A little bit of love

di Mami93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


A little bit of love

Ad Odaiba tutti gli occhi sono puntati su quella casa. È una città grande, ma nel vicinato è la notizia più ghiotta: è molto tempo che non ci si trasferisce più nessuno. Tk si deterge il sudore dalla fronte con il braccio. “se la smettessero di fissarci e invece di dessero una mano…” sbotta non appena vede ricomparire sua madre dal portone. “parla piano che ti sentono” borbotta infilando la testa in macchina prendendo due borsoni. “meglio!” commenta in tono acido il ragazzo. Afferra l’ultimo scatolone e sbatte il portone dietro di se.

Sono le sei del pomeriggio e il sole comincia a calare dietro agli edifici e ai grattacieli. Un ragazzo biondo con gli occhi talmente chiari da parere quasi bianchi rimane immobile a scrutare l’edificio imponente che da domani sarà la sua scuola. Solo quando una folata di vento più forte delle altre gli scompiglia i capelli si volta, affonda le mani nelle tasche e rifà la stessa strada al contrario. Il primo giorno di scuola emoziona sempre un po’ tutti gli studenti, ma lui si sente estraneo lì: il luogo e i compagni saranno totalmente diversi da come è abituato. In campagna si conoscono tutti, e l’edificio è appena composto da un numero sufficiente di aule, l’ufficio del preside e la palestra. Il ragazzo è loquace, ma l’emozione gli gioca sempre brutti scherzi.

La porta si apre svegliando il ragazzo. “è ma possibile che a 18 anni tu ti debba ancora far svegliare da tua madre? Da domani ti metti la sveglia! E salta giù da quel letto!”. “Buongiorno anche a te” borbotta Tk tirando via le coperte con più foga del necessario. Come risveglio non è dei migliori. Lo sguardo truce che rivolge alla colazione fa sottintendere alla madre che ha lo stomaco chiuso. “devi mangiare, non ti fa bene stare a stomaco vuoto” riesce a dirgli prima che si chiuda in bagno. Trascinando le ciabatte si dirige verso la doccia. L’acqua lo rivitalizza un po’, ma non appena vede la divisa che dovrà indossare torna ad avvolgerlo il cattivo umore. Infila di mala voglia i pantaloni neri, la camicia bianca e la giacca, lasciando aperti i bottoni. Appena uscito di lì l’odore della colazione lo attanaglia, così decide di fare uno sforzo e ingoiare giù qualcosa. Lungo la strada rallenta o addirittura si ferma ad osservare questo e quell’edificio, negozio o albero che non aveva notato il giorno prima. Si rende conto da solo che è presto, ma l’idea di poter arrivare in ritardo il primo giorno di scuola lo sprona ad accelerare il passo. Inoltre, appena scorge la scuola, si rende conto che sarà dura orientarsi lì dentro. Sul cancello decide di prendere tempo abbottonandosi la giacca fino al collo 1 e osservando i pochi ragazzi che già occupavano il cortile. Appena entrato l’odore di ammoniaca lo prende alla gola e raggiunge velocemente quello che sembrerebbe un professore. Lui gli indica con malagrazia l’ufficio del preside e torna a scrutare i ragazzi all’esterno. La targhetta azzurra che recita “ufficio del preside. Si prega di bussare” gli fa aumentare i battiti; alza il pungo e bussa due volte. Dieci minuti dopo esce di lì con il suo orario e una piantina scribacchiata di proprio pugno. Le voci ora sono più forti, ciò vuol dire che è arrivata più scolaresca. L’orologio segna le 8:50, così decide di raggiungere la sua aula. Prima ora: Inglese. Arrivato alla porta che sulla cartina indica la sua aula scruta attento il cartello: 3°G. con al coda dell’occhio nota molti visi che lo guardano incuriositi, così decide di dare anche a loro, come i vicini del suo quartiere, qualcosa di cui poter parlare: entra con passo spedito e si dirige verso la cattedra, giusto per cancellare ogni dubbio che sia capitato lì per caso. Come si aspettava comincia a girare un mormorio da cui riesce solo a percepire le parole “nuovo” e “ragazzo”. Il professore lo invita ad accomodarsi dove vuole e Tk sceglie giustamente l’ultima fila. Il suono della campana sprona tutti a raggiungere i propri banchi. Dopo i soliti saluti mattutini il professore interrompe il chiacchiericcio che comincia a diffondersi per l’aula con un colpetto di tosse. “ragazzi, quest’anno avremo un nuovo compagno di classe. Se gentilmente vuoi alzarti e presentarti alla classe” domanda educatamente riferito al ragazzo che adesso tutti stanno fissando curiosi. Tk non si fa pregare e, occhi fissi sul muro davanti a lui, fa sentire per la prima volta la sua voce. “Mi chiamo Takaishi Takeru, ho 18 anni e vengo da Tashiro”. Il silenzio che segue le sue parole lo immobilizza, fino a che il professore non lo invita ad accomodarsi. La lezione prosegue tranquilla senza problemi. Takeru tira un sospiro di sollievo quando nota che il livello della classe non è molto più alto del suo, e anche il programma non gli crea problemi. Alle 9:00, non appena il professore ha salutato gli alunni ed è uscita dall’aula, un ragazzo raggiunge velocemente il suo banco. Tk alza la testa curioso e nota il sorriso allegro che ha questo tipo davanti a lui. i capelli indomabili castano-rossi gli ricadono sugli occhi e fremono ad ogni movimento della testa. Gli occhi sono svegli e allegri, specchio, evidentemente, del suo carattere. Senza neppure una parola allunga una mano. “Davis Motomiya. Mi fa piacere avere un nuovo compagno di scuola.” Tk non può fare a meno di sorridere alla sua vivacità, così si alza e gli stringe la mano. “A me invece fa piacere che finalmente ci sia qualcuno che non mi guarda come un malessere durante le vacanze”. Entrambi si ritrovano a ridere. “tranquillo, durerà solo qualche giorno. Allora, inizialmente ci proveranno tutte con te” comincia a parlare dirigendosi verso il corridoio. Tk lo segue e nota con piacere che gesticola parecchio mentre parla “e i ragazzi vorranno essere tutti tuoi amici. Tranne i fidanzati di quelle che ci proveranno con te, ovvio” il biondo non riesce a trattenere una risata. È stato fortunato: non gli poteva capitare ragazzo migliore subito il primo giorno di scuola. “successivamente verrai trattato come tutti qui: se sei bravo in qualcosa tutti ti adoreranno, se non riesci eccellere in niente ti considereranno uno sfigato!”. Bella prospettiva, si ritrova a pensare il nuovo arrivato. “e tu sei bravo in qualcosa o sei uno sfigato?” gli chiede tanto per continuare la conversazione. “Gioco a calcio. A mio parere bene, ma puoi immaginare che come giudizio non conta. Tu invece? Giochi a scacchi? Nuoti? Fai qualcosa?” Motomiya sembra un uragano in piena, ma Tk lo trova ugualmente simpatico. “nel mio paese giocavo nella squadra locale di basket” confessa. Lo sguardo sorpreso del compagno lo riempie d’orgoglio. Decidono di tornare in aula, dove arrivano appena in tempo: la professoressa di giapponese guarda il biondo con sguardo interrogativo. Tk si presenta anche a lei e cominciano la lezione. La zolfa è la stessa fino all’ora di pranzo, quando Davis invita Takeru a pranzare assieme a lui e ai suoi amici. Arrivati alla sala mensa molti occhi sono tutti per la new entry, ma vicino al “moro” Takeru si sente indifferente agli sguardi curiosi. Quando entrambi i vassoi sono pieni, anche se Tk può notare che Davis non ama di certo digiunare, raggiungono un tavolo di ragazzi chiassosi. Dopo le ennesime presentazioni il biondo viene invaso dalle domande che tutti vogliono porgli, così decide di immolarsi e togliere loro la curiosità. Davis fa coppia fissa con un ragazzo taciturno. Sembrano parecchio legati da una forte amicizia, e i due gli sembrano come Starsky e Hutch. L’altro ragazzo si chiama Ken Ichijoujie  e sembra introverso, almeno ad una prima occhiata. Invece quando l’atmosfera si è rilassata il biondo nota che è spiritoso e chiacchierone. Gli occhi scuri trasmettono un vuoto profondo dietro alla facciata di ragazzo divertente, e in seguito capisce che è molto riflessivo e acuto. Il carattere è simile a quello di un ragazzino che sembra capitato lì per caso: al massimo può frequentare il secondo anno di medie inferiori, e in mezzo a tutte queste persone delle medie superiori sembra quasi il piccolo della congrega. Malgrado la sua somiglianza con Ken, i due non si scambiano molte parole. Effettivamente Cody, così si chiama il ragazzo, è taciturno quasi con tutti. Tk riesce a strappargli qualche parola e un sorriso, ma ha come l’impressione che con lui contino più i fatti che le parole. Il resto della combriccola si disperde non appena finito il pranzo, ma Ken, Cody e Davis rimangono a parlare assieme a Tk. “quanti anni hai?” chiede improvviso a Cody. Lui abbassa la testa e mormora appena “13”. Quando finalmente si decide a guardare il suo interlocutore in faccia sembra molto imbarazzato “non avrei l’età per restare qui, lo so, ma è l’unico posto in cui mi senta davvero bene”. Si sente il dispiacere di essere stato sorpreso. “non volevo giudicarti, ero solo curioso”. Il ragazzino rivolge a Tk uno sguardo carico, riconoscente. La mezzora successiva trascorre tranquilla con i ragazzi che aggiornano il nuovo arrivato sulle varie persone che popolano il cortile, fino a quando la campana non indica loro l’inizio delle lezioni pomeridiane. Takeru si sente euforico all’idea di avere un ora di educazione fisica, ma viene subito smontato non appena gli viene comunicato che quell’ora del lunedì sarà sempre utilizzata per le lezioni teoriche. Purtroppo dovrà attendere l’indomani per mettere in moto il corpo. Le 15:00 vengono scandite da un doppio suono di campana, così i ragazzi si preparano alla pulizia quotidiana della scuola. Davis affianca Takeru durante la riunione che decide la spartizione delle incombenze domestiche durante tutto l’anno. Grazie al cielo, o forse a una brillante idea del moro, i due nuovi amici si trovano insieme per la pulizia dei corridoi. Rimboccandosi le maniche si mettono all’opera e Takeru ha il piacere di scoprire che la scuola è più grande di quanto non pensava. Ciò comporta logicamente un carico maggiore da parte dei due ragazzi. Fortunatamente il primo giorno di scuola nessuno frequenta i Club pomeridiani, ma ciò non toglie che dovranno comunque trattenersi per decidere quali dovranno frequentare e comunicarlo ai propri capi classe. Daisuke alza lo sguardo incuriosito quando sente un sospiro provenire dalla sua sinistra: “che succede?” chiede al biondo. “non credevo che ci fossero così tante possibilità di scelta. Non so cosa fare” si lagna costernato. “potresti venire ai corsi di calcio assieme a me. c’è anche Ken. Ci divertiremmo molto”. I suoi sogni ad occhi aperti si sfumano non appena sente una risata giungergli alle orecchie. “vorresti vedermi sempre a terra? Non se ne parla proprio! No, non è che non mi piace nulla, il problema è scegliere quale fare fra quelli che mi piacciono”. Davis cerca di trattenersi, ma non riesce a nascondere lo sgomento che gli si disegna sulla faccia “e tu vorresti seguire più di un club? Ma da che mondo vieni? Io è già tanto che faccio calcio. Anzi” comincia a straparlare “credo che se non fosse per il football non seguirei nessun corso!”. Takaishi è costretto ad alzare gli occhi dal foglio che sta contemplando, stupito “si può? Credevo fosse obbligatorio seguirne almeno uno” ma le parole di Daisuke gli confermano i suoi sospetti: “infatti non si può, per questo sarei nel panico. Comunque io non ho problemi: ho già compilato il mio foglio. Tu invece?” e riecco il problema di prima. Il basket è fra i primi posti nella classifica, ma anche la scrittura lo attira. Certo però anche un bel corso di cerimonia sul the non lo disprezzerebbe: deve essere semplice e di certo non dispendioso da un punto di vista sia fisico che mentale. “e qual è il problema? Seguili tutti, no?” “il problema sono gli orari: sia basket che il corso di scrittura avanzato sono alle 16:00, e almeno che tu non abbia qualcosa che possa farmi sdoppiare non posso seguirli entrambi”. Daisuke è certo che tutti questi problemi sono futili, ma d'altronde lui non ha mai aspirato a seguire le lezioni e i club più del minimo indispensabile. “dove credi di andare non appena finito qui?” chiede il biondo. “non lo so, credo che con il mio curriculum in pochi farebbero a botte per avermi fra i loro ranghi. Fino ad adesso ho solo giocato a calcio, e forse è l’unica cosa che mi importa davvero. Chiunque penserebbe che non vado bene in un ufficio a compilare fogli” confessa fiero. “lo sai vero che questo è l’ultimo anno. Dopo devi deciderti” lo sguardo di Davis è maligno “certo che lo so, infatti ho ancora una anno per decidere. E tu invece?”. Tk cade dalle nuvole “non lo so ancora, devo pensarci” i due ragazzi cominciano a bisticciare affermando che sarebbe stato prima l’uno o l’altro a scegliere quale strada seguire in futuro. “comunque puoi sceglierne due mettendo al preferenza. In questi giorni i Senpai2 dei vari club decidono quali nuovi ragazzi accogliere. Se vieni scartato in uno potresti entrare nel secondo” conclude saggiamente Motomiya. “e questo logicamente non me lo potevi dire prima, così evitavo di lambiccarmi il cervello per cercare una soluzione!”. Certamente questi due ragazzi si sono trovati: nessuno scommette sulla durata del loro “rapporto”, ma ognuno di loro è sicuro del contrario. Il giorno seguente Ken si rivela un gran parlatore in presenza di gente che conosce, e Cody è spesso presente assieme a loro. Quando la madre chiede a Tk come si trova, lui non può fare a meno di essere sincero: bene. Subito le ragazze si dimostrano carine nei suoi confronti, ma questo sembra infastidire Davis: “sono solo una perdita di tempo. Ci girano intorno sperando in chissà cosa, e quando parli loro di calcio se ne vanno indignate e scontente. Sono una perdita di tempo!” conclude dall’alto delle sue esperienze. “Ci girano intorno? A me sembra che non ti guardino neppure!” ironizza Takeru provocando l’ilarità dei presenti e un muso lungo del sottoposto. Una in particolare attira Tk: si chiama Tsubaki ed è davvero carina: occhi chiari, tra il castano e il verde, e capelli lunghi fino alle spalle biondi miele. Ha un fisico esile ma muscoloso, e, con suo grande stupore, ha un sorriso dolce, che spesso dedica al biondo. Si presenta subito amichevole e gioviale, e non sembra disprezzare la compagnia degli amici di Takaishi. Durante la pausa pranzo scopre che ha quanto loro (Davis, Ken e Tk) ma frequenta la sezione C. “potresti sempre provarci” propone sempre a quel tavolino Ken. Davis prorompe in una risata sguainata che fa voltare molti tavoli circostanti. Takeru non può che scoccargli un occhiata indignata “Take? Ma non vedi che vive nel suo mondo? Si e no che sa dove sta seduto di banco!”. “credo che sia un ragazzo molto intelligente, e comunque la tua è probabilmente solo gelosia” lo difende Cody. Tk lo ringrazia accorato, prima di assumere un tono superiore “si da il caso che ho già avuto un certo numero di ragazze, io? E tu invece, che mi dici. Quanti cuori hai infranto?” domanda sicuro. La risposta non tarda ad arrivare, ma da un'altra bocca “le ragazze che lo hanno corteggiato in precedenza lo hanno lasciato perdere non appena lo cominciavano a conoscere meglio. soprattutto le più piccole: devo dire che risulta più interessante alle ragazzine che hanno per lo meno due o tre anni meno di lui”. è Ken a parlare per l’interrogato, il quale non sembra molto contento e mette il muso fulminando tutti i suoi amici che gli si sono appena rivoltati contro. Le risate del tavolo lo rendono ancora più suscettibile: “non posso credere che mi tradisci in questo modo Ken, ti credevo un amico” prova a farlo sentire in colpa. No, nessuno vuole farlo arrabbiare, prova a tranquillizzare la situazione Tk, solo la prossima volta occhio a quel che dici. Più tardi si viene a sapere che il Club di football ha già deciso chi prendere quest’anno in squadra, anche se Davis e Ken erano già praticamente sicuri, ma gli altri dovranno aspettare. Così con la scusa del pomeriggio libero Takaishi ne approfitta per guardare i suoi nuovi amici dagli spalti del campo all’aperto. Ken è veloce nei passaggi e spesso sorprende gli avversari con mosse veloci e a volte inventate di sana pianta da lui stesso, mentre Davis gioca bene di caviglia. I suoi piedi spariscono sulla superficie verde del campo e il pallone sembra muoversi da solo. Insieme formano una bella squadra, confessa lo spettatore non appena gli amici escono dagli spogliatoi, ma dovranno prepararsi a rimanere di stucco anche alle sue prestazioni non appena lo faranno giocare; se lo faranno giocare, fa notare con malignità Davis. Per tranquillizzare i due Ken fa presente che la prima settimana comunque potrà solo assistere agli allenamenti fino a quando non avrà assimilato lo schema di gioco della squadra, e dovrà sorbirsi alcune lezioni teoriche per dimostrare di aver afferrato il concetto. È il terzo giorno che la vede. Sono tutti quanti riuniti davanti al cancello ad aspettare il suono della prima campanella, quella che indica l’inizio delle lezioni. Takeru lo sa, ne è sicuro; se fosse mai venuta a scuola l’avrebbe notata, non avrebbe potuto fare altro. Appoggiata alla ringhiera e circondata da almeno tre ragazzi, ha l’aria di una sicura di se, media statura, con un viso elegante, capelli corti e castani, un fisico asciutto ed elegante. Da quella distanza non nota il colore degli occhi, ma è certo che sia meraviglioso. Tutto in lei sprigiona un fascino che lo cattura, facendogli ignorare ciò di cui stavano parlando lui e i suoi amici. Tutto sembra poco interessante ora. Fino a quando una mano non gli viene sventolata davanti agli occhi. “Tk, sei ancora fra noi?” il tono squillante di Davis lo fa riscuotere, posando così gli occhi sui suoi amici. Hanno l’aria divertita. Adesso le loro voci paiono alle sue orecchie stonate, eccessive, poco interessanti. “mi sembra che in questo momento Takeru voglia solo essere lasciato in pace. Siamo solo un intralcio per lui!” commenta dall’alto della sua saggezza Ken. Tutti seguono incuriositi il suo sguardo, fino a capire che cosa aveva trasportato il biondo fuori dal mondo. Motomiya ride sommessamente e Cody abbassa la testa, dispiaciuto. “Chiaro. Adesso ho capito: Hikari” confessa pragmatico Ichijoujie “Take, toglitela subito dalla testa, chiaro?” si impunta il piccolo della congrega. E tu che ne sai, che non sei neppure di questa scuola, pensa acidamente il ragazzo, ma non può permettersi di dirlo, così chiede spiegazioni. “Guardala a modo e poi capirai”. Sono le prime parole serie di Davis, così Tk fa come gli è stato appena detto. È una trasgressiva, commenta a bassa voce capendo a  cosa si riferiscono i suoi nuovi amici. Guardandosi in giro nota che effettivamente la sua gonna è poco sopra il ginocchio, a differenza delle altre che la portano dieci dita sopra, il fiocco che spunta da sotto il colletto è slegato e lasciato cadente lungo la camicia, infine i calzetti bianchi calati alla caviglia. I ragazzi che la circondano non sono da meno, di fatti non portano ne le cravatte, ne le giacche abbottonate e le camicie sono inequivocabilmente fuori dai pantaloni3. Il suo sguardo non può essere frainteso. “ora hai capito?” chiede comprensivo il moro. “ma chi è?” continua imperterrito il ragazzo. Adesso, guardandosi in giro ogni ragazza sembra sfigurare al suo confronto. Si chiama Hikari Yagami, gli viene spiegato, ed è la figlia minore di un boss della Yakuza4. A questa informazione il biondo guarda preoccupato gli amici, sicuro che stessero solo scherzando. Nessuno può ignorare quel nome, ma sentirlo nominare come una cosa vera fa tutto un altro effetto. Purtroppo l’informazione viene confermata da tutti, e questo lo fa deglutire nervoso. “sembra che non vivano più insieme lei e suo padre, ma la sua non è comunque una bella situazione familiare” conclude Ken, come se questo possa dissuadere Tk dall’interessarsi a lei. La campana li riporta tutti al presente e ognuno si dirige verso al propria classe. Daisuke non distoglie un solo secondo gli occhi dall’amico, e questo lo fa innervosire parecchio. Quando si decide a guardarlo con l’espressione più dura che riesce a fare non se lo trova più a fianco. Solo allora si accorge di un ostacolo improvviso di fronte alla sua strada, e bloccandosi immediatamente per non urtarlo si trova con il sedere a terra. Alzando la testa con un espressione dolorante nota che quell’ostacolo è proprio Daisuke. “ma non potevi stare più attento. Mi hai fatto male” lo rimprovera prima di afferrare la sua mano per tirarsi di nuovo su. “bisogna che ci stai alla larga, lo dico per te”. Senza neppure citare il soggetto, entrambi sanno di chi stanno parlando. Una furia cieca si impossessa di Takeru, ma tenta comunque di controllarla. Ciò lo porta comunque a non proferire parola, tanto per essere sicuro di non saltargli al collo. Almeno quando si siederà al suo banco Dai sarà costretto a lasciarlo in pace, ma purtroppo per lui non va proprio secondo i suoi piani: “anche io ci ho provato con lei, sai?” confessa forse un po’ imbarazzato. “e non è andata così bene”. Respirando a fondo come gli ha insegnato sua madre cerca di calmarsi, ma il tono di voce che gli esce non è comunque dei migliori. “a quanto hanno detto gli altri non è andata bene con molte ragazze. O forse dovrei dire bambine?”. Lo sguardo che gli rivolge Motomiya non è dei più fraterni. Tk si pente subito delle sue parole, ma non riesce a scusarsi. “non è come le altre. Sono pochi i ragazzi che riescono ad avvicinarsi a lei, e anche loro non sono raccomandabili”. L’altro ragazzo non può fare a meno di capire che secondo Davis anche questa Hikari non è raccomandabile, ma anzi che esserne dispiaciuto ne è affascinato. Il professore entra in classe e Dai è costretto a tornare al suo banco, ma non prima di aver lanciato all’amico uno sguardo carico di sottointesi. Le ore sono lente, e ne Tk ne Davis le seguono troppo attivamente: il primo perché non riesce a fare a meno di pensare alla ragazza che ha visto la mattina, e il secondo per ciò che sta distraendo il primo. Durante le pause fra le varie ore di lezione ognuno resta al proprio posto, fino a quando il pranzo non li strappa ai loro ragionamenti. “mi hanno preso nel club di basket” lo aggiorna Takaishi quando si dirigono verso la mensa. L’incontro della mattina glielo aveva fatto passare di mente, ma almeno quell’ora la passano a commentare i vari sport che l’istituto presenterà agli Inter-hi5. Ormai il loro scontro sembra seppellito, ma durante le pulizie quotidiane l’interessato decide di indagare maggiormente. “perché dicevi che è poco raccomandabile?”. Inizialmente Davis non può fere altro che alzare la testa interdetto, ma appena scorge lo sguardo vivo del biondo afferra al volo. Con un sospiro cerca di radunare le ultime forze rimaste. “come hai già visto non è una ragazza che segue troppo le regole, e questo la porta ad avere alcuni guai. Logicamente la potenza del padre le permette molte più libertà rispetto a molte altre persone, ma ciò non toglie che è spesso in punizione. Frequenta ragazzi più grandi di lei e che portano cognomi spesso accomunabili agli stessi ranghi del signor Yagami” “quanti anni ha” chiede interrompendolo Tk. Curioso come tutto questo interesse per la giovane non gli abbia fatto pensare alla sua età. “16. Comunque,” riprende “lo sanno tutti cosa combina con i ragazzi quando sparisce nei corridoi” conclude cercando di dissuaderlo dal togliersela dalla testa. Come sperato le parole fanno breccia, e Tk cerca in ogni modo di pensare negativamente a questa novità, ma l’unica immagine che ha avuto di lei continua a tornargli in mente con insistenza, quasi logorroica. La sera la madre lo guarda con occhio critico: “hai avuto problemi a scuola?” lo sguardo dubbioso del figlio le fa capire la situazione. “sei silenzioso e con la testa altrove, inoltre non hai ancora nominato i tuoi nuovi amici. Hai litigato con loro?” azzarda, ma Tk la rassicura: a scuola va tutto bene, e gli amici gli sono sempre vicini. Chissà, forse è la stanchezza, così utilizza la scusa per ritirarsi in camera sua. Le lenzuola sono fastidiose sulla pelle e le gambe sembrano non volergli dare tregua. Il troppo movimento lo surriscalda, così decide di alzarsi. Fuori è impossibile guardare le stelle per le troppe luci, e il rumore delle vetture non concilia il sonno. Le insegne luminose si riflettono sui vetri e l’aria di aprile gli solletica le braccia. Chissà cosa stanno facendo a quest’ora i suoi nonni in campagna; e i suoi ex compagni? L’ultimo anno delle medie superiori è stato costretto a doverlo frequentare in città, a causa del nuovo lavoro della madre, ma l’università si è imposto di deciderla in base alle sue esigenze, non a quelle familiari. Quale università, poi? La scuola non è mai stata un problema per lui, e i voti sono sempre stati ottimi, ma da lì a decidere che università seguire ne passa di acqua sotto i ponti. La proposta che poi gli è stata fatta dai suoi nonni continua a ronzargli in testa, anche se sul momento l’aveva ritenuta ridicola. “sai, se mai vorrai, finite le superiori, puoi venire ad aiutarci in campagna. Due braccia forti ci farebbero comodo, e tu cominceresti subito entrando nel mondo del lavoro. Certo” aggiunse suo nonno dopo una breve pausa “questo non vuol dire che ti devi sentire obbligato, mi rendo conto dell’opportunità che ti da tua madre pagandoti l’università, però sai anche quanto potrebbe venire a costarle, e ora non si trova in una posizione economica favorevole. Ma ne hai di tempo per pensarci, quindi…” concluse l’anziano con una pacca sulla spalla del nipote. Lavorare in campagna, senza un orario fisso ne una paga decente, però rimarrebbe vicino ai suoi amici e potrebbe coltivare le amicizie che è stato costretto ad interrompere venendo in città; però adesso che quella ragazza sembra aver sgomitato per entrare nella sua vita ogni decisione sembra sospesa. Solo alle tre di notte riesce a prendere sonno, e questo si ripercuote sul suo risveglio mattutino. “hai una faccia che fa paura Tk. Ma hai dormito?” gli chiede quasi ironico Cody appena arriva. “avrà passato tutta la notte a pensare a Hikari!” scherza Ken. Buffo come quello che lui crede una spassosa battuta sia la pura verità. Lo sguardo che gli rivolge Dai è carico di comprensione, ma anche di rimproveri. Hikari non si fa vedere in cortile, ma i ragazzi che il giorno prima erano con lei (inconfondibili dal loro modo di trasgredire) sfilano insieme senza soffermarsi, ma entrando subito a scuola, malgrado l’ora prestiva. Takaishi non può fare a meno di ripensare alla frase del giorno prima: lo sanno tutti cosa combina con i ragazzi quando sparisce nei corridoi. Da quando l’ha vista non ha fatto altro che rendergli le giornate peggiori, ma non riesce comunque ad incolparla, men che meno ad odiarla. Cercando si darsi un contegno partecipa attivamente sia alle lezioni che alle chiacchierate con i suoi amici. Addirittura cerca di intrattenere una conversazione con Tsubaki. Proprio quel giorno infatti viene a conoscenza dei crediti da studio. La ragazza infatti lo sorprende con una domanda: “ti va di farmi da insegnante? So che hai dei buoni voti e potresti aiutarmi in alcune materie.” La faccia di Takeru è davvero sbalordita. Perché mai dovrei fare da insegnante? Non sono così bravo, si giustifica. La risata cristallina della ragazza gli apre il cuore. “è un modo come un altro per aumentare i crediti scolastici. Un alunno bravo ne aiuta un altro meno bravo, imparano più cose insieme e si acquistano punti. Ti conviene sai?” Alla spiegazione così elementare Takeru si vergogna della magra figura che ha appena fatto. Certo, è giustificato perché questi metodi non c’erano nella sua scuola, ma ci sarebbe comunque potuto arrivare con un po’ di logica. Peccato solo che non se la senta di prendersi un incarico di tale portata. “mi piacerebbe, ma non sono sicuro di essere adatto. Potresti però sempre chiederlo a Ken, lui ne sarebbe contento”. Solo per un attimo nota la delusione negli occhi della biondina, ma la scintilla passa veloce come è arrivata. “ho capito, hai solo bisogno di pensarci. Ti lascio qualche giorno, così decidi”. Molto professionalmente la ragazza è riuscita a toglierlo dall’impiccio dandogli una scadenza futura. Purtroppo anche a mensa Tk ha il dispiacere di notare che la ragazza del suo interesse non c’è, malgrado si sia guardato in giro ben tre volte. I suoi amici lo notano e gli fanno presente che non pranza quasi mai in mensa. Finito il pasto Ken porta Cody di strafogo nella sua classe per mostrargli un libro di testo a cui il minore era interessato, così Davis ne approfitta accostandosi all’amico. “non riesci proprio a togliertela dalla testa, eh?” lo sguardo che gli viene rivolto chiarisce ogni dubbio. “non l’ho mai vista, e non gli ho comunque mai parlato, ma è come se mi avesse stregato” confessa in lieve imbarazzo per la sincerità delle sue stesse parole. “molti ragazzi hanno fatto la tua stessa fine, e io te lo dico per non vederti ridotto come loro Tk, non ci tengo. Capisci?” “come si sono ridotti?” chiede sotto voce allarmato mentre un’immagine di un ragazzo indistinto è inginocchiato ai piedi di Hikari (immagine chiara e precisa come nessun’altra) con le lacrime agli occhi e le mani congiunte a chiedere la grazia di un bacio sulla guancia. “gli altri ragazzi che le girano sempre intorno non vedono di buon occhio gli intrusi, e non perdono tempo per umiliarli”. Il biondo capisce che Motomiya gli sta omettendo qualcosa di molto brutto o molto imbarazzante, e gliene è davvero grato. Più giù che mai si avvia alla sua classe con il moro al fianco e riprende le consuete lezioni. Solo durante la pulizia della scuola si rincuora un po’ ricordandosi che quel pomeriggio avrebbe avuto un ora di basket. Malgrado il precedente avviso che avrebbe solo assistito agli allenamenti, il pensiero di tornare almeno in parte ad un abitudine che già aveva nella vecchia scuola gli fa pesare meno le pulizie. Entrato in palestra già sente gli stridii delle scarpe sul parquet lo fanno sentire un po’ a casa. Un pallone da basket abbandonato appena all’entrata del portone lo fa quasi inciampare, così lo raccoglie portandoselo appresso. Appena entrato si incanta a guardare i giocatori correre da una parte all’altra del campo, e gli urli impartiti dal capitano lo rendono euforico. Con gli occhi ancora puntati sulle magliette numerate si siede in terza fila, il pallone lasciato fra i suoi piedi. Poi un rumore lo riscuote dal sogno che sta vivendo: la porta si apre e proprio quando ormai si era rassegnato a crederla assente ecco Hikari che sale sugli spalti. Il ragazzo cerca di darsi un contegno, anche perché sembra si stia dirigendo proprio nella sua direzione, ma non riesce comunque a toglierle gli occhi di dosso. È proprio come se la ricordava, si muove tranquilla ed elegante nel suo passo silenzioso (o forse reso silenzioso dal rumore dei giocatori), la pelle diafana e gli occhi, ora li vede, davvero belli come credeva. Castani, ma non un comune castano, il suo è più… intenso. Forse è solo la sensazione che gli incute, ma a Tk non importa nulla, in fondo. La ragazza si siede proprio accanto a lui senza degnarlo ne di uno sguardo ne di una parola. Adesso nota altri segni che la distinguono: gli orecchini, vietati da regolamento, e il trucco leggero che le rende gli occhi ancora più speciali, anch’esso vietato. Improvvisamente la partita perde di ogni significato,e , prendendo più fiato del dovuto, si fa coraggio. “ciao” saluta sicuro, emozione che svanisce non appena lei gli rivolge uno sguardo quasi scocciato. Sembra sorpresa di trovarlo lì, come se avesse agito d’istinto e solo per puro caso si era seduta accanto all’unica persona presente sugli spalti. “io mi chiamo Takeru” continua meno sicuro del suo gesto. La risata secca e il sorriso ironico che gli rivolge gli fanno maledire mentalmente il giorno in cui è nato. “lo so, qui tutti parlano di te”. Ha una voce delicata, femminile e sicura. Malgrado la sua sicurezza, non ha bisogno di utilizzare un tono alto per farsi capire, bastano i gesti. Tutto di lei indica la persona che Davis gli ha indicato: strafottente e superiore, ma logicamente tutto questo al ragazzo non interessa. Chissà cosa deve fare Hikari per fargli cambiare idea. L’unico commento che gli esce alle sue parole è un “Ah” appena udibile, prima di tornare con poco entusiasmo alla partita. “il fatto che tu non mi chieda il nome vuol dire che già sai chi sono”. L’affermazione che gli rivolge lo fa voltare di scatto, sorpreso che gli rivolga la parola, ma non appena afferra il significato delle parole tutto si ferma. Come ha potuto fare un tale errore? La ragazza è sveglia, si trova a pensare. “ehm, ecco, io…” prova a giustificarsi, ma Hikari gli sorride quasi dolce, anche se nella sua espressione c’è una punta di arroganza “ti sei informato sul mio conto, certo. E cosa ti hanno raccontato di bello, oltre al fatto che sono la figlia di un boss della Yakuza?” Adesso il biondo è davvero a bocca aperta: un conto è sentirselo raccontare come fossero chiacchiere, ma è tutt’altro paio di maniche sentirlo confermare dall’interessata. Inoltre credeva che il fatto di essere nei ranghi della mafia non sia una cosa da raccontare con tanta leggerezza ai quattro venti. Molto probabilmente è abituata a tutti gli altri ragazzi che gli hanno fatto la corte, ma Tk non sa comunque come rispondere. “no, io non volevo, scusa”. Non appena le parole gli escono di bocca si maledice subito: di cosa si sta scusando se ancora non è riuscito a fare una frase decente? La ragazza torna a guardare i giocatori. “non ti scusare, so cosa si dice di me, non c’è bisogno che me lo racconti” entrambi sanno che con queste parole l’argomento è chiuso. Pure Takeru prova a concentrasi sulla squadra, cosa per la quale sarebbe venuto apposta, dovendo studiare il loro gioco, ma in realtà continua a chiedersi come rimediare alle gaffe. “anche tu giochi a basket?” chiede avendo l’illuminazione. La sua risata ironica gli suggerisce la risposta. “no, sono qui solo per saltare l’ora di studio con l’alunno che mi è stato assegnato. Tu invece si, non è vero?” malgrado il tono interrogativo Takaishi sa che non ci sarebbe neppure bisogno di rispondere: è davvero sveglia. Ciò non toglie che se si limitasse a guardare la partita non potrebbe più scambiare parola con lei. “come hai fatto a capirlo?” Il lieve cenno che rivolge con la mano al pallone da basket ai suoi piedi gli suggerisce che forse più che essere intelligente lei è poco sveglio lui. “ah, già, peccato però che devo aspettare prima di poter entrare in campo” la frase non lascia sulla ragazza segno che le possa interessare l’argomento, ma risponde comunque “e allora perché lo fai?”. Perché è la mia passione, le risponde, ma non sembra comunque provocarle alcuna reazione. È allora che Hikari si alza “bene, ormai dovrebbe essersi stancato di aspettarmi, il professore” commenta utilizzando il tono più acido possibile sull’ultima parola “quindi posso andarmene” Takeru cerca mentalmente qualsiasi modo per trattenerla, ma non gliene viene in mente nessuno. “allora ci vediamo in giro” lo sorprende con un cenno della mano. Il ragazzo la saluta con un lievissimo ciao e un cenno della testa. Continua a fissarla fino a quando non è davanti alla porta di uscita. La ragazza si ferma senza apparente motivo e si volta a guardarlo, con un sorriso strano, prima di aprirla ed uscire a passo deciso. Ma bravo Tk, sei riuscito a farti beccare mentre la fissavi. Peggio di così non poteva andare. la fine della partita viene decretata da un urlo del capitano: “Takaishi, raggiungici in campo”. Adesso l’interpellato è davvero terrorizzato: della partita ha seguito poco o niente, e se adesso gli farà delle domande rischia di essere cacciato prima ancora di aver cominciato. Per sua fortuna gli vengono solo poste delle domande basilari e riesce a cavarsela con spiegazioni abbastanza precise, frutto anche degli anni di allenamenti. La sera al telefono con Dai non può fare a meno di ridere assieme a lui della figura che è riuscito a fare in palestra. Malgrado tutto, anche se ha avuto un primo incontro pressoché catastrofico con la ragazza che sogna, non può evitare di pensare che almeno ci ha parlato, seppur facendo la figura del pesce lesso.

1Nelle scuole Giapponesi è obbligatorio seguire le regole che impongono come vestirsi, e avere la giacca sbottonata è sinonimo di punizione.

2Sempai è il titolo degli alunni più grandi, che fanno da “professori” ai kohai, che sono i ragazzi più giovani.

3Tutti questi, sia per ragazzi che per ragazzi, sono segni di trasgressione da parte dei ragazzi, che vogliono mostrarsi diversi dagli altri, con il rischio di severe punizioni

4La mafia giapponese. È radicata in tutto il Sol levante e gestisce molti rami, fra cui il gioco d’azzardo e il traffico di droga.

5Sono i campionati studenteschi che mettono in risalto i ragazzi che puntano ad una carriera da professionisti.

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Capitolo 2
*** 2 ***


2

I giorni successivi passano tranquilli, e la prima volta che il biondo scorge da lontano Hikari si sente mancare. Dalla brillante conversazione che si sono scambiati in palestra forse si aspetta che la ragazza sia carina con lui, o almeno si degni di salutarlo; speranze subito smontate. Cody lo spalleggia. “ti ha rivolto la parola già una volta, è un piccolo traguardo, no?”. La smorfia di Tk lo fa scoppiare a ridere. “già, e che conversazione, poi” borbotta. Quel grande genio di Daisuke è stato molto delicato nei confronti dell’amico, tanto da aver raccontato a mezza scuola la magra figura che ha fatto, così adesso tutti quanti i suoi amici lo sanno, e spesso non perdono occasione per deriderlo. “ti rifarai” prova ad incoraggiarlo il piccolo. Con il tempo i due hanno imparato a conoscersi, e Takaishi ha avuto il piacere di scoprire che è un ragazzo indipendente e con un tocco particolare per certe situazioni. “che ne dici se ti veniamo a vedere oggi, Take?” chiede Ken all’improvviso. Finalmente la squadra di basket ha deciso di accoglierlo nei loro ranghi, e quel pomeriggio avrebbe giocato la sua prima partita di allenamento. Il silenzio che segue la domanda fa voltare tutti per vedere se l’interpellato non abbia sentito oppure si sia intontito nuovamente a guardare una certa ragazza. Le parole arrivano subito dopo, ma il tono è molto preoccupato: non vorrei fare subito una brutta figura. Preferirei prima allenarmi un paio di giorni, se non vi spiace è la risposta. “tu sei troppo poco sicuro di te amico, sai? Buttati, in fondo non può essere peggio della caduta di Ken dell’altro giorno, no?” le parole di Daisuke sono accompagnate da una pacca sulla schiena. “oh, si Dai, sei molto carino, grazie” commenta aspramente Ichijoujie.

Le lezioni riprendono quotidianamente, e il nuovo arrivato si mette presto in luce grazie ai suoi pressoché ottimi risultati. “potresti darmi una mano una volta di queste. Sai, non è carino saper fare una cosa e non aiutare gli amici che invece non eccelgono come te”. Takeru lo guarda ironicamente “eccelgono? Si dice eccellono Dai” lo riprende mentre l’altro sbuffa guardando il soffitto, con le mani dietro al testa. “appunto, vedi, ho bisogno del tuo aiuto” “si,e  magari anche di una ripassatina sui verbi” lo punzona ridendo. All’improvviso i due amici si scontrano, a causa dell’improvvisa immobilità del moro. “hei, ma che fai?” comincia a lamentarsi l’altro, prima di bloccarsi alla vista. “mi sa che aspetta te” lo sente dire, ma senza ascoltarlo veramente. Hikari è ferma davanti alla loro porta che guarda in giro probabilmente in cerca di qualcuno di preciso, e i ragazzi che le passano affianco le puntano addosso uno sguardo curioso, ma mai quanto quelli che provengono da dentro la classe. Tk scarta velocemente l’amico e si dirige verso la ragazza, che appena lo nota sembra illuminarsi. “Hikari, che ci fai qui?” la voce della ragazza è scocciata, compresa di una nota di impazienza. “ma dov’eri finito? Ti cercavo” si impone “dovresti firmarmi questo foglio” dice porgendogli un foglietto di ridotte dimensioni. “cos’è” chiede prima di prenderlo “è una giustifica scritta di tuo pugno che conferma che l’ora precedente non ho potuto prender parte alla lezione perché ero in infermeria a causa di un forte mal di stomaco” le parole le escono velocemente, e il ragazzo rimane immobile sul posto guardandola preoccupato “ma se mi scoprono finisco io nei guai, no?” chiede stupidamente, come conferma la sua risata derisoria “certo, ma nessuno ti scoprirà, stanne certo”. La sua sicurezza è spiazzante, un po’ meno quella di Tk. “scusa, e non potresti fartela firmare da un tuo amico?” chiede con una nota di tristezza pensando al fatto che probabilmente lei non lo reputa tale. Come potrebbe in fondo, si sono parlati una volta sola! “ormai non sono più credibili loro, ma tu si, sei appena arrivato!”. La sua euforia lo fa desistere, così gli viene allungata una penna. Hikari afferra una ragazzina che passa di lì per un braccio e la fa voltare con mala grazia dando la schiena al ragazzo. “sta ferma un attimo per favore” la intima con poca grazia. Takaishi si china sulla schiena della malcapitata e la usa come tavolino per firmare il foglietto. “scusami” sussurra alla ragazzina scioccata prima che possa fuggire il più velocemente possibile. Probabilmente non ripasserà più da quel corridoio. “ok, grazie allora” dice afferrando il foglietto con un sorriso apparentemente sincero, poi anche lei sparisce fra la mischia delle altre persone. Riesce appena a scorgerla girare l’angolo che Tsubaki lo ferma: “la conosci appena e già ti viene a chiedere dei favori? Cerca di stare attento, quella è capace di metterti nei guai senza problemi” lo ammonisce con uno sguardo carico di disprezzo, probabilmente rivolto alla Yagami. Come l’ha vista arrivare sparisce; rientra in classe ancora un po’ confuso,  e solo adesso nota gli sguardi curiosi e adoranti di alcuni, gelosi e fulminanti di altri. Si dirige verso l’ amico, che lo guarda con uno starno sorriso sulle labbra. Non fa in tempo a sedersi che una mano gli arriva con poca grazia sulla schiena. “e bravo il nostro Takaishi, vedi allora che sai intrattenere una conversazione senza dire cose stupide?” “sei rimasto lì giusto per ascoltarci?” chiede conoscendo già la risposta.

L’ora successiva, probabilmente solo per una sua impressione, si ritrova addosso sguardi strani da tutti i suoi compagni, ma Tsubaki ora sembra più tranquilla, quasi benevola nei suoi confronti. “vuoi che vada io a prenderti da mangiare al buffet?” gli chiede quando Dai li lascia un attimo soli per raggiungere un suo amico. “no, non ce n’è bisogno, grazie” la tranquillizza in lieve imbarazzo. “mh, perfetto, allora fai te!” cambia improvvisamente espressione, passando quasi all’essere arrabbiata con lui. la vede allontanarsi con passo sicuro e a testa alta verso il tavolo di Ken e degli altri. Solo prima di sedersi lancia un’occhiataccia verso un’altra direzione, e seguendola Tk nota che sta davvero cercando di uccidere Hikari con lo sguardo. La mora nel frattempo le ricambia lo sguardo, ma sembra quasi divertita. Tsubaki si siede indispettita, poi la Yagami torna a posare gli occhi su di lui. Tk rimane imbambolato, notando che gli sta sorridendo in uno starno modo, come se volesse fargli capire qualcosa che in quel momento gli sfugge. Solo quando si sente spingere da dietro si accorge di star bloccando la fila, così, dopo aver percorso qualche passo, torna a guardarla. Forse Takeru si è solo immaginato tutto, perché adesso Hikari è tornata a parlare con i ragazzi al suo tavolo come se nulla fosse successo, ma il sorriso che gli ha rivolto non se lo può essere immaginato, ne è sicuro. Finalmente riesce a servirsi mentre Daisuke lo raggiunge. Tornati al tavolo Tsubaki è particolarmente loquace,e  quando scambia qualche parola con Tk sembra che alzi di qualche ottava il tono di voce, e le sue risate risultano più forti e chiare, tanto che in qualche momento altri ragazzi dei tavoli circostanti si voltano a guardarla. La situazione rintontisce abbastanza Takeru, che resta in disparte rispetto alle conversazioni che si tengono al suo tavolo. Solo quando rimane solo con Cody, questi gli chiede spiegazioni del suo mutismo. “è successa una cosa strana prima” e spiega l’accaduto al minore. Il ragazzino sorride come se avesse capito l’arcano di tutto, e borbotta qualcosa tipo “l’amica è diventata gelosa!”. Il biondo rimane spiazzato, e quando chiede delucidazioni riceve un lapidario “no no, nulla, stavo solo pensando a voce alta. Comunque io non posso dirti nulla, in fatto di ragazze non me ne  intendo, e per me resteranno sempre un mistero”. Quel giorno la confusione affolla la mente di Takeru, e i suoi amici non contribuiscono a migliorare la situazione buttando lì di tanto in tanto qualche frase criptica senza apparente significato. L’allenamento di basket lo distare momentaneamente, e può notare con piacere che il corpo si riabitua velocemente ai movimenti da compiere. A fine ora l’allenatore lo prende da parte per complimentarsi, ma facendogli presente che dovrà allenarsi duramente per raggiungere i livelli dei suoi compagni. In spogliatoio anche loro gli confermano la sua bravura, e lo rassicurano sul fatto che anche se può sembrare duro, il coach è un uomo in gamba.

“Takeru, c’è tuo padre al telefono” annuncia la madre prima di cena. Il ragazzo si fionda in sala afferrando al volo il cordless per poi tornare spedito in camera. “allora campione, come andiamo?” la voce della figura paterna è calda e rassicurante come al solito. “bene papà, la prima settimana di scuola è andata benissimo, e oggi ho giocato per la prima volta nella mia squadra”. I complimenti lo travolgono e gli fanno girare la testa. “senti papà, credi che potrò passare a trovarti un giorno di questi?” chiede speranzoso, ma il silenzio che gli giunge dall’altra parte del filo gli fa mal sperare. “in questo periodo ho molto da fare Tk, ma posso cercare di liberarmi mezza giornata” prova a rincuorarlo. Purtroppo però Takeru conosce ormai a menadito le promesse del padre. “ma nel fine settimana dovresti essere libero, no?” continua. “si, ma sai, ho promesso a Jane che l’avrei portata fuori. Anche lei continua a richiedere un po’ del mio tempo” prova a giustificarsi. La risata amara del ragazzo fa calare un silenzio imbarazzato “già, ma lei almeno ti vede tutti i giorni, mentre tuo figlio lo vedi si e no ogni tre mesi” commenta con più acidità del dovuto. “lo so Tk, ma ti giuro che il prossimo week-end lo passeremo insieme, va bene?” prova a fargli tornare il buon umore, ma con scarsi risultati. “si, sempre che un imprevisto non ti faccia rimangiare la tua promessa” continua il ragazzo sentendo la frustrazione aumentare. “Takeru, sai che il tuo vecchio lavora, e non posso fare a mio piacimento” lo ammonisce il padre “guarda un po’ te il caso il lavoro chiama sempre quando io e te dobbiamo stare un po’ insieme” comincia ad alzare la voce. “ok, adesso basta!” lo zittisce il signor Ishida “sai che non è nelle mie facoltà scegliere, e ti ricordo che quando si ha un buon lavoro bisogna tenerselo stretto. Questo devi ancora impararlo, ma lo capirai ben presto ragazzo!” Dopo la sfuriata del padre Tk cerca di calmarsi, ma non riesce a proferire parola “Tk, sai che odio discutere con te, ma a volte mi costringi. Ti ricordi cosa ti dissi cinque mesi fa, no?” prova a farlo parlare. Con un sospiro ripete la frase che ormai ha imparato a memoria, e che ormai ripete ad ogni telefonata “si, che se dobbiamo sempre litigare allora non mi chiamerai più finché non mi sarò calmato” “appunto, allora vedi di tranquillizzarti. Io odio passare poco tempo con i miei figli, lo sai. Anche Yamato so che ne risente, ma almeno lui non me lo fa pesare tutte le volte” lo ammonisce. Una smorfia va formarsi lentamente sul viso di Takeru “già, sarei curioso di sapere quando mai esprime i suoi sentimenti, lui”. l’acidità che il figlio ha messo nel pronunciare l’implicito nome del fratello lo rattristisce. “Tk, forse non sono l’unica persone con cui dovresti passare del tempo” gli fa notare “certo, e cosa farei mai assieme a mio fratello, oltre che stare seduti fissandoci le mani?” chiede retoricamente. “credo che sia meglio se ci sentiamo un altro giorno. Salutami tua madre”. Non appena Takeru mette piede in cucina la madre lo guarda preoccupata. “papà ti saluta” la informa prima che possa fare domandi sconvenienti. Un cenno della testa conferma che ha capito. “hai ancora discusso con lui?” chiede poi, facendo alzare gli occhi al cielo del figlio. Devo ricordarmi di andare in un posto più solitario, la prossima volta, pensa caustico. “ci hai sentito?” domanda inutilmente “è un po’ difficile ignorare i tuoi urli” gli fa presente. “è sempre il problema del lavoro?” prova ad indovinare. Come se ci fossero altre alternative, commenta mentalmente Tk. “si, questo fine settimana ha già promesso a Jane di stare con lei, così io passo alla settimana dopo, sempre che non ci siano problemi in ufficio” la aggiorna. Il grugnito della madre gli fa immaginare le sue prossime parole: “mi sembra che tuo padre metta sempre in primo piano la fidanzata, anziché i figli”. Appunto. “e di tuo fratello cosa ti ha detto?” continua come se la precedente cattiveria non fosse uscita dalle sue labbra “niente. Ma perché non lo chiami tu invece di fare tutti questi passa parola fra me e il papà? Sicuramente sapresti di più da Matt in persona che da papà”. La faccia della madre lo sorprende alquanto. “sai quanto sia difficile per Yamato parlare di se. Probabilmente ascolterebbe solo quello che gli dico io. Però voglio passare a trovarlo, un giorno di questo” commenta più per se. Il ragazzo afferra la forchetta e comincia a mangiare in silenzio, immerso nei suoi pensieri.

Ormai erano più di diciassette anni che quella storia andava avanti, e sembrava non essere intenzionata a cambiare: i suoi genitori avevano divorziato dividendo i ragazzi. Ai tempi erano molto uniti, ma la situazione famigliare aveva portato a un brusco cambiamento. Purtroppo anche il trasferimento del padre con il figlio maggiore in città non aveva contribuito. Periodicamente i genitori cercavano di far stare insieme i due fratelli, prima così inseparabili, ma la frattura sembrava non aggiustarsi. Yamato era diventato distante e freddo, in maggior modo col fratellino, e il secondogenito aveva sviluppato un attaccamento ossessivo nei confronti del maggiore, che però sembrava irritato da tali attenzioni. Le loro visite erano diventate scostanti a causa del rifiuto di Matt di andare in campagna dal fratellino. Crescendo nessuno dei due era più riuscito a sentirsi bene in presenza dell’altro, e non appena Tk provava a mostrare segni di affetto nei confronti del fratello, o semplicemente volendo intrattenere una conversazione, si trovava costruito davanti un muro invalicabile. I due genitori si erano così messi d’accordo, in seguito ad un episodio di violenza che aveva dimostrato il piccolo nei confronti di Yamato, di farli partecipare entrambi ad alcune sedute da una psicologa. Tk si era subito dimostrato disponibile a spiegare i propri sentimenti, ma Matt era ostile. Solo durante un incontro solitario senza il fratellino era riuscito a spiegare che in qualche modo riteneva Tk responsabile della rottura dell’idillio fra i suoi genitori. In effetti, parlando con loro, la psicologa era venuta a conoscenza che in seguito alla nascita del secondo figlio la madre era caduta in una depressione post-partum che l’aveva portata ad allontanarsi dal marito. Questo causò una frattura fra loro, e sebbene la donna si fece curare eccellentemente, ormai il danno era stato fatto. I genitori cercarono di non far sapere a Tk la verità, ma purtroppo in qualche modo lui la scoprì. Da quel giorno tutto fra loro era cambiato. Inoltre la distanza era aumentata quando il padre si era fidanzato con una donna che allontanava periodicamente l’uomo dal figlio minore. Lui infatti aveva un attaccamento sincero alla figura paterna, e la donna di nome Jane gli causò qualche problema, tanto che il signor Yamato si trovò ad ospitare il figliolo solo quando la donna non era in casa. Al contrario il maggiore era distante sia dalla madre che dal padre, rifugiandosi in un mondo in cui solo lui poteva capire ciò che stava provando. La signora Takaishi incolpò di tutto il padre, sia dell’allontanamento di Matt causato dalle poche attenzioni che gli venivano rivolte a casa, sia della sua nuovo fiamma che creava problemi al figlio minore.

Il risveglio il giorno seguente è un po’ traumatico. Il ragazzo ha dormito male, ma si costringe comunque ad alzarsi dal letto e dirigersi a scuola. Lì trova sul cancello ad aspettarlo Tsubaky, che lo saluta quasi saltandogli al collo. “il prossimo fine settimana faccio una festa a casa mia, ti va di unirti a noi? Anche se ci sono persone che non conosci è il momento giusto per fare nuove conoscenze, e poi puoi invitare i tuoi amici. Inoltre chi vuole resta a dormire da me, tanto abbiamo una montagna di Futon1. Mi farebbe piacere averti lì”. Tk nota un lieve rossore attraversarle le guance all’accenno sui Futon. “purtroppo devo fermarti subito, perché probabilmente viene mio padre a prendermi”. Stranamente nota un certo dispiacere nella ragazza, e ne è lievemente dispiaciuto “ma non può venire un altro giorno?” chiede ingenuamente. Takeru scossa la testa con un espressione amara “è già tanto che riesca a venire, figurati poi rimandare” commenta al pensiero della telefonata del giorno prima. “bhe, allora in tal caso puoi sempre unirti a noi all’ultimo momento, a me non dispiace affatto” la luce quasi maniacale che accende gli occhi di Tsubaki quasi spaventa Takaishi “si, certo, al massimo facciamo un altro giorno, ok?” conclude prima di raggiungere i suoi amici. “cosa voleva?” chiede svogliato senza neppure guardarlo in faccia Daisuke, indicando con la testa la ragazza che si sta allontanando. “invitarci a una festa, ma le ho detto che siamo impegnati” spiega velocemente, modificando anche qua e la qualche dettaglio: non è proprio in vena di spiegare la faccende del padre a loro. Poi viene improvvisamente attirato da ciò che sta sfogliando Daisuke e che non l’ha neppure degnato di salutarlo: la collezione delle figurine di calcio del 1975. Si avvicina curioso anche lui assieme agli altri. “ma tu non giochi a basket” gli chiede stizziti Dai. “ciò non toglie che mi piace anche il fottball. Ti sei alzato con il culo storto, Davis’” domanda il biondo. Il sospiro dell’amico fa dedurre che ha capito il suo errore :”mia sorella è intrattabile ultimamente. L’ha mollata il ragazzo e se la prende con me. scusami Tk”.

Tutto sembra filare liscio, ma nella pausa fra la terza e la quarta ora Tk nota qualcosa dalla finestra. Si dirige il più in fretta possibile al cancello della scuola, e malgrado l’abbia visto da lontano rimane sorpreso. Si avvicina con passo deciso e un espressione severa sul volto. “che ci fai qui?” domanda poco cortesemente. Anche il ragazzo deve averlo notato, perché alza entrambe le sopracciglia, sorpreso. Affonda le mani nelle tasche dei pantaloni e si decide a guardarlo negli occhi “educato, devo dire” un lieve sorriso gli compare sulle labbra sottili. Il ragazzo alza gli occhi al cielo, esausto “Matt, cosa vuoi?” ripete con tono più alto. Il maggiore non cambia espressione “non potrei essere venuto a vedere la scuola che frequenta mio fratello?” ma l’espressione di Takaishi lo fa pentire subito. “ok, allora io me ne vado” dice girandosi, ma il fratello lo blocca: “aspetta, mi ha mandato papà!” cerca di fermarlo, con ottimi risultati, per altro: Tk si volta lentamente, guardandolo con gli occhi ormai ridotti a due fessure. Ora che ha la sua attenzione può continuare: “voleva che sapessi che è riuscito a liberarsi questo fine settimana, e quindi vuole stare un po’ con te. Ma ad una condizione” il minore non può fare a mano di pensare che c’è qualcosa sotto se ha rinunciato ad uscire con Jane, ma decide di volerci vedere chiaro. “sentiamo, quale sarebbe?” chiede con un leggero fremito nella voce: il fatto che abbia mandato Matt a riferire invece di dirglielo al telefono gli fa mal presagire “vuole che venga anche io” ammette abbassando gli occhi, ma tornandolo subito a guardare. Il minore sente un brivido percorrergli la schiena, ma cerca comunque di ragionare razionalmente: suo padre sta solo cercando di farli avvicinare, ma ciò che importa a lui è passare un po’ di tempo insieme al papà. Fra la possibilità di vederlo prima ancora di quanto credeva e l’ipotesi di stare insieme a lui fra due settimane senza neppure avere la certezza che suo padre non avrebbe avuto problemi al lavoro, bhe, sicuramente la prima ipotesi è la migliore. “non mi importa, se vuoi venire fai pure, se papà è disposto a stare con me anche senza di te a me va bene”. Non appena si accorge del significato delle sue stesse parole si maledice mentalmente “lui vuole semplicemente che stiamo un po’ insieme, non l’ho deciso io” si affretta a dire Matt, come per dissipare ogni dubbio. Questa conversazione non sta prendendo una buona piega, si ritrova a pensare Takeru “ok, se per te non è un problema. Basta che non cambi idea o mi chiami all’ultimo” conclude con una nuova speranza nel cuore: forse sarebbe riuscito a passare più tempo con metà della sua famiglia di quanto non sperasse. Quando si volta per riprendere la via della sua classe, però, il fratello lo blocca: “non lo farà, ci tiene troppo a che noi due passiamo un po’ di tempo insieme”. Malgrado le parole che Yamato ha pronunciato sembrano pensieri detti ad alta voce, non riesce a trattenersi,e  gli risponde in tono severo “già, servisse a qualcosa”. Con la cosa dell’occhio nota un lieve movimento, ma non si attenta a guardarlo in faccia. Ha sofferto troppo quando era più piccolo, per poter provare compassione per suo fratello. In fondo era stato lui a provocare il distacco. Matt prova a richiamarlo, ma Tk si rifiuta di continuare quella penosa conversazione “devo andare, ricominciano le lezioni” si giustifica, e per un attimo incrocia il suo sguardo, in cui trova dispiacere e delusione. Si volta il più velocemente possibile e torna nell’edificio. Davanti alla porta Daisuke lo sta aspettando, e non appena lo vede gli chiede chi fosse quel ragazzo; “un idiota” borbotta passandogli accanto. Eppure erano così uguali, pensa Dai squadrando Tk, ma se avesse un fratello ormai me ne avrebbe già parlato. Osservandolo prendere il suo posto nota la tristezza che lo affligge, e non può far altro di pensare che forse gli sta nascondendo più cose di quante non crede.

Il pranzo quel giorno è davvero pessimo, sembra che la cuoca abbia fatto del suo meglio per far rizzare i peli sulla nuca di tutti gli studenti. Infatti la maggior parte dei piatti sono per metà pieni, e i distributori automatici sono presi di assalto. Ormai al tavolo dei ragazzi c’è rimasto solo Cody, Tk, Ken e qualche altro ragazzo che si appresta ad alzarsi. Ancora una volta il biondo si trova a incrociare lo sguardo con Tsubaki che sembra lo stia tenendo d’occhio dal suo tavolo. Improvvisamente Cody si zittisce senza aver neppure finito la frase. Gli altri due si accingono a guardarlo quando notano che di fronte a lui c’è Hikari che li sta guardando divertita “posso parlarti?” chiede rivolta a Takeru. Lui rimane un secondo imbambolato, prima di poterle rispondere. Gli altri, molto educatamente, gli dicono che lo avrebbero aspettato fuori, così da lasciarli soli. La ragazza scosta una sedia e si accomoda di fianco, con le braccia incrociate sul tavolo. “ho sentito dire che sei bravo a scuola” comincia subito, senza indugi. A quell’affermazione Tk resta interdetto: dubita fortemente che nel complesso scolastico sia diventato così famoso, e non è neppure un genio, molti ragazzi sono molto migliori di lui, ma malgrado questo lei ha sentito dire solo di lui. “ti è già stato proposto di dare lezioni, ehm, diciamo private a qualcuno?” domanda con uno sguardo acceso. Improvvisamente Takaishi si trova a pensare a Tsubaki, e  involontariamente la cerca con lo sguardo; è ancora lì che lo guarda, ma ora negli occhi sembra ombreggiarle una furia assassina. Il più velocemente possibile torna a guardare la sua interlocutrice “no” si affretta a rispondere, sorprendendo anche se stesso dell’innocua bugia. Lei sembra illuminarsi per un momento “allora puoi dare le lezioni a me” afferma sicura fissandolo negli occhi con una sicurezza da maestra “ehm… io… si, potrei, ma non ne avevi già uno?” chiede vergognandosi profondamente del suo balbettio. Un ombra le oscura il viso “dovresti imparare a farti i fatti tuoi, sai?” lo ammonisce non senza una nota di durezza nella voce. Il ragazzo prova a giustificarsi, ma viene subito interrotto “non mi piace, è palloso e non mi sopporta” gli spiega velocemente “e chi ti dice che io sarò migliore di lui?” chiede senza sapere perché non riesce a far cadere la conversazione. Hikari lo fulmina. “allora, vuoi farmi da insegnante o no? Se no mi cerco qualcun altro” lo liquida con l’evidente intento di alzarsi dal tavolo. Tk la ferma subito, dandole la risposta che aspettava. “quindi la tua amica che ti viene dietro non se la prenderà con te, giusto? Già mi odia, e mi pare che anche lei aspirasse a essere tua alunna, e inoltre non so se accetterebbe che sia io la sua… chiamami pure rivale” sorride delle sue stesse parole, e Takaishi rimane sgomento “la.. mia…” la ragazza si alza ridendo allegramente con il viso rivolto verso il soffitto “non dirmi che non te ne eri accorto! Per andare bene a scuola sei poco sveglio”. Si allontana ancora ridendo di gusto della situazione, quando al ragazzo balena un pensiero in testa. Alzandosi prova a richiamarla “non abbiamo deciso quando incontrarci” ma la risposta gli arriva da lontano, quando la ragazza lo guarda da sopra la spalla senza voltarsi “mi farò viva io quando lo riterrò opportuno” e si allontana a passo spedito ed elegante. Tk si butta sulla sedia con la testa piena di confusione tanto quanto di immagini della moretta. Come ha fatto lei ha capire che Tsubaki… lei non è più al suo tavolo, probabilmente se ne è andata quando parlavano, e a proposito di andarsene, solo adesso Takaishi nota l’ora. Sfreccia il più velocemente possibile per i corridoi raggiungendo a stento la propria classe. “ma cosa ti ha trattenuto così tanto” gli domanda l’amico. Ancora con l’affanno e il sudore sulla fronte gli fa un gesto ad indicare che avrà tutte le risposte, al momento giusto. Le due ore di matematica pomeridiane scorrono bizzarramente veloci, e al momento delle pulizie ogni dubbio viene dissipato dalla mente di Daisuke. Come il biondo, anche l’amico rimane sorpreso della proposta, ma a differenza sua non rimane sconcertato dal fatto che Tsubaki ha un debole per lui: “ti muore dietro dal primo giorno che ti ha visto!” afferma con un tono di voce più alto del dovuto, cosa che gli fa presente Tk con un pugno assestato in testa. “e non potevate rendere anche me partecipe della cosa? Sai che figura ci ho fatto con Hikari?” sbuffa irritato. “ma se sei cieco non è mica colpa di nessuno, stella adorata” lo canzona, avendo, come risposta, il mocio in piena faccia.

“Takaishi, se non ti svegli entro due nanosecondi ti giuro che quella palla te la infilo in posti che nemmeno ti ricordavi più di avere, chiaro?”. L’urlo del capitano lo riporta immediatamente al presente, seguito dalle risate di scherno dei compagni. I tre quarti d’ora precedenti sono stati terribili, preso come era dai suoi pensieri. Probabilmente l’ennesima palla che gli sguscia dalle mani ha fatto infuriare non di poco il coach, persona equilibrata e molto delicata, come gli avevano assicurato i suoi compagni giorni prima. “come prima settimana non è andata male ragazzo, ma ti ricordo che siamo qui per partecipare agli Inter-hi, non dobbiamo far felici le nonne che vengono a vederci giocare, chiaro? Che non mi capiti mai più di vederti così distratto, o ti caccio dalla palestra a suon di calci. E ora fila a cambiarti, razza di” Tk si precipita negli spogliatoi per evitare tutti gli altri improperi e bestemmie varie che gli sta lanciando dietro il suo ben amato allenatore. Dopo una doccia fredda torna fra i suoi compagni per cambiarsi, e, con l’asciugamano ancora avvolto alla vita, si siede sulla panca più stanco del solito. Dalla sacca raccoglie un asciugamano pulito e comincia a sfregarsi la testa “hei Takaishi, cosa avevi oggi?” chiede Kei ma la risposta arriva da una voce profonda e gutturale “Korimoto credevo che ci fossi passato anche tu. Si dice in giro che oggi abbia avuto un’intensa conversazioni con la Yagami, e che abbia addirittura rischiato di arrivare in ritardo alle lezioni” il tono con cui aveva spiegato l’accaduto non piace affatto al biondo, tanto che è costretto a mordere di nascosto l’asciugamano per non reagire d’impulso. Le voci che seguono le parole sono soprattutto bisbigli e secchi accenni. Improvvisamente lo spogliatoio sembra così piccolo e stretto per tutti che il ragazzo è tentato di uscire di lì ancora a torno nudo. Molti occhi ora sono puntati su di lui, ma l’interessato cerca comunque di non farci caso e di ignorare tutti quanti. “ti è stato spiegato chi è, vero?” chiede un ragazzo alto ma con una voce acuta che non gli si addice affatto. Cercando di ignorare le domande spera di poterne uscire illeso, ma una sensazione gli serpeggia intorno, come un alone, e gli suggerisce che non ne uscirà nulla di buono. “io sono riuscito a conquistarla” afferma Sato spavaldo, e molte voci lo invitano a dire meno cazzate “no, è vero, e devo dire che sono stato ben ricompensato” sorride sornione con una luce maniacale nello sguardo. A quelle parole Tk si irrigidisce, e capisce di doversela filare il più velocemente possibile, così si infila i pantaloni e la maglietta, malgrado la testa ancora bagnata, così da provocarsi un largo alone di acqua attorno al collo a V “si, io invece mi sono dovuto prendere una battuta dai suoi amici perché ho provato ad avvicinarla” confessa triste un altro. Tutto ora sembra fermarsi in quello stanzino madido di odori mascolini; l’asciugamano sporco che cade a terra, quel moretto che assesta una pacca sulla spalla del vicino così la lasciargli il segno rosso delle cinque dita, Sato che ride sguaiatamente mostrando tutti i denti, Kei che starnutisce nella mano, il suo compagno accanto che inorridisce quando si accorge di essere stato raggiunto da gocce di saliva. “Hei ragazzi, guardate che faccia ha Takeru” lo riporta alla realtà Sato facendogli stridere i denti per l’antipatia, anzi, è più appropriato definirlo odio, che prova per quel ragazzo rosso con le efelidi sul naso “dove scappi? Hai fretta di raggiungere la tua nuova amichetta” gli urla dietro prima che le porte possano chiudere dentro ogni rumore. Non è possibile che in questa merda di scuola tutti sappiano di tutti, si sfoga accelerando il passo, onde evitare incontri sconvenienti con i suoi compagni di squadra. Solo quando è finalmente in camera sua, dopo aver liquidato la madre con la scusa dell’enorme quantità di compiti che deve fare, si decide a calmarsi e a riprendere fiato. Getta lo zaino in un angolo e accende la radio al massimo volume sopportabile per le sue orecchie, chiude la porta a chiave e apre l’armadio con foga. Lì, con ancora un accenno di fiatone, scosta in malo modo le grucce coi vestiti e la trova. Afferra il sacco da boxe e la katana che si trova appoggiata accanto. Appende il sacco ad una trave del soffitto e, prima di afferrare la spada si sfila la maglietta. Senza logica ne precisione comincia a menare fendenti contro la sacca, provocando qui e là qualche squarcio dal quale fuoriesce l’imbottitura. Ogni pensiero svanisce dalla sua testa e rimane solo l’arma che ha in mano e l’involucro davanti a lui. La rabbia repressa, l’irritazione, l’umiliazione e la stanchezza scemano fino a che non si trova sfinito seduto a terra contro la sedia della scrivania. Dei colpi secchi alla porta lo riportano al presente, così corre allo stereo per abbassare “Takeru, abbassa quell’affare, stai infastidendo i vicini!” gli urla attraverso la porta la madre. Si, scusami mamma borbotta prima di spegnere l’apparecchio. Voltandosi nota lo sfacelo che questa volta ha provocato. Varie volte ha provato a trovare una valida alternativa per sfogare la rabbia, ma nessuna funzionava allo stesso modo. Purtroppo il sacco aveva varie toppe che coprivano gli squarci da cui fuoriuscivano le budella, ciò rendeva l’attrezzo meno resistente. Il ragazzo si china sfinito sul pavimento per recuperare i vari pezzi sparsi per la camera e li rinfila nel sacco spingendoli dentro con le dita. Questa volta ci vorrà più pazienza del solito per accomodarlo, si demoralizza, però almeno quella sensazione di oppressione sul petto è sparita. “ma tu non dovevi fare i compiti” lo raggiunge la voce della madre “si, ma volevo svagarmi un attimo prima di iniziare” risponde deponendo l’attrezzatura appena usata.

Solo dopo tre ore di studio si decide ad uscire dalla camera e ad unirsi alla cena che sua madre gli ha preparato. “è passato Matt alla mia scuola, stamattina” la aggiorna, provocandole un eccesso di tosse causato dall’acqua che molto probabilmente le è andata di traverso “come alla tua scuola” con gli avvenimenti del pomeriggio se ne era completamente dimenticato, ma alla vista della madre ora tutto torna limpido “sì, è venuto a dirmi che papà si è liberato questo fine settimana per stare con me, ma deve venire anche Matt, o l’offerta non vale” confessa senza peli sulla lingua. L’espressione della madre vira dall’euforico all’arrabbiato “perché siete arrivati a dover essere ricattati per stare insieme, tu e tuo fratello?” chiede triste. Il silenzio che segue è imbarazzante, ma Tk si affretta a colmarlo “è stato lui a volerlo, ti ricordo”. La signora Takaishi resta sbalordita da quelle parole, ma ancora di più dall’espressione del figlio: impassibile e senza neppure una nota di rammarico. E pensare che anni addietro i due ragazzi andavano d’amore e d’accordo, e dopo il divorzio qualsiasi occasione per Tk si stare con Matt era sempre accolta da urla di giubilo. “e quindi cosa hai deciso?” domanda per non immergersi in pensieri malinconici “ci vado. Ho detto a Matt che non si deve sentire costretto, se non vuole venire non mi cambia nulla. Non rovinerà la gita” aggiunge abbassando un po’ a voce. La madre trattiene il respiro per un attimo, prima di esplodere “ma ti rendi conto di cosa stai dicendo? È tuo fratello, non puoi davvero pensare una cosa del genere” urla cercando di trattenere le lacrime. Il figlio la guarda amareggiato, ma per nulla sorpreso della sfuriata “mamma, ho imparato a restare distante e scostato da tutto ciò che può riguardare Matt: ogni volta che speravo in un suo gesto o in una sua parola rimanevo regolarmente deluso. Si è formato ormai un muro fra noi, e tu non puoi pretendere di abbatterlo con il semplice fatto che nelle vene scorre lo stesso sangue” conclude con voce tranquilla e naturale, alzandosi e dirigendosi in camera sua. Solo quando la porta è finalmente chiusa dietro le sue spalle la donna può scoppiare a piangere affondando il viso nelle mani.

1 Come molti penso già sappiano, il futon è un materasso alto circa 5 cm

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Capitolo 3
*** 3 ***


3

Il giorno dopo la colazione viene consumata in silenzio religioso. Takeru ha dormito poco, causa anche il pianto ininterrotto della madre. A letto si sentiva tutta la colpa gravargli sulle spalle, sapeva di aver provocato lui quella reazione, ma non trovava davvero altre parole per togliere la madre dall’illusione che un giorno sarebbe cambiato tutto, come per magia. Dopo poche parole e i soliti auguri di buona giornata, il ragazzo si invia con poca voglia verso l’edificio scolastico. L’unico è sperare che non mi assillino anche oggi, spera.

Durante tutta la notte ha sognato strane lezioni su argomenti stranissimi e senza senso, come quando doveva imparare a memoria i nomi di tutti gli alunni della scuola e le rispettive classi. Varie volte aveva interpretato il professore o il preside, ma la maggior parte figurava da semplice alunno pressato dallo studio. Probabilmente l’enorme quantità di compiti che si era imposto di fare la sera prima per portarsi avanti in previsione di una futura lezione con Hikari avevano aggravato il sonno di Tk, ma, ne era certo, anche il fatto che avrebbe davvero dovuto sfoderare tutte le sue doti da bravo alunno per mostrarle alla Yagami contava parecchio. Se era vero quello che aveva detto quel ragazzo, di probabilità con Hikari ne aveva poche, anche perché non se la sentiva proprio di farsi menare da quei tizi, però il solo pensiero di poter passare del tempo in sua compagnia lo facevano sentire leggero. Certo, sarebbe stata dura mantenere la concentrazione, ma doveva ad ogni costo dimostrarle quanto valeva, anche perché già in due occasioni era riuscito a passare da deficiente. Insomma, come avrà fatto Hikari a capire che Tsubaki gli viene dietro? È davvero così evidente come dice Dai? Perché in fondo lui non se ne era affatto accorto. Certo, ora veniva il problema maggiore: dirle che avrebbe rinunciato a fargli da professore perché aveva preferito un'altra, che a quanto diceva Hikari, odiava. Effettivamente, ora che ci pensa, le occhiate che la bionda lanciava alla mora non erano delle più benevoli. Ma, a proposito di questo, come faceva a sapere che Tsubaki gli aveva chiesto di fargli da Prof? Questo non poteva averlo sentito in giro perché ne aveva parlato solo con… Daisuke? No, non può essere, nega con la testa il ragazzo. Solo adesso si accorge di essere davanti a scuola, e qualcuno lo sta guardando con un aria interrogativa. Fantastico, adesso, oltre al fatto che mi piace una ragazza, penseranno anche che sono pazzo a parlare da solo, sbuffa dirigendosi con passo pesante dai suoi amici. “Che hai Tk?” chiede preoccupato Cody. Inizialmente rimangono tutti immobili ad aspettare una risposta, poi Tk si decide: in fondo sono suoi amici, è giusto che sappiano tutta la storia. Inoltre ho davvero bisogno di sfogarmi, pensa. Così racconta ai suoi amici tutto quello che gli è successo il giorno prima a scuola, tranne l’incontro con il fratello, e fra una risata e un respiro trattenuto ascoltano le vicende fino al suono della campanella.

Uno sbadiglio profondo riscuote Daisuke dai suoi pensieri. Quella lezione di giapponese antico è davvero noiosa, ed estremamente lunga. Per fortuna che il professore sta spiegando, perché se facesse qualche domanda lui non saprebbe neppure l’argomento che stanno trattando. Con fare annoiato comincia a sfogliare il libro di testo, ma dopo qualche pagina si accorge che questo non è un buon modo per distrarsi. Guardandosi in giro nota che anche altri ragazzi hanno la sua stessa espressione, e le ragazze continuano a passarsi bigliettini da un banco all’altro. Ah, beata innocenza! Si ritrova a pensare. Continuando a far cadere lo sguardo qui e là nota Takeru. Sembra uno dei pochi attenti alla lezione, o almeno da uno sguardo affrettato, ma lui sa che ha la mente altrove. Quella ragazza è ormai diventata un incubo per lui. ricorda che la prima volta che l’ha vista ne è rimasto stregato, e come il biondo, ogni azione era dettata dal bisogno di farsi notare da lei. Solo dopo diversi mesi aveva deciso di provarci con lei, ma già al primo tentativo si era trovato davanti Hikari che si faceva grasse risate. Quella fu l’unica volta che ci provò: la bruciante sconfitta lo aveva demoralizzato, e più che continuare a guardarla da lontano aveva cominciato ad odiarla, lei e tutti quei tizi che le giravano attorno. Solo col tempo, con lo scemare della cotta, gli era diventata indifferente. Molte ragazze pensavano che lui fosse un bel ragazzo, ma periodicamente si fermavano alle apparenze, etichettandolo come superficiale e infantile. Lui non era così, lo sapeva. Certo, alcune volte i suoi comportamenti non erano propriamente professionali e maturi, ma in fondo era un bravo ragazzo. Ah, e chi vuole una relazione, in fondo! Basti vedere sua sorella: ora che si è lasciata con il fidanzato è intrattabile, sempre pronta a scoppiare in lacrime ed è pure ingrassata visibilmente, forse a causa dei troppi gelati. E pensare che reputava Tai un mito, oltre che per il fatto del suo metodo di gioco nel calcio, ma soprattutto perché riusciva a sopportare le bizzarrie di Jun. Non sapeva se rallegrarsi che finalmente si fosse accorto della vera natura cretina di sua sorella oppure al contrario essere deluso dal fatto che ora lo avrebbe visto molto meno. Pensare che è il fratello di Hikari, sono così diversi… bhe, in fondo anche lui e Jun non hanno nulla in comune, quindi forse la cosa è giustificata. Tk non si è ancora voluto confidare con lui su quel ragazzo che era venuto a trovarlo a scuola; infatti Dai è sicurissimo che la somiglianza non sia solo un puro caso, ma se il suo amico non gli ha voluto dire niente, forse ha solo bisogno di tempo. Non credeva di trovarlo così simpatico, all’inizio la prima impressione che gli aveva dato era quella di un ragazzo di campagna molto carino che non vuole destare attenzione, ma poi si è rivelato un ragazzo solare e molto divertente, alle volte. Finalmente la lezione termina, e il ragazzo accoglie con le lacrime agli occhi il suono della campana. Appena raggiunge Tk nota che sta frugando nel suo zaino. “oggi ho promesso a Cody di mostrargli un esercizio che la sua maestra ha accennato alla loro classe. Dice che vuole capire come si applica quella regola” dopo una pausa riprende, sorridendo “è molto sveglio e ha iniziativa, quando arriverà nel mondo del lavoro farà strada”. Il commento è seguito da una smorfia del moro. Non gli è mai andato a genio quel ragazzino, gli è sempre sembrato completamente diverso da lui e Ken, e con sua enorme sorpresa fra Cody e Tk si stava sviluppando una bella amicizia. Gli odori della mensa arrivano fino a lì in corridoio, e l’acquolina comincia ad invadere la gola di Davis. Solo quando il piatto è straripante di cibo si decide a raggiungere il tavolo, dove Tk sta già mostrando un accidente di esercizio al ragazzino. “come fai a mangiare tutta quella roba e rimanere così magro resterà un mistero” commenta asciutto il piccolo della congrega, prima di re immergersi nel libro. Senza nemmeno rispondergli affonda la forchetta nel piatto e si abbandona ai piaceri del cibo. Altro che ragazze, pensa Dai, ingoiando quasi per intero gli spaghetti.

Sabato arriva con uno strano senso di irrequietezza per Tk:quel pomeriggio suo padre sarebbe venuto a prenderlo,e  con lui ci sarebbe stato anche suo fratello. Sua madre non si è voluta unire, ma forse così la cosa risulta più facile: essendo solo uomini possono comportarsi normalmente senza passare da sozzoni o maleducati. Hikari non si è fatta vedere da quando si è proposta come sua alunna,e  questo lo rende stranamente triste. Alla seconda ora un suo compagno di classe lo distrae dalla conversazione con Dai: “c’è una ragazza che ti cerca” annuncia. Improvvisamente, a quelle parole il cuore comincia a battergli sempre più forte, e l’agitazione si fa sentire sempre più mano a mano che si avvicina alla porta. Ad aspettarlo, però, non c’è la moretta, ma una ragazza bionda molto imbarazzata. “Tsubaki, hai bisogno” attira la sua attenzione, leggermente deluso. Lei lo guarda trasognante (solo dopo che gli è stato detto da Hikari che la bionda gli veniva dietro ha cominciato a notare il suo atteggiamento nei suoi confronti) e prende fiato, come se si stesse preparando a confessargli il suo amore. A quel pensiero una nota di panico gli offusca la mente, ma si trasforma velocemente in puro terrore non appena capisce per quale motivo è venuta a cercarlo: “hai deciso allora se sei disposto a farmi da prof di recupero durante i pomeriggi?”. La domanda, così innocua, provoca un eccesso di tosse al biondo. Non appena riesce a prendere fiato la guarda addolorato “scusa, ma proprio non posso. L’ho già promesso a qualcun altro” recita la scusa che fino a  quel giorno si è ripetuto in preparazione a quell’evento. “ah, ok, spero allora che possa diventare un bravissimo alunno, visto che ci sei tu con lui” malgrado le belle parole lo sguardo è oscurato dalla delusione. “è una ragazza” si affretta a precisare. Immediatamente si pente delle sue parole, ma quegli occhi, il sorriso forzato e la sua gentilezza lo hanno fatto crollare, così tutta la falsa storia che si era ingegnato a creare era caduta miseramente nel cesso. Lo sguardo della ragazza è sorpreso. “è Hikari” vuota definitivamente il sacco. Ok, adesso si sente davvero male, non tanto per la rabbia che sembra averle tramutato l’espressione, quanto per l’espressione di disgusto che Tsubaki sta rivolgendo a lui. dopo qualche parola borbottata velocemente abbassa la testa e si allontana a passo deciso. “l’hai fatta grossa,a desso, eh?” lo sorprende la voce di Daisuke, appoggiato alla porta con le braccia incrociate. “ma tu hai degli amici tuoi, Dai, invece di venire ad origliare le mie conversazioni?” gli domanda acido. “certo, ma mica mi potevo perdere questa scena” lo sorprende con tono allegro. Lo sguardo che gli rivolge lo fa gelare, ma la reazione dura poco, perché Motomiya non si fa scoraggiare da nulla, neppure da uno sguardo che promette una vendetta lunga e dolorosa. Gli è subito alle spalle per chiedere al biondino i dettagli della conversazione quando si ritrova il suo astuccio in tasta e tutto il contenuto riverso a terra, con un Tk che sfoggia un sorriso sornione e fiero.

Non appena il campanello di casa suona il ragazzo saluta la madre e si precipita giù per le scale, rischiando di troncarsi l’osso del collo. Non appena intravede la macchina del padre un moto di euforia pura si sprigiona nel petto, prima di attraversare la strada di corsa.

Suo fratello è seduto dietro e si direbbe che stia dormendo, se ogni tanto non rispondesse alle domande che il padre gli rivolge. A Tk non importa, tutto pur di stare assieme al padre. Di certo non sarà il suo solito atteggiamento introverso a rovinargli la gita. La destinazione è la spiaggia, per godersi le ultime ore di sole primaverile, poi una cena veloce e tutti a casa a ingozzarsi di schifezze varie. Le onde che gli lambiscono le caviglie gli fanno girare la testa, mentre ad occhi chiusi si sente come su un altalena. “dovremmo andare Tk,si sta facendo tardi” la voce del padre lo riscuote improvviso. “papà” gli urla correndogli dietro dopo essersi infilato le scarpe sul bagnasciuga “credi che domani sia ugualmente bel tempo” “non lo so Tk, perché” chiede apparentemente disinteressato “potremmo andare da qualche parte a passeggiare, non credi?”. A serata passa completamente tranquilla, e anche il giorno seguente sembra filare tutto liscio. Mentre se ne stanno seduti su una panchina a digerire i panini, Takeru e il padre osservano Yamato che cerca con non poco imbarazzo di liberarsi dalle due ragazze che lo hanno circondato, con la scusa di voler sentire una canzone, poiché si è portato la chitarra appresso, ma con il vero intento di provarci spudoratamente. “chissà cosa lo ha reso così schivo. Potrebbe circondarsi di amici e ragazze, ma preferisce la solitudine” afferma il ragazzo “smettila di parlare così di tuo fratello, non è bello” lo ammonisce severamente il padre, lasciandolo leggermente basito.

Il ritorno a casa è stranamente silenzioso, e quando Tk si appresta a scendere dall’auto non è troppo prodigo di saluti, ne verso il padre, ne tanto meno per il fratello. Non appena si volta verso casa nota una chioma familiare “Dai, che ci fai qui? E chi ti ha detto dove abito?” aggiunge meditabondo. “nel quartiere sei l’unica persona che si è trasferita da poco” spiega velocemente con una strana espressione, tra il curioso e l’offeso “vado ad appoggiare la roba, poi ce ne andiamo da qualche parte, aspettami qui” gli urla dietro mentre sta già salendo le scale due alla volta. Non fa in tempo a scorgerlo appoggiato al portone che capisce che il suo tono è particolarmente duro “perché non mi hai detto che hai un fratello?” al silenzio del biondo seguono altre parole di Dai “e non dirmi che non hai trovato il momento, perché era lui quello con cui parlavi l’altro giorno sotto scuola” l’ira repressa minaccia di uscire, ma l’espressione di Takeru la scaccia momentaneamente.

“…non mi piace parlarne; è per questo che non ti ho detto niente” conclude la sua storia con uno sguardo addolorato “credevo che gli amici si dicessero tutto” lo sgrida Motomiya. L’altro lo fulmina con lo sguardo, appoggiando i gomiti sulle ginocchia “senti Davis, piantala di farmi sentire in colpa, mi dispiace, ok?” solo dopo aver saputo quanta amarezza ha pervaso il suo amico alla vista di Matt, Tk si è reso conto di quanto fosse infondata la sua paura. “ok, ma se lo rifai ti strappo tutti i peli che hai addosso, chiaro?” riprende con la sua voce allegra e squillante “bel recupero veloce1!” lo ammonisce Tk “certo, se non sono io qui a tenere alta l’allegria, stiamo freschi” Takaishi ci impiega un po’ ad afferrare il concetto, ma recupera subito i metri persi rincorrendolo e minacciandolo di morte istantanea. Al campo una squadra di ragazzi sta intrattenendo la platea con alcuni passaggi da vero bomber della nazionale, e anche i due amici si fermano a guardare. Non appena la partita è finita Dai schizza come un fulmine verso il campo, seguito a ruota dal biondo, leggermente imbarazzato dell’intrusione che il suo amico ha provocato “Tai” urla il moro sventolando un braccio “Dai, anche tu qui?” “certo, non potrei perdermi una tua partita per nulla al mondo!” lo elogia leggermente imbarazzato. “Ciao” saluta Tai vedendo avvicinarsi il biondino “oh, già, lui è Tk, ma non farci caso, comportati come se non ci fosse, con me funziona. Sai” si avvicina maggiormente al maggiore e abbassa la voce con fare cospiratorio “io non lo sopporto tanto, ma lui mi sta sempre appiccicato come un mollusco” un poderoso schiaffo in piena testa lo fa piegare in due dal dolore “ma sei pazzo, vuoi staccarmi la testa dal corpo, per caso?” lo assale Dai “bhe, diciamo che era la mia intenzione, così per lo meno non puoi più dire cazzate” lo zittisce Tk con un’occhiataccia. La risata di Tai li fa tornare sul capo da gioco “però, forse Dai hai trovato un avversario che sappia tenerti testa”. Il piccolo moro sbuffa divertito, ma ormai nessuno gli da più ascolto “io comunque sono Tai, tanto piacere” sorride allungando la mano. “piacere. Ho visto come giochi, e ne sono rimasto stupito” afferma sinceramente “già, Tai è un fuoriclasse. Lui riesce a scartare tutti gli avversari e a segnare un gol senza l’aiuto di nessun altro giocatore” si spertica in complimenti Daisuke. Una risatina soffocata dell’amico lo fa tornare serio e, a giudicare dall’espressione, leggermente incazzato “non è, vero che ti sei preso una bella cotta per Tai?” chiede soffocando a stento le risate. Dopo un vistoso imbarazzo da parte di entrambi i moretti ecco la consueta corsa e la baruffa fra i due ragazzi, finiti per terra e segnati a dito dai ragazzi circostanti.

“idiota”, “non ho fatto nulla”, “cretino”, “sei tu che sei suscettibile”, “imbecille”, “non ti ho detto io di corrermi dietro”, “citrullo”. Ormai da qualche minuto va avanti questa conversazione, che per fortuna Tai sembra intenzionato a far finire “che ne dite di piantarla entrambi?” propone, ma con scarsi risultati “è per colpa tua se il mister ci ha cacciato dal campo” “ma noi non stavamo giocando, cosa te ne importa?” chiede il biondo ingenuamente “me ne importa perché si ricorderà sicuramente di me quando tornerò al campo. E inoltre è il migliore allenatore a cui si possa aspirare: cosa credi che abbia pensato di me?” sbraita imbufalito Daisuke “che sei un bambino, e che” confessa tranquillo l’amico, interrotto dalla tirata di capelli che gli riserva l’altro. “deficiente” si lagna Takeru tenendosi la testa e guardandolo con gli occhi lucidi “adesso basta, o anche io comincerò a pensare che siete davvero infantili” li ammonisce severo il povero Taichi. Finalmente raggiungono la gelateria ed ordinano i loro frappé, prima di tornare sui loro passi. “Dai, il coach è un uomo saggio, e sa che i ragazzi sono irruenti come voi. Non te la devi prendere con Tk” prova a calmare le acque, visto che i due sembrano in serio conflitto “tu dici bene, con il cognome che porti tutto ti è permesso!” borbotta masticando la cannuccia. L’occhiata fugace che gli riserva Tai è meditabonda “Non sono arrivato dove sono perché porto il cognome Yagami” afferma serio e scocciato. Non appena giunge all’orecchio di Takaishi quel nome il frappé rischia di strozzarlo, così è costretto a fermarsi e piegarsi in due per riprendere fiato, tossendo a più non posso. Con gli occhi ancora lacrimevoli guarda entrambi inorridito “Yagami?” riesce solo a dire prima di tornare a un tentativo di vomitare i propri polmoni “ah già, è vero che a te quel nome da alla testa” afferma sovrappensiero Dai. Improvvisamente il neo-degente si riprende all’istante e fulmina l’amico “tu lo sapevi? Tu lo sapevi e ti sei guardato dal dirmelo? Sei una merda ambulante, Daisuke Motomija” afferma sprezzante, guardandolo come una schifezza “non capisco, qual è adesso il problema?” chiede confuso il terzo ragazzo, che ormai comincia a capire che i litigi fra questi due sono all’ordine del giorno “oh nulla, solo che Tk ha una cotta stratosferica per tua sorella. E comunque non l’ho fatto apposta, a non dirtelo. Non sono mica ossessionato da lei, io” si giustifica. Al contempo il biondo diventa di un bel colore rosso brillante, prima di guardare Tai con una supplica che proviene dal profondo “se non ricordo male anche tu avevi perso la testa per lei, no, Dai?” chiede innocentemente Taichi. Motomija si infervora e si allontana a passo spedito da quei due traditori e Tk ringrazia vivamente il maggiore per l’aiuto prezioso che gli ha fornito, prima di rincorrere l’amico intimandogli di fermarsi e di . “sai dove te la infilo la filosofia Takeru? Su per il…”

“comunque Take ti assicuro che non ci ho pensato a dirti che Tai è il fratello di Hikari, se no te lo avrei detto prima!” si scusa per l’ennesima volta Daisuke “e te lo credo; bella figura che ho fatto!” commenta acido, ma lo sguardo che gli rivolge è rassicurante. Ken ancora ride sotto i baffi da quando ha saputo come è andata la faccenda, ma dopo l’occhiataccia del biondo si è ben guardato dal trattenersi, per lo meno pubblicamente. Takeru intravede di sfuggita Tsubaki e decide di andarle a parlare: dopo sabato l’aveva accuratamente evitato, e questo comportamento gli dispiaceva, visto che da quando era arrivato lì era stata sempre gentile con lui. le corre dietro chiamandola, ma sembra che non abbia intenzione di fermarsi. Solo quando si trova a qualche metro di distanza decide di rivolgergli la sua attenzione, ma l’espressione che gli si presenta sul viso è scoraggiante. “Tsubaki ascolta” si blocca immediatamente annaspando per lo sforzo “volevo chiederti scusa per sabato” “perché? Non mi hai fatto nulla. Sei solo stato sincero confessandomi che hai preferito un altra ragazza a me, tutto qui!”. Certo, la verità la sapevano entrambi, ma sentirsela spiattellata con tale rudezza lo lascia comunque basito “si, ma è il modo in cui te l’ho detto!” precisa fissandola negli occhi “Non avrei dovuto ferirti in quella maniera, ma mi sembrava giusto essere totalmente sincero con te fino in fondo, visto che sei sempre gentile con me”. Ecco, adesso che il sacco è vuotato si sente davvero meglio, ma l’espressione dell’amica non sembra comunque idilliaca “già, e pugnalare alle spalle è il modo giusto per mostrare la propria gratitudine” sputa tutto il veleno che le invade il corpo. Certo quella frase nessuno dei due se l’aspettava, e il ragazzo la sta guardando mortificato e forse un po’ sorpreso. Ma chi l’ha messa in questa situazione, si domanda la bionda. Sospira esasperata “senti Tk, sarò sincera: non porto rancore, ma ti consiglio di stare attento a lei, perche è subdola” finalmente riesce a dire quello che ha sempre pensato di quella Hikari “va bene, cercherò di seguire il tuo consiglio” prova a tranquillizzarla Takeru salutandola poi con un sorriso dolcissimo. Si, peccato che tu ne sia già cotto, commenta poi fra se e se.

“sai cos’è? sei fortunato perche è innamorata persa di te, altrimenti nella stessa situazione avresti già preso uno schiaffo in piena faccia” bofonchia quasi invidioso Dai “già, perché tu te ne intendi di sberle, vero?” lo stuzzica il biondo. Un leggero colpo di tosse fa voltare tutti e due, e finalmente notano Ken che li guarda serio, affiancato da un Hikari spazientita “Oggi pomeriggio vieni a casa mia per la prima lezione. Finito il tuo allenamento di basket mi dovrai raggiungere immediatamente al cancello, e devi portarti dietro il libro di Matematica. Ti è tutto chiaro?” le parole lo investono come un tornado, senza neppure avere il tempo di immagazzinarle. “buongiorno anche a te” bofonchia un po’ offeso Dai, ma si zittisce subito all’occhiata fulminante che gli lancia Hikari “potresti concedergli dieci minuti di tempo, giusto per permettergli di raggiungere la farmacia più vicina. Sai, non credo che abbia profilattici nello zaino” prova a tranquillizzarla subito dopo, ma con scarsi effetti, visto anche che si trova una mano di Tk sulla faccia e l’altra dietro la nuca a bloccargli la testa “si, va bene, ci vediamo oggi, allora” la voce che esce dalla bocca del biondo è particolarmente acuta. Senza neppure un cenno al moretto, la ragazza fa un cenno a Tk per salutarlo, prima di allontanarsi a testa alta. Non appena sente la presa diminuire sul viso, Dai prova a protestare per la brusca interruzione, ma gli manca il tempo, poiché l’amico gli salta al collo, probabilmente con l’intento di soffocarlo, mentre qualcuno, probabilmente Ken, se la ride di brutto.

A pranzo, con Dai che continua a lagnarsi di un misterioso dolore lancinante al braccio, Ken che prova a tranquillizzare Tk sui suoi timori della figura di merda che l’amico si è premurato di avergli fatto fare e Cody che continua a scossare la testa interdetto dal maturo comportamento dei suoi amici, la ragazza che si avvicina al tavolo passa inosservata, ed è costretta a bussare sulla spalla del moro, intento a divorare il suo pranzo, per farsi notare. “che c’è?” chiede con la bocca piena, scocciato dell’interruzione alla sua attività preferita “mi è stato chiesto di recapitare questo per te. Per tua mera informazione, sputare cibo addosso alle persone è segno di maleducazione” conclude scrollandosi la felpa dalle briciole di pane, prima di voltarsi e andarsene a passo spedito verso un tavolo all’altro capo della mensa. Daisuke continua a fissarla immobile, masticando lentamente, prima di tornare a voltarsi verso i suoi amici “e quella chi è?” chiede quasi cadendo dalle nuvole “forse una spasimante che ti ha voluto confessare i suoi sentimenti per iscritto, ma dopo la tua performance stai certo che avrà cambiati idea” dice Tk allungandogli il foglio che la ragazza aveva posato sul tavolo. Curiosamente veloce, Dai apre lo scritto, per poi emettere un suono gutturale “no, è mia sorella! Vuole che passi da Tai per riprendere le cose che ha lasciato a casa sua. Ma perché devo avere una parente così cretina?” sbotta lanciando il foglietto in mezzo al tavolo “aspetta, tua sorella stava con Tai?” domanda confuso Takeru “si, ma questa è storia vecchia. Ora lei non vuole più vederlo e manda il fratellino a fare da messaggero fra i due” aggiorna prontamente Ken. Alla domanda dell’amico se non poteva ribellarsi, tutti quanti scoppiano a ridere, eccetto Dai “tu non hai mai assaggiato i suoi pungi, Tk, se no non lo diresti”. Cody gli indica gentilmente la figura della sorella, seduta allo stesso tavolo della ragazza che ha portato il foglietto, ma nulla gli suggerisce questa cattiveria che descrive il fratello minore “è la storia che racconta a tutti, ma nessuno ancora ha saputo confermare le sue parole: tutti quanti affermano essere una ragazza educata e molto per bene” la difende Cody “forse perché tutti quelli che l’hanno criticata sono morti di una morte lenta e dolorosa” si difende Davis con una smorfia “si, certo, Jun, l’incubo di ogni ragazzo. Se mai scomparirai, sapremo da chi andare” lo canzona Ken, dandogli dolci pacche sulla spalla e alzandosi, assieme agli altri due, con i vassoi e piegati dalle risate “che merde di amici, che ho!” commenta prima di tornare al suo dolce.

È durante la prima ora del pomeriggio che l’idea brillante illumina la mente di Davis; dato che l’interrogazione dei tre ragazzi alla cattedra si sta protraendo per le lunghe e la professoressa non sembra minimamente interessata a ciò che accade al resto della classe, il ragazzo scivola furtivamente giù dalla sedia e, cercando di non farsi notare dall’insegnante, sgattaiola vicino al banco di Takeru. Quest’ultimo, sorpreso dal gesto dell’amico, lo guarda incuriosito “visto che oggi devi andare a casa di Hikari, perché non ci pensi tu a chiedere a Tai di restituire la roba a mia sorella?” domanda troppo speranzoso “perché dovrei fare da paciere fra i due innamorati?” chiede perplesso, ma Dai gli scocca uno sguardo stizzito “tu non vedi fare nulla fra nessuno, tonto! L’unica cosa che ti è richiesta è di dire due parole a Taichi da parte mia, così mi risparmio il tragitto che tanto tu sei già costretto a fare” conclude brillantemente. Purtroppo l’amico non trova tesi a sfavore, ed è quindi costretto ad accettare.

Durante l’ora di basket ogni senso del biondo e vigile, poiché vuole evitare qualsiasi scontro con i suoi compagni di squadra: dopo l’ultima volta che lo avevano messo in imbarazzo evitava accuratamente di rivolgere loro la parola se non per il solo intento di parlare della partita corrente o simil. Praticamente nessuno dovrebbe essere al corrente dell’imminente lezione che Takeru si appresta a sostenere con la Yagami, ma resta comunque sull’attenti non appena qualcuno della squadra lo guarda troppo insistentemente o se scoppia una risata senza motivo apparente. Finito l’allenamento tutti sembrano prendersela comoda, ma al ricordo dell’ammonimento di quella mattina, Takeru si costringe ad accelerare i tempi per non far attendere troppo la ragazza all’ingresso. Ironia della sorte: quando, con capelli ancora bagnati e borsone mezzo aperto raggiunge il cancello, non trova nessuno ad attenderlo. Passano due minuti, poi cinque; finalmente, dopo quasi un quarto d’ora che è lì appoggiato nota una figura familiare che si avvicina a passo tranquillo “pensavo avessi detto che sarei dovuto arrivare il prima possibile” prova ad incolparla senza che però sia troppo evidente l’accusa “è la mia tecnica per far si che nessuno arrivi in ritardo: anticipare di qualche minuto l’orario in cui bisogna incontrarsi” lo liquida sorpassandolo. Tk la affianca subito, cercando di capire se questa loro vicinanza è così sgradita come lei sembra voler far credere. “allora anche tu avevi un corso pomeridiano da seguire” azzarda “già” è la liquidaria risposta. Con un sospiro azzarda un approccio più irritato “prima o poi verrò mai a conoscenza dei tuoi intrattenimenti pomeridiani?”. Lo sguardo curioso e quasi sorpreso che gli rivolge lo lascia atterrito: è la prima volta che non è arrogante con lui, e così sembra acquistare ancora più fascino, se possibile “tutti tutti?” la leggera nota di imbarazzo fa intuire al biondo cosa intende con tutti “si, via, quelli scolastici, intendo” possibile che si debba sentire a disagio lui per ciò che fa Hikari nel suo tempo libero? Con un alzata di spalle, guardando la strada, il suo “forse” chiude definitivamente la questione. Procedono così, in silenzio, per altri tre minuti, fino a che non raggiungono un edificio enorme ed evidentemente ben curato. La casa, a un piano, ha un giardino nascosto dalla rete verde. La porta d’ingresso si apre su un corridoio leggermente scuro e spoglio. Il ragazzo segue la padrona di casa in una stanza, dove si blocca appena entrato. Il salottino che precede la cucina è occupato da due ragazzi stesi sul divano di 7 posti. Chissà, forse se torna subito indietro non si accorgeranno neppure della loro entrata. “vi spiace trattenevi per due secondi?” chiede evidentemente irritata Hikari. La ragazza che si trovava sul divano alza la testa velocemente e si butta a sedere, evidentemente imbarazzata. Il ragazzo, al contrario, resta sdraiato a occhi chiusi, respirando lentamente, a riprendere il controllo di se “non potresti semplicemente uscire come sei entrata, cioè senza rompere i maroni, Kari?” portandosi le palme delle mani sugli occhi continua la ramanzina “mai che ti passi per la testa che forse facendo così metti in imbarazzo Sora?”. La ragazza, ancora ad occhi bassi e i bracci stretti intorno alle ginocchia sembra non premurarsi di essere appena stata nominata “se forse avessi avuto gli occhi aperti, invece della bocca, avresti notato che ho ospiti, e forse è più in imbarazzo lui che la tua fidanzatina!” a quelle parole Tai sbarra gli occhi e incrocia quelli di Takeru “Tk!”. Adesso ad essere in imbarazzo sono i due ragazzi “voi due vi conoscete?” chiede Hikari avvicinandosi al biondo con una bottiglietta d’acqua in una mano e un’espressione schifata sul viso, fissando il fratello “si, ci siamo conosciuti ieri. Ma tu che ci fai qui?” chiede dando poca considerazione alla sorella “ehm, bhe, gli faccio lezioni private” prova a rimettere tutti a proprio agio “si, va bene. Almeno evitiamo presentazioni. Andiamo, dai!” lo incita afferrandolo per un braccio e tirandolo via “felice di averti conosciuto” prova a congedarsi dalla ragazza ancora in forte imbarazzo, ma è praticamente sicuro che lei non sia dello stesso parere. Finalmente viene liberato dalla presa della ragazza e la può seguire in camera sua, dove si accomoda ad una scrivania. Nel mentre che lei getta lo zaino in un angolo e prende il necessario per lo studio, Tk ha il tempo di guardarsi in giro: il letto è a due piazze, appoggiato contro la parete a nord, la finestra da sul cortile che circonda la casa, priva di tende, l’armadio che ricopre tutta la parete sud ingrandisce l’intera stanza, più di quanto già non lo sia, grazie agli specchi sulle ante. Gli scaffali traboccano di oggetti vari, fra cui varie foto leggermente impolverate, e sulla scrivania fogli vari, libri e cancelleria sommergono la maggior parte del piano e il computer portatile, aperto e in standby. La ragazza afferra qua e là i libri, li chiude e li appoggia sul letto, procurandosi lo spazio minimo per poter aprire il libro di matematica. “allora, da che cominciamo?” domanda afferrando una sedia e guardandolo fisso in faccia “ehm, non lo so, qual è il vostro programma, quest’anno?”. In tutta risposta gli porge il libro, aprendolo all’indice. Dopo una breve scorta degli argomenti torna a guardarla “e immagino tu debba partire dall’inizio” “già”. Bene, mettiamoci al lavoro, pensa. All’inizio Takeru sembra imbarazzato, soprattutto quando è costretto a diminuire la distanza per mostrarle come eseguire un esercizio, ma dopo un quarto d’ora sembra tranquillizzarsi, e la lezione prosegue tranquilla.

Dopo quasi un ora un lieve bussare li riscuote dai loro calcoli “Sora se ne sta andando, la accompagno a casa” la ragazza di prima spunta da dietro il braccio di Tai e fa un lieve cenno con la mano a Tk, che ricambia “va bene” lo liquida Hikari prima di riprendere la calcolatrice. Prima di richiudersi la porta, Tai lancia uno sguardo stupito a Takeru, come a dirgli però, tu si che ci sai fare, ma il biondo si limita a un cenno della testa. “vuoi riposarti cinque minuti?” prova ad interromperla, ma un grugnito appena udibile gli suggerisce che è troppo concentrata per ascoltarlo davvero. La ragazza è molto sveglia, e dopo che ha ascoltato la spiegazione teorica della regola riesce a fare l’esercizio quasi subito. Ogni tanto alcuni passaggi più complicati richiedono un ripasso delle regole, ma la capacità di Tk a trasformare la definizione in parole più semplici ed efficaci risolve ogni problema. Dopo un ora e quaranta Hikari chiude con uno scatto il libro, prima di appoggiarsi allo schienale, sfinita “direi che per oggi basta così” lo guarda intensamente, senza sbattere gli occhi “sei un bravo insegnate, te ne devo dare atto” lo sorprende. Per togliersi dall’impaccio si china a raccogliere il suo zaino, per poi metterselo in spalla. “ti chiedo scusa per l’imbarazzo che ha provocato mio fratello e quell’altra oca” Takeru la guarda severo, cercando di capire se lo sta dicendo per scherzo o è seria “non ti sta simpatica?” chiede sorprendendo anche se stesso della domanda. Sbuffa prima di emettere una breve risata secca “affatto. Ma almeno è meglio di quella precedente” a quell’accenno gli balza in mente una cosa “oh, è vero, dovevo chiedere a Tai se poteva ridare indietro a Jun la sua roba” una breve pausa fa cadere la casa nel silenzio più assoluto “bhe, ma immagino che con la sua ragazza davanti non potevo chiederglielo” borbotta più per se. “conosci Jun?” domanda lei forse più annoiata che incuriosita “no, l’aveva chiesto a suo fratello, e lui l’ha chiesto a me, visto che venivo qui” si affretta a rispondere, ma la sua interlocutrice non sembra molto interessata. Apre la porta d’ingresso per farlo uscire e si ferma lì, sul ciglio dell’entrata. Il biondo si volta per salutarla “bhe, immagino che ci vedremo a scuola, no?” chiede con troppa speranza che incrina la sua voce “si. Vengo io a comunicarti il prossimo incontro” fissandolo intensamente accenna un sorriso “immagino che ti dovrei qualcosa di più che una firma sul foglio dei crediti, visto il tuo impegno e la velocità con cui sei riuscito a insegnarmi quegli esercizi”. L’incredulità si impossessa di Takeru, che si affretta a sminuirsi “no, non ce n’è bisogno, basta che tu riesca…” non riesce a finire la frase. Probabilmente Hikari decide di dargli quel qualcosa che aveva promesso, appoggiando le labbra sulle sue. La sorpresa blocca il ragazzo sul posto, impedendogli di reagire,e  magari ricambiare quel bacio. Dura troppo poco per lui, ma quando Hikari si discosta non è imbarazzata, tutto il contrario. Con un cenno della mano e un sorriso furbo richiude la porta, lasciandolo coi suoi dubbi.

 

1 Non so se la frase vi risulti familiare: per chiunque l’abbia visto, in Digimon- Il Film Davis scoppia a piangere dopo il racconto di Willis e dei Digimon gemelli. Willis dice: “Il problema è mio, non disperarti così, sorridi” e alla pronta ripresa di Davis commenta proprio “Bel recupero veloce!”. Caso vuole che questa volta sia Tk a dirglielo!

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Capitolo 4
*** 4 ***


1

Takeru è steso sul letto, le braccia sono incrociate dietro la testa e il corpo è abbandonato mollemente sotto le coperte. Un rumore alla sua sinistra gli fa voltare la testa; sorride vedendo Hikari distesa accanto a lui, una mano sotto al cuscino, gli occhi chiusi e le labbra semiaperte. Un lieve movimento delle palpebre gli anticipa il suo risveglio, e quando apre gli occhi li poggia subito sul ragazzo. Quel marrone intenso è tutto per lui, e si crogiola nella sensazione di benessere che gli da. La ragazza sorride e si puntella sui gomiti, cercando di coprirsi il seno con le lenzuola, si allunga e bacia delicatamente Tk “buongiorno” lo saluta con voce calda, ma prima che possa rispondere uno squillo insistente lo distrae. Lo sguardo che rivolge alla moretta è incuriosito; non capisce da dove provenga “è il tuo cellulare?” ma sul suo viso delicato non sparisce quel sorriso stupendo “no, ma non mi importa, lascialo squillare” lo prega appoggiandosi sul suo petto e accarezzandogli le tempie. Nonostante la sua richiesta quel suono non cessa,e  anzi, sembra aumentare “non credi che dovremmo controllare che cosa è? Magari è importante” ma la ragazza sembra fregarsene “più importante di noi? No, non credo” così dicendo gli sale addosso, facendo passare una gamba dall’altra parte. Una voce potente lo scuote, facendolo sobbalzare; gli è familiare, ma non riesce ad afferrare chi sia “Takeru!” sua madre continua a chiamarlo, quasi arrabbiata, ma voltando la testa non la vede. C’è qualcosa che non quadra, e la sensazione aumenta quando, tornando a guardare Hikari, non la trova più. Apre gli occhi improvvisamente quando la madre lo scrolla per una spalla, e solo adesso capisce che era tutto un sogno. Solo quando si trova sotto a doccia capisce da dove arriva lo squallore che si sente addosso: si è ridotto a fare sogni semi-pornografici sulla ragazza che gli piace. I ricordi sembrano sbiadire con il passare del tempo, così tenta di aggrapparsi alle poche cose che è sicuro di ricordare, i capelli arruffati sul cuscino, il suo corpo sinuoso sul suo, gli occhi,la sua voce dolce. Ma tutto questo sta scappando, fugge veloce e non riesce ad afferrarlo. Quando cerca di ricordare i dettagli del sogno, di lei, si rende conto che tutto è sfumato, indefinito, impreciso. Anche la sensazione del suo tocco sulle tempie, così forte durante il sogno, è scomparsa, come se non fosse accaduto nulla. Certo, infatti non è successo niente; era tutto un sogno, e adesso che ci pensa si rende conto di quanto fosse palese che tutta la situazione era alquanto… bizzarra? No, impossibile sarebbe più appropriato! Il letto nel quale si trovavano era suo, ma allo stesso tempo non lo era; infatti lui possiede un letto singolo, non un matrimoniale. E la sua voce, così dolce mentre parlava con lui, non esiste nella realtà; o per lo meno lui non l’ha mai sentita. Ma quel bacio che si sono dati, anzi, che lei gli ha strappato a tradimento, quello che, ci può mettere la mano sul fuoco, è accaduto per davvero… perché l’ha fatto? Non può essere quel tipo di ragazza che bacia sulle labbra chiunque, come segno d’affetto. No, l’ha fatto per un motivo, ma quale? Nessuno è a conoscenza di ciò che è accaduto durante la lezione di lunedì a casa di Hikari, e Takeru è fortemente interessato a mantenere il segreto tale; ma nei due giorni seguenti la ragazza non si è vista, ne a scuola ne altrove. Adesso cosa deve fare quando la rincontrerà?

A scuola Davis sta bofonchiando qualcosa fra se e se. Non c’è nessuno con lui, e questo lo rende ancora più strano “hai imparato a comunicare con le presenze invisibili, Dai?” domanda il biondo “no, stavo maledicendo quella stronzetta” indica una ragazza troppo lontana per essere riconosciuta “perché?” domanda poco curioso l’amico: sa che se gli da corda potrebbe cominciare a parlare a vanvera, come oramai è solito fare “ce l’hai presente quella tizia che mi aveva portato il messaggio da parte di mia sorella?” cercando di fare mente locale, Tk riesce a focalizzare la ragazza che aveva interrotto il sacro pasto di Daisuke, lunedì in mensa “è appena passata con due sue amiche” continua senza aver neppure ricevuto una risposta “mi stava indicando, e rideva!” inveisce come uno poco sano di mente “mi piacerebbe sapere cosa aveva da ridere, quella lì! Che venga qui a dirmi le cose in faccia, se ha il coraggio! Glielo tolgo io quel sorrisino dalla faccia, a quella lì!” continua imperterrito, senza curarsi delle ormai troppe persone che lo guardano e ridono in maniera non troppo malcelata “Picchieresti una ragazza?” domanda Tk, sorprendendosi ad immaginarlo come un bullo, che stringe la preda contro un muro, picchiando un pugno contro il palmo dell’altra mano. La reazione del moro lo fa scoppiare a ridere: lo sta guardando con degni occhioni innocenti da cucciolo e il labbro inferiore leggermente in fuori “no! Non intendevo questo!”. Decidendo di non voler continuare questo sciocco discorso, lascia perdere l’amico, ancora leggermente sorpreso dalla domanda di Tk.

È quel pomeriggio che, uscendo da scuola dopo gli allenamenti, incontra Tsubaki all’uscita “sembravi aspettarmi” attira la sua attenzione Takeru “già, infatti” ribatte la biondina tirandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Il silenzio cala fra loro due, fino a che la ragazza non si fa avanti “non so se ti ricordi quella festa a casa mia a cui ti avevo invitato” comincia “comunque i piani sono cambiati: abbiamo deciso di trovarci all’ Odaiba cafè per decidere dove andare” Tk continua a fissarla, e, si rende poi conto, di metterla così in imbarazzo, come gli suggeriscono gli occhi che continuano a passare ad una velocità fulminante dal viso del ragazzo, alle sue mani intrecciate, ai piedi; tutto sempre evitando lo sguardo di ghiaccio del ragazzo “se vuoi unirti a noi ci troviamo alle nove” conclude con le gote leggermente infuocate. “ok, vedrò di esserci, così possiamo stare un po’ insieme” la tranquillizza. Solo dopo essersi salutati Takeru si rende conto che probabilmente le sta prolungando le pene: quello che le ha detto, che sarebbero stati un po’ insieme, avrebbe potuto essere frainteso, e il fatto di illuderla è meschino. Speriamo che prima o poi mi dimentichi per qualcun altro, se lo merita, pensa.

“Oggi pomeriggio a casa mia per fare storia, d’accordo?” Nessuno si è accorto di lei prima che aprisse bocca, e sembra non curarsi della sua irruenza. Hikari si trova di fronte a Takeru, in mensa, mentre lui e i suoi amici aspettano per prendersi da mangiare. Il ragazzo che sembra fare da guardia del corpo alla ragazza rimane a pochi passi da lei, e fissa Takeru con uno sguardo troppo intenso. Dopo la secca frase entrambi si voltano e se ne vanno, lasciando tutti un po’ allibiti.

“cominciavo a pensare che avremmo fatto una sola lezione a settimana” la saluta Tk al cancello della scuola. Hikari sembra stanca, ha lo sguardo spento e parecchio trucco che le nasconde a stento due occhiaie parecchio marcate. Si passa una mano sugli occhi, senza mai guardarlo “sono stata occupata; motivi familiari” sembra volersi giustificare “Lunedì ho il compito, e tu devi farmi prendere un buon voto, hai capito?” improvvisamente la furia che le invadeva lo sguardo torna ad accendersi, fulminandolo e creando un improvviso brivido alla schiena “posso provarci, ma con una sola lezione facciamo quanto possibile”. Per fortuna oggi non c’è nessuno a casa, così almeno Tk può evitarsi sconvenienti figuracce. Si mettono subito al lavoro, ma purtroppo il ritmo che avevano tenuto il lunedì recedente è lontano anni luce: Hikari è lenta ad imparare le date, scorda i nomi e i luoghi degli avvenimenti più importanti e continua a confondere le varie guerriglie. Dopo quasi un ora e mezza e poca strada fatta Takeru si decide a metterle per iscritto, sotto forma di schema, gli avvenimenti principali. Compilato il foglio glielo porge e comincia a spiegarglielo con calma, come se stesse parlando con un bambino, ma purtroppo anche questo non funziona “senti, prendi una penna e aggiungi accanto a quello che ti ho scritto io delle note che ti possano aiutare” le suggerisce. Questa operazione porta via più tempo del previsto, e il biondo è costretto a seguirla passo a passo da sopra una spalla. Nel silenzio più assoluto, mentre che la ragazza cerca di raccapezzarsi da quel casino, Tk prova ad appoggiare la sua mano su quella di Hikari. O la va, o la spacca, è la sola frase che continua a frullarli per la testa, ma per sua sfortuna l’alunna è più perspicace del professore, e non appena una dito a sfiora appena scansa la mano, portandola sotto al tavolo. Entrambi continuano il loro lavoro, facendo come se nulla fosse successo, ma solo Takaishi riesce a sentire il boato che gli invade la testa. “Ma perché questo idiota non se ne è stato a casa sua dalla moglie, anziché avere manie di importanza e girare il continente a dichiarare guerra a chicchessia?” sbotta alla fine la povera mora distrutta. Per l’ennesima volta si sfrega gli occhi, si guarda la mano macchiata di matita e mascara e impreca a mezza voce. Il trucco le ha invaso metà del viso e i capelli sono un rovo di spine, ma anche così sembra affascinante agli occhi di Takeru. “Fanculo la prof, quello che sono riuscita a studiare oggi le deve bastare, altrimenti può andarsene amabilmente affanculo!” Entrambi restano muti immersi nei propri problemi, quando a Takeru balza un idea in mente “Che ne dici se domani sera esci con noi?” azzarda con il battito del cuore improvvisamente accelerato. La sguardo confuso che gli rivolge la fa raggelare “Chi sarebbe noi?” Nonostante l’innocua domanda il ragazzo si costringe a respirare regolarmente “Tsubaki ha invitato me e i miei amici fuori, ma non sappiamo ancora dove. Se vuoi unirti a noi…” … sei la ben venuta, ma questo si vieta di dirlo; sia mai che si mostrandosi troppo dipendente da lei ottenga l’effetto contrario. In tutta risposta prende una penna dall’astuccio e strappa un foglietto, su cui comincia a scrivere “non credi che la tua spasimante non mi voglia in mezzo ai piedi?” chiede con la voce coperta dalla posizione cui è costretta “non è la mia spasimante!” si affretta a risponderle, cercando di evitare tremiti nella voce. Finalmente Hikari torna a guardarlo, allungandogli il foglio e alzando le spalle con noncuranza “bhe, comunque sia sarà divertente vedere la sua faccia quando mi vedrà” il sorriso maligno le fa risplendere il viso struccato. Abbassando gli occhi nota che sul foglio che le sta porgendo c’è un numero di cellulare, e, cercando di non farsi illusioni, trattiene il fiato “è il mio numero, così mi dici dove ci possiamo trovare” lo informa, continuando a sventolargli sotto il naso la carta.

Se rimane fedele alla sua parola, per lo meno ho la certezza di rivederla domani sera, continua a pensare sotto le coperte fresche Takeru. L’unico problema è Tsubaki, ma in fondo non può incolpare me di avere invitato Hikari, sempre che qualcuno non le spifferi tutto. Stranamente l’unica persona che può mettergli dei dubbi è Hikari stessa, visto che sembra divertirsi un mondo a stuzzicare la povera “ragazza innamorata”. Che voglia dimostrarle che se vuole può avere tutti i ragazzi, compreso Takeru, ai suoi piedi? Ah bhe, di certo se la moretta chiedesse qualsiasi cosa a lui, di certo lo avrebbe ai suoi piedi.

Kari è appoggiata al davanzale della finestra, un gomito appoggiato sul cemento a reggerle la testa, l’altra mano a trattenere la sigaretta fra l’indice e il medio, portandosela periodicamente alla bocca. Lo sguardo ormai è offuscato dalla stanchezza, ma la stessa le impedisce di dormire. Ormai assomiglio più a uno zombie che a un essere umano, pensa. Questa settimana è stata deleteria, se non fosse che devo essere promossa per non cambiare scuola1 starei a casa tutta la settimana prossima. L’unico è sperare che Takeru riesca a farmi prendere voti decenti. Sempre che papà non decida di mettermi i bastoni fra le ruote. La mente della ragazza comincia a vagare, passando da ciò che potrebbe succedere la settimana prossima al passato.

Quella sera era rientrato più tardi del solito, ma nessuno ci aveva fatto caso. Hikari aveva otto anni, Tai dodici. La mamma aveva chiamato tutti a tavola in maniera troppo rigida,ma a quell’età non s fa caso a certi dettagli. A scuola era andato tutto bene, e anzi, la medaglia di cartone che aveva vinto durante la gara di tabelline l’aveva messa di buon umore. Dopo cena, mentre suo fratello asciugava i piatti, lei continuava a saltare per la sala ridendo di quella risata cristallina che hanno i bambini. Saltava e ripeteva alcune tabelline, cercando di far sorridere i suoi. Mamma sembrava non voleva guardare, e papà aveva uno sguardo strano, vacuo. Sembrava che qualcuno gli avesse attaccato con lo scotch gli angoli esterni degli occhi verso il basso, la bocca rimaneva sempre in un ghigno serio e le labbra semiaperte. Tutta questa atmosfera le stava davvero rovinando l’umore, così si impose di fare qualcosa. Avvicinandosi al papà gli gettò le braccia a collo “vuoi che ti dia un bacione che ti faccia di nuovo contento?” gli chiede con voce squillante avvicinandosi al suo viso. Un odore pungente la travolge, dolce e intenso, e in quel momento perde l’equilibrio, proprio mentre il padre si volta con uno scossone verso di lei, allontanandola da se “Piantala Hikari, mi hai rotto! Non voglio nulla da te, stammi lontano!” gli urla con voce alta e arrabbiata, come quando ha fatto un malanno brutto brutto. La spinta l’ha mandata per terra, e adesso le manine sono rosse per l’impatto e le bruciano. Le lacrime arrivano veloci e la voce si rompe, mentre si scusa “non volevo farti arrabbiare, eri così serio e io volevo solo darti un bacino. Scusami papà!” le urla della piccola sono inudibili, sovrastate da quelle della mamma “che cosa le hai fatto? Sei imbecille a fare del male alla piccola?” domanda la donna dirigendosi velocemente verso la minore. Tai, anche se è grande e forte, sembra spaventato quanto la sorellina. La mamma la alza dolcemente mentre le urla del padre invadono la casa “che cosa vuoi donna, non le ho fatto nulla! È scivolata e si è fatta male da sola” i tentativi di difesa sono inutili, urlati in quella maniera. La mamma chiama il figlio e gli ordina di portare la piccolina in camera sua e calmarla, date le lacrime, ormai non più provocate dal dolore ma per quello che sta succedendo. Il padre si alza incollerito, e mentre i due bimbi vanno in camera un colpo li fa girare entrambi: la mamma si tiene una guancia e guarda papà; sembra parecchio infuriata. Malgrado Suo fratello abbia chiuso la porta della camera sentono comunque tutto quello che si dicono i genitori: “Mai nessuno mi aveva messo le mani addosso, e tu non sarai di certo il primo: vattene di casa” “Io non vado da nessuna parte, fai tu le valige, io non mi muovo!”. Le urla continuano per tutta la sera, e Kari non smette di piangere, neppure quando in casa cade il silenzio più assoluto. Si risveglia la mattina imbambolata, la pelle intorno agli occhi che le tira tutta e pizzica. Apre piano piano la porta e trova la mamma che cucina come al solito la colazione per lei e suo fratello; chissà, forse si è tutto risolto! “ciao mamma!” la saluta allegra, ma lo sguardo che le rivolge è serio; brutto segno! “Hikari, vai a svegliare tuo fratello, devo parlarvi” la intima. Papà e mamma si separano, in buoni rapporti, dice lei, ma solo col tempo impareranno tutti quanti quanto veramente buono sia, il loro divorzio. Mamma se ne va a vivere da sola, perché il papà si è impuntato e ha vinto la causa per tenere con se i bambini. Altre poche volte i figli hanno visto il padre così sbronzo, ma per lo meno non ha più alzato un dito su nessuno, anche se effettivamente quella volta non voleva veramente fare del male alla piccola. Mamma si è risposata con un uomo più vecchio di lei, e spesso è costretta a girare con gli occhiali da sole e coperta fino ai polsi; quindi non è poi così vero che papà sarebbe stato l’ultimo a picchiarla. Il padre, al contrario, evitò qualsiasi storia con altre donne, o almeno è quanto ne sa Hikari, e davvero cerca di non interessarsi alla vita sentimentale dei suoi. Sua madre le ha spesso chiesto di passare la notte da lei, ma lo sguardo di suo marito le ha sempre fatto venire i brividi giù per la schiena; dunque ha accuratamente evitato. Ora papà si è dovuto operare ad un ginocchio, e questo inconveniente si è ripercosso anche sulla frequentazione scolastica, fra le altre cose. Con un cricco getta il mozzicone dalla finestra e finalmente si decide a coricarsi.

“Der Disco; sai dov’è,no?” annaspa cercando di tenere il passo del gruppo di ragazzi che lo precede “Tk, io vivo qui da più tempo di te!” lo zittisce Hikari all’altro capo del telefono “Scusa!” la rimprovera del suo tono poco cordiale, ma invece delle sue sentite scuse per il suo tono scortese, riceve un “Ci troviamo lì” lapidario e il segnale che indica che la ragazza ha riattaccato. La maggior parte di quei ragazzi conoscono Takeru solo di vista, ma fanno di tutto per integrarlo nel gruppo, parlando, scherzando e ballando con lui. Le luci stroboscopiche puntate negli occhi lascino accecati per un momento, ma la cecità rende ancora più euforici “Meno male che sei venuto, avevo voglia di passare un po’ di tempo insieme” lo richiama Tsubaki che gli balla davanti “è molto bello qui. Mi piace!” le comunica. Un attimo di silenzio anticipano lo sguardo di traverso della bionda “solo il posto?” la sua voce carezzevole fa venire un enorme dubbio a Tk. Ma perché quegli stronzi di Davis e Ken non sono voluti venire? “anche la compagnia. Sono simpatici i tuoi amici” butta lì sperando che la ragazza non insista sulla stessa strada. come previsto è costretta a demordere, e a sbiascicare un “già” poco euforico. Chissà, prima o poi si renderà conto che non ha speranze con lui? Ti prego Tsubaki, accetta il fatto che per te non sarò mai qualcosa più che un semplice amico, pensa con una nota di malinconia il biondo. “andiamo a bere” lo invita, e con i bicchieri colmi di succo si dirigono alle poltroncine di bordo pista “voglio venire a vederti giocare, questa settimana” lo sorprende la ragazza, tanto che un po’ di liquido rischia di finire nella trachea “oh, non credo che sarebbe il caso: potresti rimanere delusa” prova a farla demordere, ma la risata che segue non promette bene “ma se ho sentito dire in giro che sei un bravo giocatore! Sai, questa falsa modestia potrebbe nuocerti” non trovando di che ribattere decide per il silenzio. “No, aspetta…” torna in carica Tsubaki, guardandolo divertita “non è forse che lo fai apposta?” chiede sorridendo in maniera forse un po’ eccessiva “a fare cosa?” chiede confuso, ma la distanza fra loro due che continua a diminuire lo distrae troppo “a diminuire le tue capacità”, ma malgrado gli sforzi, Takaishi non riesce ad afferrare il concetto. In che senso, le chiede prima di tremare alla vista della sua reazione: Tsubaki lo guarda dal basso, gli occhi semi socchiusi e un sorriso a fior di labbra; ciò che potrebbe essere definito tentativo di ammaliazione. “Stai per caso cercando di attirare le attenzioni su di te? Sai, le ragazze hanno un debole per i ragazzi modesti; come te” aggiunge dopo una breve pausa. Inghiottendo rumorosamente la saliva si alza come se fosse stato punto da un ago “Devo buttare il bicchiere” dice indicando con un gesto sbrigativo la plastica che ormai ha distrutto con le dita per l’agitazione e si dirige verso i cestini. Lei gli è subito dietro, e in grande silenzio tornano sulla pista. Il ragazzo prova a muoversi sciolto come prima, ma la precedente esperienza con Tsubaki lo ha lasciato scosso. Proprio mentre sta entrando un nuovo gruppo di ragazzi gli cade l’occhio sulla nuova arrivata; allunga le braccia per darsi notare, e quando gli è più vicino resta senza parole: Hikari lo sta raggiungendo a passo deciso, fasciata in un abito che la rende a bellissima, sandali alti che le avvolgono la caviglia e i capelli raccolti. “Che cosa ci fa lei qui?” sibila la bionda che, si accorge solo adesso, gli è ancora accanto. L’aveva detto Hikari che Tsubaki si sarebbe arrabbiata. Non c’è bisogno di parole, tanto che lo guarda sorpresa, finché il suo sguardo diventa infuriato “l’hai chiamata tu?” il fatto di non ricevere una risposta conferma l’accaduto, e borbottando un “devo andarmene al bagno” si allontana a passo spedito nella direzione opposta a quella della mora. “L’ho detto che si sarebbe infuriata” commenta Kari appena raggiunge il biondo, ma il sorriso che ha sulle labbra si direbbe quasi che sfiori la gioia pura. Ridendo fra se e se Takaishi intuisce la famosa gelosia fra donne di cui si parla tanto. “sei arrivata, allora” ma lo sguardo gelido che gli rivolge gli fa pensare dove abbia sbagliato “se sono qui! Non mi piace qua, è pieno di marmocchi. Io esco, tu vieni?” e senza neppure attendere una risposta eccoli che si dirigono verso l’uscita “ho voglia di qualcosa da bere di più forte che una Fanta” lo aggiorna prima di girare l’angolo “pensavo che ai minorenni non potessero vendere alcool da bere” chiede ingenuamente “certo, altrimenti ci sarebbero troppe persone ubriache, non credi? Bisogna sempre fare ciò che la legge impone!”. Ok, certe parole non lo avrebbero smosso minimamente, se dette da qualcun altro, ma se è Kari a parlare allora c’è sicuramente qualcosa sotto! Sempre camminando si volta per guardarlo in viso e gli rivolge quello che potrebbe sembrare un sorriso sincero “vuoi unirti a noi?” chiede prendendolo per mano e trascinandolo verso un gruppo di ragazzi e ragazze che stanno proprio dietro l’angolo che hanno svoltato. Non appena notano la ragazza in arrivo partono urla di giubilo e fischi di contentezza “e brava la nostra Kari che ha portato un amico. Vuoi favorire?” domanda il tipo con una bottiglia di Vodka e pera in mano. Evidentemente l’espressione di Takeru è molto buffa, perché la ragazza che l’ha trascinato lì scoppia a ridere prima di afferrare la bottiglia e portarsela alle labbra. Sempre guardandolo fisso negli occhi trangugia due lunghe sorsate di liquido prima di porgerla a lui. con più lentezza del dovuto avvicina il collo della bottiglia, quando gli balena nella testa che ci ha appena bevuto Hikari; anche lei ha appoggiato le sue labbra lì: sarà come baciarsi per la seconda volta! realizza. Il liquido freddo e dolce brucia leggermente la gola, ma è buono (sa davvero di pera) e non è potente come credeva. La prima sorsata è seguita dalla seconda, poi dalla terza, Finché due mani delicate gliela portano via delicatamente. Hikari lo sta guardando sorridente, mentre passa l’alcool alle altre persone che ridono mentre lo fissano “ehi, vacci piano, non ci sei solo tu! Capisco che ti senti finalmente libero, ma non esagerare!” lo canzona sospingendolo verso una cassetta di plastica su cui si siedono, uno accanto all’altra.

“… e quindi io credo che è ingiusto, chiaro?” alle parole del biondo seguirono vari echi e parole frammezzate. La testa era leggera e girava leggermente ad ogni movimento, e le parole uscivano dalla sua bocca non appena gli giungevano al cervello. Dopo vodka e pera era stato aperto il rum, seguito da e così cinque bottiglie si erano ammucchiate ai loro piedi. I sette ragazzi sembravano tutti allegri, ma Tk era quello messo peggio. “Forza belli, facciamo un po’ di Maria Giovanna?” riesce a dire uno quando finalmente le voci tornano ad un volume normale. Fra i consensi generali un “cos’è la Maria?” li fa voltare tutti esterrefatti “è così che chiamiamo la Marijuana” lo aggiorna una ragazza sulla ventina; così, mentre tutti parlottavano fra loro l’attenzione del ragazzo fu rapita dal processo di rollare la canna: grattare il panetto, mettere la polvere sulla cartina, aggiungere il tabacco e chiudere il tutto. Gli occhi del tipo che sta facendo su la canna incrociano quelli del biondo “vuoi favorire?” domanda, ma una risata dolce fa voltare entrambi “no, ha già bevuto abbastanza, ci manca solo questo” lo blocca subito Hikari “è meglio se io e te andiamo a bere acqua e facciamo due passi” così dicendo lo afferra sotto un braccio e lo incita ad alzarsi “ma io non ho bevuto molto” si giustifica alzandosi, e a dimostrazione rischia di cadere per terra non appena si alza sulle sue gambe “no infatti, però è meglio così. Ci vediamo in giro ragazzi” saluta la ragazza, seguita da baci lanciati nella sua direzione e vari “ciao bellezza”. Anche Tk viene salutato calorosamente, ciò gli fa intuire di stare simpatico alla combriccola. “perché in giro? Non vengono a scuola?” domanda non appena sono fuori portata d’orecchio “no, sono tutti più grandi e frequentano l’università” dice lasciandogli andare il braccio. I passi non sono troppo precisi, e ogni tanto rischia di incrociare le gambe in maniera pericolosa. In silenzio segue la ragazza verso una fontana, dove si ferma, incrociando le braccia “devo bere, giusto?” chiede scioccamente prima di allungare le mani a coppa verso il getto continuo. Un tot di sorsate dopo l’arsura che non si era accorto dominasse la sua gola si placa, tanto che sta per allontanarsi, ma una forza esterna gli spinge la testa sott’acqua. Afferra il bordo della fontana con entrambe le mani e prova ad far forza per tirare la testa fuori; il tempo di tirare un respiro profondo che torna sott’acqua. Pochi secondi dopo la forza sulla sua nuca cessa e può alzarla tossendo acqua “ma ti sei bevuta il cervello oltre che l’alcool?” domanda inorridito guardandola come fosse E.T. In tutta risposta Kari scoppia a ridere di gusto “scommetto il mio vestito che ora stai meglio”, un secondo per pensarci ed effettivamente si rende conto che le vertigini sono nettamente diminuite2. Lei lo sta guardando con un sopracciglio alzato “è vero! Sto meglio, grazie!” “dovere” si schernisce con un gesto della mano, poi d’un tratto realizza: “Come sarebbe che ti giocavi il tuo vestito?” chiede perplesso quando la ragazza fa una risata secca “si, se perdevo me lo sarei sfilato e te lo avrei dato” continua sempre sorridendo sorniona. Takeru abbassa gli occhi mentre, per un secondo, gli balena la scena in testa. Uno spintone lo obbliga a tornare al presente, e Kari che lo fissa lo fa preoccupare “viaggia poco di fantasia, e non saltare su con frasi tipo se lo avessi saputo prima” lo ammonisce. Il buio nasconde il rossore diffuso sul viso del biondo. Lei si siede su un muretto basso, seguita a ruota dal ragazzo “vuoi che ti riaccompagni a casa?” domanda lui cavallerescamente “la notte è il mio elemento, fra i due, chi rischia a girare adesso sei tu”. Nessun ringraziamento, niente riferimenti a quanto sia stato gentile a offrirsi … la solita freddezza che allontanerebbe, se non fosse che il ragazzo che si trova di fronte è diverso da molti ragazzi. “non credi che adesso dovremmo cominciare ad essere più constanti con gli incontri pomeridiani?” domanda senza preavviso il biondo. Hikari si volta a guardarlo, le braccia rigide e le mani appoggiate al muretto “pensavo che avessi degli allenamenti di calcio” “basket” la corregge con un sopracciglio alzato “e comunque possiamo trovarci dopo le attività dei club” ovvia, ma il silenzio che segue mette in dubbio la sua idea “e tu quando studi?” domanda semplicemente, sorprendendolo: se si sta preoccupando per lui è un buon segno, no? “io non faccio i compiti per te, ne studio al tuo posto: posso venire a studiare a casa tua, così io non rimango indietro e tu usufruisci del mio aiuto”. Il sorriso che le si apre sul volto è solare, risplende alla luce dei lampioni “sai, a volte sembri quasi intelligente!” lo stuzzica, ottenendo un muso lungo “ehi, ti ricordo che fra i due sono io quello che insegna, non tu!” fa l’altro con tono risentito. Kari scoppia a ridere dandogli una spallata contro il braccio “sto scherzando, permaloso!” così da ottenere anche la sua risata. Il silenzio cala Finché “Kari, posso farti una domanda?” e il suo sguardo attento lo fa continuare “perché l’altra volta mi hai baciato?” decide di buttarsi, temendo comunque le conseguenze. Il suo viso si fa serio e fissa i suoi piedi, prima di tornare a guardarlo con espressione superiore “non l’ho fatto per altro motivo, se non per il mio ego. Volevo solo farlo, senza altra motivazione” quelle parole rimangono nell’aria finché non riprende a parlare, appoggiandogli una mano sul braccio e facendolo sussultare “Io e te non siamo altro che amici” lo informa, notando la delusione che affiora dai suoi occhi. Inspirando bruscamente, Tk alza lo sguardo, leggermente fiero “d’accordo, l’importante era chiarirci” prova ad arginare la situazione. Salta giù dal muro e per un pelo non finisce sull’asfalto, giusto perché all’ultimo riesce ad aggrapparsi al muro. Hikari lo segue agilmente “non avevi mai bevuto tanto alcool prima d’ora?” malgrado la domanda è chiaro che già entrambi conoscono la risposta “era la prima volta, veramente” confessa in totale imbarazzo. La ragazza alza le spalle “ok, ora puoi dire di aver provato qualcosa di veramente emozionante!” nonostante suonasse come un’offesa, Takaishi non se ne ebbe a male “domani mattina prova con le frittelle3 e un analgesico” concluse prima di voltarsi e alzare la mano in segno di saluto, dandogli le spalle. Il biondo rimase a fissarla finché il buio non l’ebbe inghiottita. Cosa intendeva poi con le frittelle? Insomma, lui stava bene, e la mamma è già a letto, quindi non deve neppure fingere o inventarsi strane scuse. È il giorno dopo che capirà cosa intendeva!

 

1Se si viene bocciati o sospesi si è costretti a cambiare scuola

2Chiedo scusa, per chiunque l’abbia notato, per il plagio: la scena è praticamente la stessa del libro “Dark Eden”, se non fosse che nel libro il pseudo affogamento avviene il giorno dopo la sbornia

3Nuovamente perdono per il plagio, questa volta però viene da “Una mamma per amica”, la volta in cui Lorelay prende la sbronza quando va a casa di Christopher per consolarlo della morte del papà(di Christopher). Vabbè, se sapete di cosa parlo capirete!

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