Memorie d'un uomo d'altri tempi

di lubitina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Registrazione 1, 9 Agosto 2187. Nessuna perdita. 62esimo giorno dall'Attacco. ***
Capitolo 2: *** Anno 2187, 11 Agosto, Londra. Seconda registrazione ***
Capitolo 3: *** Anno 2187, 15 Agosto, Terza Registrazione. Dieci morti, innumerevoli feriti ***



Capitolo 1
*** Registrazione 1, 9 Agosto 2187. Nessuna perdita. 62esimo giorno dall'Attacco. ***


Spare me the night trampled upon by submission
Amassed within one's own inhibition
Where the only prohibition is love
Spare me the night trampled upon by submission
Amassed within one's own inhibition
Where the only prohibition is love
 

Anno 2187, 9 Agosto. Londra
 
Bip.
 
 
Ciao John.. Sai, mi fa piacere regalarti quella casa. Era un peso. Anche perché qui, sulla Terra, siamo costretti a vivere come poco più che animali.
Mi chiederai come procede, già.
E cosa dovrei risponderti? Male. Ogni giorno ci sono morti, giovani uomini e giovani donne assassinati da mostri. Di che altro si tratta se non mostri? Le truppe dei Razziatori..Cannibali, predatori, mutanti così tremendamente simili a noi.. E le Banshee. Diavolo, ma chi è l’amante della mitologia celtica che ha deciso di chiamarle così? Mostri. Sì,i mostri degli incubi di un bambino. Quelli viscidi, oscuri, lucidi. Tutti zanne e corna. Mani artigliate, andatura cadente.
Non posso negare che mi abbiano fatto paura, la prima volta, John. Avevo già 50 anni suonati, quando ho visto la prima Banshee muoversi lenta verso di me e i miei uomini, altissima, con gli artigli protesi e un dardo biotico davanti a lei. Ed era qui, sulla Terra, sotto quel che rimane del Big Ben. Ho i brividi, ancora, al sol pensiero di quegli occhi sintetici, fissi su di me. Pieni di odio e di rancore. Di desiderio di morire e d’uccidere. 
Ora ne ho quasi 51, John. Ma.. mi sembra che la mia vita sia appena iniziata.
Già. Mi sento giovane. La paura di morire.. è sparita. Beh, sì, ne ho provata. Quando mi guardavo allo specchio, facendomi la barba col rasoio di mio nonno, e vedevo sempre più rughe. E i miei capelli sempre più grigi che restavano sul cuscino la mattina, e Kahlee che mi guardava illuminata dalla luce del mattino. Già stanca anche lei.
Ma ora.. ora. So che ho uno scopo. Che qui, sul campo, finalmente, sono ritornato sulla via. Ed ora, finalmente, gli insegnamenti N7 cominciano a dare i loro frutti. L’esperienza, l’esperienza..perché le ho dato così poco peso, quand’ero giovane e pieno di brufoli? Mi lanciavo in missioni suicide da solo, armato solo di un fuciletto del cazzo, correndo incontro ad orde di turian furiosi in una nave abbordata.
E mi sentivo fiero di me. Perché mi arruolai?
..No aspetta. Sto divagando. Quello deve andare in un’altra registrazione. Ora, qui, ti devo parlare di qualcosa di più importante.
sospiro
Non credo di averne mai parlato a nessuno, tantomeno a Kahlee. È qualcosa di troppo vivido, di troppo reale. E, allo stesso tempo, impossibile.
Ero davvero io, quell’uomo? Me lo chiedo spesso. I ricordi hanno colori troppo intensi, le parole sono ancora fisse nella mia mente come in quei giorni di 35 anni fa. Ogni sensazione è ancora in me, e, ti giuro, John, il cuore mi batte forte.
Ma andiamo con ordine. Sono diventato luogotenente nel 2157,avevo vent’anni e Terra Nova era ancora vergine. Quell’anno, è scoppiata la guerra del primo contatto. Ovviamente, fui mandato al fronte, nel programma N7, all’epoca segreto.
E fu un periodo breve, ma intenso. E ci fu la pace. Ricordo che servivo sotto il capitano Richard Cassius, sulla dreadnought Arkansas e lui..lui odiava gli alieni. Ma questa è un’altra storia.
Cassius era un figlio di puttana americano, senza alcun dubbio. Tanto quanto Hackett. E, di sicuro, hanno usato gli stessi metodi per scalare la gerarchia nell’Esercito dell’Alleanza.  Fatto sta, che divenne, appena finita la guerra, ammiraglio. Probabilmente dovrei sentirmi onorato di aver servito l’umanità agli ordini del primo ammiraglio dell’Esercito dell’Alleanza, ma..non credo sia possibile.
Avevo 22 anni, finita la guerra. Ero diventato un tenente, e, a breve, probabilmente,mi sarebbe stata assegnata una fregata. Diavolo..avevo vinto un sacco di medaglie in quella cazzo di guerra. Dove sono finite? Mah. Probabilmente nel tuo appartamento. Buttale, se le trovi. Non me ne importa più nulla.
Tutto andava a meraviglia. Entrammo sulla Cittadella, e ricordo che quasi svenni per l’emozione, nei giardini del Presidium. Stringemmo contatti con le Asari, i Salarian. Ci meravigliammo di Elcor e Volus. Ci fu quell’affaraccio con i Batarian, in cui avemmo la meglio.. che ridere, ricordo quando vidi il mio primo Hanar, accompagnato dal suo Drell.. Pensai ad un enorme sushi ambulante.
Comunque,beh.. Apparvero i Quarian.
Sai, noi non avevamo mai avuto nessun contatto con loro. Non erano mai entrati nel nostro spazio attorno ad Arturo, e non avevano un’ambasciata sulla Cittadella da secoli. Da quando avevano perso Rannoch.
Qualcuno, un vecchio turian, in un bordello asari dei bassifondi, mi aveva raccontato, mezzo ubriaco, di un grande popolo che viveva in un’enorme flotta vagante. Perché? Perché avevano creato dei robot, e i robot s’erano ribellati, e li avevano quasi sterminati. Tre secoli terrestri prima. Alcuni erano riusciti a scappare.
Indossavano sempre delle tute integrali, diceva. E avevano l’usanza di tenere, maschi e femmine, il viso sempre coperto da una maschera. Vi assomigliano, borbottò davanti a un liquido misterioso bluastro. Lui aveva pensato ad un Quarian rosa mutante, quando mi aveva visto.
E così i Quarian, nella loro flotta malridotta, apparvero. Cassius era l’Ammiraglio, e Anita Goyle, la nostra ambasciatrice all’epoca, organizzò un incontro diplomatico formale, tanto quanto era successo con le altre nazioni della Galassia. Sai, quella donna era un genio. Sapeva gestire la politica con un pugno di ferro, tenendo ogni rapporto in equilibrio perfetto. È solo merito suo se non è mai scoppiata un’altra guerra simile a quella con i turian, e se il problema batarian fu risolto così facilmente.. Mi propose come Spettro, te lo avevo raccontato,no? E Saren sabotò tutto. Ma preferisco non parlarne, il sangue mi ribolle ancora al sol pensiero.
Comunque, incredibilmente, i Quarian accettarono. Ora..qualcosa del genere,non potrebbe mai avvenire. Ma ti dico, erano tempi giovani. E noi eravamo appena apparsi nel panorama galattico, c’era curiosità un po’ ovunque. Perfino loro, riservativi ed autarchici, ne furono influenzati.
 
rumore di passi e di caduta di calcinacci
 
Che diavolo fate? Puntellate quel muro, santo Cielo! Volete proprio farmi incazzare, oggi, eh?
 
Torniamo a noi, prima che mi cada il soffito in testa.. Fu scelto un territorio neutro, cioè la Cittadella, con un pugno di noi, tra cui Goyle, Cassius, il presidente dell’Onu, un cinese di cui francamente non ricordo il nome, tutto fremente sulle sue gambette corte. Cassius scelse la scorta, in caso di improbabili attacchi, da dare ai due: e,ovviamente,ci capitai io, dato che ero il suo specialista. Me lo comunicò dandomi una sonora pacca sulla spalla. Ero un bravo soldato,sai? Disciplinato. Non come te, che non mi hai mai rispettato!
Era il 2165. C’era tensione nell’aria, quel giorno, nella torre del Presidium. Indossavo l’uniforme, e sotto di essa, sentivo il peso della pistola. Cassius era tremendamente emozionato, quell’americano biondo e sorridente, con quella mascella squadrata e gli occhi azzurri da bombardiere. Era la prima nazione che incontrava, formalmente, da quando era Ammiraglio: del resto si era sempre occupata Goyle, donnina di un metro e sessanta e dalla meravigliosa parlantina. Era inglese, del resto. S’era deciso che, per preservare la buona etichetta che avevamo imparato con asari,turian, e salarian, si sarebbe avuto uno scambio di dati sulla storia, le leggi, gli usi ed i costumi di ciascuna razza; da parte degli Umani, un libro in galattico medio, con inclusi script di decifrazione per i nostri primitivi factotum.
Dei Quarian si sarebbe presentato, con una scorta, il Grand’Ammiraglio, di cui sapevamo solo il nome: Lana’Vael. È una donna, aveva suggerito il mio compagno di scorta, dandomi una gomitata. Si chiamava Paul Grey. Se ti interessa, sappi che è morto su Dekuuna: s’era innamorato degli Elcor, a quanto pare, mandando a quel paese tutta una carriera militare in ascesa, e passando la vita con una gravità di 2g e crepando, suppongo, per una caduta.
Io fissavo una fontana, e gli strani, veramente brutti, pesci che vi si agitavano, mentre, probabilmente, nell’atrio e nei giardini echeggiavano i passi leggeri dei Quarian. Ero distratto, e se lo fossi rimasto, sarebbero cambiate molte…cose.
Ascolta bene ciò che ti sto per raccontare, John. Non prendermi per un pazzo.
Quando alzai gli occhi, e la vidi, un turbinio di strani pensieri mi attraversarono la mente. Sentii il respiro mozzarsi. Era lì. Una figura sottile e longilinea, coperta di una tuta aderente di tessuto grigio, meravigliosi alamari rossi e dorati ad ornarla, a far risaltare la curva dolce dei fianchi. Della vita sottile. E sulla testa, un drappo scarlatto. Teneva le mani giunte, sull’addome, ed erano di tre dita. Ma affusolate, delicate: non ferine come quelle delle turian. Eppure,quando guardai più in alto, cercando il suo viso, sentii un tuffo al cuore.
Aveva una maschera, e dalla maschera si intravedevano solo due grandi occhi luminosi. Due occhi da felina, da creatura notturna. Che si posarono su Cassius e gli altri, scorrendoli in rassegna, mentre ancora non parlava. Ed infine, su di me. E sognai, sognai che ci indugiassero.
Beh, io quello sguardo, giuro che me lo porterò nella tomba, John.
La stretta tra le sue mani si sciolse, e allargò le braccia eleganti. La immaginai sorridere, dietro la maschera violetta.
-Salve,-disse infine, e la sua voce mi colpì tramite l’auricolare del factotum. Era dolce, femminile. E così simile a quella di un essere umano. –Parlo a nome del mio popolo, che mi ha eletta Grand’Ammiraglio. Siamo onorati di far conoscenza di un’altra razza senziente, organica, della Galassia, che voi chiamate Via Lattea.
 
Il resto si svolse come da copione. Invidiai le manine grassocce del cinese, che sfiorarono l’arazzo di stoffa divinamente ricamata che lei gli porse. Invidiai Cassius, perché con lei iniziò le trattative per un accordo di non belligeranza. E invidiai Anita, perché lei non poteva e non potrà mai capire cosa vuol dire innamorarsi di un’aliena.
 
 
 
Bravi,bravi. Spostate la scaletta in quell’apertura, dalle feritoie potremo vedere se arrivano truppe e avere tempo di cecchinare… No, Chadwick, non ho l’arteriosclerosi e non sto parlando da solo.. Tu puzzi ancora di latte,però!
 
 
 
E ora mi chiederai se è finita qui. Se il Grand’Ammiraglio della Flotta è sparita per sempre, portandosi dietro la sua aura esotica e il suo mistero. Mi guarderesti, strabuzzeresti gli occhi, mi daresti del coglione. Vedi? Non hai alcun rispetto per i superiori. Sei proprio americano, come quel testa di cazzo di Cassius.
Che dirti, John. Gli anni passarono. Conquistammo e colonizzammo altri pianeti, Terra Nova, Eden Prime, Noveria, Feros (inferno invivibile, a mio parere),Mindoir, Reach, dove nacquero bambini e bambine, compreso il povero Alenko. Le stagioni passarono su ognuno di essi, e la Cittadella continuava ad orbitare silenziosa, e i suoi agglomerati ad ospitare feccia, feccia su feccia, ora anche umana. Andai su Omega. Conobbi il Patriarca, e lo vidi spodestato da Aria T’Loak. Divenni Capitano. Mi assegnarono una fregata. Feci una visitina alla Consorte, tanto per testarne le potenzialità.  Conobbi Kahlee, quella geniale informatica.
Cassius morì in un incidente su Eden Prime. Un treno monorotaia deragliò, investendo in pieno lui e la sua famiglia, che erano lì in visita. Vidi Hackett ascendere, vidi le sue false vittorie e la sua tela di segreti. Ero lì, mentre veniva nominato ammiraglio, e si lisciava la barbetta ancora nera.
L’arazzo, raffigurante Rannoch, è appeso nel museo dell’Alleanza, a Vancouver. E io.. io.. ogni volta che tornavo sulla Terra, passavo lì. E lo guardavo, e pensavo a lei. Alle sue mani delicate che lo stringevano.
Quegli occhi non mi avevano abbandonato nemmeno un istante. Avevo fatto ricerche su di lei,negli archivi della Cittadella: ovviamente non avevo un pass Spettro, dovetti farmi aiutare da quel Salarian che ti ho già nominato, che mi ha salvato da quei batarian incazzati in quel sordido bar. Scoprii che, calcolandolo in anni terrestri, era dieci anni più grande di me e che proveniva da una nave detta Rayya. Che ironia, la stessa di Tali, cara ragazza. Scoprii anche che, stranamente,per un Quarian, era qualcosa di simile ad una biologa, e che lavorava, con la collaborazione di alcuni medici salarian, ad una mutazione inducibile che rendesse il loro sistema immunitario più resistente ed adattabile.
La sognavo ogni notte. Lei era tra le mie braccia, accondiscendente. Ma quando vedevo la sua mano avvicinarsi alla maschera per toglierla, mi svegliavo. Lana’Vael. Ne ero ossessionato. Sapevo che era un comportamento infantile, e folle. Portarmi a letto tutte le puttane asari del mondo, immaginando il suo viso? Ammazzare schiavisti batarian, e alzare gli occhi al cielo sperando di vedere la Flotta? Visitare i Sistemi Terminus, cercando la Rayya?
 Non accettavo in pieno ciò che provavo. Lo consideravo sciocco, improbabile ed impossibile per un uomo del terzo millennio. Pensavo che cose simili avvenissero solamente nei poemi epici del medioevo, nella Gerusalemme Liberata e nelle poesie d’amor cortese. Ginevra e Lancillotto. Eppure la vedevo, davanti a me. La sentivo vicina, la desideravo vicina. Anche se non mi aveva mai rivolto la parola, e, probabilmente, non l’avrebbe mai fatto. John, serbavo questo segreto nel mio cuore, nell’angolo più nascosto. E la sua importanza cresceva sempre più, la malinconia era sempre più profonda. Sentivo la sua mancanza, anche se non l’avevo mai avuta. Anche se era un’aliena, e, per quanto se ne sapeva sui Quarian, poteva perfino assomigliare ad un Vorcha. Ma non me ne rendevo conto. No. Ero in stasi, bloccato. Non sapevo scegliere alcuna via, tra quelle proposte: mi limitavo a seguire il corso degli eventi, a rodermi il fegato per Hackett, a guardare l’ascesa dell’Uomo Misterioso,e ubriacarmi con lo Spettro Salarian nei bassifondi.
Nel 2167 decisi di cercarla. Di contattarla. Sapevo che era ancora Grand’Ammiraglio, anche se Rael’Zorah iniziava ad insidiarla.  Conoscevo un’importante studiosa, un’antropologa di alieni (sono sicuro ci sia una parola adatta, ma non mi sovviene..), molto interessata ai Quarian. Per la loro organizzazione sociale, diceva. Per l’importanza che danno alla collettività, senza perder di vista il singolo. E per la grande importanza che danno al corpo, che è quanto di più segreto e intimo si possa possedere.
Mi era stata assegnata una fregata, la Caroline; direi decisamente inferiore alla Normandy, ma non male. Ero ormai famoso e rispettato nello spazio della Cittadella, tanto da far vociferare una mia elezione a Spettro. Sai com’è andata poi : Anita fu allontanata e al suo posto arrivò Donnel Udina, che suppongo ora stia bruciando all’Inferno.
Comunque, feci contattare la Flotta Migrante dalla mia specialista, che riuscì ad ottenere dei pass di visita sulla Rayya. All’epoca la sicurezza dei Quarian era meno stringente, ed erano concesse più visite; credo che l’irrigidimento ci sia stato dopo l’intrusione di Cerberus.
 John, non puoi immaginare la gioia che provai quando lessi quell’email. L’avrei rivista, forse. Avrei camminato nei suoi stessi corridoi. O, almeno, avrei respirato la sua stessa aria.
La Flotta era nell’ammasso Argos Rho, nella Fascia di Attica. Ricordo quel viaggio, l’attesa, come un tortura.
Ero accanto al mio timoniere, un omaccione tutto il contrario di Joker, quando vidi le navi.
Una Flotta enorme, come non sapevo neppure immaginare: c’erano enormi navi serra sferiche, altre che erano raffinerie d’eezo, altre che erano probabilmente delle città intere. Ed erano tutte, nuove e vecchie, scintillanti e malconce, in perfetta formazione, in orbita attorno a Gorgona, che brillava dorata.
“Dopo aver errato tra gli astri infiniti, sospinto da onde di luce e fitte nebulose, tornerò dove tutto ha avuto inizio”,dicono i Quarian in pellegrinaggio. La Rayya era una grande nave scientifica e popolare, che ospitava circa cinquecentomila Quarian.
Il nostro attracco fu autorizzato dall’IV di bordo,con voce androgina. E attraccammo. Avevo paura, John. Tu non ne avevi? Quello in cui stavo per entrare era l’ambiente della creatura che mi aveva ossessionato per anni, sebbene non mi avesse mai parlato e dubito si ricordasse di me. Un Umano tra i tanti. Forse aveva dimenticato anche Cassius, anche Anita; non ho dubbi riguardo al cinese.
La studiosa era accanto a me, quando si aprì il portellone. Era circolare, grigio,cromato.
Beh, John, è inutile che stia a raccontarti formalità che già conosci: il capitano, un Quarian piuttosto alto e con la tuta ornata di blu, ci accolse e accompagnò a fare il giro della nave, mostrandoci vie, piazze, zone di alloggi, riccamente decorate da drappi ed arazzi multicolore, e indicandoci da lontano i laboratori, probabilmente per evitare contaminazioni.
Lasciammo la donna ad intervistare un gruppo di scienziati ed ingegneri, e ci allontanammo un poco dalla zona laboratori. Sentii il capitano toccarmi un braccio, e la sua mano era fredda. Per un istante, mi fissò intensamente, da dietro  la maschera.
-Ci ricordiamo di te, David Anderson. Eri sulla Cittadella, assieme ad i vostri rappresentanti, anni fa.,- disse con voce calma, ma composta,- Io facevo parte della scorta del Grand’Ammiraglio.
Io sorrisi. Sembravano frasi innocenti. –Sono felice di rincontrarti, allora.
Lui sospirò attraverso l’amplificatore vocale, ed inclinò la testa. –Anche Lana’Vael vorrebbe vederti. Questioni diplomatiche, suppongo.
Fece una breve pausa.-Ti accompagnerò nei suoi alloggi.
Credo mi stesse girando la testa, John. Ero in debito d’ossigeno. Dio, non mi sentivo così neppure quando ero circondato da Turian. I sogni di anni..realizzati. O, c’era, almeno una piccolissima speranza. Lei voleva vedermi..ma se fosse stato solo per formalità burocratiche? No, i Quarian odiavano cose simili. Militari? Ma io non avevo un grado elevato, avrebbero dovuto contattare Hackett, o almeno passare tramite l’ambasciata. Cortesia? Ne dubitavo. Non erano di certo la gente più ospitale della Galassia, e per ottenere quel pass c’erano volute settimane di trattative. La mia mente era un turbinio di pensieri.. e, avevo di nuovo paura. Qualcuno cantava e gridava nella mia testa.
Io riuscii  ad annuire, e seguii il Quarian nei corridoi affollati della nave. Gli sguardi luminosi dei suoi simili erano fissi su di me, e parlottavano tra loro. Vidi dei bambini, con le loro piccole tute, che mi seguivano con lo sguardo,curiosi. E quelli che mi parvero dei vecchi, leggermente più curvi e meno longilinei degli altri. Loro invecchiano, pensai. Non rimangono perfetti fino al giorno della loro morte, come le Asari. Anche lei invecchierà.
-Scusami, capitano,-chiesi educatamente, rivolgendomi alla mia guida,-Non so molto della biologia della vostra specie.. Potrei farti una domanda?
Quello si voltò, guardandomi, stringendo le mani tra loro. -Certo.
-Come..invecchiate?
Scoppiò a ridere in una grassa risata, e mi sentii un verme, John. Con un non so che di cameratesco, mi diede una pacca sulla spalla, e disse: -Disgraziatamente, verso i nostri 130 anni*, chi più chi meno, le facoltà cerebrali iniziano a degenerare, il metabolismo ad intorpidirsi, le ossa diventano più fragili. I muscoli si assottigliano. Siamo più soggetti a malattie genetiche e ad infezioni. E, per vari motivi, si raggiungono gli Antenati. ,- e alzò le spalle, come se fosse un qualcosa di ovvio.
Io mi zittii, e continuammo ad avanzare. Attraversammo non so quante “piazze”, con diramazioni e vicoli che mi ricordarono vagamente Omega, e per qualche ragione, la stazione di Arturo. Non hai idea di quanto fossi emozionato, John. Avevo il cuore in gola, al pensiero di rivedere i suoi occhi.
Infine giungemmo in  una zona in cui parevano esservi appartamenti di lusso, anche se sempre nel limite dell’uguaglianza congenita nei Quarian: cubicoli più grandi, e meno sovraffollamento.
-Eccoci,-annunciò, indicando un portellone ovale,-Vael vas Rayya ti sta aspettando.
Annuii. Gli porsi la mano, e lui scoppiò a ridere, confuso da un’usanza tanto strana. –Arrivederci, Capitano.
Ed entrai.
 
 
 
un barrito violento scuote l’aria
 
Il nostro amico è tornato, a quanto pare! Chadwick, vagli a dire quanto ti è mancato..
 
 
 
Lei era china su di un terminale, e le sue sei dita battevano rapide sulla tastiera olografica. Non riuscii a dare neppure un’occhiata alla stanza, tanto ero concentrato sulla sua figura. Ero al settimo cielo, John. No, non riuscivo a crederlo possibile, d’essere lì, con lei. Comunque la stanza era grande all’incirca come la cabina del capitano della Normandy. Lei sedeva ad una scrivania metallica, graffiata e lisa dall’uso, su cui erano appoggiate enormi quantità di scartoffie, datapad, oggetti difficilmente riconoscibili, strumenti di lavoro. Sul fondo, una minuscola brandina priva di materasso, sopra cui era appeso un grande arazzo scarlatto con ricamate lettere in kelish. La luce era scarsa, come in tutti gli appartamenti dei Quarian. Come poteva quella minuscola stanzina essere la residenza del capo militare e civile di diciassette milioni di  persone? Abbiamo sbagliato tutto, probabilmente, noi umani, John.
Finalmente, lei parve accorgersi di me. Stavo dritto, in piedi, come un manichino imbecille. Emozionato come un bambino.
-Salve, Capitano.
La sua voce era sempre la stessa. Melodiosa, e dolce.
-Salve, Ammiraglio,-riuscii a rispondere,-Ho saputo da Kar’Danna che volevate vedermi.
Lei non rispose subito. Digitò qualcos’altro sul terminale, rimanendo seduta, e distogliendo lo sguardo da me. I riflessi sul drappo che le coprivano la testa mutarono, da argentei a blu scuro.
-Sì. E ho alcune domande da farti, David.,- i suoi occhi luminosi erano piantati su di me. Ero immobilizzato, John.
Deglutii. –Prego..
Si alzò in piedi, portandosi davanti a me. Era vicina, così vicina che potevo intravedere la forma del suo naso, e distinguere le sue iridi luminose. Portò le mani dietro la schiena, e parlò, inflessibile.
-Uno. Perché mi spii? Pensi davvero che ti basti un’autorizzazione Spettro fasulla per essere invisibile ai miei informatici? Siamo i migliori della galassia, ricordalo. Non hackeriamo la Cittadella solamente perché non ce ne verrebbe nulla. E non siamo criminali.
-Due. Chi diavolo sei,e cosa diavolo vuoi,bosh’tet.
E quella parola era carica di disprezzo. Sentii un brivido attraversarmi, mentre parlava, e mi fissava con quegli occhi enormi ed intensi.
-Tre. Se hai qualcosa da dirmi, fallo subito. Altrimenti ti ritroverai una pallottola in quel tuo cranio rosa, e il tuo cadavere vagherà per Argos Rho in eterno. Intesi?
Non riuscivo a pensare ad una frase razionale da pronunciare. Ero paralizzato.
Lei gettò un’ultima occhiata su di me, e si voltò. –Devo dedurre che sei inoffensivo. Sappi che ho indagato su di te. Ti chiami David Anderson, nato sulla Terra in una città di nome Londra, entrato dell’Alleanza, reduce pluridecorato della guerra del Primo Contatto, un tempo specialista dell’Ammiraglio Cassius. Sei stato proposto come Spettro, ma Saren Arterius ha..diciamo, un po’ mescolato le carte. Ora ti è stata assegnata una nave, la Caroline. E sei talmente tanto ignorante in materia informatica da non renderti conto che non stiamo parlando tramite traduttore automatico di factotum, dato che il tuo è disattivato da quando sei entrato in questa stanza.
Deglutii, cercando di recuperare il controllo. Il cuore mi batteva un po’ meno forte. Mi asciugai le mani, sudate, sull’uniforme. Mi sentii tremendamente fuori luogo, con troppe dita, ed impacciato.
-E come faccio a capirVi?
Ero sempre più stupito dalla sua supponenza. Era una Quarian, cielo. Dov’erano finiti la gentilezza, la remissività, l’accortezza? Stava minacciando un ufficiale di uno degli eserciti più grandi della Galassia, e non pareva preoccuparsene.
-Perché ho imparato la tua lingua madre. Elementare, scontata. Strettamente necessari pochi vocaboli. Grammatica rudimentale, alfabeto fin troppo semplice.
Tornò a voltarsi verso di me, e il mio povero cuore mancò un battito, quando i suoi occhi mi colpirono di nuovo. Ero incantato, ogni momento di più, John. Come potevo non esserlo? Chi riuscirebbe a resisterle? Oramai, siete tutti così abituati ad intravedere i loro occhi luminosi dietro la maschera, che non avete neppure più la curiosità di vedere i loro volti. Ma io ce l’avevo ancora. Erano tempi giovani, John.
-Vi ringrazio,-mormorai.
-Allora. Vuoi rispondermi?,- disse, addolcendo la voce, e mi parve che battesse gli occhi, dietro la maschera violetta. Inclinò la testa, incrociò le braccia sul petto. E sai, John.. sono un uomo. E un paio di tette, seppur aliene, sono sempre un paio di tette. Cavolo, avevo solo cori angelici in testa, in quel momento.
-Ecco.. Si trattava di..
Incespicavo. Quei cori non smettevano di cantare.
-Avanti, ti ascolto.
-Ero..Sono..curioso.
Quella strabuzzò gli occhi, e fece un passo indietro, visibilmente stupita.
-Curioso? E di cosa? Di un popolo di vagabondi? Ti ricordiamo gli Ebrei?
Io scossi la testa, energicamente, e sentivo le gocce di sudore scivolarmi sulla fronte.
-No, solamente che siete così simili.. a noi.
E scoppiò a ridere. Come prima, mi sentii un verme. Un lombrico strisciante nella melma.
-Si vede che conosci poco la scienza.. Non vi istruiscono a dovere, nell’N7.
Trasalii. Era un programma segreto.. Come diavolo faceva a conoscerlo?
-Comunque, come tu saprai, dato che ti sei infiltrato negli affari miei, sono una biologa. E sai anche su cosa sto lavorando.
-Sì. È un intento nobile,-mormora, rendendomi conto dopo di quanto apparissi ridicolo.
Rise, di nuovo. Era incantevole, anche quando mi canzonava, palesemente. Quelle braccia delicate, la curva dei fianchi.. Dio, John, quella donna risvegliava in me i pensieri più nascosti ed impuri.
Si avvicinò a me, e mi scostò con delicatezza, avviandosi verso il portellone.
-Facciamo due passi. Anzi, credo proprio che ti mostrerò una nave serra.
Mi guardò, con quegli enormi occhi luminosi. E non riuscivo a pensare a nulla. La Luna, le stelle, Londra e il Big Ben (sì, all’epoca i Razziatori ancora non erano venuti a distruggere ogni cosa che d’inglese è rimasta), il tè delle cinque con i miei genitori, l’N7, Hackett, Cassius bello e morto, il portale di Caronte e un Cain in mano contro una nave turian.. Cos’erano in confronto?

 
Cosa? Ah sì, il nostro amico sta venendo a stringerci la mano? Beh, tengo sempre una pistola nascosta nella manica, in caso di necessità. Chaddy caro,prendi quel cazzo di Firestorm, stasera avremo stufato di Cannibale a cena!

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Capitolo 2
*** Anno 2187, 11 Agosto, Londra. Seconda registrazione ***


…If in some smothering dreams, you too could pace
Behind the wagon that we flung him in,
And watch the white eyes writhing in his face,
His hanging face, like a devil’s sick of sin,
If you could hear, at every jolt, the blood
Come gargling from the froth-corrupted lungs
Bitter as the cud
Of vile, incurable sores on innocent tongues,–
My friend, you would not tell with such high zest
To children ardent for some desperate glory,
The old Lie: Dulce et decorum est
Pro patria mori.

 
 
 
 
 
 
 

Anno 2187, 11 Agosto, Londra
 

Eccomi di nuovo,John.
Allora, cosa vuoi sapere? Niente, cazzo, niente. Perché?
Perché parlo da solo come un vecchio pazzo. Assordato dalle bombe, come quel poveraccio di Wilfred Owen. Ma cosa diamine racconto a te?
Cosa diamine ne vuoi sapere di Owen? Sei un ragazzino, non hai nemmeno trent’anni, ed il livello d’insegnamento nel programma N7 è calato a picco.
E non sei inglese, cazzo. Non sei inglese. La tua conoscenza letteraria si fermerà al massimo a Bukowski e alle sue descrizioni dei culi delle puttane cinquantenni..

 
 
Violento attacco di tosse
 

 
Scusami John. È che qui ogni cosa precipita, sempre più. Credo che respirare polvere di cemento, continuamente, mista a smog e alla merda che i Razziatori hanno fatto evaporare, mi stia facendo male. Sono sempre stato un po’ debole di gola, ma ultimamente sto peggiorando. Non riesco a dormire se non imbottito di medigel. E anche quello sta terminando.
Vorrai sapere com’è la vita al fronte. Beh, tu una vera guerra non l’hai mai vista. No. Tu non hai dovuto sopportare le privazioni su quelle cazzo di carrette volanti nella Guerra del Primo Contatto, campare di brodaglie semiliquide per mesi e mesi, chiudere con le proprie mani le falle nello scafo, o uccidere un alieno coriaceo, giovane quanto te, forte quanto te, a pugni.. e ritrovarsi la pelle spaccata.
Ma.. mi piace. Mi piace. Sì, mi sento vivo. Te l’avevo già detto, o sbaglio?
Anche se qui so che, ogni giorno, ogni minuti, potrò crepare. Dopo tanti anni passati a compilar scartoffie, mi sento di nuovo giovane…
..Nell’attacco dell’altro giorno ne abbiamo persi tre. Tre. Uno, trapassato da parte a parte da una scarica di quei fucili di cui sono dotati i Cannibali.. L’altra, corsa a soccorrerlo, presa in pieno da una scarica biotica di Banshee (mi si ghiaccia il sangue al solo pensiero)..
E l’ultimo, Chadwick. Era andato in ricognizione, con una navetta, dalle parti del Razziatore del Big Ben. E quello lo ha freddato. Non abbiamo trovato neppure il suo cadavere.
È tremendo, John. Dovresti saperlo meglio di chiunque altro, tu. Ma non voglio starti a ricordare cose che probabilmente già ti torturano.. Sei come un figlio per me, te l’ho mai detto? E i padri non girano il coltello nella piaga.
Quindi, scusa l’excursus, e scusa anche i tonfi lontani che si sentiranno, ogni tanto, nella registrazione. I Razziatori stanno bombardando l’area del porto del Tamigi. Curioso, eh? Come nella battaglia d’Inghilterra..
Credi ci invidierebbero i nostri antenati del ‘900, John? Io penso di sì. Siamo una razza superba, nata per vivere sulla lama del rasoio.. Sì, Curchill e Harold Alexander sarebbero stati gioiosi, nel dover fronteggiare potentissimi alieni meccanici a cannonate.
Meglio i Nazisti o i Razziatori, John? Beh, biologicamente parlando, gli scopi di Mengele e dell’Araldo non sono molto diversi. Ne stavo parlando proprio con Chadwick, Dio..
È tremendo. Un giorno ci sei, il giorno dopo non ci sei più.
 
Colpo di tosse
 
Scusa, scusa ancora. Ma è un monologo, no? È un flusso di coscienza.. Parlare mi scarica, l’ha sempre fatto.
Comunque, dovrei riprendere da dove ho lasciato, l’altra volta. Ma è dura. Tutto questo parlare di lei me l’ha riportata alla mente, e mi ritrovo a sognarla quelle poche notti in cui riesco a dormire.
E mi sento in colpa verso  Kahlee. Mi rodo il fegato, mi mordo le unghie come un ragazzino.. Al pensiero di tutto ciò che lei ha fatto per me, gli anni che abbiamo passato insieme, le esperienze condivise. A partire dal thé la mattina, dai datapad di documenti  che mi riordinava, da quella sua desolante disponibilità ad una parola gentile, ad un amore incondizionato, e quei lunghi capelli biondi, che scintillavano come oro alla luce del Sole o di qualunque altra fottuta stella. Con lei.. è andata come è andata. Sono stato, però, immensamente felice del tuo impegno nei confronti della sua Accademia: è un’ottima insegnante e leader, i suoi rampolli non meritavano di esser trucidati dai servetti dell’Uomo Misterioso.
Ecco, un altro curioso personaggio di tutta questa storia.. Ah, John, non ti sembra che gli eventi stiano accelerando? La velocità è sempre maggiore, ci stiamo rapidamente spostando verso il rosso, la Galassia sembra espandersi. Le stelle, quelle poche che si vedono oltre la fuliggine nel cielo, sembrano immensamente lontane. E corrono sempre più veloce. Quanti maledetti mesi sono passati dall’attacco? Forse un paio, forse più. Era la fine della primavera. Tu eri ancora pazzo. Io ero ancora un Ammiraglio pluridecorato che affogava lentamente nella palude limacciosa della burocrazia, ascoltando disattento le notizie del Loro arrivo dal resto della Galassia.
Tutto sta accelerando. Le giornate corrono veloci, la morte smette di essere tale, e rimane solamente come fine delle funzioni vitali. Un cuore che si spegne non è altro che  due braccia in grado di impugnare un’arma in meno. E anche una bocca da sfamare, in meno. Sai cosa di cosa ci siamo ridotti a nutrirci?
..Carogne, John. Carogne trapassate dai nostri proiettili. Carogne la cui base genetica è Krogan, è Turian, è Asari, è Umana.
..La carne delle truppe dei Razziatori non è velenosa, se cotta, dice il medico Salarian. Gli agenti mutageni sono stati del tutto riassorbiti, e gli individui son giunti già a completa maturazione. Sono specie diverse da ciò che erano un tempo. Che sapore hanno? Limaccioso. Di fango, di morte, di putrefazione, di vermi. Eppure, credimi, sembra la manna degli Dei.  
È tutto dannatamente ciclico, John. Ogni cazzo di cosa in quest’Universo è ciclica. Non avevamo , noi Umani, abbandonato millenni fa questo stile di vita? Raccogli quello che trovi, te lo metti in bocca, se hai i conati di vomito vuol dire che non è commestibile. Non avevamo imparato a far crescere le piante? Ad allevare il bestiame? Qualche scienziato del ventunesimo secolo non aveva inventato quelle dannate capsule energetiche?
E ora, se vogliamo sopravvivere, dobbiamo tornare agli albori. Sai della catastrofe di Toba, John? Si dice che, nel 75000 avanti Cristo, più o meno, un enorme vulcano, in Indonesia, esplose. Si ebbe un lunghissimo inverno radioattivo, bagnato da gelide nevi acide; gli oceani ghiacciarono e la vita senziente fu sull’orlo dell’estinzione. Sai quanti esseri umani rimasero, John? Meno di diecimila. Un po’ poco,eh? Eppure..eppure piano piano il Sole ricominciò a sorgere, a sciogliere i ghiacci, a nutrire i semi di piante precedenti a quell’era di morte, e la vita tornò a fiorire. L’Umanità aveva superato quella prova, mentre i Prothean tanto amati dalla tua adorata Asari stavano a guardare da Marte. Dovremmo superare anche questa, John. Non importa se il mio stomaco si dovrà riempire di liquidi delle carogne, o quanti esseri in grado di riprodursi dovranno morire per salvarne altrettanti; e, credimi, non importa se non riuscirai mai a dire alla Quarian quanto tu la ami, perché non potrà mai darti un figlio. E qui, quando sarà finito tutto, l’unica cosa che conterà sarà avere un compagno, o una compagna, e iniziare a sfornare pargoli. Quanti siamo, ora? Cercavamo di fare una stima, qualche giorno fa, col Salarian (perché devono sempre finire a farmi da confidenti, quelle salamandre?). La popolazione della Terra era di undici miliardi. I cadaveri hanno invaso intere nazioni, rendendo gioiosi solo cani e vermi. Un miliardo di persone è morto solamente nel primo attacco. Sulla Cittadella dovevamo essere un paio di milioni. Le colonie, la cui popolazione totale ammontava a meno di cento milioni, sono state del tutto decimate. Terra Nova, in cui i nostri erano quattro milioni, è stata devastata.
Siamo rimasti dieci milioni. E sai con che ritmo i cuori smettono di battere, sulla Terra? 1106 ogni ora. Prima di estinguerci, qui, rimane ancora poco più di un anno, John.
Non esiste solo la nostra resistenza, ma ci sono sparuti gruppetti nascosti in ciò che rimane delle metropoli, delle foreste, delle metropolitane. Sai, molti si sono rifugiati nelle metropolitane, in quei condotti di tre secoli fa, come topi. Alcuni cercano disperatamente i perduti arsenali nucleari della mitica URSS, nel gelo della Siberia. Altri..la maggioranza, a dir la verità, cerca conforto nella Fede. Hanno allestito una cappella, qui, nel campo base di Londra. Quasi tutti i miei uomini vanno lì, almeno una volta al giorno, tentando di pregare, di imitare i nostri antenati, lacrimando in un luogo che forse è sacro, forse non lo è. Chi sono io per dirlo?
Ero l’Ammiraglio David Anderson. Ora, comando un gruppo di disperati, armati di poche armi dai proiettili rubati al nemico, ridotti a nutrirsi del nemico stesso, difendendo strenuamente chi, da qualche parte nella Bolla Locale, sta realizzando il Crucibolo. Chi sono io per decidere ciò che è vero e ciò non lo è, quando le mie dita che stringono una sigaretta non mi sembrano più reali del dio Marte?
Ho bisogno di Lei.
 
 
“Mi aveva scostato con un braccio, con grazia, e, senza guardarmi, aveva aperto il portellone davanti a sé, iniziando a camminare lungo l’intricato corridoio della sua nave. Fissavo, incantato, le sue anche oscillare armonicamente, e il lieve rintocco che producevano i suoi stivali sulla grata che fungeva da pavimento.
-Vuoi seguirmi?,- disse, senza voltarsi, mentre il portellone si chiudeva dietro di me.
Provai il desiderio di annuire, ma ricordai che lei non avrebbe potuto vedermi. –Sì, ammiraglio.
-Chiamami Lana.
-D’accordo, Lana.
Mi affiancai a lei,e , rapidamente, sorpassammo gruppetti di Quarian incuriositi, che probabilmente si recavano nei loro luoghi di occupazione. E sai, John, non mi ero mai accorto di quanto fossero dannatamente multicolori. Ognuno di loro ornava la propria tuta con stupendi tessuti ricamati, alamari, cinture cromate. E in quel corridoio che fungeva da via, sulle pareti c’erano, come alla Cittadella, schermi che proiettavano immagini confuse, eppure sinfonie di colori in perfetta concordanza tra loro. Astratto, astratto e misterioso, come l’alone che circonda quella specie.
Ci guardavano, mentre camminavamo vicini. I loro occhi luminosi erano fissi su di me, da dietro i visori. Forse mi avevano visto in qualche ologiornale, o quelli in pellegrinaggio avevano narrato delle gesta del giovanissimo capitano Anderson dell’Alleanza. Chissà.
-Non staremo dando troppo nell’occhio?,- le chiesi, in un sussurro,senza sperare in una risposta, che però, arrivò.
-Probabilmente sì. Ma la discrezione è una delle migliori doti della nostra specie.
Arrivammo ad una svolta, in cui si aprì una grande sala, dal soffitto estremamente alto, al cui centro si ergeva una colonna di schermi, su cui scorrevano caratteri in quel misterioso alfabeto, alla cui base erano presenti molti terminali, su cui, svariati Quarian, digitavano indaffarati. Altri, datapad in mano, parlottavano tra loro in khelish. Al nostro arrivo, in molti si voltarono, e smisero di cianciare, in un fruscio di veli e ticchettii metallici, e mi ritrovai puntati addosso centinaia di occhi luminosi.
-Che fanno?,-chiesi curioso.
-Esattamente ciò che fanno tutti… Commerciano.
Probabilmente non mi resi conto della mia espressione stupita. –Commerciano..?
-Certo. Credi che non produciamo nulla? Ti ricordo che la maggior parte dei componenti di alta tecnologia informatica proviene da noi.,-rispose con un certo orgoglio, e con un tono che non ammetteva repliche all’ovvietà della cosa. –Ogni grande nave ha una zona come questa, un Q.G. del commercio. E, sappi che costoro sono vincolati da un voto.
La guardai, incuriosito. I suoi occhi erano distanti da me, diretti da qualche parte nella piazza affollata. -Non usare MAI i crediti guadagnati per qualcosa che esuli dalla pubblica utilità.,- alzò una mano, indicando col dito centrale una catasta di oggetti di vario genere, a partire dalle armi fino ad arrivare alle tute, ai terminali, ai tessuti,- Lì è dove gli abitanti della nave lasciano gli oggetti di cui non hanno più bisogno. A chiunque serva, può prenderselo. E, fidati.. Nessuno ha mai il coraggio di rubare nulla.
 Deglutii. Tutto ciò era sensazionale, John. Come potevo immaginare che esistesse un popolo così leale, così altruista, quando i primi alieni che avevo conosciuto erano l’incarnazione degli Spartani? Ero affascinato da tanto ordine, da tanta abnegazione e purezza d’animo. E dall’aliena voce della donna che spiegava, da come la luce bianca dei terminali colpisse il suo visore, e facesse intravedere la forma di un naso e l’incavo degli occhi.
Senza preavviso, ricominciò a camminare, e la seguii. Attraversammo la sala, mentre il suo popolo la guardava, e si inchinava con deferenza al suo leader, lasciandoci passare come un’onda. Sbucammo in un corridoio, e mi resi conto che la temperatura era lievemente salita, che l’aria, che lei non poteva sentire, era carica d’umidità. Mi passai una mano su una guancia, e sentii la mia pelle bagnata, mentre le cromature sui suoi schinieri luccicavano. Il nuovo corridoio era spoglio,  e molte meno persone lo popolavano: sui lati, si aprivano stretti vicoli, probabilmente abitazioni ricavate.
Infine, un portellone piuttosto solido chiudeva il corridoio. Al che, lei si girò verso di me.
-Fa più caldo, vero?
-Beh, sì,-mormorai.
La vidi digitare qualcosa su di un quadro comandi, e la porta si aprì.
John, tu hai visto per davvero Rannoch. Io..no. Non sono mai stato sulla sua superficie. Ma quando entrai, mi resi conto, almeno in parte, di cosa intendessero i Quarian per “giardino cintato”.
La sentii prendermi per un braccio, e con l’altra mano,la vidi fare un ampio gesto, indicando il tutto.
-Ecco il mio più grande regalo al mio popolo, David Anderson.
 
 
 
Si trattava di una foresta, John. E c’era vita, sai? Tanta, tantissima. E solo ora mi rendo conto davvero di cosa potesse significare per quella gente, ora che attorno a me non vedo altro che devastazione, cemento, metallo, ed erba secca. Era un’enorme sala, probabilmente un hangar, di almeno quattrocento metri di lato ed alta attorno ai cinquanta. E credimi, John, alcuni alberi svettavano fino quasi al soffitto. Sentii una vampata d’aria pura di brezza accogliermi, mentre avanzavo lentamente, assieme ad una delicata luce crepuscolare, arancione e dorata.
A terra, sentivo sotto i miei piedi la morbidezza del terreno umido coperto d’erba, che cresceva in morbidi ciuffi. Più in alto, apparivano piccoli arbusti simili a felci, dalle piccole foglie a forma di lancia, come se ne vedono nelle foreste europee; ancora più in alto, alberi alti fino ad altezza d’uomo, carichi di foglie e di frutti dagli strani colori, od ornati da fiori. Ed ancora più in su svettavano, simili a querce, dalla corteccia marrone, coperta di rampicanti, sorretti da enormi radici; suoi poderosi rami, si intravedevano simili ad orchidee. Una delicata pioggerellina mi cadeva addosso, stando sotto quell’enorme chioma multicolore.
-E’ la primaria fonte d’ossigeno di questa nave,-sussurrò Lana nel mio orecchio, e ricordo ancora oggi quel brivido.-Ed è un ecosistema indipendente, che mima del tutto una foresta equatoriale del Pianeta Natale. Noi diamo loro anidride carbonica, acqua, luce, e elementi essenziali, e loro ci riforniscono con cibo ed aria.
Alle sue parole, il cuore prese a battermi all’impazzata, come un adolescente. Probabilmente arrossii, e mi mancò il fiato quando lei mi si piazzò davanti, tenendo tra le mani una grande foglia a forma di stella: -Non noti niente di diverso dal tuo pianeta, David Anderson?
Me ne accorsi solo allora. Le foglie di quelle piante non erano quasi per nulla verdi: erano viola, rosse, alcune quasi nere con striature marroni. Una sinfonia, una meravigliosa accozzaglia di colori totalmente alieni per noi, abituati all’intenso smeraldo della Terra e delle colonie. E l’erba ai miei piedi era viola acceso. Mi chinai ad accarezzare quel tappeto, e la mia mano si macchiò di viola. Solo allora, a quel leggero fruscio, mi accorsi del grande silenzio che regnava lì dentro. Lontano, arrivava solo il ronzio dell’impianto d’areazione, come l’eco di un ricordo. Perché quell’hangar era davvero un frammento del Pianeta Natale, lontano anni luce da esso.
-Perché?,-mormorai. Quel giorno ero curiosamente interessato alla scienza.
-Oh,-fece lei, guardandomi dall’alto in basso,-Beh, Tikkun ha una classe spettrale diversa. Emette prevalentemente nell’infrarosso.. e non sarebbe energeticamente conveniente per le nostre piante utilizzare pigmenti che riflettano il verde. Cosa che, infatti, fanno queste minuscole creature qui,- e mi porse con delicatezza quella foglia, violetta ma screziata di verde. La guardai, ne fissai attentamente tutte le venature, e mi vennero in mente strane immagini che includevano minuscoli fiumi gonfi d’acqua.
-Può tenerla, capitano. ,- disse lentamente, girandosi. –Ti ricorderà la Flotta Migrante.
Non potrei mai dimenticarla, avrei voluto dirle. Ero già cotto come un arrosto di cannibale, dannazione.”
 
 
 
     segnale acustico di chiamata, esplosioni in lontananza
 
Che c’è, Drek? Avete trovato un deposito di medigel e munizioni? Dio benedica la mafia che accumulava roba!
 
    Due ore dopo
 
 
Eccomi, John. È stata un’operazione rapida, un paio d’ore in tutto. Vai, raccogli tutto ciò che puoi, e torni indietro. Facciamo sempre così.. sai, l’Alleanza destina la stragrande maggioranza delle risorse alla flotta, e Hackett ci considera le linee più infime. Le bestie da macello, insomma. Dio, quanto lo odio. Come vorrei che un cazzo di mutante gli staccasse la testa a morsi.
‘Ora la riconosco, Anderson!’,dirai, dopo avermi sentito parlare come un antico cantore. Beh, allora puoi immaginare quanto mi sentissi totalmente estraniato da me stesso alla vista del giardino di Lana, io, che ero un giovanotto abituato a sparare a qualunque cosa si muovesse. A sparare, sottolineo. Perché io so imbracciare un fucile, contrariamente a te, che sai fare solamente le illusioni di mago Merlino.. Comunque, credo che la storia stesse incominciando a piacerti, e sarò magnanimo, continuando a raccontare.
 
 
“Quando lei voltò le spalle, io mi rialzai in piedi, infilando con cura la foglia in tasca. Ce l’ho ancora, sai? È da qualche parte nell’appartamento che ti ho dato, in camera da letto. Non credo che Kahlee abbia mai saputo da dove provenisse. –Grazie,-riuscii a mormorare.
-Di niente, Capitano.
Ero confuso, Shepard. Non capivo cosa volesse quella donna da me. Avevo tentato di tutto per salire a bordo della sua nave, avevo ingannato e dato mazzette, per poi farmi ridere in faccia da lei, nascosta dietro quella maschera, e farmi portare in giro come un fenomeno da baraccone davanti a frotte di suoi simili. Tutti belli, longilinei, colorati e altruisti.
-Dove stiamo andando?,-le chiesi, arrancandole dietro tra le sterpaglie e gli arbusti, e l’erba purpurea che in alcuni punti arrivava alle ginocchia.
-Ad un processo.
-La Rayya ha un tribunale?
-Perché non dovrebbe? Non si tratta dell’Alarei. Hai delle idee piuttosto confuse su di noi, David Anderson.
Probabilmente arrossii,ma cercai di mostrarmi comunque spavaldo.
-Siete un po’ troppo misteriosi, oserei dire.
L’Ammiraglio si fermò, mentre eravamo ad una ventina di metri dal portellone d’uscita. E  mi piantò gli occhi, enormi e luminosissimi, in faccia. La maschera violetta li tingeva di un colore indefinito.  –A nessuno interessa chi siamo, David Anderson. Sai da dove viene il terreno di questo giardino, Umano? ,-disse con fermezza, indicando a terra,- Da una colonia Asari. La Flottiglia era nel sistema di Teyolia, e stavamo scaricando i nuclei in un pianeta disabitato. Fummo intercettati, e pur di cacciarci dall’orbita di Nevos, una loro bosh’tet blu  mi offrì qualunque cosa in cambio. Ancora ricordo lo sguardo pieno di disprezzo nell’olotrasmissione. Io chiesi il terreno di una zona desertica attorno all’equatore. Quella neppure volle sapere cosa dovessimo farcene.
Deglutii. Non mi ero mai accorto dell’indifferenza mista ad insofferenza che circondava i Quarian. Ladri, li chiamavano. E li chiamano così tutt’ora.
-A me interessa.
 
Non so come riuscii a dire quella frase. Davvero, non ne ho la più pallida idea.
Lei non cambiò espressione. La luce dei suoi occhi rimase identica, ma fece un passo di me, e l’erba frusciava sotto i suoi calzari.
-Ma tu sei solo un Umano tra i tanti, David Anderson. Ti ho sorvegliato, come tu hai spiato me. Conosco tutto di te, meno che le vere ragioni di questo tuo attaccamento.
Abbassai lo sguardo, verso un arbusto pieno di bacche rosse. Era piccolo, ma sembrava forte.
-Non lo so neppure io. Sono un soldato nella media, non abbastanza bravo di diventare Ammiraglio, ma non troppo male per non essere un ufficiale. Ho combattuto una guerra, e faccio parte della prima generazione di Umani che ha visto gli Alieni...
E poi mi persi nel vetro della sua maschera scura. Sinceramente, non credo che quelle parole avessero un qualche tipo di fine.. Cosa tentavo di dimostrare? Chi credevo di meravigliare?
Scoppiò a ridere, incrociando le braccia. –E con ciò? Avanti, seguimi, David Anderson.
 
 
Sai, John, ricordo con chiarezza i pensieri che mi vorticavano nel cervello. Non so se conosci la sensazione di essere.. al di fuori di te stesso. Di vedere il tuo corpo vuoto dal di fuori, con tutto quello che ha attaccato addosso: medaglie, gradi, vestiti costosi, gioielli, capelli, braccia, gambe. Lo guardi, eppure non senti alcun tipo di mancanza nei suoi confronti: siete due cose scisse e diverse, che convivono per un qualche tipo di patto silenzioso. Siglato quando? Quando le mani di una donna misteriosa hanno sfiorato le tue? O forse, in quel momento, ti sei accorto di quanto quello fosse fallace? Il mio corpo era lì, con lei, nascosta da strati e strati di tessuti high-tech, ma la mia mente vagava altrove.  Da qualche parte sopra le fronde degli alberi, lontana anni luce dai ricordi della guerra e di Hackett, e tremendamente vicina alla Terra. Sai chi mi ricordava, Lana’Vael vas Rayya? Mia madre.”
 
 
 
Che cazzo vuoi? Non vedi che ho da fare?
   voce maschile confusa fuori campo …”carte”
No, non voglio giocare a carte. Vi straccerei, non ci sarebbe storia. Su, torna a giocare con gli altri bimbi.
 
 
 
 
“Oh, diamine, scusa John. È che mi cercano continuamente, quelli più giovani. Si parlava di genitori, prima,no? Mi fanno sorridere. Comunque.. fammi riordinare le idee. Ecco, ci sono.
Dopo che ebbe pronunciato le ultime parole, accelerò e aprì il portellone. L’aria, immediatamente, divenne più fredda, ed anche il ronzio di sottofondo cambiò: non era più quello del ricambio d’aria, simile a un vento distante, ma quello di macchine vecchie e arrugginite. L’occhio mi cadde su un quadro comando di materiale plastico, su cui i caratteri in khelish erano quasi del tutto cancellati dall’usura. Mi ricordò vagamente la macchina da scrivere del diciannovesimo secolo che mio padre oliava e lucidava con tanta cura, e se ne serviva per comporre quei suoi poemetti così sgradevoli.. E’ un’altra storia, scusami.
-Cosa guardi, David Anderson? ,- chiese lei, rivolgendo un cenno di saluto ad un gruppetto di Quarian ciarlanti e ridacchianti.
-Nulla, Ammiraglio.
Sospirò, i suoi occhi si mossero, e il led della sua maschera s’accese. –Non è vero,-disse con dolcezza,- stai guardando in che condizioni è questa nave. non capisci nulla di meccanica e di ingegneria, ma sai riconoscere qualcosa quando è vecchio e da buttare. Sai una cosa, David Anderson?
Mi si avvicinò di un passo, l’indice puntato verso di me. Sentii un brivido scendermi lungo la schiena.
-Questa nave è stata assemblata dall’ultima generazione di Servitori sul Pianeta Natale. I suoi metalli provengono da miniere del continente australe. Il suo primo Capitano fu Lars Reegar, l’inventore di un’arma che tanto apprezzate, voi dell’Alleanza.. Tanto da rubarne qualcuna. L’Ammiragliato non se ne disferà mai. Il suo viaggio attraverso le stelle è appena cominciato.
-Non sai davvero dar valore alle cose, David Anderson.
John, io ti giuro che la immaginai mordersi le labbra,contrita, dietro quella maledetta maschera. Dio, non so cosa mi trattenne dall’abbracciarla. Mi aveva appena offeso, ma era stata così duramente adorabile nel farlo. La Rayya s’alzava nei cieli di un pianeta lontano.
-E’ un simbolo, -riuscii a dire, ricominciando ad arrancarle dietro, ricevendo spintoni a destra e a manca nell’affollata via.
-E anche molto potente,- disse, sovrastando il vociare della folla, che, effettivamente, era aumentata.
Il corridoio, o meglio, la via, aveva tutta l’aria di esser un’arteria principale che conduceva in un luogo decisamente importante. Cercai di ricordare qualche nozione riguardo l’organizzazione sociale dei Quarian, ma negli archivi della Cittadella se ne diceva ben poco. Inoltre, era anche possibile che l’accorta Lana avesse mandato la sua schiera di informatici a cancellare informazioni troppo, a suo dire, riservate.
Era larga circa una quindicina di metri, e ampi oblò si aprivano verso lo spazio, lasciando intravedere la luce della stella gialla di quel sistema. Molti Quarian, coppie di maschi e femmine, si tenevano per mano, i caschi delle femmine sulle spalle larghe dei maschi, guardando di fuori, fantasticando su chissà cosa. Forse, su come doveva essere il calore di un sole sulla pelle. La luce naturale, non dei neon, si rifletteva in strani giochi sugli alamari cromati delle tute.  Ricordo un’improvvisa che mi invase. A te non successe, John?
Dio, che razza di domande faccio, ad un cazzo di registratore. Ti conosco, so che anche se ti sei sentito morire dentro hai ignorato tutto, sperando, un giorno o l’altro, di togliere tutta la stoffa di dosso a quella poverina.
Sospirai, e lei mi sentì. Mi rivolse un’occhiata enigmatica, e si avvicinò ad una delle vetrate. Quanto sarà stato spesso, quel vetro? E quanto lo sarà stato, quello del suo visore?
Si appoggiò ad una balaustra, sorreggendosi, piegata, l’elmetto con le mani. Un lembo del drappo rosso scivolò in avanti, dondolando piano. Dio, se era incantevole.
-Qualcosa ti turba, David Anderson?
Deglutii. –Nulla.
-Non è vero. Sai, dimentichi sempre che non parli con un’Umana, o con una ragazzetta senza esperienza di vita.
Desistetti. Tutto ciò.. era troppo. Mi morsi le labbra, e le risposi.
-Quelle coppie.. mi mettono tristezza. Ogni cosa, qui, mi mette tristezza.
Si voltò verso di me, la luce dei suoi occhi più intensa che mai. –Perché non sai apprezzare. Imparerai,-rispose, semplicemente.
E l’ovvietà di quelle parole, la profonda verità che contenevano, me la porto dentro ancora adesso. “
 
 
Un’ora dopo
 
 
“Ci sono. Scusa, ma odio dover continuare a parlare a stomaco vuoto. Nel magazzino di prima c’erano anche tavolette energetiche, e ho deciso che ne deve toccare una a testa.
Abbiamo mangiato, lanciato qualche granata M-100 a un gruppetto sparuto di Cannibali, ho scassinato un distributore automatico di sigarette (da quand’è che ho ricominciato a fumare?). Hackett mi ha fatto contattare sulla mia mail di intranet privata da un suo servetto, un certo Gale.
Suppongo tu possa immaginare cosa mi abbia detto. Cosa diavolo stai combinando, John? Far fare guerra ai Quarian, ORA? Sei impazzito? Credi di essere tu quello che orchestra tutto? Il Grande Stratega Orfano?
Non credi di avere problemi più urgenti? Tipo…Thessia? O Cerberus?
Devo lasciar fare a te, però. Ti ho affidato la Normandy.. la Normandy, e non la Caroline. Quella no, non l’avrei mai data a nessuno.
Io.. devo continuare a raccontare. Mi faceva sentire immensamente meglio.”
 
“Presto scoprii dov’erano dirette tutte quelle persone, nella via. Sintonizzai il factotum sul traduttore automatico, che evidentemente Lana aveva riattivato, e cominciai a comprendere il motivo di tante chiacchiere. Si stava per tenere un processo per alto…
-Tradimento,-aveva detto una donna con una vocina flebile, ma piuttosto furiosa.
In pubblica piazza. Beh, più o meno come si usava sulla Terra nei secoli bui, no?, pensai con ironia.
La folla, alla vista di Lana, si spargeva in tutte le direzioni, ma senza mai staccare lo sguardo da lei. Sembrava essere magnetica. La indicavano, parlando tra loro sottovoce, ridacchiando, oppure adirati.
Percorremmo tutto il corridoio, che sembrò allargarsi, fino ad arrivare ad una grande sala. Assomigliava ad un piccolo teatro, ma in metallo, a gradoni, che doveva ospitare il pubblico. Nel mezzo, c’era un banco leggermente rialzato, che ospitava sei figure. erano tutti longilinei, quattro  uomini e due donne. Cercai di individuare qualcosa che assomigliasse al banco imputati: non lo trovai. Davanti al banco del consiglio, però, c’era, sul pavimento, un disco metallico circolare, rosso sangue. Rabbrividii.
E rabbrividii ancora, quando, guardandomi attorno, notai centinaia di occhi luminosi puntati verso di me, e verso l’Ammiraglio.
Occhi accusatori, John.
Un Quarian, più alto degli altri, dai paramenti militari, si avvicinò a noi, a grandi falcate. Alla sua comparsa, si fece il silenzio, e i suoi passi rintoccarono come campane. Dietro di lui, minuscola a confronto, arrancava una piccola figura, forse una bambina. I suoi grandi occhi si posarono timidi su di me, fino ad incontrare i miei.
-Ammiraglio Lana’Vael vas Rayya, sono costretto a prenderla sotto la mia custodia e, in qualità di suo secondo, accusarla di alto tradimento per aver introdotto manufatti di dubbia provenienza all’interno della Flottiglia.
Corpi snelli e forti ci accerchiarono,  e sentii che nulla, quel giorno, stava più andando nel verso giusto.”

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Capitolo 3
*** Anno 2187, 15 Agosto, Terza Registrazione. Dieci morti, innumerevoli feriti ***


Buooona seraaa! infinito ritardo, infiniti esami. Questo capitolo è stato di lunga genesi, tipo un mese.. ma alla fine ho vinto io :D buona lettura, spero che le avventure del povero capitano Anderson siano sempre gradite ^___^

 





Phelbas the Phoenician, a fortnight dead,
Forgot the cry of gulls, and the deep sea swell
And the profit and loss.
A current under sea
Picked his bones in whispers. As he rose and fell
He passed the stages of his age and youth
Entering whirpool.

Gentile or Jew
O you who turn the wheel and look to windward,
Consider Phlebas, who was once handsome and tall as you.

 
Death by Water, T. S. Eliot
 
 
Nasciamo, cresciamo, viviamo, cadiamo e moriamo. Gli astri girano continuamente attorno ad un unico centro, in eterno. Cosa c’è di imprevedibile,nell’Universo? Nulla. Se si hanno le giuste teorie, i modelli esatti, dei computer  abbastanza potenti, degli alieni che ti fanno il favore di lasciarti un po’ d’opere omniae della loro scienza sul pianetino rosso che tu, misero scienziato umano, hai sempre supposto esserti patria.. Cos’è che non può essere previsto?
Cos’è che ora, noi esseri umani, ai nostri attuali livelli scientifici, non possiamo conoscere? Nulla, John. L’universo s’è spalancato ai nostri occhi, ed abbiamo avuto appena trent’anni per immergerci in esso. Ed ora, il Prevedibile per eccellenza ce lo strappa, ci confinerà in frammenti di pietra e di noi non rimarrà altro che “DNA spezzettato destinato a migrare nella polvere interstellare”.
Ed è obbligato. È il nostro obbligato destino, John. E noi, noi miseri fanti e dragoni dispersi su ciò che rimane della Terra, nulla possiamo per modificare tale fato.
 
Rumore di passi, scricchiolii
 
…da piccolo, conoscevo un ragazzino. Era figlio di alcuni amici dei miei genitori, e abbiamo passato pomeriggi interi a giocare assieme a fare la guerra. E, come spesso accade, non ricordo il suo nome.
Era sveglio, vivace, di certo più di me. Ma tendeva all’ossessione. Quando scopriva qualcosa di nuovo, se ne appropriava, lo sfruttava, indagava, se ne nutriva, finchè quel qualcosa non era totalmente esaurito, e,dopodiché se ne stufava, abbandonandolo.
Ciò avveniva con.. con tutto, John, cazzo. Terminali, software, armi giocattolo, libri, videogiochi, sport, oggetti.. ma, soprattutto, con le parole. Quando imparava da qualcuno un vocabolo nuovo, ai suoi occhi curioso, lo sguardo gli si accendeva. E diveniva affamato.
Mi spaventava, in quei momenti, John. Lui spariva da lì, da quel luogo, da quel giardino dove facevamo la guerra, e fuggiva altrove. Dove? Non lo so, John. Nei miei incubi lo vedevo allontanarsi, sorridermi, pronunciare quella dannata parola con gusto, assaporandola, leccandosi le labbra, e..sparire. Dissolversi.
Sai, in uno di quei dannati pomeriggi estivi, pieni d’afa, ricordo di essermi addormentato nel giardino di casa mia, la nostra arena. Sotto un ciliegio in fiore.
E ricordo la sua faccia davanti a me, appena sveglio, con i capelli troppo lunghi che gli ricadevano sulla fronte, giovane e imberbe, e ricordo i suoi occhi. E c’era la fame, in quegli occhi.
Sai che mi disse, John?
Mietitura.” E aveva sorriso, felice.
 
 
Infine, si stufò anche di me. Trovò una scusa per litigare, che sinceramente non ricordo. Ricordo d’esser stato molto triste, come lo può essere un ragazzino di dieci anni.
Quel ragazzino fu trovato morto cinque anni più tardi, col palato trapassato da un colpo di pistola. Rubata al padre. Non ricordo neppure il suo nome, John.
 
Io ti ho visto, sai. Ti ho visto, distrutto da te stesso e dal dolore che da solo sei in grado di causarti. Ho imparato a conoscerti negli anni in cui sono stato il tuo capitano, ed ho ormai capito che è inutile mantenere le distanze. Cosa conta più? Un tozzo di pane o il tuo “lei” rivolto a me? L’esplosione di quei dannati figli di puttana qua fuori, o un pezzo di metallo su una giacca?
Non sei mio pari, questo no. Questo è ovvio. Questo lo sai da te. Io ho vissuto vent’anni più di te, John. Ho visto il mondo quando era ancora giovane, quando non era ancora macchiato e i Razziatori non erano altro che un affresco su un muro. Non avevano ancora promesso di ripulirlo.
Eppure, cazzo.. ripulirlo da cosa, se non dalla vita? Cos’è che, in fondo, ha importanza, se non il bisogno di respirare di ogni essere?
E cos’è che ci tiene qui, che ci spinge a inghiottire pezzi di carne rancida di mutanti?
L’attaccamento alla vita.
Come lo si può negare, John? Come si può arrivare al punto di negarlo?
 
È successo. Si.. si è ucciso. Un.. un ragazzo.
 
Singhiozzo
 
L’abbiamo trovato morto ieri. Steso a terra, nel cortile del condominio che abbiamo occupato, accanto a quello che rimaneva di un ciliegio. Non ha lasciato un biglietto, né un segno. Il suo sguardo era vitreo, perso in qualcosa che non abbiamo ancora visto, vuoto.  Fino a pochi giorni fa sembrava attaccarsi alla sua vita, così giovane, con le unghie e con i denti, sì. Come una bestia feroce. Combatteva, spezzava ossa di cannibali con le sue braccia, sparava, mirava con precisione per non sprecare pallottole. “Grazie, capitano, è lei che mi sta insegnando come rimanere concentrato in un scontro”, mi disse. Non sapevo cosa facesse prima di finire nella Resistenza, prima di mettersi addosso pezzi di corazza raccolti qua e là, e assemblati alla bell’e meglio. Poteva essere un medico, come un ladro, come un soldato.
..Era giovane, John. Più giovane di te. Più giovane di Tali.
Ora…ora è freddo, rigido, ora il suo cranio è fracassato, di lui non rimane che un pezzo di carne sanguinolenta.
E io.. io,John, non conosco il suo nome.”
 
 
Shell shock. Sì, si chiama shell shock. Quando l’orrore ti sovrasta, quando si perde la speranza che esso finisca, che l’onda finalmente ti superi, o che ti abbatta; quando si è nell’eterno limbo dell’incertezza, quando una pallottola andata a segno non supera il significato di un colpo sbagliato, è lì, che si inizia a morire. Lì, in quello stretto spazio, quella rossa linea di demarcazione fra la follia e l’abnegazione. Lì giace il senso di ogni cosa.
Ed è per questo che lui è morto.
Ed è per questo che tu morirai, John.
Ed è per questo che io non morirò. Non ancora. Perché ho qualcosa per cui combattere. Perché ho ancora fame.
Ascoltami, figlio di puttana. Non devi mollare. L’ho visto, il tuo sguardo, in quella cazzo di olochiamata. Ti ho visto, sei vuoto e freddo come quel ragazzo sul terreno. Ti stai perdendo. Stai perdendo il senso, stai varcando la linea rossa. Ogni cosa perde significato, e non distingui più tra una pallottola andata a segno ed una che ha colpito te. Il dolore non fa più tanto male.
Eppure hai lei, pezzo di merda. Hai lei. Hai la cosa più bella e preziosa che un Dio, se c’è, potesse concederti. È per lei che devi combattere, te lo ripeterò per sempre. Perché è la parte migliore di te, anche se sotto quella maschera potrebbe essere un mostro. Se c’è una luce nella tua schifosa vita d’egoista, è lei.
So che sembra che l’onda non debba passare mai, che il mare sia infinito. Come pensi che ci si senta,qui, in trincea? Ogni giorno, ogni fottuto giorno, la stessa identica scena. Arrivano, da lontano, urlando, i Mietitori. Appaiono nella nebbia come draghi cavalcati da cavalieri dell’Apocalisse. Con quelle loro dannate ali alzano la polvere, che ci investe. Gridano, come avvoltoi. E li lasciano cadere, con un tonfo assordante.
Cannibali, mutanti, predatori, così simili ai turian che mi sembra di esser tornato giovane. Bruti, alti più di tre metri, pronti a stringerti tra le zanne. Banshee, grottesche caricature delle creature che erano un tempo, maschere d’una follia e di una disperazione infinita, desiderose di stringerti nel loro abbraccio finale.
Hanno fame, John. Loro.. quel che rimane delle  loro menti, quel poco che resta ancora di coscienza nel cranio deforme di un mutante, lotta per sopravvivere. Quando stritolo il loro fragile collo tra le mani, urlano. Si dibattono. Piangono. Sì, piangono come bestie ferite, gridando con ferocia. Perché loro, così orrendamente semplificati e ridotti dall’orrore dei Razziatori, sono coscienti che, in fondo, l’ultima cosa che conta, è la Vita.
Tu, tu e quel ragazzo, avevate tutto. Avete ancora tutto,e nulla, nulla, se non una pallottola in bocca potrà strapparvelo. Impara a gestire la fame. Impara a non saziarti mai.
E lei, lei guardala in quegli occhi, cazzo. E se devi perderti in un mare, se devi affogare in qualcosa, affoga in lei. Dille che la ami, dimostraglielo. Perché, cos’altro è che muove ogni cosa, cos’è che ha impedito ai Razziatori di annientare, nelle ere, la vita organica, se non l’amore?
 
 
 
Ripresa registrazione circa mezz’ora dopo.
 
 
 
Inutile starci a girare intorno. Devo raccontare, devo ricordare.
 
Sì, eravamo accerchiati. In quel tribunale, in quella pubblica piazza da esecuzione, i Quarian ci avevano circondati. E quell’uomo, alto e impettito, mi fissava sprezzante con quegli occhi luminosi nascosti, e quella cosina minuscola nascosta dietro di lui, attaccata agli schinieri. Teneva le braccia incrociate, lasciando intravedere le mani con tre dita. Rael’Zorah aveva qualcosa di statuario, John, di monumentale, tanto da intimidirmi. È un peccato tu non l’abbia conosciuto.
Avvertivo indistintamente la presenza di Lana, lì vicino, immobile.
Sai, John.. l’aria era piena di sospiri. Sì, l’amplificatore vocale dei Quarian rende rumoroso il loro respiro, come probabilmente saprai. E.. tutti quegli sguardi addosso, quelle migliaia di occhi luminosi fissi su di me.. Dio, ancora rabbrividisco al solo pensiero.
Mi girai, cercando Lana con lo sguardo, cercando rassicurazione. Nonostante fosse un po’ più bassa di lui, era magnifica in suo confronto. Oh, John.. Come rimpiango, quei momenti, gli istanti di quella giornata, rapidi ma così pieni di significato.. Come rimpiango poterla ammirare quand’era ancora giovane e volenterosa, piena di sogni e di idee. Tanto quanto lo ero io. Capii dopo perché mi avesse portato lì, perché sapesse fin dall’inizio cosa sarebbe accaduto quel giorno, troppo pieno di coincidenze.
Zorah, in silenzio, era andato a sedersi dietro lo scranno, nella posizione, presumibilmente, occupata dal presidente della giuria, l’unica libera. I suoi passi sovrastarono i sospiri. La bambina era sparita, nascostasi chissà dove.
Appena si sedette, il silenzio si fece ancora più profondo e cupo. Ricordò che appoggiò le braccia sulla superficie dello scranno, e tornò a guardare intensamente Lana. Infine, parlò.
-Grand’Ammiraglio Lana’Vael vas Rayya, sei qui in presenza di questa corte per essere giudicata riguardo alla tua accusa di alto tradimento.
Lana rimaneva in silenzio, braccia conserte. Io, finalmente, trovai il coraggio di guardarmi attorno, e mi resi conto d’essere solo con lei nel centro della piazza, e che i nostri piedi poggiavano sul tremendo cerchio metallico rosso sangue. Deglutii, e indietreggiai, confondendomi con la folla. Avvertivo gli sguardi incuriositi di quarian grandi e piccoli, che, forse, in vita loro, non avevano mai visto un umano.
E mi sentii invadere dal senso di colpa, John. L’avevo cercata per anni, solamente per poter passare qualche ora con lei. Qualche ora, che si era tramutata in uno sbaglio, un tremendo sbaglio. Una serie di coincidenza fortuite, o meno, s’era accavallata, ed ora ero lì. Nascosto, disperso tra la sua gente, la stessa gente che la accusava di qualcosa che io, ero certo, nel mio cuore, lei avesse fatto in buona fede. Perché? Perché la ammiravo morbosamente. Ma non ero in grado di proteggerla.
La vidi annuire lentamente, con serietà, pesantezza. Come se sapesse che era esattamente ciò che meritava. E che lì, in realtà, la sua innocenza sarebbe stata solamente una sconfitta per l’Ammiragliato.
Rael tornò a parlare.
-Sei accusata di aver introdotto nella Flotta della tecnologia d’origine presumibilmente Geth,o ad ogni modo in possesso di quest’ultimi, e di aver utilizzato tale tecnologia per alcuni scopi totalmente immorali, senza informare il Consiglio in merito. Il Capitano Kar’Danna è già stato informato, ed è ricorso al suo diritto, rifiutandosi di difendere un membro dell’equipaggio della sua nave.
E ogni parola era come una pallottola. Parlava con durezza, ciecamente convinto di essere nella ragione. Ascoltavo, e non comprendevo. No, John, ero troppo confuso per essere curioso, troppo triste per osar proferir parola. E gli occhi, gli occhi degli altri ammiragli. Come pietre roventi.
All’improvviso, Lana rise. Sì, rise. cristallina, eppure amara, e mosse un passo verso la Corte.
-La Corte possiede delle prove a mio carico? Se è sì, devo dedurre che, nel mio gruppo di ricerca, ci sono stati dei traditori. Che, dovrebbero, essere presenti come testimoni, o sbaglio, Ammiraglio Zorah?
E fu come una stoccata, John. I membri della corte gesticolarono nervosamente, parlando col vicino, mentre Rael distoglieva lo sguardo, posandolo sul proprio factotum. Digitando qualcosa con le tre dita. Un vociare sommesso si alzò nella sala.
-Vael ha ragione. Ha diritto a conoscere coloro che, ravvedutisi, hanno consegnato il materiale sospetto all’Ammiragliato. Ho appena provveduto a convocare l’interessato.
All’improvviso, sentii dei movimenti convulsi e fruscii di veli, alla mia destra. Deglutii, e mi voltai. E vidi un Quarian, maschio, piuttosto basso (forse mi arrivava alla spalla), esageratamente esile perfino per la sua specie, scalpitare ed alzare le braccia, nel tentativo di farsi vedere da.. da chi? Guardava qualche metro più avanti, oltre le teste che lo sovrastavano, fisso in un punto sullo scranno. E in un istante compresi ogni cosa.
Quel figlio di puttana. Quel misero figlio di puttana con quella tuta malconcia e le gambe storte… Era stato lui a tradirla,John!
 
Tonfo, come di un pugno
 
 
Sai, John, difficilmente perdo la calma. Sai come tendo ad agire in situazioni in cui i miei nervi sono messi a dura prova; non ho mai messo le mani al collo di  Udina in due anni, anche se ne ho spesso avuto voglia. Ma in quel momento il mio cervello mandava impulsi confusi, che erano composti solo di violenza, pugni sulla maschera, e pallottole. Lo vedevo davanti a me, saltellare come un coglione, soddisfatto del suo operato e impaziente di testimoniare, e mi infuriavo ancora di più. Come si chiamava? Non lo sapevo, ancora. Come aveva avuto il coraggio di tradirla, di consegnare il lavoro di una vita al Nemico? A quello stronzo di Zorah, accecato dall’ambizione e dal livore? Oh, John. Tu avresti reagito allo stesso modo.
Rapido, lo presi per il collo, e sentii le placche di metallo piegarsi sotto la mia stretta. E sentii il suo respiro farsi mozzo, amplificato dal respiratore.
Attorno a noi si fece il vuoto, e ne fui grato ai Quarian. Mentre quello si dibatteva attorno al mio braccio, cercando di allontanarmi con le sue braccia deboli, lo trascinavo. Le gambe gli cedettero, e strusciavano a terra come vermi. Teneva le mani attorno alla mia, nel tentativo di far passare più aria nel suo dannato collo. Lo trascinai come si fa con un ladro.
Guardai negli occhi Zorah, inespressivo, e sentivo su di me lo sguardo di Lana. Non so se compiaciuto o furioso.
E lanciai il quarian accanto a lei, ai piedi della Corte, come una bestia.
Quello tossì a lungo, ancora inginocchiato a terra, mentre nella piazza regnava il silenzio più assoluto, disturbato solo dai respiri affannosi degli agitati.
Io feci qualche passo in avanti, affiancandola, e rimasi immobile. Avevo il cervello svuotato, John. L’ira mi aveva accecato, e ora dovevo render conto di quell’azione alla stessa corte che stava per giudicare lei. E sentii, infatti, il suo sguardo su di me, silenzioso.. ma simile ad  una carezza. Mi voltai verso di lei, e vidi i suoi grandi occhi luminosi dietro la maschera, scrutarmi divertiti, ma senza ironia. Forse sorrideva, chissà. Ad ogni modo, in quella luce, ogni senso di colpa scomparve come era arrivato. Ero innamorato perso, John. E tremendamente felice.
 
 
Cazzo, sta piovendo. Da quanto era che non pioveva? E’ acida, Dares?
Risponde una voce rapida, parole poco scandite e senza articoli.
No? Ah, menomale. Hai già detto ai ragazzi di riempire le cisterne sul tetto? In ogni caso, mandali a recuperare anche delle tavolette disinfettanti in quel deposito che abbiamo scoperto l’altro giorno..
 
 
Zorah parlottava con un Ammiraglio alla sua destra, il cui nome era presumibilmente scritto su una targhetta, in caratteri incomprensibili. Sembrava anziano. Era curvo, i suoi movimenti erano poco fluidi.
Dovrebbero mandarlo in pensione, pensai. Ero giovane, non immaginavo che potesse esserci saggezza in chi è vissuto più a lungo di te; mi sembrava solamente un mucchio d’ossa e carne vecchia.
Nel frattempo, il traditore era riuscito a rimettersi in piedi, e i suoi occhi luminosi evitavano con cura Lana. Infine, Zorah smise di consigliarsi col vecchio, e si rivolse a noi, dall’alto del suo scranno. Il led del suo factotum lampeggiava, i suoi occhi erano ridotti a fessure.
E fece un ampio gesto con la mano con tre dita, che assomigliava ad un invito.
Avevo già capito ogni cosa, John. Aveva chiamato la sicurezza, quel figlio di puttana. Ed ora, sentivo mani fredde come ferro e braccia forti afferrarmi e accerchiarmi, e udivo il ticchettio le armi d’ordinanza dei Vigilanti ad ogni mio movimento. Carabine Reegar e pistole pesanti. Mi dibattevo, cercando di liberarmi. Ma sapevo che era inutile.
La mia mente era tornata ad essere vuota, e quella nave, quegli Alieni, parevano appartenere ad un incubo distorto e confuso, in cui nascevano e morivano mostri. Vedevo Lana, di fronte a me, guardarmi impassibile. Cosa pensava, cazzo? E cosa diamine ci facevo, lì?
Ero stato un idiota, John. Ero un idiota, ed era l’unica cosa che riuscivo a pensare mentre quelle mani e quelle braccia si chiudevano sulle mie.
-Capitano David Anderson dell’Alleanza, so che eri in visita diplomatica, e sono contrito per i provvedimenti che sono stato costretto a prendere. Ma qui non valgono le vostre regole,- e dicendo ciò, aveva teatralmente intrecciato le dita,- Un cittadino è un compagno, è un alleato, mai un nemico. Tra di noi c’è lealtà, c’è altruismo. Tutti si rendono utili per la collettività. E individui come te verrebbero presto espulsi dalla Flotta, se non Riformati.
Di scatto, si alzò in piedi, e la folla parve inchinarsi al suo cospetto. Quell’uomo, già imponente, pareva un’enorme statua. Nella piazza, neppure un sussurro volava.
-Non vedi l’ordine, David Anderson? Non noti la precisione e l’accuratezza di ogni angolo di questa nave? Credi che siamo sopravvissuti tre secoli grazie alle lotte interne e agli individui violenti? No. L’ordine e la precisione, l’esatta previsione di ogni evento futuro, ci hanno salvato. Ed è così che deve funzionare. Ed i rivoluzionari,come ne avete voi Alieni, o come ne esistono sulla Cittadella, qui, non hanno futuro.
Tornò a sedersi, e feci un sospiro di sollievo.
-Sai perché, David Anderson? Perché questa è la migliore delle organizzazioni possibili. Ed è per questo che evitiamo che alieni vengano in visita. Per evitare questi.. spiacevoli incidenti. Keelah se’lai.
Concluse, allargando le braccia, in un ironico abbraccio. E fui certo che sorridesse mellifluo dietro la maschera.
 
Tentai di guardarmi attorno, e a pochi centimetri dalle mie spalle trovai maschere, dietro cui si intravedevano solo luci di occhi e ombre di lineamenti misteriosi, ma mascolini. Sì, le guardie che mi trattenevano erano sicuramente degli uomini. Silenziosi e ubbidienti come robot.
E compresi una cosa, in quel momento, John. L’avevo già intravista negli occhi tristi e malinconici della creaturina che si nascondeva dietro gli schinieri di Zorah, ma ora era una certezza, contenuta negli sguardi muti di quei soldati, nella riverenza e nel silenzio del popolo della Rayya dinnanzi all’Ammiraglio.
Se la libertà, tra i Quarian, c’era davvero mai stata su Rannoch, di certo i Geth l’avevano spazzata via, assieme a quasi la totalità della popolazione organica del pianeta.
 
E allora intervenne Lana, a schiodarmi dai miei pensieri confusi. La realtà, piano piano, stava tornando ad impossessarsi di quella dannata nave, e stavo uscendo dall’incubo. Dio, come avrei voluto avere un cazzo di Avenger in mano.
-Bel discorso, Rael, i miei complimenti. Possiamo riprendere?,-disse, con astio contenuto, alla corte.
O alla farsa quale è.
Il vecchio al fianco di Zorah si alzò. E mentre la vaga gobba andava disegnandosi sulla schiena, così fuori luogo in un corpo invisibile e reso eternamente giovane da quella tuta cromata di rosso, prese a parlare. Deglutii.
-Ammiraglio Lana’Vael vas Rayya, nar Turalun, sei accusata di aver introdotto nella Flotta materiale di origine Geth attivo e potenzialmente pericoloso per l’intera popolazione non solo di questo vascello, ma di tutta la Flottiglia, e di aver lavorato su una possibile applicazione di tale materiale a delle cavie Quarian offertesi volontarie. La sperimentazione genetica è vietata dai tempi del Pianeta Natale, ratificata dalla terza legge del Venerabile Toran’Reegar del continente meridionale.
 
All’improvviso, mi accorsi di avere una tremenda sete. Stupidamente, realizzai di invidiare il sistema di recupero dei fluidi integrato nelle tute ambientali. Tu non l’hai mai invidiato a Tali, John, durante una battaglia? Ma a ripensarci, credo che bere l’acqua distillata del proprio piscio non sia il  massimo.
 
Voce maschile distante
 
..Piscio? Chi ha detto piscio? Beviamo piscio dei Razziatori ogni maledetto giorno!
 
 
Il vecchio gettò una rapida occhiata a Lana, che, impassibile, teneva le braccia conserte. Fece un passo verso la corte, e dalla posizione in cui ero, non riuscii più a vedere la sua maschera. Ma solo la sua figura longilinea e snella. Ero certo che, in un modo o nell’altro,ne sarebbe uscita. Perché era innocente, John. Innocente.
-Intendo ricorrere al mio diritto di interrogare il testimone Malar’Danna vas Rayya.,-aveva detto allora, categorica, senza cambiare posizione.
-Bene,-rispose il vecchio, e il led del suo amplificatore vocale si illuminò brevemente, mentre intrecciava le mani sullo scranno.
Dalla Folla,apparvero altre guardie, tre. Anonime, e per la prima volta notai la loro uniforme. La tuta era totalmente nera, e pesanti rinforzi di materiale metallico erano presenti sulle spalle e sui polpacci. Ciascuno di loro aveva una cartucciera attorno alla vita, da cui spuntavano caricatori di clip termiche e qualcosa di simile a delle granate. E dietro il vetro violetto, i soliti grandi occhi luminosi dei Quarian.
Ordinati, accerchiarono, a protezione, Malar’Danna, che pareva malfermo sulle sue gambe storte.
La vidi fare un passo verso quello, e le guardie portare, automaticamente e contemporaneamente, una mano alla pistola pesante che portavano appesa alla vita. Soldatini meravigliosamente ammaestrati.
-Cosa hai detto e a chi, Malar?,- chiese allora lei, calma.
La presa di una delle guardie alla mia destra andava allentandosi, la stretta delle sue sei dita più debole. Si stava distraendo. Non era poi così ben addestrato, quei figlio di puttana vestito di nero.
Malar scoppiò in una risata isterica. Nella piazza silenziosa, centinaia di occhi si posarono su di lui, incuriositi. –Ho consegnato l’intero archivio, ammiraglio, a Rael Zorah in persona.
C’era un malcelato orgoglio nella sua voce. E prese a torcersi nervosamente le mani. Ebbi voglia di prenderlo a schiaffi.
Lana sospirò, spostando il peso da una gamba all’altra.
-E per quale motivo, Malar?
Quello sghignazzò, immotivatamente. Mi si torcono ancora le viscere a ripensare a quel suono.  –Ciò che stavamo facendo stava diventando pericoloso, mio ammiraglio.. ,- disse in un sussurro gracchiante, -Non saremmo più riusciti a contenerlo..
Lana, all’improvviso, si voltò a guardarmi, come a controllare che fossi ancora lì. –Di quale soggetto stai parlando, in particolare?,- disse infine, tornando a guardare il Quarian.
Fece un passo in avanti, verso di lei. Alzò il dito centrale, della mano sinistra, davanti al visore. E mormorò una sola parola: -Il sette.
 
 
Con uno strattone, riuscii a liberarmi dal Quarian di destra, il cui sguardo era fisso su Danna. Eppure, quel figlio di puttana ci mise poco ad abbrancarmi di nuovo. Credo di aver grugnito di rabbia, e di aver sputato un notevole quantitativo di saliva sul suo visore. Ancora lo vedo, pulire il vetro col palmo della mano libera. E ancora vedo la mia faccia incazzata riflettervisi.
Tornai a guardare lo scranno. Il vecchio si stava consultando con una donna, che fino ad allora era apparsa calma e silenziosa, nella sua tuta verde brillante. Dopo qualche momento, si rivolse a Zorah, al quale disse piano, qualcosa. Il Quarian annuiva. Cazzo, non riesco a dispiacermi per la mesta fine che ha fatto.
Fatto ciò, Zorah prese a digitare qualcosa sull’olo tastiera del factotum.
 Quando rialzò lo sguardo, e i suoi occhi luminosi incontrarono quelli delle centinaia di persone lì riunite, nella piazza silenziosa esplose un colpo di pistola.
Ne seguì un altro.
E un altro ancora.
E furono cento, mille, infine.
E assieme ad essi, un flebile grido strozzato. Già pareva di sentire il sangue scorrere sul pavimento metallico. Lana gridò con ferocia, voltando le spalle alla Corte. Alzò le braccia, corse tra essa. La vidi sparire tra corpi ammassati l’uno contro l’altro.
Chiusi gli occhi, e smisi, per un istante, di tendere i muscoli. Cercai di ignorare le grida disperate. Quelle guardie non mi avrebbero mollato, mai.
L’ordine.. l’ordine dato, John, poteva essere solamente uno.
Disperdete la folla. Ma fate apparire ogni omicidio come un incidente.
 
 
Come si può governare su un  grande popolo, John? O si è grandi uomini, o grandi donne, o si usa la paura. il terrore. O verso se stessi, o verso un nemico, i cui contorni si fanno sempre più sfumati via via che il sogno di distruggerlo s’allontana.
I Geth erano una leggenda dispersa nel poco che, di colmo d’odio e di coraggio, c’era nell’animo dei Quarian. Una leggenda che sopravviveva con ferocia solo in persone come Lana e Zorah, seppur in tonalità profondamente diverse.
Perché forse, in fondo, Saren Arterius era un brav’uomo. Migliore di tutti noi.
 
 
Circa un’ora più tardi
 
 
Scusa, John. Quel ricordo, quel preciso istante.. era troppo vivido per essere narrato. Avrei dovuto saltare quel pezzo, avrei potuto dirti che all’improvviso, la folla di Quarian nella piazza s’era diradata, era partito un proiettile dall’arma di un soldatino di piombo e il processo era ripreso da dove s’era interrotto.
Ma come avrei potuto? In quei lunghi istanti, continuavo a vedere lei lanciarsi tra la sua gente, disperata per chi aveva cercato a lungo di salvare. Dio, John. Non potrai mai comprendere, tu, l’infinito valore della vita. MAI.
 
 
Del resto, per salvarsi da qualcosa, basta accettarne l’essenza. E in quel momento, ad occhi chiusi, cercando di ignorare i colpi di pistola che impattavano contro le pareti e contro il corpo di quell’innocente, accettai che sia i Quarian che i Geth non erano altro che leggende, e che ciò che avevo davanti era un popolo abbrutito, le cui volontà personali erano inscatolate in una tuta autosufficiente, mentre il Nemico cresceva e si moltiplicava, evolveva, dietro una spessa nebulosa ai confini della Galassia.
Un popolo impaurito, governato da una velenosa oligarchia i cui scopi parevano misteriosi, ma in realtà chiari : autoconservazione. E quell’oligarchia era, in realtà, comandata essa stessa da un despota,che aveva scalzato la legittima autorità del Grand’Ammiraglio. Perché? Perché era livido dal desiderio di potere, John.
 
Aprii gli occhi, e la folla era sparita. Uomini, donne, bambini, vecchi, spinti dalle carabine Reegar e dai proiettili delle pistole ARC, erano defluiti attraverso i portelloni. Sperai ardentemente che qualcuno, qualcuno di assimilabile ad un giornalista, avesse ripreso il tutto. E sperai che, al mio ritorno sulla Cittadella, gli ologiornali annunciassero della sparatoria nella Flotta Migrante. Ma, in fondo, sapevo che ciò che accade nella Flotta, rimane nella Flotta.
Deglutii, cercando Lana con lo sguardo. Lentamente, un piede avanti all’altro, sguardo alto, si stava avvicinando allo scranno. Malar pareva tremare ad ogni suo passo. La stretta delle guardie sulle mie braccia era salda.
L’ultimo passo di Lana la portò al centro del cerchio rosso sangue, davanti allo scranno, e davanti a me.  Sentii il cuore mancare un battito, quando i suoi grandi occhi luminosi sostarono nei miei.
Lo sguardo di Zorah, nuovamente seduto, si posò su di lei.
-Questa Corte riteneva necessario, vista la gravità dell’argomento trattato e le implicazioni presenti, di impedire interventi esterni che possano deficitarne lo svolgersi.
Vidi Lana intrecciare le mani dietro la schiena, nascondendo le linee della vita sottile.
-Certamente, Ammiraglio,-disse, con disprezzo. –Posso continuare da dove sua grazia mi ha interrotto?
Zorah alzò una mano, invitandola a riprendere l’interrogatorio.
All’improvviso, il testimone, tremante sulle sue gambette storte, grugnì. Sì, esatto, grugnì come un maiale bastonato, alzando un braccio, come a richiamare l’attenzione.
-Ho una domanda per la corte,- riuscì a gracchiare,infine.
-Avanti,-borbottò Zorah,annoiato.
-L’Ammiraglio Rael’Zorah della Flotta Scientifica ha mostrato il materiale in suo possesso all’intero Ammiragliato?
Zorah lo guardava intensamente, mentre parlava. E temetti, dalla ferocia che c’era, che potesse estrarre una pistola da un momento all’altro, e trapassarlo da parte a parte. Sospirai, e sentii la stoffa dell’uniforme tendersi sotto la stretta delle guardie che mi accerchiavano.
-No. ,-aveva risposto infine, soddisfatto, –Intendo farlo ora.
 
 
Non riuscivo a provare alcuna emozione mentre Zorah digitava sul suo factotum,  mentre le immagini olografiche andavano apparendo nell’aria secca della Flotta, mentre Malar’Danna rideva isterico e pazzo, e Lana guardava impassibile la lieve luce arancione andava delineando linee, riflettendosi sul suo visore. Gli sguardi degli altri Ammiragli erano fissi sulle immagini composte d’ancora troppi pochi pixel, in attesa che venisse rivelata loro la ragione dell’arresto del Grand’Ammiraglio Lana’Vael, amata dal popolo e amata dall’Esercito.
Infine apparve. Apparve un laboratorio, candido, ed un Ammiraglio si lasciò scappare un gridolino di sorpresa. C’erano grandi frigoriferi, e sui ripiani da lavoro erano posati contenitori pieni di liquido, e attrezzature di sterilizzazione, di analisi in microscopia, erano un po’ ovunque. Non ero e non ne sono esperto, John, ma credo assomigliasse ad un laboratorio medico.
Nel centro della stanza, c’era un lettino. E sul lettino era legato un Quarian, gambe e braccia. Privo di tuta, coperto solo di una tunica biancastra.
Presumibilmente era maschio. La pelle era grigia, tesa sulle ossa. I capelli rasati a zero, ridotti ad un’ombra scura sul cranio. Gli occhi erano chiusi,le orecchie erano a punta. Accanto al lettino, c’erano macchinari che presumibilmente monitoravano lo status dell’uomo, e su uno schermo sullo sfondo appariva qualcosa di simile alla traccia di un elettrocardiogramma, ed una serie di valori in alfabeto quarian. Accanto allo schermo, era presente un qualcosa che seppi poi essere uno sterilizzatore per l’aria, dato che, all’epoca, quelli laser ancora non erano stati inventati da quel Salarian.
Dopo pochi secondi, apparve una figura da dietro una porta. Una figura femminile. La cui tuta era rossa.
Lana, pensai con terrore.  Prese in mano un attrezzo, una specie di piccolo cilindro, e lo passò sul corpo del quarian per tutta la sua lunghezza, come se fosse uno scanner. Lo appoggiò poi sul ripiano di lavoro, e intrecciando le mani, annuì, assorta.
La figura iniziò a parlare, dopo aver attivato il registratore del factotum.
“Giorno 24. Il soggetto 7 mostra regressione della neoplasia nella zona del lobo frontale dell’encefalo, si ricorda causata da virus H4P7 contratto sull’Usela. Apparente disattivazione del gene cp4.27.1 sul braccio lungo del cromosoma 15. Pare che i livelli metabolici delle cellule tumorali stiano rallentando verso la normalità. Regolare traduzione di cicline. Eppure.. eppure..” diceva, avvicinandosi all’uomo incosciente, prendendo tra le mani un datapad, “ rilevo un’anomala attività nella ghiandola del Raleon 1, con aumentata secrezione di GH. A ciò s’aggiungono un inspiegabile aumento della massa muscolare, rallentamento di almeno tre volte della frequenza cardiaca, e totale mancanza di spermatogenesi.  Moltiplicazione cellule del miocardio a livello del ventricolo polmonare.. ispessimento della pleura, alta concentrazione pigmenti ossigenanti nel sangue…”
Parlando, vagava per il laboratorio, concentrata. Infine, accese un neon al di sopra del lettino e puntò la luce sul volto dell’uomo, illuminandolo. Sentii allora lo stomaco contrarsi disperato.
 Un tempo, forse, doveva essere stato bello,con lineamenti armoniosi e regolari, ma ora.. Dio, John. Era l’immagine della morte, che lottava per prendersi la Vita. Ripensare a quel volto mi fa rabbrividire più che il cadavere di quel povero ragazzo, e il suo sguardo vuoto e vitreo; perché forse lui aveva un destino, mentre il poveraccio legato a quella branda, no. Per lui, Dopo, non c’era nulla. Le guance erano scavate, le labbra si aprivano lasciando intravedere denti gialli e corrosi. Attorno alla bocca c’erano piaghe, per quanto la risoluzione della camera di sorveglianza potesse far distinguere, e quelle piaghe erano coperte di sangue secco.
Lana, dal piano di lavoro, aveva preso un nebulizzatore, e aveva spruzzato un po’ del contenuto su quelle ferite, tamponando con della garza. Delicatamente, poi, pose le mani sotto il corpo, all’altezza del busto, tastando la pelle della schiena. Scosse la testa, con disappunto.
“…Ricordare a Malar di applicare medigel su le piaghe da decubito dei soggetti  7 e 4.”
Si allontanò di nuovo dal corpo, e parve prendere da un refrigeratore fuori campo, una provetta. Versò il contenuto di questa all’interno di un macchinario accanto all’uomo, e infilò nel suo braccio presumibilmente un ago.
“Testo la preparazione X20 del Farmaco. Risultati verranno raccolti entro le prossime otto ore. Paziente nel complesso stabile.”
Poi, però, sembrò notare qualcosa. Sì, aveva notato qualcosa sulla pelle dell’uomo. Lana girò attorno al lettino, avvicinando poi il proprio visore al volto del soggetto 7.
“Noto.. eruzioni cutanee, non presenti poco fa,”aveva mormorato, con voce preoccupata. “ Immediata reazione al preparato X20. Scatto alcune oloimmagini.”
E aveva preso a digitare sul factotum. La risoluzione peggiorò improvvisamente, e l’immagine sgranò molto. Lana sembrò avvicinarsi ancora di più al volto dell’uomo, coprendolo dalla visuale, e parve accarezzargli una guancia scavata.
“Keelah..Il Soggetto 7 ha appena aperto gli occhi.” , disse infine, con estrema dolcezza.
 
 *1 ho immaginato che il Growth Hormone dei Quarian fosse secreto da una ghiandola totalmente inventata, da qualche parte nell'encefalo.

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