Funny how the heart can be deceiving.

di _Goodnightmoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Non sono mai stata brava con le parole; la solita ragazza emarginata e scansata da tutti. Preferivo rimanere nel mio mondo, isolata.
Forse era solo per proteggermi, per non guardare in faccia la realtà e vedere che alla fine, ero sola. Ma perché? Mi chiedevo. Cos’ho che non va? La risposta non la trovavo mai, e non l’avrei mai trovata.
 
‘Do you ever have moments when you feel like you’re seconds from losing it?’
 
Poi, come succede certe volte a certe persone, un giorno cambiai. Come? Vi chiederete.
Vi svelo un segreto: non lo so nemmeno io.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

‘Just promise me, you’ll think of me everytime you look up in the sky and see a star.’
 
Presi la bici e uscii dal vialetto di casa. Ipod acceso, e cominciai a pedalare.
Era uno di quei tanti giorni in cui non andavo a scuola e così per fare un favore, decisi di fare una scappata al mercato del giovedì mattina.
Mentre mi guardavo intorno e giravo l’angolo, vidi in lontananza Allison, la mia unica amica. Anche lei aveva saltato scuola e non era una novità.
Scesi e agganciai la bici a un palo, poi con passo veloce la raggiunsi e quando si accorse di me, fece uno di quei suoi sorrisi stupendi che io adoravo.
“Ciao.” Salutai con il fiatone.
“Hey.” Esclamò felice. “Anche oggi niente scuola, vero?”
“Già. È giovedì e non mi andava di fare due ore di letteratura.”
“Hai ragione, neanche a me. Tanto è solo il quinto giorno di assenza.”
“Oh bene.” Feci un mezzo sorriso.
Ora, come potete intuire, né io né Allison eccellevamo  per quanto riguardava la carriera scolastica, ma non ce ne importava poi così tanto. Eravamo le solite che recuperavano tutto a fine anno. Trasgressive? Direte.
Totali irresponsabili, rispondo.
“Cosa devi comprare al mercato?” Chiesi.
“Mi servono delle sciarpe e un paio di maglioni.” Annuii. I vestiti erano la sua ossessione. “Tu? Cosa ci fai qui?”
“Devo prendere la frutta e poi vado al supermercato.”  Risposi cominciando a camminare.
“Capisco.” Sospirò. “Come sta tua madre?” La guardai, e mi fermai sui suoi occhi. Quanto mi piacevano. Erano di un verde smeraldo così acceso e ipnotizzante.
“Si sta riprendendo, l'influenza non dura molto.” Allison annuì e guardò per terra, pensando a non so cosa.
“Io vado, devo fare veloce.” Mi affrettai a dire. “Ci vediamo.” E con passo svelto andai al banco della frutta.
“Ciao.” Mi urlò.
Comprai delle mele e delle arance. Qualche banana e alcune pere. Impacchettai tutto, pagai, e corsi a fare spesa. Presi quelle due cose che mamma mi aveva chiesto di prendere e frettolosamente tornai alla bici.
Alzai il volume dell’Ipod e cominciai a pedalare.


Ero in ritardo; dovevo essere a casa già da dieci minuti.
Mentre giravo l’angolo, non so come successe, mi ritrovai a terra e un pizzicorio pungente al ginocchio destro mi stava paralizzando la gamba. Mi ricomposi velocemente e vidi un ragazzo per terra, che si alzava lentamente.
“Oh, scusa.” Esclamai. “Scusa, scusa, scusa.” Continuavo a dire mentre rimettevo in piedi la bici e raccoglievo la frutta uscita dalla busta di carta.
“Non ti preoccupare, davvero.” Si accucciò a raccogliere qualche cosa anche lui, e mi voltai dall’altra parte, dato che  non volevo far vedere che piangevo. Una volta preso tutto, mi sistemai e il ragazzo cercò di guardarmi in faccia.
“Stai bene tu, invece?”  Chiese educatamente. Mi alzai il pantalone e c’era un taglio di almeno dieci centimetri che non la smetteva di buttare fuori sangue. Strinsi i denti, mi morsi il labbro, alzai il viso e risposi:
“Si.” Mi tirai su le maniche della maglietta, presa da una vampata di caldo.
Abbassò lo sguardo, inizialmente a disagio in quella situazione; poi lo vidi spalancare gli occhi.
Mi ricordai quasi come un flash, e subito riabbassai le maniche e cominciai a pedalare.
“Hey, aspetta! Stai sanguinando. I tuoi pantaloni sono tutti macchiati. Aspetta! Aspetta!” Piangevo.
Aveva visto i tagli, aveva visto i miei tagli.
Mi diedi della stupida e mi affrettai a raggiungere casa, dove il dolore, sicuro, non era ancora finito.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Just stay strong.’
 
Buttai la bicicletta di lato sul giardino e mi asciugai le lacrime. Presi la spesa ed entrai piano in casa, sperando che nessuno si era accorto che avevo fatto ritardo nel tornare.
Posai le buste nella piccola cucina e quando mi girai, come un fantasma, si materializzò mia madre, che stava ancora male per l’influenza.
“Come mai ci hai messo così tanto?” Chiese con voce infuriata. Istintivamente feci un passo indietro.
“Scusa, ho avuto un contrattempo. Sono caduta dalla bici e..”
“Cos’hai sulla gamba?”
“Ecco, si. Sono caduta e mi sono tagliata.” Alzai il pantalone; sanguinava ancora, ma di meno.
“E chi dovrebbe lavare quei pantaloni, ora?” Cominciò a urlare.
“Non ti preoccupare mamma, li laverò io.”
“No, non li toccherai. Non sei capace a fare  nulla, visto? Ti avevo chiesto di andare a fare una cavolata e ritorni sanguinante. Non riuscirai a fare niente nella vita. Sarai una fallita, sei destinata ad essere una sgualdrina, a concederti agli altri, per fare soldi.” Non vidi il pungo che mi tirò, e caddi per terra, atterrando sul ginocchio ferito. Soffocai un grido. “Sei così debole, non lo vedi?” Un calcio allo stomaco. “Non sai neanche difenderti.” Un altro ancora. “Non sei mia figlia.” L’ennesimo. “Mi fai schifo. Essere inutile.” Il quarto. Vomitai, e svenni.
 
Quando mi risvegliai, mi guardai attorno per assicurarmi che mia madre non c’era. Il vomito emanava un odore più che disgustoso, si era incrostato. Mi alzai e per poco non rischiai di cadere di nuovo. Ero fragile per il sangue che avevo perso e non avevo una bella cera, ma a nessuno fregava niente. Controvoglia mi accucciai e pulii a lucido tutto. Almeno non sarei stata picchiata per questo.
Mi medicai la ferita sul ginocchio, che era uno spettacolo ripugnante, ma anche questo non fregava niente nessuno.
Subito dopo, cucinai qualcosa da mangiare per mia madre, ma anche al mio patrigno e a mio fratello maggiore.
La giornata non era ancora finita. Si avvicinava la sera, il momento che detestavo di più. 
 
“Cosa?” Urlò mia madre dalla sala. “Ricercato ancora per spaccio di droga? Quando la finirai, Aaron?”
“Ti ho detto che mi hanno incastrato.” Rispose mio fratello.
“No, sei tu che hai agganci schifosi.” Fece acida lei.
“Non puoi commentare.” Urlò Aaron. “Sono io che porto quei pochi soldi a casa. Invece cosa fa Alfred, eh? Ubriacone che non è altro.”
Pochi secondi dopo sentii il suono di una bella manata sulla guancia. Dei due, era il fratello che si dava più da fare per racimolare qualcosa, anche se in modo sporco.. abbastanza sporco.
Sentii dei passi venire verso la cucina e subito corsi dietro ai fornelli e feci finta di non aver sentito assolutamente niente.
“Ciao sorellina.” Disse e mi schioccò un bacio sulla guancia. Era l’unico con cui avevo un buon rapporto in famiglia. “Come stai?”  Lo guardai e subito si accorse del labbro rotto. L’unica cosa che fece fu sospirare.
“Non ti preoccupare, questa situazione cambierà presto.”
“Davvero Aaron? Perché è da un anno e più che lo ripeti.” Ci guardammo. Aveva gli occhi pieni di speranza come sempre; l’unica cosa che mi faceva andare avanti.

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