Dear you, from me.

di bluecoffee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo. ***
Capitolo 2: *** slow time. ***
Capitolo 3: *** shy silences. ***
Capitolo 4: *** pure love. ***
Capitolo 5: *** first letter. ***
Capitolo 6: *** monotony. ***
Capitolo 7: *** second letter. ***
Capitolo 8: *** third letter. ***
Capitolo 9: *** teen love. ***



Capitolo 1
*** prologo. ***






 

Le cose a cui tieni più di tutto.
Bente lo sapeva a cosa teneva.

Teneva a sua madre, anche se non facevano altro che litigare, teneva a suo padre, anche se lui non era altro che una presenza assente nella vita della ragazza, teneva a sua sorella minore, anche se lei non faceva altro che rimproverarla per tutto quello che faceva.
Teneva alla sua migliore amica, l'unica che le rivolgeva uno sguardo, una parola, un pensiero dentro il college che frequentavano entrambe, teneva alla proprietaria del piccolo negozietto di libri dove lavorava non appena aveva compiuto sedici anni, teneva al solito vecchietto che la andava a trovare tutti i giorni dentro quel piccolo negozio, che le regalava un sorriso ed una parola tenera, tanto che ormai Bente ci si era affezionata come fosse suo nonno.
Teneva anche a cose futili, come il suo BlackBerry regalatole da suo padre il giorno del suo compleanno un anno indietro oppure la sua macchinetta fotografica professionale, una Canon compresa di un obbietivo fantastico, che aveva comprato in un negozio di seconda mano con i propri soldi, i primi messi da parte dopo aver trovato un lavoro.
Teneva anche ai suoi Dr. Martens gialli a fiori, quelli rigidi che aveva comprato da neanche un mese nonostante fosse estate, teneva alle sue blazer azzurre, quelle con i fiori rosa, rossi e gialli, con i lacci ancora puliti anche se erano vecchie di tre mesi, e teneva alle sue vans rosse, quelle che le erano state regalate quando aveva ancora quindici anni.
Teneva ai suoi svariati maglioni, quelli in cotone perchè la lana le dava prurito alla pelle, e alle sue svariate camicie che riempiva quasi il suo armadio, teneva al suo short a vita alta, quello strano con la cerniera davanti grande e lunga dal bordo al cavallo, e teneva al suo giacchetto, che le aveva regalato sua sorella quando prese il suo primo stipendio, quello a fantasia militare, corto e leggero.


 
Le cose a cui tieni più di tutto.
Zayn lo sapeva a cosa teneva.
Teneva a suo padre, il quale era sempre severo con lui, teneva a sua madre, la quale lo rimproverava sempre e preferiva la sorella a lui, teneva a sua sorella, la quale era l'unica di famiglia che dava retta al fratello e con la quale scherzava allegramente.
Teneva al suo migliore amico, il biondo irlandese della compagnia con la quale usciva, l'unico che gli dava veramente retta, teneva al suo professore di economia e commercio dell'università, che lo stimava ed era l'unico che credeva in lui, teneva alla sua coinquilina dell'appartamento vicino all'università della periferia di San Francisco, la quale aveva sempre dolci pensieri e teneri sorrisi per il ragazzo e che lui considerava come una seconda sorella.
Teneva anche a cose semplici, come il suo iPhone nero regalatogli da sua madre il giorno in cui venne promosso al college oppure la sua Super Teneré 750 XTZ grigio scuro, che aveva comprato lui stesso con i soldi del suo primo e vero lavoro estivo come cameriere di un ristorante dell'aereoporto.
Teneva ai suoi Dr. Martens blu notte, quelli scamosciati ed alti fino alla caviglia, teneva alle sue due paia di blazer preferite, quelle bianche con la striscia rossa e quelle grigie con la striscia bianca, teneva alle sue Nike, quelle completamente bianche che avevano tutti, quelle che gli aveva regalato sua sorella per il suo ventunesimo compleanno con i risparmi del suo primo lavoro estivo.
Teneva alle svariate t-shirt e alle svariate canotte che intasavano il suo armadio insieme alle altre mille magliette, maglioni e maglioncini, teneva ai suoi unici quattro paia di pantaloni della tuta, quelli che usava per andare in palestra o girare per casa, teneva alla sua giacca di pelle nera, quella che indossava tutti i giorni in cui c'era vento e faceva un leggero e piacevole freddo, quella che gli aveva regalato suo padre quando era partito per Miami per lavoro.


 
La persona per la quale hai una cotta.
Bente aveva preso un sacco di cotte nei suoi diciassette anni di vita.
Ad otto anni aveva preso la sua prima cotta.
Si era considerata innamorata di un suo compagno di classe, quello con i capelli corti corti e le labbra sottili sottili. Quello con gli occhi piccoli e vispi, e con l'espressione innocente. Quello che aveva la mamma che faceva la casalinga ed il padre che aveva un'azienda. Quello che aveva una sorella maggiore che stava sempre insieme a Bente.
A nove anni aveva preso la sua seconda cotta.
Si era considerata innamorata di un bambino di un anno più grande che vedeva tutti i giorni all'uscita. Quello che aveva sempre le ginocchia sbucciate e lo skateboard sotto braccio. Quello che aveva la mamma che aveva una lavanderia ed il padre che faceva il pescivendolo. Quello che aveva un fratellino che andava in classe con Bente.
Ad undici anni aveva preso la sua terza cotta.
Si era considerata innamorata di un ragazzino di quattordici anni, quello con il sorriso timido e le guance sempre rosse. Quello con gli occhi grandi e la voce sempre tremante. Quello che aveva la madre infermiera ed il padre dottore. Quello che era figlio unico e che sorrideva sempre a Bente quando la vedeva prima di entrare a scuola.
A dodici anni aveva preso la sua quarta cotta.
Si era considerata innamorata di un ragazzo di diciassette anni, quello con il New Era viola e lo stemma bianco. Quello con il sorriso malandrino e gli occhi grandi e azzurrissimi. Quello che aveva la mamma che faceva l'avvocato ed il padre che era l'architetto che aveva progettato la casa di Bente. Quello che aveva un fratello gemello che era il contrario di lui.
A sedici anni aveva preso la sua quinta cotta.
Si era detta innamorata di un uomo di ventisette anni, quello che lavorava insieme al padre come vice dell'agenzia di pubblicazione di libri di suo padre. Quello che aveva l'Audi R8 spider grigio scuro opaco e la camicia perfettamente stirata dentro il pantalone elegante portato a vita bassa. Quello di cui non sapeva nulla sulla famiglia.
A diciassette aveva preso la sua sesta cotta.
Si era detta innamorata, e forse lo era, di quel ragazzo che di tanto in tanto entrava nel negozietto dove lavorava e ne usciva sempre dopo aver chiacchierato un po' con Bente. Quello che aveva sempre la sigaretta tra le labbra e che vedeva poche volte. Quello che era il figlio della proprietaria del negozio dove lavorava.


 
La persona per la quale hai una cotta.
Zayn aveva preso un sacco di cotte nei suoi ventuno anni di vita.
A sei anni aveva preso la sua prima cotta.
Si era considerato innamorato di una sua compagna di classe, quella con i capelli lunghi e le labbra sottili. Quella con gli occhi grandi e vispi, e con l'espressione più matura della sua età. Quella che aveva la mamma che faceva la veterinaria ed il padre che faceva lo scrittore.
Ad otto anni aveva preso la sua seconda cotta.
Si era considerato innamorato di una bambina di un anno più piccola che vedeva tutti i giorni all'entrata. Quella che aveva sempre le ballerine ai piedi ed il cerchietto in testa. Quella che aveva la madre psicologa ed il padre pittore. Quella che aveva il fratello più grande che andava in classe con Zayn.
A quattordici anni aveva preso la sua terza cotta.
Si era considerato innamorato di una ragazzina di tredici anni, quella con il sorriso illuminato dall'apparecchio verde e le guance magre. Quella con le iridi castane eclissate dalle pupille grandi. Quella che aveva la madre che aveva la libreria ed il padre che faceva il chirurgo. Quella che aveva una sorellina che si appicciva sempre a Zayn quando si ritrovavano al parco il pomeriggio.
A diciassette anni aveva preso la sua quarta cotta.
Si era considerato innamorato di una ragazza di vent'anni, quella che faceva le pulizie a casa sua. Quella con il sorriso materno e le labbra sempre imbrattate di rossetto rosso. Quella di cui non sapeva nulla della sua famiglia, se non che la nonna era la vicina di casa di Zayn.
A diciannove anni aveva preso la sua quinta cotta.
Si era detto innamorato di una ragazzina di diciotto anni, quella che faceva ripetizioni a sua sorella su matematica e chimica. Quella che aveva i capelli sempre sciolti e le unghie di un colore diverso ogni volta che la vedeva. Quella che aveva la madre che aveva un bar vicino il parco ed il padre che faceva la guida alla National Gallery.
A ventuno anni aveva preso la sua sesta cotta.
Si era detto innamorato, e forse lo era, di quella ragazza che lavorava nel negozio di sua madre. Quella che aveva sempre il sorriso pronto e gli occhi grandi, che si mordeva sempre il labbro inferiore o le unghie. Quella che aveva la mamma che lavorava in un supermercato ed il padre che era il proprietario di un'azienda che pubblicava libri.


 
Tre parole che descrivono la persona che ti piace.
Lui era diverso.
Lui era misterioso.
Lui era sempre pronto a farle la battutina quando entrava in negozio e che le strappava un sorriso.
Lui era lui stesso.


 
Tre parole che descrivono la persona che ti piace.
Lei era strana.
Lei era ancora una bambina.
Lei era sempre pronta a salutarlo con un piccolo inchino ed uno sguardo di rimprovero quando non spegneva la sigaretta prima di entrare.
Lei era lei stessa.







ed ecco il mio prolgo insensato!!
diciamo che è un sollievo pubblicarlo.
sono settimane, forse mesi, che è salvato sul computer ma che non è mai stato pubblicato.
avrei voluto.
l'ho fatto leggere a molti e tutti hanno giudicato.
giudizi positivi.
ma io sono sempre stata scettica perché non facevo altro che pensare che potesse essere una banalissima storia.
alla fine però mi sono convinta e mi sono decisa.
so che ho iniziato da pochissimo storm, ma so che se non mi sarei decisa ora non lo avrei più fatto.
ahahahahaahahahahha
sono leggermente complessata :)
(apro parentesi: per chi volesse vi lascio qui il banner della storia sopra citata.



 

 

chiudo parentesi)
diciamo che qui ci sta Zayn.
ultimamente ispira molto quel ragazzo :)
ahahahahahahahaha
e che trovare un nome per la protagonista è stato una specie di incubo, tutti quelli che mettevo non mi piacevano.
avrò cambiato nome, quante volte?
venti?
trenta?
ho perso il conto :)
alla fine un giorno sono andata su instagram e mi sono ritrovata una tizia che si chiamava Bente.
ho amato da subito quel nome, quindi ho deciso di chiamare questa Bente come lei.
d'altronde anche questa ragazza americana è bionda, con gli occhi chiari e la pelle pallida.
ahahahahahaahahaha
ma visto che non è interessante tutto ciò io vi saluto e al prossimo aggiornamento <3
se volete sapere qualcosa io sono su 
ask.fm
underthemistletoe

 

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Capitolo 2
*** slow time. ***





                                                                                                                                                                                                                                                             Si vive solo il tempo in cui si ama.
                                                                                                                                                                                                                                                                         [cit. Claude-Adrien Helvetius



Il tempo scorreva.

Scorreva lento.
Il tempo scorreva lento e Bente correva.
Correva con ai piedi le sue blazer a fiori che consumavano la suola ad ogni passo pesante della ragazza sul marciapiede scuro e grigio che circondava a destra e sinistra le strade poco affollate delle 15.47 della periferia di San Francisco.
Bente arrivò davanti il cancello della classica villetta estiva e suonò il citofono aspettando con ansia che sua sorella, suo padre o sua madre le aprissero e quando sentì il lieve rumore del cancelletto che si apriva si fiondò in casa.
Le sveglie e gli orologi della classica villetta di San Francisco segnavano tutte le 15.59 in quel momento, tranne l'orologio della cucina, perché Bente lo sapeva. Conosceva bene quell'orologio e sapeva bene che segnava sempre quattro minuti avanti. E sapeva bene anche che tutte le lancette scattavano allo stesso secondo e tutti i numeri aumentavano di uno nello stesso momento, ma che la sveglia a lancette che aveva sopra il comodino della sua camera da letto faceva scattare le lancette dei minuti sempre otto secondi dopo.
Bente era così: sapeva sempre tutto quello che accadeva a casa sua, chi entrava, chi usciva, quando una persona entrava e quando questa usciva. Sapeva tutto quasi in maniera ossessiva.
Sapeva tutto quello che le accadeva intorno, ma non sapeva quello che accadeva dentro di lei. Non l'aveva mai saputo.
Inciampò per le scale di legno scuro mentre raggiungeva la sua stanza al secondo piano, intenzionata a cambiarsi il prima possibile per poter finalmente andare al lavoro, dove la stava aspettando Trisha e dove sperava di arrivare evitando il ritardo del giovedì pomeriggio, il giorno in cui l'università la occupava più di quanto lei volesse.
Lanciò la borsa ai piedi del letto e spalancò l'armadio, cercando disperatamente una maglietta per potersi levare la polo ed indossare qualcosa di più comodo.
Ne estrasse poco dopo una canotta a fiori e la posò malamente sulla coperta non molto pesante del letto matrimoniale che occupava più spazio di quanto si aspettasse quando aveva scelto i mobili della sua camera da letto.
Si girò sfilandosi con i piedi le scarpe mentre toglieva la polo attillata.
"Sei in ritardo anche oggi?" domandò una voce che Bente, però, conosceva fin troppo bene. Si voltò, fregandosene del fatto che fosse in reggiseno e sorrise all'amico che era poggiato con una spalla allo stipite della porta e la guardava con un sorriso beffardo in volto.
"Ma tu non la hai una casa, Horan?" domandò lei di rimando, scherzando. Prese la canotta e la infilò.
Niall si scostò dalla porta ed entrò in camera dell'amica sedendosi sulla sedia girevole della scrivania e si voltò a guardare la bionda che stava prendendo da vicino l'armadio i suoi anfibi gialli a fiori. "Preferisco di gran lunga la tua villa, Bente. Poi se giri sempre in reggiseno va benissimo." sorrise malizioso.
La ragazza seduta sul letto alzò gli occhi al cielo e prendendo un cuscino lo lanciò in viso al suo migliore amico. Lui sorrise prendendolo al volo e lanciandolo sul letto, ignorando lo sguardo assassino di Bente fisso su di lui.
"Comunque domani sera ci sei?"
"Dove devo essere?" chiese confusa la ragazza guardando interrogativa Niall.
Sbuffò. "Domani andiamo a bere qualcosa al bar dove lavora Waliyha, vieni?"
Lei annuì e si alzò dal letto recuperando il cellulare dalla borsa che aveva lanciato a terra appena entrata in camera e lo infilò dentro la tasca posteriore destra del jeans chiaro che indossava e non aveva cambiato. Uscì dalla camera, per poi voltarsi e guardare Niall che reggeva in mano il giacchetto giallo della ragazza che stava per dimenticare.
Lei sorrise e gli si avvicinò stampandogli un bacio sulla guancia e sorridendogli mentre iniziava a scendere le scale.
Niall sorrise. 
Bente era la sua migliore amica. Lo era sempre stata, dai tempi dell'asilo. Amava tutto di lei e non avevano mai litigato seriamente, se non qualche piccolo ed innocente insulto mentre giocavano alla playstation quando erano più piccoli e vinceva sempre l'altro.
Bente sorrise mentre prendeva le chiavi della sua Vespa appese vicino le chiavi della macchina di sua madre.
Niall era il suo migliore amico. Lo era sempre stato, da quando erano nati, nonostante lei avesse un anno in meno del ragazzo. Avevano sempre giocato insieme da piccoli, così Bente era diventata un maschiaccio ed aveva più amici maschi che femmine.
La bionda scese i tre gradini che conducevano alla porta del garage e la aprì, trovando la sua Vespa arancione spento dove l'aveva lasciata la sera precedente ed il casco bianco poggiato sopra la sella con un biglietto attaccato.

''E' stato bello vedere che preferisci arrivare tardi a scuola piuttosto che prendere il motorino. Ti voglio bene. Papà.''

Sorrise ed accartocciò il foglietto di carta mettendolo dentro la tasca del giacchetto mentre finiva di infilare la manica sinistra.
Infilò le chiavi e mise in moto, aspettando che la porta del garage si aprisse e non aspettò altro tempo per immergersi nel traffico di San Francisco delle 16.31, consapevole di essere in ritardo a lavoro di ben sedici minuti e sicuramente qualcosa di più.


 
Il tempo scorreva lento e Zayn camminava allo stesso passo del tempo. 
Lento.
Tutto attorno a lui era lento e lui provava a starne al passo. 
Era arrivato davanti l'appartamento che condivideva con la sua coinquilina e amica Samantha stremato dai corsi universitari ed era consapevole che il pomeriggio sarebbe dovuto passare al negozietto della mamma perchè le doveva portare nove scatole di libri che era andato a ritirare il giorno precedente.
Prese le chiavi dell'appartamento dalla tasca anteriore dei jeans grigi ed aprì la porta, ritrovando davanti il solito caos che regnava in quel piccolo salotto.
Samantha era in casa. Zayn se n'era accorto dalla sua borsa gettata in malo modo sopra il divano in pelle rosso bordeaux che sovrastava in tutto quell'ammasso di cartoni della pizza vuoti, bottiglie di birra vuote e rovesciate sul parquet chiaro che il proprietario di casa aveva fatto adagiare a terra prima che i due giovani si trasferissero. 
Perché quell'appartamento era diventato un luogo sicuro per Zayn. Era il luogo che lo rispecchiava, in tutto e per tutto, e nonostante avesse scelto i mobili insieme a Samantha era tutto così uguale a lui.
Samantha era così uguale a lui.
Erano amici dal loro primo anno di Università e non si erano mai distaccati. Erano diventati l'uno indispensabile per l'altra, e Zayn era contento di aver trovato in Samantha un'amica che sapeva non lo avrebbe mai lasciato solo.
Samantha, dal canto suo, sapeva che Zayn andava preso con le maniere dolci e non si sarebbe mai tirata indietro per qualsiasi cosa.
Nel momento in cui Zayn mise piede in cucina per poter prendere qualcosa da mangiare prima di andare al negozio della madre. 
Non ne aveva voglia, si vedeva da lontano, odiava quel posto più dell'Università. Era uno dei classicissimi negozi americani che si vedono spesso nei film, quelli composti da due piccole stanze che sono state unite tra loro buttando giù il muro che le separava, aveva l'enorme vetrata vicino la porta nascosta dall'insegna e dalle varie locandine che Trisha lasciava attaccare a chiunque glielo chiedesse e che poi non toglieva mai. 
Delle volte si era sentito a casa lì dentro, soprattutto quando voleva scappare da qualcosa, come una ragazza, ma tutte le volte ci ritrovava dentro, a lavorare, la stessa ragazza che ormai era stata cresciuta dalla madre.
Sbuffando prese dal frigo un tramezzino con il formaggio, che doveva essere stato messo lì dentro da pochi giorni, ed una birra fredda.
In quel momento entrò in cucina Samantha, che bellissima come ogni giorno, quel pomeriggio aveva deciso di indossare un comodo pantaloncino della tuta che le lasciava scoperta l'intera gamba. La ragazza legò i capelli biondi e lunghi in una coda alta e tirata sorridendo al coinquilino: "Ciao, Zayn!"
Il ragazzo rispose con un cenno della testa.
"Oggi pomeriggio viene Dominic a casa, tu sei da tua madre, corretto?"
"Ti vuoi sbarazzare di me. Quanto sei gentile Sam."
La bionda sorrise senza prendersela e gli lasciò un bacio sonoro sulla guancia prima di addentare il tramezzino che Zayn teneva in mano. 
"Comunque, si. Sono al negozio, ma pensavo saresti venuta anche tu a darmi una mano."
Samantha fece spallucce e si voltò, chiudendo l'anta bianca del frigorifero e mostrando una birra stretta nella mano sinistra, mentre con la destra era impegnata a sistemarsi la t-shirt azzurra che le era salita, mostrando così metà dei fianchi magri.
Zayn non se ne era mai innamorato. L'aveva sempre considerata una bellissima ragazza, ma non le piacevano le tipe come lei: la considerava una ragazza con la testa sulle spalle solamente quando si trattava dell'Università, per il resto sembrava essere una completa svampita.
"Sono due settimane che non vedo Dominic, mi manca!" protestò sedendosi nello sgabello di fronte a dove stava poggiato Zayn, che indifferente al discorso e con la testa tra le nuvole continuava a pensare ai fatti propri.
Samantha sbuffò e passò due volte la mano davanti il viso dell'amico, che si riscosse e la guardò con un sorriso appena accennato. Lei scosse la testa sorridendo e si sistemò sulla sedia.
"Pensi ancora alla biondina?" 
Il suo tono era serio ed autoritario, come se volesse spronare Zayn ad ammettere una cosa. Dopotutto lei sapeva benissimo quanto cocciuto fosse quel ragazzo e doveva ammettere che se non fosse per il carattere indomabile potrebbe benissimo essere già stato il suo ragazzo.
Zayn sorrise. "Forse" ammise poi. 
Non ne era sicuro, non lo era mai stato quando si trattava della ragazzina che lavorava al negozio di sua madre, sapeva anche non lo sarebbe mai stato se continuava a vederla di tanto in tanto insieme ad un altro ragazzo che sembrava stravedere per lei.
Non si era mai considerato geloso, però ogni volta che la vedeva sola, senza la compagnia del biondo, si sentiva molto meglio, come fosse pià leggero dentro.







ciaoo!
lo so che sono in ritardo, ma ci sono stati -piccoli- incidenti di percorso :)
sono riuscita a postare una sola storia prima di questa settimana ed avevo scelto Storm.
poi ci sono stati i colloqui a scuola e su -forse saggia- decisione mia madre e mio padre mi hanno sequestrato il computer, dove c'era già salvato questo capitolo.
da lunedì fino a ieri sera sono stata a Trieste in gita scolastica e non ho potuto fare niente.
oggi ho domandato ai miei genitori e mi hanno permesso l'uso del computer per aggiornare, quindi eccomi qui :D
il capitolo non è bellissimo, ma devo ancora entrare nel vivo della storia, quindi mi ci vorrà qualche altro capitolo.
forse due o tre.
ma quasi quasi anche uno, come potrebbe essere quattro.
è tutto da decidere ancora.
qui abbiamo due nuove new entri: Niall e Samantha.
direi che io amo il personaggio di Sam in questa storia e lei sarà particolarmente fondamentale qui.
ora vi lascio perché sono di fretta e mamma potrebbe uccidermi se non lascio il possesso del pc ora ahahaha.
alla prossima.
ask:  
itseffy
twitter:  
underthemistletoe
underthemistletoe <3

 

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Capitolo 3
*** shy silences. ***






                                                                                                                                                                                                                                                             "Posso fare qualcos'altro per te?"
                                                                                                                                                                                                                     "Sì, potresti premermi il cuscino sul viso. Non mi difenderei
                                                                                                                                                                                                                                   nemmeno, promesso. Neanche se ancora potessi".
                                                                                                                                                                                                                                                                         [Wulf Dorn - Follia profonda



La polvere riempiva la maggior parte degli scaffali colmi di libri.
Ogni libro era accatastato sopra un altro, il quale si trovava sopra un altro, formando immense pile orizzontali e verticali che occupavano qualsiasi superficie disponibile nel piccolo locale, tutte le superfici tranne il bancone, coperto di un sottile strato di protezione trasparente che veniva cambiata una volta al mese, e sopra disposti in uno strano ordine c'erano un piccolo computer bianco, una piccola cassa ricorperta di bigliettini colorati ed adesivi e due pile di cinque cataloghi vari ognuna.
Bente aveva amato quel negozio a prima vista.
Era certamente impossibile trovare un libro tra tutte le masse posate sulle mensole che sembravano cedere da un momento all'altro sotto il peso dei libri. Però era un bellissimo posto: profumava di vaniglia, sapere, albicocca e curiosità. C'erano quattro corsie di dimensioni svariate ed ognuno conteneva le mensole piene - forse troppo - di qualsiasi libro, dai più moderni ai più ricercati.
I clienti non erano molti, così quando non c'era niente da fare e delle poche persone che entravano dentro se ne occupava Trisha, Bente amava girare per gli scaffali, scoprendo libri che nemmeno sapeva ci potessero essere lì dentro.
Quel pomeriggio, arrivando al negozio con troppi minuti di ritardo, aveva trovato dietro il bancone una Trisha che tranquillamente sgranocchiava dei biscotti salati che non avevano un aria molto invitante. La donna mora alzò la testa quando sentì aprire la porta e notando che l'artefice di quell'azione era Bente, si aprì in un sorriso sincero e si alzò dallo sgabello alzo e in metallo verniciato di bianco, fece il giro del bancone e si presentò davanti la ragazza. "Come è andata la scuola oggi?"
Bente rimase sorpresa dalla domanda. Le era anche permesso, dopotutto, era appena arrivata in un imperdonabile ritardo sul posto di lavoro e si aspettava un'accoglienza un po' meno cortese rispetto quella appena ricevuta.
"E' stata una giornata abbastanza pesante, ma contando che è giovedì e la settimana sta per finire sono abbastanza contenta." sorrise.
Trisha ricambiò il sorriso. "Come mai abbastanza?" domandò curiosa, mentre prendeva in mano il sacchettino trasparente contenente i suoi biscotti salati e seguendo la bionda, che aveva iniziato a camminare per le file disordinate degli scaffali alla ricerca di un libro.
"Perché sabato mattina sono rinchiusa a scuola per un progetto di accoglienza rivolto ai giovani dell'ultimo anno di superiori che dovranno scegliere l'Università. - prese in mano un libro e dopo aver letto il titolo si poggiò allo scaffale abbastanza precario e guardò negli occhi Trisha. - E la mia voglia è pari a zero." ammise sincera.
La donna sorrise e si avviò in compagnia di Bente al bancone, dove la ragazzina iniziò a battere sulla tastiera registrando il ritrovo di un libro che sarebbe venuto a ritirare un ragazzo capitato in quel negozio, quasi per errore, cinque giorni prima.
"A proposito: dovrebbe arrivare Zayn tra poco a portare i libri che avevo ordinato e che sono arrivati. Lo potresti aiutare tu per favore? Io devo portare Safaa ad una visita dal dentista." la avvisò Trisha, mentre gettava nel cestino la sacchetta trasparente di prima, ormai vuota, e prendeva la sua borsa sopra una scatola di libri che doveva ancora essere svuotata.
Bente annuì e con un cenno della mano la salutò cordiale ed una volta che Trisha fu fuori dal piccolo locale si lasciò cadere sullo sgabello stanca morta e decisamente nervosa: avrebbe dovuto passare un intero pomeriggio insieme a Zayn, alias avrebbe dovuto passare un pomeriggio in compagnia dell'unico ragazzo che avrebbe preferito non vedere che quella giornata, per niente rassicurata dalla presenza - accertata - delle sue guance che sarebbero diventate completamente rosse.
E mentre provava ad allontanare il pensiero di come avrebbe passato un pomeriggio che non era adatto a quel giovedì, sentì il suo BlackBerry nella tasca posteriore dei jeans iniziare a vibrare.
Un messaggio.
Bente lo aprì e quando si rese conto che il mittente era Niall sorrise felice e rispose velocemente: "Arriva pure quando vuoi. Sono incastrata tutto il pomeriggio in dolce compagnia di guance rosse e Zayn, mi farebbe bene la tua presenza. x"
E sicura che il suo migliore amico sarebbe arrivato di lì a poco, soprattutto dopo averlo informato della presenza del figlio di Trisha, si sentì finalmente rasserenata: non avrebbe più dovuto passare un intero pomeriggio - da sola - con Zayn.


 
La macchina era abbastanza grande e comoda. 
Ovviamente non si poteva lamentare del Suv Carrera grigio della sua coinquilina, ma preferiva di gran lunga viaggiare sulla sua moto.
Non era mai stato un tipo da macchine, luoghi chiusi e posti affollati, per questo aveva sempre evitato un'auto piuttosto che una moto: la moto era aperta, dava sul cielo, e soprattutto c'era posto solamente per due persone. L'unica cosa che gli veniva rinfacciata spesso però, era una sola, e tutti gliela ricordavano sempre: non aveva mai fatto salire nessuno su quella moto, nemmeno Samantha, che per buona grazia non ci teneva poi molto e sapeva che sarebbe stato inutile a prescindere chiedere un passaggio all'amico. 
Semplicemente, era fuori discussione per chiunque salire sul suo Super Teneré 750 XTZ.
Era appena salito sul Suv Carrera dell'amica pronto per partire in direzione del negozio di sua madre ed aveva l'ansia. Sperava che sua madre fosse ancora lì dentro ed avesse mangiato qualcosa per pranzo lì dentro, non voleva restare solo con la biondina che lavorava lì dentro per lei. Era già abbastanza difficile per lui doverla vedere ogni volta che portava il pranzo alla madre, sarebbe stato addirittura peggio se in quell'occasione Trisha non ci fosse stata.
La strada che divideva il negozio dall'ingrosso in cui Trisha ordinava solitamente i libri era distante il giusto per poter permettere a Zayn una giusta preparazione psicologica per quando sarebbe arrivato dentro quel posto che non aveva mai amato.
E mentre il traffico gli permetteva a rilento di raggiungere il luogo di destinazione, lui ricordava i vari momenti - abbastanza spiacevole - vissuti dentro quel labirinto fatto di scaffali tutti uguali, con libri accatastati nella stessa maniera in tutte le mensole, come se per mettere i libri sulla superficie polverosa fosse stato fatto per tutto il negozio un perfetto - e ben riuscito - copia e incolla.
La tranquillità che regnava dentro l'abitacolo della macchina era quasi stressante e Zayn non poté fare a meno di portare i suoi pensieri verso la ragazza che lo stava aspettando al negozio di sua madre.
Ricordava perfettamente i primi giorni che l'aveva vista gironzolare sperduta tra gli scaffali colmi di libri e la ricordava con il suo solito sorriso accogliente e solare che riusciva a riscaldargli il cuore anche nei giorni in cui l'aria condizionata aveva deciso di non funzionare e così l'intera stanza era o troppo fredda o troppo calda.
Il parcheggio al lato del marciapiede su cui dava la vetrina del negozio era vuoto ed in gola si formò un groppo l'istante in cui percepì che effettivamente sarebbero stati solamente loro due, e per un momento sperò che ci fosse anche l'amico di Bente.
Si morse il labbro inferiore, cercando di trattenere un imprecasione quando vide dall'altro lato della strada, parcheggiata perfettamente si presentava la Mini Cooper Country rossa fiammeggiata, alias la macchina dell'unico ragazzo per cui Zayn provava una certa invidia.
Si avviò alla porta in vetro leggermente oscurato dalla polvere strusciando i piedi a terra, e quando la porta si aprì li vide: Bente, seduta gambe penzoloni sul bancone che sorrideva, ed il suo migliore amico, Niall, in piedi tra le gambe della ragazza che la faceva sorridere.
Il nodo alla gola aumentò e le ginocchia iniziarono a tremare nell'istante in cui gli occhi azzurrissimi di lei raggiunsero i suoi e sorrise rivolta a lui.
Era giunto il momento di ammettere che forse non era una semplicissima cotta. Ma in fondo che ne sappiano noi dell'amore, se non che, come lo descrivono i libri, è quel sentimento che ti fa venire le farfalle allo stomaco e quella voglia di baciare colei - o colui - che ti è davanti.







so che sono in ritardo :)
è tantissimo che non aggiorno, ma non ho mai tempo:
la scuola sta per finire e ci sono un sacco di interrogazioni e verifiche, quindi mi tocca studiare.
sono un disastroo!!
passando al capitolo ...
piace?
ci ho messo un sacco, ma mi piace abbastanza :)
non è molto pieno, ma comunque la situazione si sta iniziando a capire, o sbaglio?
sono di corsa perché devo sistemare la camera sennò quell'amore di donna che chiamo mamma non mi fa uscire.
grrrr. mette il nervoso quando fa così!
la camera è mia la gestisco come mi pare! cioè, ci devo stare io, non lei!
alla prossima,
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Capitolo 4
*** pure love. ***






                                                                                                                                                                                                                           "So che molti dei messaggi che ho lasciato all'aereoporto
                                                                                                                                                                                                         e nella tua cassetta delle lettere erano una seccatura,
                                                                                                                                                                                                                                       ma pensavo che fosse il modo più semplice
                                                                                                                                                                                                                per esprimerti il mio amore."
                                                                                                                                                                                                               [una lettera scritta da John Hinckley Jr a Jodie Foster il 30 marzo 1981



Tutto il tempo in cui Zayn scaricava gli scatoloni dalla macchina e Niall lo aiutava, Bente aveva avuto il tempo di osservarli per bene e rendersi conto di quanto fossero diversi quei ragazzi, di che cosa rappresentavano di diverso. Ognuno dei due era importante nella sua vita in modo diverso: Niall era il suo migliore amico, Zayn era la sua cotta.
La sua vecchia professoressa di religione, la moglie del pastone della chiesa di cui faceva parte la sua famiglia, le aveva insegnato che c'erano tre diversi momenti dell'amore: la cotta, che era un semplice gioco, l'amore egoistico, dove non si pensava all'altro, e l'amore adulto. Sebbene fosse una donna di chiesa non aveva detto "amore puro", perché anche lei era delle stesse opinioni di Bente: non esisteva l'amore puro, perché niente in questa terra è puro, nemmeno un chicco di grano che è appena nato.
In quel momento, mentre Zayn stava appoggiando l'ultimo scatolone sopra il bancone lasciato vuoto prima di allora, aveva deciso che lei era ancora alla fase della cotta. Era bloccata lì da parecchio tempo, forse perché aveva paura, forse perché non riusciva a prevedere il giorno in cui lui sarebbe rientrato il negozio, forse perché quando lui era lì, tra quegli scaffali impolverati, Bente perdeva il controllo di tutto che prima era sotto il suo controllo. Ed il tempo non è più così semplice da calcolare ed i minuti non hanno più lo stesso schema di sempre, perché Zayn è con lei, con il suo viso di fronte al proprio, e Bente batte ciglia più volte prima di riprendersi e sorridere timidamente al ragazzo che davanti a lei ha appena preso in mano il pacchetto di sigarette.
"Potresti andare a fumare fuori? - chiese appena Bente, cercando Niall con lo sguardo - I libri si rovinano." e Zayn sorrise. Sorrise felice e compiaciuto: le era mancata la sua piccola ramanzina; rimise il pacchetto in tasca e sbuffando uscì dal locale, con la sigaretta tra le labbra e la mente da un'altra parte.
Tutto intorno a lui sembrava aver preso la stessa forma di un cartone animato. Le persone andavano più lentamente, il paesaggio girava attorno a lui, le parole di lei si sentivano chiare ed il viso di Bente non voleva sparire da davanti il proprio. 
Perché quella ragazza era così? Perché ogni volta riusciva a farlo sentire impotente?
E Bente si era soffermata ad osservare Zayn che fumava, sbirciandolo da dentro il locale, dietro la vetrina dal vetro sporco e lo vedeva rilassato, senza alcun timore di fare le cose, incosciente del fatto che fumare gli faceva male e che se avesse continuato gli sarebbe accaduto qualcosa. 
Sospirò rassegnata e si voltò nuovamente per vedere se Niall fosse apparso da qualche parte, ma non vide nessuno e sbuffò contrariata: lui era lì per evitare di lasciarla sola con Zayn e le sue guance rosse, non per giocare a nascondino tra gli scaffali pieno di libri.
Il locale continuava ad essere vuoto, così aprì lo scatolone poggiato sopra il bancone e ne estrasse tre libri che non aveva mai sentito nominare. Girò il primo e lesse velocemente la trama, lo stesso fece per gli altri e dopo averli divisi in tre diverse colonne continuò così per altri cinque libri, fino a che la porta non si aprì ed entrarono Zayn ed il signor Sallyvan, il solito vecchietto che faceva visita a Bente e Trisha una volta ogni tre giorni per tener loro compagnia e prima di andarsene comprava sempre un libro che si faceva consigliare dalla biondina.
Quel pomeriggio sorrideva come sempre, mostrando la dentatura malconcia ed i capello non c'era a coprire la testa. Zayn sorrise dietro il vecchietto e guardò interrogativo Bente, che con un sorriso accolse l'uomo: "Signor Sallyvan! - fece spazio a terra scostando uno scatolone di troppo e fece cenno al vecchietto di sedersi, ma questo rifiutò gentilmente - Come vanno le cose a casa?"
"Tutto bene. - la parlantina era sciolta ed il tono sembrava appartere più ad un cinquantenne. - Qui? Trisha?"
"Trisha è dovuta andare a fare una commisione, però c'è il figlio" Bente fece un cenno del capo verso Zayn, che sorrise timido all'anziano signore, che aveva iniziato a scrutarlo in maniera quasi inquietante,
"Che bel giovanotto! E' carino, scommetto intelligente e sarebbe l'ideale per te, Bente. - ammise alla fine, facendo diventare rossa in viso la ragazza e facendo mandare di traverso la salita al ragazzo - Però deve smettere di fumare, sennò non ci vengo al vostro matrimonio!"
Bente sorrise e Zayn si offrì per mettere a posto quei pochi libri che erano stati sistemati sopra il bancone per lasciar parlare tranquillamente Bente ed il signor Sallyvan e trovare una scappatoia a discorsi poco interessanti e troppo imbarazzanti da affrontare.
Dopo aver sistemato i primi tre libri nello scaffale dove tenevano i generi fantasy, notò una chioma bionda vicino a lui che gli sorrideva educatamente. 
"Che c'è?" disse acido Zayn, guardandolo in faccia e trattenendo a stento uno sbuffo.
Niall sorrise divertito e si passò una mano tra i capelli, "Sai, non dovresti fuggire da discorsi come quelli del signor Sallyvan, possono essere molto istruttivi. - i suoi occhi azzurri erano in contrasto con quelli scuri dell'altro ragazzo, che lo fissava con un sopracciglio alzato non capendo quello che stava dicendo Niall - Intendo, che il vecchietto ne sa più di noi. Si vede che ti piacerebbe uscire con Bente, dopotutto chi non vorrebbe?" ammise alzando leggermente le spalle.
Zayn sorrise e scosse la testa: per quanto non sopportasse quel biondino poteva dire che aveva ragione. 
 
Il pomeriggio passò lentamente, tra pochi clienti, scatoloni da svuotare, catalogare, registrare, riordinare e piccoli e brevi sguardi fugaci carichi di curiosità, speranza, gratitudine e timidezza.
Alle sei del pomeriggio tutti i libri erano stati messi nei giusti scaffali ed una ventina di scontrini erano stati stampati. Tutto sembrava poter finire bene e Bente non vedeva l'ora che Trisha tornasse, anche se un po' in ritardo.
Bente amava passare le giornate lì dentro, l'unico problema era quando in sua compagnia c'era Zayn, che con un solo e semplice sguardo riusciva a farle diventare le guance rosse e lei iniziava a torturarsi le mani e l'interno delle guance come fosse un'adolescente alla sua prima cotta. Aveva sperato fino all'ultimo che tutto andasse per il verso giusto e che Niall restasse fino a riportarla a casa, ma quando scattarono le diciotto e ventidue il suo cellulare squillò.
"Mi dispiace ragazzi, ma io devo andare" annunciò il biondo guardando prima Zayn e poi Bente, un seduto sulla sedia dietro il bancone che giocava col computer e l'altra seduta sul bancone che leggeva un libro pescato da uno scaffale a caso qualche minuto prima.
"Cosa?! - scattò in piedi Bente, riprendendosi subito dopo e sorridendo timida. - Volevo dire, come mai?" la cascata di capelli biondi le era finita davanti il viso e permetteva di ostruire la vista con il suo volto rosso ed imbarazzato.
"Mi ha appena chiamato Greg, ha bucato la ruota sinistra e devo andare a prenderlo."
"Ok. - la voce di Bente era sconsolata e lei ormai rassegnata. - Ci sentiamo stasera, ciao."
Niall si avvicinò alla ragazza e le diede un leggero bacio sulla guancia, poi prese la sua felpa poggiata sul bancone e dopo aver salutato anche Zayn uscì di fretta dal negozio, prese la macchina e si immise nel traffico di San Francisco.
Zayn distolse lo sguardo dallo schermo del computer e lo ripose su Bente, che stava mettendo tra le pagine del libro un segnalibro improvvisato con un pezzetto di carta colorata. 
Quando la ragazza si voltò e gli occhi scuri di Zayn incontrarono quelli chiari di Bente entrambi arrossirono leggermente e lui sorrise appena: "Se vuoi andare, vai. Ci sto io qui" le disse gentilmente, intuendo che sarebbe stata un'altra ora e mezzo vuota e noiosa.
Bente scosse la testa. "Tua madre paga me, non te, non è necessario. - poi si risedette sul bancone e lasciò penzolare le gambe, fissando le punte degli anfibi - Sei tu, piuttosto, che potresti andare a casa."
Zayn sorrise: "No, voglio farti compagnia. - poi si rese conto della frase appena detta e della testa di Bente che aveva preso a fissare un punto dritto davanti a sé, facenso scattare la testa improvvisamente - Cioè... sembra così vuoto questo posto che magari da sola non ci vuoi stare" e solo dopo aver combinato il guaio si rese conto di quanto stupida fosse quella frase.
Bente rise di gusto, voltandosi a guardarlo e piegando leggermente la testa verso destra. Una ciocca dei lunghi capelli biondi le era finita davanti il viso, solleticandole appena il naso, e Zayn non poté far altro che scostargliela gentilemente. 
Bente arrossì ed abbassò nuovamente il viso, Zayn le prese il mento tra il pollice e l'indice e glielo fece alzare, in modo che entrambi si potessero fissare negli occhi e meccanicamente si alzò anche lui dalla sedia, avvicinando il più possibile il proprio viso a quello di lei.
Il respiro di Zayn era caldo, Bente lo sentiva mentre le solleticava il naso, mentre il proprio era diventato irregolare.
Tutto era perfetto e Zayn continuava a fissare le labbra screpolate di Bente, mentre si mordeva l'interno guancia per reprimere la voglia che aveva di baciarla, ma tutto sembrava così difficile con lei davanti, con i suoi occhi azzurri che fissavano il suo viso, con qualche suo capello che gli soffeticava il polso, con il mento che gli faceva sentire il piccolo tremore che aveva delle labbra.
Era quello l'amore? Era quello l'essere innamorati?
Ed entrambi si maledissero perché non sapevano che fare in quel momento ed entrambi maledissero gli scrittori, perché nessuno di loro aveva scritto un manuale sull'amore.







ciao :)
come state?
avete visto? sono in tempo.
almeno credo.
avevo detto che avrei aggiornato lunedì o martedì, ma sono stati pomeriggio troppo pieni. 
ieri non ho postato perché sono stata al cinema con papà a vedere fast and furios 6, quindi ho scritto semplicemente.
che dire del capitolo ...
lo amo da morire perché nella parte finale ci sono Bente e Zayn e per il prossimo forse riesco a mettere la sorpresa che ho in mente :)
non assicuro niente perché potrebbe non entrarci.
grazie a tutte quelle che hanno recensito, quelle che hanno messo la storia tra le seguite o preferite <3
non so che altro scrivere, quindi vado :)
ciao bellissimee!! <3 <3

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Capitolo 5
*** first letter. ***





 
                                                                                                                                                                                                                                                                Se è tardi a trovarmi, insisti,
                                                                                                                                                                                                                              se non ci sono in un posto, cerca in un altro,
                                                                                                                                                                                                            perché io son fermo da qualche parte ad aspettare te.  
                                                                                                                                                                                                                                                                          [Walt Whitman


Quattro giorni erano stati buttati via e Zayn sembrava non essersene ancora accorto ed il suo naso continuava a percepire il profumo di Bente così vicino a lui.
Il convegno a cui aveva deciso di partecipare sulle antiche scritture egizie si era rivelato una noia mortale ed una grandissima perdita di tempo, e Samantha non si era presentata. Lo aveva lasciato lì, da solo, senza nessuno con cui poter prendere in giro lo strano e con incomprensibile parlare signore, con la camicia troppo stretta e la cintura troppo tirata.
Sbuffò per la quarta volta prima di abbassare lo sguardo sul foglio di quaderno che aveva sotto ed era ancora, completamente, bianco.
La porta della stanza universitaria nella quale si teneva il convegno si aprì e nell'uscio apparve una Samantha rilassata, con i lunghi capelli biondi raccolti in una coda tirata ma disordinata ed un sorriso di scuse che le calzava a pennello, esattamente come la camicia a collo rotondo che indossava sopra il jeans nero. E mentre il signore continuava a parlare indifferente della nuova presenza dentro la stanza, la ragazza si sedette al fianco di Zayn, tirando fuori dalla borsa un quadernino a fiori ed una biro nera.
"Che ha detto finora?"chiese all'amico, cercando di non attirare l'attenzione nuovamente su di sé.
Zayn fece spallucce: "Non ne ho idea. - ammise sconfitto e stanco della situazione che si era venuta a creare nella sua testa per colpa di Bente e del suo buon profumo - Non ero molto attento. - sbuffò nuovamente e si passò una mano tra il ciuffo alto - Ancora mi chiedo perché sono venuto qui."
Il signore che parlava al centro della stanza smise di parlare e guardò verso i due ragazzi, fermandosi con le mani a mezz'aria e la bocca semiaperta. Poi ripose le braccia lungo i fianchi e si sistemò la giacca verde mente che indossava e che era in netto contrasto con il pantalone blu notte.
"Signor..." guardò Zayn lasciando la frase in sospeso.
Zayn capì che il signore non sapeva né il suo nome né il suo cognome e di conseguenza non sapeva come chiamarlo. "Malik" gli suggerì poi.
"Signor Malik, - il signore riprese poi il suo discorso - se non le interessa il convegno che stiamo tenendo può benissimo alzarsi da questa sedia e tornare quando ne avrà voglia, noi siamo qui per altri due giorni."
Zayn sorrise strafottente e si alzò, come suggeritogli dall'uomo, e prese in spalla la tracolla infilandoci dentro il quaderno e la penna. E quando la porta della stanza si aprì per la seconda volta e lui uscì tutti rimasero per qualche istante sconcertati a guardare increduli la porta bianca che si era appena richiusa con un tonfo rumoroso.
Samantha nel suo piccolo sorrise: quel ragazzo era una causa persa. Ancora si domandava che cosa l'aveva spinto ad iscriversi all'università di letteratura inglese.



 
Bente sbuffò e poggiò la testa sul suo libro aperto di Sociologia. Non era mai riuscita a stare attenta durante una sola lezione che fosse Sociologia, trovava quella materia estremamente noiosa ed il professore, anche se giovane non era ancora entrato nella grazie della ragazza, soprattutto da quando l'aveva visto provarci con Waliyha.
La lezione era noiosa ed il profumo di Zayn continuava a farle girare la testa, esattamente come cinque giorni prima.
Il negozio di Trisha era sempre stato aperto e lei si era sempre presentata a lavoro, quei cinque giorni, ma Zayn non si era fatto vedere nemmeno per salutare sua madre, o cercare un libro, o consegnare qualche scatola, o semplicemente guardare la trama di un libro.
E Bente sperò che la sua rete internet si staccasse al più presto perché non era stata pagata.
Voleva vederlo, ne sentiva il bisogno. 
Quando le loro labbra erano state vicinissime, cinque giorni prima, si era sentita quasi male ed improvvisamente ogni volta che qualcuno le si avvicinava le sembrava di sentire il suo profumo di dopobarba, l'odore quasi sgradevole - quasi perché lo sentiva su di lui - di sigaretta e la maglietta stropicciata che profumava di un profumo che aveva già sentito ma che non era riuscita a riconoscere.
L'orario andava al passo con il ticchettio della matita della vicina ed i nervi di Bente non avrebbero retto a lungo se avesse continuato di quel passo.
Bente sospirò e prese in mano la penna nera che aveva vicino al libro ed iniziò a scrivere frasi disconnesse su un foglio di block notes.



 
Ciao.
So benissimo che questa è una pazzia, che alla fine non riuscirò più a stare con te per il semplice fatto che...
Ok, lascia stare, forse è meglio. Non sono mai stata brava con le parole, sei tu che frequenti lettere tra i due, io mi accontento di quel pezzo di carta che attesta le mie competenze scientifiche.
Ora, perché ti sto scrivendo e tu stai leggendo? Forse perché la lezione di Sociologia (che non c'entra niente con il mio indirizzo) è noiosa o forse perché... Non lo so perché, ma spero che il postino abbia sbagliato casa ed ora tu che stai leggendo non conosca Zayn. Alla fine di tutto, mi sto chiendendo perché ti scrivo se poi me ne vergogno, ma credo che aiuti, no?
Il vero motivo per cui la penna è stata gettata sul foglio è perché... Non riesco più a sopportare tutto questo peso addosso. Non sono mai stata una che crede molto nell'amore vero, però devo ammettere che ultimamente non sono più così convinta dei miei vecchi pensieri. Andiamo, se fosse così ora non staresti leggendo.
Può sembrare stupido, e va bene. Posso sembrarti una bambina, e va bene. Puoi non rivolgermi più la parola, va bene anche questo. Fai come vuoi, perché alla fine sta a te, sei tu che scegli per te, non io.
Da quant'è che vorrei provare a dirtelo? Forse troppo tempo perché mi sono decisa ora. Non sono brava con le parole, ma sono abbastanza brava a sapermi gestire anche in tua presenza, apparte le guance rosse ed il battito accellerato. Forse questo effetto lo ho perché mi piaci, ma credo che non sia del tutto vero. Ammettiamolo, sei attraente e... Va bene. Mi piaci.
E' la prima volta che ti scrivo, che scrivo in generale. Preferisco di gran lunga la parola, ma in questi casi, con te soprattutto, preferisco non parlare.
Ed il tuo profumo me lo sento ancora vicino, così come il tuo viso, la tua presenza.
E sono consapevole del fatto che siamo un po' come una vecchia canzone, come quelle che ascolti perché fanno sognare ma poi non ascolti più perché diventa stancante, sempre uguale, sempre monotona. Ed è per questo, forse, che mi piaci: sei monotono.
Sei monotono perché usi sempre lo stesso modello d'occhiali quando li vai a comprare. Sei monotono perché preferisci qualsiasi moto ad una qualsiasi macchina. Sei monotono perché ascolti sempre lo stesso gruppo quando hai voglia di piangere, ma non lo fai. Sei monotono perché guardi sempre lo stesso film quando piove. Sei monotono perché canticchi sempre lo stesso motivetto e sei monotono perché fumi sempre le stesse sigarette.
Sei monotono, perché devi imparare a cambiare di tanto in tanto. Infrangila qualche regola.
Sei monotono e mi piaci. Mi perché sei Zayn, lo stesso ragazzo che sceglie sempre i libri sbagliati.
Bente












ciao bellissime!
come si sta a poco dalla fine della scuola?
io tutto bene, anche se non vedo l'ora che arrivi l'estate.
finalmente sono riuscita a postare il capitolo e devo dire grazie a Bieber che ha cantato tutto il tempo della lettera in televisione.
quindi... grazie Justin!
ahahahahaha
ok.
qui abbiamo: uno Zayn innamorato, una Bente innamorata ed una lettera.
che c'entra la lettera?
è la prima di una piccola catena intorno alle quali si concentra la storia e dalle quali è preso il nome della fanfiction :)
sinceramente amo la spavalderia che ha Bente qui, perché la lettera è un po' una cosa che.. non lo so, semplicemente mi piace come è venuto :)
ora prima che inizio a sclerare vi saluto.
al prossimo aggiornamente <3

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Capitolo 6
*** monotony. ***






                                                                                                                                                                                                                           "Sperando che il miracolo in grado di cambiare 
                                                                                                                                                                                                              la mia vita si ripeta.
                                                                                                                                                                                                                                                   E forse, solo forse, si ripeterà
                                                                                                                                                                                                               [Nicholas Spark - le pagine della nostra vita



La lettera era stata una sorpresa. Zayn non se lo aspettava. 
Ovviamente, gli aveva fatto piacere riceverla, così inaspettatamente. Mentre la leggeva aveva sorriso, aveva quasi le lacrime agli occhi per le troppe risate che gli erano involontariamente uscite. Era stata simpatica come cosa, soprattutto perché mostrava quella parte ancora infantile e timida di Bente, quella naturale, che non era nascosta da niente, se non da un pezzo di carta scritta che le faceva da lenzuolo.
E mentre la leggeva se l'era immaginata china sulla scrivania, con la lingua fuori, troppo concentrata a scrivere in maniera leggibile e provando ad eliminare errori grammaticali dovuti alla distrazione.
Gli aveva detto che era attraente, che le piaceva. Le aveva detto che era monotono e Zayn scosse la testa, perché sapeva che nel suo piccolo Bente aveva ragione: era veramente monotono. Però, in fondo, non era colpa sua, ma delle sue abitudini, che erano diventati quasi regole da rispettare. Comprava sempre lo stesso modello di occhiali perché gli piacevano come gli andavano addosso, sceglieva sempre le moto alle macchine perché non aveva mai sopportato i luoghi chiusi, ascoltava sempre gli Oasis perché in ogni canzone c'era come una parte di lui e lo tranquillizzavano. Quando pioveva, aveva provato a guardare altro, ma alla fine aveva sempre preferito Fast and Furios quattro perché era quello che non lo annoiava nonostante lo sapesse a memoria. Per il resto, non si era mai accorto che canticchiava sempre il ritornello della prima canzone della sua playlist e non ci aveva mai fatto caso quando andava a comprare le sigarette che tornava sempre a casa con un pacchetto da venti di Lucky Strike blu.
Bente aveva osservato cose che lui non aveva mai osservato di lui stesso e sapeva cose che sua madre non smetteva mai di raccontare. Però con Bente era diverso: lei se l'era ricordate quelle cose e gliele aveva scritte.
Samantha aveva appena finito di leggere la lettera che Zayn aveva riceuto che sospirò sporgendosi in avanti e poggiando la testa sopra il tavolo del ristorante vicino all'università.
"Tutto bene?" domandò il ragazzo osservando l'amica.
Samantha riprese in mano la lettera e gliela mise davanti gli occhi: "Questa ragazza è stata dolcissima, bravissima e, nonostante gli errori grammaticali che poteva risparmarsi!, ha scritto la cosa più bella che io abbia mai letto."
Zayn rimase in silenzio ad osservarla, mentre la bionda si ricomponeva, lasciando la lettera sul tavolo e prendendo in mano la forchetta.
"Comunque ha ragione sui tuoi libri sbagliati" sorrise, addentanto due penne condite con pomodoro e scaglie di mozzarella.
"Non è vero. Li scelgo dai titoli, come fai tu!"
"Infatti anche i miei dopo un po' fanno schifo. L'unico decente è stato quello che mi ha consigliato la tua biondina quando sono andata a consegnare della posta a tua madre."
Zayn fece spallucce. Anche lui aveva letto quel libro e gli era piaciuto, ma era troppo orgoglioso per ammettere che era stato il miglior libro mai letto che era uscito dal negozio di sua madre.
"Secondo te che dovrei fare ora?" domandò il ragazzo guardando negli occhi Samantha, che sorrise come una bambina piccola e riprese a mangiare indifferente subito dopo.
Ed in quei momenti Zayn aveva il terrore dei pensieri perversi della sua amica, barra coinquilina.



 
Bente sbadigliò e si stropicciò un occhio.
Aveva appena riconosciuto la stanza del suo migliore amico, quando si rese anche conto che tutta quella calura improvvisa era dovuta al corpo di Niall che stava praticamente avvinghiato a quello della ragazza, che sorrise e scompigliò i capelli biondi del ragazzo al suo fianco.
"Buongiorno, piccioncini!" le teste di Liam ed Harry, i due coinquilini di Niall, fecero capolino dalla porta ed entrambi fissavano i due ragazzi ancora sdraiati a letto.
Bente si alzò sui gomiti, facendo attenzione a non svegliare Niall che continuava a dormire, con la testa poggiata sul petto della ragazza, e quando vide gli sguardi curiosi dei due scosse la testa rassegnata.
"Dorme ancora il piccolo?" chiese Liam.
Bente annuì e sbadigliò gutturalmente, senza preoccuparsi di mettere una mano davanti alla bocca.
Harry entrò nella stanza e si sedette sulla sedia della scrivania, facendo un giro completo e fermandosi poi a guardare prima il viso assonnato di Bente e poi il viso completamente rilassato ed addormentato del suo amico. Poi sorrise, "A che ora siete rientrati ieri, dal concerto?"
"Erano le due e mezzo. Siamo venuti via prima perché Niall stava per addormentarsi e non era il caso" disse scuotendo la testa e ricordando la sera precedente, quando durante il concerto che erano andati a vedere di un piccolo gruppo poco conosciuto, Niall stava per addormentarsi seduto sulla sedia rossa di plastica.
Liam rise, tappandosi poi la bocca con una mano. 
"Sempre il solito" ammise Harry e Bente acconsentì con un cenno del capo.
Bente sorrise ed abbassò lo sguardo sul suo petto, dove beatamente Niall poggiava la testa e dormiva tranquillamente, nonostante le risate degli amici e le chiacchiere dei ragazzi. Il respiro della ragazza era regolare, così come quello di Niall, che cingeva la vita di Bente con le braccia e vi si teneva ancorato.
"Comunque, - Liam era entrato nella stanza e si era poggiato alla scrivania, con le braccia incrociate al petto e guardava i due ragazzi a letto - non sarebbe male averti in giro per l'appartamento tutti i giorni" osservò sorridendo.
Bente sorrise di rimando e scosse la testa: "Verrebbe lui tutti i giorni a casa mia, sarebbe inutile.
Harry e Liam si lasciarono andare ad una risata sguainata e mentre Bente li guardava con sguardo di rimprovero, ma con un sottile sorrise dipinto in viso, Niall aveva iniziato a mugugnare qualcosa, muovendo il braccio sinistro incastrato sotto la schiena della bionda.
"Buongiorno" tentò Niall, tra uno sbadiglio e un altro, intento a muovere il braccio con ancora gli occhi chiusi e la voce impastata dal sonno.
Bente ridusse gli occhi a due fessure e fulminò con lo sguardo Harry e Liam, che guardavano Bente impegnata a sbuffare, mentre inarcava la schiena per rendere possibile l'utilizzo del braccio dell'amico.
"Buongiorno bella addormentata nel bosco" lo schernì Liam, avvicinandosi al letto e scompigliando i capelli dell'amico, che ancora con gli occhi chiusi, provava a prendere coscienza del mondo che lo circondava.
"Sarebbe il caso che ti svegli. - si intromise Harry, avvicinando la sedia al bordo del letto - Stiamo aspettando solo te che apri gli occhi."
Niall lentamente riprese coscienza di sé stesso ed aprì gli occhi, stropicciandoli appena e scostandosi da Bente, che si era tirata a sedere ed aveva poggiato la schiena sulla testata di morbidi cuscini del letto ad una piazza e mezze che sovrastava in quella stanza forse un po' piccola.
Niall si mise a sedere, vicino all'amica, e guardò spaesato i due coinquilini che continuavano a fissare dubbiosi Bente e Niall.
"Fortuna che non era successo niente" ammise Harry alzando un sopracciglio e facendo il verso a Bente.
Liam al fianco del riccio guardava Bente in segno di acconsenso ed alludeva al petto nudo di Niall e l'elastico dei boxer neri in bella vista, che risaltavano dal lenzuolo azzurro. 
Bente sbuffò e fece roteare gli occhi azzurri.
Niall, intanto, aggrottò le sopracciglia e fece vagare lo sguardo da Liam ad Harry a Bente, non sapendo di ciò che i suoi amici avevano detto alla ragazza mentre lui ancora dormiva. Poi, però, abbassò lo sguardo sul suo petto nudo e ricordò del rumore del battito regolare di Bente ed improvvisamente capì: "Ma siete due idioti! - ammise il biondo alzandosi dal letto ed indossando una canotta bianca sopra il pantalone della tuta con il quale era andato a dormire. - Che diavolo avete in testa?"
Bente sorrise e spostò il lenzuolo leggero da sopra le gambe magre, scoprendole quasi completamente e mostrando il pantaloncino del pigiama verde pistacchio. Si mise in piedi e sorrise beffarda ad Harry, che subì un buffetto in testa da Liam e poi da Niall, rimanendo seduto mentre i tre ragazzi uscivano dalla camera da letto ed andavano in cucina a fare colazione.
Bente velocizzò il passo e si sedette su una sedia, vicino a Liam: "Come va con Summer?" domandò curiosa, beccandosi un'occhiataccia da Niall.
"Tutto bene" sussurrò Liam, diventando improvvisamente rosso in viso.
Bente sorrise e gli lasciò un leggero bacio a stampo sulla guancia ridacchiando, prima di alzarsi nuovamente da tavola e raggiungere nuovamente la camera da letto di Niall, intenzionata a chiamare Harry, per poter fare colazione tutti e quattro insieme. Una volta arrivata in camera, vide Harry ancora seduto alla sedia girevole e si avvicinò al ragazzo, scompigliandogli i ricci morbidi e sorridendo sulla sua guancia: "Sarebbe il caso di venire a colazione con noi, non credi?" domandò, posando i suoi occhi azzurri su quelli verdi del ragazzo.
"Andiamo" annunciò il riccio, alzandosi e superando Bente di una decina di centimetri.
Entrambi si sorrisero e raggiunsero Niall e Liam in cucina, che avevano preso a parlare di Summer, mentre Liam arrossiva e si infuriava, Niall ed Harry continuavano a prenderlo in giro.
Quello era il posto che Bente amava. Niente era monotono, eppure un po' di monotonia la avrebbe voluta avere nella sua vita.
Zayn era la monotonia che lei cercava. Lo sapeva. Niall glielo aveva sempre detto.







sono un disastro!
avevo detto che avrei aggiornato stamattina, ma è stato un trambusto e non ci sono riuscita.
però eccomi qui :) di lunedì come promesso!
come state, bellezze?
io bene. forse un po' assonnata per il weekend ''strano'', ma felice perché mi è nata una puledrina!
si chiama Pretty Star e non c'entra niente con tutto ciò!
ahahahaha.
come vi sembra il capitolo?
direi che si inizia a fare un po' più sul serio nel prossimo capitolo, che non so quando verrà postato!
sinceramente non so che dire...
direi che questa storia mi sta prendendo abbastanza e ....
non lo sooo!!
sto in ansia perché la mia migliore amica ha appena iniziato una fanfiction che già amo e che sto leggendo in anteprima e mi ha messo addosso la curiosità!
della mia non so che dire perché io amo Bente e Zayn insieme, però mi sto affezionando un sacco anche a Bente e Niall!
ora vado che senno finisco per sclerare :)
alla prossima <3

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Capitolo 7
*** second letter. ***






 
Mi hanno sempre insegnato ad essere monotono, mi hanno insegnato che se una cosa alla fine ti piace ti abitui più facilmente, ma se non ti dovesse piacere una piccola risoluzione la trovi sempre.
E' difficile dire quando tutto ciò che vivo mi ha iniziato a non pesare più sulle spalle, quando alla fine della fiera non era un problema per me fare le stesse cose ogni giorno.  Alla fine mi sono abituato ed ormai non pesano, pesano di più quando non le faccio ogni giorno e pesano anche ora, perché sto distruggendo la mia monotonia mettendomi a scrivere una lettera anziché studiare. E ricordati di me, perché per colpa tua potrei prendere due voti in meno all'esame. 
La cosa della monotonia non mi infastidisce, mi solleva. Mi sento protetto quando alla fine faccio sempre la stessa scelta e non impazzisco per trovare qualcos'altro che mi distragga dalla precedente monotonia. Ricordo che un giorno ero rientrato a casa prima, perché dopo neanche mezz'ora in palestra mi ero già stufato, poi aveva iniziato a piove e senza rendermene conto mi ero messo a vedere lo stesso film di sempre. Però, circa a metà della mia scena preferita, era arrivata Samantha ed aveva cambiato dvd senza neanche rendersene conto e si era messa a vedere Dirty Dancing, perché la sua amica di corso glielo aveva prestato. Ed io mi sono chiesto se rompere la monotonia fosse stato difficile per un semplice film e la verità è che non sono riuscito a resistere: sono uscito di casa, sotto la pioggia, e mi sono diretto a casa di Louis, perché quando piove, se non guardo il solito film, vado a casa sua e insieme beviamo qualcosa mentre mi racconta della sua vita.
Ho sempre voluto cambiare, ci ho provato, ma non mi sono mai sentito soddisfatto.
Tu. 
Tu sei tutto ciò che non è monotonia. Sei una ventata improvvisa di vento che fa cambiare un intero programma giornaliero, sei esattamente ciò c'è prima di una tempesta. Ed è fastidioso ritrovarsi di fronte ad una persona sempre diversa come sei tu. E' fastidioso non solo perché sei sempre imprevedibile e non si è mai capaci di organizzare qualcosa senza il terrore che non ti vada bene qualcosa, ma è fastidioso perché sei sempre nuova. Sempre diversa e mai uguale. E per quanto io abbia sempre fatto finta di essere diverso, per convincermi che andava bene così, ma in fondo non sono capace di affrontare le novità. 
Tu. 
Tu mi hai dato una piccola spinta ed io ora sto navigando in un mare che non conosco. Mi hai dato la forza minima di rompere la mia monotonia scrivendoti una lettera. Scrivendo la mia prima lettera cartacea. La mia prima lettera in generale.
Un piccolo sgarro l'ho fatto. Ho rotto una piccola, ed insignificante, regola/non-regola. Sono uscito fuori dalla monotonia e mi sento perso, non all'altezza.
E non sono all'altezza neanche di affrontare te. Per lo meno non finché non so chi sei. Ed è più difficile di quanto credi, perché sei sempre nuova e di certezze non ne hai: un giorno potresti odiare il rosso ed il giorno dopo indossare solamente vestiti rossi perché saresti bellissima con quel colore addosso. E se non hai certezze non puoi raccontarmi di te, non puoi venire qui e dirmi "sono così". Non puoi per il semplice fatto che tu non sei così, non sempre, ed è snervante starti dietro. 
Tu sei snervante. E tutte le volte che entro in negozio e riesco ad intravedere i tuoi sbalzi d'umore, il tuo cambiamento improvviso di carattere e di gusto, mi verrebbe di prendermi la testa tra le mani e di piangere. Perché io voglio certezze, concretezze, e tu non sei fatta per darmele. Non ne saresti capace. Questo perché sei novità.
E mi sto maledicendo perché sono un fottuto coglione che non riesce a stare dietro ad una novità e si rifugia sempre nella sua monotonia. 
Non importa quanto tu ed io possiamo piacerci, non importa, perché alla fine io sceglierò sempre la via che mi sono spianato con gli anni e tu continuerai a scoprire nuove vie e nuovi rettilineo curvi che ti renderanno soddisfatta. Però, mentre tu starai percorrendo le tue curve nel tuo rettileo fatto di incroci, salite, discese e scorciatoie, io resterò immobile sul mio rettileo, veramente retto e piano, e ti invidierò perché sei stata capace di affrontare le novità e di guttarti e di provare qualcosa di nuovo e di diverso dal solito.
Tu non ti volterai mai a guardarmi indietro, mentre fisso il pallido della tua carnagione e le onde che creano i tuoi capelli dello stesso colore dei campi di grano delle campagne durante le estati più belle della vita. 
Non ti volterai a cercarmi con lo sguardo, perché la novità non cerca la monotonia. Così come tu non cerchi me.
Non cercherai me.
E non lo farai non perché sono stato una piccola parte di una cotta passeggera, forse anche importante, ma non ti guarderai indietro perché fondamentalmente non ti importerà. Magari ricorderai di essere inciampata in un angolo di monotonia, ma hai scoperto che alla fine non era il tuo luogo. Non faceva per te.
E se, invece, vuoi provare, io sono qui. Sono qui nella mia monotonia e nelle mie giornate sempre uguali. Sono qui a cercare una pagliuzza monotona sui tuoi occhi tanti profondi quanto belli. 
Se vuoi ti aspetto. Se vuoi me ne vado. Tu, in ogni caso, fatti sentire. Perché se la mia vita rimarebbe sempre monotona come ora, voglio almeno poter raccontare a qualche mio nipote della mia unica avventura al di fuori della mia bolla di vita. 
Potrei raccontare di piccoli fatti che mi hanno fatto crescere, ma io voglio raccontare anche della mia avventura fuori dalla monotonia. Quindi, aiutami tu a tirare fuori questa piccola avventura. Se vuoi, vivila insieme a me. Però, fammi almeno sapere se ci sei. 
Perché se ci sei io resto. E se non dovessi venire, io resto ugualmente. Perché in fondo sono sempre restato e la monotonia è sempre uguale.
Io resto. 
Tu scegli.
Zayn












scusate scusate scusate.
non mi ammazzate vi prego.
so che sono in ritardo e sono consapevole del fatto che questo potrebbe essere benissimo una cazzata al posto di un capitolo.
c'è un però!
è unitile per essere una cazzata.
in teoria doveva esserci l'idea di Samantha qui, ma visto che prima serviva questa lettera ho deciso di farci un capitolo apposta.
per questo è corto (ed è una cazzata).
comunque posso ufficialmente dire che mi piacciono da morire Zayn e Bente :)
cioè... ammiriamo la bellezza di questa ragazza  --->  aprire qui.
ragazze, capite in questo momento di sclero: non ho niente da fare e sono stata tutto il pomeriggio rinchiusa a casa - da sola - ad ascoltare gli Oasis.
a parte che domani devo sgobbare per pulire casa del mio papi, lunedì arriva a casa una mia amica per la sua vacanza alternativa ed io sono quando aggiornerò di nuovo!
esultiamooo!!
va be'. 
prima che do veramente di matto vi saluto.
peace and love. everyone, peace and love. 
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p.s. grazie a tutte quelle che tengono la storia tra preferita, seguita e ricordata :) I love you.
        grazie anche a chi recensisce <3 I love you so much :)



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Capitolo 8
*** third letter. ***



 


 

 
Te l'hanno mai detto che è uno schifo innamorarsi? Che è uno schifo la vita vera? Che è uno schifo l'Università perché è troppo difficile per te, perché gli esami non sono sempre facili e perché i professori provengono tutti da un altro mondo?
Ieri ero in macchina con Niall e ci ho pensato, alla tua lettera e alle tue parole. Mi chiedo, solo ora, dopo due mesi e due lettere, se mi sono innamorata di te o delle tue parole, anche se non so se ti amo veramente. Ho diciotto anni, tanti pensieri in testa, tante esperienze devastanti al fegato e tante sigarette che non ho mai fumato, perché leggo e voglio i polmoni senza catrame ancora per un po'. Ho diciotto anni e nessuna esperienza che non siano un bacio o un abbraccio o delle coccole sul divano, prevalentemente con persone che ora neanche saluto più per le strade.
Sono due mesi che non ci vediamo, non mi interessa perlare di come va la mia vita sentimentale, cazzo.
Tre giorni fa sono arrivati i miei cugini di Miami a casa mia ed ho preso una pallonata sullo zigomo destro, ancora gonfio, rosso e coperto da una garza bianca e fastidiosa, che mi fa solletico sotto l'occhio.
Domani c'è una festa in spiaggia, restiamo lì tre giorni e tua madre mi ha detto che è tutto organizzato da un tuo amico che io neanche conosco, perché alla festa mi ha invitato mia sorella con l'intenzione di ubriacarsi e liberarsi di mamma e papà per tre giorni e di stare con gli amici. Tu ci sei, vero?
Ho voglia di vederti, lo ammetto, e di vedere come hai tagliato i capelli, perché sono due mesi che non ti fai vedere, ma tua madre continua a parlarmi di te tutte le volte che non c'è molto lavoro in negozio. Mi ha detto che hai fatto il ciuffo più corto, ed io ho voglia di vedere come ti sta. Voglio vedere anche te, ma questo si può tralasciare.
Non so che altro c'è da dire, perché non ha senso continuare a scrivere se le parole sono finite, perché sono due mesi che non ti vedo e perché non sono mai stata brava a parole, quindi scusa.
Ci vediamo domani pomeriggio in spiaggia, se vieni.
Bente





Bente sospirò, si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio ed iniziò a contare sottovoce fino a trenta, aspettando che il tempo passasse lentamente e che la moto di Zayn sparisse dal posto auto che aveva occupato.
Il piano era semplice: andava davanti il plesso di sei appartamenti, affittati a studenti del college, dove abitava Zayn, dopo aver chiesto l'indirizzo ad un certo Louis Tomlinson, imbucava la lettera dentro la cassetta della posta e se ne andava. In quel momento, invece, aveva il cuore che batteva a mille, il fiato corto, la gola secca, la lettera stropicciata tra le dita affusolate delle mani calde e tutto sembrava essere diventato troppo difficile.
"Tutto bene?" domandò una voce femminile alle sue spalle.
Bente si voltò di scatto e quando notò un viso abbastanza familiare si lasciò andare in un sospiro di sollievo. Samantha, davanti a lei, le sorrideva apertamente, mostrando i denti bianchi. "Stavi cercando qualcuno?" domandò, poi, incurante del poter sembrare troppo invadente.
Bente arrossì improvvisamente, sgranò gli occhi ed alzò la lettera fino all'altezza degli occhi della ragazza bionda che aveva davanti. "Dovrei lasciare questa lettera, ma non ne sono più tanto sicura. Andiamo, sono due mesi che non ci vediamo, penso sia inutile lasciargliela ora." disse, scuotendo la testa e sentendosi veramente un'idiota nel compiere quell'azione proprio ora.
Samantha sorrise dopo aver letto il nome sulla busta bianca e stropicciata, la prese dalle mani dell'altra ragazza ed indicò con il mento il portone dal quale stava uscendo un ragazzo che Bente non aveva mai visto.
"Potrei lasciargliela io, sempre se vuoi."
Bente acconsentì con un cenno del capo e voltandosi ringraziò velocemente Samantha, che continuava a sorridere come un'ebete mentre vedeva Bente allontanarsi.
Forse, ma solamente forse, Samantha era stata fortunata ad aver abbandonato la lezione all'Università per andare a casa a riposarsi.













oddio, non ci credo!
cioè, sono tornata a scrivere questa fanfiction dopo cinque mesi ahahahaa
mi sento in una colpa tremenda per tutte coloro che seguivano/ricordavano/preferivano/recensivano la storia, giuro.
diciamo che in questi giorni ho sentito la mancanza di Bente e Zayn più del solito e mi sono messa a riscrivere di loro, partorendo questa sotto specie di capitolo :)
è stra corto, ma come ripresa non mi sembra proprio tanto l'orrore degli orrori ahahaha
abbiamo il primissimo VERO incontro tra Samantha e Bente! :)
e la letteraaaa.
non è niente di speciale, quindi non so che altro dire, anche perché Zayn non c'è e non accade nulla di particolare.
ora, ringrazio chi ancora segue questa fanfiction e mi scuso, di nuovo, per l'immenso ritardo :(
prometto di fare di tutto per riprendere a scrivere perché ammetto che senza Bente e Zayn, ancora, non ci so stare.
non ho altro da dire, quindi un saluto immenso, un infinità di grazie a kuccioladisincro_2000 per essersi ricordata di me e non avermi abbandonata :)
un bacio a tutte e grazie di esserci ancora e scusatemi di nuovo <3

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Capitolo 9
*** teen love. ***



 


 

 
Il sole era spesso alto a San Francisco, come l'aria calda che alieggiava in tutta la California, difficilmente attaccata dal freddo che durante la vacanza dei tredici anni, Bente aveva incontrato a Londra.
Bente raccolse i capelli biondi in una coda di cavallo e sbuffò, osservando l'armadio davanti a lei che sembrava non voler farle trovare quel santissimo costume che aveva cercato tutta la mattinata con scarsi risultati. Bente sospirò di nuovo e tolse dalla propria stampella una semplice polo bianca. Il suono del forno rieccheggiò in tutta casa, seguito dall'imprecazione poco educata e femminile di Mia che si continuava a dare della stupida per non essersi ricordata di guardare prima i biscotti, ora completamente bruciati e da buttare.
La bionda sospirò, guardò l'orologio da parete che segnava le tre del pomeriggio ed indossò la polo. Mentre scendeva le scale la porta di casa si aprì e sua madre, appena la vide, si allargò in un sorriso, "Ciao, amore."
"Ciao mamma. - sorrise la ragazza, sistemando una ciocca di capelli attorno l'elastico non troppo tirato. - A Mia si sono bruciati i biscotti ed io non trovo il costume rosa. Se vado ad aiutare Mia mi cerchi il costume?" domandò innocentemente, mentre sua madre scoppiava a ridere, perché anche se Bente aveva diciotto anni era ancora un disastro.
La donna tolse la giacca gessata blu notte ed allentò la cravatta rosa pallido. "Vai da tua sorella e cerca di salvare qualche biscotto che ho fame, ti cerco io il costume."
"Grazie mamma!" sorrise Bente, dopo aver stampato un bacio sonoro sulla guancia truccata della madre.
Patricia Browning era una donna sulla quarantina, i capelli castani dall'età di diciassette anni e gli occhi troppo grandi e troppo azzurri che avevano ereditato le figlie solamente per metà, ma le andava lo stesso bene, perché Bente era bellissima con gli occhi azzurri e Mia con gli occhi grandi e scuri.
Bente entrò in cucina con la polo indosso e le gambe magre scoperte, si avvicinò alla sorella che le sorrise con i capelli mossi e corti davanti il viso e che soffiò verso una ciocca che le sfiorava il naso, dandole fastidio per il lieve solletico che provocava. 
"Mi si sono bruciati i biscotti." ammise, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e sospirando afflitta. 
Bente osservò la teglia davanti a sé e storse il naso quando vide tutti i biscotti completamente bruciati, poi si alzò e raggiunse la sorella dall'altra parte dell'isolotto al centro della cucina. "Proviamo a cercare di salvarne qualcuno, dai. E' arrivata mamma e ha detto che ha fame" la scostò piano con una botta con il fianco e prese le due presine abbandonate sulla superficie liscia e bianca.





Samantha stava sistemando i propri vestiti dentro lo zaino, eccitata dalla festa sulla spiaggia di Louis, un po' perché sarebbe stato un buon pretesto per dimenticare Dominic, un po' perché Zayn era finalmente tornato quello di prima, un po' perché sperava di rivedere la biondina del negozio, che era bella anche con gli zigomi arrossati dalla vergogna, Zayn aveva ragione. Il problema era che proprio Zayn, però, che aveva passato l'intera mattinata sopra i libri per non restare indietro con le lezioni e per tenere occupata la mente dall'idea della ragazza alla festa.
Samantha sospirò, lanciò lo zaino a terra ed uscì dalla propria camera, con indosso un vestito decisamente da Samantha, che le lasciava le gambe magre scoperte e le spalle magre anche. Bussò alla porta di Zayn e la aprì senza aspettare alcuna risposta.
Il ragazzo, sdraiato inerme sul materasso, borbottò qualcosa con la faccia contro il cuscino e Samantha scoppiò a ridere: "Giuro, Zayn, mi sembri mio fratello quando la mattina di Natale non vuole andare a Messa, perché non ne ha voglia e vuole dormire ancora un po'."
Zayn alzo il viso dal cuscino e guardo l'amica con gli occhi semichiusi e l'espressione seria. "Io non ci vengo alla festa di Lou."
"Che vuol dire che non vieni?" domandò strillando, togliendosi un infradito e lanciando alla pancia scoperta del coinquilino, che si piegò lievemente a causa del dolore, ma che si riprese subito dopo.
"Non ho voglia di venire. Devo studiare, devo aiutare mia madre in negozio, ho il pranzo di famiglia che facciamo sempre e che sembra essere molto importante questa volta. Per non parlare di mia sorella che ha la febbre e che deve trovare qualcuno che la sostituisca al bar, non posso venire Sam, mi dispiace."
Samantha sbuffò e scosse la testa sorridendo: "Sai chi mi sembri Zayn?"
"Chi?"
"Un adolescente alla sua prima cotta. - si sedette sul letto e guardò l'amico con l'espressione di chi la sa lunga, e Samantha, su Zayn, la sapeva lunga quanto bastava. - Tu non vuoi venire perché c'è Bente, perché insieme a lei c'è l'amichetto biondo che le sta sempre appresso e perché hai paura. Sei uguale ad un adolescente e ti ricordo che hai ventun'anni, non quindici!"
Zayn sospirò e nascose nuovamente la faccia sul cuscino del letto, perché Samantha aveva fottutamente ragione. Il suo problema era rivedere Bente dopo quella lettera, rivederla dopo due mesi e, magari, poterci veramente parlare e lui non si sentiva pronto, anche se aveva ventun'anni, qualche esperienza con qualche ragazza ed aveva passato la fase adolescenziale già da un po'.
Samantha passò una mano sul braccio del ragazzo, si alzò dal materasso e prima di uscire sospirò un: "Preparati, tu vieni alla festa e stai zitto."
Zayn sospirò di nuovo, si alzò dal letto e prima di iniziare a prepararsi si soffermò ad osservare la grafia di Bente, che ci avrebbe scommesso l'oro, in quei momenti se la sarebbe ritrovata ricurva sulla scrivania, concentrata, mentre cercava di scrivere il più leggibile possibile e malediva la pessima scrittura che aveva imparato ad usare a tredici anni e che non aveva più cercato di modificare per la troppa pigrizia.
E mentre indossava il costume e la maglietta se la immaginava con il costume, che giocava nell'acqua come una bambina piccola e lui non poté non sorridere e trovare la voglia di andare alla festa di Louis, agitato sì, ma anche veramente felice di poter, finalmente, conversare veramente con Bente, che sarebbe stata davanti a lui, la felpa indosso perché la sera faceva sempre freddo e gli occhi chiari impiantati nei suoi scuri.
Zayn si vestiva e Samantha, intanto, seduto sul divano dell'appartamento, sorrideva, perché Bente era una buona motivazione per portare Zayn alla festa. Bente era sempre una buona motivazione per spingerlo a fare qualsiasi cosa, e lei ne era felice, perché un po' di felicità vera sentimentale, la meritava anche lui.













e sì gente, non sono un miraggio!
ho finalmente ripreso a scrivere questa storia regolarmente e un po' mi sento in colpa, perché sono tre giorni che ho pronto il capitolo, ma essendo stata il fine settimana da mio padre, senza il computer e senza il capitolo nella chiavetta che ho sempre appresso, non ho potuto aggiornare.
cooomunque, tralasciando gli intoppi vari, posso dire che nel prossimo capitolo ci sarà la festa sulla spiaggia!
((((e vorrei essere anche io in spiaggia a festeggiare, perché ho il raffreddore e sempre freddo!))))
vi lascio un piccolo spoiler, giusto perché vi amo ahahahahaha
nel prossimo capitolo avremo una vera conversazione Bente/Zayn, e non vedo l'ora di scriverla!
dato, che il mio amor proprio è andato perso un po' di tempo fa, vi spammo la mia ultima cazzata:  Five Hours.
(((e se avete tempo, ma soprattutto pazienza! vi lascio anche il link di due one shot alle quali col tempo mi sono affezionata:  abbracci  -  who I am)))
ora, prima di diventare pesante, ringrazio tutte coloro che recensisco e che tengono la storia tra le seguite/ricordate/preferite, anche dopo mesi e mesi di assenza <3 <3
al prossimo aggiornamento :)

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