Rose Turner e la maledizione del forziere fantasma

di uadjet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Tortuga ***
Capitolo 2: *** 2. Norrington ***
Capitolo 3: *** 3. Scoperta ***
Capitolo 4: *** 4. Fratelli ***
Capitolo 5: *** Partenza (ed esercizi di lotta libera con il Commodoro) ***
Capitolo 6: *** Ipotesi su come neutralizzare il Tentacoloso Capitano Jones ***
Capitolo 7: *** Norrington si è lavato?! ***
Capitolo 8: *** Il Commodoro si prende troppe libertà ***



Capitolo 1
*** 1. Tortuga ***


ROSE TURNER E LA MALEDIZIONE DEL FORZIERE FANTASMA

 

Il mio nome è Rose Turner. Sono capitano del Cigno Nero da cinque anni, due mesi, e tre settimane oggi; ricordo perfettamente quel giorno, il modo in cui mio padre, allora capitano della nave, morì sotto i miei occhi dopo un attacco di predoni, il sapore delle mie lacrime nel momento in cui mi nominò suo successore, i volti di molti dei valorosi uomini con cui ero cresciuta martoriati dalle cannonate. Da allora qualcosa in me si è spezzato, e sono cambiata profondamente: sono diventata in pochissimo tempo la donna orgogliosa, forte, e determinata che i miei compagni vogliono vedere, nonostante il dolore che porto ancora dentro di me. Questa è la mia storia, questo è il racconto di come incontrai il Capitano Jack Sparrow e la mia vita cambiò radicalmente. Di nuovo.

 

1.

 

L’attracco a Tortuga avvenne a tarda sera, contrariamente ai miei calcoli; pensavo che le scorte sarebbero bastate ancora per altre due settimane, ma poi ci si erano messi pure i topi, intrufolatisi chissà come all’interno dei contenitori del cibo durante l’ultima sosta. Fu con indole piuttosto amareggiata che mi fermai in quel porto, conscia che la ciurma non sarebbe potuta ripartire prima della tarda mattinata: sapevo che gli uomini il giorno dopo sarebbero stati presi dalla sbronza più potente mai vista e che quindi non avrei potuto interpellarli in aiuto. “ Odio dover pensare a tutto da sola” pensai mentre sistemavo i sacchi vuoti nei carri per prelevare le scorte necessarie. Negli ultimi giorni poi i marinai si erano rivelati ancora più intrattabili, a causa della presenza, secondo loro, del fantasma di una giovane sposa; le versioni erano molteplici, ma il fatto che potesse essere morta per il dolore della perdita del giovane sposo era finora la più probabile. O forse sotto sotto speravano che fosse andata così, per nutrire la propria vena romantica: dal canto mio, credevo che qualcuno si fosse intrufolato nella nave, ma decisi di non approfondire. Anche se forse avrei dovuto.

<< Capitano, perché non viene anche lei a bere qualcosa? Sarà stanca di essere sempre così rigida>> urlò Marcus, uno dei miei uomini più fidati, ridendo nella mia direzione. << L’unico momento in cui non sarò rigida sarà quello della tua morte, perché allora saprò che i miei guai saranno finiti!!!>> gli risposi con il sorriso sulle labbra; in quel momento comunque avevo cose più urgenti da fare. << Buonasera, vorrei registrare la mia nave al porto per la notte>> dissi al funzionario, dirigendomi verso di lui. << Certo, signor… ina, vedo>> mi rispose squadrandomi da capo a piedi con un sorriso sdentato che, riflettei trattenendo una risatina, avrebbe fatto scappare tutti quelli nel giro di qualche metro. << Capitano, veramente, capitano….>> ripresi allontanandomi leggermente: quell’uomo doveva farseli togliere assolutamente, quei denti << Rose Turner>> << Certamente, sono tre galeoni, prego>> Porgendogli le monete mi diressi verso la taverna in cui era entrato Marcus; avrei potuto chiedere che la nave venisse sorvegliata, ma non avevo voglia di spendere altri soldi, e, in più, il Cigno di certo non se la passava bene: la chiglia era tappezzata di assi di legno per coprire i buchi, mancava il tagliamare, e persino la sirena che decorava in principio la prua si era largamente deteriorata, lasciando il posto ad una massa informe. “ A cosa mi sono ridotta, questa nave era tutto per mio padre … e me” pensai improvvisamente riguardo alla vacuità della mia attuale vita da piratessa: da quel giorno la mia vita aveva preso una strada non ben definita per me, da tutti i punti di vista. E la nave non era certo l’unico problema; a causa dell’ambiente in cui mi trovavo, della mia posizione e della mia giovane età non avevo mai avuto rapporti intimi con un uomo che non fossero di amicizia, come nel caso di Marcus, e il mio aspetto banale nonché il mio corpo privo di forme non aiutavano di certo. Il fatto era che non mi importava nulla, per me l’unico uomo che avrebbe mai potuto avere un posto nel mio cuore sarebbe stato mio padre, fino alla fine, e fu proprio con questi pensieri che entrai nel locale. Dio, quanto mi sbagliavo.

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Capitolo 2
*** 2. Norrington ***


2.

La “Taverna dell’Impiccato” era un caleidoscopio di boccali trabordanti birra, seni penzolanti e corsetti allentati, che faceva perdere la cognizione dell’equilibrio a chiunque varcasse la soglia. Appena entrata cercai di individuare i miei amici, evitando di calpestare gli avventori distesi a terra e le loro pulzelle, e fu allora che lo notai. Beh, era difficile non farlo, visto la luce che egli emanava: sembrava quasi che emettesse un fascio di luce propria, tanto era diverso dalle persone vicine a lui. E non lo pensai certo per la sua avvenenza, nascosta sotto una barba incolta e vari strati di vestiti ormai scoloriti, o per la sua lucidità in una marea di gente ubriaca marcia, ma per l’aura che fuoriusciva da lui; quell’uomo era diverso, decisamente diverso da tutte le persone che avessi mai incontrato nella mia breve vita. E quello che sentii (grazie al mio udito notoriamente sviluppato, modestie a parte) dire lì vicino mi fece incuriosire ulteriormente.
<< Ti dico che è lui, che mi venga un colpo se non è vero!!>> stava sussurrando un vecchio al suo compare, a due tavoli di distanza da lei.
<< Certo, quindi Jack Sparrow sarebbe in questa taverna e starebbe cercando disperatamente uomini per la sua ciurma …>> rispose indispettito l’interlocutore. “Jack Sparrow?! Quel Jack Sparrow??!” pensai incredula; se era lui l’uomo leggendario di cui mio padre aveva sempre parlato, potevo capire lo strano alone che lo distingueva da tutti gli altri.
<< No, non è solo questo, il Capitano sta arruolando nuovi marinai e mozzi per un viaggio nell’oceano … E pare che voglia anche pagare tutti gli uomini che accetteranno!!>> il primo uomo, dopo aver detto ciò, si volse come per cercare qualcosa di fondamentale per lui, << Eccolo, è lì!>> concluse indicando l’oggetto del mio interesse improvviso.
Fu allora che qualcosa nel mio profondo scattò. Non pensai nemmeno alle conseguenze, al necessario abbandono della mia nave, della nave di mio padre, per un viaggio con un perfetto sconosciuto in luoghi altrettanto sconosciuti, ma forse fu proprio il fatto di trovare uno scopo alla mia vita che mi spinse a dirigermi verso quel tavolo. Avvicinandomi notai che sul banco si trovava una pergamena, una specie di elenco su cui venivano annotati i nomi dei volontari arruolati, accostato ad una boccetta d’inchiostro con una penna per scrivere.
<< Salve, Capitano Sparrow>> esordii sicura di me, rivolegendomi all’uomo e voltandomi solo per un momento verso il suo accompagnatore. “Sarà un componente della ciurma, non può essere altrimenti” pensai voltandomi nuovamente verso Sparrow.
<< Ciao, cara, e tu sei …?>> cominciò lui, con uno sguardo (secondo lui) da seduttore. A malapena mi trattenni dall’alzare gli occhi al cielo: forse l’apparenza mi aveva ingannata. << Non ho intenzione di perdere tempo, anche perché potrei pentirmi della mia decisione, quindi, evitando inutili presentazioni, ora firmerò questo foglio ..>> lo interruppi, << se non le dispiace>>.
Il suo sguardo apparve per un momento (mi chiesi perché mai) disorientato, dicendomi sbalordito:<< Ma quindi tu saresti un pirata? E io che ti credevo una ragazza del locale con molta originalità …>> concluse ridendo volgendosi verso il suo compare. Vidi rosso. Va bene che non ero quella che si chiama proprio una nobildonna, ma una puttana no di certo; stavo appunto per tirare fuori la sciabola per la seconda volta in tutta la mia vita quando un uomo mi scansò improvvisamente. Non era la giornata giusta, quindi mi voltai seriamente infuriata contro il disturbatore: mi sbalordii per la capacità di alcuni uomini di toccare gli abissi più profondi, perché questo li aveva superati da un bel pezzo. Il volto era coperto da uno spesso strato di sporco, i vestiti puzzavano di escrementi e in testa aveva perfino una specie di parrucca che doveva averne passate di cotte e di crude.
<< Gibbs, ma questo adesso chi è?>> chiese Sparrow leggermente spaventato, guardando me: forse credeva che fosse il mio protettore.
<< Io non lo conosco di certo>> risposi rivolta a lui: necessitavo di fargli sapere che me la sapevo cavare benissimo da sola, non avevo certo bisogno di un uomo, specie in quelle condizioni!
<< E qual è la tua storia?>> disse Gibbs, rivolto al barbone che adesso aveva, notai con un pizzico di timore, un’aria stralunata.
<< La mia storia è esattamente la tua storia, ma solo un capitolo indietro; ho inseguito un uomo per i sette mari …>> a quelle parole il Capitano si voltò improvvisamente verso di lui, come se di colpo avesse intuito una profonda verità: nel frattempo anch’io capii che quella storia sarebbe finita male, e cercai di limitare il prima possibile i danni.
<< Senta, signore, forse è meglio evitare scenate in tutta questa calca, non vorremo che qualcuno si faccia male, n …>> << Sta’ zitto, ragazzino>> rispose lui di rimando senza degnarmi di uno sguardo e appoggiando i palmi delle mani ai lati del tavolo, in modo da trovarsi di fronte al suo ipotetico interlocutore.
“ Non sarà mica Sparrow quello di cui sta parlando?! E’ un uomo coraggioso, il capitano” pensai, sempre più dubbiosa però riguardo alla persona che mi trovavo davanti, in carne ed ossa.
<< Dargli la caccia mi è costato il mio equipaggio, il mio incarico, la mia vita …>> continuò lui imperterrito, a voce sempre più bassa, mentre negli occhi dei due uomini di fronte a noi si faceva strada la consapevolezza di chi si trovavano davanti.
<< Commodoro???!>>
 

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Capitolo 3
*** 3. Scoperta ***


3.

<< Commodoro??!>>
<< Non più Commodoro, non ci senti?! Vi ho quasi catturato a Tripoli. Vi avrei presi, non fosse stato per quell’uragano …>> Non ci potevo credere: un’autorità! Che mai aveva potuto fare Sparrow per farlo arrabbiare? Insomma, è noto che i rapporti tra pirati e ufficiali non fossero dei migliori, ma la questione alla fine si limitava ad aumentare le distanze per non incorrere in problemi inutili. Dopotutto, se gli era stata rovinata la vita, riflettei, non aveva tutti i torti a vendicarsi sul responsabile. “Maledetti i pirati che non si fanno gli affari loro” pensai, rendendomi subito conto che io avrei potuto annoverarmi in quella categoria, visto che non mi spostavo nonostante la situazione andasse degenerando.
<< Oh Dio, non avrete tentato di attraversarlo?!>> gli domandò in quel momento l’uomo chiamato Gibbs, con un’espressione talmente sorpresa che in bocca gli sarebbero potute entrare quasi tutte le mosche presenti all’interno del pub.
<< Allora mi prendi nella ciurma o no?>> lo interruppe il Commodoro, alzando progressivamente la voce: avrei voluto ricordargli che c’ero prima io, ma forse quello non era proprio il momento per farlo. “ Perché me ne sto ancora qui?” pensai facendo un passo indietro; quel pensiero venne subito soffocato però, perché non ero certo una vigliacca, e poi volevo vedere come sarebbe andata a finire (tanto la mano sulla sciabola ce l’avevo già). << Non mi hai detto dove andate ….>> continuò: quello che avvenne dopo fu quasi un lampo, da quanto avvenne tutto velocemente. All’improvviso il sorriso sghembo che gli aveva increspato le labbra lasciò il posto ad uno sguardo da pazzo, e il barbone buttò all’aria il tavolo, travolgendo i due uomini, << IN UN BEL POSTO????!!!!! ALLORA, SONO DI SERVIRE SOTTO CAPITAN JACK SPARROW???!!!!>> “ Oh cazzo” pensai sguainando la mia arma, “devo prendere in mano la situazione”.
<< Fermo, nessuno si farà male qui dentro, chiaro? C’è altra gente qui, quindi se avete una questione da risolvere, lo farete fuori >> dissi ad alta voce, che risultò ancora più alta, visto il rimbombante silenzio che seguì al gesto dell’uomo.
Il Commodoro si girò solo allora verso di me, come se mi vedesse per la prima volta: la sua espressione era molto sorpresa, vuoi per il fatto che ero una donna, vuoi per il fatto che non mi ero lasciata intimorire dal suo gesto e che avevo saputo reagire, o forse per l’insieme di queste due cose. Fece però una cosa inaspettata: scoppiò a ridere. Eh, già. << Che hai, pezzente? Non mi pare tu abbia molto da ridere vista la situazione >> lo zittii mentre la rabbia rimontava; non sopportavo che qualcuno mi sottovalutasse, e ciò era già accaduto molte volte.
<< Ma certo che no, piratessa, stavo solo considerando mentalmente che la sua idea sarebbe uno spreco di tempo, vero, Sparrow: che dici, ti devo uccidere ora? >> sussurrò squadrando me e tirando fuori una pistola, “Perfetto, la storia va di bene in meglio” pensai maledicendomi di aver dato la mia a Marcus.
Nello stesso momento Sparrow cercava di nascondersi dietro al suo compare, e mentre lo faceva disse al Commodoro:<< Ingaggiato!>> “Ah, e per fortuna che il suo nome è leggenda” riflettei amareggiata per la sua codardia.
<< Desolato, le vecchie abitudini restano >> concluse lui accingendosi a sparare: in un attimo presi una bottiglia dal tavolo vicino e gliela spaccai in testa, insomma, va bene farsi giustizia da solo, ma in mezzo a tutta quella gente! Per la verità mi piacque molto, vista la mia antipatia per lui, ma subito dopo verificai le sue condizioni, cercando il battito: mio padre me l’aveva spiegato dopo che un marinaio era rimasto ferito, durante un’esplorazione.
<< Beh, ragazza, hai proprio dei bei riflessi: che ne dici di unirti anche tu alla spedizione? >> si congratulò con me Sparrow, contento di non essere più in pericolo di vita.
<< Ma lei ci è o ci fa?! Sono venuta per questo! >> gli risposi, “Chissà se è rimbambito veramente oppure il suo è tutto un gioco” pensai nel frattempo; adesso rimaneva solamente da sistemare il Commodoro in qualche posto lontano da lì.

- - - - -

Dopo aver dato il mio nominativo, di fronte ad un Capitano Sparrow improvvisamente sorpreso, il problema successivo fu cercare Marcus e spiegargli tutto: beh, per la verità fu lui a trovarmi, riconoscendo “la mia chioma ramata in mezzo a tutto quel trambusto”, secondo le sue stesse parole. Ci volle un bel po’ per calmarlo, quell’omone di colore che mio padre chiamava Otello per la somiglianza con il personaggio letterario (sì, lo so, non dovrei conoscere Shaekspeare, ma mio padre mi leggeva le sue opere prima che io mi addormentassi), soprattutto perché secondo lui stavo tradendo la memoria del suo defunto amico, nonché mio stesso sangue. Già, dovrei correggermi anche su questo aspetto: mio padre non era proprio mio padre. Lui mi spiegò la storia quando avevo cinque anni, abbastanza grande, secondo lui, per capire perché non avessi una madre, e, diciamocelo, anche per svuotarsi la coscienza.
Lui mi trovò una mattina, durante un viaggio di esplorazione del Mare dei Caraibi, avvolta in fasce su un pezzo di legno che si era, chissà come, incastrata tra le travi: ci era voluto un po’ perché capissero che c’era qualcosa in quegli stracci. Non che mi importasse, del resto: quello era mio padre, colui che mi aveva cresciuta, che mi aveva protetta dai predoni e che mi aveva capita quando stavo male, che non mi faceva pressioni quando ero arrabbiata, che mi aveva insegnato tutto, e non mi importava del resto, come di andare a cercare i miei veri genitori, soprattutto dopo ciò che avevano fatto. Forse fu questo il motivo della furia di Marcus, il fatto che lui avesse fatto così tanto per me; sta di fatto che ormai avevo preso la mia decisione, e che lui lo volesse o meno, io sarei arrivata fino in fondo. Anche senza di lui.
Mentre preparavo la mia roba, uno dei mozzi, un certo Albert, un ragazzo che avevo ingaggiato quasi due mesi fa, mi si avvicinò, dicendo che un uomo “conciato piuttosto male con la parrucca” aveva chiesto in giro di una ragazzina pirata con i capelli rossicci; per un momento non credetti alle mie orecchie, cosa voleva il Commodoro da me? Sperando che non volesse infrangere le sue regole di cavalleria e picchiarmi per il mio gesto, mi recai sul ponte della nave e ritornai al porto.
“Salve, Commodoro” lo salutai mantenermi a distanza: lui aveva un aspetto persino peggiore del giorno prima.
“Salve a lei, signorina, presumo,…?” mi rispose lui, avvicinandosi di un passo. “Capitano Turner, per lei: che vuole?” gli dissi incrociando le braccia al petto, “me lo vuole dire subito o devo aspettare??!” continuai, dopo aver notato che la suo viso era cambiato improvvisamente; il suo sorrisino ironico aveva infatti lasciato il posto ad un’ espressione sbalordita.
“Turner, hai detto?” sussurrò ad un tratto, sgranando gli occhi, “Non può essere …. Will …”
“Will, chi? Will chi?!” gli chiesi scocciata: ma che credeva? Che avessi tutta la giornata a sua disposizione?
“E’ tuo fratello, Rose”

Note dell’autore:

Ciao a tutti! Finalmente la prima fan fiction, e soprattutto in un fandom che mi è sempre piaciuto: Pirati dei Caraibi! Come era ovvio, ho messo una storia con un nuovo personaggio, senza però includerlo nella scheda di presentazione J al più presto lo cambierò, è che mi dispiaceva non mettere gli altri personaggi, quelli del film JJ comunque se avete qualunque consiglio, se vi dovesse piacere la storia o dovesse fare schifo (cosa più probabile) fatemelo sapere! Vi anticipo intanto solamente che il futuro “innamorato” (o quasi) di Rose non sarà il nostro beniamino Jack …. Diciamo che tra loro si instaurerà un bel rapporto di amicizia e ironia, ma Rose non proverà mai nulla di più … ci sarà qualcun altro nel suo cuore, una persona che poi farà la parte del traditore …J Avete già capito, eh?J Vabbè, allora alla prossima
Baci

 

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Capitolo 4
*** 4. Fratelli ***


3.

“E’ tuo fratello, Rose”
Per un momento rimasi come inebetita: chi diamine aveva parlato? Subito dopo però quel sentimento lasciò il posto alla rabbia, di conseguenza mi voltai verso l’ultima voce a parlare, sapendo già in anticipo a chi potesse appartenere.
“Mio fratello CHE, Sparrow?!” gli ringhiai sommessamente con uno sguardo omicida, presumo, dato che si fece piccolissimo di fronte a me: nel frattempo il mio cervello lavorava, passando in rassegna tutte le stranezze che avevo riscontrato la sera prima, dall’espressione stranita del capitano a quella sbalordita del Commodoro. Di sicuro non stavano mentendo, quindi dovevano essersi per forza sbagliati: non era stato trovato nessuno oltre me quella mattina. “ Vi starete sicuramente sbagliando” dissi, più rivolta a me stessa che a loro, “esistono anche i casi di omonimia, di certo questo è uno di quelli” conclusi, sempre meno convinta delle mie affermazioni, non solo perché era altamente improbabile (come aveva detto mio padre, infatti, un cognome come Turner era molto raro da trovare), ma anche per nascondere quello che mi arrivò alla mente in un attimo come un colpo allo stomaco; forse dopotutto poteva essere così, e colui che doveva essere mio fratello mi aveva semplicemente abbandonata al mio destino.
“Io non credo, Rose ..” stava sussurrando Sparrow, “Non mi chiami così, lei non mi conosce” lo rimproverai subito per le sue libertà, “per lei sono il Capitano Turner” spiegai, invitandolo però con gli occhi a continuare il suo discorso.
“Vedi, Turner, quando tuo fratello Will …” “quel delinquente di suo fratello, vorrai dire, Jack” lo interruppe il Commodoro con un astio evidente negli occhi, su cui non mi soffermai, “mmh … quando tuo fratello venne a cercare il mio aiuto dopo il nostro primo incontro (non amichevole, per giunta, oserei dire), mi spiegò di come fosse stato ritrovato in fin di vita quando era ancora un bambino e soprattutto di come vicino al suo corpo fosse stata ritrovata una cuffietta da bambina, con le iniziali R.T.” mi spiegò in poche parole lui, guardandomi a malapena, “R.T. come …” “Come Rose Turner” concludemmo all’unisono io ed il Commodoro; del resto avevo conosciuto e mantenuto il mio cognome proprio per lo stesso motivo, perché tra le garze che mi coprivano era stato ritrovata una scritta ricamata con il mio nome, che, con il consenso di mio padre, avevo sempre usato come mio.
“E quindi?” gli chiesi con calma glaciale, “questo dovrebbe importarmi qualcosa? Non mi pare che il mio caro fratellone mi abbia cercata, in questi anni, no?” E lo pensavo assolutamente. Mio padre era l’uomo morto per proteggermi, ed io non avevo fratelli. “Ehm, io credo di sì” mi rispose Sparrow, con lo sguardo di chi la sapeva lunga, “vedi, tu e tuo fratello non siete figli di un uomo qualsiasi, bensì … di un pirata” concluse con una pausa ad effetto, sbilanciandosi leggermente in avanti. “Un pirata?” ripetei: il mio padre naturale era un pirata? Da quello che mio padre mi aveva raccontato circa il mio ritrovamento, si pensava che io provenissi da una famiglia benestante, visto come ero stata trovata, ma a quanto pare anche quell’ipotesi doveva essere errata. “E come lo sai?” gli chiesi incuriosita, “Io lo conoscevo” mi rivelò lui sempre con quell’espressione: a quanto pare lui sapeva dove si trovava, oppure aveva delle informazioni che mi potessero aiutare a trovarlo e a dargliene di santa ragione per quello che mi aveva fatto. “So anche dov’è, se ti dovesse interessare, anche se non credo ti piacerà” bisbigliò anticipando la mia domanda, e, avvicinando le labbra al mio orecchio (che inconsapevolmente avevo sporto verso di lui) mi fece l’ultima rivelazione, la più terribile che un pirata possa immaginare.
“E’ a bordo dell’Olandese Volante. E tuo fratello è con lui.”


 

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Capitolo 5
*** Partenza (ed esercizi di lotta libera con il Commodoro) ***


5.

“E’ a bordo dell’Olandese Volante. E tuo fratello è con lui.”
Oh. Merda. Merda, merda, merda.
Avevo sentito un sacco di storie sulla “nave dei rinnegati”, così chiamati perché in punto di morte decidevano di vendere la propria anima, in cambio di una parvenza di vita immortale, al peggiore dei Capitani: Davy Jones. Ovviamente le leggende su di lui si susseguivano senza sosta; sembrava che avesse ricevuto in principio il ruolo di traghettatore di anime dalla dea del mare Calipso, di cui era follemente innamorato, almeno fino a quando tutto in lui non si convertì a odio per l’intera umanità a causa della perdita della sua amata, corrompendosi e riducendosi ad un essere meschino e crudele. Ma pur sempre spaventoso.
Era ovvio che fossi incredula di fronte all’affermazione di Sparrow circa la loro prigionia presso la nave, se di questo si trattava.
“Non può essere” sussurrai quindi, seguita a ruota dal Commodoro, che sputò un’imprecazione, conscio delle implicazioni di quell’assurda situazione.
“E invece è proprio così, bellez …. Capitan Turner!” disse l’uomo di fronte a me, ammonito dal mio sguardo assassino.
“Non intendevo in quel senso” spiegai, decidendo di esprimere i miei ragionamenti a voce alta, “ma stavo pensando che il suo ragionamento non ha molto senso” continuai, “perché a meno che mio padre e mio fratello non siano morti in mare non può esserci nessuna possibilità che essi si trovino proprio su quella nave” conclusi, pensando a tutti i racconti della ciurma quando ero ancora una bambina.
“Infatti io non ho detto che hanno stipulato un patto con Jones” rispose accondiscendente Sparrow, “almeno per quanto concerne tuo fratello” concluse furbescamente, dopo una pausa ad effetto.
Quindi mio fratello era prigioniero, mentre il mio genitore naturale aveva venduto l’anima a Jones, per paura di morire. “Pirati” non potei fare a meno di pensare, rimangiandomi tutto subito dopo: non tutti i pirati erano così, e il mio vero padre era un esempio che avrei imitato e ricordato sempre.
“Secondo lei Jones sa che ha nella sua ciurma due Turner?” gli chiesi dopo un momento.
“Perché me lo chiedi?” mi domandò confuso lui. Sorrisi.
“Beh, perché presto dovrà vedersela anche con il terzo”

- - - - - - - - -

“E così te ne vai”
Marcus stava ordinando le provviste di cibo, acqua e rum nella stiva quando scesi per salutarlo, forse per l’ultima volta. Non sarei scappata senza nemmeno dargli un saluto, glielo dovevo per l’amicizia e il supporto che mi aveva offerto dalla mia elezione a Capitano.
“Sì” risposi monocorde, cercando di trovare il coraggio per dire quanto tenessi a lui, “ lo sai che tu avrai sempre un posto nel mio cuore, e anche tutta la ciurma ovviamente, ma devo andare, è necessario” conclusi, non riuscendo a dire altro. La mia gola era bloccata e gli occhi bruciavano pericolosamente. “Non piangere” pensai, “ non adesso, avevi promesso da quel maledetto giorno che non l’avresti più fatto …” fino a quando i miei piagnistei mentali non vennero soffocati dall’abbraccio più forte che avessi (e avrei, forse) mai ricevuto. Ci misi un po’ a realizzare che Marcus aveva cominciato a piangere, quindi lasciai che anche le mie lacrime scorressero lente lungo il viso. Potevamo prenderci in giro all’infinito, ma sapevamo entrambi che non ci saremmo più rivisti, e che io non avrei più rivisto la mia nave. “Sei sempre stata come una figlia per me” mormorò lui, accarezzandomi i capelli, “e anche se dovrei odiarti per la scelta che stai facendo, nessuno come potrebbe capire cosa ti spinge a fare ciò” concluse, lasciandomi andare. Anch’io lo lasciai, e cercai di controllarmi: gli presi le mani, e lo pregai di prendere il mio posto di Capitano e badare alla barca come mio padre avrebbe voluto e come io invece non avevo fatto. Lo abbracciai un’ultima volta, assaporando tutto il calore di quell’ultimo contatto con colui che non era stato solo mio padrino, ma anche amico, consigliere e secondo padre.
“E’ una scena molto commovente, quasi quasi prendo un fazzoletto”
Il Commodoro, che avevo scoperto chiamarsi James Norrington, se ne stava appoggiato all’uscio della porta, con un sorrisetto ironico stampato in faccia.
“Lei avere un fazzoletto? A malapena ha igiene personale” ringhiai, scocciata per l’interruzione di quel momento importante per me. Mi sciolsi dall’abbraccio, salutai ancora una volta Marcus, e uscii, seguita da Norrington.
“Oh, ma che gentiluomo, mi ha persino tenuta aperta la porta” dissi sarcastica, lasciando che il mio astio nei suoi confronti trapelasse interamente.
“Si chiamano buone maniere” replicò lui con un sorrisino, “e lei non le vale nemmeno tutte” concluse spingendomi e dirigendosi verso il ponte, “si ricordi che le devo ancora una bottigliata intesta, Miss Rose!” concluse sparendo alla mia vista.
“Capitano Turner!” gli urlai, immaginandomi il suo sorrisino allargarsi al pronunciare il mio titolo.
“Quanto non lo sopporto …. Maleducato” sibilai fra i denti tenendo la borsa con tutti i miei effetti personali (molto pochi, effettivamente) e seguendolo verso il ponte della Perla Nera. Non c’è bisogno di dire che mi dimenticai subito dei dissapori con il Commodoro non appena lo ebbi superato: ero felicissima ed estasiata di poter camminare su questa nave leggendaria, e pensai a quante mani di pirati avevano toccato il legno, e a quante battaglie sanguinose aveva superato. Non era meglio della mia nave, dal punto di vista strutturale, ma penso la sua fama derivasse dall’alone di mistero legato ai suoi vecchi Capitani.
“Chiuda la bocca, così ci entrano le mosche”
Mi voltai in fretta, ritrovandomi a faccia a faccia con il Commodoro. Di nuovo.
“Ma cos’ha? Se non la conoscessi, direi che è un maniaco” mormorai rabbiosamente facendo un passo indietro, “e, per favore, si faccia una doccia” aggiunsi con una smorfia, pronta per sistemarmi in camera.
“Perché, le dà fastidio? Pensavo che ai pirati piacesse l’odore della natura” mi rispose, bloccandomi improvvisamente con le braccia e tirandomi verso di lui, “senta che buon profumo!”
“Mi lasci subito” urlai cercando di divincolarmi, così gli assestai un bel calcio tra le gambe, “Lei mi fa schifo!” aggiunsi, mentre lui di rimando si piegava in due per il dolore e mormorava un soffocato “era uno scherzo!”. Mi girai in fretta e cercai di scappare dirigendomi verso le camere quando avvertii una forte presa sui capelli, che mi fece sfuggire un gemito: a quanto pare Norrington voleva averla assolutamente vinta.
“Una signorina per bene non si dovrebbe comportare così, lo sai?” urlò arrabbiato il Commodoro, prendendomi con entrambe le mani la chioma, ora seriamente furioso. Questo fece montare anche la mia, di rabbia, per quell’uomo così insopportabile, e quindi colpii un punto imprecisato dietro di me con la borsa, sparpagliando tutte le mie cose al vento: ricevetti un “Ughh!!” di risposta e, avvertendo che la presa su di me si era allentata, mi liberai, tirando un sospiro di sollievo per non aver toccato quell’essere. Ci guardammo in cagnesco, pronti per la prossima mossa, quando il grido di una voce conosciuta ci riscosse dai nostri propositi.
“Elizabeth!!!”


Ed eccomi di nuovo (ma non ha altro da fare, durante la giornata?? Penserete voi)... come si può notare, da adesso entra anche il personaggio di Elizabeth, e sembra che ci sia molta empatia tra Norrington e Rose, ehh?( Rose: Non me lo nominarepiù, chiaro?!) Mmh, come non detto.... come ho già detto, recensite se avete delle critiche, se vi è piacciuta la storia, se devo cancellarla, insomma, fatemi sapere! Ringrazio Lyls che ha messo la storia tra le seguite, e vi auguro buon ponte, in attesa del nuovo capitolo.... A presto
Baci

 

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Capitolo 6
*** Ipotesi su come neutralizzare il Tentacoloso Capitano Jones ***


6.

“Elizabeth!!!”
Tra i due il primo a voltarsi fu Norrington, che era nel frattempo sbiancato: io da parte mia preferivo non dare le spalle al nemico, anche per il fatto che il Commodoro sembrava aver dimenticato le nozioni di galateo, visto il suo comportamento. Gli assestai di conseguenza un bel ceffone, prima di voltarmi a mia volta, mentre lui mi chiedeva, riscosso dai propri pensieri, per quale motivo lo avessi colpito.
“Perché è insopportabile …. E mi sta antipatico!” aggiunsi pulendomi il dorso della mano sui ruvidi pantaloni e dirigendomi alla volta di Sparrow e del suo misterioso interlocutore.
Avvicinandomi meglio notai che era solamente un ragazzo, molto attraente, in effetti, con un qualcosa di effeminato, e vestito in modo molto semplice; l’unica cosa che stonava nel suo modo di presentarsi era un grande cappello da pirata che gli adornava la testa. A quanto pare aveva risvegliato un chissà quale ricordo pregresso che aveva reso il viso del Capitano più bianco di un panno lavato: pensai che sarebbe stato meglio presentarmi al nuovo componente della ciurma (dimenticandomi per un momento di Norrington e dei miei vestiti sparpagliati tutt’intorno) quando venni strattonata di lato da un Commodoro già ripresosi dallo shock. “Ma che modi!” gli urlai contro indispettita, senza però ricevere risposta dall’uomo, che, grazie al suo passo spedito, si trovava già di fronte al misterioso fanciullo.
“Ma che stai facendo? Perché sei qui, Elizabeth?” le domandò sconvolto Norrington, che aveva pure cominciato a gesticolare con le braccia, mentre Sparrow si tirava velocemente in disparte, come se non avesse voluto quest’incontro. “Elizabeth?” pensai io, contemporaneamente, come inebetita: quindi quello che io avevo dato per scontato fosse un bel ragazzo era una “gentil donzella”? “Oddio, non posso crederci” pensai, cominciando a ridacchiare tra me e me per la figuraccia.
Mi diressi così anch’io verso i due uomini e la donna di fronte a me, carpendo quasi tutti i particolari della conversazione. “Devo trovare assolutamente Will” stava spiegando la ragazza con uno sguardo pieno di determinazione negli occhi nocciola, “dobbiamo sposarci”.
“COME??” urlammo all’unisono io e il Commodoro.
“Che ci fai ancora qui? Questa non è una conversazione che ti riguardi” sibilò Norrington al mio indirizzo, mentre gli occhi si erano ridotti a due fessure.
“Non credo proprio” lo rimbeccai saccente, “dopotutto Will è mio fratello, no?”
“E da quando ti importa di quell’essere? Sbaglio o avevi detto esattamente il contrario oggi?” rispose lui scimmiottando la mia voce, “E che c’entra? Potrò cambiare idea o no?” ribattei a tono, più per fargli un dispetto che per vera convinzione, “e comunque” ripresi, sbattendogli i miei capelli in faccia e rivoltami alla ragazza mora davanti a me, “io mi chiamo Rose Turner, ed è veramente un piacere conoscerti”. Le porsi la mano, che strinse forte, osservai compiaciuta, e sorridendomi ampiamente.
“Io sono Elizabeth Swann, e il piacere è tutto mio” rispose ancora con il sorriso sulle labbra, mentre lo sguardo di Norrington vagava stralunato tra me e l’altra giovane, e viceversa.
“E così ci siamo presentati tutti, bel colpo di scena, ehhh?” si intromise Sparrow per catalizzare di nuovo l’attenzione su di sé, “perché non parliamo di cose più serie, che ne dite?”
“Già, Will è prigioniero” rivelò Elizabeth, voltatasi nuovamente verso di lei, “di Davy Jones, sì, lo sappiamo” conclusi io con una smorfia al solo pensiero della situazione catastrofica in cui ci trovavamo; provai un moto di trasporto per la ragazza, privata del suo amato, che forse non avrebbe mai rivisto di nuovo.
“E cosa possiamo fare?” chiese lei con gli occhi sgranati, come una bambina spaventata. “L’unica cosa utile da farsi è quella di sfidare il tentacoloso capitano” rispose Sparrow, come se avesse già previsto la domanda, come se avesse già avuto un piano in mente, pensai.
“Un attacco diretto è impensabile” dissi, sapendo che lo sguardo di Norrington era rivolto a me, “dobbiamo agire indirettamente, colpire ….” “ciò a cui tiene di più” concluse per me il capitano della Perla Nera, con l’espressione di chi la sa lunga. E subito capii il perché.
“No” riuscii solamente a dire, “il cuore di Jones no”.




 

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Capitolo 7
*** Norrington si è lavato?! ***


7.

“No, il cuore di Jones no”
“E se ti dicessi che è assolutamente l’unico modo?” mi rispose Sparrow: ovviamente aveva ragione, privarlo del cuore l’avrebbe di certo neutralizzato, o almeno gli avrebbe fatto abbassare la cresta. Ma anche in quel caso si sarebbe trattato di una missione suicida.
“E se le dicessi che solo il tentare questa impresa ci scatenerebbe contro l’ira della sua ciurma immortale, vorrei ricordare, nonché dei sette mari?” dissi, scettica, pensando intanto a cosa avevo fumato per potermi ficcare in quella situazione, “il fascino dell’avventura più rischiosa, no?” mi risposi mentalmente da sola.
“La domanda è: come troviamo il cuore?” domandò a questo punto Elizabeth, guardandoci tutti a turno.
“Semplice” si rivolse a lei il Capitano, felice che la conversazione avesse preso la piega che voleva, “con questa” finì estraendo dalla tasca un piccolo oggetto, che si rivelò essere una bussola.
“Ehm, è conscio, Capitano, del fatto che le bussole indicano il Nord, vero?” gli chiesi divertita: a cosa sarebbe servita una bussola per quella missione forse non lo sapeva nemmeno lui.
Mentre Norrington ridacchiava ironico, Sparrow replicò soddisfatto: “Questa non è di certo una normale bussola, no no” spiegò mostrandocela bene, “poiché non punta verso il Nord, ma verso ciò che noi vogliamo di più, o meglio , verso ciò che il suo detentore desidera di più”
“Di conseguenza, qualcuno che voglia veramente salvare Will” seguitò lui nel silenzio generale, rivolgendosi alternativamente a me e ad Elizabeth, “dovrebbe pensare a trovare il cuore, no? Per il bene di Will, ovviamente” si giustificò lui in fretta.
“Certo, per il bene di Will” sussurrai io in modo che solo lui mi potesse sentire; poteva riuscire ad ingannare la giovane mora vicino a me, o Norrington, a cui di certo non importava nulla della salvezza del suo nemico, ma non la sottoscritta. C’era qualcosa sotto, qualcosa di grosso, e io lo avrei scoperto.
“Non guardi me, quello che sto desiderando adesso è di tornare alla mia nave, veda lei” spiegai io per non accollarmi quella responsabilità.
“Non siamo ancora partiti, e già sei stanca della nostra compagnia?” mi chiese divertito il Commodoro.
“Oh no, solo di lei, Norrington” sputai acida, mentre Elizabeth decisa faceva un passo in avanti e porgendo una mano a Sparrow chiedeva di provare il funzionamento dell’oggetto.
“Ma certo, cara” le concesse il capitano, appoggiando l’oggetto sul palmo: la ragazza chiuse gli occhi, per concentrarsi meglio, e fu con il fiato sospeso che Sparrow vide l’ago fermarsi improvvisamente. Il suo viso sembrò mostrare un grande felicità, e successivamente, annunciò saltellando a Gibbs che avevamo una rotta.
“Possiamo partire! Levate l’ancora!All’arrembaggio” ululò lui precipitandosi verso il timone che cominciando a guidare la nave, mentre venivano rilasciate le vele e il crescente movimento decretava la partenza da Tortuga.
“Addio” pensai volgendomi verso il porto, e osservando il Cigno Nero, “addio”.


“Ecco l’ultima camicia, era rimasta incastrata in una trave”
Non ci volle molto per raccattare i miei vestiti, fuoriusciti dalla borsa dopo la lotta furiosa con il Commodoro, anche se notai che un corsetto era sparito. “Sarà caduto in acqua, con la fortuna che ho” pensai; avrei comunque dovuto cambiare il mio guardaroba, prima o poi, ma continuavo a rimandare, convinta che la mia vita non girasse intorno ad un paio di calzoni nuovo.
“Grazie mille, Elizabeth, sei stata veramente gentile” la ringraziai sinceramente, contenta di poter finalmente avere un contatto con il mio stesso sesso. Essendo vissuta con una ciurma fatta di uomini, non avevo ovviamente avuto possibilità di incontrare altra donna che non fosse una prostituta finita nella mia nave o una proprietaria di taverna. Nemmeno mia madre avevo mai conosciuto: mio padre non aveva una compagna, quindi non appena mi spiegò la verità scoprii anche perché non avessi mai avuto una presenza femminile di fianco a me. E poi la mora che mi aveva appena aiutata sembrava molto simile a me, e non solo per l’età; aveva dimostrato, scappando dalla sua famiglia per ritrovare il suo amato, di essere una giovane coraggiosa e forte, una che di certo non si faceva mettere i piedi in testa dal primo che passava.
“Niente, figurati, sono contenta di trovare una ragazza mia coetanea su questa nave” spiegò lei con il sorriso sulle labbra.
“Senti, posso farti una domanda?” le domandai io dopo un momento.
“Certo, chiedimi tutto quello che vuoi” mi concesse lei sedendosi sul bordo del letto dopo avermi chiesto il permesso; quella sì che era una ragazza beneducata, di certo una borghese come minimo, pensai.
“Ecco, sembrava che tu conoscessi bene Sparrow e il Commodoro” le spiegai io, “soprattutto il Commodoro”.
“Oh, mi volevi chieder spiegazioni su quello” realizzò lei arrossendo improvvisamente.
“Non devi parlarne se non vuoi” dissi cercando di toglierla dall’imbarazzo, “ti dirò io le conclusioni a cui sono arrivata: Norrington pare odiare con tutto il suo cuore Will - l’ha definito pure pezzente - e in più, non appena ti ha vista, è rimasto sconvolto” cominciai a riflettere ad alta voce, ottenendo come risposta n cenno affermativo, “quindi era sicuramente innamorato di te, secondo me dovevate pure sposarvi …”
“Deduzione perfette, oserei dire; doveva fare l’ispettore di polizia, non la piratessa”
James Norrington entrò nella stanza di fronte ad una rossa Elizabeth e, notai con stupore, pareva essersi fatto una doccia. Lo notai perché di fronte mi sembrava di avere un’altra persona: la parrucca era sparita, i vestiti erano puliti, e lui era affascinante. Oddio, non posso credere di averlo anche solo pensato.
“James” sussurrò la mora abbassando gli occhi; io non ero così timida, così, mentre un sorriso mi increspava le labbra, dissi: “Ma guarda, il Commodoro che ci fa visita, e si è pure fatto bello per l’occasione; vuole riconquistare la sua bella, per caso?”
Mentre Elizabeth si voltava scandalizzata verso di me (forse per l’accusa, forse per i miei modi diretti), Norrington si voltò verso di lei, chiedendole di lasciarsi soli a “fare quattro chiacchiere”.
Con sollievo la giovane si dileguò, mentre il Commodoro si rivolgeva nuovamente verso di me, assottigliando gli occhi: “Ti hanno mai detto che sei un’impicciona?” mi rivelò avvicinandosi.
“Alt, alt, distanza di sicurezza” alzai una mano intimandogli di fermarsi, “e poi non le ho già detto che si deve rivolgere a me con il lei?”
“E di certo non sono un’impicciona” continuai cercando di difendermi dalle sue accuse, “stavo solo conversando amabilmente con un amica” spiegai il mio comportamento.
“Un’amica?! Ma se la conosce da cinque minuti!” ribattè lui trovando strano il mio comportamento.
“Si chiama solidarietà femminile” spiegai io, beandomi di come suonasse bene quell’espressione, “e ora” gli dissi alzandomi a mia volta, “la pregherei di uscire, visto che questa è la mia camera” specificai con uno sguardo truce negli occhi.
“Sta insinuando che sono stato un maleducato ad entrare senza permesso?” mi provocò lui facendo un passo indietro mentre mi avvicinavo a lui.
Dopo avergli riservato il sorrisetto più snervante possibile, gli risposi: “Esattamente!” e gli sbattei la porta in faccia.
“E lo so che è ancora qui davanti!” gli urlai, non sentendolo allontanarsi.
“Va bene, me ne vado, allora, mia rosellina” replicò lui con voce divertita.
“Non mi chiami in quel modo!” gridai aprendo di scatto la porta; ma lui non c’era già più.




Ciao di nuovo! Il rapporto Rose - Commodoro si sta evolvendo.... e in più adesso devono cercare il cuore di Jones (missione solo un tantino suicida, non trovate?).... volevo ringraziare Capitan Miss Angel per aver messo la storia tra le seguite, e..... niente, spero che continuiate a segurie la storia :-)
A presto
Baci

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Capitolo 8
*** Il Commodoro si prende troppe libertà ***


8.

All’ennesimo tentativo di addormentarmi fallito miseramente, decisi che forse non avrei chiuso occhio molto facilmente quella notte.
Dopo essermi coperta le spalle con uno scialle, uscii sul ponte, dove una fresca brezza mi accolse; la mia vestaglia fluttuava rendendomi ingombranti i movimenti, ma in compenso la sensazione che provavo sulla mia pelle era meravigliosa.
Mi appoggiai al parapetto con le braccia, assaporando la quiete di quel momento e lasciando i miei capelli liberi di ondeggiare al ritmo della corrente; chiusi gli occhi, e mi voltai dando così le spalle all’oceano.
Un rumore alle travi però me li fece riaprire di scatto, scoprendo di fianco a me un interlocutore inaspettato: Jack Sparrow.
“Salve, Capitano” mormorai raccogliendo la chioma ribelle da una parte e stringendo improvvisamente lo scialle sulle mie spalle, maledicendomi per non essermi cambiata prima di uscire.
“Salve, Turner” mi rispose lui con lo sguardo fisso sul mare, “un grande spettacolo il mare, non trovi?”
“Già” sussurrai io, non sapendo che altro dire.
“Non riesci nemmeno tu a dormire, a quanto pare” continuò il capitano, voltandosi verso di me, ricevendo da parte mia un cenno affermativo di risposta.
“Dovresti riposare il più possibile, visto il motivo del nostro viaggio” proseguì l’uomo con gli occhi fissi nei miei.
“Il motivo? Non l’ho ancora capito bene, per la verità” replicai io, “o almeno, il suo motivo”
“Il mio … motivo?” mi chiese lui, incerto, “ma pensavo fosse chiaro … è di certo la salvezza di Will!”
“Ovviamente” osservai io scettica, “per questo dobbiamo trovare il cuore, no?”
“Non riesco a comprendere il tuo discorso, ragazza” sussurrò sempre più incerto l’uomo di mare che avevo di fronte, “e non mi piace il tono che usi con me!”
“Che succede qui?”
Norrington (sempre lui di mezzo) era comparso sul ponte dal nulla, interrompendo il nostro discorso; non riuscivo a vedere il suo viso, anche se nella voce avevo riconosciuto un pizzico di rabbia malcelata.
“Commodoro” lo chiamò Sparrow allontanandosi subito da me, “io e Turner stavamo discutendo sullo scenario di questa sera, non è meraviglioso?
“Ma certo, ho dimenticato una cosa, che sbadato, vi lascio” squittì prima di dileguarsi sotto coperta.
“Certo” ribattè Norrington, “ha dimenticato il rum”, prima di avvicinarsi a me.
“Un momento” esclamai io, “le lascio il posto, tanto ….”
Feci per andarmene, quando il Commodoro mi agguantò il braccio in una morsa ferrea, bloccandomi sul posto. Solo allora notai il suo viso, e mi fece paura; era una maschera d’ira.
“Ci stavamo divertendo con Sparrow?” mi chiese lui con voce roca dalla rabbia, scuotendomi subito dopo, “ho interrotto qualcosa?”
Se in un primo momento rimasi a bocca aperta dalla sorpresa, successivamente la mia espressione divenne fredda e calma, o almeno speravo.
“A parte il fatto che questi non dovrebbero essere affari suoi” specificai neutra, “io e il Capitano stavamo solo chiacchierando, tutto qua”
A queste parole il viso dell’uomo si avvicinò di più al mio mentre sussurrava: “E lei parla con uno sconosciuto in vestaglia?”
Solo allora mi resi conto delle mie condizioni, e imprecai mentalmente.
“Ero uscita perché non riuscivo a dormire” gli risposi abbassando lo sguardo, sperando che non avesse cattive intenzioni e maledicendomi per non aver portato nemmeno un’arma con me nel caso in cui potesse succedere qualcosa di spiacevole, “ma ora sento che potrei riposare, quindi se mi lasciasse andare …”
Ma lui non accennava a muoversi, i suoi occhi persi nel panorama dietro di me.
“Spettacolare il mare” sibilò lui aumentando la presa sul braccio, “uno come lui può dirlo, senza responsabilità, senza doveri ….”
“Senta" cominciai sospirando, "non so che colpa abbia il mare se lei è ridotto così, e nemmeno mi interessa” mormorai riacquistando la sua attenzione, “ e soprattutto mi dispiace se mi sono intromessa in questioni private, ma adesso vorrei veramente tornare in camera mia a dormire. …”
Il flusso delle mie parole venne bloccato dalla forza con cui Norrington aveva premuto le sue labbra sulle mie; non mi sarei mai aspettata che il mio primo bacio potesse essere così, e non mi piacque per nulla.
Certo, il Commodoro rimesso a nuovo poteva anche sembrare attraente, ma ora mi sembrava di avere davanti solamente una belva affamata: le mani dell’uomo erano subito scattate a bloccarmi i polsi mentre il suo corpo bloccava il mio sul parapetto, senza darmi scampo. Il bacio che ne seguì fu violento e passionale. Più violento, però. Le sue labbra schiusero a forza le mie mentre cercavo di scostarmi e la sua lingua si infilò senza sosta nella mia bocca, impedendomi persino di urlare; mi dimenavo ma lui era troppo forte, e di certo non ci voleva molto.
Non sapevo come sarebbe andata a finire quindi presi una delle mosse preferite dal mio repertorio e, scostando la gamba, gli rifilai un calcio nei gioielli di famiglia, mentre lui si discostava da me e mi liberava i polsi. Non attesi un secondo e gli regalai un pugno sul naso, mentre lui si piegava (di nuovo) dal dolore: mi allontanai dal parapetto barcollante per lo shock e mi voltai, immaginandomi bianca come un cencio.
Non feci in tempo a fare un passo che lui mi aveva già riagguantata da dietro, in un goffo tentativo di abbraccio, mentre con la bocca sul mio orecchio sussurrava: “Aspetta, non te ne andare …”
Mi liberai con forza dalla sua stretta, voltandomi nuovamente per un confronto diretto; il suo viso si fece preoccupato, forse per la mancanza di colore sul mio viso, ma non gli diedi il tempo di dire nulla.
“Non provi mai più a toccarmi” gli sibilai assottigliando pericolosamente gli occhi e le labbra, “e nemmeno a parlarmi, chiaro? Io con lei ho chiuso”
Detto questo, mi precipitai in camera, e, dopo aver chiuso la porta a chiave, senza accorgermi che qualcuno fuori stava ascoltando, mi abbandonai ad un pianto disperato.

Ciao! Capitolo più corto, lo so …. Diamine, devo organizzarmi meglio …. Comunque, voglio velocemente ringraziare chi ha messo la storia tra le seguite (Capitan Miss Angel e Lyls) e anche _freak _che ha commentato l’ultimo capitolo, sono contenta che piaccia la coppia Rose-Commodoro, e siamo solo all’inizio!
Detto questo ci sentiamo alla prossima, ciao!




 

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