Where is my place?

di Tawariell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Where is My Place?

Capitolo 1

 

Montpellier, Vermont, Maggio 2010, 5 a.m.

Una pioggia leggera cadeva sulla cittadina di Montpellier, sembrava il classico temporale primaverile così normale da quelle che parti e spesso preannunciavano lunghe e piacevoli giornate di sole.

Le serrande iniziavano ad alzarsi in alcuni negozi, soprattutto quelli vicino al centro dove arrivò un piccolo autobus proveniente da un altro stato, era mezzo vuoto, eppure nessuno fece caso al misterioso straniero, dallo sguardo cupo e mesto, che vi discese.

Indossava solo un cappotto nero, una t-shirt e dei jeans e teneva gli occhi bassi, evitando di incrociare lo sguardo di chiunque.

Era riuscito a dormire per un po’ nelle ultime ore, solo che il suo sonno era popolato da incubi che si ripetevano continuamente così aveva finito di cercare di smetterla di dormire, forse doveva veramente tornare al vecchio metodo: sbronzarsi.

Camminò davanti ad un giornalaio della stazione, dando un’occhiata distratta ai titoli dei giornali, poi si avviò verso un bar, non aveva fame, il suo stomaco era chiuso, però doveva pur mangiare qualcosa anche se la sua intenzione era sempre quella di farsi inghiottire da un buco nero.

Entrò nel locale, ordinò una brioche e un caffè per poi andarsi a rifugiare nel tavolino più nascosto, mangiò di malavoglia ma bevve volentieri quel liquido bollente, aveva un saporaccio però non poteva chiedere di meglio in un posto del genere.

Nessuno lo guardava per fortuna, aveva bisogno di stare totalmente solo con se stesso, per un momento, più per abitudine che per reale volontà, tirò fuori la carta di credito dell’Fbi, fu solo quando la stava allungando al barista che si accorse di quello che stava facendo.

“Mi scusi, pago in contanti” sospirò allungando qualche bigliettone, mentre, in fretta e furia rimise via la carta, pensando tra se e se che forse avrebbe fatto meglio a buttarla via.

Senza dire altro uscì dal locale, vagando a zonzo per la cittadina, non ricordava di essere mai stato in Vermont e non ricordava di aver preso il bus la sera prima: doveva essersi sbronzato proprio bene.

Rammentava, invece, il motivo per cui lo aveva fatto e tale ricordo gli aveva fatto venire voglia di ubriacarsi un’altra volta.

Oppure poteva decidere di tornarsene a Boston e affrontare Walter e le sue dannate bugie?

In fondo perché doveva riprendere a fare la vita di randagio per colpa sua?

Anche se faceva parte di quel mondo da solo due anni, ormai gli sembrava la sua strada, poteva continuare a collaborare con l’Fbi, era apprezzato da tutti per le sue doti, per la sua intelligenza, per la sua perspicacia, il suo intuito e per come sapeva far ragionare Walter.

Sempre lui, sempre in mezzo.

Avrebbe voluto spedire lui in un altro universo altroché!

Era stato già abbastanza difficile dover accettare che ci fossero universi paralleli, dover poi accettare di venire da uno di questi universi e non in quello in cui stava vivendo adesso era davvero dura.

Forse stavolta avrebbero ricoverato lui al Saint Claire.

Chissà com’era il suo universo?

Non sarebbe stato male poterlo visitare almeno una volta.

Vedere se le persone erano come in questo universo.

Olivia aveva parlato di posti più tetri: più di quella cittadina? Impossibile.

O forse era lui che vedeva tutto buio?

Ovunque guardasse non vedeva che oscurità, anche se la pioggia era leggera e dietro le nuvole si intravedeva il sole.

Si sedette su una panchina all’entrata del parco cittadino, osservando il flusso regolare delle automobili che aveva cominciato ad esserci da circa mezz’ora.

Era confortante vedere quella normalità.

Ne aveva un gran bisogno.

Mise le mani in tasca, tirando fuori una moneta, la sua moneta con cui iniziò a giocherellarci.

Era il suo porta fortuna.

La guardò per un istante infinito.

Poteva tornare a casa?

Sì, ma dov’era casa?

A Boston o nell’altro universo?

Da nessuna parte, forse.

Si alzò in piedi, riprendendo a girare sotto la pioggia, sentiva il bisogno impellente di bere di nuovo, il suo raziocinio gli stava ponendo troppe domande e il cuore gli faceva sempre più male.

Doveva trovare un posto dove bere per dimenticarsi del mondo e di se stesso solo che non ne trovava uno adatto.

Quei bar erano decisamente troppo eleganti e troppo “perbene” per il suo standard, quantomeno il suo standard attuale.

Così decise di riprendere a camminare sotto la pioggia, non era la pioggia torrenziale di Boston, ma si augurava di prendersi ugualmente qualche malanno in modo da poter finire incosciente per qualche giorno.

Il suo lato masochista stava avendo decisamente il sopravvento, però non era ancora abbastanza e fu solo tre ore più tardi, quando intravide un orrenda bettola in un trucido quartiere di periferia che pensò che forse poteva iniziare a ritenersi soddisfatto.

 

Boston, Bowling di Sam Weiss, diverse ore più tardi.

 

Olivia dopo un’intera giornata di vane ricerche si era rifugiata al bowling, non ne sapeva la ragione, forse perché non voleva vedere la faccia distrutta di Walter o quella malinconica di Astrid.

Il laboratorio era all’improvviso diventato tetro e scuro, era passata di corsa a prendere la piccola Ella, felice di sentirla parlare di quella strana storia su Peter, lei e Walter, che però aveva avuto il potere di renderla ancora più triste.

Così dopo aver atteso invano il sonno per ore, era corsa da Sam che, facendo finta di non guardarla seduta per terra in un angolo, si era messo a sistemare le palle lasciate in giro dai clienti.

Olivia aveva lo sguardo nella sua direzione, ma non lo vedeva, non vedeva niente, non sentiva niente, si sentiva peggio di quando aveva perso John dato che almeno a lui aveva detto di amarlo.

Perché non gli aveva detto niente?

Sapeva benissimo cosa stava per succedere tra Peter e Walter però aveva preferito voltare la testa dall’altra parte, facendo finta di non vedere.

Giocherellò con una palla abbandonata, poi con tutta la rabbia che aveva in corpo la lanciò lontano rischiando di prendere Sam in pieno viso.

“Sei diventata matta?

“Così la smetti di far finta di guardare altrove”

“Non ti facevo così egocentrica” borbottò Weiss andandosi a sedere di fianco a lei. “Stai bene?”

“Hai una domanda di riserva?” replicò la ragazza senza guardarlo negli occhi.

“Che cosa succede?” le chiese il suo amico senza troppi giri di parole.

“E’ così evidente che sono un disastro in campo sociale?” scherzò Olivia cercando di evitare la domanda.

“Non cambiare discorso. Dimmi cosa succede” insistette Sam.

“Ricordi la faccenda del segreto che ho deciso di tenere?”

“Sì”

“La persona che non doveva scoprirlo lo ha scoperto e non l’ha presa bene”

“Capisco… il segreto?”

“Ma niente solo che tale persona è stata rapita da quello che credeva essere il suo vero padre”

“Non sarebbe la prima volta che sento un fatto del genere”

“Sì, ma in genere le altre persone vengono dallo stesso universo” replicò asciutta Olivia

“Peter Bishop viene da un universo parallelo?” chiese stupefatto Weiss e a quel punto la Dunham gli tirò un pugno sulla spalla.

“Non ti si può nascondere niente” bofonchiò la donna fingendosi seccata.

“Dov’è lui adesso?”

“E chi lo sa?”

“Glielo hai detto?”

“Certo che no, lo ha scoperto lui”

“Non parlo di quello”

“E di cosa?”

“Gli hai detto che lo ami?”

Olivia abbassò la testa stringendosela tra le mani.

“Credo che significhi no”

“Sono un disastro”

“Non preoccuparti, tutto il mondo ormai è analfabeta a livello sentimentale: guarda me”

“Consolante”

Sam si alzò, andò a prendere una caraffa d’acqua con due bicchieri e, dopo averne riempito uno lo porse ad Olivia che bevve in silenzio per qualche minuto.

“Stavo pensando a quando andai al cinema una volta”

“Vai al cinema?”

“Ho una vita sociale ogni tanto che ti credi”

“Vai avanti”

“Tra l’altro era veramente un film osceno, io detesto le commedie romantiche”

“Devi essere più un tipo da Stephen King, vero? O magari robe splatterose alla Saw”

“No, mi piace Cronenberg”

“Soprattutto La Mosca, vero?”

“Esatto”

Olivia sorrise, leggermente rasserenata da quella conversazione.

“Dimmi che filmaccio eri andato a vedere”

“Non ricordo il titolo, ricordo però una frase”

“Quale?”

“Giura che non mi prendi in giro”

“Non sono dell’umore Sam, al massimo ti sparo”

“Considerando quello che sto per dirti potresti farlo veramente”

“Dimmi la frase Sam”

“Quando ami qualcuno devi dirglielo perché poi il momento passa”

Olivia sospirò, abbassando di nuovo la testa.

“Posso usarti come bersaglio per le freccette?”

“Senza punta però”

“D’accordo”

Weiss le accarezzò leggermente i capelli, poi si allontanò in silenzio lasciandola da sola, sapeva bene che Olivia non voleva farsi vedere così da nessuno.

Quando si voltò lei era sparita.

 

Montpellier, bar di periferia.

 

Un uomo dai capelli neri e da sinistri occhi blu, giocava ad un tavolo da poker in compagnia di alcuni avventori nel retro del locale.

Giocavano da ore e lui non si faceva scrupoli di usare la sua particolare intelligenza per barare, non sapeva perché lo stesse facendo o forse lo sapeva, semplicemente aveva deciso di non pensare più a niente.

Gli altri lo guardavano con occhi truci, erano stanchi di perdere e quel ragazzino pareva avere un po’ troppa fortuna.

Peter, nel frattempo, buttò giù l’ennesimo bicchiere, ormai deciso ad andare fino in fondo a quella follia.

I suoi occhi erano cerchiati di rosso, era sveglio da ore, aveva mangiato solo la brioche al mattino e bevuto una quantità industriale di alcool, sapeva di correre il rischio di sentirsi male, ma la cosa gli importava veramente poco.

Forse sperava solo di auto-distruggersi in fretta.

Quando tirò fuori l’ennesimo asso, il giocatore che era di fronte a lui si alzò di scatto, gli si avvicinò e gli puntò alla gola un coltellino.

“Stai barando, vero ragazzino?”

“Cosa te lo fa credere?” ribatté cercando di usare il suo sorriso più strafottente.

Non fece in tempo a dire di più, gli altri tre lo presero di peso, frugandogli tra i vestiti, dove trovarono altri mazzi di carte.

In pochi secondi fu trascinato in un lurido viottolo vicino al bar, dove iniziarono a prenderlo a calci e a pugni.

Non reagì, sperava che il dolore fisico offuscasse ogni altro tipo di dolore.

Le botte continuarono per una buona mezz’ora mentre il giovane Bishop era diventato una maschera di sangue

I pugni allo sterno erano quelli che facevano più male, erano come stilettate, era come se qualcuno continuasse a ripetere ciò che la sua mente aveva compreso pochi giorni prima sul quel maledetto ponte.

Non era di questo mondo.

In uno degli ultimi istanti di coscienza ricordò che sia Olivia che Walter gli avevano detto che non era grave, eppure aveva dormito per un giorno e mezzo.

Adesso sapeva perché.

Non aveva voluto accettare la realtà perché farlo significava distruggere quel meraviglioso equilibrio che era diventato vitale per lui.

Cadde ricevendo l’ennesimo calcio.

I suoi aggressori lo lasciarono per terra, pesto e sanguinante, sotto la pioggia battente.

Non ebbe neanche la forza di chiedere aiuto, perdendo i sensi in quel piccolo inferno che si era costruito da solo.

 

Fine Capitolo 1

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Ospedale di Montpellier, tre giorni dopo.

 

Una leggera luce filtrava tra le persiane della finestra nella stanza numero ventiquattro, occupata solo da un giovane uomo che dormiva ormai da quarantotto ore.

Non si era svegliato neanche per mangiare, era come se la sua mente stesse rifiutando ogni contatto con l’esterno, non che le ferite riportate durante il pestaggio non fossero state gravi, lo erano, aveva diverse fratture, tra cui quattro costole, il naso, il sopracciglio destro e persino parte della mandibola anche se ciò non gli avrebbe impedito di mangiare normalmente.

 Tuttavia il medico aveva detto che non era in pericolo di vita e che in teoria si sarebbe dovuto essere risvegliato da un po’.

Invece il misterioso giovane, i cui lineamenti particolari erano ora rovinati da svariati lividi, continuava a dormire, ignaro di tutto.

Aveva un respiro greve, molto simile a quello di un bambino, pensò la giovane infermiera che insieme ad altri provava a prendersi cura di lui.

Il suo collega e compagno, Martin, l’aveva aiutata a ripulirgli il viso, bendarlo e a cambiargli il nutrimento liquido che per fortuna il giovane non rifiutava.

Aveva visto con i suoi occhi, purtroppo, ritornare indietro quello stesso liquido, ma con quel ragazzo non stava succedendo segno che non aveva perso del tutto la voglia di vivere.

Laura, così si chiamava la donna, lo aveva preso a cuore, non sapeva perché, forse perché lo sentiva smarrito e spaventato.

In quel mentre entrò Martin che la fissò con i suoi grandi occhi castani.

“Si è svegliato?” le domandò preoccupato.

“No” sospirò la ragazza guardando quel corpo martoriato e inerme. “Hai scoperto qualcos’altro oltre al suo nome e cognome?”

“Pare sia un consulente civile dell’Fbi di Boston”replicò asciutto l’uomo sedendosi accanto a lei.

“Che significa?” domandò incuriosita.

“Non ne ho idea. Comunque li ho chiamati, hanno detto che lo conoscono e manderanno qualcuno a prenderlo. Solo che …”

“Non si può muovere, lo hai visto anche tu in che stato è”

“Infatti no. Chissà perché continua a dormire”

“Forse le ferite lo hanno spossato più del previsto”

“O magari tutto quell’alcool mescolato al fatto che non avevano mangiato praticamente nulla”

Laura annuì volgendo lo sguardo verso Peter che continuava a dormire.

Chissà chi lo aveva aggredito così e perché.

Il giovane Bishop si mosse, iniziando a sbattere le palpebre ripetutamente.

Sentiva dolori dappertutto, alla testa, allo stomaco e aveva la bocca arida.

Provò a mettere a fuoco non riuscendo a capire dove si trovasse, decisamente la sua ben nota intelligenza in quel frangente lo stava aiutando molto poco dato che la confusione regnava sovrana nella sua testa.

Cosa diamine gli era successo?

Era ancora in ospedale?

E perché mai?

Provò a mettere ordine negli ultimi ricordi che aveva solo che alcune immagini si sovrapponevano l’una sull’altra e temeva di stare mescolando la realtà con il sogno.

Fu solo quando si passò una mano sul torace nel tentativo di mettersi a sedere che si rese conto di quanto gli facesse male così senza volerlo si lasciò scappare un lamento.

“Signor Bishop, non può sedersi, ha le costole rotte”

“Fan… fanta… fantastico” balbettò, con enorme sforzo dato sentiva dolore pure alla mascella, il tutto mentre cercava di mettere di nuovo a fuoco ciò che aveva di fronte.

Per un momento intravide una figura da lineamenti delicati, vestita nella sua solita divisa, con i capelli biondi sciolti lungo le spalle che gli diceva

“Bentornato”

Fu solo un istante però perché poi quella figura famigliare scomparve per lasciare il posto a quello di un estranea, molto carina doveva dire, dai lunghi riccioli castani e dai caldi occhi neri.

“Come si sente?”

Avrebbe voluto rispondere subito solo che pure parlare gli costava un immenso sforzo.

Ma perché diamine era conciato così?

“Non bene” farfugliò infine riuscendo a mettere a fuoco anche l’altra figura, un uomo di circa trent’anni, né brutto né bello, dall’aria decisamente simpatica e gioviale.

“Vuole un antidolorifico?” gli domandò lo sconosciuto che doveva essere anche lui un infermiere a giudicare dalla divisa.

Provò a replicare, ma gli mancò il fiato a causa delle fitte allo sterno: di questo passo ci avrebbe messo una settimana per fare una seria conversazione con qualcuno.

Gli scappò un colpo di tosse e a quel punto vide le stelle.

“Non lo faccia più, non le conviene. Le porto un antidolorifico, d’accordo?” insistette l’uomo allontanandosi verso il banco dei medicinali.

Annuì incapace di replicare ad alta voce.

“Che le è successo signor Bishop?” chiese la donna anche se sapeva che non avrebbe ottenuto subito una risposta, difatti Peter scosse la testa come a dire che proprio non ce la faceva a parlare.

“D’accordo mi scusi, ha ragione, vuole un taccuino così è più semplice?”

Di nuovo Peter annuì con il capo, guardandosi poi intorno frastornato: cosa gli era successo? Era una bella domanda.

Provò di nuovo a riordinare i pensieri.

Viveva a Boston da quasi due anni, si era riappacificato con suo padre, era diventato un consulente dell’Fbi e poi?

Ah sì, le indagini sempre più strane, muta forma, bambini empatici, super soldati invecchiati geneticamente, formule matematiche e musicali che portavano a sfidare le leggi della fisica, teletrasporto e universi paralleli.

Quest’ultima cosa doveva esserla sognata, decisamente non aveva senso.

Mentre formulava quest’ultimo pensiero i due infermieri erano tornati, lui, con un analgesico che Peter si premunì di buttare giù subito non appena l’uomo glielo porse altrimenti aveva paura di mettersi ad urlare e non ci teneva a fare la figura del lamentoso, lei con un taccuino e una penna che gli mise tra le mani.

Non poteva dirgli tutto altrimenti lo avrebbero portato in psichiatria, doveva solo scrivere il minimo indispensabile.

“Io sono Laura e lui è Martin, il mio collega. L’abbiamo trovata tre giorni fa a pochi isolati da qui signor Bishop”

Scrisse sul taccuino una domanda piuttosto sciocca, più che altro per perdere tempo anche perché voleva ricordare tutto.

“Come sapete il mio nome?” aveva infatti vergato.

“Mi spiace, ci siamo permessi di guardare tra i suoi documenti. E’ un consulente dell’Fbi”

Peter annuì vergando altre parole:

“Avete fatto bene. Avete avvisato qualcuno?” Persino scrivere gli stava costando un notevole sforzo anche perché proprio non riusciva a ricordare perché fosse ridotto in quello stato.

Forse qualche indagine che stava seguendo?

Non gli sembrava.

Detestava avere dei vuoti di memoria, era sempre padrone di se, delle sue emozioni e del suo modo di vivere.

Magari chiamando Olivia avrebbe potuto capirci qualcosa di più.

Nel frattempo Laura si era allontanata per controllare altri pazienti mentre Martin aveva letto la sua domanda

“Sì, ci ha risposto un certo Broyles. Ha detto che manderanno qui l’agente Dunham e suo padre”

Fece per sorridere a quelle parole quando improvvisamente un flash gli attraversò la mente.

Era scappato lui!

Se n’era andato perché aveva scoperto di venire da un’altra dimensione e Olivia e Walter gli avevano tenuta nascosta la verità.

Fissò l’uomo con gli occhi iniettati di sangue.

E adesso?

Mica poteva strangolarlo per aver rivelato a quei due bugiardi dove era scappato.

“Si sente bene?” domandò Martin notando lo strano sguardo del giovane. Era veramente inquietante.

Peter scrisse altre parole

“No, niente. Mi è venuto in mente perché sono qui” cercando di sorridere in maniera angelica.

Quello non aveva colpe.

Al suo posto avrebbe fatto lo stesso.

Martin rispose rassicurato da quel sorriso

“Quindi si ricorda di essere in Vermont?”

Certo che non se lo ricordava, rammentava solo di aver bevuto come non mai in vita sua, di aver preso un bus per una destinazione ignota e di essersi fatto menare apposta da un gruppo di trogloditi in un locale malfamato.

Da quando in qua era diventato auto-distruttivo?

Era proprio caduto in basso, decisamente.

Non era da lui comportarsi così.

E quelle botte facevano un male, l’analgesico era stato solo una panacea, si sentiva uno straccio.

C’erano però dei lati positivi in quella situazione perché uno poteva evitare di parlare e due pensando ai suoi dolori fisici non continuava a pensare alla sensazione di aver perso la terra sotto i piedi, che però era sempre lì in un angolo della sua mente a tormentarlo.

Non poteva guarire così in fretta, lo sapeva.

E si rendeva anche conto che tutto sommato non sarebbe stato un gran male perdere realmente la memoria, almeno sarebbe tornato a casa tranquillamente senza avere la stessa dannata voglia di prenderli a schiaffi tutti e due e poi buttarsi dal primo ponte.

“Signor Bishop?” chiese Martin ancora preoccupato.

Peter sorrise vergando alcune righe sul taccuino.

“Sono venuto in Vermont per un’indagine. Mi hanno aggredito mentre ero in giro. Potrei aver qualcosa di decente da mangiare?”

Calcò molto la mano sulla parola decente anche perché ricordava molto bene la terrificante brioche mangiata in un bar qualche giorno prima, non che pretendesse chissà cosa da un ospedale, però voleva che fosse almeno mangiabile.

L’infermiere assentì leggendo quelle poche righe.

“Mi spiace molto signor Bishop per quello che le è successo. Se vuole abbiamo ancora dei pancake alle ciliegie”

Adesso sì che aveva davvero voglia di ucciderlo.

Ma di tutti i dannati gusti dei pancake proprio alle ciliegie?

Walter, sempre Walter, ovunque girasse sempre lui di mezzo.

Probabilmente lo avrebbe trovato anche all’inferno.

Deglutì cercando di non mostrare la sua ira però Martin intravide lo stesso per un secondo il suo sguardo luciferino che lanciava bagliori di fiamma.

Bishop scrisse altro cercando di continuare a sorridere.

“Non avete delle uova con il bacon? Le preferirei, grazie”

L’uomo annuì.

“Sì, credo di sì. Vuole dell’acqua intanto?”

Peter annuì, così l’infermiere gli porse un bicchiere con una cannuccia.

Che umiliazione costretto a bere con la cannuccia perché non poteva neanche mettersi a sedere.

Bevve piano piano, deglutendo a più riprese visto che le fitte aumentavano: quel cavolo di analgesico non era servito ad un tubo.

E lui era stato un vero idiota a provocare quegli energumeni.

Avrebbe dovuto andare a prendere a calci Walter, altro che farsi menare.

Imbecille, imbecille, imbecille.

Poco dopo l’uomo rientrò con un vassoio che posizionò sul comodino, che poi gli spostò davanti al suo viso.

“Ce la fa a mangiare da solo?”

Il ragazzo annuì sperando che lo lasciassero finalmente solo.

“E’ sicuro? Posso imboccarla se vuole”

Bishop scosse la testa fissandolo con aria truce, poi per dimostrare che diceva il vero, si mise a mangiare così i due finalmente se ne andarono.

Faceva una gran fatica, però farsi imboccare era veramente troppo, già non riusciva a proferire parola senza che ogni atomo del suo corpo gridasse vendetta.

Gli ci vollero quasi venti minuti a mangiare quelle uova, però almeno erano decenti, sicuramente più delle robe ingurgitate tre giorni prima.

Non che avesse ritrovato la voglia di vivere tutta d’un botto, solo magari preferiva andarsene a pancia piena di buon cibo.

Sfinito poggiò la testa all’indietro, sperando di riposare un po’ dato che ora come ora non poteva proprio muoversi e quindi quei due sarebbero riusciti a venire a prenderlo.

Avevano vinto loro.

Chinò il capo, chiudendo gli occhi quando sentì risuonare alcuni passi, forse era l’infermiera di prima.

“Signor Bishop sono arrivati suo padre e un suo amico”

Peter spalancò gli occhi, alzandosi di scatto a sedere e questo gesto mancò poco che lo fece ululare.

Doveva darsi una calmata.

“Signor Bishop le ho già detto che non si può mettere a sedere lo capisce?”

Certo che lo capiva, si sentiva come se gli fosse passato sopra un auto-treno.

“Li faccio entrare?”

Peter riprese in mano il taccuino scrivendo alcune parole.

“Ma non doveva venire insieme all’agente Dunham? E poi non è un po’ troppo presto?”

Laura sorrise

“Li abbiamo avvisati alcune ore fa”

Il ragazzo annuì sentendo un brivido lungo la schiena.

Non aveva nessuna voglia di vederli.

Soprattutto suo padre, ecco magari su Olivia poteva soprassedere, ma suo padre proprio no.

Il problema era dirlo a quella gentile signorina, un po’ troppo soffocante per i suoi gusti.

Affranto scrisse due parole.

“Va bene” poi rimise la testa sul cuscino mentre l’infermiera portava via il vassoio.

Qualche minuto dopo sentì risuonare altri passi così chiuse gli occhi, voltando la testa dalla parte opposta.

Dopotutto era vero che non poteva parlare.

“Peter” fece una voce a lui famigliare.

Aprì gli occhi e si voltò verso il suo interlocutore.

Non poteva essere.

Quello era Newton.

E l’altro?

Sembrava Walter solo un po’ più elegante, con una aria molto meno… come poteva definirla? Da figlio dei fiori?

Era identico, i lineamenti erano uguali.

Quindi quello era…

“Ciao figliolo” disse solamente l’uomo con un tono molto più freddo con cui lo diceva Walter.

 

Aereo federale in volo tra Boston e il Vermont

 

Olivia osservava il cielo dalla finestra, stava nascendo il sole ed era come se stesse rinascendo anche dentro di lei.

Stavolta non gli avrebbe più mentito, non poteva, non dopo aver rischiato di perderlo.

“Cosa ti ha detto di preciso Broyles?” le chiese Walter con tono dimesso.

Lei aveva evitato l’argomento perché sapeva che il padre di Peter sarebbe andato in crisi a sentire in che stato era stato ritrovato il giovane, ci era andata anche lei in crisi a sentire quel rapporto, lei che non si scomponeva mai di nulla.

Tuttavia era ora di smetterla con le bugie, non erano mai servite a niente, solo a distruggere il loro meraviglioso equilibrio famigliare, del resto Walter aveva capito molte cose su di lei e Peter prima che loro stessi le comprendessero.

“E’ in un ospedale, alcuni sanitari lo hanno trovato in una via di periferia, pesto e sanguinante, ha diverse costole rotte, insieme al naso, al sopraciglio destro e parte della mandibola”

“E’ colpa mia” riuscì solo a dire Walter.

“Ti correggo è colpa nostra” replicò Olivia asciutta.

“Ho provato a dirglielo ma succedeva sempre qualcosa” farfugliò lo scienziato guardandola negli occhi.

“Balle. Non volevi farlo come non volevo farlo io. Perché entrambi non volevamo perderlo” affermò la Dunham cercando di usare un tono comunque gentile. Non ce l’aveva con lui, non più di quanto non ce l’avesse con se stessa.

“Quindi anche tu …”

“E non venirmi a dire che non lo sapevi. Lo hai capito prima di noi, accidenti a te!” disse con un pallido sorriso.

“Ho provato a farvelo capire, ma voi ragazzi siete tutti strani. Io sono di un’altra epoca, me ne rendo conto, eravamo ancora mezzi hippy quando ero giovane io”

“Lo so, lo so Walter” fece divertita la donna. Voleva bene a quell’uomo malgrado tutto, malgrado le avesse fatto del male in passato, ora si rendeva conto che era realmente pentito. Non aveva mai creduto nella redenzione fino a quando non aveva incontrato quello strambo scienziato.

“Posso chiederti quando lo hai capito?” domandò con il suo sorriso da furetto Walter.

“Giurami che non lo dirai a Peter. Sono sicura che potrebbe uccidermi se sapesse che ti dico una cosa del genere”

“Parola mia. Non sarebbe la prima volta che gli nascondo qualcosa” affermò scherzosamente il dottor Bishop.

“Beh, allora, diciamo che l’ho ammesso con me stessa solo negli ultimi mesi però un po’ lo avevo capito quando …” si fermò temendo di essere ascoltata da qualcun altro.

“Da quando?” la incalzò lo scienziato.

“Beh ricordi quando ti venimmo a chiamare in hotel per un caso? Tu ti svegliasti, ci guardasti in un modo strano dicendo: vi serve il letto? Ecco ti posso dire che non me la presi affatto, anzi, non potei a fare meno di guardare Peter pensando che la cosa non mi sarebbe affatto dispiaciuta”

Walter si mise una mano sulla bocca scoppiando a ridere, subito imitato da Olivia.

“Sei terribile agente Dunham: ho affidato mio figlio ad una strega maliziosa!” balbettò tra le risate lo scienziato.

Quella conversazione aveva migliorato l’umore di entrambi, tuttavia sia nell’uno che nell’altra continuavano ad aleggiare terribili presagi sul futuro.

Walter temeva di non riuscire ad arrivare in tempo questa volta, voleva spiegargli la sua versione dei fatti, fargli capire che non era mai stata sua intenzione fargli del male, anzi voleva solo proteggerlo.

E anche se non era suo padre, si considerava tale e non lo considerava certo un surrogato dell’altro Peter.

Non lo aveva mai visto così.

Mai.

Nessuno avrebbe mai potuto sostituire il suo Peter, lo sapeva.

Il suo cuore era andato in mille pezzi quando suo figlio era morto, si era aggrappato ad Elisabeth come non mai.

Poi era avvenuto quello strano miracolo, quel folle assurdo miracolo in cui aveva potuto avere di nuovo un figlio.

La sua intenzione iniziale era davvero solo di poter salvare l’altro Peter, non voleva rapirlo.

Ma poi quando lo avevano avuto lì con loro, lui ed Elisabeth non avevano potuto riportarlo indietro.

Sapevano bene che avevano provocato un dolore terribile agli altri Walter ed Elisabeth.

Lo sapevano.

Solo che avere lì quel nuovo Peter era stato splendido.

Amava tutto di quel bambino anche le differenze che aveva con il primo Peter.

I primi tempi aveva cercato di passare con lui ogni istante.

Dopo, vedendolo soffrire, aveva tentato di trovare il modo di riportarlo indietro.

Ci aveva creduto in quella ricerca?

Forse non del tutto.

E dopo?

Dopo come aveva potuto allontanarsi così da Elisabeth e Peter?

Come?

Erano tutto il suo mondo.

Ricordava solo che la sete di sapere, la voglia di cambiare il mondo, era diventata sete di potere, bramosia, possesso.

Aveva reso loro la vita un inferno sulla terra.

Tra tutte le colpe che sentiva di avere quella era forse la peggiore.

Diciassette anni di manicomio erano proprio pochi per i suoi misfatti.

Aveva rapito un bambino alla sua famiglia e dopo averlo amato da morire, forse persino più del suo Peter, lo aveva praticamente abbandonato, rendendolo infelice, quasi incapace di provare sentimenti o di dimostrarli.

Anche la complicata relazione che Peter aveva con Olivia era frutto di quell’analfabetismo  sentimentale che lui aveva causato.

In una situazione normale Peter si sarebbe avvicinato a quella ragazza molto prima e avrebbe compreso quanto lei lo amava, quanto lei lo desiderasse, invece aveva persino pensato di non essere ricambiato.

“Mi spiace Olivia” sussurrò Walter guardandola negli occhi.

“Per cosa?” domandò lei anch’essa persa nei suoi pensieri.

“Mio figlio non ha compreso quanto tu tenessi a lui anche per colpa mia” farfugliò l’uomo guardandola anche negli occhi come per chiederle perdono.

“Avrei dovuto dirglielo, sapevo che situazione difficile aveva vissuto” replicò lei con un tenero sorriso.

“No, Olivia, non immagini neanche che razza di inferno gli ho fatto vivere. Io non so dove diavolo abbia trovato la forza di perdonarmi la prima volta, in ogni caso non meritavo allora il suo perdono e non lo merito adesso”

“Sei tu suo padre, non perché portate lo stesso cognome, non perché il dna non dimostrerà mai che non siete padre e figlio. Lo sei perché tu ogni giorno dai la vita per lui, in ogni tuo più piccolo gesto ed è questo che fa un padre, ecco perché Peter ti ha perdonato. E lo farà ancora, vedrai”

Lo scienziato le sorrise commosso e grato chinando il capo per non farsi vedere piangere.

 

Fine Capitolo 2

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

 

Ospedale di Montpellier, Vermont.

 

Un silenzio surreale regnava nella stanza numero ventiquattro, silenzio che pareva in realtà pieno di mille voci, dubbi, domande e paure.

Peter fissava da quasi dieci minuti quel volto, così uguale e così diverso da quello di Walter, colui che aveva considerato suo padre fino a pochi giorni prima.

Non sapeva cosa dire e ringraziava il cielo di non riuscire a parlare almeno aveva una scusa per quel mutismo.

L’uomo, Walternate, così lo chiamava Walter, si era seduto su una delle scomode sedie posizionate vicino al suo letto e non aveva detto niente, si limitava a fissarlo con un mezzo sorriso ad increspargli le labbra.

Per fortuna Newton se ne era andato via, in ossequio al suo padrone e creatore, che non voleva avere nessuno per il suo primo colloquio dopo più di venti anni con suo figlio.

Cercando di mettere il ragazzo a suo agio gli aveva allungato il bicchiere dell’acqua con la cannuccia e subito Peter ne aveva approfittato per bere ed abbassare lo sguardo.

Quella situazione era veramente difficile da capire e da vivere, negli ultimi giorni aveva avuto tante di quelle rivelazioni da fargli mettere in crisi la sua stessa identità, il suo modo di vivere e persino la capacità di auto-conservazione che aveva sempre avuto nonostante i periodi difficili.

Aveva scoperto di avere un lato auto-distruttivo molto pronunciato e la cosa lo spaventava a morte, soprattutto in ragione delle percosse che aveva subito volontariamente e di cui stava portando i pesanti segni.

Non riusciva a parlare, non riusciva ad alzarsi in piedi e nemmeno a mettersi a sedere.

E ora quell’uomo che veniva di là.

Dal suo mondo.

Poteva definirlo così, no?

Continuò a bere in silenzio sperando che la fonte di quell’acqua durasse veramente in eterno.

Anche se faceva fatica ad ammetterlo aveva una gran paura di riguardarlo negli occhi perché gli faceva pensare a Walter o meglio ad un suo doppio e considerando che Walter lo aveva ferito più di tutti in vita sua, adesso non sapeva cosa aspettarsi da questa sua versione alternativa.

Anche perché, se aveva capito bene, era stato lui a creare Newton e i vari mutaforma e questo non faceva pensare a nulla di buono.

D’altra parte era venuto lì, in ospedale, a trovarlo e probabilmente lo stava cercando da anni: chissà cos’avrebbe fatto lui se gli avessero rapito una persona cara?

Walternate, dal canto suo, sentiva proprio quello smarrimento che aveva visto negli occhi del figlio: cosa fare? Cosa dirgli?

Era un uomo tutto d’un pezzo, capace di affrontare ogni tipo di problema con fermezza e durezza se serviva, era diventato molto giovane il segretario della difesa degli Stati Uniti e conservava questo posto da anni, anche se i governi erano cambiati, lui era rimasto al suo posto, come baluardo per un mondo in pericolo.

Sì, era bravo ad affrontare i problemi.

Tutti i problemi, tranne uno.

Ricordava ancora il dolore lancinante che aveva provato quando suo figlio era sparito, si era sentito sprofondare in un buco nero e lì aveva gettato se e ciò che restava della sua famiglia e del suo matrimonio.

Era affondato nella spirale dell’alcolismo sperando che ciò lo portasse a dimenticare quel dolore terribile, poi, non sapeva come, era risalito, lentamente, poco alla volta, giurando a se stesso che mai si sarebbe più mostrato debole con nessuno.

Non era nella sua natura.

Quel giuramento rischiava veramente di venir meno di fronte a quel figlio così cercato come un faro nella nebbia fitta.

Quel figlio che adesso aveva il volto e il corpo martoriati e ogni sua ferita faceva male anche a lui, anche se non lo dava a vedere.

“Cos’è successo?” riuscì infine a dire usando il solito tono fermo e pacato, senza la minima inflessione.

Il giovane Bishop chinò la testa ancora di più, fingendo di non aver sentito, non ce la faceva a parlare perché temeva di non riuscire a mentire e non voleva mostrarsi debole, non davanti a quell’uomo, che sì era suo padre, ma era anche uno sconosciuto.

Il ragazzo, tuttavia, non aveva fatto i conti con il carattere di Walternate, il quale, non era il tipo da accettare un silenzio come risposta ad una sua precisa domanda.

Con calma e risolutezza gli levò il bicchiere di sotto, lo fece sdraiare e gli porse taccuino e penna.

“Dimmi cos’è successo figliolo” insistette e Peter, davanti a quello sguardo, cedette, vergando alcune parole.

“Ho scoperto pochi giorni fa di essere stato rapito dal nostro mondo dall’uomo che credevo essere mio padre, sono scappato e …”

Si fermò, scrivere tutto significava mostrare il suo lato più debole e nascosto, un lato che aveva appena imparato a conoscere e non amava per niente.

Suo padre sorrise, limitandosi a guardarlo negli occhi e ad attendere.

Il giovane chinò il capo, ma  non continuò a scrivere.

“Sono tuo padre, non devi aver paura di me”

Peter riaprì gli occhi, volgendoli verso quell’uomo: non era di lui che aveva paura, ma di se stesso.

Deglutì due o tre volte, poi riprese a scrivere.

“Sono scappato perché ero impazzito di dolore, mi sono ubriacato e mi sono fatto picchiare apposta in un quartiere malfamato”

Quando il fruscio della penna si fermò, il ragazzo rimase in attesa altri cinque minuti prima di porgerlo a quell’uomo sapendo di stare consegnando la parte più fragile di se stesso ad uno sconosciuto.

Walternate lesse quelle poche righe in silenzio, varie volte, volgendo in continuazione lo sguardo verso il figlio.

La sua rabbia cresceva di minuto in minuto mentre rileggeva per la decima volta quel biglietto.

Rabbia non verso suo figlio.

Rabbia verso quell’uomo che lo aveva rapito e ridotto in quello stato.

Si alzò di scatto dalla sedia, uscendo a passi decisi dalla stanza per andare a cercare Newton solo che quel gesto lasciò sconcertato Peter: lo aveva turbato così tanto da spingerlo ad andarsene?

Cercando di non pensarci poggiò meglio la testa sul cuscino, sperando di riposare un po’.

Nel frattempo Walternate aveva raggiunto Newton.

“Voglio riportarlo subito di là” esordì in tono duro.

“Ha visto in che stato è. Lei ci ha messo due giorni per riprendersi ed è un uomo sano, in forma, senza problemi” replicò con altrettanta fermezza il mutaforma.

“Se lo lascio qui ancora lo verranno a prendere di nuovo quei mostri” rispose brutalmente il segretario.

“Il passaggio dimensionale potrebbe peggiorare il suo stato e anche se abbiamo delle cure più all’avanguardia di là potrebbero non servire, non subito almeno” insistette il capo dei mutaforma.

“Potrebbe morire?” domandò Walternate con il solito tono.

“Non dico questo, non ne abbiamo la certezza” affermò Newton che si sentiva maledettamente umano in presenza di quell’uomo.

“Sì o no?” chiese con un tono che non ammetteva repliche.

“No, ma peggiorerà sicuramente” disse il mutaforma.

Disgraziatamente per lui a metà della frase Walternate se n’era già andato: gli era bastato sentire quel no, il resto non aveva importanza.

Non per lui.

Rientrò nella stanza del figlio che trovò abbandonato sul cuscino, con un’espressione sofferente dipinta sul viso, espressione che tentò inutilmente di celare con un sorriso quando udì i passi del padre riavvicinarsi al suo letto.

“Vuoi tornare a casa?” domandò tornando a sedersi.

Peter si sentì punto sul vivo a sentire la parola casa.

Quell’uomo, in un modo o nell’altro, sapeva come affondare il coltello nella sua piaga.

Girò la testa verso la finestra, stringendo le palpebre per tentare di fermare due lacrime prepotenti che gli pungevano sotto.

Casa.

Ripensò a Boston.

Al laboratorio.

Walter, Astrid, Olivia.

La festa di compleanno che aveva avuto pochi mesi prima, una piccola festa intima, famigliare, serena.

A quando Walter e lui erano andati a pesca insieme.

Aveva sognato quel momento per anni.

Aveva adorato suonare il piano per lui mentre creava le sue formule strampalate.

Tutto pur di far parte del suo mondo.

Di esserne la parte vitale.

Ed aveva adorato suonare il piano per lei.

Olivia, la sua Olivia che però non sarebbe mai stata sua veramente.

Lei amava ancora John Scott, non avrebbe potuto amare lui, non dopo un amore così grande.

Walternate mise una mano sulle spalle del figlio vedendo quelle lacrime solitarie sul suo volto martoriato.

Lacrime di rabbia e dolore.

Stava per porre di nuovo la domanda quando gli sembrò di sentire qualcosa.

“Sì, figliolo?”

“Portami via” balbettò con immenso sforzo Peter, asciugandosi con decisione quelle maledette lacrime.

Sarebbe tornato a casa.

Sarebbe finalmente fuggito da tutto quel dolore.

 

Accettazione dell’ospedale, due piani più sotto.

 

Un uomo sui sessant’anni, che nonostante gli evidenti acciacchi manteneva un certo fascino e una bella donna sui trenta varcarono in quell’istante l’ingresso dell’ospedale, che era stranamente deserto.

La donna si avvicinò subito all’accettazione dove una solerte infermiera stava compilando svariati moduli.

“Buongiorno sono l’agente dell’Fbi Olivia Dunham, sono qui per il nostro consulente Peter Bishop. Posso sapere dov’è?”

L’infermiera assentì con il capo guardando nel monitor del pc, quando la sua attenzione fu catturata da Walter.

“Chi è quell’uomo?”

“Il padre di Peter Bishop, dottor Walter Bishop, anch’egli nostro consulente”

“E’ sicura?” domandò incredula la ragazza.

A quelle parole Olivia spalancò gli occhi, voltandosi verso Walter, il quale si guardava in giro spaesato: non gli piaceva per niente l’idea che suo figlio fosse finito in quel posto per di più per un pestaggio.

“Che vuol dire?” chiese la Dunham preoccupata per quella domanda insistente.

“Vede … a quanto mi risulta il padre del signor Bishop è salito circa dieci minuti fa”

“Cosa?” fu Walter a porre la domanda “Sono io suo padre!” e con rabbia tirò fuori i documenti che mostravano la sua identità mentre un brivido gelato gli correva lungo la schiena.

“Anche quell’uomo aveva dei documenti e pareva molto sicuro del fatto suo” deglutì incredula la giovane infermiera che non riusciva a levare gli occhi di dosso a Walter. Lui e quell’altro uomo entrato pochi minuti prima erano assolutamente identici, tranne per l’abbigliamento: quello di prima era vestito in maniera elegante, questo era tendente al casual, se così poteva definirlo.

La Dunham a quel punto le mostrò meglio il suo tesserino e nel parlare usò il tono più fermo che poté

“Le assicuro che questo è l’unico padre di Peter Bishop che io conosca! Ora mi indichi la stanza altrimenti metto a ferro e fuoco l’ospedale!”

Walter si avvicinò all’orecchio di Olivia bisbigliando poche significative parole

“Sei molto brava agente Dunham!”

“Ti dovrei prendere a pugni altro che! Soprattutto se la persona di sopra è chi dice di essere” sibilò Olivia mentre lei e Walter si erano messi a seguire l’infermiera verso gli ascensori.

“Secondo piano, stanza ventiquattro. Vado a chiamare la sicurezza: mi spiace per il problema”

La Dunham non si prese neanche la briga di replicare entrando nel’ascensore insieme a Walter.

Dovevano fare in fretta.

Una volta arrivati al piano iniziarono a correre come due forsennati temendo che l’altro fosse riuscito nel suo intento e purtroppo per loro quando arrivarono alla camera di Peter l’unica cosa che videro fu un forte bagliore, poi più niente.

Quella luce potente li accecò per un secondo dopodiché entrarono di corsa nella stanza.

Non c’era nessuno.

Furibonda Olivia prese la flebo e la scaraventò per terra, dove si ruppe in mille pezzi.

“No!No!No!”

Il suo primo istinto fu quello di scagliarsi contro Walter.

Era colpa sua.

Delle sue dannate bugie.

Lo scienziato non si mosse.

Era d’accordo con lei e quando vide il suo braccio alzato non reagì.

“Fallo, me lo merito!”

“Tu … tu e le tue bugie!!! Maledizione!!!” la giovane fermò la mano ad un centimetro dalla guancia di Bishop.

La sua naturale onestà la fermò.

“Cosa c’è?” chiese interdetto l’uomo.

“Gli abbiamo mentito entrambi, io due volte. Se gli avessi detto quanto tenevo a lui ora non sarebbe andato via invece non ho fatto niente quando lui mi ha detto di pensare di non essere ricambiato.” Sospirò in un soffio.

Avvilita si sedette sul letto, stringendo le lenzuola su cui aveva dormito fino ad un secondo prima l’uomo che amava.

Ne annusò l’odore.

Dio come gli mancava.

Cosa gli aveva detto Sam?

“Quando ami qualcuno devi dirglielo perché poi il momento passa”

Olivia chinò il capo, stringendo ancora di più le lenzuola, inebriandosi di quell’odore, sperando che le desse la forza di continuare a lottare per lui e per loro.

E nel fare quel gesto si accorse di un biglietto di carta attaccato al tessuto.

Lo prese per gettarlo via quando si accorse di una scrittura famigliare.

Peter.

Come un assetato nel deserto gioisce nel trovare una sorgente d’acqua, Olivia si sentì rinascere a vedere la sua scrittura.

Aprì meglio il biglietto per leggerne il contenuto e fu a quel punto che la vista le si sbarrò

“Ho scoperto pochi giorni fa di essere stato rapito dal nostro mondo dall’uomo che credevo essere mio padre, sono scappato e….  sono scappato perché sono impazzito di dolore, mi sono ubriacato e mi sono fatto picchiare apposta in un quartiere malfamato”

Walter le poggiò le mani sulle spalle.

“Cosa c’è Olivia?”

Lei rilesse quel biglietto varie volte mentre lacrime scottanti inondavano il suo bel viso.

Ora capiva quanto lui stesse soffrendo.

Era preparata a tutto, ma non a questo.

Non al fatto che per non provare dolore arrivasse a farsi del male da solo.

Non era da lui.

Cosa gli avevano fatto?

In preda alla rabbia verso se stessa fece a pezzi le lenzuola, poi se le strinse al volto continuando a piangere disperata.

“Che cosa gli abbiamo fatto Walter? Siamo stati due egoisti! Due esseri meschini! Non abbiamo capito niente di lui! Niente!”

Walter era sempre più sconvolto da quella reazione.

Spaventato le strappò il biglietto di mano per leggerne il contenuto e fu a quel punto che capì.

Nella testa dello scienziato rimbombarono ripetutamente due frasi

“Sono impazzito di dolore” la prima era una pugnalata al suo egoismo, ma la seconda era anche peggio “Mi sono fatto picchiare apposta”.

Incapace di reggere oltre l’uomo iniziò anch’egli a piangere, non sapendo cosa fare mentre vari flash gli attraversavano la mente.

Peter che suonava il piano per aiutarlo a creare i suoi intrugli infernali.

Peter che gli portava il caffè.

Che lo abbracciava temendo di perderlo.

Peter che lo chiamava “Papà”

Aveva dato per scontato tutto, anche il suo perdono, oltre che la sua presenza.

E non aveva capito di averlo pugnalato al cuore con le sue bugie.

“Mi spiace figliolo” balbettò tra le lacrime, poi vedendo l’agente Dunham ancora in lacrime cercò di dirle qualcosa.

Sapeva quanto sarebbe costato ad Olivia, in termini di orgoglio, quel comportamento, però ora si rendeva conto che per lei la cosa più importante, così come per lui, era Peter.

“Olivia” farfugliò sedendosi sul letto, osservandola stringere quelle lenzuola.

“Walter, sono una dannata egoista, lo so. Solo che … che non posso perderlo, non possiamo perderlo. Striscerò ai suoi piedi se occorre, ma lo rivoglio. Io lo amo, lo amo da morire!” fece la ragazza straziata dall’angoscia.

“Lo so” affermò semplicemente Walter.

“E lo ritroveremo” fece lei cercando di sorridere mentre si asciugava le lacrime e appallottolava ciò che restava delle lenzuola nella sua giacca.

Non c’erano piani, non c’erano strategie.

Solo una precisa volontà.

Riportare a casa Peter.

Tutto il resto poteva aspettare.

 

Over There, Giardino della Villa dei Bishop

 

Una potente luce illuminò il prato fiorito, per un momento fu impossibile vedere alcunché, poi spuntarono due uomini, l’uno che sorreggeva l’altro.

Nel momento del passaggio, Peter aveva sentito una violenta fitta attraversargli il corpo, si attaccò a suo padre, spalancando gli occhi.

Solo che non aveva abbastanza forze e cadde rovinosamente sull’erba, iniziando a vomitare sangue.

Walternate si chinò, tentando di tirarlo su, ma fu tutto inutile, Peter era attanagliato dalla sofferenza, sembrava che le percosse subite si fossero centuplicate.

Allungò il braccio verso il padre, continuando a sputare sangue, poi dopo aver lanciato due o tre gemiti di puro dolore, svenne nell’aiuola del giardino.

Walternate frugò nelle tasche come un forsennato, quello spettacolo aveva spaventato persino lui, alla fine riuscì a trovare il cerca persone.

“Sicurezza presto un medico in giardino!”

Neanche dieci minuti dopo un battaglione di sanitari aveva già raccolto il corpo esanime del giovane Bishop portandolo in una delle stanze più grandi della villa, la sua stanza che Elisabeth aveva preparato in tutti quegli anni in attesa di un suo insperato ritorno.

Sentendo tutto quel trambusto l’ex signora Bishop si era precipitata fuori dal suo studio e vedendo l’ex marito circondato da uno stuolo di persone rimase interdetta per qualche secondo, poi riprendendosi prontamente gli si avvicinò.

“Cosa succede?” domandò incuriosita.

“Abbiamo trovato Peter” fece Walternate con lo sguardo perso verso la stanza del figlio.

“Come?” fece la donna incredula “Dov’è?”

“Nella sua stanza” affermò il segretario della difesa.

“Vado a vederlo” e subito si diresse verso la porta, ma l’ex marito la bloccò.

“Ascoltami Elisabeth” il tono era sempre il solito. Freddo, glaciale, distante eppure c’era qualcosa di nuovo, qualcosa che lei non riusciva a cogliere: rabbia? Paura? Non sapeva.

“Lasciami, voglio vederlo” fece lei divincolandosi da quella stretta.

“Volevo solo avvertirti che non sarà un bello spettacolo” replicò Walternate.

“Che vuoi dire?” ora sì che aveva paura.

“Lo hanno riempito di botte. E’ in uno stato penoso e adesso come adesso non possiamo usare le nostre cure, il passaggio lo ha stroncato.”

“Chi lo ha picchiato?” a quel punto Elisabeth era più che mai decisa entrare in quella stanza per poter riabbracciare il figlio.

“Non saprei, solo che non sai il peggio” non amava avere conversazioni del genere, solo che preferiva mettere sull’avviso la sua ex moglie, dopotutto in qualche modo le voleva ancora bene.

“Cosa può esserci peggio di questo?” domandò ormai furiosa la donna.

“Ha scoperto di venire da qui solo da pochi giorni. L’uomo che credeva suo padre lo ha ingannato per tutti questi anni perciò il nostro Peter è impazzito di dolore e si è fatto picchiare apposta”

Elisabeth fissò a lungo l’ex marito dopo quelle affermazioni, cosa poteva dirgli?

Erano più di venti anni che aspettava il loro bambino, sperando e pregando qualunque divinità di poterlo rivedere almeno una volta.

Ed adesso doveva sentirsi dire che quelli che lo avevano rapito lo aveva spinto all’auto-distruzione tale e tanta era la sofferenza che gli avevano causato?

Come una furia entrò nella stanza, stanca di quell’attesa che l’aveva sfibrata di dentro e di fuori in tutti quegli orribili anni.

La camera era in penombra, però anche così poteva vederlo.

Il suo volto era ancora più bello di quanto ricordasse solo che quei terribili lividi lo coprivano quasi interamente.

E lo stesso valeva per il torace che si poteva intravedere sotto le bende.

Si avvicinò a lui, gli prese la mano.

Aveva atteso tanti anni, poteva aspettare anche qualche giorno in più per poterlo sentir parlare di nuovo.

Gli passò una mano sul viso, contratto dalla sofferenza.

Come lo aveva chiamato Walter?

“Il mio piccolino”

In quel momento gli sembrava davvero il suo, il loro piccolino anche se era ormai un uomo, lei come madre poteva sentire il suo immenso dolore e il suo forte senso di smarrimento.

“Sei a casa, Peter e nessuno ti porterà più via da noi” bisbigliò Elisabeth continuando ad accarezzarlo.

Il giovane reclinò il capo, abbandonandosi sfinito sul cuscino, come se anche nel sonno potesse sentire quelle lievi carezze.

 

Fine Capitolo 3

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Over There, Villa dei Bishop

 

Elisabeth entrò di buon mattino nella stanza del figlio che dormiva ormai da cinque giorni nel suo letto, se da una parte il suo cuore gioiva nell’averlo di nuovo lì dall’altra non poteva non soffrire nel vedere quel viso devastato dalla violenza.

Gli prese la mano, asciugandogli la fronte imperlata di sudore, aveva la febbre alta, non si era abbassata, nonostante le cure che il medico aveva detto chiaramente avrebbero avuto poco effetto fino a che non si fosse ripreso dal passaggio dimensionale.

E considerando che quel passaggio lo aveva devastato, dovevano soltanto sperare che avesse la forza di reagire da solo.

Aveva così voglia di parlargli, di abbracciarlo, di stringerlo a se.

Era un uomo ora, uno splendido uomo, la cui forza di vivere era stata messa a dura prova dai troppi inganni, eppure lei sapeva che era forte, che avrebbe superato quel momento malgrado tutto.

L’ex signora Bishop si avvicinò ancora di più al volto del figlio, studiandone i lineamenti e odiando quei lividi più che mai.

In che stato doveva essersi ridotto per arrivare a farsi picchiare apposta?

Ripensò a quando era bambino, lo aveva visto troppo spesso fragile per la malattia, ma dannatamente forte di carattere, aveva una forza d’animo che sbalordiva anche lei.

“Non ho paura di morire, mamma”

Le aveva detto mentre giocavano con la loro moneta, era il loro segreto, il loro legame.

Peter era come lei, lo sapeva.

Si alzò dalla sedia, frugando tra i suoi vestiti fino a che non la trovò.

La loro moneta.

Tornò a sedersi accanto a lui, stringendola a se.

Non si era sbagliata, il loro legame non era morto, malgrado li avessero divisi il tempo, lo spazio e pure una dimensione.

“Peter” sussurrò accarezzandogli il volto tumefatto.

Il giovane si mosse, lasciandosi andare ad un lamento e subito dopo aprì gli occhi, sforzandosi di non chiuderli.

A differenza di quello che era successo in ospedale, la vista non gli si offuscò, anzi, vide e riconobbe tutto subito chiaramente, come se in qualche modo quel posto gli fosse famigliare.

Sentendo la sua mano sinistra stretta da un’altra mano, fece due respiri profondi, cercando di trovare la forza per parlare chiaramente.

Voleva liberarsi in fretta di quell’impaccio in cui si era ficcato da solo, purtroppo il suo corpo stava reagendo lentamente anche per colpa del passaggio dimensionale.

Senza volerlo si lasciò scappare due colpi di tosse, sputando di nuovo sangue.

Era proprio messo bene.

Una mano gentile gli pulì il viso, sfiorandoglielo con una carezza.

Riconobbe subito quel tocco anche se erano passati tanti anni.

Si voltò e la vide, bella come se la ricordava, con lo stesso sorriso tenero e rassicurante.

“Ciao … mamma” la salutò cercando di usare il tono più fermo che poté.

“Ciao Peter” replicò lei allargando il sorriso mentre continuava ad accarezzarlo.

“Ti ho fatto proprio una bella sorpresa, vero?” provò a scherzare il giovane Bishop.

“Abbastanza” la donna stette al gioco prendendogli le mani dove gli fece scivolare la moneta.

“Ce l’hai sempre, vedo” aggiunse continuando a fissarlo.

Peter annuì, ricordando vagamente quei giochi nella sua stanza, tanto tempo prima.

Cosa doveva dirle? Tutto era nuovo e nel contempo famigliare, gli pareva persino di non essersene mai andato.

“Come ti senti?” chiese sua madre continuando a mostrarsi serena. Sapeva che non avrebbe giovato a suo figlio se fosse scoppiata in un pianto a dirotto per le sue condizioni critiche.

“Beh, direi bene a dispetto delle apparenze” e in effetti tutto sommato stava meglio, almeno riusciva a parlare.

“Cosa ti è successo?” era una domanda inutile, se ne rendeva conto, però ci teneva ad avere la versione dei fatti di suo figlio.

Peter, dal canto suo, la studiò a lungo, prima di risponderle aveva la terribile sensazione che lei sapesse già tutto, ma forse si stava sbagliando.

Incrociò gli occhi di lei, occhi scuri che erano così simili ai suoi per forma e profondità.

Strinse forte le sue mani, bisbigliando poche parole

“Non c’è bisogno che te lo dica, lo sai già”

Elisabeth annuì, lasciandosi scivolare una lacrima lungo la guancia.

“Voglio sentirlo da te” disse infine cercando di sorridere.

“E’ proprio necessario?” era già abbastanza avvilente dover ammettere con se stesso di essersi comportato da imbecille, doverlo poi rimarcare ad alta voce non era il massimo della prospettiva.

“Sì” disse semplicemente sua madre.

Doverlo scrivere era stato molto più facile, forse perché non aveva sentito la sua voce parlarne, ammettere la sua debolezza, la sua grande debolezza che continuava a fargli paura.

Si era sempre ritenuto forte, aveva sempre saputo badare a se stesso, anche in ragione della sua famiglia disastrata.

“Ho scoperto alcuni giorni fa la verità sulle mie origini” provò ad iniziare, non era facile, eppure sua madre pareva deciso a sottoporlo a quella tortura e lui non riusciva a spiegarsene la ragione.

“Capisco … volevi bene all’uomo che credevi tuo padre?” ecco quella domanda non se l’aspettava proprio.

“Ti stai divertendo?” tentò di cambiare discorso Peter. Era inutile, lo sapeva. Sua madre era come lui: non avrebbe mai mollato la presa.

“Non più di tanto, anzi per niente soprattutto a vedere mio figlio coperto di lividi a causa di un pestaggio, che è successo per sua volontà, peraltro”

Il giovane Bishop chinò la testa sconfitto, decisamente i suoi genitori erano due tipi tosti.

“Sono stato un idiota” affermò poi nel rialzare il capo.

“Appurato questo, ora come va?” domandò Elisabeth stringendogli di nuovo le mani.

“Beh, sto meglio davvero. E non ho più istinti masochistici, anche perché le botte fanno proprio male” disse Peter, con estrema risolutezza, sorridendo.

E subito suo madre ricambiò il sorriso accorgendosi comunque della smorfia che il figlio fece per i dolori che provava ancora dappertutto. 

Vedendola leggermente rabbuiarsi il ragazzo le accarezzò la guancia cercando di rassicurarla

“Magari la prossima volta faccio una cosa indolore: un colpo in testa e via”

L’ex signora Bishop si rasserenò

“Sì, direi che stai meglio. Ti porto qualcosa da mangiare?” gli domandò infine.

“Grazie, volentieri”.

Stava decisamente meglio e quello scambio di battute non era poi stato un gran male, anzi.

La donna intanto era uscita dalla stanza per andare in cucina a preparargli la colazione, era talmente intenta che non si accorse del rumore alle sue spalle, fu solo quando si voltò un istante che lo vide.

“Sei diventato matto?” chiese correndo incontro al figlio che era arrivato in cucina zoppicando “Devi stare a letto”

Peter scosse il capo con veemenza.

“No, basta, per favore” balbettò con immensa fatica.

“Siediti almeno”

A quelle parole assentì con un gesto del capo, accasciandosi sulla prima sedia che trovò

“Ti senti bene?”

“Più o meno” rispose guardandosi in giro.

“Credo sia inutile ripeterti che dovresti tornare a letto”

Il giovane Bishop annuì sorridendole.

“Sei perspicace”

“Anche da bambino quando stavi male ti rifiutavi sempre di stare a letto”

“Sono una testa dura”

Elisabeth gli accarezzò il volto, accorgendosi che scottava ancora.

“Sei proprio pazzo. Ascoltami ti do un’ora d’aria, poi torni di là e non accetto scuse”

“Non posso almeno stare in giardino?” domandò con un tenero sorriso.

“Spaventeresti quelli della sicurezza con quella faccia” replicò l’ex signora Bishop “Sai come farti dire sempre di sì, non è vero?”

Peter scosse il capo, ripensando per un momento all’unica donna che aveva amato, Olivia.

Lei non gli aveva mai detto sì.

“Va tutto bene?” chiese Elisabeth notando immediatamente che si era rabbuiato.

“Sì” rispose prontamente il ragazzo tornando a sorridere.

“Ti stavo facendo delle uova. Ti va il bacon? Da piccolo ti piaceva sempre”

Peter lo guardò per un attimo, ricordandosi di altri momenti, rendendosi conto che non li aveva sognati.

“Mi piace molto, sì” rispose guardandola negli occhi.

Elisabeth poggiò le uova vicino ai fornelli, si avvicinò a lui e lo strinse, scoppiando a piangere

“Mi sei mancato tanto, tanto”

Il giovane uomo la strinse a sua volta, inebriandosi del suo profumo.

L’abbraccio di sua madre era una delle poche cose che era sempre riuscito a farlo sentire in pace e al sicuro.

Rimasero così per svariati minuti, assaporando quel momento atteso da troppo tempo.

Dieci minuti più tardi erano in giardino a fare colazione anche se Elisabeth aveva imposto al figlio di camminare con un bastone a causa delle fratture alle costole e Peter non aveva saputo opporvisi.

Dopotutto quella situazione gli piaceva anche perché i suoi veri genitori non avevano segreti per lui.

“Benché non lo faccia vedere pure tuo padre è molto preoccupato per te. Quando hai iniziato a sputare sangue mentre dormivi l’ho visto sbiancare varie volte” esordì sua madre felice di vederlo mangiare di buon appetito nonostante la convalescenza.

“Anche in ospedale è sbiancato quando ha letto il mio biglietto su quello che mi era capitato” replicò Peter continuando a mangiare.

Aveva decisamente una gran fame, quelle uova erano strepitose e inoltre era stufo di starsene a letto, voleva guarire in fretta, tornare alla vita normale benché, in quel mondo, non aveva la minima idea di cosa potesse fare, ma quello era decisamente l’ultimo dei suoi problemi.

Era il figlio del segretario degli Stati Uniti D’America, poteva fare quello che voleva della sua vita.

“Tuo padre è via, ma tornerà stasera, vuole cenare con te” disse Elisabeth quasi gli avesse letto nel pensiero.

“Mi farà davvero piacere” fece continuando a guardarsi intorno.

C’era un panorama incredibile da quella terrazza, si poteva vedere il mare e il giardino pareva immenso, avrebbe voluto fare un giro più tardi sempre che sua madre glielo avesse permesso.

“Non puoi camminare troppo, lo sai” affermò la donna notando il suo sguardo perso.

“Sei impossibile” rispose il ragazzo “E se andassimo insieme a fare una passeggiata? Ti prometto che ti userò come bastone”

“Perché no? Ma sappi che se ti metterai a correre, ti legherò con una corda” disse sua madre beandosi di quella conversazione così come della sua presenza.

Non si sentiva così da anni, da troppi anni.

“E’ successo qualcosa mamma?”

Elisabeth scosse il capo, voltando la testa.

“Da quando siete separati?” domandò con assoluta semplicità Peter.

“Ora sei tu quello impossibile” fece lei riprendendogli le mani. “Ci siamo separati poco dopo la tua scomparsa. Il dolore ci ha distrutti di dentro e di fuori, rovinando il nostro matrimonio. Tuo padre iniziò anche a bere”

“Davvero?” questo proprio non se l’aspettava. Walternate non sembrava il tipo da crollare così, soprattutto non se lo figurava darsi all’alcolismo.

Ma perché continuava a chiamarlo Walternate? Dopotutto era lui suo padre, no? E a rigor di logica avrebbe dovuto definire Walter con quel nome.

Gli girava la testa.

“Tuo padre mi ha detto che quando starai meglio avrà bisogno del tuo aiuto per un progetto” fece improvvisamente Elisabeth fissandolo turbata.

Si era subito accorta del suo leggero mancamento.

“Di che genere?” non gli aveva detto niente in ospedale, ma del resto lui non è che fosse in condizioni di fare alcunché.

“Non saprei” disse sua madre distrattamente “Vuoi che andiamo subito a fare un giro? Così dopo ti riposi?”

Peter la squadrò con un aria truce

“E’ proprio necessario che io mi riposi?”

“Ti ricordo che hai ancora diverse fratture e che hai vomitato sangue neanche un’ora fa”

A quel punto il ragazzo scosse la mano, fingendosi seccato.

“D’accordo signora, allora andiamo a fare un giro”

L’ex signora Bishop lo aiutò ad alzarsi dalla sedia, lo prese sottobraccio e insieme si avviarono lungo il marciapiede più grande del giardino.

Malgrado il giovane si stesse facendo forza, sua madre sapeva che non stava ancora bene, ci voleva tempo però vederlo sorridere aiutava a stare meglio anche lei.

In pochi minuti si ritrovarono in mezzo ad un viale alberato, dove stavano già sbocciando i fiori di pesco e di albicocco, era raro vederne, soprattutto nelle zone vicino a Boston, ma loro vivevano in una zona tranquilla.

Camminavano in totale silenzio, Peter si guardava intorno, ritrovando una certa serenità interiore, voleva lasciarsi il mondo di là indietro, senza pensare al domani, senza progetti, solo vivendo alla giornata, magari ricostruendo il rapporto con i suoi veri genitori.

Poteva farlo, tanto per quello che ne sapeva dall’altra parte non lo avrebbero più cercato.

Guardò sua madre, pensando all’altra madre, a quella che si era suicidata per il rimorso di averlo rapito, le amava allo stesso modo, anche se erano diverse come carattere e come vitalità.

Diverso era il discorso sui suoi due padri, anche perché adesso non voleva pensare a Walter e alle sue malefatte.

Lasciò vagare la mente sul paesaggio che aveva di fronte, mettendo in un angolo ogni ricordo doloroso, ogni paura, doveva andare avanti.

Passarono quasi un’ora a camminare, al termine della quale il giovane Bishop chiese di potersi sedere il tutto mentre sua madre sorrideva soddisfatta.

“Te lo avevo detto” sottolineò immediatamente non appena il ragazzo si sedette su una panchina.

“Ora sono sicuro che ti stai divertendo” sospirò fiaccato dalla camminata. Non poteva proprio negare di avere ancora dolori sia sul torace che sul viso, se li sentiva entrambi schiacciati da una pressa e ciò gli fece ricordare il momento in cui aveva ricevuto tutti quei pugni.

Ma possibile che lo avesse fatto volontariamente?

Elisabeth evitò di fargli domande, accorgendosi dello sguardo perso, era evidente che pensava ancora a loro, al suo passato, al mondo di là.

Avrebbe voluto che sparissero per sempre, tutti quanti, rivoleva la vita di venti anni prima quando Peter non ne era che un bimbo e Walter un brillante scienziato, legato a lei e al loro bambino.

Erano una famiglia felice.

Scosse la testa rendendosi conto che era un sogno impossibile, che adesso aveva vicino di nuovo suo figlio e questo la rendeva immensamente felice.

Al resto non voleva pensare.

“E’ bellissimo qui” mormorò improvvisamente Peter.

“Sì, adesso sì” replicò prontamente sua madre accarezzandogli il volto e a quelle parole suo figlio le sorrise, un sorriso di sincera gratitudine.

 

Una settimana dopo.

 

Walternate e Peter stavano sorvolando su un elicottero le varie zone in quarantena della costa orientale degli Stati Uniti.

Il giovane Bishop cominciava a stare meglio anche se sul suo volto, così come sul torace, si vedevano ancora svariate cicatrici.

Ora riusciva a parlare senza provare dolore, l’unico inconveniente era che, di tanto in tanto, doveva fermarsi mentre camminava perché altrimenti gli si mozzava il respiro.

Il dottore che lo aveva visitato quella mattina aveva detto che stava guarendo bene, che il suo recupero era sorprendente, tuttavia non poteva pretendere che le sue fratture si sistemassero in meno di un mese.

“Hai visto cos’ha fatto quell’uomo?” esordì improvvisamente suo padre indicando l’ennesimo posto in quarantena.

Peter annuì, sconvolto da quelle visioni, i viaggi extradimensionali di Walter e del suo amico William Bell avevano provocato immensi disastri e sciagure.

Adesso come adesso non poteva dare torto a suo padre se aveva mandato quei mutaforma contro lo scienziato benché Peter non poté fare a meno di pensare a quando Newton aveva quasi ucciso suo…. Walter.

Aveva avuto una paura terribile allora.

Sapeva che non sarebbe mai riuscito ad odiare veramente l’uomo che lo aveva rapito.

“Torniamo indietro?” domandò infine senza staccare gli occhi da una foresta morta.

Due universi in lotta per cosa?

Forse non voleva neanche sapere la risposta.

Walternate intanto aveva dato ordini al pilota di rientrare alla villa.

“Come va con i progetti che ti ho dato?” chiese poi a suo figlio ancora perso nei suoi pensieri.

“Bene, a quanto pare l’oggetto risponde ai miei impulsi, forse potremmo iniziare ad usare la tecnologia molto presto” fece Peter.

Adorava parlare di quel progetto, ci teneva a trovare il modo di rimettere le cose a posto, forse ci sarebbe riuscito solo in parte, ma lo doveva a tutte quelle persone morte senza colpa alcuna per le ambizioni cieche di due scienziati folli.

“Ne sono lieto. Ah figliolo, una cosa importante” gli disse suo padre e subito il giovane si volse.

“Dimmi” malgrado si sforzasse non riusciva ancora a chiamarlo papà. Con Walter ci erano voluti due anni, se escludeva quel terribile giorno in cui Newton aveva cercato di ucciderlo.

“Sono preoccupato per te perciò ho deciso di mettere delle guardie della divisione Fringe alla villa. Quando arriverai ci saranno gli agenti Olivia Dunham e Charlie Francis, saranno loro a prendersi cura di te”

La divisione Fringe?

Ah sì, si era scordato che c’era anche lì, ma che era sotto la giurisdizione di suo padre, il segretario della difesa.

Malgrado si sforzasse il passato continuava ad inseguirlo.

Rientrarono a casa mezz’ora dopo, per cena, solo che ad attenderli c’era un battaglione di fotografi e giornalisti decisi a parlare con Peter.

Il giovane era letteralmente sconvolto da quell’assembramento, non si era assolutamente reso conto di quanto il suo rapimento fosse un fatto celebre fino a che non aveva visto tutte quelle persone desiderose di fargli delle domande.

Walternate era furibondo e lanciava fuoco e fiamme contro la sicurezza mentre suo figlio fissava interdetto quello stuolo infinito di microfoni che gli venivano ficcati sotto il naso.

“Signor Bishop come si sente? Chi è che l’ha rapita? E perché mai?”

Non se la sentiva proprio di rispondere a quelle domande e malgrado non fosse ancora completamente in forze, corse in casa alla velocità della luce seminando quegli sciacalli.

“Da dove sono arrivati?” domandò ancora frastornato.

“Mi spiace figliolo, è proprio a questo che alludevo in elicottero, ora vai a farti una doccia ci penserò io qui” rispose prontamente suo padre.

Il giovane non se lo fece ripetere due volte, sgattaiolando di sopra nell’ampio bagno della sua camera, dove rimase sotto la doccia per quasi un’ora.

Era assurda una cosa del genere, non poteva neanche tornare a casa sua che si ritrovava circondato da quelle iene.

Non era la prima volta che ci sfuggiva perciò temeva che prima o poi avrebbe dovuto indire una conferenza stampa per spiegare cosa gli era successo.

Proprio una bella prospettiva: dover raccontare i fatti suoi in pubblico.

Non poteva neanche accendere la televisione che ad ogni telegiornale si ritrovava la sua faccia con annesse surreali ricostruzioni del suo rapimento.

La prossima volta avrebbero tirato in ballo gli alieni.

Ma chi diavolo li aveva informati del suo ritorno?

Aveva il tremendo sospetto che ci fosse lo zampino di qualcuno a lui vicino.

Era veramente stufo pensò uscendo dalla doccia avvolgendosi il corpo gocciolante in un accappatoio.

Non ebbe il tempo a finire di farlo che qualcuno bussò alla porta.

Sbuffando andò ad aprire ritrovandosi di fronte una figura che ben conosceva, solo che non era lei anche se lo sembrava, era il suo doppio.

L’aveva conosciuta cinque giorni prima a New York, insieme all’agente Francis, ma mentre quest’ultimo era la copia sputata dell’altro Charlie, quella Oliva non aveva assolutamente niente in comune con la donna che lui aveva conosciuto, tranne la somiglianza fisica.

“Mi scusi il disturbo signor Bishop, volevamo solo salutarla. Siamo qui per la sua sicurezza e le promettiamo che quello che è successo oggi non si ripeterà” fece l’Olivia di quell’universo usando un tono militaresco.

“Non si preoccupi, non è colpa sua. Ora se non le dispiace” replicò sperando di potersi vestire in pace.

La donna bloccò la mano del giovane che voleva chiudere la porta.

“Mi scusi avrei bisogno di dirle altro” e senza attendere una risposta varcò la soglia e chiuse la porta a chiave.

“Che c’è?” non che avesse qualche tipo di timidezza, però non amava andarsene in accappatoio gocciolante davanti ad un’estranea che per di più somigliava ad Olivia.

Non era nella condizione di poter avere una conversazione con quella.

Peter si andò a sedere nell’angolo più stretto del divano, non riuscendo proprio a capire cosa volesse da lui quella donna.

Questa era rimasta in piedi a fissarlo senza dire una parola.

Il giovane era raggelato da quello sguardo, non gli piaceva, si sentiva sotto esame, era come se… un istante dopo spalancò gli occhi, squadrandola da capo a piedi fino a studiarne a fondo lo sguardo.

Spaventato si alzò dirigendosi dritto al telefono, lei lo bloccò con una mano.

“Ciao Peter!” fece la donna sorridendo.

Il ragazzo le puntò il dito contro il viso.

“Cosa ci fai qui? Sei impazzita? Ora chiamo la sicurezza” replicò iroso. Non voleva vederla, non voleva vedere nessuno di quel mondo che sperava di essersi messo alle spalle.

La giovane Dunham con assoluta calma gli fermò di nuovo la mano, tenendola nella sua, ma subito lui si divincolò.

“Ti faccio così paura?” chiese con la sua solita serenità.

Era cambiato in quelle ultime settimane?

Non sapeva dirlo con certezza.

Il suo sguardo si era fatto più buio, più guardingo, più teso e sul corpo portava ancora i segni dell’orribile pestaggio a cui si era sottoposto volontariamente dopo le loro schifose bugie.

Non era stato un bene, per lei, trovarlo con in dosso solo l’accappatoio, non che fosse la prima volta che lo vedeva così, solo che di solito non aveva segni così marcati sul corpo e non aveva appena fatto la doccia.

“Preferirei che te ne andassi” rispose infine il giovane senza guardarla negli occhi. Gli faceva male vederla, inutile negarlo e forse per questo l’avrebbe fatta andare via senza avvisare nessuno.

Olivia sospirò irritata, era ovvio che quell’idiota era ancora convinto di non essere ricambiato.

“Sei arrabbiato con me?” domandò cercando di trovare le parole giuste.

“Può darsi” lei aveva la capacità di farlo sentire in imbarazzo, soprattutto in quel frangente.

“Niente può darsi, Bishop, lo so che sei arrabbiato con me!” e detto questo gli lanciò un biglietto dove lui riconobbe subito le parole che aveva scritto due settimane prima.

“E quindi?” il fatto che lei conoscesse quel suo lato non significava proprio niente.

Olivia sbuffò pensando che i Bishop fossero proprio delle teste dure.

“Secondo te cosa diamine ci sono venuta a fare qui travestendomi da quella lì?” quasi ringhiò nel porre la domanda.

“E’ carino il modo in cui definisci l’altra te stessa, comunque potevi avere voglia di fare un giro di qua” aveva usato un tono ironico e strafottente tentando inutilmente di non mostrare l’imbarazzo che sentiva.

La Dunham a quel punto si avvicinò a lui, sedendosi sul divano.

“Sei un idiota, lo sai? Quando ci conoscemmo ti eri messo a chiamarmi tesoro facendo finta di essere quello che non sei e ora, dopo due anni che ci conosciamo, hai paura di me?” sibilò furiosa.

“Non è così semplice” replicò il ragazzo.

“So che sei arrabbiato con me e Walter, lo so. Mi spiace tanto averti mentito e dispiace anche a lui” il tono ora era calmo e sereno.

“Non è importante” provò a fingere, sapendo che non sarebbe servito.

“Lo è altrimenti non saresti andato in giro a farti picchiare” adesso il tono era tornato irritato, ma non verso di lui, verso se stessa.

“Non voglio parlare di questo” era vero dopotutto.

“Già, tu sei tanto bravo a non parlare dei tuoi problemi, vero, Peter? Ci sono sempre per primi i problemi di Walter, miei, di Astrid e magari anche di Gene! Vuoi pensare un po’ a te stesso maledizione!”

“Non ricordo di aver mai spazzolato Gene” replicò il ragazzo divertito da quella conversazione.

“Perché mi stai rendendo le cose difficili?” chiese avvicinandosi ancora.

“Onestamente non ho ancora capito cosa vuoi da me” rispose in un soffio Peter tentando di non incrociare il suo sguardo.

Era sempre splendida, anche con quello strano taglio rosso.

Olivia, invece, non riusciva a levargli gli occhi di dosso, non se lo ricordava così il suo volto.

Era dannatamente bello.

E dannatamente triste.

Per tutta la vita lei non avrebbe mai dimenticato di avergli fatto così male da spingerlo all’autodistruzione.

“Non puoi stare qui” disse infine tirando fuori un foglio che gli allungò.

Lui subito lo prese, fissandolo interdetto.

Era la tecnologia antica a cui stava lavorando.

C’era lui in quel disegno.

E distruggeva un universo attraverso quella macchina.

“Come l’hai avuto?” chiese preoccupato.

“E’ stato un osservatore” fece lei prontamente.

Il giovane si passò le mani tra i capelli bagnati e questo gesto ebbe il potere di far sentire un gran calore ad Olivia.

Non sapeva quanto avrebbe resistito ad averlo lì vicino con indosso poco o niente senza approfittarne.

Non che non volesse dichiararsi, solo che non c’era poi tempo per altro, temeva che li avrebbero sorpresi.

Peter sospirò irritato: anche suo padre gli aveva mentito.

In tutti gli universi non faceva altro che incontrare bugiardi.

“Tu non appartieni a questo mondo” insistette Olivia.

“In effetti no, ma non appartengo neanche all’altro” rispose guardandola finalmente negli occhi, notandovi una strana emozione.

“Invece sì” gli si avvicinò ancora mentre lui continuava a guardarla senza capire. Cosa voleva da lui?

“Ho pensato a migliaia di ragioni per cui tu debba tornare di là. Combattere i mutaforma, stare accanto a Walter, salvare il mondo” disse tutto d’un botto Oliva cercando di trovare il fiato per poi aggiungere “Ma in realtà devi tornare perché tu appartieni a me”

Peter si ripeté mentalmente quelle parole varie volte poi avvicinò il suo volto a quello di lei, si guardarono per un istante infinito e finalmente si baciarono.

Un bacio tenero, appassionato, vibrante, atteso da troppo tempo.

Lei gli cinse le spalle, decisa a bearsi del suo calore, ne aveva un disperato bisogno e lui fece altrettanto perdendosi in lei, sfiorandole delicatamente il collo con la punta del naso.

Non voleva altro, solo attaccarsi a lei.

“Mi spiace, Peter, mi spiace tanto” sussurrò lei prima di carezzare di nuovo le sue labbra.

“Ora sto bene, ora che ci sei tu” bisbigliò continuando a baciarla.

Era sua.

Lo amava.

 “Non posso dimenticare quello che ti sei fatto a causa delle nostre menzogne” insistette Olivia.

Peter le mise una mano sulle labbra

“Sssh va tutto bene.” Per poi riprendere a baciarla in bocca.

Lei lo lasciò fare, stringendosi a lui.

Erano insieme.

Tutti gli universi potevano aspettare ancora un po’.

 

Fine Capitolo 4

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

Over There, Secondo Piano della Villa dei Bishop.

Olivia e Peter continuavano a baciarsi lentamente, come per assaporare ogni istante insieme, avrebbe potuto arrivare qualcuno, ma la porta era chiusa a chiave per fortuna.

La giovane Dunham gli passò le mani sul collo, poi scese, persa nel suo meraviglioso calore, intanto il ragazzo chiuse gli occhi beandosi di quei tocchi leggeri, appena accennati, non sapeva fin dove si sarebbero spinti, però forse la cosa non aveva molta importanza.

Delicatamente le sfiorò le spalle con le mani, mentre le sue labbra seguitavano a cercare quelle di lei, nel tentativo di stare più attaccati possibili.

Potrebbe arrivare qualcuno” sussurrò Olivia non riuscendo a levargli gli occhi di dosso.

C’era solo lui e nessun altro.

Vuoi fermarti?” domandò Peter perso nel suo sguardo.

In realtà no, solo che …” non pensava che sarebbe diventata così sfacciata, d’altra parte aveva avuto una paura matta di perderlo e ora sentiva l’esigenza di fargli capire quanto lo amava.

Solo che?” chiese il giovane Bishop scostandole i capelli dal viso.

Lei non rispose, passandogli una mano sul torace bagnato, sotto l’accappatoio, Peter richiuse gli occhi, gustandosi il momento, purtroppo quando la mano di Olivia scese all’altezza delle costole, non poté non fare una smorfia di dolore maledicendo per l’ennesima volta quelle dannate fratture.

La ragazza si fermò immediatamente, notando la sua espressione.

Ti fa male?” domandò preoccupata.

Un po’ … continuo a non capire come ho fatto ad essere così imbecille” scherzò allargando il sorriso.

Il dolore ci fa fare cose strane” replicò Olivia accarezzandogli il volto. “Certo è un peccato”

Un peccato?” chiese Peter baciandole la mano destra.

Avrei tanto voluto fare una cosa “ fece la Dunham passandogli le dita sulle labbra.

Ho persino timore a chiederti cosa volevi fare” scherzò Peter riprendendo a baciarla.

Ah, quindi ami le cose sadomaso, beh allora potrei decidere di fare quella cosa” bisbigliò lei e senza attendere una sua risposta gli abbassò di scatto l’accappatoio, facendoglielo scivolare in vita.

Il giovane Bishop rimase sorpreso da quel gesto, non se l’aspettava proprio, però sentire il contatto con la pelle di Olivia non gli dispiaceva per niente.

Piano le passò una mano sul seno, sbottonandole la camicia e poi stringendola a se, ma quell’azione la pagò davvero cara, sentendo altro dolore alle costole.

Accidenti a me ed alla mia stupidità” borbottò imbufalito.

In effetti” sospirò la ragazza accarezzandogli il viso. “Potevi almeno farti picchiare con meno veemenza”

Ridi, ridi, intanto sono costretto ad usare il bastone per camminare a volte” replicò fingendosi arrabbiato.

Povero Peter vittima del proprio masochismo” scherzò Olivia sfiorandogli le labbra con i polpastrelli delle dita.

Il giovane gli accarezzò i capelli perdendosi nei suoi occhi verdi, poi delicatamente la accostò al proprio petto, voleva sentirla, aveva bisogno della sua presenza più che mai.

Era così strana e nel contempo così famigliare quella loro intimità, sembrava la naturale conseguenza del loro rapporto così speciale, solo che aveva temuto di non essere nient’altro che un amico per lei.

Credo che tra poco dovrò andare a cena e poi penso che prima o poi ti verranno a cercare” bisbigliò baciandole i capelli.

Sei sicuro di star bene?” domandò Olivia osservandolo di sottecchi. Era così bello stare tra le sue braccia, sentire il suo odore, il suo odore che sapeva sia di uomo e che di ragazzo.

Assolutamente” replicò con il suo solito sorriso rassicurante, per poi guardare verso la sveglia: erano le 19.30 passate e lui doveva presentarsi dai suoi per le 20.

Poi dici a me che sono una bugiarda” affermò la Dunham, passandogli una mano sul petto.

Sto bene, davvero” insistette lui continuando a sorriderle.

Puoi continuare a fingere con il mondo intero se vuoi, ma io so che non è così” fece la ragazza piantandogli nei suoi occhi blu i suoi occhi verdi.

Cosa dovrei avere sentiamo?” borbottò voltando la testa dalla parte opposta.

Per quanti anni hai finto di non provare dolore? Solo adesso mi rendo conto di quanto deve essere stato difficile per te riavvicinarti a tuo padre”

Peter sospirò irritato, non voleva affrontare quell’argomento, non con lei.

Non devi sentirti in colpa, tu lo hai fatto in buona fede. Avevi bisogno di mio… Walter per una persona a te cara” rispose tornando a sorridere.

Quante volte lo hai aspettato? Quante?” sapeva di stare giocando sporco, però non voleva che ci fossero più segreti tra di loro.

Non voglio parlarne. E’ tutto passato ora, sono un uomo adulto e sto bene. Comunque non era mio padre, quindi che problema c’è?” era proprio seccato da quella storia, si scostò da lei e si rimise meglio l’accappatoio.

Sei molto bravo a scappare, in ogni caso non pensare di darmi a bere che tu riesca a metterti alle spalle sia lui sia il difficile cammino che avete fatto insieme” quella era pugnalata, lo sapeva.

Mi ha mentito Olivia, mi ha sottratto ai miei veri genitori. Non voglio parlare di lui, punto!” esclamò sempre più arrabbiato.

Peter, per favore” sospirò la ragazza accarezzandogli il volto.

Tu non capisci e comunque non sono affari tuoi” non voleva fare così, il problema era che temeva di crollare da un momento all’altro.

Sentiva i ricordi della sua triste e solitaria adolescenza avvolgerlo, aveva cercato di dimenticare, però una parte della sua mente glieli mostrava ogni tanto.

Sapeva che lei capiva, aveva avuto un patrigno meschino e crudele, che l’aveva picchiata, rovinandole la vita, però non si sentiva di tirar fuori la cosa, non adesso che era così confuso.

Perché dobbiamo parlarne?” domandò poi tornando a baciarla.

Non era un tentativo di cambiare discorso, semplicemente l’ennesimo modo di aggrapparsi a lei.

Olivia gustò con quel bacio con passione, riprendendo ad accarezzarlo sui capelli e sul collo, quando si staccarono lei gli sorrise.

Forse perché la tua angoscia dei giorni scorsi nasce da allora” disse genuinamente.

Peter chinò la testa sentendosi prendere dai ricordi sempre più, uno in particolare, quando aveva atteso suo padre per un giorno intero, al freddo, per andare a pesca insieme dopo che glielo aveva promesso ed invece era rimasto al laboratorio, dimenticandosi di quella promessa.

Sentì il freddo pungente di quell’orribile giornata avvolgerlo, era stato allora che aveva iniziato ad odiare il genitore, ripromettendosi di non aprirgli mai più il suo cuore ed invece ci era cascato di nuovo.

Non si accorse che Olivia lo aveva preso tra le braccia, né si accorse che lo aveva stretto a se, però si accorse delle sue carezze, lievi, appena accennate.

Pianse in silenzio, con la testa reclinata sulla spalla di lei, soltanto un leggero tremolio del suo corpo faceva capire cosa gli stava succedendo, tremolio che la ragazza sentiva chiaramente.

Conosceva bene quel senso di smarrimento, la paura terribile di essere soli al mondo a lottare contro chi avrebbe dovuto proteggerla e amarla e invece le aveva fatto soltanto del male.

Lei e Peter erano due anime perse che si erano ritrovate.

Ero così felice che ci fossimo riconciliati e lo dovevo anche a te” balbettò il giovane Bishop stringendosi alla sua Olivia, nonostante le varie fitte che sentiva allo sterno.

Lei non disse niente, limitandosi ad accarezzargli i capelli neri, ancora bagnati.

Quando ho scoperto… la verità non ho capito più niente, mi sono sentito annientare dal dolore e volevo solo che quel dolore finisse. Volevo morire” farfugliò ancora Peter.

A quelle parole lei gli fece alzare il viso baciandolo quasi con rabbia.

E se fossi morto io cos’avrei fatto? Tu mi hai ridato la luce” mormorò Olivia sorridendogli tra le lacrime

Il ragazzo la baciò ancora, abbracciandola stretta sussurrando

Anche tu”

Ma una luce diversa e nuova di quella che avevo visto con John. E’ stato come se ci fossimo ritrovati” disse infine accarezzandogli il volto.

Lui annuì a quelle parole, quando un flash gli attraversò la mente, lo stesso che passò da quella di lei.

 

Come mi hai trovato?”

In questo disegno con i tulipani piani è l’unico dove sorridi e in questa zona non ci sono tulipani bianchi, tranne qui”

Io sono Peter”

E io sono Olivia”

Lo stai facendo tu?”

Sì”

 

Si osservarono a lungo dopodiché si baciarono ancora ed ancora, non avendo bisogno di parole per dirsi quello che avevano appena ricordato insieme.

Dieci minuti dopo lui si stava rivestendo mentre lei lo guardava divertita e ammirata insieme: indossava un completo grigio scuro, senza cravatta, che esaltava non poco la sua figura.

Hai proprio l’aria del principino che va alla cena di corte” disse improvvisamente abbracciandolo da dietro.

Il giovane ridacchiò a quelle parole, tuttavia Olivia ebbe la stupefacente impressione che stesse arrossendo.

E non prendere in giro” scherzò Bishop voltandosi e riprendendole le labbra.

Cosa intendi fare?” domandò facendosi seria.

Voglio parlare a … mio padre. Poi tornerò di là” affermò Peter in maniera risoluta.

D’accordo, ora vado da Charlie altrimenti si preoccupa!” replicò Olivia dandogli un ultimo bacio e poi uscendo velocemente dalla porta.

Non c’era nessuno in giro, così raggiunse il compagno di lavoro fingendo di aver perlustrato la villa nell’ultima mezz’ora in cui era scomparsa, così insieme andarono a cenare in uno dei salottini privati della villa, facendosi dare il cambio da due agenti della sicurezza.

Peter, nel frattempo, ero andato dai suoi genitori nel grande salotto centrale, nonostante il grande nervosismo per quello che aveva appena scoperto sulla macchina o forse a causa di quello, il suo appetito si era centuplicato e mangiò quasi con voracità la raffinata cena che sua madre gli aveva preparato.

Nessuno dei due parve accorgersi della sua agitazione, troppo impegnati com’erano a porgli mille domande sul mondo di là, sulla sua vita e sulle sue passioni.

Il giovane cercò di rispondergli con la solita tranquillità, soprattutto per via di sua madre, ci teneva che lei non venisse coinvolta nella discussione che avrebbe avuto molto presto con il padre: dopotutto era certo che la donna non sapesse nulla dei progetti dell’ex marito.

Verso le dieci si alzò chiedendo di andare in giardino a passeggiare, cosa che gli fu concessa, ma a due metri delle guardie lo seguivano instancabilmente.

La cosa stava iniziando a stancarlo veramente tanto: ma di che diamine avevano paura i suoi?

Gli sembrava strano che tutto quell’enorme spiegamento dipendesse dai giornalisti e fotografi che si erano appostati da giorni intorno alla villa.

E se suo padre avesse saputo che qualcuno era arrivato dall’altra parte?

Questo lo fece preoccupare soprattutto per Olivia, temeva che fosse scoperta.

Si sedette su una panchina, guardandosi intorno con aria circospetta e riflettendo su varie cose: dubitava che la ragazza fosse venuta da sola in quell’universo, era più che probabile che con lei ci fosse anche Walter.

Sospirò ripensando a lui, non riuscendo a capire se fosse ancora arrabbiato o meno con quell’uomo, che, in qualche modo, gli aveva fatto da padre.

Va tutto bene?” quasi saltò a sentire quella voce. Walternate, il suo padre naturale, benché, per quanto ne sapesse, la prova del dna avrebbe dimostrato, senza ombra di dubbio che tanto Walternate che Walter potessero essere suo padre.

Era proprio surreale dover mettere in dubbio persino il dna.

Sì, grazie” rispose alzando lo sguardo verso di lui e incrociando quegli occhi così uguali e così diversi da quelli di Walter “Avrei bisogno di parlarti della tecnologia”

Sicuro? Mi sembri molto stanco e poi … ti sono spuntati dei nuovi lividi sul collo” a quelle parole Peter avrebbe voluto sprofondare di ottanta metri nel sottosuolo, ricordandosi che Olivia lo aveva baciato anche lì due ore prima.

Non è nulla, davvero. Andiamo nel tuo studio?” era bravo a cambiare discorso quando ci si metteva.

Suo padre annuì, facendogli strada nel suo ufficio privato che teneva ancora alla villa, il giovane Bishop era sempre più nervoso, forse non era stata una grande idea decidere di parlarne con quell’uomo, forse avrebbe dovuto scappare subito con Olivia prima di cena.

Walternate si andò subito a sedere sulla sua comoda poltrona di pelle e Peter fece altrettanto, trovando infine la forza di guardarlo di nuovo negli occhi.

Allora, mi dicevi che la macchina risponde ai tuoi impulsi: è una grande notizia, potremmo iniziare ad usarla presto, no?”

Ne dubito” rispose asciutto il giovane Bishop squadrandolo.

Perché?” domandò incuriosito il segretario della difesa.

Non intendo distruggere l’altro universo!” replicò sbattendogli sul tavolo il disegno con la sua faccia indiavolata.

Come lo hai avuto?” chiese Walternate usando il suo solito tono, non mostrando nulla della rabbia che lo aveva colto nel momento in cui aveva riconosciuto quel disegno.

Non ha importanza. Tu, piuttosto, non venirmi a dire che non lo sapevi. Mi hai mentito!” ringhiò furioso. Era veramente stufo che la gente si prendesse gioco di lui.

Non è come pensi” disse suo padre cercando di raddolcire il tono di voce.

Ah no? Non mi hai mentito?” chiese ironicamente.

Peter, non abbiamo scelta o loro o noi. Cerca di capire” adesso stava usando il tono di un padre affettuoso che non gli si addiceva per nulla.

Beh, trovati un altro angelo dell’apocalisse. Non intendo uccidere sette miliardi di persone” Peter si stava veramente trattenendo in quel frangente dato che la rabbia gli stava montando sempre di più nel cuore.

Peter, per favore, hanno iniziato loro la guerra rapendoti” Walternate provò a prendergli la mano, ma subito il giovane la tirò indietro lanciandogli uno sguardo truce.

Ah beh allora è giusto andare ammazzare miliardi di innocenti per le colpe di uno. E in ogni caso quell’uomo non mi ha certo ucciso!” adesso la sua voce era irriconoscibile persino a lui.

Ti ricordo che ti ha fatto così male da spingerti all’auto-distruzione!” rispose inviperito suo padre provando ad avvicinarsi a lui.

Sono affari miei … MIEI … hai capito? Non voglio coinvolgere due universi per i miei problemi personali” ma come diamine ragionava quell’uomo?

Ora lo difendi? Sono io tuo padre!” sibilò furibondo il segretario della difesa.

E chi lo sta mettendo in dubbio? Voglio solo farti capire che le altre persone non c’entrano. Sono disposto a fare di tutto per guarire questo mondo … tranne che distruggere l’altro! Non puoi chiedermi questo!” adesso aveva cercato di usare un tono fermo e pacato. In fondo in fondo suo padre era un uomo ferito.

Peter … “ provò ad iniziare Walternate, ma a quel punto il ragazzo si era già alzato avviandosi verso la porta.

La discussione termina qui. Buona notte” affermò con molta calma il giovane Bishop.

Walternate lo raggiunse a grandi passi, fermandolo per un braccio.

Ascoltami, voglio farti vedere una cosa, parliamone ancora, forse troveremo una via di mezzo” il ragazzo lo guardò, non era molto sicuro delle sue intenzioni, d’altra parte era andato lì per cercare un compromesso, no?

Annuì con un breve cenno del capo.

Ti senti di andare in un posto? Con l’elicottero ci metteremo poco” la voce di suo padre si era raddolcita.

D’accordo” insieme si avviarono verso la pista privata del segretario.

 

In meno di mezz’ora di volo furono a Liberty Island, quartier generale della difesa.

Non c’era quasi nessuno a quell’ora di notte, tranne le guardie per la sicurezza, Walternate portò il figlio nel suo laboratorio privato.

E’ qui che conduco i miei esperimenti per la salvaguardia di questo povero mondo” aveva un tono mesto e stanco, ma Peter se da una parte ne fu colpito dall’altra sentiva un disagio crescente.

Hai creato qui i mutaforma?” domandò con un certo interesse.

Sì” rispose sorridendogli “Vieni ti faccio vedere le nostre vasche”

Il giovane annuì mentre sentiva il disagio aumentare, si accostò a quelle strane vasche, simili a quelle di Walter, ma più moderne.

Quasi strisciando si accostò al muro, voleva andarsene e subito, non gli piaceva star lì.

Che cos’hai figliolo?” ancora il tono gentile di prima, ma anche stavolta non lo convinse e il giovane Bishop si guardò in giro con aria spaesata.

Era questo che volevi farmi vedere?” domandò cercando di farsi passare quel nervosismo.

Non proprio, però ti vedo stanco, perché non ti siedi un attimo?” fece indicandogli un tavolino di ferro.

Purtroppo non ho altro” aggiunse con un sorriso.

Il ragazzo guardò il tavolino di ferro e poi guardò suo padre, gli pareva di essere finito in uno strano film dell’orrore.

Scosse la testa cercando di scacciarvi quelle fantasie malate convinto che fossero appunto solo fantasie e si andò a sedere sul tavolino sbirciandolo a più riprese.

Cosa pensi che ci sia?” il tono di suo padre era scherzoso ma anche un po’ offeso.

Niente, mi sento a disagio. Mi dicevi della macchina” rispose provando a sorridergli, dopotutto poteva davvero sbagliarsi.

Walternate gli si avvicinò

Capisco i tuoi scrupoli, figliolo, ma tu devi cercare anche di capire me” era ormai ad un passo da lui quando disse quelle parole e Peter si allontanò di scatto anche perché aveva intravisto qualcosa.

Tuttavia suo padre fu più veloce e gli piantò una siringa nel braccio destro che lo fece cadere all’indietro.

Nell’ultimo istante di coscienza il giovane Bishop si diede per l’ennesima volta dell’imbecille.

Quando si svegliò dieci minuti più tardi era legato mani e piedi a quel tavolo.

Sei diventato matto?” domandò cercando di non far vedere che aveva paura.

Figliolo, devi sapere che io ottengo sempre quello che voglio” esordì poi tirando fuori un’altra siringa.

Che vuoi fare?” quella situazione gli stava piacendo sempre meno..

Nulla di che, non preoccuparti, solo aiutarti a cambiare idea” il tono era gentile, quasi affettuoso e ciò faceva una gran paura al giovane Bishop.

In quel momento, più che mai, rimpianse la reale gentilezza e il reale affetto che suo … Walter aveva dimostrato per lui in quegli ultimi due anni.

Nel frattempo era spuntato intorno alla sua testa un cerchio di ferro che l’avvolse tutta, deglutì ormai in preda al panico, non si sentiva molto tagliato per fare l’eroe.

Che cos’è quella siringa?” provò a chiedere cercando di non far vedere la sua paura, solo che Walternate la sentiva eccome.

Sai, non si scrivono certe cose agli sconosciuti” ancora lo stesso tono, falsamente affettuoso e falsamente gentile.

Si era fatto fregare.

Il suo padre naturale era proprio un grandissimo bastardo.

Quali cose?” domandò vedendo che l’uomo stava mettendo degli elettrodi sul cerchio intorno alla sua testa e gli svuotava dentro il contenuto della siringa.

Ciò che mi hai scritto in ospedale su quando sei impazzito di dolore” sorrise quasi dolcemente suo padre.

Era finito all’inferno e ora né Olivia né Walter potevano salvarlo.

Quindi?” non poteva giocargli quel brutto tiro, lo aveva visto arrabbiato in ospedale e non sembrava che lo fosse contro di lui.

Sai ho pensato subito di poter usare quel terribile senso di smarrimento che hai provato, così mentre avevi un incubo proprio su quei momenti, ho prelevato il tuo sangue e ho usato quei picchi di adrenalina particolari per creare un composto” non voleva neanche sapere che tipo di composto anche se ormai aveva capito.

Avrebbe sentito di nuovo quella terribile angoscia che lo aveva portato a farsi picchiare da degli sconosciuti.

Evitò di dire altro e quando vide che Walternate azionava il macchinario a cui era legato, chiuse gli occhi e si serrò le labbra, cercando di non dargli la soddisfazione di gridare, però fu tutto inutile.

Non appena la prima scossa elettrica attraversò il suo corpo, lanciò un urlo talmente acuto che per un attimo non riconobbe la sua voce.

Alla seconda scarica emise un altro grido, stringendo i polsi per il male anche perché aveva sentito chiaramente le costole spostarsi.

Le scariche perdurarono per quasi quattro ore, con intervalli regolari di dieci minuti, quando finalmente quell’uomo, che doveva essere suo padre, smise e lo liberò, Peter era svenuto.

Si ridestò al rientro in villa e senza neanche guardare Walternate negli occhi, cercò di raggiungere la sua camera in fretta, nonostante la spossatezza fisica e mentale che sentiva, una volta lì si barricò dentro a doppia mandata e si lascò cadere sul divanetto.

Stava per chiudere gli occhi quando vide accendersi la luce, spaventato temette che suo padre lo avesse seguito anche lì.

Peter” la voce di Olivia. Ci mancava pure lei.

Si voltò di scatto, cercando di non farsi vedere, non doveva essere un bello spettacolo perché sicuramente aveva gli occhi rossi e si sentiva la bocca impastata di sangue.

Scusa, ti spiace se parliamo domani? Sono un po’ stanco” provò ad usare il suo solito tono tranquillo, sereno, ma sapeva che non l’avrebbe ingannata.

Perché hai fatto così tardi?” domandò andandosi a sedere di fianco a lui.

Niente, abbiamo parlato fino adesso della macchina” stava iniziando a mentire bene.

E cosa ti ha detto? Vuole che la usi?” era preoccupata, lo sentiva strano.

Sì … cioè … ne parliamo domani ti va?” fece continuando a tenere la testa girata.

Cosa succede? Perché non mi guardi?” chiese Olivia sempre più preoccupata.

Il giovane deglutì sperando di trovare qualche scusa credibile, ma lei lo fece subito voltare notando subito i suo occhi cerchiati di rosso e il sangue che gli colava dalla bocca e dal naso, oltre che i vestiti in pessimo stato.

Peter provò a risponderle, però sentiva quell’angoscia dentro di se farla da padrone, sperava di non avere più a che fare con un sentimento del genere, non gli piaceva per niente.

Olivia, intanto, aveva preso il suo fazzoletto, lo aveva bagnato e gli stava ripulendo il viso.

Ti ha torturato?” domandò infine la giovane.

Lui annuì andando a sdraiarsi sul letto con uno sguardo sconvolto dipinto sul viso.

Resto io qui con te” sussurrò baciandogli la fronte.

Non mi pare il caso” balbettò chinando la testa sul cuscino “Ti chiedo solo un favore”

Quello che vuoi” rispose lei cercando di mostrarsi forte, anche se stava male a vederlo così.

Portami via al più presto temo che presto o tardi finirò per dirgli di sì” sospirò sorridendo.

Olivia assentì con un lieve cenno del capo, poi lo baciò sulle labbra.

E’ una promessa, ti riporteremo a casa” bisbigliò accarezzandogli la guancia.

Lo sapevo che c’era anche Walter” scherzò il giovane prima di lasciarsi vincere dallo sfinimento.

La Dunham gli baciò di nuovo le labbra, sorridendo per quelle parole, poi gli sfilò le scarpe e lo avvolse nelle coperte.

In totale silenzio iniziò ad accarezzargli il volto tirato dalla sofferenza, atterrita da quella svolta che neanche lei si attendeva, avrebbe voluto rimanere veramente lì con lui tutta la notte, ma non poteva, l’avrebbero scoperta.

Dieci minuti più tardi uscì dalla camera, guardandosi in giro per non farsi sorprendere poi tornò nelle stanze che i Bishop avevano assegnato a lei e a Charlie, arrovellandosi per il resto della notte su come contattare Walter e gli altri per farsi aiutare.

 

11 a.m.

 

Peter si alzò dal letto sentendosi scricchiolare tutte le ossa, provando a non pensare alla notte da incubo appena trascorsa.

Sua madre non si sorprese vedendolo arrivare in cucina così tardi perché l’ex marito l’aveva informata che lui e il figlio avevano lavorato fino a tardi al loro progetto, tuttavia l’uomo, come sempre, era andato via al mattino presto.

Per il giovane Bishop fu un sollievo non trovarsi in giro il padre, non sapeva come avrebbe reagito in sua presenza e di certo non era in condizioni per avere altre conversazioni con lui.

Elisabeth si avvicinò al figlio avvedendosi subito dei suoi occhi cerchiati di rosso e dal viso distrutto.

Era come se fosse tornato indietro anche perché gli erano rispuntati dei lividi qua e là.

Peter forse non dovresti stancarti troppo con quel progetto” fece la donna porgendogli il caffè bollente.

Il ragazzo non ebbe neanche la forza di rispondere, bevve quel liquido caldo senza pronunciare una parola, senza nemmeno darsi la pena di fornire spiegazioni, non era proprio dell’umore di farlo.

Mi dici cosa succede?” sua madre era preoccupata a vederlo così silenzioso.

Andiamo a fare un altro giro in giardino?” era un bel modo di cambiare discorso, ormai stava diventando un’abitudine.

Ti ho fatto una domanda, sembra che tu sia peggiorato. Da dove vengono quei lividi?” insistette la donna.

Mamma, ho sentito, però non so cosa risponderti” aveva una gran voglia di ammazzare qualcuno e nel contempo sentiva quella maledetta angoscia opprimerlo.

Elisabeth gli prese la mano, stringendola nella sua.

Come preferisci, non insisterò. Sicuro di non voler mangiare niente?” domandò raddolcendo il tono.

Lui annuì provando a sorriderle.

D’accordo, andiamo in giardino” e come l’altra volta lo aiutò a rialzarsi portandolo nel viale, soltanto che questa volta quella vista non ebbe nessun benefico sull’umore tetro di Peter, anche perché vide quell’orda di giornalisti ancora appostati nei dintorni.

Era stato suo padre ad avvisarli, adesso ne aveva la drammatica certezza, così che non potesse scappare di nascosto.

Era prigioniero in una gabbia d’oro.

 

Fine capitolo 5

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

Over There, salottini privati di Villa Bishop, 4 p.m.

Olivia passeggiava avanti ed indietro in stato di evidente nervosismo, aveva deciso di provare a chiedere aiuto a Charlie, si rendeva conto quanto potesse essere rischioso, però gli sembrava così simile al Charlie che conosceva.

Charlie …

Il suo capo…

Il suo amico…

Il suo fratello maggiore..

E non c’era più.

Già da un anno.

 

Te la caverai”

 

Si scrollò le spalle cercando di mostrarsi forte.

Una delle poche cose belle di quel viaggio, oltre alla possibilità di poter riavere il suo Peter, era quella di avere a che fare con quel Charlie.

In quel mentre arrivò finalmente l’oggetto dei suoi pensieri.

Ciao Charlie”

Ciao Olivia … c’è qualcosa che non va?”

Era proprio come lui, si accorgeva sempre se aveva qualche problema.

Ho bisogno di parlarti, è importante”

Charlie si accomodò su uno dei salottini.

Sotto tutto orecchi” rispose semplicemente riuscendo subito a metterla a suo agio.

Prima di tutto scusami se ti parlo a voce bassa, ma ho il timore che possano esserci dei microfoni” sussurrò la giovane Dunham.

E anche se fosse? Non abbiamo segreti “ l’agente Francis non riuscì a capire cosa volesse la sua collega da lui.

Abbassa la voce, ti prego” bisbigliò lei e a quel punto lui annuì.

Non sono Olivia o meglio non sono l’Olivia che tu conosci” disse tutto d’un botto aspettandosi una qualche reazione che però non venne.

Lo avevo capito” fece sorridendo l’uomo.

Da cosa?” domandò la ragazza fissandolo interdetta.

Sei diversa” replicò Charlie continuando a sorridere.

Perché non mi hai denunciato?” chiese incuriosita.

Non lo so, ma se sei qui credo che tu abbia una buona ragione” affermò Francis.

La vostra Olivia sta bene, non le ho fatto nulla. Dobbiamo solo riportare Peter a casa sua” era pericoloso quel gioco, molto pericoloso.

E’ questa casa sua” adesso sì che era davvero confuso.

No, Charlie. Non lo è. Walter, il nostro Walter, avrà tanti difetti, ne ha combinate tante, troppe anche a me, ma dentro è un uomo buono, io l’ho visto e ama sinceramente Peter come suo figlio, invece questo …” si interruppe ripensando al viso stravolto del giovane Bishop.

Invece questo?” l’aveva vista impallidire e anche se non era l’Olivia che conosceva, gli dispiaceva vederla così.

Lo ha torturato, Charlie” disse con un tono assai angosciato.

Stai scherzando? Ha torturato suo figlio dopo anni che non lo vedeva? E’ assurdo”

Infatti” forse ce l’avrebbe fatta ad averlo dalla sua parte. Aveva fatto bene a fidarsi di lui.

Ne sei sicura?” la sua era una domanda retorica, vedeva quanto la giovane fosse sconvolta e non dubitava affatto della sua sincerità.

Lei annuì al che Charlie si alzò iniziando a girare per la stanza.

E cosa diamine ci ha chiamato a fare?” con enorme sforzo di volontà era riuscito a parlare a bassa voce, anche se dentro voleva mettersi ad urlare.

Non vuole che proteggiamo suo figlio, vuole che lo teniamo prigioniero” fece lei sorridendo amara.

Francis tornò a sedersi mentre i suoi occhi scuri erano ormai vitrei.

Cosa vuole da Peter? Hanno uno scopo quelle torture, giusto?” domandò sapendo di aver c’entrato il bersaglio.

Esatto. Vuole che suo figlio azioni una macchina che distrugga il nostro universo” e dicendo questo gli mostrò il foglio che aveva preso dalla camera del giovane Bishop.

Vedendolo Charlie impallidì.

E’ diventato matto? Pensa così di risolvere i problemi del nostro? Ha chiamato lui la stampa, vero? In modo che il figlio non potesse neanche tentare di scappare di nascosto. Un bel serpente” borbottò imbufalito. Aveva servito per anni una carogna.

Olivia assentì con il capo.

Ho bisogno di te” era così confortante potersi affidare di nuovo a lui.

L’agente Francis le sorrise.

Ti aiuterò, te lo prometto” era assolutamente sincero, non era il tipo da mentire.

Devi contattare nella zona del teatro dell’opera il nostro Walter e William Bell. So che ci aspettano lì da giorni e saranno molto preoccupati”

D’accordo, non ci saranno problemi. Non mi facevo un traditore, sai?” c’era un’amara ironia nella sua voce.

Non lo sei, Charlie. Non è distruggendo il nostro mondo che salvereste il vostro”

Lo so. Ascolta, l’altro giorno sono andato a fare un giro nei dintorni per perlustrare la zona, chiederò di poterlo fare di nuovo, non sospetteranno nulla”

Olivia gli prese le mani sorridendogli commossa

Sei come il nostro Charlie, sai?”

Lui è morto, vero?”

La Dunham annuì tra le lacrime.

Chi lo ha ucciso?”

Uno dei mutaforma mandati dal vostro Walter”

Mutaforma? Perché mi stupisco? Uno che tortura suo figlio è capace di tutto. Adesso ho un motivo in più per aiutarti. Devo vendicare il mio doppio”

La ragazza sorrise a quella battuta.

Grazie, non lo dimenticherò”

Neanche io”

 

Un’ora più tardi, zona del teatro dell’opera di New York.

 

Charlie Francis alter era stato di parola, aveva raggiunto gli invasori in fretta, riuscendo ad inventarsi una scusa credibile davanti a Walternate, che pareva non sospettare nulla, ma di questo l’agente Francis si fidava poco.

Una volta arrivato lì, cercò di visualizzare il loro Walter, affidandosi alla descrizione che Olivia gli aveva fatto, in teoria avrebbe dovuto essere identico al Walter che conosceva, ma quando lo individuò in un bar, rimase a bocca aperta nel vedere il suo abbigliamento.

Erano veramente agli antipodi e questa convinzione aumentò quando ne incrociò lo sguardo.

Olivia aveva ragione.

Dottor Bishop, per favore non scappi” fece avvicinandosi al tavolo dove erano seduti lui e William Bell.

Charlie Francis? Io credevo che … ah sì tu sei il loro” rispose con tono gentile lo scienziato.

Preferirei che non mi ricordasse che il mio doppio è stato ucciso, gliene sarei grato” affermò con un sorriso bonario Charlie.

Mi scusi ha ragione. Come ha già capito io sono il dottor Walter Bishop e lui è William Bell”

Ci conosciamo già” dissero quasi contemporaneamente i due, lasciandosi scappare un sorriso.

Superati i convenevoli, credo che avrete capito che voglio aiutarvi. Mi manda la vostra Olivia” disse sedendosi al tavolino.

C’è qualche problema?” domandò preoccupato Walter.

Sì”

Lo scienziato diventò bianco come un panno lavato, immaginandosi il peggio per il suo Peter.

E’ successo qualcosa a mio figlio?”

Sì”

Cosa?” adesso stava urlando e vedendolo così agitato William gli bloccò le mani.

Walter, calmati, non è così che aiuterai Peter” disse in tono fermò il capo della Massive Dynamic.

La verità è che la situazione è molto critica. Suo figlio è nelle mani di un pazzo, usando un linguaggio eufemistico: da quello che ho capito stanotte il nostro Walter ha torturato Peter per costringerlo ad usare una macchina che distruggerà il vostro universo” aveva parlato in tono calmo, scandendo bene le parole.

E’ proprio un gran simpaticone Walternate” fece Bell mentre Walter era passato dal bianco al rosso vivo.

Peter torturato?

Lo scienziato si immaginò di scuoiare vivo il suo doppio, salarlo e darlo in pasto alle gazze.

Dobbiamo andare a tirarlo fuori in fretta” il dottor Bishop aveva usato il tono più pacato che aveva potuto.

E qui arriva la cattiva notizia” provò a scherzare Francis, venendo fulminato con lo sguardo sia da William che da Walter.

Va bene, parlando seriamente … La villa ha uno stuolo infinito di guardie, di cui, in teoria, anche io farei parte. Come se non bastasse ci sono appostati da giorni dei giornalisti che vogliono avere un’intervista da Peter sul suo rapimento… provate ad indovinare chi li ha avvisati?”

Ci sta proprio rendendo le cose difficili” borbottò Walter continuando a pensare al figlio sotto i ferri di quell’essere.

Grazie del suo aiuto, Charlie. Adesso dobbiamo trovare il modo di entrare nella villa e tirar fuori Peter di lì” aggiunse Bell.

Non c’è di che. Non so se potrò tornare ed è meglio non lasciarvi il mio cellulare, siamo intercettati lo sapete meglio di me visto che nei giorni scorsi vi abbiamo trovato a Central Park” disse l’agente Francis che rimase ancora una decina di minuti con loro.

Più tardi passò velocemente a casa di Alt Livia, stava dormendo, così la svegliò, cercando di spiegarle la situazione, lei sembrò capire e lo lasciò andare, promettendo di non dire niente.

 

 

 

Cinque ore più tardi, Villa Bishop

 

Peter, dopo la passeggiata mattutina, aveva trascorso la giornata confinato nella sua stanza, temendo di dover incontrare di nuovo suo padre… suo padre? Non meritava certo quel titolo.

Con la scusa del peggioramento del suo stato, aveva chiesto ed ottenuto di poter mangiare lì, benché avesse poca fame, stava cercando di far leva sul suo forte senso di sopravvivenza.

Sua madre era andato a trovarlo varie volte, provando a parlargli, ma lui si era chiuso in uno strano mutismo perché stava cercando la maniera di andarsene da lì

Si avvicinò alla finestra, scrutandone l’orizzonte, anche se non li vedeva sapeva che sia i suoi guardiani che quei dannati paparazzi erano ancora lì.

Avrebbe potuto aspettare la notte, per poi tentare di scappare da un’uscita secondaria, sì ma quale?

Durante il giorno, in una delle sue poche uscite dalla camera, aveva rubato una piantina della villa e del giardino e l’aveva studiata fin nei minimi dettagli.

Sembrava un dannatissimo bunker.

Qualcuno improvvisamente bussò cosa che lo fece sussultare e non trovando di meglio come arma prese un fermacarte dalla scrivania, appostandosi dietro alla porta.

Chi è?” domandò sulla difensiva.

Sono io, Peter” rispose Olivia.

L’uomo spalancò la porta, la prese per un braccio e poi richiuse a doppia mandata.

Vedo che sei in ottima forma” scherzò osservandolo.

Gli occhi erano più rossi della sera prima e un po’ ovunque gli erano rispuntati dei segni.

E’ carino farmelo notare. Allora?” domandò andandosi a sedere sul divanetto.

Non credo sia una grande idea startene confinato qui dentro” disse lei sedendosi a sua volta e dandogli un piccolo bacio sulle labbra.

Lui l’abbracciò, stringendola forte a se.

Ne hai una migliore?”

In effetti, no. Comunque ho parlato con Charlie” fece staccandosi da lui.

Cos’hai fatto?” chiese irritato il giovane “Ci tradirà”

Non lo farà, gli ho spiegato tutta la situazione” accarezzandogli il volto teso.

Ebbene?”

Ha visto tuo padre e William”

A quelle parole Peter si rabbuiò

Mi faresti il favore di non usare la parola padre per un po’? Mi è indigesta”

Scusami” sussurrò tornando a baciarlo sulle labbra.

Il giovane Bishop approfondì quel contatto, desideroso di sentirla come la sera prima, lei fece altrettanto, si sentiva in pace solo percependo il suo calore.

Quando stavano per andare oltre, qualcun’ altro bussò alla porta e subito Olivia si andò a rifugiare in bagno.

Chi è?” domandò assai indispettito per l’interruzione.

Sono tuo padre” lo sapeva, lo sapeva che sarebbe venuto.

Questo è tutto da dimostrare. In ogni caso stavo per andare a dormire e non ho molta voglia di vederti” affermò tra il serio e il faceto.

Non fece in tempo a terminare la frase che la porta si aprì, lasciandolo raggelato.

Ho i doppioni di tutte le porte” fece Walternate entrando nella sua camera.

Vuoi portarmi ancora nel tuo parco giochi?” domandò Peter riprendendo in mano il fermacarte “Non ho timore ad usarlo, fidati” aggiunse sfidandolo con lo sguardo.

Perché devi pensar male di me?” il tono era offeso.

Fai lo spiritoso adesso? Fuori di qui o te lo tiro addosso, giuro” disse il giovane Bishop avvicinandosi a lui.

Sono sicuro che non lo farai” gli sorrise Walternate guardandosi intorno.

Peter, per un secondo, ebbe paura che si fosse accorto della presenza di Olivia, ma se così era, suo padre non ne mostrò il segno.

Andiamo in giardino” la frase era detta con il tono di un ordine.

Te lo puoi scordare” ringhiò il ragazzo squadrandolo.

Per favore, voglio solo parlarti” aveva ripreso a parlargli in tono affettato e ciò aveva il potere di fargli venire la nausea.

Ma certo, lo so bene cosa intendi per parlare” sibilò il giovane che adesso come adesso voleva solo sputargli in faccia.

Mi spiace … “ provò a dire Walternate ma fu subito interrotto dal figlio

Le tue balle raccontale agli elettori, a me non le dai a bere. Non verrò a farmi torturare di nuovo”

Peter sai bene che potrei chiamare le guardie e farti trascinare via a forza” e dicendo questo si avvicinò provando ad accarezzarlo, però immediatamente il giovane si scostò

Vattene all’inferno” fece minacciandolo con il fermacarte.

Sono arrivati degli invasori dall’altra parte, lo sai, non è vero?” domandò con un sorriso.

E se anche fosse?” chiese il giovane notando che suo padre teneva qualcosa nella mano sinistra.

Spaventato gli piantò addosso il fermacarte, colpendolo alla spalla, ma Walternate si riprese in fretta e lo spinse indietro.

Cerca di darti una calmata figliolo” mormorò massaggiandosi la clavicola.

Fuori di qui” e con tutta la forza che gli era rimasta sbatté il padre fuori dalla sua stanza, che richiuse a chiave, barricandola poi con un armadio.

Solo in quel frangente si ricordò di Olivia chiusa in bagno, la andò ad aprire e scoprì che la giovane era andata via.

Tanto meglio, almeno non rischiava di finire nelle mani di Walternate.

Si svestì e si sdraiò, sfinito da quella lunga giornata di agitazione, solo pensando ad Olivia riuscì a calmarsi e a prendere sonno.

Disgraziatamente per lui due ore più tardi si ritrovò di nuovo sullo stesso scomodo tavolino della notte precedente, sempre legato.

Come diamine aveva fatto a tirarlo fuori dalla sua stanza? Era riuscito persino a buttare giù l’armadio?

Forse era entrato dalla finestra.

Era proprio finito in un film dell’orrore, per di più nei panni della vittima e dire che aveva sempre avuto simpatia per i cattivi.

Aprì lentamente gli occhi, trovandosi una luce abbagliante di fronte.

Gentile signor segretario… perché è lei, vero?” stava usando il sarcasmo come ultima risorsa.

Vedo che sei ancora di buon umore” rispose suo padre mettendogli di nuovo gli elettrodi intorno alla testa.

E questo è un male per me, vero?” sapeva che non aveva bisogno di porre quella stupida domanda, stava inutilmente tentando di prendere tempo.

Walternate non si prese neanche la briga di rispondergli, facendogli entrare altro liquido negli elettrodi e poi fece partire il macchinario.

Per Peter fu peggio della prima volta dato che le scariche gli passavano più lentamente, esplorando ogni fibra, ogni molecola, ogni atomo del suo corpo.

Di nuovo si serrò le labbra, ma quando sentì le scariche passargli dal cervello, emise alte grida, ricordandosi della terribile pioggia di Boston.

Provò a scacciare quei ricordi, pensando ad Olivia e alla sua presenza costante vicino a lui, ai suoi abbracci e a quando gli aveva fatto capire di amarlo.

Un’altra scarica gli attraversò il cranio e con essa sentì ancora la pioggia, ma stavolta era quella del Vermont, terribile, angosciosa, il senso di vuoto, la voglia di trovare pace e di non essere più niente e nessuno.

Lasciò cadere sul tavolo la testa, non avendo neanche più l’energia di gridare o chiedere aiuto.

Era totalmente solo.

In tutti i sensi.

Si svegliò tre ore dopo sul divano della sua camera, era l’alba, ma non vi era nessuno in giro e la porta era ancora barricata mentre la finestra che dava sul giardino era aperta.

Si sdraiò sul sofà, non avendo la forza di alzarsi o di fare alcunché tantomeno di andare a chiudere le imposte.

Poco dopo sentì una mano gentile sfiorargli il viso.

Era lei.

E’ successo ancora?” domandò la voce gentile di Olivia.

Peter neanche rispose, abbandonandosi sul cuscino, completamente distrutto, senza volontà.

La ragazza si spaventò a morte vedendolo così, non capiva cosa gli stesse facendo quel mostro, era più di una tortura fisica.

Peter” provò a dire ancora.

Lui, con le poca forza rimastagli, balbettò qualche parola

Portami via”

Olivia, non riuscendo a fare altro, lo prese tra le braccia, stringendolo forte a se e il giovane si attaccò a lei come un naufrago, perso nell’oceano, si aggrappa ad un pezzo di legno.

 

Fine Capitolo 6

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

Over There, motel dei pressi del teatro dell’Opera, New York 9 a.m.

Walter Bishop stava mangiando il quarto hamburger di fila vicino alla finestra della camera che lui e William Bell avevano preso, in incognito, pochi giorni prima nell’inutile attesa di Olivia e Peter.

Non ti farà male tutto quel cibo?” domandò alle sue spalle il suo amico.

Belly, pensa piuttosto a trovare un punto debole di quella villa. Lo dobbiamo tirare fuori da lì” il tono di Walter era cupo e rabbioso mentre nella sua testa continuavano a formarsi mille immagini della sofferenza di suo figlio.

Anche se non sapeva cosa gli stessero facendo di preciso, poteva percepire il tormento della sua anima dilaniata, forse perché in qualche modo Peter lo stava chiamando per chiedergli aiuto.

Non lo avrebbe abbandonato mai.

Walter, ci sarebbero anche delle uscite secondarie, solo che bisognerebbe distrarre sia i giornalisti che la sicurezza”

Olivia e Charlie hanno detto che ci penseranno loro alle guardie, quanto a quegli sciacalli, troveremo loro un diversivo. Il problema è Walternate, lui è sempre vigile” replicò sempre più irritato lo scienziato.

Detestava starsene lì senza far niente mentre suo figlio stava passando le pene dell’inferno.

Notando la sua figura incurvata, Bell gli si avvicinò posandogli una mano sulla spalla

Peter se la caverà, è un ragazzo forte” fece usando un tono fermo e nel contempo affettuoso.

Lo so, è sempre stato più forte di me, però non posso sopportare che soffra. Ed è colpa mia, di nuovo” la voce del dottor Bishop ora era un sussurro.

Walter …” provò a dire William, ma il suo amico scosse la testa

E’ colpa mia, Belly, se non gli avessi mentito, non sarebbe scappato e non si sarebbe fatto picchiare per la sofferenza che io gli ho causato” il vecchio scienziato si lasciò cadere sulla sedia, affranto.

Walter, non puoi sapere cosa gli sta facendo” insistette il capo della Massive Dynamic.

Forse no, ma sento che sta chiedendo il mio aiuto” mormorò continuando a tenere la testa bassa “Non lo posso abbandonare”

Walter, te lo giuro, lo tireremo fuori da lì” affermò in tono risoluto Bell posandogli entrambe le mani sulle spalle

Grazie” rispose semplicemente il dottor Bishop con gli occhi pieni di lacrime.

Ancora una volta aveva sentito l’anima di Peter invocare il suo aiuto da chissà dove.

 

Villa Bishop

 

Olivia e Charlie Alter entrarono nella camera di Peter che dormiva ancora fiaccato dalla notte appena vissuta.

Il giovane riposava semi rannicchiato sul lato sinistro, con indosso solo una maglietta e la biancheria intima, tremando vistosamente dal freddo.

La Dunham appena lo vide così, si affrettò a coprirlo con il piumone, ma questo sembrò non servire dato che il ragazzo continuava a tremare.

L’agente Francis, intanto, era rimasto sconcertato da quella visione, ricordandosi come lo aveva visto pieno di vitalità, pochi giorni prima.

Aveva creduto ad Olivia quando gli aveva parlato di torture però una cosa del genere proprio non le aspettava.

Peter aveva gli occhi rossi, vari segni ovunque, specialmente vicino alle tempie e un pallore cadaverico che non faceva presagire niente di buono.

Mio Dio, quell’uomo è un mostro! Come si fa a ridurre una persona in questo stato?” domandò in preda alla rabbia.

E questa persona è suo figlio” aggiunse Olivia tergendo la fronte bagnata di Peter con un fazzoletto umido. Scottava, anzi bruciava, probabilmente aveva la febbre alta.

Infatti… “ farfugliò Charlie sedendosi su una poltrona vicino al letto del giovane “La madre sa nulla?”

Per ora no, Peter non vuole dirle niente, non capisco perché” disse la Dunham continuando a passare il panno sul viso del giovane Bishop.

Le parlo io, non si può continuare in questo modo” sibilò Francis ormai sul punto di esplodere.

Sì, hai ragione, però dovremmo trovare il momento adatto” rispose Olivia che, malgrado non le desse a vedere, era profondamente scossa dalla sofferenza di Peter.

Non era abituata a vederlo così, anche nella malattia lo aveva sempre visto lottare, ricordava la sua reazione rabbiosa quando si era preso quel dannato virus.

Adesso, invece, era come annientato, non reagiva quasi a nessuno stimolo, se non alla sua presenza.

Avrebbe preferito di gran lunga vederlo di nuovo in preda all’ira piuttosto che in quello stato.

Per l’ennesima volta intinse il fazzoletto in una brocca d’acqua e poi glielo passò sulla fronte sperando inutilmente in una sua reazione.

Peter, sono qui, ti prego, combatti” bisbigliò spaventata la ragazza.

Il giovane, tuttavia, non si mosse, era devastato di dentro e di fuori.

Olivia, penso stia riposando, vedrai dopo parlerà” provò a dirle Charlie anche se ci credeva poco pure lui.

Sì, forse hai ragione. Ora temo che dovremmo andarcene, penso di aver trovato il modo di distrarre la sicurezza” fece ancora la Dunham posando un lieve bacio sulla fronte arsa di Peter.

Charlie alter annuì e insieme uscirono dalla stanza non senza aver prima dato un’ultima occhiata furtiva al corpo del giovane Bishop.

 

Giardino di Villa Bishop 10 a.m.

 

Peter era seduto su una panchina della villa, dove stava cercando di riprendere le forze e si guardava in giro con aria spaesata, era riuscito a dormire qualche ora anche se il suo corpo era attanagliato dalla sofferenza e il suo umore stava peggiorando di minuto in minuto.

Elisabeth lo raggiunse notando un’altra volta quegli occhi rossi e il suo pallore.

Non riesci a riposare?” era una domanda sciocca, lo sapeva anche se lei, però non sapeva cosa dirgli.

Il figlio si voltò sorridendole malinconicamente.

Già, non so perché” mentì spudoratamente.

Chissà se lei capiva?

Vuoi che ti preparo qualcosa da mangiare?” provò a chiedergli.

Il suo primo istinto fu di dirle di no, aveva lo stomaco chiuso dall’angoscia e dalla nausea sempre più crescente verso suo padre.

Tuttavia si fece forza ed annuì.

Vuoi delle uova?” domandò ancora felice di quella risposta.

Preferirei del pancake con le ciliegie, per favore” chissà come gli era venuta quella? Forse Walter gli aveva fatto una fattura.

Certamente” rispose baciandogli la fronte, accorgendosi immediatamente che scottava.

Hai la febbre …”

Non è niente, davvero” ci mancava solo quello.

Sei bollente, avrai almeno quaranta di febbre. Voglio sapere cosa succede!”

Mamma …” iniziò a dire il giovane.

Pensi di potermi prendere in giro?”

Il giovane Bishop chinò la testa, non sapendo cosa dire.

Vado a prepararti i pancake, ma dopo ne parliamo”

Lui annuì con un piccolo cenno del capo.

Venti minuti dopo erano sul tavolino che dava sul mare, dove avevano fatto insieme colazione la prima volta.

Peter si fece forza iniziando a mangiare i pancake insieme a sua madre, ricordando altri momenti, altre colazioni.

Adesso era veramente convinto che Walter gli avesse fatto una fattura pensò mentre prendeva il quarto pancake di fila coperto di sciroppo d’acero.

Beh, non hai perso l’appetito, almeno quello” fece sua madre prendendo anche lei il quarto.

In effetti” e stavolta non stava mentendo. Il crescente nervosismo gli aveva aperto nello stomaco una voragine.

Mi puoi dire cosa succede? Credi che io sia cieca?” domandò irritata.

Troppo complicato da spiegare” non la poteva coinvolgere, Walternate avrebbe potuto fare del male anche a lei, ne era convinto.

Sai benissimo che non ti farò alzare da questo tavolo senza ottenere una risposta” disse con tono rabbioso.

In quel mentre sentirono risuonare alcuni passi che subito Peter riconobbe.

E’ bello vedervi fare colazione insieme. Dopo verresti a fare un giro con me, figliolo?” aveva parlato con quel maledetto tono affettato che aveva il potere di fare venire la nausea al giovane Bishop.

E adesso cosa poteva rispondergli?

Se avesse detto di no sua madre si sarebbe insospettita più di quanto già non stesse facendo, se avesse detto di sì sarebbe finito di nuovo in quella camera di tortura.

Allora?” insistette Walternate scrutandolo a lungo.

Peter guardò sua madre e poi guardò lui, cosa poteva fare?

Non mi sento, vorrei riposare” dopotutto era una scusa credibile.

Andrete un’altra volta, Peter ha la febbre alta” si intromise sua madre notando la strana preoccupazione negli occhi di suo figlio.

Mi spiace, vatti pure a riposare figliolo tanto abbiamo tutto il tempo del mondo” affermò bonariamente il segretario e subito il giovane Bishop ne approfittò per rientrare quasi di corsa in casa.

Non andò in camera sua, però, anzi si mise a girellare per la villa sperando di incontrare Charlie od Olivia dato che quella mattina non li aveva ancora visti.

Li trovò nei salottini interni che parlottavano tra di loro.

Non appena lo vide arrivare alla giovane Dunham le si illuminò il viso e si trattenne a stento dal correre ad abbracciarlo.

Buongiorno mie care guardie” fece sorridendo il giovane andandosi a sedere insieme a loro.

Olivia gli prese la mano sinistra, stringendola nella sua.

Tutto bene?” non poté fare a meno di chiedergli.

Sono un fiore” rispose cercando di mostrarsi forte.

In effetti si nota, soprattutto per gli occhi di un bel rosso tulipano” scherzò Charlie Alter.

Peter sorrise, stringendo ancora di più le mani di Olivia.

Grazie agente Francis” disse poi.

Non c’è di che, signor Bishop” rispose allargando il sorriso l’uomo. “Abbiamo un piano, l’unico problema è come liberarci di suo … del segretario” non aveva molta voglia di definire padre il suo capo, poi si mise a frugarsi tra i vestiti da dove infine tirò fuori una penna che porse a Peter.

Che cos’è?” domandò il ragazzo guardando le parole che vi erano incise sopra

Trova la crepa?” chiese continuando a non capire e con lui anche Olivia.

Charlie gli sorrise

Al mio primo caso me la regalò un superiore. E’ la crepa che permette alla luce di entrare in una galleria buia”

Il giovane Bishop annuì stringendo l’oggetto metallico.

 

 

World Trade Center, scantinati, 6 p.m.

 

Il capo della Massive Dynamic, insieme era al suo amico, era passato dalle Torri Gemelle per prendere uno dei suoi furgoni speciali, oltre a varie armi di sua invenzione.

Si augurava che potessero servire a fermare la sicurezza di Villa Bishop e tirar fuori Peter di lì al più presto.

Walter era nervosissimo, questa volta voleva assolutamente arrivare in tempo anche perché temeva che il suo doppio avrebbe portato il figlio al punto di non ritorno.

Bell passò in rassegna svariati camioncini, ne cercava uno piccolo, assai particolare, che aveva fatto produrre alcuni anni prima.

Dobbiamo perdere tutto questo tempo?” gli domandò all’improvviso il dottor Bishop che era così agitato da muovere le mani in continuazione.

La vuoi finire?” borbottò William fermandogliele.

Ho bisogno di mangiare qualcosa … “ sospirò lo scienziato.

Il magnate strabuzzò gli occhi a quelle parole

Hai finito di mangiare un’ora fa!” ringhiò esterrefatto.

Mio figlio a quest’ora mi avrebbe già portato dello zucchero filato” borbottò Walter irritato.

Ho sempre pensato che Peter avesse un cuore d’oro, ora ne ho la certezza perché non ti ha ancora ucciso”

Se non ci muoviamo potrebbe essere Walternate ad ammazzarlo” e questa volta fu il dottor Bishop a ringhiare.

Ok, l’ho trovato” affermò Bell cercando di non badargli altrimenti si sarebbe innervosito pure lui.

Cosa?”

Il capo della Massive Dynamic lo trascinò verso un furgoncino dalle dimensioni ridotte.

Sali in fretta”

Walter non se le fece ripetere due volte, entrò nel camion insieme il suo amico, che fece partire subito l’automezzo.

Non fa rumore” mormorò stupefatto lo scienziato.

Infatti” replicò con un sorriso Bell portando il veicolo fuori dalle cantine.

 

 

Villa Bishop, 8 p.m.

 

Elisabeth aveva preparato la tavola in giardino, convinta che stare all’aria aperta avrebbe migliorato l’umore del figlio, che continuava a starsene rintanato in casa, salvo sporadici giri con lei.

Peter non aveva saputo dirle di no, anche perché sapeva di essere con lei, quindi il padre non avrebbe tentato tiri mancini.

La donna gli aveva preparato tagliolini con scampi, che subito il giovane iniziò a mangiare con grande appetito.

Mi fa piacere che apprezzi la mia cucina” disse sua madre sorridendo.

Questi tagliolini sono fantastici cucini bene come mio …” si bloccò all’istante rendendosi conto di quello che stava per dire.

Come tuo?” domandò incuriosita l’ex signora Bishop.

Un mio amico ristoratore, ha il suo locale in uno scantinato, una roba stranissima con ampolle e strani macchinari” disse prontamente Peter salvandosi in corner.

Sembra l’antro di uno scienziato pazzo, modello Frankenstein Junior” sogghignò sua madre anche rasserenata da quelle battute.

Ecco hai descritto il posto alla perfezione” rispose il ragazzo pensando che a Walter mancassero soltanto i baffetti e non sarebbe poi stato così diverso da Gene Wilder.

Sua madre stava per replicare quando sentì trillare il telefono in casa.

Arrivo subito, continua pure a mangiare”

Va bene” annuì il giovane Bishop gustandosi quel piatto invitante.

D’improvviso sentì il freddo metallo di un revolver puntato sulla tempia

Mi spiace interrompere la sua cena signore, ma suo padre desidera vederla” questa non se l’aspettava proprio.

Peter poggiò le mani sul tavolo, forse poteva sorprenderlo come aveva fatto con quel killer tempo addietro, doveva solo stare calmo.

Respirò profondamente due volte e tirò un pugno all’indietro colpendo la bodyguard in pieno viso, poi fece per scappare ma si ritrovò circondato da quattro energumeni armati fino ai denti.

Mi spiace per lei, signore, però suo padre ci aveva avvisato della sua mancanza di collaborazione” fece il più grosso “Ora si muova, verso l’elicottero.”

Il ragazzo decise di seguirli tenendo le mani alzate, cercando una via di fuga che intravide dietro di se alla sua destra.

Con uno scatto felino la prese, iniziando a correre verso gli alberi, il suo istinto di sopravvivenza stava avendo la meglio persino sulle torture psicologiche subite anche perché sapeva che quelli non potevano ucciderlo.

A suo padre serviva vivo.

Quando fu vicino ad uno degli albicocchi si sentì trafiggere la gamba sinistra da una puntura e cadde in avanti.

Vedo che le piacciono le maniere forti” sibilò di nuovo l’individuo di prima tirandogli un calcio nello stomaco, ma per sua fortuna il ragazzo lo sentì a malapena dato che il narcotico gli stava obliando i sensi.

Si ridestò nel solito tavolino di ferro, con la vista annebbiata dalla fame e dalla stanchezza, aveva davanti a se delle immagini confuse.

Poco dopo sentì la prima scarica, ancora più lenta dell’altra volta, la sentì passare dal suo stomaco che reclamava inutilmente cibo, poi in tutti i vasi sanguigni, dalle arterie ai capillari.

Voleva gridare, ma non ne aveva la forza.

Walt… Liv …” farfugliò reclinando la testa sul freddo metallo.

Un’altra scarica, questa volta violentissima, raggelante.

Si sentì avvolgere dall’oscurità.

Un’oscurità senza fine.

Un’oscurità che lo chiamava e gli diceva che non vi era posto per lui da nessuna parte.

Che presto tutti gli avrebbero voltato le spalle.

Poi un freddo, un freddo pungente.

Lo sentì fin dentro le ossa.

Il freddo di tanti anni prima quando aveva atteso suo padre per una giornata intera.

Il freddo degli elettrodi sulla sua fronte di ragazzino inerme mentre sempre suo padre lo usava come cavia per uno dei suo dannati esperimenti.

Aveva voluto dimenticare.

Ora quel gelo e quel buio minacciavano di inghiottirlo.

La sua coscienza ebbe pietà di lui e lo fece svenire, ma durò solo un attimo perché le scariche erano così forti da destarlo nuovamente.

La notte più nera, quella degli incubi della sua infanzia triste lo stava avvolgendo.

E nessuno sarebbe venuto a salvarlo.

Qualche ora più tardi si ritrovò nel suo letto, incapace di muovere un solo muscolo mentre lontano udiva delle voci, solo che non riusciva a distinguerle.

Aveva ancora freddo però non aveva la forza di allungarsi neanche verso la coperta, si guardò notando che indossava solo una maglietta e la biancheria intima.

Chiuse gli occhi, provando a prendere sonno, inutilmente perché sentì la porta spalancarsi e qualcuno avvicinarsi a lui.

Un brivido gelato gli corse lungo la schiena.

Forse il segretario era tornato a finire il lavoro.

Accanto al suo letto, intanto, Olivia, Charlie Alter e sua madre lo fissavano preoccupati.

Mio Dio … avevate ragione” fece Elisabeth accarezzandogli il volto bianco per il pallore e rosso per il sangue che gli colava un po’ dappertutto.

Chiamo un medico” aggiunse la donna prendendo il telefono mentre i due agenti coprivano il corpo del giovane con il piumone.

Peter sono qui” provò a dire la Dunham.

Di nuovo il giovane non si mosse, continuando a fissare il vuoto.

Gli toccò la fronte.

Era più calda della sera prima.

L’agente Francis andò in bagno dove riempì una brocca che le porse insieme ad un fazzoletto pulito.

Subito Olivia lo intinse passandolo sul volto martoriato del ragazzo.

Peter” tentò ancora.

Niente.

Nessuna reazione.

Il giovane Bishop neanche li vedeva, pensava di essere ancora nel laboratorio del padre e in quell’istante sentì un’altra scossa trapassargli le membra.

Urlò di dolore muovendo convulsamente il corpo.

Quella vista spaventò ancora di più i suoi due amici e la madre che provò ad avvicinarsi a lui.

Peter per favore, guardami” sussurrò l’ex signora Bishop ma il ragazzo aveva lo sguardo fisso.

Charlie si sentì montare una rabbia dentro così come Olivia.

Cosa potevano fare?

Elisabeth gli scosse il corpo violentemente.

Bambino mio guardami per pietà!” gridò angosciata.

Peter non la vedeva e in quel momento sentì l’ennesima scossa durante la quale emise l’ennesimo gemito di pura sofferenza.

Pochi minuti dopo arrivò un dottore dato che una chiamata da parte dei Bishop era quasi sempre legge.

Quando entrò nella stanza e vide Peter rimase qualche minuto in totale silenzio.

Cosa gli è successo?” domandò infine ritrovando la voce.

Mio … il mio ex marito lo sta torturando” balbettò Elisabeth bianca come un lenzuolo.

Il medico la guardò qualche minuto senza dire niente, poi posò la mano sulla fronte di Peter.

Ha la febbre alta, sospetto che siamo vicino ai 42 e non scherzo. Rischia di morire” fece mettendosi a trafficare nella sua borsa da dove tirò fuori una siringa e una fialetta.

Questo dovrebbe abbassargliela, però dovreste portarlo in ospedale” disse ancora l’uomo facendogli la puntura mentre gli altri tre continuavano a stare in silenzio.

Olivia non riusciva ad accettare di vedere il suo amore ridotto in quello stato, stava peggiorando di giorno in giorno e lei non riusciva a fare niente per salvarlo, anche se glielo aveva promesso.

E’ quello che vorremmo fare, solo che ha visto anche lei che c’è l’assembramento qui fuori” affermò Charlie con tono stizzito.

Potreste denunciarlo … scusate sono un idiota, nessuno avvallerebbe mai una denuncia contro il nostro difensore supremo” sospirò il medico.

La Dunham applaudì a quelle parole poi si rimise a fianco a Peter accarezzandogli il viso.

Sono qui … amore … sono qui” bisbigliò perdendosi in quegli occhi blu che lei amava così tanto e che ora erano così spenti.

Ho freddo … freddo” farfugliò il giovane Bishop e a quel punto Olivia si avvicinò ancora di più a lui prendendogli il volto.

Peter, sono qui” disse di nuovo.

Ho freddo… non voglio più … non voglio più sentir dolore … voglio morire” balbettò ancora prima di cadere svenuto sulla sua sinistra.

La ragazza lo prese tra le braccia, cercando di trasmettergli tutto il suo calore mentre il corpo di lui continuava a tremare.

 

Fine Capitolo 7

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

Olivia continuava a tenere stretto Peter, ma il giovane non mostrava segno di riuscire a reagire, lei allora lo strinse ancora di più, massaggiandogli i muscoli delle braccia per trasmettergli altro calore.

Ho freddo … freddo” farfugliò tenendo lo sguardo fisso verso di lei senza vederla.

Ascoltami, per favore, ascoltami” sospirò prendendogli il volto tra le mani.

I suoi occhi erano cerchiati di rosso come non mai e il suo pallore era aumentato, non sentiva le loro voci, solo qualcosa di remoto, di lontano.

Peter” fece accarezzandogli il viso.

Aveva una paura matta di non riuscire a farlo reagire.

Olivia … cosa ci fai qui?” domandò con voce flebile il ragazzo.

E’ la tua camera, ricordi?” rispose prontamente la Dunham sfiorandogli i capelli sudati con una lieve carezza.

Lui è qui … ti farà del male … vattene” sussurrò allungando una mano verso di lei.

Non c’è il segretario” affermò Olivia stupita da quelle parole e notando che lo sguardo di lui era sempre perso.

E’ buio qui” la voce di Peter era poco più di un bisbiglio.

Amore, non è buio” spaventata da quelle parole.

Io … io non ti vedo. Vedo lui” fece sfiorandole il viso con la mano. Anche se non la vedeva, poteva sentirla, per questo si attaccò a lei.

La Dunham era atterrita da quella reazione, sembrava un bambino spaventato, non l’uomo che conosceva.

Gli sfiorò la fronte con un piccolo bacio, continuando ad accarezzarlo sul volto terreo.

Il giovane Bishop sbatté le palpebre varie volte vedendo intervallarsi davanti ai suoi occhi, il laboratorio di Liberty Island e la sua camera, che lentamente prese il sopravvento.

La prima cosa che vide fu Olivia che lo guardava con gli occhi pieni di paura, poi l’agente Francis, sua madre e uno strano signore di mezza età che pareva un medico e che gli sembrava di conoscere.

Infine visualizzò l’arredamento e la finestra.

Bentornato” mormorò Olivia stringendogli le mani.

Grazie” fu l’unica cosa che gli riuscì di dire, si sentiva stanchissimo e aveva il corpo squassato da brividi di freddo.

A quel punto l’uomo di mezza età si avvicinò al suo letto, scostando un po’ più indietro la giovane Dunham.

Signor Bishop, mi rendo conto che non è molto in grado di parlare, però ho bisogno di sapere cosa le sta facendo suo…”

Peter lo interruppe bruscamente

Il segretario della difesa non è mio padre. L’unico padre che conosco si chiama sì Walter Bishop ma non è di questo … di queste parti” la sua voce fu ferma e dura nel pronunciare quelle parole.

D’accordo. Adesso mi dica cosa le sta facendo”

Il ragazzo si guardò in giro, incrociando lo sguardo di sua madre, che aveva gli occhi colmi di lacrime, poi quello di Charlie, che sembrava sul punto di esplodere e infine su Olivia, che pareva tanto spaventata quando in preda all’ira.

Doveva parlare di fronte a loro?

In fondo raccontare in dettaglio cosa stesse subendo non li avrebbe sconvolti molto di più di quanto già non fossero.

Oppure sì?

Mi attacca ad una macchina, con degli elettrodi” cominciò a raccontare, però si rese conto che pure parlare gli stava costando un gran sforzo.

Velocemente si passò una mano sul torace accorgendosi che le costole gli dolevano come due settimane prima.

E poi?” chiese ancora il dottore toccandogli anche lui il petto “Vedo che siamo proprio tornati indietro.

Già” aveva dolore anche alla mandibola.

Mi dica il resto, è importante, così la posso aiutare portando dei medicinali appositi”

Peter sorrise a quelle parole, pensando amaramente che forse l’unica persona che poteva guarirlo, adesso si sentisse ferito e colpevole per la sua fuga.

Attraverso gli elettrodi mi manda delle scariche, che …” quella era la parte più difficile da spiegare.

Che?” quel medico non mollava affatto l’osso.

Per un momento il giovane Bishop incrociò gli occhi verdi della sua donna, stava soffrendo con lui e per lui.

Ha creato un composto usando … usando il mio lato auto-distruttivo” non avrebbe detto altro, tanto era tutto abbastanza chiaro.

Olivia gli si avvicinò, riprendendogli le mani.

Come stai?”

Avrebbe voluto sostenere che stava bene però non amava mentirle.

Male” disse semplicemente sentendo che quel maledetto tremolio non se ne andava.

Anche sua madre si accostò al letto e gli sfiorò una guancia con una lieve carezza.

Ti porto la cena che non hai finito, anzi che non hai neanche iniziato” affermò con la voce incrinata.

Il giovane annuì con un cenno anche se adesso la fame gli era passata.

Charlie, nel frattempo, si era seduto su una sedia e pareva sul punto di vomitare.

Glielo dico onestamente, signor Bishop, ho una gran voglia di andare a sparare al mio capo”

Peter cercò di sorridere a quelle parole, ma gli venne fuori una mezza smorfia, non aveva energie e aveva paura che avrebbe presto ceduto.

Olivia continuava a pensare a quello che lui aveva appena detto.

Adesso capiva tutto.

Capiva ogni cosa.

Poco dopo rientrò Elisabeth con il piatto di tagliolini che il figlio aveva avanzato e che era praticamente intatto.

Ti aiuto a mangiare?” domandò vedendolo tremare

No, ce la faccio” replicò prendendo in mano la forchetta che però gli cadde subito.

Chiuse gli occhi, inspirando profondamente, poi li riaprì e cercò di riprendere in mano la forchetta che cadde di nuovo sulle lenzuola.

Irritato allungò la mano sinistra, provando a stringere la posata, ecco la sentiva, inspirò di nuovo, con molta calma e poi la portò verso il piatto.

Lentamente riuscì a prendere qualche tagliolino, ma non appena provò a girare la forchetta questa gli scivolò ancora dalle dita.

Tenendo gli occhi bassi per non vedere gli sguardi compassionevoli che sicuramente avevano gli altri, ritentò per la quarta volta, solo che il tremolio era così forte che non gli riuscì neanche di impugnarla.

Lacrime di rabbia gli puntellavano gli occhi, serrò le palpebre per non farsi vedere così mentre una mano gentile gli sfiorò la mano sinistra.

Ti aiuto io” mormorò Olivia la cui voce tradiva la collera e il tormento che stava provando.

Non ho … d’accordo” balbettò chinando la testa.

Il suo padre naturale lo aveva ridotto ad una larva umana.

Non era neanche in grado di mangiare da solo.

Per rispetto nei suoi confronti sia il dottore che l’agente Francis uscirono dalla stanza e si rifugiarono in cucina dove il primo lasciò vari medicinali per il giovane Bishop.

Nel frattempo la Dunham aveva iniziato ad imboccare Peter che, con estrema fatica, masticava quella poca pasta che riusciva a mettere in bocca.

Non aveva fame, era nauseato e la voglia di morire la stava ancora facendo da padrone dentro al suo animo.

Terminò la cena solo per compiacere Olivia e sua madre, però non aprì gli occhi perché ormai li aveva pieni di lacrime.

Me accorgo che vuoi piangere sai” fece la ragazza accarezzandogli il viso.

A quel punto si arrese e alzò le palpebre.

Non è ..” provò a dire, ma subito si fermò.

Era una stupida bugia quella che stava per dire.

Una stupida inutile bugia.

Non è vero che non è niente” disse ancora la Dunham.

Lui sorrise o meglio ci provò, ma gli venne di nuovo una smorfia.

Sa fare di meglio di così, signore” bisbigliò lei sfiorandogli le labbra con un tenero bacio “Rivoglio il suo sorriso super sexy”

A quel punto Peter sorrise veramente poi le diede anche lui un piccolo bacio.

Grazie agente Dunham” sussurrò perdendosi nel suo sguardo verde.

Non c’è di che signore. Sono più belli i suoi occhi quando sorride” fece ancora lei.

Siamo in vena di complimenti” rispose allargando il sorriso per poi riprenderle le labbra.

E’ perché non deve mai dimenticare che io la amo” mormorò incorniciandogli il viso tra le mani.

Lo terrò a mente. Ti amo anche io agente” gli stava piacendo quel gioco e in qualche modo stava migliorando il suo umore.

Stia attento che la controllo. So benissimo che è spesso stato tentato di scordarselo soprattutto nelle ultime ore, domani gli chiederò di nuovo se non l’ha dimenticato” disse baciandolo teneramente.

A quelle parole Peter scoppiò a ridere, poi l’abbracciò di slancio anche se il tremolio non se n’era ancora andato.

Non del tutto.

 

10 a.m.

 

Walternate stava guardando il panorama dalla finestra del suo ufficio quando qualcuno bussò

Avanti”

Sentì la porta aprirsi e dei passi famigliari risuonare nella stanza.

Lentamente si voltò incrociando lo sguardo stanco di suo figlio.

Hai vinto. Entrerò nella macchina” rispose semplicemente cercando di nascondere i fremiti che continuavano a squassare il suo corpo martoriato.

Il segretario gli si avvicinò, accarezzandogli il viso.

Mi spiace aver dovuto usare le maniere forti, ma sono felice che tu abbia capito” fece in tono gentile.

Ne sono convinto” replicò con calma Peter posandogli la mano sinistra sulla spalla destra.

Ora vatti a riposare, ti porto a Liberty Island nel pomeriggio” disse Walternate con un caldo sorriso.

Come vuoi” affermò sorridendo il ragazzo.

Ho già dato al medico le istruzioni su come guarirti” dichiarò con tono dispiaciuto.

Molto premuroso da parte tua, papà” il tono di voce del giovane Bishop era incredibilmente calmo.

Parlava con voce bassa e modulata, come se volesse scandire bene le parole.

Sono felice che mi chiami così” e nel dire questo allargò il sorriso.

Lo immagino” non vi era ombra di sarcasmo nelle sue parole.

Sembrava realmente convinto di ciò che diceva.

Ce la fai a stare qui due minuti? Vorrei bere qualcosa insieme” fece premuroso suo padre

Ma certo, papà. Mi fa molto piacere bere qualcosa con te” il sorriso di Peter si allargò e ciò fece molto piacere al segretario che uscì per rientrare poco dopo con una bottiglia di whisky e due bicchieri che subito riempì.

Al nostro progetto” disse con aria serena Walternate.

Al nostro progetto” replicò il giovane facendo tintinnare i due bicchieri.

 

 

4 p.m.

 

Il segretario della difesa e suo figlio erano giunti a Liberty Island da circa dieci minuti ed adesso stavano entrando nel locale dove vi era la macchina.

Il ragazzo indossava una leggera tuta ed era scalzo, sentiva un po’ freddo, ma non più di tanto, sperava solo di fare in fretta perché non era ancora molto sicuro di quello che stava facendo.

Non devi aver paura, figliolo, sarà una cosa indolore per loro” la voce di suo padre era affettuosa e gentile, sembrava che volesse recargli conforto.

Ne sono felice” rispose Peter sorridendogli e parlando sempre a voce bassa.

Era ancora molto stanco e provato.

Salì sul montacarichi quasi zoppicando, tenendo gli occhi bassi e pensando ancora ad una volta a ciò che stava per fare.

Doveva riuscirci.

Altrimenti sarebbe finito per sempre avvolto in quella terribile oscurità.

Un secondo dopo si ritrovò in alto, vicino alla macchina, vi entrò e l’azionò.

 

 

Fine Capitolo 8

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Over There, Liberty Island, 5 p.m.

 

Una grande luce illuminava l’ufficio privato di Walternate, sede del ministero della Difesa, facendo quasi risplendere il pregiato mobilio.

Era un sole forte, quasi accecante che preannunciava in qualche modo l’imminente estate.

Se nelle altre parti dell’edificio c’era un brulicare infinito di gente, l’ufficio del segretario era deserto quasi totalmente.

Vi era infatti una sola persona che si era appisolata sulla scrivania.

Quella persona era proprio Walternate.

L’uomo si svegliò lentamente, coprendosi il volto, infastidito da quell’eccessiva luce poi si guardò in giro spaesato.

Come era finito lì?

L’ultima cosa che rammentava era suo figlio che entrava nella macchina, dopodiché il vuoto.

Allungò la mano verso una brocca d’acqua alla sua sinistra, si riempì il bicchiere e bevve in silenzio.

Si passò una mano sugli occhi provando a ricordare e con molta fatica si alzò andando a tirare giù le imposte.

Quel sole era veramente accecante.

Ancora intontito si avviò verso la porta per provare a chiedere spiegazioni a qualcuno quando con la coda dell’occhio intravide qualcosa.

Uno strano luccichio proveniva dal suo tavolo personale.

Sembrava qualcosa di metallo.

Tornò indietro e lo vide.

Anzi la vide.

Una moneta d’argento da mezzo dollaro.

Dove l’aveva vista l’ultima volta?

La prese in mano e all’improvviso ricordò qualcosa.

Quando lui e Peter erano entrati nella stanza della macchina quest’ultimo si era messo le mani in tasca, tirando fuori quella stessa moneta con cui aveva iniziato a giocarci.

Come un prestigiatore.

Quella era una moneta da prestigiatore.

Suo figlio lo aveva in qualche modo ipnotizzato facendogli vedere una realtà fittizia.

Furente per essersi fatto giocare in questo modo corse di fuori chiamando il colonnello Broyles.

Cosa c’è signor segretario?”

Ho bisogno di tutta la divisione Fringe alla mia villa, presto!”

Mi può dire cosa succede?”

Gli invasori stanno di nuovo rapendo mio figlio, ecco cosa succede” ringhiò in preda all’ira e in quel mentre gli venne un tremendo sospetto.

Corse verso la stanza della macchina, spalancò la porta e la ispezionò da cima a fondo.

Mancava qualcosa.

Sempre più rabbioso tirò un pugno sul tavolo.

Si era fatto fregare proprio bene.

 

Giardino di Villa Bishop, uscita laterale.

 

Un piccolo camioncino attendeva nascosto dagli alberi, con il motore acceso, benché non se ne sentisse il rumore.

Al suo interno vi erano William Bell e Walter Bishop che stava mangiando la quattordicesima liquerizia con aria famelica e con gli occhi colmi di agitazione.

All’interno del giardino vi era intanto un trambusto incredibile: Olivia Dunham e Charlie Francis Alter avevano dato l’allarme all’ingresso principale sostenendo che in mezzo ai paparazzi ci fossero alcuni invasori.

Gli uomini della sicurezza, non rendendosi conto di essersi fatti ingannare, erano corsi in massa verso quella direzione, lasciando campo libero ai due agenti, ad Elisabeth e Peter Bishop, che, nonostante non si sentisse propriamente in forze, correva come un forsennato verso l’uscita laterale sulla sinistra della villa.

Non appena rientrato da Liberty Island aveva dato in mano alla sua compagnia e a Charlie uno strano macchinario, nessuno dei due gli aveva fatto domande, lo avevano aiutato in fretta: per le spiegazioni ci sarebbe stato tempo più avanti.

Una volta arrivati al cancello fu un gioco da ragazzi uscire dalla villa e sgattaiolare verso il furgoncino.

Peter aiutò l’agente Francis ed Olivia a caricarvi ciò che aveva portato dal ministero della difesa anche perché stava cercando di evitare lo sguardo di Walter.

Dopotutto aveva pensato che non si sarebbero più rincontrati.

Lo scienziato, dal canto suo, non appena lo aveva visto, aveva subito notato il pallore cadaverico, gli occhi rossi e vari lividi.

Non potendo trattenersi scese di corsa dal camion e gli si avvicinò.

Peter” provò a dire.

La voce era bassa e tremolante.

Il ragazzo si voltò verso di lui sorridendogli lievemente.

Ciao Walter”

Non sembri molto in forma”

Ho avuto giorni migliori, in effetti. Ne parliamo dopo, vuoi?”

Il dottor Bishop acconsentì, stringendogli con calore la mano sinistra, stretta che Peter ricambiò.

Temo che dovreste andare, adesso” disse Charlie Alter avvicinandosi ai due “Rientreranno presto”

Hai ragione, grazie di tutto, agente Francis” fece Peter allungando la mano verso di lui, ma l’agente lo abbracciò.

Mi raccomando, cerca di tirarti su” in qualche modo si era affezionato a quel ragazzo

Anche perché prima o poi vorrei che mi insegnassi il trucchetto che hai usato con il segretario” aggiunse divertito.

Sarà un piacere Charlie, così ti farò visitare il nostro mondo” affermò quasi commosso il giovane Bishop ricambiando l’abbraccio.

Mamma … io …” fece poi voltandosi verso Elisabeth che scosse il capo.

Vengo con voi”

Che cosa? Sei sicura? E’ il tuo mondo” mormorò il ragazzo stupefatto.

Sei tu il mio mondo, non posso perderti di nuovo dopo averti ritrovato” la donna lo abbracciò e lui annuì.

Andiamo” esclamò risoluto mentre guardava Olivia e Charlie Alter abbracciarsi.

Grazie di tutto amico mio. Come sempre grazie a te me la caverò” sospirò la Dunham.

E io come sempre grazie te. Ora vado a distrarli” replicò il giovane agente tornando verso la villa.

Olivia lo guardò un’ultima volta allontanarsi, poi si voltò verso Peter.

Andiamo a casa” sussurrò dandogli un piccolo bacio in bocca.

Sì” fece il ragazzo salendo insieme a lei ed alla madre sul retro del camioncino mentre Walter, dopo aver chiuso il portone, tornava a sedersi a fianco del suo amico.

William Bell partì velocemente, felice come non mai che quel motore non facesse nessun tipo di rumore, neanche quando accelerava al massimo.

In meno di un’ora furono al teatro dell’opera di New York, dove non c’era anima viva, anche perché Charlie alter, furbescamente, aveva indicato a Broyles e gli altri una direzione sbagliata.

Stava rischiando grosso, lo sapeva, però non se la sentiva di tradire i suoi nuovi amici proprio adesso.

Quando Walternate rientrò alla villa e la trovò desolatamente vuota.

Si sentì mozzare il respiro in gola.

Oltre a suo figlio, stavolta aveva perso anche la sua ex moglie.

 

Teatro dell’opera, New York.

 

Walter, Olivia, Peter, Elisabeth e William era ormai al suo interno dove stavano trafficando con il macchinario preso al laboratorio di Boston di Walternate.

Non ce la faremo mai, Belly” borbottò lo scienziato.

Invece sì” replicò il capo della Massive Dynamic.

Olivia non ha il potere e questo affare non ha abbastanza energia”

Bell gli sorrise bonariamente.

Sarò io la vostra fonte di energia. Ho viaggiato così tante volte tra gli universi che i miei atomi sono pronti a frantumarsi alla prima sollecitazione. Tu mi hai insegnato che abbiamo così tanti atomi quante sono le stelle del cielo”

Walter lo guardò commosso.

Grazie, scusami se ho dubitato di te”

Figurati sei sempre stato più testardo di un mulo con un chiodo fisso in testa”

Il dottor Bishop ridacchiò a quelle parole mentre il capo della Massive Dynamic alzava le mani, allargando lo squarcio verso l’altra dimensione.

Walter, ti ho levato alcuni pezzi del tuo cervello perché me lo avevi chiesto tu. Perché avevi paura di ciò che stavi diventando”

Il suo amico annuì e ormai in lacrime ripeté

Grazie”

Poi William Bell divenne un fascio di luce energetica che trasportò le due donne e i due uomini nel loro mondo.

Un secondo dopo videro apparire la propria dimensione e Broyles, il loro Broyles che li salutava

Bentornati”

 

 

Harvard, laboratorio del Dotto Bishop, tre ore dopo.

 

Mentre Olivia aiutava Elisabeth a familiarizzare con quei luoghi, Walter stava sottoponendo Peter ad un check up completo il tutto con la preziosa collaborazione di Astrid che, quella sera, pareva avere energie infinite.

In quel momento lo scienziato stava esaminando gli occhi del figlio con una piccola pila

Devi dirmi cosa ti fatto, in dettaglio, quella carogna”

Ancora? E’ la decima volta che te lo dico”

In dettaglio figliolo, in dettaglio”

Il giovane Bishop sospirò, però non era irritato, anzi.

Mi ha legato ad un tavolo, mi ha messo degli elettrodi che lanciavano scariche …” cominciò a dire di nuovo il ragazzo ma fu subito interrotto dal padre.

Il composto?” quella domanda era un colpo basso.

Te l’ho detto: nasce dal mio lato auto-distruttivo” replicò Peter sorridendo.

Lato che non pensavo potessi avere” sibilò Walter guardandolo truce.

Neanche io pensavo di averlo, ma quando ho scoperto che qualcuno mi ha raccontato delle balle è venuto fuori” rispose il figlio.

L’agente Farnsworth si avvicinò ai due con un tenero sorriso e poi porse un piattino a Peter.

Uno pari, palla al centro. Ora gli lasci riprendere fiato su, dottore”

Il giovane chinò la testa guardando il contenuto del piatto.

Ancora? E’ la terza fetta Astrid. Stai cercando di uccidermi?” fece divertito e pure rinfrancato da tutte quelle attenzioni.

Mi spiace” affermò l’assistente di suo padre con aria fintamente colpevole “E’ che quando sono nervosa cucino e ho sfornato dolci per una settimana. Torte, muffin, biscotti e li ho anche mangiati tutti” a quelle parole mise il broncio che ebbe il potere di far ridere il giovane Bishop

A proposito, preparati a pagare la fattura della mia liposuzione” disse ancora la donna tra il serio e il faceto guardando con preoccupazione il volto martoriato di quello che ormai considerava un fratello minore.

Scusami se ti ho fatto preoccupare” le disse Peter sorridendo di nuovo.

Non importa, sei tornato adesso, vero?” chiese lei.

Il ragazzo annuì riprendendo a mangiare la torta in silenzio mentre Astrid e Walter si guardarono commossi.

Poco dopo il dottor Bishop si avvicinò di nuovo al figlio, notando una cosa e proprio in quel frangente rientrò Olivia.

Cosa sono quei lividi vicino al collo?” domandò incuriosito.

Non è niente papà, sto bene” fece Peter continuando a mangiare la torta.

Papà?Mi hai chiamato papà…” la voce dello scienziato era poco più di un sussurro.

A quelle parole suo figlio alzò la testa, lo guardò un attimo riflettendo su quello che aveva appena detto.

Sì, credo di averlo fatto. Se hai viaggiato due volte tra gli universi per salvarmi la vita significherà pure qualcosa” mormorò sorridendogli.

Walter gli diede una lieve carezza sul viso troppo emozionato per dire o fare altro.

 

Casa Bishop

 

Walter e Peter avrebbero voluto sistemare Elisabeth nella stanza libera del loro appartamento, ma la donna, temendo di violare la loro intimità famigliare, aveva accettato l’invito di Astrid di stare con lei per qualche giorno.

Non voleva assolutamente diventare invadente, così dopo un lungo ed accorato abbraccio al ritrovato figlio, aveva seguito l’agente Farnsworth a casa sua.

Peter, dopo cena, aveva tentato inutilmente di aiutare il padre a lavare in piatti, ma quello lo aveva spedito a letto ricordandogli il suo stato di convalescente, così quando verso le undici Olivia andò a bussare dai Bishop fu Walter ad aprirgli.

Agente Dunham, che piacere vederti. C’è qualcosa che non va?”

No, beh è che… “ detestava dover fornire spiegazioni sui propri comportamenti.

Oh scusami, hai ragione, vuoi Peter, andiamo su” e senza attendere una replica le fece strada verso la camera del figlio che non stava dormendo, ma provava a rilassarsi leggendo Se incontri per strada Buddha, uccidilo.

Quando sentì aprire la porta il giovane sorrise ai due.

Ciao”

La Dunham entrò, era sua intenzione andarsi a sedere di fianco al compagno, tuttavia la presenza del dottor Bishop la metteva a disagio.

Mettiti pure a letto con Peter, Agente Dunham. Non mi scandalizzo, basta che non lo strapazzi troppo” fece l’uomo intuendo i suoi pensieri.

Non sono moribondo e comunque vogliamo solo dormire” rispose leggermente stizzito il figlio arrossendo lievemente.

E tale rossore aumentò quando si accorse che suo padre continuava a fissargli il collo.

In effetti non sono lividi” affermò infine lo scienziato per poi voltarsi verso Olivia “Complimenti Agente Dunham”

E a quel punto fu Olivia a diventare viola.

Così amate le cose sadomaso. Posso prestarvi i miei manuali”

No, grazie Walter, ne faccio a meno” replicò Peter che se da una parte era veramente imbarazzato dall’altra si sentiva finalmente a casa proprio a causa di quelle discussioni.

Peccato. Comunque anche ai miei tempi lo chiamavano dormire” esclamò con un sorriso da furetto lo scienziato.

Adesso Peter e Olivia lo osservavano come a dire “Te ne vuoi andare?” e così il dottore si decise.

Buona notte ragazzi” sussurrò chiudendo la porta.

Buona notte Walter” fecero in coro i due.

La Dunham attese che i suoi passi si allontanarono, poi si svestì, rimanendo in maglietta e biancheria intima e si infilò nel letto del giovane Bishop che subito l’abbracciò e la baciò.

Senti …” iniziò lei passandogli le mani sulle labbra.

Dimmi …” bisbigliò il ragazzo mordicchiandole le dita.

Ma tu intendevi dormire dormire dormire oppure dormire?” domandò sfiorandogli il volto con una carezza.

La seconda che hai detto, Agente Dunham” fece alle loro spalle la voce del padre di Peter, il quale subito urlò

Walter!!!!!!!!!” e a quel punto lo scienziato se ne andò davvero.

Olivia si avvicinò ancora di più al compagno riprendendo a baciarlo e nel mentre gli sfilò la maglietta.

Lui fece altrettanto perdendosi nelle sue labbra e nel suo volto.

Non appena sentì il seno della ragazza contro il suo torace sussultò, un brivido di piacere e passione.

Sei sicura?” domandò baciandole la punta del naso.

Assolutamente” replicò la giovane dandogli un bacio assai lussurioso e attaccandosi ancora di più al suo petto.

Com’era caldo.

Le sembrava quasi di andare a fuoco.

Immediatamente gli circondò la vita con le braccia.

Tu, piuttosto, te la senti?” chiese studiando quelle cicatrici sul volto dell’amato che sorrise.

Sto bene” mormorò baciandola ancora ed ancora.

Aveva trovato il suo posto.

Il suo posto perfetto.

 

Casa Bishop 2 a.m.

 

Nella piccola villetta a schiera regnavano la quiete e il silenzio così il giovane dai capelli scuri, per non disturbare nessuno, era sceso in punta di piedi, non indossando altro che dei calzoncini e una t-shirt, piuttosto leggeri.

Dopotutto era maggio inoltrato.

Accese la luce del piccolo salotto, poi si andò a sedere sul sofà fissando il camino.

Malgrado continuasse a ripeterlo non stava ancora bene.

Non del tutto.

Il tremore non se n’era andato.

E lui continuava a sentire freddo.

Aveva tenuto stretta Olivia finché aveva potuto, beandosi del suo calore, poi temendo di farle male era sceso.

Ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva quel posto orribile.

Quella specie di antro degli orrori dove era stato torturato per tre notti consecutive.

Sarebbe mai guarito?

Aveva paura di no.

D’improvviso udì dei passi leggeri alle sue spalle, sussultò lievemente, ma quando si voltò e incrociò gli occhi di Walter sorrise.

I suoi occhi erano diversi.

Lui era diverso.

L’uomo, senza dire niente, gli mise il suo cardigan prediletto sulle spalle, subito il ragazzo se lo infilò meglio mentre vide il padre allontanarsi.

Ritornò pochi minuti dopo porgendogli una tazza di cioccolata bollente, Peter sorrise iniziando a berla a piccoli sorsi.

Chiuse gli occhi, sentendo quel bel calore propagarsi dal suo stomaco al resto del corpo.

Rialzò le palpebre e sorrise ancora.

Quando la terminò Walter gli prese la ciotola di mano e la portò in cucina, per poi tornare di nuovo da lui.

Stava tremando ancora, anche se meno di prima.

Con circospezione si avvicinò al figlio e lo abbracciò, Peter chiuse di nuovo gli occhi, lasciandosi cullare da quell’abbraccio mentre ricordi dolorosi gli tormentavano l’animo.

Quelle tre notti.

Quelle terribili tre notti di torture.

Le scariche che straziavano il suo corpo e la sua anima facendogli poco a poco perdere la voglia di vivere.

Di sperare.

Di sognare.

Non voleva più sentirsi così.

Mai più.

E quello che gli aveva fatto più male era che a fargli tutto quello era stato il padre.

No, quell’uomo non meritava l’appellativo di padre.

Si strinse ancora di più a Walter tremando mentre lo scienziato aveva iniziato ad accarezzargli i capelli.

Era Walter suo padre.

L’uomo che in passato gli aveva fatto del male ma aveva saputo dimostrargli di amarlo sopra ogni cosa.

Aveva ragione Olivia.

Quello strambo scienziato dava ogni giorno la vita per lui.

Ecco perché lo avrebbe sempre perdonato per ogni suo errore o debolezza.

Il dottor Bishop, dal canto suo, era assai in pena nel vederlo così, non era da lui.

Non del suo Peter.

Era sempre stato forte.

Adesso sembrava un bimbo impaurito.

Quel maledetto mostro, che osava definirsi padre, lo aveva ridotto così.

Era in parte colpa sua.

Se non gli avesse mentito, Peter non sarebbe scappato e non si sarebbe fatto del male da solo.

In un modo o nell’altro era sempre colpa sua.

Lo strinse ancora di più come per chiedergli perdono, baciandogli la fronte in silenzio.

Il giovane si abbandonò totalmente a quell’abbraccio, sicuro di trovare requie al suo dolore e alla sua anima tormentata.

Nessuno dei due si accorse che Olivia era scesa preoccupata di non sentire rientrare Peter, ma non appena li vide così preferì tornare di sopra, non volendo violare quel loro momento insieme.

Erano padre e figlio.

Avevano diritto a ritrovarsi.

Ancora una volta.

 

Fine Capitolo 9

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Capitolo 10
*** Epilogo ***


Epilogo
 
Boston, Laboratorio del Dottor Bishop, 6 a.m.
Astrid e Walter quella mattina erano arrivati molto presto, non perché ci fosse qualche caso in corso, semplicemente lo scienziato voleva preparare la bevanda preferita del suo Peter compresa di tutti gli ingredienti.
Così il solito cicaleccio tra il dottore e la sua paziente collaboratrice regnava sovrano nei locali del laboratorio e pure nel corridoio di fianco.
Fu proprio mentre i due stavano litigando sull’ultimo ingrediente che qualcuno entrò senza però farsi notare, anzi andandosi a rifugiare nell’angolo più nascosto di quel luogo.
Non si sentiva di parlare con nessuno, voleva solo riprendere famigliarità con quel posto, era stato via diverso tempo, troppo per i suoi gusti.
Avevo deciso lui di andarsene pensando di aver perso tutto e invece non aveva perso niente, quella era ancora casa sua.
Aveva solo bisogno di sentirne l’odore, i rumori, i suoni.
Tutto quanto.
Pensò alla sua festa di compleanno.
Ormai un anno prima.
Alle caramelle che Walter aveva fatto per lui.
Il suo sguardo blu si posò sul piano.
Da quando non suonava?
Da troppo.
Fu tentato di alzarsi per farlo ma poi pensò che sarebbe stato meglio farlo più tardi.
Adesso voleva godersi quella strana quiete.
Voleva sentire suo padre e Astrid parlare.
“Asterix ti ho detto mille volte che questo non va bene!”
La povera agente dell’Fbi brontolò
“Sei impossibile, Walter! E poi io sono Astrid, Astrid, Astrid, lo vuoi capire?”
“E’ la stessa cosa!”
“No, che non lo è! E poi sei sicuro che Peter amerà questo intruglio?”
“Ovviamente e poi dopo gli faremo anche una crema pasticcera!”
“Grande idea, basta che non fai come l’altra volta che quasi rischiavi di metterci dentro le mani sporche di sangue”
Peter sorrise a quelle parole, chinando la testa per non farsi vedere.
Non aveva ancora fatto colazione, però per adesso non aveva molta fame.
“Assolutamente! A proposito … dove hai messo i pancake alle ciliegie che ho fatto per Peter ed Olivia quando arriveranno?”
“Nel solito forno così dopo appena arrivano li scaldiamo e mangiamo insieme”
“Brava cara”
“Non ce la fai proprio a chiamarmi con il mio vero nome, eh?”
Astrid si allontanò verso un angolo buio, tuttavia non vide Peter, anche se gli passò di fianco, il ragazzo era troppo nascosto dall’oscurità tanto che nemmeno quando ripassò si accorse di lui.
“Walter, non abbiamo molto succo da arancia, lo vado a comprare?”
“Più tardi tanto non penso si alzeranno molto presto” e dicendo questo il dottor Bishop fece una risatina.
“Walter, Walter non mi dire che li ha spiati?”
“Certo che no, ma è evidente che ora stanno insieme”
“Davvero? E’ fantastico!”
“Non l’avevi capito Asterisco?”
La sua assistente brontolò
“Astrid, mi chiamo Astrid”
“Ma sì… sì …”
Peter, ancora nascosto nel buio, sorrise.
Era così bella quell’atmosfera.
Non avrebbe mai voluto andarsene.
Non avrebbe mai dovuto andarsene.
Anche perché se avesse ascoltato prima le spiegazioni di suo padre non sarebbe mai finito nelle mani dell’altro.
Chinò la testa rabbrividendo.
Uno strano gelo gli era passato attraverso le ossa.
E quelle scariche.
Anche nell’oscurità poteva vedere le cicatrici che gli avevano lasciato.
Come aveva potuto fargli così male?
Sembrava così felice del suo ritorno.
Ciò gli fece ricordare un altro momento.
“Era un periodo felice. Credevi ancora che tuo padre ti volesse bene”
Strinse i polsi cercando di scacciare quel ricordo.
Suo padre.
Il suo vero padre gli voleva bene davvero.
Aveva attraversato due volte gli universi per salvarlo.
Lo amava sopra ogni cosa.
E questo lo faceva sentire al sicuro.
L’altro non contava niente.
Non avrebbe mai contato niente.
Entrambi gli avevano mentito, ma l’uno per proteggerlo, l’altro per torturarlo.
Scosse la testa cercando di concentrarsi di nuovo sulle voci del laboratorio.
“Walter ho trovato il succo d’arancia, ne ho prese tre confezioni”
“Grazie cara, mettile in frigo. E le caramelle le stai facendo?”
“Anche quelle? Mi sembra troppo!”
“Va bene, quelle no!”
Peter tornò a sorridere e proprio in quel momento Astrid lo notò, avvicinandosi a lui.
Gli prese le mani.
“Tutto bene?”
“Sì”
“Da quando sei qui?”
“Un po’ “
“Stai bene?”
“Direi di sì”
Lei lo scrutò a lungo.
“D’accordo ti lascio stare, quando vuoi c’è la colazione nel forno”
“Grazie”
“No, grazie a te per essere tornato” fece accarezzandogli la guancia.
Lui allargò il sorriso.
“Non hai idea di come sia buio questo posto senza di te”
“Astrid… io”
“Saremo sempre la tua famiglia, sempre. Nessuno potrà cambiare questo”
“Lo so”
Gli diede un piccolo bacio sulla fronte.
“A dopo”
Il giovane chinò il capo, continuando a stare nell’ombra, aveva ancora bisogno di stare da solo e nel contempo di sentire le voci di quel luogo.
Si sentiva avvolto da una strana malinconia.
Forse stava soltanto ritrovando la terra sotto i piedi.
O forse stava mettendo radici e ciò lo spaventava e lo elettrizzava contemporaneamente.
Non era solo quello, lo sapeva.
C’era il bisogno di scacciare via il dolore, l’angoscia di essersi sentito totalmente abbandonato.
Si rendeva drammaticamente conto che non sapeva se avrebbe mai avuto il coraggio di parlarne con qualcuno.
Aveva paura ad aprirsi del tutto anche perché aveva commesso il tragico errore di farlo con la persona sbagliata.
“Non si dicono certe cose agli sconosciuti”
Rabbrividì di nuovo.
Forse quel freddo non se ne sarebbe andato più.
E con esso il ricordo di quelle notti di torture.
Non avrebbe mai dimenticato, lo sapeva.
Scrollò le spalle, osservando suo padre ed Astrid lavorare alacremente per lui.
Il suo cuore avrebbe avuto per sempre delle cicatrici, però era vivo ed aveva di nuovo la sua strampalata famiglia.
Si decise ad alzarsi e farsi vedere.
“Ciao figliolo, finita la meditazione?” chiese lo scienziato fissandolo con aria preoccupata.
“Non ti si può nascondere niente, vero?” replicò con un sorriso affabile Peter.
“Esatto, soprattutto quando sono in ansia per te” fece il dottor Bishop.
“Tu sei sempre in ansia per me. Senti Walter, sbaglio o Astrid aveva parlato di pancake?” domandò il ragazzo continuando a sorridere.
Voleva che non stessero più in pena per lui.
“Sì, li ho preparati io, li trovi nel forno” disse prontamente Walter ricambiando il sorriso.
“Ottimo. C’è dello sciroppo d’acero, vero?” chiese andando a trafficare nel forno a micro-onde.
“Sì e anche una cioccolata calda” disse ancora l’uomo fissandolo in maniera emblematica.
Peter lo guardò per un lungo istante: cosa doveva dire?
Che stava meglio?
Che non sentiva più quel dannato tremore?
Non sarebbe servito a niente.
“Grazie” balbettò abbassando la testa cercando di non far vedere che arrossiva.
Si avviò in silenzio verso il cucinino dove prese la cioccolata, che iniziò subito a bere a lunghe sorsate mente attendeva che i pancake si scaldassero.
Nel frattempo Astrid e Walter si erano scambiati uno sguardo triste.
Peter non stava ancora bene.
Non del tutto.
E anche loro temevano che non sarebbe mai guarito.
Il giovane si sentì subito quegli occhi puntati sulla schiena, ma evitò di voltarsi, si sentiva a disagio e anche un po’ in colpa per la loro preoccupazione.
Avrebbe mai finito di farli star male?
Prese a mangiare i pancake con aria famelica, sedendosi su una sedia vicino all’entrata, in modo da avere sempre le spalle voltate ai due.
Walter non potendone più si avvicinò a lui, posandogli le mani sulle spalle.
“Buoni?”
“Fantastici, grazie… papà” rispose con un tenero sorriso.
Lo scienziato restò qualche minuto senza parole nel sentirsi chiamare così dato che il suo ragazzo lo faceva assai raramente.
“Stai …” provò infine ad iniziare la frase.
“Benissimo. Sul serio” il giovane Bishop era commosso da quelle attenzioni.
“Farò finta di crederci, ma so che non è così” disse suo padre con assoluta semplicità.
“Sto bene, sono a casa, sono con la mia famiglia e il resto passerà da solo” insistette Peter.
“Come vuoi” Walter non se la sentì di insistere. Temeva che avrebbe solo peggiorato le cose.
Dieci minuti dopo il giovane Bishop aveva terminato la colazione e si era messo a girellare per il laboratorio per vedere se c’era qualcosa di nuovo il tutto mentre Astrid e Walter terminavano il loro menù per la festa che avrebbero fatto alla sera.
Fu solo quando Peter si avviò verso l’ufficio del padre che la di lui assistente lo bloccò.
“Ehm no … meglio di no”
“Cosa c’è?”
“E’ in disordine”
Il ragazzo alzò il sopracciglio
“Quando mai è stato in ordine?”
Astrid si mise davanti alla porta
“No, davvero Peter è un disastro, non lavo il pavimento da una settimana”
“Astrid, non mi interessa”
La giovane donna non sapeva più cosa inventarsi anche perché Walter non le stava dando una mano e pareva ancora preso dalla crema pasticcera.
Con assoluta calma Peter la spostò ed entrò nell’ufficio del padre dove, stranamente, regnava un ordine immacolato.
Sbatté le palpebre più volte per cercare di capire perché Astrid gli avesse mentito quando la sua attenzione fu catturata da una piccola cornice di foto.
Stava vedendo male.
Arrossendo violentemente si avvicinò alla scrivania e la prese in mano.
In quella foto c’erano lui stesso ed Olivia che dormivano abbracciati.
Avvampò.
“Walter!!!!!!!”
L’agente Farnsworth si precipitò nella stanza.
“Non è come pensi…”
“E cosa dovrei pensare?” ormai aveva raggiunto la gradazione più scura del rosso e stava passando al viola.
“Beh Walter ha detto che non riusciva a dormire per …” iniziò la donna che stava facendo una fatica enorme a non scoppiare a ridere nel vederlo così imbarazzato.
“Per?”
“Beh … beh temeva si fosse rotto qualcosa nelle tubature”
“Nelle tubature?”
“Sì, sentiva dei cigolii fortissimi”
Peter la fissò come a dire: mi stai prendendo in giro?
Astrid assunse un’aria afflitta
“Ti assicuro voleva chiamare l’idraulico”
“Sì, ok… ma non ho capito cosa c’entra tutto questo con la foto di me ed Olivia”
L’assistente di suo padre sorrise
“Beh poi ha compreso”
Il giovane Bishop aveva ormai gli occhi a fessura.
“Dimmi che non è quello che sto pensando”
Astrid ora aveva assunto un’aria angelicata
“Non so, tu cosa stai pensando?”
In quel mentre entrò Olivia e subito Peter nascose la foto sotto gli appunti di suo padre.
La ragazza avrebbe voluto salutare meglio il suo compagno ma Walter ed Astrid li stavano fissando così si limitò ad un formale saluto
“Ciao Peter” farfugliò terribilmente tesa per quegli sguardi.
“Ciao Olivia” rispose il giovane che stava provando le stesse cose con in più l’imbarazzo per la foto e il discorso con Astrid.
Stufo di quella situazione lanciò ai due impiccioni delle occhiate di fuoco al che finalmente si decisero ad andarsene.
La giovane Dunham corse incontro al compagno e lo baciò con passione.
“Ciao amore” sussurrò perdendosi nei suoi occhi blu.
“Buongiorno, hon” rispose lui baciandole la punta del naso.
Era sempre più bella.
In quel mentre si sentì un urlo disumano
“No, dottore, no, la foto anche di giorno no, basta la registrazione di stanotte”
Per un momento i due fidanzati divennero bianchi come lenzuoli, poi ripresero a baciarsi, troppo presi l’uno dall’altra.
“Non vai ad ucciderlo?” domandò lei sorridendo divertita.
“Più tardi” replicò il giovane con un sorriso un po’ tenero e un po’ diabolico.
 
 
Fine
 

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