A little bit of love di Mami93 (/viewuser.php?uid=151610)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 1 *** 1 ***
A little bit of love
Ad Odaiba
tutti gli occhi sono puntati su quella casa. È una città grande, ma nel
vicinato è la notizia più ghiotta: è molto tempo che non ci si trasferisce più
nessuno. Tk si deterge il sudore dalla fronte con il braccio. “se la
smettessero di fissarci e invece di dessero una mano…” sbotta non appena vede
ricomparire sua madre dal portone. “parla piano che ti sentono” borbotta
infilando la testa in macchina prendendo due borsoni. “meglio!” commenta in
tono acido il ragazzo. Afferra l’ultimo scatolone e sbatte il portone dietro di
se.
Sono le sei
del pomeriggio e il sole comincia a calare dietro agli edifici e ai
grattacieli. Un ragazzo biondo con gli occhi talmente chiari da parere quasi
bianchi rimane immobile a scrutare l’edificio imponente che da domani sarà la sua
scuola. Solo quando una folata di vento più forte delle altre gli scompiglia i
capelli si volta, affonda le mani nelle tasche e rifà la stessa strada al
contrario. Il primo giorno di scuola emoziona sempre un po’ tutti gli studenti,
ma lui si sente estraneo lì: il luogo e i compagni saranno totalmente diversi
da come è abituato. In campagna si conoscono tutti, e l’edificio è appena
composto da un numero sufficiente di aule, l’ufficio del preside e la palestra.
Il ragazzo è loquace, ma l’emozione gli gioca sempre brutti scherzi.
La porta si
apre svegliando il ragazzo. “è ma possibile che a 18 anni tu ti debba ancora
far svegliare da tua madre? Da domani ti metti la sveglia! E salta giù da quel
letto!”. “Buongiorno anche a te” borbotta Tk tirando via le coperte con più
foga del necessario. Come risveglio non è dei migliori. Lo sguardo truce che
rivolge alla colazione fa sottintendere alla madre che ha lo stomaco chiuso.
“devi mangiare, non ti fa bene stare a stomaco vuoto” riesce a dirgli prima che
si chiuda in bagno. Trascinando le ciabatte si dirige verso la doccia. L’acqua
lo rivitalizza un po’, ma non appena vede la divisa che dovrà indossare torna
ad avvolgerlo il cattivo umore. Infila di mala voglia i pantaloni neri, la
camicia bianca e la giacca, lasciando aperti i bottoni. Appena uscito di lì
l’odore della colazione lo attanaglia, così decide di fare uno sforzo e
ingoiare giù qualcosa. Lungo la strada rallenta o addirittura si ferma ad
osservare questo e quell’edificio, negozio o albero che non aveva notato il
giorno prima. Si rende conto da solo che è presto, ma l’idea di poter arrivare
in ritardo il primo giorno di scuola lo sprona ad accelerare il passo. Inoltre,
appena scorge la scuola, si rende conto che sarà dura orientarsi lì dentro. Sul
cancello decide di prendere tempo abbottonandosi la giacca fino al collo 1
e osservando i pochi ragazzi che già occupavano il cortile. Appena
entrato l’odore di ammoniaca lo prende alla gola e raggiunge velocemente quello
che sembrerebbe un professore. Lui gli indica con malagrazia l’ufficio del
preside e torna a scrutare i ragazzi all’esterno. La targhetta azzurra che
recita “ufficio del preside. Si prega di bussare” gli fa aumentare i battiti;
alza il pungo e bussa due volte. Dieci minuti dopo esce di lì con il suo orario
e una piantina scribacchiata di proprio pugno. Le voci ora sono più forti, ciò
vuol dire che è arrivata più scolaresca. L’orologio segna le 8:50, così decide
di raggiungere la sua aula. Prima ora: Inglese. Arrivato alla porta che sulla
cartina indica la sua aula scruta attento il cartello: 3°G. con al coda
dell’occhio nota molti visi che lo guardano incuriositi, così decide di dare
anche a loro, come i vicini del suo quartiere, qualcosa di cui poter parlare:
entra con passo spedito e si dirige verso la cattedra, giusto per cancellare
ogni dubbio che sia capitato lì per caso. Come si aspettava comincia a girare
un mormorio da cui riesce solo a percepire le parole “nuovo” e “ragazzo”. Il
professore lo invita ad accomodarsi dove vuole e Tk sceglie giustamente
l’ultima fila. Il suono della campana sprona tutti a raggiungere i propri
banchi. Dopo i soliti saluti mattutini il professore interrompe il
chiacchiericcio che comincia a diffondersi per l’aula con un colpetto di tosse.
“ragazzi, quest’anno avremo un nuovo compagno di classe. Se gentilmente vuoi
alzarti e presentarti alla classe” domanda educatamente riferito al ragazzo che
adesso tutti stanno fissando curiosi. Tk non si fa pregare e, occhi fissi sul
muro davanti a lui, fa sentire per la prima volta la sua voce. “Mi chiamo
Takaishi Takeru, ho 18 anni e vengo da Tashiro”. Il silenzio che segue le sue
parole lo immobilizza, fino a che il professore non lo invita ad accomodarsi.
La lezione prosegue tranquilla senza problemi. Takeru tira un sospiro di sollievo
quando nota che il livello della classe non è molto più alto del suo, e anche
il programma non gli crea problemi. Alle 9:00, non appena il professore ha
salutato gli alunni ed è uscita dall’aula, un ragazzo raggiunge velocemente il
suo banco. Tk alza la testa curioso e nota il sorriso allegro che ha questo
tipo davanti a lui. i capelli indomabili castano-rossi gli ricadono sugli occhi
e fremono ad ogni movimento della testa. Gli occhi sono svegli e allegri,
specchio, evidentemente, del suo carattere. Senza neppure una parola allunga
una mano. “Davis Motomiya. Mi fa piacere avere
un nuovo compagno di scuola.” Tk non può fare a meno di sorridere alla sua
vivacità, così si alza e gli stringe la mano. “A me invece fa piacere che
finalmente ci sia qualcuno che non mi guarda come un malessere durante le
vacanze”. Entrambi si ritrovano a ridere. “tranquillo, durerà solo qualche
giorno. Allora, inizialmente ci proveranno tutte con te” comincia a parlare
dirigendosi verso il corridoio. Tk lo segue e nota con piacere che gesticola
parecchio mentre parla “e i ragazzi vorranno essere tutti tuoi amici. Tranne i
fidanzati di quelle che ci proveranno con te, ovvio” il biondo non riesce a
trattenere una risata. È stato fortunato: non gli poteva capitare ragazzo migliore
subito il primo giorno di scuola. “successivamente verrai trattato come tutti
qui: se sei bravo in qualcosa tutti ti adoreranno, se non riesci eccellere in
niente ti considereranno uno sfigato!”. Bella prospettiva, si ritrova a pensare
il nuovo arrivato. “e tu sei bravo in qualcosa o sei uno sfigato?” gli chiede
tanto per continuare la conversazione. “Gioco a calcio. A mio parere bene, ma
puoi immaginare che come giudizio non conta. Tu invece? Giochi a scacchi?
Nuoti? Fai qualcosa?” Motomiya sembra un uragano in piena, ma Tk lo trova
ugualmente simpatico. “nel mio paese giocavo nella squadra locale di basket”
confessa. Lo sguardo sorpreso del compagno lo riempie d’orgoglio. Decidono di
tornare in aula, dove arrivano appena in tempo: la professoressa di giapponese
guarda il biondo con sguardo interrogativo. Tk si presenta anche a lei e
cominciano la lezione. La zolfa è la stessa fino all’ora di pranzo, quando Davis
invita Takeru a pranzare assieme a lui e ai suoi amici. Arrivati alla sala
mensa molti occhi sono tutti per la new entry, ma vicino al “moro” Takeru si
sente indifferente agli sguardi curiosi. Quando entrambi i vassoi sono pieni,
anche se Tk può notare che Davis non ama di certo digiunare, raggiungono un
tavolo di ragazzi chiassosi. Dopo le ennesime presentazioni il biondo viene
invaso dalle domande che tutti vogliono porgli, così decide di immolarsi e
togliere loro la curiosità. Davis fa coppia fissa con un ragazzo taciturno.
Sembrano parecchio legati da una forte amicizia, e i due gli sembrano come Starsky e
Hutch. L’altro ragazzo
si chiama Ken Ichijoujie e sembra introverso, almeno ad una prima occhiata. Invece
quando l’atmosfera si è rilassata il biondo nota che è spiritoso e
chiacchierone. Gli occhi scuri trasmettono un vuoto profondo dietro alla
facciata di ragazzo divertente, e in seguito capisce che è molto riflessivo e
acuto. Il carattere è simile a quello di un ragazzino che sembra capitato lì
per caso: al massimo può frequentare il secondo anno di medie inferiori, e in
mezzo a tutte queste persone delle medie superiori sembra quasi il piccolo
della congrega. Malgrado la sua somiglianza con Ken, i due non si scambiano
molte parole. Effettivamente Cody, così si chiama il ragazzo, è taciturno quasi
con tutti. Tk riesce a strappargli qualche parola e un sorriso, ma ha come
l’impressione che con lui contino più i fatti che le parole. Il resto della
combriccola si disperde non appena finito il pranzo, ma Ken, Cody e Davis rimangono
a parlare assieme a Tk. “quanti anni hai?” chiede improvviso a Cody. Lui
abbassa la testa e mormora appena “13”. Quando finalmente si decide a guardare
il suo interlocutore in faccia sembra molto imbarazzato “non avrei l’età per
restare qui, lo so, ma è l’unico posto in cui mi senta davvero bene”. Si sente
il dispiacere di essere stato sorpreso. “non volevo giudicarti, ero solo
curioso”. Il ragazzino rivolge a Tk uno sguardo carico, riconoscente. La
mezzora successiva trascorre tranquilla con i ragazzi che aggiornano il nuovo
arrivato sulle varie persone che popolano il cortile, fino a quando la campana
non indica loro l’inizio delle lezioni pomeridiane. Takeru si sente euforico
all’idea di avere un ora di educazione fisica, ma viene subito smontato non
appena gli viene comunicato che quell’ora del lunedì sarà sempre utilizzata per
le lezioni teoriche. Purtroppo dovrà attendere l’indomani per mettere in moto
il corpo. Le 15:00 vengono scandite da un doppio suono di campana, così i
ragazzi si preparano alla pulizia quotidiana della scuola. Davis affianca
Takeru durante la riunione che decide la spartizione delle incombenze
domestiche durante tutto l’anno. Grazie al cielo, o forse a una brillante idea
del moro, i due nuovi amici si trovano insieme per la pulizia dei corridoi.
Rimboccandosi le maniche si mettono all’opera e Takeru ha il piacere di
scoprire che la scuola è più grande di quanto non pensava. Ciò comporta
logicamente un carico maggiore da parte dei due ragazzi. Fortunatamente il
primo giorno di scuola nessuno frequenta i Club pomeridiani, ma ciò non toglie
che dovranno comunque trattenersi per decidere quali dovranno frequentare e
comunicarlo ai propri capi classe. Daisuke alza lo sguardo incuriosito quando
sente un sospiro provenire dalla sua sinistra: “che succede?” chiede al biondo.
“non credevo che ci fossero così tante possibilità di scelta. Non so cosa fare”
si lagna costernato. “potresti venire ai corsi di calcio assieme a me. c’è
anche Ken. Ci divertiremmo molto”. I suoi sogni ad occhi aperti si sfumano non
appena sente una risata giungergli alle orecchie. “vorresti vedermi sempre a
terra? Non se ne parla proprio! No, non è che non mi piace nulla, il problema è
scegliere quale fare fra quelli che mi piacciono”. Davis cerca di trattenersi,
ma non riesce a nascondere lo sgomento che gli si disegna sulla faccia “e tu
vorresti seguire più di un club? Ma da che mondo vieni? Io è già tanto che
faccio calcio. Anzi” comincia a straparlare “credo che se non fosse per il football
non seguirei nessun corso!”. Takaishi è costretto ad alzare gli occhi dal
foglio che sta contemplando, stupito “si può? Credevo fosse obbligatorio
seguirne almeno uno” ma le parole di Daisuke gli confermano i suoi sospetti:
“infatti non si può, per questo sarei nel panico. Comunque io non ho problemi:
ho già compilato il mio foglio. Tu invece?” e riecco il problema di prima. Il
basket è fra i primi posti nella classifica, ma anche la scrittura lo attira.
Certo però anche un bel corso di cerimonia sul the non lo disprezzerebbe: deve
essere semplice e di certo non dispendioso da un punto di vista sia fisico che
mentale. “e qual è il problema? Seguili tutti, no?” “il problema sono gli
orari: sia basket che il corso di scrittura avanzato sono alle 16:00, e almeno
che tu non abbia qualcosa che possa farmi sdoppiare non posso seguirli
entrambi”. Daisuke è certo che tutti questi problemi sono futili, ma d'altronde
lui non ha mai aspirato a seguire le lezioni e i club più del minimo
indispensabile. “dove credi di andare non appena finito qui?” chiede il biondo.
“non lo so, credo che con il mio curriculum in pochi farebbero a botte per
avermi fra i loro ranghi. Fino ad adesso ho solo giocato a calcio, e forse è
l’unica cosa che mi importa davvero. Chiunque penserebbe che non vado bene in
un ufficio a compilare fogli” confessa fiero. “lo sai vero che questo è
l’ultimo anno. Dopo devi deciderti” lo sguardo di Davis è maligno “certo che lo
so, infatti ho ancora una anno per decidere. E tu invece?”. Tk cade dalle
nuvole “non lo so ancora, devo pensarci” i due ragazzi cominciano a bisticciare
affermando che sarebbe stato prima l’uno o l’altro a scegliere quale strada
seguire in futuro. “comunque puoi sceglierne due mettendo al preferenza. In
questi giorni i Senpai2 dei vari club decidono quali nuovi ragazzi
accogliere. Se vieni scartato in uno potresti entrare nel secondo” conclude
saggiamente Motomiya. “e questo logicamente non me lo potevi dire prima, così
evitavo di lambiccarmi il cervello per cercare una soluzione!”. Certamente
questi due ragazzi si sono trovati: nessuno scommette sulla durata del loro
“rapporto”, ma ognuno di loro è sicuro del contrario. Il giorno seguente Ken si
rivela un gran parlatore in presenza di gente che conosce, e Cody è spesso
presente assieme a loro. Quando la madre chiede a Tk come si trova, lui non può
fare a meno di essere sincero: bene. Subito le ragazze si dimostrano carine nei
suoi confronti, ma questo sembra infastidire Davis: “sono solo una perdita di
tempo. Ci girano intorno sperando in chissà cosa, e quando parli loro di calcio
se ne vanno indignate e scontente. Sono una perdita di tempo!” conclude
dall’alto delle sue esperienze. “Ci girano intorno? A me sembra che non ti guardino
neppure!” ironizza Takeru provocando l’ilarità dei presenti e un muso lungo del
sottoposto. Una in particolare attira Tk: si chiama Tsubaki ed è davvero carina: occhi chiari, tra il castano e
il verde, e capelli lunghi fino alle spalle biondi miele. Ha un fisico esile ma
muscoloso, e, con suo grande stupore, ha un sorriso dolce, che spesso dedica al
biondo. Si presenta subito amichevole e gioviale, e non sembra disprezzare la
compagnia degli amici di Takaishi. Durante la pausa pranzo scopre che ha quanto
loro (Davis, Ken e Tk) ma frequenta la sezione C. “potresti sempre provarci”
propone sempre a quel tavolino Ken. Davis prorompe in una risata sguainata che
fa voltare molti tavoli circostanti. Takeru non può che scoccargli un occhiata
indignata “Take? Ma non vedi che vive nel suo mondo? Si e no che sa dove sta
seduto di banco!”. “credo che sia un ragazzo molto intelligente, e comunque la
tua è probabilmente solo gelosia” lo difende Cody. Tk lo ringrazia accorato,
prima di assumere un tono superiore “si da il caso che ho già avuto un certo
numero di ragazze, io? E tu invece, che mi dici. Quanti cuori hai infranto?”
domanda sicuro. La risposta non tarda ad arrivare, ma da un'altra bocca “le
ragazze che lo hanno corteggiato in precedenza lo hanno lasciato perdere non
appena lo cominciavano a conoscere meglio. soprattutto le più piccole: devo
dire che risulta più interessante alle ragazzine che hanno per lo meno due o
tre anni meno di lui”. è Ken a parlare per l’interrogato, il quale non sembra
molto contento e mette il muso fulminando tutti i suoi amici che gli si sono
appena rivoltati contro. Le risate del tavolo lo rendono ancora più
suscettibile: “non posso credere che mi tradisci in questo modo Ken, ti credevo
un amico” prova a farlo sentire in colpa. No, nessuno vuole farlo arrabbiare,
prova a tranquillizzare la situazione Tk, solo la prossima volta occhio a quel
che dici. Più tardi si viene a sapere che il Club di football ha già deciso chi
prendere quest’anno in squadra, anche se Davis e Ken erano già praticamente
sicuri, ma gli altri dovranno aspettare. Così con la scusa del pomeriggio
libero Takaishi ne approfitta per guardare i suoi nuovi amici dagli spalti del
campo all’aperto. Ken è veloce nei passaggi e spesso sorprende gli avversari
con mosse veloci e a volte inventate di sana pianta da lui stesso, mentre Davis
gioca bene di caviglia. I suoi piedi spariscono sulla superficie verde del
campo e il pallone sembra muoversi da solo. Insieme formano una bella squadra,
confessa lo spettatore non appena gli amici escono dagli spogliatoi, ma dovranno
prepararsi a rimanere di stucco anche alle sue prestazioni non appena lo
faranno giocare; se lo faranno giocare, fa notare con malignità Davis. Per
tranquillizzare i due Ken fa presente che la prima settimana comunque potrà
solo assistere agli allenamenti fino a quando non avrà assimilato lo schema di
gioco della squadra, e dovrà sorbirsi alcune lezioni teoriche per dimostrare di
aver afferrato il concetto. È il terzo giorno che la vede. Sono tutti quanti
riuniti davanti al cancello ad aspettare il suono della prima campanella,
quella che indica l’inizio delle lezioni. Takeru lo sa, ne è sicuro; se fosse
mai venuta a scuola l’avrebbe notata, non avrebbe potuto fare altro. Appoggiata
alla ringhiera e circondata da almeno tre ragazzi, ha l’aria di una sicura di
se, media statura, con un viso elegante, capelli corti e castani, un fisico
asciutto ed elegante. Da quella distanza non nota il colore degli occhi, ma è
certo che sia meraviglioso. Tutto in lei sprigiona un fascino che lo cattura,
facendogli ignorare ciò di cui stavano parlando lui e i suoi amici. Tutto
sembra poco interessante ora. Fino a quando una mano non gli viene sventolata
davanti agli occhi. “Tk, sei ancora fra noi?” il tono squillante di Davis lo fa
riscuotere, posando così gli occhi sui suoi amici. Hanno l’aria divertita.
Adesso le loro voci paiono alle sue orecchie stonate, eccessive, poco
interessanti. “mi sembra che in questo momento Takeru voglia solo essere
lasciato in pace. Siamo solo un intralcio per lui!” commenta dall’alto della
sua saggezza Ken. Tutti seguono incuriositi il suo sguardo, fino a capire che
cosa aveva trasportato il biondo fuori dal mondo. Motomiya ride sommessamente e
Cody abbassa la testa, dispiaciuto. “Chiaro. Adesso ho capito: Hikari” confessa
pragmatico Ichijoujie “Take,
toglitela subito dalla testa, chiaro?” si impunta il piccolo della congrega. E
tu che ne sai, che non sei neppure di questa scuola, pensa acidamente il
ragazzo, ma non può permettersi di dirlo, così chiede spiegazioni. “Guardala a
modo e poi capirai”. Sono le prime parole serie di Davis, così Tk fa come gli è
stato appena detto. È una trasgressiva, commenta a bassa voce capendo a cosa si riferiscono i suoi nuovi amici.
Guardandosi in giro nota che effettivamente la sua gonna è poco sopra il
ginocchio, a differenza delle altre che la portano dieci dita sopra, il fiocco
che spunta da sotto il colletto è slegato e lasciato cadente lungo la camicia,
infine i calzetti bianchi calati alla caviglia. I ragazzi che la circondano non
sono da meno, di fatti non portano ne le cravatte, ne le giacche abbottonate e
le camicie sono inequivocabilmente fuori dai pantaloni3. Il suo
sguardo non può essere frainteso. “ora hai capito?” chiede comprensivo il moro.
“ma chi è?” continua imperterrito il ragazzo. Adesso, guardandosi in giro ogni
ragazza sembra sfigurare al suo confronto. Si chiama Hikari Yagami, gli viene
spiegato, ed è la figlia minore di un boss della Yakuza4. A questa
informazione il biondo guarda preoccupato gli amici, sicuro che stessero solo
scherzando. Nessuno può ignorare quel nome, ma sentirlo nominare come una cosa
vera fa tutto un altro effetto. Purtroppo l’informazione viene confermata da
tutti, e questo lo fa deglutire nervoso. “sembra che non vivano più insieme lei
e suo padre, ma la sua non è comunque una bella situazione familiare” conclude
Ken, come se questo possa dissuadere Tk dall’interessarsi a lei. La campana li
riporta tutti al presente e ognuno si dirige verso al propria classe. Daisuke
non distoglie un solo secondo gli occhi dall’amico, e questo lo fa innervosire
parecchio. Quando si decide a guardarlo con l’espressione più dura che riesce a
fare non se lo trova più a fianco. Solo allora si accorge di un ostacolo
improvviso di fronte alla sua strada, e bloccandosi immediatamente per non
urtarlo si trova con il sedere a terra. Alzando la testa con un espressione
dolorante nota che quell’ostacolo è proprio Daisuke. “ma non potevi stare più
attento. Mi hai fatto male” lo rimprovera prima di afferrare la sua mano per
tirarsi di nuovo su. “bisogna che ci stai alla larga, lo dico per te”. Senza
neppure citare il soggetto, entrambi sanno di chi stanno parlando. Una furia
cieca si impossessa di Takeru, ma tenta comunque di controllarla. Ciò lo porta
comunque a non proferire parola, tanto per essere sicuro di non saltargli al
collo. Almeno quando si siederà al suo banco Dai sarà costretto a lasciarlo in
pace, ma purtroppo per lui non va proprio secondo i suoi piani: “anche io ci ho
provato con lei, sai?” confessa forse un po’ imbarazzato. “e non è andata così
bene”. Respirando a fondo come gli ha insegnato sua madre cerca di calmarsi, ma
il tono di voce che gli esce non è comunque dei migliori. “a quanto hanno detto
gli altri non è andata bene con molte ragazze. O forse dovrei dire bambine?”.
Lo sguardo che gli rivolge Motomiya non è dei più fraterni. Tk si pente subito
delle sue parole, ma non riesce a scusarsi. “non è come le altre. Sono pochi i
ragazzi che riescono ad avvicinarsi a lei, e anche loro non sono
raccomandabili”. L’altro ragazzo non può fare a meno di capire che secondo
Davis anche questa Hikari non è raccomandabile, ma anzi che esserne dispiaciuto
ne è affascinato. Il professore entra in classe e Dai è costretto a tornare al
suo banco, ma non prima di aver lanciato all’amico uno sguardo carico di
sottointesi. Le ore sono lente, e ne Tk ne Davis le seguono troppo attivamente:
il primo perché non riesce a fare a meno di pensare alla ragazza che ha visto
la mattina, e il secondo per ciò che sta distraendo il primo. Durante le pause
fra le varie ore di lezione ognuno resta al proprio posto, fino a quando il
pranzo non li strappa ai loro ragionamenti. “mi hanno preso nel club di basket”
lo aggiorna Takaishi quando si dirigono verso la mensa. L’incontro della
mattina glielo aveva fatto passare di mente, ma almeno quell’ora la passano a
commentare i vari sport che l’istituto presenterà agli Inter-hi5.
Ormai il loro scontro sembra seppellito, ma durante le pulizie quotidiane
l’interessato decide di indagare maggiormente. “perché dicevi che è poco
raccomandabile?”. Inizialmente Davis non può fere altro che alzare la testa
interdetto, ma appena scorge lo sguardo vivo del biondo afferra al volo. Con un
sospiro cerca di radunare le ultime forze rimaste. “come hai già visto non è
una ragazza che segue troppo le regole, e questo la porta ad avere alcuni guai.
Logicamente la potenza del padre le permette molte più libertà rispetto a molte
altre persone, ma ciò non toglie che è spesso in punizione. Frequenta ragazzi
più grandi di lei e che portano cognomi spesso accomunabili agli stessi ranghi del
signor Yagami” “quanti anni ha” chiede interrompendolo Tk. Curioso come tutto
questo interesse per la giovane non gli abbia fatto pensare alla sua età. “16. Comunque,”
riprende “lo sanno tutti cosa combina con i ragazzi quando sparisce nei
corridoi” conclude cercando di dissuaderlo dal togliersela dalla testa. Come
sperato le parole fanno breccia, e Tk cerca in ogni modo di pensare
negativamente a questa novità, ma l’unica immagine che ha avuto di lei continua
a tornargli in mente con insistenza, quasi logorroica. La sera la madre lo
guarda con occhio critico: “hai avuto problemi a scuola?” lo sguardo dubbioso
del figlio le fa capire la situazione. “sei silenzioso e con la testa altrove,
inoltre non hai ancora nominato i tuoi nuovi amici. Hai litigato con loro?”
azzarda, ma Tk la rassicura: a scuola va tutto bene, e gli amici gli sono
sempre vicini. Chissà, forse è la stanchezza, così utilizza la scusa per ritirarsi
in camera sua. Le lenzuola sono fastidiose sulla pelle e le gambe sembrano non
volergli dare tregua. Il troppo movimento lo surriscalda, così decide di
alzarsi. Fuori è impossibile guardare le stelle per le troppe luci, e il rumore
delle vetture non concilia il sonno. Le insegne luminose si riflettono sui
vetri e l’aria di aprile gli solletica le braccia. Chissà cosa stanno facendo a
quest’ora i suoi nonni in campagna; e i suoi ex compagni? L’ultimo anno delle
medie superiori è stato costretto a doverlo frequentare in città, a causa del
nuovo lavoro della madre, ma l’università si è imposto di deciderla in base
alle sue esigenze, non a quelle familiari. Quale università, poi? La scuola non
è mai stata un problema per lui, e i voti sono sempre stati ottimi, ma da lì a
decidere che università seguire ne passa di acqua sotto i ponti. La proposta
che poi gli è stata fatta dai suoi nonni continua a ronzargli in testa, anche
se sul momento l’aveva ritenuta ridicola. “sai, se mai vorrai, finite le
superiori, puoi venire ad aiutarci in campagna. Due braccia forti ci farebbero
comodo, e tu cominceresti subito entrando nel mondo del lavoro. Certo” aggiunse
suo nonno dopo una breve pausa “questo non vuol dire che ti devi sentire
obbligato, mi rendo conto dell’opportunità che ti da tua madre pagandoti
l’università, però sai anche quanto potrebbe venire a costarle, e ora non si
trova in una posizione economica favorevole. Ma ne hai di tempo per pensarci,
quindi…” concluse l’anziano con una pacca sulla spalla del nipote. Lavorare in
campagna, senza un orario fisso ne una paga decente, però rimarrebbe vicino ai
suoi amici e potrebbe coltivare le amicizie che è stato costretto ad
interrompere venendo in città; però adesso che quella ragazza sembra aver
sgomitato per entrare nella sua vita ogni decisione sembra sospesa. Solo alle
tre di notte riesce a prendere sonno, e questo si ripercuote sul suo risveglio
mattutino. “hai una faccia che fa paura Tk. Ma hai dormito?” gli chiede quasi
ironico Cody appena arriva. “avrà passato tutta la notte a pensare a Hikari!”
scherza Ken. Buffo come quello che lui crede una spassosa battuta sia la pura
verità. Lo sguardo che gli rivolge Dai è carico di comprensione, ma anche di
rimproveri. Hikari non si fa vedere in cortile, ma i ragazzi che il giorno
prima erano con lei (inconfondibili dal loro modo di trasgredire) sfilano
insieme senza soffermarsi, ma entrando subito a scuola, malgrado l’ora
prestiva. Takaishi non può fare a meno di ripensare alla frase del giorno
prima: lo sanno tutti cosa combina con i ragazzi quando sparisce nei
corridoi. Da quando l’ha vista non ha fatto altro che rendergli le giornate
peggiori, ma non riesce comunque ad incolparla, men che meno ad odiarla.
Cercando si darsi un contegno partecipa attivamente sia alle lezioni che alle
chiacchierate con i suoi amici. Addirittura cerca di intrattenere una
conversazione con Tsubaki. Proprio quel giorno infatti viene a conoscenza dei
crediti da studio. La ragazza infatti lo sorprende con una domanda: “ti va di
farmi da insegnante? So che hai dei buoni voti e potresti aiutarmi in alcune
materie.” La faccia di Takeru è davvero sbalordita. Perché mai dovrei fare da
insegnante? Non sono così bravo, si giustifica. La risata cristallina della
ragazza gli apre il cuore. “è un modo come un altro per aumentare i crediti
scolastici. Un alunno bravo ne aiuta un altro meno bravo, imparano più cose
insieme e si acquistano punti. Ti conviene sai?” Alla spiegazione così
elementare Takeru si vergogna della magra figura che ha appena fatto. Certo, è
giustificato perché questi metodi non c’erano nella sua scuola, ma ci sarebbe
comunque potuto arrivare con un po’ di logica. Peccato solo che non se la senta
di prendersi un incarico di tale portata. “mi piacerebbe, ma non sono sicuro di
essere adatto. Potresti però sempre chiederlo a Ken, lui ne sarebbe contento”.
Solo per un attimo nota la delusione negli occhi della biondina, ma la
scintilla passa veloce come è arrivata. “ho capito, hai solo bisogno di
pensarci. Ti lascio qualche giorno, così decidi”. Molto professionalmente la
ragazza è riuscita a toglierlo dall’impiccio dandogli una scadenza futura.
Purtroppo anche a mensa Tk ha il dispiacere di notare che la ragazza del suo
interesse non c’è, malgrado si sia guardato in giro ben tre volte. I suoi amici
lo notano e gli fanno presente che non pranza quasi mai in mensa. Finito il
pasto Ken porta Cody di strafogo nella sua classe per mostrargli un libro di
testo a cui il minore era interessato, così Davis ne approfitta accostandosi
all’amico. “non riesci proprio a togliertela dalla testa, eh?” lo sguardo che
gli viene rivolto chiarisce ogni dubbio. “non l’ho mai vista, e non gli ho
comunque mai parlato, ma è come se mi avesse stregato” confessa in lieve
imbarazzo per la sincerità delle sue stesse parole. “molti ragazzi hanno fatto
la tua stessa fine, e io te lo dico per non vederti ridotto come loro Tk, non
ci tengo. Capisci?” “come si sono ridotti?” chiede sotto voce allarmato mentre
un’immagine di un ragazzo indistinto è inginocchiato ai piedi di Hikari
(immagine chiara e precisa come nessun’altra) con le lacrime agli occhi e le
mani congiunte a chiedere la grazia di un bacio sulla guancia. “gli altri
ragazzi che le girano sempre intorno non vedono di buon occhio gli intrusi, e
non perdono tempo per umiliarli”. Il biondo capisce che Motomiya gli sta
omettendo qualcosa di molto brutto o molto imbarazzante, e gliene è davvero
grato. Più giù che mai si avvia alla sua classe con il moro al fianco e
riprende le consuete lezioni. Solo durante la pulizia della scuola si rincuora
un po’ ricordandosi che quel pomeriggio avrebbe avuto un ora di basket.
Malgrado il precedente avviso che avrebbe solo assistito agli allenamenti, il
pensiero di tornare almeno in parte ad un abitudine che già aveva nella vecchia
scuola gli fa pesare meno le pulizie. Entrato in palestra già sente gli stridii
delle scarpe sul parquet lo fanno sentire un po’ a casa. Un pallone da basket
abbandonato appena all’entrata del portone lo fa quasi inciampare, così lo
raccoglie portandoselo appresso. Appena entrato si incanta a guardare i
giocatori correre da una parte all’altra del campo, e gli urli impartiti dal
capitano lo rendono euforico. Con gli occhi ancora puntati sulle magliette
numerate si siede in terza fila, il pallone lasciato fra i suoi piedi. Poi un
rumore lo riscuote dal sogno che sta vivendo: la porta si apre e proprio quando
ormai si era rassegnato a crederla assente ecco Hikari che sale sugli spalti.
Il ragazzo cerca di darsi un contegno, anche perché sembra si stia dirigendo
proprio nella sua direzione, ma non riesce comunque a toglierle gli occhi di
dosso. È proprio come se la ricordava, si muove tranquilla ed elegante nel suo
passo silenzioso (o forse reso silenzioso dal rumore dei giocatori), la pelle
diafana e gli occhi, ora li vede, davvero belli come credeva. Castani, ma non
un comune castano, il suo è più… intenso. Forse è solo la sensazione che gli
incute, ma a Tk non importa nulla, in fondo. La ragazza si siede proprio
accanto a lui senza degnarlo ne di uno sguardo ne di una parola. Adesso nota altri
segni che la distinguono: gli orecchini, vietati da regolamento, e il trucco
leggero che le rende gli occhi ancora più speciali, anch’esso vietato.
Improvvisamente la partita perde di ogni significato,e , prendendo più fiato
del dovuto, si fa coraggio. “ciao” saluta sicuro, emozione che svanisce non
appena lei gli rivolge uno sguardo quasi scocciato. Sembra sorpresa di trovarlo
lì, come se avesse agito d’istinto e solo per puro caso si era seduta accanto
all’unica persona presente sugli spalti. “io mi chiamo Takeru” continua meno
sicuro del suo gesto. La risata secca e il sorriso ironico che gli rivolge gli
fanno maledire mentalmente il giorno in cui è nato. “lo so, qui tutti parlano
di te”. Ha una voce delicata, femminile e sicura. Malgrado la sua sicurezza,
non ha bisogno di utilizzare un tono alto per farsi capire, bastano i gesti.
Tutto di lei indica la persona che Davis gli ha indicato: strafottente e
superiore, ma logicamente tutto questo al ragazzo non interessa. Chissà cosa
deve fare Hikari per fargli cambiare idea. L’unico commento che gli esce alle
sue parole è un “Ah” appena udibile, prima di tornare con poco entusiasmo alla
partita. “il fatto che tu non mi chieda il nome vuol dire che già sai chi
sono”. L’affermazione che gli rivolge lo fa voltare di scatto, sorpreso che gli
rivolga la parola, ma non appena afferra il significato delle parole tutto si
ferma. Come ha potuto fare un tale errore? La ragazza è sveglia, si trova a
pensare. “ehm, ecco, io…” prova a giustificarsi, ma Hikari gli sorride quasi
dolce, anche se nella sua espressione c’è una punta di arroganza “ti sei
informato sul mio conto, certo. E cosa ti hanno raccontato di bello, oltre al
fatto che sono la figlia di un boss della Yakuza?” Adesso il biondo è davvero a
bocca aperta: un conto è sentirselo raccontare come fossero chiacchiere, ma è
tutt’altro paio di maniche sentirlo confermare dall’interessata. Inoltre
credeva che il fatto di essere nei ranghi della mafia non sia una cosa da
raccontare con tanta leggerezza ai quattro venti. Molto probabilmente è
abituata a tutti gli altri ragazzi che gli hanno fatto la corte, ma Tk non sa
comunque come rispondere. “no, io non volevo, scusa”. Non appena le parole gli
escono di bocca si maledice subito: di cosa si sta scusando se ancora non è riuscito
a fare una frase decente? La ragazza torna a guardare i giocatori. “non ti
scusare, so cosa si dice di me, non c’è bisogno che me lo racconti” entrambi
sanno che con queste parole l’argomento è chiuso. Pure Takeru prova a
concentrasi sulla squadra, cosa per la quale sarebbe venuto apposta, dovendo
studiare il loro gioco, ma in realtà continua a chiedersi come rimediare alle
gaffe. “anche tu giochi a basket?” chiede avendo l’illuminazione. La sua risata
ironica gli suggerisce la risposta. “no, sono qui solo per saltare l’ora di
studio con l’alunno che mi è stato assegnato. Tu invece si, non è vero?”
malgrado il tono interrogativo Takaishi sa che non ci sarebbe neppure bisogno
di rispondere: è davvero sveglia. Ciò non toglie che se si limitasse a guardare
la partita non potrebbe più scambiare parola con lei. “come hai fatto a
capirlo?” Il lieve cenno che rivolge con la mano al pallone da basket ai suoi
piedi gli suggerisce che forse più che essere intelligente lei è poco sveglio
lui. “ah, già, peccato però che devo aspettare prima di poter entrare in campo”
la frase non lascia sulla ragazza segno che le possa interessare l’argomento,
ma risponde comunque “e allora perché lo fai?”. Perché è la mia passione, le
risponde, ma non sembra comunque provocarle alcuna reazione. È allora che
Hikari si alza “bene, ormai dovrebbe essersi stancato di aspettarmi, il
professore” commenta utilizzando il tono più acido possibile sull’ultima parola
“quindi posso andarmene” Takeru cerca mentalmente qualsiasi modo per trattenerla,
ma non gliene viene in mente nessuno. “allora ci vediamo in giro” lo sorprende
con un cenno della mano. Il ragazzo la saluta con un lievissimo ciao e un cenno
della testa. Continua a fissarla fino a quando non è davanti alla porta di
uscita. La ragazza si ferma senza apparente motivo e si volta a guardarlo, con
un sorriso strano, prima di aprirla ed uscire a passo deciso. Ma bravo Tk, sei
riuscito a farti beccare mentre la fissavi. Peggio di così non poteva andare.
la fine della partita viene decretata da un urlo del capitano: “Takaishi,
raggiungici in campo”. Adesso l’interpellato è davvero terrorizzato: della
partita ha seguito poco o niente, e se adesso gli farà delle domande rischia di
essere cacciato prima ancora di aver cominciato. Per sua fortuna gli vengono
solo poste delle domande basilari e riesce a cavarsela con spiegazioni
abbastanza precise, frutto anche degli anni di allenamenti. La sera al telefono
con Dai non può fare a meno di ridere assieme a lui della figura che è riuscito
a fare in palestra. Malgrado tutto, anche se ha avuto un primo incontro
pressoché catastrofico con la ragazza che sogna, non può evitare di pensare che
almeno ci ha parlato, seppur facendo la figura del pesce lesso.
1Nelle scuole Giapponesi è
obbligatorio seguire le regole che impongono come vestirsi, e avere la giacca
sbottonata è sinonimo di punizione.
2Sempai è il titolo degli alunni
più grandi, che fanno da “professori” ai kohai, che sono i ragazzi più giovani.
3Tutti questi, sia per ragazzi che
per ragazzi, sono segni di trasgressione da parte dei ragazzi, che vogliono
mostrarsi diversi dagli altri, con il rischio di severe punizioni
4La mafia giapponese. È radicata
in tutto il Sol levante e gestisce molti rami, fra cui il gioco d’azzardo e il
traffico di droga.
5Sono i campionati studenteschi
che mettono in risalto i ragazzi che puntano ad una carriera da professionisti.
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Capitolo 2 *** 2 ***
2
I giorni
successivi passano tranquilli, e la prima volta che il biondo scorge da lontano
Hikari si sente mancare. Dalla brillante conversazione che si sono scambiati in
palestra forse si aspetta che la ragazza sia carina con lui, o almeno si degni
di salutarlo; speranze subito smontate. Cody lo spalleggia. “ti ha rivolto la
parola già una volta, è un piccolo traguardo, no?”. La smorfia di Tk lo fa
scoppiare a ridere. “già, e che conversazione, poi” borbotta. Quel grande genio
di Daisuke è stato molto delicato nei confronti dell’amico, tanto da aver
raccontato a mezza scuola la magra figura che ha fatto, così adesso tutti
quanti i suoi amici lo sanno, e spesso non perdono occasione per deriderlo. “ti
rifarai” prova ad incoraggiarlo il piccolo. Con il tempo i due hanno imparato a
conoscersi, e Takaishi ha avuto il piacere di scoprire che è un ragazzo
indipendente e con un tocco particolare per certe situazioni. “che ne dici se
ti veniamo a vedere oggi, Take?” chiede Ken all’improvviso. Finalmente la
squadra di basket ha deciso di accoglierlo nei loro ranghi, e quel pomeriggio
avrebbe giocato la sua prima partita di allenamento. Il silenzio che segue la
domanda fa voltare tutti per vedere se l’interpellato non abbia sentito oppure
si sia intontito nuovamente a guardare una certa ragazza. Le parole arrivano
subito dopo, ma il tono è molto preoccupato: non vorrei fare subito una brutta
figura. Preferirei prima allenarmi un paio di giorni, se non vi spiace è la
risposta. “tu sei troppo poco sicuro di te amico, sai? Buttati, in fondo non
può essere peggio della caduta di Ken dell’altro giorno, no?” le parole di
Daisuke sono accompagnate da una pacca sulla schiena. “oh, si Dai, sei molto
carino, grazie” commenta aspramente Ichijoujie.
Le lezioni
riprendono quotidianamente, e il nuovo arrivato si mette presto in luce grazie
ai suoi pressoché ottimi risultati. “potresti darmi una mano una volta di
queste. Sai, non è carino saper fare una cosa e non aiutare gli amici che
invece non eccelgono come te”. Takeru lo guarda ironicamente “eccelgono? Si
dice eccellono Dai” lo riprende mentre l’altro sbuffa guardando il soffitto,
con le mani dietro al testa. “appunto, vedi, ho bisogno del tuo aiuto”
“si,e magari anche di una ripassatina
sui verbi” lo punzona ridendo. All’improvviso i due amici si scontrano, a causa
dell’improvvisa immobilità del moro. “hei, ma che fai?” comincia a lamentarsi
l’altro, prima di bloccarsi alla vista. “mi sa che aspetta te” lo sente dire,
ma senza ascoltarlo veramente. Hikari è ferma davanti alla loro porta che
guarda in giro probabilmente in cerca di qualcuno di preciso, e i ragazzi che
le passano affianco le puntano addosso uno sguardo curioso, ma mai quanto
quelli che provengono da dentro la classe. Tk scarta velocemente l’amico e si
dirige verso la ragazza, che appena lo nota sembra illuminarsi. “Hikari, che ci
fai qui?” la voce della ragazza è scocciata, compresa di una nota di
impazienza. “ma dov’eri finito? Ti cercavo” si impone “dovresti firmarmi questo
foglio” dice porgendogli un foglietto di ridotte dimensioni. “cos’è” chiede
prima di prenderlo “è una giustifica scritta di tuo pugno che conferma che
l’ora precedente non ho potuto prender parte alla lezione perché ero in
infermeria a causa di un forte mal di stomaco” le parole le escono velocemente,
e il ragazzo rimane immobile sul posto guardandola preoccupato “ma se mi
scoprono finisco io nei guai, no?” chiede stupidamente, come conferma la sua
risata derisoria “certo, ma nessuno ti scoprirà, stanne certo”. La sua
sicurezza è spiazzante, un po’ meno quella di Tk. “scusa, e non potresti
fartela firmare da un tuo amico?” chiede con una nota di tristezza pensando al
fatto che probabilmente lei non lo reputa tale. Come potrebbe in fondo, si sono
parlati una volta sola! “ormai non sono più credibili loro, ma tu si, sei
appena arrivato!”. La sua euforia lo fa desistere, così gli viene allungata una
penna. Hikari afferra una ragazzina che passa di lì per un braccio e la fa
voltare con mala grazia dando la schiena al ragazzo. “sta ferma un attimo per
favore” la intima con poca grazia. Takaishi si china sulla schiena della
malcapitata e la usa come tavolino per firmare il foglietto. “scusami” sussurra
alla ragazzina scioccata prima che possa fuggire il più velocemente possibile.
Probabilmente non ripasserà più da quel corridoio. “ok, grazie allora” dice
afferrando il foglietto con un sorriso apparentemente sincero, poi anche lei
sparisce fra la mischia delle altre persone. Riesce appena a scorgerla girare
l’angolo che Tsubaki lo ferma: “la conosci appena e già ti viene a chiedere dei
favori? Cerca di stare attento, quella è capace di metterti nei guai senza
problemi” lo ammonisce con uno sguardo carico di disprezzo, probabilmente
rivolto alla Yagami. Come l’ha vista arrivare sparisce; rientra in classe
ancora un po’ confuso, e solo adesso
nota gli sguardi curiosi e adoranti di alcuni, gelosi e fulminanti di altri. Si
dirige verso l’ amico, che lo guarda con uno starno sorriso sulle labbra. Non
fa in tempo a sedersi che una mano gli arriva con poca grazia sulla schiena. “e
bravo il nostro Takaishi, vedi allora che sai intrattenere una conversazione
senza dire cose stupide?” “sei rimasto lì giusto per ascoltarci?” chiede
conoscendo già la risposta.
L’ora
successiva, probabilmente solo per una sua impressione, si ritrova addosso
sguardi strani da tutti i suoi compagni, ma Tsubaki ora sembra più tranquilla,
quasi benevola nei suoi confronti. “vuoi che vada io a prenderti da mangiare al
buffet?” gli chiede quando Dai li lascia un attimo soli per raggiungere un suo
amico. “no, non ce n’è bisogno, grazie” la tranquillizza in lieve imbarazzo.
“mh, perfetto, allora fai te!” cambia improvvisamente espressione, passando
quasi all’essere arrabbiata con lui. la vede allontanarsi con passo sicuro e a
testa alta verso il tavolo di Ken e degli altri. Solo prima di sedersi lancia
un’occhiataccia verso un’altra direzione, e seguendola Tk nota che sta davvero
cercando di uccidere Hikari con lo sguardo. La mora nel frattempo le ricambia
lo sguardo, ma sembra quasi divertita. Tsubaki si siede indispettita, poi la
Yagami torna a posare gli occhi su di lui. Tk rimane imbambolato, notando che
gli sta sorridendo in uno starno modo, come se volesse fargli capire qualcosa
che in quel momento gli sfugge. Solo quando si sente spingere da dietro si
accorge di star bloccando la fila, così, dopo aver percorso qualche passo,
torna a guardarla. Forse Takeru si è solo immaginato tutto, perché adesso
Hikari è tornata a parlare con i ragazzi al suo tavolo come se nulla fosse
successo, ma il sorriso che gli ha rivolto non se lo può essere immaginato, ne
è sicuro. Finalmente riesce a servirsi mentre Daisuke lo raggiunge. Tornati al
tavolo Tsubaki è particolarmente loquace,e
quando scambia qualche parola con Tk sembra che alzi di qualche ottava
il tono di voce, e le sue risate risultano più forti e chiare, tanto che in
qualche momento altri ragazzi dei tavoli circostanti si voltano a guardarla. La
situazione rintontisce abbastanza Takeru, che resta in disparte rispetto alle
conversazioni che si tengono al suo tavolo. Solo quando rimane solo con Cody,
questi gli chiede spiegazioni del suo mutismo. “è successa una cosa strana
prima” e spiega l’accaduto al minore. Il ragazzino sorride come se avesse
capito l’arcano di tutto, e borbotta qualcosa tipo “l’amica è diventata gelosa!”.
Il biondo rimane spiazzato, e quando chiede delucidazioni riceve un lapidario
“no no, nulla, stavo solo pensando a voce alta. Comunque io non posso dirti
nulla, in fatto di ragazze non me ne intendo, e per me resteranno sempre un
mistero”. Quel giorno la confusione affolla la mente di Takeru, e i suoi amici
non contribuiscono a migliorare la situazione buttando lì di tanto in tanto
qualche frase criptica senza apparente significato. L’allenamento di basket lo
distare momentaneamente, e può notare con piacere che il corpo si riabitua
velocemente ai movimenti da compiere. A fine ora l’allenatore lo prende da
parte per complimentarsi, ma facendogli presente che dovrà allenarsi duramente
per raggiungere i livelli dei suoi compagni. In spogliatoio anche loro gli
confermano la sua bravura, e lo rassicurano sul fatto che anche se può sembrare
duro, il coach è un uomo in gamba.
“Takeru, c’è
tuo padre al telefono” annuncia la madre prima di cena. Il ragazzo si fionda in
sala afferrando al volo il cordless per poi tornare spedito in camera. “allora
campione, come andiamo?” la voce della figura paterna è calda e rassicurante
come al solito. “bene papà, la prima settimana di scuola è andata benissimo, e
oggi ho giocato per la prima volta nella mia squadra”. I complimenti lo
travolgono e gli fanno girare la testa. “senti papà, credi che potrò passare a
trovarti un giorno di questi?” chiede speranzoso, ma il silenzio che gli giunge
dall’altra parte del filo gli fa mal sperare. “in questo periodo ho molto da
fare Tk, ma posso cercare di liberarmi mezza giornata” prova a rincuorarlo.
Purtroppo però Takeru conosce ormai a menadito le promesse del padre. “ma nel
fine settimana dovresti essere libero, no?” continua. “si, ma sai, ho promesso
a Jane che l’avrei portata fuori. Anche lei continua a richiedere un po’ del
mio tempo” prova a giustificarsi. La risata amara del ragazzo fa calare un
silenzio imbarazzato “già, ma lei almeno ti vede tutti i giorni, mentre tuo
figlio lo vedi si e no ogni tre mesi” commenta con più acidità del dovuto. “lo
so Tk, ma ti giuro che il prossimo week-end lo passeremo insieme, va bene?”
prova a fargli tornare il buon umore, ma con scarsi risultati. “si, sempre che
un imprevisto non ti faccia rimangiare la tua promessa” continua il ragazzo
sentendo la frustrazione aumentare. “Takeru, sai che il tuo vecchio lavora, e
non posso fare a mio piacimento” lo ammonisce il padre “guarda un po’ te il
caso il lavoro chiama sempre quando io e te dobbiamo stare un po’ insieme”
comincia ad alzare la voce. “ok, adesso basta!” lo zittisce il signor Ishida
“sai che non è nelle mie facoltà scegliere, e ti ricordo che quando si ha un
buon lavoro bisogna tenerselo stretto. Questo devi ancora impararlo, ma lo
capirai ben presto ragazzo!” Dopo la sfuriata del padre Tk cerca di calmarsi,
ma non riesce a proferire parola “Tk, sai che odio discutere con te, ma a volte
mi costringi. Ti ricordi cosa ti dissi cinque mesi fa, no?” prova a farlo
parlare. Con un sospiro ripete la frase che ormai ha imparato a memoria, e che
ormai ripete ad ogni telefonata “si, che se dobbiamo sempre litigare allora non
mi chiamerai più finché non mi sarò calmato” “appunto, allora vedi di
tranquillizzarti. Io odio passare poco tempo con i miei figli, lo sai. Anche
Yamato so che ne risente, ma almeno lui non me lo fa pesare tutte le volte” lo
ammonisce. Una smorfia va formarsi lentamente sul viso di Takeru “già, sarei
curioso di sapere quando mai esprime i suoi sentimenti, lui”. l’acidità che il
figlio ha messo nel pronunciare l’implicito nome del fratello lo rattristisce.
“Tk, forse non sono l’unica persone con cui dovresti passare del tempo” gli fa
notare “certo, e cosa farei mai assieme a mio fratello, oltre che stare seduti
fissandoci le mani?” chiede retoricamente. “credo che sia meglio se ci sentiamo
un altro giorno. Salutami tua madre”. Non appena Takeru mette piede in cucina
la madre lo guarda preoccupata. “papà ti saluta” la informa prima che possa
fare domandi sconvenienti. Un cenno della testa conferma che ha capito. “hai
ancora discusso con lui?” chiede poi, facendo alzare gli occhi al cielo del
figlio. Devo ricordarmi di andare in un posto più solitario, la prossima volta,
pensa caustico. “ci hai sentito?” domanda inutilmente “è un po’ difficile
ignorare i tuoi urli” gli fa presente. “è sempre il problema del lavoro?” prova
ad indovinare. Come se ci fossero altre alternative, commenta mentalmente Tk.
“si, questo fine settimana ha già promesso a Jane di stare con lei, così io
passo alla settimana dopo, sempre che non ci siano problemi in ufficio” la
aggiorna. Il grugnito della madre gli fa immaginare le sue prossime parole: “mi
sembra che tuo padre metta sempre in primo piano la fidanzata, anziché i
figli”. Appunto. “e di tuo fratello cosa ti ha detto?” continua come se la
precedente cattiveria non fosse uscita dalle sue labbra “niente. Ma perché non
lo chiami tu invece di fare tutti questi passa parola fra me e il papà?
Sicuramente sapresti di più da Matt in persona che da papà”. La faccia della
madre lo sorprende alquanto. “sai quanto sia difficile per Yamato parlare di
se. Probabilmente ascolterebbe solo quello che gli dico io. Però voglio passare
a trovarlo, un giorno di questo” commenta più per se. Il ragazzo afferra la
forchetta e comincia a mangiare in silenzio, immerso nei suoi pensieri.
Ormai erano
più di diciassette anni che quella storia andava avanti, e sembrava non essere
intenzionata a cambiare: i suoi genitori avevano divorziato dividendo i
ragazzi. Ai tempi erano molto uniti, ma la situazione famigliare aveva portato
a un brusco cambiamento. Purtroppo anche il trasferimento del padre con il
figlio maggiore in città non aveva contribuito. Periodicamente i genitori
cercavano di far stare insieme i due fratelli, prima così inseparabili, ma la
frattura sembrava non aggiustarsi. Yamato era diventato distante e freddo, in
maggior modo col fratellino, e il secondogenito aveva sviluppato un
attaccamento ossessivo nei confronti del maggiore, che però sembrava irritato
da tali attenzioni. Le loro visite erano diventate scostanti a causa del
rifiuto di Matt di andare in campagna dal fratellino. Crescendo nessuno dei due
era più riuscito a sentirsi bene in presenza dell’altro, e non appena Tk
provava a mostrare segni di affetto nei confronti del fratello, o semplicemente
volendo intrattenere una conversazione, si trovava costruito davanti un muro
invalicabile. I due genitori si erano così messi d’accordo, in seguito ad un
episodio di violenza che aveva dimostrato il piccolo nei confronti di Yamato,
di farli partecipare entrambi ad alcune sedute da una psicologa. Tk si era
subito dimostrato disponibile a spiegare i propri sentimenti, ma Matt era
ostile. Solo durante un incontro solitario senza il fratellino era riuscito a
spiegare che in qualche modo riteneva Tk responsabile della rottura
dell’idillio fra i suoi genitori. In effetti, parlando con loro, la psicologa
era venuta a conoscenza che in seguito alla nascita del secondo figlio la madre
era caduta in una depressione post-partum che l’aveva portata ad allontanarsi
dal marito. Questo causò una frattura fra loro, e sebbene la donna si fece
curare eccellentemente, ormai il danno era stato fatto. I genitori cercarono di
non far sapere a Tk la verità, ma purtroppo in qualche modo lui la scoprì. Da
quel giorno tutto fra loro era cambiato. Inoltre la distanza era aumentata
quando il padre si era fidanzato con una donna che allontanava periodicamente
l’uomo dal figlio minore. Lui infatti aveva un attaccamento sincero alla figura
paterna, e la donna di nome Jane gli causò qualche problema, tanto che il
signor Yamato si trovò ad ospitare il figliolo solo quando la donna non era in
casa. Al contrario il maggiore era distante sia dalla madre che dal padre,
rifugiandosi in un mondo in cui solo lui poteva capire ciò che stava provando.
La signora Takaishi incolpò di tutto il padre, sia dell’allontanamento di Matt
causato dalle poche attenzioni che gli venivano rivolte a casa, sia della sua
nuovo fiamma che creava problemi al figlio minore.
Il risveglio
il giorno seguente è un po’ traumatico. Il ragazzo ha dormito male, ma si
costringe comunque ad alzarsi dal letto e dirigersi a scuola. Lì trova sul
cancello ad aspettarlo Tsubaky, che lo saluta quasi saltandogli al collo. “il
prossimo fine settimana faccio una festa a casa mia, ti va di unirti a noi?
Anche se ci sono persone che non conosci è il momento giusto per fare nuove
conoscenze, e poi puoi invitare i tuoi amici. Inoltre chi vuole resta a dormire
da me, tanto abbiamo una montagna di Futon1. Mi farebbe piacere
averti lì”. Tk nota un lieve rossore attraversarle le guance all’accenno sui
Futon. “purtroppo devo fermarti subito, perché probabilmente viene mio padre a
prendermi”. Stranamente nota un certo dispiacere nella ragazza, e ne è
lievemente dispiaciuto “ma non può venire un altro giorno?” chiede
ingenuamente. Takeru scossa la testa con un espressione amara “è già tanto che
riesca a venire, figurati poi rimandare” commenta al pensiero della telefonata
del giorno prima. “bhe, allora in tal caso puoi sempre unirti a noi all’ultimo
momento, a me non dispiace affatto” la luce quasi maniacale che accende gli
occhi di Tsubaki quasi spaventa Takaishi “si, certo, al massimo facciamo un
altro giorno, ok?” conclude prima di raggiungere i suoi amici. “cosa voleva?”
chiede svogliato senza neppure guardarlo in faccia Daisuke, indicando con la
testa la ragazza che si sta allontanando. “invitarci a una festa, ma le ho
detto che siamo impegnati” spiega velocemente, modificando anche qua e la
qualche dettaglio: non è proprio in vena di spiegare la faccende del padre a
loro. Poi viene improvvisamente attirato da ciò che sta sfogliando Daisuke e
che non l’ha neppure degnato di salutarlo: la collezione delle figurine di
calcio del 1975. Si avvicina curioso anche lui assieme agli altri. “ma tu non giochi
a basket” gli chiede stizziti Dai. “ciò non toglie che mi piace anche il fottball.
Ti sei alzato con il culo storto, Davis’” domanda il biondo. Il sospiro
dell’amico fa dedurre che ha capito il suo errore :”mia sorella è intrattabile
ultimamente. L’ha mollata il ragazzo e se la prende con me. scusami Tk”.
Tutto sembra
filare liscio, ma nella pausa fra la terza e la quarta ora Tk nota qualcosa
dalla finestra. Si dirige il più in fretta possibile al cancello della scuola,
e malgrado l’abbia visto da lontano rimane sorpreso. Si avvicina con passo
deciso e un espressione severa sul volto. “che ci fai qui?” domanda poco
cortesemente. Anche il ragazzo deve averlo notato, perché alza entrambe le
sopracciglia, sorpreso. Affonda le mani nelle tasche dei pantaloni e si decide
a guardarlo negli occhi “educato, devo dire” un lieve sorriso gli compare sulle
labbra sottili. Il ragazzo alza gli occhi al cielo, esausto “Matt, cosa vuoi?”
ripete con tono più alto. Il maggiore non cambia espressione “non potrei essere
venuto a vedere la scuola che frequenta mio fratello?” ma l’espressione di
Takaishi lo fa pentire subito. “ok, allora io me ne vado” dice girandosi, ma il
fratello lo blocca: “aspetta, mi ha mandato papà!” cerca di fermarlo, con
ottimi risultati, per altro: Tk si volta lentamente, guardandolo con gli occhi
ormai ridotti a due fessure. Ora che ha la sua attenzione può continuare: “voleva
che sapessi che è riuscito a liberarsi questo fine settimana, e quindi vuole
stare un po’ con te. Ma ad una condizione” il minore non può fare a mano di
pensare che c’è qualcosa sotto se ha rinunciato ad uscire con Jane, ma decide
di volerci vedere chiaro. “sentiamo, quale sarebbe?” chiede con un leggero
fremito nella voce: il fatto che abbia mandato Matt a riferire invece di dirglielo
al telefono gli fa mal presagire “vuole che venga anche io” ammette abbassando
gli occhi, ma tornandolo subito a guardare. Il minore sente un brivido
percorrergli la schiena, ma cerca comunque di ragionare razionalmente: suo
padre sta solo cercando di farli avvicinare, ma ciò che importa a lui è passare
un po’ di tempo insieme al papà. Fra la possibilità di vederlo prima ancora di
quanto credeva e l’ipotesi di stare insieme a lui fra due settimane senza neppure
avere la certezza che suo padre non avrebbe avuto problemi al lavoro, bhe,
sicuramente la prima ipotesi è la migliore. “non mi importa, se vuoi venire fai
pure, se papà è disposto a stare con me anche senza di te a me va bene”. Non
appena si accorge del significato delle sue stesse parole si maledice
mentalmente “lui vuole semplicemente che stiamo un po’ insieme, non l’ho deciso
io” si affretta a dire Matt, come per dissipare ogni dubbio. Questa
conversazione non sta prendendo una buona piega, si ritrova a pensare Takeru “ok,
se per te non è un problema. Basta che non cambi idea o mi chiami all’ultimo”
conclude con una nuova speranza nel cuore: forse sarebbe riuscito a passare più
tempo con metà della sua famiglia di quanto non sperasse. Quando si volta per
riprendere la via della sua classe, però, il fratello lo blocca: “non lo farà,
ci tiene troppo a che noi due passiamo un po’ di tempo insieme”. Malgrado le
parole che Yamato ha pronunciato sembrano pensieri detti ad alta voce, non
riesce a trattenersi,e gli risponde in
tono severo “già, servisse a qualcosa”. Con la cosa dell’occhio nota un lieve
movimento, ma non si attenta a guardarlo in faccia. Ha sofferto troppo quando
era più piccolo, per poter provare compassione per suo fratello. In fondo era
stato lui a provocare il distacco. Matt prova a richiamarlo, ma Tk si rifiuta
di continuare quella penosa conversazione “devo andare, ricominciano le
lezioni” si giustifica, e per un attimo incrocia il suo sguardo, in cui trova
dispiacere e delusione. Si volta il più velocemente possibile e torna
nell’edificio. Davanti alla porta Daisuke lo sta aspettando, e non appena lo
vede gli chiede chi fosse quel ragazzo; “un idiota” borbotta passandogli
accanto. Eppure erano così uguali, pensa Dai squadrando Tk, ma se avesse un
fratello ormai me ne avrebbe già parlato. Osservandolo prendere il suo posto
nota la tristezza che lo affligge, e non può far altro di pensare che forse gli
sta nascondendo più cose di quante non crede.
Il pranzo quel giorno è davvero pessimo, sembra che la cuoca abbia
fatto del suo meglio per far rizzare i peli sulla nuca di tutti gli studenti.
Infatti la maggior parte dei piatti sono per metà pieni, e i distributori
automatici sono presi di assalto. Ormai al tavolo dei ragazzi c’è rimasto solo
Cody, Tk, Ken e qualche altro ragazzo che si appresta ad alzarsi. Ancora una
volta il biondo si trova a incrociare lo sguardo con Tsubaki che sembra lo stia
tenendo d’occhio dal suo tavolo. Improvvisamente Cody si zittisce senza aver
neppure finito la frase. Gli altri due si accingono a guardarlo quando notano
che di fronte a lui c’è Hikari che li sta guardando divertita “posso parlarti?”
chiede rivolta a Takeru. Lui rimane un secondo imbambolato, prima di poterle rispondere.
Gli altri, molto educatamente, gli dicono che lo avrebbero aspettato fuori,
così da lasciarli soli. La ragazza scosta una sedia e si accomoda di fianco,
con le braccia incrociate sul tavolo. “ho sentito dire che sei bravo a scuola”
comincia subito, senza indugi. A quell’affermazione Tk resta interdetto: dubita
fortemente che nel complesso scolastico sia diventato così famoso, e non è
neppure un genio, molti ragazzi sono molto migliori di lui, ma malgrado questo
lei ha sentito dire solo di lui. “ti è già stato proposto di dare
lezioni, ehm, diciamo private a qualcuno?” domanda con uno sguardo acceso.
Improvvisamente Takaishi si trova a pensare a Tsubaki, e involontariamente la cerca con lo sguardo; è
ancora lì che lo guarda, ma ora negli occhi sembra ombreggiarle una furia
assassina. Il più velocemente possibile torna a guardare la sua interlocutrice
“no” si affretta a rispondere, sorprendendo anche se stesso dell’innocua bugia.
Lei sembra illuminarsi per un momento “allora puoi dare le lezioni a me”
afferma sicura fissandolo negli occhi con una sicurezza da maestra “ehm… io…
si, potrei, ma non ne avevi già uno?” chiede vergognandosi profondamente del
suo balbettio. Un ombra le oscura il viso “dovresti imparare a farti i fatti
tuoi, sai?” lo ammonisce non senza una nota di durezza nella voce. Il ragazzo
prova a giustificarsi, ma viene subito interrotto “non mi piace, è palloso e
non mi sopporta” gli spiega velocemente “e chi ti dice che io sarò migliore di
lui?” chiede senza sapere perché non riesce a far cadere la conversazione.
Hikari lo fulmina. “allora, vuoi farmi da insegnante o no? Se no mi cerco
qualcun altro” lo liquida con l’evidente intento di alzarsi dal tavolo. Tk la
ferma subito, dandole la risposta che aspettava. “quindi la tua amica che ti
viene dietro non se la prenderà con te, giusto? Già mi odia, e mi pare che
anche lei aspirasse a essere tua alunna, e inoltre non so se accetterebbe che
sia io la sua… chiamami pure rivale” sorride delle sue stesse parole, e
Takaishi rimane sgomento “la.. mia…” la ragazza si alza ridendo allegramente
con il viso rivolto verso il soffitto “non dirmi che non te ne eri accorto! Per
andare bene a scuola sei poco sveglio”. Si allontana ancora ridendo di gusto
della situazione, quando al ragazzo balena un pensiero in testa. Alzandosi
prova a richiamarla “non abbiamo deciso quando incontrarci” ma la risposta gli
arriva da lontano, quando la ragazza lo guarda da sopra la spalla senza
voltarsi “mi farò viva io quando lo riterrò opportuno” e si allontana a passo
spedito ed elegante. Tk si butta sulla sedia con la testa piena di confusione
tanto quanto di immagini della moretta. Come ha fatto lei ha capire che
Tsubaki… lei non è più al suo tavolo, probabilmente se ne è andata quando
parlavano, e a proposito di andarsene, solo adesso Takaishi nota l’ora.
Sfreccia il più velocemente possibile per i corridoi raggiungendo a stento la
propria classe. “ma cosa ti ha trattenuto così tanto” gli domanda l’amico.
Ancora con l’affanno e il sudore sulla fronte gli fa un gesto ad indicare che
avrà tutte le risposte, al momento giusto. Le due ore di matematica pomeridiane
scorrono bizzarramente veloci, e al momento delle pulizie ogni dubbio viene
dissipato dalla mente di Daisuke. Come il biondo, anche l’amico rimane sorpreso
della proposta, ma a differenza sua non rimane sconcertato dal fatto che
Tsubaki ha un debole per lui: “ti muore dietro dal primo giorno che ti ha
visto!” afferma con un tono di voce più alto del dovuto, cosa che gli fa
presente Tk con un pugno assestato in testa. “e non potevate rendere anche me
partecipe della cosa? Sai che figura ci ho fatto con Hikari?” sbuffa irritato.
“ma se sei cieco non è mica colpa di nessuno, stella adorata” lo canzona,
avendo, come risposta, il mocio in piena faccia.
“Takaishi,
se non ti svegli entro due nanosecondi ti giuro che quella palla te la infilo
in posti che nemmeno ti ricordavi più di avere, chiaro?”. L’urlo del capitano
lo riporta immediatamente al presente, seguito dalle risate di scherno dei
compagni. I tre quarti d’ora precedenti sono stati terribili, preso come era
dai suoi pensieri. Probabilmente l’ennesima palla che gli sguscia dalle mani ha
fatto infuriare non di poco il coach, persona equilibrata e molto delicata,
come gli avevano assicurato i suoi compagni giorni prima. “come prima settimana
non è andata male ragazzo, ma ti ricordo che siamo qui per partecipare agli
Inter-hi, non dobbiamo far felici le nonne che vengono a vederci giocare,
chiaro? Che non mi capiti mai più di vederti così distratto, o ti caccio dalla
palestra a suon di calci. E ora fila a cambiarti, razza di” Tk si precipita
negli spogliatoi per evitare tutti gli altri improperi e bestemmie varie che
gli sta lanciando dietro il suo ben amato allenatore. Dopo una doccia fredda
torna fra i suoi compagni per cambiarsi, e, con l’asciugamano ancora avvolto
alla vita, si siede sulla panca più stanco del solito. Dalla sacca raccoglie un
asciugamano pulito e comincia a sfregarsi la testa “hei Takaishi, cosa avevi
oggi?” chiede Kei ma la risposta arriva da una voce profonda e gutturale “Korimoto
credevo che ci fossi passato anche tu. Si dice in giro che oggi abbia avuto
un’intensa conversazioni con la Yagami, e che abbia addirittura rischiato di
arrivare in ritardo alle lezioni” il tono con cui aveva spiegato l’accaduto non
piace affatto al biondo, tanto che è costretto a mordere di nascosto
l’asciugamano per non reagire d’impulso. Le voci che seguono le parole sono
soprattutto bisbigli e secchi accenni. Improvvisamente lo spogliatoio sembra
così piccolo e stretto per tutti che il ragazzo è tentato di uscire di lì
ancora a torno nudo. Molti occhi ora sono puntati su di lui, ma l’interessato
cerca comunque di non farci caso e di ignorare tutti quanti. “ti è stato
spiegato chi è, vero?” chiede un ragazzo alto ma con una voce acuta che non gli
si addice affatto. Cercando di ignorare le domande spera di poterne uscire
illeso, ma una sensazione gli serpeggia intorno, come un alone, e gli
suggerisce che non ne uscirà nulla di buono. “io sono riuscito a conquistarla”
afferma Sato spavaldo, e molte voci lo invitano a dire meno cazzate “no, è
vero, e devo dire che sono stato ben ricompensato” sorride sornione con una
luce maniacale nello sguardo. A quelle parole Tk si irrigidisce, e capisce di
doversela filare il più velocemente possibile, così si infila i pantaloni e la
maglietta, malgrado la testa ancora bagnata, così da provocarsi un largo alone
di acqua attorno al collo a V “si, io invece mi sono dovuto prendere una
battuta dai suoi amici perché ho provato ad avvicinarla” confessa triste un
altro. Tutto ora sembra fermarsi in quello stanzino madido di odori mascolini;
l’asciugamano sporco che cade a terra, quel moretto che assesta una pacca sulla
spalla del vicino così la lasciargli il segno rosso delle cinque dita, Sato che ride sguaiatamente mostrando tutti i denti, Kei
che starnutisce nella mano, il suo compagno accanto che inorridisce quando si
accorge di essere stato raggiunto da gocce di saliva. “Hei ragazzi, guardate
che faccia ha Takeru” lo riporta alla realtà Sato facendogli
stridere i denti per l’antipatia, anzi, è più appropriato definirlo odio, che
prova per quel ragazzo rosso con le efelidi sul naso “dove scappi? Hai fretta
di raggiungere la tua nuova amichetta” gli urla dietro prima che le porte
possano chiudere dentro ogni rumore. Non è possibile che in questa merda di
scuola tutti sappiano di tutti, si sfoga accelerando il passo, onde evitare
incontri sconvenienti con i suoi compagni di squadra. Solo quando è finalmente
in camera sua, dopo aver liquidato la madre con la scusa dell’enorme quantità
di compiti che deve fare, si decide a calmarsi e a riprendere fiato. Getta lo
zaino in un angolo e accende la radio al massimo volume sopportabile per le sue
orecchie, chiude la porta a chiave e apre l’armadio con foga. Lì, con ancora un
accenno di fiatone, scosta in malo modo le grucce coi vestiti e la trova.
Afferra il sacco da boxe e la katana che si trova appoggiata accanto. Appende
il sacco ad una trave del soffitto e, prima di afferrare la spada si sfila la
maglietta. Senza logica ne precisione comincia a menare fendenti contro la
sacca, provocando qui e là qualche squarcio dal quale fuoriesce l’imbottitura.
Ogni pensiero svanisce dalla sua testa e rimane solo l’arma che ha in mano e
l’involucro davanti a lui. La rabbia repressa, l’irritazione, l’umiliazione e
la stanchezza scemano fino a che non si trova sfinito seduto a terra contro la
sedia della scrivania. Dei colpi secchi alla porta lo riportano al presente,
così corre allo stereo per abbassare “Takeru, abbassa quell’affare, stai
infastidendo i vicini!” gli urla attraverso la porta la madre. Si, scusami
mamma borbotta prima di spegnere l’apparecchio. Voltandosi nota lo sfacelo che
questa volta ha provocato. Varie volte ha provato a trovare una valida
alternativa per sfogare la rabbia, ma nessuna funzionava allo stesso modo.
Purtroppo il sacco aveva varie toppe che coprivano gli squarci da cui
fuoriuscivano le budella, ciò rendeva l’attrezzo meno resistente. Il ragazzo si
china sfinito sul pavimento per recuperare i vari pezzi sparsi per la camera e
li rinfila nel sacco spingendoli dentro con le dita. Questa volta ci vorrà più
pazienza del solito per accomodarlo, si demoralizza, però almeno quella
sensazione di oppressione sul petto è sparita. “ma tu non dovevi fare i
compiti” lo raggiunge la voce della madre “si, ma volevo svagarmi un attimo
prima di iniziare” risponde deponendo l’attrezzatura appena usata.
Solo dopo
tre ore di studio si decide ad uscire dalla camera e ad unirsi alla cena che
sua madre gli ha preparato. “è passato Matt alla mia scuola, stamattina” la
aggiorna, provocandole un eccesso di tosse causato dall’acqua che molto
probabilmente le è andata di traverso “come alla tua scuola” con gli
avvenimenti del pomeriggio se ne era completamente dimenticato, ma alla vista
della madre ora tutto torna limpido “sì, è venuto a dirmi che papà si è
liberato questo fine settimana per stare con me, ma deve venire anche Matt, o
l’offerta non vale” confessa senza peli sulla lingua. L’espressione della madre
vira dall’euforico all’arrabbiato “perché siete arrivati a dover essere
ricattati per stare insieme, tu e tuo fratello?” chiede triste. Il silenzio che
segue è imbarazzante, ma Tk si affretta a colmarlo “è stato lui a volerlo, ti
ricordo”. La signora Takaishi resta sbalordita da quelle parole, ma ancora di
più dall’espressione del figlio: impassibile e senza neppure una nota di
rammarico. E pensare che anni addietro i due ragazzi andavano d’amore e
d’accordo, e dopo il divorzio qualsiasi occasione per Tk si stare con Matt era
sempre accolta da urla di giubilo. “e quindi cosa hai deciso?” domanda per non
immergersi in pensieri malinconici “ci vado. Ho detto a Matt che non si deve
sentire costretto, se non vuole venire non mi cambia nulla. Non rovinerà la
gita” aggiunge abbassando un po’ a voce. La madre trattiene il respiro per un
attimo, prima di esplodere “ma ti rendi conto di cosa stai dicendo? È tuo
fratello, non puoi davvero pensare una cosa del genere” urla cercando di
trattenere le lacrime. Il figlio la guarda amareggiato, ma per nulla sorpreso
della sfuriata “mamma, ho imparato a restare distante e scostato da tutto ciò
che può riguardare Matt: ogni volta che speravo in un suo gesto o in una sua
parola rimanevo regolarmente deluso. Si è formato ormai un muro fra noi, e tu
non puoi pretendere di abbatterlo con il semplice fatto che nelle vene scorre
lo stesso sangue” conclude con voce tranquilla e naturale, alzandosi e
dirigendosi in camera sua. Solo quando la porta è finalmente chiusa dietro le
sue spalle la donna può scoppiare a piangere affondando il viso nelle mani.
1 Come molti penso già sappiano, il futon è un materasso alto circa 5 cm
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Capitolo 3 *** 3 ***
3
Il giorno dopo la
colazione viene consumata in silenzio religioso. Takeru ha dormito poco, causa
anche il pianto ininterrotto della madre. A letto si sentiva tutta la colpa
gravargli sulle spalle, sapeva di aver provocato lui quella reazione, ma non
trovava davvero altre parole per togliere la madre dall’illusione che un giorno
sarebbe cambiato tutto, come per magia. Dopo poche parole e i soliti auguri di
buona giornata, il ragazzo si invia con poca voglia verso l’edificio
scolastico. L’unico è sperare che non mi assillino anche oggi, spera.
Durante tutta la
notte ha sognato strane lezioni su argomenti stranissimi e senza senso, come
quando doveva imparare a memoria i nomi di tutti gli alunni della scuola e le
rispettive classi. Varie volte aveva interpretato il professore o il preside,
ma la maggior parte figurava da semplice alunno pressato dallo studio.
Probabilmente l’enorme quantità di compiti che si era imposto di fare la sera
prima per portarsi avanti in previsione di una futura lezione con Hikari
avevano aggravato il sonno di Tk, ma, ne era certo, anche il fatto che avrebbe
davvero dovuto sfoderare tutte le sue doti da bravo alunno per mostrarle alla
Yagami contava parecchio. Se era vero quello che aveva detto quel ragazzo, di
probabilità con Hikari ne aveva poche, anche perché non se la sentiva proprio
di farsi menare da quei tizi, però il solo pensiero di poter passare del tempo
in sua compagnia lo facevano sentire leggero. Certo, sarebbe stata dura
mantenere la concentrazione, ma doveva ad ogni costo dimostrarle quanto valeva,
anche perché già in due occasioni era riuscito a passare da deficiente.
Insomma, come avrà fatto Hikari a capire che Tsubaki gli viene dietro? È
davvero così evidente come dice Dai? Perché in fondo lui non se ne era affatto
accorto. Certo, ora veniva il problema maggiore: dirle che avrebbe rinunciato a
fargli da professore perché aveva preferito un'altra, che a quanto diceva
Hikari, odiava. Effettivamente, ora che ci pensa, le occhiate che la bionda
lanciava alla mora non erano delle più benevoli. Ma, a proposito di questo,
come faceva a sapere che Tsubaki gli aveva chiesto di fargli da Prof? Questo
non poteva averlo sentito in giro perché ne aveva parlato solo con… Daisuke?
No, non può essere, nega con la testa il ragazzo. Solo adesso si accorge di
essere davanti a scuola, e qualcuno lo sta guardando con un aria interrogativa.
Fantastico, adesso, oltre al fatto che mi piace una ragazza, penseranno anche
che sono pazzo a parlare da solo, sbuffa dirigendosi con passo pesante dai suoi
amici. “Che hai Tk?” chiede preoccupato Cody. Inizialmente rimangono tutti
immobili ad aspettare una risposta, poi Tk si decide: in fondo sono suoi amici,
è giusto che sappiano tutta la storia. Inoltre ho davvero bisogno di sfogarmi,
pensa. Così racconta ai suoi amici tutto quello che gli è successo il giorno
prima a scuola, tranne l’incontro con il fratello, e fra una risata e un
respiro trattenuto ascoltano le vicende fino al suono della campanella.
Uno sbadiglio profondo riscuote Daisuke dai suoi pensieri.
Quella lezione di giapponese antico è davvero noiosa, ed estremamente lunga.
Per fortuna che il professore sta spiegando, perché se facesse qualche domanda
lui non saprebbe neppure l’argomento che stanno trattando. Con fare annoiato comincia
a sfogliare il libro di testo, ma dopo qualche pagina si accorge che questo non
è un buon modo per distrarsi. Guardandosi in giro nota che anche altri ragazzi
hanno la sua stessa espressione, e le ragazze continuano a passarsi bigliettini
da un banco all’altro. Ah, beata innocenza! Si ritrova a pensare. Continuando a
far cadere lo sguardo qui e là nota Takeru. Sembra uno dei pochi attenti alla
lezione, o almeno da uno sguardo affrettato, ma lui sa che ha la mente altrove.
Quella ragazza è ormai diventata un incubo per lui. ricorda che la prima volta
che l’ha vista ne è rimasto stregato, e come il biondo, ogni azione era dettata
dal bisogno di farsi notare da lei. Solo dopo diversi mesi aveva deciso di
provarci con lei, ma già al primo tentativo si era trovato davanti Hikari che
si faceva grasse risate. Quella fu l’unica volta che ci provò: la bruciante
sconfitta lo aveva demoralizzato, e più che continuare a guardarla da lontano
aveva cominciato ad odiarla, lei e tutti quei tizi che le giravano attorno.
Solo col tempo, con lo scemare della cotta, gli era diventata indifferente. Molte
ragazze pensavano che lui fosse un bel ragazzo, ma periodicamente si fermavano
alle apparenze, etichettandolo come superficiale e infantile. Lui non era così,
lo sapeva. Certo, alcune volte i suoi comportamenti non erano propriamente
professionali e maturi, ma in fondo era un bravo ragazzo. Ah, e chi vuole una
relazione, in fondo! Basti vedere sua sorella: ora che si è lasciata con il
fidanzato è intrattabile, sempre pronta a scoppiare in lacrime ed è pure
ingrassata visibilmente, forse a causa dei troppi gelati. E pensare che
reputava Tai un mito, oltre che per il fatto del suo metodo di gioco nel
calcio, ma soprattutto perché riusciva a sopportare le bizzarrie di Jun. Non sapeva
se rallegrarsi che finalmente si fosse accorto della vera natura cretina di sua
sorella oppure al contrario essere deluso dal fatto che ora lo avrebbe visto
molto meno. Pensare che è il fratello di Hikari, sono così diversi… bhe, in
fondo anche lui e Jun non hanno nulla in comune, quindi forse la cosa è
giustificata. Tk non si è ancora voluto confidare con lui su quel ragazzo che
era venuto a trovarlo a scuola; infatti Dai è sicurissimo che la somiglianza
non sia solo un puro caso, ma se il suo amico non gli ha voluto dire niente,
forse ha solo bisogno di tempo. Non credeva di trovarlo così simpatico,
all’inizio la prima impressione che gli aveva dato era quella di un ragazzo di
campagna molto carino che non vuole destare attenzione, ma poi si è rivelato un
ragazzo solare e molto divertente, alle volte. Finalmente la lezione termina, e
il ragazzo accoglie con le lacrime agli occhi il suono della campana. Appena
raggiunge Tk nota che sta frugando nel suo zaino. “oggi ho promesso a Cody di
mostrargli un esercizio che la sua maestra ha accennato alla loro classe. Dice
che vuole capire come si applica quella regola” dopo una pausa riprende,
sorridendo “è molto sveglio e ha iniziativa, quando arriverà nel mondo del
lavoro farà strada”. Il commento è seguito da una smorfia del moro. Non gli è
mai andato a genio quel ragazzino, gli è sempre sembrato completamente diverso
da lui e Ken, e con sua enorme sorpresa fra Cody e Tk si stava sviluppando una
bella amicizia. Gli odori della mensa arrivano fino a lì in corridoio, e
l’acquolina comincia ad invadere la gola di Davis. Solo quando il piatto è
straripante di cibo si decide a raggiungere il tavolo, dove Tk sta già
mostrando un accidente di esercizio al ragazzino. “come fai a mangiare tutta
quella roba e rimanere così magro resterà un mistero” commenta asciutto il
piccolo della congrega, prima di re immergersi nel libro. Senza nemmeno
rispondergli affonda la forchetta nel piatto e si abbandona ai piaceri del
cibo. Altro che ragazze, pensa Dai, ingoiando quasi per intero gli spaghetti.
Sabato arriva con uno strano senso di irrequietezza per
Tk:quel pomeriggio suo padre sarebbe venuto a prenderlo,e con lui ci sarebbe stato anche suo fratello.
Sua madre non si è voluta unire, ma forse così la cosa risulta più facile: essendo
solo uomini possono comportarsi normalmente senza passare da sozzoni o
maleducati. Hikari non si è fatta vedere da quando si è proposta come sua
alunna,e questo lo rende stranamente
triste. Alla seconda ora un suo compagno di classe lo distrae dalla
conversazione con Dai: “c’è una ragazza che ti cerca” annuncia.
Improvvisamente, a quelle parole il cuore comincia a battergli sempre più
forte, e l’agitazione si fa sentire sempre più mano a mano che si avvicina alla
porta. Ad aspettarlo, però, non c’è la moretta, ma una ragazza bionda molto
imbarazzata. “Tsubaki, hai bisogno” attira la sua attenzione, leggermente
deluso. Lei lo guarda trasognante (solo dopo che gli è stato detto da Hikari
che la bionda gli veniva dietro ha cominciato a notare il suo atteggiamento nei
suoi confronti) e prende fiato, come se si stesse preparando a confessargli il
suo amore. A quel pensiero una nota di panico gli offusca la mente, ma si
trasforma velocemente in puro terrore non appena capisce per quale motivo è
venuta a cercarlo: “hai deciso allora se sei disposto a farmi da prof di
recupero durante i pomeriggi?”. La domanda, così innocua, provoca un eccesso di
tosse al biondo. Non appena riesce a prendere fiato la guarda addolorato
“scusa, ma proprio non posso. L’ho già promesso a qualcun altro” recita la
scusa che fino a quel giorno si è
ripetuto in preparazione a quell’evento. “ah, ok, spero allora che possa
diventare un bravissimo alunno, visto che ci sei tu con lui” malgrado le belle
parole lo sguardo è oscurato dalla delusione. “è una ragazza” si affretta a
precisare. Immediatamente si pente delle sue parole, ma quegli occhi, il
sorriso forzato e la sua gentilezza lo hanno fatto crollare, così tutta la
falsa storia che si era ingegnato a creare era caduta miseramente nel cesso. Lo
sguardo della ragazza è sorpreso. “è Hikari” vuota definitivamente il sacco.
Ok, adesso si sente davvero male, non tanto per la rabbia che sembra averle tramutato
l’espressione, quanto per l’espressione di disgusto che Tsubaki sta rivolgendo
a lui. dopo qualche parola borbottata velocemente abbassa la testa e si
allontana a passo deciso. “l’hai fatta grossa,a desso, eh?” lo sorprende la
voce di Daisuke, appoggiato alla porta con le braccia incrociate. “ma tu hai
degli amici tuoi, Dai, invece di venire ad origliare le mie conversazioni?” gli
domanda acido. “certo, ma mica mi potevo perdere questa scena” lo sorprende con
tono allegro. Lo sguardo che gli rivolge lo fa gelare, ma la reazione dura
poco, perché Motomiya non si fa scoraggiare da nulla, neppure da uno sguardo
che promette una vendetta lunga e dolorosa. Gli è subito alle spalle per
chiedere al biondino i dettagli della conversazione quando si ritrova il suo
astuccio in tasta e tutto il contenuto riverso a terra, con un Tk che sfoggia
un sorriso sornione e fiero.
Non appena il campanello di casa suona il ragazzo saluta la
madre e si precipita giù per le scale, rischiando di troncarsi l’osso del
collo. Non appena intravede la macchina del padre un moto di euforia pura si
sprigiona nel petto, prima di attraversare la strada di corsa.
Suo fratello è seduto
dietro e si direbbe che stia dormendo, se ogni tanto non rispondesse alle
domande che il padre gli rivolge. A Tk non importa, tutto pur di stare assieme
al padre. Di certo non sarà il suo solito atteggiamento introverso a rovinargli
la gita. La destinazione è la spiaggia, per godersi le ultime ore di sole
primaverile, poi una cena veloce e tutti a casa a ingozzarsi di schifezze
varie. Le onde che gli lambiscono le caviglie gli fanno girare la testa, mentre
ad occhi chiusi si sente come su un altalena. “dovremmo andare Tk,si sta
facendo tardi” la voce del padre lo riscuote improvviso. “papà” gli urla
correndogli dietro dopo essersi infilato le scarpe sul bagnasciuga “credi che
domani sia ugualmente bel tempo” “non lo so Tk, perché” chiede apparentemente
disinteressato “potremmo andare da qualche parte a passeggiare, non credi?”. A
serata passa completamente tranquilla, e anche il giorno seguente sembra filare
tutto liscio. Mentre se ne stanno seduti su una panchina a digerire i panini,
Takeru e il padre osservano Yamato che cerca con non poco imbarazzo di
liberarsi dalle due ragazze che lo hanno circondato, con la scusa di voler
sentire una canzone, poiché si è portato la chitarra appresso, ma con il vero
intento di provarci spudoratamente. “chissà cosa lo ha reso così schivo.
Potrebbe circondarsi di amici e ragazze, ma preferisce la solitudine” afferma
il ragazzo “smettila di parlare così di tuo fratello, non è bello” lo ammonisce
severamente il padre, lasciandolo leggermente basito.
Il ritorno a casa è
stranamente silenzioso, e quando Tk si appresta a scendere dall’auto non è
troppo prodigo di saluti, ne verso il padre, ne tanto meno per il fratello. Non
appena si volta verso casa nota una chioma familiare “Dai, che ci fai qui? E
chi ti ha detto dove abito?” aggiunge meditabondo. “nel quartiere sei l’unica
persona che si è trasferita da poco” spiega velocemente con una strana
espressione, tra il curioso e l’offeso “vado ad appoggiare la roba, poi ce ne
andiamo da qualche parte, aspettami qui” gli urla dietro mentre sta già salendo
le scale due alla volta. Non fa in tempo a scorgerlo appoggiato al portone che
capisce che il suo tono è particolarmente duro “perché non mi hai detto che hai
un fratello?” al silenzio del biondo seguono altre parole di Dai “e non dirmi
che non hai trovato il momento, perché era lui quello con cui parlavi l’altro
giorno sotto scuola” l’ira repressa minaccia di uscire, ma l’espressione di
Takeru la scaccia momentaneamente.
“…non mi piace parlarne; è per questo che non ti ho detto
niente” conclude la sua storia con uno sguardo addolorato “credevo che gli
amici si dicessero tutto” lo sgrida Motomiya. L’altro lo fulmina con lo
sguardo, appoggiando i gomiti sulle ginocchia “senti Davis, piantala di farmi
sentire in colpa, mi dispiace, ok?” solo dopo aver saputo quanta amarezza ha
pervaso il suo amico alla vista di Matt, Tk si è reso conto di quanto fosse
infondata la sua paura. “ok, ma se lo rifai ti strappo tutti i peli che hai
addosso, chiaro?” riprende con la sua voce allegra e squillante “bel recupero
veloce1!” lo ammonisce Tk “certo, se non sono io qui a tenere alta
l’allegria, stiamo freschi” Takaishi ci impiega un po’ ad afferrare il
concetto, ma recupera subito i metri persi rincorrendolo e minacciandolo di
morte istantanea. Al campo una squadra di ragazzi sta intrattenendo la platea
con alcuni passaggi da vero bomber della nazionale, e anche i due amici si
fermano a guardare. Non appena la partita è finita Dai schizza come un fulmine
verso il campo, seguito a ruota dal biondo, leggermente imbarazzato
dell’intrusione che il suo amico ha provocato “Tai” urla il moro sventolando un
braccio “Dai, anche tu qui?” “certo, non potrei perdermi una tua partita per
nulla al mondo!” lo elogia leggermente imbarazzato. “Ciao” saluta Tai vedendo
avvicinarsi il biondino “oh, già, lui è Tk, ma non farci caso, comportati come
se non ci fosse, con me funziona. Sai” si avvicina maggiormente al maggiore e
abbassa la voce con fare cospiratorio “io non lo sopporto tanto, ma lui mi sta
sempre appiccicato come un mollusco” un poderoso schiaffo in piena testa lo fa
piegare in due dal dolore “ma sei pazzo, vuoi staccarmi la testa dal corpo, per
caso?” lo assale Dai “bhe, diciamo che era la mia intenzione, così per lo meno
non puoi più dire cazzate” lo zittisce Tk con un’occhiataccia. La risata di Tai
li fa tornare sul capo da gioco “però, forse Dai hai trovato un avversario che
sappia tenerti testa”. Il piccolo moro sbuffa divertito, ma ormai nessuno gli
da più ascolto “io comunque sono Tai, tanto piacere” sorride allungando la
mano. “piacere. Ho visto come giochi, e ne sono rimasto stupito” afferma
sinceramente “già, Tai è un fuoriclasse. Lui riesce a scartare tutti gli
avversari e a segnare un gol senza l’aiuto di nessun altro giocatore” si
spertica in complimenti Daisuke. Una risatina soffocata dell’amico lo fa
tornare serio e, a giudicare dall’espressione, leggermente incazzato “non è,
vero che ti sei preso una bella cotta per Tai?” chiede soffocando a stento le
risate. Dopo un vistoso imbarazzo da parte di entrambi i moretti ecco la
consueta corsa e la baruffa fra i due ragazzi, finiti per terra e segnati a
dito dai ragazzi circostanti.
“idiota”, “non ho fatto nulla”, “cretino”, “sei tu che sei
suscettibile”, “imbecille”, “non ti ho detto io di corrermi dietro”,
“citrullo”. Ormai da qualche minuto va avanti questa conversazione, che per
fortuna Tai sembra intenzionato a far finire “che ne dite di piantarla
entrambi?” propone, ma con scarsi risultati “è per colpa tua se il mister ci ha
cacciato dal campo” “ma noi non stavamo giocando, cosa te ne importa?” chiede
il biondo ingenuamente “me ne importa perché si ricorderà sicuramente di me
quando tornerò al campo. E inoltre è il migliore allenatore a cui si possa aspirare:
cosa credi che abbia pensato di me?” sbraita imbufalito Daisuke “che sei un
bambino, e che” confessa tranquillo l’amico, interrotto dalla tirata di capelli
che gli riserva l’altro. “deficiente” si lagna Takeru tenendosi la testa e
guardandolo con gli occhi lucidi “adesso basta, o anche io comincerò a pensare
che siete davvero infantili” li ammonisce severo il povero Taichi. Finalmente
raggiungono la gelateria ed ordinano i loro frappé, prima di tornare sui loro
passi. “Dai, il coach è un uomo saggio, e sa che i ragazzi sono irruenti come
voi. Non te la devi prendere con Tk” prova a calmare le acque, visto che i due
sembrano in serio conflitto “tu dici bene, con il cognome che porti tutto ti è
permesso!” borbotta masticando la cannuccia. L’occhiata fugace che gli riserva
Tai è meditabonda “Non sono arrivato dove sono perché porto il cognome Yagami”
afferma serio e scocciato. Non appena giunge all’orecchio di Takaishi quel nome
il frappé rischia di strozzarlo, così è costretto a fermarsi e piegarsi in due
per riprendere fiato, tossendo a più non posso. Con gli occhi ancora
lacrimevoli guarda entrambi inorridito “Yagami?” riesce solo a dire prima di
tornare a un tentativo di vomitare i propri polmoni “ah già, è vero che a te
quel nome da alla testa” afferma sovrappensiero Dai. Improvvisamente il
neo-degente si riprende all’istante e fulmina l’amico “tu lo sapevi? Tu lo
sapevi e ti sei guardato dal dirmelo? Sei una merda ambulante, Daisuke
Motomija” afferma sprezzante, guardandolo come una schifezza “non capisco, qual
è adesso il problema?” chiede confuso il terzo ragazzo, che ormai comincia a
capire che i litigi fra questi due sono all’ordine del giorno “oh nulla, solo
che Tk ha una cotta stratosferica per tua sorella. E comunque non l’ho fatto
apposta, a non dirtelo. Non sono mica ossessionato da lei, io” si giustifica.
Al contempo il biondo diventa di un bel colore rosso brillante, prima di
guardare Tai con una supplica che proviene dal profondo “se non ricordo male
anche tu avevi perso la testa per lei, no, Dai?” chiede innocentemente Taichi.
Motomija si infervora e si allontana a passo spedito da quei due traditori e Tk
ringrazia vivamente il maggiore per l’aiuto prezioso che gli ha fornito, prima
di rincorrere l’amico intimandogli di fermarsi e di . “sai dove te la infilo la filosofia Takeru? Su per il…”
“comunque Take ti assicuro che non ci ho pensato a dirti che
Tai è il fratello di Hikari, se no te lo avrei detto prima!” si scusa per
l’ennesima volta Daisuke “e te lo credo; bella figura che ho fatto!” commenta
acido, ma lo sguardo che gli rivolge è rassicurante. Ken ancora ride sotto i
baffi da quando ha saputo come è andata la faccenda, ma dopo l’occhiataccia del
biondo si è ben guardato dal trattenersi, per lo meno pubblicamente. Takeru
intravede di sfuggita Tsubaki e decide di andarle a parlare: dopo sabato
l’aveva accuratamente evitato, e questo comportamento gli dispiaceva, visto che
da quando era arrivato lì era stata sempre gentile con lui. le corre dietro
chiamandola, ma sembra che non abbia intenzione di fermarsi. Solo quando si
trova a qualche metro di distanza decide di rivolgergli la sua attenzione, ma
l’espressione che gli si presenta sul viso è scoraggiante. “Tsubaki ascolta” si
blocca immediatamente annaspando per lo sforzo “volevo chiederti scusa per
sabato” “perché? Non mi hai fatto nulla. Sei solo stato sincero confessandomi
che hai preferito un altra ragazza a me, tutto qui!”. Certo, la verità la
sapevano entrambi, ma sentirsela spiattellata con tale rudezza lo lascia
comunque basito “si, ma è il modo in cui te l’ho detto!” precisa fissandola
negli occhi “Non avrei dovuto ferirti in quella maniera, ma mi sembrava giusto
essere totalmente sincero con te fino in fondo, visto che sei sempre gentile
con me”. Ecco, adesso che il sacco è vuotato si sente davvero meglio, ma
l’espressione dell’amica non sembra comunque idilliaca “già, e pugnalare alle
spalle è il modo giusto per mostrare la propria gratitudine” sputa tutto il
veleno che le invade il corpo. Certo quella frase nessuno dei due se
l’aspettava, e il ragazzo la sta guardando mortificato e forse un po’ sorpreso.
Ma chi l’ha messa in questa situazione, si domanda la bionda. Sospira esasperata
“senti Tk, sarò sincera: non porto rancore, ma ti consiglio di stare attento a
lei, perche è subdola” finalmente riesce a dire quello che ha sempre pensato di
quella Hikari “va bene, cercherò di seguire il tuo consiglio” prova a
tranquillizzarla Takeru salutandola poi con un sorriso dolcissimo. Si, peccato
che tu ne sia già cotto, commenta poi fra se e se.
“sai cos’è? sei
fortunato perche è innamorata persa di te, altrimenti nella stessa situazione
avresti già preso uno schiaffo in piena faccia” bofonchia quasi invidioso Dai
“già, perché tu te ne intendi di sberle, vero?” lo stuzzica il biondo. Un
leggero colpo di tosse fa voltare tutti e due, e finalmente notano Ken che li
guarda serio, affiancato da un Hikari spazientita “Oggi pomeriggio vieni a casa
mia per la prima lezione. Finito il tuo allenamento di basket mi dovrai
raggiungere immediatamente al cancello, e devi portarti dietro il libro di
Matematica. Ti è tutto chiaro?” le parole lo investono come un tornado, senza
neppure avere il tempo di immagazzinarle. “buongiorno anche a te” bofonchia un
po’ offeso Dai, ma si zittisce subito all’occhiata fulminante che gli lancia
Hikari “potresti concedergli dieci minuti di tempo, giusto per permettergli di
raggiungere la farmacia più vicina. Sai, non credo che abbia profilattici nello
zaino” prova a tranquillizzarla subito dopo, ma con scarsi effetti, visto anche
che si trova una mano di Tk sulla faccia e l’altra dietro la nuca a bloccargli
la testa “si, va bene, ci vediamo oggi, allora” la voce che esce dalla bocca
del biondo è particolarmente acuta. Senza neppure un cenno al moretto, la
ragazza fa un cenno a Tk per salutarlo, prima di allontanarsi a testa alta. Non
appena sente la presa diminuire sul viso, Dai prova a protestare per la brusca
interruzione, ma gli manca il tempo, poiché l’amico gli salta al collo,
probabilmente con l’intento di soffocarlo, mentre qualcuno, probabilmente Ken,
se la ride di brutto.
A pranzo, con Dai che
continua a lagnarsi di un misterioso dolore lancinante al braccio, Ken che
prova a tranquillizzare Tk sui suoi timori della figura di merda che l’amico si
è premurato di avergli fatto fare e Cody che continua a scossare la testa
interdetto dal maturo comportamento dei suoi amici, la ragazza che si avvicina
al tavolo passa inosservata, ed è costretta a bussare sulla spalla del moro,
intento a divorare il suo pranzo, per farsi notare. “che c’è?” chiede con la
bocca piena, scocciato dell’interruzione alla sua attività preferita “mi è
stato chiesto di recapitare questo per te. Per tua mera informazione, sputare
cibo addosso alle persone è segno di maleducazione” conclude scrollandosi la
felpa dalle briciole di pane, prima di voltarsi e andarsene a passo spedito
verso un tavolo all’altro capo della mensa. Daisuke continua a fissarla
immobile, masticando lentamente, prima di tornare a voltarsi verso i suoi amici
“e quella chi è?” chiede quasi cadendo dalle nuvole “forse una spasimante che
ti ha voluto confessare i suoi sentimenti per iscritto, ma dopo la tua
performance stai certo che avrà cambiati idea” dice Tk allungandogli il foglio
che la ragazza aveva posato sul tavolo. Curiosamente veloce, Dai apre lo
scritto, per poi emettere un suono gutturale “no, è mia sorella! Vuole che
passi da Tai per riprendere le cose che ha lasciato a casa sua. Ma perché devo
avere una parente così cretina?” sbotta lanciando il foglietto in mezzo al
tavolo “aspetta, tua sorella stava con Tai?” domanda confuso Takeru “si, ma
questa è storia vecchia. Ora lei non vuole più vederlo e manda il fratellino a
fare da messaggero fra i due” aggiorna prontamente Ken. Alla domanda dell’amico
se non poteva ribellarsi, tutti quanti scoppiano a ridere, eccetto Dai “tu non
hai mai assaggiato i suoi pungi, Tk, se no non lo diresti”. Cody gli indica
gentilmente la figura della sorella, seduta allo stesso tavolo della ragazza
che ha portato il foglietto, ma nulla gli suggerisce questa cattiveria che
descrive il fratello minore “è la storia che racconta a tutti, ma nessuno
ancora ha saputo confermare le sue parole: tutti quanti affermano essere una
ragazza educata e molto per bene” la difende Cody “forse perché tutti quelli
che l’hanno criticata sono morti di una morte lenta e dolorosa” si difende
Davis con una smorfia “si, certo, Jun, l’incubo di ogni ragazzo. Se mai
scomparirai, sapremo da chi andare” lo canzona Ken, dandogli dolci pacche sulla
spalla e alzandosi, assieme agli altri due, con i vassoi e piegati dalle risate
“che merde di amici, che ho!” commenta prima di tornare al suo dolce.
È durante la prima
ora del pomeriggio che l’idea brillante illumina la mente di Davis; dato che
l’interrogazione dei tre ragazzi alla cattedra si sta protraendo per le lunghe
e la professoressa non sembra minimamente interessata a ciò che accade al resto
della classe, il ragazzo scivola furtivamente giù dalla sedia e, cercando di
non farsi notare dall’insegnante, sgattaiola vicino al banco di Takeru.
Quest’ultimo, sorpreso dal gesto dell’amico, lo guarda incuriosito “visto che
oggi devi andare a casa di Hikari, perché non ci pensi tu a chiedere a Tai di
restituire la roba a mia sorella?” domanda troppo speranzoso “perché dovrei
fare da paciere fra i due innamorati?” chiede perplesso, ma Dai gli scocca uno
sguardo stizzito “tu non vedi fare nulla fra nessuno, tonto! L’unica cosa che
ti è richiesta è di dire due parole a Taichi da parte mia, così mi risparmio il
tragitto che tanto tu sei già costretto a fare” conclude brillantemente.
Purtroppo l’amico non trova tesi a sfavore, ed è quindi costretto ad accettare.
Durante l’ora di basket ogni senso del
biondo e vigile, poiché vuole evitare qualsiasi scontro con i suoi compagni di
squadra: dopo l’ultima volta che lo avevano messo in imbarazzo evitava
accuratamente di rivolgere loro la parola se non per il solo intento di parlare
della partita corrente o simil. Praticamente nessuno dovrebbe essere al
corrente dell’imminente lezione che Takeru si appresta a sostenere con la
Yagami, ma resta comunque sull’attenti non appena qualcuno della squadra lo
guarda troppo insistentemente o se scoppia una risata senza motivo apparente.
Finito l’allenamento tutti sembrano prendersela comoda, ma al ricordo
dell’ammonimento di quella mattina, Takeru si costringe ad accelerare i tempi
per non far attendere troppo la ragazza all’ingresso. Ironia della sorte:
quando, con capelli ancora bagnati e borsone mezzo aperto raggiunge il
cancello, non trova nessuno ad attenderlo. Passano due minuti, poi cinque;
finalmente, dopo quasi un quarto d’ora che è lì appoggiato nota una figura
familiare che si avvicina a passo tranquillo “pensavo avessi detto che sarei
dovuto arrivare il prima possibile” prova ad incolparla senza che però sia
troppo evidente l’accusa “è la mia tecnica per far si che nessuno arrivi in
ritardo: anticipare di qualche minuto l’orario in cui bisogna incontrarsi” lo
liquida sorpassandolo. Tk la affianca subito, cercando di capire se questa loro
vicinanza è così sgradita come lei sembra voler far credere. “allora anche tu
avevi un corso pomeridiano da seguire” azzarda “già” è la liquidaria risposta.
Con un sospiro azzarda un approccio più irritato “prima o poi verrò mai a
conoscenza dei tuoi intrattenimenti pomeridiani?”. Lo sguardo curioso e quasi
sorpreso che gli rivolge lo lascia atterrito: è la prima volta che non è
arrogante con lui, e così sembra acquistare ancora più fascino, se possibile
“tutti tutti?” la leggera nota di imbarazzo fa intuire al biondo cosa intende
con tutti “si, via, quelli
scolastici, intendo” possibile che si debba sentire a disagio lui per ciò che
fa Hikari nel suo tempo libero? Con un alzata di spalle, guardando la strada,
il suo “forse” chiude definitivamente la questione. Procedono così, in
silenzio, per altri tre minuti, fino a che non raggiungono un edificio enorme
ed evidentemente ben curato. La casa, a un piano, ha un giardino nascosto dalla
rete verde. La porta d’ingresso si apre su un corridoio leggermente scuro e
spoglio. Il ragazzo segue la padrona di casa in una stanza, dove si blocca
appena entrato. Il salottino che precede la cucina è occupato da due ragazzi
stesi sul divano di 7 posti. Chissà, forse se torna subito indietro non si
accorgeranno neppure della loro entrata. “vi spiace trattenevi per due
secondi?” chiede evidentemente irritata Hikari. La ragazza che si trovava sul
divano alza la testa velocemente e si butta a sedere, evidentemente
imbarazzata. Il ragazzo, al contrario, resta sdraiato a occhi chiusi,
respirando lentamente, a riprendere il controllo di se “non potresti
semplicemente uscire come sei entrata, cioè senza rompere i maroni, Kari?”
portandosi le palme delle mani sugli occhi continua la ramanzina “mai che ti
passi per la testa che forse facendo così metti in imbarazzo Sora?”. La
ragazza, ancora ad occhi bassi e i bracci stretti intorno alle ginocchia sembra
non premurarsi di essere appena stata nominata “se forse avessi avuto gli occhi
aperti, invece della bocca, avresti notato che ho ospiti, e forse è più in
imbarazzo lui che la tua fidanzatina!” a quelle parole Tai sbarra gli occhi e
incrocia quelli di Takeru “Tk!”. Adesso ad essere in imbarazzo sono i due
ragazzi “voi due vi conoscete?” chiede Hikari avvicinandosi al biondo con una
bottiglietta d’acqua in una mano e un’espressione schifata sul viso, fissando
il fratello “si, ci siamo conosciuti ieri. Ma tu che ci fai qui?” chiede dando
poca considerazione alla sorella “ehm, bhe, gli faccio lezioni private” prova a
rimettere tutti a proprio agio “si, va bene. Almeno evitiamo presentazioni.
Andiamo, dai!” lo incita afferrandolo per un braccio e tirandolo via “felice di
averti conosciuto” prova a congedarsi dalla ragazza ancora in forte imbarazzo,
ma è praticamente sicuro che lei non sia dello stesso parere. Finalmente viene
liberato dalla presa della ragazza e la può seguire in camera sua, dove si
accomoda ad una scrivania. Nel mentre che lei getta lo zaino in un angolo e
prende il necessario per lo studio, Tk ha il tempo di guardarsi in giro: il
letto è a due piazze, appoggiato contro la parete a nord, la finestra da sul
cortile che circonda la casa, priva di tende, l’armadio che ricopre tutta la
parete sud ingrandisce l’intera stanza, più di quanto già non lo sia, grazie
agli specchi sulle ante. Gli scaffali traboccano di oggetti vari, fra cui varie
foto leggermente impolverate, e sulla scrivania fogli vari, libri e cancelleria
sommergono la maggior parte del piano e il computer portatile, aperto e in
standby. La ragazza afferra qua e là i libri, li chiude e li appoggia sul
letto, procurandosi lo spazio minimo per poter aprire il libro di matematica.
“allora, da che cominciamo?” domanda afferrando una sedia e guardandolo fisso
in faccia “ehm, non lo so, qual è il vostro programma, quest’anno?”. In tutta
risposta gli porge il libro, aprendolo all’indice. Dopo una breve scorta degli
argomenti torna a guardarla “e immagino tu debba partire dall’inizio” “già”.
Bene, mettiamoci al lavoro, pensa. All’inizio Takeru sembra imbarazzato,
soprattutto quando è costretto a diminuire la distanza per mostrarle come
eseguire un esercizio, ma dopo un quarto d’ora sembra tranquillizzarsi, e la
lezione prosegue tranquilla.
Dopo quasi un ora un
lieve bussare li riscuote dai loro calcoli “Sora se ne sta andando, la
accompagno a casa” la ragazza di prima spunta da dietro il braccio di Tai e fa
un lieve cenno con la mano a Tk, che ricambia “va bene” lo liquida Hikari prima
di riprendere la calcolatrice. Prima di richiudersi la porta, Tai lancia uno
sguardo stupito a Takeru, come a dirgli però,
tu si che ci sai fare, ma il biondo si limita a un cenno della testa. “vuoi
riposarti cinque minuti?” prova ad interromperla, ma un grugnito appena udibile
gli suggerisce che è troppo concentrata per ascoltarlo davvero. La ragazza è
molto sveglia, e dopo che ha ascoltato la spiegazione teorica della regola
riesce a fare l’esercizio quasi subito. Ogni tanto alcuni passaggi più
complicati richiedono un ripasso delle regole, ma la capacità di Tk a
trasformare la definizione in parole più semplici ed efficaci risolve ogni
problema. Dopo un ora e quaranta Hikari chiude con uno scatto il libro, prima
di appoggiarsi allo schienale, sfinita “direi che per oggi basta così” lo
guarda intensamente, senza sbattere gli occhi “sei un bravo insegnate, te ne
devo dare atto” lo sorprende. Per togliersi dall’impaccio si china a
raccogliere il suo zaino, per poi metterselo in spalla. “ti chiedo scusa per
l’imbarazzo che ha provocato mio fratello e quell’altra oca” Takeru la guarda
severo, cercando di capire se lo sta dicendo per scherzo o è seria “non ti sta
simpatica?” chiede sorprendendo anche se stesso della domanda. Sbuffa prima di
emettere una breve risata secca “affatto. Ma almeno è meglio di quella
precedente” a quell’accenno gli balza in mente una cosa “oh, è vero, dovevo
chiedere a Tai se poteva ridare indietro a Jun la sua roba” una breve pausa fa
cadere la casa nel silenzio più assoluto “bhe, ma immagino che con la sua
ragazza davanti non potevo chiederglielo” borbotta più per se. “conosci Jun?”
domanda lei forse più annoiata che incuriosita “no, l’aveva chiesto a suo fratello,
e lui l’ha chiesto a me, visto che venivo qui” si affretta a rispondere, ma la
sua interlocutrice non sembra molto interessata. Apre la porta d’ingresso per
farlo uscire e si ferma lì, sul ciglio dell’entrata. Il biondo si volta per
salutarla “bhe, immagino che ci vedremo a scuola, no?” chiede con troppa
speranza che incrina la sua voce “si. Vengo io a comunicarti il prossimo
incontro” fissandolo intensamente accenna un sorriso “immagino che ti dovrei
qualcosa di più che una firma sul foglio dei crediti, visto il tuo impegno e la
velocità con cui sei riuscito a insegnarmi quegli esercizi”. L’incredulità si
impossessa di Takeru, che si affretta a sminuirsi “no, non ce n’è bisogno,
basta che tu riesca…” non riesce a finire la frase. Probabilmente Hikari decide
di dargli quel qualcosa che aveva
promesso, appoggiando le labbra sulle sue. La sorpresa blocca il ragazzo sul
posto, impedendogli di reagire,e magari
ricambiare quel bacio. Dura troppo poco per lui, ma quando Hikari si discosta
non è imbarazzata, tutto il contrario. Con un cenno della mano e un sorriso
furbo richiude la porta, lasciandolo coi suoi dubbi.
1 Non so se la frase vi risulti familiare: per chiunque
l’abbia visto, in Digimon- Il Film Davis scoppia a piangere dopo il racconto di
Willis e dei Digimon gemelli. Willis dice: “Il problema è mio, non disperarti
così, sorridi” e alla pronta ripresa di Davis commenta proprio “Bel recupero
veloce!”. Caso vuole che questa volta sia Tk a dirglielo!
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Capitolo 4 *** 4 ***
1
Takeru è steso sul letto,
le braccia sono incrociate dietro la testa e il corpo è abbandonato mollemente
sotto le coperte. Un rumore alla sua sinistra gli fa voltare la testa; sorride
vedendo Hikari distesa accanto a lui, una mano sotto al cuscino, gli occhi
chiusi e le labbra semiaperte. Un lieve movimento delle palpebre gli anticipa
il suo risveglio, e quando apre gli occhi li poggia subito sul ragazzo. Quel
marrone intenso è tutto per lui, e si crogiola nella sensazione di benessere
che gli da. La ragazza sorride e si puntella sui gomiti, cercando di coprirsi
il seno con le lenzuola, si allunga e bacia delicatamente Tk “buongiorno” lo
saluta con voce calda, ma prima che possa rispondere uno squillo insistente lo
distrae. Lo sguardo che rivolge alla moretta è incuriosito; non capisce da dove
provenga “è il tuo cellulare?” ma sul suo viso delicato non sparisce quel
sorriso stupendo “no, ma non mi importa, lascialo squillare” lo prega
appoggiandosi sul suo petto e accarezzandogli le tempie. Nonostante la sua
richiesta quel suono non cessa,e anzi,
sembra aumentare “non credi che dovremmo controllare che cosa è? Magari è
importante” ma la ragazza sembra fregarsene “più importante di noi? No, non
credo” così dicendo gli sale addosso, facendo passare una gamba dall’altra
parte. Una voce potente lo scuote, facendolo sobbalzare; gli è familiare, ma
non riesce ad afferrare chi sia “Takeru!” sua madre continua a chiamarlo, quasi
arrabbiata, ma voltando la testa non la vede. C’è qualcosa che non quadra, e la
sensazione aumenta quando, tornando a guardare Hikari, non la trova più. Apre
gli occhi improvvisamente quando la madre lo scrolla per una spalla, e solo
adesso capisce che era tutto un sogno. Solo quando si trova sotto a doccia
capisce da dove arriva lo squallore che si sente addosso: si è ridotto a fare
sogni semi-pornografici sulla ragazza che gli piace. I ricordi sembrano
sbiadire con il passare del tempo, così tenta di aggrapparsi alle poche cose
che è sicuro di ricordare, i capelli arruffati sul cuscino, il suo corpo
sinuoso sul suo, gli occhi,la sua voce dolce. Ma tutto questo sta scappando,
fugge veloce e non riesce ad afferrarlo. Quando cerca di ricordare i dettagli
del sogno, di lei, si rende conto che tutto è sfumato, indefinito, impreciso.
Anche la sensazione del suo tocco sulle tempie, così forte durante il sogno, è
scomparsa, come se non fosse accaduto nulla. Certo, infatti non è successo
niente; era tutto un sogno, e adesso che ci pensa si rende conto di quanto
fosse palese che tutta la situazione era alquanto… bizzarra? No, impossibile
sarebbe più appropriato! Il letto nel quale si trovavano era suo, ma allo
stesso tempo non lo era; infatti lui possiede un letto singolo, non un
matrimoniale. E la sua voce, così dolce mentre parlava con lui, non esiste
nella realtà; o per lo meno lui non l’ha mai sentita. Ma quel bacio che si sono
dati, anzi, che lei gli ha strappato a tradimento, quello che, ci può mettere
la mano sul fuoco, è accaduto per davvero… perché l’ha fatto? Non può essere
quel tipo di ragazza che bacia sulle labbra chiunque, come segno d’affetto. No,
l’ha fatto per un motivo, ma quale? Nessuno è a conoscenza di ciò che è
accaduto durante la lezione di lunedì a casa di Hikari, e Takeru è fortemente
interessato a mantenere il segreto tale; ma nei due giorni seguenti la ragazza
non si è vista, ne a scuola ne altrove. Adesso cosa deve fare quando la
rincontrerà?
A scuola Davis sta
bofonchiando qualcosa fra se e se. Non c’è nessuno con lui, e questo lo rende
ancora più strano “hai imparato a comunicare con le presenze invisibili, Dai?”
domanda il biondo “no, stavo maledicendo quella stronzetta” indica una ragazza
troppo lontana per essere riconosciuta “perché?” domanda poco curioso l’amico:
sa che se gli da corda potrebbe cominciare a parlare a vanvera, come oramai è
solito fare “ce l’hai presente quella tizia che mi aveva portato il messaggio
da parte di mia sorella?” cercando di fare mente locale, Tk riesce a
focalizzare la ragazza che aveva interrotto il sacro pasto di Daisuke, lunedì
in mensa “è appena passata con due sue amiche” continua senza aver neppure
ricevuto una risposta “mi stava indicando, e rideva!” inveisce come uno poco
sano di mente “mi piacerebbe sapere cosa aveva da ridere, quella lì! Che venga
qui a dirmi le cose in faccia, se ha il coraggio! Glielo tolgo io quel
sorrisino dalla faccia, a quella lì!” continua imperterrito, senza curarsi
delle ormai troppe persone che lo guardano e ridono in maniera non troppo
malcelata “Picchieresti una ragazza?” domanda Tk, sorprendendosi ad immaginarlo
come un bullo, che stringe la preda contro un muro, picchiando un pugno contro
il palmo dell’altra mano. La reazione del moro lo fa scoppiare a ridere: lo sta
guardando con degni occhioni innocenti da cucciolo e il labbro inferiore
leggermente in fuori “no! Non intendevo questo!”. Decidendo di non voler
continuare questo sciocco discorso, lascia perdere l’amico, ancora leggermente
sorpreso dalla domanda di Tk.
È quel pomeriggio
che, uscendo da scuola dopo gli allenamenti, incontra Tsubaki all’uscita
“sembravi aspettarmi” attira la sua attenzione Takeru “già, infatti” ribatte la
biondina tirandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Il silenzio cala
fra loro due, fino a che la ragazza non si fa avanti “non so se ti ricordi
quella festa a casa mia a cui ti avevo invitato” comincia “comunque i piani
sono cambiati: abbiamo deciso di trovarci all’ Odaiba cafè per decidere dove
andare” Tk continua a fissarla, e, si rende poi conto, di metterla così in
imbarazzo, come gli suggeriscono gli occhi che continuano a passare ad una
velocità fulminante dal viso del ragazzo, alle sue mani intrecciate, ai piedi;
tutto sempre evitando lo sguardo di ghiaccio del ragazzo “se vuoi unirti a noi
ci troviamo alle nove” conclude con le gote leggermente infuocate. “ok, vedrò
di esserci, così possiamo stare un po’ insieme” la tranquillizza. Solo dopo
essersi salutati Takeru si rende conto che probabilmente le sta prolungando le
pene: quello che le ha detto, che sarebbero stati un po’ insieme, avrebbe
potuto essere frainteso, e il fatto di illuderla è meschino. Speriamo che prima
o poi mi dimentichi per qualcun altro, se lo merita, pensa.
“Oggi pomeriggio a casa mia per fare
storia, d’accordo?” Nessuno si è accorto di lei prima che aprisse bocca, e
sembra non curarsi della sua irruenza. Hikari si trova di fronte a Takeru, in
mensa, mentre lui e i suoi amici aspettano per prendersi da mangiare. Il
ragazzo che sembra fare da guardia del corpo alla ragazza rimane a pochi passi
da lei, e fissa Takeru con uno sguardo troppo intenso. Dopo la secca frase
entrambi si voltano e se ne vanno, lasciando tutti un po’ allibiti.
“cominciavo a pensare
che avremmo fatto una sola lezione a settimana” la saluta Tk al cancello della
scuola. Hikari sembra stanca, ha lo sguardo spento e parecchio trucco che le
nasconde a stento due occhiaie parecchio marcate. Si passa una mano sugli
occhi, senza mai guardarlo “sono stata occupata; motivi familiari” sembra
volersi giustificare “Lunedì ho il compito, e tu devi farmi prendere un buon
voto, hai capito?” improvvisamente la furia che le invadeva lo sguardo torna ad
accendersi, fulminandolo e creando un improvviso brivido alla schiena “posso
provarci, ma con una sola lezione facciamo quanto possibile”. Per fortuna oggi
non c’è nessuno a casa, così almeno Tk può evitarsi sconvenienti figuracce. Si
mettono subito al lavoro, ma purtroppo il ritmo che avevano tenuto il lunedì
recedente è lontano anni luce: Hikari è lenta ad imparare le date, scorda i
nomi e i luoghi degli avvenimenti più importanti e continua a confondere le
varie guerriglie. Dopo quasi un ora e mezza e poca strada fatta Takeru si
decide a metterle per iscritto, sotto forma di schema, gli avvenimenti
principali. Compilato il foglio glielo porge e comincia a spiegarglielo con
calma, come se stesse parlando con un bambino, ma purtroppo anche questo non
funziona “senti, prendi una penna e aggiungi accanto a quello che ti ho scritto
io delle note che ti possano aiutare” le suggerisce. Questa operazione porta
via più tempo del previsto, e il biondo è costretto a seguirla passo a passo da
sopra una spalla. Nel silenzio più assoluto, mentre che la ragazza cerca di raccapezzarsi
da quel casino, Tk prova ad appoggiare la sua mano su quella di Hikari. O la
va, o la spacca, è la sola frase che continua a frullarli per la testa, ma per
sua sfortuna l’alunna è più perspicace del professore, e non appena una dito a
sfiora appena scansa la mano, portandola sotto al tavolo. Entrambi continuano
il loro lavoro, facendo come se nulla fosse successo, ma solo Takaishi riesce a
sentire il boato che gli invade la testa. “Ma perché questo idiota non se ne è
stato a casa sua dalla moglie, anziché avere manie di importanza e girare il
continente a dichiarare guerra a chicchessia?” sbotta alla fine la povera mora
distrutta. Per l’ennesima volta si sfrega gli occhi, si guarda la mano
macchiata di matita e mascara e impreca a mezza voce. Il trucco le ha invaso
metà del viso e i capelli sono un rovo di spine, ma anche così sembra
affascinante agli occhi di Takeru. “Fanculo la prof, quello che sono riuscita a
studiare oggi le deve bastare, altrimenti può andarsene amabilmente affanculo!”
Entrambi restano muti immersi nei propri problemi, quando a Takeru balza un
idea in mente “Che ne dici se domani sera esci con noi?” azzarda con il battito
del cuore improvvisamente accelerato. La sguardo confuso che gli rivolge la fa
raggelare “Chi sarebbe noi?” Nonostante
l’innocua domanda il ragazzo si costringe a respirare regolarmente “Tsubaki ha
invitato me e i miei amici fuori, ma non sappiamo ancora dove. Se vuoi unirti a
noi…” … sei la ben venuta, ma questo si vieta di dirlo; sia mai che si
mostrandosi troppo dipendente da lei ottenga l’effetto contrario. In tutta
risposta prende una penna dall’astuccio e strappa un foglietto, su cui comincia
a scrivere “non credi che la tua spasimante non mi voglia in mezzo ai piedi?”
chiede con la voce coperta dalla posizione cui è costretta “non è la mia
spasimante!” si affretta a risponderle, cercando di evitare tremiti nella voce.
Finalmente Hikari torna a guardarlo, allungandogli il foglio e alzando le
spalle con noncuranza “bhe, comunque sia sarà divertente vedere la sua faccia
quando mi vedrà” il sorriso maligno le fa risplendere il viso struccato.
Abbassando gli occhi nota che sul foglio che le sta porgendo c’è un numero di
cellulare, e, cercando di non farsi illusioni, trattiene il fiato “è il mio
numero, così mi dici dove ci possiamo trovare” lo informa, continuando a
sventolargli sotto il naso la carta.
Se rimane fedele alla
sua parola, per lo meno ho la certezza di rivederla domani sera, continua a
pensare sotto le coperte fresche Takeru. L’unico problema è Tsubaki, ma in
fondo non può incolpare me di avere invitato Hikari, sempre che qualcuno non le
spifferi tutto. Stranamente l’unica persona che può mettergli dei dubbi è
Hikari stessa, visto che sembra divertirsi un mondo a stuzzicare la povera
“ragazza innamorata”. Che voglia dimostrarle che se vuole può avere tutti i
ragazzi, compreso Takeru, ai suoi piedi? Ah bhe, di certo se la moretta
chiedesse qualsiasi cosa a lui, di certo lo avrebbe ai suoi piedi.
Kari è appoggiata al davanzale della
finestra, un gomito appoggiato sul cemento a reggerle la testa, l’altra mano a
trattenere la sigaretta fra l’indice e il medio, portandosela periodicamente
alla bocca. Lo sguardo ormai è offuscato dalla stanchezza, ma la stessa le
impedisce di dormire. Ormai assomiglio più a uno zombie che a un essere umano,
pensa. Questa settimana è stata deleteria, se non fosse che devo essere
promossa per non cambiare scuola1 starei a casa tutta la settimana
prossima. L’unico è sperare che Takeru riesca a farmi prendere voti decenti.
Sempre che papà non decida di mettermi i bastoni fra le ruote. La mente della
ragazza comincia a vagare, passando da ciò che potrebbe succedere la settimana
prossima al passato.
Quella sera era
rientrato più tardi del solito, ma nessuno ci aveva fatto caso. Hikari aveva
otto anni, Tai dodici. La mamma aveva chiamato tutti a tavola in maniera troppo
rigida,ma a quell’età non s fa caso a certi dettagli. A scuola era andato tutto
bene, e anzi, la medaglia di cartone che aveva vinto durante la gara di
tabelline l’aveva messa di buon umore. Dopo cena, mentre suo fratello asciugava
i piatti, lei continuava a saltare per la sala ridendo di quella risata
cristallina che hanno i bambini. Saltava e ripeteva alcune tabelline, cercando
di far sorridere i suoi. Mamma sembrava non voleva guardare, e papà aveva uno
sguardo strano, vacuo. Sembrava che qualcuno gli avesse attaccato con lo scotch
gli angoli esterni degli occhi verso il basso, la bocca rimaneva sempre in un
ghigno serio e le labbra semiaperte. Tutta questa atmosfera le stava davvero
rovinando l’umore, così si impose di fare qualcosa. Avvicinandosi al papà gli
gettò le braccia a collo “vuoi che ti dia un bacione che ti faccia di nuovo
contento?” gli chiede con voce squillante avvicinandosi al suo viso. Un odore
pungente la travolge, dolce e intenso, e in quel momento perde l’equilibrio,
proprio mentre il padre si volta con uno scossone verso di lei, allontanandola
da se “Piantala Hikari, mi hai rotto! Non voglio nulla da te, stammi lontano!”
gli urla con voce alta e arrabbiata, come quando ha fatto un malanno brutto
brutto. La spinta l’ha mandata per terra, e adesso le manine sono rosse per
l’impatto e le bruciano. Le lacrime arrivano veloci e la voce si rompe, mentre
si scusa “non volevo farti arrabbiare, eri così serio e io volevo solo darti un
bacino. Scusami papà!” le urla della piccola sono inudibili, sovrastate da
quelle della mamma “che cosa le hai fatto? Sei imbecille a fare del male alla
piccola?” domanda la donna dirigendosi velocemente verso la minore. Tai, anche se
è grande e forte, sembra spaventato quanto la sorellina. La mamma la alza
dolcemente mentre le urla del padre invadono la casa “che cosa vuoi donna, non
le ho fatto nulla! È scivolata e si è fatta male da sola” i tentativi di difesa
sono inutili, urlati in quella maniera. La mamma chiama il figlio e gli ordina
di portare la piccolina in camera sua e calmarla, date le lacrime, ormai non
più provocate dal dolore ma per quello che sta succedendo. Il padre si alza
incollerito, e mentre i due bimbi vanno in camera un colpo li fa girare
entrambi: la mamma si tiene una guancia e guarda papà; sembra parecchio
infuriata. Malgrado Suo fratello abbia chiuso la porta della camera sentono
comunque tutto quello che si dicono i genitori: “Mai nessuno mi aveva messo le
mani addosso, e tu non sarai di certo il primo: vattene di casa” “Io non vado
da nessuna parte, fai tu le valige, io non mi muovo!”. Le urla continuano per
tutta la sera, e Kari non smette di piangere, neppure quando in casa cade il
silenzio più assoluto. Si risveglia la mattina imbambolata, la pelle intorno
agli occhi che le tira tutta e pizzica. Apre piano piano la porta e trova la
mamma che cucina come al solito la colazione per lei e suo fratello; chissà,
forse si è tutto risolto! “ciao mamma!” la saluta allegra, ma lo sguardo che le
rivolge è serio; brutto segno! “Hikari, vai a svegliare tuo fratello, devo
parlarvi” la intima. Papà e mamma si separano, in buoni rapporti, dice lei, ma
solo col tempo impareranno tutti quanti quanto veramente buono sia, il loro
divorzio. Mamma se ne va a vivere da sola, perché il papà si è impuntato e ha
vinto la causa per tenere con se i bambini. Altre poche volte i figli hanno
visto il padre così sbronzo, ma per lo meno non ha più alzato un dito su nessuno,
anche se effettivamente quella volta non voleva veramente fare del male alla
piccola. Mamma si è risposata con un uomo più vecchio di lei, e spesso è
costretta a girare con gli occhiali da sole e coperta fino ai polsi; quindi non
è poi così vero che papà sarebbe stato l’ultimo a picchiarla. Il padre, al
contrario, evitò qualsiasi storia con altre donne, o almeno è quanto ne sa
Hikari, e davvero cerca di non interessarsi alla vita sentimentale dei suoi.
Sua madre le ha spesso chiesto di passare la notte da lei, ma lo sguardo di suo
marito le ha sempre fatto venire i brividi giù per la schiena; dunque ha
accuratamente evitato. Ora papà si è dovuto operare ad un ginocchio, e questo
inconveniente si è ripercosso anche sulla frequentazione scolastica, fra le
altre cose. Con un cricco getta il mozzicone dalla finestra e finalmente si
decide a coricarsi.
“Der Disco; sai dov’è,no?” annaspa
cercando di tenere il passo del gruppo di ragazzi che lo precede “Tk, io vivo
qui da più tempo di te!” lo zittisce Hikari all’altro capo del telefono
“Scusa!” la rimprovera del suo tono poco cordiale, ma invece delle sue sentite
scuse per il suo tono scortese, riceve un “Ci troviamo lì” lapidario e il
segnale che indica che la ragazza ha riattaccato. La maggior parte di quei
ragazzi conoscono Takeru solo di vista, ma fanno di tutto per integrarlo nel
gruppo, parlando, scherzando e ballando con lui. Le luci stroboscopiche puntate
negli occhi lascino accecati per un momento, ma la cecità rende ancora più
euforici “Meno male che sei venuto, avevo voglia di passare un po’ di tempo
insieme” lo richiama Tsubaki che gli balla davanti “è molto bello qui. Mi
piace!” le comunica. Un attimo di silenzio anticipano lo sguardo di traverso
della bionda “solo il posto?” la sua voce carezzevole fa venire un enorme
dubbio a Tk. Ma perché quegli stronzi di Davis e Ken non sono voluti venire?
“anche la compagnia. Sono simpatici i tuoi amici” butta lì sperando che la
ragazza non insista sulla stessa strada. come previsto è costretta a demordere,
e a sbiascicare un “già” poco euforico. Chissà, prima o poi si renderà conto
che non ha speranze con lui? Ti prego Tsubaki, accetta il fatto che per te non
sarò mai qualcosa più che un semplice amico, pensa con una nota di malinconia
il biondo. “andiamo a bere” lo invita, e con i bicchieri colmi di succo si
dirigono alle poltroncine di bordo pista “voglio venire a vederti giocare,
questa settimana” lo sorprende la ragazza, tanto che un po’ di liquido rischia
di finire nella trachea “oh, non credo che sarebbe il caso: potresti rimanere
delusa” prova a farla demordere, ma la risata che segue non promette bene “ma
se ho sentito dire in giro che sei un bravo giocatore! Sai, questa falsa
modestia potrebbe nuocerti” non trovando di che ribattere decide per il
silenzio. “No, aspetta…” torna in carica Tsubaki, guardandolo divertita “non è
forse che lo fai apposta?” chiede sorridendo in maniera forse un po’ eccessiva
“a fare cosa?” chiede confuso, ma la distanza fra loro due che continua a
diminuire lo distrae troppo “a diminuire le tue capacità”, ma malgrado gli
sforzi, Takaishi non riesce ad afferrare il concetto. In che senso, le chiede
prima di tremare alla vista della sua reazione: Tsubaki lo guarda dal basso,
gli occhi semi socchiusi e un sorriso a fior di labbra; ciò che potrebbe essere
definito tentativo di ammaliazione. “Stai per caso cercando di attirare le
attenzioni su di te? Sai, le ragazze hanno un debole per i ragazzi modesti;
come te” aggiunge dopo una breve pausa. Inghiottendo rumorosamente la saliva si
alza come se fosse stato punto da un ago “Devo buttare il bicchiere” dice
indicando con un gesto sbrigativo la plastica che ormai ha distrutto con le
dita per l’agitazione e si dirige verso i cestini. Lei gli è subito dietro, e
in grande silenzio tornano sulla pista. Il ragazzo prova a muoversi sciolto
come prima, ma la precedente esperienza con Tsubaki lo ha lasciato scosso.
Proprio mentre sta entrando un nuovo gruppo di ragazzi gli cade l’occhio sulla
nuova arrivata; allunga le braccia per darsi notare, e quando gli è più vicino
resta senza parole: Hikari lo sta raggiungendo a passo deciso, fasciata in un
abito che la rende a bellissima, sandali alti che le avvolgono la caviglia e i
capelli raccolti. “Che cosa ci fa lei qui?” sibila la bionda che, si accorge
solo adesso, gli è ancora accanto. L’aveva detto Hikari che Tsubaki si sarebbe
arrabbiata. Non c’è bisogno di parole, tanto che lo guarda sorpresa, finché il
suo sguardo diventa infuriato “l’hai chiamata tu?” il fatto di non ricevere una
risposta conferma l’accaduto, e borbottando un “devo andarmene al bagno” si
allontana a passo spedito nella direzione opposta a quella della mora. “L’ho
detto che si sarebbe infuriata” commenta Kari appena raggiunge il biondo, ma il
sorriso che ha sulle labbra si direbbe quasi che sfiori la gioia pura. Ridendo
fra se e se Takaishi intuisce la famosa gelosia fra donne di cui si parla
tanto. “sei arrivata, allora” ma lo sguardo gelido che gli rivolge gli fa
pensare dove abbia sbagliato “se sono qui! Non mi piace qua, è pieno di
marmocchi. Io esco, tu vieni?” e senza neppure attendere una risposta eccoli
che si dirigono verso l’uscita “ho voglia di qualcosa da bere di più forte che
una Fanta” lo aggiorna prima di girare l’angolo “pensavo che ai minorenni non
potessero vendere alcool da bere” chiede ingenuamente “certo, altrimenti ci
sarebbero troppe persone ubriache, non credi? Bisogna sempre fare ciò che la
legge impone!”. Ok, certe parole non lo avrebbero smosso minimamente, se dette da
qualcun altro, ma se è Kari a parlare allora c’è sicuramente qualcosa sotto!
Sempre camminando si volta per guardarlo in viso e gli rivolge quello che
potrebbe sembrare un sorriso sincero “vuoi unirti a noi?” chiede prendendolo
per mano e trascinandolo verso un gruppo di ragazzi e ragazze che stanno
proprio dietro l’angolo che hanno svoltato. Non appena notano la ragazza in
arrivo partono urla di giubilo e fischi di contentezza “e brava la nostra Kari
che ha portato un amico. Vuoi favorire?” domanda il tipo con una bottiglia di
Vodka e pera in mano. Evidentemente l’espressione di Takeru è molto buffa,
perché la ragazza che l’ha trascinato lì scoppia a ridere prima di afferrare la
bottiglia e portarsela alle labbra. Sempre guardandolo fisso negli occhi trangugia
due lunghe sorsate di liquido prima di porgerla a lui. con più lentezza del
dovuto avvicina il collo della bottiglia, quando gli balena nella testa che ci
ha appena bevuto Hikari; anche lei ha appoggiato le sue labbra lì: sarà come
baciarsi per la seconda volta! realizza. Il liquido freddo e dolce brucia
leggermente la gola, ma è buono (sa davvero di pera) e non è potente come
credeva. La prima sorsata è seguita dalla seconda, poi dalla terza, Finché due
mani delicate gliela portano via delicatamente. Hikari lo sta guardando
sorridente, mentre passa l’alcool alle altre persone che ridono mentre lo
fissano “ehi, vacci piano, non ci sei solo tu! Capisco che ti senti finalmente
libero, ma non esagerare!” lo canzona sospingendolo verso una cassetta di plastica
su cui si siedono, uno accanto all’altra.
“… e quindi io credo che è ingiusto,
chiaro?” alle parole del biondo seguirono vari echi e parole frammezzate. La
testa era leggera e girava leggermente ad ogni movimento, e le parole uscivano
dalla sua bocca non appena gli giungevano al cervello. Dopo vodka e pera era
stato aperto il rum, seguito da … e così cinque
bottiglie si erano ammucchiate ai loro piedi. I sette ragazzi sembravano tutti
allegri, ma Tk era quello messo peggio. “Forza belli, facciamo un po’ di Maria
Giovanna?” riesce a dire uno quando finalmente le voci tornano ad un volume
normale. Fra i consensi generali un “cos’è la Maria?” li fa voltare tutti
esterrefatti “è così che chiamiamo la Marijuana” lo aggiorna una ragazza sulla
ventina; così, mentre tutti parlottavano fra loro l’attenzione del ragazzo fu
rapita dal processo di rollare la canna: grattare il panetto, mettere la
polvere sulla cartina, aggiungere il tabacco e chiudere il tutto. Gli occhi del
tipo che sta facendo su la canna incrociano quelli del biondo “vuoi favorire?”
domanda, ma una risata dolce fa voltare entrambi “no, ha già bevuto abbastanza,
ci manca solo questo” lo blocca subito Hikari “è meglio se io e te andiamo a
bere acqua e facciamo due passi” così dicendo lo afferra sotto un braccio e lo
incita ad alzarsi “ma io non ho bevuto molto” si giustifica alzandosi, e a
dimostrazione rischia di cadere per terra non appena si alza sulle sue gambe
“no infatti, però è meglio così. Ci vediamo in giro ragazzi” saluta la ragazza,
seguita da baci lanciati nella sua direzione e vari “ciao bellezza”. Anche Tk
viene salutato calorosamente, ciò gli fa intuire di stare simpatico alla
combriccola. “perché in giro? Non vengono a scuola?” domanda non appena sono
fuori portata d’orecchio “no, sono tutti più grandi e frequentano l’università”
dice lasciandogli andare il braccio. I passi non sono troppo precisi, e ogni
tanto rischia di incrociare le gambe in maniera pericolosa. In silenzio segue
la ragazza verso una fontana, dove si ferma, incrociando le braccia “devo bere,
giusto?” chiede scioccamente prima di allungare le mani a coppa verso il getto
continuo. Un tot di sorsate dopo l’arsura che non si era accorto dominasse la
sua gola si placa, tanto che sta per allontanarsi, ma una forza esterna gli
spinge la testa sott’acqua. Afferra il bordo della fontana con entrambe le mani
e prova ad far forza per tirare la testa fuori; il tempo di tirare un respiro
profondo che torna sott’acqua. Pochi secondi dopo la forza sulla sua nuca cessa
e può alzarla tossendo acqua “ma ti sei bevuta il cervello oltre che l’alcool?”
domanda inorridito guardandola come fosse E.T. In tutta risposta Kari scoppia a
ridere di gusto “scommetto il mio vestito che ora stai meglio”, un secondo per
pensarci ed effettivamente si rende conto che le vertigini sono nettamente
diminuite2. Lei lo sta guardando con un sopracciglio alzato “è vero!
Sto meglio, grazie!” “dovere” si schernisce con un gesto della mano, poi d’un
tratto realizza: “Come sarebbe che ti giocavi il tuo vestito?” chiede perplesso
quando la ragazza fa una risata secca “si, se perdevo me lo sarei sfilato e te
lo avrei dato” continua sempre sorridendo sorniona. Takeru abbassa gli occhi
mentre, per un secondo, gli balena la scena in testa. Uno spintone lo obbliga a
tornare al presente, e Kari che lo fissa lo fa preoccupare “viaggia poco di
fantasia, e non saltare su con frasi tipo se lo avessi saputo prima” lo
ammonisce. Il buio nasconde il rossore diffuso sul viso del biondo. Lei si
siede su un muretto basso, seguita a ruota dal ragazzo “vuoi che ti
riaccompagni a casa?” domanda lui cavallerescamente “la notte è il mio
elemento, fra i due, chi rischia a girare adesso sei tu”. Nessun
ringraziamento, niente riferimenti a quanto sia stato gentile a offrirsi … la
solita freddezza che allontanerebbe, se non fosse che il ragazzo che si trova
di fronte è diverso da molti ragazzi. “non credi che adesso dovremmo cominciare
ad essere più constanti con gli incontri pomeridiani?” domanda senza preavviso
il biondo. Hikari si volta a guardarlo, le braccia rigide e le mani appoggiate
al muretto “pensavo che avessi degli allenamenti di calcio” “basket” la
corregge con un sopracciglio alzato “e comunque possiamo trovarci dopo le
attività dei club” ovvia, ma il silenzio che segue mette in dubbio la sua idea
“e tu quando studi?” domanda semplicemente, sorprendendolo: se si sta
preoccupando per lui è un buon segno, no? “io non faccio i compiti per te, ne
studio al tuo posto: posso venire a studiare a casa tua, così io non rimango
indietro e tu usufruisci del mio aiuto”. Il sorriso che le si apre sul volto è
solare, risplende alla luce dei lampioni “sai, a volte sembri quasi
intelligente!” lo stuzzica, ottenendo un muso lungo “ehi, ti ricordo che fra i
due sono io quello che insegna, non tu!” fa l’altro con tono risentito. Kari
scoppia a ridere dandogli una spallata contro il braccio “sto scherzando,
permaloso!” così da ottenere anche la sua risata. Il silenzio cala Finché
“Kari, posso farti una domanda?” e il suo sguardo attento lo fa continuare
“perché l’altra volta mi hai baciato?” decide di buttarsi, temendo comunque le
conseguenze. Il suo viso si fa serio e fissa i suoi piedi, prima di tornare a
guardarlo con espressione superiore “non l’ho fatto per altro motivo, se non
per il mio ego. Volevo solo farlo, senza altra motivazione” quelle parole
rimangono nell’aria finché non riprende a parlare, appoggiandogli una mano sul
braccio e facendolo sussultare “Io e te non siamo altro che amici” lo informa,
notando la delusione che affiora dai suoi occhi. Inspirando bruscamente, Tk
alza lo sguardo, leggermente fiero “d’accordo, l’importante era chiarirci”
prova ad arginare la situazione. Salta giù dal muro e per un pelo non finisce
sull’asfalto, giusto perché all’ultimo riesce ad aggrapparsi al muro. Hikari lo
segue agilmente “non avevi mai bevuto tanto alcool prima d’ora?” malgrado la
domanda è chiaro che già entrambi conoscono la risposta “era la prima volta, veramente”
confessa in totale imbarazzo. La ragazza alza le spalle “ok, ora puoi dire di
aver provato qualcosa di veramente emozionante!” nonostante suonasse come
un’offesa, Takaishi non se ne ebbe a male “domani mattina prova con le
frittelle3 e un analgesico” concluse prima di voltarsi e alzare la
mano in segno di saluto, dandogli le spalle. Il biondo rimase a fissarla finché
il buio non l’ebbe inghiottita. Cosa intendeva poi con le frittelle? Insomma,
lui stava bene, e la mamma è già a letto, quindi non deve neppure fingere o
inventarsi strane scuse. È il giorno dopo che capirà cosa intendeva!
1Se si viene bocciati o sospesi si è costretti a cambiare
scuola
2Chiedo scusa, per chiunque l’abbia
notato, per il plagio: la scena è praticamente la stessa del libro “Dark Eden”,
se non fosse che nel libro il pseudo affogamento avviene il giorno dopo la
sbornia
3Nuovamente perdono per il plagio,
questa volta però viene da “Una mamma per amica”, la volta in cui Lorelay
prende la sbronza quando va a casa di Christopher per consolarlo della morte
del papà(di Christopher). Vabbè, se sapete di cosa parlo capirete!
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