina chi è stato quel qualcuno? Credo che in qualche modo abbiano messo a tacere tutta la faccenda ma io di sicuro non posso ritornare a Madrid quindi ho pensato di venire qua. Stavo soffocando. Non hai idea della reazione di mio padre. Credo di avere deluso tutti quanti.
Carmen iniziò a piangere come una bambina:- Dannazione, e dire che le cose sembravano essersi messe per il verso giusto. La casa editrice con cui ero riuscita ad entrare in contatto ha persino sospeso la pubblicazione delle favole che avevo scritto. E il libro... anche il libro, non lo vogliono più- Antonio la abbracciò stretta, le sussurrò un fiume lento di parole che la che cullarono come una ninna nanna.
-Sono sicuro che tutto si sistemerà. Noi Carriedo siamo testardi, no? Sei brava Carmencita quindi cerca di avere più fiducia. Mi hai sempre detto che a tutto c' è rimedio.
Carmen tirò su col naso:- Tranne che alla morte. Lo diceva sempre nonna Catalina.
-Che perle di saggezza, eh?- Antonio sorrise.
La mattina dopo Carmen si era svagliata prima di Antonio. Si sentiva più tranquilla, più fiduciosa nelle sue possibilità. Era una persona fondamentalmente ottimista quindi crogiolarsi nel passato e pensare in negativo non erano cose che potevano appartenerle. Le sarebbe bastato allontanarsi da tutto per un poco di tempo e l' affetto di Antonio per rimettersi in piedi.
Di certo non si sarebbe aspettata di essere coinvolta in una recita bizzarra quanto improvvisata.

Durante quel pranzo in particolare si preparò tutto nei minimi dettagli.
Francis aveva cucinato, quindi Gilbert e Antonio stavano lavando i piatti. Il francese in certe cose era piuttosto puntiglioso. Di tanto in tanto buttava un' occhiata al foglio scritto fitto fitto che aveva davanti.
-Il gelato preferito di Carmen?
-Cioccolato- sibilò Arthur
-Il numero di piede?
-Trentanove, idiot.
-Come vi siete conosciuti?
-Uhm... al parco.
-Sbagliato!- urlò Francis- vi ha presentati Antonio al locale di Sadiq. Carmen- disse poi rivolgendosi alla ragazza- il piatto preferito del bruco?
-Scones!- affermò la ragazza entusiasta.
-Brava! Vero che ha dei gusti barbari? Vero?
-Questa era facile- borbottò Arthur- e non ho dei gusti barbari!
-Va bene. Allora le chiederò qualcosa di più difficile. La parte del corpo di cui Arthur va più fiero...- disse malizioso
-Le sopracciglia ovviamente- rispose Carmen fissando dette sopracciglia e chiedendosi interiormente cosa diavolo ci fosse da andar fieri.
-Angleterre, veniamo di nuovo a te. Dimmi il giorno del vostro matrimonio
-Cos..? Ma... ma questa....ahaha...è... è facile- Arthur rise in maniera quasi isterica.
Non se lo ricordava.
Gilbert e Antonio se la stavano ridendo sotto i baffi. Sarebbe stata una cosa parecchio lunga.
 
Nel pomeriggio gli inquilini dell' appartamento numero tre stavano riordinando.
-Che casino- sbuffò Gilbert dopo aver riempito il secondo sacco di rifiuti nero
-E' stata una festa movimentata- concluse Antonio raccogliendo un altro paio di bicchieri e telefonando per l' ennesima volta a Chris.
Finalmente il cellulare squillava, poi dall' altro capo del telefono l' iberico sentì la voce cupa dell' altro.
-Finalmente!- esordì- ma che fine hai fatto?
-Scusa
-Sei sparito all' improvviso e nemmeno ti sei fatto sentire.
-Ti ho chiesto scusa. Mi sono sentito poco bene e sono andato via. Mi sono svegliato poco fa.
-Ma che hai avuto? Stai bene ora?
-Una piccola intossicazione, credo. Comunque sto meglio.
-Magari dopo vengo.
-No. Quando sto male non voglio nessuno tra i piedi. E poi ho del lavoro da fare.
-Ah- dire che Antonio ci era rimasto male era un eufemismo. Lo spagnolo assottigliò lo sguardo, la sua voce si era fatta dura all' improvviso- mi nascondi qualcosa?
Dall' altro capo del telefono sentì un lungo sospiro di Christoffel:- Non dire puttanate. No, non ti nascondo niente e non iniziare a rompere le scatole. Non mi piace la gente che mi sta col fiato sul collo per ogni cazzata. E comunque non mi pare di averti dato l' esclusiva. Non sei tu quello che si fa scopare da mattina a sera da chi capita?
Antonio rimae in silenzio, poi con voce piatta disse:- Giusto. Niente esclusiva. Anzi, visto che stai male e ho voglia di scopare mi troverò qualcuno. Ci sentiamo, Chris.
Antonio richiuse il cellulare e lo gettò malamente in un angolo. Chris era uno stronzo. Ma che credeva? Che si divertiva a fare la puttana?
E comunque non lo faceva più, non come prima almeno.

La festa era stata estremamente movimentata. Era stata qualcosa di epico.
Grandiosa e disastrosa allo stesso tempo.
Arthur non sapeva bene quante volte aveva rischiato si svenire di fronte all' alito puzzolente di zia Adeline che come se non bastasse parlava senza sosta delle cose più assurde. E sempre, sempre degli stessi argomenti.
Per il resto la famiglia di Francis, imbarazzo a parte, era gentile e cordiale.
La madre del francese era una bella donna, alta e magra, estremamente fine e ciarliera in modo elegante. Suo padre non poteva dirsi da meno. La cosa che colpiva di più era quanto quei due andassero d' accordo, quanto, dopo tanti anni di matrimonio si amassero ancora. Dovette ammettere di invidiare un po' il francese. Si vedeva che la sua famiglia era molto unita.
-E quindi Arthur ti stavo dicendo che mia suocera è una serpe. Arthur... Arthur... mi ascolti?
-Yes, Adeline, sono tutto orecchi- rispose il britannico cercando di trattenere il respiro.

Gilbert buttò di lato il sacco nero e andò ad aprire la porta ritrovandosi di fronte il russo.
Non immaginava che sarebbe venuto dopo tutto quello che era successo. O forse sì. Sì, in effetti era tipico di Ivan. Quando mai si arrendeva? Soprattutto se le cose iniziavano a girare in suo favore, nonostante i dovuti guai connessi.
La serata si era trasformata nel giro di niente in una rissa collettiva.
Non appena Natalia aveva aperto la porta dello sgabuzzino, dopo qualche attimo di pura immobilità, l' albino era sgusciato fuori urtando involontariamente la sorella di Ivan.
Natalia poi era caduta addosso a Vash il quale a sua volta era finito addosso a Roderich facendogli versare addosso la bibita che stava bevendo. Che tra lo svizzero e il pianista austriaco non corresse buon sangue era cosa risaputa.
-Lo hai fatto a posta!- aveva iniziato Roderich
-Non è vero. Sono caduto. E anche se fosse cosa avresti intenzione di fare?
-Non rivolgerti così al signor Edelstein- intervenne Elizaveta
Vash era scoppiato in una sonora risata:- Ti fai difendere dalle donne, ora?
-E se anche fosse?- aveva ringhiato la cameriera.
-Fratellone non litigare, ti prego- era intervenuta una giovane Lily
Per qualche motivo, per qualche parola di troppo, erano iniziate a volare prima le padelle, poi i bicchieri e il cibo, infine ogni oggetto presente nella stanza.
-Fratellone- aveva sibilato Natalia- ti ho chiesto cosa stavi facendo.
Ivan non aveva trovato niente di meglio che scappare dietro a Gilbert.
Avevano corso parecchio incuranti dell' aria gelida della notte. Si erano fermati solo dopo un pezzo, al centro di una piazza illuminata di una Stoccolma completamente deserta.
-Non possiamo tornare in quella bolgia infernale- aveva detto Gilbert col fiatone.
-Sono d' accordo.
Si sedettero su una panchina e si guardarono intorno, ognuno perso nei propri pensieri. Le strade quella notte erano proprio deserte, le finestre delle case tutte illuminate. Alcune espandevano nell' aria chiacchiere e profumi.
-Sai- iniziò Ivan sorridendo al vuoto- sono proprio contento.
Gilbert si girò a guardarlo in attesa che continuasse il suo discorso e chiedendosi dove volesse andare a parare.
-Credo che questo sia uno dei Natali più belli della mia vita- il russo lo fissò a sua volta regalandogli un ampio sorriso. Gilbert rimase a guardarlo. Si sentiva contento, era felice che Ivan fosse felice.- è il Natale più bello perchè sento di avere ... degli amici, diciamo. Sono contento che mi abbiate invitato alla vostra festa. C' era aria di famiglia là dentro. Sorrisi, abbracci, amicizia e tanto affetto. C' era gente che aveva voglia di stare assieme. Non è bellissimo?
Gilbert annuì. Sì era bellissimo e sarebbe stato perfetto se tra tutta quella gente ci fosse stato anche Ludwig.
Ma nonostante tutto andava bene così. Il discorso di Ivan lo aveva illuminato. Si sentiva grato per tutto ciò che aveva perchè se nella sua vita non fossero entrati Francis e Antonio probabilmente sarebbe stato una persona incredibilmente sola. Magnifica ma sola.
Quei due pazzi erano la sua famiglia e intorno a quella famiglia ruotava un mondo intero, talmente tante persone da riempire un piccolo appartamento al centro di Stoccolma.
C' erano legami, c' era affetto. Ivan aveva ragione.
E sì, era bellissimo.
-Da come parli- disse Gilbert- sembra quasi che tu non ce l' abbia una famiglia. Invece anche se ti lamenti tanto si vede che vuoi bene alle tue sorelle.
Il russo lo guardò stupito:- Voglio un bene immenso alle mie sorelle- rise- sono due piantagrane e mi danno un sacco di pensieri ma le adoro. Non riesco a immaginare una vita senza loro due. La riempiono, le danno calore. Yekaterina è una piagnucolona ma si impegna molto in tutto quello che fa. Si è buttata in un sacco di lavori non appena ha potuto mettere piedi fuori da casa per non dover dipendere dalla nostra famiglia. E poi è dolce e attenta. Si può dire che ha fatto da madre sia a me che a Natalia. Sono contento che abbia trovato un bravo ragazzo. Credo che quel canadese la renderà felice.- Ivan era entusiasta, poi si fece un attimo pensieroso prima di continuare-Natalia come vedi è una ragazza molto bella- sospirò- potrebbe avere tutti i ragazzi che vuole. E' molto testarda però la ammiro perchè è una donna forte. Non si fa mai abbattere. Cade e si rialza più fiera che mai.
Gilbert era convinto che il legame fra i tre fratelli era molto forte anche se ad un occhio esterno poteva sembrare il contrario.
-Però non capisco- intervenne il tedesco- perchè insiste a volerti sposare a tutti i costi. Non è...- gli venne un groppo in gola- naturale- concluse.
-Mh... non lo so. Vengo da una famiglia piuttosto ricca però mio padre ha insistito per impartirci un' educazione piuttosto spartana. I nostri genitori sono persone un po'... è brutto da dire, ma sono un po' ottusi. Sono severi e non amano molto la mondanità. Vivevamo in una villa enorme e fredda nel bel mezzo della neve. Non c' era niente, solo una distesa sterminata di neve. Il paese più vicino era a otto chilometri. Non lontano come vedi ma per dei ragazzini che non hanno moto o automobili è una distanza enorme. Uscivamo da casa solo per andare a scuola. Quando andavamo a Mosca per comprare vestiti e scarpe era una festa perchè finalmente potevamo vedere gente. Anche andare a scuola era bello ma farsi degli amici sembrava un' impresa titanica. Tutti ci stavano alla larga, la gente ci trattava con un miscuglio di timore e rispetto. Dio solo sa che assurde voci girassero sulla mia famiglia. Eravamo sempre noi tre con la mamma e il papà e qualche sparuta cameriera. Il mondo sembrava una realtà meravigliosa e lontana anni luci. Proibita. Intoccabile. Le feste erano tristi. Te l' ho già detto, i miei sono molto severi, nei nostri confronti non hanno mai avuto grossi gesti d' affetto, però si sono sempre aspettati grandi cose. L' abbraccio che non veniva da nostra madre ce lo dava puntualmente Yekaterina- sorrise- una volta Natalia ha urtato un vaso. Mia madre si è arrabbiata un sacco perchè era molto costoso e se qualcuno aveva rotto quel vaso secondo lei significava che non aveva il senso del denaro e non che magari non lo avesse fatto a posta. Mi sono preso io la colpa. Mi ha dato tante di quelle sculacciate che per giorni ogni volta che mi sedevo mi faceva male il sedere. Non so perchè Natalia si sia fissata con me. Forse perchè siamo vissuti da soli, forse perchè cercavo sempre di proteggere le mie sorelle. Magari mi ha visto come una specie di principe azzurro- ridacchiò- però come vedi non è stato molto semplice. L' università è stata una liberazione. Solo in quel momento, solo in quel momento ci è stato permesso di abbandonare la villa uno dopo l' altro.
-Come sei arrivato a Stoccolma?
-Con l' aereo!
-Dico sul serio, idiota!
-Bè, diciamo che è come se la pesante tutela dei miei si sia allentata all' improvviso con la maggiore età. Come se ci avessero insegnato quello che dovevano e ora spettasse a noi comportarci "moralmente". Ad ognuno di noi è stata data una cifra e ci è stato fatto un discorso, mio padre ci ha detto "fate fruttare questi soldi. Quando morirò non dividerò equamente il mio patrimonio tra di voi. Tutto andrà al migliore. In questi anni vi abbiamo insegnato la disciplina, la morigeratezza e le qualità morali che dovrebbero essere di ogni uomo. Ora siete liberi. Il mondo è la vostra prova finale, comportatevi rettamente e non deludeteci."
Gilbert fece una smorfia:- I tuoi sembrano di un altro secolo.
-Già. Comunque Yekaterina ha finito tutti i suoi soldi per fondare un paio di associazioni benefiche mentre Natalia credo che li abbia semplicemente conservati, non so. Io invece ho fatto un paio di investimenti in Europa.- Ivan si spostò accanto all' albino e gli prese la mano.
-Che diavolo stai facendo?!
-Fa freddo. E poi poco fa ho fatto ben altro e di certo non ti sei lamentato.
-Mpf. E va bene ti concedo l' onore di riscaldarti tenedo una delle mie perfettissime mani.
-Sono contento di averti incontrato, Gil. Tu mi ricordi la Russia.
-Ma non avevi detto che odiavi casa tua?
-E' impossibile. Forse ti ho fatto intendere il contrario ma io amo la mia terra, vorrei solo che fosse un po' più calda. Sei mai stato a Mosca? E' bellissima. E poi non ci sono solo ricordi brutti. Giocare a palle di neve è fantastico. E con Natalia e Yekaterina facevamo sempre le gare per il pupazzo più bello rubando le carote dalla cucina.
Gilbert fece un mezzo ghigno:- Sei ancora un moccioso.
-Non dire queste cose- piagnucolò Ivan
-Ah, è perchè ti ricorderei das Russland***?
-Perchè sei tuuutto bianco.
-Di solito la gente mi evita per questo fatto.
-E' perchè?
-Sono bianco come un fantasma e ho gli occhi rossi, stupido. Sai le prese per il culo quando ero un marmocchio? Oppure le maestre che pensavano che fossi una specie di malatto. Oddio, di questo magari me ne approfittavo anche ma per il resto non è che sia stato troppo piacevole.
-Secondo me invece sei bellissimo. Sei di un bello che è unico. Che è straordinario. Sei etereo. La prima volta che ti ho visto ho pensato che fossi intoccabile, che non fossi di questo mondo. Mi sono chiesto che creatura magica fossi. Dio, angelo o demone? Per quanto ne so potresti essere tutte e tre le cose. Ma sei affascinante, nel senso che incanti la gente, che è impossibile non guardarti. Come se facessi un qualche incantesimo, ecco.
Gilbert rimase di sasso, poi sghignazzò:- Lo sai? Anche io la penso così. So di essere straordinario ma la gente non lo capisce. Io le so queste cose ma... è anche bello sentirsele dire.
Era vero, Gilbert sapeva di essere bello, di essere se non unico per lo meno raro ma la gente non lo capiva affatto. Era raro che qualcuno lo accettasse, pochi quelli che lo facessero in maniera sincera. Per questo si imponeva con la sua personalità straripante, chiacchierona, egocentrica e un po' prepotente. Così facendo la gente si scordava del suo aspetto fisico e si concentrava sul suo carattere, a volte ridendoci su e trovandolo simpatico, altre detestandolo. Ma almeno si dimenticavano del resto.
In quel condominio per esempio ci stava bene e questo per il semplice fatto che quel posto era un covo di gente bizzarra. Lo adorava.
In quel momento Ivan lo aveva reso felice. Nonostante lo spiccato egocentrismo non era mai arrivato a definirsi ultraterreno e di sicuro non glielo aveva mai detto nessuno.
Non l' aveva mai pensata in quei termini.
-E poi- stava aggiungendo il russo- sembri anche un girasole perchè straripi di vita. Il tuo modo di fare è come un insieme di colori forti, quasi accecanti. In un paese gelido come il mio capisci bene che un girasole è qualcosa di meravigliosamente vivo e colorato.
-Sì sì, ma ora smettila con tutte questa smancerie. Lo so di essere magnifico, kesesese.
Gilbert non avrebbe mai pensato che poteva essere piacevole stare svegli fino al mattino e vedere sorgere il sole, tiepido e piacevole, in una città che sembrava essersi fermata a posta per farlo chiacchierare tranquillamente con Ivan.







SECONDO IL TRADUTTORE XD
*Lasciami
** bene.
*** la Russia

CIAO  a tutti, vorrei solo dire che spero che NyoSpain venga bene e non sembri una Mary Sue perchè sto cercando semplicemente di declinare al femminile il carattere di Antonio sempre sperando che non sia troppo OOC. Se poi il nostro spagnolo è bello, bravo e gentile e strafigo io poco ci posso fare.
Ovviamente a tempo debito verranno spiegate tante piccole cose.
Poi prendete questa ff per quello che è, una storia fantasiosa che non ha alcuna pretesa di aderire alla realtà, mi rendo conto che certi fatti siano assurdi, ma questo penso si sia capito.
Infine, se vi va, ho iniziato un' altra long, più seria, rispetto a BTT, il titolo è "Only Hope"

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1117527