Rose Turner e la maledizione del forziere fantasma di uadjet (/viewuser.php?uid=112778)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Tortuga ***
Capitolo 2: *** 2. Norrington ***
Capitolo 3: *** 3. Scoperta ***
Capitolo 4: *** 4. Fratelli ***
Capitolo 5: *** Partenza (ed esercizi di lotta libera con il Commodoro) ***
Capitolo 6: *** Ipotesi su come neutralizzare il Tentacoloso Capitano Jones ***
Capitolo 7: *** Norrington si è lavato?! ***
Capitolo 8: *** Il Commodoro si prende troppe libertà ***
Capitolo 1 *** 1. Tortuga ***
ROSE TURNER E LA MALEDIZIONE DEL FORZIERE FANTASMA
Il mio nome è Rose Turner. Sono capitano del Cigno Nero da cinque anni, due mesi, e tre settimane oggi; ricordo perfettamente quel giorno, il modo in cui mio padre, allora capitano della nave, morì sotto i miei occhi dopo un attacco di predoni, il sapore delle mie lacrime nel momento in cui mi nominò suo successore, i volti di molti dei valorosi uomini con cui ero cresciuta martoriati dalle cannonate. Da allora qualcosa in me si è spezzato, e sono cambiata profondamente: sono diventata in pochissimo tempo la donna orgogliosa, forte, e determinata che i miei compagni vogliono vedere, nonostante il dolore che porto ancora dentro di me. Questa è la mia storia, questo è il racconto di come incontrai il Capitano Jack Sparrow e la mia vita cambiò radicalmente. Di nuovo.
1.
L’attracco a Tortuga avvenne a tarda sera, contrariamente ai miei calcoli; pensavo che le scorte sarebbero bastate ancora per altre due settimane, ma poi ci si erano messi pure i topi, intrufolatisi chissà come all’interno dei contenitori del cibo durante l’ultima sosta. Fu con indole piuttosto amareggiata che mi fermai in quel porto, conscia che la ciurma non sarebbe potuta ripartire prima della tarda mattinata: sapevo che gli uomini il giorno dopo sarebbero stati presi dalla sbronza più potente mai vista e che quindi non avrei potuto interpellarli in aiuto. “ Odio dover pensare a tutto da sola” pensai mentre sistemavo i sacchi vuoti nei carri per prelevare le scorte necessarie. Negli ultimi giorni poi i marinai si erano rivelati ancora più intrattabili, a causa della presenza, secondo loro, del fantasma di una giovane sposa; le versioni erano molteplici, ma il fatto che potesse essere morta per il dolore della perdita del giovane sposo era finora la più probabile. O forse sotto sotto speravano che fosse andata così, per nutrire la propria vena romantica: dal canto mio, credevo che qualcuno si fosse intrufolato nella nave, ma decisi di non approfondire. Anche se forse avrei dovuto.
<< Capitano, perché non viene anche lei a bere qualcosa? Sarà stanca di essere sempre così rigida>> urlò Marcus, uno dei miei uomini più fidati, ridendo nella mia direzione. << L’unico momento in cui non sarò rigida sarà quello della tua morte, perché allora saprò che i miei guai saranno finiti!!!>> gli risposi con il sorriso sulle labbra; in quel momento comunque avevo cose più urgenti da fare. << Buonasera, vorrei registrare la mia nave al porto per la notte>> dissi al funzionario, dirigendomi verso di lui. << Certo, signor… ina, vedo>> mi rispose squadrandomi da capo a piedi con un sorriso sdentato che, riflettei trattenendo una risatina, avrebbe fatto scappare tutti quelli nel giro di qualche metro. << Capitano, veramente, capitano….>> ripresi allontanandomi leggermente: quell’uomo doveva farseli togliere assolutamente, quei denti << Rose Turner>> << Certamente, sono tre galeoni, prego>> Porgendogli le monete mi diressi verso la taverna in cui era entrato Marcus; avrei potuto chiedere che la nave venisse sorvegliata, ma non avevo voglia di spendere altri soldi, e, in più, il Cigno di certo non se la passava bene: la chiglia era tappezzata di assi di legno per coprire i buchi, mancava il tagliamare, e persino la sirena che decorava in principio la prua si era largamente deteriorata, lasciando il posto ad una massa informe. “ A cosa mi sono ridotta, questa nave era tutto per mio padre … e me” pensai improvvisamente riguardo alla vacuità della mia attuale vita da piratessa: da quel giorno la mia vita aveva preso una strada non ben definita per me, da tutti i punti di vista. E la nave non era certo l’unico problema; a causa dell’ambiente in cui mi trovavo, della mia posizione e della mia giovane età non avevo mai avuto rapporti intimi con un uomo che non fossero di amicizia, come nel caso di Marcus, e il mio aspetto banale nonché il mio corpo privo di forme non aiutavano di certo. Il fatto era che non mi importava nulla, per me l’unico uomo che avrebbe mai potuto avere un posto nel mio cuore sarebbe stato mio padre, fino alla fine, e fu proprio con questi pensieri che entrai nel locale. Dio, quanto mi sbagliavo.
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Capitolo 2 *** 2. Norrington ***
2.
La
“Taverna dell’Impiccato” era un
caleidoscopio di boccali trabordanti birra, seni penzolanti e corsetti
allentati, che faceva perdere la cognizione dell’equilibrio a
chiunque varcasse la soglia. Appena entrata cercai di individuare i
miei amici, evitando di calpestare gli avventori distesi a terra e le
loro pulzelle, e fu allora che lo notai. Beh, era difficile non farlo,
visto la luce che egli emanava: sembrava quasi che emettesse un fascio
di luce propria, tanto era diverso dalle persone vicine a lui. E non lo
pensai certo per la sua avvenenza, nascosta sotto una barba incolta e
vari strati di vestiti ormai scoloriti, o per la sua
lucidità in una marea di gente ubriaca marcia, ma per
l’aura che fuoriusciva da lui; quell’uomo era
diverso, decisamente diverso da tutte le persone che avessi mai
incontrato nella mia breve vita. E quello che sentii (grazie al mio
udito notoriamente sviluppato, modestie a parte) dire lì
vicino mi fece incuriosire ulteriormente.
<<
Ti dico che è lui, che mi venga un colpo se non è
vero!!>> stava sussurrando un vecchio al suo compare, a
due tavoli di distanza da lei.
<<
Certo, quindi Jack Sparrow sarebbe in questa taverna e starebbe
cercando disperatamente uomini per la sua ciurma
…>> rispose indispettito
l’interlocutore. “Jack Sparrow?! Quel Jack
Sparrow??!” pensai incredula; se era lui l’uomo
leggendario di cui mio padre aveva sempre parlato, potevo capire lo
strano alone che lo distingueva da tutti gli altri.
<<
No, non è solo questo, il Capitano sta arruolando nuovi
marinai e mozzi per un viaggio nell’oceano … E
pare che voglia anche pagare tutti gli uomini che
accetteranno!!>> il primo uomo, dopo aver detto
ciò, si volse come per cercare qualcosa di fondamentale per
lui, << Eccolo, è
lì!>> concluse indicando l’oggetto
del mio interesse improvviso.
Fu allora che
qualcosa nel mio profondo scattò. Non pensai nemmeno alle
conseguenze, al necessario abbandono della mia nave, della nave di mio
padre, per un viaggio con un perfetto sconosciuto in luoghi altrettanto
sconosciuti, ma forse fu proprio il fatto di trovare uno scopo alla mia
vita che mi spinse a dirigermi verso quel tavolo. Avvicinandomi notai
che sul banco si trovava una pergamena, una specie di elenco su cui
venivano annotati i nomi dei volontari arruolati, accostato ad una
boccetta d’inchiostro con una penna per scrivere.
<<
Salve, Capitano Sparrow>> esordii sicura di me,
rivolegendomi all’uomo e voltandomi solo per un momento verso
il suo accompagnatore. “Sarà un componente della
ciurma, non può essere altrimenti” pensai
voltandomi nuovamente verso Sparrow.
<<
Ciao, cara, e tu sei …?>> cominciò
lui, con uno sguardo (secondo lui) da seduttore. A malapena mi
trattenni dall’alzare gli occhi al cielo: forse
l’apparenza mi aveva ingannata. << Non ho
intenzione di perdere tempo, anche perché potrei pentirmi
della mia decisione, quindi, evitando inutili presentazioni, ora
firmerò questo foglio ..>> lo interruppi,
<< se non le dispiace>>.
Il suo sguardo
apparve per un momento (mi chiesi perché mai) disorientato,
dicendomi sbalordito:<< Ma quindi tu saresti un pirata? E
io che ti credevo una ragazza del locale con molta
originalità …>> concluse ridendo
volgendosi verso il suo compare. Vidi rosso. Va bene che non ero quella
che si chiama proprio una nobildonna, ma una puttana no di certo; stavo
appunto per tirare fuori la sciabola per la seconda volta in tutta la
mia vita quando un uomo mi scansò improvvisamente. Non era
la giornata giusta, quindi mi voltai seriamente infuriata contro il
disturbatore: mi sbalordii per la capacità di alcuni uomini
di toccare gli abissi più profondi, perché questo
li aveva superati da un bel pezzo. Il volto era coperto da uno spesso
strato di sporco, i vestiti puzzavano di escrementi e in testa aveva
perfino una specie di parrucca che doveva averne passate di cotte e di
crude.
<<
Gibbs, ma questo adesso chi è?>> chiese
Sparrow leggermente spaventato, guardando me: forse credeva che fosse
il mio protettore.
<<
Io non lo conosco di certo>> risposi rivolta a lui:
necessitavo di fargli sapere che me la sapevo cavare benissimo da sola,
non avevo certo bisogno di un uomo, specie in quelle condizioni!
<<
E qual è la tua storia?>> disse Gibbs, rivolto
al barbone che adesso aveva, notai con un pizzico di timore,
un’aria stralunata.
<<
La mia storia è esattamente la tua storia, ma solo un
capitolo indietro; ho inseguito un uomo per i sette mari
…>> a quelle parole il Capitano si
voltò improvvisamente verso di lui, come se di colpo avesse
intuito una profonda verità: nel frattempo anch’io
capii che quella storia sarebbe finita male, e cercai di limitare il
prima possibile i danni.
<<
Senta, signore, forse è meglio evitare scenate in tutta
questa calca, non vorremo che qualcuno si faccia male, n
…>> << Sta’ zitto,
ragazzino>> rispose lui di rimando senza degnarmi di uno
sguardo e appoggiando i palmi delle mani ai lati del tavolo, in modo da
trovarsi di fronte al suo ipotetico interlocutore.
“
Non sarà mica Sparrow quello di cui sta parlando?!
E’ un uomo coraggioso, il capitano” pensai, sempre
più dubbiosa però riguardo alla persona che mi
trovavo davanti, in carne ed ossa.
<<
Dargli la caccia mi è costato il mio equipaggio, il mio
incarico, la mia vita …>> continuò
lui imperterrito, a voce sempre più bassa, mentre negli
occhi dei due uomini di fronte a noi si faceva strada la consapevolezza
di chi si trovavano davanti.
<<
Commodoro???!>>
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Capitolo 3 *** 3. Scoperta ***
3.
<<
Commodoro??!>>
<<
Non più Commodoro, non ci senti?! Vi ho quasi catturato a
Tripoli. Vi avrei presi, non fosse stato per quell’uragano
…>> Non ci potevo credere:
un’autorità! Che mai aveva potuto fare Sparrow per
farlo arrabbiare? Insomma, è noto che i rapporti tra pirati
e ufficiali non fossero dei migliori, ma la questione alla fine si
limitava ad aumentare le distanze per non incorrere in problemi
inutili. Dopotutto, se gli era stata rovinata la vita, riflettei, non
aveva tutti i torti a vendicarsi sul responsabile. “Maledetti
i pirati che non si fanno gli affari loro” pensai, rendendomi
subito conto che io avrei potuto annoverarmi in quella categoria, visto
che non mi spostavo nonostante la situazione andasse degenerando.
<<
Oh Dio, non avrete tentato di attraversarlo?!>> gli
domandò in quel momento l’uomo chiamato Gibbs, con
un’espressione talmente sorpresa che in bocca gli sarebbero
potute entrare quasi tutte le mosche presenti all’interno del
pub.
<<
Allora mi prendi nella ciurma o no?>> lo interruppe il
Commodoro, alzando progressivamente la voce: avrei voluto ricordargli
che c’ero prima io, ma forse quello non era proprio il
momento per farlo. “ Perché me ne sto ancora
qui?” pensai facendo un passo indietro; quel pensiero venne
subito soffocato però, perché non ero certo una
vigliacca, e poi volevo vedere come sarebbe andata a finire (tanto la
mano sulla sciabola ce l’avevo già).
<< Non mi hai detto dove andate
….>> continuò: quello che avvenne
dopo fu quasi un lampo, da quanto avvenne tutto velocemente.
All’improvviso il sorriso sghembo che gli aveva increspato le
labbra lasciò il posto ad uno sguardo da pazzo, e il barbone
buttò all’aria il tavolo, travolgendo i due
uomini, << IN UN BEL POSTO????!!!!! ALLORA, SONO DI
SERVIRE SOTTO CAPITAN JACK SPARROW???!!!!>> “
Oh cazzo” pensai sguainando la mia arma, “devo
prendere in mano la situazione”.
<<
Fermo, nessuno si farà male qui dentro, chiaro?
C’è altra gente qui, quindi se avete una questione
da risolvere, lo farete fuori >> dissi ad alta voce, che
risultò ancora più alta, visto il rimbombante
silenzio che seguì al gesto dell’uomo.
Il Commodoro
si girò solo allora verso di me, come se mi vedesse per la
prima volta: la sua espressione era molto sorpresa, vuoi per il fatto
che ero una donna, vuoi per il fatto che non mi ero lasciata intimorire
dal suo gesto e che avevo saputo reagire, o forse per
l’insieme di queste due cose. Fece però una cosa
inaspettata: scoppiò a ridere. Eh, già.
<< Che hai, pezzente? Non mi pare tu abbia molto da
ridere vista la situazione >> lo zittii mentre la rabbia
rimontava; non sopportavo che qualcuno mi sottovalutasse, e
ciò era già accaduto molte volte.
<<
Ma certo che no, piratessa, stavo solo considerando mentalmente che la
sua idea sarebbe uno spreco di tempo, vero, Sparrow: che dici, ti devo
uccidere ora? >> sussurrò squadrando me e
tirando fuori una pistola, “Perfetto, la storia va di bene in
meglio” pensai maledicendomi di aver dato la mia a Marcus.
Nello stesso
momento Sparrow cercava di nascondersi dietro al suo compare, e mentre
lo faceva disse al Commodoro:<<
Ingaggiato!>> “Ah, e per fortuna che il suo
nome è leggenda” riflettei amareggiata per la sua
codardia.
<<
Desolato, le vecchie abitudini restano >> concluse lui
accingendosi a sparare: in un attimo presi una bottiglia dal tavolo
vicino e gliela spaccai in testa, insomma, va bene farsi giustizia da
solo, ma in mezzo a tutta quella gente! Per la verità mi
piacque molto, vista la mia antipatia per lui, ma subito dopo verificai
le sue condizioni, cercando il battito: mio padre me l’aveva
spiegato dopo che un marinaio era rimasto ferito, durante
un’esplorazione.
<<
Beh, ragazza, hai proprio dei bei riflessi: che ne dici di unirti anche
tu alla spedizione? >> si congratulò con me
Sparrow, contento di non essere più in pericolo di vita.
<<
Ma lei ci è o ci fa?! Sono venuta per questo!
>> gli risposi, “Chissà se
è rimbambito veramente oppure il suo è tutto un
gioco” pensai nel frattempo; adesso rimaneva solamente da
sistemare il Commodoro in qualche posto lontano da lì.
- - - - -
Dopo aver dato
il mio nominativo, di fronte ad un Capitano Sparrow improvvisamente
sorpreso, il problema successivo fu cercare Marcus e spiegargli tutto:
beh, per la verità fu lui a trovarmi, riconoscendo
“la mia chioma ramata in mezzo a tutto quel
trambusto”, secondo le sue stesse parole. Ci volle un bel
po’ per calmarlo, quell’omone di colore che mio
padre chiamava Otello per la somiglianza con il personaggio letterario
(sì, lo so, non dovrei conoscere Shaekspeare, ma mio padre
mi leggeva le sue opere prima che io mi addormentassi), soprattutto
perché secondo lui stavo tradendo la memoria del suo defunto
amico, nonché mio stesso sangue. Già, dovrei
correggermi anche su questo aspetto: mio padre non era proprio mio
padre. Lui mi spiegò la storia quando avevo cinque anni,
abbastanza grande, secondo lui, per capire perché non avessi
una madre, e, diciamocelo, anche per svuotarsi la coscienza.
Lui mi
trovò una mattina, durante un viaggio di esplorazione del
Mare dei Caraibi, avvolta in fasce su un pezzo di legno che si era,
chissà come, incastrata tra le travi: ci era voluto un
po’ perché capissero che c’era qualcosa
in quegli stracci. Non che mi importasse, del resto: quello era mio
padre, colui che mi aveva cresciuta, che mi aveva protetta dai predoni
e che mi aveva capita quando stavo male, che non mi faceva pressioni
quando ero arrabbiata, che mi aveva insegnato tutto, e non mi importava
del resto, come di andare a cercare i miei veri genitori, soprattutto
dopo ciò che avevano fatto. Forse fu questo il motivo della
furia di Marcus, il fatto che lui avesse fatto così tanto
per me; sta di fatto che ormai avevo preso la mia decisione, e che lui
lo volesse o meno, io sarei arrivata fino in fondo. Anche senza di lui.
Mentre
preparavo la mia roba, uno dei mozzi, un certo Albert, un ragazzo che
avevo ingaggiato quasi due mesi fa, mi si avvicinò, dicendo
che un uomo “conciato piuttosto male con la
parrucca” aveva chiesto in giro di una ragazzina pirata con i
capelli rossicci; per un momento non credetti alle mie orecchie, cosa
voleva il Commodoro da me? Sperando che non volesse infrangere le sue
regole di cavalleria e picchiarmi per il mio gesto, mi recai sul ponte della nave e ritornai al porto.
“Salve,
Commodoro” lo salutai mantenermi a distanza: lui aveva un
aspetto persino peggiore del giorno prima.
“Salve
a lei, signorina, presumo,…?” mi rispose lui,
avvicinandosi di un passo. “Capitano Turner, per lei: che
vuole?” gli dissi incrociando le braccia al petto,
“me lo vuole dire subito o devo aspettare??!” continuai,
dopo aver notato che la suo viso era cambiato improvvisamente; il suo
sorrisino ironico aveva infatti lasciato il posto ad un’
espressione sbalordita.
“Turner,
hai detto?” sussurrò ad un tratto, sgranando gli
occhi, “Non può essere …. Will
…”
“Will,
chi? Will chi?!” gli chiesi scocciata: ma che credeva? Che
avessi tutta la giornata a sua disposizione?
“E’
tuo fratello, Rose”
Note
dell’autore:
Ciao a tutti!
Finalmente la prima fan fiction, e soprattutto in un fandom che mi
è sempre piaciuto: Pirati dei Caraibi! Come era ovvio, ho
messo una storia con un nuovo personaggio, senza però
includerlo nella scheda di presentazione J al più presto lo
cambierò, è che mi dispiaceva non mettere gli
altri personaggi, quelli del film JJ comunque se avete qualunque
consiglio, se vi dovesse piacere la storia o dovesse fare schifo (cosa
più probabile) fatemelo sapere! Vi anticipo intanto
solamente che il futuro “innamorato” (o quasi) di
Rose non sarà il nostro beniamino Jack …. Diciamo
che tra loro si instaurerà un bel rapporto di amicizia e
ironia, ma Rose non proverà mai nulla di più
… ci sarà qualcun altro nel suo cuore, una
persona che poi farà la parte del traditore …J
Avete già capito, eh?J Vabbè, allora alla prossima
Baci
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Capitolo 4 *** 4. Fratelli ***
3.
“E’
tuo fratello, Rose”
Per un momento
rimasi come inebetita: chi diamine aveva parlato? Subito dopo
però quel sentimento lasciò il posto alla rabbia,
di conseguenza mi voltai verso l’ultima voce a parlare,
sapendo già in anticipo a chi potesse appartenere.
“Mio
fratello CHE, Sparrow?!” gli ringhiai sommessamente con uno
sguardo omicida, presumo, dato che si fece piccolissimo di fronte a me:
nel frattempo il mio cervello lavorava, passando in rassegna tutte le
stranezze che avevo riscontrato la sera prima,
dall’espressione stranita del capitano a quella sbalordita
del Commodoro. Di sicuro non stavano mentendo, quindi dovevano essersi
per forza sbagliati: non era stato trovato nessuno oltre me quella
mattina. “ Vi starete sicuramente sbagliando”
dissi, più rivolta a me stessa che a loro,
“esistono anche i casi di omonimia, di certo questo
è uno di quelli” conclusi, sempre meno convinta
delle mie affermazioni, non solo perché era altamente
improbabile (come aveva detto mio padre, infatti, un cognome come
Turner era molto raro da trovare), ma anche per nascondere quello che
mi arrivò alla mente in un attimo come un colpo allo
stomaco; forse dopotutto poteva essere così, e colui che
doveva essere mio fratello mi aveva semplicemente abbandonata al mio
destino.
“Io
non credo, Rose ..” stava sussurrando Sparrow, “Non
mi chiami così, lei non mi conosce” lo rimproverai
subito per le sue libertà, “per lei sono il
Capitano Turner” spiegai, invitandolo però con gli
occhi a continuare il suo discorso.
“Vedi,
Turner, quando tuo fratello Will …”
“quel delinquente di suo fratello, vorrai dire,
Jack” lo interruppe il Commodoro con un astio evidente negli
occhi, su cui non mi soffermai, “mmh … quando tuo
fratello venne a cercare il mio aiuto dopo il nostro primo incontro
(non amichevole, per giunta, oserei dire), mi spiegò di come
fosse stato ritrovato in fin di vita quando era ancora un bambino e
soprattutto di come vicino al suo corpo fosse stata ritrovata una
cuffietta da bambina, con le iniziali R.T.” mi
spiegò in poche parole lui, guardandomi a malapena,
“R.T. come …” “Come Rose
Turner” concludemmo all’unisono io ed il Commodoro;
del resto avevo conosciuto e mantenuto il mio cognome proprio per lo
stesso motivo, perché tra le garze che mi coprivano era
stato ritrovata una scritta ricamata con il mio nome, che, con il
consenso di mio padre, avevo sempre usato come mio.
“E
quindi?” gli chiesi con calma glaciale, “questo
dovrebbe importarmi qualcosa? Non mi pare che il mio caro fratellone mi
abbia cercata, in questi anni, no?” E lo pensavo
assolutamente. Mio padre era l’uomo morto per proteggermi, ed
io non avevo fratelli. “Ehm, io credo di
sì” mi rispose Sparrow, con lo sguardo di chi la
sapeva lunga, “vedi, tu e tuo fratello non siete figli di un
uomo qualsiasi, bensì … di un pirata”
concluse con una pausa ad effetto, sbilanciandosi leggermente in
avanti. “Un pirata?” ripetei: il mio padre naturale
era un pirata? Da quello che mio padre mi aveva raccontato circa il mio
ritrovamento, si pensava che io provenissi da una famiglia benestante,
visto come ero stata trovata, ma a quanto pare anche
quell’ipotesi doveva essere errata. “E come lo
sai?” gli chiesi incuriosita, “Io lo
conoscevo” mi rivelò lui sempre con
quell’espressione: a quanto pare lui sapeva dove si trovava,
oppure aveva delle informazioni che mi potessero aiutare a trovarlo e a
dargliene di santa ragione per quello che mi aveva fatto. “So
anche dov’è, se ti dovesse interessare, anche se
non credo ti piacerà” bisbigliò
anticipando la mia domanda, e, avvicinando le labbra al mio orecchio
(che inconsapevolmente avevo sporto verso di lui) mi fece
l’ultima rivelazione, la più terribile che un
pirata possa immaginare.
“E’
a bordo dell’Olandese Volante. E tuo fratello è
con lui.”
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Capitolo 5 *** Partenza (ed esercizi di lotta libera con il Commodoro) ***
5.
“E’ a bordo dell’Olandese Volante. E tuo
fratello è con lui.”
Oh. Merda. Merda, merda, merda.
Avevo sentito un sacco di storie sulla “nave dei
rinnegati”, così chiamati perché in
punto di morte decidevano di vendere la propria anima, in cambio di una
parvenza di vita immortale, al peggiore dei Capitani: Davy Jones.
Ovviamente le leggende su di lui si susseguivano senza sosta; sembrava
che avesse ricevuto in principio il ruolo di traghettatore di anime
dalla dea del mare Calipso, di cui era follemente innamorato, almeno
fino a quando tutto in lui non si convertì a odio per
l’intera umanità a causa della perdita della sua
amata, corrompendosi e riducendosi ad un essere meschino e crudele. Ma
pur sempre spaventoso.
Era ovvio che fossi incredula di fronte all’affermazione di
Sparrow circa la loro prigionia presso la nave, se di questo si
trattava.
“Non può essere” sussurrai quindi,
seguita a ruota dal Commodoro, che sputò
un’imprecazione, conscio delle implicazioni di
quell’assurda situazione.
“E invece è proprio così, bellez
…. Capitan Turner!” disse l’uomo di
fronte a me, ammonito dal mio sguardo assassino.
“Non intendevo in quel senso” spiegai, decidendo di
esprimere i miei ragionamenti a voce alta, “ma stavo pensando
che il suo ragionamento non ha molto senso” continuai,
“perché a meno che mio padre e mio fratello non
siano morti in mare non può esserci nessuna
possibilità che essi si trovino proprio su quella
nave” conclusi, pensando a tutti i racconti della ciurma
quando ero ancora una bambina.
“Infatti io non ho detto che hanno stipulato un patto con
Jones” rispose accondiscendente Sparrow, “almeno
per quanto concerne tuo fratello” concluse furbescamente,
dopo una pausa ad effetto.
Quindi mio fratello era prigioniero, mentre il mio genitore naturale
aveva venduto l’anima a Jones, per paura di morire.
“Pirati” non potei fare a meno di pensare,
rimangiandomi tutto subito dopo: non tutti i pirati erano
così, e il mio vero padre era un esempio che avrei imitato e
ricordato sempre.
“Secondo lei Jones sa che ha nella sua ciurma due
Turner?” gli chiesi dopo un momento.
“Perché me lo chiedi?” mi
domandò confuso lui. Sorrisi.
“Beh, perché presto dovrà vedersela
anche con il terzo”
- - - - - - - - -
“E così te ne vai”
Marcus stava ordinando le provviste di cibo, acqua e rum nella stiva
quando scesi per salutarlo, forse per l’ultima volta. Non
sarei scappata senza nemmeno dargli un saluto, glielo dovevo per
l’amicizia e il supporto che mi aveva offerto dalla mia
elezione a Capitano.
“Sì” risposi monocorde, cercando di
trovare il coraggio per dire quanto tenessi a lui, “ lo sai
che tu avrai sempre un posto nel mio cuore, e anche tutta la ciurma
ovviamente, ma devo andare, è necessario”
conclusi, non riuscendo a dire altro. La mia gola era bloccata e gli
occhi bruciavano pericolosamente. “Non piangere”
pensai, “ non adesso, avevi promesso da quel maledetto giorno
che non l’avresti più fatto
…” fino a quando i miei piagnistei mentali non
vennero soffocati dall’abbraccio più forte che
avessi (e avrei, forse) mai ricevuto. Ci misi un po’ a
realizzare che Marcus aveva cominciato a piangere, quindi lasciai che
anche le mie lacrime scorressero lente lungo il viso. Potevamo
prenderci in giro all’infinito, ma sapevamo entrambi che non
ci saremmo più rivisti, e che io non avrei più
rivisto la mia nave. “Sei sempre stata come una figlia per
me” mormorò lui, accarezzandomi i capelli,
“e anche se dovrei odiarti per la scelta che stai facendo,
nessuno come potrebbe capire cosa ti spinge a fare
ciò” concluse, lasciandomi andare.
Anch’io lo lasciai, e cercai di controllarmi: gli presi le
mani, e lo pregai di prendere il mio posto di Capitano e badare alla
barca come mio padre avrebbe voluto e come io invece non avevo fatto.
Lo abbracciai un’ultima volta, assaporando tutto il calore
di quell’ultimo contatto con colui che non era stato solo mio
padrino, ma anche amico, consigliere e secondo padre.
“E’ una scena molto commovente, quasi quasi prendo
un fazzoletto”
Il Commodoro, che avevo scoperto chiamarsi James Norrington, se ne
stava appoggiato all’uscio della porta, con un sorrisetto
ironico stampato in faccia.
“Lei avere un fazzoletto? A malapena ha igiene
personale” ringhiai, scocciata per l’interruzione
di quel momento importante per me. Mi sciolsi dall’abbraccio,
salutai ancora una volta Marcus, e uscii, seguita da Norrington.
“Oh, ma che gentiluomo, mi ha persino tenuta aperta la
porta” dissi sarcastica, lasciando che il mio astio nei suoi
confronti trapelasse interamente.
“Si chiamano buone maniere” replicò lui
con un sorrisino, “e lei non le vale nemmeno tutte”
concluse spingendomi e dirigendosi verso il ponte, “si
ricordi che le devo ancora una bottigliata intesta, Miss
Rose!” concluse sparendo alla mia vista.
“Capitano Turner!” gli urlai, immaginandomi il suo
sorrisino allargarsi al pronunciare il mio titolo.
“Quanto non lo sopporto …. Maleducato”
sibilai fra i denti tenendo la borsa con tutti i miei effetti personali
(molto pochi, effettivamente) e seguendolo verso il ponte della Perla
Nera. Non c’è bisogno di dire che mi dimenticai
subito dei dissapori con il Commodoro non appena lo ebbi superato: ero
felicissima ed estasiata di poter camminare su questa nave leggendaria,
e pensai a quante mani di pirati avevano toccato il legno, e a quante
battaglie sanguinose aveva superato. Non era meglio della mia nave, dal
punto di vista strutturale, ma penso la sua fama derivasse
dall’alone di mistero legato ai suoi vecchi Capitani.
“Chiuda la bocca, così ci entrano le
mosche”
Mi voltai in fretta, ritrovandomi a faccia a faccia con il Commodoro.
Di nuovo.
“Ma cos’ha? Se non la conoscessi, direi che
è un maniaco” mormorai rabbiosamente facendo un
passo indietro, “e, per favore, si faccia una
doccia” aggiunsi con una smorfia, pronta per sistemarmi in
camera.
“Perché, le dà fastidio? Pensavo che ai
pirati piacesse l’odore della natura” mi rispose,
bloccandomi improvvisamente con le braccia e tirandomi verso di lui,
“senta che buon profumo!”
“Mi lasci subito” urlai cercando di divincolarmi,
così gli assestai un bel calcio tra le gambe, “Lei
mi fa schifo!” aggiunsi, mentre lui di rimando si piegava in
due per il dolore e mormorava un soffocato “era uno
scherzo!”. Mi girai in fretta e cercai di scappare
dirigendomi verso le camere quando avvertii una forte presa sui
capelli, che mi fece sfuggire un gemito: a quanto pare Norrington
voleva averla assolutamente vinta.
“Una signorina per bene non si dovrebbe comportare
così, lo sai?” urlò arrabbiato il
Commodoro, prendendomi con entrambe le mani la chioma, ora seriamente
furioso. Questo fece montare anche la mia, di rabbia, per
quell’uomo così insopportabile, e quindi colpii un
punto imprecisato dietro di me con la borsa, sparpagliando tutte le mie
cose al vento: ricevetti un “Ughh!!” di risposta e,
avvertendo che la presa su di me si era allentata, mi liberai, tirando
un sospiro di sollievo per non aver toccato quell’essere. Ci
guardammo in cagnesco, pronti per la prossima mossa, quando il grido di
una voce conosciuta ci riscosse dai nostri propositi.
“Elizabeth!!!”
Ed eccomi di nuovo (ma non ha altro da fare, durante la giornata??
Penserete voi)... come si può notare, da adesso entra anche
il personaggio di Elizabeth, e sembra che ci sia molta empatia tra
Norrington e Rose, ehh?( Rose: Non me lo nominarepiù,
chiaro?!) Mmh, come non detto.... come ho già detto,
recensite se avete delle critiche, se vi è piacciuta la
storia, se devo cancellarla, insomma, fatemi sapere! Ringrazio Lyls che
ha messo la storia tra le seguite, e vi auguro buon ponte, in attesa
del nuovo capitolo.... A presto
Baci
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Capitolo 6 *** Ipotesi su come neutralizzare il Tentacoloso Capitano Jones ***
6.
“Elizabeth!!!”
Tra i due il primo a voltarsi fu Norrington, che era nel frattempo
sbiancato: io da parte mia preferivo non dare le spalle al nemico,
anche per il fatto che il Commodoro sembrava aver dimenticato le
nozioni di galateo, visto il suo comportamento. Gli assestai di
conseguenza un bel ceffone, prima di voltarmi a mia volta, mentre lui
mi chiedeva, riscosso dai propri pensieri, per quale motivo lo avessi
colpito.
“Perché è insopportabile ….
E mi sta antipatico!” aggiunsi pulendomi il dorso della mano
sui ruvidi pantaloni e dirigendomi alla volta di Sparrow e del suo
misterioso interlocutore.
Avvicinandomi meglio notai che era solamente un ragazzo, molto
attraente, in effetti, con un qualcosa di effeminato, e vestito in modo
molto semplice; l’unica cosa che stonava nel suo modo di
presentarsi era un grande cappello da pirata che gli adornava la testa.
A quanto pare aveva risvegliato un chissà quale ricordo
pregresso che aveva reso il viso del Capitano più bianco di
un panno lavato: pensai che sarebbe stato meglio presentarmi al nuovo
componente della ciurma (dimenticandomi per un momento di Norrington e
dei miei vestiti sparpagliati tutt’intorno) quando venni
strattonata di lato da un Commodoro già ripresosi dallo
shock. “Ma che modi!” gli urlai contro
indispettita, senza però ricevere risposta
dall’uomo, che, grazie al suo passo spedito, si trovava
già di fronte al misterioso fanciullo.
“Ma che stai facendo? Perché sei qui,
Elizabeth?” le domandò sconvolto Norrington, che
aveva pure cominciato a gesticolare con le braccia, mentre Sparrow si
tirava velocemente in disparte, come se non avesse voluto
quest’incontro. “Elizabeth?” pensai io,
contemporaneamente, come inebetita: quindi quello che io avevo dato per
scontato fosse un bel ragazzo era una “gentil
donzella”? “Oddio, non posso crederci”
pensai, cominciando a ridacchiare tra me e me per la figuraccia.
Mi diressi così anch’io verso i due uomini e la
donna di fronte a me, carpendo quasi tutti i particolari
della conversazione. “Devo trovare assolutamente
Will” stava spiegando la ragazza con uno sguardo pieno di
determinazione negli occhi nocciola, “dobbiamo
sposarci”.
“COME??” urlammo all’unisono io e il
Commodoro.
“Che ci fai ancora qui? Questa non è una
conversazione che ti riguardi” sibilò Norrington
al mio indirizzo, mentre gli occhi si erano ridotti a due fessure.
“Non credo proprio” lo rimbeccai saccente,
“dopotutto Will è mio fratello, no?”
“E da quando ti importa di quell’essere? Sbaglio o
avevi detto esattamente il contrario oggi?” rispose lui
scimmiottando la mia voce, “E che c’entra?
Potrò cambiare idea o no?” ribattei a tono,
più per fargli un dispetto che per vera convinzione,
“e comunque” ripresi, sbattendogli i miei capelli
in faccia e rivoltami alla ragazza mora davanti a me, “io mi
chiamo Rose Turner, ed è veramente un piacere
conoscerti”. Le porsi la mano, che strinse forte, osservai
compiaciuta, e sorridendomi ampiamente.
“Io sono Elizabeth Swann, e il piacere è tutto
mio” rispose ancora con il sorriso sulle labbra, mentre lo
sguardo di Norrington vagava stralunato tra me e l’altra
giovane, e viceversa.
“E così ci siamo presentati tutti, bel colpo di
scena, ehhh?” si intromise Sparrow per catalizzare di nuovo
l’attenzione su di sé,
“perché non parliamo di cose più serie,
che ne dite?”
“Già, Will è prigioniero”
rivelò Elizabeth, voltatasi nuovamente verso di lei,
“di Davy Jones, sì, lo sappiamo”
conclusi io con una smorfia al solo pensiero della situazione
catastrofica in cui ci trovavamo; provai un moto di trasporto per la
ragazza, privata del suo amato, che forse non avrebbe mai rivisto di
nuovo.
“E cosa possiamo fare?” chiese lei con gli occhi
sgranati, come una bambina spaventata. “L’unica
cosa utile da farsi è quella di sfidare il tentacoloso
capitano” rispose Sparrow, come se avesse già
previsto la domanda, come se avesse già avuto un piano in
mente, pensai.
“Un attacco diretto è impensabile”
dissi, sapendo che lo sguardo di Norrington era rivolto a me,
“dobbiamo agire indirettamente, colpire
….” “ciò a cui tiene di
più” concluse per me il capitano della Perla Nera,
con l’espressione di chi la sa lunga. E subito capii il
perché.
“No” riuscii solamente a dire, “il cuore
di Jones no”.
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Capitolo 7 *** Norrington si è lavato?! ***
7.
“No, il cuore di Jones
no”
“E se ti dicessi che
è assolutamente l’unico modo?” mi
rispose Sparrow: ovviamente aveva ragione, privarlo del cuore
l’avrebbe di certo neutralizzato, o almeno gli avrebbe fatto
abbassare la cresta. Ma anche in quel caso si sarebbe trattato di una
missione suicida.
“E se le dicessi che solo il
tentare questa impresa ci scatenerebbe contro l’ira della sua
ciurma immortale, vorrei ricordare, nonché dei sette
mari?” dissi, scettica, pensando intanto a cosa avevo fumato
per potermi ficcare in quella situazione, “il fascino
dell’avventura più rischiosa, no?” mi
risposi mentalmente da sola.
“La domanda è: come
troviamo il cuore?” domandò a questo punto
Elizabeth, guardandoci tutti a turno.
“Semplice” si rivolse
a lei il Capitano, felice che la conversazione avesse preso la piega
che voleva, “con questa” finì estraendo
dalla tasca un piccolo oggetto, che si rivelò essere una
bussola.
“Ehm, è conscio,
Capitano, del fatto che le bussole indicano il Nord, vero?”
gli chiesi divertita: a cosa sarebbe servita una bussola per quella
missione forse non lo sapeva nemmeno lui.
Mentre Norrington ridacchiava ironico,
Sparrow replicò soddisfatto: “Questa non
è di certo una normale bussola, no no”
spiegò mostrandocela bene, “poiché non
punta verso il Nord, ma verso ciò che noi vogliamo di
più, o meglio , verso ciò che il suo detentore
desidera di più”
“Di conseguenza, qualcuno che
voglia veramente salvare Will” seguitò lui nel
silenzio generale, rivolgendosi alternativamente a me e ad Elizabeth,
“dovrebbe pensare a trovare il cuore, no? Per il bene di
Will, ovviamente” si giustificò lui in fretta.
“Certo, per il bene di
Will” sussurrai io in modo che solo lui mi potesse sentire;
poteva riuscire ad ingannare la giovane mora vicino a me, o Norrington,
a cui di certo non importava nulla della salvezza del suo nemico, ma
non la sottoscritta. C’era qualcosa sotto, qualcosa di
grosso, e io lo avrei scoperto.
“Non guardi me, quello che sto
desiderando adesso è di tornare alla mia nave, veda
lei” spiegai io per non accollarmi quella
responsabilità.
“Non siamo ancora partiti, e
già sei stanca della nostra compagnia?” mi chiese
divertito il Commodoro.
“Oh no, solo di lei,
Norrington” sputai acida, mentre Elizabeth decisa faceva un
passo in avanti e porgendo una mano a Sparrow chiedeva di provare il
funzionamento dell’oggetto.
“Ma certo, cara” le
concesse il capitano, appoggiando l’oggetto sul palmo: la
ragazza chiuse gli occhi, per concentrarsi meglio, e fu con il fiato
sospeso che Sparrow vide l’ago fermarsi improvvisamente. Il
suo viso sembrò mostrare un grande felicità, e
successivamente, annunciò saltellando a Gibbs che avevamo
una rotta.
“Possiamo partire! Levate
l’ancora!All’arrembaggio”
ululò lui precipitandosi verso il timone che cominciando a
guidare la nave, mentre venivano rilasciate le vele e il crescente
movimento decretava la partenza da Tortuga.
“Addio” pensai
volgendomi verso il porto, e osservando il Cigno Nero,
“addio”.
“Ecco l’ultima
camicia, era rimasta incastrata in una trave”
Non ci volle molto per raccattare i miei
vestiti, fuoriusciti dalla borsa dopo la lotta furiosa con il
Commodoro, anche se notai che un corsetto era sparito.
“Sarà caduto in acqua, con la fortuna che
ho” pensai; avrei comunque dovuto cambiare il mio guardaroba,
prima o poi, ma continuavo a rimandare, convinta che la mia vita non
girasse intorno ad un paio di calzoni nuovo.
“Grazie mille, Elizabeth, sei
stata veramente gentile” la ringraziai sinceramente, contenta
di poter finalmente avere un contatto con il mio stesso sesso. Essendo
vissuta con una ciurma fatta di uomini, non avevo ovviamente avuto
possibilità di incontrare altra donna che non fosse una
prostituta finita nella mia nave o una proprietaria di taverna. Nemmeno
mia madre avevo mai conosciuto: mio padre non aveva una compagna,
quindi non appena mi spiegò la verità scoprii
anche perché non avessi mai avuto una presenza femminile di
fianco a me. E poi la mora che mi aveva appena aiutata sembrava molto
simile a me, e non solo per l’età; aveva
dimostrato, scappando dalla sua famiglia per ritrovare il suo amato, di
essere una giovane coraggiosa e forte, una che di certo non si faceva
mettere i piedi in testa dal primo che passava.
“Niente, figurati, sono contenta
di trovare una ragazza mia coetanea su questa nave”
spiegò lei con il sorriso sulle labbra.
“Senti, posso farti una
domanda?” le domandai io dopo un momento.
“Certo, chiedimi tutto quello
che vuoi” mi concesse lei sedendosi sul bordo del letto dopo
avermi chiesto il permesso; quella sì che era una ragazza
beneducata, di certo una borghese come minimo, pensai.
“Ecco, sembrava che tu
conoscessi bene Sparrow e il Commodoro” le spiegai io,
“soprattutto il Commodoro”.
“Oh, mi volevi chieder
spiegazioni su quello” realizzò lei arrossendo
improvvisamente.
“Non devi parlarne se non
vuoi” dissi cercando di toglierla dall’imbarazzo,
“ti dirò io le conclusioni a cui sono arrivata:
Norrington pare odiare con tutto il suo cuore Will - l’ha
definito pure pezzente - e in più, non appena ti ha vista,
è rimasto sconvolto” cominciai a riflettere ad
alta voce, ottenendo come risposta n cenno affermativo,
“quindi era sicuramente innamorato di te, secondo me dovevate
pure sposarvi …”
“Deduzione perfette, oserei
dire; doveva fare l’ispettore di polizia, non la
piratessa”
James Norrington entrò nella
stanza di fronte ad una rossa Elizabeth e, notai con stupore, pareva
essersi fatto una doccia. Lo notai perché di fronte mi
sembrava di avere un’altra persona: la parrucca era sparita,
i vestiti erano puliti, e lui era affascinante. Oddio, non posso
credere di averlo anche solo pensato.
“James”
sussurrò la mora abbassando gli occhi; io non ero
così timida, così, mentre un sorriso mi
increspava le labbra, dissi: “Ma guarda, il Commodoro che ci
fa visita, e si è pure fatto bello per
l’occasione; vuole riconquistare la sua bella, per
caso?”
Mentre Elizabeth si voltava scandalizzata
verso di me (forse per l’accusa, forse per i miei modi
diretti), Norrington si voltò verso di lei, chiedendole di
lasciarsi soli a “fare quattro chiacchiere”.
Con sollievo la giovane si
dileguò, mentre il Commodoro si rivolgeva nuovamente verso
di me, assottigliando gli occhi: “Ti hanno mai detto che sei
un’impicciona?” mi rivelò avvicinandosi.
“Alt, alt, distanza di
sicurezza” alzai una mano intimandogli di fermarsi,
“e poi non le ho già detto che si deve rivolgere a
me con il lei?”
“E di certo non sono
un’impicciona” continuai cercando di difendermi
dalle sue accuse, “stavo solo conversando amabilmente con un
amica” spiegai il mio comportamento.
“Un’amica?! Ma se la
conosce da cinque minuti!” ribattè lui trovando
strano il mio comportamento.
“Si chiama
solidarietà femminile” spiegai io, beandomi di
come suonasse bene quell’espressione, “e
ora” gli dissi alzandomi a mia volta, “la pregherei
di uscire, visto che questa è la mia camera”
specificai con uno sguardo truce negli occhi.
“Sta insinuando che sono stato
un maleducato ad entrare senza permesso?” mi
provocò lui facendo un passo indietro mentre mi avvicinavo a
lui.
Dopo avergli riservato il sorrisetto
più snervante possibile, gli risposi:
“Esattamente!” e gli sbattei la porta in faccia.
“E lo so che è ancora
qui davanti!” gli urlai, non sentendolo allontanarsi.
“Va bene, me ne vado, allora,
mia rosellina” replicò lui con voce divertita.
“Non mi chiami in quel
modo!” gridai aprendo di scatto la porta; ma lui non
c’era già più.
Ciao di nuovo! Il rapporto Rose -
Commodoro si sta evolvendo.... e in più adesso devono
cercare il cuore di Jones (missione solo un tantino suicida, non
trovate?).... volevo ringraziare Capitan Miss Angel per aver messo la
storia tra le seguite, e..... niente, spero che continuiate a segurie
la storia :-)
A presto
Baci
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Capitolo 8 *** Il Commodoro si prende troppe libertà ***
8.
All’ennesimo tentativo di addormentarmi fallito miseramente,
decisi che forse non avrei chiuso occhio molto facilmente quella notte.
Dopo essermi coperta le spalle con uno scialle, uscii sul ponte, dove
una fresca brezza mi accolse; la mia vestaglia fluttuava rendendomi
ingombranti i movimenti, ma in compenso la sensazione che provavo sulla
mia pelle era meravigliosa.
Mi appoggiai al parapetto con le braccia, assaporando la quiete di quel
momento e lasciando i miei capelli liberi di ondeggiare al ritmo della
corrente; chiusi gli occhi, e mi voltai dando così le spalle
all’oceano.
Un rumore alle travi però me li fece riaprire di scatto,
scoprendo di fianco a me un interlocutore inaspettato: Jack Sparrow.
“Salve, Capitano” mormorai raccogliendo la chioma
ribelle da una parte e stringendo improvvisamente lo scialle sulle mie
spalle, maledicendomi per non essermi cambiata prima di uscire.
“Salve, Turner” mi rispose lui con lo sguardo fisso
sul mare, “un grande spettacolo il mare, non trovi?”
“Già” sussurrai io, non sapendo che
altro dire.
“Non riesci nemmeno tu a dormire, a quanto pare”
continuò il capitano, voltandosi verso di me, ricevendo da
parte mia un cenno affermativo di risposta.
“Dovresti riposare il più possibile, visto il
motivo del nostro viaggio” proseguì
l’uomo con gli occhi fissi nei miei.
“Il motivo? Non l’ho ancora capito bene, per la
verità” replicai io, “o almeno, il suo
motivo”
“Il mio … motivo?” mi chiese lui,
incerto, “ma pensavo fosse chiaro … è
di certo la salvezza di Will!”
“Ovviamente” osservai io scettica, “per
questo dobbiamo trovare il cuore, no?”
“Non riesco a comprendere il tuo discorso, ragazza”
sussurrò sempre più incerto l’uomo di
mare che avevo di fronte, “e non mi piace il tono che usi con
me!”
“Che succede qui?”
Norrington (sempre lui di mezzo) era comparso sul ponte dal nulla,
interrompendo il nostro discorso; non riuscivo a vedere il suo viso,
anche se nella voce avevo riconosciuto un pizzico di rabbia malcelata.
“Commodoro” lo chiamò Sparrow
allontanandosi subito da me, “io e Turner stavamo discutendo
sullo scenario di questa sera, non è meraviglioso?
“Ma certo, ho dimenticato una cosa, che sbadato, vi
lascio” squittì prima di dileguarsi sotto coperta.
“Certo” ribattè Norrington,
“ha dimenticato il rum”, prima di avvicinarsi a me.
“Un momento” esclamai io, “le lascio il
posto, tanto ….”
Feci per andarmene, quando il Commodoro mi agguantò il
braccio in una morsa ferrea, bloccandomi sul posto. Solo allora notai
il suo viso, e mi fece paura; era una maschera d’ira.
“Ci stavamo divertendo con Sparrow?” mi chiese lui
con voce roca dalla rabbia, scuotendomi subito dopo, “ho
interrotto qualcosa?”
Se in un primo momento rimasi a bocca aperta dalla sorpresa,
successivamente la mia espressione divenne fredda e calma, o almeno
speravo.
“A parte il fatto che questi non dovrebbero essere affari
suoi” specificai neutra, “io e il Capitano stavamo
solo chiacchierando, tutto qua”
A queste parole il viso dell’uomo si avvicinò di
più al mio mentre sussurrava: “E lei parla con uno
sconosciuto in vestaglia?”
Solo allora mi resi conto delle mie condizioni, e imprecai mentalmente.
“Ero uscita perché non riuscivo a
dormire” gli risposi abbassando lo sguardo, sperando che non
avesse cattive intenzioni e maledicendomi per non aver portato nemmeno
un’arma con me nel caso in cui potesse succedere qualcosa di
spiacevole, “ma ora sento che potrei riposare, quindi se mi
lasciasse andare …”
Ma lui non accennava a muoversi, i suoi occhi persi nel panorama dietro
di me.
“Spettacolare il mare” sibilò lui
aumentando la presa sul braccio, “uno come lui può
dirlo, senza responsabilità, senza doveri
….”
“Senta" cominciai sospirando, "non so che colpa abbia il mare
se lei è ridotto così, e nemmeno mi
interessa” mormorai riacquistando la sua attenzione,
“ e soprattutto mi dispiace se mi sono intromessa in
questioni private, ma adesso vorrei veramente tornare in camera mia a
dormire. …”
Il flusso delle mie parole venne bloccato dalla forza con cui
Norrington aveva premuto le sue labbra sulle mie; non mi sarei mai
aspettata che il mio primo bacio potesse essere così, e non
mi piacque per nulla.
Certo, il Commodoro rimesso a nuovo poteva anche sembrare attraente, ma
ora mi sembrava di avere davanti solamente una belva affamata: le mani
dell’uomo erano subito scattate a bloccarmi i polsi mentre il
suo corpo bloccava il mio sul parapetto, senza darmi scampo. Il bacio
che ne seguì fu violento e passionale. Più
violento, però. Le sue labbra schiusero a forza le mie
mentre cercavo di scostarmi e la sua lingua si infilò senza
sosta nella mia bocca, impedendomi persino di urlare; mi dimenavo ma
lui era troppo forte, e di certo non ci voleva molto.
Non sapevo come sarebbe andata a finire quindi presi una delle mosse
preferite dal mio repertorio e, scostando la gamba, gli rifilai un
calcio nei gioielli di famiglia, mentre lui si discostava da me e mi
liberava i polsi. Non attesi un secondo e gli regalai un pugno sul
naso, mentre lui si piegava (di nuovo) dal dolore: mi allontanai dal
parapetto barcollante per lo shock e mi voltai, immaginandomi bianca
come un cencio.
Non feci in tempo a fare un passo che lui mi aveva già
riagguantata da dietro, in un goffo tentativo di abbraccio, mentre con
la bocca sul mio orecchio sussurrava: “Aspetta, non te ne
andare …”
Mi liberai con forza dalla sua stretta, voltandomi nuovamente per un
confronto diretto; il suo viso si fece preoccupato, forse per la
mancanza di colore sul mio viso, ma non gli diedi il tempo di dire
nulla.
“Non provi mai più a toccarmi” gli
sibilai assottigliando pericolosamente gli occhi e le labbra,
“e nemmeno a parlarmi, chiaro? Io con lei ho chiuso”
Detto questo, mi precipitai in camera, e, dopo aver chiuso la porta a
chiave, senza accorgermi che qualcuno fuori stava ascoltando, mi
abbandonai ad un pianto disperato.
Ciao! Capitolo più corto, lo so …. Diamine, devo
organizzarmi meglio …. Comunque, voglio velocemente
ringraziare chi ha messo la storia tra le seguite (Capitan Miss Angel e
Lyls) e anche _freak _che ha commentato l’ultimo capitolo,
sono contenta che piaccia la coppia Rose-Commodoro, e siamo solo
all’inizio!
Detto questo ci sentiamo alla prossima, ciao!
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