The Fiery Angel di Serenity452 (/viewuser.php?uid=23671)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Redlake ***
Capitolo 2: *** Bello e Impossibile ***
Capitolo 3: *** Ti prenderò anima, corpo e sangue. ***
Capitolo 4: *** Dinner with bath cream ***
Capitolo 5: *** Damy – Il corvo Stilista ***
Capitolo 6: *** Avviso. ***
Capitolo 7: *** Stratosferico. ***
Capitolo 8: *** Una Grande offerta!... Damon, c'è un Nemico all’orizzonte! ***
Capitolo 9: *** Date a Damon Quel che è Di Damon! ***
Capitolo 10: *** Touch Me! ***
Capitolo 11: *** Demoniaco. ***
Capitolo 12: *** Our Solemn Hour. ***
Capitolo 13: *** Mi Distruggerai. ***
Capitolo 14: *** Inferno e Paradiso ***
Capitolo 15: *** The Angel of Music ***
Capitolo 16: *** Assalto nel Buio! ***
Capitolo 17: *** The shadow of pleasure ***
Capitolo 18: *** Legami Nascosti ***
Capitolo 19: *** In The Air Tonight ***
Capitolo 20: *** Eyes on Fiere ***
Capitolo 21: *** Deliziose Tentazioni! ***
Capitolo 1 *** The Redlake ***
Capitolo I: The Redlake.
Ore 22.45. Era tardi.
Tardissimo, e non sapeva dove si trovava precisamente.
Aveva ormai imboccato chissà quante strade sbagliate, e del suo appartamento non vi era ombra.
-Dove diavolo sono finita!?-Sbraitò la fanciulla sui diciassette anni circa, seduta nell’auto che guidava da ore.
Si passò una mano fra i lunghi e ricci capelli rossi e chiuse gli occhi verde smeraldo.
Aveva fame, ed erano più di quindici minuti che cercava quel cavolo di bar indicato sulla cartina.
-Forza, forza Ariel!-Si disse cercando di respirare.
-La cartina indica che sono sulla strada giusta! Dove diavolo è questo bar?!-Sbraitò furiosa.
Continuò a girovagare seguendo le indicazioni della cartina per poi intravedere finalmente un bar, dove si fermò a raccattare qualcosa da mangiare.
Mystic Grill.
Che locale eccentrico, già dal nome!
Ma si sarebbe accontentata.
Posteggiò l’auto a qualche metro di distanza dall’ingresso ed entrò nel bar.
Il locale era pieno di ragazzi dai quattordici anni in su.
Si diresse con passo lento al primo tavolo libero e si guardò ancora in torno.
C’era un tipo con una giacca di pelle nera che la stava guardando da quando aveva messo piede nel locale, come se avesse visto camminare un sacco d’immondizia ed era rimasto scioccato fissandola con la bocca semi aperta mentre si scolava un wisky.
Gli era anche venuto un po’ d’affanno, notò Ariel, incrociando di nuovo gli occhi di ghiaccio del bel moro.
Infine lui sembrò rilassarsi, così si voltò ignorandola.
Ariel decise di fare altrettanto: aveva troppa fame.
Una cameriera le si avvicinò e le porse un Menù.
Finalmente avrebbe mangiato qualcosa dopo una giornata di guida!
Ordinò un panino con Hamburger, patatine ed una birra e dopo aver riempito il suo stomaco e alleggerito il suo portafoglio, abbandonò il Mistyc grill senza più pensare allo strano tipo che l’aveva fissata all’inizio.
A sua insaputa però, il bel moro si era voltato diverse volte con sguardo folle verso di lei.
Uscendo dal Grill sempre più affollato, si scontrò con una ragazza che entrava camminando all’indietro, ridendo assieme ad un ragazzo.
-Oh, scusa!-Disse la castana dai lunghi capelli lisci, rivelando due occhi color cioccolato quando si voltò.
Ariel sorrise scuotendo il capo.
-Niente...-Disse sistemandosi una ciocca di capelli.
Improvvisamente il ragazzo dietro la castana s’irrigidì, cominciando a respirare con fatica.
-Ehi, tutto bene?-Chiese confusa la rossa.
-Stefan?-
Il ragazzo dal viso pallido ed i capelli sparati all’insù boccheggiò per dire qualcosa, ma con scarsi risultati.
-E-Ele..na...-
Miracolosamente Elena lo vide fare qualche passo indietro e riprendere il controllo.
-Scusa...Ehm...va tutto bene...E...perdonaci, ti stiamo intralciando il passaggio!-Disse spostandosi per far passare Ariel, più confusa che mai.
Uscì ignorando la situazione, se pur incuriosita dalla strana reazione prima del tipo al bancone, e poi da quest’ultimo...Stefan?
Mah, il suo arrivo a Mystic Falls era stato già abbastanza strambo per i suoi gusti.
Tutti la stavano squadrando.
Quella fu davvero una lunga sera per Ariel, riuscì a trovare il suo appartamento verso la mezzanotte, solo dopo esserci passata chissà quante volte davanti aveva capito che quella specie di catapecchia vecchio stile era la sua nuova casa.
Entrata, scoprì che l’arredamento era pressoché grezzo.
C’era una cucina nell’angolo sinistro con un piccolo frigo, un tavolo con quattro sedie molto semplici e qualche mensola alla parete dotata di soli sei piatti, dei bicchieri, posate e qualche pentola e padella.
Meglio di niente, pensò.
Si diresse verso le due porte chiuse, di cui una si rivelò essere un minuscolo bagno, con una doccia che però sembrava alquanto spaziosa.
-Wow!-Esclamò notando anche i tappetini colorati a terra e lo specchio di medie dimensioni, attaccato al lavello.
Dulcis in fundo…una lavatrice!
Uscita dal bagno proseguì il suo tour verso la camera da letto, che non era niente male.
C’era una armadio di modeste dimensioni, un comò e due comodini al lato del letto matrimoniale.
Sul comò vi era riposta una televisione schermo piatto di 30 pollici.
Ok, non era davvero niente male quella casa.
Era in un posto isolato, occorrevano almeno venti minuti per arrivare al Grill, ma ci si poteva adattare.
Quella era la sua nuova vita da ragazza indipendente!
Ce l’avrebbe fatta, suo padre era tenuto a versarle un bel gruzzoletto ogni mese, e con quello avrebbe pagato l’affitto di casa. Aveva anche trovato un lavoro part-time in una libreria, col cui stipendio sarebbe sopravvissuta alle difficoltà di una vita autonoma.
Non si poteva certo dire “sono indipendente” quando l’affitto di casa lo pagava il paparino, ma dopo quello che quel verme le aveva fatto passare non c’era proprio niente di male nell’approfittare del denaro di quell’uomo, dato che ne aveva anche troppo.
Portò dentro le sue due valigie e rimandò gli scatoloni al mattino successivo, era troppo stanca per pensare ad altro.
Indossò il pigiama così come si trovava, chiuse a chiave la porta di casa e si infilò nel freddo letto matrimoniale.
Sì, Ariel Redlake, quella sera aveva dato inizio alla sua solitaria, autonoma ed indipendente nuova vita.
Ore prima al Grill...
Damon si era avvicinato al tavolo dove Stefan ed Elena erano seduti per mangiare qualcosa insieme.
-L’hai sentita!?-Sbottò sedendosi accanto ad Elena, sorpresa per l’improvvisa irruzione del fratello del suo fidanzato.
-Cosa?-Rispose Stefan confuso.
-Oh andiamo! La ragazza, no? Quella che ti ha fatto quasi svenire!!-Fece Damon acquattandosi contro il tavolo.
-La rossa?-Domandò Elena.
-Esatto, quella li...Quella con il sangue più...più invitante che avessi mai percepito!-
Stefan abbassò lo sguardo.
-Si, l’ho sentita, aveva una scia molto forte, ma è durato solo un istante...-Ammise Stefan.
-Che vuol dire?-
-Nulla Elena, è stato strano ma quella ragazza...diciamo che l’odore del suo sangue era molto forte ed appetibile, non capita spesso di desiderare il sangue di una persona ardentemente...di solito si perde il controllo quando si percepisce il sangue da una ferita...lo si assapora ed è difficile smettere...-
Elena rimase in silenzio.
-Un solo istante, eh? È impossibile! Cielo, persino per me è stato uno sforzo immenso, e mi sono nutrito solo poche ore fa!!-
Stefan ed Elena gli lanciarono uno sguardo preoccupato.
-Damon, non fare sciocchezze...-
Il moro rimase in silenzio.
-Stefan ha ragione! Damon, giura che non la userai per nessun giochetto villano!-
Damon alla fine sbuffò.
-Non farò nulla, non credo che riuscirei ad usarla senza ucciderla!-E detto questo s’alzò per andare via.
-Ultimamente si comporta in modo strano...-Mormorò Stefan riferendosi a Damon.
-Già, ho notato, dopo quello che è successo con Rose...si allontana sempre di più...-Disse Elena sospirando.
Stefan posò una mano su quella della sua ragazza.
-Dobbiamo farci coraggio a vicenda, è un periodo difficile, ma lo superermo...stando anche vicini a Damon, ha bisogno di noi ora più che mai...-
Elena annuì e sorrise al fidanzato, stringendogli la mano.
Damon uscito dal Mystic Grill, ripensò alla bella rossa che era entrata nel locale.
L’odore del suo sangue dolce e gustoso gli aveva annebbiato la vista, sconvolto i sensi, e provocato un’improvvisa sete.
Mai aveva desiderato così intensamente, fino a star male, bere il sangue di una ragazza.
E poi quegli occhi come smeraldi, l’avevano incantato.
Dio, doveva rivederla, doveva bere il suo sangue a tutti i costi.
Si, Damon Salvatore voleva quella ragazza assolutamente.
Fine I° Capitolo.
CONTINUA…
Angolo Autrice:
Ringrazio The Distance per il suo ottimo lavoro come Beta-Reader e non solo.
Per l'impegno e la sua pazienza nei miei confronti un grazie davvero Speciale.
Commentate in tantiii!!! :D
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Capitolo 2 *** Bello e Impossibile ***
Capitolo II : Bello e Impossibile
Il mattino seguente, Ariel si svegliò di buon ora, doveva passare a scuola a compilare alcuni moduli d’iscrizione.
Prima di partire, si era iscritta al liceo di Mystic Falls, e fortunatamente aveva fatto la maggior parte delle cose On-line e telefonicamente.
Vivendo da sola, avrebbe potuto darsi liberamente alla pazza gioia, ma le piaceva studiare, in particolar modo la storia.
E Mystic Falls, vantava uno dei migliori professori di Storia della zona, senza contare il grande abbinamento di miti e leggende che la città possedeva.
Anche se, in famiglia, non era lei l’appassionata di miti e leggende, decisamente no.
Guardò il cellulare, che segnava le otto precise.
Era pronta per uscire, aveva indossato un paio di Jeans blu scuro, un dolcevita nero a collo alto, ed una felpa con cappuccio a strisce bicolore blu scuro e blu cobalto.
Guardò ancora il telefono mentre saliva sulla sua auto.
Nessuna chiamata, neanche dall’unica persona che desiderava la chiamasse.
Sbuffò, se era iniziato così il suo primo giorno non sarebbe arrivata lontano.
Mise in moto, scacciando tutti i pensieri negativi e, dando un ultimo sguardo alla cartina, cercò la scuola.
Stefan ed Elena camminavano mano nella mano nel lungo corridoio che portava all’aula del professor Saltzman, quando notarono una ragazza che marciava troppo spedita nella loro direzione, con il viso incollato ad un foglio.
Inevitabilmente, Elena fu investita dalla tipa, che finì a terra con un tonfo.
-Oh cielo!-Elena si prodigò subito per aiutare la ragazza che giaceva a terra con il foglio sul viso.
-Stai bene?!-Domandò la Gilbert inginocchiata accanto alla rossa, spostandole il foglio dal viso.
-Ma tu sei! La ragazza di ieri!-Esclamò Elena incontrando i grandi occhi verdi di Ariel.
-...C-Cosa...cavolo mi dispiace, non guardavo dove andavo e ti sono finita contro!-
Elena sorrise e le porse una mano, aiutandola ad alzarsi.
-A quanto pare è destino! È la seconda volta che ci incontriamo finendo l’una contro l’altra!-
Ariel l’afferrò e si tirò su.
-Comunque, piacere sono Elena Gilbert e lui è Stefan Salvatore, il mio ragazzo!-
Ariel arrossì, mentre stringeva la mano ad Elena e poi a Stefan, il tipo strano che si era quasi sentito male al bar, anche se stavolta sembrava in perfetta salute.
-Ahm...è un piacere...io...sono Radlake...Ariel...-
Elena e Stefan la guardarono un po’ straniti.
-Lo so, è un nome stupido!-Farfugliò lei agitando il foglio che aveva in mano.
-Ma no! È un bel nome!-Disse Stefan in modo gentile, con un sorriso tranquillo.
-È vero, non è stupido! È forte e molto singolare!-
La rossa si trovò sorpresa, nessuno le aveva mai fatto dei complimenti per il suo nome!
-...Grazie...-Disse sorridendo.
-Sei nuova in città vero?-Domandò Elena, squadrando i lunghi capelli rossi di Ariel, ed i suoi occhioni verde smeraldo.
-Si, vengo dalla Georgia, oggi è il mio primo giorno... e sto cercando un posto per pranzare, mi hanno detto che di solito gli studenti pranzano in giardino, ma orientarsi qui dentro è un incubo!-
-Ah si, lo so! Qualche tempo fa sono stato nella tua stessa situazione. Elena, l’accompagniamo?-
-Certo! Vieni, puoi pranzare con noi se ti va!-
-Oh non vorrei disturbare...-
-Ma no! Non preoccuparti, immagino che non conoscerai nessuno qui! Vieni ti mostriamo la strada, così ti presento alle mie amiche e ti unisci a noi!-
-Oh, vi ringrazio! Siete molto gentili!-Esclamò la rossa affiancandosi alla castana.
-Allora, che corsi pensi di seguire, Ariel?-Chiese la Gilbert.
-A dire il vero, ancora non ho ancora scelto... però ho intenzione di frequentare il corso di storia del Professor Saltzman!-
-Ah si, lo seguiamo anche noi!-Rispose Stefan, mentre varcavano finalmente l’uscita dell’edificio che dava al giardino.
-Ho sentito dire che è il professore più bravo di storia che ci sia! Non vedo l’ora di seguire una sua lezione!-
Elena e Stefan si sorrisero in modo complice.
Si, Alaric era un gran professore, e non solo.
Ariel seguì i due nuovi compagni attraverso il giardino, dove su qualche tavolo in legno pranzavano dei ragazzi.
Ad un tratto, sul ciglio opposto della strada, Stefan notò la presenza di un moro che di certo non frequentava la loro scuola.
-C’è Damon...-Sussurrò ad Elena, che puntò gli occhi cioccolato sul vampiro.
-L’ho visto...Andiamo?-
Stefan annuì, e si voltò verso Ariel che lo guardò spaesata.
-Ahm... Ariel, c’è mio fratello che penso voglia parlarmi...-
-Ah... non è un problema... è solo dall’altro capo della strada...-
Stefan annuì preoccupato, stringendo la mano di Elena.
Entrambi avevano capito che Damon era interessato ad Ariel dalla sera prima, ma erano certi che il vampiro non avrebbe mai fatto nulla di insensato, soprattutto in loro presenza.
-Damon...-
-Fratellino, Elena...E?-Disse salutando col suo inestinguibile sorriso da sbruffone, indicando con l’indice della mano destra Ariel.
La Redlake si fece tutta rossa in viso.
Quel bellissimo ragazzo che la sera prima la fissava al Grill le stava di fronte, e cavolo: Era ancora più bello da vicino.
Capelli neri come carbone, e due occhi azzurri che sembravano strappati ad una giornata primaverile.
-Lei è una nostra nuova compagna di classe...-Spiegò Elena in modo approssimativo.
Il vampiro più grande, la guardò malizioso.
-Nuova! Finalmente abbiamo una faccia nuova in città! Mi presento, sono Damon Salvatore!-Disse tendendo la mano verso la fanciulla.
Ariel lo fissò incerta, poi ricambiò la stretta di mano.
-...A-Ariel...Ariel Redlake...-Disse sentendosi il viso in fiamme.
Basta. Appena avrebbe compiuto diciotto anni sarebbe andata all’anagrafe a cambiare il suo stupido nome con un nuovo nome decente!
Damon la guardò come se stesse ancora metabolizzando, poi scoppiò a ridere senza ritegno.
Ariel rimase a bocca aperta.
Certo ne aveva viste di reazioni strane sentendo il suo nome, ma nessuno era mai stato tanto maleducato.
E cielo, quanto desiderava sparire sotto terra.
Un bel ragazzo le stava appena ridendo in faccia, perché trovava il suo nome ridicolo.
-Damon!-Ad interrompere l’imbarazzante momento fu Elena, che strillò il nome del vampiro con rabbia.
-UUh...Mio dio! Ma che razza di nome è?!-Esclamò Damon cercando di rimanere dritto senza piegarsi dalle risate.
Ariel sentì la rabbia montarle dentro, questo era davvero troppo.
-Bé, è un nome, ok? A te il tuo nome chi l’ha dato? Non penso che tu te lo sia scelto da solo! Sei proprio un maleducato!-Esclamò la rossa, incrociando le braccia sotto il prosperoso seno.
Damon lasciò andar via le ultime risate con dei gesti della mano, come a scacciar via qualcosa.
-...Sei anche simpatica! Mi piaci!-Disse sicuro di se, guardandola intensamente.
Elena e Stefan gli lanciarono un occhiata truce, per fargli capire di non avere colpi di testa.
Ma il vampiro li ignorò.
-E a te come mai hanno dato questo nome? Insomma... Ariel...!-
-A mia madre piacevano i classici Disney... stava guardando la sirenetta quando le si ruppero le acque! La sirenetta si chiama Ariel! E tu, perché ti chiami Damon!?-Lo sfidò lei mettendo le mani sui fianchi.
Il moro la guardò con un sorriso di sghembo.
-Faresti meglio a non saperlo, Sirenetta!-
-Ehi, non chiamarmi così!-Si lamentò offesa la rossa.
Damon la ignorò assottigliando gli occhi.
-Ehi, Stefan che ne dici se... stasera magari, organizzassimo qualcosa, sì, a casa mia! Potresti venire per cena, Sirenetta...-Offrì suadente il moro, con un ghigno che provocò la pelle d’oca ad Ariel.
Quell’invito sembrava nascondere un doppio senso.
Era affascinante, Damon Salvatore, ma qualcosa in lei le diceva di stare all’erta.
Si sentiva un po’ come un coniglietto tutto solo, che inconsapevolmente si stava avvicinando sempre di più ad un famelico lupo.
Oltre al fatto che era un gran maleducato, che la prendeva in giro e le affibbiava nomignoli quando la conosceva da quanto? 2 minuti?
Calò un silenzio imbarazzante, in cui Ariel si ritrovò incantata dallo sguardo penetrante del vampiro.
Cavolo, come poteva mai essere un lupo, un angelo dagli occhi tanto belli?
-Non si può, mi dispiace Damon, stasera io sono impegnata!-Rispose ancor più vaga Elena lanciando occhiate di fuoco.
-Oh che peccato!-Esclamò il vampiro moro fingendosi mortificato.
-Allora Damon, che sei venuto a fare?-Chiese Stefan incrociando le braccia sul petto.
Damon ghignò come suo solito e guardò Elena.
-Oh, solo per controllare una cosa...Bè, allora ci vediamo più tardi, fratellino, Elena!...Ciao, Sirenetta!-Esclamò facendo l’occhiolino e rimontando nella sua meravigliosa auto celestina decappottabile.
I tre lo guardarono sfrecciare via come un proiettile lungo la strada.
Ariel si accorse che il cuore le batteva velocemente.
Damon Salvatore, era sfacciato, scortese e presuntuoso, ma aveva un timbro di voce suadente, un sorriso sexy, e due occhi da capogiro. Dio se era bello.
Bello e impossibile.
Svanito il fratello maggiore di Stefan, il trio si diresse verso un tavolo dove c’erano alcuni ragazzi.
-Bonnie, Caroline, Jeremy, vi presento Ariel Redlake!-Disse indicando la fanciulla dai capelli rossi, che salutò.
Fu meraviglioso, tutto il gruppetto le sorrise e le strinse la mano presentandosi.
-Ariel, loro sono Bonnie e Caroline, lui è mio fratello Jeremy!-
Nessuno l’aveva guardata in modo strano o troppo a lungo, e quello si rivelò il pomeriggio più bello che avesse mai trascorso dopo tanto tempo.
Bonnie era davvero simpatica e gentile come Elena, che era dolce e vivace, Caroline era un po’ pettegola ma la rossa era riuscita a cogliere una certa malinconia nei suoi occhi, e aveva capito che era buona e gentile quanto Bonnie ed Elena.
Stefan e Jeremy si erano rivelati anche loro molto gentili ed educati, non come quel bellissimo Damon Salvatore.
Il pomeriggio trascorse velocemente, fra le chiacchiere che comprendevano un delicato terzo grado per la Redlake, ma tutto sommato nessuno fu eccessivamente invadente, nemmeno Caroline, che era troppo presa dal raccontare di lei e Matt.
Tornando a casa, ripensò al fratello di Stefan, il ragazzo dagli occhiazzurro-ghiaccio.
Ma era davvero possibile incontrare una creatura tanto bella?
Moro, occhi azzurri, un fisico perfetto...e sì, Ariel continuava a pensare a Damon!
Una bomba sexy come lui, non l’avrebbe mai degnata di uno sguardo!
Ma almeno poteva consolarsi, era il suo secondo giorno a Mystic Falls e già aveva fatto amicizia con un bel gruppo di ragazzi.
Ora non le restava che gustarsi il suo panino comprato al Grill, e concedersi una bella dormita: Domani scuola!
Damon si versò del Bourbon nel bicchiere, accorgendosi di Stefan che compariva alle sue spalle.
-Qualcosa da dirmi fratellino?-Chiese con tono sarcastico.
-Si Damon, come mai sei venuto a scuola?-Domandò Stefan portandosi le braccia al petto.
Damon si voltò con una finta faccia sorpresa.
-Ehi, proteggiamo Elena, controllavo se era tutto ok, no?!-Disse sbracciandosi in modo teatrale, come era solito fare quando tentava di sviare un argomento.
Stefan alzò un sopracciglio.
-Quindi non hai messo gli occhi su Ariel?-Chiese a bruciapelo il vampiro dagli occhi verdi.
Damon lo guardò a bocca aperta, e cercò di mostrarsi incredulo, come se stesse per ridergli in faccia.
-Cosa?...Quella con i capelli rossi ed il nome più assurdo che abbia mai sentito in 165 anni?-Derise il moro, bevendo di colpo il liquido ambrato nel bicchiere.
-Damon, sul serio, l’hai guardata in modo strano...-
Stavolta Damon sbuffò, appoggiando il bicchiere sul tavolino e avvicinandosi al fratello, affiancandolo e posandogli una mano sulla spalla.
-E con questo? Come fai a dire che sono interessato a lei?-
-Perché tu non guardi nessuna come hai guardato lei...-
-Forse perché è nella mia natura di vampiro guardare le ragazze come il mio pasto personale...Ma tranquillo Stef, sto camminando sulla retta via, no?-Disse allargando le braccia, e piegando le labbra all’insù mentre annuiva lentamente.
Stefan lo guardò senza smuoversi, ed annuì solamente.
Damon ne approfittò subito per filarsela via, prima che il fratellino riattaccasse con la predica.
Ma non fece in tempo.
-Ad Elena piace, e se tu provassi ad usarla come fai con Andie, lei non te lo perdonerebbe mai...-Gli annunciò il castano.
Damon sospirò.
-Sono un bravo ragazzo adesso!-Musicò svanendo lungo le scale, filando via dalle grinfie del fratellino.
Stefan buttò giù un sospiro anche lui. Non sapeva perché ma aveva davvero un brutto, bruttissimo presentimento.
Conosceva Damon troppo bene per non capire che era interessato in qualche modo ad Ariel.
Sperava solo che si stesse sbagliando, o che almeno suo fratello non avesse cattive intenzioni verso la ragazza.
Ma sarebbe stato a vedere come si evolvevano le cose prima di raccontare le sue sensazioni ad Elena, non era il caso di farla preoccupare ulteriormente, pensò il vampiro.
Infondo, suo fratello era cambiato, meritava una chance e forse ciò che aveva catturato l’interesse di Damon, non era solo il“sangue”.
Fine II Capitolo.
CONTINUA…
Angolo Autrice:
Buon sera, Vampirelle e Vampiri!
Prima di lasciarvi andare, voglio ringraziare tutti quelli che seguono questa fanfiction, chi l’ha recensita, e chi l’ha messa fra le preferite.
Un grazie di cuore, spero che recensiate in molti, e che la storia continui a piacervi,
Inoltre saluto e ringrazio The Distance, la mia Beta, che ringrazio per l’aiuto essenziale che mi dà nel correggere i miei pastrocchi con impegno e dedizione da prima donna.
Ed infine, vi ricordo la mia pagina Facebook Autore, dove potrete trovare informazioni, spoiler e tant'altro ancora sul mondo di The Fiery Angel & Co.
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Un bacio, Serenity452
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Capitolo 3 *** Ti prenderò anima, corpo e sangue. ***
Capitolo III : I'll take your soul, body and blood.
Ti prenderò anima, corpo e sangue.
Qualche giorno dopo, Ariel si ritrovò al Grill con i nuovi amici; Elena accompagnata dal suo Stefan, Bonnie e Jeremy che da come aveva ben capito, stavano insieme e Caroline che come gli altri giorni si sfogava parlando a manetta dato il momento di crisi con Matt, il ragazzo biondo che faceva il cameriere.
La rossa aveva accettato di buon grado l’invito di andare a bere qualcosa al bar, visto che quel giorno non lavorava.
Sì, lavorava part-time, tre giorni a settimana; Lunedì, mercoledì e venerdì, sempre di pomeriggio fino alle sette.
Non era niente male come lavoro, non le davano uno stipendio molto alto, ma poteva farcela, permettendosi anche qualche piccolo, piccolo lusso.
Ritornando al primo pomeriggio di quel martedì, la ragazza si concentrò sul discorso di Elena sul prossimo compito in classe di algebra.
Bonnie era la meno preoccupata del gruppo, Jeremy era estraneo alla situazione poiché frequentava un'altra classe, Stefan sorrideva tranquillo, come consapevole che per lui sarebbe stata una passeggiata al chiaro di luna, Caroline era decisamente molto agitata ed Elena tentava di fare il punto della situazione.
-Forse avrei fatto meglio a scegliere geometria, invece di Algebra…-Mormorò la rossa angosciata. Algebra non era il suo forte.
-Oh no! Hai fatto benissimo a non scegliere di seguire quella materia! C’è quella professoressa da brivido!-Esclamò Caroline con una faccia disgustata che fece ridere Elena.
-Lo spero, non sono tanto brava in algebra, ed un compito come prima lezione potrà solo essere una catastrofe, che avverrà domani!-
-Dai, non preoccuparti! Se avrai bisogno di una mano, ti aiuteremo noi, no!?-La rincuorò Stefan, sostenuto dall’annuire delle ragazze.
-Vi ringrazio, siete davvero troppo gentili con me, e mi conoscete solo da pochi giorni!-
Tutti le sorrisero, e le dissero di non preoccuparsi, di stare tranquilla perché la trovavano una ragazza simpatica.
-Inoltre, guardandoti si vede subito che sei una brava ragazza! È stata come una percezione!-Esclamò Bonnie facendo l’occhiolino.
E di nuovo Ariel notò quell’occhiata complice che si scambiava il gruppo, come se parlassero una lingua fatta di doppi sensi che solo fra loro potevano capire.
Ripresero a parlare della scuola, fino a quando una voce ironica e attraente li richiamò.
-Ehi! Ma guarda che bella combriccola! Posso unirmi a voi!?-Domandò il vampiro sedendosi subito accanto ad Elena, di fronte ad Ariel.
-Ehi! Damon non dovevi essere alla riunione del consiglio?-Domandò Stefan sballottolato verso lo spigolo della panca.
-Finita! Ehi, c’è anche la Sirenetta dai capelli rossi!-Esclamò sorridendo alla nuova arrivata del gruppo.
-Non ti ho forse chiesto di non chiamarmi così?!-Sbottò guardando con aria offesa il moro davanti a lei.
Damon si limitò a sorridere, facendole capire che non gli importava un fico secco di quello che lei gli aveva detto.
-Allora, da dove vieni Sirenetta?!-Chiese Damon guardando dritto negli occhi verdi della ragazza, marcando il soprannome.
-Georgia! Precisamente nella città di Roswell, nella contea di Fulton!-Spiegò la Redlake col broncio.
Damon sorrise.
-Conosco bene la Georgia, ci sono stato parecchie volte! Strano, non ci siamo mai incontrati!-Esclamò con esaltazione, sfoggiando i denti bianchissimi.
Ariel alzò le spalle e sorseggiò il suo frappé alla fragola dalla cannuccia.
-Ragazze, io vado, ci vediamo domani. Approfitterò del pomeriggio per studiare anche per l’interrogazione di scienze di Sabato!-Disse Caroline, recuperando la sua borsa.
In quel momento uno strano sorriso si dipinse sul viso di Damon, e una luce maliziosa balenò negli occhi azzurri del vampiro.
-A proposito di Sabato!-Esclamò fingendo di cadere dalle nuvole, sentendo gli sguardi posarsi su di lui.
-Che ne dite di fare una cenetta? Sì, organizziamo un barbecue! Io e Stefan vi ospitiamo a casa nostra, che ne dite?
-Caroline alzò un sopracciglio con aria interrogativa.
-Non c’è problema!-Acconsentì la bionda con un alzata di spalle.
-Elena? Stefan? Siete d’accordo?-Chiese Damon con un sorriso a trentadue denti.
I due fidanzati si scambiarono un’occhiata, Elena annuì in modo tranquillo e Stefan abbozzò un sorriso.
-Va bene, Damon... facciamo questa cena!-
-Benissimo! Fantastico! Che ne dite di invitare anche Rick e zia Jenna?-Blaterò il vampiro dai capelli neri.
-Bonnie, Jeremy assolutamente anche voi!-Esclamò Elena, trovando assenso dal fratellino e l’amica.
Ariel notò lo scambio di sguardi preoccupati del gruppo, e si sentì a disaggio. Insomma, essere la nuova arrivata era uno schifo!
Ovvero, era invitata anche lei? Che situazione imbarazzante.
Damon si alzò, assottigliando lo sguardo.
-Naturalmente, sei invitata anche tu, Sirenetta...-
La ragazza alzò lo sguardo incontrando quello bellissimo del Salvatore.
-...Ah...G-grazie...-Mormorò sentendosi improvvisamente confusa. Cavolo, quel maleducato che le aveva riso in faccia e che la prendeva in giro la stava invitando a cena, in casa sua!
E dio, com’era sexy!
Damon le sorrise in modo seducente, che la face arrossire.
-Ci vediamo, Sirenetta!-Esclamò guardandola ancora per qualche attimo, poi volse lo sguardo su Elena e sorrise di nuovo.
Ariel, che s’era accigliata per esser stata chiamata di nuovo in quel modo che ridicolizzava il suo vero nome, si accorse che il bel moro sorrideva ad Elena in modo diverso.
Senza malizia, senza quel sarcasmo che lo caratterizzava.
Durò un istante, poi Damon salutò gli altri ed uscì dal locale.
-Bè, allora io vado, ci vediamo!-Esclamò Caroline.
-Ciao, Caroline!-La salutarono Elena, Bonnie ed Ariel, mentre Stefan e Jeremy la salutavano con un gesto della mano.
Ariel rimase a fissare Elena per qualche attimo.
La Gilbert sorrideva, si muoveva in simbiosi con Stefan Salvatore, sembrava quasi che fossero pronti a morire l’uno per l’altro.
E Damon, quello sguardo che aveva lanciato alla castana, fece sentire Ariel in modo strano.
Forse a Damon piaceva Elena.
E se a Damon piaceva una bella ragazza come Elena, allora...lei non aveva chance.
Un momento! Stop! Cosa?
Lei non aveva, cosa? Da dove le spuntavano certe considerazioni!??
Cavolo, Damon era un gran figo, la combinazione perfetta dell’uomo che aveva sempre sognato.
Con i capelli della lunghezza giusta, di quelli che puoi carezzare, tirare, spettinare, ma non troppo lunghi come una femminuccia. Insomma, perfetti.
E diavolo, erano neri e lucenti come le piume di un corvo.
(E mai paragone fu più azzeccato Nd.Serenity U_U)
Gli occhi di Damon poi, erano qualcosa di unico.
Celesti/azzurri, con venature che sembravano frammenti di ghiaccio, il tutto animato dall’incredibile capacità di farli brillare di malizia e sensualità.
Ok, ora se si metteva ad analizzare quanto era figo Damon, non la finiva più.
Fatto sta che per tutto il restante della giornata, lo sguardo di Damon Salvatore, il suo sorriso, la sua voce, non le abbandonarono per un attimo la mente.
Che non se ne fosse accorta prima, che Damon le piaceva?
Venerdì Ariel uscì presto da scuola, non avendo più lezioni da seguire, all’una e mezza era già libera mentre gli altri seguivano il corso di Biologia, che lei aveva saggiamente scartato per il suo stomaco delicato.
Quella mattina, come suo solito, aveva portato la sua povera Lancia Ypsilon Diva nera lucente, quasi in riserva.
Ma il bello fu quando si rese conto che l’unica pompa di benzina era chiusa, o meglio c’era il Selfservice.
Benissimo, lei non sapeva nemmeno da dove iniziare!
Accostò accanto al distributore, e scese dall’auto guardandosi a torno.
Sarebbe stato imbarazzante chiedere aiuto, decisamente non era il caso.
Tirò fuori il portafoglio e prese una banconota da infilare nella macchinetta.
Riuscì a selezionare il tipo di benzina, ma quando tentò di inserire i soldi, il macchinario non diede segni di vita.
-Ehi...perché non prendi i soldi! Andiamo!-
Ritentò, spingendo i soldi di carta nell’entrata, che stranamente era troppo piccola per la banconota.
Che stesse sbagliando l’imbocco?
Ormai la banconota era ridotta ad uno straccio, ma la rossa decise di provare ad inserirla nel foro più in basso e più largo.
Incredibilmente la macchinetta tirò via la banconota, ma solo per metà.
Si era inceppata, ed aveva preso ad emettere inquietanti bip a ripetizione.
Ariel sobbalzò spaventata, e cercò di tirar via i soldi, che si strapparono sul fianco sinistro.
-Oh, fantastico! Dannati distributori! Restituiscimi i miei soldi!-
Stizza, per non riuscire nell’impresa di ritirar via i soldi dal distributore che continuava a suonare, gli tirò un calcio.
-BRUTTO...!!!-Poi un altro, e ancora un altro, mentre il distributore si lamentava con i continui bip.
-Ehi! Signorinella, non lo sa che è reato danneggiare proprietà altrui!!!-
Una voce gelida alle sue spalle la fece letteralmente saltare di paura, fino ad incollarsi con la schiena contro il distributore, mentre si voltava.
Sconvolta, si ritrovò di fronte niente poco di meno che Damon Salvatore, vestito con una giacca elegante nera, camicia dello stesso colore e jeans scuri.
Lo guardò a bocca aperta, come un idiota, sì.
E lui sembrava così serio da far paura.
-Mi dispiace...-Mormorò la rossa facendo appello a tutto il suo coraggio per affrontare quello sguardo di ghiaccio, che ogni volta che aveva incrociato era sempre stato carico di ironia e scaltrezza.
Diavolo, era arrossita, e si sentiva in colpa per aver preso a calci quel benedetto distributore!
Damon rimase lì a scrutarla per qualche attimo.
Era divertente.
La Sirenetta stava ancora attaccata al distributore, a guardarlo preoccupata.
L’odore del suo delizioso sangue gli era arrivato alle narici da più di 200 metri.
Un vero colpo di fortuna, pensò il vampiro, aveva proprio voglia di rivederla, il suo piano stava andando alla grande.
Seduci, mordi, cancella: Facile.
Non poteva semplicemente usarla come stava facendo con Andie, era troppo vicina ad Elena oramai, la bella Gilbert non glielo avrebbe mai perdonato.
Ma desiderava troppo assaggiare il sangue di quella ragazza e poteva farcela solo avvicinandosela senza destare sospetti.
Sorrise, abbassando lo sguardo e scuotendo il capo.
-Sirenetta, non mi aspettavo fossi così aggressiva!-Esclamò ironico, tornando a guardarla con la sua solita espressione di sghembo.
-Eh?-Fece lei confusa, accorgendosi del cambiamento del vampiro.
-Ma si, non sapevo che ti piacesse prendere a calci i distributori di benzina, è il tuo hobby?-La prese in giro lui.
Ora, l’espressione di Ariel era divertente quasi quanto quelle che sapeva inscenare Damon, con il capo inclinato in un lato ed un sopracciglio tirato su.
-C-cosa!?...No, guarda che non stavo prendendo a calci il distributore! Cioè sì, lo stavo facendo, ma solo perché lui si è preso i miei soldi!-Esclamò indicando il distributore come se la macchina fosse un oggetto infernale o come minimo un demone.
Damon la guardò divertito.
-Maddai, fa vedere...-disse il vampiro andandosi a posizionare davanti ai comandi del distributore, dove constatò che in effetti l’apparecchio s’era bloccato e tratteneva l’accartocciata banconota di Ariel.
-Ho provato a tirarla via, ma ho finito solo per farla strappare!-Spiegò la fanciulla affiancandosi al bel moro, accorgendosi che poteva sentirsi il cuore martellare velocemente e provocandole uno strano fremito mentre era vicina a quell’affascinante, presuntuoso ragazzo.
-Forse sei un po’ imbranata, Sirenetta!-Disse guardandola di sbieco con un sorrisetto.
Ecco, l’aveva già detto che era presuntuoso, vero?
-N-non è per niente vero!-Esclamò gonfiando le guance.
Sì, quando si arrabbiava o si offendeva tappava la bocca, metteva il broncio, e gonfiava le guance, in un’espressione ridicola.
Damon non mancò a farglielo notare, ridendo con un certo commento.
-Che brutta faccia!!-Canzonò.
-Sarà bella la tua!-Ribatté lei col broncio, mentre osservava Damon prodigarsi per estrarre la sua banconota.
Il vampiro la guardò di nuovo maliziosamente.
-Puoi dirlo forte!-Disse premendo qualche tasto sul display.
Ariel preferì non ribattere, anche perché nella sua testa una vocina cantilenava “Ha più che ragione!”.
-Dai Sirenetta, qui ci penso io, puoi anche mettere la benzina!-Sogghignò il ragazzo che ormai aveva estratto completamente la banconota di Ariel.
La fanciulla un po’ indecisa, lasciò a Damon il compito di infilare i soldi nel diabolico distributore.
Il vampiro, prese il portafoglio dalla tasca sul retro dei pantaloni scuri e prese una banconota dello stesso valore di quella della rossa, la infilò per bene nella macchinetta e senza difficoltà riuscì a sbloccare la pompa con la modalità touch del display.
Dedicò un attimo all’osservare la banconota di Ariel, ormai ridotta ad uno straccio.
Con un alzata di spalle la infilò nel portafoglio dove aveva i documenti e poi lo ripose nella tasca.
Nel frattempo la Redlake, aveva aperto lo sportello dell’auto dove c’era l’accesso al serbatoio e si apprestava a sganciare la pompa.
Damon la guardava incuriosito, era buffa.
Non aveva ancora capito quale fosse la pompa da sganciare.
Ne sollevò un paio che si rivelarono sbagliate, poiché non si sganciavano neanche.
Quando trovò quella giusta, Damon si divertì come un matto.
La rossa, non riusciva a portare la pompa fino all’apertura del serbatoio e si sforzava in modo immane.
Trattenne la prima ondata di risate, vedendola tirare con una mano il tubo della benzina e con l’altra provare a tenersi i capelli ribelli lontano dal viso.
-Acci-Accidenti! E forza!-Tirò ancora ma nulla, era una lotta impari, il beccuccio di ferro era troppo pesante per lei.
Davvero assurdo, pensò il vampiro.
-Ehi! Ehi...Damon...non è..che mi daresti una mano!-!Uho!-
Come previsto, il distributore ebbe la meglio sulla fanciulla ed il tubo vinse il tira e molla tornando al suo posto, facendo perdere l’equilibrio ad Ariel.
Ecco, lo sapeva: terza figura di merda, compiuta.
La rossa si aspettò di sfasciarsi la faccia contro l’asfalto o contro il distributore da un momento all’altro, ed invece di capitombolare a terra come una deficiente, finì fra le braccia di Damon che a sua volta si trovò con le spalle contro il distributore.
Una scossa fece rabbrividire il vampiro.
Il profumo della ragazza fra le sue braccia lo stordì per qualche attimo.
Sangue. Fame; Gridava una voce nella sua testa.
Perché non riusciva a non pensare a quanto doveva essere buono il sangue di Ariel?
Era una ragazza nella norma, non aveva nulla di particolare se non quei capelli rosso fuoco assurdi, non poteva piacerle sul piano fisico!
Ariel arrossì di botto, accorgendosi che la sua faccia era spiaccicata sulla camicia di Damon.
-Oh dioo, mi dispiace!-Urlò la fanciulla all’improvviso allontanandosi con qualche passo barcollante all’indietro.
Il vampiro alzò un sopracciglio.
-Ti dispiace perché sai di essere un piccolo disastro, Sirenetta?-Chiese guardandola con un sorriso derisorio, che fece balzare il cuore di Ariel così tanto che la ragazza ebbe paura di vederselo schizzare fuori dal corpo come una pallina pazza.
Damon recuperò la pompa di benzina con una mano e gliela mostrò.
-Ma hai mai messo la benzina da sola, in vita tua?-Gli chiese ancora ironico, avvicinandosi all’auto con estrema facilità.
-No! Preferisco di gran lunga quando ci sono i benzinai ad occuparsi di come rifornire la mia auto!-Esclamò incrociando le braccia sul petto.
Damon sorrise con un sospiro divertito, mentre metteva la benzina nella Lancia Ypsilon della rossa.
Rimasero in silenzio, e Ariel si concesse di studiare il profilo del ragazzo meraviglioso che aveva davanti.
Stava arrossendo, vero? Sicuramente.
-Sai Sirenetta, se vuoi vedermi nudo, devi solo chiedere!-Disse il vampiro inclinando il capo per guardarla dritto negli occhi.
Ariel scattò, spalancando gli occhi e la bocca.
-C-Coosa! Ma sei pazzo! Non ho mai pensato niente di simile!-Sbraitò imbarazzatissima.
Damon come risposta se la rise rimettendo a posto la pompa di benzina.
-Sei così divertente Sirenetta! La tua faccia da bruttona è diventata rossa quanto i tuoi capelli!-Scherzò avvicinandosi alla ragazza, che offesa lo guardò malissimo con l’espressione dura e fiera.
Ma le sue gambe arretravano automaticamente, Damon Salvatore era pericolosamente troppo vicino.
Autocontrollo, ci voleva autocontrollo per fronteggiare una creatura divinamente meravigliosa.
Il vampiro le si fermò davanti, guardandola dritto negli occhi.
Poteva soggiogarla ora, era un buon momento infondo.
La strada era deserta: domarla, farla salire in auto, portarla da qualche parte e farne di lei il pranzo sarebbe stato facile, no?
Si dimenticò del suo piano, si dimenticò di Elena, si dimenticò di tutti i suoi buoni propositi.
Al diavolo, se non fosse riuscito a fermarsi avrebbe fatto sparire il cadavere e mandato un sms di addio ad Elena con il cellulare della ragazza inscenando così una partenza improvvisa. In caso si fosse controllato, le avrebbe cancellato la memoria e tutto sarebbe stato molto più semplice.
Ora doveva bere il suo sangue. Ora.
-Devo andare...-Disse la rossa inaspettatamente.
Damon uscì dai suoi pensieri, e spalancò gli occhi.
Era pronto a soggiogarla, quando il cellulare gli suonò.
Maledì, in tutte le lingue che conosceva e non conosceva, suo fratello Stefan.
Rispose incazzato.
D-Spero sia importante!-Esclamò reprimendo un ringhio.
S-Si, devi tornare a casa, lo Sceriffo Forbes ti cerca da un pezzo!-
D-D’accordo! D’accordo!-Sbraitò attaccandogli il telefono.
Se quello era destino, bene! Avrebbe portato avanti il piano “Seduci, mordi, cancella”.
-Sì, devo andare anch’io... il dovere chiama, Sirenetta!-
-Non chiamarmi così!! Diavolo, sei insopportabile!-Esclamò esasperata dal suo nuovo nomignolo, andandosene verso la portiera della sua auto.
-Dai, dillo che sei pazza di me!-Gli rimbeccò il vampiro.
-Tu sei fuori!-Gli disse con un sorriso la rossa.
Era troppo presuntuoso per arrossirgli davanti ancora!
Un po’ di orgoglio, Ariel!
-Bè, ci vediamo sabato Sirenetta!-Disse il vampiro allontanandosi anche lui, mentre Ariel metteva in moto.
-Contaci, verrò solo per te, Mr. Antipatia!-
Damon sorrise semplicemente, dirigendosi verso la sua auto parcheggiata poco più in là.
-Ah dimenticavo...-Urlò la fanciulla affacciandosi dal finestrino, fermandosi sull’uscita della zona di rifornimento.
Damon la guardò da lontano incuriosito.
-...Grazie per l’aiuto!-
E il vampiro per la prima volta la vide sorridere di felicità.
Un sorriso bellissimo.
Gli occhi le brillavano come gemme esposte al sole.
Era bellissima.
Dio, ora non gli sarebbe bastato il suo sangue, avrebbe avuto di più da quella rossa.
La sua anima, il suo corpo ed infine il suo sangue..
Fine III Capitolo.
[Continua...]
Buona sera a tutti!
Con ben 12 pagine di Word, ecco il nuovo Capitolo!
Scusate il ritardo, purtroppo gli impegni sembrano non finire mai e aumentare sempre! L
Non siete d’accordo?
Vabbè, piuttosto che dilungarmi in chiacchiere… parliamo del capitolo!
Anche questo per il momento è di “Transizione”, incentrato su i piccoli momenti di Ariel con il Gruppo e con Damon… è veloce e poco allettante, ma che introduce un nuovo avvenimento che vi piacerà:
La famosa Cena organizzata da Damon.
Cosa succederà? Eh, non posso dirvelo…ma vi assicuro che ne vedrete delle belle!
..ma prima…
Come vi è parsa la situazione fra Damon ed Ariel?
Sicuramente fra i due, pian pian sta nascendo un bel feeling…ma sarà cosi?
Si sono be capiti gli interessi di Damon, che per il momento è attratto da Ariel solo sul piano “sanguineo”, e per poi passare a desiderare completamente questa nuova ragazza per un puro capriccio.
E lei è ignara di tutto ciò!
Voglio anche farvi notare un’ultima cosa, Damon ha tenuta la banconota malridotta di Ariel e l’ha conservata accanto ai documenti… chissà, forse…la rivedremo in futuro!
Bene, mi raccomando, commentate in tanti con pareri belli o brutti…
Ora passo ai saluti di chi con impegno ha lavorato per questo capitolo: The Distance, la mia Beta, che per questo capitolo s’è occupata anche del Banner ad inizio capitolo.
Un grazie di cuore.
Altri ringraziamenti davvero speciali vanno a : TVDipendente, flower_moon, AriaSolis, The Distance, Chara…che hanno recensito lo scorso capitolo!
Ringrazio anche le 182 persone che hanno solo letto J
Prima di andare vi lascio un piccolo spoiler stile Short Promo XD
Damon si accostò di fronte ad Ariel e le sorrise di sbieco, mentre le afferrava una
mano e la portava contro le sue labbra.
-Ciao...Sirenetta...-Disse guardandola dritto negli occhi baciandole la mano.
Ciao, Dio della bellezza!
-Ciao anche a te, Mr. Antipatia!-Esclamò la Redlake sentendo le guance infiammarsi sotto lo sguardo del bel moro.
Damon rise sommessamente, indicandole la direzione verso il salone, senza lasciarle la mano.
E cielo, quel contatto stava provocando in Ariel una serie di dolci e leggere scosse infinite. Si infinite.
E Damon dal canto suo, si gustava un calore umano che da tempo non lo toccava e riscaldava.
Forse solo con Elena, sfiorandola, ogni volta che lei lo abbracciava, gli si avvicinava, riusciva a provare quel dolce calore regalato dal corpo di qualcun altro.
Con nessuna donna con cui si era sfogato, divertito o distratto, provava quella sensazione di tepore che avvolgeva la carne, le ossa e l’anima.
Fine Short Promo XXD
Prima di salutarvi (ancoraaa??? direte voi!) voglio ricordare a tutti il mi Account Profilo Autore su Facebook, dove trovere tanti altri spoiler ed altro!
Serenity452 EFP Profilo Autore
Detto questo, vi saluto...Alla prossimaaaaaa :D
Baci Serenity!
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Capitolo 4 *** Dinner with bath cream ***
Capitolo IV : Dinner with Bath Cream
Quel sabato sera arrivò prima del previsto per Ariel, che alle sei e mezzo era ancora imbambolata davanti all’armadio indecisa su cosa diavolo indossare per la cena.
Aveva pensato di indossare un vestito elegante, ma da come aveva messo in chiaro Caroline, lei avrebbe indossato qualcosa di comodo, come anche Elena e Bonnie, quindi poteva benissimo scartare vestiti, vestitini e gonne.
Bene, poteva ricorrere ai classici e soliti Jeans, no?
Ma la domanda era: quello attillato blu scuro, quello blu chiaro o quello nero? Tutti avevano un particolare disegno fatto di strass luccicanti o cuciture differenti! Un dilemma.
Voleva sembrare carina visto che a scuola non aveva mostrato il meglio di se, uscendo vestita sempre molto casual.
E ammettiamolo, voleva sembrare anche un po’ più sexy agli occhi di un certo fusto.
Era stupida, vero? Si capiva da un miglio che Damon era uno che le ragazze le stendeva con lo sguardo, probabilmente era fidanzato o forse era il moro più ambito di Mystic Falls!
Ma che poteva farci, era fatta così: le piaceva provare interesse verso ragazzi assurdi.
E per la cronaca, venerdì, dopo l’episodio alla pompa della benzina, aveva incrociato Damon ad un semaforo ed il ragazzo le aveva sorriso con un alzata di sopracciglia, mandandole un bacio con la mano. Ed ancora, lo aveva incontrato Sabato uscendo da scuola, davanti al Grill: lui stava entrando e lei stava per uscire.
Si erano salutati con un “Ehi Siiirenettaaa!”, “Ehi Mr. Antipatia!” ma nient’altro.
Bene, si era decisa: Jeans nero attillato con strass che sulla coscia sinistra disegnavano una rosa e sopra una bella canotta rossa con uno scollo a V che metteva in risalto la sua ben voluta quarta.
Dopo aver fatto doccia, shampoo ed indossato la biancheria rigorosamente nera, cercò di dare un senso ai suoi capelli impossibili.
Legarli era fuori questione, senza alcun dubbio.
Optò per tirarne su solo una parte ai lati delle tempie, bloccandoli con una piccola pinzetta nera all’inizio del capo e lasciando così libera solo la frangetta che sistemò di lato, ma inevitabilmente questa le finiva sempre fra le sopracciglia sottili e ben delineate.
Un po’ di spuma per ravvivare i riccioli che di norma erano un ammasso informe di corna che spuntavano ovunque, come il dorso di un porcospino.
Più rapida che poté si vestì, indossando gli abiti scelti ed un paio di comode ballerine nere con degli strass rossi a cuoricino e un po’ di tacchetto.
Passò al trucco e lì perse una buona mezz’ora; si passò un velo di fondotinta, uno di fard sulle gote che divennero più colorite, mise la matita, l’eyeliner, il mascara ed in fine un provocante rossetto rosso fuoco leggermente schiarito con del lucidalabbra rosa confetto.
Perfetto! Era pronta! E forse non era mai stata tanto carina in vita sua.
Insomma, ma davvero si era conciata in quel modo per Damon Salvatore?
Cavolo, se se lo stava chiedendo era vero!
-Elena, amore vai tu ad aprire? Sarà Ariel!-Disse Stefan sentendo suonare il campanello, mentre aiutato da Jenna si dilettava nella preparazione di un piatto dall’ottimo profumino.
La Gilbert non se lo fece ripetere due volte e corse verso la porta.
-Ehiii! Ariel ciao!-
-Ciao Elena! Buona sera!-Disse la rossa con imbarazzo, salutando l’amica con un abbraccio.
Cielo, Elena era così dolce e socievole! Meravigliosa.
-Sei uno splendore Ariel! Vieni, entra pure!-Disse la castana scortando Ariel verso il grande salone.
-Mio...dio...è enorme!-Esclamò scrutando ogni angolo visibile ai suoi occhi di quella immensa casa.
-Si, e ancora non hai visto nulla!-Rispose la Gilbert sorridente.
-Ecco perché trovarla è stato difficile...Non pensavo fosse la più grande casa di Mistyc Falls!-
Sì, Stefan ogni santo giorno puntualmente le aveva rispiegato pazientemente come arrivare alla pensione, dato che lei da sola non avrebbe mai saputo come arrivarci.
E per quasi dieci minuti aveva vagato senza meta, per poi riconoscere l’auto rossa di Stefan e parcheggiare con mal celata sorpresa per l’enormità della casa chiedendosi se fosse davvero quella giusta.
-Non è la più grande!-Esclamò una voce davanti a loro, che stavano entrando nell’immenso salone, dove c’era apparecchiata una grande tavola.
Quella voce, suadente e hot.
-La casa del sindaco Lockwood è almeno il doppio di casa mia!-Esclamò Damon apparendo davanti al tavolo.
Diavolo, era bellissimo!
Indossava un pantalone nero, con una camicia dello stesso colore con le maniche arrotolata verso il gomito.
-Ma... Il proprietario di casa Lockwood non è certo affascinante come quello di questa casa! Ovviamente, parlo di me!!-Disse il vampiro avvicinandosi alle due ragazze.
-Damon come ti pavoneggi!-Esclamò Elena alzando gli occhi verso il soffitto, andandosene verso la cucina.
Damon si accostò di fronte ad Ariel e le sorrise di sbieco, mentre le afferrava una mano e la portava contro le sue labbra.
-Ciao...Sirenetta...-Disse guardandola dritto negli occhi baciandole la mano.
Ciao, Dio della bellezza!
-Ciao anche a te, Mr. Antipatia!-Esclamò la Redlake sentendo le guance infiammarsi sotto lo sguardo del bel moro.
Damon rise sommessamente, indicandole la direzione verso il salone, senza lasciarle la mano.
E cielo, quel contatto stava provocando in Ariel una serie di dolci e leggere scosse infinite. Sì, infinite.
E Damon dal canto suo, si gustava un calore umano che da tempo non lo toccava e riscaldava.
Forse solo con Elena, sfiorandola, ogni volta che lei lo abbracciava, gli si avvicinava, riusciva a provare quel dolce calore regalato dal corpo di qualcun altro.
Con nessuna donna con cui si era sfogato, divertito o distratto, provava quella sensazione di tepore che avvolgeva la carne, le ossa e l’anima.
-Prego, per di qua dolcezza!-Disse il vampiro mascherando le improvvise sensazioni che sbocciavano nel suo petto tenendo la mano di Ariel dolcemente stretta nella sua.
La fanciulla sembrò ignorare il fatto che stessero camminando mano nella mano.
-Ariel!-Esclamò Caroline con un sorriso raggiante, vedendo la rossa entrare nella sala da pranzo.
-Ehi, Ciao Caroline!-
Ariel si avvicinò alla bionda con un sorriso felice, e non se ne accorse, ma neppure lei stava abbandonando la mano di Damon mentre scendeva i due gradini che portavano alla grande stanza.
Il vampiro istintivamente tese il braccio per accompagnare il più a lungo possibile la fanciulla e non perdere il contatto, ma purtroppo i suoi piedi sembravano incollati al pavimento e la mano della fanciulla sfuggì dalla sua, in una frazione di secondo che a Damon parve un eternità.
La rossa abbracciò Caroline, che le chiese subito come stava, soliti saluti e chiacchiere.
Intanto Damon era rimasto lì a guardarsi la mano, ancora stranamente tiepida, e senza sapere perché, la mise in tasca come a voler trattenerne il calore.
Non si mosse da lì, restando a guardare Ariel salutare Bonnie e Jeremy, presentarsi a zia Jenna e dopo qualche attimo salutare Alaric con un timidissimo “Buona sera, professore”.
Era un tipo interessante, pensò Damon trovandosi incuriosito dal comportamento della rossa.
Dal canto suo Ariel, si sentì stranita trovandosi davanti il suo professore preferito.
Sì, era già entrato nella Top Five dei professori, guadagnando subito il primo posto.
E si sa, è imbarazzante trovare il proprio professore ad una cena fra amici.
-Il professore Saltzman è il fidanzato di mia zia Jenna!-Spiegò Jeremy notando il disperato bisogno d’aiuto della ragazza dagli occhi verdi.
-Oh, wow..!-
-Inoltre è molto amico di Damon!-Disse il ragazzo facendo l’occhiolino e tornando verso Bonnie.
-Comunque, sei bellissima Ari! Il rosso ti sta uno schianto!-
-Ma dai, non farmi arrossire Caroline...-Balbettò la fanciulla facendosi di nuovo rossa sulle gote.
Damon ghignò, rosso sangue, pensò constatando quanto fosse palese che tutto in quella ragazza, a cominciare dai capelli e dal vestiario di quella sera, gli riportasse alla mente il sangue che tanto bramava bere.
Era strano, ma Stefan non aveva avuto lo stesso effetto duraturo e Caroline, gli aveva detto Stefan, che per un attimo si era sentita confusa e affamata ma poi gli era passato ed era tornato tutto alla normalità come sempre.
Invece lui continuava a volerle squarciare la gola e bere, bere, bere all’infinito.
Si era fissato.
Sì, Fissato.
Come il ritornello di una canzone.
-Ehi! Ragazzi guardate cosa abbiamo qui io ed Elena!-Esclamò divertito Stefan comparendo alle spalle di Damon, che scosse la testa scacciando i pensieri omicida su Ariel.
Vide Elena che aiutava Stefan a portare dei vassoi ricolmi di prelibatezze, era ora di darci dentro con la cena da umani.
Primo, secondo, e contorno. Tutto delizioso, no, squisito.
Sarà che non mangiava nulla di effettivamente decente da una settimana, se non al Grill, ma la cucina di Stefan le stava facendo rinascere e fiorire le papille gustative dal piacere.
-Ehi Ariel, prendine ancora!-Esclamava zia Jenna, versando nel piatto di Ariel diverse porzioni di verdure, pezzi di pollo e patate.
-Oh dio, vi prego! Basta!-Esclamò la ragazza imbarazzatissima.
Zia Jenna dopo la prima mezz’ora era già un po’ brilla, e da come aveva detto ridendo e sghignazzando, c’era un meraviglioso dolce alla panna in cucina che li attendeva.
E lei fra una chiacchiera e l’altra s’era mangiata almeno il doppio delle portate, sempre servita da zia Jenna, che sedeva al suo fianco.
A capotavola c’era Alaric ed alla sua destra Jenna, Ariel, Elena e Stefan, mentre dal lato opposto Damon era il primo, ed era lui che riempiva il bicchiere di Jenna in continuazione, nonostante Rick lo pregasse di non esagerare.
Caroline era al fianco al vampiro, di fronte alla rossa, e accanto a lei c’erano Bonnie e Jeremy.
-Dai Ariel, non farti problemi!-La invogliò Elena divorando anche lei il contenuto del piatto.
-Stefan cucina benissimo, vero?-
-Oh si, è tutto troppo buono! Io non so cucinare per niente!!!-Raccontò la ragazza addentando il cibo.
-Solo che sto mangiando troppo!-Continuò preoccupata per il suo stomaco, che stava per scoppiare.
-E di che ti preoccupi Sirenetta? Sei già una bruttona, se ingrassi non cambierà nulla!-Esclamò Damon intervenendo per la prima volta dopo l’incontro sull’uscio.
Il suo sorriso era pieno di derisione e quel volto era davvero da prendere a schiaffi.
-Damon! Non prendere in giro Ariel!!-Lo riprese Elena lanciandogli un’occhiata truce.
Il vampiro sbuffò buttando giù un sorso di Bourbon che posteggiava accanto a lui.
-Va bene! Va bene! Scusa, Sirenetta!!-Esclamò sollevando e riabbassando le sopracciglia velocemente.
-Ah-Ah, non fai ridere nessuno con quel soprannome!-Ribatté la rossa regalando al moro una linguaccia e uno dei suoi gestacci preferiti.
Lo so, non è fine da fare, ma era un brutto vizio che aveva.
Le bastava sollevare il pugno chiuso e lasciare in bella vista, ritto, solo il medio e si sentiva soddisfatta.
Damon fece una faccia indignata alla vista del medio della fanciulla.
-In effetti, non mi serve per far ridere, ma per farti arrabbiare...-Disse assottigliando gli occhi con un sorrisetto diabolico.
-...E dal tuo...-Continuò indicando il medio della rossa.
-... Gesto di massima finezza, vedo che ci riesco benissimo!-
-Sei un antipatico!-Rispose la ragazza sentendo le guance che le prendevano fuoco ancora, ancora e ancora.
Eliminò immediatamente la mano col suo gesto di massima finezzadalla vista del moro, nascondendola sotto il tavolo e calando lo sguardo per non affrontare più quello azzurro del ragazzo, che rise subito.
-L’hai già detto questo, Sirenetta!-
Ariel fu costretta a sfoderare il suo buffo broncio dalle paffute guance, incrociando le braccia e voltando il capo verso Stefan, sì, perché Elena era svanita e il posto accanto a lei era vuoto.
Non rivolse più la parola a Damon, anche perché cominciò a chiacchierare con Bonnie, Caroline e Stefan, mentre Damon era intento a versare altri bicchieri di Bourbon a Jenna, ignorando le proteste di Rick, che comunque ci dava dentro anche lui.
Elena nel frattempo era corsa in cucina a recuperare la famosa torta di Panna e Cioccolato.
Inutile dire che l’ubriaca zia Jenna tagliò la torta in maniera sconsiderata e alla Sirenetta toccò un pezzo che era almeno due volte il doppio del normale.
Risero e scherzarono fra le battute di Damon che facevano scompisciare di risate solo Jenna, e per lo più la serata trascorse così fino a quando le ragazze non decisero di riordinare la cucina, e dopo aver tolto tutti i piatti e lasciato per ultimo la torta, dove Bonnie ed Elena avevano banchettato alla grande, si spostarono sull’ala destra del salone, sui divani. L’argomento era la musica, Elena volle mostrare a Caroline che il televisore al plasma enorme che Damon aveva piazzato lì poteva sparare musica a tutto volume sintonizzandosi sui canali giusti.
-Nessuno mangia più la torta?!!!-Continuava però a sbraitare fra le risate Jenna, tentando di sovrastare On the floor di Jennifer Lopez ft Pitbull.
-Ehi, Rick, ti dispiacerebbe riportarla a casa?-Gli domandò Elena capendo che da lì a poco, sua zia avrebbe vomitato tutto.
-Certo... Ariel, ti dispiace portare questo in cucina? È in fondo, sulla sinistra...-Esclamò il professore di storia, sfilando dalle mani di Jenna il vassoio con la torta e cedendolo ad Ariel che un po’ colta di sorpresa annuì cercando la cucina più in fretta possibile, per non mostrare che, di nuovo, era arrossita.
Era normale che il professore chiamasse tutti per nome?
E che fosse così in confidenza con tutti in quella casa?
Assurdo! Ma era bello, insomma erano tutti così cari!
Posò la torta sulla tavola di mogano, e guardò l’arredamento della cucina.
Era così sfarzoso e vecchio stile! Adorabile!
Ma quanti anni aveva effettivamente quella casa?!
-Ammiri i mobili, Sirenetta?-Chiese una voce alle sue spalle facendola spaventare un po’.
Ma capì immediatamente di chi si trattava, Damon era apparso in cucina con il suo fido, ed inseparabile bicchiere di Bourbon che ora stava abbandonando accanto alla torta.
-Si, sono molto belli! Quanti anni ha effettivamente questa casa?-Gli chiese di rimando lei, guardandolo negli occhi, quegli occhi stupendi.
-Oh, un centinaio, ma negli anni cinquanta è stata rimodernata! Lo stile inizio ‘900 dava sui nervi!-Disse il vampiro sfoggiando un sorriso provocante, affiancandosi a lei.
-Ah wow! Quindi è un bel po’ vecchia!-
-Giiiàà!-Esclamò adocchiando lo scollo della ragazza.
Doveva ammetterlo, quella sera la Sirenetta era più sexy del previsto.
Forse non ci aveva fatto caso perché l’aveva sempre vista indossare abiti comodi, con le scarpe da ginnastica, le magliette larghe e i Jeans mai attillati.
Ed invece ora se la ritrovava accanto, carina e sexy.
Ed emanava calore.
Poteva sentirlo anche solo standole vicino.
Il vampiro la guardò in modo malizioso, voleva giocare con lei prima di morderla, prima di assaporare il suo sangue.
Lentamente lasciò scendere la mano sul sedere della rossa che ancora osservava il lampadario antico appeso al soffitto.
Lo tastò in perfetto stile maniaco, portando la ragazza a sobbalzare e strillare.
Ma in quel momento il suo gridolino fu soffocato dalla voce di Katy Parry che cantava E.T.
Con uno scatto lei si scostò di lato per sfuggire alla molestia del moro.
-Ehi! Brutto pervertito! –Esclamò indignata guardandolo malissimo.
Il ragazzo rise.
-Bel culetto, Sirenetta!-
Ariel lo guardò a bocca aperta, poi la serrò ed adocchiò il bicchiere di Bourbon di Damon.
Con impeto, spinta dalla sete di auto-giustizia, lo afferrò e scaricò il contenuto in faccia al bel fusto.
Lui ci rimase di sasso, perché davvero non se l’aspettava.
La rossa scoppiò a ridere chinandosi in avanti, mentre Damon balbettava cercando di restare serio, col Bourbon che gli colava sul viso e sul collo.
-Oh... ti diverti, eh!-Il vampiro in meno di un secondo le aveva versato sul corpo una bottiglia di coca-cola che era poggiata sul piano cottura.
Ariel rimase a bocca aperta emettendo un sospiro di sorpresa e paura.
Damon rise divertito, notando la fanciulla guardarsi la maglietta zuppa di Cola.
-Brutto idiota!-Esclamò arrabbiata la rossa uccidendolo con lo sguardo, ma il risultato fu solo che negli occhi azzurri di Damon scintillò una luce scaltra, e lei ebbe solo il tempo di accorgersi che Damon sollevava la bottiglia sulla sua testa rossa, per poi versarne il contenuto nella scollatura della fanciulla, che si dimenò cercando di non ridere per il solletico e quella strana sensazione di divertimento che le premeva nello stomaco nonostante un tizio che conosceva appena da una settimana le stesse facendo letteralmente il bagno con della bibita piena di bollicine.
Un tizio bellissimo, e anche molto, molto forte.
Non riusciva neppure ad allontanarsi dal suo petto, tanto che la stringeva forte con un braccio solo.
E che pettorali!
Solo sfiorandoli con le dita, sentiva la perfezione coperta da quella dannata camicia.
Purtroppo però, ad un certo punto lui la lasciò andare e buttò via la bottiglia, mentre lei annaspava per il freddo.
Damon, invece se la rideva vittorioso, esultando come un tifoso che vede segnare un grande goal dalla sua squadra, tirando giù il gomito con uno “Yeah, Baby!”.
Ariel, tremante sia di rabbia, sia di spirito combattivo e freddo, avvistò la torta avanzata, e mentre Damon le dava ancora le spalle per pavoneggiarsi sculettando (in modo superbo direi ù_ù), afferrò con una mano una bella quantità di crema, panna e cioccolata, la nascose dietro la schiena e con l’altra picchiettò sulla spalla del vampiro.
-Ehi! Damon!-
Non appena il moro si voltò con un sorriso trionfante, la rossa spiaccicò la sua manina piena di panna proprio sulla faccia tutta ghignante di Damon.
Lei rise fino a chinarsi e battere i piedi a terra.
Ma nessuno sentì nulla, la musica era troppo alta.
-Oh dio! Oh dio! Sei ridicooolo!!! Ahauhushuauhsuas!-
Damon intanto era ancora spiazzato, a bocca aperta guardandosi la scia di panna e cioccolato che gli scendeva sul viso, sul collo, sulla sua camicia nuova, e sul pavimento.
-Oh no...Non avresti proprio dovuto...-Sussurrò con un sorriso sadico, esaminandosi la camicia macchiata e cercando di ripulirsi il viso.
Ariel lo vide alzare lentamente il capo e affondare gli occhi azzurri nei suoi verdi.
Non seppe come descrivere la scintilla che gli vide sfrecciare fra le schegge di ghiaccio dei suoi occhi, ma di sicuro, non era nulla di tranquillo.
Infatti, in meno di un nanosecondo, si ritrovò il ragazzo a cospargerla di torta, bloccandole i polsi con una mano, mentre con l’altra gli spalmava la panna ovunque.
Protestò, ma Damon non se ne curò per nulla, e prese a farle il solletico facendola piegare in due dalle risate, che erano accompagnate dalle sue, ed era assurdo, non se ne rendeva conto ma si stava divertendo con la sua vittima, divertendo di cuore.
Senza alcun esitazione, con uno scatto veloce il vampiro le fece fare una giravolta, facendole appoggiare poi la schiena sul suo petto, e sensualmente, lasciò vagare le mani fin sotto la maglietta della rossa, sfiorandole la pancia piatta e lei, sorpresa smise di ridere, mentre con le sue manine finalmente libere cercava di sottrarsi all’abraccio del vampiro.
-Adesso non ti stai divertendo?-Le sussurrò all’orecchio mentre le spalmava la panna attorno all’ombelico.
-S-smettilaaaa! D-Damoon!-Con un paio di strattoni, Ariel rossissima per l’imbarazzo, riuscì a cambiare posizione, ma di certo non a liberarsi dalla presa di Damon.
Aveva solo messo in bella mostra il suo profilo, a due centimetri dagli occhi di Damon.
-Guarda, sirenetta, sei sporca di Panna...proprio qui...-Sussurrò ancora Damon, e ignorando volutamente i fremiti della ragazza, si avvicinò con le labbra al suo viso.
Ariel s’irrigidì, e smise di respirare nel momento esatto in cui la lingua di Damon le sfiorò la guancia.
Si, se non era un sogno, Damon Salvatore le stava leccando la guancia con una sensualità indicibile.
Poteva anche svenire, o sciogliersi.
O magari esplodere come un vulcano.
Dio quant’era sexy il suo tocco sulla pelle, e quanto le piaceva.
Socchiuse gli occhi sospirando di piacere, mentre lui col le labbra lambiva la sua guancia.
Poi in un batter d’occhio, il vampiro, l’aveva issata sulle sue spalle, ridendo per lo sconcerto di lei che neppure se n’era resa conto.
Ariel vide il pavimento avvicinarsi paurosamente al suo viso, e temé di finirci contro da un momento all’altro, se ovviamente non fosse stato per la presa del vampiro sul suo fondoschiena.
-Brutto maniaco! Non toccarmi il sedere!! Mi hai leccato la faccia!!-
-Oh mia cara Sirenetta, sapessi dove ti lecchereiii....E, dopo quello che hai fatto alla mia camicia, ti meriti proprio di rinfrescarti un po’ le idee! Vieni, ti porto a fare una doccia, così laviamo via tutto il dolce che ti sei spiaccicata addosso!-
-Pooorco!!!! Ma se sei stato tu! Damoon! Fermo! Dove vaii!?..Stefann! Ele!!-
-Shh!-Damon le diede una pacca sul sedere per zittirla e velocemente salì le scale che portavano al piano superiore.
Ariel si chiese come faceva ad essere tanto veloce con lei in braccio!
Cosa faceva per essere così forte quel ragazzo?
Portava sacchi di patate, quando andava a correre la domenica mattina?
Damon entrò nella prima camera libera, si infilò nel bagno, e scaricò la rossa nella vasca.
Ariel si chiese se dovesse cominciare a preoccuparsi come era solita fare, oppure continuare a lasciare tutte le difese basse con Damon.
Era strano, ma solitamente non permetteva a nessuno di avvicinarsi a lei fisicamente, e di punto in bianco, Damon le infilava le mani sotto la maglia e lei non urlava, non piangeva, non tremava.
Damon non le faceva paura.
Damon era diverso.
-Dai fammi veder se ti trasformi in una Sirenetta!-Esclamò lui con un sorriso di sbieco, mentre guardava la manopola della doccia, il che davvero non prometteva niente di buono.
-Oh no! Damon per favore!-Il vampiro le impedì di rialzarsi, ed aprì la doccia attaccata alla vasca, con la quale annaffiò la ragazza proprio sul volto.
La fanciulla lottò per allontanare il vampiro, o almeno evitare che l’acqua le finisse negli occhi impedendole di vedere dove Damon dirigeva il getto d’acqua.
-Brutto-Brutto!!! Uhmrggh!-
Con un colpo di fortuna, Ariel riuscì ad afferrare la gronda, e bloccare il getto d’acqua.
Con la mano libera, provò a schizzare l’acqua che riempiva la vasca contro Damon.
-Dannato ti faccio vedere ioo!-Sbraitò lei continuando a schizzare contro Damon che facilmente le impediva di ostruire il condotto dell’acqua.
Ormai in balia di Damon che le inzuppava i capelli, la faccia, infilava la doccia nello scollo della maglietta e con una mano fingeva di lavarla spiaccicandole ancora di più i pezzi di dolce fra i capelli, Ariel gli afferrò la camicia con la mano destra, mentre si issava sulle caviglie e si sporgeva verso di lui, abbracciandogli il collo col braccio sinistro.
Damon si ritrovò improvvisamente con il viso premuto sul petto di Ariel.
Quell’improvviso “abbraccio” gli fece perdere il controllo.
La rossa era calda, e il suo cure batteva forte.
Aveva un buon profumo, come di panna mescolata al profumo di rose.
Era la torta che gli aveva buttato addosso?
Si era spruzzata del profumo mentre si preparava per la cena?
Sta di fatto che era stupendo, e lui se ne accorgeva solo adesso.
La pelle della Sirenetta era così delicata, mentre tentava di “strangolarlo” facendo aderire la carne contro la sua faccia, pensò il vampiro, che non si rese conto che Ariel lo stava trascinando nella vasca con se.
Si lasciò andare, le finì addosso, godendosi la pelle morbida delle braccia della ragazza avvolgergli il collo e la faccia, e fu ancora meglio quando la sua bocca gli sfiorò il collo, mentre lei ricadeva con la schiena contro il bordo della vasca, e dio solo sa come Damon Salvatore riuscì a resistere all’impulso, all’istinto più feroce che avesse mai provato, di mordere qualcuno.
Le sue ginocchia erano finite nell’acqua, e fra esse, sotto di lui c’era l’oggetto del suo desiderio.
Lì inerme, inzuppata d’acqua e panna, che rideva e cercava di liberarsi di lui che le gravava sul corpo, e incosciente del pericolo esponeva il collo agli occhi del vampiro.
-Damon! Dannato! Spostati! Stupido!-Gli strillava facendo forza con una mano contro il suo petto per scansarlo.
Ma Damon si era tramutato in una roccia.
Di nuovo l’istinto, il desiderio, la sete si erano impossessati di lui.
Dannazione, il suo collo era a venti centimetri da lui, non poteva resistere.
Ormai aveva perso il controllo, poteva morderla e fregarsene di tutto e tutti.
Però un attimo prima di tirar fuori le zanne, la provvidenza fu contro di lui ancora una volta.
-Brutto maniaco! Sei proprio un pervertito!!!-Gli strillò la fanciulla svelando che nella mano piegata dietro la schiena teneva la doccia.
E il getto d’acqua lo colpì diritto negli occhi.
-Aarhhh!-Il vampiro cercò di coprirsi gli occhi con le mani, e colto alla sprovvista, fu sopraffatto da Ariel che con tutta la forza che possedeva era riuscita a posare le mani sul petto dell’uomo e spingerlo via dal suo corpo.
Damon si ritrovò con la schiena poggiata all’altro capo della vasca, con Ariel che con una mossa felina si sollevava sulle ginocchia e lo sovrastava.
Il vampiro era ancora troppo confuso, l’acqua gli aveva fatto chiudere gli occhi, ed inoltre ne stava ingoiando anche parecchia, se fosse stato un umano sarebbe soffocato ben presto.
-Ora me la paghi maniaco del cavolo!-Esclamò la rossa continuando a tener puntata la doccia sulla faccia di Damon, e sui capelli corvini mentre con la mano libera tastò lungo il bordo della vasca, ed incontrò una boccetta di sapone.
Senza alcuna esitazione gliela scaricò sulla testa, lasciando che il liquido bianco cadesse anche sopra la camicia, macchiandola ancora di più.
-Ora si che è divertente!-Esultò lei convinta di aver il moro in pugno, insaponandolo con una mano.
Ma dovette ricredersi quando Damon le afferrò il polso delle mano con cui teneva la doccia.
-Non cantar vittoria, Sirenetta!-ribatté il vampiro tentando di sollevarsi e schiacciare sotto di se la ragazza, che cercando di resistere alle strattonate di Damon non riusciva più a riversagli addosso il sapone.
-Non te la darò vinta antipatico maledetto!!!!-Con uno scatto Ariel si alzò in piedi per metà.
Fu un errore, poiché Damon ne approfittò, e libero dal peso della fanciulla intenta ad abbandonare la vasca, lui poté riappropriarsi dell’”arma”.
Proprio quando la Redlake stava per mettere un piede fuori dalla vasca, Damon l’afferrò per i fianchi, sollevandosi anche lui sulle ginocchia, ma entrambi finirono per cadere fuori dalla vasca, sul pavimento.
I due litiganti, finirono con le anche ai piedi della vasca, ed il vampiro cercò di bloccare a terra la ragazza che si scuoteva per rialzarsi.
Non se ne accorsero subito, intenti a destreggiarsi come serpenti, ma Stefan, Caroline ed Elena, avevano spalancato la porta, e scioccati li guardavano senza parole.
Ariel e Damon si bloccarono notandoli lì sulla porta.
Si guardarono per un istante e...
-Ha cominciato LUI/LEI!-Strillarono all’unisono, mettendosi in ginocchio ed indicandosi.
Fine IV Capitolo.
Angolo Autrice:
Buon giornooo a tutti!
Come vi è parso questo capitolo? Vi è piaciuto? Siete rimasti soddisfatti? Spero di si xD
Eheh, il nostro Damon ci da dentro, ma sfortunatamente sembra che la provvidenza sia amica di Ariel...almeno per ora!!
Chissà che combineranno nel prossimo capitolo!
Oh... Aspettate ve lo dice Ariel:
SPOLIER
-Va bene, niente Edward!... Che poi cos’ha contro Edward Cullen che nemmeno sai chi è?!...Ehi che ne dici di Dobby, l’efo domestico di Harry Potter?...No? Insomma non ti va bene nulla! Sei antipatico come Damon Salvatore...aspetta! Ma certo! Ti chiamerò Damon!-
Il corvo, si bloccò in volo davanti a lei, e poi gli planò sul grembo.
-Maddai? Ti piace ‘sto nome? Bah! E sia, d’ora in avanti sarai Damy!-
*Fine*
Prima di andare, ringrazio di vero cuore tutte le persone che hanno recensito.
Siete state davvero in tante, e questo mi riempie di gioia!
*O*
Spero che mi direte i vostri pareri in tante anche su questo capitolo!!!
Ancora Grazie a tutte, vi adoooorooo!!
Un Grazie Speciale a The distance a che nonostante mi abbia fatto sudare sette camicie per questo capitolo, è riuscita a correggerlo nonostante tutti i suoi impegni e casini.
Alla prossima gente!!
Un Bacio Serenity452
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Capitolo 5 *** Damy – Il corvo Stilista ***
Capitolo 5
Un
grazie speciale a The Distance, che nonostante
il momento difficile e i molteplici impegni,
ancora
una volta si è presa cura
di
uno dei miei capitoli.
Grazie
di vero cuore.
Capitolo
V : Damy – Il corvo Stilista.
Martedì fu un giorno assurdo per
Ariel.
La nostra rossa quel mattino si
era alzata dal letto con il gracchiare fastidioso di un uccello.
Precisamente un corvo, un grosso
corvo nero come la notte.
Ariel saltò giù dal materasso e spiaccicò
la faccia contro il vetro per esaminare meglio l’animale.
Si, il corvo c’era e beccava
contro la finestra in modo ossessivo,ed era dalla sera precedente, che la
seguiva ovunque.
Non appena uscita da lavoro, lo
aveva visto appollaiato sul tettuccio della sua auto e lui era volato via
vedendola arrivare.
Dopodiché lei aveva sostato al
grill per prendere qualcosa da portare a casa per cena, ed il corvo al suo
ritorno era di nuovo sulla sua auto a starnazzare, come se fosse si offeso sul
serio, quando la rossa lo aveva guardato male borbottandogli uno “sparisci
pennuto, mi graffi l’auto!”.
Ah naturalmente, al Grill aveva
incontrato Damon.
Yep, proprio Damon Salvatore,
quello con cui cinque giorni prima aveva “lottato” in una vasca come una
bambina di sei anni.
Ma volete sapere com’era andata a
finire?
*Sabato Sera*
-Ha cominciato LUI/LEI!-
Damon ed Ariel si erano puntati a
vicenda, cercando di non scivolare sul parquet tutto inzuppato d’acqua grazie
agli schizzi che entrambi avevano provocato combattendo per il possesso della
doccia.
Lo stupore generale fra i
ragazzi, instaurò un imbarazzante silenzio che pesò soprattutto ad Ariel.
Insomma, lei era la nuova
arrivata, non poteva comportarsi come una vecchia amica di famiglia che
litigava col padrone di casa! Che figuraccia era!?
Ma ci pensò Damon a risolvere la
situazione.
-Bé Sirenetta, si da il caso che
sia stata tu a buttarmi in faccia della torta!-Esclamò spalancando di più gli
occhi di ghiaccio e sfoderando come al solito quel sorriso che ti derideva.
Ariel assottigliò lo sguardo,
restando a bocca aperta.
-Cosa? Tu mi hai fatto la
doccia!-
-Perché tu mi hai prima buttato
in faccia il mio Bourbon e poi mi hai sporcato la camicia!-Rispose il vampiro
alzandosi, mentre dal suo corpo perfetto sgocciolava acqua.
Anche la rossa lo imitò, cercando
di restare in equilibrio senza scivolare sul bagnato.
-Devo forse ricordarti che mi hai
toccato il sedere! Maniaco!-
Si guardarono a denti stretti, e
se avessero potuto si sarebbero scagliati l’uno contro l’altro delle saette o
raggi laser dagli occhi, tanto che era palpabile la sfida fra loro.
Ma le risate di Elena salvarono
decisamente la situazione.
-Siete tutti cosparsi di sapone e
panna ahahahahh!-
E così Damon, alzando gli occhi
al cielo, sbuffò e cercando di scrollarsi l’acqua di dosso imbrattò ancora di
più il pavimento.
Non contento, il bel fusto decise
di far venire un infarto alla Sirenetta, e non solo.
Con un gesto sensuale si sbottonò
la camicia e se la sfilò gettandola a terra.
-Bah! È rovinata!-Disse uscendo
dal bagno mentre Elena si avvicinava ad Ariel.
E lei, dopo aver visto quella
schiena pallida, le spalle larghe di quel figo di Damon Salvatore, non riusciva
nemmeno più a respirare.
Poteva qualcuno essere così
perfetto?
Se esisteva, era senza alcun
dubbio Damon Salvatore!
La serata poi si concluse con
l’imbarazzante aiuto di Stefan che le prestò una maglia ed un paio di
pantaloni.
Si, un paio di Jeans di Stefan.
Elena si era offerta per
prestargli qualcosa da mettere, ma la taglia della castana era appena la 40 e
lei aveva una 42 piena.
Non si era mai sentita tanto in
imbarazzo in vita sua, e Damon complicò le cose quando per salutarla gli gridò:
-Ma che stile femminile, Sirenetta!-
Il tragitto verso casa con i capelli
ancora umidi e sporchi di torta, Ariel lo utilizzò per rimuginare su quanto era
stronzo e bono quell’uomo!
Lunedì sera un corvo le si era
appostato sull’auto, al Grill aveva incontrato Damon che si dava al Bourbon e
c’era stato un piccolo scambio di battute.
-Ehi guarda chi si da alla
bottiglia!-Disse la rossa attirando l’attenzione del moro.
Lui alzò un sopracciglio e
sorrise.
-Ed ecco la Sirenetta...-
In realtà, lui l’aveva sentita
arrivare ancor prima che scendesse dall’auto.
-E Mr. Antipatia!-
Damon borbottò una finta risata e
la fissò con un sopracciglio alzato.
-Che fai qui rossa?-Le domandò
sorreggendo il bicchiere a mezz’aria.
-Compro la cena!-Gli rispose la
ragazza cercando di tirar fuori il portafoglio dalla borsa fregata a Mary
Poppins.
Damon scosse lievemente il capo,
divertito dalle difficoltà della Redlake.
-Sei proprio un’imbranata, eh?-La
canzonò bevendo il Bourbon.
Lei gli lanciò un occhiata torva
abbandonando il tentativo di trovare il suo portafoglio nella borsa.
-E tu credi di essere tanto
spiritoso?-
-Ma lo sono!-Disse il moro
abbandonando il bicchiere vuoto sul bancone.
-Bevi qualcosa con me,
Sirenetta?-Chiese guardando negli occhi la fanciulla.
Aveva voglia di soggiogarla e
farle dire si in quel preciso istante, aveva fallito già troppe volte.
-No, neanche per sogno! E poi
sono a stomaco vuoto! Perciò...-Rispose la rossa, rammentandosi che era al
Grill per accontentare il suo stomaco.
Prese la borsa posata sul bancone
e si voltò in direzione della cassa.
-Ti saluto, Mr. Antipatia! Torno
a casa!-
Damon soffocò una risata calando
di poco il capo e scuotendolo piano.
La Sirenetta non aveva capito
nulla, quella sera non sarebbe andata da nessuna parte.
Si alzò dallo sgabello con
l’intento di seguirla, impossessarsi di lei e divertirsi come si faceva con una
Barbie.
Ma non finì nemmeno di roteare il
busto per direzionarsi che notò la presenza dello Sceriffo Forbes.
No. No. No. Non era vero.
Non era possibile. Era un incubo.
Era la terza volta che faceva
cilecca con la sua cena!
O la rossa era molto fortunata o
non era davvero destino che lui, Damon Salvatore, si nutrisse di lei!
Ariel intanto si era avvicinata
alla cassa e stava pagando la sua ordinazione.
Lo sceriffo invece gli si era
avvicinato e si era seduto al bancone.
-Damon!-Lo aveva salutato.
Il vampiro sorrise.
“Sceriffo, Liz
cara, se non fossi mia amica stasera saresti morta, grazie a te, la mia preda
che punto da una settimana è persa.”
-Ehi Liz!-Esclamò fingendosi
sorpreso e quasi contento.
Contento? Redlake se ne era
andata via, ma nessun problema, le aveva messo alle calcagna il suo nuovo
animaletto preferito.
*Martedì Mattina*
Ok, il corvo era sempre lì.
Forse si era affezionato a lei,
pensò eccitata Ariel.
Sorrise al pennuto e lo salutò
con la mano.
-Buon giorno!-Disse inclinando il
capo di lato per squadrarlo meglio.
Sembrava figo che un animale così
cupo si fosse affezionato a lei tanto da seguirla per due giorni.
Il corvo cominciò a beccare
contro il vetro come un dannato, e la direzione del suo becco era verso il
basso.
La rossa si voltò e notò il suo
cellulare a terra, al centro della camera.
-Merda!-Esclamò correndo a
recuperarlo.
La prima cosa che fece fu
guardare l’ora.
-Porca palettaaa!!!-Urlò
rendendosi conto che aveva solo trenta minuti per arrivare puntuale a scuola.
Lanciò il cellulare sul letto e spalancò
l’armadio saltellando sul posto.
-Cosa mi metto? Cosa mi metto?
Cosa mi meeeettoooo!?-Strillò sfogliando tutte le sue cose.
Nel frattempo il corvo continuava
a beccare contro la maniglia, con forza.
Ariel si girò e gli disse di
stare buono, ma fu inutile.
-D’accordo! Ti faccio entrare, ma
non fare la cacca da nessuna parte! E non mi beccare!-
Spalancò la finestra ed il corvo
volò immediatamente in direzione dell’armadio posandosi sull’anta aperta.
-Wow, sei stranamente
tranquillo!-Esclamò la ragazza, cominciando a spogliarsi.
-Ehi ma sei una femmina?
Altrimenti girati!-Scherzò la ragazza mentre lanciava la maglietta rosa del
pigiama sul letto, e si sfilava anche il pantalone.
Il corvo per tutta risposta
gracchiò e con una mezza piroetta in volo si voltò, mostrando alla fanciulla il
dorso.
Ariel lo guardò sgranando gli
occhi verdi.
Dio, quel corvo si era appena
voltato, si era voltato perché in un certo senso glielo aveva chiesto lei.
Era una scherzo. Era un corvo
telecomandato.
Non poteva essere vero, ora aveva
davvero paura.
-Ehi...che scherzo è...?...tu..tu
mi capisci?-
Il corvo gracchiò ancora e mettendosi
in volo con una curva entrò nell’armadio,
dove cominciò a pizzicare una maglietta rossa a maniche a tre quarti,
con la parte anteriore formata da una camicia bianca.
-Oh dio... un corvo... mi
capisce... e..e...mi sta dicendo cosa mettere...!!!-
In stato di shock la rossa non
riusciva nemmeno a respirare, ma il
corvo continuando a colpire col becco la maglietta, era riuscito a farla cadere
dalla stampella, ed era ritornato sull’anta.
Ariel prese fiato.
-Ok... Devo vestirmi...
vestirmi!-
Cercò di afferrare la prima cosa
che gli capitava a tiro nell’armadio ma il latrare dell’animale gli suonò come
una sorta di protesta nei confronti della sua scelta.
-Va bene! Va bene! Ho capito,
vada per la maglia rossa!-
La indossò alla svelta, e cercò
un jeans adatto.
Non serve dire che il corvetto protestò
quando lei ne scelse uno non aderente, ma volò cantilenando felice quando Ariel
arrabbiata gliene mostrò uno chiaro che era di certo attillato e a vita bassa.
-Ma che permaloso! Non posso
nemmeno più scegliere cosa indossare!-Esclamò la ragazza legandosi le scarpe da
ginnastica.
Legò i capelli mentre il pennuto
svolazzava qua e là senza però lamentarsi, tranne che per il fatto che lei si
era chiusa in bagno e gli aveva impedito di entrare.
Poco dopo s’era anche truccata, un
po’ di fard, matita e lucidalabbra.
Raccattato tutto ciò che gli
serviva per la scuola si avvicinò all’uscio di casa.
-Ehi tu, io devo andare a scuola!
Forza esci!-
L’uccello le obbedì e filò via
dalla finestra ma quando Ariel uscì di casa, lui era lì sul ramo di un albero,
dove sotto era parcheggiata la sua auto.
-Ma non sarai uno Stalker!?-Sbottò
salendo in macchina, e dando gas.
Le mancava solo il corvo
persecutore per entrare nel record delle persone strane!
Il Sabato della sua seconda
settimana a Mystic Falls, Ariel era ancora perseguitata dal suo nuovo amico
pennuto che spesso e volentieri insisteva per svolazzare un po’ in casa, e
dargli qualche suggerimento d’alta moda.
-Ma chi sei te, Valentino!?
Lavori per la D&G!?-Gli sbraitò quel sabato mattina la rossa esasperata.
Il corvo insisteva per farle
indossare una canotta estiva molto scollata.
Ed erano ancora a Marzo.
Alla fine decise di non darla
vinta a quel benedetto pennuto, e lo cacciò via con una cuscinata.
-Non mi servono i tuoi consigli!
Non sono una pornostar! Corvo maniaco!-
L’animale protestò starnazzando
ma alla fine volò via risentito.
Era assurdo, ma riusciva quasi a
capire il tono con cui il corvo gracchiava.
Ed era anche molto permaloso e
suscettibile.
Giovedì era rimasto tutta la
serata in casa ed inutili erano state le proteste della ragazza per farlo
uscire, anche se ormai si era abituata all’ intelligenza del corvo che la
scrutava come un giudice sentenzioso.
Cielo, a Mystic Falls conosceva
una sola persona che fosse così antipatica e permalosa.
Oh, si proprio lui, Sua maestà
imperiale, dio della bellezza: Damon Salvatore.
Con Damon le cose proseguivano
come al solito, un continuo tira e molla di provocazioni.
Non aveva idea di cosa passasse
per la testa di quel ragazzo, ma stranamente sembrava interessato a lei.
Diavolo, non ci poteva credere,
il ragazzo perfetto si stava interessando a lei che con i ragazzi proprio non
ci sapeva intraprendere nulla in più di un’amicizia.
Da una parte, aveva le sue buone
ragioni, considerando i suoi precedenti con il genere maschile avuto in casa, dall’altra
c’era solo la sua incapacità di risultare attraente.
Comunque sia, il ragazzo in
questione negli ultimi giorni era passato fuori scuola con la sua scintillante
auto celestina lanciando occhiolini a tutte le ragazze che vedeva e le
fanciulle non potevano che morirgli dietro.
Ma lei si meritava di essere
salutata a voce.
-Sireenetta! Ancora con i vestiti
di Stefan?!!-
E dire che indossava un pantalone
nero ed una felpa grigio pallido.
Ok, forse la felpa era un po’
larga e di certo non era molto femminile, ma nemmeno poteva paragonarsi al
vestiario di un ragazzo!
Accidenti, forse quel corvo aveva
ragione quando le consigliava cosa mettere!
Poi c’era da dire che in effetti,
Damon più che interessato a lei, era molto più appassionato col prenderla in
giro.
Per strada le sorrideva con
quella faccia da schiaffi troppo bella, e lei finiva sempre per arrossire, e
causare qualche danno.
Venerdì mentre andava a lavoro
aveva quasi urtato un auto perché il signor Salvatore le era sfrecciato davanti
senza rispettare un segnale di Stop.
E le aveva sorriso con derisione.
Dannato.
Sabato sera lo trascorse a casa,
in compagnia del suo ormai coinquilino.
-Sai, forse è proprio il caso che
io ti dia un nome!-Esclamò la ragazza sfogliando un giornale, e sbriciolando
del pane su un piattino posto sul comodino affianco al letto, senza guardare
l’animale.
Il corvo alzò il capo dal piatto
dove stava mangiando per guardare la vittima del suo padrone.
-Sì, insomma, non penso tu ce
l’abbia vero?...Che ne dici di..Bruce? Come Bruce Lee...o Bruce Wayne, come
Batman!-
Il corvo starnazzò con tono di
disapprovazione.
-No?...Allora Dorian! Come Dorian
Gray!...Ho capito nemmeno questo...e che ne dici di Edward? Sì Edward Cullen!-
Ma il corvo non apprezzò affatto.
-Ma dai Edward è un vampiro!
fighissimo no?! Sai che ho letto tutti i libri? Non li hai visti sullo
scaffale! Allora ti va bene Edward? Poi sarà Ed!-
Il corvo prese a volare e
starnazzare in segno di dissenso, lo faceva quando qualcosa non gli andava
proprio a genio, ormai Ariel aveva imparato in quei pochi giorni a capirlo sul
serio.
-Va bene, niente Edward!... Che
poi cos’ha contro Edward Cullen che nemmeno sai chi è?!...Ehi, che ne dici di
Dobby, l’elfo domestico di Harry Potter?...No? Insomma non ti va bene nulla!
Sei antipatico come Damon Salvatore...aspetta! Ma certo! Ti chiamerò Damon!-
Il corvo, si bloccò in volo davanti
a lei, e poi gli planò sul grembo.
-Maddai? Ti piace ‘sto nome? Bah!
E sia, d’ora in avanti sarai Damy!-
Il pennuto starnazzò in modo
contrariato, per il diminutivo.
Ma proprio quando stava per ribattere,
il cellulare vibrò ripetutamente.
Era Elena che la chiamava!
-Ehi, Damy fa silenzio! Non ho
detto a nessuno di te!-
In modo sorprendente il corvo si
appollaiò ai piedi del letto e rimase tranquillo.
A-Ehi Elena!-Rispose la rossa.
E-Ciao, Ariel! Scusa se ti
disturbo a quest’ora!-
A-Ma no figurati! Però è tutto
ok, vero? Non mi devo preoccupare?-
E-No, no! Tutto bene, tu come
stai?-
A-Oh bene, grazie! Allora dimmi
tutto!-
E-Ecco, io Stefan e le ragazze,
domani mattina avevamo in programma di passare una giornata al lago, sai
organizziamo un picnic! Ti va di venire?-
A-Oh wow...ti ringrazio! Sarà
bello trascorrere una giornata con voi!-
“Oh wow...ti
ringrazio! Sarà bello trascorrere una giornata con Damon!”
E-Fantastico! Non vedo
l’ora!-Esclamò la castana dall’altro capo del telefono.
A-Ah, non faremo il bagno
vero?-Chiese la Redlake.
E-No! No! Però se hai voglia di
sfidare le temperature di fine Marzo...-Scherzò Elena.
A-No, no... anche perché... è
imbarazzante dirlo...ma non so nuotare!-
E-Oh...Ok, dai non preoccuparti
tanto nessuno ha in programma di fare il bagno! Ci vediamo domani mattina alle
dieci, passiamo io e Stefan a prenderti ok?-
A-Certo! Allora buona notte e
grazie ancora Elena!!!-
E-Buona notte Ariel!!!-
La rossa riagganciò guardando il
cellulare con aria sognante.
Era così contenta di essere stata
invitata che le si dipinse un sorriso a trentadue denti sul viso, e non se ne
andò più.
D’accordo forse buona parte della
sua felicità era dovuta al fatto che probabilmente ci sarebbe stato anche Mr.
Antipatia, che lei, contrariamente a quanto si ripeteva, non vedeva l’ora di
incontrare.
Intanto Damy aveva ripreso a
volare per la stanza richiedendo attenzioni.
-Ehi Damy tu non puoi venire, ok?
E adesso che ne dici andartene a casa tua?-
Il corvo gli starnazzò contro
posandosi sulla spalliera del letto.
Ariel sbuffò, abbandonando il
cellulare sul cuscino.
-Ma non ce l’hai una casa
tu?-Sbuffò di nuovo quando il corvo voltò semplicemente la testolina
ignorandola.
Mah, che animale assurdo!
Mezz’ora dopo, quando era troppo
stanca per continuare a guardare la tv, la spense, mise a posto il giornale che
aveva letto prima, poi il cellulare le vibrò per qualche attimo.
Un sms. Sperava non fosse Elena
che rimandava l’appuntamento.
Con uno sbadiglio, lo visualizzò:
Era da un numero sconosciuto.
[::Lo so amore, sono
quasi due mesi che non mi faccio sentire e sarai furiosa...scusa! Cmq sto bene,
sono vivo e faccio regolarmente sesso! Tu stai bene, Tettona? Tuo J.. ::]
Gli occhi verdi le brillarono di
malinconia ed amore.
-J...Non mi dici mai dove
sei...-Mormorò sconsolata iniziando a comporre il messaggio di risposta,
consapevole che non avrebbe ricevuto un altro sms di risposta, tutto sotto lo
sguardo cupo e attento di Damy.
*
Non ci poteva
credere, era al Grill seduta al bancone con Damon Salvatore e il suo
inseparabile bicchiere di Bourbon.
Ariel lo guardava
muovere le labbra e parlare con aria divertita, ma era troppo rapita dagli
occhi celesti del moro davanti a lei.
Sembrava un mare
liquido, così liquido da poterci affogare da un momento all’altro.
E lei ci era
affondata.
Risucchiata da
quell’azzurro cosparso di schegge di ghiaccio.
E in un attimo, si
era vista catapultata in un profondissimo tunnel azzurro, verde, giallo e
rosso, in un flash di colori.
Si ritrovava in una
camera da letto, che sembrava proprio quella di un Love-Hotel, di quelli per
una notte e via.
Con lei, o meglio
su di lei, che era già distesa sul letto, c’era sua Maestà Imperiale Dio della
Bellezza Damon, che con mani sapienti le sfiorava le spalle, e la baciava.
La baciava, e lei
baciava lui con un ardore che non s’era mai aspettata.
Passava le mani
sotto la giacca odiando la maglietta scura che la separava dalla pelle del
giovane.
Senza accorgersene,
lei era già senza maglia, e Damon le era seduto di fronte e le baciava la base
del collo, scivolando sul seno, infilando le mani sotto le bretelle all’altezza
delle spalle, e con una carezza molto sensuale le lasciava scivolare via.
Lei intanto lo
aveva privato della giacca di pelle nera, della maglietta, e gli carezzava con
foga la pelle di fuoco sul petto senza tralasciare nemmeno un centimetro di
quel torace da Dio.
E tutto ardeva.
I loro corpi, la
stanza, l’aria e qualsiasi altra cosa.
Una mano del moro
era scesa fino ai suoi slip, valicandoli fino alle carni e Ariel preferì non
chiedersi quando le fosse sparito il Jeans o qualunque abito avesse indossato,
l’importante era godersi quel tocco impulsivo e passionale e baciare di nuovo
quella bocca.
Senza pensarci due
volte, sconvolta dal piacere, spinse Damon contro il materasso, e con una mossa
felina si posizionò a cavalcioni su di lui.
Damon la guardava
sorridendo, e nei suoi occhi c’era la scintilla del desiderio e della voglia.
Oh si.
Rapidamente la
rossa si chinò a baciare il ragazzo, con passione e avidità mentre le loro
lingue di danzavano l’una intrecciata all’altra senza sosta.
Ma non bastava,
improvvisamente aveva già sciolto il bacio ed era chinata sul ventre del moro,
e gli slacciava i pantaloni.
Lui sorrideva e la
sciava fare, ed infatti, lei si posizionò di nuovo sopra di lui permettendo all’uomo
di entrare dentro di lei.
Poi fu tutto un susseguirsi
di movimenti veloci, Damon si moveva in sincronia con lei che gemeva con
sospiri lunghi e profondi.
Le sembrava di
essere all’apice, ma alla fine tutto divenne più confuso, un nuovo tunnel le si
parò davanti.
No, Non ora che era
sul punto di impazzire di piacere.
Ciò nonostante
l’immagine stava cambiando, era tutto scuro, buio.
La sveglia le era suonata alle
nove, ma lei si era svegliata rendendosi conto che il suo coinquilino dalle
piume nere non aveva beccato contro la finestra per entrare, e quindi non
l’aveva svegliata.
Saltò giù dal letto tutta
trafelata.
Dio. Dio.
Oh Dio, aveva appena sognato di
fare sesso selvaggio con Damon Salvatore!
Non ci poteva credere! Ma che
diavolo andava a sognare!
Non era possibile! Insomma aveva
fatto un sogno Hot su Damon Salvatore!
Un sogno osceno! Fantasticamente
osceno!
-Oh cavolo! Cavolo! No!-Sbraitò
correndo in bagno imbarazzatissima, sudate e non solo.
Era un sogno così realistico!
Dannazione!
Cercò di lavarsi più in fretta
che poté, con una doccia che per un primo minuto fu gelata, quando fu asciutta
ed in biancheria, spalancò le ante della finestra.
Ok, non aveva la più pallida idea
di cosa diavolo indossare.
E voleva essere assolutamente
preparata per quella giornata!
Merda, di Damy il corvo stilista,
non c’era traccia quella mattina e lei era davvero in ritardo.
Bene, dopo il sogno erotico con
Damon, la realtà era davvero catastrofica, presto Elena e Stefan sarebbero
stati li, meno di mezz’ora, e lei girava ancora in mutande per casa.
-Ehiii Damyyyy!!!!!!!!!
Dannazione quando mi servi non ci sei mai!!!!?-
Niente Damy, doveva arrangiarsi,
ecco cosa significava fidarsi di un animale.
Peggio di così non poteva andare
vero?
No, davvero poteva andare peggio.
L’auto di Damon, mezz’ora dopo,
era proprio sotto casa sua.
-Ehi Sirenetta, mi hanno mandato
a prenderti!!! Esci bellezza!!-
Fine V Capitolo.
Salve Tesorucci
mieiiii *-*
Eccoci con il
nuovo capitolo!
Che ne pensate?
Questa vota
abbiamo conosciuto Damy il corvo che Damon ha messo alle calcagna di Ariel.
Abbiamo visto un
po’ come vanno le cose durante la vita di routine dei personaggi, e... abbiamo
tirato in ballo un nuovo misterioso elemento della vita di Ariel.
“J” una lettera
per un nome avvolto nel mistero...
Ma a quanto pare
i due sembrano molto legati, tanto che lui la chiama “Amore”.
Chi sarà? Amico?
Nemico? Fidanzato? Amore Passato?
E poi c’è...Il
sogno erotico che Ariel partorisce nella notte...specifico che il sogno non è
frutto del controllo mentale di Damon o del corvo, ma l’ha concepito lei da
sola... si che pervertita ù.ù!
Bene nel
prossimo capitolo vi assicuro che vedrete qualcosa di progressivo per la coppia
Ariel/Damon!
Ma prima dello
spoiler:
-Un
ringraziamento a tutte le persone che hanno inserito la fan fiction fra le
Preferite, le seguite e da Ricordare...
Un grazie di
cuore alle fantastiche persone che hanno recensito lo scorso capitolo, riempiendomi
di gioia...
Ringrazio molto
anche chi legge soltanto...
Vi adorooo *O*
- Per chiunque
sia interessato ad ulteriori spoiler, avvisi ecc... puo aggiungermi su Fb
tramite il mio account Autore : http://www.facebook.com/profile.php?id=100002920490738
* SPOILER*
Ariel-E tu? Cosa
sei uno che va con tutte le ragazze che gli capitano a tiro? Cos’è oggi non
c’era nessuna da palpare o sbaciucchiare!?-Sparò a vanvera la fanciulla.
Damon-Ti sbagli,
ci sei sempre tu, per me!!!-
**
A presto, baci
Serenity452!
|
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Capitolo 6 *** Avviso. ***
Avviso.
Salve a tutti,
Volevo comunicare, che a causa
di problemi di natura familiare, tutte
le mie fan fiction
verranno sospese a tempo indeterminato.
Non posso dire con certezza se si
tratterà di un paio di giorni o di due settimane piene.
Mi scuso per il disagio, ma la
situazione al momento veramente difficile, non rende per me
la pubblicazione dei capitoli una
cosa piacevole o entusiasmate come dovrebbe essere.
Il dispiacere nel dare questa
notizia è molto forte anche per me, ma ci sono situazioni che vengono prima delle
fan fiction.
Spero non mi abbandoniate nell’arco
di queste 2 ipotetiche settimane.
Per qualsiasi notizia, spoiler,
immagini...e tant’altro sarò sempre disponibile sul mio Account Facebook:
http://www.facebook.com/profile.php?id=100002920490738
Vi assicuro che troverete ogni
giorno qualche piccola novità!
Grazie mille per le
recensioni fantastiche che m’avete l’asciato, l’affetto che mi avete trasmesso
attraverso esse ed il tempo che avete speso per leggere ciò che ho scritto.
A presto Serenity452
|
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Capitolo 7 *** Stratosferico. ***
Capitolo VI
Capitolo VI
: Stratosferico.
A The
Distance
che anche questa
volta si è
presa cura di questo
Capitolo con
impegno,
dedizione,
destrezza,
pazienza ed amore.
Grazie d'esistere.
(Come sei
gentile *w*
Sì, la Beta
s'intromette! u.u)
Mezz’ora dopo,
l’auto di Damon era proprio sotto casa sua.
-Ehi Sirenetta,
mi hanno mandato a prenderti!!! Scendi bellezza!!-
-Damon?- Il
cuore le martellava nel petto.
Uscì di casa con la borsa di paglia che s’era preparata, affrontando il moro
che sorrideva, con le braccia incrociate ed il bacino appoggiato all’auto.
-Ehi, Sirenetta!
Finalmente ti vedo con qualcosa di estremamente femminile a dosso!- Commentò il
ragazzo squadrando la rossa dalla testa ai piedi.
Ariel indossava
un vestito di tessuto elasticizzato verde pistacchio a maniche corte con la
gonna a pieghe, e il tutto seguiva le forme perfette del corpo.
Sopra era coperta da una camicetta a maniche a tre quarti, con trama a quadri
scozzesi di un colore misto tra azzurro e verdino.
Visto che il
sole non era molto forte e c’era giusto quel piccolo e fastidioso filo di
vento, aveva deciso di indossare anche le calze color carne, e ai piedi delle
comode ballerine nere.
-Spiritoso!..Com’è
che...sei venuto a prendermi tu?-
-Caroline ha
pensato di preparare il pranzo per un intero esercito, e così, nell’auto di
Stefan non c’era più posto!-Spiegò il vampiro aprendo la portiera alla ragazza,
da bravo cavaliere.
Saliti in auto
Damon partì, mentre Ariel allacciava la cintura.
Dopo i primi
attimi, Damon diede gas all’improvviso, trovandosi la strada libera dinanzi a
se.
-Oh dio!-Esclamò
la rossa schiacciandosi contro il sedile per via della pressione.
Damon sogghignò
guardandola con occhi divertiti.
-Paura?-Sibilò
in modo sensuale e provocante.
-Paura!? Stai
andando quasi a centodieci all’ora su una strada secondaria! E non hai nemmeno
allacciato la cintura!!! Sei pazzo!!?-Sbraitò la ragazza guardando la strada
con terrore.
Se non ricordava
male, a qualche chilometro da lì doveva esserci un semaforo, e correndo a
quella velocità nel giro di neanche cinque minuti ci sarebbero arrivati.
-Rallenta... e
metti la cintura per favore!-
Ma Damon non ne
voleva sapere di ascoltarla, anzi aveva cominciato a canticchiare.
Presa dal panico
la fanciulla cominciò a respirare lentamente e cercare di distrarsi.
Arrivarono al
semaforo, ma c’erano già un paio d’auto ferme per via della luce rossa.
Il vampiro
sbuffò annoiato costretto a frenare, e giusto in tempo, proprio dietro una
Smart che non urtò per miracolo.
-Stavamo
procedendo così bene!-Esclamò guardando la sua futura vittima.
Non lo guardava
e fissava fuori dal finestrino con gli occhi spalancati.
-Tu sei
pazzo!-Rispose la fanciulla di rimando, troppo terrorizzata dalla guida del
vampiro.
Damon rise
scuotendo di poco il capo.
-E tu sei
divertente Sirenetta!...Oh guarda! Un posto di blocco!...Allacciami la
cintura!-
Lei voltò il
capo lentamente, guardandolo con un sopracciglio alzato.
-Come scusa?-
-Allacciami-la-cintura-di-sicurezza!-Scandì
il moro guardandola dritto negli occhi verdi.
Ariel arrossì
spalancando di più gli occhi, sentendo il cuore saltarle fuori dal petto.
-M-Ma anche
no!-Sbottò cercando di riprendere il controllo di sé, distogliendo lo sguardo
da quello del ragazzo.
La risatina di
Damon però le fece alzare di nuovo le iridi color gemma su di lui.
-Ti rifiuti di
aiutare un povero ragazzo? Lo sai che se ci bloccano perché non ho la cintura
ci vorrà mezz’ora per spicciarci dalla polizia? E se poi dovessi fare un
incidente strad...!-
-Ok! Ok!
Stop!-Lo interruppe la rossa alzando le mani, per difendersi dalle parole del
vampiro.
-Non puoi
allacciarla da solo? Sei impedito?-Chiese assottigliando lo sguardo con aria di
sfida.
Damon sorrise
accostandosi a lei, non aveva voglia di soggiogarla, voleva che fosse lei e
solo lei a stare al suo gioco.
-Oh si...-Disse
con una finta aria afflitta.
-Non sai
quanto!-Continuò il giovane piegando le labbra in una smorfia triste.
Ariel per
risposta lo spinse via con una gomitata, visto che lui si avvicinava un po’
troppo.
-D’accordo! Ma
tieni le mani a posto brutto maniaco!-Esclamò esasperata la ragazza, che si
sganciò la cintura e sollevandosi posò le ginocchia sul suo sedile, allungando
il busto contro Damon fino ad arrivare ad afferrare la cintura di sicurezza al
fianco del guidatore.
Il vampiro
sorrise, accorgendosi che le macchine avevano ripreso a transitare e così
ripartì di fretta, facendo sballottare la ragazza fra lui ed il volante.
-Ahi! Ma sei
scemo! Mi faccio male!-Protestò la fanciulla posando una mano sulla spalla del
moro, per evitare di sfracellarsi il viso contro il finestrino.
Improvvisamente,
Damon le si avvicinò col naso fino a sfiorarle il collo.
Ok, ora il cuore
non si limitava a farle solo delle capriole ma dei veri e propri giri della
morte.
Damon le era
così vicino che sentiva il fiato solleticarle il collo.
Si paralizzò fra
lui ed il volante trattenendo il fiato.
Damon dal canto
suo, inspirò il profumo della rossa chiudendo gli occhi; la frenesia di bere il
sangue di quella ragazza s’impossessò di lui.
Dio, era
meraviglioso.
Tutto: il suo
profumo, il calore che trasmetteva anche senza nemmeno sfiorarlo, il colore
insolito dei suoi capelli, gli occhi verdi adesso spalancati come in attesa di
una qualsiasi mossa, il suo corpo acquattato su di lui.
Senza dire una
parola, il vampiro abbandonò il volante.
La mano destra
gli si posò sul fianco del busto di Ariel, l’altra sul sedere.
Non sentiva più
nessun suono, non vedeva più nulla.
La desiderava,
come un drogato.
La desiderava
adesso, come un ingordo.
La desiderava e
lei era lì per lui.
Inerme sotto il
suo controllo, ferma ed immobile.
E la sua auto
andava, continuava a camminare.
Un momento, chi
diavolo stava guidando!?
-Daaaaaamon
brutto porco! Oddioooo! Il camiooon!!!!!!!!!!!!!!-
Il vampiro
spalancò gli occhi afferrando il volante con una velocità inaudita e sterzò
tutta a destra evitando per miracolo il camion che “clacsonava” come un pazzo.
-Brutto
bastardooo!-Gli urlò il camionista sfrecciando via, e Damon con calma frenava a
svariati metri dopo il posto di blocco.
Quando l’auto fu
finalmente ferma, Ariel riprese a respirare con affanno. Damon si abbandonò
invece contro il sedile.
-Ho dei bei
riflessi, eh?-Scherzò lui per sdrammatizzare.
Ariel si
allontanò di scatto da lui restando in ginocchio sul posto del passeggero.
-Cosa? COSA!? TU
SEI PAZZO!-
-Dai calma, non
è successo nulla...-Rispose il ragazzo con un sorrisetto accondiscendente.
Ariel lo guardò
a bocca aperta.
-Voglio
scendere!...Tu non stai bene! S-sei pazzo oltre che maniaco! Stavamo per
morire! MORIRE, DAMON!-Esclamò la rossa con le mani che tremavano, mentre
cercava di aprire lo sportello.
Quando ci riuscì
sbalzò fuori dall’auto come un missile.
Damon la seguì
alzando gli occhi al cielo.
Ora doveva prima
occuparsi dei poliziotti che si avvicinavano.
Con passo svelto
gli andò in contro per poi soggiogarli a dimenticare l’accaduto.
Fece finta di
salutarli in modo tranquillo, sotto lo sguardo dell’agitatissima rossa dagli
occhi verdi.
-Ehi sirenetta,
tutto ok?-Le chiese il vampiro avvicinandosi a lei, posandole una mano sulla
spalla.
-Coraggio,
infondo prima o poi si deve morire no?-Scherzò il vampiro sorridendole da bravo
mascalzone.
Ariel lo guardò
con gli occhi strabuzzati, ed il capo inclinato mentre inspirava profondamente
per non sbranare il ragazzo di fronte a lei.
-Brutto maniaco
psicopatico, ti rendi conto che un camion stava per investirci? E tu mi hai
toccato il sedere, di nuovo! La prossima volta giuro che, che...Io, io!!-
-Tu
cosa?-Domandò Damon senza la minima ombra di paura, anzi le si era accostato
pericolosamente col viso.
E lei era
arrossita, tutte le sue convinzioni sul minacciarlo erano andate a farsi
benedire.
Dio che bel
naso, che aveva!
E gli occhi
brillavano!
No, no, no
autocontrollo!
Il vampiro rise,
accorgendosi che la sirenetta era andata nel pallone.
Ora non aveva
più alcun dubbio, lui gli piaceva; il suo fascino aveva colpito ancora, come
sempre.
Non gli serviva
nemmeno soggiogarla, presto o tardi sarebbe stata consenziente persino ad
appartarsi da sola con lui.
Però, quanto era
carina con quegli occhi da cerbiatta e i capelli color sangue che le coprivano
la fronte e le incorniciavano il viso.
E la sua bocca
era così vicina, così rosea e carnosa, chissà quanto era morbida.
Istintivamente
le si avvicinò di più, e quasi senza controllo, una mano si andò a posare dolcemente
sulla guancia della rossa.
Erano così
vicini che Ariel poteva sentire il fiato del ragazzo sulle labbra e i nasi che
si sfioravano appena.
Non.Capiva.Più.Nulla.
The pressure's on;
you feel it but you got it all;
believe it when you fall, get up, oh oh! And if you
fall, get up, eh eh...
Oh, Shakira.
E due Iceberg
azzurri e profondi che le si avvicinavano sempre, sempre più.
Tsamina mina zangalewa.. Cause this is
Africa! Tsamina mina eh eh WAKA WAKA eh eh.. Tsamina mina zangalewa... This
time for Africa!!!
-Rispondi al
telefono!-
Come un
aspirapolvere a cui si stacca la presa mentre è in funzione, Ariel si afflosciò
in avanti con le spalle.
Improvvisamente
il calore tiepido sulla guancia era svanito e la mano di Damon era tornata
distesa lungo i suoi fianchi.
Il giovane si
era allontanato, e la guardava con un sopracciglio alzato.
Merda. Merda.
Che figura di merda!
Ma cosa stava
per succedere? Un bacio? Stava per baciare Damon Salvatore, dopo che la notte
prima aveva fatto un sogno erotico su di lui? Ma sul serio!?
Oh Dio.
-Sirenetta il
cellulare!-
Oh Dio, di
nuovo.
Scattando,
infilò la mano nella tasca della camicia ed afferrò il cellulare intuendo che
stava suonando da un bel pezzo.
Era Elena.
A-Elena?-
E-Ehi Ariel,
ciao!-
A-Ciao Elena!-
E-Senti ma Damon
è passato a prenderti?-
A-Certo, è qui
con me...solo che... ci siamo dovuti fermare un momento! -
E-Ah! È tutto ok,
Ariel?-
A-S-si certo!
Era solo un posto di blocco...Arriviamo subito ok?-
E-D’accordo! Ci
vediamo dopo! Dì a Damon di comportarsi bene! Ciao!!-
A-Naturalmente!
Ciao!-
Attaccò e vide
che Damon aveva gli occhi puntati al cielo; forse aveva sentito qualche parola
della conversazione.
Aveva anche un
buon udito?
-Sali in macchina
Sirenetta!-
La ragazza lo
vide salire in macchina molto sicuro di se, e le venne da assumere un’espressone
contrariata.
Doveva ancora
proseguire il viaggio con quello psicopatico alla guida?
Purtroppo la
risposata era ovvia.
Tornata in
macchina il viaggio fu silenzioso.
Non se lo
aspettava, ma Damon non disse una parola per tutto tragitto, anzi, la sua guida
fu meno spericolata rispetto all’inizio.
Era tutto
assorto e concentrato sulla strada.
Almeno a parere
della fanciulla.
Infatti, Damon
si sentiva strano.
Era agitato e
voleva scendere dall’auto, abbandonarla in mezzo alla strada e scappare a gambe
levate.
Ariel gli stava
accanto e lui ancora una volta non riusciva a combinarci niente.
Non un bacio,
non un morsetto, niente.
Era forse
destino che quella benedetta ragazza, fosse tanto fortunata da sfuggirgli pur
standogli sotto il naso?
Gli serviva
l’occasione adatta, ma per quel giorno avrebbe abbandonato ogni assurda idea,
come quella di trascinarla nel bosco e passarsi tutti le voglie.
Motivo? Elena
Gilbert.
Sempre lei. Solo
lei.
Quando Elena
vide arrivare Damon seguito da Ariel, che si guardava intorno curiosa, sorrise
felice.
-Ehi Ariel!!-
La ragazza dagli
occhi verdi puntò il suo sguardo sull’amica e le sorrise andandole subito
incontro, superando Damon.
Il vampiro la
vide correre come una bambina di cinque anni, così infantile, ma meravigliosa.
Bella, con il
venticello che gli scompigliava i capelli rossi ed il vestitino verde che
svolazzava.
Buona, con il
suo profumo dolce di rose e sangue che gli inondava i sensi da vampiro.
Elena abbracciò
l’amica e l’accompagnò verso gli altri, che si erano appartati sotto un albero,
dove avevano già disteso una grossa tovaglia sul prato e disfatto i cestini del
pic-nic ricolmi di un mucchio di prelibatezze, preparate da Stefan e Caroline.
Il gruppetto trascorse
la giornata così.
A chiacchierare
di tutto e niente sotto quella quercia, con le battute irriverenti di Damon, i
pettegolezzi di Caroline e i racconti sulla scuola e i compiti.
Fu un bel
pomeriggio, inoltre come aveva già scoperto Ariel, i suoi nuovi amici erano dei
cuochi eccezionali; avrebbe pranzato e cenato con loro per tutta la vita, se
avesse potuto!
Naturalmente
Damon le rendeva la vita difficile, ogni tanto la punzecchiava con qualche battuta
stupida, ma niente d’insopportabile, più che altro imbarazzante.
Era difficile
ignorare il fatto che poche ore prima, durante il tragitto erano successe un
mucchio di cose assurde.
Primo: Damon la
palpava e lei non sapeva cosa pensare di quel maniaco.
Secondo: Un
camion quasi li ammazzava e se solo ci pensava, le montava su una rabbia
pazzesca.
Terzo, ma non
meno importante: Cos’era stato quel momento in cui tutto si era annebbiato, ed
aveva sentito il calore di Damon invaderla?
Sembrava che
stessero davvero per baciarsi.
Ma Redlake non
voleva farsi illusioni, Damon era bello, lo stava guardando in quel momento, ma
lui guardava Elena sorridere a Stefan ed era malinconico.
I capelli neri arruffati
a causa del vento, gli occhi azzurri puntati sulla Gilbert e l’aria da uomo
vissuto e perso, lo rendevano terribilmente sexy.
Non aveva ancora
notato i muscoli delle braccia, ben tese per sostenere il peso del busto.
La pelle era
candida e risaltava sulla maglia a maniche corte nera.
Era così bello
da sembrare una di quelle statue greche che rappresentano gli Dei.
-Facciamo una
passeggiata sul pontile?-
La voce di Elena
la riportò con i piedi per terra, e vide che la castana si era già alzata
intenta a tirar via Stefan.
-E passeggiata
sia!-Esclamò Bonnie tirando per il braccio il fratello di Elena, che borbottava
qualche “no”.
Anche Caroline
seguì il resto del gruppo.
Damon invece si
stravaccò sulla tovaglia mentre Ariel si alzava e lo guardava perplessa.
Lui ricambiò lo
sguardo abbozzando un sorrisetto, poi allungò un braccio verso di lei.
-E tu? Non mi
trascini a fare una passeggiata con te?-Chiese sbattendo le palpebre per fare
gli occhi dolci.
La rossa alzò un
sopracciglio e soffocò una risata.
Che presuntuoso.
-No! Sarei
felicissima se tu rimanessi a dormire lì dove sei!-Disse voltandogli le spalle.
Il vampiro la
guardò allontanarsi e serrò la mascella.
Quella ragazza
era lunatica!
Un momento
sembrava cotta di lui, un altro lo snobbava! E questo gli dava davvero
fastidio!
Nessuno poteva snobbare Damon Salvatore!
Guardando la sua
presto vittima, il vampiro si alzò e con gli occhi ridotti a due fessure
sottili, seguì la rossa che camminava a pochi passi più distanti dal resto del
gruppo.
-Sai, se sei
così acida non avrai mai un fidanzato!-Esclamò affiancandosi a lei.
-Ah-ah-ah! Mr.
Antipatia sei tu, non io!-
-Guarda, mia
piccola sirenetta, che io non sono per niente antipatico!-Esclamò Damon
allargando le braccia.
-Hai ragione,
sei un maniaco palpatore!-Gli rispose Ariel con un sorriso falso che gli
lasciava intendere “Brutto idiota”, per poi velocizzare il passo e raggiungere
il gruppo che era già arrivato a metà del lungo pontile che attraversava il
laghetto.
Damon la
raggiunse immediatamente piazzandosi davanti a lei.
-Sai, non è che
io sia proprio un maniaco! Diciamo, che ci so fare con le ragazze! E...-
Ariel si fermò
di fronte a lui con le braccia incrociate e l’aria di sfida negli occhi verdi.
-...Invece tu,
Sirenetta, sembri proprio una verginella!-Sussurrò il vampiro avvicinandosi con
le labbra all’orecchio di Ariel.
Ok, fin’ora si
era un po’ atteggiata a dura per riuscire a fingere che non le piacesse Damon,
ma se si avvicinava così tutti i suoi sensi da Verginella andavano in tilt .
-Io non sono
vergine!!!!-Esclamò balzando indietro, senza poter impedire alle sue guance di
farsi rosse dall’imbarazzo.
Damon dal canto
suo rise di gusto.
-Ma dai, perché
mi hai appena dato la conferma che lo sei! Tutte le NON vergini affermano di
essere vergini! Solo una verginella poteva negare di esserlo!-
Ariel lo guardò
a bocca aperta, col viso che presto le si sarebbe incendiato per la vergogna e
lo sconcerto.
Era vergine sì,
ma perché doveva saperlo proprio uno come Damon Salvatore!?
No, no, no! Che
incubo!
Arrabbiata,
diede uno spintone sul petto del ragazzo.
-E tu? Cosa sei,
uno che va con tutte le ragazze che gli capitano a tiro? Cos’è oggi non c’era
nessuna da palpare o sbaciucchiare!?-Sparò a vanvera la fanciulla.
Cielo, quando
era nel pallone sparava scemenze a non finire pur di tener testa alla zizzania.
Damon sorrise,
ed Ariel nei suoi occhi vide quella scintilla che l’ultima volta che aveva
attraversato l’azzurro delle iridi del bel moro, li aveva fatti finire per litigare
in una vasca.
Non ci volle
molto; il ragazzo l’afferrò per una spalla e la tirò a se senza fatica.
-Ti sbagli, ci
sei sempre tu per me!!!-Esclamò il vampiro allungando un’altra mano dietro il
collo della ragazza, spingendola così contro il suo viso.
-Che fai!?
Fermo!-Alzò la voce la rossa, improvvisamente all’armata per la vicinanza del
giovane.
Bastò una minima
pressione ed Ariel si ritrovò la bocca di Sua Maestà Imperiale Dio della
Bellezza Damon Salvatore, attaccata alla sua.
Oh.Dio.
Oh.Dio.
Non c’era altro
da pensare.
Non esisteva più
niente. Non vedeva più niente.
Non udiva niente.
(Stavolta tocca a lei XD)
Sentiva solo la
morbidezza delle labbra di Damon incollate alle sue.
E tanto caldo da
farla svenire, un’emozione da lasciarla senza fiato.
E poi era
bellissimo.
Non sapeva
spiegarlo, ma era bellissimo per essere un comune bacio a stampo.
Ma ancora per
poco.
Damon si lasciò
andare, si perse negli occhi verdi della fanciulla ed inspirò tutto il suo
profumo; risucchiò tutto il suo calore aderendo perfettamente con il corpo
addosso quello della sua rossa.
Voleva sentire
il sapore del suo sangue, della sua pelle, della sua bocca, della sua lingua.
Le labbra di
Ariel erano le più morbide e delicate che avesse mai baciato in 165 anni di
vita, e questo lo confondeva.
Lo confondeva
perché non se l’aspettava, non si aspettava che lei fosse così, così perfetta
per i suoi gusti.
Lui amava Elena,
ma voleva Ariel adesso.
Oh sì, e se la
sarebbe presa. Non gli importava di essere egoista.
Separò le
labbra, carezzando con la lingua quelle della rossa ancora con gli occhi
spalancati per la sorpresa.
Troppo sconcertata,
Ariel lasciò che Damon approfondisse il bacio e miliardi di piccoli brividi le
attraversarono la spina dorsale rischiando seriamente di farla cadere quando
sentì le ginocchia come sciolte, per quella nuova e fantastica sensazione.
Se esisteva il
paradiso, lei ci era appena approdata.
Se fin ora era
stato bellissimo, questo era stratosferico, meraviglioso, un’esplosione di
tanti fuochi d’artificio nell’anima.
Forse non c’era
paragone per descriverlo, ma quello che stava succedendo era come stare sospesa
su un grande buco nero e galleggiare misteriosamente senza finire nel vuoto.
Tuttavia, non
aveva la forza di reagire.
Damon cercava una risposta carezzandole la lingua, la stimolava e s’intrecciava
con maestria.
Doveva davvero
essere bravo, anche se lei non poteva giudicare: Era il suo primo, innocente
bacio.
E sinceramente
non gliene importava più nulla se aveva sempre sognato di donarlo al suo
principe azzurro, davanti a lei c’era una divinità, c’era la bellezza fatta in persona,
c’era Damon Salvatore e poteva concedergli quel bacio.
O forse, anche
tutta se stessa.
Non capiva
davvero più nulla, c’era solo piacere.
Chiuse gli occhi
e si abbandonò all’istinto, ai sensi.
E la sua lingua
si scontrò dolcemente con quella del moro, senza concepire come, altre straordinarie
e piacevoli sensazioni l’assalirono quando quel semplice sfiorarsi di lingue
divenne una danza appassionata.
Anche Damon
aveva socchiuso gli occhi, godendosi un bacio che per la prima volta lo faceva
sentire vivo, che per la prima volta dopo secoli aveva un gusto e un piacere
sorprendente.
Rabbrividiva,
erano decenni che non gli capitava più tanta emozione con un solo bacio.
Ma la cosa
migliore era il calore, oh sì, adorava il calore di quella ragazza, riusciva a
raggiungerli la pelle, le ossa, l’anima ed il cuore.
Ad Ariel sembrò
un eternità; le labbra perfette di Damon, il modo in cui esplorava la sua bocca
lentamente, lo stare perfettamente uniti come pezzi di un Puzzle, ogni singolo
dettaglio l’aveva allontanata dalla realtà, ma era successo tutto in soli e
pochi secondi.
La situazione
divenne improvvisamente realistica quando si rese conto che la mano destra di
Damon era scivolata lungo la sua coscia sollevandole il vestito ed infilandosi
agilmente sotto la stoffa verde, per arrivare alla stoffa dello slip che
copriva il suo sederino.
Oh cazzo.
Che maniaco
pervertito.
E lei, che
stupida.
Non era quel
tipo di ragazza, lei non si faceva abbindolare per un bacio (se pur fantastico
e straordinario).
Non era e non sarebbe mai stata una ragazza facile, specialmente per Damon
Salvatore che di ragazze ne aveva di certo troppe.
Con uno
strattone provò ad allontanarsi, ma Damon era così forte che la tratteneva solo
con una mano dietro la nuca.
Si dimenò con le
spalle, ma il risultato non cambiò molto ed intanto lui le palpava il sedere
come un pervertito.
Il bacio finì
lì, Damon sorrideva restando attaccato alla bocca della rossa, con una certa
soddisfazione negli occhi.
Ma Ariel non
voleva dargliela vinta e non avrebbe sopportato altre molestie da parte di quel
bellissimo presuntuoso di un Salvatore.
Con decisione
gli afferrò il labbro inferiore con i denti dandogli un morso a tradimento che
Damon, se pur vampiro, si sarebbe ricordato per tutta la sua vita eterna.
-Ah!-Con uno
spintone l’allontanò da se, facendola barcollare fino al bordo del pontile.
La guardò
malissimo, tastandosi il labbro che sanguinava, mentre lei cercava di non
cascare giù.
Ed era
terrorizzata, sotto era profondo chissà quanti metri.
Dall’altro capo
del pontile, Stefan e gli altri avevano visto tutto.
Damon che
afferrava la rossa, poi la baciava e la spingeva via.
Erano tutti
confusi e sconcertati e ogni cosa era accaduta in brevissimo tempo.
Ariel e Damon si
guardarono male, pronti a pestarsi a sangue o tornare a baciarsi con foga.
Nessuno di loro
sapeva cosa i due avrebbero fatto e Stefan era davvero preoccupato; Damon
sorrise, come quando stava per combinare qualcosa di losco.
-Sai Sirenetta,
mi sa che hai di nuovo bisogno di rinfrescarti le idee!-
Con uno scatto
felino la spinse giù dal pontile e lei non riuscì neppure ad urlare che era già
in acqua che sprofondava.
-Noo! Cosa hai
fatto! Damon!-Elena corse contro il vampiro, sconvolta e disperata, seguita
dagli amici e dal ragazzo.
-Non sa nuotare!
Non sa nuotare!-Urlò la
Gilbert strattonando il moro.
Era agitatissima
e così preoccupata che quasi le scendevano le lacrime.
Gli occhi
ghiaccio e cielo di Damon si spalancarono di stupore e forse una velata
preoccupazione.
-Cazzo!-Esclamò
cercando di sfilarsi le scarpe ad una velocità pazzesca.
-Non riemerge!
Non riemerge!-Intanto urlava Bonnie che si era acquattata a terra per vedere
meglio.
Damon nel
frattempo cercava ancora di sfilarsi la maglietta.
-Brutto idiota
sbrigati!-
Elena aggirò
Damon e con una spallata spinse il vampiro in acqua senza dargli il tempo di
togliersi quella costosissima maglia.
Rimasero in
attesa qualche attimo, tutti molto tesi e preoccupati per l’amica.
Non trascorse nemmeno
un minuto pieno, che i ragazzi videro Damon risalire a galla con Ariel attaccata
al suo collo.
Stefan gli tese
subito una mano, intento a recuperare Ariel troppo confusa e stordita per
muoversi o parlare.
Il vampiro
castano la stese sul pontile, mentre Damon lo affiancava e posava il capo della
rossa sulle sue gambe, carezzandole il viso.
La fanciulla
cominciò a tossire e sputare l’acqua che aveva bevuto, mentre Stefan
controllava che non avesse lesioni o ematomi.
-Sta
bene...-Sussurrò, guardando Elena che era in ginocchio terrorizzata, sempre
lasciando spazio ai ragazzi.
La castana
annuì, appoggiandosi a Bonnie e Caroline che erano allo stesso modo sollevate
da quegli attimi di tensione e paura.
-H-Ho...Ho
Fred-do!-Fu la prima cosa che balbettò lei tremando.
-Presto, andiamo
a prendere qualcosa da metterle a dosso! L’acqua doveva essere gelida!-
Damon la tirò su
passandogli un braccio dietro le spalle sostenendola e lei dovette ammettere
che si sentiva finalmente al sicuro e un po’ più al caldo.
Aveva davvero
temuto di morire, mentre scivolava sott’acqua.
Era terrorizzata
dalla paura di affogare; e stavolta c’era andata vicino e lo spavento la faceva
ancora tremare.
In quel momento
fra le braccia di Damon che le carezzava i capelli sentiva di poter
abbandonarsi alla stanchezza causata dalla paura e tirare un sospiro di
sollievo.
Da troppo tempo
le mancavano braccia così.
Ogni volta che
era stata stretta dolcemente, aveva dovuto subire qualcosa di terribile prima.
E per quanto si
fosse sforzata di fidarsi degli uomini, Damon era davvero il primo che la
stringeva dopo tanto, tanto tempo.
E lei glielo
permetteva.
-Ma che razza di
Sirenetta sei che non sai nuotare? Povera piccola...Sei incorreggibile!-Fece il
moro, guardandola negli occhi con un sorriso dolce ma sempre laterale, cosa che
lo caratterizzava poiché la stava comunque sfottendo.
Lei non disse
nulla, era troppo stanca per parlare, ma lentamente tirò su un braccio e regalò
a Damon un meraviglioso dito medio ritto nel pugno.
O meglio: il suo Gesto Di Massima Finezza.
Damon rise, bè
stavolta se lo era davvero meritato.
Fine VI Capitolo.
Spoiler:
Non passò
nemmeno mezzo secondo, che improvvisamente il cellulare le suonò.
Non conosceva il numero.
Oh cielo, poteva essere il suo J !!
O forse era già Jordan, che le
comunicava la data per il lavoro.
A-Pronto?-Rispose tutta emozionata.
?-Comunque, devi ammetterlo, Sirenetta è più bello di Stellina !!-
La rossa rimase un attimo a bocca
aperta, riconoscendo la voce più sexy del mondo.
E al cellulare era ancora più eccitante.
A-D-Damon!?-
D-Chi pensavi che fosse? Jordanello ?-
Angolo autrice:
Ciao a tutti, finalmente sono tornata!!! Grazie per aver atteso con
pazienza…
E grazie ancora a tutti voi che mi seguite e
recensite! Siete troppo buoni!!!
Mi fa piacere che la Fanfic continui a piacervi!
Grazie a tutti per i complimenti continuate a seguirmi! ^_- !!
Come sempre un grazie speciale alla mia Beta che
in questo momento sta mangiando della buona cioccolata con le noccioline, qui
al mio fianco! E si auto-ringrazia con tanto di gusto! <3
Ricordo a tutto che chiunque voglia saperne di più tra spoiler, immagini, video
e tant’altro può aggiungermi qui:
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Capitolo 8 *** Una Grande offerta!... Damon, c'è un Nemico all’orizzonte! ***
Capitolo VII
VII Capitolo :
Una Grande offerta!... Damon, c'è un Nemico
all’orizzonte!
Oh mia Beta, Perché sei tu Mia Beta?
Rinnega il tuo nome e a te
andrà tutta la mia eredità.
La Natura sai ti rende affascinante..
E la tua revisione è veramente strabiliante.
Ps. Il Piano è preciso, perfetto e coinciso.
-Non causare altri guai Damon, riportala a casa sana e salva!-Gli
stava intimando Stefan con lo sguardo di un guerriero infuriato.
La Sirenetta, dopo essersi
asciugata con l’aiuto delle sue tre ancelle Gilbert, Bennett e Forbes, era
stata caricata sulla sua auto celeste, mentre lui era rimasto come uno scemo
sul pontile al freddo, tutto inzuppato, senza nessuno che gli
dicesse “Grazie, mi hai salvato!”.
Tornando a Stefan, il fratellino era davanti a lui che gli faceva mille
raccomandazioni.
-Ho capito! Ho capito! Sana e Salva!-
Elena nel frattempo, si era avvicinata ai due fratelli e guardava Damon
con le braccia incrociate sotto al seno.
-Allora?-Fece quasi arrabbiata.
Damon sorrise malizioso, alzando un sopracciglio.
-Allora cosa? Sei venuta a dirmi quanto io sia sexy tutto grondante
d’acqua, e vuoi che mi spogli?-
-No, sono venuta a dirti che se ti azzardi a fare qualche altro giochetto
ad Ariel, non ti parlerò per un bel pezzo!-
-E cosa sono questi ricatti?-
Elena si limitò a restare impassibile davanti al vampiro.
-Ok, ok niente giochetti con la rossa!-Rassicurò il moro.
-Bene!-
Damon sfoderò un bel sorriso provocatorio e guardò la Gilbert.
-Non sarai mica gelosa?-
Elena sorrise voltando il capo, come se si aspettasse una domanda del
genere.
-No Damon, non sono gelosa! Voglio solo che tu non faccia del male ad
Ariel! Mi fido di te e se lei ti piace basterebb-!-
-Adesso basta! - La interruppe bruscamente il ragazzo guardandola
fermamente negli occhi.
-Non le farò niente, nemmeno mi interessa!-Disse sorpassandola senza
rivolgerle più la parola.
Elena prese fiato.
-Però l’hai baciata...-Sussurrò certa che Damon l’avrebbe sentita.
Infatti il moro si fermò senza voltarsi, contrasse solo la mascella e
riprese a camminare, ancora più arrabbiato di prima.
La rossa lo aspettava in silenzio nella sua auto d’epoca, guardando fuori
dal finestrino, tutta raggomitolata nella tovaglia per riscaldarsi.
Damon salì in auto e la guardò per un istante, poi diede gas pensando
alle parole di Elena.
“Però l’hai baciata”, e allora?
La voleva, punto.
Non doveva significare per forza che l’amava!
Sbuffò, rendendosi conto che si stava facendo sopraffare dai sentimenti
per Elena.
Ergo, senso di colpa.
No. Lui non si sentiva in colpa per aver baciato la rossa davanti ad
Elena; non ci poteva credere, ma tutto il viaggio fu silenzioso fino alla casa
della Redlake.
La rossa infatti, scese dall’auto senza dire nemmeno una parola.
Damon alzò un sopracciglio.
Ma sul serio? Sul serio quella bambina credeva di
potersi comportare così con lui?
Scese dalla macchina inseguendola.
-Un “grazie” sarebbe cortese, lo sai?-
Ariel dall’alto della sua nervatura, rise e si voltò per guardarlo in
faccia.
-Ah ma dai!? Dovrei ringraziarti? E di cosa?...Ma certo! Grazie per
avermi baciato e poi gettato in un lago d’acqua gelida! Volevi uccidermi? Tante
Grazie!-
Damon alzò le spalle con un sorrisetto sghembo.
-Non c’è di che, Sirenetta!-
La rossa, strinse i pugni e la mascella guardandolo con tutta la rabbia
che poteva, così con due falciate degne di un elefante gli fu a tre centimetri
di distanza.
-Senti tu! Brutto presuntuoso che non sei altro! Non so chi ti credi di
essere, ma non azzardarti più a provare a baciarmi, palparmi o qualsiasi altra
cosa!-
Damon invece di sembrare arrabbiato, o preoccupato, sorrise guardandola
dritto negli occhi.
-Hai dimenticato “non provare più ad uccidermi”!-Scherzò.
Ma a quel punto Ariel non ci vide più e con uno spintone lo allontanò da
se.
-Sei proprio un idiota!- Ma nell’istante stesso in cui lo disse e si
preparò a sferrare un calcio, Damon le afferrò il polso tirandola più vicino a
se, facendo aderire i loro corpi.
-Attenta Sirenetta, non giocare troppo con me...-Le sussurrò
avvicinandosi anche al viso della fanciulla, come aveva fatto un’ora prima.
Non lo sapeva cosa gli prendeva quando era vicino a lei.
Non lo sapeva perché, proprio con lei, ogni dibattito fosse buono per
strapparle un bacio.
Era assurdo, ma era così. Voleva di nuovo le labbra di Ariel attaccate alle
sue, voleva ancora impossessarsi del suo calore, sentirsi inondare dal suo
profumo.
Incredibile, stava perdendo il controllo di nuovo.
Ariel invece, si ritrovò vicinissima al ragazzo e per un attimo si sentì
spaventata.
Ma passò in fretta, perché ben altre emozioni la pervasero.
Confusione, confusione su tutti i fronti.
Quando Damon le era vicino si sentiva confusa e frastornata, come se
fosse rinchiusa in una scatola; una sensazione strana da descrivere che le
metteva una sorta di eccitazione a dosso e non poteva fare a meno di smettere
di pensare, ragionare, comprendere.
Non poteva farcela, non quando lui le era così vicino, così attraente.
Così perfetto.
Probabilmente, era giunta l’ora di mettersi l’anima in pace.
Damon Salvatore le piaceva.
Era cotta di lui, il cuore le batteva così forte da farle male e significava
solo una cosa; il bellissimo, presuntuoso, egocentrico Damon Salvatore, aveva
sfondato tutte le auto difese che si era sempre imposta, senza nessuno sforzo.
Era passato attraverso il muro che proteggeva il suo cuore, come un
fantasma.
Finalmente si sentiva al sicuro, accanto ad un uomo.
Accanto ad un uomo che non fosse il suo J.
Perché ora che Damon le carezzava il braccio destro e la spalla, non
ricordava più che un’ora prima l’aveva buttata in un lago gelido e lei non
sapendo nuotare, stava per annegare?
Perché ogni discussione era stata rimossa ora che erano in silenzio,
persi l’uno negli occhi dell’altro?
D’accordo, poteva anche impazzire, ma davvero, davvero voleva che Damon
la baciasse ancora.
Di nuovo lui, con la sua passione, l’audacia, la bastardaggine, il modo
rude di gestire le cose fuori e renderle dolcissime nel profondo.
Voleva perdersi negli occhi blu di quel ragazzo, desiderava più di ogni
altra cosa essere fra le sue braccia, subito.
Toccarlo, sfiorargli il viso, i capelli corvini, le labbra sottili e
rosee e lasciarsi toccare, come non aveva mai permesso a nessun uomo che non
fosse J.
Sentirsi bene con lui, senza aver paura che lui le facesse del male.
Fidarsi di Damon sembrava la cosa più naturale del mondo e, se ci
pensava, le appariva davvero innaturale per lei.
Da nessun’uomo si era più lasciata sfiorare se non fugacemente, per non
sembrare apatica e scontrosa.
Aveva imparato a restare da sola con un ragazzo, a stringer loro la mano,
a non sobbalzare quando si avvicinavano troppo, persino a tener testa ad un
diverbio ed anche ad apprezzarli.
Tutto questo senza alcun dubbio lo doveva al suo J, che
le aveva dimostrato che non tutti gli uomini sono degli psicopatici.
In ogni attimo le mancavano quelle braccia forti e quella bocca gentile.
E adesso c’era Damon.
Ed era con lui che stava per succedere ancora.
Un altro bacio e forse, dopo, ancora altri.
Ormai le loro bocche erano in rotta di collisione, ancora qualche
secondo.
Tuttavia, non ci fu nessuno scontro fra le loro bocche.
Nessun bacio, solo un Flash che li accecava.
-Ma che cavolo!-Sbottò il vampiro staccandosi alla svelta dalla rossa guardandosi
in torno.
Ariel era rimasta imbambolata con lo sguardo perso nel vuoto.
Oh.Mio.Dio.
Si stava per far baciare di nuovo da Damon dopo aver giurato a se stessa,
un’ora prima, che a quel pervertito non si sarebbe più avvicinata.
-Ehi tu! Hai appena scattato una foto!-Lo sentì sbraitare.
Ed infatti c’era una donna sulla quarantina, dai capelli molto corti e
scuri, gli occhi castani ed un fisico slanciato che indossava una giacca nera e
dei pantaloni dello stesso colore, con al collo una macchina fotografica
professionale.
-Salve, sono Giselle Winston e lui è il mio collega Jordan Mckalvin...-
La donna tese la mano a Damon, che titubante la strinse.
-Damon Salvatore...-Rispose, mentre lo sguardo della rossa cadeva su un
giovane di all’incirca ventiquattro anni, dai capelli color cioccolato e gli
occhi che sembravano fatti d’ambra.
Un tipo magro ed alto, vestito con dei jeans blu scuri e una maglia
bianca che risaltava il petto muscoloso, anche lui era munito di macchina
fotografica professionale, solo un po’ più piccola.
Niente male!
Pensò Ariel arrossendo, non appena il ragazzo puntò gli occhi su di lei e
le sorrise facendole prendere un colpo.
-..Lavoriamo per la rivista “Sposa Oggi”, siamo fotografi!-Continuò
Giselle stringendo anche la mano di Ariel, mentre Jordan stringeva quella del
vampiro, che sembrava proprio scocciato.
-E quindi?-Disse il vampiro.
-Bè, ci dispiace avervi scattato una foto senza permesso, ma volevamo
proporvi un’offerta!...Salve, signorina, sono Jordan...-Disse il giovane,
prendendo una mano di Ariel e baciandola con un sorriso in volto.
Oh.Dio.
Ma cos’èra Mistyc Falls, la centrale dei fighi scapoli?
-A-Ari-iel R-Redl-lake! P-Piac-cere!-
No, oltre ad avere un nome orribile balbettava anche, questo era proprio
il colmo!
Il ragazzo sorrise facendole l’occhiolino.
-Bel nome, Stellina!-
Ehi, ma cos’avevano i ragazzi di Mistyc Falls oltre alla bellezza, pure
la mania dei soprannomi?
Sirenetta, Stellina...Chi li capiva!
Intanto Damon lanciò un occhiata disgustata a Jordan.
Pff... che cascamorto! Pensò snobbandolo.
Come si permetteva di provarci con la sua Sirenetta?!
Quella era LA SUA
vittima! Sua e basta.
E poi che razza di soprannome!? Stellina!
Che scarsone, non aveva per niente stile ed originalità.
Però, che diavolo, la
Sirenetta stava arrossendo e guardava il castano con sguardo
ammirato.
Non.Poteva.Essere.
Non poteva piacergli quel cascamorto di un casanova fotografo senza
stile!
-Allora!?-Disse con tono più infastidito, sperando di potersi sbarazzare
di quei due al più presto.
Quel cascamorto non la smetteva di sorridere ad Ariel, che nervi.
-Bè, signor Salvatore, come le ho detto siamo fotografi e cerchiamo due
modelli per la rivista su cui lavoriamo...E non saprei, vi ho visti e mi siete
piaciuti, quindi l’offerta è: Vi andrebbe di posare per i noi?-
Nessuno dei due interpellati rispose, restando a fissare i due fotografi
come due marziani.
-Scherzate vero?-Sbottò Damon incrociando le braccia.
Ariel invece era ancora a bocca aperta.
Lei che veniva scelta come modella!???
Non era possibile! Non era magra, alta e sexy!
Non aveva fluenti e biondi capelli con due occhi azzurri da far paura.
Però, quelli li aveva Damon; lui si che poteva fare il modello.
-No, non scherziamo affatto, siamo più che seri, quando si fa questo
lavoro ogni ispirazione è da cogliere al volo! È una bella opportunità inoltre
per una ragazza!-Rispose Jordan col suo scintillante sorriso, lanciando una
mezza occhiata al moro e ripristinando la modalità “Guardone”.
-Oh...è bellissimo, ma non credo...di essere adatta...-Mormorò la rossa
in questione, puntando gli occhi su Jordan.
-È un peccato... a Giselle non capita di vedere una persona e sceglierla
a caso, se le sei piaciuta, significa che hai tutte le carte in regola! Fidati
Stellina!-La rassicurò il castano facendole un altro occhiolino.
E Damon dall’alto dei suoi 170 anni, giurò a se stesso che se
quell’idiota avesse pronunciato un’altra volta il nome Stellina riferendosi alla
sua Sirenetta gli avrebbe spaccato il muso.
Ariel dal canto suo, arrossì guardando lontano sentendosi
imbarazzatissima e non sapendo neppure cosa dire.
-Sul serio, sei una bellissima ragazza e secondo me dovresti accettare la
proposta di Giselle, non ti piacerebbe indossare un abito da sposa?-Chiese
suadente Jordan, che pian piano cominciava a puntare gli occhi sul decolté
della rossa.
-Da sposa!?-Esclamò Ariel sorpresa ed estasiata all’idea.
Ma certo! Era il suo sogno!!
Ma c’era il lavoro, la scuola...Non poteva proprio perder tempo, visto
che doveva rimettersi in pari con un sacco di materie e già era troppo il tempo
che perdeva fringuellando con Elena, Damon & co.
-Allora, accettate?-Chiese Giselle impaziente.
Il vampiro, sempre più nervoso per l’inopportuna presenza del Cascamorto,
pensò bene di decidere per sé e per la SUA Sirenetta.
-No che non accettiamo!-Disse deciso alzando un sopracciglio ed accennando
un sorriso, quando vide il disappunto farsi strada sul viso del suo nemico
(Jordan).
Ma qualcosa lo turbò parecchio quando Ariel lo guardò sorpresa e Jordan
ghignò.
-Il tuo ragazzo decide per te, Stellina?-
Ok, quello era morto.
Ma ci pensò la Sirenetta
ad impedirgli di sfoderare la sua faccia da vampiro e squarciargli il collo per
bene.
-Cosaaa!? No! Lui non è il mio ragazzo!!!-Urlò lei.
No. No. Sirenetta, cosa hai appena fatto!??
Strillò Damon nella sua testa.
Ora, quell’idiota di Jordan, stava sorridendo a trentadue denti e
guardava estasiato Ariel.
-AH!-Esclamò il castano tutto felice per la scoperta.
-...Bè allora qual’è la tua risposta, Ariel?-
La fanciulla arrossì, quando senza alcun preavviso, Jordan ebbe la fatale
pensata di prenderle la mano.
Pessima mossa.
Gli occhi di Damon si strabuzzarono a quella visuale e una rabbia
pazzesca lo travolse; niente gli avrebbe impedito adesso di frantumare in mille
pezzi quel bamboccio che stava allungando le mani su una sua proprietà.
Ma fu ancora una volta la sua stessa proprietà a sorprenderlo, filando
rapitamente la sua manina da quelle di Jordan e allontanandosi di qualche
passettino.
-Grazie, Jordan, ma sul serio non posso proprio permettermelo...-
Damon sfoderò un sorriso vittorioso, incrociando le braccia sotto al
petto.
E ora, Jordan? *muhahahah* Aveva vinto, Damon non conosceva la sconfitta!
Il castano sospirò sconfortato e sollevò le spalle.
-Bene, se è la tua decisione, non possiamo costringerti...Giselle, a
quanto pare quell’assegno dovrà andare a Costance...-Disse Jordan voltandosi
sconsolato.
-Odio quella modella...-Sussurrò Giselle.
-Aspettate, aspetta...assegno?-Chiese improvvisamente Ariel.
Damon la guardò in faccia e quasi poté vere i suoi occhini verdi
trasformarsi in due “$”.
Jordan ghignò e tirò una gomitata all’aria in segno di vittoria.
-Biingo...-Sussurrò, pensando di non farsi sentire da nessuno, ma non
sapendo che Damon naturalmente aveva un udito molto più fine di quello degli umani.
-Si, certo, non abbiamo mai pensato di farvi posare gratis!-Disse il
ragazzo, beccandosi un’occhiataccia da Damon.
-La paga è di circa 1.500 euro e se gli scatti sono buoni, la nostra
rivista potrebbe scegliere le nostre foto come da copertina ed in quel caso,
potremmo anche raddoppiare la cifra...senza contare i cartelloni pubblicitari,
che se venissero accettati, arriveremo ai tremila euro...-
Intanto che Giselle parlava, Ariel era diventata tutta bianca.
Senza nessun preavviso, sorrise ed i suoi occhi presero a luccicare.
-Accetto la vostra offerta!-Esclamò, tendendo la mano verso i due.
Jordan sorrise tutto gongolante, tirando fuori il suo cellulare, mentre
Giselle stringeva la mano ad Ariel.
-Benissimo signorina Redlake, sarà un vero piacere lavorare con lei! E
voi signor Salvatore?-
Damon guardò in cagnesco Jordan che trafficava col cellulare e poi si
rivolse a Giselle.
-No, non se ne parla!-
-D’accordo, allora Jordan toccherà a te fare da partner alla signorina
Redlake!...Sapete, Jordan oltre ad un fotografo di talento è anche un
modello...-
Ariel lo guardò arrossendo.
Beh, bono..era bono.
Ed ora lei ci doveva anche posare insieme?
Che imbarazzoooooo!
Ma in quell’istante Damon fece una faccia scettica e abbozzando un
sorriso di sbieco, parlò.
-Ripensandoci, forse potrei accettare... Sarebbe divertente farci due
foto, tesoro...-Disse il vampiro, guardando Ariel con gli occhi
assottigliati.
Non avrebbe permesso a quell’idiota cascamorto di Jordan di avvicinarsi
un solo centimetro di più, alla sua Sirenetta.
Se doveva farsi delle foto, se le sarebbe fatte con lui, Damon Salvatore.
-Allora siamo d’accordo! Jordan, occupati tu dei contatti, io vado alla
macchina!!-
-Bene, mi servono i vostri numeri di cellulare!-Disse il castano, facendo
l’occhiolino alla rossa.
Ariel arrossì cercando in modo frenetico il cellulare nella sua borsa,
mentre Damon lo estraeva dal taschino della giacca.
-Allora, Damon Salvatore?-
-Esattamente!-Il vampiro dettò il numero al ragazzo e poi Ariel fece lo
stesso.
Naturalmente, Damon non volle scusa migliore, per prendersi il numero della
fanciulla.
-Grazie, siete stati molto gentili!-
Jordan salutò con un sorriso smagliante ed un altro occhiolino
indirizzato ad Ariel.
-Ci sentiamo in settimana, ciao Stellina!-
Ariel lo guardò andare via, finché non svanì in un’auto grigio
metallizzata.
-Finalmente quell’idiota è sparito!-Sbottò Damon con voce sarcastica.
Ariel lo guardò con un sopracciglio alzato.
-Sai che sei proprio uno sbruffone? Jordan è stato molto gentile ed
educato!-Disse la fanciulla, voltandosi e avviandosi verso la porta di casa.
-Maddai!? Non hai visto come ti fissava? Secondo me è un cascamorto!-
Ariel arrivò alla soglia di casa, si girò e lo guardò sorridendo.
-Ah-Ah sempre meglio che pervertito, Damon!-
Il vampiro rise divertito.
-Non aveva nemmeno originalità nello scegliere i soprannomi! “Stellina” !!-Esclamò
imitando la voce di Jordan, solo molto, molto più stridula e spregiativa.
Ariel sbuffò, scuotendo il capo.
-Addio Damon!-Esclamò la fanciulla aprendo la porta di casa e
lanciandogli un’ultima occhiata.
Bè, pensandoci, Jordan non era nessuno in confronto a Damon.
Ma almeno non era presuntuoso come il moro.
Certo, ma chissà se baciava bene come lui!
Oddio ma che andava a pensare, era carino e le piaceva, ma certe idee
erano fuori luogo su un tizio conosciuto cinque minuti prima.
-Ciao SIRENETTA!-
La ragazza rientrò velocemente in casa, chiudendosi la porta alle spalle.
Era ancora fradicia e tutta infreddolita, quei dieci minuti fuori a
parlare con i fotografi l’avevano gelata più di quanto già non fosse.
Posò la borsa sulla tavola e ansimò.
Le serviva una doccia al più presto.
Senza esitare, tenendo stretto il cellulare fra le mani, si avviò verso
la porta del bagno, dove entrò e cominciò a spogliarsi.
Cavolo, era quasi preoccupata, non vedeva Damy da prima che uscisse, quel
corvo le mancava!
Non trascorse neanche mezzo secondo che improvvisamente il cellulare le
suonò, segnalando un sms.
Non conosceva il numero.
Il cuore le prese a palpitare più in fretta.
Questo poteva significare solo una cosa.
Aprì il messaggio in tutta fretta e lesse.
[:: Come vedi, mi sono fatto vivo ancora...Diavolo, mi manchi! Quando ci
rivediamo ci ubriacheremo cantando e poi faremo *BumZumBam* sotto le stelle
e...mi dirai che mi ami, anche se sono scappato, vero?::]
Rimase a bocca spalancata, mentre una lacrima le rigava il viso.
Era J.
Era da troppo tempo che non parlavano della sua “fuga”, o almeno lui non
ne voleva parlare.
[:: Se mi raggiungi adesso, potrò perdonarti qualsiasi cosa...Ho bisogno
che tu sia qui...sei tutta la mia vita, dovevamo stare insieme...ce lo siamo
promessi! Chiamami, per favore!::]
Inviò il messaggio ed attese.
Il cuore le palpitava a mille ed i pensieri le rimbombavano nella testa
facendola piangere.
Quelli che seguirono furono minuti interminabili.
J. non avrebbe chiamato e lei non avrebbe dovuto illudersi, lo conosceva
troppo bene.
Con un nodo nella gola, aprì l’acqua sotto la doccia e attese che questa
cominciasse ad uscire calda, mentre si privava della biancheria.
Poi, un attimo prima di entrare nella doccia, il cellulare vibrò
ripetutamente lasciando cantare Shakira.
Oh cielo, poteva essere il suo J !!
O forse era già Jordan che le comunicava la data per il lavoro.
A-Pronto?-Rispose tutta emozionata.
?-Comunque devi ammetterlo, Sirenetta è più bello di Stellina !!-
La rossa rimase stupita e per un attimo le mancò il fiato, riconoscendo
la voce più sexy del mondo.
E al cellulare era ancora più eccitante.
Bè, anche se non era Jordan e neppure J non le era
andata affatto male quella chiamata improvvisa!
A-D-Damon!?-
D-Chi pensavi che fosse? Jordanello ?-
A-Damon! Come ti sei permesso di prenderti il mio numero!-
D-Oh andiamo! A Jordan l’hai dato così facilmente!-
A-Era per lavoro!-Ribatté lei sentendosi improvvisamente in colpa.
Forse non se ne era resa conto prima, ma con Jordan si era subito
comportata in modo tranquillo e consenziente, mentre con Damon no.
Per lei era più semplice trattare con ragazzi che provavano a fare i
piacenti che con quelli diretti e pratici come Damon e forse per questo Damon
l’aveva fregata, con quelli come lui non c’aveva mai avuto a che fare.
Bè, Damon aveva anche le sue colpe se poi lei finiva per trattarlo male!
Era un maniaco-Stalker!
D-Si, certo, come no!... Ehi...quella che sento è la doccia?-
Ariel spalancò gli occhi con un moto di terrore.
Come faceva a sentire la doccia dal telefono?
La finestra era chiusa ed era coperta dalla tenda; affacciandosi si
accorse che in zona non c’era nessuno.
A-C-come...?-
Damon rise dall’altro capo del telefono.
D-Sento il rumore dell’acqua...Immagino che sarai tutta nuda,
allora...interessante, passo da te?-
Ariel sentì una fitta dolorosa al basso ventre.
Ma non poteva essere un po’ meno provocante quell’uomo?
A-...si...cioè! No! Ovvio che no! Idiota!-Strillò furiosa per l’ennesima
figuraccia, finendo solo per far ridere di più Damon.
D-Allora, è più bello Sirenetta, no?-
A-...Ma sei scemo?! Non mi piacciono i soprannomi!-
D-A Jordanello non l’hai detto!-
A-Damon...non sarai mica geloso?!-Provocò la fanciulla, molto dubbiosa di
quello che aveva detto.
Era stupida a pensarlo, ma Damon sembrava davvero geloso con quel
comportamento ostile nei confronti di Jordan.
Infatti, il vampiro rimase in silenzio qualche attimo.
In verità quella domanda lo aveva messo in crisi.
Geloso? Si poteva, lui, definire geloso di Ariel?
Certo, lei era una sua proprietà!
Era un po’ come avere una bistecca nel proprio piatto che improvvisamente
un deficiente arriva e comincia a mangiarla da quel piatto stesso!
Non avrebbe permesso a Jordan di avvicinarsi ad Ariel, non prima che lui
si fosse passato tutte le voglie.
E se la rossa fosse sopravvissuta alla sua sete di sangue, l’avrebbe
soggiogata e lasciata a Jordan o chi voleva lei.
Ma prima doveva essere sua, solo sua.
Sorrise beffardo, sapendo che non c’era niente che quel cascamorto
potesse portarle via, non la sua Sirenetta.
D-...Sai Sirenetta, non dovresti montarti così la testa, solo perché
ti ho dato un bacio...-Le sussurrò con voce così sensuale che lo stomaco di
Ariel si accartocciò per un brivido di piacere fra la spina dorsale ed il
ventre.
Ariel se lo immaginò con il cellulare appoggiato a due centimetri dalle
labbra sottili, piegate nel suo consueto e beffardo sorrisetto da rubacuori.
Non riuscì nemmeno a riprendere fiato, perché Damon attaccò
immediatamente.
Ormai la doccia calda non le serviva più, ce ne voleva una fredda, molto
fredda.
Ed essere nuda ad ascoltare le provocazioni di Damon non aiutava a
sminuire il senso d’estasi provato al telefono.
Quella
notte Damy tornò dopo la doccia rigenerante, quando ancora il pensiero di Damon
era lì con lei, udendo senza sosta la sua voce sexy che continuava a
solleticarle l’animo, così tanto che rimase sveglia tutta la notte, alternando
sogni sconci dove Damon era il protagonista indiscusso delle sue fantasie
erotiche proibite e momenti in cui lei e Damy si fissavano senza dire nulla.
Ne era certa, desiderava Damon come non aveva mai desiderato nessun altro
ragazzo…
E l’indomani,
non era poi tanto lontano.
Fine VII Capitolo.
*SPOILER*
Un attimo dopo, la rossa si ritrovò Damon a tre centimetri di distanza
che bloccava il polso di Jordan.
-L’hai sentita? Ti ha detto di non toccarla!-Sussurrò furente, il
vampiro.
Jordan lo guardò malissimo, e cercò di liberarsi dalla presa di Damon, ma
il moro non accennò ad un minimo sforzo nel trattenerlo, mentre lo uccideva con
lo sguardo di ghiaccio.
Angolo__Autrice:
Ma Ciaaoo a tuttii *w*
Che ve ne pare di questo capitolo?
C’è la premessa per una nuova ed intrigante situazione: Un avversario per
Damon, Il misterioso J che continua a
massaggiare con Ariel in modo romantico e passionale, la nostra Sirenetta
sempre più infatuata del caro Vampiro dagli occhi di ghiaccio… Eheh…
Jordan e Giselle fanno una proposta davvero insolita ai nostri due
protagonisti…
Ne vedrete delle belle, sicuro!
Notata la mania di Ariel per il denaro? In questo capitolo scopriamo
qualche altra piccola notizia su di lei…e sul suo rapporto
Che intenzioni avrà Jordan? Cosa farà Damon per tenersi la sua Sirenetta?
Tutto nel prossimo Capitolo…
Che probabilmente arriverà la settimana prossima se tutto va bene, oppure
andremo in pausa Natalizia e proseguiremo la settimana dopo!
L'ottavo sarà tragicamente bello, e vedrete che belle sorprese
visive *.*!
Prima di andare, rignrazio le persone che hanno recensito lo scorso
capitolo!
Siete davvero fantastiche…!
Grazie di cuore anche a The Distance, che si prende cura dei capitoli
correggendoli con amore :D
Baci Baci, Serenity452
|
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Capitolo 9 *** Date a Damon Quel che è Di Damon! ***
Capitolo 7
"Sai Beta,
quella stanza in cui ho vissuto insieme a te,
anche se era
disordinata,
priva di persiane che si chiudono bene (contro
il sole),
puzzava, i cuscini erano tosti,
e i Chihuahua saltellavano
ovunque,
mi piaceva davvero...
perché c'eri tu con
me....Sempre "
Capitolo VIII: Date a Damon Quel che
è Di Damon!
Venerdì mattina
arrivò la chiamata di Jordan e Giselle.
L’appuntamento
era Sabato mattina e per tutta la settimana lei, in uno stato d’ansia, aveva
constatato che invece Damon era tranquillissimo, continuando a sorpassarla quando
si trovavano sulla stessa strada in auto, pavoneggiandosi e clacsonando per
salutarla.
Dell’ingaggio
come “modella” non ne aveva parlato con nessuno, perché davvero si vergognava
della cosa e sperava solo che anche Damon non avesse detto niente; anche se
conoscendolo, era già in giro a gridare ai quattro venti di esser stato scelto
come modello.
Sabato mattina
così, si diresse allo studio dove Jordan le aveva detto di recarsi e per
fortuna il suo scarso senso dell’orientamento non si manifestò.
Riuscì quindi ad
arrivare puntuale all’appuntamento.
Damon era già
lì che scambiava qualche parola con Giselle.
-Buon
giorno!-Esclamò la rossa facendo notare la sua presenza.
-Signorina
Redlake, buon giorno anche a lei e benvenuta!!-Esclamò gentilmente la donna.
Ariel sorrise
ricambiando il saluto.
-Aspettate qui,
vado ad avvertire Jordan che siete arrivati…e vi mando lo staff così vi
prepareranno per il primo Set!!-
-Va bene,
grazie signora Winston!-Rispose il vampiro.
Giselle si
allontanò e lei, finalmente, puntò gli occhi sul bellissimo moro.
-Ciao
Damon...-Borbottò ricordandosi poi il bacio, le palpate e la sua voce
provocante al telefono. Tutte cose che le causarono un rossore accentuato.
Ma doveva
restare calma.
-Ciao,
Sirenetta...Come stai?-
-Bene...Solo...un
po’ nervosa...Tu?-Confessò la ragazza appoggiandosi con la schiena ad una
parete.
Damon sorrise
sfoderando i denti bianchissimi e perfetti.
-Mai stato
meglio!-Annunciò allargando le braccia.
Lei emise un’esclamazione
silenziosa che indicava la sua incredulità davanti alla faccia divertita di
Damon.
E ancora prima
che potesse ribattere, la voce di Jordan li interruppe.
-Ehilà! Ciao
ragazzi!-
Ariel guardò
verso il ragazzo e vide quello splendore avvicinarsi.
Aveva tirato i
capelli indietro con del gel e solo qualche ciocca ricadeva sulla fronte e gli
occhi dorati.
Indossava una
canottiera bianca che metteva in risalto le spalle e le braccia muscolose e
palestrate.
Sotto portava i
dei Jeans strappati sul blu scuro, con al collo l’immancabile macchina
fotografica professionale.
-Ciao
Jordan!-Esclamò la ragazza con un sorriso enorme.
Jordan le fece
l’occhiolino, provocandole un mezzo infarto, tanto che era carino.
-Ciao...-Fece
Damon guardando da tutt’altra parte, con un’espressione disgustata per lo
spettacolo di sdolcinerie da parte del suo nemico.
-Prego
seguitemi... di qui ci sono i camerini, io vi aspetterò sul Set…Penso
impiegheranno un’oretta, più o meno il tempo che ci vorrà per truccarvi e farvi
indossare il primo abito...-Intanto Jordan aveva fatto strada verso un lungo
corridoio pieno di porte, finché non si fermò dinanzi ad una di questa.
-Bene,
Stellina, questo è il tuo camerino! Dentro ci dovrebbero essere Roxan e Marie
le truccatrici, con Lucas il parrucchiere. Poi Natasha e Justin che si
occuperanno degli abiti! Buona fortuna!-Disse il ragazzo aprendole la porta.
-Tesorini, ho
qui la vostra cavia! Rendetela bellissima!-E detto questo, con un sorriso le
fece cenno di entrare.
Ariel lanciò un’ultima
occhiata a Damon, un po’ come se volesse il suo incoraggiamento.
Buffo, ma si
sentì subito meglio notando che il ragazzo le sorrideva e, doveva ammetterlo,
il sorriso di Jordan non era davvero niente in confronto a quello di Damon.
Era lontano
anni luce al paragone con Damon Salvatore.
Arrossì
distogliendo lo sguardo dal moro, per poi entrare nella grande stanza.
*
-Sei
bellissima!-Le disse Natasha dopo buoni venti minuti impiegati a sistemarle il
lungo vestito bianco, pomposo con un corsetto dallo scollo a V molto profondo,
che le lasciava scoperte anche le spalle.
Al collo
portava una lunga collana tutta in oro bianco e perle, in coordinato con gli
orecchini e la fede.
I capelli le
erano stati tirati in parte su, con un acconciatura tutta intrecciate e
complessa, mentre il resto dei boccoli le scendeva sulle spalle incorniciandole
anche il viso, che era truccato in modo sobrio e naturale, tranne per il
rossetto rosso e le ciglia perfezionate con un rimmel di una marca
costosissima.
Tutto era
costosissimo lì.
Non ci poteva
credere, era un sogno. Lei piena di gioielli, un abito meraviglioso, i capelli
impossibili che erano diventati perfetti. E sembrava davvero bellissima.
Ora, però, le
veniva paura, doveva davvero posare insieme a Damon?
Come sarebbe
stato figo lui con addosso uno smoking?
Oh.Dio.
Justin, lo stilista,
l’accompagnò lungo il corridoio che portava sul Set parlando a vanvera al
cellulare con qualcuno, procurandole un mal di testa incredibile.
-Giselle!
Giselle pasticcino!-Esclamò col suo accento un po’ frocio, abbandonando finalmente il cellulare.
Giselle era di
fianco a Damon, che era voltato di spalle, ancora insieme ad una bionda che gli
sistemava la giacca.
Per un attimo
Ariel invidiò la ragazza, era così vicina a Damon.
E poteva
toccarlo.
Non seppe
spiegarselo, ma improvvisamente aveva voglia di prenderla per i capelli e
trascinarla con la faccia su tutto il pavimento!
-Oh Dio...Sei
perfetta! L’avevo detto! Si!Si!-Esultò la donna riportandola alla cruda realtà,
sorpassando Damon e la bionda ed avvicinandosi ad Ariel che si fece ancora più
rossa, rendendosi conto che Giselle la stava letteralmente analizzando insieme
a Justin.
Qualche attimo
dopo, in cui Ariel capì ben poco considerato lo sproloquio fra Justin e
Giselle, la bionda accanto a Damon si stava allontanando ed il moro si era
voltato. I suoi occhi di ghiaccio e cielo, si erano fermati su di lei,
percorrendo ogni centimetro del corpo della giovane.
Poi lasciò che
s’incontrassero con quelli verdi di Ariel.
Lei era
stupita, se Damon era bellissimo già vestito Casual, trovarselo davanti in smoking
era come avere una serie ravvicinata di infarti.
Il cuore non le
batteva più, o forse, le batteva così veloce da non sentirlo neanche più.
Era divino.
Stupendo in
quell’abito nero lucente, con sotto la camicia bianca e la cravatta scura.
Anche lui al
dito portava la stessa fede di Ariel.
Wow! Sembrava
davvero un matrimonio!
Le tremavano
tutte le gambe!!!
Non riusciva
nemmeno a respirare.
E Damon era più
o meno nelle stesse condizioni.
La Sirenetta, era bellissima.
Dio, non se ne
era mai accorto?
Era veramente
splendida.
Ora, i suoi
capelli rossi non gli ricordavano più fiumi di sangue, ma tante piccole fiamme
danzanti.
Gli occhi le
brillavano tantissimo, forse per l’emozione.
E quel vestito,
quel vestito la faceva sembrare una dea.
Una principessa
dell’ottocento. E lui di principesse ne aveva viste tante, ma mai tanto belle
quanto la sua Sirenetta.
Non credeva di
averla mai vista così bella.
Non aveva mai
visto niente di più bello nella sua lunga e dannata vita, ne era certo.
Quasi si
sentiva emozionato per poterla avere accanto.
Ed intanto,
continuavano a guardarsi negli occhi, mentre tutto intorno a loro si moveva.
Giselle parlava
con Ariel ma lei nemmeno l’ascoltava e pian piano la portava sempre di più
verso Damon.
Si ritrovarono
faccia a faccia, vicini, senza dirsi nulla.
Almeno finché
Ariel, riprendendosi dalla trance, arrossì e guardò il pavimento, non riuscendo
più a sostenere lo sguardo del ragazzo.
Oh.Dio.
Sentì Damon
sogghignare divertito.
-Non ci posso
credere!...-Borbottò guardando oltre la ragazza, come per non fissarla più.
Lei gli rivolse
lo sguardo incuriosita e, non l’avesse mai fatto, perché Damon tornò a
guardarla negli occhi.
-...Chi
l’avrebbe mai detto...Sei bellissima...-
Ariel per un
po’ rimase a guardarlo incantata.
Non riusciva a
pensare a nulla, se non a “bellissima”.
Poi, sentì le
guance prenderle fuoco.
-Smettila di
prendermi in giro Damon!-Reagì, allontanandosi da lui con l’imbarazzo che le
inondava il cervello.
Dannato Damon!
Riusciva a metterla sempre in imbarazzo quando la prendeva in giro!
-Dai ragazzi,
sul set!-Li richiamò Jordan.
Damon alzò un
sopracciglio.
-...Ma...Io
dicevo sul serio...-
Però Ariel si
era già incamminata verso Jordan e Giselle.
-Complimenti Stellina, sei davvero stupenda!-Esclamò
Jordan, esaminando con gli occhi pieni di malizia la fanciulla appena arrivata
dinanzi a lui.
La sua
espressione significava chiaramente “E’ ora delle porcherie”, Damon lo sentiva
anche da lontano.
Quello era
bello e morto, presto o tardi.
Ariel sorrise
al complimento del castano, facendo incupire ancora di più il vampiro sempre
più ingelosito, tanto che in un attimo le si stava già avvicinando.
-Grazie...-Mormorò
la rossa, quando Damon le fu accanto, quasi a farlo apposta.
Il vampiro
trattene una risata nervosa sentendola rispondere così ingenuamente.
-Ok ragazzi,
spostatevi sul Set… signor Salvatore, si posizioni dietro la signorina Redlanke...
Jane per favore, sistema i ragazzi! Jordan, fai partire il disco!-Esclamò
Giselle, invitando i ragazzi a spostarsi verso uno spazio piuttosto vasto con
un fondo bianco ed un pavimento dello stesso colore.
Poi c’era Jane,
una donna di mezza età bionda e bassina, che gli si avvicinò cominciando a
spiegargli come dovevano posizionarsi; Damon fu sistemato dietro la sua
Partner-vittima.
E Jordan aveva
acceso una radio con della musica soft molto romantica.
Alcuni riflettori
s’erano accesi, Ariel ne contò ben otto.
Jordan fece
cenno ad un ragazzo di accendere anche delle lampade alogene, usate per
sostituire i Flash.
Giselle si
posizionò davanti ad Ariel e Damon, assieme ad un cameraman, Jordan ed un paio
di persone che né la rossa né il vampiro avevano idea di chi fossero.
-Si appoggi al
signor Salvatore… ecco con la schiena, la sua mano dev’esser posata sulla sua,
così...-
Ariel si sentì
la mano destra di Damon posarsi sul suo fianco, mentre la sinistra faceva lo
stesso. Jane le aveva fatto porre la sua mano su quella di Damon.
Una scossa la
fece tremare al contatto con la pelle del ragazzo, che accorgendosene rise.
-Non ti
emozionare, lo so che sono così figo da darti i brividi...-
-S-sm-mettila!
Mi distrai!-Esclamò lei svincolandosi dalla presa del moro.
-Signorina! Non
si muova!-Le urlò Giselle.
Oddio, ecco che
si faceva riprendere!
La rossa cercò
di rilassarsi, senza appoggiarsi troppo a Damon e continuando guardare
l’obiettivo come le stavano dicendo di fare.
-Bene,
benissimo Signor Salvatore, vai Jordan, cambia obbiettivo!!-Continuò Giselle.
Un improvviso
turbine di flash e scatti li travolse, ed Ariel strabuzzò gli occhi sorpresa ed
imbarazzata.
-No! No! Non ci
siamo! Redlake, sii più rilassata...concentra lo sguardo sul pavimento, ecco,
così...-
Ariel cerco di
rilassarsi, ma era troppo difficile.
Damon le era
così vicino e lei stava andando davvero a fuoco stavolta.
Il cuore le
tamburellava fortissimo e continuava a cambiare espressione ogni volta che
realizzava la piacevole sensazione del tatto con la pelle di Damon.
-Ok, Redlake,
devi rilassarti, se sei così tesa le foto non saranno naturali, forza fai un
respiro profondo, socchiudi gli occhi e poi riaprili e svuota la mente!!-Le
disse Justin lo stilista.
-Non...Non ci
riesco...-Biascicò imbarazzatissima, non solo per Damon che la guardava così
divertito, che ghignava appena poteva, ma anche perché tutte quelle persone non
facevano che fissarla.
Non era facile!
Non le piaceva avere troppe attenzioni!
Non c’era per
niente abituata.
-Probabilmente,
è in tensione perché è vicina ad uno sconosciuto! Giselle, posso provare a
tranquillizzarla?-Chiese Jordan al suo capo, sorridendo malizioso.
Damon alzò un
sopracciglio con aria cupa, allarmato.
Che aveva in
mente quell’idiota?
Giselle
acconsentì, evidentemente si fidava molto di quel Jordan, che di punto in
bianco, pretendeva di prendere il posto del vampiro, che a malincuore dovette
permettere al castano di parcheggiarsi dietro la sua Sirenetta.
Ok, non poteva
ucciderlo adesso.
Ma come si
stava permettendo di toccarle il fianco e starle così addosso?!
-Te la senti di
appoggiarti a me?...Così va bene!-Il castano usò un tono mieloso, mentre Ariel
un po’ rossa in viso, appoggiava la schiena sul suo petto.
Jordan le prese
una mano e la strinse un po’.
La rossa
deglutì, scossa da un brivido.
Ora come ora,
non sapeva spiegarselo, ma era diverso stringere la mano di Jordan, le dava
fastidio.
Le era venuto
in mente la prima volta che aveva tenuto la mano di Damon quando era andata a
cena a casa sua, ed il calore dolce, che in quel momento con Jordan non stava
provando.
Lo aveva
sentito anche prima, quando Damon le era stato vicino e l’aveva stretta a sé senza
forzarla, ma con semplice decisione ed impeto.
Quello le piaceva,
non il tocco invadente del fotografo che s’accostava al suo fondoschiena
lentamente come una larva, strusciandosi piano su di lei.
Sarà anche
stato bello, ma il suo atteggiamento non le piaceva.
Anche Damon era
invadente, non si poteva negare, ma col moro il suo corpo non aveva paura, si
sentiva al sicuro, la sensazione era molto bella, forse la definizione giusta
era.. “piacevole”.
Era piacevole e
bello stare accanto al Salvatore.
Si era
comportata male con Damon ed aveva fatto la stupida con Jordan, non sapeva
spiegarsi perché.
Jordan era
bello, ma Damon le piaceva.
C’era una bella
differenza no?
Allora,
davvero, che aveva il suo cervello da farle trattare male Damon ed apprezzare
un invadente e pervertito fotografo viscido?
Il filo dei suoi
pensieri però fu interrotto dal fiato di Jordan che le solleticava il collo.
Oh.Merda.
-Hai capito
Stellina... Devi solo chiudere gli occhi e rilassarti, dopo ti verrà tutto
naturale...-Le sussurrò facendo risalire la mano destra lungo il busto ed
avvicinandosi con le labbra al suo collo, per baciarlo.
Altro che
rilassarsi, così s’innervosiva sempre più!
Ma chi si
credeva di essere quello per strusciarsi contro di lei in quel modo?!
Cercò di
svincolarsi dalla presa del ragazzo, ma lui la trattenne.
-Aspetta,
aspetta Stellina! Devi rimanere ferma altrimenti le tue espressioni non
verranno catturate...-
Il ragazzo le
prese il mento con una mano, restando sempre alle sue spalle.
-Rilassa il
volto...coraggio...Hai un bel viso, belle forme...distenditi...Giselle, scatta
qualche foto...così ti abitui stellina...-Disse carezzandole la guancia.
Ariel invece
che rilassarsi, fece una faccia spaventata ed infastidita.
-Ho
capito!-Esclamò, sperando che Jordan desistesse da quel patetico tentativo di
rilassarla e starle a dosso.
Improvvisamente
venne sommersa da un mare di Flash velocissimi.
Il cuore le
prese a battere ancora più velocemente, dall’emozione, non riusciva a guardare
un punto fisso, la sua attenzione era catalizzata sulle mani di Jordan, in modo
da tenerle sotto controllo.
-Guarda me,
guarda me Redlake!-La incitò Giselle.
Ma per quanto
si sforzasse era troppo preoccupata per la vicinanza sgradevole del bel
castano.
A quel punto,
Giselle ed il suo secondo assistente, si fermarono sentendo le grida stridule
di Justin, lo stilista.
-Non va bene,
non va bene Giselle! Dio delle lattughe, è tesa come una corda di violino!
Facciamo una pausa!-Si lamentò quello tutto esaurito dal fallimento del primo
round.
-D’accordo, ho
bisogno di un caffè, ragazzi riprendiamo fra 5 minuti, siete liberi!-Esclamò
Giselle allontanandosi insieme agli altri due fotografi e Justin.
Ariel arrossì
dispiaciuta.
Cielo, che
figuraccia colossale, era certa, che se avesse alzato gli occhi su Damon
l’avrebbe trovato a ridere di lei. E lei non osava voltarsi verso di lui.
Era frustrante!
Stava andando tutto male!
Ma lei che
poteva farci, non era mica una modella?
Con Damon si
sentiva in soggezione ed in imbarazzo.
Con Jordan si
sentiva infastidita e spaventata.
Non sapeva più
che pesci pigliare, forse sarebbe stato meglio non accettare quella proposta.
Dannata lei e
la sua ossessione per il denaro!
Il suo
psicanalista, dei tempi andati, aveva ragione!
Portavano solo
guai!
Jordan le si
mise dinanzi e la guardò con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono.
-Tranquilla,
Stellina, stai andando bene... devi solo rilassare il viso...e...-La rossa vide
gli occhi ambra del giovane scivolarle sullo scollo.
Ma.che.pervertito.
-...Adesso ci
prendiamo un caffè, vieni te lo offro!-Jordan indicò un distributore a pochi
metri da loro, in un angolo della sala, a cui insieme si avvicinarono mentre lei
intravedeva Damon con la biondina che prima gli sistemava la giacca ed ora stava
facendo lo stesso.
Che nervi.
Jordan le
sorrise, appoggiandosi al macchinario.
-Davvero, Stellina...sei una bellissima
ragazza...hai un bel viso...-Ma quante volte gli ripeteva le stesse cose?
-Grazie...-Borbottò,
cominciando a temere che si fosse decisamente sbagliata su Jordan.
Però, il
ragazzo sentendosi vittorioso dell’accondiscendenza di Ariel, alzò una mano per
posarla sulla guancia di lei, che di fronte a quel gesto imprevisto ebbe uno
scatto improvviso e si coprì il viso con un braccio chiudendo gli occhi
spaventata.
Jordan si
accigliò e la guardò confuso.
Fu un attimo
soltanto, un secondo, in cui Ariel era schizzata contro il distributore e si
era appiattita contro esso con le mani intente a proteggere il viso, rigida
come una statua.
-Ehi,
Stellina...Che ti prende?...Volevo solo...-
Ariel spalancò
gli occhi deglutendo, rendendosi conto di ciò che era appena successo.
Scosse la
testa, come per tentare di uscire da una trance.
Era così in
verità, un flash back le aveva attraversato la mente, ma ormai sapeva
scacciarlo in fretta anche se il corpo impiegava più tempo a non tradirsi di
fronte a gesti sospetti e diretti verso di lei.
-M-Mi
dispiace...scusa, ho...Nulla…scusami!-Balbettò cercando di allontanare
l’improvviso panico che l’aveva assalita. Fortunatamente vantava un po’ di
pratica ed una buona base di lezioni di auto-controllo e rilassamento.
-Ehi, è
apposto... volevo solo...carezzarti...-Il castano tentò di nuovo di sfiorarle
la guancia ma lei si ritrasse ancor di più.
-N-Non...toccarmi...-Mormorò
sommessamente, forse Jordan nemmeno l’aveva sentita.
Istintivamente,
voltò il capo e cercò con lo sguardo qualcuno.
Gli occhi di
ghiaccio che incontrò, le misero ancora più paura di Jordan.
Damon Salvatore
guardava il ragazzo di fronte a lei con uno sguardo da pazzo omicida, che lei
non aveva mai visto in vita sua negli occhi di nessuno.
Anzi, solo di
una persona. E non voleva ricordarla.
Né ora, né mai.
La mascella di
Damon era così contratta che Ariel pensò si stesse frantumando i denti da solo
tanto che stringeva la bocca.
Ed il suo
respiro doveva essere irregolare, perché vedeva il petto sollevarsi e
riabbassarsi velocemente.
Damon, forse
colse il suo sguardo disperato che chiedeva aiuto, o per istinto capì ciò che
doveva fare.
Un attimo dopo,
la rossa se lo ritrovò a tre centimetri di distanza che bloccava il polso di
Jordan.
-L’hai sentita?
Ti ha detto di non toccarla!-Soffiò.
Jordan lo
guardò malissimo e cercò di liberarsi dalla presa di Damon, ma il moro non
accennò ad un minimo sforzo nel trattenerlo.
Ah-Ah-Ah
Jordan, Damon era più forte!
Pensò Ariel con
un sorriso, che però, fece sparire subito.
Si sentiva
stupida, ma era contenta che Damon fosse intervenuto, era qualcosa d’inspiegabile.
Jordan non le
stava facendo niente infondo, era lei che si era spaventata troppo facilmente
questa volta.
Tra l’altro
Damon le aveva fatto di peggio, un bacio e qualche palpata, ma era improvvisamente
giunta alla conclusione che Damon era Damon, lui poteva.
E Jordan non
era certo Damon, ergo, non apprezzava le sue attenzioni fisiche.
Era stata così
stupida da fare la fredda con Damon ed essere gentile con Jordan.
-L’ho sentita,
amico! Ora lasciami!-
Damon in verità
più che lasciarlo, voleva letteralmente sbranarlo.
Non solo gli
aveva soffiato il posto, non solo stava mettendo le sue luride zampe sulla sua
Sirenetta, osava anche dargli ordini.
-Stalle
lontano! Chiaro?-Purtroppo non poté soggiogarlo, non davanti ad Ariel. Ma lo
sguardo spaurito di Jordan lasciava intendere che il fotografo aveva
decisamente capito l’antifona.
-Ragazzi,
torniamo sul Set! Signor Salvatore, signorina Redlake!-
Damon guardò
ancora in cagnesco Jordan, che era un po’ meno tenace ormai.
Ariel era così
preoccupata che se le suonassero a momenti, tanto che decise di intervenire
prima che Jordan tirasse un pugno a Damon e lui ricambiasse. Visto che il
vampiro sembrava fosse forte tanto che Jordan non riusciva a smuoversi, era
certa che il castano si sarebbe fatto più male.
Possibile poi?
Jordan sembrava anche più muscoloso a dirla tutta. Mah.
Molto
lentamente, posò una mano sul petto di Damon.
-Damon...Dobbiamo
tornare sul Set...-
Il vampiro la
guardò negli occhi, ancora infuriato, ma qualcosa nello sguardo della fanciulla
lo fece calmare.
Abbandonò la
presa sul polso di Jordan, ma continuò a guardala cercando di decifrare cosa
esprimessero quegli smeraldi verdi e lucenti.
Preoccupazione
e paura vi leggeva, non c’era dubbio, delle volte aveva letto quelle emozioni
anche attraverso gli occhi della sua dolce Elena ed ora riusciva a vederle
anche negli occhi della rossa, questo lo inteneriva davvero.
Solo con Elena
era riuscito a sentirsi capace di guardare dentro il cuore di una donna ed ora
anche con Ariel.
Lei teneva
ancora la mano sul suo petto, mentre Jordan batteva in ritirata, stringendosi
il polso con la mano sana.
-...Grazie...-Gli disse lei improvvisamente,
con le guance che si facevano più rosse, ma senza smettere di guardare il moro.
Damon alzò un
sopracciglio.
-Perché quando
quell’idiota ti ha detto che eri bellissima, l’hai ringraziato subito, eh? Due
volte!-
Ariel arrossì
di più distogliendo lo sguardo.
-M-Ma...T-Tu...-Biascicò
guardando i sui piedi con gli occhi spalancati.
Perché? Ma come
perché, Damon?
Lui era solito
prenderla in giro, no?
Pensò la
ragazza senza il coraggio di esprimersi a voce.
-Io ero serio!-Esclamò
il moro stupito di sé stesso.
Come faceva a
capire quello che stava pensando la ragazza? Come riusciva ad intuirlo così
intensamente, come se fossero una sola mente?
E perché glielo
stava dicendo così sinceramente che era stato serio?
Non si capiva
più nemmeno lui.
Ma Ariel era
sua e non gli piaceva che lei lo prendesse alla leggera e sopravvalutasse un
coglione.
Sbuffò vedendo
che la Sirenetta
lo guardava a bocca aperta come se scendesse dalle nuvole cercando qualcosa da
dire, senza successo.
-Ragazzi!-La
voce di Giselle ruppe l’atmosfera di tensione mista ad imbarazzo e silenzio.
-Andiamo!-Disse
il vampiro prendendola per mano d’impulso e trascinandola sul Set.
-D’accordo
ragazzi, stessa posa, pronti...-
Damon avvolse
Ariel fra le braccia e respirò il profumo dolce dei suoi capelli, stringendo
delicatamente la mano che teneva posata sulla sua.
La fanciulla si
sentì sciogliere.
Era così bello
che non si poteva paragonare a nulla.
Il calore di
Damon l’avvolgeva tutta ed improvvisamente si sentiva al sicuro, come se Damon
fosse una fortezza inespugnabile a proteggerla.
C’era sempre
l’agitazione, il battito accelerato che le provocava la vicinanza con Sua
Maestà Imperiale Dio Della Bellezza Damon, ma stavolta la sua stretta gentile,
l’aveva tranquillizzata invece che agitarla.
Qualcosa era
cambiato in lei.
Come se fosse
spuntata in lei la consapevolezza che di Damon aveva deciso di fidarsi, da
sempre.
La decisone di
non aver paura di lui, l’aveva presa il suo cuore insieme al suo corpo.
Si appoggiò al suo
petto, socchiudendo gli occhi e respirando il profumo d’uomo virile mischiato
all’odore del Wisky che era solito bere e si lasciò andare.
-Grazie,
Damon...-Sussurrò piano.
Il ragazzo le
sorrise e si avvicinò all’orecchio della sua rossa.
-Per cosa, Sirenetta?-Le
mormorò divertito.
Ariel abbozzò
un sorriso felice, mentre le gote si arrossavano poco e gli occhi cercavano
quelli azzurri dell’uomo.
-Per avermi
detto...che ero bellissima, per primo...-
Damon ridacchiò
stringendola più a sé con un’inusuale dolcezza.
-...Perché ti
da così fastidio Jordan?-Gli chiese lei senza smettere di guardarlo.
Damon attaccò
le labbra all’orecchio destro della fanciulla, fasciandogli improvvisamente la
vita ed il grembo con entrambe le mani, schiacciandole la schiena contro la
parte destra del suo petto forte, in modo da poterla guardare meglio.
Per un attimo,
Ariel non sentì più nulla. Solo il vuoto e la sensazione di galleggiare,
sorretta solo dall’abbraccio di Damon.
Non si era mai
sentita così bene in vita sua, così felice.
-Perché tu sei mia,
Piccola...-Le sussurrò piano.
Il cuore di
Ariel Redlake si bloccò in quel momento, quando Damon appoggiò le sue labbra
sulle proprie in un dolce e casto bacio.
-Ehi! Siete sul
set!..Giselle!-Esclamò Jordan con voce stizza, ma l’unico contrariato sembrava
decisamente lui; Giselle era incantata dalla bellezza della scena e Justin
aveva lasciato cadere la cartellina che teneva fra le mani.
Damon sorrise
abbandonando le labbra di Ariel ed i suoi occhi verdi rimasero immersi nel mare
di ghiaccio di quelli di Damon.
-Io Scatterei
adesso…-Mormorò Justin a Giselle che immediatamente cominciò a scattare foto,
coinvolgendo anche Jordan.
Tutto riprese,
ma Ariel non si accorse che Jane e Justin li facevano cambiare posizione, che
Giselle scattava foto a non finire. Che il tempo, la musica, ogni cosa scorreva
veloce.
Aveva occhi
solo per Damon Salvatore, non esisteva nient’altro.
Fine VI Capitolo.
*
*
Salveee gente!
Eccomi col nuovo capitolo che, quando lo
scrissi mi fece davvero sudare... Ma così tanto che ci sono volute più di 2
settimane per terminarlo e all’epoca non ero soddisfatta sapete?!
Ma stasera, con le revisioni e le modifiche
apportate è migliorato davvero tanto e posso dirmi felicemente soddisfatta *w*
Spero che piaccia anche a voi e che metta in
risalto qualche altra novità sulla nostra Ariel e sul suo “io” nascosto!
Vediamo anche Damon geloso e confuso! Che
tenero!
Si rende conto che qualcosa con Ariel è
diversa rispetto a ciò che ha vissuto con le altre donne della sua vita.
Comunque, non mi dilungo troppo scommetto che
voi già volete che mi levi di torno vero? :D
Vorreste che questa fanfic finisca al più presto,
perchè vi ha ucciso la salute e non la sopportate, tranquilli, farò del mio
meglio U_U
Mi aspetto tante recensioniiiii *w*
Fatevi sentire in tanti mi raccomandooo!
Commenti positivi e anche negativi!
Aspetto con ansia! *w*
Prima di andare, Saluto e ringrazio la mia
Beta TheDistance che si occupa della revisione
dei capitoli, e Oyuki90 che ancora una volta ha
gentilmente disegnato per me !
Grazie anche a tutte le splendide persone che
recensiscono tutti i capitolo e mi seguono con affetto e dedizione!
Grazie, siete la mia forza!
Baci Serenity452
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Capitolo 10 *** Touch Me! ***
Capitolo 9
“Non ci dicemmo addio.
Però sapevamo che vivere separate sarebbe
stato fatale per entrambe... Telefonate,
sms, chat e
lettere non hanno alcun valore.. se non ci
si può abbracciare.
Lavarsi assieme, abbuffarsi di salamino, guardare
film Disney…
Perchè ogni notte sentivo che Tu rigurgitavi
dentro di me,
e non nel lavandino tappato, come fu in
realtà….
Grazie mia Beta.”
Capitolo
IX : Touch Me!
Quel Mercoledì mattina, Stefan Salvatore non poteva credere ai
suoi occhi.
Era fermo lì già da dieci buoni minuti e ancora non aveva avuto il
coraggio di spostarsi di un solo centimetro.
Non gli importava, o meglio non si rendeva conto che ogni persona
che gli passava accanto inizialmente lo guardava come se fosse un idiota, ma
poi affiancandolo sul marciapiede, assumevano la sua stessa faccia.
Ma nessuno di loro poteva provare lo stesso stupore che provava
lui.
Più che altro, mai si sarebbe aspettato una cosa simile, era
improbabile, assurda e marziana.
Ma non poteva negare l’evidenza, non poteva negare che ciò che si
trovava dinanzi fosse reale.
Era lì, davanti ai lui, grande, imponente e vistoso.
Ma soprattutto spettacolare.
Stupendo, meraviglioso.
Insomma, non sapeva come dirlo, ma mai nessun cartellone
pubblicitario l’aveva mai strabiliato fino a quel punto.
Ma forse, era perché ritratto sul grande rettangolo vi era suo
fratello maggiore, vestito da sposo.
Ed era davvero magnifico, rispecchiava un vero uomo, forte e
virile.
D’altri tempi, come d’altronde era e semplicemente magnetico in
quello smoking nero lucente, i capelli fintamente scompigliati, il sorriso
soddisfatto e sensuale stretto a quell’angelo dai capelli rosso fuoco.
Lei, a dir poco favolosa.
La ragazza indossava un bellissimo vestito da sposa bianco puro,
che le fasciava il corpo e ne risaltava forme e curve, con lo sguardo colmo di
una passione indescrivibile rivolto a Damon, che a sua volta era rapito dagli
occhi della Redlake.
In poche parole, quei due insieme erano straordinari.
Così ipnotici da sembrare degli dei.
Non c’erano parole per descrivere quanto erano belli insieme.
E molti altri ragazzi, si erano fermati ad ammirare il cartellone
a pochi chilometri dalla scuola.
Istintivamente, Stefan afferrò il suo cellulare e avviò la
chiamata.
S-Elena, sì, tutto ok, ma...devi assolutamente venire davanti al
negozio Strawberry...sì, è importante...-Stefan staccò la chiamata e continuò a
rimirare il poster, per molto, molto tempo.
Ariel si fermò davanti al primo giornalaio che trovò sulla strada
verso scuola ed entrò pregando che tutto quello fosse un sogno.
Si recò verso lo scaffale dei giornali per donne, dove trovò la
copia di “Sposa Oggi” che le interessava.
-Oh...Mio ...Dio!-
Sì, lei e Damon Salvatore erano sulla copertina di Sposa Oggi.
Nello stesso momento, Elena, accompagnata da Caroline e Bonnie,
insieme a Jeremy, raggiunsero Stefan e rimasero sconvolti quanto il
ragazzo-vampiro.
I quattro erano fermi davanti al cartellone pubblicitario,
fissandolo incantati.
-Non ci credo...-Aveva biascicato Elena appena l’aveva visto.
-Wow...- Aggiunse Caroline a bocca aperta.
-...Non ci credo...-Borbottò invece Jeremy.
-Sono bellissimi...-Concluse Bonnie più che stupita.
Ariel sfogliò le pagine del giornale con gli occhi strabuzzati.
Dieci.
Dieci sue foto con Damon Salvatore, in diverse pose, con diversi
modelli d’abito da sposa.
E quattro pagine dove li ritraevano ognuno singolarmente.
Non ci credeva, ma erano andati alla grande.
Chiuse il giornale per poi dirigersi velocemente alla cassa.
Prese i soldi dal borsellino che teneva in cartella, ed aspettò
che la donna alla cassa le prestasse attenzione.
Ma quando accadde, la quarantenne, guardando il giornale e poi
Ariel, strabuzzò gli occhi.
-Sei tu! Sei tu!-
Ariel la guardò facendosi rossa come un pomodoro maturo e
abbozzando un’espressione spaventata sul viso.
Oh.Dio.
-Conosci questo ragazzo!? È davvero così bello!?-
Oh no, molto di più. È bellissimo!
Ma non glielo disse, le mancava la forza di parlare.
-Comunque il tuo vestito è bellissimo! Complimenti! Farai altri
lavori così? Cielo, sei una della più belle che ho visto su Sposa Oggi!-
Non andavamo proprio bene, troppe domande tutte in una volta,
troppe attenzioni.
Meglio darsela a gambe.
Di scatto posò i soldi sul bancone, afferrò il giornale e scappò
via.
-Scusi devo andare!-
-Aspettaaaa!-Le urlò dietro la donna. Ma niente, lei era già
filata via.
-Quel cartellone pubblicitario era uno schianto! E ce ne sono
altri un po’ ovunque!-Esclamò Caroline tutta eccitata.
-Incredibile, Damon ha fatto il fotomodello con Ariel!?- Asserì Elena.
-Ed Ariel non ci ha detto niente! Questo è di gran lunga più
grave!-Continuò imperterrita la vampira bionda.
-Però è sospetto...-Mormorò invece Bonnie, quasi preoccupata.
-Forse si piacciono!-Azzardò Caroline.
-...Non lo so, Stefan mi ha detto che Damon si comporta in modo
strano nei riguardi di Ariel, non vorrei che le facesse del male...-Spiegò la Gilbert.
-Ma adesso...bè Damon è cambiato...non uccide più, no?-Fece
Caroline con un sorriso entusiasta e già in ansia desiderosa di tartassare
Ariel di domande su com’era lavorare come modella.
Elena alzò le spalle sospirando.
Stefan doveva ammetterlo, era un po’ preoccupato e voleva
assolutamente parlare di questa cosa con Damon.
Ariel, quando uscì dall’abitacolo dell’auto, si alzò il cappuccio
sulla testa, per paura di essere fermata da qualcuno intento a farle i
complimenti per il cartellone pubblicitario, o per la rivista, come era
successo dal giornalaio.
Cielo, vedere la sua faccia così bene in vista, il suo corpo, fra
l’altro stretto a quello di Damon, le causava un iperventilazione pronta a
tingerle la faccia di rosso.
Stranamente, non vedeva Damon da un paio di giorni. Dopo
gli scatti lui era corso subito via e da allora il moro più bello del pianeta
non s’era visto.
Le mancava, miseriaccia!
Invece Damy, il corvo, non faceva altro che volarle in torno ogni
passo che faceva.
Lunedì l’aveva seguita fin dentro al supermercato!
E lei, l’aveva dovuto nascondere in borsa!
Benedetto pennuto!
Ma era decisamente meglio non pensare a nessuno dei due, se voleva
evitare di avere trip mentali per tutta la giornata.
Riuscì a sgattaiolare nella sua classe senza farsi notare troppo
nel cortile e nei lunghi corridoi.
Aveva paura di affrontare l’argomento “Sei una modella?” ed
improvvisare una risposta del tipo “No, i fotografi mi hanno preso perché
insieme a Damon facevo un bell’effetto...”
Eppure era la verità, ma lei si sentiva in imbarazzo a dover
raccontare com’era stato bello stare vicino a Damon ed indossare tutti quei bei
vestiti e gioielli.
Ma non poté nemmeno iniziare a pregare che le sue amiche non
sapessero nulla di quella storia, che Caroline sbatté una mano sul suo banco,
facendola letteralmente sbiancare di paura e strillare.
-Ora, signorinella Redlake...Raccontaci tutto!!!-
Ed in un attimo le si pararono davanti la bionda, Bonnie ed Elena.
Oh.No.
Quella mattina Ariel dovette trascorrerla a raccontare cos’era
successo nello studio fotografico di Giselle; ma si premurò di lasciar da parte
la situazione di tensione fra Damon e Jordan, ed il momento in cui Damon le
aveva sussurrato quella frase, che ancora le faceva tremare il cuore.
Ed il Bacio.
Quello era proprio da tralasciare.
Non se la sentiva di raccontarlo, era così surreale che non
sembrava vero neppure a lei.
Era stato tutto così dolce e fiabesco che s’era sentita una
principessa ubriaca, ma felice.
Cos’era successo dopo il bacio?
Dopo non si erano più detti nulla.
Lei non aveva avuto il coraggio di chiedergli o dirgli nulla.
E lui se n’era stato sorridente e naturale come se niente fosse.
Era come se improvvisamente lei si fosse trovata in un universo
parallelo, vuoto, dove l’importante era stare vicino a Damon, non contava che
le avesse sussurrato che gli apparteneva.
Non importava che le avesse rubato un altro bacio.
Se n’era resa conto dopo, quando era tornata a casa e Damy le era
piombato in grembo reclamando cibo.
Da quel momento nella sua testa avevano preso vita diverse
Fanfiction dove lei e Damon amoreggiavano, si sposavano, finivano in mondi
fantastici e amoreggiavano.
Amoreggiavano.
Non sognava altro.
Per fortuna a lavoro fu tranquillo, la libreria dove lavorava non
era mai troppo frequentata e, quel giorno, non ne fu mai più contenta.
Si fecero in fretta le sette e dopo aver chiuso bottega, volle
concedersi un bel pranzetto al Grill.
Senza contare che era il posto migliore dove trovare Damon.
Infatti, il bellissimo moro era lì, seduto al bancone, che parlava
con una donna dai capelli corti e biondi.
Doveva essere lo sceriffo, la madre di Caroline.
Oh-Oh Damon, cos’hai combinato? Pensò la rossa, avvicinandosi lentamente.
Non voleva disturbarli, perciò si sedé ad un tavolino e li
osservò, aspettando l’occasione per salutare il ragazzo.
E guarda caso, proprio come se avessero usato la telepatia, Damon
fermò lo sceriffo dal parlare e si voltò a guardare dietro di lui, dov’era
seduta Ariel.
Le fece un sorriso trasversale, di quelli che ti facevano svenire
al sol pensiero, poi tornò a rivolgere la sua attenzione alla donna accanto a
lui.
Tuttavia non ci rimase a parlare a lungo, la donna cinque minuti
dopo lo salutò cordialmente e abbandonò il locale, mentre Damon con il suo
bicchiere di Bourbon si avvicinò alla postazione di Ariel.
Si appoggiò al tavolo proprio con il fianco, di fronte alla rossa.
-Ehi, Sirentetta!-Esclamò mettendogli una mano sulla testa,
scombinandole i capelli.
-Ehi! Ehi! Fermo, Damon!-
La fanciulla abbassò la testa cercando di fermare la mano del
ragazzo afferrandola con le sue, visto che era davvero troppo grande la mano di
Damon, e cavolo, le piaceva da morire.
Era così protettiva e forte, che avrebbe voluto camminare mano
nella mano con lui almeno una volta nella sua vita.
Purtroppo però, il ragazzo le lasciò andare il capo, e lei dovette
lasciargli andare la mano.
-Che ci fai qui, era da un po’ che non ti vedevo al Grill!?-
-Sono venuta per mangiare qualcosa, sono stanca della mia cucina!-Esclamò
con un mezzo sorriso la fanciulla.
-Tutta sola?-
Ariel alzò lo sguardo sorpresa, Damon era così serio che quasi
stentava a riconoscerlo.
Certe volte, le veniva da chiedersi se lo conosceva davvero.
Possibile che il suo lato sarcastico da bastardo approfittatore
fosse solo una maschera?
-Bè, no...sono qui con la mia amica immaginaria!-Scherzò la
ragazza per sdrammatizzare la bruttezza del fatto di essere effettivamente
sola.
Quasi sempre.
Il vampiro alzò un sopracciglio e sorrise di nuovo divertito.
-Allora penso che mi unirò a voi!-Disse sollevando il bicchiere
come in segno di cincin e si sedé di fronte alla Sirenetta.
-...Come vuoi...-Mormorò imbarazzata.
Dopo tutti i sogni che s’era fatta, la realtà era decisamente più
complicata.
Si erano baciati ben due volte, qualcosa voleva pur dire, no?
Allora perché non riusciva a stare tranquilla e sentirsi sicura di
provarci con lui?
-Comunque, hai visto? Siamo sulla bocca di tutti!-Si pavoneggiò il
ragazzo tutto compiaciuto, interrompendola dalla sua psicanalisi.
Lei alzò un sopracciglio con aria scettica.
-Forse, potrà far piacere a te! Ma a me no, per niente!-
Damon rise divertito, dalla spontaneità per il modo in cui l’aveva
detto.
Matt si era avvicinato al loro tavolo, con un taccuino fra le mani
e l’aria davvero infastidita.
-Ciao ragazzi, cosa vi porto?-
-Per me un Hamburger con patatine! Ed una Coca!-Ordinò la ragazza,
puntando gli occhi verdi su Matt.
Povera Caroline, ora capiva perché ci stava male per Matt, aveva
la faccia da bravo ragazzo sul serio.
Il biondo guardò Damon senza dire nulla, in attesa che lui
parlasse.
-Per me un altro di questi!-Sibilò con un sorrisetto il vampiro,
sollevando il bicchiere verso Matt.
Il ragazzo annuì e si allontanò da loro.
-Non mangi niente?! Così però... mi fai sentire in
imbarazzo!-Biascicò lei tornando a guardare il bel giovane.
Lui alzò le spalle e sorseggiò il Bourbon.
-Più di quanto già sei?...Andiamo rilassati, Sirenetta, ho già mangiato per stasera!-
Ergo sei salva, pensò il vampiro fermandosi a fissare la rossa.
Ogni suo lineamento dolce e delicato.
Le labbra rosee che già due volte aveva assaggiato, gli occhi
scintillanti, il sorriso tanto timido quanto spontaneo.
Doveva ammetterlo, le era mancata.
-Uff! Sei proprio antipatico quando fai così!-
Esclamò lei gonfiando le guance e stringendo le sopracciglia verso
il basso com’era solita fare quando qualcosa la infastidiva, insomma mise un
bel broncio che fece ridere di nuovo il vampiro.
-A proposito, secondo te, quando ci chiameranno dallo studio
fotografico?-Chiese lei.
-Oh dio, cos’è? Sei ansiosa di rivedere Jordanello?-Chiese
sarcastico lui.
Ariel lo guardò a bocca aperta.
-Eh?! No, a me interessa solo l’assegno!-
Ouch.
Ora si che sembrava una spilorcia maniaca del denaro.
Damon la guardò confuso, ma poi scoppiò proprio a ridere.
Oh cielo, somigliava alla prima volta che s’erano parlati, quando
lui a sentire il suo nome ebbe la stessa reazione.
A quel tempo non ci aveva fatto caso, ma Damon aveva una risata
così bella, melodiosa, fresca.
-Sirenetta, sei ossessionata dai quattrini?-
Ariel arrossì tantissimo irrigidendosi come una statua, facendo sogghignare
ancora di più Damon.
-Smettila di ridere! Ci guardano tutti! Poi odio essere guardata,
è anche per questo che voglio i soldi! Non mi piace per niente che la mia
faccia sia alla vista di tutti! Non ridere!-
-Oh dio, mi fai sbellicare di risate, sei incredibile Sirenetta!
Così buffa!-
-Ma tu non ce l’hai una fidanzata da prendere in giro, invece che
sfottere me!?-Sbottò lei un po’ arrabbiata.
Il vampiro smise di ridere all’istante e la guardò con aria seria.
E fu in quel momento che tutta la rabbia di lei scemò in un istante, sotto
quegli occhi di ghiaccio e cielo.
-No, per niente! Chi ti ha detto questa assurdità?-
Il vampiro, temeva che Stefan o Elena l’avessero messa al corrente
della sua relazione con Andie.
-N-nessuno...E-era per dire...-Mormorò improvvisamente a disaggio
lei.
Damon la guardò ancora per un attimo poi sorrise malizioso.
Tutto procedeva bene, secondo i piani.
-Bene, così adesso sai di avere una possibilità con me, piccola
Sirenetta!-
Lei lo guardò a bocca aperta, sconvolta.
Non era per quello che glielo aveva chiesto, ma infondo era vero,
se non era fidanzato...
Scosse il capo, diventando di nuovo rossa davanti a lui.
Non riuscì a ribattere nulla per smentirlo, perché subito arrivò
un cameriere che le mise davanti il piatto con l’hamburger ed una montagna di
patatine fritte, accompagnati dalla coca.
Ed a Damon fu servito dell’altro Bourbon.
-Non pensi che tutto questo alcool ti ucciderà, un giorno?-
Il vampiro abbozzò un sorriso divertito ed alzò ambedue le
sopracciglia.
Lui, era già morto, da un pezzo anche.
-Nahhh, il mio pancreas è a posto ed anche il mio cuore,
tranquilla...-Borbottò guardandola dritto negli occhi.
Lei ricambiò lo sguardo intensamente, per qualche attimo, poi il
suo stomaco brontolò lagnando il cibo dinanzi a lei.
-Buon appetito!-Esclamò Damon incoraggiandola a mangiare, e lei
preferì non farselo ripetere.
Addentò il primo morso di carne sotto gli occhi di Damon intento
ad osservarla con un sorriso rilassato sul volto.
La rossa finì l’hamburger in fretta; davvero non era piacevole
mangiare sotto lo sguardo di qualcuno, poi se era Damon Salvatore, ancora
peggio.
Però non poteva rinunciare a mangiare le patatine con le mani, non
importava quanto fosse imbarazzante o da maleducata.
-Ehi, se vuoi una patatina prendi pure, mi fai compagnia!-Lo
invitò lei.
Damon si morse il labbro inferiore con fare sexy, sollevando ed
abbassando velocemente le sopracciglia.
-Preferirei la tua, sai?-Domandò malizioso senza velare per nulla
il doppio senso.
Stavolta Ariel si fece così rossa da sembrare Ketchup.
Ed un brivido le attraverso la spina dorsale accompagnandosi ad un
fremito di pura eccitazione che le fece stringere le gambe e deglutire.
-Brutto pervertito! No!-Sbottò lei fulminandolo con lo sguardo e
cercando di non dare a vedere quanto lui riuscisse a sconvolgerla con le sole
parole.
Il vampiro si fece una risata e poi molto naturalmente prese una
patatina dal piatto e la mangiò sotto gli occhi sorpresi della ragazza.
Restarono un’oretta seduti al tavolo del Grill a parlare del più e
del meno, a scambiarsi qualche battuta scema.
Quando entrambi si resero conto che era decisamente tardi, si
diressero alla cassa ed ognuno pagò il proprio conto.
Uscirono insieme e si diressero verso il parcheggio.
-Bè, la mia macchina è sulla sinistra!-Spiegò la rossa fermandosi
davanti a Damon e cercando una scusa per dirgli qualcos’altro.
-La mia è dall’altro lato!-
-Allora... Grazie per avermi fatto compagnia! Adesso torno a casa,
domani mattina passa a prendermi Elena e non vorrei finire per svegliarmi
tardi!-Disse lei nonostante una strana vocina le dicesse “Zitta e Bacialo!”.
Il vampiro si fece una risatina.
-Ahaha sei anche dormigliona?!-Ma era solo una domanda retorica.
Lei sorrise abbassando il capo per annuire, era decisamente meglio
battere in ritirata, non aveva il coraggio di fare certe cose di sua iniziativa.
-Purtroppo sì! Buona notte, Damon!-
-Notte, Sirenetta!- Damon la salutò con un’alzata di mano e poi si
allontanò.
Era stata una bella serata dopotutto, anche se non c’era stato
alcun bacio.
Cielo, si era proprio fissata!
Si allontanò verso la sua adorata Lancia, ma il rombare di una
macchina la fece voltare per controllare se Damon era già fuori dal parcheggio.
Sì, voleva guardarlo un’ultima volta, prima che sparisse nella
notte.
Ma non vide nessuna auto.
Tutta via, non fece neanche mezzo passo, che un auto le fu a pochi
centimetri di distanza, sbucando dal lato opposto mentre usciva dal posteggio,
e con uno stridulo suono di freni le urtò le gambe con il muso, buttandola a
terra.
Un attimo dopo, tutto davanti a lei si annebbiò.
Chiuse gli occhi, sentendo un’oppressione schiacciarle il petto e
mozzarle il respiro, mentre il suo corpo prendeva a tremare.
Era stata investita.
Cazzo, un’auto l’aveva appena messa sotto!
Strano, non sentiva nessun dolore!
Anzi, sì, aveva battuto il ginocchio a terra, il gomito e le spalle.
Abbandonò il capo alla sua destra, e le fecero ancor più paura le
ruote dell’auto ancora accesa a due centimetri di distanza da lei.
Emise un rantolo d’aiuto.
Tutto intorno a lei sembrava fermo, e non riuscire a sollevarsi
dall’asfalto era angosciante.
Ma sentiva le urla di qualcuno che stava massacrando di brutte
parole il conducente della vettura, in un certo qual modo, si sentiva
consolata.
Che razza di deficiente aveva potuto investirla a due metri da
lei!?
-Brutto idiota! Ringrazia che non ti faccio a pezzi! Piccolo
insulso bastardo!!!-Sbraitò infine quella che sembrava proprio la voce di
Damon.
Un sorriso scemo le si disegnò sul viso, quando vide le scarpe
nere del moro avvicinarsi a lei.
Il viso bellissimo di Damon era contratto in una smorfia
preoccupata, e lei dovette ammetterlo, era bello vederlo preoccupato per lei,
si sentiva importante.
-Ehi... Sirenetta...Ma che hai fatto?-Chiese con un tono tanto
dolce che Ariel stentò a riconoscerlo.
Delicatamente, nel frattempo che parlava, le aveva preso una mano
e carezzato il viso.
-Hai battuto la testa?-Le domandò guardandola da capo a piedi.
-..Nho..Mhm...-Biascicò lei, ancora sconvolta dai tremolii e dalle
mani di Damon che correvano lungo le sue braccia e gambe.
-Bene...-Esordì verso la rossa.
-Sembra che tu non abbia niente di rotto...Vieni qui, alzati
piano...-Proseguì il vampiro, passando un braccio dietro il collo della
ragazza, aiutandola a sollevarsi.
Ariel intanto si era lasciata scappare qualche lacrima dagli occhi
verde smeraldo.
Molto lentamente, e appoggiandosi a Damon che la sorreggeva, si
alzò tutta tremante come un pulcino, mentre le lacrime scendevano più forte
senza controllo.
Le gambe dopo un attimo di falso vigore, le cedettero per il
troppo tremare e lo shock.
Damon la strinse subito a se, sostenendo il suo peso con un
braccio.
-Ehi, Ehi, Sirenetta...-
-D-Damon...-Pianse lei.
-È tutto a posto, respira piano...vieni qui...ti sei solo
spaventata...-
La rossa cercò di calmarsi e respirare, affondando il viso nella
giacca di Damon che l’aveva abbracciata, e continuava ad accarezzarle i capelli
con premura.
Dio, avrebbe sopportato un incidente ogni giorno se il risultato
sarebbe stato quello di essere fra le braccia di Damon che l’accudiva
dolcemente.
Era bellissimo, avrebbe potuto rimanere così per sempre.
Coccolata dalle carezze di quel fighissimo ragazzo, che in fatto
di carezze, constatò lei, ci sapeva proprio fare.
Abbandonando ogni criterio della logica “non gli farò capire che
mi piace”, gli poggiò le mani sul petto e si appoggiò a lui meglio che poté
inspirando il profumo di Bourbon e bosco.
La faceva impazzire, era bellissimo.
Damon socchiuse gli occhi, beandosi del calore della sua Sirenetta
dolcemente accoccolata fra le sue braccia.
Le baciò il capo, carezzandole la guancia destra ed asciugandole
le lacrime con la punta delle dita, facendola rabbrividire.
-Ti riporto a casa, ok?-
Lei annuì strusciandosi contro il petto del ragazzo.
Ok, forse stava un po’ facendo la gatta morta, ma un occasione
così non capitava tutti i giorni!
Sul serio le faceva male la testa adesso ed il tremore non si era
affievolito molto.
Inaspettatamente Damon le passò il braccio sinistro sotto le
ginocchia ed il destro glielo sistemò dietro la schiena, avvolgendola.
(Damon ti prego, prendi anche me! *_* nd. Serenity)
Ariel miagolò una protesta, sentendosi sollevare e stringere ancor
di più.
Adesso, non riusciva più a fare la gatta morta, la sua faccia era
diventata bordeaux.
Questo era veramente eccezionale.
Damon Salvatore l’aveva appena presa in braccio, come una
principessa appena tratta in salvo dal suo principe!
Se stava sognando, a costo di tenersi quel batticuore a mille, di
sembrare un pomodoro, tanto il suo rossore per l’imbarazzo, non voleva
assolutamente essere svegliata da quel sogno da favola!
Damon si diresse verso la sua Mustang azzurra ed aprì lo
sportello, con la mano che reggeva le gambe della rossa, e molto delicatamente l’aiuto
a sendersi nell’abitacolo, al posto del passeggero.
Dopo di ché chiuse la portiera ed aggirò l’auto per salire anche lui.
Una volta in macchina, il vampiro, lanciò un occhio ad Ariel che era
tesissima contro il sedile.
-Ehi, Sirenetta vuoi che ti porti in ospedale?-
Lei sobbalzò udendo la parola Ospedale.
-No! Per carità no! Sto bene!-Si agitò lei ancora più spaventata
dalla prospettiva di essere portata in un ospedale.
Li odiava a morte.
Damon alzò un sopracciglio dubbioso, non aveva riportato alcun
danno ma era molto sotto shock, questo era certo.
-Va bene, allora ti accompagno a casa, le chiavi dell’auto le hai
con te vero?-
La rossa annuì indirizzando lo sguardo sul profilo di Damon, che
metteva in moto.
Rimasero in silenzio fino a casa della ragazza, che un po’ per lo
spavento, un po’ per la stanchezza, sonnecchiava sul sedile.
Damon le aveva detto che poteva addormentarsi, ma purtroppo Ariel
non riusciva a rilassarsi del tutto.
Una parte di lei non voleva perdere un attimo insieme al vampiro,
l’altra le intimava di controllare dove il giovane uomo la stesse portando.
La prudenza non era mai troppa, nemmeno con un amico.
La fanciulla dagli occhi verdi sobbalzò dal suo stato di dormiveglia
sentendo l’auto accostare e Damon aprirle lo sportello.
Intorpidita, cerco di uscire dall’abitacolo, ma Damon fu più
svelto e in un attimo l’aveva presa in braccio.
Di nuovo.
-E-ehi!-Protestò la rossa cercando di non cedere completamente al
sonno.
-Dai, tranquilla, dammi le chiavi!-
Disse lui fermandosi sulla soglia con la porta chiusa.
Ariel cercò fra le tasche e riuscì ad afferrare le chiavi, mentre
Damon la indirizzava verso la serratura in modo che potesse aprire la porta.
Fino ad ora il vampiro non c’aveva pensato, ma in quel momento se
ne rendeva conto.
Quella era decisamente la sua occasione per aver libero accesso
alla casa della sua bella rossa.
Come aveva fatto a non pensarci prima?
E invece ora era lì, e poteva sfruttare la situazione a suo
completo vantaggio.
Si bloccò sulla soglia, a due centimetri dal suo limite e sorrise
per sembrare più naturale possibile.
-Allora Sirenetta, posso entrare nella tua
umile dimora?-Chiese il vampiro velando il suo profondo desiderio di poter
entrare in casa della fanciulla che portava in braccio.
Era fatta, lei avrebbe acconsentito
sicuramente.
-...Sì, Edward Cullen…-Mormorò cedendo ormai al sonno.
Damon sorrise di sbieco, con la vittoria che
gli attraversava gli occhi di ghiaccio e cielo, mentre accedeva alla casa della
sua ingenua preda che si appoggiava al suo petto con gli occhi chiusi, troppo
stanca per accorgersi dello stato esaltato del moro.
Si era abbandonata definitivamente alle braccia
forti di Damon lasciando cadere le proprie a penzoloni, cedendo al peso delle
palpebre e concedendo il trionfo al sonno.
Il vampiro cercò la camera da letto beccandola al
primo colpo, per poi adagiare la ragazza sul letto, sedersi accanto a lei
carezzandole i capelli come il fuoco e scrutandole ogni centimetro del pallido
visino.
Il nasino a patatina, le labbra carnose
lievemente separate l’una dall’altra per respirare, le sopracciglia sottili e
lineari, le ciglia folte e nere.
Lasciandosi guidare dall’istinto, le carezzò la
guancia con la punta delle dita.
Era così delicata e liscia, calda.
Diavolo, sul serio impazziva per il calore
sovrumano di quella ragazza.
Lei emise un piccolo mugolio, poi aprì gli
occhi al minimo.
-…Non…Smettere…toccami…tutta… -
Lo sussurrò piano, con la voce già calata dal
sonno, seguito da vari sbadigli.
Damon sentì il cuore, lo sentì perfettamente
fargli una piroetta nel petto e battere forte come quando beveva sangue umano
dalla fonte.
Una cosa così piacevole da farlo sentire vivo.
Gli scappò un sorriso a trentadue denti, ma lei
aveva già chiuso gli occhi per poterlo vedere e s’era addormentata
definitivamente.
-Sirenetta, per stasera ti ruberò solo un
bacio...Vedrai, presto ti toccherò più di quanto tu possa desiderare…-Sussurrò
il vampiro avvicinandosi, fino a chinarsi col viso su di lei, sfiorandole le
labbra con le proprie.
Dolcemente la baciò, assaporando la morbidezza
delle labbra candide e rosee.
Avrebbe volto approfondire, sentire la propria
lingua che giocava con quella di lei, inebriarsi di quel sapore.
Ma non quella sera.
Lei non sarebbe stata partecipe, stanca
com’era.
Lui la voleva viva e cosciente.
Si staccò da lei di poco, buttando gli occhi
sul collo della giovane.
La tentazione di azzannarla era forte dentro
lui.
Forse non sarebbe riuscito a controllarsi,
benché stavolta lo volesse davvero.
Non sapeva perché, ma non desiderava berne il
sangue quella sera.
Forse perché addormentata e così inerme,
sembrava una bambina indifesa e solo l’attrazione fisica sembrava predominare.
Però quel profumo invitante proprio non lo
aiutava.
Smise di respirare, cercando di concentrarsi ed
andare via.
Ma proprio quando stava per alzarsi, una
vibrazione proveniente dalla borsetta della ragazza attirò la sua attenzione.
Era il suo cellulare che aveva appena ricevuto
un messaggio.
Curioso, non esitò a prenderlo e controllare.
Un numero sconosciuto.
[:: Complimenti amore, se volevi farmi
ingelosire…ci sei proprio riuscita! Se ti aspettavi di vedermi con un fucile
fuori la porta di casa, c’eri vicina…Ero sul punto di mandare all’aria i nostri
piani! Ricordati che sei solo mia…e niente sesso sulla spiaggia senza di me!
Non farmi preoccupare! J. ::]
Il viso di Damon rimase impassibile, ma dentro
sé il vampiro sentì l’inferno materializzarsi in quella piccola stanza.
Chi era J?
Amore? Sesso? Gelosia?
Cosa significava la frase “rovinare i nostri
piani”?
L’aria gli mancò come se un potente calcio
l’avesse colpito in pieno proprio dove non batte il sole.
Ed all’improvviso uno scatto della rossa lo
fece sollevare velocemente.
Ariel si stava sbracciando in modo buffo, e poi
separando le labbra borbottò qualcosa.
-Le patatine... dammele, J…!-
Il vampiro alzò un sopracciglio confuso e
pensò di infilarsi nella testa della ragazza, ma lei, cominciò a russare
rumorosamente ed agitare i piedi facendo sobbalzare il vampiro.
Dopo il secondo calcio, Damon si alzò dal letto
abbandonando l’idea di entrare nella testa di Ariel.
Quella ragazza era davvero assurda!
Russava come una tromba impazzita e tirava
calci nel sonno.
Si allontanò scioccato dal letto con una faccia
mista fra lo schifato e il riluttante, oltre all’incupimento per il messaggio
dello sconosciuto.
-Altro che Sirenetta...questa è peggio di
Pumba*!!-Velocemente, lasciò Ariel spaparanzata sul letto e si avvicinò alla
porta, da dove estrasse la chiave per poi metterla dentro casa, chiudendo a
chiave in modo che nessuno potesse entrare.
Lui uscì dalla finestra senza problemi, mentre
Damy entrava.
-Bravo, fa la guardia!-Sussurrò al corvo, e poi
tornò a casa, ancora turbato dalle scoperte appena fatte.
Di certo, avrebbe scoperto chi era quel
misterioso J.
E soprattutto, si ripromise che non avrebbe mai
desiderato passare una notte nel letto con la Sirenetta, dopo aver
constatato quanto scalciava e russava.
Però gli venne da ridere pensando a quanto era buffa e carina,
tutta sbracciata nel letto.
E sorrise, nonostante il suo pensiero fosse rivolto a questo misterioso J.
Fine IX Capitolo
*Pumba: Facocero del Re Leone.
Buona sera a tutti tesori miei *w*
Ed eccomi qui con il nuovo capitolo!
Da dove comincio?
Questo per me è sicuramente un capitolo di transizione,
Damon ed Ariel si avvicinano ancora passo passo a scoprire novità sulla loro
vita privata.
Vediamo Ariel timida persino con le sue nuove amiche, ed
omette ciò che è successo con Damon.
Quando si rincontrano al Grill lei non ha il coraggio di
chiarire con Damon per la questione “mi hai baciata 2 volte!” ma comincia a
provare qualcosa di veramente forte per lui anche se non è pronta per
ammetterlo.
Damon invece è ancora troppo preso dalla scusa dalla brama
di sangue che ha imparato bene ad utilizzare quando sente che qualcosa in lui
cambia con Ariel.
Lo vediamo anche provocante ed hot ed Ariel incapace di
resistergli!
Le cose si faranno bollenti?
E poi, Damon non sembra averla presa troppo bene la
scoperta del nostro “J”.
Come procederà il nostro vampiro dagli occhi di ghiaccio?
Un ringraziamento speciale alla mia Beta The Distance che si occupa della revisione dei
capitoli e dei banner, e Oyuki90 che realizza per me i splendidi
disegni a fondo pagina!
Ma un
grazie speciale va a tutte le splendide persone che recensiscono e mi seguono
con affetto.
Continuate
a darmi sostegno, vi adoro!
Spoiler:
Non voleva morire.
Non prima di aver rivisto il suo J.
Non prima
di aver vissuto davvero.
Non prima
di aver sperperato i sporchi soldi di suo padre.
Non voleva morire e basta.
Baci Serenity =)
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Capitolo 11 *** Demoniaco. ***
Cap10
Sai mia Beta,
Anche se questa è l’ultima notte
del nostro fine settimana insieme e
ci attendono notti solitarie e silenziose, Io …
Non Scorderò il dolce sapore del Salame
Conservato con tanta cura, da te
nel frigo apposta per me…
Ieri, oggi e domani.
Ogni Notte.
Capitolo X: Demoniaco.
L’indomani mattina, Ariel si
svegliò più confusa che mai.
La testa, che la sera prima
le sembrava scoppiare, ora non le faceva più male e la paura provata dopo
l’urto con la macchina era svanita.
Ripensando a Damon, non
ricordava cosa fosse successo dopo che l’aveva presa in braccio.
Tuttavia, la porta era stata
chiusa dall’interno e non era stata lei a chiuderla; probabilmente era stato
Damon, ma poi lui da dov’era uscito, dalla finestra? Possibile? Bè erano al
piano terra, più che possibile!
Qualche minuto dopo, sentì i
clacson dell’auto di Elena, perciò si fiondò fuori con la cartella per la
scuola, cercando di non pensare al bel moro.
-Ehi! Ciao Ariel!-Salutò
Elena con un sorriso.
-Ciao, Elena! Come stai!?-
-Io, bene! Ma tu piuttosto!?
Damon mi ha detto che hai avuto un piccolo incidente!-
Ariel la guardò stupita. Ma
quel benedetto ragazzo, non sapeva tenere la bocca chiusa?!
-Oh no! Te l’ha detto!? Comunque
sto benissimo! Damon era lì e mi ha riportata a casa!-
-Sicura di stare
bene...insomma... c’è qualche dettaglio che non ricordi?-
Ariel la guardò accigliata e
ci pensò su.
-Bè, ricordo le ruote
dell’auto a dieci centimetri dalla mia faccia, non ricordo bene come abbia
fatto a finirmi addosso...ma nient’altro! Poi Damon mi ha tirata su, mi ha
accompagnata a casa...e mi sarò anche addormentata un sacco di volte in macchina...e...e...mi
ha portata in braccio...è-è- stato molto gentile e premuroso...- Nel dirlo, a
suon di balbetti e scatti, la fanciulla arrossì smettendo di guardare la Gilbert, che la osservava
senza far partire l’auto.
Più che altro, lei cercava
di guardare bene il collo dell’amica.
Poi un sorriso malizioso le
si dipinse sul volto.
-Ti piace...-E non era una
domanda.
Ariel saltò sul sediolino a
sentire l’affermazione della compagna e cercò di non guardarla.
-M-ma...Ma...Ma che
dici...Elena...N-nooo! Per niente! Affatto! Proprio no!-
Ma la sua voce esitante, il
suo rossore, il suo cercare di negarlo con insistenza, fecero solo ridere
Elena.
-Allora è vero! Damon ti
piace! È così!-Continuò Elena a bocca aperta, ma divertita.
-D-Dai Elena! Ti prego, non
dirlo a nessuno!!-Esclamò la rossa mettendosi una mano sul viso.
Dannazione, si sentiva così
in imbarazzo!
Ma come aveva fatto Elena a
capirlo subito!?
-Va bene, ma...insomma, vi
siete baciati di nuovo?-
Ariel si fece ancora più
rossa guardando Elena con gli occhi spalancati.
-N-no!...Cioè...in realtà sì...comunque
l’ha fatto solo per prendermi in giro! ...Sai, perché...mentre
battibeccavamo...è saltato fuori che sono vergine, ed ha cominciato a prendermi
in giro, poi mi hai baciata agli studi fotografici! Ma è stato un bacio a
stampo!-
Elena ascoltò attentamente
con la bocca aperta e sorridente, e quando lei ebbe finito di parlare, accese
la macchina e la fece partire sempre più sorridente.
-...Sembra interessato a
te... in un certo senso penso che tu gli piaccia, ultimamente! Bé ha perso una
sua amica, se ne è andata fra le sue braccia, e questo l’ha sconvolto
molto...prima che arrivassi tu, non guardava più nessuna donna...-Spiegò Elena.
Ariel la guardò in silenzio
pensando alle parole dell’amica.
Aveva perso un’amica, e se n’era
andata fra le sue braccia.
Povero Damon, doveva esser
stato qualcosa di orribile.
Lei non osava neanche
immaginare quale sofferenza fosse sentire la vita di una persona che si ama e
si vuol bene, spegnersi fra le proprie braccia.
Però su una cosa doveva dar
torto ad Elena.
Aveva detto che Damon non
guardava più nessuna donna, ma si sbagliava; Damon guardava lei, la bella
Gilbert.
La guardava in modo distinto,
quasi sofferente.
Le sorrideva però con
sorriso diverso, e quando se n’era accorta, era stata certa di non avere chance
con lui.
Forse era innamorato di
Elena.
E la rossa era certamente
innamorata di lui.
Bel pasticcio.
-Sai, alla fine...Credo di
avere una cotta per Damon...ma non penso che lui...senta quello che sento
io...-Si confidò con Elena, sentendosi improvvisamente triste.
Si era resa conto di ciò che
aveva detto solo dopo.
Solo perché qualche volta
era stato gentile ed altre si erano punzecchiati, non significava che lui
tenesse a lei, sentimentalmente parlando.
-Secondo me...dovresti
dirglielo! Dirgli che ti piace! E se vuoi posso parlargliene io...-
-N-No! No Elena, ti prego,
non dire nulla a Damon! Non mi sento pronta, è ancora un sentimento debole...e...e...p-poiii.....-Annaspò
lei cercando una scusa plausibile da rifilare alla Gilbert.
-Ho capito, prometto che non
farò nulla, queste decisioni non spettano a me, ma sappi che se avrai bisogno
di una mano con Damon, io ci sarò!...E puoi contare anche su Stefan!-
Ariel la guardò senza dire
nulla, si limitò ad annuire, scacciando via qualsiasi pensiero.
Voleva cambiare radicalmente
argomento.
Dopo scuola, fu Stefan ad
accompagnare la rossa a recuperare la sua auto, dato che Elena doveva
riaccompagnare Jeremy a casa.
Stefan le chiese come aveva
fatto l’auto ad investirla e lei gli aveva risposto che non ne aveva idea e che
non l’aveva neppure visto in faccia quell’idiota, ma Damon sì.
Il castano annuì pensieroso,
doveva chiedere di più a suo fratello che quando era tornato a casa, la sera
prima, bestemmiava ancora contro il fantomatico pirata della strada.
Sperava solo che non gli tirasse qualche brutto scherzo...mortale.
Ariel, dopo aver salutato
Stefan, si diresse verso casa.
Rientrata, finalmente poté
concedersi una bella doccia, mentre Damy batteva contro la porta del bagno nel
disperato tentativo di aver accesso all’unico posto dove il corvo non poteva seguire
la sua “padroncina”.
Quella era anche la zona
off-limits per Damon, in effetti.
Facendola spiare dal corvo,
la teneva costantemente sotto controllo.
La rossa, dopo la doccia,
decise di stendersi un po’ sul letto prima di ripassare la lezione di Storia.
Cielo, adorava il professor
Saltzman!
Nessuno rendeva la lezione
di Storia così entusiasmante e ricca di particolari.
Chiuse gli occhi ripetendo
mentalmente la lezione ma, improvvisamente, il cellulare le suonò.
Saltò dal letto e lo afferrò
sperando che fosse J.
Oh. Cielo.
Damon. Salvatore.
Arrossì guardando Damy che
la fissava dalla scrivania con gli occhietti scuri e cupi.
Deglutì prendendo un
profondo respiro.
A-P-pronto?-
D-Ehii Sirenetta!-La voce
del moro era allegra.
A-Ciao Damon...-Dannazione, le
venivano in mente le parole di Elena.
D-Come stai oggi, signorina
incidentata?-
Un altro soprannome?
A-Bene grazie, tu?-Ignorò
volutamente il tono di sfottò di Damon, era stato carino a chiamarla.
D-...Uhmm...Sconvolto!-
A-Eh? Come mai?-
Damon si fece una risatina,
sistemandosi contro la spalliera del letto.
D-...Oh, sapessi, ieri
sera...ho riaccompagnato a casa una bella fanciulla...-
Ariel impallidì. Cavolo.
D-...Le ho dato il bacio
della buona notte, dopo averla messa a letto, ed ho scoperto...-
Ariel sentì la tensione
salirle alle stelle.
Bacio? Che bacio? Dove?
Quando?
Non ricordava nulla!
D-...ho scoperto che russa
come un facocero!!!!!-
A-...-
D-...-
Sul serio, Ariel non aveva
parole.
La sua faccia sconvolta,
tutta rossa, contratta da una smorfia che significava “NUO”, diceva tutto.
Che.Catastrofica.Figura.Di.Merda.
Si era messa a RUSSARE
davanti a Damon?
Era un incubo. Si era
addormentata e stava sognando tutto.
D-..E Scalciavi anche,
piccolo facocero!!!-
Ok, era vero.
A-B-b-b-astar-do... I-Ioo non russo come un facocerooo!!! Sei un grande
antipatico! E pensare che stavo per ringraziarti di nuovo per essere stato
tanto gentile con me!!-
Damon scoppiò a ridere.
D-Credimi,
fai paura! Ora capisco perché sei una verginella!-Esclamò scherzoso il vampiro.
Ariel
spalancò la bocca sentendo quelle parole ed indignata maledì quel benedetto
fusto sfacciato e presuntuoso.
A-IDIOTA!-Urlò
arrabbiata per poi attaccare senza dare al vampiro il tempo di replicare.
Sbuffò
subito dopo. Uno, frustrata per la figuraccia, e due per il carattere
impossibile di Damon.
Le
piaceva il suo carattere da figo-cafone, ma dopo un po’, essere presa in giro
specialmente dal ragazzo di cui ci si sta innamorando, diventava insostenibile!
Sbuffò
di nuovo. Quel ragazzo era uno stronzo, non aveva né tatto, né tanto meno
interesse per lei!
Si
lasciò andare sul materasso socchiudendo gli occhi.
E
sopprimendo l’improvvisa voglia di piangere.
Le
sembrava così stupido mettersi a frignare per colpa di Damon, ma diavolo, era
così...
I
suoi pensieri vennero improvvisamente bloccati dal vibrare del telefonino.
Segno
che le era appena arrivato un sms.
Lo
aprì senza neppure guardare il nome del mittente, e solo nel momento in cui puntò
gli occhi sul testo, rimase scioccata.
Oh.Dio.
Ora
doveva davvero riformulare i suoi pensieri.
Ecco,
poteva ripartire da.. Le sembrava così stupido mettersi a frignare per colpa di
Damon, ma diavolo, era così...Sorprendente.
Strinse
il cellulare al petto, e chiuse gli occhi con un sorriso.
Sognava
ancora quelle poche righe.
“...Però
devo ammetterlo, quando non russi, sei dolce e carina quanto un angelo. Sogni
d’oro, Sirenetta mia...”
Si
addormentò davvero, alle sette di sera, con il cellulare stretto al petto ed il
messaggio ancora aperto.
Il
più bel messaggio che avesse mai ricevuto.
La
mattina dopo, a scuola, continuava ad avere la testa fra le nuvole e la cosa
non poté sfuggire ad Elena e le ragazze, che cominciarono a punzecchiarla per
sapere cosa la tenesse con un sorriso sulle labbra 24 ore su 24, quel giorno.
Alla
fine, ad ora di pranzo, aveva raccontato loro che Damon l’aveva chiamata, ma
solo per prenderla in giro.
Ovviamente
non erano state molto soddisfatte del racconto non dettagliato, ma Ariel non se
la sentiva proprio di sbilanciarsi con le ragazze, infondo erano amiche di
Damon e bastava Elena come persona informata della sua cotta per il bel
Salvatore.
Con
l’andare della giornata però, i discorsi sul ragazzo non cessarono.
Pian
piano Elena aveva fatto intendere a Caroline che la rossa era cotta di Damon e lei
aveva tirato su un piccolo studio psichiatrico nell’aula di Alaric, dove il
povero professore cercava di spiegare la lezione del giorno.
-Signorina
Forbes, Gilber, Bennet e Redlake, posso capire che abbiate molto su cui discutere, ma...ora
siamo in classe!!-Esclamò il professore lanciando un’occhiata ad Elena,
Bonnie e Caroline, che lasciava chiaramente intendere.
Il
quartetto, ovviamente, ignorò Alaric e continuò a fare il terzo grado ad Ariel,
fino a che lei, esasperata, non ammise che il ragazzo le piaceva da impazzire,
ma non aveva il coraggio di dichiarasi visto che lui un attimo era arrogante e
menefreghista, quello dopo gentile e premuroso.
Durante
l’ora di pranzo continuarono a parlare di Damon, con Bonnie che le diceva fosse
uno stronzo, Caroline che le confessava fosse una bomba a letto ma non proprio
serio nelle relazioni ed Elena che le assentiva fosse un bravo ragazzo anche se
aveva qualche problema a fidarsi delle donne.
Insomma,
erano tutte molto strane, come se cercassero di raccontarle qualcosa e
nascondere altri dettagli.
Ariel
si ritrovò a fine scuola col mal di testa e sempre più confusa.
Non
sapeva più che pesci pigliare!
Elena
le diceva di dire a Damon che aveva una cotta per lui, ma non era così facile!
Già
di per sé lei era molto timida, se poi si calcolava l’essere un gran cafone di
Damon, il risultato sarebbe stato che lui le sarebbe scoppiato a ridere in
faccia e lei si sarebbe sentita una nullità!
Frustrante,
ecco come sarebbe stato.
Però
pensandoci, poteva anche andare diversamente.
Poteva
capitare che Damon le sorridesse, l’afferrasse per un polso attirandola a sé e
baciandola con passione.
Wow!
Quello si che era un sogno ad occhi aperti.
D’altronde,
non sembrava impossibile uno svolgimento del genere conoscendo Damon Salvatore.
Probabilmente
al posto di un sorriso, sarebbe scoppiato a ridere, ma sicuramente ne avrebbe
approfittato.
Cavolo,
era così bello quel diavolo di un ragazzo dagli occhi di ghiaccio e il sorriso
bastardo.
Scosse
la testa.
No,
sul serio, non poteva starci pensando per davvero!
Le
stava saltando in testa...di dichiararsi a Damon!!!
Era
anche sulla strada di casa sua, guarda caso.
Forse
poteva semplicemente andarlo a trovare.
E
poi, a seconda di come si mettevano le cose, avrebbe deciso seguendo quello che
le dettava il cuore al momento.
Annuì
convinta, infondo cosa c’era di male se andava a trovarlo a casa?
Poteva
sempre inventare la scusa di essere passata per chiedere i compiti a Stefan,
fingendo di non sapere che lui fosse da Elena.
Era
una buona idea.
Una
decina di minuti dopo, vide il pensionato sbucare davanti a lei.
L’auto
di Damon era lì, così parcheggiò sul ciglio opposto della strada, e si diresse
a passo svelto verso la casa.
Una
volta dinanzi al grande portone, prese fiato e si preparò a bussare.
Poteva
farcela.
Socchiuse
gli occhi per concentrarsi, ma affinando l’udito, le parve di sentire un grido.
Le
sopracciglia le s’incurvarono verso il centro, così voltò il capo in un lato
per avvicinare l’orecchio alla porta dell’entrata.
Ancora
un rumore sordo, come se qualcosa fosse appena caduto sul pavimento.
Poi
lo sentì chiaramente.
Un ruggito gutturale e la voce di una donna.
Colta
alla sprovvista e confusa più che mai, cercò di posare un orecchio sul portone,
ma nell’avvicinarsi, non si accorse del tappetino posto all’entrata ed
inciampando fra i lacci sciolti delle sue scarpe finì contro la porta, che
rivelandosi aperta, non la sorresse ma si spalancò abbandonando Ariel in libera
caduta.
L’impatto
col parquet di casa Salvatore, fu brusco e rumoroso.
Ariel,
mentre precipitava verso il suolo, scoprì dinanzi a sé una scena che credeva
avrebbe potuto vedere solo in un film della saga di Twilight.
Damon
salvatore era acquattato su una donna distesa a terra a pancia sotto, con le
mani tese dinanzi a sé come per afferrare un qualche appiglio che la tirasse
via dal peso del ragazzo su di lei.
Il moro teneva incollata la bocca sul collo della bionda ed il suo bacino si
moveva aritmicamente, senza sosta.
Ariel
batté il mento sul parquet e lasciò che il dolore le invadesse il corpo ed il
cervello, confondendo ogni cosa e facendo diventare tutto buio.
Quando
riaprì gli occhi, si ritrovò lo sguardo puntato nelle iridi color cioccolato di
quella che sembrava proprio Andie Star, la giornalista di quel canale
televisivo News Action.
Ma
ciò che vide dopo, fu decisamente macabro e da horror.
Damon
Salvatore aveva alzato il capo dal collo di Andie, ed i suoi occhi erano
iniettati di sangue e contornati da vene strabuzzanti sulla pelle.
La
sua bocca, lasciava scoperti i denti assurdamente affilati, dove troneggiavano
due canini che avrebbero fatto invidia a Dracula stesso.
Ma
ancor peggio, era che dall’angolo destro della bocca gli colava una lunga scia
di sangue che ricadeva sul collo di Andie, dove già due fori sanguinolenti,
illividiti e maciullati erano in bella mostra.
Anche
il pavimento sotto di Andie era cosparso di sangue.
Ariel
sbatté le palpebre più volte, incerta di ciò a cui stava assistendo.
Andie
mugolò sofferente e Damon sembrò agitato, smettendo di spingersi dentro la
bionda e rivolgendo lo sguardo alla rossa, che adesso lo fissava negli occhi, a
bocca aperta.
La Redlake
sentì il respiro farsi irregolare ed il cuore palpitarle più forte nel petto quando
cominciò a rendersi veramente conto di ciò che stava accadendo in quella casa.
Damon
Salvatore...Stava uccidendo Andie Star...mentre ci faceva sesso!!!
Ed
era un vampiro!
Un
Vampiro come Eric Norhtman di True Blood!
Damon.
Era. Un. Vampiro.
E,
quel vampiro, si stava appena alzando in piedi con i canini ancora sfoderati, avvicinandosi
a lei mentre tirava su la cerniera dei pantaloni.
Ariel
era troppo concentrata sulle sue zanne, purtroppo.
Negli
occhi azzurri, ombrati dal rosso del sangue, Ariel vide una scintilla di rabbia
che non aveva mai notato negli occhi di Damon.
Terrorizzata,
la rossa cercò di rimettersi in piedi ed indirizzarsi verso la porta.
Ma
nell’issarsi e contemporaneamente guardare il vampiro, inciampò nuovamente e,
stavolta, cadde proprio sui cocci di vetro del vaso che probabilmente era
caduto prima che lei facesse irruzione in casa Salvatore.
Il
vetro le si conficcò nel fianco, strappandole la maglietta e graffiandole anche
il palmo della mano, che ora perdeva sangue.
Lanciò
un gemito di dolore, profondo e disperato.
La
scheggia sulla mano era conficcata in profondità.
Inorridita
alzò lo sguardo verso il vampiro che le si avvicinava lento, con il volto
bestiale e le zanne sguainate.
Gli
occhi gli luccicavano in modo strano, e sembravano privi di ragione.
-D-Da...mon...-Biascicò
impaurita, tenendosi il polso la cui mano bruciava e sanguinava, scossa da
mille tremiti.
La
risposta del moro fu solo un ringhio raggelante ed a quel punto Ariel si lasciò
invadere completamente dal terrore.
Strusciò
più lontano possibile verso la porta, cominciando a strillare, ma Damon l’aveva
raggiunta.
Con
uno scatto che lei neanche vide, il vampiro l’aveva sollevata dal pavimento e
schiacciata contro la porta.
-Non
saresti dovuta venire...-Sibilò in un ringhio, stringendo una mano contro il
collo della fanciulla che gemette di dolore e paura.
-Ti
prego non farmi del male!!!-Gli strillò Ariel cercando di dimenarsi.
Ma
l’impresa era alquanto impossibile, la forza di Damon era come centuplicata
rispetto alla propria, non poteva fare un movimento ed intanto le zanne di quel
dannato si avvicinavano pericolosamente mentre le sue grandi mani scivolavano
lungo le spalle, bloccandola ancora di più.
La
rossa sentì le lacrime scivolargli lungo il viso ed il cuore galoppare veloce e
dolorosamente.
La
ferita sulla mano sinistra le pulsava in modo atroce, perché la scheggia di
vetro era ancora lì.
La
guardò tremante, percependo il fiato di Damon carezzarle il collo ed i suoi
ringhi farsi più sommessi e contenuti.
Non
voleva morire.
Non
prima di aver rivisto il suo Jake.
Non
prima di aver vissuto davvero.
Non
prima di aver sperperato i sporchi soldi di suo padre.
Non
voleva morire e basta.
Con
uno scatto di pazzia, estrasse la lama di vetro dalla mano sinistra, gettando
un urlo di dolore.
Poi
con la mano insanguinata, cercò di bloccare il viso di Damon.
-Noooooo!!!!-Strillò
con tutto il fiato che aveva, ed un attimo dopo, la scheggia di vetro era
conficcata nella gola di Damon.
Il
vampiro, sorpreso e sconvolto dall’improvvisa autodifesa della rossa, si
sbilanciò indietro, rendendosi conto che sulle sue labbra c’era del sangue.
Sfilò
con estrema facilità la scheggia dal collo e socchiuse gli occhi per una
frazione di secondo.
Il
sangue sulle sue labbra, era di Ariel.
Ma
intanto la suddetta ragazza, stava per darsela a gambe.
Più
in fretta che possibile, la rossa aveva aperto il grande portone e l’aveva
varcato anche, strillando e gridando aiuto.
Tuttavia
non fu abbastanza, Damon si riprese in fretta ed era ancora più furioso ed
accecato dal sangue di Ariel.
Una
sola goccia di sangue sulle sue labbra aveva cancellato ogni raggio di
razionalità, ora Damon non c’era più.
Non
voleva esserci.
In
un lampo raggiunse Ariel e le si parò davanti ruggendole contro.
-AAAAAAAAAAAH!!!!!-
Alla
vista del vampiro, Ariel strillò con tutta la forza che aveva nei polmoni, ed
invertì la corsa nel disperato tentativo di sfuggire alle mani del vampiro che in
un attimo le avevano già agguantato i
fianchi.
Con
un ringhio, Damon la sollevò da terra, impedendole di proseguire la sua corsa e
senza troppa premura la scaraventò di nuovo verso l’entrata di casa.
Ariel
urtò con la testa contro lo zerbino, attutendo leggermente il colpo, ed intanto
Damon le era di nuovo di fronte.
Cercò
di aprire gli occhi, che nell’urto le si erano chiusi dal dolore.
-Ti
prego...Damon...-Pregò cercando di allontanarsi da lui, strisciando dentro casa
Salvatore e finendo nuovamente sulle schegge di vetro.
Andie
era in piedi appoggiata ad una parete, terrorizzata dall’improvvisa serie di
avvenimenti, fissando Ariel con la bocca spalancata.
La Redlake
si alzò in piedi, reggendosi la testa che le doleva e si avvicinò a lei.
-Ti
prego... fa qualcosa... ti prego...-Mormorò mentre le lacrime le scivolavano
nuovamente via dagli occhi.
Andie
la fissò ancora più sconvolta e, se si poteva dire, più terrorizzata di Ariel
stessa.
-Andie...-
La
voce di Damon risuonò alle spalle di Ariel, facendole ghiacciare il sangue
nelle vene e sgranare gli occhi per il terrore.
Lui
era alle sue spalle, mentre un attimo prima era sulla soglia.
-Con
te ho finito...sparisci e dimentica tutto...Ogni cosa!-
La
rossa vide gli occhi di Andie contemplare il vuoto, mentre lei restava
immobile, pietrificata dalla paura.
Poi la giornalista sobbalzò e se la diede a gambe levate, e nel momento in cui
varcò la soglia, si premurò anche di chiudere la porta.
-Noooo!!!!!-Strillò
Ariel, rendendosi conto che era rimasta sola,
prigioniera di Damon.
Scattò
verso il portone, ma ancor prima che potesse solo roteare il busto
completamente e direzionarsi, Damon la afferrò per una spalla e la scaraventò
contro la parete, bloccandola ad essa.
-Sta
ferma!...-Il vampiro separò le mascelle, mostrando i canini affilati,
avvicinandosi di più alla sua Sirenetta.
Finalmente.
Finalmente
l’odore di quel sangue non sarebbe stato più solo un’ossessione.
Finalmente
sarebbe stato suo.
Lo
aveva bramato tanto, ed ora, non gli importava minimamente delle conseguenze.
La
morte di Ariel.
L’odio
che avrebbe visto negli occhi della sua amata Elena.
La
rabbia e la delusione di Stefan.
Non
gli importava. Aveva già spento tutto.
Per
il sangue di quella rossa.
Con
un gesto impulsivo le bloccò i polsi contro la parete, perché lei cercava di
colpirlo convulsamente nella speranza di allontanarlo.
Ma
fu tutto inutile.
I
suoi canini avevano appena incontrato la pelle lattea e morbida della preda,
che ancora si dimenava e strillava, ma nell’esatto istante in cui il vampiro
pensò di avercela fatta, di aver vinto, il frastuono dei vetri rotti fece
sobbalzare sia lui che la
Sirenetta.
Stefan
Salvatore aveva sfondato la vetrata della cucina ed era piombato su Damon con
tutta la forza che aveva, staccandolo dal corpo di Ariel, che ancora più
terrorizzata strillò come una matta rendendosi conto che Damon era a terra, e
Stefan, con la faccia mostruosa quanto quella di Damon, gli stava sopra bloccandolo
per il colletto della camicia sbottonata.
-Che
diavolo fai!?? Che diavolo fai!!!!?-Gli urlò il castano mentre la sua fidanzata
faceva irruzione in casa e scioccata osservava Damon liberarsi dalla presa di
Stefan per gettarlo contro il muro, invertendo la situazione e bloccando Stefan.
-DAMON!-Strillò
Elena cercando di far calmare il vampiro, che parve non sentirla neppure,
colpendo Stefan in pieno volto con un cazzotto.
Ariel
si accasciò a terra, sedendosi nell’angolino dove era stata quasi morsa da un Vampiro.
Damon
Salvatore, Sua Maestà Imperiale Dio Della Bellezza, Mr. Antipatia...era un
vampiro.
Un
secondo dopo, Stefan si lasciò andare a terra e Damon si voltò per cercare
nuovamente la sua vittima, ma quando Elena si parò davanti ad Ariel per proteggerla,
Damon le ruggì contro fermandosi.
-Fatti
da parte!!-Sibilò con un tono di voce che Elena non aveva mai udito dalle
labbra di Damon.
La Gilbert
non cedé, rimase a testa alta, a difendere la sua amica.
-Non
lo farò! Diavolo Damon, riprendi il controllo! Sei migliore di così! Smettila
di spegnere la tua umanità! Ariel non ti ha fatto nulla e non si merita che tu
le faccia del male!-
Tuttavia,
come risposta, Damon ringhiò sfoderando di nuovo gli affilati canini e con
passo lento si avvicinò verso le due.
Ariel
riprese a strillare.
-Ci
ucciderà! Ci vuole uccidereeee!!Elena, ci vuole uccidere!!!! - La guardò con lo
sguardo supplichevole.
Elena
sapeva che quello non era il vero Damon.
Sapeva
che lui non avrebbe mai voluto fare del male a lei o ad Ariel.
-Ti
prego...-Gli sussurrò guardandolo negli occhi azzurri.
E
per un attimo Elena poté giurare di aver visto un lampo di disperazione
attraversare quelle schegge di ghiaccio blu.
Ma
un attimo dopo, un urlo di dolore da parte di Damon, fece tremare la casa ed i
presenti.
Stefan,
con un paletto, aveva colpito Damon esattamente sotto al cuore, trapassandolo
da parte a parte.
-Presto!
Porta via Ariel! A Damon ci penso io!!!!! Vai Elena!!!-Urlò Stefan mentre Damon
si accasciava a terra, ringhiando e tastandosi la ferita con gli occhi
iniettati di Sangue e furia.
Elena,
ancora sotto shock ed a bocca aperta per l’improvviso K.O. di Damon, si voltò
verso Ariel.
-Ariel,
Ariel, coraggio, devi alzarti! Andiamo via!!!-
La
rossa, alla vista di Damon con un paletto di legno che gli sbucava dallo
stomaco, era sbiancata trattenendo un coatto di vomito, mentre si alzava e si
lasciava prendere il braccio da Elena che la trascinava fuori.
Era
davvero tutto finito?
Era
salva?
Elena
spalancò le portiere della sua auto lasciando la rossa salire, ed in meno di
venti secondi era già al volante.
Ariel
sentì il cuore pulsarle veloce, per la paura che ancora la pervadeva.
Cosa
era successo in quella casa?
Era
andata lì per dichiararsi al ragazzo che le piaceva...e lui era un vampiro?
E
stava per ucciderla.
Ricordò
anche l’atroce dolore alla mano, che per la paura sembrava svanito, ma non
appena posò la mano lesa sulla gamba, il bruciore tornò prepotente a farla
gemere.
Ed
anche i graffi sul fianco ripresero a farle male.
Un
altro Flash le attraversò la mente; Stefan a super velocità aveva scaraventato
via Damon, e la sua faccia era da vampiro.
Sobbalzò.
Un
momento.
Se Damon era un vampiro e Stefan era un vampiro..
Elena?!?
(O.o nd. Beta)
-Oh
mio dio... Oh mio dio... Siete tutti mostri! Siete tutti vampiri!!!!! FAMMI
SCENDERE!-
Elena
rallentò e guardò l’amica, che con gli occhi dilatati dal terrore la guardava
appoggiandosi allo sportello della macchina con orrore.
Credeva
fosse una vampira?
Fine
VIII Capitolo.
Ciaaao
tesori miei!
Devo
dire che c’ho messo un po’ di tempo per scrivere questo capitolo dato che ho un
po’ di difficoltà nello scrivere scene d’azione!
Ma
spero che vi piaccia lo stesso!!!
In
questo capitolo Ariel è indecisa sul da farsi: Dichiararsi o no.
La
vediamo anche confrontarsi con le sue amiche ma soprattutto con Elena.
Alla
fine, la Rossa,
sceglie di andare da Damon…e sorpresa delle Sorprese lui è un tantino
impegnato! Ouch.
Non
ve l’aspettavate eh?
Così Ariel ha scoperto il segreto di Damon…
Ed il nostro Damon non l’ha presa tanto bene…insomma… è
stato colto sul fatto ed Ariel si è spaventata da matti.
La reazione di Damon è stata quella di metter da parte i
sentimenti che iniziava a provare per Ariel e ritornare allo stato precedente
in cui era semplicemente ossessionato da lei.
Bene, nel prossimo capitolo cosa accadrà?
Ariel teme che anche Elena si un vampiro, si fiderà della
nostra Gilbert?
Cosa farà Damon? Oh cari lettori…vi assicuro…che non se ne
starà poi tanto buono!
Spoiler:
Elena: Stefan…Damon è scappato! E’ stato qui…ed è fuori
controllo!-
Stefan: Se Damon è arrabbiato non la lascerà in pace…dobbiamo
trovarlo!-
*Cellulare che suona*
Ariel:
Pronto?
Damon:
Sirenetta... che bella collana...Peccato che quella, appartenga a me...-
Ariel
alzò lo sguardo, verso il soffitto di casa sua, e i passi di Damon salvatore si
udirono a ritmo della sua voce, e il terrore prese possesso di lei.
Angolo pubblicità Serenity:
You Lead Me Into Temptation : Cast The Vampire Diaries
The Last Flame In The Wind : Piton/ Nuovo Personaggio [HP]
Mi Raccomando recensite in tanti!!!!!
Baci Serenity 452
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Capitolo 12 *** Our Solemn Hour. ***
Capitolo 9
AVVISO: Dal
prossimo capitolo la fanfiction “The Fiery Angel” passerà dal rating “Arancione”
al rating “Rosso”
Chiunque sia contrario a questa modifica mi faccia sapere tramite
recensione o Facebook.
Grazie a tutti.
Sai mia beta, ogni notte
Passata assieme, è diventata un Mattino,
che c’ha visto coi suoi raggi
insieme in quel letto, con i Cihuaha,
dopo fette di salame e cioccolata a
volontà.
Spero che il sole ci guardi dormire
assieme…
per l’eternità…
L’autrice e la Beta consigliano di leggere
il capitolo ascoltando la soundtrack scelta, linkata nel momento più ideale per
ascoltarla leggendo ed immaginando gli eventi.
Capitolo XI : Our
Solemn Hour.
Elena
guardò Ariel sconvolta, mentre la sua amica rossa strillava come una matta.
-Fammi
scendere! Fammi scendere!!! Aiutoooo! Aiutooo!!!!-
-Ariel!
Calmati! Calmati per favore! Non sono una vampira! Non sono una vampira! Ti
prego credimi!-
Ariel
si zittì restando schiacciata contro la portiera con le braccia aperte mettendo
in evidenza il petto che si abbassava e rialzava freneticamente.
Elena
la guardò annuendo, cercando di infonderle fiducia.
-Sono
umana, te lo giuro Ariel! Sono umana!-
Le
disse con le lacrime che iniziavano a scenderle dagli occhi.
-Che
cosa volete da me!!!?-
-Mi
dispiace! Mi dispiace tanto! Ti dirò ogni cosa! Ma dobbiamo toglierci dalla
strada! Damon è fuori controllo, e Stefan non lo terrà buono a lungo!-
-Perché
vuole uccidermi!? Io non ho fatto niente! Non volevo... io...ho paura...
perché?!-Il senso della frase, svanì nell’esatto momento in cui anche la rossa
cominciò a piangere.
Non
capiva più nulla.
Elena
ingranò la terza e si diresse verso casa di Ariel.
-...Mi
dispiace Ariel...io non lo so...Damon non è cattivo!-Esclamò la castana
svoltando all’incrocio che portava al vialetto vicino casa della rossa, che a
quell’affermazione spalancò la bocca.
-Cosa?!
Non è cattivo? Ha cercato di uccidermi!!! E...stava uccidendo anche la
giornalista di Action News! -
Elena
la guardò con occhi sgranati e poi cercò di riprendere il controllo, per non
finire fuori strada.
Per
il resto del viaggio, Ariel non fece che guardarsi alle spalle impaurita.
Come
faceva Elena? Come poteva dire che Damon non era cattivo?
Insomma,
aveva tentato di morderla!
Con
quei spaventosi e mostruosi canini e la faccia ben peggiore di quell’uomo che
faceva la pubblicità dei Fonzies!
E
non era nemmeno tanto sicura di potersi fidare di Elena! Cavolo, se era una
complice di Damon l’avrebbe rinchiusa in casa e trasformata nella scolapasta
umana più bucherellata del mondo!
Stava
delirando.
Non
se ne era più accorta, ma la paura le aveva fatto dimenticare che la sua mano
perdeva sangue a fiumi ed il suo fianco era pieno di graffi.
-Ascota
Ariel, ora io ti accompagno in casa, ma devo tornare a controllare se Stefan
sta bene! Tu chiuditi in casa e non lasciare entrare Damon, d’accordo?-
La
rossa sobbalzò.
Elena
si era parcheggiata a tre centimetri dal portone di casa sua, ed Ariel poteva
leggerle negli occhi panico e sincerità.
Annuì,
avvertendo la paura di restare sola montarle nel corpo.
-...Non
preoccuparti! Tornerò e ti porterò della verbena!-
-Berbe-che?-Esclamò
Ariel agitata.
-Verbena...
si chiama Verbena, è il veleno che tiene lontani i vampiri... un’erba speciale
che ci protegge dal controllo mentale...-
Ariel
sentì il cuore mancare qualche battito.
Controllo
mentale. Elena Gilbert aveva detto controllo mentale.
-...
Non è vero! Non è vero! Questo è un incubo! Maledizione...Maledizione, non
dovevo guardare True Blood! Lo sapevo! Lo sapevo!-
-Coraggio!
Non preoccuparti, io e Stefan ti aiuteremo!-
-Stefan?
Cosa?! Cosa!? Io non ci capisco più niente! Sto sclerando ed ho paura! Voglio
la verità, o giuro che farò le valigie e prima di lasciare questa città
denuncerò Damon Salvatore per tentato omicidio!!!-Sbraitò la rossa in faccia
alla Gilbert, che guardò il volante con tristezza.
Non
poteva permettere che Damon e Stefan venissero smascherati.
-Stefan
e Damon sono vampiri...-
-Oh
mio dio... oh mio dio!-Annaspò Ariel.
-Ma
non devi preoccuparti! Stefan è buono, beve sangue animale! Non farebbe del
male a nessuno!-
-Sì
certo, Edward Cullen!!-Esclamò Redlake coprendosi la bocca, mentre le lacrime
le rigavano il viso ed i singhiozzi la sballottavano.
Una
cosa si poteva notare di lei, forse positiva, forse inappropriata: Riusciva a
sdrammatizzare anche non volendo.
Le
sbucavano fuori battutine sceme nei momenti più tragici, ecco.
Elena
in tutto ciò rimase solo qualche secondo a contemplarla, con un sopracciglio
alzato e l’aria perplessa.
-Bene,
ma si da il caso che Dracula.La.Vendetta abbia provato ad uccidermi!!! Lo
capisci!!!?-
-Damon
non è cattivo, te lo posso giurare! Deve aver perso il controllo sentendo
l’odore del tuo sangue! Hai ferite ovunque!-Cercò di rimediare Elena.
Ma
anche lei, in cuor suo, sapeva che non tutto quello che stava dicendo era vero.
Damon
era completamente fuori controllo.
-Oh
ma certo, povero Damon!...No, no, io non ce la faccio, mi dispiace, questo è
davvero troppo!-Esclamò Ariel in preda ad una crisi isterica, aprendo lo
sportello dell’auto e fiondandosi giù.
-No!
Aspetta! Ariel, ti prego, devi fidarti di me!-Elena la rincorse fino alla porta
di casa, dove con una presa di posizione, l’afferrò per un braccio
costringendola a voltarsi, per poi abbracciarla.
-Ti
prego! Ti prego! Non ti farà del male! Ti devi fidare di me e Stefan! Ti
porterò la verbena! Nessun vampiro potrà farti nulla con quella addosso!-
Fu
un istante lunghissimo, Ariel dapprima cercò di divincolarsi dall’abbraccio di
Elena, ma oltre ad essere piena di graffi che le bruciavano ad ogni movimento
brusco, non era nemmeno un granché in fatto di forza fisica.
Diciamocelo,
un bambino di dieci anni l’avrebbe battuta a braccio di ferro senza troppi
problemi.
Dopo
quel patetico tentativo di ribellione, si bloccò come una statua quando sulla
sua spalla scivolarono delle goccioline fresche e piccole.
Elena
stava piangendo.
Maledizione,
se Elena la metteva su quel piano, le si scioglieva il cuore.
Era
troppo vederla piangere.
Lei
odiava veder piangere le persone!
Lasciandosi
guidare dall’istinto, l’avvolse fra le braccia.
-Che
cosa vuole da me?-
-...Non
lo so, ma ti prometto che ti proteggerò, sei mia amica...Damon non ti farà
nulla, hai la mia parola!-
Cosa
doveva fare? Crederle?
Dannazione,
la voce di Elena sembrava così onesta e sincera!
Stava
così male da poterlo percepire dal battito accelerato del cuore, che riusciva a
sentire per bene tanto che erano strette.
Non
ci poteva credere, in meno di quarantacinque minuti tutta la sua vita era stata
stravolta.
Damon.
Elena.
Stefan.
Vampiri.
Quattro
elementi collegati da fili invisibili, che la terrorizzavano.
Era
troppo confusa, non ce la faceva a mettere in ordine le idee e prendere una
decisione sensata.
Era
cambiata ogni cosa, la sua amica era fidanzata con un vampiro, ed il fratello
di questo vampiro, era anche lui un vampiro.
Un
vampiro diabolico!
E
morale della favola?
Proprio
quando aveva deciso di andare a dichiararsi Mr. Antipatia/Vampiro/ Psicopatico,
tentava di ucciderla.
Ed
ora stava avendo uno sclero mentale in piena regola.
Tuttavia,
non aveva altre scelte.
Doveva
fidarsi di Elena.
Cosa
poteva fare come alternativa? Correre dallo sceriffo della città sbraitando che
un vampiro l’aveva assalita?
A
finire al fresco sarebbe stata lei, per vaneggiamento (o sbronza), altro che
Damon*.
In
oltre, anche se avessero fatto degli accertamenti sull’aggressione, Damon era
un vampiro no?
Quindi:
Super forza, super poteri Culleniani fregati ad Edward o ad Eric Northman, ed i
poliziotti sarebbero diventati la cena.
E
poi restava sempre Elena.
Era
così dolce e gentile, l’aveva pensato fin dall’inizio e vederla star male, la
deprimeva.
Perciò...
le avrebbe dato una chance.
-Va
bene... ma... ti prego... non piangere...-
Elena
annuì tirando su col naso ed asciugandosi le poche lacrime che le erano cadute.
Rimasero
abbracciate qualche altro secondo, fino a che la castana non parlò.
-Devo
raggiungere Stefan, avrà sicuramente bisogno del mio aiuto per calmare Damon...sta
tranquilla, torno presto, capito?-
La
rossa slegò l’abbraccio e si asciugò le lacrime.
-Va
bene... mi fiderò di te... Ci vediamo dopo, e dovrai dirmi ogni cosa sui
vampiri Elena! Io non potrei più vivere altrimenti! Capisci vero? Mi sto
fidando di te...-
-Non
te ne pentirai! Questa sera ti racconterò ogni cosa, io e Stefan...-Rispose la Gilbert avviandosi verso
l’auto.
Ariel
la guardò salire in macchina, poi corse in casa.
La
sua prossima missione era disinfettarsi, medicarsi le ferite e scolarsi una
botte di camomilla rilassante.
O
sarebbe svenuta prima del ritorno di Elena.
Quando
Damon riaprì gli occhi tutto intorno a lui sembrava lugubre e silenzioso.
C’era
poca luce e non ci mise molto ad indovinare che era finito nello scantinato a
far compagnia ad Elijah, che giaceva nella camera accanto.
-Ti
sei ripreso...-Proferì una voce.
Stefan.
Senza alcun dubbio quello era suo fratello.
Il
moro cercò di rialzarsi, ma non ci riusciva, la ferita infertagli dal fratellino,
non si era rimarginata del tutto.
Finì
solo per mettersi seduto.
-Bel
colpo, Stef...-Biascicò lui respirando a fatica, guardando il castano aldilà
delle sbarre della porta.
Stefan
era serio e furioso allo stesso tempo, glielo si leggeva negli occhi.
-Bel
colpo tu, Damon... Aggredire Ariel in quel modo...-
Damon
sbuffò sonoramente.
Gli
ci voleva solo Stefan a fargli la paternale ora, per stuzzicare e accrescere i
suoi nervi schizzati.
Non
ne aveva proprio bisogno.
-Oh
andiamo, domani avrà già dimenticato tutto...se la soggiogherò...-Borbottò
Damon abbandonando il capo contro la parete e socchiudendo gli occhi.
Stefan
lo guardò accigliato.
-Cosa?
Sei fuori strada, Damon... tu non ti avvicinerai a lei... Sei fuori controllo
quando senti l’odore del suo sangue!-
-Andiamo,
non mi chiamo Edward Cullen, che non resiste al sangue di Bella!!-
-Damon
puoi essere serio?! Stavi per nutrirti di lei e l’avresti uccisa!! L’hai
terrorizzata ed ora conosce il nostro segreto!-
-Diavolo
Stefan! Ti ho detto che le cancellerò la memoria...una volta soggiogata, sarà
innocua...Avanti, se mi porti subito del sangue, ti perdonerò per avermi
impalato a tradimento! Liberami... sbrigati.-
Stefan
lo guardò dubbioso.
No,
non si sarebbe fidato di Damon.
Perché
suo fratello stava mentendo.
Non
avrebbe soggiogato Ariel, non avrebbe perdonato nessuno.
I
suoi occhi erano ancora iniettati di Sangue.
Le
mani gli tremavano impercettibilmente ed i canini non si erano ancora ritirati
completamente.
Ricordava
quello stato, ci era passato in maniera tragica anche lui, quando non era che
un mostro senza pietà governato solo dalla brama di sangue.
Non
aveva mai, mai in tutta la sua lunga vita, visto Damon ridotto in quello stato.
Lui
che aveva imparato a controllarsi, che era sempre stato bravo in questo, a
differenza sua.
-No,
Damon... Non ti libererò...! Ad Ariel... diremo tutta la verità e le darò della
verbena. Così che tu non la soggioghi...E non ti nutra di lei...mai!-
Un
secondo dopo, un ruggito si espanse per il sotterraneo del pensionato e Damon,
mosso da chissà quale forza, era scattato contro la porta.
Con
un poderoso “NO” ringhiato contro Stefan aveva sfoderato i suo canini e preso a
percuotere la porta come un pazzo.
-Fammi
uscire!!! Fammi uscire!Lei è mia! Bastardo! Io ti ammazzo!!-Ruggì il vampiro
moro cercando di scardinare le sbarre che chiudevano la piccola finestrella che
lo separava dal contatto fisico con Stefan.
-Sei
fuori controllo, Damon! Ma che diavolo ti prende!?-
Stefan
era confuso ed anche spaventato.
Mai
aveva visto Damon tanto assetato di sangue.
Quello
che si riduceva in quello stato era lui, dannazione!
Come
funzionava questa situazione adesso?
-...Damon...-Sussurrò
piano, arretrando senza sapere cosa fare precisamente.
Era
angosciato, questo era davvero troppo.
Vedere
Damon fuori di testa faceva male e gli veniva da chiedersi se anche il fratello
maggiore si fosse sentito tra un misto di tristezza e sofferenza quando era
capitato a lui di perdere il controllo.
Ma, quando sentì l’auto di Elena parcheggiare davanti al pensionato, resuscitò
dal suo coma e preferì che lei non vedesse Damon in quelle condizioni,
c’avrebbe sofferto troppo.
-Liberami!
Hai capito!? Non azzardarti a darle la verbena!!! Stefan!!!!!!! Stefaaaaan!-
Ma
il castano, a malincuore, dovette abbandonare il fratello maggiore che
continuava ad urlare il suo nome, ruggire e percuotere la porta, finendo poi
per colpire tutto quello che gli capitava a tiro, sopraffatto dall’ira.
Stefan
era già lontano ormai, ma sentiva la
terra tremargli sotto i piedi.
Doveva
solo sperare che Damon si calmasse, o avrebbe dovuto sedarlo con della verbena.
Un
attimo dopo, i suoi pensieri furono interrotti dalla voce della sua Elena che
gli si fiondava fra le braccia.
-Ehi!-Disse
lui stringendola dolcemente.
-Ho
portato a casa Ariel, ma è terrorizzata! Come sta Damon!?-
-Non
bene, è furioso... non l’ho mai visto così... è ossessionato da
Ariel...e...fino ad ora non me ne ero mai accorto! Come la guardava, il modo in
cui si moveva intorno a lei, tutte le volte che poteva cercava di avvicinarsi a
lei... Non ho mai capito niente...-
-Stefan
non è colpa tua! Nessuno avrebbe mai potuto capirlo! Io credevo che a Damon
Ariel piacesse! E visto che lei ha una cotta per lui, sono stata io che ho
spinto Ariel a dichiararsi e venire qui oggi!-
-...Oh
mio dio...Ariel... ha una cotta per Damon...sarà... terrorizzata e...-
-Stefan,
dobbiamo proteggerla!-
-Si,
le porterò della verbena, tu per adesso hai bisogno di riposare... sei pallida
amore, e stanca...ci penserò io a portare la Verbena ad Ariel...-
-D’accordo...ma
Damon?-Chiese la castana passandosi le mani fra i capelli per sopprimere il mal
di testa che le stava salendo su.
-Damon
è nei sotterranei... prima o poi si calmerà...Ha solo bisogno di smaltire
l’effetto droga causato dal sangue di Ariel...-
-Gli
passerà? Insomma, è come se fosse te quando bevi sangue umano!-
Stefan
distolse lo sguardo dalla fidanzata e prese fiato cercando di riordinare le
idee.
Era
confuso, non come le altre volte.
Damon
era affamato di sangue, il sangue di una singola persona: Ariel.
-Si...ma
ci vorrà un po’... Ora è accecato, non c’è niente che possa venir prima del
sangue di Ariel, perciò Elena, sta lontana da lui...almeno per un po’ ok?-
-Va
bene! Ci vediamo dopo!-Esclamò la castana abbracciando un’ultima volta Stefan,
prima di scambiarsi un bacio e dirigersi verso la sua auto.
Stefan,
rimasto solo, corse verso camera sua alla ricerca di qualcosa che potesse dare
ad Ariel per proteggerla dalla soggezione mentale dei vampiri.
Quando
fu in cima alle scale però, notò la porta della camera di Damon aperta e spinto
da uno strano presentimento, entrò.
Era
tutto in un accettabile ordine, il letto intatto e sulla scrivania c’era una
cartellina contenente qualche fascicolo fornito dallo sceriffo Forbes,
probabilmente su questione del Consiglio.
Conosceva
la camera di Damon, ci era entrato parecchie volte, ma non si era mai messo a
frugare fra le cose del fratello.
Invece
quel giorno senza sapere perché, aveva preso ad aprire i cassetti, i porta
gioie, le scatoline nascoste nei meandri di un mobile.
Era
alla ricerca di qualcosa, ma nemmeno lui sapeva cosa di preciso.
Poi
finalmente, quando aveva perso la speranza di soddisfare quello strano senso di
richiamo per un oggetto misterioso, gli occhi gli caddero su un cofanetto in legno
di medie dimensioni, con diverse linee in color rosa pastello che lo
contornavano.
Oh
sì, Stefan lo conosceva bene, quel cofanetto.
Risaliva
più o meno al 1854, lui era appena un bambino, mentre Damon aveva quasi una
decina di anni.
Era
molto giovane anche lui, a dir la verità.
Ricordava
perfettamente la mattina in cui lui e Damon ne combinarono una delle loro,
distruggendo una collana preziosa che apparteneva alla madre.
In
quel periodo, la donna, era malata di Tubercolosi e le sue condizioni si aggravavano
sempre di più.
Il
giorno in cui Damon ruppe la collana di quarzo della madre, per la tenuta dei
Salvatore fu un giorno nero.
Giuseppe
Salvatore, era furibondo e la signora Salvatore così triste che pianse tutto il
giorno.
Così
Damon per rimediare al danno, convinse Stefan ad accompagnarlo fino al mare.
E
fu lì che il giovane moro trovò ciò che tutt’ora era contenuto nella preziosa
scatola.
Forse,
Stefan in quel momento stava commettendo un grande errore, ma se così sarebbe
stato, l’avrebbe scoperto solo in seguito.
Aprì
il cofanetto, e sì, quella collana del 1854 era ancora lì.
Bella
com’era il giorno in cui Damon, dopo una giornata sott’acqua, era risalito
vittorioso con una perla di medie dimensioni stretta nel pugno.
Il
mattino dopo, il moro aveva prelevato tutti i suoi risparmi ed era corso da un
gioielliere.
Due
giorni dopo, era venuta fuori quella collana stupenda.
Una
catena d’oro con agganciata una spirale di fili mediamente doppi che a loro
volta imprigionavano la perla di Damon, cosparsa da piccoli punti luce in
cristallo puro.
Non
v’era oggetto più splendente in casa Salvatore all’epoca.
La
signora Salvatore ricevette quel dono un mese prima della sua morte, fu il suo ultimo
regalo.
Però,
prima di morire lo restituì a Damon, facendosi promettere che l’avrebbe passato
alla sua futura sposa.
Damon
lo custodiva da ben 150 anni.
Col
passare del tempo, i due avevano scoperto che la perla era bucata sotto uno dei
piccoli punti luce, e lì vi era un ingresso per iniettare qualcosa: Verbena.
Il
signor Salvatore, aveva modificato la collana per proteggere sua moglie dai
vampiri.
E
quello faceva proprio al caso di Stefan.
Senza
indugiare troppo, l’afferrò e si diresse verso la sua camera per racimolare un
po’ della verbena che conservava in caso di emergenza.
Poi
sarebbe corso a casa di Ariel.
Damon
aprì gli occhi con fatica.
Era
svenuto per qualche minuto dopo aver tentato di spaccare tutto.
Lentamente
però, ogni cosa era tornata dinanzi a lui e la ferita s’era rimarginata quasi
completamente.
Ma
lo stomaco gli bruciava e la gola era sempre più secca ed anch’essa in fiamme.
Aveva
fame.
Così
fame, poteva vederci rosso.
Si
accasciò contro la parete, cercando di restare seduto.
Con
quel colpo s’era indebolito, anche troppo, doveva nutrirsi al più presto.
-Stefan...-Biascicò
sperando che il fratello scendesse per portargli almeno una sacca di sangue, ma
era ben consapevole che il fratello non sarebbe tornato lì per un po’, dopo quello che aveva combinato
con Ariel.
Si
meritava di star chiuso in quelle quattro mura.
Tuttavia,
non era ancora così lucido da capire che non avrebbe dovuto aggredire la Rossa.
L’odore
che aveva lasciato sulla sua camicia, sporca di quel sangue così attraente, gli
dava ancora alla testa.
Quando
Ariel s’era ferita alla mano, gli aveva sporcato la camicia, il petto, il viso
e persino sui capelli color pece c’erano tracce di sangue Redlake.
Sarebbe
impazzito presto, continuando a sentire quel profumo, con la fame che si
ritrovava.
-Stefan....
Stefaaaan!!!!-Gridò con rabbia, alzandosi e camminando verso la porta in legno
massiccio barrata dalle piccole ringhiere di ferro.
Si
attaccò lì e cercò di scuotere la porta, ma era tutto inutile, in quello stato.
Stanco, ferito ed affamato, non sarebbe uscito se non con l’aiuto di qualcuno.
Furioso,
si scagliò contro la porta con un’ultima spallata, ma il risultato fu solo che
qualcosa di appuntito gli graffiò la pelle.
Non
era legno, ma il dolore mischiato a quello del’impalata di Stefan lo portò a
ringhiare ferocemente.
-Maledizione...-Imprecò
cercando la scheggia che l’aveva ferito ed incredibilmente, vi era un pezzo del
vaso che s’era rotto quando Ariel aveva fatto irruzione.
Era
rimasto attaccato ad uno squarcio sulla sua camicia.
Ma
meglio ancora, era intriso di sangue.
E
quel sangue non era suo.
Sgranò
gli occhi quando la consapevolezza che quel sangue apparteneva ad Ariel si fece
spazio nella sua mente.
Fissando
la lama, la direzionò lentamente verso le sue labbra, e lì, quando assaporò
quel nettare rosso e sublime, tutto divenne confuso.
Il
suo aspetto vampiresco prese il sopravvento.
Voleva
uscire.
Doveva
uscire da lì.
Ed
uscì.
Con
una furia pazzesca e l’aiuto di una spranga di ferro, scardinò la porta
buttandola giù con un colpo di spalla.
Era
finalmente libero.
Finalmente
libero di andarsi a prendere quella dannata ragazza dai capelli rossi.
Con
un ringhio, svanì dai sotterranei a super velocità.
Stefan
dal piano superiore udì il frastuono, ma quando, sconvolto e spaventato
raggiunse l’entrata, il portone era spalancato.
Damon
era fuggito.
Sfrecciato
via come un missile, senza che lui potesse neppure tentare di fermarlo.
Il
vampiro castano guardò verso il cielo cupo, stringendo la collana nel pugno.
Non
c’era tempo da perdere.
Se
Damon era a piede libero in quello stato, cosa sarebbe potuto accadere?
Di
corsa, afferrò il cellulare, chiudendosi la porta di casa alle spalle.
Elena
si accorse che il cellulare le squillava appena in tempo per rispondere alla
chiamata di Stefan.
E-Stefan?-
S-Elena,
abbiamo un problema...-
La
giovane sussultò udendo appena il sussurro del fidanzato.
S-Damon
è scappato...-
E-Cosa?!
Com’è possibile?-Esclamò la
Gilbert sgranando gli occhi color cioccolato.
S-Non
ne ho idea...Ma devo trovarlo...Sto andando da Ariel, probabilmente è il primo
posto dove andrà!-
E-Ti
raggiungo da lei!-
S-No,
ascolta Elena, è fuori controllo... Potrebbe essere pericoloso, ti prego resta
in casa!-
La
castana sembrò ponderare la cosa, e poi sospirò, avrebbe mentito a Stefan,
questa volta.
E-D’accordo,
ma se lo trovi...chiamami subito, ok?-
S-Certo!-Ed
il vampiro riattaccò, lasciando Elena con lo sguardo basso.
-Elena!-
La Gilbert fece un salto sentendo
quella voce, che proprio non si sarebbe aspettata di udire in camera sua, in
quel momento.
-Damon?-Soffiò
spaventata trovandosi di fronte tutt’altro che il Damon che conosceva.
Ariel
infilò il Jeans con le mani che ancora tremavano.
La
doccia bollente non era servita a nulla, e nemmeno la camomilla rilassante.
Era
tutta un fascio di nervi e terrore.
Vampiri.
Non
faceva che pensarci.
Aveva
letto Twilight saga, aveva anche visto tutti i film, ma mai si sarebbe sognata
di ritrovarsi nei panni di Bella, con tanto di Edward Cullen ma senza
afflizione e dieta vegetariana.
No,
da come s’era capito, Damon Salvatore mangiava Ragazze.
Ok,
forse l’opzione per sfuggire a tutto quel disastro era semplice: Poteva
scappare lontano chilometri e chilometri lasciandosi alle spalle Damon e non
solo.
O
poteva implorare perdono e offrirsi come angelo sacrificale, nella speranza che
Damon durante la cena non si ingozzasse troppo e la lasciasse vivere qualche
ora in più.
Ma
come funzionava? Un morso ed era avvelenata e destinata a diventare una
vampira?
Oppure
era come in True Blood, che quindi
Damon se la pappava e basta?
E
poi, anche se si fosse arresa, chi le assicurava che Damon sarebbe stato
clemente?
Insomma,
era un pazzo psicopatico Scopa-Cena!
E
lei non voleva diventare la
Cena-Scopata di
Damon, non era giusto!
Di
botto, lasciò cadere la testa contro il tavolo, sbattendo con la fronte.
-Aiiihi...-Pianse.
Non
sopportava più tutti questi dolori fisici.
Era
perseguitata, come se il dolore, e non solo quello dell’animo, fosse innamorato
di lei.
E
di certo il morso di un vampiro non doveva essere una bella cosa indolore.
Solo
guardando le zanne di Damon se l’era fatta a dosso, immaginando quanto cavolo
facessero male quei denti enormi ed affilati conficcati nella carne.
Insomma,
si era salvata da una frusta e se ne ritrovava sotto un’altra.
Paradossale.
Il
suo monologo interiore però, fu interrotto dal campanello di casa.
Sobbalzò,
terrorizzata.
-Apri
Ariel!! Sono Stefan! Ti prego fa presto!-
Esitante,
cercò di spingersi verso la porta.
Controllo
mentale. Questo in True Blood potevano farlo, merda!
Lentamente
aprì la porta cercando di non guardare Stefan.
-Grazie
al cielo stai bene! Devi mettere questa, Damon è scappato!-Esalò Stefan
guardandosi intorno con fare circospetto, mentre porgeva ad Ariel la collana di
Damon e lei la fissava con gli occhi sgranati, tremando.
-Co-Co-Cooosa???!-Ariel
sbiancò, se possibile più di quel che già era impallidita.
-Non
è stato qui, vero?-E l’occhio di Stefan cadde subito sul collo di Ariel, sul
suo corpo e sui suoi occhi verdi.
Sembrava
stesse bene, se tralasciava il fatto che era terrorizzata.
-N-no...Dio
mio...Mi darà la caccia? Devo emigrare al polo nord?!-Diede di matto la rossa,
cominciando a tremare più forte.
-Ariel!
Ariel! Andrà tutto bene, fidati di me... tu resta qui... Lui non potrà farti
nulla finché starai in casa e non lo inviterai!-
Ariel
respirò a fatica e cercò di ragionare.
In
effetti, Stefan era sul confine della porta e non si spingeva oltre.
Non
poteva spingersi oltre.
-Quindi
non dovrò implorarlo di non prosciugarmi?-
-Cosa?-Fece
Stefan confuso.
Eccola,
era capace di rendere le situazioni tragicomiche, lo faceva ancora.
-Ascolta!
Damon è arrabbiato con me adesso, io sarò qui e cercherò di fermarlo... Tu
fidati di me e ti prometto, che quando sarai al sicuro e Damon starà bene, ti
racconterò ogni cosa, qualsiasi cosa, ma ti prego...entra in casa...ed indossa
la collana...Ti porterò altra Verbena, per sicurezza, ma quella nella collana
bloccherà il controllo mentale da parte di qualsiasi vampiro...-
Ariel
in tutto ciò era rimasta in silenzio ad osservare ed ascoltare Stefan, per poi
alla fine essere troppo confusa e spaventata, quindi finì solo per annuire ed
indossare la collana.
Stava
per chiedere a Stefan la prossima mossa, ma il cellulare della ragazza suonò
prima.
S-Elena!!!
Che succede?-Chiese lui allarmato.
E-S-Stefan...Damon...
è stato qui!-Soffiò sconsolata la
Gilbert.
S-Cosa!?
Stai bene? Elena arrivo!-Il vampiro non dette il tempo alla fidanzata di
controbattere che riagganciò.
-Devo
andare da Elena! Resta in casa, tornerò...-Esclamò Stefan allontanandosi dalla
porta.
Ariel
lo guardò salire in macchina e partire come un fulmine verso casa Gilbert.
Per
un attimo dimenticò tutto.
Stefan
era corso via per soccorrere Elena.
Così
epico.
Quanto
avrebbe desiderato qualcuno che tornasse a proteggerla in quel modo intenso ed
audace.
Senza
premurarsi di nulla, senza paura dei rischi.
Eppure
si ritrovava sola, senza un uomo al suo fianco.
E
per chi fin da sempre era stata abituata ad appoggiarsi a spalle forti e
nascondersi fra le braccia degli uomini, ritrovarsi sola e predata da un Edward Cullen pazzoide era l’inferno.
Chiusa
la porta di casa, si avviò verso il salone.
Aveva
persino paura di accendere la TV,
era troppo spaventata e la sola idea di non accorgersi di qualsiasi tipo di
rumore o avvenimento le metteva un’ansia ed un isterismo che credeva di aver
dimenticato.
Si
sedé sul divano, ma fu inutile, non si sentiva tranquilla.
Qualcosa
non tornava e con Damon in libertà, la sensazione prepotente che qualcosa le
fosse sfuggito la attanagliava con una morsa invincibile.
Si
rialzò e cominciò a gironzolare per la stanza, facendo congetture.
Dracula, non poteva entrare in
casa sua, quindi era al sicuro, ma allora perché era così spaventata?
Secondo
punto; lui non poteva più costringerla a farlo entrare, o altre costrizioni
mentali.
Era
la preda più al sicuro del mondo.
Sospirò,
ma non fece neppure in tempo a rilassare il busto che il cellulare le suonò.
Con
una sensazione di vuoto nello stomaco ed una stana eccitazione, lo tirò fuori
dalla tasca del Jeans.
Lo
shock ed il terrore che si posarono sul suo bel volto non avevano eguali nel
momento in cui sul display apparve il nome di Damon Salvatore.
Il
corpo le prese a tremare forte e l’indecisione su cosa fare si unì alla paura.
Ma
Damon non sembrava intenzionato a mollare, la richiamò ben due volte e
nonostante Ariel sentisse il panico trafiggerla con più e più coltellate finì
per rispondere.
A-…D-De…m…-Bene,
la voce le era morta.
D-Era
ora!... Sai Sirenetta, questo non va a tuo favore…-
Ariel
sbiancò ancora di più, assumendo la tintarella di un fantasma.
D-Ma
voglio darti una possibilità…si gentile, lascia che mi nutra di te…e forse non
finirai all’altro mondo soffrendo…-Pronunciò Damon con la voce così gelida che Ariel
sentì le gambe farsi molli.
E
tanti puntini coprirle la vista.
Le
mancava davvero poco per svenire.
Ma
poi rammentò che era al sicuro e non sapeva Damon dove fosse, perciò doveva
mantenere la calma.
A-…N-no…Non
te lo permetterò!-Bene! Ecco il sacro coraggio dei Redlake.
Ma
allora perché continuava a tremare?
Perché
era persino arrossita al pensiero di rispondere così vivamente a Mr. Antipatia?
Tuttavia,
infervorata dall’improvvisa consapevolezza che Damon, vampiro o non vampiro,
restava il solito presuntuoso e ipocrita di sempre, decise di rispondergli a
tono.
A-Non
lo sai? Stefan mi ha dato la collana con la Pervena!-
D-…Per…Verbena?-
A-….-Ma
che figura di merda col nemico.
D-A
proposito di quella collana…Sirenetta…è bella non è vero? Peccato che
appartenga a me…e la rivoglio…ora…prima che venga a prenderla insieme al tuo
collo…-
Ariel
sobbalzò, sentendo il cuore farle qualche salto mortale e correre veloce come
un tamburo nei giorni festivi.
A-Non
puoi…so la regola! Non puoi entrare se non ti invito!-Esclamò acquistando
coraggio ad ogni sillaba.
Ma
la risata di Damon la fece congelare sul posto.
Non
l’aveva mai sentito ridere in quel modo spaventoso.
Metteva
i brividi.
D-Certo
che non ti smentisci mai
Sirenetta…Io, sono stato già invitato, l’hai dimenticato?-
Ed
Ariel fu sul punto di vomitare, o forse urlare, anche piangere.
Non
era possibile.
Non
ricordava di averlo fatto entrare in casa.
Eppure,
se ci pensava, quella sensazione era vivida dentro lei, c’era qualcosa che
aveva ignorato, dimenticato, o probabilmente non ricordava.
Poi
fu come un fulmine a ciel sereno.
Udì
un tonfo sul tetto di casa sua ed in un flash immaginario vide il sorriso
vittorioso di Damon, il ghiaccio dei suo occhi assalirla, e rammentò tutto.
La
sera dell’incidente Damon l’aveva riportata a casa e lei addormenta fra le sue
braccia forti, l’aveva invitato ad entrare.
Le
lacrime scivolarono dai suoi occhi verdi, ed il fiato le si spezzò, tornò a
tremare più violentemente di prima.
D-Non
c’è bisogno di piangere… togli la collana, ed io entrerò gentilmente per la
porta e ti soggiogherò a non provare alcun dolore…altrimenti…sfonderò ogni
porta e verrò lì a prenderti e ti mangerò senza pietà, Ariel!-
Tuttavia
non ci fu risposta, il cellulare di Ariel cadde semplicemente a terra e le urla
di terrore della rossa si propagarono per la casa.
L’attacco
di panico si manifestò più violento di quanto Damon avesse previsto o mai
visto.
Dal
tetto, poteva sentire chiaramente Ariel correre all’impazzata, respirare male,
piangere, gemere e persino tirarsi i capelli.
Ma
la cosa che lo sorprese di più fu vederla catapultarsi fuori dalla finestra,
cadere, incastrarsi con la maglia da qualche parte ed urlare disperata.
Colta
dall’isterismo, la vide armeggiare contro la finestra, nel tentativo di
sganciare la maglia e, quando ci riuscì, ruzzolò fuori ferendosi il palmo della
mano.
L’odore
del sangue gli parve come uno schiaffo violento e deciso sul volto.
I
sensi da vampiro andarono in estasi e mentre lei stupidamente correva verso il
bosco, ignorando l’auto, Damon sorrise.
Se
proprio la sua Sirenetta voleva giocare, l’avrebbe accontenta per un po’.
Stefan
raggiunse Elena, che prontamente era sulla soglia di casa ad attenderlo.
-Elena!-Esalò
lui abbracciandola d’impulso.
La Gilbert ricambiò l’abbraccio.
-Damon
è scappato…-Gli sussurrò la castana trattenendo l’impulso di piangere.
-Cosa?...maledizione…Dov’è
andato?!-
-Non
lo so, mi ha detto di chiamarti ed ha anche detto che dovrò perdonarlo…che è la
sua natura…e poi è sparito …-Spiegò Elena veramente preoccupata.
-E’
fuori controllo…ed arrabbiato… l’ho provocato e sicuramente andrà da Ariel, non
la lascerà in pace!-
-Stefan,
dobbiamo fare qualcosa! Ho promesso che sarebbe stata al sicuro!-
-Dobbiamo
trovare Damon, andiamo da Ariel…-
L’oscurità
della notte rendeva il bosco ancora più cupo di quanto Ariel l’avesse mai visto
in un film o immaginato leggendo qualche libro.
Tuttavia,
fortunatamente, la luce della luna quasi del tutto piena illuminava parte del
bosco, poiché non era molto lontana dall’autostrada e dal famoso cimitero di
Falls Church.
Ormai
correva a perdifiato già da svariati minuti, l’aria gelida le bruciava la gola
come se tante piccole scaglie di vetro le striassero la gola, i piedi le facevano
male ed il cuore le sarebbe esploso presto.
Ma
la cosa peggiore era che Damon, con nonchalance la raggiungeva parandosi
dinanzi a lei col volto demoniaco.
Riprese
a correre, urlando quando una fitta e densa nebbia bianca l’avvolse rendendo il
bosco un palcoscenico da horror.
Damon
continuava ad inseguire la sua bella rossa e si stava rivelando persino
divertente, oltre che eccitante.
Poteva
sentire il sangue di Ariel viaggiare velocemente nelle sue vene, il cuore
battere come impazzito.
Sentiva
la sua paura.
Era
da così tanto tempo che non predava nessuno in quel modo.
Ma
non aveva più voglia di riaccendere i suoi sentimenti in quel momento.
Voleva
gustarsi quel momento di libertà.
Lontano
da tutto e tutti.
Lontano
dalla sua Elena.
(Soundtrack.)
Ormai
era arrivata al limite.
Non
avrebbe sopportato altro.
Quel
gioco villano, quell’inseguimento, erano tutto uno spasso agli occhi di Damon.
Forse,
era davvero arrivato il momento di fermarsi.
Che
senso aveva?
Che
differenza ci sarebbe stata se fosse morta d’infarto o uccisa a morsi?
Sfinita,
si appoggiò ad un albero, non aveva mai corso per più di dieci minuti, almeno
non a perdi fiato.
-Già
finita la corsa?-La voce suadente di Damon si udì dal nulla.
Ariel
sobbalzò cercando di localizzarlo, guardandosi intorno terrorizzata.
-Basta...Basta...Ma
che cosa vuoi da me? Che t’ho fatto?-
-Non
dirmi che non l’hai capito...Sirenetta...è il tuo sangue che voglio!!!-Spiegò
il vampiro nascosto chissà dove.
-Ma
io non voglio morire! Hai capito!? Io non sono Bella Swan! E non siamo in
Twilight!-Urlò la rossa in preda ad un altro attacco isterico.
Damon
rise sfacciatamente.
-Ti
devo dare ragione! Sei così comica!-Con
uno scatto veloce, che Ariel neppure notò, il vampiro le fu alle spalle.
I
canini si allungarono pronti ad affondare nella tenera carne di Ariel.
-Mi
dispiace Sirenetta...Purtroppo non sono quell’Edward...-
Ariel
s’irrigidì nel momento esatto in cui le braccia di Damon le fasciarono il
corpo.
Sentì
le sue mani sfiorarle sotto il seno e sul petto, alla base del collo.
Le
dita del vampiro le bruciavano la pelle come un tizzone ardente.
Sospirò
fra paura ed inaspettato desiderio.
Era
normale?
Era
possibile provare desiderio per una persona che stava per ucciderla?
Era
fattibile bramare quel tocco?
Ma
se solo ci pensava, sei ore prima era pronta a dichiararsi, era certa di
provare qualcosa di molto forte per Damon Salvatore.
Quindi
la risposta era: ovvio che sì.
Aveva
sognato quelle mani su di lei, tante notti.
E
nonostante la destra vagasse sul suo fianco e sullo stomaco così sensualmente
che si sentiva svenire, non poteva non rammentare che le fauci di Damon erano
pronte a morderla.
Poteva
sentire la mano sinistra carezzarle il collo, inclinarlo quasi dolcemente in un
lato, dove spostava anche i capelli.
Ora
era inerme, col collo esposto completamente verso il volto di Damon.
Il
respiro le mancava, sotto quelle carezze e la morsa del terrore che la bloccava
fra le braccia del vampiro.
-Ricorderò
questo momento per l’eternità, Sirenetta...-
Ariel
sobbalzò, sgranando gli occhi, come rinvigorita da una scossa.
Damon
in un gesto prepotente le aveva staccato la collana con la perla e la verbena
dal collo, e stringendola a se più rudemente le respirò sul collo.
Urlò,
non sapendo cos’altro fare.
Ma
non servì a nulla.
I
canini del vampiro le si conficcarono nel collo come lame, sicuramente esperte,
perché le colpirono la carotide in modo perfetto e preciso.
Ad
Ariel sembrò come un’enorme siringa proprio sul collo.
Per
i primi attimi fu decisamente doloroso.
Urlò
più che poté, ma fu solo peggio.
La
gola le si infiammava.
E
sentire i due denti conficcati nel collo era fastidioso e provocava mille fitte
ad ogni scossone che faceva nel tentativo di liberarsi.
Il
cuore le batteva a mille, ed era certa che le sarebbe schizzato presto fuori
dal petto.
Forse
Damon l’avrebbe mangiato.
Sentiva
le gambe come ricotta, eppure non cedevano, ostinate, come sempre.
Forse
ormai c’era abituata, non riusciva a spiegarsi come mai nonostante sentisse un
dolore atroce, era come se si fosse estraniata dal suo corpo.
Oh
si... lo sapeva perché.
Succedeva
sempre così, in passato.
Il
dolore bruciava come fiamme sulla carne e la sua anima evaporava via, lasciando
solo dolore su un corpo.
E
quel corpo non cedeva mai, nel corso degli anni, era diventato come un muro.
Ed
un muro non poteva svenire, benché lo volesse.
Voleva
che il suo muro per una volta si rompesse del tutto sotto la presa di Damon,
così che finalmente qualcuno fosse capace di fermarle il cuore, così come il
dolore.
Quel
muro, era stato pian piano allenato a non cedere, ma a sopportare tutte le
crepe, gli squarci e quant’altro.
Ma
aveva decisamente sottovalutato i canini di Damon e la sua sete.
D’improvviso,
mentre sentiva il sangue fluire verso il collo e nella bocca del vampiro,
dapprima velocemente poi più lentamente, Damon cominciò ad affondare i canini di
più nella carne e squarciare.
Gettò
un grido di puro dolore, mentre il capo di Damon si moveva freneticamente e la
pelle si dilaniava sul collo.
Il
sangue cominciava a macchiarle il petto scivolando sempre più violento e vivo.
Con
una forza a lei sconosciuta, cercò di opporre resistenza, questa volta con più
foga e disperazione.
Non
era giusto, maledizione!
Si
sentiva umiliata, era stata braccata, come una preda.
Preda
di una creatura spregevole e sanguinaria.
Sentiva
vividamente tutto il dolore del sangue che lentamente le veniva portato via
contro la sua volontà, prosciugando le vene che bruciavano, dandole la
sensazione di avere il corpo in fiamme.
E
più urlava, più si dimenava, maggiormente il dolore si propagava verso la
spalla ed il petto e persino alla mascella.
Senza
più energie, cercò di spostare il viso di Damon dal suo collo, ma era come
sempre una lotta impari. Persino quel viso perfetto sembrava d’acciaio sotto le
su manate ed unghiate.
Era
tutto inutile, si sentiva sempre più stanca, ed una forte sensazione di
vertigine mista ad un acuto dolore alle tempie le fece capire che stava per
perdere conoscenza.
Se
fosse accaduto, non avrebbe ricordato la sua morte.
Tanto
meglio, pensò.
La
pelle dilaniata lasciava zampillare via il sangue che man mano fluiva in Damon
rendendolo schiavo di quel dolce nettare.
Non
che avesse un sapore diverso dalle altre donne.
Forse
un po’ più dolce ed intenso, ma nulla di speciale.
Ma
per lui era come se fosse il migliore.
Era
quello che voleva, che aveva desiderato.
Damon
lo sapeva, Ariel non si sarebbe salvata, era prossima a cedere il passo alla
morte, ma benché fosse consapevole dell’imminente morte della sua Sirenetta,
nonostante sapesse quale dolore le stesse causando e quanta sofferenza i suoi
denti impiantati nel suo collo le arrecavano, non riusciva a smettere.
Non
poteva fermarsi, non voleva farlo e continuava a squarciare nel tentativo di
prendere più sangue.
Gli
parve di staccarsi dal mondo, di volare via, di dimenticare qualsiasi cosa.
Elena,
Stefan, Ariel, Caroline, Bonnie, Alaric, Katherine, Klaus, licantropi, vampiri,
Mistyc Falls erano solo un vago ricordo.
Chiuse
gli occhi, mentre il corpo di Ariel lentamente smetteva di divincolarsi,
cominciando a perdere le forze.
La
sentì gemere un’ultima volta, poi la gamba destra cedé e lui si ritrovò a sorreggerla,
eppure nessuno dei due mollava.
Lei
cercava di restare in vita, forse persino contro la sua stessa volontà.
Insomma,
chi avrebbe voluto continuare a vivere, mentre veniva letteralmente sbranato?
E
lui continuava a nutrirsi di lei, non cedeva alla ragione.
Una volta morta Ariel, quel sangue sarebbe stato solo un ricordo, ma nemmeno
quello gli importava più in quel momento, voleva solo godersela.
La
sua povera Sirenetta, non ci sarebbe stata mai più.
Si
perse nel suo ricordo, stringendola a se, dolce e famelico.
Ma
proprio quando credeva di aver raggiunto il paradiso bevendo il tanto bramato
sangue di Ariel, il suo specchio si frantumò in mille pezzi.
Un
atroce dolore dietro la schiena, a pochi centimetri dal cuore, lo paralizzò e
lo costrinse persino ad urlare.
D’istinto
lasciò andare Ariel, che invece di scontrarsi col suolo, ormai priva di
sensi, fu accolta da due braccia forti e
muscolose.
Damon
in preda agli spasmi per il dolore riuscì a vedere Stefan sfrecciare verso
Ariel ed accoglierla fra le sue braccia.
Un
gemito gli sfuggì nel momento in cui si rese conto di ciò che era accaduto.
Ariel
era in punto di morte, e lui, era stato attaccato.
Stefan
era di fronte a lui, con la rossa in braccio.
E
l’orrore gli si dipinse sul volto.
Si
abbandonò a carponi sul terreno, fra le foglie e le erbacce del bosco.
Alle
sue spalle, il suo assalitore si rivelò colei che tanto amava.
Elena.
Bella,
tanto quanto sconvolta, spaventata ed indignata.
Gli
passò accanto correndo verso Stefan, senza degnarlo di uno sguardo.
-Dobbiamo
portarla via, ma dovrò darle del sangue o morirà! Il battito è troppo debole!-
-Ti
prego Stefan, devi salvarla!-Esclamò Elena disperata.
La Gilbert si sentiva in colpa.
Non
aveva protetto la sua amica, ma non avrebbe permesso che morisse.
Per
nulla al mondo, Ariel si era affidata a lei.
Stefan
non aspettò altre parole, rapidamente si morse il polso e lo posò sulla bocca
di Ariel.
-Ti
prego...bevi...Forza Ariel...-
Ma
la ragazza questa volta, non rispondeva, non si moveva, lì inerme fra le braccia
di Stefan.
Fredda.
Era
già troppo tardi dunque?
Elena
strozzò un gemito di disperazione e frustrazione.
Sentiva
dentro sè un odio che non provava dalla notte in cui Damon aveva ucciso Jeremy.
Con
impeto e le fiamme negli occhi, guardò il vampiro che tentava di non finire
completamente a terra.
Quando
entrambi incrociarono gli occhi, Damon sentì una voragine spalancarsi sotto di
lui.
Era
l’inferno attraverso gli occhi di Elena.
Quell’odio,
puro, deciso, eterno, non poteva sopportarlo.
Non
avrebbe mai potuto.
Una
morsa gli strinse il cuore, ed il petto si gelò dolosamente, facendolo lamentare
di dolore.
Leggere
il disprezzo e la sofferenza su quel viso che aveva amato da sempre, era una pena
atroce.
Già
una volta aveva assaggiato quel frutto amaro, ma stavolta sembrava che fosse la
fine, non l’avrebbe mai perdonato.
E
lui non voleva vivere con l’odio di Elena, non voleva quegli occhi dolci colmi di
disprezzo puntati su di sé. Avrebbe preferito infilarsi quel paletto nel cuore
subito.
Ed
allora, in cuor suo cominciò a pregare.
Perché
se Ariel fosse morta quella notte, per mano sua, Damon avrebbe desiderato
morire con lei.
L’avrebbe
seguita, per sempre.
Fine
XII Capitolo.
[Continua....]
Buona sera a
tutte…
Eccomi
finalmente, dopo molti giorni di ritardo, (e per qualcuno mesi, come le mie
povere amiche >.> ) col nuovo capitolo!
Ma partiamo
subito con l’analisi!
In primis
vediamo Ariel confusa e sfiduciata nei confronti di Elena.
Come biasimarla
del resto?
Ma la nostra
eronia (?) è troppo sciocca e fiduciosa, e confida in Elena!
…Bè, mi viene da
dire…Non l’avesse ai fatto no?
Stefan rinchiude
Damon, ma di certo il fratellino ha sottovalutato la forza del caro Damon.
Ha perso le
staffe, ed arrabbiato e spronato dal sangue di Ariel, con un po’ di furbizia ha
fregato Stefan, che intanto ha recuperato una collana per Ariel.
Rivedrete questo
ciondolo sapete?
E sappiate anche
che Damon ci tiene molto ù.ù
Pezzo forte del
capitolo…Ariel sclera…scappa ed infine si arrende consapevole che non avrebbe
potuto trovare la salvezza nemmeno se avesse continuato a correre per tutta la
vita.
Scopriamo i suoi
pensieri verso il doloro e quindi qualcosa di ancor più misterioso nel suo
passato.
Damon è
completamente fuori dai binari.
Avete letto il
finale no?
Cosa ne sarà di
Ariel? E di Damon?
Tutto nel
prossimo capitolo!
Ringrazio tutte voi
per il sostegno che mi date ogni giorno, soprattutto tramite facebook e
recensione! (spero di riceverne tante *w*)
Ringrazio anche
la mia Beta che si sta arrabbiando perché sono le 5.30 del mattino e noi siam
ancora qui….
AVVISO: Dal
prossimo capitolo la fanfiction “The Fiery Angel” passerà dal rating “Arancione”
al rating “Rosso”
Chiunque sia contrario a questa modifica mi faccia sapere tramite
recensione o Facebook.
Grazie a tutti.
Buona notte a
tutte, mie amate!
Grazie,
Baci
Serenity452
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Capitolo 13 *** Mi Distruggerai. ***
Cap 12
A The Distance…
Notte nera che ti
avvolge adesso…
Tinte tetre, sei in
mio possesso…
Vivi e capirai,
nell'immenso volerai…
Se non hai confini,
so che tu lo puoi…
La notte è dolce
musica per noi…
Capitolo XII:
Mi distruggerai.
Stelle.
Il cielo ne era gonfio
quella notte.
Non c’era una traccia di
vento ed il freddo era sopportabile, per essere Marzo.
Eppure il giovane uomo
non riusciva minimamente a sentirlo, ne era consapevole solo grazie al
termometro della sua Ferrari 458 Italia.
Sì, una di quelle d’ultima
generazione, che per acquistarne una, i miliardi non bastano.
Ma lui, poteva vantarsi
di possedere un bel po’ di miliardi da spendere, quindi la bella Ferrari era nelle
sue mani.
Sospirò, aveva la
macchina che desiderava, ma continuava a sentirsi vuoto come una voragine.
Puntò gli occhi di gemma
sull’altro capo della strada.
Il ragazzo con la Porsche 911 Turbo S, era
ancora impegnato a fare benzina.
O almeno ci provava.
Era decisamente
ridicolo, tanto alto e con un fisico ben tonico, non riusciva ad inserire una
misera banconota nel Selfservice.
Si concentrò meglio e
riuscì a sentire il ragazzo che sbraitava qualcosa, seguito da una dolce risatina di fondo molto infantile.
Vide chiaramente una
testolina rossa sbucare dal finestrino dell’auto e reclamare le attenzioni di
quello che doveva essere il padre alle prese con il distributore.
Lui si voltò e sorrise
alla bambina, così dolcemente che l’uomo nella Ferrari sentì una stretta al
cuore in una morsa d’acciaio.
Oh, quella bambina.
Quella piccola creatura
di si e no 18 mesi era stupenda.
La più bella che avesse
mai visto.
Sì, somigliava così
tanto alla sua Principessa.
La sua meravigliosa
Principessa perduta.
Mai più credeva che
avrebbe rivisto gli occhi splendenti che possedeva lei, i capelli simili a
fiamme, chiaro segno d’appartenenza ad una famiglia veramente unica.
Ma quella bambina era
diversa, il viso d’angelo troneggiava impavido nel suo cuore, benché l’avesse
visto solo pochi minuti prima.
Ma poi, concentrandosi,
rammentò perché si trovava lì.
Rammentò l’unico viso
che avrebbe sempre amato e messo al primo posto, nonostante fosse lontano, perso nel tempo e
nel cuore.
Ascoltò l’ultima battuta
del giovane padre e poi rombò via.
Il ragazzo aveva detto
alla figlia:
-Sai amore mio, spero
proprio che tu non diventi come me quando si tratta di soldi e
distributori...!-E poi aveva tirato fuori un portafoglio con un paio di carte
di credito, e sua figlia aveva riso abbagliando persino le stelle.
Una
melodia.
Quella
melodia, quella che pulsava nel suo cuore stanco.
Ariel
riusciva a sentirla dal profondo buio, senza luce né suoni in cui si trovava.
E
poi, poteva anche vedere quel profilo.
Bello, con gli occhi chiusi, i capelli lievemente troppo folti, con le basette
appena accorciate e le labbra piegate in un dolce sorriso.
Lui,
il suo Angelo della musica, al piano forte, che suonava quella melodia.
Lei
lo ricordava bene il suo Angelo, lei e J, il suo Jake, amavano ascoltarlo al
pianoforte.
Da
quando l’Angelo li aveva portati al cinema per guardare il Fantasma dell’Opera,
quel giovane pianista era diventato il loro Angelo.
Ariel
non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
Lei
era solita chiamarlo “Angelo” mentre Jake, un po’ geloso di quel sentimento d’amore
fra lei e l’angelo, preferiva chiamarlo col suo vero nome, anche se
l’ammirazione nei confronti di quel ragazzo che faceva parte della loro vita
come una presenza di coraggio ed amore, era indelebile quanto potente.
Lui
era sempre nei loro cuori.
Anche
se lei, ormai, preferiva tenerlo nascosto e segregato in un angolino, per
evitare di soffrire.
Perché
faceva troppo male ricordare, ricordare come era bello quando lei e Jake sgattaiolavano
via dalle loro camere per andare da lui e sentirlo suonare, qualche volta anche
cantare, stretti l’uno fra le braccia dell’altro e scambiandosi di tanto in
tanto qualche carezza dolce e sincera.
In
tutto l’orrore della sua vita, Ariel non poteva dimenticare che oltre a Jake
c’era stato il suo Angelo, così vitale, così spassoso ma saggio e generoso, nonostante
avesse solo pochi anni in più.
Poi,
un giorno, tutto era finito.
L’Angelo
era sparito, scomparso dalla sua vita, da quella di Jake e di tutti coloro che
l’avevano amato e conosciuto.
Ricordava
che Jake era rimasto nel cortile di casa per giorni, col pallone da Football
fra le mani in attesa del suo Angelo, ma lui non era più tornato.
E
lei non aveva più mangiato, né parlato, persino quando avrebbe dovuto urlare e
piangere era rimasta in silenzio, come un cadavere.
Le
si era spezzato il cuore, in tanti piccoli pezzi.
I
giorni erano passati veloci, e Jake, era passato dalla sofferenza all’odio.
L’angelo,
la loro fonte di forza, l’amore della sua Ariel, era sparito e lui desiderava
solo rivedere il sorriso sul volto della rossa, non gli importava più di quell’Angelo
traditore e vigliacco.
Se
pur più piccolo di Ariel, Jake, aveva ben compreso che quando la cinghia per
l’Angelo era diventata troppo stretta, questo era scappato via.
Ed
ora toccava a lui proteggere la sua Ariel.
La
rossa rammentò con dolore quanto Jake aveva lottato per lei, per farla andare
avanti e vivere, ripagandola in un certo senso di tutti i sacrifici fatti da
lei in nome dell’amore per lui.
Ma
ancora una volta, quando tutto l’inferno di casa Redlake era finito, anche Jake
aveva fatto le valigie ed aveva lasciato la Georgia.
E
questa volta il cuore le si era sbriciolato.
Nessuno
sarebbe mai stato capace di ricostruirlo.
Aveva
nascosto tutte le foto dell’Angelo, dato fuoco al suo pianoforte ed aveva
smesso di guardare il Fantasma dell’Opera, evitando accuratamente di ascoltare
le canzoni del film, che l’Angelo era solito suonare.
Tutto
per lei era finito, era rimasta sola.
O
forse non così sola dopotutto, le restavano i quattrini.
Così
tanti che poteva comprarsi le case più belle della Georgia.
Non
sapeva bene com’era successo, ma i soldi erano diventata la sua ossessione, la
sua forza.
Ne
possedeva tanti e ne riceveva tanti, grazie a quella funesta azienda che il
Signor Redlake aveva reso un impero.
Per
due anni non aveva fatto altro che vivere per quel denaro.
Lo
accumulava, come se temesse che presto o tardi le sarebbe servito, come il
cibo, lo si conserva per le evenienze future.
Ma
Ariel sapeva che infondo lo conservava per tenerlo nascosto, tutto per sé.
Voleva
qualcosa che non sarebbe mai andato via.
E
l’aveva trovato.
“Ariel...”
Oh!
Era la voce dell’Angelo!
Lui
stava pensando a lei, il suo angelo pensava a lei!
-Ariel...Coraggio,
svegliati...Ce la puoi fare...Andrà tutto bene!-
Era
gentile, come sempre, così dolce e premuroso, non smetteva di carezzarle il
viso.
-Stefan...Non
si sveglia!-
E
questa voce? A chi apparteneva? Chi era Stefan?
D’un
tratto, in quel buio, una lama le trapassò la mente strappandole un gemito.
“Ariel”
L’angelo la chiamava!
-Si
sta svegliando Elena!-
Svegliarsi?
Stava forse dormendo?
Molto
lentamente cercò di concentrarsi.
Non
sentiva il suo corpo e sfortunatamente, conosceva quella sensazione.
Fu
quasi atroce rendersi conto che le era capitato ancora.
In
passato questa situazione le era quasi diventata familiare, cadeva in uno stato
di rassegnazione ed ogni volta che si presentava sapeva gestirla.
La
mente, abbandonava il suo corpo. Ecco cosa le era capitato di nuovo.
Una
tattica di autodifesa dal dolore.
Ma
era inutile, quando si tornava sulla terra, la sofferenza era ben peggiore.
Inaspettatamente
perse il controllo di sé stessa, sconvolta dal terrore.
Non
sentiva più quella melodia che l’aveva cullata fin ora.
E faceva male, troppo male.
Le
urla di Ariel fecero sobbalzare Elena, che non s’era mossa dal capezzale della
giovane che riposava sul suo letto.
Stefan
era dal lato opposto del letto a vegliare sulla rossa, carezzandole con fare
apprensivo il viso ed i capelli.
-Tranquilla,
è tutto finito, tranquilla Ariel, sei al sicuro adesso...-La rincuorava il vampiro,
ma la Redlake
aveva cominciato a dimenarsi e strillare come una forsennata in preda ad un
attacco isterico, lasciando i due sconcertati dalle urla di disperazione della
fanciulla.
Passarono
minuti così, senza capire l’effettiva motivazione di tanta isteria ed angoscia,
cercando di calmare Ariel tenendola ferma al letto e sussurrandole di
tranquillizzarsi.
Elena,
bianca di preoccupazione, di fronte ad un comportamento così singolare cercò in
tutti i modi di aiutare l’amica e forse, dopo una decina di minuti di panico e
caos, Ariel cominciò a rilassarsi.
Smise
di urlare, ma cominciò a vaneggiare cose senza senso.
Parlò
di un angelo che doveva portarla con sé, nominò anche diverse volte il nome “Jake” mentre gli occhi le si
riempivano di lacrime.
Alla
fine, quando il respiro le divenne affannato e la lucidità cominciava ad
impossessarsi di lei, si guardò attorno spaesata e triste.
-Non
c’è più nessuno con me... Nessuno...-Mormorò, incontrando gli occhi verdi di
Stefan.
-Va
tutto bene, Ariel...Ci siamo noi con te...Io ed Elena…Vedrai, starai meglio...
è solo lo shock...-Le spiegò il castano con delicatezza, per non spaventarla
ancora di più.
Passarono
altri minuti di immutabile silenzio, finché Ariel non sospirò.
-Cos’è
successo?-
Sorprendendo
tutti, parlò, con voce spezzata dal terrore e dal pianto.
-Damon
ti ha morsa, nel bosco...-Le rispose lui mortificato.
-Questo
lo so... Ricordo ogni cosa...Ma perché non sento male al collo?-Istintivamente,
sorpresa come non mai, Ariel si tastò il collo dove i denti di Damon le avevano
squarciato la pelle.
Si
rese conto, in un misto di orrore ed incredulità, che la pelle era quasi del
tutto liscia come sempre e c’erano solo due piccolissimi fori che le bruciavano
appena.
-Ascolta,
Ariel, ieri notte Damon ti ha quasi uccisa ed io per salvarti ti ho donato del
mio sangue…quando un essere umano beve sangue di vampiro, ogni ferita si
rimargina, ma in questo modo si viene esposti al rischio di trasformarsi in
vampiri...-
-COSAA?!-Urlò
la rossa, senza permettere a Stefan di continuare il racconto.
Lei
era sconvolta, fremeva in un misto fra rabbia, paura e disgusto.
Aveva
bevuto del sangue.
Sangue.
E
rischiava di trasformarsi in un vampiro.
Questo
era troppo.
Non
era stato sufficiente che Damon l’avesse braccata in un bosco ed assalita come
un orso.
-Non
preoccuparti Ariel, non ti accadrà nulla! Per trasformarti in un vampiro,
dovresti morire con del sangue di vampiro in circolo nel tuo corpo e poi
nutrirti di sangue umano per completare il processo… Ma non accadrà nulla di
tutto ciò, sei al sicuro!-Intervenne Elena, sedendosi sul letto accanto ad
Ariel.
Le
due si guardarono ed Ariel vide negli occhi la tristezza di Elena, il rammarico
per non essere riuscita a proteggerla dilagava nelle iridi color cioccolato
della Gilbert.
Distolse
lo sguardo, consapevole che avesse indugiato ancora sugli occhi dell’amica, ci
sarebbe ricascata e si sarebbe fidata di nuovo di lei.
-No!-Annunciò
risoluta.
-Voglio
tornare a casa, farò le valige ed andrò via da questo orribile posto! Non ne
voglio più sapere di voi! Ho già sopportato abbastanza in diciassette anni, non
mi servono anche i vampiri!-Esclamò scostando le coperte dal suo corpo con uno
scatto isterico.
Dopotutto,
i suoi nervi non s’erano poi così rilassati evidentemente.
-Oh
Ariel! No ti prego, è troppo pericoloso, hai ancora in circolo il sangue di
Stefan e per quanto sia debole e siano trascorse già diverse ore, ci vorrà
ancora del tempo prima che il tuo corpo lo smaltisca!-Esclamò Elena cercando di
fermare Ariel che cercava le sue scarpe per tutta la stanza come un’invasata.
-Ho
detto no! Voglio andare via!!!!-
-Ma
Ariel, se ti accadesse qualcosa, anche un incidente stradale, moriresti e
torneresti in vita come una vampira!-Disse Stefan parandosi dinanzi a lei un
po’ troppo velocemente per un umano, e questo spaventò Ariel fino a farle
sgranare i grandi occhi ed arretrare col busto.
Lei
e Stefan si guardarono per un lungo ed intenso momento negli occhi verdi,
quelli di Stefan erano di qualche tonalità più scura con qualche venatura un
po’ sfumata sull’oro e, proprio come quelli di Elena, carichi di rimorso e
dispiacere.
Il
vampiro tese dolcemente un mano sulla spalla destra di Ariel e la carezzò
gentilmente come non aveva mai fatto prima d’ora.
Gli
parve strano toccarla, non si erano mai nemmeno sfiorati per caso, ora gli
sembrava anormale che in quelle settimane non ci fosse stato nessun contatto,
neppure una stretta di mano.
Le
aveva carezzato il viso poco prima, certo, ma non era la stessa cosa.
Quel
gesto, notò lui, invece di tranquillizzarla la innervosì ancora di più e con un
rapido gesto del braccio gli scansò la mano.
-Non
toccarmi così!-Strillò d’improvviso, acquistando un’aggressività che Stefan
stentava a riconoscere.
Sembrava
una gattina indifesa dinanzi ad un lupo famelico, pronta a tutto, persino a
combattere fino alla morte con le unghia e con i denti.
-Mi
dispiace…-Mormorò Stefan cercando di non alterare ancor di più la ragazza
chiaramente sconvolta.
-Non
me ne faccio nulla del tuo dispiacere! Stammi lontano, hai capito? Non toccarmi!!Non
toccarmi mai più!!!-
Stefan
rimase sbigottito.
Non
riusciva a campire se fosse per la sua natura di vampiro o per qualche motivo
di natura superiore, qualcosa rinchiuso nel misterioso passato di Ariel
Redlake.
Infondo,
non gli era mai venuto in mente di abbracciare Ariel, di darle la mano, una
pacca sulla spalla o altro, non c’era mai stato motivo effettivo.
Ed
era più che certo che neppure Jeremy era mai arrivato a tanto.
Solo
Damon, da che ricordasse.
Lui
ed Elena rimasero lì immobili, mentre Ariel recuperate ed indossate le scarpe
si accingeva ad andar via.
Non
sapevano che fare, non riuscivano a pensare a nulla, per tutto il tempo erano
rimasti in silenzio aspettando e sperando che la tempesta passasse.
Ma
l’epilogo non era stato dei migliori, Ariel era ancora sotto shock e di certo
qualcosa legato al suo passato aveva reso quel trauma ancora più
insopportabile.
La
videro avviarsi verso la soglia della camera e svanire per le scale di casa Gilbert senza dire una parola.
Stefan
era ancora troppo avvilito per parlare o fare qualcosa ed Elena era altrettanto
avvilita e senza parole.
L’angoscia
riempì la camera nel momento esatto in cui il portone di casa si chiuse dietro
le spalle di Ariel con un tonfo secco e violento.
Se
n’era andata, incurante del resto delle spiegazioni che Stefan le doveva,
ignara dei pericolo che correva e col sangue di Vampiro che le scorreva
nell’organismo.
Damon
si rannicchiò contro il primo muro portante di quella oscena bettola di bar in
cui s’era rifugiato, lontano da Mystic Falls, proprio verso i confini della
cittadina.
La
terza o forse quarta bottiglia di Wisky giaceva ormai a terra e la sua sete, il
suo bisogno di alienarsi dal mondo non s’era ancora placato.
Le
grida di terrore di Ariel, lo sguardo indignato e colmo d’odio di Elena, la
delusione di Stefan, gli occhi verdi della sua Sirenetta, riecheggiavano e
scivolavano fra i suoi occhi di ghiaccio e fra le sue orecchie.
Si
sentiva perso e non desiderava altro.
Schiacciato
dal peso delle sue colpe, dal rimorso, dalla paura, non poteva che desiderare
di perdersi in quell’oblio nero e gioioso, in una finta pace dei sensi, che
solo l’alcol sapeva donare.
Non
c’era sofferenza più viva ed intensa di quella che gli attanagliava l’animo in
quella cupa e disperata notte.
La
donna che amava l’avrebbe odiato per sempre.
Suo
fratello l’avrebbe detestato fino alla fine dei tempi.
E
la sua Sirenetta, lei, con gli indomiti capelli rubati alle lingue di fuoco del
più maestoso degli incendi, l’avrebbe disprezzato, rinnegato ed odiato per il resto della vita ed oltre.
Nemmeno
da morta le si sarebbe cancellato dal cuore e dalla mente, l’orrore e la
brutalità di quello che in vita lui le aveva fatto patire.
Come
aveva potuto arrischiarsi a perdere Elena solo per il sangue di quella demone
dai capelli rossi!?
Se
fosse morta, perché non aveva idea delle condizioni della Sirenetta da diverse
ore, non avrebbe avuto il coraggio di tornare a casa, di guardare Elena e
neppure Stefan.
Non
avrebbe mai potuto osservare la salma immobile della fanciulla, condannata al
riposo eterno per il suo desiderio di possessione e sangue.
Avrebbe
preferito bruciare al sole.
Ma
era passata la notte ed il nuovo giorno l’aveva visto alle porte della
cittadina, sui confini, in un bar a chiedere Borboun alle sei del mattino.
Gli
era stato concesso solo quando il barista, appena entrato nel locale per
aprire, era stato bello e soggiogato ad eseguire le richieste.
Quando
il Bourbon era terminato, s’era fatto servire tutto quello che possedevano di
super alcolico.
Vodka,
Gin, Rum e cos’altro?
Ed
intanto il pomeriggio s’era inoltrato e la sera era infine calata sul giorno
più terribile che avesse mai vissuto in 145 anni di vampirismo.
Ma
niente riusciva a portargli via, o ad allontanare perlomeno, quel dolore che gli
esplodeva nel petto come se avesse miliardi di fuochi d’artificio zampillanti
nello sterno.
La
ragione l’aveva quasi del tutto abbandonato, i suoi pensieri erano incoerenti e
concentrati sui visi, che nell’ubriachezza, gli passavano dinanzi.
Ed
erano sempre gli stessi.
Elena,
Stefan, Ariel.
Si
spinse verso il bancone, reclamando altro liquido ambrato che lo stordisse e
quindi fu accontentato con altro Rum, l’intera bottiglia, per la precisione.
Ma
nel momento stesso in cui portò la bottiglia contro le labbra, un’idea, come un
fulmine, gli lampeggiò nella mente offuscata dai piaceri e della dolce follia
del Rum.
Doveva
parlare con Ariel.
Chiederle
scusa, implorare o magari minacciarla, convincerla oppure obbligarla a
raccontare ad Elena che tutto era passato e che lui era meritevole di fiducia.
Lei
era l’unica che poteva sistemare le cose.
La
sua dolce Sirenetta era la sua salvezza per continuare a vivere un amore
impossibile.
Ora
che s’era impossessato del suo sangue, poteva sentirla ancor più vivida dentro
sé, quella ragazza.
Quella
possessione e quella brama di lei, forse non s’erano nemmeno placati del tutto,
ma almeno avrebbe provato a spremere ogni goccia della sua anima per salvare il
rapporto con Elena.
Non
avrebbe perso anche lei, come era successo con Rose.
Confuso
ed insicuro sulla natura stessa dei suoi pensieri, il vampiro si ritrovò a
cercare il suo cellulare.
Sì,
avrebbe fatto così.
Ariel
gli apparteneva ed era il suo unico mezzo per salvarsi.
Se
non era morta, la sua vita sarebbe servita a salvarlo.
Una
chiamata ed il gioco era fatto.
Tornata
a casa nel pomeriggio, Ariel, stanca e stremata considerato che aveva dovuto
trovare un autobus che la riportasse a casa, lasciandola a 500 metri da casa e costringendola
a proseguire poi a piedi.
Finalmente
nel suo appartamento, la fanciulla dopo aver chiuso la porta a chiave con
doppia mandata ed aver sigillato per bene tutte le finestre, si spogliò
indossando una camicia da notte sottile e beandosi del caldo del condizionatore,
mise in carica il cellulare, abbandonato sul pavimento dopo la chiamata di
Damon.
Verso
sera, sdraiata sul letto e speranzosa di riposare, la paura s’era fatta strada
nella sua mente.
Un
certo sesto senso la invitava a stare allerta.
Tesa
com’era, quando il cellulare le vibrò saltò letteralmente in aria.
Era
un sms da Elena.
[::
Ariel, so che sei arrabbiata e sconvolta, mi dispiace… Non ho parole per
spiegarti quanto io stia male per quello che ti è successo, Damon non la
passerà liscia, ora è sparito chissà dove, fuori città forse, Stefan e Caroline
lo stanno cercando con Bonnie, per ogni evenienza, nella tasca del tuo
pantalone c’è la collana che già hai indossato e un sacchetto con della
Verbena… puoi scioglierla in un po’ d’acqua o caffè…bevendola, qualsiasi
vampiro che proverà a morderti non potrà bere il tuo sangue grazie alla Verbena
in circolo nel tuo corpo…Spero che un giorno potrai perdonarmi per aver tradito
la tua fiducia…Tua Elena… ::]
Sospirò,
avrebbe fatto come diceva Elena per quanto riguardava la collana e la verbena,
ma perdonarla, quello le sembrava un’utopia in quel momento.
Ma
forse ce l’aveva solo con Damon in cuor suo e quella confusione non le
permetteva di ragionarci sù e comprendere.
Si
alzò e, come spiegato da Elena, la collana era nella tasca del Jeans che
indossava la sera dell’aggressione e lì c’era anche un piccolo sacchetto di
plastica contente una strana erbetta.
Non
rispose al messaggio della Gilbert, non ne aveva per niente voglia in quel
momento, eseguì solo quello che le aveva detto.
Indossò la collana e bevve dell’acqua con la famosa verbena che rendeva il
sapore un po’ più dolciastro e pungente.
Quando
ebbe terminato, tornò a letto per guardare un po’ di tv nella speranza di
allontanare tutti gli oscuri e cupi pensieri della giornata.
Per
dimenticare Damon e la mostruosità che l’aveva avvolta la notte precedente.
Ma
proprio quando aveva avvistato il telecomando, il cellulare le suonò
rimbombando come un tuono a ciel sereno.
Una
chiamata in arrivo.
Un
numero ed un nome che non avrebbe mai più voluto leggere per il resto della sua
vita.
Damon.
Non
sapendo cosa fare, sentì il panico che le strangolava la mente e d’impulso
ansimò sconvolta ed angosciata.
Che
diavolo voleva ancora quel mostro da lei?
Non
le era bastato assalirla, morderla come si fa con un cosciotto di pollo?!
No,
no, non gli avrebbe risposto.
Staccò
la chiamata, ma lui non mollò, continuò imperterrito a chiamarla.
Due,
quattro, sette volte.
All’ottava, Ariel, ricolma di magma come un vulcano, rispose inveendo contro il
Vampiro.
A-Che
diavolo vuoi ancora mostro!!!!!???-Eccolo, eccolo qui, lo spirito dei Redlake.
D-....Sei
viva!?-Esultò il vampiro con sorpresa, trattenendo le risate che gli premevano
nel ventre grazie alla sbornia.
A-Sì
e non grazie a te! Che cosa vuoi ancora da me? Non ti è bastato aggredirmi,
terrorizzarmi e farmi del male? Sei una bestia!-Urlò lei sentendo la rabbia
esploderle nelle tempie e nel cuore, diramandosi in ogni vena.
Damon,
dall’altro capo della città, rimase in silenzio dando ad Ariel l’impressione
che si fosse quasi avvilito, ma quando scoppiò a ridere indegnamente dovette
ricredersi.
-Con
te non ho finito!-Annunciò con voce glaciale quanto un Iceberg.
Ariel
sbiancò, le minacce con Damon non funzionavano, lui era decisamente più bravo a
farla tremare di paura, rabbia o dolore.
Perché
doveva sempre fare la dura quando non si trovava faccia a faccia col nemico?
Aveva
già dimenticato la facilità con cui Damon era piombato in casa e l’aveva
inseguita come un leone con la gazzella?
-Cosa?!-
-Tu
mi appartieni, e farai quello che ti dirò!...Chiamerai Elena e le dirai che mi
hai perdonato...Dille che deve perdonarmi! Hai capito?!-
Ci
furono attimi di silenzio.
Ariel
sentì uno spaventoso “Crack” nel centro del suo petto.
Non
era possibile. Era un incubo.
Come
le si poteva spezzare il cuore di fronte a quelle parole, dopo quello che lui
le aveva fatto?
Perché
facevano così male quelle parole, quella subdola e meschina richiesta?
A-No...No...-Mormorò
sentendo le lacrime che le pizzicavano gli occhi.
Che
Mostro.
Si
era innamorata di un vero mostro.
Tutti
i loro momenti insieme, la gentilezza, le parole, i gesti, la fiducia, i
sentimenti, era tutta una menzogna.
La
più dolce e distruttiva menzogna del mondo.
Lei
c’era già passata ed avrebbe dovuto riconoscerla ed invece, era cascata
nuovamente nello stesso oblio del tradimento.
D-Credi
che mi importi qualcosa di te?! Io non sono umano, non ho sentimenti, se non
per la mia Elena! Di te non mi importa nulla, se non il tuo sangue! Ed ora mi
aiuterai!-
A-Io...Io...
Tu mi hai...usata...sempre...-
D-L’hai
capito solo ora, Sirenetta?-Damon era così divertito da sembrare irreale.
Il
mondo le stava crollando addosso e la spaventosa realtà della notte precedente
si schiantava su di lei con una forza invincibile.
Non
era la brama di sangue ad aver vinto i sentimenti di Damon, lui non aveva
sentimenti, non nei suoi confronti almeno, era solo sangue.
Solo
brama sangue, e lei, povera sciocca, lo aveva capito solo in quel momento,
mentre il cuore le si spezzava davanti all’evidenza.
“Elena”,
era lei, l’aveva sempre saputo.
A-...Non...no...Non
è vero! Non è Vero! Sei orribile, io mi stavo innamorando di te! Come hai
osato?! Come hai osato farmi questo?! Sparisci dalla mia vita! Sei solo una
nullità e ti meriti tutto l’odio del mondo! Non farò nulla per te hai capito!?
Andrò via da qui e non dirò nulla ad Elena, vi odio dal primo all’ultimo,
mostri!!-Le urla si dilatarono nell’appartamento, le lacrime di Ariel le
deturpavano il viso, con il rossore innaturale delle guance ed i denti
sguainati a reprimere un grido d’odio.
D-Ti
ucciderò! Ti ucciderò se provi solo a lasciare la città! Verrò lì e ti
squarcerò la gola così tanto che nessun sangue di vampiro ti potrà rimettere in
sesto!!!-
Ariel
sentì il corpo tremarle in preda agli spasmi, già violenti, che le mozzarono il
respiro.
A-Va
al diavolo...mostro...-Quale oscura creatura aveva preso possesso di lei?
Come
poteva essere così stupida.
Provocare
Damon nello stesso ed identico modo della sera prima!
Esisteva
una preda, una creatura così ignorante, sciocca e demente da farsi braccare con
le stesse modalità già sperimentate?
Oh
sì, si chiamava Ariel Redlake!
Damon
staccò per primo la chiamata ed Ariel rimase qualche minuto a contemplare il
cellulare.
Doveva
scappare, darsela a gambe il prima possibile da quel maledetto posto chiamato
Mystic Falls.
Via
da quel dannato, maledetto, Damon Salvatore.
Com’era
concepibile che il suo cuore avesse ancora un dolce fremito al pensiero di quel
demonio?
La
mente ed il corpo erano qualcosa di assurdo.
Lo
odiava, aveva paura di lui, senza alcun dubbio, ma allo stesso tempo ne era
attratta.
Oh
sì, il fascino del potere aveva sempre avuto un grande effetto su lei.
Ma
non questa volta, stavolta si sarebbe salvata da tutto quel terrore e dolore.
Come
un petardo inesploso, la fiamma in lei riprese vita, facendola scoppiettare qua
e là per la camera, in cerca di una borsa, cacciando via tutti i vestiti ed
infilandoli nella valigia, raccattando tutto quello che poteva.
Ma sfortunatamente l’impresa non era poi così facile, non sapeva nemmeno dove
andare né cosa portare con sé.
Senza
contare che i minuti scorrevano veloci e lei perdeva tempo nella sciocca scelta
di indumenti e, nel tentativo di fare respiri profondi, si fermava per minuti
che sembravano secoli.
Mezz’ora
volò e la casa era un disastro.
Libri
sparsi ovunque, effetti personali, abiti ingombravano la borsa che non era
adatta al carico che lei aveva preparato per la fuga.
D’altronde,
la sua valigia era posata sull’armadio e di lasciare oggetti o abiti a Mystic
Falls, era fuori questione.
Era
in bagno, quando si rese conto che indossava ancora la camicia da notte,
tremando come una foglia lasciata al vento ed al gelo.
Prese
fiato, guardandosi nello specchio e controllando che avesse preso tutto dalla
lavatrice, lo spazzolino e le cose che le servivano tralasciando qualche
saponetta, s’era portata via persino le asciugamani che aveva comprato.
Aveva
speso troppi soldi per lasciarle in quel maledetto appartamento.
Corse
in camera e ripulì il resto, quando il suono del cellulare la riportò alla
realtà.
Urlò
per la paura, come una sciocca, colta di sorpresa da un sms.
Assurdo.
Aprì
il messaggio, era di un numero sconosciuto.
Sgranò
gli occhi ben consapevole che poteva essere J.
[::
Oggi ho trovato una tua foto…Sei bruttissima amore…! Sei messa a pecorella e ti
fingi una gatta con la faccia da scrofa… Quando ti rivedrò ti metterò così,
come una pecorella e sarai mia la tua prima volta! Ti va come idea? Vorrei
fossi qui, potremmo addormentarci insieme…magari nudi *w*
J.
::]
D’improvviso,
le lacrime che s’erano pacate, tornarono a sgorgarle dagli occhi di gemma.
-No…Perché…
perché….Dove sei Jake? Perché non vieni a prendermi! JAKE! Ma perché dovete
sempre tradirmi tutti!-
Urlò
come una forsennata, prese a calci tutto quello che le capitò a tiro,
rovesciando il borsone con i panni, scagliando a terra abiti e seminando le
scarpe per la stanza.
Il
cellulare rimbalzò sul letto più volte.
Lei
si accasciò contro i piedi del letto, angosciata e sconfitta.
Perché
diavolo lui doveva cercarla proprio quando aveva bisogno di un uomo al suo
fianco?
Perché
non l’aiutava in modo concreto, invece di starsene chissà dove a far chissà
cosa?
Come
aveva potuto abbandonarla anche lui?
Che
ne era di quell’amore puro ed incontaminato che tanto lui elogiava?
Bugie!
Bugie su bugie, dai suoi dannati uomini!
Non
ne aveva incontrato uno sincero e leale in diciassette anni!
Persino
Damon, la sua ultima speranza, l’ultimo che le aveva fatto provare un brivido
d’amore, era riuscito a distruggere tutto.
Forse
il suo destino era scritto, forse quando le era stato detto che nel suo cuore
non ci sarebbe stato posto che per l’odio, avrebbe dovuto imparare.
E
dare retta a quell’uomo.
Il
dolore non avrebbe mai sfiorato la sua pelle.
Il
suo corpo non avrebbe mai conosciuto la paura.
Ma
aveva rifiutato fin da subito quei concetti di odio e crudeltà.
L’amore
era il suo sogno, ma oramai ogni speranza era vana, come un’utopia.
Tutto
era finito.
Non
le restava più nulla, se non la sua vita.
Eppure
il suo cuore continuava a chiedere, ad urlare il suo desiderio d’amore e
calore.
Fino
ad ora, Jake era stata la sua unica ragione di vita, volente o nolente, doveva
andare avanti per lui, se l’erano promessi.
-Dio,
perché? Perché proprio io? Perché non posso arrendermi…-Lentamente, con sforzo
non indifferente, si sollevò sulle ginocchia e strisciò sul letto.
Prese
il cellulare e lo strinse a sé.
Doveva
andare via, non poteva rischiare ancora, non poteva attardarsi, la morte
sarebbe arrivata presto e lei non doveva farsi trovare lì ad attenderla.
Sarebbe
scappata.
Prese
ancora un profondo respiro, cercando la forza per alzarsi da quel letto, a Jake
avrebbe risposto dopo.
Era
stata troppo egoista, non poteva scrivergli di correre a Mystic Falls per
salvarla, Damon era un vampiro squilibrato e pericoloso e lei non avrebbe mai
fatto nulla che potesse mettere a rischio la vita del suo J.
Posò
il cellulare sul comò, ma nello stesso istante in cui il telefono toccò il
legno del comodino, un rumore assordante come di freni stridenti sull’asfalto,
le graffiarono le orecchie.
Non
ebbe neppure il tempo di realizzarlo in verità, che l’esatto istante dopo, un
fulmine di nero, azzurro e rosa pallido sfrecciarono spalancando la porta con
forza e brutalità, richiudendola con un colpo altrettanto violento ed una
singola e non curante spinta.
Ariel
scattò a sedere sul letto, tirando le coperte sul suo corpo così come poteva,
immaginando che quei lembi le potessero dare protezione.
Strillò
forte dalla paura, così forte che la gola le si infiammò subito.
Davanti
a lei c’era il tenebroso e bello Damon in piedi, in una postura di diabolica
imposizione.
Se
non fosse stata morsa e martoriata da lui, l’avrebbe trovato persino attraente
con i capelli scompigliati dal vento causato dalla sua super velocità ed il petto
col respiro irregolare.
Sarebbe stata felicissima di vederlo, gli sarebbe persino corsa in contro
abbracciandolo.
Ma
sapeva chi era Damon Salvatore, cosa voleva e perché era lì.
Una
mente instabile con l’unico interesse di succhiare via tutto il suo sangue
uccidendola, le era stato premesso per la seconda volta, sempre al telefono.
Perché
a Damon non importava nulla se lei moriva, perché riusciva a realizzarlo in
modo concreto solo ora che lui era lì e sapeva di non aver scampo?
Lui
aveva messo in chiaro questo punto, glielo aveva detto che non era umano e non
provava sentimenti, se non per Elena.
-Vattene
subito mostro!!-Esclamò cercando di mantenere un tono lucido e senza cedimenti,
forse voleva ancora sfidare la sorte.
Ma
non poteva nascondere di aver paura, non poteva nascondere l’orrore della sua
anima, l’angoscia per il suo incauto carattere.
La prospettiva della morte le si presentava così sotto le spoglie di un Vampiro,
a chi solo la notte precedente era scappata, scampandola anche alla fine.
L’unico
conforto che aveva era la consapevolezza di esser piena di Verbena, ma non era
poi così certa che sarebbe stata d’ostacolo a Damon se non per il sangue, Elena
e Stefan non le avevano spiegato nulla, e lei, neppure glielo aveva permesso
trattandoli malissimo.
Cosa
le diceva la testa? Cosa le faceva fare la paura mischiata alla rabbia?!
Chi
sarebbe arrivato a salvarla stavolta?
Damon
la guardò assottigliando gli occhi e ciondolando sul posto.
Sembrava
non reggersi in piedi.
-N-Non...
rivolgerti...a me... con quel tono!-Borbottò con un singhiozzo, sollevando una
mano per indicarla, in quella stessa mano teneva una bottiglia di Wisky.
Le
si avvicinò facendo qualche piccolo passo ballonzolando.
Ariel
aprì la bocca sconvolta.
-Sei
ubriaco!??? …No! Non ti avvicinare!-
Questo
era ancora peggio di quello che aveva previsto.
Il
vampiro era ubriaco e barcollante come se stesse per crollare.
Lui
ghignò divertito e arrivò fino al letto dove si appoggiò accasciandosi.
-Ti...Ho
portato...Potrai berlo prima di…Mo..Morire!-Disse sollevando la bottiglia per
mostrargliela meglio ed offrirgliela.
-Va
via Damon! Devi andare via! Non scherzare!-Urlò, allontanandosi dal vampiro il
più possibile, ma inevitabilmente la sua schiena incontrò la spalliera del
letto attaccata al muro ed il corpo cominciò a tremarle con una nuova e potente
violenza.
Lo
sguardo della fanciulla corse verso il comodino cercando di raggiungere il suo
cellulare.
La
sua unica speranza.
Forse
poteva chiamare Stefan, magari sarebbe accorso ad aiutarla nonostante il modo
in cui l’aveva trattato.
Damon
le si avvicinava sempre più famelico, come una pantera ferita.
-Non
ti avvicinare! Va via altrimenti chiamo Stefan!-Gli strillò lei cercando di
allungare una mano verso il cellulare sul comodino, e tirargli qualche calcio
nel tentativo di allontanarlo.
Eppure
quanto era difficile mantenere il controllo, cercare di chiudere in un limbo
tutto il suo terrore, per trovare una via di fuga.
Stavolta
doveva farcela.
Doveva
afferrare il cellulare.
Con
impeto cercò di afferrarlo e catapultarsi lontano da Damon, verso la porta.
Ma
il vampiro, come prevedibile, fu così rapido che con una mossa rapida le scattò
davanti, le sfilò il telefono dalle mani e la spinse con violenza verso il
letto, facendola sbattere con la testa contro la spalliera.
-Cosa
credi di fare!???-Urlò lui furioso, guardandola.
Il
volto del vampiro si contrasse, mentre Ariel sentiva le forze mancarle e l’aria
farsi pesante.
Damon,
fissò il cellulare come se fosse un oggetto demoniaco, un qualcosa di viscido e
ripugnante.
Le
vene intorno ai suoi occhi risalirono in superficie e si iniettarono di sangue
intorno alla pupilla di ghiaccio.
I
canini premevano pericolosamente contro le sue labbra serrate.
-Ancora
lui…Chi diavolo è J? E questo che
significa…? Che vuol dire che sarai sua la prima volta?! Tu appartieni a
me!-Ringhiò furioso, scaraventando a terra il cellulare.
Questo
scivolò via sotto il letto, ora Ariel non poteva più provare a prenderlo,
sarebbe stato un suicidio.
Fece
forza sulle braccia per rannicchiarsi nell’angolo più remoto del letto,
cercando di stare lontano da Damon che con passo lento e tremante si avvicinava
di nuovo al letto.
-Bene,
non vuoi dirmelo, significa che quando vi rivedrete il tuo amato che tanto
proteggi troverà una bella sorpresina…-
Damon
sfoderò un altro ghigno e con uno scatto nuovamente veloce ed abbagliante fu
accanto al letto, dove afferrò le coperte spostandole dal corpo della rossa.
Ariel
si ritirò le gambe al petto, bianca come il lenzuolo, con addosso solo quella
dannata e finissima camicetta da notte che le arrivava sotto al ginocchio,
mettendo in bella vista le sue forme e le gambe.
Il
moro si spinse sul letto per raggiungerla, mentre si scolava un altro sorso di
Wisky.
Era
un incubo, uno scherzo, forse ben peggiore della morte.
Cosa
aveva in mente quel mostro?!
-Ma
come...S-siamo...Carine stasera! Aspettavi la tua morte così?-Blaterò, molto
tranquillamente, mentre posava la bottiglia ai piedi del letto, curvandosi sul
lato destro.
Ariel
ne approfittò per scappare via dal letto, ma Damon fu così veloce che lei non
lo vide neppure e gli finì contro, ritrovandosi subito prigioniera fra le
braccia del vampiro.
-Queste
cose... non si fanno...-Disse facendole un cenno di no col dito.
-Per
favore Damon...-Mormorò lei spaventata, mentre l’odore d’alcol le pungeva le
narici.
Il
vampiro la bloccò per le spalle, stringendola a sé.
-Ariel...Ci
divertiremo...-Disse tentando di baciarla con la forza.
Ariel
si ritrasse disgustata e provò a respingerlo, ma il vampiro era troppo forte e
la riportò al suo fianco facilmente.
-Non
ti piace? N-Non vuoi i miei baci? Vieni qui!-
La
rossa si dimenò più che poté, ma fu sopraffatta dal moro e costretta a farsi
baciare.
Ricordava
il loro primo bacio, era stato quasi rude, ma non violento.
Stavolta
Damon infilava con forza la lingua nella sua bocca, percuotendola senza
controllo contro la sua.
Il
senso di nausea era la cosa peggiore che Ariel avesse mai provato stando
accanto al vampiro.
Lo
stomaco le si accartocciava come una foglio.
Doveva
liberarsi subito e con un morso riuscì a fermarlo.
Damon
si allontanò toccandosi il labbro sanguinante con un ringhio di rabbia.
Ruggì
infuriato ancora di più e come un fulmine l’afferrò per la vita, alle spalle,
scaraventandola sul letto senza alcuna delicatezza.
Ariel
sbatté sul materasso con un tonfo, strillando di paura.
-Mossa
del cazzo!-Esclamò rabbioso, balzando sul letto e mettendosi in ginocchio di
fronte a lei.
Le
afferrò una caviglia, bloccandola, Ariel tentò di sfuggirgli aggrappandosi alla
spalliera del letto, ma finì comunque distesa ed incapace di scappare.
Il
vampiro le sfiorò le gambe risalendo fino al ginocchio, sotto la veste,
guardandola negli occhi.
Fece
una risata e la trascinò verso di lui, bloccandole anche il piede che
scalciava.
Ariel
lo vide sovrastarla, con un sorriso diabolico sul viso.
Damon
si reggeva a malapena a quattro zampe su di lei e sembrava davvero sul punto di
cedere, o almeno così pensava e sperava la giovane.
-Non
posso morderti? Non posso prendere il tuo sangue?...Prenderò di meglio!
Prenderò la tua virtù!!-Esclamò facendo aderire il suo corpo da Adone contro
quello fanciulla scossa dai violenti spasmi di protesta e paura.
-Lasciami
andare! Lasciami andare! Mostro!-Damon si staccò piano da lei, quanto bastava
per conferirgli la vista del fisico della rossa.
-No,
No, No... Fa la brava Sirenetta!-Sibilò, sollevando la camicia da notte che
copriva le cosce ed il ventre.
-...Sfortunatamente
per te, Sì, sono ubriaco...Ma non abbastanza mia piccola Sirenetta...-Disse
incatenando i suoi occhi celesti con quelli di gemma di lei.
-Non
puoi bere il mio sangue, ho preso la verbena! Me l’ha data Elena!-Sibilò lei
sperando di farlo desistere, nominando la sua amata Gilbert.
Ma
purtroppo questo servì solo ad innervosirlo di più.
E
Damon nervoso più ubriaco era un mix letale, peccato che non lo sapesse ancora
Ariel.
Lui
per tutta risposta rise, guardandola ancora negli occhi.
-Si...Haii
proooprio ragione tesoro mio! Ma... Non è il tuo sangue...Quello che mi
prenderò stasera!-Disse rimettendosi in ginocchio fra le gambe della rossa, separandogliele
e carezzandole le cosce.
Ariel
sentì una scossa salirle lungo la schiena, le mani del vampiro, le sue dita,
sembravano tizzoni ardenti.
Le scottavano la pelle, le davano piacere e paura allo stesso tempo.
Ora
davvero non riusciva a mantenere il controllo.
Aveva
troppa paura, paura di provare dolore, piacere o qualsiasi altra cosa con
Damon.
-...Pensi
davvero... che uuuna stupida collanina... possa impedirmi di fare ciò che
voglio? Tu sei mia! E non sarai mai di nessun’altro!!-Sbraitò spregevole lui,
sollevandole le gambe.
-Lasciami!
Lasciami bastardo!-Esplose Ariel cominciando a scuotersi con tutta la forza che
aveva.
La
paura si impossessò di lei come forse non aveva mai fatto.
Ora la ragione non serviva più a nulla, se la notte precedente aveva temuto per
la sua vita, ora temeva ancora di più qualcosa che non era pronta a sopportare,
l’incubo che per anni era stato rinchiuso nei meandri delle sua mente sembrava
pronto a realizzarsi.
Negli
anni precedenti aveva sempre pregato il cielo che le risparmiassero una simile
tortura, poiché ne subiva già a sufficienza, eppure alla fine, proprio a lei le
stava per capitare.
Damon
era di gran lunga più forte ed era riuscito a bloccarle le gambe lungo i propri
fianchi tenendole con forza, anche se lei cercava di strisciare lontano.
-Sta
ferma! Farò presto! Sono bravo!-Disse trascinandola di nuovo verso di sé.
-No!
Damon NO! Ti prego!-
Le
mani del vampiro scivolarono lungo le cosce di Ariel arrivando fino alle anche,
dove afferrarono gli slip, che calò senza troppi complimenti.
La
rossa sbiancò terrorizzata e cercò di scalciare all’impazzata ed allontanarsi.
-Ferma!
Ferma!-Le sbraitò Damon sbottonandosi i pantaloni, calandoli quanto bastava,
insieme ai boxer con una mano sola, mentre con l’altra le teneva una gamba sotto
il ginocchio. E le faceva un male cane quella presa così ferrea.
-No!
Per favore Damon! AIUTO!-
Non
riuscì a dire altro perché in un attimo il moro era già disteso su di lei e le
tappava la bocca con una mano, mentre con l’altra le carezzava il viso tendendo
a scendere lungo il collo ed il seno.
-Shh...Fa
la brava, farò presto...vedrai, ti piacerà!-Esclamò lui carezzevole, ma nei sui
occhi si vedeva una luce folle, il suo alito era impregnato dallo Scotch ed era
disgustoso.
Ariel
provò ancora a divincolarsi e spingerlo via, ignorando il senso di nausea, ma
per quanta forza mettesse nelle braccia, colpendolo e tentando qualsiasi cosa,
era tutto inutile.
Damon
le afferrò i polsi, portandoglieli ai lati delle tempie, bloccandoli contro il
materasso.
La
bocca del vampiro scivolò sul collo della fanciulla.
Le
leccò il collo, ringhiando per resistere all’istinto di morderla e scese lungo
il petto ed i seni.
Ariel
si dimenava e provava a liberarsi dalla presa del vampiro senza sosta, le prime
lacrime le scivolarono via dagli occhi verdi disperati.
Non
voleva che la sua prima volta fosse una violenza.
Non
poteva sopportarlo, Damon non poteva farle questo.
Era
un incubo. Presto si sarebbe svegliata.
Poi
un morso sul seno destro la fece gemere ed inarcare la schiena. Troppo reale.
-Lasciami!
Lasciami! Bastardo! Nooo!!-Strillò la rossa, inerme.
-Tii
piace...sei proprio una pu***na!-
Stavolta
la lingua del moro stuzzicò il capezzolo facendola scuotere ancora di più e strillare
nella speranza che qualcuno la sentisse.
-Sì,
sì, urla... voglio sentirti urlare!-
Damon
le portò i polsi sopra la testa e li bloccò con una mano sola, permettendo
all’altra di scivolarle sul fiore.
-NOOOO!-Strillò
Ariel scalciando ed agitandosi il più possibile per sottrarsi a quel tocco
eccitante, sì, ma lei non lo desiderava, non era gradito.
Damon
sembrava goderne di più e come un lupo famelico le lambiva e mordicchiava i
seni sodi, lusingandole le carni fra le gambe, facendola gemere sempre più
forte.
Ariel
poteva sentire il suo corpo vibrare dal piacere, però le attenzioni del vampiro
non erano piene d’amore, ma di violenza e desiderio, non si fermavano se lei
cercava di rifiutare, proseguivano con più forza facendole male ed i polsi
erano diventati già violacei per la presa troppo ferrea.
-Adesso
vedrai come ti piacerà!-Le sussurrò Damon mordendole l’altro seno.
La
ragazza urlò dal dolore misto a piacere, ma poi gli occhi le si sgranarono per
il terrore.
Due
dita prepotenti le si insinuavano dentro di botto.
Strillò
ancora più forte, scuotendo il bacino per sfuggire al vampiro ed al bruciore
che le infiammava il centro delle gambe ad ogni spinta dentro e fuori di lei.
-Nooo!
Mi fai male! No!!!-
-Ferma!
Fermaaa!!-Sbraitò lui mordendole ancora il seno sulla pelle lattea.
Il
movimento delle sue dita aumentò diventando più rude, tanto che il dolore la
costringeva a piangere mordendosi le labbra, mentre le sue carni si contraevano
intorno a Damon.
-Basta
così! Hai avuto abbastanza! Adesso tocca a me!-Sussurrò guardandola negli occhi
come un pazzo.
Ci
mise poco, Ariel sentì la virilità del vampiro premere contro il suo sesso, poi
un dolore atroce.
Gli
si era impalato dentro senza troppi preamboli, senza alcuna delicatezza.
La
rossa urlò come non aveva mai fatto in vita sua.
-Fermo!
No! Ti prego no! Mi fa male! Damon! Mio dio no!-
Ma
il bel moro, le aveva bloccato di nuovo entrambi i polsi con le mani, quando
lei aveva cercato di liberarsi con foga, scalciando più che poteva, provando
persino a mordergli le spalle.
Strillare non serviva a niente, nessuno sarebbe arrivato a salvarla, tuttavia
non poteva evitare di gridare, Damon si moveva su di lei con forza affondandole
dentro sempre più velocemente, il dolore cresceva ad ogni colpo e ben presto la
stanza si riempì di gemiti soppressi e mugoli di dolore.
La
nausea le aveva distrutto lo stomaco, il cuore era un tamburo rumoroso pieno d’ansia,
il corpo le faceva male, non c’era un solo muscolo che non le dolesse per gli
spasmi e gli scontri con il corpo più forte del vampiro.
E
Damon non smetteva mai.
Ariel
sentì il suo corpo andare a fuoco, il suo fiore farle male da impazzire, ma fin
ora era stato nulla.
La
vera agonia, iniziò quando Damon frustrato e pieno di rabbia, abbandonò uno dei
suoi polsi e la afferrò invece sotto la coscia destra, sollevandogliela.
-Tu
sei mia...Sarai solo mia!-Ruggì tra i denti, penetrandola più in profondità con
un colpo secco.
Ariel
strillò ancora, in preda ad uno spasmo di dolore, inarcando completamente la
schiena.
Le
lacrime le avevano chiuso gli occhi, il fiato le si era spezzato, non sentiva
più nulla.
Forse
stava per svenire.
Sì,
sarebbe stato meglio così, se perdeva i sensi non avrebbe sentito più alcun
dolore.
Ed
invece riuscì a sentire un altro dolorosissimo assalto, poi una scia calda
scivolare dal suo interno ed un bruciore così forte da farle stringere le
ginocchia intorno alle anche di Damon, come per difendersi dal male.
Il
moro ansimò, abbandonando la presa sul polso e la gamba della ragazza, sentendo
l’odore del sangue della giovane invadergli le narici e sconvolgergli tutti i
sensi definitivamente.
Chinò
il capo sul collo latteo della sua rossa ed inspirò il suo profumo
ricominciando a muoversi dentro di lei, ignorando le suppliche che gli
sussurrava disperata.
Non
era soddisfatto, non stava provando nulla, non si sentiva appagato né sazio, si
sentiva solo un verme.
La
sua rosa piangeva ed ora non opponeva più nemmeno resistenza, era fiacca ed
aspettava solo che lui finisse.
E
finì, il vampiro si bloccò sconvolto.
Era
uno schifoso, viscido verme.
Un
Mostro.
Lì,
accasciato su di lei che era in lacrime, con il cuore che batteva forte, non
per l’emozione ma per la paura.
Una
lacrima scivolò dai suoi occhi cielo e ghiaccio, costringendolo a stringere i
pungi, ringhiando di rabbia.
Ariel
sussultò ancora più spaventata e sorpresa per quella goccia che le solleticava
la spalla e scendeva lungo l’incavo del suo seno.
Ma
non volle pensarci, perché un’altra fitta di dolore la colse quando Damon le
sfilò il membro dalle carni.
Ma
rimase su di lei, con l’affanno.
-A-Ariel...-Mormorò
con una voce che non avrebbe mai pensato appartenesse a Damon, sembrava
mortificato.
Ma
lei non ci cascava. Era un mostro.
Solo
un mostro.
Era
persino capace di fingersi pentito, mentre la violentava, senza ritegno.
La
sua voce le dava solo la nausea.
-...Sei...sei...solo
un mostro...-Pianse lei senza guardarlo, coprendosi il viso con le mani,
finalmente libere con i polsi violacei e rossastri.
Di
scatto le abbassò e voltò il capo di lato, serrando la mascella, come colta da
un nuovo tipo di spasmo.
Il
corpo le si irrigidii e Damon vide la pupilla verde gemma dilatarsi
paurosamente.
I
capelli come lingue di fuoco si diramavano sul letto bianco dandole l’aspetto
di una Dea catturata e massacrata dagli stolti umani.
-Ti
odio! Ti odio! …Io…ti odio…-
L’universo
in Damon si spezzò come un vetro frantumato.
Un
dolore così profondo gli squarciò il petto con la forza di un uragano, come se
un tifone gli stesse spazzando via l’anima, distruggendolo dall’interno.
-No…Non
è vero…-Mormorò in preda all’isterismo lui.
-Tu
non puoi… non puoi odiarmi!-Senza che se ne accorgesse, il sangue gli aveva
invaso gli occhi cielo ed i canini da vampiro erano ben in vista.
Senza
altrettanto controllo, infilò una mano dietro la nuca di Ariel sollevandole il
collo ed in un istante affondò in lei.
Stavolta,
come la notte precedente, erano i suoi denti a sprofondare nelle tenere carni
della fanciulla.
Lei
non si mosse, non urlò, rimase immobile come un cadavere.
Una
dea senz’anima, che lanciava un grido silenzioso al dio che la stava profanando
senza pietà.
Quando
lui si allontanò da lei, finì per sollevarsi e cascare dal letto, con un tonfo
macabro di un corpo senza vita come quello di Ariel.
La
verbena ingerita da Ariel era in circolo anche nel corpo di Damon e gli
bruciava ogni vena in cui il loro sangue mescolato si spostava.
Nessuno
dei due si mosse per lungo tempo.
Ariel,
in fase di rifiuto e shock, non respirava né la sua mente osava formulare un
pensiero.
Damon,
era immobile nelle stesse condizioni.
Entrambi,
forse, attendevano la morte, ma purtroppo erano consapevoli che quella notte
nessuno dei due avrebbe raggiunto l’aldilà.
Le
ferite di Ariel guarivano lentamente, ma con una velocità non comune agli
esseri umani, questo ovviamente grazie al sangue di Stefan che l’aveva in
qualche modo protetta dai morsi mortali di Damon e nel caso del vampiro,
l’effetto della verbena cominciava a svanire ma non osò muoversi da lì.
E
così, quella notte infinita, giacquero insieme, lui sul pavimento e lei sul
letto di quel maledetto appartamento, silenziosi, con gli occhi vitrei e vuoti,
circondati dal dolore.
Il
mattino dopo, Damon era sparito ed Ariel era ancora in quel letto, coperta da
un lenzuolo che lui le aveva posato sul corpo senza guardarla neppure.
Sarebbe
rimasta lì, aspettando la morte.
Fine
XII Capitolo.
Buona Domenica a
tutti!
Ecco il nuovo,
tragico, capitolo.
Che dire, tema
molto forte, Damon ancora una volta perde il controllo con Ariel e lei
contribuisce con una buona dose di provocazione.
Forse alcune di voi
non prenderanno bene l’atto di Damon, e magari, è un azione che il Damon di TVD
non avrebbe mai fatto o forse si, chi può dirlo?
Tuttavia, lo
vediamo qui, preso dalla rabbia in preda agli stinti più meschini e vili,
Ariel dal canto suo
attraversa un momento tragico per una donna, nessuna si meriterebbe una cosa
del gene, eppure in questa storia è capitato a lei.
Spero non vi
dispiaccia troppo per lei, ma non temete, starà bene…forse
Uhm notato qualcosa
di questo capitolo?
Chi sarà Jake?
Chi è l’angelo?
E chi sono i
personaggi all’inizio?
Uhm qualcosa di
ambiguo…Un padre che spera che sua figlia non sia negata con i distributori di
benzina!
Cosa ne sarà di
Damon e di Ariel?
Elena e Stefan
verranno mai a sapere di ciò che è accaduto alla nostra rossa?
Conosceremo J?
Tutto nel prossimo
capitolo!
Prima di andare,
saluto e ringrazio le fantastiche persone che continuano a seguirmi e
sostenermi, come dico sempre, siete la mia forza per andare avanti!
Recensite in tanti,
mi aspetto commenti positivi e negativi!
Ed
ancora mille ringraziamenti a The Distance, la mia Beta tutto fare, che fra correzioni e Banner si da
sempre un gran da fare! … Puo’ Tutto questa musica per noi…
Detto questo (sono
le 6.44 del mattino) scappo via a
dormire *w*
Baci, Serenity45
|
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Capitolo 14 *** Inferno e Paradiso ***
Capitolo 13
Ma
Salveee! ù.ù
Eccomi
tornata finalmente col nuovo capitolo!
Prima
di lasciarvi alla lettura faccio una piccola premessa:
Questo
capitolo potrà sembrarvi un po’ noioso, ma è necessario, poiché farà luce su
alcuni dettagli legati alla trama dell’intera storia!
Detto,
questo, non mi resta che augurarvi:
Buona
Lettura
Oh mia Beta,
Era notte,e tu per me
lavoravi, mentre io di
certo già russavo.
E Yuki su di me
la faceva, mentre
Insieme giacevamo.
Capitolo XIII
: Inferno e Paradiso.
2 Anni
prima.
Silenzio.
Assordante,
in quel putrido e stretto posto, un silenzio in cui nemmeno un suono riusciva a
sfiorargli la mente.
Era
tutto così distante.
Da
quanto tempo era lì, fermo, seduto sulla panca della sua cella?
Forse
si era seduto lì lo stesso giorno in cui era stato arrestato e poi non s’era
più mosso.
Nemmeno
il freddo della parete gelida lo convinceva a smuoversi dall’oblio dell’attesa.
Ma
cosa stava aspettando, chiuso in un carcere?
Il suo
rilascio era previsto fra 15 anni ed era lì da meno di un anno.
La
morte? No, lui non era il tipo.
Un
uomo ricco e potente come lui, sbattuto in un infimo carcere di basso livello.
Che ne
era del suo orgoglio? Avrebbe dovuto contattare il suo avvocato ed avviare le
pratiche per migliorare la sua situazione ed invece se ne stava lì, rifiutando
di vedere chiunque o di muoversi dalla sua cella.
Che
fosse afflitto da un terribile senso di colpa?
Dopotutto
non era così rara quell’emozione in lui, gli succedeva tutte le volte, quando finiva con lei.
Era
come una morsa, stringeva, stringeva senza fermarsi mai, stritolandogli il
cuore.
Eppure
era costretto, se lo ripeteva tutte le sere, quando entrava in quella stanza,
quando iniziava e quando usciva, con le lacrime, continuava a sentire una voce
nella sua mente che gli ripeteva “Stai facendo la cosa giusta, salverai tutti
così”.
Ma chi
avrebbe salvato la sua anima?
Stava corrodendo
ogni cosa con l’odio e non ci sarebbe stato perdono per lui.
E se
avesse avuto successo, non ci sarebbe stato perdono né gloria neppure per lei.
L’amava
con tutto se stesso, ma era costretto a fare quel che andava fatto per il bene
suo e di molte altre creature, le toccava soffrire, patire.
Ma
sarebbe guarita, ne era certo, si sarebbe salvata affondando nell’odio.
In un
mondo senza amore, poteva salvarsi e sarebbero stati felici.
Certo,
vederla soffrire, ansimare, piangere in silenzio, faceva male anche a lui, ma
s’era sempre imposto controllo e volontà.
Il
fine giustifica i mezzi.
Ed
alla fine era finito in carcere.
Nulla
s’era potuto realizzare, né il suo dovere verso l’umanità, né il suo piano
diabolico per riempire lei d’odio e
generare così una scappatoia verso un dovere che gli era scomodo.
Era
questa la verità, si era sempre illuso d’agire per il bene e per la pace, ma in
realtà non faceva altro che agire per i suoi scopi, per la sua sete di potere e
per il desiderio di far del male alle persone, di burlarsi di loro in ogni
istante.
Lui
non era fatto per portare la pace nel mondo, non si sarebbe accostato ad una
ragazzina pregna d’amore come voleva la leggenda e quindi l’aveva capovolta
interpretandola a proprio piacere: Se non amava, Lei non avrebbe potuto condannarlo a seguirla in giro per il mondo
e, così, le aveva insegnato ad odiare.
Perché
nella vita gli interessavano solo Donne, Potere, Denaro ed Orgoglio.
Eppure
era così confuso!
Perché
rimuginava su se stesso?
Che
diavolo stava aspettando?
La
redenzione per aver commesso peccati ed errori?
Che
qualcuno arrivasse e lo rendesse una Guida per Lei ?
No,
no. Era fuori discussione.
Lui
voleva guidare solo la sua azienda e le sue belle auto.
Le
aveva riempito il cuore d’odio solo per questo.
Si
coprì il volto con le mani, stringendo i denti.
Voleva
uscire da lì! Stava impazzendo!
Poi
d’un tratto una frenesia ben conosciuta gli aumentò il battito cardiaco, la
pelle prese a formicolargli, accompagnata da una serie di piccoli brividi lungo
la spina dorsale, che lo turbarono come non mai.
In
quel silenzio, in quell’angoscia, nella lotta fra giusto o sbagliato, nelle
carceri più infime del mondo, Qualcuno con il suo stesso sangue nelle vene, si
avvicinava alla sua cella.
Sollevò
il viso, sconvolto e quasi spaurito.
Chi
mai poteva essere?
Gli
sembrava di udire i passi anche da lontano.
Moderati,
silenziosi ma al contempo sembravano colpi di tamburo calibrati dal ritmo della
morte che solo lui era capace d’udire.
Era un
uomo, ed era nato molto prima di lui, sentiva il suo spirito premergli il petto
come a volerlo sottomettere, com’era solito fare lui a quelli come “loro”, i
familiari.
Sottomettere
lui? Chi osava tanto? Neppure suo padre c’era riuscito, e di certo non
l’avrebbe permesso ad un perfetto sconosciuto!
Poi
rammentò la Leggenda,
i diari del suo trisavolo, morto misteriosamente, gli tornarono in mente,
mostrandogli riga per riga la verità.
Ecco
cosa stava attendendo in prigione.
La
vita eterna.
Una
vita legata da un doppio filo con Lei.
Scosse
la testa, no, doveva trovare una soluzione, un vantaggio, non sarebbe diventato
la Guida di una
dolce portatrice di pace!
Poi
gli fu chiaro.
La
risposta era sempre stata nel suo subconscio ed ora, si presentava come l’unica
soluzione plausibile.
Se Lei non era contaminata dall’odio,
avrebbe dovuto ucciderla, era questo il piano originario.
Morta Lei, L’Uomo
Immortale, non avrebbe avuto motivo di trasformarlo in una creatura della
notte per Guidarla.
Ma
l’idea di trasformarsi in qualcosa di superiore l’aveva sempre allettato,
ispirato.
Era
l’opportunità di vivere per sempre e bearsi di tutto ciò che amava per
l’eternità.
Che
importava se una volta trasformato, avesse trasgredito ai suoi doveri di Guida
e si fosse sbarazzato di Lei così
come era più opportuno fare?
L’Immortalità era dinanzi la sua porta,
non doveva farsi sottomettere e ce l’avrebbe fatta.
La
porta della cella venne forzata con una facilità estrema ed egli fu di fronte
la più maestosa creatura che il suo povero occhio umano avesse mai potuto
vedere.
L’Immortalità aveva le fattezze di un uomo
alto, vestito da prete, con un grosso mantello con tanto di cappuccio che gli
oscurava il viso già invisibile per la penombra.
Ma gli
occhi verdi scintillavano, bruciavano pervasi da fiamme indomabili, tentando di
sottometterlo sempre più.
I due
uomini rimasero a fissarsi, silenziosi, studiandosi, rivaleggiando l’uno per
sopravvivere all’altro.
Poi l’Immortale parlò.
-Niente
male questo posto...-Ghignò unendo le mani sul grembo.
Aveva
le movenze di un uomo molto, molto Antico.
Di un’era
completamente diversa.
-Già...Non
sono mai stato in una Suite migliore...-Rispose il prigioniero, ostentando la
stessa sicurezza dell’Immortale, la
stessa arroganza e lo stesso tono di scherno.
L’Immortale si limitò a sorridere, sempre
restando nell’ombra coperto dal largo ed ampio cappuccio.
-So
perché sei qui...-Continuò il Carcerato.
-Oh...
lo so, tutti lo sapete quando arrivo io...del resto, fra noi simili possiamo
sentirci... è fastidioso quando il cuore ti batte più veloce vero?..L’ho sempre
detestato...-Borbottò movendo qualche passo in direzione della finestra, dove
la luna gli illuminò improvvisamente il volto.
Era
pallido, con gli occhi verdi tanto brillanti da risaltare come gemme vive ed i
denti così lucidi che riflettevano la luce lunare proprio sui canini.
Il Detenuto
deglutì, cercando di farsi forza, di ripetersi che lui non si faceva
sottomettere nè intimorire da nessuno.
Nemmeno
da un suo Antenato.
-Io
invece trovo che sia piacevole... eccitante...-Rispose sfidandolo apertamente,
notando però, che la provocazione non aveva suscitato la reazione sperata.
L’Immortale osservò la luna con aria
annoiata, era lì per un motivo ben preciso, non aveva alcuna voglia di perder
tempo in chiacchiere superflue.
Aveva
ancora le sue preghiere da recitare, una volta tornato a casa.
-È
giunto il momento che tu assuma il ruolo per cui sei nato...Io ti donerò
l’immortalità, diventerai un vampiro, una creatura della notte, con dei doveri
da rispettare, la fedeltà verso la tua Dea
da onorare, ed il diritto di essere suo mentore e maestro per la vita...Nella
lotta contro l’oscurità...Immagino tu sia pronto, vero?-
Il
carcerato annuì con aria solenne, cercando di schermare la propria mente dai suoi
reali intenti, allontanare l’idea di fregarsene dei suoi doveri e spassarsela con l’eternità che l’Immortale stava per offrirgli.
-Voglio
che tu la trovi, che tu la renda perfetta, la Dea è
mancata su questa terra per troppo tempo... è tuo compito inizializzarla alla
caccia ai vampiri, all’arte del fuoco e ciò che ne consegue...la tua
immortalità, la tua forza e la tua saggezza saranno il suo scudo ed il Fuoco
sarà la sua arma...-
L’Immortale guardò il discendente dritto
negli occhi, verdi tanto quanto i suoi.
Buon
sangue non mente, pensò, non riuscendo a leggere alcuna emozione in quello
sguardo determinato e violento.
Mai
nella storia della sua famiglia aveva visto occhi tanto fiammeggianti, tanto
persuasivi da incuriosirlo, non sia
mai che qualcuno pensasse che il primo vampiro nato per guidare una Dea temesse un giovane novellino ancora
umano.
Lui
era l’Immortale che aveva sconfitto
tutti gli altri venuti dopo di lui, quello che alla sua famiglia aveva fatto
l’impensabile per essere un capostipite.
Un
moccioso, di appena quarant’anni, non poteva nulla contro di lui.
-Dunque
sei pronto, a lasciare la vita terrena? A guidare la tua Dea?-
Nessuna
esitazione, il carcerato sorrise ancora, con un ghigno trasversale che lo
infastidì.
-Naturalmente,
Signore...So in cosa consiste il mio
dovere, state pur certo che lo porterò a termine...ma ditemi, cosa ne è stato
degli altri prima di me? Dove sono le donne che sono diventate Dee?-Chiese a brucia pelo il detenuto,
sperando di colpire nel segno, di far sbilanciare quella creatura tanto
superiore e oscura che oltre ad affascinarlo lo spingeva a rischiare, a
lanciargli continue sfide.
Sentiva
una rivalità spontanea ed infinta verso quell’uomo che si ergeva a despota e
capo supremo, mettendo così in dubbio la supremazia che lui per primo
desiderava.
Lo
doveva ammettere, era sempre stato un uomo ambizioso, era il suo tarlo più
grande quello di predominare su tutto e tutti.
Anche
su un suo antenato vampiro.
L’Immortale, dal canto suo, non si
scompose come l’uomo sperava, ma nel suo Io
più profondo, si sentì turbato nuovamente.
Non
era tanto per la domanda, altri prima del Detenuto erano stati così sagaci da
chiedergli che fine avessero fatto i loro predecessori, soprattutto visto che
si trattava di nonni, zii, cugini persone di famiglia; ma ciò che davvero
l’aveva infastidito era la prepotenza con cui il discendente gliel’aveva
chiesto.
Arrogante e presuntuoso.
-Morti,
ragazzo mio... Alcuni periti in battaglia, altri si sono addirittura tolti la
vita, quando la loro Dea soccombeva
alla vita o a qualche vampiro...Dopotutto, se hai letto i diari dei tuoi
predecessori, il tuo trisavolo in particolar modo, e suppongo che tu l’abbia
fatto, saprai di certo che “Dea” è
solo un termine...la povera donna della nostra famiglia che nasce con l’infausto
destino di incarnare il Sacro Potere del
Fuoco viene chiamata Dea o Angelo,
ma così come una Strega, è una semplice e pura mortale...arriva un tempo in cui
tutto si spegne, il fuoco, così come la vita...-
-Capisco...-Rispose
atono il prigioniero.
Certo,
tutto quadrava.
L’immortale creava i nuovi Vampiri che assumevano il ruolo di guide, i “Master”
come era stato scritto nei diari del suo trisavolo, ed a loro volta questi vampiri
risvegliavano una sorta di Spirito o “Fuoco Sacro” sopito nel corpo delle loro
figlie, nipoti, cugine, trasformandole nella Dea del Fuoco.
The Fiery Angel, l’aveva chiamata il suo
trisavolo.
Assurdo,
lui non avrebbe fatto nulla di tutto questo, era deciso fin da prima che L’Immortale arrivasse.
Lei non sarebbe diventata la Dea del Fuoco, lui non sarebbe diventato il
suo Master, né ora né mai.
E
fortunatamente era ben certo che Lei
fosse più incline ad odiarlo che ad amarlo e venerarlo come una guida, c’aveva
messo anni per ridurla in quello stato di paura e deterioramento psicologico.
-Hai
altre domande, giovanotto?-Chiese l’Immortale
spazientito, il suo tono si tradiva questa volta.
Le
preghiere l’aspettavano.
-No,
sono pronto, Signore....troverò la
mia Dea... può starne certo...-
Oh,
l’avrebbe fatto, le doveva un po’ di grana, un anno di carcere e soprattutto, la
vita.
L’Immortale, come se avesse intercettato i
pensieri del discendente, lo guardò dritto negli occhi, incupito e preoccupato.
Il
detenuto affrontò quello sguardo, senza mutare la sua espressione e dopo
qualche secondo l’Immortale, superato
ogni dubbio, affrontato ogni ragionamento, sorrise consapevole.
Il
Detenuto era pronto.
-Bene,
allora...-Sussurrò estraendo dall’ampia manica un pugnale sicuramente
medievale, dal manico in argento, con incastonati diversi rubini rossi, dov’era
incisa una lettera che, come il carcerato ben sapeva, era l’iniziale della loro
stirpe.
L’Immortale espose il suo polso niveo
puntando il pugno verso il pavimento.
-Inchinati,
figlio mio, io ti faccio dono dell’immortalità, brinderò con te alla nascita di
un nuova Guida...-
Il
carcerato, per una volta nella vita, decise di inchinarsi, silenzioso e
concentrato più che poteva.
Il
passo che gli permetteva di varcare la soglia stava per essere compiuto.
L’Immortale con un gesto controllato
recise una vena ed il suo polso immacolato si macchiò di sangue scuro e denso.
-Bevi...-Pronunciò
invitando il carcerato a nutrirsi, che si spinse a posare le labbra sul nettare
rosso, per poi berlo.
Inizialmente
fu disgustoso l’approccio col sapore ferroso e viscido del sangue, ma non ci
volle molto prima che un’intensa frenesia lo sorprendesse a bramarne altro.
Bevve
avidamente, stringendo il braccio dell’Immortale,
che senza fare alcuna piega lo lasciava fare come se nulla fosse.
Il
sangue era caldo e pulsava dentro di lui come un fuoco inestinguibile, il
Detenuto lo sentiva.
-Ora
basta, figliolo...Questo è il sangue della tua famiglia, ricordati, ognuno di
noi va nutrito al primo risveglio solo col sangue della sua stirpe...Uno dei
tuoi discendenti è stato così gentile da farsene rubare una fiala proprio poche
ore fa, a diverse miglia da qui... spero che quando ti sveglierai sarà ancora
fresco...-Disse in un sorriso, mentre il carcerato alzava il volto sconvolto,
verso gli occhi di brace dell’Immortale
che ancor prima che l’altro potesse parlare gli afferrò il capo, bloccandolo
bruscamente.
-Fa il
tuo dovere,William!-
Un
attimo dopo il carcerato cadde a terra, col collo spezzato.
L’Immortale si dileguò e di lui non si
seppe più nulla.
**
Stefan
era seduto accanto ad Elena da così tanto tempo che non s’era neppure reso
conto che il cielo del pomeriggio aveva ceduto il posto ad uno cupo e grigio
tipicamente notturno.
-Forse
potremmo andare da lei...-Sussurrò piano la Gilbert.
Stefan
la guardò speranzoso, erano passati tre giorni da quando avevano litigato con
Ariel e lei era scappata via col suo sangue in circolo.
Dopo
l’attacco nel bosco, né lui né Elena avevano più sentito o visto Damon.
Il
vampiro non era più tornato a casa, al telefono rispondeva sempre la segreteria
e Stefan era sempre più preoccupato, visto che era lo stesso con Ariel.
Elena
s’alzò di scatto passandosi le mani fra i lunghi capelli cioccolato.
-Non
ce la faccio più, io vado...-
-Ti
accompagno!-Le fece eco immediatamente il vampiro, affiancandola con un cipiglio
di insicurezza.
Aveva
decisamente un brutto presentimento.
Il
viaggio in auto fu silenzioso, guidò lui, mentre Elena era un fascio di nervi
tesi ed arrovellati.
Stefan
si sentiva tremendamente in colpa, sia per il malessere di Elena che per quello
che era successo ad Ariel.
Non
era riuscito a fare nulla per lei.
Aveva
permesso che Damon la terrorizzasse, che l’aggredisse, quando prima le aveva
fatto tante belle promesse.
La
rossa si era fidata di lui, gli aveva affidato la sua vita nonostante le
scoperte appena fatte, non poteva proprio biasimarla se una volta giunti davanti
al suo appartamento l’avessero trovato vuoto.
Era
più che giusto.
Nessuno
sarebbe rimasto a Mystic Falls dopo quello che era successo, dopo un’aggressione
così brutale e mostruosa.
Davvero,
era certo che Ariel avesse fatto le valige ed avesse abbandonato Mystic Falls
senza neppure avvisarli.
Dopotutto
l’avevano delusa.
Come
aveva potuto essere così sciocco?
Così
debole?
Perché
Damon era sempre più forte di lui, in qualsiasi caso, qualsiasi cosa facesse?
Parcheggiò
l’auto, stupendosi di trovare la
Diva di Ariel davanti all’ingresso di casa.
-Non è
partita...-Sussurrò Elena riprendendosi da una trance di pensieri e rimorsi.
-Andiamo...-
I due,
lentamente scesero dall’auto e si avvicinarono alla porta, ma Elena ancor prima
di esservi a pochi passi notò qualcosa di sospetto.
-Oh
mio dio...Stefan...-Mormorò bloccandosi, lasciando che il compagno le
scivolasse di fianco superandola, per osservare meglio la porta.
Il
vampiro rimase sconvolto, la maniglia della porta era rotta e penzolante, lo
stipite era completamente sfasciato, proprio come se la porta fosse stata
bombardata.
Ed
infatti, nel centro, vi era una grossa ammaccatura.
Un
calcio, qualcuno aveva aperto la porta con un calcio.
-Stefan...Che
significa?-Mormorò Elena, mentre l’unica ipotesi plausibile attraversava le
menti dei due innamorati.
Il
vampiro, col cuore in gola, che forse aveva ripreso a battere di paura per la
prima volta dopo la trasformazione, posò una mano sul portone e lo spinse
lentamente, esitante.
Aveva paura, terrore, di scoprire ciò che poteva esser accaduto in
quell’appartamento.
Di
intuire chi fosse il colpevole.
Pregava
con tutto sé stesso che non fosse successo nulla ad Ariel, che nella foga
avesse abbandonato l’auto lì, che magari fosse scappata chissà per quale
motivo.
Ma se
non l’avessero trovata in casa sarebbe stato ancor peggio.
Avrebbe
significato che qualcuno l’aveva
rapita o seppellita.
Elena
gli camminava alle spalle, con la stessa angoscia, con lo stesso tormento
macchiato di orrore.
Ma ciò
che si trovarono dinanzi fu la devastazione.
Alcuni
mobili erano ribaltati, c’erano abiti ovunque, borse e scatoloni sparpagliati
davanti all’entrata della camera da letto di Ariel ed anche lì la porta era
rotta e la casa era maleodorante.
Molto
cautamente si avvicinarono, Elena respirava a fatica, ciò che si trovava
davanti era l’opera d’arte di uno squilibrato, di un pazzo isterico, che s’era
sfogato con tutto quello che aveva trovato sul suo cammino.
Tremava.
Aveva voglia di piangere ed urlare.
Dov’era
la sua amica? Cos’era successo ad Ariel?!
Stefan
aprì la porta ed un odore ancor più intenso e disgustoso batté contro le loro
narici.
Ciò
che videro non è ben possibile da spiegare, era una scena macabra e spaventosa,
soprattutto quando la protagonista è qualcuno con cui hai condiviso momenti
felici ed intensi.
La
stanza era in semi oscurità, la luce trapelava delle persiane poco aperte, i
vetri delle finestre erano sbriciolati sul pavimento ed il venticello faceva
lievemente ballare le tendine che sembravano spettri danzanti.
Il comodino
era a terra, la bajour a pezzi ed anche lì il pavimento era sparso di abiti,
oggetti, libri, quaderni, penne e matite, tutto distrutto.
Oltre
ai vetri rotti, c’erano schegge di un vaso e di una bottiglia di Wisky
frantumata contro un muro.
Ma la
cosa più scioccante era il corpo.
Quel Corpo.
Riverso
sul letto, le gambe nude di cui una penzolante sul pavimento, l’altra ricurva
col ginocchio piegato quasi innaturalmente.
Lungo
il ventre, sulla pancia fin sul petto si posava un lenzuolo che copriva ben
poco.
Le
braccia erano accostate ai lati della testa, i rossi capelli umidi e sparsi sul
cuscino come scie di sangue viscido e melmoso.
Ma la
cosa davvero raccapricciante era ben altro, a cominciare dalla sua espressione,
persa, gli occhi semi aperti, le labbra dischiuse.
Il
colorito era pallido, quasi grigiastro, e pesanti occhiaie scure le
contornavano gli occhi rossi e gonfi.
Era
praticamente immobile, rigida come un cadavere.
-Oh
mio dio, oh mio dio...-Esalò Elena tremante, incapace di scollarsi dal pavimento.
Stefan
osservò il profilo della ragazza.
Da quanto tempo era lì?
Sul
pavimento accanto al letto, notò la causa dell’odore nauseante che impregnava
la camera.
Vomito.
Sul
materasso, sulle lenzuola, persino ciocche dei suoi capelli ne erano sporche.
Si accorse
anche dell’odore opprimente d’urina e feci.
Il
letto ne era zuppo, insieme al sangue.
Elena
emise un gemito d’angoscia, trattenendo un primo conato di vomito non appena
l’odore ripugnane le arrivò alle narici, Stefan l’aveva sentito prima perché
l’olfatto di un vampiro era decisamente superiore ed il suo stomaco più
resistente, davanti a quello scempio.
-Oh
Ariel...Ariel!?-La Gilbert, mosse il primo passo verso l’amica, ma Stefan
l’afferrò appena in tempo.
-Non
toccarla! E’ sotto shock...-
Le
lacrime calde riempirono gli occhi di Elena, che scosse il capo in modo
frenetico.
-Che
cosa le ha fatto?! Che cosa le ha fatto!?-
Stefan
la strinse, prima che lei potesse avventarsi sull’amica, impedendole qualsiasi
movimento sconsiderato.
-Elena...Elena..Calmati!
È viva...sento il suo cuore...è solo sotto shock...-
Il
vampiro posò la testa su quella della ragazza cercando di farsi forza, di
trovare il coraggio da infondere ad Elena e soccorrere Ariel.
Prese
fiato, sopprimendo l’istinto di piangere, un istinto così violento che non
provava da molto ormai, ma non poteva cedere, ora Ariel aveva bisogno d’aiuto.
-Ascolta
ho bisogno del tuo aiuto, non possiamo portarla in ospedale, potrebbe
denunciare Damon, ed anche se lo cercassero e trovassero, ucciderebbe chiunque
senza scrupoli...Per ora dobbiamo prestare noi soccorso ad Ariel...chiama
Bonnie e Caroline, di loro di non cercare Damon per nessun motivo, è troppo
pericoloso...-Esordì il ragazzo, scostandosi da Elena.
Doveva
trovare una coperta.
Spalancò
le ante dell’armadio e trovandolo vuoto intuì che Ariel aveva di certo
programmato di lasciare la città.
Da quanto era in quello stato?
Da quanto tempo!?
Un
moto d’angoscia e preoccupazione lo avvinse, rendendolo una statua di marmo,
immobile e fredda.
Damon.
Era stato Damon. Chi se non lui?
Perché?
Perché era arrivato a tanto?
Come
aveva potuto fare una cosa del genere...suo fratello.
Trovò
una coperta pulita e si avvicinò al letto cautamente, mentre Elena chiamava
Bonnie.
Doveva
essere molto delicato, stare attento a non spaventare Ariel, un attacco di
panico avrebbe potuto provocarle una crisi respiratoria ed in quello sarebbe
stato un bel problema.
Dolcemente
adagiò la coperta sul corpo della giovane, tremando per l’orrore che le pupille
dilatate di lei gli suscitavano.
Era un
vampiro, aveva visto tante cose, come la morte, la violenza, il dolore.
Molte volte era stato lui la causa di tutto quello, ma stavolta la situazione
superava di gran lunga tutte le sue azioni.
Prendere
una donna con la forza; nemmeno nel suo periodo più oscuro era arrivato a
tanto, benché avesse dilaniato corpi a volontà.
Il
corpo di Ariel era freddo, la pelle pallida ed il battito cardiaco debole ma
regolare.
-Dobbiamo
ripulire, prima di svegliarla, ha bisogno di un ambiente tranquillo..Coraggio
Elena…-Spiegò Stefan allontanandosi dal letto, per avvicinarsi ad Elena e
posargli la mani sulle spalle.
-Ariel
ha bisogno di noi adesso…cerca qualcosa per ripulire il pavimento, io chiuderò
le finestre e raccoglierò velocemente le cose sparse per casa…ok?-Elena annuì,
asciugandosi le lacrime, cercò subito gli strumenti per le pulizie casalinghe e
cominciò a ripulire il pavimento dai cocci di vetro e dalle impurità di quella
notte che aveva devastato per tre giorni la vita di Ariel.
Stefan
intanto aveva chiuso le persiane, in modo che non passasse vento attraverso le
finestre rotte, dopo di che aveva radunato tutti gli oggetti sparpagliati per
casa, soprattutto nella camera.
Fu più
difficile ripulire il letto.
Fortunatamente
una decina di minuti dopo che i due avevano iniziato a rassettare, erano
arrivate Bonnie e Caroline.
Il
loro sgomento alla vista di Ariel che giaceva sul letto, nuda, con brandelli di
una vestaglia, tutt’intorno il suo corpo cosparso di viscidume di ogni sorta,
le scioccò profondamente.
Ci
vollero minuti per calmarle, per calmare il pianto di Caroline e l’angoscia di
Bonnie che pian piano si trasformava in risentimento.
Le due
ragazze, insieme ad Elena, aiutarono Stefan a metter da parte gli indumenti
dell’amica e sistemare la camera al meglio.
Stefan,
molto cautamente, sollevò Ariel dando ad Elena e Bonnie la possibilità di
sbarazzarsi delle lenzuola sporche, a Caroline di girare il materasso e permettendo
così a Bonnie di rifare il letto.
Le
ragazze erano sconvolte, Elena tremava e le lacrime le solcavano il viso, così
come alle altre.
Stefan
cercava di mostrarsi forte, ma dentro di lui la guerra era già scoppiata.
Damon
doveva pagare.
Una
volta resa più accogliente la camera, Stefan distese Ariel sul letto.
-Dovremmo
svegliarla delicatamente, sarebbe opportuno che lo facesse una di voi, ragazze…-Disse
il vampiro consentendo ad Elena di avvicinarsi.
La Gilbert si chinò accanto al letto e
strinse la mano di Ariel.
-Lo
farò io…-Annunciò.
-Bene,
io starò nella camera di fianco…potrebbe spaventarsi vedendomi qui..dopo…dopo
quello… che ha subito…-Stavolta la voce di Stefan si incrinò pericolosamente.
Stava
davvero realizzando quello che era successo, quello che sarebbe successo ad
Ariel una volta che si sarebbe ripresa da quello stato di shock silenzioso.
Così
si allontanò, mentre Elena, dolcemente carezzava il volto della rossa.
-Ariel…
tesoro…svegliati…Ariel…-La chiamò piano, per non urtare i suoi nervi, per non
spaventarla.
S’impose
di essere forte e determinata per far coraggio ad Ariel.
Cosa
avrebbe dovuto aspettarsi quando l’amica si sarebbe svegliata?
Purtroppo
non ci mise molto a scoprirlo, dato che dopo qualche tentativo, Ariel si
svegliò.
Gli
occhi vitrei riacquistarono colore, brillando per un attimo, concentrandosi
gradualmente sul volto di Elena.
Il
viso pallido della fanciulla si contrasse in una smorfia di perplessità,
trovandosi dinanzi la castana, che le carezzava il viso.
Ariel
si sentì come se qualcuno le avesse staccato la testa dal corpo, che doveva
essere così intorpidito da sembrarle che le fosse passato un carro armato
sopra.
-Ariel…-La
voce di Elena sembrò distante mille miglia e le graffiò le orecchie, tanto che
le girò la testa.
Cercò
di alzarsi, ma la testa le vorticò ancora di più e strane fitte al basso ventre
e fra le cosce, la spinsero supina sul letto, gemendo.
-Tranquilla…va
tutto bene…ci siamo noi con te…-Disse Elena toccandole improvvisamente la
spalla.
Ariel
sobbalzò, quel contatto risvegliò in lei qualcosa di conosciuto.
Paura.
Ed era
nuda.
Nuda
sotto una coperta.
Il panico
si impossessò di lei, quando notò che a circondarla c’era un ordinato caos.
Le
finestre erano rotte, gli scatoloni che ricordava di aver messo nell’armadio al
suo arrivo a Mystic Falls erano ammucchiati in un angolo e metà del suo
guardaroba era accantonato sulla scrivania, la sedia era spaccata, i suoi libri
sistemati alla meno peggio sul pavimento ed altri oggetti erano sistemati qua e
là per la casa. Il comodino accanto al letto, non aveva più la Bajour ed era pieno di
graffi.
Devastazione.
“Non posso morderti? Non posso prendere il tuo
sangue?...Prenderò di meglio! Prenderò la tua virtù!!”
Occhi azzurri. Zanne.
Damon Salvatore.
Il suo corpo forte e vigoroso sopra al suo
piccolo ed impotente.
“Adesso
vedrai come ti piacerà!”
“No!
Ti prego!”
“Tu
sei mia! Sarai solo mia!”
Dolore.
Sangue e Dolore.
Sgranò gli occhi, immersi in quelli castani di
Elena, lei li vide riempirsi ed il verde dilatarsi come se improvvisamente
tutta la vitalità di quello sguardo fosse deceduta.
Come se i diamanti che vi luccicavano all’interno
si fossero frantumati, come la sua anima.
Ariel urlò, forte, facendo spaventare le tre
ragazze nella stanza.
Stefan, appoggiato alla parete, chiuse gli occhi
nella disperazione più assoluta.
Ariel s’era risvegliata all’inferno.
2 Anni prima.
Sete.
Non faceva altro che avere sete.
Era diventato un vampiro da una settimana e già
aveva commesso omicidi di massa.
Però stava imparando a controllarsi; dall’uccidere
dieci persone in una notte, era gradualmente sceso all’incredibile livello di
sedurre, bere, scopare, uccidere o lasciare in vita.
Era bravo a controllarsi, da sempre.
Al suo risveglio, il Carcerato, non aveva più
trovato il suo creatore e sperava di cuore di non rivederlo mai più, anche se
questo gli aveva fatto dono non solo dell’immortalità, ma di uno splendido
anello di Lapislazzuli con incisa l’iniziale del suo cognome.
Un bel regalo, considerando che senza, non
avrebbe potuto spostarsi di giorno.
Questo avrebbe potuto negargli la possibilità di
godersi la splendida passeggiata mattutina sotto il pallido sole.
Finalmente, era libero e, grazie alle sue nuove
capacità, era riuscito a farsi nuove amicizie
in pochi attimi, quindi trovandosi sprovvisto di fondi liquidi, era stato
costretto a soggiogare anche i commessi per acquistare qualche nuovo smoking e
completo degno di un uomo del suo livello e rango.
Dopotutto non poteva certo accontentarsi di abiti
senza marca o firma.
Non sarebbe stato degno di lui.
Perciò si stava dirigendo verso un Auto-Noleggio
di Limousine, per poi cercare l’appartamento adatto a lui, dopo esser passato
in banca a constatare che tutti i suoi conti erano bloccati.
Tre dei conti correnti utilizzabili richiedevano carta di credito che lui non
possedeva, a quel punto aveva chiesto
di esser munito di una nuova carta di credito, ma era saltato fuori, che i
conti erano protetti da una chiave cifrata impossibile da decifrare.
Era rimasto con un pugno di mosche, ma per
fortuna era un vampiro, poteva soggiogare le persone e servirsene a suo
piacimento, e l’avrebbe fatto per riprendesi i suo fottuti miliardi.
Camminando per le strade del centro, il suo occhio
batté su un’insolita vetrina, ed una piccola creaturina dallo sguardo fiero e
combattivo lo fissò seduta al centro della grande gabbia di vetro.
L’ex detenuto guardò il chihuahua;
era nero, col petto bianco e qualche macchia marroncina, il dorso era delineato
da una piccola striscia bianca e la punta della coda tutta nera, terminava con
simpatico un ciuffetto bianco, degli occhi scuri e vivaci che sembravano
chiamarlo, invitarlo ad entrare.
Sorrise, perché no?
Entrò nel negozio tutto gongolante ed alcuni minuti
dopo, ne uscì con la cagnetta.
Sì, era una femminuccia.
-Yuki…-Sussurrò, tenendola in una mano.
-Ti chiamerò così…la mia piccola Yuki…-
La cagnetta abbaiò soddisfatta ed insieme si diressero
verso la limousine che li attendeva a pochi metri di distanza.
-Dove andiamo Signore?-Chiese il bodyguard, un uomo
alto e grosso, dai capelli biondicci, gli occhiali da sole e lo smoking di
tutto punto.
-All’aereo porto, partiamo per Los Angeles…lì
produrremo un po’ di miliardi…-Annunciò accomodandosi sul sedile della
limousine.
La piccola Yuki, si sedé accanto a lui tenendo il
capo alto, fiero come una regina.
Sì, aveva scelto la compagnia giusta, per uno
come lui.
Il giorno della vendetta sui suoi eredi si
sarebbe avvicinato presto.
Quella vita immortale era il paradiso.
Fine XIII Capitolo
Yuki,
appartiene alla mia Beta ed interpreta la cagnetta di
William..mentre quello color caramello è Tinke :)
Ed eccoci giunti al termine di questo capitolo!
Uff scriverlo è stato davvero, molto, molto
difficile, perché non c’è Damon, non c’è azione, ne LoveLove xD
Diciamo che è uno di quei capitolo di “transizione”
necessari per comprendere lo svolgimento della storia, e quello che avverrà d’ora
in poi.
Vediamo un nuovo personaggio entrare in scena, si
tratta di un uomo, un detenuto, che viene a contatto con un vampiro che lui
chiama “L’Immortale”.
Il detenuto ha un passato con una ragazza, chi
sarà?
Non giungete a conclusioni affrettate, per ora è
tutto mooolto segreto, vediamo solo un nome. William.
Oh, io lo amo... chissà voi cosa ne penserete, in
futuro Muahahahauh.
E’ un personaggio molto importante che condizionerà
la vita di tutti i personaggi.
Bene, detto questo passo ai ringraziamenti, che
vanno soprattutto ai voi cari lettori che mi siete sempre vicini su facebook!
Vi ringrazio di cuore delle 176 recensioni.
Senza di voi, e senza la mia grande Beta,
che anche mentre io dormo, lavora, non so come farei!
Grazie mille a tutto.
Baci Serenty!
Ps. Per chiunqu sia interessato :
Facebook di Serenity452 : Qui
Altre Fanfic di Serenity452
You Lead Me Into Temptation (TVD cast)
YOU'LL BE IN MY HEART (Naruto)
The Last Flame In The Wind (Harry Potter)
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Capitolo 15 *** The Angel of Music ***
Capitolo 14
Buona sera a tutti, popolo di Efp *_*
Eccomi qui col nuovo (spero) attesissimo capitolo!
Prima di lasciarvi alla lettura però voglio fare una mini
premessa per rendere il capitolo più comprensivo :P
Troverete qualche frase tratta da qualche canzone fra i
Musical di Notre Dame de Paris ed il film del Fantasma dell’opera, chiunque sia
interessato a capire meglio la dinamica della situazione in cui sarà presente
tale frasi troverà alla fine del capitolo i link con le canzoni citate.
Buona lettura a tutti.
Mia Beta…Non capisci che
Quest’odio, che ti amo… Ti amo!
Perché un mattino ballavi, ti guardai e provai una cosa
che osò darmi i brividi! E così scegli tu, a chi tieni
Di più…Al patibolo o a me!
<3
Capitolo XIV: The Angel of Music
Dieci giorni.
Dieci, lunghi, silenziosi, immobili e vuoti giorni, erano
passati dal ritrovamento di Ariel, nel suo appartamento, dopo che Damon aveva
abusato di lei.
Stefan stava tornando a casa, dopo aver passato un'altra
mattina insieme ad Elena al capezzale di Ariel.
Un altro giorno pieno di sconfitte e rifiuti.
Ariel era sotto shock.
Non parlava più dalla sera della violenza e rifiutava
qualsiasi tipo di nutrimento, non voleva esser toccata e non sembrava
intenzionata a smuoversi dal letto per i prossimi mille anni.
Nei giorni successivi al ritrovamento, per calmarla,
Caroline aveva dovuto soggiogarla al sonno.
Era incontrollabile.
Non faceva che urlare, dimenarsi nel sonno e di giorno
starsene rannicchiata contro la parete immobile.
Mangiava davvero pochissimo e la maggior parte delle volte
rimetteva quasi tutto.
Elena non sapeva più cosa fare per aiutare l’amica, dopo averla portata da una
dottoressa abilmente soggiogata da Caroline, avevano scoperto che Ariel non
aveva alcuna lesione fisica, né interna né esterna, il sangue di Stefan aveva
protetto e guarito in pochi giorni le ferite inferte da Damon.
Anche se il malessere, le vere ferite, erano psicologiche.
E nessuno poteva curarle se non la stessa Ariel, ma lei non
sembrava motivata a riprendersi, restava aggrappata all’oblio e si negava la
vita.
Per quanto riguardava l’artefice del malessere di Ariel, fin
ora non c’erano state notizie.
Damon era completamente svanito chissà dove.
Se mai fosse tornato, Stefan aveva giurato a sé stesso che
stavolta il fratello l’avrebbe pagata, in un modo o nell’altro.
E se non fosse tornato, sarebbe andato lui stesso a
cercarlo.
Dolore.
Ariel.
I rossi capelli, qualche settimana prima, vividi e ribelli,
erano solo un ammasso informe di nodi e la pelle pallida era ruvida e fredda.
Cos’era diventata?
Da quanto indossava quel pigiama?
Settimane? Dalla puzza si poteva ben capire.
Una fitta le strinse il cuore e quello Yogurt che Elena
l’aveva convinta a mangiare, finì dal suo stomaco dritto sul pavimento.
Come tutte le sere.
Se avesse avuto ancora qualche lacrima, avrebbe pianto, ma
non riuscì a far sgorgare nulla dai suoi occhi spenti e scuri.
Piano, si rannicchiò contro il muro, stringendo le ginocchia
al petto.
Non voleva neppure pensare, né ricordare, né vivere.
Per lei era tutto perso e finito.
Non aveva niente e nessuno.
Perché continuava a vivere?
Sarebbe stato così facile porre fine alla sua vita, sapeva
benissimo come fare, sapeva bene anche il posto adatto per porre fine ad una
vita vuota ed inutile.
Doveva tornare dove tutto era iniziato, dove si erano
consumati già altri orrori, dove tutti l’avevano abbandonata.
Casa sua, in Georgia.
Come posseduta da uno spirito estraneo, si alzò dal letto ed
estrasse dall’armadio una scatola di medie grandezze, che conteneva un abito nero
e lungo, con le maniche ricamate in pizzo ed uno scollo modesto.
Lo indossò, spazzolò i capelli e li legò con un nastro nero abbinato al
vestito, insieme ad una collana di perle.
Un set funebre.
La persona che gliel’aveva regalato, era certa che sarebbe
morta giovane.
E non si sbagliava.
Mise le ballerine ed a passo tranquillo uscì di casa, verso
la sua auto.
Oscurità.
Notte inoltrata.
Quando Ariel arrivò dinanzi l’imponente villetta che un
tempo era stata casa sua, la luna era già alta nel cielo.
Dovevano essere le
tre, o forse le quattro e non sapeva come aveva fatto a guidare per sei
ore senza svenire, fermandosi al massimo per mezz’ora in un paio di stazioni.
Per vomitare o andare al bagno.
Non aveva mangiato nulla nemmeno quel giorno e non aveva
fame da troppo tempo.
Si sentiva stremata, eppure continuava ad andare avanti,
ostentando un’arroganza ed una presunzione nei confronti della stanchezza e del
metabolismo davvero degno di Lei.
Scese dall’auto, dirigendosi verso la casa illuminata dal
pallore perlato della luna, dove alcuni rampicanti, un tempo rigogliosi e
colorati, avvolgevano i lati della casa.
Da quando sua madre era morta, la casa era andata in declino
totale, lei era rimasta sola ed aveva vissuto in quello scempio.
Casa Redlake era decisamente appartata rispetto al resto
della cittadina di Roswell e la prima casa si trovava a diversi chilometri da
lì. Nessuno s’era più avvicinato a quel luogo ormai devastato.
La maestosità di casa Redlake era scomparsa del tutto.
Il portone che era stato bianco, con la maniglia d’ottone ed
oro, era diventato grigio e sporco.
Nessuno aveva osato curarsi di quella casa, anche se forse
sarebbe toccato a lei, dato che era di sua proprietà.
Aprì, spalancando il sipario su un salotto polveroso, un pavimento
di marmo bianco testimone di molte sue cadute, altrettanto imbrattato e pieno
di impronte lasciate la sera della partenza per Mistyc Falls.
Era passato poco tempo da quando aveva lasciato casa, ma la
villetta era in uno stato pietoso già molto prima che lei partisse.
Aveva trascorso un mese nel degrado più impensabile ed alla
fine era scappata senza neppur sistemare la casa.
Fortunatamente nessun vandalo o barbone aveva forzato la
serratura e rubato tutto.
C’era davvero il ben di Dio in quella casa.
I quadri con le
cornici d’oro troneggiavano ancora lungo il corridoio che portava alle camere,
mentre il salotto era adornato da vasi di cristallo, oggetti di ceramica, c’era
persino esposta qualche pietra di corallo, i souvenir dei viaggi d’affari di suo
padre, trofei, qualcuno era anche suo in effetti, anche se era solo un misero
terzo posto.
Si avvicinò al camino e sfiorò le coppe, lasciandosi
invadere da ricordi e sensazioni passate.
Proseguì fino alla camera successiva, dove troneggiava un’imponente
scala in marmo, con il corrimano in pietra e vortici in fili d’oro incastonati
all’interno delle colonne che formavano la ringhiera.
Una vera rarità, Lui lo
diceva sempre.
Salì, contemplando l’angolo che, al terzo piano, affacciava
sul vuoto.
L’angolo dell’orrore.
Un quadrato a mo di balconcino.
Era lì che anche lei
avrebbe commesso il suo orrore.
Si spostò con lo sguardo verso le camere da letto, ma
preferì non entrare in nessuna stanza, troppi ricordi l’avrebbero assalita e
non voleva.
Piuttosto si diresse verso un piccolo sgabuzzino, dove aprì
la piccola porta e scrutò l’oggetto dei suoi desideri.
Una corda.
Come un automa l’afferrò e senza allontanare lo sguardo da
essa tornò verso il corrimano delle scale.
In quell’angolo che affacciava sul pavimento lontano sei
metri.
Legò magistralmente la corda, bella doppia, al corrimano,
preparando all’altro capo della cima un cappio.
Era brava, sapeva farli bene, da piccola lei e Jake si
divertivano a rincorrere e catturare le lucertole con dei fili d’erba annodati
a mo di cappio.
Poi l’Angelo della
Musica gli aveva mostrato come farne uno per le persone.
Qualche anno dopo, su quello stesso angolo dove lei stessa
stava per impiccarsi, qualcuno aveva compiuto prima di lei quel salto con un
cappio trovato nello sgabuzzino.
Senza esitazione se lo avvolse al collo e facendo pressione
sulle braccia saltò sulla balaustra.
La scavalcò tenendosi saldamente al corrimano, mentre
osservava il pavimento.
Era pronta.
Non doveva avere rimpianti.
Anche se, nel profondo, ne aveva molti.
Non era stata una brava figlia.
Non aveva rivisto Jake e non era riuscita a vivere una vita
felice con lui.
L’Angelo della Musica non era più tornato e mai più sarebbe
tornato a cantare e suonare per lei.
L’amore, per lei, non era stato che una menzogna in tutte le
forme si fosse presentato.
Nessuno dei suoi sogni s’era avverato.
Forse, nell’arco di un anno, qualcuno avrebbe ritrovato il
suo corpo, freddo e gelido, appeso e penzolante in quella casa maledetta e
decaduta.
Forse sarebbe stato proprio Jake.
Il suo povero Jake.
Le prime lacrime le scivolarono dagli occhi, bagnandole le
guance arrossate.
-Ave Maria…Io sono
sola…Se sei madre e conosci il dolore…Qui c’è la tua bambina…Ave Maria io amo
un uomo.. Proteggilo come io l’amo…Ave Maria…-*
Cantò, dopo tanto tempo cantò, lasciando risuonare la dolce
melodia che le era stata insegnata a cantare con la sua splendida voce nascosta
al mondo, con melodiosità ed armonia.
Le sue mani allentarono la presa dal corrimano, mentre l’ultimo “Ave Maria” si
smorzava bloccato dalla stretta del cappio.
Lentamente s’era vista cadere nel vuoto e sostenere per il
collo dal suo cappio.
Che la strangolava.
Che l’uccideva.
Istintivamente, le mani le corsero immediatamente verso il
collo, nel tentativo di sottrarsi a quella stretta micidiale che la lasciava
ballare per gli spasmi, sospesa nel vuoto.
Il collo le si graffiava man mano che sfregava con violenza
per liberarsi.
La mente gridava di stare ferma, ma il corpo non era dello
stesso parere.
Pian piano perdeva lucidità ed il disperato bisogno d’aria
esplodeva dentro di lei come un grido represso.
Il lungo vestito nero svolazzava illuminandosi d’argento
alla luce della luna creando vortici ed onde che rendevano quel suicidio una
danza nera con la morte.
La vista le si appannò, ma quando le forze ormai l’avevano
quasi del tutto abbandonata, prima che gli occhi le si chiudessero, vide
qualcosa di inaspettato.
Un gatto. Un gatto che l’osservava seduto, con gli occhioni
puntati su di lei.
Occhi di chi la guardava con scherno e derisione.
Un gatto la stava deridendo mentre si suicidava.
Alcune ore prima.
Damon la fissò.
Era bellissima.
La sua Sirenetta era bellissima.
Violata, ma bellissima.
Se l’era presa, l’aveva posseduta, ne era certo, ma neppure
ricordava com’era stato farla sua.
Solo nausea e morte rammentava.
Eppure era lì, che lo guardava dolcemente, si lasciava
stringere da lui che ricambiava quello sguardo passionale e rapito.
Erano lì, insieme, senza esserlo davvero.
Perché non ricordava di averla sentita invocare il suo nome
mentre facevano l’amore?
Perché ogni suo gemito più che di piacere sembrava di
dolore?
Come mai lei non gli era apparsa come la sua amante ma come
una vergine al macello e lui come una bestia furiosa invece che come un uomo
dolce ad appassionato?
Perché non era altro che un mostro, violento e fuori
controllo.
E lei continuava ad essere bellissima.
A guardarlo con amore.
Ariel.
Ariel.
Invocava il suo nome, silenziosamente, guardandola mentre la
stringeva con la dolcezza che avrebbe dovuto usare tredici notti prima, quando
l’aveva fatta sua.
Bevve un sorso di Bourbon dalla bottiglia acquistata in un
bar di Chicago, lontano da Mistyc Falls, osservando ancora il bel visino della
sua Sirenetta.
Avrebbe voluto vederla così quella notte, invece di
lasciarla inespressiva come una morta, dannandolo a sua volta.
-Maledetta...-Sussurrò.
-Maledetta...Che tu sia maledetta, Ariel Redlake! Piccola
sgualdrina! Avrei dovuto ucciderti la prima volta che t’ho vista! Maledetta!
Bastarda esci dalla mia testa!!!-Colto da un impeto di rabbia cieca e violenta,
scagliò la bottiglia contro il cartellone pubblicitario che ritraeva i due
giovani sposi.
Il liquido ambrato e le schegge di vetro della bottiglia,
rovinarono l’immagine, vecchia ed ingiallita, di lui che stringeva la Sirenetta a sé.
Ma più che colpire lei, la bottiglia colpì in pieno volto
quel Damon sorridente e felice sul cartellone.
Affannato e costernato, ringhiò e si guardò sconcertato.
Era viscido su quel cartellone e più si guardava più la
realtà si distorceva dandogli l’impressione che l’Altro Damon fosse più reale di quanto pensasse.
O che fosse il suo vero io, che improvvisamente prendeva
fuoco.
Sì, lo vide bruciare.
Si vide bruciare mentre Ariel continuava a sorridergli restando appoggiata a
lui in fiamme.
Arretrò di un passo dinanzi al suo corpo di fronte a lui che
bruciava.
Vide che il sorriso malizioso gli spariva dalle labbra, che
pian piano si deformava in un grugno mostruoso, di disperazione, dolore e
vergogna.
Si vide accasciarsi a terra, mentre Ariel restava immobile
come l’immagine che era.
In ginocchio, l’immagine di sé stesso, si dimenò urlando e
stringendosi i capelli corvini tra le mani come un pazzo.
Gli occhi azzurri vennero invasi dal sangue e l’espressione
abominevole divenne ancora più mostruosa quando il suo aspetto rivelò la bestia
che c’era in lui.
Un vampiro.
Damon arretrò ancora, spaventato da sé stesso, che si
avvicinava a lui cercando di uscire dall’enorme cartellone pubblicitario.
Come un animale, l’Altro Damon, ruggiva, urlava, prendeva a
pugni uno specchio invisibile che lo bloccava sul cartellone, mentre le fiamme
lo tramutavano in un essere infernale.
Un mostro che rapidamente si voltava verso la sua compagna,
posizionandosi dietro di lei per poi azzannarla, colorandole il candido collo
dello stesso colore rosso dei suoi capelli.
Il vestito bianco diventava scuro, macchiandosi di quel
prelibato liquido.
Poi lui glielo strappava via ed il suo corpo niveo veniva
tracciato da scie di sangue come le radici di un albero tatuato su di lei.
Damon inorridì quando l’altro Damon comincio a sbranare
dinanzi a lui Ariel.
Lo faceva guardandolo negli occhi e costringendo anche lei a
guardarlo.
Il Mostro, le afferrò le braccia ed allargandogliele
cominciò a tirare con forza, mentre lei urlava e sgranava gli occhi che
sembrarono spiritati.
In un istante il braccio destro volò via, sanguinando
copiosamente, per poi tramutarsi in pezzi di ceramica che si frantumavano e
sgretolavano fra le sue mani.
L’altro braccio fece la stessa fine e l’Altro Damon le arpionò
il petto, bloccando il contorcersi violento e spasmodico di una Ariel impazzita
di dolore.
L’Altro Damon rise andando a sorreggere il mento della
fanciulla con una mano che tutt’ad un tratto era diventata artigliata.
L’altra mano, sprofondò nel petto della rossa ed altri fumi
di liquido rosso colarono giù.
Damon cercò di coprirsi le orecchie, le urla di Ariel gli
rimbombavano nella testa, uccidendolo attimo per attimo.
Violentemente, come la mostruosità a cui stava assistendo.
-Basta...lasciala andare...ti prego...lasciala
andare...-Biascicò disperato, ma l’Altro Damon gli rise in faccia, cominciando
a stringere il collo di Ariel finché questo non si squarciò, lacerato dai
lunghi artigli.
Damon vide la testa rossa che tanto aveva desiderato,
rotolare giù e frantumarsi come se fosse di cera.
-Cosa hai fatto? Cosa le hai fatto?-Mormorò Damon cadendo in
ginocchio, distrutto nel profondo, costretto a vivere quello scempio.
-Cosa le ho fatto io? Cosa le abbiamo fatto...Tu, Damon Salvatore...Tu non sei altro che questo!-
-No! No! Io non sono questo!-Si disperò il vampiro scuotendo
la testa come un pazzo.
L’Altro Damon, rise diabolico e con le fiamme che lo
circondavano puntò un dito contro Damon.
-Guarda, guarda cos’hai fatto, mostro!-
Poi, Damon, poté solo vedersi accanto ad Ariel, con quelle
fattezze mostruose.
Il corpo smembrato della Sirenetta venne avvolto dalle
fiamme dell’Altro Damon ed insieme bruciarono fra urla e risate abominevoli.
Anche lui urlò in modo spaventoso, che attirò i passanti più
lontani, che fece affacciare i vicini alle finestre.
Alcuni si avvicinarono a lui, che si accasciava col volto
verso il marciapiede, senza più respirare né muoversi.
-Signore! Che le succede!?-Gli ripetevano, ma lui non
sentiva ancora nulla.
Un fuoco gli stava bruciando la mente, annientandone i
pensieri.
Ariel.
Ariel.
La sua esile figura bruciava, rideva, urlava e si dimenava
contorcendosi come un verme sfiorato dal tocco umano.
Qualcuno cominciò a scuoterlo, a parlare di ambulanza e polizia,
ed a quel punto rinsavì.
S’alzò di scatto, spingendo via i due uomini che l’avevano
affiancato.
Una donna lo guardò basita e cercò di fermarlo, ma lui la
schivò schizzando via come un fulmine, ignorando il fatto che la donna l’avesse
visto correre inumanamente veloce.
Corse, corse per la città come una furia, scappando dall’orrendo
mostro che dentro sé aveva pian piano divorato il meglio di lui, per emergere e
distruggere tutti quelli a cui Damon teneva.
Ariel.
Ariel.
Raggiunse la sua auto, abbandonata ai margini di Chicago, dinanzi
ad un bar e montò sfrecciando altrettanto velocemente verso Mistyc Falls.
Se il demone aveva distrutto la sua Sirenetta, lui doveva
saperlo.
Se veramente la sua Sirenette stava soffrendo, a causa sua,
lui doveva correre lì.
Chiedere perdono, implorarlo, se fosse stato necessario.
Ma doveva farlo.
Doveva trovare redenzione e pace.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di essere salvato da quel
mostro che lo possedeva.
Poi avrebbe potuto anche morire.
Soccombeva.
Le tenebre stavano per avvolgerla, ne era certa, nonostante
il suo corpo lottasse per la sopravvivenza.
Che arrogante, non si arrendeva mai.
Il collo era cosparso di graffi e tutte le giunture ed i
muscoli le dolevano.
Stava per svenire ed intanto quel gatto era ancora lì a
guardarla mentre moriva.
Chiuse gli occhi e mille flash le attraversarono la mente.
Jake.
I suo sorrisi, le sue carezze, gli abbracci, i giochi e le
canzoni, i balletti provati giorno e notte, le scampagnate qua e là.
Sua madre.
I suo pianti, le urla, le giornate silenziose in una camera
scura, il suo corpo freddo e grigio.
Suo padre.
Soldi, regali, i sorrisi più belli del mondo, gli occhi più
verdi dell’universo, le sue mani grandi e forti su di lei, nel bene e nel male,
distruzione.
L’Angelo.
Musica, passione, protezione, le notti sotto le stelle, le
corse a scuola, le partite a basket, i film o il teatro, il pianoforte in
fiamme, la solitudine.
Elena, Stefan, Caroline, Bonnie e gli amici di Mistyc Falls.
Le risate, i momenti a scuola, quei pochi attimi vissuti
tranquillamente in quella cittadina, scoprire nuove amicizie dopo aver perso
Jake e l’Angelo.
Damon Salvatore.
Il loro primo incontro, i suo occhi azzurri e quel sorriso
da rubacuori, le sue mani audaci ed attraenti, i baci caldi e sensuali, la sua
passione, i suoi denti affilati nella sua carne, la sua brutalità, la sua
crudeltà, la sua sete di sangue e sesso che si saziava su di lei.
La fine di un sogno d’amore e speranza, si spegneva con lei
che moriva.
E cadeva.
Letteralmente.
Spalancò gli occhi, sentendo il cappio che s’allentava e la
corda che cedeva lasciandola precipitare verso il suolo.
In un attimo, tutto si spense.
I pochi metri che la separavano dal pavimento vennero
raggiunti dal suo corpo inerme, sbattendo rumorosamente.
Fortunatamente non col capo, altrimenti l’urto l’avrebbe
uccisa sul colpo.
Il gatto non si mosse e la guardò cascare giù come un sacco
di patate, affondando sul pavimento di marmo, priva di sensi.
Il felino, guardò verso la balconata e miagolò alla vista
del suo padrone che brandiva un pugnale.
Lo stesso che aveva reciso la corda che faceva da cappio ad
Ariel.
Il giovane uomo sorrise ed impalò il pugnale nel corrimano
di pietra.
Sistemò la mezza maschera bianca sul volto, infilando meglio
un guanto di pelle, per poi far svolazzare il mantello nero mentre saltava giù dal
corrimano, atterrando accanto alla rossa, con la grazia e la maestria di un
ninja.
Eccola, la sua Principessa.
Le carezzò i capelli ed il volto, togliendo la corda che
ancora le stringeva il collo.
Poi sentendo il battito basso, si spaventò.
Doveva fare qualcosa o sarebbe morta di certo.
Lentamente, posò le mani sul petto della rossa e cominciò a
praticare il massaggio cardiaco.
Passò poi alla respirazione artificiale posando le labbra su
quelle piccole e candide che aveva visto crescere e maturare giorno per giorno,
sperando di saggiarle in ogni momento in cui potevano incontrarsi.
Il ricordo di Jake che ancora più basso di loro, le tirava i
capelli e le rubava un casto bacio lo fece ridere, mentre lei tossiva e
riprendeva a respirare normalmente.
Veloce, più del
possibile, il ragazzo si alzò dal corpo della sua principessa guardando il
gatto.
-Quando si sarà svegliata...Portala
alla Corte Dei Miracoli...Baghary...-Ordinò mentre i suoi occhi si
dilatavano incontrando quelli del felino.
La sua voce era candida e potente allo stesso tempo.
Calda e sensuale, melodiosa e virile, un suono divino, la
voce che forse apparteneva ad un Angelo.
L’angelo della Musica.
L’Angelo, fece qualche passo verso l’uscita, dando le spalle
al suo gatto, trascinando la corda fino alla porta per poi lasciarla cadere con
nonchalance lanciando un ultimo sguardo alla sua Principessa.
Sorrise.
Presto lei sarebbe stata fra le sue braccia.
Presto il suo calore l’avrebbe incendiato.
Presto l’avrebbe guarita e tirata fuori dall’oblio in cui quel mostro aveva gettato la sua amata
Ariel.
Presto la sua ossessione sarebbe finita.
Lei era lì per lui.
Tutta sua.
Ariel aprì gli occhi sentendo qualcosa di umido e caldo
sulla guancia ed una massa pelosa solleticarle il collo bruciante, per non
parlare dello strano peso sul petto.
Mugugnò, tossendo non appena cercò di respirare più forte.
Ancora quella sensazione di umido sul viso, e fu allora che
aprì del tutto gli occhi, trovandosi un gatto sul petto.
Quel Gatto.
-T..Tu...-Scattò a sedere prendendo il felino in braccio.
-Tu! Ora mi rammento di te!...Sei quel gatto...Baghary...-
Il gattone miagolò scuotendo le zampe anteriori, riuscendo a
svincolarsi dalla presa di Ariel, andandosi a sedere accanto ai piedi della ragazza.
La rossa lo guardò confusa.
Cosa ci faceva lì quel gatto dopo quasi 5 anni?
Il gatto del suo Angelo?
Ricordava quando, in un pomeriggio d’ottobre, lei, Jake e
l’Angelo s’erano ritrovati a camminare lungo il vialetto che portava nel loro
luogo segreto ed avevano notato quel micio che li seguiva ovunque.
L’Angelo l’aveva raccolto dalla strada, l’aveva tenuto con sé
e non s’erano più separati per una settimana.
Poi entrambi erano scomparsi.
Per sempre.
Era certa che quando il suo Angelo della Musica era scappato
da Roswell, il gatto fosse partito con lui.
Ma allora cosa ci faceva di nuovo lì?
La risposta del felino arrivò con un lungo miagolio, mentre
s’alzava sgranchendosi le gambette.
Baghary la fissò ed improvvisamente, quando incontrò gli
occhi verdi di Ariel, le saltò addosso, avvinghiandosi alla sua faccia.
-Ahiii! Mi fai male! Bagharyy!Aah! Aiuto! Gatto malefico!-
La lotta fra il possente gatto e la piccola Ariel fu
esilarante.
Ariel rotolava nel tentativo di staccarsi dal viso il
pancino del gatto che le mordicchiava le mani.
-Ahi! Ahi! Gattaccio! Aiuto!-
Baghary, annoiato, miagolò spiccando un balzo fino ad
arrivare a pochi passi dal cappio di Ariel.
-Che male...accidenti...Ah...-Gemette toccandosi il collo
livido e pieno di graffi che s’era procurata nel tentativo inconscio di
salvarsi dalla morsa della corda.
Come diavolo aveva fatto a cadere?
Come si era spezzata quella corda?!
E perché era a pochi metri dalla porta di casa?
Le risposte le arrivarono quando volse lo sguardo verso il
corrimano e vide un pugnale.
Sobbalzò.
Che qualcuno si trovasse in casa con lei?
Non era sola dunque?
Poteva trattarsi...del suo angelo? Di J?
Svelta, ignorando il dolore, s’alzò con l’intento di
precipitarsi verso le scale.
-Jake! Jake!-Urlò a squarcia gola, ma non appena fu del
tutto in piedi, Baghary le si avvinghiò al vestito ed alle gambe, miagolando
come un matto.
Il gatto, impuntandosi sulle zampette, cominciò a tirarla
verso l’uscita.
-No! Fermo! Fermo!-
Ariel cercò di staccare il gatto dal vestito, ma il felino era
così forte e testardo che tra morsi e graffi sopraffece la rossa che stremata,
per tutte le fatiche che quel giorno le stava presentato, si piegò sulle
ginocchia per riprendere fiato.
Ok, il gatto le stava dicendo di non salire al piano
superiore.
Dopo Damy che le dava consigli d’alta moda, ci mancava solo
il “Gatto GPS”.
A proposito di Damy, era da un bel po’ che non lo vedeva.
Dalla sera prima che Damon....
Scosse la testa violentemente, non doveva pensare a lui.
Baghary le afferrò con i denti il vestito e ricominciò a
tirarla verso la porta, non appena sobbalzò destandosi dal ricordo di Damy.
-E vabbene! Ho capito, verrò con te!-Disse alzandosi e
seguendo il gatto, che con la coda alta, il passo fiero e sculettante, si dirigeva
verso la porta e la corda che le aveva fatto da cappio.
Era stata abbandonata al centro del grosso salone, verso la
porta.
Qualcuno la stava
guidando fuori casa e non si trattava del gatto.
Sospettosa e
spaventata, rallentò spaurita, trovandosi a due centimetri dalla soglia di
casa.
Fuori l’oscurità regnava sovrana e ancor più nera di quando
era arrivata.
Ma probabilmente era lei, che con i suoi intenti suicida,
non s’era davvero resa conto di quanto fosse spettrale casa sua.
Arretrò ancora un passo, mentre Baghary usciva tranquillamente
e si sedeva a pochi metri di distanza da lei, guardandola mentre il pallore
della luna lo illuminava come in un film dell’orrore.
E non appena i loro occhi si incrociarono, una melodia
spettrale e potente risuonò per centinaia e centinaia di metri, risvegliando la
natura morta e oscura circostante.
Ariel rabbrividì, sentendo un fremito lungo la spina dorsale
ed una morsa stringerle lo stomaco e schiacciarle la testa.
Le orecchie fischiavano al richiamo dell’Overture del
Fantasma dell’Opera, che risuonava violenta, provenendo dall’unico posto in cui
poteva esserci un pianoforte con delle casse tanto potenti da sostenere un
sound così eccellente.
Con l’unico pianista che avrebbe potuto eseguire quella
composizione con la passione e la forza di un Fantasma.
L’Angelo della Musica.
-E’ qui...Lui è
qui!-Sussurrò sconvolta e rapita allo stesso tempo la rossa, col cuore che
palpitava a mille.
Il corpicino le tremava ed il fiato le mancava, vibrandole
nello sterno.
Corri. Corri.
Le ordinò una voce dentro sé.
E lei non poteva far altro che guardare Baghary che faceva
strada.
Fra la vegetazione alta, i rami del boschetto così
somiglianti a quelli di Mistyc Falls, il terriccio umido ed il vento freddo che
le graffiava il viso e la gola già duramente provata dallo strangolamento.
Non fermarti. Non
fermarti.
C’era quasi, era quasi arrivata, nonostante le fronde degli
alberi la frustassero sul viso, sulle cosce, sulle braccia che cercavano di
farsi largo fra la vegetazione arida.
Poi d’improvviso inciampò.
Tipico di lei.
C’era una trappola, che lei stessa aveva visto montare con
una corda che bloccava il cammino agli intrusi, eppure c’era cascata come una
novellina.
-Maledizione!-Ruggì cercando di rialzarsi, ignorando ancora
una volta il dolore che le attanagliava il corpo straziato dalla precedente
caduta da metri d’altezza.
Sfortunatamente per lei, quella non fu l’ultima.
L’Angelo della Musica e Jake, anni addietro, avevano reso
quella porzione di bosco un vero campo minato, disseminato di buche, trappole
come corde tese da un capo all’altro per far inciampare e, peggior di tutto, le
tagliole.
Quelle dannate trappole dentate, che al solo tocco
scattavano e ti stringevano il piede in una morsa letale, solitamente usate per
volpi e altri animali.
Nel buio della notte soltanto la luce della luna poteva
smascherarle, anche se con scarsi risultati.
Ariel nonostante fosse terrorizzata dall’idea di incappare
in una di quelle morse, non rallentò la sua folle corsa sempre capeggiata da
Baghary che le indicava la strada, come se la conoscesse meglio di lei.
Ariel non se ne capacitava, continuava a chiedersi come
fosse possibile che l’Angelo della Musica si trovasse lì.
E perché c’era anche il suo gatto, ammesso che lo fosse.
E soprattutto perché sembrava così intelligente!
Persa nei suoi pensieri, non si accorse di una delle
tagliole e per evitarla un piede le finì in fallo su una roccia, facendola
piombare sul terriccio.
Col corpo fuori controllo, rotolò giù per il pendio urtando
violentemente tutto quello che incontrava sul suo commino, mentre si
capovolgeva di continuo urlando disperata con la musica che le faceva da eco.
Alla fine Baghary, che l’aveva sapientemente schivata nella
sua incontrollata discesa, la vide schiantarsi contro l’ultimo albero che
faceva da cornice ad un grosso spiazzale.
-Maledizione...maledizione...-Mormorò spossata e piena di
lividi e graffi sanguinanti ovunque.
Se non l’aveva uccisa Damon, se non era stata capace di
suicidarsi, sarebbe morta nel tentativo di raggiungere quel posto.
Ma non appena riuscì a rimettersi in piedi, si rese conto
che la foresta era ormai superata, questo poteva significare solo una cosa.
Il cuore le batté forte.
- Questa casa farà
bello il tempo che fa, fuori tremi e qui no, fuori bruci e qui no.
Questa casa se vuoi è
anche casa tua.-*
Si voltò, lentamente, come se temesse il momento in cui i
suoi occhi di gemma avrebbero incontrato quel posto.
Come per pregustare al meglio quel ricongiungimento tanto
atteso per due lunghi anni.
Eccola. Eccola.
La Corte dei Miracoli.
Imponente, alta, troneggiava nel cielo scuro come un gigante
di ferro e cemento.
Come una gigantesca cripta da cimitero sorgeva al centro di
un grosso spiazzale avvolto da grossi rampicanti come quelli di casa Redlake.
Ma la particolarità di quel posto era data dalle radici,
grosse e radicate nel terreno che incorniciavano l’edificio abbandonato.
Perché la Corte era quello, da
sempre.
Un rudere abbandonato da almeno vent’anni, finché l’angelo
non l’aveva trovato e l’aveva trasformato nella sua casa, nel suo teatro, il
suo parco divertimenti.
La Corte dei Miracoli.
Si avvicinò al grande portone di ferro battuto senza
esitazione.
Se lui era lì, doveva incontrarlo.
Subito.
Con tutta la forza che aveva spinse il grande portone di
ferro battuto e quando questo si spalancò la luce della luna inondò l’interno
dell’edificio.
Ariel rimase immobile, mentre la visione di quel luogo, a
lei tanto caro, le si presentava come in un film in bianco e nero, dove
l’oscurità regnava sovrana, ma la musica sovrastava ogni rumore, stordendola
nelle note finali che dolcemente scemavano.
Entrò, a passi lenti, misurati ed eccitati.
Sì, lo sentiva, l’Angelo della musica era lì.
Con lei.
Giunse al centro dell’edificio e quando intravide l’ombra
del vecchio pianoforte, quasi svenne, quando d’improvviso le luci cominciarono
ad accendersi debolmente, creando un atmosfera surreale da cinema e si rese
conto che il pianoforte che alcuni anni prima aveva bruciato produceva musica,
collegato a diversi cavi che sparivano nelle pareti.
Ma la cosa inspiegabile, terrificante e sconcertante era che
il pianoforte suonava da solo.
Come posseduto, come se un Fantasma fosse lì, a suonare le
suo melodie.
Il cuore le batté all’impazzata ed Ariel fu certa che le
stesse per scoppiare.
Ma furono le luci dell’edificio ad esplodere in un bagliore
folgorante, riportando alla vita tutto quello che era contenuto nella Corte dei Miracoli.
Di fronte a lei, c’era un palco non troppo alto, ma che
percorreva tutta la larghezza dell’edificio che, come lei sapeva, era almeno un
una trentina di metri mentre in larghezza ne occupava una ventina.
Le tende rosse, di pregiata fattura, erano ingiallite e
piene di polvere e macchie.
I faretti spenti e le grandi casse troneggiavano sulla scenografia dell’ultimo
spettacolo che l’Angelo aveva progettato di mettere in scena per loro.
Alla sua destra, a diversi metri dal palco, vi era un grosso
armadio a muro, chiuso da un grosso lucchetto, che conteneva i costumi di scena
che l’Angelo era solito collezionare.
Ne andava matto, per non parlare della sua ossessione per i Cosplay.
Sì, adorava travestirsi da personaggi di anime e non solo.
Accanto all’armadio c’era un grande letto matrimoniale, per
giunta rotondo con un grosso cuore rosso come spalliera.
Da qui, potete chiaramente evincere che l’Angelo della
Musica, non è esattamente una persona comune.
Stravagante, geniale, esuberante, dolce e misterioso, lo
ricordava Ariel.
Le giornate passate alla Corte
erano impresse nella sua memoria, come le notti in quel caldo ed
accogliente letto, stretti l’uno all’altro.
Forse un po’ troppo stretti in tre, ma uniti fra musica,
sogni e desideri.
Distolse lo sguardo dalla zona adibita a casa, adocchiando
lo sgabuzzino usato come bagno e la cucina a gas posizionata a qualche metro
dal letto.
C’era persino una scrivania ed un tavolo da pranzo di legno con tanto di sedie,
tre sedie.
Guardò alla sua sinistra, dove l’enorme edificio racchiudeva
una complessa struttura di scaffalature di ferro per carichi pesanti, che si
estendeva per una decina di metri dando vita ad un diramato labirinto alto
almeno quattro metri.
Fra le scaffalature vi era del materiale edile come grosse
travi di ferro, telai e pannelli di legno che creavano nascondigli perfetti.
L’Angelo, insieme a Jake, aveva costruito delle piccole
“tane” per nascondersi, rivestendo i grandi scaffali quadrati, montando scale e
scorciatoie per scendere o salire rapidamente sull’impalcatura di ferro.
La genialità di quelle due pesti era fenomenale.
In un angolo, appeso ad una delle travi della scaffalatura
immensa, c’era un sacco da box, i guantoni, c’erano anche i suoi di un rosa
shocking, le protezioni per il combattimento corpo a corpo ed alcuni attrezzi
per il potenziamento dei muscoli.
La corte era il
loro mondo, suo, dell’Angelo e di Jake, c’era tutto quello che caratterizzava
le loro giornate.
Cosa avrebbe dato per avere Jake al suo fianco in quel
momento, mentre la musica cessava dolcemente, riportando la sua attenzione sul
pianoforte fantasma.
Deglutì, rammentandosi che un pianoforte, non poteva suonare
da solo, soprattutto se qualche anno prima era stato bruciato e bastonato con
una trancia di ferro.
Eppure era lì, con i tasti che prendevano vita, o almeno i
tasti che s’erano salvati dal fuoco.
-Chi c’è?-Chiese esitante, con la voce che tremava.
Dopo Damon il suo coraggio era calato sotto lo zero.
Ma pensandoci di cosa poteva aver più paura?
Le aveva passate tutte.
-Sei qui? Se sei tu, ti prego, dimmelo mio Angelo!-
E se non fosse stato lui?
Se qualcuno l’avesse sentita l’avrebbe scambiata per una
pazza che vaneggiava parlando con un presunto angelo, mentre guardava il cielo,
in alto verso le impalcature di ferro formate dalle scaffalature.
Ma non c’era nessuno e questo era inquietante, considerato
che le luci erano svanite nuovamente lasciando che alcune schegge di raggi di
luna, aiutate da qualche faretto flebile, illuminassero l’enorme edificio.
Poi ad un tratto, una nuova melodia invase la Corte.
Era dolce e pacata, era il suono di un violino.
-Canta con Me...Canta mia Ariel!-Fu un sussurro che riecheggiò
nello stabile, un sussurro che fece rabbrividire la rossa.
L’Angelo della Musica era davvero lì con lei, riconosceva la
sua voce e la stava invitando a cantare con lui.
-Bimba smarrita senza
pace, cerchi la mia Guida...-
L’Angelo, la sua voce melodiosa che intonava le arie del
Fantasma dell’Opera, era inconfondibile.
-Sei tu un fantasma o sei
mio padre? Dimmi chi mi spiò...-
Da quanto non
cantava? Le sembrava così assurdo riprendere dopo anni di silenzio, le parve
improvvisamente di sentirsi in un film o meglio ancora in un sogno.
Un sogno tanto atteso e sperato. Fantastico.
-Sono il tuo Angelo, Sempre...-
Lui invece era addirittura migliorato.
Ariel si sorprese a cantare le parole successive,
ritrovandosi sempre più succube di quella voce, proprio come la protagonista
del film.
Attratta in una morsa letale dalla voce incantatrice del
Fantasma.
-Angelo parla in un sussurro, la nostalgia tremò...-
Nostalgia.
Per più di quattro anni, lontana da lui, dalla sua voce, dai
suoi abbracci, ora che avrebbe dato per sentirsi stringere dall’Angelo che
l’aveva cullata nelle notti più tetre della sua infanzia.
-Troppo hai vagato nel vento, troppo lontana da me...-
Di certo
l’Angelo non sbagliava, era troppo tempo che non erano insieme, troppo lontani
l’uno dall’altro, ma ora finalmente si erano ritrovati, insieme avrebbero
ritrovato Jake e le cose sarebbero andate al meglio, indipendentemente dai loro
sentimenti.
Non dovevano
più separarsi.
-Quasi mi opprime il tuo
sguardo...-
Una nube di
nebbia invase improvvisamente il palco alle sue spalle, facendola voltare di
scatto, mentre un ombra prendeva le fattezze di un uomo fra la foschia.
Il cuore le
batté ancora più forte se possibile, alla vista dell’uomo che le si avvicinava.
-Non hai scampo...E verrai con Me!-
L’Angelo tese
una mano, restando avvolto dalle nubi, a pochi metri da lei.
Lui lo sapeva,
Ariel non aveva scampo, era già sua dall’inizio, dalla nascita così come nella
vita.
-E verrò con
Te!-
E lei afferrò
quella mano, la strinse con tutta la forza che possedeva in corpo, mentre
l’angelo le afferrava l’altra, stringendola con la stessa audacia e passione di
Ariel.
Finalmente
erano insieme, l’uno di fronte all’altro.
Ariel era non
riusciva a vederlo bene, la nebbia li aveva circondati.
Ma il calore,
la stretta, persino il profumo di muschio e libertà era rimasto quello di un
tempo dando ai sensi l’impressione che lui fosse ben chiaro ai suoi occhi
smeraldini.
L’Angelo e le
loro voci che si mescolavano in un’armonia soave e perfetta.
-Angelo tu mi hai rinnegato, sempre avrai il
mio amore...-
-Angelo io ti
ho rinnegato, sempre avrò il tuo
amore...-
L’angelo
dolcemente, con un’eleganza innata, le impose una mezza piroetta, permettendole
di appoggiare le spalle contro il suo petto forte, cingendole la vita con un
braccio muscoloso.
-Angelo più non mi respingi, apro a te il mio regno...-
-Angelo più non
ti respingo, aprimi il tuo regno...-
Ariel si lasciò
andare, chiuse gli occhi, appoggiandosi con la nuca sulla spalla destra
dell’angelo, mentre una mano dell’uomo si sovrapponeva a quella piccola e
candida di lei ed unite le percorrevano il grembo, fermandosi sul suo cuore
pulsante, nel momento in cui le loro voci salivano di qualche ottava nelle note
finali della loro sinfonia.
Poi d’un
tratto, l’angelo si staccò da lei, abbandonando la sua stretta sul corpo della
fanciulla e schizzò via al centro del palco facendo sobbalzare la Redlake.
Troppo veloce.
Ariel si voltò
di scatto, accorgendosi che la foschia che li aveva avvolti fino ad un attimo
prima si diradava a velocità impressionante.
Non l’aveva
immaginato.
Era reale.
C’era della
nebbia e l’angelo era troppo veloce per un umano.
No. No.
-Sono il tuo Angelo, vieni, vieni tu sei la
mia Musa...-
Ed il volto
dell’angelo si deformava in quello di un mostro.
-Noooo!!!-Urlò
forte Ariel, nel tempo in cui la musica calava lasciando alla Corte solo l’eco del suo urlo.
Rimasero fermi,
immobili, a guardarsi negli occhi, poi lei scosse la testa.
Tutto quello
non poteva essere vero.
Il suo Angelo
era un vampiro.
Ariel arretrò,
spaventata, la verità doveva essere per forza un incubo, il suo Angelo non
poteva essere morto.
Corse via,
mentre le lacrime le rigavano il volto pallido, ma ancor prima che avesse
potuto percorrere due metri l’Angelo le si parò dinanzi arrestando la sua folle
corsa.
Lo sguardo che
un tempo era stato dolce e caldo, sul viso dell’uomo, ora era duro e spietato,
inondato da una furia che gli serrava la mascella , con il capo inclinato in un
lato.
-Ariel...-La
sua voce la fece rabbrividire, tendendole i muscoli ed i nervi a fior di pelle.
-Ferma dove
sei...-Mormorò suadente, incontrando gli occhi smeraldo di Ariel.
Una luce
sinistra cerchiò la pupilla destra dell’Angelo, riportando l’attenzione di
Ariel su di lui, come se l’avesse appena sottomessa.
Un’abilità
segreta, molto vicina al potere di soggiogamento dei vampiri, ma che funzionava
solo su determinati soggetti.
Volontà e
desiderio.
La volontà
dell’angelo ed il desiderio più represso e nascosto del cuore di Ariel.
Restare
dov’era.
Era questo il
potere dell’Angelo della Musica, farsi obbedire sottomettendo le “vittime” ai
propri desideri più profondi.
Anche se fin
ora aveva funzionato solo su Ariel e Jake.
Per il resto
del mondo era necessario soggiogare col potere acquisito grazie alla
trasformazione in vampiro.
-Non
preoccuparti, io non ti farei mai del male...-Annunciò il vampiro, tendendo
nuovamente una mano verso la fanciulla.
-Non toccarmi!
Ti prego non toccarmi!-Esclamò la rossa, sgranando gli occhi alla vista della
mano dell’uomo che si avvicinava al suo corpo.
Tremò con
violenza, sentendo il cuore palpitarle nel petto spaventato.
L’Angelo la
guardò sbalordito, ma poi lo sguardo si posò sul pavimento ed il suo corpo
vibrò di rabbia e sgomento.
-Fino a questo
punto? E’ così profondo il male che ti ha fatto quel Vampiro? Persino io, il tuo Angelo, temi?-
Ariel non disse
nulla per un po’, era troppo confusa, riuscì solo a piangere scuotendo la
testa.
-Cosa ti è successo?...Sei
morto...?-Riuscì a biascicare infine.
-Già! Ma come
vedi...sono qui...sono sempre lo stesso, non è cambiato nulla...-
-Sei un
vampiro!-Strillò Ariel sovrapponendo la sua voce isterica a quella calma e
pacata dell’Angelo.
Lo sguardo del
giovane uomo s’indurì improvvisamente e gli occhi scintillarono come fiamme.
-Proprio così,
Ariel! Sono un vampiro, tu li conosci bene, no?!-Infierì il vampiro facendo un
passo avanti molto velocemente, quasi annullando la distanza fra il suo corpo e
quello della ragazza.
Lei si
irrigidì, rimanendo totalmente immobile, con le lacrime che scivolavano
silenziosamente sulle sue gote rosse.
-Sei
cattivo...-
-Mi dispiace,
non volevo...non sono quel mostro che ti ha fatto del male...guardami, guardami
negli occhi...dimmi chi sono per te, guardandomi negli occhi...-La pregò con la
voce che d’improvviso era diventata delicata e sofferente.
La voce del suo
Angelo.
Ariel si sentì scogliere, dominata dall’impulso di gettarsi fra quelle braccia
forti.
Ma il suo corpo provava repulsione, repulsione
per qualsiasi contatto fisico con le persone.
-Non puoi
soggiogarmi...-Mormorò tentando di combattere l’istinto che la spingeva ad
obbedire.
-Sai che non ne
ho bisogno, guardami Ariel, sono qui per guarirti..-
E fu in
quell’istante che il tono sottile e caldo dell’Angelo sovrastò ogni barriera di
Ariel, in quel momento, gli occhi di gemma della rossa furono catturati dallo
scintillio che cerchiava l’occhio dell’Angelo, stabilendo un contatto ed una
sottomissione indistruttibile.
-Ariel, mia
amata Ariel, dimmelo, dì quanto mi desideri... –
-Io...Io...-
Cosa le stava
succedendo?
Da quanto tempo
non provava quella sensazione di invasione, di persuasione e arrendevolezza?
Non era come
essere soggiogata, perché sentiva chiaramente il suo desiderio di lui salire a
galla, emergere dalle viscere più profonde.
Distruggere
quello scrigno in cui l’aveva rinchiuso.
-So che lo
vuoi, per questo posso farlo...lasciati andare, dillo Ariel...puoi stringermi, non
hai niente da temere...-
-Niente...Tu...Sei...il
mio Angelo...-
Dolcemente,
Ariel, si sentì afferrare la mano e tirare contro un petto forte e conosciuto.
Le braccia
dell’Angelo le cinsero le spalle ed una mano le carezzò i capelli di fuoco.
-Va tutto bene,
sono il tuo Angelo, starai bene...Te lo prometto...-
Ariel rimase
immobile a quelle parole, si lasciò completamente andare, mentre l’oblio in cui
era caduta svaniva, rendendo il contatto fisico più reale di quanto fosse
all’inizio ed il corpo le tremò involontariamente preso da una paura inconscia
che la dominava alla vista delle persone.
-Non smette...Non
smette, ti prego...aiutami...-Le lacrime che s’erano placate quando aveva
incontrato lo sguardo dell’angelo, tornarono a piovere dai suoi occhi con
rinnovata sofferenza.
-Shhh...Sta
tranquilla...sono io, Ariel, sono il tuo Angelo della Musica...e tu sei la mia
Principessa, non ti farei mai del male e nessun’altro te ne farà...-
Rimasero
stretti per un tempo interminabile, l’Angelo della Musica l’abbracciava
beandosi del calore immenso che quella ragazza aveva sempre emanato.
E lei restava
stretta a lui, come ad un salvagente, le si era avvinghiata senza controllo.
Le sembrava
impossibile, l’Angelo era tornato.
Questo poteva
significare molte cose.
Sarebbero
rimasti insieme ad avrebbero ritrovato Jake ed ognuno di loro sarebbe stato al
sicuro.
Ovunque
sarebbero andati non si sarebbero più divisi, era questo che per Ariel contava
di più al mondo.
-Hai inventato
una nuova tecnica scadente, per caso?-La voce dell’Angelo la riportò con i
piedi per terra.
Lo stava
stringendo con un po’ di forza eccessiva.
-Mi
dispiace!-Esclamò staccandosi di colpo, imbarazzata.
Lui rise,
dandole un piccolo pugno sulla spalla in modo scherzoso, facendo alzare un
sopracciglio ad Ariel.
-Sembra tu
abbia ancora dodici anni, se poi alzi quell’impudente
sopracciglio!-
-Ehi! Non è
vero! E smettila di scherzare, cosa ci fai qui?-Chiese la ragazza, rendendosi
conto che non poteva essere una semplice coincidenza che dopo quasi quattro
anni lui fosse tornato a Roswell senza un motivo preciso.
-Oh... Giusto,
ero qui...per impedire che qualcuno
facesse una sciocchezza!-Esclamò lui sorridendo in modo ambiguo.
Era solito fare
così quando voleva prenderla in giro, lei conosceva molto bene l’Angelo e
sapeva che adorava gli enigmi ed i giochetti, anche pericolosi.
Ed era bravo
con le pressioni psicologiche, se voleva nasconderle qualcosa ci sarebbe
riuscito.
-Cosa?! E
come...come sapevi...che io...-Ariel non poteva crederci, lui sapeva, non
c’aveva dato peso, ma l’Angelo sapeva tutto.
-Perché io so
quello che ti è successo...Ti sono sempre stato vicino...-Disse lui ostentando
una sicurezza ed un’impassibilità sorprendente, una sorpresa che si manifestò
completamente sul volto di Ariel.
Qualcosa in lei
si ruppe, lasciandola senza fiato né parole.
Gli occhi le
pizzicarono e le lacrime sfuggirono giù subito.
Si coprì la
bocca con una mano, arretrando rapidamente per poi voltarsi di scatto, per non
guardarlo più in viso.
Lui sapeva.
-Non è stata
colpa tua...E tu sei sempre la stessa per me...-La confortò lui.
-Perché....Perché
eri lì? Perché non hai fatto niente?-Pianse Ariel, accasciandosi atterra, sulle
ginocchia.
-Non
potevo...-Rispose impreciso l’uomo.
-Cosa?..Che...che
vuol dire?-Sbraitò la ragazza avvolgendosi le braccia intorno al busto come per
farsi scudo da qualcosa di invisibile, dal Dolore.
-Vuol dire che
non potevo avvicinarmi a te...-Le disse guardandola con sgomento.
Solo quando lei
non lo guardava poteva esternare il suo dolore.
La sua Ariel,
che soffriva ancora, per un altro uomo che l’aveva ferita in tutti i modi
possibili.
-Come sei
diventato un vampiro?-
-Lo sai come si
diventa vampiri...-Rispose l’Angelo sempre freddo e pacato.
Ariel stava
cercando di trovare delle risposte a quell’improvvisa situazione, ma lui era
evasivo, gli stava nascondendo qualcosa, lo sapeva.
-Chi ti ha
trasformato?-Chiese a bruciapelo sempre senza guardarlo in viso, stringendosi a
se stessa.
-Non posso
dirtelo!-
-Perché ti sei
trasformato?-Provò lei sul punto di esplodere per lo sgomento.
Non le stava
dicendo nulla.
-Non posso
dirtelo...-Ripeté ancora il vampiro, facendo scuotere il capo alla rossa.
-Dov’è
successo?-
-Non posso
dirtelo!-
-Non puoi dirmi
nulla, maledizione!!!?-Urlò scattando in piedi la ragazza, sopraffatta dall’ira
e dalla delusione.
Il suo Angelo
le negava la verità, c’èra davvero qualcosa che non quadrava, ma come poteva
fare per scoprire perché il suo Angelo fosse così evasivo?
Lui, dal canto
suo, rimase impassibile dinanzi a quello sfogo e la guardò dritta negli occhi
come se volesse sondarle l’animo.
Ariel si sentì
infastidita e ricambiò lo sguardo con aria truce.
-Da quanto
tempo sei un vampiro?-Domandò con rinnovata ostinazione.
Lei era una
Redlake, la parola “basta” non rientrava nel suo vocabolario.
L’Angelo
sospirò, rilassando le spalle, per poi grattarsi dietro la nuca con fare
svogliato.
-Da un
po’...Qualche mese, se proprio vuoi saperlo...-Annunciò annoiato, i suoi sbalzi
d’umore erano inconcepibili, un minuto prima era freddo ed ora tutto annoiato.
Faceva sempre così.
-Che cosa
faremo adesso?-Domandò Ariel cercando di rilassarsi.
Doveva
approfittare dell’improvviso cambio d’umore del vampiro, se voleva risposte.
-Oh, possiamo
cantare...o recitare, ballare, anche allenarci se vuoi...dopotutto, siamo alla Corte!-Disse allargando le braccia per
indicare l’interno dell’edificio.
Un mondo
intero, per loro.
-Non intendevo
questo! D’ora in avanti, cosa faremo d’ora in avanti!? Dobbiamo cercare
Jake!-Finì appena la frase, che l’angelo le sfrecciò ad una spanna dal corpo,
prendendole le mani fra le sue.
-Jake, Jake,
Jake! Non fai che pensare a lui! Non ero io quello che volevi sposare?-
Lei arrossì di
botto, rammentandosi che gli aveva promesso di sposarlo.
Sgattaiolò via
dalla sua presa e guardò alla sua destra per non affrontare gli occhi maliziosi
dell’Angelo.
-Smettila di
scherzare! Ero una bambinetta quando te l’ho detto!-
-Non conta, una
promessa è una promessa Principessa! Non posso permettere che tu sposi Jake!-Esclamò
lui risoluto afferrandola inaspettatamente per i fianchi per avvicinarla a sé.
-Non hai più
paura, almeno non di me adesso...-Ariel sobbalzò.
Era vero, era
di nuovo fra le braccia dell’angelo e non provava alcun disagio.
Nessuna paura,
che qualche ora prima l’avrebbe spedita all’inferno.
Le mani
dell’angelo non le ricordavano quelle di Damon, come avevano fatto quelle di
Elena, Bonnie o Stefan.
Chiunque la
sfiorasse le incuteva terrore.
L’Angelo
l’aveva guarita, in qualche modo.
Sapeva che non
le avrebbe mai fatto del male, per nessuna ragione possibile al mondo.
Si appoggiò a
lui sospirando.
Si sentiva al
sicuro, quasi come quando era stata fra le braccia di Damon.
Eppure
nonostante lo temesse, quel vampiro, le tornava in mente.
Era ormai
indelebile.
I suoi
sentimenti per lui erano indelebili.
-Non
preoccuparti, le cose andranno bene, piccola scema!-Le sussurrò lui all’orecchio,
beccandosi un pugno sulla spalla da lei.
-Idiota!-
-Ehi, se vuoi
fare a pugni con me, dovresti almeno indossare i guanti...-Propose lui con un
sopracciglio alzato ed un sorrisetto furbo.
-No, passo, non
mi alleno più da un po’!-Rispose lei sentendosi in imbarazzo.
Da quando Jake
se n’era andato lei non aveva più avuto l’occasione di allenarsi.
Ma non voleva
pensarci, quello faceva parte del suo passato.
-Peccato, ho
una vendetta da attuare contro di te!-
-Cosa?!-Esclamò
sorpresa la rossa spingendolo via.
-Hai bruciato
il mio pianoforte! Ti rendi conto? Il mio Magnifico
Pianoforte a Coda italiano con la valuta di trentamila
euro!!-
Ariel sbiancò.
Non pensava costasse così tanto.
Quando l’aveva
comprato, gli aveva detto che non aveva speso molto per il suo ceto sociale.
Si sentì mancare.
-Non importa
dai! Ne potrò comprare un altro!-La consolò lui rendendosi conto del profondo
turbamento della sua rossa.
-....Perché non
mi hai lasciato morire...-Borbottò come un fantasma lei, accasciandosi di nuovo
sulle ginocchia.
Tutti quei
soldi. Tutti i quei soldi.
Soldi. Lei li
aveva bruciati. I preziosissimi quattrini.
L’angelo rise,
attirando la sua attenzione, strappandola dallo stato catatonico di
depressione.
-Non sei
cambiata davvero, Ariel! I soldi non ti mancano e hai un lavoro, diventerai
avara se continui così!-
Lei lo guardò malissimo e si sollevò con uno scatto felino scaraventandosi con
foga contro l’angelo che, prontamente, smise di ridere e le bloccò i polsi.
-Stupido, te ne
sei andato, mi hai abbandonato, me e Jake, avevamo bisogno di te e tu non
c’eri...sei scappato lasciandoci qui, se ho bruciato il tuo pianoforte era
perché ero arrabbiata e delusa! Eri la nostra speranza, per un futuro
migliore!-Gli urlò contro lei.
-Mi
dispiace...Ma ora non c’è più tempo per questo...Ariel... la tua collana...c’è
della verbena all’interno giusto?-
Lei cercò di
divincolarsi, la presa si era fatta più salda e lo sguardo torvo dell’Angelo le
mise improvvisamente ansia.
-Perché vuoi
saperlo?-
-Dammi la
collana...-Annunciò serio.
Ariel si bloccò
incontrando gli occhi del vampiro e sgranando i proprio per la sorpresa, vide
che era freddo e determinato.
-Cosa...Che
stai cercando di fare?-
-Devi fidarti
di me, ti prometto che andrà tutto bene...Quando avrò finito, starai bene,
sempre...-
Ariel rimase
ferma, sconcertata da quelle parole.
Cosa voleva
fare il suo Angelo della Musica?
Soggiogarla?
Per quale motivo?
Se avesse voluto
morderla, l’avrebbe già fatto e non avrebbe trovato alcuna difesa poiché la
verbena che ingeriva finiva regolarmente per vomitarla.
Ma qualcosa,
nel profondo, le chiedeva di obbedire, di lasciarsi andare.
Si fidava di
lui, per tutta la sua vita non aveva avuto che lui a proteggerla.
L’ultimo
istante di esitazione svanì quando lo guardò di nuovo negli occhi, e fu proprio
l’occhio destro a distruggere tutte le sue incertezze.
Succube
dell’Angelo e dei suoi stessi desideri si slacciò la collana, non appena lui le
ebbe lasciato con rinnovata dolcezza i polsi.
Non avrebbe più
sofferto.
Elena le aveva
detto che ricordare ed affrontare il dolore di ciò che le era capitato per mano
di Damon, l’avrebbe resa più forte.
Ma lei non era
Elena. Non era forte come la
Gilbert e non voleva esserlo.
Lei era Ariel
Redlake.
Le mani
dell’angelo le presero la collana e la riposero nella tasca della giacca di
pelle nera che portava, per poi catturare il suo visetto a cuore, inondandola
di calore ed amore.
-Mia Ariel,
perdonami per tutto quello che ho fatto, non ho saputo prendermi cura né di te
né di Jake, il dolore che provo è inestinguibile, so che sto sbagliando tutto
con te, ma non posso restare, non staremo insieme...Non in questa vita, non
ancora...Farò qualcosa di terribile d’ora in poi e tu dovrai contare solo su te
stessa per andare avanti, il mio ultimo atto d’amore per te sarà questo...Non
ricorderai nulla di questo incontro...La corda si è spezzata...-
Gli occhi
dell’angelo si dilatarono catturando le pupille di Ariel.
-La corda si è
spezzata...-Ripeté lei come se fosse in trance.
-...Sei caduta,
ma non è stato nulla di grave, sei corsa qui perché sentivi la mancanza di
questo posto, ma non c’era nessuno...-
-Non c’era
nessuno...-
-Tornerai a
casa e vivrai una vita felice, sarai di nuovo la mia Ariel...-Una lacrima
inaspettata rigò il volto dell’Angelo, mentre le labbra di Ariel tremavano.
-Felice...-
-Tornerai a
mangiare e fare le cose di sempre, la tua agonia è finita...perché tu vuoi
vivere, vivi e combatti Ariel...lo farai per il tuo Angelo...e per Jake...-
-Vivrò...per il
mio Angelo e per il mio Jake....-
Lui rise, anche
da soggiogata Ariel non dimenticava l’affetto per Jake, chissà se anche per lui
nutriva davvero lo stesso profondo sentimento.
-Ora
dormi...-Ordinò sorreggendo la rossa che s’addormentava di botto fra le sue
braccia.
Chiuse gli
occhi, stringendo il corpo ancora della ragazza, carezzandole i capelli con
dolcezza, mentre la adagiava sul grande letto.
Dolcemente, le
restituì la collana, legandola attorno al suo collo niveo.
-Tornerò da te
ed allora, vivi o morti, noi tre saremo insieme...te lo prometto...-
Suggellò quella
promesso con un bacio a fior di labbra e poi svanì nella luce dell’alba.
L’anello di
lapislazzuli brillò accompagnandolo lontano verso la sua prossima meta.
Mistyc Falls.
Era passato un
giorno intero da quando Damon era scappato da Chicago, facendo ritorno a Mistyc
Falls con le prime luci dell’alba.
Aveva vagato
per tutto il giorno, spostandosi di continuo ed ora, quando le tenebre erano
calate, si era ritrovato al Mistyc Grill, in attesa che qualcuno come suo
fratello, Alaric, Bonnie, Elena o persino Caroline, lo scorgessero e lo
facessero fuori.
Sconfortato, e
pieno d’angoscia, era finito di nuovo per annegare tutto nel suo Bourbon.
Il tempo
sembrava non passare mai, così pensò di fare il colpo grosso.
Prese il
cellulare e mandò un sms a Stefan.
Gli scrisse che
era al Mistyc Grill.
Di certo il
castano si sarebbe precipito.
Ma dieci minuti
dopo, il suo cuore ebbe un sobbalzo.
Quel profumo.
Quell’odore
inconfondibile.
Quel sangue
afrodisiaco.
La sete che lo
predominava.
I capelli come
il fuoco che ondeggiavano ad ogni suo passo verso il tavolino che forse stava
per occupare.
Si voltò,
lentamente e gli parve di vederla, come se fosse la prima volta.
Bellissima, nel
suo vestito nero, i capelli fuori posto, le occhiaie pesanti, le labbra
screpolate, il collo livido e pieno di graffi.
Non aveva un
buon profumo a dire il vero, forse era molto sudata.
Lui che era un
vampiro poteva sentirlo bene, ma restava comunque l’attrazione più succulenta
che avesse mai percepito.
La vide sedersi
al tavolo e fu in quel momento che lei si accorse lui.
I loro occhi si
incrociarono, rimanendo prigionieri l’uno dell’altro.
Ariel si sentì
pietrificare, i muscoli le si tesero, il cuore galoppò veloce ed un leggero
rossore, del tutto fuori luogo, le tinse le gote.
Damon
Salvatore.
Bellissimo e dannato.
Gli occhi di
ghiaccio e cielo, l’espressione rigida ormai sconvolta, le lebbra separate in
una smorfia di sconcerto.
La rossa riuscì
solo ad appiattirsi contro la panca dov’era seduta, mentre il sangue nelle vene
si ghiacciava ad ogni passo che Damon compiva verso di lei.
Non si dissero
nulla.
Rimasero
immobili a fissarsi.
Come se si
vedessero davvero per la prima volta in tutta lo loro vita.
Damon, molto
lento e cauto, posò il suo bicchiere sul tavolo di Ariel e vi versò del
Bourbon, riempiendolo.
Continuarono a
guardarsi, senza muoversi di un millimetro.
Poi lui
interruppe il contatto visivo ed uscì, come schiacciato da un peso troppo
grosso da sorreggere.
Ariel afferrò il bicchiere, lo portò alle labbra senza pensarci e poi tracannò
velocemente l’alcolico.
Damon corse in
cerca della sua auto e scaraventò la bottiglia contro una Volvo parcheggiata lì
vicino per poi colpirne la portiera con un calcio.
Erano tornati, ma c’era posto per uno solo di loro in quella città.
E quello non era lui.
Le urla di
quella notte gli rimbombavano nella testa, mentre l’immagine mostruosa di sé
stesso che faceva a pezzi Ariel prendeva il sopravvento.
Ma fu proprio
l’odore della suddetta rossa a metterlo in guardia.
Stava uscendo
dal Mistyc Grill, proprio nel momento in cui Stefan, accompagnato
dall’immancabile Elena, parcheggiavano l’auto.
Fu un
susseguirsi di eventi che non riuscì bene a comprendere, ma non appena Ariel
s’infilò nell’auto e partì di fretta come un fulmine, Damon si accorse di
movimenti rapidi e veloci a qualche metro da lui.
Due uomini,
vestiti di nero, si stavano avvicinando ad un Suv.
Li sentì
scambiarsi qualche battuta e non gli piacque per niente.
-La ragazza è
uscita, andiamo…-
-D’accordo,
viva o morta giusto?-
-Giusto!-
Damon sentì il
rumore del grilletto di una pistola che veniva caricato ed il rombare del Suv
che usciva dal parcheggio per inseguire la Sirenetta.
Viva o morta.
Non ci pensò un
attimo, si precipitò alla sua auto e partì all’inseguimento di Ariel e del Suv.
Che
significava?
Perché volevano
uccidere Ariel?
E chi diavolo
erano gli uomini che improvvisamente la seguivano!?
Nessuno poteva
uccidere la sua Sirenetta, se non c’era riuscito lui!
Non gli restava
che raggiungere il Suv e fare a pezzi i nuovi arrivati.
L’avrebbe
protetta.
A qualsiasi
costo.
La pallida luce
lunare gli illuminò il volto e la mezza maschera bianca, mostrando la figura
agile e scattante di un giovane uomo sul tetto del Mistyc Grill.
Fissava con
sguardo cupo e truce i movimenti della sua Principessa, quelli del vampiro
Damon e gli agenti Danvers e Mc. Roland.
-Ancora non
sarò io a proteggerti, mia piccola Ariel…ma sembra che qualcuno in cerca di
redenzione, sia disposto a rischiare la vita per te…Staremo a vedere cosa
saprai fare, Damon Salvatore…-
Fine
XIV Capitolo.
* “Ave
Maria…Io sono sola…Se sei madre e conosci il dolore…Qui c’è la tua bambina…Ave
Maria io amo un uomo.. Proteggilo come io l’amo…Ave Maria…”:Testo tratto dalla
canzone “Ave Maria Pagana di Notre Dame de Paris”
*”Questa casa farà bello il tempo che fa, fuori tremi e
qui no, fuori bruci e qui no.
Questa casa se vuoi è anche
casa tua.”: Testo tratto dalla canzone “La mia casa è la tua- Notre dame de
Paris”
*La
canzone cantata dall’Angelo e da Ariel è “Bimba smarrita” Tratta dal film Il
Fantasma dell’Opera.
Salve!
Incredibile,
siete arrivati davvero fin qui?
Bene,
se ce l’avete fatta voglio tante belle recensioni, altrimenti mi avvilirò e
scriverò tristemente male ù.ù
Scherzo,
però mi raccomando fatemi sapere che ne pensate.
Ho
saltato volutamente la descrizione del famoso “Angelo della Musica” e mi sono
altrettanto astenuta dal rivelare il suo vero nome.
Mi
dispiace, non posso rivelare nulla di più sulla sua identità…vi lascio
sbizzarrire sulle ipotesi!
Prima
di lui, vediamo Ariel che fa una vera pazzia tentando il suicidio.
Scopriamo
che sa fare cose che una ragazza qualunque non dovrebbe saper fare e che canta
davvero bene.
Che
vene pare dell’Angelo, della Corte e di tutta l’ambigua situazione?
Passando
invece a Damon, per lui è il momento di affrontare i demoni dentro di lui.
Si
rivede nel mostro che ha fatto del male ad Ariel e prova il bisogno di
redimersi, finendo così per incontrare di nuovo Ariel.
E
proprio quando era pronto a farsi catturare da Stefan, incappa in qualcosa di
davvero grosso.
Qualcuno
ha commissionato l’omicidio di Ariel Redlake ed ora l’unico che puo’ salvarla
da morte certa sembra proprio lui.
Cos’accadrà?
Cosa voleva dire l’Angelo con tutti i suoi enigmi?
E
perché sta mettendo alla prova Damon concedendogli di avvicinarsi ancora ad
Ariel?
Tutto
nel prossimo capitolo…
Ringraziamenti:
A
tutte le fantastiche persone che mi seguono sempre, dal momento che The Fiery
Angel ha preso il volo fino ad oggi.
Ringrazio
anche le nuove arrivate e chi si diverte solamente a leggere senza recensire.
Ma soprattutto vi ringrazio per questo:
Ringrazio anche la mia
cara Beta The Distance che si
occupa di revisionare i miei capitoli e sistemare i banner.
Grazie
a tutti.
Angolo pubblicità:
Dalla penna della mia Beta: Vampire Knight
Yours to hold
TheDarkLady97: The Vampire Diaries
The love of vampire
Baci
Serenity452
|
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Capitolo 16 *** Assalto nel Buio! ***
Cap 15
Mia beta, mi ha fatto diventare una stalker…
Ma non puoi biasimarmi, il capo sono io no?
Sopportami e ti amerò e porterò a spasso per il
Mondo con la piccola Clio Insieme a
Damon e Frollo.
Capitolo XV: Assalto nel Buio!
Inconcepibile.
Tutto
quello era davvero inconcepibile.
Era
finito in mezzo ad una sparatoria.
E
doveva ammetterlo, questi tizi erano ossi duri.
Forse
il pacco in ballo era davvero alto: Ariel
Redlake.
Ma
perché? Perché proprio Ariel?
Che
motivo avevano due gradassi per uccidere una diciassettenne?
Damon
Salvatore accelerò bruscamente schiacciando completamente l’acceleratore,
qualunque fosse il movente per quei due, lui non avrebbe permesso a nessuno di
uccidere la sua Sirenetta.
Alcuni minuti
prima....
Ariel
era sconvolta.
Com’era
possibile che dopo aver tentato di suicidarsi, la prima persona che incontrava
era proprio quella per cui era arrivata quasi ad uccidersi?
Damon
Salvatore.
Un
terrore incontrollato l’aveva pervasa, bloccandola davanti a lui.
La nausea che in quelle ore di ritorno da Roswell, aveva quasi dimenticato
misteriosamente, le era esplosa nello stomaco, salendo fino alla gola.
Il
corpo le vibrava ancora e la cosa inquietante era che non si trattava solo di terrore.
C’era
qualcosa di più.
Sentimenti
contrastanti.
Quando
aveva incrociato i suoi occhi di gemma con quelli cristallini del vampiro, quei
sentimenti soppressi erano sbocciati all’improvviso.
Amore
ed Odio.
Amore,
perché prima che Damon gettasse la maschera da ragazzo comune, lei l’aveva
amato, adorato.
Bramato.
Odio,
perché s’era rivelato l’ennesimo fallimento, l’ennesimo mostro, traditore,
violento.
E
aveva desiderato vederlo al rogo, bruciare.
Ripudiato.
Rivedendolo,
quei sentimenti rinati s’erano scontrati come auto in corsa sulla stessa
carreggiata.
L’impatto
era stato così violento da terrorizzarla.
Perché
quello sguardo di ghiaccio, l’attirava e la disgustava?
Era
possibile dopo quello che le aveva fatto?
Era
quasi certa di avere qualcosa che non andava, lo sapeva da sempre dato i suoi trascorsi
con “Lui” prima di conoscere Damon,
ma Ariel non avrebbe mai potuto immaginare che la sua insanità mentale potesse arrivare a tanto.
Al
punto da guardare Damon di nuovo con gli occhi di quasi un mese prima.
Era
come se avesse messo da parte tutto il dolore che provava, come se fosse solo
un vago ricordo dimenticato.
Desiderava
ardentemente vivere, amare ed amare.
Amare chiunque.
Si
sentiva pronta, anche se non capiva come fosse possibile che una notte di sonno
le avesse ridato l’anima, la sua vecchia anima, pronta a vivere a pieno.
A
lottare per i suoi desideri, obbiettivi e cari.
I
tradimenti subiti erano perdonati, nel suo cuore.
Come sempre.
Accelerò,
con la strana sensazione che alle sue spalle una presenza occulta e oscura tentasse
di strangolarla.
Era
forse un segno?
In
un istante i suoi occhi balzarono allo specchietto retrovisore e per un attimo
sbandò bruscamente, urlando.
Quegli occhi.
Gli
occhi più verdi dell’universo.
Le
fiamme che vi ardevano all’interno, l’odio e la furia liquida che li tingeva,
si specchiarono nei suoi così simili e spaventati.
Un incubo.
Forse
ben peggiore di Damon Salvatore.
L’orrore
per eccellenza.
Sterzò,
cercando di non finire fuori strada ed in quel momento l’immagine di quegli
occhi svanì lasciando posto all’immagine dell’auto di Damon preceduta da un Suv nero che lo ostacolava, tentando di
sorpassarlo.
Sconvolta,
dapprima dalla strana ed infausta visione di quegli occhi, e poi
dall’improvviso inseguimento di quello psicopatico
di un vampiro, si costrinse ad
accelerare, ma qualche attimo dopo, si rese conto che anche il Suv lo faceva, anzi tentava di
affiancarsi a lei.
Sorpresa,
pensò che il misterioso Suv dai vetri oscurati stesse solo cercando di
superarla, perciò tornò a preoccuparsi di Damon, che nel frattempo le si era
accodato proprio dietro di lei.
-Maledetto!
Che cosa vuole ancora da me!-
Forse
doveva chiamare Stefan ed ordinargli
di venirsi a prendere suo fratello una volta per tutte.
O magari avrebbe
potuto chiamare Jake.
Forse
sarebbe stata la sua soluzione.
Ma
non poteva saperlo e non le andava di metterlo in pericolo, in nessun caso.
Decisa,
cercò il cellulare, ma non appena spostò una mano dal volante, il Suv nero
improvvisamente sbandò, urtandola.
Perse
il controllo dell’auto, che finì inevitabilmente nella carreggiata opposta dove
a poche centinaia di metri troneggiava un’auto che proseguiva nel senso opposto
al suo.
Se
non si spostava immediatamente, si sarebbero scontrate.
Damon
prese a clacsonare all’impazzata, così come la macchina che proseguiva nel
verso contrario.
Ariel,
spaventata, schiacciò l’acceleratore e con una sterzata brusca riuscì a
rimettersi sulla carreggiata giusta appena in tempo, ma il Suv tornò a
speronarla.
Dannazione,
le stavano ammaccando la sua amata Diva!
Accelerò
ancora, mentre la notte si faceva sempre più scura ed i lampioni illuminavano
l’asfalto delle strade di Mystic Falls.
Damon,
fu costretto ad invadere la carreggiata opposta per potersi accostare ad Ariel nella
speranza di parlarle, ma la rossa non prese bene il suo tentativo di
avvicinarsi ed inaspettatamente tentò di mandarlo fuori strada.
Pazzesco,
lui cercava di salvarla e lei di ucciderlo!
Arretrò,
addossandosi al Suv nero e cominciò a lampeggiare con i fanali verso Ariel,
tuttavia il Suv con i due uomini in nero lo colpì sorpassandolo.
Dannazione,
la sua Mustang non poteva competere con un colosso di auto come un Suv, era
grossa ed alta il doppio e neppure la Lancia di Ariel avrebbe retto se
cominciava ad investirla più violentemente.
Doveva
trovare una soluzione, in fretta.
Appena
la corsia a lui opposta fu di nuovo libera, tentò il sorpasso al Suv.
Doveva
avvertire Ariel, stavolta il nemico non era lui.
Ariel
dal canto suo, si chiedeva quando era stata l’ultima volta che aveva sfiorato i
160 all’ora con la sua Diva.
Ma
quando Damon tentò ancora una volta di affiancarsi a lei, una rabbia cieca le
invase la testa.
Se
proprio voleva la guerra, lei gliel’avrebbe data.
Curvò
il manubrio dando al vampiro un colpo proprio sulla fiancata, facendo staccare
il piccolo specchietto esterno retrovisore.
Giurò
quasi di aver sentito Damon imprecare e maledirla.
Forse
non doveva farlo arrabbiare, le ultime volte non si era dimostrata una buona
idea.
Ma
lui sembrò non farsi intimidire dalle percosse di Ariel e cercò nuovamente di
tenere testa al Suv che lo tamponava da dietro per passarlo.
Stavolta
fu il moro ad urtare l’auto di Ariel con il muso sul suo sportello posteriore.
La
ragazza, infuriata, certa che quella botta le avesse provocato un graffio di
dimensioni bibliche, urlò come una matta clacsonando con i pugni in segno di
protesta.
Tutto
ma non la sua auto, c’aveva speso un mucchio!
Fuori
controllo, rallentò ed invase la corsia opposta, affiancandosi alla sinistra di
Damon.
Per
un attimo Damon, dalla sua auto, sperò che Ariel avesse capito le cattive
intenzioni del gli uomini a bordo del Suv, ma aveva di gran lunga sottovalutato
il fatale ed inutile sesto senso di
Ariel.
Infatti,
invece che abbassare il finestrino e chiedere spiegazioni, lo tamponò.
Ma
non lo tamponò colpendolo, bensì cominciò ad urtarlo ripetutamente
incastrandolo fra la sua Diva e la barriera stradale in ferro.
Gli
urti si susseguirono più volte e Damon, perse il controllo dell’auto sbattendo
la testa contro il finestrino.
Indegno
per un vampiro come lui, maledizione.
Si
trovò costretto a rallentare per evitare di distruggere l’auto, ma fu in
quell’attimo che il Suv rimontò, mentre Ariel ritornava nella carreggiata
appena in tempo per evitare lo scontro frontale con una moto che proseguiva nel
senso opposto.
Il
Suv, passata la moto, invase la corsia sinistra e speronò Ariel nello stesso
modo che lei aveva usato contro Damon.
La
ragazza, sorpresa, cercò di accelerare e spingere via il Suv, ma era ben chiaro
che la massiccia auto avrebbe avuto la meglio, almeno se non fosse stato per
Damon.
Ariel
si accorse che il Suv era stato letteralmente assaltato dall’auto di Damon, che
aveva distrutto il cofano della grossa auto nera ed il muso della sua adorabile
Mustang d’epoca.
La
rossa si svincolò dalla morsa del Suv, che rallentava per non sbandare, permettendole
di proseguire spedita e terrorizzata, il più lontano possibile da quei pazzi
che avevano deciso di fracassarle l’auto.
Forse
erano amici di Damon, pensò.
Ma
un certo stato d’ansia le diceva che non era così.
Quegli
occhi.
Erano
un presagio, un pessimo presagio.
Poi,
perché Damon l’aveva aiutata?
Facevano
a gara per chi riusciva ad ucciderla prima?
Come se Damon
avesse già avuto la sua chance.
Rabbrividì
al pensiero di quello che Damon le aveva fatto, ma ora come ora le sembravano
trascorsi mesi, anni.
Non
sentiva più quel dolore profondo e devastante che aveva sentito vivo e pulsante
fino al giorno prima.
Era
guarita, e questo, se pur misterioso ed inspiegabile, le stava bene.
Non
avrebbe permesso a nessuno di farle del male ancora.
Lei
voleva vivere, doveva vivere.
Guardò
nello specchietto retrovisore e si accorse che né Damon né il Suv l’avevano
rimontata, ma erano impegnati in una lotta nel tentativo di sorpassarsi a vicenda.
Tuttavia,
fu il Suv ad avere la meglio ed inaspettatamente mangiò i pochi metri che lo
separavano da Ariel, colpendo il posteriore della sua Lancia con una percossa
che fece sbandare la fanciulla prima contro la barriera stradale poi nella
carreggiata opposta, dove urtò il fanale di un’auto sconosciuta.
Gli
urti furono violenti tanto da farle sbattere la testa contro il finestrino più
volte.
Il
dolore fu atroce.
Ma
quello che accadde dopo fu decisamente peggiore.
Uno
degli uomini a bordo del Suv, quello al posto del passeggero, calò il
finestrino, si affacciò con una Berretta calibro 38 pronta a far fuoco.
L’uomo
senza alcuna esitazione sparò sotto gli occhi sconcertati di Damon.
Fu
un susseguirsi di rapidi scatti:
Ariel
aveva miracolosamente schivato il proiettile calandosi più che poteva sotto al
manubrio e, rapida come il vento, aveva ingranato la quarta sfrecciando via
mentre l’uomo dal Suv continuava a spararle contro l’auto spaccandole i
finestrini, sfondando la carrozzeria e mancando la ragazza, che prontamente si
spostava evitando miracolosamente le pallottole.
Inconcepibile,
era finito in mezzo ad una sparatoria.
Si
fiondò come un falco contro il Suv e decise che era indiscutibilmente il
momento di metter fine a quel tragicomico
siparietto.
Se
non poteva fermare il Suv con la sua Mustang, l’avrebbe fatto lui stesso.
A
mani nude.
La
zona era poco trafficata e la strada abbastanza larga da permettergli di
sorpassare sia Ariel che i sicari, che ormai la braccavano tamponandola. Presto
la Lancia si sarebbe cappottata.
Schiacciò
l’acceleratore a tavoletta e sorpassò il Suv, poi provò con la Sirenetta, ma
lei spaventata anche stavolta gli si scaraventò contro facendolo sbandare
contro il Suv.
-Maledizione!-Urlò
rivaleggiando contro il Suv che lo placcava come un giocatore di football.
Furioso,
afferrò il cellulare e fece l’unica cosa che poteva risolvere la situazione,
forse.
Ariel
intanto, continuava a guidare e fissare il segnalatore della benzina.
Era
quasi arrivata al limite.
Il
pieno fatto a Roswell s’era prosciugato fra il viaggio e l’improvvisa fuga.
Dannazione,
era morta.
Morta.
Certo,
aveva ancora una Chance, ma non era ben certa di voler attuare un simile
stratagemma.
Eppure
sembrava l’unica via d’uscita.
“Lei” era lì, nera,
lucida, carica, dal calibro femminile, l’impugnatura leggera ed il grilletto
delicato.
Il
punto era: come diavolo c’era finita una pistola
sul sediolino della sua Diva?
-Dai Princess, prendila
e spara all’orsetto di Jake!-
-Ehi, se lo
manca tocca a me, l’orso è mio!-
Scosse
la testa, non avrebbe impugnato quell’arma, era fuori questione.
Non
doveva farsi prendere dal panico.
Ma
non finì neppure di ripeterselo che il cellulare le squillò facendola urlare a
squarcia gola.
Damon
la sentì, ancor prima che rispondesse, dopotutto era un vampiro.
A-AAAAAAAh!!!!!!!!!-Gli
urlò attraverso il cellulare.
D-Craaaapaaa!!!-Strillò Damon, mentre un
proiettile gli spaccava un fanale posteriore.
A-Lasciamiii
in paceee!!!-
D-Brutta
stupida, fammi passare!-Esclamò accostandosi con l’auto a lei, che continuava a
guidare sbandando a destra e sinistra, urtandolo in continuazione.
A-Muooriii!-Con
una sterzata Ariel lo incastrò fra se ed il Suv che tentava di sorpassarli.
Damon,
si ritrovò schiacciato come una sardina fra le due auto, con i proiettili dei
sicari che gli sfrecciavano davanti.
D-Guarda
che io sto cercando di aiutarti!-
A-Cosa?
Non sono tuoi amici?!-
D-Amici?
E secondo te i miei amici potrebbero mai spararmi?!-
“Si!” Pensarono
entrambi, ma nessuno dei due parlò.
Ariel
non sapeva se fidarsi, ma dopotutto, era anche possibile che Damon non stesse
mentendo.
Perché non era
poi così improbabile che le dessero la caccia.
Senza
pensarci afferrò la pistola, l’infilò nella fascia che stringeva il vestito
sulla vita, rallentando e dando così a Damon la possibilità di liberarsi dalla
morsa del Suv e sfrecciare avanti.
Doveva
abbattere i nemici.
Se erano umani,
era sufficientemente preparata.
La
sua povera Diva era a pezzi e quella di Damon, prima o poi, avrebbe fatto la
stessa fine, ma lui continuava a guidare superando i 180 all’ora.
Se
Damon batteva in ritirata, era decisamente meglio per lei.
Se
invece era solo una tattica per far sì che quelli del Suv le distruggessero
l’auto, dandogli così l’opportunità di fare una cena notturna con più portate,
era fregata.
Ma
inaspettatamente il vampiro eseguì un grandioso
testacoda a decine di metri da lei ed il Suv e veloce come il vento saltò fuori
dall’auto con uno sguardo imperioso e demoniaco.
Si
piazzò sulla traiettoria del Suv e ringhiò come se non aspettasse altro che
essere schiacciato.
A-Oddio...Oddio...-Erano
ancora al telefono.
D-E
adesso...Spostati, Sirenetta!-
Dopo,
Ariel riuscì solo a frenare, urtando con ferocia il volante facendo attivare
l’airbag, che per poco non la soffocava.
La
lancia Diva sbandò più volte contro la barriera stradale, mentre il Suv tentava
di frenare per non investire Damon.
Ma
lo sconcerto, per i sicari Danvers e Mc. Roland, fu abnorme.
Un
uomo si era piazzato proprio davanti all’auto e Danvers non aveva fatto in
tempo a rendersene conto, che la frenata era decisamente in ritardo per l’alta
velocità a cui stavano viaggiando.
Nessun
problema per Damon, ovviamente, 145 anni ed una forza mostruosa non ebbero problemi a bloccare il Suv.
Sì,
Ariel, con un meraviglioso rivolo di sangue che gli colava dalla cima dei
capelli fin oltre la fronte e la mascella, vide esattamente questo.
Damon
che abbracciava il muso del Suv e, con una forza impressionante, nonostante
l’auto lo spingesse dietro, era stato capace di bloccarla e con un maestrale
colpo di braccia, sfruttando anche la forza dell’urto e le ruote che ancora
giravano, l’aveva sollevata facendola cappottare più volte all’indietro.
Il
Suv perse tutti i vetri, il frastuono fu assordante ed Ariel si accorse che una
scheggio di vetro probabilmente le aveva appena forato una gomma.
Merda.
Lentamente
cercò di frenare, riprendere il controllo dell’auto ed accostare.
L’abitacolo
dell’auto cominciava a farsi stretto, afoso e caldo.
Oppressa,
aprì lo sportello della sua Diva e tremante mise il primo piede sull’asfalto.
Le
girava la testa ed il lungo vestito nero si confondeva col cemento scuro della
strada dandole un profondo senso di risucchio.
Davanti
a se c’era Damon, che respirava faticosamente, forse stanco per lo sforzo,
forse tremante di rabbia.
Lui
fissava il Suv ammaccato e capovolto, quindi si costrinse a farlo anche lei.
Si
accorse, con sgomento, che due uomini vestiti stile Man in Black stavano sbucando
fuori dai finestrini.
Anzi,
uno dei due era un colosso ed era dovuto uscire dal cofano.
Danvers,
non appena vide la giovane donna dai rossi capelli, puntò la pistola contro di
lei.
Gli
era stato detto di prendere la chiave che
la fanciulla portava sempre con se, a qualsiasi costo, anche uccidendola se
necessario.
Ma
non ebbe neppure il tempo di prender la mira che un fulmine nero gli si era
piazzato davanti.
Due
iceberg di ghiaccio e sangue incrociarono per un nano secondo i suoi occhi
scuri, poi sentì solo un atroce dolore al braccio che impugnava l’arma e lo
scricchiolio della sue ossa spezzate.
Urlò
come un forsennato, mentre Mc. Roland, dall’alto dei suoi due metri e passa,
sparava contro Damon, ferendolo ad una spalla.
Ariel
urlò, schiacciandosi contro l’auto, col cuore che le martellava in petto.
Damon
non fece una piega, se non un lieve sussulto per il colpo subito.
Erano
solo pallottole e, fortunatamente, non di legno.
Il
vampiro sguainò i denti, pronto a sistemare il suo avversario che si dimenava
come una furia, nel tentativo di liberarsi dalla sua presa mortale.
Danvers
urlò ancora più forte quando si rese conto di trovarsi di fronte qualcosa di
ben diverso da un semplice uomo.
I
denti affilati, le vene che circondavano gli occhi, il sangue che invadeva i
suoi occhi azzurri.
L’impassibilità
di fronte ad un proiettile conficcato nella spalla.
Mc.
Roland provava lo stesso sgomento e la stessa paura.
Dopotutto
quell’uomo li aveva scaraventati a metri di distanza mentre guidavano un Suv in
corsa.
Non
era di certo umano.
-Bastardi...-Sussurrò
Damon afferrando il collo del sicario con la mano libera.
-Lasciami
andare!-Urlò ripetutamente Danvers, prima che il fiato cominciasse a mancargli.
Ariel
portò gli occhi sgranati su Damon.
Stava
per uccidere l’uomo in nero.
Terrore.
Il
corpo quasi le tremava dinanzi a tanta potenza e ferocia.
Ma,
una parte di lei, si chiedeva perché quel tremore fosse così eccitante, perché trovasse attraente e
desiderabile tutto quel potere.
Perchè
Damon, ai suoi occhi, appariva così dannato e forte?
Intanto,
Mc. Roland, accortosi che la vittima era completamente paralizzata davanti allo
spettacolo del mostro, pensò bene che
era meglio portare a termine la missione evitando danni collaterali.
Silenziosamente,
sgattaiolò versò la portiera del passeggero della Diva di Ariel Redlake dove,
per buona sorte, il finestrino era spaccato e lui poteva infilare un braccio ed
afferrare la borsetta della rossa.
Tutto
in pochi secondi, dove, afferrata la borsa, gli bastò pigiare un tasto
all’interno della giacca ed il gioco era fatto.
Il
cerca persone chiamò immediatamente i rinforzi per la fuga.
Ad
uccidere la Redlake, probabilmente, c’avrebbe pensato il mostro, poiché lei non
sembrava conoscerlo, visto che guardandolo tremava e boccheggiava sconvolta.
Prima
di scappare, vide Danvers accasciarsi al suolo, presumibilmente morto, mentre
l’altro si voltava verso la donna fissandola con i suoi occhi sanguinolenti ed
azzurri.
Loro
rimasero immobili, senza dirsi nulla, lei si era appiattita contro l’auto ed
aveva deglutito pesantemente, guardandolo come se si aspettasse di essere
sbranata da un momento all’altro.
O baciata.
Mc.
Roland si scoprì sorpreso dalla strana tensione che aleggiò nell’aria mentre il
Vampiro, perché di certo uno che al posto dei canini ha due zanne lunghe ed
affilate altri non è che un vampiro, le si avvicinava lentamente.
Sembrava
incantato dal rivolo di sangue della donna.
Era
la sua occasione per fuggire e, sempre con la massima cautela, defilò via senza
che né Damon né Ariel se ne accorgessero.
I
due erano impegnati a guardarsi negli occhi, persi l’uno nello specchio
dell’anima dell’altro.
Damon
era contento, la sua Sirenetta stava bene, lui non l’aveva fatta a pezzi,
almeno non letteralmente, come nelle sue visioni.
E
lei, Ariel, era confusa.
Damon
era dinanzi a lei, tremava di paura e desiderio, ma non aveva né la forza per
mandarlo via né tanto meno per toccarlo.
Lui
invece sì, la sua mano, con l’anello di lapislazzuli che risplendeva sotto il
pallore della luna, si avvicinava sempre più verso la sua nuca.
Verso
quel rivoletto di sangue.
Se
possibile, Ariel si fece piccola piccola, accalcandosi contro la propria auto,
mentre le dita di Damon le sfioravano la ferita.
Quel
tocco di fuoco e possessione le provocò un brivido intenso lungo la spina
dorsale ed un violento spasmo al corpo.
Repulsione.
Chiuse
gli occhi, scostando di lato il capo per non guardarlo più, sperando che lui si
allontanasse, che non la toccasse più.
Mai
più.
La
sua pelle candida bruciava di desiderio ed il suo stomaco si accartocciava in
segno di protesta.
Ogni
cellula in fiamme ridestava quel dolore dimenticato e tutto diventava teso e
dolorante, i conati di vomito le salivano fino in gola.
Damon,
invece, si accorse che le dita gli si erano tinte del rosso vivo del sangue di
Ariel.
Quanto
desiderava bere di nuovo da lei.
Sentiva
il desiderio invadergli la mente ed i sensi esplodergli senza controllo.
Allontanò
le dita dal capo della rossa e le avvicinò alle sue labbra assaporandone il
gusto dolce e caldo, socchiudendo gli occhi.
Quanto la voleva, quella dannata donna, che lo rendeva uno Stefan-squartatore a
tutti gli effetti.
Ma
fortunatamente il rombo di un’auto, a diverse centinaia di metri da loro, lo
ridestò dall’incatenamento dei sensi verso Ariel ed indirizzò il suo sguardo
verso la fonte del rumore.
Vide niente poco di meno uno dei sicari che scappava a gambe levate verso il
nulla dell’autostrada.
Anche
Ariel sembrò accorgersene e la sua reazione fu spropositata.
Urlò,
quando vide che l’uomo aveva con sé la sua borsetta, ed urlò forte, come un’isterica.
Il
corpo le tremò ancora più forte e si tese, come una corda di violino sul punto
di spezzarsi.
Damon
si accorse che i suoi occhi erano fiammeggianti, dilatati e la pupilla era
anomala.
Sottile
e quasi felina.
Durò
un nano secondo, ma lui la vide farsi sottile e lunga, per poi tornare
circolare ed umana.
Con
uno scatto, violento e troppo improvviso, Ariel schizzò via dalla portata di
Damon e si scagliò contro il suo stesso sicario che la distanziava di una
decina di metri.
-Nooo!-Gli
urlò lei contro, come se fosse posseduta da chissà quale demonio, lasciando il
vampiro incredulo da una reazione così singolare.
Cosa
mai poteva tenerci in una borsetta una diciassettenne?
Poi
le cose divennero improvvisamente serie quando si rese conto che Ariel aveva
estratto una pistola dal fiocco che stringeva il vestito e la puntava contro
l’uomo che, dandole le spalle, continuava a correre nonostante lei continuasse
ad ordinargli di fermarsi, con una veemenza sconcertate.
-Brutto
bastardo, va all’inferno!-Gli urlò, caricando la pistola così velocemente che
Damon non poté che chiedersi se l’aveva già fatto prima d’ora.
La
vide tendere le braccia nuovamente e si sentì perso.
Ariel,
la dolce Sirenetta indifesa che impugnava in modo selvaggio e preciso una
pistola contro un uomo.
E
lui che non riusciva neppure a smuoversi.
-Ok, ora prendi
bene la mira, qui...guarda la canna ed il mirino e spara l’Orsetto Ben!-
-Sei sicuro che
se lo uccido non si arrabbierà?-
-Ma certo che
no, se te lo dice il tuo angelo della musica, ti devi fidare...-
-Ariel, fa
presto, io voglio sparare i coniglietti!-Jake.
Tornò a
concentrarsi, prese la mira, e bucò completamente la testa di Zio Ben.
Mc.
Roland, mai si sarebbe aspettato che una donna, una ragazzina, riuscisse a
perforargli il costato in direzione del cuore, colpendolo alle spalle.
Un
attacco a tradimento, certo, ma un attacco letale e preciso.
Se
non fosse morto, di certo la spina dorsale, ormai compromessa, l’avrebbe
bloccato su una sedia a rotelle a vita.
Un
colpo di fortuna? No, no di certo, faceva quel mestiere da troppo tempo per
credere che una ragazza al primo tentativo, con un semplice colpo di fortuna,
l’avesse colpito con tanta precisione.
Quella
donna, la Redlake, non era la semplice ragazza che aveva creduto.
E
dire che erano stati avvertiti.
“Non sottovalutarla, è una Redlake!” gli
era stato detto.
Ed
ora era paralizzato a terra, prossimo alla perdita dei sensi, con la rossa che,
sempre con la pistola puntata su di lui, si avvicinava svelta come una tigre
sulla sua preda.
Tuttavia
non fece in tempo perché l’auto con gli agenti Collins, Harris e Jones le
marciava contro.
Spaventata,
ma ancora più furibonda, la rossa cominciò a sparare contro l’auto nera appena
arrivata.
Come
Mc. Roland aveva ben pensato, la ragazza non era nuova del mestiere.
Aveva
forato una ruota e certamente non l’aveva fatto a caso, visto che si accingeva
a bucare anche l’altra, facendo centro ovviamente.
I
tre nuovi arrivati, inconsapevoli della presenza di Damon, ebbero la fatale
pensata che abbandonando l’auto avrebbero potuto recuperare la borsa ancora
nelle sue mani, e Mc. Roland gliel’avrebbe lanciata volentieri, se solo avesse
avuto le forze necessarie per muoversi.
Ma
il dolore lo paralizzava ed il fiato era appena sufficiente a farlo respirare
correttamente.
Ariel
intanto, si ritrovò di fronte a tre uomini, alti e robusti, vestiti di nero e
ben armati.
-È
Robert! Ha la borsa con sé! Prendiamola e facciamo fuori la Redlake!-Urlò uno
dei tre, quello più alto, con i capelli biondicci e gli occhi di un colore
indefinito fra il castano ed il nero, l’agente Harris.
-Fermi
o sparo!-Protestò lei, non appena il più basso, Collins, mosse i primi passi
verso Mc. Roland, dalla quale recuperò la borsetta, lasciandolo a terra a
perire, porgendo quindi la borsetta al
capo rapido più che mai.
-Oh-Oh!
La signorina vuole ingaggiare battaglia!-
Ariel,
per tutta risposta gli puntò la pistola contro, ma era ben consapevole che tre
contro uno non era fattibile considerato che era ben puntata da Collins e Jones.
-Lascia
la mia borsa ed andate via...-Disse cercando di darsi un tono.
Era
ormai chiaro che quegli uomini erano lì per lei, quindi di certo miravano al
suo Tesoro.
Doveva
restare calma, nella sua borse c’era quello che volevano, non dovevano portarla
via.
Se
era quello a cui puntavano, gli avrebbe dato il benservito.
Tutto,
tranne la sua Eredità.
Gli
avevano già sfasciato l’auto ed il suo fuoco di “Redlake” non aveva mai
bruciato così ardentemente dal suo arrivo a Mystic Falls, ma questa volta era
diverso, c’era troppo in gioco per lei.
L’agente
Harris la guardò con un sopracciglio alzato e sorrise, sfoderando anche lui una
Berretta nera e carica.
-Uccidete
questa stronzetta!-Però il signor Harris non fece neppure in tempo a prender
bene la mira, che due occhi di ghiaccio e fuoco apparvero nell’oscurità della
notte, proprio dietro la donna dai capelli rossi.
E
zanne.
Non
riuscì a sparare e neppure gli altri due riuscirono a muoversi, tanto grande fu
la sorpresa per quell’improvvisa apparizione.
Un
flash gli scattò contro, disarmando Harris in un baleno, mentre Ariel ne
approfittava per far fuoco su Collins che, sfortunatamente per lui, non
comprese che la pallottola gli aveva già perforato la clavicola ed ogni
movimento, di lì a pochi attimi, sarebbe stato impossibile per il suo braccio
destro.
Damon
bloccò Harris, che lasciò volare la borsetta di Ariel fino a Jones rimasto fin
ora immobile al suo posto.
-No!-Ariel
sparò un altro colpo, mentre il collo di Harris si spezzava sotto la presa di
Damon, Jones fu più lesto di lei e sparò prima, riuscendo anche ad evitare il
colpo della rossa, ma nello spostamento non era riuscito a prender di mira
Ariel e l’aveva mancata.
E
per di più era inciampato e la pistola gli era scivolata via.
Ariel
era vicina, cogliendo un attimo di sbilancio della fanciulla riuscì a
trascinarla a terra con sé.
Anche
Ariel perse la pistola.
Jones
fu il primo a rialzarsi, ma non abbastanza veloce da poter afferrare la pistola.
Ariel
l’aveva colpito con un calcio proprio sulla rotula del ginocchio.
Un
colpo preciso col tallone.
Jones
fu costretto ad arretrare lasciando ad Ariel la possibilità di rialzarsi e
fronteggiarlo a mani nude.
Damon
rimase immobile a guardarli.
Sul
serio? Quella era la Ariel che aveva conosciuto lui?
No,
era uno scherzo.
Che
quello che c’era nella borsa fosse più importante addirittura della sua stessa
vita?
Non
l’aveva mai vista così.
E
doveva ammetterlo, era piacevolmente sconvolto.
E
curioso.
Eccola
che si scagliava contro l’energumeno, un destro a vuoto, l’uomo s’era spostato
ma la rossa era stata abbastanza rapida a colpire col sinistro, dritto sullo
zigomo di Jones.
Era
precisa ed attenta, anche capace di schivare i colpi.
Con
gli umani ci sapeva fare.
Ed
il suo obbiettivo era recuperare quella dannata borsa sotto il braccio di
Jones.
Doveva
aiutarla, da sola contro un uomo non poteva farcela, non con quel vestito lungo
che le impediva i movimenti, perciò si premurò di abbandonare il corpo di Harris
al suolo ed attaccare Jones che continuava a combattere contro Ariel.
Era
più o meno brava anche ad incassare i pugni nello stomaco.
Sembrava
decisamente abituata.
E pensare che quando l’aveva morsa sembrava una pazza impossessata.
Ma
era chiaro che esser toccata la infastidiva, quindi evitava il contatto fisico
il più possibile, leggeva il disgusto nei suoi occhi di donna.
Il
vampiro afferrò una spalla del sicario bloccandogli l’attacco, che consisteva
in un poderoso pugno sul bel visetto della Redlake, sorprendendolo non poco.
Ariel
invece colse l’occasione per tentare di recuperare la sua borsa.
Provò
a tirarla via dalla morsa dell’uomo, ma lui resisté rivaleggiando decisamente
meglio di Ariel, almeno finché i canini di Damon non gli squarciarono la pelle
del collo.
La
rossa, spaventata dall’urlo disumano del suo aggressore e dal sangue che
improvvisamente sgorgava dal suo collo, lacerato dai denti di Damon che avevano
attaccato quasi con la stessa brutalità anche la sua carne, strillò insieme al
povero Jones ed insieme i due mollarono la presa dalla borsetta che
paradossalmente volò all’altro capo della strada, oltre la barriera stradale.
Damon
lasciò cadere Jones esamine e rimase a guardare la rossa a pochi passi da lui.
Ancora
persi l’uno negli occhi dell’altro.
La
prima ad interrompere il contatto visivo fu proprio la ragazza, la sua
attenzione era dall’altro capo della strada, dove giaceva la sua borsa.
Senza
dire nulla, scivolò alla destra del vampiro ed oltrepassò la barriera stradale
sollevandosi il lungo vestito nero fino ad arrivare al centro delle due
carreggiate autostradali.
La
luna illuminava il pallido volto della giovane, mentre Damon si ripuliva del
sangue di Jones e la osservava.
Ariel
stava guardando la sua borsetta.
Non
pensava che dopo tanto tempo, avrebbe di nuovo provato a sottrarle la sua
preziosa Eredità.
Quindi
qualcuno sapeva che lei era a Mystic Falls, qualcuno che non avrebbe dovuto
saperlo.
Ma
chi?
Considerato
a ciò che puntavano dovevano essere persone importanti.
Sospirò,
non era finita dunque.
Ma
quel sospirò si bloccò nel suo petto.
Un
ben noto formicolio le percosse la pelle ed il cuore aumentò i suoi battiti,
cantando un avvertimento accompagnato dalla sensazione di predominio che le invadeva
il cervello.
Poi
sentì un rombo ed una luce che l’abbagliava.
Solo
che il rombo proveniva dalla direzione opposta a quella del fascio sfolgorante
di luce.
Si
voltò, ignorando il forte raggio lucente, gli abbaglianti di un grosso Tir da
trasporto, a diversi metri da lei che concentrava tutta la sua attenzione ad un
ben più piccolo fascio di luce, proveniente da una moto.
Gli
occhi verdi e sgranati spaventarono Damon, quando si rese conto di quello che
stava effettivamente per accadere.
Almeno
trecento metri dietro di lui arrivava una moto ad alta velocità, che sembrava
aver notato anche Ariel, ma la cosa disastrosa era che la sua Sirenetta dava le
spalle ad un camion enorme e nonostante il rumore fosse assordante lei sembrava
non vederlo ne tanto meno sentirlo.
Se
non si spostava entro un minuto e mezzo, era morta.
-Ariel!
Ehi! Che diavolo stai facendo!?! Ariel!-Gli urlò.
Ma
la rossa neppure l’ascoltò, continuò a guardare il puntino bianco che rombava
come un drago nella notte.
-Ariel!
Ariel! Maledizione!-
Questa
volta la fanciulla piegò il capo come incuriosita e mosse un passo dritto
dinanzi a lei, verso la moto.
Damon
rimase immobile, il Tir era sempre più vicino e non si era accorto di Ariel.
-Jake?-
Poi
la devastazione.
Due
proiettili provenienti dalla moto forarono le ruote del Tir che sbandò
sballottando i suo vagoni, che si infransero contro la barriera stradale,
minacciando di schiacciare la rossa, se non fosse stato per l’intervento
immediato di Damon, che più veloce che poteva trascinava via Ariel afferrandola
per la vita.
Ma
non era facile, il camion continuava a sbandare, l’uomo all’interno sembrava
svenuto e fermare il mezzo era impossibile.
Evitò
che le cabina li investisse in pieno e riuscì a svincolarsi e trascinare via
ancora una volta anche lei dalla morsa delle ruote posteriori che in un zig zag
letale cercavano di schiacciarli.
Damon
riuscì a trarre in salvo la Sirenetta dal raggio d’azione del Tir, ma lei si
dimenava come una matta, infastidita e terrorizzata dal lieve tocco del
vampiro.
Anche
se lui più che altro l’aveva afferrata per la stoffa del vestito, sfiorandola
appena.
Un’impresa
davvero epica quella di trarla in salvo senza toccarla.
Ma
ce l’aveva fatta.
Tuttavia,
lei non sembrava tanto felice di trovarsi all’altro capo della strada, mentre
l’uomo in moto, perché era certo si trattasse di un uomo, era dietro al Tir
fermo sulla sua Kawasaki Ninja nera con il serbatoio rosso ed i cerchioni delle
ruote dello stesso color cremisi.
Lucida
e splendente, rombava rimanendo immobile con in sella il suo proprietario.
Alto
e dalle spalle larghe, indossava un pantalone di pelle ed una giacca dello
stesso materiale adornata con delle borchie appuntite sulle spalle, guanti di pelle tagliati a metà sulle dita e
grossi stivali a punta tonda e larga.
Riconoscerlo
però, era impossibile, portava un grosso casco nero con la visiera dal vetro
oscurato.
Tuttavia
Ariel sapeva che quello era Jake, anche se era vestito da Centauro stile Ghost Rider.
Per
un attimo fu certa che i loro occhi si fossero incrociati, ma era ancora trattenuta
dalla presa di Damon ed il corpo era troppo rigido per fare un qualsiasi movimento.
Il
cuore le andava a mille.
Poi,
il centauro in moto, ripartì afferrando la borsa accanto al tir ribaltato ed in
quel momento la rossa si mosse.
-No!
Non puoi farlo!-Urlò precipitandosi contro di lui che, veloce, sgommò verso il
camionista intento a sfoderare un fucile mentre sbucava fuori dal suo Tir,
incazzato nero.
-Brutti
bastar!-Una pallottola gli forò il cranio, uccidendolo all’istante.
Ariel
si bloccò, rigida come una statua di ghiaccio.
Damon
era allibito, l’uomo in moto aveva appena fatto fuori il camionista senza
alcuna esitazione e senza alcun dubbio troppo velocemente per un umano.
Poi
il nuovo arrivato, superò la barriera stradale sfondata dal camion ed invase la
doppia carreggiata in cui sia lui che i sicari ed Ariel, si trovavano.
Lanciò
la borsa proprio fra le braccia della rossa, sfilò dinanzi al vampiro che lo
guardò con gli occhi sottili e glaciali.
Chi
diavolo era quel tizio? Il fantomatico Jake?
Che
avrebbe dato per guardarlo in viso e
staccargli la testa.
L’aria
era elettrica.
Ariel
era ancora immobile e tesa e fissava imperturbabile il tipo in moto.
Lui
sembrava calmo, con quella pistola riposta fra la cinta ed il pantalone, sul
fianco destra, ben in vista ai loro occhi.
Damon
non sapeva neppure cosa fare, almeno finché qualcuno non gli conficcò un
pugnale alle spalle, dritto nel cuore.
Per
un attimo tutto si annebbiò e provò dolore, ma durò una frazione di secondo,
era un vampiro e non ne risentiva più di tanto.
Veloce,
cercò di colpire colui che aveva osato tanto, ma Danvers era stato più rapido,
s’era già scansato e cercava di puntare Ariel con la pistola.
La
rossa, però, non sembrava essersi accorta dell’imminente pericolo, perciò ci
pensò il presunto Jake a far fuori
l’agente Danvers, colpendolo prima al braccio dove reggeva la pistola, poi
dritto sul petto, trapassandogli il cuore.
Damon
era sconvolto.
Chi diavolo era
questo tizio?
E
perché improvvisamente tutti sapevano sparare così bene?!
L’uomo accelerò, sorpassando rapidamente Ariel e con un colpo secco alla testa
si sbarazzò di Collins e di Mc. Roland, che cercava di strisciare verso la sua
pistola.
Ariel
sentì tutto alle sue spalle, ma fu come se avesse visto ogni omicidio del suo
Jake.
Perfetto
e letale.
Lui
sterzò con la moto e si posizionò di fronte ad Ariel e Damon in modo che
potesse guardarli entrambi ed avere la strada libera per fuggire.
Bé
il signorino aveva fatto male i suoi conti, pensò la rossa, perché se sperava
di fuggire via tanto facilmente era fuori strada.
Senza
esitare, si parò dinanzi alla moto, che in risposta ruggì restando immobile.
Poteva
fare il gradasso quanto voleva, poteva anche fingere di investirla, ma non
l’avrebbe mai fatto sul serio di questo ne era certa.
A
quel punto, il Centauro spense la moto e smontò allargando le braccia.
-Bene...-Disse
con una strana voce metallica e sottile, probabilmente modificata da qualche
congegno impiantato nel casco.
Tipico
di lui, era sempre previdente per non farsi riconoscere, lei non era mai stata
così cauta.
-...A
quanto pare, dopo aver fatto il lavoro sporco per te, vuoi anche la buona
notte?-Il suo tono, da quel che Damon, come spettatore basito poteva capire,
era decisamente ironico e pungente, infatti Ariel, inaspettatamente, lo
sorprese ancora una volta scattando contro il nuovo arrivato, per sferrargli un
pugno.
-TU!!!!-Gli
urlò furiosa, ciò nonostante l’uomo, molto più veloce di un umano, ma più lento
di un vampiro, scansò il colpo spostandosi di lato e sferrò un destro proprio nello
stomaco della rossa, che inevitabilmente si accasciò sulle ginocchia,
stringendosi il ventre.
-Tsk...Culona, così ti posso battere anche ad
occhi chiusi! Shimatta*!-
Damon,
per un attimo pensò bene di scagliarsi contro quel piccolo bastardo e staccargli
la testa ed anche quel casco a morsi, fino a trasformarlo in una poltiglia.
Come
osava rivolgersi e colpire in quel modo la sua Sirenetta!
“Da che pulpito viene la predica!” Sussurrò
la sua coscienza.
Stava
di fatto che non poté realizzare i suoi macabri sogni omicida, perché la sua
Ariel, si stava rialzando in piedi.
-Sta zitto...Ti
farò a pezzi e mi prenderò tutti i tuoi soldi, stronzo!...!!!!!-Furente, si
rialzò cominciando ad avvicinarsi sempre di più al corpo del Centauro man mano
che sganciava pugni a raffica.
E
se bene l’altro riuscisse a schivarli tutti, sembrava in difficoltà, infatti
mise un piede in fallo, scivolò a terra steso supino ed Ariel gli fu a
cavalcioni in un attimo.
-La cavalcatura?-*
-Piccolo
stronzetto!-Sbraitò cercando di strangolarlo con le sue piccole manine, Damon
era certo che faceva persino fatica a stringere tutto il collo.
-Ehi!
Fer...Stop! Così mi uccidi, sweetheart!-Esclamò
Jake afferrando i polsi di Ariel, che impossibilitata all’arte dello
strozzamento, provò a sfilargli il casco, ma lui non fu per niente d’accordo e
con un balzo riuscì a sollevarsi, dimostrando una forza mostruosa sia nelle
gambe che negli addominali.
Damon
ne era certo, qualcosa lì, non andava davvero.
Rimasero
avvinghiati insieme, con lei che gli cingeva i fianchi con le gambe,
completamente a suo agio, a dispetto dei precedenti sfioramenti che aveva avuto
con gli altri uomini quella notte.
-Oh,
andiamo, non sapevo avessi tutta questa Voluttà
da donarmi, Amore!-Le mani del Centauro scesero sul fondoschiena della
rossa.
-Vaffanculo,
J!-Esclamo lei saltando giù con un agilità felina dal corpo a cui era
avvinghiata, rimettendosi sulla difensiva.
-Scusa
tanto, ma stasera non sono qui per giocare con te, perciò...Per favore,
lasciami andare, non sei più in grado di competere con me...Lo sai...A meno che
tu non voglia tirar su la gonnella!-Disse l’uomo indicandole il vestito, si
capiva bene che era troppo malizioso.
Ariel
in tutta risposta digrignò i denti e lo guardò con aria truce, non aveva
davvero alcuna intenzione di arrendersi.
Il
vampiro, dal canto suo, non sapeva precisamente cosa fare, forse non era il
caso di aiutarla, anche se l’istinto gli urlava sempre più ferocemente di
attaccare Jake.
Così
sfrontato e sicuro di sé.
Dovevano
conoscersi da molto tempo, questo era certo.
-Smettila
di prendermi in giro! Pensi che io ti lasci andare proprio ora?-Ribatté la
rossa sbracciandosi con foga.
-Bene,
buon sangue non mente! Vorrà dire che passerò con la forza!-
Dopodiché
tornarono a darsele di santa ragione.
Damon
era convinto che il ragazzo ci stesse andando piano quando la colpiva, invece
Ariel non si risparmiava, i suoi calci erano alti e precisi e con una forza
improvvisa era riuscita a colpire il petto del Centauro con un calcio a mo’ di spinta,
ma lui ne aveva approfittato per intrappolarle la caviglia con la mano grande e
possente, rispetto alla piccola caviglia della rossa.
Con
l’altra le aveva sollevato la lunga gonna del vestito scuro.
Ok,
questo gli dava fastidio.
Non
doveva, ma gli dava fastidio lo stesso.
Ariel
era ancora la sua Sirenetta.
Ringhiò.
-Oddio,
neppure la Direttrice Trinciabue* mette
queste mutande, che schifo!-
Damon
ringhiò più forte, pronto a scattare, ma non finì neppure di parlare che la
rossa era a testa in giù con le mutande bianche e grosse in bella vista.
Ok,
erano orrende.
-Culona,
sogni d’oro!-Dalla tasca, l’uomo, cacciò una di quelle siringhe in cui loro
erano soliti inserire la verbena per stordire i vampiri, ma in questa c’era uno
strano fluido verde quasi fluorescente
dall’aspetto poco rassicurante.
Ariel
gemette e Damon capì che Jake le aveva appena punto il sedere, iniettandole lo
strano liquido.
Merda,
che diavole le aveva fatto quell’idiota?
-No...Perchè?-Biasciò
lei cominciando a vedere il pavimento che vorticava e le figure sfocarsi sempre
più.
-Gomennasai*, amore mio...-
-Vaffanculo,
Jake…-Poi gli occhi le si chiusero ed il vampiro perse il controllo.
-Bastardo,
che cazzo le hai fatto?-Ruggì Damon avvicinandosi lentamente, lanciando sguardi
di fuoco al suo nuovo nemico.
-Sta
tranquillo amico, è tutto ok!-Disse sbrigativo l’uomo, riponendo la siringa nel
suo taschino, ma Damon non era incline ad ascoltare le patetiche parole di quel
Jake.
Troppo
sfacciato e troppo intimo con Ariel, per i suoi gusti.
Lui e quei suoi
messaggi osceni.
-Ti
farò a pezzi!-Promise il vampiro, mostrando le zanne.
-Oh-oh...Un
vampiro...Niente male!-Il ragazzo arretrò sollevando in aria le mani come per
arrendersi.
-Suvvia,
amico, non ho l’attrezzatura adeguata per te stasera...-Scherzò facendogli l’occhiolino.
Sopra
un albero, a debita distanza, un uomo ascoltava la conversazione stando
sull’attenti.
Non
andava bene, la situazione era fuori controllo, gli agenti mandati a far fuori
la sua adorata Ariel erano stati tutti uccisi e non solo per colpa di Damon
Salvatore, ma anche grazie al pronto ed inappropriato intervento di Jake.
Quel
furfante doveva essere sulle sue tracce ed aveva intercettato l’attacco ad
Ariel.
Forse,
lui, l’angelo della musica, l’aveva decisamente sottovalutato il piccolo
Centauro.
Era
diventato più furbo e più forte, dall’ultima volta.
Non
era un bene per lui, ma non poteva neppure permettere che combattesse contro
Damon.
Avrebbe
complicato ogni cosa e non era ancora il momento.
Perciò,
a suo rischio e pericolo, estrasse il suo fucile di massima precisione e puntò
su Damon.
-Scusa,
bastardo, ma devo metterti al tappeto per un po’...-E l’Angelo della Musica sparò.
Il
primo colpo centrò il cuore di Damon, che sobbalzò dolorante, ma non fu grave,
era piombo.
Il
secondo, gli ferì la spalla, il terzo ed il quarto entrambe le ginocchia.
Il
quinto ed il sesto lo misero K.O. perché stavolta erano proiettili di legno e
gli colpirono un polmone ed il braccio
destro.
Non
arrivò neppure a cadere, che Jake, con un balzo felino lo scansò dalla sua
traiettoria, sfiorandogli appena la spalla, schizzando così verso la sua moto.
-Perfetto!
Così hai segnalato la tua posizione,
Angelo della musica! Sei morto!-Il ruggito della sua Kawasaki gli assordò
le orecchie e capì che quello era il momento in cui avrebbe dovuto darsela a
gambe, abbandonando Ariel e Damon da soli.
Dannato
Jake.
Ed
era anche veloce, maledizione!
Costretto
ad abbandonare Ariel e Damon privi di sensi su un’auto strada, con più di tre
morti assassinati accanto, un camion ribaltato e delle auto senza targa fin
troppo sospette, la situazione gli era
decisamente sfuggita di mano e non gli piaceva.
Sistemò
la maschera che di solito portava sul mezzo viso, sperando di riuscire a
filarsela prima che il marmocchio lo raggiungesse e chiedesse un combattimento
in cui non aveva alcuna voglia di cimentarsi.
Jake
era di certo divenuto più forte e veloce, ma lui era il suo maestro, gli aveva
insegnato a lottare, a sparare e l’aveva sottoposto agli addestramenti più
pericolosi al mondo insieme alla povera Ariel e batterlo era per il centauro
ancora una lunga corsa verso il traguardo.
-Scusate
ragazzi, ma oggi no!-La sua Ferrari
era a pochi metri da lui, che aveva dovuto correre per i boschi ad una velocità
sovrannaturale seminando il Centauro.
Ciao
Ciao, Jake.
Quando Damon riaprì gli occhi, era notte
inoltrata, dovevano esser passate un paio di ore, ed Ariel era ancora priva di
sensi a meno di un metro da lui, che dormiva profondamente.
Cercò
di alzarsi, ma sentiva un dolore atroce al braccio ed al lato destro della sua
schiena.
Le
pallottole in piombo non gli provocavano molto dolore, ma quelle in legno sì,
dopotutto era senza un buon pasto da
giorni.
Era
mal nutrito e debole fin dall’inizio, dannazione.
Poi
non si sarebbe mai aspettato un attacco alle spalle ed a distanza, per giunta.
Dopo
qualche minuto a sforzarsi come un dannato, finalmente riuscì a sollevarsi.
Doveva
nutrirsi, davanti a lui c’era Ariel, ma non poteva proprio morderla.
Non
dopo quello che le aveva fatto.
Non
avrebbe mai più dovuto toccarla, per nessun motivo.
Vederla
lì, a terra, in quello stato e ancora
prima, vederla aggressiva e furiosa, l’aveva fatto star male.
Lei
era la sua dolce Sirenetta.
Perché
aveva brandito un arma? E perché sapeva usarla?
Qualche
tempo prima, non avrebbe saputo difendersi, ne era certo proprio perché era
stato lui ad attaccarla e le era parsa indifesa ed inerme.
Non
aveva senso.
Cosa
le era successo dopo la notte passata insieme?
-Ariel?-La
chiamò, cercando di avvicinarsi lentamente.
Ci
vollero svariati richiami, prima che la Redlake rinvenisse.
In
tutta la sua maestosa schizofrenia.
Come
buongiorno, urlò, fracassando i timpani di Damon.
Poi
scattò in piedi, finendo per barcollare sulle ginocchia che non la reggevano
per lo sforzo e forse per la strana sostanza che le era stata inietta da Jake.
Infatti
si massaggiò il sedere imprecando e maledicendo l’uomo in moto.
Poi
cadde a terra impotente, stringendo al petto la sua preziosissima borsetta.
-Dannazione,
non riesco a muovermi…- Brontolò, guardandosi in torno.
Il
terrore invase subito i suoi occhi verdi ed a Damon parve decisamente che non
rammentasse che era stata lei a combinare buona parte di quella strage di
morti, auto ribaltate e sangue.
Ma
ciò che lo sorprese ancor di più fu che cominciò a tremare come una foglia
rendendosi conto che a pochi centimetri da lei c’era una pistola.
-Che
cosa hai fatto?!-Disse guardando Damon con sguardo nevrotico.
Bene,
se lo immaginava che avrebbe dato la colpa a lui.
La
piccola pistolera negava forse
l’evidenza?
-Io?
Sul serio? Hai cominciato a fare l’isterica ed hai sparato a tutti, anche se il
tuo amico motociclista ha fatto pulizia!-
Lei
sobbalzò e parve rendersi conto della situazione.
Afferrò
l’arma e la puntò su Damon con uno sguardo truce.
-Se
ti muovi, sparo!-Annunciò rimanendo seduta ed immobile.
-Cosa?
Mi prendi in giro? Ti ho aiutata!-Sbraitò Damon, cercando di restare in piedi.
Le
ginocchia stavano guarendo, ma gli serviva sangue.
-Sta
zitto, lurido plebeo stupratore!-
E
gli venne naturale chiedersi perché aveva marcato più la parola plebeo che stupratore.
Rimase
muto, mentre i loro occhi si studiavano in attesa di una mossa.
-Dov’è
andato quello in moto?-Chiese seria, senza abbassare la canna della pistola dal
suo cranio.
Se
gli spappolava il cervello non era una bella cosa, nemmeno per un vampiro.
-Non
ne ho idea, mi hanno sparato alle spalle e gli ultimi colpi erano con
proiettili di legno…quindi, mentre svenivo, non ho visto dove andava il tuo
amico Jake! Perché è di lui che si tratta, no?-
Lei
sobbalzò di nuovo, sospettosa e preoccupata.
Era
chiaro che aveva perso Jake, di nuovo.
Ma
che Damon adesso sapesse in qualche modo la sua identità non era un bene, Jake
non doveva finire nei guai.
-Cosa
vuoi? Hai già preso abbastanza da me, non ti concederò altro, sappilo, tanto
meno informazioni su Jake!-Una velata minaccia?
Quasi
rabbrividì sentendole usare quel tono imperioso e brusco che non le aveva mai
sentito usare.
Non
era lei, quel suo carattere era diverso.
Intrigante.
-Non
voglio nulla, tanto meno il tuo amichetto!
Ho solo seguito i tuoi compari in
nero, che volevano decisamente ucciderti…perché?-
-Non
sono affari tuoi, sei solo un poveraccio, cosa ne vuoi capire tu!-
Arrogante.
Se
fosse stato in forze, gli sarebbe planato addosso come un falco e l’avrebbe
morsa fino a farla urlare.
Poveraccio
lui? Diavolo!
-Tu
sei pazza! Si può sapere che ti è preso? Ho cercato di aiutarti e tu mi tratt..!!!-Un
proiettile gli forò l’addome, riducendolo in ginocchia.
-Brutta
str…-Così finiva dissanguato.
-Non
parlare come se fossi mio amico!! Sei solo un altro bastardo che cerca di
portarmi via qualcosa! Ti odio maledetto porco!-Un altro colpo al petto.
Ora
però erano faccia a faccia.
Il
suo sguardo femminile fatto di gemma era carico d’odio e Damon sapeva perché,
forse non poteva ucciderlo a colpi di pistola, ma torturarlo e dissanguarlo sì.
E
cominciava a capire che non importava che l’avesse aiutata in quel momento,
quello che le aveva fatto in precedenza non sarebbe scomparso mai.
Poteva
fare qualsiasi cosa per lei, l’avrebbe visto sempre e solo come un mostro.
L’amarezza
che da quella notte aveva tenuto a bada, si liberò salendogli fino alla gola e
ripensò alla sua orrenda visione della notte precedente, in cui c’era lui che
la faceva a pezzi.
Smise
persino di respirare a quella prospettiva ed abbassò lo sguardo, non era degno
di guardarla.
Ma
se l’avesse fatto avrebbe potuto cogliere l’improvviso turbamento sul viso
della Sirenetta nel momento in cui i loro occhi avevano perso contatto.
Compassione.
E
poi qualcosa che per una qualsiasi donna, vittima di una violenza, avrebbe
richiesto anni.
Barlumi
di perdono.
Soffici
e silenziosi, erano arrivati nel cuore della rossa come un seme piantato nel
terreno più fertile, in attesa di sbocciare.
Così
questa sensazione di tepore illuminò gli occhi verdi di Ariel e le fece
abbassare la pistola, colta da un dejavù.
Doloroso.
-Damon…-Fu
un sussurro bassissimo, ma lui lo sentì e sempre in ginocchio, percepì il cuore
della Sirenetta battere più forte, meno spaventato e più emozionato.
Non
era normale.
Incrociò
il suo sguardo e lo vide più caldo ed intenso.
Perché
stava succedendo?
Lei
doveva odiarlo ed invece era come se avesse rimosso il dolore per quello che le
aveva fatto, ma era passato meno di un mese, senza contare che era scostante.
Un
secondo prima lo sparava e gli diceva di odiarlo, poi lo guardava in quel modo
quasi dolce.
Era impazzita.
L’aveva fatta diventare pazza.
L’orrore
e la paura si impossessarono dei suoi occhi azzurri.
Cosa
le aveva fatto.
-Sei
come lui… Ed io l’ho amato nonostante tutto…-Sussurrò ancora
e Damon incurvò le sopraciglia.
Di
che stava parlando?
Di
chi
stava parlando?
Fu
quasi certo che anche Ariel si fosse messa in ginocchio e stesse per
avvicinarsi e posare le sue piccole mani sul suo volto, ma non avvenne.
-Anche…con
te…io…-Lei
cadde a terra come un salame, svenuta e russante, lasciando l’insensata frase
in sospeso.
Damon
chiuse gli occhi, che Epic Fail quella donna.
Si
mosse, ancora in trance, confuso dalle parole della rossa e assetato del sangue
che poteva guarirlo.
Ma
quella sera, sembrava destinato solo beccar colpi, perché anche se aveva quasi
azzardato il pensiero di darle un morsetto, ora che era svenuta, non fu capace
neppure di strisciarle vicino.
Un
paletto gli aveva trapassato le carni proprio accanto al cuore, già ferito da
un proiettile di piombo.
-DAMON!-
Merda,
ottimo tempismo Stefan.
Anche
se, ormai, suo fratello s’era perso la festa e restava solo la torta.
Ed
ovviamente la torta per Stefan era lui.
Bè,
avrebbe morso Ariel la prossima volta, forse.
Ora
voleva solo raggiungerla nel mondo dei sogni.
Ma
avrebbe presto scoperto che lei, più che di sogni, viveva di incubi non poi
così lontani dalla realtà.
Fine
XV Capitolo
Info
capitolo:
*Shimatta:
Dannazione, in giapponese.
*Gomennasai:
Mi dispiace in giapponese.
*La
cavalcatura: Canzone del Musical di Notre Dame de Paris. (qui)
*La
voluttà: Canzone del Musical di Notre Dame de Paris. (qui)
*Direttrice
Trinciabue: Direttrice cattiva della scuola di Matilda 6 mitica.
Buona
sera o buon giorno a tutti, finalmente ecco il nuovo capitolo!
Prima di tutto
ringrazio TheDistance, la mia beta, che ho perseguitato per giorni affinché
correggesse questo osceno capitolo scritto con i piedi!
Bene
bene, vorrò tante recensioni per questo capitolo sapete? XD
Mi
farebbe piacere sapere se il cambiamento di Ariel vi ha sorprese, incuriosite,
se vi piace oppure no.
Cosa
ne pensate di Jake come prima apparizione?
Ariel
in questo capitolo ha qualcosa che non va e si vede più che mai.
È
improvvisamente cambiata rispetto al personaggio che abbiam conosciuto all’inizio
di questa storia.
Ma
se ben ricordate nel capitolo precedente è stata soggiogata e tutti sappiamo
che questo comporta molte cose, e bisogna valutare per bene le sfaccettature di
quello che le è stato “ordinato” di fare.
Inoltre
la nostra Ariel scopre sentimenti contrastanti, essendo soggiogata non prova
più il dolore per quello che Damon le ha fatto, automaticamente è molto più
vicina a perdonarlo considerando che non ne soffre più.
Anche
se il suo corpo non è ancora d’accordo con quello che il cuore e la ragione
dibattono.
Come
si evolverà la situazione fra lei e Damon?
Chi
cerca Ariel?
E
cosa stanno veramente cercando di portarle via?
E
chi sarà e cosa vorrà veramente l’Angelo della Musica?
Oh
Jake, perché sei scappato?
Perché
conosce i vampiri ed una gran confidenza con Ariel?
Tutto
nel prossimo capitolo….
Nel
Prossimo Capitolo: SPOILER::
Ariel-
Dovrei chiamare il mio avvocato e farvi causa, plebei!-
Elena-
Non è più lei, è diventata altezzosa e non ha più paura di star accanto agli
uomini…-
Stefan-
E questo in soli due giorni?-
La
verità sta per venire a galla…
Stefan-
Damon è rinchiuso nelle segrete, è debilitato e senza cibo, non ti farà alcun
male, sei al sicuro in questa casa Ariel!-
La
caccia all’eredità è aperta...
Ariel-Perché
tutti vogliono i miei soldi? Ci sono altre miliardarie nel mondo, dannazione!-
Damon-Smettila
di sparare a tutti quelli che ti capitano a tiro! Questa maglia era costosa!-
Ariel-Non
ti risarcirò mai!-
Fine.
Baci
Serenity452
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Capitolo 17 *** The shadow of pleasure ***
cap16
Oh mia Beta,
Mia cara Beta…
Tu sei la mia Esmeralda…
So che da te sono odiato,
ma tu subisci l’oscurità,
Io mi prendo il tuo
disprezzo…
Ma non capisci che
quest’odio…
Che ti amo? Ti Amoooo!
Capitolo
XVI: The shadow of pleasure
-La verità, Ariel…-
Stefan osservò, con occhi attenti, il
viso indurito e rigido di Ariel Redlake che, dinanzi a lui, seduta
comodamente sulla poltrona del salotto di casa Salvatore, si
pregustava una tazza di Thè caldo, come se nulla fosse.
-Non so di cosa tu stia parlando…Dovrei
chiamare il mio avvocato e farvi causa, mi avete rapita, dannazione,
plebei!-Annunciò con molta nonchalance.
-Rapita? La tua macchina era fuori uso
ed eri per giunta svenuta quando ti abbiamo trovata!-Ribatté Elena,
ormai stanca, di fronte ad una situazione che per lei era del tutto
nuova.
Ariel era improvvisamente diventata
testarda e sfacciata.
La rossa, come risposta, che dimostra
quanto appena detto, la guardò male per poi alzare un sopracciglio.
-Che ne avete fatto dei corpi?-
-I corpi, quando siamo tornati a
recuperare la tua auto, erano spariti, qualcuno li ha seppelliti
chissà dove ed anche il Suv è stato rimosso, così come il
Tir…Perché quegli uomini ti inseguivano? Damon dice che volevano
ucciderti, è vero?-Spiegò e poi chiese pazientemente Stefan.
Erano giorni che Ariel si rifiutava di
parlare con loro, si era rintanata nel suo appartamento subito dopo
essersi ripresa e non faceva altro che girare armata,
ignorarli e chiamarli “Plebei”.
Il vampiro era un po’ stanco di
essere paziente con lei.
-Perché non me l’avete detto
subito?!-Esclamò esterrefatta lei, come se le avessero nascosto
chissà cosa.
-Non ci hai dato il tempo di dire “A”
quando ti sei svegliata, sei schizzata via come un fulmine con la tua
auto che si avviava a stento!-
-Questo potrebbe essere un problema,
Elena…Se la zona è stata ripulita, significa che l’agguato era
organizzato e gestito da qualcuno. E se Jake era lì…tsk!-La rossa
batté un pugno sul bracciolo del divanetto e digrignò i denti, era
nervosa ed ignorava ancora una volta le parole di Elena.
-…Significa che sono nei casini e, se
qualcuno vi ha vista, lo siete anche voi! Devo andare in banca, anzi
dovrò andarci sotto copertura! Maledizione!-
-Banca? Sotto copertura? Ma di che stai
parlando?-Chiese Elena senza capire di cosa l’amica parlasse.
-Sto parlando di cose che voi non
potete capire, dopotutto siete di uno status sociale…medio,
giusto? Sì, in breve siete molto benestanti, bella casa…auto
niente male…Ma, niente di più…-Farfugliò lei scuotendo la
testa, con fare davvero dispiaciuto.
Elena invece parve ferita da quelle
parole e solo la mano che Stefan le afferrò le diede la forza di non
scoppiare.
-Insomma, ma che ti prende Ariel? È
forse successo qualcosa con Damon? Perché non capisco il motivo del
tuo comportamento!-
-Elena, non capisco dove vuoi arrivare,
è già successo dalla A alla Z con Damon, cosa vuoi che sia mai
accaduto sull’autostrada dove avete trovato diversi cadaveri, una
donna armata svenuta, un vampiro affamato ed un Tir ribaltato?-Chiese
lei sarcastica, alzandosi di scatto.
-Qualcuno ti da la caccia, tu stavi
scappando da Damon e sulla strada verso casa è successo quel
putiferio, tu e Damon avete ucciso i sicari, ammesso che fossero
sicari…non è vero Ariel?-Dedusse Stefan cogliendo alla sprovvista
Ariel.
-Bravo, è andata più o meno così…Ma
non ti dirò perché mi cercano, né chi ha ucciso i sicari,
tralasciando quelli a cui ha pensato Damon, ma sì erano sicari per
me, l’unica cosa che posso dirvi, per riconoscenza del fatto che
probabilmente mi avete salvata, arrivando prima di quelli che hanno
fatto pulizia, è che le persone che mi cercano sono dalla parte del
torto, vogliono qualcosa che appartiene a me e che non avranno
mai!-Spiegò la ragazza avvicinandosi al portone di casa, dove si
fermò per guardarlo.
Appariva decisamente più provocante
del solito, la maglia lunga e di un blu cobalto era un po’ più
scollata ed il pantalone nero era il più attillato e sobrio che
avesse mai indossato in loro presenza.
Un cambio di stile improvviso.
-D’accordo, ma perché ti comporti
così?-Insistette Elena, avvicinandosi con cautela e dolcezza.
Dopotutto, l’ultima volta che aveva
visto la sua amica, era rannicchiata su un letto, tremante, sporca e
senza la minima voglia di vivere. E lei aveva dovuto farsi in quattro
per farla mangiare senza che vomitasse.
Ariel le scoccò uno sguardo di
ghiaccio ed incertezza, non capiva di quale strano comportamento
Elena parlasse.
Era cambiata?
L’aver misteriosamente superato i
suoi dolori, l’aveva mutata?
-Questa sono io, fin ora non so come mi
sia comportata, forse ero diversa al mio arrivo qui e certamente dopo
tutto quello che mi ha fatto Damon non sono stata me stessa, ma
qualche notte fa, quando sono andata via da Mystic Falls, le cose
sono tornate come sarebbero dovute essere. Sto bene, sono di nuovo la
Ariel che volevo essere…quindi non vedo il problema Elena!-Sorrise
alla castana e dicendoglielo le posò una mano sulla spalla per
confortarla di fronte a quella verità.
-Va tutto bene, ora dammi un passaggio,
la mia auto come sai è in Georgia dal carrozziere ed io devo andare
in banca, dai miei soldi!-
Poi aprì la porta e si avvicinò
all’auto di Elena, dove si accomodò al posto del passeggero.
La Gilbert la guardò esterrefatta,
mentre Stefan la raggiungeva fermandosi accanto a lei.
-Non è più lei, è diventata
altezzosa e presuntuosa…Io non la capisco! Ha una pistola nella
cintura dei pantaloni e da ordini a destra e a manca!-
-E questo in soli due giorni?-Ribatté
Stefan sorpreso e preoccupato come la fidanzata.
-Non so cosa le sia preso, ma lo
scoprirò! Vieni con noi?-Chiese lei.
-No, voglio restare qui…Damon non
vuole saperne di mangiare e dopo tre giorni lì sotto, sono
preoccupato… per quanto sia arrabbiato con lui…-
-Lo so Stefan, è pur sempre tuo
fratello…Ti chiamo dopo!-
-Fate attenzione…-Sussurrò il
vampiro, baciandola dolcemente sulle labbra, prima di lasciare andare
la sua Gilbert verso l’auto in cui Ariel attendeva impaziente.
Quando la castana salì a bordo e mise
in moto la rossa le spiegò dove andare.
Una quindicina di minuti dopo
accostarono nei pressi di una grossa banca in cui nemmeno Elena era
mai entrata, nonostante appartenesse ad una famiglia molto
benestante.
-Sul serio? Ariel cosa devi farci
qui?!-Chiese sbalordita.
-E’ una banca… ci sono soldi e
tant’altro…-Esclamò Ariel, scostando il bacino dal sedile,
estraendo così l’arma da fuoco che aveva impiegato nella battaglia
autostradale contro i famosi mandatari.
-Oh mio dio! Ariel!-Singhiozzò Elena
appiattendosi contro la portiera dell’auto, avvistando la lucente e
scura pistola.
-Gesù Elena, hai visto paletti e
pugnali nei cuori delle persone ed ora ti spaventi per questa!?-
-Questa? Sai cos’è questa che hai
fra le mani, Ariel?-Quasi urlò Elena indicando l’arma.
Ariel sorrise maliziosa ed aprì il suo
sportello per scendere, ma prima fece schioccare il caricatore della
pistola per tenerla pronta.
-Certo che lo so, è la mia
precauzione! Aspetta qui e fa la guardia, o ti forerò le ruote!-E
poi scese dall’auto, lasciando la povera Elena come uno
stoccafisso.
Nervosa per l’improvviso cambiamento
dell’amica, Elena si costrinse ad aspettarla in macchina.
Che evento, lei che obbediva.
Ma aveva bisogno di schiarirsi le idee
e quello era il momento giusto.
Ariel si comportava in modo strano.
Era del tutto diversa dalla ragazza che
aveva conosciuto lei, come se non avesse mai affrontato l’esperienza
di una violenza, come se non fosse più la fanciulla timida e pacata,
quasi si chiedeva se l’aveva davvero conosciuta Ariel Redlake.
Dopotutto non sapevano niente di
lei.
Era paradossale che se ne rendesse
conto solo in quel momento.
In un mese avevano saputo di lei solo
che veniva dalla Georgia e che non aveva parenti, o meglio, aveva
detto che non esistevano più.
Decisamente cupo, pensò, ma nel
momento in cui gliel’aveva detto, semplicemente aveva pensato che
fossero defunti e che il modo tetro in cui l’aveva annunciato fosse
solo per il dolore.
Dopotutto anche lei aveva perso la sua
famiglia, no?
Perciò poteva esser più che
plausibile che Ariel fosse una ragazza orfana ed indipendente.
Poi era sempre così evasiva sul luogo
da cui proveniva, una volta aveva accennato alla sua scuola, ma nulla
di particolare.
Veniva da Roswell, non sapevano altro.
Elena si passò una mano fra i lunghi
capelli cioccolato e sbuffò.
Non bastavano i licantropi, gli
originali e i vampiri nella sua vita.
C’era anche una sospetta ragazza
dagli innaturali capelli rossi, che di punto in bianco, dopo aver
fatto il pandemonio con Damon, si tramutava in una piccola sfacciata
munita di pistola 24 ore su 24.
E, infatti, la piccola pistolera,
come l’aveva chiamata Damon prima di finire a far compagnia ad
Elijah per l’ennesima volta, stava tornado dalla banca.
Mezz’ora ed era già furiosa, il
fumo le usciva dalle orecchie.
-Qualcuno ha cercato di entrare nel mio
conto corrente!-
Sbottò non appena mise il suo sederino
sul sedile dell’auto di Elena.
-Cosa?-Chiese la Gilbert esasperata.
-Sì, qualcuno sta cercando di
fregarmi, andiamo, qui è troppo pericoloso per noi, sono passati
pochi giorni dall’attacco quindi è supponibile che ci riproveranno
presto…-
-Ma di chi stai parlando Ariel?-Domandò
Elena sfrecciando via dalla Banca, guidando verso casa di Ariel.
-Non ne ho idea, pesci grossi
suppongo…-Rispose la Rossa guardando fuori dal finestrino.
Elena non disse nulla, ma dentro
ribolliva, questa nuova Ariel le dava quasi sui nervi.
Non appena furono arrivate
all’appartamento della Redlake, lei scese ringraziando Elena ed
annunciandole che l’avrebbe chiamata l’indomani mattina per la
scuola, dopodiché si barricò in casa, armata e stanca.
Una volta distesa sul suo letto, Ariel,
posò la pistola sotto il cuscino.
Diavolo, da quanto tempo non lo faceva.
-Perché la teniamo sotto il
cuscino?-Chiese lei, spazzolandosi i ribelli capelli rossi,
accucciata sul suo lettone.
-Perché così è più
sicuro…-Rassicurò l’Angelo della musica.
-Posso usarla anche quando è buio?-
-Meglio di no, poi cosa penserebbero
se trovassero una bambina di sette anni con una pistola in mano
durante la notte?-
Mise soltanto il broncio e guardò
l’Angelo, col suo pigiama, saltare giù dal balcone per raggiungere
il proprio letto, lontano da lei.
No. No.
Scosse la testa e scacciò via quei
ricordi.
Troppo doloroso ripensare a lui, che
era andato via quando ne aveva più bisogno. Non voleva neppure
chiedersi quanti anni erano che non lo vedeva né sentiva.
Meglio pensare ad altro.
Persino Damon era un pensiero più
lieto.
Già, Damon.
Sapeva dove adesso lui si trovasse:
Nello scantinato di casa Salvatore.
Sospirò.
Il loro rientro a casa non era stato
dei migliori.
Damon era un colabrodo e lei quella che
urlava in macchina, minacciando di sparargli.
Già, il bello del loro ritorno a casa
era stato che Stefan ed Elena avevano avuto la brillante idea di
caricarli entrambi sui sedili posteriori, vicini.
Quando lei si era svegliata e lui mezzo
agonizzante si lamentava con versi macabri, s’era innervosita
ancora di più ed aveva afferrato la pistola sventolandola nell’auto.
Stefan aveva dovuto accostare e
disarmarla.
E non era stato facile.
Ancora un sospiro e poi il volto di
Damon le apparve nella mente, dandole un brivido di terrore ed
eccitazione.
I suoi occhi di ghiaccio, i suoi canini
lunghi ed affilati.
Tutta quella forza, la forza con cui si
era battuto per lei.
No. No.
Stava andando in paranoia, se
cominciava a pensare che Damon l’aveva davvero aiutata.
Perché era chiaro che stava solo
cercando di guadagnarsi il pasto, come fanno i leoni no?
Chissà perché la vocina perversa
della sua coscienza le sussurrava “no” in continuazione.
Mentre la parte più razionale del suo
cervello, non troppo sano, era sollevato al pensiero che il vampiro
fosse finalmente rinchiuso, incapace di nuocere o di perseguitare.
Si voltò di lato, chiudendo gli occhi
e costatando quanto quel letto non le desse più fastidio, rispetto
all’ultima volta che c’aveva dormito, prima di tentare il
suicidio.
Qualche giorno prima, le era sembrato
una tomba, un luogo osceno e sporco, così come tutto l’appartamento
in cui Damon aveva manifestato la sua brutalità, ma ormai non le
importava più.
Quando ci pensava, non provava più
alcuna fitta al cuore, tipico segno di dolore ed agonia.
Non sentiva più le lacrime pizzicargli
gli occhi, né tanto meno la nausea al ricordo del corpo di Damon che
schiacciava il suo.
Anzi, improvvisamente cominciava a
chiedersi come mai non rammentasse alcuna sensazione relativa allo
sfregamento dei loro corpi.
Lui le era stato addosso tutto il
tempo, eppure non lo ricordava, era come se non avesse mai toccato
davvero la pelle di Damon.
Chissà cosa avrebbe potuto provare se
invece di una violenza fosse stata passione.
Gesù! Che cosa andava a pensare!
Si alzò di scatto dal letto e camminò
su e giù per la stanza.
Le era successo qualcosa dopo il
mancato suicidio, ne era certa.
Ora più che mai. Non poteva passarci
sopra, quando si rendeva conto che cominciava a pensare a
Damon.
Dopo il suicidio era corsa alla Corte,
ma perché?
Non sarebbe mai tornata in quel posto
senza un buon motivo.
Eppure c’era stata, s’era svegliata
lì, ricordando che c’era andata per nostalgia.
Strano, pensarci le dava il mal di
testa.
Sbuffò sedendosi di nuovo sul letto.
Il suo vestito funebre era
ancora appeso alla porta dell’armadio avvolto dalla fodera della
lavanderia, non aveva ancora avuto il coraggio di metterlo da parte.
Comunque sia non appena la sua macchina
fosse stata pronta sarebbe tornata a Roswell, il suo carrozziere di
fiducia si trovava lì, magari poteva tornare e dare un’occhiata
alla casa, lungo la strada.
Avrebbe chiesto a Stefan di
accompagnarla, volente o nolente.
Forse con Damon sarebbe stata più al
sicuro dagli aggressori improvvisi, ma reputava che Damon fosse ben
peggiore dei ladri assassini che la cercavano, quindi era più
affidabile Stefan accompagnato da Elena.
-Fra l’altro…Damon è rinchiuso
proprio come un leone da circo!-Borbottò schiantandosi contro il
materasso, con un sonoro sbuffo seccato.
La sua testa non voleva saperne di
lasciar andare Damon nemmeno per cinque minuti.
Dovevano essere ossessionati l’uno
dall’altro.
Che coppia.
-Devi nutrirti…-
-Se non mi porti sangue umano,
preferirò essiccarmi fratellino!-
Damon, che testa di coccio.
Erano giorni che non beveva sangue,
forse di più considerato che la pelle era notevolmente raggrinzita,
pallida e grigiastra, e si attaccava sempre di più alle ossa.
Si reggeva a stento in piedi.
-Così sfonderai la porta ed andrai da
Ariel?-Pugnalò Stefan, dopotutto era ancora arrabbiato per il
comportamento volgare e distruttivo del fratello.
-Oh no, quella donna porta solo guai,
ha qualcosa che non va al cervello… personalità multipla ed in più
è un po’ troppo Black Widow per i miei gusti, senza contare che ha
un amichetto motociclista che sfonda i cervelli a suon di proiettili
senza nemmeno dire “Riposa in pace”al mal capitato!-
-Cosa? Perché non l’hai detto prima
tutto questo?-
-Lei sta cercando di proteggerlo o di
nasconderlo…ma quando si sono visti se le sono dati di santa
ragione…E’ arrivato all’improvviso, credo che lei l’abbia
riconosciuto a molti metri di distanza…si è girata verso di lui,
dando le spalle ad un grosso Tir che stava per investirla…-
-Stai scherzando!?-
-No, ho dovuto tirarla via, abbiamo
scansato le ruote per miracolo…Poi il camionista è sceso con un
fucile e Jake l’ha sparato, subito, poi ha ucciso tutti gli altri.
Ariel non voleva farlo scappare così hanno ingaggiato battaglia,
Ariel è forte, contro gli umani ci sa fare…sembrava più motivata
a resistere…-
-E’ sopravvissuta ai tuoi morsi…ed
ora questo…-Riflettè Stefan.
-Le ho squarciato la gola nel bosco, ma
prima di svenire continuava a reggersi in piedi, non so come ho fatto
a non rendermene conto…-
-Sul serio? Cioè tu mi stai dicendo
che Ariel è più di quel che sembra?-
-Non lo so, è solo che su
quell’autostrada era diversa, la ragazza che ho inseguito io era il
coniglietto pasquale mentre quella Ariel, armata, era un’altra…
deve esserle successo qualcosa quando è stata via quella notte…ma
ne sono certo, ha qualcosa di diverso Stefan, l’ha sempre avuto,
lei arde…è calda e vivace, forte e fragile…è come il fuoco…-
Stefan assottigliò gli occhi,
guardando attentamente suo fratello.
Ariel non era la sola ad ardere come il
fuoco, anche Damon, nei suoi occhi si poteva scorgere la scintilla
fiammeggiante che scoppiettava al pensiero della rossa.
Suo fratello era ancora attratto da lei
e non l’avrebbe dimenticata facilmente.
Era la sua ossessione.
Qualche sera dopo, Ariel aveva saputo
che Damon si era nutrito davvero pochissimo.
Glielo aveva detto Stefan, che
sorpreso, si era sentito domandare dalla rossa come stesse quello
psicopatico di suo fratello.
Poi lei era andata a lavoro,
ringraziandolo del passaggio ed annunciandogli che avrebbe chiamato
un taxi per il ritorno.
Lui decise di passare da Elena nella
speranza di poter passare una serata tranquilla e magari concedersi
qualche attimo di Privacy ed intimità.
La Redlake invece passò le ore
successive nella libreria, dove lavorava ed all’uscita il taxi
tardava ad arrivare.
Era passata più di una settimana
dall’aggressione e dal tentato suicidio, i segni sul suo collo
erano quasi spariti ed i lividi andavano migliorando.
A proposito di quelli, Elena e le
ragazze ne avevano fatto un vero e proprio argomento di dibattito.
Volevano sapere a tutti i costi cosa
era successo, perché aveva quei lividi, se era stato Damon, eccetera
eccetera.
Alla fine, come suo solito, aveva
ceduto, era arrossita e aveva confessato il tentativo di suicidio.
I primi giorni le erano state tutte e
tre addosso come piovre, sconvolte dal suo atto sconsiderato e
preoccupate che potesse riprovarci, nonostante le avesse rassicurate
che non c’era altro che desiderasse più di vivere, a parte il
denaro.
Dopotutto c’erano cose che non
cambiavano mai.
Tornando al taxi, era decisamente
troppo in ritardo.
Sospettosa si avviò verso l’uscita
del piccolo parcheggio, dove l’illuminazione era data solo da
qualche lampione dal neon tremolante e davvero spettrale.
Peggio che in qui film dell’orrore,
ci mancava solo che si spegnesse.
Sbuffò rendendosi conto che, in
effetti, aveva paura.
Portò la mano sul bordo dei Jeans,
sfiorando con le dita la pistola ben nascosta.
Poi le luci dell’auto del taxi
l’abbagliarono, invitandola a ritirare la mano dall’impugnatura
dell’arma.
Era tutto ok.
Rapidamente si avvicinò al veicolo e
salì sui sedili posteriori permettendo al tassista di partire.
-Dove la porto signorina?-
Ariel incontrò lo sguardo vacuo
dell’uomo, forse quarantenne, alto con una robusta corporatura.
Doveva fare sport.
Strano, i tassisti non erano tutti
grassocci e puzzolenti come nei film?
E sicuramente non avevano una pistola
in dotazione.
“Ci risiamo!” Pensò sbuffando
mentalmente.
Poi come un falco s’avventò contro
il sedile del tassista, puntandogli la pistola sulla tempia.
-Io porterò te all’inferno, se non
mi dici chi ti manda!-
-Perdio! Non so di chi si tratti
signorina, ho solo ricevuto la chiamata da un uomo, che mi ha pagato
profumatamente per accompagnarla a casa e spararla non appena sarebbe
scesa dall’auto! Se non lo faccio, ucciderà mia moglie!-
-Come hai avuto i soldi?-
-Li ho trovati sul sedile del taxi!
Perdio signorina, mi dispiace, la prego non mi spari, sono un
pover’uomo!-
Ariel assottigliò gli occhi, premendo
la pistola con più forza contro la testa del povero tassista.
Non stava mentendo, aveva confessato
troppo in fretta per essere un professionista.
-Non mi fido, ma ti darò una
chance…-Annunciò estraendo il cellulare dalla tasca, cominciando a
scrivere un sms, senza abbassare la pistola.
-Guida fino a quest’indirizzo e sarai
salvo… ma ti avverto, se fai un passo falso, sarò io ad uccidere
prima tua moglie e poi te…Chiaro!?-Sibilò con enfasi la Redlake,
giusto per spaventarlo.
-Sìssignora!-
Il tragitto fu breve, l’uomo sfrecciò
come mai in vita sua.
-Bene, ora lei torna a casa, prende sua
moglie e con i soldi che le hanno dato, fugge più lontano che può
da questa città, cambi nome e documenti se le riesce…ed anche
mestiere se non le dispiace!-
-Ma mi uccideranno!-Protestò l’uomo
mentre Ariel gli sfilava via la pistola dal cinturino e saltava fuori
dall’auto con entrambe le armi.
-Questa è la prova che lei si è
battuto arduamente!-E con questo riempì l’auto di fori e poi sparò
ad una spalla del tassista che urlò come un forsennato.
-La smetta! È solo una ferita di
striscio! Ora vada via, e di corsa anche!-
L’uomo non se lo fece ripetere e
sgommò via, lasciando Ariel davanti la porta di casa, avvertì
Stefan che stava per arrivare al pensionato con un pacco speciale, ma
il vampiro era da Elena, doveva proseguire da sola fino al
pensionato.
La rossa poi chiamò Stefan e lo
avvertì che stava per arrivare al pensionato con un pacco speciale,
ma il vampiro era da Elena.
S-Cosa è successo?-
A-Calmati, sono ancora viva e ben
armata…ma temo che arriveranno presto a casa mia, molto
presto…Perciò devo nascondermi!-
S-Corri al pensionato, nasconditi lì!
Se passi per il bosco, nessuno dovrebbe notarti…-
A-Farò così, ora è meglio
staccare…potrebbero esserci delle cimici!-
S-…Non credi di esager!…-Non diede
al vampiro il tempo di commentare.
-Tsk! Si vede che non hanno
dimestichezza con gli affari!-
Poi la Redlake schizzò via correndo
verso il bosco in direzione del pensionato.
-Stefan ma che sta succedendo?-Domandò
Elena notando la tensione del suo ragazzo, che fissava il cellulare
come se fosse l’oggetto più mistico ed extraterrestre
dell’universo.
-…Ha detto che è armata e che deve
nascondersi perché la troveranno presto, l’ho mandata al
Pensionato!-Annunciò il vampiro stupito di se stesso.
-Allora dobbiamo andare!-Esclamò Elena
saltando dal comodo letto e afferrando la giacchetta.
Stefan la guardò afflitto.
Altro che serata di relax e normalità
con la sua Elena, a Mystic Falls la normalità era rischiare la vita
almeno una volta al giorno.
Forse dovevano trasferirsi.
Quando la rossa arrivò di fronte al
portone di casa Salvatore, quasi non si sorprese di trovare il
portone aperto.
Non c’aveva mai badato.
Insomma, ma non chiudevano mai a chiave
questi vampiri?
Silenziosa sgattaiolò all’interno,
controllando se qualcuno le fosse alle spalle, ma il perimetro
sembrava libero.
Almeno ad occhio umano.
?-Il soggetto è entrato in casa, è
sola, procediamo Signore?-
??-….Prendetela!-Poi la chiamata
s’interruppe.
Così, a quell’ordine, un gruppo di
schegge nere, veloci e forti circondò la casa.
Entrare, per i sicari, fu facile quanto
lo era stato per Ariel.
Le finestre, così come le porte, erano
aperte e l’infiltrazione nemica era già alle spalle della Redlake.
La ragazza, però, era sugli attenti e
preparata con la sua arma stretta fra le mani.
Nei suoi occhi brillava la risolutezza
e la forza di chi è pronto a giocarsi il tutto per tutto.
Anche se il divano di Casa Salvatore
non l’avrebbe coperta in eterno.
E naturalmente sapeva che non poteva
farcela da sola.
Erano sicuramente più di due.
Chiuse gli occhi e digrignò i denti.
Un pensiero balenò nella sua mente
come un fulmine.
Damon.
Correre da lui poteva rivelarsi una
buona idea.
No, troppo rischioso. Non poteva
fidarsi.
Doveva sbrigarsela da sola.
Cercando di muoversi silenziosamente si
spostò verso le scale che portavano ai piani superiori, ma fu
costretta a scartare l’idea quando si rese conto che tre uomini in
nero, armati più di lei, controllavano il piano di sopra.
Maledizione.
Un passo e l’avrebbero vista.
Doveva metterne K.O. qualcuno, le
serviva un buon piano.
-Se sei sola e loro sono in tanti,
devi prenderli uno ad uno…-
-E come si fa Signore? L’Angelo lo
sa?-
-Certo, anche lui sa fare questo
gioco! E lo saprai presto anche tu, piccola!-I loro occhi
s’incontrarono, il timore reverenziale che provava per quell’uomo
l’attirava, la trasportava in un universo parallelo, dove avrebbe
fatto qualsiasi cosa per Lui.
Forse persino Jake e l’Angelo
avrebbero potuto passare in secondo piano.
-Dovrai essere come un serpente, un
fantasma! Troverai la tua preda, quella che corre più lentamente,
come fa il leone con la gazzella…scegli bene Ariel, scegli quello
più debole, quello più isolato! Prendilo Ariel, e poi va a prendere
anche gli altri…-
-Puo’ venire anche Jake con
me?-Chiese lei ansiosa, con gli occhi grandi e spaventati, ma non era
solo la paura a brillare nei suo occhi verdi, c’era anche
eccitazione e desiderio.
Gli occhi di una bambina di otto
anni.
-No, solo tu…è la tua prova,
Piccola mia…Non tornare finché non li avrai presi tutti,
capito?-Il suo tono in partenza dolce si ghiacciò durante la velata
minaccia.
Lei sapeva bene cosa l’aspettava
se non avesse obbedito.
-Capito?-Urlò più forte l’uomo.
-Sì, Signore!- Poi scattando
afferrò l’arma riposta sul tavolino.
La pistola pesava, era ancora una
bambina, ma grazie alle flessioni che faceva tutti i giorni con Jake
era in grado di tenerla saldamente.
Prese anche le munizioni e le inserì
nell’apposito cinturino rosso, come i suo capelli raccolti in un
prefetto chignon da ballerina di danza classica.
A otto anni era quello lo Sport che
avrebbe dovuto praticare, ed invece il suo passatempo era dare la
caccia alle persone.
C’era un gruppo di uomini sparsi
lungo il bosco.
La stavano cercando.
Era il momento di giocare e anche
bene.
Lui la stava guardando, bramoso e
attento, mentre lei strisciava sul terriccio, come un serpente, per
avvicinarsi all’uomo più isolato del gruppo.
Quello, capitolò a terra, fulminato
dal Teaser incorporato nella pistola, senza destare alcun sospetto
nei suoi compagni che non l’avevano neppure notato.
Lui sorrise e lei seppe che era
contento.
Stava facendo un buon lavoro.
La sua preda era un tipo che si trovava
a metà scala, mentre alcuni controllavano ancora il perimetro al
piano di sopra ed altri compagni al piano di sotto controllavano la
cucina.
Probabilmente erano una decina in
tutto.
Ma l’uomo con i capelli biondo
platino era tutto solo sulle scale.
Sorrise.
Aveva una pistola col silenziatore,
ottima.
Attese che l’agente scendesse le
scale, nel tempo che balzava su un mobile come un ghepardo in
posizione.
L’uomo le passò davanti, dandole le
spalle, mentre controllava che il grande salone fosse libero.
Peccato che non si fosse accorto di
lei, nascosta all’angolo sul grosso mobile.
Le bastò un colpo preciso, con un
candelabro, dritto sulla nuca per far capitolare l’uomo.
La Rossa sorrise ancora.
Ci sapeva ancora fare, dopotutto.
Senza perder tempo, afferrò la pistola
munita di silenziatore del suo avversario e si preparò ad aspettare
la prossima preda.
Ora poteva giocare molto meglio.
Era più che armata.
Saltò sul corpo del platinato evitando
di fare rumore col suo balzo e ispezionò il piano superiore, sotto
le scale poteva farne fuori un paio di sicuro, perciò la postazione
d’attacco sarebbe stata quella.
Era ben celata e poiché si
affacciavano uno ad uno, prima di passare al piano inferiore, mettere
fuori gioco gli ultimi rimasti non sarebbe stato difficile.
Il secondo sicario, era moro con gli
occhi grandi e scuri.
Non l’aveva ancora vista poiché era
ben nascosta dalla posizione in cui sparò.
Cadde dal corrimano non appena il
proiettile silenzioso e spietato di Ariel gli forò il cranio.
Lei lo guardò cadere.
Non aveva mai ucciso nessuno, almeno
non in quel modo.
Una fitta atroce le strinse il cuore,
quell’uomo poteva avere dei figli, una moglie, una vita.
Prese fiato.
-Non hai bisogno di preoccupartene,
Piccola, loro ti hanno già perdonata e lo farai anche tu con te
stessa…È nella tua natura, il perdono…-
-Perdonata…-La pistola puntata verso
il basso luccicò, attirando la sua attenzione.
Un uomo stava sbucando dalla cucina,
era vicino.
Svelta, si accalcò contro la parete,
nascosta dall’ombra delle imponenti scale.
Se lo uccideva adesso gli altri si
sarebbero accorti di lei.
Doveva attendere.
L’ansia le stava cominciando ad
annebbiare il cervello.
Fin ora aveva ostentato una certa
calma, si era imposta di tenere il sangue freddo e la concentrazione
al massimo.
Ma questo non era un gioco.
Questa era la vita.
Bisognava cogliere l’attimo.
Ed eccolo il suo attimo fuggente, un
uomo si avvicinava, un passo e l’avrebbe vista.
La zona era libera, puntò la pistola e
fece fuoco, il silenziatore anche stavolta coprì lo sparo, mentre
l’uomo capitombolava a terra, senza vita.
-Non saranno sulla tua coscienza, ma
su quella di colui che li manda, mi hai capito Ariel?-
-Sìssignore!-
Forse quel periodo della sua vita non
era poi da dimenticare.
-Brutta stronza! Dove sei!?-
Merda.
Ne era sopraggiunto un altro dal piano
superiore, doveva essersi accorto che il compagno di perlustrazione
“Numero Tre” era svanito.
O forse avevano sentito il tonfo dei
due corpi?
Dannazione.
Anche lui doveva mettere fuori gioco.
Ma questa volta non si sarebbe rivelato
così facile.
Erano in due.
Strinse gli occhi.
Niente panico. Sapeva farlo.
Non poteva arrendersi, non
doveva.
Prese fiato ed espirò.
Quello più facile e più pericoloso
era l’agente al piano inferiore, quello che di certo l’avrebbe
vista.
Perciò lui fu il primo.
Un colpo preciso e silenzioso lo stese,
trafiggendogli il cuore.
-Sei quella con la mira migliore,
Ariel…Sei straordinaria…-
Il suo sorriso timido a quelle
parole dette con orgoglio da Lui.
Quel legame che si faceva sempre più
forte.
Cos’era? Amore? E che ne sapeva
lei? Aveva solo dieci anni.
Ecco l’altro che cominciava a
scendere le scale.
Lentamente si posizionò per colpire
l’altro, ben distante ed ignaro che la preda stava per diventare la
predatrice e lui la povera vittima.
Tuttavia, all’improvviso, la
situazione si capovolse.
Un proiettile le sfrecciò dinanzi al
volto ficcandosi nella parete di legno delle scale.
Gesù!
L’avevano trovata.
-Sparate! Uccidete quella bastarda!-
Merda.
Due uomini aprirono il fuoco, facendola
arretrare bruscamente.
Schivare i proiettili era letteralmente
impossibile, a meno che il tuo cognome non fosse Redlake.
Gli agenti rimasero bloccati per
qualche secondo.
L’Anomalia della cosa li sorprese
tanto da permettere ad Ariel di contrattaccare.
-Loro non sanno quanto tu sia brava
Ariel, sorprendili Piccola mia, lascia che la tua natura si
manifesti…fai quel che sai fare meglio…Combatti Ariel, distruggi
tutto…-
-Io non sono così…-Le parole le
uscirono di bocca senza controllo.
Perché? Perché tutto stava tornando
improvvisamente a galla?
Perché i ricordi, la sua vita, il suo
destino, il futuro, perché era tutto legato al suo passato?
-Io non sono così! Io non sono
cosìììììììì!- Poi, accadde il pandemonio.
Le urla di Ariel, la sua voce furiosa,
l’isterismo che già sotto l’attacco di Damon si era manifestato,
prese il sopravvento.
Le pallottole colpivano ripetutamente
l’uomo dinanzi a lei, mentre quello dietro si avvicinava.
Una rabbia cieca stava dominando la
ragazza dai capelli rossi, che senza pietà scaricava una pioggia di
proiettili sul corpo del suo aggressore.
Quello alle sue spalle era impietrito,
il sangue stava imbrattando in modo spaventoso il pavimento, il
sangue di un suo amico.
L’uomo puntò la pistola, inquadrando
il cranio coperto dalla massa di capelli rossi, avrebbe ucciso anche
lui quella donna, senza alcuna pietà.
Caricò ed il suono del grilletto a
mano fu appena percettibile, ma lei lo sentì.
-No!!-Urlò, cogliendo di sorpresa
l’agente alle sue spalle, per poi sparargli in un batter d’occhio,
dritto alla spalla destra facendo perdere la pistola al pover’
uomo.
-Finiscilo, Ariel!...È ciò che
vuoi, lo sai anche tu…Non aver paura, non è colpa tua…Deve
morire!-
-Ma signore, io…-Obbiettò la
ragazzina di… dodici anni? Forse.
-Ariel, fa come ti dice, Lui
ha ragione…Finisci la prova…-
Se glielo diceva anche l’Angelo
della Musica, allora il suo Signore aveva ragione. Andava fatto.
-No! No! No! Basta!-
D’improvviso tutto si annebbiò, non
sentiva né vedeva alcunché.
Intorno a lei gli agenti inviati per
ucciderla l’accerchiarono in fretta.
Ma l’adrenalina le invadeva il
cervello, il corpo tremava senza controllo, le dita, o meglio, le
unghia che le facevano un male cane!
-No…-Biascicò brandendo con più
forza la pistola, mentre i denti si spingevano gli uni contro gli
altri, serrandole la mascella.
Un colpo le partì involontariamente,
colpendo uno degli uomini che si avvicinava dall’ala ovest della
casa, dove lei, sapeva esserci una porta.
La porta che conduceva al seminterrato.
Dove c’era anche Damon.
-Obbedisci Principessa, fa la
brava…Finisci!-Ordinò.
-Per favore…no…-
-Uccidili…Uccidili tutti!!!-
-NO!! Damooon!!!!!!!!!!!!!-
Urlò, e tutto divenne nitido, le
persone intorno a lei, i suoi ricordi che le ruotavano attorno come
un vortice, la voce di quell’uomo che insieme all’Angelo le aveva
insegnato tutto ciò che odiava ed allo stesso tempo amava.
Le sue mani sporche di sangue che
ancora brandivano un’arma.
La sua coscienza leggera, nonostante
che delle vite, finite, vi pesassero sopra.
La sua voglia di continuare quella
battaglia.
La repulsione per ciò che era capace
di fare.
La sua sola salvezza: Damon.
Lasciò andare la pistola, le lacrime
le risalirono a galla, concedendosi all’istinto primordiale della
paura e dell’irrazionalità.
Rapidamente, scivolò fra gli aguzzini
evitando i proiettili che le sfioravano la pelle, si stava dirigendo
verso il seminterrato di casa Salvatore, sempre più vicina a Damon,
ma con i suoi killer alle calcagna che le sparavano.
Ariel.
Ariel era lì, al piano superiore,
poteva sentirla.
Tutti i suoi sensi umani e non erano in
allerta, sovreccitati.
Che profumo sublime, per lui che era
affamato.
Decisamente affamato.
Poi la situazione era cambiata, aveva
sentito degli spari.
Inizialmente non era convinto, doveva
essere una pistola col silenziatore, ma per un vampiro era possibile
udirne il soffio sottile.
Ed in seguito aveva distinto
chiaramente un pioggia di proiettili sparati a destra ed a manca.
E le urla di Ariel. Lo stava anche
chiamando!
Con tutta la forza che ancora
possedeva, si alzò scattando contro la porta.
Si sentiva così debole, dannazione.
Se avesse bevuto almeno un po’ del
sangue di coniglietto che Stefan gli aveva gentilmente offerto non si
sarebbe trovato in quelle condizioni, a stento si teneva in piedi.
Prendi Ariel.
Gli stava sussurrando la sua coscienza,
ma non volle dargli ascolto nemmeno per un istante.
Lei stava scappando, sentiva i suoi
passi sempre più vicini.
-Ariel?!-La sua voce uscì fuori come
un gemito strozzato.
Che vergogna.
-Damon!-
La Sirenetta era dinanzi alla sua
porta.
-Vogliono uccidermi…-Doveva avere il
fiatone, perché la voce era ridotta ad un filo, che la faceva
ansimare.
Era seducente.
Tuttavia, non aveva tempo per bearsi di
tali congetture, gli uomini le erano alle calcagna.
-Apri la porta, Sirenetta…-Le ordinò,
cercando di apparire tranquillo e magari anche un po’ gentile.
In realtà era furioso e affamato, non
avrebbe dato Ariel a nessuno, per nessuna ragione al mondo.
Lei lo guardò confusa da quelle
parole, non che si aspettasse qualcosa di diverso il vampiro, ma
Ariel continuava a guardarsi in torno come una gattina smarrita.
-Cosa…cosa sto…facendo?- Chiese
sconcertata, come se improvvisamente si fosse resa conto del posto in
cui si trovava.
-E lo chiedi a me? Stai ammazzando
gente in casa mia!-
-Vogliono uccidermi!-Controbattè lei.
-Apri la porta, a te adesso ci penso
io…Li farò a pezzi!-Ringhiò per risposta, pronto a farli davvero
a pezzi, quei bastardi.
Casa sua e la sua Sirenetta, era
davvero troppo.
Il suono dei proiettili ed il gemito di
sorpresa di Ariel fu poi la goccia che fece traboccare il vaso.
-APRI!!-Ruggì sbattendo i pugni contro
la porta, incrociando gli occhi verdi della ragazza attraverso le
sbarre di ferro.
Un attimo dopo fu libero, la serratura
schioccò, lasciando che la porta si aprisse.
Ariel era un blocco di ghiaccio,
immobile, con gli occhi sgranati, che nel buio, schiarito solo da una
piccola lanterna accesa nella sua ex-prigione, brillavano come fari
nella tempesta.
Non si mosse né lo guardò, le passava
davanti e la guardava col capo rivolto addirittura nella sua
direzione, mentre uno dei sicari gli puntava la pistola contro,
povero illuso.
In un istante gli fu al collo, bevendo
avidamente e troppo velocemente, tanto che in pochi secondi il corpo
fu a terra, privo di vita.
-Oh, finalmente…-Borbottò Damon,
soddisfatto per l’aperitivo non a base di coniglio ma di
meraviglioso sangue umano.
Ariel sobbalzò, nascondendosi, se
possibile, dietro la porta dello scantinato, mentre Damon si ripuliva
del sangue rimastogli sulle labbra.
Ma mentre lo faceva, un proiettile, lo
colpì allo stomaco.
Stanco e ancora denutrito, il vampiro
gemette, piegandosi su sé stesso.
-Merda…così fa male!-Sbraitò
furioso, mentre il suo aspetto da vampiro prendeva il sopravvento
dandogli la forza per smaterializzarsi sotto gli occhi di Ariel, per
ricomparire a due centimetri dal tizio che l’aveva sparato.
-Mossa del cazzo, amico!-
Un altro morso, un altro corpo a terra,
le forze che finalmente gli tornavano.
Il colorito pallido e grigiastro con
cui Ariel l’aveva visto uscire dallo scantinato stava via via
tornando di un rosa naturale e chiaro.
Perfetto.
-Chi sono?-Le chiese, ma Ariel rimase
nel suo angolo, guardandolo sull’attenti ed in modo ostile.
Aveva ancora due pistole con sé, non
doveva dimenticarlo.
Anche se a poco servivano contro Damon,
Sua Maestà Imperale Dio della Bellezza e dell’Antipatia Immortale.
Scosse la testa, per non pensare a
certe stupidaggini in quel momento, Damon si stava avvicinando.
A dire il vero, Ariel, non sapeva
neppure perché l’aveva liberato.
Perché era corsa lì?
Perché proprio da Damon?
E perché diavolo era così lunatica
ultimamente?
-Dobbiamo uscire, ce ne sono altri tre
al secondo piano, stanno cercando qualcosa…Non ti hanno seguita fin
qui!-
Ariel improvvisamente assottigliò lo
sguardo, incuriosita delle parole del moro.
-Non cercano me, ma quel che ho
io…Uccidermi è solo una delle soluzioni per ottenere il
malloppo!-Annunciò la rossa.
-E perché stanno devastando casa mia,
di grazia?-
-Forse pensano che sia la mia,
genio!-Rispose lei come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Damon la guardò accigliato, pronto a
ribattere, ma non trovò le parole giuste e rimase a fissarla a bocca
aperta.
-Allora? Fatti da parte, devo
passare!-Gli sibilò infastidita, ma in realtà, Damon lesse
qualcos’altro: Paura.
Lei lo temeva.
Si fermò, rimanendo ad un’ipotetica
distanza di sicurezza, per evitare altre crisi isteriche da parte
della ragazza.
-Fa pure…-Disse alzando le mani in
bella vista, ma la giovane continuò a guardarlo sospettosa finché
non estrasse la pistola facendo strabuzzare gli occhi di ghiaccio al
vampiro.
-Non ti mangio mica, sai?-
Lei alzò un sopracciglio, in modo
scettico e teatrale, con una smorfia di disgusto ed incredulità.
Ok, battuta scadente.
Damon dovette ammetterlo, alzando gli
occhi al cielo.
-Devo prenderne uno…-Disse lei,
mentre si spostava senza mai perdere di vista Damon.
-Uno cosa?-
-Uno dei sicari…-
-Sei pazza?!!-Quasi sbraitò lui.
-Se non ne catturo uno non saprò mai
chi è il mandatario! È la regola base per le situazione da codice
Giallo!-
-Codice Giallo? Regola base? Che
diavolo stai dicendo!?-
-Sto dicendo che questo è un codice
Giallo, ok? Significa che sono sotto attacco, che devo finire la
partita o farò Game Over!-Starnazzò lei come colta da un
attacco d’isterismo, ancora.
Damon era senza parole.
Game che? Partita?
Forse aveva fatto a quella ragazza più
che qualche trauma psicologico a livello sessuale.
Poi inaspettatamente lei sembrò
calmarsi.
-Senti, quella sera…è successo
qualcosa a casa mia…Io ho cercato di uccidermi, mi sono impiccata!E
la corda si è spezzata! Capisci?…Ma…questo non è possibile! La
corda era recisa! E poi mi sono ritrovata in un posto in cui non
sarei mai andata senza un buon motivo! E non mi ricordo nulla! È
come se fosse tutto buio e…vuoto!-
Damon strabuzzò gli occhi, Ariel era
angosciata e si stava sfogando proprio con lui.
E aveva tentato il suicidio? Dio, no,
la sua Sirenetta.
Quasi gli mancava il fiato e si sentiva
di nuovo debole.
Le ginocchia pesavano ed erano molli.
Qualche attimo dopo acquisì anche il
resto delle informazioni.
E tutto assunse una piega decisamente
più misteriosa.
-Hai incontrato qualcuno lì?-Chiese
sorpreso, lui stesso, di quella domanda.
-No…Io non… no, Damon! Ma quando mi
sono svegliata era come se tutto quello che fino a quel giorno mi
aveva tormentato, ogni cosa, la mia vita, tu, i miei guai, niente
contava più…sento solo questo bisogno di andare avanti ed è come
se non potessi arrendermi! Il che è la cosa che mi è sempre
riuscita meglio, io non volevo essere quella che vedi, quando sono
venuta a Mystic Falls avevo trovato un equilibrio, una scappatoia da
questa me…ed ora…Sta tornando tutto…-
Ok, forse non era del tutto pazza,
sembrava davvero afflitta e gli faceva male vederla così.
Perché?
Vederla stare male lo faceva impazzire
eppure era stato lui a farle del male innumerevoli volte, non aveva
senso, ma era così.
Odiava vederla così, odiava farla
stare così.
Non avrebbe più fatto errori con lei,
non avrebbe permesso a nessuno di distruggere la sua Sirenetta, ora
più che mai.
Quello sguardo sconvolto, quella paura,
quel dolore fuso nei suoi occhi verdi, non voleva vederlo mai più.
Lui voleva la sua Sirenetta, dolce e
spensierata.
-Andrà tutto bene, vedrai che
scopriremo cos’è successo, ma ora dobbiamo concentrarci su come
uscire da qui, senza che ti riducano in un colabrodo! Devi fidarti di
me…-
-Posso farcela da sola…ne ho già
sistemati alcuni, solo…cercheranno di prendermi sicuramente…-
-Per questo non ti coprirò le spalle,
lascia che ci pensi io a loro, sono soltanto in tre! Ci metterò un
minuto!-
-E poi che farai? Sistemerai anche me?
Non mi fido di te, nemmeno se cascasse il mondo mi affiderei a te!-
-Strano che tu lo dica dopo avermi
liberato per farti salvare!-
Lei lo guardò a bocca aperta,
indignata e ferita dall’ovvietà dei fatti.
Ma perché diavolo era corsa da lui se
non si fidava?
Doveva contattare il suo psicologo di
Roswell.
Quello della cassa mutua però, privato
le sarebbe costato troppo.
-Non lo so perché sono venuta qui, mi
inseguivano e sono scappata, va bene?-
-Oh certo e casualmente hai anche
gridato il mio nome, tranquilla, buttati fra le mie braccia quando
vuoi, Sirenetta!-Disse lasciando trapelare tutto il suo acido
sarcasmo, ma tenendo un tono basso e controllato.
-Smettila di chiamarmi così! Tu non
hai nessun diritto di parlami in questo modo! Anzi non hai nessun
diritto di parlarmi! Dovrei ficcarti un paletto nel cuore per tutto
quello che mi hai fatto! Ed invece siamo qui a chiacchiarare come se
nulla fosse!-Lei invece stava decisamente urlando.
-Bè non sono io quello che è corso
qui, chiedendo aiuto! Non incolparmi anche per questa situazione!
Accidenti, se non vuoi fidarti di me va via!-Questa volta anche Damon
alzò la voce, esasperato.
-Sul serio? Mi stai cacciando via? Sei
proprio uno stronzo! Scommetto che non vedi l’ora che mi volti cosi
potrai saltarmi al collo e completare l’opera!-
-Non mi tentare deficiente! Sono già
abbastanza affamato da solo!-Ringhiò lui, cercando di non pensare al
sangue della rossa.
Quel delizioso, adorabile sangue che
gli piaceva tanto.
Oh, sì, già gli girava la testa dal
piacere.
-Magari stai anche pensando a come
fottermi di nuovo! Dio quanto ti odio!-
Damon sgranò gli occhi quando vide che
in un batter d’occhio Ariel aveva tirato fuori la pistola dal
pantalone, gliel’aveva puntata contro, sparando alla cieca,
beccandolo ad una costola.
-Oh! Dannazione! Stronza!-Urlò
sentendo il lancinante dolore della pallottola che bruciava nella
carne.
Con tutto il sangue che stava perdendo,
guarire sarebbe stato lungo ed estenuante.
Le gambe gli cedettero e come quella
notte sull’autostrada, finì in ginocchio dinanzi ad Ariel.
-Oh giuro che te la farò pagare
bastardo!-Sibilò lei puntandolo di nuovo.
-Tu sei veramente pazza! Sei venuta tu
qui! Mi hai aperto la porta…Ti sei fatta salvare, mi hai raccontato
la tua disperata storiella di una notte e poi? Cosa vuoi eh? Vuoi
uccidermi per vendetta? Fa pure, se ti farà stare meglio! So di
meritarlo, quindi avanti, cerca un paletto!-Urlò lui abbandonando il
controllo di sé.
-Bastardo!-Strillò lei, come osava
provocarla in quel modo?
Era lui quello nel torto.
Era lui che le aveva fatto del male.
Era lui che aveva rovinato ogni cosa.
Distrutto tutte le sue speranze per un
futuro più roseo.
Puntò la pistola, ma lo sparo che si
udì non provenne dalla sua canna.
Improvvisamente i contorni che
delineavano Damon si sbiadirono, offuscandosi, un dolore straziante
le attraversò la spina dorsale, facendola inarcare in avanti.
Un proiettile si era conficcato proprio
alle sue spalle, sul lato sinistro, a qualche decina di centimetri
dal fondoschiena.
Istintivamente con una mano corse a
coprire la ferita, nel disperato tentativo di bloccare il dolore, ma
era inutile.
-ARIEL!-Damon urlò forte e le parve
anche che stesse spalancando gli occhi come terrorizzato.
Tuttavia lei, in risposta, riuscì solo
a gemere ed emettere un mezzo mugolio angosciato.
Sentì le ginocchia farsi molli, come
ricotta, cedere e piegarsi al suolo.
-Ariel! Ariel! Cazzo! Maledetto ti
squarcerò la gola!-Ruggì Damon permettendo al suo lato vampiresco
di deformargli il volto.
Tutto le andava a fuco, partendo dal
punto in cui era stata colpita.
Singhiozzò, ma se ne accorse solo
Damon, lei sentiva solo un quel dannato dolore.
Il vampiro si alzò, a fatica, ma ci
riuscì.
Era incazzato nero.
Superò Ariel e localizzò i tre
bastardi che s’erano scavati la fossa con le loro mani,
avvicinandosi a lui.
Non avevano ancora visto la sua faccia
ed i suoi denti, poveri illusi.
Il primo a meno di un metro da lui si
ritrovò col collo spezzato ancora prima di rendersene conto.
Era stato abbastanza veloce da
sorprenderli tutti, ma uno, prima di stramazzare al suolo gli aveva
sparato con la pistola premuta sull’addome.
L’altro, l’ultimo rimasto, gli
aveva ferito una spalla, ma come il primo ed il secondo erano caduti
col collo spezzato.
Anche se il colabrodo era lui, alla
fine.
Con passi stanchi e pesanti, si
avvicinò ad Ariel.
Era esausto ed il poco sangue che aveva
preso dai sicari non gli era stato d’aiuto, poi quei tre avevano un
sapore davvero orrendo, non era riuscito a bere da loro.
Sentiva la nausea.
Dannazione, i vampiri non avevano mai
la nausea!
-Che cazz…-Il sangue gli salì alla
gola, mentre fissava Ariel ancora in ginocchio, immobile.
Inanimata come una statua.
Il sangue, denso ed inspiegabilmente
nero, scivolava dalla sua ferita come la fonte della giovinezza, agli
occhi confusi ed offuscati del vampiro.
Un primo conato di vomito gli fece
sputare sangue, costringendolo ad appoggiarsi alla parete, per
sostenersi.
Le forze gli venivano meno.
-Bevi da lei…-
Una voce nella sua testa?
Era un uomo, con una voce profonda ed
intensa.
O era la sua coscienza? No, non poteva
essere davvero così sporca da chiedergli di pensare a sé stesso,
mentre la sua Sirenetta era lì, in condizioni critiche, con le
lacrime agli occhi.
Non un’altra volta.
Ma quando gli arrivò dinanzi fu ancora
più terribile, lui stava continuando a vomitare piccole quantità di
sangue e dio solo sa come ancora faceva a comminare, mentre lei era
in ginocchio con gli occhi spaventosamente dilatati e la bocca
aperta.
Dio, tutti i suoi incubi si stavano
avverando?
-Ari…Ariel…-La sua voce era ancora
ridotta ad un filo, il petto gli doleva ad ogni respiro.
Cadde in ginocchi di fronte a lei e
cercò di avvicinarsi, spaventato a morte.
-Ariel…Dai, guarda…guardami…-La
implorò, ma la Redlake sembrava un corpo vuoto, rigido.
Esitante, le afferrò le braccia,
restando a due centimetri dal suo corpo.
Sembravano secoli che non si trovavano
più così vicini i loro corpi.
-Oh Ariel, non ti preoccupare, ci sono
io con te…-Biascicò carezzandole il volto.
-Bevi da lei…-
Maledizione, quella voce non faceva che
tentarlo! E Dio, lei era così immobile!
Perché faceva così? Che diavolo
aveva?
No, non poteva bere da lei, non adesso
almeno.
-Dai Ariel, guardami…Sirenetta…-Il
cuore le batteva ancora, poteva sentirlo, ma respirava così piano.
Così fottutamente piano.
La scosse un po’ ma lei non accennò
a dar segni di percezioni.
Era svenuta? In quella posizione rigida
e tesa?
Non aveva mai visto niente di simile,
merda.
La scrutò meglio, era talmente
pallida, così bella.
I capelli legati in una coda dalle
punte lunghe e ribelli, il collo niveo ed esposto. Il sangue che vi
pulsava vivo e brillante.
-Bevi da lei…-
Solo un morsetto.
Uno piccolo ed innocente.
Non ce la faceva più, il suo corpo
stava andando in fiamme, tra fame e desiderio, non poteva più
negarlo.
Non poteva più controllare nulla.
-Bevi da lei…-
Basta. Basta resisterle.
Le sue mani si posarono sui fianchi
della rossa e stringendoli il sangue scuro e denso gli sporcò le
dita, attirandola a sé fino a far sì che un suo ginocchio si
trovasse fra le sue cosce sottili e femminili.
Sembravano due amanti stretti in un
amplesso, era così dolce vederla col capo chinato all’indietro
come se stesse gioendo.
E nonostante l’odore del sangue
riempisse la stanza, Damon poteva percepire il dolce profumo della
sua sirenetta.
Era così calda e dolce.
Il naso gli sfiorò il collo.
-Oh Ariel, guardami…-Sussurrò quando
i suoi denti spuntarono sotto le sue labbra, che cominciarono a
tracciarle una scia di caldi baci sulla pelle.
Era meravigliosa.
Con la punta della lingua seguì la
linea della vena, che sotto le sue sensuali attenzioni divenne nitida
e ancora più pulsante.
-Solo un po’…-
Poi, i suoi denti, affilati e precisi,
furono dentro di lei.
Damon si sentiva quasi in estasi.
Il sangue gli fluiva nella gola come
acqua fresca e rigenerante.
Ed il corpo della Sirenetta era caldo
ed avvolgente.
La strinse di più a sé, permettendo
che i loro corpi aderissero il più possibile.
Ma non appena cominciò a sentirsi
meglio, rinvigorito dal sangue che lo nutriva, qualcosa cambiò.
Il sangue non era più fresco e
delizioso, ma acido e viscido.
Quasi un conato di vomito lo travolse,
costringendolo ad abbandonare il collo della sua Rossa.
Tutto cominciò a ruotargli attorno
paurosamente, mentre le pareti correvano verso di lui per
schiacciarlo.
Ansimò sputando sangue, rosso e vivido
come lava.
Bruciava dentro di lui, sembrava
volesse corrodergli gli organi interni.
Respirò, ma gli risultava faticoso e
dolente, fino a che l’oppressione non prese il sopravvento e
miliardi di piccoli puntini neri non gli oscurarono la vista.
Cadde di schiena, col corpo rigido e
sofferente, lasciandosi andare.
Fanculo, ultimamente, quando c’era di
mezzo Ariel, finiva sempre che lui era un colabrodo e rimaneva K.O.
per giorni.
Dannata Redlake, era una deliziosa
fonte di guai.
Quando Ariel riaprì gli occhi, lo
scantinato di casa Salvatore era ancora illuminato dalla piccola
lampadina della prigione di Damon ed il suddetto vampiro era steso
supino, addormentato, sul ruvido pavimento su cui anche lei giaceva,
nel completo silenzio.
Provò ad alzarsi col busto e ci
riuscì, anche se aveva un lieve mal di testa, restando seduta.
Le gambe sembravano gelatina, riusciva
a stento a muoverle.
Che diavolo?
Pensò di muoversi ancora, per
constatare se davvero fossero intorpidite o se era stata solo una
sensazione momentanea, ma un improvviso movimento di Damon attirò la
sua attenzione.
Si era svegliato e si stava già
tirando su a sedere.
-Che cosa è successo?-Borbottò,
stropicciandosi gli occhi.
Era carino, con quei gesti così dolci
ed infantili.
Non gli rispose, era troppo concentrata
a squadrarlo, a fissare il corpo ricoperto di ferite sanguinanti, che
stranamente non sembravano fargli male, anzi, non le notava neppure
il signorino.
-Accidenti…ci sono cadaveri sparsi
ovunque!-costatò lui sconcertato, chinandosi in avanti, gattonando
per qualche passo fino ad arrivarle davvero troppo vicino.
-Stai bene, Sirenetta?-
Forse i proiettili di prima non gli
erano bastati a Damon Salvatore.
Però che occhi da sballo che aveva
quel bastardo.
-Sì, si sto bene!-Borbottò senza
distogliere lo sguardo da quei due pezzi di ghiaccio.
Avrebbe anche pagato ore per star lì a
studiare ogni sua sfumatura.
Bè, forse pagato non proprio, però
qualcosa del genere.
Oddio, stava divagando ed intanto lui
le carezzava già la guancia.
Deglutì, aveva paura, ma era eccitante
sentire quella carezza sulla pelle.
Le sembrava di fare qualcosa di
proibito.
E a lei piaceva fare cose proibite.
Al diavolo. Era andata troppo vicina
alla morte questa volta.
Con uno scatto, degno di un puma,
atterrò Damon sotto di sé.
-Non mi toccare!-Sibilò afferrandogli
il colletto della camicia, che un attimo dopo perse tutti i bottoni e
finiva strappata con violenza mentre lei si posizionava a cavalcioni
su di lui.
-Co-Cosa? Siren…!-Damon era sconvolto
e senza fiato, non riusciva neppure a mettere insieme due parole.
-Non mi chiamare così!-Ringhiò ancora
lei, carezzando con foga e frenesia il petto liscio e perfetto del
vampiro che prese subito a tremare di piacere e desiderio.
-Adesso ti faccio vedere io…Vediamo
quanto sei bravo!-Soffiò la rossa sulla bocca del vampiro, bocca che
baciò avidamente e senza preavviso.
Un brivido, più intenso degli altri,
percorse il corpo dell’uomo, teso contro le carezze delle mani e
delle labbra morbide ed umide di Ariel.
Quanto aveva desiderato quella ragazza
in quel modo?
Ariel gli afferrò le mani e le posò
sulle sue piccole cosce istigandolo a carezzargliele.
-Avanti, l’altra volta non sei stato
bravo con me…Hai l’occasione per rimediare…-Continuò
staccandosi dalla bocca del vampiro, per poi riattaccarcisi.
Il
moro, scosso da quelle parole, socchiuse gli occhi, smettendo di
resistere alle labbra della ragazza.
Ma che stava dicendo? Era completamente
impazzita?
Le loro lingue si scontrarono, voraci,
sorprese per l’improvviso contatto.
Damon era sconvolto, gli stava davvero
chiedendo di…? Adesso? Lì?
Era davvero difficile resisterle, se
continuava a provocarlo in quel modo, con quelle mani che vagavano
sul suo petto, sulle spalle, lungo il busto e le anche, lente e
sensuali, con quella lingua che seguiva la sua, che lo istigava, non
ce l’avrebbe fatta.
Poi sentì le mani di lei coprirgli le
proprie.
Erano così piccole in confronto alle
sue e lo invitavano, più apertamente, ad esplorarla, a toccarla
ancora ed ancora.
E chi era lui per non obbedire?
Lasciò che lei gli guidasse le mani,
che le solcarono i fianchi, risalendo ingorde verso il seno, che
carezzò, strinse e sondò come mai avrebbe sognato.
Lei gemé nella sua bocca, per non
interrompere il bacio, fu un suono meraviglioso, le stava piacendo.
E piaceva anche a lui.
Soprattutto dal momento in cui il suo
centro pulsante e femminile aveva preso a strofinarsi sui suoi
pantaloni, proprio dove qualcosa gli si stava paurosamente gonfiando.
-Che stai facendo?!-Sibilò col fiato
corto, non appena lei interruppe il bacio per buttare il capo
all’indietro col volto e gli occhi semichiusi, catturata dal
rapimento sensuale dei loro inguini che si fregiavano l’uno contro
l’altro .
-Quello che voglio…-Mormorò Ariel
piegandosi su di lui, per baciarlo ancora, come un falco sulla preda.
Fu un bacio profondo e senza riserve,
passionale e gelido, dove le loro lingue si assaporarono ancor
meglio.
-Così mi farai impazzire e quando avrò
perso la ragione, nulla mi fermerà, pregherai di non averlo mai
fatto Ariel, tu non lo vuoi come lo desidero io…fermati!-Protestò
con poca convinzione Damon, sentendo che lei lo guidava verso le sue
natiche tonde e da donna, per guidarla nei movimenti concentrati sul
suo desiderio d’uomo.
-Ti odio Damon ma ti voglio, voglio che
tu mi ami, come non hai fatto l’altra volta! Amami Damon, come fai
con le altre donne, come ami lei!-
Le labbra di Ariel gli
scesero sul collo, languide e bramose, solleticandogli con la lingua
il pomo d’Adamo.
Lui, accecato dalla brama, si ritrovò
ad afferrarla per i capelli, posizionandole la gola contro la bocca,
dove con la lingua ricambiò il sensuale servizio, per poi strapparle
la maglietta e sganciarle il reggiseno, per assaggiare i boccioli
rosa scuro del suo seno, che succhiò come un bambino affamato, uno
per volta mandandola in estasi.
Un altro sfregamento e sarebbe morto, a
meno che non si sfilasse quei pantaloni, troppo stretti per la sua
virilità palpitante e dura carezzata dal corpo da dea di Ariel.
Il desiderio lo stava accecando, la
voglia di far sua Ariel era sempre stata prepotente, ma mai quanto
quel momento in cui lei sembrò lussuriosa e carnale come Afrodite.
Le mani della giovane Redlake avevano
abbandonato le sue grandi e forti, per risalire lungo il suo torace,
carezzando di nuovo e lentamente i muscoli guizzanti sotto la carne.
-Dio sì! Dimmi che mi vuoi Sirenetta e
ti prenderò!-
Lei gemette ancora ed ancora, sempre
più forte, mentre lui iniziava a guidare il movimento dei suoi
fianchi, sempre più velocemente e profondamente, spingendola sul suo
corpo.
In un batter di ciglia, la situazione
si capovolse, Ariel finì con la schiena sul pavimento e Damon la
sovrastò schiacciandola e premendo il proprio desiderio gonfio
contro il suo fiore, ancora nascosto dagli indumenti. Riprese a
scontrarsi con esso per farla impazzire e miagolare, non perse tempo,
si inginocchiò fra le sue gambe e le sbottonò i pantaloni,
sfilandoglieli in fretta.
Rapito dal suo corpo niveo e delicato,
passò le mani sulle sue ginocchia e le baciò, tracciando linee di
fuoco con la lingua.
Ariel rabbrividì, gemendo e cercando
di soffocare i suo stessi lamenti.
Il vampiro lasciò intanto scivolare la
mani sui suoi fianchi e strappò via la biancheria.
Le dita gli si spostarono sull’interno
coscia, risalendo, veloci, fino al suo inguine ed ancor oltre, fino a
carezzarla proprio dove le sue terminazioni nervose vibravano,
sconvolgendola, inarcandola come un’arpa.
Rimase lì in ginocchio, ad osservare
lo spettacolo di lei che si scioglieva per lui e continuava a
strusciarsi contro le sue dita, a spingerle verso la sua entrata di
donna.
Damon l’accontentò, violandola con le dita, sondando il
territorio che avrebbe dovuto già conoscere, considerato che aveva
già avuto Ariel sotto di sé, ma non ricordava quanto fosse
fantastico, o meglio non l’aveva mai davvero saputo.
Non c’era niente di paragonabile alla
prima volta.
Non c’era stata lei che si moveva
sinuosa sotto di lui a chiedere di più.
Ma questa volta c’era e lo invocava.
-Damon…Ti prego!-E s’inarcava
sempre più, sotto gli occhi di Damon che la guardava soddisfatto e
le mordicchiava la soffice pelle dello stinco, che aveva afferrato un
istante prima, per poi aumentare il ritmo e portarla sull’orlo
all’apice.
-Damon! Damon! Oh
mio dio! Adesso! Adesso Damon! Ti voglio e ti ordino di
prendermi, prendimi prima che mi prenda Lui e mi privi di
tutto questo!-Ma nel momento stesso in cui lo disse, due mani, con
artigli profondi e lucenti, si conficcarono su entrambe le spalle
afferrandola con brutalità sotto lo sguardo sorpreso di Damon.
Intorno a loro, improvvisamente, c’era
solo oscurità e quelle mani, artigliate e potenti, sembravano
sbucare dal nulla, se non dalle tenebre.
Lei urlò, mentre il bacino le si
sollevava per la tensione ed il piacere e le mani cominciavano a
trascinarla via.
-No! No! Lei deve essere mia! La
voglio!-Urlò Damon contro le Grinfie, cercando in tutti i modi di
arrampicarsi sul corpo della rossa, trattenendola con una mano per i
fianchi, impiegando tutta la forza che aveva.
Lei si contorceva, urlava, tentava di
legare le sue gambe snelle ai fianchi del vampiro, senza successo.
-Damon! Ti prego Damon! Adesso! Tua!
Tua!-Gemiti si diffondevano nell’oscurità, mentre gli artigli
squarciavano la pelle rosea della Redlake.
-Non l’avrai mai! Lei è mia!-
La voce, la voce che aveva sentito
nella sua testa!
Era ovunque, profonda e beffarda.
-Lei appartiene a me!-
-No! No!-Gli rispose, mentre la
Sirenetta continuava a contorcersi, tra piacere e paura, con le gambe
avvinghiate con forza ai suoi fianchi.
Gli artigli le squarciavano la pelle,
ma lei, incurante del dolore che sentiva, cercava ancora di bearsi
del tocco bruciante di Damon.
-Damon…sto impazzendo, non farmi
portare via…ahhhh!-Urlava e lui avrebbe voluto godersela
maggiormente, prendersi più tempo per portarla all’estasi più e
più volte, ma gli artigli continuavano a premere nella carne di
Ariel, nel tentativo di trascinarla via, nell’oscurità.
Perciò non perse tempo, era pronta per
lui e questo bastava, scivolò meglio su di lei, afferrandogli le
cosce e divaricandole, la fece sua con un solo ed unico colpo d’anca.
Ariel si contrasse, gettò la testa
indietro, contro il nulla nero.
Dov’era il pavimento?
-Damon! Damon! Oh Damon!-Le scosse di
piacere provenienti dal corpo della sua Sirenetta lo fecero
riscuotere e, invogliato più che mai, cominciò a muoversi,
lentamente, giusto per sondare almeno un po’ quel caldo antro. Era
davvero meraviglioso.
-La mia Sirenetta…Così
calda…-Sussurrò piegandosi fino a sfiorarle il lobo dell’orecchio.
Lei miagolò qualche gemito dolce e
confuso, carezzandogli i capelli.
Ariel non s’era mai sentita così
sconvolta, emozionata, spaventata, eccitata e riempita.
Le sembrava di star correndo una
maratona senza meta.
Il suo corpo vibrava di piacere, ogni
colpo dentro di lei era un’ondata di piacere, si concentrava
proprio dove voleva, era intenso ma non abbastanza.
Voleva di più. Voleva urlare e sentire
il mondo dentro di lei farsi a pezzi.
-Ti prego…non ce la faccio
più…-Voleva assaggiare l’estasi.
Non le importava che lui non era quello
giusto.
Non le importava che lui le aveva fatto
del male.
Non le importava che era un mostro.
Non le importava che ne avesse uno alle
spalle, che tentava di portarla via.
Non importava quanto male sentisse
sulle spalle.
Le importava solo che Damon le desse
ciò che non aveva mai avuto.
Che fosse lui a darle l’Amore.
E come se il vampiro le avesse letto
nella mente aumentò il ritmo, portandola ad inclinarsi di più, ad
aprirsi completamente a lui.
Vortici intensi e profondi le
squarciarono le membra, facendola vibrare come una corda di violino,
oltre ogni limite possibile.
-Damon! Oh mio dio!-Tutto si contrasse
ed esplose intorno a lei, dentro al suo corpo, nelle sue vene, ogni
suo centimetro di pelle e carne fremeva e bruciava in un istante
indimenticabile.
Damon la affiancò, un secondo dopo,
nella corsa verso il culmine del piacere.
Grugnì, digrignando i denti,
stringendo la presa sulle sue braccia, anche se Ariel non ricordava
il momento preciso in cui, durante l’amplesso, lui l’aveva
afferrata in quel modo brutale, sfogando dentro di lei il suo
piacere.
Fu caldo e sensuale sentire Damon
fondersi completamente con lei, fin dentro le sue più profonde
viscere.
Il vampiro si accasciò sul suo petto,
mentre i loro respiri impazziti riprendevano il controllo.
Gli artigli erano ancora lì, ma non
opponevano alcuna resistenza, almeno finché non si udì un ringhio
silenzioso e adirato.
Ariel sobbalzò, irrigidendosi sotto il
corpo di Damon, altrettanto sorpreso.
-Pagherai per questo, Vampiro…-
La voce tuonò forte, per poi scemare
in un sussurro lieve.
Ariel e Damon si guardarono con
circospezione, ma lui si accorse subito che c’era qualcosa che non
andava.
La rossa era terrorizzata, sapeva
qualcosa e glielo stava tenendo nascosto.
-Cos…?-Non poté dire di più, perché
gli artigli cominciarono a ritirarsi, ma nel farlo graffiavano
profondamente la perfetta pelle di Ariel.
Lei urlò, forte, a squarcia gola,
contorcendosi come un serpente impazzito.
Il sangue sgorgava dalle sue spalle,
veloce e scuro, macchiando il pavimento terroso e scostante dello
scantinato.
Il vampiro si sollevò di scatto,
lasciando Ariel scoperta ed indifesa, la testa gli girò pesantemente
ed un improvvisa nausea si fece spazio nel suo stomaco.
Quando aveva già provato questa
sensazione di disgusto?
Un altro conato, violento, lo fece
rigurgitare sangue.
La testa riprese a girargli, ed in un
baleno capitolò a terra come un sacco di patate.
Con la testa sul suolo, vide Ariel
contorcersi in modo raccapricciante, gli artigli erano spariti, ma
lei sembrava indemoniata.
E si toccava la base della schiena.
C’era del sangue sulle sue mani, che
non toccavano per niente le cicatrici sulle spalle.
Cos’aveva dietro la schiena?
Le urla gli stavano rompendo i timpani.
Non ce la faceva davvero più e
sopraffatto dal dolore alla testa, dalla nausea e le urla della
rossa, chiuse gli occhi, stringendoli forte, coprendosi le orecchie.
E nella sua testa sentì un’altra
voce, questa volta femminile, che ronzava come una zanzara, parlava
una lingua antica e mistica.
Qualcuno stava facendo un incantesimo!
Faticando provò a riaprire gli occhi,
ma la sua vista era offuscata, Ariel era in ginocchio dinanzi a lui,
c’era sangue ovunque, erano vestiti, ma la maglia della rossa era
completamente squarciata sulle spalle.
Come se degli artigli gliel’avessero
sbrindellata.
Poi la sagoma di Elena apparve lungo il
corridoio.
-Ariel!?? STEFAN! Oh mio dio!-La sua
voce era stridula e spaventata.
Che stava succedendo? Lui ricordava di
aver visto Ariel cadere, dopo che l’aveva sparato, incazzata nera,
ed anche lui era svenuto dopo di che al loro risveglio
improvvisamente Ariel gli era saltata addosso come una pantera
affamata.
Dio che donna.
Ma, a quanto pareva, le cose non
stavano così.
-Ha un proiettile nella schiena!-Elena
stava urlando davvero troppo.
-C’è troppo sangue…-Mormorava
Stefan, invece.
Ok, le cose erano sicuramente fuori
controllo, ne era certo.
Poi, inaspettatamente, una fitta di
dolore gli folgorò il cervello e capì tutto, ricordando ogni cosa.
L’assalto di un gruppo di uomini
armati, Ariel che scappava, che lo liberava, lui che uccideva gli
ultimi rimasti, lei che gli sparava e a sua volta veniva ferita alle
spalle, il morso che le aveva dato, la nausea, il vomito ed infine lo
svenimento di entrambi.
E quel sogno.
No, non era stato un sogno, era stato
troppo reale, sentiva ancora i brividi sulla pelle, il desiderio, la
spossatezza tipica del dopo coito.
Ce l’aveva ancora duro, dannazione!
Le voci. Aveva sentito delle voci nella
sua testa ed una apparteneva di certo ad una strega.
-Stefan… Uno degli uomini…le ha
sparato…e poi…una strega…Ci ha fatto…qualcosa…il suo sangue
era orribile…-Sussurrò appena, sperando che il fratello riuscisse
a sentirlo.
Stefan sembrò accorgersi di lui solo
in quel momento.
-Damon! Ma che è successo?!-
-Non lo so…Ho bevuto da uno degli
uomini…ed ho cominciato a sentirmi male, finchè non ho bevuto da
Ariel, sentivo una voce dentro di me, mi ordinava di farlo…Non
volevo, ma era più forte di me, poi ho cominciato a vomitare di
nuovo…Stefan, devi aiutare Ariel…-
-D’accordo…Elena, prendi del sangue
per Damon!-Esclamò il minore, accostandosi ad Ariel, mentre Elena
rimaneva immobile, sconvolta e senza parole.
-Ariel…Apri gli occhi, ascolta, devi
bere il mio sangue…-Provò a scuoterla un po’ nel tentativo di
risvegliarla, ma la Redlake non diede segni di ripresa così Stefan
azzardò un tentativo.
La colpì lievemente sul viso e fu in
quel momento che il vampiro sobbalzò spaventato.
Una mano, priva di controllo, salda e
pallida si era stretta attorno al suo collo.
Non stringeva particolarmente forte, ma
di certo era molto più forte di una qualsiasi donna umana.
Era più forte di Elena almeno quattro
volte.
Ma ciò che lo spaventò davvero furono
gli occhi di Ariel.
Verdi, ma scuri, le pupille erano
diventate sottili e feline, come quelle di un gatto, strane venature
di un verde lucido e fluorescente fluivano come fiumi in miniatura.
Inquietante.
-Stefan!-Elena andò nel panico ed urlò
subito, cercando di spostare la mano di Ariel dal collo del suo
ragazzo.
-Ariel, che stai facendo?! Ferma!
Ferma!-
Improvvisamente un fremito percorse il
corpo della rossa, che lasciò la presa sul collo del vampiro e gli
occhi brillarono di una luce verdina e chiara, finché le pupille non
tornarono tondeggianti ed umani.
Infine un gemito le sgusciò via dalla
gola, mentre la sua espressione distesa diventava contratta in una
smorfia di dolore e perplessità, fu in quel momento che Stefan si
morse il polso e lo spinse sulle labbra di Ariel.
E per l’ennesima volta Ariel bevve
sangue di vampiro, il sangue di Stefan.
Damon socchiuse gli occhi, faceva male
vedere suo fratello che stringeva la sua Sirenetta, che l’aiutava
dandogli il sangue che avrebbe voluto dargli lui.
Ariel era sua, solo sua.
-Fatto, ora non pensi che mi spetti una
ricompensa, Capo?-Una giovane donna, dagli occhi scuri, sedeva
comodamente sulle gambe di un uomo, trentottenne, dal viso ancora
giovane e gli occhi chiari.
Aveva una barbetta incolta, chiara, che
gli incorniciava le labbra carnose e perfette, la mascella era una
curva quasi quadrata, decisamente mascolina, messa in evidenza dalle
spalle larghe, il petto muscoloso e le flessuose gambe fasciate da
una pantalone scuro.
Rigorosamente vestito in modo formale,
portava uno smoking di alta qualità, una camicia bianca e la
cravatta nera abbinata, tutto impupettato.
-Ricompensa? Spostati, ti avevo
ordinato di terrorizzarla e le hai fatto fare un giro sulla giostra
del piacere con quell’uomo che l’ha…!-Sibillò disgustato.
-Sei stato tu a dirmi di usare questo
metodo!-Protestò la strega bionda.
Dopotutto, lei aveva fatto ciò che le
era stato chiesto, nient’altro, anche se forse era stata un
po’ eccessiva.
-Ti avevo detto di far sì che lei non
si avvicinasse mai più a quel vampiro…-
-Solo una pazza proverebbe attrazione
per un uomo che l’ha violentata…-Sussurrò suadente la giovane,
chinandosi verso l’orecchio dell’uomo, che infastidito e
contrariato, le afferrò la gola in una morsa d’acciaio.
-Sta attenta, Kendra, se mi fai
incazzare giuro che ti legherò, ti fotterò senza pietà e poi ti
staccherò quella testa a morsi finché non la vedrò rotolare nel
gabinetto, capito?-
-Capito, signore!-Miagolò la donna,
spaventata dagli occhi insanguinati del vampiro.
Verdi e rossi.
I suoi denti che sbucavano dalle labbra
e gli artigli che le avvolgevano il collo l’avevano resa docile e
mansueta, ma lui non mollava la presa.
-William…-Sussurrò lei disperata,
mentre l’aria nei polmoni andava scemando.
Tuttavia il vampiro
sembrava non ascoltarla, incollerito ed offeso.
-Ehi, così la uccidi, Capo!-Esclamò
una voce giovane ed allegra, apparendo nella velata oscurità della
camera.
In quell’istante William lasciò
cadere Kendra e si alzò per raggiungere l’ombra parlante.
-Kyle!-Lo chiamò, fermandosi dinanzi a
lui.
Il giovane sorrise timidamente,
scostando la mezza maschera bianca dal suo volto.
-Ancora quella maschera? Devi smetterla
di giocare! Dannazione i tuoi piani falliscono perché non fai che
passare ore davanti al pianoforte!-
-Si ma io ecco vorr…!-
-Niente “Ma”! Basta giocare
“All’angelo della Musica”! Voglio Ariel, devi prenderla
e portarla qui! Voglio i miei soldi!-Urlò furioso, lasciando che il
suo lato vampiresco perdesse il sopravvento.
-Kyle, sono stato in prigione per
questo, ti ho trasformato per questo, ti ho addestrato per questo:
Ariel! Voglio Ariel! Lei mi appartiene ed anche i miei soldi!-
-Ci appartiene!-Controbatté il ragazzo
sconcertato.
-Hai promesso! Ariel non si
tocca!-Sbraitò il vampiro, come se stesse per piangere.
L’Angelo della Musica in
lacrime.
-Tu portala qui, Kyle! O dovrò fare a
modo mio! E sai che non ne uscirete vivi, chiaro?!... -Detto questo,
lo guardò in modo truce lasciandolo senza parole, con l’espressione
abbattuta e degna di un condannato a morte.
Così, soddisfatto, William sorrise
lievemente, l’ordine era ripristinato.
-Yuki! Andiamo via!-Disse, reclamando
l’attenzione della sua cagnetta che riposava beata sulla sua
poltroncina.
Lei sollevò il capo rapidamente e
schizzò verso il padrone, che una volta presa la piccola fra le
braccia si allontanò dalla stanza senza degnare nessuno di uno
sguardo.
Kyle e Kendra rimasero in silenzio per
alcuni istanti, poi il ragazzo parlò.
-Che gli è preso? Non avrete litigato,
spero…-Disse tornando improvvisamente di buon umore.
Era decisamente un tipo lunatico,
Kendra non lo sopportava.
-È arrabbiato perché il sogno che la
vostra amata Principessa Cremisi ha condiviso col vampiro di
nome Damon, non era molto casto…Non capisco che problemi si faccia
William, dopotutto Ariel non è poi questa grande bellezza, non vedo
il motivo di tanta gelosia per una ragazzina…-
-Bada a come parli! O sarò io a farti
rotolare la testa nel gabinetto, strega!-Minacciò Kyle con gli occhi
di ghiaccio.
Il suo umore era di nuovo mutato,
freddo e spietato.
Kendra però rise e si arrovellò una
ciocca di capelli contro l’indice, con fare civettuolo, non lo
temeva affatto, l’Angelo della musica per lei era un pivello che
William continuava a tenere con sé.
-Voi Cobra siete davvero
bravi a minacciare le donne, non è vero? Ora se non ti dispiace, a
me non interessa nulla della Principessa Cremisi, voglio solo
che William mi dia ciò che desidero…Il potere del Fuoco
e…Sesso!-Sussurrò mordendosi un labbro con aria maliziosa e
sensuale, mentre si avviava verso l’uscita della stanza buia e
spartana.
Kyle alzò le spalle in segno di resa.
-Fa come vuoi, immagino sia vero che il
Capo è bravo a letto, visto che ti piace così tanto farti usare
come uno zerbino e poi strisciare nel suo letto, perciò…buona
notte Kendra…-Provocò il vampiro, mentre indossava di nuovo la
maschera bianca del Fantasma dell’Opera.
Aveva in mente un bel requiem che
desiderava suonare da un po’, perciò non diede alla bionda neppure
il tempo di controbattere, che con un sorriso falso e furbo si
smaterializzò dalla sua vista sfruttando la velocità tipica dei
vampiri.
Kendra rimase lì, furiosa ed offesa,
mentre l’Angelo della musica si rintanava nella sua camera, dinanzi
al suo pianoforte a coda da multimiliardario.
Le sue dita scivolarono sui tasti
bianchi e neri ed il requiem prese vita, più disperato che mai.
Come lui, senza controllo, schiavo,
confuso, addolorato e succube di un uomo che avrebbe portato alla
rovina lui, Jake e la sua Ariel.
La sua piccola, innocente Ariel, persa
nei piaceri della carne in un sogno, vittima di un tale abuso solo
perché lui non era riuscito a catturarla nemmeno questa volta, per
colpa di quel maledetto di Damon Salvatore che intanto se la godeva,
carne, anima e sangue.
Voleva morire, ma riuscì solo a
piangere e disperarsi, come con unico conforto il suono del suo
piano, mentre dal sottosuolo, nelle viscere della terra, le urla di
povere vite umane inondavano le pareti contrastando la musica.
Schiavi come lui, ma costretti a
marcire in una miniera, con l’unica consolazione di poter ascoltare
la sua musica attraverso delle casse da lui impiantate nella roccia
sotterranea, in una zona sperduta della Georgia, dove non vi era
alcuna via di fuga.
Per nessuno, neppure per Ariel, quando
sarebbe andato a prenderla a Mystic Falls.
Fine XVI Capitolo.
Buona sera, Bundì o buon pomeriggio a
tutti!
Finalmente, dopo taante promesse
d’aggiornamento ecco il nuovo capitolo!
E che capitolo *O* Devo ammetterlo
questo capitolo è pieno di piccoli Flash back, di situazioni mooolto
scottanti e anche pericolose.
Cosa è successo davvero ad Ariel e
Damon?
Entrambi hanno vissuto, in modo non del
tutto reale, un’esperienza intima e senza senso con un inquietante
presenza alle loro spalle…santo cielo! >.<
Siamo sul horror/non per stomachi
delicati (come la mia Beta! Che ha ritenuto questo capitolo schifo
xDD Gliene do atto, ma è tutto necessario, non me ne vogliate miei
amate!), ed ora sperando di non aver esagerato con le scene Hot >.>
e di non passare automaticamente al bollino rosso, io filo a fare la
valigia, che io, Damon, La Beta, l’Imouto-chii e Luke ce ne andiamo
a Lucca Comics *Q*
Ci vediamo lì gente, io sarò quella
Sailor Moon brutta e ciotta :3
(Ragazzi, sono arrivata sana e salva qui a Lucca *w*)
Baci, Serenity452
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Capitolo 18 *** Legami Nascosti ***
Beta,
Cara beta, Spirit ci attende.
Rossella e Retth non vedono l’ora che tu
Li conosca e voli via col vento assieme
A loro.
Mia Beta, Oh mia beta questa
è una donna che ti osanna.
Capitolo XVII : Legami Nascosti.
Alaric Saltzman quella mattina era cupo.
I suoi alunni, tra cui l’impensierito Stefan, l’inconsolabile Elena, la nervosa Caroline, la tesissima Bonnie e, come l’aveva definita Damon il giorno prima, la Misteriosa Pistolera Pluriomicida Ariel Redlake, erano concentrati sulla loro verifica di Storia.
Certo, erano tutti concentrati, ma i sopracitati alunni pensavano a tutto fuorché al loro Test.
Il Professore che, da quando aveva appreso la situazione di Ariel, era stato davvero in pena per la sua alunna ed era rimasto incollerito con Damon tanto da non avergli neppure rivolto la parola quando s’erano incontrati dopo la fuga e prigionia del vampiro, suo amico, che giocava a fare l’eremita.
Ormai, non sapeva più che pesci pigliare ultimamente, con Jenna le cose andavano sempre peggio, Damon era una mina vagante e beveva il doppio del solito, per non parlare, per l’appunto, di quando beveva la sua alunna dai capelli rossi.
Stefan, Elena, Caroline e Bonnie, non studiavano mai e lui era costretto a fare il professore con le preferenze.
Spillava voti free soprattutto alle tre ragazze, Stefan era avvantaggiato grazie al fatto che se la storia non la conosceva lui, dopo averla vissuta e studiata in diverse scuole prestigiose, sarebbe stato il colmo, mentre Ariel aveva una predilezione quasi spasmodica per la sua materia.
Ma quella mattina anche lei sembrava in difficoltà.
Alaric sospettava che fosse perché appena due giorni prima, lei e Damon si erano trovati di nuovo faccia a faccia, in una situazione di pericolo, dove lei aveva anche ucciso delle persone.
Pistolera Pluriomicida, così l’aveva chiamata Damon prima di sparire nella sua camera per sbarazzarsi dei proiettili che adornavano il suo corpo.
Stefan era stato un po’ sadico, non l’aveva curato del tutto, lasciandolo al suo destino, che gli riservò minuti dolorosi, mentre estraeva da solo le pallottole.
La cosa traumatizzante di quel giorno, quando anche lui sopraggiunse a casa Salvatore, fu trovare il pandemonio di corpi nel salone.
Ce n’era uno martoriato, in una pozza di sangue.
Elena aveva i conati di vomito e Stefan annaspava cercando di mantenere il controllo.
Era toccato a lui ripulire per evitare che Stefan impazzisse con tutto quel sangue.
Ariel invece si era svegliata una ventina di minuti dopo aver bevuto da Stefan.
Aveva guardato tutti con gli occhi sgranati, con l’affanno, un lieve rossore sulle guance, per poi inciampare ripetutamente nel tentativo di scappare, camminando all’indietro, quando aveva incrociato gli occhi di Damon, caldi, ardenti e sorpresi quanto quelli di lei.
Aveva tentato di fermarla chiamandola, però il vampiro era svenuto subito, mentre Stefan estraeva il proiettile dal cuore e lei era scappata via, ignorando le proteste di tutti.
Ovviamente s’era portata la sua rivoltella.
Caroline sbuffò ed Ariel si passò una mano fra i capelli mentre scriveva calcando sul foglio.
Ad Alaric parve che stesse sudando freddo.
Forse non stava bene, era da un po’ che quasi ansimava e tremava, attacco di panico durante il compito in classe?
Accidenti a lei, poteva chiudere un occhio sul fatto che il trio Bennet, Forbes e Gilbert scopiazzasse, approfittasse e non studiasse, ma se lasciava la classe per portar fuori Ariel, il resto degli alunni avrebbe seguito il famoso detto: “Quando il gatto non c’è, i topi ballano”.
Accidenti ad Ariel Redlake.
Caldo, dannato caldo.
E quei fremiti.
-Dio sì! Dimmi che mi vuoi Sirenetta e ti prenderò!-
Le mani di Damon, continuava a sentirle ovunque, le facevano paura, tremava e tuttavia il suo corpo vibrava anche di un incontrollabile desiderio.
Era del tutto impazzita.
Stava andando a fuoco sotto le parole immaginarie che le aveva sussurrato Damon in quello stupido sogno di due giorni prima.
Concentrarsi era praticamente impossibile, nemmeno le guerre mondiali, le alleanze ed i trattati riuscivano a distrarla dal pensiero fisso di ciò che era successo in quel sogno.
Era così fare l’amore con qualcuno?
Perché la prima volta era stata così orrenda?
Come poteva essere talmente confusa?
Damon l’aveva violentata per davvero, che avesse paura era plausibile, ma quello che le metteva tanto desiderio era solo un sogno, una sua idea irrealistica del piacere, giusto? Non era una cosa logica.
Le venivano i conati di vomito se pensava a Damon che si sdraiava su di lei, che l’intrappolava sotto di sé.
Ma appena il conato saliva, dal suo baricentro s’irradiava la, attualmente spiacevole, sensazione di calore e passione.
Aveva voglia di correre via, urlare, sfogarsi fisicamente e psicologicamente.
Mancavano solo tre risposte, di quelle multiple, poi sarebbe potuta scappare via.
Non ci perse tempo e le mise a caso.
S’alzò e subito lo sguardo di tutti fu su di lei.
Quello di Stefan, alle sue spalle, le bruciò la schiena più di tutti.
Andando verso Alaric, il professore la guardò con aria preoccupata, ma non disse nulla finché lei non gli offrì il suo test, per consegnarlo ed andare via.
Lui vi diede una rapida occhiata e aggrottò le sopracciglia.
-Sul serio?-Sussurrò sconvolto.
Lei lo guardò ansiosa.
-Posso andare, professore?-Il suo tono era notevolmente incrinato.
Dio, la bocca di Damon era sul suo collo, dolce, sensuale, poi violenta, i canini affondavano nel suo collo facendole sgranare gli occhi, con irruenza.
Si portò una mano dove l’aveva morsa, socchiudendo gli occhi, mentre la testa le girava ed i suoni diventavano ovattati e fastidiosi.
Poi prese fiato, rammentando che era solo suggestione.
Non c’era dolore, non c’era piacere.
Era tutto un sogno mescolato ai ricordi del passato.
-Ariel, ascolta, puoi fare molto, molto, meglio di così…-Cominciò Alaric, ma le sembrava che quelle parole fossero rombi di cannone, le bucavano il cervello.
-La prego, mi lascia andare…-Supplicò, smarrita più di prima, poiché Alaric si era avvicinato a lei per sussurrarle quelle parole.
Non voleva farsi sentire dagli altri, ma improvvisamente il suo vecchio disagio con gli uomini era tornato più invasivo di prima nel tempo che tutto continuava a vorticare davanti ai suoi occhi.
Stava svenendo? Alaric era troppo vicino.
Quando era arrivata a Mysitc Falls, si sentiva ancora spaventata quando qualcuno si avvicinava, ma aveva ben imparato a celare quella sua ansia.
Con Damon le veniva naturale star tranquilla, tuttavia dopo che lui le aveva fatto del male, dopo la violenza nel suo appartamento, tutte le sensazioni erano confuse, mescolate.
E stare troppo vicino ad un uomo la terrorizzava.
Lo nascondeva, combatteva, resisteva, ma finiva sempre per perdere il controllo quando c’era il rischio che qualcuno la toccasse, anche solo per sbaglio.
Come Jordan, agli studi fotografici tempo prima.
Alaric capì subito il suo stato d’animo e lei gliene fu grata, perché la congedò, rassegnato.
-Ariel, vorrei parlare con te, dopo…-Disse in modo pacifico, prima che lei uscisse dalla classe, sempre senza farsi sentire dagli altri alunni.
Ariel si limitò a sospirare la risposta mentre spariva dalla classe.
-Ariel non sta bene…-
-Sì Elena, ce ne siamo accorti….ma non vuole confidarsi con noi…-Ribatté Caroline, alzando le mani al cielo, mentre Stefan ed Elena occupavano i posti al tavolo del Grill, dove lei e Bonnie li aspettavano.
-Damon?-Domandò torva la strega, guardando Stefan.
-È elusivo, non vuole dirmi niente, se ne sta chiuso in camera e non vuole uscire…-
Bonnie e Caroline lo guardarono a bocca aperte, Elena aveva avuto quella stessa reazione il giorno prima, quando il fidanzato l’aveva informata del bizzarro comportamento del fratello maggiore.
-È andato in… ritiro…spirituale?-Bonnie.
-Crisi mistica?!-Sparò invece Caroline.
-Non ne ho idea, forse ha paura che lo rinchiuda di nuovo in cantina, ma… non è da Damon...Credo…-
-Secondo me dovremmo concentrarci su Ariel…-Insisté Elena.
-E cosa vorresti fare? Hai visto in classe, è andata via prima della fine della lezione…Alaric ha detto che ha consegnato il compito con le risposte messe a caso…-
-Sai, avevo pensato che, magari, potevamo invitarla al ballo di Beneficenza di questo fine settimana…Giusto per farla distrarre un po’!-Propose la Gilbert.
-Certo, così lei e Damon litigano e fanno un altro massacro…-
-Si, ma non è detto che debbano per forza incontrarsi, diremmo a Damon di non venire al ballo!-Propose Bonnie, con ovvietà.
-Sembra una buona idea…gli parlerò io, ad entrambi!-Disse Elena speranzosa, cercando conferma da Stefan che abbozzò un sorriso incerto.
Già Damon dava problemi da solo, ci mancava solo Ariel.
Sollievo doveva essere sinonimo di acqua gelida.
Si, Damon ne era certo.
Il conforto del getto freddo era qualcosa di unico ed inspiegabile, soprattutto quando il dolore era centralizzato al basso ventre dove il suo Verme Solitario della Tequila*, che lui continuava a fissare, pregare e dannare, se ne stava tutto emozionato e contento.
Questo solo perché erano due giorni che stava rinchiuso nella sua stanza, a smaniare e fantasticare su quel sogno.
Oh, ma lui sapeva che non era stato solo un sogno.
Lui ricordava alla perfezione le sensazioni, il profumo, il calore, i corpi, la carne, Ariel.
Senza contare il terribile sapore del sangue degli assassini e di Ariel, quando aveva bevuto da loro.
Le voci nella sua testa.
Ormai si era convinto che c’entrasse una qualche strega, che con un attacco psichico s’era insinuata nelle loro menti.
Non sarebbe stata una sorpresa scoprire che c’era una strega, al pari di Bonnie probabilmente, capace di fare un simile incantesimo.
Ma intanto lui continuava a soffrire.
Forse doveva chiamare Andie Star.
Sì, magari poteva andare con lei a quel dannato ballo di beneficenza organizzato da Carol, così si sarebbe svagato, in attesa dell’occasione adatta per affrontare la sua Sirenetta barra Pistolera.
Ma, in realtà, non aveva alcuna voglia di cercare Andie.
Lui voleva Ariel, l’aveva sempre voluta e non poteva farci nulla.
La sua ossessione stava diventando ben peggiore di quella per Katherine.
Tanto che, invece di chiamare Andie, chiamò lei, che rispose subito ma senza dire nulla.
A-…-Sbaglio o lei aveva un po’ di fiato corto? Lo sentiva.
D-…-
Ovviamente non avevano nulla da dirsi fra l’altro, così lui chiese la prima sciocchezza che gli ballonzolava in mente.
D-…Verresti al ballo di beneficenza con me, dopo domani sera?-
Ariel attaccò, con un ansimo e lui richiamò subito, sorpreso.
D-Sul serio, ti ho salvato la vita!-Disse lui, indignato.
A-Sul serio? H-Hai cercato anche di togliermela la vita, q-quando mi hai inseguito in un boohosco e mi hai m-mor-rso!-Dio, aveva proprio il fiato corto, la stavano inseguendo?!
D-Oh, andiamo, non volevo ucciderti! Avrei perso la mia Sirenetta dal sangue d’oro!-
Ariel chiuse di nuovo la chiamata.
Stava esagerando? Forse era ubriaco.
Se aveva quella bottiglia di Bourbon, quasi vuota, in mano, doveva esserlo di certo.
Ma quando ne aveva finita un’altra?
Dopo la doccia.
La richiamò, intenzionato a scusarsi e chiederle se stava bene.
A-Adesso basta, ho d-da faree!-Urlò lei fortissimo, con voce roca e sofferente.
D-Che stai facendo?!!-Oh cielo!
A-N-Non…Non sono affari tuoi!-Tipica risposta da ragazza single.
D-…Svergognaata!-Provò a scherzare il vampiro.
Ariel attaccò nuovamente.
Oh. Questo era interessante.
La Sirenetta faceva la misteriosa ragazza accaldata, un buon motivo per indagare e scoprire se sapeva qualcosa riguardo a quel sogno/attacco psichico.
Chiamò di nuovo, aspettando con aria annoiata, mentre sorseggiava il bourbon.
A-Smettila di chiamarmi o spegnerò il cellulare!-
D-Aspetta, dicevo sul serio riguardo al ballo, voglio farmi perdonare!-Così potrò tormentarti ancora.
Da quando aveva una coscienza così scocciatrice?
A-Va al diavolo, ma credi davvero che potrei venire al ballo con te!? Mi hai violentato solo un mese fa e adesso continui a perseguitarmi! E per di più mi inviti ad un ballo di beneficenza! A me! Dare i miei soldi, mai!-
“Tirchia, tirchia!” Urlava una vocina, mascalzona, nella testa di Damon.
D-D’accordo, d’accordo, hai ragione…ma potrei…persuaderti dicendoti, che…sì, potrei invitarti a mie spese…che ne dici?-Sorrise, contando sulla sua imminente vittoria.
A-Non potrei mai venire ad un ballo con te, non lo capisci che sei l’ultima persona al mondo che vorrei vedere? Se fosse possibile ti avrei già denunciato e fatto sbattere in carcere, ma a quanto pare la tua natura di immortale invincibile, ti tiene al sicuro dalla legge!-
D-Ariel…sul serio…-Non lo lasciò parlare.
A-E qualsiasi cosa tu abbia in mente di fare, contro di me, sappi che questa volta non avrai vita facile! Mi avrai anche salvato, un paio di volte, ma finisce qui!-
Gli stava facendo venire un’emicrania con quelle urla.
D-Ti sbagli, non finisce qui…voglio sapere cosa ti ricordi da dopo che t’hanno sparata…-Sputò tutto d’un fiato, scoprendo le carte.
Non poteva averlo sognato, non solo lui.
Ariel rimase stranamente in silenzio.
Bingo.
D-…Se è successo a te, quello che è successo a me, qualcuno con poteri Stregosi, o ti vuole morta o ti vuole nel suo show vietato ai minori…-
Ancora silenzio, ma poteva sentire i suoi gorgoglii di sorpresa.
Dannazione, Bingo sì!
A-N-Non so…di cosa tu stia parlando!-Esitava.
D-Prima ci stavi pensando, non è vero? Fa lo stesso effetto anche a me…-
Ora sentiva il suo fiato pesante attraverso il cellulare.
A-…-Rimasero in silenzio a lungo, poi lei attaccò, ma Damon sorrise.
Ora sapeva che, sogno o non sogno, anche lei aveva vissuto quelle emozioni.
E non le avrebbe dimenticate.
Quel dannato Damon.
Chiamarla in momenti così imbarazzanti.
Che aveva risposto a fare? Oh, per sentire la sua voce.
Dannato Damon e dannata coscienza veritiera.
Ma poi come poteva invitarla ad un ballo proprio lui?
Per giunta di beneficenza! Come se lei si occupasse di filantropia.
Non aveva soldi da donare, erano tutti suoi.
I suoi profumati verdoni.
E, parlando di verdoni, stava ancora aspettando l’assegno per il lavoro da modella.
Ma in quel momento era diretta al Grill, dove Elena l’aspettava.
Entrando la vide seduta ad un tavolino che l’attendeva.
-Ehi…-Salutò lei non appena le fu di fronte.
-Ariel, ciao…-Rispose la Gilbert con un sorriso sgargiante.
Tramava qualcosa.
-Volevi parlarmi, giusto?-Chiese molto diretta. Forse troppo.
Elena la guardò un po’ delusa ma non demorse.
Aveva un piano e l’avrebbe portato avanti.
-Ti va di prendere qualcosa da bere?-
Uno dei baristi si avvicinava, guarda caso.
-Una Coca?-
-Quello che beve Damon…-Disse velocemente.
Ok, l’aveva scandalizzata.
Ma da quando Damon le aveva versato il Bourbon nel bicchiere era rimasta particolarmente affascinata dal liquido ambrato.
-Oh…D-del…Bourbon?-Domandò allibita la castana.
Ariel annuì senza fare una piega, ma il suo volto s’era arrossato contro la sua volontà.
Accidenti, si sentiva in imbarazzo.
-Una coca e..del Bourbon…-Ordinò Elena, che non appena il cameriere fu sparito, le sorrise in modo forzato.
-Dunque…ecco…Sai, Sabato sera c’è un ballo in maschera di beneficenza , io e Stefan, insieme a Bonnie e Caroline parteciperemo e ci chiedevamo se a te facesse piacere unirti a noi…-Spiegò Elena.
Oh.Cielo.
-Non mi occupo di Filantropia…-Disse aggrottando le sopracciglia, turbata.
Prima Damon, ora anche Elena.
Cos’era, una nuova tecnica per portarle via il suo prezioso denaro?
-Oh…-Mormorò Elena sorpresa.
Non s’aspettava che l’amica fosse così brusca e crudele.
-Mi dispiace, ma francamente non guadagno molto lavorando in libreria…ed il resto dei miei fondi non è certo destinabile a simili cause…-Ribadì, mentre il suo Bourbon le veniva posto dinanzi.
Elena non disse nulla, troppo colta alla sprovvista dal comportamento assurdo di quella che fin ora aveva conosciuto come Ariel, una simpatica ragazza dagli atteggiamenti riservati e timidi che ora si rivelava pericolosa, scorbutica, tirchia ed alcolizzata.
-Capisco, mi dispiace, non volevo metterti in difficoltà chiedendoti di partecipare ad un ballo di beneficenza…-
Ariel intanto fissava il suo bicchiere ancora intatto.
Il Bourbon aveva un sapore forte, gli serviva un po’ di coraggio per buttarlo giù, era solo la seconda volta che lo beveva, dopotutto.
Prese il primo sorso, che gli incendiò la gola e le risvegliò le papille gustative.
-N-Nessuna difficoltà Elena, ho tanti soldi, ma non mi piace darli in beneficenza…-Spiegò, bevendo ancora dal suo bicchiere, mentre Elena gustava la sua Coca lasciando risuonare nella sua testa la parola: Avara.
Rimasero alcuni minuti in silenzio, finché proprio nel momento in cui Elena stava per dire qualcosa, le suonò il cellulare.
-Scusa, è Stefan…-Disse, mentre rispondeva.
S-Ehi, tutto bene?-
E-Sì…Sono al Grill con Ariel! Tu?-
S-A casa, con Alaric e Damon…-
E-È uscito?-
S-Sì, ha detto che si sta preparando per il ballo…Ariel verrà?-
E-No, lei non verrà…-
S-Ehi, c’è qui Rick che vorrebbe parlare con voi, riguardo ai vostri…voti…Potrebbe raggiungervi? Entrambe…-
Elena guardò Ariel bere il Bourbon a piccoli sorsi e poi soppesò l’idea di proporlo all’amica.
-Stafan dice che Alaric vorrebbe parlarci, per quanto riguarda i nostri voti, ci raggiungerebbe qui…per te va bene?-Le domandò.
Ariel sospirò e si guardò in torno con aria cauta.
-D’accordo…-
E-Per Ariel va bene, ci vediamo qui…-
S-A fra poco!-
Quindici minuti dopo, al loro tavolo, s’erano aggiunti Alaric e Stefan.
I quattro si fissavano senza dire nulla ed Ariel cominciava a sentirsi in imbarazzo, il rossore le tingeva le gote.
Per lei erano lì a tempo perso.
I due erano rimasti sorpresi di vedere il bicchiere di Bourbon, quasi dimezzato, fra le sue mani.
Accidenti, non era mica una bambina che non poteva bere?
-Dunque, visto che sono venuto apposta per parlare con Ariel, penso che inizierò io, ok?-Disse Alaric.
-Quel compito! Devi rifarlo e farlo sul serio…-Proseguì l’uomo cercando lo sguardo della rossa, che puntò i suoi occhi di gemma proprio in quelli di castani di Alaric.
-Non è una cosa che non si potrebbe fare…?-Mormorò, grattandosi la nuca, dove portava i lunghi capelli fiammeggianti legati in un’alta coda, dalle ciocche ribelli, mosse e scalate.
-No, è vero… ma il professore sono io e considerando tutto quello che è capitato in questo mese, non voglio che la tua media si abbassi ancora di più per un mio voto, dopo Stefan sei la mia alunna migliore…-Poi il professor Saltzman, aprì la sua ventiquattrore da lavoro e tirò fuori il suo test per porgerglielo con un sorriso complice.
Era davvero il Professore Numero Uno della Storia.
Ironia della sorte.
-Prendilo, fallo da capo, a casa con calma…Sono certo che non avrai neppure bisogno di aprire il libro per rispondere…-
Ariel lo prese e, casualmente, quasi sfiorò le dita di Alaric.
S’irrigidì all’istante, lasciando che il fascicolo di fogli ricadesse sul tavolino, ritirando la mano a sè.
Ma resasi conto, troppo tardi, della sua reazione sospetta ed irruenta, arrossì e si scusò, cercando il suo auto controllo.
Non era scappato molto lontano, per fortuna.
Prese il suo test e lo infilò in cartella, sperando che la tensione diminuisse.
-Ok! Elena…tu e Caroline dovreste assolutamente studiare, la prossima interrogazione orale sarà decisiva…Stefan devi aiutarle, Bonnie ha buona memoria, ma loro due potrebbero perdersi…Non posso far di più, anche in quel caso sarebbe troppo palese che le aiuto se durante le interrogazioni non dicono una parola…-
La tensione si sciolse e tornarono a parlare tranquillamente di situazioni scolastiche, finché Stefan non tirò in ballo ciò che era accaduto due giorni prima.
-Be’ io direi che, visto che sono passati già due giorni dall’accaduto, potresti anche iniziare a dire la verità…-Borbottò il vampiro verso Ariel, che gli lanciò un’occhiata davvero truce.
Il sangue di Stefan, come lei sapeva, l’aveva guarita in fretta, la pallottola era stata estratta senza problemi quando era ancora incosciente, di questo la rossa era grata al vampiro.
Ma dopo il risveglio era andata via sventolando la sua rivoltella contro tutti, senza dare spiegazioni.
Il fatto era che, semplicemente, non voleva affrontare quel discorso.
Né prima, né dopo, né mai.
-Che cosa volete che vi dica? Stefan, mi hai detto di andare al pensionato e l’ho fatto! Mi hanno seguita e mi sono difesa!-Spiegò la rossa con aria infastidita.
Era già la seconda volta che si ritrovava coinvolta in quei divertenti, quanto snervanti, interrogatori “alla Stefan” e non l’avrebbe sopportato allungo.
Istintivamente una mano le corse sul calcio della pistola.
Da cui non si separava mai.
Nasconderla diventava sempre più facile, una volta rammentato il metodo e rifatta l’abitudine.
-Ariel, calmati!-La pregò Alaric, attirando la sua attenzione.
-Coraggio Ariel, ci devi una spiegazione, tutto questo ci ha messi in pericolo… sanno dove vive Stefan, probabilmente ci conoscono tutti, mentre noi non sappiamo neppure chi sono… ma soprattutto sei in grave pericolo tu per prima…-
-Ascolta Elena, che cosa vuoi sapere? Chi sono? Vabbene! Sarai accontentata: Mi chiamo Ariel Constance Redlake, vengo da Roswell, ho una villa nella zona rurale della cittadina e sì, se ve lo state chiedendo sono così ricca da potermi pulire il sedere con le banconote da cento dollari, la mia famiglia non c’è più e tutti vogliono i miei miliardi perché quando avevo quindici anni ho svuotato il caveau dell’azienda di famiglia e sono scappata!-
-Hai rapinato una bancaaa!?-Quasi urlò una voce alle loro spalle.
Dannazione, era Damon.
Ariel si spiaccicò contro il poggia schiena della panca dov’era seduta.
Gli altri si voltarono a guardarlo sbalorditi e turbati.
Il vampiro, con molta flemma e nonchalance, camminò verso il loro tavolo, si fermò proprio di fronte ad Ariel e la squadrò.
Ariel Redlake, guance rosse, occhi verde cristallino, le unghia smaltate di nero, i capelli legati in una vivace coda dalle punte selvagge, i leggings di pelle nera lucida, una maglia lunga, verde, che metteva in risalto i suoi splendidi occhi.
Il volto era tinto da un lieve fondo di fard e le ciglia erano in tinta con l’eyeliner nero che spiccava sulla sua palpebra sempre ombrata di verde.
Per qualche attimo rimasero a fissarsi come se l’uno vedesse nell’altro un marziano, finchè Damon non le si sedé di fianco, ignorando le occhiatacce di Stefan, Elena ed Alaric.
-Bourbon? Sul serio? Ladra fino in fondo…-Disse, notando il bicchiere dove giaceva ancora il liquido ambrato, poi il vampiro alzò la mano per farsi notare dal cameriere più vicino.
Ariel balzò, non appena lui le fu di fianco ed una violenta scossa lungo la schiena la fece tremare, mentre l’ansia le affaticava il fiato.
Poi il suo respiro pesante le riportò alla mente l’ultima volta che aveva respirato così alla presenza di Damon.
Il Sogno.
Quello con Damon, quello che la faceva impazzire, accaldare.
Quello che non voleva neppure ricordare.
A dirla tutta, non sapeva se era stato solo un suo sogno perverso e malato o qualcosa dovuto al fatto che lui, nel bene e nel male, l’avesse prima aggredita poi salvata a seconda dei suo stati d’umore.
Purtroppo però, stava di fatto che non faceva che ricordare, desiderare, immaginare.
Le mani di Damon, la sua bocca, lei che lo cavalcava, lui che la sovrastava, ogni immagine si confondeva con la loro prima volta, quando lui era entrato nel suo appartamento e nel suo letto con la forza.
Eppure quelle due volte erano state così diverse.
Non ricordava ciò che aveva provato dopo che lui era andato via e nei giorni a seguire, sapeva che era stata forzata, ricordava che era stato doloroso, umiliante e che avrebbe voluto morire.
Mentre in quel sogno, era stato tutto fantastico.
I loro respiri, i loro corpi, la perdizione che aveva provato, il piacere, Damon, lei, le mani grandi e forti di lui sul suo corpo, così gentili, premurose, audaci.
E poi quand’era stato dentro di lei si era sentita completa, felice, donna.
E dopo che tutto era finito continuava a provare quelle emozioni, quelle sensazioni di felicità e pace interiore perché non ricordava quelle di dolore e disgusto.
Forse ciò che aveva provato con Damon, in quel sogno, non era neanche effettivo, forse fare l’amore con qualcuno non era minimamente così piacevole e lei si stava solo illudendo.
Ma come poteva non chiedersi se fosse davvero come l’aveva provato in sogno? O era forse terribile come quando lui l’aveva obbligata senza pietà? A quale sensazione doveva dar retta?
Ad una che non ricordava o ad una che pulsava sotto la sua pelle?
Non capiva più nulla, solo che anche se Damon le faceva paura, avrebbe voluto assaporare davvero quel brivido sotto le lenzuola.
Ma non si sarebbe mai aspetta che rivedendolo, questo desiderio, quella paura, le sarebbero esplose nel corpo come petardi impazziti.
Decise di farsi forza, non gliel’avrebbe data vinta, i giorni della resa per Ariel Redlake erano finiti.
Non si sarebbe fatta sottomettere da nessuno, tanto meno da un istinto verso un mostro.
-Quei soldi non li ho rubati, il mio legale ha sistemato le cose! E’ stato solo un…Ritiro non programmato!-Protestò, ma Damon ridacchiò, prendendo il bicchiere della ragazza e scolandosi l’ultimo sorso senza controbattere nulla, restando sulle sue convinzioni mentre tutti lo guardavano a bocca aperta.
Spaccone. Faceva finta di non essere un mostro, maniaco e sfacciato.
-Allora ti cercano per i soldi?-Domandò questa volta Alaric, ora più curioso e preoccupato che mai, distraendola dal suo imminente desiderio di infilare la pistola nell’orecchio del Vampiro.
-Sì, ci sono altre persone che vogliono i miei soldi, ex dipendenti dell’azienda, soci, acquirenti, nemici…Ma non ho idea di chi possa essere il mandatario degli assassini, perché è ovvio che non agiscono per conto proprio, per me tuttavia non è la prima volta che mi trovo in questa situazione, in passato non ero sola, ma ho la preparazione adatta a tutto questo…-
-Il tipo in moto, avete fatto la rapina insieme?-Punzecchiò Damon.
Ariel quasi ringhiò, ma si limitò a guardarlo male e non rispondere.
-Spari bene, non l’avrei mai detto…-Intervenne Stefan.
-Come ti ho detto, ho la preparazione adatta, anche se non sparo poi così bene…-Disse lei, con una punta di rossore che le invadeva le guance, mentre il cameriere serviva a Damon il suo Bourbon e porta via il bicchiere vuoto che le era appartenuto.
Damon trattenne una ristata.
Non così bene?
-Dovresti smetterla di sparare alla gente, quella camicia che mi hai distrutto era veramente costosa!-Disse il moro, sorseggiando con la sua immancabile aria da indifferente e sbruffone.
-Non ti risarcirei nemmeno se fossi costretto a girare nuda!-Lo sfidò lei, stanca ed infastidita dalla inopportuna vicinanza del vampiro.
Anche se, ad un certo punto, gli sfilò il bicchiere dalle mani e bevve un sorsetto, sconvolgendo troppo Elena.
Accidenti, lo stava davvero provocando in quel modo?
Forse la preferiva docile e spaventata, pensò lui.
-Quindi, sei in costante pericolo?-Borbottò Damon, avvicinandosi un po’ troppo, col viso verso il suo, riprendendosi il bicchiere senza nemmeno toccarle le dita.
Ariel si ritrasse, scossa da un brivido.
Il suo autocontrollo subì una crepa.
-Non mi toccare…-Sussurrò, così piano che si chiese se l’avesse solo pensato.
Ma i vampiri l’avevano sentita.
-Damon!-Ringhiò Stefan, pronto a saltare addosso al fratello maggiore.
Lui si scostò da Ariel ed alzò le mani in segno di resa, poi bevve un abbondante sorso, posando il bicchiere sul tavolino.
La Redlake, ancora tesa come una corda di violino, con un rossore che Damon trovava delizioso, di scatto allungò la mano verso il bicchiere del vampiro e lo portò contro le sue labbra, ancora una volta, bevendone un abbondante sorso che le infiammò gola, testa e petto.
Sperava di trovare sollievo da quel inopportuno calore velato dalla tremenda paura che sentiva ogni qual volta Damon le era vicino, ma invece si sentì solo più infocata e stordita.
-Ehi! Dannazione, Sirenetta, non così in fretta!-Esclamò lui, sorpreso dall’improvvisa reazione della Rossa, sicuramente inesperta con il Bourbon.
Lei per tutta risposta ripose il bicchiere dinanzi al legittimo proprietario, tossicchiando e pulendosi le labbra col dorso della mano.
-Accidenti…-Borbottò fissando le sue ballerine nere, imbarazzata per aver reagito d’impulso.
Rimasero in silenzio per una manciata di minuti.
Sembravano un gruppo di sconosciuti, che casualmente, si erano ritrovati allo stesso tavolo e non sapeva come rompere il ghiaccio per intavolare una qualche conversazione.
Ad un tratto però, la porta del locale si aprì ed un gruppo di ragazze prese a bisbigliare fastidiosamente.
Damon si voltò per primo ed intravide un tipo vestito di pelle nera, con un cappellino a visiera dello stesso colore, munito addirittura di occhiali da sole.
Sembrava saltato fuori da un video di un cantante pop.
Tutte le ragazze si stavano voltando a guardarlo, rosse in viso e con l’aria sognante, mentre lui, a conferma della teoria di Vip del momento, le spediva in paradiso con qualche passo sincronizzato e mandava un bacio a tutte.
Era alto, magro, con le spalle larghe.
I capelli erano corti e quasi non si vedevano, a Damon parvero neri.
Il ragazzo si era seduto al bancone,e non appena posò le mani sul tavolo, Damon si tese come una corda di violino.
Guanti da motociclista.
I suoi occhi volarono sul volto di Stefan, a bocca aperta, su quello di Elena, decisamente interdetta ed Alaric con un sopracciglio alzato.
Guardavano Ariel e lui sospettava già il motivo del loro stupore.
La Redlake era rigida, la mascella serrata, la pelle che vibrava e bruciava come se un incendio le stesse per divampare dentro.
-Ariel?-
Ma lei non rispose ad Elena, chiuse gli occhi e sospirò.
Fu in quel momento che Damon capì, lei sapeva, a prescindere, quando Jake era in zona, quando le era accanto.
Forse era qualcosa di mistico fra loro, ma stava di fatto che lui non l’accettava.
Non l’avrebbe lasciata andare da quello sconosciuto, perché lei era sua.
La sua Sirenetta e di nessun’altro.
Agendo d’impulso si avvicinò al collo di Ariel soffiandovi delicatamente un po’ d’aria.
Questo bastò a bloccare ogni idea della ragazza.
Si frenò e voltò il campo, come un automa, verso di lui con gli occhi sgranati e terrorizzati.
Il respiro divenne pesante e cominciò tremare, scossa da forti spasmi.
Tuttavia, quando Damon era certo che non si sarebbe mossa perché troppo concentrata su di lui, il detto “Se la montagna non va da Maometto, Maometto andrà alla montagna” si materializzò sotto i suoi occhi azzurri.
Il centauro, si era voltato e, tutto sorridente, con due shottini in mano, si dirigeva a passo tranquillo verso di loro, lanciando qualche sorriso alle ragazze in fervore.
Damon si scostò leggermente da Ariel e lei non alzò nemmeno il capo quando Jake le fu accanto, in piedi.
Posò il bicchierino sul tavolo, dinanzi ad Ariel e le appoggiò la mano sul capo rosso, tracannando tutto d’un fiato il liquido chiaro.
Il ragazzo soffocò una risata, chinandosi fino a sfiorare con le labbra le guance rosate di Ariel, che non si mosse, mentre Jake le baciava la guancia, facendo scivolare la mano dal capo fin dietro il collo e sulla spalla opposta al lato in cui si trovava, proprio sotto lo sguardo di Damon.
Dopo il bacio, che aveva ammutolito tutti, il ragazzo si raddrizzò e lasciò scorrere le dita sulle spalle pallide della ragazza, fino al suo collo, dove con l’indice tracciò una linea immaginaria verso il solco dei seni.
Ariel rabbrividì e si lasciò sfiorare, rimanendo immobile fino al momento in cui Jake le toccò il collo, che sollevò per lasciargli spazio.
Chiuse gli occhi e sospirò sentendosi al sicuro, anche se per poco, perché Jake abbandonò la sua pelle e si diresse a passo tranquillo verso l’uscita, posando il suo bicchiere vuoto al tavolo di un altro gruppetto di fanciulle, che risero affascinate.
Damon ringhiò non appena lui fu fuori dal locale, quando fu seriamente tentato di afferrare un braccio di Ariel, scuoterla ed urlargli che lei era solo sua.
Però si contenne perché lei sembrava sconvolta e non desiderava essere toccata, ma non sospettava minimamente che di lì a poco avrebbe rimpianto la sua decisione di non toccarla contro la sua volontà.
Difatti, lei si alzò, afferrò il bicchiere lasciato da Jake e lo osservò per qualche secondo.
-Sonnifero…-Borbottò, quando posò i soldi sul tavolo, estraendoli dalla tasca, per poi uscire di fretta dal locale, senza dire una parola.
Stefan, Elena, Alaric e Damon si guardarono solo un secondo, dopodiché Damon saltò in piedi come una molla.
-Stafan, paga…-Ed era già fuori.
Stefan ed Elena cominciarono a scavare nelle loro tasche, nella borsa di Elena, nelle giacche, nel patetico tentativo di trovare le monete o qualche banconota per saldare il più in fretta possibile il conto.
-Ehi, Matt…Ti sei appena guadagnato una mancia di 7 dollari!-Disse Alaric alzandosi velocemente e abbandonando sul tavolo una banconota sufficiente a saldare il conto di Elena e Damon.
Poi tutti e tre uscirono dal Grill, mentre Elena ringraziava Alaric e Matt, sorpreso e confuso, andava a recuperare i soldi.
Quando Stefan arrivò fuori dal Grill, cercò subito con lo sguardo Damon, che però era a due passi da lui, immobile, che guardava Ariel, nel parcheggio fra le auto, sola.
Elena ed Alaric vollero avvicinarsi, ma Damon gli fece cenno di star fermi e loro non obbiettarono.
Fu proprio l’attimo dopo che, mentre Ariel si spostava furtiva, il ragazzo vestito di nero sbucò letteralmente dal nulla sbattendo la rossa sul muso di un’auto.
-Bastardo!-Urlò lei tentando di rialzarsi, ma Jake le fu subito addosso, afferrandola per i capelli.
Con un colpo secco le sbatté la testa contro il cofano anteriore, producendo un rumore inquietante ed ammaccando la carrozzeria.
Damon ringhiò, chinandosi un po’ come se volesse attaccare una qualche preda.
Nessuno poteva picchiare Ariel davanti a lui, dannazione.
-Io? Piccola stronza, giuro che ti faccio il culo!-
Tirandola per i capelli la sbatté nuovamente contro l’auto e stavolta un rivolo di sangue macchiò la fronte della rossa, che cadde all’indietro, premendosi una mano sulla ferita.
-OOh! Jakeee! Maledizione!-Gridò la rossa.
Il ragazzo sembrava veramente furioso, Stefan era preoccupato ed indeciso, non sapeva se intervenire o meno.
-Stronza! Avanti alzati, voglio che almeno sia divertente!-
Ariel tossì, ma si rimise in piedi.
-Si puo’ sapere che ti prende? Mi hai fatto male!-
-Quanto tu ne fai a me, Amore? Non te ne importa nulla di come mi senta io?!!-Chiese sarcastico lui, allargando le braccia con aria dimostrativa.
Ariel allora grugnì e si scaraventò sul ragazzo, sorprendendolo.
-Stefan!-Schiamazzò Elena, vedendo che Ariel, con un calcio aveva colpito il torace di Jake, facendolo piegare in due, spingendolo di almeno mezzo metro indietro.
-Te l’avevo detto che era brava!-Esclamò Damon, una sorta di contentezza nella voce, mentre guardava Ariel prendere a calci il costato di Jake, lasciando impalliditi Stefan ed Alaric.
Il Centauro non si lamentava molto, più che altro se ne stava chinato a quattro zampe, aspettando che lei si stancasse.
-Tutto qui? Quando avevi dieci anni eri molto più letale, dolcezza!-La provocò, afferrandole il piede con cui lo colpiva, rialzandosi e spingendola a terra, ma invece di cadere di schiena lei si piegò inclinandosi e con uno slancio si risollevò.
-Io non son più quel tipo di persona!-Urlò Ariel.
-Sei diventata la persona che ci farà uccidere!-Gridò di rimando l’altro, facendo balzare sia Damon che Stefan.
I due se la intendevano, ormai era chiaro.
Si pestavano appena si vedevano, ma di certo fra loro c’era qualcosa di più. E non era odio.
Jake la buttò a terra facendole perdere l’equilibrio non appena lei si avvicinò per attaccarlo.
Era stato così veloce che Damon si era dovuto concentrare per vedere che l’aveva afferrata con una presa di Judo e l’aveva atterrata di nuovo.
-In piedi, stai disonorando Kenshiro! Quasimodo, si batterebbe meglio di te!-Strillò lui sistemandosi la giacca.
-Anzi, perché non mi spari? Fai più in fretta, molto comodo da parte tua!-Ariel si alzò ancora una volta dal pavimento, macchiato dal sangue che le colava dal capo e prontamente, con la stessa foga di prima, gli sferrò un pugno dritto sulla guancia, che però non arrivò mai a destinazione.
Jake l’aveva bloccata a due centimetri dalla sua mascella.
Il ragazzo si piegò verso di lei, avvicinando il viso al suo.
-Cu.Lo.Na!-
E dopo un nano secondo di smarrimento, Ariel gli mollò un testata che lo fece urlare.
-OoooH! Dannazione!-Il cappello gli si era spostato, ma Damon ancora non riusciva a vedere i capelli del ragazzo che gli dava le spalle e che sistemò immediatamente la visiera del cappello dietro la nuca.
Stava cercando di non farsi identificare, era certo ormai.
-Ora, sono incazzato!-Ed un attimo dopo averlo detto, Jake, le fu addosso, colpendola con una ginocchiata nello stomaco, portandole il busto verso il basso attraverso le spalle che le aveva afferrato.
Ariel gemette, perdendo fiato, nel tempo che Jake cercava di colpirla di nuovo sulla faccia con un pugno.
Tuttavia il ragazzo non ci riuscì, perché stavolta fu lei a parare il colpo del motociclista.
-Invece sono io quella incazzata!-Ed Ariel mise a segno un clamoroso gancio destro sotto il mento del ragazzo, allontanandolo da sé.
-Che ti dicevo Stefan? Guarda, Guarda!-Sbottò Damon soddisfatto dell’azione della rossa.
Jake intanto si era risistemato gli occhiali, che avevano rischiato di cadergli, dopo il pugno della rossa.
Quando fu a posto, sorrise di sbieco, irritando ancora di più la ragazza.
-Dovrei toglierti quel sorriso dalla faccia!-Ringhiò la Redlake, avvicinandosi di nuovo al ragazzo.
-E suppongo che io dovrei cominciare ad usare…quegli occhi da panterona che stai usando tu! Non avevi detto che non eri più quel tipo di persona?-
-Cristo, i suoi occhi…-Borbottò Alaric non potendo credere a ciò che vedeva.
Gli occhi di Ariel erano mutati e le sue pupille nere erano diventate sottili come quelle di un gatto o un serpente.
Elena, forse in procinto di svenire, si aggrappò a Stefan più angosciato che mai e con mille dubbi che gli ronzavano nella testa.
Che razza di creatura era Ariel?!
Già quella volta nello scantinato, dopo che l’avevano sparato, quegli strani occhi da gatto erano saltati fuori, ora eccoli di nuovo, e Jake sembrava saperne qualcosa.
-Io non sto usando niente!-Urlò lei caricando di nuovo contro di lui, con i pugni alti in una posa molto stile boxe, anche se Jake la sovrastava e la difesa del giovane era molto più invalicabile ed i suoi pugni più veloci e precisi, rispetto a quelli della fanciulla troppo impulsivi e scoordinati, Ariel sembrava decisamente sapere il fatto suo e questo spaventava ancora di più Elena che non si sarebbe mai aspettata una cosa simile da Ariel, indifesa e pronta a vomitare anche l’anima, fino ad una settimana prima.
Ma Jake era più in forma di lei e le spaccò quasi il naso colpendola dritto sulla faccia.
-Ouh!-Urlò la Redlake sbattendo contro un’auto a cui immancabilmente partì l’allarme antifurto.
-Bene bene, direi che l’incontro è finito, Esmeralda!-Disse il ragazzo e, in un attimo, le fu alle spalle, così veloce che Stefan impallidì ancor di più se possibile per un non-morto.
Era un vampiro anche il ragazzo? No, le sue guance, la sua pelle, erano troppo rosee per quelle di un vampiro, poi si sentiva il pulsare del suo cuore.
Era umano o forse qualcos’altro.
Un Licantropo? L’odore non era proprio quello.
Ariel si ritrovò un braccio sotto il collo, bloccata ed in trappola.
-Lasciala andare!-Esclamò Elena, agitandosi come una matta, pronta ad andare in aiuto dell’amica.
-Ehi, tranquilla, pupa, non le faccio nulla!-Esclamò Jake, facendo fermare Elena, ma Damon ringhiò contrariato.
-Jake lasciami andare! Dannazione, giuro che ti picchierò! Jake! Non ti sopporto quando fai così! Lasciamiiiii! Subit-!!-
D’improvviso una mano del giovane si collocò sulla sua bocca, tappandogliela ed impedendole di starnazzare.
-Silenzio, Principessa Cremisi, ci sono i tuoi amici, li stiamo spaventando!-
-Asciami anTare!-Ariel provò a scuotersi, ma peggiorò la situazione, lui la strinse più forte, bloccandola del tutto e permettendole di respirare a stento.
-Ascolta, lo so che sei incazzata nera per il modo in cui sono sparito…due volte, lo ammetto, ma sto solo seguendo il protocollo!-
-Banchulo ar potohollo!-Provò a dire lei, in segno di protesta.
-Certo, mandiamo a ‘fanculo il protocollo ogni volta che ti pare! E’ per questo che tu semini morti a caso lungo la tua scia ed io no!-
Ariel tremò sgranando i suoi grandi occhi verdi e smise di opporre qualsiasi resistenza contro la presa del ragazzo.
-Ti lascerò andare solo se prometti di non urlare, non picchiarmi e non protestare alle mie richieste sessuali…Ci stai?-
-Baffanchulo J!-
Un altro ringhiò si levò da Damon, che stentava a mantenere il controllo, i suoi occhi si stavano riempiendo di sangue e le vene quasi prendevano forma attorno agli occhi.
I denti, aguzzi, premevano per spuntare e mordere il collo del bastardo chiamato Jake.
Per lui era troppo sentire quelle parole.
Richieste sessuali? Era già morto. Morto, con la gola squarciata.
Oh sì, che gioia. Morto.
-Ora ci faremo un bel giretto, io e te, tesoro…Dì ai tuoi nuovi amichetti di fare i bravi e starne fuori, abbiamo già coinvolto troppe vite…-
Ariel annuì, rassegnata e spaventata.
Jake era arrabbiato per il modo sconsiderato in cui si comportava, ma anche lei era arrabbiata con lui per essere sparito.
Era una situazione paritaria, perché alla fine doveva arrendersi proprio lei? La maturità delle donne.
Benedetta coscienza.
Jake mollò la presa su di lei e la lasciò andare, indicandole con un cenno della testa di avvicinarsi e salutare gli altri.
Ariel obbedì, camminando senza mai spostare lo sguardo.
-Non vado via, dobbiamo parlare, sbrigati…Sgorbio!-
Lei lo guardò male, ma decise di fidarsi.
Dopotutto, era il suo Jake, difficilmente mentiva.
Almeno, non in passato.
-Ariel! Stai bene??!-Elena le si era letteralmente fiondata a dosso, mentre Stefan si voltava, davanti a tutto quel sangue.
-Sì, Elena, sto bene…è solo…un graffio…-Biascicò lei, rimanendo sull’attenti, temendo che Jake sparisse.
-Sei sicura, Ariel, sul serio sei ferita…-Disse Alaric, constatando che era davvero una brutta ferita, condita con un livido enorme.
-Ehi, se la tirate per le lunghe io vado a prendere la moto, è lì in fondo, non metterci una vita, ok Little Bitch!?-Ariel si voltò e lo vide indicare, con entrambe le mani, ed un sorriso da stronzo, un punto non preciso del parcheggio e andar via.
Si mosse per seguirlo, ma la voce di Damon la bloccò subito.
-Stai perdendo sangue, che cosa pensi di fare?-Intervenne lui, mettendosi alle sue spalle, come se sperasse di bloccarla.
-Vado con lui, non mi farà del male…-Annunciò lei, voltandosi e affrontando Damon.
-Si vede dalla fontana di sangue sulla tua fronte!-Ariel gli lanciò un’occhiataccia ed indurì la mascella.
-Stanne fuori, Damon!-
Il vampiro, scosso dal tono imperioso di lei, ricambiò lo sguardo gelido e cercò di farsi forza per evitare di afferrarla di peso e portarla via.
Lontano dal pericolosissimo Jake, con richieste sessuali.
Tutta via, la sua attenzione si spostò sulla ferita che perdeva sangue e fu ancora più tentato di prenderla, portarla sul retro e bere fino a scoppiare.
Dio, quant’era invitante.
Lanciò un’occhiata furtiva a Stefan e vide che era davvero turbato.
Sbuffò e prese una decisione: Lui aveva sempre bevuto da lei ed ogni volta era stata curata Stefan, era il momento di darle qualcosa in cambio.
-D’accordo, allora bevi da me…-Con un gesto deciso, si morse il polso e lo porse ad una Ariel scioccata.
Per lei era Damon quello che aveva battuto la testa ed era certa che lo pensavano anche Elena ed Alaric.
Stefan era troppo impegnato a stare tutto rigido, sulle sue.
Però, se puntava gli occhi su quelle perline cremisi, come i suoi capelli, un certo, ed insolito, desiderio le partiva dal ventre fino alla gola.
Perché desiderava posare le labbra sulla pelle pallida di Damon?
Era sicura di non voler essere toccata dal vampiro, tuttavia desiderasse essere lei a toccarlo, in qualsiasi modo.
Senza riflettere si lasciò guidare dall’istinto, che la fece chinare fino al polso di Damon.
Lui la guardò dritto negli occhi e lei cedette.
Era troppo eccitante quell’invito, le aveva spento ogni ragione.
Baciò con le labbra la carne di Damon e nella sua bocca scivolarono le prime gocce di sangue.
Il sapore, inizialmente, le parve ferroso.
Non ne ricordava il sapore, poiché quando Stefan le aveva fatto ingerire il proprio, lei era incosciente quasi la maggior parte delle volte.
Ma quello di Damon, quello di Damon era fantastico.
Sembrava Bourbon, le stava incendiando la gola, ma lasciava un sapore dolciastro in bocca.
Forse Damon ne beveva così tanto che il wisky aveva alterato il sapore del suo stesso sangue.
Stava di fatto che nella sua testa tutto si stava sfocando.
Le sembrava che ci fosse il terremoto, i colori mutavano, come le luci di una discoteca, senza alcun suono a cui prestare attenzione.
Era così che si sentiva Damon quando beveva da qualcuno?
Doveva essere fantastico, il corpo le formicolava in un modo così piacevole, il ventre le si faceva caldo e freddo contemporaneamente, quasi riusciva a capire Damon per il fatto di averla morsa.
Perciò, quando il sangue sulla pelle terminò, Ariel affondò i denti nel braccio per favorire lo scorrimento di quel nettare rosso.
Non aveva incisivi come quelli dei vampiri, quindi Damon quasi ringhiò per quella morsa insensata che gli stringeva la carne.
-Ariel…Basta…-Biascicò il vampiro, scosso da uno strano desiderio.
Era così intimo lasciar bere qualcuno in quel modo e gli piaceva.
Ed Ariel continuava a succhiare in modo vorace, come se trovasse quel sangue irresistibile.
Dalla bocca, gli uscì un gemito, che si mescolò al rumore delle sue vene che contornavano gli occhi, iniettati già di sangue per la mutazione del suo volto, quando i denti scendevano dalle gengive, pronti ad affondare nella carne. La carne del collo di Ariel, che lo stava prosciugando.
Ma quando lei leccò il braccio, le sue emozioni ed i suoi desideri presero una piega diversa.
Eccitante, lasciva e lussuriosa, la sua voglia di lei si concentrò sul desiderio di affondare dentro di lei, per possederla.
Come nella loro visione.
Stava quasi per posarle le mani sul capo, per invitarla a farsi baciare, ma nel momento stesso in cui gli sfiorò i boccoli rossi, il rombare di una moto li fece sobbalzare.
Ariel lo morse più forte, forse spaventata, poi mollò la presa e sollevò il busto, incrociando gli occhi di ghiaccio del vampiro.
Erano così persi e desiderosi.
La spaventavano, perché si rese conto che anche i suoi di cristallo verde avevano lo stesso aspetto caldo e vago.
Fece un passo in dietro e si pulì la bocca, con la manica della maglia, sentendo ancora il sapore di Damon, dentro di lei, sulla sua lingua.
-Ehi, fa presto, non ho tutta la giornata Principessa!-
La voce di Jake le sembrò un tuono, che la disincantò dagli occhi di Damon.
Camminò velocemente, voltandosi verso il compagno in moto, turbata e con il braccio che ancora premeva sulle labbra.
-Ehi, così non vale, gli amici non dovrebbero essere usati come medicina!-Borbottò Jake, tuttavia e, purtroppo, Ariel non vi prestò attenzione, troppo occupata a fantasticare su Damon.
Era buono, caldo ed invitante.
La confondeva, perché era certa che non avrebbe mai voluto bere sangue di vampiro in vita sua, tanto meno quello di Damon, ma invece senza sapere come, si era attaccata al suo braccio ed aveva bevuto come se lui le avesse offerto del succo di frutta.
Che le era preso?
Salì in moto, indossando il casco che Jake le aveva offerto e lanciò un ultimo sguardo in direzione di Damon e compagnia.
Tutti quasi a bocca aperta.
Arrossì vergognandosi per il modo assurdo in cui si era comportata.
Ultimamente non era più in sé, faceva cose assurde da quando era tornata da Roswell.
Specialmente con Damon.
-Reggiti Pollastrella, adesso andiamo a farci il mondo!-Esclamò entusiasta Jake, dando gas con l’acceleratore, che fece rombare in modo pauroso la Kawasaki.
Poi partirono, schizzati fuori dal parcheggio, forse un po’ troppo veloci per il limite consentito.
Poi, lungo la strada, Damon, Stefan, Elena ed Alaric, lo videro impennarsi su una ruota posteriore ed accelerare ancora di più, fino a che nella curva non si piegarono talmente tanto che Elena si coprì la bocca con le mani, per nascondere il suo grido.
-Bastardo, vuole ammazzarla!-Brontolò Damon, allungando una mano per indicare il punto in cui erano spariti Jake ed Ariel.
Stefan gli andò davanti con uno sguardo davvero eloquente, che voleva chiaramente dirgli: Perché, Tu No?
Jake parcheggiò proprio fuori dall’appartamento di Ariel, mettendo la moto più vicina possibile alla finestra.
Ariel pensò che doveva esser diventato ancora più paranoico con i motori a due rute.
-Avanti, scendi…Entriamo in casa, dobbiamo parlare!-Disse lui, sistemandosi il cappello scuro che col vento s’era spostato un po’.
La rossa fece come lui gli aveva detto, tenendo gli occhi puntati su di lui, che la seguì subito, scendendo con un eleganza innata dalla moto.
Era sempre stato più alto di lei, anche quand’erano piccoli, ma ora Ariel trovava che il ragazzo avesse un po’ esagerato con la crescita, dimostrava almeno 25 anni!
Poi lui le piazzò davanti un bel sorriso, dei suoi, luminosi ed affascinanti e la fece arrossire, ricordandole che doveva aprire la porta di casa.
Entrarono insieme, Jake la seguiva alle sue spalle, silenzioso, ma con un sorriso diabolico stampato sul volto, nascosto dagli occhiali da sole.
-Oddio! Sul serio? Cos’è…questa trappola di appartamento? Ti prego dimmi che, con tutti i soldi che ti ritrovi, non vivi in quest’ appartamento!-
-Ed invece vivo proprio qui, è piccolo ed indiscreto… e non mi costa un mucchio!-Spiegò lei, senza voltarsi, lasciando che lui chiudesse la porta a chiave.
-Stai diventando tirchia, quando torneremo insieme, pretenderò la mia villetta con giardino e piscina!-
Ariel si fermò in mezzo alla stanza e sentì il cuore batterle più forte.
Quando torneremo insieme, aveva detto.
Ma quando?
-Quando, Jake?-Si voltò, andandogli più vicino, in modo che lui potesse leggere nei suoi occhi verdi quanto fosse ansiosa e disperata, senza averlo accanto.
Era cresciuto molto, la mascella era notevolmente più quadra e prorompente, la pelle era lievemente abbronzata, come se fosse stato in paesi caldi per parecchio tempo, le labbra erano carnose e piegate in un vispo sorrisetto, la barba era completamente rasata e sul suo volto non c’erano imperfezioni.
Gli occhi erano coperti da occhiali grandi e scuri, quindi non riusciva ad intuire a pieno le emozioni che lui provava in quel momento.
Era vestito di nero, come suo solito, e lei che era esperta, notò immediatamente la pistola, e non solo, nascosta all’interno della giacca di pelle.
Viaggiava notevolmente attrezzato.
-Oggi…-Rispose lui, senza scendere in dettagli.
Ariel non capì cosa volesse veramente dire con quell’espressione e non si premurò di andare avanti con le domande perché lui, guardandola incantato e con occhi colmi d’amore, le stava avvicinando una mano al volto.
Ariel tremò, quasi spaventata, era di nuovo difficile per lei abituarsi ad essere toccata da qualcuno, ma Jake era un caso a parte, il suo corpo si rilassò in un attimo a contatto col suo.
-Resterò con te, tutto il giorno e…Ehi, sei tesa, hai ancora problemi con…?-
-No, è che…Sai com’è…Non lo permetto a nessuno…-
Non permetto a nessuno di toccarmi, se non tu.
Ma era una bugia, anche Damon posava le mani su di lei, si erano toccati, presi per mano, persino baciati, prima che il suo tocco da uomo diventasse quello di un mostro.
Il tocco di un mostro che la spaventava, per lei era diventato inavvicinabile come tutti gli altri uomini, se non peggiore per aver osato farle del male quando lei, involontariamente, si era lasciata andare.
Chissà se Damon avesse saputo la sua storia come avrebbe reagito.
-Lo so, anche per me è difficile, a volte ancora oggi mi sembra di…-Ma lei gli posò una mano sulle labbra.
Non voleva sentire, non voleva ricordare il passato.
Quella storia non doveva sentirla nessuno, nemmeno i protagonisti.
Tanto meno Damon, chissà perché aveva pensato a come sarebbe stato, se lui avesse saputo? Era patetica.
Jake abbozzò un sorriso di circostanza e le strinse le mani, guardando verso la camera da letto.
-Adesso…-Disse muovendo un passo verso di lei, con un sorriso poco raccomandabile, che diceva tutto.
-Credo che dovremmo andare in camera da letto, non ho voglia di stare qui, con te, nel salone…-
Ed un attimo dopo l’aveva già spinta contro il muro.
Oh, ma sul serio? Quel gioco lo faceva quando avevano dodici anni.
Ma poi lui le posò una mano sul seno e palpò.
Così velocemente che la sua reazione arrivò in ritardo.
Si bloccò contro la parete e Jake svanì sostituendosi con un orribile mostro dai canini affilati.
Gemette, tremando, ma alla seconda contrazione della mano di lui, il volto demoniaco di Damon si sostituì a quello quasi angelico e rapito che aveva quando l’aveva sognato diversi giorni prima.
Socchiuse gli occhi ed allontanò quei pensieri troppo confusi, che la facevano prima tremare e poi vibrare dolcemente, per tornare con i piedi per terra.
-Jake!-
-Dai sto costatando se ti sono cresciute!-Protestò lui, mentre lei cercava di spostarlo, senza successo.
-Sì, sono proprio grosse!-E palpò entrambe, studiandole con lo sguardo, che sembrava attraversare la maglietta della Redlake, che smise di protestare, troppo imbarazzata.
-Vieni, ho una sorpresa per te, in camera…-E le afferrò un polso, guidandola verso la camera da letto.
Sapeva già dove si trovava, quindi era stato lì in precedenza.
Tranquilla, lo seguì fino alla sua stanza, dove lui, aperta la porta le indicò il letto con un cenno del capo.
-Ho sentito che da queste parti ci sarebbe stato un ballo in maschera…così ho pensato di portarti un regalino, visto che parteciperai di certo…-
Sapeva anche questo? Aveva fatto i compiti.
-No, non parteciperò…Che regalo hai comprato, Jake, non dovevi…-Mormorò, cercando di sembrare sia contenta sia dispiaciuta per averlo scomodato, ma in realtà le premeva sapere quanto aveva speso.
Conosceva troppo bene le mani bucate di Jake.
-Oh…Bè allora dovrai cambiare idea, perché, quando avrai aperto la scatola, quella grossa, dovrai per forza accettare di prendervi parte…-Gli disse, incitandola ad aprire il pacco, riposto sul letto.
Ariel lo guardò, non si era ancora tolto gli occhiali da sole e non sembrava intenzionato a farlo, così si concentrò sul pacco.
Avvicinandosi al letto, toccò il grosso pacco bianco, con dei disegni rossi che rappresentavano piccole rose.
Semplice e carino, ansiosa e d’altra parte curiosa, sollevò il coperchio e quasi svenne.
Un cane.
Avrebbe dovuto esserci un cane o un gatto, una rana, anche un pappagallo le sarebbe andato bene, ed invece no.
C’era una maschera.
Rossa, con i bordi adornati da piccole roselline nere, mentre sull’arcata superiore del buco per gli occhi vi erano tanti piccoli Swarovski lucenti.
Sul lato destro vi era applicato un nastrino che racchiudeva delle foglie finte, morbide, tinte di rosso, che creavano un effetto davvero bello.
Ma non era finita lì, non sarebbe stato da Jake.
Sotto, c’era anche un benedetto vestito.
Ovviamente era rosso, in tinta con la maschera, formato da un bustino dallo scollo a barca coperto di rose per renderlo più raffinato.
La gonna scendeva larga, a campana, nel tipico stile di fine settecento e presentava qualche arricciatura sul lato in modo da sembrare un po’ spiegazzata ed ondulata.
L’aveva tirato fuori per guardarlo e doveva ammettere che era davvero meraviglioso.
Ma nello scatolo c’erano ancora un paio di guanti neri, che arrivavano più o meno al gomito, e due scatole, una di scarpe ed una più piccina.
Aprì il pacco delle scarpe, perché aveva il vago sentore che vedendo quella di media grandezza, molto sottile, oltretutto, sarebbe svenuta per davvero.
Le scarpe erano laccate di nero, con un tacco medio a spillo e delle pietre preziose che le facevano brillare.
-Spero che ti vada tutto…-Borbottò Jake, appoggiato con una spalla allo stipite della porta.
Ariel non gli rispose, ma posò le scarpe sul letto, ansiosa di aprire l’altra piccola scatola.
La tirò fuori e l’aprì, per poi smettere di respirare.
Oddio. Gioielli.
Oro bianco, orecchini con pendenti grossi e luminosi, che terminavano con un grosso rubino rosso incastonato in una montatura d’oro.
C’era anche una collana che intrecciava due fili, spessi, che verso il centro custodivano un’altra gemma rossa, liscia e tonda come una perla.
Il bracciale era molto largo e grosso, sempre in oro bianco, con piccoli punti luce rossi.
Era tutto magnifico.
-Ok, so che sei traumatizzata, ma ti posso assicurare che non ho speso poi tanto…-
-Quanto?-Chiese subito, senza voltarsi a guardarlo, o l’avrebbe davvero ucciso.
-Meno di qualche milione…dai Ariel…non fare così…sembra che tu stia per trasformarti in SuperSayan…-Provò a scherzare il ragazzo, accorgendosi che Ariel emanava una strana aurea nera e dorata.
-…Jake…Dovrei ucciderti…-Si voltò, sussurrando, con un pugno stretto tanto da farle sbiancare le nocche.
-Quante volte ti ho detto di non spendere I MIEI SOLDI…-Poi le si scagliò contro, cercando di colpirlo, ma senza effettivi risultati.
Jake era abbastanza veloce da schivarla.
-Dai, infondo quei soldi non sono veramente tuoi, poi li ho rubati anch’io…anzi sono io che mi sono calato per manomettere ed aprire la cassaforte del Caveau… sono io che l’ho scassinata!-
-Io ero dietro di te, idiota!-Controbatté lei guardandolo male.
Jake sbuffò ed incrociò le braccia sul petto.
-Bene, comunque c’è un altro regalo, ma voglio che tu lo apra quando me ne sarò andato…-Disse sorridendo, come se avesse qualcosa da nascondere.
Ma Ariel non se ne accorse, troppo arrabbiata per individuare quel nuovo aspetto caratteriale di Jake, era molto più losco e furbo.
Così la Redlake lo accontentò e si rilassò, chiedendosi quale sarebbe stata la prossima mossa.
Andare al ballo? Non di certo con Damon.
-Andrò al ballo solo se sarai tu ad accompagnarmi!-
-Non posso, mostrarmi in pubblico con te sarebbe troppo pericoloso…e poi devo lasciare la città…Da solo!-Specificò, prima che lei potesse chiedergli di portarla con sé. Non la prese bene, la rossa .
-E dove sei stato per tutto questo tempo?-Chiese scontrosa, rammentando che non gli aveva ancora chiesto nulla.
-Cina, Giappone, New York, Messico! Mi spostavo ogni sei mesi, giusto il tempo di imparare la lingua locale e poi..fiùù far sparire ogni traccia!-
-Ti ho cercato per due anni! Hai idea di quello che ho passato?!-
-Hai idea tu di quel che ho passato io? Ho seguito il protocollo d’emergenza, invece tu sei rimasta a casa, poi sei venuta a Mystic Falls e ti sei messa a fare cartelloni pubblicitari, santo cielo sei impazzita?-La rimproverò il ragazzo, sia sconvolto sia stizzito dall’imprudenza che lei dimostrava, il suo ghigno allegro e furbetto era sparito.
-Ho fatto sempre attenzione!-Protestò in difesa di sé la rossa, a bocca aperta, indignata.
-Si certo! Ed allora mi spieghi perché degli assassini ti seguivano sulla statale A7? Che facevate con il tuo amico, facevate il Burlesque?-Chiese sarcastico.
-Santo cielo Jake non lo so che perché mi inseguivano, ok? Non era mai successo prima!-
-Questo perché non sei mai attenta! Ti sei esposta, hai rivelato la tua posizione, loro ti hanno trovata, sanno che sei qui, hai messo in pericolo non solo te stessa ma anche me ed il nostro denaro!-
Ariel sembrò rendersi conto solo in quel momento che Jake aveva ragione.
Quelle parole la ferirono, facendole sgranare gli occhi.
Come aveva vissuto da quando Jake se n’era andato? Come se non le importasse più chi era, si era lasciata sopraffare dal dolore.
Perché lo aveva fatto? Perché aveva creduto di non farcela da sola, eppure era lì, il peso che aveva sul cuore, per quello che le aveva fatto Damon, era misteriosamente svanito e non sapeva com’era stato possibile.
Si poteva dimenticare di aver sofferto tanto, al punto da cambiare quasi carattere? Evidentemente sì.
Domande e risposte le inondarono la mente in pochi secondi, che le furono necessari per controbattere le verità di Jake.
-Non succederà più, ho passato un brutto periodo, la famigli a pezzi, la tua scomparsa, non volevo saperne delle mie responsabilità, volevo solo essere normale, vivere come se non avessi avuto un addestramento militare, come se non avessero portato via mio padre ed io non gli avessi svuotato il Caveau spartendo il malloppo con te e…-Si zittì, non voleva pronunciare quel nome, il nome dell’angelo che l’aveva abbandonata per primo.
Da troppo tempo non lo vedeva, né dal vivo né nei suoi ricordi.
Jake la guardò male, forse infastidito anche lui dal ricordo spiacevole del giovane pianista che li accompagnava ovunque.
-Comunque sia, noi non siamo normali tesoro, non possiamo farci nulla…-
-Lo so! Ed ora sono pronta ad accettarlo, sto bene e posso riprendere da dove abbiamo lasciato, sei qui ed insieme potremmo andare in un’altra città, spostarci quando è necessario…-
-No, insieme è troppo pericoloso…Lo sai anche tu che possiamo sopravvivere solo se seguiamo le regole, c’è troppo in ballo per noi!-
-Insieme saremo più forti!-Esclamò a voce più alta lei, di nuovo adirata.
-Saremo vulnerabili! Quanto pensi che ci metterebbero per catturare uno di noi ed uccidere l’altro? Tu non sai, o forse non vuoi, coprire le tue tracce, ma io si e non fingerò di essere un ragazzo normale, noi abbiamo ucciso delle persone, io ne ho uccise e questo non potrà mai cambiare…Lui ci ha fatto questo, ci ha insegnato cose che non avremmo voluto sapere e dovuto sapere a quell’età, ma ci ha anche insegnato a sopravvivere da soli, siamo forti, siamo ricchi, ma non possiamo ancora stare insieme…-
-Allora a cosa serve tutto ciò che sappiamo ed abbiamo, Jake!?-Urlò lei ancora più nervosa dai discorsi troppo veritieri di Jake.
-A renderci più forti, Ariel! Adesso voglio che tu mi ascolti bene, capito? Non lasciare Mystic Falls, non cercare di seguirmi e lasciami andare o sapranno dove mi trovo e prenderanno di mira anche me!-
-Sei egoista!-
-No, sono realista! Da sola puoi badare a te stessa! Mi occuperò io di coprire le tue tracce, ti farò sparire in Italia, ma ci vorrà qualche giorno, fino ad allora non farti uccidere ok?!-
Esclamò il ragazzo in modo serio ed autoritario, facendo zittire Ariel, che aveva spalancato i suoi grandi occhi verdi.
Jake non sapeva nulla di Damon.
E non avrebbe dovuto mai saperne nulla, perciò se non voleva portarla con sé, l’unica soluzione era lasciarlo andare. Damon era troppo pericoloso per lui che se avesse saputo quello che le aveva fatto, non avrebbe esitato ad uscire e farsi ammazzare nel tentativo di vendicarla.
-D’accordo…Un mese, se non ho tue notizie, ti cercherò, fino in capo al mondo…-Minacciò cercando di assumere un tono autoritario anche lei.
-Ma certo, Principessa Cremisi! Ai suoi ordini!-Disse tutto gongolante e sorridente Jake, prendendole una mano.
Oddio, era tornato il solito bighellone sfacciato.
-Lasciami il tuo numero di cellulare!-
-Lo cambio ogni due settimane, qualche volta anche prima, gli affaristi che vogliono il nostro Saldo facevano parte della nostra azienda perciò sono persone in gamba, soprattutto quelli che sono stati liquidati prima che…bè lo sai, prima dell’arresto, quindi vorranno i loro soldi più che mai…-Spiegò Jake.
-Dovrei farlo anch’io?-
-No, se cambi numero da qui, farti sparire in Italia sarà inutile, ti rintraccerebbero subito, ci penserò io anche in questo caso, una volta in Italia comprerò un cellulare a tuo nome prima di “spostarti” da qualche altra parte…-
-Va bene, grazie…-Disse lei, sorpresa che il suo piccolo ed indifeso Jake fosse diventato un uomo capace di tanto, così minuzioso ed esperto.
Il suo coraggio era sempre stato quello più vivido nel loro trio di un tempo.
Il ragazzo con gli occhiali sorrise guardandola con affetto, mentre lei ricambiava pienamente.
-Mi manchi e qualche volta mi sento molto solo, per questo ti scrivo quei messaggi…aspetterò il momento in cui sarai di nuovo nel letto con me…Con impazienza!-Disse carezzandole d’improvviso la guancia.
Ariel sobbalzò per la sorpresa ma Jake l’ignorò completamente e proseguì, dirigendo la sua mano altre la nuca, fino all’attaccatura dei capelli, avvicinando i loro volti sempre più.
-Anche tu mi manchi tanto tesoro…-Gli sussurò prima che Jake posasse le sue labbra sulle sue.
Ariel si rilassò, posando anche lei una mano sulla guancia liscia del ragazzo, spingendolo a sé.
Gli era davvero mancato ed ora stava per andarsene via, salutandola con quel casto bacio pieno di promesse ed amore.
Così diverso da quelli che aveva condiviso con Damon, dove la passione dominava i sensi e la eccitava fino alle stelle, facendole scoppiare il cuore e volare le farfalle nello stomaco.
Si avvicinò di più a Jake, che le fasciò il corpo con un braccio, schiacciandola sul suo petto.
Dio com’era difficile lasciarlo andare, quando era così premuroso con lei.
Damon, continuava a fissare la finestra della casa di Ariel, teso e nervoso, al sol pensiero che Ariel fosse sola con l’inquietante tipo munito di occhiali da sole, che altri non era che il fantomatico killer Jake.
Ma il suo cuore, era scoppiato nel momento esatto in cui l’aveva visto toccarla con tanta disinvoltura nel salone.
Il modo in cui l’aveva toccata sul seno, che solo lui sognava di sfiorare, la tranquillità che lei aveva dimostrato a quel tocco, evidentemente ben accetto, gli avevano quasi spinto il sangue al cervello.
Poi, aveva a malapena sentito delle urla, litigavano su denaro, sparizioni, morti ed omicidi, banche svuotate ed altre cose che per lui non avevano né capo né coda.
Almeno finché, nella camera da letto, appoggiati alla porta chiusa, lui non l’aveva baciata e lei era stata così entusiasta del fatto, che gli aveva addirittura posato una mano sul volto, per incitarlo.
Era stata così dolce e sciolta, come non l’aveva mai vista.
Ma poi lui l’aveva sollevata e lei gli aveva legato le gambe attorno alla vita ed aveva riso, cristallina.
Avevano volteggiato per la stanza, ridendo e scherzando come se non avessero segreti, coscienze sporche o altri problemi, fino ad arrivare accanto al letto, dove Jake la gettò, sorprendendola e forse anche spaventandola.
La vide sollevare il busto e guardare con aria crucciata il ragazzo che lanciava via il cappellino, rivelando i capelli scurissimi, corti ma non troppo, in seguito tolse anche gli occhiali e Damon quasi sentì la mascella toccargli la terra per lo shock.
Il ragazzo aveva gli occhi rossi.
Rossi come un diavolo.
Trattenne il primo ringhio, ma si lasciò scappare il secondo quando lei, ridendo, lo guardò togliersi la giacca di pelle, come quelle che portava lui, la maglietta e restare completamente a petto nudo.
All’apparenza sembrava gracilino, ma si accorse che aveva un petto largo e possente e delle braccia muscolose, segno di molti e molti allenamenti.
Jake si acquattò sul letto, salendoci su come una tigre, Ariel lo guardò ancora senza sapere cosa fare poi, però, gli parve che gli avesse chiesto cosa aveva intenzione di fare.
Lui aveva sorriso e Damon aveva aguzzato l’udito al massimo.
-Che domande!? E’ l’ora del porno-wrestling!!!-E le si fiondò addosso, Ariel urlò, ma più di sorpresa che di paura ed iniziarono a rotolare come degli idioti sul letto, simulando qualche strana presa wrestling.
Ma il vero colpo di grazia fu quando lui, grazie ad una presa che le bloccava le gambe e le braccia, le sfilò la maglia, lasciandola in biancheria.
-Ehi, era porno-Wrestling, non vale se l’unico nudo sono io!! Comunque hai perso, ora dovrai pagare pegno! Dai, facciamo tanti bambini!-E lui la toccò ovunque, facendole forse il solletico, perché lei rideva e non urlava come aveva fatto quando c’era stato lui in quel letto su di lei.
L'ultima cosa che riuscì a pensare lucidamente, fu il pensiero di staccare la testa di Ariel Redlake e del bastardo che la baciava, toccava e rendeva felice.
Poi silenzio.
Il mondo gli cadde addosso e tutto diventò rosso.
Andò via, ma sarebbe tornato, per uccidere Jake e riprendersi Ariel.
Fine XVII Capitolo.
Buona sera,
Mi scuso per il solito, ma tremendo, ritardo >.<
Questo capitolo mi ha bloccato come mai nessun altro!
Ma il prossimo sarà decisamente tuttoo Damon/Ariel.
Finalmente andranno al ballo insieme…e sarà qualcosa di straordinario!
Ma qui avete conosciuto da vicino il nostro fantastico Jake!
Che ne pensate di lui, ora che avete conosciuto altri aspetti del suo carattere?
Che legame avrà con Ariel il bel teppista dagli occhi rossi?
Ma soprattutto, secondo voi, cosa farà Damon?
Attaccherà Jake o chiuderà un occhio su ciò che è successo nell’appartamente…ma poi…Cos’è successo in realtà fra Ariel e Jake, dopo la fuga di Damon?
Tutto nel prossimo capitolo!
Baci Serenity!
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Capitolo 19 *** In The Air Tonight ***
Cap 18
Beta, Casa mia è
restare con te,
Per sempre, credi
a me…
D’ora in poi
questo è
tutto il mio mondo
Dove ho
lasciato il cuore,
Dove ho
incontrato te…
Ora è lì casa
mia…
Capitolo XVIII : In the Air Tonight
Quando Ariel
aprì gli occhi, sentì uno strano peso gravarle sulla guancia, infuocata dal
quel calore di sicuro umano, che solitamente la pelle emanava.
Stupita e
sorpresa, si rese conto che qualcuno stava dormendo con lei.
Si mosse, ma
l’oscurità non le permetteva di capire effettivamente dove si trovasse e con
chi fosse.
Poi comprese
che era in casa sua e che s’era addormentata con Jake.
Il suo
adorabile Jake.
Provò ancora
a spostarsi, ma Jake l’aveva bloccata con il bracco che riposava morbido
proprio sul suo volto.
Alla fine,
dopo vari tentativi, cercando di non svegliarlo sbuffò rassegnata, poi lo sentì
ridere.
-Cocca, stai
già pensando di andartene, dopo avermi usato a quel modo?-Domandò malizioso,
spostando il braccio dal suo volto e lasciandolo scendere sulla sua vita, nuda.
Dannazione.
Si alzò,
restando seduta sul bordo del letto, sposando le coperte.
-Prima cosa,
questo è il mio appartamento, non credo che scapperò. Secondo, non ti ho usato
per niente, sei tu che hai usato il mio letto!-Esclamò accendendo l’abat-jour
posta sul comodino.
Indossava un
reggiseno nero, con le coppe poco imbottite e ricamate, ma la spallina sinistra
era scivolata giù, gli slip anch’essi piacevolmente ricamati sulla stoffa liscia
di cotone erano al loro posto e fu certa che Jake non aveva fatto lo scostumato
mentre dormivano.
Però lui era
nudo e la rossa supponeva, o più che altro sperava, che sotto le lenzuola
almeno portasse i boxer.
Da bambino
gli piaceva dormire nudo, ma ormai era abbastanza adulto, no?
-Sei così frigida, una volta ti saresti divertita
molto di più…-
Ecco, non
era maturato per niente.
Come poteva
dire certe cose? Frigida? Bè era stata violentata, non è che aveva molto
desiderio verso gli uomini, fatta eccezione di Damon Salvatore che, oltre ad
essere il suo stalker/Vampiro/molestatore, restava sempre e comunque la sua
morbosa fisima grazie all’improbabile sogno erotico che aveva fatto dopo che
l’avevano sparata.
Era curiosa
di sapere se lui fosse davvero come l’aveva sognato: Erotico, passionale e premuroso.
Ma
l’esperienza le rammentava che era solo un mostro, anche se non sapeva quanto
c’era stata male.
Poi, c’era
stata male davvero? Aveva sofferto quando si era resa conto di quanto Damon
fosse stato crudele?
Aveva avuto
voglia di eclissarsi per sempre? Non lo ricordava.
-Sono sempre
la stessa, J!-Rispose sbrigativa, stropicciandosi gli occhi con il palmo della
mano.
Lanciando
una rapida occhiata all’orologio si rese conto che erano appena le tre e
mezza.
-Non avevi
detto che te ne saresti andato presto?-
-Che c’è,
adesso mi cacci, amore?-Chiese lui, sistemandosi meglio sul fianco e ponendo un
gomito sul cuscino, per sorreggersi la testa con la mano.
Lei scosse
il capo con un sorriso rassegnato e si voltò a guardarlo in modo seducente.
Era disinibita
con Jake, esserlo era molto più facile con lui che con chiunque altro.
-Non potrei,
neanche volendo…Mio Macho!-
Ed in quel
momento gli occhi di Jake brillarono, aveva tolto le lenti a contatto e i suoi
occhi chiari lasciavano trasparire la sua vera anima.
Sensibile e
spensierato.
-Brutta
Gitana!-
Lei rise,
divertita dallo stesso sorriso del moretto e quando lui si alzò e l’afferrò per
le spalle si lasciò trascinare giù, certa che Jake non le avrebbe mai fatto
nulla contro la sua volontà, tranne mostrarle le proprie nudità mascoline come
un pavone.
Scoprì che
era nudo e non aveva perso il vizio di dormire come madre natura l’aveva fatto.
E dovette
ammettere che aveva fatto un buon lavoro, col piccolo Jake, ma questo
naturalmente non lo disse al ragazzo.
Il mattino
dopo l’arrivo del famigerato, spregiudicato, ruba vittime Jake Anonimo
Motociclista, Damon giaceva disperato nella sua doccia, gelida, fissando il suo
Verme, ormai più che Solitario della Tequila, penzolare depresso quanto lui.
Dov’era finita
la sua virilità da eterno stallone?
Jake e Ariel
l’avevano schiacciata quando erano ricaduti insieme su quel letto, intanto che
si dimenavano per spogliarsi e lui, come un codardo, era scappato via per
sfasciare la casa, la moto e pure quei due.
Non si era
mai sentito così frustrato, da almeno cento anni.
In aggiunta
si erano anche messi Elena e Stefan, che copulavano nella loro camera come due
piccioncini spauriti dalla vita, ma che trovavano rifugio l’uno fra le braccia
dell’altro.
Disgustoso.
Lui soffriva e tutti amoreggiavano.
Ma la sua
sofferenza era più fisica che morale, se ne era ormai convinto.
Voleva
Ariel, l’aveva sempre voluta e quando l’aveva avuta era andato tutto nel modo
sbagliato.
Si era reso
conto che, sì, voleva tutto di lei, brutalmente, sanguinosamente e porno
graficamente, ma la voleva anche come l’aveva avuta nella sua mente, con quello
che chiamano sogno, con passione e desiderio da parte di lei.
La voleva
desiderosa e non passiva.
La voleva
come l’aveva Jake.
Col sorriso,
con le risate.
La voleva con
quei capelli rossi da accarezzare e non da tirare, per poterla fare sua, senza
problemi.
Voleva
vedere i suoi occhi brillare di eccitazione e non di paura e disgusto.
Ed invece
aveva incasinato tutto, solo perché era stato travolto dall’impulsivo desiderio
del suo sangue.
Ma avrebbe
cambiato le cose.
Forse aveva
concesso a Jake una notte, ma avrebbe conquistato Ariel ad ogni costo.
Lui era
l’eterno stallone.
-Eterno
stallone! Eterno stallone!-Disse all’indirizzo dei suoi gioielli di famiglia,
mentre sbatteva un pugno contro le mattonelle fredde della cabina-doccia.
Il mattino
era caldo, quel giorno.
Jake
sbadigliò guardando l’orologio, sorprendendosi per la tarda ora, non era
decisamente da lui svegliarsi dopo le sette.
Ariel gli faceva
un brutto effetto.
La guardò,
era rannicchiata di spalle, la sua posizione abituale per dormire, crollata in
un sonno profondo e rilassato.
Sollevò le
coperte, si era dovuto mettere i boxer, ma per lui non era una novità la
reazione della rossa.
Ariel era
pudica, qualche volta.
Sbadigliò e
si accostò di più a lei, cingendole la vita con un braccio muscoloso.
Le diede un
bacio sulla spalla e cominciò a chiamarla.
Ariel si
svegliò poco dopo, con un sobbalzo.
Spaventata
dall’improvvisa ovvietà di non essere sola nel letto.
Il suo primo
pensiero raffigurava gli occhi di ghiaccio e cielo che appartenevano a Damon.
Poi rammentò
che era stata con Jake e lui era rimasto a dormire con lei e dopo essersi
svegliati nel cuore della notte, si erano riaddormentati, dopo una mini lotta
sotto le lenzuola.
-Ehi, sono
io, tesoro…-La rassicurò il giovane.
-J…Che…che
ore sono?-Borbottò ignorando i baci che lui le depositava sulla spalla ed il
braccio possessivo che le stringeva i fianchi.
-Le otto…ci
siamo fatti una bella dormita, no?-La schernì lui sorridendole, avvicinando le
labbra all’indirizzo del collo della ragazza.
Ariel sgranò
gli occhi verdi e s’irrigidì.
-Maledizione!
Stefan ed Elena vengono a prendermi per la scuola!-Esclamò rotolando fino a
trovarsi faccia a faccia con Jake.
Lui la
guardò con un sopracciglio alzato e l’aria perplessa.
-Ah, i tuoi
amici! Elena è la ragazza carina? Posso portarmela a letto, col tuo
consenso?-Disse con un sorriso malizioso, che le fece quasi intuire che non
stava per nulla scherzando.
No, Jake non
poteva aver già fatto quelle cose.
-Smettila di
fantasticare, sei un pervertito! Scommetto che non c’è ragazza disposta a
venire a letto con te, tesoro!-Rimbeccò lei, sollevandosi puntellando sui
gomiti.
Jake per un
attimo la guardò in modo strano.
Come se
stesse ponderando su qualcosa da dirle.
-Devo
smentirti…-Cominciò con voce seria, e Ariel lo guardò sorpresa e confusa.
Il cuore le
perse un battito.
-L’ho già
fatto, Ariel… Sono stato a letto con delle ragazze…-Confessò come se stesse svelando
uno dei suoi omicidi più truci.
La rossa, a
quelle parole, rimase a bocca aperta.
Jake non era
più vergine.
Era stato a
letto con qualcuna.
Un
improvviso moto d’imbarazzo e gelosia le partì dallo stomaco fino al viso,
inondandole il cervello.
Ma nonostante
la rabbia e la sorpresa, alquanto imbarazzante, non riuscì a dire nulla e sentì
la fronte corrugarsi con rabbia.
Jake invece
proseguì, seppur con un lieve rossore sulle guance, era molto più rilassato.
-A
quattordici anni, poco dopo essermene andato di casa…Era una ragazza più
grande, ma non è durata, nonostante tutto…-Disse, con l’aria di chi questa
volta stava tralasciando qualche dettaglio importante.
Molto
importante.
Ariel lo
guardò per attimi interminabili finché non pensò a qualcosa di acido da dirgli.
“Anch’io non
sono più vergine. L’ho fatto con un vampiro. Che mi ha aggredita e violentata
mentre tu te la spassavi già da molto.”
E immaginò
Jake riderle in faccia, senza crederle.
Ma quando
ipotizzò che avrebbe potuto crederle, lo immaginò morto e dissanguato per mano
di Damon.
Rabbrividì,
sentendosi il cuore in gola.
-Ma non devi
essere gelosa! Fosse per me, potremmo sposarci! Sai, potrei farmi chiamare Yuri
Boyka, come il personaggio di Undisputed e tu cambiare nome!-
Lei lo
guardò sconcertata e si rilassò.
Era
incorreggibile il suo Jake.
-Scemo, non
possiamo sposarci davvero! Lo sai, parli come se avessi ancora cinque
anni!-Scherzò lei, alzandosi definitivamente dal letto.
Lui per
risposta sbuffò, lasciandosi ricadere col capo sul cuscino.
-Devo andare
a scuola, fra dieci minuti saranno qui quei due, vorrei farmi una doccia!-Disse
lei, abbandonando il letto e dirigendosi verso il bagno.
Jake sorrise
e si alzò, scostando le coperte.
-Più crudele
è la guerra e l'uomo sa cos'è la guerra! Caldo e tenero è l'amore e l'uomo sa
cos'è l'amore! Giù dal cielo scende un tuono, tutto intorno un grande
suono…Corre il sangue, nelle vene, grande vento, nella notte calda si alzeràààà!
Sandokan! Sandokan! Giallo il sole la forza mi dà! Sandokan! Sandokan dammi
forza ogni giorno, ogni notte coraggio verrà!-Cantò avvicinandosi con fare
losco verso la porta semi chiusa del bagno, dove Ariel aveva già aperto
l’acqua.
Entrò veloce
e richiuse la porta senza smettere di cantare a gran voce.
L’urlo che
lei lanciò non era poi così spaventato, ma per motivi scenici, suppose il
ragazzo, aveva dato sfogo alla sua protesta femminile.
Lui non ci
badò, si tolse i boxer e s’infilò nella doccia.
La resa
della rossa arrivò pochi minuti dopo, quando finalmente entrò anche lei, dandogli
pudicamente le spalle seppur fosse nascosta dalla sua biancheria.
Quando
Stefan, dopo esser passato a prendere Elena, era finalmente arrivato a casa di
Ariel, alle otto ed un quarto, non si sorprese che Ariel non fosse uscita al
primo colpo di Clacson.
Lei era
spesso in ritardo, quindi erano abituati ad attendere qualche minuto, ma quando
ne trascorsero quasi otto, cominciarono a preoccuparsi entrambi.
Era rimasta
con il suo amico e non si era più fatta viva.
Questo li
preoccupava, ma avevano preferito non interferire per una volta tanto.
Damon
sembrava aver preso la questione allo stesso modo, era tornato a casa e si era
barricato in camera.
Ma il
mattino del giorno dopo era uscito presso poco all’alba.
Così scesero
dall’auto e si diressero fino al portone, dove bussarono al campanello.
Qualche
attimo dopo ad aprire non fu Ariel, ma Jake.
-Ehi! Siete
voi! Vi serve qualcosa piccioncini?-Domandò lui con certo sorriso di scherno.
Era col
petto nudo ed i pantaloni scuri a fasciargli le gambe.
Elena quasi
arrossì di fronte allo spettacolo troppo generoso di madre natura.
-Cerchiamo
Ariel…-Disse Stefan, spingendo il suo sguardo oltre Jake, ma il ragazzo non
aveva aperto del tutto la porta, la teneva socchiusa, in modo che solo il suo
corpo fosse visibile.
-Oooh…La
scuola, l’aveva detto…Ma credo che ora sia impegnata…se vi va di entrare, ho
preparato una colazione fantastica!-Disse lui facendo alcune smorfie di sovrappensiero.
Elena e
Stefan si guardarono sorpresi poi per poi accettare l’inaspettato invito.
Entrando in
casa sentirono subito il tipico odore di uova, salsicce, beacon, toast
imburrati e formaggio fuso.
-Prego,
venite…Ehi, Tesoro, ci sono Elena e Stefan!-Disse il ragazzo afferrando una
maglia scura poggiata sul divano ed indossandola in fretta, lasciando andare
avanti i due appena entrati.
Stefan ed
Elena, videro Ariel seduta al tavolo con una porzione immensa di uova e Beacon,
che trangugiava tutto come se non mangiasse da secoli, poi alzò lo sguardo
verso di loro e quasi tossì sputando tutto.
-Ra-Ragazzi!
Oddio perdonatemi, non vi avevo sentito bussare!-
Elena guardò
i piatti sulla tavola ed il suo stomaco brontolò a quel profumino invitante.
Non aveva fatto colazione, se non con un rapido sorso di caffè che Jeremy era
riuscito a preparare in fretta e furia.
-Ma Chèrie,
permettimi di offrirti la colazione, sembri affamata!-Esclamò Jake, spostando
una sedia per far accomodare Elena.
-Possiamo
entrare alla seconda ora…-Disse Stefan incoraggiando la fidanzata a sedersi.
Era curioso
di scoprire qualche informazione in più sul nuovo arrivato.
Elena
accettò l’invito e Stefan si accomodò accanto a lui, rifiutando tuttavia le
generose porzioni che Jake le offriva.
-Allora, vi
conoscete da molto?-Chiese il vampiro, cercando di sembrare più innocente che
mai.
-Oh, da una
vita…-Rispose il ragazzo, che gli dava le spalle e preparava qualcosa che
dovevano essere dei pancake.
Era molto
rilassato, mentre Ariel era davvero intenta a divorare tutto ciò che lui le
metteva davanti, compreso il piatto che era stato offerto a Stefan.
Non
l’avevano mai vista mangiare così.
O forse si?
Di certo mangiava più di Elena, di solito.
-Anche tu
sei della Georgia, come Ariel?-
-Roswell,
con precisione…Non gliel’hai detto, tesoro?-
In quel momento Ariel alzò la testa dal
piatto, tenendo stretta la forchetta.
-Mi sarà
sfuggito…-Borbottò lei fissando il beacon nel piatto.
-Posso avere
un'altra salsiccia, J?-
Il ragazzo
si voltò e le sorrise sornione, ignorando gli sguardi sorpresi e perplessi di
Elena e Stefan.
-Ho una
meravigliosa salsiccia conservata per te da un po’, vedrai ti piacerà!-Disse
spudoratamente, facendole l’occhiolino.
-No, grazie,
preferisco quello in padella…Scusatelo, ragazzi, è un bambino di 5 anni, gli
manca la giusta educazione morale!-Disse lanciando un’occhiataccia al moretto,
che se la rise, porgendole il cibo nel piatto e lasciando indietro i sorrisi di
circostanza dei due amici.
-Elena,
bis?-
-Oh no, ti
ringrazio! Comunque complimenti, cucini benissimo!-Gli disse Elena, ignorando
l’occhiata sospetta di Stefan.
Con
certezza, era colpita anche lei dalla bellezza di Jake, si disse il vampiro.
Non era un
tipo particolarmente geloso, però non si poteva mai sapere.
-Ti
ringrazio, pupa!-Le rispose lui, facendogli l’occhiolino e cospargendo i
pancake di sciroppo d’acero.
Ariel fece
una faccia cupa e mangiò più rumorosamente, come infastidita dal borbottare
sdolcinato dell’amico.
-Oh, non
essere gelosa, tesoro mio, te l’ho detto, sei solo tu la donna della mia
vita!!-La rimbeccò Jake, come se, magicamente, avesse intuito le emozioni della
rossa.
Stefan li
osservò e notò la naturalezza con cui Jake toccava Ariel e lei che si lasciava
toccare senza ritirarsi.
Ed in quel
momento capì che fra loro c’era qualcosa di più che semplice amicizia.
Dovevano
essersi amati profondamente o, almeno, aver condiviso qualcosa di tanto intenso
e profondo da renderli uniti e vicini come poche persone al mondo.
-Come mai
porti delle lenti a contatto rosse?-Chiese con finta innocenza Elena.
Stefan si
congratulò con lei per essersi ripresa dallo stato di damigella affascinata dal
giovane cuoco.
Che poi lui
cucinava anche meglio.
-Per far
paura alle giovani signorine come te!-La prese in giro, mettendo il pancake sul
tavolo e portando via quello che Ariel spazzolava con insistenza morbosa.
Elena
abbozzò una risata di circostanza e lui si sforzò di fare lo stesso.
Ora capiva
Damon: Jake era irritante.
-E voi
invece? Siete di qui vero?-Domandò ad un tratto il moro.
-Sì, da
tutta una vita…-Rispose Stefan, questa volta.
Sembrò che
Jake stesse per dire qualcosa, ma lo squillare di un cellulare interruppe i
loro discorsi sul nascere.
-È il mio,
scusate!-Disse il ragazzo estraendo l’Iphone nero dalla tasca dei jeans.
Rispose,
mentre apriva il rubinetto dell’acqua, sorprendendoli e facendo ipotizzare a Stefan
che, in qualche modo, Jake stava cercando di coprire la chiamata al suo udito
da vampiro, il sospetto tuttavia gli venne grazie all'occhiata indagatrice del
moro.
Sì, Jake
sapeva qualcosa ed aveva dei segreti.
-Problemi dolcez…Ehi Nina!? Dov’è Konny? Piangi? E perché mai, tesoro? Ti sto
mancando troppo!? Oh, amore sarò lì entro questa sera, non posso già mancarti,
su su non essere gelosa! Sei solo tu la donna della mia vita!-
Elena lo
guardò male, sbagliava o l’aveva detto poco fa anche ad Ariel?
Che modi.
-Vedrai,
cocca, sarò lì prima che tu ti addormenti, promesso! E se sarai buona potrei
decidere di passare la notte con te, ok?-
Ariel
s’incupì molto più di Elena a quelle parole e con uno sguardo di fuoco
abbandonò la posata nel piatto vuoto, provocando un rumore stridulo e
fastidioso.
-Ora devo
andare, pupa, mi raccomando, fa la brava con Konny o bacerò solo lei, ok? Ci
vediamo dopo!-E chiuse la chiamata con uno sguardo luccicante.
-Chi
era?-Chiese Ariel senza nemmeno guardarlo, con le braccia incrociate al petto.
-La mia
amante!-Rispose lui, uscendo dall’ala della cucina, dirigendosi in camera da
letto.
La rossa si
alzò.
-Bene, tanto
non dubitavo più che tu ne avessi una! Ragazzi, andiamo a scuola?-Li incitò
lei, assumendo un’aria di sdegno.
Jake ricomparve
nella sala, con la sua giacca di pelle, gli occhiali da sole ed il cappello firmato
NY sulla nuca.
-Ho
sistemato il tuo cellulare! Hai ottenuto quello che volevi, spero mi perdonerai
per i regali un po’ costosi!-
-Cosa le hai
regalato?-Chiese Elena alzandosi anche lei dalla sedia accanto al tavolo.
-Un vestito
per il ballo, ha deciso che parteciperà! Le manca solo un cavaliere, ma sono
certo che ne troverà uno abbastanza carino da compensare la mia assenza!-Si
pavoneggiò lui, con un sorriso da schiaffi, che alla Gilbert ricordava
parecchio quello di Damon.
Forse per
questo ad Ariel era piaciuto Damon, sembrava una versione più giovane e
sbarazzina di lui.
Ma quanti
anni aveva davvero?
Stava per
chiederglielo ma Stefan le soffiò la scena.
-Hai il porto
d’armi?-
Jake, che
stava riponendo il suo portafogli in tasca, dopo aver recuperato le chiavi
della moto, lo guardò sorpreso, come se non s’aspettasse quella domanda.
Ariel
assunse la stessa espressione di panico e sorpresa.
-Certo che
sì!-
-Certo che
no!-
Stefan
guardò prima Ariel poi Jake.
Bugiardi
incalliti eh?
-No, che non
ce l’abbiamo! Quando mai ti hanno messo in mano un porto d’armi, baka* di una
donna! Non darle ascolto, Stefan, non capisce nulla di queste cose!-
-Jake ma sei
impazzito! Questo non è seguire il protocollo!-Gli fece notare lei sconcertata,
mentre guardava il moro e Stefan con aria preoccupata.
Che cosa
avrebbero pensato di lei, Stefan ed Elena, ora?
-Quindi, non ce l’avete?! E se vi
arrestano?-Chiese Elena, oramai sulla soglia di casa.
Ariel era un
fascio di nervi, così pallida da superare quasi Stefan, che la guardava truce.
-Non
preoccuparti, Bambolina, siamo in gamba e nessun poliziotto potrebbe reggere il
confronto!-Esclamò il moro, aprendole la porta di casa con un occhiolino.
-Non ne
vogliate ad Ariel, cerca solo di proteggerci, ma non è abbastanza furba ed
astuta da riuscirci, vi prego di prendervi cura di lei finché non verrò a
riprendermela!!-Esclamò col suo tono gioviale mentre si avvicinava alla sua
Kawasaki Ninja.
Montò in
sella, mentre gli altri tre lo guardavano.
Stefan
lasciò scivolare via il fastidio che aveva provato quando Ariel aveva mentito e
smise di chiedersi quante altre bugie avesse raccontato, sentendo dentro di sé
che doveva davvero proteggere Ariel.
Era chiaro
che Jake non sapeva di Damon e di ciò che aveva fatto ad Ariel.
E
probabilmente sarebbe stato meglio così per tutti.
Il ragazzo
sembrava pronto a tutto per la rossa.
Damon, per
avere Ariel, l’avrebbe fatto a pezzi di certo.
-Ora vi
saluto, è stato un piacere conoscervi!-Disse sorridendogli in modo stranamente
sincero.
Molto più
onesto e senza malizia di tutti quelli che aveva riservato loro durante la
mattinata.
-Vieni,
Elena, saliamo in auto, Ariel ci raggiungerà subito…-Asserì Stefan afferrando
la mano della castana, ed insieme si diressero verso l’auto, mentre la Redlake
raggiungeva Jake.
Il Moro,
calando un po’ gli occhiali, per guardarla meglio, le sorrise.
-Cos’è quel
musetto eh? Non sei contenta, vero?-
-Come potrei
esserlo? Ma ne abbiamo già parlato… Non resterai e io non so cosa dirti per
convincerti a restare o a portarmi via con te…-
Lui distolse
lo sguardo, fece una smorfia con le labbra in fuori ed un’alzata di spalle.
-Qualche
proposta allettante, magari! Anche se credo che non riuscirei ad essere onesto,
scapperei comunque…C’è qualcuno che mi aspetta…-Disse iniziando giocoso e
terminando fin troppo serio.
Ariel lo
guardò accigliata e allo stesso tempo crucciata.
-Hai una
ragazza, adesso?-
-Qualcosa
del genere, te l’ho detto…è la mia amante!-E le sorrise di nuovo malizioso.
Lei incrociò
le braccia infastidita e mise il broncio.
-Molto bene!
Allora va pure da le!i!-
Prima di
poter terminare la frase, Ariel si ritrovò arpionata una mano di Jake sul suo
braccio e, quindi, attaccata al suo corpo.
-Smettila,
un giorno mi perdonerai e quando la vedrai, capirai perché non posso restare
qui e perché non posso portarti con me… Tu sarai sempre la mia Ariel, ti amerò
sempre e ti sarò per sempre grato per ogni attimo in cui sei stata il mio scudo
e la mia spada, ma ora le cose sono cambiate… proteggerò le mie donne, te lo
giuro! Ed ora baciami e sta zitta!-Con uno strattone, la avvicinò a sé e le
depositò un casto bacio sulle labbra.
Dopo il
primo attimo di sconcerto, Ariel gli lasciò scivolare le mani nei capelli,
stringendolo a lei.
Non si
spinsero oltre.
Era un
bacio, d’addio.
Non potevano
essere certi che si sarebbero rivisti, ma decisero di sperare, ed il ruggito
della Kawasaki di Jake era il loro grido, la loro preghiera.
Lui la
scansò via per primo, fu un po’ rude, ma ad Ariel parve che stesse soffrendo
quanto lei.
-Ricordati
dell’altro regalo e della parola d’ordine: Protocollo!-Disse senza guardarla,
facendo rombare la moto.
Ariel si
sentì invasa dalla determinazione, i suoi occhi arsero, ma una lacrima
solitaria le rigò il viso.
Se avessero
sparato a Jake?
Chi
l’avrebbe curato?
Chi si
sarebbe preso cura di lui?
Desiderò con
tutta sé stessa urlare, fermarlo, corrergli dietro, ma non poté fare nulla.
Il moro
mollò il freno e schizzò via.
Portandosi
il suo coraggio e tutta la determinazione.
Avrebbe
voluto piangere ma non ci riuscì, faceva troppo male.
Jake
accelerò, veloce come il vento, allontanandosi sempre più che poteva da Ariel.
Le case, le
città gli sfrecciarono di lato, ma lui non se ne curò.
Il cuore gli
martellava ancora nel petto.
Quanto
avrebbe rimpianto quella decisione?
Quanto gli
sarebbe costato comportarsi da uomo, che ancora non era neppure?
Aveva dovuto
crescere in fretta, fin dal giorno che sua madre l’aveva messo al mondo, eppure
nei primi anni della sua vita era stato un bambino del tutto inutile.
Sempre
all’ombra dell’Angelo della Musica, sempre nascosto dietro le spalle piccole e
gracili di Ariel.
Si era
allenato duramente per poterla proteggere, ma alla fine si era comportato come
un bambino sconsiderato e si era ritrovato con a carico un’altra vita da
proteggere.
Non che
rimpiangesse la sua scelta, ma avrebbe dovuto proteggere due donne adesso.
Era certo
che Ariel non sarebbe mai tornata la Redlake di un tempo, troppo delusa dagli
altri Cobra, da lui stesso e perciò doveva farsi carico anche di lei, finché
c’era la possibilità di un futuro insieme.
Quando si
sarebbero sistemate le cose, avrebbe messo a confronto le due fanciulle e gli
avrebbe proposto di creare un bell’harem.
Gli sembrava
proprio una buona idea, che gli infondeva allegria.
Allegria,
che però fu smorzata quando, attraversando il ponte di Wickery Bridge,
intravide fermo, al centro della strada, in piedi, braccia conserte e gambe
larghe, il signor Damon Salvatore.
Rallentò e
si tolse gli occhiali.
-Oh, che
carino, sei venuto a salutarmi anche tu, fratello?-
Domandò con
un sorrisetto, ma sapeva bene che c’erano guai in vista.
-Scendi da
quella moto e ti saluterò per sempre!-Ringhiò il vampiro.
Jake lo
guardò accigliato, di fronte a quelle parole così minacciose, poi sorrise di
nuovo.
I suoi
occhi, nascosti dalle lenti a contatto rosse, scintillarono e le pupille si
dilatarono fino a che, come se fossero esplose, si ritirarono e assunsero la
forma felina e sottile, inumana.
Come quelli
di Ariel.
-Come
desideri, Damon Salvatore!-Esclamò con una voce gelida, che Damon non avrebbe
mai detto appartenesse all’uomo che aveva visto insieme ad Ariel.
Un brivido
gli attraversò la spina dorsale e la rabbia che provava si fuse a un senso
d’inquietudine assai sinistro.
-Cosa centri
tu con Ariel Redlake?-Domandò il vampiro, restando immobile, mentre Jake
scendeva dalla sua moto e metteva il cavalletto.
-Ariel? Lei
è la mia donna, è mia madre, è mia sorella, è mia figlia, la mia compagna, la
mia guida, la mia perdizione…lei per me è tutto quello che una donna può essere
per un uomo, fino ai limiti estremi dell’amore e del sangue, mi capisci, non è
vero Damon Salvatore?-Gli rispose il moro, allagando le braccia in segno di
ovvietà.
-Lei non è
tua!-Ringiò basso il vampiro, infastidito dalle parole profonde e minacciose
del nuovo arrivato.
Ariel gli
apparteneva, Damon ne era certo, non l’avrebbe lasciata a Jake, nemmeno se il
tipo avesse avuto delle prove valide.
Nemmeno se
Ariel avesse scelto di andarsene via con lui.
Ma, a
dispetto di tutto, Jake sorrise di fronte alle sue proteste e gli si avvicinò
parlando.
-Davvero? La
vuoi tu? Sembri così determinato! Sai, l’altra volta, ti dissi che non ero
attrezzato a fronteggiare uno come te…bè, oggi…ho portato il paletto!-Esclamò
il moro dagli occhi rossi, sfoggiando il suo sorriso a trentadue denti.
Damon lo
guardò allibito e quando vide il paletto di legno, la furia prese il
sopravvento nel suo animo.
Come faceva
a sapere dei vampiri?!
-Ariel è la
mia donna e dio solo sa che darei per passare un’altra notte con lei, non te la
cederò, Vampiro!-
-Lei è
mia!-Urlò in risposta Damon, inferocito, chiedendosi se Jake sapesse che lui,
Damon Salvatore, per primo aveva profanato Ariel, rendendola sua.
Poco importava,
tanto per lui Jake era già morto e presto lo sarebbe stato anche per Ariel.
Ma il
vampiro non sapeva quanto si sbagliava.
Si scagliò
contro il Centauro con gli occhi velati di rosso senza neppure guardare dove
dirigeva il suo pugno e l’altro lo scartò con una velocità disumana,
schizzandogli alle spalle dove con un innocuo buffetto lo colpì.
-Troppo
facile, prova ancora!-Lo derise Jake, facendolo infuriare ancora di più.
-Giuro che
ti ammazzo!-Se stava cercando di provocarlo, ci stava riuscendo alla grande il
bastardo, ma ora era certo che Jake non era umano, perché nessun umano schivava
un vampiro che caricava a quella velocità.
Senza
esitazione, provò a colpirlo con un pugno, nonostante, improvvisamente,
sentisse uno strano peso gravargli tutto il corpo, ma non vi badò, concentrato
com’era ad immaginare di staccare la testa a Jake con quel colpo, che sarebbe
andato a segno, se Mr. Occhi rossi non l’avesse parato alzando un braccio.
L’attimo
dopo Damon sentì una costola incrinarsi pericolosamente.
Gemette,
d’inaspettata sorpresa e tentò di afferrarlo per le spalle e avventarsi sulla
giugulare, ma le braccia sembravano lente anni luce per la velocità dell’altro,
che fu più lesto del previsto, tanto che Damon non vide la mano libera che già
gli si serrava attorno alla gola.
Quasi non ci
credeva.
Non era mai
stato battuto così facilmente.
Era troppo
furioso e non aveva prestato attenzione a quello che faceva ed ora ne pagava le
conseguenze.
Era l’unica
spiegazione plausibile.
Jake, dopo
aver sorriso, lo sbilanciò un po’ verso sé e poi lo buttò giù, sbattendolo
contro il cemento, accompagnandolo giù.
La tesa urtò
così forte che il vampiro si chiese se non fosse già svenuto, ma, ancora una
volta, dovette ricredersi.
Jake lo
sovrastava acquattato come una tigre demoniaca dagli occhi luminescenti di un
rosso tetro.
-Peccato, mi
aspettavo…Di più! Ma come biasimarti, sei paralizzato dalla testa in giù da tre
minuti ed ancora non te ne sei reso conto?-
-Cosa?-Quasi
ringhiò Damon, spalancando gli occhi azzurri, mentre le vene che li
contornavano si diradavano, svanendo del tutto.
-Sorpreso?
Io, no! Lezione numero uno, si espongono le spalle solo ad un cadavere! E tu
sei stato così imprudente da lasciare che io avessi tutto il tempo di piantarti
nella schiena il mio veleno!-Damon si agitò, contorcendosi come meglio poteva,
ma Jake sembrava pesare un quintale.
-Non
agitarti o entrerà in circolo più velocemente! Non uccide ma basta a tener
bloccato un vampiro per cinque minuti, grazie alla Verbena!-
-Che cosa mi
hai fatto!? Chi diavolo sei?!-
-Ti basti
sapere che sono uno dei Cobra, il quarto, e sono qui per
Ariel!-
-Cobra? Che diavolo stai farfugliando!-La
testa cominciava a girargli, Damon era così confuso.
-Umani, se
proprio vuoi saperlo, ma con un addestramento militare e qualche fluido
fluorescente sparato nelle vene! Noi siamo i Cobra, è così che ci chiamavano,
anche se a me piaceva di più X-man o Tartarughe Ninja!- Il vampiro si chiese se
lo stava prendendo in giro.
-Ed ora
stammi a sentire, oggi sei un vampiro fortunato perché non ti ucciderò! Mi
tornerai utile, sei forte, molto più di me a dirla tutta!-Esclamò Jake,
stringendo la presa sul collo di Damon ancora una volta confuso delle parole
del moretto.
-Ma la tua
furia ti acceca e ti rende debole, una mente instabile come la tua non ti rende
l’uomo che cerco io, ma sembri quello più azzeccato per la mia Principessa ed
allora eccoti qui! Ti prenderai cura di Ariel al posto mio mentre io mi
occuperò della mia signorinella, dopotutto le rosse richiedono molta attenzione
e due sono troppo persino per me! Ci siamo capiti, Damon Salvatore?!-E per
ribadire il concetto, Jake, lo sbatté nuovamente con la testa contro il
cemento, una , due e tre volte.
-Bastardo!-Sbraitò
in segno di protesta Damon, ormai paralizzato.
Veleno? Che
veleno poteva mettere K.O. un vampiro, paralizzandolo senza farlo svenire come
faceva la Verbena.
-Su, Su! Non
spaventarti così, Damon, è solo Tubocurarina in quantità massicce!-
TuboCosoChe?!
Dannato.
-E’ un
paralizzante chirurgico! Un po’ di Verbena, un po’ di questo e un po’ di quello
ed ecco il nostro vampiro drogato e paralizzato, non essere arrabbiato con me
adesso, infondo ti sto lasciando Ariel!-Disse facendogli l’occhiolino,
tenendolo sempre stretto ed inchiodato all’asfalto.
Damon era
certo, più che mai, di odiarlo.
Mai, come in
quel momento, ne era certo.
-Ora, se non
ti dispiace, ti spezzerò il collo…Ricorda quello che ti dirò, Ariel ha bisogno
di te, ne avrà quando gli altri Cobra verranno per lei, e non
saranno i poveri sprovveduti che sparano a destra e a manca, no…Lui te la porterà via ed io finirò con
lei, perciò…-La presa si fece più fredda e Damon sentì che Jake stava
posizionando una mando dietro la sua nuca, in modo da afferrargli per bene il
cranio.
Merda.
-Visto che
sei un vampiro, conto su di te!-
Tutto si
fece buio.
Era stato
messo K.O. dal suo avversario in meno di dieci minuti e questa era una cosa
così odiosa.
Ma Damon non
se ne curò più, svenuto com’era si lasciò andare al buio ed alla pace che dava.
E maledì Jake
per avergliela offerta.
Jake se
n’era andato già da un paio di giorni ed Ariel quella sera era agitata.
Non aveva
ancora aperto lo scatolo col secondo regalo del suo indiscutibile compagno
spendaccione, ma sentiva che non ne sarebbe stata tanto entusiasta.
Senza
contare che, dopo qualche telefonata ed essersi fatto trovare fuori scuola,
Damon era riuscito a strapparle un Sì per la festa in maschera.
L’aveva
convinta in un misto di proposte di Danaro e poi alla fine gli aveva detto che
se non avesse accettato, l’avrebbe chiesto ad una sua compagna di classe che lo
fissava come se fosse Gesù sceso in terra.
Stranamente
infastidita dall’eventualità, si era detta che, povera ragazza, non meritava di
finire fra le grinfie di Damon, e così sacrificandosi per il bene altrui, s’era
infuriata ed aveva accettato.
Solo dopo si
era davvero resa conto che aveva detto “sì” all’uomo che un mese prima l’aveva
violentata.
Le sue
dimenticanze, gli rendevano davvero difficile collegare il suo aggressore con
Damon e catalogarlo come soggetto offlimits da cui stare lontana.
E più
continuava a chiedersi come si fosse sentita dopo lo stupro, più non ricordava
il suo stato d’animo per i giorni successivi al fatto.
Elena gli
aveva detto che aveva pianto giorno e notte, che vomitava anche l’anima e lei
aveva alzato le spalle rispondendo: “Ricordo, ma non di aver sofferto poi
tanto…”.
In quel modo
aveva liquidato l’indignazione di Elena e le altre ragazze dinanzi al fatto che
andava al ballo con Damon.
Però quella
sera, l’ansia si era impossessata di lei.
Tremava e
non sapeva se aveva più paura di restare da sola con Damon o di ballare con lui
e scoprire che quell’antico barlume di sentimento, più che morto e sepolto,
fosse vivo e vegeto nel suo cuore confuso.
Damon era
cattivo.
Ma era anche
protettivo e seducente ed una lunga lista di aggettivi da capogiro e da paura,
quella da farti scappare via a gambe levate.
Stava di
fatto, che lei, Arel Redlake era mortalmente attratta da questo genere di
persone, nel bene e nel male.
Mentre si
accingeva a distendere sul letto il meraviglioso abito che le aveva regalato
quello che tutti consideravano il suo presunto fidanzato/amante, Jake, si rese
conto che aveva davvero poco tempo prima che Damon passasse a prenderla.
Svelta si
infilò sotto la doccia, proprio mentre il suo cellulare, cominciò a vibrare.
La chiamata
proveniva da Damon, ma lei non riuscì a sentirlo, perché il cellulare, scarico,
si spense cadendo sotto il letto.
Damon, fissò
il suo cellulare come se fosse l’oggetto più orripilante e spaventoso
dell’universo.
Era
preoccupato.
Erano già
dieci minuti che provava a chiamarla, ma di lei non c’era traccia.
Perciò,
visto che era già bello e pronto nel suo smoking di tutto rispetto, si fiondò
letteralmente fuori casa e si diresse verso quella di Ariel, se pur mancassero
quasi tre quarti d’ora all’orario stabilito per l’appuntamento.
E se
l’avevano catturata? O rapita? O Sparata? Uccisa?
E se Jake
era tornato? No. No.
Meglio
andare a controllare, e così, carico di nobili propositi, giunse a casa
Redlake.
Entrando di
soppiatto, come una spia.
Ma ciò che
vide lo lasciò a bocca aperta.
Molto a
bocca aperta.
Qualche
minuto prima, Ariel:
Dannato,
dannatissimo Jake.
Come aveva
potuto nascondere della biancheria intima sotto la gonna del vestito?
Per giunta
biancheria intima per seduzioni estreme!
E come aveva
potuto, lei, indossarla per davvero!?
Sconvolta,
si guardò allo specchio, col reggiseno rigorosamente rosso che le pressava le
bocce l’una contro l’altra, sembravano almeno di una taglia più grande.
Però! Niente
male.
Le calze
autoreggenti erano sottili e con leggeri ricami di rose nere che sul rosso
creavano un effetto allettante che schiariva ed ombrava la pelle a seconda di
come si moveva.
La culottes
era stretta e ricamata, mentre dietro si striminziva come un perizoma, e per
fortuna i reggicalze coprivano il solco delle natiche alla base della schiena.
Si sentiva
così indecentemente sexy che quasi si stava pentendo di aver abbinato il
rossetto alle scarpe di un rosso meno scuro rispetto al completo intimo.
Sembrava una
fragola, pensò, sporgendo il sedere verso lo specchio e guadandolo con aria
critica, per poi annuire di soddisfazione.
Forse non
era poi così male l’idea di Jake, solo che, chi avrebbe dovuto sedurre in quel
modo? Di certo non Damon! Ma il pensiero del moro dagli occhi azzurri la fece
arrossire e lanciare un gemito di eccitazione immaginandolo ad ammirarla.
Non sapeva
però che lui era proprio lì, sulla soglia con la bocca che quasi toccava il
pavimento e gli occhi che stavano per cadere dalle orbite.
Con
naturalezza sistemò la giarrettiera, dando le spalle al vampiro e regalandogli
la vista del suo fondoschiena mentre sistemava le autoreggenti.
Damon,
sbalordito, sentì il suo Verme Solitario della tequila, risvegliarsi.
Se non
scappava via, più che un Verme, si sarebbe ritrovato con un Pitone che puntava
dritto dritto sulla bellissima rossa davanti a lui.
E proprio
quando si convinse che un ulteriore indugio l’avrebbe portato alla rovina,
arretrò sbadatamente indietro, senza smettere di fissare le natiche tonde e
pallide della sua Sirenetta, ed urtò contro la porta, che scivolò all’indietro
e sbatté contro il muro.
Ariel
sobbalzò voltandosi verso di lui e Damon entrò nel panico, forse più di lei.
Ariel lo
guardò ad occhi spalancati, rossa in viso per la vergogna, ma allo stesso tempo
pallida e spaurita.
Le labbra le
tremavano ed era così immobile che Damon pensò si fosse congelata.
-D-Dam…-Borbottò
poi, spostando il piede che teneva poggiato sul letto, e Damon vide la
flessuosa coscia muoversi ed eccitarlo ancora di più.
-Non
rispondevi al telefono…-Si giustificò lui, notando il prosperoso e meraviglio
seno che sognava tutte le sacrosante notti.
Dio, perché
non poteva semplicemente chiudere gli occhi e saltarle addosso?
No, No. Non
si sarebbe mai più comportato da mostro con lei. Mai più.
Poi lei,
lentamente, si rese conto che lui la stava guardando, che osservava ogni
centimetro, ogni dettaglio del suo corpicino compresso in quel tessuto rosso
tutto pizzo e merletto, perciò urlò.
Indignata e
spaventata gli sbraitò contro vocali stridule e pungenti.
-Non urlare,
mi spacchi i timpani!-Protestò lui, tappandosi le orecchie sensibili.
-Vai
via!-Urlò ancora, afferrando la prima cosa che le capitava a tiro e
scagliandola contro di lui.
Il libro di
Via Col vento, sorvolò la testa di Damon sfiorandogli una ciocca di capelli.
Poi gli
arrivò in faccia un cuscino.
Profumava di
lei, era adorabile.
-Non
guardarmi sporco maniaco!-
Tuttavia il
vampiro non la stava più guardando ed era rimasto concentrato ad assaporare il
meraviglioso profumo femminile della rossa.
Ariel lo
guardò sconcertata ed intuì, da come Damon stringeva il cuscino, che i suoi
pensieri non erano per niente casti.
Aveva
davvero paura adesso.
E se stava
pensando di violentarla di nuovo?!
Sgomentata,
gemette di sgomento, arretrando e sentendo che il tacco era troppo rumoroso per
improvvisare una fuga, ma tutto ciò fu inutile da ipotizzare perché dopo il
primo passo, il tacco s’incrinò, lei inciampò su qualcosa e cadde come un sacco
di patate, sbattendo la testa contro il comodino.
Lo scatolo
che conteneva il misterioso secondo regalo di Jake, era stato riposto sul
pavimento e lei ci era inciampata rovinosamente contro, scoperchiandolo e
rimanendo a gambe all’aria lei stessa.
Damon lanciò
via il cuscino e si precipitò su di lei, per soccorrerla.
-Ariel! Stai
bene?-Ma solo quando le fu abbastanza vicino si rese conto di poter vedere il
filo sottile del perizoma scomparire fra le natiche, e desiderò tanto poterle
separare le cosce e guadare ben oltre.
Che avrebbe
dato per toccarla, anche se stranamente non riusciva a sfiorarla, ma desiderava
che fosse lei a chiederglielo.
-Non ti
avvicinare!-Mormorò lei, senza troppa convinzione, cercando di sollevarsi.
Allora
Damon, ignorando la sua richiesta, le passò un braccio dietro le spalle e
l’aiutò, tuttavia senza stringerla.
Poteva
allontanarsi quando voleva e se lo desiderava.
Finalmente
seduta, Ariel con un cipiglio di irritazione guardò Damon fulminandolo con lo
sguardo.
-Ti avevo
detto di starmi lontano!-
-Scusa,
sbaglio o non riuscivi ad alzarti? Comunque complimenti per l’ottima lingerie,
Sirenetta!-La schernì lui, alzandosi e lasciando che lei facesse lo stesso.
La Redlake
arrossì violentemente, cercando di coprirsi il seno, ma lui sembrava già esser
passato oltre e si pregustava la piattezza del suo ventre ed il sottile ricamo
tutto pizzi che copriva la sua Rosellina.
Fortuna che
aveva fatto la ceretta!
Sfortuna che
non aveva a portata di mano la pistola!
Era così
eccitante essere guardata in quel modo che poteva persino mettersi in posa, se
solo non fosse stato per il fatto che aveva paura che Damon la violentasse da
un momento all’altro.
La
confusione la rendeva incapace di prendere una decisione.
-Perché non
rispondevi al telefono?-
Lei sobbalzò
e notò che Damon si stava allontanando da lei, stupendola più di quanto fosse
possibile.
Come, non le
saltava addosso?
-Non
guardarmi con quella faccia sorpresa, ti ho chiamato almeno dieci volte!-
-Perché stai
uscendo?-Chiese lei, invece, senza riflettere.
Lui si fermò
sulla porta della stanza e la guardò con la stessa sorpresa.
-Perché devi
vestirti e…siamo in ritardo…-Mormorò, intuendo che fosse la cosa più logica da
dirle, ma in realtà stava uscendo perché se fosse rimasto un minuto di più, non
avrebbe resistito al suo corpo giovane e fresco, caldo ed invitante.
E lui si era
ripromesso di non toccarla finché non fosse stata lei a supplicarlo.
Arrogante,
da parte sua, ma giusto.
Lei non
disse nulla e lui uscì lanciando un’ultima occhiata alla fanciulla, bella e
nuda come se lo stesse aspettando per unirsi a lui, poi chiuse la porta alle
sue spalle e si accomodò sul divano, guardando la tv, in sua attesa.
Quando Ariel
entrò nel salone di casa Lockwood, la sala era così affollata che quasi non riuscì
a rendersi conto del lusso che regnava, ma la sfarzosità di tutti quegli abiti
le ricordò tanto una di quelle feste che dava suo padre ai bei tempi, quando
lei era appena una ragazzina, dal sorriso caldo e vivace che nascondeva a tutti
i segreti suoi e del suo Team.
Suo padre le
sorrideva sempre quando la vedeva con un abito nuovo e sontuoso addosso e lei
sorrideva imbarazzata e lieta, come aveva sorriso poche ore prima a Damon.
Il vampiro aveva
lo stesso sorriso magnetico che aveva quell’uomo, lo stesso carisma e la stessa
audacia, per questo, lei gli aveva sorriso esattamente come avrebbe sorriso a Lui,
qualunque cosa spregevole le avesse fatto.
Una voce la
riportò con i piedi per terra, proprio quando il Punch nel suo bicchiere era
finito.
-Ti va di
ballare?-Domandò la voce alle sue spalle.
Lei si
voltò, con la maschera che le copriva il volto, e sorrise gentilmente.
Era Stefan.
-Ti
ringrazio, ma preferirei di no…-Rifiutò gentilmente lei.
-È tutta la
sera che sei qui, seduta o in giro per la sala, dov’è finito Damon?-Le domandò
il vampiro, che si era allontanato da Elena, impegnata a conversare con una
donna che lei non aveva mai visto.
-Non ne ho
idea, mi ha lasciato all’entrata subito dopo aver visto il professor Saltzman…-
Ed Ariel si
stava decisamente chiedendo perché Damon l’avesse invitata al ballo se poi,
dopo due ore che l’aveva lasciata sola, non era nemmeno tornato a controllare
se se ne fosse andata.
Si sentiva
piantata in asso e allo stesso tempo quasi sollevata.
-Oh…Non conosci
nessuno, oltre noi?-
-Nessuno in
particolare, credo che chiamerò un taxi, le danze non mi attirano e le
conversazioni sono un po’ fuori dalla mia portata, visto che non sono di qui…-
-Capisco, mi
dispiace che Damon ti abbia chiesto di venire, ha detto di non averti né
costretta né ricattata, sei venuta perché l’hai promesso al Jake?-
-In un certo
senso sì, lui vuole che frequenti posti affollati, la crema della società,
nemmeno fossimo nell’ottocento!-
-Bè qui è
come se fossimo un po’ bloccati a quel periodo, sai…poi detto da uno che è
sulla terra da quel periodo…-Disse sorridendo in maniera cortese.
Ariel intuì che
luì volesse tirarle su il morale.
Tipico da
parte di Stefan, perciò gli sorrise di rimando e s’incuriosì.
-Se mi
accompagni a prendere un altro po’ di Punch, sarò felice di esser venuta qui
stasera…-Disse, rammentando come le era stato insegnato a conversare e
civettare in modo superficiale, in modo educato e discreto, per allietare gli
ospiti d’alta società che suo padre invitava alla feste almeno cinque anni
prima.
Non c’aveva
mai pensato, perché non era più stata ad una festa da molto, molto tempo, ma
era nata in quell’ambiente, come una Dama ottocentesca.
Stefan
rimase sorpreso anche lui quella sera dallo stravagante comportamento di Ariel.
Sembrava che,
dopo aver incontrato Jake, l’umore della rossa fosse molto migliorato e che
fosse decisamente più solare e meno rigida e scontrosa.
A scuola era
stata molto più attenta e Stefan aveva saputo da Elena che aveva ottenuto un
voto molto alto in storia.
Così, non
dimenticando che il contatto era bandito con l’amica, le indicò il tavolo delle
bevande ed insieme si avviarono.
-Il rosso ti
dona, con la maschera quasi non ti avevo riconosciuto…-Le disse lui.
-Grazie,
l’ha scelto Jake, ha sempre buon gusto lui…-
Così la
conversazione con Stefan s’incentrò poi sull’ottocento e le varie rivoluzioni a
cui il vampiro aveva avuto l’occasione di assistere.
La storia
l’appassionava e i quindici minuti passati con Stefan furono molto migliori
delle due ore trascorse a rifiutare le proposte di ballo, chiacchierare con
persone che non conosceva, i minuti scorsi con Caroline accompagnata da Tyler,
e Bonnie che stava incollata a Jeremy.
Fu ancora
peggio chiedersi che fine avesse fatto Damon.
Non che
volesse ballare con lui, sia chiaro, però quando Stefan vide Alaric da solo, la
salutò e lei rimase nuovamente sola.
Le danze si
fecero più vive e tutti sembravano divertirsi, le luci erano ormai calate per
lasciar posto ad un intimità più intensa rispetto all’ora precedente dove tutti
ancora conversavano.
Ariel si
accomodò su una sedia, che doveva almeno avere cento anni, dal velluto rosso
scuro che si confondeva col vestito.
Accanto a
lei c’era qualche posto vuoto, ma nessuno sembrava libero per ballare e si
sentì sollevata.
Però quel
sollievo le fece pensare a Damon.
Dov’era?
Aveva poi versato la quota di beneficenza anche per lei o aveva provveduto solo
a sé stesso, portandola alla festa senza rendere onore al suo nome?
Stava forse
ballando con qualcuna?
Un moto di
gelosia la colse impreparata quando immaginò lui che volteggiava abbracciando
una qualche donna.
Irritata
dall’idea, si spostò sulla sedia e solo allora si rese conto che un ragazzo,
più o meno della sua età, le si avvicinava e sedeva accanto.
-Ciao,
annoiata anche tu?-Chiese sporgendosi verso di lei.
Puzzava di
alcol, e dio solo sa quanti Punch avesse bevuto.
-Forse…-Si
limitò a dire, col tono scontroso che le aveva regalato l’idea di Damon a
ballare e divertirsi.
Come aveva
fatto con Andie Star.
-Che ne dici
di divertirci un po’ assieme?-
-No!-Esclamò
con troppo vigore, mentre l’idea che Damon ballasse con Andie Star si
materializzava nella sua mente.
Insomma,
Damon era ossessionato da lei, non da Andie.
-Suvvia,
potremmo ballare o sgattaiolare via, nessuno ci noterebbe…-
Ariel non
prestò attenzione a quello che lo sconosciuto diceva ma si accorse di quanto
vicino fosse e di quanto pericoloso potesse essere.
-Lasciami in
pace!-Sbottò lei, troppo piano perché qualcuno, oltre al ragazzo la sentisse.
Stavano
tutti ballando.
-Dai,
scommetto che sotto quella maschera sei ancora più carina…-Il tipo allungò una
mano per toccarla e lei si ghiacciò all’istante.
Avrebbe
tanto voluto prendere la pistola, che nascondeva sotto il vestito, ma nulla in
lei sembrava collaborare.
-No…-Mormorò
mentre l’assalto del biondino si faceva più vicino.
Una mano le
sfiorò appena una spalla scoperta e lei chiuse gli occhi pregando che iddio
l’aiutasse, ma l’attimo dopo non successe niente.
Nel senso
che nessuno la toccò.
-Lascia
stara la mia ragazza o perderai le mani, idiota!-
Gesù! Era
Damon!
Aprì gli
occhi e vide il tipo alzarsi terrorizzato e dileguarsi.
Ariel ebbe
l’impressione di vivere un dejavù e ricordò il giorno in cui Jordan si era
avvicinato troppo, contro la sua volontà, e Damon era giunto in suo soccorso.
Ciò
nonostante, se pur una parte di lei avesse iniziato a fare balzi e capriole vedendolo
di nuovo dinanzi a sé con quello smoking, che aveva adorato fin dal primo
minuto che gliel’aveva visto addosso, la parte razionale di lei era ancora
irritata dal suo comportamento indegno.
Lui la
guardò male, come se supponesse che fosse colpa sua se era stata importunata,
Ariel avrebbe voluto trucidarlo sul posto in quel momento.
-Possibile
che da sola combini solo guai?!-
Lei sentendo
le sue ipotesi avverarsi rimase a bocca aperta dinanzi a tanta presunzione.
-Come ti
permetti! Non è colpa mia se mi importunano, durante questa meravigliosa
serata!-Esclamò lei sarcastica, tanto che fece persino ridere il vampiro.
-Mai quanto
voi, Signorina Redlake…Sarei tentato dal chiedervi se mi concedereste un ballo?-Chiese
con una galanteria degna del gentiluomo che era, o meglio era stato nel 1868,
adesso il suo sorriso era molto più da predatore che da libertino.
-Grazie, ma
stavo per andar via!-Disse altezzosamente la rossa.
-Niente
affatto, mi devi un ballo, visto che sei la mia dama!-
Nella sala
il tipico valzer da cerimonia terminò e partì un lento.
Sul serio? Phill Collins, In the air
tonight! Una delle sue canzone preferite!
Damon le
sorrise e lei arrossì di rimando, capendo che lui aveva intuito che la canzone
le piaceva.
L’atmosfera
era così romantica, persino Elena e Stefan stavano ballando in modo così
adorabile.
Il moro le
porse la mano, notando il suo cedimento, e a quel punto Ariel sia alzò con
tutta la dignità che poteva e prese la sua mano, appoggiandola lievemente.
-Dama che
hai scaricato dopo cinque minuti!-
Damon montò
su un ghigno e la scortò sulla pista da ballo, dove, senza stringerla, la
invitò ad appoggiarsi a lui.
Ariel non
era impacciata a ballare, notò Damon, ondeggiava lentamente seguendo i suoi
movimenti.
La sua
piccola mano destra era posata sulla sua spalla e la sinistra ricadeva
delicatamente sul braccio opposto.
Lui si
limitava a cingergli i fianchi, posando le mani sulla stoffa del fiocco che
stringeva il vestito.
-Dove sei
stato tutto questo tempo?-Domandò lei.
-Al bar, con
Alaric…è un po’ giù di morale! Ma ti ho tenuta d’occhio…-Rispose lui,
guardandola negli occhi, dietro la maschera rossa e nera.
“Al Bar con Alaric…è un po’ giù di morale.”
Damon che si
preoccupava per qualcuno? Che la teneva d’occhio?
-Nessuno te
l’ha chiesto…-Borbottò lei ricambiando l’intensa occhiata.
Ma non
poterono scrutarsi oltre perché le luci calarono, spegnendosi completamente e
lasciando il posto a soffuse luci colorate da ballo.
-Non ho
bisogno che qualcuno mi dica di badare a te, l’avrei fatto comunque, nessuno ti
farà più del male, nemmeno io…-La musica si fece più intensa ed Ariel si
accorse che il cuore di Damon batteva forte più del suo.
Quasi non ci
credeva eppure era così!
I loro occhi
si rispecchiavano in maniera così impressionante che le parve di sentire le
sensazioni del vampiro.
Ed
inaspettatamente anche il suo cuore accelerò, veloce, appassionato e colpito.
La batteria,
di fondo sulla canzone, esplose in colpi veloci e potenti.
Uno strano
calore l’avvolse ed i pensieri razionali si frantumarono dinanzi a lei,
sostituendosi con l’uomo che aveva davanti, che le faceva martellare il cuore.
Quello di
cui si era innamorata il mese prima, quello che lo faceva battere per l’amore.
-Damon…-Lo
chiamò soave con la voce tremula, coperta ancora dallo scoppiettare della
batteria ed il palpitare dei loro cuori.
-Dopo
balleremo un Valzer e, se vorrai, abbandonerò il mio Bourbon per ballare solo
con te fino a quando i tuoi piedini non reclameranno pietà e il tuo cuore di
ballare con me fino all’alba!-
Arrossì e senza
pensarci si appoggiò al suo petto, per nascondere il viso, e si lasciò cullare
dal suo battito, mentre il calore, al contatto ravvicinato del corpo virile di
lui, s’intensificava, stordendola.
E, rapita
dalle sue parole cariche di chissà quale aspettativa e lusinghiera ammirazione,
lasciò scivolare le sue mani su quelle di Damon, invitandolo a cingerla per
davvero.
Lui la
guardò sorpreso e quasi sconvolto.
-Damon…
Stringimi adesso…-Gli disse lei, chiudendo gli occhi ed abbandonandosi a lui ed
al suo destino.
E Damon
l’accontentò, stringendola a sé come avrebbe voluto fare da ore, accogliendola
sul suo petto e legandola fra le sue braccia, come un tesoro prezioso.
Respirando
reciprocamente i loro profumi ed inebriandosi di quel momento perfetto e di
assoluta sintonia.
Lei poggiata
con la nuca sulla sua spalla, lo guardava con occhi sognanti e lui si sentiva
il cuore scoppiare di gioia.
Non si
aspettava che succedesse così presto, ma finalmente poteva toccarla.
Non gli
importava più che forse lei amava Jake, che probabilmente avevano passato la
notte a far l’amore, non gli importava più di quanto lo odiasse e disgustasse.
Era lì fra
le sue braccia ed era stata lei a chiederlo.
La strinse
più forte, solo un po’, per non spaventarla, sempre senza staccare i suoi occhi
di ghiaccio da quelli smeraldini di lei e si ritrovò a fissargli le labbra
rosse e carnose, scurite dal rossetto.
Era così
bella, così bella che le era dovuto stare lontano per evitare di impazzire,
come gli stava succedendo in quel momento.
Come poteva
resisterle, quando la desiderava in quel modo?
Ogni sua
buona intenzione si sarebbe potuta sbriciolare davanti a quelle labbra e quegli
occhi ingenui e puri.
Ma la cosa
inaspettata fu che lei chiuse gli occhi ed inclinò il capo all’indietro, quanto
bastava.
Colto alla
sprovvista dai suoi desideri e l’arrendevolezza della sua Sirenetta, si lasciò
andare, chinandosi col volto a cercare il suo consenso e le sue labbra.
Ma proprio
quando lei gli carezzò il braccio, risalendo lungo la spalla, fino alla base
del collo e lui le fu tanto vicino da sentire il suo fiato sulle labbra, ebbe appena
il tempo di attrarla a sé e sentirla schiacciata senza pudore contro a lui, che
le luci tornarono luminose e la sala divenne silenziosa.
Come se un
coccio di vetro fosse caduto proprio accanto a loro, Ariel sobbalzò e spalancò
i suoi grandi occhi verdi.
Damon li
vide tremuli e spaventati.
Erano ancora
vicini, stretti l’uno all’altro come fogli di carta, però lei ora cercava di
distaccarsi e lo guardava spaventata e con sguardo colpevolizzante.
-Lasciami
andare!-Miagolò cercando di sfuggire al laccio delle sue braccia.
Damon fece
una smorfia, mentre le sue labbra formicolavano di insoddisfatto desiderio ed
il suo corpo gli vietava fortemente di abbandonare quell’ancora calda e rossa
che era la Sirenetta.
Ma quando
Ariel emise un gemito strozzato e cominciò a guardarsi intorno disperata, Damon
capì che non poteva sbagliare ancora.
-Ariel!-La
chiamò, afferrandola per i polsi e riportando le attenzioni su di lui.
Lei lo
guardò immediatamente, ancora più spaurita per esser stata bloccata in quel
modo, ed il vampiro la sentì irrigidirsi come non la vedeva fare da dopo il
sogno.
Il suo
sguardo, che doveva esserle parso brutale, si addolcì e lei se ne accorse,
perché i primi brividi le passarono subito.
-Mi
dispiace, non volevo spaventarti, solo che prima che finisse la musica…-
-No, ti
prego, lasciami…-
-Lo farò, ma
prima ascoltami…stavi per lasciare che ti baciassi, perché?-
In quel
momento Ariel si bloccò come una lastra di ghiaccio e lo guardò dritto negli
occhi, cercando una risposta negli occhi del vampiro.
Si era
davvero spinta fino a quel punto?
Balbettò, ma
non le venne in mente nulla, perché quando lo guardava negli occhi azzurri lei
ci si perdeva e fu proprio in quel momento che si rese conto che sembravano
secoli che non lo guardava più negli occhi.
Ballare con
lui era stato uno sbaglio, perché si era accorta che non lo aveva dimenticato.
Che non
aveva dimenticato il Damon che le piaceva, che la faceva stare bene.
Mentre il
Damon, vampiro senza cuore, che l’aveva fatta soffrire, e che probabilmente
l’avrebbe fatta penare ancora, era completamente scomparso la notte in cui
aveva lasciato Roswell.
E allora
cosa significava? Solo perché aveva sognato, o quel che era, di fare l’amore
con lui, non significava che fra loro sarebbe stato davvero così.
Una lacrima
le cadde dall’occhio destro e sentì la confusione annebbiarle la ragione ed
ogni pensiero razionale si perse nella foschia.
Sapeva solo
che Damon l’aveva fatta stare bene, che si era sentita a casa e con qualcuno di
fidato, prima che la tradisse, ma sembrava che quella ferita le si fosse
rimarginata da anni e che fosse ormai dimenticata.
Pronta a
perdonare colui che gliel’aveva inferta e che pian piano sembra voler
cauterizzare quell’antico dolore, estinguendolo per sempre.
Scosse la
testa, molte volte, non volendosi arrendere alla realtà che si stava per
mostrare dinanzi agli occhi finché non sentì le labbra calde di Damon, sulla
sua guancia, raccoglierle quell’unica piccola lacrima solitaria.
I polsi
erano liberi già da qualche attimo ma lei nella foga e nello struggimento non
se n’era accorta.
-Quando sei
pronta, ti riporto a casa…Sarò al bar, per favore, non chiamare un taxi, è
tardi…-Le disse lui il più gentilmente che poté e superandola per allontanarsi.
Ariel lo
sentì alle sue spalle, si sentì trafitta e pugnalata proprio al centro delle
scapole ed un dolore sordo le scoppiò nel petto.
Perché quel
mostro era così dolce e gentile quando voleva?
E che cosa
poteva ancora volere da lei, se ormai le aveva già preso tutto?
Il suo
corpo, il suo sangue, la sua anima, persino il suo cuore apparteneva a Damon, e
che se lui si fosse preso tutto con la forza e la violenza poco importava,
perché lei non era tipo da vendette, perché lei prima di odiarlo l’aveva amato,
o quanto meno adorato, e perché per quanto negasse lei apparteneva a Damon
adesso, al costo di sembrare una sottomessa, una depravata, una pazza, lui era
stato il primo.
Il primo in
molte cose, dopo molto tempo.
Le sembrava
di vivere un incubo di cui conosceva già la trama e di cui ancora una volta lei
era la protagonista.
L’unica
differenza era che questa volta il protagonista maschile non era uno dei Cobra o il loro Signore.
Era Damon
Salvatore, il vampiro.
Scossa, decise che era meglio evitare di
pensare e farsi vedere in quelle condizioni, sul punto di piangere ed
accasciarsi a terra, perciò si allontanò dalla sala da ballo in cerca della
toilette.
Svincolò un
mucchio di persone in maschera, sperando di non esser vista da nessuno dei suoi
amici.
Raggiunse il
bagno che aveva l’affanno e gli occhi di Damon impressi nella sua mente, come
un marchio di fuoco, indelebile.
La
bruciavano e la terrorizzavano allo stesso tempo.
L’impulso di
urlare e strapparsi di dosso maschera, abiti ed armi comprese si impossessò di
lei, fino a farle venire il fiatone, ma proprio quando sembrava essere sul
culmine di una crisi isterica, una sferzata violenta e poderosa la fece
ritrovare con la guancia contro il muro e le piastrelle fredde del bagno.
La testa le
cozzò forte, rischiando seriamente di farle perdere i sensi, ed una mano di
media grandezza la teneva stretta per i capelli, sapientemente legati in quello
che prima era un chignon morbido.
L’aggressore
aveva una forza sovrumana e le bloccava le braccia dietro la schiena, tenendola
immobile e senza vie di fuga.
Dibattersi
si rivelò subito inutile, poiché il tipo al minimo movimento le inchiodò la
testa al muro.
Ariel fu
tentata dal guardarlo in volto, ma i suoi occhi si erano chiusi immediatamente,
quando l’impatto della sua nuca contro le mattonelle aveva annebbiato col
dolore ogni cosa dentro e fuori di lei.
Per un
attimo pensò fosse Damon.
Era troppo
forte per essere un umano e lei ormai aveva imparato, a sue spese, a
riconoscere quel tipo di forza fuori dal comune.
Ma quando la
mano che le bloccava la testa si spostò ad esplorare il suo corpo, scorrendo
sul corsetto a tastoni, capì che non si trattava di Damon.
Non l’aveva
seguita per violentarla di nuovo, come aveva temuto.
Schiuse gli
occhi e lo vide.
Vide il
vampiro che le impediva di muoversi, che le toccava il corpo.
-Se urli,
piccola stronza, ti ucciderò subito! Avanti, dove lo nascondi!?-
Avrebbe
voluto urlare nonostante la minaccia, ma al proseguire del vampiro l’aveva
fatta tacere.
Lo scrutò
meglio e capì.
Era il
ragazzo che aveva cercato di adescarla poco prima, quello che Damon aveva
scacciato.
Era lì per
lei fin dall’inizio e cercava il suo tesoro.
Si dibatté,
sperando di potersi liberare, ma il vampiro non la trovò una buona idea e si
attaccò a lei, spingendola contro la parete.
Disgustata e
terrorizzata, Ariel ansimò.
Il suo corpo
sembrava imbalsamato dalla paura e i ricordi più terribili della sua vita
presero il controllo della situazione.
Era sola in balia
di un vampiro che chissà quali luride intenzioni aveva.
Damon,
Damon.
La sua mente
lo chiamò d’istinto e si chiese perché chiamava proprio lui, quando magari era
anche più pericoloso di quello che continuava a frugare nel suo vestito.
Quando le
sollevò la lunga gonna protestò lanciando un mezzo grido, e lui subito le tappò
la bocca e col suo peso la tenne ancora inchiodata alla parete per non farla
muovere.
Il vampiro
incontrò la giarrettiera dove teneva bloccata la pistola e la prese gettandola
a terra.
-Questa non
ti servirà, soprattutto non con me, bellezza! Avanti dammi quel codice! O giuro
che ti taglierò la gola e berrò fino a farti diventare un mummia!-
Ariel scosse
la testa e sentì le lacrime pizzicarle gli occhi.
Non avrebbe
ceduto.
Soprattutto
per Jake, se cedeva avrebbero trovato anche lui.
-Va
all’inferno, bastar!-Lui la spinse con la testa nel muro e lei urlò, ma la sua
voce non arrivò lontano, bloccata dalla mano del vampiro sulle sue labbra
rosse.
-Ora
ascoltami, se fiati un’altra sola volta giuro che te ne pentirai ed ora
cercherò quella maledetta chiave sotto e fra i tuoi vestiti e se non la troverò
stai pur certa che non esiterò a squarciarti in due, pur di trovarla!-
E nei minuti
successivi, il vampiro la tenne ferma, rovistando sotto il suo vestito,
arrivando a slacciarle il corpetto dove, infilando le sue mani sudice, toccò la
sua pelle facendola tremare e singhiozzare di terrore e disgusto.
Avrebbe preferito
morire piuttosto che sopportare quella tortura.
Perché Damon
non arrivava?!
-Dove ce
l’hai! Avanti!-Il ragazzo la scosse, afferrandole un seno e lei sgranò gli
occhi sopprimendo l’urlo che le esplodeva nel petto.
-Nel stoffa!
Nella stoffa del corpetto…-Ansimò sperando che la parete l’inghiottisse,
salvandola.
Il vampiro
trovò ciò che cercava e nell’atto la liberò dalla violenta stretta sul seno.
Una piccola
microSD dorata nascosta magistralmente nel tessuto dell’abito.
Jake era
stato molto furbo e aveva creato un apposito nascondiglio per l’oggetto, ma non
aveva evidentemente previsto un tale attacco senza possibilità di difesa.
Lasciandola
quasi nuda, il vampiro, si avvicinò all’orecchiò per parlare.
-Ti
ringrazio per la collaborazione, se non ti avessi bloccata, avresti dovuto
essere morta per farmi avere questa…ora sii gentile, fammi assaggiare un po’ di
questo meraviglioso sangue!-
-No! No! Ti
prego! Ti prego…-Si scosse, supplicando e cercando di protestare, ma la paura
le rendeva difficile ogni movimento, già impossibilitato dal peso del corpo del
castano vampiro su di lei.
Ariel sentì
appena il soffio del fiato del vampiro sul collo poi semplicemente urlò, ma non
ci fu nessun morso perché lui parlò ancora.
-Ho un volo
fra meno di due ore, peccato che tu sia una tentazione irresistibile, me
l’avevano detto che eri deliziosa, peccato che si siano sbagliati sulla tua
resistenza!-Ed un attimo dopo lui si chinò su di lei, ma ancora una volta non
la morse, bensì la spinse via e si volatilizzò, scappando dalla finestra.
Solo qualche
attimo dopo lei sentì la voce di Damon, che la chiamava.
Cadde sul
pavimento singhiozzando. Dio, l’aveva salvata, con la sola voce.
Il richiamo
di Damon si fece più vicino e lei avrebbe tanto voluto rimettersi in piedi,
legare il corpetto e risistemare le pieghe della gonna, ma riuscì solo a
piangere più forte, lasciando che il suo respiro, affannoso, si spezzasse più e
più volte.
C’era andata così vicino con quel vampiro.
Un brivido
di terrore l’avvolse e proprio in quel momento Damon fece irruzione nel bagno e
la vide.
Non seppe
mai che Damon, vedendola accasciata a terra, col corpetto slacciato, il volto
congestionato e rosso dal pianto, il corpo tremante ed il fiato spezzato, si
sentì morire e spaccare il cuore.
Non avrebbe
mai più voluto vederla così ed invece, anche se non era stato lui, qualcuno le
aveva fatto del male e lui non l’avrebbe perdonato.
Mai e poi
mai, e non perché aveva promesso a Jake di proteggerla, ma perché l’aveva
promesso a sé stesso.
Fine.
[Continua…]
Ciao a
tutti!
E anche
questo capitolo, finalmente, è concluso e con delle conclusioni, perdonate il
gioco di parole, davvero inaspettate!
Ariel e
Damon si concedono un bel ballo romantico contro tutte le aspettative su di
loro.
Ariel si
rende conto di provare ancora qualcosa per Damon e che l’attrazione che provava
settimane prima è fiorita dentro di lei nonostante tutto il fango con cui Damon
l’ha seppellita.
Complici il
soggiogamento dell’Angelo della Musica e il misterioso “Sogno” guidato dalla
mano di Kendra, la strega di William, le emozioni confuse della nostra rossa
sono entrate in collisione ed ora fra lei e Damon è una partita a tutto campo
con i loro sentimenti e rimorsi.
Damon dovrà
starle vicino, se vuole avere una chance con la bella Redlake e Jake gliel’ha
addirittura affidata, qualche colpo migliore per il nostro Salvatore?
Riuscirà a
non fare più errori con lei?
Non perdete
il prossimo capitolo, Messico, vampiri ed un Jet dirottato porteranno i nostri
protagonisti sull’isola della passione!
Baci
Serenity!
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Capitolo 20 *** Eyes on Fiere ***
Mia Beta,
Non c'è correzione,
per quanto marginale o insignificante,
che non valga la pena di effettuare.
Di cento correzioni,
ognuna può sembrare
meschina e pedante;
insieme, possono determinare
un nuovo livello del testo.
Grazie.
Cit.Theodor Adorno.
Capitolo XIX: Eyes On Fire
-Che cosa è successo?!-Domandò Damon, premurandosi di chiudere a chiave la porta alle spalle, prima di saettare accanto a lei.
Ma Ariel rotolò via rannicchiandosi sotto il lavabo, spaventata come un cucciolo di gattino.
Lui la guardò ed il cuore gli si strinse in una morsa.
-Vieni qui, dimmi cos’è successo, Sirenetta…-La incitò con la voce più dolce che aveva, proprio come avrebbe fatto un bambino con un gattino.
Lei lo guardò incerta, cercando di sorreggersi il corpetto, slacciato su entrambi i lati nel disperato tentativo di proteggersi.
-Il vampiro…-Biascicò, cercando scandire le parole attraverso i singhiozzi.
-Mi ha aggredita, cercava la microSD con i dati da criptare per aver accesso al mio conto bancario…-
Lui la guardò allibito,a bocca aperta.
I guai sembravano amare molto la signorina Redlake.
-L’ha presa…-Mormorò ancora, coprendosi il volto con le mani per piangere ancora e più forte.
Lui non seppe cosa fare e rimase a guardarla, col cuore che gli si stritolava in un pugno.
-Se criptano i codici troveranno quello bancario! Ed io non avrò più niente!-
A quel punto Damon davvero non ce la fece più e tese la mano verso di lei afferrandole un polso con delicatezza e spostandole la mano dal viso.
Lei lo guardò diritto negli occhi, senza protestare al tocco, e vide ciò che non si sarebbe mai aspettata: Dolore.
Negli occhi di Damon, fra i suoi laghi di ghiaccio e cielo, vide l’ombra, il riflesso di un dolore sconfinato.
Per lei?
E perché mai, se non provava niente per lei?
Dannato vampiro, ma che aveva nella testa? Di certo non il cervello!
Come lei del resto, perché non pensò ma si limitò a piangere e gettarsi su Damon.
Le sembrava l’unica cosa giusta da fare, in quel momento.
Lui rimase un po’ sorpreso ma l’abbracciò piano, lasciandola piangere sulla sua giacca.
-Tutti i miei soldi! Se li prendono non avrò più niente! E prenderanno anche quelli di Jake e lo uccideranno di certo e sarà tutta colpa mia!-
-Non hai visto chi era il vampiro?-Le chiese Damon, carezzandole i capelli rossi.
-Il ragazzo che mi ha chiesto di ballare! Quello che hai mandato via prima che ballassimo! Era qui fin dall’inizio con l’unico scopo di avvicinarsi a me!-
Damon strinse le mascelle.
Avrebbe dovuto ucciderlo quell’idiota, il primo pensiero quando l’aveva visto avvicinarsi ad Ariel era stato proprio quello di staccargli la testa, considerando il modo in cui importunava la sua Sirenetta.
-Che cosa farò adesso? Non posso stare qui, mentre lui scappa!-Si lamentò lei, tirando su col naso, per non sporcare la camicia al vampiro.
-Sono così importanti per te questi benedetti soldi?-Domandò lui, trattenendo un sospiro.
Ariel balzò via dal suo abbraccio e lo guardò con aria di sfida, nonostante fosse ridicola col corpetto da tener fermo ed i capelli disordinati.
-Certo! Sono miei! Bè non tutti miei, però questo non significa che non siano importanti per me! Sono la mia eredità!-
Damon scrollò le spalle e guardò verso la finestra da cui il vampiro era fuggito.
-Devo trovarlo! Non importa quanto sarà rischioso, o se dovrò affrontare un vampiro, io devo riprendere il mio codice, costi quel che costi!-
-Sei impazzita! Ti sbranerà viva!-
-So difendermi da sola!-
-Ho visto! Ti ha spogliata in un baleno, se non fossi arrivato in tempo chissà cos’altro avrebbe fatto, hai un livido sullo zigomo, non ci vuole un genio per capire che non hai avuto scampo!-Si oppose lui, con ferma e rude convinzione, persino accusandola.
-Non c’è bisogno che me lo venga a dire tu! Lo so dal giorno in cui ho scoperto che razza di demonio sei, che non ho speranze contro un vampiro, nemmeno se ci mettessi tutta la me stessa che temo di più!-
Damon la guardò assumendo un’espressione dura e ferita.
Non era un demonio, maledizione.
Ariel parve rendersi conto che l’aveva ferito ed il suo cuore fu punto da un dolore insolito.
Si sentiva in colpa per averlo trattato male.
Lui si alzò, allontanandola da sé, senza più guardarla.
Ariel si sentì subito infreddolita e troppo indifesa, senza la presenza inquietante di Damon.
Forse perché si era resa conto che provava ancora qualcosa di caldo e romantico per lui e, una parte di lei, voleva sapere com’era fare l’amore in modo consensuale e lascivo con lui.
Se fino a qualche giorno prima l’idea di stargli lontano il più possibile le sembrava una salvezza, ora, sola e senza Jake a sostenerla nelle battaglie future, si sentiva persa.
Damon sembrava un’ancora in mezzo al mare.
Grande e forte, dura e solida come solo un uomo determinato e spietato poteva essere.
Sentiva che avrebbe potuto perdonargli qualsiasi cosa, se le fosse stato accanto, per sempre.
Facendosi coraggio per non piangere e buttarsi ai suoi piedi come una nevrotica, si tirò sù e lo guardò con tutto il coraggio che possedeva.
-Ci andrò comunque, perché non posso mettere in pericolo gli altri…-
-I Cobra, è così che vi chiamate, gli altri giusto?-
Lei lo guardò a bocca aperta ma Damon non si smosse e nemmeno la degnò di un’occhiata.
Non se la meritava, era solo una frignona, psicopatica più di lui, con chissà quali segreti.
-Come lo sai!? Parla farabutto!-Esplose con rabbia lei, unendo i pugni sotto il mento, con un’aria di protesta e rivalità.
In quel momento, gli ultimi fili che chiudevano il corpetto cedettero e questo si aprì lasciando cadere la parte anteriore.
Damon finalmente la guardò e sorrise proprio come un furfante.
-Il tuo amico Jake mi ha detto un po’ di cose sospette…Come: “Arriveranno anche gli altri!” Che significa…l’aggressore era un di loro? Dei Cobra?-
-No!-Ribadì lei con indignazione, mentre si sistemava il corpetto per sfuggire allo sguardo malizioso di Damon.
Non si sentiva più tanto al sicuro, quando non aveva vestiti addosso.
-Allora spiegami chi sono questi tizi che Jake ha chiamato Cobra…Avanti!-
Lei lo guardò incerta, abbandonando l’idea di riallacciare tutti i fili che chiudevano il corpetto.
Era coperta a sufficienza e poi, se Damon avesse voluto, non sarebbe stato un corpetto legato ad impedirgli di fare ciò che voleva.
Rabbrividì, quell’idea perversa di lui che slacciava quel corpetto e si impossessava di ciò che nascondeva, la eccitava tanto quanto le faceva gelare il sangue nelle vene.
-Non ho tempo per spiegarti adesso, devo ritrovare il mio codice!-
Lui sbuffò ed alzò le mani al cielo.
-D’accordo, sei testarda, più di quanto avessi capito fin ora…Non andrai da solo ad affrontare un vampiro, è troppo pericoloso, perciò verrò con te!-
Lei lo guardò sbalordita, quasi non credeva alle sue orecchie.
-Dobbiamo cercare di scoprire dov’era diretto…O non lo prenderemo mai!-
-Ha detto che aveva un volo entro due ore, saranno passati appena 15 minuti da quando è scappato!-
-Allora possiamo seguirlo, se facciamo in fretta…Tieni, indossa questo, il tuo cappotto è dall’altra parte del salone, dobbiamo andarcene in fretta…-Disse togliendosi la giacca e porgendola alla fanciulla.
Ariel arrossì, accettando il dono e, con imbarazzo immemorabile, la indossò.
Damon si avviò verso la porta e lei lo guardò di nuovo con gli occhi velati dal dubbio.
Che stava facendo?
Dove stava andando con un pazzo come Damon?
A recuperare i suoi soldi.
A dimostrare a Jake che poteva contare su di lei.
Ma si sentiva pronta ad affrontare tutto questo con Damon?
Era pronta a rischiare così tanto con lui, che l’aveva già distrutta una volta?
Ed il destino, beffardo, la mise subito alla prova.
Damon si fermò sulla soglia e si voltò a guardarla, dritto negli occhi verdi, dove lui lesse la sua paura ed ogni incertezza.
Sapeva di non meritare la sua fiducia, Damon non era così stolto da ipotizzare che non lo temesse per tutto il male che le aveva fatto, ma sperava di poter guadagnare punti, prima o poi.
-Ascolta, non abbiamo tempo per avvertire adesso Stefan, saremo solo io e te, va bene?-
Ariel non seppe cosa rispondere.
Perciò lo guardò negli occhi, azzurri e glaciali, ma con delle sfumature calde e rassicuranti.
E le parve di vedere anche qualcos’altro.
Speranza.
Ciò che lui le chiedeva non era fiducia, ma una speranza.
Così capì che era davvero pronta a concedergliela.
La sua espressione indecisa cambiò e gli occhi verdi le risplenderono di una nuova luce, che quella sera, solo Damon poté ammirare.
-Sì!-Disse con tutta la determinazione che possedeva.
Il fuoco dei Redlake bruciò dentro di lei, forte come la passione, e Damon sentì di nuovo quel calore che l’aveva sempre colpito e attratto.
Quella era la sua Sirentetta, quella che aveva intravisto ma mai conosciuto.
Le porse una mano e lei l’afferrò senza esitazione.
Corsero via, scartando gli ospiti di Carol, dritti, senza fermarsi, verso l’uscita riuscendo a non incrociare nessuno dei loro amici.
Ariel si sentì in modo strano, trascinata da Damon come se lui fosse una corrente che la trasportava alla deriva, un fiume in piena capace di portarla ovunque.
Salirono sull’auto del vampiro e lui partì immediatamente.
-Hai bisogno di cambiarti, così non riuscirai a muoverti comodamente, se dovremmo affrontare un vampiro!-
-Ma perderemo tempo!-Protestò lei quando si accorse che imboccava la strada per il suo piccolo appartamento.
-Se ha quel volo fra più di un’ora abbiamo tutto il tempo, evidentemente è un novellino e non si aspettava che lo seguissi o che se avessi preso questa decisione per lui sarebbe stato facile sistemarti, visto che lo aveva già fatto…-Spiegò Damon, accelerando davanti alla strada libera per lui.
Ariel guardò fuori dal finestrino e non si lamentò dello spericolato modo di guidare del suo accompagnatore.
Era troppo occupata a ripensare all’assalto del vampiro biondiccio.
Un brivido le percorse la schiena, ricordandole che quel maledetto l’aveva bloccata alla parete costringendola a subire le sue torture.
Lo stomaco le si contorse al pensiero di quelle mani su di lei.
-Tranquilla, ci sono io con te adesso…lo sistemerò in un attimo, non ti si avvicinerà neppure…-La rassicurò Damon, riscuotendola dalla sua trance di terrore freddo.
Si voltò a guardarlo e si accorse che lui stava facendo altrettanto.
Abbozzò un sorriso, che le venne spontaneo, ma dentro si sentiva comunque inquieta.
Chi avrebbe tenuto Damon lontano da lei, invece?
Anche se si fidava in qualche modo di lui, non poteva non chiederselo.
Ciò che provava per lui era confuso e sbagliato e di certo non la aiutava a distinguere il bene dal male.
Ciò che era saggio o ciò che era imprudente fare.
Ma Damon era questo, per lei, una corsa senza freni.
Un rischio continuo, una battaglia senza armi dove poteva soccombere alla passione o alla morte.
Ed in entrambi i casi vinceva lui, sempre e comunque.
Sospirò pensando che forse, visto che aveva già sperimentato la morte, poteva arrendersi alla passione ma il suo corpo non era pronto poi come il suo cuore, aveva ancora paura che gli facesse del male nonostante, di tanto in tanto, ricordasse quel sogno dalle vivide sensazioni ed i tocchi quasi reali dove erano carne e fuoco in modo meraviglioso.
Quel pensiero distruggeva ogni ricordo di dolore e paura verso Damon.
Il piacere trionfava sul dolore fisico e sul panico.
Ecco cosa rappresentava quel vampiro per lei.
-Fai in fretta, mi raccomando…-
In quel momento Ariel guardò fuori casa e sobbalzò.
-Oddio! Non posso entrare! Ho le chiavi di casa nella borsetta! Abbiamo lasciato tutto a casa Lockwood!-
Damon si maledì per l’idea di non recuperare i cappotti e nient’altro.
Probabilmente Ariel non aveva documenti con sé in quel momento.
Non che fosse un problema così grave per lui.
-Non preoccuparti, ci penso io!-Esclamò, ed Ariel lo seguì fuori dalla macchina fino al portone di casa sua.
Damon con perizia ed astuzia, forzò la porta che un attimo dopo cedette e si aprì.
Lei lo guardò sconcertata.
-Prego, mia cara…-Le disse invitandola ad entrare.
-Spero pagherai i danni, Damon!-
Lui si limitò ad alzare gli occhi al cielo ed entrare insieme a lei.
La rossa per prima cosa gli restituì la giacca per poi lanciare una rapida e sospettosa occhiata alla casa.
-Via libera, se ci fosse qualcuno sentirei i suoi passi, i novellini non sono così bravi a controllare la loro forza…-
-Come sai che è un novellino?-
-Intuito, poi è scappato quindi sapeva di non essere in grado di affrontare un altro vampiro…-Le spiegò lui girandole attorno.
Ariel parve accettare quella spiegazione, che a dirla tutta non reggeva affatto e si diresse in camera sua, mentre Damon si avvicinava al frigo e agli stipetti in cerca di qualcosa di forte da bere.
Dovette purtroppo accontentarsi di una birra, perché Ariel non aveva altro.
La rossa si chiuse in camera e si spogliò del vestito come una furia.
Il suo primo pensiero fu quello di fare una doccia ma ci rinunciò subito, non avevano tempo da perdere, perciò prese dall’armadio un leggings ed una maglia, ma voltandosi verso il letto notò la scatola in cui poche ore prima era inciampata.
Il secondo regalo di Jake.
L’aveva completamente dimenticato e l’istinto in quel momento le diceva che era necessario aprirlo.
Pur temendone il contenuto, dal valore inestimabile di certo, si chinò per raccoglierlo e riporlo sul letto.
Lo contemplò ancora qualche attimo, non c’aveva fatto caso in precedenza ma era piuttosto pesante e grandicello, poi scoperchiò e non respirò più.
Indipendentemente dalla sua volontà, divenne pallida e le gambe si fecero molli.
No, che cosa voleva Jake da lei? Una prova?
Si sentì male.
Le successe tutto in un attimo, davanti ai suoi occhi si formarono tanti puntini neri e la stanza, insieme al mondo, si capovolse.
Se non incontrò il pavimento duro lo dovette solo a Damon che, alla velocità della luce, se possibile, la prese appena prima che la sua testa rossa toccasse terra.
-Ariel! Ehi! Sirenetta!-Lui la riscosse e, poiché lei non dava cenni di ripresa, ma giaceva immobile fra le sue braccia, la sollevò stringendola a sé per portarla sul lettino e distenderla lì.
-Ariel…Ma ti pare il momento di svenire?-La schernì, carezzandole una guancia, pallida.
Passarono solo alcuni secondi, prima che lei si riprendesse ed aprisse lentamente i suoi occhi verdi.
Damon si era quasi preoccupato quando, dalla cucina, aveva sentito che Ariel non respirava più da almeno venti secondi, prima che il battito del suo cuore gli esplodesse nelle orecchie ed in quel momento, spaventato, s’era precipitato da lei solo per doverla afferrare prima che svenisse.
Ora per fortuna si stava riprendendo.
Forse lo stress, la paura, l’aggressione e, magari anche la sua presenza lì, avevano contribuito a farla stare male.
-Damon…-Miagolò lei, cercando il suo sguardo di ghiaccio che lui le offrì senza indugio.
Sembrava molto turbata, forse doveva allontanarsi, dopotutto non doveva essere contraddittorio con sé stesso, se non doveva toccarla non doveva toccarla e basta.
Ma quando lui le scostò le dita tiepide dalla gota fredda, Ariel gli prese la mano sparando le sue emozioni vampiresche oltre i limiti del cosmo, tanto che il cuore, gli parve, pulsasse di nuovo.
-Ehi, Sirenetta, che ti è successo?-Chiese, un po’ troppo dolcemente per i suoi soliti modi.
-Io…La scatola! Oh Damon la scatola! È stato diabolico!-Vaneggiò lei, sollevandosi ed aggrappandosi alle braccia di Damon.
-Cosa? Di chi stai parlando?-
Ma Ariel non gli rispose e dopo averlo guardato per qualche attimo, lo spinse via, scossa da un brivido di freddo.
Era di nuovo in biancheria intima davanti a lui, in meno di 24 ore.
Era un segno del destino? Una prova per lui?
Una dimostrazione per lei?
Nessuno dei due sapeva trovare una risposta.
Così Damon pensò di sdrammatizzare.
-Non è che stai cercando di entrare in club di nudisti, vero?-
Lei si coprì subito, facendosi rossa come i suoi capelli e finalmente Damon poté decretare che si fosse ripresa dallo svenimento.
-N-Non scherzare! Maledizione! Credo di aver sfiorato un infarto! Dannato Jake, che regalo orribile!-Gemette lei.
Damon, a risentire quel nome, s’inviperì ma cercò di non farglielo notare.
Avrebbe odiato per l’eternità quel bastardo che l’aveva paralizzato e messo in auto, come un sacco di patate, dove era rimasto svenuto per più di mezz’ora.
Al suo risveglio il suo corpo era intorpidito ma funzionante.
Così si chiese cosa avesse mai potuto regalare ad Ariel e si guardò intorno finché non individuò il pacco che lei aveva nominato, proprio alla base del letto, di fronte a lui.
Il coperchio era ricaduto sul contenuto e lui, avvicinandosi, lo spostò e rimase prima perplesso, poi sbalordito.
Prese il tessuto posto nella scatola e lo spiegò spalancando la bocca.
Davanti ad Ariel apparve la divisa che da bambina l’aveva accompagnata nei boschi di Roswell, nel Caveau della banca e in chissà quanti altre occasioni al fianco dei Cobra.
Era una tutina nera, simile ad una muta da sub.
Ma a sconvolgere Damon fu ciò che era riposto sotto ed accanto alla tuta.
Armi.
Pistole, silenziatori, granate, coltellini, un piccolo borsello e due cinture, una più grossa ed una grande quanto una giarrettiera con fodero per pistola.
-Bè, ora direi che sei pronta per giocare alla Vedova Nera, Sirenetta!-
L’aeroporto, quella sera, era abbastanza tranquillo.
Damon ed Ariel si aggiravano guardinghi lungo gli imbarchi e le sale d’attesa cercando il loro vampiro.
-Sei certo che lo Sceriffo ci aiuterà?-Gli chiese Ariel sotto voce.
-Certo, una volta che avremmo le immagini tratte dal video di sorveglianza di casa Lockwood, Liz ci manderà le informazioni…-
-Stiamo destando sospetti…-Borbottò lei, cercando con lo sguardo un posto dove potersi sedere con Damon.
Quando lo localizzò, fece cenno a Damon di seguirla e sedersi con lei.
Attesero svariati minuti, finché finalmente il telefono di Damon non squillò.
Era lo Sceriffo Forbes.
Damon rispose subito e dopo qualche parola al telefono riattaccò aprendo il messaggio che gli era appena arrivato.
-Charlie Morrison, ricercato per omicidio, ventisei anni, condannato all’ergastolo per sequestro di minore, omicidio e tentata rapina a mano armata, disperso da meno di due mesi…Giusto il tempo per diventare un vampiro! Andiamo!-Esclamò Damon, afferrandola per mano dirigendosi verso un centro reception vuoto.
Damon soggiogò senza preamboli la giovane dietro la scrivania e lei in un attimo trovò Morrison imbarcato per un volo verso il Messico che avrebbe preso il volo, dall’altro capo dell’aeroporto, nei prossimi dieci minuti.
-C’abbiamo messo troppo! Lo perderemo!-Protestò Ariel.
-Non se corriamo, vieni!-Ancora lui le prese la mano e lei lo lasciò fare, sempre troppo impegnata a stare all’allerta nel caso il vampiro che l’aveva aggredita poco prima saltasse fuori.
Eppure correndo dietro Damon si sentiva ancora più al sicuro e pronta a combattere.
Le aveva fatto mettere la sua divisa, dicendogli che sarebbe stata più rapida nei movimenti, ma aveva dovuto coprirla con una lunga maglia bianca leggera, che copriva le armi nascoste sul suo fianco.
Sopra la maglia indossava ancora la giacca di Damon.
Così il suo profumo la inebriava costantemente e totalmente.
Quando videro che oramai la fila per l’imbarco del volo di Morrison era terminato e l’ultimo passeggero stava salendo, Damon accelerò rischiando di farsi vedere da mezzo aeroporto.
-Dobbiamo salire!-Esclamò rivolto alla donna con la cartellina che controllava i passeggeri.
Quello che seguì dopo per Damon fu un susseguirsi di volti da soggiogare, mentre si trascinava Ariel fino all’aereo che stava per chiudere i battenti.
Una volta a bordo, entrambi occuparono i posti all’ultima fila, in seconda classe.
-Dobbiamo fare qualcosa, Damon…-Disse Ariel, cercando con lo sguardo Morrison.
-Abbiamo già fatto abbastanza, ci aspettano 13 ore di viaggio, se non l’avessi notato…e non penso che il nostro amico possa fuggire a bordo di questo aereo pieno di persone, né tanto meno noi possiamo andarlo a prendere ed ammazzarlo davanti a tutti questi spettatori…-Spiegò Damon, mettendosi comodo ed aprendo lo sportellino dinanzi a sé.
-Perciò, Sirenetta mia, metti questa…-E le indicò una maschera copri occhiper dormire, in dotazione sui voli notturni come il loro, facendogliela penzolare dinanzi agli occhi verdi.
-E schiaccia un pisolino, d’accordo?-Fece il vampiro, con un sorriso sornione.
Ariel mise il broncio, gonfiando le guance come una bambina indispettita e strappandogli via dalle mani la maschera per gli occhi.
-Credi che potrei mai dormire, in una situazione del genere? Con un vampiro che ha in mano tutto il mio futuro e con te al mio fianco, che potresti farmi chissà cosa?-Sibilò lei guardandolo con l’aria più truce che poteva.
Damon per un attimo indurì il suo sguardo e lasciò che la rabbia gli bollisse dentro, ma un momento dopo optò per una tattica di vendetta più produttiva, per cui le sorrise malizioso.
-O forse, chissà cos’è che vorresti che ti facessi…-Le sussurrò piano, senza avvicinarsi troppo a lei.
Ariel dalla rabbia dipinse sul suo volto l’indignazione e poi il rossore prese il sopravvento su di esso.
-Sei..Sei un pervertito! L’ho pensato dal primo momento che ti ho conosciuto e lo ripeterò all’infinito!-
-Sì, è vero, non posso darti torto…Allora, vuoi dormire o no?-Le chiese, sporgendosi un po’ verso di lei e sorridendole.
La rossa guardò quelle labbra seducenti e sottili e le imitò sorridendo.
-No, voglio parlare…-Disse avvicinando una mano al petto del vampiro, per allontanarlo da sé quanto bastava per il decoro e la sicurezza del suo corpo e della sua mente.
-Parlare? E di cosa? Ti prego, non chiedermi se ho un piano, perché sono stanco e pensare a quell’imbecille che ti ha messo le mani addosso mi irrita. Quando scenderemo da qui, lo ucciderò e ce ne torneremo a casa felici e contenti…-Disse, certo che l’Idiota in questione non fosse in cabina con loro e che quindi non potesse venir a conoscenza dei suoi diabolici e vendicativi piani contro di lui.
Ariel, dal canto suo, lo ascoltò in silenzio e rimase colpita.
“Pensare a quell’imbecille che ti ha messo le mani addosso, mi irrita.”
Così le aveva detto Damon.
Era geloso? Arrabbiato? Non lo capiva.
-Sei…arrabbiato?-Gli chiese sporgendosi lei, questa volta, per guardarlo meglio in viso.
-Sì, certo che sono arrabbiato! Sono furioso perché eri al ballo con me ed ho permesso che un idiota si avvicinasse a te, così tanto da spogliarti e derubarti! Non ti ha fatto nulla vero?-
-N-No, solo…un po’ di paura, tutto qui…-Disse senza guardarlopiù.
Damon si mosse irrequieto nel suo posto e guardò lontano.
-Jake mi ha detto che ne arriveranno altri, i Cobra…ma tu non vuoi spiegarmi niente di più di quello che mi abbia già detto Jake, quando abbiamo parlato di te…-
Lei lo guardò sbalordita ed in un attimo si fece pallida come un lenzuolo appena smacchiato.
-Tranquilla, il tuo fidanzato ha fatto più male a me che viceversa…-Disse con un po’ di risentimento ed umiliazione.
Ariel prese fiato ed abbandonò l’apnea che aveva sostenuto sentendogli dire che aveva incontrato Jake.
-Cosa gli hai detto!? Lui non è il mio fidanzato!-Disse quasi urlando.
Un paio di persone si voltarono nella loro direzione.
Ariel arrossì, si maledisse e maledì Damon.
-Non urlare, sciocca! Allora è il tuo amante? Perché lui sembrava metterla così, quando ho ribadito che eri già mia!-Continuò imperterrito Damon.
-Oh maledetto! Lo sapevo che non dovevo fidarmi di te! Abbasso solo un attimo la guardia e tu non fai altro che pugnalarmi alle spalle!-Esclamò disgustata e furiosa la rossa, guardandolo con tutto il rancore che poteva.
Lui le scoccò un’occhiata di fuoco e sangue, facendola rabbrividire di paura.
Meglio non provocarlo.
-Il tuo Jake è sano e salvo, non gli ho torto neppure un capello, benché se lo meritasse!-
Ma lei sembrò non ascoltarlo minimamente, con foga ed occhi velati di rabbia lo guardò.
-Damon che cosa gli hai detto?!-
-Non ti riguarda!-
-Che cosa gli hai detto Damon? Dannazione!!!-Stavolta la sua voce sfuggì al controllo del timbro pacato ed uscì stridula e violenta.
-Se vuoi sapere se gli ho detto che sono entrato in casa tua ubriaco e incazzato ed ho abusato di te, beh no, ok?-
Lei raggelò e sembrò che tutto il calore che in quei giorni, in particolare quella sera, avesse accumulato nei confronti di Damon, si fosse appena disperso.
Smise di guardarlo e lui fece lo stesso, lasciando che il silenzio li dividesse di nuovo.
Non potevano chiarirsi, soprattutto non su un aereo pieno di persone.
Forse non si sarebbero mai chiariti su quel punto e, se questo non accadeva, nessuno dei due sarebbe mai riuscito a guardare avanti davvero, Damon ne era convinto.
Ma non era facile ammettere l’errore con lei.
Umiliarsi, quasi quanto lui aveva umiliato lei, sembrava ancora più difficile e doloroso.
Non voleva neppure ferirla tirando in ballo stupide scuse o lagne.
Non sapeva proprio cosa dire e la reazione che lei aveva avuto a quelle parole gli diede la conferma che per loro i tempi non erano maturi.
-Ho bisogno di andare in bagno…-Disse lei, sempre con lo sguardo distante da lui che occupava il posto passeggero esterno, mentre lei era accanto al finestrino.
-Ascolta, non volevo...non volevo ferirti con quello che ho detto un attimo fa, solo…So che provi qualcosa per Jake e questo mi fa andare fuori di testa…-Provò a spiegarle lui.
-Per favore, fammi uscire…-Ripetè lei, gelida.
Damon digrignò i denti e pensò d’impuntarsi.
-Potresti almeno ascoltarmi?-
-Fammi uscire da qui!-Scandì lei, ostinandosi a non guardarlo in faccia, piena d’impassibile collera.
A quel punto Damon si arrese, non voleva scenate su un aereo, fra l’altro avevano tredici ore di volo notturne da affrontare, le due sarebbero scoccate presto e loro avevano tempo per dibattere, al diavolo i tempi maturi ed immaturi.
Si alzò, la fece passare e lei se ne andò in bagno.
Damon attese diversi e lunghi minuti e, quando la sua pazienza superò il limite dei quindici minuti di sopportazione, si alzò anche lui ed andò verso i bagni per poi bussare dove sapeva esserci Ariel.
-Occupato!-Rispose flebile lei.
Forse stava piangendo o quanto meno l’aveva fatto.
Dio, gli si spaccava il cuore, ma perché? Perché gli faceva male sentirla così e perché doveva sempre farla piangere!?
-Sono Damon…Ahm…Ariel mi dispiace davvero per quello che ti ho detto, per il modo in cui l’ho detto, potresti per favore venir fuori da qui?-
-No, non voglio sedermi accanto a te!-Rispose lei stizza, la sua voce era inequivocabile, era arrabbiata.
Damon si appoggiò con la fronte alla porta.
Che testarda, lui gli faceva le sue scuse e lei s’impuntava come una mocciosa?
-Sai una cosa, se non volevi stare con me perché hai accettato di venire al ballo? Perché hai ballato con me? Perché sei qui con me?-
-Non mi sembrava di avere molta scelta!-Sbottò lei dall’altra parte della porta.
-Potevi correre a chiamare Stefan o Jake…-
Lei non rispose.
-Ve bene, fa come vuoi, spero che tu e la tazza vi divertiate…-Si guardò intorno ed in un angolo individuò una bionda molto attraente seduta sola.
-Io andrò a consolarmi con la bionda lì infondo, sogni d’oro Sirenetta!-
-No! Ok, Ok! Mi servono solo…Due minuti, ok?-
Oh, interessante, era gelosia quella che tingeva la voce della sua Redlake?
-Ti aspetterò ai nostri posti…-
(Soundtrack consigliata: Eyes On Fire )
Quando Ariel gli chiese di occuparelui il posto accanto al finestrino, Damon l’accontentò, dicendosi che purché stesse buona, per il resto delle dodici ore che dovevano passare insieme, era disposto anche a concederle qualche richiesta.
-Spero tu voglia dormire adesso…-Disse Damon, lasciando sfuggire più rancore di quanto ne portasse dentro.
-Spero che tu, Damon, non voglia più discutere!-Sbottò lei, guardandosi intorno con aria indagatrice.
-Guarda che il nostro uomo è in prima classe…-Chiarì lui.
-Lo so…è…lei!!-Lei sobbalzò e puntò gli occhi sulla famosa bionda che Damon aveva adocchiato prima.
Rossa in viso, Ariel si agitò, sentendole il cuore fare troppe capriole.
Era davvero bella, molto più di lei.
Era più snella, più svestita, più sensuale ed i capelli erano perfetti e ondulati, il trucco la rendeva brillante e bella come una diva di Hollywood.
-Ah, la ragazza…Carina, non trovi?-Le domandò con un sorrisetto, che lei, dandogli le spalle, non vide.
-Bellissima…-Disse sincera, ignorando che lui stava cercando di sondare il terreno, provocandola.
Ariel si voltò e lo scrutò per capire se lui fosse interessato, ma si sorprese scoprendo che lui stava guardando lei e non la bionda.
-Già, anche più bella di te, sai?-
Lei gli scoccò un’occhiataccia ed offesa guardò la sua rivale.
Sul serio, era più bella di lei? Questo era innegabile.
Ma che fosse la sua rivale, era decisamente da discutere.
Lei non era la ragazza di Damon e nemmeno voleva esserlo.
“Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?”le sussurrò la voce di Nando Gazzolo, doppiatore italiano del prologo della “Bella e La Bestia”.
-Ma non è te, Sirenetta…-Continuò lui, cogliendo nuovamentedi sorpreso il suo cuore da verginella, mentre si voltava a guardarlo a bocca aperta.
-Non ha i tuoi occhi, così verdi e limpidi, mai visti, nemmeno in un secolo di vita…Non ha le tue labbra, rosse e morbide, non ha queste mani, piccole e delicate…come la tua pelle, come un confetto di seta…-
Damon le prese la mano destra e lei morì in quell’esatto istante.
Esattamente, quando le labbra di Damon si posarono sulle sue dita, con delicatezza e premura.
La sua mano s’incendiò e quel calore ibernatosi diversi minuti prima, riesplose dentro di lei con vulcanica potenza.
Quello che provava per lui era davvero vivido dentro di lei, non poteva proprio nasconderlo a sé stessa e nemmeno seppellirlo con la rabbia.
Era gelosa che lui avesse pensato ad un’altra donna.
Era gelosa perché lui, oramai, l’aveva resa sua più di chiunque altro ed ora non poteva semplicemente scartarla.
Era gelosa perché sapeva come i suoi baci potessero stordire, far male, far bene, farti perdere fra dolore e piacere.
Le sue mani erano state sia fuoco sia ghiaccio su di lei e non avrebbe davvero voluto che lui riservasse un simile trattamento a nessun’altra.
Mai e poi mai, che fosse amore, solo desiderio o violenza, tutto quello che Damon aveva da dare, era per lei.
Ed il suo bacio si ripeté, spostandosi sul suo dorso.
-Non ha questo calore…-Aggiunse lui, guardandola d’improvviso proprio negli occhi.
In quelli di Damon, Ariel vide il fuoco.
La passione ed il desiderio splendevano nei suoi occhi di gelo e cielo.
La stavano incendiando.
-Non ha questo profumo, questo sapore…-
La sua bocca sottile salì ancora lungo il suo polso stretto, facendolo rotare di poco per poterle baciare la pelle più sensibile, lungo le vene.
-Non ha questo sangue…Come il fuoco ed il miele…-
Non riusciva più a respirare? Come si faceva?
Sapeva solo tremare di piacere?
Ma finora forse si era solo illusa, perché quando la lingua di Damon le solleticò una vena, seguendone il tracciato, Ariel poté solo chiudere gli occhi e miagolare, come una gattina che fa le fusa al padrone.
Che vergogna, che umiliazione, che meraviglia sublime.
Ma proprio quando sentiva che quell’estasi avrebbe potuto portarla a chiedere a Damon di spostare quelle carezze sulla sua bocca, lui si spostò e sorrise soddisfatto.
-Penso che per stanotte possa bastare, Sirenetta…-
Lei rinsavì e tutto le esplose attorno.
Gesù! Aveva limonato con Damon in aereo davanti ad un mucchio di persone, intente a dormire, leggere, guardare film e conversare, alla luce di soffuse lanterne di servizio?!
E glielo aveva permesso! Si era lasciata toccare, baciare, leccare da lui senza batter ciglio.
Era impazzita, stava delirando, le avevano fatto il lavaggio del cervello!
Si agitò nel suo sedile, ansimando come dopo una corsa.
E se Damon si avvicinava tanto e l’aggrediva?
Santo cielo, l’aveva violentata un mese prima!
-È un po’ tardi per i ripensamenti e per tirar fuori la ragione, non credi?-Le disse il vampiro, appoggiandosi allo schienale della poltroncina.
-Lurido…-Sibilò furiosa e confusa.
-Ti consiglio di dormire, prima di inscenare un'altra discussione da marito e moglie, fuori luogo, visto che non siamo nemmeno fidanzati!-
-Mi hai appena…fatto quelle cose!-Riuscì a stento a dire lei paonazza di vergogna al sol ricordo di pochi attimi prima.
Lui rise di gusto, attirando l’attenzione di un uomo che cercava di non addormentarsi mentre leggeva il giornale.
Quelle cose?
Forse si stava facendo troppi film in testa, povera Sirenetta.
Infondo, non avevano fatto ancora niente di quello che in realtà lui considerava flirtare.
-E tu mi hai permesso di farle, Sirenetta, come mi avresti probabilmente permesso di baciarti questa sera al ballo…Sai, voglio dirti un’ultima cosa, prima di chiudere l’argomento, per adesso…-E da come lo disse, Ariel intuì che, oltre ad essere serio, era quasi minaccioso.
-Odiami, se vuoi, dì che ti faccio schifo e che sono un mostro, lurido, bastardo e quant’altro ti viene in mente, ma ricorda che qualsiasi cosa dirai, non cambierà ciò che io voglio…Te!-
Ariel sgranò gli occhi e si allontanò da lui, per quanto possibile.
Ma il Salvatore non si fermò.
-Non voglio discuterne in aereo, ma è meglio che tu lo sappia, ti voglio ancora e più di prima, ti voglio mia e questa volta ti voglio per davvero!-
-Mi hai già avuta, non ti è bastato…Sei venuto con me…per questo!-Il terrore avvolse Ariel, delusa da quelle parole che le sembrarono la sua condanna a morte.
Stava cercando di sedurla, di amicarsela, solo per far sì che si fidasse abbastanza da restare da sola con lui, fino a quando non l’avrebbe rinchiusa in qualche stanza con lo scopo di portarla a letto di nuovo, volente o nolente.
-Ti sbagli! Ariel, non sono l’uomo che credevi quando mi hai conosciuto, sono un vampiro, le mie emozioni sono amplificate ed ogni cosa è più intensa! Sono come una bomba atomica distruttiva perché il controllo non è il mio forte da quando sono un vampiro... Tuttavia non sono nemmeno il mostro che credi, o almeno, non è quello che vorrei essere, ho fatto molti, moltissimi errori in questi benedetti 170 anni, ma con te non ne farò più, mai più!-
Damon fece una pausa per guardarla negli occhi con più calma e poi continuò, mentre lei lo ascoltava senza saper cosa dire.
-Non fidarti di me, se non te la senti, non ti biasimerei più di tanto…Però coglierò ogni singolo attimo che mi concederai, prenderò ogni permesso che mi accorderai, ti toccherò ogni volta che tu non me lo impedirai! E non ti farò quelle cose fino a quando non sarai tu a chiedermi di fartele!-
Lei lo guardò a bocca aperta, chiedendosi se e quando avrebbe chiesto a Damon di limonare e fare cose imbarazzanti.
Però Damon non trovò interessanti i suoi pareri e non glieli lasciò esprimere, prendendo di nuovo la parola.
-Adesso dormi, quando atterreremo dovrai essere in forze, mettiti comoda al mio posto, chiamo l’hostess così ti portano il cuscino!-
Calò il silenzio ed Ariel non ebbe più la forza di ribattere.
Cosa avrebbe dovuto dire di fronte a tanta sicurezza?
Dopotutto era chiaro come il sole, Damon le piaceva ancora e gli permetteva di avvicinarsi facilmente, fin dal loro primo incontro, quindi perché avrebbe dovuto dirgli di non approfittare se era lei la prima a permetterglielo?
Forse il fatto che l’aveva violentata sarebbe dovuto bastare, ma incredibile a dirsi, si aspettava di più da Damon, molto di più di sesso senza passione e concordia.
Ma si era già resa conto di desiderarlo, no? Inutile tornarci sopra.
Voleva una seconda chance con Damon e, quando lui le portò il cuscino e prese posto accanto a lei, nel posto esterno, si accoccolò come meglio poté, con la coperta che lui le stava persino sistemando sulle spalle mentre lei lo guardava come una bambina di cinque anni.
Decise di non mettere la mascherina, non si poteva mai sapere, dopotutto stavano inseguendo un vampiro che le aveva rubato la microSD da miliardaria, meglio stare in allerta.
Damon invece si mise veramente comodo e chiuse gli occhi, nel giro di due ore lui sembrava proprio che stesse dormendo come un ghiro.
Ariel faticava ad addormentarsi del tutto.
Quando si svegliò dagli ultimi venti minuti di sonno notò che accanto a Damon, in pieno sonno, c’era la bionda che lui aveva adocchiato prima.
Gesù, lo stava fissando imbambolata e quando la bionda si accorse che lei era sveglia arrossì un po’ ma non se ne andò.
Ariel a quel puntò sentì la minaccia della nuova arrivata come uno Tsunami pronto a scagliarsi su Damon, per avvolgerlo e spazzare via lei.
D’istinto, come una tigre posò una mano sul petto del vampiro e gli si avvicinò come per sottolineare che lui era suo.
La bionda la fulminò con gli occhi azzurri, si mise i capelli dietro l’orecchio e fingendo cercare qualcuno, rimase lì, inosservata perché quasi tutti nell’aero dormivano o comunque erano assorti nei proprio svaghi.
Fu a quel punto che Ariel andò fuori di testa.
Anche se Damon aveva detto tutte quelle cose carine e seducenti su di lei, niente li legava, il fatto che la desiderasse non significava che non avrebbe esitato dinanzi ad una così meravigliosa ragazza, per di più interessata a lui.
Ma se proprio Damon doveva sedurla, che almeno si concentrasse solo su di lei, che non avrebbe permesso all’ultima arrivata di distrarlo.
Costi quel che costi, che fosse gelosa o no, che lo amasse o lo odiasse, non faceva più differenza.
Damon aveva ragione, lui avrebbe preso ogni cosa e lei avrebbe fatto lo stesso con lui.
Si avvicinò al suo volto e lentamente, assicurandosi che la bionda la guardasse, lo baciò lievemente sulle labbra, riscoprendo quanto erano sottili e morbide, calde e eccitanti.
La inebriavano ancora, come quando l’aveva baciata sul ponte, durante il picnic dove lei era quasi annegata.
O di quando l’aveva stregata durante il set fotografico, dandole quel dolce bacio mentre le rammentava che lei gli apparteneva.
Avrebbe voluto indugiare di più, assaporare ogni delizioso labbro di quella bocca, ma aveva troppa paura che si svegliasse.
Non era nemmeno certa che stesse dormendo, come le era saltato in mente di baciaro?
Con il cuore che presto le sarebbe esploso, vide andar via la bionda ed il trionfo la fece sorridere come una beota, ignorando Damon che sorrideva sotto i baffi.
Ariel rimase convinta che lui stesse davvero dormendo come un sasso e non avesse visto nè sentito nulla, ma purtroppo si era decisamente illusa.
Ma non l’avrebbe scoperto in quelle successive nove ore di volo, dove alle prime luci dell’alba, quando si risvegliò, Damon sembrava semplicemente annoiato e non le destò alcun sospetto.
Anzi, scelsero insieme un paio di film e li guardarono per il resto del viaggio, come se nulla fosse successo.
Un ordinario volo, con due ordinari amici, che si scambiavano opinioni similari sui film scelti.
Anche se forse persino Ariel avrebbe preferito continuare a parlare, litigare e fare quelle cose, quasi quanto Damon, ben consapevole che ora, più che mai, la Sirenetta era pronta per essere conquistata.
-Messico, non ci venivo dagli anni novanta!-Disse Damon, guardando Charlie Morrison che giaceva a terra come un sacco di patate, con un bel paletto nel cuore.
Non era stato difficile prenderlo, portarlo in un posto isolato, dove Ariel gli aveva piantato, con gioia, diverse pallottole nel petto e sulle cosce.
Damon gli aveva anche assestato un bel calcio sui gioielli di famiglia, sentendosi poi dire che anche lui se lo sarebbe meritato, ma la sua Sirenetta era parsa più ironica che arrabbiata.
Una volta sistemato Morrison, a cui lui stesso aveva conficcato il paletto nel cuore, Ariel aveva recuperato il suo piccolo tesoro.
-Ci potremmo godere il Messico, sai?-La invitò Damon, mentre camminavano per le strade soleggiate, diretti nuovamente all’aeroporto internazionale della Città del Messico.
-Non possiamo, forse riusciremo a prendere il volo per la Georgia e con un po’ di fortuna saremo a casa entro domani sera!-
-Non capisco che fretta ci sia, siamo appena scesi dall’aereo dopo tredici ore…E noi siamo in Messico, a Mexico City e ripartiamo così?-
-Ma non siamo in viaggio di piacere Damon!-Esclamò lei, scattando avanti per mettere distanza fra lei e Damon.
La rossa aveva la netta sensazione che il suo bel vampiro stesse tentando di organizzare qualcosa di losco.
Si comportava in modo strano e dalla sera del ballo fino a quel primo pomeriggio, era stato fin troppo gentile ed affascinante.
Ma non aveva intenzione di cadere nella sua trappola da predatore così in fretta.
Aveva bisogno di tempo per elaborare le nuove emozioni che le erano scoppiate dentro la sera precedente e in quelle tredici ore di volo.
Rimanere in Messico con lui sarebbe stato, oltre che pericoloso, perché non si fidava ancora, molto eccitante e lascivo.
Non si sentiva poi così pronta su quel piano, non era pronta ad affrontare l’ovvietà dei fatti e della possibilità che Damon rendesse quella chance qualcosa di molto vero e profondo.
Come un futuro insieme.
Oddio, ci stava fantasticando sù!
Sobbalzò solo quando lui la raggiunse e senza preavviso le posò un braccio sulle spalle, accostandola un po’ a sé.
Caldo e freddo si mescolarono dentro di lei.
-Ma, se lo volessi, potrebbe diventarlo…Molto di piacere…-
-Sei un…Vile!-Disse lei, arrossendo, quando le sussurrò nell’orecchio.
Lo spinse via e lui non se la prese, si staccò e non si riavvicinò.
Anzi rise, divertito.
-Rilassati, intendevo solo dire che potremmo andare a prenderci un bel Bourbon messicano o magari mangiare del Chili!-
Lei si fermò.
Il Chili le piaceva!
No, niente tentazione, lui era come un diavolo in quel momento, cercava solo di indurla in tentazione.
E del Chili piccante non gli serviva proprio in quel momento, Damon lo era già di suo.
-No! Abbiamo ripreso la mia chiave, non vedo perché trattenerci, non vedo l’ora di tornare a casa!-
-D’accordo, niente vacanza di lusso in Messico…-
Ma quando arrivarono in aeroporto, Ariel ebbe una cocente delusione.
Il loro volo era stato cancellato, il prossimo ci sarebbe stato l’indomani mattina.
-No! No! Io devo tornare! Se partiamo domani, Martedì perderò storia alla seconda ora!-Sbraitò furiosa, mentre Damon cercava di trascinarla via dalla reception.
-Storia? Con Alaric? E ti preoccupi per un’assenza a scuola?-La schernì lui, alle sue spalle per spingerla fuori dall’Hall d’attesa.
-No! No Damon! Lasciami! No!-Improvvisamente Ariel si dibatté come una dannata e Damon la lasciò immediatamente andare, sorpreso.
La vide scappare via e guardarsi intorno come se si fosse persa.
Poi raggiunse una panchina e ci si sedé, coprendosi il volto con le mani, poi scoppiò a piangere.
Lui la guardò davvero sbigottito e si apprestò a raggiungerla immediatamente.
Santo cielo, forse aveva il Jet Lag e lui non se n’era nemmeno accorto!
Forse la tensione della sera precedente, la paura, il volo improvviso, il Messico ed il recupero della microSD l’avevano stressata più di quanto pensasse.
-Dai, vieni qui Sirenetta, ti riporto presto a casa…cercheremo il primo volo disponibile, va bene?-Provò a consolarla lui, posandole una mano dietro la schiena, sedendosi accanto a lei.
Ariel singhiozzò, ma non lo cacciò via, né si ritrasse.
-Voglio solo tornare a casa, portami a casa mia Damon, ti prego…-
-Certo, sta tranquilla Sirenetta, è solo il Jet Lag e sei stanca…-
Lei annuì e si asciugò le lacrime.
-Non ho mai sofferto il Jet Lag…Lo odio! Odio questa stupida compagnia area!-Piagnucolò passandosi una mano fra i capelli, tenuti stretti dalla coda alta e ribelle.
-Mi dispiace, ma se è per la scuola, Alaric può..!-
Ma Ariel non lasciò nemmeno finire Damon.
-Il Professor Saltzman non può far nulla, non è giusto metterlo in difficoltà solo perché è tuo amico o di Elena e tutti voi…-Spiegò la rossa, portando le gambe al petto, potendo così posare la testa sulle ginocchia.
-Bè…E’ anche tuo amico, adesso…-Ribadì Damon, carezzandole lentamente la schiena, mentre lei tornava a piangere, in silenzio stavolta.
-Coraggio, prometto che ti porterò nel più lussuoso degli Hotel a cinque stelle di Messico City…-
-Con camere separate!-Disse lei, nascondendo il volto fra le braccia avvolte intorno alle ginocchia.
Damon sospirò, con una rassegnata alzata di spalle.
-Tutto quello che vorrai…Ma dovremo passare una notte qui, mi dispiace…-
-Anche a voi il volo per la Virginia è stato annullato?-
Una voce li distrasse ed Ariel alzò finalmente lo sguardo verso un uomo di mezza età, dalla carnagione mulatta, penetranti occhi neri come i capelli folti, coperti da un cappello con visiera.
Era vestito in modo semplice e sembrava del luogo.
Lei istintivamente annuì, mentre Damon lo guardava con sospetto e minacciosità.
-Lo immaginavo, a molte persone è stato annullato il volo…Tranne per alcune partenze urgenti!-Annunciò lui, con un sorriso poco rassicurante che però notò solo Damon.
Ariel, nel suo, fiutò solo una speranza, una chance.
-Urgenti?-Chiese fingendo semplice e pura curiosità.
Damon capì immediatamente anche questo, lei stava per carpire informazioni.
-Oh, ho sentito dire che ci sono dei Jet ed Elicotteri diretti all’Houston Ellington Field, l’aeroporto di Houston in Texas, da lì potreste trovare un volo diretto o proseguire diversamente…-
Ariel scattò subito in piedi, rinvigorita e desiderosa di sapere altre informazioni.
-E come possiamo fare, per prendere questi Jet o quel che sia?-
-Oh, sono dall’altro lato dell’aeroporto, si tratta di voli privati o per lo più di voli di trasporto merci al dettaglio!-
-Grazie, è stato molto gentile!-
-Figuratevi, ma se avete davvero intenzione di imbucarvi su quei voli, affrettatevi perché la voce potrebbe spargersi!-
L’uomo, in un batter d’occhio, salutò e si volatilizzò, lasciandoli nuovamente soli.
-Hai sentito Damon!? Andiamo, forse troveremo qualcosa…se partiamo presto, Domani mattina saremo a Houston e probabilmente troveremo una coincidenza per la virginia o per la Georgia, saremo a casa entro Martedì mattina ed io potrei arrivare a lezione!-
-Ariel, ma sei pazza? Non crederai a quell’uomo?-
-E perché non dovrei?-
-Perché non lo conosci neppure, avrà inventato una balla…-Disse lui, alzandosi.
-E se fosse vero? Non dovremmo passare la notte qui, potremmo partire subito!-Esclamò a sua volta lei.
Sembrava davvero sconvolta, quindi Damon le afferrò le braccia, per tenerla un po’ ferma, di fronte a sé.
-Ariel, è solo una notte in più, poi prenderemo un volo di linea e Mercoledì sarai a casa, sono certo che Alaric non morirà se non ti avrà alla sua lezione e tu non morirai se ne perderai un’altra!-
Ma lei si scosse la testa ed alzò gli occhi con fare arrogante.
-Non mi importa, voglio partire adesso e partirò! Tu goditi pure il Messico da solo!-
-Chi ti dice che me lo godrò da solo se te ne andrai?-Provocò lui regalandole un sorriso pieno di malizia.
Ariel ne rimase sconvolta.
Era così bello quando sorrideva, come aveva potuto dimenticare che Damon era Sua Maestà Imperiale Dio Della Bellezza?
Ma anche Mr. Antipatica che cercava di farla capitolare ai suoi piedi.
Non avrebbe fatto il suo gioco.
-Sai che ti dico, fa pure, credi che a me importi se godi con qualcun’altra?-Sbottò più furiosa e gelosa di quanto avesse voluto.
-Da come sbraiti e ti fai rossa, sembrerebbe di si, Sirenetta!-
Ora Damon, che aveva colto nel segno, per lei aveva superato il limite.
Sbatterle in faccia i suoi più oscuri desideri e segreti non era per niente giusto.
Non doveva permettersi.
Arrabbiata, con abile mossa di braccia lo costrinse a lasciarla, evidentemente non stava usando nemmeno una frazione della sua forza, ma Ariel si lasciò sopraffare dalla rabbia e gli puntò l’indice contro, avanzando di un passo.
-Stammi a sentire, presuntuoso! Avrò anche il Jet Lag ma non mi farò mettere i piedi in testa da te! Io non sono tua e tu non hai alcun diritto di dirmi cosa fare…Non passerò la notte in Messico con te, perché non voglio che tu ti avvicini a me con intenzioni predatorie!-
-Predatorie?-Fece lui allibito.
-Esattamente, sono stanca dei tuoi giochetti, hai detto che mi vuoi più di prima e cosa dovrei pensare? Che solo perché hai promesso che non mi farai più del male, io debba crederti e venire in albergo con te e stare sveglia tutta la notte ad aspettare che tu cambi idea? Scordatelo, non mi fido fino a questo punto e se davvero non vuoi farmi più del male…lasciami andare a casa!-
Lui la guardò furioso, ma in quel momento lei lo era altrettanto.
-Va bene! Vuoi tornare a casa? Torniamo, se volessi potrei cambiare idea in qualunque posto, che sia un aero di linea, un jet provato o un dannato elicottero!-
L’ira di Ariel si tramutò in un lampo in puro terrore.
Damon aveva ragione.
Perché lo stava provocando in quel modo?
-Ma sai che ti dico? Dormi sonni tranquilli, Ariel! Continua a fingere di non provare nulla per me, ma sappi che se mi baci un’altra volta perché sei gelosa della prima venuta, dopo aver passato la notte con Jake, faremo i conti!-
Lei rimase a bocca aperta, senza fiato, con la testa che le girava.
Mille aghi le s’infilzarono nel cranio ed un dolore al petto la paralizzò.
Damon non stava dormendo, quando l’aveva baciato!
-I-Io…Lei…-
-Sì, stava cercando di avvicinarsi e tu l’hai allontanata, perciò sii onesta con te stessa, Sirenetta…Sai quel che voglio io, ma tu…cosa vuoi?-Chiese Damon affrontando con la stessa caparbietà la sua Sirenetta.
Ma non si era accorto che lei lo guardava con gli occhi lucidi.
Merda.
-Ma come puoi chiedermi una cosa del genere? Dopo tutto quello che mi hai fatto passare, dopo tutto quello mi hai detto un mese fa? Sì Damon, l’ho allontanata da te, ok? Si, sono gelosa!È questo che vuoi sentirti dire da me? Che cosa voglio? Non lo so, so… solo che ho bisogno di tornare a casa, di…di starti lontana… dieci minuti prima che il mio cervello esploda mentre cerco di capire perché provo queste cose assurde per te!-
Le lacrime le rigavano il volto e Damon si pentì subito di essersi impuntato come un bambino.
Quando stava con Ariel non gli riusciva proprio di controllarsi, era la sua Estasi personale, quella ragazza.
-D’accordo, faremo come vuoi tu, andiamo a prendere questo passaggio…poi ne riparleremo fra qualche giorno!-
Lei si asciugò le lacrime, che silenziose scendevano piano.
Damon era freddo e lei temeva di averlo provocato troppo oltre che sicuramente allontanato.
Perché passavano da momenti di intensa complicità a momenti di rabbia e scontro?
Sembravano una coppia sposata da un paio di anni, con problemi di comunicazione.
Ma forse era anche colpa sua. Così indecisa e confusa.
Forse doveva fare come aveva fatto Damon, mettere in chiaro le cose.
-Aspetta Damon…-
Doveva dirgli ciò che aveva capito al ballo e sull’aereo.
-C’è una cosa, che so di volere…Ora lo sai, provo qualcosa per te, che non è odio! Sono gelosa e voglio che quando sei con me, non pensi a nessun’altra!-
Lo disse, chissà con quale coraggio, ma lo disse.
Lui rimase particolarmente sorpreso, ma dopo i primi attimi sorrise con scherno e le s’avvicinò fino ad afferrarle il mento.
-Ariel, Ariel, Ariel, questa è una pretesa da fidanzata, lo sai?-
Lei arrossì, mentre il corpo le s’irrigidiva alla presa di Damon, calda e pericolosa.
Le piaceva e le faceva paura.
-E noi non siamo fidanzati, tesoro…Anche se…l’idea potrebbe piacermi…-Continuò soave, afferrandola per un fianco per spingerla contro di sé.
-…Se tu alzi delle pretese su di me, Damon, allora farò lo stesso anch’io!-
-Prima dovresti ammettere cosa vuoi davvero, non credi?-
-Voglio che mi lasci subito, non voglio starti attaccata così!-Disse lei, dibattendosi ben poco, rispetto a come avrebbe fatto meno di dieci giorni prima.
Damon non faticò a trattenerla e la derise, per poi inchiodare il suo sguardo di cristallo verde sui di lui.
-Menti, Sirenetta, a te piace…Sei come una gattina spaurita, desideri essere accarezzata ma hai paura…-
-Non è vero!-Sbottò lei, tirandogli qualche pugno, innocuo anche per un bambino, sul petto.
-Si che è vero, Sirenetta… E lo sai anche tu, vedo la tua pura, così come vedo il tuo desiderio…e tu? Tu puoi vedere il mio? E va bene, farò tutto ciò che vorrai per i prossimi dieci giorni…finché non saremo a casa mi divertirò a farti impazzire e poi non ti cercherò più finché non sarai tu a venire da me, a dirmi cosa vuoi davvero…-
Poi la lasciò, sconvolta e accaldata, dopo che le loro labbra erano state così vicine da sfiorarsi, così vicine che i loro fiati si erano uniti.
Così vicini che Ariel era impazzita, chiedendosi se ciò che vedeva lei negli occhi di Damon fosse il desiderio di cui lui parlava.
Se era quello, era fatto di lava e fiamme, di ghiaccio e brividi.
Se aveva intenzione di continuare in quel modo, sarebbe morta prima di arrivare a Mystic Falls, morta per il desiderio che la terrorizzava di più.
Damon Salvatore.
Una catapecchia di aereo.
Con tanto di pale rotanti sul muso ed ali poste sul tetto.
Ariel l’aveva trascinato su un piccolo, orripilante e vecchio aero che trasportava merci come alcolici, alimenti e qualche tessuto.
Il tipo che pilotava l’aereotaxi, Joseph Nikewood, era un puzzolente e grassoccio tipo che aveva tutta l’aria di essere un contrabbandiere, con tanto di effettive merci di contrabbando.
Damon, se pur contrario, era stato costretto a seguire la sua imperterrita compagna rossa, che ignorando i pericoli e le trappole in cui poteva incorrere, era saltata a bordo, senza dar conto al fatto che fossero gli unici due ospiti del volo.
La cosa era strana e per la prima ora di volo rimase sull’attenti come un pellerossa nella giungla.
Ma poi Ariel si era annoiata del silenzio, dormire su quei sedili malconci e scomodi le si era rivelato impossibile, quindi aveva cominciato a parlare.
Così avevano scoperto di avere gusti molto vicini.
Ariel era una fan sfegatata di Via col vento, di cui aveva visto il film molte e ripetute volte, quasi quanto lui stesso, letto il libro con avidità, se pur molte volte il sonno aveva battuto l’interesse smorzato dalla stesura un po’ pesante del libro.
Lui l’aveva letto un paio di volte, negli ultimi settant’anni*
Era rimasta colpita quando gliel’aveva detto e si erano trovati a ridere e a progettare di guardare il film insieme.
Lei gli chiese com’era stato vivere a quei tempi, le battaglie, le dame dai lunghi vestiti e la biancheria monacale.
Damon si era dilungato sulla sua esperienza in slaccia e allaccia corsetti, ma tutto sommato dopo tre ore di volo e puzza persistente, stavano ancora parlando di cose futili.
-Come mai sei diventato un vampiro?-
-Stefan non te l’ha detto? Tutto il processo, insomma...-
-Sì, scusa, intendevo dire...Perché hai deciso di trasformarti?-
Damon si rabbuiò subito a quella domanda e sospirò con malumore.
-Secondo te? Perché un uomo dovrebbe diventare immortale?-
Lei sorrise, non notando subito il suo nervosismo.
-Per il potere…-Disse lei, come se fosse ovvio.
Lui rise e guadò per un secondo alla sua sinistra, verso le grosse casse, poi riportò l’attenzione su di lei.
-Questa è proprio una frase da te, poco romantica!-
-Io non sono poco romantica!-Protestò lei.
-Davvero? Sei la fanciulla che adora le rose e le cene romantiche a lume di candela?-
Rise lui, abbandonando per un attimo l’inquietudine del pensiero funesto di Katherine Pierce.
Anche lei rise in modo nervoso, facendosi rossa rossa.
-No, sono più il tipo da cena con sparatoria…ehehe!-Rise nervosamente lei.
Damon si limitò a sorridere con aria cospiratoria, perché stava già desiderando di scoprire quanto poteva essere davvero romantica la Sirenetta.
Fandonie, quando diceva che non era romantica, si vedeva da un miglio che in realtà aveva il diabete a forza di fantasticare mielosi appuntamenti e romantici tramonti.
-…Hai cambiato discorso perché non ti va di parlare della tua trasformazione?-
-No, Ariel…è stato per una donna…era una vampira, si chiamava Katherine Pierce, credevo mi amasse, ma era solo una stronza…Ha manipolato sia me che Stefan per averci entrambi e per lei siamo morti, invano…mentre noi cercavamo di salvarla e ci facevamo ammazzare, lei era bella e lontana, in salvo…-
Lei lo ascoltò e lo guardò a bocca aperta con gli occhi così sorpresi che quasi facevano ridere il Vampiro.
-Per 145 anni, l’ho creduta sepolta in una cripta di Mystic Falls, cercavo di salvarla per passare il resto dell’eternità con lei…ma, a suo avviso, era Stefan quello con cui voleva passare l’eternità…Però Stefan è stato più sveglio di me ed ha capito l’inganno ed è andato avanti, da molto tempo ormai…-
-Con Elena?-
-Sì…Ma…Elena è la Doppelganger di Katherine…Sai, la sua copia vivente…perché è una sua diretta discendente…-
Lei stavolta lo guardò con la bocca che toccava terra, era davvero buffa.
-Cioè…Stefan…è fidanzato con la fotocopia della sua ex di più di cento anni fa? E ad Elena sta bene?-Gli domandò davvero esterrefatta la sua rossa.
-Bè sì, sai ne hanno passate tante e si sono chiariti, Katherine ha provato a separarli ed a distruggerci, metterci l’uno contro l’altro…ma adesso è rinchiusa nella cripta dove avrebbe dovuto essere, da più di un secolo!-
-Quindi, Katherine è ancora viva?-
-Sì, noi vampiri moriamo solo col paletto nel cuore, se ci strappano il cuore o ci tagliano la tesa…ah bruciamo al sole, senza questo…-
E gli mostrò l’anello di Lapislazzuli.
-Ah, ce l’ha anche Stefan e uno simile Caroline…È lapislazzuli, giusto? Mia…mia…mad...ne aveva una simile…-Disse lei a balbetti, come se improvvisamente la gioia che aveva illuminato i suoi occhi dinanzi al gioiello si fosse eclissata a causa di un brutto ricordo.
-Chi?-
-Una persona che conoscevo…così tu sei diventato un vampiro, perché volevi stare con la donna che amavi…-Disse come se fosse una cosa inconcepibile.
Lui trattenne una risata amara.
-Che credevo di amare, ma era tutto sbagliato…lei era una manipolatrice, Ariel, perfida e stronza, nulla a che vedere con Elena!-Esclamò sentendosi un po’ più tranquillo.
Ma così come il suo malumore si dissolse, quello di Ariel si rifece vivo.
-Quindi adesso sei innamorato di Elena?-Gli chiese quasi acida e infastidita.
Che gelosa.
Damon sorrise e si ritrovò a constatare che in quei giorni non aveva pensato ad Elena nemmeno una volta.
Neanche per un secondo, neppure quando l’aveva vista al ballo nel suo scintillante vestito chiaro.
-Lo sono stato…Ora non lo so più…Lei ama Stefan, come Katherine, quindi perché perdere tempo dietro ad una persona che non prova ciò che provo io…-
Lei annuì in modo brusco ma non disse nulla, restando cupa.
Damon decise di non darle corda, era stanco di litigare e quell’argomento targato “Ami Elena o no?” era improvvisamente emerso e l’aveva fatto mostrandosi confuso ed annebbiato, dopo mesi di assoluta certezza.
-Questa puzza è insopportabile, mi sta intontendo!-Disse d’improvviso lei, inducendolo ad annusare l’aria.
Sì, la puzza era orribile e dava un vago senso di stordimento.
-Mi sta venendo un sonno pazzesco, cercherò di schiacciare un pisolino…Non resisto più sveglia…-
Detto fatto, si accoccolò meglio sul sedile e Damon ne approfittò per togliersi la giacca e posargliela sulle spalle.
Ariel gl’aveva restituita quando erano saliti a bordo della catapecchia, ma serviva decisamente più a lei che a lui.
La rossa gli lanciò un’occhiata imbarazzata, con le gote rosse, che lo fece sorridere.
Poi la rossa chiuse gli occhi e sprofondò in un sonno pesante e silenzioso per quasi tre ore.
Nell’arco di quel tempo, Damon passò da stati di catalessi a vigilanza iperattiva, c’era decisamente qualcosa che non andava.
E quello strano e sospetto odore ormai gliene dava la conferma.
Ariel dormiva tranquilla e assopita da troppo tempo, nemmeno sul volo di linea si era così rilassata.
Qualcosa l’aveva indotta al sonno, e non era la stanchezza.
Sospettoso si guardò intorno e concentrandosi vide che dalla cappa dell’aria condizionata fuoriusciva un inquietante fumo giallognolo.
Santo cielo, che roba era?!
Ma proprio quando stava per alzarsi ed avvicinarsi alla cappa, un uomo entrò dall’unica piccola porta, che dava alla sicuramente minuscola cabina del pilota.
-Ehi! Che diavolo è questa puzza? Cos’è quel fumo disgustoso?!-Sbottò Damon con aria inferocita.
Quella roba era una qualche droga.
Gregor era un uomo di colore, Damon l’aveva visto prima di salire a bordo insieme a Joseph, il comandante.
Il tipo aveva lanciato un’occhiata un po’ troppo sfrontata ed attenta ad Ariel e lui l’aveva fulminato con i suoi occhi di ghiaccio, stando più vicino ad Ariel, ma ora che Gregor, avvicinandosi, tirava fuori dalla giubba una pistola, capiva che non l’aveva guardata solo perché era bella, perché puntò alla nuca di Ariel e fece fuco.
Damon riuscì appena in tempo a spaccare il poggia schiena del sediolino, facendo distendere completamente Ariel, che non incontrò mai il proiettile perché questo finì sulla spalla di Damon che le aveva fatto scudo.
La rossa, stranamente non si svegliò ma mugugnò una protesta e rimase coricata con la testa che penzolava e toccava quasi terra, come se stesse facendo un ponte di ginnastica.
Gregor sparò un altro colpo, ma stavolta Damon era stato tanto veloce da disarmarlo e sbatterlo contro la parete dell’aereo.
-Maledizione, è una trappola!-
Damon si avvicinò ad Ariel, ma l’aereo improvvisamente cominciò a traballare e prendere quota salendo verso il cielo, fino a mettersi in posizione verticale.
Quando questo accadde, Ariel si capovolse all’indietro e le sue gambe volarono in alto e lei rotolò verso le casse, sbattendo contro di esse.
Non si svegliò ma rimase ancora più inerme contro il legno duro che cominciava a tremare per l’alta pressione ed i continui sobbalzi dell’aereocatapecchia.
Anche Gregor venne sbalzato a destra e a manca, mentre Damon riuscì ad aggrapparsi ad uno dei sedili.
Però non poteva lasciare Ariel in balia degli urti e degli spostamenti improvvisi dell’aereo.
Non c’era dubbio, il pilota, il signor Nikewood, stava cercando di ucciderli giocando a fare il pilota d’aviazione esperto in piroette e rapide curve mortali o forse era soggiogato, come probabilmente lo era Gregor.
Tuttavia, se aveva pensato di poter recuperare Ariel e tenersi stretto a qualcosa con lei fra le braccia, si era veramente illuso.
Il piccolo motore destro esplose con violenza e schegge di materiale ferroso, che sfondarono il finestrino, schizzarono per la cabina insieme a pezzi di vetro veloci come frecce letali.
Una di queste schegge si conficcò nel cranio di Gregor, ammazzandolo senza che lui nemmeno potesse accorgersene, così che il suo corpo rimase a picchiare tra i sedili, le casse e le pareti.
Ariel era schiacciata tra una cassa e l’altra, quindi le schegge non l’avevano colpita gravemente, però, se una delle casse si fosse ribaltata, la sua Sirenetta avrebbe potuto farsi molto, molto male.
Persino morire.
Perciò, prima che il fuoco li raggiungesse si precipitò, sfidando la gravità, verso Ariel e scaraventò via i cassoni, potendo così stringere fra le braccia la rossa.
Il fuoco divampò ed il finestrino spaccato, che produceva un risucchio gelido e pazzesco, stava già portando via tutta l’aria nella cabina.
L’unica possibilità, prima di saltare in aria e lasciarci le penne, era uscire da quell’aereo ancor prima che la discesa in picchiata verso gli abissi dell’oceano li trascinasse entrambi all’inferno.
Tenendo bene a sé Ariel, inerme e svenuta, avvistò lo sportello.
Abbatterlo non sarebbe stato facile, ma doveva provarci.
Sferrò il primo calcio, il secondo, il quinto, il settimo e divennero dieci, quindici, finché al sedicesimo colpo, con tutta la sua forza ed il ginocchio che si fratturava e spezzava, il portellone volò via, colpendo il motore sinistro.
Le eliche si bloccarono, esplosero ed il fuoco mangiò anche quell’ala ancora intatta.
L’aereo si bloccò e rimase sospeso in aria per una frazione di secondo, poi si ribaltò e cominciò a scuotersi ad una rapidità impressionante mentre piombavamo verso l’oceano, perdendo quota, dopo aver raggiunto almeno gli undicimila piedi.
Damon osservò solo per un istante l’oceano che infuriava con le sue onde alte e violente, poi il sole che presto sarebbe calato.
A diversi ed innumerevoli chilometri da loro c’era una piccola isoletta.
Ricordandosi che Ariel non sapeva nuotare e che era svenuta, la tenne stretta più del necessario e la guardò.
Non poteva proprio permettere che morisse e nemmeno lui aveva voglia di morire in quella catapecchia d’aereo, perciò saltò.
L’acqua era vicina, c’avevano messo meno di un minuto per colare a picco con il loro peso e l’aereo sarebbe arrivato in pochi secondi, tappò il naso ad Ariel e pregò che non annegasse mentre cercavano di sfuggire alla carcassa dell’aeroplano che sprofondava, alla corrente che li trascinava di qua e di là.
Ma purtroppo, quando il mezzo s’infranse contro le onde alte e burrascose dell’oceano Pacifico, molti pezzi della lamiera si staccarono dallo scheletro e volarono ovunque.
Damon aveva già un proiettile nella spalla, una gamba rotta ed Ariel da sorreggere, era veramente allo stremo e cercava di nuotare alla meno meglio per schivare le lame metalliche che arrivavano sott’acqua come proiettili.
Ma non poté fare molto.
Un pezzo d’elica gli si conficcò nella schiena e lìtutto divenne buio.
Perso e sconfitto, scivolò giù, portando Ariel con sé.
Non avrebbe voluto che finisse così, per nulla al mondo.
Lui poteva anche sopravvivere, era immortale, ma Ariel sarebbe di certo annegata, se non lo era già.
Rinsavì quando lei improvvisamente gli sfiorò la mano, scottandolo.
L’acqua gli entrò nei polmoni e lottò contro tutti i dolori che il suo corpo ferito gli causava.
Nuotò fino alla superficie e riemerse, con Ariel che sputava acqua, ma sempre priva di sensi.
Forse un bene, visto che non sapeva nuotare, avrebbe fatto più danni che altro.
Solo che da solo non riusciva ad estrarre la grossa scheggia delle pale dell’elica ancora conficcata nella sua schiena.
Perdeva molto sangue e se non arrivavano su qualcosa di solido al più presto, sarebbero morti.
Le onde erano troppo alte perché potesse veramente resistere fino all’isola che vista dall’aereo era solo un puntino lontano e che in quel momento, sballottato come una foglia, non riusciva neppure più a vedere.
Tuttavia, proprio quando la disperazione lo stava per spingere nuovamente giù, un grosso pezzo di lamiera, probabilmente un’ala dell’aereo catapecchia, galleggiò proprio accanto a loro.
Si rese conto che non c’era più pericolo per quanto riguarda le parti dell’aereo che avrebbero potuto colpirli.
Così si aggrappò all’ala distrutta e cercò di issare anche il busto di Ariel su di esso, in modo che non tenesse la testa sott’acqua e soffocasse.
Il tempo che rimasero a farsi trasportare dalle onde furiose e dalla pioggia che si abbatté improvvisamente, parve a Damon interminabile e gli sembrò ancora più lungo quando svenne e si risvegliò che il cielo era nero, con poche nuvole e altrettanto poche stelle.
E quando il suo sguardo andò di nuovo alla ricerca dell’isola, l’avvistò illuminata dalla luce poco vivida di una luna crescente che conferiva all’oasi verde che li avrebbe salvati un’aria surreale e mistica.
Damon, allo stremo delle sue forze, abbandonò la lamiera e trascinò sé ed Ariel verso la sponda sabbiosa dell’isola, ormai non troppo lontana.
Ed appena la sua guancia fece conoscenza con la bianca e tiepida sabbia, si accasciò lì, smettendo di strisciare, con Ariel sempre al suo fianco, che respirava piano e restava immobile.
-Mi...Dispiace Sirenetta, ma la prossima volta, sarà meglio che tu abbia una coda invece che due belle gambe…Perché io credo di essere morto…-
Lei continuò a dormire e lui si unì a lei, perdendo i sensi a sua volta, non prima però di aver trovato la forza per accarezzarle delicatamente una guancia.
Erano salvi…Per ora.
Fine XIX Capitolo.
[Continua...]
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Okk…
Anche questo è finito :D
Damon ed Ariel sono finiti su un'isola dispersa in mezzo al mare!
La mia beta lo disse che guardavo troppo Beautifull u.u
Ebbene eccoci qui… Finalmente Damon ed Ariel hanno qualche confronto riguardante i loro sentimenti ed Ariel capisce molte cose su ciò che veramente prova.
Vi è sembrato un capitolo polpettone? Alla mia Beta Indisciplinata si. ù.ù
Ma non temete, da adesso non ci saranno più “e se?” “ma perché?” “lo amo? Lo odio?” No, fine, siamo su un’isola, gente.
Qui si deve sopravvivere e contare l’uno sull’altro…e quale, se non questo è il modo migliore per Ariel di riscoprire quanto può veramente fidarsi ed apprezzare Damon?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, c’è la citazione del film Disney della Bella e la Bestia, che io amo molto e un richiamo al libro e film di Via col Vento che per l’appunto, come accenna Damon (*) è stato pubblicato circa 70 anni fa.
Detto questo, ringrazio tutte le magnifiche persone che continuano a seguirmi, chi mi aggiunge ai preferiti e alle storie seguite.
Come dico sempre per me siete una gioia.
Ringrazio anche la mia Beta, che mi fa amorevolmente oscurare, ma che oggi che sono un po’ giù mi ha mandato della belle cioccolata e che corregge i miei capitoli con tanto amore e criticosità U_U
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Capitolo 21 *** Deliziose Tentazioni! ***
Alla Mia Beta,
Regina delle critiche
Senza frontiere,
Signora della mia Oscurità,
Capo delle mie attività,
Losca e Onesta compagna di vita,
Cuoca di deliziose tentazioni di gola,
Beta con doppia visibilità e irruento
Amore per i miei piedi lavori, Grazie.
Capitolo XX: Deliziose Tentazioni.
Caldo.
Tanto caldo.
Qualcosa le scottava le spalle, il sedere e le gambe.
Ma non voleva svegliarsi per scoprire di cosa si trattasse.
Era troppo stanca ed intorpidita.
Quell’aereo doveva essere davvero scomodo, ma almeno dormendo non sentiva più le disgustose puzze che emanava.
Tuttavia, quando udì il rumore delle onde e l’odore della salsedine, la ragione dissipò il sonno.
Come mai sentiva le onde del mare così vicine?
E quel profumo? Il caldo?
Mosse una mano e le dita incontrarono qualcosa di tiepido e granuloso.
Sabbia.
Oh.Cielo.
Aprì gli occhi e si ritrovò accanto Damon, addormentato, con la faccia nella sabbia.
Con un braccio le doveva aver cinto la vita, ma adesso lei era un po’ troppo distante, quindi solo la sua mano era posata sulla schiena della rossa.
Spaventata e stupita per quello scenario da sogno, alzò il busto inginocchiandosi proprio di fronte ad un’enorme distesa di sabbia che precedeva una fitta foresta verdeggiante.
Dietro di lei, il mare, si infrangeva placido contro gli scogli e la riva.
-Oh no! Oh no! Dove sono!? Dove siamo finiti!? Damon!? Damon, ti prego dimmi che sei vivo!-
Scattò sul vampiro e lo scosse ad una spalla, ma si accorse che era macchiata di sangue.
Si guardò le mani spaventata ancora di più ed esaminò ancora il corpo di Damon.
Il suo cuore si fermò quando si accorse che lui, piantato proprio nella schiena, in prossimità del cuore, aveva conficcato nella carne un grosso pezzo di ferro, dalle dimensioni e lo spessore di un lingotto d’oro.
Da lì colava parecchio sangue.
Gli avevano sparato e qualcosa gli si era ficcato nella schiena.
-A-Ariel…Stai bene?-
La voce di Damon arrivò lieve ed affaticata.
-Damon! Ma che cosa è successo?! Dove siamo!? Perché sei ferito?-
-Devono averti drogata, l’aereo era una trappola! Gregor, l’assistente di volo, ha cercato di spararti ma sono riuscito a coprirti appena in tempo…Poi l’aereo ha cominciato a precipitare e bruciare...è colato a picco subito dopo che mi sono tuffato…Ascolta, ho una gamba rotta e qualcosa nella schiena che mi fa un male atroce, devi togliermelo Ariel, da solo con un braccio ferito non ce la potrei mai fare!-
-Oh mio Dio! Oh mio Dio! È tutta colpa mia! Mi dispiace!-
-Andiamo Ariel, non è questo il momento di piangere, ti prego, tira fuori quella lama di ferro prima che mi essicchi!-
Piangendo, Ariel annuì e si mise a cavalcioni sul sedere di Damon, esaminando la ferita.
-Strappa la maglia e fa attenzione alla gamba, finché non la sistemo non si rigenererà!-
-D’accordo…Ahm…nella fasciatura forse ho ancora il pugnale…ma ho perso una delle pistole…-
Ariel frugò sotto la sua maglietta e trovò una delle cinte dove nascondeva le armi.
Il pugnale c’era.
Lo afferrò e con delicatezza, seppur accompagnata da un’ansia che le faceva tremare la mano, sollevò un lembo di stoffa e lo squarciò, cercando di non urtare il pezzo di ferro conficcato nella schiena del povero Damon.
Si era fatto così male a causa sua.
Se solo non avesse voluto a tutti i costi scappare dal Messico e dall’invitante seduzione di Damon, a quell’ora si sarebbero potuti trovare in un caldo letto di un fantastico hotel e non su un’isola sperduta, per di più feriti.
Tolta la maglia, trovò dinanzi a sé l’invidiabile schiena bianca, ma striata da linee di sangue, di Damon.
Spalle larghe e forti, tratti scolpiti meglio di come avrebbe fatto un marmista greco o di qualsiasi altra parte del mondo.
-Ok, Ariel, non farlo spezzare, d’accordo? La ferita è profonda, aiutati col coltello!-
-C-cosa? Col pugnale, intendi?-Domandò preoccupata la rossa, dal tono di voce agitato di Damon.
-Ficcalo nella ferita e cerca di allargarla, solo a quel punto dovrai tirar via la lama di ferro, non hai mai estratto un proiettile?-
-Non io! Oh mio dio, non potremmo cauterizzare la ferita!-
-Ariel, non ce n’è bisogno, lo sai! Si rimarginerà da sola, coraggio, tirala fuori!-Esclamò con veemenza il vampiro.
Ariel fece come gli aveva detto Damon, cercando di non piangere quando sentì Damon irrigidirsi e gemere, affondando il coltello nella carne.
Se qualche settimana fa le avrebbe fatto piacere vederlo soffrire per mano sua, ora era completamente disperata dinanzi a quel dolore.
Con cautela afferrò il grosso metallo e lo tirò via, sentendo Damon sotto di sé che si faceva rigido dal sofferenza.
-Dio, Grazie, mi stava dissanguando…Ariel, devi aiutarmi ancora, la pallottola…-Disse, cercando di sollevarsi col busto senza muovere la gamba rotta.
Ariel rotolò sulla sabbia e s’avvicinò alla spalla ferita del vampiro.
Stesso procedimento, strappò via del tutto la maglia di Damon lasciandolo a petto nudo e procedette.
Ripensandoci, Jake si era ferito con un colpo di proiettile quando aveva undici anni.
Era svenuto e Lui, il loro Signore, l’aveva preso fra le braccia, stringendolo a sé e chiamandolo con la voce angosciata e tremante.
Poi, dopo qualche secondo di spavento, sempre che Lui potesse davvero spaventarsi per qualcosa, l’aveva posato sul terriccio e con un pugnale molto piccolo aveva estratto con perizia e sangue freddo la pallottola dal corpo del bambino.
Jake era poi stato fasciato alla coscia sanguinante con la camicia che Lui si era strappato.
Lei pensò di fare lo stesso con Damon, ma appena la pallottola fu fuori dalla carne del vampiro, questa prese a rigenerarsi e guarire.
La ferita, lentamente, così come quella sulla schiena, si stava chiudendo sotto i suoi occhi.
-Adesso dobbiamo raddrizzare questa gamba, mentre nuotavo si è sganasciata completamente…Aiutami a girarmi, piano…sono immortale, ma quando sono dissanguato fa tutto molto male…Ah…-
Ariel lo aiutò a mettersi supino.
-Bene…ora dammi una mano a girarla Ariel, non esitare! Hai l’occasione di farmi soffrire molto, ok? Spingi!-
Ariel, posizionatasi di fronte al vampiro, a cavalcioni sul collo del suo piede, gli afferrò il ginocchio e sentì subito che la rotula era fuori dal binario.
Doveva fargli un male tremendo.
Ma Damon sembrava deciso a metterla a posto e cominciò a forzare sul ginocchio per raddrizzarlo.
-Oh merda! Ariel, da solo non ce la faccio!-
Lo aiutò, se pur davvero molto angosciata nel vederlo gemere in quel modo.
Non era senza cuore e, adesso che le batteva di nuovo per lui, era tutto più difficile.
Non, non voleva un’occasione per farlo male.
Finì in fretta, Damon si accasciò sulla sabbia col fiato pesante, mentre lei era sudata per lo sforzo.
Il crack delle ossa di Damon l’aveva scioccata e così si era distesa anche lei sulla sabbia bianca.
-Come ci siamo arrivati qui?-
-Dopo che Gregor ha sparato, l’ho subito disarmato ma il pilota ha cominciato a fare peripezie con l’aereo ed uno dei motori è esploso ed abbiamo cominciato a perder quota, eravamo saliti molto, perciò ti ho presa mentre volavi a destra e a manca, ho sfondato il portello, mi sono rotto la gamba e sono saltato in mare…-
-Ed hai salvato anche me…-
Damon fece un’alzata di spalle e chiuse gli occhi.
Aveva sete.
-Non ti avrei mia lasciata indietro…-Le disse, non aspettandosi la calda e piccola mano di lei che si appoggiava sul suo petto.
-Grazie…-Gli sussurrò lei mentre lo guardava.
Mentre studiava il suo profilo, il suo collo, il suo petto forte e pallido, sporco di sabbia.
La sentì rabbrividire un po’ quando gli posò la mano sulla sua, ma Damon sorrise lo stesso.
Si sarebbe abituata a quel trattamento, alla fine.
-Dobbiamo cercare qualcosa da mangiare, non ho idea di dove siamo finiti né se c’è qualcuno o qualche paesino oltre questa spiaggia, sarà meglio darci da fare…-
-D’accordo…-
Damon si mise seduto e la gamba già non gli doleva quasi più, mentre la ferita sulla schiena si stava ancora rimarginando e quella alla spalla era già sanata.
Lanciò un’occhiata ad Ariel e vide che lei aveva qualche graffio qua e là, anche se non sembrava essersi fatta troppo male.
Forse grazie a quella strana tutina che le aveva regalato Jake.
-Ti senti bene?-Le chiese, aiutandola un po’ a sollevarsi.
-Sì, solo un po’ indolenzita…credo di avere qualche livido, oltre…a questi graffi…Non mi sono accorta di nulla…-Disse la rossa alzandosi e cercando di ripulirsi dalla sabbia.
Damon la imitò e subito si guardò intorno.
Dietro di lui c’era una distesa infinita di acqua e davanti una foresta altrettanto infinita.
Aveva davvero una brutta sensazione.
-Forse è meglio che tu mi aspetti qui…Da solo ci metterò di meno e potrò anche nutrirmi…-Suggerì Damon, incamminandosi verso la boscaglia.
-Non avrai intenzione di lasciarmi qui da sola!-Protestò Ariel, seguendolo.
La spiaggia era abbastanza vasta, ma dopo un centinaio di metri cominciava a ramificarsi la vegetazione, che man mano che si addentrava nel cuore della giungla più si infittiva ed alzava.
-Sei armata, no? Se arriva qualcuno spara, ma prima chiedi dove siamo e che intenzioni ha!-La rimbeccò Damon senza fermarsi per guardarla mentre la piantava in asso infilandosi fra le piante e gli alberi.
Ariel rimase lì a bocca aperta ed asciutta.
Lui se ne andava in esplorazione a cercarsi la colazione, e lei?
Sola ed anche affamata.
Presto, anche la sete arrivò e nelle ore successive passò dallo sconforto alla rabbia più assoluta.
Arrivò a pensare che Damon l’avesse abbandonata lì per una misteriosa bionda tutta magrolina e gustosa o che si fosse impalato da solo per la paura di esser rimasto bloccato su un’isola in mezzo al mare, priva di donne per i suoi fa’ bisogni, come il sesso ed il sangue.
Seduta nella sabbia, calda e modellabile, scriveva da ore dediche di morte e filastrocche per Damon, che se mai sarebbe tornato, l’avrebbe di certo trovata stecchita dalla fame e dalla sete.
Ma quando scoccò la quarta ora di immeritata solitudine, Damon apparve dalle fronde con due grosse noci di cocco e qualche casco di banana.
-Dove sei stato!?-Gli urlò la rossa, alzandosi e fiondandosi su di lui come una furia.
Damon lasciò cadere tutto ciò che aveva fra le braccia e rotolò sulla sabbia con Ariel che lo sovrastava e prendeva a pugni.
-Calmati! Ariel! Per la miseria!-
Colto di sorpresa, Damon le afferrò i polsi e la bloccò per evitare che gli tirasse un pugno sull’occhio o gli spaccasse il naso.
Meglio non perdere il poco sangue che era riuscito a recuperare da un paio di uccelli.
-Come hai potuto! Come hai potuto! Sei terribile!-
-Ariel!-
Lei si dibatté e cercò di liberarsi dalla sua presa, ma Damon non stava neppure faticando a tenerla ferma e lei non si stava nemmeno impegnando.
Era sconvolta e furiosa, piangeva.
-Sei perfido! Abbandonarmi qui per tutto questo tempo!-
-Ariel! Calmati! Ho dovuto trovare qualcosa da mangiare! Devi ascoltarmi! Non c’è nessuno su quest’isola! È deserta!-
-No! No! No!-
Ma la rossa continuava a fare quello strano ballo isterico.
Poverina, aveva i nervi a pezzi.
Così Damon si alzò e si mise seduto, restandole ad un centimetro dal viso e dal corpo.
-Mi dispiace, mi dispiace! Lo so che sei spaventata Sirenetta, ti prego adesso calmati!-Lo disse e nel frattempo l’abbracciò circondandola con le braccia e bloccandole ogni movimento.
Lei smise di urlare e cominciò a tremare e singhiozzare.
Damon le abbandonò i polsi e le cinse la schiena, lei gli gettò le braccia al collo e nascose lì il viso.
-Che cosa ne sarà di noi adesso?-
Il pianto di Ariel si confondeva con le onde del mare, ma era ben chiaro a Damon, che per consolarla come poteva, le accarezzò i capelli come aveva fatto all’aeroporto la mattina prima.
Sembrava passata un’eternità.
-Non aver paura, penserò io a te, vedrai...E ti assicuro che presto Stefan ci troverà…-
-E se non ci trovassero mai? Non abbiamo detto niente a nessuno!-
-Ti sbagli, l’abbiamo detto allo sceriffo Forbes, più o meno…vedrai che una volta rintracciata la chiamata sarà più facile scoprire che siamo andati in messico…-
Ariel però non gli rispose né smise di piangere, divenne solo più silenziosa e più aggressiva sulla presa.
-Lasciami andare…-Poi gli disse, anche se più che altro era davvero lei a tenerlo stretto non intenta a lasciarlo.
Oh, se lo stringeva.
-No, rimani ancora qui…-
Gli attimi che passarono abbracciati, sulla sabbia baciata dal mare e dal sole, non furono molti, ma sembrarono anni per Ariel.
Arrabbiata, ma riscaldata dalle braccia forti di Damon, il mondo sembrava essersi ridotto in quel singolo abbraccio.
Non aveva più fame, non aveva più sete, né caldo né freddo.
Neppure paura o desiderio.
Le bastava stare lì e sentirlo addosso, vicino.
Se fossero stati nudi sarebbe stato come abbracciare una parte di sé.
Come fossero stati una sola anima, per quel breve istante.
Ma quando concepì che il suo cuore batteva come quello di una Verginella, si riscosse e le sue lacrime, già placate, rimasero solo un ricordo.
Damon le diede un bacio sulla nuca e lei lo guardò finalmente negli occhi, accorgendosi che finora l’aveva tenuto così stretto a sé che le braccia le facevano male.
Lui si alzò senza preavviso e la portò su con sé, sorreggendola per le cosce.
-Damon!-Strillò lei, aggrappandosi di nuovo al collo saldo del vampiro.
-Ahahah! Avanti piccola Koala, dì che hai tanta fame!-
-Co…Cosa? Certo che ho fame!-Esclamò lei un po’ più spaurita ora che Damon la stringeva sulle cosce e le premeva il ventre contro il suo.
Lui le sorrise con malizia ed allentò la presa lasciando che la sua rossa potesse poggiare i piedi sulla sabbia.
-Vieni, prendi questa frutta, dobbiamo trovare un riparo…Poco più avanti c’è un torrente, l’acqua è pura!-
-Davvero?! Ho una sete pazzesca!-
Ariel raccolse insieme a Damon le banane che gli aveva fatto cadere, mentre lui recuperò le due noci di cocco.
Poi risalirono verso la vegetazione fino ad uno spiano fra gli alberi, proprio dove la sabbia terminava.
Si sederono lì e Damon cominciò a puntellare il cocco contro una roccia con forza, finché questo non si bucò.
-Bevi da qui per ora, le noci di cocco verdi contengono molta acqua!-
-E vitamina C, potassio e carboidrati!-Aggiunse Ariel portandosi la noce alle labbra.
Damon piegò le labbra all’insù e fece un cenno d’apprezzamento.
-Molto brava! Ora mangia qualcosa, poi andremo nella giungla alla ricerca di qualche canna di bambù per fare una bella capanna!-
Ariel ingurgitò subito due banane, mentre Damon le spaccava il secondo cocco e lo divideva a metà, così che lei potesse mangiarne la polpa.
Qualche ora più tardi, Ariel e Damon erano riusciti a raccogliere parecchie canne di bambù, foglie di palma e grossi rami da alberi caduti.
Damon si rivelò un ottimo costruttore di capanne, raccontandole che da bambino lui e Stefan si divertivano a costruire case fatiscenti sugli alberi.
Ariel invece gli aveva mostrato come fare nodi resistenti e particolari.
-Cos’è, sei stata nella marina?-La beffeggiò lui, mentre cercava di improvvisare un buon tetto per una capanna abbastanza grande per entrambi.
-No, faceva parte…dell’addestramento…-
Lui la guardò e spaccò un grosso bambù con la sola forza delle mani.
Fortuna che era un vampiro, la sua forza e velocità gli avevano fatto risparmiare ore, se non giorni, di lavoro visto che tagliare e modellare le canne di bambù era faticosissimo per la risaputa consistenza delle piante in questione.
-Addestramento, eh?-
-…Scusa, non sono ricordi felici…Possiamo non parlarne?-
Damon le lanciò un’altra occhiata ed annuì mentre legava le canne, strette l’una accanto all’altra.
-Credo che così dovrebbe andare, se non ci sarà molto vento dovrebbero resistere, ma domani la salderemo meglio…-
-Non è male, sembra proprio una capanna, anche se è poco più alta di me…-
-Già, è bassa...Ma ci servirà solo per dormire!-
Ariel osservò il tetto spiovente formato da una placca di bambù e foglie di palma usate per ricoprirlo e proteggerlo dalla probabile pioggia.
Poi per le pareti ed il pavimento avevano usato lo stesso procedimento.
Non c’erano stanze, il che significava che lei e Damon sarebbero stati a strettissimo contatto tutta la notte.
-Io resto dell’idea che era molto meglio farsi una vacanza in Messico, ma sembra che le Hawaii dei poveri ti piacciano di più!-La richiamò Damon dandole una scrollata sulla nuca, arruffandole i capelli.
Ariel, offesa, incrociò le braccia sul petto e se ne andò verso la riva.
Il pomeriggio era ormai inoltrato ed aveva di nuovo fame.
Non poteva continuare a mangiare banane all’infinito.
Damon invece continuò a sistemare il rifugio da solo.
Non avevano davvero niente, ma ce l’avrebbero fatta, era certo che tempo due o tre giorni e sarebbero stati a casa.
-Sai, potresti almeno cercare qualche bel sasso per fare un focolare, fra poco sarà notte e farà freddo…-Le disse, guardandola comodamente seduta a guardare il mare, mentre lui sgobbava.
Non che nelle ore precedenti avesse fatto qualcosa, oltre tenergli ferme le canne e mostrargli qualche trucco con i nodi.
Lei di risposta sbuffò e si alzò, tornando verso di lui.
-Ho fame e sete…Non riesco a pensare ad altro!-Sbottò col volto crucciato.
Beh, in effetti aveva mangiato parecchie banane da quando erano sull’isola.
Non poteva sopravvivere in quel modo.
-Appena farà buio andremo a caccia…-
-Caccia?-Gli fece eco lei, sbalordita.
-C’è una buona fauna qui, ringrazia gli uccelli se adesso non mi sto essiccando come Imhotep la Mummia!-
Lei realizzò che in effetti Damon, da quando era tornato con la colazione, era molto più colorito e vigoroso in confronto al loro risveglio.
-Quindi bevete sangue animale…-
-Stefan beve sangue animale, ma penso che tu lo sappia già, io lo trovo disgustoso…-Le rispose lui, contemplando il suo capolavoro edilizio.
-Perché?-
-Perché oltre ad avere un sapore orripilante, è molto meno nutriente…è come fare una dieta a base di broccoli! E la forza diminuisce, non di poco…Quindi no, non fa per me!-
-Quindi preferisci andare in giro ad ammazzare persone invece che trattenerti ed essere un bravo ragazzo come tuo fratello?!-Disse lei convinta e sicura di ciò che diceva.
Ma quando incontrò lo sguardo di Damon capì che aveva detto davvero troppo.
-Sul serio? Mio fratello trattenersi? Tu non sai niente di noi, conosci solo la parte migliore ma meno divertente di Stefan e quella peggiore e più divertente di me!-
-Parte divertente? Cosa c’è di divertente nel fatto che tu mi abbia braccata, terrorizzata, aggredita e violentata?-
-È una cosa che non puoi capire perché non sei un vampiro, ok? La sete di sangue ci domina e per qualcuno di noi imparare a controllare questa sete è impossibile, mio fratello è uno di questi vampiri, se toccasse sangue umano perderebbe il controllo e tornerebbe ad essere un drogato di sangue pronto a squartare tutta Mystic Falls, io a differenza sua sono perfettamente controllato, l’80% delle mie vittime il mattino dopo è nel suo letto con solo un mal di testa e stravaganti ricordi di sesso selvaggio!-
Lei lo guardò a bocca aperta, paonazza e rigida.
-Stefan sarà anche un bravo ragazzo mentre fa la sua dieta, ma di certo non è uno che sa trattenersi!!!-
-A me non è parso che tu sapessi controllarti o che ti stessi trattenendo per non ammazzarmi!!-
Erano faccia a faccia, pronti a sbranarsi.
Forse era il momento di chiarirsi.
Ma nessuno dei due sembrava deciso a fare il passo giusto o decisivo.
-D’accordo…con te non ci sono riuscito, ok? Ti ho vista e ti ho voluta! Ma poi tu sei diventata amica di Elena e non potevo certo morderti e farti sparire, lei se ne sarebbe accorta! E allora ho cercato di sedurti, però mi sono reso conto che se ti avessi assaggiata non sarei riuscito a trattenermi perché tu sei così dannatamente buona ed eccitante, mi fai impazzire!-
-Questo non giustifica il modo in cui ti sei comportato! Mi hai usata solo perché volevi bere il mio sangue! Mi hai illuso e io ci sono cascata come una stupida!-Gli urlò lei contro, con gli occhi che cominciavano a farsi lucidi.
Queste cose le aveva sempre sapute, ma sentirsele dire in faccia, dopo tutto quello che era successo nelle ultime poche settimane, la feriva.
Si era sentita così, quando aveva capito che Damon l’aveva illusa?
Non lo ricordava già da un po’ ed ora sembrava la prima volta, ma c’era già passata, ne era fin troppo consapevole.
Perché? Perché quelle sensazioni erano così nuove?
-Lo so, che cosa vuoi che ti dica? Che implori il tuo perdono per averti morsa? No, perché lo rifarei mille volte, ti seguirei fino in capo al mondo per bere un solo sorso del tuo sangue! Su questo non sono pentito, mi dispiace ma sono un vampiro, bevo sangue umano, lo adoro, mi piace sentirlo scivolare in gola mentre infilo i denti nella carne!-
-Hai idea di quanto faccia male, stronzo? Hai idea di quanta paura io abbia avuto?! O di che cosa io abbia provato vedendoti con Andie Star in quel modo, mentre facevi sesso e la mangiavi?-
-Non avresti dovuto essere lì, dannazione!-Esclamò lui esasperato, mentre sentiva che il controllo gli sfuggiva di fronte alle urla crescenti di Ariel, che piangeva.
-Ah no? Lo sai perché ero lì? No? Ero venuta a dirti quanto mi piacevi, quanto mi fossi affezionata a te, quanto avrei voluto diventare la tua ragazza e altre stupidaggini da Verginella! E ti ho visto con quella faccia che aggredivi Andie e poi ti sei scagliato su di me!-
Lui la guardò scioccato e registrò la cosa.
Oh. Era andata da lui per dichiararsi.
Povera Sirenetta.
Damon si passò una mano fra i capelli e si voltò dandole le spalle.
Lei rimase a piangere in silenzio, con le mani giunte in preghiera davanti le labbra ed il naso, coprendo i sussulti dei singhiozzi.
-…Pensavo che avendo scoperto la mia vera natura saresti scappata a gambe levate e ti avrei persa…Mi dispiace, ma non mi importava se ti stavo illudendo, ti volevo e basta…-
-Ed è lo stesso motivo per cui mi hai violentata? O hai una scusante diversa per quello?-Chiese lei disgustata dalle parole del vampiro.
Se aveva dimenticato quanto l’aveva odiato, ora lo stava rammentando.
Damon era come una moneta, aveva una doppia facciata e niente avrebbe mai potuto cambiarlo.
La sua mente non poteva accettarlo.
Non la sua mente, ma il suo cuore…?
Damon stavolta si voltò e si passò entrambe le mani fra i capelli, per poi fare qualche passo avanti ed indietro.
-Dio, sul serio? Ne vuoi parlare? Perché sull’aereo ti sei infuriata ed io non ce la faccio a discutere con te qui, adesso…-
La notte troneggiava alle loro spalle, non era un buon momento, non per quell’argomento così delicato, da affrontare con le pance vuote.
Ma Ariel non era dello stesso parere ed il suo sguardo truce ed accusatorio mandava vere e proprie scintille.
-Va bene, che cosa vuoi sapere? Vuoi che ti mostri quanto mi faccia schifo da solo? Ecco, guardami però!-Urlò Damon con gli occhi lucidi di rabbia, umiliazione e dolore.
Ariel lo guardò solo un attimo e percepì tutto quello che per un mese non aveva mai visto né sentito in Damon.
Quell’angoscia che solo lei aveva provato non era stata solo sua, ma anche di Damon.
Nei suoi occhi azzurri vedeva il dispiacere ed il pentimento di un atto che non avrebbe mai voluto compire, ma per lei non era abbastanza, non in quel momento di cieca rabbia.
-Mi dispiace di averlo fatto, sono pentito! E che possa cadermi un fulmine o un cocco in testa se sto mentendo! Ma non posso inginocchiarmi ai tuoi piedi e chiederti perdono, perché non servirebbe a niente! Non voglio e non lo farò! Io non merito il tuo perdono, la tua compassione né tua misericordia! Sono stato un mostro e so che non mi perdonerai mai per averti presa in quel modo, con tutta la rabbia che avevo dentro! Nessuno mi ha mai fatto incazzare così tanto, nemmeno Stefan, mentre tu, invece, continuavi a provocarmi!-
-Provocarti!? Mi hai chiamata dandomi l’ordine di prendere le tue parti con Elena dopo che mi avevi quasi uccisa, mi hai detto che non ti importava nulla di me! Mi hai spezzato il cuore!-Strillò lei, esplodendo con nuove e violente lacrime.
Il sole era tramontato, svanendo sotto il profondo oceano, lasciando così il posto ad una mezza luna lucente ed ancora pallida, accompagnata solo da poche stelle.
-Non hai avuto pietà di me! Ti ho implorato di fermarti, ho urlato e tu mi hai strappato i vestiti di dosso…Oh mio dio, perché? Perché mi sento così? Perché sembra che mi faccia così male, come se non avessi mai provato tutto questo dolore?-
-Cosa stai dicendo? Ariel, calmati, stai diventando pallida!-Damon fece un passo verso di lei, che pallida, scossa dai tremori del pianto, singhiozzava e respirava a fatica.
Attacco di panico? Crisi isterica? Jet Lag isolano?
-No! Stammi lontano, adesso non ti devi avvicinare! Non voglio che mi tocchi…-Sbraitò lei afferrandosi i capelli e stringendoli con forza.
Oh santo cielo.
-D’accordo, adesso basta, ti stai agitando troppo…-Provò a dirle, nella speranza di evitare che le venissero le convulsioni.
Lei, in risposta, emise un gemito strozzato e si piegò sulle ginocchia, cingendosi la vita con le braccia.
-Oh, perché mi fa così male la pancia!?! E poi ho fame!-Urlò piangendo grosse gocce salate, che caddero sulla sabbia, bagnandola.
Damon, angosciato nel vederla stare così male, entrò in panico anche lui.
Che cosa doveva fare?
Non lo lasciava avvicinare, urlava, si dimenava, piangeva ed ora aveva fame e mal di pancia! Perché era così tesa ed isterica in questi giorni?
Si comportava così dalla sera del ballo.
Che la sua vicinanza la stesse mettendo così tanto in crisi?
Fino alla notte del sogno, a pensarci, Ariel era sempre stata gelida, scontrosa e violenta con lui.
Nulla da dire, sia chiaro, sentiva di meritarselo.
Ma poi qualcosa era cambiato, la sua rabbia gelida si era riscaldata e quel sogno ne era la causa.
Ma chi poteva averlo causato? Quale strega? Bonnie non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
Tuttavia, in quel momento, aveva ben altro cui pensare.
Ariel aveva la priorità.
-Ehi, Sirenetta, per favore prova a rilassarti, comincia a fere freddo, entra nella capanna…ti troverò qualcosa da mangiare, vieni qui…-Disse provando ad essere gentile, pacato e dolce.
Gli offrì la sua mano e lei la guardò da sotto il suo ciuffo rosso, con aria torva.
-No, lasciami sola, non voglio vederti…-Gli disse, allontanandosi, strisciando sulla sabbia, seduta ed aggrovigliata in uno scudo di braccia e gambe.
Damon abbassò il braccio teso e la guardò annuendo.
-Bene, andrò a cercarti qualcosa da mangiare…Ed accenderò il fuoco…- Disse guardandola sconfortato.
Poi, non ricevendo alcuna risposta, si voltò e andò via lasciandola sola.
Che situazione orrenda.
Ariel guardò il mare all’orizzonte.
Era scuro e torbido, spaventoso.
Se non fosse stato per Damon, che in quel momento era a caccia per lei, sarebbe stata in mezzo al mare, sommersa dagli abissi.
Eppure adesso era proprio lì che voleva essere.
Avrebbe voluto smettere di pensare, soprattutto smettere di pensare a Damon, annegando nell’oceano.
Quel vampiro era stato così crudele con lei e, lei stessa, come ringraziamento si era innamorata di lui.
E l’aveva capito non una, ma due volte.
Scosse la testa, trattenendo le lacrime.
Era stata così bene in quelle ultime settimane, adesso perché le sembrava che il mondo le stesse per crollare addosso e non faceva che piangere e innervosirsi per un non nulla.
Il loro primo giorno da naufraghi era appena terminato e già le cose andavano da schifo, di quel passo uno di loro avrebbe perso la pazienza e avrebbe sopraffatto l’altro.
Una parte di lei non faticava a sospettare che Damon ne sarebbe uscito vincitore.
E lei cosa poteva fare se Damon si infuriava e si tramutava in Barbablù, il re dell’isola pronto a sodomizzare tutte le donne dell’isola, ovvero lei, visto che era l’unica?
Ma questa sua paura non spiegava tutto il suo malumore e la sua instancabile crisi di pianto.
Era come se avesse gli ormoni impazziti.
Ma poi, quel pensiero la fece balzare in piedi ed infilare le dita fra le sue ciocche scarlatte.
No. No.
Ormoni.
Donna.
Ciclo.
No. Non sull’isola.
Non con Damon.
-Oh mio dio! Oh mio dio!-Urlò, capendo perché ogni movimento le provocava una fitta all’addome.
Non erano le banane.
Stava per arrivare il ciclo, era quasi fine mese e lei non c’aveva minimamente pensato!!
Oh, se c’era una sola minima speranza che tutto quello fosse un incubo, era meglio che si svegliasse subito.
-Oh mio dio, no…Non puo’ essere, come faccio se mi viene?!-
-Se ti viene che cosa?-
Gesù!
Damon era già tornato.
L’aveva sentita? Oh no. No.
-Stai bene?-Chiese lui guardingo, mentre la scrutava con attenzione.
Lei era in piedi, con i capelli spennati ed in disordine che sfuggivano alla coda alta, la bocca spalancata dalla sorpresa.
Boccheggiò ma non seppe cosa dirgli e sentì solo che la rabbia di meno di un’ora prima stava scemando, lasciando posto ad un senso di disperazione e sottomissione nei confronti di Damon.
-D’accordo, sei ancora fuori di te…-Disse lui piano, allontanandosi.
Sì, ma adesso era diverso, era molto più che fuori di sé, pensò la rossa.
Prima non sapeva che presto o tardi, massimo un paio di giorni, avrebbe avuto il ciclo.
Ma la speranza è sempre l’ultima a morire, no? Il ciclo arriva sempre in ritardo, non poteva tradirla proprio adesso la sorte, giusto?
La cena fu breve, Damon aveva catturato unalepre, l'aveva portata già senza pelliccia e semi dissanguata, per poi cuocerla sulle braci improvvisate del fuoco.
Non era stato particolarmente saporito, anzi, all'inizio le era venuta la nausea.
Ma alla fine la fame aveva vinto su ogni disgusto, costringendola a mangiare l’insipida carne.
Per dissetarsi aveva di nuovo bevuto dalle noci di Cocco, ma Damon le aveva detto che l’indomani sarebbero andati a prendere dell’acqua dal torrente oltre le fronde più alte.
Il mal di pancia addominale si era intensificato col passare delle ore, regalandole di tanto in tanto qualche fastidioso crampo.
Le cosce si erano fatte pesanti ed i muscoli bruciavano quando si muoveva, ma ciò che più le faceva male e le rendeva chiaro che presto o tardi le sarebbe arrivato il ciclo, era il tipico appesantimento del seno.
Il reggipetto piccolo ed audace che le aveva regalato Jake, cominciava a diventare insopportabile.
Quando la mezzanotte era ormai scesa, il freddo era più palpabile ed Ariel rabbrividiva appoggiata ad un angolo della capanna, mentre continuava a preoccuparsi.
-Adesso chiudo la porta, così non passerà troppo vento...-Annunciò Damon, trascinando la placca di canne di bambù all'ingresso della capanna, chiudendoli entrambi all'interno.
Lo sguardo di Ariel si fece allarmato e nervoso.
-...Cerca di dormire...-Continuò lui, appartandosi al lato opposto del rifugio.
Tuttavia Ariel non si distese, ma rimase immobile e seduta con le ginocchia al petto e le braccia ad avvolgerle.
L'oscurità stava per sopraffarli e lei non era certa che avrebbe sopportato l'idea di essere sola con lui.
Poteva farle di tutto.
Se pur una parte, remota e perversa di lei, fantasticasse di concedersi a Damon e sperimentare quanto fosse bello fare l'amore e farlo con Damon, aveva ancora troppa paura e, dopo ciò che le aveva detto, era ancora troppo spaventata dalla possibilità che lui le spezzasse il cuore e non solo, ancora una volta, per avvicinarsi a lui.
-Stai tremando, hai paura...-Disse il vampiro, seduto ed illuminato dai pochi raggi di luce lunare e dal fuoco che ardeva ancora sulla spiaggia.
-No...-Mormorò lei guardandolo preoccupata.
Com’erano cambiate le cose nel giro di una giornata.
Ieri erano sull'aereo e si carezzavano, ridendo e conversando, ora erano soli, stanchi e per di più avevano anche litigato.
-Allora hai freddo? Perché non vieni a metterti accanto a me?-Propose lui, riducendo i brillanti occhi azzurri a due fessure scrutatrici.
Ariel percepì una sfida e una minaccia che forse non c'era e s’irrigidì allontanandosi di più.
-Sto bene qui...-Rispose cercando di essere convincente, ma la voce tremolante la tradiva.
Che cosa poteva dire? Cosa poteva fare?
Tremava di paura e nervosismo, Damon lo sapeva, ma non sapeva che c'era dell'altro.
Era ansiosa, eccitata e confusa.
Come al solito.
Perché Damon le faceva questo effetto, dannazione?
Aveva freddo e mal di pancia fino agli spasmi, ma non osava lamentarsi.
Il cuore le batteva forte e, mentre incrociava gli occhi di Damon, il viso le si fece rosso.
-Invece io penso che tu abbia freddo e paura di avvicinarti per quello che ci siamo detti questo pomeriggio...Ariel, le cose fra di noi stavano andando bene fino ad oggi, sei stata seduta accanto a me per ore in aereo, abbiamo fatto quelle cose, come le chiami tu, e ne abbiamo persino parlato!-
-Non significa che m'avvicinerò a te...-
-Dovresti farlo, staresti molto più al caldo! Avanti, vieni qui Sirenetta...-
Oh, era seducente e dolce.
Era abbastanza arrabbiata, delusa e spaventata per resistergli, vero?
Forse no, perché si sentiva fragile e spaventata, da lui, dall'isola e dalla probabilità che le arrivasse il ciclo proprio mentre erano insieme.
Che situazione imbarazzante, non le era mai capitato di averlo in presenza di Damon.
-Ariel, mi hai sentito? Ti voglio qui, ora!-Esclamò con fermezza ed autorità, indicando il posto accanto a sé.
La rossa balzò, si raggelò ed ansimò spaventata e sorpresa.
Ti voglio.
Quanta sicurezza nella sua voce.
-C-cosa?...Che vuoi fare?...No…-
-Voglio che tu venga a sederti sulle mie gambe e che ti metta semplicemente a dormire, non voglio fare assolutamente nulla...-
Lei lo guardò a bocca aperta ma non si mosse.
Voleva che dormisse sulle sue gambe? E non fare nulla?
Forse Damon aveva battuto la testa.
O il sangue di Lepre gli aveva fatto molto male se pensava che gli avrebbe creduto.
-Ascolta, fidati di me...vieni qui da sola, lasciati andare e non pensare Sirenetta, credi solo a questo, se verrai tu io non ti farò nulla...In passato ho fatto degli errori con te...ma ti ho salvato dalle ruote di un Tir, da una sparatoria, ti ho portata in Messico ed ho evitato che venissi uccisa o che annegassi! Ho costruito questa scatola di bambù per te! Ti ho portato persino la cena! Ora voglio che tu venga qui e che ti metta comoda accanto a me!-
-Ma...Ma io...Non voglio...-Mormorò lei confusa dalla volontà di Damon e dal suo stesso bisogno di affidarsi a lui, dato che da sola si sentiva persa.
Poi, lui aveva davvero fatto tutte quelle cose per lei?
Per farsi perdonare? …Oh.
-Se non lo farai non ti forzerò, ma me ne andrò, perché non ti guarderò dormire lontana da me dato che hai paura che ti salti addosso...uscirò e da domani te la caverai da sola!-
Stavolta Ariel lo guardò allibita.
Altro che farsi perdonare, la stava ricattando? Eccome se la stava ricattando!
Tuttavia, la parte irrazionale di lei si stava già arrendendo e senza sapere come, s'immaginò sola nella capanna, al buio, con i rumori inquietanti che provenivano dalla giungla e dall'oceano.
S'immaginò a dare la caccia ad una lepre o a cercare di procurarsi una noce di cocco e provare inutilmente ad aprirla.
No, senza Damon sarebbe stata spacciata.
Da solo non avrebbe nemmeno avuto una capanna.
Oh, che disastro.
Arrabbiata e rassegnata, si chinò in avanti, soffocando la sua paura e l'insana eccitazione che le solleticavano l'anima, con una sferzata di orgoglio.
Gattonò di pochi passi fino a Damon e, quando gli fu di fronte, lui la afferrò per i fianchi e la ribaltò su di sé, facendola sedere come avrebbe fatto Babbo Natale con una bambina, solo con meno gentilezza ed innocenza.
La sua schiena piccola e coperta ancora dalla giacca di Damon, si poggiò contro il torace nudo e freddo del vampiro suddetto.
Le mani di Damon le stringevano con dolce possessività i fianchi.
-Rilassati...Sai che non ti farò più nulla finché non sarai tu a chiedermi di farti quelle cose e, anche se sei la tentazione fatta in persona, posso resisterti...-
Ariel si accigliò e si sentì offesa.
Non perché le aveva detto che era la tentazione fatta in persona, quello l’aveva persino lusingata, ma perché aveva detto che non l'avrebbe toccata siccome supponeva, anzi era certo, che sarebbe stata lei a cedere per prima.
E ancora più arrogante era che lui, pur trovandola irresistibile, affermava di poterle resistere.
Bastardo.
Era lei che non poteva più resistergli.
Spaventata ed innamorata era completamente prostrata ai suoi piedi, visto che ora aveva anche il compito di sfamarla e dissetarla o sarebbe morta in due giorni.
Seduta su di lui, lo sentiva respirare piano e percepiva il guizzo seducente dei suoi muscoli ad ogni minimo movimento.
Ed anche se Ariel lo sentiva tranquillo, non poteva non notare il desiderio velato negli occhi di ghiaccio del vampiro.
Fremeva per toccarla e lei voleva fare lo stesso sul petto che la ospitava.
Come poteva amare l'uomo, il demone, che le aveva appena detto di non essere dispiaciuto per averla sbranata?
Come poteva impazzire per i tocchi appassionati della creatura che l'aveva violentata e che non cercava né meritava perdono, persino secondo lui stesso?
Ma era contorta e contorti erano i suoi sentimenti.
Persino quelli di Damon dovevano esserlo, considerato che la voleva ancora ed a tutti i costi, dopo molti litigi e qualche pallottola in corpo.
Potevano litigare e dirsene di tutti i colori, alla fine, ma lei continuava a trovarlo affascinante, seducente, pericoloso e qualche volta gentile.
Per lui era lo stesso, poteva dire di odiarlo, detestarlo, poteva sparargli quanto voleva, tanto Damon Salvatore non conosceva la parola "sconfitta sentimentale”.
Poi però una sua mano le s’infilò fra i capelli rossi e le sciolse la coda, gettando via l'elastico.
Le dita di Damon si stesero lungo le sue ciocche e le accarezzarono, pettinandole e dandole quella dolorosa e liberatoria sensazione di relax che provava chi solitamente teneva i capelli legati troppo a lungo.
Dopo i primi attimi d’incertezza e diffidenza, Ariel si tranquillizzò ed arrossì, rendendosi conto che si stava lasciando coccolare proprio come sull'aereo.
Poteva incolpare gli ormoni però.
Le sembravano una buona scusante.
Ad un certo punto, Damon la sollevò di poco, la sistemò in modo da offrirgli il profilo in bella vista e la spinse con la guancia sul suo petto muscoloso, continuando a carezzarle il collo e sotto l'orecchio sinistro con la punta delle dita.
Questo era eccitante e la faceva fremere.
Dio se impazziva.
Forse poteva farsi illudere ed usare altre cento volte per quel trattamento.
-Dormi Sirenetta...O hai bisogno del bacio della buona notte?-
Ariel fece un sussulto e lo guardò a bocca aperta.
Lui per tutta risposta rise e le solleticò la guancia con una mano, mentre con l’altra le sfiorava l’anca.
-Sù, non fare quella faccia. Se non sbaglio, due notti fa, sei stata tu a baciare me, per gelosia…-
La Redlake arrossì ed il pollice di Damon le sfiorò le labbra.
Oh, Demone, cioè Damon!
Si chiamava Damon! Dannato Damone!
-Non significa nulla…-Borbottò lei cercando di non guardarlo negli occhi e di resistere contro qualunque cosa stesse combattendo.
Ma era lo sguardo di Damon da cui cercava di scappare, ed era troppo intenso ed ammaliante per potervi resistere.
Ogni sfumatura di ghiaccio e cielo l’attraeva e l’incantava.
Avrebbe potuto passare ore ad osservarli e studiarli, le sarebbero sempre apparsi incantevoli e pieni di dettagli nuovi.
-Baciami di nuovo…-Le disse piano, come un sussurro proibito.
Fremette Ariel, desiderosa di accontentarlo, ma spaventata da quel che ne sarebbe conseguito.
-No…non posso…-Gli sussurrò, senza sapere perché gli avesse risposto in quel modo invece che con un bel "sei pazzo!”.
-Sì che puoi, guardami Ariel, dimentica quello che è successo questo pomeriggio… Fidati di me, da stanotte, baciami e rimani qui fra le mie braccia come stamattina...-
-Non posso…Io non posso…-Ariel cercò disperatamente di non guardarlo davvero negli occhi, ma lui le era troppo vicino e la sua bocca era invitante ed inebriante quanto il suo profumo.
-Ma lo vuoi, ti batte il cuore, Sirenetta, stai impazzendo…!-
Lei sentì una punta d’ironia nella sua voce seducente e la rabbia le montò subito.
La stava provocando, perché sapeva di aver ragione.
Sì, stava impazzendo perché voleva baciarlo ma non aveva il coraggio di rischiare e fidarsi di lui.
-Allora lo farò io, solo perché tu non puoi, non perché non vuoi…-
Nel tempo in cui Damon si avvicinò alle sue labbra, Ariel ebbe tutto il tempo di respingerlo, di provarci almeno, invece gli afferrò le mani, che lui aveva precedentemente spostato dal suo fianco, smettendo di abbracciarla, e le riportò dove dovevano stare: Su di lei.
Avvolta fra le sue braccia muscolose, poteva lasciarsi andare se lui continuava a guardarla in quel modo, con dolcezza e passione.
Come se tenesse davvero a lei.
-Chiudi gli occhi…-Le ordinò con la voce roca, scossa da un brivido che la contagiò.
Obbedì e si lasciò andare a lui.
Chinò il capo all’indietro e sentì il suo corpo vibrare e ribollire d’anticipazione.
Le labbra si fecero aride e brucianti e fu Damon ad incendiarle completamente.
La bocca del vampiro si posò su quella della Redlake, coprendo ogni angolo, lambendo ogni centimetro di pelle sensibile di quelle labbra.
Quelle di Damon, sempre morbide anche se un po’ ruvide, premevano su quelle lisce e delicate di Ariel.
Poi, la sua percettibilità si concentrò sulla sua schiena, dove la mano destra di Damon risaliva lungo la sua spina dorsale, regalandole nuovi ed intensi brividi.
Oh, quanto avrebbe voluto essere nuda.
Nuda per sentire quelle dita, calde e gentili come non mai, sulla sua pelle che bruciava sotto la giacca e la maglietta.
Poi quella mano s’infilò nei suoi lunghi capelli color fiamma.
Nello stesso momento, la punta della lingua di Damon le sfiorò l’angolo della bocca e poi percorse, senza staccarsi, tutta l’arcata superiore ed inferiore delle labbra, facendola letteralmente impazzire.
Quello era un vero e proprio assalto!
Altro che bacio.
Ariel sentiva dentro di lei l’inferno scatenarsi e tutti i suoi diavoli ballare come ballerine del burlesque, invogliandola ad abbandonarsi completamente alla scoperta di quel piacere peccaminoso.
Desiderava sentire la lingua di Damon nella sua bocca, come sul ponte il giorno del Picnic.
Un altro giro, Damon cercava d’insinuarsi nella sua bocca.
Combattere era pressoché impossibile, era troppo delizioso.
Oh, ma che le importava? Che le importava quello che sarebbe successo dopo? Lei lo desiderava, il dopo non era importante adesso.
Cedendo, separò le labbra e concesse a Damon più di quanto avrebbe mai immaginato, quel pomeriggio.
Dopo quella sfuriata, quel bacio sembrava voler suggellare il loro riappacificarsi.
Quando Damon la invase, tutto fu perfetto, si sentiva protetta ed estasiata, lui baciava così bene che gli si potevano perdonare tutti i torti del mondo.
Ogni istante in cui le loro lingue s’incontravano e rimanevano intrecciate o si rincorrevano in cerca del piacere reciproco, era fantastico.
Accettare, ricambiare ed approfondire quel bacio fu liberatorio e tranquillizzante come guardare dei fuochi d’artificio.
Damon era gentile e la prendeva con delicatezza, senza alcuna fretta, lasciando che entrambi si pregustassero quel momento.
Poi Damon la spinse più verso il basso e lei si ritrovò fra le sue braccia come una neonata in fasce, con lui che la reggeva e baciava come una signorina perbene dell’ottocento non avrebbe mai nemmeno osato immaginare.
La lingua di Damon era calda e grande, ed ogni volta che la solleticava, lei provava una fitta al ventre e tutto il suo mondo segreto si accartocciava senza schemi né logiche.
E, sempre senza alcuna logica, le mani di Ariel erano arrivate una sul volto di Damon, l’altra a fasciargli le spalle ed il collo per abbracciarlo e tenersi vicina a lui, scottante e forte.
Invece, la mano di Damon, quella che non le stringeva dolcemente i capelli di fuoco, era sulla sua coscia, all’altezza dei glutei, e stringeva con altrettanta possessività, cosa che la rendeva addirittura eccitata.
Voleva portarla all’inferno.
Nel paradiso non poteva fare così caldo, quello era certamente l’inferno.
Sì, e Damon ne era il Signore.
L’immagine di Damon a petto nudo, tutto tinto di rosso con tanto di fiamme sullo sfondo, corna, coda, denti aguzzi come quando era vampirizzato e tridente, d’improvviso la fece ridere.
Quasi si strozzò e morse la lingua a Damon.
-…Qualcosa ti fa ridere, Sirenetta?-Le chiese lui, staccandosi quanto bastava dalle sue labbra arrossate dal lungo bacio.
Lei sogghignò ripensando a Damon Diavolo con l’arpione ed il sorriso malefico.
Era eccitante!
Ma non poteva dirglielo, ne avrebbe approfittato e dopotutto era ancora un po’ arrabbiata con lui per averla illusa e ferita.
Tuttavia lui non insisté né sorrise, sollevandola di nuovo, stringendole i fianchi, mettendola a cavalcioni di fronte a lui così che potessero guardarsi negli occhi.
La facilità e la forza con cui Damon la spostava, la ribaltava e l’alzava come se fosse una bambinetta, era impressionante.
Si sentiva davvero una bambina quando lo faceva, però era dolce.
Le piaceva essere coccolata e sistemata da lui, normalmente qualcuno l’avrebbe trovato irritante, ma non lei.
-Sto per baciarti di nuovo, Sirenetta…-La avvertì, mentre lei si accorgeva che Damon le fissava le labbra come se fossero un tesoro.
Annuì piano e chiuse gli occhi, come una stupida.
Però questa volta fu Damon a ridere, mentre le prendeva il viso fra la mani grandi e calde.
-Ariel, Ariel, Ariel!-La canzonò lui con voce divertita.
Oh. Dio!
Che Diavolo di uomo.
No, Vampiro.
Invece di baciarla come aveva fatto prima, dopo averle avvolto i fianchi con le braccia ed averla attirata su di sé, si limitò a baciarle l’angolo della bocca e nient’altro.
Ariel gemette d’inaspettata delusione e desiderio.
Damon soffocò una nuova risata, molto, molto compiaciuta.
-Aprite gli occhi e guardatemi. No, non vi bacerò neanche, benché ne abbiate bisogno. È questo il guaio: dovreste essere baciata, e spesso, e da qualcuno che sa come farlo!- La prese in giro lui, citando il grande Clark Gable ovvero, Rhett Buttler di Via Col Vento..
Ariel sentì il viso farsi rovente dalla rabbia e dall’imbarazzo, che stronzo!
Fece per tirargli uno schiaffo, ma lui le bloccò la mano con una facilità paradossale, anche se incredibilmente non la stringeva neppure.
Poteva sottrarsi alla sua presa quando voleva, perché lo faceva?
Lui era capace di spezzarle un polso a suo piacimento pur di bloccarla, cosa voleva dimostrarle, lasciandola libera?
-Dormire, non schiaffeggiare, Miss O’hara!!-Ribattè Damon sfoggiando un sorrisetto.
Lei gli scoccò un’occhiata assassina e sfilò la manina dalla sua.
-Che stronzo! Tu non sei nemmeno lontanamente paragonabile a quel figo di Rhett!-Esclamò spingendolo indietro, colpendolo sul petto.
Era bello toccarlo quand’era nudo.
Lui rise di gusto.
-Figo Mr. Gable? Ma mi hai visto, piccola?-Disse pavoneggiandosi.
Lei rabbrividì non potendogli dare torto, Damon aveva gli occhi azzurri che lo portavano a totalizzare un miliardo di punti più di qualsiasi altro uomo sulla faccia della terra.
Quando però si rese conto che nell’impeto di attaccarlo in qualche modo, si era inginocchiata fra le sue gambe lunghe e lo sovrastava nonostante lui le tenesse i polsi.
Arrossì e lo guardò negli occhi.
Oh, voleva essere baciata di nuovo, dannazione!
I suoi ormoni le stavano dando alla testa e non aveva nemmeno una barretta di cioccolata su cui sfogarsi!
C’era solo Demone. Damon.
Gemette, frustrata.
Damon stavolta non rise, le lasciò i polsi ed abbandonò le mani lungo le curve del suo corpo, scivolando sotto la giacca per sentire meglio la sua carne.
Ariel sentì la schiena incrinarsi da sola e spingersi verso di lui.
Era in suo potere, poteva fare di lei qualsiasi cosa, come poteva permetterglielo?
Si lasciava distrarre, sedurre e plagiare così facilmente dal tocco esperto di Damon e dal suo sex-appeal?
Ma che sgualdrina! Si rimproverò quando le mani le finirono sul volto di Damon.
Poteva sentire un accenno di barbetta.
Le piaceva.
Si chinò e gli scoccò un bacio timido sulle labbra, come aveva fatto in aereo mentre credeva che lui dormisse.
Damon le carezzò la schiena e dischiuse le labbra, invitandola ad approfondire.
Gesù! Doveva baciarlo lei? E come si faceva?!
Provò a carezzargli le labbra con la lingua, come aveva fatto lui, e scoprì che era davvero piacevole e lo era anche invaderlo e sentire il sapore della sua bocca.
Mugolò come se avesse appena assaporato un cucchiaio di nutella, veramente Stratosferico, ancora migliore del loro primo bacio.
Indescrivibile, rispetto a quelli che lui le aveva imposto quella notte di crudeltà.
Questo era dolce e gentile, le piaceva.
Poi Damon le mordicchiò il labbro inferiore e lei, mentre riprendeva fiato, fu scossa da un brivido così forte che quasi gli graffiò le guance.
-Adesso non vi pare di aver avuto abbastanza baci per stasera, miss Redlake?-Chiese lui, giocoso, mentre citava ancora una volta Rhett.
Lei si accigliò e si accorse di essergli così vicino da poter sentire il suo respiro sulle labbra.
Arrossì, sentendosi carezzare sul sedere e le cosce, ma poi Damon le spostò e smise di toccarla, con suo nuovo, grande disappunto.
-Siete un individuo impossibile, Mr. Salvatore!-Ribatté lei, citando Rossella, partecipando allo stesso gioco del vampiro.
Tanto ormai aveva fatto trenta, valeva la pena provare anche a far trentuno.
Damon rise divertito e lei sorrise, riscoprendo quant’era bello quando rideva e come gli si illuminassero gli occhi nel farlo.
-Basta così, Sirenetta, è molto tardi ed abbiamo bisogno di riposare…-
Nervosa per l’improvviso abbandono del tocco del vampiro, Ariel s’imbronciò pensando di fare una scenata.
Ma non le veniva in mente nessuna scusa per accusarlo, senza fargli capire che lo voleva addosso.
Senza le sue grandi mani a sfiorarla si sentiva nuda.
Sentiva il freddo colpirla ed il calore svanire.
No, non era possibile, non era sopportabile.
Desiderava stare fra le braccia di Damon e si chiedeva come avesse fatto fin ora senza farsi abbracciare da quel muro di cemento, da quelle braccia forti come le sbarre di una prigione invalicabile.
Le davano un senso di protezione infinita.
Ancora abbagliata dalle sue infinite emozioni, si spostò, si sedé di nuovo sulle gambe del vampiro ed appoggiò la testa sul suo petto di granito.
Sentì una scossa provenire dal corpo di Damon e, per testare se anche lei suscitava in lui le stesse sensazioni che le regalava lui, osò carezzargli il petto con le dita fredde.
Damon rabbrividì e trattenne un mugolio.
Oh, Gesù! Gli piaceva quanto piaceva a lei.
Sorrise e si accoccolò, orami stanca, stranamente felice e più sicura, mentre Damon l’abbracciava e la stringeva a lui, carezzandole prima le labbra, il collo e poi la curva del seno, con le dita sottili e lunghe.
-Ariel, che Deliziose Tentazioni, come farò a non sognarti?-Mormorò lui dolcemente, come se stesse per assopirsi.
La rossa arrossì e sentì il cuore capovolgersi in petto.
Il Damon/Diavolo della sua mente fantasiosa, stava disteso, come un pavone al sole, scoccandole un’occhiata da Macho con tanto di sorriso seducente fino a farla rabbrividire di gioia.
Sì, l’aveva capito, fra le braccia di Damon, non avrebbe avuto più paura di lui.
Era al sicuro da tutto, tranne che da sé stessa.
Il sole era alto nel cielo, doveva essere mattina e Damon non era più nella capanna quando Ariel si destò da un sonno profondo e tranquillo, accaldata e sudata.
Appena sveglia si tolse la giacca, la speciale tutina da Cobra Versione 2.2 e rimase con la maglietta bianca e sottile che le copriva appena sotto il sedere.
Uscì dalla scatola di bambù e cercò Damon con lo sguardo, ma di lui non c’era traccia, riuscì ad avvistarlo solo dopo aver percorso per diversi metri il bagnasciuga.
Lui stava seduto su di un dirupo di scogli alla fine della spiaggia.
-Damon!-Lo chiamò coprendosi gli occhi per il forte sole che la abbagliava.
Lui la guardò senza scomporsi e non disse nulla.
Sembrava impensierito.
-Damon, sei davvero sicuro che non ci sia nessun’altro uomo su quest’isola?-Chiese lei, senza sapere perché gli avesse fatto quella domanda strana, invece di chiedergli se l’aiutava a trovare da bere.
Il vampiro le scoccò un’altra occhiata truce e s’imbronciò.
-Uomo? Cosa ci dovresti fare con un uomo?...Ci sono già io, per te!-
Cosa?
-Damon, sei geloso?-
Eh? Che stava succedendo, perché gli faceva quella domanda ? Sapeva già che Damon era geloso e chi voleva era lei.
Ma riportando gli occhi su Damon, vide che lui si era alzato.
Aveva un grosso sigaro fra le dita, e dal mare proveniva una strana base musicale.
Oh.dio.
Damon-I wasn't jealous before we met…Now every man I see is a potential threat!-
(Non ero geloso prima d’incontrarti…
Ora ogni uomo che vedo
è una potenziale minaccia!)
Cantò lui, lasciandola a bocca aperta, mentre alla parola Threat, prendeva a pugni l’aria.
Poi, guardandola, saltò giù dalla scogliera ed atterrò perfettamente in piedi.
Oh, che bravo.
Damon-And I'm possessive, it isn't nice! You've heard me saying…That smoking was my only vice!!-
(E sono possessivo, non è bello!
Mi hai sentito dire che il
fumo era il mio unico vizio!!)
Cantando, la stava indicando con il sigaro e lei, sconvolta, aveva cercato di afferrarlo e sottrarglielo, ma a Damon era bastato fare qualche giravolta per eludere il suo patetico tentativo.
Poi, improvvisamente, dopo pochi secondi di musica strumentale, lui già continuava a cantare, con sguardo serio e quasi cupo.
Era bellissimo e pericoloso, si avvicinava a lei con fare seducente e provocatorio.
Voleva mangiarla, divorarla in un solo boccone.
Sì.
Damon- But now it isn't true…Now everything is new, and all I've learned has overturned…I beg of you...-
(Ma ora non è vero...
Adesso tutto è nuovo,
e tutto quello che ho
imparato si è capovolto…
Ti prego…)
Quelle parole erano una carica, un fulmine a ciel sereno, la facevano impazzire ed ancor di più accentuavano l’effetto del corpo di Damon a pochissimi centimetri dal suo, stavano per toccarsi e Damon conduceva le sue labbra tremati dal suo Ti prego, sempre più vicine alle sue dischiuse dalla sorpresa.
I Beg of you…No, non ancora.
In un attimo di follia gli sorrise e lo spinse via volteggiando sulle note che la invitavano a cantare con lui.
Ariel- Don't go wasting your emotion…Lay all your love on mee!-
(Non sprecare le tue emozioni…
Concentra tutto il tuo
amore su di me…)
Si sentiva potente, seducente, carica, bella.
Mentre lui si appoggiava alla parete rocciosa e la guardava avvicinarsi con passo sicuro e, quando gli fu davanti, appoggiò le mani sul suo viso, avvicinandosi alle sue labbra, mentre le parole vibravano nella sua gola per lui.
Your love on Me.
Le sue mani scivolavano sul suo collo e sul suo petto muscoloso, liscio e senza peluria. Piatto e scolpito.
Ma non lo baciò.
Con l’ennesima giravolta, si allontanò e si appoggiò lei stessa alla parete, allargando le braccia ed ancheggiando in modo lento e seducente.
Ariel- It was like shooting a sitting duck…A little smalltalk, a smile and baby I was stuck…-
(È stato come sparare a un anatra immobile…
Due chiacchiere, un sorriso e non potevo
più farne a meno…)
Damon si era allontanato dalla massa rocciosa ed ora era davanti a lei, a meno di un metro, con i piedi nudi bagnati dalle onde del mare, che salivano e si ritiravano dolcemente sulla riva.
Lui poi s’inginocchiò, con lo sguardo perso e molto più caldo.
Lei lo seguì, con un sensuale inarcamento in avanti della schiena, che così metteva in risalto il suo seno.
Ariel- I still don't know what you've done with me…A grown-up woman should never fall so easily!-
(Ancora non so cosa mi hai fatto…
Una donna adulta
non dovrebbe mai innamorarsi cosi!)
Gattonando come una pantera, leggiadra e provocante, gli si avvicinava attimo dopo attimo, mentre lo sguardo del vampiro prendeva fuoco per ogni suo movimento.
Ariel- I feel a kind of fear… When I don't have you near…Unsatisfied, I skip my pride…-
(Ho un po’ paura quando
non sei al mio fianco…
Insoddisfatta, metto
da parte l'orgoglio…)
Gli fu di fronte, vicina, di nuovo le loro labbra potevano quasi sfiorarsi ed i loro corpi, adesso bagnati dalle gocce del mare, li rendevano l’uno agli occhi dell’altro più irresistibili e carnali.
Bruciavano.
Ariel- I beg you dear...-
(Ti prego, amore…)
Vocalizzò lei, sentendo le dita di Damon solleticarle le spalle, poi salirle su per il collo.
Spostarle i capelli ed ascoltare la sua preghiera.
Damon- Don't go wasting your emotion…-
(Non sprecare le tue Emozioni…)
La spinse giù, dolcemente, sulla sabbia, stendendola con gli occhi di fuoco e la voce carica di desiderio.
Damon- Lay all your love on mee!-
(Concentra tutto il tuo
Amore su di me…)
La sovrastò e la sua voce roca e melodiosa le diede un brivido, mentre si inarcava e lui piegava la testa verso la sua, per esaudire entrambe le loro preghiere.
Fu dolce, lento, caldo e freddo, per le onde che li avvolgevano e Damon che la ricopriva come una seconda pelle.
Ma proprio quando il Vampiro stava per portarli in paradiso approfondendo il loro bacio, un coro di voci maschili fece vibrare l’aria e Damon fu sollevato da un mucchio di mani.
Coro-Don't go sharing your devotion…Lay all your love on me!!-
(Non condividere la tua devozione
Concentra tutto il tuo amore su di me!!)
Gli uomini gettarono in mare Damon, poi marciarono su un pontile, che lei non aveva mai notato, in modo buffo esibendo i loro variopinti costumi e le pinne ai piedi.
Cantavano e fra loro lei riconobbe alcuni visi.
Stefan, Jake, Tyler Lockwood, Matt Donovan, Jeremy Gilbert, persino il Professor Saltzman, altri suoi compagni di scuola che conosceva di vista.
Facevano pose per mettere in mostra i muscoli, ballando e cantando a squarcia gola, con le maschere per andar sott’acqua posate sulla testa.
Poi si gettarono tutti in acqua, lei li osservava seduta su di uno scoglio, ridendo divertita, finché il rombo di una moto d’acqua non la distrasse.
Puntò gli occhi all’orizzonte, sul sole che improvvisamente calava e si tingeva di miele navigando sul mare più scuro, quindi avvistò Damon.
Navigava con perizia e pazzia allo stesso tempo, era divino, bellissimo con il petto nudo e le onde a condurlo verso di lei.
Un’ombra scura nel tramonto arancio e fuoco.
La moto d’acqua scomparve, Damon era sulla riva, completamente bagnato, che riportava i capelli indietro, con un gesto sensuale della mano.
Lay all your love on me.
La guardava con gli occhi bramosi e cupi, come un dio sicuro di sé che le si avvicinava senza riserve né paure.
Ma prima che lui potesse arrivare solo a qualche metro di distanza da lei, un’onda si scontrò sullo scoglio bagnandole le gambe ed il ventre.
Damon si fece opaco e sbiadito.
Un crampo allo stomaco la fece balzare e tutto divenne nero.
E freddo.
Mugugnò, tastando qualcosa, erano canne di bambù.
Gli occhi, a fatica, le si dischiusero e quel dolore al basso ventre s’intensificò.
Gesù! Era nella capanna, sola, e si stava appena svegliando?
Fuori, il cielo era plumbeo e la "porta” del rifugio aveva uno spiraglio aperto.
Non aveva idea di che ore fossero, ma era certa che fosse appena l’alba.
Aveva sognato.
Sognato di cantare con Damon Salvatore "Lay All Your Love”, brano del Musical "Mamma Mia!”
Oh, dovevano essere gli ormoni, maledizione!
O la lepre, era certa che fosse colpa della lepre!
Frustrata e forse delusa, provò ad alzarsi, ma sentì qualcosa di umidofra le cosce.
No.
No.
Controllò, tastando il centro della tuta.
Guardò le sue dita ed il suo volto divenne l’icona del disgusto e del terrore.
Stava per urlare, ma l’unica cosa che uscì furono le sue lacrime.
Spaventata, si guardò freneticamente intorno, dove aveva dormito e, fortunatamente, non sembrava sporco.
S’alzò ed una fitta addominale la fece gemere.
Di solito stava male quando aveva il ciclo.
Perché non era nata uomo? Se lo chiedeva tutte le volte da anni.
Corse via dalla capanna e si diresse verso la riva.
Raggiunta, si tolse la giacca di Damon, le armi, assicurò tutto sulla sabbia asciutta e s’immerse nell’acqua fredda, che le fece subito battere i denti.
Si tolse il pantalone della tuta nera, scoprendo che per fortuna era un due pezzi, unito da una cerniera.
Cercò di lavare il pezzo macchiato, ma sembrava un’impresa impossibile.
Quando osò togliersi le mutandine, certa che Damon non fosse nei paraggi, cercò di frizionare il più possibile la parte sporca, anche se non sarebbe arrivata lontano, lo sapeva, senza sapone non poteva fare nulla.
Trattenne un urlo di rabbia e disperazione.
Dio, voleva piangere, ma si accorse che lo stava già facendo da un pezzo.
Stese la mutandina dinanzi a sé e la studiò con crescente ansia.
No, maledizione!
-Ariel, che stai facendo!?-
Balzò, sentendo la voce di Damon, quasi lontana.
Ariel sapeva di essere coperta fino ai fianchi dall’acqua, ma Damon si stava avvicinando e la disperazione la stordì.
Stava per svenire di nuovo?
-No…Non ti avvicinare…-Mormorò, non riuscendo a strillare.
Il fiato le si spezzava in gola, bloccato da un nodo di paura e turbamento.
Damon non poteva scoprire che aveva il ciclo, era troppo imbarazzante e strano, forse persino pericoloso!
Arretrò, rischiando di inciampare a causa di un masso, mentre Damon era sempre più vicino, alla riva mancavano pochissimi metri.
-Stai piangendo? Ti senti bene? Merda, esci dall’acqua o ti ammalerai!-
-No! No! Damon, non venire qui!-Strillò lei con voce più acuta e stridula questa volta.
Che incubo. Era persino nuda dalla vita in giù.
Rossa di vergogna e paura, tremò tra freddo e spavento, mentre il venticello le scombinava i capelli ed alzava piano le onde gelide e forti che la spingevano avanti e indietro.
Damon arrivò a toccare l’acqua con i piedi, ma si fermò a scrutarla, interdetto.
-Cosa stavi facendo con le tue mutandine in acqua, non è il momento di lavarsi, sono le cinque del mattino, l’acqua è gelida, vieni via…E perché piangi!?-
-Allontanati! Allontanati!...Mi manca l’aria!-Annaspò lei arretrando, mentre Damon si avvicinava.
-Ariel ma che hai? Perché piangi?!-
-Oh Dio vai via!-Urlò più forte che poté e nell’impeto, scagliò via le mutandine che finirono proprio sulla faccia del vampiro.
Lui le prese, scioccato, per poi annusare mentre gli si dipingeva sul volto l’espressione di chi aveva appena fiutato qualcosa di andato a male.
Poi guardò lei, livida in viso, col fiato corto, le lacrime che scivolavano giù dai suoi occhi, i denti che battevano per il freddo che le faceva tremare il corpo.
Damon guardò le mutandine, con ancora qualche macchia scura, dopo tornò a guardare lei.
-Oh…-Sussurrò lui, rendendosi conto di quello che stava succedendo e del perché Ariel fosse in acqua.
Tuttavia, non poté dirle altro, perché Ariel si fece pallida e svenne.
Per lei, quello era un incubo.
Ed ora era anche svenuta, senza mutande.
Nei minuti successivi, Damon, la prese appena in tempo prima che toccasse il fondo.
La sollevò prendendola in braccio, tenendola stretta, perché la sua pelle pallida era resa scivolosa dall’acqua, portandosi dietro anche gli indumenti che stava lavando.
Guardandola sbadatamente, uscendo dall’acqua, si accorse che era proprio nuda.
Talmente nuda che poteva intravedere i suoi graziosi e corti riccioli rossi nascosti fra le cosce.
-Allora non sei tinta, Sirenetta!-Disse, sapendo che lei non poteva sentirlo, ridendo divertito dalla strana scoperta.
Era sempre stato certo che il rosso fiammeggiante di Ariel fosse frutto di una tinta ed invece si era sbagliato.
Aveva un innaturale rosso scarlatto ed intenso.
Niente male, ma adesso doveva scaldarla, era tutta un pezzo di ghiaccio.
Avrebbe curiosato dopo fra le sue grazie nascoste.
Oh, aveva davvero molte deliziose tentazioni in cui indurlo, la sua Sirenetta.
Fine XX Capitolo.
Ciao a tutti!
Anche questo capitolo si è concluso! Non ci credo, ce l’ho fatta! Che ne pensate, vi è piaciuto?
Ora siamo nel vivo della storia, Damon ed Ariel sono soli e ardono di fuoco e fiamme a lungo assopite e nascoste, rabbia, desiderio e amore…che mix micidiale!
Ah non dimenticate la povera Ariel che è nel periodo più odiato dalle donne…proprio su un’isola tropicale con affianco il belloccio Damon Salvatore, ma si può essere così sfigati? Nah, non piangete sarà meraviglioso e vedrete ugualmente le scintille :D !
Cos’accadrà nel prossimo capitolo?
Lo scopriremo solo Leggendo xD!
Prima di salutarvi vi ricordo di recensire in tanti e ringrazio chi come sempre continua a seguirmi e a lasciare i propri pareri e considerazioni capitolo dopo capitolo.
Ringrazio anche chi legge soltanto, chi mi tiene fra le preferite, seguite e da ricordare, come dico sempre è grazie a voi che sono arrivata fin qui…Ma anche grazie alla mia Beta che corregge i capitoli rendendoli ancora migliori.
Un bacio a tutti voi, Serenity.
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