Quel matto sono io

di Aura
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Lui, Lei. - ***
Capitolo 2: *** Dracones, Draconum, Draconibus. ***
Capitolo 3: *** Battaglie, riconoscimenti e una strana pazzia ***
Capitolo 4: *** Dubbi ***



Capitolo 1
*** Prologo - Lui, Lei. - ***


quel matto 1






Ho sentito dire che c'è un matto in giro
con le tasche piene di parole
e sogni che nessuno ha realizzato,
e non sa coltivare, se non dentro la sua testa vuota
e dentro le speranze di chi non ha mai deciso niente.

Sono ancora avvolti in cellophane e carta d'alluminio,
e pesano di tutti quei rimpianti che ogni uomo ha dentro
e pensano che siano ottimi rimedi contro il tempo,
perché possa un giorno muoversi in un altro senso.
(Quel matto sono io, Negramaro)




LUI.



E così mi sono innamorato di lei: come il peggiore degli stupidi, innamorato della ragazza di mio fratello.
Sciocco, da parte mia, perché si sa: Hermione apparterrà sempre a Ron, non c'è dubbio; eppure sono finito in questa situazione, e mi rendo conto solo ora che dovevo scappare, finché ero in tempo.
Perché non è successo in un lampo, di avvisaglie ce ne sono state, ma forse all'inizio sono caduto nel tranello più ovvio del mondo: non ci credevo, era impossibile.
Ma allora era una cosa difficilmente catalogabile anche come infatuazione, per cui rimanevo forte della mia teoria, e non davo peso al fatto che qualcosa smuovesse il mio stomaco quando lei era nelle vicinanze; qualcosa che mi spingeva a considerarla interessante, nonostante fosse solo una ragazzina saputella.
In fondo ai tempi l'avrò vista una volta o due; poi ci fu il matrimonio di Bill, e in quell'occasione mi trovai a pensare pericolosamente che tutto sommato era carina, a modo suo. No, quel giorno era decisamente carina, ma non avrei dovuto pensarlo, non avrei dovuto ricordarlo, in seguito. Doveva essere più il genere di pensiero: “Oh, sono fiero che il mio fratellino si sia trovato una bella ragazza”; e invece no, guardandola, quella sera, avevo capito che quella leggera stretta allo stomaco che percepivo era sintomo d'interesse: dovetti sedermi, per frenare l'impulso di avvicinarmi a lei; ma continuai a guardarla, consapevole del mio errore.
Ignaro che Hermione mi avrebbe dato mille altri motivi per continuare ad accorgermi di lei, sono stato stolto a non pensare che avrei raggiunto il punto di non ritorno.
Durante la battaglia, quasi un anno dopo, c'era ben poco da pensare a queste cose, chiaro; ma pur con il cervello impegnato dalle strategie, il fisico dagli scontri e il cuore dai lutti che aumentavano sempre di più, una parte latente di me la notava: l'ammiravo, era forte, intelligente, era impossibile non rendermene conto.
E poi, quando pensammo di aver finalmente raggiunto la meritata pace, ci fu l'altra faccenda...
Sono solo un matto.


Erano passati sei mesi dalla sconfitta di Voldemort, il mondo magico si stava rialzando dalle sue ceneri ricostruendo ciò che era stato distrutto, asciugandosi le lacrime per coloro che aveva perso, e io, dopo un periodo a casa, ero tornato in Romania.
Anche così lontano trovai incredibile come ciò che era accaduto a Hogwarts fosse risuonato in tutto il mondo, e di come tutti, ognuno a modo proprio, vi avessero partecipato.
La vita era ripartita, la solita routine aveva iniziato ad inanellarsi un giorno dopo l'altro, persino per me, che la monotonia non sapevo nemmeno dove stesse di casa. Era quello che mi aveva sempre affascinato dei draghi: erano esseri imprevedibili, stare con loro era una lotta continua, la loro fiducia era qualcosa di incredibilmente sfuggente ma altrettanto prezioso, perché quando riuscivi a conquistarla era impareggiabile. E stare lì mi aiutava a distaccarmi dal mondo che avevo lasciato, dalla famiglia che si ricuciva le ferite, dal pensiero che ormai ero partito di testa per la ragazza di mio fratello; fino a che arrivò un emissario del ministero. Non un gufo.

La mia capanna era molto spartana, ci feci caso per la prima volta quando feci entrare Amadeus Parker; quello strano omucolo fece qualche passo sulle tavole traballanti del pavimento e si guardò intorno, spaesato. Dopo aver ottenuto il consenso dagli altri della mia squadra mi aveva seguito, per strappare anche il mio, che ero rimasto titubante: non capivo il perché di tutta quella segretezza, quale questione poteva essere così urgente da richiedere la nostra immediata presenza a Londra?
- Signor Weasley, la prego, il Ministro ha insistito perché vi portassi tutti con me: non posso dirvi niente, ma è una questione di sicurezza mondiale. - disse, particolarmente  cauto, come per giustificare la sua insistenza. Ero incuriosito e allo stesso tempo seccato: partire senza sapere niente, scommettevo che nemmeno questo Parker fosse a conoscenza del motivo per cui era lì; inoltre ero appena tornato, e l'idea di rifarmi il viaggio fino in Inghilterra non mi attraeva particolarmente.
Però c'era la questione della curiosità: c'era qualcosa sotto, ne ero certo.

- Sta scherzando! - Non mi trattenni dall'esclamare, quando Shacklebolt finì di parlare.
I miei compagni iniziarono a mostrarsi inquieti, la faccenda si stava rivelando pericolosa, e tutti sapevamo che non potevamo tirarci indietro.
Il Ministro era serio, ci guardò tutti negli occhi, ad uno ad uno,
- Purtroppo no. Ma non è finita.
Mentre continuava a parlare feci scorrere il mio sguardo tra gli Auror presenti alla riunione, impotenti davanti a quello che stava succedendo; e noi che pensavamo che dopo aver sconfitto il più grande mago oscuro di tutti i tempi ci spettasse un po' di pace.
E invece, per tutto quel tempo, anzi, da prima, un esercito si stava formando proprio sotto ai nostri piedi.



LEI.




Buio e silenzio, incoscienza, prima che qualche immagine sconnessa riaffiorasse tra i miei ricordi.
Sapevo di essere stata colta di sorpresa, e di aver provato a difendermi, a lottare, mentre l'attacco rendeva sempre più chiaro che ogni colpo era inutile: dovevo scappare, ma ormai le forze mi stavano abbandonando.
Aprii gli occhi, notando di essere riuscita nel mio intento; no, non ce l'avevo fatta da sola, un Auror si era materializzato accanto a me e aveva portato via entrambi.
Cos'era quella
Cosa che mi aveva attaccato? Ci pensai ancora prima di provare a capire dov'ero, cercai di riportare alla memoria quell'essere, quella creatura sulla quale ogni incantesimo era inutile. Deglutii, sapevo cos'era, quello che non capivo era perché si trovasse lì.
Mi guardai intorno, il San Mungo. Le pozioni che mi avevano dato stavano iniziando a fare effetto, ma lì dove si erano rotte le ossa sentivo ancora dei dolori lancinanti; provai a chiamare qualcuno, ma dalla mia gola secca uscì solo un debole rantolio. Una Medimaga che non avevo notato, all'angolo della stanza, si mosse rapidamente verso di me, causandomi un forte giramento di testa; parlava con qualcuno, ma non riuscivo a distinguere le parole. Entrarono altre persone nella stanza, forse una, forse due, ma a me sembravano mille; mi ritrovai a implorare con lo sguardo la Medimaga di qualcosa che non sapevo nemmeno io, fu allora che tutto si calmò e divenne immobile. Prese un'ampolla, che avvicinò alle mie labbra:
- Beva questo, Granger. - disse, lentamente, in modo che io potessi afferrarne il significato. E subito tutto divenne buio di nuovo.

Al nuovo risveglio percepii immediatamente una nuova forza in me, il dolore era passato, persino quello al braccio, che era stato calpestato dalla creatura; aprii gli occhi e mi alzai un poco sul cuscino, certa di trovare accanto a me qualcuno che avrebbe potuto spiegarmi cosa era successo. Non mi sbagliavo: un uomo, un Auror, scattò in piedi come una molla, corse verso la porta che aprì appena e lo sentii chiaramente dire:
- È sveglia, sembra lucida.
Vidi entrare Shacklebolt, e capii che il mio attacco non era una coincidenza, sotto doveva esserci qualcosa di grosso.
- Ministro, - lo salutai, facendo forza sui gomiti per mettermi a sedere. La Medimaga mi raggiunse, aiutandomi a mettere il cuscino dietro alla schiena e porgendomi poi un bicchiere d'acqua, a sollievo della mia gola secca. - mi dica tutto. - lo invitai, liberata dalla voce impastata, - Cosa ci faceva una Manticora in Inghilterra?
Shacklebolt aggrottò la fronte, lasciò che il silenzio facesse risuonare la mia domanda tra le mura della stanza e galleggiare per qualche istante tra di noi, prima di dirmi che mi avrebbe risposto in un altro momento, non appena la mia guarigione fosse stata completa, al Ministero.
La sua espressione mi indusse a non insistere, come se mi comunicasse silenziosamente che quello che potevo immaginare era solo la punta di un iceberg pericoloso e ostile, di cui lui era a conoscenza.
Perché era lì, allora, se non voleva darmi delle risposte?
Non capivo, e nonostante accettassi il suo voler rimandare le spiegazioni la mia mano strinse nervosa il lenzuolo, insoddisfatta, e gli spiegai come ero stata attaccata.
Capii ancora una volta, dalle espressioni del ministro e del Auror accanto a lui, che il mio non era un caso isolato.






Nda:
Ho iniziato a scriverla a settembre, questa storia mi è balenata in mente non appena mi sono iscritta al contest "Everybody loves Hermione", con cui poi ho partecipato con Brown Eyed Girl. Non con questa, perché sapevo che per la storia che avevo in mente non sarei riuscita a rispettare la scadenza, non perché avessi progettato millemila capitoli, ma perché è il genere di storia che richiede tempo.

È la mia prima esperienza con la narrazione in prima persona, ho voluto togliermi lo sfizio di provare a usarla. Ringrazio per l'ispirazione i Negramaro con "Quel matto sono io" a cui questa storia deve gran parte delle citazioni, anche future, e il titolo, ma soprattutto i Radiohead con "Creep", che prima o poi salterà fuori, che è la vera colonna sonora di Charlie.

Spero che vi piaccia, alla prossima!

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Capitolo 2
*** Dracones, Draconum, Draconibus. ***


quel matto 1








Ho sentito dire che quel matto è ancora in giro adesso,
e vomita parole da un megafono che resta spento;
e non si da mai pace fino a quando ogni sguardo è appeso
alle sue tasche ancora troppo piene di conigli e fiori.
(Quel matto sono io, Negramaro)




LEI.



Istintivamente afferrai i braccioli della sedia, come se il pavimento dell'ufficio di Shacklebolt avesse potuto cedere sotto di me, preparandomi alla caduta.
La premessa che mi aveva fatto non era per niente rassicurante, mentre mi diceva che alla fine della spiegazione, se lo avessi voluto, avrei potuto essere Oblivata; e qualcosa di molto simile alla paura mi strinse la gola: a nemmeno due anni dalla sconfitta di Voldemort nessuno si aspettava che delle altre forze oscure mettessero in pericolo il nostro mondo.
- È ormai da mesi che ne siamo a conoscenza, - continuò, - e data la situazione, in cui la maggior parte di noi è impotente, abbiamo preferito mantenere la cosa segreta al Mondo Magico: solo pochi ne sono al corrente, chi come te ha subito un attacco e chi può combattere. Una squadra speciale di Auror ha fatto delle ricerche: con la nuova ascesa di Voldemort hanno iniziato a smuoversi le acque e delle creature magiche si sono sentite in pericolo, hanno iniziato a formare un esercito per difendersi. Con la sua sconfitta poi le cose sono peggiorate: il loro intento è cambiato, usano soldati contro cui la magia è inutile, la verità è che vogliono decimare i maghi, in quanto credono che prima o poi nascerà un nuovo Voldemort che li metterà nuovamente in pericolo. Vogliono eliminarci, o ridurre il nostro numero fino a renderci inoffensivi.
La sua voce, la sua espressione, mi suggerirono che il pericolo era più vicino di quanto pensassi.
- E nessuno sa niente? - chiesi, incredula.
- Per il momento gli attacchi sono ancora abbastanza sporadici, se la notizia trapelasse si creerebbe il panico, un panico inutile dal momento che non è una battaglia che siamo nati per combattere. Come sai la magia è inutile contro le Manticore, che rappresentano il loro contingente d'attacco, e non sappiamo con precisione quali altre creature abbiano assoldato. Abbiamo radunato delle squadre in grado di respingerli fisicamente, ma come puoi immaginare sono in pochi ad avere delle armi utili a contrastarli.
Mentre la notizia si depositava, e mille domande si formavano alla rinfusa nella mia mente, Shacklebolt prese la bacchetta,
- La cosa più sicura per te è dimenticare. - mi disse, cercando di tranquillizzarmi.
Dentro di me sentivo una piccola lotta, sapevo quello che dovevo e volevo fare, ma la tentazione di rannicchiarmi nell'incoscienza e per una volta lasciare che ci pensassero gli altri mi colse impreparata. Ma non vinse.
- Un attimo, - chiesi, - ha detto che chi è stato attaccato è a conoscenza di questo esercito, perché vuole cancellarmi la memoria? - Lo provocai.
La sua fronte si corrugò, seria,
- Se non fai parte dell'operazione è più sicuro che tu non sappia niente, e non è mia intenzione chiederti di combattere: al momento, non sapendo contro cosa, sarebbe una richiesta di suicidio, e non posso farlo, non fino a quando non sapremo di più sull'entità di questa minaccia.
Accanto a Harry avevo combattuto in prima fila contro Voldemort, perché questa volta non poteva essere qualcun altro a lottare per difendermi? Aveva ragione Shacklebolt, era un suicidio arruolarmi se la mia bacchetta era probabilmente inutile in questa guerra.



Dopo quella lotta intestina la parte più forte di me prese il sopravvento e decisi di non essere Oblivata, candidandomi al campo di battaglia; ma il Ministro aveva temporaneamente rifiutato la mia disponibilità, chiedendomi di pensarci sopra un giorno, facendomi promettere che nel frattempo avrei mantenuto il segreto.
Non capivo questa ossessione nel non fare trapelare niente, ma Shacklebolt era fermamente convinto che era inutile al momento spargere la voce, dichiarando che avrebbe solo scatenato il panico. Su quello non aveva tutti i torti, ma secondo me ognuno aveva il diritto di sapere. Le ventiquattr'ore che mi aveva dato per rivedere la mia decisione, immaginando cosa mi sarebbe aspettato, le impiegai per fare in modo che la mia assenza non avesse destato preoccupazioni: chiusi il piccolo appartamento vicino al Ministero che avevo affittato, salutai i miei genitori, e infine trovai una scusa abbastanza convincente per Ron, per giustificare la mia partenza improvvisa. Avevo cercato di mostrarmi rassicurante, mi ero inventata una ricerca da fare per conto del Ministero, dal momento lui e Harry non erano nella squadra che era a conoscenza dell'Esercito Segreto. Non avevo dubbi che anche il Ministero avrebbe coperto la mia assenza.
Imbarcarmi in questa cosa senza Harry e Ron mi sembrava assurdo e sbagliato, d'altra parte immaginavo che non sarebbe passato troppo tempo prima che anche loro venissero arruolati, e tenendoli all'oscuro ancora per un po' avevo la sensazione di proteggerli. Nonostante una piccola parte di me sapesse che quel saluto avrebbe potuto anche essere un addio, cercai di sembrare impaziente e serena, mentre lasciavo Ron. Il mio Ron, l'altra metà di me.

Seguii il Ministro per un lungo corridoio, diretti verso la Passaporta che ci avrebbe condotti dai miei nuovi compagni.
Mi disse che non ero la prima vittima a volersi arruolare, e come loro anche altri Auror erano stati affiancati ai membri della Squadra Speciale, formando delle piccole unità. La vera speranza di vittoria per questa operazione erano loro, ma noi avremmo potuto aiutarli.
Mi disse che aveva trovato un ottimo compagno a cui affidarmi, e mi augurò buona fortuna prima che la Passaporta conducesse entrambi all'accampamento.
Un luogo isolato su delle montagne che non riconobbi, quando arrivammo procedemmo in silenzio addentrandoci in una foresta, verso dei rumori che si facevano sempre più forti. Erano ruggiti, potenti e vigorosi, e mi chiesi che tipo di creatura avessero scelto per combattere. Poi, raggiunta una radura nella quale sorgeva un accampamento, mentre i miei occhi mi davano la risposta, la mia ragione si oppose con forza, chiedendomi in che razza di pazzia ero entrata. Era impossibile addestrare dei draghi, era un assioma.
Shacklebolt ignorò la mia reticenza, cercando quello che sarebbe stato il mio compagno.
- Buongiorno Ministro. - Lo salutò un uomo alto quasi quanto Hagrid, talmente imponente da far sembrare Shacklebolt un esserino. Mi guardò per un'istante, interrogativo e sospettoso, poi scrutò il cielo. - Il nostro uomo sta facendo un giro di perlustrazione, sarà qui a momenti. - disse poi, decidendo di ignorarmi.
Come richiamato da quelle parole, una creatura, che avevo imparato a classificare come Vipertooth Peruviano, si avvicinò planando verso di noi; istintivamente feci qualche passo indietro: c'erano altri draghi come quello nella radura, ma erano tutti lontani; quello in volo stava puntando proprio noi.
Quando atterrò fui così sbalordita e incredula dal vedere che una persona lo stava montando che non feci caso a chi fosse, fu quello strano cavaliere a riportarmi alla realtà, facendo un balzo a terra.
- Hermione Granger, - mi chiamò, con il tipico tono scanzonato peculiare della mia seconda famiglia, - e così da oggi siamo una squadra, eh?
Era Charlie Weasley.
Charlie si dimostrò particolarmente paziente, quel pomeriggio, continuando a rassicurarmi che quello che vedevo aveva un senso.
Mi raccontò che persino lui, un anno prima, era incredulo sulla fattibilità di quell'operazione, quando il Ministero concepì il grande piano suicida secondo al quale l'unico modo di contrastare l'Esercito Segreto era combattere con i draghi, la creatura che per antonomasia era inaddomesticabile. Eppure quasi tutti i membri della squadra che erano stati scelti ce l'avevano fatta, sebbene il percorso tortuoso fosse visibile dalle cicatrici sulla pelle di tutti loro. Ora Charlie mi spiegava tutte quelle cose accanto al drago che chiamava Moskosky, mentre incredula lo guardavo dare delle piccole pacche sul suo dorso, come se si trattasse di un buon cavallo cresciuto un po' troppo.
- È anche il tuo drago ora, - mi disse, notando la mia reticenza, - e non hai molto tempo per abituarti all'idea. Ho già parlato con Moskosky, e lui ha accettato il cambio di compagno, o saresti già stata incenerita.
Non molto consolante. Riflettei sulle sue parole,
- Un cambio di compagno? - chiesi.
Charlie ridacchiò, ma colsi dell'amaro nella sua voce:
- Non sono stato entusiasta, stamattina, quando mi hanno detto che entravi nella squadra. E di certo non potevo lasciarti in un'unità che non fosse la mia, devo tenerti d'occhio.
Quelle parole di Charlie mi ricordarono gli affetti che avevamo in comune, attribuendole a loro.
- Immagino che nessuno della tua famiglia sappia che cosa fai.
Si rabbuiò,
- E nessuno lo deve sapere. Quello che facciamo è pericoloso, Hermione, ma siamo gli unici che possiamo farlo, e lo facciamo per difenderli, per difendere tutti. Per quanto riguarda te, non ti preoccupare: farò quanto posso perché tu non debba mai essere in pericolo.
Dopo quelle parole, per la prima volta da che era iniziato tutto, mi sentii protetta.


LUI.



Non che pensassi che Hermione fosse una damigella in cerca d'aiuto, sapevo bene che era forte, anzi, era una delle cose che mi piacevano più di lei; eppure conoscevo l'entità e i pericoli di quella guerra, e promisi a me stesso che non avrei lasciato che le accadesse niente di male.
La mia prima reazione, quando mi comunicarono il nuovo acquisto, fu quasi di rabbia: da quando in qua lasciavamo arruolare dei ragazzini?
Come il Ministro non chiedeva a nessuno di unirsi alla causa così non impediva a nessuno di farlo, ma lasciare che Hermione Granger si unisse a noi era da pazzi.
Una parte di me mi costrinse a riflettere sul fatto che effettivamente non sarebbe stata d'intralcio, anzi, probabilmente sarebbe stato molto utile averla schierata con noi: Hermione era sveglia, coraggiosa, un pozzo di conoscenze e riusciva sempre a trarne vantaggio, era un'ottima stratega. Eppure sapere del suo arrivo mi faceva infuriare.
Parlai con Albert, il mio compagno, e con Igor, il cavaliere a cui sarebbe stata affidata, proponendo uno scambio: almeno dovevo avere la certezza di averla sempre a vista d'occhio.
In nome di mio fratello, mi auto-convinsi. Quando arrivò il gufo di Shacklebolt, che si dichiarava d'accordo a quello scambio, anzi, reputandola un'ottima idea dal momento che Hermione già mi conosceva, ignorai il senso di colpa, sapendo benissimo che non era per Ron che volevo averla con me.

La guardai fissare Moskosky quasi inorridita dall'impossibilità di quello che stavamo per fare, quando le dissi che avremmo fatto un giro di prova, e cercai di non sorridere. Ormai quella per me era diventata la normalità. Lui capì che avevano una novellina a bordo, perché si comportò incredibilmente bene, rendendo il giro quasi panoramico; piano piano iniziai a sentire le mani di Hermione, artigliate alla mia schiena, farsi via via più sicure. Sapevo che stava lottando contro sé stessa e le sue paure, in silenzio, e comprendendolo non potevo fare a meno di ammirarla ancora di più.
Virando verso l'accampamento vidi Gerard e il suo drago sfrecciarmi accanto, e capii immediatamente cosa stava succedendo: con un brusco movimento cambiammo rotta, affiancandoci a loro.
- Ci prepariamo ad attaccare? - gridai per farmi sentire.
Gerard sembrava inseguito dalle furie, tanto andava veloce.
- Esatto, ce ne sono tre dall'altra parte della montagna, vogliono attaccare in gruppo. Stai indietro, tu: hai una novellina a bordo.
Girai la testa, guardando Hermione sopra alla mia spalla. Il suo volto non esprimeva certo voglia di scendere in campo, ma d'altra parte non si sarebbe mai tirata indietro; e io non potevo lasciare i miei compagni da soli. L'avrei tenuta al sicuro, ma ciò non voleva dire che non saremmo mai andati in battaglia.






Nda:
Ecco il secondo capitolo, grazie mille ha chi ha recensito e a chi la sta leggendo, mettendo la storia tra le seguite.
Scusate se è passato più del previsto per l'aggiornamento, ma il tempo mi è proprio volato, ultimamente sono sempre di corsa!
Non temete comunque, dopo ormai nove mesi che ho questa storia in cantiere l'ultimo pensiero che ho è quello di abbandonarla ;-)
e presto riprenderò in mano anche Gli Ostacoli del Cuore, per chi la stesse aspettando :-) alla prossima!


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Capitolo 3
*** Battaglie, riconoscimenti e una strana pazzia ***


quel matto 1






E solo adesso me rendo conto, che non c'è nessuno in giro,
e che è soltanto quel che penso,
mentre poi mi guardo intorno ciò che vedo è il mio riflesso
su uno specchio,
troppo stanco di morirmi sempre addosso.

(Quel matto sono io, Negramaro)




LUI.


- È in gamba, ce la possiamo fare: tre Manticore sono tante, Gerard, non possiamo rischiare che quegli scherzi della natura feriscano qualcuno.
Mi allontanai, prima che potesse dire altro, prendendo il mio posto in formazione.
- Non abbiamo parlato di quale sarebbe il mio compito. - Si fece sentire lei, dopo qualche istante.
- Cercare di non cadere. - La liquidai semplicemente. Mi strattonò i fianchi,
- Piantala, Charlie: dico sul serio.
Raccolsi le idee: le unità erano molto eterogenee, il compagno del cavaliere non aveva un ruolo prestabilito, i due trovavano l'intesa giusta dopo scontri e allenamenti in maniera naturale, in base alle predisposizioni di ognuno.
Albert, il mio vecchio compagno, faceva da diversivo, ma mai avrei suggerito a Hermione una cosa simile.
- Mi fido di te, non devi fare niente di speciale. 


Mi abbassai sulla schiena di Moskosky, preparandomi alla planata decisa, e lei mi imitò.
La formazione si divise, seguii Igor, la prima ala, e puntammo su una Manticora, lui a destra e io a sinistra. Quell'esemplare era parecchio più grosso di quelle che avevo visto fino a quel momento, la sua coda in particolare era più lunga e non ci permetteva di avvicinarci troppo, se non volevamo essere colpiti. Era in posizione di attacco, pronta a lanciarci addosso i dardi che come pungiglioni generava dalla punta della sua estremità, e sapevamo entrambi per esperienza che il fuoco dei nostri draghi a quella distanza avrebbe solo scaldato la spessa crosta di pelle.
Guardai Igor con la coda dell'occhio, velocemente, riportando subito lo sguardo sulla coda della Manticora: anche lui stava pensando a un modo per avvicinarsi, rimanendo sempre in movimento affinché lei non potesse colpirci con i suoi aculei.
- Che succede? - La sua voce mi colse di sorpresa, mi ero già dimenticato di averla dietro di me.
- Dobbiamo avvicinarci per attaccarla, ma se ci colpisce con i suoi aculei siamo andati. Non cercherà di combattere, è pronta per spararli.
- Questo lo vedo. - Mi rispose, con un tono di voce vagamente petulante, che nella confusione del momento mi portò a chiedermi perché me lo avesse chiesto, allora. - Ho un'idea, fai dei cerchi attorno a lei, in modo che possa puntare la bacchetta.
- Gli incantesimi non... - iniziai, ma subito mi zittì:
- Lo so benissimo, ho un'idea: tieniti pronto ad attaccare, non riuscirò a distrarla a lungo.

Avevo detto che mi sarei fidato, ma non mi aspettavo che partecipasse attivamente; eppure il segreto del successo delle unità era proprio quello, la collaborazione dei compagni che li portava a combattere all'unisono, e se lei era la mia compagna ero in qualche modo costretto ad accettare il suo contributo, o non ce l'avrei fatta. Iniziai a fare quello che mi aveva detto, ci piegammo sul fianco destro e le volammo attorno, mentre Igor e Albert si tiravano al di fuori della nostra traiettoria, capendo che avevamo qualcosa in mente. La sentii sporgersi con cautela, dietro di me, per avere più libertà di movimento, e se da un lato iniziavo ad avere dei dubbi sulla sua proverbiale intelligenza, non del tutto sicuro di quello che stava facendo, d'altra parte ero curioso di scoprire cosa aveva pensato.
-
Confringo!- disse, sicura, provocando un terremoto.
Non aspettai di vedere la Manticora disorientarsi, con il terreno che le franava sotto alle zampe, non appena captai l'incantesimo ne approfittai per avvicinarmi con una rapida inversione di marcia, e così fece Igor.
La infiammammo a una distanza tale da tramortirla, e Moskosky, che amava fare le cose per bene, le planò addosso, infilzandola da parte a parte con le sue zanne velenose. Gli scivolai sul fianco, tenendomi grazie a una specie di briglia, e mozzai la coda alla bestia con la spada, per evitare che in un'ultima esalazione o movimento involontario lo colpisse.
Moskosky sputò il cadavere a terra, trovandolo probabilmente ripugnante, e riprese quota, pensando forse di essere stato l'eroe di quello scontro; gli diedi qualche pacca bonaria sul dorso, e mi girai leggermente verso Hermione.
Il vento del volo le aveva scompigliato i capelli, liberando ciocche di ricci che le sbattevano alla rinfusa davanti agli occhi: assomigliava ben poco alla ragazza che avevo notato al matrimonio di Bill, eppure in quel momento seppi che se non poteva essere lei l'altra metà di me, non avrebbe potuto esserlo nessun'altra.
Non era tanto la sua abilità a colpirmi, quanto la sua determinazione, la forza che faceva su sé stessa per combattere anche in un momento che per lei era tutto fuorché naturale, come essere in groppa a un drago in volo. Non ci potevo fare niente, quella cosa per me era letale.
Diedi un'occhiata verso le altre unità, impegnate in scontri a prima vista più semplici, e Igor e Albert mi volarono accanto.
- La novellina ha fatto la sua parte, tornate all'accampamento. - disse, e nell'appellativo sentii una nota di cameratismo nella voce. Hermione aveva fugato ogni dubbio che era passato nella testa di tanti, al suo arrivo, e avrei scommesso che Igor non pensava più che lo scambio era stato così spudoratamente in suo favore.
Annuii, e virammo verso la base: Igor sarebbe andato in aiuto della squadra più in difficoltà, ma a occhio e croce era tutto sotto controllo.
Sentii lo stomaco di Hermione rilassarsi contro la mia schiena, a quelle parole, ma non disse niente: un altro punto a suo favore.
Una volta arrivati scesi per primo, aiutandola poi a fare lo stesso. Hermione scivolò con poca grazia lungo il fianco di Moskosky e poi mi caracollò addosso, momentaneamente senza equilibrio; trattenendo una risata mi misi accanto a lei, sull'erba. Presto sarebbe scesa la sera, gli altri cavalieri sarebbero tornati, ero contento di avere un momento solo con lei. Dovevo ancora dirle che era stata brava.

- Ci possiamo spostare? - ruppe il silenzio, incerta. La guardai interrogativo, - Non sono ancora del tutto a mio agio a stare così vicino a lui. - disse poi, indicando il drago.
Risi,
- Ma se ci eri a bordo fino a poco fa!
Aggrottò la fronte,
- Mi sono impegnata, - si giustificò, - ma non è facile.
Per me era ormai facile dimenticarmi che quegli esemplari erano classificati, fino a un anno prima, come quadrupla x, totalmente inaddomesticabili.
Sospirai platealmente, per mascherare quanto la sua incertezza mi inteneriva, e ci spostammo verso le tende, lontane dalle zone dove lasciavamo i draghi.


LEI.




Mi seccava fare la parte della fifona, ma non ero per niente tranquilla accanto a Moskosky, per quanto durante il volo mi avesse dimostrato di essere un essere senziente e tutto sommato in armonia con Charlie.
Lui mi mostrò l'accampamento, e la tenda dove avrei dormito; in qualche modo rimasi insoddisfatta del fatto che lui avesse fatto nessun accenno a come erano andate le cose contro la Manticora. Non che pretendessi di sentirmi dire:
“wow, Hermione, sei bravissima!”, ma lui non aveva detto proprio nulla. Almeno qualcosa mi aspettavo.
- Domani partiamo. - Mi disse, distogliendomi dai miei pensieri.
- Per dove? - Cercai di non dare a vedere che attendevo un riconoscimento, in fondo era una cosa così infantile. Charlie proseguì a spiegarmi:
- In realtà ci incontriamo qui solo una volta ogni due settimane, la maggior parte del tempo andiamo in avanscoperta: le Manticore non si trovano in una zona precisa, se un'unità trova qualcosa lo comunica agli altri.
Effettivamente era un buon piano.
Gli altri suoi compagni non furono così parchi di complimenti come lui, e non mi offesi troppo, quando arrivarono alla spicciolata come di ritorno da una scampagnata, a sentirli dichiarare che avevano tutti pensato che la mia presenza sarebbe stata più un peso che altro, ma che avevo disatteso il loro pregiudizio.
Charlie ribatté, senza troppa convinzione, che era perfettamente al corrente delle mie abilità, e che il Ministro stesso non mi avrebbe mai permesso di unirmi all'operazione se avessi potuto essere d'intralcio.



Dopo la serata di festeggiamenti post battaglia intorno al fuoco, sebbene la giornata fosse stata densa di avvenimenti, non riuscii a prendere sonno facilmente.
Illuminai la mia stanza della tenda che dividevo con Charlie, e non sapendo che altro fare iniziai a scrivere una lettera a Ron.
Gettai alcune pergamene iniziate, accorgendomi che senza volere avevo fatto riferimenti a draghi, manticore o al fatto che fossi con suo fratello; e quando finalmente arrivai alla fine, rileggendo le righe che avevo scritto, sentii la freddezza delle parole vaghe, degli eventi costruiti su supposizioni di quello che avrei dovuto fare stando a quanto gli avevo raccontato. Ron, dopo un giorno mi mancava così tanto, ma più che il poco tempo dall'ultima volta che lo avevo visto era proprio il fatto che non potevo condividere quello che vivevo con lui. Avrei voluto che mi fosse accanto, eppure per via della promessa che avevo fatto al Ministro, e per il desiderio di proteggerlo, lo avevo lasciato fuori.
Mi ero avvicinata all'ingresso della tenda, per permettere al gufo di volare via e andare a consegnare il mio messaggio, quando la voce severa di Charlie mi colse alla sprovvista.
- Che fai?

Sussultai,
- Mi hai spaventato. - dissi, richiudendo la tenda dietro di me.
- Non è il caso di fare passeggiatine al chiaro di luna: ti dimentichi che qua fuori è pieno di draghi? Ognuno di loro rispetta solo il proprio cavaliere, alcuni mostrano tolleranza anche per il compagno, ma ti assicuro che non si farebbero molti problemi a utilizzarti come dessert. - Mi rimproverò, aspro.
- Non era mia intenzione, uscire. - Mi giustificai, mettendomi sulla difensiva. - E poi, Charlie Weasley, so badare a me stessa, anche se tu non te ne sei accorto.
Sì, era infantile ma mi pungeva il fatto che, proprio quello che avrebbe dovuto essere il mio compagno, non sembrava essersi accorto che ero in grado di affiancarlo e combattere come tutti gli altri. Il suo volto si incupì:
- Vuoi sentirti dire che sei stata brava? Sì, sei stata brava, non sarà una passeggiata ma tu sei in gamba, l'ho sempre saputo. Ma ti ho promesso di proteggerti, e questo vuol dire che non posso considerarti come mia pari, fine della discussione.
Le parole gli erano uscite stridenti, sputate, nervose: rimasi sbalordita da quella dichiarazione che non capivo.
Non aspettò che potessi ribattere, e si ritirò nella sua zona, spegnendo la lanterna.



La luce mi colpì gli occhi, prepotentemente, mi rigirai: avevo la sensazione di essermi addormentata da non più di qualche minuto.
- Forza, Hermione, - mi pungolò la voce di Charlie, - dobbiamo partire, ora. Ho già preparato tutto, vai a lavarti la faccia che richiudo la tenda.
Mi misi a sedere, crucciata,
- Non mi devi trattare come una bambina. - Lo rimproverai.
Di umore migliore rispetto a quella notte, Charlie rise:
- Come una bambina? Mi hanno insegnato che il lavoro sporco spetta ai maschi, per galanteria: dimmi un po', non dirmi che facevi la schiavetta a mio fratello e Potter?
- No. - Borbottai, stranita nel vedere che effettivamente la tenda era stata sgombrata da tutto, fuorché i miei oggetti personali.








Nda:
Ecco il terzo capitolo, dove, nell'ultimo pezzo, la parola "matto" legata a Charlie inizia ad avere più significato.
Scusate se gli aggiornamenti non sono così veloci, ma spero che l'evoluzione, per quanto lenta, della trama possa compensare.
Spero che stiate continuando a leggerla, fatemi sapere cosa ne pensate! Alla prossima, grazie mille per chi ha recensito lo scorso capitolo!

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Capitolo 4
*** Dubbi ***


quel matto 1






Quel matto sono io
che vorrebbe un cappello più grande
ed un paio di mani più attente
che nascondan bene perfino alla gente
il segreto di quel che son io

(Quel matto sono io, Negramaro)




LUI.


E comunque io le ragazze non le capivo per niente: se ce n'era una che pensavo non fosse bisognosa di gratificazioni era proprio Hermione, e invece sembrava proprio che mi avesse messo il muso perché non le avevo detto che aveva svolto bene il suo lavoro, il compito per cui era lì.
Sì, tra me e me lo sapevo, era stata brava; era riuscita a mettersi in gioco al suo primissimo scontro, dopo poco più di ventiquattr'ore che sapeva dell'Esercito, si era comportata in un modo fenomenale.
Però, se fossi stato nei suoi panni, e non avessi saputo quanto poteva essere difficile per un novellino entrare nel giro, non sarei stato così ansioso di ricevere complimenti, tanto da mettere il broncio con chi non me ne faceva.
Ma io non ero una ragazza, e non ci capivo niente di ragazze: pensavo che almeno dopo averla fatta dormire il più possibile e aver preparato io tutto per la partenza mi sarebbe stata riconoscente, e invece me la vidi tornare dall'angolo bagno ancora silenziosa, limitando al minimo ogni parola che mi rivolgeva.
Partimmo velocemente, lei fu pronta in un lampo, e ci dirigemmo verso le coste dell'Irlanda, la nostra zona di perlustrazione.
Non appena fummo in volo pensò lei agli incantesimi di mimetizzazione, senza che glielo dovessi dire, e per qualche motivo fui seccato dal fatto che era autonoma, sembrava voler dimostrare che in fondo poteva cavarsela anche senza la mia protezione.
Durante il viaggio, però, dovetti costringermi a continuare a pensarla come una cosa fastidiosa, invece di riflettere sul fatto che era proprio quello che mi piaceva di lei.

Che mi tenesse pure il muso, ero strano e lo sapevo, Hermione doveva focalizzare quello, per non accorgersi che i motivi della mia stranezza erano i miei sentimenti per lei.
- Ha mangiato? - Mi disse, a mattinata inoltrata; le prime parole che mi rivolgeva dopo tante ore.
- Ah, non dormi? - constatai, ironico. Non prese bene la mia battuta, perché non ribatté. Mi diedi mentalmente dello stupido, prima di continuare, sperando che lei accettasse la mia muta offerta di pace. - Cacciano durante la notte, quando siamo all'accampamento per evitare che combattano tra di loro li liberiamo uno alla volta, sta sempre uno di noi a fare da guardia. Penso che anche queste bestie capiscano che c'è qualcosa per cui vale la pena combattere, non si è mai sentito di Draghi che si comportano così.
- Infatti, faccio ancora fatica a crederlo.


Le prime sere, una volta arrivati, furono le più difficili, perché dovevamo ancora abituarci l'uno all'altra: io, con Gerard, ero abituato a lunghi momenti di silenzio dove ognuno di noi pensava ai fatti suoi, quasi ignorandoci a vicenda, alternati a più leggere situazioni di cameratismo, dove ridevamo fino a notte fonda raccontandoci aneddoti come se la nostra fosse solo una scampagnata; non avevo previsto di essere affiancato a una ragazza e non ero preparato, e il fatto che fosse Hermione mi metteva ancora di più in difficoltà.
Faticavo ad abituarmi alla sua presenza, che catalizzava la mia attenzione ogni secondo, costringendomi a continuare ad essere conscio della sua esistenza e al tempo stesso della mia pazzia, che mi aveva permesso di provare qualcosa per lei.
Così alternavo momenti di cortesia, in cui cercavo di metterla a suo agio, a improvvisi cambi di umore, dove la trattavo quasi con freddezza, rabbia, perché era lei che incarnava la mia follia, che con lei prendeva forma.

Poi mi sentivo in colpa, e tornavo ad essere gentile, e guardandomi da una prospettiva esterna mi accorgevo che stavo diventando sempre più matto.


Avevamo acceso un fuoco, fuori dalla tenda, lei si era seduta, con lo zaino a farle da cuscino e sulle ginocchia una lettera da scrivere a mio fratello.
Volevo dirle qualcosa, di salutarmelo, ma sapevo che quelle parole mi sarebbero uscite acide e lei non avrebbe capito, così preferii lasciarle pensare che ero distratto dai miei pensieri, come al solito un orso chiuso in sé stesso.
- Vado a cacciare, non ti muovere da qui. - l'avvisai, alzandomi.
Hermione sollevò lo sguardo dalla pergamena.
- Perché dovresti cacciare? Non abbiamo finito le provviste, e mi avevi detto che domani saremmo scesi in paese.
Indicai con la testa Moskosky.
- Non per noi, per lui.
Probabilmente capì che l'avrei lasciata sola con il drago, perché notai che si fece più rigida.
- Perché non lo sleghi e lasci che ci pensi lui?
- Hermione, se vuoi che un drago si comporti da animale addomesticato lo devi trattare come tale, e non voglio correre il rischio che qualche cosa risvegli il suo istinto selvatico. Senza contare che vorrei evitare che venga visto in queste zone.
- Ma al campo base avevi detto che li slegavate uno per volta. - ribatté.
- Quella è un'altra situazione, la zona è perennemente sotto controllo, qui siamo da soli e mi occupo io di lui. - Hermione era tornata a dedicarsi alla sua lettera, mentre finii di prepararmi vedevo che di tanto in tanto lanciava delle occhiate a Moskosky. Mi avvicinai a lui. - Prenditi cura di Hermione finché non ci sono, va bene? Non starò via per molto, la lascio nelle tue mani. - Lei sollevò lo sguardo, ascoltando le mie parole, e la salutai strizzandole l'occhio.
Sapevo che non si sentiva ancora del tutto al sicuro con un drago accanto, e immaginavo che allontanandomi il disagio sarebbe aumentato, ma io mi fidavo di entrambi, dovevo fidarmi, o la battaglia era persa in partenza. E prima di allontanarmi mi sarei assicurato di alzare abbastanza incantesimi di protezione, e controllare che il perimetro fosse sicuro; anche se non lo avevo specificato a Hermione: orgogliosa com'era sicuramente avrebbe borbottato che poteva pensare da sola a delle cose tanto semplici, e che era sopravvissuta fino a quel momento anche senza il mio aiuto.

La caccia fu più breve del previsto, per fortuna il pasto preferito del mio drago erano le vacche e a non molte miglia dal nostro accampamento avevo trovato un pascolo.
Ritornando sui miei passi però la sicurezza che mi ero imposto di avere, lasciandoli soli, stava venendo intaccata da una strana sensazione, e così accelerai.



LEI.




In diciotto anni della mia vita non avevo mai visto una Manticora, e ora in una manciata di giorni continuavano a spuntare come funghi: l'ultima volta era andata bene, ma non ero sola; la volta che ne avevo affrontato una da sola, quella no, non era andata bene.
Un ruggito alle mie spalle sembrò volermi ricordare che c'era qualcuno con me, ma non avevo ancora abbastanza confidenza con Moskosky perché la cosa mi tranquillizzasse, anzi: mi sentivo tra due fuochi.
Serrai la bacchetta tra le dita, cercando spasmodicamente di pensare a qualcosa di utile, costringendomi a concentrarmi su qualcosa di razionale, piuttosto che sul battito assordante del mio cuore.
Fu improvviso, contemporaneamente vidi saltare giù da un albero una macchia, in picchiata, e sentii passare accanto a me il drago, pronto a finire la Manticora. La macchia era Charlie, spuntato da chissà dove, era riuscito a mozzargli la coda.

L'adrenalina abbandonò di colpo il mio corpo, le ginocchia si afflosciarono, toccando terra.
- Stai bene? - Charlie corse verso di me, dopo essersi assicurato che la bestia fosse effettivamente morta.
- Mi sento così stupida, e inutile. - dissi, rivolta più a me stessa che a lui. - Ma cosa mi è preso?
Charlie stava sorridendo. Sorridendo. Io ero arrabbiata e spaventata, e lui sorrideva.
Forse capì che stavo iniziando ad indispettirmi del suo atteggiamento, si accovacciò accanto a me, puntellandosi sui talloni, e mi mise una mano sulla spalla.
- Hermione, punto primo tu sei una strega straordinaria, ma non puoi misurare le tue abilità con le Manticore. - disse, con voce calma. - Punto secondo siamo una squadra: se vinciamo lo facciamo insieme.
Non avevo mai conosciuto Charlie fuori dal contesto della sua famiglia, e in quel periodo avevo scoperto che non lo conoscevo affatto: poteva essere divertente, poi cambiare umore e diventare scontroso, poi cambiarlo ancora e diventare gentile e premuroso. Facevo veramente fatica a stargli dietro. Però, in quel momento, i nostri stati d'animo erano in perfetto accordo, e guardandolo sentii il suo rispetto, ma sentii anche che nonostante quello c'era qualcosa in lui che lo spingeva a volermi proteggere. E in quel momento mi tranquillizzò.
Per la prima volta, da quando eravamo partiti, mi sentivo veramente bene, a mio agio.


Moskosky era poco lontano da noi, a pasteggiare con la mucca che Charlie aveva portato, e noi mangiammo accanto al fuoco, con una strana serenità e intimità che aleggiava intorno a noi, a discapito dell'attacco che era appena avvenuto.
- Grazie. - esordii, rendendomi conto che nonostante fossimo parte di una squadra, e nonostante il fatto che era la persona più lunatica che avevo mai incontrato, in fondo lui mi stava aiutando, e non era tenuto a farlo. Sarebbe stato il mio unico contatto umano per chissà quanto tempo, e se lui era strano quello che potevo fare io era cercare di non prendermela troppo, quando ne avevo la forza.
Charlie sollevò lo sguardo dalla scodella, e mi strizzò semplicemente l'occhio. C'era qualcosa in lui che non avevo ancora capito, lo sentivo.


La tenda era vuota, non c'era traccia di Charlie, così mi azzardai a uscire, rabbrividendo nell'umido freddo della notte irlandese. Lo trovai in piedi, la spada sfoderata in mano, un piede appoggiato all'albero dietro di sé.
- Cosa ci fai qui? - gli chiesi, chiudendo i lembi del maglione in modo che aderisse meglio alla schiena, scaldandomi.
Quando mi guardò per un attimo pensai che non mi vedesse davvero, tanto era concentrato.
- Controllo che sia tutto in ordine, quella Manticora oggi è riuscita a inoltrarsi fino a qui.
- Quindi da adesso in poi rinuncerai a dormire? - gli chiesi, sarcastica.
Charlie strinse la mascella, nervoso.
- Almeno fino a che non sentirò che sei al sicuro. - disse, continuando a fissare un punto imprecisato dritto davanti a sé. - Che fai? - mi chiese poi, quando mi sedetti su una radice accanto a lui. - Torna dentro.
Alzai le spalle.
- Tu mi vuoi proteggere e io voglio farti compagnia. - lo liquidai.
Ignorai il suo sguardo severo, presi un rametto ai miei piedi e iniziai a disegnare sul terreno dei ghirigori senza significato.
Ero del tutto assorta nei miei pensieri, riflettevo su come il suo umore fosse cambiato ancora una volta, stavo iniziando a chiedermi se mi sarei mai abituata a lui, e al tempo stesso intuivo che doveva esserci un motivo: nessuno della sua famiglia me ne lo aveva mai descritto così.

- Tanto non riuscivo a dormire comunque. - disse, rompendo il silenzio.
Lo guardai meglio, si sentiva in colpa per l'attacco, avvenuto proprio quando lui si era allontanato.
Mi alzai in piedi, e racchiusi la sua mano tra le mie quasi senza rendermene conto.
- Charlie, non è colpa tua, torna dentro: Moskosky si è accorto in un nanosecondo della Manticora, e quando ruggirà ti sveglierai. - cercai di rassicurarlo.
Mi guardò, quasi sperduto, poi ritirò la mano dalle mie e acconsentì.
- Torniamo dentro, se ti fa stare buona.
E lo disse come se volesse offendermi intenzionalmente, scrollarmi via da lui.








Nda:
So di essere in ritardo, ma alcune novità nella vita di tutti giorni, un contest concluso con dieci storie da valutare, e la mia "paura" di scrivere questa storia hanno contribuito a rallentarmi.
Forse per me significa troppo, e mi frena: in fondo l'ho ideata ormai un anno fa, e sono ancora qui, a trattarla con i guanti, guardandola con timore.
Sapete quando avete in mente una cosa bella, ma poi scrivendola vi rendete conto che non siete riusciti a trasmetterne l'essenza principale?
Io vorrei che questa storia fosse bella, ma sono ancora un po' dubbiosa.
Probabimente nei prossimi mesi avrò più tempo per continuarla e finirla, nel frattempo ascolto Creep, sperando di trovare il momento adatto per fare dire a Charlie quelle parole.

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