Bad Touch Trio di FairyQueen_Titania (/viewuser.php?uid=194595)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Appartamento n. 3 ***
Capitolo 2: *** 2. Gilbert, il Magnifico Lui. ***
Capitolo 3: *** 3. Antonio, ricordi. ***
Capitolo 4: *** 4. Francis, quando una rana e un bruco... ***
Capitolo 5: *** 5. Dov' è lo sposo?! Questo è un giorno di rivelazioni! ***
Capitolo 6: *** 6. Quello che non ti ho detto. ***
Capitolo 7: *** 7. Incontra la tua anima gemella: due cuori e una villa al mare. ***
Capitolo 8: *** 8. Come annullare disperatamente un matrimonio ***
Capitolo 9: *** 9. Se parcheggi in divieto di sosta... ***
Capitolo 10: *** 10. Casse di pomodori con sorpresa ***
Capitolo 11: *** 11. Diario del Magnifico me: C' è un russo sotto al vischio ***
Capitolo 12: *** 12. Diamo il benvenuto ai fratelli Kirkland ***
Capitolo 13: *** 13. Aria di famiglia ***
Capitolo 1 *** 1. Appartamento n. 3 ***
long su bad trio
Bad Touch Trio
Appartamento n.3
Alle
10:30 di un grigio sabato mattina come tanti altri l' appartamento
numero tre del terzo piano era immerso nel silenzio più
discreto. In cucina c' erano ancora il caos di piatti e ingredienti
della cena preparata la sera prima mentre nel salotto, al contrario,
regnava un perfetto ordine già visibile nella penombra. Su
una mensola della libreria ricca di libri le foto di tre
ragazzi immortalati nelle pose più assurde e
più varie facevano mostra di sè. Attraversando il
corridoio un leggero ronfare proveniva dalla prima porta socchiusa
sulla destra.
La sveglia sul comodino suonò emettendo un bip continuo,
Francis si rigirò nel letto arrancando con la mano destra
verso la fonte di quel rumore irritante.
Bip, bip, bip. Non la trovava.
Finalmente, dopo qualche minuto di vani tentativi di metterla a tacere,
cadde di nuovo il silenzio.
Che poi, si chiese, perchè diavolo aveva puntato la sveglia?
Si girò dall' altro lato dando le spalle all' oggetto
indeciso se alzarsi o no. Si fosse ricordato almeno il
perchè!
Il suo cervello macinava.
Doveva preparare la colazione? Troppo tardi.
Il pranzo? C' erano gli avanzi della sera prima.
Forse doveva andare al lavoro? Impossibile perchè il suo
turno non iniziava mai a quell' ora.
Si stava riaddormentando quando la porta della sua stanza si
aprì con un tonfo secco e la voce gracchiante di Gilbert gli
perforò le delicate orecchie come un trapano.
-Ci butta fuori di casa...o cazzo, cazzo, cazzo... sveglia Francis!
Cazzo... si sposa! Com' è che si sposa?- l' albino andava
correndo in mutande per la stanza aprendo le tende e tirandogli le
lenzuola e non ultimo, gracchiando frasi sconnesse.
Francis si mise seduto sul letto con uno scatto e lo guardò
ancora assonnato saltare verso la stanza di fronte e ripetere lo stesso
teatrino.
-E che schifo!- lo sentì sbottare- Tonio vestiti e butta
fuori questo tizio!
Francis si alzò indolente dal letto ricordandosi
perchè avesse puntato la sveglia. Guardò il
dispay e sbiancò.
-Mon dieu! Siamo in un mostruoso ritardo!- scappò verso il
bagno urlando di sbrigarsi. Quando abbassò la maniglia lo
trovò occupato- fammi entrare o non riuscirò a
farmi bello in tempo per la cerimonia!
Sentì il clic della chiave, la porta finalmente
aprirsi, la testa di Gil fare capolino sull' uscio:- Sbrigati a farti
bello.
Francis si infilò subito sotto il getto della doccia, Gil
davanti allo specchio si aciugava i capelli bagnati con un
asciugamano:- Antonio?- domandò
-Che?
-Antonio?!- chiese più forte.
-Non l' hai svegliato tu?
-L' ho svegliato ma non l' ho visto alzarsi.
Gilbert uscì fuori dal bagno sbuffando, "ma guarda cosa deve
fare la mia magnifica persona", pensava bloccandosi a metà
del corridoio giusto in tempo per vedere Antonio salutare il tizio che
aveva dormito con lui la notte precedente.
-Vatti a lavare che si è fatto tardi- gli disse infilandosi
nella propria camera
Il castano fece come gli era stato detto raggiungendo Francis sotto la
doccia. Il biondo sorrise ammicando:- Antonio...
Il ragazzo tirò indietro la testa scoppiando in una sonora
risata:- Non c' è trippa per gatti, amico. Ho già
dato e anche parecchio.
Francis aggrottò le sopracciglia e gli insaponò
la testa iniziando a lavargli capelli:- Dovresti smetterla di vivere
così. Non ti fa bene.
-Cosa c' è di diverso da quello che fate tu o Gilbert?
-Io non mi porto gente a letto a tutte le ore del giorno-
puntualizzò il biondo- e nemmeno Gilbert. E in ogni caso
quando ci capita di incontrare qualcuno lo facciamo perchè
siamo attratti davvero da quella persona. Io amo le donne o gli uomini
con cui vado a letto.
-Non puoi amare uno che hai appena conosciuto e che non vedrai
più- puntualizzò Antonio.
-Antonio- Francis si limitò a sospirare lasciando l' altro
nella doccia.
Francis, Gilbert e Antonio si conoscevano ormai da tra anni, un numero
che nella loro vita, proprio da quando avevano iniziato a frequentarsi,
ricorreva piuttosto spesso. Si erano conosciuti nel locale notturno in
cui lavoravano ed era stato immediatamente un colpo di fulmine. Erano
diventati subito amici e sembravano conoscersi da tempo. Tra loro non
c' erano mai stati segreti, giudizi o inibizioni e praticamente subito
avevano deciso di andare a vivere insieme. Dopo molto girare, avevano
trovato un piccolo appartamento vicino al centro di stoccolma.
Terzo piano, numero tre. Si erano guardati in faccia e si erano fatti
un sacco di risate. Era perfetto per loro. L' unico problema, per
così dire, era la coppia che abitava di fronte a loro,
ovvero il grosso svedese proprietario dell' appartamento e sua moglie.
No, non sua moglie a dire il vero. Il suo compagno, forse. Ma di questo
i tre non ne erano nemmeno sicuri. Il fatto era che lo svedese, un tipo
che sembrava sempre arrabbiato e sul punto di pestarti, condivideva la
propria casa con n ragazzo finlandese, che al contrario pareva gentile
e indifeso. Tutto poteva sembrare normale, non fosse che lo svedese,
Berwald, si ostinava a chiamare l' altro ragazzo, Tino, moglie.
Ecco. Era questo il fatto.
E quei due quel sabato mattina si sposavano.
A Gilbert sembrava una cosa incredibile, non faceva altro che chiedersi
com' è che Tino non avesse paura di quel gigante.
Oltre ad affittargli la casa, Berwald -architetto con la fissa dle fai
da te- gli aveva anche messo a disposizione i mobili rigorosamente
acquistati all' Ikea.
E chi rompe paga, li aveva redarguiti facendogli venire un groppo alla
golla.
Soldi, ovviamente, li aveva rassicurati Tino. Berwald di norma non
pestava nessuno.
-Ci sbatterà fuori di casa!- urlava Gilbert in preda al
terrore mentre intimava a Francis di pigiare sul dannato accelleratore.
-C' è traffico, Mon cher- gli fece notare l' altro.
-Chi se ne frega! Se avesse guidato il Magnifico me a quest' ora
saremmo già arrivati. Quello se arriviamo tardi ci butta
fuori di casa e ci pesta.- L' albino si fermò un secondo
recuperando apparentemente la calma- non che io abbia paa, eh. Lo dico
per voi, non vorrei venirvi a trovare all' ospedale.
-Non ti preoccupare, Berwald è una persona tranquilla-
sorrise Antonio.
Quando misero piede in chiesa, tutti trafelati, la sposa era
già all' altare.
I tre ragazzi storsero il naso avanzando lentamente verso i primi
banchi.
-Ma quindi Tino si vestita da sposa?- chiese Antonio facendosi largo
tra due vecchiette.
-Mi sembrava che ci tenesse alla sua... uhm... virilità-
disse Gilbert dubbioso.
Dopo qualche secondo Francis fece:- Io l' ho accompagnato a comprare lo
smoking bianco.
Si guardarono tutti e tre mentre una nonnina palpeggiò il
sedere di Francis ghignando.
-Madame- fece dopo qualche secondo, con un sorriso amabile sul volto-
potrebbe togliere la mano dal mio fondoschiena?
-E' bello sodo- si giustificò la nonnina.
-Tu diventerai così- gli sussurrò Antonio in un
orecchio.
Francis fece finta di non sentire e chiese:- Chi si sposa.
-Albert e Maddalena, no?- disse lei con ovvietà
-Ma certo- acconsentì il ragazzo sgusciando via assieme agli
altri due.
Gilbert si schiaffò una mano sulla faccia:- Come cazzo
abbiamo fatto a sbagliare chiesa.
-Io sono solo andato all' indirizzo scritto sul biglietto
-Fammi vedere- disse Antonio, poi sospirò- questo
è l' invito a un altro matrimonio.
-Ma perchè si sposano tutti ora? Cos' è, la
stagione degli amori?- gridò Gilbert
-Dobbiamo tornara a casa, prendere l' invito giusto e andare finalmente
in chiesa- ricapitolò Antonio sedendosi sui sedili
posteriori della piccola auto.
-Secondo me dovremmo iniziare a selezionare i matrimoni a cui andare e
quali no- ponderò Gilbert- è troppo dispendioso.
-A parte che a questo ci dovremmo andare per forza, non puoi fare una
selezione dei matrimoni- iniziò scandalizzato Francis- sono
tutti riti d' amour, nessuno è meno importante dell' altro.
I tre, insomma, erano un gruppetto strano ma piuttosto affiatato e ben
assortito, problematici forse per chi vi aveva a che fare. Antonio era
uno spagnolo particolarmente allegro e spensierato. Francis un francese
che aveva come credo supremo l' amore in tutto le sue forme ed
espressioni, Gilbert, infine, un tedesco particolarmente chiassoso ed
egocentrico.
In comune avevano la voglia di divertirsi e far baldoria, un innato
egoismo e la voglia di essere giovani. Poi c' era qualcosa che li
teneva uniti ma che nessuno, neppure loro, avrebbero potuto sapere
descrivere o definire. Si erano, semplicemente, cercati e trovati.
-Devo farmi una doccia!- urlò Francis non appena varcarono
la soglia dell'appartamento.
Antonio lo afferrò per la collottola prendendo nello stesso
tempo l' invito:- Te lo scordi.
-Ma sono tutto sudato!- si lagnò l' altro.
-Andiamo!-urò Gilbert alla fine.
Al comune arrivarono solo alla fine della cerimonia. Una volta al
ristorante lo sposo si avvicinò al loro tavolo accompagnato
dal consorte.
-Non vi ho visti in sala.
-C' eravamo!- disse Gilbert con foga alzandosi e facendo cadere la
sedia per terra.
-Non ne dubitiamo- si intromise Tino- Ber- aggiunse rivolgendosi al
compagno- c' era un sacco di gente, è normale che tu non li
abbia visti.
-Mh.
-E' vero, è vero- annuirono con foga i tre ospiti.
-Ah, dobbiamo dirvi una cosa- aggiunse poi Tino sorridendo dispiaciuto-
ecco... noi... noi avremmo deciso di vendere l' appartamento.
-Vi trasferite?- chiese Antonio dispiaciuto.
-Il vostro appartamento- puntualizzò lo svedese.
-Il vostro appartamento cosa?- chiese Gilbert con stizza visto che
aveva iniziato a perdere il filo del discorso.
-Abbiamo venduto il vostro appartamento- disse lapidario Berwald.
-...
Francis svenne.
Dopo una concitata rianimazione del francese, si potè
riprendere un discorso.
Tino era sempre più dispiaciuto:- Scusate ragazzi ma era una
proposta molto conveniente. C' è un russo che ha comprato
praticamente tutto il palazzo. Gli unici appartamente che rimangono dei
vecchi proprietari sono il nostro e quello dell' austriaco al piano di
sopra.
-Tsè, guarda caso- soffiò Gilbert incrociando le
braccia.
-Ma è una bravissima persona- si affrettò a
rassicurarli Tino- ci ha assicurato che non vi caccerà via.
-E potete tenere i mobili- aggiunse Berwald come se quella fossa la
cosa più importante tra tutte.
-Grazie- rispose Antonio.
-Ecco, guardate, si avvicina. Ve lo presento così vedrete
che ho ragione- affermò Tino per poi tornare indietro con un
ragazzo alto e dal sorriso infantile.
-Non sembra cattivo- sussurrò Antonio.
-Ciao a tutti, io sono Ivan il vostro nuovo padrone- si
presentò il ragazzo.
-... di casa- aggiunse Francis.
-Da, di casa- confermò il russo con uno sguardo strano-
spero che diventeremo amici. Sapete, io mi sono sempre sentito molto
solo in Russia.
-E' pazzo!- urlava Francis facendo su e giù nel bagno degli
uomini- E' pazzo.
-Inquietante- rincarò Gilbert appoggiandosi al lavello- ma
il Magnifico me non ha paura... kesesesese.
-Non vedo dove sia il problema onestamente. A me non sembra tanto male.
E poi abbiamo ancora la nostra casa.
Quel matrimonio era stato un miscuglio di nazionalità, c'
era gente proveniente da tutto il mondo. C' era il russo proprietario
dell' immobile e le sue sorelle, un danese casinista con cui Gilbert
aveva subito fatto amicizia, un norvegese che di tanto in tanto
picchiava il ragazzo e poi il suo fratellino che si portava n uccello
sul dorso della mano. C' era un polacco vestito di rosa e poi un
estone, un lituano e un lettone che sembravano tenersi a debita
distanza dal russo. Da qualche parte qualcuno diceva che vi fosse
persino un canadese ma nessuno del trio lo aveva visto.
---------------
Ciao a tutti, questa è la mia prima ff, spero che vi piaccia
e di ricevere i vostri commenti. Il primo capitolo è
piuttosto introduttivo anche se per certi versi piuttosto in media res,
già inizia a sorgere qualche domanda.
Non avete idea di quanto ci ho impiegato tra html e immagine,
è stato assurdo O_O
Bè, che dire... spero vi piaccia.
Disclaimer: Hetalia e i suoi personaggi non mi mi appartengono. Non
scrivo a scopo di lucro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 2. Gilbert, il Magnifico Lui. ***
c.2 bad trio
Bad Touch Trio
Gilbert
Il Magnifico lui
15 Novembre 2011
Diario del Magnifico Me.
Kesesese....
Oggi ho sabotato il
toast con le verdure di quello stupido austriaco. Assieme a Francis ho
teso un' imboscata al fattorino e mentre Francis lo distraeva ho messo
la salsa piccante nel toast.
Kesesese... gli
è andata a fuoco la lingua.
Lo so perchè
abbiamo piazzato delle microspie nel suo appartamento, solo nella
cucina e in un altro paio di stanze. Non voglio sapere cosa fa in
camera da letto... ammesso che faccia qualocsa.
Casa sua ha uno stile antiquato e ci sono un sacco di vecchi strumenti
musicali, in pratica è adatto a un vecchio tirchio come lui.
Però devo ammettere che è molto luminoso e che il
pianoforte a coda nella sala enorme che fa da ingresso è
parecchio scenico. Gli deve essere costato parecchio. Poi ha libri e
spartiti dappertutto, in questo ingresso due pareti sono occupate da
librerie massicce, una da una grossa vetrata, la quarta invece non
riesco a vederla da dove è piazzata la microcamera.
Comunque non si sposerà mai, poco ma sicuro. Chi lo vorrebbe
uno così?
Quel riccone si
è anche preso una cameriera... e poi risparmia sulle
mutande. Tch.
Ora devo andare, Antonio
ha cucinato la paella.
Gilbert sorrise nel leggere la sua ultima impresa, poi chiuse a chiave
la porta e accostò le tende alle finestre della propria
stanza, accese la lampada sulla scrivania e prese una pagina pulita
stirandola ben bene con le mani. Sospirò irritato prima di
iniziare a scrivere.
20 Novembre
Caro diario oggi sono
giù di tono. Mi sento seguito da una presenza inquietante.
Che resti tra noi ma... mi fa paura. Non dirlo a nessuno, eh! Mi fa
paura quasi quanto l' idea di essere dimenticato. Non dire a nessuno
nemmeno questo.
Lo so che sono bello,
giovane, aitante, ingegnoso, intelligente, simpatico, modesto,
altruista eccetera eccetera...
Sono così
magnifico che persino la cosa più magnifica impallidirebbe
al mio confronto, però a volte vorrei essere un pochino
-giusto un po'- meno magnifico perchè mi rendo conto di
attirare gente strana.
Insomma... guarda chi
sono i miei coinquilini!
Il suo nasone spunta
ovunque. E' la prima cosa che vedi. Come diavolo si può
pretendere di passare inosservati con un naso grosso come il suo?!
Parlo del russo, diario.
L' ho già detto che è inquietante?
Si è
trasferito al quarto piano e il giorno stesso in cui è
arrivato si è autoinvitato a cena da noi. Era venuto per
chiedere lo zucchero, è entrato, ha sentito odore di roba da
mangiare e si è seduto a tavola sorriderndo come un
baccalà.
"Allora mangio qui 'sta
sera, da?" ha detto.
Ho provato a ribellarmi
con tutte le mie forze ma lui ha messo il broncio dicendo che ero molto
scortese col
nuovo proprietario dell' appartamento.
Bastardo, bastardo,
bastardo. Non nego che mi ha solleticato la magnifica idea di
avvelenarlo.
Quel "da" è
una maledizione, ci scommetto. Rafforza l' ascendente -e il timore- che
incute nella gente. Non alla mia magnifica persona.
Diario, ho l'
impressione forte che, per dirla in due parole, siamo nella merda.
20 Novembre bis
Questa è una
tragedia! E' venuto al locale. Al lo-ca-le! Quando me lo sono visto
seduto al bancone ho buttato a terra la bottiglia di rum che avevo in
mano. Ovviamente Sadiq la vuole ripagata. L' ho fatta mettere in conto
al russo, kesesese, in fondo è colpa sua se si è
rotta.
-Che diavolo ci fai
qui?!- forse ho urlato un po' troppo forte perchè nonostante
la musica a palla un botto di gente si è girata a
guardarmi. Mi sono guardato in giro sorridendo per ammaliare i presenti
con il mio magnifico fascino e far dimenticare l' accaduto. Ho anche
salutato qualcuno con la mano come fa la regina Elisabetta.
Lui ha sorriso. Quando
mai non lo fa? Quando?
-Sono venuto a trovarti-
mi dice, poi si è messo con quell' aria da cane bastonato-
mi sentivo solo. Non conosco nessuno.
-Nemmeno me! Nemmeno me.
Vai via, sciò, smamma.
Lui ha sorriso, di
nuovo:-
Dammi una vodka.
In testa gliela stavo
dando la vodka, con un colpo magnificamente assestato sulla sua testa
bacata, ma Sadiq mi guardava e allora ho dovuto versargliela nel
bicchiere.
-Sai, sono molto timido-
e giù tutto il bicchiere in una volta sola
-Non si direbbe, idiota
-Perchè mi
offendi, Gil?
-Non chiamarmi Gil. E
smamma. Quanti anni hai? Ce l' hai l' età per stare qui?
Quella anagrafica almeno, perchè su quella mentale avrei
qualche dubbio, kesesese.
-Ho vent' anni- mi dice
fiero di sé.
-Senti- inizio sentendo
una cliente chiamarmi dall' altro lato del bancone- io devo lavorare,
non ho tempo di farmi una chiacchierata.
-Allora ci vediamo
domani a pranzo. Ti passo a prendere a ti porto in un bel posto.
Lo guardo andar via, mi
auguro di aver sentito male perchè l' attimo dopo inizio a
bestemmiare e a inveire contro quel grassone.
"Ho le ossa grandi", mi
aveva risposto durante la cena quando gliel' ho detto per la prima
volta.
21 Novembre
Non mi sono fatto
trovare a casa. O meglio, ho passato la giornata
nascost a
dormire sotto le coperte.
23 Novemre
Ho dormito due giorni,
come i ghiri. Non mi sono nascosto. Oggi però il russo
è venuto, lo ha fatto sempre in questi giorni, è
schifosamente ostinato, e ad aprirgli è stato Antonio.
NOTA: Ricordarsi si
ammazzare Antonio.
Antonio gli ha detto che
"sì, Ivan, Gil è a casa, dovrebbe essere in
camera sua. Accomodati pure"
-Gil- era una mia
impressione o da sotto quattro strati di coperte e un piumone stavo
sentendo quella voce?- non sei venuto a pranzo con me- si siede sul
letto che affonda. Affonda!- sei stato scortese, potevo avvertirmi che
stavi male.
Tossisco, tossisco
tantissimo. Sono un attore magnifico:- Sto male, malissimo. Sono
contagioso, forse sto morendo. Meglio se te ne vai.
Si sporge su di me,
sento il suo respiro contro i ciuffi di capelli che escono dalle
coperte:- Non essere esagerato, avrai solo un po' di febbere.
Mi tolgo le coperte di
dosso e mi sposto, mi guardava stupito, mettendomi seduto dal lato
opposto del letto. E sì, ho un matrimoniale, diario. La mia
magnifica persona ha bisogno di spazio per muoversi.
-Non sto male- urlo, gli
punto il dito contro- ti sto evitando, idiota di un russo!
-Perché?-
chiede con tranquillità, come se non avesse colto il fatto
che il mio intento fosse stato quello di ferirlo e possibilmente farlo
scappare a gambe levate.
-Perchè...
perchè tu sei poco magnifico per un tipo magnifico come il
sottoscritto. Kesesese.
-Ma non penso proprio.
Ho anche un sacco di soldi.
Ecco, la gente
così, che crede di essere importante solo perchè
ha i soldi che gli escono dal culo, mi fa schifo:- Sei poco magnifico,
specie dopo una sparata del cazzo come questa. Non me ne fotte niente
dei tuoi soldi.
-Pensavo che per te
fosse una cosa importante- si giustifica- intendo... una buona
posizione sociale, un bel conto in banca... fanno gola a un sacco di
gente.
-Non a me. Io me le
voglio guadagnare queste cose.
-Lavorando in un locale
notturno di dubbia moralità?
-Sì!
Che può
saperne lui o la gente che ci giudica, in genere, di quello che
facciamo io, Antonio e Francis? Che diavolo ne sanno? Perchè
la gente ha la pessima abitudine di puntare il dito. Io studio storia,
ma ovviamente Ivan questo non può saperlo, come non
può sapere il fatto che non vedo mio fratello da due anni e
che mi manca da impazzire. O che Francis studia all' Accademia di Belle
Arti e segue anche un corso di fotografia o che Antonio non va d'
accordo con i suoi ma che fa agraria per potere dirigere al meglio, un
giorno, le sue proprietà in Spagna. Ammesso che ci ritorni.
Ammesso che ognuno di noi riesca a ritornare a casa.
La verità
è che cerchiamo la felicità e un poco di
tranquillità perchè alle spalle abbiamo lasciato
passato, terra e famiglia ritrovandoci assieme in una città
che ci ha accolto, più o meno sbandati e pieni di problemi.
Lo sai qual'
è il nostro sogno più grande, quello che abbiamo
in comune e che va oltre i nostri singoli desideri? Quello di aprire un
locale, uno vero, uno bello che abbia il sapore dell' amicizia e della
famiglia.
-Non mi giudicare- gli
dico senza rendermi conto che ci siamo alzati in piedi
-Tu sei il primo che lo
fa, Gilbert- mi dice-pensi che voglia comprarti ma ti sbagli. Ti sbagli
di grosso.
Alza i tacchi
richiudendosi la porta della mia stanza alle spalle.
Il discordo con quello
stupido russo ha fatto riaffiorare vecchi ricordi e piccole ferite che
tento a non considerare. Se non ci pensi non fanno male, no?
Ora vado, Francis sta gridando come una checca isterica
perchè Antonio ha finito tutta l' acqua calda. Kesesese.
Quanto siamo scemi...
24 Novembre
Una pazza si aggira per
il palazzo con una padella in mano. Ho un bernoccolo enorme sopra la
testa e credo che c' entri qualcosa quell' autriaco cretino
perchè la padellara urlava qualcosa di insensato a proposito
di un toast e del "signor Roderich"
Devo indagare.
NOTA: Sabato mattina
dobbiamo andare a fare la spesa. Comprare assolutamente:
-La pinzetta per le
sopracciglia perchè Francis inizia ad avere una foresta in
mezzo agli occhi
-Preservativi
perchè se no rischiamo di ritrovarci Antonio incinto o
più probabilmente padre
-Ritirare le mie foto
formato gigante
-Andare al club di lana
e ricamo per prendere guanti e cappello.
25 Novembre
Il russo non si
è visto. Nel senso che non mi pedina più. L' ho
incrociato sulle scale ma ha fatto finta di non vedermi. Non che mi
dispiaccia, solo che mi chiedo come sia possibile non vedere il
Magnifico Me. Avrebbe dovuto inventarsene una migliore. Antonio ha
mischiato bianchi e colorati e ora abbiamo tutte le mutande rosa.
NOTA: Ricordati di nuovo
di uccidere Antonio.
26 Novembre
Antonio è
tornato a casa con un occhio nero, di nuovo. Non vuole dirci che
diavolo sta succedendo. Non mi piace il genere di vita che fa,
finirà per cacciarsi ne guai. Seriamente, non quelli in cui
ci mettiamo di solito. Io e Francis questa sera abbiamo deciso di
parlargli.
----------------
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Vi ringrazio
per il caloroso sostegno che mi avete dato con il primo, spero di non
deludervi. Questo e i prossimi due capitoli saranno dedicati
singolarmente ai tre protagonisti, poi spero di poterli allungare e
iniziare a intrecciare meglio la storia. Nel caso di Gilbert, ma solo
per questa volta, ho usato il diario. Lo trovo adatto al personaggio,
spero di non aver fatto una scelta sbagliata. Il linguaggio molto
colloquiale e vicino al parlato, così come la differenza di
tempi verbali è una cosa voluta per cercare di rendere l'
immediatezza con cui si scrive un diario. Ricordo che la storia
è a rating arancione, ciò vale sia per il
linguaggio non proprio pulito che per certe scene.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** 3. Antonio, ricordi. ***
c. 3 bad trio
Bad Touch Trio
Antonio
(ricordi)
Estate
2008, Spagna
-Quindi
sei bisessuale...-il padre di Antonio fece spalluce come se la cosa
fosse di poco
conto- non fa niente- disse dopo una breve pausa soppesando le parole-
tanto
le ragazze ti piacciono- alla fine abbozzò un
sorriso convinto di avere trovato la soluzione al problema e si
rilassò prendendo il cucchiaino sul tavolo per mangiare il
gelato al
pistacchio. La moglie, al suo fianco, invece aveva un aspetto stanco.
Antonio si era confidato con lei, giorni addietro, e Isabella,
nonostante fosse consapevole del carattere rilassato e tranquillo del
marito, non pensava certo che lui avrebbe preso alla leggera persino
una cosa come quella. Lei, il cucchiaino sul tovagliolo non lo sfiorava
neppure.
Antonio
era irritato, sembrava che suo padre non capisse o peggio negasse l'
evidenza:- Mi piacciono le ragazze- confermò- ma anche i ragazzi.
Suo
padre era un uomo che prendeva tutto, come dire, con filosofia,
sembrava
che nulla potesse scalfirlo. Antonio da quando era nato non lo aveva
mai visto andare nel
panico, restava calmo e trovava una soluzione per tutto.
-Sposerai
una
ragazza infatti. Non vedo dove sia il problema, se ti piacciono sia
maschi che femmine puoi benissimo innamorarti di una lei come la gente
normale.
Antonio
si
alzò in piedi, i pugni sul tavolo, la sedia che dietro di
lui
tremava leggermente:- E se mi innamorassi di un ragazzo?!
Sua
madre lo
guardava in silenzio, poi passò i grandi occhi verdi sul
marito e il grande
soggiorno illuminato dalla luce del sole che penetrava attraverso le
ampie vetrate, non le sembrava poi più così
luminoso o
così grande. Per la prima volta vide Ferdinando stringere i
pugni e farsi paonazzo benchè il tono di voce rimanesse
normale e
tuttavia severo:- Sposerai una donna- sibilò- se no ti giuro
Antonio,
ti giuro che ti manderò in una scuola correttiva.
-Correttiva?-
domandò il ragazzo arretrando, incredulo- correttiva?
Antonio
allora era
pieno di ideali e di belle parole.
Antonio
allora era innamorato e
credeva nell' amore:- l' amore non si corregge! E'... e basta.
Ferdinando
si
alzò a sua volta, Isabella ne seguì il movimento
tenendogli il braccio temendo che alzasse le mani sul figlio. Era
furioso.
-Che
stai cercando di dirmi, Antonio?!- urlò
-Che
sono innamorato di un ragazzo!
Il
braccio di
Ferdinando scappò dalla mani della moglie e uno schiaffo
si abbattè sulla guancia ambronzata del figlio:- Tu sei
malato!
Cristo santo, ma che ho fatto di male? - si allontanò da
loro
per chiudere le porte bianche, non voleva che cuochi e camerieri
sentissero quella diatriba familiare. Prese il cellulare sul grosso
comò- Ora chiamo il parroco- annunciò- ti
correggeremo.
-Scordatelo-
aveva ringhiato
Antoniò
sentì sua madre mettersi a piangere, tirargli la camicia e
urlare il suo nome, implorando di smetterla, di fare il bravo ragazzo.
La scostò e si allontanò dalla stanza mentre
sentiva suo padre gridargli
dietro:- Non sei più mio figlio, Antonio! Hai capito? Non
sei
più mio figlio se non fai quello che ti dico!
Era
andato tra
i campi di pomodori a quell' ora deserti, il sole cocente gli picchiava
sulla testa, con le infradito ogni tanto incespicava tra la terra. Si
sentì afferrare per il braccio e si ritrovò
davanti il volto
stanco di sua madre. Quanto era bella la sua mamma? Con gli ochi verdi
e i capelli raccolti, quarant' anni ben portati grazie alla vita agiata
che conduceva. Solo le mani erano un poco callose perchè le
piaceva andare nei campi, a differenza di suo padre che aveva sempre
preferito dirigere dall' altro. Prese le mani della donna nelle sue, un
po' callose e con le unghie sporche di terra, come quelle di lei. Tale
madre tale figlio.
-Non
ti mettere
contro papà- lo pregò- avresti vita difficile. La
gente,
Antonio, la gente è perfida. Ti additeranno e ti chiameranno
nei
modi peggiori. Non potrai avere figli, una famiglia normale- la sua
voce, quella voce da cui di solito uscivano solo belle risate, ora
tremava.
Antonio
restava
in silenzio e lei continuava:- Ti caccerà di casa e ti
toglierà tutto e io non potrò difenderti,
Antonio- e
iniziò a piangere aggrappandosi al petto del figlio- io non
potrò difenderti, tesoro mio. Lo sai che non ne sono mai
stata
capace. Non so fare niente, niente. Ha fatto sempre tutto tuo padre.
-E
alla fine dei conti sei d' accordo con lui- terminò per lei
-Non
è
questo. Vorrei che ti sposassi con una brava ragazza... c' è
quella belga... Sophie... si chiama così, vero? Non ti
piaceva?
Sarebbe tutto più facile, è solo questo. Ci si
può
innamorare di chiunque.
La
allontanò da sè e le diede un bacio sulla
guancia:-No, non è vero. Me ne vado, mamma.
Antonio
strabuzzò gli occhi chiedendosi per un attimo dove fosse.
Vide
degli scatoloni e delle bottiglie di acqua e alcolici impilate su
alcuni
scaffali. Era lo sgabuzzino sul retro del locale. Francis e Gilbert lo
portavano sempre lì quando era troppo ubriaco o troppo fatto
per
tornarsene a casa sulle proprie gambe. Doveva essersi addormentato e
non
era stato affatto piacevole visto che aveva sognato quella sua dannata
estate, quella in cui tutta la sua vita era cambiata. Da ragazzino
vizziato al sole luminoso di Spagna a puttana nella fredda Stoccolma.
Si ricordava che aveva scelto la meta a casaccio. Aveva preso la carta
del mondo e una matita, chiuso gli occhi e scelto a caso. Ed era uscita
Stoccolma. Ovviamente non era stupido ed aveva svuotato il piccolo
contro bancario che i suoi gli avevano aperto.
Uscì
dallo sgabuzzino ancora assonnato e si ritrovò in mezzo alla
baldoria del locale. C' era un sacco di gente che si muoveva al ritmo
di una musica martellante, le luci psichedeliche che gli confondevano i
sensi, ballerine e ballerini in abiti succinti che ballavano. A a un
piano inferiore c' era il pub, un posto più tranquillo dove
ci si poteva
sedere per bere qualcosa. Intravide Francis passare con un vassoio di
liquori, Gilbert si muoveva dietro al bancone. Si guardò
ancora
intorno e andò al bagno per darsi una ripulita. I bagni
puzzavano di vomito, una macchia colorata si stendeva sul pavimento
-liquore caduto a qualcuno. Spalancò una delle porte e vide
un
ragazzo intento a fumare, tossì un paio di volte e la
richiuse.
Andò allo specchio e si lavò la faccia, si diede
un paio
di buffetti sulle guance e riuscì di nuovo fuori. Doveva
guadagnarsi qualcosa e il posto migliore per abbordare qualcuno era il
pub o il bancone. Poteva trovarci qualche zitella a corto di sesso o
qualche professionista stressato dal lavoro. L' ultima cliente aveva
sborsato 1748 corone (quasi 200 euro) e un bell' orologio. Ammirò il rolex
arancione che portava al polso, era molto giovanile, doveva valere un
bel po'. Decise di tenerlo ancora un poco prima di rivenderlo a
qualcuno. Francis e Gilbert non apprezzavano il suo lavoro ma era
quello che gli permettava di pagare affitto e bollette e di non fargli
mancare niente. Poteva persino passarsi qualche capriccio come il
grosso scooter nero che aveva comprato il mese precedente o i vestiti
firmati che indossava ogni tanto. Stava ancora muovendosi verso il pub
quando vide Sophia con alcune amiche. Era sorpreso, Che ci faceva a
Stoccolma?
-Sophi-
sussurrò sgranando gli occhi
Si
fermarono in mezzo alla pista guardandosi imbambolati in mezzo agli
spintoni.
-Che
ci fai qui?- le chiese
-Io...
io... io sono... mio... fratello- balbettava squadrandolo in ogni
minimo dettaglio e senza arrivare a una conclusione.
All'
improvviso
Antonio si sentì spingere indietro, accadde tutto
velocemente.
Una mano lo trascinò fuori dal locale e gli
assestò un
pugno sull' occhio destro.
Non
ebbe il
tempo di massaggiarselo e imprecare per il dolore che una voce
conosciuta gli penetrò nelle orecchie. Tenne chiuso l'
occhio
colpito aprendo bene l' altro. Dio, non gli sembrava vero, non lo
vedeva da una vita.
Non
pensava che lo avrebbe rivisto a dire il vero.
Un
"che diamine
vuoi da mia sorella?" gli ronzava nelle orecchie, mentre la figura di
Chris gli si avvicinava di nuovo. Si spostò colpendolo allo
stomaco. Chris cadde a terra e lo spagnolo lo fissò
accigliato:-
Non voglio un cazzo da tua sorella.
L'
olandese gli afferrò la gamba buttandolo sull' asfalto:-
Giuro che questa volta ti ammazzo.
Iniziarono
a
darsele di santa ragione e in fondo Antonio non capiva bene nemmeno il
perchè. Dei ragazzi li divisero e mentre Chris gli gridava
contro che lo avrebbe ammazzato, un giorno, Antonio gli dava del figlio
di puttana specie perchè gli aveva rovinato la serata. Altro
che
soldi, per quella sera se lo poteva scordare.
Tornò
a
casa e si buttò nel letto di Francis. Di solito era
lì
che dormivano tutti e tre quando non uscivano la sera. Però
non
aveva intenzione di aspettarli sveglio, preferiva rimandare la
paternale al mattino successivo.
-Mon
dieu!
Antonio, che hai fatto all' occhio?! Te lo volevo chiedere ieri sera ma
ti avrei svegliato. Parla mon cher, che è accaduto?-
più
o meno Francis lo accolse in cucina così quando si
svegliò, col mestolo a mezz' aria e il piatto con le
frittelle
sul punto di posarsi sul tavolo.
Gilbert
entrò
qualche minuto dopo grattandosi la pancia e sbadigliando, anche lui la
sera prima aveva notato l' occhio nero -e ovviamente se lo era subito
appuntato sul diario:- Che diavolo è questo casino di prima
mattina?- aveva chiesto
-Dobbiamo
parlare dell' occhio nero- gli ricordò il francese sbattendo
piatto e mestolo sul tavolo e sedendosi.
-Niente-
fece Antonio
-Mentire
non
è una cosa molto magnifica. Anche un paio di settimane fa
avevi
l' occhio nero- si sporse a guardarlo- anche se forse era il sinistro.
Antonio
sorrise:- la volta scorsa ho sbattuto contro il tavolo.
-L'
occhio? Contro il tavolo?- domandò Francis servendo la
colazione agli altri due
-Eh
sì, avevo appena finito... diciamo un servizio e quando mi
stavo rialzando sbam, ho sbattuto.
-E
questa volta invece?- chiese Gil riempiendosi la bocca con un cornetto
al cioccolato
-Ho-
Antonio arricciò le labbra e aggrottò le
sopracciglia crucciato- fatto a botte- concluse.
-Mein
Gott... munch... munch...e perfè?
-Gil
non parlare a bocca piena- sospirò Francis
-Non
lo so.
-Bugia!-
ululò Francis- non mentirci Antoniò, tra noi c'
est
amitiè, amour...- si portò un tovagliolo alle
labbra con
fare drammatico- mi deludi, mon ami... così poco ci vuoi
bene? Dov' è finito l' amour? E l' intimità della
nostra meravigliosa amicizia?
-O-ok...
basta Francis, ti supplico.
-Nessuno
può sottrarsi alla scena madre di Francis kesesese
-Vero,
eh?- fece l' interpellato con una certa soddisfazione.
-Ho
incontrato
la ragazza con cui mi ero messo l' estate in cui sono andato via di
casa. E suo fratello. Forse credeva che volessi sedurla di nuovo, che
ne so... insomma mi ha fatto un occhio nero- spiegò alla
spicciolata
-E
tu non volevi sedurla vero?- si accertò Francis
-Ma
sei scemo? No! Certo che no! L' avevo appena incontrata quando lui
è saltato fuori.
-Antonio-
riflettè Gilbert- non ci hai mai parlato più di
tanto di
quell' estate. Solo accenni. Ad esempio, scusa... chi era il ragazzo
che ti piaceva?
-Suo
fratello- borbottò incrociando le braccia sul tavolo e
nascondendovi la testa.
-Mon
Dieu... ma allora anche tu sei stato innamorato, mon cher!
-Non
ho capito- disse Gilbert inzuppando un biscotto nel
caffèlatte.
-Ho
conosciuto
prima lei- iniziò a raccontare Antonio con la testa ancora
sul
tavolo- ci siamo conosciuti al bar del paese in cui andavo in
villeggiatura, avevamo dei campi di pomodori nelle vicinanze. Lo sapete
come sono, non mi creo problemi a fare amicizia con la gente. C' erano
lei e una sua amica, una seria, con gli occhiali. Forse un poco
frigida. Insomma... mi sono avvicinato al tavolo e le ho invitate a
fare un giro e sapete, no? Da cosa nasce cosa. Era bello stare con lei,
poi era carina, simpatica... bionda.
-Sembra
una bella storia d' amour. Avete consumato, mon ami?
-Francis-
si lagnò Antonio alzando la testa- pensi solo a quello. E
poi dici a me.
Gilbert
svuotò la tazza, poi fece:- Non hai risposto, kesesese
Antonio
roteò gli occhi al cielo:- Sì, l' abbiamo fatto.
Parecchio.
-Quando
entra in scena suo fratello?- chiese Francis
-Ora,
entra
ora. E comunque non sapevo che fossero fratelli. L' aveva portato un
ragazzo nella mia compagnia. Sophi non c' era, non uscivamo sempre
assieme perchè alla sua amica stavamo sulle palle. Diceva
che
eravamo troppo allegri.
-Un
bacchettona- affermò Gilbert
-Esatto.
Ho conosciuto
lui, Christoffel... Chris... e non lo so. Mi ha attirato subito. Non lo
so. Per la prima volta ho considerato di poter fare qualcosa con un
ragazzo e quell' estate mi sono messo in testa di fare di tutto. Di
tutto. Volevo provare. Sophi per una settimana non è stata
in
paese, andava a fare una specie di campeggio con quella sua amica
quindi io mi sono appiccicato a Chris. Ve l' ho detto, mi attirava ma
era un osso duro- sorrise- diceva di essere dannatamente etero.
-Quando
ne parli... sembri felice- gli fece notare Francis
-Non
lo sono- Antonio si alzò- è stato il primo
ragazzo con cui ho scopato- buttò lì con veleno
-Non
dire così, mon cher...
-Sì
invece. Volevo lasciare Sophi e guarda che scopro? Che sono fratelli
quando
lui finalmente conosce il ragazzo con cui usciva sua sorella. Sorpresa!
Bello vero? E tutto va a puttane- concluse- avevo anche parlato con mio
padre- rise amaro e sentì un paio di lacrime accarezzargli
le guance. Francis lo abbracciò immediatamente, subito dopo
Antonio sentì sussurrare Gilbert
di non lasciare fuori il Magnifico se stesso ritrovandosi appiccicato
anche lui.
-Avevo
parlato
con mio padre... volevo lasciare lei, trasferirmi ad Amsterdam. E poi
quel pomeriggio tutto va a farsi fottere... e scelgo a caso...
Stoccolma.
-------------
Questo
capitolo è più serio, come vedete non
sarà
solo una storia leggera, anzi, ci saranno anche momenti più
seri
e importanti. Spero vi sia piaciuto. Chris è il nome che ho
scelto per i Paesi Bassi anche se ce ne erano un altro paio che mi
sarebbero piaciuti, Sophie quello per Belgio. Lo so, è
scontato
ma amen. Poi spiegherò perchè una è
belga e l'
altro olandese.
Il
linguaggio dei ragazzi è volutamente colloquiale e riproduce
il più possibilie il parlato.
Il
padre di Antonio è uno rilassato, che fa tutto semplice,
pensa di potersi imporre sul figlio e su tutti in genere nonostante l'
apparenza calma e sorridente, per questo all' inizio, diciamo che
prende bene il fatto che il figlio sia bisessuale, perchè lo
vede come un non problema risolvibile.
Ora
vi lascio e mi raccomando... recensite!!! I vostri commenti, belli o
brutti, mi fanno capire dove sbaglio eventualmente e mi spronano a
scrivere tanto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** 4. Francis, quando una rana e un bruco... ***
c.4 corretto bad trio
Bad Touch Trio
Francis
Quando una rana e un bruco...
Alle 5:45
di una domenica mattina come tante il telefono di casa
Beilschmidt-Carriedo-Bonnefoy squillò imperioso. Antonio
diede un
calcio a Gilbert stringendosi più forte al cuscino, quello
era
il suo modo per dire "vai a rispondere" ma l' albino si
degnò a
malapena di soffocare il gemito per il calcio appena ricevuto e dare le
spalle all' amico. I due stavano tranquillamente occupando il letto a
baldacchino di Francis, di sicuro il francese la notte precedente aveva fatto conquiste. Dopo qualche minuto trascorso a mugugnare, a
cercare a tentoni la sveglia perchè forse non era il
telefono ma
era quella maledetta che rompeva di prima mattina, e infine a
nascondere la testa sotto il cuscino, finalmente il trillo
cessò. I due sospirarono appena sorridendo beati per la
gioia di
farsi riabbracciare da Morfeo quando il telefono nuovamente
squillò e squillò e squillò tanto che
ad Antonio,
affacciatosi sulla porta per seguire a ruota Gilbert, la cornetta parve
sul punto di staccarsi dall' apparecchio e sbraiatare.
-Pronto?!-
gridò Gilbert irritato- chi osa disturbare il sonno del
Magnifico Me?
-Mon
Dieu! Gilbert!- il grido isterico e disperato di Francis costrinse
Gilbert ad allontanare la cornetta dall' orecchio. Il ragazzo
guardò Antonio che a sua volta lo fissava preoccupato
perchè sì, anche lui aveva udito distintamente l'
urlo
belluino dall' altro capo del telefono. Lo spagnolo allora, onde
salvare i padiglioni auricolari di entrambi, premette il vivavoce, poi
disse:
-F-Francis?
-Antoniò!!!
Mon ami. Mon ami, Antoniò... Gilbert... ci sei?
-Ja.
Che hai da frignare?
Le
urla di Francis se possibile aumentarono. I due amici già se
lo immaginavano, un poco preoccupati a dire il vero, stringere il
fazzoletto bianco tra i denti e disperarsi scuotendo la zazzera bionda.
Pardon, la sua meravigliosa chioma bionda.
-Calmati-
impose Antonio- calmati e dicci dove sei che mi stai facendo venire un
infarto.
Il
tono della voce del biondo parve smorzarsi un momento, giusto il
tempo di dire:- Örebro- mentre gli altri due rimanevano di
stucco.
-Che
ci fai... ad Örebro?- chiese Gilbert. Non
è che fosse proprio dietro l' angolo, ecco.
-
Je suis désespérée. L' amour
a joué
une mauvaise blague. Je suise marié- urlò ancora
più forte- JE SUIS MARIE AVEC UNE CHENILLE! (trad. sono
disperato. L' amore mi ha giocato un brutto scherzo. Io sono sposato.
Io sono sposato con un bruco!)
-Pervert.
Smettila di agitarti in questo modo! Damn...- Gilbert e
Antonio si guardarono stupiti, la mandibola che per poco non gli cadeva
a terra mentre Francis perseverava nella sua scena madre. E loro, per
inciso, non stavano capendo un tubo mentre in sottofondo sentivano
rumori e insulti di ogni genere. Ogni tanto Francis si interrompeva per
sbottare irritato un "dannato bruco" oppure "teppistello" e via
dicendo. La persona a cui erano indirizzati ovviamente rispondeva a
tono.
-Francis!-
gracchiò a un certo punto la voce di Gilbert, stufo
di quel teatrino- smettila e parla in una lingua umanamente
comprensibile.
-Oui-
acconsentì l' altro sospirando più calmo- ieri
sera temo di aver alzato un po' il gomito.
-Un
po', stupid frog. Ti stavi tracannando un barile di alcolici.
-Taci,
bruco- sibilò il biondo- Francis Bonnefoy non declina mai
una sfida.
-Ehm...
noi saremmo ancora qui- sospirò Antonio esasperato
passandosi una mano sulla faccia.
-Ah...
oui... dicevo- riprese Francis- io e il signorino qui presente abbiamo
bevuto un po' troppo ieri sera...
-Ma
chi cazzo è questo qui?- sbottò Gilert
-Questo
qui a tua sorella!- si sentì urlare dall' altro capo del
telefono
-Non
parlare così ai miei amici, teppistello!
-Ah
sì? Se no che fai?
Avevavo
ricominciato.
Gilbert
e Antonio avevano sentito qualcosa schiantarsi a terra. Si auguravano
vivamente che non fosse Francis.
-ORA
BASTA!- urlò l' iberico- Madre de dios! Francis, spiegaci l'
essenziale. Non abbiamo tutta la mattinata.!
-Mon
cher- fece il biondo con voce suadente- mmm... ti piace comandare eh?
-Francis!-
fecero i due coinquilini in coro mentre un pervert appena sibilato
aleggiò nell' aria.
-Oui,
oui. Io e il qui presente teppistello, non so come, siamo finiti a
Örebro.
-E
questo il Magnifico me lo aveva capito
Antonio
strinse il braccio di Gilbert, poi lo mollò aprendo le
braccia sconsolato come a dire "non ti ci mettere anche tu"
-E
ci siamo sposati.
-...
-Gil...
Tonio...?
-...
-Sono
morti, frog?
-Ma
non!... Non credo almeno.
-Ragazzi...?
Una
risata fragorosa scoppiò nelle orecchie dei due novelli
sposi.
Dopo
qualche minuto e qualche insulto poco educato di un francese e di
un inglese parecchio arrabbiati e confusi, finalmente si
potè
riprendere il discorso.
-Come
diavolo hai fatto?- domandò Gil- con un inglese poi.
-Ehi
che vorresti dire?- a parlare il citato inglese
-Niente
di che... ma Francis non ha mai avuto un rapporto idilliaco con gli
inglesi.
-La
cosa è reciproca- sbuffò l' altro
-Come
avete fatto a sposarvi?- domandò Antonio
-Non
lo so, non lo so- rispose con veemenza Francis- fatto sta che
questa mattina al risveglio mi sono ristrovato con una fede al dito e
un contratto di matrimonio sul comodino. E ovviamente con questo
orrendo bruco accanto.
-Bruco
s- Arthur, questo il nome del bruco inglese, non ebbe il tempo di
finire la frase che Francis lo interruppe:
-E
mi ha deflorato- buttò lì.
-C-che?!
Dannato pervertito vinofilo che diavolo stai dicendo?! Non
sparare cazzate semmai è il...- Arthur si interruppe
bruscamente, conscio del segreto vergognoso che stava rivelando.
Francis a quel punto abbassò la voce di qualche ottava,
malizioso:
-E'
il...?- volle sapere- continua, mon cher
-Un
cazzo! Non è un cazzo! Fuck you frog!
Gilbert
e Antonio sentirono i passi dell' altro allontanarsi furiosi e una
porta sbattere.
-In
effetti- fece lo spagnolo dopo qualche momento- non penso proprio che
quello ad essere stato deflorato sia stato tu.
E
giù a ridere tutti e tre come scemi.
-E
allora... il Magnifico Me a questo punto che dovrebbe fare?
-Dovete
venire a prendermi, è ovvio. Non so nemmeno come sono
arrivato qui.
-Ok,
dammi l' indirizzo del posto. Tra due... tre ore al massimo siamo
lì.
-Non
correte- si raccomandò Francis- però è
meglio
due ore. Due. O qui mi viene una crisi di nervi coi fiocchi... Mon
Dieu...
Durante
il tragitto di ritorno, in automobile Gilbert e Antonio avevano
avuto modo di conoscere il loro nuovo cognato. E decisamente no, non
era stata simpatia a prima vista.
Quando
finalmente arrivarono a casa, Francis e gli altri due si
afflosciarono esausti sui divani. Gilbert guardò meglio l'
amico
per poi scoppiare in una risata sguaiata e fragorosa:- Per caso
è diventato di moda ritornare a casa tutti pesti? Kesesese.-
Francis
sbuffò togliendosi la giacca strappata e palpandosi il
labbro gonfio, a rincarare la dose si ci mise anche Antonio:
- Deve
essere stata una notte selvaggia, amigo!
-Ridete,
ridete pure alle mie spalle.
-Veramente
ti stiamo ridendo in faccia, kesesese.
E
giù a ridere ancora fino a che gli animi non si furono di
nuovo calmati. Antonio, riprendendosi dalle ultime risate disse:
-Ora
mi spieghi come hai fatto a ritrovarti sposato, per di più
con
un inglese e a finire a duecento chilometri da Stoccolma. Insomma... ti
avevo solo chiesto di andare al club di cucito a ritirare i guanti che
ci ha confezionato tua cugina visto che ieri mattina non ci siamo
arrivati.
Francis
aggrottò le sopracciglia cercando di fare mente locale.
Come ci era arrivato a Örebro non se lo ricordava
proprio. E nemmeno
come si era potuto sposare con quel bruco a dirla tutta!
-Forse
mi ha rapito- ipotizzò più rivolto a se stesso
che agli altri due.
-Qui
se c' è qualcuno che rischia di essere rapito non sei tu,
amico- gli fece notare Gilbert ghignando
-Che
hai fatto ieri da quando sei uscito di casa?- incalzò Antonio
-Ho
litigato con quel teppista- si impuntò Francis- è
il
nuovo presidente del club di cucito, lana e ricamo. Ha aggiunto il
ricamo, quel dittatore. Puà
-Ma
perchè avete litigato?- domandò esasperato Antonio
-Perchè
come sempre quando vedo delle dolci donzelle non posso
fare a meno di comportarmi come un cavaliere, mon cher- sorrise Francis
afferrando una rosellina dal vaso al suo fianco- Quel tizio ha iniziato
a dirmi di smetterla, che stavo interrompendo la lezione e allora me ne
sono stato buono in un angolo vicino a Sesel... a sfotterlo-
ridacchiò.
-Ci
stai provando con una delle ragazze del club?!- sbottò
Arthur avvicinandosi al francese.
-Seducendo
è la parola esatta mio povero bruchetto.
-Bruchetto
a chi?
-A
te. A te e a te.
-Pervertito
d' un francese. Lo so che sei francese! Sento la tua puzza fino a qui.
-Ah
sì? E io sento odore di scones bruciati fin dentro al naso!
Sesel
si mise in mezzo ai due cercando di calmarli:- State dando spettacolo
ragazzi. Basta, perfavore. Specie tu Arthur. E Francis è mio cugino.
-Arthur?-
Francis sbattè le palpebre per un paio di volte, poi
assottigliò lo sguardo- Kirkland?- domandò
sospettoso.
-S...
aspetta...- ad Arthur nello stesso momento sovvenne la medesima
cosa che probabilmente stava frullando nella testa di Francis-
Bonnefoy...- sibilò
-Oui.
-Vi
conoscete?- domandò Sesel
-Oui
cheri. Riconoscerei quelle orrende sopracciglia dovunque. Abbiamo frequentato assieme la scuola media per qualche
mese durante il mio breve soggiorno in Inghilterra. Era un vero
teppistello.
-Arthur
è un bravissimo poliziotto- sorrise Sesel
-Chi?
Lui?- Francis scoppiò a ridere facendo diventare paonazzo l'
inglese.
Alla
fine della lezione Arthur si avvicinò a Sesel invitandola
molto goffamente a bere qualcosa per ringraziarla, ecco la scusa
adoperata, della gentilezza che gli aveva dimostrato da quando era
arrivato a Stoccolma. Francis, ovviamente, captando aria di
appuntamento si era auto invitato.
-Ma
si può sapere perchè ti sei messo in mezzo?-
domandò Antonio alla fine del racconto.
-Non
posso permettere che la mia cuginetta sposi quell' inglesaccio- fece
Francis scandalizzato
-Non
hai tutti i torti. Ma lo avete visto?- rincarò Gilbert- quel
tizio si agita troppo
-Non
te ne è mai fragato niente di cosa combinasse tua cugina-
gli fece notare Antonio- e tu di solito sei uno che gli appuntamenti li
combina.
Francis
si alzò irritato:- Mi sta antipatico, d' accord?
-Siete sposati!- urlò Gilbert dal salotto- farai venire a
vivere la tua mogliettina qui? Kesesese
Francis
si buttò sul letto esausto ed esasperato, notando che era
sfatto urlò:- Potevate almeno rifarlo!
In
verità doveva ammettere a se stesso che il bruco non gli
dispiaceva poi tanto. Cioè... era scontroso e irascibile e
aveva delle sopracciglia assolutamente antiestetiche, tuttavia se ne
sentiva attratto per qualche motivo cosmico a lui sconosciuto.
Ma
da lì ad essere sposati ce ne passava di acqua sotto ai
ponti!
Frugò
nella tasca dei pantaloni e ne tirò fuori il famigerato
contratto di matrimonio. Doveva assolutamente sapere chi era il
deficiente che lo aveva celebrato. Lesse la firma in calce:
-Yao
Wang.
Non
se lo ricordava proprio. Chi poteva essere così stupido da
celebrare un matrimonio tra due tizi che sono visibilmente ubriachi?!
Afferrò
il cellulare cercando il numero di Arthur nella rubrica. Lo aveva
salvato sotto il nome di "Bruco", il telefono squillò un
paio di volte, poi finalmente sentì la voce dell' altro.
-Stavo
per telefonarti, idiot.
-Ah
sì? A quanto pare ti ho preceduto- fece una risatina.
-Che
vorresti dire scusa?
-Che
sei tonto.
-Io
giuro che ti ammazzo
-Non,
non, non- Francis agitò l' indice per aria, tra il divertito
e l' irritato- finiresti in prigione. Sei un poliziotto, poi.
Sentì
sbuffare, poi Arthut chiese:- Hai chiamato per litigare?
-Non.
Ho chiamato perchè non ci tengo ad essere sposato con un
teppista come te... a meno che...
-A
meno che... cosa?
-A
meno che tu non decida di assolvere ai tuoi doveri coniugali, mon cher.
Francis
poteva immaginare l' inglese farsi paonazzo. Arthur dal canto suo gli
urlò nell' orecchio un:- Scordatelo, dannato pervert! Domani
ci vediamo per annullare questo stramaledetto matrimonio!
-----------------------
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto. Per le frasi in lingua ho utilizzato
Google traduttore quindi sono di sicuro sbagliate, scusatemi. Inoltre
non riuscivo a fare il bianco della bandiera francese e ho optato per
un grigio molto chiaro. Fate finta che sia bianco, vi prego XD Infine ho utilizzato il flashback per il racconto dell' incontro tra Arthur e Francis per questo si usa la terza persona, diciamo che il racconto iniziato da Francis sfuma in quello del narratore.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** 5. Dov' è lo sposo?! Questo è un giorno di rivelazioni! ***
BAD TRIO 5
Bad Touch Trio
Dov' è lo sposo?! Questo è un giorno di rivelazioni!
Casa
Beilschmidt-Carriedo-Bonnefoy.
I
tre proprietari dell' appartamento dormivano della grossa arrotolati
sotto strati rossi di coperte nell' enorme letto di Francis. Gli
inquilini di quella casa non si svegliavano mai presto la mattina. Mai.
Poteva cascare il mondo ma se non erano almeno le undici dal letto non
si alzavano proprio. Ancora erano le 10:30.
Forse
era perchè lavoravano la notte, forse perchè,
semplicemente, erano pigri o perchè fuori le giornate
sembravano tutte uguali e particolarmente fredde.
Alle
10:31 la Marsigliese risuonò per la stanza addormentata.
Antonio, come era solito fare quando qualcuno o qualcosa rischiava di
interrompere il suo sonno, diede un calcio a uno dei due coinquilini
affinchè provvedesse. Lo sfortunato che pescò un
calcio alla coscia fu ancora una volta Gilbert il quale si
girò sullo stomaco infilando la testa sotto il cuscino.
Francis,
l' unico che dormiva completamente nudo sia d' estate che d' inverno,
tirò fuori il braccio da sotto le coperte zittendo il
cellulare.
Il
bip-bip di un messaggio risuonò qualche minuto dopo.
I
tre ancora non sapevano che quella mattina la sveglia era
già suonata per ben tre volte. Era suonata quella
elettronica di Francis alla 9:30, quella che faceva pio-pio di Gilbert,
più o meno una mezz' ora dopo e infine quella di Antonio che
intonava le note di un bel tango latino.
Il
francese, ormai disturbato definitivamente dal suono del telefonino, si
decise ad aprire gli occhi.
La
prima cosa che si trovò davanti fu il braccio di Gilbert
sulla testa, poi un grosso cartello con scritto a caratteri cubitali
"SI SPOSA IL PICCOLO MATTIEU!"
-Mon
Dieu!!!- Francis si alzò di scatto strattonando Gilbert e
Antonio per farli svegliare, aprì le tende gridando come un
ossesso che il suo pupilllo si sposava e che loro erano in mostruoso
ritardo. Mostruoso.
Gilbert
e Antonio gli furono dietro dopo qualche minuto di smarrimento.
-Questa
scena mi sembra vagamente familiare- proferì Antonio
guardando Gilbert che era balzato giù ruzzolando per terra
per iniziare a muoversi in giro per casa assieme all' altro.
-Antonio
alzati!- lo rimbeccò l' albino.
Lo
spagnolo sospirò infilandosi nel bagno assieme agli altri
due.
Non
c' era proprio verso di alzarsi presto e almeno una volta, che fosse
una, riuscire ad arrivare puntuali a un matrimonio. Probabilmente
sarebbero arrivati in ritardo anche al loro.
Nel
giro di qualche minuto il bagno fu il caos più totale. Il
tubetto col dentifricio era schiacciato e senza tappo, abbandonato sul
bordo del lavello, il dentifricio stesso era schizzato un po'
dappertutto, il bagnoschiuma vuoto era finito nel cestello col bucato
sporco mentre la pinzetta per le sopracciglia, quella nuova,
finì irrimediabilmente nel water.
-Io
non la uso, eh.- chiarì immediatamente Francis
-Dov'
è il regalo?- domandò poco dopo Gilbert
sistemandosi la giacca di fronte allo specchio
Antonio
si portò l' indice alle labbra guardandosi intorno per poi
fare spallucce.
Gilbert
si ammirava di fronte allo specchio:- Kesesese, sono troppo figo, non
trovi?
-Sublime-
fece Antonio ridendo
-Sublime,
sì. Sì- fece Gilbert, come ispirato- SUBLIME! Mi
piace. Sublime- ripetè qualche volta dirigendosi in salotto.
Francis,
si era messo una spruzzata di profumo e con un sorriso uscì
dal bagno.
-Guido
io- fece Gilbert afferrando le chiavi all' ingresso che il biondo stava
per prendere
-Come
vuoi. Il regalo?
-...
Vi
fu qualche minuto di silenzio.
-Il
regalo?- domanò questa volta allarmato Francis.
Gilbert
e Antonio aggrottarono le sopracciglia guardando il soffitto, in
trepidande concentrazione. Dove poteva essere?
-Non
possiamo andare senza regalo!- urlò il francese- e nemmeno
arrivare in ritardo!
-Regalo
in busta?- propose il tedesco.
-E
con l' altro...?- domandò Antonio
-Lo
ricicliamo per il prossimo matrimonio. Non è una trovata
geniale?
Francis
aprì la bocca per dirsi scandalizzato, che i regali non si
riciclavano, che sarebbe stata un' offesa a un rito d' amore e
blablabla ma Antonio che lo conosceva bene lo guardò in
tralice subito dopo aver constatato a quanto ammontava il capitale nel
proprio portafogli. Al francese non rimase che star buono anche se
indignato.
-Il
biglietto con l' indirizzo- urlò dal pianerottolo- quello
giusto possibilmente-
-Preso-
disse Antonio chiudendosi la porta alle spalle.
I
tre parcheggiarono il maggiolino sgangherato in un parcheggio ad angolo
con l' altra strada e corsero in chiesa riuscendo ad arrivare con solo
mezz' ora di ritardo.
Stranamente
però la cerimonia non era ancora iniziata. O forse era
finita? e fu questo che si chiese Gilbert domandando poi ai due amici:-
Ma siete sicuri che l' orario è questo? E la chiesa?
-L'
orario non è questo- puntualizzò Francis- siamo
in ritardo di mezz' ora ma non mi risulta che i matrimoni durino
così poco, poi gli invitati sono ancora tutti qui.
Antonio
guardò l' invito confermando che la chiesa era quella, vide
Tino e Berwald e chiese informazioni a loro per poi ritornare dicendo
lapidario:- Lo sposo non si trova.
-Scheiße!-
sbottò Gilbert nascondendosi dietro ad Antonio
-Che
diavolo fai? Dobbiamo trovare Mathieu- fece Francis irritato
-Non
hai visto? C' è quel maledetto di un russo. Sono sicuro che
è qui per me!
Il
russo in questione si era messo a parlare animatamente con un
ragazzotto biondo con gli occhiali.
-Dov'
è tuo fratello, Alfred?- domandò Ivan con una
faccia che non prometteva nulla di buono e un grosso rubinetto alla
mano.
-Non
ne so niente, stupido comunista!
-Tch.
Americani. Lo sapevo che mia sorella non doveva sposare quel codardo di
tuo fratello.
-Ehi,
nasone... mio fratello non è un codardo. E' timido ma non
codardo- il pugno di Alfred era pericolosamente vicino alle labbra di
Ivan
-Non
scherzare con me, americano- sputò con disprezzo Ivan
stringendo il pugno di Alfred nella mano sinistra- se tuo fraello non
salta fuori e sposa Yekaterina giuro che appena lo trovo lo ammazzo-
Ivan fece un sorrisino socchiudendo gli occhi prima di allontanarsi.
I
tre amici avevano assistito alla scena prima da lontano, poi nascosti
dietro a un grosso vaso di fiori vicino ai due.
-Ma
dove diavolo può essersi cacciato?- sbottò Gilbert
-Non
è da Mathieu- notò Francis affranto
-Andiamo
a cercarlo- propose Antonio.
Yekaterina
intanto aspettava ancora all' interno dell' auto che aveva fatto
diversi giri dell' isolato. Sospirò lamentandosi per il
dolore alla schiena.
I
tre ragazzi dopo un girovagare per la chiesa e i dintorni si
intrufolarono nella canonica. Il prete dormiva della grossa su una
poltroncina con un paio di gatti acciambellati in grembo.
Gilbert
si sedette sconsolato su una sedia, poi un rumore venne dal ripostiglio.
Dapprima
spavantati, poi si avvicinarono guardinghi alla porticina.
-C-Chi
è la? Rispondi! E' il Magnifico Gilbert che te lo chiede!
-Mattew-
fu la flebile risposta.
-Mathieu!-
urlò Francis aprendo la porta per abbracciare il giovane
amico- che ci fai lì dentro?
Mattew
indicò lo specchio sulla porta- mi stavo sistemando la
cravatta quando l' altro sacerdote mi ha chiuso dentro... per sbaglio.
Magari non mi ha visto.
-Ok,
ok. L' importante è averti trovato- fece Francis spingendolo
verso la chiesa- anche perchè Ivan vuole farti la pelle.
-C-che?
-Sì,
hai capito bene. Pensa che tu non voglia sposare Yekaterina. A
proposito, non sapevo che la tua fidanzata fosse la sorella di quel
pazzo! Ma in che famiglia ti sei andato ad infilare?!
-Io...
io sono innamorato di Kat- disse timidamente il ragazzo.
La
porta della canonica si spalancò all' improvviso:-
Kolkolkol. Finalmente ti ho trovato, americano.
-S-sono
canadese- balbettò Mattew.
Ivan
parve calmarsi un attimo e sorrise:- Ma tuo fratello è
americano.
-Io
sono più grande di un paio di anni. Sono nato a Toronto
prima che ci trasferissimo a New York- sospirò il ragazzo.
-Ah-
la faccia di Ivan assunse nuovamente un' espressione seria- questo non
cambia le cose. Volevi lasciare mia sorella suall' altare dopo averla
disonorata gettando altro fango sulla mia famiglia, da.
-N-no.
-No!-
fu la veemente risposta di Francis- lo avevano chiuso nel ripostiglio.
A
interrompere la lite vi fu il sacerdote che si era appena svegliato:-
Allora- parlava molto lentamente- lo vogliamo celebrare questo
matrimonio?
-Oui.
-Padre
Heracles- disse Antonio- non sapevo che lei potesse già
celebrare.
Ma
il sacerdote era già diretto spedito verso l' altare senza
neppure ascoltarlo. Per la prima volta sembrava avere fretta.
-Andiamo-
sospirò Ivan accennando un sorriso sollevato- è
la volta buona che mi libero di una della mie sorelle. Gilbert-
chiamò prima di andare a prendere la sorella per
accompagnarla finalmente all' altare- siediti vicino a me. Ti ho
perdonato.
-Che?!
-Kolkol
-Ok!
Ti farò l' onore di avere la mia meravigliosa persona al tuo
fianco per un giorno- rispose immediatamente il tedesco, appena un poco
sulle spine.
La
cerimonia era appena incominciata da pochi minuti quando un omino con i
capelli scuri salì sull' altare facendo un inchino e
scusandosi prima di afferrare il sacerdote per il colletto e
trascinarselo via.
-Herakles-san...
-Don
Kiku...- biasciò l' altro
-Cosa...
cosa stavi facendo?
-Celebravo
un matrimonio
-Lo
vedo questo. Ma non puoi.
-Tu
non arrivavi.
-Io...
io....
-Dov'
eri?- inquisì l' altro
-Sono
stato da Sadiq.
Il
quasi Don Herakles raramente perdeva la pazienza, quando ciò
avveniva parlava appena un pochino meno lentamente. Sentire il nome di
Sadiq Adnan era uno di quei rari casi.
-Ah!
Sei stato da quel peccatore impenitente.
-Calmati,
su. Cerco di portarlo sulla retta via.
Un
gatto bianco passò tra le gambe di Herakles mentre il suo
colorito si faceva leggermente arrossato:- Sei arrivato in ritardo per
colpa sua.
-Herakles-san
è nostro dovere occuparci di tutti i peccatori.
-Non
di Sadiq.
-Anche
di Sadiq- sospirò l' altro sacerdote- e comunque
ciò non toglie che tu non possa ancora celebrare matrimoni.
Tra un mese, quando sarai un sacerdote a tutti gli effetti potrai farlo
anche tu.
E
così il matrimonio di Mattew e Yekaterina fu finalmente
celebrato.
Padre
Kiku e il quasi padre Herakles si occupavano della parrocchia del
quartiere dove vivevano Antonio, Gilbert e Francis. Gestivano anche l'
oratorio promuovendo varie attività, tra cui il famoso club
di ricamo, anche se a dire il vero quello decisamente più
attivo era Don Kiku. Herakles se la prendeva molto più
comoda, non disdegnando svariati pisolini nel corso della giornata.
Avrebbe proprio voluto celebrarlo lui quel matrimonio e mostrare a Kiku
quanto fosse bravo. Probabilmente tutta questa buona volontà
sarebbe finita molto presto non appena avrebbe avuto il dovere di
celebrare messe, matrimoni e quant' altro e tutto si sarebbe fatto
più faticoso costringendolo magari, per sbaglio, ad
addormentarsi tra una preghiera e l' altra.
All'
uscita della chiesa Francis notò un paio di folte
sopracciglia piuttosto familiari.
-Mon
Dieu!- si schiaffò una mano sulla fronte ricordandosi di una
cosa. Quel giorno aveva l' appuntamento col bruco per annullare il loro
matrimonio. Tirò fuori il cellulare dalla tasca, come avendo
un presentimento, e vi trovò la chiamata persa dell' inglese
e un messaggio che recitava così "Dovevamo vederci in prima
mattinata! Fuck you stupid frog!"
Il
francese si avvicinò al ragazzo e quando gli fu alle spalle
si schiarì la voce per attirare l' attenzione:- Bonjour!
Arthur
aguzzò le orecchie e si girò lentamente con gli
occhi ridotti a due fessure:- Good Morning un cazzo, idiot! Mi hai dato
buca.
Francis
sorrise:- Oh, non pensavo ci tenessi così tando ad avere un
appuntamento con me.
Arthur
lo afferrò per la manica della giacca allonandosi dalla
calca: Non ci tengo infatti- ringhiò- ti ricordi cosa
dovevamo fare, vero?
-Un
menage a trois, mon cher?
-No!
Smettila di fare il pervertito!
Francis
sbuffò:- Sei troppo teso, mon cher. Dovresti rilassarti. Mi
sono svegliato tardi, comunque. Non l' ho fatto apposta.
-Non
lo hai fatto apposta? Mi stai prendendo in giro, vero? Cosa diamine ti
costava essere responsabile per una, e dico una, volta nella tua vita?
-Io
sono sempre responsabile- Francis aggrottò le sopracciglia,
poi per confermare la verità delle sue parole aggiunse- mi
occupo di Gilbert e Antonio!
Arthur
non replicò passandosi una mano sul viso stanco.
-A
proposito- chiese Francis- che ci fai qui?
-Sono
un invitato al matrimonio, idiot.
-Questo
lo avevo capito. Sei un invitato della sposa? Io sono un carissimo
amico di Mathieu, è il mio pupillo- disse Francis orgoglioso.
-Mi
stupisco che non sia un pervertito come te.
-Non
mi hai risposto.
-Hey
Arthur!- il ragazzo che prima della cerimonia parlava con Ivan si
fiondò tra i due mettendo un braccio intorno alle spalle
dell' inglese con fare caloroso- ti avevo perso di vista. Che fai qui?
Eh? Che fai?
-Togliti
Alfred. E non fare casino- lo riprese l' inglese.
Alfred,
che non aveva avuto risposta, tese una mano verso Francis
presentandosi:- Ciao, io sono Alfred Jones, l' eroico fratello dello
sposo! Ahahahaha
-Ah...oui...
tuo fratello è un bravo ragazzo.
Francis
posò lo sguardo su Arthur visibilmente in imbarazzo. Non
sapeva bene perchè ma in qualche modo si sentiva deluso.
-Io
vado, scusatemi- si congedò il francese sentendo in
sottofondo il chiacchiericcio fastidioso dell' americano.
La
sala scelta dagli sposi era molto spaziosa ed elegante, arredata con un
gusto classico e colori chiari. Una volta arrivati in sala Gilbert si
rivolse irritato al russo:-Hai intenzione di starmi appiccicato ancora
per molto?!
-Ivan
sorrise al suo indirizzo:- D...- si interruppe bruscamente quando vide
qualcosa o qualcuno. Gibert notò che il ragazzo stava
fissando una bella giovane con i capelli lunghi e un fiocco scuro sulla
testa- ehm... scusa Gil. Io vado, ci vediamo dopo, eh?
Gilbert
vide il ragazzo allontanarsi e prendere posto al tavolo vicino a quello
degli sposi, la ragazza di prima si sedette al suo fianco attaccandosi
al suo braccio. Era forse la fidanzata?
-Chi
se ne frega. Certo che però... mollare così su
due piedi l' essere fantastico e super figo che sono... che stupido
russo.
I
tre ragazzi si sedettero al loro tavolo, non molto lontano dagli sposi
anche questo e dal quale si poteva godere una bella visuale della sala.
Gilbert era piuttosto arrabbiato, odiava non essere al centro dell'
attenzione e Ivan lo aveva appena messo da parte. Francis, dal canto
suo, era troppo giù di tono per stare a sentire le sue
ciarle su quanto fosse magnifico. Antonio fino a quel momento sembrava
l' unico che si stesse divertendo. Arrivò al tavolo dopo una
ventina di minuti da quando avevano servito gli antipasti, l'
espressione allegra e soddisfatta.
-Che
hai da sorridere a quel modo?- chiese Gilbert
-A
parte il fatto che questo è un matrimonio e quindi un giorno
di festa, ho appena guadagnato 874 corone ( nota: a quanto ho capito sono quasi cento euro).
L'
albino si limitò ad una smorfia di disapprovazione, non
voleva nemmeno sapere come li avesse guadagnati.
-Persino
a un matrimonio, Antonio- disapprovò Francis- a quello di
Mathieu per giunta! Dovresti vergognarti!- il francese alzò
un po' troppo la voce e il suo attegiamento non era dei più
amichevoli. Lo spagnolo da parte sua indurì lo sguardo
irritato a sua volta:- Io non ho un lavoro con un' entrata fissa- gli
ricordò
-Perchè
sei troppo pigro per lavorare onestamente e preferisci fare la puttana-
affermò il biondo
-Tu
non vieni pagato ma non ti comporti poi così diversamente,
Francis
-E-ehi...
ragazzi- cercò di intervenire Gilbert senza risultati
-Io
cerco l' amore, Antonio. Tu cosa cerchi a parte i soldi? Vendi il tuo
corpo. Ne vai fiero? Se potessi ti venderesti l' anima.
Antonio
assottigliò lo sguardo:-Hai passato il limite, Francis. Non
devi giudicarmi. Nessuno deve giudicarmi! Se hai i cazzi tuoi non
prendertela con me. Valgo meno perchè ho opinioni diverse
dalle tue? Col mio corpo ci faccio quel che cazzo voglio. Come
è una mia fottuta decisione quella di cercare l' amore o no.
Non ci credo all' amore, hai capito? Quindi non rompere. E se ti da
tanto fastidio quello che faccio puoi anche risparmiarti di essermi
amico. Fottiti- sibilò tra i denti alzandosi e lasciando i
due amici al tavolo.
Gilbert
era rimasto immobile, incapace di fare qualcosa mentre i suoi due
migliori amici litigavano. Sul tavolo era calato il silenzio.
Antonio
uscì fuori nel giardino. Quei due con i loro dannati giudizi
lo facevano sentire una merda e più sporco di quanto
già non si sentisse. Facevano tutto facile loro. Non credeva
che Francis pensasse quelle cose di lui. Sapeva che disapprovava ma non
che pensasse delle cose così terribili sul suo conto. Non
aveva capito niente.
-Antonio
L'
ibericò si girò e una nuvoletta di fumo gli
arrivò in faccia.
-Madre
de Dios- gemette- anche tu ora...
Christoffel
lo guardava indolente appoggiato allo stipide del grosso portone di
ingresso, la pipa portata alle labbra.
-Che
ci fai qui? Vuoi pestarmi?- domandò lo spagnolo sedendosi
sui gradini.
-Non
oggi. Matt è mio amico, non voglio rovinargli il matrimonio.
Rimasero
qualche minuto in silenzio poi Chris ricominciò a parlare:-
Ti ho visto uscire dal bagno. Ho sentito... dei versi.
Antonio
non rispose.
-Eri
con una donna- l' olandese rise- non ti smentisci mai. Anche ai
matrimoni.
-Mi
ha pagato- soffiò e Chris lo guardò spalancando
impercettibilmente gli occhi. Non sapeva perchè glielo
avesse detto, forse voleva giustificarsi.
Il
ragazzo si chinò alla sua altezza soffiandogli una nuvoletta
di fumo sul viso, tirò fuori qualcosa dalla tasca dei
pantaloni e Antonio si ritrovò con il suo portafogli buttato
sulle gambe.
-Che
vuol dire?- domandò senza capire davvero.
-Che
ti scopo- e Chris sorrise mentre Antonio sbarrava gli occhi e si
sentiva umiliato.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** 6. Quello che non ti ho detto. ***
c. 6 bad trio
Bad Touch Trio
Quello
che non ti ho detto
-Costo caro- aveva risposto Antonio guardando Chris in tralice.
L' altro lo guardò severo, come suo solito:- Non ne
dubitavo-
rispose riprendendosi il portafogli e sollevandolo per il braccio.
Camminarono sulla ghiaia del giardino fino a un macchina nera sportiva.
Antonio sorrise:- Sei diventato un pezzo grosso, Chris?
-Diciamo che non me la passo male, entra.
Antonio diede uno sguardo all' edificio che ospitava il ricevimento,
per un attimo pensò che forse stava facendo qualche cazzata.
Pensò alle parole di Francis e gli si strinse il cuore,
aprì lo sportello ed entrò nell' auto. Stava
cadendo
nella rete per l' ennesima volta, forse voleva caderci, forse
semplicemente era ancora innamorato perso di Chris. Antonio sorrise,
Francis sarebbe stato fiero di lui. Era da un po' che non faceva sesso
per amore.
Gilbert vide Antonio allontanarsi e sbuffò ritenendo che
quel
ragazzo non cambiava proprio mai. Giusto un attimo prima l' iberico
aveva litigato con Francis per quel motivo e guarda che faceva...
continuava imperterrito con il suo "lavoro".
Fece per rientrare quando si trovò Francis alle spalle, il
biondo aveva le labbra chiuse in una linea dura:- Ero venuto a
chiedergli scusa- disse- ma a quanto pare...
-Francis... ascolta un mio consiglio, e lo sai quanto siano preziosi i
consigli del Magnifico... Antonio poteva anche risparmiarsi certe cose
durante il matrimonio di Yekaterina e... - si interruppe un secondo- e
con chi diamine si è sposata?!- sbottò.
-Con Mathieu. Siamo gli invitati dello sposo, Gil!- sospirò
esasperato il biondo
-Ah sì, con quello. Dicevo... poteva evitare insomma,
però anche tu, cazzo. Lo hai attaccato in maniera esagerata
senza motivo. Antonio è grandicello ormai e può
fare
quello che vuole. Proprio noi che siamo i suoi migliori amici non
dovremmo dirgli certe cose. Non è una cosa molto magnifica.
Siamo come fratelli, no?
Il francese annui:- Ma se i fratelli sbagliano bisogna farglielo notare.
-Ja, ma ci sono modi e modi per farlo. E tu ti sei incazzato a quel
modo con Antonio perchè avevi la luna storta, ammettilo.
Francis si limitò a un dispiaciuto e flebile "oui"
-Lo sai perchè Antonio si comporta in questo modo. Lo sai
meglio
di me. L' altra sera stava da schifo per quel dannato olandese. Se l'
avessi davanti gli spaccherei il muso con il mio gancio eccezionale.
-Più tardi mi scuserò con Antonio.
Gilbert annuì soddisfatto:- Sono... sublime, ja. Ho fatto un
ottimo lavoro, non è vero? Sono un paciere eccezionale,
kesesese.
Francis sorrise all' indirizzo del tedesco incamminandosi nuovamente
verso la sala.
Era ormai sera inoltrata quando l' ultimo bacio di Christoffel si
consumò sulle labbra di Antonio. Di solito l' iberico non
baciava mai i suoi clienti, lo aveva promesso una volta a Francis
perchè i baci più di ogni altra cosa sono l' atto
più innocente del mondo anche se possono essere dolci,
selvaggi,
passionali...
Sono l' atto che più di ogni altro manifestano l' amore in
ogni
sua forma, nella maniera più elementare e allo stesso tempo
profonda.
Eppure quel giorno aveva baciato Chris un' infinità di
volte.
Desiderava le sue labbra, le sue mani, il suo corpo, la sua mente, l'
anima... desiderava tutto di lui. Voleva che lo amasse di nuovo in quel
suo modo riservato e arrogante, selvaggio e dolce insieme.
Antonio si rilassò sui cuscini, Chris si era acceso la
fedele
pipa. Rimasero un poco in silenzio, Antonio guardava ora
il suo corpo, ora quello dell' olandese. Puntini rossi, graffi e
piccoli ematomi li riempivano:- Non è cambiato niente-
disse. Il
loro legame era sempre stato così, un amore al limite dell'
insofferenza e della sopportazione reciproca. Era strano. Antonio tre
anni prima si era messo in testa che voleva a tutti i costi che Chris
fosse suo e solo suo. L' iberico era capriccioso e per certi versi
egoista anche
se poi rideva, scherzava, lo prendeva in giro, lo coccolava.
Chris da parte sua odiava la gente come Antonio, quello spagnolo era
troppo viziato per i suoi gusti e sempre secondo i suoi gusti, non
aveva alcun pudore. Troppi abbracci, troppi baci, troppe risate, troppo
tutto. L' olandese era riservato e severo, arrogante e indipendente
quel tanto da
non volere appartenere a nessuno mentre lui aveva capito bene che lo
spagnolo lo voleva marchiare.
Nonostante tutto questo tra loro c' era qualcosa. C' era un' attrazione
che probabilmente si nutriva di quella stizza reciproca e che si
trasformava in desiderio di prevalere sull' altro. Il loro campo di
battaglia privilegiato era sotto le coperte. Il sesso diventava una
specie di lotta non troppo gentile per vedere chi alla fine avrebbe
prevalso. Anche ora, dopo tre anni, era stato così.
-E' cambiato tutto, Antonio- fece Chris aspirando una boccata di fumo.
-Che fai qui a Stoccolma?
-Sono un avvocato. Mi occupo degli affari di una grossa compagnia, tra
qualche mese riparto. Spero di concludere in fretta.
"Anche ora che ci sono io?" avrebbe voluto chiedere il castano che
invece si limitò a fare un cenno affermativo col capo.
Chris si alzò e Antonio guardò la schiena
perfetta del' altro, il fisico
statuario muoversi nella stanza e andare verso i pantaloni sul
pavimento.
Quando si girò aveva in mano il portafogli:- Quanto vuoi?-
chiese sorridendo, con gli occhi sottili.
Antonio lo guardò un momento sorpreso e ferito. Si era
illuso
che Chris lo stesse trattando diversamente da una prostituta.
-Facciamo così- iniziò allora- ti offro un
pacchetto. Quattro
scopate a 604358 corone (settecento euro). Lo so che ti piace scopare
con me.
Chris rise gettando la testa all' indietro:- Sei pieno di te come
sempre. Non è che invece sei tu quello che vuole venire a
letto con me?
Antonio si alzò a sua volta avvicinandosi a lui,
avvicinò
il proprio viso a quello dell' altro e sorrise in maniera
apparentemente vivace:- E tu... e tu Chris perchè sei venuto
a
letto con me?- sembrava l' Antonio spensierato di sempre.
L' olandese si allontanò:- Non sai quanto lo odio il tuo
sorriso. E la cosa più falsa che possa esistere.
-Non è vero- si impuntò l' altro
-Adesso sì. E comunque... dimmi un po' Antonio... guardaci.
Io,
il figlio di un normalissimo fioraio, sono un avvocato di successo,
mentre tu, il ragazzino viziato che credeva di poter fare quello che
voleva, sei una puttana. Ti ho scopato e ora ti sto pagando. Come ti
senti?
Antonio fece spallucce, indifferente:- Posso tornare a casa quando
voglio. E guadagno bene, signor avvocato. E poi chi ti dice che non mi
diverta?- sorrise ampiamente facendo andare su tutte le furie l'
olandese.
-Prendi sempre tutto così... alla cazzo... è...
è
assurdo, dannazione. Non sei cambiato. Ridi, ti diverti, non hai
pensieri nè responsabilità, fai sempre quello che
vuoi.
Non ti tocca niente. Niente!
Antonio si fece serio e si girò per rivestirsi,
indossò
boxer e magliatta, Chris scosse la testa e fece altrettanto prima di
tirare il portafogli sul tavolo:- Prenditi quello che vuoi.
Antonio
lo
guardò dritto negli occhi:- Tu- disse fronteggiandolo- tu mi
tocchi. Tu mi scalfisci e mi fai impazzire. Tu mi cambi.
Christoffel rimase interdetto per qualche minuto, poi disse:- Ma non
credo proprio. Hai preso per il culo sia me che Sophi. Era distrutta
quando siamo ritornati a casa.
-Dannazione- Antonio si passò una mano tra i capelli- non
sapevo
che eravate fratelli! Non lo sapevo! E non volevo prendere per il culo
proprio nessuno. Avevo conosciuto tua sorella e mi era piaciuta. Punto.
Non era amore, questo è ovvio, in un paio di settimane non
lo
era. Quando ti ho conosciuto lei non c' era. Non c' era! L' avrei
lasciata non appena fosse ritornata, se poi è andato tutto a
puttane non è colpa mia. Hai fatto tutto tu, anzi, voi.
Avete
fatto e detto tutto voi senza farmi spiegare. Che pretendi?
-Che pretendo? Di mia sorella era impossibile che ti innamorassi in un
paio di settimane ma di me sì? Che razza di discorso
è?
Mi hai detto che mi amavi Dio solo sa quante volte.
-E tu invece mai.
-Sì, mai, infatti. Dò peso alle parole che dico.
-E io no? - Antonio sospirò- ero innamorato. Non so
più in che lingua dirtelo.
Chris si voltò andando verso la cucina:- Facciamo quel
pacchetto
da quattro- disse alla fine- E non metterti più quelle
mutande rosa.
Antonio si guardò i boxer e rise, davveroe di cuore,
grattandosi la testa
prima di seguirlo nell' altra stanza, una mano ben tenuta ad
afferrargli un lembo di maglia:- Ho messo insieme bianchi e colorati.
-Ehi,
francese
Francis
si voltò lentamente e guardò prima Arthur, poi
nelle vicinanze:- Oh, non c' è il tuo amico?
L'
altro
indicò la calca intorno alla torta e Alfred in mezzo ai due
sposi con un sorriso smagliante:- Sta facendo le foto.
-Oui.
-Al... forse è ora che tu ti tolga... e... e io e Kat
facciamo
una fato... una... soli- si sentì pigolare Matt da lontano
mentre tra loro
vi fu qualche secondo di silenzio imbarazzato. Arthur non si spiegava
perchè. In fondo non doveva dare spiegazioni a nessuno di
quello
che faceva, benchè meno a quel tizio.
Che
era suo marito.
Ma
per un dannatissimo sbaglio!
-E'
il tuo ragazzo?- chiese Francis
-E...a...ehm...
più o meno.
Il
francese
aggrottò le sopracciglia:- Che vuol dire più o
meno, non
lo sai?- poi fece un risolino- dovrei saperlo, visto che sono tuo
marito, mon cher.
Arthur
sbiancò:- Non osare! Non osare dirglielo!
-Un
marito vale più di un fidanzato- lo canzonò
Francis.
-No,no,
no. Idiot! Non prendermi in giro, lo sai che è stato un...
un casino, un errore. UNA TRAGEDIA!
Arthur
si
accorse di aver attirato qualche sguardo di troppo, quindi
afferrò il braccio del francese trascinandoselo in giardino.
-E'
diventata una moda quella di trascinarmi ovunque, Angleterre?
-Non.
Chiamarmi. Angleterre.
-Sei
inglese.
Una logica schiacciante. Per Francis, ovviamente.
Arthur
respirò profondamente. Gli sarebbe venuto l' esaurimento, se
lo sentiva.
-Però
non mi spiego perchè hai dato un appuntamento a Sesel-
continuò Francis
-Volevo
ringraziarla.
-Non
me la bevo, bruco
Arthur
si
guardò intorno grattandosi il collo:- Volevo capire se...
sì... se insomma, potessi stare con una ragazza.
-Che
discorso sciocco. Bisogna stare con chi ci attrae, con chi ci
dà qualcosa. L' americano ti dà qualcosa?
"A parte il pisello" pensò mentalmente.
-Senti,
non sono affari tuoi.
-Ci
stavi
provando con la mia cuginetta anche se eri impegnato e... piccolo
particolare- gli mostrò la fede che portava al dito- siamo
sposati, sveglia!
-Damn...
vuoi
che non lo sappia?! Non mi fa piacere, idiot. Non mi fa affatto
piacere! E comunque io e Alfred non stiamo propriamente insieme.
-Una
storia di sesso-concluse Francis
-No!
Non ci ho fatto sesso, stupido pervertito! Siamo colleghi e qualche
mese fa abbiamo iniziato a uscire insieme.
Perchè diavolo si stava giustificando, insomma?! Arthur in
quel momento si odiava.
-Strano
che tu non ci abbia fatto sesso visto che uscite già da un
po'.
Arthur
si passò una mano sulla faccia:- Ma pensi solo a quello? E
che diamine!
Francis
si
avvicinò all' altro sorridendo in un misto di dolcezza e
ironia:- Oui, mon cher- gli diede un bacio a fior di labbra prima di
allontanarsi- dovremmo rifare l' amore una volta o l' altra- rise- sai
com' è, ero troppo ubriaco per ricordarmi la prima notte di
nozze.
Arthur
rimase
immobile per qualche istante, inebetito da tanta sfrontatezza. Parlava
del sesso come se fosse una partita a carte da ripetere ogni tanto.
Forse era lui che si creava troppi problemi. Mise un' ulteriore
distanza col francese puntandogli il dito contro:- Ehi, frog, non
permetterti più hai capito?! Non ci sarà un'
altra volta
nemmeno tra un milione di anni. Tch, pervertito d' un francese idiota-
borbottò.
Francis
fece spallucce:- Dicono tutti così. Meglio se rientriamo
adesso.
-Sì.
Ah... domani non posso perchè ho da fare ma dopodomani, dopodomani-
ripetè per sottolineare il concetto- ci vediamo per
annullare il coso.
-Matrimonio.
-Sì,
quello.
-Facciamo
a mezzogiorno?
-Certo,
ma anche all' una! O perchè non vederci quando gli uffici
chiudono?!
-Immagino
sia troppo tardi per te- concluse il francese accarezzandosi dubbioso
il pizzetto.
-Alle
dieci.
Non un minuto prima, non un minuto dopo.- Arthur era stato categorico e
Francis gemette dandogli mentalmente del dittatore.
Il matrimonio intanto proseguiva più o meno bene. Qualcuno
aveva
nuovamente perso di vista lo sposo ma quello non era un gran problema
visto che Alfred sosteneva che Mattew a volte aveva la pessima
abitudine di nascondersi.
Il problema era un altro ma riguardava solo una persona che ignara
della
calamità che stava per abbattersi sulla sua testa, si stava
servendo tranquillamente al buffet.
-Ciao Toris.
L' interpellato saltò per aria:-S..signor Ivan... cosa posso
fare per lei?
Ivan sorrise affabile:- Oh, niente di che. Mi serve un marito per mia
sorella.
Toris guardò Natalia alle spalle di Ivan, l' aria assassina
di
chi ti vuole fare la pelle. Il castano sbiancò. Anni
addietro
aveva avuto un debole per la sorellina minore del suo capo, poi, dopo
che lei gli aveva rotto gentilmente le dita e aveva tentato di
ucciderlo un paio di volte, ci aveva rinunciato decidendo di
vivere serenamente -per quanto fosse possibile con un datore di lavoro
come Ivan Braginski- e a lungo.
Ivan si girò visto che il suo segretario continuava a
guardare alle sue spalle:- Ho qualcosa addosso?- chiese
Ma dietro di lui non c' era più nessuno.
Toris lanciò un urletto e per poco, ma solo per poco, non
svenne.
Ivan ritornò a guardarlo:- Ti dicevo... un marito per
Natalia. Non dovrebbe essere difficile trovarlo, da?
-M... mi prende in giro?
-Kolkol
-Lo
troverò senz' altro!- si affrettò a rispondere il
giovane
segretario. Quell' uomo emanava un' aura maligna senza pari.
Ivan si incamminò per andare via, si girò appena
dicendo:- Hai una settimana di tempo. Se non lo trovi la sposerai tu- e
se ne andò sorridendo allegro lasciando il povero Toris
nella
disperazione più nera. A quel punto gli conveniva emigrare
dalla
Svezia.
------------------------
Ciao
a tutti,
ne aprofitto per dire grazie a tutti quelli che seguono questa storia e
a chi soprattutto ha la bontà di recensire, non sapete
quanto mi
rendano felici i vostri commenti e consigli. Yekaterina, ma penso si
sia capito, è Ucraina. Tra un po' dovrebbe entrare in scena
Romano, è reclamato a gran voce.
In
Svezia si
usa la corona, non l' euro, io me ne ero scordata inizialmente. Spero
di non combinare danni col cambio anche se uso il conversore online.
Non me ne intendo molto di corone svedesi ^^
A
Gilbert verrà dato il dovuto spazio più avanti,
Russia gliene farà vedere delle belle.
Vorrei
chiedervi un consiglio infine. Secondo voi varrebbe la pena scrivere
una Francia x Fem!Uk? Pensavo proprio di creare una fic avente come
tema un possibile matrimonio tra questi due (con altre coppie tipo
PrRus, GerIta e Spamano in cui però anche Russia e le Italie
sarebbero al femminile). Ciò che mi blocca è il
gender
bender perchè credo che la fic sarebbe molto carina (insomma
parliamo di Francia e Inghilterra sposati). Non saprei, insomma, se
usare le versioni normali o le rispettive di Nyotalia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** 7. Incontra la tua anima gemella: due cuori e una villa al mare. ***
c. 7 bad trio
Bad Touch Trio
Incontra
la tua anima gemella: Due cuori e una villa al mare
Toris si
affannava alla scrivania ricolma di carte e documenti
stropicciati. Si distese sulla poltrona guardando il disordine sul
tavolo e gemette. Oh, di solito era tutto così ordinato... e
invece no, invece questa volta no. Sulla scrivania dell' ufficio aveva
ammassato i curricula dei possibili mariti per quella svitata di
Natalia. Si
alzò iniziando a fare un poco di ordine. A destra i
pretendendi
ancora rimasti, a sinistra quelli che erano sfumati. Dopo un ora
riflettè nuovamente sulla possibilità di lasciare
la
Svezia e ritornarsene a casa. La fila di destra si era decisamente
assottigliata riducendosi ad appena una decina di fogli scarsi. Si
passò una mano tra i capelli castani. Doveva ascoltare
Feliks
quando gli diceva che, tipo, non era una buona idea lavorare per uno
totalmente fuori come Braginski.
Sospirò
bevendo un altro sorso di camomilla. Gli appuntamenti tra
Natalia e i probabili pretendenti non erano andati affatto bene. La
sorellina del capo aveva litigato col primo ragazzo che le era stato
presentato, un cubano a cui aveva tranciato di netto il sigato al
ristorante. Il secondo appuntamento, con uno svizzero che faceva il
banchiere e con un carattere orrendo, si stava concludendo con uno
spargimento di sangue, il terzo, con un norvegese, era stato di una
noia mortale. Nessuno dei due aveva spiccicato parola per tutta la
serata. Qualcuno era scappato ancor prima di sedersi e ordinare.
Toris
prese l' identikit del pretendente successivo. Erano stati tutti
selezionati da un computer molto sofisticato anche se il povero
segretario aveva l'
impressione che fossero stati pescati a casaccio.
Lesse
il nome del tipo: Gilbert Beilschmidt. Era un tedesco un po' fuori
dagli schemi e con un ego smisurato a quanto risultava dalle carte. Non
era brutto, forse un po' troppo egocentrico.
Toris
sperava ardentemente che sapesse difendersi bene. E che finalmente
fosse il marito giusto per quella pazza.
Guardò
meglio la foto ed ebbe l' impressione di averlo già visto da
qualche parte.
-Ah...
al matrimonio di Yekaterina... mmm... ma lo sposo c' era? Non ricordo
proprio.
Fece
spallucce e compose il numero di telefono.
-Pronto?!-
all' altro capo rispose una voce dal timbro
strano, un po' gracchiante- questa è la casa del
magnifico me e
degli altri due, ma sono meno importanti del sottoscritto quindi non
vale la pena nominarli, kesesese. Chi è?
-Ah...
ecco... buongiorno. Mi scusi il disturbo, è lei il signor
Beilschmidt?
-Mmm...
dipende. Perchè hai chiamato? Soldi?
-N-no!
-Vuoi
pestarlo?
-Non
mi permetterei mai!
-Debiti
di gioco?
-Ho
detto che non voglio soldi!
-Ha
messo incinta tua sorella/moglie/cognata/cugina/zia...?
-No-
sospirò
-Bè,
in ogni caso quello sarebbe stato più probabilmente
Francis, kesesese. Comunque sia, hai l' onore di parlare con il
fantastico e unico me! Spara.
-Prego?
Oh... insomma... è lei Gilbert Beilschmidt, sì o
no?!
-Se
non vuoi soldi, pestarmi, vendicarti, farmi le feste in generale,
sì, sono io. Altrimenti...
-Ah,
meno male. Telefono dall' agenzia di incontri "Due cuori e un villa la
mare".
Lei è stato appena sorteggiato tra migliaia di uomini nel...
mondo, sì, nel mondo... per tentare di sedurre la bellissima
Natalia. Se riuscirà nell' impresa vincerà una
villa al
mare.
-E'
un cesso?
-Cosa?
-Ho
detto... è un cesso? La tizia.
-No.
Ho appena detto che è bellissima.
-Non
lo so, non c' è qualche fregatura sotto?
Chessò... magari la villa è ipotecata.
-Nessuna
fregatura. E' un competizione onestissima organizzata con i
fondi europei. Già in molti hanno fallito nell' impresa.
Bè... forse non è poi così
affascinante come
diceva il suo curriculum.
-Che
cosa? Io sono il più affascinante degli esseri. Certo che
quella tizia si innamorerà di me. Prepara le chiavi della
villa,
kesesese.
Alla
fine della telefonata Toris tirò un sospiro di sollievo.
Per lo meno lo aveva convinto ad incontrarla. Non gli piaceva
utilizzare certi mezzucci ma era questione di vita o di morte.
Antonio
quella sera si era presentato al locale decisamente presto.
Ancora la serata vera e propria non era iniziata, c' era qualcuno
seduto al pub e il dj che provava qualche pezzo, insomma una calma
relativa, tanto che Sadiq era ancora seduto ad un tavolo ad angolo a
parlare con Padre Kiku. Di norma il turco si metteva al suo tavolo
preferito, il più appartato del locale, a pomeriggio
inoltrato
per controllare gli ordini delle forniture, i conti e roba simile. Una
volta a settimana Don Kiku lo andava a trovare per convincerlo a
dedicarsi ad affari più onesti. Era risaputo infatti che
Sadiq
non si curava molto se quello che avveniva all' interno del suo locale
fosse legale o meno. Ovviamente anche lui aveva i suoi limiti. Insomma,
se una prostituta voleva venire nel suo locale per abbordare
qualcuno, chi era lui per dire no? Attirava un certo tipo di clientela.
Oppure,
se ogni tanto invitava qualche piccolo spacciatore nella sala VIP,
ecco, anche lì, dov' era il problema?
Padre
Kiku, Padre Heracles e Sadiq si conoscevano da una vita e il
sacedote giapponese non poteva accettare che il suo amico conducesse
quel genere di vita portando magari alla perdizione altre pecorelle
innocenti. Ecco che puntuale si presentava per la predica settimanale
senza schiodarsi per almeno tre ore buone.
Kiku,
quel giorno, parlava ancora con un Sadiq visibilmente stanco e
disperato. Antonio ridacchiò nel vedere il turco con la
testa a
penzoloni sulla mano e gli occhi che volevano chiudersi.
Con
la coda dell' occhio vide padre Heracles entrare nel locale a passo
spedito, per quanto il termine potesse adattarsi al sacerdote che di
certo non sarebbe mai stato uno stacanovista. Antonio aveva l'
impressione che avesse il viso un poco arrossato, si
immaginò del fumo uscirgli dalle orecchie. Heracles e Sadiq
si odiavano praticamente, tuttavia era stato inevitabile passare
insieme l' adolescenza in un modo o nell' altro, anche se per quanto ne
sapeva, avevano sempre litigato. Di sicuro il greco era venuto a
prendere il giapponese. Lo spagnolo sentì le grida di Sadiq
in lontananza.
-Sei
sempre tra i piedi!
-Sono
venuto a prendere Kiku. Credi che mi faccia piacere entrare in questo
posto?
-E
allora ritornatene a casa! Nessuno ti ha invitato, non vedi che sto
parlando con Kiku? E' stato lui a venire a trovarmi.
-Perchè
è troppo buono.
-No,
perchè è mio amico! Mio.. amico-
scandì bene il turco.
-E...ehm...
ragazzi... perfavore. Ecco! Volete vedere un trucco giapponese?
Guardate le mie dita...
-Ohi
Antonio, come mai così presto?- lo apostrofò
Francis da dietro il bancone.
Lo
spagnolo gli mise sotto il naso un giornale spiegazzato.
-Cerchi
lavoro?- domandò sorpreso il biondo
-Eh
già... ma sembra proprio che per me non ci sia niente. Sono
tutti troppo... troppo!- Antonio si scompigliò i capelli
scuri
con un sorriso dispiaciuto- io non ho mai... lavorato- ammise-
seriamente intendo. A parte raccogliere pomodori. Ma qui non c'
è nessuno che raccoglie pomodori.
-Ah,
oui.- Francis ogni tanto tendeva a dimenticare che l' amico di
sempre era cresciuto nella bambagia- e come mai questo cambiamento
improvviso?- domandò anche se già conosceva il
nome di
quel cambiamento.
-Sai
com' è... sono quattro giorni esatti che esco di nuovo con
Chris... e insomma, stiamo bene. Io sto bene, almeno. Forse anche lui.-
Antonio aveva iniziato a farsi serio, il sorriso dispettoso sulle
labbra che pian piano spariva- Non mi sembra giusto continuare a fare
quallo che faccio. Mi sento un traditore. Voglio dimostrargli che
può fidarsi del mio amore.
Francis
rise e si allungò sul bancone abbracciandolo:- Mon petit,
mon petit... hai preso proprio una bella sbandata.
-Già...
però fino a quando non trovo qualcos' altro
devo continuare così- affermò dispiaciuto il moro.
-Antonio,
non dire fesserie. Io e Gil lavoriamo, per un po' possiamo pensare a
tutto noi.
-No-
Antonio era stato categorico- grazie ma no, Francis.
-Aaaah,
mon ami... sei dannatamente testardo.
Antonio,
anche se non sembrava, era il più orgoglioso dei tre.
Non che Gilbert non lo fosse, per carità, ma quello di
Antonio
era un orgoglio più serio e cieco, più altezzoso.
Il
tedesco era più scanzonato anche nel suo essere egocentrico,
il
suo orgoglio era in realtà un egocentrismo particolarmente
spiccato, per questo era anche più spaccone. Questo era lo
stesso motivo per cui era anche più semplice metterlo nel
sacco.
In
quel momento Gilbert entrò nel locale con un sorrisetto che
aveva tanto da dire, infatti non ci mise molto a raccontare ai due
amici della chiamata ricevuta durante la mattina.
-Mi
puzza un po' di bruciato- si limitò a commentare Francis.
Poco
dopo il tedesco fece il suo ingresso nel locale anche Ivan. Il russo si
appostò al bancone sorridendo.
-Vodka-
ordinò
Quattro
bicchieri di vodka e un' ora dopo il russo era ancora lì.
-Ehi...senti...
non hai intenzione di stare qui tutta la sera vero?- domandò
Gilbert
-E
perchè no? Da qui posso guardarti meglio. Se vuoi puoi
portarmi un' altra vodka.
-Ma
tu non ti ubriachi mai?
Ivan
rise e Gilbert rimase immobile per qualche istante. Lo aveva visto
sorridere tante volte, e a dirla tutta non era ancora sicuro se quel
sorriso fosse vero o meno, ma ridere... ridere ancora non lo aveva mai
visto. Aveva una bella risata, rumorosa, cristallina. Era tutta un'
altra storia.
-Ma
che diamine...?- si domandò dandosi una manata sulla
fronte-stupido russo- sbottò andando a prendere dell' altra
vodka.
Ivan
non si stancava mai di guardare Gilbert, di sentirlo parlare e
cianciare a sproposito. Quel ragazzo lo attirava. Era bianco come la
neve della sua adorata Russia ma allo stesso tempo era un'
esplosione di vita e di luce
proprio come i girasoli per cui aveva un debole.
Ecco
perchè era riuscito ad ottenere il foglio con i suoi turni
da Sadiq e si presentava al locale ogni volta che c' era lui.
Verso
le tre inoltrate Antonio stava sbadigliando sonoramente seduto al
bancone. Per quella sera aveva fatto abbastanza conquiste, troppe per i
suoi gusti, ma almeno aveva guadagnato abbastanza bene.
Guardò
il rum nel suo bicchiere prima di aspirarne a fondo l' odore e berlo
tutto in un sorso. Dio, quanto si faceva schifo. Si augurava che Chris
non venisse a sapere della sua avventura notturna. Non che non lo
immaginasse a dire il vero ma lo spagnolo aveva già deciso
di
mentirgli, di dirgli che non aveva fatto sesso con nessuno che non
fosse stato lui. Avrebbe davvero voluto che questa fosse la
verità.
Forse non era un buon modo per guadagnarsi la sua fiducia.
Sbuffò quando dovette girarsi sentendo chiamare il proprio
nome.
Un ragazzetto moro e dall' aria crucciata lo stava guardando.
-Ehi,
idiota! Ti ho chiesto se sei Antonio Carriedo.
Lo
spagnolo sorrise aprendo le braccia in un gesto teatrale:- In p- si
bloccò aggrottando le sopracciglia. Stava per rispondere "in
persona, per servirti" ma poi ci aveva ripensato- ehm... cosa vuoi da
lui?- domandò invece.
-Devo
parlarci- rispose stizzito l' altro
-Vuoi
ammazzarlo di botte... che so... ti deve dei soldi, ha messo incinta
qualcuno...
-Senti
idiota, sono cazzi miei. Sai dov' è sì o no?
Antonio
lo guardò per qualche minuto con la mano poggiata
pigramente sotto il mento. Lui e Gilbert avevano preso l' abitudine di
non rivelare subito la propria identità se qualche
sconosciuto
chiedeva di loro. Ne avevano combinate davvero troppe e inevitabilmente
si erano attirati qualche risentimento. Lo stesso valeva per Francis
che però, a quanto pare, non doveva tenere più di
tanto
alla propria vita se rispondeva immediatamente "Oui, Francis Bonnefoy,
desidera?". Per questo motivo una volta si era ritrovato all' ospedale
con la gamba
ingessata. Il tizio che gliela aveva fatta evidentemente doveva avere
scoperto che avevano l' abitudine di barare leggermente al gioco.
-Che
cazzo hai da guardare?!
Le
labbra di Antonio si piegarono in un sorriso. Il ragazzo era davvero
imbarazzato, le sue guance si erano fatte rosse come...
-Un
pomodoro!- strillò Antonio
-Che
diavolo ti sei fumato?!
-Oh,
ma quanto sei carino. Sembri proprio un pomodoro! Come ti chiami
niño?
-Io...
io...- il ragazzo si guardava intorno spaesato. Ma che aveva in
testa quel tizio? Poi riprese l' aria arrabbiata di prima e disse:- Io
devo parlare con Carriedo!
-Bene-
Antonio sorrise- sono io. Sono Antonio Fernandez Carriedo.
Il
ragazzo lo afferrò per la maglia, l' ispanico
deglutì
per un istante. Ma che gli era venuto in mente di dire il proprio nome
a quel ragazzino?! Era tutta colpa dei pomodori.
-E
non potevi dirmelo prima?- lo apostrofò l' altro prima di
lasciarlo andare.
-Scusa.
Dimmi, che posso fare per te? Anzi no... il tuo nome.
-Lovino-
borbottò
Antonio
si avvicinò a lui tendendo l' orecchio:- Come scusa? Non ho
sentito.
-Lovino.
Lovino! Mi chiamo Lovino, idiota!
-Lovinito...
è un nome davvero carino.
-Lovino,
non Lovinito! Non storpiare il mio nome bastardo!
Antonio
smise di sorridere per un attimo:- E tu non chiamarmi bastardo. Non
è molto educato sai?
-C...
che cosa?- Lovino indietreggiò. Quel tizio era veramente
strano. E a dirla tutta in quel momento non gli sembrava poi
così amichevole.
-Però...-
continuò Antonio ritornando a sorridere- ti
permetterò di chiamarmi come vuoi... se, ovviamente, mi
permetterai di fare altrettanto. Che ne dici... Lovinito?
Il
ragazzo sbuffò incrociando le braccia al petto:- Fai come
diavolo ti pare.
-Bene-
Antonio appoggiò nuovamente il mento sulla mano. La
serata forse si stava facendo interessante- seconda domanda: cosa posso
fare per te, niño?
-Devi...
devi... devi venire a letto con me!- buttò velocemente.
Antonio
aveva gli occhi sgranati. Cioè... ma non c' era
pià pudore. Cos' è? Era diventata una moda quella
di
essere così diretti?
-E...
perchè di grazia? Non mi sembri il tipo da avere problemi
con i ragazzi... o le ragazze.
-Sì...
no... cioè... devi insegnarmi.
-Cosa?
-Voglio
fare il gigolò.
Antonio
arcuò le sopracciglia. Quel ragazzino era totalmente fuori
di testa:-Si può sapere quanti anni hai?
-Ne
ho venti.
-Bene-
Antonio scese giù dallo sgabello pronto ad andare via- sei
troppo piccolo.
-Che
vuol dire? Ehi bastardo... - Lovino seguì Antonio per tutta
la lunghezza del locale fino a quando non furono fuori- che diamine
stai dicendo? Tu quanti cazzo di anni avresti?
-Ventiquattro.
Ho ventiquattro anni. E scusami, ma non ho intenzione di
sverginare un moccioso. Ma per chi mi hai preso?
Il
ragazzo deglutì:- Adnan mi ha detto che potevo rivolgermi a
te.
Antonio
si passò una mano tra i capelli, era schifosamente
stanco:- Quel cretino... senti, non prendo "allievi", ok?
Perciò sciò, vai via.
Antonio
si mise le manin in tasca e se ne andò, Lovino rimase
fermo dov' era e urlò:- Tanto se non sarai tu
sarà
qualcun altro!!!
Lo
spagnolo si fermò, si voltò guardandolo con uno
sguardo di fuoco, percorse la distanza che li separava in poche falcate
e lo spinse contro il muro, le mani poggiate ai lati della testa, il
viso a pochi centimentri da quello dell' altro, il tono della voce che
sembrava un ringhio basso e gutturale:- Vuoi scopare? Vuoi scopare,
ragazzino? Bene... e allora esci con quelle della tua età,
trovati una ragazza, baciala, falle dei complimenti e soprattutto... e
soprattutto... fai l' amore con lei.- respirò a fondo, poi
chiese, arrabbiato Ti servono soldi?!-
Lovino
non aveva il coraggio di parlare, si sentiva come paralizzato.
Accennò un no con il capo.
-E
allora cosa?! Questo non è un giochino
divertente. Ti chiameranno puttana. La gente di chiederà
quanto
costi- sbattè nuovamente le mani contro il muro facendo
sussultare il
più piccolo- è la via di fuga dai problemi
più
schifosa che ci sia e se ci entri non ne esci più.-
sospirò infine
Antonio
ansimava, abbassò le braccia appoggiando la testa sulla
spalla di Lovino. Il minore si sentiva spaesato, come se lo avessero
fatto girare su una ruota a una velocità altissima. Lui
sapeva perfettamente tutte quelle cose.
L'
indomani Gilbert si guardò allo specchi soddisfatto:- Sono
proprio...
-Una
meraviglia- sbuffò Antonio sfogliando una rivista sul letto.
-Cos'
è ? Facciamo dell' ironia?- chiese l' albino.
-Mon
cher... non fai altro che ripetere quanto sei bello e figo e
meraviglioso da ieri... cioè, lo fai sempre... ma qui si
esagera- rispose Francis appoggiando il proprio bicchiere di vino sul
tavolino.
-Però
non capisco una cosa...- ponderò Gilbert guardando
i due amici- non capisco perchè anche voi vi siete messi in
tiro.
Francis
e Antonio si guardarono prima di balzare giù dalla poltrona
e dal letto.
-Noi
verremo con te, mon petit!
-Ti
faremo da guardie del corpo!
-Ma
voi siete scemi. Quando mai per un appuntamento si rischia di morire?
-La
faccenda puzza- fece Francis- insomma, rifletti, quando mai un'
agenzia matrimoniale fa queste cose... e soprattutto si mette a
regalare ville?
-Infatti
non regalano proprio un bel niente- puntualizzò Gilbert
stizzito- è un premio. E poi è una cosa
organizzata con i
fondi europeri. E' normale che abbiano telefonato al magnifico.
-Di
solito i fondi europei servono per cose... ecco... più
serie- fece notare Antonio.
Gilbert
allargò le braccia esasperato dall' ottusità dei
due compari:- E questa non lo è?
Il
ristorante in cui doveva tenersi l' incontro era piuttosto lussuoso
ed elegante. Vi erano lampadari enormi e nella grande sala dominavano
le tinte del giallo e dell' oro. Toris si fece immediatamente avanti a
ricevere Gilbert guidandolo ad un tavolo al centro della sala. Francis
e Antonio si accomodarono a quello più vicino che con
incredibile stupore dei camerieri sembrava avvicinarsi sempre di
più al tavolo della coppia.
Francis
aveva raccomandato a Gilbert di presentarsi con una certa
galanteria, di non far troppo lo spaccone e soprattutto di non
parlare a sproposito. In effetti il tedesco si era limitato a
presentarsi dicendo nome e cognome. Più che altro
perchè era rimasto scioccato. Ma quella non era la fidanzata
del russo?!
-Natalia-
aveva risposto di rimando la ragazza. Vi fu qualche minuto di
gelido silenzio, Toris da un tavolo vicino li guardava e deglutiva
chiedendo una tazza abbondante di camomilla. Gilbert si guardava in
giro pensando di trovarsi su una Candid Camera, o peggio, temendo di
vedersi spuntare all' improvviso il russo da qualche angolo. Si
alzò dal tavolo avvicinandosi a Toris.
-Ma
mi prendi per il culo?- domandò a voce bassa.
-No,
perchè?- il castano era saltato sulla sedia. Forse aveva
scoperto che non c' era nessuna agenzia di incontri e soprattutto
nessuna villa al mare.
-Quella
è la fidanzata di un russo poco raccomandabile- rispose il
tedesco
Toris
scivolò sulla sedia sospirando di sollievo:- Non
preoccuparti. Vai pure, è solo sua sorella.
"Solo",
borbottò il tedesco ritornando a sedersi, come se non avesse
detto niente.
-Io-
iniziò la giovane guardando Gilbert in maniera indifferente-
io voglio sposare mio fratello.
Il
tedesco sputò il vino che stava bevendo, Antonio
scoppiò a ridere mentre Francis si spiaccicava una mano
sulla
faccia.
-E...ehm...
originale- fece il tedesco, poi si volse ai due compagni
facendo capire che la tipa non doveva avere tutte le rotelle al loro
posto. Ovviamente a quel punto era evidente che lei e Ivan erano
fratelli.
-Voglio
sposare mio fratello- ripetè lei.
-E
l' ho capito. Ma allora toglimi una curiosità... che diavolo
ci fai qua?
Natalia
passò le unghie sul tavolo facendole stridere con un
rumore assordante, i suoi occhi sembravano enormi, impazziti:- Mi vuole
trovare un marito.
-Sm-smettila!-
Gilbert si guardò intorno cercando di individuare
Toris. Aveva come l' impressione che quel piccoletto lo avesse fregato.
O per lo meno ci aveva provato. Si allentò il colletto della
camicia, improvvisamente faceva decisamente caldo. Non voleva morire.
-Lo
voglio sposare!- urlò lei sbattendo forchetta e coltello
sul tavolo come una bambina capricciosa che vuole a tutti i costi
qualcosa. Improvvisamente si calmò e il suo sguardo si fece
triste- ma lui non mi vuole. Sai che vuol dire questo?
-N...no-
a Gilbert veniva indubbiamente da piagere mentre il tavolo di
Francis e Antonio ormai era praticamente attaccato al loro.
-Devo
sposarmi con un altro. Almeno lo farò felice.
-Che
cosa?- Toris non credeva alle sue orecchie, era uscito da sotto il
tavolo di Francis e Antonio sotto il quale si era nascosto per sentire
bene la conversazione, la tazza di camomilla malamente tenuta ferma tra
le mani- lo farà davvero? Senza fare storie?!- il segretario
stentava a crederci.
I
tre ragazzi si guardarono stupiti. Certo che di gente strana in giro ce
ne era veramente tanta.
-E'
una stupidaggine!- sputò Gilbert. Toris si girò
verso
di lui mentre rompeva la tazza di camomilla che aveva in mano. Che
voleva fare quello stupido?
-Non
puoi sposare un tizio a caso solo per far felice tuo fratello-
continuò il tedesco.
-Oui,
cheri. Un matrimonio è un atto d' amour, va fatto con il
cuore. Non devi prenderlo alla legger...- Francis si interruppe-...a-
forse al momento non era la persona più adatta per fare un
discorso del genere- potresti ritrovarti sposata con un bruco con delle
orrende sopracciglia senza che tu nemmeno te ne accorga-
continuò però imperterrito e un poco inacidito.
Antonio
da parte sua si astenne da qualcunque commento.
-In
fondo, molto infondo- riprese il tedesco- non c' è niente di
male a voler bene al proprio... fratello. Sposarlo è
impossibile
però... credo.
Antonio
e Francis guardavano l' amico stralunati. Era come se parlasse
da solo con gli occhi rossi fissi sul tovagliolo e le parole che
uscivano a stento.
-Ha
sentito?- si intromise Toris- non può sposare il suo amato
fratello.
-Però
può sempre cambiare pagina e cercare l' amour. Questo non
glielo vieta nessuno- sorrise il francese.
Natalia
parve pensarci su qualche momento, poi:- Io voglio sposare mio
fratello- ripetè come una macchinetta rotta, poi
guardò
Gilbert- prima però lo devo fare innamorare di me. Tu-
continuò indicando il tedesco- diventerai il mio fidanzato.
-Che
cosa?!- urlarono i presenti in coro
-No,
no e poi no. Il magnifico me non si piega a certe sceneggiate-
sbraitò il tedesco alzandosi.
Toris
nel frattempo pensava che le cose non stavano andando proprio
come le aveva pianificate ma forse quella storia del fidanzamento era
già un traguardo importante.
-E
tu- continuò l' albino rivolgendosi proprio al segretario-
mi hai fregato alla grande. Non c' è nessuna villa!
-Ti
pago!- disse il castano praticamente implorandolo.
-Voi
siete tutti pazzi- rispose il tedesco prima di andar via con i due
amici. Se non che un paio di pugnali che gli passarono di striscio
accanto alla guancia conficcandosi poi contro il muro non lo fecero
desistere dall' impresa.
-Ti
consiglio di pensarci- affermò cupamente Natalia.
4
Dicembre 2011
Diario
del Magnifico Me.
L'
ho già detto che siamo nella merda?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** 8. Come annullare disperatamente un matrimonio ***
L' Odissea nella Burocraziade
Bad Touch Trio
Come annullare disperatamente
un matrimonio
Francis
al suono prolungato della sveglia si beccò un calcio in
pieno stomaco da un dormiente ma fin troppo attivo Antonio. Ancora
insonnolito e con un dolore assai fastidioso, si alzò dal
letto
arrivando a passi lenti fin dentro la cucina bestemmiando interiormente
contro un orribile inglese. Qualche minuto dopo Antonio e Gilbert gli
furono dietro. Il primo si sedette buttando la testa sul tavolo simil
morto, il secondo lo fronteggiò tirando fuori dallo scaffale
la
sua tazza preferita con la bandiera tedesca e un pulcino coronato che
faceva l' occhiolino. Rimase un attimo a guardarlo, con gli occhi
semichiusi, una mano poggiata sul lavello e l' altra a reggere la
tazza. Francis si fermò dallo spadellare ai fornelli e lo
fissò intensamente, poi il tedesco parlò:- Cos'
è
questa storia che ci alziamo alle 8:30 del mattino, eh?
-Io dovevo
alzarmi a quest' ora, voi potevate benissimo restare a dormire-
puntualizzò il biondo.
-Siamo una famiglia- biascicò Antonio con le labbra
praticamente contro il tavolo e la voce impastata di sonno.
-E poi la tua sveglia fa casino- precisò Gilbert- e non
ultimo-
continuò sedendosi a tavola- chi diavolo ci avrebbe
preparato la
colazione?!
-Ah, ma oui, certo, che begli amici...
Francis prese il maggiolone come al solito con la riserva che
lampeggiava rossiccia e minacciosa sotto i suoi occhi azzurri.
-Merde- sbottò.
In effetti era anche colpa sua perchè tutti e tre avevano la
pessima abitudine di non fare benzina finchè, per l'
appunto,
non fossero stati in una catastrofica riserva. La verità era
che
il maggiolone scassato, ma compagno di tante avventure, e diciamolo
pure, anche di fughe andate a male proprio per la simpatica abitudine
di rimanere a secco nei momenti meno opportuni, era tuttavia una vera
sanguisuga.
Gilbert, quando rimaneva a piedi, gli dava puntualmente un calcio alla
ruota destra -ci aveva anche disegnato una "x" per indicare bene il
punto- e bestemmiava come un pazzo definendo il rossiccio e arrugginito
compagno "donna dai pessimi costumi", utilizzando ovviamente
espressioni ben più colorite. E allora sembrava fatta
apposta,
una vendetta per l' insulto, che il maggiolone lasciava più
a
piedi lui che gli altri.
Antonio doveva rientrare maggiormente nelle grazie di quel ferro
vecchio
perchè in confronto a loro sembrava un miracolato -non che
si
fosse risparmiato qualche scarpinata chilometrica fino al benzinaio
più vicino-
Lo spagnolo infatti lo lucidava per ben benino ogni domenica e gli dava
affettuose pacche sulla carrozzeria consunta chiamandolo col nomignolo
affettuoso di "Bezzi". Nome che a Francis faceva accapponare la pelle.
Il francese dovette dunque fare benzina, ovviamente il minimo
indispensabile per arrivare all' ufficio del comune e tornare.
Passò davanti al negozio di un fioraio indeciso se comprare
dei
fiori al bruco, ci pensò un momento accarezzandosi il
pizzetto
biondo, alla fine optò per una rosellina striminzita giusto
per
non venir meno alla sua galanteria.
Quando scese dall' auto, con classe invidiabile, Arthur lo aspettava
davanti all' edificio battendo spazientito un piede a terra.
-Era ora! Sei in ritardo!
Francis guardò l' orologio e aggrottò le
sopracciglia:- Sono le 10.
-Sono le dieci e due minuti.
Ora Francis aveva deciso. La rosa se la teneva per sè e al
diavolo la galanteria.
-Entriamo- disse. Mentre attraversavano i corridoi domandò:-
Come sei venuto?
-In autobus. Ho l' auto dal meccanico- bofonchiò l' altro
profondamente ferito dal fatto che la sua bella e soprattutto nuova
automobile avesse deciso di far cilecca proprio oggi che poteva
vantarsene
con quella rana vinofila.
-Bene mon cher, questo è il destino!- decantò
allora
Francis mettendogli un braccio intorno al collo prontamente allontanato
da Arthur- ti darò un passaggio fino alla meson!
-Ne faccio volentieri a meno. Non salirò MAI su quel
trabiccolo
con cui sei arrivato. Dì un po' ... ma la revisione l' ha
mai
fatta?
-Ovviamente- disse orgoglioso Francis gonfiando il petto come un
tacchino- fatta e passata a (quasi) pieni voti.
I due dopo aver attraversato un grosso androne con un mucchio di gente
in attesa e altrettante file, imboccò un piccolo corridoio.
-Sei sicuro che la strada sia questa?- domandò Arthur- forse
dovremmo chiedere all' ingresso.
-Nah. Non preoccuparti, una mio amico mi ha spiegato dov' era. E poi
non hai visto quanta gente?
-Uhm- acconsentì l' inglese poco convinto. Non c' era niente
da fare, del pervertito proprio non riusciva a fidarsi.
Finalmente arrivarono di fronte a una porta, priva in verità
di
targhetta. Bussarono e aprirono. Un ragazzo dall' aria apatica li
accolse con un "'giorno" appena accennato.
-Lascia parlare me- sibilò Arthur dando una gomitata al
biondo,
pestandogli un piede e mettendoglisi davanti per entrare per primo all'
interno dell' ufficio. Francis si massaggiò in successione
lo
stomaco e il piede, emettendo per il secondo un versetto stridulo e
saltellando sul posto in maniera poco elegante. Ma quella mattina lo
volevano tutti morto o cosa?
- Buongiorno- incominciò intanto Arthur- cercavamo il signor
Yao Wang.
Il ragazzo disse:- Non lo conosco.
-Che? Ma non è possibile!- si allarmò Francis.
In realtà l' impiegato non aveva la minima idea di chi
fossero i
suoi colleghi per il semplice fatto che non si era mai premurato di
parlare con loro se non lo stretto indispensabile. Figurarsi se
ricordava le loro facce.
-Calmati, idiot... noi abbiamo un... ecco... problema matrimoniale.
-Ah. Ora capisco. Questo è l' ufficio di leva.
-Questo è l' ufficio di leva- ripetè un pennuto
con un
accento strano e un papillon al collo che proprio in quel
momento
era entrato dalla porta alle loro spalle- idioti- aggiunse giusto per
cortesia.
Arthur si girò immediatamente verso Francis e il francese
ebbe l' impressione che l' altro stesse ringhiando.
-Per le licenze matrimoniali dovete andare dall' altra parte della
città.- continuò il ragazzo
-Smammate- aggiunse l' uccello
-Mr Puffin...- sospirò l' impiegato
-Thanks- l' inglese afferrò il braccio del
biondo tirandoselo
dietro con mal grazia. Ignorò l' uccello che parlava,
insomma,
chi era lui per giudicare? Credeva agli elfi e alle fate, eh! Alla fine
si diede a una serie di lamentele nei confronti del compagno di
sventura:- Meno male che dovevo fidarmi di te!-
sbraitò una volta fuori- Damn... solo a me poteva capitare
una
cosa del genere. Da quando ti ho conosciuto me ne sono capitate di
tutti i colori!
Francis era più confuso che altro se non per il fatto che
aveva
appena sentito un uccello parlare. Ed era anche maleducato. Non si
sarebbe meravigliato più di niente. Si riprese un poco non
appena sentì la voce di Arthur e rispose:
-Ma che diamine stai dicendo? Ci siamo visti sì e no tre
volte!
-Appunto. Le rare volte in cui ci siamo incontrati è
successo qualcosa. Secondo me tu porti jella.
-Jellato sarai tu di tuo, già si vede come Madre Natura non
sia stata generosa con te!
-Ripetilo se hai coraggio!- urlò Arthur alzando i pugni
-Vuoi fare a botte?!- ululò Francis a sua volta.
-Scusate- li interruppe un vigile che passava dalla zona- potreste
smetterla con tutto questo baccano? O volete essere denunciati per
rissa e schiamazzi?
-No... non è come sembra- disse Arthur allarmato.
-Oui- Francis lo abbracciò sorridendo- stavamo solo avendo
un
piccolo diverbio coniugale. Perdoni se ci siamo un po' lascianti
andare. Ora andiamo a fare la pace, uhm?- terminò Francis
facendo l' occhiolino all' uomo e tirandosi dietro Arthr fino all' auto.
-Non far credere cose strane alla gente, frog!
-Volevi finire in prigione? E poi ho solo detto la verità,
siamo sposati mon amour. Entra dentro Bezzi e andiamo.
-Che cosa?- ma era impazzito del tutto? Cos' era quella richiesta
sconcia?!
Francis non si era accorto minimamente di aver chiamato l' auto con l'
orrendo nomignolo. Dannato Antonio, doveva essere proprio contagioso.
-Entra nel maggiolone- spiegò.
Arthur sbuffò:- Lo faccio solo perchè non ho
scelta. E
non dire più una cosa del genere... sembra... sembra...
-Un invito erotico? -domandò Francis ridendo.
Dopo un' ora abbondante di tempo trascorso imbottigliati nel traffico
cittadino, ma soprattutto, dopo un' ora abbondante di insulti e litigi
per ingannare l' attesa, i due arrivarono finalmente da quel benedetto
lato della città.
-Io qui non ci sono mai stato- disse Francis
-Io sì.
-E quindi? Dov' è l' ufficio?
A dire il vero Arthur non ci era stato poi così tante volte
in
quella zona di Stoccolma, figurarsi se sapeva dove fosse un ufficio di
cui prima di allora non gliene era fregato niente. Però non
avrebbe dato al francese la soddisfazione di vederlo in
difficoltà, era una questione di principio. Si
guardò
intorno e finalmente in fondo alla strada gli sembrò di
vedere
un grosso edificio grigiastro. Doveva essere sicuramente il posto che
cercavano. Era grigio, quindi già questo fatto denotava una
certa serietà, poi era al centro della zona e per finire
svettava rispetto agli altri intorno.
-Vai dritto per tutta questa strada- imperò allora l'
inglese.
Francis fece come gli era stato detto, solo, non si capacitava del
fatto che in quel tratto di strada non ci fosse nessuna auto tranne che
il maggiolone scassato, la gente, sostanzialmente, camminava a piedi e
li guardava anche male.
-Arthur... sei sicuro che sia la strada giusta?- chiese titubante.
-Zitto e cammina- fece l' altro iniziando ad avere qualche dubbio.
I due parcheggiarono esattamente davanti l' edificio, non ci fu neppure
bisogno di scendere perchè Francis lesse:- The Party- poi
sotto-
la discoteca più hot del momento.
Si girò verso l' altro ragazzo rosso in viso per la
vergogna:- Quindi...
Arthur non lasciò all' altro la possibilità di
continuare
che ululò:- Mi sono sbagliato d' accordo? Non ricordo dov'
è questo maledetto ufficio!
-Mon Dieu, tu non lo sai, non è che non te lo ricordi!- gli
fece notare esasperato Francis.
L' attimo dopo un vigile bussò al finestrino dell' auto. Ed
era il secondo nella giornata.
-E' una lite coniugale!- sbottò Arthur
-Non è affar mio- disse l' uomo guardando male l' inglese-
ma
siete in una zona a traffico limitato, qui non potete stare e da quel
che mi risulta vi siete fatti tutta la via in auto. Qui c' è
la multa.
Francis sorrise:- la dia al bruco al mio fianco, è colpa sua.
L' inglese si morse le labbra, strappò la multa dalle mani
del
vigile e incrociò le braccia al petto. Lo aveva detto lui,
che
il francese portava jella. E no! Non era assolutamente colpa sua se ora
aveva pure una multa da pagare!
Dopo aver saputo dal vigile dove si trovava l' edificio comunale che
cercavano dovettero farsi un' ora di fila all' entrata
perchè Arthur voleva essere assolutamente certo di trovarsi
nel
posto giusto. L' inglese aveva ingannato il tempo spiegando a una
signora il punto croce e impedendo all' amico (che parolone, si erano
appena conosciuti!) di abbordare qualche madre di famiglia
particolarmente avvenente.
Avevano appurato di essere nel posto giusto anche se allo sportello
sbagliato, l' impiegata infatti gli aveva detto che:-sì,
signori, qui si trova l' ufficio per le licenze matrimoniali,
è
al primo piano ma bastava chiedere allo sportello informazioni a
destra- Quello in cui per farla breve non c' era la fila.
-Forse dovreste mettere una "I" un poco più visibile e meno
scolorita!- aveva berciato Arthur dirigendosi verso le scale e gettando
uno sguardo assassino alla grossa palma che copriva la scritta
"informazioni".
Francis lo seguiva rassegnato, quella giornata si stava rivelando
più lunga e faticosa del previsto.
-Buongiorno, cerchiamo Yao Wang!- urlò quasi l' inglese
entrando di botto dentro un piccolo ufficio.
Le due impiegate grassocce lo guardarono con disapprovazione
finchè non videro il sorriso accondiscendente di Francis che
disse:- Perdonate l' intrusione, madame. Ci dispiace molto disturbare
il vostro duro lavoro ma avremmo bisogno di una gentilezza. Sapeste per
caso indicarci l' ufficio del signor Wang?
Una delle due si alzò avvicinandosi ai due giovani e
poggiando
la mano ingioiellata sulla spalla di Francis. Una bella, bella spalla.
La donna arricciò le labbra tinte di un rosso cupo e
sospirò per l' emozione. Quando le ricapitava di vedere un
giovanotto così ben messo?
-Vede- incominciò guardandolo da capo a piedi- il nostro
collega oggi non c' è. Mi pare che sia a un funerale.
-Oh, ci dispiace molto- fece Francis
-Possiamo avere l' indirizzo?- chiese Arthur in ansia.
La donna lo guardò stizzita e con aria di sufficienza, non
gli rispose.
Francis allora disse:- Per noi sarebbe importante parlargli.
-Oh... ma allora le dò l' indirizzo- rispose l' impiegata
allontanandosi verso la scrivania mentre l' altra celere le passava un
pezzo di carta.
-E io che avevo chiesto?- borbottò l' inglese sempre
più frustrato.
-E' il fascino maschile. Sono troppo bello e raffinato, nessuno
può resistermi- fece Francis una volta usciti dall' ufficio-
tu
invece...- terminò storcendo il naso.
Una volta in auto Arthur lesse l' indirizzo. Per fortuna non era
lontano da dove si trovavano. In un quarto d' ora furono là.
-Ma come faremo a riconoscerlo?- domandò a un certo punto l'
inglese.
-Bho... chiederemo in giro. Magari riusciamo a trovare il padrone di
casa, quello non dovrebbe essere difficile.
Ed infatti trovarono una donna di mezz' età accovacciata su
una
sedia in un angolo, tutti, indistintamente cercavano di parlarle.
Dopo aver fatto le condoglianze Arthur le domandò se per
caso ci
fosse un certo Yao Wang. Lo donna, al sentire il nome orientale
balzò in piedi e chiese cupa:- Perchè lo cercate?
E
perchè proprio qui?
-Dovremmo parlargli- rispose Francis allontanandosi di mezzo passo.
-Ah... e cercate qui quel bastardo!- urlò quella che
scoprirono
essere la vedova del defunto- Avete un bel coraggio sapete?! A venire
in casa mia e pronunciare quel nome. Andatevene! Andatevene!
Francis e Arthur si guardarono intorno imbarazzati. Ma che diavolo
aveva combinato quel tizio? Avevano attirato molti sguardi e tutti di
disapprovazione.
-Ora chiamo mio fratello. Amilcare!- chiamò la donna e a
quel
nome un energumeno peloso si presentò davanti a loro.
-Sono un poliziotto, sa? Non provi a mettermi le mani addosso!-
ordinò Arthur.
Ma Amilcare si avvicinava implacabile scrocchiando le dita e con la
ferma internzione di fargli la pelle.
-Non credo che tu l' abbia intimidito- gli sussurrò Francis
prima di caricarselo all' improvviso sulle spalle e togliere le tende
veloce come la luce.
-Dimmi se ci segue!- urlò ad Arthur che sembrava un sacco di
patate sulle sue spalle.
-LASCIAMI IDIOTA!- gridò quello di rimando dandogli dei
pugni sulla schiena.
Dopo una sequela infinita di "lasciami!" e insulti vari Arthur per poco
non si strozzò:- Corri più veloce che Amilcare ha
preso il motorino!
-Merde, merde, merde... certo che anche tu... cerca di mangiare di meno!
-Cazzate. Io faccio una dieta sana.
-Quella inglese?
-Certo!
-Ora si spiega tutto.
-Non fare dello spirito e cerca di seminarlo. E... dannazione, non
toccarmi il culo!
-E allora come faccio a tenerti?
I due non conoscevano il perchè di quella tragica
sceneggiata, fortunatamente, non sapevano bene come, erano riusciti a
seminare Amilcare infilandosi in una stretta
traversa. Arthur guardò l' orologio:- Gli uffici hanno
chiuso-
sentenziò lapidario
Francis rispose: -Potremmo aspettare il turno del pomeriggio. Tanto da
qui non possiamo
andarcene subito. Dobbiamo riprendere il maggiolone che abbiamo
lasciato davanti alla casa di quegli spostati. Intanto possiamo
mangiare, no?
Dopo un pranzo sostanzioso e dopo avere finalmente recuperato l' auto,
Francis e Arthur si diressero nuovamente verso l' ultimo ufficio in cui
erano stati nella speranza di potere finalmente trovare il disperso
Wang per lo meno al turno pomeridiano.
L' auto si fermò dopo un paio di metri.
Dietro di loro potevano sentire i rumori del traffico che avevano
appena bloccato, le macchine che gli suonavano dietro,
i conducenti che li insultavano e i ragazzini in scooter che li
sorpassavano
ridendo.
-In effetti- ponderò Francis mentre Arthur imprecava e
scomodava i santi dal cielo- era durata un po' troppo.
-Come diamine è che siamo rimasti a piedi?!
-Io l' ho fatta la benzina!
-Non si direbbe, sai?
-Questa auto consuma un sacco, che credi?
-E allora cambiala!
-Ma starai scherzando?- fece Francis stupito e scandalizzato, quella
era la più grossa fesseria che avesse mai sentito. Cambiare
il
maggiolone, quale assurda idea. -E' come sostituire un fratello
perchè il nostro ci crea troppi problemi. Insomma, io mica
mi sono liberato di Tonio e Gil!
Pochi minuti dopo Arthur disse sovrappensiero:-Io lo sostituirei mio
fratello.
-Non andate d' accordo?
-Per niente. E' un prepotente fatto e finito. Ma comunque... dobbiamo
accostare l' auto al marciapiede.
-E andare a cercare benzina- terminò Francis.
Quattro chilometri dopo trovarono un rifornimento. Altri quattro
chilometri di ritorno ed erano piuttosto distrutti, sudati, con i piedi
doloranti e le maniche della maglie tirate sulle braccia,
Francis, mandando a quel paese l' eleganza si era legato
persino
in vita la giacca chiara che aveva indossato quel giorno. La sua
bellissima giacca chiara che si era anche sporcata di benzina.
All' ufficio le due donne della mattina si mostrarono mortificate:-
Dovete scusarci ma abbiamo fatto confusione... ma sa, con i nomi
orientali ci si confonde. Abbiamo scambiato Wang con Chang, il collega
che aveva avuto una relazione col defunto. Immaginate la
moglie quando lo ha scoperto.
-Ne abbiao una vaga idea- mormorò Arthur memore delle urla
isteriche della donna e del simpatico Amilcare.
I due giovani si erano ormai afflosciati su un paio di sedie all'
interno della stanza col caffè schifoso della macchinetta
gentilmente offerto dalle due impiegate per farsi perdonare.
-Ma quindi Yao Wang che fine ha fatto?- chiese Francis ormai afflitto e
con un tono lamentoso.
-E' ritornato al suo paese.
Non avevano più neanche la forza di mostrarsi sorpresi e
delusi,
Arthur chiese, rassegnato:- E noi come facciamo ad annullare il nostro
matrimonio?
-Oh-oh. E' una faccenda spinosa- disse l' impiegata bionda accanto a
quella della mattina- non è semplice annullare un
matrimonio. Ci
vogliono dei validi motivi, delle prove. Certo, se Wang fosse stato qui
sarebbe stato un filino appena più facile ma neanche troppo
alla
fine, come vi ho detto non è semplice.
Arthur si girò verso di Francis:- Quindi dovrò
restare sposato con te per sempre?
Al posto del francese intervenne l' impiegata bionda:- Esiste pur
sempre il divorzio.
-No.
-Che cosa?!
------------------------
Ciao a tutti, finalmente ecco il nuovo cap., spero vi piaccia. Chi
avrà detto no al divorzio? Eheheh, un poco di suspance ci
vuole, più avanti si vedrà. Vi anticipo che tra
un paio di capitoli ( o al prossimo, devo ancora decidere) abbiamo l'
entrata in scena di altri due nuovi personaggi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** 9. Se parcheggi in divieto di sosta... ***
9 bad trio
Se parcheggi
in divieto
di sosta...
-Ti
portano via la macchina idiota!-sbottò Arthur
-Mon Dieu!- urlò Francis che in quel momento sembrava la
copia
sputata dell' urlo di Munch- devo riprendere il Maggiolone!- il
francese stava per fiondarsi alla velocità della luce verso
il
suo obiettivo, non fosse che Arthur lo afferrò per la
camicia
sibilando:-Dove diavolo credi di andare?
-Da Bezzi- disse fieramente l' altro
-No, invece, idiot! Spiegami perchè cazzo non vuoi
divorziare. Perchè?!- Arthur buttò fuori l'
ultima parola con un urlo esasperato e quasi supplichevole.
Francis iniziò ad agitarsi squotendo il capo biondo:- No,
no, no. Non voglio.
-Questo l' ho capito ma voglio sapere un fottuto perchè!- l'
inglese era partcolarmente arrabbiato, i suoi occhi verdi saettavano d'
ira mentre le mani erano saldamente attaccate alla camicia dell' altro.
Un po' e solo un po' Francis ebbe un vago senso di timore.
-Modera i toni, Angleterre. Mi sembri un pirata uscito dalle peggiori
taverne- fece a un certo punto Francis allontanandosi dall' altro e
recuperando un certo contegno- Se proprio lo vuoi sapere sono contrario
al divorzio. Non in generale, ma al mio sì.
Ad Arthur per poco non cadeva la mascella per terra, poi si riprese e
disse:- preferisci un matrimonio senza amore quindi?
Francis rimase in silenzio, allora Arthur continuò:- Sarebbe
la
peggiore delle prigioni. E anche se non divorziassimo non sarebbe un
vero
matrimonio, saremmo comunque separati e allora non cambierebbe
niente. Io non ti amo Francis.
Le parole dell' inglese furono una specie di morsa al cuore, facevano
male da morire e Francis non si spiegava fino in fondo
perchè si
fosse intestardito a quel modo con quel ragazzo. Ciò che
aveva
detto su un possibile divorzio non era una bugia, tuttavia era anche
consapevole che il loro era un caso un po' particolare.
Il francese allora alzò lo sguardo sull' altro, uno sguardo
serio e deciso
che di solito non gli apparteneva:- Mi dispiace Arthur ma la mia
decisione non cambia.- gli fece un mezzo sorriso- e sappi che
combatterò per te.
L' altro rimase di sasso. Ma che stava dicendo quell' idiota? Cos'
erano tutte quelle smancerie?
-L' amore è una cosa seria!- lo attaccò allora
dopo quell' attimo di stasi.
-E lo vieni a dire a me?
-Se è un capriccio...
-Non lo è- tagliò corto il francese- non scherzo
mai su queste cose.
Arthur sospirò:- Dimmi almeno il perchè...
-I miei genitori vivono un matrimonio felice che ha resistito a tutto.
A tutto, Arthur. Mi hanno insegnato a credere nell' amore con le loro
parole
e con il loro esempio. Persino i miei nonni mateni erano il modello
perfetto
della felicità coniugale e sono cresciuto con l' idea che ci
si
sposa solo una volta e quella volta è con il vero amore. Non
posso credere che tutto questo sia una menzogna e non voglio deluderli.
-Tutto questo non ha niente a che fare con noi, lo sai vero? Il nostro
matrimonio è stato un errore, non eravamo in noi quando lo
abbiamo fatto. Deluderai i tuoi con questo matrimonio assurdo, quello
sì, che si regge su basi sbagliate. Perchè non lo
capisci?
-No Arthur- Francis era irremovibile e gli diede le spalle- vado a
riprendere l' auto- poi si girò nuovamente verso di lui con
un
sorriso sghembo su volto-vieni?
L inglese incrociò per un momento le braccia al petto. Quel
tizio era proprio testardo, le sue parole da un orecchio gli erano
entrate e dall' altro gli erano uscite. Lui personalmente non ci
credeva al matrimonio, affatto, i suoi genitori erano stati un pessimo
esempio, specie suo padre, quindi dal suo punto di vista quella che gli
era capitata era una tragedia. Nonostante tutto si sentiva lusingato,
nessuno gli aveva mai detto cose del genere, nè soprattutto,
si
era ostinato a combattere per lui, a non volerlo perdere. Arthur
sbuffò:- Aspettami, frog.
Chris guardava
lo spiazzo vuoto in cui pochi minuti prima era certo vi fosse la sua
macchina, la sua bella, nuova e costosa macchina. Fissava il pezzo di
strada pensoso e accigliato, con una mano a reggere il mento, Antonio
invece si
era allontanato di qualche metro, chissà, forse si sarebbe
ritrovato a dover scappare a gambe levate.
L' olandese
intanto si domandava perchè aveva acconsentito a far guidare
Antonio e perchè soprattutto lo aveva lasciato da solo a cercare
un parcheggio. Era ovvio che avrebbe messo la sua auto in sosta vietata.
"Tu vai a prendere il numero per la fila che io cerco parcheggio", gli
aveva detto sorridendo.
E Chris aveva borbottato che non gli sembrava una buona idea.
Il "fidati"
finale dello spagnolo doveva averlo messo nel sacco, altrimenti non
riusciva a spiegarsi la cosa. Forse si stava rammollendo, era stato
sempre un tipo inflessibile, soprattutto con quella testa matta di
Antonio.
Lo spagnolo lo
aveva pregato di accompagnarlo in banca per dare una controllatina al
suo conto e visto che Francis aveva preso Bezzi e che aveva avuto
la bella idea di prestare lo scooter a Gilbert si ritrovava ad aver
bisogno di un passaggio.
Chiedere un
passaggio a qualcuno al suo paese però non significava
rubare le
chiavi dalle mani del conducente e mettersi al posto di guida. E
guidare come un pazzo cantando canzoni strampalate finchè
non ti
si secca la gola.
Era quello che aveva fatto Antonio.
Ora Chris voleva solo ammazzarlo.
Per di più aveva scoperto che lo spagnolo aveva il conto se
non proprio rosso, almeno arancione.
-Non puoi
spendere come se fossi un riccone- lo aveva ripreso Chris per tacere
immediatamente dopo, esattamente quando Antonio lo aveva guardato con
un sorriso colpevole e accondiscendente al tempo stesso visto che in
effetti i soldi non gli mancavano, per lo meno non a casa visto che ora
doveva mantenersi da solo.
Il fatto
è che avevano avuto decisamente troppi matrimoni e da quando
usciva con Chris, Antonio aveva limitato di molto le ore di "lavoro".
Chris si
girò verso l' altro ragazzo:- Io ti ucciderei- aveva detto
furente-
Porco cazzo, Antonio, come fai a essere sempre così
menefreghista?
-Non l' ho mica fatto apposta- fece stizzito l' altro- e poi non ho
visto il cartello!
-Ce l' hai
sopra al naso!- rispose esasperato l' olandese indicando il cartello
circolare proprio di fronte allo spiazzo in cui prima c' era l' auto.
Antonio si
infilò le mani nelle tasche e sospirò:- Senti...
ascolta,
non l' ho fatto apposta, davvero. Ora la andiamo a riprendere, penso a
tutto io, fidati.
Eccola, la
parola, quel fidati che Antonio diceva in una maniera così
candida e sincera che sembrava che davvero potesse fidarsi, che quella
fosse la cosa più vera e sicura di questo mondo.
Ma non era
così e Chris lo sapeva bene. Antonio aveva perennemente la
testa
per aria, era incapace di prendersi delle responsabilità e
cura di se stesso o degli altri. Quel ragazzo era un disastro completo,
ancora si chiedeva come facesse a vivere da solo in una
città
straniera senza l' aiuto dei suoi genitori che non gli avevano mai
fatto mancare niente cercando di rendergli sempre la vita facile.
In
realtà conosceva benissimo la risposta a quella domanda,
Antonio
vendeva se stesso. Incapace com' era di vivere nel mondo senza essere
avvolto da uno spesso strato di bambagia era inevitabile, quella era
stata l' alternativa migliore per lui.
Eppure
più lo guardava e più si rendeva conto di non
potergli
stare lontano. Antonio era troppo allegro e ottimista per non esserne
contagiati, Antonio era dannatamente vivo e faceva essere vivo anche
lui, come se gli trasferisse la propria energia, gli ricordava troppo
una persona, forse era per questo che non riusciva ad allontanarlo
per davvero.
-Andiamo a prendere questa macchina- borbottò alla fine
affiancando lo spagnolo che da parte sua rispose con un sorriso.
-Tu non preoccuparti, non ci vorrà nulla. Ehi, dopo ci
prendiamo una crepes, ok?
-Ti sei spolverato un pacco di patatine mezz' ora fa.
-Sì, ma le patatine sono salate, tu non hai voglia di
qualcosa di dolce?
Il Magnifico
non ce la faceva più. Quel primo appuntamento con Natalia
era
stato davvero sfiancante. Non che avesse paura, eh!
Giusto un po' di inquietudine forse.
Per tutto il
giorno le aveva fatto da autista girando negozi che erano uno
più assurdo dell' altro. Quella donna aveva un gusto dell'
orrido non indifferente, ne era sicuro. Ancora non poteva crederci! Era
carico di buste che contenevano coltelli, completini sadomaso e fruste.
Ci credeva che Ivan non voleva sposarla. Chi avrebbe voluto?!
Lui no di certo.
Una ciliegina
sulla torta assai poco confortante giusto per dare un ulteriore tocco
di follia al tutto era che Toris li seguiva come uno stalker scattando
foto e facendo video. Almeno avesse avuto la decenza di essere un po'
più discreto! Con quell' impermeabile stropicciato sembrava
il
fratello minore del tenente Colombo.
Ora che ci
faceva caso però era da un' ora buona che non vedeva Toris.
Che
fosse diventato all' improvviso un investigatore provetto? Aveva dei
seri dubbi.
Gilbert si
guardò intorno ma l' unica cosa che vide fu Natalia che gli
camminava accanto con un coltello nuovo di zecca in mano. Il tedesco
iniziava a preoccuparsi, lo avrebbero arrestato di sicuro.
Iniziò a macchinare tutta una serie di scuse a sua discolpa
nel caso fosse finito nel dipartimento di polizia.
Avrebbe detto
di essere stato rapito da quella psicopatica, poco ma sicuro. E che lei
oltre a minacciare lui teneva in pugno anche i suoi amici... ah
sì! E Toris era suo complice. Ecco, così poteva
andare.
Natalia gli aveva detto "o collabori o ti faccio un buco nel petto. Il
mio complice sta pedinando i tuoi amici... e non è uno che
scherza!"
-Kesesese...
sono un genio- Gilbert aveva appena finito di complimentarsi con se
stesso quando si ritrovò davanti un Ivan dall' aria
minacciosa
che teneva il povero segretario per la collottola, nell' altra mano
reggeva una specie di tubo, dietro di lui a completare il quadro lo
scooterone
di Antonio era distrutto.
Gilbert gridò, buttò le buste per terra e dopo un
attimo di smarrimento e terrore corse verso il russo.
Gli veniva da piangere, e ora chi glielo diceva ad Antonio?!
-Che cazzo hai fatto, idiota?!
Ivan fece spallucce, sorridendo come sempre:- Scusami, ero un po'
arrabbiato.
-Un po'? Un po'? E tu questo me lo chiami un po'? Hai sfasciato uno
scooter! E se eri tanto incazzato che facevi?!
-Credo che me la sarei presa col proprietario del mezzo- fu la candida
risposta.
Gilbert
guardò Toris che piagnucolava, di nuovo lo scooter, poi Ivan
e
infine Natalia, l' unica che a giudicare del luccichio degli occhi era
felice di vedere il biondo.
-Voi non siete
normali. Siete pazzi da legare. Ma siete caduti tutti e due dal
seggiolone per caso? E' una tara di famiglia, mi sembra evidente.
-Non dare del
pazzo al mio amato fratellone- Natalia puntò il coltello
contro
il collo del tedesco, il ragazzo deglutì, l' aiuto venne
inaspettato da Ivan il quale afferrò il braccio della
sorella e
lo allontanò dall' albino.
-Natalia-
iniziò Ivan severo senza che sul suo viso ci fosse traccia
del
placido sorriso sfoggiato fino a poco prima- sarò chiaro una
volta per tutte: io non ti sposerò e tu dovrai lasciare in
pace
Gilbert. Non lo sposerai, nè tanto meno gli farai del male,
se
dovesse accadergli qualcosa ti riterrò la prima responsabile
e
tu non vuoi il mio odio, vero Natalia?
La ragazza
spalancò gli occhi che presero velocemente ad arrossarsi,
scosse
con veemenza la testa:- N... no- ne uscì un balbettio
sconnesso, fissò ancora per un attimo il fratelllo prima
di scappare via.
-Toris era venuto a mostrarmi le foto che aveva scattato al fidanzato
che aveva
trovato per mia sorella e come potrai ben immaginare non sono stato
affatto contento- Ivan guardò Gilbert per poi regalare un'
occhiataccia al castano.
-La smetti di
fare il bambino viziato? Ma quanti anni hai? Vuoi crescere una buona
volta? Non te lo ha insegnato nessuno che non puoi avere tutto quello
che vuoi, che non te ne puoi andare in giro a rompere le cose con un
rubinetto e che soprattutto le persone non sono oggetti? Smettila, tu
campi col terrore psicologico sugli altri. Poi ti comporti come se tra
noi ci fosse qualcosa. Non è così! E che diamine!
Gilbert alzò i tacchi per tornare a casa e mentre lo faceva
inveiva contro un tale armadio russo.
Ivan si rivolse a Toris:- Ha detto delle cose molto brutte vero?
-Ehm... sì
-Credi che dovrei comprargli uno scooter nuovo?
Toris
pensò che forse il suo capo non aveva ben chiaro il problema
anche se in fondo l' idea dello scooter era già qualcosa.
-Mi sembra una buona idea signore.
-Mh. Sceglilo
tu, questa volta però cerca di fare un buon lavoro, non
posso
essere sempre comprensivo, no?- un sorriso tranquillo era tornato
sulle labbra del russo.
I coinquilini
dell' appartamento numero tre erano tornati a casa piuttosto tardi. I
tre ragazzi erano afflosciati sul divano dopo aver trascorso l' ora
precedente a raccontarsi gli avvenimenti di quella giornata. Sia
Francis che Gilbert temevano di dare le terribili notizie ad Antonio ma
lo spagnolo sorprendentemente si era dimostrato piuttosto calmo
nonostante Bezzi fosse in una vecchia rimessa del comune e il suo
scooter un cumulo di macerie.
-Domani la vado
a riprendere. Quando sono arrivato mi hanno detto che ormai era tardi-
disse Francis riferendosi all' automobile.
-Che giornata
assurda- sospirò Antonio- per tutto il tempo in cui sono
stato
con Chris ho avuto l' impressione di essere seguito.
-Io ne sono sicuro, di essere stato seguito intendo- chiarì
Gilbert
-Almeno ti sei liberato di Natalia- lo rincuorò Francis.
Gilbert ebbe un
brivido:- Quella mi ammazza per vendetta. Bè... almeno ormai
il
russo non dovrebbe più darmi problemi, dovrebbe aver capito
l'
antifona.
Antonio
annuì allungando i piedi sul tavolino:- Hai fatto bene a
parlargli chiaro, è un tipo veramente pericoloso- lo
spagnolo
non potè fare a meno di ripensare al suo povero scooter. Gli
mancavano solo due rate.
-E' innamorato- sospirò Francis
-Ha uno strano modo di dimostrarlo- fece stizzito l' albino.
-L' amore ci rende irrazionali- spiegò il francese- e poi
suvvia... il pericolo ha il suo fascino!
-Come no- bofonchiò Gilbert.
CIAO a tutti,
scusate il ritardo ma sono molto impegnata. Il capitolo non
è
dei più lunghi ma spero vi sia piaciuto. Proprio ieri ho
notato
che un sacco di persone seguono questa storia, vi ringrazio tanto
però mi piacerebbe sapere che ve ne pare, se vi piace
o se
c' è qualcosa che non va. Non siate pigri ragazzi =D
Vi anticipo che
ci saranno delle sorprese in un paio di coppie, diventeranno
addirittura dei quadrilateri, penso che una già si intuisca
ma
ovviamente non posso rivelarvi di più, vi ho incuriosito?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** 10. Casse di pomodori con sorpresa ***
bad trio nuovo
CASSE DI POMODORI CON SORPRESA.
Certe
volte Antonio si sentiva come seguito, ma quando si girava non
vedeva proprio nessuno alle sue spalle, quindi liquidava la cosa come
una semplice impressione, frutto magari delle notti passate in bianco o
dei telegiornali che davano sempre cattive notizie.
Con
Chris le cose
andavano magnificamente, gli sembrava di toccare il cielo con un dito.
Non
è che l' olandese gli avesse detto che lo amava e a dire il
vero i loro contatti più intimi si limitavano al
letto
-e ad altri posti più o meno adatti ad amoreggiare
in
vario modo- tra loro non esistevano baci o abbracci che non fossero
quelli che Antonio sporadicamente gli rubava al di fuori delle
lenzuola.
Tuttavia
non riusciva proprio a lamentarsi della situazione, sapeva che
Chris era piuttosto riservato e non gli era mai passato per la testa
che l' altro potesse non volerlo. Il biondo era sempre stato
così e ad Antonio per il momento andava bene, in quel
preciso
momento della sua vita era sicuro di poter amare per tutti e
due
se fosse stato necessario.
Quando
rientrò al palazzo, notò che la portineria era
stata ridipinta di rosa. Strabuzzò gli occhi avvicinandosi
al
bancone.
-O...
ehm... c' è nessuno?- chiese titubante.
Era
strano che
Ivan amasse un colore così... assurdo, per certi versi.
Non
era
un rosa pallido, tenue, delicato, e neppure un leggero color salmone.
Era rosa, proprio rosa, come quello
utilizzato per fare le case delle bambole o in genere i giochi per le
bambine.
Da
sotto il bancone spuntò all' improvviso una testa bionda e
uno sguardo diffidente si parò sotto gli occhi dell'
iberico. Il
ragazzo gli mostrava appena metà del viso fino al naso, per
il resto si nascondava completamente dietro il banco.
-Ehm...
salve- fece Antonio sorridendo cordialmente.
-Mh...
'giorno. Desidera?
-Io,
no... ecco, sono un inquilino del palazzo. Mi chiedevo cosa fosse
successo- continuò indicando il casotto di legno ridipinto.
Il
biondo, nel notare la cordialità di Antonio, si fece
più tranquillo e balzò in piedi con uno scatto
rapido che
fece balzare indietro lo spagnolo per lo spavento.
-Non
è, tipo, un colore totalmente favoloso?!- chiese il giovane
aprendo la porta della casetta.
Antonio
annuì incerto con un sorriso stentato.
Il
ragazzo gli
strinse energicamente la mano facendo su e giù col braccio:-
Io
mi chiamo Feliks. Tipo, sono, diciamo, il nuovo portiere. Ho fatto
delle modifiche totalmente fashion qui all' ingresso.
Antonio
rise:- Lo vedo, sì- il ragazzo sembrava a posto e
simpatico- spero che ti troverai bene qui e se hai bisogno chiedi pure.
Io sono Antonio, terzo piano appartamento tre, abito con altri due
ragazzi. Passa quando vuoi.
Feliks
lo guardò ammirato e annuì energicamente
ringraziandolo:- Se vuoi posso, tipo dirti dove ho comprato il colore.
Magai vuoi, come dire, cambiare look alla tua casa.
Antonio
si diresse verso l' ascensore:- Tipo, ci penserò- disse.
Quando le porte si chiusero alle sue spalle si guardò allo
specchio sorridendo ebete, sì Feliks era proprio simpatico.
Ah,
ma che bravo ragazzo! Certo che aveva proprio un modo strano di
parlare.
-E...
aspetta, ho detto.. tipo?!- gridò Antonio- non
sarà mica, tipo contagioso?
Una
volta a casa -un poco scosso ma tutto sommato tranquillo- il moro
trovò Francis che armeggiava in cucina. Aveva ripreso Bezzi
qualche giorno prima, aveva fatto il pieno -che Gilbert aveva
prontamente consumato per scappare da un assalto di Ivan beccandosi
anche una multa per eccesso di velocità- e... non vedeva
Arthur
da allora.
L'
inglese non si era più fatto vivo, era come se di
annullare il matrimonio non gliene fregasse più niente.
Francis
si sentiva particolarmente amareggiato e furioso. Si sentiva frustrato,
voleva vedere a tutti i costi quello sciocco bruco. Sbattè
uno
sportello con forza e mescolò velocemente la cipolla nella
padella sbuffando.
-Ohi,
tutto ok?- chiese Antonio.
-In
salotto c' è lo stereo rotto- rispose invece il francese.
-Franciiis-
lo chiamò l' altro.
Il
biondo si girò di scatto:- E' assurdo! Non è che
sto
perdendo il mio fascino? Di solito sono io a rifiutare la gente, a
dover elegantemente fuggire da pretendenti troppo insistenti. Ma
che è successo, ora? Cos' ha che non va quel ragazzo?
Antonio
fece mente locale prima di sospirare un "Aaah" che fece
comprendere all' altro che aveva finalmente capito il suo problema. L'
iberico spostò la sedia sedendosi, seguito a ruota da
Francis e
due bicchieri di vino. La cipolla intanto bruciava facendo bestemmiare
ulteriormente il francese e spingendolo a spegnere il fornello.
-Dovresti
chiamarlo- suggerì Antonio- mi sorprende che tu non l' abbia
fatto. Di solito non ti tiri mai indietro.
Francis
svuotò il proprio bicchiere:- No, no, no-
piagnucolò- quel bruco non merita le mie attenzioni.
Così
gliela darei vinta. Scommetto che non aspetta altro!-
dichiarò,
accorato.
-Ma
come, non eri tu che dicevi che- Antonio si schiarì la voce
riportando fedelmente la frase dell' amico- l' amore vero non si fa
fermare nè dall' orgoglio, nè dalla paura e
nè
dalla gelosia. Il vero amante affronta e abbatte gli ostacoli sul suo
cammino.
Francis
sorrise:- Sei un buon allievo. Per premiarti posso darti un bacetto.
-Gracias,
ma sono costretto a declinare. E ora forza, dimostrami che il tuo
è un amore vero!
Gilbert
rincasò sentendosi particolarmente stanco. Il russo se
ne stava altamente fregando di tutto quello che gli aveva detto dei
giorni passati. Per lui era come se non fosse accaduto niente, come se
l' albino non lo avesse preso a male parole intimandogli di lasciarlo
in pace una volta per tutte.
Era
testardo e del resto come poteva
dargli torto? Non si poteva resistere alla sua magnifica magnificenza,
questo lo capiva benissimo anche lui, tuttavia avrebbe dovuto
controllarsi.
L'
unica cosa positiva di tutta quella storia è
che Antonio aveva avuto uno scooter nuovo. Per il resto lui ci aveva
rimediato una bella multa, una visita dal meccanico perchè
Bezzi
aveva fuso il motore, una lavata di capo da parte dei suoi amici e...
bè, per lo meno dopo che Ivan era riuscito a raggiungerlo -e
superarlo- col suo macchinone, gli aveva offerto il pranzo
perciò aveva potuto mangiare come un maiale a spese di
Braginski.
Ovviamente
la colpa di tutto era di Ivan, se non si fosse
messo in testa che dovevano per forza mangiare insieme, lui non sarebbe
dovuto scappare- Gilbert l' aveva definita una fuga strategica.
L'
umore di Gilbert era nero. Come se non bastasse aveva pure litigato
col nuovo portiere che aveva osato dargli del brutto incompetente.
Brutto. Incompetente. Ma scherziamo?!
L'
albino rientrando era inciampato in una latta di colore rosa, aveva
bestemmiato tirando giù tutti i santi dal cielo.
-Hai,
tipo, problemi?- aveva chiesto il portinaio.
-Certo
che ho ei problemi! Uno è un enorme armadio russo... e...
e cazzo! Chi diamine ha lasciato questa fottuta latta di colore in
mezzo all' ingresso? Questo rosa schifoso ha macchiato i miei magnifici
jeans.
-L'
ho lasciato io in mezzo! Dovresti tipo guardare dove metti i piedi,
racchione. Oltre a essere brutto sei un incompetente, non capisci
totalmente niente di moda.
Gilbert
era allibito:- Ma che... io non sono brutto! Sono un essere magnifico.
Sono una creatura cel..
-Ehm,
signor Beilshimidt- lo interruppe Toris facendo capolino alle sue
spalle- le farò ripagare i pantaloni, d' accordo? Chiedo
scusa
da pare di Feliks, non lo ha fatto a posta, sa, è nuovo.
Il
biondo lo guardò accigliato, Toris dovette coprirgli la
bocca
con le mani per soffocare un "non se ne parla totalmente"
Gilbert,
decisamente troppo stanco per fare ancora storie, annuì
alzando i tacchi incurante di quei due che confabulavano.
Arrivato
di fronte l' appartamente alzò le braccia e il viso
verso l' alto per stirare i muscoli. L' attimo dopo spalancò
gli
occhi soffocando un urlo di dolore. Guardò meglio davanti a
sè. Davanti alla porta di casa sua c' era una grossa cassa
di
legno con scritto "SPAGNA" - "ESTREMAMENTE FRAGILE"- "ALIMENTI"
Si
massaggiò la coscia tirando un sospiro di sollievo, per poco
quel coso non colpiva i suoi cinque metri.
Passato
il dolore gli venne
una fitta allo stomaco. Seriamente, gli veniva anche da piangere.
Avrebbero mangiato pomodori per un mese!
-Antonio!-
gridò entrando- ci sei?
-Siamo
in cucina- urlò l' interessato.
-E'
arrivata la cassa di tua mamma.
Francis
e Antonio corsero alla porta come due bambini ansiosi di aprire
la loro sorpresa, Gilbert li aspettava all' ingresso. La
madre di Antonio ogni due o tre mesi inviava al figlio roba varia
proveniente dalla Spagna, di solito erano soprattutto cose da mangiare
tipiche del loro paese. I pomodori non mancavano mai e insieme alla
cassa arrivava anche una lettera.
-Oh,
chissà cosa ci avrà mandato questa volta la
maman?- chiocciò Francis.
Provarono
a spingere la cassa all' interno dell' appartamento ma non passava
dalla porta.
-Dobbiamo
aprirla qui- affermò Gilbert.
-Vado
a prendere un piede di porco- fece Antonio.
Francis
si abbassò all' altezza della cassa:- Aspetta, mon
petit, non ce n' è bisogno- affermò accigliato.
Qualcuno
l' ha già aperta.
Antonio
tornò indietro ripercorrendo il corridoio a passo di marcia.
Chi avava osato scassinare il regalo di sua mamma?
Gilbert
si allontanò, non che avesse paura, per carità,
era solo per precauzione, intanto Antonio sollevava il coperchio della
cassa. Strabuzzò gli occhi.
-Che
cazzo hai da guardare idiota?
Lovino
era accovacciato stretto tra i cibi inviati dalla signora
Carriedo con un pomodoro in mano e sporco di succo.
-L...
Lovino?
L'
italiano sorriso soddisfatto e si alzò uscendo:- Vedo che ti
ricordi di me, bastardo.
-Mon
Dieu, Tonio, ci vuoi spiegare, si vout plait?
-E'
un tuo parente?- chiese Gilbert.
-Ma
secondo te mia mamma mi manda la gente via posta?- sbottò
Antonio prima di rivolgersi al più piccolo- che ci facevi
lì dentro?
-Ero
venuto a trovarti- borbottò l' altro- solo che avevo fame.
E sai- ghignò- quando ho letto sulla cassa "alimenti" non ho
resistito alla tentazione.
-Mon
Dieu- sospirò esaspetato Francis alzando gli occhi al cielo-
ci si è infilato dentro.
Lovino
era seduto sul divano di casa Carriedo-Beilshmidt- Bonnefoy, si
guardava intorno con aria apparentemente accigliata. Era
imbarazzatissimo. Lo spagnolo lo fissava senza espressioni particolari
con le braccia incrociate al petto, gli altri due si erano defilati
forzatamente in cucina. Tra uno sbattere di sportelli e una spadellata
poteva sentire chiaramente i loro bisbigli concitati. Era probabile che
stessero origliando. Ovviamente visto che loro non parlavano non
potevano sentire nulla.
-La
finisci di fissarmi?- sbottò Lovino a un certo punto.
-Oh-
Antonio parve risvegliarsi dallo stato catatonico in cui era
caduto, sciolse le braccia rilassandosi sul divano e sorridendogli-
scusami. E che non mi è mai capitata una cosa del genere.-
tacque per un momento, riflettè ancora e lo
guardò
seriamente tendendo la mano- potresti darmi la lettera?
-Che?
-La
lettera- ripetè
-Ah
sì- Lovino si alzò dal divano tirando fuori dalla
tasca dei jeans una busta spiegazzata- non l' ho aperta-
precisò.
-Ovviamente-
sorrise l' altro, poi domandò:- Hai detto che sei venuto a
trovarmi. Come hai saputo il mio indirizzo?
Lovino
divenne rosso come un pomodoro e si morse le labbra, all'
improvviso il tavolino del salotto era diventato l'oggetto
più
interessante del mondo- ti ho pedinato- borbottò.
Antonio
si alzò in piedi con uno scatto facendo arretrare Lovino
dall' altro lato del divano, l' iberico, a dispetto di ciò
che
pensava l' italiano era esultante:- Lo sapevo! Non ero impazzito- e si
mise a ridere.
-Ma
sei scemo?!- gridò l' italiano- mi hai fatto prendere un
colpo!
-Scusa,
scusa- Antonio si riaccomodò sulla poltrona, ancora
rideva. Dio, quel ragazzino era proprio assurdo. Si era messo persino a
seguirlo!
-E
allora- ricominciò- a cosa devo questa visita inaspettata?
Lovino
deglutì a fondo, in effetti non lo sapeva nepure lui,
quel giorno aveva deciso di vederlo e lo aveva fatto senza pensare
troppo alle conseguenze, a cosa gli avrebbe detto o almeno ad inventare
una scusa. Certo, queste non erano cose che si dicevano
così, su
due piedi.
Il
ragazzo sentì la puzza di qualcosa che bruciava sul fuoco,
una voce che diceva:- Cazzo, e non toccarmi il culo, Francis.
e
l' altra giustificarsi:-Mon cher, ma così non sento!- poi
dopo qualche minuto- c' è puzza.
-Io
mi sono lavato, eh! Non incominciare.
-Non
tu, sciocco.- evidentemene la voce doveva aver collegato il fetore
ai fornelli ed era corso a rimediare al danno gridando come un pazzo:-
Merde! E' la seconda volta che mi si brucia la cipolla oggi!
Antonio,
consapevole di quel casino, lo guardava sempre sorridendo,
come se nulla fosse. Semplicemente, li ignorava, sperando che il suo
ospite facesse altrettano.
-Se
fate bruciare anche una fottuta cipolla immagino che gran cuochi che
siate- affermò l' italiano.
-Le
apparenze ingannano, niño. Francis è un ottimo
cuoco e io non me la cavo male.
-E
il crucco?
Antonio
fece un sorriso tirato memore delle -grazie al cielo- rare
volte in cui Gilbert si era messo ai fornelli. Fosse stato per lui
avrebbero mangiato sempre wurstel e patate -bruciate per giunta.
-Non
parliamone, eh?- Antonio si avvicinò a Lovino sedendosi sul
suo stesso divano, il più piccolo si allontanò a
disagio.
-Che
vuoi farmi bastardo?
Antonio
lo guardò stranito:- Assolutamente niente. E poi, scusa,
anche se fosse non eri tu quello che voleva imparare il mestiere? Sai,
è un po' difficile se non ti tocco. Chiarisco subito che non
è mia intenzione però.
-E...
e allora?
-Niente,
Lovinito- Antonio si sedette meglio sul divano portando le
mani dietro la testa- se non vuoi dirmi perchè sei qui va
bene.
Però hai fatto un gesto molto carino. Certo, avrei preferito
che
non ti infilassi nella cassa mandatami da mia madre facendo fuori tutti
i pomodori... ma vabbè.
-Allora
non mi manderai via?- borbottò l' altro
-Non
ti mando via a patto che tu capisca che non ti insegnerò un
bel niente... se proprio vuoi, ti spiego come si cucina la paella. Poi
mettiti in testa che tra noi non ci potrà essere niente, nel
caso avessi strane intenzioni.
Lovino
si fece improvvisamente triste, Antonio lo stava ferendo
profondamente, guardò il moro con aria assente:- E io allora
che
ci sto a fare qui?
Lo
spagnolo si girò a guardarlo sbigottito. Gli fece una
tenerezza immensa. Sorrise abbracciandolo forte:- Ma possiamo diventare
amici,
Lovi!
L'
italiano si agitò in quella stretta spontanea e senza
malizia, non era esattamente quello che voleava, ma la speranza
è sempre l' ultima a morire:- Lasciami bastardo! E non
pensare
che tu mi piaccia! Non farti strane idee!
In
cucina intanto...
-Ma
come sono carini!- cinguettò Francis.
-In
pratica Antonio si è fatto un nuovo amico. Tch, fosse per
lui avremmo in casa cani e porci.
-Non
essere così drastico, Gil.- Francis
scartò un cioccolatino che era sul tavolo- il nostro Antonio
è estremamente espansivo. Sai che ha fatto amiciza col nuovo
portiere?
-Che
cosa?! Quello stramboide mi ha rovinato i pantaloni!
Francis
fece spallucce dando un' occhiata ai jeans blu e rosa dell' amico:- Ti
stanno proprio bene sai?- ridacchiò.
-E'
ovvio. Al magnifico me sta bene tutto. Non sfigurerei neppure con
un sacco di patate addosso. E...ehi! Mi stai prendendo per il culo?!
Francis,
incurante degli improperi dell' altro, afferrò il
cordless, arricciò le labbra, indeciso se chiamare Arthur o
meno, poi affermò solennemente:- Benchè sia
contrario ai
miei principi, oggi... mangeremo cinese!- e digitò il numero
del
ristorante all' angolo gettando un' occhiata afflitta ai fornelli. Quel
giorno non c' era proprio verso di cucinare.
CIAO,
scusate se posto dopo così tanto tempo, spero che siate
ancora interessati a seguire la storia. Perdonatemi per eventuali
errori (e per il mio francese schifoso) ma ho ricontrollato il capitolo molto sommariamente per mancanza
di tempo, altrimenti rischiavo di postare nel millemilamai.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** 11. Diario del Magnifico me: C' è un russo sotto al vischio ***
bt 11
DIARIO
DEL MAGNIFICO ME (la
vendetta): C' E' UN RUSSO SOTTO IL VISCHIO
17
Dicembre 2012
Gutentag,
mio strabiliante diario. Sai che giorno è oggi? Oggi
è venerdì 17. E' un giorno infausto sai? Un
venerdì 17 di tanti anni fa mi si è strappata la
maglietta dei Red Hot Chilli Peppers (quella che ho comprato al mio
primo concerto!)
per scavalcare il cancello della scuola. Ero arrivato in ritardo e lo
avevano chiuso. Vedi? Il fatto che io sia arrivato in ritardo dimostra
che il 17 è un giorno sfortunato.
Mi viene un dubbio...
Aspetta
un secondo, diario, devo controllare il calendario. Non muoverti da qui.
Kesesese,
lo sapevo. Il giorno in cui il russo si è presentato
per la prima volta a casa nostra era un 17. Me lo ricordo, non
perchè io tenga a lui o che altro, ma perchè
prima c' era
stato il matrimonio di non mi ricordo chi.
Nel
caso non lo avessi capito, oggi me ne starò a casa. Non
posso
rischiare che una creatura fantastica come il sottoscritto -credo che
la mia nascita sia stata un evento epocale- rischi la vita.
Vado
a chiudere le finestre e a dare la tripla mandata alla porta. Credi che
dovrei metterci anche un mobile dietro?
Antonio
sbadigliò sonoramente, si era appena svegliato.
-Ohi,
Gil... che stai facendo con la dispensa?
-La
metto dietro la porta così nessuno può entrare.
-...
e nemmeno uscire, suppongo.
-Esatto!
Lo
spagnolo andò in cucina, per nulla scalfito dall' idea
bislacca dell' amico. Buttò un occhio al calendario, era
venerdì 17. Gilbert lo aveva segnato di rosso e ci aveva
pressato sopra uno stampino con un teschio comprato appositamente per
quello scopo. Il ragazzo fece spallucce:- Vorrà dire che me
ne
tornerò a dormire.
Ogni
scusa era buona per oziare, in fondo.
Diario
del magnifico me, è ancora venerdì 17.
Il
fatto che questo giorno porti sfiga è dimostrato dal fatto
che Francis è incazzato nero.
Non credo che c' entri nulla il
fatto che l' ho chiuso fuori di casa mentre era uscito a fare la spesa,
che è rimasto sul pianerottolo per un ora a gridare -dice
lui,
ma non credo che lo abbia fatto veramente, se lo avesse fatto lo
avremmo sentito- e a suonare il campanello.
...
Bè il
campanello l' ho sentito ma non potevo certo andare ad aprire. Poteva
essere la morte in persona -oppure il russo, che poi è lo
stesso- e se avessi guardato dallo spioncino chissà cosa
sarebbe
accaduto.
-Tu
sei stupido- bofonchiò Francis premendosi una fetta
di carne sull' occhio sinistro.
Vash,
l' inquilino del piano di sopra, lo aveva gonfiato di botte
perchè stava facendo troppo casino, dopo di che aveva
concesso
al francese la possibilità di spiegarsi, gli aveva fatto
usare
il cellulare per chiamare Antonio e farsi aprire pretendendo in
cambio i soldi spesi per la chiamata.
Diario
del Magnifico me, sempre venerdì 17.
Antonio
inizia a girare per casa come una tigre in gabbia, vorrebbe
uscire per vedere il suo ragazzo -o quel che diavolo è- ma
non
può perchè ho chiuso accuratamente porte e
finestre. Non
voglio che si facciano del male, non sanno a cosa potrebbero andare
incontro uscendo di casa. Mi rendo conto che dei cervelletti piccoli
come i loro non possono arrivare ad una conclusione talmente geniale da
essere compresa solo da menti superiori come la mia.
-Liberatemi!-
Francis e Gilbert arrivarono in bagno allarmati,
ciò che videro erano le gambe di Antonio che si agitavano
attraverso la piccola finestra del bagno. Aveva cercato di scappare da
lì.
19 Dicembre
Mio caro diario,
appuntati una cosa:
non bisogna mai andare al
supermercato nei giorni di festa. Tralasciando il fatto che Antonio si
è perso al centro commerciale e abbiamo dovuto farlo venire
alle
casse con un annuncio ai microfoni, passando anche sopra al fatto che i
parcheggi erano talmente pieni che abbiamo dovuto mettere Bezzi in un
parcheggio a pagameto che ci è costato un sacco di soldi e
che
era a un chilometro di distanza dal centro, non posso certo scordarmi
di come una vecchia grassona mi abbia tolto da sotto al naso gli ultimi
pacchi di wurstel tedeschi.
Francis si presentò alle casse con un sorriso dispiaciuto:-
A... ehm... mi scusi signorina, ho perso il mio Antonio.
La ragazza lo fece avvicinare solerte, gli sorrise di rimando per
rassicurarlo:- Non si preoccupi, lo ritroveremo immediatamente. Ora
facciamo un annuncio, quanti anni ha suo figlio?
-Ventiquattro.
Nel frattempo mentre una voce femminile pregava il signor Antonio
Fernandez Carriedo di dirigersi assolutamente alle casse del
supermercato all' interno del complesso commerciale, Gilbert rubava i
wurstel dal carrello di una signora, un ragazzino lì accanto
vedendolo si mise ad urlare al ladro così che il tedesco
dovette
giustificare l' accaduto di fronte al corpo di vigilanza.
20
Dicembre
Fondamentalmente,
sono distrutto. Francis ha incominciato il conto alla
rovescia per festeggiare il Natale -ha incominciato da un bel po' ma ho
cercato di ignorarlo con tutte le mie forze-. Questo sai perfettamente
cosa significa: l' appartamento è addobbato a festa manco
fosse
la casa di Babbo Natale, praticamente manca poco che usciamo noi per
fare spazio a tutte la varie cazzate che Francis ha accumulato e
continua ad accumulare negli anni.
Non
fraintendermi, diario, lo sai anche tu che al magnifico me piace il
Natale solo che Francis esagera.
Credo che lo faccia per scacciare la
nostalgia che in qualche modo ogni anno sembra sul punto di far
crollare ognuno di noi.
E' inevitabile, a tutti piace passare il Natale
in famiglia.
Francis da questo punto di vista è il meno
sfortunato, ha una famiglia veramente unita e i suoi parenti trovano
sempre il modo di venire a trovarlo. E poi si sentono praticamente ogni
giorno.
Un po' , e stai attento perchè ho detto un po', lo
invidio. Io non vedo mio fratello da...uhm... credo che siano almeno un
paio d' anni, il Natale non lo passiamo più insieme invece
da
molto più tempo.
Ora
basta parlare di queste cose così tristi, il magnifico me
non può deprimersi! Deve tenere alto l' umore!
24
Dicembre
I
genitori di Francis passeranno il
Natale con noi, spero che non si portino dietro anche quella sua zia
con l' alito che puzza sempre di aglio. Il bastardo ha istaurato la
dittatura del Natale, non hai idea di quanti pacchi la mia sublime
magnificenza abbia dovuto portare su e giù per le scale.
Come se
non bastasse a partire da... cazzo... manca un' ura, dieci minuti e tre
secondi all' inizio della maratona per cucinare il cenone. Io e Antonio
siamo stati arruolati.
Diario,
Francis ha appena iniziato a
strillare perchè si è accorto che Antonio ha
rotto tutte
le uova cercando di nasconderle nel secchio della biancheria sporca, la
situazione è più tragica del previsto.
Vado,
non sai quanto ti apprezzi. In queste pagine consunte lascio ai posteri
le mie memorie.
Glorificatemi,
vostro
Magnifico Gilbert Beilshmidt.
Il 25 Dicembre l' appartamento numero tre era pieno zeppo di gente. Si
era creato talmente tanto calore che non sembrava più
nemmeno di
essere in inverno, lentamente infatti tutti avevano abbandonato giacche
e maglioni pesanti per restare con qualcosa di più leggero.
La
gente chiacchierava riunendosi in gruppetti
più omeno grandi, le note delle canzoni Natalizie
riempievano
incessantemente l' aria da almeno un' ora. Antonio, dall' arrivo di
Lovino, venti minuti prima, era seduto sul divano in mezzo a un Chris
apparentemente disinteressato e a un italiano che guardava in cagnesco
l' olandese, Francis faceva la spola tra i vari gruppetti per offrire
cibo e scambiare due chiacchiere, Gilbert si muoveva altrettanto
velocemente dell' amico per sfuggire a un russo ingombrante.
Quando
il campanello suonò per l' ennsima volta e Francis
andò ad aprire, rimase di sasso.
-Arthur?
-No,
la fata turchina- sbottò l' altro spiaccicandogli addosso un
paio di regali
Francis
sorrise:- Non hai resistito alla tentazione di vedermi, vero, mon
chenille?
Arthur
voltò il viso dall' altro lato:- Se non la smetti di dire
cazzate me ne vado.
-Ma
oui, mon cher, accomodati.
Francis
si era fatto di lato per fare accomodare l' altro, cingendogli poi la
vita con un braccio.
Arthur
si bloccò in mezzo al corridoio e si voltò verso
di lui tirandogli una delle guance con forza e facendo di conseguenza
gemere il francese:- Tieni quelle zampe a posto, dannato vinofilo.
-Ah...ouuui...Ar...lasciaam-
il britannico era sadico, non tanto
però da far soffrire la rana anche a Natale quindi
lasciò
la presa seguendo l' altro in quella mischia di gente. Non negava che
tutta quella folla gli metteva addosso una certa inquietudine, non era
abituato a stare in mezzo a così tanta gente, inoltre non
conosceva nessuno. Che avrebbe fatto? Se ne sarebbe rimasto fermo e
solo in un angolo fino a quando la polvere non lo avesse coperto
completamente?
Inaspettatamente
percepì il tocco della mano di Francis che
afferrava la sua, il francese si girò un attimo verso di lui
sorridendogli, Arthur fissò interdetto prima le ampie spalle
del
ragazzo e poi le loro mani. All' improvviso si sentiva più
sicuro.
-Idiot-
sussurrò accennando un sospiro.
-Che
hai detto, chenille?
-Ho
detto di non chiamarmi così, frog!
-Ma
oui! Vieni con me, ti presento la mia famiglia
-Che
cosa?!- l' inglese urlò cercando invano di puntare i piedi.
Gilbert
si era rinchiuso nello sgabuzzino delle scope,
sghignazzò per la genialità della sua trovata.
Aveva
perso di vista il russo appena pochi attimi prima, quindi ne aveva
approfittato per scappare definitivamente. Si accucciò sul
pavimento e tirò fuori il cellulare dalla tasca dei
pantaloni
rossi -Francis aveva insistito affinchè li avessero tuti e
tre uguali.
L'
idea era quella di telefonare a uno dei suoi due compari, dirgli di
cercare Ivan e di riferirgli che se ne era andato a festeggiare con
degli amici tedeschi in visita.
-Kesesese,
sono geniale-
Lo
schermo del telefonino illuminò l' ambiente, Gilbert
urlò spostandosi contro al muro e toccandosi il petto. Il
cuore
gli batteva a mille ed era certo di avere schivato un infarto che
altrimenti lo
avrebbe lasciato stecchito sul colpo.
-Ciao,
Gil
-Che
diavolo ci fai tu qui?!
Ivan
era accucciato accanto a lui e gli sorrideva affabile.
-Ti
aspettavo
-Ma
sei completamente idiota? Mi hai fatto venire un colpo. E poi questo ti
pare il posto in cui aspettare qualcuno?
Ivan
fece spallucce:- Bè, sei venuto lo stesso.
-Sei
un demone- sibilò l' albino. Ora lo sapeva, la magia
esisteva, era evidente che il russo gli avesse letto nel pensiero
altrimenti non si spiegava la sua presenza lì dentro.
-Il
fatto è che sei estremamente prevedibile- spiegò
il ragazzo- ma anche divertente, eh- ci tenne a chiarire.
Quello
era un colpo basso, nonchè una pugnalata al suo orgoglio
e alla sua magnificenza:- Io non sono affatto prevedibile, sono un
essere geniale. I miei piani sono infallibili.
-Talmente
infallibli che ci troviamo entrambi in uno sgabuzzino per le scope.
Il
tedesco si alzò indignato e fece per aprire la porta,
cercò di fare forza in ogni modo ma niente.
-Cazzo...
Si
girò verso Ivan alle sue spalle. Non voleva assolutamente
restare chiuso lì dentro con lui, iniziò a
battere i
pugni contro il legno:- Aiuto! Aiuto! Sono rimasto chiuso dentro!
Aprite, idioti!
L'
albino sentì un
brivido lungo la schiena e si fermò. Girandosi vide il dito
indice di Ivan percorrergli delicatamente la
schiena:- Che bello, staremo un poco insieme!
-AIUTO!
Antonio
si allentò la camicia. Per quanto il divano potesse
essere comodo aveva voglia di alzarsi e sgranchirsi un po' le gambe.
Non era esattamente la serata che si era aspettato, si sentiva una
specie di prigioniero e indubbiamente i suoi carcerieri non avevano un
carattere facile.
Stava per alzarsi con la scusa di andare a prendere
da bere, in effetti aveva la gola secca, quando Chris mutò
espressione. La pipa per poco non gli cadde dalle labbra, il suo
sguardo seguiva il movimento di un punto ben definito all' interno
della stanza.
-Che
c' è?- domandò Antonio.
L'
altro parve non sentirlo nemmeno, si accigliò prendendo una
boccata dalla pipa, poi si alzò all' improvviso:- Sto
arrivando-
affermò risoluto.
Antonio
lo vide sparire tra gli invitati e fece per seguirlo ma la presa di
Lovino lo fermò.
-Vuoi
lasciarmi solo, bastardo?
-Eh?
Io... io no, però...
-Dio,
quanto sei appiccicoso, magari deve andare a pisciare. Lascialo campare
un po'
Lo
spagnolo sorrise e gli fece segno di alzarsi:- Andiamo in cucina a
recuperare un po' di sangria. Sto morendo di sete.
Chris
picchettò con l' indice sulla spalla di un ragazzo biondo,
quando quello si girò per poco non gli venne un infarto.
Allora,
aveva ragione!
-Che
ci fai qua?- domandò l' olandese.
L'
altro rise:- Ohi, ciao anche a te Chris.
-Scusa,
ciao. Che ci fai qui, Mathias?-
-Bevo,
rido e sto in compagnia!
-Dio,
quanto sei stupido. Che ci fai a Stoccolma, intendevo.
-Sono
arrivato giusto ieri per passare le feste con Ber e Tino. E tu?
-Lavoro.
Il
danese si guardò intorno:-Ah, ma questo non mi pare per
niente lavorare.
-Bè,
ogni tanto devo pur distrarmi, no?
-Te
lo concedo.
-Quindi
sei venuto a questa festa con Berwald e Tino?- si assicurò
l' olandese.
-Certo,
mica mi imbuco alle feste.
Chris
inarcò le sopracciglia e l' altro rise.
-Va
bene, ok, ogni tanto lo faccio- ammise
Da
quanto tempo non lo vedeva? Chris sorrise istintivamente.
Il
volto di Mathias invece si fece serio, quasi triste:-Da quanto tempo
è che non vienti a Copenaghen?
-Parecchio-
affermò lapidario Chris
Mathias
arricciò le
labbra in un' espressione mesta:- Già. Quanto sei stronzo.
Ci
andiamo a fare un giro?- propose immediatamente.
L'
olandese annuì.
Gilbert
e Ivan stavano in silenzio da qualche minuto, il tedesco aveva
innalzato un muro di secchi, scope e strofinacci tra loro, poi il russo
tirò fuori dalla tasca qualcosa e la mise malamente
attaccata su
un chiodino arrugginito a muro.
Gilbert
fissò il mucchietto verde con diffidenza:-Che diavolo
è?
Ivan,
se possibile, sorrise ancora di più:- vischio.-
dichiarò candidamente.
-Che
cosa?!
Il
russo smantellò il piccolo muro improvvisato allungandosi
sull' albino.
-E...no...
no, eh! Stammi lontano... che diav...
Ivan
sospirò sulle sue labbra, Gilbert osservava i ciuffi color
cenere aspettando un bacio che però non arrivò.
Il
russo chinò il capo prima di allontanarsi nuovamente nel suo
angolino.
Gilbert
lo guardava spiazzato:- Ma che diavolo ti è preso?
-Scusa,
non volevo spaventarti.
-E'
da quando ci siamo conosciuti che mi spaventi. Anzi, che cerchi di
spaventarmi, perchè il magnifico me non ha paura di niente,
kesesese...- Gilbert tacque un attimo per poi riprendere con la
solità vivacità- intendevo... perchè
non mi hai
baciato?
Ivan
alzò gli occhi stupiti sull' altro:- Hai paura di me. Non
bacio qualcuno contro la sua volontà.
Gilbert
parve riflettere qualche minuto:- Sei inquietante-
iniziò- e tua sorella fa persino più paura di te.
Ti
comporti come una specie di stolker e fai praticamente quello che vuoi
sbattendotene degli altri. Credo che ti piaccia fare terrorismo
psicologico con quel povero disgraziato del tuo segretario. Nonostante
tutto, per qualche arcano motivo a me sconosciuto, non mi sembri tanto
male.
Il
tedesco gattonò verso di lui ghignando:- Dammi questo
dannato bacio.
Ivan
sorrise prendendogli il viso tra le mani, Gilbert si
rilassò chiudendo gli occhi, sentì pima un tocco
lieve
sulle labbra, poi la lingua di Ivan farsi spazio nella sua bocca e
intrecciarsi alla sua. Non si sarebbe mai aspettato così
tanta
dolcezza.
Dieci
minuti dopo Gilbert
cercava di sbottonare la camcia del russo mentre l' altro tentava di
infilare le mani sotto i pantaloni.
Quando
la porta dello sgabuzzino si aprì all' improvviso i due
si bloccarono. Era proprio il caso di dire che erano stati beccati con
le mani nellla marmellata.
-Fratellone...-
sibilò Natalia
Ivan
e Gilbert restarono pietrificati.
-Io...-
iniziò Ivan tirando fuori le mani dai pantaloni di
Gilbert- sono rimasto chiuso... qui dentro... e... e... - tacque- mi
viene da
piangere- mormò afflitto alla fine.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** 12. Diamo il benvenuto ai fratelli Kirkland ***
12 btt
Diamo il benvenuto ai fratelli Kirkland
Arthur
si rigirò inquieto nel letto. Benchè vivesse da
solo, quando aveva affittato il bilocale già arredato, era
stata
l' unica cosa che avesse comprato sostituendo il lettino singolo che c'
era prima con uno decisamente più comodo a una piazza e
mezza.
Quando
era arrivato a Stoccolma -ormai erano quasi tre anni- assieme
all' ebbrezza di avere una casa sua e
alle promesse allettanti di una vita da scapolo, finalmente
indipendente, nel suo cuore si era fatta largo una certa tristezza e
una buona dose di nostalgia. Da quel momento in poi sarebbe stato
veramente solo e la sua casa desolatamente vuota. Nessuno con cui
litigare, nessuno a cui scompigliare affettuosamente i capelli, nessuno
di cui lamentarsi.
Aveva
ritenuto inutile affittare un appartamento più grande o
addirittura comprare casa. Prima di tutto non sapeva per quanto tempo
sarebbe rimasto in Svezia -si sentivo così British dalla
testa fino ai
piedi- e poi era da solo. Una segreta speranza gli sussurrava quanto
sarebbe stato bello conoscere una bella e dolce ragazza, innamorarsi e
mettere su famiglia.
Riempire
finalmente tutto quel vuoto che esisteva da tempo dentro di lui, ancor
prima di lasciare l' Inghilterra.
Eppure
in tre anni non aveva legato veramente con nessuno. In effetti
non aveva mai avuto chissà quanti amici.
Alfred,
arrivato
qualche mese prima, era stato una ventata d' aria fresca che
però così come era arrivata se ne era anche
andata.
Arthur
fissò il soffitto, l' americano doveva essere a New York
da almeno una settimana. Aveva deciso di partire e ritornare indietro
alle sue radici, dalle persone che amava e che lo aspettavano pronte ad
accoglierlo a braccia aperte nella sua caotica città. Arthur
anche volendo,
obiettivamente, non avrebbe potuto fare nulla per fermarlo. In effetti
non sapeva neppure se il ragazzo fosse ritornato realmente a New York.
Prima di partire gli aveva confidato in gran segreto che anche gli eroi
a volte sbagliano, che si scusava e che lo vedeva più come
un amico, un fratello che altro.
-C'
è una persona- aveva iniziato durante un' uscita di servizio
mentre fissava assorto la strada affollata di fronte a lui- c'
è una persona che ho fatto soffrire tanto. Davvero, davvero
tanto.- aveva fatto un mezzo sorriso- non è molto eroico
vero? Ho pensato che avrei potuto stare lontano da lei ma in
realtà credo che ci siano persone da cui sia impossibile
staccarsi, che ci attirano come calamite. Per me questa persona
è così. E' la mia calamita. Non voglio che
passino gli anni e poi un giorno chiedermi cosa stia facendo, avere dei
rimpianti insomma. Arthur capisci cosa intendo?
L'
inglese aveva annuito, poi, dopo interminabili minuti di silenzio, l'
americano era ritornato a ridere come uno scemo dicendogli quanto
quell' atmosfera così seriosa poco si adattasse allo spirito
di un eroe.
Arthur
ripensando a quel giorno allungò il braccio verso l' alto
aprendo di fronte al viso la mano sinistra, l'
anello dorato scintillava al suo dito fiero dell' amore che in teoria
avrebbe dovuto rappresentare.
L'
inglese sorrise, sarebbe stato bello se quell' anello avesse
rappresentato qualcosa di reale, un matrimonio vero, un amore vero...
magari con una ragazza, ecco. Riabbassò il braccio sul letto
infastidito e sospirò.
-Dannato
francese- sibilò aggrottando le folte sopracciglia.
Francis
era ciò che di più lontano potesse assomigliare a
una ragazza. Si era mai vista una ragazza col pizzetto?
-Tch...
ma tu guarda...
Francis
era un grosso problema.
Francis
poteva diventare il suo rimpianto più grande.
Francis,
fondamentalmente, lo confondeva e Arthur non era abituato ad
essere così confuso. Non che non lo fosse mai stato, ma era
ua
confusione di tipo diverso e solitamente era da imputare ai suoi
fratelli. Con loro non sapeva mai come comportarsi, si sentiva sempre a
disagio, a volte temeva di sbagliare qualcosa.
La
confusione che gli provocava il francese invece era ben altra
cosa. Non sapeva se odiarlo o...no, amarlo era decisamente una parola
troppo grossa. Ma non sapeva neppure se gli stesse antipatico o meno!
Con
Francis dondolava sempre su un' altalena emotiva di alti e bassi,
di emozioni costantemente travolgenti e spinte al massimo. E questo,
paradossalmente, lo divertiva...
...
e lo inquietava!
La
rana in qualche modo sembrava veramente
occupare il vuoto dentro la sua anima afferrando elegantemente e con
fare sfacciato anche spazi che non gli appartenevano. Era qualcosa di
diverso rispetto ad Alfred.
Con
l' americano ci era andato decisamente
con i piedi di piombo, forse troppo, ora capiva che nessuno dei due
voleva realmente quella relazione. Con Francis una parte di lui
sembrava volersi lasciare andate. Quel ragazzo risvegliava un
pezzettino del suo
carattere nascosto sotto spessi strati di britannico autocontrollo.
Forse
certe volte non sbagliava a chiamarlo teppista.
Francis
lo coinvolgeva, gli metteva addosso un senso di sicurezza e di
protezione mai sperimentato. Si sentiva meno solo, aveva l' impressione
che il francese gli avrebbe sempre dato una mano ogni volta che avesse
cercato il suo aiuto.
Era
prematuro affermare cose del genere, tuttavia
erano sensazioni fatte di pelle e di istinto più che di una
vera
e approfondita conoscenza.
Arthur
nascose la testa sotto il cuscino, poi un rumore forte e delle
voci concitate lo fecero saltare sull' attenti. Tese l' orecchio e si
alzò avvicinandosi alla porta, la socchiuse ma non poteva
vedere
nulla. Sentiva ancora delle voci. Ebbe un brivido, erano quasi
familiari ma non poteva essere, sarebbe stato assurdo.
Si
guardò intorno alla ricerca di un' arma, la pistola d'
ordinanza era bella che conservata in centrale nel suo ordinatissimo
armadietto, quindi l' unica cosa che gli venne in mente di prendere fu
una gruccia dall' armadio.
Fece
dei respiri profondi, coprì la gruccia con una maglia.
Poteva vagamente somigliare a una pistola così?
Era
terrorizzato, tuttavia un poliziotto non si tirava mai indietro e
lui personalmente si sentiva un degno rappresentante della categoria.
Attraversò
il brevissimo corridoio fiondandosi nella stanza all'
ingresso gridando:- Fermi tutti! Qui sotto c' è una pistola!
Arthur
boccheggiò.
Ian,
seduto al tavolo della cucina col sigaro tra le labbra e il
giornale alla mano, alzò svogliatamente lo sguardo su di lui
prima di proferire un indignato:- Cristo, quanto sei idiota.
Jack,
il maggiore dei gemelli si alzò dal pavimento dal quale
stava raccogliendo i cocci di un vaso rotto per corrergli incontro e
abbracciarlo:- Cavolo Art, da quanto tempo!- l' inglese si fece
stringere nell' abbraccio senza fare una piega, non riusciva a
muoversi. Era troppo stordito e... confuso, dannazione!
Adocchiò
il più piccolo dei gemelli guardarlo storto dalla
parete di
fronte a cui si era appoggiato.
-Eric-
Jack si girò verso il fratello che aveva assunto l'
espressione apatica che lo contraddistingueva un giorno e sì
e
l' altro pure- vieni a salutare Artie.
Il
ragazzo dal canto suo girò la faccia dall' altro lato prima
di raggiungere Ian e chinarsi all' altezza della sua spalla per
sbirciare cosa stesse leggendo l' altro.
Il
rosso, senza neppure guardare il padrone di casa disse:- Arthur,
questo giornale è una merda- lo girò per guardare
la
data- è vecchio di una settimana. Ma che cazzo... non ti
interessa sapere che succede su in questo mondo?
Arthur
sorvolò sulla domanda di Ian, e poi certo che gli
interessava cosa accadeva nel mondo ma normalmente dopo aver letto il
giornale lo dimenticava puntualmente al lavoro. Invece il biondo
aggrottò le sopracciglia guardandosi intorno e cercando di
ignorare il braccio di Jack ancora intorno al collo e lo sguardo
assassino di Eric.
Mancava
qualcosa. Mancava decisamente qualcosa.
-I
mobili!- gridò rendendosi conto che al centro della stanza
vuota era rimasto solo il piccolo tavolo e una sola sedia, quella su
cui appunto era seduto Ian.
-Stavamo
aspettando che ti svegliassi per prendere anche la stanza da letto-
spiegò Jack sorridendo
-Do...
dove sono i mobili?
Eric
gli regalò uno sguardo compiaciuto e un mezzo ghigno, poi
col pollice indicò la finestra alle proprie spalle. Arthr
corse
ad affacciarsi. Una ditta di traslochi si stava portando via i mobili.
-Che
diavolo...? Perchè?!- chiese esasperato prima di urlare
dalla finestra e precipitarsi giù per le scale a fermare
quei
tipi.
-Capo-
fece uno degli operai dopo aver ascoltato le parole concitate di
Arthur- qui c' è un tizio in mutande che dice che abbiamo
sbagliato.
Arthur
divenne rosso come un peperone mentre il capo dei traslocatori si
avvicinava sghignazzando:- E allora?- domandò
-C'
è un errore- ripetè l' inglese con tutto il
contegno,
poco a dire il vero, di cui era capace in quel momento- questi mobili
non devono andare da nessuna parte. Non sono neppure miei!
-E
ci credo! Se non può comprarsi nemmeno un paio di pantaloni
da mettersi addosso, non vedo proprio come possa comprarsi quattro
mobili.
Arthur
sbuffò:- Sono dovuto scendere di corsa! Mi sono appena
svegliato.
L'
uomo guardò l' orologio che aveva al polso, poi Arthur:- A
mezzogiorno?
-Sono
stato a una festa! E poi mi scusi, e che diavolo, quando mai si lavora
di 26?!
Il
capo degli operai fece spallucce:- Soldi. Ci hanno pagato bene- poi
indicò un ragazzo dai capelli rossicci affacciato alla
finestra-
ecco, quel tizio ci ha dato l' incarico.
Ian
fece un cenno di saluto con la mano. Arthur scommetteva un piatto
di scones che quel bastardo si stava godendo la scena ed Eric non
doveva essere da meno.
-Mi
scusi- l' inglese vide Jack avvicinarsi a loro a passo spedito-
guardi, ci scusi veramente. Pensavamo di fare un favore a nostro
fratello ma...- fece spallucce mostrando un sorriso dispiaciuto- potere
scaricare di nuovo tutto?
L'
uomo sbuffò:- E va bene ma i soldi non tornano indietro, noi
la nostra parte l' abbiamo fatta.
Jack
annuì ringraziando e scusandosi di nuovo.
Arthur
si girò verso il ragazzo:- Grazie- sospirò. In
qualche modo Jack trovava sempre le parole giuste per risolvere ogni
situazione, a volte erano le più semplici. Forse era in
generale
il suo attegiamento e i suoi modi che ispiravano una fiducia istintiva.
Quando
rientrarono in casa, trovarono Ian nella mdesima posizione in
cui Arthur lo aveva lasciato, cioè seduto sulla sedia. Eric
invece sembrava più interessato a guardare il lavoro dei
traslocatori.
-Tch,
in tre anni non sei nemmeno riuscito a comprarti quattro mobili- lo
rimproverò il maggiore
-Evidentemente
non ne sentivo il bisogno- rispse Arthur- saprò pur io che
diamine fare della mia vita, no?
-Ragazzi
smettetela. Ci siamo appena rivisti, non è il caso di
litigare- si intromise Jack.
-Come
no?- chiese Eric voltandosi verso il gemello- ad Arthur saranno mancate
le liti tra fratelli.
Il
silenzio cadde immediato nella stanza, poi il biondo chiese:- Che ci
fate qui?
-Sembra
che tu non sia contento di vederci- fece laconico Eric facendo
sospirare esasperato il gemello.
-Io
non avevo un cazzo da fare- iniziò Ian- e visto che per me
un posto in cui vivere vale l' altro ho pensato di venire a trovare il
mio caro fratellino. I marmocchi si sono voluti fare un anno di studio
all' estero.
Arthur
si convinse che il ragionamento non faceva una piega, era tipico
di Ian e del resto suo fratello poteva permettersi certi capricci visto
e considerato il suo tenore di vita. Era un ex calciatore di un'
importante squadra nazionale, aveva fatto anche dei buoni investimenti
quindi di soldi ne aveva.
-Non
avete intenzione di stare qui, vero?- si informò il biondo.
-Certo
che no, idiota. Non ci entreremmo. Ho comprato un appartamento per
tutti e quattro.
-Ah,
bene...
...
Cosa?!-
Arthur
stava facendo la strada che lo separava da casa di Francis
pigiando costantemente sull' accelleratore. E dire che di solito era
così prudente! Forse scappare via come un coniglio mollando
i
suoi fratelli nel bel mezzo di una conversazione non era stato molto da
gentleman, non educato, non eroico, non...
-E
chi cazzo se ne frega!- sbottò parcheggiando sotto casa del
francese.
Entrò
come una furia ignorando il tappeto rosa con coniglietti
bianchi all' entrata, ignorando persino la canzoncina di Jingle Bells
che risuonava nel piccolo ascensore e persino il polacco al suo fianco
che guardava inorridito l' accostamento di colori - maglietta giallo
fluo e giacca verde pisello- che aveva adotttato quella mattina.
-Ma
tipo- lo sentì dire quasi arrivati al terzo piano- potevi
usare un po' di rosa, no?
L'
inglese suonò per un quarto d' ora buono prima che qualcuno
si degnasse di aprirgli. Che quel qualcuno fosse Francis e che si
toccasse lo stomaco borbottando di uno spagnolo viziato e dormiglione,
gli parve un miracolo del cielo.
-Ah,
meno male che sei tu- disse l' inglese entrando- abbiamo un problema!
Francis
lo guardò sollevano le sopracciglia:- Abbiamo?- chiese
scettico.
-Sì,
idiot! Abbiamo!- sbottò Arthur
-Bien-
sospirò il francese- andiamo in cucina e parliamone di
fronte a un' abbondante colazione.
Arthur
annuì cercando di calmarsi.
-In
questa casa c' è uno schifo- borbottò facendosi
largo tra bicchieri, mutande, piattini e chincaglierie di ogni genere.
-Scusa,
mi sono appena svegliato. E non ho intenzione di ripulire tutto
da solo- chiarì alzando la voce di qualche ottava e
rivolgendo
lo sguardo verso il corridoio anche se non sperava sinceramente che Gil
e Antonio si svegliassero tanto facilmente.
-Parla
mon cher- disse il biondo dopo aver messò caffè,
biscotti e cornetti sul tavolo.
-Ma
fai sempre colazione così?- domandò l' inglese
fissando tutto quel ben di dio.
-Oh-
Francis si alzò prendendo una torta dal ripiano della
cucina- mancava la crostata. Comunques sì, qui facciamo
sempre
una colazione piuttosto abbondante. Non trovi che la tavola sia
più allegra?
Arthur
annuì pensando a come lui al massimo bevesse un
caffè di corsa quando e se ne aveva il tempo.
-Arthur-
lo richiamò Francis- dimmi che è successo.
Il
britannico cercò di raccogliere le idee, tirò
fuori
dalla tasca della giacca il loro certificato di matrimonio.
Ricordò che Eric lo aveva tirato fuori da uno dei cassetti
della
cucina mentre cercava un panno per asciugare i bicchieri che aveva
lavato. Aveva aperto uno dei primi cassetti adocchiando l' unico foglio
spiegazzato che vi giaceva. Eric non lo avrebbe mai, mai preso e
infatti stava per richiudere il cassetto ma il gemello, curioso com'
era, lo aveva afferrato aprendolo immediatamente.
-E'
un certificato di matrimonio- aveva affermato stupito.
Arthur
glielo aveva strappato dalle mani facendone una palla di carta e
iniziando ad affermare con veemenza che non era assolutamente suo.
-E
la fede al dito?- aveva buttato lì con noncuranza Ian.
A
quel punto era scappato. Si era infilato le prime cose che aveva
trovato e si era chiuso la porta alle spalle.
Arthur
guardò Francis mettendogli sotto il naso il documento:-
Questo per ora è meglio se lo tieni tu.
-Ma
io ho già il mio
-Perfavore
Il
francese fece tanto d' occhi:- Ti senti bene, Angleterre?
-Certo,
idiot! Il fatto è che sono venuti i miei fratelli,
dannati ficcanaso... e hanno scoperto che mi sono sposato. Non posso
mica dirgli che sto con un uomo! O che mi sono sposato per sbaglio! Sai
che prese per il culo da qui ai prossimi cent' anni!
Francis
sorrise dispiaciuto accarezzando la mano dell' inglese con la propria:-
Ho capito, mon Angleterre.
-E
non chiamarmi...
-Oui,
oui. Cosa pensi di fare?
-Io...
non lo so- ammise l' altro
-Facciamo
così. Adesso terminiamo di mangiare così ci
addolciamo la giornata, i dolci tirano sempre su il morale va bene? E
poi penseremo ad una soluzione. Vedrai che ci tiriamo d' impiccio-
Francis gli fece un sorriso rassicurante.
Nonostante
la rabbia, la tristezza e più in generale l' umore
sotto le scarpe, Arthur non potè che ricambiare fermandosi
ad
osservare più attentamente i lineamenti del suo
interlocutore.
In quel momento niente gli sembrava poi così tragico o
impossibile e al contrario ogni cosa sembrava potersi risolvere da
sè.
-Eppure-
pensò ad alta voce manifestando un dubbio- è una
cosa che non ti riguarderebbe. Potresti lasciami nella merda volendo.
Il
francese rise:- Che modo volgare di parlare, mon cher. Sei proprio un
teppistello. Ascolta: Uno, Francis Bonnefoy non lascia mai un amico in
difficoltà. Due: ti ho sposato, mon cher, ho fatto un
giuramento
solenne. Nella buona e nella cattiva sorte- decantò
teatrale- la
mia vita è legata indissolubilmente alla tua, quindi se
permetti
questo è anche un mio problema. E per finire tre...
Il
campanello suonò proprio in quel momento. Francis si diresse
alla porta un po' crucciato, Arthur si afflosciò sulla sedia
toccandosi il petto. Gli stava scoppiando.
-Tre...
cosa?- gemette esasperato.
L'
inglese si affacciò all' ingresso. Non appena vide i suoi
fratelli parlare con Francis si nascose nuovamente in cucina
spiaccicandosi letteralmente contro il muro. Voleva scappare. Come
erano arrivati fino a lì?!
-Ti
abbiamo seguito, idiota!- affermò Ian rispondendo
involontariamente alla sua domanda- esci fuori, ti ho visto!
-Che
bambino, si nasconde- affermò Eric fissando con aria apatica
una foto sul mobile all' ingresso.
-Non
mi stavo nascondendo!- berciò Arthur arrivando a passo di
marcia- quando ci siete voi in giro la privaci va a farsi fottere.
-Alla
faccia del gentleman...- fece Eric
-Suvvia-
intervenne Francis con fare bonario- Arthur è un po'
stressato. Le feste per le forze dell' ordine sono sempre un periodo
più pieno di lavoro. La gente sembra impazzire delle volte.
Ian
ignorando il francese oltrepassò i due andandosi a sedere su
una poltrona. Francis ricordava vagamente i due fratelli maggiori di
Arthur, all' epoca li aveva visti qualche volta fuori dalla scuola e
aveva pensato che quel ragazzo fosse un gran figo. Però non
vedeva la ragazza, doveva esserci anche una sorella da qualche parte.
-Arthur-
iniziò Ian- sono incazzato nero. Ti sposi e non ci dici
niente. Dovresti vergognarti.
Il
biondo si chiese quando mai gliene fosse fregato qualcosa della sua
vita.
-Voglio
assolutamente vedere la pazza che ha avuto il coraggio di mettersi con
te!- affermò risoluto.
A
ecco, ora si spiegava tutto.
-Deve
essere una cozza- continuò il rosso con quell' aria di
superiorità che lo caratterizzava- altrimenti non mi spiego
cosa ci abbia potuto trovare in uno come te.
-Ian,
non essere ingiusto- affermò Jack- deve essere di sicuro una
persona speciale se Arthur l' ha scelta.
-Oh
sì- confermò Francis- è molto
speciale. Lo è assolutamente. E' una creatura meravigliosa.
-Non...
non esagerare frog- gemette l' inglese. Il vinofilo non perdeva mai l'
occasione di tessere più o meno implicitamente le sue lodi
ma forse si era scordato che non aveva uno straccio di moglie da
presentare ai suoi fratelli. Ora quelli probabilmente si aspettavano
una creatura degna di una favola.
-E
allora?- chiese Jack- dov' è la tua mogliettina?
-Ragazzi-
Arthur si girò verso la voce femminile che proveniva dal
corridoio e vide una figurina arrivare a passi svelti verso di loro-
fate silenzio, ok?- chiese gentilmente- Tonio e Gil dormono ancora.
-Eccola!-
gridò Francis allungando le braccia verso la nuova arrivata
e guardandola con occhi spiritati- ecco la moglie!
-Francis
ma che stai dicendo?
-Vero
che sei la moglie di Arthur?- domandò il francese a denti
stretti indicando il diretto interessato.
La
ragazza aggrottò le sopracciglia confusa, guardò
prima Francis, poi quell' Arthur dall' aria disperata, infine i tre
ragazzi. Cercò con tutta se stessa di capire la situazione.
Il rosso sembrava un predatore pronto a divorarli tutti, poi c' erano i
gemelli, uno tutto sorridente e l' altro in disinteressata attesa.
-S...sì-
capitolò alla fine- sono la moglie di... Arturo.
Ian
scoppiò a ridere:- Arturo?
Jack
corse ad abbracciarla:- Che bello! E' un piacere conoscerti, noi siamo
i tuoi cognati. E' un peccato che Grace non sia qui! Sai, è
appena scappata con una brasiliana.
Arthur
spalancò gli occhi. Sua sorella delle volte era proprio
avventata.
Eric
sbuffò chiedendosi come avesse fatto Arthur a sposarsi con
una bella ragazza come quella.
Arthur
poi guardò Francis e la ragazza riconoscente notando con un
certo dispiacere che il francese si era tolto la fede dal dito. Lo
aveva fatto per lui, ne era sicuro perchè quella mattina l'
aveva vista.
-Cos'
è questo casino?- domandò Gilbert seguito da
Antonio- avete disturbato il mio magnifico sonno- Toh-
continuò l' albino guardando Francis e Arthur- c'
è il marit-
Il
biondo aveva avuto la prontezza di riflessi di tappargli la bocca e
trascinarsi entrambi gli amici in cucina:- Vi offrò
qualcosa- disse sorridente rivolgendosi agli ospiti.
CIAO
a tutti, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Credo che sia il
primo che vede come diretto protagonista un personaggio esterno al
trio. Ho inserito anche i fratelli Kirkland ad eccezione del Galles
come vedete. L' idea mi è venuta vedendo l' immagine che ho
messo a inizio capitolo, mi ha fatto venire in mente anche i caratteri
dei personaggi anche se spero di rendere Scozia secondo l' idea che c'
è di lui nel fandom. Personalmente lo adoro.
Secondo
il mio punto di vista il ragazzo che sorride tutto allegro nell'
immagine è Irlanda del Nord, il nome che ho scelto per lui
è Jack.
Il
gemello è ovviamente l' Irlanda. Il nome
è Eric.
Specifico
che i nomi in effetti non credo siano irlandesi, li ho scelti ad
istinto in realtà, mi piacevano e li ho trovati adatti.
La
ragazza vi dico subito che è fem!Spain perchè
sì, amo Antonio in tutte le salse. Tranne quando gli fanno
fare la parte di scemo del villaggio in certe fic.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** 13. Aria di famiglia ***
c nuovo btt
Aria di famiglia
La
situazione sembrava sempre più disperata. Era come se una
nuvola enorme di sfiga si fosse concentrata sulla loro casa. Francis in
cucina aveva sibilato ai due amici di stare al gioco: Carmen e Arthur
erano sposati. Punto.
Poi
gli avrebbe spiegato tutto con calma.
L'
ora successiva fu terrificante.
I
fratelli Kirkland sembravano non volersene più andare. Jack,
il più giulivo tra tutti, stava riempiendo i due sposi di
domande.
In
un primo momento Carmen e Arthur si guardarono incerti rispondendo
con brevi monosillabi, poi il carattere vivace e spigliato della
spagnola aveva preso il sopravvento finendo per monopolizzare la
conversazione insieme al maggiore dei gemelli.
-Ma
è da molto che siete sposati?- domandò Jack
-No,
ma che. Nemmeno... uhm un mese- buttò lì la
ragazza
Jack
guardò prima la cognata e poi il gemello con aria
sognante:- Ah, come avrei voluto esserci. Non è vero Eric?
Non
sarebbe stato bello esserci?
Il
ragazzo dal canto suo fece un mezzo cenno, poco convinto tra l'
altro, col capo, voltandosi poi ad osservare con interesse la
televisione spenta.
-Ma
raccontami tutto. Cioè, come vi siete conosciuti? Artie non
mi ha mai parlato di te. Eppure ci sentiamo per telefono. Lo chiamo una
volta a settimana minimo. Vero Artie che ti chiamo?
-Uhm...
sì.
Jack
era una suocera.
Antonio
ridacchiò sotto i baffi per poi rigirarsi tra le mani il
cellulare. Stupido Chris, era sparito all' improvviso e non si era
nemmeno degnato di chiamarlo. Dove diavolo era finito? Era esasperante.
Gilbert
tracannava impunemente caffè e mangiava come un
animale:- Non vi dispiace vero? Non ho ancora mangiato. Il Magnifico
deve tenersi in forma.- aveva domandato fregandosene delle occhiate
ammonitrici di Francis.
-Eh,
se no poi deperisce!- aveva detto Antonio ridendo. Lo spagnolo
aveva sorseggiato il caffè limitandosi a un pezzo di dolce.
Il
pranzo non era lontano.
-A
cosa ti riferisci?- aveva sbottato il tedesco- non certo ai miei cinque
metri!
Antonio
se possibile rise ancora di più. Ian li guardava
scettico, sollevò un sopracciglio in segno di
disapprovazione. Ma quanto
erano stupidi?
-Figurati-
fece l' iberico
Persino
Jack si era fermato dalle sue ciarle per osservarli incuriosito
come fossero animali strani e interessanti. Davvero divertenti quei
ragazzi. Scommetteva proprio che lì non ci si annoiava.
-E
allora?- incalzò poi rivolto a Carmen e ad Arthur
-Artu....Arthur
è un tipo... riservato. Molto- iniziò la
spagnola- penso che non volesse deludere la sua famiglia. So che ci
tiene molto a voi.
Jack
fece un sorriso mesto:- E' bello sentire queste cose.
Carmen
incrociò involontariamente lo sguardo di Ian. La stava
letteralmente fulminando:- Oh sì- iniziò il
maggiore dei
Kirkland- ci tiene immensamente. Mi complimento, conosci tuo marito
molto bene. E dì, perchè non voleva deludere i
parenti?
Sei mica una sgualdrina?
Carmen
spalancò gli occhi verdi. L' aria si era fatta sempre
più tesa. Vide Antonio alzarsi, pronto probabilmente a fare
qualche sciocchezza. La spagnola trattenne il cugino per l' orlo della
maglietta.
-Dejarme*-
le sibilò a denti stretti.
-Siediti
Carriedo- la voce di Arthur tuonò inaspettata- Ian, non
permetterti di usare certi termini con Carmen. Tu non la conosci.
Se sei venuto qui per per insultare puoi anche alzare i tacchi e
tornartene in Scozia.
-Era
solo una domanda innocente- puntalizzò l' altro- dettata da
semplice curiosità. Del resto mi pare ovvio. O tua moglie
è una sgualdrina, una criminale o peggio un trans o non vedo
il
motivo di tanta apprensione nel non farne parola ad anima viva. Mi sono
domandato lecitamente quale scabroso segreto nascondesse.
-Nessun
segreto- chiarì il biondo- per il resto, sai
perfettamente che i nostri rapporti sono tesi. Qualunque cosa io faccia
tu trovi sempre di che dire. Perciò sono stato zitto e mi
sono
sposato. Punto. Non volevo rovinare il giorno del mio matrimonio con le
solite dispute familiari.
Ian
gli riservò uno sguardo indecifrabile, poi ironicamente
disse:-Molto nobile da parte tua, Arthur. E dire che ti facevo un
codardo.
-Ragazzi,
perfavore- gemette Jack
-Non
ti preoccupare, ho finito- gli disse Ian, poi sorridendo ferino
continuò- da ora in poi me ne starò zitto e
tranquillo ad
ascoltare-
Nella
stanza era calato il silenzio. Sembrava che Ian volesse banchettare
usando come portate del pasto tutti i presenti.
Antonio
guardava lo scozzese con astio, Gilbert aveva smesso di
mangiare all' improvviso per poi ricominciare lentamente, con gesti
quasi studiati. A interrompere il silenzio fu una parola di Francis che
diede di nuovo via libera alla parlantina di Jack.
Alla
fine della mattinata gli inquilini dell' appartamento numero tre
erano esausti. Si riversarono tutti in cucina, Arthur compreso, per
cercare di preparare il pranzo.
Tutti
avevano i nervi a fior di pelle. Ian Kirkland era un uomo
destabilizzante, di questo ne erano certi tutti quanti.
Arthur
si accasciò sulla sedia:- Mi dispiace- affermò
mogio.
-Non
preoccuparti mon cher- Francis fece una risatina forzata- a noi piace
il brivido dell' avventura, non mes amis?
Antonio
annuì con un mezzo sorriso seppur riluttante. Nonostante
gli attriti con suo padre, la famiglia era sacra e il fatto che quel
deficiente avesse offeso sua cugina non gli andava per niente
giù.
Gilbert
assunse l' aria più spavalda che aveva:- Noi tre non ci
facciamo intimidire da niente. Kesesese. Ti assicuro che abbiamo avuto
a che fare con ossi ben più duri di tuo fratello. Lo
staneremo e
aggiungeremo un' altra magnifica esperienza al nostro curriculum di
cattivi ragazzi di tutto rispetto.
Arthur
annuì:- Grazie- poi si rivolse a Carmen- ti ringrazio
infinitamente. E... mi dispiace di averti messa in mezzo. Nemmeno ti
conosco. Mi scuso per le parole di quell' idiota di Ian.
La
spagnola fece un sorriso ampio:- De nada, Arturo. Se posso rendermi
utile sono contenta. Per quanto riguarda tuo fratello... bien**, di
sicuro è un bastardo con la B maiuscola ma non mi scompongo
più di tanto. E poi sono sicura che non sei tanto male come
marito- scherzò allegra scatenando l' ilarità
generale.
Arthur dal canto suo era diventato rosso come un peperone esibendosi in
una sequela
di borbottii sconnessi
Antonio
non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi Carmen davanti alla
porta di casa. La ragazza era arrivata alla fine della festa del giorno
prima. Carmen lo aveva chiamato sul cellulare pregandolo di scendere
all' entrata. La sorpresa era stata davvero grande.
-Sono
stata parecchio indecisa sull' entrare o meno- aveva spiegato
dispiaciuta di fronte allo stupore del cugino.
Carmen
e Antonio avevano un ottimo rapporto, la mora era più
grande di un paio di anni ed erano cresciuti praticamente insieme,
quasi in simbiosi, alla
stragua di fratello e sorella. I loro padri erano fratelli e ogni
domenica era abitudine pranzare insieme così come quella di
trascorrere le estati nella casa di villegiatura al mare.
Carmen
aveva accettato l' omosessualità del ragazzo di buon
grado, non gli aveva voltato le spalle e probabilmente era la persona
in famiglia che era stata più vicina ad Antonio all' epoca
della rottura con i genitori.
-Saliamo
a casa- aveva detto il moro prendendo le valigie.
Si
erano
chiusi nella stanza di Antonio attraversando l' appartamento ormai
silenzioso.
La
spagnola aveva avuto modo di salutare Francis in procinto
di andare a letto, Gilbert non era in casa. Si erano già
visti in passato. Carmen durante le precedenti visite aveva
già avuto modo di conoscere i due ragazzi. A dire il vero
era come se li conoscesse ancor prima del loro primo incontro, era
impossibile del resto visto che Antonio le raccontava ogni singola cosa
della sua vita, descrivendogli minuziosamente le sue giornate come se
di fronte a lui avesse una specie di diario umano. Per questo motivo
sapeva anche della cotta di Francis per un inglese che a detta di tutti
era scorbutico e pieno di sè e del fatto che questi non
aveva un buon rapporto con la propria famiglia. Ovviamente non
conosceva tutti i dettagli, c' erano cose che per ovvi motivi il cugino
non le raccontava.
Antonio
si sedette sul letto e la abbracciò forte respirando l'
odore dei suoi capelli:- E allora? Mi volevi fare una sorpresa per le
feste o devo aspettarmi il peggio?
Carmen
si spostò per guardarlo:- Non proprio il peggio- disse
abbozzando un sorriso- però... ti spiacerebbe ospitarmi per
un
po'? Giusto il tempo di trovarmi un' altra sistemazione.
Antonio
strabuzzò gli occhi e Carmen iniziò a spiegare
cosa era successo di tanto grave da spingerla a lasciare la terra d'
origine.
-Come
sai ero riuscita a diventare l' assistente del professor Soler Diaz. E'
un uomo molto interessante... e... e bello...
-Oddio
non dirmi...
Carmen
annuì:- Ho avuto una relazione con lui. Una volta ci
hanno visti e sai com' è... le voci girano in fretta. Lui
è sposato. Poteva venirne fuori uno scandalo. Anche per la
nostra famiglia quindi qualcuno doveva andarsene. Indovina chi
è
stato quel qualcuno? Credo che in qualche modo abbiano messo a tacere
tutta la faccenda ma io di sicuro non posso ritornare a Madrid quindi
ho pensato di venire qua. Stavo soffocando. Non hai idea della reazione
di mio padre. Credo di avere deluso tutti quanti.
Carmen
iniziò a piangere come una bambina:- Dannazione, e dire che
le cose sembravano essersi messe per il verso giusto. La casa editrice
con cui ero riuscita ad entrare in contatto ha persino sospeso la
pubblicazione delle favole che avevo scritto. E il libro... anche il
libro, non lo vogliono più- Antonio la
abbracciò stretta, le sussurrò un fiume lento di
parole
che la che cullarono come una ninna nanna.
-Sono
sicuro che tutto si sistemerà. Noi Carriedo siamo testardi,
no? Sei brava Carmencita quindi cerca di avere più fiducia.
Mi hai sempre detto che a tutto c' è rimedio.
Carmen
tirò su col naso:- Tranne che alla morte. Lo diceva sempre
nonna Catalina.
-Che
perle di saggezza, eh?- Antonio sorrise.
La
mattina dopo Carmen si era svagliata prima di Antonio. Si sentiva
più tranquilla, più fiduciosa nelle sue
possibilità. Era una persona fondamentalmente ottimista
quindi
crogiolarsi nel passato e pensare in negativo non erano cose che
potevano appartenerle. Le sarebbe bastato allontanarsi da tutto per un
poco di tempo e l' affetto di Antonio per rimettersi in piedi.
Di
certo non si sarebbe aspettata di essere coinvolta in una recita
bizzarra quanto improvvisata.
Durante
quel pranzo in particolare si preparò tutto nei minimi
dettagli.
Francis
aveva cucinato, quindi Gilbert e Antonio stavano lavando i
piatti. Il francese in certe cose era piuttosto puntiglioso. Di tanto
in tanto buttava un' occhiata al foglio scritto fitto fitto che aveva
davanti.
-Il
gelato preferito di Carmen?
-Cioccolato-
sibilò Arthur
-Il
numero di piede?
-Trentanove,
idiot.
-Come
vi siete conosciuti?
-Uhm...
al parco.
-Sbagliato!-
urlò Francis- vi ha presentati Antonio al locale di
Sadiq. Carmen- disse poi rivolgendosi alla ragazza- il piatto preferito
del bruco?
-Scones!-
affermò la ragazza entusiasta.
-Brava!
Vero che ha dei gusti barbari? Vero?
-Questa
era facile- borbottò Arthur- e non ho dei gusti barbari!
-Va
bene. Allora le chiederò qualcosa di più
difficile.
La parte del corpo di cui Arthur va più fiero...- disse
malizioso
-Le
sopracciglia ovviamente- rispose Carmen fissando dette sopracciglia
e chiedendosi interiormente cosa diavolo ci fosse da andar fieri.
-Angleterre,
veniamo di nuovo a te. Dimmi il giorno del vostro matrimonio
-Cos..?
Ma... ma questa....ahaha...è... è facile- Arthur
rise in maniera quasi isterica.
Non
se lo ricordava.
Gilbert
e Antonio se la stavano ridendo sotto i baffi. Sarebbe stata una cosa
parecchio lunga.
Nel
pomeriggio gli inquilini dell' appartamento numero tre stavano
riordinando.
-Che
casino- sbuffò Gilbert dopo aver riempito il secondo sacco
di rifiuti nero
-E'
stata una festa movimentata- concluse Antonio raccogliendo un altro
paio di bicchieri e telefonando per l' ennesima volta a Chris.
Finalmente
il cellulare squillava, poi dall' altro capo del telefono l' iberico
sentì la voce cupa dell' altro.
-Finalmente!-
esordì- ma che fine hai fatto?
-Scusa
-Sei
sparito all' improvviso e nemmeno ti sei fatto sentire.
-Ti
ho chiesto scusa. Mi sono sentito poco bene e sono andato via. Mi sono
svegliato poco fa.
-Ma
che hai avuto? Stai bene ora?
-Una
piccola intossicazione, credo. Comunque sto meglio.
-Magari
dopo vengo.
-No.
Quando sto male non voglio nessuno tra i piedi. E poi ho del lavoro da
fare.
-Ah-
dire che Antonio ci era rimasto male era un eufemismo. Lo spagnolo
assottigliò lo sguardo, la sua voce si era fatta dura all'
improvviso- mi nascondi qualcosa?
Dall'
altro capo del telefono sentì un lungo sospiro di
Christoffel:- Non dire puttanate. No, non ti nascondo niente e non
iniziare a rompere le scatole. Non mi piace la gente che mi sta col
fiato sul collo per ogni cazzata. E comunque non mi pare di averti dato
l' esclusiva. Non sei tu quello che si fa scopare da mattina a sera da
chi capita?
Antonio
rimae in silenzio, poi con voce piatta disse:- Giusto. Niente
esclusiva. Anzi, visto che stai male e ho voglia di scopare mi
troverò qualcuno. Ci sentiamo, Chris.
Antonio
richiuse il cellulare e lo gettò malamente in un angolo.
Chris era uno stronzo. Ma che credeva? Che si divertiva a fare la
puttana?
E
comunque non lo faceva più, non come prima almeno.
La
festa era stata estremamente movimentata. Era stata qualcosa di epico.
Grandiosa
e disastrosa allo stesso tempo.
Arthur
non sapeva bene quante volte aveva rischiato si svenire di
fronte all' alito puzzolente di zia Adeline che come se non bastasse
parlava senza sosta delle cose più assurde. E sempre, sempre
degli stessi argomenti.
Per
il resto la famiglia di Francis, imbarazzo a parte, era gentile e
cordiale.
La
madre del francese era una bella donna, alta e magra, estremamente
fine e ciarliera in modo elegante. Suo padre non poteva dirsi da meno.
La cosa che colpiva di più era quanto quei due andassero d'
accordo, quanto, dopo tanti anni di matrimonio si amassero ancora.
Dovette ammettere di invidiare un po' il francese. Si vedeva che la sua
famiglia era molto unita.
-E
quindi Arthur ti stavo dicendo che mia suocera è una serpe.
Arthur... Arthur... mi ascolti?
-Yes,
Adeline, sono tutto orecchi- rispose il britannico cercando di
trattenere il respiro.
Gilbert
buttò di lato il sacco nero e andò ad aprire la
porta ritrovandosi di fronte il russo.
Non
immaginava che sarebbe venuto dopo tutto quello che era successo. O
forse sì. Sì, in effetti era tipico di Ivan.
Quando mai si arrendeva? Soprattutto se le cose iniziavano a girare in
suo favore, nonostante i dovuti guai connessi.
La
serata si era trasformata nel giro di niente in una rissa collettiva.
Non
appena Natalia aveva aperto la porta dello sgabuzzino, dopo qualche
attimo di pura immobilità, l' albino era sgusciato fuori
urtando involontariamente la sorella di Ivan.
Natalia
poi era caduta addosso a Vash il quale a sua volta era finito
addosso a Roderich facendogli versare addosso la bibita che stava
bevendo. Che tra lo svizzero e il pianista austriaco non corresse buon
sangue era cosa risaputa.
-Lo
hai fatto a posta!- aveva iniziato Roderich
-Non
è vero. Sono caduto. E anche se fosse cosa avresti
intenzione di fare?
-Non
rivolgerti così al signor Edelstein- intervenne Elizaveta
Vash
era scoppiato in una sonora risata:- Ti fai difendere dalle donne, ora?
-E
se anche fosse?- aveva ringhiato la cameriera.
-Fratellone
non litigare, ti prego- era intervenuta una giovane Lily
Per
qualche motivo, per qualche parola di troppo, erano iniziate a
volare prima le padelle, poi i bicchieri e il cibo, infine ogni oggetto
presente nella stanza.
-Fratellone-
aveva sibilato Natalia- ti ho chiesto cosa stavi facendo.
Ivan
non aveva trovato niente di meglio che scappare dietro a Gilbert.
Avevano
corso parecchio incuranti dell' aria gelida della notte. Si
erano fermati solo dopo un pezzo, al centro di una piazza illuminata di
una Stoccolma completamente deserta.
-Non
possiamo tornare in quella bolgia infernale- aveva detto Gilbert col
fiatone.
-Sono
d' accordo.
Si
sedettero su una panchina e si guardarono intorno, ognuno perso nei
propri pensieri. Le strade quella notte erano proprio deserte, le
finestre delle case tutte illuminate. Alcune espandevano nell' aria
chiacchiere e profumi.
-Sai-
iniziò Ivan sorridendo al vuoto- sono proprio contento.
Gilbert
si girò a guardarlo in attesa che continuasse il suo
discorso e chiedendosi dove volesse andare a parare.
-Credo
che questo sia uno dei Natali più belli della mia vita-
il russo lo fissò a sua volta regalandogli un ampio sorriso.
Gilbert rimase a guardarlo. Si sentiva contento, era felice che Ivan
fosse felice.- è il Natale più bello
perchè sento
di avere ... degli amici, diciamo. Sono contento che mi abbiate
invitato alla vostra festa. C' era aria di famiglia là
dentro.
Sorrisi, abbracci, amicizia e tanto affetto. C' era gente che aveva
voglia di stare assieme. Non è bellissimo?
Gilbert
annuì. Sì era bellissimo e sarebbe stato perfetto
se tra tutta quella gente ci fosse stato anche Ludwig.
Ma
nonostante tutto andava bene così. Il discorso di Ivan lo
aveva illuminato. Si sentiva grato per tutto ciò che aveva
perchè se nella sua vita non fossero entrati Francis e
Antonio
probabilmente sarebbe stato una persona incredibilmente sola. Magnifica
ma sola.
Quei
due pazzi erano la sua famiglia e intorno a quella famiglia
ruotava un mondo intero, talmente tante persone da riempire un piccolo
appartamento al centro di Stoccolma.
C'
erano legami, c' era affetto. Ivan aveva ragione.
E
sì, era bellissimo.
-Da
come parli- disse Gilbert- sembra quasi che tu non ce l' abbia una
famiglia. Invece anche se ti lamenti tanto si vede che vuoi bene alle
tue sorelle.
Il
russo lo guardò stupito:- Voglio un bene immenso alle mie
sorelle- rise- sono due piantagrane e mi danno un sacco di pensieri ma
le adoro. Non riesco a immaginare una vita senza loro due. La
riempiono, le danno calore. Yekaterina è una piagnucolona ma
si
impegna molto in tutto quello che fa. Si è buttata in un
sacco
di lavori non appena ha potuto mettere piedi fuori da casa per non
dover dipendere dalla nostra famiglia. E poi è dolce e
attenta.
Si può dire che ha fatto da madre sia a me che a Natalia.
Sono
contento che abbia trovato un bravo ragazzo. Credo che quel canadese la
renderà felice.- Ivan era entusiasta, poi si fece un attimo
pensieroso prima di continuare-Natalia come vedi è una
ragazza
molto bella- sospirò- potrebbe avere tutti i ragazzi che
vuole.
E' molto testarda però la ammiro perchè
è una
donna forte. Non si fa mai abbattere. Cade e si rialza più
fiera
che mai.
Gilbert
era convinto che il legame fra i tre fratelli era molto forte
anche se ad un occhio esterno poteva sembrare il contrario.
-Però
non capisco- intervenne il tedesco- perchè insiste a
volerti sposare a tutti i costi. Non è...- gli venne un
groppo
in gola- naturale- concluse.
-Mh...
non lo so. Vengo da una famiglia piuttosto ricca però mio
padre ha
insistito per impartirci un' educazione piuttosto spartana. I nostri
genitori sono persone un po'... è brutto da dire, ma sono un
po'
ottusi. Sono severi e non amano molto la mondanità. Vivevamo
in
una villa enorme e fredda nel bel mezzo della neve. Non c' era niente,
solo una distesa sterminata di neve. Il paese più vicino era
a otto chilometri. Non lontano come vedi ma per dei ragazzini che non
hanno moto o automobili è una distanza enorme. Uscivamo da
casa
solo per andare a scuola. Quando andavamo a Mosca per comprare vestiti
e scarpe era una festa perchè finalmente potevamo vedere
gente.
Anche andare a scuola era bello ma farsi degli amici sembrava un'
impresa titanica. Tutti ci stavano alla larga, la gente ci trattava con
un miscuglio di timore e rispetto. Dio solo sa che assurde voci
girassero sulla mia famiglia. Eravamo sempre noi tre con la mamma e il
papà e qualche sparuta cameriera. Il mondo sembrava una
realtà meravigliosa e lontana anni luci. Proibita.
Intoccabile.
Le feste erano tristi. Te l' ho già detto, i miei sono molto
severi, nei nostri confronti non hanno mai avuto grossi gesti d'
affetto, però si sono sempre aspettati grandi cose. L'
abbraccio
che non veniva da nostra madre ce lo dava puntualmente Yekaterina-
sorrise- una volta Natalia ha urtato un vaso. Mia madre si è
arrabbiata un sacco perchè era molto costoso e se qualcuno
aveva
rotto quel vaso secondo lei significava che non aveva il senso del
denaro e non che magari non lo avesse fatto a posta. Mi sono preso io
la colpa. Mi ha dato tante di quelle sculacciate che per giorni ogni
volta che mi
sedevo mi faceva male il sedere. Non so perchè Natalia si
sia
fissata con me. Forse perchè siamo vissuti da soli, forse
perchè cercavo sempre di proteggere le mie sorelle. Magari
mi ha
visto come una specie di principe azzurro- ridacchiò-
però come vedi non è stato molto semplice. L'
università è stata una liberazione. Solo in quel
momento,
solo in quel momento ci è stato permesso di abbandonare la
villa
uno dopo l' altro.
-Come
sei arrivato a Stoccolma?
-Con
l' aereo!
-Dico
sul serio, idiota!
-Bè,
diciamo che è come se la pesante tutela dei miei si
sia allentata all' improvviso con la maggiore età. Come se
ci
avessero insegnato quello che dovevano e ora spettasse a noi
comportarci "moralmente". Ad ognuno di noi è stata data una
cifra
e ci è stato fatto un discorso, mio padre ci ha detto "fate
fruttare questi soldi. Quando morirò non dividerò
equamente il mio patrimonio tra di voi. Tutto andrà al
migliore.
In questi anni vi abbiamo insegnato la disciplina, la morigeratezza e
le qualità morali che dovrebbero essere di ogni uomo. Ora
siete
liberi. Il mondo è la vostra prova finale, comportatevi
rettamente e non deludeteci."
Gilbert
fece una smorfia:- I tuoi sembrano di un altro secolo.
-Già.
Comunque Yekaterina ha finito tutti i suoi soldi per
fondare un paio di associazioni benefiche mentre Natalia credo che li
abbia semplicemente conservati, non so. Io invece ho fatto un paio di
investimenti in Europa.- Ivan si spostò accanto all' albino
e
gli prese la mano.
-Che
diavolo stai facendo?!
-Fa
freddo. E poi poco fa ho fatto ben altro e di certo non ti sei
lamentato.
-Mpf.
E va bene ti concedo l' onore di riscaldarti tenedo una delle mie
perfettissime mani.
-Sono
contento di averti incontrato, Gil. Tu mi ricordi la Russia.
-Ma
non avevi detto che odiavi casa tua?
-E'
impossibile. Forse ti ho fatto intendere il contrario ma io amo la
mia terra, vorrei solo che fosse un po' più calda. Sei mai
stato
a Mosca? E' bellissima. E poi non ci sono solo ricordi brutti. Giocare
a palle di neve è fantastico. E con Natalia e Yekaterina
facevamo sempre le gare per il pupazzo più bello rubando le
carote dalla cucina.
Gilbert
fece un mezzo ghigno:- Sei ancora un moccioso.
-Non
dire queste cose- piagnucolò Ivan
-Ah,
è perchè ti ricorderei das Russland***?
-Perchè
sei tuuutto bianco.
-Di
solito la gente mi evita per questo fatto.
-E'
perchè?
-Sono
bianco come un fantasma e ho gli occhi rossi, stupido. Sai le
prese per il culo quando ero un marmocchio? Oppure le maestre che
pensavano che fossi una specie di malatto. Oddio, di questo magari me
ne approfittavo anche ma per il resto non è che sia stato
troppo
piacevole.
-Secondo
me invece sei bellissimo. Sei di un bello che è unico.
Che è straordinario. Sei etereo. La prima volta che ti ho
visto
ho pensato che fossi intoccabile, che non fossi di questo mondo. Mi
sono chiesto che creatura magica fossi. Dio, angelo o demone? Per
quanto ne so potresti essere tutte e tre le cose. Ma sei affascinante,
nel senso che incanti la gente, che è impossibile non
guardarti.
Come se facessi un qualche incantesimo, ecco.
Gilbert
rimase di sasso, poi sghignazzò:- Lo sai? Anche io la
penso così. So di essere straordinario ma la gente non lo
capisce. Io le so queste cose ma... è anche bello sentirsele
dire.
Era
vero, Gilbert sapeva di essere bello, di essere se non unico per lo
meno raro ma la gente non lo capiva affatto. Era raro che qualcuno lo
accettasse, pochi quelli che lo facessero in maniera sincera. Per
questo si imponeva con la sua personalità straripante,
chiacchierona, egocentrica e un po' prepotente. Così facendo
la
gente si scordava del suo aspetto fisico e si concentrava sul suo
carattere, a volte ridendoci su e trovandolo simpatico, altre
detestandolo. Ma almeno si dimenticavano del resto.
In
quel condominio per esempio ci stava bene e questo per il semplice
fatto che quel posto era un covo di gente bizzarra. Lo adorava.
In
quel momento Ivan lo aveva reso felice. Nonostante lo spiccato
egocentrismo non era mai arrivato a definirsi ultraterreno e di sicuro
non glielo aveva mai detto nessuno.
Non
l' aveva mai pensata in quei termini.
-E
poi- stava aggiungendo il russo- sembri anche un girasole
perchè straripi di vita. Il tuo modo di fare è
come un insieme
di colori forti, quasi accecanti. In un paese gelido come il mio
capisci bene che un girasole è qualcosa di meravigliosamente
vivo e colorato.
-Sì
sì, ma ora smettila con tutte questa smancerie. Lo so di
essere magnifico, kesesese.
Gilbert
non avrebbe mai pensato che poteva essere piacevole stare svegli fino
al mattino e vedere sorgere il sole, tiepido e piacevole, in una
città che sembrava essersi fermata a posta per farlo
chiacchierare tranquillamente con Ivan.
SECONDO
IL TRADUTTORE XD
*Lasciami
**
bene.
***
la Russia
CIAO
a tutti, vorrei solo dire che spero che NyoSpain venga bene e
non sembri una Mary Sue perchè sto cercando semplicemente di
declinare al femminile il carattere di Antonio sempre sperando che non
sia troppo OOC. Se poi il nostro spagnolo è bello, bravo e
gentile e strafigo io poco ci posso fare.
Ovviamente
a tempo debito verranno spiegate tante piccole cose.
Poi
prendete questa ff per quello che è, una storia fantasiosa
che non ha alcuna pretesa di aderire alla realtà, mi rendo
conto che certi fatti siano assurdi, ma questo penso si sia capito.
Infine,
se vi va, ho iniziato un' altra long, più seria, rispetto a
BTT, il titolo è "Only Hope"
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1117527
|