Autunno

di purplelight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** autunno ***
Capitolo 2: *** settembre ***
Capitolo 3: *** Giugno ***
Capitolo 4: *** Agosto ***
Capitolo 5: *** Sono solamente una storia senza di te ***



Capitolo 1
*** autunno ***


AUTUNNO


Parla piano e poi...........

non dire quel che hai detto gia'

le bugie non invecchiano......
su di noi.... il tempo ha gia' giocato ha gia' scherzato......ora non ci resta che....trovare la verità.


Si sentì vuoto.
La strada davanti a sè era opaca, i suoni ovattati e la testa gli faceva male.
Continuava a bere dal bicchiere. Una birra rossa.  E la testa gli girava.
Cadde a terra.
Cercò di tirarsi su a fatica. Dentro alla bocca aveva il sapore amaro dell' alcool. Gli impastava la bocca, appunto.
Si tirò su a fatica. Sentiva il sangue bollire dentro. Novità?
Sorrise.
Continuò barcollando fino a Long Houard Street.
Da lontano era un ombra, sottile e slanciata.

sulle tue labbra ....

un'altra solitudine specchiata.....

scordiamoci di attendere....

il volto per rimpiangere....


Quando arrivò a casa pose le chiavi sulla mensola nera, a sinistra, sospirò di nuovo, stanco e si mise a sedere sulla poltrona, prendendosi la testa tra le mani.
Era stanco.Parla ancora. Pensi
La barba non fatta e delle occhiaie nere sotto agli occhi, incavati nel viso scavato. Delle dita lunghe e sottili frugavano, nervose, tra i capelli castani e arruffati.
Deglutì quel sapore di marcio che aveva la sua bocca memore di una serata passata tra i bar.
Nulla avrebbe pensato tranne che ridursi in quello stato.
Il suo umano corpo pretendeva quelle liberazioni. Si sentiva scalciare da dentro tutta quella energia, che minacciava di stracciare e fare a brandelli quella debole carne che era
il suo corpo....così umano così troppo umano.Gli veniva da piangere, un malsano pensiero di strapparsi via la vita che soggiornava in quella sua mente e che colpiva, continuava a
 colpire inesorabilmente sulle mure della sua testa. Incessante, tremenda.
Gemettè.
Era stanco.
Si alzò e percorse il piccolo corridoio della sua casa. Il letto ancora disfatto dalla sera prima.
Da fuori correvano luci, blu, gialle, rosse. Le luci della strada battevano sul muro.
Si lasciò cadere sul letto. Chiuse gli occhi, arrossati dal pianto, dormì.

Parla ancora e poi.....

dimmi quel che non mi dirai,versami il veleno nel bicchiere....

il tempo ha gia' giocato ha gia' scherzato.....

ora non rimane che provar la verita'.......


Di mattina la luce del sole gli scaldava il viso.
Dischiuse gli occhi.
Di nuovo rivide quei mobili, quel muro, quei tappeti.
Chiuse gli occhi obbligandosi a non pensare a quella vita inutile, buttata, capitata così.
Si alzò.
I vestiti, uno smoking nero e una camicia bianca sbottonata fino al petto. Si guardò allo specchio. Era uno straccio.
Controllo i suoi occhi, nonostante tutto erano ancora lucidi sebbene fossero gonfi di alcool.
Non voleva pensare, Non voleva ricordare lei.
Fece una smorfia di dolore. Strinse i pugni.
Andò veloce in cucina. Aprì il frigorifero e prese una birra
Se la bevve quasi tutta d'un fiato.
Si mise a pensare per un breve istante alla inutilità di quella vita. Inutile. Si continuava a ripetere. Un inferno.
Rose non l'avrebbe permesso. Ma adesso. Lei non c'era.
Era andata via.
L'aveva abbandonato benchè lui l'avesse rassicurata che era ancora lui. Che era ancora il dottore.
Quella sera, l'aveva guardato con occhi lucidi, intrisi di lacrime.
L'aveva abbandonato. Si era girata, lasciandolo lì, solo in una strada, in un freddo pomeriggio d'autunno londinese.
Non l'aveva più rivista......da allora per lui aveva perso di senso qualunque cosa.

La verita' non si sa non si sa....

come riconoscerla cercarla nascosta....

nelle tasche i cassetti il telefono.....

che ti da' che mi da'
cercare dietro gli angoli.............

celare i pensieri, morire da soli....
in un'alchimia di desideri

sopra il volto tuo
pago il pegno di
rinunciare a me......

non sapendo dividere
dividermi con te
affidarsi a te non fidandomi di me.....

Sopra il volto tuo
pago il pegno di
rinunciare a noi,dividerti soltanto,nel volto del ricordo....


No, si era ripromesso di non pensarci più. Di soffocare quel sentimento ottuso che faceva da sfondo ad ogni fottutissima giornata. Aveva ricominciato ad uscire, a lavorare e a scopare.
Ma ancora, non lo abbandonava...era un cancro che non riusciva a sconfiggere. Giorno dopo giorno diventava più profondo, radicato.

Lucy era venuta a trovarlo.
Lui aveva stappato una bottiglia di buon bianco, un traminer turghau da bere.
E poi erano finiti a scopare sopra al tavolo.
Lei difianco sembrava appagata, candida nella penombra della sera. I capelli biondi sciovolavano lungo il corpo da vergine. Giovane. Giovanissima.
Aveva vent'anni.
E lui quasi 9010.
Sorrise. Fumandosi una sigaretta.
Ma non sorrise di felicità.
La lasciò andare dopo mezz'ora. Liberandosi di nuovo  di un peso.

La verita' non si sa non si sa..
come riconoscerla,cercarla nascosta......


Camminava nel centro di Londra.
Le foglie d'autunno gli cadevano leggere ai piedi. Ogni volta che ci passava sopra scricchiolavano.
Ancora quel sapore amaro in bocca. Tremendamente amaro.
La luce bluastra di un pomerigio di novembre.
E un vento gelido, soffiava sordo sui marmi dei gradini.

Quando ami qualcuno
meglio amarlo davvero e del tutto
o non prenderlo affatto
dove hai tenuto nascosto
finora chi sei?


E se io avessi potuto darti una rosa, in omaggio alla tua bellezza?in omaggio del tuo amore.
si chiese questo.
Gli piaceva vedere gli alberi morire.
Guardava, inclincando appena la testa, le fogie rosse cadere, volare lentamente nell'aria fino a posarsi, mute.
Sorrideva sempre.
Pensava, ah, sì, pensava di essere come quelle foglie per terra. Morte.

A volte nel suo appartamento restava immobile.
Fissava fuori dalla finestra.
Le luci, le vie, le strade, i palazzi, le persone che dentro a dei buchi nei muri discutevano, ridevevano, lavoravano. Ah. Gli piaceva guardare quelle cose.
Un leggero toccò.
Un leggero sorriso. Cambiava la situazione.
E lui restava muto a fissare quello. Il cambiamento.
Stringendo i denti. Pensando di passare quell'ora, teso, freddo, contratto, che gli sembrava infinita.
Non l'aveva mai capito. Un ora può veramente non finire mai.

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Capitolo 2
*** settembre ***


settembre marce Non dormo, ho gli occhi aperti per te.

Guardo fuori e guardo intorno.


-hello!-
Il dottore entrò dentro alla camera con un mazzo di fiori in mano.
Sorrideva. Raggiante.
Lei era seduta sul letto. Si mordeva in continuazione il labbro. Gli occhi saltavano da un punto all'altro della stanza. Irrequieti.
-Ciao Amore, sono passato dal fioraio e ti ho comprato questi!- esclamò mostrandole  le rose.
Rose accennò un sorriso alzandosi, gli circondò il collo con le braccia e lo baciò con dolcezza.
Strinse la sua giacca blu, forte, come se avesse paura che da un momento all'altro lui sparisse.
Lo stomaco le si chiudeva ancora a quel pensiero.
Si svegliava in continuazione durante le notti, madida, terrorizzata. Accorgendosi voltandosi che lui era difianco a lei, lo poteva toccare
poteva appoggiare il volto sul suo e sentirne la barba ispida, annusare il suo fresco profumo, sussurargli ti amo.
Ma restava, quell'incubo, non l'avrebbe mai abbandonata.
Ad un certo punto si era trovata ad avere un immensa paura d'amare.
Faceva fatica a lasciarsi andare.
Aveva sempre paura di perdere tutto, da un momento all'altro.

Quando arrivi, quando verrai per me

guarda l'angolo del cielo

dov'è scritto il tuo nome,


Lui la guardava, sorrideva incerto e le stringeva le mani, inseguendo con gli occhi lo sguardo sfuggente di Rose.
-No, amore....non me ne andrò mai, stai tranquilla- le baciava i capelli e la stringeva forte sul petto.
Lei sorrideva,con il naso, il viso che sprofodava nelle camicia di lui.
Quell' odore di gelsomino e di limone. Quel suo profumo fresco, dove lei riusciva ancora ad intuire la nota del colore blu.
Sarebbe stata lì, ad annusarlo tutta la vita. Ma purtroppo non poteva. Appena si staccava da quel corpo si sentiva persa, fragile
e ricominciava ad avere paura.


Fuori Settembre dipingeva il cielo di un malinconico colore viola.
Rose sorrideva.
Lui le versava il vino nel calice e scherzava, Raccontava buffe barzellette su improbabili personaggi un un possibile altro pianeta.
E rideva. Il suo un riso puro, dolce.
Rose gli passava la mano tra i capelli. Lo guardava negli occhi. Intensa.
-Proteggimi, ovunque...non abbandonarmi mai più....ti prego...potrei morirne- sussurrò.
Lui restava muto a fissarla, poi le prendeva la mano gliela baciava e se la posava sul suo cuore. -Mi spiace se non ci sono stato,
se ho sbagliato....se a volte non sono tornato...lo so- abbasava lo sguardo, divorato dalla vergogna- non...non sono stato come
avresti meritato- finiva, scusandosi.
Lei lo sapeva. Quello era il passato. Non esisteva più e dio....perfortuna, non avrebbe sopportato altri cambiamenti.
Lui poi le prendeva la mano e la portava ad indicare un punto nel cielo. In quel immenso cielo, infinto.
-Vedi, là., in quel punto ci siamo io e te...e ci saremo per sempre...le cose belle non muoino mai, mia Rose, nonostante tutto il male
che c'è stato, tutto il dolore. Le cose belle sono le uniche che rimangono...che sopravvivono anche se a volte si pensa l'opposto...
il tuo nome e il mio resteranno lì, per tutta l'eternità, scritti nel cielo-
Lei piangeva. Era bella come idea.
 
E se mi trovi stanco,

e se mi trovi spento,

sei meglio è già venuto

e non ho saputo

tenerlo dentro me.


Il dottore era dietro la porta.
Lei dall'altra parte.
Rannicchiata in un angolo. Si sentiva male. Di nuovo un attaco di panico.
Non ce la faceva più.
Non riusciva a dormire. Non riusciva a mangiare.
In quel momento non riusciva neanche a muoversi.
Era rimasta in quella posizione per quattro ore. Il dottore le parlava dall'altra parte del muro.
-Amore....- la voce del dottore era dolce, attenta.
-Sì....-
-Stai meglio? Rose...mi dispiace...-
-No, non è colpa tua...-
-Si che lo è invece....-
un minuto di silenzio.

-Sai... avrei dovuto accorgermene...povera... sono un egoista-
Rose strinse gli occhi. Non voleva vederlo a quel modo.
-No...hai avuto paura- rise ironica- adesso la paura ce l'ho io....-
Anche al dottre scappò un sorriso, triste.
Di nuovo il silenzio.

Ho sassi nelle scarpe

e polvere sul cuore,

freddo nel sole

e non bastan le parole.



Mi spiace se ho peccato,

mi spiace se ho sbagliato.

Se non ci sono stato,

se non sono tornato.


L'unica cosa che voleva era andarsene. Scappare.
Prese i suoi vestiti e li buttò dentro la sacca.
L'unica cosa era scappare.
Non riusciva più a sostenere il suo sguardo, di mattina, di giorno. Era diventato insopportabile.
Quell' angoscia.
Aveva sperato che qualcosa cambiasse. Che riuscisse finalmente e prendere coraggio e affrontare una vita, sognata, insieme.

Il vento era diventato freddo, gelido. Soffiava in quel pomeriggio buio, d'ottobre.
Camminava veloce. Come se non volesse essere vista.
I suoi tacchi risuonavano in tutta la strada. Vuota. Rimbombavano nel buio.

Lei stava scappando.Non poteva fare altro.
Gli occhi lucidi e un groppo alla gola.
Il dottore spuntò dall' angolo.
Scuro in volto. Un espressione sofferta copriva il viso.
Rose si sentì morire.
Non voleva. Non poteva affrontarlo in quel momento.

Il tempo per partire,

il tempo di restare,

il tempo di lasciare,

il tempo di abbracciare.


Lui le si piazzò davanti.
La prese forte, stringendo le mani sulle sue braccia. Un gesto disperato, per tenerla ancora con sè. Pe non lasciarla andare via.
Le faceva quasi male, sentiva la pressione aumentare. Dentro stava morendo. Un altra volta.
-Ti prego...no...- ringhiò, a denti stretti.
Lei non lo guardava. Fissava il cemento.
-Ti prego....- supplicò ancora lui.
Poi fece per stringerla tra le braccia ma lei si scostò violentemente. Spingendolo indietro.
Non disse niente.

Lo superò. Scostandolo.
Lui di scatto la prese e le tirò uno schiaffo sul volto.
- Non puoi!- urlò.
Poi, con occhi spalancati, terrorizzati si guardò la mano.
Lei non sembrò nè stupita ne arrabbiata del gesto. Aveva negli occhi solo una tristezza infinita.
Si guardarono qualche istante. Per comprendere.
Al dottore si gonfiarono gli occhi. Qualcosa dentro si stava spezzando. Facendogli quel male, che non aveva sentito da tanto, troppo
tempo.Quel male che lui aveva sempre cercato di accantonare.Dimenticare.
Rose si girò veloce e continuò a camminare lungo la strada, fino a sparire del tutto svoltando l'angolo.

Si coprì il volto con le mani tremanti.
Splancò la bocca, in un urlo muto. Non usciva nessun suono. Gli moriva in petto.
Le lacrime gli sgorgarono, rigandogli la faccia.
Cadde in ginocchio. Non riuscendo a urlare.

Oh lascia che io veda la tua bellezza
quando non ci sono più testimoni
fammi sentire come ti muovi all’uso di Babilonia
lentamente mostrami ciò di cui solo io conosco i confini
guidami danzando fino in fondo all’amore

conducimi danzando oltre il panico
fin dove starò al sicuro









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Capitolo 3
*** Giugno ***


Senza eta'
il vento soffia la
sua immagine
nel vetro
dietro il bar
gocce di pioggia
bufere d'amore
ogni cosa passa e lascia



La tazza di caffè si stava raffreddando.
Mescolò lentamente il cucchiaino dentro. Ci buttò due zollette di zucchero.
Dentro, nel cuore... sentiva il gelo.
Tremava.
Si lasciò cadere lentamente sul tavolo,poggiando la testa sul legno freddo.
Strinse in mano il ciondolo che le aveva regalato lui...dopo Bad Wolf Bay...
Faceva fatica a respirare. Le immagini si susseguivano nella mente, stracciando ogni possibile pensiero logico.
La vista le si annebbiò per un istante.
...non mangiava quasi niente ormai da giorni. Stava incominciando ad indebolirsi.
Ispirò profondamente.
Perchè era scappata?
Aveva paura?.....si...aveva una paura tremenda....
Paura di non potersi più fidare di lui, paura di perderlo...
Ogni volta che lui usciva il suo cuore batteva all'impazzata in preda al panico...restava in ansia per tutto il tempo...
Ormai era sempre così...si era ritrovata persa in un labirinto di emozioni e di paure...e  aveva perso l'orientamento. La vita per lei era come un vagare in una distesa immensa, buia...dove non riusciva più a riconoscere niente.
Sentiva la colpa pesarle come un macigno mese dopo mese . Per aver scelto di aspettare...di darsi tempo...strinse i denti....quel tempo che li aveva traditi così tante volte. Quel tempo che era stato come una giostra nel Tardis...questo perchè nel Tardis poteva essere compreso, addomesticato...fermato.
Adesso, si era allontanato, abbandonandoli entrambi nella sua natura precaria...nel suo continuo scorrere, inesorabile. Il tempo.
Si era imposta di stare meglio. Di riuscire a riadattarsi a quel modo di percepire le cose.
Strinse di nuovo la mano in un pugno. Stretto.
Dagli occhi gli scesero delle lacrime.
Cercò di soffocare quell' angoscia. Ma non ce la faceva.
Sentiva il gelo salire nel petto e ridurle in frantumi il cuore.
Si portò le mani al volto.
Era sola.
Una ragazza sola in un bar...fuori gli alberi radiosi, tinti di colore abbagliante verde le illuminavano il volto contratto dal pianto.
-Dimmi come posso...dimmi come posso fare? per raggiungerti adesso?- bisbigliò...i suoi occhi guardavano fuori. Gonfi di lacrime.



Canzoni e poesie
pugnali e parole
i tuoi ricordi
sono vecchi ormai
e i sogni di notte
che chiedono amore
cadono al mattino
senza te





Lui era seduto.
Le mani sulle ginocchia. Dritto.
Gli occhi intensi...troppo, troppo profondi fissavano il vuoto.
Si era ritrovato ancora lì. In quel parco.
Quel parco che era d'inverno gelato e buio e d'estate così calmo e radioso.
Contrasse le dita....nervoso.. anche in quell'accecante luce lui non riusciva a sentirsi bene.
La pace era per lui un illusione, un utopia...un essere in bilico tra continui, chiassosi e dolorosi cambiamenti.
Si continuava a mordere le labbra, in preda a dei tic nervosi.
Il tempo. Il tempo lo stava consumando.
Sorrise, tendendo le guance, forzatamente.
Sorrideva sempre a quell'osservazione.
Lui...prima...il Signore del Tempo.
Lui...il tempo non era mai riuscito a domarlo.
Si era illuso.
Non era riuscito mai a vederlo scorrere, lentamente.
Non ad accettarlo totalmente.
Ne aveva sempre avuto paura. Ed era sempre scappato. Cercando di raggiungerlo quel tempo.
Correndo.
E ora.
Uomo.
Sentiva la sua anima così pesante, bloccata in delle catene di ferro in una prigione immensa, infinita...priva di ogni confine. Stretta nella presa soffocante della realtà.
Impotente.
Schioccò la lingua sul palato.
Prese la bottiglia e se la portò alla bocca.
Il sapore amaro e forte del whisky gli pungeva la gola.
Rose.
Era inevitabile non pensarci.
Strinse gli occhi in una smorfia di dolore. Si guardò la mano...quella mano che aveva usato contro di lei.
Adesso, quella mano, tremava ancora.
Rose.
Si morse di nuovo le labbra. Incominciò a grattarsi freneticamente la tempia. Il nervosismo lo stava divorando.
Provò a nascondere il pensiero, buttarlo in un angolo remoto ma come sempre accadeva gli esplose dentro facendo vacillare ogni possibile certezza.
Non era riuscito a trattenerla.
Rise, una risata folle.
-io...sono...il dottore.- sussurrò.

Mi piange negli occhi
l'arte di star
seduto nell'ombra
nessuno mai
passa di qua
su questa strada che
non porta a me
ma fa rumore




Si guardava sempre allo specchio.
Provava a ritrovarvisi...ma più il tempo passava e più notava che quel velo di tristezza e di disperazione che lo aveva accompagnato in tutti quei mesi lontani da lei si stava impossessando anche della sua anima. Stava entrando dentro, scivolando in fondo...imprimendosi nel suo essere.
Lo poteva vedere dagli occhi. Dalle pupille che si contraevano, sempre più freneticamente ad ogni cambiamento di luce.
Sentiva piano la disperazione trasformarsi in qualcos'altro..in terrore...in apatia. In quella più nera.
Non usciva più.
Non ne aveva voglia.
Sedeva sul divano con un viso neutro. Gli occhi coperti dall'indifferenza.
Nel corso della giornata vedeva le ombre spostarsi, inclinandosi a seconda delle ore. La luce, dalla gialla e luminosa del mattino scurirsi in un rosso sangue e in viola scuro, infine al calare della notte.
Camminava sul parquet a piedi nudi.
In mano una bottiglia. Vagava tra le stanze vuote, silenziose dell'appartamento che un tempo era stato il loro.
A volte si metteva davanti alla finestra. In attesa
Guardava la strada, l'angolo.
L'aspettava. L'avrebbe aspettata per sempre.
Gli occhi tristi e il viso pallido spaventato.

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.--.-.-.-.-.-.-.--.-.-.--.-.-.-.-.-.-.

su questa strada che
non porta a me
ma fa rumore





Ciaooo!!!!
Sono ritornata con questa OOC Strappa lacrime!!! ....oggi ero sadica e  malinconica....
Penso però nel prossimo capitolo di renderla più allegra e fare un finale finalmente felice!

Ringrazio le persone che hanno recensito questa storia e ai lettori che si limitano a leggere e basta!!! Baci!
        

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Capitolo 4
*** Agosto ***


AGOSTO



E ti vengo a cercare
 anche solo per vederti o parlare
perché ho bisogno della tua presenza
per capire meglio la mia essenza.





Era davanti alla sua porta.
I vestiti puliti, una camicia blu e dei pantaloni marroni.
Si era pettinato. Si era lavato il viso con un sapone alla menta e rasato, sistemato le basette.
Aspettava da mezz'ora.
Si riavviò i capelli all'indietro.
Non aveva suonato.
Non aveva bussato.
Stava lì, davanti...quei grandi occhi nocciola malinconici fissavano la porta pieni di paura.
Si dondolava, con le mani in tasca, indeciso.


Emanciparmi dall'incubo delle passioni
cercare l'Uno al di sopra del Bene e del Male
E ti vengo a cercare
perché sto bene con te
perché ho bisogno della tua presenza


Aveva paura che lei l'avrebbe rifiutato di nuovo.
La paura lo bloccava.
Sorrise.
Era come un ragazzetto alle prese con la prima cotta.
Ma quel sentimento lo prendeva dentro, bloccandogli i pensieri e le parole.
Facendolo ritornare indietro di millenni....

E ti vengo a cercare
con la scusa di doverti parlare
perché mi piace ciò che pensi e che dici
 perché in te vedo le mie radici
.


Poi, un attimo...un secondo.
La porta si aprì.
E la vide.
Bella, bellissima.
Gli occhi spalancati, stupiti.
-Ma....cosa...-
Lui alzò le mani, interrompendola.
-Lo so...non dovevo venire...sono passati mesi...- la voce gli si rompeva in gola, gli occhi lucidi -ho trovato Jack...mi ha detto dove stavi...-
Rose scosse la testa disturbata.
-Ma...- sussurrò lei indietreggiando.
-Non ce la faccio più...senza di te....scusami...lo so che per te è difficile...- alzò gli occhi, trattenendo il respiro...- lo è sempre stato per noi...- la guardò. - Ma ti prego...non permettere alle paure di distruggere tutto...non noi....ti prego...-
Rose si portò le mani alla bocca.
Lo guardava.
La sua presenza la turbava...aveva deciso...si era imposta di non pensarci più...di ignorare quelle sensazioni che provava ogni volta che pensava a lui...un attrazione irresistibile...
Ancora...ancora...quella passione che le bruciava dentro....
-Ti prego tu...non te ne rendi conto di cosa ho passato in questi mesi....- sussurrò lei, cercando di distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
-Tu non ti rendi conto cosa ho passato io!- urlò il Dottore, bloccandole il passaggio con il braccio.
Rose lo guardò con paura...si ricordava troppo bene l'ultima volta che si erano visti...la consapevolezza della tensione che si poteva creare...la consapevolezza che ogni volta che parlavano era come se fossero in bilico, la paura di sbagliare...di perdere il controllo.
Lui si rese conto, poco dopo.
Strinse i denti.
Gli occhi stanchi.
-Perchè deve essere tutto così difficile?....perchè?-  le chiese.
Lei non rispose.
Il Dottore strinse i pugni. Non avrebbe sopportato anche questo...
Non poteva finire così.
No.
Fu un attimo.
Non si resero conto.
La prese velocemente, le infilò la mano in mezzo alle gambe, sotto alla gonna, stringendola in una presa forte, cercando di entrare dentro di lei con le dita.
Lei non oppose resistenza, lo strinse a sè sentendo una vampata di caldo salire dal basso ventre... si baciarono...appassionatamente, aggrappandosi l'uno all'altra.In un abbraccio disperato.
Entrarono dentro all' appartamento, schiacciandosi alle pareti in preda ad un isteria di baci e di morsi. Si staccavano a volte, assaporando il sapore dell'altro, ascoltando il respiro.
Non pensarono. Seguirono finalmente il loro istinto.
Si spogliarono con foga, lasciandosi cadere a terra. Toccandosi. Strusciandosi.
Il Dottore le aprì le gambe violentemente ed entrò con rabbia dentro di lei.
Rose non riuscì a sopprimere un gemito di piacere al suo tocco.
Lui si muoveva sopra di lei con forza...a tratti quasi con violenza, baciandole il collo, mordendole le spalle.
Lei non riusciva a muoversi, le mani di lui la immobilizzavano a terra, stringendo, facendole male.
Chiuse gli occhi sentendo delle fitte sempre più forti provenire dal ventre che le mozzavano il respiro.
Strinse le gambe attorno al corpo di lui.
I movimenti si fecero più veloci, più potenti.
Poi lei sentì il piacere espandersi in tutto il corpo. Si contrasse su sè stessa e alzò il busto verso l'altro, incontrando la bocca di lui e sentendolo sussurrare il suo nome.


 Fuori il cielo si stava schiarendo.
Il Dottore sorrise, stringendosi in una mano una ciocca di capelli. Era nervoso.
Chiuse gli occhi.
Poteva ancora sentire i brividi d'eccitazione che facevano tremare il suo corpo, come pervaso da scariche elettriche.
Si toccò il volto con le dita.
La pelle morbida...a tratti umida per il caldo della stagione. Le sopracciglia e le piccole rughe che gli stavano comparendo attorno agli occhi.

Scosse la testa e si riavviò i capelli con un veloce gesto della mano.
Fuori l'aria sapeva di terra e di erba.
Aveva un odore fresco, rivitalizzante.
Si voltò verso di lei.
La osservò mentre dormiva, con il viso ancora arrossato dallo sforzo.
L'aveva coperta con la sua giacca...seguì con gli occhi i lineamenti della donna...dolci.
I seni, gonfi....con dei piccoli capezzoli rosei.
Si chinò a baciarglieli...stringendo lievemente le labbra attorno ad essi succhiandoli leggermente.  Una fitta.
Avrebbe voluto svegliarla e fare ancora l'amore con lei. Ma si trattenne.
Si coricò di fianco a lei....guardandola dormire.


to be continued....

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Capitolo 5
*** Sono solamente una storia senza di te ***


SONO SOLAMENTE UNA STORIA SENZA DI TE




Sbocciano .....i fiori sbocciano,
e danno tutto quel che hanno in libertà,
 donano non si interessano,
di ricompense e tutto quello che verrà


Cammina.
Le luci della città, brillano, sta sera...
Sorride appena. Quella strana euforia che scalda il cuore. Come quando si scopre di aver superato una prova importante....
Ed è vero.
Cammina. Il suo sguardo luminoso.
Le mani in tasca.
L'ha lasciata  dormire...il suo volto, immerso nel morbido cuscino.
I battiti, quando la vede, pensa, non abbiano mai corso così tanto.
Nel cuore....quella strana certezza.
Quella di essere sè stesso...stare bene in quel corpo, in quel momento.

.-.-.-.-.-.-..-.-.-..-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

mormora la gente mormora
falla tacere praticando l'allegria,
giocano a dadi gli uomini,
resta sul tavolo un avanzo di magia.


.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-..-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.


Chi l'ha detto si è sbagliato.
Che lui non sia il Dottore...
Lo si riconosce benissimo. Dentro al cappotto immenso, leggero.
La risata potente, elegante.
Un sorriso solare...finalmente tranquillo.
Adesso perfino lui riesce a riconoscersi benissimo...mentre offre uno sguardo affascinante, ironico alla sua compagna...camminano, stringendosi la mano lungo Hyde Park.

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-..-.-.-..-.-.-.-.-.-


Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti a scuola,
mi vien da piangere,
arriva subito,
mi riconosci ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.


.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-..-.-.-.-.--


Finalmente umano...
lo pensa stringendo gli occhi , bagnati, sotto la pioggia battente di un pomeriggio d'estate.
Una vita umana.
Fatta di buio e di luce...
e l'ha provata. La paura...la disperazione che ti costringe una vita limitata...
racchiusa in pochi anni...in appena un secolo...non si ha nemmeno il tempo di capire perchè si è lì...ogni giorno racchiude un mistero.
C'è l'odore d'erba fresca...e in cielo non si vedono le stelle. No.
Ci sono delle nuvole che corrono...come dipinte, vaporose e meravigliose.
Corrono.
Magnifiche.

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.--.-.--

 
E poi ha lei....
Lei che è il suo specchio...la sua strada. Il sole e la luna.
Il giorno e la notte.
Senza, il mondo, l'universo si dissolve e diventa vuoto.
I colori si incupiscono e il cibo diventa insipido. Le superfici ispide.
L'aria, è come polvere, che non ti fa respirare.
Ma lei.
Lei è la mano che lo prende e lo consola....lo incoraggia.
Lei è un sorriso. Semplice.
Unico. Veloce.

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Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo
e non so leggere, vienimi a prendere
mi riconosci ho un mantello fatto di stracci,
le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi....
e gli occhi pieni di te....



Fine

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